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e lepica
Il mito greco
Laura Orvieto l La nascita delle Muse*
Roberto Piumini l Prometeo
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Lepica classica
Iliade l Priamo e Achille
Odissea l Le Sirene
Eneide l Eurialo e Niso
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Il mito e lepica
ciate, sottili. Nessuna somigliava allaltra, e tutte erano tanto belle che
non si poteva dire quale lo fosse di pi.
La prima che nacque, il primo giorno, fu Callope.
E la seconda che nacque, il secondo giorno, fu Clio.
Le chiamarono cos, con nomi greci, perch le nove fanciulle erano
tutte greche.
Callope, appena nata, si guard intorno per vedere il mondo.
Vide nel mondo la gran vita perenne; e uomini che pensavano, combattevano, inventavano cose nuove, soffrivano, morivano per dare a s
e agli altri pi luce, pi grandezza, pi ricchezza, pi spazio e pi gioia.
Combattevano per vincere i mostri dellacqua, della terra e dellaria, e
il caos che continuamente minacciava di distruggerli. Questa lotta sarebbe
durata allinfinito: Calliope lo vedeva e lo sapeva.
Guard e guard, coi suoi grandi occhi azzurri. E poi disse:
Io canter le storie degli eroi. Di quelli che affrontano i mostri dellacqua, della terra e dellaria, di quelli che combattono e vincono per
una causa, di quelli che muoiono per dare al mondo pi luce, pi gioia,
pi altezza e pi giustizia. In poesia le canter, e insegner ai poeti a
cantarle, perch non voglio che le grandi imprese degli eroi, e i loro
nomi gloriosi, vadano perduti come il fumo nellaria o la schiuma nellacqua. Voglio che i nipoti possano ricordare gli avi quando da secoli
saranno morti, e si esaltino nelle loro imprese, e i migliori e pi forti
siano incitati a mettersi in gara con loro, come se fossero vivi. Cos essi
saranno grandi luci, come fari che illuminano le vite e le vie degli uomini
nuovi nei nuovi cammini. Canter le grandi imprese, e insegner ai
poeti a cantarle.
Cos disse Callope. E allorizzonte, laggi, lontano, apparvero e passarono grandi ombre maestose, che irraggiavano bagliori luminosi, scintillii darmi, fosforescenze di pensiero. Erano le ombre degli eroi, che
Callope vedeva: i passati, i presenti, i futuri: e tutti eran come se fossero sempre vivi nel tempo e nello spazio.
E Clio, la seconda sorella, guard intorno ella pure, coi suoi grandi
occhi color pervinca. Guard intorno a lungo, pensosa. E poi disse:
Ma quante cose, quante cose io vedo nel mondo, oltre alle imprese
degli eroi! Vedo le madri che allevano con pena e con gioia i loro piccini, popoli interi che vivono una loro vita e ognuna diversa dalle altre,
fiumane di gente che lavora, combatte, obbedisce, soffre e muore, ognuna
con le sue gioie e i suoi dolori, le sue grandezze e le sue miserie. Come
una immensa foresta che fatta di tanti alberi diversi, e ogni albero
importante per formare la grande foresta, come un prato verdissimo
del quale non si vedono i confini, e che pure fatto di innumerevoli fili
derba, e ogni filo uno, con la sua vita e la sua morte, cos sono i popoli:
noi vediamo il grande prato, e sappiamo che ognuna delle esistenze che
lo compongono un mondo con le sue grandezze e le sue miserie, le
sue lotte, le sue sconfitte e le sue vittorie.
S, io canter le storie dei popoli. Voglio raccontarle tutte, coi loro
Il mito greco
Il mito e lepica
Melpmene la musa
della tragedia, e con le
sue parole definisce le
caratteristiche principali
di questo genere teatrale: far piangere, ma
solleciter pensieri nuovi e profondi, emozioni
intense e tumultuose.
