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monitorare i cambiamenti che si realizzano sia come risultato di un recupero spontaneo, sia
come effetto di un trattamento riabilitativo.
Esistono molteplici Scale di Valutazione che misurano sia il deficit post-lesionale, sia la disabilit della
gestione nelle attivit personali di vita quotidiana sia le disabilit dovute all'ambiente.
L'impiego di queste scale offre l'opportunit di avere uno strumento di valutazione il pi oggettivo
possibile e che "fotografi" al meglio le abilit dalla persona/paziente, per rivalutare gli obiettivi, per
decidere l'inserimento in un ambiente con determinate caratteristiche, per raccogliere una casistica e
verificare nel tempo i risultati di una scelta riabilitativa.
Le scale di valutazione pi frequentemente usate sono:
FIM, Barthel, Indice di Kats: valutano la disabilit nelle attivit di vita quotidiana;
Ancora non esiste una scala di valutazione ideale, soprattutto per il paziente con lesioni a carico del
S.N.C., che soddisfi le diverse esigenze per un corretto bilancio di autonomia. Il significato di queste scale
resta comunque valido in ambito riabilitativo, poich consentono di valutare in termini qualitativi e
quantitativi il grado di autonomia raggiunto dal paziente.
Il CONCETTO DI RECUPERO
Esistono due tipi di recupero, uno detto adattativo - compensatorio, l'altro intrinseco. Vorremmo spendere
due parole in merito a questi termini e ai diversi significati che possono avere, perch riconoscersi in
uno o nell'altro concetto determina la scelta riabilitativa. Il recupero adattativo - compensatorio parte
dal presupposto teorico secondo il quale la funzione persa non pu essere ricostruita ma solo
compensata.
Il recupero intrinseco presuppone la possibilit , da parte del sistema nervoso centrale, di recuperare un
controllo sugli arti lesi.
Questa suddivisione limitatamente teorica, stata la teoria di base dei diversi metodi di approccio al
paziente cerebroleso ed importante per il terapista conoscerne la distinzione, poich determina la
scelta della programmazione dell'esercizio terapeutico.
In un'ottica adattativa il terapista prediliger il lavoro sul lato sano facilitando i compensi; secondo i
principi del recupero intrinseco la terapia ricercher il recupero motorio del lato leso per raggiungere un
movimento funzionale.
Di fatto, nella pratica giornaliera si osserva che i due tipi di recupero s'intersecano; al terapista resta il
compito di decidere l'impostazione principale da dare al fine di ottenere il miglior recupero funzionale
possibile in base a:
et del soggetto;
patologie associate;
Per schematizzare il nostro intervento possiamo, distinguere tre fasi che caratterizzano l'evoluzione
spontanea del paziente con esiti di ictus e precisamente:
FASE ACUTA
FASE POST ACUTA
FASE DEGLI ESITI CONSOLIDATI
FASE ACUTA
In un soggetto con esiti di ictus cerebrale la fase acuta , dal punto di vista motorio, caratterizzata da
assenza di movimenti attivi da areflessia o iporeflessia, da confusione e disturbi dall'attenzione, eventuali
deficit di linguaggio e di comprensione.
L'intervento riabilitativo in questa fase deve essere precoce ed caratterizzato da:
posizionamento corretto del soggetto a letto. Questo dovr essere cambiato ogni due ore, sia per
stimolare i diversi distretti corporei, sia per evitare l'insorgenza di piaghe da decubito.
sistemazione dell'ambiente: a causa della lesione il soggetto tende a mantenere il capo ruotato dal
lato opposto a quello dell'emilato colpito, il soggetto tende quindi a trascurare sia lo spazio, sia il proprio
corpo che si trova da quella parte.
