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Ottobre 2015
Genova
Fischi di carta
POESIA DI CINQUE GIOVANI FISCHIANTI
N
on preoccuparti
Giovanna, i fal prima o poi si
IN QUESTO NUMERO
Planetario | Marina Cvetaeva, il continuo restare - G. Cultrone
Elementi | Il foglio bianco e il cassetto delle mele marce - F. Asborno
Intervista al signor C. - C. Calabresi
Prossa Nova | Denaro pulito (pt.1) - M. Karoli
Infischiatene | La ragazza del treno - recensione - A. Moro
www.fischidicarta.it
In latino le cosiddette res novae, a differenza di quanto possa sembrare a chiunque abbia masticato
il livello liceale della lingua, non sono le cose nuove bens le rivolte o rivoluzioni (ammesso che
il concetto oggi di rivoluzione sia applicabile allantichit). I Romani, che avevano unidea di
Stato solida e strutturata vedevano sempre linnovazione (magari apportata da fuori, da qualche
provinciale) come un quid in grado di minare gli equilibri della res publica. I primi a guardare
storto la Grecia e la sua cultura sofistica, additata come fumosa e mendace, tanto da farne un
caso culturale, i primi a costruire un muro in Europa, nel tentativo di tenere fuori; eppure i
primi a cui non da imputare un atteggiamento intollerante verso le culture differenti o ostile
nei confronti della novit, avendo cambiato tre volte ordinamento statale, con imperatori provenienti dalla Gallia o dallHispania, e avendo introdotto tante leggi da creare un diritto studiato
tuttora nelle Universit italiane (viene in mente la grandezza del Giustiniano dantesco, che,
per voler del primo amor chi sento, dentro le leggi trassi il troppo e l vano, ultimo erede di
quella complessit). Ma allora, la paura delle res novae? Come tutti gli uomini, da quando sedentari, anchessi hanno subito il terrore del cambiamento. Di fronte ai mutamenti di equilibrio si
possono fare due cose: o ostinarsi nel contrario e spezzarsi, come la quercia di Esopo piena di
s e misera di fronte alle flessuose canne, o assecondare la metamorfosi e correggerla e correggersi nei punti che offrono leva al miglioramento per accedere ad una condizione pi elevata
rispetto alla precedente, come ci insegna Ovidio nel suo capolavoro. Ecco, io credo e auspico
che i Fischi di Carta abbiano trovato la loro metamorfosi e la loro strada per migliorarsi, senza
pi paura delle res novae, le quali, come in ogni ambito, richiedono tempo per essere assimilate.
Cos, dunque, nasce dopo la pausa estiva e il lavorio conseguente, una rivista profondamente
di Alessandro Mantovani
RES NOVAE
EDITORIALE
[] [Cera Oreste fianco a me
nel greto una o due notti fa
e non lo ricordavo.
Mostrava il suo corpo nudo
ben pi agile del mio
cantava in spagnolo tra se
Non tremore uccidere
la carne che si fonde addosso,
non peccato tagliare il pellame
unto dei bastoni anteriori.
Non si pu negare a qualcuno
di bucarsi un occhio con lala spalancata
anche se ancora in volo,
n di coniugarsi al participio futuro.
Nellacque le sostanze e il sangue
dilavanti li curavano gli dei
e io pensavo
-Oreste, tutti voi
che fate, compite i gesti sulle cime,
ci vedete a noi qui con queste
code di salmerie pesanti?
Oreste, tuo padre con la gola in fiamme
pensava al Mirmidone trafitto,
tibia o polpaccio, alla lacrima che perdeva
insieme al nome?