Il mito greco
Il mito e lepica
Il mito greco
irresistibile, laria intorno diventava dolce e tenera e ardente e tumultuosa, tutta luce e vibrazione appassionata: lei stessa era vita e luce e
ardore, e incantava e rapiva ogni essere vivente.
Adesso non mancava pi che la nona sorella, che era lultima. E
mentre le altre erano nate di mattina, come Terscore e Eutrpe, o
quando il sole era alto nel cielo, come Callope e Clo, o quando stava
per tramontare, rosso fra rosse nubi, come Melpmene, questa nona
sorella nacque nel mezzo della notte, quando gi le stelle splendevano
chiare nel cielo, come fari che accennassero e chiamassero verso di loro:
splendevano lucenti ed eterne, come infinite parole dellinfinito universo. E questa nona sorella, che nacque ultima, nel cuore della notte,
la chiamarono Urnia.
Urnia non guard la terra, ma alz gli occhi verso il cielo.
E disse: Io, Urnia, non vedr le grandezze e le miserie della terra,
ma guarder il cielo e studier le stelle. S, le stelle saranno il mio regno,
che infinito e lucente e magnifico. Lontana dagli uomini, vedendo solo
luci eterne, io studier le vie degli astri e il corso delle stelle e le loro
leggi, e sapr e dir di loro cose non mai sapute, meravigliose, e della
luna e del sole. S, io vivr con le stelle, io, Urnia.
E Urnia aveva i capelli color sole e luna, era pi alta di tutte le sue
sorelle, e i suoi occhi parevano un cielo notturno.
Ed era bellissima: tutte le nove sorelle erano bellissime.
E le nove sorelle, le Muse, si presero per mano, e cantarono e danzarono; e tutti accorsero a guardarle, perch larmonia di tutte loro
insieme dava beatitudine.
Zeus loro padre si rallegr per avere dato al mondo quelle belle e
care figlie, perch dovunque esse apparissero la terra si allietava, ognuno
dimenticava i suoi dolori e i pensieri tristi: anche le cose pi tremende,
quando cerano loro, non facevano pi male. Ascoltandole si scordava
ogni pena, e lanima era rapita lontana da se stessa, in un mondo ignoto
e luminoso, in unaria dolce e serena e piena di letizia.
(L. Orvieto, Storie di bambini molto antichi, Milano, Mondadori, 1971)
Il mito e lepica
Prometeo
Mito greco raccontato
dallo scrittore Roberto Piumini
Fin da quando era piccolo, Prometeo aveva sentito dire da suo padre
Giapeto, e dagli altri Titani1:
Non fidarti di Zeus2, Prometeo. Guarda sempre pi in alto di lui,
oppure pi in basso.
Prometeo aveva tenuto conto di quel consiglio, ma poich a guardare pi in alto di Zeus non riusciva, guard pi in basso, e vide luomo.
Anche Prometeo era mortale, anche se di gran forza e sapienza, e
gli spiaceva vedere gli uomini sbandare di qua e di l sulla terra, rudi e
selvaggi, poco pi che animali: era convinto che cera del buono nellumanit, e che bisognava aiutarla.
Cos cominci ad aggirarsi per la terra, e ad insegnare agli uomini
le arti della caccia e della pesca, della costruzione dei vasi e della tessitura; e insegnava loro anche le regole della vita in comune, quelle almeno
che bastavano per impedire agli uomini di scannarsi a vicenda. E un
po perch Prometeo era buon maestro, un po perch gli uomini sapevano imparare, ci fu tra la gente pi ordine e pace, si videro cose decenti
e si ascoltarono parole ben dette: insomma si cominci a vedere e gustare
la civilt.
A quel punto Zeus si infastid.
Prometeo! diceva apparendogli in sonno, qualche volta anche nelle
veglie. Prometeo, se gli uomini sono uomini e gli Dei sono Dei, bisogner che ci sia qualche differenza fra loro! Non esagerare dunque con
la sapienza, Prometeo...
