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01|Il Congresso di Vienna e la Santa alleanza

Il Congresso di Vienna si apr ufficialmente il 1 novembre 1814 e vide


la partecipazione delle delegazioni di tutti gli Stati, grandi e piccoli,
dEuropa.

Le decisioni pi importanti furono per il risultato degli accordi


raggiunti tra i rappresentanti delle quattro principali potenze il
cancelliere austriaco Metternich, lo zar di Russia Alessandro I, il
ministro degli Esteri inglese Castelreagh, il ministro degli Esteri
prussiano Hardenberg cui si aggiunse labile ministro degli Esteri
francese Talleyrand, che fu in grado di far valere anche per i Borbone di
Francia il principio di legittimit, in base al quale dovevano essere
restaurati i diritti legittimi violati dalla rivoluzione.

Latto finale del consesso, datato 9 giugno 1815, ridisegn la carta


geografica europea alla ricerca di un rapporto di forze bilanciato tra i
vari Stati del Vecchio Continente, senza tenere in alcun conto del
Alessandro I di Russia, Francesco I d'
principio di nazionalit e della volont dei popoli.
Austria, Federico Guglielmo III di Prussia
Per quel che riguarda lItalia, il nuovo assetto fece registrare la
stringono il patto della Santa Alleanza
scomparsa delle vecchie repubbliche di Genova e Venezia e un netto
rafforzamento dellAustria che, oltre a tornare in possesso dello Stato di Milano, divenne padrona dei territori
lombardi (Bergamo e Brescia) e veneti gi appartenuti alla Serenissima, della Valtellina e del Trentino,
organizzandoli nel Regno del Lombardo-Veneto.

Il Congresso di Vienna. Seduta dei plenipotenziari delle otto potenze firmatarie del trattato di Parigi - stampa - da
un dipinto di J.-B. Isabey - Museo del Risorgimento - Milano

Altri tre Stati italiani furono poi affidati a principi asburgici: il Granducato di Toscana ritorn a Ferdinando III di
Lorena, fratello minore dellimperatore Francesco I; il Ducato di Parma e Piacenza fu assegnato a Maria Luigia,
ex imperatrice dei francesi e figlia dellimperatore dAustria (con la clausola che alla sua morte il Ducato fosse
retrocesso ai Borboni di Parma, entrati provvisoriamente in possesso dellex Repubblica di Lucca, trasformata in
Ducato); il Ducato di Modena e Reggio venne attribuito a Francesco IV dAustria-Este.

LAustria ottenne inoltre il diritto di presidiare militarmente le cittadelle di Piacenza, nel Ducato di Parma, e di
Ferrara e Comacchio, nello Stato pontificio, restaurato sotto Pio VII.

Anche il Meridione entr nellorbita austriaca grazie al trattato di alleanza difensiva firmato con Ferdinando IV di
Borbone, ritornato sul trono del Regno meridionale con il titolo di re delle Due Sicilie e il nome di Ferdinando I.

In una posizione di relativa autonomia rest invece il sabaudo Regno di Sardegna, ingrandito per lacquisizione
dellex Repubblica di Genova e tornato a Vittorio Emanuele I; per linteressamento dello zar Alessandro I fu in
ogni caso riconosciuto ai Savoia il diritto di affidare la successione ai Savoia-Carignano nel caso quasi certo di
estinzione del ramo primogenito.

Nel tentativo di garantire gli equilibri interni e internazionali stabiliti a Vienna, lo zar Alessandro I propose la
creazione di una Santa alleanza che avrebbe impegnato i sovrani a fondare la loro politica estera sui principi della
giustizia, della carit cristiana e della pace e a prestarsi vicendevole aiuto in ogni caso e circostanza.

Sottoscritto da
Austria, Russia e
Prussia e da Stati
minori, ma non
dallInghilterra, il
26 settembre 1815,
questo trattato
precedette di quasi
due mesi la
Quadruplice
alleanza che,
conclusa tra
Inghilterra,
Austria, Prussia e
Russia in funzione
antifrancese,
impegn le potenze
vincitrici a
consultarsi ogni
volta fosse messo in
discussione
lequilibrio
europeo.
Da un atlante del XIX secolo: Europe after the Congress of Vienna. Neele sculpt., 352 Strand, London.
Le due alleanze Drawn & engraved for Thomson's New general atlas - 1816
diedero cos origine
alla cosiddetta politica dei congressi, riunioni annuali tra i vari Stati europei che permisero a Metternich di
definire il principio dellintervento allinterno di paesi interessati da movimenti rivoluzionari e di agire per
conservare lordine politico-sociale restaurato nel 1815.
02|La rivoluzione del 1820-1821 a Napoli e in Sicilia

Il successo della rivoluzione in Spagna, dove il 7 marzo 1820 fu reintrodotta la Costituzione di Cadice del 1812, si
riverber con particolare evidenza nel Regno delle due Sicilie, determinando un intenso lavorio tra i carbonari e i
militari favorevoli alla Costituzione. Dopo una serie di tentativi falliti sul nascere, nella notte tra il 1 e il 2 luglio
1820, una trentina di carbonari della vendita di Nola, guidati dal prete Luigi Minichini, e 127 sottufficiali e soldati
del reggimento di cavalleria Borbone, comandati dal tenente Michele Morelli e dal sottotenente Giuseppe Silvati,
diedero inizio ad un moto insurrezionale, dirigendosi verso Avellino.

La mattina del 3 luglio Morelli entr in citt e cedette pubblicamente il comando delle forze ribelli al tenente
colonnello De Concilj, capo delle truppe locali. Contemporaneamente, le vendite del foggiano, della Calabria,
della Basilicata, insieme alle milizie provinciali e alle truppe di linea, insorsero col favore delle popolazioni,
rendendo difficoltose le comunicazioni tra Napoli, la Puglia e la Calabria, e condannando cos al fallimento
liniziale tentativo di repressione affidato al generale Carascosa.

Nella notte tra il 5 e il 6 luglio, poi, il


generale Guglielmo Pepe fece insorgere due
reggimenti di cavalleria e uno di fanteria in
stanza a Napoli e si diresse verso Avellino,
dove la sera del 6 assunse il comando di
tutte le forze ribelli.

Lo stesso 6 luglio il re Ferdinando I


acconsent alla formazione di un governo
costituzionale e nomin il principe
ereditario Francesco, duca di Calabria,
vicario del Regno.

Il 7 luglio, Francesco fu quindi costretto a


pubblicare un decreto con cui si adottava
nel Regno delle due Sicilie la Costituzione
spagnola del 1812, salvo modificazioni
eventualmente proposte dalla
rappresentanza nazionale. Due giorni dopo,
il 9 luglio, le truppe costituzionali fecero
quindi il loro trionfale ingresso a Napoli,
mentre il 13 Ferdinando I giur
solennemente sulla Costituzione.

La rapidit della rivoluzione e il suo facile


successo erano certo il segno della fragilit
del regime assolutista borbonico, ma
celavano anche importanti contraddizioni:
da un lato lassoluta insincerit di
Florestano Pepe, fratello del pi celebre Guglielmo Pepe - dipinto - Museo Ferdinando I, contrario nel suo intimo ad
Nazionale di San Martino - Napoli ogni concessione costituzionale; dallaltro il
contrasto tra la carboneria, che aveva dato
alla rivoluzione la spinta decisiva, e il gruppo di non pi giovani funzionari e ufficiali di orientamento
tendenzialmente moderato che in passato avevano simpatizzato con le idee rivoluzionarie francesi e avevano
poi preso parte allesperienza del Regno di Gioacchino Murat nel Mezzogiorno che assunse, fin dai primi giorni
di luglio, la direzione del nuovo governo.
La complessa situazione napoletana fu inoltre aggravata dallinsurrezione di Palermo, scoppiata il 15 e 16 luglio
quando in citt giunsero le prime notizie della rivoluzione di Napoli. Bench lostilit contro il centralismo
borbonico accomunasse tutte le classi della popolazione locale, la rivolta fu egemonizzata in un primo momento
dalle masse popolari che, protagoniste di episodi di estrema violenza (distruzione degli uffici del bollo e del
registro, abbattimento degli stemmi borbonici, liberazione indiscriminata dei detenuti dalle carceri, stragi e
saccheggi), si impadronirono della citt il 17 luglio, costringendo il generale Naselli, luogotenente del re, ad
imbarcarsi per Napoli.

Il 18 luglio gli insorti costituirono quindi una Giunta di governo, presieduta dal cardinale Gravina, poi sostituito
alcuni giorni dopo dal principe di Villafranca, che invi a Napoli una missione per chiedere che la Sicilia fosse
costituita in un ragno separato.

Favorevoli allindipendenza si dimostrarono per solo le provincie di Palermo e di Girgenti, mentre molte citt
dellisola, e in prima linea Catania e Messina, si dichiararono contrarie allegemonia palermitana e favorevoli, al
contrario, al mantenimento del legame con Napoli. Spedizioni di palermitani si diressero quindi contro gli
abitanti di Caltanissetta, di Trapani e di Siracusa, ma solo la prima fu coronata dal successo.

A questo punto il governo napoletano decise di intervenire, nominando luogotenente del re in Sicilia Antonio
Ruffo, principe della Scaletta, ed inviando nellisola il principe Florestano Pepe, fratello di Guglielmo, alla guida
di circa quattromila uomini.

Diretto verso Palermo, il 22 settembre Florestano Pepe pot concludere un accordo a Termini Imerese con il
principe di Villafranca, accordo che, non accettato dalla popolazione palermitana, scaten violenti scontri in citt
tra rappresentanti delle maestranze, nobilt e borghesia.

Giunto a Palermo il 26 settembre, ma ostacolato dallaspra


resistenza dei ribelli, Pepe si decise a cercare un nuovo accordo, poi
firmato il 5 ottobre con il principe di Patern, nuovo presidente
della Giunta municipale: tale accordo venne per annullato dal
Parlamento napoletano che, richiamato Pepe a Napoli, invi
nellisola il generale Pietro Colletta, artefice di l in avanti di una
politica essenzialmente repressiva.

Frattanto il 23 ottobre 1820, a Troppau, un congresso delle maggiori


potenze sanc, contro il parere di Inghilterra e Francia, il principio
dellintervento, che avrebbe permesso allAustria di agire a Napoli
in nome della Santa alleanza; Austria, Russia e Prussia scelsero in
ogni caso di invitare Ferdinando I a Lubiana, al congresso che si
sarebbe svolto nel gennaio 1821, per tentare di risolvere
collegialmente la questione napoletana.

Ricevuta nel dicembre lautorizzazione del Parlamento a lasciare


Napoli, a condizione di sostenere la Costituzione di Spagna,
Ferdinando I oper un immediato voltafaccia e invoc laiuto
austriaco, dichiarando di essere stato costretto a concedere la
V. Camuccini - Ferdinando I in abito di
Costituzione con la forza. Gli austriaci furono cos liberi di marciare
Cavaliere dellOrdine di San Gennaro.
su Napoli.
1818-1819 ca. - olio su tela - Palazzo Reale -

Allavvicinarsi del nemico lesercito napoletano fu diviso in due Napoli

parti: luna avrebbe dovuto difendere la linea del Garigliano e poi


quella del Volturno, sotto il comando di Carascosa; laltra, guidata da Guglielmo Pepe, avrebbe invece dovuto
agire al confine tra lUmbria e lAbruzzo.

Dopo aver fallito un attacco di sorpresa contro gli austriaci a Rieti il 7 marzo, Pepe tent di resistere nelle gole di
Antrodoco, ma, sconfitto nuovamente, dovette abbandonare lAquila e ritirarsi verso sud.

La marcia delle truppe austriache fu a questo punto relativamente facile: cessata ogni resistenza napoletana, il 20
marzo 1821 gli austriaci poterono entrate a Capua e il 24 a Napoli.
03|La rivoluzione del 1821 in Piemonte

Nella notte tra il 9 e il 10 marzo 1821 alcuni federati (una setta rivoluzionaria liberale diffusa in Lombardia e
Piemonte), guidati tra gli altri dal colonnello Guglielmo Ansaldi e dal capitano Isidoro Palma, si impadronirono
della cittadella di Alessandria e fecero insorgere il reggimento Dragoni del re e la brigata Genova; nella stessa
notte fu costituita una Giunta provvisoria di governo della quale fu presidente Ansaldi stesso.

Nel giro di due giorni la rivolta si propag a Torino, dove il 12 marzo un gruppo di ufficiali fece insorgere il
reggimento Aosta e si impadron della cittadella: vi fu innalzata la bandiera con i tre colori della carboneria e fu
proclamata la Costituzione di Spagna. Incapace di fronteggiare la situazione, Vittorio Emanuele I decise allora di
abdicare e, dato che suo fratello Carlo Felice si trovava a Modena, nomin reggente il cugino Carlo Alberto.

Disorientati dagli ultimi avvenimenti, i capi della cospirazione,


animati da sincero lealismo dinastico, non riuscirono a frenare
linsurrezione che si era nel frattempo estesa ad Asti, Ivrea,
Vercelli, Casale e ad altre citt di provincia.

La sera del 13 marzo, dopo aver ascoltato il parere del consiglio


dei Decurioni di Torino e di alcuni ufficiali superiori che
comandavano i reparti di guarnigione nella capitale, Carlo
Alberto si convinse a concedere la Costituzione di Spagna, su cui
giur poi due giorni dopo. Il 16 marzo per il fratello di Vittorio
Emanuele I, Carlo Felice, assunse da Modena la pienezza del
potere regio e dichiar illegittima la reggenza di Carlo Alberto e la
Costituzione.

Dopo aver tenuto


per alcuni giorni
un
comportamento
ambiguo ed aver
nominato
reggente del Carlo Felice - olio su tela - Museo del

ministero della Risorgimento - Torino

Guerra Santorre
di Santarosa capo assieme a Guglielmo Moffa di Lisio, Giacinto
Provana di Collegno, e Carlo Asinari di San Marzano di una
cospirazione che era stata scoperta a Torino i primi di marzo
Carlo Alberto part quindi per Novara secondo gli ordini che gli
erano stati precedentemente impartiti da Carlo Felice, e si un alle
forze controrivoluzionarie.

A partire dal 21 marzo, mentre a Genova si formava


unamministrazione provvisoria favorevole al regime
costituzionale, la Giunta di governo di Torino assunse
Santorre di Santarosa - Museo nazionale del temporaneamente tutti i poteri.
Risorgimento - Torino
In questultima fase della rivoluzione lanima del governo
provvisorio divenne Santorre di Santarosa: nonostante i suoi enormi sforzi per riorganizzare lesercito e per
mobilitare la guardia nazionale in vista dellimminente scontro con le forze fedeli a Carlo Felice e con il corpo di
quindicimila austriaci accordato al re dalla Santa alleanza, la maggior parte della popolazione rimase
indifferente, mentre molti, nellesercito e nella burocrazia, temettero le future rappresaglie del re.
L8 aprile si svolse quindi presso Novara un breve combattimento nel quale le truppe costituzionali furono vinte.
Il giorno successivo gli austriaci occuparono Alessandria, mentre il 10 aprile, ad un mese esatto dallinizio
dellinsurrezione, le truppe fedeli a Carlo Felice poterono entrate a Torino.
04|I processi milanesi del 1820-1823

Sentenza contro Federico Confalonieri, Alessandro Andryane ed altri contumaci e detenuti (27
agosto e 9 ottobre 1823) - Museo centrale del Risorgimento - Roma

Negli anni 1820-1823 due clamorosi processi furono intentati nel Lombardo-Veneto contro esponenti del
movimento liberale patriottico, il cui gruppo dirigente ne risult pesantemente indebolito.

Il primo, prese le mosse nellottobre del 1820


dallintercettazione per opera della polizia pontificia di una
missiva che Pietro Maroncelli aveva scritto al fratello
Francesco, residente a Bologna.

Il contenuto della lettera, trasmessa alla polizia austriaca,


determin la scoperta dellorganizzazione carbonara in
Lombardia e quindi larresto, tra gli altri, di Maroncelli
stesso e di Silvio Pellico.

Il processo si svolse quasi interamente a Venezia sotto la


direzione del giudice Salvotti e si concluse nellagosto del
1821 con la condanna a morte dei due principali imputati;
Giandomenico Romagnosi, coinvolto nelle indagini e
arrestato nel giugno del 1821, venne invece dichiarato
innocente e scarcerato nel dicembre dello stesso anno.

Nel febbraio del 1822 anche le condanne di Maroncelli e


Pellico per decisione imperiale vennero commutate in
lunghi anni di carcere duro (ventanni al primo e quindici al
secondo).

Nel marzo del 1821 una delazione ad opera di Carlo Castillia


L. Norfini - Silvio Pellico, sec. XIX - Galleria dArte
aveva nel frattempo avviato unindagine su alcune trame dei
Moderna - Firenze federati lombardi per lintervento dei piemontesi in
Lombardia e la formazione di un governo provvisorio
liberale, e aperto la strada ad un nuovo procedimento giudiziario.

Solo nel dicembre 1821 si giunse per allarresto di Gaetano


Castillia, fratello del delatore, di Giorgio Pallavicino Trivulzio,
che con lui era stato in Piemonte nel marzo, di Federico
Confalonieri, capo dellintera cospirazione, e di altri
quarantadue indiziati.

Questo secondo processo, istituito da una commissione


speciale presieduta prima dal giudice Menghin poi ancora una
volta da Salvotti, dur quasi due anni, e si concluse nel
novembre 1823 con le condanne a morte dei tre principali
imputatati.

Ancora una volta una decisione imperiale, dovuta in parte alla


coraggiosa azione svolta a Vienna dalla moglie di Confalonieri,
Teresa Casati, commut la pena di morte in lunghi anni di
carcere duro (ergastolo a Confalonieri e ventanni a Pallavicino
e Castillia).

Bench lorrore destato dal racconto delle sofferenze che i


patrioti patirono allo Spielberg, rivelato nel 1832 dalle Mie Federico Confalonieri. Il Confalonieri pot avere
prigioni di Pellico, fosse per lAustria un colpo durissimo, salva la vita solo per l'intervento della moglie Teresa
nessuno di loro una volta tornato in libert, tra il 1830 e il 1836, presso la corte austriaca - Ritratto - Museo del
assunse funzioni politiche di primo piano: cos, pur Risorgimento - Torino
conservandosi una rete settaria nel Lombardo-Veneto, per
alcuni anni non furono organizzate in quella zona cospirazioni e congiure.
La lettura pubblica della sentenza che condann Pellico e Maroncelli allo Spielberg - stampa - Musei Civici -
Raccolta Bertarelli - Milano
05|La rivoluzione del 1831 nei Ducati e nello Stato pontificio

La rivoluzione del 1831 nei Ducati e nello Stato pontificio, sebbene fosse collegata alla situazione internazionale
creatasi dopo gli avvenimenti francesi del luglio 1830, fu influenzata nella sua preparazione dalla cosiddetta
congiura estense, un intrigo che aveva visto coinvolto il cospiratore modenese Enrico Misley fin dal 1826. Gi a
quel tempo, egli aveva infatti stretto rapporti con il duca di Modena Francesco IV, nel tentativo di coinvolgerlo in
alcune trame finalizzate a porlo alla guida di un regno dItalia indipendente.

Quando, nel novembre del 1830, Misley part per Parigi,


il compito di portare avanti la cospirazione, e di tenere i
contatti con il duca, fu affidato a Ciro Menotti, che sul
finire dellanno riusc a costituire comitati insurrezionali
a Bologna, Firenze, Parma e Mantova. Il 12 dicembre
1830 Menotti invi a Misley un programma nel quale
proponeva di collegare ad un Comitato centrale italiano,
da formarsi a Parigi, i comitati locali nel frattempo
istituiti nelle varie citt della penisola.

I rapporti tra Menotti e Francesco IV apparivano nel


frattempo poco chiari e questa ambiguit di fondo giunse
al culmine tra il dicembre 1830 e il gennaio 1831:
Menotti cercava di persuadere il duca che il moto fosse
ormai ineluttabile e che fosse opportuno favorirlo perch
lui potesse divenire sovrano di uno stato pi ampio.

Il duca a sua volta non ostacolava i movimenti di


Menotti, ma al tempo stesso stringeva contatti con i
sanfedisti delle Legazioni, e portava avanti preparativi di
difesa.

Temendo di essere prevenuto da unimprovvisa azione


repressiva, Ciro Menotti progett quindi di dare inizio A. Malatesta - Ciro Menotti - dipinto - Museo del

allinsurrezione il 5 febbraio 1831. A questo scopo invi Risorgimento - Torino

istruzioni ai comitati di Bologna e della Romagna


affinch i moti cominciassero simultaneamente nella citt di Modena e nei centri minori del Ducato. Secondo le
sue trame i cospiratori avrebbero dovuto catturare il duca e impadronirsi del palazzo ducale, per poi aprire, in un
secondo momento, la porta della citt agli insorti che sarebbero accorsi dalla provincia.

