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A.A. 2015-2016 prof.

Silvia Tatti
Modulo di Letteratura italiana: "Classico"
Elaborati degli studenti
Indice:
Perla Ulboa: E.R. Curtius
Sara La Porta: Mario Citroni e limportanza della parola classico
Jessica Catani: Pietro Verri e il Caff
Francesca Cordaro: Classico, classici, antichi, moderni in Alessandro Verri
Alessia Imbroglia: Il neoclassicismo nella poetica di Ugo Foscolo
Fabiana Meloni: Conflitto tra antichi e moderni nel pensiero leopardiano
Angela Pistillo: Giacomo Leopardi tra Classicismo e Romanticismo
Giorgia Pellorca: Il classico e lantico leopardiano: labirinti lessicali vivaci e
dinamici
Lara Petralia: George Gordon Byron, l'Antiromantico
Valeria Girardi: Il Classicismo tedesco: die Weimerer Klassik e Goethe
Francesca Pitotti: Classico in Carducci
Francesca Cardo Jacques Le Goff Antico/moderno
Alessandra Daniele: What is a classic? T.S.Eiot
Nicla Dionisiadi: Classico e classicit in Mario Luzi e Giuseppe Pontiggia

Laura Federici : Classico: occorrenze e accezioni del termine nelle opere di


Cesare Pavese

Francesca Placidi, Ludovica Saverna: Il concetto di classico in Franco Fortini


e nel Novecento
Ernest Robert Curtius

Studi a Berlino, dove si laure nel 1904 su Ferdinand Brunetire.


Dal 1929 al 1951 insegn all'Universit di Bonn. Pubblic numerosi studi
sulla letteratura e cultura francese, tra i quali Lo spirito francese nella nuova
Europa (1925) e La cultura francese (1930). Introdusse il concetto di tpos in critica
letteraria, derivandolo dalla parola greca, che significa "luogo".

Nel 1932 scrisse Lo spirito tedesco in pericolo, considerato un monito sui pericoli
del nazismo e sulla necessit di un ritorno ai valori dell'umanesimo.

La sua opera pi importante, Letteratura europea e medioevo latino (1948), una


storia della civilt occidentale, saldata da alcuni luoghi comuni innescati in epoca
medioevale e comuni a tutte le letterature europee.

Una ricerca rigorosa e una grande capacit di sintesi sono alla base delle sue opere.

Fu amico di Andr Gide, Max Scheler, Stefan George, Jean-Paul Sartre, Thomas
Mann e di altre personalit importanti della cultura europea. Fu allievo di Gustav
Grber. Anche Georg Curtius, fratello del nonno archeologo e storico Ernst Curtius,
era filologo.
Il Medio Evo ebbe una concezione sua propria del mondo classico poich
esistette veramente quello che Curtius ha chiamato classicismo medievale. Al
gusto raffinato dei moderni potr sembrare un classicismo deformato, mutilato o
bizzarro; eppure esso fu una forza formatrice degli spiriti di quel secolo
dodicesimo, che fu sostanzialmente un tempo che vide la giovent spingersi
avanti per emergere. uno spettacolo divertente assistere all'incontro di questa
giovent con gli anziani; uno spettacolo che possiamo seguire di decennio in
decennio e che culmina, verso il 1170. Arrivati a questa data troviamo
manifesti poetici e retorici che vengono a costituire una specie di
Dichiarazione dei Diritti. Sono proclamati da un gruppo di scrittori che si
attribuiscono il nome di Moderni. Essi si fanno banditori di nuovi modelli in
poesia, nell'arte dello scrivere in prosa, nella filosofia, e in ogni altro ramo del
sapere. Sono convinti che sta sorgendo una nuova et e citano a proprio conforto
le parole di San Paolo: Le vecchie cose sono svanite; guardate, esse sono
diventate nuove. Avete qui un esempio della graziosa ingenuit di quell'epoca
che conobbe una censura ecclesiastica veramente minima. Non c'era ancora
l'Inquisizione, non c'era ancora la sorveglianza papale sul corso degli studi;
variet di posizioni caratterizzavano la teologia e la pi squisita elaborazione dei
dogmi. Il secolo dodicesimo fru di una libert intellettuale che il secolo seguente
avrebbe soppresso. Per questo un errore parlare del Medio Evo come di una et
tutta uniforme poich sarebbe come se noi potessimo, a modo d'esempio, parlare
degli ultimi quattro secoli come di un tutto unico. Dobbiamo, invece, tentare di
delineare ogni secolo come fu nelle sue caratteristiche singolari, profondamente
diverse da quelle degli altri secoli. Quando ci si guarder dal parlare di uno
spirito medievale si sar fatto un grande passo sulla strada della comprensione
della storia.

Ma ci permesso parlare ancora dei Moderni del 1170. Circa un mezzo secolo
prima gli Antichi erano stati definiti dei giganti, mentre i Moderni parevano nani
che potevano spaziare su un pi vasto orizzonte solo perch stavano sulle spalle
di quei giganti. Ma verso la fine del secolo i Moderni hanno spiegato le ali e si
vantano di essere uguali ai loro antenati. Anzi, manifestano un certo fastidio nei
riguardi dello stile dei classici: Si sentono capaci di fare meglio di loro e
coniano, intanto, molte parole nuove.
Sono dei ribelli... ma solo fino a un certo punto. Essi, infatti, continuavano a
scrivere in latino; e mentre attendevano ad affinare versi elaborati, si fece avanti
un altro gruppo che spinse pi a fondo la ribellione. Giovanni di Salisbury, il pi
grande umanista del dodicesimo secolo, deplora il crescente disprezzo della
grammatica, della retorica e delle lettere. Gli autori classici sono messi da parte.
Coloro che si mantengono fedeli ai classici vengono fatti segno a frecciate di
derisione: Che cosa pensa questo vecchio asino? Perch mai non fa che ripetere
i detti e i fatti degli Antichi? Noi troviamo in noi stessi la sorgente del sapere.

Questa ammirevole giovent ha scoperto il potere del ragionamento e prova


un'attrazione irresistibile per le argomentazioni logiche che si librano sopra i fatti
e ogni altra forma di sapere.
La logica pare a costoro un dono sublime che essi possiedono per diritto di
nascita. Sono tutti presi dalla frenesia per la dialettica e provano e confutano,
affermano e negano ogni cosa. Gli antecedenti remoti a cui assomigliano sono i
Sofisti greci. Essi sono per noi interessanti perch rappresentano la tendenza a
scardinare il sistema educativo fondato sulle discipline letterarie. Il loro tentativo
non fu coronato da successo soltanto perch non avevano niente da mettere al
posto di quelle.

Verso il 1200 noi troviamo due nuove discipline del sapere: il diritto e la
medicina. Si sviluppa un nuovo sistema educativo quando le scuole episcopali
vengono soppiantate dalle Universit. Si diffondono in traduzione latina le opere
di Aristotele che forniscono uno sterminato corpo di cognizioni relative
all'universo, alla storia naturale e alla metafisica. Questo materiale sar adattato
e trasformato per divenire parte del grande sistema della scolastica. Cos il
secolo decimo terzo segna il trionfo della filosofia perch questa disciplina si
insinua dovunque e usurpa ogni cosa. Verso il 1225 la splendida fioritura di
poesia e letteratura latine termina bruscamente. Se ne deve cercare la ragione in
una riforma dell'educazione. Nel 1215 il corso degli studi in vigore all'Universit
di Parigi venne radicalmente alterato: abolito lo studio dei classici, subentra al
suo posto quello della logica formale.

L'insegnamento della letteratura e della retorica venne continuato da alcuni


maestri isolati e in alcune scuole arretrate. Ma questi maestri ebbero una vita
stentata. Essi erano insultati dagli alfieri della filosofia. Si ingaggi un terribile
Combattimento dei Libri. In una composizione poetica che tratta di questo
argomento, il filosofo cosi si rivolge al poeta: lo ho seguito la via del sapere; tu
invece preferisci fanciullaggini, come la prosa ritmica e il verso. Quale la loro
utilit? Essi devono essere valutati proprio niente... Tu conosci la grammatica,
ma non possiedi neppure un briciolo n di scienza n di logica. Perch dunque
meni tanto vanto? Tu sei un ignorante ("ignoramus ") . Cos stanno le cose
verso il 1250. Alcuni anni pi tardi Ruggero Bacone lancia i suoi violenti
attacchi contro Alberto Magno e San Tommaso. Egli li rimprovera di avere
messo da parte lo studio del latino, del greco e dell'ebraico. Ai suoi occhi il
secolo decimoterzo sembra una et che ri -percepita nella barbarie. Non si esce
forse dall'argomento ricordando che Goethe fa di lui grandi lodi. Tuttavia sar
bene non dimenticare che vario fu il giudizio di Goethe sul Medio Evo perch, in
genere, egli lo consider un periodo di tenebre culturali. Ma il fatto che fosse
possibile trovare in tale periodo uno spirito come Ruggero Bacone conferm
Goethe nella sua opinione che, cio, in ogni tempo si possono trovare uomini
eccellenti e che la loro serie costituisce una specie di galassia che si estende
sopra lo spazio vuoto della notte.

Che dire delle basi della cultura occidentale? Le basi della cultura occidentale
sono l'antichit classica e il Cristianesimo: La funzione del Medio Evo fu quella
di ricevere quel deposito, di trasmetterlo e di adattarlo. Per mio conto, il suo
legato pi prezioso lo spirito che riusc a creare mentre eseguiva questo
compito. I fondatori sono stati San Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino e
pochi altri. Sono figure che appartengono al quarto e al quinto secolo della
nostra era e rappresentano l'ultima fase dell'antichit greco-romana che coincide
con la prima fase del Cristianesimo. La lezione del Medio Evo proprio
nell'accettazione riverente e nella fedele trasmissione di un deposito prezioso.
Ma questa anche la lezione che noi deriviamo da Dante e da Goethe secondo
quanto egli ci insegna nella sua opera poetica, nei suoi scritti di storia e di
filosofia, nelle sue lettere e nei suoi colloqui. Il secolo decimo nono ha fatto
nascere un tipo di scrittore che si eretto a campione di idee rivoluzionarie e di
una poesia parimenti rivoluzionaria.

Trasmettere una tradizione non significa cristallizzarla in un complesso


dottrinario immutabile e in un canone fisso di alcuni libri prescelti. La lettera
uccide, ma lo spirito vivifica. Lo studio della letteratura dovrebbe procedere in
modo da dare un gaudio allo studioso e suscitare la sua meraviglia dinanzi a
bellezze che egli non sospettava nemmeno. La devozione e l'entusiasmo sono le
chiavi che apriranno questi tesori nascosti. lo sono convinto che vasti campi
della letteratura medievale aspettano ancora il rabdomante che sappia scoprirvi
sorgenti di bellezza e di verit.

Classicit

1. Generi letterari e Cataloghi di AUCTORES:

Nel corso del Medioevo i sofisti fondarono una dottrina scientifica della
letteratura, ad essa contribu il noto autore Aristotele scrivendo la
Poetica e la Retorica; ma la scienza letteraria tocc il culmine con la
filologia Alessandrina diffusasi nel III secolo A.C. e proprio ad
Alessandria che sorse il pi grande centro di studi del mondo antico, il
Museion sostanzialmente era un, accademia di sapienti, cui si affiancava
una biblioteca di oltre 500.000 volumi. Cresciuta sotto la guida della
filosofia greca, la scienza letteraria divenne pi importante grazie anche
alla filologia ellenistica, in effetti essa impar a classificare la scienza
letteraria per generi e autori ove la selezione degli autori presupponeva
una classificazione dei generi; oltre alla distinzione dei generi quali la
commedia, la tragedia, si utilizzava come principio di classificazione
anche il tipo di verso usato nelle opere, e per finire si classificavano per
lordine dimportanza, alcuni erano detti Grandi altri minori.
Seguendo questi principi pu un poeta essere ritenuto classico anche se
cura un genere minore? secondo la teoria dellautore Boileau ci non
era possibile; a dispetto di questa teoria sorge La Fontaine ritenuto da
lettori e critici il frutto migliore della letteratura classica Francese. Ma in
cosa consiste il classico? e da quanto tempo esistono i Classici?
queste domande riconducono alla selezione di alcuni autori che si
trovavano allinterno di alcuni cataloghi compilati nellet ellenistica, ma
con il passare del tempo questo catalogo degli autori e delle opere
esemplari si ridusse(numero dei tragici da 5 a 3, Eschilo scrisse 90
tragedie, Sofocle 123 ma di entrambi ne rimasero sette). I filologi
Alessandrini furono i primi che selezionarono scritti di autori antichi per
farne materia di lettura dei grammatici, Il vocabolo classicus apparve
molto tardi e in usa sola citazione: lo us Aulo Gellio sommo erudita
analizz una serie di problemi grammaticali controversi. Le parole
quadriga e arena esigono la congiunzione del verbo al plurale o singolare?
Lui rispose per regolarsi correttamente si veda qualche oratore o qualche
poeta della schiera pi antica, cio uno scrittore di valore e di classe
superiore, non un proletario, poich secondo la costituzione serviana i
cittadini erano divisi per censo, e per entit di imposte, in 5 classi, gli
appartenenti alla prima classe(i pi ricchi) venivano chiamati
semplicemente classici. Il proletarius per Gellio il termine di paragone e
non appartiene ad alcuna classe contribuente. Il brano di Gellio
interessante perch dimostra che nellantichit lidea di autore esemplare
poggiava sul criterio della correttezza linguistica. Il termine classico
quindi ha origini molto umili, ma nei secoli XVII E XVIII si amplific
profondamente; in effetti nel 1800 tutta lAntichit greco-romana fu
designata come Classica, questo per produsse conseguenze negative ma
anche positive, poich per un intero secolo rimase preclusa la strada alla
valutazione dellantichit dal punto di vista storico ed estetico.

2. Gli ANTICHI E I MODERNI

Gli scrittori considerati classici sono sempre gli stessi di prima, onorati
talvolta come modelli, talaltra respinti perch sorpassati, ed quello che
accadde ad Alessandria dove si videro contrapposti Omero a i Pi nuovi
come Callimaco. Lo stesso Terenzio sottolineava nei suoi prologhi, il
contrasto tra lindirizzo antico e quello moderno; in effetti nel I secolo
A.C. si affermarono i nuovi poeti, ma essi vennero sostituiti dagli autori
dellet augustea definita let moderna. Sotto gli Antonini comparse
una nuova scuola poetica, poich man mano che il tempo antico
invecchiava sempre pi forte si faceva lesigenza per ci che era
moderno ma poich il vocabolo ancora non persisteva lesigenza veniva
soddisfatta con neotericus ovvero una forma stilistica ben definita ispirata
alla poesia alessandrina, e dopo il IV secolo assunse il significato di
scrittore pi moderno. Nonostante ci la distinzione fra antico e nuovo
non assunse sempre un aspetto polemico, talvolta indicava semplicemente
la successione di stili e periodi, come nella commedia antica media e
nuova o nei due testamenti della chiesa cristiana. C da dire per che
lAntichit non possedeva una coscienza storica secondo la concezione
odierna, ovvero non conosceva la divisione in periodi o se la conosceva
non poteva esprimerla per mancanza di terminologia storica, (era come se
noi ad esempio disponessimo solamente di una parola generica il
passato anzich distinguere lAntichit, Medio Evo, Et moderna)
Cicerone per esempio si sofferm sul carattere relativo del concetto
antiqui: gli oratori attici visti dai romani, erano senes, ma secondo la
cronologia ateniese, moderni. Orazio invece affermava che il pubblico
voleva leggere solamente i poeti antichi, ma quali sono i poeti antichi?
Forse uno che morto da un centinaio danni, per Quintiliano Cicerone
rientrava fra gli antiqui ma molti erano daccorso sul fatto che in ogni
caso personaggi vissuti 100 o 120 anni prima non potevano essere
considerati antiqui, poich 120 rappresentavano let a cui poteva
giungere una vita umana. Per quanto concerne luso della parola moderno
essa apparve nel VI secolo con il neologismo modernus esso permise a
Cassiodoro di fare un parallelismo per celebrare un autore affermando:
puntualissimo imitatore degli antichi, nobilissimo maestro dei moderni.
Gi nel IX secolo let di Carlo Magno pu essere chiamata seculum
modernum, ma c da specificare il fatto che la cesura tra et antica e et
moderna non coincide per nulla con linizio dellera cristiana. In generale
per noi diciamo antichi riferendoci agli autori pagani poich siamo soliti
considerare il paganesimo e il paganesimo come due sfere distinte, ma nel
medioevo si ragionava in maniera diversa tutti gli autori del tempo
passato fossero pagani o cristiani, si chiamavano veteres. Il
rinnovamento scientifico del XII secolo fra poetica, la logica, la
metafisica, letica nuove, questi due fenomeni costituiscono due aspetti
di un rinnovamento culturale.

3. Formazione del canone nella Chiesa


La formazione di un canone contribuisce a fissare una tradizione. Esistono
la tradizione letteraria della Scuola, quella giuridica dello Stato, quella
religiosa della Chiesa: queste sono le tre potenze medievali, studium,
imperium, secerdotium. Il periodo classico della giurisprudenza romana
si estende da Augusto a Diocleziano, mentre il canone dei giuristi cui
compete autorit era gi esistente a partire dal 426. La Chiesa, inoltre
accolse nel proprio canone i libri sacri degli Ebrei, attribuendogli il valore
di Antico Testamento; senza dubbio per il concetto di canonico
dovette assumere nella chiesa primitiva, un significato progressivamente
pi ampio poich la chiesa era unistituzione giuridica dove tutte le norme
stabilite dagli ecclesiastici si chiamavano canones a differenza di quelle
secolari che si chiamavano leges. Con il passare del tempo, linsieme dei
canones divenne piena di contraddizioni, poich in Italia per esempio
Graziano intorno al 1140 scrisse la Concordia discordium canonuum che
costitu la base del cosiddetto Corpus iurus canonici; la parte essenziale
della messa inoltre fu chiamata da Graziano canon missae. Canonici
sono originariamente i religiosi ordinati secondo le leggi ecclesiastiche in
seguito lo stesso nome venne dato anche ai membri della Cattedrale, che
si riunivano nel coro per le preghiere, lesito la canonizzazione, cio
linclusione di un nuovo santo nella lista. Per quanto riguardava gli scritti
canonici che erano del Nuovo Testamento si affiancavano molti apocrifi
come i Vangeli, Atti, Epistole, descrizioni apocalittiche; nel sistema della
teologia cattolica la letteratura rientrava nellambito della scienza
teologica della patrologia, che esamina lattendibilit degli scrittori
cristiani antichi in quanto testimoni della fede e che oggi si sta
trasformando in una scienza storica.
Ogni volta che si forma un canone letterario si deve procedere ad una
scelta di classici, fra gli scrittori ecclesiastici per esempio si considerarono
classici i Padri della Chiesa i quali erano in pari tempo anche antiqui,
successivamente i Padri stessi, si oper unulteriore cernita; ( la chiesa
orientale, per prima, diede speciale rilievo a Basilio, Gregorio Nazianzeno
e Giovanni Crisostomo, gli occidentali invece posero Anastasio,
Ambrogio, Girolamo, Agostino, e Gregorio Magno. Per essere chiamato
Padre della Chiesa oltre alla ortodossia, alla santit, al riconoscimento
dellautorit ecclesiastica,occorre anche l antiquitas, il canone dei padri
pertanto completo e non aperto a nuovi inserimenti. Col concilio
tridentino si form una nuova lite per cui i moderni sono affiancati ai
Padri della Chiesa come Tommaso, Anselmo, Bernardo di Chiaravalle
ecc. I dottori ecclesiae costituiscono una sacra corporazione in cui
antiqui e moderni si trovano pacificamente insieme.

4. Il Canone Medievale

Intorno all890 a San Gallo Balbulo, respingeva i poeti pagani e


raccomandava al contrario quelli cristiani. Pi tardi nella scuola
episcopale di Spira si leggevano Omero, Orazio, Persio, Lucano, Stazio
ecc, mentre lunico cristiano era Boezio; un altro secolo pi tardi Tullio,
Boezio, Terenzio, Virgilio, e i cristiani come Agostino, Gregorio,
Girolamo, Prudenzio ecc, i poeti cristiani apprezzati a San Gallo ma
respinti a Spira vennero ammessi nel canone, in questo elenco cera
dunque la necessit di creare un equilibrio tra questi due gruppi (pagani e
cristiani) in modo tale da poter prendere da entrambi gli elementi migliori
dei due canoni, e cos fondendosi danno origine al canone scolastico
medievale. Nel canone medievale autori pagani e cristiani stavano gli uni
di fronte allaltri, senza alcuna barriera, mancava dunque lintervento di
correzione secondo la dottrina cristiana e questo fu quello che offr
lautore scolastico Teodulo sotto forma di dialogo fittizio, e in effetti la
sua opera in seguito divenne il pilastro del canone medievale, alla cui
decadenza pot sopravvivere.

5. Formazione del Canone Moderno


Fra le letterature moderne, quella italiana fu la prima che form un
canone: ci ben comprensibile data la situazione intorno al 1500. Lo
studio degli antichi e la poesia umanistica in latino erano tanto in auge, e
facevano concorrenza alle opere in volgare. Se la lingua voleva
progredire, doveva agire per mezzo di autori esemplari che avessero, per
la nuova letteratura italiana, funzione analoga a quelle di Virgilio per il
latino. La situazione era pi complicata per la mancanza di una lingua
letteraria comune alle varie regioni italiane; a Pietro Bembo il merito di
avere enunciato una teoria della lingua italiana, che divenne normativa per
le competizioni poetiche; nel quadro generale delle letterature europee, le
tendenze classiciste del 500 italiano hanno unimportanza solo indiretta:
cio attraverso la loro influenza sulle teorie francesi dei secoli XVI e
XVII. In Italia non si pu parlare di un sistema della letteratura italiana
uniformemente classico. Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, sono grandi
autori che non ammettono un denominatore comune:ciascuno di essi ha
assunto, di fronte all Antichit, una posizione personale e diversa.
Lunico paese a possedere un sistema letterario classico era la Francia,
poich proprio nel corso del 600 francese il bisogno di una
regolamentazione sistematica, fu Boileau che raccomandava il buon senso
e la ragionevolezza, e riduceva la poesia ed una serie di rime corrette e la
tragedia alle presunte regole dellaristotelismo italiano. Il classico
francese non imitazione artificiosa di modelli antichi:esprime un suo
contenuto nazionale in cui prevalente la razionalit dello spirito
francese. La definizione di classico nel corso del tempo cambiato molto,
la definizione che diede Fnelon nel suo Discours lAcadmie
costituisce una pietra militare egli infatti afferma che: on a enfin
compris, Messieurs, quil faut crire comme Raphael, les Carrache et le
Poussin ont, en peint, ( abbiamo finalmente capito, Signori, che occorre
scrivere comei Raffaello,i Carracci, e Poussin hanno dipinto). Qui per la
prima volta lideale classico era inteso come patrimonio comune a tutte le
arti e, strettamente connesso con la pittura rinascimentale, veniva sottratto
alle dispute dei dotti, dei teorizzatori di estetica, dei partigiani pro e
contro gli antichi. Voltaire, nel sicle de Louis XIV, nel capitolo Des
Beaux arts, tratta della letteratura classica e scrisse fra laltro: le sicle
de Louis XIV a donc en toute la ddestine des sicles de Lon X, d
Auguste, dAlexandre
( il secolo di Luigi XIV ha dunque, in tutto e per tutto, il destino dei
secoli di Leone X, di Augusto, e di Alessandro). I periodi aurei sono
dunque, posti sotto il nome di grandi sovrani, sorge in tal modo una nuova
concezione storica, indipendente dalla parola classico. Per quanto
concerne lInghilterra invece, pose di fronte ad un Augusto o ad un Luigi
XIV le proprie regine Elisabetta, Anna, Vittoria; il termine et augustea
di conio inglese infatti Goldsmith battezz il periodo della regina Anna,
nel suo saggio The Augustan Age in England. Tale periodo si fa
decorrere dal 1700 al 1740; ma il gusto classico predomin ancora con
Samuel Johnson e con Edward Gibbon nei decenni successivi. Il secolo
XVIII fu uno dei peridi in cui maggiormente affior la componente
latina dellInghilterra. Senza dubbio, Goethe aveva presente il
radicamento della letteratura francese nello stato nazionale, allorch nel
1795, espose le sue osservazioni sullessenza del classico, di quel
classico che riteneva impossibile in Germania. In Francia ancora oggi, il
sistema classico il pi solido pilastro su cui poggia la tradizione
culturale nazionale; esso, dopo il 1820, fu bens contestato dal nascente
romanticismo: ma appunto perci crebbe dimportanza e ne rimase
avvantaggiato. Infatti , durante quei dibattiti entr nelluso il vocabolo
classicisme che nel 1823 era considerato ancora da Stendhal un
neologismo, ma che poi simboleggi quasi un santuario della spiritualit e
della politica culturale francese. Lessenza del classico si pu affermare
che nei corso dei secoli, venne definita, distillata e modernizzata in
espressioni sempre nuove. La spagna invece, a differenzia dalle altre
nazioni europee anche per ci che riguarda la formazione di un canone e
la divisione delle epoche. In effetti la storia letteraria spagnola ha la
caratteristica di possedere un proprio indirizzo romantico ma non un
classico. Ancora oggi i due Seneca, Lucano, Marziale, Quintiliano,
Pomponio Mela, Giovenco, Prudenzio, Merobaude, Paolo Orsio, Isidoro
figurano nei manuali moderni pi diffusi, che, cos, continuano a rimanere
fedeli alle consuetudini del Medio Evo e del Rinascimento. Il marchese
Santillana fond la sua poetica su Isidoro e Cassiodoro e, nel necrologio
di Enrique de Villena, d un catalogo di autori come: Livio, Virgilio,
acrobio, Seneca, Tullio, Alano, Boezio, Petrarca, Dante, Terenzio, Stazio,
Quintiliano. Ma come spiegare un simile elenco? Santillana
sostanzialmente rappresent la prima ondata di italianismo in Spagna,
ma allo stesso tempo mantenne la concezione medievale degli auctores
ove tutti si equivalgono, tutti sono fuori dal tempo e dalla storia.
Esattamente cos due secoli dopo, Baltasar, Gracin quando, allinizio del
suo Criticn, si propose di eguagliare, nella sua opera, i pregi dei seguenti
autores de buen genio: Omero (le allegorie), Esopo(le favole), Seneca(la
dottrina), Luciano (la per spiccia critica), Apuleio (le descrizioni),
Plutarco (la moralit)Eliodoro(gli intrecci), Ariosto (le sospensioni
cariche di tensioni), Boccalini(la critica letteraria), Barclay(la polemica
mordace). Gracin scriveva mentre il periodo aureo sta volgendo al
termine, eppure egli vede la letteratura mondiale, da Omero fino al
proprio secolo, con lo stesso universalismo con cui Caldern contempla la
storia del mondo. N lUmanesimo, n il Rinascimento, n lAntichit, n
il Medio Evo rappresentano per i sudditi degli Asburgo divisioni o tappe
della tradizione letteraria generale, poich la Spagna ha un suo speciale
sentimento del tempo ed una specifica coscienza nazionale. Per Gracin il
latino e lo spagnolo sono le due lingue universali, le chiavi del mondo,
mentre il greco, il francese, litaliano, linglese, il tedesco, sono tutte
equiparate al livello di lingue speciali. La Spagna non definisce
lapogeo della sua letteratura come classico e neppure lassocia ad un
determinato sovrano; lo chiama let aurea: al suo inizio vi la figura
di Garcilaso de la Vega, al suo tramonto Caldern. Vi sono racchiusi tutti i
contrasti: lo stile popolare romancero e lermetismo di Gngora, il
realismo dei romanzi picareschi, il tono elevato della speculazione
mistica, larmonia classica di Luis de Len e le stravaganze, il pi celebre,
pi sapiente estroso romanzo moderno ed un teatro universale con
migliaia di opere. La ricchezza e loriginalit del siglo de oro non
potrebbero essere apprezzate nel loro pieno significato storico, se non si
ricordasse che le energie e le linfe dellintero Medio Evo compreso quello
latino e quello islamico sono tutte confluite nellet dei conquistatoderes e
dellimpero transatlantico. I contrasti esistenti nella letteratura aurea
spagnola vengono spesso interpretati come un tratto essenzialmente tipico
di questo popolo; ma nel sistema letterario spagnolo permane ancora
quellincrocio di stili, di generi, di tradizione che costituisce un aspetto
peculiare del Medio Evo latino. LItalia non ha avuto un suo Medio
Evo, mentre la Francia intorno al 1550, spezz il legame con il Medio
Evo, la Spagna invece ha serbato il proprio Medio Evo , incorporandolo
nella tradizione nazionale. Le ondate di italianismo che giunsero in
Spagna durante il Quattrocento e il Cinquecento stimolarono il
rinnovamento delle forme, ma non toccarono la sostanza di fondo. I
teorici del Cinquecento criticavano la mancanza di una letteratura
spagnola classica ma non riuscirono a modificarne landamento. La
letteratura spagnola per non pu essere misurata con metri classici
poich la sua esuberanza, la sua variet, sono uniche nel suo genere, e non
sono ancora esaurite; il loro avvenire poggia sullo sviluppo e
sullimportanza che avranno nel mondo tutte le nazioni di lingua
spagnola.
Et aurea vi si specchia la Roma augustea, nello stesso senso lha intesa
Schlegel i moderni hanno tenuto dietro ai Romani ci che accadde
sotto Augusto e Mecenate fu come il presagio del Cinquecento italiano.
Luigi XIV tent di ottenere a forza in Francia una medesima primavera
dello spirito, e anche gli inglesi furono daccordo nel ritenere il gusto
dellepoca della regina Anna lottimo dei gusti. Nessuna nazione dunque
volle restar priva della sua et aurea, ognuna delle quali era ancor pi
vuota e misera della precedente: ci che i Tedeschi, da ultimo, hanno
preso per aureo cosa il decoro di questo discorso vieta di qualificare
inoltre nel 1812 a Vienna, nelle lezioni sulla storia della letteratura antica
e moderna aggiunse: quanto sia relativa almeno riguardo la nostra
letteratura lidea di epoca aure, e quanto sia forte la tendenza a relegarla
sempre pi nel passato, pu essere facilmente compreso come da
esempio: Gottsched in una delle sue poesie, fa risalire lepoca doro al
tempo di Federico, primo re di Prussia, e loda come classici di quel tempo
Besser, e Pietsch Gottsched aveva davanti gli occhi la Francia di
Boileau, troppo affrettatamente egli apr un reparto tedesco, con candidati
inadatti, era ancora in vita, e gi il suo ordinamento crollava sotto i colpi
di Lessing e dei letterati di Zurigo, nelle frasi di Schlegel risuona leco di
queste dispute che furono la risposta della critica romantica ala piatto
razionalismo dellilluminismo tedesco.
Classico e Romantico la polemica sui due termini, e sulle essenze che
ne costituiscono la base, una delle pi recenti manifestazioni che ne
costituiscono la base, una delle pi recenti manifestazioni
dellantagonismo tra antichi e moderni, valutare questo dualismo
con un certo equilibrio non semplice ma baster ricorrere ad alcuni dati
di fatto. La letteratura francese possiede una corrente classica definita e
codificata, ed una corrente romantica altrettanto determinata; il suo
romanticismo si differenzia dai movimenti delle altre nazioni per il
cosciente carattere anticlassico. In Francia, il romantico si oppone al
classico con la rivoluzione allAncien Rgime. La Spagna e LInghilterra
hanno il loro periodo romantico, senza aver avuto quello tipicamente
classico. La Germania ha luno e laltro, ma con una notevole variante:
romantico e classico coesistono al medesimo tempo, e perfino al
medesimo luogo; nelle tarde opere di Goethe, peraltro, si possono ben
cogliere le caratteristiche romantiche. Vi sono per grandi autori tedeschi
del periodo classico Jean Paul, Kleist che non possono dirsi appartenenti
n alluno n allaltro dei due indirizzi; il periodo tedesco aureo dal 1750
al 1832 circa non consente una netta distinzione tra classico e romantico.
Che dire dellItalia? Avrebbe ancora qualche significato porre oggigiorno
un Leopardi classico e un Manzoni romantico?. Certe opposizioni
scolastiche , valide forse nel 1830, ora , dopo pi di un secolo, sono prive
di senso. Lunica letteratura e storia della letteratura moderna in cui tale
opposizione viene ancora rigidamente mantenuta, quasi si trattasse di
entit metafisiche, quella francese. Stando cos le cose, era necessario
che il romanticismo assumesse la forma di una rivolta e desse battaglia
allautorit costituita, come Napoleone allEuropa reazionaria. Questo
contrasto netto ha potuto essere sfumato quando la pi recente critica
francese ha scoperto nei grandi autori del Settecento ( Rosseau, Diderot
ecc.)presentimenti della rivoluzione romantica. Di conseguenza si apport
una lieve modificazione nella periodizzazione storico-letteraria: tra il
classicismo ed il romanticismo fu inserita lepoca del preromanticismo.
Partendo da considerazioni analoghe, la critica italiana ha identificato un
preumanesimo del XIII secolo. Leffettivo valore di questi ritocchi della
periodizzazione scarso: potrebbero riuscire utili, in alcuni casi, come
elementi pratici ausiliari, ma sono dannosi e fuorvianti se vengono usati
come ipotesi concettuali. Il quadro storico finisce col rimanere
grossolanamente distorto se lo sviluppo delle varie letterature europee
successive al 1500 viene rigidamente racchiuso entro uno schema fisso
che ha per unica sola base letteratura francese. Eppure, disgraziatamente,
la letteratura comparata francese ha innalzato questa erronea
interpretazione a dottrina ufficiale. Il sistema letterario francese si incrin
quando si scoprirono lInghilterra, la Germania, e lAsia. Nel 1850 Sainte-
Beive dichiarava che il tempio del gusto doveva essere ricostruito per
divenire il Panthon de tous les nobles humains. Fra gli accettati figurava
Shakespeare, le plus grand des classique sans le savoir (il pi grande fra i
classici, a sua insaputa), ma no Goethe: questi fu ammesso nel canone
solo nel 1858, quando Sainte-Beuve scrisse: Goethe grandi le Parnasse,
il tage, il le peuple chaque sation, chaque sommet (il parnaso ha due
vette), chaque angle de rocher; il le fait pareil, trop pareil peut etre,
au Mont serat de Catalogne(ce mont plus dentel quarrondi); il ne le
detruit pas ( Goethe allarga il Parnaso, vi crea due piani, lo popola ad
ogni tappa, ad ogni vetta, ad ogni angolo di roccia; lo rende simile forse
anche troppo simile al Mont Serrat di Catalogna ( che un monte pi
dentellato che rotondeggiante); non lo distrugge affatto. Ci che non
toglie Sainte-Beuve nei sui appunti : je ne me figure pas quon dise: Le
classique allemands ovvero: non posso concepire che si possa dire: i
classici tedeschi.
Il concetto di letteratura mondiale doveva spezzare il gi vacillante
canone francese. Sainte-Beuve percepiva il dilemma e non ne veniva a
capo. Da questultimo autore in poi, il sistema classico francese intorno al
Seicento si manifesta come resistenza alleuropeismo. Tale posizione
per, stata infranta da alcuni scrittori francesi degli ultimi decenni, per i
quali gli ampi orizzonti ed i molteplici aspetti dello spirito europeo sono
divenuti esperienza vitale, come per esempio per Valry Larbaud, il quale,
forse sar apprezzato nel suo pieno valore solo dalle prossime
generazioni. Egli nel suo discorso respinge lapplicazione di concetti
politici alla letteratura affermando: esiste una profonda differenza fra la
carta politica e quella intellettuale del mondo. La prima muta volto ogni
cinquantanni, coperta di divisioni arbitrarie incerte, ed i suoi centri di
maggiore influenza sono assai variabili. Per contro, la mappa intellettuale
si modifica con estrema lentezza, e le sue articolazioni presentano una
forte stabilit, dal momento che sono le stesse che figurano sulla mappa
del filologo, e non implicano lesistenza di nazioni o di potenze, ma solo
di aree linguistiche Esiste una triplice area centrale: franco-tedesco-
italiana, ed una cintura di aree esterne, vere e proprie marche:
scandinave, slave, romena, greca, spagnola, catalana, portoghese,e
inglese, le pi importanti delle qquali, per lantichit e per i loro immensi
prolungamenti oltre Atlantico, sono quelle spagnola ed inglese. Da
questa divisione Labaurd trae il programma di una politica spirituale che
elimini tutte le pretese di egemonia e si sforzi solo di facilitare e
accelerare linterscambio di valori spirituali.

6. AUTORI LETTI NELLE SCUOLE

Linsegnamento della grammatica comprendeva sia la lingua che la


letteratura. Fra gli autori che si studiavano nelle scuole medievali vi sono
scrittori sia pagani che cristiani; il Medio Evo non distingueva fra latinit
aurea ed argentea; il concetto di classicit gli era sconosciuto; tutti gli
autore erano, come tali, autorevoli di per s. In effetti alcuni autori come
Gualtiero di Spira, intorno al 975, leggeva a scuola Virgilio,
Omero( cio la cosiddetta Ilias latina, un rozzo riassunto scritto nel I
secolo d. C., in 1070 esametri), Marziano Cappella, Orazio, Persio,
Giovenale, Boezio, Stazio, Terenzio, Lucano; questa scelta non casuale,
ma normativa: ricorre come base di altre liste pi tarde; la lista degli
autori da leggersi a scuola venne sempre pi ampliata, ancora nel XIII
secolo. Corrado di Hirsau elenc nella prima met del XII secolo, 21
autori nel seguente ordine; 1. Il grammatico Donato, 2. Catone, il poeta
gnomico, 3. Esopo (raccolta di favole in prosa), 4. Aviano (42 favole
esopiche scritte intorno al 400) 5. Sedulio 6. Giovenco( compose nel 330,
una armonia di vangeli in versi); 7. Prospero dAquitania(mise in versi
nella met del V secolo , sentenze di Agostino) 8. Teodulo 9.
Aratore(poeta biblico del VI secolo) 10. Prudenzio( il pi raffinato dei
poeti cristiani) 11. Cicerone; 12. Sallustio, 13. Boezio , 14. Lucano, 15.
Orazio , 16. Ovidio ,17. Giovenale, 18. Omero, 19. Persio , 20. Stazio, 21.
Virgilio. Nello stesso elenco sono compresi come si vede scrittori
pagani( sono preferiti quelli della tarda Antichit) e scrittori cristiani,
senza seguire alcun ordine cronologico; dei classici figurano solo
Cicerone, Sallustio, Orazio, e Virgilio, ma il carattere classico di questi
quattro autori risulta sminuito dal raggruppamento con gli altri 15; il loro
valore calcolato quasi soltanto in base allefficacia dei loro
ammaestramenti morali. Cicerone, sebbene esaltato come nobilissimo
autore, viene apprezzato solo il Laelius e per il Cato Maior. Di Orazio si
consiglia solamente lArs poetica, mentre fra le opere di Ovidio sono
tollerate solo i Fasti e lEx Ponto, ma lArs amadi e le Metamorfosi sono
escluse. Giovenale e Persio al contrario dei precedenti vengono celebrati
perch avrebbero biasimato nelle loro opere i costumi corrotti dei
Romani. Corrado Hirsau siccome rappresenta la tendenza rigorista,
logico che di Terenzio ben conosciuto durante tutto il Medio Evo, egli
non faccia neppure il suo nome. Lelenco si questi 21 autori rappresenta
per il vecchio programma scolastico: venne poi adottato anche da
maestri di et posteriore, ma con notevoli ampliamenti. Un breve elenco
di autori letti nelle scuole sul finire del XII secolo fu pubblicato da
Haskins: vi si raccomanda lintera produzione di Orazio, compresi le Odi
e gli Epodi, allora generalmente poco studiati( anche per Dante, Orazio
essenzialmente un autore si satire). Di Ovidio sono ammesse la
Metamorfosi, e molto consigliati i Remedia Amoris. Il repertorio
ciceroniano viene ampliato con il De oratore, con il De officiis, con le
Tusculae e coi Paradoxa stoicorum. Agli altri autori elecanti si
aggiungono Simmaco, Solino con la descrizione del mondo, Marziale, e
Petronio , Sidonio, Svetonio, Seneca, Livio, Quintiliano ed altri: un punto
di vista dunque molto pi aperto rispetto a quello precedente. Non sono
per nominati gli antichi poeti cristiani, si pone invece laccento sugli
autori pagani, antichi e tardo antichi. Pi sistematica la serie di autori
presentataci da Eberardo il Tedesco nel suo poema didascalico dedicato
alla retorica e intitolato Laborintus. Si trova anche qui: 1. Catone, 2.
Teodulo, 3. Aviano, 4. Esopo, a questi moralisti segue al quinto posto, il
poeta ddella tarda latinit Massimiano; da notare che nel Medio Evo,
eclusi i rigoristi che rappresentavano una minoranza, i falsi pudori erano
meno frequenti che nellet moderna; in Massimiano si apprezzavano
soprattutto gli artifici retorici. Al sesto e al settimo posto della serie sono
le commedie Pamphilus e Geta; 8.stazio , 9. Ovidio, 10. Orazio,
11.giovenale, 12. Persio, 13. LAarchitrenius di Jean Hanville 14. Virgilio,
15. Lucano, 16 lAlessandreide di Gulatiero di Chatillon 17. Caludiano,
18. Darete, 19 la Ilias latina, 20. Sidonio, 21. un poema epico di crociate,
il Solimarius, 22 un poema didascalico di botanica attribuito ad Emilio
Macro 23. il Liber lapidum seu de gemmis di Marbodo di Rennes, 24. il
poema biblico allegorico Aurora di Pietro Riga 25. Sedulio , 26.
Aratore, 27. Prudenzio 28. Alano , 29. Il Tobias di Matteo di Vendome
30. il Doctrinale di Alessandro di Viledieu 31. La Poetria nova di
Geffroi de Visauf 32. Il Grecismus di Evardo di Bthune, 33. Prospero
dAquitania, 34 . lArs versificatoria di Matteo Vendome 35. Marziano
Cappella 36. Boezio 37. Bernardo Silvestre. Come si nota gli autori
tradizionalmente letti nelle scuole mantengono il loro posto: Catone,
Esopo,Aviano,Teodulo il gruppo dei primi poeti cristiani, le opere
principali della poesia romana. Si prediligono i poeti satirici romani, in
quanto censori del costume. interessante per notare che Sidonio e
Claudiano, considerati come autori esemplari dalla nuova poetica del
secolo XIII, siano accolti nella lista. Eberardo aggiunse poi una dozzina di
autori di questa poesia scolastica erudita: le principali opere della rinscita
dl XII secolo. particolarmente degno di nota che le nuove grammatiche
speculative, scritte in versi, di Alessandro di Villedieu e di Eberardo di
Bthune entrino in concorrenza con le grammatiche di Donato e di
Prisciano. Lordine cronologico come gi accennato non interessava
affatto, e neppure il raggruppamento per materie. Tutti gli auctores sono
importanti in parti misura e non hanno et. questa una caratteristica che
perdura per tutto il Medio Evo: non si fa differenza tra poesia augustea e
poesia tardo-antica, e nemmeno fra Teoddulo ed i primi poeti cristiani.
Col passare del tempo aumenta soltanto il numero degli auctores: nel
Registrum multo rum auctorum di Ugo Trimberg essi raggiungono il
numero di 80, con lesclusione dei prosatori. Accanto agli autore, si
utilizzavano inoltre i florilegi cio brani scelti di scrittori meno letti:
come Valerio Flacco, Tibullo, Gellio, Cesare,Macrobio ecc. Questo per
quanto riguardava gli autori letti nelle scuole. Ma i grandi studiosi
dellalto Medio Evo conoscevano ovviamente, anche altri autori.
Giovanni di Salisbury ad esempio apprezzava particolarmente Frontone e
Apuleio; leggeva inoltre Ignino, Seneca il Vecchio, Valerio Massimo,
Plinio il Vecchio, Frontini (scrittore militare del IV secolo), Floro, Gellio,
Eutropio, Ausonio, Vegezio, il compendio doovuto a Giustino dellopera
storica di Pompeo Trogo, Orosio, Macrobio. Ma egli utilzzava anche
autori non bene identificabili e non pervenuti fino a noi come per esempio
il De vestigiis et dogmatibus philosohorum di Virio Nicomaco Flaviano,
da questultimo tratto laneddoto secondo cui alcuni pescatori avrebbero
posto a Platone un facile quesito, ma egli non sarebbe riuscito a
rispondere con esattezza, e sarebbe perci rimasto tanto colpito da
morirne. La venerazione degli autore era, nel Medio Evo, tanto grande
che qualsiasi fonte o notizia veniva presa per buona poich il senso
storico e la critica non esistevano, si formavano cos, intorno agli antichi
scrittori, leggende svariate, fra le quali quella pi nota quella di
virgiliana. Stazio appare spesso citato con il soprannome di Surculus,
questo perch veniva confuso con un certo Stazio Ursulo, rtore gallo
citato da Girolamo. Come si sa, Dante ha fatto di Stazio un cristiano. Il
Medio Evo conosceva inoltre un epistolario fra Seneca e San
Paolo( falsificazione del IV secolo); una erronea lettura del nome A.
Gellius diede origine ad uno scrittore Agellius. Pi avanti durante il
Medio Evo vennero date delle interpretazioni allegoriche sia alla Bibbia
che agli autori profani, ritenuti sapienti o filosofi, secondo una
concezione che troviamo ancora operante in Dante. Peraltro ,
linsegnamento della grammatica e della retorica basta gi ad elevare gli
autori al grado di autorit. Dante stesso riteneva di dover sostenere
lautorit dellimperatore e della filosofia mediante unelaborata
etimologia del vocabolo auctor; ed ancora per secoli, dopo Dante, fu
mantenuta la maniera medievale di richiamarsi autore. Il poeta Francois
Villon, che pure riesce a toccare la sensibilit del lettore odierno, ritenne
opportuno, in una poesia del 1456, esordire con unapostrofe a Vegezio
Sage Romain, grant conseillier (saggio romano, gran consigliere), poich
quello scrittore iniziava una sua opera con linvito ad un lavoro accurato
e fedele; non ha perci importanza sapere se egli abbia letto Vegezio
nelloriginale oppure nella produzione francese di Jean de Meun. Il
medesimo Villon trasse dal Policraticus di Giovanni Salisbury lepisodio
di Alessandro e del pirata Dionide. La profonda ammirazione per gli
auctores dunque ancora presente. Limportanza degli autores incominci
ad essere scossa solo nel XII secolo; ci fu dovuto non solo
allaffermazione trionfale della dialettica ma anche alla ribellione dei
giovani contro linsegnamento scolastico tradizionale. Giovanni di
Salisbury nelle sue opere scende in lizza per controbattere le nuove
tendenze, deplorando che esse disprezzino gli autori, la grammatica e la
retorica. Se qualcuno apprezzava gli autore, ecco insorgere mormorii
contro di lui: che cosa vuole dire questo vecchio somaro? Perch se ne
viene con le sentenze e i fatti degli antichi? Noi cerchiamo la sapienza in
noi stessi; noi giovani non accettiamo gli antichi. Sembrano molto
familiari a noi simili frasi! Le conosciamo dalla scena di Faust, nonch
dai movimenti giovanili del xx secolo; la nuova vitalit della dialettica si
dimostr feconda quando la si applic alla filosofia ed alla teologia, come
fece Abelardo. Molti logici del XII secolo si limitarono invece alla
dialettica pura e semplice. Il mutamento radicale si ebbe solo con
lirrompere del nuovo Aristotele che apr la strada a scienze
sconosciute. Alla dialettica rimasta fino allora prevalentemente formale fu
affidato allora il compito di studiarne a fondo larticolazione concettuale.
Siamo dunque giunti alla rinascita del XII secolo. Come si presenta, in
questo periodo, linsegnamento medievale? Gi agli albori del secolo
sorgono pressi le cattedrali, nei centri urbani, numerose e fiorenti scuole
che acquistano man mano importanza sempre maggiore rispetto alle pi
antiche scuole monastiche dallalto Medio Evo. Ciascuna di esse diretta
da un canonico chiamato scholasticus dalla personalit del quale dipende
il grado di sviluppo della scuola; perci ora luna o laltra assurge alla
massima fama. In tutte le scuole si insegnano, oltre alle sette arti liberali,
la filosofia, rifiorita dopo Anselmo, e la doctrina sacra, corrispondente a
ci che pi tardi si chiamer teologia. Ma nel piano di studi lasciato
molto spazio alle tendenze personali ed alliniziativa dei maestri e del
direttore della scuola. Ad Angers, Meun, Tours si coltiva, ai primi del XII
secolo, specialmente la poesia, rlans, in pi, anche la grammatica e la
retorica. Gi da quellepoca, ed in misura crescente, Parigi richiamava
studiosi di ogni paese, non solo per la scuola cattedrale di Notre-Dame,
ma anche per quella Sainte-Genevive, dovee per un certo periodo
insegn Abelardo, e per il convento agostiniano di S. Vittore, centro di
teologia e di filosofia: qui si form litaliano Pietro Lombardo che vi
compose tra il 1150 ed il 1152 i libri quattuor sententiarium, sistema
teologico in cui le sentenze dei primi Padri Chiesa sono poste accanto a
quelle degli autori pi recenti: lopera fu presto usata come testo
scolastico e contribu a fare di Parigi la sede principale degli studi
teologici.
Tesina finale

Letteratura Italiana Prof.ssa Silvia Tatti

Mario Citroni e limportanza della parola classico

Mario Citroni un latinista italiano, formatosi presso la Scuola Normale Superiore


di Pisa. Ha insegnato Letteratura Italiana presso lUniversit di Firenze e lIstituto
Italiano di Scienze Umane a Firenze. Alcuni dei suoi studi si sono concentrati sulla
letteratura e costume nella cultura latina, sui processi di formazione dei canoni di
autori greci e latini e sui problemi di storia degli studi classici. Ha inoltre pubblicato
diversi testi riguardanti poeti latini, ma gli ultimi lavori si concentrano
principalmente sul tema della nascita, allinterno della letteratura latina e non, della
categoria classico. I due saggi, elaborati dallo stesso Citroni e presi in esame ai fine
della stesura della presente tesina, sono:

Gellio 19,8,15 e la storia di classicus;


I canoni degli autori antichi: alle origini del concetto di classico.

Allinterno di entrambi, lautore si soffermato principalmente sullanalisi e


sullimpiego della parola classico che, nel corso della storia, ha assunto una
complessit degna di nota presentando allo stesso tempo diverse problematiche
causate dalle traduzioni cos tanto simili tra di loro e presenti nelle differenti lingue
europee.

Il termine classico deriva dallaggettivo classicus ed stato proprio grazie alla


cultura latina se racchiude in s molteplici significati. In particolare Aulo Gellio 1
analizza, allinterno del passo 19, 8, 15, lespressione classicus scriptor riferita agli
affidabili/autorevoli scrittori.

1
Aulo Gellio, scrittore e giurista romano, vissuto nel II secolo e noto soprattutto per la sua
grande opera Noctes Acticae.
Uno dei significati pi noti calare (chiamare, in latino); proprio questo sarebbe il
primo significato, pur non essendo attestato in alcuno scritto. Calare potrebbe essere
un chiaro riferimento alla chiamata alle armi di tutti i cittadini e, solo
successivamente, tale termine cominci a designare tutti coloro che, in base alle loro
disponibilit economiche, venivano divisi in cinque classes, ove ognuna di essa
rappresentava una particolare capacit nel servire lesercito, dando loro la possibilit
di contribuire al meglio allo sviluppo dello Stato stesso. Con la suddetta ripartizione
della societ romana in cinque classi, stabilita da Servio Tullio 2, il termine classis
continu ad essere utilizzato per identificare le differenti classi sociali, nonostante
fosse oramai superata completamente la distinzione nellambito dellesercito. Dal
punto di vista prettamente militare il termine venne impiegato per definire
unicamente la flotta.

interessante notare che il riferimento alle classi scolastiche non era molto diffuso;
possiamo trovarne solo tre esempi in Quintiliano, uno in Giovenale e uno in Ennodio,
allinterno del quale tale termine si riferiva al discepolo (o studente):

classicus meus, cui proprium sine fraude servivit ingeniuni

Gellio afferma che classicus (classe sociale) era riferito ad un cittadino appartenente
alla prima classe; come sottolineato dei passi di Gellio, Frontone 3 utilizzava il
termine classicus per identificare gli scrittori di prima qualit. Tale termine potrebbe
anche essere considerato come traduzione diretta dellespressione greca inserito a
seguito di giudizio, utilizzato per identificare gli autori esemplari (uno dei
significati pi utilizzati attualmente). La differenza pi evidente tra classicus e
lespressione greca che il primo non pu essere considerato un tecnicismo del
linguaggio grammaticale e critico, al contrario del secondo. Bisogna aggiungere,
per, che uno dei calchi pi importanti di tale espressione quello inserito allinterno
della prima Ode di Orazio, nella quale il poeta manifesta la propria ambizione al
successo artistico, con il fine di essere inserito tra i grandi lirici:

2
Sesto Re di Roma che si dedico soprattutto ad opere di pace. Ognuna delle classi, che
costituivano la societa romana, contava un certo numero di centurie. Questo porto al
superamento totale dellantico ordinamento gentilizio.
3
Oratore romano, vissuto nel II secolo.
Quodsi me lyricis vatibus inseres, sublimi feriam sidera vertice

Tornando al termine classicus in riferimento alle classi sociali, secondo il passo 6, 13


di Gellio, in merito allorazione a sostegno della Legge Voconia4 di Frontone,
sappiamo che erano definiti classici solo quegli uomini che rientravano allinterno
della prima classe e non quelli che racchiudevano in s le caratteristiche delle cinque
classi. Al contrario, gli infra classem erano tutti gli individui appartenenti alle altre
quattro classi, in quanto meno abbienti. Questa affermazione per non sta a
significare che classicus era riferito solo agli appartenenti della prima classe, e infra
classem agli appartenenti alle restanti; difatti come afferma Gellio stesso, questi
termini non erano pi utilizzati nella contemporaneit dellautore e per tanto non
erano pi compresi dal popolo.

Classici dicebantur non omnes, qui in quinque classibus erant, sed primae tantum
classis homines, qui centum et viginti quinque milia aeris ampliusve censi erant.
Infra classem autem appellabantur secundae classis ceterarumque omnium
classium, qui minore summa aeris, quod supra dixi, censebantur. Hoc eo strictim
notavi, quoniam in M. Catonis oratione, qua Voconiam legem suasit, quaeri solet,
quid sit classicus, quid infra classem.5

A supporto di questa tesi spicca il fatto che Quintiliano, pochi decenni prima di
Frontone, utilizzava ordo per indicare autori eccellenti, ma non classis o un suo
derivato:

Idem nobis per Romanos quoque auctores ordo ducendus est.

4
I cittadini, appartenenti alla prima classe, non potevano istituire erede una donna, anche se
questa era l'unica figlia.
5
Classici venivan detti non tutti coloro che erano divisi nelle cinque classi, ma soltanto quelli
della prima classe, che cioe erano censiti per un possesso di centoventicinquemila assi o piu .
Eran detti infra classem quelli che appartenevano alla seconda o alle altre classi, e che erano
censiti per una somma inferiore a quella detta sopra. Ho ricordato brevemente questo, perche
nellorazione di Marco Catone In favore della legge Voconia si vuole ricercare la differenza tra
classicus e infra classem.
Le teorie di Gellio trovano conferma allinterno di un altro studioso: Festo6. Questi
aveva creato un dizionario nel III secolo d.C. e aveva designato con infra classem
tutti coloro che appartenevano a classi sociali pi basse rispetto alla prima. Ci che
bisogna per sottolineare che questidea si ricollega probabilmente ad una prima
attestazione secondo la quale classis (la prima) era solo ed esclusivamente linsieme
degli individui chiamati alle armi e che avevano quindi la disponibilit economica
per provvedere alle spese per lattrezzatura militare. Al contrario gli infra classem
rappresentavano la classe costituita da tutti quei cittadini di rango inferiore che, data
la scarsa disponibilit economica, ricoprivano dei ruoli marginali. Da questultima
analisi si comprende appieno che originariamente classis, militarmente intesa, si
riferisse ai cittadini-soldati e che solo dopo sarebbe subentrato il riferimento al
sistema delle classes. Questidea ha rappresentato, durante lOttocento, un
importante punto di riferimento nellintento di ricostruire le origini del sistema della
suddivisione in classi di Servio Tullio.

In Catone limpiego di classicus in riferimento al sistema delle classi sociali era


inevitabile, nonostante fosse gi stato eliminato nella societ: i classici non erano
nientaltro che gli eredi della classis dei cittadini-soldati.

Citroni tende spesso a sottolineare lintento di Gellio di mettere in guardia i lettori


dal commettere un errore molto comune: definire classici tutti gli individui
appartenenti alle classes, concetto non presente in alcuno scritto. Gli studiosi di
Gellio e dellespressione scriptor classicus hanno supposto che appartenente a una
qualsiasi delle cinque classi fosse il significato proprio e originario e che
appartenente alla prima delle cinque classi non sia nullaltro che un uso successivo
presente solamente in Catone - della suddetta espressione. In questo modo viene
tralasciato il senso principale di appartenenza alla classe pi alta della societ.
Appartenente a una qualsiasi delle cinque classi una fonte di Verrio Flacco 7 che gi
al suo tempo non era pi molto usata:

6
De verborum significatu
7
Grammatico romano, vissuto nel periodo augusteo. E conosciuto come uno dei piu rinomati
maestri di grammatica, tanto da ottenere il privilegio di istruire i nipoti dellimperatore Augusto.
Erano detti testimoni classici (classici testes) quelli che venivano utilizzati per la
firma dei testamenti.

Quello che bisogna sottolineare per che a Roma non vi erano dei requisiti ben
precisi di censo per testimoniare tale capacit era riconosciuta, in realt, a tutti gli
individui il cui censo era ancor pi basso a quello richiesto per rientrare nella quinta
classe. Se analizziamo in profondit questo significato, possiamo notare che
classicus non pu essere quindi riferito n ai membri della prima classe, n
tantomeno ai membri delle altre classi. Il senso di tale termine, in Flacco, risiede
nelle capacit del singolo individuo di testimoniare allinterno dei testamenti con
piena qualificazione, come viene affermato dallo stesso Citroni. I cittadini ritenuti
idonei come testimoni per un testamento erano definiti pertanto classici perch dotati
di una piena qualificazione (di affidabilit).

Gellio analizza laffermazione di Frontone:

Ite ergo nunc et, quando forte erit otium, quaerite, an "quadrigam" et "harenas"
dixerit e cohorte illa dumtaxat antiquiore vel oratorum aliquis vel poetarum, id est
classicus adsiduusque aliquis scriptor, non proletarius.,

una metafora non lessicalizzata e che pertanto ha bisogno di ulteriori termini per
essere compresa al meglio. Tale metafora afferma quindi che quadriga si usa
correttamente solo al plurale mentre harena solo al singolare, sostenendo inoltre che
non vi sono eccezioni allinterno di autori classici. evidente come il classicus,
presente in questo estratto, si riferisca agli autori di prima qualit e appartenenti
quindi alla prima classe. Alcuni studiosi credono, contrariamente a Gellio, che
classici si riferisca pi propriamente alinsieme di tutti i cittadini, intesi come
appartenenti alle cinque classi. Questa tesi legata allutilizzo del termine classicus
con adsiduus8, con il quale Cicerone indica tutti coloro che sono tenuti al
pagamento dei tributi in quanto appartenenti a una delle cinque classi. Classicus
invece contrapposto a proletarius, che indica tutti i cittadini al di sotto della quinta
classe. Inoltre, in Cicerone, lespressione quintae classis9 ha una connotazione

8
Contribuente, in quanto benestante e, per tanto, affidabile.
9
Cicerone definisce di quinto ordine alcuni filosofi: Crisippo e Cleante
estremamente negativa, in quanto le classi furono aumentate e il requisito
economico, per entrare a far parte della quinta ed ultima di esse, fu ridotto. Affinch
si possa mantenere il valore elogiativo celato dietro la metafora frontoniana,
giustificando di conseguenza la vicinanza con adsiduus e la distanza che lautore
vuole prendere da proletarius, bisognerebbe attribuire al termine classicus il
riferimento alle classi sociali, specificando lappartenenza alla prima e pi
importante, quella dei cittadini-soldati.

In Catone, se si prendesse in considerazione il termine classicus con il valore di


primae classis, proletarius tradurrebbe il senso di infra classem mentre adsiduus
assumerebbe il significato di individuo con una certa stabilit economica. Possiamo
quindi notare che il termine classicus e i termini che lo affiancano hanno assunto
significati differenti in base allevoluzione della societ; inoltre, affinch si possa
trovare un riferimento alla condizione sociale, si pu affermare che lo scriptor
classico solo se autorevole, esattamente come i cittadini della classe pi elevata
della societ.

Lultima variante di classicus durante il Medioevo, la troviamo allinterno di un


passo di Arnobio10: smettere di collocare luomo tra i classici, dato che un
proletarius, e tra i primi ranghi, dato che registrato come nullatenente. Come
possiamo notare la tecnica sempre la stessa: si gioca sullopposizione di classici
con proletari e sul parallelo con ordinibus primis, esattamente come gi trovato in
Gellio. Ed proprio per questo che possiamo affermare che molto probabilmente il
significato presente nelloratore pagano era lo stesso presente anche in Gellio. In
questultimo troviamo il concetto in maniera estremamente chiara, prima ancora di
introdurre il termine classicus, affinch non vi sia alcun tipo di ambiguit nel
momento in cui si parli di cohors antiquior degli oratori, attraverso il quale lautore
stesso anticipa limmagine identica della classis a cui faceva riferimento il termine
classicus. Inoltre, affianca due termini completamente opposti adsiduus e non
proletarius affinch potesse essere perfettamente interpretato luso del classicus in
questione.

10
Oratore pagano, vissuto nel IV secolo e convertitosi solo in tarda eta e offrendo, come prova
della sua conversione, i sette libri Adversus nationes al vescovo
Come gi detto in precedenza, il significato di classicus frontoniano viene ricondotto
ad unespressione greca (inserito a seguito di giudizio, pag.2) che, normalmente ed
erroneamente, viene collegata al latino come se fosse usata nello stesso momento in
cui a Roma si utilizzava il termine classicus. Le attestazioni, per, ci portano a
pensare il contrario, in quanto appartenenti quasi tutte alla et bizantina e tutte in
riferimento al canone dei dieci oratori attici11. Molto probabilmente lespressione
era gi in uso nel momento in cui il suddetto canone fu creato, ma il problema pi
grande sorge nel momento in cui si vuole datare luso di tale termine non essendo in
possesso della datazione del canone. Infatti in molti credono che questo sia
successivo al II secolo a.C. mentre, dal punto di vista storico, possiamo contare sulla
presenza di un trattato avente come oggetto il canone dei dieci oratori ed elaborato da
Cecilio di Calatte intorno alla fine del I sec. a.C. Di conseguenza, possiamo
affermare che il canone doveva essere stato creato precedentemente, dal momento
che si presenta nellautore come oggetto di analisi.

Lespressione greca, alla quale si ricollega classicus, viene utilizzata anche da


Platone. Egli fa riferimento ai racconti o brani musicali selezionati dai reggitori
prima di essere diffusi12 senza per implicare una particolare gerarchia tra questi
testi.

Ritornando al nesso con il canone dei dieci oratori, bisogna certamente sottolineare
il fatto che si tratti di scrittori appartenenti ad una particolare lista (quella dei dieci
oratori) e che pertanto rappresenti una lista chiusa; essa un chiaro riferimento a una
tipologia di liste condotte con un criterio di selezione inflessibile, la quale consentiva
di mettere in risalto gli autori di supremo prestigio13, ovvero tutti quegli scrittori
che avevano creato opere rappresentative in relazione al proprio genere letterario.
Questa visione entra completamente in conflitto con il significato che abbiamo
analizzato sia in Frontone, quello dei cittadini-soldati a cui era associata lidea di
qualit e piena autorevolezza, sia in Gellio, in cui classicus faceva riferimento a

11
Canone Alessandrino di Aristofane di Bisanzio e Aristarco di Samotracia, del V-VI secolo a.C.
12
Citroni Mario, Gellio 19,8,15 e la storia di classicus, in Materiali e discussioni per lanalisi dei
testi classici, p. 196.
13
Citroni Mario, Gellio 19,8,15 e la storia di classicus, in Materiali e discussioni per lanalisi dei
testi classici, p. 197.
unampia schiera di scrittori. Questo accade perch il senso attribuito dai due autori
al classicus scriptor indica una lista estesa: si tratta dellinsieme (coorte) degli autori
autorevoli e/o affidabili solo ed esclusivamente dal punto di vista della correttezza
linguistica o anche grammaticale e che posseggono quindi una responsabilit
inferiore; lidea del chiuso o del ristretto viene ricollegata al solo fatto di
appartenere ad un gruppo di autori antichi (antiquiores) ed eccellenti, senza alcun
intento di creare liste vincolanti e rigidamente chiuse. In conclusione, come sostenuto
da Citroni stesso, il significato celato dietro il classicus in Frontone era estremamente
diverso da quello dellespressione greca, distanziandolo nettamente dallidea di
esclusivit. In Gellio e, di conseguenza, in Frontone tale significato diventa sempre
pi forte nel momento in cui cominci ad essere utilizzato in ambito ecclesiastico.
Ci avvenne attraverso la diffusione e limpiego avvenuta per mano dei teologi che,
nel corso del tempo, cominciarono ad essere identificati come massime autorit,
essendo la loro parola carica di importanza e forza14.

Nel corso del Medioevo, le liste degli autori furono notevolmente allargate, senza
alcun tipo di differenza tra epoche e generi differenti: gli autori vengono visti come
esempi grammaticali ma soprattutto morali.

Dopo Gellio, il termine classicus non fu pi utilizzato per tutto il resto del Medioevo,
ma fu ripreso solo a partire dal tardo Quattrocento, per poi affermarsi definitivamente
nei secoli XV e XVI. Molti critici pensarono che la prima attestazione dopo quella
del giurista fu quella di Melantone15 che defin Plutarco classicus auctor,
rivendicandone cos il pregio. Melantone inoltre sosteneva la necessit di
selezionare, tra gli autori greci, gli optimae notae classici.

Un ulteriore esempio, risalente al 1512, afferma che classici scriptores sia un


riferimento agli autori di maggior prestigio nel mondo greco e latino. Pfeiffer 16, lo
studioso che aveva segnalato questa attestazione, aveva affermato che il termine
antico appartenesse alla cerchia di Erasmo, precisamente in un testo datato 1528 e
scritto da un suo corrispondente spagnolo. Unulteriore presenza del termine venne

14
Tatti Silvia, Classico: storia di una parola, Roma, Carocci Editore, 2015.
15
Melantone Filippo, umanista e riformatore tedesco, si dedico allo studio dei classici e
soprattutto di Aristotele.
16
Filologo classico tedesco , si e interessato in particolar modo alla poesia greca e
allumanesimo. Una delle sue opere piu importanti e Humanitas Erasmiana.
individuata nel 1509 da Peter Schmidt, allinterno della quale classici si riferiva agli
scrittori antichi visti da un punto di vista generale.

stata per Silvia Rizzo 17 a dare il contributo pi importante alla modernit del
termine, riscontrando due esempi uno del 1496 e laltro del 1500 in Filippo
Beroaldo il Vecchio18, il quale usa precisi riferimenti a Gellio (il recupero, dunque,
del termine classicus). Egli fa riferimento, nel 1496, ad un uso puramente linguistico
affermando che nessuno, tra gli scriptores classici19, usava pi quel termine:

Non Livius, non Quintilianus, non Plinius, non Celsus, non quispiam ex illa cohorte
scriptorum classicorum hoc vocabulum usurpant.

Invece, nel testo redatto nel 1500, Beroaldo sostenne che Fulgenzio era un autore
meschino e che quindi non poteva essere considerato come un classicus:

Inter proletarios minutosque scriptores magis quam inter classicos enumerandum.


20

Beroaldo, dedicatosi al recupero del lavoro di Gellio, considera quindi classici tutti
quegli autori con particolari qualit e tutti coloro che appartenevano alla tarda
antichit.

Il classicus di Frontone e di Gellio non presenta, come si pu notare dallanalisi


appena conclusasi, la complessit del termine moderno e non designa una tipologia
privilegiata, come si potrebbe contrariamente pensare. Classicus aveva inizialmente
un valore valutativo e riferito ad un prestigio, se cos pu essere definito, generico.
Oggi, al contrario, ha unenfasi maggiore in ambito letterario e artistico, con
riferimenti ad autori del passato e che di conseguenza presentano un prestigio
consacrato nel tempo.

17
E stata docente di Filologia della letteratura italiana presso le universita di Perugia e di Roma
La Sapienza.
18
Umanista che pubblico diversi commenti su piu di venticinque autori classici, tra i quali
spiccano i nomi di Aulo Gellio, Cicerone, Cesare e Plutarco.
19
Coorte di scrittori classici, in particolar modo con riferimento a Livio, Quintiliano, Plinio e
Celso.
20
Contrapposizione tra scrittori classici e scrittori proletari.
Per quanto riguarda lanalisi affrontata allinterno del saggio I canoni di autori
antichi: alle origini del concetto di classico, essa si incentra soprattutto sulla
suddivisione dei generi letterari21. Questi, come sostenuto da Citroni, trovano il loro
fondamento nelle teorizzazioni di epoca rinascimentale. Infatti, la definizione di
genere letterario stata uno dei temi pi affrontati e controversi di tutto il
Rinascimento. In questo periodo fu analizzata la Poetica di Aristotele, opera nella
quale il filosofo si concentr sullanalisi della tragedia e dellepica, ma anche su
Platone, il quale fu il primo ad introdurre una distinzione, anche se primitiva, tra
genere narrativo22, misto23 e mimetico24.

Lidentificazione delle opere letterarie, intese come appartenenti ad un particolare


genere letterario, pu essere difficile in quanto le concretizzazioni di ognuno di esso
possono cambiare nelle diverse epoche storiche. Solo quelle stabili, e considerate
quindi continuative, sono riconosciute come opere di particolare prestigio e di
conseguenza come modelli perfetti da seguire. Queste posso essere definite
classici, pur non riuscendo ad avvicinarsi in pieno allessenza stessa del concetto di
classico. Linsieme di tutte queste opere pu essere considerato come un repertorio,
contenente le diverse caratteristiche identificative di tutti i vari generi. Questi ultimi
non possono quindi essere considerati come un semplice insieme di regole, perch
risulterebbe abbastanza riduttivo; pi opportuno pensare ad essi come una maniera
pi complessa per esprimere la visione del mondo, in maniera artistica. Di
conseguenza, le opere che riteniamo rappresentative sono tutte quelle che hanno
saputo esprimere artisticamente al meglio un genere e la visione del mondo ad esso
appartenente; gli autori invece sono considerati come i massimi creatori. Classico
un termine riconducibile al mondo latino grazie allespressione autori eccellenti
(Gellio 19,8,15). Questo per non assicura il fatto che classicus fosse utilizzato solo
in quel contesto; infatti non possiamo utilizzare questa parola senza considerare i
significati che nel tempo, nel corso dei dibattiti, sono stati creati (si prenda in
considerazione il dibattito classico romantico): si deve sempre quindi tenere in

21
Categoria della scrittura letteraria, da considerare come concetto mobile e molto suscettibile
ai cambiamenti, reinterpretazioni.
22
Genere proprio del nomo e ditirambo (forma di lirica corale).
23
Genere comprendente lepopea.
24
Genere drammatico che comprende la tragedia e la commedia.
considerazione il concetto moderno, come con qualunque altro concetto culturale e/o
artistico.

