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LA SELF-DISCLOSURE DEL TERAPEUTA CON UN PAZIENTE

OMOSESSUALE: EFFETTI SULLALLEANZA TERAPEUTICA

SECONDO LA PROSPETTIVA DELLA PSICOANALISI RELAZIONALE

Antonino Firetto, Psicoterapeuta


Via Poliziano 56 Roma
INDICE

Premessa

1. Dalla neutralit alla self-disclosure

2. La relazione terapeutica con pazienti gay e lesbiche

3. Esempio clinico

3.1 Il timing della self-disclosure

3.2 Il momento della self-disclosure

3.3 Il sogno

3.4 Gli ultimi colloqui

4. Conclusioni

Riferimenti bibliografici

2
Premessa

Alla luce dei contributi e dei cambiamenti che la psicoanalisi ha subto negli ultimi

decenni con lintroduzione della prospettiva relazionale (Michell 1988; Kohut, 1996) e

dellInfant Research (Stern, 1985; Beebe e Lachman, 2002), questo lavoro ha lo scopo di

esaminare la self-disclosure dellorientamento sessuale del terapeuta con un paziente

omosessuale e i suoi effetti sullalleanza terapeutica.

In primo luogo traccer un breve panorama storico sul tema della self-disclosure nella

terapia, mostrando come esso sia stato al centro del dibattito psicoanalitico sin dagli albori,

al pari di altre questioni come la sessualit, il transfert, le pulsioni.

Mi soffermer poi sul contributo di alcuni autori relazionali, che hanno ripreso la self-

disclosure collocandola allinterno della nuova Teoria Relazionale.

Successivamente analizzer il concetto di alleanza terapeutica e il suo ruolo nella self-

disclosure con pazienti gay e lesbiche.

Attraverso un esempio clinico metter in evidenza il ruolo della self-disclosure nel

mantenimento del legame empatico con il paziente1.

In conclusione cercher di mostrare come la rivelazione del proprio orientamento sessuale

rientri pienamente tra gli strumenti a disposizione dell'analista - insieme a sogni,

sintomi, libere associazioni - per realizzare l'esplorazione terapeutica.

1
La primaria preoccupazione del terapeuta con pazienti appartenenti a minoranze sessuali che hanno subto un trauma
infatti quella di mantenere l'alleanza terapeutica, perch questi pazienti corrono il rischio di rotture traumatiche senza un
adeguato rispecchiamento empatico (cfr. Kohut, 1996).

3
1. Dalla neutralit alla self-disclosure

La regola della neutralit stata uno dei capisaldi della psicoanalisi e Freud (1912) lha

descritta come un modo per distinguere la psicoanalisi dalle terapie suggestive. Nella

psicologia del transfert Jung (1946) aveva messo in crisi tale concetto, sostenendo una

maggiore partecipazione dellanalista alle vicende del paziente. Lavvento delle teorie

relazionali (Mitchell, 1981) ha messo in evidenza i limiti dellatteggiamento neutrale

secondo il modello psicoanalitico classico. Il terapeuta deve comprendere che sia lui sia

il paziente si trovano in un sistema interattivo, nellambito del quale ognuno si interroga

sulle mosse relazionali dellaltro.

Il tema della self-disclosure diretto ed espresso consapevolmente certamente uno degli

argomenti pi controversi nella psicoanalisi contemporanea. Per molto tempo gli analisti si

sono posti domande quali: che cosa giusto dire o non dire ai propri pazienti e cosa

imparano i pazienti dagli analisti? Oppure, la self-disclosure dell'analista pu mai essere

un aspetto utile e costruttivo della tecnica psicoanalitica?2. E ancora: Self-disclosure: is

it psychoanalytic?3.

Secondo Freud (1912) si dovrebbe pensare che sia senz'altro ammesso, anzi opportuno

per il superamento delle resistenze esistenti nel malato, che il medico gli offra la

possibilit, facendogli delle confidenze sulla propria vita, di gettare uno sguardo sui difetti

e sui conflitti psichici di cui egli pure soffre, ponendolo cos in condizioni di parit. Una

fiducia infatti vale l'altra e chi esige intimit da qualcuno deve pure dimostrargliene a sua

volta. Nel rapporto psicoanalitico per parecchie cose si svolgono diversamente da come
2
Aron L. (1996), Menti che si incontrano, p. 261.
3
Greenberg J.R. (1995), Self-disclosure is it psychoanalytic?, p.193-205. (Trad. It. La self-disclosure psicoanalitica?)

4
sarebbe lecito attendersi in base ai presupposti della psicologia della coscienza.

L'esperienza non depone a favore della validit di codesta tecnica affettiva. N difficile

riconoscere che con essa si abbandona il terreno psicoanalitico e ci si avvicina ai

trattamenti suggestivi4.

Nello stesso saggio, Freud afferma anche che il medico deve essere opaco per l'analizzato

e, come una lastra di specchio, mostrargli soltanto ci che gli viene mostrato5.

La conseguenza di questa regola fu che la comunit psicoanalitica per molto tempo

simped di esplorare l'uso tecnico della self-disclosure. Nel Dopoguerra, sia in Inghilterra,

grazie ad alcuni spunti offerti da Winnicott, sia in America, grazie alla tradizione

interpersonale (Tauber, 1954; Singer, 1968, 1977; Searles, 1979), il dibattito su questo

tema venne ripreso con vigore. In tempi pi recenti vari autori (Bollas, 1987, 1989; Gorkin

1987;, Ehrenberg, 1992, 1995; Maroda, 1991, 1995; Davies, 1994; Watzlawick, Bavelas,

Jackson, 1967) hanno fornito altri importanti contributi al suo sviluppo.

Per prima cosa sar opportuno precisare il concetto di self-disclosure.

Nella teoria relazionale essa si definisce come la rivelazione, da parte dellanalista al

paziente, di aspetti della sua vita personale in modo consapevole per favorire e mantenere

lalleanza terapeutica (cfr. Knox e al. 1997). Alcuni esempi sono rappresentati dalla scelta

di comunicare il proprio orientamento sessuale, o le proprie opinioni politiche o religiose.

Diversi Autori (Bollas 1987,1989; Gorkin, 1987; Ehrenberg, 1992,1995; Maroda, 1991,
1995; Davies, 1994; Mitchell, 1995; Renik 1995), hanno analizzato gli effetti della self-
disclosure, analizzando per esempio le reazioni di alcuni pazienti che riconoscevano nella
mancata accettazione del loro orientamento sessuale una causa di scarsa alleanza
terapeutica. Altri Autori, tra cui Hanson (2003), mostrano invece una certa cautela per la
4
Freud S. (1912), Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico, p. 538.
5
Ibidem, p. 539.

