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3 Lindividuo nellorganizzazione

SOMMARIO 3.1 Introduzione 3.2 La microstruttura 3.3 Prestazioni, capacit e moti-


vazioni individuali 3.4 La dimensione sociale: gruppi e conflitti

3.1 Introduzione

La progettazione organizzativa della microstruttura consiste essenzial-


mente nel definire il contenuto del lavoro e il ruolo dei singoli indivi-
dui allinterno dellorganizzazione, formalizzandone in modo pi o
meno marcato il comportamento atteso e intervenendo, ove necessa-
rio, per sviluppare le competenze e le capacit delle persone in funzio-
ne della posizione che ricoprono o che potrebbero ricoprire in futuro.
Se assumiamo il punto di vista degli individui, notiamo che nella gran-
de maggioranza delle organizzazioni, e certamente nelle imprese che
operano nelle societ libere e nelle economie di mercato, le persone
aderiscono liberamente alle organizzazioni e, pur mosse dallesigenza
materiale di procurarsi di che vivere, trovano motivazioni al lavoro an-
che differenti dalla mera necessit. Ladesione a unorganizzazione
pu talvolta avere poche alternative, ma, in generale, per molte perso-
ne si tratta di una scelta tra diverse opzioni possibili. Inoltre, nei Paesi
sviluppati e nei periodi di crescita e sviluppo delleconomia, molti indi-
vidui decidono di cambiare organizzazione, e spesso anche tipo di la-
voro, sulla base di considerazioni economiche, personali, di sviluppo
delle proprie conoscenze o altro ancora. Aderire a unorganizzazione
Il punto significa per una persona immergersi in un ambiente sociale che costi-
di vista degli tuisce una delle esperienze fondamentali e pi complesse della vita di
individui
ciascuno. In tutto ci vi dunque un certo grado di libert da parte de-
gli individui, pur in considerazione dei vincoli materiali e delle spinte
economiche. Se da un lato le organizzazioni selezionano le persone
per scopi specifici e tendono a definire in modo preciso il contenuto
del lavoro individuale, dallaltro le persone scelgono le organizzazio-
ni sulla base della loro attrattivit non solo economica. Non solo, una
volta membri di unorganizzazione gli individui possono contribuire e
spendersi in modo variabile a seconda delle loro motivazioni, del fat-
to che tali motivazioni si rafforzino oppure si indeboliscano.
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34 PARTE I ORGANIZZAZIONE

La progettazione organizzativa ha a che fare con le risorse umane


che, a differenza delle risorse materiali e tecnologiche, interagiscono
in modo attivo con lorganizzazione e non si lasciano semplicemente
Obiettivi plasmare e adattare passivamente al disegno organizzativo. La risorsa
compatibili umana mossa da obiettivi personali e da aspirazioni che non coinci-
dono con quelli dellorganizzazione. Gli obiettivi individuali e quelli
organizzativi, seppur distinti, devono per essere almeno compatibili
e non in aperto conflitto. E non un caso che i movimenti in difesa
dei diritti dei lavoratori e i sindacati abbiano da sempre dedicato at-
tenzione ai temi microstrutturali, cercando di favorire la regolamen-
tazione e la limitazione della libert di progettazione organizzativa,
tipicamente per quanto attiene le mansioni, e cercando di legare i li-
velli di inquadramento contrattuale e di retribuzione alle mansioni
effettivamente ricoperte. Un altro vincolo che la risorsa umana pone
alla progettazione organizzativa riguarda le capacit e le competenze
di ciascuno, che possono essere molto variabili e talvolta inadeguate.
In ogni caso capacit differenti applicate alla stessa mansione produ-
cono livelli di prestazione differenti.
Necessit In sostanza, la progettazione della microstruttura ha bisogno di un
di consenso certo livello di consenso tra i membri dellorganizzazione stessa e di
risorse che siano in grado di svolgere i compiti assegnati. Per questo
motivo, quella che nel capitolo 1 abbiamo definito la prospettiva ma-
nageriale sullorganizzazione deve necessariamente incrociarsi alme-
no in parte con la prospettiva sociologica, che assume il punto di vi-
sta degli individui e delle loro motivazioni. In questo capitolo queste
due prospettive si alternano. Inizieremo con la progettazione delle
mansioni e dei compiti individuali, la formalizzazione del comporta-
mento e la formazione come strumento di standardizzazione delle
competenze. Affronteremo successivamente le variabili pi stretta-
mente individuali come le capacit, le competenze e le motivazioni
degli individui.
Passeremo quindi allanalisi dei gruppi e del lavoro di gruppo, un
elemento questo che nelle organizzazioni moderne assume una va-
lenza fondamentale. Il tema dei gruppi deve essere approfondito sia
in prospettiva manageriale, in quanto il lavoro di gruppo deve essere
progettato, gestito e finalizzato, sia in prospettiva sociologica in
quanto il gruppo costituisce un microambiente sociale dove motiva-
zioni, conflitti, leadership e potere si amplificano nellesperienza dei
singoli e contribuiscono enormemente al successo o al fallimento del
gruppo stesso.

3.2 La microstruttura

Introduciamo i quattro concetti chiave della progettazione micro-


strutturale: il compito un insieme di attivit intrinsecamente colle-
gate e inscindibili in relazione al lavoro delluomo e alle caratteristi-
che della tecnologia; la mansione detta anche job un insieme di
compiti che viene attribuito a una posizione individuale; ogni posi-
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zione individuale pu essere assegnata a una sola persona. Ma la stes-


sa mansione pu essere assegnata a pi posizioni, cio a pi persone,
in funzione del volume di attivit, determinando in tal modo pi po-
sizioni disponibili allinterno dellorganizzazione, corrispondenti a
ununica mansione. Infine, il ruolo, cio linsieme delle aspettative
di comportamento che lorganizzazione si attende da una persona
che ricopre una certa posizione in relazione agli obiettivi dellorga-
nizzazione.

3.2.1 Compiti, mansioni e interdipendenze

Consideriamo il caso di un poliambulatorio medico e il complesso di


attivit di supporto alle visite specialistiche del personale medico e
agli esami di laboratorio. La ricezione delle telefonate dei pazienti, la
verifica delle disponibilit dei medici e la prenotazione degli appun-
Attivit tamenti costituiscono un unico compito. Le singole attivit sono in-
inseparabili fatti difficilmente separabili a causa della natura integrata del lavoro
e delluso di un unico strumento informatico (un sistema su PC con
il calendario dei medici specialisti e sul quale le operatrici registrano
gli appuntamenti) che serve a verificare la disponibilit dei medici e
a incrociarla con quella dei clienti. Identifichiamo dunque un primo
compito che per semplicit chiamiamo prenotazione.
Tuttavia, vi sono anche altre attivit essenziali, quali ad esempio for-
nire informazioni ai pazienti sui prezzi dei servizi, sul regime di con-
venzione con il Servizio Sanitario Nazionale, sugli esami diagnostici
preventivi. Vi dunque un altro compito che potremmo definire
informazione. In generale linformazione precede la prenotazio-
ne. Un terzo compito, che definiamo accoglienza, consiste nel rice-
vere i pazienti che si presentano per le visite, nel verificare che la do-
cumentazione e gli esami preliminari siano disponibili, nellindiriz-
zarli nelle sale di aspetto, nellintrodurli negli studi medici ecc. Un
quarto compito, definito amministrazione, consiste nellincassare
il denaro e nellemettere la documentazione di supporto e le fatture.
Infine, il quinto compito, definito consegna, consiste nellarchivia-
zione e nella consegna dei referti degli esami e delle visite specialisti-
che ai pazienti o ai loro delegati che si presentano per il ritiro. In sin-
tesi il processo di supporto prevede cinque compiti base: informazio-
ne, prenotazione, accoglienza, amministrazione e consegna.
Il ruolo Consideriamo due situazioni differenti, dapprima il caso di un picco-
dei volumi lo studio in cui operano non pi di una decina di medici su base part-
time. Il volume di attivit non giustifica pi di due impiegati, con
mansioni distinte. Almeno una di queste sar ampia e incorporer i
compiti di informazione, prenotazione, accoglienza e consegna men-
tre laltra potrebbe verosimilmente essere pi specializzata sul solo
compito amministrativo. Due persone per due mansioni distinte
una segretaria e unimpiegata amministrativa corrispondenti a due
posizioni diverse. Osserviamo ora lesempio di unorganizzazione di
maggiori dimensioni, rappresentato dal caso IDI (Caso 3.1).
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36 PARTE I ORGANIZZAZIONE

CASO
3.1
IDI: compiti e mansioni in un grande poliambulatorio

IDI un grande poliambulatorio privato convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale


che presta tre tipi di servizi: gli esami di laboratorio basati su prelievi sanguigni; gli esami
diagnostici per immagini (radiografie tradizionali, ecografie, TAC e Risonanza magnetica nu-
cleare ecc.) e infine le visite specialistiche. In IDI lavorano decine di tecnici e di medici spe-
cialisti. La struttura di supporto molto articolata e conta ben 17 posizioni. Le mansioni so-
no definite in modo variabile. La prenotazione un compito centralizzato favorito dal fatto
che stato istituito un numero telefonico unico per le prenotazioni. Si tratta di un classico
call center nel quale operano 6 persone che forniscono le informazioni richieste dai potenzia-
li clienti e prenotano indifferentemente gli esami diagnostici per immagini e le visite specia-
listiche. Gli esami di laboratorio non richiedono alcuna prenotazione, in quanto i clienti si
presentano direttamente la mattina degli esami. Accoglienza e amministrazione per le im-
magini sono riunite in ununica mansione. Analogamente sono accorpate anche laccoglien-
za e lamministrazione per le visite specialistiche. Tuttavia le due mansioni sono distinte per
diverse ragioni: anzitutto lamministrazione delle visite specialistiche richiede una contabi-
lit separata per i vari professionisti e regimi fiscali differenti (dipendenti IDI e liberi profes-
sionisti). Inoltre, laccoglienza per alcuni esami diagnostici un compito particolare poich
richiede di preparare accuratamente il paziente. Infine, i due servizi sono fisicamente sepa-
rati. Tutta la diagnostica per immagini concentrata nei sotterranei delledificio principale
mentre le visite specialistiche sono in una palazzina separata. In aggiunta, i due servizi han-
no orari differenti: le visite specialistiche sono solo il pomeriggio e proseguono fino a tarda
sera. Per questi motivi le due mansioni sono distinte e prevedono due posizioni ciascuna
per far fronte al volume di attivit.
Per quanto riguarda gli esami di laboratorio, accoglienza, informazione e amministrazione
sono riunite in ununica mansione in quanto il cliente si presenta allo sportello con gli esami
prescritti, riceve le informazioni del caso, paga in anticipo il servizio e viene indirizzato verso
il prelievo da ununica persona. La consegna dei referti anchessa unattivit centralizzata e
condivisa fra le tre tipologie di servizi e specializzata, in quanto la mansione prevede lunico
compito della consegna, previo riconoscimento mediante documento di identit e verifica
delleventuale delega al ritiro.
Le mansioni identificate per il personale di staff della IDI sono 5 (come schematizzato nella
tabella):

loperatore del call center, che svolge attivit di prenotazione e informazione per la quale
esistono ben 6 posizioni per coprire un orario esteso e far fronte alla massa delle chiama-
te negli orari di punta;
loperatore al desk del laboratorio, che integra tutti i compiti a eccezione della conse-
gna ma limitatamente ai servizi di laboratorio e per il quale esistono 5 posizioni distin-
te per soddisfare, soprattutto nelle ore mattutine, la mole di clienti che si presenta per i
prelievi;
laddetto alla consegna, che svolge un solo compito ma per tutti i servizi e per il quale esi-
stono 2 posizioni;
loperatore al desk delle immagini, che svolge accoglienza e amministrazione per i servizi
di diagnostica per immagini: 2 posizioni in organico;
loperatore al desk delle visite specialistiche, che svolge accoglienza e amministrazione
per i servizi di diagnostica per immagini: 2 posizioni previste.
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Servizi Laboratorio Immagini Visite specialistiche

Compiti

Prenotazione
Operatore call center
Informazione 6 posizioni
Accoglienza Op. desk laboratorio
5 posizioni Op. desk immagini Op. desk visite
Amministrazione
2 posizioni 2 posizioni
Consegna
Addetto alla consegna, 2 posizioni

Il caso IDI ci illustra dunque concretamente i concetti di compito,


mansione e posizione. Ci fa vedere come la maggiore dimensione e
la variet dei compiti e delle situazioni, nel caso specifico dovuta alla
presenza di servizi diversificati, si presti a soluzioni organizzative dif-
ferenti in termini di specializzazione orizzontale delle mansioni. Al-
cune sono pi ampie, altre sono pi ristrette.
Lampiezza Ma quali sono i fattori che determinano lampiezza della mansione?
delle Certamente, come abbiamo gi osservato, un volume elevato di atti-
mansioni
vit rende possibili mansioni pi specializzate orizzontalmente e
dunque pi ristrette. Viceversa se i volumi sono modesti le mansioni
sono necessariamente pi ampie, come nel caso del piccolo poliam-
bulatorio in cui una segretaria svolge tutti i compiti di informazione,
prenotazione, accoglienza e consegna. Tuttavia, anche in presenza di
volumi elevati le mansioni possono essere ampie, rinunciando ai van-
taggi della specializzazione. Ci accade quando tra compiti diversi vi
sono interdipendenze significative, cio legami logici e di preceden-
za (il concetto di interdipendenza stato originariamente introdotto
da Thompson, 1967). Le interdipendenze tra i compiti possono esse-
re di diversi tipi, come illustrato dalla Figura 3.1.
La presenza di interdipendenze suggerisce di accorpare i compiti e
di affidarli, quando possibile, a ununica persona per eliminare o ri-
durre il fabbisogno di coordinamento. Ad esempio, nel caso IDI ac-
corpare informazione e prenotazione sembra una buona scelta. In-
fatti tra i due compiti vi uninterdipendenza sequenziale, in quanto
normalmente il cliente prima si informa e poi prenota o meno a se-
conda delle informazioni che riceve, oppure prenota in una certa da-
ta o con un certo specialista. In realt, vi potrebbero essere anche in-
terdipendenze reciproche in quanto il cliente che ha prenotato una
prestazione pu successivamente richiedere ulteriori informazioni,
per rispondere alle quali loperatore deve poter recuperare i dettagli
della prenotazione. Se i due compiti fossero attribuiti a persone di-
verse, tra queste sarebbe necessario un coordinamento. Inoltre ac-
corpando i due compiti interdipendenti il cliente riceve tutte le
informazioni in una sola volta e parlando con una sola persona, sen-
za attese e perdite di tempo. Questa scelta richiede tuttavia una mag-
giore competenza degli operatori, che devono essere informati e ca-
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38 PARTE I ORGANIZZAZIONE

Figura 3.1 TIPI DI INTERDIPENDENZE

Il compito A precede il compito B,


in quanto produce un risultato
Interdipendenze fisico o informativo che un input Compito Compito
sequenziali necessario allo svolgimento di B. A B
La struttura del processo e/o la
tecnologia impongono le sequenze

I compiti A e B producono output


che costituiscono input
Interdipendenze rispettivamente necessari a Compito Compito
reciproche entrambi. Lattivit procede A B
attraverso un certo numero di cicli
iterati di A e B

A e B, pur non essendo logica-


mente collegati, di fatto inte-
Interdipendenze ragiscono, perch condividono le
legate alle risorse stesse risorse tecnologiche o le
stesse competenze Compito Compito
A B

A e B pur non essendo logica-


mente collegati di fatto intera-
Interdipendenze giscono, perch vengono svolti
spazio-temporali nello stesso luogo e/o nello Compito
stesso momento (unit di Compito B
tempo e/o di luogo) A

paci di dare le risposte giuste al cliente. Dunque, mansioni ampie ri-


chiedono competenze variegate.
Nel caso dei servizi di laboratorio la mansione ancora pi ampia e
incorpora informazione, accoglienza e amministrazione. I tre compi-
ti sono vincolati da interdipendenze legate alle risorse e spazio-tem-
porali. Infatti i compiti vengono svolti contemporaneamente e nello
stesso luogo a causa dellinterazione diretta tra cliente e operatore, il
quale accede a un unico sistema integrato (risorsa condivisa) che for-
nisce informazioni sugli esami e sui costi delle prestazioni e che stam-
pa la documentazione amministrativa. Si noti che nel caso degli altri
servizi (diagnostica per immagini e visite specialistiche) informazio-
ne e prenotazione avvengono via telefono, mentre lamministrazione
avviene in presenza del cliente al momento dellerogazione del servi-
zio, anche diverso tempo dopo la prenotazione. Viene cos meno lu-
Unit nit di tempo e di luogo e dunque linterdipendenza tra amministra-
di tempo zione e gli altri compiti. Per questo motivo ragionevole progettare
e luogo
mansioni amministrative a s stanti accorpate con laccoglienza (an-
cora lunit di tempo e luogo).
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3.2.2 I ruoli manageriali

Il caso IDI ci ha illustrato diversi aspetti della progettazione delle


Discrezio- mansioni operative, quelle con un basso grado di autonomia e di de-
nalit e lega decisionale. Naturalmente nelle organizzazioni vi sono anche
controllo
mansioni per le quali il grado di discrezionalit superiore e le per-
sone hanno un controllo molto maggiore sul lavoro che svolgono. Il
caso Italcementi (Caso 3.2) ci consente di introdurre queste mansio-
ni, ripercorrendo lo sviluppo di carriera di uno dei suoi membri.