Tuttavia, anticipando le mosse dei cospiratori, la mattina del 3 febbraio Francesco IV fece arrestare alcuni
congiurati, tra cui figurava Nicola Fabrizi, e la sera stessa ordin di assalire l'abitazione di Menotti dove erano
riuniti molti uomini pronti allinsurrezione. Dopo un breve combattimento, Menotti stesso, assieme ad altri
quarantatr patrioti, fu cos catturato.

Il 5 febbraio giunse a Modena la notizia di un moto scoppiato il giorno precedente a Bologna, assieme alla voce,
poi risultata infondata, di una marcia di numerosi bolognesi armati verso la citt. Cos il duca, dopo che gli fu
negato aiuto da parte del generale Frimont, comandante dellesercito austriaco nel Lombardo-Veneto, residente a
Mantova, decise di rifugiarsi in quella citt, nel timore che Modena potesse essere travolta dai gruppi di insorti
che si aggiravano per il Ducato.

La sera del 5 febbraio, portando con s prigioniero Ciro


Menotti, lasci temporaneamente lamministrazione dello Stato
ad alcuni funzionari ed ufficiali con poche forze a disposizione.
I patrioti insorsero invece rapidamente, disarmarono le truppe
senza trovare resistenza e, liberati i detenuti politici,
costituirono il 9 febbraio un governo provvisorio, che il 18 si
fuse con quello nel frattempo costituito a Reggio fin dal giorno
7.

La situazione si complic anche nello Stato pontificio. In


seguito ai fatti di Bologna, dove il 5 febbraio la fuga del
prolegato papale aveva determinato anche qui la costituzione di
un governo provvisorio e una guardia provinciale di cittadini, il
moto si propag in tutte le Legazioni e nelle Marche fino a
Senigallia.

Fino al 9 febbraio in diverse localit della zona i prolegati e i


governatori papali cedettero il potere a commissioni
provvisorie, si formarono corpi di guardie civiche e apparvero
bandiere e coccarde tricolori, mentre le forze armate pontificie
si disperdevano o passavano agli insorti. Soltanto a Forl il
passaggio dei poteri fu preceduto da uno scontro dove persero
la vita due patrioti ed alcuni gendarmi pontifici.

Dopo che il moto insurrezionale ebbe coinvolto anche il Ducato


Anonimo - Il generale Nicola Fabrizi di Parma e costretto nella notte tra il 14 e il 15 febbraio Maria
Luigia alla fuga prima verso Casalmaggiore, in territorio
Lombardo, e poi verso Piacenza, la rivoluzione si estese anche nel resto delle Marche e nellUmbria: a Spoleto, a
Perugia, ad Ancona dove, fallito un tentativo insurrezionale l8 febbraio, il colonnello svizzero Suthermann, che
comandava il presidio della cittadella, il 17 fu costretto a capitolare. La rivoluzione del 1831 giunse cos, nei giorni
23 e 24 febbraio, al suo limite geografico pi avanzato, cio al confine tra lUmbria e il Lazio.

Da questo momento in poi gli austriaci effettuarono rapidamente e con successo il loro intervento militare, quasi
senza incontrare ostacoli, anche perch la maggior parte dei governi provvisori, composti per lo pi di elementi
moderati, non credeva nella possibilit di una resistenza efficace, e tantomeno nel valore che una lotta destinata
allinsuccesso avrebbe potuto avere per lavvenire. Il 1 marzo le truppe imperiali poterono varcare senza
difficolt il territorio del Ducato di Parma, il 4 entrarono nel Ducato di Modena, e agevolarono in questo modo il
rientro nella sua citt di Francesco IV, avvenuto il 9 dello stesso mese.

Nelle province pontificie lazione repressiva fu invece


pi lenta: una volta occupate Ferrara e Comacchio il
6 marzo, gli austriaci interruppero lavanzata, infatti,
per quasi due settimane e si avvicinarono a Bologna
solo il 20, costringendo il governo a ritirarsi ad
Ancona. Il comandante delle truppe bolognesi,
generale Carlo Zucchi, decise allora di ritirarsi lungo
la via Emilia con circa 4.000 uomini.

Il 25 marzo la sua retroguardia fu attaccata dagli


austriaci presso Rimini, ma riusc a resistere per
alcune ore e ad infliggere al nemico notevoli perdite.

Giunto a Fano il 26, Zucchi ricevette per la notizia


che il governo aveva firmato ad Ancona la
capitolazione con il cardinale Benvenuti, incaricato
fin dalla met di febbraio dal governo papale di
ristabilire lordine nelle province insorte, ma fino a
quel momento tenuto prigioniero. Bench, in seguito
a tale fatto, le truppe guidate da Zucchi avessero
deposto le armi, il comando austriaco rifiut di
sospendere le operazioni e procedette
alloccupazione di Ancona, avvenuta tre giorni dopo.
Fratelli D'Alessandri - Fratelli De Charette De La Contrie in
divisa (esercito pontificio) - 1861 - fotografia - Archivio La rivoluzione, finita in poche settimane, lascio
fotografico comunale - Roma quindi spazio alla reazione: particolarmente violenta
nel Ducato di Modena, essa culmin con la condanna
a morte di Ciro Menotti, eseguita il 26 maggio.
06|La spedizione in Savoia

A partire dal giugno 1833, Mazzini, esule a Ginevra, riprese i preparativi per unazione dallesterno contro il
Regno sardo, progettando una spedizione in Savoia e un colpo di mano insurrezionale a Genova. Ottenuti fondi
da alcuni ricchi esuli lombardi, egli cominci a reclutare forze tra gli italiani, i polacchi e i tedeschi residenti in
Francia e in Svizzera, e scelse di affidare il comando militare della spedizione a Gerolamo Ramorino, generale
nellesercito piemontese, esule dal 1821.

Mazzini scongiura il generale Ramorino di guidare la spedizione in Savoia. Ramorino non voleva partire perch
aveva trovato solo poche decine di patrioti - Museo del Risorgimento - Torino

Accettato lincarico nellottobre, con limpegno di organizzare una legione di un migliaio di uomini, Ramorino
part per per Parigi, tornando a Genova senza alcuna legione il 31 gennaio 1834, a pochi giorni dalla data
stabilita per lavvio della spedizione, e dopo aver sperperato al tavolo da gioco tutto il denaro messo a sua
disposizione.
Bench Mazzini avesse nel frattempo raccolto alcune centinaia di uomini
e svolto un lavoro preparatorio in Savoia, il governo piemontese,
insospettito dai movimenti degli esuli ai confini sabaudi, aveva preso le
necessarie misure di sicurezza.

Proprio al momento di dare il via alla spedizione, poi, i governi cantonali


di Ginevra e di Vaud, preoccupati che uneccessiva tolleranza potesse
avere ripercussioni sul piano internazionale, disarmarono la colonna
costituita da polacchi e tedeschi.

Al luogo di concentramento della spedizione non si trovarono cos pi di


duecento uomini. Nonostante le insistenze di Mazzini, Ramorino si
rifiut allora di procedere oltre e la spedizione si sciolse il 3 febbraio
1834; un secondo gruppo di patrioti, penetrato in Savoia da Grenoble, fu
quindi respinto dai carabinieri.

Fallita miseramente la spedizione in Savoia, svaniva anche il progetto del


moto di Genova, alla cui preparazione aveva, peraltro, partecipato G. Isola - Mazzini in un ritratto giovanile
Giuseppe Garibaldi. - 1830 - disegno a matita - Museo del
Risorgimento - Istituto Mazziniano -
Genova
07|La spedizione dei Fratelli Bandiera

Convinti che in Calabria stessero per cominciare alcuni moti


insurrezionali, i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, discendenti da
una famiglia aristocratica veneziana e fondatori di una societ
segreta collegata alla Giovine Italia, disertarono dalla Marina
austriaca di cui erano ufficiali e, il 12 giugno 1844, partirono da
Corf con soli diciannove compagni, diretti verso le coste
calabresi.

Sbarcati alla foce del fiume Neto, presso Crotone, quattro giorni
dopo, si inoltrarono verso linterno senza incontrare resistenza,
ma senza trovare neanche uomini disposti a collaborare
allimpresa.

Uno dei loro compagni, il corso Pietro Boccheciampe, si separ


dalla spedizione appena sbarcato e denunci limpresa alle
autorit, peraltro gi avvertite da giorni.

La piccola
schiera fu
I Fratelli Bandiera. Emilio - stampa - Museo del cos catturata
Risorgimento - Milano dalle autorit
borboniche
presso San Giovanni in Fiore il 20 giugno, dopo un breve
scontro nel quale caddero due patrioti.

La commissione militare, istituita a Cosenza per giudicare i


membri della spedizione stessa, concluse i suoi lavori il 24
luglio comminando 17 condanne a morte; di queste otto
furono commutate in anni di carcere e nove eseguite il giorno
successivo. Il 25 luglio 1844 Attilio ed Emilio Bandiera,
assieme ad altri sette loro compagni, furono cos fucilati nel
Vallone di Rovito, presso Cosenza.

I Fratelli Bandiera. Attilio - stampa - Museo del


Risorgimento - Milano
08|Le insurrezioni di Palermo e Napoli nel 1848

La mattina del 12 gennaio


1848 molti palermitani si
radunarono per le vie della
citt, dove nei giorni
precedenti erano stati
diffusi manifesti che
incitavano alla rivoluzione.

Dopo che alcuni patrioti


distribuirono armi e
coccarde tricolori, squadre
di ribelli, condotte per lo
pi da giovani borghesi, si
scontrarono con la polizia e
con le truppe. Nella notte i
rivoltosi si barricarono
quindi nella zona della
Fieravecchia, dove si form
un comitato che assunse la
direzione del moto alla
guida di Giuseppe La Masa.

La mattina del 13, i ribelli


ripresero la lotta rafforzati
Da atlanti dell'epoca: Napoli. Published under the superintendance of the Society for the
da bande di contadini, scesi
Diffusion of Useful Knowledge. (Drawn by) W.B. Clarke, arch: dir: T. Bradley sc. Published by
da Villabate, da Misilmeri e
Baldwin & Cradock, March 1835. (London: Chapman & Hall, 1844)
da altri paesi vicini.

Le forze regie adottano invece una tattica difensiva asserragliandosi nei principali edifici pubblici in attesa dei
rinforzi, mentre lartiglieria bombardava la citt dal fronte di Castellammare e sparava lungo via Toledo e via
Maqueda.

Nella convinzione che fosse necessario allargare il fronte rivoluzionario e chiamare alla lotta gli aristocratici e i
borghesi moderati, La Masa indusse il comitato della Fieravecchia a rivolgere loro un appello, cosicch il 14
gennaio furono costituiti quattro distinti comitati (per lannona, per le munizioni di guerra, per la pubblica
sicurezza e per le informazioni) presieduti da esponenti dellaristocrazia.

La sera del 16 gennaio cinquemila uomini


comandati dal generale De Sauget, giunti il giorno
prima con una squadra navale borbonica,
tentarono per di penetrare nella citt, quasi tutta
nelle mani degli insorti.

Lattacco fu respinto dopo una lunga battaglia


grazie allenergia dei combattenti popolari e dei
componenti del comitato della Fieravecchia, tra
cui spiccavano, accanto al gi ricordato La Masa,
Rosolino Pilo, Pasquale Miloro, Giacinto Carini.

Nei giorni seguenti, gli insorti espugnarono uno


dopo laltro i centri di resistenza borbonici
allinterno della citt, e chiesero la convocazione
di un Parlamento siciliano che avrebbe dovuto
adattare ai tempi la Costituzione del 1812,
formalmente mai abrogata.

Dopo aver respinto lofferta di una parziale


autonomia amministrativa e giudiziaria, il 23
Anonimo - Rosolino Pilo - 1855 - fotografia - Istituto per la Storia gennaio, i quattro comitati formatisi
del Risorgimento - Roma precedentemente si costituirono in Comitato

generale, ed elessero presidente Ruggero Settimo,


aristocratico moderato, e segretario Mariano Stabile, alto
borghese.

Il 25 gennaio i borbonici sgombrarono quindi il Palazzo


Reale e gli altri edifici che ancora tenevano allinterno della
citt, mentre le truppe di de Sauget, ritiratesi da Palermo, si
imbarcarono a Solunto il 30.

Frattanto la rivoluzione era dilagata nelle altre citt e nei


paesi dellisola, cosicch, tra fine gennaio e primi di febbraio
1848, le truppe regolari furono cacciate quasi ovunque
(rimasero in mani borboniche Siracusa, occupata dai
rivoluzionari in aprile, e la cittadella di Messina).

Il 2 febbraio il comitato generale di Palermo, che alcuni


giorni prima aveva istituito una Guardia nazionale
composta essenzialmente da borghesi, assunse quindi i
poteri di governo provvisorio per tutta la Sicilia.

Non appena a Napoli giunse la notizia della rivoluzione


palermitana, alcuni patrioti diedero inizio al moto anche
nella parte continentale del Regno.

Linsurrezione esplose il 17 gennaio nel Cilento, a R. Foggi - Carlo Poerio - fotografia - Museo centrale del
Castellabate, a Pollica, a Torchiara, dove in accordo con il Risorgimento - Roma
detenuto napoletano Carlo Poerio, alcuni patrioti alla testa
di piccole bande armate occuparono Vallo della Lucania, costituendovi un governo provvisorio.

Non essendo per insorta Salerno, i capi della rivolta si limitarono ad occupare vari paesi della zona,
distruggendo archivi comunali e uffici regi.

Preoccupato dagli avvenimenti,


Ferdinando II aveva nel frattempo deciso
di fare alcune concessioni (limitata
libert di stampa, liberazione dei detenuti
politici, grazia ai condannati per tali
reati), non sufficienti per a placare gli
animi.

Una vasta dimostrazione liberale,


organizzata a Napoli il 27 gennaio, dopo
il licenziamento del capo della polizia
borbonica, Francesco del Carretto,
convinse infine il re ad accordare la
Costituzione, annunciata il 29 gennaio e
poi promulgata l11 febbraio.

Bench accolto da entusiastiche


manifestazioni nel Continente, e
funzionale anche a far cessare lo scontro
tra le truppe regolari e i ribelli del
Cilento, questo atto non modific
latteggiamento del governo provvisorio
siciliano, che ribad la volont dellisola di
Fazzoletto in seta che riporta la costituzione concessa da Ferdinando II l'11
reggersi con la Costituzione del 1812.
febbraio 1848 - Museo centrale del Risorgimento - Roma
09|Le Cinque giornate di Milano

Le notizie della rivoluzione di Vienna, giunte a Milano la sera del 17 marzo, contribuirono a riaccendere gli animi
tra la cittadinanza, gi esacerbati dopo che, nel gennaio precedente, il successo dello sciopero del fumo aveva
determinato duri scontri con la polizia e lasciato sul terreno sei morti e una cinquantina di feriti.

La mattina del 18 marzo una grande folla,


raccoltasi di fronte al Palazzo del Broletto,
dove aveva sede il municipio, chiese a gran
voce che il podest Gabrio Casati si
rivolgesse alle autorit austriache per
ottenere la Guardia civica.

Due distinti cortei si diressero quindi al


Palazzo del governo (oggi sede della
Prefettura), dove gli insorti catturarono il
vicepresidente, conte ODonnel, che aveva
sostituto il governatore Giambattista von
Spaur, partito da alcuni giorni.

Il giovane patriota Enrico Cernuschi


costrinse quindi ODonnel ad affacciarsi ad
una finestra insieme a Gabrio Casati e a
Il comitato insurrezionale in casa Taverna durante le Cinque giornate -
firmare davanti alla folla tre decreti, coi quali
Museo del Risorgimento - Milano
era concessa la Guardia civica, destituita la
direzione di polizia e ordinato alla polizia stessa di consegnare le armi al municipio.

Dopo che il corteo, di ritorno al Palazzo del Broletto, venne per disperso a fucilate in via Montenapoleone da un
reparto di truppe, linsurrezione scoppi un po ovunque in modo spontaneo e vennero erette le prime barricate.

Appena avuta
notizia del tumulto,
Radetzky avvi la
repressione,
imponendo ai suoi
generali di
occupare di nuovo
il Palazzo del
governo, di
rafforzare il
presidio al Palazzo
Reale e di entrare
nel Duomo. La sera
stessa le forze
austriache
assalirono il
Broletto,
catturando pi di
cento cittadini,
mentre i capi della
rivolta, e gli stessi
Sanesi e Scotto - Cacciata degli austriaci da Milano, 22 marzo 1848 - acquaforte acquarellata - Museo Casati e Cernuschi,
centrale del Risorgimento - Roma si rifugiavano nella
casa del conte Carlo
Taverna che divenne il quartier generale della rivoluzione.

Il 19 la lotta riprese con intensit crescente e coinvolse quasi tutti gli strati della popolazione: nonostante le
numerose barricate erette dalla cittadinanza rendessero per difficili i movimenti degli austriaci, questi tenevano
saldamente il Castello, i Bastioni, le caserme e molti edifici pubblici e privati, mentre gli insorti pagavano
lassenza di una direzione politico-militare unitaria.

Il giorno seguente
si deline inoltre
in modo piuttosto
chiaro il contrasto
tra Casati,
esponente della
corrente
moderata
aristocratica,
ancora incline a
conservare alla
municipalit una
parvenza di
potere legale sulla
base dei decreti
firmati il giorno
prima, e
Cattaneo, che
quella stessa
mattina aveva
costituito un
Consiglio di
guerra con il
G. Gorra - L'assalto a Porta Tosa nel marzo del 1848 - olio su tela - Musei Civici - Milano
compito di
guidare la lotta contro lo straniero.

Mentre il nuovo piano di guerra cominciava a dare i suoi frutti permettendo agli insorti di occupare, il 20
marzo, il Duomo, il Palazzo Reale, la direzione della polizia con il carcere annesso, e, il 21, di espugnare il palazzo
del Genio e quasi tutte le posizioni austriache allinterno dei Bastioni , i contrasti tra municipalit e Consiglio di
guerra si fecero pi accesi, a causa della disponibilit mostrata da Casati di fronte alle proposte di tregua avanzate
da Radetzky e al diverso atteggiamento assunto verso lipotesi di un intervento piemontese a fianco agli insorti:
mentre infatti i nobili moderati della municipalit erano favorevoli allidea della guerra regia, ed erano pronti a
costituirsi in governo provvisorio e a chiedere un aiuto ufficiale a Carlo Alberto come suggerito dal re sabaudo,
Cattaneo sosteneva invece il progetto di una lotta federale e nazionale dellItalia intera per lindipendenza.

Frattanto, il 22 marzo, di fronte alla costituzione della


municipalit in governo provvisorio, Cattaneo, scartata
leventualit di costituire un secondo governo di
orientamento democratico, present a Casati le
dimissioni del Consiglio di guerra, e opt per costituire un
Comitato di guerra assieme ai moderati, cedendo di fatto
a questi ultimi ed adattandosi ad assumere una posizione
subordinata.
Lo stesso giorno gli insorti poterono in ogni caso
impadronirsi di Porta Tosa (oggi Porta Vittoria), mentre i
rivoluzionari giunti dai dintorni forzarono Porta
Comsina (oggi Porta Garibaldi).

Di fronte alle ingenti perdite di uomini, alle enormi


difficolt di approvvigionamento e, pi in generale, al
dilagare della rivolta nel Lombardo-Veneto, dove tutte le
principali citt riuscirono in quegli stessi giorni a liberarsi
dal dominio austriaco, salvo Mantova e Verona, il 22
marzo Radetzky decise la ritirata in direzione di Lodi,
riuscendo, allinizio di aprile, a concentrare nel
Quadrilatero tra il Mincio e lAdige circa
quarantacinquemila uomini.

"Il 22 Marzo", anno I nr. 12, organo ufficiale del Governo


Provvisorio dopo le Cinque giornate di Milano. 6 aprile
1848 - stampa - Museo del Risorgimento - Milano
10|La rivoluzione a Venezia nel marzo 1848

Le prime notizie sulla rivoluzione di Vienna giunsero a Venezia nel pomeriggio del 16 marzo e destarono grande
fermento. Il 17, in seguito ad una vivace manifestazione, il governatore Palffy ordin il rilascio di Manin,
Tommaseo e degli altri patrioti arrestati a gennaio, i quali furono immediatamente portati dai manifestanti stessi
in piazza San Marco.

Grazie allinsistenza di Manin e al sostegno ricevuto dal


podest di Venezia, conte Correr, il governatore autorizz il 18
marzo la costituzione di una Guardia civica, posta alle
dipendenze del municipio e comandata dallavvocato Angelo
Mengaldo, ex ufficiale napoleonico.

Mentre per gli uomini del municipio lavevano voluta per


arginare il movimento popolare e intendevano procedere sulla
via delle riforme in accordo con le autorit austriache, Manin
era pronto allinsurrezione al fine di costituire una Repubblica
veneta.

In ogni caso, dopo alcuni giorni di relativa tranquillit, la


mattina del 22 marzo Manin riusc ad impadronirsi
dellArsenale con laiuto degli operai e degli ufficiali. Anche i
reparti della fanteria-marina e dellartiglieria passarono agli
insorti, che poterono disporre di un ingente quantitativo di
armamenti e munizioni.

