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Silvia Tatti
Modulo di Letteratura italiana: "Classico"
Elaborati degli studenti
Indice:
Perla Ulboa: E.R. Curtius
Sara La Porta: Mario Citroni e limportanza della parola classico
Jessica Catani: Pietro Verri e il Caff
Francesca Cordaro: Classico, classici, antichi, moderni in Alessandro Verri
Alessia Imbroglia: Il neoclassicismo nella poetica di Ugo Foscolo
Fabiana Meloni: Conflitto tra antichi e moderni nel pensiero leopardiano
Angela Pistillo: Giacomo Leopardi tra Classicismo e Romanticismo
Giorgia Pellorca: Il classico e lantico leopardiano: labirinti lessicali vivaci e
dinamici
Lara Petralia: George Gordon Byron, l'Antiromantico
Valeria Girardi: Il Classicismo tedesco: die Weimerer Klassik e Goethe
Francesca Pitotti: Classico in Carducci
Francesca Cardo Jacques Le Goff Antico/moderno
Alessandra Daniele: What is a classic? T.S.Eiot
Nicla Dionisiadi: Classico e classicit in Mario Luzi e Giuseppe Pontiggia
Nel 1932 scrisse Lo spirito tedesco in pericolo, considerato un monito sui pericoli
del nazismo e sulla necessit di un ritorno ai valori dell'umanesimo.
Una ricerca rigorosa e una grande capacit di sintesi sono alla base delle sue opere.
Fu amico di Andr Gide, Max Scheler, Stefan George, Jean-Paul Sartre, Thomas
Mann e di altre personalit importanti della cultura europea. Fu allievo di Gustav
Grber. Anche Georg Curtius, fratello del nonno archeologo e storico Ernst Curtius,
era filologo.
Il Medio Evo ebbe una concezione sua propria del mondo classico poich
esistette veramente quello che Curtius ha chiamato classicismo medievale. Al
gusto raffinato dei moderni potr sembrare un classicismo deformato, mutilato o
bizzarro; eppure esso fu una forza formatrice degli spiriti di quel secolo
dodicesimo, che fu sostanzialmente un tempo che vide la giovent spingersi
avanti per emergere. uno spettacolo divertente assistere all'incontro di questa
giovent con gli anziani; uno spettacolo che possiamo seguire di decennio in
decennio e che culmina, verso il 1170. Arrivati a questa data troviamo
manifesti poetici e retorici che vengono a costituire una specie di
Dichiarazione dei Diritti. Sono proclamati da un gruppo di scrittori che si
attribuiscono il nome di Moderni. Essi si fanno banditori di nuovi modelli in
poesia, nell'arte dello scrivere in prosa, nella filosofia, e in ogni altro ramo del
sapere. Sono convinti che sta sorgendo una nuova et e citano a proprio conforto
le parole di San Paolo: Le vecchie cose sono svanite; guardate, esse sono
diventate nuove. Avete qui un esempio della graziosa ingenuit di quell'epoca
che conobbe una censura ecclesiastica veramente minima. Non c'era ancora
l'Inquisizione, non c'era ancora la sorveglianza papale sul corso degli studi;
variet di posizioni caratterizzavano la teologia e la pi squisita elaborazione dei
dogmi. Il secolo dodicesimo fru di una libert intellettuale che il secolo seguente
avrebbe soppresso. Per questo un errore parlare del Medio Evo come di una et
tutta uniforme poich sarebbe come se noi potessimo, a modo d'esempio, parlare
degli ultimi quattro secoli come di un tutto unico. Dobbiamo, invece, tentare di
delineare ogni secolo come fu nelle sue caratteristiche singolari, profondamente
diverse da quelle degli altri secoli. Quando ci si guarder dal parlare di uno
spirito medievale si sar fatto un grande passo sulla strada della comprensione
della storia.
Ma ci permesso parlare ancora dei Moderni del 1170. Circa un mezzo secolo
prima gli Antichi erano stati definiti dei giganti, mentre i Moderni parevano nani
che potevano spaziare su un pi vasto orizzonte solo perch stavano sulle spalle
di quei giganti. Ma verso la fine del secolo i Moderni hanno spiegato le ali e si
vantano di essere uguali ai loro antenati. Anzi, manifestano un certo fastidio nei
riguardi dello stile dei classici: Si sentono capaci di fare meglio di loro e
coniano, intanto, molte parole nuove.
Sono dei ribelli... ma solo fino a un certo punto. Essi, infatti, continuavano a
scrivere in latino; e mentre attendevano ad affinare versi elaborati, si fece avanti
un altro gruppo che spinse pi a fondo la ribellione. Giovanni di Salisbury, il pi
grande umanista del dodicesimo secolo, deplora il crescente disprezzo della
grammatica, della retorica e delle lettere. Gli autori classici sono messi da parte.
Coloro che si mantengono fedeli ai classici vengono fatti segno a frecciate di
derisione: Che cosa pensa questo vecchio asino? Perch mai non fa che ripetere
i detti e i fatti degli Antichi? Noi troviamo in noi stessi la sorgente del sapere.
Verso il 1200 noi troviamo due nuove discipline del sapere: il diritto e la
medicina. Si sviluppa un nuovo sistema educativo quando le scuole episcopali
vengono soppiantate dalle Universit. Si diffondono in traduzione latina le opere
di Aristotele che forniscono uno sterminato corpo di cognizioni relative
all'universo, alla storia naturale e alla metafisica. Questo materiale sar adattato
e trasformato per divenire parte del grande sistema della scolastica. Cos il
secolo decimo terzo segna il trionfo della filosofia perch questa disciplina si
insinua dovunque e usurpa ogni cosa. Verso il 1225 la splendida fioritura di
poesia e letteratura latine termina bruscamente. Se ne deve cercare la ragione in
una riforma dell'educazione. Nel 1215 il corso degli studi in vigore all'Universit
di Parigi venne radicalmente alterato: abolito lo studio dei classici, subentra al
suo posto quello della logica formale.
Che dire delle basi della cultura occidentale? Le basi della cultura occidentale
sono l'antichit classica e il Cristianesimo: La funzione del Medio Evo fu quella
di ricevere quel deposito, di trasmetterlo e di adattarlo. Per mio conto, il suo
legato pi prezioso lo spirito che riusc a creare mentre eseguiva questo
compito. I fondatori sono stati San Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino e
pochi altri. Sono figure che appartengono al quarto e al quinto secolo della
nostra era e rappresentano l'ultima fase dell'antichit greco-romana che coincide
con la prima fase del Cristianesimo. La lezione del Medio Evo proprio
nell'accettazione riverente e nella fedele trasmissione di un deposito prezioso.
Ma questa anche la lezione che noi deriviamo da Dante e da Goethe secondo
quanto egli ci insegna nella sua opera poetica, nei suoi scritti di storia e di
filosofia, nelle sue lettere e nei suoi colloqui. Il secolo decimo nono ha fatto
nascere un tipo di scrittore che si eretto a campione di idee rivoluzionarie e di
una poesia parimenti rivoluzionaria.
Classicit
Nel corso del Medioevo i sofisti fondarono una dottrina scientifica della
letteratura, ad essa contribu il noto autore Aristotele scrivendo la
Poetica e la Retorica; ma la scienza letteraria tocc il culmine con la
filologia Alessandrina diffusasi nel III secolo A.C. e proprio ad
Alessandria che sorse il pi grande centro di studi del mondo antico, il
Museion sostanzialmente era un, accademia di sapienti, cui si affiancava
una biblioteca di oltre 500.000 volumi. Cresciuta sotto la guida della
filosofia greca, la scienza letteraria divenne pi importante grazie anche
alla filologia ellenistica, in effetti essa impar a classificare la scienza
letteraria per generi e autori ove la selezione degli autori presupponeva
una classificazione dei generi; oltre alla distinzione dei generi quali la
commedia, la tragedia, si utilizzava come principio di classificazione
anche il tipo di verso usato nelle opere, e per finire si classificavano per
lordine dimportanza, alcuni erano detti Grandi altri minori.
Seguendo questi principi pu un poeta essere ritenuto classico anche se
cura un genere minore? secondo la teoria dellautore Boileau ci non
era possibile; a dispetto di questa teoria sorge La Fontaine ritenuto da
lettori e critici il frutto migliore della letteratura classica Francese. Ma in
cosa consiste il classico? e da quanto tempo esistono i Classici?
queste domande riconducono alla selezione di alcuni autori che si
trovavano allinterno di alcuni cataloghi compilati nellet ellenistica, ma
con il passare del tempo questo catalogo degli autori e delle opere
esemplari si ridusse(numero dei tragici da 5 a 3, Eschilo scrisse 90
tragedie, Sofocle 123 ma di entrambi ne rimasero sette). I filologi
Alessandrini furono i primi che selezionarono scritti di autori antichi per
farne materia di lettura dei grammatici, Il vocabolo classicus apparve
molto tardi e in usa sola citazione: lo us Aulo Gellio sommo erudita
analizz una serie di problemi grammaticali controversi. Le parole
quadriga e arena esigono la congiunzione del verbo al plurale o singolare?
Lui rispose per regolarsi correttamente si veda qualche oratore o qualche
poeta della schiera pi antica, cio uno scrittore di valore e di classe
superiore, non un proletario, poich secondo la costituzione serviana i
cittadini erano divisi per censo, e per entit di imposte, in 5 classi, gli
appartenenti alla prima classe(i pi ricchi) venivano chiamati
semplicemente classici. Il proletarius per Gellio il termine di paragone e
non appartiene ad alcuna classe contribuente. Il brano di Gellio
interessante perch dimostra che nellantichit lidea di autore esemplare
poggiava sul criterio della correttezza linguistica. Il termine classico
quindi ha origini molto umili, ma nei secoli XVII E XVIII si amplific
profondamente; in effetti nel 1800 tutta lAntichit greco-romana fu
designata come Classica, questo per produsse conseguenze negative ma
anche positive, poich per un intero secolo rimase preclusa la strada alla
valutazione dellantichit dal punto di vista storico ed estetico.
Gli scrittori considerati classici sono sempre gli stessi di prima, onorati
talvolta come modelli, talaltra respinti perch sorpassati, ed quello che
accadde ad Alessandria dove si videro contrapposti Omero a i Pi nuovi
come Callimaco. Lo stesso Terenzio sottolineava nei suoi prologhi, il
contrasto tra lindirizzo antico e quello moderno; in effetti nel I secolo
A.C. si affermarono i nuovi poeti, ma essi vennero sostituiti dagli autori
dellet augustea definita let moderna. Sotto gli Antonini comparse
una nuova scuola poetica, poich man mano che il tempo antico
invecchiava sempre pi forte si faceva lesigenza per ci che era
moderno ma poich il vocabolo ancora non persisteva lesigenza veniva
soddisfatta con neotericus ovvero una forma stilistica ben definita ispirata
alla poesia alessandrina, e dopo il IV secolo assunse il significato di
scrittore pi moderno. Nonostante ci la distinzione fra antico e nuovo
non assunse sempre un aspetto polemico, talvolta indicava semplicemente
la successione di stili e periodi, come nella commedia antica media e
nuova o nei due testamenti della chiesa cristiana. C da dire per che
lAntichit non possedeva una coscienza storica secondo la concezione
odierna, ovvero non conosceva la divisione in periodi o se la conosceva
non poteva esprimerla per mancanza di terminologia storica, (era come se
noi ad esempio disponessimo solamente di una parola generica il
passato anzich distinguere lAntichit, Medio Evo, Et moderna)
Cicerone per esempio si sofferm sul carattere relativo del concetto
antiqui: gli oratori attici visti dai romani, erano senes, ma secondo la
cronologia ateniese, moderni. Orazio invece affermava che il pubblico
voleva leggere solamente i poeti antichi, ma quali sono i poeti antichi?
Forse uno che morto da un centinaio danni, per Quintiliano Cicerone
rientrava fra gli antiqui ma molti erano daccorso sul fatto che in ogni
caso personaggi vissuti 100 o 120 anni prima non potevano essere
considerati antiqui, poich 120 rappresentavano let a cui poteva
giungere una vita umana. Per quanto concerne luso della parola moderno
essa apparve nel VI secolo con il neologismo modernus esso permise a
Cassiodoro di fare un parallelismo per celebrare un autore affermando:
puntualissimo imitatore degli antichi, nobilissimo maestro dei moderni.
Gi nel IX secolo let di Carlo Magno pu essere chiamata seculum
modernum, ma c da specificare il fatto che la cesura tra et antica e et
moderna non coincide per nulla con linizio dellera cristiana. In generale
per noi diciamo antichi riferendoci agli autori pagani poich siamo soliti
considerare il paganesimo e il paganesimo come due sfere distinte, ma nel
medioevo si ragionava in maniera diversa tutti gli autori del tempo
passato fossero pagani o cristiani, si chiamavano veteres. Il
rinnovamento scientifico del XII secolo fra poetica, la logica, la
metafisica, letica nuove, questi due fenomeni costituiscono due aspetti
di un rinnovamento culturale.
4. Il Canone Medievale
1
Aulo Gellio, scrittore e giurista romano, vissuto nel II secolo e noto soprattutto per la sua
grande opera Noctes Acticae.
Uno dei significati pi noti calare (chiamare, in latino); proprio questo sarebbe il
primo significato, pur non essendo attestato in alcuno scritto. Calare potrebbe essere
un chiaro riferimento alla chiamata alle armi di tutti i cittadini e, solo
successivamente, tale termine cominci a designare tutti coloro che, in base alle loro
disponibilit economiche, venivano divisi in cinque classes, ove ognuna di essa
rappresentava una particolare capacit nel servire lesercito, dando loro la possibilit
di contribuire al meglio allo sviluppo dello Stato stesso. Con la suddetta ripartizione
della societ romana in cinque classi, stabilita da Servio Tullio 2, il termine classis
continu ad essere utilizzato per identificare le differenti classi sociali, nonostante
fosse oramai superata completamente la distinzione nellambito dellesercito. Dal
punto di vista prettamente militare il termine venne impiegato per definire
unicamente la flotta.
interessante notare che il riferimento alle classi scolastiche non era molto diffuso;
possiamo trovarne solo tre esempi in Quintiliano, uno in Giovenale e uno in Ennodio,
allinterno del quale tale termine si riferiva al discepolo (o studente):
Gellio afferma che classicus (classe sociale) era riferito ad un cittadino appartenente
alla prima classe; come sottolineato dei passi di Gellio, Frontone 3 utilizzava il
termine classicus per identificare gli scrittori di prima qualit. Tale termine potrebbe
anche essere considerato come traduzione diretta dellespressione greca inserito a
seguito di giudizio, utilizzato per identificare gli autori esemplari (uno dei
significati pi utilizzati attualmente). La differenza pi evidente tra classicus e
lespressione greca che il primo non pu essere considerato un tecnicismo del
linguaggio grammaticale e critico, al contrario del secondo. Bisogna aggiungere,
per, che uno dei calchi pi importanti di tale espressione quello inserito allinterno
della prima Ode di Orazio, nella quale il poeta manifesta la propria ambizione al
successo artistico, con il fine di essere inserito tra i grandi lirici:
2
Sesto Re di Roma che si dedico soprattutto ad opere di pace. Ognuna delle classi, che
costituivano la societa romana, contava un certo numero di centurie. Questo porto al
superamento totale dellantico ordinamento gentilizio.
3
Oratore romano, vissuto nel II secolo.
Quodsi me lyricis vatibus inseres, sublimi feriam sidera vertice
Classici dicebantur non omnes, qui in quinque classibus erant, sed primae tantum
classis homines, qui centum et viginti quinque milia aeris ampliusve censi erant.
Infra classem autem appellabantur secundae classis ceterarumque omnium
classium, qui minore summa aeris, quod supra dixi, censebantur. Hoc eo strictim
notavi, quoniam in M. Catonis oratione, qua Voconiam legem suasit, quaeri solet,
quid sit classicus, quid infra classem.5
A supporto di questa tesi spicca il fatto che Quintiliano, pochi decenni prima di
Frontone, utilizzava ordo per indicare autori eccellenti, ma non classis o un suo
derivato:
4
I cittadini, appartenenti alla prima classe, non potevano istituire erede una donna, anche se
questa era l'unica figlia.
5
Classici venivan detti non tutti coloro che erano divisi nelle cinque classi, ma soltanto quelli
della prima classe, che cioe erano censiti per un possesso di centoventicinquemila assi o piu .
Eran detti infra classem quelli che appartenevano alla seconda o alle altre classi, e che erano
censiti per una somma inferiore a quella detta sopra. Ho ricordato brevemente questo, perche
nellorazione di Marco Catone In favore della legge Voconia si vuole ricercare la differenza tra
classicus e infra classem.
Le teorie di Gellio trovano conferma allinterno di un altro studioso: Festo6. Questi
aveva creato un dizionario nel III secolo d.C. e aveva designato con infra classem
tutti coloro che appartenevano a classi sociali pi basse rispetto alla prima. Ci che
bisogna per sottolineare che questidea si ricollega probabilmente ad una prima
attestazione secondo la quale classis (la prima) era solo ed esclusivamente linsieme
degli individui chiamati alle armi e che avevano quindi la disponibilit economica
per provvedere alle spese per lattrezzatura militare. Al contrario gli infra classem
rappresentavano la classe costituita da tutti quei cittadini di rango inferiore che, data
la scarsa disponibilit economica, ricoprivano dei ruoli marginali. Da questultima
analisi si comprende appieno che originariamente classis, militarmente intesa, si
riferisse ai cittadini-soldati e che solo dopo sarebbe subentrato il riferimento al
sistema delle classes. Questidea ha rappresentato, durante lOttocento, un
importante punto di riferimento nellintento di ricostruire le origini del sistema della
suddivisione in classi di Servio Tullio.
6
De verborum significatu
7
Grammatico romano, vissuto nel periodo augusteo. E conosciuto come uno dei piu rinomati
maestri di grammatica, tanto da ottenere il privilegio di istruire i nipoti dellimperatore Augusto.
Erano detti testimoni classici (classici testes) quelli che venivano utilizzati per la
firma dei testamenti.
Quello che bisogna sottolineare per che a Roma non vi erano dei requisiti ben
precisi di censo per testimoniare tale capacit era riconosciuta, in realt, a tutti gli
individui il cui censo era ancor pi basso a quello richiesto per rientrare nella quinta
classe. Se analizziamo in profondit questo significato, possiamo notare che
classicus non pu essere quindi riferito n ai membri della prima classe, n
tantomeno ai membri delle altre classi. Il senso di tale termine, in Flacco, risiede
nelle capacit del singolo individuo di testimoniare allinterno dei testamenti con
piena qualificazione, come viene affermato dallo stesso Citroni. I cittadini ritenuti
idonei come testimoni per un testamento erano definiti pertanto classici perch dotati
di una piena qualificazione (di affidabilit).
Ite ergo nunc et, quando forte erit otium, quaerite, an "quadrigam" et "harenas"
dixerit e cohorte illa dumtaxat antiquiore vel oratorum aliquis vel poetarum, id est
classicus adsiduusque aliquis scriptor, non proletarius.,
una metafora non lessicalizzata e che pertanto ha bisogno di ulteriori termini per
essere compresa al meglio. Tale metafora afferma quindi che quadriga si usa
correttamente solo al plurale mentre harena solo al singolare, sostenendo inoltre che
non vi sono eccezioni allinterno di autori classici. evidente come il classicus,
presente in questo estratto, si riferisca agli autori di prima qualit e appartenenti
quindi alla prima classe. Alcuni studiosi credono, contrariamente a Gellio, che
classici si riferisca pi propriamente alinsieme di tutti i cittadini, intesi come
appartenenti alle cinque classi. Questa tesi legata allutilizzo del termine classicus
con adsiduus8, con il quale Cicerone indica tutti coloro che sono tenuti al
pagamento dei tributi in quanto appartenenti a una delle cinque classi. Classicus
invece contrapposto a proletarius, che indica tutti i cittadini al di sotto della quinta
classe. Inoltre, in Cicerone, lespressione quintae classis9 ha una connotazione
8
Contribuente, in quanto benestante e, per tanto, affidabile.
9
Cicerone definisce di quinto ordine alcuni filosofi: Crisippo e Cleante
estremamente negativa, in quanto le classi furono aumentate e il requisito
economico, per entrare a far parte della quinta ed ultima di esse, fu ridotto. Affinch
si possa mantenere il valore elogiativo celato dietro la metafora frontoniana,
giustificando di conseguenza la vicinanza con adsiduus e la distanza che lautore
vuole prendere da proletarius, bisognerebbe attribuire al termine classicus il
riferimento alle classi sociali, specificando lappartenenza alla prima e pi
importante, quella dei cittadini-soldati.
10
Oratore pagano, vissuto nel IV secolo e convertitosi solo in tarda eta e offrendo, come prova
della sua conversione, i sette libri Adversus nationes al vescovo
Come gi detto in precedenza, il significato di classicus frontoniano viene ricondotto
ad unespressione greca (inserito a seguito di giudizio, pag.2) che, normalmente ed
erroneamente, viene collegata al latino come se fosse usata nello stesso momento in
cui a Roma si utilizzava il termine classicus. Le attestazioni, per, ci portano a
pensare il contrario, in quanto appartenenti quasi tutte alla et bizantina e tutte in
riferimento al canone dei dieci oratori attici11. Molto probabilmente lespressione
era gi in uso nel momento in cui il suddetto canone fu creato, ma il problema pi
grande sorge nel momento in cui si vuole datare luso di tale termine non essendo in
possesso della datazione del canone. Infatti in molti credono che questo sia
successivo al II secolo a.C. mentre, dal punto di vista storico, possiamo contare sulla
presenza di un trattato avente come oggetto il canone dei dieci oratori ed elaborato da
Cecilio di Calatte intorno alla fine del I sec. a.C. Di conseguenza, possiamo
affermare che il canone doveva essere stato creato precedentemente, dal momento
che si presenta nellautore come oggetto di analisi.
Ritornando al nesso con il canone dei dieci oratori, bisogna certamente sottolineare
il fatto che si tratti di scrittori appartenenti ad una particolare lista (quella dei dieci
oratori) e che pertanto rappresenti una lista chiusa; essa un chiaro riferimento a una
tipologia di liste condotte con un criterio di selezione inflessibile, la quale consentiva
di mettere in risalto gli autori di supremo prestigio13, ovvero tutti quegli scrittori
che avevano creato opere rappresentative in relazione al proprio genere letterario.
Questa visione entra completamente in conflitto con il significato che abbiamo
analizzato sia in Frontone, quello dei cittadini-soldati a cui era associata lidea di
qualit e piena autorevolezza, sia in Gellio, in cui classicus faceva riferimento a
11
Canone Alessandrino di Aristofane di Bisanzio e Aristarco di Samotracia, del V-VI secolo a.C.
12
Citroni Mario, Gellio 19,8,15 e la storia di classicus, in Materiali e discussioni per lanalisi dei
testi classici, p. 196.
13
Citroni Mario, Gellio 19,8,15 e la storia di classicus, in Materiali e discussioni per lanalisi dei
testi classici, p. 197.
unampia schiera di scrittori. Questo accade perch il senso attribuito dai due autori
al classicus scriptor indica una lista estesa: si tratta dellinsieme (coorte) degli autori
autorevoli e/o affidabili solo ed esclusivamente dal punto di vista della correttezza
linguistica o anche grammaticale e che posseggono quindi una responsabilit
inferiore; lidea del chiuso o del ristretto viene ricollegata al solo fatto di
appartenere ad un gruppo di autori antichi (antiquiores) ed eccellenti, senza alcun
intento di creare liste vincolanti e rigidamente chiuse. In conclusione, come sostenuto
da Citroni stesso, il significato celato dietro il classicus in Frontone era estremamente
diverso da quello dellespressione greca, distanziandolo nettamente dallidea di
esclusivit. In Gellio e, di conseguenza, in Frontone tale significato diventa sempre
pi forte nel momento in cui cominci ad essere utilizzato in ambito ecclesiastico.
Ci avvenne attraverso la diffusione e limpiego avvenuta per mano dei teologi che,
nel corso del tempo, cominciarono ad essere identificati come massime autorit,
essendo la loro parola carica di importanza e forza14.
Nel corso del Medioevo, le liste degli autori furono notevolmente allargate, senza
alcun tipo di differenza tra epoche e generi differenti: gli autori vengono visti come
esempi grammaticali ma soprattutto morali.
Dopo Gellio, il termine classicus non fu pi utilizzato per tutto il resto del Medioevo,
ma fu ripreso solo a partire dal tardo Quattrocento, per poi affermarsi definitivamente
nei secoli XV e XVI. Molti critici pensarono che la prima attestazione dopo quella
del giurista fu quella di Melantone15 che defin Plutarco classicus auctor,
rivendicandone cos il pregio. Melantone inoltre sosteneva la necessit di
selezionare, tra gli autori greci, gli optimae notae classici.
14
Tatti Silvia, Classico: storia di una parola, Roma, Carocci Editore, 2015.
15
Melantone Filippo, umanista e riformatore tedesco, si dedico allo studio dei classici e
soprattutto di Aristotele.
16
Filologo classico tedesco , si e interessato in particolar modo alla poesia greca e
allumanesimo. Una delle sue opere piu importanti e Humanitas Erasmiana.
individuata nel 1509 da Peter Schmidt, allinterno della quale classici si riferiva agli
scrittori antichi visti da un punto di vista generale.
stata per Silvia Rizzo 17 a dare il contributo pi importante alla modernit del
termine, riscontrando due esempi uno del 1496 e laltro del 1500 in Filippo
Beroaldo il Vecchio18, il quale usa precisi riferimenti a Gellio (il recupero, dunque,
del termine classicus). Egli fa riferimento, nel 1496, ad un uso puramente linguistico
affermando che nessuno, tra gli scriptores classici19, usava pi quel termine:
Non Livius, non Quintilianus, non Plinius, non Celsus, non quispiam ex illa cohorte
scriptorum classicorum hoc vocabulum usurpant.
Invece, nel testo redatto nel 1500, Beroaldo sostenne che Fulgenzio era un autore
meschino e che quindi non poteva essere considerato come un classicus:
Beroaldo, dedicatosi al recupero del lavoro di Gellio, considera quindi classici tutti
quegli autori con particolari qualit e tutti coloro che appartenevano alla tarda
antichit.
17
E stata docente di Filologia della letteratura italiana presso le universita di Perugia e di Roma
La Sapienza.
18
Umanista che pubblico diversi commenti su piu di venticinque autori classici, tra i quali
spiccano i nomi di Aulo Gellio, Cicerone, Cesare e Plutarco.
19
Coorte di scrittori classici, in particolar modo con riferimento a Livio, Quintiliano, Plinio e
Celso.
20
Contrapposizione tra scrittori classici e scrittori proletari.
Per quanto riguarda lanalisi affrontata allinterno del saggio I canoni di autori
antichi: alle origini del concetto di classico, essa si incentra soprattutto sulla
suddivisione dei generi letterari21. Questi, come sostenuto da Citroni, trovano il loro
fondamento nelle teorizzazioni di epoca rinascimentale. Infatti, la definizione di
genere letterario stata uno dei temi pi affrontati e controversi di tutto il
Rinascimento. In questo periodo fu analizzata la Poetica di Aristotele, opera nella
quale il filosofo si concentr sullanalisi della tragedia e dellepica, ma anche su
Platone, il quale fu il primo ad introdurre una distinzione, anche se primitiva, tra
genere narrativo22, misto23 e mimetico24.
21
Categoria della scrittura letteraria, da considerare come concetto mobile e molto suscettibile
ai cambiamenti, reinterpretazioni.
22
Genere proprio del nomo e ditirambo (forma di lirica corale).
23
Genere comprendente lepopea.
24
Genere drammatico che comprende la tragedia e la commedia.
considerazione il concetto moderno, come con qualunque altro concetto culturale e/o
artistico.
Una parte del pensiero di Mme de Stal, in merito a ci che stato appena illustrato,
riportato nellincipit dellarticolo Sulla maniera e la utilit delle traduzioni:
25
Sulla maniera e la utilit delle traduzioni.
26
Imitatio, concetto di imitazione, fa riferimento alla ripresa totale di forme e stili esemplari
degli autori antichi. E il recupero mnemonico della pienezza e perfezione degli antichi. Si
sviluppa, cos, nel Rinascimento larte della memoria.
moderne volesse appagarsi delle ricchezze sue proprie, sarebbe ognor povera: e il
commercio de pensieri quello che ha pi sicuro profitto[]
I principali caratteri formali dellepoca classica che sono utilizzati per lassegnazione
delleccellenza tipologica sono: equilibrio, armonia, naturalezza e compostezza; nel
corso del tempi tutti questi parametri stilistici sono stati messi in discussione dalle
diverse correnti artistiche, mutando ed evolvendosi senza poter essere definiti con
precisione. Proprio per questo motivo, se il termine classico viene considerato dal
punto di vista del significato tipologico artistico, si nota che questa attribuzione di
eccellenza pu risultare arbitraria; al contrario, per quanto riguarda il significato
assiologico unopera potrebbe essere considerata eccellente, pur non essendola dal
punto di vista della sua tipologia formale.
Come gi detto, non esistono attestazioni delluso del termine classico per tutta la
tarda antichit e per questo Citroni sostiene che classicus sia rinato solo nellet
rinascimentale come se fosse in realt un recupero delluso di Frontone.
Questultimo, insieme a Gellio, come gi specificato in precedenza, credeva in un
uso pi ampio ma allo stesso tempo pi chiuso del termine, in riferimento agli
scrittori di prima qualit. Tale significato risulta quindi identico, dal punto di vista
assiologico, al concetto moderno di classico. Infatti, tutti coloro appartenenti a questa
lista rappresentano e garantiscono le forme corrette dellespressione linguistica.
Laggettivo chiuso quindi non sta a significare che il gruppo inteso da Gellio e
Frontone fosse selezionato dal punto di vista della capacit artistica, ma pi che altro
27
Relativo allassiologia, si riferisce ad una scala di valori.
28
Relativo alla tipologia, si riferisce ai metodi e criteri tipologici di una determinata opera.
che comprendesse autori appartenenti allantichit, ovvero quegli autori latini non
pi recenti.
Lidea delle liste molto importante in Grecia e a Roma, esse incidono sul sistema
letterario del tempo e sono state create per dominare in maniera pi diretta la
tradizione. Molti autori, tra i quali troviamo Quintiliano e Orazio, ci fanno notare che
29
Tatti Silvia, Classico: storia di una parola, Carocci Editore, Roma, p. 84.
30
Roberto Nicolai si laurea presso lUniversita di Roma La Sapienza e attualmente ricopre la
carica di vicepreside della Facolta di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche, Studi Orientali. Ha
pubblicato diversi studi sulla letteratura storica e geografia greca, come La storiografia
nelleducazione antica (1992).
tali liste erano divise per genere. La corrente ellenistica 31 aveva creato diversi modi
per una migliore suddivisione delle liste: un catalogo degli autori e delle opere che
erano conservate nella biblioteca di Alessandria o anche lindividuazione di un
determinato genere, per poi creare successivamente una bibliografia con i profili
dei suoi massimi rappresentanti. Due tipologie di ordinamento completo che
trattavano gli autori noti e che pertanto non possono essere considerate come un
mero elenco di nomi. La maggior parte delle liste erano brevi; vi erano nomi degli
autori pi importanti, ossia di tutti quegli autori che avevano segnato unepoca e che
rappresentavano particolari generi letterari.
Ulrich von Wilamowitz, filologo tedesco interessato soprattutto alla cultura greca,
aveva sviluppato una tesi, oggi non considerata cos valida, secondo la quale queste
liste, pur essendo brevi, erano complete ed esaustive. Lo studioso in questione, a sua
volta, si opponeva ad unaltra tesi, anchessa considerata non pi valida: questa
affermava che i grammatici alessandrini erano stati coloro che avevano fissato le liste
normative di autori importanti e dei loro relativi generi. Quello che bisogna
affermare per che questo processo ebbe una propria autonomia.
Quintiliano dedica la propria rassegna sugli autori greci e latini a tutti coloro che
hanno il desiderio di formarsi secondo uno stile oratorio. Lautore inserisce per
anche scrittori appartenenti ad unet pi recente. Questa lista, inserita allinterno di
un trattato scolastico, risulta essere una lista aperta che ha quindi la possibilit di
essere ampliata con ulteriori nomi, pi o meno rilevanti, che rappresentano uno
strumento per la formazione del lettore/studente. Si pu notare che la rassegna di
Quintiliano presenta una struttura pi complessa rispetto a quelle tradizionali. Egli
inserisce autori pi recenti, tra i quali spiccano nomi di autori contemporanei ma in
numero inferiore rispetto ai nomi appartenenti al canone augusteo e al primo
ellenismo. In questo modo Quintiliano voleva restare lontano dal commettere lerrore
di trasformare la propria lista in un mero catalogo da biblioteca:
Sunt et alii scriptores boni, sed nos genera degustamus, non bibliothecas
excutimus.32
31
Periodo della storia greca che va dalla morte di Alessandro Magno alla battaglia di Azio (31
a.C.). In questo periodo vi e la totale diffusione della lingua e della cultura greca in tutto il
mondo.
32
Quintiliano, Istitutiones, Liber X.
Come sostiene Citroni, un autore acquisisce nel tempo un particolare prestigio
attraverso un processo storico sempre diverso e pi difficile da ricostruire. La stesura
delle liste si presenta con uno svolgimento sul quale vale la pena soffermarsi. Esso fu
inizialmente eseguito dai grammatici alessandrini, come gi pi volte affermato;
inoltre, anche la stessa produzione letteraria latina venne ordinata per canoni che
riprendevano perfettamente quelli greci che, con il passare dei secoli, si erano
consolidati e diventati di conseguenza modelli. Per questo motivo, molti tra gli
scrittori latini cercavano di raggiungere quelleccellenza in un particolare genere, non
ancora completo, cercando sempre di emulare le eccellenze greche. Il redigere le liste
si pu considerare come un atto di canonizzazione, nel senso che le norme e i valori
morali trascritti venivano fissati per sempre. Perch risulta importante creare queste
liste? Perch si sente la necessit di comparare autori e opere appartenenti ad epoche
diverse e per avere un quadro ben definito e comune di tutti quei testi che verrebbero
utilizzati allinterno della scuola, ancora non ben organizzata e omogenea. La
principale motivazione per in ambito concettuale: dominare unintera tradizione
letteraria in maniera perfetta, individuandone i maggiori punti di riferimento. Per
questo, uno degli aspetti che veniva sempre tenuto in considerazione era quello che
faceva riferimento ai numeri significativi della cultura greca, e in seguito di quella
latina, come il 3, numero delle Grazie e il 9, numero delle Muse. Ed era proprio per
questa ragione se le opere teatrali, come la tragedia o la commedia, erano create
sempre con lo stesso numero di atti (tre o nove).
Dal punto di vista estetico, si crede che esistano molti criteri sconosciuti utilizzati dai
grammatici alessandrini, in base ai quali decisero di inserire o escludere determinati
autori dai loro canoni, tralasciando ovviamente il fatto che bisognava tenere conto in
primis del prestigio che quel particolare autore aveva a quel tempo. Oggi, per, ci si
sofferma maggiormente sui criteri di giudizio aristotelici, quali la coerenza interna
dellopera presa in esame o lorganicit di essa; bisogna tener conto per del fatto
che, nellet che segue Aristotele, la letteratura analizzata non prende in
considerazione i principi aristotelici ma vengono utilizzati elementi differenti ed
innovativi.
33
Stile artistico che trova il suo inizio nel Seicento fino alla meta del Settecento. Corrente
artistica caratterizzata dal fuori misura, eccesso, bizzarro. Esso privilegia laspetto esteriore
ai contenuti interiori.
faccia riferimento alla tradizione greca precedente a Cicerone, pur conoscendo bene
il dibattito tra latticismo34 e lasianesimo35, testimoniatoci da Cicerone stesso.
Per quanto riguarda la connessione con larte della scultura, importante la datazione
attribuitaci da Plinio il Vecchio; egli afferma che essa termina con la fine dellattivit
degli allievi di Lisippo36, riprendendo solo nel 153 a.C. con alcuni autori, i cui nomi
non presentavano lo stesso prestigio di quelli antichi. Dunque, secondo Plinio il
Vecchio, larte ellenistica non esiste; al contrario, la scultura riprende nel momento in
cui vengono ripercorse le forme artistiche appartenenti al periodo preellenistico,
intorno al II secolo. Quintiliano analizza, seguendo lo stessa linea di Plinio, la
storiografia, affermando che essa riprende solo in et augustea. Per quanto riguarda
la retorica, invece, essa viene analizzata da Dionigi che critica anchegli la corrente
ellenistica, in quanto essa ripropone nello stile e nella retorica un ritorno a quegli
autori, considerati gli unici modelli di arte per eccellenza, del V e del IV secolo.
34
Movimento retorico-stilistico, nato in Attica, e uno stile scarno e severo. Dava importanze al
concetto piu che alla forma. Gli autori appartenenti a questo movimento si limitavano alla scelta
dei termini piu appropriati per la fluidita del discorso
35
Movimento linguistico-stilistico, appartenente alleta ellenistica, che dava spazio agli elementi
sentimentali, con stile esuberante. Esso dava importanza alla musicalita delle frasi attraverso
parallelismi e abbondanza di artifici distraendo, di conseguenza, dal contenuto
36
Scultore e bronzista greco, ultimo tra i grandi maestri della scultura classica greca che lavoro
per Alessandro Magno.
[DIGITARE IL NOME DELLA SOCIET]
1.1. Illuminismo
francese.3
1.2. Illuminismo
italiano..4
3. Pietro Verri14
A causa della sollecitazione dei popoli e soprattutto degli intellettuali, nella seconda
met del Settecento, i sovrani illuminati dEuropa furono costretti a concedere delle
riforme. Anche lItalia, i cui Stati, vertevano in condizioni di disomogeneit sia sul
piano politico che su quello sociale, si avvi verso lattivit riformatrice: Maria
Teresa d'Austria e Giuseppe II in Lombardia, Leopoldo I in Toscana, Carlo III di
Borbone e Ferdinando IV a Napoli e Ferdinando di Borbone a Parma e Piacenza,
utilizzarono ministri, funzionari ed intellettuali progressisti per risolvere i problemi
attraverso la creazione di riforme da questi suggerite.
I movimenti dinastici che stavano avvenendo in Italia, contribuirono a migliorare le
condizioni generali, ma gli influssi illuministici provenienti da Inghilterra e Francia,
faticarono ad attecchire. Gli Stati italiani i cui prncipi erano legati ai Borboni e
agli Asburgo rimasero infatti ostili allo scoppio della Rivoluzione Francese, nel
1789. La frammentariet del suolo italiano permise quindi a Napoleone Bonaparte di
annientare le potenze presenti sul territorio, su quale furono fondate repubbliche
democratiche che durarono fino al 1797, data della creazione della Repubblica
Cisalpina, di quella Ligure e di quella Partenopea.
Nel 1789, quindi, i francesi riuscirono per la prima volta ad abbattere il potere
temporale della Chiesa e posero fine alla Controriforma diffondendo il movimento
liberale delle idee, molto pi potente della riforma protestante.
Nacque dunque lIlluminismo, che in Italia apr la via al rinnovamento della vita e
della cultura, facendo molto di pi di ci che era stato fatto durante il Rinascimento,
movimento in cui gli aristocratici selezionavano i valori, le classi e le arti. Questo
periodo vide un rinnovamento nellarte e nella cultura, soprattutto nello studio delle
scienze fisiche, che iniziarono ad essere interpretate mediante luso della ragione.
Attraverso questultima venivano forniti i lumi che conducevano luomo fuori
dalle tenebre, accumulatesi nel passato e composte da errori, superstizioni ed
ignoranza. La ragione forniva dunque le basi per attuare riforme a favore della
borghesia, che in Francia era il ceto pi attivo e quello che pi di tutti subiva il peso
della monarchia e del clero.
Gli influssi francesi, invece, generano negli intellettuali il concetto di nazione libera
ed indipendente. in questo periodo che le dinastie straniere trapiantate a Firenze,
Parma e Napoli si separarono da Vienna e Madrid, dando vita a delle dinastie
italiane. Importantissimo fu il ruolo di Napoli, che grazie a Carlo III di Borbone e
successivamente a Ferdinando IV, inizi a ridurre i privilegi di clero ed aristocrazia, a
creare strade e nuove vie di comunicazione.
Uno dei principali illuministi italiani fu Antonio Genovesi, salernitano, che con i
suoi insegnamenti di etica ed economia influenz il Regno e riusc a proporre idee di
rinnovamento. Divulg, per la prima volta in italiano le teorie economiche
collegandole al bisogno di una riforma per abolire i privilegi della nobilt ed il potere
temporale della Chiesa. Si concentr essenzialmente sulle differenze tra uomini colti
e contadini, ponendo laccento sul dovere dei colti di istruire gli altri. Nella sua opera
del 1753, intitolata Discorso sul vero fine delle lettere e delle scienze, esalt le
opere illuministiche, dicendo:
Gaetano Filangieri pens ad una riforma mediata dalla scienza e dalla politica. La
sua visione, ne la Scienza della legislazione del 1780-85, era abbastanza
positivista:
Giuseppe Maria Galanti, cre unopera nella quale denunciava le ingiustizie feudali
subite dai contadini molisani, che vivevano nellarretratezza meridionale e dovevano
pagare decime feudali ed ecclesiastiche. Cos denunciava ne la Nuova descrizione
storica e geografica delle Sicilie:
37
PIETRO, Custodi. Scrittori classici italiani di economia politica. Destefanis, Milano, 1803, 52, pag.
223
38
COSTA, Pietro; DE PASCALE, Carla; RICCIARDI, Mario. La Scienza della Legislazione di
Gaetano Filangierii. Iride, 2006, pag. 5
provincia si espiano col denaro []. Per ogni menomo trascorso, e
talvolta supposto, un povero contadino imprigionato, e per le cause pi
ingiuste gli si sequestrano e vendono i beni, fino un asino che talvolta
tutto il suo patrimonio, fino gli strumenti del suo lavoro. [] Le loro
case non sono che miserabili tuguri, per lo pi coperte di legno o di
paglia, ed esposte a tutte l'intemperie della stagione. L'interno non offre a'
vostri sguardi che oscurit, puzzo, sozzura, miseria e squallore; un misero
letto insieme col porco e con l'asino. Chi 'l credebbe! in seno di Terra di
Lavoro vi un villaggio, quindici miglia lontano da Napoli, dove una
popolazione di duemila contadini abitano nelle pagliaie, e non hanno
modo da fabbricarsi una casa. La prima volta che io vidi questo luogo,
imaginai di trovarmi tra' selvaggi []. Tal la miseria in cui vive il
coltivatore che non potendo, per povert, cuocere il pane nel forno, usa le
focacce che diconsi cinericie, perch cotte sotto la cenere. Questa la
sola libert che talvolta gli accordano gli abusi feudali.39
Di qui deriva la sorgente indisseccabile dei tributi e dei dazi []. In oltre
si paga per lo bue, per lo cavallo, per la pecora. Infine per la casa, vigna,
industria []. Il campagnuolo pi d'ogni altro premuto, vessato,
tribolato.41
39
GALANTI, Giuseppe Maria. Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie. 1786, pag. 279
40
Ibidem
41
LONGANO, Francesco. Viaggio dell'abate Longano per la Capitanata. presso Domenico
Sangiacomo, 1790, pag. 123
un propugnatolo ed una rocca del trono. Da ci nacque una quasi
separazione del popolo, diviso in nobili e in plebei. Arricchito il primo
ceto collo spoglio de' plebei, cominci a insolentirsi e a riputare i
campagnuoli tanti vili giumenti destinati a formare la loro opulenza e a
soddisfare ai loro smoderati desideri. Di qui l'abbiezione della gente di
campagna e il suo massimo avvilimento.42
Le riforme iniziarono con Carlo III di Borbone, che punt sul sistema di tassazione
diretta e sulla creazione di una classe di piccoli e medi proprietari terrieri. La
borghesia si rafforz ma la plebe rurale rimase nelle medesime condizioni di vita. Fu
in questo contesto sociale che operarono Genovesi e Filangieri, che cercarono,
invano, un modo per migliorare la situazione contadina.