5
self-disclosure, da attuare solo se il paziente lo chiede - esplicitamente o implicitamente - e
ovviamente sempre nellinteresse del mantenimento dellalleanza terapeutica.
Inoltre Aron, nellarticolo dal titolo Sul conoscere e sull'essere conosciuti 6 (1996)
afferma che prima della self-disclosure - intesa come comunicazione mirata a uno scopo -
un analista dovrebbe porsi alcune domande: per quali pazienti utile la self-disclosure?
A che punto dell'analisi? Per quale scopo? E a proposito di quali argomenti? [...] Come si
deve preparare il paziente alla self-disclosure dell'analista? [...] Che spunti ci d il
paziente sul fatto che la self-disclosure sia stato appropriato? Quanto dovrebbe essere
spontaneo l'analista nella self-disclosure? Ci sono forse alcuni autosvelamenti che
bisognerebbe tentare solo dopo un'attenta riflessione? E se ci sono, in che modo dar
spazio alla spontaneit e all'immediatezza affettiva? Quale affetto l'analista pu
esprimere appropriatamente in modo diretto? Ci sono certi argomenti - come per esempio
i desideri sessuali o gli impulsi omicidi verso un paziente - che non dovrebbero mai essere
svelati? Quali precauzioni vanno prese in considerazione per proteggere il paziente
dall'intrusione della self-disclosure dell'analista? [...] E lanalista come pu trattare
l'ansia che nasce in lui dopo aver fatto una self-disclosure? Quali sono le considerazioni
etiche che vanno prese in considerazione riguardo alla self-disclosure?7.
Le conseguenze di questa posizione portano lAutore ad affermare che per gli

psicoterapeuti sia necessario avere le due opzioni: quella di svelarsi e quella di non

svelarsi, poich ciascuna permette allanalista la libert di perseguire la comprensione

cognitiva, interpretativa, il coinvolgimento interpersonale e affettivo.

Aron sostiene inoltre quanto sia difficile fare delle generalizzazioni sulla self-disclosure

perch il termine si riferisce a una molteplicit di attivit, come ad esempio:

comunicazioni personali inerenti un'immagine onirica portata dal paziente; risposte

affettive immediate in presenza del paziente (per esempio mostrarsi tristi o seccati per

qualche avvenimento nel setting); condividere con il paziente conflitti sul modo di

6
Ibidem, pag. 261.
7
Ibidem pp. 263-264.

6
affrontare un tema particolare in analisi; pensieri dell'analista sul paziente che emergono

fuori dal setting del trattamento; rispondere a informazioni sulla vita privata dellanalista

(es. l'et, se sposato, se ha figli, che tipo di macchina guida, ecc.);

Un ulteriore esempio di self-disclosure pu essere quello di condividere alcuni pensieri e

riflessioni del paziente sul modo in cui lanalista conduce linterazione, come quando lo

rimprovera per alcuni comportamenti di distacco. In questo caso l'analista pu svelare al

paziente quello che sente a livello conscio cercando di comprendere quello che accaduto

nell'interazione della seduta precedente.

Una distinzione che trascende tutte le altre, secondo Aron, la differenza tra il condividere

pensieri, sentimenti o esperienze cui il terapeuta ha gi pensato, o che ha gi elaborato, in

contrapposizione alla condivisione di una qualsiasi di queste cose, fatta per in modo pi

spontaneo prima che l'analista abbia avuto l'opportunit di elaborarle. Ancora, molto

importante comprendere se il terapeuta faccia una self-disclosure, volontariamente, oppure

riveli qualcosa solo dopo che il paziente ha portato un certo argomento e ha chiesto

direttamente all'analista una certa informazione oppure una sua opinione. Secondo Karen

Maroda (1991)8 i terapeuti in un primo momento devono soltanto condividere le proprie

esperienze affettive immediate e solo in una fase successiva della terapia possono rivelare

l'origine di questi sentimenti nella loro vita personale. L'autrice sostiene in primo luogo lo

svelamento del controtransfert dell'analista; in secondo luogo l'analisi dell'impatto di

questo svelamento sulla matrice trasfert-controtransfert. Infine, nella fase terminale della

terapia, l'analista dovrebbe analizzare il proprio controtransfert in termini genetici e

caratterologici. La linea guida di questa analista che il terapeuta dovrebbe svelare il

8
Cit. in Aron L., ibidem, pag. 284-287.

7
controtransfert sono quando lo richiede il paziente e dopo essersi consultati attentamente

con esso e aver ricevuto la sua approvazione.

Un altro autore che ha trattato il tema in oggetto Bromberg, il quale in un saggio da poco

tradotto in italiano dal titolo La self-disclosure dellanalista non solo lecita, ma

necessaria9 analizza il concetto in accordo alla teoria relazionale. Egli sostiene che la self-

disclosure rientri pienamente nella pratica analitica. Il contributo originale che Bromberg

introduce un interessante concetto collegato alla self-disclosure ovvero lonest

affettiva, definita come il tentativo tra paziente e analista di co-costruire un clima

affettivo franco attraverso la capacita di sintonizzarsi reciprocamente per promuovere

lesplorazione terapeutica. Egli sostiene che lelaborazione ottimale in terapia include

lesperienza privata dellanalista (self-disclosure), la quale allarga i confini relazionali

nella diade quando lanalista pu offrire al paziente la sua esperienza non al fine di

indottrinarlo in maniera autoritaria, ma come disponibilit a condividere la complessit

dellesperienza della propria soggettivit.

Bromberg daccordo con Holly Levenkron (2006), la quale afferma che labilit

dellanalista a svelarsi devessere guadagnata combattendo contro i propri limiti. Ci va

inteso nel senso di avere rispetto del punto di vista del paziente, confrontandosi con

lesperienza che ogni paziente fa dellanalista. Bromberg osserva inoltre che non si pu

generalizzare sui criteri della self-disclosure, in quanto ogni coppia analitica deve trovare

un giusto equilibrio tra self-disclosure, sicurezza del rapporto e dellattaccamento.