Prometeo, senza esagerare, continuava lopera sua: gli piaceva troppo
Il mito greco
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Il mito e lepica
Il furbo Prometeo ha gi
escogitato il piano per
rubare il fuoco.
Cos gli uomini si poterono scaldare, e passarono quellinverno tremendo: e il fuoco rimase in loro possesso, perch lo conservavano come
il bene pi caro.
Ed ecco che una notte, guardando il mondo dallalto dellOlimpo,
Zeus vide un bosco bruciare.
Allora radun tutti gli Dei, e tuon:
Chi ha portato il fuoco agli uomini?
Gli Dei si guardavano lun laltro e rispondevano:
Io no.
Io nemmeno.
Non me lo sarei mai sognato...
Non sar uscita qualche scintilla dalla tua fucina, Efesto? domand
Zeus.
Le scintille, se anche fossero uscite, sarebbero andate in alto, e non
laggi fra gli uomini, rispose Efesto. E io come tutti ho rispettato la
tua volont: cos dissi anche a Prometeo, quando venne a farmi visita.
Cosa? Prometeo ti visit? fece Zeus, accigliandosi.
E il Dio del fuoco raccont ogni cosa, compresa la faccenda del
giunco: e Zeus comprese come aveva potuto il fuoco arrivare fino agli
uomini.
Si inferoc, maltrattando Efesto e ordinandogli di restare dieci anni
chiuso nella fucina, poi grid:
Trovatemi Prometeo, quel ladro ribelle! Terribile sar la sua punizione!
Prometeo fu cercato: ma non si trovava, perch sapendo di aver disobbedito a Zeus in modo grave, si teneva nascosto su unisoletta del mare
Egeo.
Allora, avete scovato Prometeo? tuonava Zeus, e la sua ira, invece
di diminuire con il tempo, aumentava.
Finalmente Ermes ebbe lidea giusta: mise in giro la voce, per mare
e per terra, che i pescatori di Delo avevano dimenticato come si tessono
le reti per prendere il pesce.
Ed ecco, dopo tre mesi che quella favola girava, arriva a Delo un
gran vecchione con un cappuccio, e si reca al porto, dove sono stese le
reti a due metri daltezza. E il gran vecchio va sotto le reti, e le guarda
e dice:
Non mi sembra che siano cos mal fatte... Ma in quel momento le
reti gli cadono addosso ed Ermes, che le ha manovrate, grida:
Certo, Prometeo! Non lasciano scappare i pesci grossi!
Cos Prometeo fu consegnato allira di Zeus, che fu davvero tremenda.
Il Dio lo incaten su una rupe del lontano Caucaso, e diede ordine ad
unaquila di andare ogni giorno a rodergli il fegato.
Per molto tempo Prometeo rest lass, gridando nel silenzio del Caucaso al suo regolare tormento. Ogni giorno, infatti, il fegato lacerato
dallaquila tornava a formarsi...
Terribile era la condanna di Zeus, e lo sarebbe stata in eterno se un
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Il mito greco
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Il mito e lepica
giorno, passando il fortissimo Eracle7 da quelle parti, non avesse sentito le urla di Prometeo.
In venti balzi possenti Eracle fu sulla rupe, e vide laquila che faceva
il suo strazio: allora aspett che si alzasse in volo e le stacc netta la testa
con un disco di pietra. Poi prese la catena che legava Prometeo e la
strapp dalla roccia come si toglie un cucchiaio dalla panna.
Ti ringrazio, Eracle, disse Prometeo mettendosi a sedere con una
mano sul ventre. Ma non temi di chiamare su di te la vendetta di Zeus?
Eracle rise, e la sua risata rimbomb tra le montagne del Caucaso.
Sai cosa mi disse, un giorno, il mio saggio maestro Chirone8?
domand.
