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Articole din Scienze

03 marzo 2002

Alla ricerca delle violazioni dell'invarianza di Lorentz


Uno dei principi della teoria della relativit speciale l'invarianza per trasformazioni di
Lorentz, secondo cui le leggi della fisica devono essere le stesse per un sistema di riferimento
inerziale e per tutti i riferimenti che si muovono di moto rettilineo uniforme rispetto a esso. In
alcune estensioni del modello standard della fisica delle particelle, le interazioni di queste
ultime con alcuni ipotetici campi universali possono per portare a piccole violazioni
dell'invarianza di Lorentz. In un nuovo articolo, pubblicato sulle "Physical Review Letters"
Alan Kostelecky, dell'Universit dell'Indiana, ha mostrato con alcuni colleghi come si possano
osservare simili violazioni grazie ad un esperimento con orologi atomici, che verr presto
allestito a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. In generale, un orologio atomico
funziona inviando microonde in un campione di atomi di cesio raffreddati e misurando la
frequenza di assorbimento che corrisponde a una particolare transizione quantistica degli
elettroni. Il secondo viene poi definito come un particolare numero di oscillazioni a questa
frequenza. Se si potessero raffreddare gli atomi a temperature ancora inferiori (riducendo cos
l'allargamento della frequenza dovuto al loro movimento) si migliorerebbe la precisione degli
orologi. Il miglior orologio attualmente in uno ha una precisione di una parte su 10 alla 15, che
viene raggiunta intrappolando gli atomi raffreddati e "sparandoli" gentilmente verso l'alto. Gli
atomi vengono investiti dalle microonde quando raggiungono l'apice della loro traiettoria e,
quindi, hanno la velocit minima. Un simile apparato montato su un satellite avrebbe una
precisione ancora superiore, perch gli atomi non cadrebbero e si potrebbe proseguire la misura
per tempi pi lunghi. Secondo Kostelecky, alcuni effetti della violazione dell'invarianza di
Lorentz si possono manifestare come un leggero spostamento dei livelli energetici
degli atomi e sarebbero facilmente osservabili nello spazio. La modifica dei livelli energetici
comporta infatti un cambiamento nel passo dell'orologio. Disponendo nello spazio di orologi
precisi quanto quelli terrestri, gli effetti della violazione dell'invarianza si potranno verificare
con incertezze dell'ordine di una parte su 10 alla 27. ------------------- Per ulteriori informazioni
si veda

23 luglio 2015

Le onde sonore spiegano la sincronizzazione dei


pendoli
Cortesia: Henrique Oliveira e Lus Melo

La sincronizzazione spontanea di due pendoli appesi alla stessa parete, un fenomeno finora
sfuggito a una spiegazione esauriente, dovuta allo scambio di onde sonore. Lo ha dimostrato
un modello teorico poi verificato sperimentalmente(red)

fisica
Il pendolo un sistema fisico semplice, il suo moto regolato dalla forza di gravit che agisce
costantemente verso il basso e dalla forza di attrito nel punto in cui esso vincolato e dell'aria.
Ma se si appendono alla stessa parete due pendoli, inizialmente non sincronizzati, dopo un
breve periodo iniziano spontaneamente a oscillare all'unisono.
Questo fenomeno, descritto per la prima volta nel Seicento dal matematico, astronomo e fisico
olandese Christiaan Huygens, non ha mai trovato una spiegazione esauriente. Ora sulla rivista
"Scientific Reports" Henrique Oliveira e Luis Melo dell'Universit di Lisbona in Portogallo,
sostengono che causato dallo scambio di impulsi sonori tra i due pendoli.
La sincronizzazione di processi periodici un fenomeno rilevante non solo per la fisica ma
anche per la fisiologia e la biologia. Il fenomeno pi evidente quello del ritmo circadiano, cio
della regolazione di molti processi metabolici dell'organismo degli esseri umani e di molti
animali in accordo con l'alternanza giorno-notte. Anche a livello cellulare, molti processi
elementari ad andamento ciclico devono essere sincronizzati tra loro per procedere nel modo
corretto.
Nei sistemi meccanici, la sincronizzazione di molti processi periodici non ancora del tutto
compresa, tanto che a volte si producono effetti drammatici e inaspettati, come nel caso del
Millenium Bridge, un ponte pedonale costruito a Londra per celebrare l'inizio del nuovo
millennio.
Nel giorno dell'inaugurazione, nel 2000, decine di migliaia di persone iniziarono a percorrerlo
da entrambi i lati, fino a quando il ponte inizi a oscillare lateralmente formando una forma "a
esse", con spostamenti che arrivarono a 20 centimetri. Solo successivamente,
studiando il fenomeno, si comprese che camminando, le persone imprimono sul suolo una forza
laterale periodica, e che in quell'occasione, per qualche evento esterno fortuito hanno iniziato a
camminare in modo sincronizzato, producendo un effetto collettivo devastante per il ponte.
Il prototipo di tutte le sincronizzazioni dei fenomeni periodici quello dei due pendoli appesi
alla stessa parete. Nel 1655 Huygens not che se anche non sono inizialmente sincronizzati,
trascorso un certo tempo iniziano a oscillare in modo sincronizzato ma in versi opposti, cio "in
opposizione di fase". Se poi si perturba il moto dei pendoli, a un certo punto ritornano a