CASO
3.2
Italcementi: ruoli e mansioni in un gruppo in rapida crescita

D.A., dopo essersi brillantemente laureato in ingegneria elettrica, venne assunto a met de-
gli anni Ottanta da Italcementi, impresa italiana leader nel settore del cemento, con una
quota di mercato pari a circa il 30% e oltre 25 cementerie sul territorio. La crescita port Ital-
cementi ad adottare una struttura organizzativa nella quale i capi delle 5 funzioni principali
Produzione, Acquisti, Vendite, Risorse umane, Finanza e controllo, in forma di unit orga-
nizzative autonome rispondevano direttamente al vertice aziendale.
Il cemento, per quanto offerto in alcune linee di prodotto destinate a usi diversi, considera-
to una commodity, ovvero un prodotto poco differenziato per il quale il cliente sensibile
quasi esclusivamente al prezzo. In passato alcune imprese straniere cercarono di entrare nel
mercato italiano puntando su una forte riduzione dei prezzi. Lazienda rispose ponendo una
forte enfasi sulla riduzione dei costi; in particolare allinterno della funzione Produzione fu-
rono standardizzati in modo efficiente i processi di lavorazione del cemento. La lavorazione
del cemento prevede numerose fasi: estrazione del calcare e della marna dalla cava, traspor-
to in cementeria, macinazione in appositi mulini, essiccazione della farina ottenuta, cottura
nei forni a oltre 1400 C, raffreddamento, frantumazione della miscela ottenuta, e, infine, ag-
giunta di additivi specifici.
LIng. D.A., dopo un periodo di formazione interna sulle principali tecnologie di processo,
assunse lincarico di controllore del mulino di macinazione nella cementeria di Vibo Valen-
tia. Il suo compito principale era quello di controllare continuamente i parametri di funzio-
namento del mulino (ad esempio temperatura, grado di umidit, velocit di rotazione ecc.)
e, nel caso essi si fossero discostati dai valori standard, egli avrebbe dovuto agire pronta-
mente per ripristinare la situazione ideale seguendo procedure predefinite. Nel caso di si-
tuazioni impreviste, avrebbe dovuto invece interpellare il suo capo diretto, il supervisore di
processo.

Gli anni Novanta


Allinizio degli anni Novanta lazienda decise di rispondere alle minacce provenienti dai
competitori stranieri tramite una strategia di fusioni e acquisizioni. Italcementi riusc a inse-
diare diversi impianti produttivi sia in Europa sia al di fuori di essa.
Allinterno della struttura organizzativa rimasero le 5 funzioni a livello di gruppo, alle quali si
affiancarono le direzioni generali dei diversi Paesi (Italia, Francia, Marocco, Thailandia ecc.).
Le funzioni di gruppo avevano il compito di coordinare le funzioni aziendali corrispondenti
presenti in ogni Paese. La funzione Produzione di gruppo, ad esempio, definiva gli standard
di processo da applicare nelle diverse funzioni Produzione che gerarchicamente rispondeva-
no ai rispettivi Direttori generali di Paese. Al fine di mantenere il presidio delle attivit a livel-
lo internazionale, la politica aziendale si concentr sempre pi sulla standardizzazione delle
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40 PARTE I ORGANIZZAZIONE

procedure, sulla descrizione di come applicarle, e il potere decisionale dei manager locali ri-
sult fortemente limitato. In questo contesto, lIng. D.A. accett di assumere il ruolo di Re-
sponsabile della manutenzione allinterno della funzione Produzione in Jalaprathan Cement
(una societ acquisita in Thailandia). Egli rispondeva direttamente al Direttore di produzio-
ne ed era a capo di un team di 10 persone che si occupava della manutenzione delle due ce-
menterie della Jalaprathan Cement.
Il nuovo lavoro era completamente diverso da quello precedente e prevedeva compiti diver-
sificati con una certa autonomia nello svolgimento delle attivit di manutenzione. LIng. D.A.
cerc di integrarsi nel miglior modo possibile nella nuova realt interagendo frequentemen-
te con i suoi colleghi allinterno e allesterno della funzione Produzione, fronteggiando situa-
zioni impreviste.

Il contesto di un gruppo multinazionale


Tra la fine degli anni Novanta e linizio del nuovo millennio la situazione cambi nuovamen-
te. Italcementi prosegu la politica di fusioni e acquisizioni e divent il quinto produttore di
cemento a livello mondiale. La presenza in 20 Paesi pose lazienda di fronte a situazioni
molto diverse tra loro: Paesi in via di sviluppo presentavano caratteristiche ed esigenze
completamente diverse rispetto a Paesi maturi e pi avanzati. Questo port lazienda a dif-
ferenziare le linee di prodotto Paese per Paese e a delegare molte decisioni alle realt locali.
Inoltre, anche le normative ambientali cambiavano a seconda delle diverse aree geografi-
che; di conseguenza un processo di produzione utilizzato in un Paese poteva non essere ot-
timale per un altro. Nel 2003, allIng. D.A. si present lopportunit di assumere lincarico di
Direttore di stabilimento in Devnya Cement (in Bulgaria), con il compito principale di certifi-
care i processi di produzione e manutenzione entro il 2004. Devnya Cement fu acquisita dal-
la Italcementi nel 1999 e da allora ha vissuto un periodo di forte ristrutturazione e riduzione
del personale (da 900 a 250 persone) con lobiettivo di rendere lazienda pi efficiente e pi
flessibile al cambiamento tramite una struttura organizzativa snella e fortemente centraliz-
zata; le figure pi rilevanti diventarono di fatto il Direttore generale, il Direttore di stabili-
mento e il Direttore vendite. In particolare, lIng. D.A. in qualit di Direttore di stabilimento
ora supervisionava il lavoro di tre persone: il Responsabile di produzione, il Responsabile
della manutenzione e il Responsabile della qualit. Queste 3 posizioni avevano a loro volta
un team di persone allocate ad attivit specifiche del lavoro.

Se guardiamo allo sviluppo professionale dellIngegner D.A. osservia-


mo come nella prima fase la sua mansione (controllore del mulino di
macinazione) fosse piuttosto specializzata sia orizzontalmente (pochi
i compiti previsti e accuratamente descritti) che verticalmente (poca
lautonomia e la delega decisionale, forte la presenza di procedure
formalizzate). In una seconda fase della sua carriera la nuova mansio-
ne (responsabile della manutenzione) fu caratterizzata da minore
specializzazione orizzontale (compiti pi ampi e vari) anche se lauto-
nomia decisionale rimase sostanzialmente modesta. Anche il livello di
formalizzazione della mansione era pi basso. Non tutte le attivit da
svolgere erano descritte in modo minuzioso, molte lo erano in modo
solo generico. Nella terza fase la mansione di D.A. (responsabile di
stabilimento) finalmente caratterizzata da una variet di compiti
molto ampia e da un potere decisionale elevato, circostanza questa fa-
vorita non solo dalla maturazione professionale individuale, ma an-
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3. Lindividuo nellorganizzazione 41

che dal mutato contesto strategico e organizzativo dellazienda che in-


duce il top management a delegare maggiori poteri alle realt locali.
Crescita Il percorso di D.A. un caso tipico. Nelle organizzazioni sufficiente-
professionale, mente grandi la crescita professionale delle persone progredisce da
allargamento
e mansioni operative specializzate sia orizzontalmente sia verticalmen-
arricchimen- te verso un allargamento (job enlargement) che porta a una mansio-
to dei ruoli ne pi varia fatta di compiti diversificati. Questo processo di allarga-
mento conduce dapprima a quelle che potremmo definire come
mansioni operative allargate caratterizzate da una spiccata versatilit
degli operatori che possono svolgere compiti diversi. Un ulteriore al-
largamento conduce a quelle che definiamo come mansioni manage-
riali di livello medio-basso. Lessenza di queste mansioni quella di
gestire e coordinare attivit complesse ma senza godere di un potere
decisionale vero e ampio, bens applicando schemi e procedure
preordinati.
Unaltra direzione della crescita professionale tipicamente quella
di arricchimento della mansione (job enrichment) con un aumento
sensibile della delega decisionale. Questo processo conduce ai ruoli
manageriali di livello elevato. Qui il livello di autonomia cresce e i
manager di questo tipo hanno responsabilit ampie. I processi deci-
sionali che li vedono coinvolti corrono spesso su un doppio binario:
da un lato essi decidono in proprio, nellambito di deleghe ampie, e
coordinano lattivit di molti collaboratori; dallaltro partecipano ai
processi decisionali strategici dellorganizzazione, tipicamente con-
divisi tra un numero ristretto di persone che formano il top manage-
ment di unorganizzazione (si veda in proposito il capitolo 7). I pro-
cessi di job enrichment possono riguardare anche le mansioni opera-
tive. Ad esempio un operatore di linea in un processo produttivo pu
essere investito della responsabilit del controllo della qualit e delle
azioni correttive per ristabilire gli standard qualitativi, o anche di al-
cune attivit di manutenzione. In questi casi la sua autonomia e la de-
lega decisionale aumentano, con un conseguente arricchimento del-
la mansione.

3.2.3 Le mansioni professionali

In molte organizzazioni vi spazio anche per mansioni ancora diverse,


le cosiddette mansioni professionali, caratterizzate da alta specializza-
zione orizzontale, ossia da un numero di compiti limitato (come le
mansioni operative) ma viceversa da una elevata discrezionalit e auto-
nomia decisionale (come i manager di livello elevato). Le mansioni
professionali sono quelle che richiedono competenze avanzate, co-
struite attraverso processi formativi di alto livello e maturate attraverso
lesperienza sul campo. I medici specialisti del caso IDI (Caso 3.1) so-
no un esempio tipico di mansione professionale: linsieme di compiti
piuttosto limitato e nessuno specialista intercambiabile con un altro
di una specialit differente. In questo caso la specializzazione orizzon-
tale il frutto non gi della ricerca di efficienza e ripetitivit come
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42 PARTE I ORGANIZZAZIONE

Figura 3.2 ESEMPI DI MANSIONI PROFESSIONALI

Ingegnere progettista meccanico con una forte competenza nelluso del CAD 3D e nella progettazione
virtuale a elementi finiti, impiegato nellufficio tecnico di unazienda del settore aerospaziale
Avvocato specializzato nelle operazioni di mergers and acquisition (M&A) nel settore bancario operante
in un grande studio legale internazionale
Tecnico manutentore di unazienda manifatturiera con elevata conoscenza dei processi automatizzati, in
grado di riprogrammare e mettere a punto le macchine e gli impianti
Analista finanziario dellufficio studi di una banca di investimenti specializzato nelle analisi del settore del-
le public utilities
Ricercatore farmaceutico impegnato nella ricerca e nei test sugli antitumorali impiegato nellufficio ri-
cerche di una multinazionale
Professore universitario che insegna una materia specialistica e conduce ricerche in un settore ben spe-
cifico allinterno di un dipartimento di un grande ateneo con pi facolt e corsi di laurea
Pubblicitario ideatore di slogan, messaggi promozionali e loghi operante in unagenzia di pubblicit

Know-how nel caso delle mansioni operative ma della necessit di disporre di


specifico know-how avanzato, difficile da accumulare se non in un campo limita-
avanzato
to. Per contro la possibilit di formalizzare pi di tanto il comporta-
mento specifico limitata. Anche luso della supervisione diretta so-
lo parziale. Ancora con riferimento al caso IDI il potere gerarchico del
Direttore sanitario sui medici specialisti limitato agli aspetti di coordi-
namento tra i vari professionisti sulluso delle risorse tecniche e del
supporto degli staff. Ogni singolo professionista mantiene piena auto-
nomia sul modo di svolgere il proprio lavoro. In termini di coordina-
mento, dunque, le mansioni professionali non possono essere efficace-
mente gestite attraverso la sola supervisione diretta, e ancora meno
con la standardizzazione dei processi. Viceversa vengono gestite attra-
verso la standardizzazione delle competenze ed eventualmente dei ri-
sultati, oltre che mediante il mutuo adattamento.
Le mansioni professionali accomunano differenti figure nei campi
pi svariati e nelle organizzazioni pi diverse. Nella Figura 3.2 alcuni
esempi di mansioni professionali.
Ma dove e quando emergono i ruoli professionali? Dove le tecnolo-
gie si fanno sofisticate o pi in generale la dimensione del sapere tec-
nico fondamentale, l emerge il fabbisogno di professionisti. In al-
cuni casi la professionalit deve essere certificata da soggetti esterni
ed egli deve essere abilitato allesercizio della professione, come nel
caso del medico o dellingegnere che firma un progetto.