Il governo provvisorio di Venezia adotta la bandiera


con i 3 colori nazionali

Contemporaneamente a questa azione, il patriota


Radaelli, alla testa di un gruppo di Guardie civiche,
prese il controllo della Gran guardia austriaca di piazza
San Marco, mentre altri insorti occupavano gli ingressi
del Palazzo del governo. A questo punto anche gli
uomini del municipio, che fino a quel momento
avrebbero tentato una mediazione con le autorit
austriache, si schierarono con gli insorti e invitarono il
governatore a cedere loro il potere.

La capitolazione, firmata dal governatore militare,


conte Zichy, alle 18 del 22 marzo, mentre insorgevano
gli abitanti di Mestre, Chioggia e degli altri centri
abitati delle isole della Laguna, prevedeva la partenza
delle truppe non italiane e la costituzione di un governo
provvisorio formato dagli uomini del municipio.
Manin e Tommaseo
Lassenza del Manin dal governo suscit per
lindignazione popolare, cosicch la mattina del 23 Manin costitu un secondo governo, di cui fece parte anche
Tommaseo, e proclam la Repubblica.
11|La prima guerra di indipendenza

Di fronte agli avvenimenti milanesi del marzo 1848, un crescente fermento dilag nel Regno di Sardegna, dove
dimostrazioni popolari chiesero lintervento piemontese in Lombardia e gruppi di giovani si misero in viaggio
verso Milano. Mentre reparti di volontari partivano anche dalle principali citt della Toscana, e occupavano la
Lunigiana, la Garfagnana e Pontremoli, il 23 marzo il Consiglio dei ministri sardo, dopo alcune iniziali titubanze,
opt alla presenza del re per la guerra contro lAustria, annunciata poi con un proclama il giorno successivo.

Le truppe piemontesi agirono per


lentamente, non ostacolando in alcun
modo la ritirata di Radetzky verso il
Quadrilatero: mossesi da Pavia il 31
marzo, ebbero una prima scaramuccia
con l'esercito austriaco ad una ventina di
chilometri da Mantova soltanto tra il 5 e
il 6 aprile.

Tra l8 e l11 aprile, poi mentre a


Milano giungevano volontari da
Bologna, Modena e Napoli, e lo stesso
S. De Albertis - La carica di Pastrengo - olio su tela - Museo storico arma Granducato di Toscana inviava
Carabinieri - Roma ufficialmente soldati in Lombardia , le
truppe piemontesi si assicurarono i
passaggi del fiume Mincio con alcuni brevi combattimenti a Goito, Monzambano e Valeggio. Varcato quindi il
fiume in forze tra il 26 e il 28 aprile, si schierarono in posizione offensiva lungo un arco che dal Garda giungeva a
Villafranca, e presero per alcuni giorni liniziativa, culminata il 30 aprile nella battaglia di Pastrengo, in cui
ebbero successo sugli austriaci; appena 6 giorni dopo, per, subirono un grave scacco a S. Lucia e furono costretti
a ripiegare.

Frattanto, mentre Guglielmo Pepe alla guida di un corpo di spedizione napoletano partiva dallAbruzzo per
Venezia, le forze di soccorso imperiali, che avevano gi costretto Udine alla capitolazione, occupavano tra il 5 e 6
maggio Belluno e Feltre. Fronteggiati in una prima fase solo da scarse truppe di volontari veneti, tra l8 e il 9
maggio gli austriaci sconfissero il corpo pontificio comandato dal generale Giovanni Durando, il quale, partito da
Roma alla fine di marzo, era stato incorporato nellesercito piemontese dopo lallocuzione papale del 29 aprile,
con la quale Pio IX aveva dichiarato di non voler prendere parte al conflitto contro lAustria.
S. De Albertis - La battaglia di Pastrengo - olio su tela - Museo Civico Revoltella - Trieste

Dopo un breve periodo di stasi, lo scontro riprese quindi a fine maggio: il 29, la divisione toscana comandata dal
generale De Laugier, rafforzata da due battaglioni napoletani, fu sconfitta dagli austriaci a Curtatone e
Montanara, in provincia di Mantova, dopo uneroica resistenza; il giorno successivo, i piemontesi ebbero tuttavia
la meglio sugli austriaci presso Goito, e, in seguito alla resa di Peschiera avvenuta quella stessa sera, poterono il
31 maggio occupare anche quella fortezza.

Nonostante i successi piemontesi, gli austriaci furono per in grado in breve tempo di occupare gran parte del
Veneto: caduta Vicenza il 10 giugno, presso la quale si registr una delle battaglie pi sanguinose della guerra,
lesercito imperiale occup nel giro di pochi giorni Padova, Treviso, Mestre e Palmanova, lasciando in mano agli
italiani solo Osoppo, che resistette fino al 13 ottobre, e Venezia con le isole della Laguna.

Dopo pi di un mese di inattivit, durante il quale Radetzky pot riorganizzare il suo esercito, alla fine di luglio si
svolse lo scontro decisivo: respinti il 22 luglio sullaltopiano di Rivoli, gli austriaci attaccarono la linea piemontese
tra Sona e Sommacampagna, riuscendo a travolgerla, passando il 24 luglio il Mincio con una parte delle forze.

Lesercito sardo pens quindi di muovere un attacco da Villafranca verso il nord-ovest, contro la linea di colline
che va da Custoza a Sommacampagna, ma a causa della scarsit di uomini, registr il 24 luglio solo un parziale
successo presso Stafflo. Il 25 Radetzky organizz quindi il contrattacco e inferse una pesante sconfitta presso
Custoza ai piemontesi, che ripiegarono su Goito.

Da quel momento la
ritirata dellesercito
sardo si fece sempre pi
rapida: passato lOglio il
28, il 1 agosto i
piemontesi si ritirarono
oltre lAdda, dirigendosi
verso Milano, dove
giunsero il 3 agosto. Gli
austriaci attaccarono
quindi la citt il 4 e,
nonostante lenergica
resistenza piemontese,
riuscirono a rompere la
prima linea di difesa
sarda quella sera stessa,
imponendo agli
avversari di ripiegare
entro i Bastioni.
G. Ferrari - Battaglia di Novara - Museo nazionale del Risorgimento - Torino
Convinto
dellimpossibilit di ogni resistenza, Carlo Alberto firm quindi la capitolazione il 5 agosto. Di fronte ad una
popolazione sgomenta, gli austriaci rientrarono cos a Milano il giorno seguente. Il 9 agosto venne quindi firmato
larmistizio di Salasco, che fissava alla frontiera tra Piemonte e Lombardia la linea di demarcazione dei due
eserciti.

Anche il tentativo di Garibaldi di proseguire la guerra, che


port il nizzardo a occupare Varese il 18 agosto, si infranse
contro la forza degli attacchi austriaci: sciolta la sua banda,
egli si convinse a fine agosto a rifugiarsi nel Canton Ticino.

Dopo molti mesi di inattivit, il 12 marzo 1849 Carlo


Alberto, che riteneva preferibile una sconfitta militare alla
rinuncia alla lotta contro lAustria, scelse di riprendere la
guerra e, come previsto dallarmistizio del 9 agosto,
preavvert il comando supremo austriaco delle sue
intenzioni.

Il 20 le avanguardie della V divisione piemontese furono


quindi attaccate dagli austriaci alla Cava, e costrette a
ripiegare alla destra del Po; gi dalla tarda serata del 20
quattro corpi darmata austriaci dilagavano nella Lomellina.

Il 21 si svolsero quindi accaniti combattimenti a Borgo San


Siro e alla Sforzesca, davanti a Vigevano, e a Mortara.
Bench i primi risultassero favorevoli ai piemontesi, i
secondi si conclusero con un grave scacco e indussero
H. Vernet - Carlo Alberto a cavallo
lesercito sardo a tentare una ritirata in direzione di Novara.

Qui, gli austriaci attaccarono nuovamente il 23 marzo, e, nonostante alcuni contrattacchi abbastanza efficaci,
riuscirono ad avere la meglio sui loro avversari e ad entrare in citt il 24.

La sera del 23 marzo, consapevole della pesante sconfitta, Carlo Alberto


decise di abdicare in favore del primogenito Vittorio Emanuele, e di
riparare in Portogallo.

Il giorno seguente Radetzky incontr presso Vignale il nuovo re, che si


persuase ad accettare le condizioni dellarmistizio, poi firmato a Novara
il 26 marzo.

Esso prevedeva tra laltro loccupazione militare austriaca di met della


fortezza di Alessandria, del territorio tra il Po, la Sesia e il Ticino e il
ritiro entro quindici giorni della flotta sarda dallAdriatico.

Strascichi della guerra furono inoltre i fatti di Brescia e Genova. La citt


lombarda riusc a resistere agli austriaci per dieci giorni, a partire dal 23
marzo (le Dieci giornate), ma fu occupata definitivamente il 1 aprile.

Quello stesso giorno Genova si costitu invece in Repubblica per


manifestare la propria contrariet di fronte alla cessazione delle ostilit
Joseph Radetzky - stampa - Raccolta
ma, messa a dura prova dallavanzata del generale piemontese Alfonso
Giordani-Soika - Venezia
La Marmora, capitol il 9 aprile.
Episodio delle Dieci Giornate di Brescia - 1849 - stampa - Museo del Risorgimento - Milano
12|Il Regno delle Due Sicilie nel 1848-1849

Regno delle due Sicilie - Napoli - 1841 - Compilata ed eseguita su pietra da Benedetto Marzolla - Real Litografia Militare

Dopo la concessione della Costituzione da parte di Ferdinando II nel febbraio 1848, la situazione nel Regno delle
Due Sicilie non miglior.

Aggravatasi gi nel marzo, quando il Comitato generale


siciliano aveva ribadito la sua intransigenza nonostante
la mediazione dellinviato straordinario inglese Lord
Minto, nei due mesi successivi la condizione generale
del Regno si complic ulteriormente: non solo infatti il
13 aprile, nel pieno della prima guerra di indipendenza,
il Parlamento siciliano proclam la decadenza della
dinastia borbonica dal trono della Sicilia; ma la volont
di modificare la Costituzione manifestata dalla
maggioranza dei nuovi deputati del Parlamento
continentale determin, tra il 13 e il 16 maggio, un
durissimo scontro con Ferdinando II il quale non esit
a reprimere nel sangue una violenta sollevazione
popolare esplosa in quel frangente a Napoli.

Il 17, Ferdinando decise quindi di sciogliere il


Parlamento e di richiamare il corpo di spedizione
comandato da Guglielmo Pepe, alcuni giorni prima
partito per Venezia a sostegno della guerra
antiaustriaca.

Dopo gli avvenimenti del maggio, alcuni tentativi


insurrezionali si concretizzarono anche in Calabria: qui
si formarono comitati di salute pubblica
antigovernativi (a Cosenza e Catanzaro) e si
Ferdinando II di Borbone - Palazzo Reale - Napoli verificarono alcuni atti di guerriglia.

Mentre per la ribellione calabrese fu sconfitta dalle truppe napoletane entro la met di luglio, solamente alla fine
di agosto del 1848 Ferdinando II si convinse della necessit di inviare una spedizione in Sicilia per tentare di
riconquistare lisola.

Sbarcati a Messina il 2 settembre, ventimila uomini comandati dal generale Carlo Filangieri sottoposero per
alcuni giorni la citt ad un violentissimo bombardamento, costringendola il 7 settembre alla resa dopo una tenace
resistenza.

Sospese le ostilit grazie alla mediazione franco-inglese, si giunse l8 ottobre, dopo lunghe trattative, alla firma di
un armistizio di lunga durata, in base al quale i napoletani occuparono per il momento il triangolo tra capo
Peloro, Milazzo e Scaletta.

Vistosi per respingere dai siciliani anche la sua ultima proposta di mediazione latto di Gaeta del 28 febbraio
1849, con il quale tra le altre cose veniva concesso alla Sicilia un Parlamento indipendente il 19 marzo 1849
Ferdinando II denunci larmistizio dellottobre.

Dieci giorni dopo le truppe del generale


Filangieri ripresero quindi le ostilit:
occupata Taormina il 4 aprile,
cominciarono lattacco a Catania,
conquistata il 7. Il 9 Filangieri pot quindi
occupare senza difficolt Augusta, Siracusa
e Noto.

Dopo la fuga verso Malta di Ruggero


Settimo e di molti altri cittadini
compromessi nella rivoluzione, il 27 aprile
una deputazione nominata dal municipio di
Palermo firm la capitolazione. Voluta dai
moderati, essa per determin, il 29 aprile,
violenti tumulti popolari, che si
rinnovarono il 3 maggio.

Dopo alcuni giorni di guerriglia nei dintorni


di Palermo, ogni resistenza cess il 15 Generale Guglielmo Pepe - Museo del Risorgimento - Torino
maggio 1849, giorno in cui la capitale
siciliana venne rioccupata dalle truppe borboniche.
13|La Toscana nel 1848-1849

La situazione in Toscana, dove il 17


febbraio 1848 Leopoldo II aveva
concesso uno Statuto ispirato alla
Costituzione francese del 1830, si
complic alla fine di ottobre 1848,
quando il Granduca fu costretto
dalla pressione popolare a formare
un ministero democratico,
capeggiato da Giuseppe Montanelli
e Francesco Domenico Guerrazzi,
capo dei repubblicani livornesi.

Quando poi il Parlamento toscano


venne a conoscenza del decreto del
governo romano del 16 gennaio
1849 con il quale era stabilito che
Il popolo di Firenze ringrazia il granduca Leopoldo per le riforme accordate - 1847 -
i cento deputati che avessero
stampa - Musei Civici - Raccolta Bertarelli - Milano
ricevuto il maggior numero dei
suffragi alle elezioni per la Costituente romana, del successivo 21 gennaio, avrebbero rappresentato lo Stato
romano anche alla Costituente italiana volle anchesso approvare un progetto di legge per lelezione di 37
deputati da inviare alla Costituente nazionale.

A questo punto il Granduca, che il 30 gennaio si era trasferito improvvisamente a Siena, nella notte tra il 7 e l8
febbraio part segretamente per Porto Santo Stefano. Di qui, il 21 febbraio si sarebbe poi imbarcato per Gaeta,
dove sarebbe giunto il 23.

Non appena giunse a Firenze la notizie della partenza di Leopoldo II da Siena, l8 febbraio, le Camere, sotto la
pressione dei democratici, elessero un governo provvisorio, composto da Guerrazzi, Montanelli e Mazzoni.
Bench lesecutivo indicesse per il 12 marzo sia le elezioni per i deputati da inviare alla Costituente italiana, sia
quelle per unAssemblea provvisoria toscana, Guerrazzi riusc a far rinviare ogni decisione sulla prima questione,
contribuendo decisamente al fallimento dellidea costituente lanciata da Montanelli fin dallottobre 1848.

Ricevuta la notizia della sconfitta piemontese, la nuova


Assemblea toscana, che si era riunita per la prima volta solo il
25 marzo, deliber il 27 di affidare la pienezza del potere
esecutivo a Guerrazzi, mentre tre giorni dopo decret di rinviare
ogni decisione sulla proclamazione della Repubblica e
sullunione con Roma, optando anche per sospendere i propri
lavori.

Guerrazzi tent quindi di accordarsi con i moderati per


preparare il ritorno di Leopoldo II, nella convinzione che questo
fosse lunico modo per evitare unoccupazione austriaca della
Toscana.

Incapace di guadagnarsi la loro fiducia, dovette invece assistere,


il 12 aprile, allassunzione del potere da parte del municipio di
Firenze in nome del Granduca, e al conseguente scioglimento
dellAssemblea toscana, che pure aveva tentato invano di
riconvocare prima di essere egli stesso rinchiuso in fortezza.
In ottemperanza ad una esplicita richiesta di Leopoldo II, il 26
aprile un corpo di spedizione austriaco si mosse quindi dai
confini estensi. Occupate senza problemi Lucca e Pisa il 5 e il 6
maggio 1849, gli austriaci incontrarono una accanita resistenza
a Livorno, che fu conquistata la sera dell11 maggio.

Bench allultimo momento il Granduca avesse tentato di


fermare la loro marcia sulla capitale, gli austriaci entrarono a
Firenze il 25 maggio e completarono i giorni successivi
loccupazione dellintera Toscana, rientrata nellorbita
dellImpero asburgico.

Il Granduca ritorn invece a Firenze due mesi dopo, il 28 luglio


1849 e sospese lo Statuto, formalmente abrogato solo il 6
maggio 1852.

A. Ciseri - Francesco Domenico Guerrazzi - dipinto


- Soprintendenza alle Gallerie - Firenze
14|La Repubblica romana

Luccisione del primo ministro Pellegrino Rossi, avvenuta il


15 novembre 1848, indusse Pio IX ad abbandonare Roma e
a rifugiarsi a Gaeta, sotto la protezione di Ferdinando II di
Borbone.

Dopo alcuni mesi di incertezza, durante i quali il


movimento democratico si svilupp soprattutto in
Romagna, nelle Marche e in Umbria, la situazione venne
forzata in senso rivoluzionario.

Bandiera della Repubblica romana - 1849 - Museo


centrale del Risorgimento - Roma

Alla fine di dicembre la Consulta di Stato un organo


esecutivo eletto precedentemente dal Consiglio stesso,
ma non riconosciuto da Pio IX sciolse il Consiglio dei
deputati e una Commissione di governo, costituitasi
provvisoriamente il 29 dicembre, convoc lAssemblea
costituente dello Stato pontificio, fissando le elezioni a
suffragio universale il 21 gennaio.

Apertasi lAssemblea il 5 febbraio, quattro giorni dopo Stampatore Rossetti - Proclamazione della Repubblica
decret decaduto il potere temporale del papa e Romana, 1849 - 1861 - litografia ad opera
proclam la Repubblica romana.
Da atlanti dell'epoca. Roma. Plan of modern Rome, by W.B. Clarke, archt. Published under the superintendence
of the Society for the Diffusion of Useful Knowledge. Engraved by J. & C. Walker. Published by Baldwin &
Cradock, 47 Paternoster Row, Octr. 1, 1830. (London: Chapman & Hall, 1844).

Laiuto richiesto dal pontefice alle potenze straniere il 18 febbraio, loccupazione austriaca di Ferrara avvenuta lo
stesso giorno, e le difficolt incontrate dal governo di Roma nel tentare di stabilire un accordo con gli altri Stati
italiani per la convocazione di una Costituente italiana, complicarono ben presto la situazione, gi difficile da un
punto di vista finanziario e militare.

La ripresa della guerra contro lAustria da parte piemontese fece in ogni caso prevalere a Roma, dove era gi
presente Garibaldi e dove Mazzini era giunto il 5 marzo, lidea che la Repubblica avrebbe dovuto concentrare
tutte le sue energie per contribuire al successo della prima guerra di indipendenza.

La convinzione che
la lotta avrebbe
dovuto proseguire
venne espressa
anche dopo la
sconfitta di Novara,
in seguito alla quale,
anzi, la sera del 29
marzo, lAssemblea
costituente decise di
nominare un
triumvirato,
composto da
Mazzini, Armellini e
Saffi, cui furono
concessi poteri
illimitati per la
guerra
A sinistra i triumviri: Saffi, Mazzini e Armellini. A destra: "Assemblea Costituente. In nome di Dio e dindipendenza e per
del popolo" - 4 marzo 1849 la salvezza della
Repubblica.

Di fronte allo sbarco del primo contingente francese a Civitavecchia, il 25 aprile 1849, lAssemblea reag cos
decretando la resistenza ad oltranza.

Dopo i primi attacchi alla capitale pontificia, concentratisi la mattina del 30 aprile presso Porta San Pancrazio,
Porta Cavalleggeri e le mura vaticane, gli uomini del generale Oudinot furono costretti a ritirarsi in modo
piuttosto disordinato.

Mentre le ostilit con i francesi si interrompevano per fare spazio a trattative, nel mese di maggio la Repubblica
romana dovette fronteggiare un attacco napoletano nel Lazio e una invasione austriaca nelle Legazioni e nelle
Marche.

Nel Lazio lo scontro si svolse tra un corpo di


spedizione borbonico, condotto da Ferdinando II,
che avanz i primi giorni del mese fino ad Albano,
senza attaccare per la capitale, e Garibaldi.

Questultimo, dopo aver respinto una colonna


borbonica presso Palestrina il 9 maggio, decise di
sua iniziativa di attaccare le truppe di Ferdinando a
Velletri il 19, e, dopo aver riconquistato la provincia
di Frosinone, di spingersi in territorio napoletano e
di occupare Arce il 26.

Nel frattempo per un corpo di spedizione


spagnolo, sbarcato a Gaeta, occup Terracina il 4
giugno, mentre gli uomini di Ferdinando II, che
pure il 17 maggio avevano deciso di ritirarsi per le
insistenze del francese Oudinot, rientrarono nel
territorio romano e rioccuparono Frosinone il 7
giugno.