A tutela dei contadini si pose Ferdinando Galiani, che scrisse due trattati: Della
moneta, in cui sosteneva la supremazia dellagricoltura sul commercio e Dialogues
sur le commerce des bls, scritto durante il suo periodo parigino, in cui affermava
limportanza delle manifatture e dellindustria poich lagricoltura era regolata
dallandamento incerto delle stagioni. Le sue opere erano molto realistiche ed in
alcune di esse il letterato si avvaleva del dialetto (scrisse infatti, Del dialetto
napoletano e, postumo, venne pubblicato il suo Vocabolario napoletano). Egli
comunque non era a favore di riforme radicali ma seppe evidenziare i principali
problemi del Regno: i baroni ed il clero.
In generale dunque, possiamo vedere come lItalia, anche nel Settecento, era
profondamente divisa tra Meridione, arretrato e conservatore e Settentrione, aperto a
nuovi stimoli ed innovatore.
Pietro Verri, ne Discorso sull'indole del piacere e del dolore, affermava che larte
era edonistica e poteva alleviare i dispiaceri: tedio, noia, inquietudine, malinconia,
potevano essere alleviate da musica, pittura, arti, che, secondo lui, purificavano
lanima e luomo.
43
VERRI, Pietro. Discorso sull'indole del piacere e del dolore. Lulu. com, 1919, pag. 90
44
VERRI, Pietro. Opere filosofiche e di economia politica. Societ tipografica de'classici italiani. Vol.
II 1835, pag. 390
45
BECCARIA, Cesare; AUDEGEAN, Philippe. Dei delitti e delle pene. ENS Editions, 2009, pag. 41.
46
Ibidem, pag. 44
commesso. Per questo la concezione religiosa del peccato era da considerarsi
erronea. Egli affermava che solo quando la societ sarebbe stata composta da uomini
liberi ed uguali, allora questultima avrebbe potuto punirli.
La sua proposta era quella di sostituire la pena di morte con il lavoro forzato, poich
non andava violato il diritto alla vita. Per far s che questo modello trovasse
riscontro, era necessario che monarchi e filosofi collaborassero.
Pietro Verri e Cesare Beccaria posero come base della poetica e dellestetica
illuminista la sensazione, intesa come criterio universale. Le sensazioni
contribuivano a tenere viva lanima delluomo. Nella letteratura la parola andava
riportata alla freschezza originaria. Gli intellettuali italiani univano il piacere della
forma con lutilit dal contenuto, vero e scientifico, intriso di filosofia e volto
alleducazione e allistruzione del popolo.
Al Caff presero parte anche Paolo Frisi, che tratt di ingegneria idraulica e
meccanica idraulica ed elogi Isaac Newton e Galileo Galilei e Gian Rinaldo Carli,
che tratt di teatro e scuola. Egli sosteneva che il teatro greco e quello rinascimentale
fossero troppo distanti della societ moderna. Molto noto fu il suo articolo,
pubblicato sul Caff, intitolato La patria degli Italiani, celebre nellOttocento, in
cui criticava lindifferenza degli Italiani per la nazione e per i geni che questa aveva
generato, come ad esempio Galileo.
Noi tremiamo al pensiero che abbiamo mangiato del butirro e del latte in
giorno di vigilia e raccontiamo con piacere quante donne ci sia venuto
fatto di sedurre e quanti nostri concittadini abbiamo uccisi []. Noi
siamo cattivi sudditi, cattivi cittadini e cattivi uomini perch siamo cattivi
cristiani. E siamo cattivi cristiani, perch veniamo malamente nella
nostra religione istruiti.48
Secondo lui, uno degli scopi della riforma era quello di creare un clero valido, che si
ponesse contro i bacchettoni, gl'ipocriti, i nicchiapetti ed i falsi devoti, perch
costoro sono propriamente quelli che hanno fatto nascere la miscredenza.
Anche Venezia era priva di un governo illuminato che attuasse le riforme proposte.
Gli impulsi illuministici di Giammaria Ortes ed Andrea Memmo vennero frenati dal
governo oligarchico. Per ci che concerneva, invece, il giornalismo, questo conobbe
qualche impulso illuminista grazie ad Alberto Fortis ed Elisabetta Caminer.
47
PILATI, Carlo Antonio. Di una riforma d'Italia ossia Dei mezzi di riformare i pi cattivi costumi, e
le pi perniciose leggi d'Italia. [sn](IS), 1770, pag. 45
48
Ibidem, pag. 170
In Toscana lIlluminismo trov lappoggio dei governanti. Importante fu Sallustio
Antonio Bandini, che proponeva la libert dei commerci e Pietro Leopoldo che si
occup dei problemi economici ed agricoli. Francesco Gianni e Giovanni Fabbroni,
contribuirono alla realizzazione delle riforme e difesero il liberismo abolito dal
sovrano Ferdinando III. Contemporaneamente, a causa dei fermenti filogiansenisti il
vescovo Scipione de Ricci, fu costretto a convocare un sinodo per ribadire il rigore
evangelico.
Nel primo articolo pubblicato sul periodico, datato Giugno 1764, Pietro Verri parla di
cosa sia il Caff, di cosa conterr, di quale sar lo stile degli articoli e per quale
motivo stata creata questa pubblicazione.
Il caff quindi era il nuovo luogo destinato alla diffusione della cultura, grazie anche
alle propriet benefiche attribuite alla bevanda. Questo luogo viene contrapposto alla
taverna, in cui ebbrezza e disordine la fanno da padroni. Il caff era una vera fabbrica
di idee, in cui si conversava di argomenti vari: dalleconomia ai libri, dalla politica
alla moda, fino ad ampliare il pi possibile il discorso. Il caff prese chiaramente il
posto delle corti:
La particolarit della rivista fu che non era aperta solo agli intellettuali, ma era
destinata anche al ceto medio alfabetizzato (donne comprese), trattando di argomenti
vari. Allinterno del periodico trovarono spazio anche le idee tipiche del
Risorgimento: abbattimento delle dogane interne, adozione di una legislazione unica,
unificazione di pesi e misure.
Gli Italiani erano inoltre pregati di non sentirsi pi degli stranieri in patria.
Lautore pi attivo allinterno del Caff fu comunque Pietro Verri, che scrisse
trentatr articoli, uno di questi commentava positivamente la commedia di Carlo
Goldoni, poich offriva un nuovo modello di prosa allinterno del genere teatrale, per
ribadire il fatto che il periodico si interessava anche di letteratura contemporanea.
3. Pietro Verri
Nei suoi scritti sul dolore e sul piacere appoggi le tesi di Helvtius e Condillac,
fondando lattivit umana sulla ricerca del piacere e della felicit. Luomo, secondo
lui, tendeva ad essere attratto dal piacere, che non era altro che una momentanea
interruzione del dolore. Queste tesi possono essere riscontrate anche in Schopenhauer
e in Leopardi, che potrebbe aver sviluppato questo pensiero proprio a partire dalla
lettura delle opere di Verri e, pi in generale, alla filosofia sensistica del Settecento.
Per Verri la vera felicit umana non era quella del singolo, ma quella della collettivit
(lo stesso principio si trova alla base della filosofia kantiana).
Gli scritti di stampo economico, come Elementi del Commercio del 1769 e
Meditazioni sulleconomia politica del 1771, enunciavano, per la prima volta, le
equazioni matematiche relative alle leggi di domanda/offerta, spiegando il ruolo
fondamentale della moneta ed appoggiando il libero scambio. Fu quindi,
sicuramente, un precursore del pensiero di Adam Smith, anche se, a differenza di
questultimo, sembrava difendere i concetti di propriet privata e mercantilismo.
Nonostante questo, egli resta legato al concetto di piccola propriet, poich questa
garantiva il mantenimento delluguaglianza tra gli uomini.
Pietro Verri si espone anche a sfavore della tortura. Inizi a scrivere di questo tema a
partire dal 1770, ma decise di non pubblicare le sue idee per non inimicarsi il
tribunale di Milano, che in quel periodo si stava occupando delleredit del padre di
Pietro. Nonostante questo, le bozze della sua opera, ispirarono unaltra grande opera,
quella del suo collega Cesare Beccaria. Stiamo parlando de Dei delitti e delle pene,
pubblicata nel 1764. La pubblicazione di questopera, per, comport la rottura tra i
due scrittori. Pietro, infatti, accus Cesare di aver copiato le sue idee.
In generale, nella stesura definitiva delle Osservazioni sulla tortura, nella quale
egli esortava i magistrati a seguire il filone idealistico illuminista, egli adottava una
dialettica semplice per ribadire che queste sanzioni andavano contro le leggi di
natura.
Lopera di Pietro Verri, per, non raggiunse mai limportanza che ebbe Dei delitti e
delle pene, da un lato, poich le sue idee erano gi state ampliamente sviluppate da
Beccaria, dallaltro, perch il suo stile, alto e di difficile comprensione, rendeva
ardua la diffusione del testo.
Analizzando le opere di Pietro Verri emerso come lui utilizzi molto questi termini.
Il testo in cui appaiono maggiormente i suddetti termini senzaltro Sullinnesto del
vaiuolo, che trattava delle varie scuole di pensiero, che appoggiavano o rifiutavano
la pratica dellinoculazione della malattia in Europa.
In questopera notiamo loccorrenza di classico/classici/classica in vari punti. Ad
esempio:
50
VERRI, Pietro; CARCANO, Giulio; SALVAGNOLI, Vincenzo. Scritti vari di Pietro Verri. F. Le
Monnier, 1854, pag. 195
[] Questa classica approvazione data allinnesto in Inghilterra, riscosse
alcuni nella Francia a pensarvi []51
In tutti questi casi possibile vedere come la parola, declinata anche al femminile ed
al plurale, venga utilizzata per designare un qualcosa di affidabile ed autorevole.
Moltissime volte, infatti, ricorre il termine classici come aggettivo di autori,
proprio a sottolineare limportanza di questi ultimi anche nel mondo contemporaneo
allautore. I classici sono dunque illustri e vanno sempre tenuti in considerazione.
[] Antico assai debbessere il vaiuolo nel vasto impero della China, per
quanto ne vediamo dalle migliori relazioni, e antico pure luso di
comunicarlo per innesto. []55
51
Ibidem, pag. 200
52
Ibidem, pag. 213
53
Ibidem, pag. 216
54
Ibidem, pag. 196
55
Ibidem, pag. 197
[]Secondariamente, esamino sotto quai leggi viva la nostra industria,
confronto gli originarj antichi statuti colle posteriori leggi venuteci collo
spagnuolismo []
56
Ibidem, pag. 206
Classico, classici, antichi, moderni in Alessandro Verri
1. Lilluminismo
Nel corso del XVIII secolo, dalla crisi della coscienza europea57, prende vita
lIlluminismo, una tendenza culturale che imprime una svolta radicale nella visione
occidentale, imponendo una nuova concezione dei rapporti tra cultura, societ e
realt e costruendo le premesse della societ moderna. Il concetto di Illuminismo, a
differenza di molti altri movimenti storiografici, ha origine nellepoca stessa a cui si
riferisce e viene definito dagli intellettuali del suo tempo i philosophes, in Francia
che si sentono parte del secolo dei lumi e che anelano, dunque, a illuminare
lorizzonte del mondo contemporaneo per instaurare un sistema di valori pi
razionale e felice. LIlluminismo non caratterizzato da un semplice razionalismo
ma contraddistinto, piuttosto, dallintento di emancipare luomo dalla tradizione e
dal mito rendendolo responsabile del proprio destino, della propria storia; si diffonde
una fiducia nelle capacit di progresso delluomo a cui spetta, in unultima analisi, il
compito di allontanare i pregiudizi, lignoranza e loppressione, elementi che
appartengono alla societ del passato. Luomo perci posto al centro delluniverso
in questo si riprende la tradizione umanistica e la natura tende a coincidere con la
civilt; il linguaggio e la cultura non devono solo controllare la natura, ma anche la
societ stessa.
Molti illuministi appartengono alla nobilt o al clero, e spesso collaborano con alcuni
sovrani propensi a introdurre riforme nei loro Stati i cosiddetti sovrani illuminati
. Ma lIlluminismo acquista, a seconda della nazione in cui si sviluppa, caratteri e
sfumature particolareggiati: la religione viene vista ora come naturale, disposta ad
accettare un Cristianesimo razionale, ora come deista, e ora come ateista e
meccanicistica.
57
Espressione emblematica ripresa dalla celeberrima opera storiografica di Paul Hazard. Il testo
si configura come un classico della letteratura mondiale e indaga i mutamenti della coscienza
europea dal Rinascimento allIlluminismo, giungendo infine agli eventi traumatici della
Rivoluzione francese.
cose, sugli aspetti pratici dellesistenza, superando i limiti del classicismo pi
chiuso e dogmatico.
Gli anni Sessanta sono per varie ragioni i pi vitali di tutta la cultura milanese del
Settecento: tra il 1764 e il 1766 si pubblica Il Caff, nel 1763 e nel 1765 si
realizzano, rispettivamente, il Mattino e il Mezzogiorno di Parini. La spinta del
movimento illuministico lombardo si incontra, dopo la fine della guerra dei sette
anni, con il rilancio della politica riformatrice di Maria Teresa. La maggior parte
degli esponenti dellIlluminismo milanese entrano, alla fine degli anni Sessanta,
nellamministrazione statale, inaugurando una politica di collaborazione con il potere
asburgico che terminer, seppure con qualche risultato soddisfacente, in una serie di
delusioni.
Il conte Pietro Verri, nato a Milano nel 1728, si ribella presto alleducazione severa e
tradizionale del padre e, dopo aver fatto parte dellesercito come ufficiale militare, si
dedica allattivit letteraria animando lAccademia dei Pugni, cos definita
giocosamente in seguito alla diffusione di una voce maligna secondo cui le
discussioni vi si concludevano a botte. Lattivit dellAccademia consisteva in
riunioni che si svolgevano in casa Verri e il cui scopo era quello di approfondire
conoscenze utili alla vita sociale: si pensava allelaborazione di una cultura aperta
e senza confini, concepita non pi come patrimonio di valori da conservare ma
piuttosto come movimento di critica e di ricerca rivolto a tutta lEuropa.
Partecipavano a queste riunioni anche altri personaggi della nobilt lombarda, tutti di
grande spessore intellettuale come il fratello Alessandro Verri, il celeberrimo Cesare
Beccaria e labate Alfonso Longo.
Il fratello minore di Pietro, Alessandro, nato nel 1741, prende dunque parte attiva a
questi incontri intellettuali e si distingue, nel corso della sua carriera letteraria, per le
conoscenze di storiografo, realizzando una delle opere pi brillanti dellepoca
illuminista: Le notti romane. Il romanzo-saggio, proteso a riscoprire la classicit
romana, descrive e contempla le figure degli antichi sotto forma di ombre, esalta la
magnificenza del classicismo romano.
con parole trasognate, quasi dispirazione lirica, che si apre il proemio de Le notti
romane al sepolcro degli Scipioni, 1782-1804. Il Verri sembra conferire allantichit
romana dissotterrata una rinnovata grandiosit, ne delinea, attraverso giochi di
cupe figure, la pi alta tradizione storiografica.
In unatmosfera notturna, tra incubo e realt, la narrazione del Verri presenta le larve
di Romani illustri che colloquiano tra loro e con lautore in lunghe meditazioni
storico-filosofiche, ispirate dal valore e dal significato delle rovine, segno del passare
inesorabile del tempo, e si interrogano sulla storia di Roma, sulla civilt attuale.
Ma proprio nel proemio che emerge tutta la passione del Verri per la classicit: una
passione che nasce dalle letture degli scrittori classici e si trasforma in una ricerca
spasmodica, quasi angosciante, di entrare in contatto diretto con i grandi
dellantichit. E come Petrarca tentava di riallacciarsi agli autori antichi, ai pi
autorevoli, indirizzandogli scritti e lettere, cos in Verri si accende il forte desiderio di
comunicare con gli esponenti della pi antica erudizione, evocando i loro spiriti in
un colloquio surreale, dalle tinte fosche.
Anche Alessandro, come Pietro, serba un ricordo negativo dellinfanzia: Noi quanti
siamo e fummo abbiamo sofferta una umiliante educazione, priva di confidenza, di
dolcezza, e sempre sotto il rigore, i rimproveri, in collegi molto simili a galere59.
Pietro scopre nel fratello ormai ventenne un ammiratore, un seguace profondamente
devoto e insieme si dedicheranno sempre pi appassionatamente alla scrittura.
DallAccademia dei Pugni nasce Il Caff, giornale intorno al quale tra il 1764 e il
1766 si concentrano gli sforzi dei fratelli Verri e, sebbene in misura minore, degli
altri membri del sodalizio. Si trattava di fogli di quattro pagine che uscivano ogni
dieci giorni e venivano rilegati in volume alla fine dellanno, anche se di fatto si
58
A. VERRI, Le Notti Romane, Laterza, a cura di Renzo Negri, Bari 1967, p. 7
59
C. CAPRA, I progressi della ragione. Vita di Pietro Verri, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 69-70
http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-e-alessandro-verri_(Il-Contributo-italiano-alla-
storia-del-Pensiero:-Filosofia)/
arriv solamente a due annate. I testi pubblicati erano presentati come il frutto di
discussioni effettuate presso la bottega di un caffettiere greco, Demetrio. Lattenzione
ai problemi pratici e quotidiani rispecchiava una volont di far circolare i lumi. Nel
Caff si ritrova una sorta di entusiasmo giovanile che esalta e ricerca lipotesi di una
vita felice, di unesistenza pi libera e civile, senza prepotenze e soprusi; questo
entusiasmo non mai banale ottimismo, anzi ben cosciente dei limiti e delle
debolezze dellazione intellettuale. Nella loro condizione di nobili, inseriti in un
assolutismo austriaco e nel contesto del Ducato di Milano, gli intellettuali del Caff
non potevano aspirare a raggiungere posizioni rivoluzionarie; accettando dunque la
situazione in cui si trovavano, miravano a una modificazione dei rapporti tra le classi,
a una dinamica circolazione della ricchezza, allabolizione di falsi valori. La loro
battaglia civile vive momenti di massimo splendore, configurando un modello di
mondo razionale e civile innovativo per la societ settecentesca.
60
http://www.parodos.it/letteratura/alessandro_verri.htm
61
A. VERRI, Opere scelte, p XIV, consultabile su:
e ancora, in unaltra lettera:
Alessandro scrive per il Caff trentadue articoli segnati colla lettera A, iniziale del
suo nome63, che trattano il diritto civile e pubblico, la filosofia morale e le belle
lettere. Tra gli esempi migliori di questa produzione si annoverano il Discorso sulla
felicit dei Romani, Di Giustiniano e delle sue leggi, Alcune riflessioni sullopinione
che il commercio deroghi alla nobilt, Di Carneade e di Grozio, Di alcuni sistemi
del pubblico diritto, La virt sociale. Il suo stile risulta spesso ironico e mordace,
mantenendo comunque un tono vivido e maturo nonostante i suoi articoli vengano
pubblicati anche in giovane et. La vera transizione dagli ideali giovanili e
razionalistici a una visione del mondo meno progressista e pi amara, si compie
nel Saggio sulla storia dItalia che Alessandro Verri compone tra il 1764 e il 1766.
Lintento quello di condensare, in un solo libro, ventidue secoli di storia, dalla
fondazione dellantica Roma al XVIII secolo, lo stesso che ispirer la Storia di
Milano di Pietro, segnata da un rifiuto dellerudizione.
Durante lattivit letteraria del Caff Pietro organizza, nellautunno del 1766, il
viaggio di Beccaria e di Alessandro nella capitale dei lumi, a Parigi, col fine di
stabilire un rapporto diretto con la fonte originaria dellIlluminismo. Mentre
Alessandro inizia il fitto carteggio, che rester celebre per le numerose e vivacissime
lettere-reportage destinate a Pietro, il suo compagno si affretta ad un precipitoso
rientro a Milano segnando, almeno in quegli anni, una incrinatura dei rapporti con i
fratelli Verri. Alessandro prosegue da solo la sua avventura per lInghilterra e, dopo
essere ripassato nel 1767 a Parigi, fa ritorno in Italia. A Roma si innamora di una
gentildonna separata a cui rester avvinto tutta la vita, nonostante i rimproveri del
fratello che avrebbe voluto riportarlo a Milano. Proprio a Roma si dedica allo studio
dei classici greci e latini e alla composizione di opere teatrali, di romanzi
archeologici (Le notti romane).
https://books.google.it/books?id=S6anz0KSbyAC&pg=PR55&dq=alessandro+verri&hl=it&sa=X
&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false
62
ivi p. XV
63
Ivi p. XIII
La brevit dellesperienza del Caff viene determinata da diverse difficolt, tra cui
lentrata di molti collaboratori nellamministrazione statale e la rottura tra i Verri e
Beccaria.
2.1 Discorsi vari del conte Alessandro Verri pubblicati nel giornale letterario
intitolato il Caff
LElogio storico che introduce i Discorsi vari del conte Alessandro Verri pubblicati
nel giornale letterario intitolato il Caff64 opera dellerudito Ambrogio Levati,
intellettuale e religioso lombardo dellOttocento che riceve, in maniera vivida, il
retaggio illuministico della seconda met del Settecento. In una dettagliata
descrizione della vita del cav. Alessandro Verri, che prende avvio dalla prima
educazione avvenuta nel collegio di Merate, Levati rimanda al termine classici
riferendosi agli autori esemplari della lingua latina che necessaria allo studio e alla
conoscenza, ed madre dellitaliana favella:
64
Testo online consultabile su:
https://books.google.it/books/reader?
id=w3wtAAAAMAAJ&printsec=frontcover&output=reader&pg=GBS.PP1
65
ivi p. 10
66
ivi p. 32
nellinterpretare, nel tradurre, nel commentare i classici greci67. Ritorna, quindi, il
parallelismo tra il significato di autorevolezza e di esemplarit applicato agli autori
del passato, che appartengono ad una tradizione antica eppure fortemente viva nella
letteratura settecentesca. I classici greci, comera stato poche pagine prima per i
classici latini, rappresentano quegli scrittori dellantichit che costituiscono un
inestimabile patrimonio di ricchezze per lattualit. Tra gli stessi classici greci,
infatti, Levati menziona il sommo Omero da cui qualunque parte delleloquenza
ebbe nascimento68: dai grandi autori greco-romani del passato che si generano le
eccellenti arti scrittorie. Ma proprio una caratteristica tipica del Neoclassicismo
illuministico quella di recuperare una classicit autentica, di riscoprire la purezza
delle condizioni storiche originali del mondo greco e latino riconoscendo, per, allo
stesso tempo, una evidente lontananza e diversit dal presente.
La parola viene ora affidata al Verri stesso: nel Discorso XI, Di alcuni sistemi del
pubblico diritto, in una lucida analisi relativa ai principi di giustizia universale,
lautore si rif al pensiero di Grozio, giurista e filosofo olandese del XVI-XVII
secolo, e afferma come le nazioni debbano sottostare alle convenzioni per tutelare la
propria stabilit sociale:
67
Ivi p. 32
68
Ivi p. 32
69
Ivi p. 47
convenzioni e questi principi, da una lunga ed universal consuetudine
introdotti, non v miglior mezzo che consultare le storie de colti e pi
rispettabili popoli, e le opinioni de pi sensati e classici scrittori.70
Emerge come lunica maniera per comprendere e servirsi di queste convenzioni sia
riscoprire la storia delle civilt pi autorevoli, incentrandosi sul pensiero degli
scrittori classici. In questo passaggio, dunque, si aggiunge e sovrappone ai significati
finora individuati di classici laccezione di sensati scrittori, che sono quindi razionali,
dotati di intelligenza, degni di considerazione.
70
Ivi p. 357
71
Testo online consultabile su:
https://archive.org/stream/lettereescritti01casagoog#page/n10/mode/2up
72
Ivi p. 402-403
2.3 Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri (dal 1766 al 1797)73
In questo caso il termine classico indica gli scrittori eccellenti della contemporaneit
i quali dimostrano, in ultima analisi, che la letteratura del presente, come quella
dellantichit, pu diventare fonte di sapienza e di imitazione.
73
Testo online consultabile su:
https://archive.org/stream/carteggiodipietr02verr#page/n3/mode/2up
74
ivi p. 91
75
Testo online consultabile su:
https://archive.org/stream/bub_gb_1ZM_2QyTXoEC#page/n3/mode/2up
76
ivi p. XVII
Come era accaduto nei Discorsi vari, il Verri ribadisce limportanza fondamentale
della ripresa dei classici, gli unici veicoli in grado di ricondurre litaliana favella sul
giusto cammino che era stato offuscato dalle altre lingue, le moderne. Nel passo si
accentua la portata semantica del sostantivo classici: il termine, declinato al plurale,
riporta liniziale maiuscola, rafforzando cos quel valore inestinguibile di
autorevolezza ed eccellenza che contraddistingue gli scrittori del passato; si
aggiunge, inoltre, laccostamento dellaggettivo nostri, conferendo quel senso di
patriottismo che verr acuito dagli autori nazionali dellOttocento. Il frammento, cos
carico di significati, racchiude lidea che la scuola del passato, della tradizione
classica, sia il riferimento essenziale per lo splendore del futuro.
3.1 Discorsi vari del conte Alessandro Verri pubblicati nel giornale letterario il
Caff
Onde se gli antichi erano troppo selvaggi, forse i moderni sono troppo
socievoli, perch il cuore umano capace di una data quantit di
benevolenza; che se questa benevolenza troppo espansiva di s, sella
troppo si suddivide in minime porzioni, conviene chessa [] vi sia dove
non vi dovrebbessere.78
77
Op. cit.
78
Op. cit. p. 132
Verri propone una comparazione tra la disposizione danimo degli antichi e quella
dei moderni, ravvisando delle complessit, e attribuisce al termine antichi una
precisa collocazione sociale e temporale indicando le due schiere di fiorentini del XII
secolo che a lungo si sono scontrate. La parola antichi viene quindi usata per una
funzione specifica e con una precisa connotazione negativa, mentre il sostantivo
moderni acquista, in questo caso, un valore di superamento del passato. Seppure i
moderni rischiano di essere troppo socievoli, dispongono comunque di un carattere
pi aperto ed espansivo rispetto ai loro antenati.
Nel Discorso IX, Alcune idee sulla filosofia morale, lautore ragiona sullincapacit
delluomo di capire se stesso: il Verri sostiene, infatti, che spesso si agisce distinto,
senza esaminare le proprie colpe, i propri vizi, i propri atteggiamenti. Lilluminista
giunge poi alla definizione di virt che si prospetta come lunica fonte di felicit per
lessere umano; ma la virt un concetto complesso da discernere, e sono molti gli
autori del passato che hanno cercato di esprimerne lessenza pi intima, risultando
talvolta astrusi e pretenziosi.
Cosa mai volean dire gli antichi filosofi con que loro illustri deliri
intorno alla virt? Coserano quelle entusiastiche declamazioni? Niente.
[] Avr fatto pi sensibile il mio cuore, avr io perfezionato il mio
spirito quando sapr con Orazio ed Aristotele che la virt sta in mezzo
delle estremit, donde ne venne il detto volgare in medio stat virtus?79
Il discorso del Verri prosegue asserendo che importante che tutti gli uomini siano,
possibilmente, virtuosi, ma senza pretendere che la morale si fondi su ragionamenti
sublimi, su speculazioni destinate a pochi eletti. Inoltre, lo scrittore lombardo
aggiunge:
79
Op. cit. p. 302
80
Op. cit. p. 304
Il ragionamento del Verri sembra dunque conferire maggior rilievo agli interessi, ai
sentimenti delluomo, piuttosto che alla fredda analisi: solo nelle attivit che
allietano il cuore risiede la vera felicit. Questo pensiero viene espresso
perfettamente nel seguente passaggio:
Il frammento riporta un acuto paragone tra il modus degli antichi e quello dei
moderni: gli antichi, sapienti ed orgogliosi esperti nelle lettere, erano animati da un
robusto entusiasmo, dalle immagini vivide della poesia; i moderni, invece,
prediligono un atteggiamento freddo e calcolatore, tipico di chi troppo avvezzo ai
ragionamenti rigidi e scevro di sentimenti. La disamina del Verri sembrerebbe, in
definitiva, porre un quesito insanabile: star davvero nel mezzo di questi due metodi
la vera essenza della virt?
Nel Volume Primo delle Opere scelte di Alessandro Verri82 risulta interessante, ai fini
della nostra ricerca dei termini antitetici antichi e moderni, la parte introduttiva che
racconta la vita di Alessandro. Il giovane lombardo, il quale si dedica inizialmente, in
maniera appassionata, allo studio della vicina cultura francese, scopre presto
limportanza degli scritti classici:
81
Op. cit. pp. 316-317
82
Testo online consultabile su:
https://books.google.it/books?id=9Ar6UdG0u-
gC&pg=PR55&dq=alessandro+verri&hl=it&sa=X&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false
[] quanto ne primi suoi anni dilettavasi dellentusiasmo de moderni
Francesi, altrettanto innamorossi da poi della maestosa posatezza de
classici antichi. Ma in quel Compendio ci conosceva di non essere
riescito scrittore n italiano n originale abbastanza, e pi volte ripeteva
nelle sue lettere di averlo condotto con uno stile per met formato di
Tacito e per met di Voltaire.83
83
ivi p. XXVI
BIBLIOGRAFIA
VERRI, Alessandro, Le Notti Romane, Bari, Laterza, a cura di Renzo Negri, 1967.
CAPRA, Carlo, I progressi della ragione. Vita di Pietro Verri, Bologna, Il Mulino,
2002.
https://books.google.it/books?
id=S6anz0KSbyAC&pg=PR55&dq=alessandro+verri&hl=it&sa=X
&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false
Discorsi vari del conte Alessandro Verri pubblicati nel giornale letterario intitolato
il Caff:
https://books.google.it/books/reader?
id=w3wtAAAAMAAJ&printsec=frontcover&output=reader&pg=GBS.PP1
https://archive.org/stream/lettereescritti01casagoog#page/n10/mode/2up
Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri (dal 1766 al 1797):
https://archive.org/stream/carteggiodipietr02verr#page/n3/mode/2up
https://archive.org/stream/bub_gb_1ZM_2QyTXoEC#page/n3/mode/2up
http://www.parodos.it/letteratura/alessandro_verri.htm
http://www.duepassinelmistero.com/Alessandro%20Verri.htm
Alessia Imbroglia
Matr.17017
05
1. INTRODUZIONE
Nella prima parte del Settecento la poesia lirica, intesa come espressione
diretta di sentimenti e pensieri del poeta, aveva ceduto il posto ad altri
generi poetici: in essi prevalevano descrizioni di paesaggi, considerazioni
sulla societ, dibattiti di idee, racconti eroici, comici o patetici. Il bisogno
di ordine, misura e chiarezza, che caratterizzava la cultura illuminista
basata sul culto della ragione, aveva trovato la sua espressione poetica
ideale nel mondo classico, greco e latino. La poesia del primo Settecento
fu perci contrassegnata da una profonda venerazione per i modelli
dellantichit, per le regole retoriche e stilistiche stabilite nel passato ed
era basata sul principio di imitazione.
Nella seconda met del Settecento, il critico darte tedesco
Winckelmann84 afferm che lopera darte non doveva essere una
semplice copia della realt, ma una sintesi superiore dei singoli elementi
belli e perfetti presenti in natura. Con questo concetto veniva a cadere il
canone classicista dellimitazione, sostituito da quello neo classicista
dellarte intesa come processo creativo, e si apriva la strada allarte
moderna. La rappresentazione della natura aveva un ruolo fondamentale
nellarte neoclassica: di essa, per, si scelsero solo gli elementi
simmetrici, regolari, che esaltavano la razionalit e larmonia del creato.
Al centro della poetica neoclassica ci sono due concetti fondamentali,
quello della poesia eternatrice e quello della bellezza consolatrice:
queste idee furono in parte gi enunciate da Giuseppe Parini, interprete
del Neoclassicismo illuminista italiano in poesia, ma trovarono piena
attuazione solo in Foscolo. Secondo i poeti neoclassici la poesia ha una
84
Johann Joachim Winckelmann, (1717-1778), teorico ed esponente del Neoclassicismo.
Pubblico la Storia delle arti del disegno presso gli antichi, in cui la storia dell'arte antica e
ricostruita in base alle scoperte archeologiche.
funzione in qualche modo sacra (e con essa il poeta che assurge al ruolo
di vate), perch in grado di trasportare in una dimensione eterna e
atemporale ci che invece sarebbe destinato a scomparire, come i
sentimenti, le passioni, le nobili azioni umane. Inoltre il poeta deve
celebrale la bellezza (in particolare quella femminile) perch essa ha il
potere di consolare luomo e lenire la sua vita fatta di miserie e
sofferenze. Un altro elemento fondamentale della poetica neoclassica,
molto evidente soprattutto nelle arti figurative il ricorso alla mitologia,
con lo scopo di tradurre in immagini e trasportare in un clima assoluto e
rarefatto concetti filosofici; molto spesso le figure mitologiche sono
utilizzate per costruire raffinati paragoni, per esaltare e impreziosire un
personaggio contemporaneo o unimpresa di valore.
Il Neoclassicismo svilupp il richiamo allet classica e lo estese a tutti i
campi della cultura e della societ settecentesca europea: dal pensiero
allarte, dalla letteratura alla moda.85
2. UGO FOSCOLO
Foscolo autore romantico e classico insieme: le due tendenze si
fondono nella sua opera in una sintesi originale. In lui si pu dire che
coesistano le due aspirazioni della sua epoca: un amore profondo e
85
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, pp. 387-388.
nostalgico per lideale di bellezza e di armonia che fu proprio dei
neoclassici, e uninquietudine profonda dellanimo, in continuo conflitto
tra sentimento e ragione, propria dei preromantici.
Si pu parlare, quindi, di un classicismo preromantico del Foscolo: un
neoclassicismo non esteriore, ma intriso di problemi del tempo e delle
passioni della vita stessa del poeta (malinconia, dolore, nostalgia...), gli
uni e le altre trasfiguranti da una pensosa contemplazione del bello
ideale, dellarmonia rasserenatrice in cui ogni passione si placa.
Gli elementi neoclassici che si rivelano nelle sue opere sono:
laspirazione a unintima disciplina tesa al raggiungimento di nitide
forme despressione; il vagheggiamento della bellezza perfetta e
dellarmonia; il mito dellEllade, rifugio ideale di serenit, di armonia e
di bellezza; luso frequente della mitologia e dei metri classici
(endecasillabo); luso di un lessico aulico e di strutture sintattiche
classicheggianti. 86
Foscolo fu un prosatore critico, traduttore, poeta tragico, ma soprattutto
lirico di altissima aspirazione. Il suo giovanile romanzo epistolare Le
ultime lettere di Jacopo Ortis, gi un diario lirico, ricco di elementi
autobiografici, poich rilette la desolazione dello scrittore ventenne, per i
contrasti dellamore e per i mali della patria, tradita da Napoleone col
trattato di Campoformio. E gi vi si delineano i principali motivi che vi si
svilupperanno, purificati, nellulteriore processo dellarte foscoliana:
lacre pessimismo, il richiamo alle memorie e alle pietose illusioni, di cui
sono simbolo le tombe, il lamento per le presenti condizioni dItalia,
lammirazione per la bellezza, la devozione alla poesia. Taluni di questi
motivi trovano ulteriore elaborazione nei dodici sonetti, composti tra il
1799 e il 1803; tutti sono in varia misura ammirabili, ma tre di essi sono
concordemente indicati dalla critica come i pi grandi: A Zacinto, In
morte del fratello Giovanni, Alla Sera.
Le due odi famose (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e Allamica
risanata) rappresentano come una parentesi rasserenatrice nellesistenza
agitata di Foscolo. Il poeta, il cui spirito, attraverso gli studi, avverte
86
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 546.
sempre pi il richiamo suadente della grande arte antica, sente il bisogno
di portare ordine e misura nella sua intemperanza passionale: onde la
bellezza muliebre gli appare il pi alto mezzo di conforto ai miseri
mortali e la donna si configura nellimmagine di una divinit, cui deve
prestarsi un culto devoto.
Ma la persona spirituale del Foscolo si rivela, nella sua pienezza, nei
Sepolcri, il cui argomento sembra essere suggerito da recenti prescrizioni
di legge (il decreto napoleonico di S. Cloud) e ancor di pi da certe
correnti ideologiche che si erano formate in Europa. In realt nel carme
confluiscono tutte le varie esperienze di vita e di cultura che avevano
arricchito e potenziato lanimo del poeta e risuonano in una musica
nuova tutti i motivi pi profondi della sua ispirazione complessa. Il
sepolcro assume qui valore altissimo di simbolo: e attorno ad esso
sembra raccogliersi la storia ideale dellumanit. Esso testimonianza di
affetti gentili, poich stringe ai morti i viventi, ma soprattutto incitamento
a nobilmente operare. Cos la poesia della morte diventa poesia della
vita: le tombe attestano tangibilmente la perennit della tradizione, sono
un tacito appello ai superstiti perch si rendano degni dei loro maggiori e
accrescano la preziosa eredit di affetti e di glorie che hanno ricevuta da
loro. E quando le tombe sono spazzate via dalle fredde ali del tempo e di
esse non restano pi nemmeno le rovine, allora ne accoglie il ricordo e lo
tramanda alle pi lontane generazioni, colleternit del canto, la poesia,
che rafforza lillusione e ne moltiplica lefficacia.87 In grazia di essa
vivono ancora, nella fantasia e nel cuore pi che nella memoria degli
uomini, le figure del mito e della leggenda antichi, in quello che hanno di
pi universalmente umano, Talia e le Parche e le Muse, Aiace ed Ettore,
Elettra e Cassandra, Giove e Omero: e accanto ad essi si collocano senza
dissonanza immagini di grandi moderni, il Parini, il Nelson, lAlfieri,
veduti come in unimmensa prospettiva storica e avvolti tutti in una
stessa atmosfera religiosa.
Dopo i Sepolcri, il Foscolo, calmatosi alquanto limpeto passionale, di
cui rende cos viva testimonianza il ricco epistolario, e temperatasi quella
87
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, pp. 542-543.
sua cupa concezione iniziale della vita in una dolorosa ma pacata
accettazione, confortata dalla persistente fede in taluni fondamentali
valori umani, come la piet e il pudore, oltre che nella perenne funzione
educativa dellarte, pose mano alle Grazie, ove cant larmonia umana e
divina (elementi classici). Avrebbero dovuto essere un poemetto
didattico, secondo il gusto dei tempi, articolato in tre inni (Venere, Vesta,
Pallade) e cantare in rapida sintesi la storia dellincivilimento umano, per
effetto delle arti belle, la poesia, la musica, la danza, impersonate in tre
bellissime gentildonne: riuscirono, invece, una serie di liriche stupende,
di quadri tutti luci e armonia, di inimitabili visioni plastiche e pittoriche.
Critico largo e geniale, il Foscolo seppe indagare per primo con sicurezza
dintuito la genesi dellopera darte collegandola ai tempi e allanimo
della Scrittore e mostrare, cos, nei numerosi saggi relativi a tutta la
nostra letteratura (dalle origini ai contemporanei), come nelle traduzioni
dalle lingue classiche e moderne, la squisitezza della sua eccezionale
sensibilit estetica.88
3. ODI
ALLAMICA RISANATA
Lode fu scritta per la guarigione della contessa Antonietta Fagnani
Arese, risanata dopo una lunga e grave malattia e legata al Foscolo da
una appassionata relazione. In questa lirica, per, allesaltazione damore
testimoniata dallo scambio epistolare dei due amanti, si sostituisce una
serena ammirazione, quasi una contemplazione estatica della donna che
tornata a rifiorire, bella come una dea. Ma in definitiva, dice il poeta, chi
sono le dee? Diana, Bellona, Venere? Sono donne rese eterne,
immortali dalla poesia. Questo il compito che si prefigge il Foscolo:
rendere poeticamente immortale, come una dea la sua amica risanata. La
poesia vista come un omaggio galante alla bellezza e allamore, tipico
88
A. Sainati, G. Varanini, E. Boldrini, Orione, Le Monnier (1977), Dal Rinnovamento ai giorni
nostri Arti, scienze, attualit.
dellarte neoclassica. Il tema della bellezza consolatrice prende forma
attorno al 1798-1800, gli stessi anni in cui Foscolo mostra un forte
interesse per Lucrezio, e si configura come una reazione alle disillusioni
legate alla fine della militanza politica attiva e alla consapevolezza
dellimpossibilit di svolgere un ruolo attivo nella societ e nella politica
contemporanee.89
Foscolo, tra il 1802 e il 1803, si diede allo studio e alla traduzione di una
delle pi grandi opere dellantichit, il De Rerum Natura, del poeta latino
Lucrezio. Nel 1803 Foscolo pubblic la traduzione, accompagnata da un
commento, del poemetto La Chioma di Berenice del poeta latino Catullo
e una raccolta di versi, Poesie, che comprendeva due odi e dodici sonetti.
Tutta lode dunque, di gusto tipicamente neoclassico, presenta uno stile
ricco dimmagini mitologiche, improntato ad un lessico alto, aulico e a
una struttura sintattica piuttosto elaborata. Il mito fonte di ispirazione di
molte opere darte tra la fine del Settecento e linizio dellOttocento. 90
89
http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/foscolo/c27.html
90
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 571.
91
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 571.
(soprattutto per le due sopra citate) per lesaltazione della bellezza
femminile di stampo tipicamente neoclassico.
4. SONETTI
A ZACINTO
Nellequilibrio classico dei sonetti maggiori si risolvono gli impulsi dello
spirito romantico del poeta, che nella misura breve delle due quartine e
delle due terzine che compongono i sonetti riesce a condensare i temi pi
importanti della sua vita e della sua poetica: lesilio, gli affetti familiari,
la bellezza rasserenatrice della natura, la poesia eternatrice, la
rievocazione del mondo classico. Questi stessi temi si ritroveranno nel
carme Dei Sepolcri, che esprime la ribellione del sentimento contro il
culto della ragione e il materialismo illuminista, lesaltazione dei valori
spirituali delluomo, la vittoria della poesia sul tempo che tende ad
annullare tutto.
5. LE GRAZIE
Lesempio pi perfetto del neoclassicismo poetico, insieme con i
Sepolcri, sono le Grazie. Foscolo compose questo poemetto a varie
riprese fra il 1803 e il 1825. Le Grazie, figlie di Zeus e di Venere, sono
considerate divinit intermedie fra la terra e il cielo; il loro compito
attuare larmonia e la bellezza celeste fra gli uomini, liberandoli
dallaggressivit primitiva e suscitando nei loro cuori affetti puri e nobili
mediante le arti, con cui essi possono affinare il loro ingegno.
Ne Le Grazie, infatti, Foscolo si confronta contemporaneamente con
quanto di classico il Neoclassicismo comportava e con la sua personale
percezione del classico, alla luce di una intera esistenza trascorsa a
cercare il senso di s e del mondo in quello, assoluto e compiuto, degli
antichi.95
Il poemetto costituito da tre inni, dedicati rispettivamente a Venere,
simbolo della natura generatrice, della bellezza e della segreta armonia
del creato; a Vesta, dea del focolare e degli affetti familiari e a Pallade,
94
http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/foscolo/c23.html
95
A. Sainati, G. Varanini, E. Boldrini, Orione, Le Monnier (1977), Dal Rinnovamento ai giorni
nostri Arti, scienze, attualit, pp. 82-83.
dea della virt, simbolo delle arti consolatrici. Nel primo il poeta canta la
nascita delle Grazie e il progresso delle nazioni civili; nel secondo
celebra linflusso delle divine fanciulle sugli uomini; nellultimo esalta la
purezza eterna delle Grazie, incontaminate in virt di un velo fatto
tessere da Pallade per proteggerle dopo che si sono rifugiate nellisola di
Atlantide. Cos esse, continuando a vivere tra i mortali, possono svolgere
la loro opera civilizzatrice indicando agli uomini la contemplazione del
bello, purificata da ogni passione terrena.