oscillare in sincronia. Se invece vengono separati in due pareti diverse, si sfasano di alcuni
secondi.
Nel loro studio, Oliveira e Melo hanno elaborato un nuovo modello teorico del sistema,
ipotizzando che tra i due pendoli avvengano scambi di impulsi sonori che ne perturbano il
movimento fino a portarli a oscillare in sincronia. Il modello risultato in ottimo accordo con i
dati sperimentali, ottenuti dagli stessi autori registrando le oscillazioni di due pendoli fissati a
una sbarra di alluminio, a sua volta fissata a una parete. In sostanza, ogni pendolo trasmette un
impulso sonoro per ogni ciclo, che produce un cambiamento nelle velocit di oscillazione
dell'altro pendolo.

02 settembre 2015

Una luce spremuta fotone per fotone


cortesia Mete Atature

Il rumore delle cariche frazionarie


Il processo di riduzione del rumore della
luce, ottenuto sfruttando leggi della
meccanica quantistica, pu essere portato al
livello dei singoli fotoni, i quanti di luce.
Questo risultato era stato previsto per via
teorica decine di anni fa, ma per lungo
tempo era stato ritenuto impossibile da
raggiungere sperimentalmente(red)
fisica
"Spremere" la luce si pu, almeno secondo il linguaggio della meccanica quantistica.
sufficiente ridurre al minimo il rumore che affligge qualunque forma di radiazione
elettromagnetica, usando tecniche in uso gi da decenni. Uno studio pubblicato su "Nature" da
ricercatori dell'Universit di Cambridge, guidati da Mete Atatre, dimostra ora che il processo
pu riguardare anche singoli fotoni, i quanti di luce.
Nella metodica convenzionale, la luce spremuta ottenuta per diffusione da un particolare tipo
di cristallo investito da un intenso fascio laser, ed utile per molti studi dei fenomeni quantistici
nel campo dell'ottica. In una tecnica innovativa, delineata per via teorica nel 1981, possibile
usare un singolo atomo, illuminandolo con un impulso di luce estremamente debole: in
opportune condizioni, la luce diffusa dall'atomo spremuta.

Il problema che realizzare sperimentalmente questo secondo metodo difficile, anzi quasi
impossibile con la tecnologia disponibile finora. Da qualche anno tuttavia possibile produrre
in laboratorio dei sistemi fisici che hanno cambiato lo scenario delle ricerche in questo campo
in modo radicale: i punti quantici (quantum dot) noti anche come atomi artificiali.