Posizionare il letto in modo che gli elementi ambientali, la porta, la televisione, le sedie per i visitatori
stimolino il paziente a considerare quello spazio. Anche la posizione del comodino dal lato plegico, che
costringe il soggetto a ruotare verso il lato colpito per poter prendere gli oggetti, lo obbliga a spostare il
peso, garantendo input sia spaziali che propriocettivi. Il Personale di sala e i visitatori dovranno disporsi
appena possibile dalla parte del lato plegico; tutto questo necessario soprattutto in presenza di una
lesione cerebrale destra, che spesso determina grossi disturbi spaziali controlaterali; il soggetto andr
sollecitato sia con stimoli verbali verso lo spazio negletto, sia attraverso stimolazioni tattili.
POSIZIONAMENTO AL LETTO
In questa fase il paziente, per problemi internistici, dovr rimanere a letto; la posizione del soggetto
come detto prima va comunque cambiata ogni due ore circa.
L'obiettivo del posizionamento corretto quello di prevenire decubiti (tallone, sacro, malleoli), edemi
soprattutto all'arto superiore, retrazioni muscolo-tendinee e capsulo- legamentose, insorgenza di schemi
patologici, fornire utili informazioni propriocettive. Il soggetto potr stare in:
POSIZIONE SUPINA
la testa va sostenuta da un cuscino che non tenga la colonna a livello dorsale flessa.
posizionare un cuscino sotto la scapola plegica (protrazione dell'articolazione scapolo-omerale),
allineando il braccio lungo il fianco con il gomito quasi esteso, il polso in flessione dorsale e le dita aperte;
se presente edema alla mano si pu posizionare un ulteriore cuscinetto. Per brevi periodi il braccio
pu essere esteso sul cuscino sopra la testa.
posizionare un cuscino sotto il gluteo e la coscia plegica per evitare l'extrarotazione della gamba, il
ginocchio va tenuto in posizione zero. Per prevenire l'equinismo baster posizionare un archetto che
mantenga sollevate le coperte. Posizionare cuscini che tengano l'articolazione tibio-tarsica in posizione
zero potrebbe stimolare lo schema estensorio dell'arto inferiore.
L'esperienza ha permesso di verificare che la posizione supina, se mantenuta a lungo in soggetti anziani,
predispone alla formazione di piaghe da decubito in zona sacrale ed al calcagno, inoltre stimola i riflessi
tonici del collo aumentando le risposte riflesse, pertanto una posizione da usare per breve tempo.
DECUBITO SUL LATO PLEGICO
Posizionare la testa su un cuscino basso.
Posizionare il cingolo scapolare e l'arto superiore in protrazione, con il braccio elevato a circa 90 il
gomito esteso, l'avambraccio supinato e le dita aperte. Per scaricare il peso dalla spalla in presenza di
dolore, il tronco potr essere inclinato indietro di qualche grado utilizzando dei cuscini di sostegno per la
colonna.
Posizionare l'arto inferiore plegico esteso a livello dell'anca con il ginocchio leggermente flesso. L'arto
inferiore sano andr posizionato su un cuscino che lo sostenga in posizione flessa a livello dell'anca e del
ginocchio.
Questa postura molto discussa dai diversi autori; per alcuni essa stimola la propriocezione del lato
plegico, diminuisce la percentuale di comparsa di spasticit lasciando il lato sano libero di muoversi. Per
altri questa postura, gravando in modo eccessivo sulle articolazioni che sono prive di percezione, rischia
di portare edema e traumi articolari se non attuata correttamente e modificata spesso.
DECUBITO SUL LATO SANO
Posizionare la testa su un cuscino basso.
Posizionare l'arto superiore plegico elevato intorno ai 90 su di un cuscino che lo sostenga bene,
gomito leggermente flesso, le dita della mano aperte.
Posizionare il tronco leggermente in avanti, sostenendolo posteriormente con cuscini che impediscano
il ritorno alla posizione supina.
Posizionare l'arto inferiore plegico su un cuscino che lo sostenga con anca e ginocchio leggermente
flessi e articolazione tibiotarsica in posizione neutra. Arto superiore ed inferiore verranno sistemati dal
soggetto nella posizione a lui pi comoda.