Che cosa ti disse? fece Prometeo, respirando con piacere laria fine
della montagna.
Cos mi disse Chirone: Quanto a Zeus, Eracle, ricorda di guardare sempre pi in alto di lui, oppure pi in basso!
E riprese a ridere, nel gran silenzio del Caucaso. E Prometeo rideva
con lui.
(R. Piumini, Il circo di Zeus, 1986, 2003, 2005 Edizioni EL,
San Dorligo della Valle, Trieste)
Lepica classica
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LIliade di Omero
LIliade
Che cos lIliade. LIliade un poema in 24 libri (o
canti) scritti in greco antico nellVIII secolo a. C.
Prende il nome da Ilo, mitico fondatore di Troia, e
narra una parte della guerra che gli Achei mossero
contro Troia, per conquistarla e distruggerla.
Insieme allOdissea, un testo fondamentale per
la letteratura occidentale, preso a modello e considerato fonte inesauribile di ispirazione da poeti
e scrittori del passato e contemporanei.
Omero.
Lautore
Omero uno dei poeti pi celebri della storia della
letteratura, ma anche uno dei pi misteriosi.
Antiche leggende hanno tramandato limmagine di
un vecchio cantore cieco, vissuto tra il IX e lVIII
secolo a. C, che vagava da una citt allaltra della
Grecia raccontando le sue magnifiche storie.
La tradizione gli attribuisce due grandi poemi, Iliade
e Odissea, ma in realt non si hanno documenti
storici che provano la sua esistenza. Lassenza di
notizie certe ha provocato un dibattito noto come
questione omerica. Gli studiosi si domandano,
infatti, se questo poeta sia realmente esistito, e se
abbia davvero scritto, e quando, i due poemi. Il dibattito dura tuttora e, nonostante rimangano ancora
dubbi, gli studiosi concordano ormai su un punto:
chiunque sia lautore dellIliade e dellOdissea, lo
ha fatto raccogliendo e trascrivendo miti che, prima
di essere messi per iscritto, erano stati tramandati
per secoli in forma orale.
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Il mito e lepica
Il dolore di Achille immenso, la sua rabbia tremenda: leroe giura che la sua vendetta sar sanguinosa e terribile. Achille riprende dunque il combattimento, seminando panico e strage senza sosta;
come una belva assetata di sangue, cerca Ettore in
ogni dove. Infine, i due restano soli a fronteggiarsi.
In un primo momento Ettore preso dal panico e
si d alla fuga, ma poi si ferma e affronta il nemico,
ben sapendo che la sua ora giunta, perch anche
gli dei lo hanno abbandonato.
Dopo aver ucciso Ettore, Achille ne lega il corpo al
suo carro da guerra e lo trascina per il campo, facendone scempio. Poi si ritira nellaccampamento acheo,
dove hanno inizio i riti e i giochi funebri in onore
di Patroclo.
Il re Priamo, per, non pu sopportare che Ettore,
suo figlio prediletto, resti privo di sepoltura. Perci,
con laiuto degli dei, si reca nella tenda di Achille
offrendo alleroe un enorme riscatto. Colpito dal
coraggio del vecchio re, e impietosito dalla sua
debolezza, Achille accetta il riscatto, restituisce il
corpo e offre una tregua di dodici giorni. LIliade si
conclude con i funerali delleroe troiano.
Il Sole 24ore S.p.A. 2006
Lepica classica
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Priamo e Achille
(Iliade, Libro XXIV, vv. 477-590)
Priamo si umilia di
fronte ad Achille, che ha
ucciso molti suoi figli,
pur di riavere il corpo di
Ettore. Achille si stupisce nel vedere Priamo,
come chi vede un omicida che, fuggito dalla
sua terra, chiede ospitalit e perdono a un
potente straniero.
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Il vecchio re tenta di
impietosire Achille ricordandogli il padre Peleo.