Un'immagine dell'apparato sperimentale usato dai ricercatori di Cambridge per ottenere la luce
spremuta con i quantum dot (Cortesia Mete Atatre)Si tratta di strutture realizzate includendo
un campione di materiale semiconduttore con dimensioni di alcuni nanometri (miliardesimi di
metro) in un semiconduttore pi grande di tipo diverso rispetto al primo. Scegliendo
opportunamente i due semiconduttori, possibile fare in modo che gli elettroni del punto
quantico si dispongano su livelli energetici discreti, proprio come avviene in un atomo. La
differenza rispetto agli atomi "naturali" che i livelli energetici sono molto
pi facili da gestire per gli esperimenti di ottica.
Il gruppo di Cambridge ha fatto incidere un debole fascio di luce laser su un punto quantico,
eccitandone gli elettroni. Dopo un brevissimo lasso di tempo, questi elettroni si sono diseccitati,
emettendo singoli fotoni. L'abilit dei ricercatori in questo caso stata ridurre al minimo il
"rumore" dovuto alle fluttuazioni quantistiche che sempre accompagnano i fenomeni
quantistici.
Tutto questo avvenuto a fronte dell'aumento di altre grandezze associate alla radiazione
elettromagnetica, che in questo caso non erano di interesse, secondo le previsioni del principio
d'indeterminazione di Heisenberg. Questa fondamentale legge della meccanica quantistica
prevede infatti che la precisione con cui si possono misurare posizione e quantit di moto di una
particella - ma anche altre coppie di grandezze fisiche coniugate tra loro - non pu essere
ridotta simultaneamente al di sotto di un certo valore. Se si vuole una misura precisa di una
grandezza, bisogna rinunciare ad avere una misura altrettanto precisa della grandezza associata.
E per gli scopi della ricerca di Atatre e colleghi, l'importante era ridurre il rumore della
radiazione diffusa dal punto quantico.
"Siamo riusciti a realizzare le condizioni adatte per dimostrare che possibile spremere singoli
quanti di luce", ha commentato Atatre. "Si tratta di un effetto bizzarro, contrario alle nostre
aspettative sul modo in cui dovrebbero comportarsi i fotoni".

18 ottobre 2016

Il "bisonte di Higgs" e le origini del bisonte europeo


Cortesia Rafal Kowalczyk
L'origine della fauna italiana
Il bisonte europeo moderno, le cui origini erano finora avvolte nelle
nebbie, discende dall'incrocio fra l'estinto bisonte delle steppe e
l'uro, l'antenato degli attuali bovini. Per scoprirlo stato necessario
analizzare in parallelo dati genetici e antiche pitture rupestri(red)
animalipaleontologiaevoluzionearte
L'incrocio fra i dati genetici e le pitture rupestri lasciate dai nostri antenati ha permesso di
scoprire l'origine del bisonte europeo: un'origine
finora cos sfuggente da aver indotto i paleontologi a
soprannominare la specie ancestrale bisonte di
Higgs, alludendo alla particella elementare trovata
nel 2012 dopo oltre cinquant'anni di ricerche a vuoto.
Lo studio, frutto del lavoro di un gruppo
internazionale di ricercatori, pubblicato su Nature
Communications.
Pittura rupestre di bisonte nelle grotte di Lascaux.
(Cortesia Carole Fritz)Julien Soubrier dell'Universit di Adelaide, in Australia, e colleghi hanno
infatti scoperto che il bisonte europeo (Bison bonasus), specie ben diversa dal bisonte
americano, frutto di un incrocio - avvenuto 120.000 anni fa circa - fra l'antico ed estinto
bisonte delle steppe (Bison priscus) e l'antenato degli attuali bovini (Bos primigenius), noto
anche come uro.
Il mistero dell'origine del bisonte europeo moderno era dovuto alla completa assenza di reperti
di questo animale risalenti a prima di 11.700 anni fa, quando i suoi fossili compaiono di colpo,
senza che vi siano forme intermedie fra di esso e il bisonte delle steppe, scomparso dall'Europa
poco prima.

Confronto fra la struttura dei bisonti raffigurati a Lascaux (in alto) e a Pergouset.
(Cortesia Carole Fritz e Gilles Tosello) I ricercatori hanno condotto un'analisi sistematica del
DNA mitocondriale estratto da ossa e denti attribuibili ad antichi bisonti rinvenuti nelle caverne
di tutta Europa, dalla Francia fino alla Russia e al Caucaso, per confrontarlo con quello di Bison

priscus e dei bisonti moderni.