La Figura 3.3 rappresenta le cinque tipologie di mansione che abbia-


mo analizzato in funzione della loro ampiezza e del potere decisiona-
Differenze le. Occorre notare che la differenza tra ruoli manageriali di alto livel-
tra lo e ruoli professionali non sta solo nella maggiore ampiezza e va-
professionisti
e manager
riet dei compiti dei primi. Anche il ruolo nei processi decisionali
fondamentalmente diverso: se per i professionisti il potere decisiona-
le elevato riguarda lambito locale (il proprio lavoro e le proprie
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3. Lindividuo nellorganizzazione 43

Figura 3.3 I DIVERSI TIPI DI MANSIONI


Specializzazione verticale

Job enlargement

Mansioni operative
Mansioni operative ristrette
Job enrichement

allargate Ripetitivit
Versatilit Norme e procedure
Multifunzionalit
Norme e procedure

Mansioni manageriali
Potere decisionale

di medio-basso livello
Coordinamento
Norme e procedure
Autonomia limitata

Mansioni professionali
Compiti limitati ma sofisticati
Mansioni manageriali Conoscenza tecnica
di alto livello Autonomia decisionale locale
Delega e autonomia
Bassa formalizzazione
Variet e imprevedibilit dei compiti
Coinvolgimento nei processi
decisionali strategici
Specializzazione orizzontale

Ampiezza dei compiti

competenze), per i top manager lambito stesso delle decisioni


molto pi ampio e, soprattutto, vi la partecipazione diretta alle
grandi decisioni di carattere strategico che coinvolgono anche gli al-
tri manager.
In generale i processi di job enlargement e di job enrichment sono
stati visti con favore da molti studiosi, dai sindacati e dagli stessi lavo-
ratori, in quanto renderebbero il lavoro pi interessante e motivante.
In una prospettiva sociologica e motivazionale assumono dunque un
valore positivo. Questo sicuramente vero per il job enrichment: au-
tonomia decisionale e delega sono in generale un potente fattore di
soddisfazione. Un po pi ambiguo viceversa il ruolo del job enlar-
gement. In caso di mansioni veramente ristrette e ripetitive il solo job
enlargement ha effetti positivi. In altri casi, e soprattutto per le man-
sioni professionali, lallargamento della mansione pu avere una va-
lenza negativa: il professionista spesso vuole concentrarsi sul proprio
lavoro specialistico senza dover dedicare tempo ed energie ad altri
compiti. Ad esempio i medici specialisti del caso IDI (Caso 3.1) non
vedrebbero con favore il fatto di dover svolgere anche solo in parte i
compiti di supporto affidati allo staff (prenotazione, informazione,
accoglienza, amministrazione e consegna dei referti)!
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44 PARTE I ORGANIZZAZIONE

Liberi Anche le mansioni professionali sono state oggetto di molta attenzio-


professionisti ne. Sul piano storico avvenuto un cambiamento epocale. In princi-
e
professionisti
pio vi erano le grandi organizzazioni burocratiche in cui le mansioni
organizzati operative convivevano con quelle manageriali. Al contrario, le atti-
vit professionali erano per lo pi svolte in forma autonoma: si pensi
alla professione tradizionale del medico, dellavvocato e anche del-
lingegnere progettista. Nelle organizzazioni i professionisti non ce-
rano o erano pochi.
La crescente sofisticazione delle tecnologie e dei saperi tecnici ha in-
dotto molte organizzazioni a ricercare sempre pi i professionisti.
Pi la societ nel suo complesso basata sulla conoscenza e un nu-
mero crescente di lavoratori si trasforma nei cosiddetti knowledge
workers, pi le aziende diventano organizzazioni di professionisti.
Nelle societ evolute molte mansioni tendono a professionalizzarsi.
Daltra parte alcune professioni in passato libere e svolte in forma au-
tonoma oggi lo sono sempre meno. Quello che avvenuto ormai un
secolo fa nella professione medica specializzazione e ospedalizza-
zione sta avvenendo ora nella professione legale che in quasi tutti i
campi si specializza e non pi un mestiere individuale. Emergono
cos strutture organizzative anche di grandi dimensioni negli USA
vi sono studi legali con pi di 2000 avvocati!
Le mansioni professionali presentano alcune peculiarit. Coordinare
i professionisti tra loro e con il resto dellorganizzazione pu essere
complicato, poich talvolta essi sono poco collaborativi. In alcuni ca-
si il loro senso di identificazione con lorganizzazione piuttosto bas-
so mentre il senso di appartenenza va spesso alla categoria professio-
nale (ordine, associazione professionale). Il desiderio di comunicare
e di interagire si rivolge pi ai pari che non ai colleghi di lavoro. An-
zi, il termine collega viene usato nel senso di pari: un chirurgo
ortopedico di un ospedale identifica come colleghi principalmente
altri ortopedici impiegati in altri ospedali e non tanto i medici inter-
nisti e, meno che mai, gli infermieri impiegati nel suo stesso ospeda-
Il know-how le. Un altro aspetto peculiare dei professionisti riguarda la natura
tacito delle conoscenze che essi accumulano. Frequentemente tali cono-
scenze hanno un carattere tacito, ovvero non codificabile, non de-
scrivibile in forma scritta (si veda anche il paragrafo 3.3.1). Questo le
rende patrimonio dei singoli professionisti, difficilmente appropria-
bile da parte dellorganizzazione.

3.2.4 La formalizzazione del comportamento

La formalizzazione del comportamento il mezzo attraverso il quale


il management riduce la discrezionalit dei membri dellorganizza-
zione, ricorrendo alla standardizzazione dei processi come meccani-
smo di coordinamento. Le modalit per formalizzare il comporta-
mento sono essenzialmente due:

1. attraverso la descrizione minuziosa delle diverse mansioni e dun-


que vincolando il comportamento di ogni individuo alla mansione
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3. Lindividuo nellorganizzazione 45

che ricopre; si arriva in questo modo a determinare il cosiddetto


mansionario, una raccolta delle diverse mansioni che prescrive gli
specifici comportamenti individuali;
2. attraverso norme e procedure che hanno una valenza generale e,
indipendentemente dalla mansione, prescrivono il comportamen-
to in determinate circostanze.

Ad esempio, la mansione di custode presso la sede di unazienda


pu prevedere la presenza fisica nella guardiola per il turno di lavo-
ro, il controllo dellidentit e la registrazione di ogni persona non di-
pendente che si presenti allingresso, il contatto telefonico per avver-
tire la persona ospitante dellarrivo del visitatore, lo smistamento del-
la corrispondenza, il giro di ispezione dopo la chiusura ecc.
Esempi di procedure possono riguardare:

che cosa fare in caso di reclamo da parte di un cliente insoddisfat-


to che si rivolge a un dipendente generico, quale unit organizza-
tiva contattare, quale modulistica utilizzare e come compilarla;
come comportarsi in caso di sospetta violazione della sicurezza dei
dati, come bloccare gli accessi agli archivi informatici, come fare la
tempestiva segnalazione ai tecnici ecc.

La Il comportamento viene formalizzato per ridurne la variabilit e


formalizza- quindi per prevederlo e controllarlo. Pi in dettaglio le ragioni per
zione come
strumento formalizzare il comportamento sono molteplici:
di controllo
anzitutto si riduce la probabilit e la frequenza di comportamenti
indesiderati da parte dei membri dellorganizzazione e, in ogni ca-
so, il management dispone di una base per le sanzioni contro tali
comportamenti; nellesempio precedente se un custode si allonta-
na dalla guardiola durante il turno, o se alla fine del turno non ef-
fettua il giro di ispezione, ci costituisce la base per una sanzione
in quanto il comportamento non stato conforme a quanto previ-
sto dalla mansione ricoperta;
La la formalizzazione del comportamento laltra faccia della stan-
formalizza- dardizzazione dei processi; si formalizza per standardizzare e dun-
zione come
strumento di
que per favorire il coordinamento; in particolare le norme e le
coordina- procedure servono come potente meccanismo di automatico
mento coordinamento tra persone diverse; il personale medico e parame-
dico a bordo di unautoambulanza si affida a una procedura stan-
dard per eseguire una rianimazione su un paziente traumatizzato
in un incidente stradale: il comportamento di ciascun membro
della squadra formalizzato e perci prevedibile per gli altri mem-
bri; in tal modo il processo coordinato;
in altri casi la formalizzazione serve a garantire un trattamento
uniforme dei clienti o degli utenti evitando trattamenti preferen-
ziali o lesivi della parit di diritti o di opportunit; questo aspetto
particolarmente rilevante nella pubblica amministrazione o in am-
bito bancario e assicurativo, tutti settori nei quali la presenza di
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46 PARTE I ORGANIZZAZIONE

norme e procedure standardizzate particolarmente forte e la


formalizzazione del comportamento particolarmente spinta;
La in alcuni casi la formalizzazione protegge non gi i clienti bens i
formalizza- membri dellorganizzazione contro larbitrio del management o le
zione come
strumento
richieste e le pressioni dei clienti/utenti; lesistenza di procedure
di garanzia difende il burocrate che pu in tal modo appellarsi alle norme o
al contenuto della propria mansione per non comportarsi come
egli non desidera e come gli viene invece richiesto da qualcuno
(superiore o cliente); naturalmente questo aspetto, in principio
positivo, pu anche degenerare, come accade talvolta nella pub-
blica amministrazione quando le norme vengono fatte per il co-
modo dei burocrati senza alcuna cura per il servizio reso agli uten-
ti o quando la mansione viene usata in modo difensivo: quante
volte ciascuno di noi non ha trovato soddisfazione a uno sportello
e si sentito rispondere non dipende da me oppure non com-
pito mio, oppure questo non previsto dalla procedura!

Comporta- In linea generale prevedibile che lorganizzazione cerchi di forma-


menti lizzare almeno in parte il comportamento per controllarlo e il perso-
elusivi
nale cerchi di contrastare questa tendenza, soprattutto quando la
spinta alla formalizzazione si fa opprimente. Lopposizione pu an-
che non essere esplicita, e basarsi sulla ricerca di margini residui di
discrezionalit nelle pieghe di mansioni e procedure che in ogni ca-
so non possono mai arrivare a determinare completamente il com-
portamento degli individui. In tutte le organizzazioni fortemente for-
malizzate si riscontra la tendenza ai comportamenti elusivi, basti pen-
sare ai comportamenti tipici nei corpi militari.
Naturalmente la formalizzazione del comportamento collegata
con gli altri parametri della progettazione della microstruttura e in
particolare con la specializzazione orizzontale e verticale di cui ab-
biamo discusso nel capitolo 2. Le mansioni operative sono normal-
mente molto formalizzate, o almeno vi sono maggiori possibilit di
formalizzarle.
Mansioni Le mansioni manageriali, soprattutto quelle di livello elevato, sono in-
formalizzate vece poco formalizzabili. Non a caso si parla pi correttamente di ruo-
vs. ruoli
interpretati
lo manageriale. Il ruolo linsieme di aspettative di comportamento
che lorganizzazione nutre nei confronti dellindividuo. Se la mansio-
ne ampia e ricca, il margine di discrezionalit elevato. Ci significa
che lorganizzazione in grado di specificare solo in modo molto ge-
nerico che cosa vuole dal singolo. Anzi, laspettativa riguarda i risulta-
ti e non tanto i modi, il che implica la prevalenza della standardizza-
zione dei risultati e delle competenze rispetto a quella dei processi.
Per questo svolgere una mansione manageriale in realt richiede di
interpretarla: di qui il concetto di ruolo. Mentre la mansione si svolge,
la posizione si ricopre, il ruolo si interpreta.
I profes- Anche le mansioni professionali sono solitamente poco formalizzate.
sionisti e la La natura stessa dei compiti e la presenza di conoscenza tacita le ren-
formalizza-
zione dono poco formalizzabili in s. Inoltre i professionisti sono in genere
piuttosto insofferenti alle norme e alle procedure e, in alcuni casi,
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3. Lindividuo nellorganizzazione 47

anche alla gerarchia. Possono mostrarsi refrattari a condividere la co-


noscenza e perfino le informazioni pi banali, consci che il loro po-
tere nellorganizzazione e i benefici di cui godono dipendono in lar-
ga misura dalle competenze esclusive e difficilmente replicabili. Al-
cune organizzazioni cercano cos di formalizzare almeno in parte le
mansioni professionali, identificando i livelli e i percorsi di carriera e
definendo le pratiche e i comportamenti da seguire. Da un lato, pu
esservi la necessit di rendere pi omogeneo il livello di servizio e di
standardizzare le pratiche professionali e le modalit di approccio ai
clienti. Dallaltro, vi spesso il tentativo di predisporre strumenti e
meccanismi organizzativi per estrarre la conoscenza tacita dei pro-
fessionisti e renderla pi disponibile e trasferibile agli altri membri
dellorganizzazione. Il Caso 3.3 illustra proprio una situazione al ri-
guardo.

CASO
3.3
Bonelli Erede & Pappalardo: lorganizzazione dei servizi professionali

Levoluzione delle business law firm


Bonelli Erede & Pappalardo (BEP) una cosiddetta business law firm, ovvero uno studio lega-
le che opera al servizio di imprese e istituzioni, assistendole nei contenziosi societari e nella
stesura dei contratti complessi che hanno a che fare con le operazioni (fusioni e acquisizio-
ni, scorpori e cessioni ecc.). Il settore delle business law firms si colloca nei servizi professio-
nali di alta gamma, ed esse possono essere considerate il prototipo dellorganizzazione di
professionisti. In effetti BEP conta circa 230 avvocati professionisti di cui 46 soci e 86 perso-
ne di staff adibite a funzioni tecniche, amministrative e di segreteria. Lo studio ha 5 sedi: Mi-
lano, Roma, Genova, Bruxelles e Londra. Tradizionalmente, soprattutto in Italia, la profes-
sione legale stata svolta in forma autonoma o attraverso piccoli studi che aggregano un
numero limitato di professionisti. Solo recentemente sono emerse strutture di dimensioni
medie e grandi, come appunto BEP. Nellultimo decennio, il settore delle business law firm
ha avuto un forte sviluppo. In Italia alcuni studi nazionali hanno cavalcato questa tendenza
e, attraverso fusioni e processi di crescita, sono stati in grado di fronteggiare le filiali italiane
dei grandi studi di matrice anglosassone che hanno messo radici nel Paese. BEP uno dei
grandi operatori italiani, nato appunto nel febbraio del 1999 dalla fusione dei rispettivi tre
studi omonimi: Bonelli & Associati, Erede & Associati e Pappalardo & Associati.
Ciascuno dei tre studi rappresentava un tipico esempio di studio boutique: di piccole di-
mensioni, caratterizzati da aree di competenza e attivit ben determinate, dalla clientela
estremamente selezionata per conto della quale venivano trattate operazioni particolari. Ne-
gli studi boutique, come in tutte le piccole strutture di professionisti, i ruoli sono assai poco
formalizzati, il singolo professionista abituato a muoversi con grande discrezionalit e col-
tivare un rapporto personale e fiduciario con il cliente, al punto che alcune piccole strutture
sono di fatto delle associazioni dai legami molto deboli, nei quali laspetto predominante
la condivisione degli spazi e delle risorse di staff e quindi dei costi.
Per BEP il balzo dimensionale a seguito della fusione ha generato una complessit organizza-
tiva prima sconosciuta. Il governo dellintera struttura stato affidato al Consiglio degli Asso-
ciati che un organo elettivo che svolge funzioni manageriali ed il propulsore delle nuove
strategie e assetti organizzativi: configurazione dei dipartimenti, introduzione di tecnologie
IT, definizione formale dei meccanismi di avanzamento di carriera allinterno dello studio. I
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48 PARTE I ORGANIZZAZIONE

professionisti sono ora strutturati in 6 dipartimenti corrispondenti alle principali tipologie di


servizi (Contenzioso, Diritto amministrativo e arbitrati internazionali; Diritto comunitario e
antitrust; Societ e finanza; Diritto del lavoro; Fiscale e tributario; Bancario e finanziario). In
ogni dipartimento presente la figura di un socio con il ruolo di coordinatore, una carica con
una valenza organizzativa interna, che valuta i carichi di lavoro e la saturazione dei professio-
nisti nellallocazione ai progetti e segue la crescita professionale delle risorse.

I professionisti
I professionisti si dividono in 2 categorie: soci e non soci (collaboratori). I ruoli dei collabo-
ratori sono articolati su 3 livelli: professionista senior, junior e praticante. I soci sono artico-
lati in due categorie: soci equity e soci non equity (junior partner). I soci equity non ricevono
uno stipendio, bens partecipano alla distribuzione degli utili dello studio, in quanto ne sono
a tutti gli effetti comproprietari. La categoria dei junior partner stata introdotta a seguito
della fusione per consentire la maturazione di professionisti in possesso delle capacit, ma
non dellesperienza, necessaria per il ruolo di socio equity. Questa categoria apparsa pro-
gressivamente di notevole utilit: consente infatti alle risorse di essere valutate in modo pi
completo, acquisendo gradualmente le responsabilit connesse allo status di socio. at-
tualmente allo studio un tentativo di stabilizzazione definitiva (istituzionalizzazione) di que-
sto ruolo. I meccanismi di selezione e promozione alla partnership sono ancora di tipo
informale, basati sul consenso e la cooptazione.
La procedura di ripartizione dei profitti tra i soci equity estremamente formalizzata e tiene
conto della seniority, del contributo alla generazione di fatturato, di attivit che abbiano por-
tato prestigio allo studio e anche delleventuale coinvolgimento dei soci giovani e dei colla-
boratori in nuovi progetti e attivit. Questo aspetto particolarmente significativo. Infatti, in
molte realt professionali la tendenza dei singoli avvocati a sentirsi in competizione, e a per-
cepire i propri pari come una minaccia, si concretizza in una sostanziale resistenza alla con-
divisione del lavoro e delle informazioni. Poich un simile comportamento non coerente
con la strategia di istituzionalizzazione di BEP, sono stati incoraggiati, anche a livello di re-
tribuzione, i comportamenti volti a favorire le collaborazioni.
BEP utilizza un sistema di reporting piuttosto strutturato che si basa sulla compilazione di
timesheet, nei quali vengono indicate le informazioni relative alle ore dedicate dal profes-
sionista alle diverse attivit dello studio. Il sistema di reporting consente al Consiglio di rice-
vere in automatico i dati mensili delle grandezze monitorate: le ore lavorate da tutti i profes-
sionisti, landamento del fatturato e dellincassato confrontato con i rispettivi valori dei
due anni precedenti , landamento dellincassato individuale di ogni socio confrontato con
il budget formulato a inizio anno. La realizzazione di un budget, considerata la grande varia-
bilit delle attivit realizzate dalla figura dellavvocato, particolarmente complessa. Esso
viene tuttavia elaborato e rivisto con scadenza trimestrale o semestrale.