Importante per lanalisi del concetto del termine la polemica classico-romantica.


Essa rappresenta uno dei momenti pi importanti del panorama letterario che ebbe
inizio con la pubblicazione di un articolo25 redatto da Mme de Stal, intellettuale
francese, nel gennaio del 1816 sulla rivista Biblioteca italiana. Lautrice aveva
introdotto nei paesi latini le teorie sviluppatesi in Germania criticando, per, la
letteratura italiana caratterizzata soprattutto dallamore per la mitologia classica e
perch priva di interesse nei confronti del dibattito europeo. I principali punti di
scontro tra classicisti e romantici riguardavano: limitazione26, i temi e la lingua. Per
quanto riguarda limitazione, se da una parte i classicisti ne esaltavano luso nei
confronti degli autori dellantichit, dallaltra i romantici prediligevano loriginalit,
seguendo lesempio degli autori moderni. I classicisti utilizzavano temi a carattere
mitologico, mentre i romantici quelli moderni, definiti pi interessanti. La lingua
scelta dai classicisti era aulica, quella propria della tradizione del passato, mentre
quella dei romantici era fondata sulluso comune. Il romantico si interroga in maniera
antinormativa sul tema della letteratura e della poesia, che risulta essere introspettiva
e concernente lignoto e lindeterminato, e su quello dellarte in generale; il classico
invece ha come idea centrale lidea che la poesia non debba essere ricollegata a
concetti intellettuali, n intrisa di sentimenti ma al contrario deve essere lo specchio
della virtus antica, da momento che il classicista vede nel mondo antico la
rappresentazione di una civilt perfetta.

Una parte del pensiero di Mme de Stal, in merito a ci che stato appena illustrato,
riportato nellincipit dellarticolo Sulla maniera e la utilit delle traduzioni:

Trasportare da una ad altra favella le opere eccellenti dellumano ingegno il


maggior benefizio che far si possa alle lettere; perch sono s poche le opere perfette,
e la invenzione1 in qualunque genere tanto rara, che se ciascuna delle nazioni

25
Sulla maniera e la utilit delle traduzioni.
26
Imitatio, concetto di imitazione, fa riferimento alla ripresa totale di forme e stili esemplari
degli autori antichi. E il recupero mnemonico della pienezza e perfezione degli antichi. Si
sviluppa, cos, nel Rinascimento larte della memoria.
moderne volesse appagarsi delle ricchezze sue proprie, sarebbe ognor povera: e il
commercio de pensieri quello che ha pi sicuro profitto[]

Ritornando al nostro argomento, classico racchiude in s due significati ben diversi e


che rendono la definizione del concetto stesso estremamente complessa. Da una parte
quello assiologico27, attraverso il quale definiamo classica lopera eccellente e che
ha avuto un riconoscimento consolidato nel tempo; dallaltra quello tipologico28,
secondo il quale consideriamo classica quellopera che presenta delle
caratteristiche ben precise, riconducibili ad una particolare era.

I principali caratteri formali dellepoca classica che sono utilizzati per lassegnazione
delleccellenza tipologica sono: equilibrio, armonia, naturalezza e compostezza; nel
corso del tempi tutti questi parametri stilistici sono stati messi in discussione dalle
diverse correnti artistiche, mutando ed evolvendosi senza poter essere definiti con
precisione. Proprio per questo motivo, se il termine classico viene considerato dal
punto di vista del significato tipologico artistico, si nota che questa attribuzione di
eccellenza pu risultare arbitraria; al contrario, per quanto riguarda il significato
assiologico unopera potrebbe essere considerata eccellente, pur non essendola dal
punto di vista della sua tipologia formale.

Come gi detto, non esistono attestazioni delluso del termine classico per tutta la
tarda antichit e per questo Citroni sostiene che classicus sia rinato solo nellet
rinascimentale come se fosse in realt un recupero delluso di Frontone.
Questultimo, insieme a Gellio, come gi specificato in precedenza, credeva in un
uso pi ampio ma allo stesso tempo pi chiuso del termine, in riferimento agli
scrittori di prima qualit. Tale significato risulta quindi identico, dal punto di vista
assiologico, al concetto moderno di classico. Infatti, tutti coloro appartenenti a questa
lista rappresentano e garantiscono le forme corrette dellespressione linguistica.
Laggettivo chiuso quindi non sta a significare che il gruppo inteso da Gellio e
Frontone fosse selezionato dal punto di vista della capacit artistica, ma pi che altro

27
Relativo allassiologia, si riferisce ad una scala di valori.
28
Relativo alla tipologia, si riferisce ai metodi e criteri tipologici di una determinata opera.
che comprendesse autori appartenenti allantichit, ovvero quegli autori latini non
pi recenti.

Per riuscire a comprendere quanto il concetto moderno di classico si sia diffuso


bisogna prendere in considerazione Gellio e il suo celebre passo, ma non solo.
necessario infatti analizzare lampio passato della cultura greca, ritornando quindi a
scriptores classici e alla sua derivazione dallespressione greca. Questa farebbe
riferimento agli autori inseriti in una lista redatta sulla base di un giudizio di valore.
Tale concetto presenta in questo modo una particolare vicinanza con quello moderno
di classico.

Attorno al 504 a.C. si comincia a sentire la necessit di definire il termine canone e


questo fu reso possibile grazie alla creazione delle biblioteche. Questo termine ha un
legame, che per alcuni aspetti si pu definire stretto, con classico in quanto si
riferisce ad un corpus di regole e come tale alle liste degli autori eccellenti. Pur non
essendo in principio definite canoni, queste liste avevano come proposito quello di
canonizzare in maniera definitiva determinati elementi. Questo processo di
canonizzazione ha per favorito la riduzione arbitraria della eterogenea e composita
cultura classica, che ovviamente comprende opere di varia natura, a una tipologia
unitaria e omogenea e si rispecchia falsamente in unidea di perfezione e di
conformit che non tiene conto di tutte le varie componenti della cultura antica 29.
Pi che classico, il classicismo che presenta una relazione pi profonda con il
termine canone. Questo perch, come sostiene lo studioso Nicolai 30, canone un
concetto troppo rigido e statico per poter rappresentare a pieno la fluidit e il
dinamismo di classico; classicismo, daltra parte, non nullaltro che unidea pi
normativa del primo.

Lidea delle liste molto importante in Grecia e a Roma, esse incidono sul sistema
letterario del tempo e sono state create per dominare in maniera pi diretta la
tradizione. Molti autori, tra i quali troviamo Quintiliano e Orazio, ci fanno notare che
29
Tatti Silvia, Classico: storia di una parola, Carocci Editore, Roma, p. 84.
30
Roberto Nicolai si laurea presso lUniversita di Roma La Sapienza e attualmente ricopre la
carica di vicepreside della Facolta di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche, Studi Orientali. Ha
pubblicato diversi studi sulla letteratura storica e geografia greca, come La storiografia
nelleducazione antica (1992).
tali liste erano divise per genere. La corrente ellenistica 31 aveva creato diversi modi
per una migliore suddivisione delle liste: un catalogo degli autori e delle opere che
erano conservate nella biblioteca di Alessandria o anche lindividuazione di un
determinato genere, per poi creare successivamente una bibliografia con i profili
dei suoi massimi rappresentanti. Due tipologie di ordinamento completo che
trattavano gli autori noti e che pertanto non possono essere considerate come un
mero elenco di nomi. La maggior parte delle liste erano brevi; vi erano nomi degli
autori pi importanti, ossia di tutti quegli autori che avevano segnato unepoca e che
rappresentavano particolari generi letterari.

Ulrich von Wilamowitz, filologo tedesco interessato soprattutto alla cultura greca,
aveva sviluppato una tesi, oggi non considerata cos valida, secondo la quale queste
liste, pur essendo brevi, erano complete ed esaustive. Lo studioso in questione, a sua
volta, si opponeva ad unaltra tesi, anchessa considerata non pi valida: questa
affermava che i grammatici alessandrini erano stati coloro che avevano fissato le liste
normative di autori importanti e dei loro relativi generi. Quello che bisogna
affermare per che questo processo ebbe una propria autonomia.

Quintiliano dedica la propria rassegna sugli autori greci e latini a tutti coloro che
hanno il desiderio di formarsi secondo uno stile oratorio. Lautore inserisce per
anche scrittori appartenenti ad unet pi recente. Questa lista, inserita allinterno di
un trattato scolastico, risulta essere una lista aperta che ha quindi la possibilit di
essere ampliata con ulteriori nomi, pi o meno rilevanti, che rappresentano uno
strumento per la formazione del lettore/studente. Si pu notare che la rassegna di
Quintiliano presenta una struttura pi complessa rispetto a quelle tradizionali. Egli
inserisce autori pi recenti, tra i quali spiccano nomi di autori contemporanei ma in
numero inferiore rispetto ai nomi appartenenti al canone augusteo e al primo
ellenismo. In questo modo Quintiliano voleva restare lontano dal commettere lerrore
di trasformare la propria lista in un mero catalogo da biblioteca:

Sunt et alii scriptores boni, sed nos genera degustamus, non bibliothecas
excutimus.32
31
Periodo della storia greca che va dalla morte di Alessandro Magno alla battaglia di Azio (31
a.C.). In questo periodo vi e la totale diffusione della lingua e della cultura greca in tutto il
mondo.
32
Quintiliano, Istitutiones, Liber X.
Come sostiene Citroni, un autore acquisisce nel tempo un particolare prestigio
attraverso un processo storico sempre diverso e pi difficile da ricostruire. La stesura
delle liste si presenta con uno svolgimento sul quale vale la pena soffermarsi. Esso fu
inizialmente eseguito dai grammatici alessandrini, come gi pi volte affermato;
inoltre, anche la stessa produzione letteraria latina venne ordinata per canoni che
riprendevano perfettamente quelli greci che, con il passare dei secoli, si erano
consolidati e diventati di conseguenza modelli. Per questo motivo, molti tra gli
scrittori latini cercavano di raggiungere quelleccellenza in un particolare genere, non
ancora completo, cercando sempre di emulare le eccellenze greche. Il redigere le liste
si pu considerare come un atto di canonizzazione, nel senso che le norme e i valori
morali trascritti venivano fissati per sempre. Perch risulta importante creare queste
liste? Perch si sente la necessit di comparare autori e opere appartenenti ad epoche
diverse e per avere un quadro ben definito e comune di tutti quei testi che verrebbero
utilizzati allinterno della scuola, ancora non ben organizzata e omogenea. La
principale motivazione per in ambito concettuale: dominare unintera tradizione
letteraria in maniera perfetta, individuandone i maggiori punti di riferimento. Per
questo, uno degli aspetti che veniva sempre tenuto in considerazione era quello che
faceva riferimento ai numeri significativi della cultura greca, e in seguito di quella
latina, come il 3, numero delle Grazie e il 9, numero delle Muse. Ed era proprio per
questa ragione se le opere teatrali, come la tragedia o la commedia, erano create
sempre con lo stesso numero di atti (tre o nove).

Importante collegamento allelaborazione di tali liste lidea aristotelica,


estremamente vicina alla concezione moderna, secondo la quale ogni genere ha una
propria natura, e seguita a maturare attraverso un lungo processo che lo porta fino
alla realizzazione massima della natura stessa. La critica ellenistica fu influenzata da
Aristotele nel tentativo di individuare i vari canoni dei vari autori che appartenevano
ai differenti generi; tutti gli scrittori inseriti allinterno delle liste avevano la
possibilit di essere ricordati per sempre, contrariamente a quelli precedenti, i quali
erano destinati a scomparire. Per Aristotele, come leggiamo allinterno della sua
Poetica, raggiungere la pienezza di un genere, non significava necessariamente
linizio della decadenza del suddetto genere, ma al contrario dava la possibilit agli
autori successivi, gli autori del futuro, di poterne riprodurre tutte le caratteristiche
creando, di conseguenza, opere perfette, rispecchiandone lessenza alla perfezione.
Aristotele aveva dato fondamento alla perfezione artistica e aveva notato una
connessione tra questa eccellenza e alcuni tratti tipologico-formali: come lunitariet
dellopera e la connessione naturale di tutte le sue parti. Egli aveva creato le basi
della classicit, sia sul piano tipologico che su quello assiologico. Aristotele aveva
studiato ogni singola opera definita eccellente, per riuscire a comprendere cosa
lavesse resa tale, pur sapendo di analizzare una realt estremamente complessa.
Analizzando a fondo quella realt, ha dato una risposta a tutte quelle esigenze
estetiche appartenenti a ogni tempo. Questo lo si pu affermare dal fatto che, se egli
non fosse riuscito nel suo intento, tutti i classicismi, aventi come modello di
riferimento la classicit, non avrebbero potuto ripresentarsi nelle varie epoche. Tutta
la letteratura, che si sviluppa dopo le teorizzazioni del filosofo, non si avvicina
minimamente a quella idea di organicit che Aristotele aveva fatto sua; ma al
contrario, vengono iniziate una serie di innovazioni, pi o meno opposte tra loro che
hanno come unica idea quella di riconoscere leccellenza antica e la sua superiorit.
Proprio per questo si tentano diverse strade per quanto riguarda i rinnovamenti,
perch si arriva alla consapevolezza che per cercare di avvicinare la perfezione
classica (ormai gi raggiunta pienamente), gli autori hanno bisogno di uscire fuori
dagli schemi e di azzardare.

La cultura ellenista si distacc dallidea di riprendere le idee dei propri predecessori,


in quanto credeva che in qualche modo gli autori appartenenti ai generi tradizionali
avevano gi detto tutto ci che potevano dire, riguardo quella specifica visione del
mondo. Proprio questa sua attitudine le diede la possibilit di innovarsi, da un punto
di vista artistico, giungendo allidea che il passato, e la letteratura ad esso
appartenente, era solo il punto di inizio da dove poter cominciare a muovere i primi
passi per raggiungere nuove conquiste espressive. In questo modo le liste canoniche
furono considerate chiuse, in quanto gi conclusa lepoca irripetibile della cultura
greca; gli autori che avevano concretizzato efficacemente le caratteristiche della
natura del proprio genere di appartenenza furono ricollegati allimmenso prestigio
greco scriptores classici.
Durante il Rinascimento, tutti gli autori greci e latini e le loro produzioni furono
contrapposti alle produzioni ad essi successive, quali quelle appartenenti al
Medioevo, al Barocco33, al Romanticismo, in quanto rappresentavano il
modello assoluto di qualit formali e definite classiche, come armonia, naturalezza,
equilibrio, contenuti sublimi. Tutto questo senza tenere conto di semplificare, e in
parte di deformare, la complessit di tale produzione. I tragici sono stati definiti
emblema della classicit, essendo stati presi in considerazione solo determinati
elementi. Qualora in queste opere fossero stati privilegiati altri aspetti, probabilmente
riconducibili ad altri correnti culturali, sarebbero potute risultare barocche o
addirittura romantiche.

Dal punto di vista estetico, si crede che esistano molti criteri sconosciuti utilizzati dai
grammatici alessandrini, in base ai quali decisero di inserire o escludere determinati
autori dai loro canoni, tralasciando ovviamente il fatto che bisognava tenere conto in
primis del prestigio che quel particolare autore aveva a quel tempo. Oggi, per, ci si
sofferma maggiormente sui criteri di giudizio aristotelici, quali la coerenza interna
dellopera presa in esame o lorganicit di essa; bisogna tener conto per del fatto
che, nellet che segue Aristotele, la letteratura analizzata non prende in
considerazione i principi aristotelici ma vengono utilizzati elementi differenti ed
innovativi.

Non si sa con certezza quando precisamente si sia cominciata a manifestare la


consapevolezza del bisogno di ritornare ad unepoca preellenistica. Probabilmente
quando viene dato inizio a quel particolare movimento culturale che esalta lideale
attico, di semplicit stilistica, e che rifiuta le forme asiane, definite troppo
lussureggianti. In et augustea, Dionigi di Alicarnasso associa alle caratteristiche
principali dellepoca classica, di equilibrio, simmetria e armonia, i valori morali
positivi e ne esalta le qualit, che si opponevano alla seduzione e perversione propria
dellasianesimo. Lo studioso crede che questo passaggio sia avvenuto per mano del
buon gusto dei Romani ma, come afferma Citroni, in realt si pensa che Dionigi

33
Stile artistico che trova il suo inizio nel Seicento fino alla meta del Settecento. Corrente
artistica caratterizzata dal fuori misura, eccesso, bizzarro. Esso privilegia laspetto esteriore
ai contenuti interiori.
faccia riferimento alla tradizione greca precedente a Cicerone, pur conoscendo bene
il dibattito tra latticismo34 e lasianesimo35, testimoniatoci da Cicerone stesso.

Per quanto riguarda la connessione con larte della scultura, importante la datazione
attribuitaci da Plinio il Vecchio; egli afferma che essa termina con la fine dellattivit
degli allievi di Lisippo36, riprendendo solo nel 153 a.C. con alcuni autori, i cui nomi
non presentavano lo stesso prestigio di quelli antichi. Dunque, secondo Plinio il
Vecchio, larte ellenistica non esiste; al contrario, la scultura riprende nel momento in
cui vengono ripercorse le forme artistiche appartenenti al periodo preellenistico,
intorno al II secolo. Quintiliano analizza, seguendo lo stessa linea di Plinio, la
storiografia, affermando che essa riprende solo in et augustea. Per quanto riguarda
la retorica, invece, essa viene analizzata da Dionigi che critica anchegli la corrente
ellenistica, in quanto essa ripropone nello stile e nella retorica un ritorno a quegli
autori, considerati gli unici modelli di arte per eccellenza, del V e del IV secolo.

34
Movimento retorico-stilistico, nato in Attica, e uno stile scarno e severo. Dava importanze al
concetto piu che alla forma. Gli autori appartenenti a questo movimento si limitavano alla scelta
dei termini piu appropriati per la fluidita del discorso
35
Movimento linguistico-stilistico, appartenente alleta ellenistica, che dava spazio agli elementi
sentimentali, con stile esuberante. Esso dava importanza alla musicalita delle frasi attraverso
parallelismi e abbondanza di artifici distraendo, di conseguenza, dal contenuto
36
Scultore e bronzista greco, ultimo tra i grandi maestri della scultura classica greca che lavoro
per Alessandro Magno.
[DIGITARE IL NOME DELLA SOCIET]

Pietro Verri e il Caff

[Digitare il sottotitolo del documento]


1. LIlluminismo..2

1.1. Illuminismo
francese.3

1.2. Illuminismo
italiano..4

2. Il Caff, primo punto di incontro..8

2.1 Il primo articolo del Caff12

3. Pietro Verri14

4. Occorrenze dei termini classico/classici/classica, antico/antichi e


moderni nellopera "Sullinnesto del vaiuolo15
1. Lilluminismo

A causa della sollecitazione dei popoli e soprattutto degli intellettuali, nella seconda
met del Settecento, i sovrani illuminati dEuropa furono costretti a concedere delle
riforme. Anche lItalia, i cui Stati, vertevano in condizioni di disomogeneit sia sul
piano politico che su quello sociale, si avvi verso lattivit riformatrice: Maria
Teresa d'Austria e Giuseppe II in Lombardia, Leopoldo I in Toscana, Carlo III di
Borbone e Ferdinando IV a Napoli e Ferdinando di Borbone a Parma e Piacenza,
utilizzarono ministri, funzionari ed intellettuali progressisti per risolvere i problemi
attraverso la creazione di riforme da questi suggerite.
I movimenti dinastici che stavano avvenendo in Italia, contribuirono a migliorare le
condizioni generali, ma gli influssi illuministici provenienti da Inghilterra e Francia,
faticarono ad attecchire. Gli Stati italiani i cui prncipi erano legati ai Borboni e
agli Asburgo rimasero infatti ostili allo scoppio della Rivoluzione Francese, nel
1789. La frammentariet del suolo italiano permise quindi a Napoleone Bonaparte di
annientare le potenze presenti sul territorio, su quale furono fondate repubbliche
democratiche che durarono fino al 1797, data della creazione della Repubblica
Cisalpina, di quella Ligure e di quella Partenopea.

Nel 1789, quindi, i francesi riuscirono per la prima volta ad abbattere il potere
temporale della Chiesa e posero fine alla Controriforma diffondendo il movimento
liberale delle idee, molto pi potente della riforma protestante.
Nacque dunque lIlluminismo, che in Italia apr la via al rinnovamento della vita e
della cultura, facendo molto di pi di ci che era stato fatto durante il Rinascimento,
movimento in cui gli aristocratici selezionavano i valori, le classi e le arti. Questo
periodo vide un rinnovamento nellarte e nella cultura, soprattutto nello studio delle
scienze fisiche, che iniziarono ad essere interpretate mediante luso della ragione.
Attraverso questultima venivano forniti i lumi che conducevano luomo fuori
dalle tenebre, accumulatesi nel passato e composte da errori, superstizioni ed
ignoranza. La ragione forniva dunque le basi per attuare riforme a favore della
borghesia, che in Francia era il ceto pi attivo e quello che pi di tutti subiva il peso
della monarchia e del clero.

I maggiori intellettuali su cui si bas il pensiero illuministico furono Galileo Galilei,


grazie a cui cambi la visione del mondo; Isaac Newton, Francis Bacon e John Locke
che elaborarono nuovi metodi di indagine; Cartesio con il suo destruens ed infine
Condillac, che contribu alla creazione della psicologia sensistica. Il loro pensiero era
quindi organico, fondato sul materialismo e sulla ragione e non su un metodo
elaborato da scienziati e filosofi. Questo aveva carattere critico, analitico,
sperimentale, antimetafisico e derivava dalla logica.
Durante il periodo illuministico, insieme alla popolazione e alla produzione crebbero
anche il capitalismo e la borghesia, che si pose come obiettivo lo sviluppo del
progresso. Gli intellettuali predicarono dunque la tolleranza, la lotta alloscurantismo
ed al dogmatismo. Secondo gli illuministi, la vera conoscenza si raggiungeva
attraverso le sensazioni e lesperienza. La geometria, scienza puramente analitica,
venne presa da questi ultimi come modello, sia per la religione (che venne declassata
e considerata una semplice attivit umana) sia per le lettere. Gli intellettuali
illuministi sottraevano dunque luomo dalla penalizzazione del peccato originale e
dalla dipendenza col cristianesimo, anzi insistevano sul fatto che era proprio il
cristianesimo a rendere luomo imperfetto. Lunica via per il raggiungimento della
felicit era la ragione. Fu proprio lideale della felicit a porre le basi per la creazione
di riforme, per lottare contro le vecchie idee ed i vecchi autoritarismi.

1.1 Illuminismo francese

I grandi fautori della divulgazione dellIlluminismo in Francia furono: Charles-Louis


de Montesquieu che sostenne la divisione dei poteri, Denis Diderot che contribu alla
creazione dellEnciclopedia, Jean-Jacques Rousseau che un razionalismo e
sentimentalismo, ma soprattutto Voltaire.

Gli illuministi, partendo da punti centrali di riferimento (come la concezione


generale della natura delluomo, la relazione tra questultima ed il sapere scientifico
ed il rapporto tra teoria e pratica) intervennero su tutti gli aspetti dellorganizzazione
sociale e culturale che intendevano modificare.
Gli intellettuali francesi sottoposero alla ragione le costruzioni assolutistiche feudali
e si impegnarono ad eliminare dagli uomini i pregiudizi che li affliggevano.

1.2 Illuminismo italiano

LItalia partecip al movimento illuministico, riprendendo per la prima volta il


naturalismo rinascimentale. Il movimento non fu solamente letterario e gli
intellettuali individuarono problematiche sociali come gli abusi feudali, i privilegi di
cui godevano aristocrazia e clero ecc. Pur essendo di portata minore rispetto agli
Illuminismi europei, quello italiano riusc comunque a percepire i problemi politici,
economici e culturali che si trovavano alla base dellordinamento statale. Nonostante
questo, gli intellettuali illuministi, incontrarono resistenze da parte dei vecchi letterati
(soprattutto i membri dellArcadia), che sostenevano prepotentemente le idee della
Controriforma. La pi grande paura di questi intellettuali era che in anche in Italia
potesse levarsi una sommossa della portata di quella francese.

Gli influssi francesi, invece, generano negli intellettuali il concetto di nazione libera
ed indipendente. in questo periodo che le dinastie straniere trapiantate a Firenze,
Parma e Napoli si separarono da Vienna e Madrid, dando vita a delle dinastie
italiane. Importantissimo fu il ruolo di Napoli, che grazie a Carlo III di Borbone e
successivamente a Ferdinando IV, inizi a ridurre i privilegi di clero ed aristocrazia, a
creare strade e nuove vie di comunicazione.

Uno dei principali illuministi italiani fu Antonio Genovesi, salernitano, che con i
suoi insegnamenti di etica ed economia influenz il Regno e riusc a proporre idee di
rinnovamento. Divulg, per la prima volta in italiano le teorie economiche
collegandole al bisogno di una riforma per abolire i privilegi della nobilt ed il potere
temporale della Chiesa. Si concentr essenzialmente sulle differenze tra uomini colti
e contadini, ponendo laccento sul dovere dei colti di istruire gli altri. Nella sua opera
del 1753, intitolata Discorso sul vero fine delle lettere e delle scienze, esalt le
opere illuministiche, dicendo:

L'Europa cambi faccia. Ciascuna delle generose sue nazioni ebbe un


Ercole uccisore de' mostri che la infestavano, e dimostratore delle vie del
vero sapere. L'Italia [] all'antica gloria del saper militare, della politica,
delle belle arti, aggiunse quella di aver prodotto Galileo, una di quelle
oggimai che le pu essere invidiata. Si vide allora un'astronomia, senza
essere mentitrice astrologia, una geometria non oziosa, ma perfettrice
delle meccaniche [] Eravamo avvezzati alla gloria delle inutili
sottigliezze e della ciarleria.37

I suoi seguaci iniziarono a lottare contro lassolutismo del Regno: Gaetano


Filangieri, Francescantonio Grimaldi e Francesco Mario Pagano polemizzarono
contro il feudalesimo, andando a ricercare nel passato le origini degli abusi, mentre
Giuseppe Maria Galanti, Giuseppe Palmieri e Melchiorre Delfico cercarono i modi
per abbattere i poteri baronali, eliminati definitivamente da Giuseppe Bonaparte e
Gioacchino Murat.

Gaetano Filangieri pens ad una riforma mediata dalla scienza e dalla politica. La
sua visione, ne la Scienza della legislazione del 1780-85, era abbastanza
positivista:

Il popolo non pi schiavo, ed i nobili non ne sono pi i tiranni. Il


dispotismo ha bandito nella pi gran parte dell'Europa l'anarchia feudale,
ed i costumi hanno indebolito il dispotismo. Se prima non si urtava la
gran macchina de' feudi, niuna riforma utile era da sperarsi nelle leggi.38

Giuseppe Maria Galanti, cre unopera nella quale denunciava le ingiustizie feudali
subite dai contadini molisani, che vivevano nellarretratezza meridionale e dovevano
pagare decime feudali ed ecclesiastiche. Cos denunciava ne la Nuova descrizione
storica e geografica delle Sicilie:

Deve [il contadino] alimentare i monaci mendicanti [], alimentare un


medico, e quell'altro genere di persone bisognose, che diconsi
governatori. I piccioli reati, che in Napoli meritano l'indulgenza, in

37
PIETRO, Custodi. Scrittori classici italiani di economia politica. Destefanis, Milano, 1803, 52, pag.
223

38
COSTA, Pietro; DE PASCALE, Carla; RICCIARDI, Mario. La Scienza della Legislazione di
Gaetano Filangierii. Iride, 2006, pag. 5
provincia si espiano col denaro []. Per ogni menomo trascorso, e
talvolta supposto, un povero contadino imprigionato, e per le cause pi
ingiuste gli si sequestrano e vendono i beni, fino un asino che talvolta
tutto il suo patrimonio, fino gli strumenti del suo lavoro. [] Le loro
case non sono che miserabili tuguri, per lo pi coperte di legno o di
paglia, ed esposte a tutte l'intemperie della stagione. L'interno non offre a'
vostri sguardi che oscurit, puzzo, sozzura, miseria e squallore; un misero
letto insieme col porco e con l'asino. Chi 'l credebbe! in seno di Terra di
Lavoro vi un villaggio, quindici miglia lontano da Napoli, dove una
popolazione di duemila contadini abitano nelle pagliaie, e non hanno
modo da fabbricarsi una casa. La prima volta che io vidi questo luogo,
imaginai di trovarmi tra' selvaggi []. Tal la miseria in cui vive il
coltivatore che non potendo, per povert, cuocere il pane nel forno, usa le
focacce che diconsi cinericie, perch cotte sotto la cenere. Questa la
sola libert che talvolta gli accordano gli abusi feudali.39

Il suo destino, concludeva Galanti:

di essere sempre oppresso ed ingannato []. Come si tratta d'implorare


il soccorso del magistrato superiore, il contadino si spaventa, e soffre in
pace qualunque vessazione.40

Francesco Longano sosteneva il principio egualitario, studiando il caso del Molise ed


insistendo sui pesi a cui era soggetto per mantenere le istituzioni. In Viaggio per la
Capitanata sosteneva:

Di qui deriva la sorgente indisseccabile dei tributi e dei dazi []. In oltre
si paga per lo bue, per lo cavallo, per la pecora. Infine per la casa, vigna,
industria []. Il campagnuolo pi d'ogni altro premuto, vessato,
tribolato.41

Egli criticava fortemente il ruolo della classe di oziosi, affermando:

39
GALANTI, Giuseppe Maria. Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie. 1786, pag. 279
40
Ibidem
41
LONGANO, Francesco. Viaggio dell'abate Longano per la Capitanata. presso Domenico
Sangiacomo, 1790, pag. 123
un propugnatolo ed una rocca del trono. Da ci nacque una quasi
separazione del popolo, diviso in nobili e in plebei. Arricchito il primo
ceto collo spoglio de' plebei, cominci a insolentirsi e a riputare i
campagnuoli tanti vili giumenti destinati a formare la loro opulenza e a
soddisfare ai loro smoderati desideri. Di qui l'abbiezione della gente di
campagna e il suo massimo avvilimento.42

Linteresse per il Meridione dItalia fu la premessa per le inchieste ottocentesche


volte verso la democrazia, dimostrando la modernit di pensiero dei letterati
illuministi italiani.

LIlluminismo napoletano fu completamente diverso da quello lombardo. Infatti i


meridionali vivevano da intellettuali isolati poich nel contesto feudale non
trovavano udienza e le loro voci erano soffocate dagli interessi dei feudatari e
dellalto clero. Quelli lombardi, al contrario, in alcuni casi furono i fautori dei grandi
processi riformatori promossi dai sovrani, partecipando attivamente alla stesura delle
nuove leggi.

Gli illuministi meridionali mostrarono interesse per i problemi del Meridione


sebbene le loro idee riformatrici non vennero prese in considerazione da sovrani e
feudatari. Moltissimi di questi intellettuali furono perseguitati dalla Chiesa a causa
dei modelli che volevano diffondere.
Ad esempio Domenico Grimaldi, calabrese, si concentr sulla differenza dei metodi
di coltivazione impiegati al nord e al sud dItalia, facendo arrivare degli esperti per
istruire le masse contadine ad utilizzare sistemi pi moderni e sviluppati. Nelle sue
opere Saggio di economia campestre per la Calabria Ultra del 1770, Istituzioni
sulla nuova manifattura dell'olio del 1773 e Piano di riforma per la pubblica
economia del 1780, dimostr di aver carpito le necessit del popolo calabrese:
istruire il popolo, preparare tecnici dell'agricoltura e contrastare il clero sopraffattore.
Queste opere provocarono lira della Chiesa che lo fece arrestare e rinchiudere,
mentre suo figlio venne decapitato. Il fratello di Domenico, Francescantonio,
continu ad appoggiare le sue idee, ponendo come obiettivo il superamento
dellineguaglianza tra gli uomini.
In Calabria gi nel 1743, Giacomo Casanova aveva notato come la miseria
42
Ibidem, pag. 125
affliggesse la bellezza della vita, come i contadini fossero schiacciati dal feudo e da
uneconomia arcaica; nel 1785 Ferdinando Galiani appoggi le idee di Casanova
dicendo che baroni e clero opprimevano il popolo, sempre pi arretrato. Il Regno,
infatti, era ormai dominato da classi parassite, i feudi erano privi di traffici e
commerci ed il popolo era costretto a vivere di brigantaggio.

Le riforme iniziarono con Carlo III di Borbone, che punt sul sistema di tassazione
diretta e sulla creazione di una classe di piccoli e medi proprietari terrieri. La
borghesia si rafforz ma la plebe rurale rimase nelle medesime condizioni di vita. Fu
in questo contesto sociale che operarono Genovesi e Filangieri, che cercarono,
invano, un modo per migliorare la situazione contadina.

A tutela dei contadini si pose Ferdinando Galiani, che scrisse due trattati: Della
moneta, in cui sosteneva la supremazia dellagricoltura sul commercio e Dialogues
sur le commerce des bls, scritto durante il suo periodo parigino, in cui affermava
limportanza delle manifatture e dellindustria poich lagricoltura era regolata
dallandamento incerto delle stagioni. Le sue opere erano molto realistiche ed in
alcune di esse il letterato si avvaleva del dialetto (scrisse infatti, Del dialetto
napoletano e, postumo, venne pubblicato il suo Vocabolario napoletano). Egli
comunque non era a favore di riforme radicali ma seppe evidenziare i principali
problemi del Regno: i baroni ed il clero.

Gli illuministi lombardi, invece, si dedicarono a tuttaltro. Dal momento che la


borghesia con cui si relazionavano direttamente era attiva e partecipava
costantemente allo sviluppo dello Stato, questi si interessarono di lavoro, economia,
agricoltura, chimica ed elettronica. Riuscirono dunque a collaborare direttamente con
i sovrani Maria Teresa e Giuseppe II.

In generale dunque, possiamo vedere come lItalia, anche nel Settecento, era
profondamente divisa tra Meridione, arretrato e conservatore e Settentrione, aperto a
nuovi stimoli ed innovatore.

2. Il Caff, primo punto di incontro


Il Caff, nacque a Milano nel 1764 a cura di Pietro Verri e degli intellettuali che
ruotavano attorno allAccademia dei Pugni. Questa rivista era ispirata al The
Spectator e al The Tatler, periodici inglesi molto importanti e funzion da punto
di incontro tra philosophes dalle mentalit aperte e volte a migliorare la societ.
Essi parteciparono direttamente alla pratica quotidiana dellamministrazione
asburgica continuando ad essere ostacolati: dallassolutismo, che cercava di
contenere gli spunti rivoluzionari; dal frazionamento politico-territoriale, che limit
la diffusione delle idee; dalla politica ecclesiastica, che arginava le ideologie
nascenti; dallaristocrazia, che puntava alla raffinatezza, alleleganza, al predominio.
Il frazionamento territoriale costituiva un problema soprattutto a Napoli, dove gli
intellettuali erano isolati nei borghi e non avevano alcun tipo di dialogo con le
popolazioni, che per questo motivo rimanevano profondamente legate al
cristianesimo e chiuse a qualsiasi tipo di innovazione.

Il Caff, aveva quindi lesigenza di creare un gruppo di lavoro che avrebbe


composto la classe dirigente milanese. Fu Pietro Verri il fautore e promotore di
questo gruppo. Grazie a lui Milano divenne uno dei centri pi floridi di tutto
lOttocento e principio del Novecento italiano. Milano non era pi caratterizzata dal
classicismo tradizionale, privo di idee e prettamente letterario, ma era una citt in cui
lo scrittore era un uomo che si rendeva conto di vivere nella contemporaneit,
cercando di risolvere i problemi economici ed organici di questultima.
Lo scrittore era un borghese che lottava contro la nobilt in decadenza, partecipando
allo sviluppo della societ.
Nel Settecento la Lombardia inizi il suo progresso, che le permise, nellOttocento,
di diventare sempre pi europea.
A Milano le idee degli Enciclopedisti francesi erano in accordo con la riforma
asburgica. I modelli ispiratori erano Richard Steele, Jonathan Swift e Joseph
Addison. Gli autori del Caff ci tenevano a precisare che preferivano le idee alle
parole e che quello che pi gli interessava era scrivere liberamente senza dover
ricorrere al purismo cinquecentesco.

Pietro Verri, ne Discorso sull'indole del piacere e del dolore, affermava che larte
era edonistica e poteva alleviare i dispiaceri: tedio, noia, inquietudine, malinconia,
potevano essere alleviate da musica, pittura, arti, che, secondo lui, purificavano
lanima e luomo.

Cos l'idea terribile del dolore l'archetipo di quella serie di purissimi


piaceri, che fanno la delizia delle anime pi delicate e sensibili.43

Oltre a questo, pubblic sul Caff le Meditazioni sull'economia politica, il


Discorso sulla felicit ed i Pensieri sullo spirito della letteratura d'Italia, in cui
disprezzava i pedanti della letteratura italiana:

Immergeteli in un mare di parole [] sono essi al colmo della loro gioia.


Mostrate loro una catena ben tessuta di ragionamenti utili, nuovi,
ingegnosi, grandi ancora; [] ve lo ributtano come cosa degna di nulla.44

Alcune pagine, poi, vennero dedicate allapprezzamento di Carlo Goldoni, mentre


altre erano utilizzate per contrariare e criticare le opere di Giuseppe Parini.

Importanti per la cultura del Settecento furono le lettere che costituiscono la


corrispondenza tra Pietro e Alessandro Verri, che successivamente si ritir dal gruppo
letterario del Caff.

Altro partecipante di questo circolo letterario fu Cesare Beccaria. Importantissima fu


la sua opera Dei delitti e delle pene, che venne composta allinterno
dellAccademia dei Pugni in collaborazione con Pietro Verri. Questopera un chiaro
esempio dellilluminismo italiano che esaminava la crudelt della tortura e che
proponeva labolizione della pena di morte. Alcune delle affermazioni pronunciate da
Cesare Beccaria sono tuttoggi alla base del diritto, come ad esempio: Un uomo non
pu chiamarsi reo prima della sentenza del giudice 45 oppure Data la forza dei
muscoli e la sensibilit delle fibre di un innocente, trovare il grado di dolore che lo
far confessare reo di un dato delitto46.

Cesare Beccaria fu il primo ad effettuare la distinzione tra il delitto ed il peccato. La


pena, secondo lui, era un risarcimento dei danni e non unespiazione del peccato

43
VERRI, Pietro. Discorso sull'indole del piacere e del dolore. Lulu. com, 1919, pag. 90
44
VERRI, Pietro. Opere filosofiche e di economia politica. Societ tipografica de'classici italiani. Vol.
II 1835, pag. 390
45
BECCARIA, Cesare; AUDEGEAN, Philippe. Dei delitti e delle pene. ENS Editions, 2009, pag. 41.
46
Ibidem, pag. 44
commesso. Per questo la concezione religiosa del peccato era da considerarsi
erronea. Egli affermava che solo quando la societ sarebbe stata composta da uomini
liberi ed uguali, allora questultima avrebbe potuto punirli.
La sua proposta era quella di sostituire la pena di morte con il lavoro forzato, poich
non andava violato il diritto alla vita. Per far s che questo modello trovasse
riscontro, era necessario che monarchi e filosofi collaborassero.

Egli credeva fortemente che larte e lo stile avessero il compito di generare un


fremito di piacere in chi legge. La poetica di Cesare Beccaria oltrepassava i principi
classicistici che non toccavano il piano sentimentale. La bellezza dello stile risiedeva,
secondo lui, nella capacit di esprimere a parole il piacere delle cose sensibili che
nascono dalle sensazioni.
Il giudizio estetico nutriva lanima, a differenza del Classicismo, che riduceva a
canoni generali le bellezze gi combinate da' maestri dell'arte.

Pietro Verri e Cesare Beccaria posero come base della poetica e dellestetica
illuminista la sensazione, intesa come criterio universale. Le sensazioni
contribuivano a tenere viva lanima delluomo. Nella letteratura la parola andava
riportata alla freschezza originaria. Gli intellettuali italiani univano il piacere della
forma con lutilit dal contenuto, vero e scientifico, intriso di filosofia e volto
alleducazione e allistruzione del popolo.

Al Caff presero parte anche Paolo Frisi, che tratt di ingegneria idraulica e
meccanica idraulica ed elogi Isaac Newton e Galileo Galilei e Gian Rinaldo Carli,
che tratt di teatro e scuola. Egli sosteneva che il teatro greco e quello rinascimentale
fossero troppo distanti della societ moderna. Molto noto fu il suo articolo,
pubblicato sul Caff, intitolato La patria degli Italiani, celebre nellOttocento, in
cui criticava lindifferenza degli Italiani per la nazione e per i geni che questa aveva
generato, come ad esempio Galileo.

Ad avere gran risonanza fu lopera di Carlantonio Pilati, elogiata anche da Voltaire


ed intitolata Di una riforma d'Italia affinch riformasse i pi cattivi costumi e le
pi perniciose leggi d'Italia. Questopera ebbe molto successo poich condannava le
sette religiose e trattava il tema della tolleranza religiosa:
Prncipi e repubbliche, date la caccia a costoro []. Non ci sia pi
inquisizione, ed il nome solo d'inquisitore sia di perpetuo aborrimento
negli animi italiani []. La vera religione non domina i corpi, ma gli
animi; e per non col ferro e col fuoco, ma colla persuasione si ha da
propagare.47

Per Pilati il ritualismo religioso andava completamente distaccato dalla pratica


religiosa:

Noi tremiamo al pensiero che abbiamo mangiato del butirro e del latte in
giorno di vigilia e raccontiamo con piacere quante donne ci sia venuto
fatto di sedurre e quanti nostri concittadini abbiamo uccisi []. Noi
siamo cattivi sudditi, cattivi cittadini e cattivi uomini perch siamo cattivi
cristiani. E siamo cattivi cristiani, perch veniamo malamente nella
nostra religione istruiti.48

Secondo lui, uno degli scopi della riforma era quello di creare un clero valido, che si
ponesse contro i bacchettoni, gl'ipocriti, i nicchiapetti ed i falsi devoti, perch
costoro sono propriamente quelli che hanno fatto nascere la miscredenza.

Nel frattempo in Piemonte le posizioni conservatrici impedivano la circolazione delle


idee. In questo contesto si posizionava Alberto Radicati, che venne perseguitato
dallInquisizione e mandato in esilio.
In seguito, Carlo Denina afferm la funzione morale e civile presente nella
letteratura nellopera Discorso sulle vicende di ogni letteratura. Questo autore era
favorevole al mecenatismo di Carlo Amedeo III, Federico II e Napoleone Bonaparte,
mentre in molti, tra cui Dalmazzo e Giambattista Vasco, vi si opposero.

Anche Venezia era priva di un governo illuminato che attuasse le riforme proposte.
Gli impulsi illuministici di Giammaria Ortes ed Andrea Memmo vennero frenati dal
governo oligarchico. Per ci che concerneva, invece, il giornalismo, questo conobbe
qualche impulso illuminista grazie ad Alberto Fortis ed Elisabetta Caminer.

47
PILATI, Carlo Antonio. Di una riforma d'Italia ossia Dei mezzi di riformare i pi cattivi costumi, e
le pi perniciose leggi d'Italia. [sn](IS), 1770, pag. 45
48
Ibidem, pag. 170
In Toscana lIlluminismo trov lappoggio dei governanti. Importante fu Sallustio
Antonio Bandini, che proponeva la libert dei commerci e Pietro Leopoldo che si
occup dei problemi economici ed agricoli. Francesco Gianni e Giovanni Fabbroni,
contribuirono alla realizzazione delle riforme e difesero il liberismo abolito dal
sovrano Ferdinando III. Contemporaneamente, a causa dei fermenti filogiansenisti il
vescovo Scipione de Ricci, fu costretto a convocare un sinodo per ribadire il rigore
evangelico.

In Sicilia, i principali sostenitori dellIlluminismo furono Giovanni Agostino de


Cosmi, Tommaso Natale e Domenico Caracciolo.

2.1 Il primo articolo del Caff

Nel primo articolo pubblicato sul periodico, datato Giugno 1764, Pietro Verri parla di
cosa sia il Caff, di cosa conterr, di quale sar lo stile degli articoli e per quale
motivo stata creata questa pubblicazione.

- Che cos questo Caff?


un foglio di stampa che si pubblicher ogni dieci giorni.
- Cosa conterr questo foglio di stampa?
Cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi
autori, cose tutte dirette alla pubblica utilit.
- Va bene: ma con quale stile saranno eglino scritti questi fogli?
Con ogni stile, che non annoi. [...]
- Qual fine vi ha fatto nascere un tal progetto?
Il fine d'una aggradevole occupazione per noi, il fine di far quel bene,
che possiamo alla nostra patria, il fine di spargere delle utili
cognizioni fra i nostri cittadini, divertendoli, come gi altrove fecero
e Steele, e Swift, e Addison, e Pope, ed altri.

A colpire innanzitutto il rapporto con i lettori, pi prossimo e colloquiale. Il


linguaggio si allontanava dai canoni classicistici, molto in voga nel Settecento.
Importantissimo lo scopo: il bene pubblico e lutilit della pubblicazione, tratto
peculiare soprattutto dellIlluminismo lombardo. Lobiettivo principale era dunque
quello di contrastare i grandi temi della societ, contrapponendo la loro Accademia
dei Pugni, che aveva come scopo la libera circolazione delle idee, allAccademia dei
Trasformati.
Il Caff rappresentava la partecipazione fisica degli autori alla vita intellettuale
della citt ed esprimeva limpegno per la divulgazione del pensiero illuminista. La
discussione sulla carta era solo il punto di partenza, il pretesto per affrontare
successivamente una discussione pubblica.

Il caff quindi era il nuovo luogo destinato alla diffusione della cultura, grazie anche
alle propriet benefiche attribuite alla bevanda. Questo luogo viene contrapposto alla
taverna, in cui ebbrezza e disordine la fanno da padroni. Il caff era una vera fabbrica
di idee, in cui si conversava di argomenti vari: dalleconomia ai libri, dalla politica
alla moda, fino ad ampliare il pi possibile il discorso. Il caff prese chiaramente il
posto delle corti:

Attraverso un abile intervento sullopinione pubblica, le notizie sono


orientate verso la formazione del cittadino, che non ha nulla pi a che
vedere con il cortigiano o con laristocratico.49

La particolarit della rivista fu che non era aperta solo agli intellettuali, ma era
destinata anche al ceto medio alfabetizzato (donne comprese), trattando di argomenti
vari. Allinterno del periodico trovarono spazio anche le idee tipiche del
Risorgimento: abbattimento delle dogane interne, adozione di una legislazione unica,
unificazione di pesi e misure.
Gli Italiani erano inoltre pregati di non sentirsi pi degli stranieri in patria.

Lautore pi attivo allinterno del Caff fu comunque Pietro Verri, che scrisse
trentatr articoli, uno di questi commentava positivamente la commedia di Carlo
Goldoni, poich offriva un nuovo modello di prosa allinterno del genere teatrale, per
ribadire il fatto che il periodico si interessava anche di letteratura contemporanea.

3. Pietro Verri

Pietro Verri nacque a Milano il 12 Dicembre 1728 e mor, sempre a Milano il 28


Giugno 1797. Come si gi detto precedentemente, egli stato un filosofo,
49
SALINARI, Carlo; RICCI, Carlo. Storia della letteratura italiana: Il Novecento. Laterza Edizioni
Scolastiche, 1995, pag. 1714
economista, storico e scrittore, tra i massimi esponenti dellIlluminismo italiano e
fondatore della scuola illuministica milanese.

La sua produzione, varia e molto ricca, racchiude opere di stampo economico,


storico, politico, estetico e filosofico. Le opere pi note, solo per menzionarne
alcune, sono: Storia di Milano del 1783-98, Osservazioni sulla tortura del 1784,
Riflessioni sulle leggi vincolanti il commercio dei grani del 1796, Dialogo sul
disordine delle monete nello Stato di Milano del 1804 e Sullinnesto del vaiuolo.

Nei suoi scritti sul dolore e sul piacere appoggi le tesi di Helvtius e Condillac,
fondando lattivit umana sulla ricerca del piacere e della felicit. Luomo, secondo
lui, tendeva ad essere attratto dal piacere, che non era altro che una momentanea
interruzione del dolore. Queste tesi possono essere riscontrate anche in Schopenhauer
e in Leopardi, che potrebbe aver sviluppato questo pensiero proprio a partire dalla
lettura delle opere di Verri e, pi in generale, alla filosofia sensistica del Settecento.
Per Verri la vera felicit umana non era quella del singolo, ma quella della collettivit
(lo stesso principio si trova alla base della filosofia kantiana).

Gli scritti di stampo economico, come Elementi del Commercio del 1769 e
Meditazioni sulleconomia politica del 1771, enunciavano, per la prima volta, le
equazioni matematiche relative alle leggi di domanda/offerta, spiegando il ruolo
fondamentale della moneta ed appoggiando il libero scambio. Fu quindi,
sicuramente, un precursore del pensiero di Adam Smith, anche se, a differenza di
questultimo, sembrava difendere i concetti di propriet privata e mercantilismo.
Nonostante questo, egli resta legato al concetto di piccola propriet, poich questa
garantiva il mantenimento delluguaglianza tra gli uomini.

Pietro Verri si espone anche a sfavore della tortura. Inizi a scrivere di questo tema a
partire dal 1770, ma decise di non pubblicare le sue idee per non inimicarsi il
tribunale di Milano, che in quel periodo si stava occupando delleredit del padre di
Pietro. Nonostante questo, le bozze della sua opera, ispirarono unaltra grande opera,
quella del suo collega Cesare Beccaria. Stiamo parlando de Dei delitti e delle pene,
pubblicata nel 1764. La pubblicazione di questopera, per, comport la rottura tra i
due scrittori. Pietro, infatti, accus Cesare di aver copiato le sue idee.
In generale, nella stesura definitiva delle Osservazioni sulla tortura, nella quale
egli esortava i magistrati a seguire il filone idealistico illuminista, egli adottava una
dialettica semplice per ribadire che queste sanzioni andavano contro le leggi di
natura.
Lopera di Pietro Verri, per, non raggiunse mai limportanza che ebbe Dei delitti e
delle pene, da un lato, poich le sue idee erano gi state ampliamente sviluppate da
Beccaria, dallaltro, perch il suo stile, alto e di difficile comprensione, rendeva
ardua la diffusione del testo.

Pietro Verri, comunque, credeva fortemente che dallopera illuministica, lItalia ne


sarebbe uscita politicamente unita e fortificata. Furono queste, infatti, le parole che,
in una lettera, rivolse a suo fratello Alessandro: Tra pochi anni l'Italia sar una
famiglia sola probabilmente.

4. Occorrenze dei termini classico/classici/classica, antico/antichi e


moderni

Analizzando le opere di Pietro Verri emerso come lui utilizzi molto questi termini.
Il testo in cui appaiono maggiormente i suddetti termini senzaltro Sullinnesto del
vaiuolo, che trattava delle varie scuole di pensiero, che appoggiavano o rifiutavano
la pratica dellinoculazione della malattia in Europa.
In questopera notiamo loccorrenza di classico/classici/classica in vari punti. Ad
esempio:

[] Il canone dunque pi classico che vantar possa la buona medicina


quello che si deduca da una lunga serie di esperienze, per cui dal passato
prendesi norma lavvenire; []50

[]Esamino le leggi attuali, lattuale pratica, la vera indole ed effetti di

entrambe, i principj della materia, la opinione de pi classici autori []

50
VERRI, Pietro; CARCANO, Giulio; SALVAGNOLI, Vincenzo. Scritti vari di Pietro Verri. F. Le
Monnier, 1854, pag. 195
[] Questa classica approvazione data allinnesto in Inghilterra, riscosse
alcuni nella Francia a pensarvi []51

[]Conviene esaminare come si faccia, e presentare al giudizio nostro


una serie di fatti classica, sincera e numerosa, capace di determinarci per
una parte o per laltra. []52

[]Dai fatti che abbiamo dunque potuto raccogliere da pi classici


autori []53

In tutti questi casi possibile vedere come la parola, declinata anche al femminile ed
al plurale, venga utilizzata per designare un qualcosa di affidabile ed autorevole.
Moltissime volte, infatti, ricorre il termine classici come aggettivo di autori,
proprio a sottolineare limportanza di questi ultimi anche nel mondo contemporaneo
allautore. I classici sono dunque illustri e vanno sempre tenuti in considerazione.

I termini antico/antichi, in forma aggettivale, designano nellopera dellautore,


quello che anche noi, attualmente, intendiamo con questo termine. Antico tutto
ci che ha a che fare con il passato.

[] Della malattia del vaiuolo non se ne trova menzione presso i medici


antichi, n presso alcuno scrittore antico. []54

[] Antico assai debbessere il vaiuolo nel vasto impero della China, per
quanto ne vediamo dalle migliori relazioni, e antico pure luso di
comunicarlo per innesto. []55
51
Ibidem, pag. 200
52
Ibidem, pag. 213
53
Ibidem, pag. 216
54
Ibidem, pag. 196
55
Ibidem, pag. 197
[]Secondariamente, esamino sotto quai leggi viva la nostra industria,
confronto gli originarj antichi statuti colle posteriori leggi venuteci collo
spagnuolismo []

[] Pare strano veramente come un medico del credito e della dottrina


del signor Haen asserisca una proposizione, a cui contrasta la giornaliera
sperienza del popolo istesso, e lautorit de pi rinomati scrittori di
medicina antichi e moderni. []56

Infine, sempre in questa opera troviamo unoccorrenza di moderni, che lautore


utilizza sempre come aggettivo:

[] Io senza aver letto nessuno de moderni scrittori mi son provato a


scrivere []

In questo frammento possiamo notare come lautore prenda le distanze dai


moderni, sottolineando il fatto che per scrivere, non aveva bisogno di leggerli.
Sembra che lautore voglia in qualche modo votarsi al culto dellantichit: per
trattare del tema del vaiolo, infatti, indaga su quelle che furono le pratiche ed i
comportamenti degli antichi di fronte a questa malattia, ma non si cura del pensiero
dei medici moderni, tant che ribadisce il fatto di non averli letti per scrivere il suo
trattato.

56
Ibidem, pag. 206
Classico, classici, antichi, moderni in Alessandro Verri

1. Lilluminismo

Nel corso del XVIII secolo, dalla crisi della coscienza europea57, prende vita
lIlluminismo, una tendenza culturale che imprime una svolta radicale nella visione
occidentale, imponendo una nuova concezione dei rapporti tra cultura, societ e
realt e costruendo le premesse della societ moderna. Il concetto di Illuminismo, a
differenza di molti altri movimenti storiografici, ha origine nellepoca stessa a cui si
riferisce e viene definito dagli intellettuali del suo tempo i philosophes, in Francia
che si sentono parte del secolo dei lumi e che anelano, dunque, a illuminare
lorizzonte del mondo contemporaneo per instaurare un sistema di valori pi
razionale e felice. LIlluminismo non caratterizzato da un semplice razionalismo
ma contraddistinto, piuttosto, dallintento di emancipare luomo dalla tradizione e
dal mito rendendolo responsabile del proprio destino, della propria storia; si diffonde
una fiducia nelle capacit di progresso delluomo a cui spetta, in unultima analisi, il
compito di allontanare i pregiudizi, lignoranza e loppressione, elementi che
appartengono alla societ del passato. Luomo perci posto al centro delluniverso
in questo si riprende la tradizione umanistica e la natura tende a coincidere con la
civilt; il linguaggio e la cultura non devono solo controllare la natura, ma anche la
societ stessa.

Si configurano i presupposti per lunificazione delle varie culture in una cultura


universale che vuole annullare le marginali abbattendo le barriere nazionali. Tutto
sembra inglobarsi nella grande civilt illuministica: si rafforza lattenzione alle
culture pi lontane in un clima di distesa tolleranza religiosa e politica. Tuttavia,
questa disposizione di apertura e di libert di opinione si rivela, in molti casi,
profondamente limitata.

Molti illuministi appartengono alla nobilt o al clero, e spesso collaborano con alcuni
sovrani propensi a introdurre riforme nei loro Stati i cosiddetti sovrani illuminati
. Ma lIlluminismo acquista, a seconda della nazione in cui si sviluppa, caratteri e
sfumature particolareggiati: la religione viene vista ora come naturale, disposta ad
accettare un Cristianesimo razionale, ora come deista, e ora come ateista e
meccanicistica.

Per quanto riguarda pi strettamente la dimensione letteraria, lIlluminismo mantiene


una sostanziale fiducia nella tradizione classica proponendo una forma espressiva
nitida sostenuta da un linguaggio chiaro e razionale; ci si concentra, inoltre, sulle

57
Espressione emblematica ripresa dalla celeberrima opera storiografica di Paul Hazard. Il testo
si configura come un classico della letteratura mondiale e indaga i mutamenti della coscienza
europea dal Rinascimento allIlluminismo, giungendo infine agli eventi traumatici della
Rivoluzione francese.
cose, sugli aspetti pratici dellesistenza, superando i limiti del classicismo pi
chiuso e dogmatico.

Seppure movimento profondamente internazionale e cosmopolita, lIlluminismo


assume connotati precisi nei vari paesi. In Italia, ad esempio, si instaura la forte
influenza dellIlluminismo francese: Montesquieu, Voltaire, Diderot, Rosseau
vengono letti e tradotti tempestivamente mentre la cultura inglese rimane meno
conosciuta. Ma gli autori italiani sembrano preferire, ai temi audaci trattati dai
philosophes, gli aspetti relativi alla vita civile e sociale di cui si avverte,
indubbiamente, una concreta arretratezza. Gli intellettuali degli anni Quaranta
trovano certamente terreno pi fertile rispetto ai loro predecessori in quanto il nuovo
equilibrio politico dei governi degli Stati italiani favorisce la collaborazione di
uomini di cultura. I rapporti tra intellettuali e potere rappresentano, pertanto, un
elemento determinante della politica del secondo Settecento. Ma se da una parte si
verifica questo incontro felice tra mondo erudito e politica, dallaltra si profila una
ricerca di svecchiamento della cultura che tende a costellarsi di compromessi,
evitando fratture troppo forti con la tradizione. Come segnalato in precedenza, i
fautori dellIlluminismo in Italia sono principalmente nobili e membri del clero che,
sebbene proiettati verso un processo di modernizzazione, risultano ancorati ai
privilegi e alle regole sociali.

Nel corso del Settecento si delinea, in Italia, la figura dellintellettuale cosmopolita


che corrisponde, in un certo senso, a un mediatore del nostro tempo, impegnato in
attivit di incontri, di viaggi e di relazioni internazionali. Lintento del nuovo
intellettuale quello di divulgare il pi possibile i caratteri pi risonanti della
cultura europea. Tra i personaggi italiani di maggior rilievo, e che meglio hanno
rivestito questo ruolo, spiccano lintellettuale Algarotti, grande viaggiatore in
continuo movimento tra Francia, Inghilterra, Germania e Russia; il gesuita Bettinelli,
che si divide tra Germania e Francia e che si scaglia contro la pedante imitazione dei
classici ritrovando solo nella poesia greca e latina lunico vero modello di equilibrio;
e infine il critico militante Baretti.

1.2 LIlluminismo lombardo, lesperienza del Caff e i fratelli Verri

Gli anni Sessanta sono per varie ragioni i pi vitali di tutta la cultura milanese del
Settecento: tra il 1764 e il 1766 si pubblica Il Caff, nel 1763 e nel 1765 si
realizzano, rispettivamente, il Mattino e il Mezzogiorno di Parini. La spinta del
movimento illuministico lombardo si incontra, dopo la fine della guerra dei sette
anni, con il rilancio della politica riformatrice di Maria Teresa. La maggior parte
degli esponenti dellIlluminismo milanese entrano, alla fine degli anni Sessanta,
nellamministrazione statale, inaugurando una politica di collaborazione con il potere
asburgico che terminer, seppure con qualche risultato soddisfacente, in una serie di
delusioni.

Il conte Pietro Verri, nato a Milano nel 1728, si ribella presto alleducazione severa e
tradizionale del padre e, dopo aver fatto parte dellesercito come ufficiale militare, si
dedica allattivit letteraria animando lAccademia dei Pugni, cos definita
giocosamente in seguito alla diffusione di una voce maligna secondo cui le
discussioni vi si concludevano a botte. Lattivit dellAccademia consisteva in
riunioni che si svolgevano in casa Verri e il cui scopo era quello di approfondire
conoscenze utili alla vita sociale: si pensava allelaborazione di una cultura aperta
e senza confini, concepita non pi come patrimonio di valori da conservare ma
piuttosto come movimento di critica e di ricerca rivolto a tutta lEuropa.
Partecipavano a queste riunioni anche altri personaggi della nobilt lombarda, tutti di
grande spessore intellettuale come il fratello Alessandro Verri, il celeberrimo Cesare
Beccaria e labate Alfonso Longo.

Il fratello minore di Pietro, Alessandro, nato nel 1741, prende dunque parte attiva a
questi incontri intellettuali e si distingue, nel corso della sua carriera letteraria, per le
conoscenze di storiografo, realizzando una delle opere pi brillanti dellepoca
illuminista: Le notti romane. Il romanzo-saggio, proteso a riscoprire la classicit
romana, descrive e contempla le figure degli antichi sotto forma di ombre, esalta la
magnificenza del classicismo romano.

Da che io apersi i volumi degli antichi, e spaziandomi in essi, conobbi


la grandezza dello stile non meno che quella delle imprese, fui percosso
da tal meraviglia, che rimase a quella et fiso il mio pensiero. Fra le
nazioni antiche per la romana sovrasta tutte come gigante per la vastit
delle opere sue, e fra tutte risplende per quella sua indole eroica spirante
un orgoglio generoso. [] Quindi se avveniva che per le tacite selve, o
lungo i flebili ruscelli io andassi a diporto, senzaltri testimoni de miei
pensieri che laura e gli augelli, la mente, ingolfata in quelle meditazioni,
si lanciava quasi da queste membra a secoli remoti. [] talvolta mi si
accendeva nel petto lo strano e tormentoso desiderio di vedere e
ragionare con alcuna larva degli antichi, evocandola dagli abissi della
morte. La quale ansiet sfogava anche lillustre Petrarca, sforzandosi
varcare i secoli interposti, ed in alcun modo vivere con gli antichi;
imperocch scrisse lettere a Cicerone, a Seneca, a Livio ed a Varrone, le
quali si leggono nelle opere sue. Chiunque abbia alquanto gustate le
delizie dellantica erudizione, mi far testimonianza quali palpiti senta il
cuore allorch scendendo lAppennino, la via declina alla celebrata citt.
[] Suon per la citt una voce mirabile che si fossero allora (1780)
scoperte le Tombe degli Scipioni, lungo tempo invano ricercate. Quindi
io, tralasciando la contemplazione di ogni altro oggetto, a quelle
subitamente la rivolsi. I monumenti degli uomini illustri sogliono
infondere nellanimo una dolce tristezza assai pi grata del tripudio di
gioia romorosa.58

con parole trasognate, quasi dispirazione lirica, che si apre il proemio de Le notti
romane al sepolcro degli Scipioni, 1782-1804. Il Verri sembra conferire allantichit
romana dissotterrata una rinnovata grandiosit, ne delinea, attraverso giochi di
cupe figure, la pi alta tradizione storiografica.

In unatmosfera notturna, tra incubo e realt, la narrazione del Verri presenta le larve
di Romani illustri che colloquiano tra loro e con lautore in lunghe meditazioni
storico-filosofiche, ispirate dal valore e dal significato delle rovine, segno del passare
inesorabile del tempo, e si interrogano sulla storia di Roma, sulla civilt attuale.

Ma proprio nel proemio che emerge tutta la passione del Verri per la classicit: una
passione che nasce dalle letture degli scrittori classici e si trasforma in una ricerca
spasmodica, quasi angosciante, di entrare in contatto diretto con i grandi
dellantichit. E come Petrarca tentava di riallacciarsi agli autori antichi, ai pi
autorevoli, indirizzandogli scritti e lettere, cos in Verri si accende il forte desiderio di
comunicare con gli esponenti della pi antica erudizione, evocando i loro spiriti in
un colloquio surreale, dalle tinte fosche.

Dunque allinterno dellestratto riportato risalta chiaramente il parallelismo fra


antichi e uomini illustri dal punto di vista culturale, ma anche storico e personale
rivelando la profonda convinzione che il passato degno di essere riscoperto.

Anche Alessandro, come Pietro, serba un ricordo negativo dellinfanzia: Noi quanti
siamo e fummo abbiamo sofferta una umiliante educazione, priva di confidenza, di
dolcezza, e sempre sotto il rigore, i rimproveri, in collegi molto simili a galere59.
Pietro scopre nel fratello ormai ventenne un ammiratore, un seguace profondamente
devoto e insieme si dedicheranno sempre pi appassionatamente alla scrittura.

DallAccademia dei Pugni nasce Il Caff, giornale intorno al quale tra il 1764 e il
1766 si concentrano gli sforzi dei fratelli Verri e, sebbene in misura minore, degli
altri membri del sodalizio. Si trattava di fogli di quattro pagine che uscivano ogni
dieci giorni e venivano rilegati in volume alla fine dellanno, anche se di fatto si
58
A. VERRI, Le Notti Romane, Laterza, a cura di Renzo Negri, Bari 1967, p. 7
59
C. CAPRA, I progressi della ragione. Vita di Pietro Verri, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 69-70
http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-e-alessandro-verri_(Il-Contributo-italiano-alla-
storia-del-Pensiero:-Filosofia)/
arriv solamente a due annate. I testi pubblicati erano presentati come il frutto di
discussioni effettuate presso la bottega di un caffettiere greco, Demetrio. Lattenzione
ai problemi pratici e quotidiani rispecchiava una volont di far circolare i lumi. Nel
Caff si ritrova una sorta di entusiasmo giovanile che esalta e ricerca lipotesi di una
vita felice, di unesistenza pi libera e civile, senza prepotenze e soprusi; questo
entusiasmo non mai banale ottimismo, anzi ben cosciente dei limiti e delle
debolezze dellazione intellettuale. Nella loro condizione di nobili, inseriti in un
assolutismo austriaco e nel contesto del Ducato di Milano, gli intellettuali del Caff
non potevano aspirare a raggiungere posizioni rivoluzionarie; accettando dunque la
situazione in cui si trovavano, miravano a una modificazione dei rapporti tra le classi,
a una dinamica circolazione della ricchezza, allabolizione di falsi valori. La loro
battaglia civile vive momenti di massimo splendore, configurando un modello di
mondo razionale e civile innovativo per la societ settecentesca.

Una delle prospettive pi importanti della battaglia illuministica del Caff


senzaltro quella linguistica e letteraria. Il problema della diffusione dei lumi,
infatti, si collegava direttamente ad un problema di linguaggio: cose e non parole
era uno dei motti del Caff, e stava a indicare la necessit di un linguaggio razionale
e appassionato, che non si limitasse a riprodurre passivamente la realt ma che
riuscisse a spiegarla. un linguaggio che nelle pagine del periodico appare rapido,
nervoso, critico, concreto, e taglia i ponti con il purismo linguistico. Indicativo in
questo senso larticolo di Alessandro Verri: Rinunzia avanti notaio al vocabolario
della crusca:

Perch se Petrarca, se Dante, se Boccaccio, se Casa e gli altri testi di


lingua hanno avuta la facolt d'inventar parole nuove e buone, cos
pretendiamo che tale libert convenga ancora a noi [] Perch, sino a
che non sar dimostrato che una lingua sia giunta all'ultima sua
perfezione, ella un'ingiusta schiavit il pretendere che non s'osi
arricchirla e migliorarla.60

Ma successivamente Alessandro scriver, in alcuni pensieri inediti:

Io certamente adesso non iscriverei come ho fatto nel Caff a


ventiquattro anni non formato lo stile e quelle massime ora mi paiono
da giovane che ancora non conosce i fondamenti e salta sui tetti 61

60
http://www.parodos.it/letteratura/alessandro_verri.htm
61
A. VERRI, Opere scelte, p XIV, consultabile su:
e ancora, in unaltra lettera:

Sono di sentimento che la principal cura debba essere di bene scrivere,


cio secondo luso de pi celebri scrittori, nella propria lingua, senza
novit, senza stravaganza alcuna; se poi a tale attenzione si unisca il
pregio intrinseco de pensieri e della materia, allora lopera perfetta.62

Alessandro scrive per il Caff trentadue articoli segnati colla lettera A, iniziale del
suo nome63, che trattano il diritto civile e pubblico, la filosofia morale e le belle
lettere. Tra gli esempi migliori di questa produzione si annoverano il Discorso sulla
felicit dei Romani, Di Giustiniano e delle sue leggi, Alcune riflessioni sullopinione
che il commercio deroghi alla nobilt, Di Carneade e di Grozio, Di alcuni sistemi
del pubblico diritto, La virt sociale. Il suo stile risulta spesso ironico e mordace,
mantenendo comunque un tono vivido e maturo nonostante i suoi articoli vengano
pubblicati anche in giovane et. La vera transizione dagli ideali giovanili e
razionalistici a una visione del mondo meno progressista e pi amara, si compie
nel Saggio sulla storia dItalia che Alessandro Verri compone tra il 1764 e il 1766.
Lintento quello di condensare, in un solo libro, ventidue secoli di storia, dalla
fondazione dellantica Roma al XVIII secolo, lo stesso che ispirer la Storia di
Milano di Pietro, segnata da un rifiuto dellerudizione.

Durante lattivit letteraria del Caff Pietro organizza, nellautunno del 1766, il
viaggio di Beccaria e di Alessandro nella capitale dei lumi, a Parigi, col fine di
stabilire un rapporto diretto con la fonte originaria dellIlluminismo. Mentre
Alessandro inizia il fitto carteggio, che rester celebre per le numerose e vivacissime
lettere-reportage destinate a Pietro, il suo compagno si affretta ad un precipitoso
rientro a Milano segnando, almeno in quegli anni, una incrinatura dei rapporti con i
fratelli Verri. Alessandro prosegue da solo la sua avventura per lInghilterra e, dopo
essere ripassato nel 1767 a Parigi, fa ritorno in Italia. A Roma si innamora di una
gentildonna separata a cui rester avvinto tutta la vita, nonostante i rimproveri del
fratello che avrebbe voluto riportarlo a Milano. Proprio a Roma si dedica allo studio
dei classici greci e latini e alla composizione di opere teatrali, di romanzi
archeologici (Le notti romane).

https://books.google.it/books?id=S6anz0KSbyAC&pg=PR55&dq=alessandro+verri&hl=it&sa=X
&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false
62
ivi p. XV
63
Ivi p. XIII
La brevit dellesperienza del Caff viene determinata da diverse difficolt, tra cui
lentrata di molti collaboratori nellamministrazione statale e la rottura tra i Verri e
Beccaria.