L'analisi dei dati ha rivelato che alcuni campioni mostravano dei caratteri
distintivi molto differenti sia dal bisonte europeo sia da qualsiasi altra specie
conosciuta, facendo ipotizzare l'esistenza di un'altra misteriosa specie,
indicata come "CladeX".
Confrontando le datazioni al radiocarbonio dei reperti, Soubrier e colleghi
hanno scoperto che questa specie stata pi volte dominante in Europa, alternandosi con il
bisonte delle steppe in coincidenza con i cambiamenti climatici via via succedutisi.
I membri francesi del gruppo di ricerca a questo punto hanno ricordato che le pitture rupestri
dell'epoca glaciale mostrano due diverse raffigurazioni di bisonti: una (per esempio a Lascaux)
con corna lunghe e grandi quarti anteriori, pi simile al bisonte delle steppe e al suo diretto
discendente bisonte americano, e una (per esempio a Pergouset) con le corna pi corte e
gibbosit meno marcate, che ricorda il bisonte europeo moderno.
Il raffronto fra le et delle pitture rupesti e quelle dei periodi di dominanza delle due specie ha
mostrato che coincidono, facendo balenare nei ricercatori l'idea che "CladeX" fosse in realt un
ibrido. Non avremmo mai immaginato che gli artisti delle caverne avrebbero dipinto immagini
di entrambe le specie, per noi ora cos utili", ha detto Soubrier.
"Una volta formata, la nuova specie ibrida sembra essersi ricavata con successo una nicchia
ecologica, dominando durante i periodi pi freddi, con un paesaggio prevalentemente a tundra e
senza estati calde, ha detto Alan Cooper, coautore dello studio. "Questa stata la specie
europea pi grande che sia riuscita a sopravvivere alle estinzioni della megafauna."
E le differenze genetiche rispetto al bisonte contemporaneo? "Il bisonte europeo moderno - ha
spiegato Cooper - sembra geneticamente molto diverso perch ha dovuto superare un
drammatico collo di bottiglia genetico che negli anni venti del Novecento, quando sfior
l'estinzione, lo ridusse a soli 12 individui . Ecco perch la forma antica ci sembrava una nuova
specie differente."
07 ottobre 2016

So che non lo sai, parola di scimpanz


ROB ELLIOTT/AFP/Getty Images

Che cosa non va in questa figura?


Scimpanz, orangutan e le altre grandi scimmie sono in grado di

comprendere che un altro pu avere credenze differenti dalle proprie. La dimostrazione di


questa capacit, ottenuta con tecniche usate negli studi su bambini in et preverbale, infrange la
consolidata convinzione che sia solo una caratteristica dell'essere umano(red)
primatologia psicologia
Le grandi scimmie sono in grado di capire se un altro ha false credenze, ossia hanno la capacit
di attribuire stati mentali come intenzioni, obiettivi e conoscenze ad altri. Hanno quindi quella
che viene detta una teoria della mente. La prova di questa tesi, dibattuta da decenni, stata
ottenuta in uno studio effettuato da ricercatori dell'Universit di Durham, dell'Universit di
Kyoto e del Max-Planck-Institut per l'antropologia evolutiva a Lipsia, che firmano un articolo
pubblicato su Science.
ROB ELLIOTT/AFP/Getty ImagesDagli anni sessanta si sono via via accumulate crescenti
dimostrazioni delle elevate capacit cognitive delle grandi scimmie, ma una di queste capacit
sembrava decisamente di esclusivo appannaggio dell'essere umano: comprendere che l'altro ha
false credenze. Un primate non umano - si riteneva - non riesce a cogliere la conoscenza degli
altri, se essa si discosta da ci che quel primate sa.
Nel nuovo studio, Christopher Krupenye e colleghi hanno applicato a 19 scimpanz, 14 bonobo
e 7 orangutan una tecnica usata negli studi sulle capacit cognitive dei bambini in et
preverbale, basata sul tracciamento con laser a infrarossi dei movimenti degli occhi, che
permette di risalire al punto su cui si fissa l'attenzione dell'osservatore.
Negli esperimenti effettuati, le grandi scimmie vedevano un attore umano travestito da King
Kong rubare a un altro attore un oggetto, per nasconderlo sotto una di due scatole per esempio
quella di sinistra e, subito dopo, cacciare il derubato. A questo punto, King Kong spostava
l'oggetto sotto la scatola di destra, ma poi lo riprendeva e lo portava via con s.
Il tracciamento dei movimenti oculari ha mostrato che quando, poco dopo, l'attore derubato
rientrava in scena per cercare l'oggetto, l'attenzione delle scimmie si concentrava sulla scatola
di sinistra. Ci indica che la scimmia osservatrice, pur sapendo che le scatole sono vuote, si
aspettava che l'uomo cercasse sotto la scatola di sinistra, ossia sotto quella che l'uomo, ma non
la scimmia, credeva che contenesse l'oggetto. Dunque, le scimmie sono in grado di distinguere
fra le proprie credenze e quelle attribuite a un altro.
In un articolo di commento allo studio, Frans de Waal primatologo allo Yerkes National
Primate Research Center della Emory University ad Atlanta osserva che questo paradigma
non verbale rappresenta un vero e proprio passo in avanti [...] perch mette in luce la continuit