9
In Bromberg P. (2006), Destare il sognatore, p.135

8
A conclusione del lavoro di commento su un articolo di Levenkron, Bromberg ribadisce

che la self-disclosure non un questione di tecnica ma di relazione, in quanto facilita lo

sviluppo di una nuova rappresentazione mentale attraverso un processo di co-costruzione.

Quindi oltre alla rilevanza del concetto di relazione, negli ultimi anni assume altres

importanza il timing della disclosure (Hanson, 2003). Infatti, lanalista deve tenere in

considerazione lo stato del paziente e la sua capacit di elaborazione della comunicazione,

che va usata come uno degli elementi chiave della costruzione dellalleanza di lavoro.

2. La relazione terapeutica con pazienti gay e lesbiche

Oggi nel concetto di orientamento sessuale si tende a includere: il comportamento

sessuale, lattaccamento, lautoidentificazione, il comportamento erotico-affettivo, lo

status della relazione corrente, utilizzando un modello di lettura multidimensionale come

quello biopsicosociale (Engel, 1977; Bertini, 1977). Ci significa che si devono tenere in

considerazione numerose variabili per comprendere l'evoluzione psicosessuale e

lacquisizione dellorientamento, quali lo sviluppo psicologico fin dalla nascita, il

temperamento, linfluenza della cultura, lattaccamento, lambiente con le sue attese

(Lingiardi, 2001).

Il compito del terapeuta consiste nel mantenere lalleanza di lavoro aiutando il paziente a

esplorare quelle dimensioni della sua personalit dalle quali nasce la sofferenza e

prestando al contempo attenzione allambiente culturale in cui egli inserito. Non si sa

come le forze biologiche, le identificazioni, i fattori cognitivi, luso che il bambino fa della

sessualit per risolvere i conflitti dello sviluppo, le pressioni culturali alla conformit e il
9
bisogno di adattamento, contribuiscono alla formazione del soggetto e alla costruzione

della sua sessualit (Lingiardi, Luci, 2006, p. 14) 10. Gli autori osservano che sarebbe

opportuno avere una prospettiva plurale delle sessualit (omosessuale, eterosessuale,

bisessuale), che permetta agli psicoanalisti sia di cogliere le differenze di genere, le

differenze costituzionali nello sviluppo psicologico e nelle scelte oggettuali 11, sia di essere

in contatto con il soggetto nella terapia, rispettando la sua individualit.

Analogamente, l'analista a conoscenza delle teorizzazioni che gettano luce sulla

costruzione dell'identit sessuale, del ruolo sessuale, del genere, dovrebbe avere ben chiara

la relativit delle teorie che usa (per comprendere meglio concetti come narcisismo,

bisessualit, maschile/femminile), essendo esse costruzioni culturalmente determinate che

possono facilitare o impedire il contatto con il paziente, specialmente quando sono usate

come verit oggettive.

Uno dei fattori che stabilizza la relazione terapeutica la fiducia del paziente verso

lanalista. Il livello di fiducia si mantiene quando il paziente si sente compreso (e

comprende) lanalista. Goldstein (1994) e Chrzanowski (1980) sostengono che uno dei

fattori importanti per il miglioramento della condizione del paziente sia laccettazione da

parte del terapeuta di tutte le dimensioni del soggetto sofferente, attraverso un processo di

reciproca conoscenza e di autosvelamenti. Svelare il controtransfert con prudenza secondo

Ehrengerg (1995) pu incoraggiare il paziente a una collaborazione pi piena

nellesplorazione psicoanalitica. Nei pazienti gay e lesbiche la self-disclosure

dellorientamento sessuale del terapeuta pu contribuire dunque a creare un clima emotivo

favorevole allesplorazione della personalit dei pazienti. La self-disclosure evita quindi


10
Lingiardi V., Luci M., (2006), LOmosessualit in Psicoanalisi, p. 14.
11
Ibidem, p. 26.

10
che il paziente, per paura di essere rifiutato dallanalista, nasconda il suo orientamento

sessuale e permette cos di affrontare i conflitti connessi alla costruzione dellidentit di

gay e lesbiche.

La conoscenza dellorientamento sessuale del terapeuta in questi casi si rivela cruciale per

il mantenimento dellalleanza. Tra i vantaggi di questo svelamento si ha la possibilit che i

pazienti vedano nellanalista un modello sicuro di identificazione.

Tuttavia nella self-disclosure il rischio potrebbe essere rappresentato dalla credenza da

parte del paziente di condividere esperienze con il terapeuta solo sulla base del comune

orientamento sessuale. Lalleanza di lavoro, che si basi sul comune orientamento, potrebbe

rallentare lesplorazione dei conflitti. In alcune circostanze, per cercare di essere

rassicurati e contemporaneamente colludere con il terapeuta, alcuni pazienti potranno

chiedere notizie sulla sua vita privata, le sue opinioni politiche, religiose o sul suo

orientamento sessuale, come tentativo strumentale di spostare il focus dellesplorazione

psicoanalitica dai propri conflitti alla vita del terapeuta.

Tali questioni dimostrano che la self-disclosure una dimensione normale della relazione

terapeutica, la quale acquista sia il carattere di autenticit, sia di complessit, obbligando il

terapeuta a stare pi attento alla comunicazione conscia ed inconscia del paziente. Se non

operata con prudenza, in talune situazioni la self-disclosure dellorientamento sessuale pu

quindi comportare linsorgere di resistenze allesplorazione psicoanalitica.

Infatti, secondo Lingiardi e Luci (2006), nel lavoro con pazienti omosessuali o bisessuali il

timing dellautorivelazione pu giocare un ruolo importante nellinibire o nel facilitare il

lavoro terapeutico. Essi riconoscono che la possibilit di lavorare con un terapeuta

apertamente gay o lesbica pu essere daiuto, ma segnalano anche come lorientamento


11
sessuale del terapeuta non debba essere visto come condizione sufficiente e necessaria per

la psicoterapia di un paziente gay o lesbica.

3. Esempio clinico

Vorrei adesso parlare, attraverso un esempio clinico, degli effetti del timing della self-

disclosure sul processo terapeutico.