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495
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Il discorso di Priamo ha
colpito nel segno: ripensando al padre, Achille
si commuove.
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Il mito e lepica
Achille loda il coraggio
di Priamo e gli offre il
proprio conforto con
alcune argomentazioni:
i mortali condividono
un medesimo destino di
sofferenza;
gli dei distribuiscono
gioie e disgrazie: la felicit di avere figli, ma
anche la disgrazia di
perderli in guerra;
davvero sfortunato
chi riceve solo disgrazie
dagli dei.
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Achille sa di essere
destinato a morire a Troia, senza rivedere suo
padre. E cos, infatti,
sar: il mito racconta
che prima dellincendio
di Troia Achille viene
ucciso da una freccia di
Paride.
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3. Lesbo... infinito: Lesbo unisola prossima alle coste dellAsia Minore, Macare ne era il leggendario re; la Frigia la
Lepica classica
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La durezza di Achille
spaventa Priamo, che
ora tace.
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In segno di estremo
omaggio al nemico sconfitto, lo stesso Achille
a depositare il corpo di
Ettore sul carro.
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Il mito e lepica
LOdissea di Omero
Lautore
Su Omero, vedi le notizie riportate nellepisodio
Priamo e Achille tratto dallIliade.
LOdissea
Che cos lOdissea. LOdissea un poema in 24
libri scritto in greco antico intorno allVIII secolo
a. C., ma forse risalente a molto tempo prima.
Lopera prende il nome da Odisseo (Ulisse per i
Latini), leroe della mitologia greca celebre per il
suo valore e per la sua astuzia. Insieme allIliade,
un testo fondamentale per la letteratura occidentale, preso a modello e considerato fonte inesauribile di ispirazione da poeti e scrittori del passato e
contemporanei.
La trama. Odisseo, re di Itaca e valoroso guerriero
acheo, si imbarca per tornare nella sua patria dopo
aver combattuto per dieci anni a Troia. La guerra
stata vinta anche per merito suo, poich a lui si
deve linvenzione del gigantesco cavallo grazie al
quale, con linganno, i guerrieri achei sono riusciti
a espugnare la citt.
Il viaggio di ritorno si rivela per lunghissimo, pieno
di pericoli e ostacolato dallira del dio Nettuno, a
cui Odisseo aveva accecato il figlio, il ciclope Polifemo.
Nel corso delle sue peregrinazioni nel Mediterraneo, leroe incontra molti personaggi magici o
mostruosi: da alcuni di essi riceve aiuto, da altri
invece deve difendersi. Ogni incontro rappresenta
una prova che leroe deve superare utilizzando le
Terra
dei Ciconi
Averno
Terra dei
Lestrigoni
Isola dei
Feaci
Isola di
Ogigia
Isola del
Sole
Sirene,
Scilla e
Cariddi
TROIA
ITACA
Terra dei
Lotofagi
I viaggi di Odisseo
Graffito s.r.l. - Cusano Milanino (MI)
Lepica classica
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Le Sirene
(Odissea, Libro XII, vv. 143-200)
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6. prato fiorito: lisola delle Sirene si presenta invitante come il loro canto.
7. scassa: lalloggio dellalbero, situato
nella parte inferiore dello scafo della
nave.
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Il mito e lepica
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Odisseo si dispone ad
ascoltare il canto delle
Sirene prendendo molte
precauzioni: la cera per
turare le orecchie dei
suoi marinai, robuste
funi per legare se stesso
allalbero maestro.
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Lepica classica
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LEneide di Virgilio
Lautore
Publio Virgilio Marone nacque ad Andes, nei pressi
di Mantova, nel 70 a. C. In giovent si trasfer a
Roma per studiare e, in seguito, vi si stabil definitivamente.
Nella grande citt, a quel tempo capitale di un vasto
impero, entr a far parte di un gruppo di intellettuali e artisti protetti da Mecenate, amico dellimperatore Augusto.