La composizione del poemetto, ispirato dal gruppo marmoreo delle
Grazie a cui stava lavorando a Firenze lo scultore Antonio Canova e, pi
in generale, dallestetica neoclassica di Winckelmann e dei suoi seguaci,
fu assai complessa. Il Foscolo cominci a lavorarci ai primi
dellOttocento e lo riprese nel 1813 a Firenze portandolo quasi a termine;
ma vi lavor ancora in Inghilterra, lasciandolo poi incompiuto. Fu
pubblicato nel 1848.
Anche nelle Grazie la Grecia il luogo mitico in cui ha avuto origine la
civilt umana. Negli anni dellesilio inglese, poco dopo larrivo in
Inghilterra, Foscolo progett per un certo periodo di trasferirsi in Grecia,
allo scopo di recuperare una memoria personale e mitico-letteraria, e
riavvicinarsi cos a una patria doppiamente perduta.
Gli elementi mitologici, la compostezza classica dello stile,
lambientazione e i personaggi fantastici per lungo tempo hanno fatto
considerare le Grazie come un poemetto neoclassico privo di legami con
la realt storica: la critica pi recente, invece (anche grazie allo studio di
documenti biografici dellautore), ha riscoperto elementi che evidenziano
il contenuto politico. Le Grazie, sotto il travestimento mitologico,
rappresentano un richiamo allequilibrio e allarmonia tra gli uomini, in
un periodo storico, come quello del disfacimento dellimpero
napoleonico, di grande disordine e incertezza per il futuro dei popoli.96
Nelle Grazie al motivo della bellezza consolatrice si unisce quello della
bellezza cui affidato un compito di civilizzazione e di trasmissione dei
valori. Lambizione di Foscolo nel poema incompiuto quella di riuscire
96
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 602.
a fondere le premesse filosofiche che rinviano a una concezione
meccanicistica della vita umana con il mito di una palingenesi dovuta
allarte e alla bellezza; la forza innegabile della bellezza si confronta
tuttavia con la persistenza di passioni negative e di istanze irrazionali che
minacciano il precario equilibrio creato, nei frammenti di poesia,
attraverso il mito e la grazia delle creature divine.
A conclusione del poema, Foscolo introduce una nuova immagine di
bellezza: di una bellezza divinamente consolatrice, ma intrisa al
contempo di vibrante, affettuosa umanit. Fra evocazioni del passato,
rimpianti del presente, vagheggiamenti del futuro, si svolge il bellissimo
idillio dedicato alla Bignami, che fra le cose pi altamente e
delicatamente ispirate del Foscolo, ove sentimenti e immagini si fondono
in perfetta armonia. 97
97
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, pp. 602-603.
illuministico, lesaltazione preromantica del sentimento e dei valori dello
spirito contro il razionalismo illuministico. 98
Nei Sepolcri, Omero viene introdotto per testimoniare il potere della
poesia di eternare e di salvare dalloblio gli uomini e le gesta virtuose e
eroiche delle nazioni. Il problema della traduzione di Omero centrale
per Foscolo che lavor per pi di ventanni alla versione italiana
dellIliade, componendo innumerevoli frammenti continuamente corretti
e riscritti. Foscolo aveva un profondo rispetto per la poesia omerica della
quale voleva conservare lo spirito autentico e puro; il lettore doveva
essere in grado di apprezzare nella lingua a lui contemporanea la bellezza
originaria del testo attraverso una traduzione fedele, ma nello stesso
tempo armoniosa e elegante, capace di esprimere il significato pi
profondo dei versi e la rete di significati allusivi sottintesi. Un lavoro
quindi senza fine e mai concluso, documentato dalle incessanti correzioni
e alimentato da una ricerca continua sulla lingua che si riflette sulla
poesia di Foscolo, in particolare sui Sepolcri e anche sulle Grazie.99
Attinge, inoltre, a piena mani da Lucrezio. Il De rerum natura il poema
della vita e della morte. Secondo il poeta latino, il nascere e il morire
sono la vita, sono la natura (de rerum natura). E unopera che racchiude
e canta tutta la natura, poema della vita e della morte. Definito da Ugo
Foscolo il sovrumano poema di Lucrezio. 100
98
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 579.
99
www.scrittoriditalialaterza.it
100
A. Serafini, Storia della letteratura latina, dalle origini al VI secolo d. C., 1981, p. 114.
traduzioni, apparso nel primo numero (1 gennaio 1816) della rivista "La
Biblioteca italiana".
Nell'articolo Madame de Stel invitava i letterati italiani ad uscire dal chiuso
provincialismo della loro tradizione culturale, per accostarsi alle opere straniere
contemporanee, soprattutto inglesi e tedesche, invece di perder tempo con la
mitologia greco-romana, in un tempo in cui quelle antiche favole
anacronistiche erano state del tutto dimenticate nel resto dell'Europa.
Nell'invito alla coscienza delle opere straniere era del tutto implicita l'accusa di
arretratezza rivolta ai letterati italiani, alcuni dei quali, diceva la Stel, erano
degli eruditi, altri erano superficiali e vanesi, capaci solo di scrivere opere
ricche di belle parole, ma vuote d'ogni pensiero.
Nel 1818 Ugo Foscolo scrisse Lessay on the present literature in Italy. Il
saggio fu scritto su richiesta di John Hobhouse, influente uomo politico
inglese. Hobhouse si apprestava a pubblicare un volume di note illustrative che
dovevano accompagnare ledizione del quarto canto del Childe Harold di
George Gordon Byron. Egli chiese a Foscolo di compilare la parte relativa alla
letteratura italiana contemporanea, che fu scritta prima in italiano e poi tradotta
in inglese e pubblicata come opera di Hobhouse nelle Historical Illustrations
of the Fourth Canto of Childe Harold.
Foscolo si rivolgeva con chiarezza al pubblico inglese e forniva dei tratti critici
di scrittori contemporanei tra cui Parini, Alfieri e Monti. Esprimeva, poi, un
giudizio riduttivo sulla polemica classici-romantici, rilevandone leccesso di
teorizzazione. Per Foscolo, classico significa esemplare non solo sulla base di
un riferimento interno a un canone letterario o culturale o artistico, ma in
quanto in grado di esprimere valori nazionali.101
Infatti nel Saggio, utilizza il termine classici in riferimento agli scrittori
nazionali, ovvero gli scrittori apprezzati in tutta la nazione:
Se quindi ci avvenga di scoprire alcuno scrittore vivente il quale sia
ugualmente stimato in tutte le province dItalia, ne possiamo sicuramente
dedurre che lapprezzamento definitivo, e che, essendo stato levato agli altari
in seguito ad unesatta valutazione de suoi pregi, non potr mai precipitare in
completo oblo; che egli infine pu essere annoverato tra gli scrittori
101
Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Carocci editore, p. 30.
nazionali, sempre naturalmente tenuto conto delle fluttuazioni alle quali -come
abbiam detto- la letteratura italiana particolarmente soggetta, e sar sempre
annoverato tra i classici di quella nazione.102
Inoltre per Foscolo si diventa classico e quindi scrittore nazionale, anche
frequentando le letterature straniere. Quando parla di Melchiorre Cesarotti
avanza delle perplessit proprio legate al legame eccessivo dello scrittore con
la realt municipale che impedisce una vera circolazione delle idee in una
dimensione nazionale e internazionale103:
Se il Cesarotti fosse nato in altro tempo, avesse allargato le proprie idee
svincolandosi dalla stretta delle sue speculazioni metafisiche con il visitare
altri paesi e col comunicare con altri ingegni, avesse incontrato maggiori
ostacoli nella sua ascesa alla fama, e soprattutto se si fosse dedicato a
composizioni originali pi giudiziosamente valendosi della conoscenza di
letterature straniere, avrebbe probabilmente occupato un posto segnalato tra i
classici del suo paese.104
Classico, quindi, coincide in parte con nazionale. Ma il termine comprende il
Foscolo unulteriore sfumatura semantica e indica anche una nozione di civilt
riassuntiva del significato di antico e di esemplare. I classici che Foscolo ha in
mente sono Giuseppe Parini, Vittorio Alfieri, Ippolito Pindemonte, Vincenzo
Monti, oltre a lui stesso (Silvia Tatti, p. 31). Per per classici intende anche gli
scrittori latini e greci. In riferimento a quest ultimi utilizza spesso i termini
classici antichi insieme. Ad esempio quando parla di Parini dice:
La continua e minuta osservazione della natura in tutta la sua variet gli
somministr le bellezze necessarie a suoi intendimenti poetici, e lo rese
capace di riconoscerle nei classici antichi e di illustrarne ad altri la
presenza.105
Qui per classici antichi Foscolo si riferisce ad Orazio e Virgilio, i quali furono
letti con particolare curiosit e attenzione dal Parini. Oppure:
102
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze, p. 493.
103
Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, p. 31.
104
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze, p. 498.
105
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze.
(riferito ai critici letterari) Sono uomini che hanno goduto di una regolare
istruzione, sono familiari con le opere di classici antichi e moderni su cui si
sono formati, ed essendo avvezzi ad applicare le prescritte regole ad ogni
pubblicazione popolare, sono per propria ma indiscussa istituzione, gli arbitri
del gusto.
Quindi classici antichi per sottolineare il fatto che questi scrittori non sono solo
canonici e autorevoli, ma anche legati al passato. Altre volte, invece, per
indicare sempre gli scrittori latini e greci, usa solamente il termine antichi:
(riferito agli italiani) E saggiunga che essi giudicano tutte le composizioni
moderne riferendosi ai loro pi antichi poeti, venerati da loro quasi
superstiziosamente.106
Oppure quando parla dellAlfieri:
La sua lingua pura e derivata dagli antichi scrittori, ma libera da ogni
pedanteria e dalla ruggine dellantichit.107
C anche un uso di classico come autorevole ed eccellente. In riferimento, ad
esempio, alla tragedia Caio Gracco di Vincenzo Monti, dice:
Avendo i critici che siedono vicino allorchestra e quelli da tavolino
condannato quanto vi appare contrario allautorit dei classici, la loro
sentenza irrevocabile.108
Classici come significato, appunto, di autorevoli.
Alla fine del XVIII secolo ormai del tutto comune limpiego del termine che
sostituisce in gran parte luso di indicare i latini e i greci con il termine di
antichi.
Ippolito Pindemonte [] ha avuto di natura il dono duna delicatezza di
gusto che, raffinata da studi veramente classici gli ha acquistato maggiori
onori letterari.109
In questa citazione c luso di classico riferito ad un canone letterario. Quindi
gli studi classici come significato di studi canonici.
106
Ivi, p. 515.
107
Ivi, p. 515.
108
Ivi, p. 527-528.
109
Ivi, p. 522.
Infine utilizza il termine anche in una sfumatura negativa, quando diventa in
certi casi sinonimo di pedanti e conservatori. Quando parla della traduzione
dellIliade di Omero di Vincenzo Monti, scrive:
E, a colorire tal disegno, lardell le sue frasi di espressioni idiomatiche, e fu
anche prodigo di latinismi i quali, se pur posseggano un che di classico, e
siano opportunamente scelti, chiari ed espressivi e tali da arricchire la lingua,
producono nondimeno certo effetto prosaico e pedante, e rendono secca la sua
maniera e spiacente.110
Anche quando parla di Giuseppe Parini dice:
Il poeta mai non vide altra citt che Milano; le sue infermit e la sua
indigenza lo confinarono strettamente nella sua casa. Gli fu di conseguenza
impossibile di non attribuire eccessiva importanza a cose che, a chi fosse uso a
contemplare pi vasto orizzonte, parrebbero immeritevoli di considerazioni; e
fu per la medesima ragione naturale che il suo stile, tutto esemplato sui
classici, talvolta si snaturasse in pedanterie.111
Foscolo rinnova profondamente il rapporto con la classicit: classico
qualcosa che va utilizzato per costruire un nuovo sistema, funzionale alluomo
contemporaneo. Bisognava rendere lo spirito del testo originale, ed era per
questo motivo che va contro limitazione:
(riferito a Cesarotti) ) I suoi fedeli discepoli non salirono in reputazione
perch chi imita per natura sua incapace delevarsi al di sopra della
mediocrit.
Per Foscolo bisognava rifarsi alla virt degli antichi e distanziarsi dalla poesia
dimitazione.
La lingua italiana un bel metallo che bisogna ripulire dalla ruggine
dellantichit, e depurare dalla falsa lega della moda.112
La lingua italiana fu corrotta, durante il regno di Luigi XIV e Luigi XV, da un
numero infinito di parole e frasi francesi, e la consapevolezza di questa
corruzione, degener in una superstiziosa adorazione degli antichi: ed era per
questo motivo che la nazione aveva stabilita come massima che le grazie dello
110
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze, p. 535.
111
Ivi, p. 506.
112
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze.
stile debbano derivarsi dagli antichi scrittori toscani e che per vigore, o se si
possa usare il termine, per la nobilt della lingua soltanto i latini sono modelli
sicuri. Cos avviene di trovare in molte opere parole o frasi che sono quasi o
del tutto fuori uso.
Foscolo conclude il saggio dicendo che una grande questione divide il mondo
dei dotti italiani tra i partigiani della poesia classica e quelli della poesia
romantica. I primi pongono Omero in prima linea, gli altri, che hanno adottata
la suddivisione di Madame de Stal, si affidano allOssian come loro principale
campione. Madame de Stal aveva sentito lesigenza di distinguere tra luso
consueto di classico come sinonimo di perfetto e luso invece da lei assunto
come sinonimo di antico, contrapposto a romantico con il quale la scrittrice
indicava invece la cultura cavalleresca medievale. Inoltre i primi vorrebbero
attenersi unicamente alla mitologia degli antichi, al contrario dei secondi, i
quali la bandirebbero da ogni loro composizione. Foscolo definisce questa
polemica nel saggio una questione oziosa che per potr determinare il corso
della letteratura per i prossimi cinquanta anni.
Conflitto tra antichi e moderni nel pensiero leopardiano
[165-172] Lanima umana (e cos tutti gli esseri viventi) desidera sempre
essenzialmente, e mira unicamente, bench sotto mille aspetti, al piacere,
ossia alla felicit, che considerandola bene, un tuttuno con il piacere.
Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch ingenita o
congenita collesistenza, e perci non pu avere fine in questo o quel
piacere che non pu essere infinito, ma solamente termina con la vita. E
non ha limiti: 1. n per durata; 2. n per estensione [...] Quando giungi a
possedere il cavallo, trovi un piacere necessariamente circoscritto e senti
un vuoto nellanima, perch quel desiderio che tu avevi effettivamente
non resta pago. Se anche fosse possibile che restasse pago per
estensione, non potrebbe per durata, perch la natura delle cose porta
ancora che niente sia eterno114.
113
G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, La letteratura vol. 4 Let napoleonica e il
194-195.
La natura, benefica e materna, aveva creato lessere umano come essere
semplice, ignaro, primitivo, abbandonato nellimmaginazione e nelle
illusioni; gli uomini, invece, vollero uscire fuori dalla loro infanzia felice ed
iniziarono ad usare la ragione per scrutare la realt, arrivando al male e al
dolore.
Per questo gli uomini primitivi e gli antichi greci e romani, molto pi vicini
alla natura, erano felici: nutriti di generose illusioni, crearono miti,
compirono azioni eroiche e magnanime, svolsero una vita intensa ed attiva e
questo contribu a far dimenticare loro il vuoto dellesistenza e a renderli lieti
proprio come i fanciulli.
115
Ivi, pp. 196-197.
i loro poeti, massime il pi antico cio Omero, abbondano i fanciulli,
veramente Omerici in questo, [...] glignoranti, ecc. in somma la natura.
La cognizione e il sapere ne fa strage, e a noi riesce difficilissimo il
provarne116.
116
Ivi, pp. 197-199.
117
M. Sansone, Storia della Letteratura Italiana, Principato Editore, 1973, p. 437.
[3976] Fra gli antichi avveniva tutto il contrario. Il tuono naturale che
rendeva la loro cetra era quello della gioia o della solennit. La poesia
loro era tutta vestita a festa, anche, in certo modo, quando il subbietto
lobbligava ad esser trista. Che vuol dir ci? O che gli antichi avevano
meno sventure reali di noi, (e questo non forse vero), o che meno le
sentivano e meno le conoscevano, il che viene a esser lo stesso, e a dare il
medesimo risultato, cio che gli antichi erano dunque meno infelici de
moderni118.
Lorigine del male delluomo moderno si trova, dunque, nella ragione che
cerca sempre di spiegare in modo razionale la realt, svuotandola e
privandola della sua originaria bellezza, al contrario di come facevano gli
antichi:
118
G. Leopardi, op.cit., p. 2515.
119
Ivi, pp. 2933-2934.
chella era quasi nel giusto punto, e in quel mezzo tra i due eccessi, il
quale solo poteva proccurare alluomo in societ una certa felicit. La
barbarie de tempi bassi non era una rozzezza primitiva, ma una
corruzione del buono, perci dannosissima e funestissima. Lo scopo
dellincivilimento dovea esser di togliere la ruggine alla spada gi bella,
o accrescergli solamente un poco di lustro. Ma siamo andati tanto oltre
volendola raffinare e aguzzare che siamo presso a romperla. E osservate
che lincivilimento ha conservato in grandissima parte il cattivo dei
tempi bassi, chessendo proprio loro, era pi moderno, e tolto tutto quello
che restava loro di buono dallantico per la maggior vicinanza (del quale
antico in tutto e per tutto abbiam fatto strage), come lesistenza e un certo
vigore del popolo, e dellindividuo, uno spirito nazionale, gli esercizi del
corpo, unoriginalit e variet di caratteri costumi usanze ec. [...] In
somma la civilt moderna ci ha portati al lato opposto dellantica, e non si
pu comprendere come due cose opposte debbano esser tuttuno, vale a
dire civilt tutte due. Non si tratta di piccole differenze, si tratta di
contrariet sostanziali: o gli antichi non erano civili, o noi non lo siamo.
Accanto a questa teoria della visione si viene a creare anche una teoria del suono
e il poeta elenca tutta una serie di suoni, suggestivi proprio perch vaghi: un
canto che pian piano si allontana, un canto che arriva dallesterno in una
stanza, il rumore del vento tra gli alberi, ecc:
120
Ivi, p. 196.
121
Ivi, p. 1210.
[1927-1930] Quello che altrove ho detto sugli effetti della luce o degli
oggetti visibili, in riguardo allidea dellinfinito, si deve applicare
parimente al suono, al canto, a tutto ci che spetta alludito. piacevole
[...] per unidea vaga e indefinita che desta, un canto (il pi spregevole)
udito da lungi o che paia lontano senza esserlo, o che si vada poco a
poco allontanando [...] un canto udito in modo che non si veda il luogo
da cui parte, un canto che risuoni pi volte in una stanza [...] E tutte
queste immagini in poesia sono sempre bellissime, [...] Vedi in questo
proposito Virgilio, Eneide, VII, v.8, segg. La notte o limmagine della
notte la pi propria ad aiutare, o anche a cagionare, i detti effetti del
suono, Virgilio da maestro lha adoperata122.
Il poeta ritiene che i maestri della poesia vaga e indefinita sono stati,
appunto, gli antichi che, essendo molto vicini alla natura, avevano la capacit
di immaginare, proprio come i fanciulli. Il conflitto antichi-moderni si lega
cos ad un altro tema caro al poeta: il contrasto natura-ragione.
Limmaginazione fanciullesca, essendo vicina alla natura, fa vedere il mondo
infinitamente vasto, vario e suggestivo, mentre gli adulti, ormai avvolti dal
progresso della conoscenza non sono pi in grado di ottenere questa visione.
[144] [...] Cos si pu ben dire che in rigor di termini, poeti non erano se
non gli antichi, e non sono ora se non i fanciulli o giovanetti, e i moderni
che hanno questo nome, non sono altro che filosofi.
122
Ivi, pp. 1310-1311.
123
G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, op. cit., p. 526.
[514-516] Da fanciulli, se una veduta, una campagna, una pittura, un
suono, un racconto, una descrizione, una favola, unimmagine poetica,
un sogno, ci piace e diletta, quel piacere e quel diletto sempre vago e
indefinito: lidea che ci desta sempre indeterminata e senza limiti: ogni
consolazione, ogni piacere di quellet [...] tien sempre allinfinito: e ci
pasce e ci riempie lanima indicibilmente, anche mediante i minimi
oggetti. Da grandi [...] il piacere di quella sensazione si determina subito
e si circoscrive124.
Nello Zibaldone il poeta utilizza molte altre volte i termini antico e moderno
(presenti sia al maschile che al femminile, singolare e plurale), mettendoli in
contrapposizione tra loro ed esaltando i primi.
Per prima cosa egli evidenzia la superiorit degli antichi rispetto ai moderni
nella scrittura, affermando:
[31] [...] La prosa per esser veramente bella (conforme era quella degli
antichi) e conservare quella morbidezza e pastosit composta anche fra le
altre cose di nobilt e dignit, che comparisce in tutte le prose antiche e in
quasi nessuna moderna, bisogna che abbia sempre qualche cosa del
poetico, non gi qualche cosa particolare, ma una mezza tinta generale,
onde ci sono certe espressioni tecniche p.e. che essendo bassissime nella
poesia sono basse nella prosa; [...] come altre che sono basse nella poesia,
alla prosa non disconvengono affatto[...] e dir cos, somigliante a una
persona magra che abbia le punte dellossa tutte in fuori, quella prosa
tutta sparsa despressioni metafore frasi locuzioni modi tecnici che usa
presentemente massime in Francia, e quanto lontana da quella
freschezza e carnosit morbida sana vermiglia vegeta florida, e da quella
pieghevolezza e da quella dignit che sammira in tutte quelle prose che
sanno dantico.
124
G. Leopardi, op.cit., p. 435-436.
Un altra caratteristica positiva degli antichi, la capacit di utilizzare artifici
linguistici con naturalezza ed armonia, senza preoccuparsi degli effetti che
essi possono avere sul lettore. In questo i moderni sono differenti:
[225-226] [...] La sola cosa che deve mostrare il poeta di non capire
leffetto che dovranno produrre in chi legge, le sue immagini,
descrizioni, affetti ec. [] E quantunque anche la disinvoltura possa
essere affettata, e da ci guasta, tuttavia possiamo dire iperbolicamente,
che se veruna affettazione permessa allo scrittore, non altra che
questa di non accorgersi n prevedere i begli effetti che le sue parole
faranno in chi legger, o ascolter, e di non aver volont n scopo
nessuno, eccetto quello ch manifesto e naturale, di narrare, di celebrare,
compiangere ec. Laonde veramente miserabile e barbaro quelluso
moderno di tramezzare tutta la scrittura o poesia di segnetti e lineette, e
punti ammirativi doppi, tripli, ec.
125
Ivi, p. 2775-2776.
In un altro passo, il termine antica viene usato con il significato di autorevole
e fa riferimento a tutta la letteratura italiana. Essa considerata tale perch
gli autori italiani, soprattutto Dante, Petrarca e Boccaccio sono i pi antichi
classici fra moderni, famosi in tutta Europa e quindi ritenuti accreditati e
prestigiosi:
[4292] Dice la Stal che la lingua tedesca una scienza, e lo stesso si pu,
e con pi ragione ancora, dir della greca. Quindi accaduto che siccome
le scienze si perfezionano, e i moderni sono in esse superiori agli antichi,
per le pi numerose e accurate osservazioni, cos e per lo stesso mezzo la
notizia del greco, dal rinascimento degli studi, si accresciuta e si
accresce tuttavia, e che i moderni sono in essa d'assai superiori a quelli
del 5 o del 4 cento, e forse in alcune parti (come in quella delle
etimologie, parte cos favolosamente trattata da Platone), agli stessi greci
antichi; anzi, che gli scolari di greco oggid, ne sappiano pi de' maestri
de' passati tempi127.
2 I Canti
126
Ivi, p. 2791.
127
Ivi, p. 2864.
La produzione poetica di Leopardi raccolta nei Canti, la cui edizione
definitiva venne stampata dopo la sua morte. Tra il 1818 e il 1823 il poeta
scrisse le Canzoni, pubblicate in un opuscolo a Bologna nel 1824. Sono
componimenti di impianto decisamente classicistico, che utilizzano un
linguaggio aulico, sublime e tradizionale. Le prime cinque (AllItalia, Sopra il
monumento di Dante, Ad Angelo Mai, Nelle nozze della sorella Paolina, A un
vincitore nel pallone), composte tra il 1918 e il 1921 affrontano una tematica
civile: alla base del pensiero leopardiano c quel pessimismo storico che
caratterizza la visione del poeta in questo periodo. Sono animate da aspri
spunti polemici contro let presente, inerte e corrotta, incapace di azioni
eroiche alla quale si contrappone unesaltazione dellet antica.
128
G. Leopardi, Canti, a cura di G. e D. De Robertis, Milano, Oscar Mondadori, 1978.
129
W. Binni, Leopardi. Scritti 1964-1967, Il Ponte Editore, 2014, pp. 101-102.
scuotersi dal loro torpore e ascoltare il suggerimento della voce risorgente
dei loro padri antichi, di quellantica gloriosa civilt fervida di attivit e di
fantasia130. La canzone una vera e propria summa dei temi leopardiani di
questo periodo: si individua soprattutto il tema civile e patriottico e la
decadenza del mondo contemporaneo contrapposta ad un passato glorioso,
identificato con il mondo classico. Lantichit viene associata alla giovinezza
dellumanit: non avendo ancora percezione del vero, gli antichi erano capaci
di vaste immaginazioni e di illusioni. La civilt ha spento queste facolt: luso
della ragione ha dissolto limmaginazione ed ha tolto allumanit ogni
slancio ed energia.
Ad Angelo Mai pu essere suddivisa in due parti fondamentali: la prima,
formata dalle prime quattro strofe, legata alloccasione del componimento e
al suo significato, e la seconda, che giunge fino alla fine.
Nella prima parte (vv.1-55) Leopardi esalta il Mai, grazie al quale, Cicerone
ed altri scrittori antichi sono tornati a far sentire la propria voce dopo secoli
di silenzio. Egli definito ardito perch continua la ricerca dei classici
andati perduti, facendo s che ritornino in vita per poter trasmettere il loro
messaggio eroico alla societ moderna, dominata da uninerzia vergognosa:
130
Ivi, p. 103.
segno divino necessario agli italiani per intraprendere una nuova vita
proprio grazie alla voce degli antichi.
131
W. Binni, op. cit., p. 107.
a cui fu vita il pianto! A noi le fasce
cinse il fastidio; a noi presso la culla
Il poeta riconosce nel dolore lorigine della grande poesia italiana, comune
sia a Dante sia a Petrarca (definito fortunato perch il dolore gli ha impedito
di provare la noia). Il dolore , infatti preferibile alla noia perch un
sentimento vivo, mentre la noia spegne ogni forma di vita e di sensibilit,
come successo ai moderni. Questo fastidio accompagna luomo dalla
nascita fino alla morte ed ha origine dalla percezione della nullit di tutte le
cose. A questa immagine pessimista si contrappone la figura di Cristoforo
Colombo, simbolo di unet felice, ricca di coraggio e vitalit: egli ha
compiuto un viaggio glorioso perch, oltre a ritrovare la strada del ritorno,
ha raggiunto uno scopo prefissato, correndo dei rischi e violando i limiti
della natura:
Nella canzone viene messa in primo piano la distinzione tra lepoca antica e
quella moderna: la vita e la realt che gli antichi immaginavano, venne
annullata con lallontanamento degli uomini dalla natura e con il crescere
della ragione. Per questo motivo si pu affermare che Alla Primavera trae lo
spunto da una strofa della canzone precedente intitolata Bruto minore in cui
vi il confronto tra lepoca di Bruto, in cui prevalgono la disillusione storica e
133
M. Pazzaglia, Antologia della letteratura italiana, vol. 3, Zanichelli, 1978, p. 218.
134
G. Leopardi, op. cit., p. 1748-1749.
la ragione, e lepoca antica e primitiva in cui la natura era regina e dea e,
come tale, da tutti era seguita ed adorata:
La canzone si apre con una strofa che parte dal ritorno della primavera, che
porta i primi caldi, i venti primaverili, i nuovi amori e le nuove speranze, fino
ad arrivare ad una serie di domande che anticipano il tema fondamentale
presente in tutto il testo: poich la primavera riporta la vita nella natura e
negli animali, possibile che anche per gli uomini possa ritornare let della
giovinezza, con tutte le sue illusioni e i suoi sogni?
Perch i celesti danni
ristori il sole, e perch laure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
delle nubi la grave ombra savvalla;
credano il petto inerme
gli augelli al vento, e la diurna luce
novo damor desio, nova speranza
ne penetrati boschi e fra le sciolte
pruine induca alle commosse belve;
Forse alle stanche e nel dolor sepolte
umane menti riede
la bella et, cui la sciagura e laltra
face del ver consunse
innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
di febo i raggi al misero non sono
in sempiterno? Ed anco,
Primavera dorata, inspiri e tenti
questo gelido cor, questo chamara
nel fior degli anni suoi vecchiezza impara? (vv.1-19)
Alla fine di questi interrogativi si pone la seconda strofa, la quale si apre con
una nuova domanda, questa volta pi ansiosa e disperata rispetto a quelle
precedenti: il poeta si chiede se la natura continua a vivere, se essa ancora
in grado di rispondere alle domande delluomo:
[63-64] [...] Che bel tempo era quello nel quale ogni cosa era viva
secondo limmaginazione umana e viva umanamente cio abitata o
formata di esseri uguali a noi, quando nei boschi desertissimi si
giudicava per certo che abitassero le belle Amadriadi e i fauni e i silvani
e Pane ecc. ed entrandoci e vedendoci tutto solitudine pur credevi tutto
abitato e cos de fonti abitati dalle Naiadi ecc. e stringendoti un albero al
seno te lo sentivi quasi palpitare fra le mani credendolo un uomo o
donna come Ciparisso ecc. E cos de fiori ecc. Come appunto i
fanciulli135.
135
G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, in Biblioteca della Letteratura Italiana, Einaudi, p.
99.
[...]allor che ignuda
te per le piagge e i colli,
ciprigna luce, alla deserta notte
con gli occhi intenti il viator seguendo,
te compagna alla via, te de mortali
[...]Che se glimpuri
cittadini consorzi e le fatali
ire fuggendo e lonte,
glispidi tronchi al petto altri nellime
selve remoto accolse,
viva fiamma agitar lesangui vene,
spirar le foglie, e palpitar segreta
nel doloroso amplesso
Dafne o la mesta Filli, o di Climene
pianger cred la sconsolata prol
quel che sommerse in Eridano il sole. (vv.47-57)
136
G. Leopardi, op. cit., p. 105.
Anche lusignolo (musicol augel) esprimeva attraverso il suo canto gli
affanni degli uomini: secondo il mito, Tereo, re di Tracia aveva violato sua
cognata Filomena e affinch tacesse, le recise la lingua. Ma Filomena,
attraverso un ricamo, riusc a far capire alla sorella Procne (moglie di Tereo)
loltraggio patito, la quale per vendetta uccise il figlio Iti e ne fece mangiare le
carni al marito. Questi, conosciuto lorribile delitto, perseguit le due donne
che furono tramutate una in usignolo e laltra in rondine 137. Lultima strofa
parte proprio dallimmagine dellusignolo che, come leco, una volta
esprimeva sentimenti simili a quelli delluomo a causa della sua precedente
esperienza, ma poi il poeta lo dissocia dalluomo e di conseguenza allontana
lessere dalla natura (ma non cognato al nostro/ il gener tuo, vv.77-78). La
natura diventata cieca e sorda, proprio come il poeta aveva gi
affermato nello Zibaldone:
Dopo aver detto che la vita attuale degli uomini non trova pi consolazione
nei miti, il poeta indirizza una preghiera alla natura:
tu de mortali ascolta,
vaga natura, e la favilla antica
rendi allo spirito mio; se tu pur vivi,
e se de nostri affanni
cosa veruna in ciel, se nellaprica
terra salberga o nellequoreo seno,
pietosa no, ma spettatrice almeno. (vv.88-95)
Leopardi propone un patto alla natura: se vero che essa ormai non
partecipe della vita umana e se vero che la comunicazione con il genere
umano si interrotta, possa almeno la primavera essere spettatrice del dolore
137
Ibid.
138
G. Leopardi, op. cit., p.1576.
umano. proprio negli ultimi versi che il poeta rende esplicito il suo vero
interesse. Non si tratta della sopravvivenza della mitologia e di una maniera
antica di percepire la natura, come popolata di presenze divine e magiche,
ma della possibilit stessa della poesia nel mondo moderno. Affinch la
poesia sia possibile, necessario un patto tra il poeta e la natura: essa pu
continuare ad essere una presenza passiva, se il poeta potr veder risvegliata
dentro di s la favilla antica, la vitalit giovanile e la capacit di
immaginare.
Anche nella canzone Alla Primavera, come in Ad Angelo Mai, abbiamo solo
due casi in cui compaiono i termini antichi/antica.
Fabiana Meloni
Universit degli studi di Roma La Sapienza
Studentessa:
Angelica Pistilli
Matricola:
1494536
Classico un termine che nel corso del tempo ha raccolto una stratificazione di
significati diversi. Ogni qual volta che un popolo si confronta con la propria
tradizione, si rapporta anche con la storia della voce classico, che sinterseca con la
levoluzione del termine classico fu il dibattito tra romantici e classicisti della prima
meglio su cosa fosse davvero il classico. Con la polemica classico diviene uno dei
termini di una polarizzazione tra ci che si pu ricondurre alla norma, allimitazione
Giacomo Leopardi (1798-1837) si era formato proprio durante gli anni dellaccesa
lungo articolo140 in forma di lettera di Madame de Stal sulla Biblioteca italiana nel
italiani, chiusi e intorpiditi dal loro culto del passato, allo scopo di esortare loro
vive.
Secondo Madame de Stal gli scrittori italiani razzolano nelle antiche ceneri
poesie vuote, e isterilite dalla continua ripetizione pedantesca di immagini tratte dal
repertorio classico mitologico. Era necessario quindi aprire gli orizzonti verso la
cultura europea, le loro idee, tradurre gli autori stranieri per trovare nuovi modelli
Giordani, che aveva tra laltro curato e tradotto lintervento della baronessa. I
antichi.
139
Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Carocci editore, Roma, 2015, p. 40
140
Larticolo porta il titolo Sulla maniera e lutilit delle traduzioni
141
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, La letteratura, vol. 4, Paravia,
Milano, 2007, p.233
La formazione di Leopardi era stata classicista 142, consolidata anche dallamicizia con
potremmo definire primitivo, quello dei poeti pi antichi, tra tutti Omero, che
rigide regole alle quali sottostare, e sulluso ripetuto della mitologia classica. Nella
Il poeta di Recanati aveva tentato di intervenire sul dibattito in due occasioni; nel
1816 scrisse una Lettera ai sigg. compilatori della Biblioteca italiana, in risposta
allarticolo di Madame De Stal, e due anni dopo nel 1818 approfond le sue
riflessioni al riguardo nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Si tratta
Nella Lettera Leopardi si espresse in sintonia con le tesi classiciste di Pietro Giordani,
per cui gli autori antichi avrebbero raggiunto il massimo grado di perfezione, tanto
artistico. Tuttavia il poeta mostr di essere anche daccordo con le critiche di Madame
De Stal sul principio dimitazione pedante degli antichi, pur non condividendo
lapertura alle letterature europee come antidodo al sopore culturale italiano del
tempo.
142
Leopardi studio a Recanati nella biblioteca privata paterna; una tipica biblioteca dellantichita
settecentesca, poco aggiornata sui contemporanei e ricca di codici greci, latini e di carattere
sacro. Leopardi si ricorda oltre che come grande poeta, anche come filologo e traduttore.
143
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, op. cit., p.529
Tra gennaio e agosto del 1818 Giacomo Leopardi compose il Discorso di un italiano
intorno alla poesia romantica, che invano tent di far pubblicare sulla rivista
Spettatore italiano, dove nel gennaio dello stesso anno erano apparse le
Osservazioni sulla poesia moderna del Cavaliere Lodovico di Breme. Qui il poeta
lopposizione tra lantichit volta verso una poesia spontanea che imitava la natura, e
In questo contesto di appassionate polemiche luso che Leopardi fece della parola
classico e dei suoi derivati, soprattutto del plurale sostantivato classici, fu mutevole.
144
Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica in Poesie e prose, vol.
secondo, a cura di Rolando Damiani, Arnoldo Mondadori editore, collana I Meridiani, Milano,
1988
Ci che spinge luomo a cercare nelloggetto della poesia enti simili a s, e
natura, quindi in questo caso il termine classico assume una sfumatura negativa e
Per esplicitare questo suo pensiero Leopardi nel Discorso cita anche dei versi di Lord
Byron, dove la protagonista una rosa che arrossisce vedendo lusignolo di cui
quindi che la rosa sia una donna. Leopardi critica i romantici che pretendevano di
necessario dunque che il poeta infonda unanima alloggetto, una caratteristica che
In uno dei primi passi tratto dallo Zibaldone 145 datato luglio-agosto 1817:
dir dallesempio degli antichi e dei Classici, che molti pur sapranno
145
Lo Zibaldone e un diario personale, dove Giacomo Leopardi raccolse una serie di appunti
scritti tra luglio-agosto 1817 e dicembre 1832 per un totale di 4526 pagine.
abbandonare, ma da quelle regole (ottime e Classiche ma sempre
dellarte, onde pel timore di non fare cose pessime, non ci attentiamo
tutto, ma che non son quelle, non sono quelle cose secolari e mondiali,
In questo passo Leopardi riflette sul timore dei contemporanei di incorrere in errore,
avendo ben presente gli errori dei loro predecessori, in particolare vengono citati i
romantici, un termine qui usato con una valenza negativa; i romantici rappresentano
coloro che essendosi concessa una certa licenza, finirono per generare mostri,
limitazione cieca degli antichi e dei Classici, e soprattutto delle loro regole classiche
spesso fa volare basso e genera una poesia mediocre. Leopardi infatti si distacca
dallidea di classico come bello assoluto ed eterno, il bello varia a secondo del buon
gusto, del contesto, in definitiva non esistono delle regole fisse. Il poeta non deve
copiare gli antichi, e seguire ciecamente ogni loro principio come fosse un dogma.
Questa lettura del termine classico avvalorata anche dalluso, sempre in questo
passo, dellespressione ottime e Classiche [] regole, che per sono pur sempre
regole fissate nel tempo, e che pertanto non permettono la piena espressione del
proprio estro.
loriginalit de successori.147
Il termine classici in questo caso sta ad indicare un canone di scrittori affidabili che
si fissano nel tempo, e che vanno a costituire una norma linguistica e letteraria.
Omero stata misurata e si fatta regola, lo scrittore greco diventa cos un modello
147
Giacomo Leopardi, Zibaldone, cit.
al quale i suoi successori devono rifarsi, ci nonostante Leopardi ritiene che
Leopardi sta riflettendo sulla variet della lingua latina, che ritiene superiore a
quella della lingua greca; facendo questo usa lespressione greco classico in
costumi antichi, opinioni ec. Quelle ricchezze alle quali io dico che la
148
Ivi.
meno disusate, che sono infinite e bellissime, e ponno esserle ancora
Ogni nazione e lingua, compresa quella italiana, fa propri insieme agli usi e costumi
antichi anche le parole e le allocuzioni antiche, sebbene Leopardi dichiara che luso
di termini e frasi tratte dalle Biblioteche de classici un uso improprio, che rende
Poco dopo sempre con la medesima datazione riportato un confronto tra la lingua
Ond che la lingua francese deve ben presto cambiar faccia in modo
per quella di uno o due secoli prima. N tarder molto che i classici
i classici, intesi come i grandi scrittori, dellepoca di Luigi XIV non sono percepiti dai
149
Ivi.
150
Ivi.
moderni francesi come modelli universali, nel modo in cui nel nostro caso pu
Un altro passo dello Zibaldone dove si fa uso della parola classici per identificare
I classici qui vengono intesi come gli scrittori che lAccademia della Crusca presenta
anche un libro nuovo, uscito pur ora ec. Il credito poi dell'autore,
E lautorit che il pubblico conferisce a uno scrittore a sancire il piacere nella lettura
della sua opera; a volte si prova pi piacere nella lettura di un libro mediocre, ma
scritto da un autore autorevole, che in quella di un buon libro di uno scrittore poco
La storia e levoluzione della parola classico si intreccia anche con quella di altri
moderno/moderni, e romantico/romantici.
152
Ivi.
devessere incestuoso? perch la donna trucidata? perch lamante una
volentieri le tralascio153
chiaramente riferimento a quello dei classicisti, anche perch subito dopo viene
unaccezione negativa, infatti Leopardi pur non ripudiando luso di soggetti patetici
un gusto orrido.
Il poeta di Recanati in questo passo che segue (sempre tratto dal Discorso) usa il
termine moderno conferendogli una sfumatura negativa, esso si riferisce allo stile dei
romantici, che descritto oltre che con laggettivo moderno, anche come corrotto e
lampada mezzo morta fra i colonnati dun chieson gotico dipinta dal
I moderni qui sotto citati non son altro che i romantici, che nella loro poesia
Anche in questo caso che segue il termine romantici, contrapposto a i nostri che
sono i classicisti, assume una valenza negativa. Allo stesso modo il termine moderno
154
Ivi.
155
Ivi.
Perch in somma una delle principalissime differenze tra i poeti
positivo.
natura; da questa diversa prospettiva tra le due parti ne deriva un modo diverso di
Per i romantici gli antichi risiedevano in uno stato di totale ignoranza, non avevano
con la natura, senza percepirne un distacco da essa, dagli antichi derivava cos una
universo pervaso dalla tecnologia e dominato dalla ragione, che in grado di dare
Leopardi nel Discorso sostiene che lunica vera poesia sia proprio quella degli
non offuscata dalla consapevolezza. Ad esempio lantico che vedeva le stelle riusciva
156
Ivi.
ancora a meravigliarsi della natura, il moderno alla vista delle stelle non pu
cosa siano scientificamente quegli astri celesti. Alla base di questa riflessione vi
lidea che la ragione [] nemica formale della natura; che la ragione nemica
nelle cose umane di quasi ogni grandezza; che spessissimo dove la natura grande,
la ragione piccola157.
Anche in un passo tratto dallo Zibaldone (datato luglio-agosto 1817) Leopardi espone
lo stesso pensiero, parlando ottimamente degli antichi, che grazie alla loro
azioni; (v. quel che ho detto in altro pensiero) e che mentre luomo
quella puerizia che cos era propria del mondo a tempo degli antichi,
cosa che conosce vana, cade tra le branche della ragione, e se anche
157
Ivi.
benedetta mente gli va a ricercare tutti i secreti di questo palpito, e
Nel seguente passaggio tratto dal Discorso il poeta di Recanati dopo aver precisato
che il compito del poeta quello di dilettare imitando la natura, spiega in che modo i
natura andavano alla ricerca del singolare e dellartificio, mentre gli antichi, fautori
artificiosa dei romantici, che spremevano il loro cuore. Ancora una volta gli antichi
Imitavano gli antichi non altrimenti queste che le altre cose naturali,
che parlasse luomo perito delle qualit e degli affetti e delle vicende
158
Giacomo Leopardi, Zibaldone, cit.
159
Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, cit.