Il paziente, Sebastiano, ha trentadue anni sacerdote e omosessuale. Mi stato inviato da

una collega che, dopo un primo colloquio di orientamento, ha ritenuto opportuna la

consultazione di un terapeuta gay. Prima di tale consultazione, al paziente era stato

proposto, dal suo consigliere spirituale, un terapeuta cattolico. Tale indicazione era stata

data al paziente in risposta a una crisi di tipo vocazionale, che generava un conflitto con il

suo ruolo di sacerdote e che la terapia avrebbe aiutato a sciogliere. Il paziente rifiut tale

proposta in quanto sentiva il bisogno di essere compreso come individuo sofferente e in

maniera obiettiva. Egli aveva paura che il terapeuta connotato in senso religioso, non

fosse in grado di capirlo pienamente, ma che analizzasse il suo problema allo scopo

esclusivo di risolvere la crisi religiosa che stava vivendo.

Sebastiano proviene da una famiglia meridionale della piccola borghesia rurale. il

secondo di quattro figli, ha un fratello pi piccolo e due sorelle, un maggiore e una minore.

Racconta che la nonna materna morta mentre sua madre era incinta di lui al quarto mese

e dice di avere assorbito tutta questa atmosfera depressiva gi durante la gravidanza

della madre. Il nonno materno alla sua nascita era in prigione, condannato all'ergastolo per
12
omicidio. La madre, donna estremamente autoritaria e manipolatoria, intuendo

lomosessualit del figlio lo spinge a intraprendere una strada che possa salvaguardare la

reputazione della famiglia rispetto ai parenti e al contesto sociale. Cos, quando al termine

delladolescenza Sebastiano decide di entrare in seminario, lei non manifesta alcuna

contrariet. Un modo, questo, per tenerlo sempre accanto senza la vergogna sociale di

avere un figlio diverso.

Dai ricordi della sua infanzia emerge che il padre, viste le difficolt economiche, lasci la

famiglia per andare in Germania a trovare lavoro per mantenerla. Sebastiano ne parla con

rabbia, dicendo che per vari motivi lui si fatta unaltra famiglia allestero, avendo anche

una figlia (pur non essendone certo). Rammenta che, di rientro dall'estero, quando lui

aveva circa otto anni, il padre spesso si ubriacava e aveva scoppi di violenza nei suoi

confronti con percosse senza motivo. Sebastiano racconta che il padre non ha mai avuto

nei suoi confronti un gesto di tenerezza, o di affetto, o dincoraggiamento. Il ricordo del

padre quindi pieno di rabbia e disprezzo oppure di difensiva finta indifferenza.

Sebastiano andava molto bene a scuola e sfortunatamente questo aspetto, invece di essere

utilizzato come una qualit, era spesso fonte di conflitti con i suoi coetanei. Lo

schernivano, dandogli del secchione e del finocchio e lo disprezzavano per la sua

diversit.

Fin dai primi incontri, Sebastiano mi riferisce che il suo disagio deriva dal non sapersi

relazionare con gli altri. Ritiene che tutta la sua vita sia stata un fallimento e crede che i

suoi problemi scaturiscano non solo dalla sua omosessualit, ma soprattutto dalla sua

infanzia. In questa prima affermazione vi limplicito riconoscimento che il suo problema

13
riguarda la sfera dellidentit e non solo quello dellaccettazione dellorientamento

sessuale.

Allinizio della terapia ha un progetto, quello di laurearsi in Economia, facolt cui si

iscritto quasi per sfida, perch difficile, ma senza vera passione per gli studi economici. In

effetti dopo dieci anni non ha completato gli esami.

Nel primo periodo di lavoro terapeutico, il paziente manifesta una grave sofferenza

psichica con aggressioni sia verso il s, sia verso il terapeuta. Talvolta afferma: non sono

capace di nulla, la mia vita un disastro, in realt io mi sento superiore a tutti gli altri che

non hanno cultura e li disprezzo. Cerca di stabilire delle relazioni interpersonali che si

risolvono con sistematici conflitti, fraintendimenti e successive rotture traumatiche, che

generano in lui intense emozioni di rabbia e disprezzo verso se stesso e verso il mondo.

Sin dall'inizio, mi sembra di trovarmi davanti a una persona con una difficolt nella

regolazione delle emozioni (Solano, 2001): frequentemente durante il colloquio si

alternano, in maniera inconsapevole per il paziente, emozioni depressive e maniacali.

Sebastiano mi rivela che talvolta, quando si sente solo e avvilito, pensa al suicidio, quasi

come sfida verso il mondo che non stato in grado di accoglierlo.

Nei primi colloqui di accoglienza lo lascio libero di aderire alla terapia, manifesto un

prudente interesse nei suoi confronti dicendogli che al termine dei colloqui esplorativi

avremmo valutato insieme la possibilit di iniziare la psicoterapia.

Nei primi otto mesi di sedute, Sebastiano mi parla della sua esperienza di religioso e dei

conflitti che ha con i suoi superiori. Il circolo comunicativo si ripete a ogni incontro. Si

sente poco considerato, poco amato e si d un gran da fare in comunit per farsi stimare

per il lavoro svolto. Mi racconta che se qualcuno si avvicina a lui per esprimergli dei
14
complimenti, la reazione di gelo e rabbia, si sente deriso e risponde con sarcasmo,

lasciando gli interlocutori sorpresi e irritati. Le sedute sono un racconto giornalistico tra il

disperato e il sarcastico, in attesa di conoscere il mio parere, per poi sistematicamente

demolirlo. Spesso viene in seduta dopo aver conosciuto un partner, facendomi un

resoconto della situazione e osservando che solo interessato al sesso perch

affettivamente non prova nulla. Dice che non sono in grado di capire le sfumature della

sua sofferenza perch il suo un mondo molto diverso dal normale.

I suoi sogni sono pieni di rabbia inespressa e spesso confusi, non li ricorda se non per

frammenti.

Dopo diversi mesi, nonostante il mio tentativo di stargli vicino emotivamente e di parare i

suoi attacchi, mi rendo conto che con Sebastiano la situazione terapeutica non procede.

Apparentemente sembra tutto in ordine, il paziente si presenta regolarmente e con

puntualit una volta la settimana, parliamo della sua vita presente e passata. Tuttavia, dopo

ogni colloquio, Sebastiano va via con un senso di scetticismo e di svalutazione, sia per le

interpretazioni date, sia perch non gli sono simpatico. Anzi mi comunica che gli sono

stato antipatico fin dal nostro primo incontro.

A ripensarci, forse Sebastiano aveva ragione. In maniera presuntuosa, avevo pensato di

comprenderlo in virt del mio conoscere il mio orientamento sessuale e la mia identit sul

tema omosessualit, senza che mi esponessi affatto nei suoi confronti. Talvolta riuscivo

a essere empatico e vicino al suo vissuto di sofferenza inespressa che generava pensieri

autodistruttivi. Talaltra lo sentivo noioso ed estraneo, quasi inaccessibile.