Questa postura probabilmente risulter pi gradita al soggetto, ma non render possibile la minima
autonomia.
Secondo noi, come gi detto, l'ideale poter cambiare posizione il pi spesso possibile, sia per
stimolare i diversi distretti corporei, l'orientamento spaziale ed un minimo di autosufficienza. Non appena
possibile, il soggetto verr istruito circa le strategie da utilizzare per effettuare il cambio di postura,
richiedendone la collaborazione, sia in termini di attenzione che di accompagnamento durante il
passaggio di posizione.
Nel posizionare al letto un soggetto con negligenza, pu essere necessario l'uso di sponde per
contrastare la tendenza a cadere dal letto dal lato plegico negletto.
POSTURA SEDUTA
Non appena le condizioni internistiche lo consentono, il soggetto andr rieducato alla posizione seduta;
dapprima sar sufficiente alzare la testata del letto per poi passare alla mobilizzazione in carrozzina.
Purtroppo le strutture ospedaliere non hanno una grande variet di carrozzine e quindi la scelta non
sempre possibile; in questo capitolo descriveremo le caratteristiche ideali per dare dei parametri ad un
corretto posizionamento e di possibili modifiche realizzabili.
La posizione seduta molto importante ai fini di stimolare il sistema cardio-circolatorio, respiratorio, di
consentire al paziente di alimentarsi, stimolare il controllo del capo e del tronco, di relazionarsi con
l'ambiente, di spostarsi.
La carrozzina innanzi tutto va scelta in base alle dimensioni del soggetto: non dovr essere ovviamente
troppo stretta, ma nemmeno troppo larga; questo determinerebbe il malposizionamento del bacino in
rotazione, un'asimmetria di carico ischiatico ed un'ulteriore sensazione di instabilit del tronco.
Il soggetto idealmente dovrebbe avere il tronco ben sostenuto (attenzione alle carrozzine con il telo dello
schienale troppo allentato) fino alle scapole circa, i braccioli regolati in modo da non aver le spalle
elevate.
La profondit del sedile dovr essere tale da lasciare uno spazio di circa 10 cm dal cavo popliteo,
l'angolo tra tronco e anca di 90 e tra coscia e gamba tra i 90-110.
I piedi saranno appoggiati alle pedane con l'articolazione tibiotarsica in posizione neutra (tutte le
carrozzine hanno la possibilit di regolazione in altezza dei poggiapiedi, quindi usiamola!).
I primi giorni, se il soggetto tende a scivolare avanti, e spesso accade perch malposizionato, pu
essere utile l'utilizzo di fasce inguinali che mantengano il bacino contro la base dello schienale.
ARTO SUPERIORE
Il posizionamento dell'arto superiore pone pi problemi e diverse sono le scuole di pensiero a questo
riguardo.
Frequentemente i pazienti che seguiamo in ambito ospedaliero segnalano dolore alla spalla plegica.
Ad un esame pi accurato l'articolazione scapolo-omerale si presenta sublussata sia per l'ipotonia dei
muscoli stabilizzatori della spalla, sia a causa della posizione nella quale viene tenuto il braccio (pendente
lungo i fianchi); ci ancora pi frequente nei soggetti con emiplegia sinistra con disturbi spaziali e
emisomatoagnosia.
Mentre la sublussazione si pu venire a creare nel giro di poche settimane dall'ictus, il dolore si pu
presentare anche in una fase pi tardiva e nella maggior parte dei casi conseguente a una serie di
piccoli traumi articolari e/o ad un inadeguato trattamento.