Per tornare a quella condizione primitiva, dove regna la fantasia, necessario che il
In questo passo che segue gli antichi, dotati di immaginazione, sono contrapposti a
effetti che facea negli antichi, e fece un tempo in noi stessi, bisogna
bisogna rompere quei recinti: questo pu fare il poeta, questo deve; non
appartenuto a ciascun uomo. Occorre che il poeta moderno per fare poesia alluso
degli antichi, scavi nella sua memoria in cerca delle emozioni vissute da fanciullo
rimembranza e del vago e indefinito; due teorie alla base della poetica leopardiana.
Gli antichi quindi sono come dei modelli positivi da prendere in considerazione e da
studiare.
160
Ivi.
161
Luigi De Bellis, Letteratura italiana: Giacomo Leopardi, 2001,
(http://spazioweb.inwind.it/letteraturait/leopardi/idee.htm)
[] quello che furono gli antichi, siamo stati noi tutti, e quello che fu
il mondo per qualche secolo, siamo stati noi per qualche anno, dico
fantasia162
ricordanze della prima et e le idee prime nostre che noi siamo cos
Gli antichi sono ancora messi a confronto in maniera antitetica ai romantici: i primi
162
Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, cit.
163
Ivi.
Per comprendere fino in fondo come Leopardi intendeva il termine classico in
Biblioteca italiana e nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica si risolse
Il poeta di Recanati tra tutte le forme poetiche privilegiava quella lirica, espressione
diretta dellio, della soggettivit e dei sentimenti, a differenza delle forme narrative e
della letteratura non doveva essere lutilit; essa ci permette di conoscere con
Nella Nuova prefazione di Giuseppe Antonio Borgese alla seconda edizione della sua
Storia della critica romantica in Italia si riflette sul concetto di Romanticismo italiano:
164
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, op. cit., p.530
propugnava le idee romantiche era spesso, magari senza avvedersene,
classicismo.165
Alla luce anche di queste affermazioni appare inutile affaticarsi per attribuire a
lautore individu fin dal Discorso il suo ideale di poeta, che si rif agli antichi, ma
165
Giuseppe Antonio Borgese, Storia della critica romantica in Italia con una nuova prefazione,
F.lli Treves, Milano, 1920 [1905]
166
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, op. cit., p.529
Bibliografia e sitografia
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, La letteratura, vol. 4,
Giuseppe Antonio Borgese, Storia della critica romantica in Italia con una nuova
prefazione, F.lli Treves, Milano, 1920
(http://www.leopardi.it/zibaldone.php)
Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Carocci editore, Roma, 2015
Bibliografia
Opere di G. Leopardi
G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, in Biblioteca della Letteratura Italiana, Einaudi
G. Leopardi, Canti, a cura di G. e D. De Robertis, Milano, Oscar Mondadori,
1978
Testi critici
Filologia Moderna
Giorgia Pellorca
Matricola N 1487053
Introduzione
tappe e concetti, con il risultato di un profilo atipico: non verr analizzata la vita nel
suo insieme, correlata dalle esperienze, non verranno analizzate le opere nella loro
fattispecie con una fra tutte, classico in ognuna delle sue possibili declinazioni.
accompagnando il poeta nelle sue riflessioni, nelle sue evoluzioni e nei suoi
componimenti; una parola di una certa potenza evocativa, che Leopardi mostrer di
di acquisirne sempre di nuovi e non perdere mai quelli precedenti, costruendo cos un
parola che non rimane statica nel tempo e soprattutto nelluso di questo autore, il
quale le dona una nuova vita ogni volta; una parola che assorbe come una spugna
dissimili nel corso degli anni. Inizialmente il rapporto con i classici sar ossessivo,
Leopardi si avviciner al mondo di Pietro Giordani e quindi alla vera realt, diversa e
simile per certi aspetti a quella recanatese. Giordani aprir al giovane un nuovo
mondo, lo inviter a riflettere (dopo lattacco di Madame de Stal) sullimportanza
liriche) e cercheremo di capire in che modo e perch queste due parole interagiscono,
quale sia (e se ci sia) la linea sottile a dividerle nel significato, come si pone Leopardi
sullo Zibaldone, cercando di cogliere le varie sfumature del termine da passi scelti e
Quello che presentiamo un lavoro di ricerca che si pone degli interrogativi, che ha
Voltaire, Schiller, Schlegel, tra gli altri), inizi presto a riflettere riguardo le
caratteriste delle letterature e degli autori dei diversi Paesi che aveva avuto modo di
i frequenti viaggi nelle diverse nazioni le avevano donato una naturale inclinazione al
confronto tra i diversi costumi e le diverse letterature europee; 167 cos, nel secondo
Nel suo (ormai celeberrimo) articolo, tradotto da Pietro Giordani e pubblicato nel
167
Cfr. Corrado Bologna, Paola Ronchi, Rosa fresca aulentissima, vol. IV, Bologna, Loescher, 2010,
p.104
traduzione dellIliade di Vincenzo Monti, insisteva sulla necessit da parte degli
artisti italiani di iniziare a tradurre testi dei principali autori moderni europei,
rappresentassero lunico sistema per far circolare e per assorbire le novit che la
cultura europea stava producendo, mentre gli italiani insistevano nella traduzione dei
testi classici e nel reimpiego di moduli classicisti, ormai quasi del tutto obsoleti . Lo
scopo di questa esortazione era quello di scuoterli dal torpore e rinnovare il mondo
poesie inglesi e tedesche; onde mostrare qualche novit a loro concittadini, i quali
per lo pi stanno contenti allantica mitologia: n pensano che quelle favole sono da
glintelletti della bella Italia, se amano di non giacere oziosi, rivolgano spesso
conoscerle, non per diventare imitatori, ma per uscire di quelle usanze viete, le quali
lingua, che fu nobilitata da scrittori sommi: oltrech la nazione italiana non ebbe per
lo pi altra gloria, o altri piaceri, o altre consolazioni se non quelle che dava
se stesso una cagione di mettere in atto la sua naturale facolt bisogna che le nazioni
abbiano un interesse che le muova. Alcune lhanno nella guerra, altre nella politica:
168
Ivi, p. 105
glitaliani dono acquistar pregio dalle lettere e dalle arti; senza che giacerebbero in
antiquati degli italiani, legati ancora alla primitiva mitologia, e quindi ad un tipo di
estinte e completamente ignorate negli altri Paesi; riferendosi poi agli scrittori
italiani, li apostrofa come sommi e non come classici (in parte anche perch la
sottolineare il concetto seguente: che, oltre la lingua e la maestria con la quale negli
anni era stata usata, gli italiani non potevano esibire altra gloria, altro onore.
Questo articolo accese lo sdegno degli italiani che si sentirono giudicati, nel loro fare
risparmiarono parole, a volte anche piuttosto dure, nei confronti della baronessa,
altri, come Pietro Giordani, ne approfittarono per riflettere sullo stato delle letterature
In quello stesso 1816 giunse alla Biblioteca Italiana anche una lettera che si
Leopardi. La lettera non venne mai pubblicata sulla rivista, ma a distanza di qualche
anno, nel 1818, il suo autore ne riprese le tesi e le approfond nel Discorso di un
italiano intorno alla poesia romantica. Nelle sue argomentazioni il giovane (e ancora
moderni dovuta al rapporto pi immediato, puro e profondo che i primi avevano nei
poesia degli antichi (e non solo la poesia, ma il loro stato danimo: quella che intende
corrotta dalla razionalit. Questa ideologia, in parte rivista dal Leopardi maturo,
presenta delle analogie con le concezioni di alcuni grandi scrittori come Schiller e di
teorici come Herder. Contrariamente a questa tesi, gli interventi a favore delle idee
della Stal, costituirono i primi manifesti del Romanticismo italiano, tutti pubblicati
in quello stesso 1816 (in ordine di apparizione: quelli di Ludovico di Breme, Pietro
Ci che lega il giovane Leopardi al mondo antico non solo lo studio matto e
171
Cfr. Corrado Bologna, Paola Ronchi, Rosa fresca aulentissima, op. cit., p. 107
172
Giacomo Leopardi, Epistolario, Lettera a Pietro Giordani, Recanati, 2 marzo 1818
pulsante della sua educazione e formazione, ma la relazione che strinse con i mondi e
che i romantici si sforzano di sviare il pi che possono la poesia dal commercio coi
sottolineando che egli non loda i secoli antichi, non afferma [] che quella vita e
quei pensieri e quegli uomini fossero migliori dei presenti [...] Solamente dico [...]
che l'ufficio del poeta imitar la natura, la quale non si cambia n incivilisce [...];
facile e spontanea che non pu essere presentemente a nessuno, e che a' tempi nostri
natura [...] pressoch necessario lo studio lungo e profondo de' poeti antichi [...]
non vogliamo che il poeta non sia poeta; vogliamo che pensi e immagini e trovi,
vogliamo ch'avvampi, ch'abbia mente divina, che abbia impeto e forza e grandezza
avvenire sieno simili quanto forza che sieno gl' imitatori di una sola e stessa
natura.173
questi privi delle conoscenze e delle scoperte moderne; ma essendo la natura sempre
Leopardi intende dire proprio originari, archetipi della poesia, padri fondatori di
questarte espressiva, antichi greci e latini, che lui stesso aveva studiato e tradotto
di versi e prose puerili174 (databili dal 1809 al 1812) con sincero entusiasmo
sua esperienza e del suo impegno letterario e delineando lideologia poetica (che poi
solo ed unicamente dalle Loro lezioni; per questo che Leopardi sottolinea
antichi.
Questi, oltre ad essere gli anni in cui Leopardi si affaccia sul panorama letterario,
sono anni importanti, soprattutto per la sua ulteriore formazione, poich avviene
suo animo, riboccante di affetti e di tensioni ideali e culturali 175; nel dialogo con
sia fonte di gloria. Nella loro fitta corrispondenza c un impiego molto frequente dei
174
Walter Binni, La protesta di Leopardi, Firenze, Biblioteca Sansoni, 1973, pp. 17-18
175
Cfr. Walter Binni, op. cit., p. 30
176
Ivi
termini Classico e Classici (trovati sempre con la maiuscola) che Leopardi carica
credendo quasi che le lettere non diano pi cosa bella, mi rivolgo ai Classici tra i
morti, e a Lei e a suoi grandi amici tra i vivi, co quali principalmente mi consolo e
Nel sostantivo plurale Classici si riscontra un uso riverente del termine, sinonimo
dei grandi scrittori del passato (e, quindi, antichi), esemplari e canonici.; ma allo
stesso tempo c un parallelismo con gli autori moderni, tra cui Giordani stesso, che,
canonici antichi, per il loro poetare moderno che ricorda a Leopardi quello antico e
gli fa credere che una buona e vera letteratura possa essere ancora prodotta.
Nellestratto:
non escludendo una sfumatura morale e non solo, anche coinvolgente, emotiva, che
Se credete che io stia molto bene a libri, vingannate ma assai. Se sapesse che
Classici mi mancano179
177
Giacomo Leopardi, Epistolario, Lettera a Pietro Giordani, Recanati, 21 marzo 1817, in:
Leopardi, tutte le poesie e tutte le prose, a cura di Lucio Felici e Emanuele Trevi, Roma, Newton
Compton editori, 2007, pp. 1136-1137, corsivo nostro.
178
Ivi
179
Ivi, Recanati, 26 settembre 1817, op. Cit., pp. 1151-1152
e in cui, per metonimia, il termine Classici sottintende libri (ovviamente non dei libri
insostituibile del suo tempio conoscitivo; eppure, in una lettera, gli autori italiani
della tradizione (definiti dal poeta nella maggior parte delle occorrenze come
Dei lavori miei presenti de quali mi domandate, non vi posso dire altro se non che
ora rimessomi alla peggio in un po di trista salute, vo leggendo i miei Classici, Greci
I Classici Italiani (con la lettera maiuscola) selezionati e letti da Leopardi, sono alla
pari con le letture greche e latine; c, nel poeta, la volont, oltrech di rinnovare, di
(che tanto li avvicina agli antichi), vera e propria garanzia della (comunque ipotetica)
consapevolezza della propria autorit sulla lingua, espressa nel rapporto fra segno e
nel senso settecentesco; parlando della difficolt delle traduzioni, Leopardi afferma:
ordinarie, e con parole ordinarie la rendi e non guardi, prima se quellautore che
in cui lautore mostra la sua fedelt al secolo dei lumi 182 nellusufruire del termine
lattenzione sui problemi linguistici che possono essere riscontrati nelle traduzioni,
un tema moderno e al centro della discussione in quegli anni. Parlando della lingua
se quella lingua fosse stata mai classica, (il che non manc se non dalla copia di tali
lingua non possedeva nel passato e che arrivata a possedere solo grazie alle
innovazioni degli autori moderni (come Amyot): caso isolato ed eccezionale in cui i
moderni hanno superato gli antichi. Non manca il servirsi del termine anche in senso
pi generalizzato, dove classico sostituisce antico, nel senso di passato, lontano nel
tempo:
181
Giacomo Leopardi, Zibaldone, luglio-agosto 1817
182
Cfr. Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Roma, Carocci editore, 2015, p. 53
183
Leopardi si sta riferendo a Amyot
184
Zibaldone, 14 maggio 1821
Ai latini bisognava una perfetta cognizione ed uso della loro lingua, non solo in
In un altro pensiero, Leopardi spiega le ragioni della fama dei prosatori italiani del
affermando:
lingua. Questo studio era comune ai buoni prosatori (come anche poeti) del 500. Ed
prose scritte nello stile e ad imitazione e colle forme degli antichi classici, bench la
Ho detto che gli scrittori greci hanno ciascuno un vocabolarietto a parte, dal quale
non escono mai o quasi mai, e nella totalit del quale ciascun dessi si distingue
ristretto, e che la lingua greca ricchissima in genere, non pi che tanto ricca in
classico, e quindi i pi antichi e classici si distinguono fra loro nelle parole e frasi pi
185
Ivi, 13-14 agosto 1821
186
Ivi, 30 giugno-2 luglio 1822
di quel che facciano parimente fra loro i pi moderni, che son pi ricchi assai, ed
abbracciano ciascuno una maggior parte della lingua, onde debbono aver fra loro pi
di comune che gli antichi non hanno fra loro medesimi, come che le parole e frasi di
che per ci ha lasciato qualcosa che dura nel tempo e perci attuale ed esemplare.
valori allinterno di una cultura nazionale188 come Leopardi spiega nel seguente
passo:
indipendentemente dalle cognizioni ec. del lettore, e per propria qualit della parola o
frase, o del modo in chella adoperata, quivi latinismo, grecismo ec. quivi
barbarismo, quivi sempre vizio. E siccome nei contrarii casi suddetti, malgrado la
vera novit, niun vizio, anzi pregio vi sarebbe; cos in questo caso, niun pregio
sarebbevi, e sempre vizio, quando anche la novit non fosse vera, cio quando bene
quella tal parola ec. avesse gi esempio dautor classico nazionale, e navesse ancor
molti; sia che in tutti questi ella stesse parimente male, o che stando bene in questi,
ella stesse male nel dato caso, perch non intelligibile o difficile a intendere, perch
187
Ivi, 5 ottobre 1822
188
Silvia Tatti, op. cit., p. 55
male adoperata, e senza i debiti riguardi, e in occasione e con circostanze non
opportune ec. Similmente accade e si dee discorrere intorno alle parole antiquate.189
1825:
al favor di una riputazione gi fatta, che acquistarsi una riputazione con un libro
(nuovo o antico) d'autor famoso, che un libro eccellente di scrittore non rinomato.190
concreto, affidabile, inconfutabile. Questo uso del termine mai banale e, anzi,
consumo delle parole, a tal punto da distinguere nello Zibaldone la parola dal
4. Antico VS Classico
189
Zibaldone, 9 settembre 1823
190
Ivi, 22 novembre 1825
191
Il piacere poetico scaturisce dallarmonia e dalla musicalita , da sensazione dunque
essenzialmente uditive, come del resto ribadito dal titolo Canti; un ruolo privilegiato in questa
prospettiva rivestono quelle che Leopardi chiama parole. A differenza dei termini, che
determinano e definiscono solo il preciso e circoscritto significato, le parole, invece, oltre allidea
del referente, ossia alloggetto significato, evocano una serie di idee accessorie che stimolano
limmaginazione sollecitando sensazioni indefinite e lontane.
Abbiamo visto i diversi utilizzi del termine classico in alcune lettere e allinterno
dei Canti, in cui Leopardi affida le proprie scelte linguistiche al senso dellantico:
secondo il Nostro, le parole sono tanto pi adatte alla poesia quanto pi riescono a
dare lidea di lontananza nel tempo. Si tratta di quella ricerca del vago e
dellindefinito che possiamo porre alla base delle scelte lessicali del poeta a partire
proprio dallInfinito del 1819, nel quale la sfida del dire poetico consiste
perch tanto rimote dalluso quotidiano, quanto basta perch abbiano quello
servirsi di parole antiche, del passato, che evochino un senso di nostalgia, ma non
avere un senso critico anche nella scelta delle parole: seppur estinte o cadute in
E sono dunque, queste parole, pi inclini al discorso poetico. La scelta della lirica il
predilezione per tale modalit di scrittura; essa piuttosto un punto di vista attraverso
esempio:
Antichi, antico, antichit; posteri, posteriorit sono parole poeticissime ec. Perch
non sappiamo nulla ed antichit similmente cosa scurissima per noi. Del resto tutte
le parole che esprimono generalit, o una cosa del genere, appartengono a queste
considerazioni.195
Avviene qui un confronto tra il passato e il futuro: afferma Leopardi che questi tempi
lepoca da noi vissuta, il presente; eppure, certamente non esiste un modo per
194
Ivi, 25 settembre 1821
195
Ivi, 20 dicembre 1821
lantichit, proprio attraverso le parole degli antichi, che condensano idee vaste,
indefinite, incerte.
Arrivati a questo punto, possiamo quindi affermare che lutilizzo del termine
classico sia legato, per Leopardi, soprattutto alla sfera della tradizione, alla
Passiamo dunque alle occorrenze nei Canti. E partiamo dal primo, AllItalia, canzone
di sette strofe, di venti versi ciascuna, composta a Recanati nel 1818; nel materiale
struttura e lo stile della canzone appaiono studiatissimi, fin dal primo verso, dove O
CXXVIII), che il modello a cui si rif tutta la canzone, ma in tale contesto affiorano
(vv. 61-62) dei tempi antichi e passati, che mai pi torneranno, quando le genti,
gi al sesto verso:
Ma la gloria non vedo, / Non vedo il lauro e il ferro onderan carchi / I nostri antichi
padri
196
Lucio Felici, Emenuele Trevi (A cura di), op. cit., p. 68
(vv.4-6) in cui Leopardi esordisce dicendo di vedere le mura di Roma, gli archi di
Trionfo, le colonne, le statue e le torri degli avi, dei nostri antenati, ma non la gloria,
per dire che, dei tempi antichi, non ci rimasta che larchitettura. Questa
appunto, chi parla e scrive dellItalia, non pu che farlo ricordando il passato e
domandandosi dove sia finita la sua grandezza e la sua forza antica (v. 28) che, un
tempo, la contraddistingueva.
e ottobre del 1818, dove il poeta esordisce esprimendo il proprio giudizio riguardo il
Congresso di Vienna, che certo avr ristabilito la pace, ma non avr destato gli animi
e gli intelletti italiani dellantico sopor (v. 4), dal loro sonno secolare; curioso
canzone, Nelle nozze della sorella Paolina, composta a Recanati tra lottobre e il
novembre del 1821; loccasione fu offerta dalle annunciate (ma poi non celebrate197)
nozze della sorella Paolina con Andrea Peroli di SantAngelo in Vado. In questo
(presto) dovr essere pronta ad abbandonare silenziosamente la casa paterna e con lei
i sogni beati e le illusioni della giovinezza, locuzione resa in antico error; se,
197
Il matrimonio non ebbe luogo per motivi che Leopardi espose a Giordani nella lettera del
primo febbraio 1823: Paolina non fu piu sposa. Voleva, e cio (lo confesso) per consiglio mio e di
Carlo, fare un matrimonio alla moda, cioe dinteresse, pigliando quel signore chera bruttissimo e
di niuno spirito, ma di natura pieghevolissima e stimato ricco. Se poi veduto che questultima
qualita gli era male attribuita, e il trattato chera gia conchiuso e stato rotto.
presumibilmente, antico sta per let passata (antica), quindi la giovinezza, perch le
illusione, della sua inconsistenza, della sua irrealt, del suo non essere vera, c forse
sicura: questi sono gli anni delle cosiddette conversioni; Leopardi ritorna sulle sue
lautunno del 1821, e con il quale si chiudono gli idilli, Leopardi esprime lamore per
una natura ritenuta ancora benigna; questo sentimento nei confronti della natura
notare come per quiete antica (v. 37) Leopardi si riferisca alla natura remota in cui
Arrivati alla fine di questo labirintico percorso, con diverse soluzioni e vie di uscita,
concettuale leopardiano nei confronti del termine classico, che si pone come anello
nel tempo. Un termine che muta di contenuto, che dinamico, che si evolve, proprio
anche arricchito.
198
Zibaldone, 4 ottobre 1821: La ragione ha bisogno dellimmaginazione e delle illusioni chella
distrugge; il vero del falso.
199
Cfr. Francesco Flora (A cura di), Tutte le opere di Giacomo Leopardi, Milano, Mondadori, 1949,
p. 53
5. Sulla modernit di Leopardi
La poesia di Leopardi non ha avuto successori nel suo secolo. La coscienza del
dramma della modernit, che il suo principale lascito, uneredit che sembra
giunta fino a noi; questo anche il dramma dellemarginazione del poeta vero, che
interpreta fino in fondo la realt del suo tempo, la quale non in grado, non ha gli
e Mario Luzi, intervista concessa dal poeta nella sua casa a Firenze il 25 settembre
1998.
certo senso gi morta prima di lui, sapeva di agire dentro quella morte e per questo
viveva dolorosamente il confronto con le altre et, perch la sua unepoca in cui la
cosciente e ha agito di conseguenza: di qui nasce il senso della crisi della modernit,
che non il solo aspetto della realt, ma il principale per lui. Ecco perch oggi noi
200
Cfr. Mario Luzi, Dante e Leopardi, o della modernit, Roma, Editori Riuniti, 1992
comincia a diventare il dramma che sempre stato solo attraverso di lui, gli altri non
moderni, ancora prima di Rimbaud e senza mai pensare a una regressione possibile,
perch quella strada andava percorsa e bisognava sapere che cosa costava alluomo
Da una parte Leopardi era consapevole che prima o poi sarebbe arrivato quel
momento in cui gli errori delluomo, le sue illusioni benefiche, gli errori degli antichi
e tutte le favole sarebbero stati cancellati; la scienza risolve appunto questo compito,
quasi fosse una giustiziera divina. Nello stesso tempo Leopardi capisce che questa
solitaria, ponendo luomo solo nelluniverso e non pi al centro, come ci era stato
narrato dai grandi miti e da tutta la cultura classica. Anche il patrimonio dei grandi
accanto a questo sapere, alloscurit che si apre in nome della lucente conoscenza,
quanto mistero permane? Quanto non sapere c ancora? Leopardi lo aveva previsto
gi nello Zibaldone, quando aveva poco pi di ventanni: in quelle pagine scrive che
201
Francesco Medici, Leopardi o della modernit. Conversazione con Mario Luzi, Studi
Leopardiani. Quaderni di filologia e critica leopardiana, VI, 11, 1998, pp. 5-17, url:
https://ecologiadelverso.wordpress.com/2012/11/06/leopardi-o-della-modernita-
conversazione-con-mario-luzi-di-francesco-medici/
202
Mario Luzi, op. cit.
dice Luzi, un equilibrio tra lavanzare delle cognizioni scientifiche e la progressione
nostri tempi e che, sempre secondo Luzi, abbiamo potuto verificare direttamente, per
esempio, con Hiroshima; appunto lassoluta inadeguatezza della legge morale a far
Bibliografia
BOLOGNA C., RONCHI P., Rosa fresca aulentissima, vol. IV, Bologna, Loescher,
2010
FELICI L., TREVI E. (a cura di), Leopardi, tutte le poesie e tutte le prose, Roma,
Newton Compton editori, 2007
LUZI Mario, Dante e Leopardi, o della modernit, Roma, Editori Riuniti, 1992
TATTI Silvia, Classico: storia di una parola, Roma, Carocci editore, 2015
Sitografia
1720932
della poesia romantica inglese, nella quale spicca accanto a John Keats e all'amico
Percy Bisshe Shelley, George Gordon Noel Byron (1788 1824) ha senz'altro
contemporanei di tutta Europa. Attraverso l'analisi della sua figura, della sua
controversa poetica e del giudizio che di lui diedero i contemporanei, mio scopo
contrasto con l'eroismo, lo si definisce antieroe. Chiave di volta di questa analisi sar
il poeta inglese godette nell'Europa del suo tempo, presso scrittori e letterati sia
racconto orientale The Giaour (Il Giaurro, 1813) e sul poema eroicomico-satirico
Don Juan, composto tra il 1818 e il 1824, anno della morte del poeta.
La leggenda di Byron
aristocratica di antica origine normanna, ma segnata dai debiti del padre John Byron
al tendine di Achille, zoppo fin dalla nascita. Con la madre trascorre i primi anni di
dell'atteggiamento della madre, che nei suoi confronti alterner sempre una profonda
una certa propensione al rifiuto delle regole morali. Nel 1798 eredita il titolo di
famiglia, divenendo sesto barone Byron di Rochdale e quindi Lord. Va quindi ad
adeguata. A partire dal 1801 frequenta la scuola londinese di Harrow, dove manifesta,
assieme un precoce amore per la lettura, i primi segni del suo carattere bellicoso,
nella quale ecceller. In quegli anni vive inoltre i suoi primi amori, per la lontana
cugina Mary Ann Chaworth e per l'amico John Edlestone. La sua vita sar costellata
cui si invagh nel corso del suo ultimo soggiorno in Grecia. La sua vita sentimentale
sorellastra Augusta, vero e proprio scandalo che contribuir non poco a metterlo in
cattiva luce verso i britannici suoi conterranei, ma anche a nutrire, quando questa gli
Sempre negli anni di Harrow pubblica, a proprie spese e in forma anonima, il suo
primo volumetto di versi, Fugitive Pieces. Dal 1805 frequenta il Trinity College. Nel
1807, sulla spinta degli amici estimatori della sua poesia, pubblica la raccolta poetica
Hours of idleness, che sar l'occasione della sua prima polemica letteraria. Nel
gennaio 1808, infatti, la rivista scozzese Edinburgh Review stronca questa sua prima
opera firmata. Byron risponde con una satira, English Bards and Scottish Reviewers,
tratta, di fatto, di una presa di distanza dalla tradizione del Primo Romanticismo
inglese, caratterizzata, cos come era stata teorizzata da William Wordsworth nella
celebre Preface alla seconda edizione delle Lyrical Ballads (1800), dalla ricerca di
ovvero da una sorta di realismo ante litteram. E' forse la prima manifestazione del
latente, sottotraccia, verso alcuni aspetti del classicismo, tensione che, come si vedr
in seguito, riemerger pi volte nel corso della sua vita e della sua opera.
Il 1812 anno cruciale della vita di Byron. Come Pari alla Camera dei Lords, tiene,
con accenti di vibrante sdegno morale, il suo famoso discorso contro la legge
distruzione dei primi macchinari e manifatture. Nello stesso anno, com'era in uso per
i figli dell'aristocrazia del tempo, compie il Grand Tour assieme all'amico letterato
John Cam Hobhouse, assieme al quale visita Portogallo, Spagna, Albania, per
fermarsi poi in Grecia. E' in questa occasione che compone e pubblica i primi due
canti del celebre Childe Harold's Pilgrimage, sorta di relazione in versi - romanzata e
poetica, intrisa di mitologia e di amore nostalgico per l'Ellade classica - del viaggio
compiuto, nonch seconda manifestazione della tensione latente del poeta verso una
forma di classicismo. I canti del Giovane Aroldo gli aprono la strada della notoriet
E' probabilmente per coprire lo scandalo che nel 1815 sposa Ann Isabell Milbank,
dalla quale ha una figlia. Il 21 aprile 1816 si separa dalla moglie e subito dopo fugge
dall'Inghilterra, dove non far pi ritorno. E' l'inizio di un vagabondaggio dal sapore
amicizia con Percy Bysshe Shelley e sua moglie Mary Wollstonencraft, pioniera del
femminismo e figlia del filosofo anarchico William Godwin, nonch futura autrice
del Frankestein, il cui primo nucleo verr concepito durante il celebre soggiorno dei
coniugi Shelley, di Byron e di altri presso la Villa Diodati di Ginevra; quindi in Italia,
dove, attraverso una relazione adulterina con la giovane Teresa Guiccioli, aderisce
resistenza contro il dominio ottomano e dove muore per malattia nel 1824. Sepolto a
un lungo corteo di carrozze eleganti, listate a lutto ma vuote: era l'ultimo segnale di
Come si evince da questa breve nota biografica, la vita di Byron stata un vero e
proprio fiume in piena, che non poteva che far nascere e crescere una leggenda:
eccelsa bellezza, il nuotatore che attraversa lo stretto del Dardanelli a giro di braccia,
d'azione, sempre in lotta for political liberty, il Lord che difende i luddisti, il
liberale e il carbonaro, l'amico dei proto-socialisti e proto-anarchici coniugi Shelley,
liberale della prima ora e l'alfiere della libert dei popoli; Byron, infine, figlio della
Per la sua capacit di rappresentare, in patria, uno scandalo vivente, Byron trova la
Com' noto, le origini del Romanticismo tedesco e quindi europeo si trovano nel
movimento dello Sturm und Drang e in particolare nel noto saggio del poeta, filosofo
perch immediata espressione di popoli vicini e in armonia con la Natura, alla poesia
Jena (i fratelli Schlegel, Tieck, Novalis per citare i pi noti) e in quella di Berlino
(Wackenroder, Schleiermacher), ovvero dalla prima generazione romantica in senso
europeo, segnato alla sua nascita da un anelito (Streben) all'Assoluto, dal bisogno di
deriva, oltre che da istanze nazionalistiche, ovvero dalla necessit di ricostruire una
diviene centrale, nella costruzione del movimento romantico italiano, fatto da uomini
come Silvio Pellico, Ludovico Di Breme, Giovanni Berchet, Pietro Borsieri, Ermes
Visconti, tutti animatori della rivista Il Conciliatore: uomini che, nel clima di
funzione politica e sociale della letteratura, che a loro avviso deve sganciarsi dai
legami troppo stretti del Classicismo per divenire moderna e parlare al Popolo,
ovvero alla borghesia italiana, l'unica classe che pu costruire una coscienza
di Ugo Foscolo), ovvero della polemica che si ha in Italia tra classicisti e romantici,
della Romantik intitolato Sulla maniera e l'utilit delle traduzioni, in cui veniva
convenzioni legate alla mitologia e alla cultura classiche. A partire dall'articolo della
Breme, nel 1818, pubblica le Osservazioni sul Giaurro, recensione appunto di The
apostrofavano i non appartenenti alla loro fede un europeo che, giunto in Turchia,
si innamora, corrisposto, di Leila, bella schiava costretta nell'harem del turpe Hassan.
un'imboscata ad Hassan sui monti e lo uccide a sua volta. Per il rimorso, si ritira in
un monastero. Come accade spesso nelle opere di Byron, l'identificazione tra l'autore
sentire umano, uno dei caratteri pi costanti della poesia moderna. Per Di Breme,
gli antichi rendevano miseri e terreni i loro dei, i romantici rendono celesti gli
uomini: il sublime amore, la donna, la fratellanza delle scienze e delle arti, i miracoli
mitologia del mondo antico. La poesia moderna o romantica segue un sistema vitale
contrapposto al mitologico.
La scienza nuova dovr abolire per sempre le grette convenzioni. La poesia prende
poesia non trae pi ispirazione da una sola et o da un solo popolo: abbraccia tutti i
La poesia di Byron, quindi, non della maniera detta romantica, almeno non nel
Cos il racconto di Byron, attraversato com' dal suo dualistico rapporto con il
convenzioni classicistiche.
Il Classicismo tedesco: die Weimerer Klassik e Goethe
INTRODUZIONE
panorama tedesco, per avere, cos, una piu ampia visione di quanto accade nel periodo a
opportuno suddividere l'argomentazione in tre parti, ognuna delle quali si ricollega alle
La prima parte del lavoro sara dedicata alla terminologia; fare luce sui significati e
sul modo d'uso dei singoli termini, fa s che non si crei confusione tra quanto accade in
strumenti indispensabili per ogni linguista che si rispetti, e traccera i fili conduttori che
legano classico a klassisch, Klassik e Klassizismus, cos da poter avere un quadro piu
chiaro sul movimento artistico che andremo a toccare con mano successivamente,
portato la nascita del movimento in un contesto cos tardo, rispetto alla storia delle
preme sempre piu per venire finalmente in superficie. Non mancheranno, ovviamente,
nemmeno le linee guida del movimento in generale, ovvero cosa significhi per l'artista
aiutandoci con qualche passo tratto da alcune delle sue opere piu importanti ed alcune,
invece, un po' meno conosciute in territorio italiano. Dai suoi lavori e infatti possibile
risalire, tramite attenta analisi, al concetto di classico che si nasconde tra le righe che
compongono le opere scritte nel periodo classicista della sua carriera, e che sono
letto del fiume, come Goethe ci racconta nel suo resoconto del viaggio in Italia,
raccogliendo questi frammenti sparsi qua e la nel suo ricchissimo corpus letterario,
getta finalmente luce sulla figura dell'autore classico nazionale, in ambito, ovviamente,
effetti, per arrivare alla completa comprensione, senza confusione, del panorama
differenze che intercorrono tra i due paesi, e conseguentemente tra i due movimenti
artistici che li attraversano. Inizieremo allora questo discorso proprio analizzando la
terminologia, passando per il classicismo di Weimar e arrivando alla sua figura piu
rappresentativa, Goethe. Perche del resto non si puo parlare di Classicismo tedesco
senza almeno citare Goethe, colui che ha dato vita al movimento letterario attingendo
direttamente dalle fonti nostrane, e realizzando un processo artistico del tutto originale
quello spirito caratteristico tipico del successivo Romanticismo, che tutti noi ben
conosciamo.
situazione in questo paese e ben diversa rispetto a quella riscontrabile nel nostro, sia da
movimento letterario, che puo essere definito come un classicismo tedesco, presenta
notevoli differenze.
Gia partendo da una veloce analisi della terminologia presente nel bagaglio lessicale
tedesco e quello italiano, ci possiamo rendere conto di una prima discrepanza: mentre
svolgimento di questo corso, in tedesco i termini sembrano non coincidere del tutto.
corrispettivi dei tre termini italiani sopracitati: fatto abbastanza insolito, dal momento
che sono cinque e non tre. Per un madrelingua o un linguista germanista, questa
differenza sostanziale appare, probabilmente, abbastanza chiara e di facile
comprensione, ma per chi non si e mai approcciato seriamente alla lingua tedesca,
l'attuale situazione rilevata potrebbe portare non pochi fraintendimenti. Oltre a partire
importanti strumenti che ogni buon linguista germanista, madrelingua o meno, non puo
come il Grimm, e un dizionario iniziato dai fratelli Grimm nel 1838 e completato
solamente 123 anni dopo, nel 1961. Composto da 33 volumi, non piu aggiornati, e
ancora oggi considerato la fonte piu autorevole per l'etimologia dei vocaboli tedeschi,
Il Duden e invece un dizionario di lingua tedesca pubblicato per la prima volta nel
1880, da Konrad Duden, autore del quale ne prende il nome. Pubblicato e aggiornato
regolarmente fino ai giorni nostri, puo essere probabilmente considerato la Bibbia della
lingua tedesca, dal momento che quest'opera copre ogni aspetto della linguistica, dalle
utili per il primo confronto lessicale. Da questi schemi si sono poi potute ricavare delle
italiano, nel contesto del classico, decisamente piu convincente e, soprattutto, molto
piu chiara.
Significato: forma di stile artistica, che enfatizza la chiarezza e il rigore del contorno, delle linee
rette e altri principi specifici desunti dagli antichi Greci e Romani, applicati alla composizione e al
giudizio delle opere darte.
Significato: 1. cultura ed arte dell'antica Grecia e di Roma; 2. era che ha preso la cultura e l'arte
dell'antichita come modello; 3. era che e apice delle prestazioni culturali.
klassisch (aggettivo)
Significato: 1. che ha a che fare con classico; 2. un modello, un punto di riferimento che e entrato
a far parte di una tradizione; 3. qualcosa che e eseguito in modo autorevole; 4. qualcosa che e senza
tempo; 5. che ha a che fare con classe.
Il dizionario ci riporta anche Goethe e Shiller come klassische Autoren, come esempi di due
autori classici; come due autori autorevoli.
nostro percorso, che hanno portato alla luce delle interessanti coincidenze e differenze
Klassik e klassisch sono entrati a far parte del vocabolario tedesco solo verso il
Klassizismus;
l'aggettivo klassisch, dal quale deriva il sostantivo Klassik, e il termine che piu si
avvicina al nostro classico, avendo anche in tedesco tutte le accezioni che possiede il
termine italiano;
Klassik viene spesso usato come opposto a Romantik, come avviene anche nel
contesto italiano;
artistico compreso tra la fine del 1700 e la prima meta del 1800.
questione saltata immediatamente all'occhio fin dall'inizio. E allora, vediamo come con
Klassizismus si usa inoltre per indicare quel periodo storico del XIX secolo,
costituisce uno dei caratteri della modernita del XIX secolo. Puo essere sinonimo di
Con il termine Klassik , d'altro canto, si esprime quello sviluppo di un sistema di norme
proprie, che tende ben oltre lo spirito artistico antichizzante, e che si propone
Goethe e Schiller sono i due maestri, i due autori classici tedeschi (klassische Autoren)
in modo originale, innovativo, secondo i bisogni dell'epoca, come due autori autorevoli.
Importante e ricordare che la definizione di Classicismo, in quanto periodo letterario,
nazionale che preme sempre piu per una sua rivincita nazionalistica (e che in un certo
senso otterra piu avanti nel secolo). Ed infatti, per sensibilizzare il sentimento nazionale
vincolante per una futura fioritura politica e economica. Una concezione, questa, che
Germania possiamo trovarlo solo nelle arti figurative e in architettura, dal momento che
che fino a quel periodo, di epoche classiche, nel campo della produzione letteraria
che il classicismo tedesco puo essere ricondotto a tre accezioni diverse, collegate a tre
quello che era il groviglio di movimenti e atteggiamenti tipici del periodo, coinvolge
da un preciso momento storico e culturale che propone autori quali Goethe e Schiller
corrispettivo di quello che in Italia, piu o meno nello stesso periodo, e definito
Neoclassicismo.
Per quanto riguarda Neuklassizismus, invece, in Germania pur esistendo il termine,
esso non viene particolarmente usato, se non a volte per definire quel brevissimo
periodo dopo la morte dei due mentori di Weimar, e che ha visto protagonisti degli
autori minori, oppure, ancora una volta, per riferirsi preferibilmente al campo delle arti
figurative e architettoniche.
ed ora che abbiamo messo in evidenza il filo conduttore che lega klassisch a Klassik, o
molto spesso viene trascurato e messo in ombra dal piu famoso Romanticismo.
2. IL CLASSICISMO DI WEIMAR
sviluppatosi in Germania nel periodo che va dal 1786, data d'inizio del viaggio di
Con il suo viaggio, Goethe volta le spalle allo Sturm und Drang, movimento che ha
influenzato le sue due prime opere (Go tz e Werther) e i suoi primi componimenti,
corte di Weimar con tanta voglia di dedicarsi ancora piu svisceratamente alla
produzione letteraria.
Non a caso quest'eta classica tedesca si inserisce in un periodo di crisi dello Sturm und
Drang, ponendosi insieme ad esso come l'estremo del ponte che viene
Il fatto che la fioritura del Classicismo tedesco non sia avvenuta in un periodo
particolarmente significativo della storia tedesca, appare sicuramente come una nota
stonata rispetto alla sincronia quasi perfettamente intonata degli altri paesi europei.
come lo intendiamo noi (con le opportune diversita , ovviamente) accade solo agli albori
della sempre piu pressante corrente romantica che caratterizzera gran parte del XIX
secolo.
Altra questione piuttosto strana, ma interessante sotto alcuni punti di vista, e il fatto
che per il Classicismo tedesco non sia stato affatto facile riuscire a trovare una sua
collocazione geografica specifica nella quale nascere e svilupparsi, dal momento che la
Germania, a quei tempi, era una grandissima coalizione di tantissimi stati singoli ed
indipendenti tra loro, uniti unicamente dalla lingua comune. E la scelta, come ben
sappiamo, non ricadde affatto sulle piu influenti citta , fiorenti artisticamente e potenti
Intorno alla meta del XVIII secolo il ducato di Weimar e Eisenach non era che uno dei
sconosciuto luogo che non aveva molto da offrire ne a livello artistico, ne a livello
economico. Eppure, e proprio qui che e stato incubato il Classicismo, ed e stata forse
proprio la grave crisi finanziaria dello stato a portare Goethe a lavorare in questo
Weimar, una piccola cittadina di provincia, i cui duchi avevano avuto sicuramente buon
fiuto (e perche no, anche fortuna) durante la scelta del rinnovamento delle cariche delle
funzioni ministeriali.
fino in Italia, e che gli ha permesso di sviluppare una nuova concezione di arte e
modo del suo fautore Goethe, il Classicismo weimariano si propone come tentativo di
quegli elementi localistici che la definivano fino a quel momento, per poter finalmente
affiorare ad una cultura universale, ad un modello che potesse essere esemplare per
verso scalza la prosa, mentre tra le forme di narrativa predilette si afferma il poema
epico, che viene percio preferito al romanzo, e la lirica si adegua ai modelli antichi,
classici. Ed il Classicismo di Weimar, che avrebbe potuto rischiare di fallire ancor prima
di iniziare, per via di alcune incomprensioni tra Goethe ed un altro influente artista
della corte, viene delimitato anche e principalmente da queste scelte stilistiche, che
svolge per il ducato. Dalla riforma teatrale del luogo, all'intenso rapporto di amicizia e
collaborazione con Schiller, nascono a Weimar i veri e precari pilastri portanti del
Classicismo tedesco.
Wolfagang von Goethe; nato a Francoforte nel 1784 e morto a Weimar nel 1832, Goethe
tanto che gli studi sulla sua persona e sulla sua attivita artistica iniziano gia quando e
come letterato: egli, infatti, intraprende inizialmente gli studi giuridici, spinto dalla
tuttavia, non tardano a mostrarsi; la sua produzione giovanile (1774 1775), invero,
concretizza gia segni di rinnovamento letterario: con le sue prime liriche, con il Go tz ed
il Werther, lascia un segno di avanguardia artistica nella letteratura tedesca. Egli fonda,
che esprime il principio di liberta artistica, contornata dai temi piu caratteristici della
sua dinamica opera, quali l'erotismo, la natura vissuta con immediatezza, come
specchio dell'anima, ed indubbiamente tutto cio che e ispirato dalla forte influenza
Nel 1775 si trasferisce a Weimar, su invito del duca Carl August, dove ricopre un
lo allontana dalla scrittura e interferisce con la sua creazione poetica. Nel 1786 parte
verso l'Italia, per un viaggio che dura ben due anni: e con questa precisa data che si da
considerato da egli stesso esotico, ricco, e portatore di un saziante ristoro per la mente
e la carne, viaggia per quasi tutto il paese, passando prima per Verona e Venezia, fino a
Roma, dove si trattiene a lungo, e poi per Napoli, giungendo infine in Sicilia.
Un'esperienza, questa, che forma culturalmente e completamente l'autore: l'esperienza
italiana lascia, infatti, un segno veramente indelebile nell'arte e nella vita di Goethe.