3.1 Il timing della self-disclosure


15
Dopo le vacanze e con qualche difficolt Sebastiano ha ripreso la terapia, manifestando

perplessit perch non ha soldi e deve trovare un lavoro per continuare a pagare le sedute.

Tutte le opportunit di lavoro che gli si offrono vengono da lui regolarmente sabotate,

perch vive i contesti lavorativi con molta ambivalenza e non riesce a instaurare una

relazionalit positiva con i datori di lavoro. Negli ultimi incontri manifesta la possibilit di

lasciarsi andare alle sue tendenze distruttive e passive, rifiutando i lavori che gli capitano,

o non cercandone alcuno.

Durante gli incontri chiede spesso, in maniera ossessiva e provocatoria, le mie opinioni su

temi inerenti la sessualit, lorientamento sessuale degli analisti nonch le mie capacit di

comprendere pazienti gay. A seguito del mio tentativo di rimanere in una posizione di

neutralit nei confronti di queste domande, il paziente manifesta talvolta l'intenzione di

lasciare la terapia, esprimendo scetticismo sulla capacit del terapeuta di accoglierlo nella

sua condizione di diversit. Il paziente quindi, in questa fase della terapia, interpreta tale

neutralit come un ennesimo rifiuto della sua condizione di diverso. Probabilmente

Sebastiano avverte un conflitto tra la sua vera identit e il suo ruolo di prete, si sente pieno

dodio per il mondo e percepisce il suo vero s come condizione di sofferenza (Winnicott,

1963).

Lesplorazione nella terapia sentita dal paziente come una vera e propria via crucis che lo

tormenta e non gli d pace, si chiede spesso Che senso ha tutto questo? Perch chiedo

aiuto? Riuscir a trovare una mia strada? . Dubbi di fronte ai quali non mi sento di voler

rispondere con una rassicurazione, in quanto avverto i pericoli delle condizioni di gravit

di Sebastiano e temo il mio non essere in grado di comprenderlo veramente.

E questo il momento pi difficile per lalleanza terapeutica.


16
3.2 Il momento della self- disclosure

Dopo qualche seduta in cui lo avevo incoraggiato a laurearsi, un giorno ricevo un

messaggio sul telefono in cui Sebastiano mi annuncia che intende lasciare la terapia.

Aggiunge che io c'entravo poco e che tale decisione dipendeva dalla gravit della sua

sofferenza, non curabile dalla terapia. Nel messaggio mi comunica di non preoccuparmi

per lonorario perch sarebbe venuto di persona a pagare.

A quel punto mi resi conto che la mia distanza affettiva verso Sebastiano era grande e che

fosse necessario un gesto di autenticit. Lincontro fu molto intenso, io ero emozionato

perch era la prima volta che sentivo che per mantenere il legame terapeutico con il

paziente era necessaria una mia self-disclosure. Inoltre mi domandavo come avrebbe

reagito?, la terapia sarebbe continuata?, come avrebbe cambiato il nostro legame

terapeutico?

Sebastiano mi comunic per lennesima volta che il motivo principale per cui aveva deciso

di lasciare la terapia era perch non si sentiva pienamente compreso nella sofferenza

dovuta alla sua diversit. A questo punto, dopo essermi assicurato che il paziente era

pronto a sentire il motivo per cui ero in grado di capire la sua sofferenza, decisi di dirgli

che potevo comprenderlo per due motivi: sia perch anchio vivevo la sua stessa

condizione di diversit, sia perch ritenevo lomosessualit il livello pi superficiale

della sua sofferenza, che aveva radici ben pi profonde su cui potevamo lavorare.

Sicuramente, dissi, la sua infanzia ci potr dire qualcosa in pi.

La reazione di Sebastiano fu di stupore e di curiosit, disse che un po lo intuiva e un po

lo desiderava, nel senso che a suo modo di vedere forse con un terapeuta gay si poteva
17
cercare di dare un senso alla sua sofferenza e soprattutto si sarebbe sentito pi libero di

parlare di certi contenuti delle sue esperienze. Dopo afferm: non si faccia illusioni, sono

un paziente davvero difficile e forse il mio problema non solamente la mia

omosessualit. Ci congedammo e io espressi lauspicio di proseguire il lavoro,

lasciandolo libero di decidere il suo eventuale ritorno. A distanza di un mese e mezzo

ricevetti un suo nuovo messaggio sul cellulare, in cui mi annunciava che dopo averci

pensato aveva deciso di riprendere la terapia.

Dal ritorno di Sebastiano in terapia, il rapporto tra noi diventato pi diretto e

coinvolgente. Mi racconta anche aspetti intimi delle sue avventure sessuali, non temendo

pi che io lo giudichi negativamente o che lo disprezzi. Dopo i racconti tuttavia rimane

pensieroso, come ad aspettarsi che dietro lavventura si celi un qualche senso che sfugge a

entrambi, ma che desideriamo scoprire.

Nel corso delle sedute successive, abbiamo avuto modo di ritornare a discutere sulla self-

disclosure.Sebastiano mi ha confermato che la ripresa della terapia stata facilitata dal

fatto di aver esperito che con un analista gay le difficolt ad aprirsi e a parlare di

contenuti pieni di vergogna sono minori rispetto a quelle cui sarebbe andato incontro in

un lavoro con un terapeuta non gay. Ma ha anche aggiunto di non farmi illusioni perch lui

un caso grave sin dalla nascita. Mi sento sbagliato dentro, dice.

Nellultimo periodo ha ripreso a studiare, sia pur con molta fatica, perch deciso a voler

lasciare la vita religiosa e a lavorare. Contemporaneamente, esprime il desiderio di rivelare

la sua omosessualit alla famiglia dorigine, quasi per sfidarli e per vendicarsi dei rifiuti

subiti.

Un suo recente sogno sembra raccontare la difficolt del procedere del lavoro terapeutico.
18
3.3 Il sogno

Sebastiano sogna di venire in seduta e di trovare al mio posto un altro analista, grasso e

prete, che fa la seduta con dei suoi amici, una coppia sposata, che ascoltano i commenti.

Nel sogno si arrabbia, si alza e va via ritenendo ingiusto fare terapia con un altro e per

giunta prete.