Per prevenire questa complicanza dovremo:
addestrare il personale di sala ed i parenti affinch si evitino stiramenti e trazioni dell'arto
superiore durante gli spostamenti (rotoli, passaggio Ietto - carrozzina, stazione eretta, vestizione) e
verificare che il braccio sia posizionato correttamente.
insegnare al paziente come avere cura del proprio braccio, a muoverlo senza traumatizzarlo, a
posizionarlo correttamente, a controllarlo durante i passaggi posturali. Questo lavoro necessario e
basilare nella prima fase di rieducazione troveremo difficolt nei soggetti con emisomatoagnosia che
continuano a dimenticare l'arto superiore procurandosi continui traumi articolari.
mobilizzareil cingolo scapolare, ricercando il naturale rapporto tra scapola e glenoide, stimolare la
muscolatura che stabilizza la spalla e che gli permette una mobilit attiva. La mobilizzazione passiva non
deve essere dolorosa e non deve traumatizzare i tessuti periarticolari. Molto efficaci sono gli esercizi nei
quali viene stimolata l'azione riflessa della muscolatura mediante la compressione delle articolazioni.
Durante l'esecuzione dei movimenti passivi, il paziente va sollecitato a mantenere l'attenzione sul braccio
e sulle sensazioni che avverte.
eseguire tutti gli esercizi di appoggio sull'arto plegico, sia a livello della mano che del gomito e della
spalla dell'arto plegico; questi esercizi possono essere inseriti in movimenti pi globali quali il rotolo, il
passaggio supino - seduto, seduto - in piedi con appoggio anteriore di entrambi gli arti superiori.
Star al terapista scegliere la situazione migliore e modificare volta per volta la sequenza dei movimenti,
per dare la maggior quantit di stimoli utili a quel soggetto.
Nei pazienti con negligenza, sar inoltre molto importante inserire esercizi che portino alla ricostruzione
dello schema corporeo. Il nostro soggetto dovr imparare a riconoscere l'arto plegico come proprio e
dovr ricodificare i messaggi sensoriali e propriocettivi che gli vengono da esso per farli nuovamente
suoi.
utilizzo di ausili di posizionamento: le opinioni in merito sono molto discordi; qui noi esporremmo
la nostra esperienza lavorativa.
1. Tavolino inserito nel bracciolo della carrozzina, che deve essere regolabile in altezza per poter
assicurare un buon sostegno ed una giusta inclinazione dell'omero rispetto alla spalla. Questo fornir la
possibilit al paziente (soprattutto sinistro) di vedere il suo arto, posizionarlo correttamente, mobilizzare
le dita autonomamente. In assenza di tavolino adeguato, potremo utilizzare, anche se non si ottiene lo
stesso risultato terapeutico, cuscini appoggiati sulle gambe.
2. Utilizzo di bendaggio funzionale con tape: ha il vantaggio di ridurre parzialmente e talvolta totalmente
la sublussazione, di stimolare la contrazione isotonica della muscolatura grazie all'avvicinamento dei capi
articolari, di stimolare a livello cutaneo facilitando il recupero del tono muscolare del deltoide. Il
bendaggio, coinvolgendo solo la spalla, lascia il gomito e la mano liberi di muoversi ed in caso di totale
plegia non mantiene l'arto superiore in posizione stimolante lo schema patologico in flessione.
Il tape deve essere posizionato solo da personale tecnico, che conosca bene la metodologia di
applicazione e richiede un controllo giornaliero della cute; in soggetti anziani o allergici a questo
materiale, si possono verificare fenomeni di intolleranza, con rischio di lesioni cutanee. Il bendaggio,
inoltre, tende a perdere elasticit , non garantendo a lungo la tenuta articolare, andr sostituito ogni tre
giorni e se la cute lo richiede andr sospeso per qualche giorno. Nella nostra esperienza un buon
bendaggio, cambiato ogni tre giorni per circa dieci giorni, attenua in misura soddisfacente il dolore
articolare, assicurando la possibilit di mobilizzare le articolazioni sottostanti durante il giorno, senza
lesionare l'articolazione scapolo-omerale.
3. Rotolo Bobath: consiste in un sostegno posto sotto l'ascella fissato al cingolo scapolare mediante un
bendaggio ad otto. Questo sostegno deve essere indossato quando il soggetto inizia a stare in posizione
seduta, cos facendo si ostacola la sublussazione dell'omero, mantenendo le articolazioni del gomito e
della mano libere. Questo supporto ha il vantaggio di poter essere applicato da personale non tecnico e
pu essere tenuto per tutto il periodo necessario.