I ruoli di supporto
La struttura di staff composta da ben 86 persone. Lo staff gestito da un Direttore generale
che riporta al Consiglio degli Associati. Le sezioni presenti sono quelle di Gestione delle risor-
se umane, Amministrazione e Controllo di gestione, Servizi generali e Sviluppo della struttu-
ra IT, la cui ristrutturazione molto recente: la gestione dellinformatica, affidata in preceden-
za a persone esterne non specializzate, ora di competenza di un responsabile interno, che
sta implementando numerosi progetti. Le diverse sedi saranno presto collegate mediante
una rete Intranet. Si utilizza inoltre un sistema standard per la gestione della documentazio-
ne, che costituisce un elemento indispensabile per garantire il livello richiesto di produttivit
(mediamente si producono 20.000 documenti nuovi ogni anno e si devono gestire 80.000 re-
visioni). La formalizzazione della struttura di staff, attuata recentemente dallo studio, fina-
lizzata a unistituzionalizzazione del rapporto con i soci. La presenza di un responsabile della
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3. Lindividuo nellorganizzazione 49

gestione del personale dipendente, ad esempio, contribuisce a slegare le esigenze dello stu-
dio da quelle dei singoli soci, togliendo di fatto a questi ultimi un grande margine di discrezio-
nalit sulle risorse di staff. Questa figura assiste i soci per alcuni aspetti relativi ai collaborato-
ri: in particolare nella gestione dei processi di valutazione, definizione dei percorsi di carriera,
revisione delle retribuzioni, organizzazione di stage e periodi allestero.

La formazione
Lo studio sostiene direttamente e indirettamente molte attivit formative, per favorire la cre-
scita professionale dei suoi giovani membri. Anzitutto, stato predisposto un sistema di
supporto per i giovani praticanti, finalizzato al superamento dellesame di abilitazione, me-
diante laffiancamento a un avvocato nelle fasi di preparazione e svolgimento dellattivit
processuale. Sono inoltre stati istituiti specifici corsi di preparazione allesame di abilitazio-
ne. Per i praticanti e gli appartenenti alle prime 2 o 3 fasce di avvocati sono organizzati degli
ulteriori corsi interni di formazione. Si tratta di corsi tenuti prevalentemente da soci junior
provenienti dai diversi dipartimenti, su alcuni argomenti di interesse. Esiste inoltre un socio
anziano che svolge la funzione di tutor per i praticanti. I corsi di formazione rivolti invece a
tutto lo studio sono tenuti dai professionisti senior, eventualmente anche avvocati, notai o
professori esterni. Infine, una parte rilevante della formazione data dallesperienza alleste-
ro, possibilit offerta a professionisti riconosciuti come meritevoli che lavorino nello studio
da almeno 2 anni. Lo studio finanzia anche una parte dei costi dei Master in Law, general-
mente in scuole americane o inglesi. Di norma si cerca di abbinare a questa esperienza an-
che un periodo di secondment in uno studio straniero nellambito di un programma di scam-
bi tra studi amici.

I percorsi di carriera
Le persone sono dedicate, fin dal loro ingresso nello studio come praticanti, ai dipartimenti
specifici. Allinterno dei singoli dipartimenti, nellambito quindi delle medesime competen-
ze, si cerca di mantenere unelevata flessibilit, evitando che i professionisti si specializzino
eccessivamente, favorendo al contrario il loro impiego in attivit variegate. Lobiettivo sotte-
so a molte scelte organizzative la creazione di un contesto di estrema collaborazione e
mobilit delle risorse. Nellambito delle valutazioni annuali sono fornite ai professionisti le
indicazioni relative agli avanzamenti di carriera, ai passaggi di fascia retributiva, o alla nomi-
na a socio. Questo avviene in particolare a partire dalle fasce superiori, poich le risorse de-
vono avere la possibilit di crescere e maturare con lesperienza. Seppur in modo non for-
malizzato e rigoroso, viene applicato il principio dellup-or-out. Dalle risorse infatti si attende
annualmente una progressione di carriera; qualora questo non avvenga, soprattutto se in
modo ripetuto, la persona spontaneamente portata a trovare una nuova collocazione. In
alcune occasioni viene chiaramente indicata la non idoneit del candidato alla posizione di
socio, ma non per questo la persona deve abbandonare lo studio. Esistono infatti delle figu-
re, indicate come senior lawyers, che svolgono un lavoro utile e apprezzato allinterno dello
studio, pur senza accedere alla partnership.

La gestione della conoscenza


Nello studio vengono utilizzate molte forme di scambio e condivisione della conoscenza di
tipo informale, basate essenzialmente sul dialogo tra i professionisti. Esistono per anche
degli esempi di esplicitazione della conoscenza in forme pi strutturate. La collaborazione
con gli studi stranieri, ad esempio, si concretizza in una serie di documentazioni relative alle
best practices in alcune tematiche di particolare interesse. Vengono inoltre costituiti gruppi di
studio e di lavoro che si occupano di elaborare, a seguito di analisi tecnico-giuridiche, uno-
pinione riguardo alcuni temi. Essa costituisce la posizione concorde e unanime dello studio
su determinati punti di dibattito. Tutti i membri dello studio possono usufruire della docu-
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50 PARTE I ORGANIZZAZIONE

mentazione per la ricerca testuale in rete, a eccezione di alcuni documenti riservati. Allo sta-
to attuale esistono archivi su svariate materie di comune trattazione, con strumenti di ricer-
ca per lindividuazione di pareri o precedenti. Non sono presenti invece, per motivazioni cul-
turali e non tecnologiche, archivi di modelli standard, che mostrino le modalit pi utilizzate
per una certa pratica. Lintento infatti di stimolare nei praticanti la capacit di svilupparli
autonomamente, e non solo di applicare modelli gi preparati. Di fatto per i professionisti
con maggiore esperienza agiscono come filtro e guida: sono infatti portatori di una serie di
modelli di riferimento, che possono essere utilizzati dai collaboratori come base di parten-
za. Complessivamente lo studio ritiene di dover recuperare un forte gap su questo tema ri-
spetto agli studi stranieri. Nonostante infatti il lavoro venga ritenuto non completamente
standardizzabile, lutilizzo di modelli simili potrebbe presentare una notevole utilit.

Il caso BEP illustra chiaramente come la trasformazione del settore, la


concentrazione e la crescita dimensionale abbiano imposto profonde
trasformazioni a una tipica organizzazione di professionisti. Lo scopo
dichiarato delle trasformazioni organizzative stato quello dellistitu-
zionalizzazione, ovvero dellaffermare la logica dellistituzione nel
suo complesso con valori, obiettivi, saperi e pratiche fortemente con-
divisi al di l delle individualit dei singoli professionisti. Naturalmen-
te, in quella che rimane unorganizzazione di professionisti, le man-
sioni non possono essere formalizzate pi di tanto, pena la perdita di
qualit e di capacit tecnica e relazionale. Tuttavia, comportamenti
pi omogenei e coerenti con lo spirito dellistituzione si realizzano
senza coercizione (norme rigide o mansioni dettagliate) grazie al
complesso delle azioni strutturali come la creazioni dei dipartimenti, i
livelli di carriera e il meccanismo dellup-or-out, i sistemi formalizzati
di reporting, gli investimenti tecnologici per la creazione di database
condivisi, la managerializzazione della struttura di staff e la rottura
del legame esclusivo tra professionisti e staff di supporto.

3.2.5 I sistemi organici e meccanici

La formalizzazione del comportamento molto variabile non solo al-


linterno della stessa organizzazione (tra una mansione e laltra). Dif-
ferenze notevoli emergono anche confrontando organizzazioni di-
stinte, in alcune delle quali il comportamento mediamente assai
pi formalizzato che in altre. Tale variet descritta da un conti-
nuum tra due estremi, rappresentati da due celebri metafore orga-
nizzative: il sistema meccanico e il sistema organico (si veda in pro-
posito Morgan, 1986).
Lorganizza- La metafora del sistema meccanico guarda allorganizzazione come a
zione come una macchina, composta da molteplici parti, meccanismi e ingranag-
macchina
gi, ciascuno dei quali svolge una funzione predeterminata. Specializ-
zazione e differenziazione dei compiti sono spinte al massimo. Linte-
razione tra le diverse parti pure predeterminata. La macchina rag-
giunge i suoi scopi in un solo modo: essa pu funzionare solo se tutte
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3. Lindividuo nellorganizzazione 51

le parti svolgono in modo corretto le funzioni per le quali sono state


progettate e se interagiscono come prescritto. Le parti sono anche so-
stituibili se non sono in grado di svolgere correttamente la funzione.
Le analogie si colgono immediatamente. Gli individui sono le parti
del sistema, cos come gli ingranaggi lo sono della macchina. Come
gli ingranaggi, gli individui della macchina organizzativa devono svol-
gere funzioni rigidamente e precisamente progettate. Sono sostituibi-
li in ogni momento e anzi qualunque individuo, con una preparazio-
ne adeguata, pu diventare un ingranaggio della macchina. La stan-
dardizzazione dei processi e, in secondo luogo, la supervisione diretta
sono i meccanismi di coordinamento principali. Lorganizzazione
concettualmente scissa dai suoi membri che, appunto, sono indivi-
dualmente inessenziali in quanto sostituibili. Il concetto di ruolo da
interpretare non fa parte della metafora meccanica. Il concetto di si-
stema meccanico ha molti punti di contatto con quello di burocrazia
weberiana introdotto nel capitolo 1.
Lorganizza- Il sistema organico presenta caratteristiche opposte. La metafora
zione come quella biologica di un organismo vivente nel quale le diverse parti
essere
vivente svolgono s funzioni differenziate, ma contribuiscono allo scopo col-
lettivo attraverso funzioni individuali che vengono continuamente ri-
definite attraverso linterazione con gli altri. Il sistema organico
aperto, consegue i suoi obiettivi in modi differenti, interagisce con
lambiente adattandosi a situazioni esterne mutevoli. Nel sistema or-
ganico, accanto alle relazioni gerarchiche e verticali vi sono, forse
pi importanti, relazioni orizzontali e flussi informativi tra pari. Alla
base della metafora biologica vi sono i concetti di sopravvivenza e di
crescita. Un sistema meccanico e predeterminato inadatto a so-
pravvivere e prosperare in un ambiente mutevole. Vi sopravvive inve-
ce unorganizzazione flessibile, non rigidamente preordinata ma per
cos dire fluida, capace di modificarsi in quanto basata sul mutuo
adattamento e sulle forme pi evolute di standardizzazione (quelle
delle competenze e, in parte, dei risultati). Nei sistemi organici, dun-
que, la formalizzazione delle mansioni necessariamente bassa.
Infine, nei sistemi organici le risorse umane non sono perfettamente
intercambiabili e facilmente sostituibili, proprio perch il loro valore
legato non solo alla funzione o al compito che devono svolgere in
astratto ma, soprattutto, al network di relazioni, alle conoscenze taci-
te, al fatto di essere inseriti in un contesto organizzativo che si cono-
sce e al quale si contribuisce al di l del compito. Proseguendo anco-
ra nella metafora, se in un sistema meccanico le parti di ricambio
possono facilmente prendere il posto dei componenti originari e an-
Le persone: zi una normale politica di manutenzione prevede la sostituzione
parti di delle parti, in un sistema organico la sostituzione di un organo pre-
ricambio
o organi per vede un trapianto, non impossibile ma comunque pi problematico
trapianti di una sostituzione. In cambio, i sistemi organici sopravvivono e si
adattano entro certi limiti alla compromissione o anche alla perdita
di alcuni organi, magari sviluppando funzioni suppletive a opera di
altri organi: senza un rene si sopravvive facendo lavorare maggior-
mente laltro!
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52 PARTE I ORGANIZZAZIONE

Sistemi organici e meccanici sono tipi ideali che in quanto tali non
esistono nella realt. Le organizzazioni reali possono essere pi o me-
no sbilanciate verso un tipo o verso laltro. Inoltre, una singola orga-
nizzazione pu avere alcune sue parti pi aderenti al tipo meccanico
e altre al tipo organico. Ad esempio, nelle grandi imprese industriali
solitamente lambiente di fabbrica pi orientato al sistema mecca-
nico, con forte standardizzazione dei compiti ed elevata formalizza-
zione delle mansioni; viceversa, nel reparto ricerca e sviluppo dove
vengono progettati i nuovi prodotti e sviluppate le nuove tecnologie
lorganizzazione pi orientata al tipo organico, con mansioni pro-
fessionali meno formalizzate e bassa standardizzazione. Nel capitolo 4
i sistemi meccanici e organici saranno ripresi in relazione alla macro-
struttura, mentre nel capitolo 6 le due metafore saranno nuovamente
utilizzate per descrivere come cambiano le organizzazioni al variare
dellambiente in cui operano.