2. Ricerca dei sostantivi classico e classici nelle opere di Alessandro


Verri

2.1 Discorsi vari del conte Alessandro Verri pubblicati nel giornale letterario
intitolato il Caff

LElogio storico che introduce i Discorsi vari del conte Alessandro Verri pubblicati
nel giornale letterario intitolato il Caff64 opera dellerudito Ambrogio Levati,
intellettuale e religioso lombardo dellOttocento che riceve, in maniera vivida, il
retaggio illuministico della seconda met del Settecento. In una dettagliata
descrizione della vita del cav. Alessandro Verri, che prende avvio dalla prima
educazione avvenuta nel collegio di Merate, Levati rimanda al termine classici
riferendosi agli autori esemplari della lingua latina che necessaria allo studio e alla
conoscenza, ed madre dellitaliana favella:

Nel collegio di Merate il cav. Alessandro apprese i primi rudimenti della


lingua latina, lo studio della quale troppo necessario, perch rende
esquisito il gusto co classici; perch madre dellitaliana favella []65

Nel frammento, dunque, il sostantivo plurale assume un valore di autorevolezza e sta


a indicare quella categoria di scrittori assurti a pilastri della letteratura, considerati
punti fermi ed essenziali della lingua e cultura latina da cui discende la tradizione
italiana.

In un passo sempre relativo allistruzione e alleducazione del giovane Alessandro,


risalta un richiamo allaltra grande lingua, la pi ricca e armoniosa66 alla quale, ci
suggerisce il testo, fanno ricorso tutte le lingue viventi per esprimere le tendenze
innovative: si tratta del greco, col quale lintellettuale lombardo si esercit

64
Testo online consultabile su:

https://books.google.it/books/reader?
id=w3wtAAAAMAAJ&printsec=frontcover&output=reader&pg=GBS.PP1
65
ivi p. 10
66
ivi p. 32
nellinterpretare, nel tradurre, nel commentare i classici greci67. Ritorna, quindi, il
parallelismo tra il significato di autorevolezza e di esemplarit applicato agli autori
del passato, che appartengono ad una tradizione antica eppure fortemente viva nella
letteratura settecentesca. I classici greci, comera stato poche pagine prima per i
classici latini, rappresentano quegli scrittori dellantichit che costituiscono un
inestimabile patrimonio di ricchezze per lattualit. Tra gli stessi classici greci,
infatti, Levati menziona il sommo Omero da cui qualunque parte delleloquenza
ebbe nascimento68: dai grandi autori greco-romani del passato che si generano le
eccellenti arti scrittorie. Ma proprio una caratteristica tipica del Neoclassicismo
illuministico quella di recuperare una classicit autentica, di riscoprire la purezza
delle condizioni storiche originali del mondo greco e latino riconoscendo, per, allo
stesso tempo, una evidente lontananza e diversit dal presente.

Ancora nellElogio storico viene presentata una corrispondenza di significato tra


esemplari e classici: viene reiterata laccezione di esemplarit ed autorevolezza
conferita agli scrittori della classicit. Lelogio storico rivela come lunico mezzo per
ritrovare la lingua italiana, guasta dalla francese che aveva introdotto in Italia
parole e modi di dire francesi dopo la rivoluzione, sia quello di ricondurla alla
scuola antica proponendo gli scrittori esemplari della stessa, quindi i classici, la cui
sola lettura pu indicare la retta via:

Il solo mezzo di richiamarla [la lingua italiana] alla scuola antica de


nostri il proporne gli esemplari, cio i classici, la lettura de quali sola
pu indicare la via smarrita.69

La parola viene ora affidata al Verri stesso: nel Discorso XI, Di alcuni sistemi del
pubblico diritto, in una lucida analisi relativa ai principi di giustizia universale,
lautore si rif al pensiero di Grozio, giurista e filosofo olandese del XVI-XVII
secolo, e afferma come le nazioni debbano sottostare alle convenzioni per tutelare la
propria stabilit sociale:

Le nazioni, secondo Grozio, per una tacita convenzione o pei dettami


della natura istessa dovettero abbracciare de principi di giustizia
universale con cui regolare i patti, i trattati, le legazioni, le cose di guerra
e di pace fra di esse. Per ben conoscere dunque quali sieno queste

67
Ivi p. 32
68
Ivi p. 32
69
Ivi p. 47
convenzioni e questi principi, da una lunga ed universal consuetudine
introdotti, non v miglior mezzo che consultare le storie de colti e pi
rispettabili popoli, e le opinioni de pi sensati e classici scrittori.70

Emerge come lunica maniera per comprendere e servirsi di queste convenzioni sia
riscoprire la storia delle civilt pi autorevoli, incentrandosi sul pensiero degli
scrittori classici. In questo passaggio, dunque, si aggiunge e sovrappone ai significati
finora individuati di classici laccezione di sensati scrittori, che sono quindi razionali,
dotati di intelligenza, degni di considerazione.

2.2 Lettere e scritti inediti di Pietro e di Alessandro Verri71

In una lettera datata 29 dicembre 1766 e destinata al fratello Pietro, Alessandro


descrive il suo felice soggiorno a Londra, commenta alcune vicende dellepoca e
riporta delle vicissitudini personali, soffermandosi in particolare sullamicizia con
Beccaria, che cominciava a profilarsi come un rapporto sempre pi instabile e critico.
Il discorso di Alessandro, poi, si concentra su una breve invettiva a Odazzi invita lo
stesso Pietro a far leggere il paragrafo al signor Odazzi in cui risalta ancora il
riferimento al termine classici, stavolta accostato a sommi autori:

Vi do licenza di leggere tutto questo paragrafo al signor Odazzi, a cui


dico inoltre, che se su altri passi della mia opera proferir cos
inconsiderato giudizio, si ricordi che ha a fare con un uomo, che sar
sicuramente di mediocre giudizio, ma non di mediocre pazienza, onde
pu rispondere di tutto quello che ha detto e scritto col citar sempre
classici e sommi autori.72

cos che confluisce al repertorio di significati racchiusi nel sostantivo plurale


classici laccezione di grandiosit, affine e conforme ai valori precedentemente
segnalati di autorevolezza ed eccellenza.

70
Ivi p. 357
71
Testo online consultabile su:
https://archive.org/stream/lettereescritti01casagoog#page/n10/mode/2up
72
Ivi p. 402-403
2.3 Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri (dal 1766 al 1797)73

In unaltra lettera indirizzata a Pietro, datata 10 dicembre 1768, Alessandro sembra


elogiare alcuni frammenti delle opere del fratello e scandaglia in diversi punti gli
aspetti pi importanti della produzione di Pietro stesso. Alessandro suggerisce al
fratello linserzione nella sua opera di un passo di uno spagnuolo contemporaneo e
classico74.

In questo caso il termine classico indica gli scrittori eccellenti della contemporaneit
i quali dimostrano, in ultima analisi, che la letteratura del presente, come quella
dellantichit, pu diventare fonte di sapienza e di imitazione.

2.4 I quattro libri di Senofonte dei detti memorabili di Socrate

Ne I quattro libri di Senofonte dei detti memorabili di Socrate75, lintroduzione


affidata alle parole di Alessandro Verri che esalta con entusiasmo la pubblicazione e
la divulgazione di una perla letteraria della classicit. Lo scrittore lombardo si
sofferma sulla bellezza della lingua italiana e la designa come uno dei pregi pi alti
della nostra nazione; allo stesso tempo, tuttavia, la lingua italiana guasta per la
mescolanza con la vicina sorella, la lingua francese, e per ricondurre litaliano sulla
via della rettitudine indispensabile riproporre i modelli classici dellantichit:

[] Il solo mezzo di richiamarla alla scuola antica de nostri il


proporne gli esemplari. Lodevole pertanto la impresa di riprodurre i
nostri Classici, la lettura de quali sola pu indicare la via smarrita.
Abbiamo una lingua adulta oramai da cinque Secoli, splendida e
maestosa: vantava gi autori eccellenti quando tutte le moderne quasi
non avevano scrittura.76.

73
Testo online consultabile su:
https://archive.org/stream/carteggiodipietr02verr#page/n3/mode/2up
74
ivi p. 91
75
Testo online consultabile su:
https://archive.org/stream/bub_gb_1ZM_2QyTXoEC#page/n3/mode/2up
76
ivi p. XVII
Come era accaduto nei Discorsi vari, il Verri ribadisce limportanza fondamentale
della ripresa dei classici, gli unici veicoli in grado di ricondurre litaliana favella sul
giusto cammino che era stato offuscato dalle altre lingue, le moderne. Nel passo si
accentua la portata semantica del sostantivo classici: il termine, declinato al plurale,
riporta liniziale maiuscola, rafforzando cos quel valore inestinguibile di
autorevolezza ed eccellenza che contraddistingue gli scrittori del passato; si
aggiunge, inoltre, laccostamento dellaggettivo nostri, conferendo quel senso di
patriottismo che verr acuito dagli autori nazionali dellOttocento. Il frammento, cos
carico di significati, racchiude lidea che la scuola del passato, della tradizione
classica, sia il riferimento essenziale per lo splendore del futuro.

3. Ricerca dei sostantivi antichi e moderni nelle opere di Alessandro


Verri

3.1 Discorsi vari del conte Alessandro Verri pubblicati nel giornale letterario il
Caff

Tornando ai Discorsi Vari, precisamente al Discorso V, Lo Spirito di Societ77, lo


scrittore lombardo indaga sulla maniera di vivere dei contemporanei allinterno
della societ e rileva una evoluzione dei comportamenti, una graduale apertura verso
laltro, un atteggiamento di solidariet e fratellanza. Appare dunque inevitabile un
paragone col passato, con i ruvidi antenati che, al contrario, se ne stavano rinchiusi
nei loro castelli, divisi nelle fazioni di Guelfi e Ghibellini, stretti nella morsa di
unostilit selvaggia. Il Verri afferma che questi antenati sebbene non troppo
distanti cronologicamente dal suo tempo erano sostanzialmente privi del vero
spirito di societ, una attitudine quasi di familiarit che consiste nellonesta
comunicazione tra gli uomini. Ma lilluminista prosegue:

Onde se gli antichi erano troppo selvaggi, forse i moderni sono troppo
socievoli, perch il cuore umano capace di una data quantit di
benevolenza; che se questa benevolenza troppo espansiva di s, sella
troppo si suddivide in minime porzioni, conviene chessa [] vi sia dove
non vi dovrebbessere.78

77
Op. cit.
78
Op. cit. p. 132
Verri propone una comparazione tra la disposizione danimo degli antichi e quella
dei moderni, ravvisando delle complessit, e attribuisce al termine antichi una
precisa collocazione sociale e temporale indicando le due schiere di fiorentini del XII
secolo che a lungo si sono scontrate. La parola antichi viene quindi usata per una
funzione specifica e con una precisa connotazione negativa, mentre il sostantivo
moderni acquista, in questo caso, un valore di superamento del passato. Seppure i
moderni rischiano di essere troppo socievoli, dispongono comunque di un carattere
pi aperto ed espansivo rispetto ai loro antenati.

Nel Discorso IX, Alcune idee sulla filosofia morale, lautore ragiona sullincapacit
delluomo di capire se stesso: il Verri sostiene, infatti, che spesso si agisce distinto,
senza esaminare le proprie colpe, i propri vizi, i propri atteggiamenti. Lilluminista
giunge poi alla definizione di virt che si prospetta come lunica fonte di felicit per
lessere umano; ma la virt un concetto complesso da discernere, e sono molti gli
autori del passato che hanno cercato di esprimerne lessenza pi intima, risultando
talvolta astrusi e pretenziosi.

Cosa mai volean dire gli antichi filosofi con que loro illustri deliri
intorno alla virt? Coserano quelle entusiastiche declamazioni? Niente.
[] Avr fatto pi sensibile il mio cuore, avr io perfezionato il mio
spirito quando sapr con Orazio ed Aristotele che la virt sta in mezzo
delle estremit, donde ne venne il detto volgare in medio stat virtus?79

Il discorso del Verri prosegue asserendo che importante che tutti gli uomini siano,
possibilmente, virtuosi, ma senza pretendere che la morale si fondi su ragionamenti
sublimi, su speculazioni destinate a pochi eletti. Inoltre, lo scrittore lombardo
aggiunge:

Io credo che il mezzo pi atto a comunicar le idee morali alluniversale


degli uomini sia la strada del sentimento. Molti sentono, pochissimi
ragionano. Il sentimento non fa sofismi; lintelletto ne fa moltissimi. []
Sviluppate agli uomini i loro veri interessi, quelli che consistono in una
costante e vera felicit, e voi vi troverete sempre sul cammino della
virt.80

79
Op. cit. p. 302
80
Op. cit. p. 304
Il ragionamento del Verri sembra dunque conferire maggior rilievo agli interessi, ai
sentimenti delluomo, piuttosto che alla fredda analisi: solo nelle attivit che
allietano il cuore risiede la vera felicit. Questo pensiero viene espresso
perfettamente nel seguente passaggio:

Gli antichi fondavano i lor sistemi morali su delle grandi ed ammirande


immagini; tutto era entusiasmo; le virt tutte eran giganti. Di rado
ragionavano, quasi sempre eran poeti. In questi ultimi tempi, per lo
contrario, la morale sembra che ridur si voglia ad unesatta analisi. Forse
n luno n laltro di questi metodi il vero. Quello degli antichi era
capace di fare degli orgogliosi stoici, degli uomini sublimi, dei mostri,
direi quasi di virt; ma questo non che leffetto di una robustezza di
entusiasmo, la quale non pu mai esser comune agli uomini, e la morale
debbessere comune. La fredda analisi poi di taluni fra i moderni porta
con s linconveniente, che avvezza gli uomini a star troppo in guardia
contro de propri sentimenti, ed a calcolare le azioni della vita con quella
esatta discussione con cui si scioglie un problema di matematica.81

Il frammento riporta un acuto paragone tra il modus degli antichi e quello dei
moderni: gli antichi, sapienti ed orgogliosi esperti nelle lettere, erano animati da un
robusto entusiasmo, dalle immagini vivide della poesia; i moderni, invece,
prediligono un atteggiamento freddo e calcolatore, tipico di chi troppo avvezzo ai
ragionamenti rigidi e scevro di sentimenti. La disamina del Verri sembrerebbe, in
definitiva, porre un quesito insanabile: star davvero nel mezzo di questi due metodi
la vera essenza della virt?

3.2 Opere scelte di Alessandro Verri

Nel Volume Primo delle Opere scelte di Alessandro Verri82 risulta interessante, ai fini
della nostra ricerca dei termini antitetici antichi e moderni, la parte introduttiva che
racconta la vita di Alessandro. Il giovane lombardo, il quale si dedica inizialmente, in
maniera appassionata, allo studio della vicina cultura francese, scopre presto
limportanza degli scritti classici:

81
Op. cit. pp. 316-317
82
Testo online consultabile su:
https://books.google.it/books?id=9Ar6UdG0u-
gC&pg=PR55&dq=alessandro+verri&hl=it&sa=X&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false
[] quanto ne primi suoi anni dilettavasi dellentusiasmo de moderni
Francesi, altrettanto innamorossi da poi della maestosa posatezza de
classici antichi. Ma in quel Compendio ci conosceva di non essere
riescito scrittore n italiano n originale abbastanza, e pi volte ripeteva
nelle sue lettere di averlo condotto con uno stile per met formato di
Tacito e per met di Voltaire.83

Lintroduzione svela quanto siano stati fondanti, nella formazione culturale di


Alessandro, non soltanto i pi grandi rappresentati dellilluminismo francese uno
fra tutti, Voltaire ma anche, e forse in misura maggiore, gli scrittori eccellenti del
passato, colonne portanti della tradizione classica. Il testo, infatti, cita proprio Tacito,
considerato un autore classico, autorevole, canonico. La scrittura di Alessandro
parrebbe dunque il perfetto risultato di un compendio, una mescolanza fra la
tradizione moderna, quindi francese, e quella classica.

In conclusione, si potrebbe asserire che lautore settecentesco preso in esame,


Alessandro Verri, riveli una duplice natura: quella di scrittore aperto alla cultura
internazionale, sostenitore del vivace illuminismo francese e, al contempo, quella di
fervido amante della tradizione classica. Sono queste due dimensioni letterarie che
concorrono alla formazione culturale del Verri.

83
ivi p. XXVI
BIBLIOGRAFIA

FERRONI, Giulio, Lesperienza letteraria in Italia, dal Cinquecento al primo


Ottocento, Milano, Einaudi Scuola, 2006.

VERRI, Alessandro, Le Notti Romane, Bari, Laterza, a cura di Renzo Negri, 1967.

CAPRA, Carlo, I progressi della ragione. Vita di Pietro Verri, Bologna, Il Mulino,
2002.

SITOGRAFIA Opere consultate online

Opere scelte di Alessandro Verri, volume primo:

https://books.google.it/books?
id=S6anz0KSbyAC&pg=PR55&dq=alessandro+verri&hl=it&sa=X
&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false

Discorsi vari del conte Alessandro Verri pubblicati nel giornale letterario intitolato
il Caff:

https://books.google.it/books/reader?
id=w3wtAAAAMAAJ&printsec=frontcover&output=reader&pg=GBS.PP1

Lettere e scritti inediti di Pietro e Alessandro Verri:

https://archive.org/stream/lettereescritti01casagoog#page/n10/mode/2up
Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri (dal 1766 al 1797):

https://archive.org/stream/carteggiodipietr02verr#page/n3/mode/2up

I quattro libri di Senofonte dei detti memorabili di Socrate:

https://archive.org/stream/bub_gb_1ZM_2QyTXoEC#page/n3/mode/2up

Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia


http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-e-alessandro-verri_(Il-Contributo-italiano-
alla-storia-del-Pensiero:-Filosofia)/

Alessandro Verri: programma linguistico degli illuministi milanesi

http://www.parodos.it/letteratura/alessandro_verri.htm

Roma antica riscoperta da Alessandro Verri

http://www.duepassinelmistero.com/Alessandro%20Verri.htm
Alessia Imbroglia
Matr.17017
05

IL NEOCLASSICISMO NELLA POETICA DI UGO FOSCOLO

1. INTRODUZIONE
Nella prima parte del Settecento la poesia lirica, intesa come espressione
diretta di sentimenti e pensieri del poeta, aveva ceduto il posto ad altri
generi poetici: in essi prevalevano descrizioni di paesaggi, considerazioni
sulla societ, dibattiti di idee, racconti eroici, comici o patetici. Il bisogno
di ordine, misura e chiarezza, che caratterizzava la cultura illuminista
basata sul culto della ragione, aveva trovato la sua espressione poetica
ideale nel mondo classico, greco e latino. La poesia del primo Settecento
fu perci contrassegnata da una profonda venerazione per i modelli
dellantichit, per le regole retoriche e stilistiche stabilite nel passato ed
era basata sul principio di imitazione.
Nella seconda met del Settecento, il critico darte tedesco
Winckelmann84 afferm che lopera darte non doveva essere una
semplice copia della realt, ma una sintesi superiore dei singoli elementi
belli e perfetti presenti in natura. Con questo concetto veniva a cadere il
canone classicista dellimitazione, sostituito da quello neo classicista
dellarte intesa come processo creativo, e si apriva la strada allarte
moderna. La rappresentazione della natura aveva un ruolo fondamentale
nellarte neoclassica: di essa, per, si scelsero solo gli elementi
simmetrici, regolari, che esaltavano la razionalit e larmonia del creato.
Al centro della poetica neoclassica ci sono due concetti fondamentali,
quello della poesia eternatrice e quello della bellezza consolatrice:
queste idee furono in parte gi enunciate da Giuseppe Parini, interprete
del Neoclassicismo illuminista italiano in poesia, ma trovarono piena
attuazione solo in Foscolo. Secondo i poeti neoclassici la poesia ha una

84
Johann Joachim Winckelmann, (1717-1778), teorico ed esponente del Neoclassicismo.
Pubblico la Storia delle arti del disegno presso gli antichi, in cui la storia dell'arte antica e
ricostruita in base alle scoperte archeologiche.
funzione in qualche modo sacra (e con essa il poeta che assurge al ruolo
di vate), perch in grado di trasportare in una dimensione eterna e
atemporale ci che invece sarebbe destinato a scomparire, come i
sentimenti, le passioni, le nobili azioni umane. Inoltre il poeta deve
celebrale la bellezza (in particolare quella femminile) perch essa ha il
potere di consolare luomo e lenire la sua vita fatta di miserie e
sofferenze. Un altro elemento fondamentale della poetica neoclassica,
molto evidente soprattutto nelle arti figurative il ricorso alla mitologia,
con lo scopo di tradurre in immagini e trasportare in un clima assoluto e
rarefatto concetti filosofici; molto spesso le figure mitologiche sono
utilizzate per costruire raffinati paragoni, per esaltare e impreziosire un
personaggio contemporaneo o unimpresa di valore.
Il Neoclassicismo svilupp il richiamo allet classica e lo estese a tutti i
campi della cultura e della societ settecentesca europea: dal pensiero
allarte, dalla letteratura alla moda.85

2. UGO FOSCOLO
Foscolo autore romantico e classico insieme: le due tendenze si
fondono nella sua opera in una sintesi originale. In lui si pu dire che
coesistano le due aspirazioni della sua epoca: un amore profondo e

85
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, pp. 387-388.
nostalgico per lideale di bellezza e di armonia che fu proprio dei
neoclassici, e uninquietudine profonda dellanimo, in continuo conflitto
tra sentimento e ragione, propria dei preromantici.
Si pu parlare, quindi, di un classicismo preromantico del Foscolo: un
neoclassicismo non esteriore, ma intriso di problemi del tempo e delle
passioni della vita stessa del poeta (malinconia, dolore, nostalgia...), gli
uni e le altre trasfiguranti da una pensosa contemplazione del bello
ideale, dellarmonia rasserenatrice in cui ogni passione si placa.
Gli elementi neoclassici che si rivelano nelle sue opere sono:
laspirazione a unintima disciplina tesa al raggiungimento di nitide
forme despressione; il vagheggiamento della bellezza perfetta e
dellarmonia; il mito dellEllade, rifugio ideale di serenit, di armonia e
di bellezza; luso frequente della mitologia e dei metri classici
(endecasillabo); luso di un lessico aulico e di strutture sintattiche
classicheggianti. 86
Foscolo fu un prosatore critico, traduttore, poeta tragico, ma soprattutto
lirico di altissima aspirazione. Il suo giovanile romanzo epistolare Le
ultime lettere di Jacopo Ortis, gi un diario lirico, ricco di elementi
autobiografici, poich rilette la desolazione dello scrittore ventenne, per i
contrasti dellamore e per i mali della patria, tradita da Napoleone col
trattato di Campoformio. E gi vi si delineano i principali motivi che vi si
svilupperanno, purificati, nellulteriore processo dellarte foscoliana:
lacre pessimismo, il richiamo alle memorie e alle pietose illusioni, di cui
sono simbolo le tombe, il lamento per le presenti condizioni dItalia,
lammirazione per la bellezza, la devozione alla poesia. Taluni di questi
motivi trovano ulteriore elaborazione nei dodici sonetti, composti tra il
1799 e il 1803; tutti sono in varia misura ammirabili, ma tre di essi sono
concordemente indicati dalla critica come i pi grandi: A Zacinto, In
morte del fratello Giovanni, Alla Sera.
Le due odi famose (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e Allamica
risanata) rappresentano come una parentesi rasserenatrice nellesistenza
agitata di Foscolo. Il poeta, il cui spirito, attraverso gli studi, avverte

86
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 546.
sempre pi il richiamo suadente della grande arte antica, sente il bisogno
di portare ordine e misura nella sua intemperanza passionale: onde la
bellezza muliebre gli appare il pi alto mezzo di conforto ai miseri
mortali e la donna si configura nellimmagine di una divinit, cui deve
prestarsi un culto devoto.
Ma la persona spirituale del Foscolo si rivela, nella sua pienezza, nei
Sepolcri, il cui argomento sembra essere suggerito da recenti prescrizioni
di legge (il decreto napoleonico di S. Cloud) e ancor di pi da certe
correnti ideologiche che si erano formate in Europa. In realt nel carme
confluiscono tutte le varie esperienze di vita e di cultura che avevano
arricchito e potenziato lanimo del poeta e risuonano in una musica
nuova tutti i motivi pi profondi della sua ispirazione complessa. Il
sepolcro assume qui valore altissimo di simbolo: e attorno ad esso
sembra raccogliersi la storia ideale dellumanit. Esso testimonianza di
affetti gentili, poich stringe ai morti i viventi, ma soprattutto incitamento
a nobilmente operare. Cos la poesia della morte diventa poesia della
vita: le tombe attestano tangibilmente la perennit della tradizione, sono
un tacito appello ai superstiti perch si rendano degni dei loro maggiori e
accrescano la preziosa eredit di affetti e di glorie che hanno ricevuta da
loro. E quando le tombe sono spazzate via dalle fredde ali del tempo e di
esse non restano pi nemmeno le rovine, allora ne accoglie il ricordo e lo
tramanda alle pi lontane generazioni, colleternit del canto, la poesia,
che rafforza lillusione e ne moltiplica lefficacia.87 In grazia di essa
vivono ancora, nella fantasia e nel cuore pi che nella memoria degli
uomini, le figure del mito e della leggenda antichi, in quello che hanno di
pi universalmente umano, Talia e le Parche e le Muse, Aiace ed Ettore,
Elettra e Cassandra, Giove e Omero: e accanto ad essi si collocano senza
dissonanza immagini di grandi moderni, il Parini, il Nelson, lAlfieri,
veduti come in unimmensa prospettiva storica e avvolti tutti in una
stessa atmosfera religiosa.
Dopo i Sepolcri, il Foscolo, calmatosi alquanto limpeto passionale, di
cui rende cos viva testimonianza il ricco epistolario, e temperatasi quella

87
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, pp. 542-543.
sua cupa concezione iniziale della vita in una dolorosa ma pacata
accettazione, confortata dalla persistente fede in taluni fondamentali
valori umani, come la piet e il pudore, oltre che nella perenne funzione
educativa dellarte, pose mano alle Grazie, ove cant larmonia umana e
divina (elementi classici). Avrebbero dovuto essere un poemetto
didattico, secondo il gusto dei tempi, articolato in tre inni (Venere, Vesta,
Pallade) e cantare in rapida sintesi la storia dellincivilimento umano, per
effetto delle arti belle, la poesia, la musica, la danza, impersonate in tre
bellissime gentildonne: riuscirono, invece, una serie di liriche stupende,
di quadri tutti luci e armonia, di inimitabili visioni plastiche e pittoriche.
Critico largo e geniale, il Foscolo seppe indagare per primo con sicurezza
dintuito la genesi dellopera darte collegandola ai tempi e allanimo
della Scrittore e mostrare, cos, nei numerosi saggi relativi a tutta la
nostra letteratura (dalle origini ai contemporanei), come nelle traduzioni
dalle lingue classiche e moderne, la squisitezza della sua eccezionale
sensibilit estetica.88

3. ODI
ALLAMICA RISANATA
Lode fu scritta per la guarigione della contessa Antonietta Fagnani
Arese, risanata dopo una lunga e grave malattia e legata al Foscolo da
una appassionata relazione. In questa lirica, per, allesaltazione damore
testimoniata dallo scambio epistolare dei due amanti, si sostituisce una
serena ammirazione, quasi una contemplazione estatica della donna che
tornata a rifiorire, bella come una dea. Ma in definitiva, dice il poeta, chi
sono le dee? Diana, Bellona, Venere? Sono donne rese eterne,
immortali dalla poesia. Questo il compito che si prefigge il Foscolo:
rendere poeticamente immortale, come una dea la sua amica risanata. La
poesia vista come un omaggio galante alla bellezza e allamore, tipico
88
A. Sainati, G. Varanini, E. Boldrini, Orione, Le Monnier (1977), Dal Rinnovamento ai giorni
nostri Arti, scienze, attualit.
dellarte neoclassica. Il tema della bellezza consolatrice prende forma
attorno al 1798-1800, gli stessi anni in cui Foscolo mostra un forte
interesse per Lucrezio, e si configura come una reazione alle disillusioni
legate alla fine della militanza politica attiva e alla consapevolezza
dellimpossibilit di svolgere un ruolo attivo nella societ e nella politica
contemporanee.89
Foscolo, tra il 1802 e il 1803, si diede allo studio e alla traduzione di una
delle pi grandi opere dellantichit, il De Rerum Natura, del poeta latino
Lucrezio. Nel 1803 Foscolo pubblic la traduzione, accompagnata da un
commento, del poemetto La Chioma di Berenice del poeta latino Catullo
e una raccolta di versi, Poesie, che comprendeva due odi e dodici sonetti.
Tutta lode dunque, di gusto tipicamente neoclassico, presenta uno stile
ricco dimmagini mitologiche, improntato ad un lessico alto, aulico e a
una struttura sintattica piuttosto elaborata. Il mito fonte di ispirazione di
molte opere darte tra la fine del Settecento e linizio dellOttocento. 90

Nellultima strofa dellode Allamica risanata, Foscolo stabilisce un forte


legame tra il suo canto e la poesia classica, dice su litala/ grave cetra
derivo/ le corde eolie (perci io, ispirato dallaria sacra della mia
terra natale, trasferisco nella severa poesia italiana la dolce lirica greca
per esaltare te. E tu, divenuta immortale per la mia poesia, sarai adorata
come una dea dalle fanciulle lombarde dei tempi futuri).91
Il poeta sale a poco a poco dalla realt contingente alla sfera del mito,
dove tutto acquista un diverso significato e valore. Lode A Luigia
Pallavicini caduta da cavallo dedicata ad una nobildonna genovese
caduta da cavallo e il fatto viene trasfigurato mitologicamente e la donna,
descritta come una dea, diventa simbolo di bellezza classica. Nella
composizione delle odi Foscolo ebbe come modello Giuseppe Parini

89
http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/foscolo/c27.html
90
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 571.
91
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 571.
(soprattutto per le due sopra citate) per lesaltazione della bellezza
femminile di stampo tipicamente neoclassico.

4. SONETTI
A ZACINTO
Nellequilibrio classico dei sonetti maggiori si risolvono gli impulsi dello
spirito romantico del poeta, che nella misura breve delle due quartine e
delle due terzine che compongono i sonetti riesce a condensare i temi pi
importanti della sua vita e della sua poetica: lesilio, gli affetti familiari,
la bellezza rasserenatrice della natura, la poesia eternatrice, la
rievocazione del mondo classico. Questi stessi temi si ritroveranno nel
carme Dei Sepolcri, che esprime la ribellione del sentimento contro il
culto della ragione e il materialismo illuminista, lesaltazione dei valori
spirituali delluomo, la vittoria della poesia sul tempo che tende ad
annullare tutto.

I dodici sonetti di Foscolo si possono dividere in due gruppi: i primi otto,


composti tra il 1798 e il 1802, sono ritenuti dalla critica minori; sono
legati allOrtis per lacceso autobiografismo e per la ripresa di temi e di
situazioni gi presenti nel romanzo; gli altri quattro, composti tra il 1802
e il 1803 (Alla Sera, A Zacinto, In morte del fratello Giovanni, Alla
Musa), pur riprendendo motivi preromantici, sono caratterizzati da
unarmonia classica e da grande compostezza stilistica. Per questi motivi
sono definiti maggiori. In essi la contemplazione poetica si fa dolente ma
composta, lo stile armonioso; vi si percepisce la concezione foscoliana
del potere rasserenante dellarte e della poesia, che domina le passioni
mentre le manifesta, e fissa in immagini armoniose le esperienze
tempestose della vita.
Il sonetto A Zacinto fu composto tra la fine del 1802 e i primi mesi del
1803. Foscolo si trovava a Milano ed era profondamente deluso degli
sviluppi della condotta politica di Napoleone in Italia. Nello sconforto il
poeta avverte pi acutamente la mancanza di una patria in cui poter
vivere stabilmente e serenamente. In questo sonetto pensa a Zacinto,
lisola greca in cui nato, e da lontano la saluta rievocando la bellezza
del suo mare, del suo cielo e dei suoi boschi. La piccola isola celebrata
non tanto come patria reale, quanto come patria ideale, immagine perfetta
di bellezza, ispiratrice della poesia eternatrice, della bellezza della natura
e della suprema dignit umana (ispir il canto di Omero). Negli antichi
miti greci il Foscolo vede adombrato il suo destino: si riconosce in
Ulisse, bello di fama e di sventura, e pur presentendo che a lui
toccher in sorte di morire esule, rasserenato dalla consapevolezza che
la poesia lo riscatter dalloblio.92
Il sonetto, per quanto riguardano gli elementi neoclassici, ha armonia e
compostezza stilistica e molti riferimenti mitologici: il mito di Venere,
simbolo della bellezza, dellarmonia e dellamore, la figura di Omero,
simbolo della poesia eternatrice dei valori umani pi alti, il mito di
Ulisse, che incarna la figura del poeta esule e vittima del destino.
Negli anni della disillusione politica il motivo della patria assume una
valenza pi mitica; nel sonetto N pi mai toccher le sacre sponde93
la patria non coincide solo con il territorio delimitato dellisola di
Zacinto, ma assume un significato ideale, nel riferimento alla civilt
greca popolata da divinit e figure allegoriche come Omero, simbolo
della poesia, e Ulisse, emblema di una condizione di sradicamento
comune al poeta stesso.
Il tema della Grecia in Foscolo coniuga la prospettiva autobiografica con
la dimensione mitico-letteraria del tema che godeva di una grande
fortuna nellepoca del Neoclassicismo, nellambito di una rivisitazione
critica e consapevole del rapporto con i classici, in funzione di unarte
che doveva aspirare alla perfezione e allequilibrio degli antichi.
Foscolo sentiva particolarmente congeniale e vicina la Grecia per diversi
motivi: la nascita a Zante, lorigine greca della famiglia materna, la
solidariet del patriota per il destino politico del paese in lotta per
lindipendenza (si vedano gli scritti dedicati nel periodo dellesilio in
Inghilterra al problema politico della Grecia) e, infine, il riferimento
92
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 574.
93
Cit. A Zacinto, (da Poesie), Ugo Foscolo, (1802-1803).
letterario alla cultura classica e alla Grecia patria di Omero. Tutti questi
motivi sono espressi con particolare intensit, in una sintesi mirabile, nel
sonetto N pi mai toccher le sacre sponde, dove il motivo della
nascita a Zante suggerisce unidentificazione tra il poeta e Ulisse,
anchegli esule e senza patria come il poeta, e indirettamente
unidentificazione con Omero, cantore di Ulisse. La vicenda del poeta
esule e disilluso dalle circostanze storiche viene cos rivalutata in chiave
mitica, attraverso la proiezione nelleroico passato greco.94

Le tematiche sono preromantiche come il presentimento, da parte del


poeta, della morte in esilio, lontano dagli affetti, ma lo stile tipico del
neoclassicismo. Quindi il sonetto mette in evidenza le due componenti
principali della poetica di Foscolo: il piano tematico (preromanticismo) e
quello stilistico (neoclassicismo).

5. LE GRAZIE
Lesempio pi perfetto del neoclassicismo poetico, insieme con i
Sepolcri, sono le Grazie. Foscolo compose questo poemetto a varie
riprese fra il 1803 e il 1825. Le Grazie, figlie di Zeus e di Venere, sono
considerate divinit intermedie fra la terra e il cielo; il loro compito
attuare larmonia e la bellezza celeste fra gli uomini, liberandoli
dallaggressivit primitiva e suscitando nei loro cuori affetti puri e nobili
mediante le arti, con cui essi possono affinare il loro ingegno.
Ne Le Grazie, infatti, Foscolo si confronta contemporaneamente con
quanto di classico il Neoclassicismo comportava e con la sua personale
percezione del classico, alla luce di una intera esistenza trascorsa a
cercare il senso di s e del mondo in quello, assoluto e compiuto, degli
antichi.95
Il poemetto costituito da tre inni, dedicati rispettivamente a Venere,
simbolo della natura generatrice, della bellezza e della segreta armonia
del creato; a Vesta, dea del focolare e degli affetti familiari e a Pallade,

94
http://www.internetculturale.it/opencms/directories/ViaggiNelTesto/foscolo/c23.html
95
A. Sainati, G. Varanini, E. Boldrini, Orione, Le Monnier (1977), Dal Rinnovamento ai giorni
nostri Arti, scienze, attualit, pp. 82-83.
dea della virt, simbolo delle arti consolatrici. Nel primo il poeta canta la
nascita delle Grazie e il progresso delle nazioni civili; nel secondo
celebra linflusso delle divine fanciulle sugli uomini; nellultimo esalta la
purezza eterna delle Grazie, incontaminate in virt di un velo fatto
tessere da Pallade per proteggerle dopo che si sono rifugiate nellisola di
Atlantide. Cos esse, continuando a vivere tra i mortali, possono svolgere
la loro opera civilizzatrice indicando agli uomini la contemplazione del
bello, purificata da ogni passione terrena.
La composizione del poemetto, ispirato dal gruppo marmoreo delle
Grazie a cui stava lavorando a Firenze lo scultore Antonio Canova e, pi
in generale, dallestetica neoclassica di Winckelmann e dei suoi seguaci,
fu assai complessa. Il Foscolo cominci a lavorarci ai primi
dellOttocento e lo riprese nel 1813 a Firenze portandolo quasi a termine;
ma vi lavor ancora in Inghilterra, lasciandolo poi incompiuto. Fu
pubblicato nel 1848.
Anche nelle Grazie la Grecia il luogo mitico in cui ha avuto origine la
civilt umana. Negli anni dellesilio inglese, poco dopo larrivo in
Inghilterra, Foscolo progett per un certo periodo di trasferirsi in Grecia,
allo scopo di recuperare una memoria personale e mitico-letteraria, e
riavvicinarsi cos a una patria doppiamente perduta.
Gli elementi mitologici, la compostezza classica dello stile,
lambientazione e i personaggi fantastici per lungo tempo hanno fatto
considerare le Grazie come un poemetto neoclassico privo di legami con
la realt storica: la critica pi recente, invece (anche grazie allo studio di
documenti biografici dellautore), ha riscoperto elementi che evidenziano
il contenuto politico. Le Grazie, sotto il travestimento mitologico,
rappresentano un richiamo allequilibrio e allarmonia tra gli uomini, in
un periodo storico, come quello del disfacimento dellimpero
napoleonico, di grande disordine e incertezza per il futuro dei popoli.96
Nelle Grazie al motivo della bellezza consolatrice si unisce quello della
bellezza cui affidato un compito di civilizzazione e di trasmissione dei
valori. Lambizione di Foscolo nel poema incompiuto quella di riuscire

96
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 602.
a fondere le premesse filosofiche che rinviano a una concezione
meccanicistica della vita umana con il mito di una palingenesi dovuta
allarte e alla bellezza; la forza innegabile della bellezza si confronta
tuttavia con la persistenza di passioni negative e di istanze irrazionali che
minacciano il precario equilibrio creato, nei frammenti di poesia,
attraverso il mito e la grazia delle creature divine.
A conclusione del poema, Foscolo introduce una nuova immagine di
bellezza: di una bellezza divinamente consolatrice, ma intrisa al
contempo di vibrante, affettuosa umanit. Fra evocazioni del passato,
rimpianti del presente, vagheggiamenti del futuro, si svolge il bellissimo
idillio dedicato alla Bignami, che fra le cose pi altamente e
delicatamente ispirate del Foscolo, ove sentimenti e immagini si fondono
in perfetta armonia. 97

6. IL CARME DEI SEPOLCRI


Perfetto incontro tra la tradizione latina e lispirazione neoclassica e
protoromantica.
Lidea di comporre un carme sul tema della sepoltura nacque da una
discussione nel salotto veneziano di Isabella Albrizzi sullintroduzione,
anche in Italia, delleditto napoleonico di Saint-Cloud, gi in vigore in
Francia dal 1804, che imponeva la sepoltura dei morti in cimiteri pubblici
fuori dai centri abitati, proibiva la distinzione tra morti comuni e illustri e
prescriveva che le pietre tombali fossero tutte della stessa grandezza.
Foscolo, che in un primo momento sostenne lopportunit della legge, in
contrasto con lamico Ippolito Pindemonte, successivamente compose il
carme, confutando le sue precedenti posizioni, e lo dedic proprio a
Pindemonte.
La morte non pi considerata dal Foscolo il Nulla Eterno: luomo
sopravvive dopo la morte nel ricordo dei suoi cari e le sue nobili azioni
entrano a far parte del patrimonio collettivo della nazione. Nel carme,
documento di poesia civile e morale, Foscolo ripropone gli ideali che gli
furono cari per tutta la vita: il patriottismo, contro il cosmopolitismo

97
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, pp. 602-603.
illuministico, lesaltazione preromantica del sentimento e dei valori dello
spirito contro il razionalismo illuministico. 98
Nei Sepolcri, Omero viene introdotto per testimoniare il potere della
poesia di eternare e di salvare dalloblio gli uomini e le gesta virtuose e
eroiche delle nazioni. Il problema della traduzione di Omero centrale
per Foscolo che lavor per pi di ventanni alla versione italiana
dellIliade, componendo innumerevoli frammenti continuamente corretti
e riscritti. Foscolo aveva un profondo rispetto per la poesia omerica della
quale voleva conservare lo spirito autentico e puro; il lettore doveva
essere in grado di apprezzare nella lingua a lui contemporanea la bellezza
originaria del testo attraverso una traduzione fedele, ma nello stesso
tempo armoniosa e elegante, capace di esprimere il significato pi
profondo dei versi e la rete di significati allusivi sottintesi. Un lavoro
quindi senza fine e mai concluso, documentato dalle incessanti correzioni
e alimentato da una ricerca continua sulla lingua che si riflette sulla
poesia di Foscolo, in particolare sui Sepolcri e anche sulle Grazie.99
Attinge, inoltre, a piena mani da Lucrezio. Il De rerum natura il poema
della vita e della morte. Secondo il poeta latino, il nascere e il morire
sono la vita, sono la natura (de rerum natura). E unopera che racchiude
e canta tutta la natura, poema della vita e della morte. Definito da Ugo
Foscolo il sovrumano poema di Lucrezio. 100

7. CLASSICO E MODERNO NEL SAGGIO SULLA LETTERATURA


CONTEMPORANEA IN ITALIA
Nel 1816 scoppi la polemica tra classicisti e romantici. A provocarla fu un
articolo di Madame de Stel, intitolato Sulla maniera e l'utilit delle

98
M. Sambugar, G. Sala , La Nuova Italia, 2004, p. 579.
99
www.scrittoriditalialaterza.it
100
A. Serafini, Storia della letteratura latina, dalle origini al VI secolo d. C., 1981, p. 114.
traduzioni, apparso nel primo numero (1 gennaio 1816) della rivista "La
Biblioteca italiana".
Nell'articolo Madame de Stel invitava i letterati italiani ad uscire dal chiuso
provincialismo della loro tradizione culturale, per accostarsi alle opere straniere
contemporanee, soprattutto inglesi e tedesche, invece di perder tempo con la
mitologia greco-romana, in un tempo in cui quelle antiche favole
anacronistiche erano state del tutto dimenticate nel resto dell'Europa.
Nell'invito alla coscienza delle opere straniere era del tutto implicita l'accusa di
arretratezza rivolta ai letterati italiani, alcuni dei quali, diceva la Stel, erano
degli eruditi, altri erano superficiali e vanesi, capaci solo di scrivere opere
ricche di belle parole, ma vuote d'ogni pensiero.
Nel 1818 Ugo Foscolo scrisse Lessay on the present literature in Italy. Il
saggio fu scritto su richiesta di John Hobhouse, influente uomo politico
inglese. Hobhouse si apprestava a pubblicare un volume di note illustrative che
dovevano accompagnare ledizione del quarto canto del Childe Harold di
George Gordon Byron. Egli chiese a Foscolo di compilare la parte relativa alla
letteratura italiana contemporanea, che fu scritta prima in italiano e poi tradotta
in inglese e pubblicata come opera di Hobhouse nelle Historical Illustrations
of the Fourth Canto of Childe Harold.
Foscolo si rivolgeva con chiarezza al pubblico inglese e forniva dei tratti critici
di scrittori contemporanei tra cui Parini, Alfieri e Monti. Esprimeva, poi, un
giudizio riduttivo sulla polemica classici-romantici, rilevandone leccesso di
teorizzazione. Per Foscolo, classico significa esemplare non solo sulla base di
un riferimento interno a un canone letterario o culturale o artistico, ma in
quanto in grado di esprimere valori nazionali.101
Infatti nel Saggio, utilizza il termine classici in riferimento agli scrittori
nazionali, ovvero gli scrittori apprezzati in tutta la nazione:
Se quindi ci avvenga di scoprire alcuno scrittore vivente il quale sia
ugualmente stimato in tutte le province dItalia, ne possiamo sicuramente
dedurre che lapprezzamento definitivo, e che, essendo stato levato agli altari
in seguito ad unesatta valutazione de suoi pregi, non potr mai precipitare in
completo oblo; che egli infine pu essere annoverato tra gli scrittori

101
Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Carocci editore, p. 30.
nazionali, sempre naturalmente tenuto conto delle fluttuazioni alle quali -come
abbiam detto- la letteratura italiana particolarmente soggetta, e sar sempre
annoverato tra i classici di quella nazione.102
Inoltre per Foscolo si diventa classico e quindi scrittore nazionale, anche
frequentando le letterature straniere. Quando parla di Melchiorre Cesarotti
avanza delle perplessit proprio legate al legame eccessivo dello scrittore con
la realt municipale che impedisce una vera circolazione delle idee in una
dimensione nazionale e internazionale103:
Se il Cesarotti fosse nato in altro tempo, avesse allargato le proprie idee
svincolandosi dalla stretta delle sue speculazioni metafisiche con il visitare
altri paesi e col comunicare con altri ingegni, avesse incontrato maggiori
ostacoli nella sua ascesa alla fama, e soprattutto se si fosse dedicato a
composizioni originali pi giudiziosamente valendosi della conoscenza di
letterature straniere, avrebbe probabilmente occupato un posto segnalato tra i
classici del suo paese.104
Classico, quindi, coincide in parte con nazionale. Ma il termine comprende il
Foscolo unulteriore sfumatura semantica e indica anche una nozione di civilt
riassuntiva del significato di antico e di esemplare. I classici che Foscolo ha in
mente sono Giuseppe Parini, Vittorio Alfieri, Ippolito Pindemonte, Vincenzo
Monti, oltre a lui stesso (Silvia Tatti, p. 31). Per per classici intende anche gli
scrittori latini e greci. In riferimento a quest ultimi utilizza spesso i termini
classici antichi insieme. Ad esempio quando parla di Parini dice:
La continua e minuta osservazione della natura in tutta la sua variet gli
somministr le bellezze necessarie a suoi intendimenti poetici, e lo rese
capace di riconoscerle nei classici antichi e di illustrarne ad altri la
presenza.105
Qui per classici antichi Foscolo si riferisce ad Orazio e Virgilio, i quali furono
letti con particolare curiosit e attenzione dal Parini. Oppure:

102
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze, p. 493.
103
Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, p. 31.
104
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze, p. 498.
105
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze.
(riferito ai critici letterari) Sono uomini che hanno goduto di una regolare
istruzione, sono familiari con le opere di classici antichi e moderni su cui si
sono formati, ed essendo avvezzi ad applicare le prescritte regole ad ogni
pubblicazione popolare, sono per propria ma indiscussa istituzione, gli arbitri
del gusto.
Quindi classici antichi per sottolineare il fatto che questi scrittori non sono solo
canonici e autorevoli, ma anche legati al passato. Altre volte, invece, per
indicare sempre gli scrittori latini e greci, usa solamente il termine antichi:
(riferito agli italiani) E saggiunga che essi giudicano tutte le composizioni
moderne riferendosi ai loro pi antichi poeti, venerati da loro quasi
superstiziosamente.106
Oppure quando parla dellAlfieri:
La sua lingua pura e derivata dagli antichi scrittori, ma libera da ogni
pedanteria e dalla ruggine dellantichit.107
C anche un uso di classico come autorevole ed eccellente. In riferimento, ad
esempio, alla tragedia Caio Gracco di Vincenzo Monti, dice:
Avendo i critici che siedono vicino allorchestra e quelli da tavolino
condannato quanto vi appare contrario allautorit dei classici, la loro
sentenza irrevocabile.108
Classici come significato, appunto, di autorevoli.
Alla fine del XVIII secolo ormai del tutto comune limpiego del termine che
sostituisce in gran parte luso di indicare i latini e i greci con il termine di
antichi.
Ippolito Pindemonte [] ha avuto di natura il dono duna delicatezza di
gusto che, raffinata da studi veramente classici gli ha acquistato maggiori
onori letterari.109
In questa citazione c luso di classico riferito ad un canone letterario. Quindi
gli studi classici come significato di studi canonici.

106
Ivi, p. 515.
107
Ivi, p. 515.
108
Ivi, p. 527-528.
109
Ivi, p. 522.
Infine utilizza il termine anche in una sfumatura negativa, quando diventa in
certi casi sinonimo di pedanti e conservatori. Quando parla della traduzione
dellIliade di Omero di Vincenzo Monti, scrive:
E, a colorire tal disegno, lardell le sue frasi di espressioni idiomatiche, e fu
anche prodigo di latinismi i quali, se pur posseggano un che di classico, e
siano opportunamente scelti, chiari ed espressivi e tali da arricchire la lingua,
producono nondimeno certo effetto prosaico e pedante, e rendono secca la sua
maniera e spiacente.110
Anche quando parla di Giuseppe Parini dice:
Il poeta mai non vide altra citt che Milano; le sue infermit e la sua
indigenza lo confinarono strettamente nella sua casa. Gli fu di conseguenza
impossibile di non attribuire eccessiva importanza a cose che, a chi fosse uso a
contemplare pi vasto orizzonte, parrebbero immeritevoli di considerazioni; e
fu per la medesima ragione naturale che il suo stile, tutto esemplato sui
classici, talvolta si snaturasse in pedanterie.111
Foscolo rinnova profondamente il rapporto con la classicit: classico
qualcosa che va utilizzato per costruire un nuovo sistema, funzionale alluomo
contemporaneo. Bisognava rendere lo spirito del testo originale, ed era per
questo motivo che va contro limitazione:
(riferito a Cesarotti) ) I suoi fedeli discepoli non salirono in reputazione
perch chi imita per natura sua incapace delevarsi al di sopra della
mediocrit.
Per Foscolo bisognava rifarsi alla virt degli antichi e distanziarsi dalla poesia
dimitazione.
La lingua italiana un bel metallo che bisogna ripulire dalla ruggine
dellantichit, e depurare dalla falsa lega della moda.112
La lingua italiana fu corrotta, durante il regno di Luigi XIV e Luigi XV, da un
numero infinito di parole e frasi francesi, e la consapevolezza di questa
corruzione, degener in una superstiziosa adorazione degli antichi: ed era per
questo motivo che la nazione aveva stabilita come massima che le grazie dello
110
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze, p. 535.
111
Ivi, p. 506.
112
U. Foscolo (1958), Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Edizione Nazionale delle
opere di Ugo Foscolo, XII/1-2, Le Monnier, Firenze.
stile debbano derivarsi dagli antichi scrittori toscani e che per vigore, o se si
possa usare il termine, per la nobilt della lingua soltanto i latini sono modelli
sicuri. Cos avviene di trovare in molte opere parole o frasi che sono quasi o
del tutto fuori uso.
Foscolo conclude il saggio dicendo che una grande questione divide il mondo
dei dotti italiani tra i partigiani della poesia classica e quelli della poesia
romantica. I primi pongono Omero in prima linea, gli altri, che hanno adottata
la suddivisione di Madame de Stal, si affidano allOssian come loro principale
campione. Madame de Stal aveva sentito lesigenza di distinguere tra luso
consueto di classico come sinonimo di perfetto e luso invece da lei assunto
come sinonimo di antico, contrapposto a romantico con il quale la scrittrice
indicava invece la cultura cavalleresca medievale. Inoltre i primi vorrebbero
attenersi unicamente alla mitologia degli antichi, al contrario dei secondi, i
quali la bandirebbero da ogni loro composizione. Foscolo definisce questa
polemica nel saggio una questione oziosa che per potr determinare il corso
della letteratura per i prossimi cinquanta anni.
Conflitto tra antichi e moderni nel pensiero leopardiano

Il confronto tra natura e ragione e quello tra antichi e moderni, un tema


centrale in tutto il pensiero leopardiano ed attraversa diverse opere: dalla
riflessione sulla poetica (nel Discorso intorno alla poesia romantica) allo
Zibaldone, dagli scritti saggistici e filologici, fino allesperienza lirica (i Canti).
Qui verranno presi in considerazione passi tratti dallo Zibaldone ed alcune
Canzoni (Ad Angelo Mai e Alla Primavera), in cui il poeta si sofferma sulle
differenze tra antichi e moderni, mettendone in luce le diverse caratteristiche.

1. Antichi e moderni nello Zibaldone

La prima fase del pensiero leopardiano costruita tutta sullantitesi tra


natura e ragione, tra antichi e moderni e prende lavvio dalla ricerca
dellorigine dellinfelicit delluomo, che viene identificata con il piacere,
sensibile e materiale. Egli aspira ad un piacere che sia infinito per estensione
e per durata ma, siccome nessuno dei piaceri goduti dalluomo pu
soddisfare questa esigenza, nasce in lui un senso di insoddisfazione
profonda, un vuoto che lanima non riesce a colmare e che lo rende infelice 113.

[165-172] Lanima umana (e cos tutti gli esseri viventi) desidera sempre
essenzialmente, e mira unicamente, bench sotto mille aspetti, al piacere,
ossia alla felicit, che considerandola bene, un tuttuno con il piacere.
Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch ingenita o
congenita collesistenza, e perci non pu avere fine in questo o quel
piacere che non pu essere infinito, ma solamente termina con la vita. E
non ha limiti: 1. n per durata; 2. n per estensione [...] Quando giungi a
possedere il cavallo, trovi un piacere necessariamente circoscritto e senti
un vuoto nellanima, perch quel desiderio che tu avevi effettivamente
non resta pago. Se anche fosse possibile che restasse pago per
estensione, non potrebbe per durata, perch la natura delle cose porta
ancora che niente sia eterno114.

113
G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, La letteratura vol. 4 Let napoleonica e il

Romanticismo, Torino, Paravia, 2007, p. 515.


114
G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, in Biblioteca della Letteratura Italiana, Einaudi, pp.

194-195.
La natura, benefica e materna, aveva creato lessere umano come essere
semplice, ignaro, primitivo, abbandonato nellimmaginazione e nelle
illusioni; gli uomini, invece, vollero uscire fuori dalla loro infanzia felice ed
iniziarono ad usare la ragione per scrutare la realt, arrivando al male e al
dolore.

[167] [...] Quindi bisogna considerare la gran misericordia e il gran


magistero della natura, che [...] non potendo fornirli di piaceri reali
infiniti, ha voluto supplire: 1. colle illusioni, e di queste stata loro
liberalissima, e bisogna considerarle come cose arbitrarie in natura, la
quale poteva ben farcene senza115;[...]

Per questo gli uomini primitivi e gli antichi greci e romani, molto pi vicini
alla natura, erano felici: nutriti di generose illusioni, crearono miti,
compirono azioni eroiche e magnanime, svolsero una vita intensa ed attiva e
questo contribu a far dimenticare loro il vuoto dellesistenza e a renderli lieti
proprio come i fanciulli.

Il progresso della civilt e della ragione, spegnendo le illusioni, ha


allontanato i moderni da quella condizione privilegiata, li ha resi infelici e
incapaci di compiere azioni eroiche. Leopardi afferma la superiorit degli
antichi, gli unici capaci, grazie alla loro vicinanza con i fanciulli, di
immaginare una realt diversa. Nei due passi successivi, i termini
antico/antichi assumono il significato di modello, di esempio, di qualcosa che
deve essere imitato. Moderni ha, invece, una connotazione negativa: indica
coloro che con il passare del tempo hanno reso la loro condizione sempre pi
misera, fino ad arrivare ad una situazione di degrado totale. In entrambe i
passi citati, un modello antico che secondo il poeta deve fungere da esempio
ai moderni Omero:

[168] Quindi deducete le solite conseguenze della superiorit degli


antichi sopra i moderni in ordine alla felicit. Limmaginazione come ho
detto il primo fonte della felicit umana. Quanto pi questa regner
nelluomo, tanto pi luomo sar felice. Lo vediamo nei fanciulli. Ma
questa non pu regnare senza lignoranza, almeno una certa ignoranza
come quella degli antichi. La cognizione del vero[...]circoscrive
limmaginazione. [...]Di queste idee abbondavano gli antichi, abbondano

115
Ivi, pp. 196-197.
i loro poeti, massime il pi antico cio Omero, abbondano i fanciulli,
veramente Omerici in questo, [...] glignoranti, ecc. in somma la natura.
La cognizione e il sapere ne fa strage, e a noi riesce difficilissimo il
provarne116.

[338-340] [...] Un pensiero degno di essere sviluppato intorno alla


perpetua superiorit degli antichi sopra i moderni a causa della maggior
forza della natura, per anche non corrotta, o meno corrotta, sta nelle
notes historiques de lloge historique de lAbb de Mably, par labb Brizard,
avanti le Observations sur lhist. de France. Kehll. 1789. t.1. p.114. Note II.
Tale era lidea che gli antichi si formavano della felicit ed infelicit. Cio
luomo privo di quei tali vantaggi della vita bench illusorii, lo
consideravano come infelice realmente, e cos viceversa. E non si
consolavano mai col pensiero che queste fossero illusioni, conoscendo
che in esse consiste la vita, o considerandole come tali, o come realt. E
non tenevano la felicit e linfelicit, per cose immaginare e chimeriche,
ma solide, e solidamente opposte fra loro. [...] In somma considerate gli
antichi e i moderni: vedrete evidentemente una gradazione incontrastabile
e notabilissima di grandezza, sempre in ragion diretta dellantichit.
Cominciando dagli uomini di Omero, un palmo pi alti dei moderni,
come dicea quel francese, e dalle piramidi di Egitto ec. discendete alle
imprese nobilissime e grandiosissime, ai lavori immensi, alle fabbriche,
alla solidit delle loro costruzioni fatte per leternit (cosa propria anche
de tempi bassi, e fino al cinque o seicento), alla profondissima impronta
delle monete, alleroismo, e a tutti gli altri generi di grandezza che
distinguono i greci, i romani ec. E poi venendo ai tempi bassi e
gradatamente ai moderni, vedete come luomo si vada sensibilmente
impiccolendo, finch giunge a questultimo grado di piccolezza generale
e individuale, e dimpotenza in cui lo vediamo oggid. In maniera che
leterna fonte del grande (come del bello) sono gli scrittori, le opere
dogni sorta, gli esempi, i costumi, i sentimenti degli antichi; e degli
antichi si pasce ogni anima straordinaria de nostri tempi.

Tutta la storia dellumanit si fonda sullopposizione tra la natura, che vuol


celare agli uomini la verit, e la ragione, che li spinge verso lorrido vero 117.
Leopardi, attribuisce la colpa dellinfelicit alluomo stesso, che si
allontanato dalla via tracciata dalla natura benigna.

116
Ivi, pp. 197-199.
117
M. Sansone, Storia della Letteratura Italiana, Principato Editore, 1973, p. 437.
[3976] Fra gli antichi avveniva tutto il contrario. Il tuono naturale che
rendeva la loro cetra era quello della gioia o della solennit. La poesia
loro era tutta vestita a festa, anche, in certo modo, quando il subbietto
lobbligava ad esser trista. Che vuol dir ci? O che gli antichi avevano
meno sventure reali di noi, (e questo non forse vero), o che meno le
sentivano e meno le conoscevano, il che viene a esser lo stesso, e a dare il
medesimo risultato, cio che gli antichi erano dunque meno infelici de
moderni118.

Lorigine del male delluomo moderno si trova, dunque, nella ragione che
cerca sempre di spiegare in modo razionale la realt, svuotandola e
privandola della sua originaria bellezza, al contrario di come facevano gli
antichi:

[4368] anche insufficiente il dire che la lingua dell'immaginazione


precede sempre quella della ragione. Nel nostro caso, cio nella Grecia a'
tempi di Solone, ed anche a' tempi stessi d'Omero, gi molto colti, (e
similmente in tutti i casi dove trattasi di poesia e di prosa colta e
letteraria), l'immaginazione avea gi dato alla ragione tutto il luogo che
bisognava perch questa potesse avere una sua lingua. Col
perfezionamento della societ, col progresso dell'incivilimento, le masse
guadagnano, ma l'individualit perde: perde di forza, di valore, di
perfezione, e quindi di felicit: e questo il caso de' moderni considerati
rispetto agli antichi119.

Proprio per questo motivo, il poeta critica duramente la societ


contemporanea, dominata, oltre che dalla ragione, dallinerzia e dal tedio; ci
vale soprattutto per lItalia, decaduta dalla grandezza del passato. Questa
fase del pensiero leopardiano viene definita pessimismo storico: la condizione
negativa del presente viene vista come effetto di un processo storico, di una
decadenza e di un allontanamento progressivo da una condizione originaria
di felicit.

[162-163] [...] Lo scopo dellincivilimento moderno doveva essere di


ricondurci appresso a poco alla civilt antica offuscata ed estinta dalla
barbarie dei tempi di mezzo. Ma quanto pi considereremo lantica
civilt, e la paragoneremo alla presente, tanto pi dovremo convenire

118
G. Leopardi, op.cit., p. 2515.
119
Ivi, pp. 2933-2934.
chella era quasi nel giusto punto, e in quel mezzo tra i due eccessi, il
quale solo poteva proccurare alluomo in societ una certa felicit. La
barbarie de tempi bassi non era una rozzezza primitiva, ma una
corruzione del buono, perci dannosissima e funestissima. Lo scopo
dellincivilimento dovea esser di togliere la ruggine alla spada gi bella,
o accrescergli solamente un poco di lustro. Ma siamo andati tanto oltre
volendola raffinare e aguzzare che siamo presso a romperla. E osservate
che lincivilimento ha conservato in grandissima parte il cattivo dei
tempi bassi, chessendo proprio loro, era pi moderno, e tolto tutto quello
che restava loro di buono dallantico per la maggior vicinanza (del quale
antico in tutto e per tutto abbiam fatto strage), come lesistenza e un certo
vigore del popolo, e dellindividuo, uno spirito nazionale, gli esercizi del
corpo, unoriginalit e variet di caratteri costumi usanze ec. [...] In
somma la civilt moderna ci ha portati al lato opposto dellantica, e non si
pu comprendere come due cose opposte debbano esser tuttuno, vale a
dire civilt tutte due. Non si tratta di piccole differenze, si tratta di
contrariet sostanziali: o gli antichi non erano civili, o noi non lo siamo.

Se nella realt il piacere infinito irraggiungibile, allora luomo pu figurarsi


piaceri infiniti attraverso limmaginazione (il piacere infinito che non si pu
trovare nella realt, si trova cos nellimmaginazione, dalla quale derivano la
speranza, le illusioni120). Ci che stimola limmaginazione a costruire una
realt parallela, in cui luomo trova lillusorio appagamento al suo bisogno di
infinito, tutto ci che vago e indefinito e proprio nello Zibaldone il poeta
descriver tutti gli aspetti della realt sensibile che, grazie al loro carattere
indefinito, possiedono questa forza suggestiva. piacevole la vista impedita
da un ostacolo, una siepe, un albero, una torre, una fila di alberi e cosi via
perch:

[1745] [...] A questo piacere contribuisce la variet, lincertezza, il non


veder tutto, e il potersi perci spaziare collimmaginazione, riguardo a
ci che non si vede121.

Accanto a questa teoria della visione si viene a creare anche una teoria del suono
e il poeta elenca tutta una serie di suoni, suggestivi proprio perch vaghi: un
canto che pian piano si allontana, un canto che arriva dallesterno in una
stanza, il rumore del vento tra gli alberi, ecc:
120
Ivi, p. 196.
121
Ivi, p. 1210.
[1927-1930] Quello che altrove ho detto sugli effetti della luce o degli
oggetti visibili, in riguardo allidea dellinfinito, si deve applicare
parimente al suono, al canto, a tutto ci che spetta alludito. piacevole
[...] per unidea vaga e indefinita che desta, un canto (il pi spregevole)
udito da lungi o che paia lontano senza esserlo, o che si vada poco a
poco allontanando [...] un canto udito in modo che non si veda il luogo
da cui parte, un canto che risuoni pi volte in una stanza [...] E tutte
queste immagini in poesia sono sempre bellissime, [...] Vedi in questo
proposito Virgilio, Eneide, VII, v.8, segg. La notte o limmagine della
notte la pi propria ad aiutare, o anche a cagionare, i detti effetti del
suono, Virgilio da maestro lha adoperata122.

Qui Leopardi esalta di nuovo la grandezza e la superiorit degli antichi


rispetto ai moderni, prendendo come esempio Virgilio e citando un verso
dellEneide, in cui il canto di Circe giunge ai Troiani da lontano, sul mare, nel
buio della notte:

Spirano aure su la notte, una luna chiara

scopre la rotta alle navi, il mare trema di luce.


Ed ecco vicine le rive di Circe sfiorate:
una terra di boschi segreta, dove si ode
assidua la figlia divina del Sole cantare
nel suo palazzo di marmo; e col fuoco
del cedro odoroso accende la notte
scorrendo tele sottili col pettine stridulo123. (vv.8-15)

Il poeta ritiene che i maestri della poesia vaga e indefinita sono stati,
appunto, gli antichi che, essendo molto vicini alla natura, avevano la capacit
di immaginare, proprio come i fanciulli. Il conflitto antichi-moderni si lega
cos ad un altro tema caro al poeta: il contrasto natura-ragione.
Limmaginazione fanciullesca, essendo vicina alla natura, fa vedere il mondo
infinitamente vasto, vario e suggestivo, mentre gli adulti, ormai avvolti dal
progresso della conoscenza non sono pi in grado di ottenere questa visione.

[144] [...] Cos si pu ben dire che in rigor di termini, poeti non erano se
non gli antichi, e non sono ora se non i fanciulli o giovanetti, e i moderni
che hanno questo nome, non sono altro che filosofi.

122
Ivi, pp. 1310-1311.
123
G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, op. cit., p. 526.
[514-516] Da fanciulli, se una veduta, una campagna, una pittura, un
suono, un racconto, una descrizione, una favola, unimmagine poetica,
un sogno, ci piace e diletta, quel piacere e quel diletto sempre vago e
indefinito: lidea che ci desta sempre indeterminata e senza limiti: ogni
consolazione, ogni piacere di quellet [...] tien sempre allinfinito: e ci
pasce e ci riempie lanima indicibilmente, anche mediante i minimi
oggetti. Da grandi [...] il piacere di quella sensazione si determina subito
e si circoscrive124.

1.1 Superiorit degli antichi rispetto ai moderni

Nello Zibaldone il poeta utilizza molte altre volte i termini antico e moderno
(presenti sia al maschile che al femminile, singolare e plurale), mettendoli in
contrapposizione tra loro ed esaltando i primi.

Per prima cosa egli evidenzia la superiorit degli antichi rispetto ai moderni
nella scrittura, affermando:

[31] [...] La prosa per esser veramente bella (conforme era quella degli
antichi) e conservare quella morbidezza e pastosit composta anche fra le
altre cose di nobilt e dignit, che comparisce in tutte le prose antiche e in
quasi nessuna moderna, bisogna che abbia sempre qualche cosa del
poetico, non gi qualche cosa particolare, ma una mezza tinta generale,
onde ci sono certe espressioni tecniche p.e. che essendo bassissime nella
poesia sono basse nella prosa; [...] come altre che sono basse nella poesia,
alla prosa non disconvengono affatto[...] e dir cos, somigliante a una
persona magra che abbia le punte dellossa tutte in fuori, quella prosa
tutta sparsa despressioni metafore frasi locuzioni modi tecnici che usa
presentemente massime in Francia, e quanto lontana da quella
freschezza e carnosit morbida sana vermiglia vegeta florida, e da quella
pieghevolezza e da quella dignit che sammira in tutte quelle prose che
sanno dantico.

Il termine antico, qui presente al maschile (singolare e plurale) e al femminile


(plurale), fa riferimento ad una prosa elegante, nobile, dignitosa, superiore e
contrapposta a quella moderna, la quale appare piena di espressioni e
metafore che la allontanano dalla chiarezza e dalla dignit della prosa antica.

124
G. Leopardi, op.cit., p. 435-436.
Un altra caratteristica positiva degli antichi, la capacit di utilizzare artifici
linguistici con naturalezza ed armonia, senza preoccuparsi degli effetti che
essi possono avere sul lettore. In questo i moderni sono differenti:

[225-226] [...] La sola cosa che deve mostrare il poeta di non capire
leffetto che dovranno produrre in chi legge, le sue immagini,
descrizioni, affetti ec. [] E quantunque anche la disinvoltura possa
essere affettata, e da ci guasta, tuttavia possiamo dire iperbolicamente,
che se veruna affettazione permessa allo scrittore, non altra che
questa di non accorgersi n prevedere i begli effetti che le sue parole
faranno in chi legger, o ascolter, e di non aver volont n scopo
nessuno, eccetto quello ch manifesto e naturale, di narrare, di celebrare,
compiangere ec. Laonde veramente miserabile e barbaro quelluso
moderno di tramezzare tutta la scrittura o poesia di segnetti e lineette, e
punti ammirativi doppi, tripli, ec.

A differenza di Demetrio, il quale riteneva che gli antichi ricorrevano spesso


a figure della dizione in modo corretto perch usavano larte, Leopardi
ritiene che essi possono considerarsi superiori ai moderni perch le hanno
utilizzate in modo naturale, non conoscendo bene le regole della grammatica.
I moderni, invece, sono irregolari per arte e quindi risultano artifiziati e
inferiori rispetto agli antichi. Il termine antichi indica, dunque, un modello di
riferimento a cui i moderni devono rifarsi per poter creare una poesia il pi
naturale possibile:

[4216] Demetrio (rettorico tra i pi stimati) [...] parlando delle figure


dalla dizione, le quali non sono altro che costrutti e frasi fuor di regola,
di ragione, duso, ec. sgrammaticature, direbbe Alfieri. Bisogna servirsi
di tali figure non in troppa abbondanza, ch ella cosa poco elegante, e
d una certa disuguaglianza al discorso, e fa il discorso disuguale. Gli
antichi, i quali usano per grandi quantit di figure, riescono nel dir loro
pi familiari e correnti che non fanno i moderni quando sono senza
figure. La cagione che quelli le adoperano con arte [...] Losservazione
verissima in tutte le lingue; la causa, proprio il contrario di quel che
Demetrio. Gli antichi usavano le figure naturalmente, senzarte, e per non
sapere bene le regole generali della grammatica: i moderni le pescano
negli antichi, le usano a posta, sono irregolari per arte. Perci paiono,
come sono, artifiziati, affettati, stentati, diversi dal dir corrente125.

125
Ivi, p. 2775-2776.
In un altro passo, il termine antica viene usato con il significato di autorevole
e fa riferimento a tutta la letteratura italiana. Essa considerata tale perch
gli autori italiani, soprattutto Dante, Petrarca e Boccaccio sono i pi antichi
classici fra moderni, famosi in tutta Europa e quindi ritenuti accreditati e
prestigiosi:

[4413] Infatti la lingua italiana tra le moderne considerata per aver la pi


antica letteratura, perch ha i pi antichi libri veramente letterarii, e che
abbiano esercitata ed esercitino ancora un'influenza perpetua sulla
lingua e letteratura nazionale; mentre quanto all'antichit semplicemente
di scrittura, cio di versi e prose scritte in lingua volgare (anche lunghi
poemi, lunghe Cronache ec.), la lingua italiana cede di gran lunga alla
francese e spagnuola ec., per non parlare della tedesca ec. (anzi in ci la
lingua italiana delle pi moderne, se non la pi.) Nondimeno sempre
vero che la letteratura italiana la pi antica delle viventi, perch Dante,
Petrarca Boccaccio sono i pi antichi classici fra' moderni, i pi antichi che
si leggano e nominino, non solo fra gli eruditi nazionali, ma fra tutti i
colti d'Europa126.