Grazie al favore di Mecenate e di Augusto, Virgilio
pot dedicarsi pienamente allarte. Scrisse cos le
poesie delle Bucoliche, ambientate in campagna, e
il poemetto Georgiche, sempre di argomento campestre. Inizi il suo capolavoro, lEneide, su richiesta
di Augusto, che desiderava celebrare la potenza
e la forza di Roma in un grande poema epico.
Virgilio lavor allopera per dieci anni, ma non riusc
a terminarla a causa di una grave malattia che lo
condusse alla morte nel 19 a. C. Il poeta aveva ordinato di distruggere il manoscritto in caso di una
sua morte prematura, ma limperatore Augusto
ordin ugualmente la sua pubblicazione.
LEneide
Che cos lEneide. LEneide un poema in dodici
libri scritto in latino. Per la sua composizione, Virgilio si ispir ai pi grandi poemi della cultura greca,
lIliade e lOdissea, che per i Romani erano esempi
di grandissimo valore letterario. Lopera prende il
nome da Enea, leroe troiano che secondo antiche
leggende avrebbe dato origine alla stirpe dei Romani.
La trama dellopera. Enea, principe troiano, riuscito a sfuggire allincendio e al saccheggio della
sua citt. Insieme con il vecchio padre Anchise,
con il figlioletto Ascanio e con altri Troiani sopravvissuti, prende la via del mare. Il Fato (o destino),
infatti, gli ha prescritto di trovare una terra dove
fondare una nuova citt destinata a regnare sul
mondo intero. Il viaggio di Enea lungo, costellato
di pericoli e ostacolato da Giunone, regina degli dei,
che odia i Troiani e teme la stirpe dei discendenti
di Enea. Tra le varie tappe del viaggio vi Cartagine, patria della regina Didone, che accoglie i profughi e si innamora di Enea. Anche se leroe ricambia
questo sentimento, il suo Fato non gli permette di
restare. Perci leroe riprende la navigazione, mentre
Didone, disperata, si suicida.
I Troiani approdano finalmente sulle coste del
Lazio, la meta prescritta dal Fato. Enea viene
accolto benevolmente dal re dei Latini, che gli promette in sposa la figlia Lavinia, ma Turno, re dei
Rutuli e promesso sposo della fanciulla, dichiara
guerra ai nuovi arrivati. Anche i Latini, istigati da
Giunone, prendono le armi contro i Troiani.
Divampa cos un conflitto nel quale perdono la
vita molti valorosi soldati di entrambi gli schieramenti. Infine, Enea e Turno si affrontano in un
duello decisivo cui assistono gli dei: mentre Giove
placa lodio di Giunone contro i Troiani e le impone
di non tentare pi di ostacolare i voleri del Fato,
Enea sconfigge e uccide Turno, ponendo fine alla
guerra.
Foce del
TEVERE
TRACIA
Polidoro
GAETA
Tempio di
Minerva
CUMA
Sibilla
Capo PALINURO
TROIA
EPIRO
Eleno
Monte ERICE
Terra dei
Ciclopi
CARTAGINE
Didone
DELO
Oracolo
di Apollo
STROFADI
Arpie
CRETA
pestilenza
I viaggi di Enea
Graffito s.r.l. - Cusano Milanino (MI)
DREPANO
Anchise
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Il mito e lepica
Eurialo e Niso
(Eneide, Libro IX, vv. 367-449)
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380
385
390
1. indugia: attende.
2. Volcente: generale latino, guida il
reparto di cavalleria.
3. incauto: poco prudente. Eurialo non
aveva pensato che lelmo splendente
395
400
405
410
415
420
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Il mito greco
24
Il mito e lepica
Virgilio descrive la morte
di Eurialo con una delicata e commovente similitudine che paragona il
giovane soldato a un
fiore abbattuto dalla
pioggia.
435
440
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