Viaggio in Italia (in tedesco Italienische Reise) e un saggio scritto tra il 1813 e il
1817, pubblicato in due volumi che contengono il resoconto del viaggio che l'autore ha
suoi fecondi appunti, alcuni passi molto interessanti per il nostro percorso di analisi,
nelle prossime citazioni (di cui sarebbe bene dare uno sguardo anche alla versione
originale in tedesco) osserviamo l'uso di klassisch, classico, nel contesto e nel suo
Terni, den 27. Oktober, abends (1786). Und so wird es einem denn doch wunderbar
zumute, da uns, indem wir bemht sind, einen Begriff des Altertums zu erwerben, nur
Ruinen entgegenstellen, aus denen man sich nun wieder das kmmerlich aufzuerbauen
htte, wovon man noch keinen Begriff hat. Mit dem, was man klassischen Boden nennt,
hat es eine andere Bewandtnis. Wenn man hier nicht phantastisch verfhrt, sondern die
Gegend real nimmt, wie sie daliegt, so ist sie doch immer der entscheidende Schauplatz,
der die grten Taten bedingt [...]. Da schliet sich denn auf eine wundersame Weise die
Geschichte lebendig an, und man begreift nicht, wie einem geschieht, und ich fhle die
ricostituire con l'immaginazione, per potersene fare unidea. E queste, queste che hanno
determinante palcoscenico, che diede vita ai pi grandi fatti storici [...]. E qui ad ogni
passo, torna miracolosamente in vita la storia, e non si comprende come possa accadere, e
In questo primo passo, composto a Terni nel 1786, troviamo due parole chiave in
antichita che fondano la storia degli altri paesi: la nostra antichita , l'antichita in Italia, e
avvenimenti della storia, palcoscenico delle rovine presenti ma anche di quelle passate,
che continuano a vivere sia attraverso gli studi classici, sia fisicamente in alcuni luoghi
questo modo possono tornare in vita, solo tramite questo processo possono continuare
campi artistici, cos per dar forma al processo di Classicismo che descrive lo stesso
Goethe e che ritroveremo piu avanti, nel suo discorso sull'estetica e sulla morale.
Del resto, e questa terra classica ad ispirare gli studi classici: fa venire voglia di leggere
Palermo, Mittwoch, den 4. April 1787. Die schnste Frhlingswitterung und eine
hervorquellende Fruchtbarkeit verbreitete das Gefhl eines belebenden Friedens ber das
ganze Tal, welches mir der ungeschickte Fhrer durch seine Gelehrsamkeit verkmmerte,
umstndlich erzhlend, wie Hannibal hier vormals eine Schlacht geliefert und was fr
das klassische Andenken an so einer Stelle verschmhte, und ich konnte ihm freilich
nicht deutlich machen, wie mir bei einer solchen Vermischung des Vergangenen und des
Gegenwrtigen zumute sei. Noch wunderlicher erschien ich diesem Begleiter, als ich auf
allen seichten Stellen, deren der Flu gar viele trocken lt, nach Steinchen suchte und die
verschiedenen Arten derselben mit mir forttrug. Ich konnte ihm abermals nicht erklren,
da man sich von einer gebirgigen Gegend nicht schneller einen Begriff machen kann, als
wenn man die Gesteinsarten untersucht, die in den Bchen herabgeschoben werden, und
da hier auch die Aufgabe sei, durch Trmmer sich eine Vorstellung von jenen ewig
quelle campagne, dava a tutta quella contrada un aspetto di quiete e di tranquillit, che
particolari di una battaglia data di Annibale, e di altri fatti da anni succeduti in quella
localit. [] Ed egli si stupiva davvero tanto, che io non tenessi conto delle sue cognizioni
molesta guida, proprio quando mi vide intento a far ricerca e a raccogliere sassolini di
tutte le varie specie che potei trovare sugli spazi lasciati asciutti dalle acque, nel letto del
fiume. Per non potevo spiegargli come non vi sia metodo pi sicuro di formarsi
prontamente un'idea precisa della natura di una contrada montuosa, se non quello di
osservare i sassi e le pietre che si rinvengono nei corsi dacqua, i quali scendono dalle
alture, e come anche in questa occasione, si cerchi di rappresentare per mezzo di quelle
Appare, anche in questo passo, il concetto di eta classica come eta degli antichi.
sempre come punto di riferimento, poiche ha valore universale. Questo dettaglio non e
assolutamente da trascurare, dal momento che costituisce una delle piu significative
differenze tra le concezioni tipiche dello Sturm und Drang, che le attribuiva un valore
futuro mal interpretato nazionalismo). Un'eta classica dal valore universale che ispira,
Tuttavia, gli studi classici da soli non sono sufficienti: questione importante e , infatti,
presente. In pratica, non bisogna comportarsi come il cicerone, che tanto infastidisce
Goethe in questo suo scritto: non bisogna collezionare conoscenze eccellenti e classiche
attraverso una bellissima immagine: raccogliere dei sassolini dal letto asciutto del
fiume, crea stupore agli occhi del povero cicerone. Raccogliere sassi dal fiume e forse
diverse. Toccare con mano i resti naturali del passato classico, farli propri,
davvero rifarsi al classico e nello stesso tempo renderlo immortale. Il Classicismo per
Goethe, in fondo, questo era: guardare al glorioso passato con i propri occhi e
ridipingerlo con colori nuovi grazie alle proprie mani, che fungono da tramite per
attuale, che regali al globo intero delle reliquie di eta classica anche in quei paesi che
l'eta classica non l'hanno potuta conoscere approfonditamente (klassischen Hhen des
Erdaltertums).
E allora, vediamo come le cognizioni classiche, date dalla formazione classica, dagli
studi classici, da sole non bastano; non basta seguire unicamente quei modelli
classici alla lettera, in modo sterile e autonomo, piuttosto vanno raccolti i sassi, dei
frammenti che devono essere interiorizzati e reinventati: solo in questo modo non c'
Continuando il nostro percorso, che giunge pian piano alla conclusione, possiamo
passare all'analisi di un'altra opera, scritta dopo il lungo soggiorno dell'autore tedesco
in Italia. Le "Elegie romane" (Romanische Elegien), chiamate inizialmente "Erotica
romana", sono state composte a Weimar, fra il 1788 e il 1790, dopo il ritorno dal viaggio
in Italia, ed il loro contenuto fa supporre che il poeta abbia vissuto a Roma unintesa
storia damore. Composto da un ciclo di venti elegie, questo lavoro puo essere
considerato come uno degli apici del classicismo tedesco, un'opera che unisce amore e
poesia, erudizione e sensualita , vita e arte. La Roma delle elegie, che fa da sfondo a delle
Interessanti per i nostri studi sull'argomento, sono le prime righe della V elegia, che si
Froh empfind ich mich nun auf klassischem Boden begeistert, Vor- und Mitwelt spricht
lauter und reizender mir. Hier befolg ich den Rat, durchblttre die Werke der Alten Mit
Lieto e ispirato mi sento sul classico suolo, voci passate e presenti mi parlano intense e
stimolanti. Seguendo il consiglio, mi dedico al lavoro degli Antichi con mano premurosa,
Leggendo queste poche righe dell'elegia, vediamo come Goethe si senta ispirato dal
classico suolo, quale e l'Italia. Classico e per l'autore sia passato che presente: classico e
un termine che fa da ponte con il mondo degli antichi, ma e anche quel modello che e
ancora valido nella nostra contemporaneita . Le voci del passato, antiche e classiche, si
fanno vive anche nel presente: dei canti classici e persino contemporanei, che lo
spingono alla consultazione delle piu importanti opere italiane. Queste voci hanno
allora bisogno di uno studio piu attuale e fresco, di uno studio approfondito e
appassionato, che nel presente possa donargli un nuovo spessore ed una nuova
fruibili per tutti. Con mano premurosa e con nuovo piacere, ogni giorno, perche
Goethe lavora ai lavori degli Antichi anche perch la terra classica lo ispira: lavora
ai grandi classici antichi, mentre in una terra classica nel presente; e questo per lui
fonte di grande ispirazione artistica, di pace dei sensi e di fioritura estetica e morale,
Weimar, Goethe sviluppa l'idea dell'autonomia della sfera estetica, i quali indizi sono
stati gia riscontrati parzialmente nelle citazioni analizzate appena sopra. L'oggetto della
teoria estetica dell'arte non e piu , dunque, l'individuale e il caratteristico, ma tutto cio
tuttavia, essere sempre indirizzata secondo criteri, regole e necessita oggettive. Per
risultato finale deve essere allora una tensione tra copia reale e modello ideale.
Esempio concreto di questo nuovo approccio al processo artistico e dato dal dramma
Ifigenia (Iphigenie auf Tauris, 1787), dramma nel quale viene reinterpretato il
soggetto antico. Il tema mitico dell'opera viene, infatti, trasformato in un inno agli ideali
protagonista: insieme all'arte, pero , viene portata in primo piano anche la funzione
morale che da essa ne deriva. Arte e formazione morale diventano allora due importanti
presupposti che conducono alla maturazione umana, alla sua formazione piu completa.
discorso morale riguardo la figura degli autori classici. Nel saggio Literarischer
Sansculottismus (Sanculottismo Letterario), composto nel 1795, Goethe esprime le
seiner Nation groe Begebenheiten und ihre Folgen in einer glcklichen und
bedeutenden Einheit vorfindet []. Eine bedeutende Schrift ist, wie eine bedeutende
Rede, nur Folge des Lebens; der Schriftsteller so wenig als der handelnde Mensch bildet
die Umstnde, unter denen er geboren wird und unter denen er wirkt. [...] und einen
Quando e dove nasce un autore nazionale classico? Quando egli trova nella storia
della sua nazione dei grandi avvenimenti e i loro effetti in un'unit felice e
dalla vita; l'autore, cos come un qualsiasi individuo, definito dalle circostanze in cui
nato e in cui agisce. [] e l'eccellenza di uno scrittore nazionale dipende solo dalla
nazione.
La citazione si apre con una domanda, che non a caso racchiude e conclude il nostro
percorso affrontato e giunto fino a questo punto. Quando e dove nasce un autore
classico? Secondo Goethe, un autore e classico e nazionale allo stesso tempo: vediamo
percio come nella contemporaneita , classico non e piu collegato all'antico, al passato,
che e quella di uno scrittore (o piu genericamente di un individuo). Uno scrittore che e
dedito alla storia, alla raccolta dei sassi della propria cultura, disposto a cercarli fin
dove si sente ispirato, che si occupa della loro continua attualizzazione per regalare alla
propria nazione un'eredita dal valore universale, e allora riconosciuto come classico.
popolo stesso; quando riconduce la sua opera alla nazione, quando realizza la sua
l'universale. Non si puo non notare, a questo punto, l'estrema influenza della tematica
(Frhromantik) e ormai alle porte, e con esso si riversano nelle parole dell'autore alcuni
segni inconfondibili che legano l'uomo alla sua nazione, al suo patrimonio artistico
locale e alla realizzazione sempre piu concreta, dell'impalcatura che da l a pochi anni
Ad ogni modo, possono cambiare le parole, ed il modo in cui questo concetto puo
essere espresso, ma il significato di fondo che sta dietro al genio e alla mente creativa di
un uomo come Goethe, rimane sempre uguale. Un autore classico e dunque un autore
Valeria Girardi
Classico in Carducci
Le prime esperienze letterarie di Giosu Carducci, nato nel 1835 a Valdicastello (nei
pressi di Lucca), risalgono agli anni dei suoi studi presso la Normale di Pisa, dove
otterr il diploma nel 1856. Lesordio poetico vero e proprio di Carducci, nel 1857,
avviene col primo volume di Rime. Gli anni successivi, difficili dal punto di vista
della sua situazione economica e affettiva (muoiono, a un anno di distanza luno
dallaltro, il padre e il fratello) sono dedicati dello studio dei classici. Incomincia ad
impegnarsi politicamente nellestrema sinistra di allora, quella Mazziniana, e nel
frattempo continua la sua ricerca poetica fino a pubblicare il suo secondo libro,
Poesie, nel 1871. Le Odi barbare (che hanno tale titolo perch composte con
l'intento di riprodurvi tramite gli accenti il metro classico, per cui "sarebbero
sembrate al giudizio dei greci e dei romani" barbare, cio straniere), del 1877,
mostrano una sua trasformazione: si tratta di un libro di poesia civile nel quale
determinati momenti storici (la Roma antica, i Comuni) vengono proposti come
modelli etici da ritrovare nella nuova Italia che si sta formando in questo momento.
In seguito pubblica Giambi ed epodi, ancora poesia di impegno civile, ma questa
volta pi di stampo satirico e polemico. Particolarmente interessante il suo Inno a
Satana, che alla pubblicazione suscita scalpore e non solo per il titolo: infatti tale
poesia esprime con una forma classicheggiante una tematica sicuramente insolita, di
stampo giacobino ed anticlericale. Un relativo cambiamento riscontrabile nella sua
raccolta successiva, Rime Nuove, del 1887: qui i toni accesi e oratori lasciano (in
parte) il posto ad una poetica pi intimista e riflessiva, che produce buona parte dei
componimenti forse pi famosi dellautore: Pianto antico, Il bove, Idillio
Maremmano, San Martino. Nel 1890 esce lultima raccolta, Rime e ritmi, e nello
stesso anno Carducci viene nominato Senatore del regno.
Intorno a s Carducci raccoglie molti autori che condividono la sua visione dellarte
poetica: ne sono esempi Ferrari e Mazzoni; anche Pascoli ha rapporti diretti con
Carducci.
Parlando ancora di Manzoni, Carducci sottolinea come questi sia stato molte
volte considerato il fautore dellidea dellunit dItalia (e porta lesempio del
verso del Manzoni del 1815 liberi non sarem se non siam uni.); ma Carducci
ci tiene a puntualizzare che come idea letteraria, anzi classica, lunit dItalia
203
Giosue Carducci, Discorsi letterari e storici, Zanichelli, Bologna, 1889
204
Ibidem
205
Ibidem
avea fatto gi la sua entrata nella poesia da un pezzo.206 Qui classica indica
unidea di tradizione, di convinzione acquisita sin da tempi niente affatto
recenti.
206
Giosue Carducci, Bozzetti e scherme in Opere scelte di Giosu Carducci, a cura di Mario
Saccenti, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1993
207
Ibidem
208
Ibidem
209
Giosue Carducci, Discorsi letterari e storici, Zanichelli, Bologna, 1889
contenere sensazioni, emozioni che appartengono ad ogni uomo, di
qualunque livello sociale e tempo.
Ancora una volta Carducci utilizza il termine classici riferendosi agli autori
di maggiore importanza allinterno della nostra letteratura quando dice: Che
se intanto gli italiani imparassero a leggere da vero; se lItalia intanto
mettesse insieme quel che le manca, cio una coltura superiore e generale,
profonda e propria; () E che? C la critica storica da portare intorno ai
nostri classici, c la storia di tutta la nostra letteratura antica e moderna da
fare, c da fare la storia del nostro popolo, questa sublime e drammatica
storia ().210
210
Giosue Carducci, Alla lega per listruzione del popolo (in Selections from Carducci), a cura di A.
Marinoni, William E. Jenkins Co. Publishers, New York, 1913
211
Giosue Carducci, Lo studio bolognese, Zanichelli, Bologna, 1888
212
Giosue Carducci e Giambattista Cinthio Giraldi, Saggi tre di Giosue Carducci sullAminta di
Torquato Tasso, Sansoni, Firenze, 1896
213
Ibidem
Romani, significato che Carducci intende nella maggior parte delle
occorrenze del termine in questo saggio.
Il che non scema al Sannazzaro la lode di qualche novit, per aver saputo
acconciare alla bucolica classica, dedotta puramente da Virgilio, la rima al
mezzo popolare delle frottole napoletane (). 215 Classica significa qui sia
antica che esemplare, in una doppia accezione che rappresenta bene
come questo termine sia spesso ambivalente.
214
Ibidem
215
Ibidem
216
Ibidem
217
Ibidem
Ma dei rari pregi di stile che adornano le poesie originali del sig. De
Spuches facile trovar la ragione nel secondo volume delle Opere. I discorsi
su la Teogonia dEsiodo, su l poema degli amori dEro e Leandro, su Mosco
e Bione, attestano nel poeta siciliano una erudizione classica quasi oramai
singolare.218 Classica qui rappresenta unintera categoria: quella della
mitologia e, pi in generale, della cultura graca.
218
Giosue Carducci, Opere di Giosue Carducci - Ceneri e faville, Zanichelli, Bologna, 1905
219
Ibidem
220
Ibidem
221
Giosue Carducci, Opere di Giosue Carducci Ceneri e Faville, Zanichelli, Bologna, 1889
interno dello studio della lingua latina e di quella greca erano comunque ben
marcate.
Francesco Rocchi (). Tornato dopo tre anni a Savignano, nel pi bel fiore
della giovent, in quella sua terra nativa, ricca dingegni e di coltura classica,
pot maturare gli studi che aveva recato da Pesaro. 222 Laggettivo classica
riferito a coltura fa naturalmente riferimento agli studi fatti da Rocchi, studi
certamente inerenti allambito umanistico e alle culture greca e latina.
Il Littr (). Da allora comincia quella serie di scritti, coi quali egli
prendendo a disaminare, di mano in mano che veniano in luce, opere di
filologia, di storia, di letteratura e critica classica e medievale.224 Classica
significa risalente ai tempi antichi.
Maria Teresa Gozzadini (). Del Monti vide continuato il liberale connubio
della poesia classica con la moderna ().225 Qui classica indica lo stile
della poesia di antichi greci e romani.
222
Ibidem
223
Giosue Carducci, Opere di Giosue Carducci Bozzetti e Scherme, Zanichelli, Bologna, 1905
224
Ibidem
225
Ibidem
226
Giosue Carducci, Studi Letterari, Vigo, Livorno, 1874
227
Ibidem
228
Ibidem
indicare come tali egloghe fossero tipiche della letteratura latina, degli antichi
romani.
E non madrigale che per la chiusa e per laccenno acampi nel primo
verso: variet forse unica del genere, variet classica e ideale.229 Classica
da intendersi come un riferimento alleccellenza del componimento in
questione.
Fu Angelo Lapi faentino, scrittore di versi latini tutti a lode di casa Manfredi
ma tuttaltro che belli: nome nuovo ad ogni modo nella storia depoeti
italiani; e disseppellito tra i codici della Chigiana da ben altro latinista, lo
Strocchi, ma non divulgato per le stampe. da notare, per la illustrazione
della poesia classica del tempo, un luogo del breve carme232 La poesia
classica del tempo sicuramente la poesia eccellente, la migliore,
dellepoca a cui lautore fa riferimento.
229
Ibidem
230
Giosue Carducci, Opere di Giosue Carducci Ceneri e Faville, Zanichelli, Bologna, 1889
231
Ibidem
232
Ibidem
233
senza la noia dello scorgere lucidate le solite forme. Ovviamente con
classici Carducci fa riferimento agli autori dellantichit.
Cercate e vagliate le giunte degli altri molti vocabolari, e glindici delle voci
omesse o degli esempii non citati dalla vecchia Crusca, i quali indici sogliono
da molti anni accompagnarsi alle stampe e ristampe dei testi; e le stampe dei
classici o nuove o migliori consultate.. 234 I classici di cui parla Carducci
sono le opere eccellenti dellantichit, quelle che vale la pena leggere ancora
oggi e che per questo vengono ristampate.
Il sig. Angelo Bertini, a quel che pare, giovane tutto amore e lettura de
classici; ch buon segno.237 I classici qui sono le opere deccellenza di
autori preminenti.
Cosa, a dir vero, non isperabile per ora, e n pure, oso dire, desiderabile:
tanto misera la condizione a che sono in questa Italia gli studii filologici e
classici, tanta la furia bestiale dei meccanici raffazzonatori e li svergognati lor
monopolii; tanta la svogliatezza ed anche inettezza dei nostri dotti a far libri
popolari e scolastici buoni.239 Gli studi classici sono ovviamente quelli
rivolti alla cultura antica.
E come la societ prelodata pensa a dar fuora, oltre il testo di certi classici,
anche trattati delle materie che si espongono nellinsegnamento, cos il
direttore della collezione scolastica propone un premio allautore di quel
compendio di storia italiana ove sar meglio provato che il cos detto esiglio
dAvignone, il grande scisma che gli succedette e il pontificato di Alessandro
VI tornarono a decoro ed incremento della religione santissima non che della
nazione.240 I classici a cui si riferisce sono opere di eccellenza.
Cotesta impostura epica dun maestro di scuola, a cui pure furono presi
Goethe e Napoleone e che influ nella formazione poetica di Byron e di
Lamartine, ora quasi dileguata dalle memorie; e anche della versione del
Cesarotti, tanto superiore allanfanata prosa dello scozzese, e che lasci degli
sprazzi nel concepire e nel verseggiare dellAlfieri, del Monti e del Foscolo,
chi pu sopportare oggi la lettura alla distesa? Mentre il Giorno divenuto
classico entra nelleducazione letteraria dogni italiano. Perch?241 Nella sua
analisi del poema Il Giorno di Parini (1763), Carducci lo definisce
classico per indicare come fosse considerato unopera deccellenza, degna
quindi di essere letta ed approfondita dal pubblico.
Chi nel Giorno vuol tener conto della minuta rappresentazione di caratteri di
abiti e mode, ricorda come a punto di quel tempo passasse dallInghilterra per
la Francia sino a noi la prosa dellosservazione morale giorno per giorno, di
cui il primo e classico esempio fu lo Spettatore di Giuseppe Addison [1710-
1712], tradotto presto in francese e imitato dal nostro Gozzi nellOsservatore
[Venezia, 4 febbraio 1761 30 gennaio 1762].244 Carducci utilizza classico
nellaccezione di pi autorevole, appunto riferendosi ad unopera (nello
specifico, un quotidiano) che fa da esempio ad altre successive.
242
Ibidem
243
Ibidem
244
Ibidem
245
Ibidem
Parini quando fulmina col sarcasmo classico.246 Ancora una volta classico
significa eccellente, esemplare.
Nel trecento, fondo fu il toscano eletto con una venatura di siciliano delle
rime, con alluvioni dal romanzo cavalleresco ed aulico di Provenza e di
Francia, con derivazioni ereditarie dal latino ecclesiastico e scolastico, con
acquisti dimitazioni riflesse dal latino classico.249 Il latino classico
ovviamente quello parlato dagli antichi Romani, contrapposto normalmente
(come anche in questo passo) a quello ecclesiastico e a quello scolastico,
sviluppatisi successivamente per esigenze specifiche.
Il nuovo metro cos nacque classico, e i suoi primi passi furono a secoli. 250
Qui classico significa esemplare, dotato di autorit.
246
Ibidem
247
Ibidem
248
Ibidem
249
Ibidem
250
Ibidem
251
Ibidem
E pure, mentre per un lato lelemento ecclesiastico seguitava esagerando la
sua trasformazione romana sino a far pagana la corte dei papi, il principio
religioso, per laltro lato, contro il sensualismo classico del Pontano, contro lo
scetticismo popolaresco del Pulci (.) insorgeva con un ultimo tentativo di
ascetica reazione in persona di Girolamo Savonarola. 252 Classico riferito al
sensualismo di Gioviano Pontano fa subito percepire come questi si dedic
allo studio dellantichit, in particolare romana, e come si rifacesse ad essa
nei suoi scritti (molti dei quali in lingua latina).
Chi legge oramai il Lemene, che pure il classico del genere?253 Classico
significa qui esemplare, il migliore.
E il Giusti, sebbene quasi classico per la forma, non sentiva anche egli un
poco della raffinatura del secolo?258 Qui classico indica il rifarsi a uno stile
letterario antico, che richiama quello greco-romano.
Del tesoro di cultura classica accumulato nella greca disciplina del calabrese
il Metastasio si serv a far trionfare la Romanina e con ci a perfezionare il
melodramma.260 La cultura classica quella degli antichi.
Da sottolineare inoltre il fatto che Carducci sia stato il primo in Italia ad utilizzare
il termine neoclassico, intorno al 1880: in particolare nellarticolo Il Monti
principiante scrive: I primi versi che annunziarono in Vincenzo Monti allItalia il
poeta il quale avrebbe eseguito pi virtualmente la trasformazione artistica della
nuova generazione o rappresentato in s lo svolgimento dellArcadia al
neoclassicismo italiano furono la Prosopopea di Pericle e la Bellezza delluniverso.
258
Ibidem
259
Ibidem
260
Ibidem
Il significato della parola positivo, ed egli la utilizza per indicare la nuova
letteratura, cio la volont di rinnovamento linguistico e culturale presente nella
letteratura di fine Settecento; egli parla inoltre di neoclassicismo nazionale e di
neoclassicismo lessicale, a sottolineare la volont di reazione allinflusso francese
sul vocabolario italiano, spesso mortificato dalluso di parole straniere. Il termine
sar da lui riutilizzato anche in seguito: ad esempio a una distanza di dieci anni dalla
prima occorrenza. Infatti, analizzando Il Giorno (scritto da Parini in endecasillabi
sciolti e pubblicato a partire dal 1763) Carducci scrive Lasciando i raffronti, questi
altri del Martelli sono versi per suono e colore di fattura nuovi, e pronunziano il fare
tra virgiliano e oraziano del Parini e il neoclassicismo che lo segu.261 O ancora, pi
avanti: () lultima terzina, la quale nel linguaggio pi o meno cortigiano della
poesia neoclassica pu essere comportabilmente intesa se rivolta ad una principessa
ed estense, sonerebbe o sarebbe sonata, se rivolta alla Teresa Mussi o anche alla
contessa di Castelbarco, perfettamente ridicola. 262 Riutilizzi di questo tipo fanno ben
intendere come questo termine si sia dimostrato fin da subito adeguato alla critica
letteraria e facilmente comprensibile dai lettori.
261
Ibidem
262
Ibidem
263
Giosue Carducci, Lo studio bolognese, Zanichelli, Bologna, 1888
BIBLIOGRAFIA
Giosu Carducci, Alla lega per listruzione del popolo in Selections from Carducci, a
cura di A. Marinoni, William E. Jenkins Co. Publishers, New York, 1913
Giosu Carducci, Melica e lirica del settecento con altri studi di varia letteratura,
Zanichelli, Bologna, 1909
Giosu Carducci, Storia del Giorno di Giuseppe Parini, Zanichelli, Bologna, 1892
Croce Benedetto, Giosu Carducci, Studio critico, Laterza & figli, Bari, 1920
PITOTTI FRANCESCA
Matr.1728020
Jacques Le Goff
Antico/moderno
Da Enciclopedia Einaudi
I Magistrale
Letteratura italiana
Prof. Tatti
Introduzione
Jacques Le Goff (Tolone, 1 gennaio 1924 Parigi, 1 aprile 2014) stato uno
storico francese, studioso della storia e della sociologia del Medioevo. Fu autore di
molti saggi di storia medievale e si occup principalmente della societ occidentale,
indagandone i temi cruciali, cogliendo i nessi tra storia della cultura e dinamica
economica, sociologica, antropologica e individuando il formarsi di atteggiamenti,
mentalit e dottrine allinterno di una ricerca unitaria dei processi storici.
Nel terzo paragrafo, Le Goff si basa sullo studio del moderno rispetto al
nuovo e al progresso. Nuovo tende ad avere un significato positivo in quanto
portatore di un nuovo inizio, ma anche negativo in quanto privo di valori rispetto al
passato. Invece progresso inizialmente ha solo la funzione e la forma del
sostantivo, mentre a partire dl secolo XVI con la nascita dei suoi derivati verbali e
aggettivali, cambier la propria sfumatura significativa.
Nel quinto paragrafo, invece, si sofferma sui secoli XIX-XX, quando nascono i
nuovi concetti di modernismo e modernit. Fa una grande digressione sul
modernismo, analizzando la sua manifestazione letteraria, artistica e religiosa. Si
mette in rilievo come la modernizzazione sia stato un fenomeno caratteristico del
periodo dellimperialismo occidentale e della decolonizzazione, ma anche le diverse
forme in cui essa si manifestata. Ci che prevalentemente mette in risalto il fatto
che il fenomeno del moderno si rivelato inizialmente un fenomeno prettamente
elitario, proprio delle classi borghesi. Le Goff illustra anche i primi autori e studiosi
che hanno analizzato e introdotto la modernit come concetto nelle loro opere, ma
anche la differenza tra modernit e modernismo.
Nel sesto paragrafo, vengono esposti i campi a cui stato esteso il dibattito tra
antico e moderno: in particolare la storia e la scienza, ma si sottolinea anche la
grande rivoluzione del moderno nel secolo XX. Anche la politica ha avuto un
ruolo emblematico nella definizione del moderno, tanto che la nuova societ
moderna ha sviluppato nuovi valori.
Una delle principali questioni storiografiche - letterarie che da sempre ha interessato gli
studiosi riguarda prevalentemente la contrapposizione tra antico e moderno. Sono concetti
piuttosto complessi a cui, nel corso del tempo, sono stati attribuiti vari significati e nonostante
abbiano degli equivalenti e dei corrispondenti in altre civilt, sono specificatamente legati a quella
occidentale.
un binomio concettuale molto legato alla dimensione storica, politica e sociale del contesto
in cui viene utilizzato, dal V al XX secolo. Inizialmente, tra Medioevo e Illuminismo riguardava
maggiormente il piano intellettuale, mentre a partire dal secolo XIX, si passa ad un piano
maggiormente ideologico reazionario nei confronti del nuovo sistema industriale. Infine, a partire
dal secolo XX, designa principalmente un nuovo processo che prende avvio nel Terzo Mondo, la
modernizzazione, in seguito ai contatti con lOccidente.
Per quanto fossero apparentemente in opposizione luno allaltro, non sempre rivelavano una
contrapposizione e spesso erano sostituibili con alcuni sinonimi: ad esempio, antico con
tradizionale, e moderno con recente o nuovo. Inoltre, questi concetti potevano essere
accompagnati da alcuni aggettivi che ne connotavano unaccezione positiva, negativa o neutra.
Principalmente, moderno, sia nella lingua latina pi bassa, sia nel corso del Medioevo,
aveva come unico significato quello di recente. Al contrario antico significava appartenente al
passato, indicando con passato quel periodo definito antichit, caratterizzato dalla diffusione
del cristianesimo nel mondo greco romano, dalla crisi della schiavit, da un processo di
ruralizzazione e da una crisi relativa anche al sistema demografico.
Dal momento in cui, nel corso del secolo XVI, alcuni eruditi hanno diviso convenzionalmente
la storia in tre fasi (antica, medievale e moderna), laggettivo moderno in contrapposizione con
medievale piuttosto che con antico. Ma questa divisione della storia non sempre viene
considerata corretta e accettata dagli storici. Ad esempio, Stefan Swiezawski sostiene in
Miscellanea medievalia che questa divisione non pu essere generalizzata n nel tempo n nello
spazio, e quindi rivela che, sin da sempre, la coppia antico/moderno comporta delle ambiguit che
lasciano perplesso lo storico.
Inoltre, spesso, la modernit pu svilupparsi e muovere i suoi passi sulle orme del passato e
quindi dellantichit stessa. Un esempio chiave offerto dai casi delle rinascite e in particolare
del Rinascimento del secolo XVI.
Non mancano, tuttavia, casi in cui lantichit abbia una connotazione negativa a causa di una
caratteristica che le propria: la decrepitezza. Questo aspetto stato sottolineato principalmente da
Benveniste nel 1969. In questo senso, quindi, il concetto di antico viene usato anche in relazione
alla vita e in particolar modo, il suo significato oscilla ambiguamente tra saggezza e senilit.
Quanto a moderno, invece, rimanda essenzialmente alla rottura con il passato, fenomeno da
cui nasce la coscienza della modernit. E le societ, pur non essendo propriamente consapevoli
del cambiamento che vivono, hanno comunque modo di provare lesperienza della modernit nella
sua totalit e di adattare il suo vocabolario di riferimento ai vari contesti. Infatti, il termine
moderno nasce nel secolo V, in seguito al crollo dellimpero romano; modernit nasce con
Hauser nel secolo XVI, Gautier e Baudelaire lo impiegano per designare il Secondo Impero in
Francia, ed altri studiosi discutono sulla modernit affermatasi alla fine della seconda guerra
mondiale, nellambito della decolonizzazione e della nascita del Terzo Mondo.
Dal punto di vista del suo significato neutro, esso rimanda principalmente al senso di
appartenente al passato e ad unantichit diversa rispetto a quella greco-romana. Ne un esempio
la contrapposizione tra antico serpente e antica madre in riferimento rispettivamente al Diavolo
e alla Terra, per indicare dunque una dimensione temporale pre-umanitaria. Ma in questo caso
laggettivo ha una carica positiva in riferimento alla madre in quanto virtuosa, e una carica negativa
in riferimento al diavolo in quanto nocivo.
In ambito europeo, antico assume una posizione differente rispetto agli altri termini che
denotano lappartenenza al passato, distaccandosi principalmente da vecchio, che acquisisce una
connotazione peggiorativa. Addirittura in Francia si giunge ad una gerarchia matematica tra
antique, ancien e vieux. Quindi proprio nel corso del Rinascimento che antico designa il mondo
greco-romano come il modello di riferimento da dover imitare.
Ne consegue, per, che antico non indica solo un prestigio del passato, ma anche del
Rinascimento, di cui ne lo strumento. A questo proposito, quindi, il problema non riguardala
contrapposizione di antico/moderno, tra passato e presente, ma principalmente quella tra processo
ciclico e processo lineare. Il primo vede l antico come principale punto di riferimento, il
secondo,invece, lo vede come punto da cui allontanarsi. Proprio sul processo lineare si sono fondati
il Rinascimento e lUmanesimo che hanno gettato le basi per una modernit che, con il tempo, si
riveler anchessa antiumanista.
Se il concetto di antico nel nucleo semantico dellantichit avr subito un grande successo,
ci non avviene con il concetto di moderno, che invece dovr confrontarsi con novit e
progresso.
Dal momento in cui moderno designa fondamentalmente una forma di rottura rispetto al
passato, non un termine carico di significati quanto lo sono invece nuovo e progresso.
Quanto a nuovo, si pu sostenere che un qualcosa che implica una nascita, un nuovo
inizio, cos come ci perviene dalla tradizione cristiana. Ma il nuovo non pu essere considerato
come una rottura con il passato, bens una cancellazione di esso. Il termine pu inoltre assumere
anche una connotazione negativa e peggiorativa in riferimento allassenza dei valori e alle nuove
classi ricche: ci emerge principalmente nel latino cristiano del Medioevo per designare proprio la
perdita di valore delle origini.
Oltre a nuovo, un altro concetto molto legato a moderno progresso. Fino al secolo
XVI, quando ancora il termine ha solamente un uso sostantivato, ha una connotazione di significato
positiva; invece, a partire dal secolo XIX, quando si affermano il verbo progredire e laggettivo
progressista, la situazione cambia, poich si lascia maggiormente spazio alla nuova terminologia,
escludendo il fenomeno della modernit.
Lopposizione tra antico e moderno qualcosa che appare sin dallantichit e ci che
emerge una concezione prettamente positiva dellantico; ma in passato non era stato tuttavia
inventato un termine specifico per designare il moderno. Cos emergeva la contrapposizione tra
novus ed antiquus.
Solo a partire dal secolo VI viene coniato il neologismo modernus, formato dalla radice
modo che significa recentemente. Il primo secolo che si fa corrispondere allepoca moderna
quello carolingio, definito saeculum modernum, ma del moderno non si ha minimamente una
visione positiva.
A partire dal secolo XII, due autori in particolare riflettono sul modernismo della loro epoca:
Giovanni di Salisbury rintraccia essenzialmente le differenze tra le novit e le caratteristiche proprie
dei maestri precedenti, e Gualtiero Map, che invece considera modernit il periodo in cui egli
stesso vive, considerandolo per il risultato dei cambiamenti degli ultimi cento anni. In lui appare
per la prima volta il termine modernitas.
La contrapposizione persiste anche nel corso del secolo XIII, quando con il termine antiquii
si designavano quegli scrittori che con lavvento della rivoluzione intellettuale dellaristotelismo
sono stati poi sostituiti dai moderni. Ma una vera contrapposizione trover la sua concretizzazione
solo nel corso dei secoli XIV e XV quando molti movimenti contrappongono le idee precedenti e
antiche a quelle moderne e nuove, dapprima in ambito musicale e poi anche in quello filosofico.
Ma la grande polemica relativa agli antichi e ai moderni investe tutto lUmanesimo sino
ad arrivare al Romanticismo ed fondata sul riconoscimento della superiorit dei moderni
rispetto agli antichi, testi sostenuta da Stendhal e Hugo. In Italia Lancellotti a riconoscere la
grandezza dei moderni contemporanei che non sono minimamente inferiori rispetto al passato.
Questa polemica si acutizza principalmente in Inghilterra e in Francia a partire dalla fine del
secolo XVII. Ma se da un lato i sostenitori della superiorit dellantico denigrano i moderni
vedendo in loro solo decadenza, dallaltro, i sostenitori dei moderni assumono posizioni diverse:
alcuni vedono una parit tra le due epoche, altri vedono lantico come ci che ha permesso ai
moderni di beneficiare dellesperienza, altri ancora vedono nel moderno un progresso
qualitativo. Ad esempio, Perrault pur riconoscendo dei meriti agli antichi, valuta con una
maggiore positivit i moderni. Tuttavia, anche i sostenitori della superiorit dei moderni
lasciano emergere lidea della vecchiaia e della decadenza come chiave esplicativa della storia.
Per arrivare allidea di progresso bisogna attendere la seconda met del Settecento, alle
soglie della rivoluzione francese: solo a partire da questo momento viene abbandonata lidea della
superiorit dellantico rispetto al moderno, giungendo dunque allidea di un progresso lineare
che privilegia il moderno.
Nel corso dei secoli XIX e XX, con lavvento della rivoluzione industriale, cambiano i
termini relativi allopposizione tra antico e moderno. In particolare, si affermano i nuovi
concetti di modernismo e modernit: il primo rimanda essenzialmente alle tendenze moderne
ormai fissate come dottrina e il nuovo problema nato tra Paesi sviluppati e non durante il periodo
della decolonizzazione dopo la seconda guerra mondiale; il secondo riguarda la creazione estetica,
la mentalit e i costumi.
1.5.1. Modernismo
Il Modernismo letterario si afferma a partire dal 1890 quando un gruppo di scrittori spagnoli,
soprattutto in America Latina, manifesta la tendenza di rinnovare nei temi e nelle forme. In
particolare, uno dei massimi rappresentanti Ruben Daro che affronta la questione
antico/moderno in riferimento allorizzonte storico in cui vive. Il Modernismo, in quanto
movimento idealista, si propone di opporsi al potere del denaro, al materialismo e alla borghesia,
alle masse che fanno irruzione nella storia e alla cultura dellantichit classica. Infatti, il
Modernismo si ispira prevalentemente alla letteratura cosmopolita del secolo XIX e in particolare a
quella francese. Inoltre, si schiera contro la guerra ispano-americana del 1898, contro
limperialismo e si nutre delle idee reazionarie della generazione del 98 in Spagna.
Infine, Poulat mette in evidenza la grande portata del Modernismo che, al di l del campo
religioso, restringe la dimensione del credibile e aumenta quella del conoscibile. Quindi, ha un
ruolo emblematico nel mondo del sapere.
Questo movimento nasce dapprima in Inghilterra con Morris, per poi diffondersi anche in
Belgio dove ha una maggiore vicinanza col moderno. Arriver anche nei Paesi Bassi e in Francia
dove acquista forme e manifestazioni differenti. In Germania si fa portavoce del pacifismo e
dellanticlericalismo, in Spagna il suo massimo esponente Gaud e in Italia si afferma con la
denominazione di Stile Liberty. A New York emblematico Tiffany, inventore dellilluminazione
elettrica.
Malgrado la sua ampia diffusione, il Modern Style avr una durata molto breve che
prediligeva lassenza delle decorazioni, delle curve e delle fioriture. In questo movimento, ci che
traspare che se lantico faceva riferimento alleroe e alle sue gesta, il moderno si nutre del
quotidiano.
1.5.2. Modernizzazione
In particolare nelle nazioni pi arretrate, il problema del moderno spesso legato a quello
dellidentit nazionale e si giunge a teorizzare unequivalenza tra la modernizzazione e
loccidentalizzazione. Quanto alla prima, si pu distinguere tra quella tecnica ed economica e quella
sociale e culturale.
Una modernizzazione equilibrata fu quella che si diffuse in Giappone nel secolo XIX in
seguito alla rivoluzione industriale, ma la sconfitta del 1945 segn una grave crisi nellambito della
modernizzazione stessa. Questo ha tuttora delle ripercussioni in Giappone che, malgrado i suoi
progressi anche in campo politico, vive in modo molto teso il rapporto tra antico e moderno.
Anche Israele, nonostante le sue problematiche di natura geo-politica e culturale, pu presentarsi
come un esempio della modernizzazione equilibrata: un Paese in cui si deve conservare e
salvaguardare il patrimonio antico e al tempo stesso accentuare il suo aspetto moderno.
Da alcuni studi condotti da grandi studiosi, emerso che in questi Paesi musulmani la
modernizzazione ha cominciato a porre il problema dellidentit culturale e ha fatto riflettere su
come le nuove forme artistiche e letterarie contribuiscono a una paralisi della cultura stessa. In
questo orizzonte, quindi, la modernit funge come acculturazione, o transizione tra larcaico e
limportato.
Una modernizzazione a tentoni mostrata dallesempio dellAfrica nera, in cui gli elementi
moderni che vengono introdotti sono molto deboli e non soddisfano i bisogni della popolazione
locale, e lantico molto pesante cos come grande lo stesso ritardo storico che caratterizza
questi luoghi. Come conseguenza, bisognerebbe trovare quegli elementi moderni benefici per
lAfrica stessa, adottando una selezione, ma al tempo stesso bisognerebbe trovare un equilibrio tra
tradizione e modernizzazione.
Molti sono intervenuti sulla questione del rapporto tra antico e moderno, tra cui Amadou
Hampat Ba, che sostiene che modernismo non sempre comporter un progresso assoluto rispetto
alla tradizione: si pu parlare di progresso ma anche di regresso. Ad esso, la tradizione non vi si
oppone, anzi vi si interroga.
La questione antico/moderno ha riguardato anche il caso dellIndia che per entrare a far
parte del mondo moderno deve fare notevoli sforzi. Proprio lindipendenza ha rappresentato un
avvicinamento alla modernizzazione in quanto grazie ad essa, lIndia riuscita a cacciare dal suo
territorio gli stranieri. Ma non si deve assolutamente dimenticare che, per questo obiettivo
raggiunto, un merito enorme va riconosciuto a Gandhi.
1.5.3. Modernit
Il termine modernit venne usato perla prima volta da Baudelaire in un articolo composto
nel 1860 e pubblicato nel 1863, La peintre de la vie moderne. Inizialmente era impiegato solo in
ambito artistico-letterario, ma dalla seconda guerra mondiale ebbe una larga diffusione. Allinterno
del componimento, emerge unidea di moderno relazionato al presente e definito ci che vi di
poetico nello storico, di eterno nel transitorio. Baudelaire affianca il moderno ai comportamenti,
al costume e al decoro e sostiene che ogni epoca ha delle caratteristiche proprie: pertanto, bisogna
studiare unepoca nella sua totalit e non immergendosi solo nellantico. La modernit legata
alla moda, al dandismo e allo snobismo e uno dei maggiori analisti della modernit, Barthes,
riconosce Michelet come il primo degli autori della modernit a non poter cantare altro che
unimpossibile parola. La modernit quindi non pi il rispetto delle norme ma il raggiungimento
dei limiti.
Indubbiamente, uno dei maggiori teorici della modernit il filosofo Lefebvre che rintraccia
una differenza tra modernit e modernismo, che per si dimostrano inseparabili e parte di una
stessa realt, vale a dire il moderno. La modernit giunge a realizzare alcuni aspetti tipici del
Romanticismo, tanto che alla fine, la contrapposizione antico/moderno finir per coincidere con
lopposizione classico/romantico. La modernit lideologia del modernismo e rompe con tutte
le altre ideologie e teorie dellimitazione riferite allantico e al mondo accademico.