3.2.6 La formazione

Un elemento essenziale della progettazione organizzativa la forma-


zione. Se le mansioni sono semplici e ristrette la formazione ha un
ruolo marginale e chiunque pu rapidamente apprendere quello
che deve fare ed essere inserito nellorganizzazione. In questi casi si
parla pi propriamente di addestramento. Viceversa, pi la mansio-
ne complessa e il corpo di conoscenze necessarie ampio e sofisti-
cato, pi lorganizzazione deve preoccuparsi di dar modo e tempo al-
le risorse di apprendere e consolidare le conoscenze. Questo pu av-
venire in diversi modi, anche complementari. Quando le conoscen-
ze, per quanto vaste e complesse, hanno natura astratta e soprattutto
codificabile, la formazione lo strumento essenziale. Come abbiamo
gi osservato nel capitolo 2, la formazione necessaria per realizzare
la standardizzazione delle competenze. In molti casi le organizzazio-
ni cercano di reclutare risorse gi formate e quindi gi in possesso
delle conoscenze necessarie allo svolgimento della mansione. Nel ca-
so Bodin del capitolo 2 (Caso 2.3) vengono assunti due diplomati da
un istituto tecnico, rispettivamente per il ruolo di disegnatore e per
quello di cartonista, e il titolare si aspetta che gi conoscano le tecni-
che del disegno industriale. La formazione curriculare, precedente
linserimento nel mondo del lavoro, non solo standardizza le compe-
tenze ma ne offre anche una certificazione. Con il compimento di
determinati studi gli individui conseguono dei titoli che certificano
determinate loro capacit, e in alcuni Paesi, tra i quali il nostro, i tito-
li conseguiti hanno un valore legale.
Formazione Tuttavia, raramente le conoscenze necessarie hanno solo una natura
e apprendi- astratta e codificata. Nella maggior parte dei casi vi una significativa
mento sul
campo componente tacita che anzi pu essere predominante. Occorre allo-
ra il cosiddetto affiancamento, un periodo nel quale la nuova perso-
na svolge un ruolo di apprendista sotto la guida di un maestro e ap-
prende i segreti del mestiere da un esperto che ha gi accumulato
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3. Lindividuo nellorganizzazione 53

esperienza. Il training on the job ovvero la formazione allinterno del


contesto lavorativo e durante lesperienza di lavoro si rivela in molti
casi una combinazione vincente per apprendere concretamente ci
che serve alla mansione.
Tutte le mansioni professionali richiedono laffiancamento, a causa
di una componente significativa di conoscenza tacita. Un chirurgo
prima si forma sui banchi di ununiversit dove apprende tutte quel-
le nozioni ampie, variegate ma sostanzialmente codificate e astratte
che sono necessarie alla professione, e poi deve seguire un periodo
pi o meno lungo di tirocinio durante il quale frequenta unorganiz-
zazione reale (un ospedale) e apprende osservando e assistendo altri
chirurghi. Solo al termine di questo percorso egli abilitato effettiva-
mente alla professione. Logiche e prassi simili esistono nella maggior
parte delle professioni.
Strumenti Maggiori sono le competenze necessarie pi ampio e variegato divie-
e durata ne lo spettro di strumenti di supporto. Il caso BEP (Caso 3.3) ci illu-
della
formazione stra una pluralit di strumenti per elevare e standardizzare le compe-
tenze in unorganizzazione di professionisti: formazione tradizionale,
quella che le persone conseguono nel loro curriculum scolastico e
universitario prima di entrare nel mondo del lavoro; ma anche forma-
zione interna ad hoc su tematiche specialistiche e innovative, affianca-
mento e ruolo dei mentori che seguono e verificano la maturazione
dei giovani; formazione post laurea e post esperienza come quella dei
master. Con laffermarsi della societ della conoscenza la formazione
esce dai confini tradizionali e diventa unesperienza continua che du-
ra tutta la vita. Si fa riferimento alla cosiddetta life-long education, attra-
verso la quale gli individui i professionisti mantengono aggiornato
lo stock di conoscenze necessarie ritornando periodicamente ad ap-
prendere e a sperimentare sul campo le competenze acquisite.
La formazione, in particolare quella svolta internamente, contribui-
sce alla socializzazione, ovvero a quel processo attraverso il quale i
membri dellorganizzazione apprendono e interiorizzano i valori, la
cultura e gli stili di comportamento propri dellorganizzazione. Que-
sto aspetto sempre presente in modo pi o meno esplicito e in ulti-
ma analisi finalizzato a sviluppare o a rafforzare il senso di lealt, di
identificazione e di appartenenza degli individui nei confronti del-
lorganizzazione. In alcuni casi si pu parlare di una forma ulteriore
di coordinamento basato sulla standardizzazione che, al di l dei pro-
cessi, risultati e competenze, mira alla standardizzazione dei valori.
Valori, Nelle organizzazioni di natura ideologica, politica o religiosa questo
cultura, aspetto assume una rilevanza centrale. Lorganizzazione si assicura
socializza-
zione e che i suoi membri condividano ideali e valori e che le norme siano
indottrina- vissute come emanazione diretta di tali valori e ci, pi di ogni altra
mento cosa, garantisce che i membri agiscano nellinteresse collettivo. Lo
strumento che lorganizzazione utilizza a tal fine il cosiddetto in-
dottrinamento, indissolubilmente legato alla formazione. Il periodo
di seminario per coloro che si preparano a divenire ministri della
Chiesa, il periodo dellaccademia per gli ufficiali dellEsercito o le
scuole di formazione politica dei partiti politici tradizionali sono
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54 PARTE I ORGANIZZAZIONE

esempi tipici di formazione-indottrinamento. Anche nelle organizza-


zioni non ideologiche come le aziende e le pubbliche amministrazio-
ni sono per presenti forme pi blande di indottrinamento tipica-
mente mescolate alla formazione di ingresso.

3.3 Prestazioni, capacit e motivazioni individuali


Abbiamo fin qui trattato i compiti e le mansioni prescindendo dagli
individui che le ricoprono. di tutta evidenza che individui diversi
che svolgono la stessa mansione o, pi genericamente, la stessa atti-
vit possono ottenere risultati diversi. La prestazione individuale
pu essere definita in termini quantitativi e/o qualitativi e in ogni
caso legata alla mansione. Per le mansioni semplici e ristrette la
prestazione facile da valutare e spesso collegabile a uno o pochi
parametri quantitativi. Ad esempio, con riferimento al caso IDI (Ca-
so 3.1) loperatore al desk laboratorio sar facilmente valutabile sul
numero di clienti serviti e sulla percentuale di errori nelle attivit
amministrative. Per le mansioni complesse e poco formalizzate la va-
lutazione della prestazione pi complessa e di norma implica una
maggiore soggettivit da parte del valutatore. Ad esempio, nel caso
BEP (Caso 3.3) la valutazione degli avvocati da parte dei soci al-
quanto complessa, implica diversi parametri e una notevole sogget-
tivit nel giudizio. Non a caso in situazioni simili vi lo sforzo co-
stante per rendere la valutazione pi oggettiva e trasparente se non
proprio quantitativa.
I driver La prestazione dipende da due fattori: la capacit e la motivazione.
delle Individui con capacit analoghe possono ottenere prestazioni diver-
prestazioni
individuali
se cos come individui meno motivati possono anche ottenere presta-
zioni superiori grazie a capacit eccellenti. La Figura 3.4 esemplifica
la relazione qualitativa tra prestazione, capacit e motivazione.

Figura 3.4 RELAZIONE TRA PRESTAZIONE, CAPACIT E MOTIVAZIONE

Prestazione

Individuo con capacit superiore

Individuo con capacit inferiore

Motivazione
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3. Lindividuo nellorganizzazione 55

3.3.1 Capacit e competenze

Intelligenza, La capacit una caratteristica intrinseca individuale che sta alla ba-
destrezza, se di una prestazione efficace o superiore in una specifica attivit o
abilit
psicomotorie mansione. un insieme di caratteristiche intellettuali, di abilit men-
tali e psicomotorie, di conoscenze esplicite e tacite e, infine, del gra-
do o della possibilit di utilizzo della tecnologia. Per uno sciatore
agonistico la capacit di sciare il risultato delle sue abilit motorie,
della prontezza di riflessi, di precise conoscenze tecniche, prevalen-
temente tacite e rinforzate dallesperienza delle gare e degli allena-
menti, e del fatto di utilizzare e far rendere al meglio le tecnologie
necessarie (sci e scarponi). Nel caso di un pilota di Formula 1 il ruo-
lo della tecnologia ancora superiore e la capacit una combina-
zione di abilit psicomotorie e di destrezza nelluso della tecnologia.
Le capacit sono caratteristiche individuali relativamente stabili nel
tempo. Possono essere migliorate attraverso lapplicazione e lap-
prendimento, ma entro determinati limiti. Infatti, vi sono individui
naturalmente dotati di capacit eccezionali, il cui livello comunque
irraggiungibile per le persone normali.
Capacit Frequentemente, nella realt aziendale e nella letteratura organizza-
innate e tiva, al posto del termine capacit si utilizza il termine competenza. I
competenze
acquisite
due concetti, invero molto simili, differiscono per alcune sfumature.
Le capacit hanno una valenza pi innata e, viceversa, il termine
competenza d lidea che lo studio e lesperienza abbiano un ruolo
dominate. Nel linguaggio corrente quella di un grande pianista la
definiremmo capacit (anche se indubbiamente occorrono anni di
studio e di applicazione per farla maturare), mentre quella di un
egittologo capace di decifrare geroglifici la definiremmo pi facil-
mente competenza. In questo senso, la formazione contribuisce di-
rettamente alla generazione delle competenze pi che delle capa-
cit. Anche in senso negativo i due termini hanno sfumature diffe-
renti. Dire di qualcuno che non ha le capacit per svolgere unatti-
vit significa esprimere un giudizio negativo abbastanza definitivo re-
lativo allinsufficienza delle capacit fisiche e intellettuali rispetto
agli obiettivi. Dire che non ha le competenze significa lasciare aperta
la porta al fatto che potrebbe forse acquisirle se fosse adeguatamente
formato e si applicasse. Infine, la competenza fa spesso riferimento
non solo agli elementi tecnici ma anche a quelli comportamentali,
legati al ruolo e alla sua corretta interpretazione. Infatti, per i profes-
sionisti e i manager si fa riferimento rispettivamente alle competenze
professionali e manageriali.
Le comunit Nei paragrafi 3.2.3 e 3.2.4 abbiamo gi accennato alla tendenza dei
di pratiche; professionisti a intrattenere relazioni con i loro pari anche esterni al-
la socializza-
zione delle lorganizzazione e al carattere tacito della conoscenza che sta alla base
competenze delle loro competenze. Un fenomeno interessante emerso di recente
quello che va sotto il nome di comunit di pratiche: si tratta di gruppi
informali di persone che condividono interessi professionali pur aven-
do bassi legami operativi e scarsa occasione di interazione sul lavoro. I
membri di queste comunit possono perfino appartenere a organizza-
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56 PARTE I ORGANIZZAZIONE

zioni diverse, ma la spinta comune a confrontare le esperienze e ad ap-


prendere sono cos forti e trovano un supporto nelle tecnologie infor-
matiche di comunicazione (siti, forum, comunit virtuali) che le co-
munit possono costituire un ambito sociale virtuale denso di senso
pi che non lambiente fisico di lavoro. Le comunit di pratiche si dif-
ferenziano dai gruppi di lavoro o team (che discuteremo pi avanti) in
quanto non sono direttamente finalizzate a obiettivi di carattere azien-
dale. Le comunit di pratiche sono il contesto autorganizzato e paral-
lelo nel quale i professionisti si scambiano e socializzano le conoscenze
tacite, arrivando a determinare implicitamente linguaggi, comporta-
menti, simbologie e risposte coerenti a problemi e situazioni simili. Il
Caso 3.4 illustra un noto esempio di comunit di pratiche.

CASO
3.4
Xerox: la comunit di pratiche dei tecnici di manutenzione

Nata negli anni Cinquanta del secolo scorso, Xerox una multinazionale leader nel settore
delle macchine copiatrici per ufficio. Il problema della manutenzione di queste macchine
sempre stato molto critico, per la complessit tecnologica e lelevato utilizzo. La fotoco-
piatrice guasta un classico in qualunque ufficio! Negli ultimi due decenni il livello di ser-
vizio richiesto dai clienti diventato maggiore. Parallelamente si sono fatte pi pressanti
le necessit di contenere i costi della manutenzione. Allinizio degli anni Novanta, Xerox
cerc di migliorare notevolmente la sua capacit di intervento rapido ed economico. Predi-
spose a tal fine una considerevole mole di materiale documentale sui problemi tecnici e
sul modo migliore di risolverli presso il cliente. Venne realizzato anche un sistema esperto
installato su computer portatili che doveva consentire ai tecnici di identificare ogni proble-
ma e di rintracciare la migliore soluzione e intervento di ripristino. I risultati furono per
deludenti. Numerosi problemi, molto pi frequenti del previsto, non erano contemplati
dal sistema esperto oppure si presentavano in forme diverse. Xerox abbandon il progetto
e cambi approccio. Decise di studiare direttamente il comportamento dei tecnici, almeno
di quelli pi esperti, e scopr un fatto allora ritenuto sorprendente. Nonostante quella del
tecnico manutentore fosse ritenuta una mansione professionale altamente individuale
in effetti il lavoro di manutenzione si svolge in autonomia e solitudine presso il cliente e
con un forte contenuto di conoscenza tacita, i tecnici coltivavano una forte dimensione so-
ciale, condividendo esperienze e conoscenze. Utilizzando tutti gli spazi informali quali le
pause pranzo, i coffee break a met turno e perfino il tempo libero nei weekend, la comu-
nit dei tecnici si incontrava e si scambiava esperienze, problemi, consigli, socializzando
la conoscenza e sviluppando una dimensione collettiva del sapere, sebbene del tutto infor-
male. Il veicolo principale di questo processo si rivel la narrazione delle cosiddette war
stories, cio casi difficili e situazioni complicate il cui racconto, venato spesso di toni epici
e talvolta esagerati, costituiva per loccasione per catalizzare linteresse e il coinvolgi-
mento dei tecnici. La comunit di pratiche funzionava molto meglio del sistema esperto.

Negli ultimi anni il concetto di competenza ha ricevuto molta atten-


zione in particolare sotto due profili, il primo di carattere strategico,
il secondo legato al tema della gestione operativa del personale. Dal
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3. Lindividuo nellorganizzazione 57

Dalle punto di vista strategico diffuso il concetto di competenze chiave o


competenze core compentences (Prahalad e Hamel, 1990). Secondo questo approc-
individuali
a quelle cio le organizzazioni sono viste come insiemi di competenze e il loro
organizzative successo competitivo dipende dal possesso di competenze distintive
rispetto ai concorrenti, ovvero dal sapere efficacemente combinare
superiori capacit individuali o collettive in uno o pi dei principali
processi aziendali (linnovazione, il servizio al cliente, il marketing e
le vendite, gli acquisti). In questo senso la competenza perde il suo
carattere strettamente individuale e diventa competenza tipica del-
lorganizzazione.
La Il secondo ambito di interesse per il concetto di capacit/competen-
valutazione za legato alla valutazione e retribuzione delle risorse. Recentemen-
delle
competenze te si sono infatti affermate logiche di valutazione non pi rigidamen-
te collegate alla mansione, ma volte a valutare le competenze effetti-
vamente possedute dagli individui, non solo nei ruoli professionali o
manageriali, ma anche in quelli operativi, come dimostra il caso Hei-
neken (Caso 3.5a)

CASO
3.5a
Heineken: pay for competence

La produzione della birra


Heineken Italia la societ operativa italiana che fa capo alla multinazionale olandese Hei-
neken NV, produttore di birra tra i leader a livello mondiale. Heineken Italia impiega circa
1.100 persone e serve il 33% del mercato nazionale. Allinizio del 2007 erano presenti 5
stabilimenti sul territorio nazionale per una produzione complessiva di 5,8 milioni di etto-
litri. I processi produttivi sono altamente automatizzati, sia per quanto riguarda la fabbri-
cazione della birra sia per le successive fasi di confezionamento e imballaggio. Il ruolo del
personale addetto alle linee di impostazione, controllo e gestione delle macchine, men-
tre i compiti manuali sono molto ridotti. Alcune attivit, come la movimentazione a fine li-
nea, sono state appaltate a cooperative di handling nellottica di trasformare i costi fissi in
costi variabili: si tratta di attivit poco critiche nel processo e relativamente semplici. Le at-
tivit critiche di produzione sono invece svolte esclusivamente dai dipendenti dellazien-
da. Le attivit di manutenzione semplice sono state delegate agli operatori, grazie a un
programma di Total Productive Maintenance (TPM). La figura dei manutentori di reparto
stata quindi eliminata: rimane uno staff dedicato ai servizi tecnici a livello di stabilimento,
che si occupa degli interventi tecnici maggiori e della manutenzione programmata e pre-
ventiva. Anche per quanto riguarda la qualit, alcuni controlli sono stati delegati agli ope-
ratori in linea, altri sono stati automatizzati, infine un numero di controlli a campione vie-
ne svolto in laboratorio.
Gli operatori in produzione, anche in virt del layout dellarea di imbottigliamento, hanno
una visione dinsieme dei risultati e delle problematiche a livello di processo e questo stimo-
la un atteggiamento attivo. Il coinvolgimento e la responsabilit sono fattori indubbiamente
motivanti, ma comportano anche alcuni svantaggi: il risvolto di questa richiesta di forte par-
tecipazione lo stress, le attivit sono incalzanti sia per gli operatori che per il management.
Entrambi i gruppi testimoniano che unorganizzazione di questo tipo pi provante rispetto
a una gerarchia tradizionale, con compiti semplici e ben definiti.
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58 PARTE I ORGANIZZAZIONE