Oreste lo sanno le autobombe
e i missili aerei i nomi del figlio
Fischi di carta
Fischi di carta
differente da quella che finora avete potuto leggere, diversa nei suoi contenuti, nuova nei suoi
scrittori, che vuole coprire un pi ampio raggio di temi ed essere un luogo di accumulo di idee,
di curiosit, spunti e suggerimenti. Insomma, i Fischi di Carta puntano al gradino successivo,
ancora da raggiungere, ma con dei cambiamenti radicali presupposti per continuare questa scalata. Come potrete vedere allinterno, il ruolo della poesia, sempre imprescindibile, trova per
da oggi un limite pi costrittivo in favore di una maggior apertura alla pluritonalit culturale: si
spazier da articoli di attualit a interviste, passando per i profili dautore, gli immancabili lettori,
che invitiamo ancora a inviarci i loro scritti, per giungere infine ai racconti e alle recensioni di
novit a cura di Prossa Nova. Gi in questo numero credo, da lettore, che gli spunti di riflessione
possano essere parecchi: Federico Asborno ci parla dellansia da foglio bianco, da crisi creativa
e di come tutti i Giganti avessero i loro modi (piuttosto bizzarri) per superarla, nel tentativo di
accorciare la distanza prospettica tra noi e loro. Gaia Cultrone ci indica allinterno della foresta
di poeti lalbero di Marina Cvetaeva e Claudia Calabresi intervista il signor C., personaggio di
uso (o disuso) pi che comune ed importante. A tal proposito di stimolante e affine riflessione un
libretto, credo risalente al 2011, di Erik Orsenna, il cui vero cognome Arnoult, scrittore francese
e membro dellAcadmie franaise e dunque intellettuale dalla spiccata conoscenza della lingua
e dei suoi processi. Il libro in questione, da cui tratta anche la citazione di copertina di questo
numero, ha titolo I cavalieri del congiuntivo e altro non che una sorta di favola in cui i personaggi
sono due bambini attorniati da tempi e modi verbali personificati. La storia non la diremo per
non disturbare il lettore curioso; il suggerimento, invece, quello a non dimenticare che, se la
lingua ci che esprime la realt e il pensiero, non possiamo permetterci di perdere il beneficio
della possibilit, dellazione eventuale, del piano B, o, pi semplicemente dellimmaginazione, e
del sogno. Nella mente umana se un qualcosa non pu essere formulato in lingua, esso non esiste; ecco perch c un nome per ogni cosa, anche per ci che solo nella nostra testa. Dunque,
linvito, oltre a leggere Orsenna, quello di immaginare liberamente e senza freno e di scrivere
in altrettanta maniera, non pensando che sia poco verosimile far portare unarmatura di bronzo pesante a un fantasma o che un pastore faccia invocazioni alla luna. Il regno del possibile
aperto a tutto, anche alle res novae, che accettiamo ci sconvolgano nel nostro perenne mutamento.
Nellaugurarvi, dunque, una buona lettura invito chiunque sia interessato alla collaborazione a
contattare la redazione per maggiori informazioni; le nostre frontiere sono aperte
PLANETARIO
Fischi di carta
A Boris Pasternak.
Distanze: verste, miglia...
ci siamo dispersi, disuniti
per vivere dismessi, muti, buoni
ai confini opposti della terra.
Distanze: verste, spazi...
ci siamo dissaldati, spostati
disgiunte le braccia due crocifissioni,
non sapendo che si trattava della fusione
dai talenti e dai tendini annodati
non disaccordati: disonorati,
disordinati...
Muro e buco dargilla
siamo soli, come due aquile congiurati: verste, spazi...
Non decomposti, spaesati.
Per asili e tuguri terrestri come orfani, smarriti.
E quale, quale marzo oggi?
Ci hanno smazzato, come carte.
24 marzo 1925
Fischi di carta
La premessa che necessario fare, prima di qualsiasi commento inerente alla poesia
in s, che se gi analizzare una poesia la cui lingua dorigine non la nostra,
rappresenta un compito difficile, ci vale ulteriormente per le poesie russe, in cui la
maggior parte delle scelte stilistiche vanno perdute anche nella migliore delle traduzioni.
La Cvetaeva vuole qui esprimere un concetto che segn tutta la sua vita, incluso appunto
il rapporto con Pasternak: la distanza, il senso di separazione e alienazione da tutto,
anche da ci che le fu pi caro. Per fare questo, lavora essenzialmente su due aspetti:
la composizione delle parole e i suoni, luno conseguente allaltro; la parola che pi
comunemente considerata il titolo della poesia, Distanze, deriva dal russo Rasstojanije, che
a sua volta lunione del prefisso ras- e il verbo stat. A voler compiere una traduzione
letterale, il concetto di distanza racchiuso nella parola russa essere costretti in luoghi
altri, poich il verbo indica uno stato in luogo piuttosto forzato e il prefisso ras- allude al
disperdersi. Tale prefisso (che nel testo in lingua originale enfatizzato dalla presenza di
un trattino: rass-tojanije) ricorre per tutta la poesia, nel secondo verso di ciascuna strofa (un
esempio indicativo: quello che in italiano reso come decomposti in russo indicato
come, rastroili). Tale scelta nelle parole e nei verbi comporta unenfasi del concetto
di separazione, dettata anche dai suoni: letti in lingua originale, creano infatti una forte
allitterazione della lettera r, dando quindi un tono ulteriormente doloroso al tutto.