Oltre alleccellenza degli antichi, per quanto riguarda la poesia e la prosa,


Leopardi afferma la superiorit dei moderni nelle scienze. Il termine moderni
assume cos una connotazione positiva:

[4292] Dice la Stal che la lingua tedesca una scienza, e lo stesso si pu,
e con pi ragione ancora, dir della greca. Quindi accaduto che siccome
le scienze si perfezionano, e i moderni sono in esse superiori agli antichi,
per le pi numerose e accurate osservazioni, cos e per lo stesso mezzo la
notizia del greco, dal rinascimento degli studi, si accresciuta e si
accresce tuttavia, e che i moderni sono in essa d'assai superiori a quelli
del 5 o del 4 cento, e forse in alcune parti (come in quella delle
etimologie, parte cos favolosamente trattata da Platone), agli stessi greci
antichi; anzi, che gli scolari di greco oggid, ne sappiano pi de' maestri
de' passati tempi127.

2 I Canti

126
Ivi, p. 2791.
127
Ivi, p. 2864.
La produzione poetica di Leopardi raccolta nei Canti, la cui edizione
definitiva venne stampata dopo la sua morte. Tra il 1818 e il 1823 il poeta
scrisse le Canzoni, pubblicate in un opuscolo a Bologna nel 1824. Sono
componimenti di impianto decisamente classicistico, che utilizzano un
linguaggio aulico, sublime e tradizionale. Le prime cinque (AllItalia, Sopra il
monumento di Dante, Ad Angelo Mai, Nelle nozze della sorella Paolina, A un
vincitore nel pallone), composte tra il 1918 e il 1921 affrontano una tematica
civile: alla base del pensiero leopardiano c quel pessimismo storico che
caratterizza la visione del poeta in questo periodo. Sono animate da aspri
spunti polemici contro let presente, inerte e corrotta, incapace di azioni
eroiche alla quale si contrappone unesaltazione dellet antica.

2.1 Ad Angelo Mai, quandebbe trovato i libri di Cicerone


della Repubblica128

La canzone pi significativa in questo contesto Ad Angelo Mai, composta a


Recanati nel gennaio 1820, pubblicata a Bologna nello stesso anno e poi,
insieme alle altre nove canzoni, nel 1824. Il poeta riprende dalla canzone
AllItalia la volont di contribuire con la propria poesia ad un desiderato
risorgimento degli italiani, attraverso un risveglio dellattenzione verso
unantica e gloriosa civilt, ma riprende anche il tema della delusione storica,
basata sulla corruzione e sullinerzia degli italiani, approfondita nella
canzone Sopra il monumento di Dante129.
Angelo Mai, erudito filologo classico e bibliotecario alla Biblioteca Vaticana,
aveva ritrovato alcune parti del De Republica di Cicerone: la notizia trov
larga risonanza nel mondo intellettuale e il ritrovamento del testo entusiasm
il poeta, che in quell evento trov lispirazione per la propria canzone: il
richiamo ad unet splendida di virt e ricca di vitalit e di illusione,
contrapposta allinfelicit e allaridit del presente. Lintento del poeta ,
infatti, quello di suscitare negli italiani lamore per la patria, grazie al ricordo
della loro passata grandezza. La canzone nasce sia da una profonda
delusione storica sia da una volont di riscossa, collegata alla riscoperta
filologica del Mai. Leopardi interpreta levento come un segno
provvidenziale che gli italiani dovrebbero accogliere immediatamente per

128
G. Leopardi, Canti, a cura di G. e D. De Robertis, Milano, Oscar Mondadori, 1978.
129
W. Binni, Leopardi. Scritti 1964-1967, Il Ponte Editore, 2014, pp. 101-102.
scuotersi dal loro torpore e ascoltare il suggerimento della voce risorgente
dei loro padri antichi, di quellantica gloriosa civilt fervida di attivit e di
fantasia130. La canzone una vera e propria summa dei temi leopardiani di
questo periodo: si individua soprattutto il tema civile e patriottico e la
decadenza del mondo contemporaneo contrapposta ad un passato glorioso,
identificato con il mondo classico. Lantichit viene associata alla giovinezza
dellumanit: non avendo ancora percezione del vero, gli antichi erano capaci
di vaste immaginazioni e di illusioni. La civilt ha spento queste facolt: luso
della ragione ha dissolto limmaginazione ed ha tolto allumanit ogni
slancio ed energia.
Ad Angelo Mai pu essere suddivisa in due parti fondamentali: la prima,
formata dalle prime quattro strofe, legata alloccasione del componimento e
al suo significato, e la seconda, che giunge fino alla fine.

Nella prima parte (vv.1-55) Leopardi esalta il Mai, grazie al quale, Cicerone
ed altri scrittori antichi sono tornati a far sentire la propria voce dopo secoli
di silenzio. Egli definito ardito perch continua la ricerca dei classici
andati perduti, facendo s che ritornino in vita per poter trasmettere il loro
messaggio eroico alla societ moderna, dominata da uninerzia vergognosa:

Italo ardito, a che giammai non posi


di svegliar dalle tombe
i nostri padri ed a parlar gli meni
a questo secol morto, al quale incombe
tanta nebbia di tedio? E come or vieni
s forte a nostri orecchi e s frequente,
voce antica de nostri,
muta s lunga etade? E perch tanti
risorgimenti? In un balen feconde
venner le carte; alla stagion presente
i poloverosi chiostri
serbaro occulti i generosi e santi
detti degli avi. E che valor tinfonde,
Italo egregio, il fato? O con lumano

valor forse contrasta il fato invano? (vv.1-15)

La prima strofa basata sulle numerose interrogazioni che esprimono lo


stupore e la meraviglia del poeta davanti alle scoperte del filologo, le quali
sono esaltate perch, oltre ad avere un valore civile, sono viste come un

130
Ivi, p. 103.
segno divino necessario agli italiani per intraprendere una nuova vita
proprio grazie alla voce degli antichi.

Nella seconda strofa i versi sono avvolti da un clima di speranza e di attesa


di una rinascita che allontani la triste condizione del presente, proprio
attraverso il ritrovamento degli scritti classici che si trasforma
metaforicamente nella rinascita degli uomini antichi. Il valore italiano
arrugginito perch rimasto a lungo inerte e inoperoso, come unarma non
usata per molto tempo:

Certo senza de numi alto consiglio


non chove pi lento
e grave il nostro disperato obblio,
a percoter ne rieda ogni momento
novo grido de padri. Ancora pio
dunque allItalia il cielo; anco si cura
di noi qualche immortale:
chessendo questa o nessunaltra poi
lora da ripor mano alla virtude
rugginosa dellitala natura,
veggiam che tanto e tale
il clamor de sepolti, e che gli eroi
dimenticati il suol quasi dischiude
a ricercar sa questa et s tarda

anco ti giovi, o patria, esser codarda. (vv.16-30)

La terza strofa si rivolge direttamente agli scrittori antichi (gloriosi), la cui


voce torna a farsi sentire dagli italiani, ma subito si inserisce laffermazione
della disperazione del poeta a cui si ricollega una sequenza di indicazioni
della decadenza italiana.

Di noi serbate, o gloriosi, ancora


qualche speranza? In tutto
non siam periti? A voi forse il futuro
conoscer non si toglie. Io son distrutto
n schermo alcuno ho dal dolor, che scuro
m lavvenire, e tutto quanto io scerno
tal che sogno e fola
far parer la speranza. Anime prodi,
ai tetti vostri inonorata , immonda
plebe successe; al vostro sangue scherno
e dopra e di parola
ogni valor; di vostre eterne lodi
n rossor pi ne invidia; ozio circonda
i monumenti vostri; e di viltade

siam fatti esempio alla futura etade. (vv.31-45)

Nellultima strofa della prima parte, viene esaltata let umanistica: il


ritrovamento del De Repubblica di Cicerone, sembra far tornare alla mente il
momento della scoperta, da parte degli umanisti, dei classici perduti per la
dimenticanza in cui erano caduti nel Medio Evo. Inoltre la natura ispir gli
antichi scrittori senza svelarsi (a cui natura parl senza svelarsi, v.54)
perch, come aveva spiegato il poeta stesso nellAnnuncio delle canzoni sul
Nuovo Ricoglitore (1825), pi scoperte si fanno nelle cose naturali, e pi si
accresce alla nostra immaginazione la nullit delluniverso. Gli antichi
conservano, cio, la forza dellimmaginazione e le illusioni, le quali vengono
distrutte dalla conoscenza razionale.
Nella seconda parte (vv.56-180) Leopardi rievoca in modo nostalgico il
Rinascimento, momento di riscatto dalla decadenza che ha riportato in vita
gli antichi scrittori, ed inizia una rassegna dei grandi italiani, da Dante
Alighieri a Vittorio Alfieri. Tutta questa parte segue una doppia linea 131:
quella che segna un peggioramento progressivo della civilt italiana e quella
a contrasto fra i diversi momenti rievocati del passato e il disvalore del
presente (allinterno del testo ricorrono in modo frequente i termini allora
e ora).

La quinta strofa si apre con lesaltazione eroica e titanica di Dante, in sintonia


con il giovane Leopardi, e la rievocazione di Petrarca, autore del Canzoniere,
in cui si racconta lamore impossibile e tormentato per Laura:

Eran calde le tue ceneri sante,


non domito nemico
della fortuna, al cui sdegno e dolore
fu pi laverno che la terra amico.
Laverno: e qual non parte migliore
Di questa nostra? E le tue dolci corde
sussurravano ancora
dal tocco di tua destra, o sfortunato
amante. Ahi dal dolor comincia e nasce
litalo canto. E pur men grava e morde
il mal che naddolora
del tedio che naffoga. Oh te beato,

131
W. Binni, op. cit., p. 107.
a cui fu vita il pianto! A noi le fasce
cinse il fastidio; a noi presso la culla

immoto siede, e sulla tomba, il nulla. (vv.61-75)

Il poeta riconosce nel dolore lorigine della grande poesia italiana, comune
sia a Dante sia a Petrarca (definito fortunato perch il dolore gli ha impedito
di provare la noia). Il dolore , infatti preferibile alla noia perch un
sentimento vivo, mentre la noia spegne ogni forma di vita e di sensibilit,
come successo ai moderni. Questo fastidio accompagna luomo dalla
nascita fino alla morte ed ha origine dalla percezione della nullit di tutte le
cose. A questa immagine pessimista si contrappone la figura di Cristoforo
Colombo, simbolo di unet felice, ricca di coraggio e vitalit: egli ha
compiuto un viaggio glorioso perch, oltre a ritrovare la strada del ritorno,
ha raggiunto uno scopo prefissato, correndo dei rischi e violando i limiti
della natura:

Ma tua vita era allor con gli astri e il mare,


ligure ardita prole,
quandoltre alle colonne, ed oltre ai liti
cui strider londe allattuffar del sole
parve udir su la sera, aglinfiniti
flutti commesso, ritrovasti il raggio
del Sol caduto, e il giorno
che nasce allora chai nostri giunto al fondo;
e rotto di natura ogni contrasto,
ignota immensa terra al tuo viaggio
fu gloria e del ritorno

ai rischi. [...] (vv.76-87)

Ma al tema civile si aggiungono anche altre tematiche, soprattutto la


consapevolezza del poeta dellinconciliabilit tra la conoscenza e la felicit. Il
fanciullo riesce ad immaginare maggiormente rispetto al saggio, perch vede
luniverso pi vasto e misterioso:

[...] Ahi ahi, ma conosciuto il mondo


non cresce, anzi si scema, e assai pi vasto
letra sonante e lalma terra e il mare

al fanciullin, che non al saggio, appare. (vv.87-90)


Limmaginazione caratterizza solo la prima et: la consapevolezza degli
adulti sottrae alluomo il potere dellimmaginazione, unico elemento che
dona conforto alle sue sofferenze. Quindi torna nuovamente il pessimismo
storico e il parallelismo tra gli antichi e i fanciulli, contrapposti ai moderni e
agli adulti. Come il progresso delle conoscenze distrugge le credenze
fantasiose degli antichi, cos la consapevolezza dellet adulta dissolve le
fantasie infantili. A quel mondo pieno di illusioni si contrappone il mondo
moderno, dominato dalla ragione, che accresce solo il nulla e vieta il caro
immaginar e il suo stupendo poter. I sogni leggiadri erano stati
riportati in vita da Ariosto che, attraverso argomenti avventurosi, amorosi ed
eroici, aveva reso pi viva la sua epoca, men trista rispetto a quella di
Leopardi perch basata su una ripresa dello spirito antico, pieno di generose
illusioni e slanci eroici. Lesaltazione di Ariosto, creatore di nuove favole,
sentita dal poeta come un potente stimolo alla vitalit e allimmaginosit del
suo tempo, di fronte al quale quello moderno squallido, antieroico,
antipoetico, e le cose, la realt sono spogliate dal verde del loro rigoglio di
immagini poetiche e di generose illusioni 132. Le illusioni sono errori
perch non corrispondono al vero, ma sono felici perch rendono luomo
sereno. Le fantasie proposte da Ariosto rinnovano in Italia la facolt di
immaginare che si era perduta e quindi forniscono una speranza per la
rinascita della nazione.

Nascevi ai dolci sogni intanto, e il primo


Sole splendeati in vista,
cantor vago dellarme e degli amori,
che in et della nostra assai men trista
empir la vita di felici errori:

nova speme dItalia. [...] (vv.106-111)

Le due strofe successive sono dedicate a Tasso, accomunato a Dante e a


Petrarca per il sentimento del dolore (il pianto a te, non altro, preparava il
cielo) e sono dominate dal motivo della decadenza, iniziata con la fine del
Rinascimento e peggiorata nellepoca presente. Tasso aveva intuito nelle sue
opere il nulla e la vanit della condizione umana e, quindi, stato un
anticipatore del pessimismo leopardiano. Con una serie di domande il poeta
ripropone, in contrasto con lepoca di Tasso, le conseguenze della decadenza
presente: i moderni sono incapaci di azioni eroiche, sono egoisti, vivono
132
Ivi, p. 110.
avvolti dallozio, disprezzano ogni valore e prestano attenzione solo al
computar (il calcolo economico, tipico della societ borghese):

Torna torna fra noi, sorgi dal muto


e sconsolato avello,
se dangoscia sei vago, o miserando
esemplo di sciagura. Assai da quello
che ti parve s mesto e s nefando,
peggiorato il viver nostro. O caro,
chi ti compiangeria,
se, fuor che di se stesso, altri non cura?
Chi stolto non direbbe il tuo mortale
affanno anche oggid, se il grande e il raro
ha nome di follia;
n livor pi, ma ben di lui pi dura
la noncuranza avviene ai sommi? O quale,
se pi de carmi, il computar sascolta,

ti appresterebbe il lauro unaltra volta? (vv.136-150)

Davanti a questa situazione, il poeta assume atteggiamenti combattivi


prendendo come modello Alfieri. Egli compare nelle ultime due strofe ed
rappresentato come colui che ha mosso guerra ai tiranni, anche se solo con
gli scritti, in unepoca in cui preclusa ogni via dazione. La parola poetica
non in grado di abbattere la tirannide, quindi la battaglia condotta da
Alfieri vana e destinata alla sconfitta. Ma almeno un mezzo con cui,
lanimo che non vuole essere sottomesso, pu sfogare la sua ira.

Negli ultimi versi (175-180) il poeta si rivolge nuovamente ad Angelo Mai


esortandolo a continuare le sue ricerche con la speranza o di spingere gli
italiani a nobili azioni o, almeno, a vergognarsi della loro vilt:

[...] O scopritor famoso,


segui; risveglia i morti,
poi che dormono i vivi; arma le spente
lingue de prischi eroi, tanto che in fine
questo secol di fango o vita agogni

e sorga ad atti illustri, o si vergogni. (vv.175-180)

2.1.1 Occorrenze in Ad Angelo Mai


Allinterno della canzone il termine antica, con una connotazione positiva,
appare al verso 7 (voce antica de nostri) e fa riferimento alla voce
autorevole degli antichi scrittori. Non abbiamo antichi in contrapposizione a
moderni in modo esplicito, ma gli scrittori esemplari vengono definiti con altri
termini che connotano tutti la loro grandezza ed esemplarit: nostri padri
(v.3), o gloriosi (v.31), anime prodi (v.38), nostri alti parenti (v.47),
vetusti divini (v.53), e cos via.

2.2 Alla Primavera, o delle favole antiche


All interno di questa canzone, composta nel 1822, c il rimpianto delle et
antiche e favolose, quando gli uomini davanti la natura ritrovavano le loro
stupende fantasie e le riempivano di miti. Il poeta sente con amarezza che
sono tramontati per sempre i tempi favolosi e belli dellinfanzia del mondo,
come sono tramontate le sue speranze e i sogni delladolescenza 133 ed esprime
la sua convinzione che, mentre ogni anno si rinnova nella natura la
primavera, non possibile per il genere umano ritrovare lantichit, la
primavera della storia in cui tutto veniva spiegato attraverso
limmaginazione: lo sviluppo della societ, ha portato la conoscenza del vero
e la perdita di quella facolt immaginativa. Leopardi affronta il discorso della
primavera, intesa come fanciullezza, in un passo dello Zibaldone dello stesso
anno, dove afferma:

[2752-2753] In primavera non dubbio che la vita nella natura


maggiore, o, se non altro, maggiore il sentimento della vita. [...] Questo
accrescimento di vita (chiamiamolo cos) comune in quella stagione,
come alle piante e agli animali, cos agli uomini, e massime agli
individui giovani, s delle predette specie come dellumana134.

Nella canzone viene messa in primo piano la distinzione tra lepoca antica e
quella moderna: la vita e la realt che gli antichi immaginavano, venne
annullata con lallontanamento degli uomini dalla natura e con il crescere
della ragione. Per questo motivo si pu affermare che Alla Primavera trae lo
spunto da una strofa della canzone precedente intitolata Bruto minore in cui
vi il confronto tra lepoca di Bruto, in cui prevalgono la disillusione storica e

133
M. Pazzaglia, Antologia della letteratura italiana, vol. 3, Zanichelli, 1978, p. 218.
134
G. Leopardi, op. cit., p. 1748-1749.
la ragione, e lepoca antica e primitiva in cui la natura era regina e dea e,
come tale, da tutti era seguita ed adorata:

Non fra sciagure e colpe

ma libera ne boschi e pura etade


Natura a noi prescrisse
Reina un tempo e Diva. (vv.52-55)

La canzone si apre con una strofa che parte dal ritorno della primavera, che
porta i primi caldi, i venti primaverili, i nuovi amori e le nuove speranze, fino
ad arrivare ad una serie di domande che anticipano il tema fondamentale
presente in tutto il testo: poich la primavera riporta la vita nella natura e
negli animali, possibile che anche per gli uomini possa ritornare let della
giovinezza, con tutte le sue illusioni e i suoi sogni?
Perch i celesti danni
ristori il sole, e perch laure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
delle nubi la grave ombra savvalla;
credano il petto inerme
gli augelli al vento, e la diurna luce
novo damor desio, nova speranza
ne penetrati boschi e fra le sciolte
pruine induca alle commosse belve;
Forse alle stanche e nel dolor sepolte
umane menti riede
la bella et, cui la sciagura e laltra
face del ver consunse
innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
di febo i raggi al misero non sono
in sempiterno? Ed anco,
Primavera dorata, inspiri e tenti
questo gelido cor, questo chamara
nel fior degli anni suoi vecchiezza impara? (vv.1-19)

Alla fine di questi interrogativi si pone la seconda strofa, la quale si apre con
una nuova domanda, questa volta pi ansiosa e disperata rispetto a quelle
precedenti: il poeta si chiede se la natura continua a vivere, se essa ancora
in grado di rispondere alle domande delluomo:

Vivi tu, vivi, o santa


Natura? Vivi e il dissueto orecchio

della materna voce il suono accoglie? (vv.20-22)

Il poeta continua introducendo il ricordo di alcune narrazioni mitologiche (il


pastorel che vede tremare londa, ma non conosce la causa di quel
movimento; la dea della caccia Diana che si immerge nellacqua), ma il suo
scopo non quello di rievocare con malinconia il mondo scomparso del mito.
Anzi, al poeta interessa indagare le nuove vie e possibilit che si aprono per
la poesia nel mondo moderno, sapendo che il modo di parlare della natura,
caratteristico del mito, non pi disponibile al poeta contemporaneo. Lo
spunto per questa riflessione sul mito si trova in una nota dello Zibaldone, in
cui Leopardi aveva scritto:

[63-64] [...] Che bel tempo era quello nel quale ogni cosa era viva
secondo limmaginazione umana e viva umanamente cio abitata o
formata di esseri uguali a noi, quando nei boschi desertissimi si
giudicava per certo che abitassero le belle Amadriadi e i fauni e i silvani
e Pane ecc. ed entrandoci e vedendoci tutto solitudine pur credevi tutto
abitato e cos de fonti abitati dalle Naiadi ecc. e stringendoti un albero al
seno te lo sentivi quasi palpitare fra le mani credendolo un uomo o
donna come Ciparisso ecc. E cos de fiori ecc. Come appunto i
fanciulli135.

La terza e la quarta strofa svolgono il motivo della vita della natura, in


rapporto alluomo nellepoca mitica e Leopardi afferma la sua fede in un
lontano passato, in una primitiva vita di scambio tra uomo e natura. I boschi,
i fiori, le erbe, dialogavano con gli uomini perch non erano indifferenti alla
loro condizione, ma partecipavano alle loro pene:
Vissero i fiori e lerbe
vissero i boschi un d. Conscie le molli
aure, le nubi e la titania lampa
fur dellumana gente[...] (vv.39-42)

Il viaggiatore seguiva nel suo percorso la luna, perch la immaginava come


una compagna di avventure che si preoccupava del destino degli uomini:

135
G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, in Biblioteca della Letteratura Italiana, Einaudi, p.

99.
[...]allor che ignuda
te per le piagge e i colli,
ciprigna luce, alla deserta notte
con gli occhi intenti il viator seguendo,
te compagna alla via, te de mortali

pensosa immagin. (vv.42-47)

Il fuggitivo che si isolava nelle foreste, abbracciava i tronchi e credeva di aver


contatto con esseri animati da una fiamma vitale, come se in essi palpitasse
Dafne o Fillide:

[...]Che se glimpuri
cittadini consorzi e le fatali
ire fuggendo e lonte,
glispidi tronchi al petto altri nellime
selve remoto accolse,
viva fiamma agitar lesangui vene,
spirar le foglie, e palpitar segreta
nel doloroso amplesso
Dafne o la mesta Filli, o di Climene
pianger cred la sconsolata prol
quel che sommerse in Eridano il sole. (vv.47-57)

Viene poi proposta la bellissima immagine di Eco (non vano error de


venti,/ma di ninfa abit misero spirto[...], vv.62-63), figlia dellAria e della
Terra che, a causa del suo amore infelice per Narciso, si consum di dolore e
di lei non rimase altro che la nuda voce nelle grotte 136. Esperta, a causa della
propria esperienza, delle sventure umane, attraverso il suono poteva
rievocarle, partecipandovi e dar loro quasi una risposta:

[...]Ella per grotte,

per nudi scogli e desolati alberghi,


le non ignote ambasce e laltre e rotte
nostre querele al curvo
etra insegnava. [...] (vv.65-69)

136
G. Leopardi, op. cit., p. 105.
Anche lusignolo (musicol augel) esprimeva attraverso il suo canto gli
affanni degli uomini: secondo il mito, Tereo, re di Tracia aveva violato sua
cognata Filomena e affinch tacesse, le recise la lingua. Ma Filomena,
attraverso un ricamo, riusc a far capire alla sorella Procne (moglie di Tereo)
loltraggio patito, la quale per vendetta uccise il figlio Iti e ne fece mangiare le
carni al marito. Questi, conosciuto lorribile delitto, perseguit le due donne
che furono tramutate una in usignolo e laltra in rondine 137. Lultima strofa
parte proprio dallimmagine dellusignolo che, come leco, una volta
esprimeva sentimenti simili a quelli delluomo a causa della sua precedente
esperienza, ma poi il poeta lo dissocia dalluomo e di conseguenza allontana
lessere dalla natura (ma non cognato al nostro/ il gener tuo, vv.77-78). La
natura diventata cieca e sorda, proprio come il poeta aveva gi
affermato nello Zibaldone:

[2431-2432] Che giova alla tua immaginazione e alla tua sensibilit il


figurarti che la natura viva? Che relazione pu la tua fantasia fabbricarsi
colla natura per questo? Ella cieca e sorda verso te, e tu verso lei. Non
basta al sentimento e al desiderio innato di quasi tutti i viventi che li
porta verso il loro simile, il figurarsi che le cose vivano, ma solamente
che vivano di vita simile per natura alla propria138.

Dopo aver detto che la vita attuale degli uomini non trova pi consolazione
nei miti, il poeta indirizza una preghiera alla natura:

Tu le cure infelici e i fati indegni

tu de mortali ascolta,
vaga natura, e la favilla antica
rendi allo spirito mio; se tu pur vivi,
e se de nostri affanni
cosa veruna in ciel, se nellaprica
terra salberga o nellequoreo seno,
pietosa no, ma spettatrice almeno. (vv.88-95)

Leopardi propone un patto alla natura: se vero che essa ormai non
partecipe della vita umana e se vero che la comunicazione con il genere
umano si interrotta, possa almeno la primavera essere spettatrice del dolore

137
Ibid.
138
G. Leopardi, op. cit., p.1576.
umano. proprio negli ultimi versi che il poeta rende esplicito il suo vero
interesse. Non si tratta della sopravvivenza della mitologia e di una maniera
antica di percepire la natura, come popolata di presenze divine e magiche,
ma della possibilit stessa della poesia nel mondo moderno. Affinch la
poesia sia possibile, necessario un patto tra il poeta e la natura: essa pu
continuare ad essere una presenza passiva, se il poeta potr veder risvegliata
dentro di s la favilla antica, la vitalit giovanile e la capacit di
immaginare.

2.2.1 Occorrenze in Alla Primavera

Anche nella canzone Alla Primavera, come in Ad Angelo Mai, abbiamo solo
due casi in cui compaiono i termini antichi/antica.

Al verso 75 presente antichi danni, che fa riferimento alle antiche sciagure


di Tereo, Procne e Filomena e che quindi non ha nessun collegamento con gli
autori antichi ed autorevoli.
Al verso 9, invece, la favilla antica ha un significato positivo, perch indica
la fiamma ormai spenta del sentimento, della giovinezza, che fu dono degli
antichi.

Fabiana Meloni
Universit degli studi di Roma La Sapienza

Giacomo Leopardi tra Classicismo e Romanticismo


Studio intorno alla parola Classico

Studentessa:
Angelica Pistilli

Matricola:
1494536

Corso di laurea: Filologia moderna

Anno Accademico: 2015/2016

Classico un termine che nel corso del tempo ha raccolto una stratificazione di

significati diversi. Ogni qual volta che un popolo si confronta con la propria

tradizione, si rapporta anche con la storia della voce classico, che sinterseca con la

storia della parola antico. Un momento particolarmente significativo per

levoluzione del termine classico fu il dibattito tra romantici e classicisti della prima

met dellOttocento, quando grazie alla risonanza della polemica ci si interrog

meglio su cosa fosse davvero il classico. Con la polemica classico diviene uno dei
termini di una polarizzazione tra ci che si pu ricondurre alla norma, allimitazione

e ci che riguarda invece il romantico, che coincide con la modernit. 139

Giacomo Leopardi (1798-1837) si era formato proprio durante gli anni dellaccesa

polemica tra classicisti e romantici, innescata in Italia dalla pubblicazione di un

lungo articolo140 in forma di lettera di Madame de Stal sulla Biblioteca italiana nel

gennaio del 1816.

La scrittrice mediante questa lettera desiderava scuotere la coscienza dei letterati

italiani, chiusi e intorpiditi dal loro culto del passato, allo scopo di esortare loro

verso unapertura nei confronti di altre correnti letterarie europee pi moderne e

vive.

Secondo Madame de Stal gli scrittori italiani razzolano nelle antiche ceneri

della cultura classica, ancora in cerca di qualche granello doro, o componevano

poesie vuote, e isterilite dalla continua ripetizione pedantesca di immagini tratte dal

repertorio classico mitologico. Era necessario quindi aprire gli orizzonti verso la

cultura europea, le loro idee, tradurre gli autori stranieri per trovare nuovi modelli

da imitare ed arricchire il proprio bagaglio culturale.141

Larticolo suscit subito la reazione dei classicisti, in particolare quella di Pietro

Giordani, che aveva tra laltro curato e tradotto lintervento della baronessa. I

classicisti insorsero in difesa di quei principi immutabili e perfetti tipici degli

antichi.

La posizione di Giacomo Leopardi a riguardo di questo confronto tra classicisti e

romantici fu estremamente particolare e significativa.

139
Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Carocci editore, Roma, 2015, p. 40
140
Larticolo porta il titolo Sulla maniera e lutilit delle traduzioni
141
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, La letteratura, vol. 4, Paravia,
Milano, 2007, p.233
La formazione di Leopardi era stata classicista 142, consolidata anche dallamicizia con

Giordani, dunque chiaro come il poeta di Recanati dovendo prendere parte al

dibattito si schier in difesa del Classicismo. Tuttavia la sua posizione fu molto

originale rispetto a quelle degli altri classicisti; si tratt di un Classicismo che

potremmo definire primitivo, quello dei poeti pi antichi, tra tutti Omero, che

osservavano direttamente la natura ed erano perci in grado di esprimere con

spontaneit originaria i loro sentimenti senza ricorrere a dei modelli precostituiti.

Un Classicismo diametralmente opposto a quello artificioso rinascimentale e

arcadico, fondato sul principio dimitazione di alcuni modelli, sulla presenza di

rigide regole alle quali sottostare, e sulluso ripetuto della mitologia classica. Nella

critica al Classicismo accademico e pedantesco Leopardi convenne dunque con i

romantici, ma si distanzi da questultimi per il loro gusto verso lo strano, lorrido e

lartificiosit nella retorica.143

Il poeta di Recanati aveva tentato di intervenire sul dibattito in due occasioni; nel

1816 scrisse una Lettera ai sigg. compilatori della Biblioteca italiana, in risposta

allarticolo di Madame De Stal, e due anni dopo nel 1818 approfond le sue

riflessioni al riguardo nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Si tratta

di scritti che rimasero ignoti ai contemporanei, e che vennero pubblicati postumi

solo nel 1906.

Nella Lettera Leopardi si espresse in sintonia con le tesi classiciste di Pietro Giordani,

per cui gli autori antichi avrebbero raggiunto il massimo grado di perfezione, tanto

che ai moderni non sarebbe possibile auspicare un ulteriore progresso in campo

artistico. Tuttavia il poeta mostr di essere anche daccordo con le critiche di Madame

De Stal sul principio dimitazione pedante degli antichi, pur non condividendo

lapertura alle letterature europee come antidodo al sopore culturale italiano del

tempo.

142
Leopardi studio a Recanati nella biblioteca privata paterna; una tipica biblioteca dellantichita
settecentesca, poco aggiornata sui contemporanei e ricca di codici greci, latini e di carattere
sacro. Leopardi si ricorda oltre che come grande poeta, anche come filologo e traduttore.
143
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, op. cit., p.529
Tra gennaio e agosto del 1818 Giacomo Leopardi compose il Discorso di un italiano

intorno alla poesia romantica, che invano tent di far pubblicare sulla rivista

Spettatore italiano, dove nel gennaio dello stesso anno erano apparse le

Osservazioni sulla poesia moderna del Cavaliere Lodovico di Breme. Qui il poeta

espresse i principali pensieri sui quali fond la sua poetica, in particolare

lopposizione tra lantichit volta verso una poesia spontanea che imitava la natura, e

la modernit che andava perseguendo la civilizzazione e la razionalit, che bloccava

limmaginazione. Si tratta dunque di riflessioni sulla polarit tra la poesia dei

classicisti e quella dei romantici.

In questo contesto di appassionate polemiche luso che Leopardi fece della parola

classico e dei suoi derivati, soprattutto del plurale sostantivato classici, fu mutevole.

Il poeta attribu al termine profondi significati ogni volta diversi.

Nel Discorso vi una sola occorrenza del termine classico:

Ora venendo a quello che scaturisce da questi principii, non tanto io

quanto voi stessi, o Lettori, spontaneamente avvertirete in primo

luogo la naturalezza e bellezza delle favole greche, le quali

compiacendo a questo desiderio poeticissimo ch in noi, popolarono

il mondo di persone umane, e alle stesse bestie attribuirono origine

umana, acciocch luomo trovasse in certa maniera per tutto, quello

che non lesempio n linsegnamento n luso n la pedanteria n il

gusto classico n le altre baie fantasticate dai romantici, ma la natura

lo spinge irrepugnabilmente a cercare, dico enti simili a s, n

riguardasse veruna cosa con noncuranza144

144
Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica in Poesie e prose, vol.
secondo, a cura di Rolando Damiani, Arnoldo Mondadori editore, collana I Meridiani, Milano,
1988
Ci che spinge luomo a cercare nelloggetto della poesia enti simili a s, e

alloccorrenza umanizzare la bestia o loggetto inanimato rintracciando in esso una

qualche caratteristica umana, non n lesempio n linsegnamento n luso n la

pedanteria n il gusto classico n le altre baie fantasticate dai romantici, ma la

natura, quindi in questo caso il termine classico assume una sfumatura negativa e

irrisoria, in quanto assimilato alla pedanteria, e a ci che i romantici solevano

criticare e schernire degli antichi.

Per esplicitare questo suo pensiero Leopardi nel Discorso cita anche dei versi di Lord

Byron, dove la protagonista una rosa che arrossisce vedendo lusignolo di cui

innamorata. Nellimmaginazione comune occorre che la rosa, prima di compiere

qualsivoglia azione umana, venga trasformata in un essere umano; il poeta finge

quindi che la rosa sia una donna. Leopardi critica i romantici che pretendevano di

generare emozioni direttamente dalloggetto inanimato, cosa impossibile dato che

luomo in grado di provare sentimenti solo in relazione a qualcosa di simile a lui,

necessario dunque che il poeta infonda unanima alloggetto, una caratteristica che

faccia nascere nel lettore un confronto con esso.

In uno dei primi passi tratto dallo Zibaldone 145 datato luglio-agosto 1817:

[] Ma noi timidissimi, non solamente sapendo che si pu errare,

ma avendo sempre avanti gli occhi lesempio di chi ha errato e di chi

erra, e per pensando sempre al pericolo (e con ragione perch 1.

vediamo il gusto corrotto del secolo che facilissimamente ci

trasporterebbe in sommi errori, 2. osserviamo le cadute di molti che

per certa libert di pensare e di comporre partoriscono mostri, come

sono al presente p.e. i romantici) non ci arrischiamo di scostarci non

dir dallesempio degli antichi e dei Classici, che molti pur sapranno

145
Lo Zibaldone e un diario personale, dove Giacomo Leopardi raccolse una serie di appunti
scritti tra luglio-agosto 1817 e dicembre 1832 per un totale di 4526 pagine.
abbandonare, ma da quelle regole (ottime e Classiche ma sempre

regole) che ci siamo formate in mente, e diamo in voli bassi, n mai

osiamo di alzarci con quella negligente e sicura e non curante e dir

pure ignorante franchezza, che necessaria nelle somme opere

dellarte, onde pel timore di non fare cose pessime, non ci attentiamo

di farne delle ottime, e ne facciamo delle mediocri, non dico gi

mediocri di quella mediocrit che riprende Orazio, e che in poesia

insopportabile, ma mediocri nel genere delle buone cio lavorate,

studiate, pulitissime, armonia espressiva, bel verso, bella lingua,

Classici ottimamente imitati, belle imagini, belle similitudini, somma

propriet di parole, (la quale soprattutto tradisce larte) insomma

tutto, ma che non son quelle, non sono quelle cose secolari e mondiali,

insomma non c pi Omero Dante lAriosto, insomma il Parini il

Monti sono bellissimi ma non hanno nessun difetto.146

In questo passo Leopardi riflette sul timore dei contemporanei di incorrere in errore,

avendo ben presente gli errori dei loro predecessori, in particolare vengono citati i

romantici, un termine qui usato con una valenza negativa; i romantici rappresentano

coloro che essendosi concessa una certa licenza, finirono per generare mostri,

sono pertanto un modello negativo dal quale rifuggire. Tuttavia neanche

limitazione cieca degli antichi e dei Classici, e soprattutto delle loro regole classiche

garantisce la produzione di unottima poesia, anzi il timore di incappare nellerrore

spesso fa volare basso e genera una poesia mediocre. Leopardi infatti si distacca

dallidea di classico come bello assoluto ed eterno, il bello varia a secondo del buon

gusto, del contesto, in definitiva non esistono delle regole fisse. Il poeta non deve

copiare gli antichi, e seguire ciecamente ogni loro principio come fosse un dogma.

In questo passaggio dello Zibaldone con i termini antichi e Classici si esprime un

senso di eccellenza, autorit, e di scrittore accreditato; Classici con la maiuscola sta

Giacomo Leopardi, Zibaldone, Testi e foto a cura dell'ARCHIVIO DEL CNSL-CENTRO


146

NAZIONALE DI STUDI LEOPARDIANI, (http://www.leopardi.it/zibaldone.php)


per i grandi scrittori, essi sono infatti coloro ai quali chi teme il pericolo si rif.

Questa lettura del termine classico avvalorata anche dalluso, sempre in questo

passo, dellespressione ottime e Classiche [] regole, che per sono pur sempre

regole fissate nel tempo, e che pertanto non permettono la piena espressione del

proprio estro.

In un altro appunto dello Zibaldone datato 7 novembre 1820:

[] un curioso andamento degli studi umani, che i geni pi

sublimi liberi e irregolari, quando hanno acquistato fama stabile

e universale, diventino classici, cio i loro scritti entrino nel

numero dei libri elementari, e si mettano in mano de fanciulli,

come i trattati pi secchi e regolari delle cognizioni esatte.

Omero che scriveva innanzi ad ogni regola, non si sognava certo

desser gravido delle regole come Giove di Minerva o di Bacco,

n che la sua irregolarit sarebbe stata misurata, analizzata,

definita, e ridotta in capi ordinati per servir di regola agli altri, e

impedirli di esser liberi, irregolari, grandi, e originali come lui. E

si pu ben dire che loriginalit di un grande scrittore,

producendo la sua fama, (giacch senza quella, sarebbe rimato

oscuro, e non avrebbe servito di norma e di modello) impedisce

loriginalit de successori.147

Il termine classici in questo caso sta ad indicare un canone di scrittori affidabili che

si fissano nel tempo, e che vanno a costituire una norma linguistica e letteraria.

Classico quindi riferito a un ambito formativo e scolastico: i classici sono coloro

che entrano nei libri elementari destinati ai fanciulli. Ad esempio lirregolarit di

Omero stata misurata e si fatta regola, lo scrittore greco diventa cos un modello
147
Giacomo Leopardi, Zibaldone, cit.
al quale i suoi successori devono rifarsi, ci nonostante Leopardi ritiene che

perseguire ciecamente tali modelli, ostacoli loriginalit.

In data 10-13 agosto 1821 si legge nello Zibaldone:

Ai latini bisognava una perfetta cognizione ed uso della loro lingua,

non solo in grosso ma in particolare, e quindi il vocabolario che si pu

formare a ciascun buono scrittore latino generalmente molto pi

ampio che a qualunque greco classico.148

Leopardi sta riflettendo sulla variet della lingua latina, che ritiene superiore a

quella della lingua greca; facendo questo usa lespressione greco classico in

parallelo a buono scrittore latino, dunque il significato che vuole attribuire al

termine classico quello di qualit.

In data 10 ottobre 1821 il poeta scrive:

Ho detto che la lingua italiana non ha mai rinunziato alle sue

ricchezze antiche. Ecco come ci si deve intendere. Tutte le nazioni,

tutte le lingue del mondo antiche e moderne, formate ed informi,

letterate e illetterate, civili e barbare, hanno sempre di mano in mano

rinunziato, e di mano in mano incessantemente rinunziano alle parole

e frasi antiche, come, e perci, ed in proporzione che rinunziano ai

costumi antichi, opinioni ec. Quelle ricchezze alle quali io dico che la

lingua italiana non ha mai rinunziato, sono le ricchezze sue pi o

148
Ivi.
meno disusate, che sono infinite e bellissime, e ponno esserle ancora

dinfinito uso; ma non propriamente le voci e locuzioni antiche, cio

quelle che oggi o non si ponno facilmente e comunemente intendere, o

comunque intese non ponno aver faccia di naturali, e spontanee, e non

pescate nelle Biblioteche de classici.149

Ogni nazione e lingua, compresa quella italiana, fa propri insieme agli usi e costumi

antichi anche le parole e le allocuzioni antiche, sebbene Leopardi dichiara che luso

di termini e frasi tratte dalle Biblioteche de classici un uso improprio, che rende

difficile e innaturale la comprensione. Appare evidente come la voce classici

associata alle Biblioteche in questo passo sinonimo di antichi.

Poco dopo sempre con la medesima datazione riportato un confronto tra la lingua

francese e quella italiana:

Ond che la lingua francese deve ben presto cambiar faccia in modo

da non riconoscersi pi per quella della riforma, e cos

successivamente la lingua di uno o due secoli dopo non riconoscersi

per quella di uno o due secoli prima. N tarder molto che i classici

del secolo di Luigi 14. saranno meno intesi dalluniversale de francesi,

di quello che Dante dagli odierni italiani.150

La lingua francese caratterizzata da una straordinaria variet, da questo deriva che

i classici, intesi come i grandi scrittori, dellepoca di Luigi XIV non sono percepiti dai

149
Ivi.
150
Ivi.
moderni francesi come modelli universali, nel modo in cui nel nostro caso pu

rappresentare Dante, considerato attualmente padre della lingua italiana. In questo

caso il termine classici si colora anche di unaccezione identitaria nazionale. Il

significato nazionale identitario attribuito al termine classico viene usato

prevalentemente da Foscolo in poi. Classici sono in definitiva gli scrittori la cui

eccellenza riconosciuta in una dimensione nazionale.

Un altro passo dello Zibaldone dove si fa uso della parola classici per identificare

scrittori accreditati, ed affidabili il seguente (datato 28 novembre 1821):

Anche dopo introdotto in Grecia lo studio dellatticismo ec. lessere o

non essere ateniese di nascita o allevato in Atene, non fu mai

prevenzione per giudicare favorevolmente o sfavorevolmente di uno

scrittore neppur quanto alla purit della lingua; almeno non lo fu

tanto quanto rispetto alla toscaneria o fiorentineria nel 500 (e anche

oggi), e nellopinione degli Accademici della Crusca circa il giudicar

classici o non classici di lingua gli scrittori altronde esimi e famosi

(anche in genere di stile)151

I classici qui vengono intesi come gli scrittori che lAccademia della Crusca presenta

come buoni, affidabili, accreditati e propone dunque come modelli.

Il 14 maggio Leopardi annota la seguente riflessione:

Quanto pu l'autorit (come in ogni altra passione, p.e. la tristezza, la

speranza, il timore, cos) nel piacere! [] In letteratura: se leggete un


151
Ivi.
libro che il pubblico vi dica esser bello, classico ec., ci provate

incomparabilmente maggior piacere, che se da voi stesso dovete

avvedervi de' suoi pregi. Il piacer dell'inaspettato, che si pu provare

in questo secondo caso, non ha nulla di comparabile a quello che nel

primo caso ci deriva dall'autorit degli altri. N trattasi qui di

rimembranze, lontananza, antichit venerabile, voto di secoli ec.;

anche un libro nuovo, uscito pur ora ec. Il credito poi dell'autore,

bench vivente, quanto importa al piacere!152

E lautorit che il pubblico conferisce a uno scrittore a sancire il piacere nella lettura

della sua opera; a volte si prova pi piacere nella lettura di un libro mediocre, ma

scritto da un autore autorevole, che in quella di un buon libro di uno scrittore poco

famoso. Luso di classico qui ha un valore di qualit, sinonimo di ottimo.

La storia e levoluzione della parola classico si intreccia anche con quella di altri

termini, qui di seguito si analizzeranno alcune di queste come antico/antichi,

moderno/moderni, e romantico/romantici.

Nel Discorso Leopardi riflettendo sulla poesia sentimentale patetica scrive:

Ora non metter a confronto la delicatezza la tenerezza la soavit del

sentimentale antico e nostro, colla ferocia colla barbarie colla bestialit

di quello dei romantici propri. Certamente la morte di una donna

amata un soggetto patetico in guisa chio stimo che se un poeta, colto

da questa sciagura, e cantandola, non fa piangere, gli convenga

disperare di poter mai commuovere i cuori. Ma perch lamore

152
Ivi.
devessere incestuoso? perch la donna trucidata? perch lamante una

cima di scellerato, e per ogni parte mostruosissimo? Troppe parole si

potrebbero spendere intorno a questo argomento, stante che

lorridezza luno dei caratteri pi cospicui del sentimentale

romantico; ma quanto pi cose ci sarebbero da dire, tanto pi

volentieri le tralascio153

Il termine antico associato al sentimentale descritto come delicato, tenero e soave fa

chiaramente riferimento a quello dei classicisti, anche perch subito dopo viene

delineato il sentimentale patetico dei romantici, con caratteristiche del tutto

antitetiche, quali la ferocia, la barbarie e la bestialit. La voce romantici ha dunque

unaccezione negativa, infatti Leopardi pur non ripudiando luso di soggetti patetici

in poesia, critica le modalit mediante le quali i romantici li esprimevano, ovvero con

un gusto orrido.

Il poeta di Recanati in questo passo che segue (sempre tratto dal Discorso) usa il

termine moderno conferendogli una sfumatura negativa, esso si riferisce allo stile dei

romantici, che descritto oltre che con laggettivo moderno, anche come corrotto e

cittadinesco. Inoltre qui lo stile romantico viene contrapposto a quello primitivo e

semplice tipico degli antichi, che Leopardi tanto esalta.

Nella fantasia di costoro (i romantici) fa molto pi caso qualche

lampada mezzo morta fra i colonnati dun chieson gotico dipinta dal

poeta, che non la luna su di un lago o in un bosco; pi leco e il

rimbombo di un appartamento vasto e solitario, che non il muggito

de buoi per le valli; pi qualche processione o spettacolo o festa o

altra opera di citt, che non messe o battitura o vendemmia o


153
Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, cit.
potagione o tagliatura di legne, o pastura di greggi o darmenti, o cura

dapi o di fratte o di fossi o di rivi o dorti, o uccellagione o altra

faccenda di agricoltori o di pastori o di cacciatori; pi lo stile corrotto e

cittadinesco e moderno, che non il semplice e primitivo.154

I moderni qui sotto citati non son altro che i romantici, che nella loro poesia

tramutavano larmonia della natura in immagini orride:

[] nessuna mutazione degli uomini indusse mai cambiamento nella

natura, la quale vincitrice dellesperienza e dello studio e dellarte e

dogni cosa umana mantenendosi eternamente quella, a volerne

conseguire quel diletto puro e sostanziale ch il fine proprio della

poesia (giacch il diletto nella poesia scaturisce dallimitazione della

natura), ma che insieme conformato alla condizione primitiva degli

uomini, necessario che, non la natura a noi, ma noi ci adattiamo alla

natura, e per la poesia non si venga mutando, come vogliono i

moderni, ma ne suoi caratteri principali, sia, come la natura,

immutabile. E questo adattarsi degli uomini alla natura, consiste in

rimetterci collimmaginazione come meglio possiamo nello stato

primitivo de nostri maggiori, la qual cosa ci fa fare nostra fatica il

poeta padrone delle fantasie.155

Anche in questo caso che segue il termine romantici, contrapposto a i nostri che

sono i classicisti, assume una valenza negativa. Allo stesso modo il termine moderno

associato ai romantici finisce per avere un significato spregiativo, soprattutto se a

farne da contraltare la voce primitivo.

154
Ivi.
155
Ivi.
Perch in somma una delle principalissime differenze tra i poeti

romantici e i nostri, nella quale si riducono e contengono infinite altre,

consiste in questo: che i nostri cantano in genere pi che possono la

natura, e i romantici pi che possono lincivilimento, quelli le cose e le

forme e le bellezze eterne e immutabili, e questi le transitorie e

mutabili, quelli le opere di Dio, e questi le opere degli uomini. []

perch in sostanza pi chiaro del sole che i nostri cercano a tutto

potere il primitivo, anche trattando cose moderne, e i romantici a tutto

potere il moderno, anche trattando cose primitive o antiche.156

In Leopardi gli antichi godevano di una condizione di superiorit rispetto ai

moderni, pertanto il termine antichi sempre legato a un significato altamente

positivo.

I moderni spesso identificati con i romantici cantano lincivilimento, diversamente

dagli antichi che avevano un rapporto pi diretto, spontaneo ed ingenuo con la

natura; da questa diversa prospettiva tra le due parti ne deriva un modo diverso di

fare poesia, e Leopardi sostiene la poesia degli antichi.

Per i romantici gli antichi risiedevano in uno stato di totale ignoranza, non avevano

coscienza di alcun principio scientifico, e pertanto si sentivano in totale comunione

con la natura, senza percepirne un distacco da essa, dagli antichi derivava cos una

poesia ingenua. Al contrario i moderni hanno piena consapevolezza di vivere in un

universo pervaso dalla tecnologia e dominato dalla ragione, che in grado di dare

una risposta scientifica ad ogni fenomeno in natura, i moderni sono i produttori di

una poesia sentimentale.

Leopardi nel Discorso sostiene che lunica vera poesia sia proprio quella degli

antichi, che concepivano versi partoriti dal cuore e da un immaginazione grande e

non offuscata dalla consapevolezza. Ad esempio lantico che vedeva le stelle riusciva
156
Ivi.
ancora a meravigliarsi della natura, il moderno alla vista delle stelle non pu

provare meraviglia, privato di quella capacit di illudersi, perch ha coscienza di

cosa siano scientificamente quegli astri celesti. Alla base di questa riflessione vi

lidea che la ragione [] nemica formale della natura; che la ragione nemica

nelle cose umane di quasi ogni grandezza; che spessissimo dove la natura grande,

la ragione piccola157.

Questa considerazione leopardiana sar di aiuto per comprendere quale valenza il

poeta di Recanati d alla parola antichi.

Anche in un passo tratto dallo Zibaldone (datato luglio-agosto 1817) Leopardi espone

lo stesso pensiero, parlando ottimamente degli antichi, che grazie alla loro

condizione di puerizia riuscivano ancora a meravigliarsi e a far palpitare il loro

cuore, contrariamente ai moderni che conoscono intimamente ogni cosa.

[] conoscere cos intimamente il cuor nostro, questo analizzarne,

prevederne, distinguerne ad uno ad uno tutti i pi minuti affetti,

questarte insomma psicologica, distrugge lillusione senza cui non ci

sar poesia in sempiterno, distrugge la grandezza dellanimo e delle

azioni; (v. quel che ho detto in altro pensiero) e che mentre luomo

(preso in grande) si allontana da quella puerizia, in cui tutto singolare

e maraviglioso, in cui limmaginazione par che non abbia confini, da

quella puerizia che cos era propria del mondo a tempo degli antichi,

come propria di ciascun uomo al suo tempo, perde la capacit di esser

sedotto, diventa artificioso e malizioso, non sa pi palpitare per una

cosa che conosce vana, cade tra le branche della ragione, e se anche

palpita (perch il cuor nostro non cangiato ma la mente sola), questa

157
Ivi.
benedetta mente gli va a ricercare tutti i secreti di questo palpito, e

svanisce ognispirazione, svanisce ogni poesia158

Nel seguente passaggio tratto dal Discorso il poeta di Recanati dopo aver precisato

che il compito del poeta quello di dilettare imitando la natura, spiega in che modo i

romantici e gli antichi perseguissero questo incarico. I primi nellimitazione della

natura andavano alla ricerca del singolare e dellartificio, mentre gli antichi, fautori

di una poesia dellimmaginazione, rappresentavano la natura con estrema

naturalezza, la loro poesia era spontaneamente sentimentale a differenza di quella

artificiosa dei romantici, che spremevano il loro cuore. Ancora una volta gli antichi

sono considerati superiori ai moderni.

Imitavano gli antichi non altrimenti queste che le altre cose naturali,

con una divina sprezzatura, schiettamente e, possiamo dire,

innocentemente, ingenuamente, scrivendo non come chi si contempla e

rivolge a tasta e fruga e spreme e penetra il cuore, ma come chi riceve il

dettato di esso cuore, e cos lo pone in carta senza molto o punto

considerarlo; di maniera che ne versi loro o non parlava o non parea

che parlasse luomo perito delle qualit e degli affetti e delle vicende

comunque oscure e segrete dellanimo nostro, non lo scienziato non il

filosofo non il poeta, ma il cuore del poeta, non il conoscitore della

sensibilit, ma la sensibilit in persona; e quindi si mostravano come

inconsapevoli dessere sensitivi di parlare da sensitivi, e il sentimentale

era appresso loro qual il verace e puro sentimentale, spontaneo

modesto verecondo semplice ignaro di se medesimo: e in questo modo

gli antichi imitavano gli effetti della sensibilit con naturalezza159

158
Giacomo Leopardi, Zibaldone, cit.
159
Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, cit.
Per tornare a quella condizione primitiva, dove regna la fantasia, necessario che il

moderno si liberi dalla tirannia della ragione.

In questo passo che segue gli antichi, dotati di immaginazione, sono contrapposti a

un noi (i moderni), la cui immaginazione imprigionata dalle catene dellintelletto;

il termine antichi cos va ad assume unaccezione positiva, mentre la dottrina

romantica associata a parole come catene, schiavit, angustie finisce per

assumere una valenza senzaltro negativa.

[] a volere che limmaginazione faccia presentemente in noi quegli

effetti che facea negli antichi, e fece un tempo in noi stessi, bisogna

sottrarla dalloppressione dellintelletto, bisogna sferrarla e scarcerarla,

bisogna rompere quei recinti: questo pu fare il poeta, questo deve; non

contenerla dentro le stesse angustie e fra le stesse catene e nella stessa

schiavit, secondo la portentosa dottrina romantica160

I moderni possono avvicinarsi alla condizione degli antichi, che la fanciullezza

della civilt, mediante lo studio di essi, e recuperare cos linfinito e lindeterminato,

che ripristinano il senso dimmaginazione tipico dei primitivi, e che un tempo

appartenuto a ciascun uomo. Occorre che il poeta moderno per fare poesia alluso

degli antichi, scavi nella sua memoria in cerca delle emozioni vissute da fanciullo

per riviverle e rappresentarle attraverso un linguaggio infantile, indeterminato,

suggestivo, ed istintivo.161 Questi sono i principi fondamentali della poetica della

rimembranza e del vago e indefinito; due teorie alla base della poetica leopardiana.

Gli antichi quindi sono come dei modelli positivi da prendere in considerazione e da

studiare.

160
Ivi.
161
Luigi De Bellis, Letteratura italiana: Giacomo Leopardi, 2001,
(http://spazioweb.inwind.it/letteraturait/leopardi/idee.htm)
[] quello che furono gli antichi, siamo stati noi tutti, e quello che fu

il mondo per qualche secolo, siamo stati noi per qualche anno, dico

fanciulli e partecipi di quella ignoranza e di quei timori e di quei

diletti e di quelle credenze e di quella sterminata operazione della

fantasia162

E poco pi avanti scrive:

[] sono appunto le immagini e la fantasia degli antichi, e le

ricordanze della prima et e le idee prime nostre che noi siamo cos

gagliardamente tratti ad amare e desiderare, sono appunto quelle che

ci ridesta limitazione della natura schietta e inviolata, quelle che ci

pu e secondo noi ci deve ridestare il poeta, quelle che ci ridestano

divinamente gli antichi, quelle che i romantici bestemmiano e

rigettano e sbandiscono dalla poesia, gridando che non siamo pi

fanciulli: e pur troppo non siamo163

Gli antichi sono ancora messi a confronto in maniera antitetica ai romantici: i primi

rappresentano dei modelli da seguire, e avvicinarsi a loro significa recuperare quelle

immagini che riattivano la fantasia e rendono possibile limitazione della natura pi

spontanea; i secondi che bestemmiano e rigettano tali immagini sono da

considerarsi degli esempi al negativo, dai quali rifuggire.

162
Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, cit.
163
Ivi.
Per comprendere fino in fondo come Leopardi intendeva il termine classico in

relazione al contesto della polemica tra classicisti e romantici importante ribadire

la particolare posizione del poeta.

In Leopardi liniziale difesa al Classicismo nella Lettera ai sigg. compilatori della

Biblioteca italiana e nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica si risolse

poi nelladesione al Romanticismo, sebbene il poeta si trovasse pi in sintonia con il

Romanticismo doltralpe che con quello tipicamente italiano.

Il poeta di Recanati tra tutte le forme poetiche privilegiava quella lirica, espressione

diretta dellio, della soggettivit e dei sentimenti, a differenza delle forme narrative e

drammatiche che invece la scuola romantica lombarda elogiava.

Leopardi polemizz contro lidea romantica propriamente italiana di letteratura

oggettiva, realistica, fondata sul vero e sullutile, secondo il poeta la prerogativa

della letteratura non doveva essere lutilit; essa ci permette di conoscere con

strumenti alternativi, mediante il cuore e i sentimenti. Giacomo Leopardi si fece

sostenitore cos dellistanza dellaristocrazia intellettuale, secondo la quale la poesia

non dovrebbe essere popolare.

Quello che avvicina di pi Leopardi al Romanticismo europeo soprattutto nelle

tematiche trattate: lesaltazione della soggettivit, il titanismo, il conflitto tra

lillusione e la realt, la tensione continua allinfinito, il culto della fanciullezza e del

primitivo, e il senso del dolore cosmico.164

Nella Nuova prefazione di Giuseppe Antonio Borgese alla seconda edizione della sua

Storia della critica romantica in Italia si riflette sul concetto di Romanticismo italiano:

[] la romanticomacha italiana difett quasi assolutamente di nette

distinzioni fra luna e laltra delle due parti combattenti. Chi

164
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, op. cit., p.530
propugnava le idee romantiche era spesso, magari senza avvedersene,

pi classico o pi classicista del suo avversario; chi si spacciava per

classicheggiante o antiromantico era imbevuto fino in fondo di idee che

grosso modo possono chiamarsi romantiche. [] Si trattava

principalmente di sfruttare linsurrezione romantica allo scopo, tutto

nostro e tuttaltro che romantico, di liberare il classicismo dalle troppo

strette pastoie accademiche e dintenderlo pi autenticamente. Era, per

dirla in una parola, una riforma interna e sostanzialmente ortodossa del

classicismo.165

Alla luce anche di queste affermazioni appare inutile affaticarsi per attribuire a

Leopardi ad ogni costo unetichetta, che sia quella di classicista o quella di

romantico. Si tratterebbe di una forzatura, necessario piuttosto ricordare che

lautore individu fin dal Discorso il suo ideale di poeta, che si rif agli antichi, ma

che non li copia.

Si pu usare per Leopardi unespressione che apparentemente potrebbe sembrare

paradossale, ma che in realt non lo affatto: quella di classicismo romantico.

Occorre infatti svincolarsi dallidea che Classicismo e Romanticismo siano tendenze

culturali antitetiche, che si escludono vicendevolmente.166

165
Giuseppe Antonio Borgese, Storia della critica romantica in Italia con una nuova prefazione,
F.lli Treves, Milano, 1920 [1905]
166
Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, op. cit., p.529
Bibliografia e sitografia

Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, La letteratura, vol. 4,

Paravia, Milano, 2007

Giuseppe Antonio Borgese, Storia della critica romantica in Italia con una nuova
prefazione, F.lli Treves, Milano, 1920

Luigi De Bellis, Letteratura italiana: Giacomo Leopardi, 2001,


(http://spazioweb.inwind.it/letteraturait/leopardi/idee.htm)

Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica in Poesie


e prose, vol. secondo, a cura di Rolando Damiani, Arnoldo Mondadori
editore, collana I Meridiani, Milano, 1988

Giacomo Leopardi, Zibaldone, Testi e foto a cura dell'ARCHIVIO DEL CNSL-

CENTRO NAZIONALE DI STUDI LEOPARDIANI,

(http://www.leopardi.it/zibaldone.php)

Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Carocci editore, Roma, 2015

Bibliografia
Opere di G. Leopardi
G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, in Biblioteca della Letteratura Italiana, Einaudi
G. Leopardi, Canti, a cura di G. e D. De Robertis, Milano, Oscar Mondadori,

1978
Testi critici

M. Sansone, Storia della Letteratura Italiana, Principato Editore, 1973.

M. Pazzaglia, Antologia della letteratura italiana, vol. 3, Zanichelli, 1978.

G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, La letteratura vol. 4 Let

napoleonica e il Romanticismo, Torino, Paravia, 2007.

W. Binni, Leopardi. Scritti 1964-1967, Il Ponte Editore, 2014.


Universit di Roma La Sapienza

Facolt di Lettere e Filosofia

Corso di laurea magistrale in

Filologia Moderna

Anno Accademico 2015-2016

Tesina di Letteratura Italiana

Il classico e lantico leopardiano:

labirinti lessicali vivaci e dinamici

Giorgia Pellorca

Matricola N 1487053
Introduzione

1. Esortazione e attacchi agli intellettuali italiani


2. La risposta di un (giovane) italiano
3. Leopardi: un classico poeta?
4. Antico VS Classico
5. Sulla modernit di Leopardi
Introduzione

Il presente lavoro di ricerca si propone di tracciare un profilo del celeberrimo autore

Giacomo Leopardi, affermatosi nellOttocento come il pi grande poeta italiano

moderno. Allinterno di questo percorso tracceremo un itinerario che sar scandito da

tappe e concetti, con il risultato di un profilo atipico: non verr analizzata la vita nel

suo insieme, correlata dalle esperienze, non verranno analizzate le opere nella loro

completezza, ma verr indagato il rapporto di Leopardi con le parole e nella

fattispecie con una fra tutte, classico in ognuna delle sue possibili declinazioni.

Questo termine percorre costante tutta la sua produzione, fin dallesordio,

accompagnando il poeta nelle sue riflessioni, nelle sue evoluzioni e nei suoi

componimenti; una parola di una certa potenza evocativa, che Leopardi mostrer di

utilizzare in diverse situazioni e con differenti significati, con la particolare propriet

di acquisirne sempre di nuovi e non perdere mai quelli precedenti, costruendo cos un

vortice labirintico espressivo, affascinante e rischioso in egual modo. Classico, una

parola che non rimane statica nel tempo e soprattutto nelluso di questo autore, il

quale le dona una nuova vita ogni volta; una parola che assorbe come una spugna

tutto lintelligibile esattamente come il genio di chi se ne serve. Vedremo come

muter il significato di classico e quindi anche, in parte, di classicit: il confronto con

lantichit centrale in tutto il percorso leopardiano, ma gli stimoli ricevuti sono

dissimili nel corso degli anni. Inizialmente il rapporto con i classici sar ossessivo,

dedito allestrema diligenza, allo studio, alla traduzione, al perfezionismo richiesto

dal padre Monaldo, nel riflesso dellestrema dottrina cattolica; successivamente

Leopardi si avviciner al mondo di Pietro Giordani e quindi alla vera realt, diversa e

simile per certi aspetti a quella recanatese. Giordani aprir al giovane un nuovo
mondo, lo inviter a riflettere (dopo lattacco di Madame de Stal) sullimportanza

delle traduzioni straniere, appunto, senza abbandonare la classicit, una classicit

concepita da Giordani in maniera diversa, pi aperta, libera, sgombra da pregiudizi e

incline al puramente bello, al quale si convertir anche Leopardi, successivamente.

Ci soffermeremo anche sullimpiego del termine antico utilizzato spesso come

aggettivo di classico, spesso riscontrato da solo (osiamo dire spessissimo nelle

liriche) e cercheremo di capire in che modo e perch queste due parole interagiscono,

quale sia (e se ci sia) la linea sottile a dividerle nel significato, come si pone Leopardi

stesso nei confronti di questi termini.

Partiremo dallanalisi di un estratto dellattacco di Madame de Stal agli intellettuali

italiani, al quale rispose un allora giovanissimo e sconosciuto Leopardi, segnando

cos il proprio debutto letterario; procederemo discutendo le occorrenze di classico

riscontrate in alcune lettere della corrispondenza con Giordani; ci focalizzeremo

sullo Zibaldone, cercando di cogliere le varie sfumature del termine da passi scelti e

infine proveremo ad indagare il senso di antico contenuto nei Canti, in alcune

canzoni selezionate. In appendice (come a dire ultimo, ma non per importanza)

riportiamo il commento su alcune dichiarazioni di Mario Luzi, il quale si esprime in

favore di Leopardi come primo grande poeta moderno. Ci sembrava pertinente a

quanto affermato in precedenza.

Quello che presentiamo un lavoro di ricerca che si pone degli interrogativi, che ha

cercato delle risposte, ma che non ha la presunzione di presentare queste risposte

come definitive e inconfutabili; semplicemente una proposta interpretativa aperta a

nuovi sviluppi, nuove ricerche, nuovi studi.


1. Esortazioni e attacchi agli intellettuali italiani

Anne Louise Germaine Necker, figlia di un banchiere ginevrino ministro di Luigi

XVI, e poi moglie dellambasciatore svedese a Parigi de Stal-Holstein, fin

dallinfanzia abituata a frequentare i pi grandi intellettuali dellepoca (Goethe,

Voltaire, Schiller, Schlegel, tra gli altri), inizi presto a riflettere riguardo le

caratteriste delle letterature e degli autori dei diversi Paesi che aveva avuto modo di

frequentare, ammirare, conoscere e incontrare. Il clima culturale in cui era cresciuta e

i frequenti viaggi nelle diverse nazioni le avevano donato una naturale inclinazione al

confronto tra i diversi costumi e le diverse letterature europee; 167 cos, nel secondo

decennio dellOttocento, le sue acute riflessioni si posarono sulla letteratura italiana.

Nel suo (ormai celeberrimo) articolo, tradotto da Pietro Giordani e pubblicato nel

gennaio 1816 sulla rivista milanese Biblioteca Italiana periodico voluto e

patrocinato dal governo austriaco Madame de Stal, dopo aver elogiato la

167
Cfr. Corrado Bologna, Paola Ronchi, Rosa fresca aulentissima, vol. IV, Bologna, Loescher, 2010,
p.104
traduzione dellIliade di Vincenzo Monti, insisteva sulla necessit da parte degli

artisti italiani di iniziare a tradurre testi dei principali autori moderni europei,

soprattutto inglesi e tedeschi. La scrittrice infatti sosteneva che le traduzioni

rappresentassero lunico sistema per far circolare e per assorbire le novit che la

cultura europea stava producendo, mentre gli italiani insistevano nella traduzione dei

testi classici e nel reimpiego di moduli classicisti, ormai quasi del tutto obsoleti . Lo

scopo di questa esortazione era quello di scuoterli dal torpore e rinnovare il mondo

letterario della penisola tramite giudizi coloriti e per niente sfumati:168

Dovrebbero a mio avviso glitaliani tradurre diligentemente assai delle recenti

poesie inglesi e tedesche; onde mostrare qualche novit a loro concittadini, i quali

per lo pi stanno contenti allantica mitologia: n pensano che quelle favole sono da

un pezzo anticate, anzi il resto dEuropa le ha gi abbandonate e dimentiche. Perci

glintelletti della bella Italia, se amano di non giacere oziosi, rivolgano spesso

lattenzione al di l dellAlpi, non dico per vestire le fogge straniere, ma per

conoscerle, non per diventare imitatori, ma per uscire di quelle usanze viete, le quali

durano nella letteratura come nelle compagnie i complimenti, a pregiudizio della

naturale schiettezza. [] Glitaliani ammirano e amano straordinariamente la loro

lingua, che fu nobilitata da scrittori sommi: oltrech la nazione italiana non ebbe per

lo pi altra gloria, o altri piaceri, o altre consolazioni se non quelle che dava

lingegno. Affinch lindividuo disposto da natura allesercizio dellintelletto senta in

se stesso una cagione di mettere in atto la sua naturale facolt bisogna che le nazioni

abbiano un interesse che le muova. Alcune lhanno nella guerra, altre nella politica:

168
Ivi, p. 105
glitaliani dono acquistar pregio dalle lettere e dalle arti; senza che giacerebbero in

sonno oscuro, donde neppur il sole potrebbe svegliarli.169

Focalizziamo la nostra attenzione sui termini. La baronessa, parlando dei gusti

antiquati degli italiani, legati ancora alla primitiva mitologia, e quindi ad un tipo di

letteratura ormai remota, considera quelle favolette ormai superate (anticate),170

estinte e completamente ignorate negli altri Paesi; riferendosi poi agli scrittori

italiani, li apostrofa come sommi e non come classici (in parte anche perch la

concezione di classicit apparteneva alle civilt antiche, ma soprattutto) per

sottolineare il concetto seguente: che, oltre la lingua e la maestria con la quale negli

anni era stata usata, gli italiani non potevano esibire altra gloria, altro onore.

Questo articolo accese lo sdegno degli italiani che si sentirono giudicati, nel loro fare

letterario, da una donna e per di pi straniera; non un caso se il principio del

Romanticismo italiano legato alla pubblicazione di questo articolo: alcuni non

risparmiarono parole, a volte anche piuttosto dure, nei confronti della baronessa,

altri, come Pietro Giordani, ne approfittarono per riflettere sullo stato delle letterature

italiane, esortando anche i pi giovani a fare altrettanto.

2. La risposta di un (giovane) italiano

In quello stesso 1816 giunse alla Biblioteca Italiana anche una lettera che si

schierava in difesa delle posizioni classiciste con argomentazioni particolarmente


169
Madame de Stae l, Sulla maniera e sulla utilit delle traduzioni in Biblioteca Italiana, 1816,
url: https://it.wikisource.org/wiki/Sulla_maniera_e_la_utilit%C3%A0_delle_Traduzioni, corsivo
nostro.
170
Poniamo attenzione a questo aggettivo che sara utilizzato da Leopardi in seguito, con lo stesso
significato.
originali.171 Il suo autore non aveva ancora compiuto ventanni e scriveva da

Recanati, piccola cittadina appartenente allo Stato pontificio: si chiamava Giacomo

Leopardi. La lettera non venne mai pubblicata sulla rivista, ma a distanza di qualche

anno, nel 1818, il suo autore ne riprese le tesi e le approfond nel Discorso di un

italiano intorno alla poesia romantica. Nelle sue argomentazioni il giovane (e ancora

sconosciuto) recanatese polemizza con Madame de Stal partendo da presupposti

diversi rispetto lostinata e sconclusionata difesa del classicismo ortodosso: il

ragionamento leopardiano si fonda, infatti, sulla superiorit degli antichi rispetto ai

moderni dovuta al rapporto pi immediato, puro e profondo che i primi avevano nei

confronti della natura. La loro poesia dunque espressione di una spontaneit

creatrice alimentata dallimmaginazione e non dallintelletto; provare ad imitare la

poesia degli antichi (e non solo la poesia, ma il loro stato danimo: quella che intende

Leopardi una vera e propria immedesimazione, sforzarsi di provare a guardare con

i loro occhi) appare al giovane lunica via in grado di riattivare la facolt

immaginativa atrofizzata dalla modernit, dalla conoscenza e quindi inevitabilmente

corrotta dalla razionalit. Questa ideologia, in parte rivista dal Leopardi maturo,

presenta delle analogie con le concezioni di alcuni grandi scrittori come Schiller e di

teorici come Herder. Contrariamente a questa tesi, gli interventi a favore delle idee

della Stal, costituirono i primi manifesti del Romanticismo italiano, tutti pubblicati

in quello stesso 1816 (in ordine di apparizione: quelli di Ludovico di Breme, Pietro

Borsieri e Giovanni Berchet).