Il sistema Multitasking Multiskilling


Negli ultimi anni Heineken Italia ha realizzato un sistema di valutazione e di gestione delle
competenze a supporto della polivalenza degli operatori denominato Multitasking Multiskil-
ling System (MTS). Il progetto MTS ha previsto inizialmente una mappatura, per ogni area e
reparto della produzione, delle competenze tecniche e professionali necessarie. Come com-
petenze tecniche si intendono, ad esempio, la capacit di avviare le macchine, di cambiare il
formato di imbottigliamento, di eseguire compiti di manutenzione e di controllo qualit,
mentre tra le capacit professionali ci sono, ad esempio, il saper gestire delle risorse o saper
coordinare il lavoro di gruppo. Alcune competenze e capacit sono specifiche di alcuni re-
parti (ad esempio fabbricazione o imbottigliamento), altre sono specifiche di alcuni ruoli (ad
esempio i tecnici della manutenzione), altre ancora infine comuni a tutti i dipendenti in pro-
duzione.
A partire da questa mappa sono state costruite schede che vengono utilizzate per la valuta-
zione di tutti i dipendenti. A ogni competenza corrispondono un punteggio di base e diver-
si coefficienti, variabili a seconda dei diversi gradi di padronanza, dal saper fare assistiti
al saper fare da soli, fino al saper insegnare. Il punteggio conseguito da ogni dipenden-
te per ogni singola competenza posseduta corrisponde al punteggio di base, moltiplicato
per il coefficiente del grado di padronanza. A questo si somma il punteggio dato dalle capa-
cit professionali. Il totale conseguito da ogni dipendente determina linquadramento pro-
fessionale e retributivo. Al momento della valutazione, oltre al risultato attuale viene indi-
cato lobiettivo a 12 mesi, con lindicazione di un percorso di miglioramento graduale e so-
stenibile, guidato dalle esigenze dellazienda.
Questo sistema di valutazione supporta naturalmente la polivalenza degli operatori, identifi-
cando competenze e capacit relative a tutti i reparti. Risulta inoltre funzionale al lavoro di
gruppo, perch permette di costituire i team assicurando che tutte le competenze necessa-
rie siano presenti. Il sistema compatibile con la struttura non gerarchica dei team. La cre-
scita professionale non avviene solo ed esclusivamente tramite lavanzamento gerarchico,
ma pu avvenire in maniera parallela per tutte le persone capaci e disponibili a imparare e
migliorare le proprie competenze e capacit.
Rispetto a questo sistema di valutazione, la contrattazione collettiva e gli inquadramenti
contrattuali tradizionali costituivano un vincolo. Data la professionalit elevata richiesta dai
ruoli, gli operatori in Heineken erano di fatto tutti inquadrati nei tre livelli pi alti previsti.
Non era quindi possibile premiare il miglioramento delle competenze e offrire a ognuno un
percorso personalizzato di crescita. Heineken Italia allora ha contrattato con le rappresen-
tanze sindacali aziendali un sistema di inquadramento ad hoc, che prevede alcuni livelli in-
termedi tra quelli previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
Infine, oltre al sistema individuale di valutazione di tipo pay for competence, Heineken preve-
de un premio aziendale a livello di stabilimento in funzione di obiettivi di qualit, rese, con-
sumo di risorse e sicurezza.

3.3.2 Le teorie della motivazione

Consideriamo nuovamente lesempio dello sportivo visto in prece-


denza. Tutti i grandi campioni di ogni sport attraversano periodi di
crisi nei quali la prestazione scade anche se la capacit, inclusa la
componente tecnologica, rimane inalterata. La ragione di prestazio-
ni variabili nel tempo a parit di capacit (ivi incluso lo stato di for-
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3. Lindividuo nellorganizzazione 59

La ma fisica) la differente motivazione che, pu variare nel tempo. In-


motivazione fatti, anche nella percezione corrente si accetta lidea che quando lo
determina
la sportivo ritrova la giusta motivazione senza aver perso la capacit ri-
prestazione torna ad avere buoni risultati. Che cos dunque la motivazione? An-
che se il concetto abbastanza intuitivo, una definizione formale e
univoca di motivazione difficile da dare. Tuttavia, si riconosce che
alla base della motivazione vi un insieme di forze consce e inconsce
che spinge gli individui verso determinate azioni o comportamenti.
Tali spinte possono essere dovute a fattori diversi spesso compresen-
ti: ledonismo, ovvero la ricerca di piacere e soddisfazione immedia-
ta, gli istinti, cio le tendenze biologiche innate, ma anche le espe-
rienze passate e i segni consci o inconsci e i valori che queste lascia-
no negli individui e, infine, i bisogni e le aspettative future. Tra le
molte definizioni qui utilizziamo quella fornita da Pilati (1995): La
motivazione linsieme dei motivi che ci spingono ad agire, che so-
no in relazione con obiettivi e interessi e che sono guidati da proces-
si cognitivi ed emotivi. In una prospettiva manageriale, la motivazio-
ne anche linsieme delle azioni e dei meccanismi che unorganizza-
zione utilizza per spingere (motivare appunto) i suoi membri verso
gli obiettivi istituzionali.
Quali sono i fattori che influenzano la motivazione? E quali sono i
processi decisionali e i meccanismi attraverso i quali la motivazione si
origina, si consolida e poi si estingue? Vi sono diverse teorie che cer-
cano di rispondere a queste domande senza che nessuna da sola sia
in grado di spiegare completamente il fenomeno della motivazione.
In accordo con lo schema presentato da Tosi et al. (2002) quelle che
rispondono alla prima questione (quali sono i fattori) sono classifica-
bili come teorie del contenuto; quelle che rispondono alla seconda
questione (quali sono i meccanismi) sono classificabili come teorie
del processo.
La Tabella 3.1 riassume le diverse teorie della motivazione.

I bisogni Tra le teorie del contenuto vi anzitutto la scala dei bisogni origina-
come fattori riamente messa a punto da Maslow (1954). Secondo questa teoria la
motivazionali
motivazione si sviluppa a partire da bisogni pi elementari, e solo

Tabella 3.1 LE TEORIE DELLA MOTIVAZIONE

Teorie del contenuto Teorie del processo

Quali sono i fattori che stanno Quali sono i meccanismi che spiegano il formarsi,
alla base della motivazione? consolidarsi ed estinguersi della motivazione?

Scala dei bisogni Rinforzi


Fattori duali Goal setting
Successo-potere-affiliazione Aspettativa-valenza
Equit

Fonte: adattato da Tosi et al. (2002).


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60 PARTE I ORGANIZZAZIONE

quando questi sono soddisfatti lindividuo ne percepisce di nuovi e


orienta la sua motivazione e la sua azione verso il livello di bisogno
superiore. Un bisogno cessa di essere fonte di motivazione quando
soddisfatto. Maslow identifica cinque livelli progressivi:

1. bisogni fisiologici: sono quelli legati alla sopravvivenza come la fa-


me, la sete, il sonno;
2. bisogni di sicurezza: riflettono la necessit di protezione dai peri-
coli, dalle minacce e dalle privazioni; riguardano la conoscenza
del proprio ambiente e del territorio;
3. bisogni di appartenenza: riguardano la sfera affettiva e riflettono il
bisogno di essere amati e compresi, di sentirsi parte di un nucleo
sociale sia esso la famiglia o anche un gruppo pi ampio;
4. bisogni di stima: riguardano sia lautostima, la propria autonomia
e indipendenza, sia la stima degli altri, il riconoscimento e lo sta-
tus sociale;
5. bisogni di autorealizzazione: sono quelli di ordine superiore, lega-
ti allo sviluppo delle proprie potenzialit.

La scala di Maslow un modello semplice e intuitivo, e per questo at-


traente. Tuttavia, rigido e presuppone che lindividuo frustrato che
non riesce a soddisfare completamente i bisogni a un livello non
motivato dai bisogni di ordine superiore. Questo non necessaria-
mente vero, come sa bene chi ha vissuto in tempo di guerra magari
per anni, frustrato nel suo bisogno di sicurezza, ma non per questo
meno motivato dai bisogni di appartenenza e forsanche di stima.
Motivazione Una teoria alternativa piuttosto nota quella dei fattori duali sviluppa-
e demotiva- ta da Herzberg (1966). Secondo questo approccio i fattori alla base
zione
della soddisfazione e, viceversa, dellinsoddisfazione, non sono neces-
sariamente gli stessi. I primi sono i cosiddetti fattori motivanti, la cui
presenza o aspettativa crea soddisfazione e dunque aumenta la presta-
zione. I secondi sono invece i fattori igienici, la cui assenza crea insod-
disfazione e dunque scadimento della prestazione, ma la cui presenza
non aumenta la soddisfazione e dunque non migliora la prestazione.
Ad esempio, stato riscontrato in diversi casi che una retribuzione ri-
tenuta adeguata un fattore igienico e viceversa il coinvolgimento da
parte dei superiori nelle decisioni importanti o il riconoscimento pub-
blico della propria prestazione sono fattori motivanti. La teoria dei fat-
tori duali ha implicazioni manageriali importanti. Infatti implica che
ci che lorganizzazione deve fare per migliorare le prestazioni al di
sopra della media o dello standard pu essere significativamente di-
verso da quello che si deve fare per riportare prestazioni scadenti a li-
velli normali. Anche la teoria dei fattori duali ha delle limitazioni. La
principale che i fattori possono variare da individuo a individuo. Ci
che motivante per uno pu essere igienico o irrilevante per un altro.
Differenze La teoria successo-potere-affiliazione (achievement-power-affiliation)
individuali tiene appunto in considerazione il fatto che gli individui hanno ten-
denzialmente spinte motivazionali differenti, riconducibili a uno dei
tre tipi. Vi sono individui per i quali la spinta ad agire prevalente-
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3. Lindividuo nellorganizzazione 61

mente la riuscita, il successo, il raggiungimento di obiettivi ambiziosi


e personali che non dipendano pi di tanto da altri o dal caso ma dal
proprio impegno e capacit. La figura dellimprenditore il prototi-
po del soggetto motivato dal successo. Il bisogno di potere invece
diverso e consiste nellimporsi allattenzione altrui e nel creare lega-
mi di dipendenza esplicita o implicita. Il bisogno di potere pu esse-
re soddisfatto attraverso azioni dirette come la coercizione, la super-
visione e il controllo o anche lassistenza, ma anche in modo indiret-
to creando forme di reputazione o tramite azioni che impressionano
fortemente gli altri. La figura del top manager o quella del politico
in un certo senso sono i prototipi dei soggetti principalmente motiva-
ti dal potere. Vi infine il bisogno di affiliazione, in tutto simile al bi-
sogno di appartenenza definito dalla scala dei bisogni di Maslow. An-
che questo modello presenta dei limiti. Raramente infatti le motiva-
zioni di un individuo sono riconducibili a un tipo puro. Molti indivi-
dui pur motivati dal successo o dal potere sentono comunque una
certa spinta verso laffiliazione, cos come altri principalmente biso-
gnosi di affiliazione non sono immuni dal richiamo del potere.
Complessivamente questi modelli spiegano la maggior parte dei fat-
tori che stanno alla base della motivazione, che rimane per un feno-
meno estremamente complesso da indagare e, proprio per questo,
nessuna delle teorie messe a punto ha il potere di spiegare intera-
mente la spinta motivazionale degli individui.
Come nasce Veniamo ora alle principali teorie del processo. In sostanza si tratta di
e si capire non solo che cosa sta alla base della motivazione individuale
consolida la
motivazione
ma anche come la motivazione si genera, si consolida ed eventualmen-
te si estingue.
Una prima teoria quella dei rinforzi: i comportamenti che produco-
no conseguenze positive per lindividuo tendono a essere ripetuti e
quelli che producono conseguenze negative tendono a essere scartati
o sospesi. Il comportamento degli individui pu cos essere orientato
con lincentivazione dei comportamenti voluti, attraverso rinforzi po-
Incentivi sitivi (gratificazioni, aumenti retributivi, incarichi di prestigio ecc.) o
e anche rinforzi negativi: ad esempio unorganizzazione che solita di-
disincentivi
stribuire gratifiche di fine anno alla totalit dei dipendenti, ma che si
trovi in difficolt economiche, pu decidere di sospenderle a tutti, a
eccezione di alcuni particolarmente meritevoli. Tuttavia, il comporta-
mento pu essere influenzato anche con la disincentivazione dei com-
portamenti indesiderati, precisamente attraverso la punizione. Puni-
zioni e rinforzi negativi hanno effetti rapidi e immediati anche se pos-
sono creare problemi di relazione nei contesti di lavoro. Viceversa, il
rinforzo positivo ha unimportanza fondamentale nel sostenere lo svi-
luppo delle risorse umane nel lungo termine anche se non semplice
o possibile usare in modo continuo gratifiche, aumenti retributivi o
nuovi incarichi come meccanismi di rinforzo positivo.
Obiettivi Una seconda teoria quella del goal setting. Lassunto di base sem-
ambiziosi plice: la prestazione dipende ovviamente dalla capacit ma anche
ma
raggiungibili dallintenzione personale di agire per ottenerla. Pi lintenzione si
rivolge a obiettivi ambiziosi pi la prestazione sar elevata; pi gli
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62 PARTE I ORGANIZZAZIONE

obiettivi sono modesti pi la prestazione sar modesta. Per motivare,


gli obiettivi devono essere sufficientemente sfidanti ma non troppo
difficili o impossibili da raggiungere, altrimenti lindividuo prova un
senso di frustrazione e si demotiva. Inoltre, obiettivi specifici e detta-
gliati producono una maggiore motivazione e, infine, una maggiore
prestazione rispetto a obiettivi generici poco dettagliati che incitano
vagamente il soggetto a fare del proprio meglio e non pongono tra-
guardi quantitativi, temporali, di efficienza ecc. Un altro aspetto im-
portante di questa teoria riguarda il fatto che la partecipazione alla
determinazione degli obiettivi, o almeno la negoziazione sui target
da raggiungere, aumenta limpegno e la motivazione. Infine un ulti-
Limportanza mo aspetto riguarda il feedback che lorganizzazione d agli indivi-
del feedback dui circa le prestazioni ottenute rispetto agli obiettivi stabiliti. Le per-
sone chiedono spesso e giustamente valutazioni sul come sono anda-
te, anche se queste possono non essere del tutto positive. Il feedback
dunque un elemento importante della motivazione. La teoria del
goal setting ha conseguenze pratiche rilevanti, la maggiore delle qua-
li riguarda i cosiddetti sistemi di management by objectives (MBO). Si
tratta di sistemi di retribuzione dei singoli nei quali una parte rile-
vante della retribuzione variabile e legata a obiettivi individuali as-
segnati ai singoli manager. Gli obiettivi individuali discendono dalla
scomposizione degli obiettivi generali, a opera del top management,
e alla negoziazione e attribuzione di sottobiettivi specifici ai diversi
membri dellorganizzazione secondo un meccanismo in cascata che
ne coinvolge i vari livelli: ad esempio, nellambito di obiettivi di cre-
scita, a un Direttore vendite di una determinata area geografica sa-
ranno assegnati obiettivi di aumento delle vendite o della quota di
mercato in quellarea e parte dei suoi compensi dipenderanno dal
raggiungimento di tali obiettivi. Il MBO funziona se c un forte alli-
neamento tra il processo di pianificazione strategica, il sistema di mi-
sura e valutazione delle prestazioni e il sistema di retribuzione; altri-
menti vi il rischio che il MBO incentivi comportamenti distorti
orientati al breve termine e non coerenti con le strategie generali
dellazienda. In sintesi la teoria del goal setting stabilisce che la moti-
vazione si forma e si consolida se il processo di definizione degli
obiettivi individuali chiaro e condiviso, se gli obiettivi sono sfidanti
ma non impossibili e se vi un adeguato feedback sul rapporto tra le
prestazioni raggiunte e gli obiettivi preposti.
Unaltra teoria importante che spiega come si forma la motivazione
quella dellaspettativa-valenza. Secondo questo approccio gli indivi-
dui orientano azioni e comportamenti verso quelle alternative per le
quali nutrono migliori aspettative circa il rapporto tra sforzo e presta-
zione o risultato, combinando le aspettative con il valore (valenza) at-
Rapporti tribuito al risultato. In altri termini, gli individui sono pi motivati
costi/benefici verso quelle azioni che consentono pi rapidamente, con minor sfor-
zo e con maggiore probabilit di raggiungere quei risultati a cui essi
danno valore. Si noti che buone aspettative di riuscita di per s non
sono sufficienti a motivare se la valenza del risultato scarsa. Nella
sua banalit la teoria aspettativa-valenza importante perch intro-
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3. Lindividuo nellorganizzazione 63