Nella parte settentrionale dello Stato pontificio


S. Lecchi - Resti di Palazzo Valentini dopo la violenta battaglia sul
lazione austriaca fu piuttosto facile: qui il corpo di
colle Gianicolo a Roma nel 1848 - Luglio 1849 - fotografia - Istituto
spedizione comandato dal generale Wimpffen
per la Storia del Risorgimento - Roma
incontr resistenza solo a Bologna, costretta alla
capitolazione il 15 maggio, e ad Ancona, che dopo aver sopportato quasi un mese di assedio, cedette agli austriaci
il 19 giugno.

Il 1 giugno intanto, in seguito ad espliciti ordini del governo francese, Oudinot aveva deciso di rompere una
tregua approvata dallAssemblea costituente romana appena il giorno precedente e di concentrare il grosso delle
sue truppe sul Gianicolo. Il 3 giugno, mentre i francesi prendevano possesso di Ponte Milvio, violenti
combattimenti si svolsero presso villa Pamphili e villa Corsini (durante gli scontri fu gravemente ferito Goffredo
Mameli).
S. Lecchi - Resti del Casino Savorelli, dopo la violenta battaglia sul colle Gianicolo a Roma nel
1848 - Luglio 1849 - fotografia - Istituto per la Storia del Risorgimento - Roma

Dopo diversi giorni, in cui si susseguirono sortite dei romani e piccoli attacchi delle truppe di Oudinot, la mattina
del 13 giugno lartiglieria francese cominci il bombardamento della citt: lapertura di varie brecce nelle difese
gianicolensi permise agli assalitori, nella notte tra il 21 e il 22 giugno, di conquistare la prima linea di difesa.

Persa anche la seconda linea il 30 giugno, dopo un attacco generale francese durante il quale persero la vita circa
400 italiani, lAssemblea costituente dichiar impossibile ogni difesa e accett le dimissioni del triumvirato.

Quindi, il 1 luglio, approv la nuova Costituzione della Repubblica: essa, la pi avanzata in senso democratico di
tutte le Costituzioni italiane del Risorgimento, venne quindi proclamata simbolicamente in Campidoglio due
giorni dopo, a poche ore dallingresso in citt dellarmata di occupazione.
15|La fuga di Garibaldi e la trafila

La sera del 2 luglio 1849, formalmente


incaricato dal governo della Repubblica di
portare la guerra nelle provincie dello
Stato pontificio, Giuseppe Garibaldi usc
da Roma al comando di circa 4.700
uomini, in maggioranza volontari ma
anche bersaglieri lombardi e dragoni
pontifici passati alla Repubblica. Nessun
rappresentante del governo, invece, si un
alla spedizione.

La colonna, lunga quasi 5 chilometri che


a Tivoli venne organizzata in due legioni e
un reggimento di cavalleria , era
circondata da circa 80 mila soldati
appartenenti alle truppe francesi,
austriache, spagnole, napoletane e
toscane.

Garibaldi, per, riusc ad evitare lo


scontro armato con i reparti nemici grazie
ad un uso intelligente della cavalleria che,
distaccata in piccole pattuglie, riusciva sia
ad informare il nizzardo sulle mosse da
attuare che ad ingannare il nemico sulla
destinazione e sulla reale forza al seguito
del nizzardo.
La ritirata di Garibaldi da Roma (3 luglio - 1 agosto 1849)

L8 luglio la colonna degli ex combattenti


della Repubblica Romana arriv a Terni, dove li attendeva un battaglione di volontari arruolato dallex colonnello
inglese Ugo Forbes, l11 giunse a Todi e poi il 15 si spost ad Orvieto.

Braccato dalle truppe austriache, Garibaldi decise, prima, di sconfinare in Toscana, dove comunic alle sue
truppe la decisione di andare a Venezia per combattere in difesa della Repubblica, e poi di passare nelle Marche
per la Bocca Trabaria, risalendo la zona di Montefeltro fino a San Marino.

La durezza delle marce (otto ore notturne e tre di pomeriggio), le difficolt nei rifornimenti, il caldo estivo e, in
alcuni casi, come ad Arezzo, lostilit delle popolazioni, provocarono le diserzioni di molti combattenti al seguito
del nizzardo. A fine luglio la colonna si era assottigliata a poco pi di 1.500 uomini.

Dopo unestenuante marcia sugli Appennini, stretto nella morsa delle truppe austriache che lo inseguivano,
Garibaldi riusc a condurre i superstiti nella piccola Repubblica di San Marino dove dichiar al Reggente di
deporre le armi e di venire come rifugiato. Con un ordine del giorno, inoltre, sciolse i volontari dallobbligo di
accompagnarlo e riconobbe che la guerra romana per lindipendenza dItalia era finita.

Nella notte del 31 luglio, dopo aver respinto le condizioni


di resa imposte dagli austriaci che con alcune truppe
circondavano la piccola Repubblica, Garibaldi riusc a
fuggire da San Marino, seguito da Anita, incinta e
febbricitante, da Giovanni Battista Culiolo, detto Leggero
dal frate barnabita Ugo Bassi, da Angelo Brunetti detto
Ciceruacchio e da circa 200 volontari.

Il 1 agosto, dunque, ebbe inizio la cosiddetta trafila


romagnola, ovvero la rete di patrioti e democratici che,
dopo aver sostenuto la Repubblica romana, aiutarono
Garibaldi nella fuga dai Territori pontifici per raggiungere
il Regno sabaudo.

Proprio grazie allaiuto di questa rete di patrioti, lo sparuto


manipolo di ex combattenti della Repubblica romana che
aveva abbandonato di notte la Repubblica di San Marino,
riusc a superare la via Emilia e a raggiungere Cesenatico.

Dopo aver preso il controllo del porto, i fuggiaschi


sequestrarono alcune barche da pesca e allalba del 2
Angelo Brunetti detto Ciceruacchio (1800-1849) - 1848 - agosto si imbarcarono per cercare di raggiungere Venezia
dagherrotipo - Istituto per la Storia del Risorgimento - via mare.
Roma
Tuttavia, non lontano da Punta di Goro, una piccola flotta
austriaca, capeggiata dal brigantino Oreste, avvist il naviglio e, dopo averlo bombardato, riusc a catturare molti
volontari che furono condotti come prigionieri a Pola. Altri patrioti, invece, che in un primo momento erano
riusciti a sfuggire alla squadra austriaca, vennero catturati sulla terraferma e fucilati: tra questi Ugo Bassi,
Giovanni Livraghi, Ciceruacchio e i suoi due figli, di cui uno tredicenne.

P. Bouvier - Garibaldi attraversa le paludi di Comacchio con Anita morente - dipinto - Museo del
Risorgimento - Milano

Garibaldi, Leggero e Anita ormai agonizzante, riusciti a sfuggire alle navi austriache e a sbarcare non lontano
da Magnavacca, in una delle isole della laguna di Comacchio, vennero aiutati da Nino Bonnet, ufficiale della
guardia civica di Comacchio, che riusc ad organizzare la fuga tra le valli. Il 4 agosto, per, a Mandriole, nella
cascina del marchese Guiccioli condotta dai fratelli Ravaglia, Anita Garibaldi muore.

Il nizzardo e Leggero continuarono la marcia tra boschi e acquitrini la sera del 6 agosto arrivarono al capanno
di caccia del Pontaccio, ancora oggi visitabile e aiutati dalla rete dei democratici i due superstiti varcarono il
confine dello Stato pontificio nella notte tra il 15 e il 16 agosto. Nella Romagna toscana vennero aiutati da don
Giovanni Verit, parroco di Modigliana, che, dopo averli nascosti nella propria abitazione, organizz lultima fase
della fuga, ovvero la traversata dellAppennino. Dopo una lunga marcia attraverso sentieri impervi, i fuggiaschi
arrivarono al passo delle Filigare ma, per un contrattempo, persero i contatti con don Giovanni Verit.

Garibaldi e Leggero si misero in marcia da soli e in un albergo di campagna incontrarono un giovane ingegnere,
Enrico Sequi, che rimise i due patrioti in contatto con lorganizzazione che aiutava i perseguitati politici ad
espatriare. Allalba del 2 settembre i fuggiaschi vennero portati verso la Cala Martina, nei pressi di Follonica,
dove li attendeva unimbarcazione che, nel giro di pochi giorni, il 5 settembre, avrebbe sbarcato i due fuggiaschi a
Porto Venere, nel golfo di La Spezia, nel Regno di Sardegna.

Le vicende del 1849


accrebbero notevolmente la
fama di Garibaldi in Italia e
in Europa. La stampa,
infatti, non solo aveva dato
rilievo alla difesa di Roma
ma aveva anche
raccontato lincredibile
marcia di Garibaldi tra gli
eserciti nemici dalle soste
negli abitati alle
imposizioni di contributi,
dalle minacce ai religiosi
alla pubblicazione di bandi
per la cattura del nizzardo
arrivando perfino a
narrare episodi del tutto
inventati o frutto
dellopposta propaganda
politica.

Infatti, se il giornale Anonimo - Il capanno del Pontaccio dove Giuseppe Garibaldi sost dal 7 all8 agosto 1849 -
torinese La Concordia, il 1880 - fotografia - Musei Civici - Milano
16 agosto, dodici giorni
dopo la morte di Anita, aveva annunciato che Garibaldi e Anita avevano raggiunto Venezia, la Gazzetta di
Bologna, il 20, aveva pubblicato la notizia della morte di Anita per strangolamento.

Notizia poi smentita dallautopsia e dallautorit giudiziaria. Il 21 agosto, invece, Il Fischietto pubblic una
vignetta destinata poi a diventare celebre in cui, deridendo gli austriaci che si erano fatti sfuggire la preda, vi era
scritto: Anche questa volta pirpante diavolo rosso poter scappar per inferno. Il 7 settembre, infine, sempre La
Concordia annunci che Garibaldi era giunto sano e salvo a Chiavari.
16|La resistenza di Venezia nel 1849

Venezia, che gi l11 agosto del 1848 aveva rifiutato di


riconoscere l"armistizio Salasco" nonostante avesse
precedentemente votato lannessione al Piemonte,
accolse con grande entusiasmo la notizia della ripresa
delle ostilit tra il Regno di Sardegna e lAustria, di cui
era giunta comunicazione il 14 marzo 1849.

Anche dopo la sconfitta di Novara, che pure provoc


una cocente delusione, lAssemblea veneziana deliber
di resistere ad ogni costo agli austriaci e di investire
Manin, gi membro di spicco di un triumvirato eletto
nellagosto precedente, di poteri illimitati.

Ansiosi di fiaccare la resistenza veneziana, gli austriaci,


che per tutto il mese daprile avevano preparato
lattacco, cominciarono il 4 maggio un vivace
cannoneggiamento del forte di Marghera. Linfuriare
dei colpi, intensificati tra il 24 e il 26, determin la
notte del 27 maggio labbandono della postazione da
parte veneziana e permise alle truppe del generale
Thurn di giungere al limite della Laguna, di fronte alla
citt.

Solo il 13 giugno le truppe imperiali poterono per


cominciare a colpire con qualche efficacia la linea Annuncio austriaco della sconfitta piemontese a Novara - 26
veneziana, costituita dai cittadini con estrema efficacia. marzo 1849 - Raccolta Giordani-Soika - Venezia
L. Querena - Scoppio di una mina a San Giuliano, particolare - 1850 - olio su tela - Museo Correr - Venezia

Respinto il 30 giugno un nuovo ultimatum austriaco, che poneva fine ad alcune trattative portate avanti dal
ministro austriaco Bruck, la situazione della citt lagunare si fece sempre pi precaria nel mese di luglio e nella
prima parte dellagosto 1849, a causa non solo dellintensificarsi dei bombardamenti austriaci, ma della crescente
penuria di viveri e della diffusione del colera.

Stremati dai lunghi mesi di resistenza, i veneziani furono a quel punto favorevoli ad iniziare nuove trattative che
si conclusero, il 23 agosto del 1849, con la firma della capitolazione.
17|La ratifica della pace di Milano e il proclama di Moncalieri

Vittorio Emanuele II - Proclama di Moncalieri - 1849 - Archivio di Stato - Torino

La pace di Milano, firmata tra lAustria e il Regno di Sardegna il 6 agosto 1849, e giunta al termine di trattative
piuttosto complesse, precedette di pochi giorni lapertura della terza legislatura piemontese. La nuova Camera,
bench fosse meno spiccatamente democratica rispetto alla precedente sciolta dopo Novara era caratterizzata
da una forte maggioranza progressista, composta da elementi che avevano tutti voluto la ripresa della guerra nel
marzo 1849.

Il contrasto con i moderati, che invece avevano accettato controvoglia la riapertura delle ostilit, rovesciando sui
democratici la responsabilit della sconfitta, si riacutizz cos intorno alla questione della ratifica del trattato di
pace.

In base allarticolo 5 dello Statuto, che attribuiva al re il potere di firmare gli accordi internazionali, Vittorio
Emanuele II procedette alla ratifica della pace di Milano nellagosto 1849 senza attendere lassenso delle Camere;
secondo lo stesso Statuto, per, ogni patto che avesse imposto allo Stato un onere finanziario, in questo caso
unindennit di guerra di 75 milioni di franchi, aveva bisogno di essere approvato dal Parlamento. Il governo
aveva quindi, per necessit, seguito una procedura eccezionale facendo precedere la ratifica al voto parlamentare.

Bench lopposizione fosse conscia dellimpossibilit di votare contro il trattato, che, voluto dal re, avrebbe
necessariamente implicato, se respinto, la ripresa della guerra contro lAustria, non fu disposta ad avallare la
procedura seguita dal governo.

Quando, nel novembre 1849, al Parlamento si apr


quindi la discussione sul trattato, essa assunse un
atteggiamento piuttosto rigido e volle collegare la
questione della ratifica a quella della concessione della
cittadinanza agli esuli del Lombardo-Veneto.

Di fronte al rifiuto opposto dal ministero, che, pur


mostrandosi disponibile a discutere in un secondo
momento il problema degli esuli, non acconsent ad
affrontare quel tema in concomitanza con il trattato di
pace, la Camera vot il 16 novembre di sospendere la
discussione sul trattato stesso.

Il giorno successivo il governo decise quindi di prorogare


la sessione parlamentare, mentre, il 20 novembre, un
decreto reale indisse nuove elezioni, fissandole al 9
dicembre.

Latto di scioglimento fu pubblicato insieme ad un


proclama di Vittorio Emanuele II, emanato dal castello
di Moncalieri e scritto da Massimo dAzeglio, in cui il
sovrano sosteneva che gli atti della Camera appena
sciolta erano stati ostili alla Corona e invitava gli elettori
a mandare al Parlamento degli elementi moderati, Anonimo - Massimo dAzeglio (1798-1866) in divisa di

disposti, tra laltro, a ratificare il trattato di Milano. colonnello dei Cavalleggeri - 1848 - fotografia da
dagherrotipo - Museo del Risorgimento - Torino
Il risultato elettorale fu favorevole al governo: la nuova
Camera, che si apr il 20 dicembre, fu composta di circa 2/3 dei deputati disposti a sostenerlo, e present quindi
una situazione capovolta rispetto alla precedente legislatura.
18|Le leggi Siccardi

Nominato ministro della Giustizia e degli Affari ecclesiastici


il 18 dicembre 1849 per consiglio di Cavour, il conte
Giuseppe Siccardi present alla Camera il 25 febbraio 1850
un progetto di legge per labolizione del privilegio del foro
ecclesiastico e dei residui del diritto dasilo, per la riduzione
delle feste religiose, e per lobbligo dellautorizzazione
governativa allacquisizione di beni da parte degli ordini
ecclesiastici.

Il progetto fu poi diviso dalla Camera in tre leggi.

La prima legge, che riguardava il foro ecclesiastico e il


diritto dasilo, fu discussa e approvata alla Camera in marzo,
dove sollev un interessante dibattito: agli interventi
contrari di Ottavio Thaon di Revel e di Cesare Balbo, che
affermarono lopportunit di portare avanti trattative con
Roma, si contrapposero i principali esponenti della Sinistra,
del Centrosinistra, e dei moderati.

Lo stesso Cavour pronunci in quelloccasione un discorso


di grande successo.

Dopo esser passata al vaglio del Senato, quella legge venne


poi promulgata da Vittorio Emanuele II il 9 aprile 1850.
Successivamente il Parlamento approv anche gli altri due
Monumento alle leggi Siccardi - Torino
provvedimenti, con maggioranze assai larghe alla Camera
ma pi risicate al Senato.

La decisione del
governo di Torino
di riformare in
modo unilaterale la
legislazione
ecclesiastica, in
contrasto con i
concordati ancora
vigenti, fu giudicata
un atto ostile da
monsignor
Antonucci, nunzio
pontificio, che part
da Torino per
Roma. Le relazioni
fra il governo
piemontese e la L. Serra - L'ingresso di una chiesa. Una delle tre leggi Siccardi aboliva il diritto d'asilo, secondo cui la

Santa Sede, bench Chiesa poteva dare rifugio a persone incriminate dalle leggi dello Stato - olio su tela - Galleria d'Arte

non interrotte, Moderna - Firenze

divennero da quel
momento molto tese.
Schede collegate: Lo scontro con il Piemonte liberale
19|I martiri di Belfiore

Tito Speri (1825-1853) - 1852 - Musei Civici - Milano A. Duroni - Don Enrico Tazzoli (1812-1852) - 1851 -
Musei Civici - Milano

Tra il novembre 1851 e il luglio 1855 undici italiani furono giustiziati nella valletta di Belfiore, presso Mantova. Di
questi, nove appartenevano a comitati rivoluzionari formatisi nel Lombardo-Veneto a partire dal 1850.

Il Comitato mantovano, le cui basi vennero poste in una riunione del 2 novembre 1850, ruotava intorno alla
figura di don Enrico Tazzoli, prelato di orientamento mazziniano che teneva contatti con le cellule rivoluzionarie
di Verona, Brescia, Venezia, Milano e Padova.

Impegnato nella vendita delle cartelle del prestito interprovinciale organizzato da Mazzini per finanziarie imprese
rivoluzionarie, Tazzoli fu arrestato il 27 gennaio 1852, dopo che la polizia ebbe scoperto la congiura in circostanze
fortuite.

Sebbene il sacerdote non avesse rivelato la chiave di lettura del quaderno su cui annotava, secondo un codice
segreto, i nomi degli altri affiliati, gli austriaci riuscirono a decifrare le informazioni in esso contenute e
procedettero allarresto di 110 patrioti appartenenti ai comitati delle varie province lombardo-venete, tra cui
spiccavano Tito Speri, protagonista delle Dieci giornate di Brescia, Antonio Scarsellini di Venezia e il conte Carlo
Montanari di Verona.

Rinchiusi e sottoposti a torture morali e fisiche nel carcere del Castello di S. Giorgio o in quello della Mainolda,
quasi tutti i prigionieri confessarono, decretando inconsapevolmente la loro fine, dal momento che il codice
penale austriaco prevedeva la condanna a morte nei casi di alto tradimento solo per chi si dichiarava colpevole.

Il vescovo di Mantova, monsignor


Corti, tent una mediazione
attraverso i buoni uffici della Santa
Sede, contando soprattutto sulla
presenza di sacerdoti tra i
condannati. Ma il Segretario di Stato
vaticano si rifiut di intervenire, cos
come non volle rinunciare a ordinare
al vescovo di procedere, prima
dellesecuzione, alla riduzione allo
stato laicale di don Tazzoli.

Il 7 dicembre 1852 furono eseguite le


prime condanne per impiccagione di
Giovanni Zambelli, Angelo
Scarsellini, Enrico Tazzoli, Bernardo
De Canal e Carlo Poma.

Nel marzo 1853 altri quattro


cospiratori vennero quindi impiccati G. Induno - Arresto di P. F. Calvi - olio su tela - Collezione Mancia - Milano
a Belfiore: il 3 fu la volta di Carlo
Montanari, Tito Speri, e don Bartolomeo Grazioli, arciprete di Revere; il 19, poche ore prima che fosse notificato
un decreto di amnistia a tutti i condannati edito da Radetzky per lonomastico dellimperatore, venne infine
impiccato Pietro Frattini.

Altri due italiani, estranei alla congiura, furono giustiziati a Belfiore: don Giovanni Grioli, condannato a morte il
5 novembre 1851 perch accusato falsamente di aver tentato di indurre alla diserzione due soldati ungheresi, e
Pier Fortunato Calvi, il capo della resistenza cadorina del 1848, arrestato dagli austriaci in trentino e ucciso nel
luglio del 1855.
20|La crisi Calabiana

La cosiddetta crisi Calabiana fu originata dalla presentazione di un disegno di


legge, firmato da Cavour e Rattazzi alla fine del 1854, che prevedeva la
soppressione di quegli ordini religiosi che non si dedicassero alla predicazione,
allistruzione o allassistenza agli infermi.

Secondo il progetto, il loro patrimonio sarebbe stato attribuito ad un ente


pubblico appositamente istituito, la Cassa ecclesiastica, che, posto sotto il
controllo statale, avrebbe provveduto al pagamento delle pensioni per i religiosi
delle case soppresse e degli assegni destinati ai parroci poveri, il cui importo era
stato fino a quel momento a carico dello Stato.