Ci che lega il giovane Leopardi al mondo antico non solo lo studio matto e

disperatissimo172 che egli condusse nellambiente della biblioteca paterna, cuore

171
Cfr. Corrado Bologna, Paola Ronchi, Rosa fresca aulentissima, op. cit., p. 107
172
Giacomo Leopardi, Epistolario, Lettera a Pietro Giordani, Recanati, 2 marzo 1818
pulsante della sua educazione e formazione, ma la relazione che strinse con i mondi e

le esperienze passate dopo averli indagati, interrogati e infine assimilati. La

riflessione (nonch convinzione) leopardiana prende le mosse dalla considerazione

che i romantici si sforzano di sviare il pi che possono la poesia dal commercio coi

sensi (cio dalla rappresentazione di quanto attiene all'esperienza sensibile), per li

quali nata e vivr finattantoch sar poesia, e di [] trasmutarla di materiale e

fantastica e corporale che era, in metafisica e ragionevole e spirituale;

sottolineando che egli non loda i secoli antichi, non afferma [] che quella vita e

quei pensieri e quegli uomini fossero migliori dei presenti [...] Solamente dico [...]

che l'ufficio del poeta imitar la natura, la quale non si cambia n incivilisce [...];

agevolmente si comprende che la poesia dovette essere agli antichi oltremisura pi

facile e spontanea che non pu essere presentemente a nessuno, e che a' tempi nostri

per imitare poetando la natura vergine e primitiva, e parlare il linguaggio della

natura [...] pressoch necessario lo studio lungo e profondo de' poeti antichi [...]

non vogliamo che il poeta non sia poeta; vogliamo che pensi e immagini e trovi,

vogliamo ch'avvampi, ch'abbia mente divina, che abbia impeto e forza e grandezza

di affetti e di pensieri, vogliamo che i poeti dell'et presente e delle passate e

avvenire sieno simili quanto forza che sieno gl' imitatori di una sola e stessa

natura.173

Riassumendo: la natura immutabile diversamente dallintelletto umano. Per i

moderni oltremodo difficile riuscire a concepire la natura degli antichi, essendo

questi privi delle conoscenze e delle scoperte moderne; ma essendo la natura sempre

la stessa, pu (e deve) essere dunque imitata e decantata, seppur in modalit


173
Giacomo Leopardi, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, 1818, url:
http://www.classicitaliani.it/leopardi/prosa/Leopardi_discorso_poesia_romantica.htm, corsivo
nostro.
dissimili. Ponendo attenzione ai singoli termini: dove si vede scritto poeti antichi

Leopardi intende dire proprio originari, archetipi della poesia, padri fondatori di

questarte espressiva, antichi greci e latini, che lui stesso aveva studiato e tradotto

pazientemente da precocissimo e geniale fanciullo qual era, imitandoli nellesercizio

di versi e prose puerili174 (databili dal 1809 al 1812) con sincero entusiasmo

morale, intellettuale e fantastico, segnando cos le primissime basi di partenza della

sua esperienza e del suo impegno letterario e delineando lideologia poetica (che poi

sar ricorrente) dellimmaginario e dellindefinito, acquisibile, secondo il Nostro,

solo ed unicamente dalle Loro lezioni; per questo che Leopardi sottolinea

limportanza di studiare e analizzare in maniera meticolosa la produzione degli

antichi.

3. Leopardi: un classico poeta?

Questi, oltre ad essere gli anni in cui Leopardi si affaccia sul panorama letterario,

sono anni importanti, soprattutto per la sua ulteriore formazione, poich avviene

lincontro con Pietro Giordani, che permetteva al giovane di espandere pienamente il

suo animo, riboccante di affetti e di tensioni ideali e culturali 175; nel dialogo con

lamico-maestro, cos fervidamente acuto nellintuizione e nel riconoscimento del

suo genio, Leopardi prende pi chiara coscienza di s (della propria situazione

bloccata e infelice) e alimenta il proprio classicismo letterario 176 di un riferimento

sempre pi appassionato e coerente, desideroso di svolgere unattivit letteraria che

sia fonte di gloria. Nella loro fitta corrispondenza c un impiego molto frequente dei
174
Walter Binni, La protesta di Leopardi, Firenze, Biblioteca Sansoni, 1973, pp. 17-18
175
Cfr. Walter Binni, op. cit., p. 30
176
Ivi
termini Classico e Classici (trovati sempre con la maiuscola) che Leopardi carica

di autorevolezza e magnificenza. Leggiamone qualche esempio:

credendo quasi che le lettere non diano pi cosa bella, mi rivolgo ai Classici tra i

morti, e a Lei e a suoi grandi amici tra i vivi, co quali principalmente mi consolo e

mi rinforzo vedendo ch pur viva la vera letteratura.177

Nel sostantivo plurale Classici si riscontra un uso riverente del termine, sinonimo

dei grandi scrittori del passato (e, quindi, antichi), esemplari e canonici.; ma allo

stesso tempo c un parallelismo con gli autori moderni, tra cui Giordani stesso, che,

seppur sottilmente e implicitamente, sono paragonati e quasi eguagliati agli scrittori

canonici antichi, per il loro poetare moderno che ricorda a Leopardi quello antico e

gli fa credere che una buona e vera letteratura possa essere ancora prodotta.

Nellestratto:

Perch quando ho letto qualche Classico, la mia mente tumultua e si confonde178

Leopardi conferisce al termine un valore pi che meritevole (eccellente, affidabile),

non escludendo una sfumatura morale e non solo, anche coinvolgente, emotiva, che

turba il moto dellanima del lettore. Lo stesso utilizzo lo ritroviamo in unaltra

lettera, sempre indirizzata a Pietro Giordani, dove Leopardi scrive:

Se credete che io stia molto bene a libri, vingannate ma assai. Se sapesse che

Classici mi mancano179

177
Giacomo Leopardi, Epistolario, Lettera a Pietro Giordani, Recanati, 21 marzo 1817, in:
Leopardi, tutte le poesie e tutte le prose, a cura di Lucio Felici e Emanuele Trevi, Roma, Newton
Compton editori, 2007, pp. 1136-1137, corsivo nostro.
178
Ivi
179
Ivi, Recanati, 26 settembre 1817, op. Cit., pp. 1151-1152
e in cui, per metonimia, il termine Classici sottintende libri (ovviamente non dei libri

qualunque, ma i testi legati alla formazione e alla tradizione); ma si riscontrano

anche delle eccezioni allinterno di questo carteggio: ci chiara ormai linclinazione

di Leopardi nelletichettare Classici gli autori greci e latini, colonne fondamentali e

insostituibile del suo tempio conoscitivo; eppure, in una lettera, gli autori italiani

della tradizione (definiti dal poeta nella maggior parte delle occorrenze come

antichi), vengono assimilati alla classicit:

Dei lavori miei presenti de quali mi domandate, non vi posso dire altro se non che

ora rimessomi alla peggio in un po di trista salute, vo leggendo i miei Classici, Greci

la mattina, Latini dopo pranzo, Italiani la sera.180

I Classici Italiani (con la lettera maiuscola) selezionati e letti da Leopardi, sono alla

pari con le letture greche e latine; c, nel poeta, la volont, oltrech di rinnovare, di

rivalutare la tradizione italiana, implicando in classico una sfumatura morale che ne

sottolinea, aldil delleccellenza formale e retorica, soprattutto lesemplarit etica

(che tanto li avvicina agli antichi), vera e propria garanzia della (comunque ipotetica)

commemorazione nel tempo, segno inconfutabile che la concezione di classicit

sta cambiando nella riflessione leopardiana.

Ma nello Zibaldone di pensieri che Leopardi mostra di utilizzare il termine

classico in maniera consapevole e mai banale, piegandolo alle proprie esigenze

lessicali e semantiche, facendone emergere lintenso rapporto e declinandolo con

sapienza nei significati e nelle allusioni; quella leopardiana una vera

consapevolezza della propria autorit sulla lingua, espressa nel rapporto fra segno e

contenuto, nella puntualizzazione, nelle sfumature.


180
Ivi, Lettera a Pietro Giordani, Recanati, 27 ottobre 1817, op. cit., p. 1154
In uno dei primi pensieri del suo diario di lavoro troviamo un impiego del termine

nel senso settecentesco; parlando della difficolt delle traduzioni, Leopardi afferma:

Perch se traducendo trovi quella parola e non lintendi, tu cerchi ne Dizionari, e

per esser quella, parola di un classico, tu ce la trovi colla spiegazione in parole

ordinarie, e con parole ordinarie la rendi e non guardi, prima se quellautore che

traduci il solo che labbia usata181

in cui lautore mostra la sua fedelt al secolo dei lumi 182 nellusufruire del termine

con significato di affidabile e sinonimo di autore accreditato e pone anche

lattenzione sui problemi linguistici che possono essere riscontrati nelle traduzioni,

un tema moderno e al centro della discussione in quegli anni. Parlando della lingua

francese, in un altro pensiero, Leopardi afferma:

se quella lingua fosse stata mai classica, (il che non manc se non dalla copia di tali

scrittori183) la presente sarebbe barbara184

dove si accentua il senso normativo ed eccellente che, secondo il Nostro, quella

lingua non possedeva nel passato e che arrivata a possedere solo grazie alle

innovazioni degli autori moderni (come Amyot): caso isolato ed eccezionale in cui i

moderni hanno superato gli antichi. Non manca il servirsi del termine anche in senso

pi generalizzato, dove classico sostituisce antico, nel senso di passato, lontano nel

tempo:

181
Giacomo Leopardi, Zibaldone, luglio-agosto 1817
182
Cfr. Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Roma, Carocci editore, 2015, p. 53
183
Leopardi si sta riferendo a Amyot
184
Zibaldone, 14 maggio 1821
Ai latini bisognava una perfetta cognizione ed uso della loro lingua, non solo in

grosso ma in particolare, e quindi il vocabolario che si pu formare a ciascun buono

scrittore latino generalmente molto pi ampio che a qualunque greco classico.185

In un altro pensiero, Leopardi spiega le ragioni della fama dei prosatori italiani del

Cinquecento, ispiratisi chiaramente alle liriche pure e incontaminate degli antichi,

affermando:

Per lo stile, per la imitazione de classici latini o greci indipendentemente dalla

lingua. Questo studio era comune ai buoni prosatori (come anche poeti) del 500. Ed

avendosi allora gran gusto e inclinazione per il classico, si stimavano e ricercavano le

prose scritte nello stile e ad imitazione e colle forme degli antichi classici, bench la

lingua non piacesse gran fatto.186

In questo esempio, con gran gusto e inclinazione per il classico, si accentua il

senso normativo ed eccellente (e quindi inclinazione alla norma e alleccellenza) e

troviamo anche limpiego dellaggettivo antichi come attributo di classici per

esprimerne in maniera completa il senso di affidabile, attribuito al passato. Li

ritroviamo congiunti anche in un altro estratto, che riportiamo per intero:

Ho detto che gli scrittori greci hanno ciascuno un vocabolarietto a parte, dal quale

non escono mai o quasi mai, e nella totalit del quale ciascun dessi si distingue

benissimo da ciascun altro, e chesso vocabolario, massime ne pi antichi molto

ristretto, e che la lingua greca ricchissima in genere, non pi che tanto ricca in

veruno scrittore individuo; e tanto meno ricca quanto lo scrittore pi antico e

classico, e quindi i pi antichi e classici si distinguono fra loro nelle parole e frasi pi
185
Ivi, 13-14 agosto 1821
186
Ivi, 30 giugno-2 luglio 1822
di quel che facciano parimente fra loro i pi moderni, che son pi ricchi assai, ed

abbracciano ciascuno una maggior parte della lingua, onde debbono aver fra loro pi

di comune che gli antichi non hanno fra loro medesimi, come che le parole e frasi di

ciascuno generalmente prese, sieno tutte ugualmente proprie della lingua.187

Leopardi utilizza entrambi i termini come completamento dellaltro, conferendo a

classico il significato di canonico, sommo e serventesi di antico come sfumatura

temporale: uno scrittore che appartiene al passato, un progenitore della letteratura,

che per ci ha lasciato qualcosa che dura nel tempo e perci attuale ed esemplare.

Il termine, inoltre, viene anche espresso per indicazioni di tipo nazionali ed

identitarie; Tatti osserva che classico tale in base al riconoscimento di determinati

valori allinterno di una cultura nazionale188 come Leopardi spiega nel seguente

passo:

Ovunque si senta latinit, grecit ec. o un sapore di non nazionale,

indipendentemente dalle cognizioni ec. del lettore, e per propria qualit della parola o

frase, o del modo in chella adoperata, quivi latinismo, grecismo ec. quivi

barbarismo, quivi sempre vizio. E siccome nei contrarii casi suddetti, malgrado la

vera novit, niun vizio, anzi pregio vi sarebbe; cos in questo caso, niun pregio

sarebbevi, e sempre vizio, quando anche la novit non fosse vera, cio quando bene

quella tal parola ec. avesse gi esempio dautor classico nazionale, e navesse ancor

molti; sia che in tutti questi ella stesse parimente male, o che stando bene in questi,

ella stesse male nel dato caso, perch non intelligibile o difficile a intendere, perch

187
Ivi, 5 ottobre 1822
188
Silvia Tatti, op. cit., p. 55
male adoperata, e senza i debiti riguardi, e in occasione e con circostanze non

opportune ec. Similmente accade e si dee discorrere intorno alle parole antiquate.189

Un uso molto pi autonomo e, se vogliamo, moderno lo troviamo in un pensiero del

1825:

classico il detto di La Bruyere: molto pi facile il far passare un libro mediocre

al favor di una riputazione gi fatta, che acquistarsi una riputazione con un libro

eccellente. Ed io ardisco dire che piace veramente pi a leggere un libro mediocre

(nuovo o antico) d'autor famoso, che un libro eccellente di scrittore non rinomato.190

Qui Leopardi utilizza laggettivo classico esattamente come noi, oggigiorno, lo

utilizzeremo nella espressione un classico esempio e quindi un esempio veritiero,

concreto, affidabile, inconfutabile. Questo uso del termine mai banale e, anzi,

piuttosto originale, mostra come Leopardi sia un autore attento e sensibile al

consumo delle parole, a tal punto da distinguere nello Zibaldone la parola dal

termine;191 quello sul classico infatti non un discorso isolato, ma si allaccia ed

intreccia ad un altro termine: antico.

4. Antico VS Classico

189
Zibaldone, 9 settembre 1823
190
Ivi, 22 novembre 1825
191
Il piacere poetico scaturisce dallarmonia e dalla musicalita , da sensazione dunque
essenzialmente uditive, come del resto ribadito dal titolo Canti; un ruolo privilegiato in questa
prospettiva rivestono quelle che Leopardi chiama parole. A differenza dei termini, che
determinano e definiscono solo il preciso e circoscritto significato, le parole, invece, oltre allidea
del referente, ossia alloggetto significato, evocano una serie di idee accessorie che stimolano
limmaginazione sollecitando sensazioni indefinite e lontane.
Abbiamo visto i diversi utilizzi del termine classico in alcune lettere e allinterno

dello Zibaldone, dove le occorrenze sono numerose, essendo un diario di lavoro

dedicato soprattutto alle annotazioni di carattere linguistico, alle osservazioni di

carattere filologico e alle riflessioni filosofiche; la questione si fa diversa parlando

dei Canti, in cui Leopardi affida le proprie scelte linguistiche al senso dellantico:

secondo il Nostro, le parole sono tanto pi adatte alla poesia quanto pi riescono a

dare lidea di lontananza nel tempo. Si tratta di quella ricerca del vago e

dellindefinito che possiamo porre alla base delle scelte lessicali del poeta a partire

proprio dallInfinito del 1819, nel quale la sfida del dire poetico consiste

nellesprimere lindefinibile attraverso un linguaggio fatto di parole che evocano

sensazioni indefinite e vaghe.192 Leggiamo nello Zibaldone:

Una parola o frase difficilmente elegante se non si apparta in qualche modo

dalluso volgare [] Le parole antiche (non anticate) sogliono riuscire eleganti,

perch tanto rimote dalluso quotidiano, quanto basta perch abbiano quello

straordinario e peregrino che non pregiudica n alla chiarezza n alla disinvoltura, e

convenienza loro colle parole e frasi moderne.193

Lo stesso anticate lo avevamo trovato nellattacco di Madame de Stal del 1816 e

il significato con il quale Leopardi ce lo propone lo stesso: nelle poesie preferibile

servirsi di parole antiche, del passato, che evochino un senso di nostalgia, ma non

parole anticate, abbandonate e dimenticate gi dagli autori di quellepoca; bisogna

avere un senso critico anche nella scelta delle parole: seppur estinte o cadute in

disuso, debbono avere carattere e spessore, devono avere la facolt di attivare la

capacit immaginativa e di evocare delle ricordanze. La linea sottile che divide


192
Cfr. Corrado Bologna, Paola Ronchi, op. cit., p. 297
193
Zibaldone, 30 settembre 1821
luso di antico da quello di classico racchiusa nel sentimento, nei sensi, nel sentire

la parola e le sensazioni da essa procurate. Lantico provoca la nostalgia nel senso

greco del termine, composto da , il ritorno e , il dolore, un dolore che

per piacevole, per ossimoro; un dolore dolce, evocativo, amabile.

Le parole lontano, antico, e simili sono poeticissime e piacevoli, perch destano

idee vaste, e indefinite, e non determinabili e confuse.194

E sono dunque, queste parole, pi inclini al discorso poetico. La scelta della lirica il

genere per eccellenza in cui la parola si apre alla dimensione interiore e

allespressione del sentire soggettivo non nasce in Leopardi da una semplice

predilezione per tale modalit di scrittura; essa piuttosto un punto di vista attraverso

cui esprimere al meglio una visione completa dellesistenza. Riportiamo un altro

esempio:

Antichi, antico, antichit; posteri, posteriorit sono parole poeticissime ec. Perch

contengono unidea 1. vasta, 2. indefinita ed incerta, massime posterit della quale

non sappiamo nulla ed antichit similmente cosa scurissima per noi. Del resto tutte

le parole che esprimono generalit, o una cosa del genere, appartengono a queste

considerazioni.195

Avviene qui un confronto tra il passato e il futuro: afferma Leopardi che questi tempi

appaiono, a noi, oscuri non avendone consapevolezza e conoscendo unicamente

lepoca da noi vissuta, il presente; eppure, certamente non esiste un modo per

conoscere il futuro, ma possiamo immaginare, percepire, intuire il passato,

194
Ivi, 25 settembre 1821
195
Ivi, 20 dicembre 1821
lantichit, proprio attraverso le parole degli antichi, che condensano idee vaste,

indefinite, incerte.

Arrivati a questo punto, possiamo quindi affermare che lutilizzo del termine

classico sia legato, per Leopardi, soprattutto alla sfera della tradizione, alla

riflessione linguistica e filologica e per questo ricorrente soprattutto nelle epistole e

nello Zibaldone, mentre limpiego di antico appartenga pi propriamente alla sfera

lirica, sentimentale, evocativa e nostalgica.

Passiamo dunque alle occorrenze nei Canti. E partiamo dal primo, AllItalia, canzone

di sette strofe, di venti versi ciascuna, composta a Recanati nel 1818; nel materiale

preparatorio, osserva Felici, si possono osservare due ordini di interessi: quello

letterario e retorico teso al rinnovo della lirica civile e quello psicologico-affettivo

mosso dal desiderio di glorioa e dallinsofferenza dellangusta vita recanatese. 196 La

struttura e lo stile della canzone appaiono studiatissimi, fin dal primo verso, dove O

patria mia evoca lesordio della celebre canzone petrarchesca (Canzoniere

CXXVIII), che il modello a cui si rif tutta la canzone, ma in tale contesto affiorano

a tratti motivi lirici tipicamente leopardiani, come il vagheggiamento delle

venturose e care e benedette / antiche et

(vv. 61-62) dei tempi antichi e passati, che mai pi torneranno, quando le genti,

insieme, accorrevano a morire per la loro patria. Ma la prima occorrenza la troviamo

gi al sesto verso:

Ma la gloria non vedo, / Non vedo il lauro e il ferro onderan carchi / I nostri antichi

padri
196
Lucio Felici, Emenuele Trevi (A cura di), op. cit., p. 68
(vv.4-6) in cui Leopardi esordisce dicendo di vedere le mura di Roma, gli archi di

Trionfo, le colonne, le statue e le torri degli avi, dei nostri antenati, ma non la gloria,

la sapienza e lo spirito battagliero di cui erano empi. Unosservazione piuttosto cruda

per dire che, dei tempi antichi, non ci rimasta che larchitettura. Questa

affermazione viene ripresa al venticinquesimo verso dove viene sottolineato che,

appunto, chi parla e scrive dellItalia, non pu che farlo ricordando il passato e

domandandosi dove sia finita la sua grandezza e la sua forza antica (v. 28) che, un

tempo, la contraddistingueva.

Completamente diverso limpiego di antico nella seconda canzone, Sopra il

monumento di Dante che si preparava in Firenze, composta a Recanati tra settembre

e ottobre del 1818, dove il poeta esordisce esprimendo il proprio giudizio riguardo il

Congresso di Vienna, che certo avr ristabilito la pace, ma non avr destato gli animi

e gli intelletti italiani dellantico sopor (v. 4), dal loro sonno secolare; curioso

lutilizzo, al verso seguente, di prisca etade (v. 5) per dire et antica.

Unaltra occorrenza di antico con un differente significato la troviamo nella quarta

canzone, Nelle nozze della sorella Paolina, composta a Recanati tra lottobre e il

novembre del 1821; loccasione fu offerta dalle annunciate (ma poi non celebrate197)

nozze della sorella Paolina con Andrea Peroli di SantAngelo in Vado. In questo

componimento Leopardi si rivolge direttamente allamata sorella, dicendole che

(presto) dovr essere pronta ad abbandonare silenziosamente la casa paterna e con lei

i sogni beati e le illusioni della giovinezza, locuzione resa in antico error; se,

197
Il matrimonio non ebbe luogo per motivi che Leopardi espose a Giordani nella lettera del
primo febbraio 1823: Paolina non fu piu sposa. Voleva, e cio (lo confesso) per consiglio mio e di
Carlo, fare un matrimonio alla moda, cioe dinteresse, pigliando quel signore chera bruttissimo e
di niuno spirito, ma di natura pieghevolissima e stimato ricco. Se poi veduto che questultima
qualita gli era male attribuita, e il trattato chera gia conchiuso e stato rotto.
presumibilmente, antico sta per let passata (antica), quindi la giovinezza, perch le

illusioni (tanto decantate) sono degli errori? Guardando al di l della fittizia

illusione, della sua inconsistenza, della sua irrealt, del suo non essere vera, c forse

qualcosaltro? Che la concezione di illusione stia cambiando in Leopardi e sia

quindi vista come un equivoco, un abbaglio, un malinteso da evitare? Una cosa

sicura: questi sono gli anni delle cosiddette conversioni; Leopardi ritorna sulle sue

idee, sulle sue riflessioni, interrogandosi: non le confuta, ma le rielabora.198

Passando al sedicesimo canto, quello de La vita solitaria, composta tra lestate e

lautunno del 1821, e con il quale si chiudono gli idilli, Leopardi esprime lamore per

una natura ritenuta ancora benigna; questo sentimento nei confronti della natura

cambier radicalmente nel 1824. Nel trentasettesimo verso, Francesco Flora ci fa

notare come per quiete antica (v. 37) Leopardi si riferisca alla natura remota in cui

non ancora sorta la vita delluomo: un tempo senza memoria.199

Arrivati alla fine di questo labirintico percorso, con diverse soluzioni e vie di uscita,

possiamo affermare quanto sia importante lesempio e il contributo lessicale e

concettuale leopardiano nei confronti del termine classico, che si pone come anello

di congiunzione tra la modernit e la tradizione, assumendo sempre sfumature inedite

ed innovative, senza abbandonare il bagaglio di significati collezionati e conservati

nel tempo. Un termine che muta di contenuto, che dinamico, che si evolve, proprio

come i pensieri e le riflessioni di chi, in maniera sensibile, critica e attenta, se ne

serve. Un termine che, almeno nellesperienza leopardiana, stato arricchito, ma ha

anche arricchito.

198
Zibaldone, 4 ottobre 1821: La ragione ha bisogno dellimmaginazione e delle illusioni chella
distrugge; il vero del falso.
199
Cfr. Francesco Flora (A cura di), Tutte le opere di Giacomo Leopardi, Milano, Mondadori, 1949,
p. 53
5. Sulla modernit di Leopardi

La poesia di Leopardi non ha avuto successori nel suo secolo. La coscienza del

dramma della modernit, che il suo principale lascito, uneredit che sembra

giunta fino a noi; questo anche il dramma dellemarginazione del poeta vero, che

interpreta fino in fondo la realt del suo tempo, la quale non in grado, non ha gli

strumenti per comprendere lui. Un paradosso: il poeta rifiuta la societ che lo

rifiuta.200 Con grande chiarezza e partecipazione il poeta Mario Luzi (1914-2005)

spiega in che cosa consiste la modernit di Leopardi, un moderno fuori moda.

Troviamo tra laltro in queste dichiarazioni un bellesempio di dialogo a distanza tra

due scrittori di epoche diverse.

Riportiamo un estratto molto significativo della conversazione tra Francesco Medici

e Mario Luzi, intervista concessa dal poeta nella sua casa a Firenze il 25 settembre

1998.

Lei ha parlato prima di morte della poesia e, in fondo, Leopardi la credeva in un

certo senso gi morta prima di lui, sapeva di agire dentro quella morte e per questo

viveva dolorosamente il confronto con le altre et, perch la sua unepoca in cui la

modernit, che ancora non ha raggiunto la sua consapevolezza estrema, ha gi

distrutto il valore poetico e le sue potenzialit di espressione. Leopardi ne era gi

cosciente e ha agito di conseguenza: di qui nasce il senso della crisi della modernit,

che non il solo aspetto della realt, ma il principale per lui. Ecco perch oggi noi

dobbiamo rendergli omaggio e testimonianza. La modernit comincia con lui,

200
Cfr. Mario Luzi, Dante e Leopardi, o della modernit, Roma, Editori Riuniti, 1992
comincia a diventare il dramma che sempre stato solo attraverso di lui, gli altri non

lo avevano avvertito. Leopardi ha percepito tutto quello che comportava essere

moderni, ancora prima di Rimbaud e senza mai pensare a una regressione possibile,

perch quella strada andava percorsa e bisognava sapere che cosa costava alluomo

di privazione e di perdite, ma anche di acquisti. Ci spiega perch egli fosse

curiosissimo di tutto ci che la modernit produceva.201

Da una parte Leopardi era consapevole che prima o poi sarebbe arrivato quel

momento in cui gli errori delluomo, le sue illusioni benefiche, gli errori degli antichi

e tutte le favole sarebbero stati cancellati; la scienza risolve appunto questo compito,

quasi fosse una giustiziera divina. Nello stesso tempo Leopardi capisce che questa

consapevolezza, questa chiarezza, aveva reso la condizione umana pi disperata e

solitaria, ponendo luomo solo nelluniverso e non pi al centro, come ci era stato

narrato dai grandi miti e da tutta la cultura classica. Anche il patrimonio dei grandi

scrittori e pensatori classici messo in crisi: luomo un incidente delluniverso.

Questa la conclusione alla quale Leopardi arriva e la scienza ha contribuito appunto

a puntare un riflettore luminoso su questa condizione effettiva delluomo. 202 Tuttavia,

accanto a questo sapere, alloscurit che si apre in nome della lucente conoscenza,

quanto mistero permane? Quanto non sapere c ancora? Leopardi lo aveva previsto

gi nello Zibaldone, quando aveva poco pi di ventanni: in quelle pagine scrive che

la scienza ha aperto, e certamente continuer ad aprire, molte possibilit di

conoscenza, per non ha generato, non ha progredito nellespansione dei pensieri,

dellintelletto. Non c alcuna grandezza di pensiero nata dalla scienza. Manca, ci

201
Francesco Medici, Leopardi o della modernit. Conversazione con Mario Luzi, Studi
Leopardiani. Quaderni di filologia e critica leopardiana, VI, 11, 1998, pp. 5-17, url:
https://ecologiadelverso.wordpress.com/2012/11/06/leopardi-o-della-modernita-
conversazione-con-mario-luzi-di-francesco-medici/
202
Mario Luzi, op. cit.
dice Luzi, un equilibrio tra lavanzare delle cognizioni scientifiche e la progressione

morale delluomo. C questo insuperabile squilibrio che costituisce il dramma dei

nostri tempi e che, sempre secondo Luzi, abbiamo potuto verificare direttamente, per

esempio, con Hiroshima; appunto lassoluta inadeguatezza della legge morale a far

trionfare, prepotente, la tecnologia. Osservazioni disarmanti, se si pensa che

Leopardi le abbia concepite nellOttocento. Si sbagliava? Basta guardarsi intorno.

Bibliografia

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BOLOGNA C., RONCHI P., Rosa fresca aulentissima, vol. IV, Bologna, Loescher,
2010

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Sitografia

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Italiana, 1816, url: https://it.wikisource.org/wiki/Sulla_maniera_e_la_utilit
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MEDICI Francesco, Leopardi o della modernit. Conversazione con Mario Luzi,


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LEOPARDI Giacomo, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, 1818,


url:
http://www.classicitaliani.it/leopardi/prosa/Leopardi_discorso_poesia_romantica.htm
LARA PETRALIA

1720932

GEORGE GORDON BYRON, L'ANTIROMANTICO

Rappresentante quasi eponimo e archetipico della cosiddetta Seconda Generazione

della poesia romantica inglese, nella quale spicca accanto a John Keats e all'amico

Percy Bisshe Shelley, George Gordon Noel Byron (1788 1824) ha senz'altro

segnato il proprio tempo in maniera totale, fino a divenire un'autentica icona

dell'epoca e a imprimersi con forza nell'immaginario, poetico e storico, dei suoi

contemporanei di tutta Europa. Attraverso l'analisi della sua figura, della sua

controversa poetica e del giudizio che di lui diedero i contemporanei, mio scopo

evidenziare come Byron rappresenti una figura assai contraddittoria del

Romanticismo inglese ed europeo, da un lato senz'altro emblematica della Sehnsucht

e dello Streben romantici, dall'altro in evidente contrasto con le principali correnti

poetiche del Romanticismo. In questo senso, evidentemente ironico e provocatorio,

parler in questo lavoro di un Byron antiromantico, cos come, in relazione a

un'opera di fiction, di fronte a un eroe che presenta caratteristiche in evidente

contrasto con l'eroismo, lo si definisce antieroe. Chiave di volta di questa analisi sar

il cosiddetto Dualismo byroniano, ovvero il rapporto contraddittorio e per certi


aspetti irrisolto del poeta con la temperie culturale della Romantik. In questa luce

sar quindi inquadrata la stima, l'ammirazione o per lo meno la considerazione di cui

il poeta inglese godette nell'Europa del suo tempo, presso scrittori e letterati sia

d'orientamento romantico sia neoclassico. Sottolineer quindi, in particolare, gli

aspetti classicistici dell'opera di Lord Byron, concentrandomi soprattutto sul

racconto orientale The Giaour (Il Giaurro, 1813) e sul poema eroicomico-satirico

Don Juan, composto tra il 1818 e il 1824, anno della morte del poeta.

La leggenda di Byron

George Gordon Noel Byron nasce a Londra il 22 gennaio 1788, da famiglia

aristocratica di antica origine normanna, ma segnata dai debiti del padre John Byron

e dall'instabilit mentale della madre Catherine Gordon of Gight, con la quale il

poeta avr sempre un rapporto complicato e conflittuale. Afflitto da una contrazione

al tendine di Achille, zoppo fin dalla nascita. Con la madre trascorre i primi anni di

vita ad Aberdeen, in Scozia. La disabilit fisica e la contraddittoriet

dell'atteggiamento della madre, che nei suoi confronti alterner sempre una profonda

tenerezza a un gelido disprezzo, determinano probabilmente i tratti profondi della sua

personalit, caratterizzata da un esasperato individualismo, da spiccato vitalismo e da

una certa propensione al rifiuto delle regole morali. Nel 1798 eredita il titolo di
famiglia, divenendo sesto barone Byron di Rochdale e quindi Lord. Va quindi ad

abitare nell'abbazia di Newstead Abbey, nel Nottinghamshire, che eredita assieme a

altre vaste tenute nonch moltissimi debiti. Pu finalmente ricevere un'educazione

adeguata. A partire dal 1801 frequenta la scuola londinese di Harrow, dove manifesta,

assieme un precoce amore per la lettura, i primi segni del suo carattere bellicoso,

intemperante e anticonformista. Probabilmente spinto dalla sua disabilit fisica,

comincia a coltivare l'attivit sportiva, in particolare il pugilato e il nuoto, disciplina

nella quale ecceller. In quegli anni vive inoltre i suoi primi amori, per la lontana

cugina Mary Ann Chaworth e per l'amico John Edlestone. La sua vita sar costellata

da numerose relazioni erotiche e sentimentali, prevalentemente eterosessuali ma

anche omosessuali, come nel caso dell'adolescente franco-greco Nicol Giraud, di

cui si invagh nel corso del suo ultimo soggiorno in Grecia. La sua vita sentimentale

vedr anche, e forse soprattutto, un tormentato, intenso e incestuoso rapporto con la

sorellastra Augusta, vero e proprio scandalo che contribuir non poco a metterlo in

cattiva luce verso i britannici suoi conterranei, ma anche a nutrire, quando questa gli

arrider, la sua fama internazionale di maledetto.

Sempre negli anni di Harrow pubblica, a proprie spese e in forma anonima, il suo

primo volumetto di versi, Fugitive Pieces. Dal 1805 frequenta il Trinity College. Nel

1807, sulla spinta degli amici estimatori della sua poesia, pubblica la raccolta poetica

Hours of idleness, che sar l'occasione della sua prima polemica letteraria. Nel

gennaio 1808, infatti, la rivista scozzese Edinburgh Review stronca questa sua prima

opera firmata. Byron risponde con una satira, English Bards and Scottish Reviewers,

in cui rivendica di riallacciarsi alla grande tradizione poetica classica di Alexander

Pope e John Dryden, caratterizzata da un abbondante uso di metafore, da un costante


riferimento alla mitologia greca e latina e dall'uso versificatorio del distico eroico. Si

tratta, di fatto, di una presa di distanza dalla tradizione del Primo Romanticismo

inglese, caratterizzata, cos come era stata teorizzata da William Wordsworth nella

celebre Preface alla seconda edizione delle Lyrical Ballads (1800), dalla ricerca di

una certa semplicit di linguaggio e dall'aderenza a situazioni di vita quotidiana,

ovvero da una sorta di realismo ante litteram. E' forse la prima manifestazione del

Dualismo romantico byroniano, ovvero del suo complicato, contraddittorio,

addirittura nevrotico rapporto con la tradizione del Romanticismo, e di una tensione

latente, sottotraccia, verso alcuni aspetti del classicismo, tensione che, come si vedr

in seguito, riemerger pi volte nel corso della sua vita e della sua opera.

Il 1812 anno cruciale della vita di Byron. Come Pari alla Camera dei Lords, tiene,

con accenti di vibrante sdegno morale, il suo famoso discorso contro la legge

parlamentare che istituisce la pena di morte per i distruttori di macchine, quei

luddites che stavano mettendo seriamente in crisi il nascente industrialismo con la

distruzione dei primi macchinari e manifatture. Nello stesso anno, com'era in uso per

i figli dell'aristocrazia del tempo, compie il Grand Tour assieme all'amico letterato

John Cam Hobhouse, assieme al quale visita Portogallo, Spagna, Albania, per

fermarsi poi in Grecia. E' in questa occasione che compone e pubblica i primi due

canti del celebre Childe Harold's Pilgrimage, sorta di relazione in versi - romanzata e

poetica, intrisa di mitologia e di amore nostalgico per l'Ellade classica - del viaggio

compiuto, nonch seconda manifestazione della tensione latente del poeta verso una

forma di classicismo. I canti del Giovane Aroldo gli aprono la strada della notoriet

internazionale, dando inizio all'epopea ottocentesca del mito di Lord Byron.


Sempre nel 1812 ha una relazione con l'eccentrica e ambita lady Caroline Lamb;

contemporaneamente intraprende la relazione incestuosa con la sorellastra Augusta.

E' probabilmente per coprire lo scandalo che nel 1815 sposa Ann Isabell Milbank,

dalla quale ha una figlia. Il 21 aprile 1816 si separa dalla moglie e subito dopo fugge

dall'Inghilterra, dove non far pi ritorno. E' l'inizio di un vagabondaggio dal sapore

molto romantico e bohmien, in cui si reca dapprima in Svizzera, stringendo

amicizia con Percy Bysshe Shelley e sua moglie Mary Wollstonencraft, pioniera del

femminismo e figlia del filosofo anarchico William Godwin, nonch futura autrice

del Frankestein, il cui primo nucleo verr concepito durante il celebre soggiorno dei

coniugi Shelley, di Byron e di altri presso la Villa Diodati di Ginevra; quindi in Italia,

in particolare a Milano, dove conosce Silvio Pellico e Vincenzo Monti, e a Venezia,

dove, attraverso una relazione adulterina con la giovane Teresa Guiccioli, aderisce

alla Carboneria; infine in Grecia, in cui partecipa attivamente all'organizzazione della

resistenza contro il dominio ottomano e dove muore per malattia nel 1824. Sepolto a

Torkard, in Nottinghamshire, non lontano da Newstead Abbey, il suo funerale vide

un lungo corteo di carrozze eleganti, listate a lutto ma vuote: era l'ultimo segnale di

disprezzo dell'aristocrazia inglese verso il suo rampollo illegittimo e maledetto.

Come si evince da questa breve nota biografica, la vita di Byron stata un vero e

proprio fiume in piena, che non poteva che far nascere e crescere una leggenda:

Byron, il poeta virile e raffinato, l'archetipo e il prototipo del dandy, il divo di

eccelsa bellezza, il nuotatore che attraversa lo stretto del Dardanelli a giro di braccia,

il donnaiolo impenitente; Byron, il ribelle a ogni convenzione, il pazzo, il corruttore

di fanciulli e fanciulle, l'incestuoso, l'omosessuale, il sodomita; Byron l'uomo

d'azione, sempre in lotta for political liberty, il Lord che difende i luddisti, il
liberale e il carbonaro, l'amico dei proto-socialisti e proto-anarchici coniugi Shelley,

il sostenitore e l'organizzatore della resistenza greca, l'estimatore di Napoleone, il

liberale della prima ora e l'alfiere della libert dei popoli; Byron, infine, figlio della

migliore aristocrazia inglese, refrattario e maledetto dalla propria classe sociale,

costretto a una sorta di auto-esilio dalla terra natia.

Per la sua capacit di rappresentare, in patria, uno scandalo vivente, Byron trova la

propria fortuna all'estero, nell'Europa continentale, e in particolare in Italia dove,

come vedremo, viene a fare paradossalmente da catalizzatore ad una delle vicende

letterarie pi cruciali del nostro Romanticismo.

Il Giaurro nella storia e nello sviluppo del Romanticismo italiano

Com' noto, le origini del Romanticismo tedesco e quindi europeo si trovano nel

movimento dello Sturm und Drang e in particolare nel noto saggio del poeta, filosofo

e drammaturgo Friedrich Schiller , Sulla poesia ingenua e sentimentale (1795), in cui

il grande autore tedesco contrapponeva la poesia dell'antichit classica, ingenua

perch immediata espressione di popoli vicini e in armonia con la Natura, alla poesia

moderna, sentimentale, fatta da uomini che il contatto con la Natura hanno

irrimediabilmente perso, capaci di produrre solo una poesia segnata da Sehnsucht,

ovvero da un anelito permanentemente insoddisfatto alla riconquista d'un contatto

perduto e impossibile da ritrovare. Queste tensioni, sviluppate poi nella scuola di

Jena (i fratelli Schlegel, Tieck, Novalis per citare i pi noti) e in quella di Berlino
(Wackenroder, Schleiermacher), ovvero dalla prima generazione romantica in senso

stretto, e portate a maturazione da pietre miliari della filosofia come Fichte e

Schelling, costituiscono l'origine del Romanticismo non solo tedesco, ma anche

europeo, segnato alla sua nascita da un anelito (Streben) all'Assoluto, dal bisogno di

una riconciliazione impossibile con la Natura, dallo struggimento (Sehnsucht) che ne

deriva, oltre che da istanze nazionalistiche, ovvero dalla necessit di ricostruire una

Tradizione nazionale. E' soprattutto quest'ultimo aspetto che viene recuperato, e

diviene centrale, nella costruzione del movimento romantico italiano, fatto da uomini

come Silvio Pellico, Ludovico Di Breme, Giovanni Berchet, Pietro Borsieri, Ermes

Visconti, tutti animatori della rivista Il Conciliatore: uomini che, nel clima di

risveglio nazionale che precorreva il Risorgimento, sono preoccupati soprattutto della

funzione politica e sociale della letteratura, che a loro avviso deve sganciarsi dai

legami troppo stretti del Classicismo per divenire moderna e parlare al Popolo,

ovvero alla borghesia italiana, l'unica classe che pu costruire una coscienza

nazionale in grado di riscattare l'Italia da secoli di decadenza, frammentazione e

dominazioni straniere. L'occasione dell'idle enquiry (secondo la celebre espressione

di Ugo Foscolo), ovvero della polemica che si ha in Italia tra classicisti e romantici,

la pubblicazione sulla Biblioteca Italiana, nel gennaio 1816, di un articolo di

Madame de Stael - gi divulgatrice in De l'Allemagne (1813) della nuova estetica

della Romantik intitolato Sulla maniera e l'utilit delle traduzioni, in cui veniva

criticato il provincialismo della cultura italiana dell'epoca, troppo prigioniera delle

convenzioni legate alla mitologia e alla cultura classiche. A partire dall'articolo della

Stael si apre il dibattito e, nello stesso anno, vengono pubblicati i manifesti

romantici italiani: Intorno all'ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani di

Ludovico Di Breme, Avventure letterarie di un giorno di Pietro Borsieri, la Lettera


semiseria di Giovanni Berchet. E' in questo clima di dibattito che Ludovico Di

Breme, nel 1818, pubblica le Osservazioni sul Giaurro, recensione appunto di The

Giaour, turkish tale in versi di Lord Byron.

.Il Giaurro - ovvero l'infedele, secondo l'epiteto con cui i mussulmani

apostrofavano i non appartenenti alla loro fede un europeo che, giunto in Turchia,

si innamora, corrisposto, di Leila, bella schiava costretta nell'harem del turpe Hassan.

Quest'ultimo, geloso, la uccide gettandola in mare. Il Giaurro si vendica, tende

un'imboscata ad Hassan sui monti e lo uccide a sua volta. Per il rimorso, si ritira in

un monastero. Come accade spesso nelle opere di Byron, l'identificazione tra l'autore

e il personaggio pressoch totale: il Giaurro un tipico personaggio byroniano,

passionale, indomito, coraggioso, virile e assieme tormentato dal rimorso. Il racconto

del fatto intervallato da descrizioni di paesaggi orientali, di scorci marini, di notti

stellate. Di Breme vede nel racconto in versi byroniano un nuovo modo di

considerare la natura e introduce la categoria del patetico. Il patetico di Di

Breme, espressione di ci che vi di pi riposto e di profondo nell'animo e nel

sentire umano, uno dei caratteri pi costanti della poesia moderna. Per Di Breme,

gli antichi rendevano miseri e terreni i loro dei, i romantici rendono celesti gli

uomini: il sublime amore, la donna, la fratellanza delle scienze e delle arti, i miracoli

dell'industria, l'ispirazione, tutto questo superiore all'antica fantasmagoria del mito.

Le allegorie, le metafore vengono estromesse dalla elaborazione poetica. La

mitologia lingua tecnica e non poesia. Il principio e la facolt dell'ispirazione sono

invariabili, ma lo scopo si attinge dall'uomo naturale, dall'uomo sociale, dal proprio

cuore e dalla coscienza.


Soprattutto, il patetico bremiano consiste non nel lugubre, ma nella vastit del

sentimento. Byron, nel suo guardare e dipingere l'Oriente, si affrancato dalla

mitologia del mondo antico. La poesia moderna o romantica segue un sistema vitale

contrapposto al mitologico.

La scienza nuova dovr abolire per sempre le grette convenzioni. La poesia prende

parte alle grandi trasformazioni, diventa pi entusiastica, appassionata e sente la

necessit di emozioni pi forti di quelle della tranquilla e frivola et precedente. La

poesia non trae pi ispirazione da una sola et o da un solo popolo: abbraccia tutti i

tempi, i costumi e le inflessioni del cuore umano.

La poesia di Byron, quindi, non della maniera detta romantica, almeno non nel

senso tedesco. Se la vicenda fatta di forti passioni e sentimenti, se romantico in

senso byroniano il suo protagonista, il modo di considerare la Natura tutt'altro che

intriso di Sehnsucht, poich non vi predomina n il lugubre n il malinconico, ma il

patetico nel senso sopra descritto, come vastit del sentimento.

Cos il racconto di Byron, attraversato com' dal suo dualistico rapporto con il

Romanticismo, diviene per Di Breme l'occasione di una polemica letteraria contro le

convenzioni classicistiche.
Il Classicismo tedesco: die Weimerer Klassik e Goethe

INTRODUZIONE

In questo lavoro affronteremo brevemente il concetto di classico all'interno del

panorama tedesco, per avere, cos, una piu ampia visione di quanto accade nel periodo a

cavallo tra il XVIII e il XIX secolo in Europa.

Dovendo trattare l'argomento in poche pagine, ed essendo necessario fare qualche

importante premessa prima di arrivare al nocciolo della questione, si e ritenuto

opportuno suddividere l'argomentazione in tre parti, ognuna delle quali si ricollega alle

altre, in modo che queste possano svilupparsi ed arricchirsi a vicenda.

La prima parte del lavoro sara dedicata alla terminologia; fare luce sui significati e

sul modo d'uso dei singoli termini, fa s che non si crei confusione tra quanto accade in

Italia e quanto, invece, avviene in Germania. Ci allacceremo al discorso iniziato durante

il corso e riprenderemo, in ambito prettamente germanistico, il termine classico,

cercandone i sinonimi ed altri vocaboli da esso derivati. Il breve excursus si armera di

strumenti indispensabili per ogni linguista che si rispetti, e traccera i fili conduttori che

legano classico a klassisch, Klassik e Klassizismus, cos da poter avere un quadro piu

chiaro sul movimento artistico che andremo a toccare con mano successivamente,

premettendone tutte le dovute discrepanze e coincidenze con il Neoclassicismo italiano.

La seconda parte del lavoro comprendera , dopo il precedente approfondimento del

concetto di Classicismo su base lessicale ed etimologica, lo sviluppo del Klassik nella


corte di Weimar. Verranno proposte alcune considerazioni sulle motivazioni che hanno

portato la nascita del movimento in un contesto cos tardo, rispetto alla storia delle

altre culture, e sopratutto in un luogo cos di provincia e poco affermato

economicamente e artisticamente, in una nazione che nazione ancora non e , e che

preme sempre piu per venire finalmente in superficie. Non mancheranno, ovviamente,

nemmeno le linee guida del movimento in generale, ovvero cosa significhi per l'artista

tedesco aderire al Classicismo di Weimar e quali impronte egli lasci, conseguentemente,

in tutte quelle opere che produce sotto questo senso.

Per concludere, nella terza parte, analizzeremo brevemente l'opera di Goethe,

aiutandoci con qualche passo tratto da alcune delle sue opere piu importanti ed alcune,

invece, un po' meno conosciute in territorio italiano. Dai suoi lavori e infatti possibile

risalire, tramite attenta analisi, al concetto di classico che si nasconde tra le righe che

compongono le opere scritte nel periodo classicista della sua carriera, e che sono

ovviamente siglate da un'ideologia sempre dinamica e prolifica. Raccogliendo i sassi dal

letto del fiume, come Goethe ci racconta nel suo resoconto del viaggio in Italia,

raccogliendo questi frammenti sparsi qua e la nel suo ricchissimo corpus letterario,

arriviamo allora al culmine del nostro percorso di studio e di approfondimento, che

getta finalmente luce sulla figura dell'autore classico nazionale, in ambito, ovviamente,

della letteratura tedesca.

Ad ogni modo, iniziare questo breve percorso dalla terminologia e fondamentale, in

effetti, per arrivare alla completa comprensione, senza confusione, del panorama

artistico tedesco, che e inevitabilmente diverso da quello italiano. Gia il semplice

ricercare il lessico nei dizionari piu validi ci permette di evidenziare le coerenze e le

differenze che intercorrono tra i due paesi, e conseguentemente tra i due movimenti
artistici che li attraversano. Inizieremo allora questo discorso proprio analizzando la

terminologia, passando per il classicismo di Weimar e arrivando alla sua figura piu

rappresentativa, Goethe. Perche del resto non si puo parlare di Classicismo tedesco

senza almeno citare Goethe, colui che ha dato vita al movimento letterario attingendo

direttamente dalle fonti nostrane, e realizzando un processo artistico del tutto originale

e ispiratore per il panorama tedesco del periodo, il quale ha indubbiamente generato

quello spirito caratteristico tipico del successivo Romanticismo, che tutti noi ben

conosciamo.

1. SULLA TERMINOLOGIA: KLASSIZISMUS, KLASSIK O KLASSISCH?

Anche se in maniera meno predominante rispetto a quanto invece avviene in Italia,

il Classicismo come movimento letterario e artistico accade anche in Germania. La

situazione in questo paese e ben diversa rispetto a quella riscontrabile nel nostro, sia da

un punto di vista storico che da un punto di vista culturale; e di conseguenza anche il

movimento letterario, che puo essere definito come un classicismo tedesco, presenta

notevoli differenze.

Gia partendo da una veloce analisi della terminologia presente nel bagaglio lessicale

tedesco e quello italiano, ci possiamo rendere conto di una prima discrepanza: mentre

nella lingua italiana facciamo affidamento a parole come classico, Classicismo e

Neoclassicismo, con tutti i relativi significati che abbiamo approfondito durante lo

svolgimento di questo corso, in tedesco i termini sembrano non coincidere del tutto.

Klassizismus, Klassik, klassisch, Klassiker e Neuklassizismus sarebbero, in effetti, i

corrispettivi dei tre termini italiani sopracitati: fatto abbastanza insolito, dal momento

che sono cinque e non tre. Per un madrelingua o un linguista germanista, questa
differenza sostanziale appare, probabilmente, abbastanza chiara e di facile

comprensione, ma per chi non si e mai approcciato seriamente alla lingua tedesca,

l'attuale situazione rilevata potrebbe portare non pochi fraintendimenti. Oltre a partire

dal presupposto che in Germania il movimento classicista e da riprendere sotto un'altra

prospettiva, rispetto a quella comunemente adoperata per il movimento italiano, e bene

allora addentrarsi in questa nuvola di apparente confusione, facendo uso di due

importanti strumenti che ogni buon linguista germanista, madrelingua o meno, non puo

e non deve mai ignorare: i dizionari Grimm e Duden.

Il Deutsche Wrterbuch (DWB) von Jacob un Wilhelm Grimm, meglio conosciuto

come il Grimm, e un dizionario iniziato dai fratelli Grimm nel 1838 e completato

solamente 123 anni dopo, nel 1961. Composto da 33 volumi, non piu aggiornati, e

ancora oggi considerato la fonte piu autorevole per l'etimologia dei vocaboli tedeschi,

imprescindibile per chi si appresta a compiere studi linguistici di germanistica.

Il Duden e invece un dizionario di lingua tedesca pubblicato per la prima volta nel

1880, da Konrad Duden, autore del quale ne prende il nome. Pubblicato e aggiornato

regolarmente fino ai giorni nostri, puo essere probabilmente considerato la Bibbia della

lingua tedesca, dal momento che quest'opera copre ogni aspetto della linguistica, dalle

regole grammaticali, all'origine etimologica, alla pronuncia, all'ortografia, fino ai

contesti d'uso con rispettivi esempi.

La ricerca, dunque, e partita da questi due importanti dizionari. In particolare, sono

state tre le parole cercate ed esaminate attentamente, ovvero Klassizismus, Klassik e

klassisch, poiche le altre due (Klassiker e Neuklassizismus) presentano una definizione

linguistica relativamente insufficiente, una inadeguata ed esigua descrizione

etimologica (e gia questo potrebbe essere considerato come un indizio) scarsamente


fruibile per il nostro scopo; peraltro sono due lemmi facilmente derivabili (poiche

veramente derivati) da quelli gia presi in analisi. Le nozioni raccolte ed accuratamente

indagate, hanno permesso la costruzione di un gruppo di tabelle schematiche molto

utili per il primo confronto lessicale. Da questi schemi si sono poi potute ricavare delle

considerazioni che rendono la questione della discrepanza linguistica tra tedesco e

italiano, nel contesto del classico, decisamente piu convincente e, soprattutto, molto

piu chiara.

Klassizismus, der (sostantivo maschile)

Frequenza d'uso: scarsa

Origine : dal francese classicisme

Significato: forma di stile artistica, che enfatizza la chiarezza e il rigore del contorno, delle linee
rette e altri principi specifici desunti dagli antichi Greci e Romani, applicati alla composizione e al
giudizio delle opere darte.

Klassik, die (sostantivo femminile)

Frequenza d'uso: frequente


Origine : dall'aggettivo klassisch

Significato: 1. cultura ed arte dell'antica Grecia e di Roma; 2. era che ha preso la cultura e l'arte
dell'antichita come modello; 3. era che e apice delle prestazioni culturali.

klassisch (aggettivo)

Frequenza d'uso: frequente

Origine : dal latino classicus

Significato: 1. che ha a che fare con classico; 2. un modello, un punto di riferimento che e entrato
a far parte di una tradizione; 3. qualcosa che e eseguito in modo autorevole; 4. qualcosa che e senza
tempo; 5. che ha a che fare con classe.

Il dizionario ci riporta anche Goethe e Shiller come klassische Autoren, come esempi di due
autori classici; come due autori autorevoli.

Da questa fondamentale premessa, consistente in un'analisi lessicale ed etimologica

di tipo qualitativo, si e cos arrivati a formulare alcune considerazioni molto utili al

nostro percorso, che hanno portato alla luce delle interessanti coincidenze e differenze

con l'altro termine di paragone, quale e il contesto di lingua italiana.

Si e infatti scoperto che:

Klassik e klassisch sono entrati a far parte del vocabolario tedesco solo verso il

XVIII secolo e sono entrambi presenti nel dizionario Grimm, a differenza di

Klassizismus;

l'aggettivo klassisch, dal quale deriva il sostantivo Klassik, e il termine che piu si

avvicina al nostro classico, avendo anche in tedesco tutte le accezioni che possiede il
termine italiano;

Klassik viene spesso usato come opposto a Romantik, come avviene anche nel

contesto italiano;

mentre in italiano l'uso piu frequente e Classicismo o Neoclassicismo, in tedesco

si fa sempre riferimento a Klassik, se si intende il movimento letterario dell'epoca;

il concetto di Klassizismus e stato introdotto verso il XIX, per indicare il periodo

artistico compreso tra la fine del 1700 e la prima meta del 1800.

Da queste considerazioni si puo parlare, allora, di una diversa concezione di

Classicismo delimitatasi in Germania: una diversa concezione chiaramente espressa

dalla diversa terminologia non perfettamente coincidente tra italiano e tedesco,

questione saltata immediatamente all'occhio fin dall'inizio. E allora, vediamo come con

il termine Klassizismus si indichi quel movimento che riconduce all'ispirazione,

all'imitazione del mondo greco-romano: un'imitazione formale, pero , senza discussione

dei contenuti, senza alcun tentativo di adeguamento al proprio patrimonio culturale.

Klassizismus si usa inoltre per indicare quel periodo storico del XIX secolo,

specialmente per quanto riguarda le arti figurative e soprattutto in campo

dell'architettura; un periodo che segue effettivamente il barocco europeo e che

costituisce uno dei caratteri della modernita del XIX secolo. Puo essere sinonimo di

Neuklassizismus, anche se quest'ultimo e piu usato nello studio dell'architettura.

Con il termine Klassik , d'altro canto, si esprime quello sviluppo di un sistema di norme

proprie, che tende ben oltre lo spirito artistico antichizzante, e che si propone

l'obbiettivo di contribuire alla fondazione di un'identita nazionale e culturale tedesca.

Goethe e Schiller sono i due maestri, i due autori classici tedeschi (klassische Autoren)

per eccellenza: si ispirano all'antico non imitandolo semplicemente, ma riproponendolo

in modo originale, innovativo, secondo i bisogni dell'epoca, come due autori autorevoli.
Importante e ricordare che la definizione di Classicismo, in quanto periodo letterario,

appare in Germania nel XIX secolo, dopo l'ennesimo fallimento di unificazione

nazionale che preme sempre piu per una sua rivincita nazionalistica (e che in un certo

senso otterra piu avanti nel secolo). Ed infatti, per sensibilizzare il sentimento nazionale

tedesco si e deciso di richiamarsi all'idea di Classicismo (Klassik) come momento

culminante di un rinnovamento spirituale del paese, inteso come eredita e canone

vincolante per una futura fioritura politica e economica. Una concezione, questa, che

ottiene una sfumatura piuttosto differente, rispetto a quella del Neoclassicismo

italiano: il vero e proprio Neoclassicismo come lo intendiamo noi, non a caso, in

Germania possiamo trovarlo solo nelle arti figurative e in architettura, dal momento che

la letteratura, invece, rimane fermamente impegnata nell'obbiettivo di modellare

concretamente quello che e un urgente bisogno di identita nazionale e dal momento

che fino a quel periodo, di epoche classiche, nel campo della produzione letteraria

dell'impero tedesco, non ce ne sono mai state.

Riassumendo infine e brevemente questo primo capitolo, si puo dunque affermare

che il classicismo tedesco puo essere ricondotto a tre accezioni diverse, collegate a tre

termini diversi: il primo, il Klassizismus, pur apparendo molto tardi nell'ambito

artistico tedesco, come frutto di un lavoro di critica e storiografia intento ad ordinare

quello che era il groviglio di movimenti e atteggiamenti tipici del periodo, coinvolge

soprattutto le arti figurative e architettoniche. Il termine Klassik, invece, non solo e

sempre associato a Weimar, ma e piu specifico dell'ambito letterario, ed e caratterizzato

da un preciso momento storico e culturale che propone autori quali Goethe e Schiller

come i suoi indubbi ed indiscussi protagonisti. Die Weimarer Klassik e quindi il

corrispettivo di quello che in Italia, piu o meno nello stesso periodo, e definito

Neoclassicismo.
Per quanto riguarda Neuklassizismus, invece, in Germania pur esistendo il termine,

esso non viene particolarmente usato, se non a volte per definire quel brevissimo

periodo dopo la morte dei due mentori di Weimar, e che ha visto protagonisti degli

autori minori, oppure, ancora una volta, per riferirsi preferibilmente al campo delle arti

figurative e architettoniche.

Questo e sostanzialmente un quadro generico dei movimenti artistici in Germania,

ed ora che abbiamo messo in evidenza il filo conduttore che lega klassisch a Klassik, o

meglio, al Weimerer Klassik, possiamo intraprendere il secondo tratto di cammino,

affrontando quindi il discorso su questo importante movimento letterario tedesco, che

molto spesso viene trascurato e messo in ombra dal piu famoso Romanticismo.

2. IL CLASSICISMO DI WEIMAR

Die Weimarer Klassik, ovvero il Classicismo di Weimar, e quel movimento letterario

sviluppatosi in Germania nel periodo che va dal 1786, data d'inizio del viaggio di

Goethe in Italia, fino al 1805, ovvero l'anno della morte di Schiller.

Con il suo viaggio, Goethe volta le spalle allo Sturm und Drang, movimento che ha

influenzato le sue due prime opere (Go tz e Werther) e i suoi primi componimenti,

arricchendosi di esperienze culturali nel nostro paese, e tornando in Germania alla

corte di Weimar con tanta voglia di dedicarsi ancora piu svisceratamente alla

produzione letteraria.
Non a caso quest'eta classica tedesca si inserisce in un periodo di crisi dello Sturm und

Drang, ponendosi insieme ad esso come l'estremo del ponte che viene

convenzionalmente delimitato tra l'Illuminismo ed il primo Romanticismo.

Il fatto che la fioritura del Classicismo tedesco non sia avvenuta in un periodo

particolarmente significativo della storia tedesca, appare sicuramente come una nota

stonata rispetto alla sincronia quasi perfettamente intonata degli altri paesi europei.

Come si da per scontata la definizione di un periodo classico della letteratura francese o

inglese, e altrettanto naturale parlare di un secolo d'oro della letteratura spagnola o di

un rinascimento dell'eta classica quale momento di massima fioritura della cultura

italiana. In Germania, tuttavia, questo non avviene, e le prime tracce di Classicismo

come lo intendiamo noi (con le opportune diversita , ovviamente) accade solo agli albori

della sempre piu pressante corrente romantica che caratterizzera gran parte del XIX

secolo.

Altra questione piuttosto strana, ma interessante sotto alcuni punti di vista, e il fatto

che per il Classicismo tedesco non sia stato affatto facile riuscire a trovare una sua

collocazione geografica specifica nella quale nascere e svilupparsi, dal momento che la

Germania, a quei tempi, era una grandissima coalizione di tantissimi stati singoli ed

indipendenti tra loro, uniti unicamente dalla lingua comune. E la scelta, come ben

sappiamo, non ricadde affatto sulle piu influenti citta , fiorenti artisticamente e potenti

economicamente, quali potevano essere la grande Berlino o la Vienna imperiale.

Intorno alla meta del XVIII secolo il ducato di Weimar e Eisenach non era che uno dei

tanti staterelli arretrati che costituivano la Germania centrale, un piccolo e semi

sconosciuto luogo che non aveva molto da offrire ne a livello artistico, ne a livello
economico. Eppure, e proprio qui che e stato incubato il Classicismo, ed e stata forse

proprio la grave crisi finanziaria dello stato a portare Goethe a lavorare in questo

ducato, e ad esprimere successivamente tutta la sua maturita artistica; proprio a

Weimar, una piccola cittadina di provincia, i cui duchi avevano avuto sicuramente buon

fiuto (e perche no, anche fortuna) durante la scelta del rinnovamento delle cariche delle

funzioni ministeriali.

Nasce allora in questo periodo di particolari turbolenze politiche e culturali, il

Classicismo di Weimar, frutto concreto di quella esperienza che ha portato Goethe

fino in Italia, e che gli ha permesso di sviluppare una nuova concezione di arte e

moralita che affronteremo nel terzo e ultimo capitolo del lavoro.

Caratterizzato dall'incessante contributo artistico e teorico dei Schiller, ma in particolar

modo del suo fautore Goethe, il Classicismo weimariano si propone come tentativo di

liberare, in armonia con lo spirito dell'Illuminismo europeo, la poesia dell'epoca da tutti

quegli elementi localistici che la definivano fino a quel momento, per poter finalmente

affiorare ad una cultura universale, ad un modello che potesse essere esemplare per

tutta la societa tedesca, prendendo proprio come punto di riferimento il mondo

classico, ed in particolare quello della polis greca.

Questa idealizzazione dell'antica Grecia, soprattutto della polis, e soprattutto come

modello artistico architettonico e funzionale, lo ritroveremo successivamente nella

costruzione di edifici e strutture che verranno ulteriormente definite come opere

neoclassiche (dal termine precedentemente spiegato, Klassizismus). Il Classicismo di

Weimar si presenta, dunque, come un atteggiamento che si sviluppa soprattutto nelle

arti figurative, ma il cui spirito di rinnovamento e di unificazione nazionale si riversa


incessantemente e a suo modo anche nelle opere letterarie, che vengono

contrassegnate da una forte sublimazione della sfera culturale.

In particolare, specialmente per quanto riguarda la significativa opera di Goethe, il

verso scalza la prosa, mentre tra le forme di narrativa predilette si afferma il poema

epico, che viene percio preferito al romanzo, e la lirica si adegua ai modelli antichi,

classici. Ed il Classicismo di Weimar, che avrebbe potuto rischiare di fallire ancor prima

di iniziare, per via di alcune incomprensioni tra Goethe ed un altro influente artista

della corte, viene delimitato anche e principalmente da queste scelte stilistiche, che

trovano materializzazione concreta grazie al lavoro ministeriale che Goethe stesso

svolge per il ducato. Dalla riforma teatrale del luogo, all'intenso rapporto di amicizia e

collaborazione con Schiller, nascono a Weimar i veri e precari pilastri portanti del

Classicismo tedesco.

3. JOHANN WOLFGANG VON GOETHE


La figura piu significativa del periodo preso in analisi e indubbiamente Johann

Wolfagang von Goethe; nato a Francoforte nel 1784 e morto a Weimar nel 1832, Goethe

e uno scrittore, poeta e drammaturgo in bilico tra l'Illuminismo e il Romanticismo

tedesco. Fautore del Classicismo di Weimar, e considerato tutt'oggi un autore nazionale,

tanto che gli studi sulla sua persona e sulla sua attivita artistica iniziano gia quando e

ancora in vita. Importante e da sottolineare che Goethe non si forma immediatamente

come letterato: egli, infatti, intraprende inizialmente gli studi giuridici, spinto dalla

famiglia ad entrare in un ambito politico e finanziario, che successivamente lo portera

(fortunatamente) a Weimar come ministro. La passione per la scrittura ed il suo talento,

tuttavia, non tardano a mostrarsi; la sua produzione giovanile (1774 1775), invero,

concretizza gia segni di rinnovamento letterario: con le sue prime liriche, con il Go tz ed

il Werther, lascia un segno di avanguardia artistica nella letteratura tedesca. Egli fonda,

inoltre, un nuovo tipo di poesia: intima, personale, sostenuta dall'esperienza soggettiva,

che esprime il principio di liberta artistica, contornata dai temi piu caratteristici della

sua dinamica opera, quali l'erotismo, la natura vissuta con immediatezza, come

specchio dell'anima, ed indubbiamente tutto cio che e ispirato dalla forte influenza

dello Sturm und Drang.

Nel 1775 si trasferisce a Weimar, su invito del duca Carl August, dove ricopre un

significativo incarico politico; questo pressante impegno politico ministeriale, tuttavia,

lo allontana dalla scrittura e interferisce con la sua creazione poetica. Nel 1786 parte

verso l'Italia, per un viaggio che dura ben due anni: e con questa precisa data che si da

convenzionalmente inizio al Classicismo tedesco. Voglioso di evadere in un paese

considerato da egli stesso esotico, ricco, e portatore di un saziante ristoro per la mente

e la carne, viaggia per quasi tutto il paese, passando prima per Verona e Venezia, fino a

Roma, dove si trattiene a lungo, e poi per Napoli, giungendo infine in Sicilia.
Un'esperienza, questa, che forma culturalmente e completamente l'autore: l'esperienza

italiana lascia, infatti, un segno veramente indelebile nell'arte e nella vita di Goethe.

Viaggio in Italia (in tedesco Italienische Reise) e un saggio scritto tra il 1813 e il

1817, pubblicato in due volumi che contengono il resoconto del viaggio che l'autore ha

compiuto in Italia, tra il 3 settembre 1786 e il 18 giugno 1788. Ritroviamo, in questi

suoi fecondi appunti, alcuni passi molto interessanti per il nostro percorso di analisi,

passi riguardanti l'arte classica e la conseguente percezione dell'autore a riguardo:

nelle prossime citazioni (di cui sarebbe bene dare uno sguardo anche alla versione

originale in tedesco) osserviamo l'uso di klassisch, classico, nel contesto e nel suo

significato piu artistico e morale.

Terni, den 27. Oktober, abends (1786). Und so wird es einem denn doch wunderbar

zumute, da uns, indem wir bemht sind, einen Begriff des Altertums zu erwerben, nur

Ruinen entgegenstellen, aus denen man sich nun wieder das kmmerlich aufzuerbauen

htte, wovon man noch keinen Begriff hat. Mit dem, was man klassischen Boden nennt,

hat es eine andere Bewandtnis. Wenn man hier nicht phantastisch verfhrt, sondern die

Gegend real nimmt, wie sie daliegt, so ist sie doch immer der entscheidende Schauplatz,

der die grten Taten bedingt [...]. Da schliet sich denn auf eine wundersame Weise die

Geschichte lebendig an, und man begreift nicht, wie einem geschieht, und ich fhle die

grte Sehnsucht, den Tacitus in Rom zu lesen.

Terni, sera del 27 ottobre (1786). Ed un meraviglioso disagio, mentre ci impegniamo a

studiare lantichit, il trovarci di fronte unicamente a rovine, le quali si devono

ricostituire con l'immaginazione, per potersene fare unidea. E queste, queste che hanno

nome di terra classica, hanno caratteristiche diverse. E quando allora si frena la


fantasia, e si considera la contrada che si trova ancora qui, la quale pur sempre il

determinante palcoscenico, che diede vita ai pi grandi fatti storici [...]. E qui ad ogni

passo, torna miracolosamente in vita la storia, e non si comprende come possa accadere, e

io provo il pi intenso desiderio di rileggere Tacito a Roma.

In questo primo passo, composto a Terni nel 1786, troviamo due parole chiave in

strettissimo contatto tra loro: antichit e classico. Secondo quanto riportato

dall'autore tedesco, l'antichita italiana possiede delle caratteristiche diverse dalle

antichita che fondano la storia degli altri paesi: la nostra antichita , l'antichita in Italia, e

un'antichita classica. Un'antichita classica che diventa palcoscenico dei grandi

avvenimenti della storia, palcoscenico delle rovine presenti ma anche di quelle passate,

che continuano a vivere sia attraverso gli studi classici, sia fisicamente in alcuni luoghi

non troppo corrotti dalla modernita . Il palcoscenico si erge da alcune vecchie e

frantumate rovine di campagna, reliquie sacre che devono essere necessariamente e

costantemente ricostruite attraverso l'immaginazione dello studioso, perche solo in

questo modo possono tornare in vita, solo tramite questo processo possono continuare

a raccontare la loro storia ai moderni, senza rischiare di rimanere incatenate al passato

e di finire in un qualche dimenticatoio abbandonato chissa dove. Nasce allora il bisogno

e la necessita di catturare l'antichita con lo sguardo e con la mente, e di ricostruirla

attraverso l'immaginazione, con la propria interpretazione, cos come avviene in altri

campi artistici, cos per dar forma al processo di Classicismo che descrive lo stesso

Goethe e che ritroveremo piu avanti, nel suo discorso sull'estetica e sulla morale.

Del resto, e questa terra classica ad ispirare gli studi classici: fa venire voglia di leggere

Tacito a Roma, la capitale dell'Impero Romano; e leggere Tacito a Roma equivale a

leggere un classico in una citta classica.