Studiando il fenomeno della modernit, Raymond Aron la concepisce come una possibilit di
rimpossessarsi della natura per mezzo della scienza e della tecnica. Ma sostenendo ci, si scorge
solo il lato conquistatore della modernit, suscitando molte ambiguit in riferimento alla stessa.
Il primo quello della storia: il Rinascimento crea il concetto del Medioevo per separare due
periodi contrapposti tra loro, la storia antica e quella moderna, laddove questultima
considerata il punto di partenza della novit.
Il secondo, invece, la scienza. Anche la scienza moderna con i suoi progressi inizialmente
rivolta principalmente alle classi elitarie, per estendersi poi alle masse solo nei secoli XVIII e XIX.
Ciononostante, per, il progresso della scienza con i nuovi metodi pi semplici e facili ha dato
modo di approfondire le ricerche sullo spirito umano, giungendo a delle verit.
La nuova dimensione del moderno, per, riguarda anche un piano propriamente politico e
ci sostenuto direttamente da Karl Marx. Inoltre Aron, in virt dei suoi studi sostiene che i
caratteri nuovi della societ moderna sono i valori come uguaglianza, personalit e universalit.
Anche se gli stati africani hanno cercato di attingere alla modernit attraverso un processo di
occidentalizzazione, ci non stato molto semplice in quanto questi territori erano molto legati alla
tradizione.
In seguito a Marx, lo stato moderno risponde al principio del capitalismo; ma proprio per
questo non ci si deve meravigliare se gli Stati Uniti venivano presi a modello della modernit tanto
che luomo moderno era rappresentato dallAmericano.
Recentemente la modernit stata vista come la cultura della bella vita e una cultura di
massa: questo viene anticipato gi da Baudelaire ma viene sostenuto principalmente da Kende che
vede la modernit come diffusione massiccia delle idee e comunicazione di massa. Ma questa
tesi viene rafforzata fortemente da Morin che afferma che la societ di massa nasce negli Stati Uniti
e si diffonde poi nelle civilt occidentali. Questo fenomeno consiste prevalentemente nellapertura
di quei campi e di quelle realt che finora erano riservate alle classi borghesi.
Nel secolo XX, la modernit viene proiettata nuovamente nel passato: un esempio il
riconoscimento della modernit nel secolo XVI caratterizzato da alcune rivoluzioni che ne
designano la modernit, ovvero una rivoluzione intellettuale, una religiosa, una morale, una politica
nuova e una nuova economia. Tuttavia, questo secolo non era minimante cosciente della sua
modernit. E quindi: si pu parlare di modernit se i moderni non hanno coscienza di esserlo o non
lo dicono?
1.7. Le condizioni storiche della coscienza del Modernismo
Altro elemento importante la pressione esercitata dai progressi materiali sulle mentalit.
Raramente si tratta di cambiamenti bruschi e ci che cambia la dimensione mentale, quella della
coscienza, con laffermazione della ragione che si pone contro lautorit e la tradizione. Questa
forma di cambiamenti assume i caratteri pi vari anche se la vera rivoluzione della modernit si ha
effettivamente nel corso dei secoli XII-XIII, XVII, XIX e XX. Di solito, per, sono degli urti esterni
che alimentano e permettono la presa di coscienza di un cambiamento.
Una delle ambiguit del moderno il fatto che tende a negarsi e ad autodistruggersi.
Generalmente si tende a far coincidere il moderno con il presente, ma cos si finirebbe col farne
un futuro passato. Ne consegue che il moderno non solo legato alla moda e quindi difficilmente
sfugge allo snobismo. Spesso il moderno lo si considera in quanto nuovo e quindi si tralascia il
contenuto dellopera in s.
Altra ambiguit del moderno il fatto che esso pu designare qualsiasi cosa facente parte
anche dellantico .
In alcuni casi stato concretamente dimostrato che leccesso di modernit potrebbe sfociare
nel tradizionale.
Tutte le ambiguit della modernit sono strettamente legate alla Rivoluzione e la rottura con il
passato da parte della societ e degli individui pu essere anche uno strumento di integrazione o
adattamento al cambiamento.
TESINA LETTERATURA ITALIANA PROF. TATTI
WHAT IS A CLASSIC?
T. S. ELIOT
ALESSANDRA DANIELE
27/05/2016
INDICE
MODERNISMO......6
MODERNISMO E LETTERATURA.7
WHAT IS A CLASSIC?............................................................................................................11
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA....19
THOMAS STEARNS ELIOT: BIOGRAFIA ED OPERE
Thomas Stearns Eliot264 stato un poeta e critico statunitense nato a Saint Louis, Missouri nel 1888,
diventato, poi, cittadino britannico naturalizzato nel 1927. Nasce da famiglia di origini britanniche,
appartenente alla borghesia benestante del paese: il padre era direttore di una fabbrica di mattoni e
la madre faceva parte di un'antica famiglia del Massachusetts. Dal 1906 al 1910 studia filosofia alla
Harvard University, frequenta poi per un anno la Sorbona di Parigi (1910) e, di nuovo a Harvard,
approfondisce la filosofia di F. H. Bradley per la tesi di dottorato che la guerra gli impedisce di
discutere (pubbl. nel 1964: Knowledge and experience in the philosophy of F. H. Bradley). Nel
1914, allo scoppio della guerra, si trasferisce in Inghilterra. Stabilitosi a Londra, nel 1916 sposa
Vivien Haigh-Wood, e trova poi un impiego presso la Lloyds Bank. Contemporaneamente d il via
a un'importante attivit critica, prima sulla rivista The Egoist e poi su Criterion, da lui fondata e
diretta (1922-39). Di tale attivit sono frutto i volumi di saggi The sacred wood (1920), con cui si
inizia l'influenza che l'opera critica che Eliot eserciter sulle generazioni pi giovani, e The
metaphysical poets (1921), in cui egli propone la tradizione dei poeti metafisici in alternativa a
quella rappresentata dalla linea Milton-vittoriani; mentre saggi come Tradition and individual talent
(1919) e Hamlet (1921) definiscono il "correlativo oggettivo" quale punto d'incontro neutro tra
autore e lettore, quale inglobamento dell'individuale lirico nella tradizione. Dall'incontro,
determinante, con E. Pound, avvenuto a Londra nel 1914, in Eliot scaturisce l'interesse per Dante
(Dante, 1929), lo Stilnovo e i poeti provenzali, e soprattutto la consapevolezza della tecnica del
linguaggio. Influenzato, come tutta la sua generazione, dalla poesia francese simbolista, e in
particolare da J. Laforgue, nella sua prima raccolta di versi (Prufrock and other observations, 1917)
Eliot propone una inedita sintesi di tradizione e contemporaneit, la rappresentazione della vita
quotidiana come epica degradata, gli svuotati eroi delle periferie londinesi visti con l'ironia di
Laforgue. La sensibilit straordinaria per la pronuncia poetica e la capacit di riflessione gi
presenti in componimenti come The love song of J. Alfred Prufrock (1917) e Gerontion (in Ara vos
prec, 1920) preparano la svolta di The waste land (1922; trad. it. 1949), una delle opere che pi
hanno influenzato la poesia del Novecento in Occidente. Scritto in Svizzera, dove Eliot era
ricoverato per collasso nervoso, il poema fu successivamente sottoposto a Pound, a quel tempo a
Parigi. Gli interventi di Pound, documentati dal manoscritto ritrovato e pubblicato da Valerie,
seconda moglie del poeta, nel 1971, dimostrano che Pound, pur limitandosi ad alcuni importanti
tagli e suggerimenti per una organizzazione coerente dei materiali, fu immediatamente cosciente di
264
www.treccani.it/enciclopedia/thomas-stearns- eliot/
www. Biografieonline.it
ci che faceva del poema un unicum, cio della sua sorprendente novit linguistica, che immetteva
senza mediazioni il lettore dentro la stratigrafia di una dissoluzione dell'io esposta attraverso una
dislocazione su differenti piani della storia. Le fonti del poema, tra cui fondamentale il saggio
From ritual to romance (1920) di J. L. Weston, nel proporre, tra l'altro, il cristianesimo come nuovo
mito, si collegano a una linea assai importante della riflessione eliotiana, assumibile quale ulteriore
svolgimento di un Romanticismo che vede nel cristianesimo il farsi della coscienza del moderno.
Tale svolgimento si intreccia con un punto di riflessione imprescindibile per Eliot: creare una
classicit del moderno. Il famoso metodo mitico, messo a punto nel saggio (1923) sull'Ulysses di J.
Joyce, propone la necessit di collocare la conoscenza frammentaria del secolo a specchio di una
tradizione che la illumini e le dia coerenza, facendo risaltare lo stridore della diversit. Il suo
dichiararsi classicista in letteratura (For Lancelot Andrewes, 1928) va perci messo in relazione al
poeta che egli considera classico per eccellenza, Virgilio: un autore in cui la classicit gi vista
come riflessa e sono avvertiti i sentori del cristianesimo (What is a Classic?, 1944). Il cristianesimo
come moderna mitologia ritorna in Journey of the Magi (nella collana The Ariel poems/"poems,
1927), che ci mostra dei Magi viaggiatori divisi tra fede e vita. Mentre The hollow men (1925), che
espone la desolazione dell'uomo contemporaneo utilizzando la tecnica del coro, conferma quelle
doti drammatiche che, dal monologo alla Browning sino al dialogo dantesco e al coro,
contribuiscono a spersonalizzare il linguaggio della poesia. Accanto al critico e al poeta va dunque
valutato l'Eliot autore di opere teatrali in versi (Murder in the cathedral, 1935; The family reunion,
1939; The cocktail party, 1949; The confidential clerk, 1953; The elder statesman, 1959) anche se il
suo un teatro di poesia che lo porta a straordinarie invenzioni di situazioni e attese, ma non a
creare personaggi. Valga per tutti Murder in the cathedral (sull'uccisione di Sir Thomas Beckett,
arcivescovo di Canterbury), in cui il coro delle donne che presagiscono con la loro inquietudine il
dramma addensa angosce senza nome, dove possibile riconoscere la prescienza di eventi che
fanno parte della storia pi recente. Nel 1927 Eliot abbraccia la confessione anglicana e prende la
cittadinanza britannica. Nel 1930 il poema Ash-Wednesday apre una nuova fase della poesia
dellautore che culminer in Four quartets (pubbl. separatamente tra il 1936 e il 1942, in vol. 1963).
In Ash-Wednesday Eliot attinge al repertorio dell'allegoria medievale, ai bestiar, a immagini dei
metafisici del Seicento, eliminando il riferimento alla contemporaneit. In Four quartets la tecnica
musicale, associata a un linguaggio altamente filosofico, cerca attraverso l'associazione della
memoria di attingere nell'umano e nel soggettivo un'esperienza metafisica. Eliot propone perci
un'intersezione di tempo ed eternit, di movimento e assenza di movimento (stillpoint), ove
l'esperienza dell'io che si propone come irrinunciabile epicentro. L'impegno socio-politico di Eliot,
qua e l venato da punte di antisemitismo, raccolto in After strange gods (1964), The idea of a
christian society (1939), Notes towards a definition of culture (1948). Saggi fondamentali sono
contenuti in Selected essays (1932 e 1951) e in The use of poetry and the use of criticism (1933).
L'opera di poesia e il teatro sono ora raccolti in The complete poems and plays 1909-1980 e in
Collected poems 1909-1902; le poesie giovanili in Poems written in early youth (1967). Nel 1948
gli stato assegnato il premio Nobel per la letteratura per his outstanding, pioneer contribution to
present-day poetry". Mor a causa di un enfisema polmonare a Londra il 4 gennaio 1965. Le sue
ceneri, come da sue volont, sono state deposte nella Chiesa si San Michele di East Coker, il
villaggio dal quale gli antenati di Eliot emigrarono in America: una piccola targa lo commemora. A
due anni dalla scomparsa una grande pietra stata posta alla sua memoria, sul pavimento del "Poets'
Corner" della Abbazia di Westminster a Londra.
MODERNISMO:
Per comprendere a pieno le posizioni critiche di Eliot, non si pu non considerare il momento
storico in cui vive e che meglio lo rappresenta: il Modernismo 265. Questo periodo che,
convenzionalmente, si inserisce tra il 1870 e 1915, rappresenta un momento di crisi in vari campi.
In primo luogo, come conseguenza della rivoluzione industriale, si assiste ad un progressivo
spopolamento delle campagne ed un esodo massiccio verso le citt; il modello imperiale inglese
comincia a sgretolarsi con la guerra dei Boeri; nel 1914 c lo scoppio della prima guerra mondiale.
La prima guerra mondiale e la rivoluzione russa con la loro disumanit, mettono in discussione il
concetto di autorit morale, civile, religiosa, militare e politica. Diversi poeti, come Wilfred Owen
e Sigfried Sasson, dopo aver vissuto la guerra in prima persona, scrivono per denunciare ma anche
per documentare le atrocit sperimentate e per questo vengono chiamati war poets (poeti di guerra).
In questo contesto, anche Eliot d il suo contributo con la poesia The burial of the dead
appartenente allopera The waste land pubblicata nel 1922. Ci che emerge da questopera il
commento critico dellautore nei confronti della vita moderna e, specialmente, nei confronti
dellanima umana che non sempre visibile. Questa crisi politico/economica si riflette
irrimediabilmente anche nellambito del pensiero tradizionale e nei sistemi di riferimento. I
maggiori filosofi che hanno contribuito a questo mutamento sono:
Darwin: mette in crisi lidea tradizionale che luomo sia fatto a immagine di Dio.
Freud: lidea di inconscio mette in discussione la razionalit del libero arbitrio, la coscienza non
unitaria, ma frammentata.
Einstein: la concezione di tempo come la dimensione dello spazio sradica le forme narrative
cronologiche del XIX secolo.
2) discontinuit storica
MODERNISMO E LETTERATURA266:
Bisogna notare che il termine viene oggi usato perlopi in una accezione nuova e autonoma rispetto
a quella originaria. Esso risale a Rubn Daro che lo impieg per la prima volta alla fine degli anni
ottanta dellOttocento per indicare il programma letterario promosso da lui stesso e da un gruppo di
poeti latinoamericani. In seguito anche ai viaggi di Daro in Spagna, il movimento si diffuse nella
letteratura di questo paese protraendosi sino alla prima guerra mondiale. Ma si tratta di una
tendenza profondamente legata alla cultura decadente e al simbolismo francese fin de sicle e
dunque non assimilabile a quella che noi oggi chiamiamo con lo stesso nome. Allinizio del
Novecento il termine si diffuse, soprattutto in Italia, per indicare un fenomeno religioso che
intendeva conciliare evoluzionismo e cattolicesimo e che perci fu condannato come eretico da
papa Pio X nel 1907. Infine la critica degli anni trenta chiam modernismo il movimento
letterario di avanguardia attivo a Lisbona intorno a Pessoa e alla rivista Orpheu alla met degli
anni dieci e fiorito in Brasile negli anni venti, a partire dalla Settimana darte moderna di So Paulo
nel febbraio 1922. Come si vede, sono fenomeni diversi fra loro, di natura letteraria o religiosa, che,
oltre al nome, peraltro significativo perch allude a un rinnovamento, hanno in comune il dato
cronologico: risalgono tutti al periodo a cavallo fra Otto e Novecento o allinizio del nuovo secolo.
Nella cultura angloamericana il termine modernismo, anche se era apparso gi negli anni venti, si
affermato soprattutto a partire dagli anni sessanta, in riferimento a fenomeni diversi rispetto a
quelli appena nominati. Allinizio si parlato di modernismo in relazione al radicale bisogno di
svecchiamento e di fondazione del nuovo rappresentato in Gran Bretagna dallimagismo di Ezra
Pound, dal vorticismo e dallesperienza artistica degli uomini del 1914: oltre allo stesso Pound,
T.S. Eliot, Joyce e Lewis. A questi quattro sono stati poi aggiunti altri, fra cui soprattutto Virginia
Woolf. Successivamente il termine si diffuso, ha riguardato anche altre letterature in ambito
europeo ed extraeuropeo, sino a riguardare, negli studi pi recenti, una prospettiva addirittura
planetaria. Ma tale estensione, provocata anche dalluso attuale di unaltra categoria periodizzante,
postmodernismo, che lo evoca dialetticamente come inevitabile termine di raffronto, non ha giovato
266
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alla chiarezza, per cui oggi si parla spesso di modernismo in modo indeterminato e quindi non senza
imprecisioni e confusioni. Anche lasciando da parte la questione del rapporto fra modernit e
modernismo o modernismi, e limitandosi allambito letterario, si devono constatare una serie di
oscillazioni. A volte infatti si usa modernismo per indicare un generico contenitore cronologico,
anche se marcato da un qualche rinnovamento, che comincerebbe nel secondo Ottocento con il
simbolismo e il decadentismo o addirittura col naturalismo e si prolungherebbe poi sino allinizio
degli anni trenta o sino allo scoppio della seconda guerra mondiale; altre volte si identifica invece
modernismo e avanguardia facendo coincidere il primo con i gruppi pi radicali e oltranzisti (dal
futurismo al dadaismo e al surrealismo) del primo quarto del Novecento; infine, altre volte ancora,
il termine viene usato per designare indirizzi e singoli autori innovativi del primo Novecento, ma
estranei e talora ostili alle avanguardie.
Il modernismo esprime laffermazione piena del moderno nel campo delle arti, dallarchitettura (art
nouveau) alla letteratura, dalla pittura (espressionismo, futurismo, cubismo) alla musica, insomma
tutto un Make it New! per seguire una notissima citazione di Ezra Pound. E daltronde la
progressiva affermazione del moderno era gi stata segnata dal primato delloggi, dallesigenza di
trouver du nouveau e di essere absolument modernes, gi enunciata da Baudelaire e da
Rimbaud. Ma quanto nella seconda met dellOttocento era coscienza di una lite ora diventa
esperienza condivisa di larghe masse, la nuova arte nasce, invece, democratica in senso,
sociologico. La prima frontiera che il modernismo traccia alle proprie spalle dunque quella contro
larmamentario ideologico dellestetismo, del simbolismo e del decadentismo europeo. Fare il
nuovo significa anzitutto ribellarsi contro la cultura artistica della generazione precedente, ormai
avvertita come anacronistica. I tre pilastri ideologici del decadentismo estetismo, simbolismo,
concezione protagonistica della figura del poeta in senso civile e/o profetico-oracolare sono
sostanzialmente estranei allatmosfera culturale del modernismo. Anche nel Regno Unito, per
esempio, fra la stagione di Walter Pater, Charles Swinburne e Oscar Wilde da un lato e quella di
Eliot e Joyce dallaltro la rottura evidente. Una seconda frontiera nei confronti del naturalismo,
sentito come espressione del positivismo e come manifestazione di una concezione della realt
borghese, conformistica, gerarchica, troppo schematica e sostanzialmente aproblematica. Il
paradigma della oggettivit scientifica si sbriciola. Realt e verit si soggettivizzano, diventano
problematiche. Questa seconda frontiera, anzi, pi facile da tracciare dellaltra giacch
inconciliabile con le premesse culturali della nuova tendenza, mentre il decadentismo, con le sue
suggestioni intimistiche e psicologiche, poteva offrire anche alcuni interessanti punti di riferimento.
Ma vero poi che anche la narrativa naturalista e realista, con la sua scelta di vedere il mondo dal
basso e per la sua stessa pretesa di visione totalizzante, poteva a sua volta costituire un punto di
partenza, come mostrano in Italia il debito di Tozzi e Pirandello verso Verga e nella letteratura
inglese quello di Joyce verso Flaubert (non solo nei Dubliners ma anche, come ben vide Pound,
nellUlysses). Per quanto riguarda la poesia, lo spartiacque col passato segnato
dalloltrepassamento del simbolismo e dal rifiuto di una sacralit orfica e oracolare ormai avvertita
come inattuale e persino regressiva. Il superamento del soggettivismo e del simbolismo verso il
correlativo oggettivo passo decisivo della poetica di Eliot, mentre Yeats raggiunge la maturit
lasciando alle spalle lestetismo romantico e tardosimbolista della sua prima produzione per una
poesia che pu oscillare fra un realismo persino prosastico e una apertura fantastica alla
impersonalit del mito e della great memory del mondo. Si capisce dunque che la categoria di
modernismo non pu essere usata in senso puramente cronologico, come se si trattasse di un
generico contenitore privo di identit. Piuttosto le va conferito un preciso valore critico
periodizzante e caratterizzante. Non copre solo un periodo, ma indica la tendenza principale che lo
qualifica, comportando dunque un criterio di inclusione e di esclusione. Da questo punto di vista, a
suo confronto altre categorie periodizzanti risultano sfuocate o inadeguate. Non solo, come si
visto, quella di decadentismo, ma anche quella che spesso ne ha preso il posto, con la definizione
del primo Novecento come let delle avanguardie.
WHAT IS A CLASSIC ?
T. S. ELIOT
. LONDON VIRGIL SOCIETY, 16 OTTOBRE 1944
Chiedendosi che cosa sia un classico267, riprendendo chiaramente lomonimo saggio di Sainte-
Beuve, Eliot afferma che qualsiasi definizione si possa dare, essa non potr mai prescindere dalla
figura di Virgilio. Per fare ci, lautore si avvale del criterio di variet secondo il quale ogni
studioso pu dare la propria testimonianza di Virgilio in relazione con le materie che conosce
meglio e sulle quali ha ragionato profondamente.
In merito alla parola classico, che ha avuto e continua ad avere diversi significati in diversi contesti,
Eliot sostiene che a lui interessa un solo significato in un solo contesto, ma non esclude che possa
utilizzarla anche in altri modi gi in uso: .
1) in uno scritto o in una conferenza, potrebbe avvalersi della parola CLASSICO per indicare un
autore standard in qualsiasi lingua, sottolineando non solo il suo grado di grandezza, ma anche la
sua importanza come scrittore nel proprio campo. .
2) in altre occasioni si riferir AI CLASSICI (the classics), intendendo da un lato la letteratura
latina e greca in toto, dallaltro i pi grandi autori di queste lingue. .
3) cerca di sradicare lantitesi tra CLASSICO e ROMANTICO: stando a questa contrapposizione, il
definire CLASSICA una qualsiasi opera darte implica la lode pi alta o il pi totale disprezzo
secondo il partito che si segue. Quello che Eliot sottolinea, che a lui non interessa definire unarte
in senso assoluto o in paragone migliorativo o dispregiativo rispetto alle altre. Un CLASSICO deve
avere certe qualit, qualit che sono tutte presenti in VIRGILIO, ma con ci, non significa che lui
sia il pi grande dei poeti e che la letteratura latina sia la migliore di tutte, affermare questo,
significherebbe svilire tutte le altre letterature. Non si deve considerare manchevole una letteratura
perch nessuno dei suoi autori o periodi compiutamente classico o perch, come succede con la
letteratura inglese, quello che corrisponde alla definizione di classico non il suo periodo migliore.
In realt, le letterature in cui le qualit classiche sono sparse tra vari autori e in vari periodi (come
quella inglese) sono le pi ricche.
MATURIT: e la parola chiave per capire cosa Eliot intenda per classico. In primo luogo, bisogna
fare una distinzione tra classico universale (Virgilio) e classico come appartenenza ad una
letteratura. Un CLASSICO non appare se non quando una civilt, una lingua e una letteratura sono
Questo lavoro e basato sullo studio del saggio che cos un classico di T.S. Eliot in T.S.Eliot Opere, classici
267
LINGUA: essa, insieme a tutte le sue condizioni storiche, pu precludere lavvento di un periodo o
di un autore classico. La storia di Roma ed il carattere della lingua latina furono tali da rendere
possibile lIRRIPETIBILE ESISTENZA DI UN POETA CLASSICO
PROSA: Nella societ e nella letteratura i processi non maturano tutti simultaneamente ed in
maniera uniforme: il processo di maturazione della lingua, ad esempio, si riconosce pi facilmente
nello sviluppo della prosa rispetto che in quello della poesia. Contestualizzando, Eliot afferma che
in unepoca in cui lInghilterra aveva gi compiuto miracoli in poesia, la sua prosa era relativamente
immatura poich sviluppata per certi scopi ma non per altri, differentemente dalla prosa francese
che vede in Montaigne il suo precursore. Ci che troviamo in unepoca di prosa classica non
soltanto una convenzione comune ma una comunanza di gusto: lepoca che presenta uno stile
comune anche unepoca che ha raggiunto un momento di ordine e di stabilit. Quindi, la maturit
del linguaggio corrisponde alla maturit di menti e di costumi. Una lingua prossima alla maturit
quando gli uomini che la usano dimostrano di avere senso critico nei confronti del passato, fiducia
nel presente e nessun dubbio sullavvenire. In letteratura, ci comporta che il poeta abbia una chiara
idea dei suoi predecessori perch hanno suggerito risorse di linguaggio non ancora sviluppate. Uno
dei segni dellapprossimarsi ad uno stile classico lo sviluppo verso una maggiore complessit
nella struttura della proposizione e del periodo. Questo processo visibile nelle ultime opere di
Shakespeare in cui egli procede sulla via della complessit fina al massimo compatibile con i limiti
del verso drammatico. Tuttavia, la complessit non deve essere fine a se stessa ma deve essere
lespressione esatta delle pi sottili gradazioni di sentimento e di pensiero.
CONSAPEVOLEZZA DELLA STORIA: nella letteratura inglese la maturit di mente, di costume,
di lingua e di perfezionamento dello stile trovano la loro esemplificazione nel XVIII secolo,
soprattutto nella poesia di Pope. Tuttavia, sebbene ci fosse una mentalit matura, essa era ristretta: il
700 inglese, quindi, a dispetto dei suoi risultati di classicit che hanno un grande valore esemplare
per lavvenire, difetta di una qualche condizione che renda possibile la creazione di un vero classico
e per scoprire questa condizione, bisogna ritornare a Virgilio. Per parlare di classico, oltre alla
maturit di lingua, civilt e mente, occorre la consapevolezza della storia: non ci pu essere piena
coscienza della storia se non esiste qualche altra storia oltre a quella del popolo a cui appartiene il
poeta. Era una coscienza che Virgilio stesso fece sviluppare: fin dal principio, egli si avvalse,
adattandole, delle scoperte, dei canoni e delle innovazioni della poesia greca. Lesempio pi
calzante di tutto ci visibile nellincontro di Enea con lombra di Didone nel libro VI. Questo
uno degli episodi pi civili che si possano trovare in poesia: il comportamento di Didone appare
quasi come una proiezione della coscienza di Enea perch il fatto principale non tanto che lei non
lo perdoni ma quanto che lui non perdoni se stesso. La condotta dei personaggi virgiliani sembra
non seguire mai una norma di vita ristretta ad un solo luogo o gruppo umano, ma in rapporto al
suo tempo sia romano che europeo. Inoltre, presente una grande maturit di stile e di linguaggio
che non sarebbero stata possibile se egli non avesse avuto una letteratura dietro di s e non lavesse
profondamente conosciuta .
STILE COMUNE: quello che ci fa esclamare non: ecco un uomo di genio che adopera la lingua
ma ecco ci che realizza il genio della lingua. Nella letteratura europea moderna,
approssimazione migliore allideale di uno stile comune si trova probabilmente in Dante e Racine.
COMPRENSIVIT e UNIVERSALIT: il perfetto classico deve essere uno scrittore in cui lintero
genio di un popolo se non rivelato a pieno, deve essere almeno latente. Il classico nascer soltanto
in una lingua il cui genio pu manifestarsi tutto in una sola volta,secondo il criterio della
comprensivit. Ci significa che il classico deve esprimere il massimo possibile dellintera gamma
di sentimenti che costituiscono il carattere nazionale dei parlanti della sua lingua. Egli rappresenter
tali sentimenti come meglio non si potrebbe ed eserciter unattrazione irresistibile sul suo popolo
trovando piena corrispondenza negli uomini di tutte le classi e condizioni. Quando un opera
letteraria, oltre a tale comprensivit in rapporto con la propri lingua, possiede anche un valore
rispetto a diverse letterature straniere, essa possiede anche luniversalit.
ITALO CALVINO268: in Perch leggere i classici, afferma Chiamasi classico un libro che si
configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi talismani. Riprendendo la teoria
delluniversalit di Eliot, definisce un libro come equivalente delluniverso, ma nel suo pensiero
c unevoluzione poich un classico pu anche stabilire un rapporto di opposizione e di antitesi Il
tuo classico quello che non pu esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in
rapporto e magari in contrasto con lui. Non c quindi da stupirsi del fatto che Calvino utilizzi il
termine classico senza fare distinzioni d'antichit, di stile e d'autorit perch quello che distingue un
classico il suo effetto di risonanza che si ritrova sia in unopera antica che in unopera moderna.
JOHN MAXWELL COETZEE270: si accorge dellimportanza dei seggi di Eliot poich essi sono il
tentativo di affermare lunit storico-culturale della cristianit occidentale europea, incluse le
province, entro cui le culture delle singole nazioni troverebbero spazio solo come parti di un
insieme pi grande. Diametralmente opposta la posizione di Chiara Lombardi 271 che sostiene che
Coetzee critichi il saggio di Eliot definendolo come una delle opere critiche meno riuscite
dellautore. Il testo stato scritto nellottobre 1944, quando le forze alleate combattevano
nellEuropa continentale ed i tedeschi bombardavano Londra e si prefiggeva il fine di considerare la
tesi che la civilizzazione dellEuropa dellOvest fosse una singola civilizzazione discendente da
268
Italo Calvino, Perch leggere i classici, Oscar Mondadori, Milano 1995
269
Francesco Piozzi, Hortus apertus, www.edu.lascuola.it
270
ibidem
271
Chiara Lombardi, Coetzee e i classici, lumanesimo, il mito, www.accademia.edu
Roma e dal mito Virgiliano di Enea. Coetzee considera come rigide profezie sia il rivendicare
unidentit europea e latina capace di includere e trascendere al tempo stesso lidentit londinese,
inglese e anglo-americana, sia lindividuare nellEneide un riferimento per dare senso allepoca
presente, poich contribuiscono a dare allEuropa un supporto storico fortemente conservatore.
Possono i grandi Classici come Virgilio servire a creare o a rivendicare unidentit? Coetzee
risponde in modo negativo e per definire un CLASSICO egli parte dal suo EFFETTO. Ricorda di
come da ragazzo si fosse casualmente imbattuto in una registrazione del Clavicembalo ben
temprato di Bach una domenica pomeriggio dellestate del 1955 nella periferia di Cape Town: in
quel momento di RIVELAZIONE egli stava vivendo leffetto di classico. Introduce, quindi, la parte
della RICEZIONE appellandosi alleffetto che la musica classica ha su di lui.
ANNA BELTRAMI272: Classici non si nasce, si diventa. Malgrado Eliot scopra nel Virgilio
dellEneide la naturale, immanente misura di una classicit spontanea, dietro ad ogni classico c
sempre una doppia nascita, un gesto che genera e un secondo che istituisce. Sono i moderni a
decretare quali siano e debbano essere riconosciuti come i loro classici. E per moderni si intendono
coloro che vivono il loro tempo, non necessariamente molto distanziato da quello dei loro classici
intesi, a loro volta, come modelli e pietre miliari di unidentit culturale che ad essi si rif e che da
essi discende perpetuandone la norma: non importa quando avvenga, limportante che avvenga il
riconoscimento dello statuto fondativo e paradigmatico perch un testo rinasca come opera e un
autore come classico. Per quanto riguarda lEuropa, la Beltrami afferma che in base al prevalere di
istanze nazionaliste o europeistiche, si valorizzano le arti e le letterature nelle diverse lingue
nazionali o, in alternativa, si esaltano le comuni ascendenze greco-romane che costituiscono il
cemento CLASSICO per eccellenza della comunit che vanta radici cristiane. Questo spostamento
di punti di vista con cui i moderni ridefiniscono i loro classici stato osservato da Salvatore
Settis273 nel libro Futuro del classico. La Beltrami crede, inoltre, che nel corso dei processi di
fissazione di una tradizione fondante che deve distinguere il bello ed il buono per escludere e
dimenticare il brutto ed il cattivo, nei momenti di massima incertezza insomma, si innesta la
tendenza a selezionare i modelli da replicare e imitare in continuit con il passato nella
prefigurazione del miglior futuro possibile. Una volta evidenziata questa simultaneit del
MODERNO e del CLASSICO , la categoria di classico risulta prevalentemente retrospettiva e
destoricizzante.
272
Anna Beltrametti, Gli antichi, i classici e le avanguardie: a proposito del teatro e della sua storia, www.raco.cat
273
Salvatore Settis, Futuro del classico, Einaudi, Torino, 2014
MARIO LUZI274: riferendosi alla poesia di Eliot, egli non la definisce solo come grande, ma come
una poesia che postula spontaneamente la dimensione di grandezza., senza la quale non ci potrebbe
essere vita. Eliot vive, infatti, in un momento di disperazione: lEuropa divisa tra le due guerre
aveva prodotto uno scetticismo corrosivo derivato soprattutto dal crollo delle filosofie idealistiche.
In questo scenario storico sorprendente come egli riesca a guardare con occhio fermo i frantumi
sparsi di una cultura che fu lucente e piena intravedendo la possibilit di servirsene per unopera
dello stesso carattere integrale di quelle che poggiavano su fondamenta sicure e compatte. La
grandezza di Eliot sta proprio in questo: egli non ignora e non rifiuta il carattere frammentario del
mondo moderno, anzi, se ne fa testimone e complice. Luzi definisce Eliot come il chirurgo ferito, il
medico ammalato dello stesso male del suo pazienze perch solo soffrendo fino in fondo la comune
malattia si sente autorizzato a parlare e, per quanto sia viva la sua volont di superarlo, egli rimane
fermo nelladerenza al presente. Di certo la misura del suo proposito molto alta poich egli tende a
collocare la sua produzione nellesperienza effettiva e dolorosa dei mali del suo tempo ed proprio
nel fondo dellesperienza sofferta che trova la fede, una fede severa che non offende il dolore del
mondo ma lo santifica. La storia e lopera complessiva di Eliot tracciano un itinerario spirituale che
va preso come punto di riferimento: del nostro secolo artistico egli traduce lessenza meglio di
qualsiasi altro autore.
MARIO PRAZ275: afferma che un grande poeta quello che esprime la pi grande intensit
emotiva del tempo suo, basata su quello che costituisce il pensiero del suo tempo, qualunque esso
sia. In questo senso, grandi poeti furono, ad esempio, Dante che si fece portavoce della religione
medievale o Jules Laforgue che esprime la crisi di pensiero e di societ dellOttocento; ed
esattamente laderenza al pensiero ed al sentimento del proprio tempo che rende grandi i poeti. In
questo ambito Praz inserisce Eliot asserendo che la sua vera originalit sta nel dare espressione
suprema ad unesperienza di carattere universale. Ogni poeta deve acquisire unampiezza di vedute
che la sua sola esperienza personale non gli consentirebbe, solo studiando lesperienza del passato
incorporata nella letteratura potr far in modo di arricchire il suo patrimonio di impressioni gi
sistemate in forme definite anzich affrontare soltanto un caos desperienze allo stato grezzo.
274
Mario Luzi 1965, in T.S. Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 1657-1659
275
Mario Praz, 1934 in , in T.S. Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 1596- 1598.
MARIO LAVAGETTO, ALESSANDRO SERPIERI e VALERIO MAGRELLI 276: Tutti e tre
partono dalla confutazione dellidea di Eliot secondo cui il classico esclusivamente il prodotto di
una civilt matura, giudicata unanimemente troppo angusta e colpevole di escludere dallinsieme
dei classici un gran numero di indubitabili capolavori. E tutti e tre arrivano, dopo lunghi
ragionamenti, a una definizione piuttosto generica e intuitiva di classico. Lavagetto sottolinea il
carattere instabile della patente di classicit, cos che ci che classico per una stagione pu non
esserlo per lepoca successiva: i classici sono i libri che si rileggono e che fanno parte di una
biblioteca ideale, si prestano a essere reinterrogati e non sono mai privi di risposte. Serpieri
passa in rassegna una serie di definizioni sullessenza del classico, tra cui questa, di Hans-Georg
Gadamer: Classico cos una specie di presente fuori dal tempo, che contemporaneo ad ogni
presente. Magrelli arriva ad affermare: La letteratura esiste nella misura in cui si crea un arco
voltaico fra lettore e autore poco importa che lautore sia vissuto mille anni prima, o abiti
dallaltra parte della strada. Il concetto di classico che esce dai tre saggi legato allattualit
perenne, a quella capacit dei grandi testi di farci sentire immediatamente intime e prossime le pene
di Saffo o i dubbi di Amleto.
CARMINE CATENECCI277: cerca di risolvere il dissidio tra attualit e inattualit del classico
affermando che Quando si ha a che fare con un classico, ogni sua ripresa , tanto pi feconda e
innovativa, se proprio sfruttando la forza del racconto e dellimmaginario, sa coinvolgere il
pubblico e attrarlo dialetticamente verso i significati storici originali e non, al contrario, se
semplicemente appiattisce il passato sulla dimensione ovvia del presente. Larricchimento nel
dialogo, non nellannullamento di un interlocutore nellaltro. In altre parole, il classico si fonda su
un movimento dinamico che congiunge attualit e inattualit e, sospeso in modo mirabile tra
eternit e caducit, gioca sul senso del tempo, mostrando ci che del passato si perde
irreversibilmente e, nello stesso momento, quelle passioni e pulsioni umane che si ripeteranno
finch esiste la specie umana.
BIBLIOGRAFIA:
Beltrametti Anna, Gli antichi, i classici e le avanguardie: a proposito del teatro e della sua storia,
www.raco.cat
276
Carlo Carabba, www.nazioneindiana.com
277
ibidem
Carabba Carlo, www.nazioneindiana.com
Eliot T.S. che cos un classico in T.S.Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 473-495
Luzi Mario 1965, in T.S. Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 1657-1659
Praz Mario, 1934 in , in T.S. Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 1596- 1598.
SITOGRAFIA:
www. Biografieonline.it
www.laletteraturaenoi.it
www.lettere2.unive.it
www.treccani.it/enciclopedia/thomas-stearns-eliot/
Classici e classicit di Mario Luzi e Giuseppe
Pontiggia
Nica Dionisiadi
Roma, 2016
Indice
1. Mario Luzi e il suo discorso sui classici........................................................................................145
1.1 Mario Luzi ed i classici come tali..........................................................................................145
1.2 Classicit dei classici antichi.......................................................................................................146
1.3 La classicit di oggi......................................................................................................................147
1.4 Chi sono i classici?.......................................................................................................................147
1.5 Conclusione..................................................................................................................................148
2. Giuseppe Pontiggia e i suoi classici in prima persona.................................................................148
2.1 La monografia........................................................................................................................148
2.2 I classici in prima persona di Giuseppe Pontiggia...............................................................149
2.3 Il classico e la contemporaneit............................................................................................150
2.4 La permanenza del classico...................................................................................................152
3. Mario Luzi e Giuseppe Pontiggia. Le affinit e le differenze nel discorso sui classici..............154
Chi sono i classici? Quali sono i criteri dellattribuzione della classicit?....................................154
Qual il rapporto tra la classicit e la contemporaneit?..............................................................155
Si distribuisce il patrimonio classico?..............................................................................................155
Bibliografia........................................................................................................................................157
1. Mario Luzi e il suo discorso sui classici
Mario Luzi (1914 2005) stato un poeta e scrittore italiano, nato a Castello (Firenze).
Termina i suoi studi a Firenze a liceo classico Gallileo e sempre l si laurea in letteratura
francese nel 1936 con la tesi su Franois Mauriac. Mario Luzi allievo di un grande
filologo classico Giorgio Pasquali.
1.5 Conclusione
Con laffermazione del cristianesimo lapprofondimento del concetto di classico non si
umiliato. E questo non solo perch unosmosi di cultura e di forme ci fu oggettivamente,
ma anche perch il mondo greco-latino conteneva in parecchi punti le inquietudini e i
tormenti che saranno poi il travaglio degli scrittori cristiani. (Ivi, p. 175). Oltre a ci, i
principi detto una volta per sempre, lauctroritas ne contribuivano notevolmente.
Mario Luzi conclude che il classico non solo un modello da seguire, un optimum ritagliato
dalle varie epoche (classico del classico), ma anche una virt sempre capace di rinascere
attraverso le epoche, di risorgere dalle ceneri, costituendo un fenomeno delliterazione e del
rinnovamento, una virt di lasciarci un messaggio da decifrare nelle epoche diversi e di
lanciarlo nelleternit.
2.1 La monografia
La pubblicazione della monografia sopraindicata una raccolta o meglio riproduzione
dellintervento di Giuseppe Pontiggia e il suo dialogo con Gino Ruozzi e Ivano Dionigi a un
omonimo incontro nel 2002 su invito del Centro Studi La permanenza del Classico.
Promuove una formidabile visione della letteratura. La letteratura, dal punto di visto di
Pontiggia, la scoperta della potenza della parola, cos si pu segnalare che una delle
finalit della letteratura sia quella di scoprire la potenza del linguaggio dei classici. Essa (la
letteratura) recupera il senso delle parole, recupera la potenza del linguaggio, restituisce una
vitalit che la parola dei classici aveva e che noi riscopriamo tutte le volte che li leggiamo.
(Ivi, p. 16). Tra i classici, Pontiggia nomina Charles Dickens, scrittore inglese, uno stilista
memorabile. Questo autore, pur di non aver unistruzione approfondita, riusc a
rispecchiare tutta la tradizione classica antica nella tradizione inglese. Cita Petronio che
un ideale di mobilit narrativa, di leggerezza, di incisivit, di aggressivit scorrevole (Ivi,
p. 13), cita Sallustio e Seneca che sono una fonte viva di energia, unirradiazione di stile
(Ivi, p. 14), cita Erodoto, Eschilo, Maupassant ecc. molto interessante anche la riscoperta
di Dante da Pontiggia. Confessa che non lo comprendeva, non gli dava emozioni finch il
saggio di uno scrittore americano-inglese T.S. Eliot non gli avesse rivelato una nuova
visione dellallegoria come aggiunta di potenza alla poeticit dellimmagine (ivi, p. 17),
piuttosto che la sottrazione intellettualistica. Si potrebbe indovinare che Dante diventasse
dora in poi un auctoras per Pontiggia.
Inoltre, la parola dei classici era ed talmente autorevole, forte e potente che si usava spesso
come il punto di riferimento nelle diverse epoche storiche. Per esempio nell800 epoca
rivoluzionaria, lo scopo era quello di esercitare il potere, e luso delle citazioni classiche
rendeva il discorso sempre senzaltro convincente. Oggi, nellepoca di globalizzazione, il
linguaggio dei classici ha sempre una sua importante funzione, come ci dice Pontiggia. Io
direi che i classici sono lantidoto pi forte allinflazione del linguaggio. (Ivi, p. 19). Nello
sfondo generale delle unificazioni delle culture e tradizioni per gli interessi del mercato e
della perdita del peso della parola, la parola dei classici un antidoto allomogeneit e
custode della persuasione, dello stile raffinato e del valore di linguaggio. Essi ci insegnano a
cavare piacere del testo, ci coinvolgono, rendendo i testi memorabili.
A giudicare dalla sua esperienza, Giuseppe Pontiggia ammette che i criteri dellattribuzione
della classicit sono abbastanza soggettivi (ad esempio, per Eliot Virgilio era uno scrittore
classico, mentre Catullo non lo era). Esso personalmente ci espone la sua resistenza ai
canoni: Non credo al canone, pur capendo la sua funzione ideale e operativa (per esempio,
nelle scuole, il canone indispensabile. Io, pur rispettando gerarchie, classificazioni,
sistemazioni perch non possiamo eludere questa necessit critica ho forte resistenza a
indicare canoni: posso dire gli autori che hanno avuto per me una importanza vitale. (Ivi, p.