La discussione della legge, interrotta in gennaio per la chiusura del Parlamento


in segno di lutto per la morte delle regine Maria Adelaide e Maria Teresa, madre
e moglie di Vittorio Emanuele II, riprese il 16 febbraio alla Camera, che approv
Luigi Nazari di Calabiana - il provvedimento il 2 marzo 1855.
ritratto
Nel momento in cui il progetto
pass allesame del Senato, il vescovo di Casale, monsignor Nazari
di Calabiana, fu autorizzato dalla Santa Sede ad offrire
ufficialmente al governo, a nome dellepiscopato piemontese, la
somma necessaria al pagamento delle pensioni per i parroci, in
cambio del ritiro della legge.

Questa proposta, sostenuta da Vittorio Emanuele II anche in


funzione anticavouriana, determin le immediate dimissioni del
gabinetto, che evit cos un voto di sfiducia.

Le difficolt incontrate da Durando nel tentativo di costituire un


nuovo ministero, le manifestazioni anticlericali, che si svolsero
contestualmente a Torino, e le pressioni esercitate sul re in senso
liberale da autorevoli personalit quali La Marmora e dAzeglio,
resero per necessario il ritorno al governo di Cavour, che riusc
cos ad infliggere un duro colpo agli ambienti conservatori.

Poich lintransigenza dei vescovi rese impossibile ogni


compromesso, la proposta Calabiana fu lasciata cadere e la legge
venne approvata anche dal Senato nel maggio 1855.

Con una allocuzione del 26 luglio, Pio IX condann il


Urbano Rattazzi 1808-1873 - 1860 - carte de
provvedimento e scomunic tutti coloro che lo avevano proposto,
visite - Museo del Risorgimento - Brescia
approvato ed eseguito; tuttavia autorizz il clero del Regno di
Sardegna ad accettare le pensioni elargite dalla Cassa ecclesiastica.
21|La guerra di Crimea e il congresso di Parigi

Loccupazione dei
principati danubiani di
Moldavia e Valacchia da
parte della Russia provoc
la reazione di Francia e
Inghilterra che
dichiararono guerra allo zar
Nicola I il 27 marzo 1854.

Gi il 10 aprile conclusero
un trattato di alleanza, in
cui affermarono di voler
tutelare lintegrit
dellImpero ottomano e
ristabilire cos lequilibrio
in Europa.

Grazie allabilit di Cavour


che riusc tra laltro a
sventare una manovra
tendente a legare la
partecipazione al conflitto
allaffossamento del
disegno di legge sulla
soppressione dei conventi e
A. Lafosse - I plenipotenziari al Congresso di Parigi - stampa - Museo del Risorgimento - alla nascita di un ministero
Milano Revel nel gennaio 1855 il
Piemonte firm un trattato
di alleanza con Francia e Inghilterra, poi approvato dal Parlamento tra febbraio e marzo.

Conseguenza immediata del trattato fu la dichiarazione di guerra alla Russia, il 4 marzo 1855, e la spedizione in
Crimea di quindicimila uomini; il corpo armato, guidato da Alfonso La Marmora, diede poi buona prova di s il
16 agosto 1855 nella battaglia difensiva sul fiume Cernaia. Questa stessa battaglia fece fallire lultimo tentativo
russo di rompere lassedio di Sebastopoli.

Cavour pot quindi partecipare come plenipotenziario di uno Stato vincitore al Congresso che si apr a Parigi il 25
febbraio 1856. Lattivit del primo ministro sardo fu particolarmente intensa al di fuori delle sedute congressuali
e mir sostanzialmente ad ottenere che qualche mutamento della situazione italiana potesse attuarsi con
lappoggio francese e inglese. Come noto, per, lunico risultato concreto ottenuto dallo statista piemontese fu la
discussione sullItalia, che si tenne nella capitale francese l8 aprile 1856.

In quelloccasione Cavour
protest contro
loccupazione dello Stato
pontificio e sottoline come
la situazione interna delle
Legazioni fosse peggiorata
dopo il 1849.

Condannando poi la
condotta seguita da
Ferdinando II (come era
stato gi fatto, del resto, dai
rappresentanti di Francia e
Inghilterra) sostenne che
proprio quel
comportamento accresceva
le forze del partito
G. Induno - La battaglia della Cernaia. Particolare - 1857 - olio su tela - Archivio Cariplo -
rivoluzionario e costituiva,
Milano
quindi, un pericolo per il
Piemonte e per lItalia.

Proponendosi in ambito internazionale come portavoce di istanze di rinnovamento e come tutore di uno sbocco
non rivoluzionario nella penisola, Cavour ottenne cos con il Congresso di Parigi un ampio successo morale: il suo
operato, infatti, approvato dal Parlamento subalpino nel maggio 1856, contribu a rafforzare il ruolo-guida del
Regno di Sardegna nel movimento nazionale.
22|La spedizione di Sapri

Nel corso degli anni 1855-1856 i patrioti convinti della necessit di tentare
un esperimento insurrezionale nel Regno delle Due Sicilie intensificarono la
loro attivit.

Fin dallottobre del 1851, del resto, era emerso il proposito di organizzare
una spedizione in Sicilia, condotta da un capo prestigioso, destinata a
rifornire di armi i capi locali e per la quale il Comitato siciliano aveva
cercato di coinvolgere Mazzini e Garibaldi.

Non giungendo a maturazione questo disegno, un ex deputato liberale nel


Parlamento di Sicilia, il barone Francesco Bentivegna, decise
improvvisamente di iniziare un moto insurrezionale il 22 novembre 1856,
represso per rapidamente.

Il fallimento della sommossa siciliana spost lattenzione dei fautori di


uniniziativa meridionale sulla parte continentale del Regno borbonico.
Carlo Pisacane - 1855 - fotografia - Pisacane cominci cos a credere che uninsurrezione nel Mezzogiorno, alla
Collezione Eredi di Silvio Negro - quale pensava da quattro anni, fosse finalmente possibile.
Roma
Il lavoro di preparazione fu avviato nel febbraio 1857, in accordo con
Mazzini e con laiuto del Comitato di Napoli, mentre il piano della spedizione fu fissato definitivamente in una
riunione tenuta a Genova il 4 giugno.

Il 10 giugno Pisacane, assieme ad una ventina di compagni, avrebbe dovuto imbarcarsi come passeggero su un
piroscafo della linea Genova-Cagliari-Tunisi, impadronirsene ed incontrarsi al largo dellisola di Montecristo con
una goletta che alcuni giorni prima Rosolino Pilo avrebbe dovuto caricare di armi e munizioni nei pressi di
Genova. Dopo aver liberato i detenuti di Ponza e Ventotene, la schiera avrebbe dovuto poi sbarcare a Sapri, unirsi
ai patrioti della Basilicata e di Salerno, e marciare su Napoli.

Il 6 giugno il fallimento
dellazione di Pilo, che fu
costretto a gettare in mare il
carico di munizioni nel corso
di una tempesta, fece rinviare
limpresa.

Per avvertire il Comitato


napoletano fu cos inviato
nella capitale borbonica
Pisacane che, dopo una breve
permanenza nella citt, si
convinse che lazione avrebbe
potuto avere successo:
tornato a Genova il 18,
decise, in accordo con
Mazzini, che la missione
sarebbe stata compiuta entro
pochi giorni.

Consegnato il suo
Testamento politico a Jessie
White, il 25 giugno Pisacane
si imbarc sul piroscafo
Cagliari con una ventina di
compagni, tra cui Giovanni
Nicotera.

Dopo aver assunto il


controllo della nave, i patrioti
riuscirono ad avere la meglio
sul presidio borbonico di L'eccidio di Carlo Pisacane e dei suoi compagni - Fine XIX secolo - stampa da dipinto -
Ponza; da qui, liberati i Museo centrale del Risorgimento - Roma
detenuti e caricate armi e
munizioni, si diressero direttamente a Sapri, dove giunsero il 28.

Avvisate dei fatti di Ponza, le autorit borboniche avevano preso nel frattempo i provvedimenti necessari per
reagire alla spedizione prima che giungesse a Napoli il telegramma che avrebbe dovuto segnalare lavvio del
moto. I capi del movimento clandestino napoletano avevano del resto deciso di non muoversi fin quando non
fossero giunte notizie incoraggianti sullo sviluppo della spedizione.

Sbarcati a Sapri, Pisacane e i suoi non trovarono quindi alcun patriota ad attenderli e nessun appoggio da parte
della popolazione, che li accolse anzi con ostilit. Le autorit borboniche, dopo aver annunciato limminente
sbarco di un gruppo di evasi da Ponza pronti al saccheggio, avevano inoltre provveduto allinvio di truppe da
Salerno verso Sala Consilina, e, via mare, da Gaeta verso Sapri.

Convinto della necessit di proseguire per Padula, dove gli insorti avrebbero dovuto incontrare altri patrioti,
Pisacane rifiut la proposta di Nicotera, che consigliava di dirigersi verso la Basilicata ed eventualmente verso la
Calabria.

Il 1 luglio la schiera di ribelli si imbatt per nellesercito borbonico e fu duramente sconfitta: mentre un
centinaio di uomini, con Pisacane stesso, riusciva a fuggire verso il Cilento, pi di 150 patrioti morirono nello
scontro o furono fucilati. Il 2 luglio il gruppo di fuggitivi fu per sopraffatto a Sanza dalle guardie urbane e da una
parte della popolazione del paese. Pisacane, ferito, si uccise con un colpo di pistola.
23|Gli accordi di Plombires

Lattentato organizzato il 14 gennaio 1858 dal


romagnolo Felice Orsini aveva lanciato tre
bombe contro la carrozza che portava
Napoleone III e la moglie allOpra di Parigi,
provocando otto morti e circa 150 feriti
acceler i tempi dellalleanza franco-
piemontese.

Le trattative rientrarono nella politica


personale dellimperatore e si svolsero
allinsaputa del ministro degli Esteri francese
e dellambasciatore a Torino; lo stesso Cavour,
che si serv della collaborazione del giovane
diplomatico Costantino Nigra, ne inform
solamente il re e il ministro della Guerra La
Marmora. Plombires: le nuove terme ed i grandi alberghi - 1865 - fotografia -
Collezione privata - Roma
I primi contatti, avviati nel maggio 1858,
riguardarono il progetto di un matrimonio tra il principe Napoleone, cugino dellimperatore, e la principessa
Clotilde, figlia di Vittorio Emanuele II. Quindi, in un incontro avvenuto il 20 luglio 1858 presso la stazione
termale di Plombires, Cavour e Napoleone III affrontarono pi specificatamente i termini di una possibile
alleanza franco-piemontese.

Ammettendo esplicitamente che era auspicabile cacciare gli


austriaci dallItalia, limperatore asser per che, per avere il
sostegno francese in una eventuale guerra antiaustriaca, la
guerra avrebbe dovuto essere provocata dallAustria stessa.
Quindi affront la questione della sistemazione futura della
penisola.

Secondo il suo progetto, mirante ad ampliare legemonia


francese sullItalia, si sarebbe dovuto procedere ad una
tripartizione: un Regno dellalta Italia, comprendente Piemonte,
Lombardo-Veneto e Emilia Romagna, sotto la dinastia sabauda;
un Regno dellItalia centrale, formato dalla Toscana e dalle
Province pontificie, che nei suoi piani avrebbe dovuto essere
assegnato al principe Napoleone; un Regno meridionale,
coincidente con quello delle Due Sicilie, liberato dalla dinastia
borbonica.

I tre organismi avrebbero formato una confederazione sul tipo di


quella germanica. La presidenza sarebbe stata offerta al papa, il
quale, tra laltro, avrebbe conservato la sovranit su Roma e
dintorni.

In
Disdri & C.ie - Costantino Nigra (1827-1907) -
1855 - Carte de visite - Museo del Risorgimento -
Brescia

cambio, Napoleone chiese per al Piemonte la


cessione di Nizza e Savoia, e insistette sulla necessit
di celebrare il matrimonio tra la principessa Clotilde e
il principe Napoleone.

Il trattato, che prevedeva unalleanza offensiva e


difensiva tra Francia e Regno di Sardegna in caso di
un atto aggressivo da parte austriaca, venne stipulato
il 24 gennaio 1859, a pochi giorni dalla celebrazione
del matrimonio tra i due principi, avvenuto il 30 dello
stesso mese.
Plombires: i bagni romani e la strada Stanislao - 1865 -
fotografia - Collezione privata - Roma
24|La seconda guerra di indipendenza

Carta storica delle operazioni militari dei Cacciatori delle Alpi durante la seconda guerra d'indipendenza

Il 23 aprile 1859, lAustria invi un ultimatum al Piemonte nel quale chiedeva tra laltro lo scioglimento dei
Cacciatori della Alpi e la cessazione delle manovre militari sul confine. La risposta negativa di Cavour, consegnata
agli inviati austriaci nel pomeriggio del 26, determin, il giorno successivo, linvasione del Piemonte da parte
delle truppe imperiali comandate dal maresciallo ungherese Gyulai e linizio delle ostilit.

Cominciato il passaggio del Ticino, in un primo momento gli austriaci decisero di attaccare sulla destra del Po, tra
Alessandria e Casale, dove era concentrato il grosso dellesercito piemontese. Ritenendo molto presto
loperazione eccessivamente ardua, Gyulai si diresse, invece, verso Torino e occup Biella e Vercelli. Il 9 maggio
opt quindi per interrompere lavanzata e raccolse gran parte della sua armata in Lomellina, con una linea
avanzata sulla Sesia e sul Po.

Frattanto Napoleone III, partito da Parigi il 10 maggio, il 14 assunse il comando supremo delle forze alleate ad
Alessandria. Poco dopo il suo arrivo, il 20 maggio, i reparti di fanteria francese e di cavalleria piemontese
fermarono con successo unazione degli austriaci sullala destra dello schieramento alleato, a Montebello.

In quegli stessi giorni inoltre


Garibaldi, che aveva avuto
lordine di penetrare in alta
Lombardia per provocarne
linsurrezione, pass il Ticino a
Sesto Canale e occup di
sorpresa Varese. Sconfitto il
generale Urban anche a San
Fermo, entr a Como la sera
del 27 maggio.

Interessato a passare il Ticino


per la strada Novara-Milano,
Napoleone III spost invece a
Nord il grosso dellarmata
francese e lavvi verso Novara.
E. Charpentier - Episodio della battaglia di Solferino - olio su tela - Muse de l'Arme -
Al tempo stesso, per coprire
Parigi
questa azione, i piemontesi
passarono la Sesia a Vercelli e
occuparono Palestro, scontrandosi con gli austriaci il 30 maggio e resistendo ad un loro contrattacco il giorno
seguente.

Resosi conto che Napoleone III stava tentando una manovra avvolgente, il Gyulai decise quindi di ritirare il
grosso delle sue forze sulla sinistra del Ticino.

Il 4 giugno a Magenta, i franco-piemontesi poterono comunque sconfiggere gli austriaci, costretti a sgombrare
Milano e a ritirarsi verso il Quadrilatero.

L8 giugno, mentre una brigata di retroguardia austriaca veniva messa in rotta dai francesi a Melegnano,
Napoleone III e Vittorio Emanuele II fecero il loro trionfale ingresso a Milano; nel frattempo Garibaldi entrava a
Bergamo.

Nei giorni successivi lavanzata prosegu: i Cacciatori delle Alpi occuparono Brescia il 12 e, dopo aver avuto un
duro scontro con gli austriaci a Treponti, il 18 entrarono a Sal. Lesercito sardo raggiunse il fiume Chiese il 16; la
divisione del generale Cialdini avanz quindi in Val Camonica per fronteggiare le forze austriache del Trentino,
mentre ai Cacciatori delle Alpi fu affidato il compito di liberare la Valtellina.

La battaglia di
Magenta aveva
dunque permesso
la liberazione di
quasi tutta la
Lombardia dal
dominio
austriaco,
costringendo le
forze austriache a
ritirarsi dai
Ducati e dallo
Stato pontificio.

Sia in Emilia sia


in Toscana si
erano poi formati S. De Albertis - L'artiglieria della III divisione a S. Martino - 1887 - Olio su tela - Collezione Cariplo -
governi Milano
provvisori che
offrirono espressamente la dittatura a Vittorio Emanuele e manifestarono il desiderio di fondersi con il Piemonte.

Nel frattempo, dopo lesonero di Gyulai,


il 16 giugno il comando supremo
dellesercito austriaco fu assunto dallo
stesso Francesco Giuseppe.

Deciso in un primo momento a ritirare


tutto lesercito dietro il Mincio, il nuovo
comando, appena informato del
passaggio del Chiese e dellavanzata dei
franco-piemontesi, si risolse a ripassare
il Mincio e a manovrare contro il
nemico.

Il 24 giugno si svolse cos la battaglia di


Solferino e di San Martino.
E. Pagliano - La presa del cimitero di Solferino. Particolare - 1862 - olio su tela
- Museo del Risorgimento - Milano

Sconfitti ancora una volta dai francesi a


Solferino, e dai piemontesi a San Martino
gli austriaci concentrano il grosso delle loro
forze sullAdige, tra Verona e Legnago, pur
conservando le piazzeforti di Peschiera e
Mantova.

Soltanto dopo una settimana di inazione, il


30 giugno, i franco-piemontesi si risolsero a
passare il Mincio: i piemontesi cominciarono
cos lassedio di Peschiera, mentre i francesi
H. Flandrin - Ritratto di si diressero verso Verona.
Napoleone III - olio su tela -
Museo Napoleonico - Roma La flotta alleata, penetrata in Adriatico, si
apprestava inoltre ad attaccare Venezia.

Improvvisamente, per, la sera del 5 luglio, Napoleone III invi a Francesco


Giuseppe una lettera in cui propose lapertura di negoziati di pace. L'imperatore d'Austria Francesco
Giuseppe - fotografia - Museo di
Avendo il sovrano austriaco accettata la proposta, tre giorni dopo i capi di stato
storia della fotografia Fratelli
maggiore austriaco, francese e piemontese firmarono un armistizio valevole
Alinari (collezione Favrod) -
fino al 15 agosto.
Firenze

Infine, l11 luglio i due imperatori si incontrarono a Villafranca e si


accordarono sui preliminari di pace in assenza dei piemontesi.
25|Le insurrezioni della Toscana, dei Ducati e dellEmilia

Il 27 aprile 1859, ricevuta


notizia dello scoppio della
seconda guerra di
indipendenza e del rifiuto
opposto da Leopoldo II alla
richiesta piemontese per
lingresso della Toscana
nellalleanza franco-sarda,
una grande folla si radun a
Firenze in piazza Barbano
(oggi piazza Indipendenza)
sotto la guida dei capi della
Societ Nazionale, mentre
la guarnigione della citt si
schierava con i patrioti.

La sera stessa, fermo nella


sua intransigenza, il
Granduca si decise ad
abbandonare la Toscana e
G. Mochi - La deputazione toscana presenta al re Vittorio Emanuele II l'atto di plebiscito per part per Bologna
l'annessione al regno - olio su tela - Museo storico topografico "Firenze com'era" - Firenze nellindifferenza generale.

I patrioti decisero quindi di costituire un governo provvisorio, nominato ufficialmente dai priori del comune di
Firenze. Mentre le altre citt aderirono tutte al movimento della capitale, con una lettera a Cavour, i principali
esponenti del governo chiesero che Vittorio Emanuele II assumesse la dittatura della Toscana.

Rifiutando questa richiesta, contraria ai desideri di Napoleone III, Cavour nomin per il conte Carlo
Boncompagni commissario regio straordinario, e questultimo procedette alla formazione di un nuovo governo.

Mentre in Toscana, man mano che la guerra volgeva a favore dei franco-piemontesi, prendeva sempre pi corpo
il movimento unionista, la situazione mut anche nei Ducati di Parma e Modena (nella provincia estense di
Massa e Carrara, in realt, gi il 27 aprile erano stati eletti commissari straordinari che assunsero il potere in
nome del re di Sardegna).

A pochi giorni dalla decisione di Maria Luisa dAsburgo, duchessa di Parma, e Francesco V dAsburgo-Este, duca
di Modena, di abbandonare definitivamente i loro possedimenti avvenuta in seguito alla battaglia di Magenta
rispettivamente il 9 e l11 giugno 1859 un decreto del luogotenente del Regno di Sardegna, il principe Eugenio
di Carignano, firmato il 15 giugno, sostitu le commissioni provvisorie nate in quei giorni e insediatesi in nome di
Vittorio Emanuele II, con dei governatori scelti da Torino: al conte Diodato Palmieri fu cos affidato il governo
delle provincie parmensi, mentre quelle modenesi passarono sotto il controllo di Luigi Carlo Farini.

Dal momento che lannessione dei due Ducati, gi deliberata nel


1848, era stata riconosciuta in linea di massima dagli accordi
franco-sardi, il Piemonte consider inoltre Parma e Modena non
degli Stati protetti come la Toscana, ma delle provincie in corso di
annessione.