4. Reggibraccio a tasca: risulta essere il pi usato negli istituti ed quello meno adeguato a
posizionare correttamente l'arto superiore, creando maggiori danni secondari. Semons in uno dei suoi
trattati ne descrive gli svantaggi:
Favorisce l'emisomatoagnosia.
Accentua e/o facilita lo schema patologico flessorio dell'arto superiore.
Ostacola l'inserimento del braccio nei movimenti globali.
Impedisce l'oscillazione compensatoria durante la deambulazione.
Priva il soggetto degli imput esterocettivi e discriminativi.
Aumenta la tendenza alla stasi linfatica e venosa conseguente all'immobilit .
In tutti i casi, la scelta del tipo di sostegno andr verificata continuamente nel tempo in base
all'evoluzione del quadro neurologico, e la persona sollecitata a controllare la posizione del braccio
durante la giornata.
Per il contenimento del dolore articolare da segnalare, oltre alla prescrizione di farmaci da parte del
medico, pu essere indicata la terapia laser che ottiene buoni risultati.
(Segue)
Il cammino
Dopo aver ricercato il controllo dei vari distretti corporei in posizione eretta, pu essere iniziata
l'impostazione della deambulazione.
Diverse sono le scuole di pensiero, alcune ritengono utile impostare il cammino inserendo l'ausilio di un
quadripode o un bastone sin dal primo momento, allo scopo di aumentare la base d'appoggio e la
stabilit .
Altre scuole ricercano la deambulazione senza inserire l'ausilio, allungando i tempi e lavorando su un
controllo pi fine dell'equilibrio. Questo possibile in soggetti con lesioni medio-lievi e con un buon
grado di attenzione e di motivazione.
Spesso a determinare questa scelta terapeutica sono i tempi di ricovero ospedaliero (degenza post-
acuta), l'entit e la sede del danno, l'et dei soggetto, il grado di attenzione e collaborazione.
Nell'impostare un cammino corretto e funzionale, si dovr lavorare cercando di isolare il movimento del
ginocchio, la flessione dell'anca e la flessione dorsale del piede; la presa di coscienza dello spostamento
del carico, il contatto piede-suolo, lo svincolo del cingolo scapolo-omerale e l'oscillazione degli arti
superiori sono elementi necessari per ottenere un buon cammino.
La possibilit di effettuare questo tipo lavoro, come gi detto, determinata da una serie di elementi
(et , sede ed entit della lesione) oltre che dall'atteggiamento del soggetto e dal suo grado di
partecipazione e motivazione.
Con soggetti anziani ci troviamo spesso davanti a quadri molto pi poveri sia a livello cognitivo che
motorio, nei quali un lavoro fine, lungo e che richiede molta attenzione non attuabile. Situazioni dove
permane una rigidit in estensione e l'equilibrio migliora solo con l'ausilio di un appoggio, autorizzano il
terapista ad usare strategie qualitativamente inferiori ma funzionali al recupero dell'autonomia (rialzo
controlaterale per favorire la fase di passo anteriore dell'arto plegico, ginocchiera dove esista un grave
recurvatum assolutamente non controllabile scarpa che induca l'appoggio corretto dei piede al suolo).
Il paziente con emiplegia sinistra richiede dei tempi lunghi di riabilitazione e spesso, per le sue
caratteristiche, pu essere utile impostare la stazione eretta e la deambulazione quando ancora il
soggetto non ha raggiunto un buon allineamento del tronco. In questo caso ci si pu avvalere di piani
d'appoggio anteriori e laterali per facilitare la presa di coscienza dei due emilati ed il carico bilaterale.
Spesso questi pazienti raggiungono a fatica un cammino che possibile solo in ambienti protetti o con
assistenza, ma difficilmente funzionale.