duce nel processo di formazione della motivazione le stime (aspetta-


tive) che il singolo fa circa la probabilit di riuscita e il rapporto co-
sti/benefici.
Infine, vi unultima teoria che possiamo definire dellequit (o giu-
stizia organizzativa). Questo approccio si basa sullidea che gli indivi-
dui nei contesti organizzati tendono a paragonarsi ai colleghi ritenu-
ti loro pari e, pi in generale, agli altri membri dellorganizzazione.
Vi sono due aspetti distinti del concetto di equit. Il primo quello
Contribu- di equit distributiva e fa riferimento al fatto che gli individui hanno
zione e bisogno di sentire che il rapporto tra ci che danno allorganizzazio-
compensa-
zione ne (come sforzo, impegno e risultato) e ci che ricevono dallorga-
nizzazione (retribuzione, ruolo, riconoscimento, opportunit di cre-
scita ecc.) sostanzialmente allineato con quanto accade per gli altri
membri dellorganizzazione. In altri termini, la motivazione indivi-
duale scema se vi la percezione che a parit di contribuzione si rice-
ve inferiore compensazione aggregata (includendo tutte le forme di
compensazione) o che, analogamente, in presenza di maggiore con-
tribuzione non si riceve maggiore compensazione. Vi per un se-
Trasparenza condo aspetto importante, quello di equit procedurale: gli individui
e pari per essere motivati hanno bisogno di sentire che i processi decisiona-
opportunit
li sono equi e trasparenti, che opportunit simili sono offerte a indi-
vidui che hanno capacit simili. O, ancora, che essi hanno la possibi-
lit di far presente il proprio punto di vista e che sono stati informati
per tempo di certe decisioni.
La teoria dellequit ci illustra un meccanismo fondamentale: nei con-
testi organizzati la motivazione degli individui dipende talvolta pi dal
senso di giustizia relativa rispetto agli altri membri che non dagli obiet-
tivi e dai risultati in senso assoluto. Torneremo in dettaglio su questo
punto nel capitolo 9 sulla Teoria dei giochi per descrivere, nel famoso
gioco del dispetto (paragrafo 9.7), comportamenti apparentemente
irrazionali, in realt potentemente guidati dallossessione dellequit.
Sebbene nessuna della teorie della motivazione da sola appaia esau-
stiva, il loro complesso consente di afferrare che cosa muove gli indi-
vidui nel loro operare come membri di unorganizzazione. Gli studi
nel campo della motivazione hanno radici culturali prevalentemente
estranee al campo del management e dellorganizzazione aziendale.
Tuttavia, per il buon manager di fondamentale importanza avere
una conoscenza almeno superficiale di questi temi, proprio per po-
ter progettare e gestire al meglio lorganizzazione ed evitare cos si-
tuazioni buone sulla carta, ma scadenti nella realt a causa della scar-
sa motivazione delle persone.

3.4 La dimensione sociale: gruppi e conflitti

Nelle organizzazioni, di qualunque tipo esse siano, i membri intera-


giscono tra loro in molti modi e per diversi motivi. Anzitutto le perso-
ne desiderano stringere delle relazioni con i propri colleghi con i
quali trascorrono molto del loro tempo. Inoltre lorganizzazione
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64 PARTE I ORGANIZZAZIONE

promuove linterazione tra gli individui per migliorare lefficienza e


lefficacia o anche semplicemente per ottenere risultati che richiedo-
no la collaborazione di pi persone. In questa sede ci interessa discu-
tere brevemente solo due aspetti fondamentali dellinterazione so-
ciale: i gruppi e i conflitti, tralasciando altri aspetti pure estremamen-
te rilevanti come il potere, linfluenza e la leadership. Inoltre, consi-
dereremo questi aspetti privilegiando lottica manageriale che guar-
da alle relazioni sociali in vista dellefficacia e dellefficienza dellor-
ganizzazione nel suo complesso.

3.4.1 I gruppi

Un aspetto fondamentale dellinterazione sociale riguarda la forma-


zione pi o meno guidata dei gruppi. Il lavoro di gruppo e le condizio-
ni in cui esso d buoni risultati sono diventati un tema di importanza
cruciale per tutte le organizzazioni. In moltissime attivit, infatti, il la-
Dal lavoro voro degli individui si svolge sempre pi in piccoli gruppi piuttosto che
individuale in forma meramente individuale. Per alcune aziende la filosofia del la-
ai piccoli
gruppi
voro di gruppo cos importante che viene addirittura dichiarata nella
mission e nei valori dellorganizzazione. Altre aziende, quando ricerca-
no personale da assumere, richiedono espressamente esperienze di la-
voro in gruppo, e cercano di misurare attraverso opportuni test e col-
loqui di selezione lattitudine dei candidati a lavorare in gruppo. An-
che i sistemi di incentivo spesse volte vengono orientati ai gruppi. Anzi
si pu dire che nelle organizzazioni innovative basate sul concetto di
gruppo (team-based organizations) uno degli aspetti critici e cruciali la
messa a punto di sistemi di misura delle prestazioni e di incentivo che
bilancino la necessit di favorire il lavoro di gruppo e la collaborazione
con quella di riconoscere il contributo individuale.
Riconosci- Ma cos un gruppo? un insieme di almeno due individui che inte-
mento ragiscono e dipendono reciprocamente per il conseguimento di un
interno
ed esterno
fine che condividono. Lesistenza di un gruppo necessita di ricono-
scimento interno ed esterno, ovvero richiede che i suoi membri si ri-
conoscano effettivamente come tali condividendo gli obiettivi e che
almeno un altro individuo esterno al gruppo ne abbia percezione e
visibilit. In questo senso un gruppo di persone in coda alla fermata
di un autobus non un gruppo per mancanza di riconoscimento in-
terno e, daltra parte, una societ segreta non un gruppo, per man-
canza di riconoscimento esterno.
Vi sono diverse ragioni per le quali il lavoro di gruppo (o teamwork-
ing) divenuto cos rilevante nelle organizzazioni:

Il gruppo: anzitutto il gruppo il contesto organizzativo formalizzato nel qua-


informalit le il mutuo adattamento si esplica meglio; pi le organizzazioni so-
adattamento
e parteci- no di tipo organico (vedi paragrafo 3.2.5) pi vi necessit di coor-
pazione dinamento informale e continuo, appunto mutuo adattamento;
il gruppo poi un meccanismo ideale per rendere lambiente di la-
voro pi partecipativo; attraverso gruppi di lavoro anche temporanei
(le cosiddette task force o gruppi di progetto) il management
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3. Lindividuo nellorganizzazione 65

crea un senso di mobilitazione comune verso gli obiettivi e offre la


possibilit almeno parziale di partecipare ai processi decisionali;
problemi complessi e imprevisti vengono meglio affrontati attra-
verso tecniche decisionali di gruppo (si veda in proposito il capito-
lo 8), con le quali si cerca di esaminare il problema da punti di vi-
sta differenti, facendo leva su un insieme pi ampio di competen-
ze per stimolare idee e generare alternative innovative;
I gruppi la maggior parte delle organizzazioni si trova poi a dover affrontare
interfunzio- sempre pi frequentemente cambiamenti tecnologici e/o organiz-
nali
zativi per i quali occorre mobilitare competenze variegate; lavorare
per progetti diventa una forma mentis, anzi per molte organizzazioni
la condizione normale di lavoro, dove il progetto, per definizione
temporaneo, trascende la dimensione puramente tecnologico-in-
gegneristica e riguarda qualunque cambiamento; progetti di una
certa complessit vengono impostati e realizzati da gruppi di pro-
getto che frequentemente tagliano trasversalmente lorganizza-
zione, includendo persone che operano in unit organizzative di-
verse con responsabilit e livelli gerarchici anche differenti. Sono i
cosiddetti team interfunzionali. Si pensi ad esempio ai team di
progetto delle case automobilistiche impegnati nello sviluppo di
nuovi prodotti. Tipicamente tali gruppi includono tecnici progetti-
sti con specializzazioni diverse, esperti di styling anche esterni alla-
zienda, uomini del marketing, responsabili delle vendite e della di-
stribuzione, esperti di processi industriali e tecnologici, addirittura
tecnici delle aziende fornitrici dei principali componenti ecc.;
infine, levoluzione delle tecnologie informatiche e di comunica-
zione facilita enormemente la formazione di gruppi e linterazione
continua tra i membri che li compongono, anche se questi sono
geograficamente dispersi, dando luogo ai gruppi virtuali: tecnolo-
gie Intranet, call conference, video conference, database condivisi,
ma anche la semplice e-mail sono tutti strumenti che rendono pi
efficace il lavoro di gruppo e pertanto ne facilitano la diffusione.

Bilancia- Naturalmente, quelle esposte sono ragioni manageriali e organizzati-


mento tra ve, istituzionali per cos dire, affinch i gruppi si formino. In sintesi
specializza-
zione e
esse scaturiscono dallesigenza di bilanciare la tendenza verso la spe-
coordina- cializzazione del lavoro con la necessit di integrare a livello locale at-
mento tivit e competenze frammentate. Da questo punto di vista il gruppo
il microambiente sociale nel quale specializzazione e integrazione
trovano composizione attraverso il contatto diretto e il mutuo adatta-
mento. Tuttavia le spinte verso i gruppi hanno anche potenti motiva-
zioni individuali. Anzitutto i bisogni di affiliazione e appartenenza se-
condo la scala di Maslow. Ma anche il bisogno di potere. Molti indivi-
dui vedono nel gruppo lopportunit per affermarsi ed esercitare
una leadership. O ancora vedono attraverso il gruppo la possibilit di
avere maggiore influenza sul resto dellorganizzazione.
Nelle organizzazioni si formano sia gruppi formali sia gruppi infor-
mali. I gruppi formali sono costituiti dallorganizzazione per scopi
precisi, hanno una chiara collocazione e un ambito di azione deter-
minato. Possono avere carattere temporaneo o permanente. I gruppi
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66 PARTE I ORGANIZZAZIONE

informali si costituiscono in modo indipendente dalla volont del


management, come ad esempio le comunit di pratiche di cui abbia-
mo parlato al paragrafo 3.3.1, che altro non sono che gruppi informa-
Formalizza- li di professionisti. In alcuni casi lorganizzazione ha interesse a for-
zione e malizzare, cio a istituzionalizzare, i gruppi informali per sfruttare ai
istituziona-
lizzazione
fini organizzativi la conoscenza tacita e i risultati dellazione di grup-
dei gruppi po. In altri casi invece i gruppi informali sono sgraditi e vengono
combattuti dallorganizzazione, anche perch possono perseguire in
modo non trasparente obiettivi non compatibili con quelli dellorga-
nizzazione stessa o almeno di chi in quel momento la governa.
Il Caso 3.5b illustra un cambiamento organizzativo orientato allin-
troduzione di gruppi formali.

CASO
3.5b
Heineken: la team-based organization

Nel Caso 3.5a abbiamo visto come Heineken Italia abbia realizzato un cambiamento orga-
nizzativo importante introducendo un sistema di valutazione e di gestione delle competen-
ze a supporto della polivalenza degli operatori (Multitasking Multiskilling System). Accanto
a questo progetto ne stato realizzato un altro, complementare, orientato allintroduzione
del lavoro di gruppo e denominato Team-Based Organization (TBO).

Il progetto team-based organization


Nel 1998, il progetto TBO stato lanciato in uno dei quattro stabilimenti italiani di Hei-
neken, quello di Comun Nuovo (BG), cogliendo loccasione dellintroduzione di una nuova
linea di imbottigliamento e la mancanza di un capoturno per uno dei nuovi turni da formare.
Cos stata introdotta in maniera pilota lorganizzazione in team, mentre gli altri turni rima-
nevano organizzati in maniera tradizionale. Visti poi i risultati in termini di coinvolgimento
dei lavoratori, la TBO stata estesa anche agli altri due turni sulla stessa linea, sotto pres-
sione esplicita degli operatori che volevano partecipare anchessi allinnovazione organiz-
zativa, e infine al resto dellunit produttiva.
I team sono squadre di operatori che gestiscono in maniera autonoma la produzione. A se-
conda della linea produttiva sono composti da un numero di persone che va da 6 a 12, con
una ridondanza nel numero di operatori rispetto ai ruoli minimi necessari di circa il 20% (da 5
a 10 posizioni da coprire). Questi operatori, considerati jolly, servono per far fronte a situa-
zioni come la malattia, lassenteismo o altre esigenze impreviste. I team hanno ampia delega
su molte decisioni operative, dalla gestione delle ferie e delle sostituzioni allassegnazione
quotidiana dei posti sulla linea, alla richiesta di interventi da parte dello staff dei servizi tecni-
ci. Ogni team quindi riceve dal caporeparto solo gli obiettivi (che cosa, quanto e quando pro-
durre) e progressivamente impara a decidere le modalit dazione (come produrre).
Nonostante la presenza di un team leader, la squadra organizzata in maniera non gerar-
chica. stata presa questa decisione per non rischiare che continuasse a esistere un capo di
fatto, semplicemente con un altro nome. Il team leader non costituisce un inquadramento
gerarchico diverso. un operatore come gli altri, fa semplicemente da interfaccia verso il ca-
poreparto e gli altri team. Con lintroduzione della TBO, lorganizzazione stata quindi snel-
lita. In stabilimento ci sono solo tre livelli gerarchici, i team rispondono direttamente ai capi-
reparto e questi ultimi dipendono dal Direttore di stabilimento.
I referenti dei team possono essere scelti o eletti democraticamente. Teoricamente questo
ruolo aperto a tutti, anche se col passare del tempo le persone che lo ricoprono si sono
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3. Lindividuo nellorganizzazione 67

stabilizzate. Per ricoprirlo servono comunque competenze specifiche, che alcuni hanno svi-
luppato e altri si rendono conto di non avere. Sono le persone stesse in ogni caso a non la-
sciare che il referente diventi un capo: come il capitano di una squadra di calcio: un gioca-
tore come gli altri con alcune funzioni in pi, non lallenatore n un dirigente della societ.
Lorganizzazione in team deve confrontarsi con la stagionalit della domanda e le esigenze del-
la produzione. In bassa stagione c un numero base di team formato da dipendenti a tempo
indeterminato. In alta stagione, per costituire altri team e coprire cos pi turni, vengono divisi i
team esistenti e ne viene formato un numero maggiore inserendo i lavoratori stagionali. Si trat-
ta di una scelta imposta dalle esigenze della produzione, perch data loscillazione della do-
manda in alta stagione necessario introdurre nuovi lavoratori nellorganizzazione. Non sa-
rebbe opportuno naturalmente costituire team composti esclusivamente dai nuovi assunti.
I dipendenti fissi sono responsabilizzati nel ruolo di tutor dei nuovi arrivati, che sono inseriti
nei team con affiancamento e training on the job. Il rimescolamento periodico dei team e la
stessa rotazione dei ruoli, se da un certo punto di vista uno svantaggio, contribuisce ad ab-
battere le barriere tra i team, tra i vari turni, tra reparti differenti: scongela gli schemi, favori-
sce il cambiamento, impedisce la cristallizzazione delle persone in ruoli definiti. Il concetto
che lazienda ha cercato di trasmettere stato quello di non vivere il team come un gruppo
chiuso e autoreferenziale, ma di sentirsi parte di una squadra pi ampia, quella dello stabili-
mento e del reparto.