Anche nelle Legazioni la tensione si acu dopo la battaglia di


Magenta, quando il comando austriaco decise di richiamare a nord
del Po le truppe dislocate nella parte settentrionale dello Stato
pontificio.

Il 12 giugno a Bologna una grande manifestazione popolare, guidata


da moderati e aderenti alla Societ Nazionale, costrinse il cardinale
legato Milesi alla partenza.

La Giunta provvisoria di governo, di cui fece parte tra gli altri anche
Gioacchino Pepoli, cugino di Napoleone III, nominata lo stesso
giorno dalla magistratura municipale, offr ancora una volta la
dittatura a Vittorio Emanuele II.

Dal momento che il re di Sardegna non poteva per avere a


disposizione una parte dello Stato pontificio, fu deciso di inviare
col un commissario del re, nella persona di Massimo dAzeglio, che Il principe Eugenio di Savoia Carignano -
giunse per in citt solamente l11 luglio. Museo centrale del Risorgimento - Roma

Nel frattempo, tra il 12 e il 22 giugno, erano insorte anche Ravenna, Forl e Ferrara senza spargimento di sangue:
le truppe pontificie, infatti, passavano agli insorti o si disperdevano.

Inoltre, i patrioti formarono Giunte provvisorie che aderirono alla Giunta di Bologna, la quale prese il nome di
Giunta centrale. Insorsero inoltre anche una parte delle Marche, fino a Jesi e Ancona, e lUmbria.

Il governo papale reag con forza: con proteste diplomatiche, con la scomunica lanciata il 20 giugno e con linvio
di un reggimento di mercenari svizzeri che, attaccata e riconquistata Perugia lo stesso 20 giugno, rioccup, nei
giorni successivi, le altre citt insorte delle Marche e dellUmbria.

Rimasero libere le Legazioni fino a Cattolica, presiedute, a partire dalla met di luglio, da forze volontarie
arruolate dopo linsurrezione, e da contingenti giunti dalla Toscana e, in piccolissima parte, dal Piemonte.
26|La pace di Villafranca

La decisione di aprire le trattative con lAustria per un


armistizio e per dei preliminari di pace fu presa da
Napoleone III evidentemente preoccupato per
quanto stava avvenendo nellItalia centrale senza
avvertire Cavour.

Costui, informato il 9 luglio della firma dellarmistizio


avvenuta il giorno precedente senza alcuna
opposizione di Vittorio Emanuele II e con la
partecipazione, per parte piemontese, del generale
Della Rocca , si diresse immediatamente al campo; la
sera del 10 ebbe quindi lunghi colloqui a
Monzambano con il re, con La Marmora e con il
principe Napoleone, ma non fu ricevuto a Valeggio,
dove era il quartier generale di Napoleone III.

La mattina seguente, a Villafranca, limperatore


francese fiss quindi verbalmente i preliminari della
pace con Francesco Giuseppe; pur informato
immediatamente del contenuto del colloquio, Vittorio
Emanuele II non sollev alcuna obiezione.

Il testo definitivamente formulato in un incontro


avvenuto la sera stessa dell11 luglio a Verona tra
limperatore dAustria e il principe Napoleone, col Napoleone III e Vittorio Emanuele II siglano la pace di
inviato dal cugino imperatore, stabil che lImpero Villafranca - stampa policroma - collezione privata - Torino
asburgico avrebbe ceduto la Lombardia alla Francia
la quale solo in un secondo momento lavrebbe passata al Piemonte ma avrebbe conservato il Veneto e le
fortezze di Mantova e Peschiera.

Il granduca di Toscana e il duca di Modena, parenti di Francesco Giuseppe e suoi alleati, sarebbero poi rientrati
nei loro possedimenti, mentre per quel che riguardava il Ducato di Parma, di cui invece non si faceva menzione
nel testo, non furono avanzate obiezioni ad una sua eventuale annessione al Regno di Sardegna.

Atteso il ritorno del principe francese a Valeggio, assieme a Napoleone III, Vittorio Emanuele II rientr quindi
molto tardi al suo quartier generale di Monzambano, dove, la notte stessa dell11 luglio, mostr a Cavour copia
del trattato.

Vi fu allora tra i due una violenta discussione, durante la quale il primo ministro tent in ogni modo di
persuadere il re a non firmare laccordo, assolutamente inaccettabile dal punto di vista del movimento nazionale
italiano. Di fronte per alla fermezza del sovrano, Cavour si convinse di non dover far altro che rassegnare le
dimissioni.

Il passaggio al Piemonte della Lombardia sarebbe stato poi definitivamente sancito dalla conferenza di pace di
Zurigo, chiusasi il 10 novembre 1859.
27|LItalia centrale tra Villafranca e i plebisciti

Le notizie relative alla pace di


Villafranca destarono grande allarme tra
la popolazione dellItalia centrale. In
Toscana, alcuni giorni dopo la partenza
del commissario piemontese
Boncompagni, che prima di lasciare
Firenze aveva ceduto i suoi poteri a
Bettino Ricasoli, si svolsero le elezioni
dellAssemblea.

Composta in maggioranza da moderati e


da uomini della Societ Nazionale, essa
affront nel giro di pochi giorni due
questioni di fondamentale importanza,
deliberando per entrambe allunanimit:
il 16 agosto dichiar decaduta per
Anonimo - La tavola contiene una composizione di figure risorgimentali
sempre la sovranit dei Lorena,
(Cavour, Manfredo Fanti, Garibaldi, Cialdini, Vittorio Emanuele II, Farini, il
rifiutando cos di attuare la clausola dei
principe di Carignano, Ricasoli) impegnati a giurare su un'ara sacra
preliminari di Villafranca, e non
contrassegnata dallo stemma sabaudo e dal motto "L'Italia degli italiani" -
attribuendo valore allabdicazione,
litografia - Museo centrale del Risorgimento - Roma
risalente al 21 luglio, di Leopoldo II a
favore del figlio Ferdinando; il 20 agosto
approv lannessione al Piemonte.

Anche nei Ducati e nelle Legazioni, tra luglio e agosto, si formarono governi con poteri quasi dittatoriali e furono
elette assemblee che proclamarono la decadenza dei vecchi regimi e lannessione al Regno di Sardegna.

Sia a Modena sia a Parma questo passaggio fu gestito da Luigi Carlo Farini che, assunta il 28 luglio la carica di
dittatore delle provincie modenesi su proposta del municipio, venne chiamato anche a Parma il 18 agosto,
quando divenne ormai chiaro che Francesco Giuseppe non era pi propenso, coma a Villafranca, a permettere
lannessione di Parma al Piemonte.

Cos, tra la fine di agosto e linizio settembre, anche le assemblee elette nei due Ducati approvarono deliberazioni
molto simili a quelle toscane, rendendo sempre pi palese la difficolt di riportare semplicemente lItalia centrale
allo status quo ante. Tanto pi che anche nelle Legazioni, dove la situazione era certamente pi delicata
trattandosi di possedimenti pontifici, le cose procedettero pi o meno nello stesso modo.
Parma. Published by the Society for the Diffusion of Useful Knowledge, 59 Lincolns Inn Fields, February 1st.
1840. (London: Chapman & Hall, 1844)

A Bologna, infatti, dove pure alla partenza del commissario piemontese i moderati avevano ottenuto lelezione a
governatore di Leonetto Cipriani, amico di Napoleone III, il 6 e il 7 settembre lAssemblea presieduta da Marco
Minghetti afferm che la popolazione delle Romagne non voleva pi essere soggetta al governo temporale
pontificio e preferiva unirsi al costituzionale Regno di Sardegna.

Nel corso del mese di settembre, quando le deputazioni della Toscana, di Modena, Parma, e delle Romagne
presentarono a Vittorio Emanuele II i voti di annessione, egli si trov nella difficile condizione di non poter
urtare il governo di Parigi, contrario per il momento allampliamento del Piemonte, ma di non voler correre il
rischio di imprimere un grave colpo al sentimento nazionale italiano e al prestigio goduto tra i patrioti della
dinastia Savoia.

Cos, dopo aver consultato Napoleone III, il re di Sardegna approv formule di risposta nelle quali, assumendo
una posizione media, affermava semplicemente che si sarebbe fatto carico dei desideri espressi dalle popolazioni
dellItalia centrale di fronte alle potenze europee.

Ancora nel novembre, in ogni caso, il principe di Carignano dovette rifiutare la nomina a reggente delle quattro
province centrali, offertagli dalle assemblee di Parma, Modena, Bologna e Firenze, come passo intermedio verso
lannessione al Piemonte, per non indispettire ulteriormente Napoleone III, manifestatosi assolutamente
contrario a quella deliberazione. Su suggerimento di Cavour egli nomin per suo rappresentante Boncompagni,
che assunse il titolo di governatore delle province collegate dellItalia centrale.

Ritornato Cavour al governo nel gennaio del 1860 e mutata la situazione internazionale in senso pi favorevole
grazie anche al benevolo atteggiamento inglese, l11 e il 12 marzo furono indetti in Emilia e Toscana i plebisciti a
suffragio universale. Lesito fu per una schiacciante maggioranza a favore dellannessione alla monarchia
sabauda.

Tra il 18 e il 22 marzo le due regioni furono dichiarate parte integrante del Regno di Sardegna.
Contemporaneamente un accordo franco-piemontese decise la sorte di Nizza e Savoia, cedute a Napoleone III in
ottemperanza ai desideri da lui manifestati gi a Plombires.

In un clima di tensione e di rammarico per la perdita di due regioni molto care allo stesso Vittorio Emanuele, il 15
e il 22 aprile si svolsero anche in quei territori plebisciti che diedero ampie maggioranze per lannessione alla
Francia.
28|La spedizione dei Mille

Loccasione favorevole per rilanciare uniniziativa


rivoluzionaria in tutta la penisola fu propiziata dallazione di
alcuni mazziniani siciliani esuli in Piemonte, Francesco Crispi
e Rosolino Pilo, che concepirono il progetto di una spedizione
di volontari in Sicilia come primo passo verso una sollevazione
nazionale che avrebbe dovuto raggiungere Roma e Venezia.

Il casus belli della spedizione venne fornito dalla rivolta


palermitana della Gancia del 4 aprile 1860, capeggiata da
Pasquale Riso.

Il tentativo insurrezionale venne sedato sul nascere


dallesercito di Francesco II ma si allarg in una serie di moti
antiborbonici nelle campagne dellisola.

Lesistenza di questo clima insurrezionale in Sicilia spinse


Agostino Bertani, Francesco Crispi e Nino Bixio a chiedere a
Giuseppe Garibaldi di capeggiare una spedizione di volontari
che, partendo da Genova, sbarcasse in Sicilia e risalisse lintera
penisola.

I Mille di Garibaldi - 1860 - locandina Dopo alcune incertezze legate alla concreta realizzabilit
dellimpresa, Garibaldi si convinse ad abbracciare il progetto
siciliano e il 13 aprile, dopo aver discusso il giorno precedente la questione di Nizza in Parlamento, giunse a
Genova e prese dimora a Villa Spinola, labitazione di Candido Augusto Vecchi.

G. Induno - Partenza dei Mille da Quarto - olio su tela - Museo del Risorgimento - Milano
Nello stesso momento, si mise in moto, pubblicamente, in tutto il Regno, lattivit di propaganda per
larruolamento dei volontari.

La spedizione in Sicilia venne organizzata, dunque, sotto lo sguardo vigile


e consapevole della polizia sarda e del governo Cavour, sotto quello
inquieto di tutte le diplomazie europee, a partire, naturalmente, da quella
borbonica e, infine, sotto quello curioso dei giornalisti che circondavano
Villa Spinola.

Le armi della spedizione, infatti, dopo il rifiuto da parte del governatore


di Milano, Massimo dAzeglio, di utilizzare quelle raccolte dalla
sottoscrizione per un milione di fucili, vennero fornite dal presidente
della Societ Nazionale e, sebbene non fossero le moderne carabine
Enfield, provenivano dallarmamento con cui lesercito piemontese aveva
combattuto nel 1859.

Inoltre, i vapori utilizzati per le spedizione in Sicilia, il Lombardo e il


Piemonte, anche se apparentemente vennero presi con un colpo di mano
capeggiato da Nino Bixio e da alcuni volontari, erano in realt stati messi
a disposizione da Giambattista Fauch, procuratore della Societ
Rubattino proprietaria delle navi.

Nella notte del 5 maggio, dunque, dallo scoglio di Quarto a Genova, 1.162
A. Meylan - Francesco Crispi - 1860 -
volontari si imbarcarono sui piroscafi Piemonte e Lombardo e allalba del
Fotografia - Collezione Diego Mormorio -
6 maggio presero il largo alla volta della Sicilia. Il 7 maggio venne
Roma

effettuata una sosta a Talamone


durante la quale si esegu il
carbonamento dei vapori, vennero
raccolte munizioni, armi e viveri dal
vicino deposito dellesercito sardo
di Orbetello e, infine, un reparto di
volontari mazziniani, guidato da
Callimaco Zambianchi, abbandon
la spedizione per suscitare una
rivolta nei territori dello Stato
pontificio.

I 1089 volontari rimasti tra di essi


cera anche una donna Rosalia
Montmasson, moglie di Francesco
Crispi provenivano in
maggioranza dalla Lombardia, dalla
Liguria e dal Veneto con una
piccola minoranza di sudditi
Il Piemonte ed il Lombardo salpano per la Sicilia.
borbonici ed erano, per lo pi,
studenti, avvocati, medici, professionisti e artigiani molti dei quali, come Giuseppe Sirtori, Giuseppe Missori e
Giuseppe La Masa, avevano combattuto nelle campagne militari del 1848-1849 e del 1859.

I Mille vennero divisi in 8 compagnie, ognuna comandata da un ufficiale scelto da Garibaldi, che si raccolsero in
2 battaglioni agli ordini di Nino Bixio e di Giacinto Carini. Giuseppe Sirtori venne nominato capo di stato
maggiore, Giovanni Acerbi responsabile dellintendenza, Istvn Trr primo aiutante di campo.

Il 9 maggio il Piemonte e il Lombardo


ripartirono verso la Sicilia e l11 maggio
riuscirono ad arrivare nel porto di Marsala,
nella costa orientale dellisola, senza essere
intercettati dalla marina borbonica.

Lo sbarco dei volontari avvenne senza


nessuno spargimento di sangue perch
quando giunse, in prossimit del porto, la
nave borbonica Stromboli, il comandante
Guglielmo Acton esit ad aprire il fuoco
temendo di colpire gli stabilimenti inglesi
Woodhouse e Ingham per la produzione e
lesportazione del vino Marsala, che erano a
ridosso del molo, e le due navi militari
britanniche, la Argus e la Intrepid che
erano alla fonda.

Quando le navi borboniche decisero di


aprire il fuoco alla pirocorvetta Stromboli
si era unita anche la fregata a vela
Partenope i garibaldini erano ormai usciti
dal porto ed erano entrati in citt. Il 12
maggio i volontari lasciarono Marsala e
raggiunsero, prima, Rompingallo e, poi, il
13 Salemi dove Garibaldi, il giorno
successivo, assunse solennemente la
In alto: G. Titone - Sbarco dei Mille a Marsala - olio su tela - Museo del
dittatura in nome di Vittorio Emanuele II re
Risorgimento - Milano
dItalia e dichiar decaduto il dominio
In basso: Una stampa dello sbarco dei Mille a Marsala, al Museo del
borbonico in Sicilia. Il 15 maggio, vicino
Risorgimento di Palermo. Sarebbe potuto essere un massacro dato che due
Calatafimi, si svolse il primo combattimento
vapori borbonici arrivarono durante le operazioni, ma al largo c'erano
tra i volontari garibaldini, cui si erano
anche due piccole navi da guerra inglesi. I borbonici persero tempo per
aggiunte alcune squadre di insorti siciliani,
capire le intenzioni di quest'ulime e intanto Garibaldi complet lo sbarco.
e lesercito napoletano guidato dal generale
Francesco Landi.

La battaglia vide contrapposte le


truppe borboniche, comandate dal
maggiore Michele Sforza, collocate
su unaltura detta Pianto dei
Romani, e i Mille di Garibaldi
posizionati sul colle opposto, il
Monte Pietralunga.

Lo scontro avvenne sui gradoni del


Pianto Romano dei terrazzamenti
artificiali, sorretti da muretti a
secco e si concluse dopo una serie
di attacchi con cui i garibaldini
riuscirono a risalire i gradoni ad
uno ad uno fino alla vetta. La
R. Guttuso - La battaglia di ponte Ammiraglio - 1952 - olio su tela - Galleria d'arte battaglia di Calatafimi, di scarsa
moderna - Roma importanza da punto di vista
militare si contarono circa 30
morti per parte , si rivel fondamentale dal punto di vista del morale dei combattenti e fu il preludio della ben
pi importante presa di Palermo.

Dopo Calatafimi, Garibaldi organizz un diversivo fingendo di dirigersi verso Corleone e riusc a far perdere le
proprie tracce e ad ingannare le truppe borboniche guidate dal colonnello svizzero Luca Von Mechel che, nel
frattempo, aveva avuto lordine di mettersi allinseguimento dei Mille.

Lo stratagemma permise ai garibaldini di raggiungere, dopo una serie di estenuanti marce notturne, prima,
Misilmeri il 25 maggio e, poi, Gibilrossa, alle porte di Palermo, il 26, dove li attendeva Giuseppe La Masa con
altre squadre di insorti siciliani. In questo modo, mentre Von Mechel marciava verso Corleone, Garibaldi,
durante la notte del 26 maggio, con 750 volontari ancora validi e 3.000 insorti siciliani, marci verso Porta
Termini, ovvero il punto meno difeso della citt di Palermo.

Dopo i primi scontri sul ponte dellAmmiraglio i


garibaldini riuscirono ad entrare nella citt e a
raggiungere la piazza della Fieravecchia la mattina
del 27 maggio.

La popolazione palermitana insorse, vennero


innalzate le barricate e si inizi a combattere per le
strade di Palermo mentre dalla fortezza di
Castellammare e dalle navi ormeggiate nel porto
lesercito borbonico bombardava la citt.

Nonostante gli scontri e i bombardamenti che


colpirono duramente Palermo, i garibaldini
riuscirono a resistere e a non perdere il possesso della
citt.

La mattina del 30 maggio, per, dopo tre giorni di


combattimenti e nel momento di maggior difficolt
per i volontari, il generale borbonico Ferdinando
Lanza, chiese un incontro con Garibaldi concordando
E. Sevaistre - L'impresa dei Mille: Palermo. Il cappello del
unimmediata cessazione dei combattimenti. Al
direttore della Polizia innalzato su una barricata presso Porta di
primo incontro tra il generale borbonico Giuseppe
Castro - Primi di giugno 1860 - fotografia - Istituto per la Storia
Letizia, delegato di Lanza, e Garibaldi stesso, che si
del Risorgimento - Roma Palermo
svolse il 30 sulla nave inglese Hannibal comandata
dallammiraglio George Mundy, ne segu un altro il giorno successivo, nel quartiere generale di Garibaldi, in cui
fu deciso di prolungare larmistizio per altri tre giorni. Il 6 giugno, infine, lo stesso generale Lanza sigl la
capitolazione dellarmata napoletana che lasci Palermo e inizi ad imbarcarsi verso Napoli. Lo sgombero fin il
19 giugno.

Il re borbonico Francesco II, per far fronte a questi insuccessi, scelse di avviare una politica liberale: decise ,
innanzitutto, di ripristinare, il 25 giugno, la Costituzione concessa dal padre nel 1848 e, quindi, di adottare il
tricolore come nuova bandiera del Regno. Infine, risolse di allontanare dal governo i cosiddetti ministri
reazionari. Queste scelte, per, produssero leffetto opposto a quello desiderato e il passaggio dal regime
assolutistico a quello costituzionale si rivel fatale contribuendo al collasso sistemico del regime borbonico. Nel
frattempo, le truppe garibaldine iniziavano ad aumentare di numero per larrivo di nuovi volontari. Per tutta
lestate, infatti, vennero in soccorso di Garibaldi ben 21 spedizioni di rinforzi, di uomini, armi e munizioni, che
portarono un totale di altri 20 mila soldati al servizio dei garibaldini.

In questo complesso contesto politico-militare, Cavour cerc di riprendere, in pi occasioni, le redini del gioco,
come quando fece sbarcare a Palermo, il 6 giugno, Giuseppe La Farina con lunico scopo di porre le basi per una
rapida annessione della Sicilia al Regno sabaudo. Il 7 luglio, per, Garibaldi, convinto che lesponente della
Societ Nazionale intralciasse i suoi progetti, decise di espellere La Farina dallisola.

Lesercito napoletano, intanto, il cui comando era stato affidato


al generale Tommaso Clary, era rimasto concentrato sulla parte
orientale dellisola: a Messina erano stanziati circa 18 mila soldati
borbonici, 2.500 si trovavano tra Siracusa e Augusta e un
migliaio, infine, erano posizionati a Milazzo.