Nel programma riabilitativo di un paziente con neglect, si dovr stimolare il soggetto continuamente a
prendere coscienza delle sue difficolt , facendo svolgere esercizi che comportino uno spostamento da
destra a sinistra di coordinazione mano - occhi, attraverso l'uso di riferimenti posti nello spazio,
stimolandone il raggiungimento con le diverse parti del corpo. Questo approccio pu essere inserito in
qualsiasi fase di recupero ed in ogni posizione sulla quale si sta lavorando in soggetti con emiplegia
sinistra e affetti da Sindrome della Spinta, osserviamo che in stazione eretta mantengono il proprio
centro di gravit a sinistra, cadendo cos dal lato plegico. Il tutto avviene senza la consapevolezza e
una nostra sollecitazione che aiuti a spostare il carico correttamente peggiora la situazione. Invitando il
paziente a camminare, questi si appogger pesantemente a noi flettendo il tronco e la stazione eretta
sar ulteriormente compromessa.
Il soggetto, durante il cammino, non riuscendo a spostare il carico sull'arto destro compie il passo con
l'arto sinistro a fatica, spesso usando l'adduzione tanto fortemente da incrociare l'arto in appoggio.
Anche il passo anteriore della gamba destra risulta difficoltoso, per il mancato reclutamento dei muscoli
estensori dei lato plegico.
Nella rieducazione, in questo caso, saranno importanti:
esercizi di trasferimento del carico ed esercizi che stimolino reazioni d'equilibrio;
esercizi che stimolino il tronco dalla parte sana in accorciamento (appoggi laterali sul gomito in
posizione seduta);
correzione del carico in posizione eretta e del tronco, che sar tendenzialmente in posizione ruotata
verso il dietro dal lato sinistro
Durante le diverse fasi del trattamento, sar utile dare continui stimoli cinestesici per facilitare il paziente
(toccando il fianco, strofinando l'arto superiore), solo in un secondo tempo il soggetto riuscir ad
eseguire gli spostamenti di carico o di mantenimento della postura in modo automatico.
In posizione seduta sulla carrozzina, pu essere utile togliere il bracciolo destro ed sconsigliato l'uso
di parallele e tripodi nell'impostare la stazione eretta, poich queste e quelli non farebbero altro che
stimolare la spinta verso il lato plegico.
Un recente studio sulla valutazione funzionale del cammino del soggetto emiparetico dell'Universit degli
Studi di Napoli "Federico II", effettuato con il sistema elettronico Parotec, ha evidenziato le differenze nel
cammino in pazienti stabilizzati destri e sinistri. Questo studio ha confermato le differenze nella dinamica
motoria tra i due gruppi di pazienti. In pazienti con emiparesi sinistra si rileva una maggior
destrutturazione della motricit , manifestata con l'appoggio del piede in posizione supinata rispetto ai
soggetti con emiparesi destra.
In entrambi i gruppi viene confermata la difficolt di trasferimento del carico sull'arto paretico ed una
diminuzione del tempo di mantenimento dello stesso con un tempo minore di contatto del piede e la
tendenza all'appoggio sul retropiede.
Questi dati ci confermano, ancora una volta, quanto sia importante impostare il lavoro in stazione eretta
ed il cammino insistendo sulla presa di coscienza del passaggio del carico sia a livello delle anche sia del
passaggio del peso tra retropiede e avanpiede e sulla qualit del contatto piede-suolo.
Nei pazienti con emiplegia sinistra emerge la difficolt nel recupero del controllo motorio fine, per le
difficolt di percezione date dal tipo di lesione e l'utilizzo di schemi pi automatici.
(Segue)
ACCESSORI
- Spinte laterali da applicare allo schienale qualora il paziente non riacquisti il controllo del tronco.
- Braccioli regolabili in altezza, per consentire la corretta posizione dell'articolazione scapolo -
omerale.
- Braccioli lunghi o corti a seconda del tipo di arredo presente e delle necessit ; estraibili o
ribaltabili per consentire con minor fatica il passaggio letto - carrozzina.