Unulteriore scelta emblematica, resa, questa volta, anche dalla traduzione italiana,
rappresentata dalla strofa finale, che forse pi di tutto il resto d unidea efficace della
forza che questo senso di distacco esercita nella poetessa: ci vale tanto per il paragone
di per s, ci hanno smazzato, come carte, quanto per il fatto che il verso risulta, per
lappunto, spezzato: tutte le strofe precedenti hanno quattro versi, mentre questultima
ne ha solamente due, e per giunta a livello di lettura lultimo verso risulta come sospeso,
incompleto, fuori dal ritmo rispetto agli altri, proprio a volerlo sottolineare ulteriormente.
Ho dunque voluto riportare questa poesia, tra le tante da lei scritte, perch a mio
avviso emblematica di ci che Marina Cvetaeva ha rappresentato e rappresenta
nella storia della poesia, soprattutto quella russa: la possibilit di prendere il
proprio dolore e dargli una forma, far trovare una via duscita ai propri sentimenti
e farlo mettendo qualcosa di s in ogni singolo elemento che compone ci che
si scrive; e non necessariamente perch qualcuno debba comprenderlo, ma
quasi per salvarsi da se stessi, per capirsi meglio e non sprofondare nel silenzio.
Tutto il mio scrivere un continuo prestare orecchio
Lev Losev, Marina Cvetaeva (1892-1941), in Storia della letteratura russa. III. Il Novecento, a cura di E.
Etkind et. al., Torino: Einaudi, 1990
Marina Cvetaeva, Distanze, da Lanima in fiamme: poesie, Milano, Acquaviva, 2008
Marina Cvetaeva, Ai miei versi, da Nemmeno sapevo desser poeta, Milano, Feltrinelli, 2014
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Fischi di carta
LE
POESIE
DEI
LETTORI
Federico Ciaffi, 27 anni, vive a Padova
e studia a Bologna, coltivando la passione
per la scrittura: quella critica (dai tempi del
liceo scrive recensioni di film e libri) e quella
poetica. Ha un progetto ed un obiettivo: vedere
pubblicata la sua prima raccolta di poesie.
ALCUNI
Siamo i Sogni
irrealizzati
e quelli realizzati male.
- Noi invece siam piccoli
ma gi stronzi fa la mmerda!
Noi siamo
percorsi da fare
e quelli percorsi gi.
Siamo il prossimo
debito e quello
che non vorrai.
Siamo il tuo gusto
preferito, che per
gi finito.
Poi siamo anche eleganti
quando con sgarbo
ti passiamo davanti.
Federico Ciaffi
Fischi di carta
CARO RAGAZZO
Caro ragazzo
Spille sparute
Tinfilzano
E a me sferza il tentacolo
Della pozza scurastra
Chera dolce e salmastra
Ma mai pi torner.
E non odo gli odori
Pure quelli ho perduto
Per tastare la vista
Che fu
E che per sempre svan
Dissolvendosi nel vuoto
Nel vuoto del..
Oh caro ragazzo
Ignaro del ballo
Immoto
Potresti mai capire
Tu
Incantevole creatura
Qualcosa che non c
E che mai esistita?
Potresti?
POTRESTI?
Caro ragazzo
Queste spille sparute
Tinfilzano
E la lama ti penetra
Nelle molli
E incoscienti carni
Mozzando il tentacolo
Superbo tentacolo
Della pozza scurastra
Chera dolce e salmastra
Che mai pi torner.
Alessandro Desiderio
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ELEMENTI
IL FOGLIO BIANCO E IL CASSETTO DELLE MELE MARCE
di Federico Asborno
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INTERVISTA AL SIGNOR C.
di Claudia Calabresi
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PROSSA NOVA
DENARO PULITO (PT.1)
di MIlo Karoli
Padre Signore, mettici in comunione con le persone che contano nella societ.