13). Mette in rilievo che il canone un problema sempre aperto. Quando insegnavo avevo
dei problemi a proporre come centrale la classicit in certi autori, perch io stesso non ne
ero persuaso. Il canone, la classificazione, larticolazione storico-critica sono sempre un
problema aperto. Oggi lo sono molto di pi, perch in effetti noi ci dobbiamo confrontare
con tradizioni etniche che sono radicalmente estranee alla nostra. (Ivi, p.25). In giorno di
oggi quando noi abbandoniamo per motivi ovvii il concetto della cultura eurocentrica,
affrontiamo inevitabilmente altre tradizioni, altre mentalit e altre percezioni dellessere.
Tutto ci, ci conduce a una revisione della nostra tradizione e a un suo confronto con le
altre, con cui vanno fatti conti.
Uno degli esempi pi lampanti di questo processo la cultura orientale, che rimane spesso
ai margini dellistruzione scolastica. Loriente con il suo sistema intrinseco del pensiero, che
recentemente diventato accessibile a un pubblico pi vasto, ci costringe a rivalutare la
nostra visione eurocentrica del mondo e di acquisire una visione caleidoscopica. Con
riferimento a Eliot, Pontiggia ci presenta lidea della piramide dove un elemento modificato
pu cambiare unintera struttura. Ovviamente, nel caso in cui accettiamo una visione del
classico dal punto di vista mondiale, lo spazio si pu ridursi notevolmente per i classici, nel
senso in cui ci siamo abituati, per dallaltro lato i nostri orizzonti si allargheranno molto di
pi.
Personalmente per Pontiggia lautore classico vuole dire vivo (gli autori del mondo latino
che io considero non solo vivi, ma anche esemplari, sono Ivi, p.14; un classico un
autore di cui noi decidiamo ogni volta che vivo Ivi, p.27), che ha bisogno s della critica,
ma non ha bisogno delle mediazioni culturali troppo complesse, le opere classiche sono
quelle che arricchiscono il lettore ogni volta che le rilegge e dicono sempre cose ci
riguardano e che ci toccano nellanimo. Un classico un autore che ci prende rapidamente:
dice cose che ci riguardano. una differenza abissale: la cultura d s un piacere molto
forte, ma un classico ti tocca in profondit. (Ivi, p. 27).
Dal punto di vista di Pontiggia, magari non sia necessario parlare latino o greco per produrre
unopera di grande dimensione, per diventare un classico moderno o per inventare forme
nuove del linguaggio, crede che sia indispensabile per non scordare mai dellimportanza
fondamentale dei classici che stavano alle basi della nostra tradizione. non dobbiamo
considerare la classicit come lunico accesso alle invenzioni delle forme e dei linguaggi:
dobbiamo considerarlo un patrimonio strepitoso e, per chi lo sa avvicinare, irrinunciabile.
(Ivi, p. 28).
Pontiggia pone una domanda cruciale. Afferma che la classicit, nel senso del paragone
assoluto da imitare, fu minacciata nellepoca barocca. La classicit, come ideale
umanistico da imitare e da emulare, gi stata minata dalle amplificazioni barocche. E la
rivoluzione romantica si ribella a un magistero tematico e stilistico, come thesaurus da
conservare in modi coercitivi, e si apre alle esperienze pi radicali e imprevedibili, in una
idolatria della originalit che gli antichi ignoravano. (Ivi, p. 34).
Nel suo commento alla citazione di Bilanovich, Pontiggia tocca pi o meno gli stessi
argomenti. Inizia dal concetto di integrazione e lallargamento della visione eurocentrica al
di l dei suoi confini che porter a un amplificazione del paesaggio. Occorre piuttosto
raccogliere una sfida fatta non di eliminazione, ma di integrazione. Questo comporter
collocare i classici su uno sfondo pi ampio, in cui siano idealmente presenti le altre
tradizioni. (Ivi, p. 36) In questo caso, ovviamente, va fatta la selezione e a un certo punto
labbandono del miraggio eurocentrico, in cui ci riconosciamo solo parzialmente, ma in
nessun modo va svolto labbandono del retroterra storica. Tutto ci, ci insegner ad avere
una poliedrica visione del mondo.
In secondo luogo, asserisce che la resa alla rimozione nello studio dei classici
laspetto inquietante della Nuova Scuola. Non credo sia un processo irreversibile e va fatto
ogni sforzo per contrastarlo. (Pontiggia, p. 38). Accusa la scuola di non essere capace di
sviluppare una coscienza critica dellalunno, dello spreco delleredit classica e del poco
coinvolgimento del classico nelle scuole contemporanee. Lo spazio progressivamente
ridotto che viene riservato alla classicit sembra appagare quella sete di ignoranza che
attanaglia i nostri contemporanei e che i legislatori scolastici si industriano di soddisfare nei
modi pi agevoli, ovvero sfrondamenti ed emarginazioni. (Ivi, p. 37) Esorta lItalia alla
conservazione delleredit di cui siamo diretti beneficiari e di non sacrificare la sua identit
storica.
3. Mario Luzi e Giuseppe Pontiggia. Le affinit e le differenze nel
discorso sui classici.
Dopo aver attentamente letto entrambe monografie, vorrei fare una conclusione che riguarda
le problematiche poste da due autori. Tra i punti di riferimento principali si pu elencare le
domande come: chi sono i classici? Quali sono i criteri dellattribuzione della classicit?
Qual il rapporto tra la classicit e la contemporaneit? Come si distribuisce il patrimonio
classico?
Giuseppe Pontiggia nel suo discorso sulla relazione tra la classicit e contemporaneit
sottolinea il processo della globalizzazione e le sue conseguenze come lomogeneit,
lamnesia della tradizione, linflazione del valore della parola. Per parla dellantidoto alla
globalizzazione che appunto la parola classica, custode dello stile, del piacere e della
persuasione. Inoltre, nella nostra epoca globalizzata appare un altro problema, quello di
attribuire i criteri della classicit. Pontiggia, personalmente, non crede n ai canoni, neppure
alle classificazioni anche se li considera senzaltro utili per scopi scolastici. Parte come gi
stato detto sopra dalla sua soggettiva percezione. Per, confessa che quando insegnava
alluniversit certe volte dubitava chi pu nominare il classico. Avanza una visione che noi
adesso dobbiamo guardare al di l della cultura eurocentrica, non escluso che cos si riduci
lo spazio per i nostri classici, ma non escluso neanche che i nostri orizzonti si allarghino
notevolmente. Parla dellintegrazione e non delleliminazione.
Risorse online
http://www.chiavidellacitta.it/firenzepermarioluzi/luzi-classici-latini/
http://www.italialibri.net/autori/pontiggiag.html
Laura Federici 1500715
Lestrema vitalit del termine classico registrata nellambito della nostra tradizione incontra nel
pieno della temperie storico-culturale del Novecento il suo momento di massima esplicazione,
permettendo a quellinnata pluralit semantica, che ne denota limpiego sin dalle prime occorrenze,
di assurgere a cifra stilistica ormai consolidata nel variegato panorama delle riflessioni sullarte e
sullevolversi dei suoi meccanismi di ricezione. Nel clima fervido di sperimentazione e di revisione
dei linguaggi, classico acquista molteplici nuovi significati e relative modalit dimpiego nei
contesti pi diversi, in virt delle quali possibile rivalutare la carica polisemica del termine,
divelto dalluso fin qui quasi esclusivo allambito artistico-letterario. Al fine di cogliere appieno le
novit insite nella rivalutazione e nel rinnovamento del sostrato semantico del termine classico, il
presente lavoro si propone di indagarne le occorrenze e le peculiarit semantiche nellambito della
produzione letteraria di una delle personalit chiave della letteratura e delleditoria italiana della
prima met del Novecento: Cesare Pavese. Il tentativo di ricostruire la genesi e levoluzione del
sodalizio di Pavese con i grandi classici della tradizione, sodalizio declinato nella duttilit semantica
instillata nelle diverse occorrenze di classico e nella variet delle valenze insite nella personale
concezione del concetto di classicit, ha reso imprescindibile lapproccio non solo agli scritti
pubblici ma anche e soprattutto alla produzione privata, in linea con una concreta e vitale attuazione
del binomio di letteratura e vita, scelte di stile e scelte esistenziali. Lindagine stata condotta
confrontando il corpus delle lettere curate da Lorenzo Mondo e Italo Calvino nelledizione del 1966
per Einaudi, le pagine del Mestiere di vivere nelledizione condotta sullautografo a cura di
Marziano Guglielminetti e Laura Nay, la raccolta dei Saggi letterari e altri scritti significativi,
primo tra tutti Feria dagosto.
Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo 1908 Torino 1950) considerato allunanimit uno degli
intellettuali pi eclettici del panorama culturale novecentesco: poeta, saggista, traduttore, critico
letterario, personalit di spicco tra i fondatori e i collaboratori della casa editrice Einaudi,
protagonista indiscusso, accanto a Elio Vittorini, di una vera e propria rivoluzione di gusto e di
prospettive in seno agli orizzonti letterari del tempo. Lo studio della lingua e della cultura inglese
infatti, durante gli anni del liceo classico DAzeglio, lo avvicineranno felicemente ai testi dei grandi
autori della letteratura angloamericana, di cui diverr in Italia principale referente ed assiduo
cultore. In questi anni, il liceo DAzeglio di Torino va delineandosi come una prolifica fucina di
giovani intellettuali, basti pensare a un diciottenne Pavese, a Leone Ginzburg, Norberto Bobbio,
Massimo Mila, Tullio Pinelli, e a un giovanissimo Giulio Einaudi, i quali ebbero tutti la possibilit
di sperimentare il nuovo metodo dinsegnamento proposto da Augusto Monti, professore di
letteratura italiana e materie classiche, pedagogo illuminato e acuto saggista.
Al fine di risalire alle condizioni e alle temperie culturali che hanno instillato nel giovane Pavese il
richiamo prepotente alla classicit, accennare brevemente allattivit e alla carica innovativa di
Monti non affatto superfluo: egli si rese promotore di un rinnovato insegnamento delle materie
umanistiche, dedicandosi in particolare allo svecchiamento dellapproccio al testo classico,
argomentando le sue tesi nel suo Scuola classica vita moderna, saggio pubblicato nel 1923 nelle
gobettiane Edizioni per la Rivoluzione Liberale, in cui leggiamo:
Lo scopo apparente dellistruzione classica, per la generazione che volge ora al tramonto, fu, se mal non mi
appongo, di far degli scolari dei filologi, cio di instillare nei discepoli lo spirito scientifico, di dare ad essi
labito dellanalisi, della ricerca del fatto, del fenomeno, e di attutire e soffocare in pari tempo le native
facolt dellintuizione, dellimmaginazione, le facolt, per dirla in breve, mitologiche[] Ora, a guerra
finita, evidente anche ai pi ciechi ammiratori del filologismo, che quello scopo svanito del tutto278.
Lintento, la missione del Professor Monti, dunque, non era quella di formare e indottrinare una
nuova cerchia di filologi e scienziati del testo, ma piuttosto una fertile ed erudita generazione di
uomini:
per noi di lettere portare la vita nella scuola vuol dire portare nella scuola i classici: essi sono la vita viva, la
realt reale, sempre fresca, sempre accessibile, [] i pi uomini, quelli che la tradizione ha universalmente
ritenuto i pi grandi.
Appare evidente come la carismatica personalit del Monti abbia profondamente inciso sulla prime
fasi di costituzione della forma mentis pavesiana, poich proprio negli ultimi anni degli studi
liceali che pu essere individuata la stagione delliniziazione di Cesare alla lingua e alla cultura dei
classici, la fase preparatoria di un lungo e laborioso colloquio con gli autori dei secoli trascorsi
che si tradurr, ben presto, in un inesauribile scambio di immagini, di linguaggi, di esperienze
umane.
Se le debbo dire, io penso che a dischiudermi la vita sono stati in gran parte i libri. Dapprima, abbagliato dai
grandi nomi mi fermai sui poemi omerici, sulla Commedia, su Shakespeare, su Hugo. Dopo quattro anni di
fatiche e dopo che lei ci ha insegnato a leggere a poco a poco, ho capito qual la loro magia. [] esse, le
opere di poesia, sono il riassunto dei secoli conservati appunto viventi: viventi, questa la grande parola che
ho trovato a forza di fatiche non poche.279
Cos scriveva ad Augusto Monti in una lettera dellagosto del 1926, in cui lallievo pone
lattenzione sulleducazione alla lettura da egli impartitagli durante gli anni degli studi liceali, sulle
illuminanti indicazioni con cui il Monti ha insegnato a leggere a poco a poco, potremmo dire a
intelleggere il testo in una prospettiva del tutto nuova, lungi da un approccio sterile e pedissequo
al testo, ma volta a riscoprire e suggellare una linea di continuit con il mondo classico avvertita
come indispensabile e necessaria. E di mano in mano che mi si scopriva questa che ritengo una
mia verit, di mano in mano che trovavo nei libri la vita dei secoli trascorsi, mi cresceva lardore a
conoscere la nostra vita attuale280: lobiettivo sperato era quello dimmergersi nel fondale della
classicit e sondarne gli spazi inesplorati, con lanimo e con gli strumenti traboccanti di smanioso e
sincero entusiasmo, con lemozione di chi si accinge a rintracciare, nelle parole e nelle storie di chi
ci ha preceduto, nuclei costitutivi dellesistenza umana comuni alle generazioni di ogni tempo. I
classici, per il giovanissimo intellettuale delle Langhe, si connotano come i viventi, i sempiterni, i
possessori di quel nocciolo dellumanit, di quellatomo fascinoso di cui possibile risalire al
nucleo originario e in cui ognuno pu scoprirsi riflesso, pu cio identificarsi come parte di un
bagaglio universale di voci e di vissuti, insomma, qualcosa di pi che un comune giro di
stagione281.
278
A. MONTI, Scuola classica e vita moderna, Torino, Einaudi, 1968, p. 14.
279
C. PAVESE, Lettere, (a cura di) L. MONDO e I. CALVINO, 2 voll., Torino, Einaudi, 1966, vol. I, p. 26.
280
Ivi, p. 27.
281
C. PAVESE, La luna e i fal, Torino, Einaudi, 1982, p. 1.
Emerge, tuttavia, dallo spoglio delle lettere e degli scritti relativi al periodo degli studi liceali, che
laggettivo classico non compare in nessuna della sue accezioni, ovvero Pavese ragiona sulla sua
neonata consuetudine con il mondo della classicit e i suoi autori quasi citandoli in absentia,
optando per la messa in evidenza della caratteristica che meglio sembra connotare la loro funzione e
il loro effetto sullimmaginario del lettore contemporaneo: viventi.
Ancora nella lettera sopracitata, Pavese confesser di studiare
il greco per potere un giorno ben conoscere anche la civilt omerica, il secolo di Pericle, e il mondo ellenista.
[] Scorrazzo cos, aiutato dalla conoscenza (poca ma cresce) del pensiero del tempo, tra tutte queste civilt
che durano ora unicamente nella poesia, mi esalto dei loro ideali, e in essi guardo il cammino e cos studio la
vita moderna.
lagosto del 1926 e Cesare, conseguita da poco la maturit classica con indirizzo moderno282 e
intenzionato ad intraprendere gli studi di lettere, decide di recuperare in brevissimo tempo le
nozioni di lingua e letteratura greca di cui era mancante, in quanto richieste in quegli anni per
laccesso alle facolt umanistiche. Il fascino della classicit greca eserciter uninfluenza decisiva
sulle illusioni dorate di un giovane inesperto283, verr cio a configurarsi come un repertorio di
modelli imperituri che attende solo di essere interrogato, sviscerato, riscoperto e reimpiegato nella
prassi della vita moderna, una missione a cui Pavese non solo non verr mai meno, ma che verr a
costituirsi come una delle peculiarit della sua cifra stilistica, una voce controcorrente nella prassi
letteraria del tempo, una scelta dal carattere antipodico o addirittura eversivo284. in questa
stagione che possibile rintracciare la fase embrionale del grande progetto di Dialoghi con Leuc,
lopera che costituir il culmine di una mai interrotta intima frequentazione con i grandi classici
della letteratura greca, una consuetudine necessaria per dovere personale e per il semplice motivo
che la radice di tutte le civilt pare che sia l dentro285, scriveva allamico Tullio Pinelli
nellottobre dello stesso anno. Il periodo degli studi universitari, allietato dal mai abbandonato culto
degli autori classici, coincide con lapertura di Cesare al mondo della letteratura americana, in
particolar modo alla felice scoperta della poesia di Walt Whitman, nonch allambizione di poter un
giorno ottenere una proposta di collaborazione da parte della Colombia University. Lapparente
eterogeneit dei suoi studi, la variet a tratti inconciliabile dei temi e degli autori oggetto delle
letture e degli studi pavesiani, sveglia inevitabilmente la curiosit dei suoi amici pi intimi, ai quali,
interrogato sulle ragioni che lo spingono a coltivare un pantheon cos ampio di autori, egli
risponder:
In quanto alla concordanza degli studi classici con W. Whitman, a parte il fatto che io ammiro ciascun
grande del suo tempo e quindi Platone nellet di Pericle e Whitman nell800, avrai gi capito dal corpo della
lettera che la concordanza non il mio forte. 286
Appare evidente come quello che sembra rivelarsi uno dei primissimi impieghi, se non addirittura il
primo, dellaggettivo classici, qui posto accanto a studi, sia funzionale alla rievocazione
282
I ginnasi e i licei moderni entrarono in vigore con la legge Credaro 860 del 21 luglio 1911, le cui istruzioni relative ai
programmi furono approvate dal Regio decreto 1 21 3, 28 settembre 1913. Esse non prevedevano lo studio delle lettere
greche, bens linsegnamento di una seconda lingua straniera (inglese o tedesco) e un lieve incremento dello studio delle
materie scientifiche.
283
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 27.
284
A. BRUNI, Pavese controcorrente: i Dialoghi con Leuc, Cuadernos de Filologa Italiana, 2001, p. 76.
285
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 42.
286
Ibidem.
dellintera attivit di lettura e di traduzione che si andava affinando grazie ad una lunga
consuetudine con gli autori della classicit latina ma soprattutto greca, in riferimento dunque a testi
collocati in un contesto storico-culturale ben determinato. In questa occorrenza specifica possibile
riscontrare unulteriore possibile valenza, la quale non va ad escludere affatto la precedente, ma
contribuisce al contrario allinspessirsi della profondit semantica : classico sembrerebbe indicare
ciascun grande del suo tempo, la personalit che meglio impersona e rievoca lo spirito della sua
epoca e allinterno della quale spicca per eccellenza dello stile e dei contenuti, a tal punto da
assurgere cos a manifesto del gusto e delle convenzioni culturali imperanti nella contingenza
storica in cui si trova ad operare. Lesemplarit del vir magnus, tuttavia, non risiede esclusivamente
nelleccezionalit della sua produzione letteraria, ma sembra investire anche la sfera dei rapporti
umani in relazione alla compagine storica e sociale di riferimento, marcandone la capacit di farsi
portavoce delle istanze culturali e dincidere in maniera significativa sul processo di formazione dei
modelli. Limpiego di classico con questa specifica accezione compare in una missiva del 29
novembre 1929 indirizzata ad Antonio Chiuminatto, giovane musicista italoamericano, con il quale
Pavese coltivava con entusiasmo un vivo scambio di idee e dinteressi, tra i quali spiccava il
desiderio di documentarsi sui recenti sviluppi nel panorama letterario americano, cos come emerge
da quanto segue:
One month ago I discovered in Rome a certain Library for American Studies in Italy but also this one is
little acquainted with modern poetry or novel publications of America and only owns classics or non-
literary works287 (Un mese fa scopersi a Roma una Biblioteca di studi americani in Italia ma anche questa
poco al corrente delle pubblicazioni recenti di poesia o di romanzi in America e possiede solo [propri]
classici e opere non letterarie).
Pavese, con ogni probabilit, concepiva come classici (propri) americani i grandi autori della
letteratura statunitense, fondativi di una tradizione alla cui porta, in quel triste periodo di
abbassamento delle lettere italiane288, gli avventurieri della nostra scena culturale si affrettavano a
bussare, ma non solo. Gli Americani sono coloro che possono insegnare agli Europei come la
caotica e quotidiana realt nostra e la loro pu essere trasformata in pensiero e fantasia289, e di
questi nuovi classici non possiamo che mutuare gli aspetti a noi pi congeniali della poetica di cui
sono portavoce, cos da riprodurre e innestare nella nostra tradizione letteraria l del loro
linguaggio. Potremmo chiederci dunque: quali sono gli autori americani a cui Pavese fa riferimento,
ma soprattutto quali sono le caratteristiche denotanti la loro presunta classicit? Particolarmente
eloquenti in tal senso risultano le parole di Pavese destinate al breve ma indicativo articolo Ieri e
oggi, pubblicato su LUnit il 3 agosto 1947:
[] Le conquiste espressive e narrative del 900 americano resteranno un Lee Masters, un Anderson, un
Hemingway, un Faulkner vivono ormai dentro il cielo dei classici, - ma quanto a noialtri nemmeno il digiuno
degli anni di guerra bastato a farci amare damore quel che di nuovo ora ci giunge di laggi. 290
Lolimpo dei classici si popola degli autori di quella dozzina o poco pi di libri sorprendenti che
uscirono oltreoceano in quegli anni (verso il 1930)291, tra i quali sembra primeggiare Anderson,
287
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 156.
288
Ivi, p. 335.
289
C. PAVESE, Saggi letterari, Torino, Einaudi, 1982, p. 265.
290
C. PAVESE, Saggi letterari, cit., p. 175.
291
Ivi, p. 174.
definito da Pavese un classico e personalissimo scrittore292, per il merito di aver saputo restituirci
immagini dolorose e pensose e risolutive di vita moderna, insieme elementari e complicatissime,
[] belle di una bellezza che supera la pagina scritta.293 Dalla penna di tali scrittori emergono i
sentimenti e le trasformazioni che pulsano in seno alla dinamica societ doltreoceano, essi si fanno
interpreti e portavoce delle contraddizioni insite nella patria e nella societ del sogno americano,
conferendo un posto di primo piano all uomo vivo e alla sua storia. La grandezza di tali opere,
inoltre, risiede nel fatto che in esse brulica e simpone agli occhi del lettore un nuovo linguaggio, da
non confondere con una banale riproduzione del dialetto locale potenzialmente obsoleto ai neofiti
del genere, bens un nuovo sistema dimmagini e simboli in grado di riprodurre fedelmente le
istanze di una societ nuova, altra, diversa, capace di costringere senza residui la vita quotidiana
nella parola294. La classicit che Pavese riscontra in tali autori intesa come linnata capacit di
convertire la carica emozionale ed espressiva di una compagine sociale cos densa e variegata in un
repertorio dimmagini completamente rinnovato, in una poesia che non mera riproposizione di
immagini di vita reale, ma ne costituisce lessenza, il distillato di uno stile ideato, creato e assunto a
manifesto di un nuovo spirito e di una nuova realt. Questa maniera tutta americana di
imprigionare la realt nella parola costituisce per Pavese uninnovazione preziosa quanto
suggestiva, in grado di sconvolgere il concetto stesso di realismo e dinfluenzare intere generazioni
di scrittori e fotografici lirici della realt in cui egli stesso confesser di riconoscersi:
Altri [...] dir dellimportanza che quegli esperimenti e quelle ricerche [di Gertrud Stein] ebbero per la
rinascita letteraria non soltanto nordamericana del dopoguerra; [] quel conturbante realismo della vita
subconscia che resta a tuttoggi il pi vitale contributo dellAmerica alla cultura. Hanno detto di me che
imitavo i narratori americani, Caldwell, Steinbeck, Faulkner, e il sottinteso era che tradivo la societ italiana.
Si sapeva che avevo tradotto qualcuno di quei libri. [] Dunque cera in me qualcosa che mi faceva cercare
gli americani, e non soltanto una supina accettazione.
Influenzato e animato dallincidenza della pratica americana sul rapporto tra scrittura e societ, tra
poetica personale e vissuto collettivo, tra le strutture del linguaggio e la sfera valoriale di cui si fa
portavoce, anche Pavese cercher dintessere la propria irripetibile classicit, maturando
significative riflessioni in merito a una categoria, o pi precisamente a una qualit, la cui ricerca,
come questo studio non mancher di evidenziare pi avanti, diverr il leitmotiv predominante
dellultima fase della sua carriera.
Al fine di riuscire nel tentativo di leggere la mobilit semantica della parola classico nelle note e
nelle opere di Pavese, alla luce del progressivo evolversi dei suoi studi e in costante dipendenza
dalle dinamiche esistenziali in cui si trovava a vivere ed operare, sar utile procedere per fasi,
inserendo le sue riflessioni in precisi quadri cronologici.
Tra le note del suo Mestiere di vivere relative agli anni compresi tra la fine degli studi universitari
ed il periodo immediatamente precedente allarresto occorso nel 1935, si susseguono citazioni
erudite e riflessioni di natura prettamente filologica che Pavese condivide con Monti, Pinelli, il caro
amico musicista Chiuminatto, Carlo Sturani, le quali denotano la continuit degli studi coltivati da
Cesare e unormai affermata familiarit con i testi e le auctoritates classiche. Un approccio pi
292
Ivi, p. 42.
293
Ivi, p. 38.
294
Ivi, p. 174.
facilitato ai testi in lingua originale fu reso possibile in virt degli approfondimenti scelti da Pavese
durante gli ultimi anni degli studi di lettere, in cui pianific di intensificare lo studio della
grammatica latina, biennalizzando lesame di Letterature e lingue classiche del professor Augusto
Rostagni, insigne filologo classico e autore di approfonditi studi sullestetica antica, personalit non
meno determinante di Augusto Monti nelliter degli studi pavesiani.
Confrontando dunque gli scritti di Pavese posti sotto esame nel presente studio e vergati in questa
fase della sua parabola artistica, emerso come, nonostante i numerosi riferimenti agli autori
classici che Cesare sottoponeva a frequenti riletture euristiche, per imbatterci nuovamente in una
delle sporadiche ma eloquenti occorrenze del termine classico dobbiamo attendere una lettera
inviata alla sorella Maria durante i primi giorni di confino, il 5 agosto 1935, dopo aver stilato, come
da questo momento in poi sar solito fare, una variegata lista di libri che desiderava gli fossero
spediti, smanioso di ricostituire ex novo la sua personale biblioteca e tornare cos a colloquio con i
grandi autori dellantichit:
[] Per un dizionario latino decente da leggere i classici, consigliati col professore e con sua figlia 295.
Di libri accetto qualunque cosa, anche a caso (ma specialmente classici latini e greci); se poi lei o Sturani ne
avesse voglia, si faccia mostrare la lista che ho mandato ai miei e l peschi a volont.
Vale la pena sottolineare come le ricorrenze del termine classico, impiegato qui in funzione
aggettivale mentre nel precedente esempio appare in forma sostantivata, occorrono in maniera pi
frequente tra gli scritti del periodo della permanenza a Brancaleone, localit che sembra risvegliare
in Pavese limpulso alle letture ma soprattutto alle traduzioni dei grandi autori della tragedia greca,
295
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 418, grassetto sempre mio.
296
Ivi, p. 435.
Eschilo, Sofocle, ma anche poeti come Ibico, Bacchide, Pindaro, Saffo. Egli pone le condizioni
della propria situazione contingente in perfetta osmosi con la vitalit linguistica e valoriale dei testi
classici, tentando cio di conciliare loccasione del suo forzato otium con la possibilit di un
approccio irripetibile al testo, frutto dellinterazione di fattori ambientali, umani, spirituali. A questa
particolare temperie emotiva fanno capo la riscoperta di autori della latinit in precedenza non
inclusi nelle sue consuete letture, primo tra tutti Ovidio, a cui si sente accomunato dalla stessa
tragico destino, intensificando cos i legami con una classicit ormai divenuta parte integrante della
sua conformazione umana e letteraria: Insomma, credo nella metempsicosi e sono convinto di
reincarnare Ibico, quello delle mele cotogne297 scriver alla sorella Maria il 27 dicembre del 1935.
Alla luce di quanto detto finora, in questa fase della parabola artistica di Pavese, laggettivo
classico sempre impiegato in riferimento agli autori dellantichit greco-latina, di cui intende
sottolineare il ruolo di modelli imperituri di stile e di comportamento, di maestri di perfezione
linguistica, di unici detentori di quella vitalit della lingua e del repertorio delle immagini a cui egli
stesso non mancher mai di attingere e con la quale tenter strenuamente di porsi in linea di
continuit.
Nello stesso periodo, e in seno alle medesime ricognizioni dei suoi studi che costellano lintero
corpus dei suoi scritti, accanto allimpiego di classico figura anche antico, posto
sistematicamente in contrapposizione a moderni, come leggiamo nei seguenti esempi298:
in genere gli antichi, fino al romanticismo, avevano la cerchia materialmente intesa; i moderni sono distinti
dallassenza di questa e rivelano anzitutto la loro grandezza (come gli antichi la rivelarono nella istintiva
comprensione del vero pubblico, al di l dei pedanti) nella scelta e creazione che sanno farsi dei loro lettori.
Nellambito di tale disputa, cercare di collocare la figura di Pavese tra le file di uno o dellaltro
schieramento, rappresenterebbe un tentativo arduo quanto fuorviante, se si tiene conto dellannale
difficolt di relegare la sua poetica sotto la voce di una delle consuete etichette.
Abbiamo avuto modo di constatare come, nel corso del Novecento, limpiego del termine classico
abbia valicato in via definitiva i confini dellambito artistico-letterario per immettersi nel bacino
delle riflessioni etico-antropologiche, assumendo una veste polisemica estremamente varia e
complessa, prodotto di uninesauribile processo di acquisizione di antiche categorie in chiave
attuale. Figlio travagliato del suo tempo, Pavese non manca di contribuire in maniera del tutto
originale a questo significativo ampliamento di senso, tentando di imbastire una nuova definizione
di classico nella maniera che ormai gli risultava pi congeniale, proiettando cio unintima
considerazione di natura esistenziale in seno a una riflessione ben pi ampia, ovvero nella nota
polemica classico-romantica che imperversa in Europa a partire dalla celebre provocazione della
de Stal. In una delle pi suggestive pagine del suo journal, datata 2 maggio 1941, Pavese scriver:
Ci sono i verticali, che sperimentano successivamente, che simpallinano di persone e di cose lasciando luna
per laltra, che recalcitrano e soffrono se unantica loro infatuazione torna a tentarli mentre sono dediti a una
nuova. Sono i romantici, gli adolescenti eterni. Ci sono invece gli orizzontali, che accostano la loro
esperienza a una vasta gamma di valori ma contemporaneamente, e sanno entusiasmarsi per persone e cose
senza rinnegare le gi conosciute, che dal foco di una calma, di una certezza interiore traggono lenergia per
dominare e contemperare le infatuazioni pi varie. Questi sono i classici, gli uomini.300
La somma virt intrinseca alluomo, la forza regolatrice dei suoi impulsi e del suo tendere verso gli
altri, lunico mezzo con cui poter godere della vita senza rischiare di venirne risucchiati come in
uno scellerato abbandono: questa la calma, la certezza interiore, caratteristiche essenziali
delluomo classico. dunque possibile leggere la classicit come una dote spirituale, come una
preziosa quanto rara qualit, difficile da raggiungere, ancor pi difficile reggere con essa il
confronto una volta conseguita. Pavese, aspirer per tutta la vita a maturare un approccio classico al
mondo, a diventare cio un uomo classico che si affanna per cercare e difendere il proprio posto nel
contemporaneo, scrollandosi di dosso limmagine romantico-decadente di scrittore perennemente
insoddisfatto, disprezzato e sprezzante del mondo, e rifugiarsi cos nellordre e nel godimento
razionale. Come suggerisce brillantemente Roberto Gigliucci301, questa concezione di classicit
intesa come calma titanica, semidivina, reca in s echi del classicismo winckelmanniano, ricorda
cio affermazioni come la seguente:
La generale e principale caratteristica dei capolavori greci una nobile semplicit e una quieta grandezza, sia
nella posizione che nellespressione. Come la profondit del mare che resta sempre immobile per quanto
agitata ne sia la superficie, lespressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre
unanima grande e posata302.
299
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 523.
300
C. PAVESE, Il Mestiere di vivere, cit., p. 224.
301
R. GIGLIUCCI, Cesare Pavese, Milano, Mondadori, 2001.
302
J. J. WINCKELMANN, Pensieri sullimitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura in Il bello dellarte,
Torino, Einaudi, 1948.
La splendida immagine della quieta grandezza professata dai volti efebici delle figure greche risulta
particolarmente funzionale a riprodurre lidea pavesiana di classicit intesa come imperturbabile
controllo degli impulsi, come titanica resistenza alla turba delle passioni e agli accidenti della
quotidianit, lungi dai deformi tratti dellinvidiosa di Gericault. Luomo classico ha conseguito la
capacit di gestire al meglio il sistema di relazione con laltro, rendendosi compartecipe di uno
scambio dialettico in cui ha imparato a concedersi con parsimonia, a vivere cio orizzontalmente, in
comunione pacifica con le proprie passioni e con gli stimoli esterni, dai quali felicemente attinge e
si lascia sbalordire. Vale la pena porre lattenzione a un ulteriore aspetto, che potrebbe rivelarsi utile
al tentativo di cogliere appieno tutte le sfaccettature di una metamorfosi semantica tanto complessa:
come intendere il concetto pavesiano di entusiasmo come corollario delle classicit? In merito alla
presa di posizione di Pavese in relazione a tale concetto, passando in rassegna la sua biblioteca,
lestrema variet delle letture, la cerchia degli autori per lui imprescindibili, potremmo arrischiarci a
rintracciare una velata influenza leopardiana, riferendoci precisamente al Discorso di un italiano
intorno alla poesia romantica, scritto redatto nel 1818 da un giovanissimo Leopardi in polemica
con le Osservazioni sul Giaurro di Byron del Cavaliere Ludovico di Breme. Leggiamo:
Dice il Cavaliere303 [Ludovico di Breme] che la smania poetica degli antichi veniva soprattutto
dallignoranza, per la quale maravigliandosi balordamente dogni cosa, e credendo di vedere a ogni tratto
qualche miracolo, pigliarono argomento di poesia da qualunque accidente, e immaginarono uninfinit di
forze soprannaturali e di sogni e di larve: e soggiunge che presentemente, avendo gli uomini considerate e
imparate, e intendendo e conoscendo e distinguendo tante cose, ed essendo persuasi e certi di tante
verit, nelle facolt loro non sono, dicegli co suoi termini darte, compatibili insieme e contemporanei
questi due effetti, lintuizione logica e il prestigio favoloso; smagata dunque di questa immaginazione la
mente delluomo.304
La capacit degli antichi di entusiasmarsi senza sforzo, di approcciarsi ad ogni accidente come a un
fatto miracoloso e di tradurne lessenza in pratica poetica, letta da Ludovico Di Breme come un
sintomo di arretratezza, dinesperienza, dingenuit, giungendo a formulare una tesi che Leopardi
prontamente rigetter, in linea con la difesa della maniera di poetare degli antichi in opposizione
alla nuova prassi romantica. Lasciarsi meravigliare dalla realt rispondendo razionalmente agli
stimoli che da essa provengono educa alla calma, o meglio, alla maturazione di un modo classico
di guardare il mondo.
Inequivocabilmente conforme alla concezione leopardiana, Pavese condanna gli effetti sullanimo
di quelleterna adolescenza che relega luomo a un lacerante approccio romantico alla vita, segnato
dallincapacit di stupirsi e gioire senza sforzo, costituito da continue tensioni verticali alla ricerca
della novit e del picco, da passioni vissute in maniera totalizzante, e nel contempo con fare
smanioso e insoddisfacente, connotato appunto da unimpassibile immaturit. Egli tuttavia era ben
consapevole di ingrossare le fila dei romantici, di essere sprovvisto di quella chiave di lettura
303
Il furor poetico fu gi in massima parte un legittimo e semplicissimo effetto dellavita stupidit umana.
Ignorantissimi su di ogni cagione, sui principi e sui fenomeni; vittime, non conduttori delle cose, gli uomini, dogni
accidente fecero poesia. Quel mondo antico, che noi veneriamo a traverso il prisma dei secoli, e che le cortine e
loscurit delle tradizioni ci hanno fatto passare cos reverendo; quel mondo canuto agli occhi della immaginazione, ma
bambino a quelli della ragione, vedeva dappertutto portenti e macchine soprannaturali; [] colpito da una cos balorda
ammirazione, egli si veniva ideando una infinita gerarchia di miracolose potest. [] L. DI BREME, Polemiche
intorno all'ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani; Il Giaurro di lord Byron; Postille al Londonio, Torino, Utet,
1928, pag. 91.
304
G. LEOPARDI, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, (a cura di) R. COPIOLI, Milano, Rizzoli, 1998,
pag. 75.
dellesistenza il cui raggiungimento incarner lobiettivo principe, mai realmente raggiunto, del suo
processo di conoscenza e di maturazione. Ripeness is all: la maturit tutto sentenziava Edgar nel
King Lear, cos sentenzia Pavese a conclusione del saggio sul critico americano Francis Otto
Matthiessen dal titolo Maturit americana, pubblicato su La rassegna dItalia nel 1946, e cos
ribadisce nellesergo del suo capolavoro, La luna e i fal.
Cosa potrebbe significare per Pavese limperativo a maturare se non la necessit impellente di
ricercare e definire in maniera selettiva e razionale la propria personale classicit? La maturit
artistica e spirituale, la classicit tanto agognata e tanto necessaria, si configura per Pavese come il
mezzo e il fine della sua aspirazione artistica, ovvero superare i limiti del classicismo imperante
(pratica che definir in maniera tuttaltro che positiva neo-classicismo305) e ricreare una
convergenza tra le moderne pratiche del realismo e il perenne richiamo del mondo degli antichi,
nutrirsi dei classici e divenire egli stesso un classico. Nei due anni precedenti linizio della stesura
dei Dialoghi con Leuc, egli torna pi volte a ragionare sulle radici componenti della sua crescente
classicit, con la volont di tirare le fila del susseguirsi delle sue acquisizioni culturali e di fare il
punto sulla sua attuale condizione. Nel giugno del 1943, Pavese dedica ben due note306 del suo
diario a tale ragionamento:
La tua classicit: le Georgiche, DAnnunzio, la collina di Pino. Qui si innestata lAmerica come linguaggio
rustico-universale (Anderson, An Ohio Pagan), e la barriera (il Campo di grano) che riscontro di citt e
campagna. Il tuo sogno alla stazione di Alba (i giovani albesi che creano le forme moderne) la fusione del
classicismo con la citt-in-campagna. Recentemente hai aggiunto la scoperta dellinfanzia (campagna=forma
mentale), valorizzando gli studi di etnografia (il Dio caprone, la teoria dellimmagine racconto);
Alle radici componenti della tua classicit aggiungi la mania astronomica delle stelle, chera mania dei bei
nomi. Essa si leg subito meravigliosamente alle prime letture classiche (Georgiche) Ante tibi eoae
Atlantides abscondatur e anche a DAnnunzio (Maja).
Nella prima quanto nella seconda accezione, il suo classicismo si configura come un progressivo
accrescimento delle sue letture giovanili e il conseguente arricchimento del suo bagaglio culturale,
in cui sono felicemente confluiti, tra gli altri, gli scrittori classici latini e greci, primo tra tutti
Virgilio, i classici americani e lesempio di DAnnunzio, letture a cui Pavese affianca interessi sul
mito di natura etno-antropologica, tesi a formare un fertile repertorio di spunti e dimmagini che
far da solida fondamenta alla controversa impresa dei Dialoghi. I Dialoghi con Leuc non si
spiegano se si prescinde dai due fondamentali precedenti novecenteschi costituiti dai Poemi
conviviali di Giovanni Pascoli e dalla Laus vitae di DAnnunzio307 afferma la voce autorevole di G.
305
La valenza del suffisso neo nei composti neoclassicismo / neoclassico ha in Pavese unaccezione sempre negativa,
come emerge dagli esempi riportati di seguito, precisamente:
- lettera a Mario Untersteiner del 7 maggio 1948, Caro professore, mi pare che il saggio della Calzecchi sia notevole.
La retorica neo-classica delle passate versioni omeriche passabilmente sfrondata;
- lettera a Rosa Calzecchi Onesti del 3 giugno 1948, Gentile signorina, abbiamo ricevuto e letto il nuovo saggio, e io
personalmente ne sono incantato. Stavolta scomparso quel tanto di politezza ed enfasi neo-classica che ancora restava
nel saggio dellOdissea: senza dubbio, ci dovuto al risoluto ripudio di ogni cantabilit [] Evitando lesametro
pascolo-romagnoliano si evita pure la cadenza oratoria e fiorita di questo schema ritmico ed in definitiva la sintassi ed
addirittura il lessico che tante versioni neoclassiche hanno ormai reso odioso;
- lettera a Emilio Cecchi del 29 novembre 1949, [] Lei vedr dal tono qual stato il criterio che ha guidato
limpresa, evitare il neo-classico, montiano o pascoliano che fosse, ed evitare la vile prosa. Abbiamo insomma applicato
allIliade il criterio che gi fece buona prova si parva per il nostro Spoon River.
306
C. PAVESE, Il Mestiere di vivere, cit., pp. 254-255.
307
G. B. SQUAROTTI, Pavese e le fonti antiche: una ricognizione sui postillati, in E. CAVALLINI, La Musa nascosta:
mito e letteratura greca nell'opera di Cesare Pavese, Bologna, Dupress, 2014, p. 67.
Barberi Squarotti, sottolineando come DAnnunzio rappresenti per Pavese un modello di
classicismo nuovo e le cui opere tuttavia rientrino in quelle letture classiche tra cui figurano
anche Omero e Virgilio. Al di l delle evidenti riprese stilistico-lessicali mutuate da Pavese nella
prosa quanto nella poesia, il Vate incarna quel gusto per la sensualit, per la violenza e per
lirrazionale, influenzato chiaramente dal pensiero di Nietzsche, che tanto affascinava il Pavese pi
crudo di Paesi tuoi.
Prima di addentrarci nellirta selva dei Dialoghi, bene richiamare brevemente quanto emerso
sinora attraverso la penna di un critico, un collega, un estimatore e un amico di Pavese, ovvero Italo
Calvino, il quale allinizio della sua recensione ai Dialoghi con Leuc, scriver:
Questo nuovo libro pu servire a scoprire quanta fatica, quanta ricerca anche erudita costi la sua tecnica
creativa: scopre cio il Pavese umanista; perch l dove qualcuno crederebbe di trovare uno scrittore il pi
spregiudicatamente moderno, i cui interessi si fermano ai Vittoriani e a Melville, c invece un filologo che si
traduce e annota il suo pezzo dOmero ogni giorno, e uno scienziato che ha sviscerato tutta la sua pi
avanzata cultura mondiale in fatto dinterpretazione delle religioni primitive. 308
evidente come la penna sagace di Calvino riuscita brillantemente a condensare i tratti salienti di
ci che Pavese concepiva come classicit, cogliendone i nodi fondamentali, delineando il profilo
spirituale e culturale di un intellettuale pronto al confronto diretto con la le nuove scoperte della
letteratura doltreoceano e con la nostra ormai consolidata tradizione, e che in essa tenta dinnestare
il suo linguaggio e il suo classicismo, ambendo a trasformare il suo personale repertorio mitico in
moderne rappresentazioni delle sempiterne passioni delluomo universale. Pavese aveva riscoperto
e fondato un personale canone di autori classici da cui poter attingere, estremamente vario e
polimorfo, tale da offrirgli tutti gli strumenti che gli permettessero un approccio pi sicuro e
consapevole alla realt a lui contemporanea. Disquisendo in merito a quegli autori statunitensi
ormai stelle fisse nel cielo dei classici, nellarticolo intitolato Ritorno alluomo, pubblicato su
lUnit il 20 maggio 1945, scriver:
Laggi noi cercammo e trovammo noi stessi. Dalle pagine dure e bizzarre di quei romanzi [] venne a noi
la prima certezza che il disordine, lo stato violento, linquietudine della nostra adolescenza e di tutta la
societ che ci avvolgeva, potevano risolversi e placarsi in uno stile, in un ordine nuovo, potevano e
dovevano trasfigurarsi in una nuova leggenda delluomo. Questa leggenda, questa classicit, la
presentimmo sotto la scorza dura di un costume e di un linguaggio non facili. [] A poco a poco
imparammo a cercarla, a supporla, a indovinarla in ogni nostro incontro umano. 309
Instancabile cronista e narratore di s stesso, Pavese enumera gli elementi costitutivi della sua
classicit: uno stile, un ordine nuovo che mirano alla creazione di una nuova leggenda delluomo.