Dopo un momento di silenzio, carico di tensione, la mia reazione al racconto del sogno

di estrema cautela. Infatti nelle sedute precedenti a ogni mio tentativo di interpretazione

seguiva sempre una reazione di rifiuto o un commento sprezzante e sarcastico tipo: lei

il terapeuta che sa tutto, io non ci capisco nulla, per me questo sogno non significa niente.

Cos dopo gli attacchi verbali subti prima di interpretare un sogno o un avvenimento

lascio a lui liniziativa.

Gli chiedo di esprimere dei commenti o di dare una spiegazione. Al termine dei suoi

commenti ed emozioni al riguardo, che sono di paura di essere abbandonato dal terapeuta

e la richiesta di aiuto a comprendere il sogno, gli propongo unipotesi interpretativa: il

sogno esprimerebbe una sua diffidenza verso il processo terapeutico.

Lei teme di non ritrovare il suo terapeuta e al suo posto arriva un altro di cui non ha

fiducia. Soprattutto in questa fase del lavoro di maggiore coinvolgimento e di positivit,

lei vive il legame con ambivalenza, sperimentando la paura connessa alla dipendenza, non

avendo vissuto nellinfanzia un attaccamento sicuro con i suoi genitori. Inoltre penso che

la paura di essere lasciato dal terapeuta rievoca lesperienza traumatica dellabbandono

paterno durante linfanzia, ripetendo nel transfert negativo gli attaccamenti sofferenti

instaurati con genitori non responsivi.


19
Dopo questo commento Sebastiano rimane in silenzio, ma sento che in qualche modo devo

averlo compreso.

Nelle sedute successive la diffidenza che Sebastiano esprime sulle mie capacit

terapeutiche diminuisce gradualmente di intensit grazie alla continua negoziazione

rispetto alle interpretazioni dei sogni. Proprio questa co-costruzione aumenta le capacit

autoriflessive del paziente.

3.4 Gli ultimi colloqui

Sebastiano riuscito a conseguire la laurea, ha presentato al Vescovo la domanda di

lasciare il sacerdozio e da quel momento alla ricerca di un lavoro che gli consenta di

affrancarsi definitivamente dallappartenenza alla comunit religiosa. In questo periodo di

oggettiva difficolt le angosce di non essere capace di conseguire il suo intento si

intensificano e il legame terapeutico subisce nuovamente il pericolo di una rottura, perch

si ripropone il circolo vizioso di fallimento e auto-aggressione. Talvolta percepisco che

Sebastiano porta un vissuto di vergogna, dissimulato da una apparente arroganza, che lo

paralizza rendendolo passivo e incapace di reagire. La mia sensazione che vi sia in atto

una difesa di tipo dissociativo che lo protegge dal rischio di un nuovo trauma, come ad

esempio il fallimento nel lavoro o nella ricerca di un partner.

Nonostante tutto, Sebastiano non si perde danimo e valuta diverse opportunit di crescita

professionale, persino distanti da Roma. Nella terapia, giunta ora alla fine del terzo anno,

si incomincia cos a parlare anche di questo aspetto, senza il senso di disperazione che lo

assaliva dinnanzi alla rottura di un legame. Si affrontano temi prima impensabili, quali i

20
progetti di vita, di affetto e anche di separazione e di perdita: entrambi esprimiamo

reciprocamente i sentimenti ivi connessi.

Nellultimo incontro precedente a una mia breve vacanza annunciatagli da un mese, gli

manifesto il mio dispiacere per la separazione, dicendogli che la sua libert di vivere per

mezzo di se stesso un progresso importante e che la terapia potr continuare, se lo vorr,

anche nella citt dove eventualmente trover una nuova sistemazione.

Al rientro dalla vacanza, Sebastiano parla della necessit di continuare lesperienza

terapeutica per un altro mese al massimo, riservandosi di decidere se continuarla in un

secondo momento.

Nelle ultime sedute racconta un episodio che ritiene importante: durante un occasionale

rapporto sessuale con un partner ha avuto una penetrazione in modo passivo, senza

spaventarsi. Dice che mai prima di quel momento si era potuto lasciare andare nella

sessualit perch si sentiva costretto in un ruolo definito. Il suo essere attivo faceva s

che egli controllasse con la fantasia i suoi amanti senza mai concedersi emotivamente.

Oggi sente che pu vivere la sessualit con meno sensi di colpa (per lui la penetrazione era

vissuta come un farsi scopare come una prostituta: una vera e propria violenza senza

sentimento).

Fino ad allora e in virt dei suoi valori, si era sempre ripromesso di voler perdere la sua

verginit solo allorquando avesse incontrato lamore. Rimango in silenzio. Sebastiano

continua riferendomi che allinizio della terapia percepiva i miei commenti come una

penetrazione simbolica e fisica e spesso era costretto a chiudersi per proteggersi in

maniera tale che, non sentendomi, non potessi controllarlo. Afferma che tale

meccanismo di chiusura veniva da lui messo in atto con tutti, sia con gli amici, sia con i
21
datori di lavoro con il risultato di patire lisolamento. Adesso sente meno paura

nellesprimere le emozioni spiacevoli e i suoi conflitti.

Mentre parla, sento che la comunicazione diventata pi distesa e fluente, avverto la

sensazione di pienezza per le tante emozioni che ho provato durante questa seduta, gli

dico: nel lavoro si ha il desiderio di essere conosciuti e di nascondersi, di essere penetrati

e di penetrare (mi viene in mente una citazione di Aron sullessere conosciuti e il

conoscere) e tutto questo sempre in gioco nellinterazione terapeutica. E nel dirgli

questo, mi sento come in un gioco delle parti in cui al suo desiderio di fuga dal rapporto, io

rispondo accettandone il rischio e questo apre delle nuove possibilit di interazione e di

esplorazione.