Le resistenze al cambiamento
Lesperienza della Team-Based Organization in Heineken stata un successo, ma la gestio-
ne del cambiamento dallorganizzazione tradizionale a quella evoluta non stata semplice:
fin dallinizio stato evidente che la trasformazione per il middle management presentava
notevoli criticit. La TBO di fatto prevedeva leliminazione dei capiturno e la trasformazione
del ruolo dei capireparto: questi ultimi avrebbero dovuto interfacciarsi direttamente con gli
operatori e non pi attraverso la gerarchia. stata spesa molta formazione per spiegare ai
capireparto il cambiamento, e per presentare agli ex capiturno il nuovo percorso che li avreb-
be fatti diventare coach, responsabili di formare le competenze degli operatori. Oltre alla le-
va della formazione, per lintroduzione della TBO stata colta unopportunit, scegliendo
un momento in cui alcuni capiturno anziani lasciavano spontaneamente lorganizzazione
per il pensionamento. Il capoturno pi coinvolto nel progetto e potenzialmente pi adatto al
nuovo modello organizzativo stato promosso a caporeparto, mentre il vecchio caporepar-
to, legato a logiche organizzative tradizionali, stato trasferito a un altro incarico.
Il cambiamento organizzativo stato spiegato fin dallinizio anche agli operatori: sono stati
illustrati non solo i vantaggi, ma anche gli svantaggi dellorganizzazione in team; in partico-
lare stato sottolineato con chiarezza che la nuova organizzazione avrebbe comportato una
maggiore assunzione di responsabilit da parte degli operatori su aspetti che prima erano
gestiti dai capi. Nellorganizzazione tradizionale i bravi operatori diventavano conduttori di
macchine, avevano capacit tecniche come saper cambiare il formato di imbottigliamento
ed effettuare gli interventi tecnici, ma non le capacit manageriali e di gestione delle risorse
umane. Le persone erano arrivate a ricoprire questo ruolo dopo anni di esperienza, quindi al
momento di introdurre la TBO si erano opposte al cambiamento, perch non riuscivano a
capirne le ragioni. Per coinvolgerle nel progetto stata necessaria molta formazione su co-
me rapportarsi con gli altri, come gestire il lavoro di gruppo e le riunioni.
Un grande aiuto al cambiamento venuto dalle caratteristiche della forza lavoro di uno sta-
bilimento con unet media inferiore ai 30 anni in produzione, e un buon livello di istruzio-
ne, variabili considerate fondamentali per proporre uninnovazione cos radicale. Non sta-
to semplice convincere persone, abituate a lavorare in modo tradizionale da 20 o 30 anni, a
rimettersi in gioco cambiando completamente i propri riferimenti. Per giovani con una buo-
na istruzione, invece, un simile modello organizzativo ha rappresentato unopportunit di
lavorare in maniera pi coinvolgente e con maggiori possibilit di crescita professionale.
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68 PARTE I ORGANIZZAZIONE

Tutto il processo di implementazione stato condiviso e trasparente, volto a motivare ade-


guatamente le persone. A posteriori le scelte fatte si sono dimostrate corrette: oggi lorga-
nizzazione basata sui team funziona, entrata nella logica normale della produzione, e sono
gli operatori stessi a insegnare ai nuovi entranti come si lavora nei gruppi.

Il caso Heineken offre diversi spunti di riflessione. Anzitutto, illustra


come il lavoro di gruppo sia uno strumento organizzativo che consen-
te di ridurre il ruolo della gerarchia e in diversi casi anche il numero di
livelli gerarchici (delayering organizzativo). Per dare buoni risultati ri-
chiede per alcuni elementi di contorno. In primo luogo il manage-
ment deve crederci veramente e far sentire agli addetti che il cambia-
mento reale e non fittizio. Occorre che i gruppi abbiano per cos di-
re degli sponsor, ovvero dei manager di alto livello che non fanno par-
te del gruppo ma ne difendono le ragioni, gli obiettivi e la necessit di
fronte al resto dellorganizzazione. Compito dello sponsor poi anche
quello di motivare i membri del gruppo, in particolare attraverso la
chiara definizione degli obiettivi (si veda la teoria del goal setting, para-
grafo 3.3.2). Si badi bene che lo sponsor non il capo del gruppo. Il
suo ruolo importante sia nelle operazioni in cui vengono introdotti i
gruppi in modo esteso come modalit standard di lavoro (come nel ca-
so Heineken, Caso 3.5b), sia nel caso di singoli gruppi che vengono
costituiti ad hoc per affrontare problemi specifici o per gestire progetti
e che possono essere vissuti come corpi estranei dal resto dellorganiz-
zazione. Nel caso di gruppi formati da personale operativo un compito
fondamentale degli sponsor quello di garantire, come avvenuto nel
caso Heineken, che il gruppo goda di deleghe reali, limitando al mini-
mo lintervento dei capi. Infatti, i gruppi eterodiretti, cio governati
dallesterno e per i quali i ruoli e la leadership sono definiti a priori, in
generale funzionano peggio dei gruppi autodiretti (self-managed). Af-
Delega ma finch il gruppo sia quanto pi possibile autodiretto vi sono alcuni re-
empower- quisiti. Anzitutto occorre che esso sia effettivamente capace di una
ment
maggiore autonomia. Se ci non , come talvolta accade, occorre che i
membri del gruppo siano potenziati nelle loro competenze individuali
e nelle loro capacit relazionali. Questo processo noto come em-
powerment del gruppo. Inoltre, i gruppi per dare il meglio e fornire
prestazioni elevate devono per cos dire maturare. Il management qua-
si sempre sottovaluta questo aspetto. Non basta mettere assieme perso-
ne con le competenze adeguate perch il gruppo funzioni. necessa-
rio un processo che in molti casi riconducibile a quattro fasi, forming,
storming, norming e performing (si veda ad esempio Pilati, 1995):

nel forming (fase di orientamento) il gruppo allo stadio nascen-


te, gli obiettivi sono ancora in discussione o non ancora compresi
appieno in tutte le loro implicazioni, la leadership non ancora
emersa e i membri cercano di capire lambiente del gruppo. la
fase essenziale per il formarsi e il consolidarsi della motivazione,
per la socializzazione e per il ritagliarsi dei ruoli;
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3. Lindividuo nellorganizzazione 69

nella fase di storming (fase di conflittualit potenziale) nel gruppo


si delineano i ruoli, si capiscono le potenzialit e le inclinazioni dei
membri, si consolida la leadership. una fase nella quale vi sono
potenziali conflitti, ad esempio per la leadership allinterno del
gruppo o rispetto ai modi di operare e ai comportamenti dei mem-
bri. Nella fase di storming, oltre alle tensioni e resistenze possono
formarsi sottogruppi e, nei gruppi informali, anche prodursi delle
scissioni. Molti gruppi non sopravvivono a questa fase;
se sopravvivono i gruppi entrano nella fase di norming, nella quale
si consolidano le regole (norme) di comportamento e quella che
possiamo definire letica del gruppo. Le norme anche implicite
sono il collante dei gruppi. Se condivise e non imposte sono il fat-
tore di coesione. Le norme di un gruppo hanno un ruolo fonda-
mentale nella motivazione perch sono alla base della teoria del-
lequit che, come abbiamo visto in precedenza, spiega come si
forma e si distrugge la motivazione degli individui. Il gruppo co-
me microambiente sociale, pi ancora che lorganizzazione nella
sua interezza, la sede dove importante che gli individui perce-
piscano equit distributiva e procedurale (si veda il paragrafo
3.3.2);
infine vi la fase di performing nella quale il gruppo ormai piena-
mente maturo produce i migliori risultati, riduce i conflitti e le con-
troversie, si orienta pi allesterno, cercando di influenzare il resto
dellorganizzazione, in quanto ormai pi sicuro al proprio interno.
Nella fase di performing molti gruppi informali cercano riconosci-
menti formali e istituzionalizzazione.

In alcuni casi ci vogliono anni perch questo processo di maturazio-


ne giunga a compimento. Vi sono molti esempi di fallimento di grup-
pi perch le aspettative di performance superiori si sono scontrate
con processi di maturazione lenti. In altri casi il fallimento ricondu-
cibile alla disillusione dei gruppi che dopo una fase iniziale di eufo-
ria hanno lamentato lintrusione del management e la scarsa delega
e hanno percepito che, nella sostanza, nulla cambiato.
Le Un aspetto importante riguarda la dimensione. Quali sono i limiti su-
dimensioni periori e inferiori? Normalmente sotto le quattro persone (le diadi e
ottimali
di un gruppo
le triadi) un gruppo presenta alcune caratteristiche peculiari tali da
renderne sconsigliabile o non ottimale lutilizzo. Un gruppo formato
da quattro persone pu contemplare sei relazioni personali, uno di
cinque dieci. Sono i numeri minimi per innescare quei processi co-
gnitivi di gruppo e quei confronti di idee e di opinioni che contraddi-
stinguono e costituiscono il vero valore aggiunto del teamworking. I
gruppi di pi di una decina di persone presentano problemi opposti,
di difficolt di interazione e di partecipazione di tutti i membri, gene-
rando fenomeni di emarginazione o di autoesclusione. In ogni caso al
crescere della dimensione del gruppo diminuiscono la coesione e il
senso di appartenenza e, solitamente, la soddisfazione dei partecipan-
ti. A titolo di esempio i gruppi di discussione dei business case che
vengono utilizzati nelle business school sono tipicamente di 5-6 perso-
ne, un numero ottimale per scatenare le dinamiche di gruppo e far
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70 PARTE I ORGANIZZAZIONE

partecipare tutti alla discussione. In sintesi, pur senza pretesa di uni-


versalit, poich molte condizioni esterne influenzano lefficacia dei
gruppi, si pu tuttavia concludere che i gruppi di lavoro migliori han-
no una dimensione normalmente compresa tra le 5 e le 10 persone.
Deresponsa- Nella percezione comune e nella letteratura manageriale il lavoro di
bilizzazione, gruppo ha generalmente una valenza positiva in quanto serve a pro-
inerzia e
conformismo
muovere la collaborazione e la partecipazione delle persone. Ci
certamente vero e, peraltro, il teamworking stato nella pratica og-
getto di vasta sperimentazione. Tuttavia, giusto anche riportare al-
cuni punti di debolezza e alcune critiche che sono state mosse, fino a
far parlare dei gruppi come di una moda manageriale. Alcune criti-
cit frequentemente riportate riguardano la deresponsabilizzazione,
il conformismo e linerzia sociale, quel fenomeno tipico dei gruppi
di grandi dimensioni per il quale gli individui sono portati a pensare
che ci sar comunque qualcun altro che si far carico di una situazio-
ne difficile e che porter a termine compiti impegnativi o sgradevoli.
Nel complesso queste critiche fanno riferimento al fatto che talvolta i
gruppi possono rivelarsi entit organizzative pi orientate alla con-
servazione che allinnovazione.

3.4.2 I conflitti

Un altro aspetto fondamentale dellinterazione sociale degli indivi-


dui allinterno delle organizzazioni riguarda il conflitto. Il tema, am-
plissimo e dai molti risvolti, stato oggetto di studi innumerevoli. In
questa sede ci limitiamo a tratteggiare alcuni aspetti di base dei con-
flitti tra i membri delle organizzazioni. Anzitutto il conflitto un fat-
tore ineliminabile nei contesti organizzati. Si pu tentare di prevenir-
lo, oppure si pu cercare di gestirlo. In alcuni casi lo si pu anche
considerare salutare. Infatti, le organizzazioni senza conflitti e senza
tensioni sono in genere poco innovative e non particolarmente effi-
Conflitti cienti. Lemergere di conflitti pu in questi casi sbloccare lorganiz-
e innovazioni zazione e dare lavvio a processi innovativi e di ristrutturazione.
Le situazioni di conflitto possono essere ricondotte a:

fattori individuali, poich le persone hanno punti di vista, perce-


zioni e personalit differenti; inoltre, gli individui possono avere
obiettivi personali e valori etici che li portano in contrasto gli uni
con gli altri; possono infine avere differenze culturali che li porta-
no ad avere visioni differenti, una situazione questa tipica delle
grandi organizzazioni multinazionali nelle quali individui con
background e nazionalit diverse entrano spesso in contatto tra lo-
ro per ragioni di lavoro; anche lo stesso atteggiamento verso il
conflitto pu essere molto dissimile, ad esempio nelle culture
orientali il conflitto aperto generalmente poco tollerato e social-
mente riprovevole, mentre in quella americana la competizione e
anche il conflitto sono situazioni accettate e anche positive;
fattori contingenti, legati a situazioni specifiche come ad esempio
la prossimit fisica, la condivisione di risorse e la conseguente
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3. Lindividuo nellorganizzazione 71

competizione per accaparrarsele; o ancora lincertezza e la sovrap-


posizione di responsabilit in situazioni particolari: si pensi ai con-
trasti che talvolta insorgono tra forze dellordine, protezione civi-
le, soccorritori e volontari accorsi sul luogo di una calamit;
fattori organizzativi, legati ai contrasti intrinseci tra gli obiettivi as-
segnati ai diversi manager e alle unit organizzative; ad esempio,
un responsabile di produzione che cerca di minimizzare le scorte
di prodotti finiti, perch questo rientra negli obiettivi di efficienza
assegnatigli, potrebbe entrare in conflitto con il responsabile delle
vendite che vorrebbe avere sempre prodotti disponibili per soddi-
sfare prontamente le esigenze dei clienti, ci che certamente
coerente con il suo obiettivo di massimizzare le vendite (si torner
su questo punto nel capitolo 7). Anche le norme e le procedure
che, in teoria, sono create per evitare i conflitti, possono invece ali-
mentarli quando sono percepite come troppo rigide e vincolanti.
Infine, molte organizzazioni prevedono strutturalmente linee ge-
rarchiche multiple, ovvero situazioni nelle quali un individuo ri-
sponde a pi capi (si torner su questo punto nel capitolo 4), ad
esempio il capo dellunit organizzativa di cui fanno parte e il re-
sponsabile del progetto al quale sono temporaneamente assegna-
ti. Situazioni di questo tipo sono fonte frequente di conflitti.

I conflitti nei quali i fattori individuali sono prevalenti sono pi diffi-


cili da gestire, poich spesso vertono su questioni di principio pi
che su fatti concreti. Unorganizzazione ben progettata e processi de-
cisionali razionali e partecipativi possono invece risolvere o preveni-
re i conflitti nei quali i fattori organizzativi e contingenti sono preva-
lenti (si torner sullargomento nei capitoli 7 e 8).
Leadership, Naturalmente anche altri elementi influenzano la possibilit di gesti-
equit e re e risolvere i conflitti, quali ad esempio la presenza di leadership
compromesso
autorevoli non autoritarie che dirimano le questioni lasciando
nelle parti in conflitto il senso di equit procedurale e distributiva. O
anche il fatto che le parti debbano interagire nel lungo termine, ci
che le orienta pi positivamente verso il compromesso che non il sa-
pere di dover interagire in quellunica occasione.
Minacce Le ultime osservazioni riguardano il conflitto nei gruppi e tra gruppi.
esterne Per certi aspetti il gruppo la sede privilegiata della collaborazione e
e coesione
interna
dunque dellantitesi del conflitto. Peraltro, abbiamo visto che nelle pri-
me fasi del processo di maturazione dei gruppi spesso si manifestano
conflitti che ne minacciano la sopravvivenza. Infine, i gruppi, soprat-
tutto quelli informali, entrano in conflitto tra loro (conflitto esterno) e
anzi queste circostanze normalmente sono un fattore di coesione del
gruppo: la minaccia esterna compatta le fila e cementa il fronte.
In questo lungo capitolo abbiamo delineato il ruolo dellindividuo nel-
lorganizzazione, affrontando gli aspetti di progettazione della micro-
struttura, ma anche assumendo il punto di vista individuale e dunque
le motivazioni e le capacit dei singoli. Infine abbiamo sintetizzato al-
cuni aspetti dellinterazione sociale in particolare legati ai gruppi e alla
cooperazione da un lato, e ai conflitti dallaltro. Sulla scorta di questi
concetti possiamo ora affrontare la macrostruttura organizzativa.

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