Ges, lascia che troviamo un buon lavoro.
Un vero professionista ha un problema
risolve il problema e passa al problema
successivo. Il mio nome di battesimo vuole
dire uomo libero e, tutto sommato, nel
grembo materno voler essere libero
chiedere troppo. Ora, comunque fosse,
decisero i medici di farmi nascere al
settimo mese: sissignore, battezzato dal
primario di ginecologia il 18 Dicembre
1982.
Un vero professionista dicevo ha un
problema, e per risolverlo non guarda mai
indietro. Ora, il problema che un figlio
un investimento, come si dice, ad alto
rischio: questo perch la vita unimpresa
personale e sar lui a fare affari, lui, in
soldoni, a scegliere le sue persone da
qui in avanti. Ma il parroco scelse di
bagnarmi in fronte una seconda volta e
forse, un beb che non si atteggia bene
nelle acque materne, giusto riceva un po
di sacramento in pi degli altri. Si tratta
del battistero di Santa Maria Maddalena
e si trova nel punto pi alto del colle
della Quercia Nera: storicamente il colle
formava il confine naturale tra Pedona e il
comune di Villa Lata e prendeva il nome
dal sorgere, quasi a picco sugli altissimi
scogli, di una maestosa quercia nera che si
racconta avesse avuto ben 800 anni in pi
del sottoscritto.
Chiunque, per, scegliesse le sue
persone al di l della collina, si trovava
costretto a far passare beni e servizi
attraverso impervie strade collinari, o a
circumnavigare il crinale ed ogni volta,
guardando indietro, poteva scorgere
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LE
PROSSE
DEI
LETTORI
I raggi di sole si sono allungati. La valle, conca accogliente, si riempie di questo oro freddo,
che cola da un agglomerato lucente appena sopra il suo bordo. La bimba siede nella sala
spoglia, priva dellansia infantile, non sembra affatto bimba, ma unanima sconosciuta alla
madre, giunta per il tornaconto, silenziosa e incombente. Si spiegherebbe perch la madre
allora impedita nelle sue abituali mansioni da una specie di imbarazzo; insicura in quel
luogo in cui venuta per prima.
Lei giovane e la sua bimba seria. Occhi chiari e pelle chiara, capelli di un biondo cenere, che
rilucono come filigrana. Nella fermezza della sala il tempo scorre attutito e, oltre il vetro della
portafinestra, il paesaggio una memoria. Si sa che linverno porta malinconia, i suoi colori, le
sue tinte, sono quelli dei nostri ricordi, che allora rivivono e vengono celebrati e consumati
nella liturgia del tramonto invernale: il calare percepibile del sole, lostacolo naturale alla luce
-una collina- o artificiale -un palazzo- il tremolio delle foglie e delle superfici morbide, cos
imbandito laltare!
Al di l del vetro la bambina sente tutto agglomerato il Senso intraducibile.
(Le sue parole pronunciate a bocca chiusa cadono impietose sulla madre.)
Sul sito www.fischidicarta.it trovate la seconda prossa dei lettori di questo mese: Poesia di Paolo
Mazzarello. Per contattarci e inviarci i vostri racconti scrivete a prossanova@fischidicarta.it
INFISCHIATENE
di Amelia Moro
Il romanzo di Paula Hawkins uno dei casi letterari dellanno: dopo tre soli giorni in libreria
gi al primo posto delle classifica di vendita in America, dopo due settimane raggiunge il
primo posto in Gran Bretagna e il successo aumenta al punto che, sostiene Piemme, non si
mai visto un romanzo desordio vendere cos tanto in poco tempo. La Dreamworks sta gi
pensando al film.
La protagonista, Rachel, prende tutti i giorni lo stesso treno e si diverte a fantasticare sulle
vite delle persone che le capita di osservare dal finestrino, al punto da attribuire loro nomi
di fantasia e da avere limpressione di conoscerle veramente. Finch un giorno non nota
qualcosa che non avrebbe dovuto vedere, una anomalia che solo un occhio come il suo allenato alla banale routine delle vite dei suoi, chiamiamoli cos, personaggi - pu cogliere.