Possiamo approfondire ulteriormente questo discorso, leggendo e analizzando il

prossimo passaggio, sempre tratto da Italienische Reise:

Palermo, Mittwoch, den 4. April 1787. Die schnste Frhlingswitterung und eine

hervorquellende Fruchtbarkeit verbreitete das Gefhl eines belebenden Friedens ber das

ganze Tal, welches mir der ungeschickte Fhrer durch seine Gelehrsamkeit verkmmerte,

umstndlich erzhlend, wie Hannibal hier vormals eine Schlacht geliefert und was fr

ungeheure Kriegstaten an dieser Stelle geschehen. [] Er verwunderte sich sehr, da ich

das klassische Andenken an so einer Stelle verschmhte, und ich konnte ihm freilich

nicht deutlich machen, wie mir bei einer solchen Vermischung des Vergangenen und des

Gegenwrtigen zumute sei. Noch wunderlicher erschien ich diesem Begleiter, als ich auf

allen seichten Stellen, deren der Flu gar viele trocken lt, nach Steinchen suchte und die

verschiedenen Arten derselben mit mir forttrug. Ich konnte ihm abermals nicht erklren,

da man sich von einer gebirgigen Gegend nicht schneller einen Begriff machen kann, als

wenn man die Gesteinsarten untersucht, die in den Bchen herabgeschoben werden, und

da hier auch die Aufgabe sei, durch Trmmer sich eine Vorstellung von jenen ewig

klassischen Hhen des Erdaltertums zu verschaffen.

Palermo, mattina del 4 Aprile 1787. La giornata stupenda di primavera, la fertilit di

quelle campagne, dava a tutta quella contrada un aspetto di quiete e di tranquillit, che

mi veniva alterato dalla erudizione di un malaugurato cicerone, il quale mi narrava i

particolari di una battaglia data di Annibale, e di altri fatti da anni succeduti in quella

localit. [] Ed egli si stupiva davvero tanto, che io non tenessi conto delle sue cognizioni

classiche, ma io non gli potei nascondere come mi sentissi infastidito da quella


mescolanza del passato e del presente. Ma fu ben maggiore la sorpresa della nostra

molesta guida, proprio quando mi vide intento a far ricerca e a raccogliere sassolini di

tutte le varie specie che potei trovare sugli spazi lasciati asciutti dalle acque, nel letto del

fiume. Per non potevo spiegargli come non vi sia metodo pi sicuro di formarsi

prontamente un'idea precisa della natura di una contrada montuosa, se non quello di

osservare i sassi e le pietre che si rinvengono nei corsi dacqua, i quali scendono dalle

alture, e come anche in questa occasione, si cerchi di rappresentare per mezzo di quelle

reliquie, let classica del nostro globo.

Appare, anche in questo passo, il concetto di eta classica come eta degli antichi.

L'antichita classica e dunque vista come un modello, un modello da seguire e da avere

sempre come punto di riferimento, poiche ha valore universale. Questo dettaglio non e

assolutamente da trascurare, dal momento che costituisce una delle piu significative

differenze tra le concezioni tipiche dello Sturm und Drang, che le attribuiva un valore

nazionale, e del Romanticismo, che ne riversa un valore nazionalistico (ispiratore del

futuro mal interpretato nazionalismo). Un'eta classica dal valore universale che ispira,

comunque, delle cognizioni classiche, delle conoscenze classiche, legate cioe

all'antichita e alla storia.

Tuttavia, gli studi classici da soli non sono sufficienti: questione importante e , infatti,

quella di non mescolare, di non sovrapporre semplicemente il passato con il presente.

Le concezioni classiche, che si rifanno all'antichita , vanno continuamente attualizzate,

ritrovate e reinterpretate, non sovrapposte, ma ricostruite appositamente per il

presente. In pratica, non bisogna comportarsi come il cicerone, che tanto infastidisce

Goethe in questo suo scritto: non bisogna collezionare conoscenze eccellenti e classiche

in maniera sterile non produttiva, come una ripetizione a memoria di un bagaglio


culturale che non porta da nessuna parte, ma bisogna ritrasformarle, renderle di nuovo

attuali, riadattarle personalmente alla propria contemporaneita . E Goethe lo spiega

attraverso una bellissima immagine: raccogliere dei sassolini dal letto asciutto del

fiume, crea stupore agli occhi del povero cicerone. Raccogliere sassi dal fiume e forse

piu importante dell'ascoltare le cognizioni classiche che vogliono insegnare e

tramandare il passato? Affatto, poiche sono due concezioni artistiche totalmente

diverse. Toccare con mano i resti naturali del passato classico, farli propri,

interiorizzarli e plasmarli secondo la propria necessita e la propria esperienza, significa

davvero rifarsi al classico e nello stesso tempo renderlo immortale. Il Classicismo per

Goethe, in fondo, questo era: guardare al glorioso passato con i propri occhi e

ridipingerlo con colori nuovi grazie alle proprie mani, che fungono da tramite per

l'interpretazione artistica. Un processo fruttuoso, fertile, dinamico, meravigliosamente

attuale, che regali al globo intero delle reliquie di eta classica anche in quei paesi che

l'eta classica non l'hanno potuta conoscere approfonditamente (klassischen Hhen des

Erdaltertums).

E allora, vediamo come le cognizioni classiche, date dalla formazione classica, dagli

studi classici, da sole non bastano; non basta seguire unicamente quei modelli

classici alla lettera, in modo sterile e autonomo, piuttosto vanno raccolti i sassi, dei

frammenti che devono essere interiorizzati e reinventati: solo in questo modo non c'

pi una mera sovrapposizione di passato e presente, ma accade un vero e proprio

reinventarsi dell'arte dell'uomo e per l'uomo - e anche questo, come vedremo pi

avanti, verr ripreso nell'estetica.

Continuando il nostro percorso, che giunge pian piano alla conclusione, possiamo

passare all'analisi di un'altra opera, scritta dopo il lungo soggiorno dell'autore tedesco
in Italia. Le "Elegie romane" (Romanische Elegien), chiamate inizialmente "Erotica

romana", sono state composte a Weimar, fra il 1788 e il 1790, dopo il ritorno dal viaggio

in Italia, ed il loro contenuto fa supporre che il poeta abbia vissuto a Roma unintesa

storia damore. Composto da un ciclo di venti elegie, questo lavoro puo essere

considerato come uno degli apici del classicismo tedesco, un'opera che unisce amore e

poesia, erudizione e sensualita , vita e arte. La Roma delle elegie, che fa da sfondo a delle

liriche magistralmente costruite ed interpretate, una citta erotica, sentimentalmente ed

artisticamente, e con davvero tanto da offrire, diventa il simbolo di una antichita

classica, rimasta incorrotta ed innocente, un'antichita nella quale trovano placidamente

dimora sia la gioia di vivere che il piacere dei sensi.

Interessanti per i nostri studi sull'argomento, sono le prime righe della V elegia, che si

riferiscono al classico suolo e ai classici italiani.

Froh empfind ich mich nun auf klassischem Boden begeistert, Vor- und Mitwelt spricht

lauter und reizender mir. Hier befolg ich den Rat, durchblttre die Werke der Alten Mit

geschftiger Hand, tglich mit neuem Genu.

Lieto e ispirato mi sento sul classico suolo, voci passate e presenti mi parlano intense e

stimolanti. Seguendo il consiglio, mi dedico al lavoro degli Antichi con mano premurosa,

ogni giorno con nuovo piacere.

Leggendo queste poche righe dell'elegia, vediamo come Goethe si senta ispirato dal

classico suolo, quale e l'Italia. Classico e per l'autore sia passato che presente: classico e

un termine che fa da ponte con il mondo degli antichi, ma e anche quel modello che e
ancora valido nella nostra contemporaneita . Le voci del passato, antiche e classiche, si

fanno vive anche nel presente: dei canti classici e persino contemporanei, che lo

spingono alla consultazione delle piu importanti opere italiane. Queste voci hanno

allora bisogno di uno studio piu attuale e fresco, di uno studio approfondito e

appassionato, che nel presente possa donargli un nuovo spessore ed una nuova

interpretazione, e che possa attualizzarle e renderle prodotti di un valore universale,

fruibili per tutti. Con mano premurosa e con nuovo piacere, ogni giorno, perche

l'interpretazione, processo dovuto all'immaginazione, propone sempre una nuova

scoperta, un infinito immergersi in novita e questioni artistiche sempre aperte ed in

movimento verso una continua trasformazione.

Goethe lavora ai lavori degli Antichi anche perch la terra classica lo ispira: lavora

ai grandi classici antichi, mentre in una terra classica nel presente; e questo per lui

fonte di grande ispirazione artistica, di pace dei sensi e di fioritura estetica e morale,

riscontrabile specialmente nelle sue opere a venire.

Durante die italienische Reise, il viaggio ristoratore e genesi del Classicismo di

Weimar, Goethe sviluppa l'idea dell'autonomia della sfera estetica, i quali indizi sono

stati gia riscontrati parzialmente nelle citazioni analizzate appena sopra. L'oggetto della

teoria estetica dell'arte non e piu , dunque, l'individuale e il caratteristico, ma tutto cio

che ha valore universale. Il realismo aspro e duro va quindi ingentilito durante il

processo di creazione artistica, ed il processo di creazione artistica deve elevare la

grezza realta catturata attraverso l'imitazione, approfondendola a livello di contenuto,

attraverso l'interpretazione del suo carattere simbolico. La liberta creativa dovrebbe,

tuttavia, essere sempre indirizzata secondo criteri, regole e necessita oggettive. Per

Goethe, l'arte ha lo scopo, sostanzialmente, di far emergere il rapporto che intercorre


tra il particolare di un soggetto rappresentato, e l'universale: nell'atto creativo, il

risultato finale deve essere allora una tensione tra copia reale e modello ideale.

Esempio concreto di questo nuovo approccio al processo artistico e dato dal dramma

Ifigenia (Iphigenie auf Tauris, 1787), dramma nel quale viene reinterpretato il

soggetto antico. Il tema mitico dell'opera viene, infatti, trasformato in un inno agli ideali

illuministici, all'agire morale, e questo tipo di comportamento morale, di stampo

illuminista, deve essere sempre posto davanti a qualsiasi rapporto personale, a

qualsiasi credenza religiosa, poiche possiede la massima priorita su qualsiasi aspetto

della vita umana.

Partendo da questo discorso, Goethe, anche grazie al contributo di Schiller, propone

un ulteriore concetto teorico che vede il processo artistico come indiscusso

protagonista: insieme all'arte, pero , viene portata in primo piano anche la funzione

morale che da essa ne deriva. Arte e formazione morale diventano allora due importanti

presupposti che conducono alla maturazione umana, alla sua formazione piu completa.

Secondo questa concezione, l'uomo raggiunge l'equilibrio fondendo le sue idee

sull'educazione e sulla formazione estetica e morale; la massima formazione umana

giunge, dunque, quando si ottiene la maturazione artistica e morale. Esempio di questo

pensiero e ovviamente il romanzo Wilhelm Meister ( Wilhelm Meisters Lehrjahre,

1796), prototipo del Bildungsroman che calchera le scene nel 1800.

Continuando a viaggiare sui binari di questo concetto di maturazione artistica e

morale, diventa pressoche necessario citare, come ultimo passaggio, un interessante

discorso morale riguardo la figura degli autori classici. Nel saggio Literarischer
Sansculottismus (Sanculottismo Letterario), composto nel 1795, Goethe esprime le

condizioni attraverso le quali puo nascere l'autore nazionale classico:

Wann und wo entsteht ein klassischer Nationalautor? Wenn er in der Geschichte

seiner Nation groe Begebenheiten und ihre Folgen in einer glcklichen und

bedeutenden Einheit vorfindet []. Eine bedeutende Schrift ist, wie eine bedeutende

Rede, nur Folge des Lebens; der Schriftsteller so wenig als der handelnde Mensch bildet

die Umstnde, unter denen er geboren wird und unter denen er wirkt. [...] und einen

vortrefflichen Nationalschriftsteller kann man nur von der Nation fordern.

Quando e dove nasce un autore nazionale classico? Quando egli trova nella storia

della sua nazione dei grandi avvenimenti e i loro effetti in un'unit felice e

significativa []. L'importanza di un'opera letteraria, come di un discorso, dipende solo

dalla vita; l'autore, cos come un qualsiasi individuo, definito dalle circostanze in cui

nato e in cui agisce. [] e l'eccellenza di uno scrittore nazionale dipende solo dalla

nazione.

La citazione si apre con una domanda, che non a caso racchiude e conclude il nostro

percorso affrontato e giunto fino a questo punto. Quando e dove nasce un autore

nazionale classico? Quando si puo considerare un autore di valore nazionale e quindi,

classico? Secondo Goethe, un autore e classico e nazionale allo stesso tempo: vediamo

percio come nella contemporaneita , classico non e piu collegato all'antico, al passato,

ma al presente, al presente di una nazione. Classico, come termine e concetto senza

limiti temporali e spaziali, che si basa sull'imitazione fertile, dinamica, attiva e


personale dell'antichita , che ha modo di continuare a vivere proprio grazie a questo

processo di interpretazione, diventa allora un aggettivo da accostare alla figura umana

che e quella di uno scrittore (o piu genericamente di un individuo). Uno scrittore che e

dedito alla storia, alla raccolta dei sassi della propria cultura, disposto a cercarli fin

dove si sente ispirato, che si occupa della loro continua attualizzazione per regalare alla

propria nazione un'eredita dal valore universale, e allora riconosciuto come classico.

E ancora, un autore e considerato classico quando e riconosciuto dalla nazione, dal

popolo stesso; quando riconduce la sua opera alla nazione, quando realizza la sua

espressione artistica e letteraria attingendo dalla nazione, e per la nazione ricerca

l'universale. Non si puo non notare, a questo punto, l'estrema influenza della tematica

nazionalistica che pervade l'ultima fase classicista di Goethe: il primo Romanticismo

(Frhromantik) e ormai alle porte, e con esso si riversano nelle parole dell'autore alcuni

segni inconfondibili che legano l'uomo alla sua nazione, al suo patrimonio artistico

locale e alla realizzazione sempre piu concreta, dell'impalcatura che da l a pochi anni

costituira la base sulla quale si innalzera la fiera identita germanica.

Ad ogni modo, possono cambiare le parole, ed il modo in cui questo concetto puo

essere espresso, ma il significato di fondo che sta dietro al genio e alla mente creativa di

un uomo come Goethe, rimane sempre uguale. Un autore classico e dunque un autore

impegnato esteticamente e moralmente e, non a caso, Goethe stesso viene tutt'oggi

considerato un autore tedesco classico per eccellenza, der klassische Nationalautor.

Valeria Girardi
Classico in Carducci

GIOSU CARDUCCI: VITA E OPERE

Le prime esperienze letterarie di Giosu Carducci, nato nel 1835 a Valdicastello (nei
pressi di Lucca), risalgono agli anni dei suoi studi presso la Normale di Pisa, dove
otterr il diploma nel 1856. Lesordio poetico vero e proprio di Carducci, nel 1857,
avviene col primo volume di Rime. Gli anni successivi, difficili dal punto di vista
della sua situazione economica e affettiva (muoiono, a un anno di distanza luno
dallaltro, il padre e il fratello) sono dedicati dello studio dei classici. Incomincia ad
impegnarsi politicamente nellestrema sinistra di allora, quella Mazziniana, e nel
frattempo continua la sua ricerca poetica fino a pubblicare il suo secondo libro,
Poesie, nel 1871. Le Odi barbare (che hanno tale titolo perch composte con
l'intento di riprodurvi tramite gli accenti il metro classico, per cui "sarebbero
sembrate al giudizio dei greci e dei romani" barbare, cio straniere), del 1877,
mostrano una sua trasformazione: si tratta di un libro di poesia civile nel quale
determinati momenti storici (la Roma antica, i Comuni) vengono proposti come
modelli etici da ritrovare nella nuova Italia che si sta formando in questo momento.
In seguito pubblica Giambi ed epodi, ancora poesia di impegno civile, ma questa
volta pi di stampo satirico e polemico. Particolarmente interessante il suo Inno a
Satana, che alla pubblicazione suscita scalpore e non solo per il titolo: infatti tale
poesia esprime con una forma classicheggiante una tematica sicuramente insolita, di
stampo giacobino ed anticlericale. Un relativo cambiamento riscontrabile nella sua
raccolta successiva, Rime Nuove, del 1887: qui i toni accesi e oratori lasciano (in
parte) il posto ad una poetica pi intimista e riflessiva, che produce buona parte dei
componimenti forse pi famosi dellautore: Pianto antico, Il bove, Idillio
Maremmano, San Martino. Nel 1890 esce lultima raccolta, Rime e ritmi, e nello
stesso anno Carducci viene nominato Senatore del regno.

Egli, crescendo e vivendo a pieno il periodo di unificazione nazionale, grazie


allimpegno spesso civile delle sue poesie uno dei migliori rappresentanti della
mentalit (nonch delle aspettative) degli italiani dellepoca; le sue idee sono ben
visibili non solo nelle sue liriche ma anche nei suoi numerosi saggi e nelle lettere
private, delle quali ha lasciato una notevole ed interessante raccolta. Nel 1906 riceve
il premio Nobel, ed il primo poeta italiano ad ottenere tale riconoscimento; morir
lanno successivo, a Bologna.

Intorno a s Carducci raccoglie molti autori che condividono la sua visione dellarte
poetica: ne sono esempi Ferrari e Mazzoni; anche Pascoli ha rapporti diretti con
Carducci.

In seguito, ad inizio Novecento, la critica (specialmente Thovez) giudica la poesia


carducciana come libresca, oratoria, in un certo senso artefatta perch priva di un
reale sentimento; posizione antitetica rispetto a quella assunta da Benedetto Croce,
che esalta proprio lalto valore etico e limpegno civile della poesia di Carducci, la
sua sanit, mentre Mario Praz ha decisamente smontato questa idea di Croce,
giudicando la sua poesia classicista come un sintomo della nostalgia per i tempi
antichi, rimpianti da Carducci perch pi semplici e felici. Contini, in tempi pi
recenti, trova nello sperimentalismo formale di Carducci il punto di partenza delle
innovazioni metrico-stilistiche della poesia italiana del Novecento.

CARDUCCI COME CRITICO

Sebbene nelle scuole venga ricordato sostanzialmente per i suoi componimenti


poetici, Carducci svolge con grande coinvolgimento ed attenzione anche lattivit di
critico letterario, concentrandosi in particolare su due secoli: il Settecento e
lOttocento. DellOttocento si occupa del Romanticismo e d particolare risalto a
Manzoni, da lui indicato come uno dei migliori autori della tradizione italiana; della
fine del Settecento ammira invece la volont innovatrice. Il valore poetico per
eccellenza incarnato, secondo lui, nella classicit del petrarchismo, ma anche da
Alfieri e da Parini: il passato insomma per lui un esempio tanto in campo letterario
quanto in quello etico. Per Carducci classicismo sinonimo di armonia, di
chiarezza, di culto della forma e della bellezza. Va inoltre sottolineato che Carducci
ricopre per svariati anni il ruolo di professore di Letteratura italiana alluniversit di
Bologna, segnale ulteriore, questo, della grande passione che nutre per la letteratura.

Carducci considera Foscolo il primo scrittore moderno in Italia; ma dopo la morte di


Manzoni la stagione del rinnovamento letterario subisce una brusca frenata
(probabilmente a causa delle oppressioni straniere; non a caso queste sono assenti in
Francia e Germania, dove infatti lo sviluppo letterario non va incontro ad alcun
arresto). Egli infatti scrive che le opere drammatiche a lui contemporanee han laria
di cose gi viste e a saziet riviste203.

ESEMPI DI OCCORRENZE DEL TERMINE CLASSICO:

Parlando di Manzoni, Carducci dichiara: Lautore dei Canti rimase classico,


ma non di quel classicismo tecnico che quasi uno spogliatoio teatrale, s di
quel classicismo eterno che larmonia pi intima del concetto co l fantasma
e della contenenza con la forma, che il fior della perfezione degli ingegni
ben temperati: onde che, classico, egli fu pi profondo e pi interior novatore
e discopritore che non i romantici.204 Carducci qui parla di classicismo per
sottolineare come questo temine possa essere declinato in due interpretazioni
differenti: se da un lato esso rappresenta laccordo perfetto di forma e
contenuti armoniosi, dallaltro il classicismo talvolta solo formale, puro
esercizio stilistico, svolto senza lasciare spazio a contenuti profondamente
attinenti allanimo umano.

A proposito della questione della lingua, si nota da parte di Carducci il


seguente uso della parola: A una nazione che ha una letteratura classica da
sette secoli, vorrebbesi rimettere in bocca non so quale altra lingua, co l
pretesto che questa usata finora solamente una lingua letteraria. E che altro
sono la lingua tedesca e la inglese? Che altro, in fondo, la francese? 205
chiaramente qui classica significa autorevole, di notevole qualit e
prestigio.

Parlando ancora di Manzoni, Carducci sottolinea come questi sia stato molte
volte considerato il fautore dellidea dellunit dItalia (e porta lesempio del
verso del Manzoni del 1815 liberi non sarem se non siam uni.); ma Carducci
ci tiene a puntualizzare che come idea letteraria, anzi classica, lunit dItalia

203
Giosue Carducci, Discorsi letterari e storici, Zanichelli, Bologna, 1889
204
Ibidem
205
Ibidem
avea fatto gi la sua entrata nella poesia da un pezzo.206 Qui classica indica
unidea di tradizione, di convinzione acquisita sin da tempi niente affatto
recenti.

Il quale [Manzoni], prima anche del romanticismo francese, ed ai francesi,


predic collesempio e co l discorso la rivendicazione del dramma della
servit accademica imposta nel nome di Aristotele: e, dibattendo tale
questione in modo che Germania e Francia vi presero parte, riscosse lItalia
un po addormita sopra i lauri classici che le fiorivano intorno da circa
sessantanni, e la fece un po agitarsi nellaere vivo delle nuove letterature di
Germania e di Francia. 207 Carducci qui utilizza il termine per indicare gli
scrittori (lauri) autorevoli ma che probabilmente si rifacevano troppo alla
tradizione passata, senza la tendenza verso linnovazione a lui tanto cara.

Ma non sa egli il signor Rovani () che lo Scott nella vecchia letteratura


inglese e francese aveva da leggere cento e cento poemi e romanzi
davventura prima di arrivare alle tarde imitazioni italiane del quattrocento e
ai rifacimenti classici dellAriosto?208 Qui Carducci usa classici
probabilmente nel senso di migliori e meglio conosciuti.

Ma soprattutto interessante leggere come Carducci definisca i migliori


autori quando afferma: I grandi artisti delle grandi et sono tuttinsieme
realisti e idealisti, popolari e classici, intimi analizzatori e formatori plastici,
uomini del tempo loro e di tutti i tempi. Tale, per offerire un esempio non
sospetto, fu Volfango Goethe.209 Qui classici usato come sinonimo di
eccellenti e, probabilmente, contiene anche una sfumatura che lascia
intendere come, sebbene la comprensione delle opere di autori classici non
sia proprio alla portata di chiunque, allo stesso tempo tali scritti riescano a

206

Giosue Carducci, Bozzetti e scherme in Opere scelte di Giosu Carducci, a cura di Mario
Saccenti, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1993

207
Ibidem
208
Ibidem
209
Giosue Carducci, Discorsi letterari e storici, Zanichelli, Bologna, 1889
contenere sensazioni, emozioni che appartengono ad ogni uomo, di
qualunque livello sociale e tempo.

Ancora una volta Carducci utilizza il termine classici riferendosi agli autori
di maggiore importanza allinterno della nostra letteratura quando dice: Che
se intanto gli italiani imparassero a leggere da vero; se lItalia intanto
mettesse insieme quel che le manca, cio una coltura superiore e generale,
profonda e propria; () E che? C la critica storica da portare intorno ai
nostri classici, c la storia di tutta la nostra letteratura antica e moderna da
fare, c da fare la storia del nostro popolo, questa sublime e drammatica
storia ().210

Ma delle pi strette relazioni tra il comune e la scuola insigne esempio


quello di Accursio: il quale, compiuta che ebbe la glossa, la rec, secondo la
tradizione, innanzi al popolo; e il popolo la ferm per legge. In somma tutto
che di Roma rivive. E veramente i glossatori avevano ripresa e rinnovata la
serie dei classici giureconsulti, nuovi autori e conditori del diritto
dellimpero.211 Qui classici sta a significare antichi.

Composto in quel torno, sta da s, anche per la squisitezza della


composizione, il Corinto di Lorenzo de Medici, vera ecloga classica.
Classici, del resto, almeno nellintenzione, quei versi pastorali eran tutti; e
fatti da gente aulica per gente aulica, che andava adattando la moda del
classicismo.212 Il termine qui sta ad indicare lepoca alla quale lopera di
Lorenzo de Medici si ispira per i propri versi, cercando di seguire lesempio
di poeti appartenenti allantichit latina.

Non per senza prima avvertire lapparizione dunaltra forma, che pi


veramente pot contribuire per qualche verso, almeno con lesempio duna
pi elegante imitazione classica, alla futura composizione della favola
pastorale.213 Classica significa qui attinente allepoca degli antichi

210
Giosue Carducci, Alla lega per listruzione del popolo (in Selections from Carducci), a cura di A.
Marinoni, William E. Jenkins Co. Publishers, New York, 1913
211
Giosue Carducci, Lo studio bolognese, Zanichelli, Bologna, 1888
212
Giosue Carducci e Giambattista Cinthio Giraldi, Saggi tre di Giosue Carducci sullAminta di
Torquato Tasso, Sansoni, Firenze, 1896
213
Ibidem
Romani, significato che Carducci intende nella maggior parte delle
occorrenze del termine in questo saggio.

Sparsa da vero di fiori polizianeschi e classici lecloga intitolata Tirsi,


composta dottava con lintermezzo d una canzonetta o coro di pastori da
Baldassarre Castiglione in compagnia di Cesare Gonzaga (). Anche qui
classici indica come lecloga che Carducci analizza risponda a dei
parametri tipici della poesia latina.214

Il che non scema al Sannazzaro la lode di qualche novit, per aver saputo
acconciare alla bucolica classica, dedotta puramente da Virgilio, la rima al
mezzo popolare delle frottole napoletane (). 215 Classica significa qui sia
antica che esemplare, in una doppia accezione che rappresenta bene
come questo termine sia spesso ambivalente.

Per un secolo intero lEuropa fu allo specchio dellArcadia a farsi


classica.216 Carducci sottolinea come lEuropa cerc nel periodo del
Cinquecento di imitare il gusto latino, dato che lo studio delle opere risalenti
allantica Roma rifior proprio in quel periodo.

Allincontro lendecasillabo sciolto fu adoperato dai dotti a fare la nuova


commedia e tragedia classica dopo entrato il Cinquecento. E ancora, dopo
poche righe: In Ferrara, in vece, prima, per opera dellAriosto, contro la
vecchia commedia in terza o ottava rima e anche contro la nuova commedia
fiorentina in prosa, surse la commedia regolare classica nellantico jambo,
cio in endecasillabi sciolti e sdruccioli. In Ferrara, se nun surse la prima
tragedia classica in versi sciolti, fior con sistema estetico preordinato,
occupando pi che un decennio, dal 1541 al 1554, il teatro tragico in versi
scioltidi G.B. Giraldi. E il Giraldi nel 1545 con lEgle e poco di poi con
laltra opera che ora frammento, produzioni di pura idea classica, apr la
carriera alla favola pastorale ().217 Ancora, qui il riferimento alla
produzione latina da prendere ad esempio piuttosto chiaro.

214
Ibidem
215
Ibidem
216
Ibidem
217
Ibidem
Ma dei rari pregi di stile che adornano le poesie originali del sig. De
Spuches facile trovar la ragione nel secondo volume delle Opere. I discorsi
su la Teogonia dEsiodo, su l poema degli amori dEro e Leandro, su Mosco
e Bione, attestano nel poeta siciliano una erudizione classica quasi oramai
singolare.218 Classica qui rappresenta unintera categoria: quella della
mitologia e, pi in generale, della cultura graca.

Il soggetto raro nellarte s italica s ellenica; e il dissertatore, riscontrando


il tipo di Marzabotto agli altri dellantichit classica finora conosciuti,
conchiude, dallanfora chei porta su la spalla, poter questo rappresentare un
servo.219 La parola classica utilizzata da Carducci non solo per riferirsi
ad una periodizzazione utile per lanalisi di opere letterarie (che certo erano il
suo interesse principale, ma non lunico) ma anche per parlare di una statuetta
che fa parte appunto dellantichit classica, presumibilmente greca o
romana.

() Solamente a questi ultimi anni era serbato il sentir dire in pieno


parlamento italiano, mentre il sangue nostro fumava ancora dalle sacre zolle
di Mentana, il sentir dire da un deputato italiano che lidea di Roma fosse una
fantasia classica, un mito da panche di scuola ().220 Ancora una volta
classica fa riferimento allet antica.

() la scuola si cambia in teatrino e gli alunni in istrioncini con molta


meraviglia delle buone mammine e delle sorelle e delle future amanti e con
molto scapito della seriet dellistruzione classica.221 Qui classica sta ad
indicare gli studi in ambito umanistico, anche se vale la pena sottolineare che
allepoca in cui Carducci scrive il liceo classico differente da come lo
conosciamo oggi: sin dal 1859, anno della sua istituzione, era infatti
composto da cinque anni di ginnasio e tre di liceo (la scuola media non
esisteva). E nel 1940 (riforma Bottai) che il liceo classico viene ad assumere
la durata di cinque anni che conosciamo attualmente; la preminenza al suo

218
Giosue Carducci, Opere di Giosue Carducci - Ceneri e faville, Zanichelli, Bologna, 1905
219
Ibidem
220
Ibidem
221
Giosue Carducci, Opere di Giosue Carducci Ceneri e Faville, Zanichelli, Bologna, 1889
interno dello studio della lingua latina e di quella greca erano comunque ben
marcate.

Francesco Rocchi (). Tornato dopo tre anni a Savignano, nel pi bel fiore
della giovent, in quella sua terra nativa, ricca dingegni e di coltura classica,
pot maturare gli studi che aveva recato da Pesaro. 222 Laggettivo classica
riferito a coltura fa naturalmente riferimento agli studi fatti da Rocchi, studi
certamente inerenti allambito umanistico e alle culture greca e latina.

() uomo dotto e coscienzioso, che compil un Reallexicon dellantichit


classica per le scuole tedesche.223 Com ovvio, ancora una volta lantichit
classica sta ad indicare lepoca degli antichi greci.

Il Littr (). Da allora comincia quella serie di scritti, coi quali egli
prendendo a disaminare, di mano in mano che veniano in luce, opere di
filologia, di storia, di letteratura e critica classica e medievale.224 Classica
significa risalente ai tempi antichi.

Maria Teresa Gozzadini (). Del Monti vide continuato il liberale connubio
della poesia classica con la moderna ().225 Qui classica indica lo stile
della poesia di antichi greci e romani.

Ci bisogna ripensare qual indefinito ideale fosse la erudizione classica


innanzi al Petrarca.226 Ancora una volta, il termine usato per parlare della
cultura umanistica.

() e il pregio di certa classica eleganza nel madrigale spetta tutto a Franco


Sacchetti.227 dove classica indica un gusto rivolto allo stile usato ed
apprezzato dagli antichi, ma anche il pregio di tali lavori di Sacchetti.

Talvolta il madrigale torna da vero alle mandre onde tolse il nome, ma ci


torna per via della scuola: par che ricerchi gli echi dellecloga classica e
ripeta con qualche variazione i motivi bucolici.228 Qui classica usato per

222
Ibidem
223
Giosue Carducci, Opere di Giosue Carducci Bozzetti e Scherme, Zanichelli, Bologna, 1905
224
Ibidem
225
Ibidem
226
Giosue Carducci, Studi Letterari, Vigo, Livorno, 1874
227
Ibidem
228
Ibidem
indicare come tali egloghe fossero tipiche della letteratura latina, degli antichi
romani.

E non madrigale che per la chiusa e per laccenno acampi nel primo
verso: variet forse unica del genere, variet classica e ideale.229 Classica
da intendersi come un riferimento alleccellenza del componimento in
questione.

Contraddizioni, dissi pi sopra; ma ora mi ripiglio, e affermo non essermi


mai contraddetto. In politica, lItalia su tutto; in estetica, la poesia classica su
tutto: in pratica, la schiettezza e la forza su tutto.230, scrive Carducci nel 1891
in unintroduzione ad una sua raccolta: qui sottolinea le sue idee patriottiche
(che ben possono essere comprese da molte delle sue poesie) e con classica
evidenzia qual landamento della sua poesia, che si richiama allesempio
degli antichi.

Fogginsi dunque e si preparino le nuove e tenere menti a salutare questa


rigermogliante primavera dellordine e dellautorit, a sentirne i benefici
influssi, ad accogliere la rugiada della grazia e della benedizione e il lumen
Christi col permesso de superiori. E per cio le note della nuova collezione
classica e le prolusioni..231 In questo discorso, inerente alle edizioni di opere
letterarie, Carducci parla di letteratura che richiama quella degli antichi.

Fu Angelo Lapi faentino, scrittore di versi latini tutti a lode di casa Manfredi
ma tuttaltro che belli: nome nuovo ad ogni modo nella storia depoeti
italiani; e disseppellito tra i codici della Chigiana da ben altro latinista, lo
Strocchi, ma non divulgato per le stampe. da notare, per la illustrazione
della poesia classica del tempo, un luogo del breve carme232 La poesia
classica del tempo sicuramente la poesia eccellente, la migliore,
dellepoca a cui lautore fa riferimento.

Nel canto del comm. Bertoldi al conte di Cavour degnissimo di


considerazione lo stile, dove senti il lungo e amoroso studio dei classici,

229
Ibidem
230
Giosue Carducci, Opere di Giosue Carducci Ceneri e Faville, Zanichelli, Bologna, 1889
231
Ibidem
232
Ibidem
233
senza la noia dello scorgere lucidate le solite forme. Ovviamente con
classici Carducci fa riferimento agli autori dellantichit.

Cercate e vagliate le giunte degli altri molti vocabolari, e glindici delle voci
omesse o degli esempii non citati dalla vecchia Crusca, i quali indici sogliono
da molti anni accompagnarsi alle stampe e ristampe dei testi; e le stampe dei
classici o nuove o migliori consultate.. 234 I classici di cui parla Carducci
sono le opere eccellenti dellantichit, quelle che vale la pena leggere ancora
oggi e che per questo vengono ristampate.

Cinquanta e pi mila finalmente saranno le giunte che a ci raccolte o scelte


ne lunghi studi offre il Tommaseo; non di molto inferiori nel numero quelle
che il cav. Campi ebbe tesoreggiato ne suoi spogli di classici anche da codici
italiani che a lui esule non incurioso offerivano le biblioteche di Parigi.235
Classici sono le opere eccellenti della tradizione letteraria italiana.

() Le quali successioni, cos costanti, cos vicine, se per una parte


aggiungono anchesse un argomento dellardore co l quale lItalia volgevasi
a riconquistar la sua lingua, accusano per unaltra parte linsufficenza di
ciascuno di qu dizionarii per s. E infatti ricchissimi di giunte tratte dai
classici ci si schierano dinanzi, ognuno alla lor volta, il dizionario veronese e
di Bologna e quel di Padova e laltro del Manuzzi 236 I classici sono di
nuovo le opere eccellenti, dalle quali si traggono vocaboli entranti a far parte
della lingua italiana (tema questo di molto interesse per Carducci, il quale
auspica che litaliano si liberi dei forestierismi, in particolare quelli dovuti
allinfluenza dei francesi).

Il sig. Angelo Bertini, a quel che pare, giovane tutto amore e lettura de
classici; ch buon segno.237 I classici qui sono le opere deccellenza di
autori preminenti.

Annunziata cos la nuova edizione di un libro di letteratura ad uso della


giovent, compilato da un uomo di studi classici ben altro che pedanteschi, da
233
Ibidem
234
Ibidem
235
Ibidem
236
Ibidem
237
Ibidem
un uomo invocato e venerato giudice da Pietro Giordani, altro non resta se
non augurare che e giovani e precettori sappiano degnamente apprezzarlo
().238 Gli studi classici sono quelli a carattere umanistico e incentrati sulla
cultura e la letteratura greco-latine.

Cosa, a dir vero, non isperabile per ora, e n pure, oso dire, desiderabile:
tanto misera la condizione a che sono in questa Italia gli studii filologici e
classici, tanta la furia bestiale dei meccanici raffazzonatori e li svergognati lor
monopolii; tanta la svogliatezza ed anche inettezza dei nostri dotti a far libri
popolari e scolastici buoni.239 Gli studi classici sono ovviamente quelli
rivolti alla cultura antica.

E come la societ prelodata pensa a dar fuora, oltre il testo di certi classici,
anche trattati delle materie che si espongono nellinsegnamento, cos il
direttore della collezione scolastica propone un premio allautore di quel
compendio di storia italiana ove sar meglio provato che il cos detto esiglio
dAvignone, il grande scisma che gli succedette e il pontificato di Alessandro
VI tornarono a decoro ed incremento della religione santissima non che della
nazione.240 I classici a cui si riferisce sono opere di eccellenza.

Cotesta impostura epica dun maestro di scuola, a cui pure furono presi
Goethe e Napoleone e che influ nella formazione poetica di Byron e di
Lamartine, ora quasi dileguata dalle memorie; e anche della versione del
Cesarotti, tanto superiore allanfanata prosa dello scozzese, e che lasci degli
sprazzi nel concepire e nel verseggiare dellAlfieri, del Monti e del Foscolo,
chi pu sopportare oggi la lettura alla distesa? Mentre il Giorno divenuto
classico entra nelleducazione letteraria dogni italiano. Perch?241 Nella sua
analisi del poema Il Giorno di Parini (1763), Carducci lo definisce
classico per indicare come fosse considerato unopera deccellenza, degna
quindi di essere letta ed approfondita dal pubblico.

(..) e la ragione sillumina mestamente al bagliore della lucerna, sotto i cui


ultimi guizzi questo giovine prete senza vocazione, questo figliuolo dun
238
Ibidem
239
Ibidem
240
Ibidem
241
Giosue Carducci, Storia del Giorno di Giuseppe Parini, Zanichelli, Bologna, 1892
sensale di seta e gi classico, scrive i dolorosi versi presso il letto della madre
per chiedere dieci zecchini a un canonico del domo. 242 Riferendosi a Parini
(cui lopera dedicata), Carducci lo definisce gi classico, sottolineando
come sin da giovane il talento, le capacit letterarie di Parini fossero evidenti.

Su Giuseppe Parini i due fratelli Verri, Pietro leconomista e Alessandro il


romanzier classico, negli ultimi anni del secolo si ricrederono; questi,
mutando criteri e gusti letterari, quegli, vinto dalla gloria e bont del
poeta.243 Definendo Alessandro Verri romanzier classico, Carducci
esprime il suo giudizio sullo scrittore, che degno di essere letto perch posto
tra le eccellenze della letteratura.

Chi nel Giorno vuol tener conto della minuta rappresentazione di caratteri di
abiti e mode, ricorda come a punto di quel tempo passasse dallInghilterra per
la Francia sino a noi la prosa dellosservazione morale giorno per giorno, di
cui il primo e classico esempio fu lo Spettatore di Giuseppe Addison [1710-
1712], tradotto presto in francese e imitato dal nostro Gozzi nellOsservatore
[Venezia, 4 febbraio 1761 30 gennaio 1762].244 Carducci utilizza classico
nellaccezione di pi autorevole, appunto riferendosi ad unopera (nello
specifico, un quotidiano) che fa da esempio ad altre successive.

Dallitaliano proced il Boileau, di tanto inferiore nella poetica larghezza


della trattazione di quanto avanza nel classico garbo del verseggiare e del
colorire.245 Classico da intendere come eccellente, anche se qui vale la
pena ricordare che Boileau fu il maggiore teorico dellestetica classica del
Seicento francese; nella querelle tra antichi e moderni si mise infatti a capo
della fazione che sosteneva la superiorit degli antichi: anche la sua
produzione fu ovviamente influenzata da tale orientamento.

In questo la differenza tra il Gozzi e il Parini, che nel primo direste v


sempre del burlesco borghese, nel secondo arte nuova che nobilita il
concetto civile. Nel quarto sermone il Gozzi diviene quasi epico, assorge al

242
Ibidem
243
Ibidem
244
Ibidem
245
Ibidem
Parini quando fulmina col sarcasmo classico.246 Ancora una volta classico
significa eccellente, esemplare.

Intanto occupava del suo nome la Francia regno e repubblica, favorito o


proscritto, il falso classico del genere descrittivo, Delille, labb Virgilius di
Voltaire; che di nel 69 la traduzione delle Georgiche, nell80 I giardini, nel
1800 Luomo dei campi e nel 1803 I regni della natura.247 qui falso
classico indica opere che si rifanno a quelle dellantica Roma, in particolare
di Virgilio, imitandole o traducendole.

Nuova fonte, e viva e fresca, di fantasia pittrice () sono nel Giorno le


comparazioni, che il poeta attinge, pi che non solessero da un pezzo gli
italiani, largamente, un po da per tutto. () Dal costume classico: il toro
allara di Giove, e le furie del Giovin signore alla toilette [Matt. 605].248 Il
costume classico ovviamente quello delle tradizioni degli antichi.

Nel trecento, fondo fu il toscano eletto con una venatura di siciliano delle
rime, con alluvioni dal romanzo cavalleresco ed aulico di Provenza e di
Francia, con derivazioni ereditarie dal latino ecclesiastico e scolastico, con
acquisti dimitazioni riflesse dal latino classico.249 Il latino classico
ovviamente quello parlato dagli antichi Romani, contrapposto normalmente
(come anche in questo passo) a quello ecclesiastico e a quello scolastico,
sviluppatisi successivamente per esigenze specifiche.

Il nuovo metro cos nacque classico, e i suoi primi passi furono a secoli. 250
Qui classico significa esemplare, dotato di autorit.

Cos il romanticismo fu preannunziato nella classica terra dItalia dal pi


classico poeta del secolo meno immaginoso.251 Carducci definisce Parini
classico non solo perch i suoi scritti erano di alto pregio, ma perch,
ispirandosi alla letteratura antica, ben meritava questa definizione. LItalia
definita classica proprio perch qui che la civilt romana ha avuto origine.

246
Ibidem
247
Ibidem
248
Ibidem
249
Ibidem
250
Ibidem
251
Ibidem
E pure, mentre per un lato lelemento ecclesiastico seguitava esagerando la
sua trasformazione romana sino a far pagana la corte dei papi, il principio
religioso, per laltro lato, contro il sensualismo classico del Pontano, contro lo
scetticismo popolaresco del Pulci (.) insorgeva con un ultimo tentativo di
ascetica reazione in persona di Girolamo Savonarola. 252 Classico riferito al
sensualismo di Gioviano Pontano fa subito percepire come questi si dedic
allo studio dellantichit, in particolare romana, e come si rifacesse ad essa
nei suoi scritti (molti dei quali in lingua latina).

Chi legge oramai il Lemene, che pure il classico del genere?253 Classico
significa qui esemplare, il migliore.

In Italia ebbe questo di speciale; chella apparisce come un compromesso fra


il platonismo petrarchesco demonsignori del 500 e il sensualismo classico
de cavalieri plebei del 600.254 Classico sta ad indicare un atteggiamento
adottato dai cavalieri che si rif al passato.

Cos lAmbrosoli, benignamente: ma anche in prosa il Cerretti asuoi giorni


era tenuto per classico.255 Classico qui vuol dire esemplare, eccellente.

() vi fu Luigi Umberto Giordani, cugino del prosatore classico, il quale a


una lettera strampalata dun minore conventuale ().256 Il prosatore
classico altri non che Pietro Giordani, il quale definito come tale perch
si rifaceva, nei suoi scritti, allarte degli antichi. Per Giordani infatti greci e
latini raggiunsero la perfezione nellarte, e a chi viene dopo non resta altro
che imitarli, come scrisse in risposta a Madame De Stael, la quale aveva
invitato gli italiani ad aprirsi alla letteratura straniera nel suo celebre articolo
Sulla maniera ed utilit delle traduzioni.

Ma (seguita lo stesso scrittore) quando, progredendo nello studio dOrazio


() ard concepire il pensiero di una nuova maniera di imitare questo
classico da lui riputato sin allora inimitabile. 257 Naturalmente qui classico
252
Giosue Carducci, Satana e polemiche sataniche, Zanichelli, Bologna, 1882
253
Giosue Carducci, Melica e lirica del settecento con altri studi di varia letteratura, Zanichelli,
Bologna, 1909
254
Ibidem
255
Ibidem
256
Ibidem
257
Ibidem
sta ad indicare sia leccellenza, lesemplarit di Orazio sia la sua
appartenenza allepoca romana.

E il Giusti, sebbene quasi classico per la forma, non sentiva anche egli un
poco della raffinatura del secolo?258 Qui classico indica il rifarsi a uno stile
letterario antico, che richiama quello greco-romano.

Cos poco da alcuni classicisti del settecento conoscevasi la storia


elementare della classica letteratura.259 La letteratura di cui Carducci parla
quella degli antichi.

Del tesoro di cultura classica accumulato nella greca disciplina del calabrese
il Metastasio si serv a far trionfare la Romanina e con ci a perfezionare il
melodramma.260 La cultura classica quella degli antichi.

Alla luce degli esempi analizzati, Carducci utilizza il termine classico


sostanzialmente:

- Per indicare la qualit, leccellenza e il prestigio delle opere a cui fa


riferimento;
- Per sottolinearne lesemplarit;
- Per fare riferimento alla cultura antica e agli autori che ne sono i maggiori
esponenti;
- Per parlare della cultura umanistica

Talvolta, la parola ha unaccezione doppia: ci interessante in quanto consente di


cogliere come questo termine sia stato nel tempo (ed tuttora) ricco di connotazioni,
talvolta difficili da distinguere.

Da sottolineare inoltre il fatto che Carducci sia stato il primo in Italia ad utilizzare
il termine neoclassico, intorno al 1880: in particolare nellarticolo Il Monti
principiante scrive: I primi versi che annunziarono in Vincenzo Monti allItalia il
poeta il quale avrebbe eseguito pi virtualmente la trasformazione artistica della
nuova generazione o rappresentato in s lo svolgimento dellArcadia al
neoclassicismo italiano furono la Prosopopea di Pericle e la Bellezza delluniverso.

258
Ibidem
259
Ibidem
260
Ibidem
Il significato della parola positivo, ed egli la utilizza per indicare la nuova
letteratura, cio la volont di rinnovamento linguistico e culturale presente nella
letteratura di fine Settecento; egli parla inoltre di neoclassicismo nazionale e di
neoclassicismo lessicale, a sottolineare la volont di reazione allinflusso francese
sul vocabolario italiano, spesso mortificato dalluso di parole straniere. Il termine
sar da lui riutilizzato anche in seguito: ad esempio a una distanza di dieci anni dalla
prima occorrenza. Infatti, analizzando Il Giorno (scritto da Parini in endecasillabi
sciolti e pubblicato a partire dal 1763) Carducci scrive Lasciando i raffronti, questi
altri del Martelli sono versi per suono e colore di fattura nuovi, e pronunziano il fare
tra virgiliano e oraziano del Parini e il neoclassicismo che lo segu.261 O ancora, pi
avanti: () lultima terzina, la quale nel linguaggio pi o meno cortigiano della
poesia neoclassica pu essere comportabilmente intesa se rivolta ad una principessa
ed estense, sonerebbe o sarebbe sonata, se rivolta alla Teresa Mussi o anche alla
contessa di Castelbarco, perfettamente ridicola. 262 Riutilizzi di questo tipo fanno ben
intendere come questo termine si sia dimostrato fin da subito adeguato alla critica
letteraria e facilmente comprensibile dai lettori.

Carducci utilizza anche il termine classicismo sempre per indicare il culto di ci


che era stato prodotto dagli antichi (in particolare i Romani) che era considerato
come modello da imitare in ogni ambito della letteratura, tanto nella poesia quanto
nella prosa. Un esempio tra tanti: I primi glossatori mostrarono di non ignorare le
dottrine di Abelardo e della scuola francese. Ma Federico secondo ai dottori di
filosofia dello Studio bolognese mandava la versione latina per ordine suo condotta
delle opere di Aristotele e dei commenti arabi, siccome ai pi illustri maestri, che
dalle vecchie cisterne sapevan dedurre acque nuove alle labbra desiderose e che
rinnovando nellinsegnamento le antiche opere sapientemente abbattevano i dogmi.
Di qui imparando o insegnando, certo intitolando lopera sua alla veneranda
Bologna, un inglese, Gaufrido, dava principio al nuovo classicismo, e richiamava la
latinit nei versi dal ritmo barbaro alla metrica dotta, nella prosa dalla dissoluzione
alla composta arte del dire.263

261
Ibidem
262
Ibidem
263
Giosue Carducci, Lo studio bolognese, Zanichelli, Bologna, 1888
BIBLIOGRAFIA

Giosu Carducci, Alla lega per listruzione del popolo in Selections from Carducci, a
cura di A. Marinoni, William E. Jenkins Co. Publishers, New York, 1913

Giosu Carducci, Bozzetti e scherme in Opere scelte di Giosu Carducci, a cura di


Mario Saccenti, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1993

Giosu Carducci, Discorsi letterari e storici, Zanichelli, Bologna, 1889

Giosu Carducci, Lo studio bolognese, Zanichelli, Bologna, 1888

Giosu Carducci, Melica e lirica del settecento con altri studi di varia letteratura,
Zanichelli, Bologna, 1909

Giosu Carducci, Opere di Giosu Carducci Ceneri e Faville, Zanichelli, Bologna,


1889

Giosu Carducci, Opere di Giosu Carducci Bozzetti e Scherme, Zanichelli,


Bologna, 1905

Giosu Carducci e Giambattista Cinthio Giraldi, Saggi tre di Giosu Carducci


sullAminta di Torquato Tasso, Sansoni, Firenze, 1896

Giosu Carducci, Satana e polemiche sataniche, Zanichelli, Bologna, 1882

Giosu Carducci, Storia del Giorno di Giuseppe Parini, Zanichelli, Bologna, 1892

Giosu Carducci, Studi Letterari, Vigo, Livorno, 1874

Croce Benedetto, Giosu Carducci, Studio critico, Laterza & figli, Bari, 1920

Silvia Tatti, Classico: storia di una parola, Carocci, Roma, 2015

PITOTTI FRANCESCA
Matr.1728020

Jacques Le Goff

Antico/moderno

Da Enciclopedia Einaudi

Lavoro a cura di Francesca Cardo

I Magistrale

Letteratura italiana

Prof. Tatti
Introduzione

Jacques Le Goff (Tolone, 1 gennaio 1924 Parigi, 1 aprile 2014) stato uno
storico francese, studioso della storia e della sociologia del Medioevo. Fu autore di
molti saggi di storia medievale e si occup principalmente della societ occidentale,
indagandone i temi cruciali, cogliendo i nessi tra storia della cultura e dinamica
economica, sociologica, antropologica e individuando il formarsi di atteggiamenti,
mentalit e dottrine allinterno di una ricerca unitaria dei processi storici.

Il ruolo principale di Jacques Le Goff stato quello di aver spregiudicatamente


liberato lidea di Medioevo da tutta una serie di incrostazioni che si erano depositate
fin dal Settecento. Con le sue teorie, irruppe sui giornali, alla radio e alla tv, e
present il suo Medioevo della longue dure. Un Medioevo lungo e per alcuni versi,
grazie al suo essere ricco di innovazioni, precursore del Rinascimento.

Al di l del campo medievale, Le Goff ha affrontato anche unaltra questione


estremamente complessa, quella del rapporto tra antico e moderno, attraverso un
articolo pubblicato nel I volume dellEnciclopedia Einaudi, intitolato
Antico/Moderno.

Allinterno dellarticolo, Le Goff cerca di evidenziare la complessit di queste


due realt tanto contrapposte quanto connesse tra loro. Sottolinea soprattutto il modo
in cui esse al loro interno presentano delle sfumature di significato differenti tra loro,
ma al tempo stesso delle complessit che ne evidenziano ulteriormente il carattere
complesso. Mette in risalto il modo in cui il dibattito tra antichi e moderni non ha
riguardato solo lambito artistico, ma anche quello letterario, sociale, politico, storico
ed economico, non solo nel mondo occidentale ma anche e, talvolta soprattutto, nel
mondo orientale.

Pi precisamente, nel primo paragrafo, Le Goff sottolinea il modo in cui la


coppia antico/moderno ha sempre costituito un oggetto di discussione nellambito
dei diversi campi del sapere. Soprattutto evidenzia il cambiamento semantico che
essi hanno subito nel corso dei secoli, rintracciando anche dei sinonimi con cui erano
perfettamente intercambiabili, e dimostrandosi anche molto spesso vicini senza
mostrare una netta contrapposizione tra loro. Lanalisi iniziale rivolta
fondamentalmente al termine moderno, del quale vengono evidenziate le sue
sfumature di significato e al tempo stesso anche la sua vicinanza allantichit,
soprattutto nel caso delle rinascite e in particolare del Rinascimento.

Le Goff fa tuttavia anche un riferimento allantichit, al suo essere vista


positivamente come un punto di riferimento e al suo essere anche un qualcosa da cui
doversi allontanare per lasciare spazio al nuovo.

Nel secondo paragrafo, si analizza lantichit con i suoi significati. Emerge


dapprima quello di appartenente al passato, quello di esemplare, ma non
mancano tuttavia riferimenti a casi in cui il termine antico caratterizzato da una
forte ambiguit di significato.

Nel terzo paragrafo, Le Goff si basa sullo studio del moderno rispetto al
nuovo e al progresso. Nuovo tende ad avere un significato positivo in quanto
portatore di un nuovo inizio, ma anche negativo in quanto privo di valori rispetto al
passato. Invece progresso inizialmente ha solo la funzione e la forma del
sostantivo, mentre a partire dl secolo XVI con la nascita dei suoi derivati verbali e
aggettivali, cambier la propria sfumatura significativa.

Nel quarto paragrafo, Le Goff traccia una panoramica sulla questione


dellantico/moderno nel corso dei secoli VI-XVIII sottolineando i vari significati
ottenuti dai termini nellambito delle diverse branche del sapere: cultura, letteratura,
arte, religione. Propone esempi in cui emerge la contrapposizione di significato tra
antico e moderno, e in particolare afferma che la grande concretizzazione del
dibattito si ha principalmente nel corso del Settecento.

Nel quinto paragrafo, invece, si sofferma sui secoli XIX-XX, quando nascono i
nuovi concetti di modernismo e modernit. Fa una grande digressione sul
modernismo, analizzando la sua manifestazione letteraria, artistica e religiosa. Si
mette in rilievo come la modernizzazione sia stato un fenomeno caratteristico del
periodo dellimperialismo occidentale e della decolonizzazione, ma anche le diverse
forme in cui essa si manifestata. Ci che prevalentemente mette in risalto il fatto
che il fenomeno del moderno si rivelato inizialmente un fenomeno prettamente
elitario, proprio delle classi borghesi. Le Goff illustra anche i primi autori e studiosi
che hanno analizzato e introdotto la modernit come concetto nelle loro opere, ma
anche la differenza tra modernit e modernismo.

Nel sesto paragrafo, vengono esposti i campi a cui stato esteso il dibattito tra
antico e moderno: in particolare la storia e la scienza, ma si sottolinea anche la
grande rivoluzione del moderno nel secolo XX. Anche la politica ha avuto un
ruolo emblematico nella definizione del moderno, tanto che la nuova societ
moderna ha sviluppato nuovi valori.

Nei paragrafi settimo e ottavo, infine, si evidenziano alcune ambiguit della


modernit, come il fatto di volgere lo sguardo al passato, il fatto di negarsi e
autodistruggersi.
1. Antico/Moderno

1.1. Una coppia occidentale e ambigua

Una delle principali questioni storiografiche - letterarie che da sempre ha interessato gli
studiosi riguarda prevalentemente la contrapposizione tra antico e moderno. Sono concetti
piuttosto complessi a cui, nel corso del tempo, sono stati attribuiti vari significati e nonostante
abbiano degli equivalenti e dei corrispondenti in altre civilt, sono specificatamente legati a quella
occidentale.

un binomio concettuale molto legato alla dimensione storica, politica e sociale del contesto
in cui viene utilizzato, dal V al XX secolo. Inizialmente, tra Medioevo e Illuminismo riguardava
maggiormente il piano intellettuale, mentre a partire dal secolo XIX, si passa ad un piano
maggiormente ideologico reazionario nei confronti del nuovo sistema industriale. Infine, a partire
dal secolo XX, designa principalmente un nuovo processo che prende avvio nel Terzo Mondo, la
modernizzazione, in seguito ai contatti con lOccidente.

Per quanto fossero apparentemente in opposizione luno allaltro, non sempre rivelavano una
contrapposizione e spesso erano sostituibili con alcuni sinonimi: ad esempio, antico con
tradizionale, e moderno con recente o nuovo. Inoltre, questi concetti potevano essere
accompagnati da alcuni aggettivi che ne connotavano unaccezione positiva, negativa o neutra.

Principalmente, moderno, sia nella lingua latina pi bassa, sia nel corso del Medioevo,
aveva come unico significato quello di recente. Al contrario antico significava appartenente al
passato, indicando con passato quel periodo definito antichit, caratterizzato dalla diffusione
del cristianesimo nel mondo greco romano, dalla crisi della schiavit, da un processo di
ruralizzazione e da una crisi relativa anche al sistema demografico.

Dal momento in cui, nel corso del secolo XVI, alcuni eruditi hanno diviso convenzionalmente
la storia in tre fasi (antica, medievale e moderna), laggettivo moderno in contrapposizione con
medievale piuttosto che con antico. Ma questa divisione della storia non sempre viene
considerata corretta e accettata dagli storici. Ad esempio, Stefan Swiezawski sostiene in
Miscellanea medievalia che questa divisione non pu essere generalizzata n nel tempo n nello
spazio, e quindi rivela che, sin da sempre, la coppia antico/moderno comporta delle ambiguit che
lasciano perplesso lo storico.

Inoltre, spesso, la modernit pu svilupparsi e muovere i suoi passi sulle orme del passato e
quindi dellantichit stessa. Un esempio chiave offerto dai casi delle rinascite e in particolare
del Rinascimento del secolo XVI.

Ma nella coppia antico/moderno essenzialmente il secondo termine a produrre nuovi


problemi. Infatti, analizzando questa situazione, si cerca di capire principalmente latteggiamento
del singolo e della collettivit rispetto al passato. Le societ tradizionali vedono lantichit in modo
positivo, in quanto depositaria di valori e di autenticit. Ne sono un esempio le popolazioni
precoloniali che nominavano come loro capo il pi anziano del villaggio, o addirittura il Medioevo
stesso, che attribuiva allantichit e allanzianit un valore prettamente giuridico.

Non mancano, tuttavia, casi in cui lantichit abbia una connotazione negativa a causa di una
caratteristica che le propria: la decrepitezza. Questo aspetto stato sottolineato principalmente da
Benveniste nel 1969. In questo senso, quindi, il concetto di antico viene usato anche in relazione
alla vita e in particolar modo, il suo significato oscilla ambiguamente tra saggezza e senilit.

Quanto a moderno, invece, rimanda essenzialmente alla rottura con il passato, fenomeno da
cui nasce la coscienza della modernit. E le societ, pur non essendo propriamente consapevoli
del cambiamento che vivono, hanno comunque modo di provare lesperienza della modernit nella
sua totalit e di adattare il suo vocabolario di riferimento ai vari contesti. Infatti, il termine
moderno nasce nel secolo V, in seguito al crollo dellimpero romano; modernit nasce con
Hauser nel secolo XVI, Gautier e Baudelaire lo impiegano per designare il Secondo Impero in
Francia, ed altri studiosi discutono sulla modernit affermatasi alla fine della seconda guerra
mondiale, nellambito della decolonizzazione e della nascita del Terzo Mondo.

Secondo Le Goff, quindi, la coppia antico/moderno viene studiata in riferimento ad


unepoca storica che ha generato la modernit in contrapposizione ad unantichit, talvolta per
esaltarla, talvolta per denigrarla.

1.2. Lambiguit di antico


Nonostante nellopposizione antico/moderno sia questultimo a ricevere una maggiore
attenzione, anche antico ha una sua portata rilevante, contribuendo alla nascita di nuovi valori in
riferimento al suo opposto.

Dal punto di vista del suo significato neutro, esso rimanda principalmente al senso di
appartenente al passato e ad unantichit diversa rispetto a quella greco-romana. Ne un esempio
la contrapposizione tra antico serpente e antica madre in riferimento rispettivamente al Diavolo
e alla Terra, per indicare dunque una dimensione temporale pre-umanitaria. Ma in questo caso
laggettivo ha una carica positiva in riferimento alla madre in quanto virtuosa, e una carica negativa
in riferimento al diavolo in quanto nocivo.

Lambiguit di antico si manifesta anche nellAntico Testamento contrapposto al nuovo: la


nuova legge (dotata di caritas, ovvero amore) si sostituisce allantica con la sua superiorit, ma al
tempo steso, quella antica (in quanto tale) continua a mantenere il suo prestigio. Inoltre, come
ulteriore dimostrazione della sua ambiguit, antico designa contemporaneamente il mondo greco-
romano e i valori del Rinascimento, ma anche la scrittura antica dellepoca carolingia. Ma al
contempo, questa scrittura viene definita rozza nella realt francese, con unaccezione negativa,
dunque, del termine antica.

Tuttavia, in linea generale si pu affermare che il Rinascimento diffonde unidea di antico


che rimanda ad unepoca passata ormai, ma esemplare, cos come testimoniato dal Grande
dizionario della lingua italiana che, in riferimento ad antico, rimanda alle parole di Petrarca,
Vasari, Ariosto e Leopardi.

In ambito europeo, antico assume una posizione differente rispetto agli altri termini che
denotano lappartenenza al passato, distaccandosi principalmente da vecchio, che acquisisce una
connotazione peggiorativa. Addirittura in Francia si giunge ad una gerarchia matematica tra
antique, ancien e vieux. Quindi proprio nel corso del Rinascimento che antico designa il mondo
greco-romano come il modello di riferimento da dover imitare.

Ne consegue, per, che antico non indica solo un prestigio del passato, ma anche del
Rinascimento, di cui ne lo strumento. A questo proposito, quindi, il problema non riguardala
contrapposizione di antico/moderno, tra passato e presente, ma principalmente quella tra processo
ciclico e processo lineare. Il primo vede l antico come principale punto di riferimento, il
secondo,invece, lo vede come punto da cui allontanarsi. Proprio sul processo lineare si sono fondati
il Rinascimento e lUmanesimo che hanno gettato le basi per una modernit che, con il tempo, si
riveler anchessa antiumanista.
Se il concetto di antico nel nucleo semantico dellantichit avr subito un grande successo,
ci non avviene con il concetto di moderno, che invece dovr confrontarsi con novit e
progresso.

1.3. Moderno e nuovo; moderno e progresso

Dal momento in cui moderno designa fondamentalmente una forma di rottura rispetto al
passato, non un termine carico di significati quanto lo sono invece nuovo e progresso.

Quanto a nuovo, si pu sostenere che un qualcosa che implica una nascita, un nuovo
inizio, cos come ci perviene dalla tradizione cristiana. Ma il nuovo non pu essere considerato
come una rottura con il passato, bens una cancellazione di esso. Il termine pu inoltre assumere
anche una connotazione negativa e peggiorativa in riferimento allassenza dei valori e alle nuove
classi ricche: ci emerge principalmente nel latino cristiano del Medioevo per designare proprio la
perdita di valore delle origini.

Ad accrescere questa dimensione negativa e peggiorativa del termine nuovo, vi proprio


laffermazione del suo superlativo novissimus che in linea generale rimanda essenzialmente a
qualcosa di tragico e catastrofico. Ciononostante, malgrado le sfumature di significato negative, il
termine nuovo emerge principalmente per il suo prestigio di essere puro.

Oltre a nuovo, un altro concetto molto legato a moderno progresso. Fino al secolo
XVI, quando ancora il termine ha solamente un uso sostantivato, ha una connotazione di significato
positiva; invece, a partire dal secolo XIX, quando si affermano il verbo progredire e laggettivo
progressista, la situazione cambia, poich si lascia maggiormente spazio alla nuova terminologia,
escludendo il fenomeno della modernit.

1.4. Antico/moderno e la storia (VI-XVIII secolo)

Lopposizione tra antico e moderno qualcosa che appare sin dallantichit e ci che
emerge una concezione prettamente positiva dellantico; ma in passato non era stato tuttavia
inventato un termine specifico per designare il moderno. Cos emergeva la contrapposizione tra
novus ed antiquus.
Solo a partire dal secolo VI viene coniato il neologismo modernus, formato dalla radice
modo che significa recentemente. Il primo secolo che si fa corrispondere allepoca moderna
quello carolingio, definito saeculum modernum, ma del moderno non si ha minimamente una
visione positiva.

Tuttavia, le prime questioni che riguardano essenzialmente il rapporto antico/moderno si


affermeranno dopo il 1170.

A partire dal secolo XII, due autori in particolare riflettono sul modernismo della loro epoca:
Giovanni di Salisbury rintraccia essenzialmente le differenze tra le novit e le caratteristiche proprie
dei maestri precedenti, e Gualtiero Map, che invece considera modernit il periodo in cui egli
stesso vive, considerandolo per il risultato dei cambiamenti degli ultimi cento anni. In lui appare
per la prima volta il termine modernitas.

La contrapposizione persiste anche nel corso del secolo XIII, quando con il termine antiquii
si designavano quegli scrittori che con lavvento della rivoluzione intellettuale dellaristotelismo
sono stati poi sostituiti dai moderni. Ma una vera contrapposizione trover la sua concretizzazione
solo nel corso dei secoli XIV e XV quando molti movimenti contrappongono le idee precedenti e
antiche a quelle moderne e nuove, dapprima in ambito musicale e poi anche in quello filosofico.

Si inizia a parlare di via moderna, contrapposta a quella antiqua: un ruolo emblematico


viene attribuito a Marsilio da Padova che, come dimostrano i cambiamenti che ha apportato nel
campo economico-politico, attribuisce a modernus il significato di innovatore. In ambito
artistico Giotto ad essere considerato il primo artista moderno, che ha creato un nuovo
linguaggio figurativo.

Anche nellambito religioso possibile parlare di devotio moderna indicando dunque


labbandono della credenza nelle superstizioni tipiche del Medioevo: una religione che ritorna al
misticismo primitivo.

Con il Rinascimento, la prospettiva cambia: lantichit una cultura pagana connotata


positivamente e la modernit ha una connotazione positiva solo se esalta lantico. Quindi,
lantico che permette di esaltare la modernit. Proprio nel corso del Rinascimento si pu
distinguere tra lepoca antica e quella moderna, distinzione fatta sempre in ambito medievale:
Petrarca contrappone la storia antica e la storia nuova, le lingue scelgono tra moderno e
nuovo, Vasari parla di una maniera antica e una moderna separate da una vecchia.
Malgrado si riconosca principalmente la superiorit degli antichi rispetto ai moderni, non
mancano delle obbiezioni in riferimento a tale credenza. Infatti, pur sostenendo che i moderni sono
dei nani sulle spalle dei giganti, si afferma anche che i nani moderni rispetto agli antichi hanno il
vantaggio di beneficiare dellesperienza. Questa idea si concretizza principalmente in Luis Vives e
in Gassendi che vedono entrambi i loro contemporanei capaci di arrivare molto pi in alto rispetto
agli stessi antichi.

Ma la grande polemica relativa agli antichi e ai moderni investe tutto lUmanesimo sino
ad arrivare al Romanticismo ed fondata sul riconoscimento della superiorit dei moderni
rispetto agli antichi, testi sostenuta da Stendhal e Hugo. In Italia Lancellotti a riconoscere la
grandezza dei moderni contemporanei che non sono minimamente inferiori rispetto al passato.

Questa polemica si acutizza principalmente in Inghilterra e in Francia a partire dalla fine del
secolo XVII. Ma se da un lato i sostenitori della superiorit dellantico denigrano i moderni
vedendo in loro solo decadenza, dallaltro, i sostenitori dei moderni assumono posizioni diverse:
alcuni vedono una parit tra le due epoche, altri vedono lantico come ci che ha permesso ai
moderni di beneficiare dellesperienza, altri ancora vedono nel moderno un progresso
qualitativo. Ad esempio, Perrault pur riconoscendo dei meriti agli antichi, valuta con una
maggiore positivit i moderni. Tuttavia, anche i sostenitori della superiorit dei moderni
lasciano emergere lidea della vecchiaia e della decadenza come chiave esplicativa della storia.

Per arrivare allidea di progresso bisogna attendere la seconda met del Settecento, alle
soglie della rivoluzione francese: solo a partire da questo momento viene abbandonata lidea della
superiorit dellantico rispetto al moderno, giungendo dunque allidea di un progresso lineare
che privilegia il moderno.

1.5. Antico/moderno e la storia (XIX-XX secolo)

Nel corso dei secoli XIX e XX, con lavvento della rivoluzione industriale, cambiano i
termini relativi allopposizione tra antico e moderno. In particolare, si affermano i nuovi
concetti di modernismo e modernit: il primo rimanda essenzialmente alle tendenze moderne
ormai fissate come dottrina e il nuovo problema nato tra Paesi sviluppati e non durante il periodo
della decolonizzazione dopo la seconda guerra mondiale; il secondo riguarda la creazione estetica,
la mentalit e i costumi.
1.5.1. Modernismo

Nellambito di questa nuova categoria, si distinguono tre tipologie fondamentali che lo


contraddistinguono: un modernismo letterario, uno religioso e uno artistico, denominato Modern
Style.

Il Modernismo letterario si afferma a partire dal 1890 quando un gruppo di scrittori spagnoli,
soprattutto in America Latina, manifesta la tendenza di rinnovare nei temi e nelle forme. In
particolare, uno dei massimi rappresentanti Ruben Daro che affronta la questione
antico/moderno in riferimento allorizzonte storico in cui vive. Il Modernismo, in quanto
movimento idealista, si propone di opporsi al potere del denaro, al materialismo e alla borghesia,
alle masse che fanno irruzione nella storia e alla cultura dellantichit classica. Infatti, il
Modernismo si ispira prevalentemente alla letteratura cosmopolita del secolo XIX e in particolare a
quella francese. Inoltre, si schiera contro la guerra ispano-americana del 1898, contro
limperialismo e si nutre delle idee reazionarie della generazione del 98 in Spagna.

Analizzandolo pi da vicino, il Modernismo un movimento molto legato alla sfera religiosa,


soprattutto nel secolo XX. Si manifesta principalmente attraverso la contrapposizione tra una
Chiesa fortemente conservatrice e la societ occidentale della rivoluzione industriale. Ne consegue
una connotazione negativa del moderno, rigettando lideologia nata dalla rivoluzione francese e
assumendo una posizione avversa nei confronti di quei cattolici che lhanno abbracciata. Nel secolo
XIX la Chiesa si dichiara antimoderna. NellEnciclica Syllabus di Pio IX, moderno ha il
significato di recente ma ha unaccezione prettamente negativa.

Nel secolo XX la questione antico/moderno diventa una questione centrata su due


problemi: quello dogmatico ed esegetico della Bibbia, e quello dellevoluzione sociale e politica.
Ma fondamentalmente la questione esegetica quella che al centro della crisi del Modernismo,
una crisi che nasce dal ritardo della scienza ecclesiastica, in rapporto alla cultura laica e alle
scoperte scientifiche. Questa crisi trova la sua massima espressione in Francia, con la scomunica di
Loisy nel 1908.

Anche in Italia la Chiesa rappresent un ostacolo al Modernismo e in particolare alla


modernizzazione della societ. Quindi, la Chiesa aveva un ruolo attivo nella vita politica,
intellettuale e quotidiana. Inoltre, con lavvento del Modernismo, il termine moderno si oppone
via via sempre pi a tradizionale, ma soprattutto a integralista e con il tempo, si formeranno
varie correnti di modernismo e modernizzantismo.