Proprio nei pressi di Milazzo, ad Archi, il 17 luglio, una colonna


garibaldina guidata da Giacomo Medici venne a contatto con le
truppe comandate dal colonnello borbonico Ferdinando
Beneventano del Bosco. I primi scontri videro prevalere le truppe
borboniche che, per, decisero di ritirarsi allinterno di Milazzo
invocando il sostegno di rinforzi. Rinforzi che non furono mai
inviati perch il ministro della Guerra Giuseppe Salvatore Pianell
aveva deciso di concentrare le forze militari nella difesa del
Mezzogiorno.

Il 19 luglio Garibaldi
concentr a Milazzo
tutte le forze di cui
poteva disporre e
allalba del 20
attacc le linee
avversarie con il
A. Bernaud - Colonnello Ferdinando Beneventano
proposito di
del Bosco - 1860 - fotografia - Musei Civici -
sfondare al centro lo
Raccolta Bertarelli - Milano
schieramento
borbonico.

Dopo molte ore di combattimento ogni offensiva garibaldina venne


fermata dal fuoco borbonico e fu costretta a ripiegare.

Per le sorti della battaglia, risult decisivo, invece, il


bombardamento sulle linee borboniche che Garibaldi ordin a bordo
della nave Tkory, lex corvetta duosiciliana Veloce che era passata
nelle file garibaldine.

Il colonnello del Bosco, dopo il bombardamento, ritir i suoi uomini


Anonimo - Nino Bixio - 1860 - fotografia -
nella fortezza senza insistere nella difesa della citt e Garibaldi pot
Istituto per la Storia del Risorgimento - Roma

entrare a Milazzo. Il 24 luglio le truppe


borboniche trattarono la resa e
simbarcarono con lonore delle armi.
Nella battaglia i garibaldini avevano
perso circa 800 uomini tra morti e feriti,
mentre i napoletani circa 150 soldati.

Alla battaglia di Milazzo seguirono le


convenzioni del 28 luglio e del 1 agosto
con le quali il generale Clary rinunci a
combattere.

Le guarnigioni di Messina, Siracusa ed


Augusta capitolarono e la Sicilia poteva
dirsi definitivamente conquistata dalle
truppe garibaldine, sebbene una
guarnigione borbonica rimase allinterno
della cittadella, la fortezza che
sovrastava Messina.

Alle crudezze delle battaglie militari si


aggiungevano anche le enormi difficolt
di governo dellisola che misero in luce
linadeguatezza politica della dittatura
garibaldina.

Oltre alla totale inefficacia del decreto


sulla leva militare per tutti gli isolani
soltanto poche decine di siciliani
risposero alla chiamata si rivel del
tutto controproducente e demagogico il
G. Induno - 1860: Garibaldi a Milazzo - olio su tela - Luigi Medici Del Vascello
decreto sulla redistribuzione delle terre
La Mandria
demaniali.

Tra giugno e settembre, infatti, scoppi un movimento spontaneo di contadini che, in alcuni casi, port alla
violenta occupazione delle terre e alla dura repressione delle rivolte, come quella operata da Nino Bixio a Bronte.

A queste difficolt, si assommavano, inoltre, le asprezze del confronto politico allinterno dello schieramento
unitario.

Il terreno di scontro maggiore, tra liberali e democratici, riguardava le differenti prospettive politiche che
animavano i due schieramenti: i liberali chiedevano il plebiscito per lannessione dei territori conquistati mentre i
democratici auspicavano le elezioni per lAssemblea costituente.

In questo convulso scenario politico, Garibaldi non aveva altra scelta che andare avanti nella sua marcia, fino a
quel momento vincente, progettando lo sbarco dei volontari in Calabria.

Allalba del 19 agosto, dopo essere partiti da Taormina ed aver effettuato una rotta che ingann la flotta
borbonica, i garibaldini riuscirono a sbarcare in Calabria a Porto Salvo di Melito. Il comandante delle truppe
napoletane in Calabria Giambattista Vial si limit a dare lordine di attacco ai generali Fileno Briganti e Nicola
Melendez i quali, per, il 23 agosto sarresero senza neanche combattere. I soldati borbonici si sbandarono, le
guarnigioni abbandonarono le citt e i forti di Altafiumara, di Torre Cavallo e di Scilla si arresero ai garibaldini.

A Napoli temendo lo sbandamento dellesercito venne deciso di portare le truppe al di l del fiume Volturno
facendo di Capua e Gaeta i capisaldi della difesa borbonica. Il 5 settembre Francesco II decise di lasciare Napoli e
di andare a rifugiarsi nella fortezza di Gaeta per non sacrificare la citt come era successo per Palermo.

Il 7 settembre, in un clima paradossale, con 6 mila soldati fedeli a Francesco II ancora nelle fortezze e nelle
caserme, Garibaldi entr nella capitale borbonica acclamato dalla folla napoletana. Immediatamente, la squadra
navale del Regno delle Due Sicilie si consegn nelle mani di Garibaldi che la mise, immediatamente, agli ordini
dellammiraglio sabaudo Carlo Pellion di Persano.

Nel settembre del 1860,


comunque, nonostante i
rovesci militari, le fughe, le
diserzioni e linfedelt della
marina borbonica, la
situazione militare sulla
linea del Volturno era tutto
fuorch definita.

Non a caso, il 21 settembre,


lesercito borbonico
sconfisse duramente i 900
garibaldini comandati da
Istvn Trr che avevano
precedentemente occupato
lavamposto di Caiazzo
costringendoli a varcare il
Volturno a costo di Prigionieri borbonici sulla linea del Volturno - 1860 - olio su tela - Museo centrale del
pesantissime perdite. Risorgimento - Roma

Il comando borbonico, per, seppur consapevole della propria superiorit tecnico-tattica e numerica, perse ben
10 giorni in discussioni e preparativi e decise di passare alloffensiva contro le truppe garibaldine soltanto allalba
del 1 ottobre.

I 30 mila soldati borbonici, comandati dal generale Giosu Ritucci, che uscirono da Capua la notte del 1 ottobre
attaccarono, contemporaneamente, alla destra e alla sinistra dello schieramento garibaldino posizionato lungo un
ampio semicerchio che da Santa Maria Capua Vetere arrivava fino a Maddaloni-Ponti della Valle passando per le
pendici del Monte Tifata e la zona di San Leucio e di Caserta vecchia. Di fatto, si svolsero due battaglie separate,
una a destra e laltra a sinistra degli schieramenti, anche se dallesito delluna dipendeva le sorti dellaltra.

Inizialmente, loffensiva dei borbonici ebbe successo, riuscendo a sfondare alcune posizioni garibaldine e
costringendo al ripiegamento alcuni avamposti dei volontari. Tuttavia, liniziale penetrazione dellesercito
borbonico venne vanificata dalla disorganizzazione dei comandi borbonici, dalla ferma resistenza dei volontari e
da alcune coraggiose decisioni di Garibaldi, come quella di utilizzare tutti gli uomini di riserva pur di difendere le
proprie posizioni.

La battaglia del Volturno del 1 e del 2 ottobre fu vinta dalle truppe garibaldine che, seppur combattendo una
battaglia difensiva, seppero respingere tutti gli attacchi dellesercito borbonico superiore per numero e per
armamento ma senza unadeguata conduzione militare. Il costo della battaglia per i garibaldini fu molto elevato:
1.600 uomini vennero messi fuori combattimento tra morti e feriti e 250 vennero catturati dai borbonici. Per i
napoletani, invece, si contarono 1.220 soldati fuori combattimento e 2.200 prigionieri.

Nonostante il numero dei caduti, lesito del combattimento non aveva modificato le posizioni sul campo di
battaglia e lalto Volturno, con lesercito di Francesco II asserragliato a Capua e a Gaeta, era rimasto ancora sotto
il controllo dellesercito borbonico.

Il fattore che risulter decisivo sulle sorti della campagna militare del 1860 fu lintervento del governo sardo che,
dopo aver negoziato il non intervento francese direttamente con Napoleone III, decise di inviare nello Stato
pontificio un corpo di spedizione sabaudo, al comando del generale Manfredo Fanti, per fermare la rivoluzione,
ovvero i garibaldini, che proveniva da Napoli.

Il 18 settembre, sui colli di Castelfidardo, le truppe sarde comandate dal generale Enrico Cialdini sconfissero
quelle pontificie guidate dal generale Christophe Lamoricire e si diressero verso la piazzaforte di Ancona. Dopo
la caduta di Ancona, il 29 settembre, re Vittorio Emanuele II assunse il comando supremo delle operazioni
militari il 3 ottobre e varc il confine del Regno borbonico penetrando in Abruzzo il 10 ottobre. Il 20 ottobre, le
truppe sabaude di Cialdini sconfissero i borbonici e le bande contadine al passo del Macerone, occuparono
Isernia e poi raggiunsero lalto Volturno.

Il 21 ottobre, inoltre, lo svolgimento del plebiscito per lannessione del Mezzogiorno al Regno sabaudo fece
definitivamente cadere lipotesi mazziniana di convocare le elezioni per lAssemblea costituente. Il 26 ottobre,
infine, lincontro tra Garibaldi e re Vittorio Emanuele II, al quadrivio di Taverna della Catena nei pressi di Teano,
segn il passaggio del comando delle operazioni militari allesercito regolare sabaudo e sanc la definitiva ipoteca
liberal-monarchica sul processo di unit nazionale.

Lepilogo della spedizione garibaldina, che


dalla Sicilia si era fermata ai confini dello
Stato pontificio, avvenne nei primi giorni di
novembre.

Il 7 novembre Garibaldi entr a Napoli


insieme a Vittorio Emanuele II, in carrozza,
sotto una pioggia dirompente mentre il
giorno seguente, in una cerimonia solenne,
vennero presentatati ufficialmente i risultati
dei plebisciti che sancivano lannessione del
Mezzogiorno al nuovo Regno dItalia e
Garibaldi firm latto di rassegna della
dittatura.

Il mattino del 9 novembre il nizzardo si


imbarc sul vapore Washington che lo
S. De Albertis - Incontro a Teano tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi - olio
port a Caprera.
su tela - Luigi Medici Del Vascello La Mandria
29|Lincontro di Teano

Dopo la sconfitta dellesercito pontificio


a Castelfidardo e la presa di Ancona,
Vittorio Emanuele II assunse il
comando supremo delle forze militari
sarde, il 3 ottobre, e, con al fianco il
ministro dellInterno Luigi Carlo Farini
e il ministro della Guerra Manfredo
Fanti, varc i confini del Regno
borbonico il 10 ottobre 1860.

Lesercito sabaudo avanz lungo la


costa adriatica e si diresse verso la
Terra di Lavoro, dove erano stati
inviati, per ostacolare lavanzata
piemontese, un migliaio di soldati
borbonici, comandati dal generale Luigi
Scotti-Douglas, supportati anche da
alcune migliaia di contadini insorti, le
cui ribellioni, ormai, si stavano
diffondendo sempre pi nel Molise,
nellAbruzzo e nel Sannio.

Il 17 ottobre, infatti, una colonna di


circa 1.200 volontari comandata da
Francesco Nullo, partita da Maddaloni
per ristabilire lordine, venne attaccata
e sconfitta, fra le gole di Pettorano e Manfredo Fanti - carte de visite - Museo centrale del Risorgimento - Roma
Castelpetroso, vicino Isernia, da alcuni
reparti borbonici affiancati da migliaia di contadini insorti.

Tre giorni dopo, per, il 20 ottobre, le truppe sabaude comandate dal generale Cialdini sconfissero i borbonici e
le bande contadine al passo del Macerone ed occuparono Isernia. Nei giorni successivi lesercito piemontese
occup Venafro e si diresse verso Capua mentre le truppe borboniche, temendo di essere accerchiate, si ritirarono
verso il fiume Garigliano lasciando soltanto una guarnigione a Capua.

La ritirata dei borbonici permise a Garibaldi, con i suoi uomini, di passare il Volturno il 25 ottobre e di avanzare
verso Teano per incontrare lesercito piemontese.

Il generale, che veniva da Caiazzo, e Vittorio Emanuele II, che veniva da Venafro, si incontrarono, la mattina del
26 ottobre 1860, lungo la strada che porta a Teano, al quadrivio di Taverna della Catena, presso Vairano, nel
punto dove si incontrano le strade di Cassino-Calvi e Venafro-Teano.

Dopo aver cavalcato insieme per alcuni chilometri, scesero da cavallo, probabilmente nei pressi del ponte di
Caianello, e continuarono la loro conversazione seguiti dai loro ufficiali. Poi ripresero a cavalcare e arrivarono a
Teano dove il re si diresse verso Palazzo Caracciolo mentre Garibaldi si avvi in una stalla ai margini del paese.

Vittorio Emanuele II, nel colloquio con Garibaldi sulla strada per Teano, gli comunic che le operazioni militari,
da quel momento, sarebbero state condotte dallesercito regio e che avrebbe concesso ai volontari di essere
soltanto la riserva delle truppe che combattevano sul Volturno.
C. Ademollo - Incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele - 1878 - dipinto - Museo di Capodimonte - Napoli

Per i liberali, Cavour in testa, era fondamentale dimostrare alle diplomazie europee che lavventura rivoluzionaria
era finita e che lordine politico-sociale veniva garantito da una monarchia che metteva fine alla dittatura
garibaldina e si poneva come argine per linvasione dello Stato pontificio e di Roma.

Lintransigenza sabauda, probabilmente, era il pegno che andava pagato nei confronti delle diplomazie europee
che vedevano nella formazione dello Stato nazionale italiano un pericoloso sovvertimento dellassetto
internazionale elaborato dal Congresso di Vienna.

Lincontro tra il re Vittorio Emanuele II e Garibaldi, che una retorica celebrativa ha spesso rappresentato come il
risultato della concordia tra le differenti forze politiche che concorsero allUnit dItalia, signific, piuttosto, il
definitivo passaggio della leadership del processo di unificazione nazionale dai democratici ai liberali.

Daltronde il rapporto di forze tra i mazziniani e i garibaldini, da un lato, e il partito liberal-monarchico,


dallaltro, era gi stato profondamente modificato con lindizione dei plebisciti che, il 21 ottobre, avevano
certificato lannessione del Mezzogiorno continentale e della Sicilia al Regno sabaudo.

Lo svolgimento dei plebisciti, infatti, ponendo fine alle forti tensioni che, sin dal mese di giugno, avevano
contrapposto i fautori dellannessione dei territori conquistati, come il marchese Giorgio Pallavicino, ai
sostenitori dellAssemblea costituente aveva di fatto sanzionato la vittoria e legemonia moderata sul processo di
unit nazionale.
A. e G. Cassioli - L'incontro di Teano - 1886-1888 ca. - affresco - Palazzo Pubblico - Siena

Daltro canto, levoluzione dei combattimenti sul Volturno aveva gi fatto comprendere a Garibaldi dellassoluta
necessit, per le sorti della campagna militare, dei battaglioni sardi. E infatti, la sua prima richiesta a Vittorio
Emanuele II, non appena il re varc il Tronto, consistette nel riconoscimento dei gradi per i suoi ufficiali.

Inoltre, Garibaldi era ben consapevole, che lo svolgimento dei plebisciti il 21 ottobre aveva segnato non solo la
sconfitta di coloro che volevano lAssemblea costituente, ma anche dei mazziniani pi intransigenti che volevano
portare la rivoluzione nello Stato pontificio per andare alla conquista di Roma.

I margini di iniziativa per Garibaldi, una volta esclusa ogni ipotesi di conflitto fratricida con le truppe regie, si
erano dunque ridotti soltanto allattesa di Vittorio Emanuele II e dellesercito piemontese. Lincontro tra il duce
dei Mille e il re sabaudo sanc, per, anche linizio di quel processo di emarginazione dei garibaldini dalla scena
politica e militare nazionale che caratterizz gli anni successivi lUnit dItalia.

Nel volgere di poco tempo anche se i volontari collaborarono alla presa di Capua sotto il comando del Generale
Enrico Morozzo Della Rocca lEsercito meridionale garibaldino venne sciolto aprendo un lungo periodo di
polemiche e di contrasti politici.
30|Sarnico ed Aspromonte

Dopo il successo della spedizione dei Mille del 1860, Giuseppe


Garibaldi era diventato il punto di riferimento pi importante di
tutto lo schieramento democratico italiano, nonostante fosse
lacerato al suo interno dalle divisioni in molte correnti e fosse
senza un capo riconosciuto.

Al tempo stesso era divenuto loggetto delle speranze dei


democratici dellEuropa orientale che auspicavano una
soluzione alle loro rivendicazioni nazionali sulla scia
dellimpresa esemplare dei Mille.

La convinzione di fondo, diffusa anche in Italia, consisteva nella


necessit di una spedizione nei Balcani sul modello di quella
siciliana del 1860 che avrebbe messo in crisi lImpero
asburgico e avrebbe portato alla proclamazione della repubblica
in Prussia.

Il governo di
Bettino Ricasoli,
che era divenuto
primo ministro
dopo la morte di
Cavour, per
A. Gill - Caricatura di Giuseppe Garibaldi. Tratta da cercare di
Les Hommes dAujourdhui - febbraio 1879 - ricomporre il
litografia a colori - Fondazione Spadolini - Nuova conflittuale
Antologia - Firenze sistema politico
del neonato Regno
dItalia, decise di istituire una Societ di tiro a segno nazionale
affidandone la presidenza al principe ereditario, futuro Umberto I,
e la vicepresidenza al generale Enrico Cialdini e a Garibaldi.

Questultimo, ormai attivissimo nella vita politica nazionale, il 9


marzo, assunse anche la presidenza dellAssemblea delle
associazioni democratiche e delle societ operaie e, nello stesso
mese di marzo, dopo che i garibaldini e i mazziniani erano confluiti
Bettino Ricasoli
nellAssociazione Emancipatrice Italiana che propugnava Roma
Capitale, intraprese un lungo itinerario, accolto da un tripudio di folla, nelle principali citt del Nord Italia
Monza, Como, Lodi, Parma, Cremona, Pavia, Crema, Brescia per linaugurazione delle locali Societ di tiro a
segno.

Alla conclusione di questo percorso Garibaldi si ferm nella stazione termale di Trescore Balneario, vicino
Bergamo, al confine con il Trentino, a casa di Gabriele Camozzi. Il motivo ufficiale consisteva nella cura dei
reumatismi ma in realt alcuni attivisti del Partito dAzione iniziarono, sin da subito, a raccogliere divise e armi
facendo presagire una nuova spedizione di volontari garibaldini, questa volta diretta oltre i confini dellImpero
asburgico.

La diplomazia europea si mise immediatamente in allarme, alcuni leader dellAssociazione Emancipatrice si


dichiararono contrari ad unazione rivoluzionaria e Crispi pavent addirittura il rischio che un azione
fallimentare contro lAustria si sarebbe conclusa drammaticamente con lo smembramento del neonato Regno
dItalia.

Nonostante ci, il 14 maggio a Sarnico, sul lago dIseo, un centinaio di volontari si riunirono agli ordini di
Francesco Nullo e dalla cittadina lacustre iniziarono a marciare verso il confine austriaco. Allaltezza di Palazzolo,
poco distante da Sarnico, per, lesercito sardo blocc immediatamente la marcia e arrest tutti i volontari e lo
stesso Francesco Nullo , poi rinchiusi nelle carceri di Bergamo e Brescia. Garibaldi si assunse immediatamente
la responsabilit del tentativo insurrezionale e condann lazione dellesercito regio che aveva arrestato i
volontari.

Il fallimento della spedizione fece desistere da ogni azione nei


Balcani. Tuttavia, dopo essere tornato in un primo momento a
Caprera, Garibaldi si imbarc il 27 giugno per Palermo,
ufficialmente per andare a promuovere in Sicilia le Societ di
tiro a segno come in Lombardia. Laccoglienza a Palermo fu
ancora pi entusiastica di quella ricevuta nelle citt del Nord
Italia.

Gran parte delle aspettative della popolazione siciliana


riguardavano, per, le difficili condizioni economiche dellisola
ma Garibaldi interpret quellaccoglienza come una spinta per
completare lUnit dItalia. Durante gli incontri visit i luoghi
siciliani dellimpresa del 1860, lanci accuse di fuoco contro
Napoleone III che, proteggendo il papa, era diventato, secondo
Garibaldi, un capo di briganti e dassassini. Dai numerosi
bagni di folla siciliani risuon, inoltre, il grido Roma o morte
che, ripreso subito da Garibaldi, suggell simbolicamente la
nuova impresa.

Se la stampa garibaldina esaltava limpresa siciliana


comparandola a quella del 1860, Crispi si dimostr subito
contrario alla spedizione che dalla Sicilia sarebbe dovuta
risalire fino a Roma, mentre il fronte moderato, seppur
Il Dr. Nlaton dichiara che non necessario
contrario, sembrava disorientato di fronte allevolversi
amputare la gamba del generale.
repentino degli avvenimenti.