Nel penultimo incontro, prima delle vacanze estive, Sebastiano racconta un episodio

avuto con la madre. Lui le manifesta il desiderio, di trascorrere qualche giorno di vacanza

nella citt natale. Di contro lei gli chiede di fermarsi giusto il tempo strettamente

necessario per salutare i nipoti, onde evitare che la sua rinuncia al sacerdozio si sappia in

paese e che diventi unoccasione di pettegolezzo contro la famiglia, gi duramente provata

dagli avvenimenti del passato (es. nonno ergastolano, due suicidi: il cugino della madre e

lo zio). Sebastiano mi dice che comprende e giustifica le ragioni della madre, la sua

cultura e la protezione della famiglia dorigine rispetto al suo fallimento degli obiettivi di

vita da lei desiderati (es. il sacerdozio). Al mio chiedere quali emozioni ha provato durante

la telefonata, afferma di essersi sentito libero dallobbligo di rivedere una famiglia in cui

lui, non potendo esprimere la sua vera identit di gay e non potendo condividere i motivi

dellabbandono del sacerdozio, si sente un fantasma. Prova anche rabbia nei confronti

della madre per lennesimo rifiuto delle sue scelte e di tutto quello che lui fa, ma
22
determinato ad andare avanti nella sua strada. Riporta queste affermazioni della madre:

con te non capisco pi nulla, ogni tuo impegno non riesci a portarlo a compimento e le

cose che dici la sera, la mattina cambiano mi manderai al manicomio!.

Rimango in silenzio e gli chiedo cosa ne pensa dellaccusa di incoerenza della madre.

Sebastiano riconosce che la madre ha una qualche ragione, che lui incoerente e non

riesce mai a portare a compimento le mete che lei gli ha predeterminato. Ora, egli avverte

chiaramente un conflitto tra i desideri della madre e il suo attuale cammino. Sebastiano

manifesta in maniera ambivalente da un lato il desiderio di terminare la terapia vissuta

come un processo di cambiamento positivo per portare a compimento il desiderio di

vivere una vita integrata, ma nello stesso tempo esprime la paura, in accordo alla

svalutazione materna, dellautonomia. Dice: Forse non avr mai la possibilit di

cambiare, talvolta mi sento che devo andare fin gi nella sofferenza e nel dolore; e questo

mette in dubbio i progressi che ho realizzato. In certi momenti non credo pi a nulla,

neanche alla terapia e vorrei lasciarmi andare male che vada posso sempre andarmene

(leggi suicidio), tanto in casa ho gi due illustri esempi. Taccio, colpito dalla violenza di

questa autoaggressione e provocazione, e penso che il paziente stia vivendo una

identificazione completa con il mondo materno che lo ha sempre rifiutato. Avverto che vi

un collegamento tra il rifiuto materno e il senso di solitudine cosmica che talvolta lo

assale. Egli vive con angoscia lapprossimarsi delle vacanze, ma non fa alcun cenno alla

sofferenza connessa al separarsi dal terapeuta.

Con voce calda mi accosto verso di lui esprimendo solidariet per il terribile momento che

sta attraversando, dichiaro la mia disapprovazione rispetto alle affermazioni della madre

manifestando il mio profondo dispiacere per frasi che lui rivolge contro se stesso, che a
23
mio parere sono collegate a questa esperienza di rifiuto traumatico che patisce per causa

della madre. Lesperienza traumatica di sentirsi scartato produce delle reazioni di rabbia,

sensi di colpa e disprezzo contro se stesso. Dopo queste riflessioni dico ad Sebastiano:

adesso lei pu lavorare sia su queste emozioni negative, regolandole in senso positivo

avendole sperimentate senza andare nel caos, sia sul conflitto, reso cosciente, tra il

desiderio di vivere secondo le sue possibilit e la paura di essere solo senza la protezione

materna. Sebastiano mi guarda con attenzione, in questo preciso momento sento che si

realizzato un contatto emotivo. Io verbalizzo che tale vicinanza stata possibile anche per

mezzo della self-disclosure che ha rafforzato il legame, nel momento in cui aveva

manifestato lintenzione di lasciare la terapia, e ha aumentato la fiducia per lesplorazione

dei suoi conflitti pi profondi. Sebastiano attento alle mie parole, si sente sollevato e

sorride, lora gi finita, si alza e mi dice allora ci vediamo luned prossimo.

Nellultima seduta Sebastiano racconta un sogno: sogna di fare lamore con una sua amica

conoscente della palestra, di nome Simona, con la quale ha un rapporto sessuale

coinvolgente che si conclude con lorgasmo di entrambi. Subito dopo il racconto

commenta: O dio che schifo magari mi sveglio etero! con un sorriso di complicit e di

provocazione, e aggiunge: questo sogno per me non ha molto significato forse per lei che

sta dallaltra parte del tavolo avr un senso ma per me difficile da capire. Il tono

amichevole, essendo lultima seduta il paziente non si sofferma sul sogno. Alla mia

richiesta di parlarne risponde in maniera evasiva, tentando di sviare il discorso su

argomenti inerenti le sue relazioni e le sue conquiste sessuali. Al mio insistere risponde

con tono ironico anticipando, a suo parere, una mia eventuale interpretazione: Ora lei mi

dir che il sogno rappresenta il mio desiderio eterosessuale e che incosciamente io


24
desidero andare con una donna e sorridendo mi guarda. Io rimango in silenzio per un po

e poi dico: a me sembra che il sogno rappresenti una soluzione ad un suo dramma

interiore: lei descrive la protagonista come una donna semplice che fa la commessa ma che

affronta la vita con un piglio di sicurezza senza mai mollare. Mi pare che data la situazione

della seduta precedente in cui aveva fantasticato di suicidarsi per uscire dalla sofferenza, il

sogno indichi una prospettiva di sviluppo. Lei fa lamore con un femminile forte ed allegro

che affronta la vita senza ritirarsi e senza disperazione. Vi un congiungimento simbolico

rappresentato dal suo fare lamore con una donna forte. Il sogno potrebbe esprimere pi

profondamente il suo desiderio di vitalit e di combattere senza arrendersi alla sofferenza e

al suo star male. Mi sembra un buon segnale alla vigilia della nostra separazione prima

delle vacanze. Lei come la sente questa mia interpretazione? Sebastiano mi guarda con

grande attenzione quasi sorpreso della mia prospettiva per capire il sogno ed esclama: Si,

in effetti, mi pare che non sia un sogno sessuale ma sono daccordo con quanto lei ha

detto, non mi voglio arrendere voglio combattere sapendo che ci saranno giornate positive

e negative.

Il clima della seduta si distende, avverto che Sebastiano fortemente interessato a stare

meglio e aggiungo dei commenti che rafforzano il nostro lavoro clinico e di ricerca.

Sebastiano racconta di un incontro con un partner che gli pone due domande: Sei mai

stato innamorato? e qualcuno si mai innamorato di te? Egli sente queste due domande

come quelle di maggiore significato, che gli hanno arrecato maggiore sofferenza e che

lhanno spinto a venire in terapia, visto che ad entrambe aveva risposto negativamente.