Infine, Poulat mette in evidenza la grande portata del Modernismo che, al di l del campo
religioso, restringe la dimensione del credibile e aumenta quella del conoscibile. Quindi, ha un
ruolo emblematico nel mondo del sapere.

Come accennato, anche in ambito artistico il Modernismo gioca un ruolo fondamentale a


partire dal secolo XX. Sono numerosi i movimenti che nascono con denominazioni differenti, tra
cui il Modern Style, ma sono tutti accomunati da alcuni aspetti emblematici: rifiutano la tradizione
accademica, il modello antico nellarte e segnano la fine di un ritorno allantico. Il Modern
Style si rif ai principi della rivoluzione industriale, ossia la democrazia, il liberalismo e il
naturalismo. Lo scopo era quello di uscire fuori dai canoni dellAccademia e rendere larte
accessibile a tutti. Pertanto, se lantico con il suo essere artificiale era destinato ad unlite, il
moderno con il suo naturalismo e la sua stretta relazione con la vita quotidiana, avr
unimpostazione sociale e sar destinato al popolo.

Questo movimento nasce dapprima in Inghilterra con Morris, per poi diffondersi anche in
Belgio dove ha una maggiore vicinanza col moderno. Arriver anche nei Paesi Bassi e in Francia
dove acquista forme e manifestazioni differenti. In Germania si fa portavoce del pacifismo e
dellanticlericalismo, in Spagna il suo massimo esponente Gaud e in Italia si afferma con la
denominazione di Stile Liberty. A New York emblematico Tiffany, inventore dellilluminazione
elettrica.

Malgrado la sua ampia diffusione, il Modern Style avr una durata molto breve che
prediligeva lassenza delle decorazioni, delle curve e delle fioriture. In questo movimento, ci che
traspare che se lantico faceva riferimento alleroe e alle sue gesta, il moderno si nutre del
quotidiano.

1.5.2. Modernizzazione

Il problema del rapporto antico/moderno trova la sua affermazione anche in un momento


storico preciso: quello caratterizzato dallaffermazione dellimperialismo occidentale. Ma anche
durante la decolonizzazione, questo problema si affaccer nuovamente come una questione da
affrontare.

In particolare nelle nazioni pi arretrate, il problema del moderno spesso legato a quello
dellidentit nazionale e si giunge a teorizzare unequivalenza tra la modernizzazione e
loccidentalizzazione. Quanto alla prima, si pu distinguere tra quella tecnica ed economica e quella
sociale e culturale.

Nellambito della modernizzazione si possono distinguere tre tipologie di essa: la


modernizzazione equilibrata, con cui laffermazione del moderno non ha completamente distrutto
lantico; la modernizzazione conflittuale, con cui laffermazione del moderno ha prodotto
conflitti con la tradizione antica; la modernizzazione a tentoni che cerca di giungere ad un
equilibrio tra antico e moderno attraverso delle scelte parziali.

Una modernizzazione equilibrata fu quella che si diffuse in Giappone nel secolo XIX in
seguito alla rivoluzione industriale, ma la sconfitta del 1945 segn una grave crisi nellambito della
modernizzazione stessa. Questo ha tuttora delle ripercussioni in Giappone che, malgrado i suoi
progressi anche in campo politico, vive in modo molto teso il rapporto tra antico e moderno.
Anche Israele, nonostante le sue problematiche di natura geo-politica e culturale, pu presentarsi
come un esempio della modernizzazione equilibrata: un Paese in cui si deve conservare e
salvaguardare il patrimonio antico e al tempo stesso accentuare il suo aspetto moderno.

La modernizzazione conflittuale , invece, quella che riguarda principalmente il mondo


musulmano, in cui per il processo prende la forma delloccidentalizzazione, portando quindi ad
unaltra questione: Oriente o Occidente? Comunque, il fenomeno ha trovato il suo riscontro sotto
tre manifestazioni principali: come reazione allimperialismo europeo, dopo la seconda guerra
mondiale con la decolonizzazione e laffermazione del Terzo Mondo, negli anni Settanta del secolo
XX in seguito alla crisi del petrolio.

Ciononostante, la modernizzazione non si rivelata un processo globale bens un fenomeno


che ha riguardato principalmente le classi pi alte, quelle borghesi, portando a unulteriore
divisione tra le classi sociali, ad un malessere in ambito culturale e ad unesasperazione dei
nazionalismi.

Da alcuni studi condotti da grandi studiosi, emerso che in questi Paesi musulmani la
modernizzazione ha cominciato a porre il problema dellidentit culturale e ha fatto riflettere su
come le nuove forme artistiche e letterarie contribuiscono a una paralisi della cultura stessa. In
questo orizzonte, quindi, la modernit funge come acculturazione, o transizione tra larcaico e
limportato.

Una modernizzazione a tentoni mostrata dallesempio dellAfrica nera, in cui gli elementi
moderni che vengono introdotti sono molto deboli e non soddisfano i bisogni della popolazione
locale, e lantico molto pesante cos come grande lo stesso ritardo storico che caratterizza
questi luoghi. Come conseguenza, bisognerebbe trovare quegli elementi moderni benefici per
lAfrica stessa, adottando una selezione, ma al tempo stesso bisognerebbe trovare un equilibrio tra
tradizione e modernizzazione.

Molti sono intervenuti sulla questione del rapporto tra antico e moderno, tra cui Amadou
Hampat Ba, che sostiene che modernismo non sempre comporter un progresso assoluto rispetto
alla tradizione: si pu parlare di progresso ma anche di regresso. Ad esso, la tradizione non vi si
oppone, anzi vi si interroga.

La questione antico/moderno ha riguardato anche il caso dellIndia che per entrare a far
parte del mondo moderno deve fare notevoli sforzi. Proprio lindipendenza ha rappresentato un
avvicinamento alla modernizzazione in quanto grazie ad essa, lIndia riuscita a cacciare dal suo
territorio gli stranieri. Ma non si deve assolutamente dimenticare che, per questo obiettivo
raggiunto, un merito enorme va riconosciuto a Gandhi.

1.5.3. Modernit

Il termine modernit venne usato perla prima volta da Baudelaire in un articolo composto
nel 1860 e pubblicato nel 1863, La peintre de la vie moderne. Inizialmente era impiegato solo in
ambito artistico-letterario, ma dalla seconda guerra mondiale ebbe una larga diffusione. Allinterno
del componimento, emerge unidea di moderno relazionato al presente e definito ci che vi di
poetico nello storico, di eterno nel transitorio. Baudelaire affianca il moderno ai comportamenti,
al costume e al decoro e sostiene che ogni epoca ha delle caratteristiche proprie: pertanto, bisogna
studiare unepoca nella sua totalit e non immergendosi solo nellantico. La modernit legata
alla moda, al dandismo e allo snobismo e uno dei maggiori analisti della modernit, Barthes,
riconosce Michelet come il primo degli autori della modernit a non poter cantare altro che
unimpossibile parola. La modernit quindi non pi il rispetto delle norme ma il raggiungimento
dei limiti.
Indubbiamente, uno dei maggiori teorici della modernit il filosofo Lefebvre che rintraccia
una differenza tra modernit e modernismo, che per si dimostrano inseparabili e parte di una
stessa realt, vale a dire il moderno. La modernit giunge a realizzare alcuni aspetti tipici del
Romanticismo, tanto che alla fine, la contrapposizione antico/moderno finir per coincidere con
lopposizione classico/romantico. La modernit lideologia del modernismo e rompe con tutte
le altre ideologie e teorie dellimitazione riferite allantico e al mondo accademico.

Studiando il fenomeno della modernit, Raymond Aron la concepisce come una possibilit di
rimpossessarsi della natura per mezzo della scienza e della tecnica. Ma sostenendo ci, si scorge
solo il lato conquistatore della modernit, suscitando molte ambiguit in riferimento alla stessa.

1.6. I luoghi del modernismo

La questione antico/moderno ha interessato principalmente il campo letterario e culturale,


ma ci principalmente in riferimento allantichit, al Medioevo e al Rinascimento. Ma a partire
dalla fine del Medioevo la questione riguarda anche la sfera religiosa: la devotio moderna non
mette in crisi i principi del cristianesimo e il movimento modernista non avrebbe riguardato
questo dominio se le stesse autorit ecclesiastiche non se ne fossero interessate. Con i religiosi che
partecipano alla questione, il dibattito si estende maggiormente a nuovi campi.

Il primo quello della storia: il Rinascimento crea il concetto del Medioevo per separare due
periodi contrapposti tra loro, la storia antica e quella moderna, laddove questultima
considerata il punto di partenza della novit.

Il secondo, invece, la scienza. Anche la scienza moderna con i suoi progressi inizialmente
rivolta principalmente alle classi elitarie, per estendersi poi alle masse solo nei secoli XVIII e XIX.
Ciononostante, per, il progresso della scienza con i nuovi metodi pi semplici e facili ha dato
modo di approfondire le ricerche sullo spirito umano, giungendo a delle verit.

La principale rivoluzione del moderno si ha nel secolo XX e riguarda gli ambiti pi


importanti: leconomia, la politica, la vita quotidiana e la mentalit.

Una delle principali manifestazioni della modernit il fenomeno dellindustrializzazione e


dal cambiamento politico scaturisce anche un cambio di mentalit, che avr come conseguenza la
razionalizzazione della produzione. A questo proposito sono emblematiche le teorie di Auguste
Compte e Karl Marx: la razionalit diventa un principio basilare dellazione nellambito
delleconomia. La nuova ideologia economica intellettuale ha riportato alla luce il problema del
rapporto tra morale protestante e sviluppo economico, ma allo stesso modo anche il rapporto con la
famiglia. La secolarizzazione della famiglia ha un ruolo emblematico nel processo di
modernizzazione: Lefebvre ha come immagine proto tipica quella della donna moderna.

Da queste nuove teorie, e in particolare dallattribuzione di un ruolo cardine alleconomia,


moderno non legato solo allidea di progresso ma anche e soprattutto a quella di sviluppo e
di crescita. La conseguenza che moderno non si contrappone pi ad antico ma a
primitivo. In ambito religioso, la mentalit primitiva opposta a quella moderna dotata della
capacit di astrazione.

La nuova dimensione del moderno, per, riguarda anche un piano propriamente politico e
ci sostenuto direttamente da Karl Marx. Inoltre Aron, in virt dei suoi studi sostiene che i
caratteri nuovi della societ moderna sono i valori come uguaglianza, personalit e universalit.
Anche se gli stati africani hanno cercato di attingere alla modernit attraverso un processo di
occidentalizzazione, ci non stato molto semplice in quanto questi territori erano molto legati alla
tradizione.

In seguito a Marx, lo stato moderno risponde al principio del capitalismo; ma proprio per
questo non ci si deve meravigliare se gli Stati Uniti venivano presi a modello della modernit tanto
che luomo moderno era rappresentato dallAmericano.

Recentemente la modernit stata vista come la cultura della bella vita e una cultura di
massa: questo viene anticipato gi da Baudelaire ma viene sostenuto principalmente da Kende che
vede la modernit come diffusione massiccia delle idee e comunicazione di massa. Ma questa
tesi viene rafforzata fortemente da Morin che afferma che la societ di massa nasce negli Stati Uniti
e si diffonde poi nelle civilt occidentali. Questo fenomeno consiste prevalentemente nellapertura
di quei campi e di quelle realt che finora erano riservate alle classi borghesi.

Nel secolo XX, la modernit viene proiettata nuovamente nel passato: un esempio il
riconoscimento della modernit nel secolo XVI caratterizzato da alcune rivoluzioni che ne
designano la modernit, ovvero una rivoluzione intellettuale, una religiosa, una morale, una politica
nuova e una nuova economia. Tuttavia, questo secolo non era minimante cosciente della sua
modernit. E quindi: si pu parlare di modernit se i moderni non hanno coscienza di esserlo o non
lo dicono?
1.7. Le condizioni storiche della coscienza del Modernismo

opportuno ricordare che il modernismo e la modernit corrispondono essenzialmente alla


presa di coscienza delle rotture con il passato. A questo proposito si tengono in considerazione
alcuni aspetti fondamentali, come laccelerazione della storia che dovrebbe implicare anche un
conflitto di generazioni. Infatti, il contrasto tra antico e moderno si fa pi acuto quando i
moderni devono lottare contro un passato recente e di conseguenza il dibattito assume la forma di
una resa dei conti tra padri e figli.

Altro elemento importante la pressione esercitata dai progressi materiali sulle mentalit.
Raramente si tratta di cambiamenti bruschi e ci che cambia la dimensione mentale, quella della
coscienza, con laffermazione della ragione che si pone contro lautorit e la tradizione. Questa
forma di cambiamenti assume i caratteri pi vari anche se la vera rivoluzione della modernit si ha
effettivamente nel corso dei secoli XII-XIII, XVII, XIX e XX. Di solito, per, sono degli urti esterni
che alimentano e permettono la presa di coscienza di un cambiamento.

Pur non essendo un fenomeno puramente intellettuale, la modernit sembra affermarsi in


modo molto ristretto in un ambiente puramente intellettuale. E questa una delle ambiguit della
modernit stessa,

1.8. Ambiguit del moderno

Una delle ambiguit del moderno il fatto che tende a negarsi e ad autodistruggersi.
Generalmente si tende a far coincidere il moderno con il presente, ma cos si finirebbe col farne
un futuro passato. Ne consegue che il moderno non solo legato alla moda e quindi difficilmente
sfugge allo snobismo. Spesso il moderno lo si considera in quanto nuovo e quindi si tralascia il
contenuto dellopera in s.

Altra ambiguit del moderno il fatto che esso pu designare qualsiasi cosa facente parte
anche dellantico .

In generale, la modernizzazione un processo molto rapido, senza freni, in quanto si avverte


ogni giorno la necessit di diventare sempre pi moderno. E un altro aspetto ambiguo e paradossale
il fatto che il moderno, nel momento in cui nel presente avverte una crisi, si volge
immediatamente al passato, lasciandosi ossessionare dalla memoria o dalla storia, in caso di rifiuto
dellantico.

In alcuni casi stato concretamente dimostrato che leccesso di modernit potrebbe sfociare
nel tradizionale.

Tutte le ambiguit della modernit sono strettamente legate alla Rivoluzione e la rottura con il
passato da parte della societ e degli individui pu essere anche uno strumento di integrazione o
adattamento al cambiamento.
TESINA LETTERATURA ITALIANA PROF. TATTI

WHAT IS A CLASSIC?

T. S. ELIOT

ALESSANDRA DANIELE
27/05/2016
INDICE

THOMAS STEARNS ELIOT: BIOGRAFIA ED OPERE.. ..3

MODERNISMO......6

MODERNISMO E LETTERATURA.7

THE VIRGIL SOCIETY...10

WHAT IS A CLASSIC?............................................................................................................11

CARATTERISTICHE PER DEFINIRE UN CLASSICO....12

AUTORI CHE SI RIFANNO AD ELIOT..15

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA....19
THOMAS STEARNS ELIOT: BIOGRAFIA ED OPERE

Thomas Stearns Eliot264 stato un poeta e critico statunitense nato a Saint Louis, Missouri nel 1888,
diventato, poi, cittadino britannico naturalizzato nel 1927. Nasce da famiglia di origini britanniche,
appartenente alla borghesia benestante del paese: il padre era direttore di una fabbrica di mattoni e
la madre faceva parte di un'antica famiglia del Massachusetts. Dal 1906 al 1910 studia filosofia alla
Harvard University, frequenta poi per un anno la Sorbona di Parigi (1910) e, di nuovo a Harvard,
approfondisce la filosofia di F. H. Bradley per la tesi di dottorato che la guerra gli impedisce di
discutere (pubbl. nel 1964: Knowledge and experience in the philosophy of F. H. Bradley). Nel
1914, allo scoppio della guerra, si trasferisce in Inghilterra. Stabilitosi a Londra, nel 1916 sposa
Vivien Haigh-Wood, e trova poi un impiego presso la Lloyds Bank. Contemporaneamente d il via
a un'importante attivit critica, prima sulla rivista The Egoist e poi su Criterion, da lui fondata e
diretta (1922-39). Di tale attivit sono frutto i volumi di saggi The sacred wood (1920), con cui si
inizia l'influenza che l'opera critica che Eliot eserciter sulle generazioni pi giovani, e The
metaphysical poets (1921), in cui egli propone la tradizione dei poeti metafisici in alternativa a
quella rappresentata dalla linea Milton-vittoriani; mentre saggi come Tradition and individual talent
(1919) e Hamlet (1921) definiscono il "correlativo oggettivo" quale punto d'incontro neutro tra
autore e lettore, quale inglobamento dell'individuale lirico nella tradizione. Dall'incontro,
determinante, con E. Pound, avvenuto a Londra nel 1914, in Eliot scaturisce l'interesse per Dante
(Dante, 1929), lo Stilnovo e i poeti provenzali, e soprattutto la consapevolezza della tecnica del
linguaggio. Influenzato, come tutta la sua generazione, dalla poesia francese simbolista, e in
particolare da J. Laforgue, nella sua prima raccolta di versi (Prufrock and other observations, 1917)
Eliot propone una inedita sintesi di tradizione e contemporaneit, la rappresentazione della vita
quotidiana come epica degradata, gli svuotati eroi delle periferie londinesi visti con l'ironia di
Laforgue. La sensibilit straordinaria per la pronuncia poetica e la capacit di riflessione gi
presenti in componimenti come The love song of J. Alfred Prufrock (1917) e Gerontion (in Ara vos
prec, 1920) preparano la svolta di The waste land (1922; trad. it. 1949), una delle opere che pi
hanno influenzato la poesia del Novecento in Occidente. Scritto in Svizzera, dove Eliot era
ricoverato per collasso nervoso, il poema fu successivamente sottoposto a Pound, a quel tempo a
Parigi. Gli interventi di Pound, documentati dal manoscritto ritrovato e pubblicato da Valerie,
seconda moglie del poeta, nel 1971, dimostrano che Pound, pur limitandosi ad alcuni importanti
tagli e suggerimenti per una organizzazione coerente dei materiali, fu immediatamente cosciente di
264
www.treccani.it/enciclopedia/thomas-stearns- eliot/
www. Biografieonline.it
ci che faceva del poema un unicum, cio della sua sorprendente novit linguistica, che immetteva
senza mediazioni il lettore dentro la stratigrafia di una dissoluzione dell'io esposta attraverso una
dislocazione su differenti piani della storia. Le fonti del poema, tra cui fondamentale il saggio
From ritual to romance (1920) di J. L. Weston, nel proporre, tra l'altro, il cristianesimo come nuovo
mito, si collegano a una linea assai importante della riflessione eliotiana, assumibile quale ulteriore
svolgimento di un Romanticismo che vede nel cristianesimo il farsi della coscienza del moderno.
Tale svolgimento si intreccia con un punto di riflessione imprescindibile per Eliot: creare una
classicit del moderno. Il famoso metodo mitico, messo a punto nel saggio (1923) sull'Ulysses di J.
Joyce, propone la necessit di collocare la conoscenza frammentaria del secolo a specchio di una
tradizione che la illumini e le dia coerenza, facendo risaltare lo stridore della diversit. Il suo
dichiararsi classicista in letteratura (For Lancelot Andrewes, 1928) va perci messo in relazione al
poeta che egli considera classico per eccellenza, Virgilio: un autore in cui la classicit gi vista
come riflessa e sono avvertiti i sentori del cristianesimo (What is a Classic?, 1944). Il cristianesimo
come moderna mitologia ritorna in Journey of the Magi (nella collana The Ariel poems/"poems,
1927), che ci mostra dei Magi viaggiatori divisi tra fede e vita. Mentre The hollow men (1925), che
espone la desolazione dell'uomo contemporaneo utilizzando la tecnica del coro, conferma quelle
doti drammatiche che, dal monologo alla Browning sino al dialogo dantesco e al coro,
contribuiscono a spersonalizzare il linguaggio della poesia. Accanto al critico e al poeta va dunque
valutato l'Eliot autore di opere teatrali in versi (Murder in the cathedral, 1935; The family reunion,
1939; The cocktail party, 1949; The confidential clerk, 1953; The elder statesman, 1959) anche se il
suo un teatro di poesia che lo porta a straordinarie invenzioni di situazioni e attese, ma non a
creare personaggi. Valga per tutti Murder in the cathedral (sull'uccisione di Sir Thomas Beckett,
arcivescovo di Canterbury), in cui il coro delle donne che presagiscono con la loro inquietudine il
dramma addensa angosce senza nome, dove possibile riconoscere la prescienza di eventi che
fanno parte della storia pi recente. Nel 1927 Eliot abbraccia la confessione anglicana e prende la
cittadinanza britannica. Nel 1930 il poema Ash-Wednesday apre una nuova fase della poesia
dellautore che culminer in Four quartets (pubbl. separatamente tra il 1936 e il 1942, in vol. 1963).
In Ash-Wednesday Eliot attinge al repertorio dell'allegoria medievale, ai bestiar, a immagini dei
metafisici del Seicento, eliminando il riferimento alla contemporaneit. In Four quartets la tecnica
musicale, associata a un linguaggio altamente filosofico, cerca attraverso l'associazione della
memoria di attingere nell'umano e nel soggettivo un'esperienza metafisica. Eliot propone perci
un'intersezione di tempo ed eternit, di movimento e assenza di movimento (stillpoint), ove
l'esperienza dell'io che si propone come irrinunciabile epicentro. L'impegno socio-politico di Eliot,
qua e l venato da punte di antisemitismo, raccolto in After strange gods (1964), The idea of a
christian society (1939), Notes towards a definition of culture (1948). Saggi fondamentali sono
contenuti in Selected essays (1932 e 1951) e in The use of poetry and the use of criticism (1933).
L'opera di poesia e il teatro sono ora raccolti in The complete poems and plays 1909-1980 e in
Collected poems 1909-1902; le poesie giovanili in Poems written in early youth (1967). Nel 1948
gli stato assegnato il premio Nobel per la letteratura per his outstanding, pioneer contribution to
present-day poetry". Mor a causa di un enfisema polmonare a Londra il 4 gennaio 1965. Le sue
ceneri, come da sue volont, sono state deposte nella Chiesa si San Michele di East Coker, il
villaggio dal quale gli antenati di Eliot emigrarono in America: una piccola targa lo commemora. A
due anni dalla scomparsa una grande pietra stata posta alla sua memoria, sul pavimento del "Poets'
Corner" della Abbazia di Westminster a Londra.
MODERNISMO:

Per comprendere a pieno le posizioni critiche di Eliot, non si pu non considerare il momento
storico in cui vive e che meglio lo rappresenta: il Modernismo 265. Questo periodo che,
convenzionalmente, si inserisce tra il 1870 e 1915, rappresenta un momento di crisi in vari campi.
In primo luogo, come conseguenza della rivoluzione industriale, si assiste ad un progressivo
spopolamento delle campagne ed un esodo massiccio verso le citt; il modello imperiale inglese
comincia a sgretolarsi con la guerra dei Boeri; nel 1914 c lo scoppio della prima guerra mondiale.
La prima guerra mondiale e la rivoluzione russa con la loro disumanit, mettono in discussione il
concetto di autorit morale, civile, religiosa, militare e politica. Diversi poeti, come Wilfred Owen
e Sigfried Sasson, dopo aver vissuto la guerra in prima persona, scrivono per denunciare ma anche
per documentare le atrocit sperimentate e per questo vengono chiamati war poets (poeti di guerra).
In questo contesto, anche Eliot d il suo contributo con la poesia The burial of the dead
appartenente allopera The waste land pubblicata nel 1922. Ci che emerge da questopera il
commento critico dellautore nei confronti della vita moderna e, specialmente, nei confronti
dellanima umana che non sempre visibile. Questa crisi politico/economica si riflette
irrimediabilmente anche nellambito del pensiero tradizionale e nei sistemi di riferimento. I
maggiori filosofi che hanno contribuito a questo mutamento sono:

Darwin: mette in crisi lidea tradizionale che luomo sia fatto a immagine di Dio.

Nietzsche : il concetto di morte di Dio scalza la tradizione giudaicocristana.

Marx: il determinismo economico sfida la filosofia idealistica.

Freud: lidea di inconscio mette in discussione la razionalit del libero arbitrio, la coscienza non
unitaria, ma frammentata.

Einstein: la concezione di tempo come la dimensione dello spazio sradica le forme narrative
cronologiche del XIX secolo.

Tutti questi fattori fanno s che il modernismo abbia come CARATTERISTICHE:

1) la rottura con il passato sentita come crisi ed involuzione

2) discontinuit storica

3) interesse per lirrazionale

4) visione apocalittica/catastrofica della storia.


265
www.lettere2.unive.it
LINGUAGGIO : importanti sono anche le ripercussioni che il modernismo attua nel linguaggio.
Esso non pi uno strumento della comunicazione ma ne diventa loggetto. un atto
primario,unesperienza in cui le parole operano come in un rituale magico. Il linguaggio letterario
risulta fortemente depotenziato perch fine a se stesso e perde la sua funzione relazionale. Viene a
mancare la connessione e la continuit, mentre domina la frammentariet e larbitrariet.

MODERNISMO E LETTERATURA266:

Bisogna notare che il termine viene oggi usato perlopi in una accezione nuova e autonoma rispetto
a quella originaria. Esso risale a Rubn Daro che lo impieg per la prima volta alla fine degli anni
ottanta dellOttocento per indicare il programma letterario promosso da lui stesso e da un gruppo di
poeti latinoamericani. In seguito anche ai viaggi di Daro in Spagna, il movimento si diffuse nella
letteratura di questo paese protraendosi sino alla prima guerra mondiale. Ma si tratta di una
tendenza profondamente legata alla cultura decadente e al simbolismo francese fin de sicle e
dunque non assimilabile a quella che noi oggi chiamiamo con lo stesso nome. Allinizio del
Novecento il termine si diffuse, soprattutto in Italia, per indicare un fenomeno religioso che
intendeva conciliare evoluzionismo e cattolicesimo e che perci fu condannato come eretico da
papa Pio X nel 1907. Infine la critica degli anni trenta chiam modernismo il movimento
letterario di avanguardia attivo a Lisbona intorno a Pessoa e alla rivista Orpheu alla met degli
anni dieci e fiorito in Brasile negli anni venti, a partire dalla Settimana darte moderna di So Paulo
nel febbraio 1922. Come si vede, sono fenomeni diversi fra loro, di natura letteraria o religiosa, che,
oltre al nome, peraltro significativo perch allude a un rinnovamento, hanno in comune il dato
cronologico: risalgono tutti al periodo a cavallo fra Otto e Novecento o allinizio del nuovo secolo.
Nella cultura angloamericana il termine modernismo, anche se era apparso gi negli anni venti, si
affermato soprattutto a partire dagli anni sessanta, in riferimento a fenomeni diversi rispetto a
quelli appena nominati. Allinizio si parlato di modernismo in relazione al radicale bisogno di
svecchiamento e di fondazione del nuovo rappresentato in Gran Bretagna dallimagismo di Ezra
Pound, dal vorticismo e dallesperienza artistica degli uomini del 1914: oltre allo stesso Pound,
T.S. Eliot, Joyce e Lewis. A questi quattro sono stati poi aggiunti altri, fra cui soprattutto Virginia
Woolf. Successivamente il termine si diffuso, ha riguardato anche altre letterature in ambito
europeo ed extraeuropeo, sino a riguardare, negli studi pi recenti, una prospettiva addirittura
planetaria. Ma tale estensione, provocata anche dalluso attuale di unaltra categoria periodizzante,
postmodernismo, che lo evoca dialetticamente come inevitabile termine di raffronto, non ha giovato

266
www.laletteraturaenoi.it
alla chiarezza, per cui oggi si parla spesso di modernismo in modo indeterminato e quindi non senza
imprecisioni e confusioni. Anche lasciando da parte la questione del rapporto fra modernit e
modernismo o modernismi, e limitandosi allambito letterario, si devono constatare una serie di
oscillazioni. A volte infatti si usa modernismo per indicare un generico contenitore cronologico,
anche se marcato da un qualche rinnovamento, che comincerebbe nel secondo Ottocento con il
simbolismo e il decadentismo o addirittura col naturalismo e si prolungherebbe poi sino allinizio
degli anni trenta o sino allo scoppio della seconda guerra mondiale; altre volte si identifica invece
modernismo e avanguardia facendo coincidere il primo con i gruppi pi radicali e oltranzisti (dal
futurismo al dadaismo e al surrealismo) del primo quarto del Novecento; infine, altre volte ancora,
il termine viene usato per designare indirizzi e singoli autori innovativi del primo Novecento, ma
estranei e talora ostili alle avanguardie.
Il modernismo esprime laffermazione piena del moderno nel campo delle arti, dallarchitettura (art
nouveau) alla letteratura, dalla pittura (espressionismo, futurismo, cubismo) alla musica, insomma
tutto un Make it New! per seguire una notissima citazione di Ezra Pound. E daltronde la
progressiva affermazione del moderno era gi stata segnata dal primato delloggi, dallesigenza di
trouver du nouveau e di essere absolument modernes, gi enunciata da Baudelaire e da
Rimbaud. Ma quanto nella seconda met dellOttocento era coscienza di una lite ora diventa
esperienza condivisa di larghe masse, la nuova arte nasce, invece, democratica in senso,
sociologico. La prima frontiera che il modernismo traccia alle proprie spalle dunque quella contro
larmamentario ideologico dellestetismo, del simbolismo e del decadentismo europeo. Fare il
nuovo significa anzitutto ribellarsi contro la cultura artistica della generazione precedente, ormai
avvertita come anacronistica. I tre pilastri ideologici del decadentismo estetismo, simbolismo,
concezione protagonistica della figura del poeta in senso civile e/o profetico-oracolare sono
sostanzialmente estranei allatmosfera culturale del modernismo. Anche nel Regno Unito, per
esempio, fra la stagione di Walter Pater, Charles Swinburne e Oscar Wilde da un lato e quella di
Eliot e Joyce dallaltro la rottura evidente. Una seconda frontiera nei confronti del naturalismo,
sentito come espressione del positivismo e come manifestazione di una concezione della realt
borghese, conformistica, gerarchica, troppo schematica e sostanzialmente aproblematica. Il
paradigma della oggettivit scientifica si sbriciola. Realt e verit si soggettivizzano, diventano
problematiche. Questa seconda frontiera, anzi, pi facile da tracciare dellaltra giacch
inconciliabile con le premesse culturali della nuova tendenza, mentre il decadentismo, con le sue
suggestioni intimistiche e psicologiche, poteva offrire anche alcuni interessanti punti di riferimento.
Ma vero poi che anche la narrativa naturalista e realista, con la sua scelta di vedere il mondo dal
basso e per la sua stessa pretesa di visione totalizzante, poteva a sua volta costituire un punto di
partenza, come mostrano in Italia il debito di Tozzi e Pirandello verso Verga e nella letteratura
inglese quello di Joyce verso Flaubert (non solo nei Dubliners ma anche, come ben vide Pound,
nellUlysses). Per quanto riguarda la poesia, lo spartiacque col passato segnato
dalloltrepassamento del simbolismo e dal rifiuto di una sacralit orfica e oracolare ormai avvertita
come inattuale e persino regressiva. Il superamento del soggettivismo e del simbolismo verso il
correlativo oggettivo passo decisivo della poetica di Eliot, mentre Yeats raggiunge la maturit
lasciando alle spalle lestetismo romantico e tardosimbolista della sua prima produzione per una
poesia che pu oscillare fra un realismo persino prosastico e una apertura fantastica alla
impersonalit del mito e della great memory del mondo. Si capisce dunque che la categoria di
modernismo non pu essere usata in senso puramente cronologico, come se si trattasse di un
generico contenitore privo di identit. Piuttosto le va conferito un preciso valore critico
periodizzante e caratterizzante. Non copre solo un periodo, ma indica la tendenza principale che lo
qualifica, comportando dunque un criterio di inclusione e di esclusione. Da questo punto di vista, a
suo confronto altre categorie periodizzanti risultano sfuocate o inadeguate. Non solo, come si
visto, quella di decadentismo, ma anche quella che spesso ne ha preso il posto, con la definizione
del primo Novecento come let delle avanguardie.

THE VIRGIL SOCIETY:


La Virgil society stata fondata nel 1943 ed il suo primo presidente stato proprio T.S. Eliot con il
suo saggio che cose un classico. Lo scopo di questa associazione era, e continua ad essere, quello
di riunire tutti coloro che si interessano alla tradizione dellEuropa occidentale, che ha come suo
simbolo Virgilio. La partecipazione aperta a tutti, sia che sappiano leggere in latino oppure no.
Normalmente ci sono cinque o sei incontri allanno e si tengono il sabato pomeriggio presso la Casa
del Senato in Malet Street, Londra WC1E7HU. .
I relatori posso essere sia appassionati non professionisti che studiosi di alto livello ed alcuni di essi
sono Virgiliani internazionalmente riconosciuti. Gli interventi sono seguiti da un rinfresco per dare
lopportunit di incontrare e relazionarsi con i membri dellassociazione. .
La maggior parte delle relazioni vengono pubblicate in Proceedings of the Virgil Society, in cui si
trovano anche importati analisi delle opere Virgiliane.

WHAT IS A CLASSIC ?
T. S. ELIOT
. LONDON VIRGIL SOCIETY, 16 OTTOBRE 1944
Chiedendosi che cosa sia un classico267, riprendendo chiaramente lomonimo saggio di Sainte-
Beuve, Eliot afferma che qualsiasi definizione si possa dare, essa non potr mai prescindere dalla
figura di Virgilio. Per fare ci, lautore si avvale del criterio di variet secondo il quale ogni
studioso pu dare la propria testimonianza di Virgilio in relazione con le materie che conosce
meglio e sulle quali ha ragionato profondamente.

In merito alla parola classico, che ha avuto e continua ad avere diversi significati in diversi contesti,
Eliot sostiene che a lui interessa un solo significato in un solo contesto, ma non esclude che possa
utilizzarla anche in altri modi gi in uso: .
1) in uno scritto o in una conferenza, potrebbe avvalersi della parola CLASSICO per indicare un
autore standard in qualsiasi lingua, sottolineando non solo il suo grado di grandezza, ma anche la
sua importanza come scrittore nel proprio campo. .
2) in altre occasioni si riferir AI CLASSICI (the classics), intendendo da un lato la letteratura
latina e greca in toto, dallaltro i pi grandi autori di queste lingue. .
3) cerca di sradicare lantitesi tra CLASSICO e ROMANTICO: stando a questa contrapposizione, il
definire CLASSICA una qualsiasi opera darte implica la lode pi alta o il pi totale disprezzo
secondo il partito che si segue. Quello che Eliot sottolinea, che a lui non interessa definire unarte
in senso assoluto o in paragone migliorativo o dispregiativo rispetto alle altre. Un CLASSICO deve
avere certe qualit, qualit che sono tutte presenti in VIRGILIO, ma con ci, non significa che lui
sia il pi grande dei poeti e che la letteratura latina sia la migliore di tutte, affermare questo,
significherebbe svilire tutte le altre letterature. Non si deve considerare manchevole una letteratura
perch nessuno dei suoi autori o periodi compiutamente classico o perch, come succede con la
letteratura inglese, quello che corrisponde alla definizione di classico non il suo periodo migliore.
In realt, le letterature in cui le qualit classiche sono sparse tra vari autori e in vari periodi (come
quella inglese) sono le pi ricche.

CARATTERISTICHE PER DEFINIRE UN CLASSICO:

MATURIT: e la parola chiave per capire cosa Eliot intenda per classico. In primo luogo, bisogna
fare una distinzione tra classico universale (Virgilio) e classico come appartenenza ad una
letteratura. Un CLASSICO non appare se non quando una civilt, una lingua e una letteratura sono

Questo lavoro e basato sullo studio del saggio che cos un classico di T.S. Eliot in T.S.Eliot Opere, classici
267

Bompiani, Milano, 1993, pp. 473-495


mature, quindi, deve essere lopera di una mente matura. Luniversalit determinata
dallimportanza di quella civilt e di quella lingua ma anche dalla vastit di interessi spirituali del
poeta. Per definire il concetto di maturit, Eliot afferma che lascoltatore deve saperne il significato:
se siamo persone veramente mature, sapremo riconoscere la maturit in una civilt e in una
letteratura cos come la riconosciamo negli esseri umani che incontriamo. Nessun lettore di
Shakespeare non pu non riconoscere la graduale maturazione della mente del poeta: rapido
sviluppo della letteratura elisabettiana che passa dallacerbit tudoriana allo splendore dei drammi
di Shakespeare fino al suo declino. La maturit di una letteratura riflette quella della societ in cui si
manifesta: autori originali quali Shakespeare e Virgilio possono far molto per sviluppare la lingua,
ma non possono condurla a maturit se i loro predecessori non labbiano preparata prima. Ogni
letteratura ha una storia dietro di s che non riguarda solo le opere di diverso genere, ma anche il
progresso che una lingua fa nellacquisire la consapevolezza delle proprie possibilit dentro i propri
limiti.

LINGUA: essa, insieme a tutte le sue condizioni storiche, pu precludere lavvento di un periodo o
di un autore classico. La storia di Roma ed il carattere della lingua latina furono tali da rendere
possibile lIRRIPETIBILE ESISTENZA DI UN POETA CLASSICO

PROSA: Nella societ e nella letteratura i processi non maturano tutti simultaneamente ed in
maniera uniforme: il processo di maturazione della lingua, ad esempio, si riconosce pi facilmente
nello sviluppo della prosa rispetto che in quello della poesia. Contestualizzando, Eliot afferma che
in unepoca in cui lInghilterra aveva gi compiuto miracoli in poesia, la sua prosa era relativamente
immatura poich sviluppata per certi scopi ma non per altri, differentemente dalla prosa francese
che vede in Montaigne il suo precursore. Ci che troviamo in unepoca di prosa classica non
soltanto una convenzione comune ma una comunanza di gusto: lepoca che presenta uno stile
comune anche unepoca che ha raggiunto un momento di ordine e di stabilit. Quindi, la maturit
del linguaggio corrisponde alla maturit di menti e di costumi. Una lingua prossima alla maturit
quando gli uomini che la usano dimostrano di avere senso critico nei confronti del passato, fiducia
nel presente e nessun dubbio sullavvenire. In letteratura, ci comporta che il poeta abbia una chiara
idea dei suoi predecessori perch hanno suggerito risorse di linguaggio non ancora sviluppate. Uno
dei segni dellapprossimarsi ad uno stile classico lo sviluppo verso una maggiore complessit
nella struttura della proposizione e del periodo. Questo processo visibile nelle ultime opere di
Shakespeare in cui egli procede sulla via della complessit fina al massimo compatibile con i limiti
del verso drammatico. Tuttavia, la complessit non deve essere fine a se stessa ma deve essere
lespressione esatta delle pi sottili gradazioni di sentimento e di pensiero.
CONSAPEVOLEZZA DELLA STORIA: nella letteratura inglese la maturit di mente, di costume,
di lingua e di perfezionamento dello stile trovano la loro esemplificazione nel XVIII secolo,
soprattutto nella poesia di Pope. Tuttavia, sebbene ci fosse una mentalit matura, essa era ristretta: il
700 inglese, quindi, a dispetto dei suoi risultati di classicit che hanno un grande valore esemplare
per lavvenire, difetta di una qualche condizione che renda possibile la creazione di un vero classico
e per scoprire questa condizione, bisogna ritornare a Virgilio. Per parlare di classico, oltre alla
maturit di lingua, civilt e mente, occorre la consapevolezza della storia: non ci pu essere piena
coscienza della storia se non esiste qualche altra storia oltre a quella del popolo a cui appartiene il
poeta. Era una coscienza che Virgilio stesso fece sviluppare: fin dal principio, egli si avvalse,
adattandole, delle scoperte, dei canoni e delle innovazioni della poesia greca. Lesempio pi
calzante di tutto ci visibile nellincontro di Enea con lombra di Didone nel libro VI. Questo
uno degli episodi pi civili che si possano trovare in poesia: il comportamento di Didone appare
quasi come una proiezione della coscienza di Enea perch il fatto principale non tanto che lei non
lo perdoni ma quanto che lui non perdoni se stesso. La condotta dei personaggi virgiliani sembra
non seguire mai una norma di vita ristretta ad un solo luogo o gruppo umano, ma in rapporto al
suo tempo sia romano che europeo. Inoltre, presente una grande maturit di stile e di linguaggio
che non sarebbero stata possibile se egli non avesse avuto una letteratura dietro di s e non lavesse
profondamente conosciuta .

STILE COMUNE: quello che ci fa esclamare non: ecco un uomo di genio che adopera la lingua
ma ecco ci che realizza il genio della lingua. Nella letteratura europea moderna,
approssimazione migliore allideale di uno stile comune si trova probabilmente in Dante e Racine.

LA SUPERIORIT DELLA LINGUA LATINA: lopera di un classico davvero una benedizione


per il suo popolo e la sua lingua? I poeti latini che scrissero dopo Virgilio vissero e lavorarono
allombra della sua grandezza tanto che noi li misuriamo dal metro stabilito da lui. Pi fortunate
sono la poesia inglese e quella francese perch i loro poeti pi grandi hanno esaurito soltanto alcune
zone particolari. Leffetto prodotto da un classico su una letteratura non dipende dal carattere
classico, ma semplicemente dalla grandezza dellopera e ogni grande opera tende ad escludere il
riprodursi di opere altrettanto grandi dello stesso genere : soltanto dopo che la lingua si sar
sufficientemente alterata, pu nascere un altra grande opera. Il grande poeta esaurisce sempre e
soltanto una forma, mai lintera lingua, il poeta Classico, invece, non esaurisce soltanto una forma
ma lintera lingua del suo tempo che, se vero che egli un classico, sar una lingua che ha
raggiunto la propria perfezione. Non esiste un classico inglese. Che una letteratura culmini a
classico una questione di fortuna: si tratta in gran parte del grado di fusione dei vari elementi che
compongono una lingua perci le lingue neolatine possono avvicinarsi maggiormente al classico
non solo perch appartengono al ceppo latino ma perch pi omogenee dellinglese e quindi pi
naturalmente portate allo stile comune. Non ci si pu aspettare di trovare unapprossimazione alla
classicit in nessuna lingua moderna. Essa si pu trovare solo nelle lingue morte perch la loro
scomparsa ce ne ha procurato leredit, quindi tutti i popoli dEuropa ne hanno beneficiato. Ancora
una volta, il massimo esponente di questo processo Virgilio perch la natura della sua
comprensivit dovuta alla posizione unica che limpero romano e la lingua latina hanno avuto
nella storia.

COMPRENSIVIT e UNIVERSALIT: il perfetto classico deve essere uno scrittore in cui lintero
genio di un popolo se non rivelato a pieno, deve essere almeno latente. Il classico nascer soltanto
in una lingua il cui genio pu manifestarsi tutto in una sola volta,secondo il criterio della
comprensivit. Ci significa che il classico deve esprimere il massimo possibile dellintera gamma
di sentimenti che costituiscono il carattere nazionale dei parlanti della sua lingua. Egli rappresenter
tali sentimenti come meglio non si potrebbe ed eserciter unattrazione irresistibile sul suo popolo
trovando piena corrispondenza negli uomini di tutte le classi e condizioni. Quando un opera
letteraria, oltre a tale comprensivit in rapporto con la propri lingua, possiede anche un valore
rispetto a diverse letterature straniere, essa possiede anche luniversalit.

PROVINCIALIT:Senza lapplicazione costante della misura classica, di cui Virgilio si fa il


portavoce, tenderemo ad essere provinciali. Per provinciale oltre alle definizioni canoniche come
quella di mancanza di cultura o di vernice mondana della capitale o quella di ristretto di
pensiero, cultura e fede religiosa, Eliot intende anche un alterazione di valori che emerge
dallapplicare allintera esperienza umana criteri normativi acquisiti in un area delimitata. Bisogna
ricordare che lEuropa un tutto ed anche la letteratura europea un organismo i cui vari membri
non possono godere di buona salute se ununica corrente sanguigna non circola dappertutto: il latino
ed il greco sono la corrente sanguigna della letteratura europea.

IN CONCLUSIONE: Non si pu avere una reciproca comprensione se si esclude la comune eredit


di pensiero ricevuta dal latino e del greco e nessun popolo europeo si trova in una posizione di
vantaggio sugli altri perch nessuna lingua moderna potrebbe aspirare alluniversalit del latino
nemmeno se divenisse un mezzo di comunicazione universale tra popoli di ogni lingua e cultura.
Nessuna lingua moderna pu sperare di produrre un classico come Virgilio che il nostro classico,
il classico di tutta lEuropa.

AUTORI CHE SI RIFANNO AD ELIOT:

ITALO CALVINO268: in Perch leggere i classici, afferma Chiamasi classico un libro che si
configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi talismani. Riprendendo la teoria
delluniversalit di Eliot, definisce un libro come equivalente delluniverso, ma nel suo pensiero
c unevoluzione poich un classico pu anche stabilire un rapporto di opposizione e di antitesi Il
tuo classico quello che non pu esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in
rapporto e magari in contrasto con lui. Non c quindi da stupirsi del fatto che Calvino utilizzi il
termine classico senza fare distinzioni d'antichit, di stile e d'autorit perch quello che distingue un
classico il suo effetto di risonanza che si ritrova sia in unopera antica che in unopera moderna.

ROBERTO ANDREOTTI269: un filologo che, accorgendosi dellindebolimento del nostro rapporto


con gli antichi e della banalizzazione del mondo classico nellimmaginario collettivo, cerca di
recuperare la letteratura antica ponendola nelle pagine di un quotidiano per conferirgli una maggiore
vivacit nel rapporto con la letteratura odierna.

JOHN MAXWELL COETZEE270: si accorge dellimportanza dei seggi di Eliot poich essi sono il
tentativo di affermare lunit storico-culturale della cristianit occidentale europea, incluse le
province, entro cui le culture delle singole nazioni troverebbero spazio solo come parti di un
insieme pi grande. Diametralmente opposta la posizione di Chiara Lombardi 271 che sostiene che
Coetzee critichi il saggio di Eliot definendolo come una delle opere critiche meno riuscite
dellautore. Il testo stato scritto nellottobre 1944, quando le forze alleate combattevano
nellEuropa continentale ed i tedeschi bombardavano Londra e si prefiggeva il fine di considerare la
tesi che la civilizzazione dellEuropa dellOvest fosse una singola civilizzazione discendente da
268
Italo Calvino, Perch leggere i classici, Oscar Mondadori, Milano 1995
269
Francesco Piozzi, Hortus apertus, www.edu.lascuola.it
270
ibidem
271
Chiara Lombardi, Coetzee e i classici, lumanesimo, il mito, www.accademia.edu
Roma e dal mito Virgiliano di Enea. Coetzee considera come rigide profezie sia il rivendicare
unidentit europea e latina capace di includere e trascendere al tempo stesso lidentit londinese,
inglese e anglo-americana, sia lindividuare nellEneide un riferimento per dare senso allepoca
presente, poich contribuiscono a dare allEuropa un supporto storico fortemente conservatore.
Possono i grandi Classici come Virgilio servire a creare o a rivendicare unidentit? Coetzee
risponde in modo negativo e per definire un CLASSICO egli parte dal suo EFFETTO. Ricorda di
come da ragazzo si fosse casualmente imbattuto in una registrazione del Clavicembalo ben
temprato di Bach una domenica pomeriggio dellestate del 1955 nella periferia di Cape Town: in
quel momento di RIVELAZIONE egli stava vivendo leffetto di classico. Introduce, quindi, la parte
della RICEZIONE appellandosi alleffetto che la musica classica ha su di lui.

ANNA BELTRAMI272: Classici non si nasce, si diventa. Malgrado Eliot scopra nel Virgilio
dellEneide la naturale, immanente misura di una classicit spontanea, dietro ad ogni classico c
sempre una doppia nascita, un gesto che genera e un secondo che istituisce. Sono i moderni a
decretare quali siano e debbano essere riconosciuti come i loro classici. E per moderni si intendono
coloro che vivono il loro tempo, non necessariamente molto distanziato da quello dei loro classici
intesi, a loro volta, come modelli e pietre miliari di unidentit culturale che ad essi si rif e che da
essi discende perpetuandone la norma: non importa quando avvenga, limportante che avvenga il
riconoscimento dello statuto fondativo e paradigmatico perch un testo rinasca come opera e un
autore come classico. Per quanto riguarda lEuropa, la Beltrami afferma che in base al prevalere di
istanze nazionaliste o europeistiche, si valorizzano le arti e le letterature nelle diverse lingue
nazionali o, in alternativa, si esaltano le comuni ascendenze greco-romane che costituiscono il
cemento CLASSICO per eccellenza della comunit che vanta radici cristiane. Questo spostamento
di punti di vista con cui i moderni ridefiniscono i loro classici stato osservato da Salvatore
Settis273 nel libro Futuro del classico. La Beltrami crede, inoltre, che nel corso dei processi di
fissazione di una tradizione fondante che deve distinguere il bello ed il buono per escludere e
dimenticare il brutto ed il cattivo, nei momenti di massima incertezza insomma, si innesta la
tendenza a selezionare i modelli da replicare e imitare in continuit con il passato nella
prefigurazione del miglior futuro possibile. Una volta evidenziata questa simultaneit del
MODERNO e del CLASSICO , la categoria di classico risulta prevalentemente retrospettiva e
destoricizzante.

272
Anna Beltrametti, Gli antichi, i classici e le avanguardie: a proposito del teatro e della sua storia, www.raco.cat
273
Salvatore Settis, Futuro del classico, Einaudi, Torino, 2014
MARIO LUZI274: riferendosi alla poesia di Eliot, egli non la definisce solo come grande, ma come
una poesia che postula spontaneamente la dimensione di grandezza., senza la quale non ci potrebbe
essere vita. Eliot vive, infatti, in un momento di disperazione: lEuropa divisa tra le due guerre
aveva prodotto uno scetticismo corrosivo derivato soprattutto dal crollo delle filosofie idealistiche.
In questo scenario storico sorprendente come egli riesca a guardare con occhio fermo i frantumi
sparsi di una cultura che fu lucente e piena intravedendo la possibilit di servirsene per unopera
dello stesso carattere integrale di quelle che poggiavano su fondamenta sicure e compatte. La
grandezza di Eliot sta proprio in questo: egli non ignora e non rifiuta il carattere frammentario del
mondo moderno, anzi, se ne fa testimone e complice. Luzi definisce Eliot come il chirurgo ferito, il
medico ammalato dello stesso male del suo pazienze perch solo soffrendo fino in fondo la comune
malattia si sente autorizzato a parlare e, per quanto sia viva la sua volont di superarlo, egli rimane
fermo nelladerenza al presente. Di certo la misura del suo proposito molto alta poich egli tende a
collocare la sua produzione nellesperienza effettiva e dolorosa dei mali del suo tempo ed proprio
nel fondo dellesperienza sofferta che trova la fede, una fede severa che non offende il dolore del
mondo ma lo santifica. La storia e lopera complessiva di Eliot tracciano un itinerario spirituale che
va preso come punto di riferimento: del nostro secolo artistico egli traduce lessenza meglio di
qualsiasi altro autore.

MARIO PRAZ275: afferma che un grande poeta quello che esprime la pi grande intensit
emotiva del tempo suo, basata su quello che costituisce il pensiero del suo tempo, qualunque esso
sia. In questo senso, grandi poeti furono, ad esempio, Dante che si fece portavoce della religione
medievale o Jules Laforgue che esprime la crisi di pensiero e di societ dellOttocento; ed
esattamente laderenza al pensiero ed al sentimento del proprio tempo che rende grandi i poeti. In
questo ambito Praz inserisce Eliot asserendo che la sua vera originalit sta nel dare espressione
suprema ad unesperienza di carattere universale. Ogni poeta deve acquisire unampiezza di vedute
che la sua sola esperienza personale non gli consentirebbe, solo studiando lesperienza del passato
incorporata nella letteratura potr far in modo di arricchire il suo patrimonio di impressioni gi
sistemate in forme definite anzich affrontare soltanto un caos desperienze allo stato grezzo.

274
Mario Luzi 1965, in T.S. Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 1657-1659
275
Mario Praz, 1934 in , in T.S. Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 1596- 1598.
MARIO LAVAGETTO, ALESSANDRO SERPIERI e VALERIO MAGRELLI 276: Tutti e tre
partono dalla confutazione dellidea di Eliot secondo cui il classico esclusivamente il prodotto di
una civilt matura, giudicata unanimemente troppo angusta e colpevole di escludere dallinsieme
dei classici un gran numero di indubitabili capolavori. E tutti e tre arrivano, dopo lunghi
ragionamenti, a una definizione piuttosto generica e intuitiva di classico. Lavagetto sottolinea il
carattere instabile della patente di classicit, cos che ci che classico per una stagione pu non
esserlo per lepoca successiva: i classici sono i libri che si rileggono e che fanno parte di una
biblioteca ideale, si prestano a essere reinterrogati e non sono mai privi di risposte. Serpieri
passa in rassegna una serie di definizioni sullessenza del classico, tra cui questa, di Hans-Georg
Gadamer: Classico cos una specie di presente fuori dal tempo, che contemporaneo ad ogni
presente. Magrelli arriva ad affermare: La letteratura esiste nella misura in cui si crea un arco
voltaico fra lettore e autore poco importa che lautore sia vissuto mille anni prima, o abiti
dallaltra parte della strada. Il concetto di classico che esce dai tre saggi legato allattualit
perenne, a quella capacit dei grandi testi di farci sentire immediatamente intime e prossime le pene
di Saffo o i dubbi di Amleto.

CARMINE CATENECCI277: cerca di risolvere il dissidio tra attualit e inattualit del classico
affermando che Quando si ha a che fare con un classico, ogni sua ripresa , tanto pi feconda e
innovativa, se proprio sfruttando la forza del racconto e dellimmaginario, sa coinvolgere il
pubblico e attrarlo dialetticamente verso i significati storici originali e non, al contrario, se
semplicemente appiattisce il passato sulla dimensione ovvia del presente. Larricchimento nel
dialogo, non nellannullamento di un interlocutore nellaltro. In altre parole, il classico si fonda su
un movimento dinamico che congiunge attualit e inattualit e, sospeso in modo mirabile tra
eternit e caducit, gioca sul senso del tempo, mostrando ci che del passato si perde
irreversibilmente e, nello stesso momento, quelle passioni e pulsioni umane che si ripeteranno
finch esiste la specie umana.

BIBLIOGRAFIA:

Beltrametti Anna, Gli antichi, i classici e le avanguardie: a proposito del teatro e della sua storia,
www.raco.cat

Calvino Italo, Perch leggere i classici, Oscar Mondadori, Milano 1995

276
Carlo Carabba, www.nazioneindiana.com
277
ibidem
Carabba Carlo, www.nazioneindiana.com

Eliot T.S. che cos un classico in T.S.Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 473-495

Lombardi Chiara , Coetzee e i classici, lumanesimo, il mito, www.accademia.edu

Luzi Mario 1965, in T.S. Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 1657-1659

Piozzi Francesco, Hortus apertus, www.edu.lascuola.it

Praz Mario, 1934 in , in T.S. Eliot Opere, classici Bompiani, Milano, 1993, pp. 1596- 1598.

Settis Salvatore, Futuro del classico, Einaudi, Torino, 2014

SITOGRAFIA:

www. Biografieonline.it

www.laletteraturaenoi.it

www.lettere2.unive.it

www.treccani.it/enciclopedia/thomas-stearns-eliot/
Classici e classicit di Mario Luzi e Giuseppe
Pontiggia

Nica Dionisiadi

Roma, 2016
Indice
1. Mario Luzi e il suo discorso sui classici........................................................................................145
1.1 Mario Luzi ed i classici come tali..........................................................................................145
1.2 Classicit dei classici antichi.......................................................................................................146
1.3 La classicit di oggi......................................................................................................................147
1.4 Chi sono i classici?.......................................................................................................................147
1.5 Conclusione..................................................................................................................................148
2. Giuseppe Pontiggia e i suoi classici in prima persona.................................................................148
2.1 La monografia........................................................................................................................148
2.2 I classici in prima persona di Giuseppe Pontiggia...............................................................149
2.3 Il classico e la contemporaneit............................................................................................150
2.4 La permanenza del classico...................................................................................................152
3. Mario Luzi e Giuseppe Pontiggia. Le affinit e le differenze nel discorso sui classici..............154
Chi sono i classici? Quali sono i criteri dellattribuzione della classicit?....................................154
Qual il rapporto tra la classicit e la contemporaneit?..............................................................155
Si distribuisce il patrimonio classico?..............................................................................................155
Bibliografia........................................................................................................................................157
1. Mario Luzi e il suo discorso sui classici
Mario Luzi (1914 2005) stato un poeta e scrittore italiano, nato a Castello (Firenze).
Termina i suoi studi a Firenze a liceo classico Gallileo e sempre l si laurea in letteratura
francese nel 1936 con la tesi su Franois Mauriac. Mario Luzi allievo di un grande
filologo classico Giorgio Pasquali.

1.1 Mario Luzi ed i classici come tali


Nella raccolta dei saggi Naturalezza del poeta Luzi dedica un articolo critico Paragrafo sui
classici alla presenza del classico e latteggiamento verso di esso nel giorno di oggi.
Afferma che ogni generazione tende a riproporsi il quesito sul rapporto dellepoca
contemporanea con le opere classiche, pian piano moltiplicano le domande sulla probabilit
del rapporto con lepoca ormai allontanata. Dunque, appare unaltra problematica sui criteri
di attribuzione della classicit che si variano dalla generazione allaltra. Perfino la
definizione dellopera come classica non esige a volte nessun criterio di classicit, pi che
altro la persistente vitalit dellopera, necessariamente associata alla nostra epoca. Presume
anche che il rapporto con la classicit intonato in tutte le scuole era quello basato sullo suo
sfruttamento intellettuale e sul pregiudizio errato che classico vuol dire non altro che sempre
limpido e ordinato, ci viene mantenuto come tale dalle scelte eseguite dalla scuola stessa.
Tra gli antichi scrittori solo i grandi e puri stilisti e non per questo meno grandi poeti, sia
chiaro, dellet augustea dettano legge nei paradigmi educativi: sia in senso linguistico, sia
inevitabilmente in senso morale. (Luzi, 1995, p. 168). Mario Luzi crede che debba
esistere sempre un atteggiamento critico che non si limita alla semplice cumulativa
rimozione o adozione quasi di una categoria o di un modo. (Ivi, p. 171).

Accenna il mito infranto della classicit nellet contemporanea. Parte dallepoca


rinascimentale, in particolare dalla Scuola di Atene, implicando che gi in questo periodo il
mito esige drastici disconoscimenti ci suscit successivamente la crisi dellumanesimo e la
rivalutazione dellattribuzione di classicit non per la svalutazione dei classici ma per
linfrazione definitiva del mito della classicit. In seguito, linamovibilit assegnata ai
classici dallepoca classicista e il principio ipse dixit cedono posto alla mobilit e
allelettivit relativa alle esigenze concrete di ogni epoca e relativa anche alla percezione del
mondo e la psicologia dei lettori di un particolare epoca. In altri termini, ogni epoca,
esplicitamente o impercettibilmente, rende classici alcuni testi, li autorizza ad assumere
significato e forma esemplari e ne lascia perdere altri: in base a una richiesta di requisiti
stabilita da esigenze insieme irrefutabili e incalcolabili. (Ivi, p. 169). Per, nellepoca
classicista oltre alle stereotipe nate fece piede un principio della definizione del classico
come tale assai importante, cio il suo riconoscimento come insostituibile. Luzi sottolinea
che oggi non si trattano magari le lezioni morali e etiche, propriet morali ma ci che si
tratta pi elementare e primario, una relazione imponderabile tra vita e scrittura, tra
lettera e spirito.

1.2 Classicit dei classici antichi


Per quel che riguarda greci e latini, i classici per eccellenza, essi stanno alle basi del
concetto del classico come una norma del tenore di pensiero contrapposta a quelle altre.
Come asserisce Luzi, il valore dei classici nellepoca contemporanea abbastanza
indiscutibile, nondimeno i mutamenti si registrano. Soprattutto, la loro imminenza al lettore
di oggi diversa rispetto a quello di prima. Il vincolo con la classicit in genere e con
quella greco-latina in particolare oggi non codificato come lo fu in epoche dominate
dallumanesimo e regolate dal classicismo, ma esiste. (Ivi, p. 170). Si pu dire che per il
fatto di cosiddetta esistenza, del nostro atteggiamento pi o meno autonomo nei suoi
confronti, il vincolo di oggi ha una forza indiscutibile. Pi che altro, grande rispetto del
lettore contemporaneo e il suo inconscio riconoscimento dellopera sono dovuti alla loro
vitalit e persistenza con passar dei tempi e la loro intermittente continuit con passar delle
ideologie. Per il significato della nostra imminenza con classici di oggi pare indecifrabile.

A un livello pi conscio, gli autori greci e latini gettarono le fondamenta e diventarono


inevitabilmente la parte integrante di tutta la cultura occidentale, il suo paragone modello e
la fonte inesauribile delle idee. Dallaltra parte, c un grande retaggio e omaggio dato alla
tradizione greco-latina. Basta pensare del linguaggio giuridico fedele alla terminologia della
giurisprudenza romana magari sia per la fedelt appunto ai fondamenti del diritto e per la
continuit della tradizione, magari che per i soli motivi tecnici.
1.3 La classicit di oggi
La prerogativa della classicit umana quella di rappresentare unumanit definita, di essere
un pendolo della determinatezza e della certezza in unepoca di insicurezza, di rappresentare
un deposito della sapienza e congeniale esempio dellumanit. Gli incontri con la letteratura
propongono sempre un carattere beneficio contrapposto al caos della contemporaneit. Pu
darsi che per la differenza tangibile tra una cultura talmente omogenea nella sua variet e
quella nostra frammentata contemporanea, i contatti siano abbastanza episodiche e relazioni
non siano coerenti, ma non per questo infruttuose o meno intensi. La voce degli scrittori
autorevoli rassicura luomo di oggi sul passato e sulla continuit dellesperienza umana. In
questo senso (che non appaia, mi raccomando, diminutivo), i classici latini e greci sono i
maggiori, i vecchi, gli avi che dallalto della loro longevit confortano per il solo fatto di
esserci, anche se il contenuto dellesperienza che ambiscono a comunicarci di per s
tuttaltro che letificante. (Ivi, p. 173). Si pu che per il solo fatto di esistere ci danno delle
certezze che non sono assai molteplici. Per, lesperienza che aspirano a trasmetterci e il
loro reale valore nella qualit di archetipi, sembrano di poter essere esaminati per bene oggi
solo con laiuto della capacit analitica e autocritica.

1.4 Chi sono i classici?


Pi che altro, i classici proprio per la loro persistenza nel nostro sistema mnemonico e
psicologico come temi della nostra formazione si prestano a catalizzare fasi ed esperienze
della nostra vita. Funzionano anche come keepsakes. (ivi, p. 173). Secondo Luzi, i classici
sono autori, in tutto il senso di questo vocabolo. In primo luogo, per la loro concretezza e
per la loro conoscenza delluomo, in secondo luogo per il carattere convincente delle
espressioni, per la forza di rappresentazione del pensiero, per linsostituibilit e per
lesemplarit di esse (il principio detto una volta per sempre), non si stancano mai di
trasmettere i messaggi etici e di fare umanit prestargli attenzione - caratteristiche da
attribuirgli indubbiamente lappartenenza alla classicit.

I classici ci esprimono una richiesta di consapevolezza e di coraggio, sempre attuali nel


corso della storia. Cos a fianco allauctoritas di Lucrezio, Orazio classici sereni,
equilibrati, chiari appaiono classici tormentati come Seneca e Tacito. Sereni o tormentati ci
rappresentano compiutamente la loro accezione del mondo: ma peculiare della loro
auctoritas di consegnarci qualcosa che si assomiglia a un viatico. Potremo essergli infedeli
ma non dimenticarlo. (Ivi, p. 174).

1.5 Conclusione
Con laffermazione del cristianesimo lapprofondimento del concetto di classico non si
umiliato. E questo non solo perch unosmosi di cultura e di forme ci fu oggettivamente,
ma anche perch il mondo greco-latino conteneva in parecchi punti le inquietudini e i
tormenti che saranno poi il travaglio degli scrittori cristiani. (Ivi, p. 175). Oltre a ci, i
principi detto una volta per sempre, lauctroritas ne contribuivano notevolmente.

Mario Luzi conclude che il classico non solo un modello da seguire, un optimum ritagliato
dalle varie epoche (classico del classico), ma anche una virt sempre capace di rinascere
attraverso le epoche, di risorgere dalle ceneri, costituendo un fenomeno delliterazione e del
rinnovamento, una virt di lasciarci un messaggio da decifrare nelle epoche diversi e di
lanciarlo nelleternit.

2. Giuseppe Pontiggia e i suoi classici in prima persona


Giuseppe Pontiggia (1934-2003) uno scrittore e critico letterario italiano. Termina i suoi
studi liceali a Milano. Per necessit familiari inizia a lavorare in banca, collaborando
contemporaneamente con la rivista davanguardia il Verri. Nel 1959 si laurea allUniversit
Cattolica del sacro cuore con una tesi su Italo Svevo. Tra i suoi scritti sui classici, si pu
mettere in rilievo Il contemporanei del futuro: viaggio nei classici (1998) e I classici in
prima persona (2006).

2.1 La monografia
La pubblicazione della monografia sopraindicata una raccolta o meglio riproduzione
dellintervento di Giuseppe Pontiggia e il suo dialogo con Gino Ruozzi e Ivano Dionigi a un
omonimo incontro nel 2002 su invito del Centro Studi La permanenza del Classico.

La monografia a cura di Ivano Dionigi si integra con un altro discorso di Pontiggia su un


tema incrociato Di fronte ai classici. A colloquio con i Greci e Latini? Nella postfazione
della monografia si contiene un articolo critico di Ivano Dionigi che tira le somme del
contenuto nei capitoli del corpo.
2.2 I classici in prima persona di Giuseppe Pontiggia
Giuseppe Pontiggia era un filologo fino al midollo. Quindi non per caso che allinizio del
suo discorso parla dellesemplarit, della finezza, della vitalit dei classici proprio nel senso
linguistico, implicando prima classici greci e latini. Condivide totalmente lidea delle
interrelazioni tra letteratura, ideologia e linguaggio e si sorprende quanto potente possa
essere quellultimo. A questo proposito, riporta moltissimi esempi dei classici e la loro
capacit di esprimersi in modo impeccabile. Ho letto sistematicamente tutti i tragici greci
in originale, con la traduzione a fianco, ed stata per me unesperienza decisiva per
recuperare la potenza delle parole, perch in pochi versi io sorprendevo la potenza del
linguaggio. (Pontiggia, p. 15) Fa esempio che riguarda la retorica apice della potenza del
linguaggio, di cui lItalia erede. La retorica fiorisce ad Atene, il popolo pi litigioso
dellantichit, la cittadinanza pi disputante del mondo antico. (Ivi, p. 12). Afferma per
con rimpianto che la retorica ha una sua connotazione di immorale, quella di evitare la
responsabilit.

Promuove una formidabile visione della letteratura. La letteratura, dal punto di visto di
Pontiggia, la scoperta della potenza della parola, cos si pu segnalare che una delle
finalit della letteratura sia quella di scoprire la potenza del linguaggio dei classici. Essa (la
letteratura) recupera il senso delle parole, recupera la potenza del linguaggio, restituisce una
vitalit che la parola dei classici aveva e che noi riscopriamo tutte le volte che li leggiamo.
(Ivi, p. 16). Tra i classici, Pontiggia nomina Charles Dickens, scrittore inglese, uno stilista
memorabile. Questo autore, pur di non aver unistruzione approfondita, riusc a
rispecchiare tutta la tradizione classica antica nella tradizione inglese. Cita Petronio che
un ideale di mobilit narrativa, di leggerezza, di incisivit, di aggressivit scorrevole (Ivi,
p. 13), cita Sallustio e Seneca che sono una fonte viva di energia, unirradiazione di stile
(Ivi, p. 14), cita Erodoto, Eschilo, Maupassant ecc. molto interessante anche la riscoperta
di Dante da Pontiggia. Confessa che non lo comprendeva, non gli dava emozioni finch il
saggio di uno scrittore americano-inglese T.S. Eliot non gli avesse rivelato una nuova
visione dellallegoria come aggiunta di potenza alla poeticit dellimmagine (ivi, p. 17),
piuttosto che la sottrazione intellettualistica. Si potrebbe indovinare che Dante diventasse
dora in poi un auctoras per Pontiggia.
Inoltre, la parola dei classici era ed talmente autorevole, forte e potente che si usava spesso
come il punto di riferimento nelle diverse epoche storiche. Per esempio nell800 epoca
rivoluzionaria, lo scopo era quello di esercitare il potere, e luso delle citazioni classiche
rendeva il discorso sempre senzaltro convincente. Oggi, nellepoca di globalizzazione, il
linguaggio dei classici ha sempre una sua importante funzione, come ci dice Pontiggia. Io
direi che i classici sono lantidoto pi forte allinflazione del linguaggio. (Ivi, p. 19). Nello
sfondo generale delle unificazioni delle culture e tradizioni per gli interessi del mercato e
della perdita del peso della parola, la parola dei classici un antidoto allomogeneit e
custode della persuasione, dello stile raffinato e del valore di linguaggio. Essi ci insegnano a
cavare piacere del testo, ci coinvolgono, rendendo i testi memorabili.

2.3 Il classico e la contemporaneit


La domanda nasce spontanea nel discorso sui classici: quali sono i criteri dellattribuzione
della classicit? Come funziona classicit nellepoca contemporanea? Giuseppe Pontiggia
parte dallantichit romana e ne ammira il rispetto profondo verso la tradizione greca, che fu
in qualche modo la sua predecessora. Intanto, i latini badavano rigidamente alla
preservazione della propria cultura. Da parte di Roma, cera unammirazione enorme verso
la grecit, ma anche la consapevolezza del proprio spazio, soprattutto nellambito del
diritto. (Ivi, p. 24). Noi, essendo eredi di questa ricca tradizione, siamo stranamente primi a
scordarla, a rinunciare il grande deposito della sapienza di fronte allunificazione. Il
processo di globalizzazione tende inevitabilmente ad uno sfocamento delle culture nazionali
e dei valori letterari, a unamnesia della tradizione. Noi siamo i primi a liquidare il
patrimonio dellantichit, a circoscrivere lattenzione al presente, conformandoci alle
tendenze delle nazioni che non possono vantare altrettanta tradizione. (Ivi, p. 24-25).

A giudicare dalla sua esperienza, Giuseppe Pontiggia ammette che i criteri dellattribuzione
della classicit sono abbastanza soggettivi (ad esempio, per Eliot Virgilio era uno scrittore
classico, mentre Catullo non lo era). Esso personalmente ci espone la sua resistenza ai
canoni: Non credo al canone, pur capendo la sua funzione ideale e operativa (per esempio,
nelle scuole, il canone indispensabile. Io, pur rispettando gerarchie, classificazioni,
sistemazioni perch non possiamo eludere questa necessit critica ho forte resistenza a
indicare canoni: posso dire gli autori che hanno avuto per me una importanza vitale. (Ivi, p.
13). Mette in rilievo che il canone un problema sempre aperto. Quando insegnavo avevo
dei problemi a proporre come centrale la classicit in certi autori, perch io stesso non ne
ero persuaso. Il canone, la classificazione, larticolazione storico-critica sono sempre un
problema aperto. Oggi lo sono molto di pi, perch in effetti noi ci dobbiamo confrontare
con tradizioni etniche che sono radicalmente estranee alla nostra. (Ivi, p.25). In giorno di
oggi quando noi abbandoniamo per motivi ovvii il concetto della cultura eurocentrica,
affrontiamo inevitabilmente altre tradizioni, altre mentalit e altre percezioni dellessere.
Tutto ci, ci conduce a una revisione della nostra tradizione e a un suo confronto con le
altre, con cui vanno fatti conti.