Classicit intesa come leggenda dellumanit: la profondit semantica del termine continua ad
ispessirsi e non accenna a smettere.
Le ultime occorrenze del termine risalgono al 1950, quando Pavese viene pi volte chiamato a
raccontare laudace impresa dei Dialoghi con Leuc, pubblicati nel 1947 e a offrirne, insieme a
possibili chiavi interpretative, chiarimenti sulle scelte formali e sulle ragioni che hanno determinato
la scelta di un genere antitetico rispetto alle istanze culturali del tempo. Lopera si costituisce di
ventisei brevi dialoghi che vedono come protagonisti personaggi della mitologia greca, partecipi al
308
Italo Calvino diffuse il suo commento tramite il Bollettino di Informazioni Culturali di Einaudi n. 10, 10 novembre
1947, pp. 2-3.
309
C. PAVESE, Saggi letterari, cit., p. 196.
tentativo di riscrittura del mito in chiave intimamente moderna, essi si fanno cio sublimi emblemi
delle passioni delluomo di ogni tempo, interpreti lirici e perpetuanti di motivi e questioni sempre
contemporanei. Una sfida di non poco conto, se letta alla luce delle esigenze e delle pratiche
letterarie ufficiali negli anni in cui i dialoghetti inizieranno a prendere forma.
In questa ultima tormentata fase della parabola artistica pavesiana, quella che va dal 1947
allinfausto 1950, egli sembra formulare un giudizio critico sul modus operandi fino a questo
momento adoperato, sottoponendolo a un totale rovesciamento di segno310, come se il suo
percorso dallantico al contemporaneo fosse maturato insieme al Cesare uomo e intellettuale, figlio
disconosciuto di una societ dintellettuali che reclamava a gran voce un posto nella tradizione
letteraria italiana.
La cultura deve cominciare dal contemporaneo e documentario, dal reale, per salire se il caso ai
classici. Errore umanistico: cominciare dai classici. Ci abitua allirreale, alla retorica, e in definitiva al
disprezzo cinico della cult. classica tanto non ci costata niente e non ne abbiamo visto il valore ( la
contemporaneit al loro tempo).311
In polemica con la sterilit delle pratiche accademiche che causano lirrigidimento dei grandi
modelli dellantichit in stereotipi desueti e apparentemente anacronistici, Pavese suggerisce una
nuova modalit di impiego di un metodo certamente non nuovo nella sua pratica letteraria, ovvero
partire dalle contraddizioni e dalle aporie del contemporaneo per frugare nellessenza etico-
antropologica del bagaglio mitico. Cominciare dai classici, ovvero approcciarsi agli scritti e agli
exempla antiquorum prima di aver fatto esperienza delle sciagure e degli uomini312, risulterebbe
un vano esercizio di stile, una vana e ridondante maniera neo-classica di fruizione del patrimonio
letterario. I classici, se interrogati, rispondono solo a quesiti mirati e ben definiti, poich il loro
compito non affatto quello di formare luomo, ma di correggerlo.
Il 12 giugno 1950 Pavese, di l a pochi giorni vincitore del Premio Strega per La bella estate,
rilascia una delle sue pi note e intense interviste nella rubrica Scrittori al microfono della
trasmissione radiofonica Approdo letterario, curata per la RAI dal critico Leone Piccioni. Tra i
quesiti avanzati da questultimo, spicca la spinosa questione relativa alle ambizioni del Pavese dei
Dialoghi e il desiderio di comprendere di cosa si componesse quellhumus culturale che ha favorito
il germogliare di un seme cos raro in una temperie storica e culturale tanto impervia. Lospite,
discutendo di s in terza persona come un critico che non ha nulla da perdere, dir:
Prima che italiane le sue letture sono classiche e poi sovente straniere. Pavese ritiene massimi narratori greci
Erodoto e Platone (a proposito, egli non fa differenza tra teatro e narrativa) [] Gli piace molto Shakespeare
[] Gli piace, come narratore, Giovanni Battista Vico narratore di unavventura intellettuale [] Infine
gli piace assai Herman Melville. [] Questa lista di letture , sintende, solamente indicativa. Ma a che
scopo fare un facile sfoggio di nomi?
[] Per Pavese il maggior narratore contemporaneo Thomas Mann e, tra gli italiani, Vittorio De Sica 313.
Un facile sfoggio di nomi, una cerchia policroma di autori classici di riferimento nella quale
Pavese mostra di sapersi muovere con disinvoltura, e che in ogni nuovo tentativo di censimento
sembra popolarsi di nomi e di letture nuove, ridefinendo e affinando continuamente le coordinate
310
A. NOZZOLI, Che cos un classico?, in Sincronie n. 9, 2001, pp. 83-88.
311
C. PAVESE, Il Mestiere di vivere, cit., p. 390.
312
G. LEOPARDI, Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare in Operette morali, Milano, Rizzoli, 2008, p.
256.
313
C. PAVESE, Saggi letterari, cit., p. 265.
della sua personale concezione di classico, la quale risulter mai univoca e scontata, mai uguale alle
precedenti affabulazioni, ma estremamente mobile e aperta a comprendere linguaggi e repertori
sempre rinnovati.
I Dialoghi con Leuc prendono naturalmente figura e significato di documento e di chiarimento
dellarte di Pavese e delle tendenze del nostro tempo314 sentenzia Claudio Varese in merito a questo
singolare biglietto da visita per i posteri, redatto da Pavese nel pieno della sua riflessione etno-
antropologica sul mito classico e sulle potenzialit della sua valenza etica. Di quante e quali fasi si
compone liter creativo dei Dialoghi e perch esso risulta cos importante nellambito della
classicit pavesiana e, alzando lo sguardo, del recupero dellantico nellottica letteraria
novecentesca? Non sar superfluo riportare integralmente la dichiarazione di poetica di Pavese, le
cui parole, a poche settimane dalla morte, risuonano come scandite dallineluttabilit di un
testamento spirituale:
Dir dunque che questopera, cominciata scontrosamente in pieno periodo ermetico e di prosa darte []
non ha sinora rinunciato alla sua ambigua natura, allambizione cio di fondere in unit le due ispirazioni che
vi sono combattute sin dallinizio: sguardo aperto sulla realt immediata, quotidiana, rugosa, e riserbo
professionale, artigiano, umanistico consuetudine coi classici come fossero contemporanei e coi
contemporanei come fossero classici, la cultura intesa come mestiere. Della civilt umanistica questopera
vuole (sia detto con tutta umilt) conservare il distacco contemplativo e formale; [] della realt
contemporanea rendere il ritmo, la passione, il sapore, con la stessa immediatezza di un Cellini, di un Defoe,
di un chiacchierone incontrato al caff.315
Approcciarsi ai classici come fossero contemporanei, ricercare in essi le radici comuni delle nostre
passioni e i moniti esistenziali validi per luomo di ogni tempo, rivalutare e rilanciare la loro
attualit agli occhi dei lettori di oggi mirando al superamento dei limiti imposti dai confini della
tradizionale geografia culturale: potremmo cos definire alcuni degli obiettivi insiti nel progetto
della collana dei Millenni per Einaudi, ideato nel 1945 e fortemente sostenuto da Pavese nelle
varie fasi della sua realizzazione. I Millenni furono concepiti come un tentativo ragionato di
raccogliere in ununica collana i classici di tutti i tempi e propri di tutte le tradizioni, dalle novelle
di Le mille e una notte, tradotte per la prima volta dallarabo, agli amati Lee Masters ed
Hemingway, dai grandi autori della letteratura latina e greca ai Fratelli Karamazov, da Dante e
Boccaccio a Marc Twain, un folto numero di interpreti della storia delluomo per la prima volta
proposti insieme come manifestazioni diverse di un unico grande fenomeno: lesplorazione della
natura umana e il tentativo di imparare a governarla. Svecchiati dalla patina accademica che li
vedeva meri strumenti dindottrinamento scolastico, i classici tornano a rivivere in una veste
completamente nuova, i Millenni danno al lettore la sensazione di leggere un classico con piacere
vero commenta Giulio Einaudi, sottolineando la portata innovativa di tale titanico progetto.
Accennare brevemente in chiusura a tale iniziativa editoriale si rivelato utile al fine di toccare con
mano come il modus operandi di Pavese, la sua profonda consuetudine con i classici della
tradizione letteraria, nonch la sua personalissima concezione di classicit, non si configurino come
uno sterile e personale sfoggio di erudizione, ma riescano bens a dettare le linee guida delle scelte
editoriali di una delle case editrici pi influenti di quegli anni. Ai contemporanei offerta non solo
la possibilit di riscoprire quella classicit adombrata da secoli di pratiche sterili, ma anche di
accompagnare tale riscoperta con la costituzione di una classicit propria, personale e leggendaria,
314
C. VARESE, Cultura letteraria contemporanea, Pisa, Nistri-Lischi, 1951, p. 197.
315
C. PAVESE, Saggi letterari, cit., p. 265.
cos come Pavese ha voluto insegnarci, cos come egli ha disperatamente cercato di fare nel
tentativo di sfatare lineluttabilit del gorgo.
BIBLIOGRAFIA PRIMARIA
G. LEOPARDI, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, (a cura di) R. COPIOLI,
BIBLIOGRAFIA SECONDARIA
A. BRUNI, Pavese controcorrente: i Dialoghi con Leuc, Cuadernos de Filologa Italiana, 2001.
E. CAVALLINI, Pavese tra gli di: Calvino primo commentatore dei Dialoghi con Leuc, in
Eidolon. Studi sulla tradizione classica, a cura di S. FORNARO e D. SUMMA, Bari, Edizioni di
Pagina, 2013, pp. 125-143.
ID, Cesare Pavese e la ricerca di Omero perduto (dai Dialoghi con Leuc alla traduzione
dellIliade), in Omero mediatico: aspetti della ricezione omerica nella civilt contemporanea: atti
delle giornate di studio, Ravenna, 18-19 gennaio 2006, Bologna, Dupress, 2007, pp. 97-132.
U. MARIANI, Cesare Pavese e la maturit artistica; Le fonti dei Dialoghi con Leuc e la solitudine
della vocazione poetica, in Uomo tra gli uomini. Saggi pavesiani, Firenze, Cesati, 2005.
F. MUZZIOLI, La dialettica del mito. Leuc, ovvero le Operette morali di Cesare Pavese,
Cuadernos de Filologa Italiana, 2012.
J. J. WINCKELMANN, Pensieri sullimitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura in Il
bello dellarte, Torino, Einaudi, 1948.
UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA
LA SAPIENZA
a.a. 2015-2016
Francesca Placidi
francesca-placidi@hotmail.it
Ludovica Saverna
ludovicasaverna@hotmail.it
INDICE
La critica fortiniana 3
BIBLIOGRAFIA 22
La critica fortiniana
316
Giovanni Raboni, Franco Fortini, in Novecento. Gli scrittori e la cultura letteraria nella societ italiana, a cura di
G. Grana, Milano, Marzorati, 1982, p. 8685.
317
Franco Fortini, Come leggere i classici, in Politecnico, nn. 31-32, luglio-agosto 1946.
una riconversione del dato stilistico in fattore di significato storico, sociale ed esistenziale.
Il suo metodo di lettura doppio, ovvero da una parte storicizzare il testo in un passato
puntuale, dallaltra attualizzarlo per proiettare il suo valore nel futuro. Questo metodo di
lettura dei classici esemplificato nel secondo intervento sul Politecnico dove Fortini
riflette sulla necessit di sottrarre un classico per eccellenza come Leopardi alla critica che
lo ha reso un ideale quasi religioso nella nostra letteratura e di ripetere e ricreare la sua
arcana felicit nel reale, vedere se mai la sua lirica resista, se la sua melodia possa
ancora essere nostra, se i suoi versi ci servano, se si aprano sul futuro 318. Con questa
metafora musicale Fortini vuole scuotere i lettori di oggi e invitarli ad accordare la propria
interiorit e sensibilit con quella di un grande autore classico che, se depurato dalle
troppe letture critiche che lo hanno soltanto insterilito, in grado ancora oggi di
emozionare, come una musica che a ogni ascolto, suscita ogni volta forti emozioni.
Nella sua contemporaneit Fortini sente un vuoto della letteratura ed proprio a partire
dalla constatazione della futilit del presente che egli propone il colloquio con i classici e
lesercizio della passione filologica secondo un atteggiamento orientato a una critica
militante e di impegno sociale. Tale attivit di critica subisce per una forte crisi nel periodo
degli anni di piombo quando Fortini si isola in unattivit accademica; il suo impegno critico
si concretizza allora con I poeti del Novecento e con le sintesi teoriche delle voci di
Classico e Letteratura nellEnciclopedia Einaudi che, sebbene dispongano di una dose di
astrattezza teorica, nello stesso tempo ricercano anche il confronto con la situazione
presente.
Nel giugno 1991, a ventanni di distanza dalla voce Classico, Fortini lavora alla
realizzazione per Radio Tre di quaranta puntate dedicate esclusivamente ai classici
italiani. Si trattato di due cicli distinti di trasmissioni radiofoniche Il primo, intitolato Le
rose dellabisso (il cui titolo riprende un verso di Saba della terzina Secondo congedo)
intende alludere allambigua funzione della poesia, consolatrice e demistificatoria insieme;
questo primo ciclo articolato in dieci dialoghi a met tra il commento critico e la
letteratura autobiografica su autori classici della letteratura italiana che Fortini prediligeva:
Dante, Tasso, Leopardi, Manzoni e Pascoli. Lo sguardo del critico mette in luce la storicit
dei diversi modi di accostarsi alla poesia e tende a far stridere continuamente passato e
presente, al fine di recuperare pezzi della tradizione letteraria italiana, utili per leggere il
presente e per prefigurare il futuro. I classici letti e analizzati da Fortini non giacciono in
teche rassicuranti ma toccano temi spesso inusitati ed egli ne coglie fratture e linee di
318
Id., Come leggere i classici. La leggenda di Recanati, in Politecnico, n. 33-34, settembre-dicembre,1946.
fuga, contaminazioni e risonanze.
Il secondo ciclo si intitola La Gerusalemme Liberata ed un appassionato omaggio a uno
degli autori da lui pi amati, cio Torquato Tasso: consiste in trenta puntate con altrettante
introduzioni critiche che precedono la lettura quasi integrale del poema.
In tutte queste esperienze critiche egli fa emergere lidea altissima dellattivit di critico
come attivit etico-politica, tesa a mediare tra il senso dellopera e quello del mondo che la
circonda.
A titolo di esempio interessante leggere il contenuto di una di queste trasmissioni, ovvero
quella attinente alla lettura di Leopardi, a cui il critico pi volte si interessato a partire dai
suoi saggi sul Politecnico per comprendere come lesperienza radiofonica si pone come
punto di raccordo, summa dei saggi precedenti; in essa Fortini, ricorrendo alla lettura
dellInfinito e de Il sabato del villaggio, allanalisi delle Sepolcrali, cerca di chiarire tutte le
sue posizioni critiche nei confronti di questo autore. Ne emerge un gesto polemico che
consiste nel rifiuto della riduzione del poeta recanatese a una poetica della purezza.
Fortini si rifiuta di credere che la poesia di Leopardi possa essere ineffabile e intraducibile,
pura e, dunque, separata dal pensiero. Fortini ritiene che la poesia non coincida con un
dato contenuto di pensiero e nemmeno la forma pu essere messa da parte, dunque in
definitiva egli considera lattivit poetica non separabile dalla sua forma n riducibile a
determinati contenuti filosofici o morali. E nega anche lobsoleta interpretazione di un
Leopardi pessimista, intendendo anzi rivendicare la gioia della poesia leopardiana proprio
perch lespressione della gioia necessita un approfondimento del suo contrario.
Il superamento di queste categorie che ingabbiavano il classico in una lettura poco
stimolante per loggi rivela la pratica delle posizioni teoriche del Fortini attualizzatore dei
classici con unarditezza che rompe con la monotona e conformistica citazione repertoriale
delle opere del passato. Si pu notare come spesso la sua lettura dei classici spesso
privilegi la contraddizione allarmonia, limplicito allesplicito; i suoi interventi sono come
ingrandimenti al microscopio, anche dei testi meno consacrati. Egli nutre per i classici
lidea di assoluto sostenendo che essi vadano considerati per le grandi valenze
dellimmaginario che essi portano con s, le quali consentono di farne simboli o allegorie
di condizioni attuali.
Un aspetto del Fortini critico che emerge anche in questi dialoghi radiofonici il ricorso a
metafore pittoriche e musicali per meglio definire un verso, un episodio, un personaggio e,
insieme, il ricorso a pittori e musicisti che possano servire da equivalenti di forme letterarie
che egli di volta in volta prende in esame.
La voce Classico nellEnciclopedia Einaudi
Nel terzo volume dellEnciclopedia Einaudi dellanno 1978 e presente lesauriente voce di
Classico scritta da Franco Fortini, il quale ricostruisce la storia delle varie accezioni del
termine. Nel breve cappello introduttivo lo studioso, attraversando velocemente le varie
epoche, espone la tesi che sosterra con forza di esempi e argomentazioni nel corso del saggio,
riguardo la relativita e lindeterminatezza del termine classico a seconda dellepoca storica in
cui esso viene utilizzato. Infatti, mentre nelleta moderna classico possiede due accezioni
entrambe operanti, una in riferimento alle opere e ai tempi dellantichita greco-romana e
laltra nel senso di eccellenza nelle lettere e nelle arti, a partire dalla seconda meta del XIX
secolo il termine passa a indicare una tematica e un preciso corpo di procedure stilistiche e
retoriche; nel periodo fra le due guerre mondiali, si connotera come una metafora di scelte
etiche e politiche. Dopo questo veloce excursus cronologico, Fortini rivolge uno sguardo
sconsolato alla situazione odierna in cui il termine e stato involgarito a un fantasma o un
fossile a causa di un uso improprio e approssimativo che non tiene conto del suo grandissimo
valore storico. Tuttavia, nelle degradate accezioni moderne si mantiene lidea della medieta
secondo la quale classico detiene un prestigio durevole e un criterio di misura grazie al
lascito della cultura umanistica.
Fortini avvia poi la ricostruzione storica delluso del termine partendo dalla prima
attestazione datata al II secolo d.C. e contenuta nelle Noctes Atticae di Aulo Gellio, il quale
attribuisce a Cornelio Frontone, un erudito suo contemporaneo, una citazione che mette in
contrapposizione lo scrittore classico e ricco, ovvero un oratore o un poeta della corte antica,
allo scrittore proletario; in base a questa attestazione il concetto viene usato nel senso di
autorevole e, inoltre, si fa riferimento allidea di classico in relazione allantichita .
Nel percorso tracciato da Fortini e presente un consistente salto cronologico che riguarda il
periodo del Medioevo in cui non sono state conservate attestazioni scritte del termine
classico; ma questo non vuol dire che esso sia scomparso dalluso, quanto piuttosto che la
cultura medievale non possedeva il criterio di selezione qualitativa e, dunque, venivano
studiati tutti gli autori antichi come fonti garantite per linsegnamento della grammatica e
della retorica. Lunico scopo ricercato nella letteratura era il valore pedagogico e
linsegnamento morale.
Il collegamento con il tempo passato, con il mondo degli antichi, quali erano chiamati gli
scrittori greci e latini, si modifica nel corso dei secoli e solo dalla tarda eta umanistica si
affianca allaccezione di eccellente e riconosciuto. Col ventennio 1560-80 si apre un divario tra
chi, come Robortello, Castelvetro, Piccolomini, Scaligero, propongono la rigorosa imitazione
formale dei modelli greco-romani e chi comincia a contrapporre i moderni al canone degli
autori antichi.
Durante il periodo del Romanticismo, quando imperversa la querelle europea tra classici e
romantici, il concetto di classico viene integrato con quello di diritto di collocazione in un
canone. Fortini osserva che in Germania dalla seconda meta del Settecento alla restaurazione
e avvenuto il passaggio dalla nozione ristretta a quella allargata di classico, che diviene
equivalente a valore assoluto, estetico-etico. Questo concetto di classico come atteggiamento
etico ed estetico venne espresso soprattutto da Friedrich von Schlegel e da Friedrich Schiller
per i quali classico e privo di riferimenti precisi e vincolanti a epoche storiche e, dunque, puo
essere riferito sia allantichita che alla modernita perche possiede una qualita intrinseca, non
normativa e astratta, da misurare sul presente. Hegel nella sua Estetica definisce questa
qualita intrinseca di classico nella sua forma artistica come una pace nella sua realta , una
felicita , una soddisfazione e grandezza in se , uneterna serenita e beatitudine. Per Hegel,
infatti, lopera classica e lopera darte perfetta il cui valore puo rivelarsi soltanto con il tempo.
Il discorso fortiniano sul concetto di classico muove proprio da questa nozione hegeliana
perche , come vedremo nelle conclusioni, egli intende proprio ribadire la vitalita dei classici nel
tempo e la loro continua capacita di riattivazione e riattualizzazione.
In seguito alla rivoluzione industriale il valore di classico subisce una rapida alterazione e
muove verso unidea di armonia, compostezza, equilibrio, rifiuto delleccesso, ricerca del
limite, della misura, dellorganicita dellopera e della sua unita ; da tutto cio derivano alcuni
principi stilistici in ossequio alle norme della tradizione. Fortini nota che latteggiamento
classico puo implicare sia adesione allimmediatezza dellesperienza, quindi spontaneita e
soggettivita , sia attitudine allastrazione matematica e geometrica, che significa artificio e cio
che Adorno chiama reificazione.
Alla vigilia della prima guerra mondiale la nozione di classico viene arricchita del tema del
dionisiaco che Nietzsche aveva opposto al momento apollineo. Fortini fa riferimento a
filosofi di questo periodo, come Weber o Wittgenstein, per i quali classico si configura come
rifiuto delle illusioni del progresso e del democratismo secondo uninterpretazione che si
ricollega alla polemica anti-democratica allora in atto.
In Italia, durante il periodo fascista, il termine classico ebbe un significato morale e politico
tanto per Gobetti quanto per gli uomini della Ronda, o per Ungaretti.
Nellopera critica di Eliot classicit equivale a maturit, qualit indefinibile di una societ, di
una cultura, di un linguaggio, di un autore. Secondo Eliot nellet letteraria classica si ha
un equilibrio cosciente tra tradizione e loriginalit della tradizione vivente. Anche Proust
difender questo uso del termine classico come valore, ma il problema : questo valore
viene riconosciuto solo col tempo? Come avviene che opere di carattere, tendenza e
contenuto cos diverso fra loro pervengano a ordinarsi tutte in una stessa classe di
eccellenza? Si a questo proposito cercato di evidenziare le costanti formali di quelle
opere classiche, tentando di fornire una griglia di decifrazione e classificazione per
sancirne, o meno, il loro ingresso nell Olimpo del classicismo. Ma, a prescindere dai
criteri formali e stilistici, opportuno considerare il fatto che il loro valore influenzato
anche dal contesto sociale e storico e il mutare di questultimo implica una loro distanza.
C un grado di erosione che il trascorrere del tempo dona a unopera del passato, ma
questo non solo un dato negativo per lopera in questione: con il tempo diminuiscono gli
antagonismi interni, scrive Fortini, aumenta il grado di omogeneit dellinsieme ed
possibile cos iscrivere in una stessa categoria opere tra loro molto diverse. Comincia cos
limitazione di unopera, la sua traduzione, il suo consumo e la sua inclusione nei
programmi scolastici.
Il classico si rif sempre a delle norme di riferimento, la pagina dello scrittore classico non
mai bianca, ma egli scrive solo variazioni di temi e regole gi accettati. Un testo cio,
come disse Benjamin, deve predisporre la propria traducibilit e condizione di
sopravvivenza. La vitalit di un classico allora consister nella riattivazione o richiamo di
alcune sue singole parti o dellopera tutta intera attraverso la coincidenza dei metodi
interpretativi di tale opera e le domande di quella specifica categoria di destinatari cui si
rivolge. Una cultura ricerca nel passato conferme o negazioni dei propri valori e se uno
scrittore ha usato determinate norme ed riuscito a incarnare le condizioni di
sopravvivenza che una cultura ora richiede di far sue, allora si avr lincontro tra le due
epoche tramite quella data opera, che verr riconosciuta e insignita del valore di
classico. I classici di ogni cultura, precisa Fortini, ribadendo un concetto gi espresso nei
suoi interventi critici sul Politecnico, sono vivi per solo nella misura in cui prima sono
stati morti, ossia abbandonati da quelle forme di energia antagonistica che avevano
incarnato per le precedenti generazioni. Nuovi lettori pongono nuove domande, che si
aprono la via attraverso la morte delle precedenti interpretazioni. I classici hanno con il
presente un rapporto perturbante, di familiarit e di estraneit insieme, ed questa
tensione che li rende morti e, quindi, paradossalmente vivi.
E data una possibilit di lettura plurima grazie alleffetto di attenuazione dei rapporti
originari fra il testo e il contesto culturale e sociale. Tale effetto introduce fusione e armonia
tra il testo e il presente in cui viene letto. Une esempio riportato da Fortini il Dialogo
sopra i massimi sistemi di Galilei; ormai inesistente, o quasi, linteresse scientifico per
questo testo, ma enorme quello per la scrittura galileiana. Ma, in definitiva, conclude
Fortini, tutti i requisiti che definiscono la qualit delle opere secondo i canoni classicisti
sono parametri morali, riferibili cio a qualit del carattere o del comportamento: nobilt,
serenit, compostezza, riserbo. Fortini parla di buona educazione del classicismo, argine
alle tendenze disgregatrici. I classici rappresenterebbero allora un ethos signorile in
grado di interpretare alcune delle fondamentali virt classiche; insomma unaffermazione
di norma, che a livello morale quella che diciamo la virt dellesempio.
Allinterno di una cultura cosmopolita, perennemente in movimento, si rifiuta leco di
quanto era tradizionalmente connesso con laggettivo classico e luomo con i suoi valori
costituivi entrato in una profonda crisi di identit.
Dunque classico per Fortini sinonimo di eccellente, perfetto, costante, sempre valido e
certo, ci che corredato da prestigio durevole e che pu fungere da criterio di
misura319. Egli ne esalta la capacit di trasmissione di valori etici e di rispetto delle regole.
Il trascorrere del tempo e i mutamenti del contesto socio-storico, pur erodendo buona
parte della funzione pratica e referenziale di unopera, inducono le opere diversissime a
ordinarsi in una classe di straordinaria eccellenza e rivelare caratteri comuni tra di loro.
Ci che in definitiva preme maggiormente allautore in questo saggio di mostrare la
vitalit dei classici, la quale nasce dallunione tra lobbedienza ai precetti formali e il
primato dei contenuti; tale vitalit si fonda sul grado di attitudine di una data cultura a
cercare nella memoria del passato conferme o negazioni dei propri valori.
319
Id., Classico, in Enciclopedia Einaudi, Torino, 1978, p. 192.
Il concetto di classico nel 900: il problema del canone
Se guardiamo alletimologia, il termine greco indica una pianta a canna usata come
strumento di misurazione. Nel significato originario della parola greca e gia , dunque, implicita
unambivalenza semantica; da qui derivano due accezioni del termine, entrambe presenti
nelluso contemporaneo. Da un lato, il canone e linsieme delle norme che fonda una tradizione
determinandone i confini passati e futuri. Quando in unopera o in un gruppo di opere
omogenee vengono identificate caratteristiche con valore fondativo, si sta indicando un
canone che potrebbe influenzare la creazione delle opere successive: e quel che Pietro Bembo
fa nel 1525, quando presenta il Canzoniere di Petrarca come modello linguistico per la
tradizione poetica italiana. Dallaltro, il canone puo essere considerato dal punto di vista della
ricezione. In questo caso i criteri di esclusione e di inclusione nella rosa di eccellenza,
dipendono dalla presenza o meno di valori riconosciuti allinterno di una societa . Come spiega
Romano Luperini:
Le due accezioni tendono a sovrapporsi, sin quasi allidentificazione [...] Tuttavia la prima
considera il canone diacronicamente, nello sviluppo continuita e rottura della tradizione
fondata sulla successione di opere accomunate dagli stessi tratti letterari; la seconda lo
considera sincronicamente: fissa le scelte di gusto e di valore affermatesi in una certa comunita
in un determinato momento storico, quali risultano dai codici o dalle antologie, dai programmi
scolastici, dalla politica culturale dei governi, dagli indirizzi delleditoria ecc. La prima mira a
stabilire lidentita delle opere; la seconda lidentita culturale della comunita che in esse si
riconosce. Luna ha a che fare con lo specifico letterario; laltra con i conflitti interpretativi e con
le questioni di egemonia culturale.320
Un modello di canone come quello implicito nelle Prose della volgar lingua senzaltro non e
immaginabile oggi, in quanto presuppone un sistema culturale molto diverso da quello in cui
oggi siamo immersi. Il concetto di classico non puo che vacillare, slittare per cos dire, alla
luce dellavvento della modernita e del ruolo che gli studi post-coloniali hanno avuto sulla
teoria della letteratura negli ultimi decenni.
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Romano Luperini, Introduzione. Due nozioni di classico, in Allegoria, nn. 29-30, maggio-dicembre 1998, p. 53.
In un clima culturale connotato dalla crisi di una fiducia ottimistica di impianto positivista e
del rifiuto di una razionalita scientifico-storicista si comincia a esaltare in letteratura quella
parte irrazionale, occulta e inconscia dellumanita . La poesia diventa allora strumento di
ricerca e trasfigurazione, la parola acquista nuovi poteri, non piu volti a declamare nitide
certezze ma a esprimere e scandagliare il disagio e lansia delluomo moderno. La complessita
della nuova organizzazione sociale comincia a privare luomo di gran parte della sua capacita
di aggressione sul reale e, contemporaneamente, le scoperte scientifiche mettono in crisi le
leggi della fisica tradizionale: lenunciazione della teoria della relativita equivalse alla
dissoluzione di un mondo. Lo spazio e il tempo non sono piu due categorie assolute perche
tutto diventa relativo, cangiante, la certezza di un passato glorioso viene meno, e il presente e
solo una sfida, un labirinto in cui luomo non ha guide e si deve destreggiare con le sue sole
forze. Un effetto ancora piu dirompente provenne dalle teorie psicanalitiche di Freud, le quali
svelarono che la psiche delluomo non e monolitica ma scissa, variabile, problematica.
Il luogo in cui questa crisi delle certezze appare con piu evidenza e lo stesso deputato a essere
sede privilegiata del canone novecentesco, cioe lantologia nella quale non esiste piu una
tradizione privilegiata, ma molte proposte concorrenti fra loro.
La presenza di una tradizione come sinonimo di normativita estetica viene meno da qualsiasi
orizzonte critico gia a partire dal Romanticismo; ma il dibattito sul canone e stato molto
intenso soprattutto negli Stati Uniti nel corso degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso:
qui il dibattito scatenato da posizioni neoconservatrici, come quella di Harold Bloom, hanno
alimentato una riflessione ampia e articolata.
Per quanto riguarda il contesto italiano va anzitutto sottolineato che fino alla meta del secolo
scorso la tradizione ha rappresentato un mezzo per creare o rafforzare lidentita nazionale.
Ai nostri giorni si assiste a un articolato dibattito critico riguardo i testi e gli autori da
integrare in una storia della letteratura contemporanea e ne derivano contrapposizioni
talvolta molto rigide (ad esempio, quella fra tradizione e avanguardia). Spesso cio conduce a
riconoscere con ritardo limportanza di autori non immediatamente assimilabili a una
corrente ritenuta dominante. E quanto accade a Saba, Pavese, Noventa, Rebora, Caproni, per i
quali Pasolini parlera di antinovecentismo, ma anche a Svevo per la storia del romanzo.
Quando negli anni Novanta cominciano a essere messi in discussione i concetti di classico,
canone e tradizione, la crisi investe soprattutto lambito letterario che nel corso del Novecento
e sembrato piu solido, cioe quello della poesia: nasce cos la lirica moderna. Il canone della
poesia e interpretato in modo binario, in quanto a questa prima tradizione e contrapposta una
seconda, che ha come esito la Neoavanguardia. Poesia italiana del Novecento ricostruisce una
genealogia poetica finalizzata a dimostrare la modernita del Gruppo 63, escludendo o
riconducendo a una periferia cio che non vi e assimilabile. Per questo motivo individua come
iniziatore del Novecento Lucini e da molto peso alle esperienze del movimento futurista, ma
ridimensiona Saba e Sereni. La provocazione della forma diventa il parametro piu importante
della selezione, e si combina con unaltra tendenza critica tesa allinseguimento
dellinnovazione formale
Alla magmaticita del canone si affianca il topos critico della sua non mappabilita . Se le
categorie critiche del passato sembrano inutilizzabili e insufficienti per descrivere il nuovo
panorama letterario, nella maggior parte dei casi non vengono proposte nuove coordinate,
bens unapertura indiscriminata (il catalogo) o la rinuncia allastrazione storiografica.
Queste raccolte, cos come alcune storiografie coeve, non tentano di ricostruire e sostenere
una tradizione, ma si limitano a esporre argomentazioni, spesso debolissime, in favore
dellimpossibilita di un impegno critico. In alcuni casi si tratta di antologie di impianto
secolare, che pero non aggiornano il canone, limitandosi invece a ribadire quello della
generazione nata negli anni Trenta.
Le acquisizioni critiche e filosofiche degli ultimi decenni rendono evidente che imporre
modelli sarebbe anacronistico: non esiste una sola tradizione, in quanto molte e diverse sono
in continuo conflitto fra loro.
Tuttavia ogni tentativo di storiografia critica e , allo stesso tempo, un atto di costruzione e di
ricostruzione: e importante non soltanto ai fini della memoria, della conservazione del
passato, ma anche per la costruzione del presente. In questo senso il problema del canone e
oggi piu che mai aperto e e funzionale per il recupero della consapevolezza della nostra
tradizione letteraria che ci consenti di poter interpretare il nostro problematico presente.
Calvino: Perch leggere i classici?
Calvino nel 1981 scriveva che un classico e un libro che non ha mai finito di dire quel che ha
da dire.
Se seguiamo i criteri che lui stesso espone per la definizione di un classico, si potrebbe
considerare lopera stessa di Calvino profondamente classica: egli non smette mai di rivolgersi
ai suoi lettori, dalla letteratura per ragazzi (Marcovaldo, la trilogia dei Nostri antenati) fino alle
opere piu strane e complesse (Le cosmicomiche, Se una notte dInverno un viaggiatore), fino
ai racconti della guerre e della resistenza (I sentieri dei nidi di ragno). Calvino e uno dei
narratori piu acuti e celebri della modernita . Modernita come molteplicita e non finitezza,
perche ce sempre un altro Calvino dietro a quello che si e gia incontrato, ce sempre qualcosa
di nuovo che ci vuole dire e, proprio come un vero classico, non si lascia mai leggere una volta
per tutte. Collocato tra gli anni Quaranta e Ottanta, nel cuore di questo secolo cos in rottura
con il passato e in ricerca di una nuova identita , Calvino ebbe la capacita di svolgervi un ruolo
duplice: da una parte tenere desto un rapporto intimo e problematico con i classici, fondando
la sua ricerca proprio nella frequentazione della tradizione, un colloquio ininterrotto con il
passato; dallaltra percorrere la strada di uno sperimentalismo sfrenato e radicale. Ebbe
unacuta percezione del cambiamento in atto nel suo tempo, in cui la tradizione e limitazione
dei classici si andava pian piano esaurendo. Non erano mancati nel Novecento autori
consapevoli di questo stravolgimento, da Pirandello a Svevo, da Gadda a Montale e poi Pasolini
fino alle neoavanguardie. Ma forse nessuno come Calvino seppe coniugare lesigenza di un
assoluto rinnovamento con la sopravvivenza del classico letterario. Per comprendere Calvino
bisogna saper tenere presenti e unite queste due istanze: il massimo del rapporto con la
tradizione e il massimo dello sperimentalismo. In Calvino, infatti, il dialogo con il passato e
nello stesso tempo costante e proficuo, ma anche conflittuale, aperto e problematico. La sua
scrittura e una sfida a ogni distinzione di genere: il saggismo si sovrappone al lirismo, narrare
e descrivere e viceversa, il testo e colmo di allusioni, citazioni, calchi.
Il rapporto di Calvino con i classici non consiste solo in una proposta ma anche in una
formazione, un nutrimento; egli prima di fare scuola di classico, e stato alunno di quei testi
canonici, protagonisti dei suoi studi e dei suoi tavoli di lavoro. I libri, come lui stesso sottolineo
in vari interventi, sono il serbatoio del suo laboratorio narrativo e saggistico, che prende vita
proprio a partire da quel mondo di testi letti, consultati, evocati, citati e annotati. Il nucleo su
cui gira tutta la costruzione della sua opera e , dunque, il libro e la sua concatenazione con gli
altri libri, la relazione che sussiste tra la biblioteca fisica e la biblioteca mentale di un autore.
Alberto Asor Rosa scrive, infatti, riguardo alle Lezioni Americane come siano un libro fatto
tutto di modelli e fonti [] che passa attraverso e si avvale di una miriade di riferimenti
letterari usati con grande liberta 322.
321
Italo Calvino, Le citt invisibili, Torino, Einaudi, 1972, p. 112.
322
Alberto Asor Rosa, Stile Calvino. Cinque studi, Torino, Einaudi, 2001, p. 63.
Calvino e uno scrittore di opere classiche nella misura in cui e stato prima di tutto lettore di
tali opere, da Boccaccio a Galileo, dalla letteratura francese a quella americana, modelli
esplicitamente ricalcati, o semplici nutrimenti della sua forma mentis, senzaltro presenza
costante e perdurante nella sua vita e della sua attivita di scrittore e intellettuale. Calvino si
pone innanzitutto come mediatore e propositore di tali opere, fornendo continuamente ai suoi
lettori un invito a farsi partecipi della loro sopravvivenza nel presente, ad ascoltare quello che
hanno da dire e che non finiscono mai di dire.
Alcuni esempi di occorrenze nei romanzi di Italo Svevo
Nel sito Biblioteca Italiana e possibile accedere alla consultazione di molti testi letterari
italiani, ma purtroppo la presenza di testi e di autori del Novecento risulta ancora esigua. Tra
le prove letterarie del secolo scorso a essere state digitalizzate spiccano i romanzi di Italo
Svevo, specchio autentico della temperie culturale in cui il loro autore visse. Soprattutto con il
suo ultimo romanzo, La coscienza di Zeno (1923), Svevo mette in luce la condizione delluomo
contemporaneo incapace di ogni impulso positivo allazione e che si ritrova a vivere in un
contesto storico fortemente mutato dagli sconvolgimenti della guerra mondiale e attraversato
da nuove concezioni filosofiche che superano definitivamente il Positivismo per aprire la
strada alle avanguardie, alla teoria della relativita e alle scoperte psicoanalitiche. In definitiva
Svevo, attraverso questo romanzo, testimonia il male dellanima moderna che, come abbiamo
appreso dalle pagine di Franco Fortini, deriva anche e soprattutto dalla perdita della bussola
dei classici nella nostra tradizione letteraria. Mentre per Fortini lantidoto a tale vuoto delle
coscienze moderne consiste in una corretta e autentica riappropriazione dei nostri classici,
Svevo non vede alternative sul piano storico, ma solo sul piano individuale attraverso
lautocoscienza e lironia.
Abbiamo ritenuto interessante condurre una ricerca delle occorrenze dei termini classico e
classici nel romanzo La coscienza di Zeno per avere un riscontro testuale analitico di questo
naufragio della classicita nelleta contemporanea.
Per quanto riguarda il termine classico esso ha ununica occorrenza in tutto il romanzo nella
frase: Dapprima avevamo pensato di andare in Isvizzera, il paese classico delle case di
salute; dove e utilizzato come sinonimo di tipico, tradizionale.
Loccorrenza del termine al plurale nella proposizione Conosce i classici a mente. Sa chi dice
questo e chi dice quello. Non sa pero leggere un giornale! risulta molto interessante perche fa
riferimento agli autori eccellenti che rientrano in un canone stabilito. Tuttavia questi classici
che dovrebbero essere studiati e attualizzati affinche essi possano ancora parlare nel nostro
presente, come sosteneva Fortini, sono oggetto di una conoscenza solo superficiale che non
permette alluomo moderno di interpretare la propria realta . Egli, dunque, possiede una
cultura posticcia e del tutto inutile. Questuso del termine classici nel romanzo di Svevo
sembra la trasposizione romanzesca di quanto Fortini affermera , ventitre anni dopo, nel primo
intervento sul Politecnico dedicato a come dovrebbero essere letti i classici della nostra
letteratura e in cui egli riflette amaramente sul fatto che nelleta contemporanea E
constatazione volgare che i classici siano piu spesso nominati o ammirati che letti o compresi.
Anche negli altri due romanzi sveviani, benche essi non varchino ancora la soglia del secolo, si
riscontrano delle occorrenze interessanti, come in Una vita (1892), dove classico compare in
due frasi:
Nella seconda occorrenza, invece, laggettivo fa riferimento agli autori italiani antichi ma
anche moderni che rientrano nel cosiddetto canone classico degli studi e che dovrebbero far
parte della cultura e della coscienza di ogni lettore italiano.
Nellaltro romanzo sveviano che non rientra ancora cronologicamente nel panorama del
Novecento ma che ne anticipa alcuni caratteri fondamentali, Senilit (1898), il termine
classico non ha alcuna occorrenza, mentre il suo plurale compare solo nella seguente frase:
[...] i loro rapporti intellettuali restarono ristretti alle arti rappresentative nelle quali
andavano perfettamente d'accordo perche in quelle arti esisteva una sola idea, quella cui s'era
votato il Balli, la riconquista della semplicita o ingenuita che i cosiddetti classici ci avevano
rubate. Quindi nel senso di autori detrattori della spontaneita e soggettivita nella
rappresentazione artistica perche forse troppo legati al rispetto di meccaniche e rigide norme
compositive.
BIBLIOGRAFIA
Alberto Asor Rosa, Stile Calvino. Cinque studi, Torino, Einaudi, 2001
Bloom Harold, Il canone occidentale. I libri e le scuole dellet, Milano, Bompiani, 1996.
Fortini Franco, A proposito delle rime di Dante. Come leggere i classici?, in Politecnico, nn.31-
32, luglio-agosto 1946.
Fortini Franco, Come leggere i classici? La leggenda di Recanati, in Politecnico, nn. 33-34,
settembre-dicembre 1946.
Fortini Franco, Classico, in Enciclopedia Einaudi, volume III, Torino, 1978; poi in Nuovi saggi
italiani, Milano, Garzanti, 1987.
Luperini Romano, Modernismo e poesia italiana del primo Novecento, in Allegoria: per uno
studio materialistico della letteratura, n. 63, Palermo, Palumbo, 2011 (scaricabile online).
Raboni Giovanni, Franco Fortini, in Novecento. Gli scrittori e la cultura letteraria nella societ
italiana, a cura di G. Grana, Milano, Marzorati, 1982.
SITOGRAFIA
http://www.bibliotecaitaliana.it/