Cosi finisce la seduta, come sempre tra un suo desiderio di porsi delle domande ed il mio

essere presente ad accoglierle.


25
4. Conclusioni

La ripresa della terapia ha permesso di continuare a elaborare e chiarire le implicazioni

cliniche e personali della mia self-disclosure, le reazioni del paziente, il suo transfert e

naturalmente il mio controtransfert.

stato importante, in questa fase del lavoro, utilizzare il modello della regolazione delle

emozioni, rivelatosi il pi adatto dal momento che il paziente viveva con difficolt le

relazioni con il mondo esterno12. Ho chiarito ad Sebastiano che ritenevo giusto rispondere

12
Vedi Fonagy, P., Gergely, G., Juris, E., Target, M., Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del s, trad. it.
Raffaello Cortina, Milano 2003.
In una sua recente conferenza Lichtenberg (cfr. Il trauma e la mancata regolazione affettiva, cognitiva, comportamentale,
Giornata di studio presso lISIPSE, Istituto e Scuola di Specializzazione in Psicologia del S e psicoanalisi relazionale, Roma,
27 settembre 2008) ipotizza che la regolazione affettiva sia una della capacit che permette un adattamento del paziente alla
realt: La regolazione degli affetti inscritta nella regolazione simultanea della motivazione, cognizione e comportamento.
Lautore descrive due tipi di trauma: quello acuto, che porta alla paralisi e alla disorganizzazione della capacit di essere autori
delle proprie azioni e a stati affettivi problematici o dissociativi ed collegato al concetto di P.T.S.D. (Patologie da Stress Post-
Traumatico); quello da stress, nel quale il soggetto fa esperienza di situazioni ripetitive che rappresentano per lui un fallimento
empatico, ovvero la mancanza di simpatia intersoggettiva, cio esperienze che non rispondono al soddisfacimento di importanti
bisogni o desideri. Secondo lautore le conseguenze dei traumi sono differenti a seconda della capacit reattiva del paziente.
Per la discussione del nostro caso si ipotizza che Sebastiano sia stato sin dalla nascita soggetto a un trauma da stress. Infatti,
durante la gravidanza, la madre dovette subire sia larresto del marito, padre di Sebastiano, accusato di omicidio, sia la morte
della propria madre, cadendo cos in uno stato profondamente depressivo compromettendo la capacit di occuparsi della sua
gravidanza e della crescita dei fratelli di Sebastiano. Egli afferma di esser nato sotto una cattiva stella, metafora letteraria per
descrivere una situazione traumatica da stress ripetuto. Per descrivere meglio tale situazione citer le parole di Lichtenberg,
tratte da un suo recente libro (Mestiere e Ispirazione, trad. it. Raffaello Cortina, Milano 2008): Quando le esperienze di
attaccamento nella prima infanzia hanno instaurato schemi di legame insicuri, o quando gli eventi traumatici in un qualsiasi
momento della vita hanno influenzato lautoregolazione in modo negativo, si istituiscono aspettative che distorcono la
tendenza percettiva del paziente verso esperienze fallimentari di rapporto fra s e gli altri. Ci sono maggiori probabilit che una
relazione o un evento vengano sentiti con paura invece che con sicurezza, con invidia e vergogna invece che con orgoglio, con
ira invece che con accettazione e calma. La vicenda di Sebastiano mostra con decisione che in presenza di un s capace di
mentalizzare, sia pure parzialmente, l'evoluzione della terapia diventa pi favorevole. Al contrario, occorre un lungo lavoro
analitico per sviluppare nel paziente la funzione riflessiva in grado di fornirgli gli strumenti cognitivi, affettivi e
comportamentali per aiutarlo a orientarsi nella realt sociale e intersoggettiva. Una volta acquisita una seppur parziale funzione
riflessiva, il lavoro pu diventare pi facile. In questo caso la mente dell'analista si presta a essere un io ausiliario (come
diceva Hartman, H., Saggi sulla psicologia dellio, trad. it. Boringhieri, Torino 1976), in grado di orientare il paziente nelle
situazioni di relazione con se stesso e con gli altri. Nel caso in questione il deficit di capacit di mentalizzazione era parziale,
con un disturbo dell'attaccamento in senso evitante. Seguendo il modello di Fonagy, si pu affermare che la funzione riflessiva
non stata del tutto inibita. Tale fenomeno si pu forse spiegare con la capacit intellettuale del paziente, che ha infatti
completato gli studi universitari in Teologia e si laureato recentemente in Economia. Probabilmente anche un modello
operativo interno evitante non inibisce totalmente lo sviluppo cognitivo. In conclusione il tema della self-disclosure in s non
presenta una teoria di riferimento, ma si pu comprendere per adesso all'interno di modelli teorici gi elaborati, come quello di
Kohut per quanto concerne il narcisismo e di Fonagy per la funzione riflessiva, o di Lichtenberg per gli aspetti di
autoregolazione della relazione diadica in terapia.

26
a una sua richiesta implicita quando chiedeva il mio punto di vista su temi come quello

dellorientamento omosessuale e dellorientamento sessuale del terapeuta.

Era infatti necessario un gesto di autenticit in quanto Sebastiano aveva manifestato la

paura di trovarsi davanti a un terapeuta pregiudizialmente orientato, che non fosse in grado

di comprenderlo n di rispettare la sua identit (come quello consigliato dal suo tutore

spirituale, che a suo dire voleva che lui reprimesse la sessualit in funzione dell'ordine di

appartenenza).

Ritengo che la mia self-disclosure sia stato un tentativo spontaneo di empatizzare con il

dolore, la vergogna e la confusione di Sebastiano che anchio com-pativo allorquando lui

mi raccontava della sua adolescenza, delle derisioni subite e della vergogna di essere

considerato il diverso nella sua famiglia d'origine. Alla luce di tutto ci, lincontro con

Sebastiano (nel senso di un now moment di Stern) ha messo entrambi in condizione di

ristabilire un campo intersoggettivo nuovo, in cui unesperienza di paura o di vergogna

poteva essere vissuta senza rifiuto da parte mia. Parimenti, la self-disclosure ha costituito

per Sebastiano la possibilit di riscontrare in me che essere gay non significa

necessariamente precipitare nel caos. La mia presenza come modello di identificazione ha

costituito una base sicura sia per un rispecchiamento positivo del s, sia per il

proseguimento del dialogo terapeutico verso altre esplorazioni.

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