- Ruote da interno o da esterno.
- Divaricatore applicabile al telaio o cinghie inguinali.
TIPI DI CARROZZINA
Monoguida a doppio man corrente: con due mancorrenti montati dal lato non colpito consente di
effettuare le manovre con l'uso di un solo arto.
E' una carrozzina indicata a soggetti abbastanza giovani con una buona forza e coordinazione.
Poich tutto il peso corporeo viene comunque spostato dalla forza di un solo arto, abbiamo
constatato che diversi soggetti utilizzano anche l'arto inferiore per spingersi, muovendosi pi
velocemente e con minor dispendio energetico.
A quadro stabilizzato, secondo noi una strategia da tener presente nella scelta della carrozzina,
considerando quindi di tenere la misura sedile - pavimento pi bassa.
Monoleva: munita di una leva a spinta e di direzione. Sono essenzialmente carrozzine ingombranti,
lente da manovrare ed adatte a grandi spazi, anch'esse necessitano di un periodo di addestramento e
di una buona coordinazione da parte del paziente
Bimanuali: carrozzina a ruote grandi posteriori, che il soggetto utilizza manovrando con l'arto
superiore sano spingendo da un lato e dall'altro e cambiando direzione usando l'arto inferiore. Non
sicuramente la scelta migliore, n riteniamo che questa strategia debba essere insegnata al
paziente; questa carrozzina viene spesso prescritta quando si pensa che il paziente non sia motivato
a spostarsi autonomamente o non ne sia in grado. Riteniamo che ogni soggetto dovrebbe essere
messo in condizioni di provare una carrozzina monoguida prima di passare a questa soluzione.
Un soggetto con grave negligenza spaziale non sar in grado di recuperare l'autonomia negli
spostamenti in carrozzina, perch incapace di studiare le strategie necessarie ad evitare gli
ostacoli e a coordinare le manovre in spazi tipo camera.
In questo caso l'obiettivo della carrozzina sar quello di garantire soprattutto una confortevole e
corretta postura.
La carrozzina elettrica
E' un ausilio molto valido per quei soggetti che, per polipatologie, non sono in grado di spingersi
autonomamente per lunghi tratti e che, vivendo in strutture molto ampie, desiderino partecipare
attivamente alle attivit dell'istituto (animazione, cinema, biblioteca, parrucchiera, ecc.) o uscire.
La prescrizione di questo ausilio, quali che siano le patologie disabilitanti, va preceduta da una
valutazione della capacit di orientamento, coordinazione, tempi di reazione, equilibrio
psicologico, motivazione, disturbi visivi dei soggetto.
In seguito, prima di passare alla prescrizione, va programmato un periodo di prove e di
addestramento nell'ambiente nel quale il soggetto dovr muoversi, inoltre basilare condividere
con il medico e gli operatori di sala la scelta dell'ausilio e studiare le possibilit di manutenzione
del mezzo.
REINSERIMENTO AL DOMICILIO
Il reinserimento al domicilio avviene quando il recupero del paziente stabilizzato, ed un
momento estremamente delicato per lui ed i familiari.
La preparazione psicologica a questo evento di tutti i componenti del nucleo famigliare molto
importante e non va sottovalutata.
Molti pazienti, al momento del rientro al proprio domicilio, pur desiderandolo intensamente,
manifestano dubbi, paura e a volte aggressivit , perch timorosi di scontrarsi con la propria
dipendenza, l'handicap, le nuove dinamiche familiari, in un ambiente che non pi quello
protetto dell'ospedale, dove i malati sono tanti e "ci si capisce".
Anche i parenti, la maggior parte delle volte, temono di sentirsi inadeguati e di non essere in grado
di far fronte alle possibili difficolt .
In questa fase molto importante rivalutare, con il terapista occupazionale, le capacit motorie
acquisite, il grado di autonomia ed autosufficienza e le barriere architettoniche presenti al domicilio.