Da qui si innesca un thriller che si promette pieno di suspense e colpi di scena. Ad incuriosirmi
ulteriormente stato un articolo di Repubblica dove si afferma che il suo nome entrer negli
annali della letteratura contemporanea accanto a quelli della ristretta cerchia di autori che con un libro hanno
istantaneamente conquistato il mondo. Unaltra J. K. Rowling?
Veniamo agli (in realt pochi) aspetti positivi di questo libro: bella lidea alla base della trama
che, seppure non originale - alzi la mano a chi non ha pensato a La finestra sul cortile - stuzzica
sempre. Inoltre la Hawkins aggiunge un elemento nuovo: non solo lo spazio sempre il
medesimo (il punto di osservazione del finestrino sulle finestre degli altri) ma anche il tempo
(lorario preciso in cui il treno passa davanti a quella precisa finestra). E anche qui, come
nel film, la mania del voyeurismo finisce per rivelare le nostre paure pi nascoste: come
James Stewart nelle finestre degli altri crede di riconoscere soprattutto relazioni destinate al
fallimento o fallite in partenza (come vede la sua con Lisa), cos la fissazione di Rachel per una
particolare abitazione e i suoi inquilini nasconde un motivo pi profondo: guarda quella casa
per non vedere laltra, proprio a fianco, dove ha vissuto con il marito e dove lui tuttora vive,
con la sua nuova compagna.
Interessante anche la scelta della protagonista: Rachel non un personaggio fatto per piacere,
non bella, la sua vita un fallimento, fa colazione la mattina con gin tonic in lattina. Non
neppure particolarmente arguta e decisamente non ha un talento naturale come detective, ma
potremmo definirla una ficcanaso per vocazione. molto pi semplice chiedere a un lettore/
spettatore di provare simpatia per la perfetta grazia delladorabile Lisa Freemont interpretata
da Grace Kelly che non per questa Rachel incorreggibile e patetica, ma, probabilmente, molto
pi vera: per questo ho trovato coraggiosa la scelta dellautrice.
Queste buone intuizioni non sono per sufficienti a salvare il romanzo. Il gioco del cambio
dei punti di vista (alcune parti sono narrate da Megan, la vittima, altre da Anna, la rivale di
Rachel) non decolla mai davvero e, dietro la voce degli altri due personaggi, continuiamo a
sentire quella di Rachel: queste tre donne insicure e piene di nevrosi finiscono per assomigliarsi
e per esprimersi allo stesso modo perch la Hawkins non varia mai lo stile e i toni con cui d
loro voce. Il cambio di punto di vista dovrebbe fornire al lettore unaltra ottica, mostrargli i
personaggi da una prospettiva diversa, a volte addirittura ribaltata, mentre qui non avviene
per nulla (ad esempio: Rachel crede che Anna sia una fredda sfasciafamiglie senza un briciolo
di senso di colpa e quando sentiamo la versione di Anna scopriamo che effettivamente lo
, e se ne vanta pure!) Anche i personaggi maschili risultano deludenti: lex marito di Rachel,
il marito di Megan, il seducente psicologo, sono tutti belli, muscolosi, abbronzati e con il vizio
di riempire di lividi le donne che amano. Di fronte ad una schiera di personaggi cos meschini
e monotoni conta davvero che il supercattivo sia uno, piuttosto che laltro?
Inoltre lintreccio debole e i vuoti di memoria di Rachel (dovuti ai suoi problemi di alcolismo)
sono un espediente narrativo sfruttato goffamente: avvengono troppo spesso in momenti
fondamentali (ed possibile che non ci sia mai, mai nessuno che le possa raccontare come sono
andate veramente le cose?) per poi ritornarle alla mente nel momento pi comodo perch
tutto si risolva.
Senza stare a scomodare i maestri del genere (come Chandler, per dirne uno), la Hawkins
non pu competere nemmeno con la Rowling, che di recente si cimentata proprio nel
romanzo giallo, un genere insolito per lei. Il suo Il richiamo del cuculo (Salani, 2013), uscito
sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith, non ottenne alcun successo finch, rivelata lidentit
della penna che si nascondeva sotto il falso nome, non divenne un caso letterario, come era
prevedibile. Senza essere un capolavoro, la prova della Rowling molto pi elegante, pi
frizzante e ben costruita di quella della Hawkins, che assolutamente non consiglio
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REDAZIONE
Federico Ghillino
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COLLABORATORI
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ILLUSTRAZIONI
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GRAFICA
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