Certamente, per, rispetto allimpresa del 1860 si riscontravano almeno tre grandi assenze: mancavano
comandanti esperti come Bixio, Medici, Cosenz e Sirtori diventati ormai ufficiali dellesercito; scarseggiava
lappoggio dellopinione pubblica al di fuori della Sicilia e, soprattutto, mancava lappoggio alla spedizione da
parte di uno Stato sovrano. Inoltre, in caso di attacco ai territori dello Stato pontificio, la Francia di Napoleone III
avrebbe difeso la Citt Eterna con il corpo di truppe che aveva lasciato a protezione del papato.

Nonostante queste difficolt, lorganizzazione


della nuova spedizione era ormai partita. A
Misterbianco, nei pressi di Catania, il 19
agosto, Garibaldi venne accolto da una folla in
delirio, mentre il 24, lanci un proclama agli
italiani accusando il governo di voler la guerra
civile.

Infine, dopo aver raccolto armi, munizioni e


vettovaglie, simpadron di due piroscafi, il
Dispaccio e il Generale Abbatucci, con i quali,
eludendo la sorveglianza, sbarc la mattina
del 25 a Melito, in Calabria, come nel 1860, al
comando di circa 2 mila uomini.

Il governo italiano, come a Sarnico nel maggio


Garibaldi ferito sullAspromonte - 1870 - litografia acquarellata - precedente, decise di intervenire prima che le
Fondazione Spadolini - Nuova Antologia - Firenze truppe garibaldine avessero passato il confine
e invi il generale Cialdini a fermare
Garibaldi. Cialdini, il 26 agosto, si incontr a Napoli con il generale La Marmora per organizzare un corpo
militare che si opponesse agli insorti. Dai numerosi reparti dellesercito dislocati nel Mezzogiorno continentale
venne formata una colonna di 7 battaglioni agli ordini del colonnello Emilio Pallavicini di Priola che si diresse
verso la Calabria per bloccare i volontari garibaldini.

La risalita della penisola si era rivelata subito ben pi difficile del previsto. La citt di Reggio Calabria, infatti, era
ben presidiata dallesercito mentre sulla costa i volontari erano stati sorpresi da un bombardamento della flotta
regia che li aveva costretti a muoversi nellentroterra calabro. Garibaldi fu obbligato a risalire verso lAspromonte
dove, dopo due giorni di marce estenuanti, venne avvistato da alcuni reparti del colonnello Pallavicini.

Lo stesso giorno, la mattina del 29 agosto, si svolse un rapido scontro a fuoco nel quale morirono una dozzina di
militi, 7 soldati regi e 5 volontari, e si registrarono poco pi di trenta feriti, tra cui Giuseppe Garibaldi. Alla
notizia che Garibaldi era stato ferito, il combattimento ebbe immediatamente fine.

Colpito ad un malleolo, dopo una difficile discesa dallAspromonte, venne trasportato dalla pirofregata Duca di
Genova nel forte di Varignano, presso La Spezia, un antico lazzaretto e uno stabilimento penitenziario dove
venne alloggiato insieme alla famiglia e ai suoi ufficiali.

La convalescenza di Garibaldi fu lunghissima perch la ferita al malleolo non si cicatrizzava e solamente a


distanza di circa un anno riusc a riprendere una normale capacit di movimento.
31|La convenzione di settembre

Le trattative tra Francia e Italia per la firma di una convenzione che riaprisse indirettamente la questione romana
furono concluse al principio dellagosto 1864.

In seguito ad esse si stabil che la Francia si sarebbe impegnata a sgombrare entro due anni il territorio pontificio
e lItalia avrebbe acconsentito a non attaccare militarmente i domini papali, a non opporsi allorganizzazione di
una armata pontificia composta anche di cattolici stranieri e a negoziare con il Santo padre lassunzione a carico
dellItalia del debito pubblico dello Stato del papa.

Lultimo articolo prevedeva per che laccordo avrebbe


avuto valore ed esecuzione solo quando Vittorio Emanuele
II avesse decretato il trasferimento della capitale,
ammettendo implicitamente di non essere pi interessato a
Roma. Ci si sarebbe inoltre dovuto verificare entro sei
mesi.

Informato piuttosto tardi del negoziato portato avanti dal


governo Minghetti, Vittorio Emanuele II chiese inutilmente
a Napoleone III, con una missione guidata da La Marmora,
di rinunciare allarticolo riguardante labbandono di Torino;
poi, nel momento in cui si convinse a firmare la
Convenzione, il 15 settembre 1864, espresse il desiderio che
la nuova capitale fosse Firenze.

In ottemperanza anche a questo voto del sovrano, il 18


settembre una commissione di guerra, presieduta dal
principe Eugenio di Carignano, decise che la citt toscana
sarebbe stata la nuova capitale del Regno, perch la pi
adatta da un punto di vista strategico.

Non appena a Torino si ebbe notizia dellultimo articolo


della Convenzione, tra la cittadinanza si diffuse una grande
agitazione, culminata nei giorni 21 e 22 settembre in violenti
scontri tra dimostranti e forza pubblica che costarono una
trentina di morti e pi di cento feriti.
A. Duroni - Il generale Alfonso La Marmora - fotografia
- Museo centrale del Risorgimento - Roma Indispettito da questi avvenimenti Vittorio Emanuele II
impose il 23 settembre le dimissioni del governo Minghetti,
sostituito dal ministero La Marmora.

Fu quindi un piemontese ad assumersi la responsabilit di trasferire la capitale da Torino a Firenze.


32|La terza guerra di indipendenza

G. Induno - La partenza dei coscritti nel 1866 - 1878 - olio su tela - Fondazione Museo "Francesco Borgogna" -
Vercelli

L8 aprile 1866 lItalia firm un accordo segreto con la Prussia in base al quale si impegnava a dichiarare guerra
allAustria in caso di conflitto austro-prussiano, in cambio del Veneto e di tutti i territori italiani ancora sotto il
dominio asburgico. Quindi, tre giorni dopo che lo stesso atto era stato compiuto da Bismarck, lItalia consegn a
Vienna la dichiarazione di guerra il 20 giugno 1866, fissando linizio delle operazioni per il 23.

Felice Zennaro - Bezzecca - 1866 - olio su tela - Museo del Risorgimento Milano

Iniziata cos la terza guerra contro l'Austria, il comando supremo dellesercito fu assunto formalmente da Vittorio
Emanuele II, che ebbe al suo fianco La Marmora come capo di stato maggiore e comandante di alcune divisioni
sul Mincio. Il generale Cialdini, che guidava un corpo darmata sul basso Po, ebbe inoltre una non motivata
autonomia da La Marmora, foriera di non pochi contrasti.

Passato il Mincio a Valeggio e a Goito il 23 giugno, La Marmora fece avanzare alcune divisioni verso Villafranca e
circondare Peschiera e Mantova. Il 24, si svolse quindi a Custoza una battaglia di incontro tra i due eserciti che,
spezzata in combattimenti molto aspri, manc completamente di comando e si chiuse la sera stessa con il ritiro
degli italiani sulla destra del Mincio.

A questa iniziale sconfitta, cui si sarebbe potuto rimediare nei giorni immediatamente successivi, segu per una
crisi di comando, dovuta ad un duro contrasto tra La Marmora e Cialdini, che pes gravemente sulle sorti della
guerra poich rese impossibile una rapida controffensiva.

Dopo la dura sconfitta subita a Sadowa ad opera dei prussiani, inoltre, il governo di Vienna chiese il 4 luglio la
mediazione francese e offr allItalia limmediata cessione del Veneto in cambio di un armistizio. A

ccettata per lintercessione di Napoleone III dalla Prussia l8 luglio, lItalia si trov nella non facile condizione di
dover ottenere un successo militare, che evitasse lumiliazione dellacquisto del Veneto tramite Napoleone e
rendesse pi forte la propria posizione al tavolo della pace.

P. Gallizioli - Lissa, 20 luglio 1866: Affondamento della "Re Galantuomo" - olio su tela -
Museo storico navale - Venezia

Al principio di luglio Garibaldi cominci cos ad avanzare nel Trentino, mentre l8 le forze di Cialdini passarono
finalmente il Po, giungendo il 14 e il 15 luglio a Padova e Vicenza. Gli austriaci intanto, interessati soprattutto a
fronteggiare i prussiani, cominciarono a ritirarsi rapidamente verso lIsonzo, dopo aver lasciato dei presidi nel
Quadrilatero e a Venezia.

Il comandante della flotta, ammiraglio Persano, decise inoltre, in esecuzione di un preciso ordine impartitogli al
termine di un Consiglio di guerra il 14 luglio, di costringere alla battaglia larmata navale nemica, occupando
lisola di Lissa, avamposto austriaco di fronte alla costa dalmata.

Il 20 luglio, dopo aver bombardato lisola per due giorni con


risultati mediocri, gli italiani furono per attaccati dalla flotta
imperiale proveniente da Pola, e subirono laffondamento di due
navi, la corazzata Re dItalia e la cannoniera Palestro.

Bench questa battaglia non avesse modificato realmente il


rapporto di forza tra i due schieramenti, essa determin
nellopinione pubblica italiana un senso di profonda umiliazione.

Frattanto, il 21 luglio, Garibaldi riusc a sconfiggere gli austriaci a


Bezzecca, mentre una colonna pot spingersi nei giorni successivi
fino a Levico, Pergine e Civezzano, a soli 9 chilometri da Trento.
Proprio quando il generale austriaco Kuhn stava per ritirarsi in
Alto Adige, prussiani e austriaci firmarono il 26 luglio i
preliminari di pace a Nikolsburg, mentre anche sul fronte
italiano aveva inizio una tregua darmi.

Impossibilitata a riprendere la guerra autonomamente e pressata


da Napoleone III affinch accettasse le condizioni concordate fra
lui e lAustria, lItalia ordin quindi a Garibaldi di ritirarsi dal
Trentino e il 12 firm a Cormons larmistizio. La clausola che
prevedeva la cessione del Veneto allItalia tramite Napoleone III,
confermata il 23 agosto nella pace sottoscritta a Praga fra Prussia
e Austria, fu conservata nella pace tra Italia e Austria firmata a R. C. Monvoisin - L'ammiraglio Persano - dipinto -
Vienna il 3 ottobre 1866. Collezione Pellion di Persano - Torino
33|Mentana

Nel novembre del 1866, dopo la caduta del governo Ricasoli, si svolse, in Italia, una tornata elettorale
incentrata sulla discussione del ricavato della vendita dei beni ecclesiastici e sulle concessioni da fare alla Chiesa
che scaten un clima di acceso anticlericalismo.

Giuseppe Garibaldi partecip ad una serie di incontri in favore dei candidati dellopposizione e promosse
associazioni come lObolo della libert che si contrapponeva apertamente allObolo di San Pietro. Ma il fatto
che, ancor di pi, accese gli animi dei democratici fu, nel dicembre del 1866, la partenza da Roma degli ultimi
reparti militari francesi, come previsto dalla Convenzione di settembre, stipulata nel 1864, che impegnava la
Francia a ritirare entro due anni le proprie truppe da Roma purch lItalia garantisse le frontiere pontificie da
qualsiasi aggressione.

Nonostante, a difesa di Roma, i


francesi avessero lasciato la Legione
dAntibo, un piccolo corpo di truppe
mercenarie, un manipolo di
cospiratori romani, raccolti nel
Centro dinsurrezione, invoc
laiuto di Garibaldi a marciare verso
la Citt Eterna per completare
lUnit dItalia.

Garibaldi rispose immediatamente


alla richiesta e a Firenze dette vita
ad un Centro di emigrazione che
inizi lorganizzazione dei volontari
e linquadramento degli esuli. Il suo
piano prevedeva, infatti, uno
scontro iniziale tra alcune bande di
volontari e le truppe mercenarie
A. Alessandri - Mentana. Veduta generale - novembre 1867 - fotografia - Gi
francesi nei territori pontifici e la
Comando della Guardia Nobile della Santa Sede - Roma
successiva insurrezione della
popolazione romana una volta che la citt fosse rimasta senza difesa militare.

A giugno, per, un gruppo di volontari, partito autonomamente da Terni verso lo Stato pontificio, venne subito
fermato dallesercito italiano. Il fallimento di questo primo raffazzonato tentativo insurrezionale, indusse molti
esponenti della Sinistra parlamentare e una parte della stampa democratica a dissuadere Garibaldi nel
proseguimento dei preparativi del moto.

Ma egli, comera sua abitudine, non ascolt questi allarmati consigli e a Monsummano, in Toscana, dove si era
recato per curare lartrite, invit i suoi uomini a continuare la preparazione del piano insurrezionale che, nel
frattempo, era stato modificato e prevedeva la sollevazione della popolazione cittadina come punto di partenza
del moto.
O. Orlandi - Ritorno da Mentana - olio su tela - Museo centrale del Risorgimento - Roma

Per questo motivo, nei mesi estivi, Garibaldi invi Francesco Cucchi a Roma, il figlio Menotti nel Mezzogiorno e
Giovanni Acerbi al confine con lItalia centrale. L11 agosto, a Siena, Garibaldi afferm, in una celebre
dichiarazione, che le colonne dei volontari avrebbero marciato verso Roma alla rinfrescata, ovvero in autunno.

Un deciso mutamento del clima dopinione a favore del moto garibaldino si ebbe quando il generale francese
Dumont, passando in rassegna la Legione dAntibo, afferm, in un discorso alla truppe, che la Legione era
sempre parte integrante dellesercito francese.

Una parte della stampa italiana riprese polemicamente quella dichiarazione e accus la Francia di ingerenza sulla
politica italiana. Sulla scia di questi eventi, Garibaldi acceler la preparazione del moto e fiss linizio dellazione
per il 15 settembre con uninsurrezione che sarebbe dovuta scoppiare nella provincia di Viterbo e poi sarebbe
stata seguita dallinvasione di volontari.

La febbrile attivit garibaldina, cui non corrispondeva per un identico seguito tra la popolazione romana,
preoccup il governo italiano che decise, per mettere fine allavventura insurrezionale, di arrestare Garibaldi il 24
agosto a Sinalunga e di condurlo nella fortezza di Alessandria.

Larresto, per, non solo non imped la continuazione della preparazione del moto, ma segn anche lavvio di
numerose manifestazioni di solidariet, in molte citt, nei confronti di Garibaldi, il quale, cos, sullonda di questi
avvenimenti, venne rilasciato e ricondotto sullisola di Caprera sorvegliato da ben 9 navi da guerra della regia
marina che incrociavano al largo.

Anche questo compromesso, per, non ferm lorganizzazione del moto che prevedeva lingresso nello Stato
della Chiesa di tre bande di volontari, la prima diretta a Viterbo guidata da Acerbi, la seconda nella Sabina
comandata dal figlio Menotti e la terza verso Velletri capeggiata da Nicotera e, nei primi giorni di ottobre,
alcuni gruppi di volontari entrarono nei territori pontifici.

Lopinione pubblica europea (oltre naturalmente a quella italiana) guardava con preoccupazione levoluzione
degli avvenimenti e il governo francese, dopo una serie di colloqui e trattative con il governo italiano, prese la
decisione di inviare un corpo militare di spedizione a Roma per fermare ogni velleit dei garibaldini.

In questo clima di timori e


attese, speranze e paure,
Garibaldi riusc ad
organizzare lennesima fuga
romantica della sua vita.

La notte del 14 ottobre,


infatti, riusc ad eludere la
sorveglianza delle navi della
regia marina e fugg da
Caprera, arriv a La
Maddalena, si imbarc su
una imbarcazione giunta da
Livorno comandata da
Stefano Canzio, e, il 19,
approd a Vada, in Toscana.
Il giorno successivo, il 20
ottobre, a Firenze, venne
accolto da manifestazioni di
giubilo.

Se la fuga di Garibaldi aveva


G. Francini - Villa Glori. Mandorlo sotto il quale il 23 ottobre 1867 cadde ferito a morte
avuto successo,
Enrico Cairoli - 1870 - fotografia - Musei Civici - Raccolta Bertarelli - Milano
linsurrezione a Roma, per,
era completamente fallita.
Un piccolo drappello di uomini guidato da Cucchi non era riuscito ad impadronirsi del Campidoglio, mentre i
fratelli Enrico Cairoli e Giovanni Cairoli, intercettati a Villa Glori mentre stavano cercando di unirsi ad un altro
gruppo di rivoltosi, erano stati uccisi.

Nonostante questi fallimenti, Garibaldi decise, ugualmente, di dare lavvio alla spedizione.

Part da Terni e il 23 ottobre raggiunse Passo Corese, dove Menotti aveva insediato il quartiere generale, e da l, al
comando di circa 8 mila uomini, si diresse verso la cittadina di Monterotondo, sulla strada per Roma.
Contemporaneamente, altre colonne marciavano verso Roma: Acerbi nel viterbese, Nicotera a Frosinone e a
Velletri, Pianciani a Tivoli. Garibaldi si spinse fino alle porte di Roma, a Monte Sacro, ma la citt non insorse e il
generale decise di ritornare a Monterotondo.

La situazione politico-militare, per i volontari, volgeva al peggio: il governo italiano, infatti, aveva sconfessato
pubblicamente il tentativo insurrezionale. Il 30 ottobre, inoltre, a Civitavecchia era iniziato lo sbarco del corpo di
spedizione francese e, infine, la condizione dei volontari privi di adeguati rifornimenti di cibo, con uno scarso
vettovagliamento e con molte diserzioni era estremamente difficile.

Garibaldi decise, allora, di spostarsi su Tivoli, in cerca di una migliore posizione militare, ma il 3 novembre 1867,
nei pressi di Mentana, nellagro romano, un gruppo di pi di 4 mila volontari venne intercettato da circa 9 mila
soldati delle truppe franco-pontificie. Lo scontro fu cruento e i reggimenti di Napoleone III, muniti dei moderni
fucili chassepots a retrocarica e a lunga gittata, ebbero il sopravvento sui garibaldini e obbligarono alla ritirata.

Garibaldi venne arrestato a Figline in Toscana e rinchiuso nuovamente nel forte di Varignano il 5 novembre. Il 25
novembre, infine, cess la detenzione e ritorn a Caprera.
34|La presa di Roma

La guerra franco-prussiana, scoppiata il 19 luglio 1870, apr improvvisamente nuove prospettive per la soluzione
della questione romana. Bench Vittorio Emanuele II fosse convinto della necessit di intervenire a fianco
Napoleone III, il ministro degli esteri Visconti Venosta riusc a far prevalere nel governo le ragioni della
neutralit.

Nel contempo pot per fare apparire la proposta di Napoleone III, avanzata dallimperatore il 10 luglio e relativa
al ritiro dei contingenti francesi da Roma e Civitavecchia, non come una ricompensa derivante dalleventuale
decisione italiana di aderire ad una progettata alleanza italo-franco-austriaca in funzione antiprussiana, ma come
una scelta compiuta autonomamente dalla Francia per rendere di nuovo operante la Convenzione di settembre,
rispettata solo da parte italiana dopo i fatti di Mentana del 1867.

A. Tranzi - La breccia di Porta Pia, 20 settembre 1870 - 1870 - dipinto - Musei Capitolini - Roma

Labilit di Visconti Venosta, pronto a ribadire pubblicamente la volont dellItalia di adempiere alla
Convenzione, e le difficolt incontrate dalla Francia sui campi di battaglia facilitarono cos levacuazione dello
Stato pontificio, terminata in agosto.

Per sorvegliare la frontiera ed essere pronto allintervento, nel caso si verificassero colpi di mano o insurrezioni
fomentate dalla Sinistra, il governo italiano decise inizialmente di costituire un corpo di osservazione dellItalia
centrale il cui comando fu affidato al generale Cadorna.

Proprio quando Visconti Venosta aveva per cominciato a preparare timidamente la diplomazia allipotesi di una
eventuale occupazione dello Stato pontificio da parte italiana, le notizie relative alla sconfitta di Sedan e al crollo
del Secondo Impero, giunte a Firenze tra il 3 e il 5 settembre, fecero precipitare gli avvenimenti: il Consiglio dei
ministri decise infatti allunanimit di occupare Roma, previo un ultimo tentativo di accordo, per evitare il
ricorso alla forza, con Pio IX.

Di fronte al rifiuto opposto dal papa al conte


Ponza di San Martino, che aveva tentato di
indurlo ad accettare linvasione ad avviare
trattative con lItalia, il 12 settembre il
generale Cadorna entr nel territorio
pontificio e avanz senza incontrare
resistenza fino alle porte di Roma, dove
giunse il 17.

Dopo un ennesimo tentativo di mediazione


compiuto dal ministro prussiano presso la
Santa Sede, conte Arnim, la mattina del 20
lartiglieria italiana cominci il fuoco contro
le mura della capitale pontificia.

Aperta una breccia presso Porta Pia, alle ore


10 fanteria e bersaglieri poterono entrate
nella citt, mentre lesercito papale alzava
bandiera bianca.

Alle 14 il generale Cadorna e il generale


G. Altobelli - Ricostruzione della breccia di Porta Pia - 1870 - fotografia -
Kanzler, comandante delle forze pontificie,
Istituto per la Storia del Risorgimento - Roma
firmarono la capitolazione.

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