mentale tra le grandi scimmie e gli esseri umani. E conclude: I risultati contengono una
lezione per coloro che esaltano gli esiti negativi di esperimenti sulle capacit mentali degli
animali come prova del carattere distintivo dell'essere umano. Come dice un vecchio mantra,
l'assenza di prove non una prova di assenza.
06 ottobre 2016

Un'evoluzione un po' meno "maschile"


Il segreto della complessita'
I cromosomi Y, di origine paterna, hanno un tasso di mutazione pi elevato degli X, e sono
quindi maggiormente responsabili dell'evoluzione delle specie. Una nuova valutazione della
frequenza e della distribuzione di queste mutazioni indica per che la differenza fra i due sessi
potrebbe essere molto inferiore a quanto finora stimato(red)
geneticaevoluzione
L'evoluzione un po' meno maschile di come si pensava. Anche se il cromosoma Y
(considerato rappresentativo dei cromosomi di origine paterna) interessato da un numero di
mutazioni pi elevato del cromosoma X, questa differenza - e quindi il contributo che porta
all'evoluzione - meno significativa del previsto. E' questa la conclusione a cui sono giunte
Pooja Narang e Melissa A. Wilson Sayres, ricercatrici all'Arizona State University, che
firmano un articolo pubblicato su Genome Biology and Evolution.
Spesso si associano le mutazioni genetiche all'idea di anomalie e malattie congenite, ma in
realt sono anche il motore del cambiamento nelle specie: nel corso del tempo la selezione
naturale favorisce la diffusione delle mutazioni che
permettono un migliore adattamento dell'organismo al suo
ambiente, e tende a eliminare quelle negative.
Poich gli spermatozoi subiscono molti pi cicli di replicazione delle
cellule uovo, pi facile che nel genoma del nascituro entrino a far
parte mutazioni portate dagli spermatozoi, rappresentate nell'immagine
dalle bande rosse. (Jason Drees for the Biodesign Institute)

E' noto da tempo che i tassi di mutazione nei


cromosomi sessuali sono molto pi elevati nell'Y. Una parte di questo eccesso di mutazioni
legato al fatto che molte mutazioni sono dovute a casuali errori di copiatura del DNA nel
momento in cui la cellula si duplica.
Il numero di divisioni a cui vanno incontro le cellule germinali progenitrici di spermatozoi e

cellule uovo per differente. Per le cellule uovo, il numero fisso e stabile nel corso della
vita, mentre le cellule progenitrici degli spermatozoi di un uomo di 20 anni sono il prodotto di
160 duplicazioni del corredo cromosomico, e quelle di un uomo di 40 anni ne hanno subite 610
circa.
Questo meccanismo - che stato studiato pi in dettaglio per i cromosomi X e Y, ma che
interessa tutti i cromosomi - implica che vi sia una netta differenza nel contributo alle mutazioni
evolutive da parte dei maschi e delle femmine.
Le valutazioni statistiche su cui finora ci si basati per quantificare questa differenza partivano
per dal presupposto che in tutti i cromosomi la distribuzione delle mutazioni lungo il DNA
fosse sostanzialmente uniforme in tutte le regioni non codificanti del genoma (i geni sono pi
resistenti all'insorgenza e alla conservazione delle mutazioni).
Narang e Wilson hanno ora scoperto che non cos. La frequenza delle mutazioni non
affatto uniforme: le mutazioni sono scarse nelle posizioni immediatamente vicine a quella di
un gene, e aumentano via via che ci si allontana da esso.
Non solo: nel cromosoma X la velocit con cui le mutazioni aumentano in funzione della
distanza dai geni maggiore di quella di tutti gli altri cromosomi. Ci significa che la differenza
fra mutazioni evolutive maschili e femminili deve essere inferiore a quanto stimato. Di
quanto inferiore, andr stabilito con ulteriori ricerche.

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