A tal fine pu essere molto utile una visita al domicilio del paziente, per valutare la presenza di
barriere architettoniche che potrebbero essere modificate (presenza di scale, arredo non idoneo,
dimensioni e accesso ai diversi locali, ecc.), studiare le possibili strategie per limitare l'handicap e
poter prescrivere gli ausili con un criterio funzionale (vedi carrozzina). Prima del rientro effettivo al
domicilio, necessario provare, con la presenza dei parenti, tutti i passaggi posturali, il cammino,
le scale, le attivit di vita quotidiana.
I parenti devono imparare a non sostituirsi al paziente, il loro ruolo sar solo quello di supporto l
dove il soggetto non in grado di essere completamente autonomo, dopo aver rispettato i suoi
tempi di esecuzione ed aver provato tutte le strategie facilitanti. Questo concetto molto
importante, sia per il rispetto e la salvaguardia della dignit della persona/paziente e delle
capacit acquisite, sia a protezione dei rapporti familiari. Ci troviamo dinanzi, infatti, a situazioni
di dipendenza, che potrebbero ancora migliorare e che non si risolveranno in breve tempo.
Per facilitare il rientro al domicilio, sarebbe opportuno iniziare a mandare a casa il paziente i fine
settimana; in questo modo potranno venire alla luce problemi sottovalutati, difficolt che avremo
tempo di affrontare, e dare la possibilit al nucleo familiare di trovare un modus vivendi nuovo,
graduale e con il supporto dell'quipe.
Con un paziente motivato, attento a fare tutto quello che pu autonomamente durante la giornata,
in un contesto familiare sensibile e che non si sostituisce, non sar necessario continuare la terapia
al domicilio; dei controlli ripetuti ed eventuali cicli di mantenimento saranno sufficienti per
prevenire eventuali danni terziari che potrebbero insorgere nel tempo.
Se la relazione creata nei mesi di degenza con i componenti dell'quipe stata buona, questi
saranno sempre un riferimento importante per il paziente e la sua famiglia e gli garantir la
possibilit di chiedere aiuto e consiglio in ogni momento futuro.
Se il soggetto necessita di una carrozzina, bisogner valutare attentamente gli spazi di manovra
nelle diverse stanze e nell'ascensore. Esistono in commercio carrozzine dotate di ruote estraibili che
ne riducono la larghezza, queste hanno per l'inconveniente di non poter essere spinte
autonomamente dal soggetto e consigliate solo in alcuni passaggi (ascensore, auto). Anche la scelta
di una carrozzina con appoggiapiedi montati su supporti lunghi e rimovibili consente una
diminuzione dell'ingombro per alcuni movimenti.
CONCLUSIONI
Concludiamo con la speranza di aver fornito dei riferimenti pratici e facilmente attuabili; non era
nostra intenzione riassumere in poche pagine le migliaia di studi neurofisiologici, teorie e
metodologie, ma dare delle indicazioni pratiche.
Le fasi del recupero e l'impostazione riabilitativa che abbiamo scelto di dare, sono indicazioni di
massima e come tali vanno usate.
Ogni persona/paziente, ogni lesione e sua evoluzione sono particolari e non possibile descrivere
le diverse sfumature e tutte le diverse possibilit d'intervento, perch ogni volta, per ogni caso,
per ogni situazione, potranno essere leggermente diverse.
Non ci stancheremo mai di dire che nella nostra professione gli strumenti, a nostro avviso
fondamentali, sono l'osservazione e l'apertura all'ascolto, unite alla capacit di entrare in relazione.
La comprensione di ci che il paziente sa fare e di ci che potr arrivare a fare, la base per
formulare un buon piano d'intervento. Questo inizia sempre con la difficile arte di motivare il
soggetto nel faticoso compito della riacquisizione delle proprie competenze e si sviluppa utilizzando
tecniche differenti arricchite con strategie - di volta in volta diverse -che tengano conto delle
specifiche caratteristiche del soggett