Uno degli esempi pi lampanti di questo processo la cultura orientale, che rimane spesso
ai margini dellistruzione scolastica. Loriente con il suo sistema intrinseco del pensiero, che
recentemente diventato accessibile a un pubblico pi vasto, ci costringe a rivalutare la
nostra visione eurocentrica del mondo e di acquisire una visione caleidoscopica. Con
riferimento a Eliot, Pontiggia ci presenta lidea della piramide dove un elemento modificato
pu cambiare unintera struttura. Ovviamente, nel caso in cui accettiamo una visione del
classico dal punto di vista mondiale, lo spazio si pu ridursi notevolmente per i classici, nel
senso in cui ci siamo abituati, per dallaltro lato i nostri orizzonti si allargheranno molto di
pi.

Personalmente per Pontiggia lautore classico vuole dire vivo (gli autori del mondo latino
che io considero non solo vivi, ma anche esemplari, sono Ivi, p.14; un classico un
autore di cui noi decidiamo ogni volta che vivo Ivi, p.27), che ha bisogno s della critica,
ma non ha bisogno delle mediazioni culturali troppo complesse, le opere classiche sono
quelle che arricchiscono il lettore ogni volta che le rilegge e dicono sempre cose ci
riguardano e che ci toccano nellanimo. Un classico un autore che ci prende rapidamente:
dice cose che ci riguardano. una differenza abissale: la cultura d s un piacere molto
forte, ma un classico ti tocca in profondit. (Ivi, p. 27).

Dal punto di vista di Pontiggia, magari non sia necessario parlare latino o greco per produrre
unopera di grande dimensione, per diventare un classico moderno o per inventare forme
nuove del linguaggio, crede che sia indispensabile per non scordare mai dellimportanza
fondamentale dei classici che stavano alle basi della nostra tradizione. non dobbiamo
considerare la classicit come lunico accesso alle invenzioni delle forme e dei linguaggi:
dobbiamo considerarlo un patrimonio strepitoso e, per chi lo sa avvicinare, irrinunciabile.
(Ivi, p. 28).

2.4 La permanenza del classico


Giuseppe Pontiggia nel suo discorso sulla permanenza del classico traccia parallele molto
curiose con alcuni fenomeni della natura. Egli confronta la classicit con la costellazione
che si configura il punto di riferimento per viaggiatori. La seconda comparazione riguarda la
roccia basaltica che un prodotto dellesplosione ma formato dalla miscela degli elementi
diversi che rappresenta una forte compattezza nel suo insieme.

Pontiggia pone una domanda cruciale. Afferma che la classicit, nel senso del paragone
assoluto da imitare, fu minacciata nellepoca barocca. La classicit, come ideale
umanistico da imitare e da emulare, gi stata minata dalle amplificazioni barocche. E la
rivoluzione romantica si ribella a un magistero tematico e stilistico, come thesaurus da
conservare in modi coercitivi, e si apre alle esperienze pi radicali e imprevedibili, in una
idolatria della originalit che gli antichi ignoravano. (Ivi, p. 34).

I rappresentanti del romanticismo, sempre in antagonismo con i classicisti, lanciarono una


sfida alle idee precedenti e lodavano originalit, estranea per gli antichi. Alla fine, loro stessi
che giudicavano classici divennero classici. Ma, anche se erano nemici della classicit, non
la ignoravano del tutto. Oggi, invece i classici sono minacciati in un altro modo, si trovano
in maggiore pericolo rispetto a 200 anni fa. Questo grande nemica, secondo Pontiggia,
ignoranza, eventuale oblio dei classici. A differenza dei romantici che intendevano
capovolgere il sistema dei valori e cambiare drasticamente la loro gerarchia, oggi c il
rischio della sua scomparsa di fronte alle esigenze che ci implica la globalizzazione. C un
rischio tangibile di diventare un turista della storia che non domina n il passato, n il
presente. (Ivi, p.10). Nonostante ci, non c nessun dubbio sullattualit dei classici, dubbio
c per sulla nostra attualit.

Accennando la permanenza del classico oggi cita un brano di un grande umanista


contemporaneo, Giuseppe Bilanovich. Lumanista mette a fuoco calo dellinteresse nei
confronti della cultura classica. La prima testimonianza/causa la decadenza a tutti gli
effetti del livello della padronanza delle lingue classiche, dallo specialista allo studente.
Perfino il centro della lingua latina di oggi, la Chiesa cattolica romana, prega non pi
rigidamente ed esclusivamente in latino, ma consente luso delle lingue nazionali. La
seconda testimonianza lassenza del grande interesse nella societ verso la civilt classica
e, di conseguenza, verso il suo patrimonio culturale. La terza testimonianza legata alla
letteratura, il numero delle persone che leggono i classici in originale diminuisce
precipitosamente. La quarta testimonianza rivela la necessit di spiegare, di far scoprire la
nostra cultura classica ai rappresentanti delle altre nazionalit e razze con un background
assolutamente diverso. pensavo che o noi eredi della civilt occidentale riusciremmo
dentro qualche decennio a proporre come tuttora validi i valori intimi della cultura classica
letteratura, filosofia, arte ai cinesi, agli indiani e agli africani, agli uomini di altra origine e
tradizione che sono diventati e sempre pi diventeranno partecipi della nostra vita, o quella
cultura si ridurr al fossile (Ivi, p. 36).

Nel suo commento alla citazione di Bilanovich, Pontiggia tocca pi o meno gli stessi
argomenti. Inizia dal concetto di integrazione e lallargamento della visione eurocentrica al
di l dei suoi confini che porter a un amplificazione del paesaggio. Occorre piuttosto
raccogliere una sfida fatta non di eliminazione, ma di integrazione. Questo comporter
collocare i classici su uno sfondo pi ampio, in cui siano idealmente presenti le altre
tradizioni. (Ivi, p. 36) In questo caso, ovviamente, va fatta la selezione e a un certo punto
labbandono del miraggio eurocentrico, in cui ci riconosciamo solo parzialmente, ma in
nessun modo va svolto labbandono del retroterra storica. Tutto ci, ci insegner ad avere
una poliedrica visione del mondo.

In secondo luogo, asserisce che la resa alla rimozione nello studio dei classici
laspetto inquietante della Nuova Scuola. Non credo sia un processo irreversibile e va fatto
ogni sforzo per contrastarlo. (Pontiggia, p. 38). Accusa la scuola di non essere capace di
sviluppare una coscienza critica dellalunno, dello spreco delleredit classica e del poco
coinvolgimento del classico nelle scuole contemporanee. Lo spazio progressivamente
ridotto che viene riservato alla classicit sembra appagare quella sete di ignoranza che
attanaglia i nostri contemporanei e che i legislatori scolastici si industriano di soddisfare nei
modi pi agevoli, ovvero sfrondamenti ed emarginazioni. (Ivi, p. 37) Esorta lItalia alla
conservazione delleredit di cui siamo diretti beneficiari e di non sacrificare la sua identit
storica.
3. Mario Luzi e Giuseppe Pontiggia. Le affinit e le differenze nel
discorso sui classici.
Dopo aver attentamente letto entrambe monografie, vorrei fare una conclusione che riguarda
le problematiche poste da due autori. Tra i punti di riferimento principali si pu elencare le
domande come: chi sono i classici? Quali sono i criteri dellattribuzione della classicit?
Qual il rapporto tra la classicit e la contemporaneit? Come si distribuisce il patrimonio
classico?

Chi sono i classici? Quali sono i criteri dellattribuzione della classicit?


Mario Luzi sottolinea che la definizione dellopera come classica nel giorno di oggi a volte
non sottoposta a nessun criterio. Funziona appunto il meccanismo di elettivit quando la
generazione seleziona i testi a giudicare dalle scelte personali. Non sempre badano
allarmonia e chiarezza del testo ma badano alla vitalit dellopera, la sua attualit per il
lettore, la relazione imponderabile tra la vita e la scrittura. Inoltre, aggiunge che nellepoca
classicista apparso un criterio, valido fin oggi, cio linsostituibilit dellopera. I loro temi
rimangono per sempre nel nostro sistema mnemonico e psicologico durante la nostra
formazione. I classici sono autori per eccellenza per la loro conoscenza delluomo, per la
forza del pensiero e del linguaggio. Sono senzaltro esemplari, i messaggi che ci
trasmettono, noi li percepiamo detti una volta per sempre. I classici, sereni o tormentati,
esprimono allumanit una richiesta di consapevolezza e di coraggio .

Vorrei sottolineare che entrambi autori si concentrano maggiormente sui classici


dellantichit. Giuseppe Pontiggia, come Mario Luzi, parla del classico come di qualcosa
esemplare, vitale e fine. Per, a sua volta, accentua di pi la questione proprio linguistica.
Da questo punto di vista, rivela la letteratura come la scoperta della potenza della parola,
come il recupero della potenza del linguaggio. Inoltre, direi che la visione del classico da
Pontiggia molto pi soggettivo, esso considera classico il testo che gli d emozioni, che gli
fa scoprire sempre qualcosa alla seconda, terza ecc. lettura, il testo da cui lui stesso cava il
piacere. Dal suo punto di vista, classico anche autorevole, la parola dei classici era ed
spesso il punto di riferimento. A questo proposito, supporrei che parla dellintermittente
continuit del messaggio trasmesso dai classici.
Qual il rapporto tra la classicit e la contemporaneit?
Luzi parla del mio infranto della classicit, dice che la tradizione classica oggi revisionata
e rivalutata. Oggi la selezione del classico come tale abbastanza soggettiva, elettiva e
autonoma. Il vincolo con la classicit nella nostra epoca contemporanea non pi regolato,
come lo fu nellepoca Rinascimentale o Classicista. Pi che altro, questo vincolo, secondo
Luzi, pare indecifrabile. Lautore mette in rilievo che limminenza dei classici al lettore
contemporaneo diversa rispetto a quella di prima. Il lettore di oggi prova un grande
rispetto nei confronti dei classici per il solo fatto della loro esistenza, della loro capacit di
trasmettere sempre il suo messaggio con passar dei tempi e delle ideologie. Soltanto con il
fatto della sua esistenza e della loro abilit di rinascere, ci rassicurano sul nostro passato,
sulla continuit dellesperienza umana, ci danno delle certezze.

Giuseppe Pontiggia nel suo discorso sulla relazione tra la classicit e contemporaneit
sottolinea il processo della globalizzazione e le sue conseguenze come lomogeneit,
lamnesia della tradizione, linflazione del valore della parola. Per parla dellantidoto alla
globalizzazione che appunto la parola classica, custode dello stile, del piacere e della
persuasione. Inoltre, nella nostra epoca globalizzata appare un altro problema, quello di
attribuire i criteri della classicit. Pontiggia, personalmente, non crede n ai canoni, neppure
alle classificazioni anche se li considera senzaltro utili per scopi scolastici. Parte come gi
stato detto sopra dalla sua soggettiva percezione. Per, confessa che quando insegnava
alluniversit certe volte dubitava chi pu nominare il classico. Avanza una visione che noi
adesso dobbiamo guardare al di l della cultura eurocentrica, non escluso che cos si riduci
lo spazio per i nostri classici, ma non escluso neanche che i nostri orizzonti si allarghino
notevolmente. Parla dellintegrazione e non delleliminazione.

Si distribuisce il patrimonio classico?


Mario Luzi presume che lapproccio alla classicit come se fosse un deposito della sapienza
errato. Il pregiudizio sul classico come qualcosa sempre limpido e ordinato non
corrisponde neanche alla realt. Luzi ci invita ad avere un certo atteggiamento critico
quando rileggiamo i classici che non si limita alla semplice adozione o rimozione delle
categorie. Parla del piano abbandono della cultura classica.
Giuseppe Pontiggia tocca lo stesso argomento e dice che noi gli eredi beneficiari della
cultura classica, siamo stranamente i primi a liquidarla sullo sfondo della globalizzazione. I
nemici pi grandi della classicit nel giorno di oggi sono lignoranza e disinteresse.
Nonostante ci, non c nessun dubbio sullattualit dei classici, dubbio c per sulla nostra
attualit. Giuseppe Pontiggia critica la scuola, come lo fa Mario Luzi, di non essere capace
di sviluppare la coscienza critica dellalunno, dello spreco del patrimonio culturale e del
poco coinvolgimento degli studi dei classici nelle scuole. Fa un appello allItalia di
intraprendere le misure per conservare lidentit storica.
Bibliografia
Luzi Mario, Paragrafo sui classici in Naturalezza del poeta, Garzanti, Milano 1995,
pp. 167-176
Pontiggia Giuseppe, I classici in prima persona, Arnoldo Mondadori Editore, Milano
2006
Tatti Silvia, Classico: storia di una parola, Carocci editore, Roma 2015, pp. 71-73

Risorse online

http://www.chiavidellacitta.it/firenzepermarioluzi/luzi-classici-latini/
http://www.italialibri.net/autori/pontiggiag.html
Laura Federici 1500715

Classico: occorrenze e accezioni del termine nelle opere di Cesare Pavese

Lestrema vitalit del termine classico registrata nellambito della nostra tradizione incontra nel
pieno della temperie storico-culturale del Novecento il suo momento di massima esplicazione,
permettendo a quellinnata pluralit semantica, che ne denota limpiego sin dalle prime occorrenze,
di assurgere a cifra stilistica ormai consolidata nel variegato panorama delle riflessioni sullarte e
sullevolversi dei suoi meccanismi di ricezione. Nel clima fervido di sperimentazione e di revisione
dei linguaggi, classico acquista molteplici nuovi significati e relative modalit dimpiego nei
contesti pi diversi, in virt delle quali possibile rivalutare la carica polisemica del termine,
divelto dalluso fin qui quasi esclusivo allambito artistico-letterario. Al fine di cogliere appieno le
novit insite nella rivalutazione e nel rinnovamento del sostrato semantico del termine classico, il
presente lavoro si propone di indagarne le occorrenze e le peculiarit semantiche nellambito della
produzione letteraria di una delle personalit chiave della letteratura e delleditoria italiana della
prima met del Novecento: Cesare Pavese. Il tentativo di ricostruire la genesi e levoluzione del
sodalizio di Pavese con i grandi classici della tradizione, sodalizio declinato nella duttilit semantica
instillata nelle diverse occorrenze di classico e nella variet delle valenze insite nella personale
concezione del concetto di classicit, ha reso imprescindibile lapproccio non solo agli scritti
pubblici ma anche e soprattutto alla produzione privata, in linea con una concreta e vitale attuazione
del binomio di letteratura e vita, scelte di stile e scelte esistenziali. Lindagine stata condotta
confrontando il corpus delle lettere curate da Lorenzo Mondo e Italo Calvino nelledizione del 1966
per Einaudi, le pagine del Mestiere di vivere nelledizione condotta sullautografo a cura di
Marziano Guglielminetti e Laura Nay, la raccolta dei Saggi letterari e altri scritti significativi,
primo tra tutti Feria dagosto.

Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo 1908 Torino 1950) considerato allunanimit uno degli
intellettuali pi eclettici del panorama culturale novecentesco: poeta, saggista, traduttore, critico
letterario, personalit di spicco tra i fondatori e i collaboratori della casa editrice Einaudi,
protagonista indiscusso, accanto a Elio Vittorini, di una vera e propria rivoluzione di gusto e di
prospettive in seno agli orizzonti letterari del tempo. Lo studio della lingua e della cultura inglese
infatti, durante gli anni del liceo classico DAzeglio, lo avvicineranno felicemente ai testi dei grandi
autori della letteratura angloamericana, di cui diverr in Italia principale referente ed assiduo
cultore. In questi anni, il liceo DAzeglio di Torino va delineandosi come una prolifica fucina di
giovani intellettuali, basti pensare a un diciottenne Pavese, a Leone Ginzburg, Norberto Bobbio,
Massimo Mila, Tullio Pinelli, e a un giovanissimo Giulio Einaudi, i quali ebbero tutti la possibilit
di sperimentare il nuovo metodo dinsegnamento proposto da Augusto Monti, professore di
letteratura italiana e materie classiche, pedagogo illuminato e acuto saggista.
Al fine di risalire alle condizioni e alle temperie culturali che hanno instillato nel giovane Pavese il
richiamo prepotente alla classicit, accennare brevemente allattivit e alla carica innovativa di
Monti non affatto superfluo: egli si rese promotore di un rinnovato insegnamento delle materie
umanistiche, dedicandosi in particolare allo svecchiamento dellapproccio al testo classico,
argomentando le sue tesi nel suo Scuola classica vita moderna, saggio pubblicato nel 1923 nelle
gobettiane Edizioni per la Rivoluzione Liberale, in cui leggiamo:
Lo scopo apparente dellistruzione classica, per la generazione che volge ora al tramonto, fu, se mal non mi
appongo, di far degli scolari dei filologi, cio di instillare nei discepoli lo spirito scientifico, di dare ad essi
labito dellanalisi, della ricerca del fatto, del fenomeno, e di attutire e soffocare in pari tempo le native
facolt dellintuizione, dellimmaginazione, le facolt, per dirla in breve, mitologiche[] Ora, a guerra
finita, evidente anche ai pi ciechi ammiratori del filologismo, che quello scopo svanito del tutto278.

Lintento, la missione del Professor Monti, dunque, non era quella di formare e indottrinare una
nuova cerchia di filologi e scienziati del testo, ma piuttosto una fertile ed erudita generazione di
uomini:

per noi di lettere portare la vita nella scuola vuol dire portare nella scuola i classici: essi sono la vita viva, la
realt reale, sempre fresca, sempre accessibile, [] i pi uomini, quelli che la tradizione ha universalmente
ritenuto i pi grandi.

Appare evidente come la carismatica personalit del Monti abbia profondamente inciso sulla prime
fasi di costituzione della forma mentis pavesiana, poich proprio negli ultimi anni degli studi
liceali che pu essere individuata la stagione delliniziazione di Cesare alla lingua e alla cultura dei
classici, la fase preparatoria di un lungo e laborioso colloquio con gli autori dei secoli trascorsi
che si tradurr, ben presto, in un inesauribile scambio di immagini, di linguaggi, di esperienze
umane.

Se le debbo dire, io penso che a dischiudermi la vita sono stati in gran parte i libri. Dapprima, abbagliato dai
grandi nomi mi fermai sui poemi omerici, sulla Commedia, su Shakespeare, su Hugo. Dopo quattro anni di
fatiche e dopo che lei ci ha insegnato a leggere a poco a poco, ho capito qual la loro magia. [] esse, le
opere di poesia, sono il riassunto dei secoli conservati appunto viventi: viventi, questa la grande parola che
ho trovato a forza di fatiche non poche.279

Cos scriveva ad Augusto Monti in una lettera dellagosto del 1926, in cui lallievo pone
lattenzione sulleducazione alla lettura da egli impartitagli durante gli anni degli studi liceali, sulle
illuminanti indicazioni con cui il Monti ha insegnato a leggere a poco a poco, potremmo dire a
intelleggere il testo in una prospettiva del tutto nuova, lungi da un approccio sterile e pedissequo
al testo, ma volta a riscoprire e suggellare una linea di continuit con il mondo classico avvertita
come indispensabile e necessaria. E di mano in mano che mi si scopriva questa che ritengo una
mia verit, di mano in mano che trovavo nei libri la vita dei secoli trascorsi, mi cresceva lardore a
conoscere la nostra vita attuale280: lobiettivo sperato era quello dimmergersi nel fondale della
classicit e sondarne gli spazi inesplorati, con lanimo e con gli strumenti traboccanti di smanioso e
sincero entusiasmo, con lemozione di chi si accinge a rintracciare, nelle parole e nelle storie di chi
ci ha preceduto, nuclei costitutivi dellesistenza umana comuni alle generazioni di ogni tempo. I
classici, per il giovanissimo intellettuale delle Langhe, si connotano come i viventi, i sempiterni, i
possessori di quel nocciolo dellumanit, di quellatomo fascinoso di cui possibile risalire al
nucleo originario e in cui ognuno pu scoprirsi riflesso, pu cio identificarsi come parte di un
bagaglio universale di voci e di vissuti, insomma, qualcosa di pi che un comune giro di
stagione281.

278
A. MONTI, Scuola classica e vita moderna, Torino, Einaudi, 1968, p. 14.
279
C. PAVESE, Lettere, (a cura di) L. MONDO e I. CALVINO, 2 voll., Torino, Einaudi, 1966, vol. I, p. 26.
280
Ivi, p. 27.
281
C. PAVESE, La luna e i fal, Torino, Einaudi, 1982, p. 1.
Emerge, tuttavia, dallo spoglio delle lettere e degli scritti relativi al periodo degli studi liceali, che
laggettivo classico non compare in nessuna della sue accezioni, ovvero Pavese ragiona sulla sua
neonata consuetudine con il mondo della classicit e i suoi autori quasi citandoli in absentia,
optando per la messa in evidenza della caratteristica che meglio sembra connotare la loro funzione e
il loro effetto sullimmaginario del lettore contemporaneo: viventi.
Ancora nella lettera sopracitata, Pavese confesser di studiare

il greco per potere un giorno ben conoscere anche la civilt omerica, il secolo di Pericle, e il mondo ellenista.
[] Scorrazzo cos, aiutato dalla conoscenza (poca ma cresce) del pensiero del tempo, tra tutte queste civilt
che durano ora unicamente nella poesia, mi esalto dei loro ideali, e in essi guardo il cammino e cos studio la
vita moderna.

lagosto del 1926 e Cesare, conseguita da poco la maturit classica con indirizzo moderno282 e
intenzionato ad intraprendere gli studi di lettere, decide di recuperare in brevissimo tempo le
nozioni di lingua e letteratura greca di cui era mancante, in quanto richieste in quegli anni per
laccesso alle facolt umanistiche. Il fascino della classicit greca eserciter uninfluenza decisiva
sulle illusioni dorate di un giovane inesperto283, verr cio a configurarsi come un repertorio di
modelli imperituri che attende solo di essere interrogato, sviscerato, riscoperto e reimpiegato nella
prassi della vita moderna, una missione a cui Pavese non solo non verr mai meno, ma che verr a
costituirsi come una delle peculiarit della sua cifra stilistica, una voce controcorrente nella prassi
letteraria del tempo, una scelta dal carattere antipodico o addirittura eversivo284. in questa
stagione che possibile rintracciare la fase embrionale del grande progetto di Dialoghi con Leuc,
lopera che costituir il culmine di una mai interrotta intima frequentazione con i grandi classici
della letteratura greca, una consuetudine necessaria per dovere personale e per il semplice motivo
che la radice di tutte le civilt pare che sia l dentro285, scriveva allamico Tullio Pinelli
nellottobre dello stesso anno. Il periodo degli studi universitari, allietato dal mai abbandonato culto
degli autori classici, coincide con lapertura di Cesare al mondo della letteratura americana, in
particolar modo alla felice scoperta della poesia di Walt Whitman, nonch allambizione di poter un
giorno ottenere una proposta di collaborazione da parte della Colombia University. Lapparente
eterogeneit dei suoi studi, la variet a tratti inconciliabile dei temi e degli autori oggetto delle
letture e degli studi pavesiani, sveglia inevitabilmente la curiosit dei suoi amici pi intimi, ai quali,
interrogato sulle ragioni che lo spingono a coltivare un pantheon cos ampio di autori, egli
risponder:

In quanto alla concordanza degli studi classici con W. Whitman, a parte il fatto che io ammiro ciascun
grande del suo tempo e quindi Platone nellet di Pericle e Whitman nell800, avrai gi capito dal corpo della
lettera che la concordanza non il mio forte. 286

Appare evidente come quello che sembra rivelarsi uno dei primissimi impieghi, se non addirittura il
primo, dellaggettivo classici, qui posto accanto a studi, sia funzionale alla rievocazione

282
I ginnasi e i licei moderni entrarono in vigore con la legge Credaro 860 del 21 luglio 1911, le cui istruzioni relative ai
programmi furono approvate dal Regio decreto 1 21 3, 28 settembre 1913. Esse non prevedevano lo studio delle lettere
greche, bens linsegnamento di una seconda lingua straniera (inglese o tedesco) e un lieve incremento dello studio delle
materie scientifiche.
283
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 27.
284
A. BRUNI, Pavese controcorrente: i Dialoghi con Leuc, Cuadernos de Filologa Italiana, 2001, p. 76.
285
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 42.
286
Ibidem.
dellintera attivit di lettura e di traduzione che si andava affinando grazie ad una lunga
consuetudine con gli autori della classicit latina ma soprattutto greca, in riferimento dunque a testi
collocati in un contesto storico-culturale ben determinato. In questa occorrenza specifica possibile
riscontrare unulteriore possibile valenza, la quale non va ad escludere affatto la precedente, ma
contribuisce al contrario allinspessirsi della profondit semantica : classico sembrerebbe indicare
ciascun grande del suo tempo, la personalit che meglio impersona e rievoca lo spirito della sua
epoca e allinterno della quale spicca per eccellenza dello stile e dei contenuti, a tal punto da
assurgere cos a manifesto del gusto e delle convenzioni culturali imperanti nella contingenza
storica in cui si trova ad operare. Lesemplarit del vir magnus, tuttavia, non risiede esclusivamente
nelleccezionalit della sua produzione letteraria, ma sembra investire anche la sfera dei rapporti
umani in relazione alla compagine storica e sociale di riferimento, marcandone la capacit di farsi
portavoce delle istanze culturali e dincidere in maniera significativa sul processo di formazione dei
modelli. Limpiego di classico con questa specifica accezione compare in una missiva del 29
novembre 1929 indirizzata ad Antonio Chiuminatto, giovane musicista italoamericano, con il quale
Pavese coltivava con entusiasmo un vivo scambio di idee e dinteressi, tra i quali spiccava il
desiderio di documentarsi sui recenti sviluppi nel panorama letterario americano, cos come emerge
da quanto segue:

One month ago I discovered in Rome a certain Library for American Studies in Italy but also this one is
little acquainted with modern poetry or novel publications of America and only owns classics or non-
literary works287 (Un mese fa scopersi a Roma una Biblioteca di studi americani in Italia ma anche questa
poco al corrente delle pubblicazioni recenti di poesia o di romanzi in America e possiede solo [propri]
classici e opere non letterarie).

Pavese, con ogni probabilit, concepiva come classici (propri) americani i grandi autori della
letteratura statunitense, fondativi di una tradizione alla cui porta, in quel triste periodo di
abbassamento delle lettere italiane288, gli avventurieri della nostra scena culturale si affrettavano a
bussare, ma non solo. Gli Americani sono coloro che possono insegnare agli Europei come la
caotica e quotidiana realt nostra e la loro pu essere trasformata in pensiero e fantasia289, e di
questi nuovi classici non possiamo che mutuare gli aspetti a noi pi congeniali della poetica di cui
sono portavoce, cos da riprodurre e innestare nella nostra tradizione letteraria l del loro
linguaggio. Potremmo chiederci dunque: quali sono gli autori americani a cui Pavese fa riferimento,
ma soprattutto quali sono le caratteristiche denotanti la loro presunta classicit? Particolarmente
eloquenti in tal senso risultano le parole di Pavese destinate al breve ma indicativo articolo Ieri e
oggi, pubblicato su LUnit il 3 agosto 1947:

[] Le conquiste espressive e narrative del 900 americano resteranno un Lee Masters, un Anderson, un
Hemingway, un Faulkner vivono ormai dentro il cielo dei classici, - ma quanto a noialtri nemmeno il digiuno
degli anni di guerra bastato a farci amare damore quel che di nuovo ora ci giunge di laggi. 290

Lolimpo dei classici si popola degli autori di quella dozzina o poco pi di libri sorprendenti che
uscirono oltreoceano in quegli anni (verso il 1930)291, tra i quali sembra primeggiare Anderson,

287
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 156.
288
Ivi, p. 335.
289
C. PAVESE, Saggi letterari, Torino, Einaudi, 1982, p. 265.
290
C. PAVESE, Saggi letterari, cit., p. 175.
291
Ivi, p. 174.
definito da Pavese un classico e personalissimo scrittore292, per il merito di aver saputo restituirci
immagini dolorose e pensose e risolutive di vita moderna, insieme elementari e complicatissime,
[] belle di una bellezza che supera la pagina scritta.293 Dalla penna di tali scrittori emergono i
sentimenti e le trasformazioni che pulsano in seno alla dinamica societ doltreoceano, essi si fanno
interpreti e portavoce delle contraddizioni insite nella patria e nella societ del sogno americano,
conferendo un posto di primo piano all uomo vivo e alla sua storia. La grandezza di tali opere,
inoltre, risiede nel fatto che in esse brulica e simpone agli occhi del lettore un nuovo linguaggio, da
non confondere con una banale riproduzione del dialetto locale potenzialmente obsoleto ai neofiti
del genere, bens un nuovo sistema dimmagini e simboli in grado di riprodurre fedelmente le
istanze di una societ nuova, altra, diversa, capace di costringere senza residui la vita quotidiana
nella parola294. La classicit che Pavese riscontra in tali autori intesa come linnata capacit di
convertire la carica emozionale ed espressiva di una compagine sociale cos densa e variegata in un
repertorio dimmagini completamente rinnovato, in una poesia che non mera riproposizione di
immagini di vita reale, ma ne costituisce lessenza, il distillato di uno stile ideato, creato e assunto a
manifesto di un nuovo spirito e di una nuova realt. Questa maniera tutta americana di
imprigionare la realt nella parola costituisce per Pavese uninnovazione preziosa quanto
suggestiva, in grado di sconvolgere il concetto stesso di realismo e dinfluenzare intere generazioni
di scrittori e fotografici lirici della realt in cui egli stesso confesser di riconoscersi:

Altri [...] dir dellimportanza che quegli esperimenti e quelle ricerche [di Gertrud Stein] ebbero per la
rinascita letteraria non soltanto nordamericana del dopoguerra; [] quel conturbante realismo della vita
subconscia che resta a tuttoggi il pi vitale contributo dellAmerica alla cultura. Hanno detto di me che
imitavo i narratori americani, Caldwell, Steinbeck, Faulkner, e il sottinteso era che tradivo la societ italiana.
Si sapeva che avevo tradotto qualcuno di quei libri. [] Dunque cera in me qualcosa che mi faceva cercare
gli americani, e non soltanto una supina accettazione.

Influenzato e animato dallincidenza della pratica americana sul rapporto tra scrittura e societ, tra
poetica personale e vissuto collettivo, tra le strutture del linguaggio e la sfera valoriale di cui si fa
portavoce, anche Pavese cercher dintessere la propria irripetibile classicit, maturando
significative riflessioni in merito a una categoria, o pi precisamente a una qualit, la cui ricerca,
come questo studio non mancher di evidenziare pi avanti, diverr il leitmotiv predominante
dellultima fase della sua carriera.
Al fine di riuscire nel tentativo di leggere la mobilit semantica della parola classico nelle note e
nelle opere di Pavese, alla luce del progressivo evolversi dei suoi studi e in costante dipendenza
dalle dinamiche esistenziali in cui si trovava a vivere ed operare, sar utile procedere per fasi,
inserendo le sue riflessioni in precisi quadri cronologici.
Tra le note del suo Mestiere di vivere relative agli anni compresi tra la fine degli studi universitari
ed il periodo immediatamente precedente allarresto occorso nel 1935, si susseguono citazioni
erudite e riflessioni di natura prettamente filologica che Pavese condivide con Monti, Pinelli, il caro
amico musicista Chiuminatto, Carlo Sturani, le quali denotano la continuit degli studi coltivati da
Cesare e unormai affermata familiarit con i testi e le auctoritates classiche. Un approccio pi

292
Ivi, p. 42.
293
Ivi, p. 38.
294
Ivi, p. 174.
facilitato ai testi in lingua originale fu reso possibile in virt degli approfondimenti scelti da Pavese
durante gli ultimi anni degli studi di lettere, in cui pianific di intensificare lo studio della
grammatica latina, biennalizzando lesame di Letterature e lingue classiche del professor Augusto
Rostagni, insigne filologo classico e autore di approfonditi studi sullestetica antica, personalit non
meno determinante di Augusto Monti nelliter degli studi pavesiani.
Confrontando dunque gli scritti di Pavese posti sotto esame nel presente studio e vergati in questa
fase della sua parabola artistica, emerso come, nonostante i numerosi riferimenti agli autori
classici che Cesare sottoponeva a frequenti riletture euristiche, per imbatterci nuovamente in una
delle sporadiche ma eloquenti occorrenze del termine classico dobbiamo attendere una lettera
inviata alla sorella Maria durante i primi giorni di confino, il 5 agosto 1935, dopo aver stilato, come
da questo momento in poi sar solito fare, una variegata lista di libri che desiderava gli fossero
spediti, smanioso di ricostituire ex novo la sua personale biblioteca e tornare cos a colloquio con i
grandi autori dellantichit:

[] Per un dizionario latino decente da leggere i classici, consigliati col professore e con sua figlia 295.

Il professore in questione ancora Augusto Monti, indiscusso complice e protagonista di quel


sodalizio spirituale attraverso il quale Pavese filtrer il suo personale rapporto con il mondo dei
classici e la sua sfera valoriale. lecito chiedersi quali fossero i classici alla cui lettura gli fu
necessario munirsi di un buon dizionario di lingua latina, ebbene: nellelenco delle opere richieste, i
latini citati sono lOrazio delle Odi e naturalmente Virgilio, di cui sono richieste le Bucoliche e le
Georgiche, da prelevare direttamente dalla sua biblioteca, e infine, tra i libri da acquistare, lEneide.
Qualche giorno pi tardi allegher alla precedente richiesta un nuovo elenco di testi, il quale
stavolta non comprender auctores latini, bens [] tra le grammatiche, i due voll. Del Rocci,
Grammatica Greca e Esercizi Greci. Poi un volume Nozari (?) Il dialetto omerico.
Capisco molto meglio gli scrittori del secolo di Augusto e non d pi cos a vanvera il titolo di
buffone a Ovidio. Naturalmente scrivo ex ponto le mie Tristia296 scrive Cesare Pavese in una lettera
allamato professore Augusto Monti, datata 11 settembre 1935, vergata anchessa durante la
catartica esperienza del confino nell ellenica Brancaleone Calabro, terra ove lafflato della civilt
greca sembra connotare le movenze liturgiche degli abitanti e insinuarsi con prepotenza carsica tra
le crepe dellaspro ambiente marino. Ripercorrendo i sentieri del poeta Ibico con il corpo e lanimo
tormentati alla stregua di un novello Ovidio, e al pari di questultimo patendo la tragica fatalit di
un error, Pavese destina i suoi patemi e le sue riflessioni alle intime pagine del suo journal e
allausilio del mezzo epistolare, il cui interlocutore privilegiato appare quel lungimirante professor
Monti protagonista delliniziazione di Cesare al mondo dellantichit classica. Nella medesima
epistola, Cesare scrive:

Di libri accetto qualunque cosa, anche a caso (ma specialmente classici latini e greci); se poi lei o Sturani ne
avesse voglia, si faccia mostrare la lista che ho mandato ai miei e l peschi a volont.

Vale la pena sottolineare come le ricorrenze del termine classico, impiegato qui in funzione
aggettivale mentre nel precedente esempio appare in forma sostantivata, occorrono in maniera pi
frequente tra gli scritti del periodo della permanenza a Brancaleone, localit che sembra risvegliare
in Pavese limpulso alle letture ma soprattutto alle traduzioni dei grandi autori della tragedia greca,

295
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 418, grassetto sempre mio.
296
Ivi, p. 435.
Eschilo, Sofocle, ma anche poeti come Ibico, Bacchide, Pindaro, Saffo. Egli pone le condizioni
della propria situazione contingente in perfetta osmosi con la vitalit linguistica e valoriale dei testi
classici, tentando cio di conciliare loccasione del suo forzato otium con la possibilit di un
approccio irripetibile al testo, frutto dellinterazione di fattori ambientali, umani, spirituali. A questa
particolare temperie emotiva fanno capo la riscoperta di autori della latinit in precedenza non
inclusi nelle sue consuete letture, primo tra tutti Ovidio, a cui si sente accomunato dalla stessa
tragico destino, intensificando cos i legami con una classicit ormai divenuta parte integrante della
sua conformazione umana e letteraria: Insomma, credo nella metempsicosi e sono convinto di
reincarnare Ibico, quello delle mele cotogne297 scriver alla sorella Maria il 27 dicembre del 1935.
Alla luce di quanto detto finora, in questa fase della parabola artistica di Pavese, laggettivo
classico sempre impiegato in riferimento agli autori dellantichit greco-latina, di cui intende
sottolineare il ruolo di modelli imperituri di stile e di comportamento, di maestri di perfezione
linguistica, di unici detentori di quella vitalit della lingua e del repertorio delle immagini a cui egli
stesso non mancher mai di attingere e con la quale tenter strenuamente di porsi in linea di
continuit.
Nello stesso periodo, e in seno alle medesime ricognizioni dei suoi studi che costellano lintero
corpus dei suoi scritti, accanto allimpiego di classico figura anche antico, posto
sistematicamente in contrapposizione a moderni, come leggiamo nei seguenti esempi298:

Supremo sugli antichi e sui moderni sullimmagine-svago e sullimmagine-racconto - Shakespeare, che


costruisce vastamente e insieme tutto uno sguardo alla finestra [];

in genere gli antichi, fino al romanticismo, avevano la cerchia materialmente intesa; i moderni sono distinti
dallassenza di questa e rivelano anzitutto la loro grandezza (come gli antichi la rivelarono nella istintiva
comprensione del vero pubblico, al di l dei pedanti) nella scelta e creazione che sanno farsi dei loro lettori.

Secondo un uso consueto nellambito critico-letterario del Novecento, la forma sostantivata


antichi impiegata in riferimento allintero complesso degli autori della tradizione, e in questo
caso specifico cos indicati secondo unottica che sembra mirare ad una collocazione di tipo
temporale piuttosto che a esplicitare un giudizio di merito. Definendoli antichi, dunque, Pavese
allude alla cerchia di scrittori ed intellettuali attivi in un arco cronologico molto ampio e di cui
vengono abbozzati gli estremi, intende cio riferirsi a quegli autori che hanno operato dalle origini
al Romanticismo, contrapponendoli al nuovo orizzonte dei moderni.
La scelta da parte di Pavese di porre in relazione antichi e moderni riecheggia chiaramente i termini
della ben nota querelle des anciens e des modernes declinata nei suoi sviluppi novecenteschi, le cui
dinamiche, se da un lato dovevano ragionevolmente essergli ben note, dallaltro finivano per
coinvolgere in maniera diretta la sua pratica letteraria e il giudizio della critica. Gli echi recenti
dellannale disputa tra antichi e moderni sembra essere motivo ricorrente nelle riflessioni di questo
periodo, cos come emerge da una lettera di Pavese dell8 giugno 1936 a Giuseppe Cassano,
piemontese amico di Augusto Monti e appassionato di ricerche erudite, il quale, in una sua
precedente missiva, non aveva risparmiato critiche ad alcune scelte formali di Lavorare stanca.
Leggiamo:
297
C. PAVESE, Il Mestiere di vivere, Torino, Einaudi, 2000, rispettivamente pp. 9; 42.
298
Cos anche nelle note del 26 febbraio 1942 e del 26 giugno 1944, rispettivamente: la grande arte moderna sempre
ironica, come lantica era religiosa []; [] Chimene fa di tutto per perdere il Cid. O questo contrasto, o la
punizione dei cattivi: ecco la tragedia moderna. Psicologia cristiana. Per gli antichi hai gi scritto una volta che conta
leroe isolato, che fa un discorso-monologo, che davanti al coro. Questi contrasti non esistono. []. Ivi, pp. 234;
282.
Come sempre non ho detto nemmeno la met di quanto penso. Ci sarebbe la questione della citt futura, la
ragione del titolo, le giustificazioni tecniche, la querelle des anciens et des modernes (il 900!), e quantit di
altre cose []299.

Nellambito di tale disputa, cercare di collocare la figura di Pavese tra le file di uno o dellaltro
schieramento, rappresenterebbe un tentativo arduo quanto fuorviante, se si tiene conto dellannale
difficolt di relegare la sua poetica sotto la voce di una delle consuete etichette.
Abbiamo avuto modo di constatare come, nel corso del Novecento, limpiego del termine classico
abbia valicato in via definitiva i confini dellambito artistico-letterario per immettersi nel bacino
delle riflessioni etico-antropologiche, assumendo una veste polisemica estremamente varia e
complessa, prodotto di uninesauribile processo di acquisizione di antiche categorie in chiave
attuale. Figlio travagliato del suo tempo, Pavese non manca di contribuire in maniera del tutto
originale a questo significativo ampliamento di senso, tentando di imbastire una nuova definizione
di classico nella maniera che ormai gli risultava pi congeniale, proiettando cio unintima
considerazione di natura esistenziale in seno a una riflessione ben pi ampia, ovvero nella nota
polemica classico-romantica che imperversa in Europa a partire dalla celebre provocazione della
de Stal. In una delle pi suggestive pagine del suo journal, datata 2 maggio 1941, Pavese scriver:

Ci sono i verticali, che sperimentano successivamente, che simpallinano di persone e di cose lasciando luna
per laltra, che recalcitrano e soffrono se unantica loro infatuazione torna a tentarli mentre sono dediti a una
nuova. Sono i romantici, gli adolescenti eterni. Ci sono invece gli orizzontali, che accostano la loro
esperienza a una vasta gamma di valori ma contemporaneamente, e sanno entusiasmarsi per persone e cose
senza rinnegare le gi conosciute, che dal foco di una calma, di una certezza interiore traggono lenergia per
dominare e contemperare le infatuazioni pi varie. Questi sono i classici, gli uomini.300

La somma virt intrinseca alluomo, la forza regolatrice dei suoi impulsi e del suo tendere verso gli
altri, lunico mezzo con cui poter godere della vita senza rischiare di venirne risucchiati come in
uno scellerato abbandono: questa la calma, la certezza interiore, caratteristiche essenziali
delluomo classico. dunque possibile leggere la classicit come una dote spirituale, come una
preziosa quanto rara qualit, difficile da raggiungere, ancor pi difficile reggere con essa il
confronto una volta conseguita. Pavese, aspirer per tutta la vita a maturare un approccio classico al
mondo, a diventare cio un uomo classico che si affanna per cercare e difendere il proprio posto nel
contemporaneo, scrollandosi di dosso limmagine romantico-decadente di scrittore perennemente
insoddisfatto, disprezzato e sprezzante del mondo, e rifugiarsi cos nellordre e nel godimento
razionale. Come suggerisce brillantemente Roberto Gigliucci301, questa concezione di classicit
intesa come calma titanica, semidivina, reca in s echi del classicismo winckelmanniano, ricorda
cio affermazioni come la seguente:

La generale e principale caratteristica dei capolavori greci una nobile semplicit e una quieta grandezza, sia
nella posizione che nellespressione. Come la profondit del mare che resta sempre immobile per quanto
agitata ne sia la superficie, lespressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre
unanima grande e posata302.

299
C. PAVESE, Lettere, cit., vol. I, p. 523.
300
C. PAVESE, Il Mestiere di vivere, cit., p. 224.
301
R. GIGLIUCCI, Cesare Pavese, Milano, Mondadori, 2001.
302
J. J. WINCKELMANN, Pensieri sullimitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura in Il bello dellarte,
Torino, Einaudi, 1948.
La splendida immagine della quieta grandezza professata dai volti efebici delle figure greche risulta
particolarmente funzionale a riprodurre lidea pavesiana di classicit intesa come imperturbabile
controllo degli impulsi, come titanica resistenza alla turba delle passioni e agli accidenti della
quotidianit, lungi dai deformi tratti dellinvidiosa di Gericault. Luomo classico ha conseguito la
capacit di gestire al meglio il sistema di relazione con laltro, rendendosi compartecipe di uno
scambio dialettico in cui ha imparato a concedersi con parsimonia, a vivere cio orizzontalmente, in
comunione pacifica con le proprie passioni e con gli stimoli esterni, dai quali felicemente attinge e
si lascia sbalordire. Vale la pena porre lattenzione a un ulteriore aspetto, che potrebbe rivelarsi utile
al tentativo di cogliere appieno tutte le sfaccettature di una metamorfosi semantica tanto complessa:
come intendere il concetto pavesiano di entusiasmo come corollario delle classicit? In merito alla
presa di posizione di Pavese in relazione a tale concetto, passando in rassegna la sua biblioteca,
lestrema variet delle letture, la cerchia degli autori per lui imprescindibili, potremmo arrischiarci a
rintracciare una velata influenza leopardiana, riferendoci precisamente al Discorso di un italiano
intorno alla poesia romantica, scritto redatto nel 1818 da un giovanissimo Leopardi in polemica
con le Osservazioni sul Giaurro di Byron del Cavaliere Ludovico di Breme. Leggiamo:

Dice il Cavaliere303 [Ludovico di Breme] che la smania poetica degli antichi veniva soprattutto
dallignoranza, per la quale maravigliandosi balordamente dogni cosa, e credendo di vedere a ogni tratto
qualche miracolo, pigliarono argomento di poesia da qualunque accidente, e immaginarono uninfinit di
forze soprannaturali e di sogni e di larve: e soggiunge che presentemente, avendo gli uomini considerate e
imparate, e intendendo e conoscendo e distinguendo tante cose, ed essendo persuasi e certi di tante
verit, nelle facolt loro non sono, dicegli co suoi termini darte, compatibili insieme e contemporanei
questi due effetti, lintuizione logica e il prestigio favoloso; smagata dunque di questa immaginazione la
mente delluomo.304

La capacit degli antichi di entusiasmarsi senza sforzo, di approcciarsi ad ogni accidente come a un
fatto miracoloso e di tradurne lessenza in pratica poetica, letta da Ludovico Di Breme come un
sintomo di arretratezza, dinesperienza, dingenuit, giungendo a formulare una tesi che Leopardi
prontamente rigetter, in linea con la difesa della maniera di poetare degli antichi in opposizione
alla nuova prassi romantica. Lasciarsi meravigliare dalla realt rispondendo razionalmente agli
stimoli che da essa provengono educa alla calma, o meglio, alla maturazione di un modo classico
di guardare il mondo.
Inequivocabilmente conforme alla concezione leopardiana, Pavese condanna gli effetti sullanimo
di quelleterna adolescenza che relega luomo a un lacerante approccio romantico alla vita, segnato
dallincapacit di stupirsi e gioire senza sforzo, costituito da continue tensioni verticali alla ricerca
della novit e del picco, da passioni vissute in maniera totalizzante, e nel contempo con fare
smanioso e insoddisfacente, connotato appunto da unimpassibile immaturit. Egli tuttavia era ben
consapevole di ingrossare le fila dei romantici, di essere sprovvisto di quella chiave di lettura
303
Il furor poetico fu gi in massima parte un legittimo e semplicissimo effetto dellavita stupidit umana.
Ignorantissimi su di ogni cagione, sui principi e sui fenomeni; vittime, non conduttori delle cose, gli uomini, dogni
accidente fecero poesia. Quel mondo antico, che noi veneriamo a traverso il prisma dei secoli, e che le cortine e
loscurit delle tradizioni ci hanno fatto passare cos reverendo; quel mondo canuto agli occhi della immaginazione, ma
bambino a quelli della ragione, vedeva dappertutto portenti e macchine soprannaturali; [] colpito da una cos balorda
ammirazione, egli si veniva ideando una infinita gerarchia di miracolose potest. [] L. DI BREME, Polemiche
intorno all'ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani; Il Giaurro di lord Byron; Postille al Londonio, Torino, Utet,
1928, pag. 91.
304
G. LEOPARDI, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, (a cura di) R. COPIOLI, Milano, Rizzoli, 1998,
pag. 75.
dellesistenza il cui raggiungimento incarner lobiettivo principe, mai realmente raggiunto, del suo
processo di conoscenza e di maturazione. Ripeness is all: la maturit tutto sentenziava Edgar nel
King Lear, cos sentenzia Pavese a conclusione del saggio sul critico americano Francis Otto
Matthiessen dal titolo Maturit americana, pubblicato su La rassegna dItalia nel 1946, e cos
ribadisce nellesergo del suo capolavoro, La luna e i fal.
Cosa potrebbe significare per Pavese limperativo a maturare se non la necessit impellente di
ricercare e definire in maniera selettiva e razionale la propria personale classicit? La maturit
artistica e spirituale, la classicit tanto agognata e tanto necessaria, si configura per Pavese come il
mezzo e il fine della sua aspirazione artistica, ovvero superare i limiti del classicismo imperante
(pratica che definir in maniera tuttaltro che positiva neo-classicismo305) e ricreare una
convergenza tra le moderne pratiche del realismo e il perenne richiamo del mondo degli antichi,
nutrirsi dei classici e divenire egli stesso un classico. Nei due anni precedenti linizio della stesura
dei Dialoghi con Leuc, egli torna pi volte a ragionare sulle radici componenti della sua crescente
classicit, con la volont di tirare le fila del susseguirsi delle sue acquisizioni culturali e di fare il
punto sulla sua attuale condizione. Nel giugno del 1943, Pavese dedica ben due note306 del suo
diario a tale ragionamento:

La tua classicit: le Georgiche, DAnnunzio, la collina di Pino. Qui si innestata lAmerica come linguaggio
rustico-universale (Anderson, An Ohio Pagan), e la barriera (il Campo di grano) che riscontro di citt e
campagna. Il tuo sogno alla stazione di Alba (i giovani albesi che creano le forme moderne) la fusione del
classicismo con la citt-in-campagna. Recentemente hai aggiunto la scoperta dellinfanzia (campagna=forma
mentale), valorizzando gli studi di etnografia (il Dio caprone, la teoria dellimmagine racconto);

Alle radici componenti della tua classicit aggiungi la mania astronomica delle stelle, chera mania dei bei
nomi. Essa si leg subito meravigliosamente alle prime letture classiche (Georgiche) Ante tibi eoae
Atlantides abscondatur e anche a DAnnunzio (Maja).

Nella prima quanto nella seconda accezione, il suo classicismo si configura come un progressivo
accrescimento delle sue letture giovanili e il conseguente arricchimento del suo bagaglio culturale,
in cui sono felicemente confluiti, tra gli altri, gli scrittori classici latini e greci, primo tra tutti
Virgilio, i classici americani e lesempio di DAnnunzio, letture a cui Pavese affianca interessi sul
mito di natura etno-antropologica, tesi a formare un fertile repertorio di spunti e dimmagini che
far da solida fondamenta alla controversa impresa dei Dialoghi. I Dialoghi con Leuc non si
spiegano se si prescinde dai due fondamentali precedenti novecenteschi costituiti dai Poemi
conviviali di Giovanni Pascoli e dalla Laus vitae di DAnnunzio307 afferma la voce autorevole di G.
305
La valenza del suffisso neo nei composti neoclassicismo / neoclassico ha in Pavese unaccezione sempre negativa,
come emerge dagli esempi riportati di seguito, precisamente:
- lettera a Mario Untersteiner del 7 maggio 1948, Caro professore, mi pare che il saggio della Calzecchi sia notevole.
La retorica neo-classica delle passate versioni omeriche passabilmente sfrondata;
- lettera a Rosa Calzecchi Onesti del 3 giugno 1948, Gentile signorina, abbiamo ricevuto e letto il nuovo saggio, e io
personalmente ne sono incantato. Stavolta scomparso quel tanto di politezza ed enfasi neo-classica che ancora restava
nel saggio dellOdissea: senza dubbio, ci dovuto al risoluto ripudio di ogni cantabilit [] Evitando lesametro
pascolo-romagnoliano si evita pure la cadenza oratoria e fiorita di questo schema ritmico ed in definitiva la sintassi ed
addirittura il lessico che tante versioni neoclassiche hanno ormai reso odioso;
- lettera a Emilio Cecchi del 29 novembre 1949, [] Lei vedr dal tono qual stato il criterio che ha guidato
limpresa, evitare il neo-classico, montiano o pascoliano che fosse, ed evitare la vile prosa. Abbiamo insomma applicato
allIliade il criterio che gi fece buona prova si parva per il nostro Spoon River.
306
C. PAVESE, Il Mestiere di vivere, cit., pp. 254-255.
307
G. B. SQUAROTTI, Pavese e le fonti antiche: una ricognizione sui postillati, in E. CAVALLINI, La Musa nascosta:
mito e letteratura greca nell'opera di Cesare Pavese, Bologna, Dupress, 2014, p. 67.
Barberi Squarotti, sottolineando come DAnnunzio rappresenti per Pavese un modello di
classicismo nuovo e le cui opere tuttavia rientrino in quelle letture classiche tra cui figurano
anche Omero e Virgilio. Al di l delle evidenti riprese stilistico-lessicali mutuate da Pavese nella
prosa quanto nella poesia, il Vate incarna quel gusto per la sensualit, per la violenza e per
lirrazionale, influenzato chiaramente dal pensiero di Nietzsche, che tanto affascinava il Pavese pi
crudo di Paesi tuoi.
Prima di addentrarci nellirta selva dei Dialoghi, bene richiamare brevemente quanto emerso
sinora attraverso la penna di un critico, un collega, un estimatore e un amico di Pavese, ovvero Italo
Calvino, il quale allinizio della sua recensione ai Dialoghi con Leuc, scriver:

Questo nuovo libro pu servire a scoprire quanta fatica, quanta ricerca anche erudita costi la sua tecnica
creativa: scopre cio il Pavese umanista; perch l dove qualcuno crederebbe di trovare uno scrittore il pi
spregiudicatamente moderno, i cui interessi si fermano ai Vittoriani e a Melville, c invece un filologo che si
traduce e annota il suo pezzo dOmero ogni giorno, e uno scienziato che ha sviscerato tutta la sua pi
avanzata cultura mondiale in fatto dinterpretazione delle religioni primitive. 308

evidente come la penna sagace di Calvino riuscita brillantemente a condensare i tratti salienti di
ci che Pavese concepiva come classicit, cogliendone i nodi fondamentali, delineando il profilo
spirituale e culturale di un intellettuale pronto al confronto diretto con la le nuove scoperte della
letteratura doltreoceano e con la nostra ormai consolidata tradizione, e che in essa tenta dinnestare
il suo linguaggio e il suo classicismo, ambendo a trasformare il suo personale repertorio mitico in
moderne rappresentazioni delle sempiterne passioni delluomo universale. Pavese aveva riscoperto
e fondato un personale canone di autori classici da cui poter attingere, estremamente vario e
polimorfo, tale da offrirgli tutti gli strumenti che gli permettessero un approccio pi sicuro e
consapevole alla realt a lui contemporanea. Disquisendo in merito a quegli autori statunitensi
ormai stelle fisse nel cielo dei classici, nellarticolo intitolato Ritorno alluomo, pubblicato su
lUnit il 20 maggio 1945, scriver:

Laggi noi cercammo e trovammo noi stessi. Dalle pagine dure e bizzarre di quei romanzi [] venne a noi
la prima certezza che il disordine, lo stato violento, linquietudine della nostra adolescenza e di tutta la
societ che ci avvolgeva, potevano risolversi e placarsi in uno stile, in un ordine nuovo, potevano e
dovevano trasfigurarsi in una nuova leggenda delluomo. Questa leggenda, questa classicit, la
presentimmo sotto la scorza dura di un costume e di un linguaggio non facili. [] A poco a poco
imparammo a cercarla, a supporla, a indovinarla in ogni nostro incontro umano. 309

Instancabile cronista e narratore di s stesso, Pavese enumera gli elementi costitutivi della sua
classicit: uno stile, un ordine nuovo che mirano alla creazione di una nuova leggenda delluomo.
Classicit intesa come leggenda dellumanit: la profondit semantica del termine continua ad
ispessirsi e non accenna a smettere.
Le ultime occorrenze del termine risalgono al 1950, quando Pavese viene pi volte chiamato a
raccontare laudace impresa dei Dialoghi con Leuc, pubblicati nel 1947 e a offrirne, insieme a
possibili chiavi interpretative, chiarimenti sulle scelte formali e sulle ragioni che hanno determinato
la scelta di un genere antitetico rispetto alle istanze culturali del tempo. Lopera si costituisce di
ventisei brevi dialoghi che vedono come protagonisti personaggi della mitologia greca, partecipi al

308
Italo Calvino diffuse il suo commento tramite il Bollettino di Informazioni Culturali di Einaudi n. 10, 10 novembre
1947, pp. 2-3.
309
C. PAVESE, Saggi letterari, cit., p. 196.
tentativo di riscrittura del mito in chiave intimamente moderna, essi si fanno cio sublimi emblemi
delle passioni delluomo di ogni tempo, interpreti lirici e perpetuanti di motivi e questioni sempre
contemporanei. Una sfida di non poco conto, se letta alla luce delle esigenze e delle pratiche
letterarie ufficiali negli anni in cui i dialoghetti inizieranno a prendere forma.
In questa ultima tormentata fase della parabola artistica pavesiana, quella che va dal 1947
allinfausto 1950, egli sembra formulare un giudizio critico sul modus operandi fino a questo
momento adoperato, sottoponendolo a un totale rovesciamento di segno310, come se il suo
percorso dallantico al contemporaneo fosse maturato insieme al Cesare uomo e intellettuale, figlio
disconosciuto di una societ dintellettuali che reclamava a gran voce un posto nella tradizione
letteraria italiana.

La cultura deve cominciare dal contemporaneo e documentario, dal reale, per salire se il caso ai
classici. Errore umanistico: cominciare dai classici. Ci abitua allirreale, alla retorica, e in definitiva al
disprezzo cinico della cult. classica tanto non ci costata niente e non ne abbiamo visto il valore ( la
contemporaneit al loro tempo).311

In polemica con la sterilit delle pratiche accademiche che causano lirrigidimento dei grandi
modelli dellantichit in stereotipi desueti e apparentemente anacronistici, Pavese suggerisce una
nuova modalit di impiego di un metodo certamente non nuovo nella sua pratica letteraria, ovvero
partire dalle contraddizioni e dalle aporie del contemporaneo per frugare nellessenza etico-
antropologica del bagaglio mitico. Cominciare dai classici, ovvero approcciarsi agli scritti e agli
exempla antiquorum prima di aver fatto esperienza delle sciagure e degli uomini312, risulterebbe
un vano esercizio di stile, una vana e ridondante maniera neo-classica di fruizione del patrimonio
letterario. I classici, se interrogati, rispondono solo a quesiti mirati e ben definiti, poich il loro
compito non affatto quello di formare luomo, ma di correggerlo.
Il 12 giugno 1950 Pavese, di l a pochi giorni vincitore del Premio Strega per La bella estate,
rilascia una delle sue pi note e intense interviste nella rubrica Scrittori al microfono della
trasmissione radiofonica Approdo letterario, curata per la RAI dal critico Leone Piccioni. Tra i
quesiti avanzati da questultimo, spicca la spinosa questione relativa alle ambizioni del Pavese dei
Dialoghi e il desiderio di comprendere di cosa si componesse quellhumus culturale che ha favorito
il germogliare di un seme cos raro in una temperie storica e culturale tanto impervia. Lospite,
discutendo di s in terza persona come un critico che non ha nulla da perdere, dir:

Prima che italiane le sue letture sono classiche e poi sovente straniere. Pavese ritiene massimi narratori greci
Erodoto e Platone (a proposito, egli non fa differenza tra teatro e narrativa) [] Gli piace molto Shakespeare
[] Gli piace, come narratore, Giovanni Battista Vico narratore di unavventura intellettuale [] Infine
gli piace assai Herman Melville. [] Questa lista di letture , sintende, solamente indicativa. Ma a che
scopo fare un facile sfoggio di nomi?
[] Per Pavese il maggior narratore contemporaneo Thomas Mann e, tra gli italiani, Vittorio De Sica 313.

Un facile sfoggio di nomi, una cerchia policroma di autori classici di riferimento nella quale
Pavese mostra di sapersi muovere con disinvoltura, e che in ogni nuovo tentativo di censimento
sembra popolarsi di nomi e di letture nuove, ridefinendo e affinando continuamente le coordinate
310
A. NOZZOLI, Che cos un classico?, in Sincronie n. 9, 2001, pp. 83-88.
311
C. PAVESE, Il Mestiere di vivere, cit., p. 390.
312
G. LEOPARDI, Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare in Operette morali, Milano, Rizzoli, 2008, p.
256.
313
C. PAVESE, Saggi letterari, cit., p. 265.
della sua personale concezione di classico, la quale risulter mai univoca e scontata, mai uguale alle
precedenti affabulazioni, ma estremamente mobile e aperta a comprendere linguaggi e repertori
sempre rinnovati.
I Dialoghi con Leuc prendono naturalmente figura e significato di documento e di chiarimento
dellarte di Pavese e delle tendenze del nostro tempo314 sentenzia Claudio Varese in merito a questo
singolare biglietto da visita per i posteri, redatto da Pavese nel pieno della sua riflessione etno-
antropologica sul mito classico e sulle potenzialit della sua valenza etica. Di quante e quali fasi si
compone liter creativo dei Dialoghi e perch esso risulta cos importante nellambito della
classicit pavesiana e, alzando lo sguardo, del recupero dellantico nellottica letteraria
novecentesca? Non sar superfluo riportare integralmente la dichiarazione di poetica di Pavese, le
cui parole, a poche settimane dalla morte, risuonano come scandite dallineluttabilit di un
testamento spirituale:

Dir dunque che questopera, cominciata scontrosamente in pieno periodo ermetico e di prosa darte []
non ha sinora rinunciato alla sua ambigua natura, allambizione cio di fondere in unit le due ispirazioni che
vi sono combattute sin dallinizio: sguardo aperto sulla realt immediata, quotidiana, rugosa, e riserbo
professionale, artigiano, umanistico consuetudine coi classici come fossero contemporanei e coi
contemporanei come fossero classici, la cultura intesa come mestiere. Della civilt umanistica questopera
vuole (sia detto con tutta umilt) conservare il distacco contemplativo e formale; [] della realt
contemporanea rendere il ritmo, la passione, il sapore, con la stessa immediatezza di un Cellini, di un Defoe,
di un chiacchierone incontrato al caff.315

Approcciarsi ai classici come fossero contemporanei, ricercare in essi le radici comuni delle nostre
passioni e i moniti esistenziali validi per luomo di ogni tempo, rivalutare e rilanciare la loro
attualit agli occhi dei lettori di oggi mirando al superamento dei limiti imposti dai confini della
tradizionale geografia culturale: potremmo cos definire alcuni degli obiettivi insiti nel progetto
della collana dei Millenni per Einaudi, ideato nel 1945 e fortemente sostenuto da Pavese nelle
varie fasi della sua realizzazione. I Millenni furono concepiti come un tentativo ragionato di
raccogliere in ununica collana i classici di tutti i tempi e propri di tutte le tradizioni, dalle novelle
di Le mille e una notte, tradotte per la prima volta dallarabo, agli amati Lee Masters ed
Hemingway, dai grandi autori della letteratura latina e greca ai Fratelli Karamazov, da Dante e
Boccaccio a Marc Twain, un folto numero di interpreti della storia delluomo per la prima volta
proposti insieme come manifestazioni diverse di un unico grande fenomeno: lesplorazione della
natura umana e il tentativo di imparare a governarla. Svecchiati dalla patina accademica che li
vedeva meri strumenti dindottrinamento scolastico, i classici tornano a rivivere in una veste
completamente nuova, i Millenni danno al lettore la sensazione di leggere un classico con piacere
vero commenta Giulio Einaudi, sottolineando la portata innovativa di tale titanico progetto.
Accennare brevemente in chiusura a tale iniziativa editoriale si rivelato utile al fine di toccare con
mano come il modus operandi di Pavese, la sua profonda consuetudine con i classici della
tradizione letteraria, nonch la sua personalissima concezione di classicit, non si configurino come
uno sterile e personale sfoggio di erudizione, ma riescano bens a dettare le linee guida delle scelte
editoriali di una delle case editrici pi influenti di quegli anni. Ai contemporanei offerta non solo
la possibilit di riscoprire quella classicit adombrata da secoli di pratiche sterili, ma anche di
accompagnare tale riscoperta con la costituzione di una classicit propria, personale e leggendaria,

314
C. VARESE, Cultura letteraria contemporanea, Pisa, Nistri-Lischi, 1951, p. 197.
315
C. PAVESE, Saggi letterari, cit., p. 265.
cos come Pavese ha voluto insegnarci, cos come egli ha disperatamente cercato di fare nel
tentativo di sfatare lineluttabilit del gorgo.
BIBLIOGRAFIA PRIMARIA

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lord Byron; Postille al Londonio, Torino, Utet, 1928.

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C. PAVESE, Il Mestiere di vivere, Torino, Einaudi, 2000.


ID., Saggi letterari, Torino, Einaudi, 1982.
ID., Lettere, a cura di L. MONDO e I. CALVINO, 2 voll., Torino, Einaudi, 1966.
ID., Feria dagosto, Torino, Einaudi, 1982.
ID., La luna e i fal, Torino, Einaudi, 1982.

BIBLIOGRAFIA SECONDARIA

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J. J. WINCKELMANN, Pensieri sullimitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura in Il
bello dellarte, Torino, Einaudi, 1948.
UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA

LA SAPIENZA

FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA

LETTERATURA ITALIANA III

Prof.ssa SILVIA TATTI

a.a. 2015-2016

IL CONCETTO DI CLASSICO IN FRANCO FORTINI E NEL


900

Francesca Placidi

francesca-placidi@hotmail.it

Ludovica Saverna

ludovicasaverna@hotmail.it
INDICE

La critica fortiniana 3

La voce Classico nellEnciclopedia Einaudi 7

Il concetto di classico nel 900: il problema del canone 12

Calvino: Perch leggere i classici? 16

Alcuni esempi di occorrenze nel romanzo di Italo Svevo 19

BIBLIOGRAFIA 22
La critica fortiniana

Franco Fortini fu un intellettuale capace di padroneggiare ogni genere di scrittura; egli,


infatti, fu un poeta, un narratore, uno scrittore di testi teatrali e cinematografici, un
traduttore, un giornalista, un saggista, ma soprattutto fu un critico molto acuto la cui voce
ha attraversato polemicamente pi di cinquantanni di vita culturale e politica del nostro
paese tanto da risultare una colonna portante della cultura del Novecento. La sua attivit
creativa non mai scindibile da quella critica e queste due istanze sono tra loro in un
rapporto biunivoco, come sottolinea Raboni 316. Inoltre la figura di critico interpretata da
Fortini non di tipo accademiconormativa, nonostante presenti il rigore filologico e lo
scrupolo documentario, ma tesa a indagare a fondo le esigenze dellet moderna in
maniera problematica e acuta.
Nel 1946 Fortini collabora con il Politecnico di Vittorini pubblicando due importanti
interventi intitolati A proposito delle rime di Dante. Come leggere i classici e Come leggere
i classici? la leggenda di Recanati in cui riflette sulla necessit di saper leggere e tradurre
le opere del passato, la cui eredit deve essere sottoposta a un duplice processo di
trasformazione e di dissacrazione. Egli nel primo intervento sostiene che il libro del
passato rimarrebbe chiuso e assomiglierebbe a un geroglifico muto 317 se non venisse
tradotto in un linguaggio comprensibile e significante per poter parlare ai lettori di oggi.
Proprio questa tendenza a rendere parlanti alcuni monumenti della letteratura nazionale
ci che contraddistingue una cultura attiva e viva da una cultura di decadenza che, invece,
considera tali monumenti come vaghi miti di una religione defunta. La vitalit di unopera
letteraria data, secondo Fortini, dalla vitalit dei suoi lettori; dunque laccento posto sul
fruitore, sul pubblico, senza il quale il libro non esisterebbe, e sulla necessit di travalicare
il limite della lettura formale dellopera letteraria subordinando gli interessi estetici a quelli
morali, intellettuali e politici. E grazie anche al contributo significativo degli interventi critici
di Fortini, dunque, che la questione di classico diventa nel Novecento una questione
morale.
Nei saggi da lui pubblicati negli anni del Politecnico i classici italiani vengono riletti in

316
Giovanni Raboni, Franco Fortini, in Novecento. Gli scrittori e la cultura letteraria nella societ italiana, a cura di
G. Grana, Milano, Marzorati, 1982, p. 8685.
317
Franco Fortini, Come leggere i classici, in Politecnico, nn. 31-32, luglio-agosto 1946.
una riconversione del dato stilistico in fattore di significato storico, sociale ed esistenziale.
Il suo metodo di lettura doppio, ovvero da una parte storicizzare il testo in un passato
puntuale, dallaltra attualizzarlo per proiettare il suo valore nel futuro. Questo metodo di
lettura dei classici esemplificato nel secondo intervento sul Politecnico dove Fortini
riflette sulla necessit di sottrarre un classico per eccellenza come Leopardi alla critica che
lo ha reso un ideale quasi religioso nella nostra letteratura e di ripetere e ricreare la sua
arcana felicit nel reale, vedere se mai la sua lirica resista, se la sua melodia possa
ancora essere nostra, se i suoi versi ci servano, se si aprano sul futuro 318. Con questa
metafora musicale Fortini vuole scuotere i lettori di oggi e invitarli ad accordare la propria
interiorit e sensibilit con quella di un grande autore classico che, se depurato dalle
troppe letture critiche che lo hanno soltanto insterilito, in grado ancora oggi di
emozionare, come una musica che a ogni ascolto, suscita ogni volta forti emozioni.
Nella sua contemporaneit Fortini sente un vuoto della letteratura ed proprio a partire
dalla constatazione della futilit del presente che egli propone il colloquio con i classici e
lesercizio della passione filologica secondo un atteggiamento orientato a una critica
militante e di impegno sociale. Tale attivit di critica subisce per una forte crisi nel periodo
degli anni di piombo quando Fortini si isola in unattivit accademica; il suo impegno critico
si concretizza allora con I poeti del Novecento e con le sintesi teoriche delle voci di
Classico e Letteratura nellEnciclopedia Einaudi che, sebbene dispongano di una dose di
astrattezza teorica, nello stesso tempo ricercano anche il confronto con la situazione
presente.
Nel giugno 1991, a ventanni di distanza dalla voce Classico, Fortini lavora alla
realizzazione per Radio Tre di quaranta puntate dedicate esclusivamente ai classici
italiani. Si trattato di due cicli distinti di trasmissioni radiofoniche Il primo, intitolato Le
rose dellabisso (il cui titolo riprende un verso di Saba della terzina Secondo congedo)
intende alludere allambigua funzione della poesia, consolatrice e demistificatoria insieme;
questo primo ciclo articolato in dieci dialoghi a met tra il commento critico e la
letteratura autobiografica su autori classici della letteratura italiana che Fortini prediligeva:
Dante, Tasso, Leopardi, Manzoni e Pascoli. Lo sguardo del critico mette in luce la storicit
dei diversi modi di accostarsi alla poesia e tende a far stridere continuamente passato e
presente, al fine di recuperare pezzi della tradizione letteraria italiana, utili per leggere il
presente e per prefigurare il futuro. I classici letti e analizzati da Fortini non giacciono in
teche rassicuranti ma toccano temi spesso inusitati ed egli ne coglie fratture e linee di

318
Id., Come leggere i classici. La leggenda di Recanati, in Politecnico, n. 33-34, settembre-dicembre,1946.
fuga, contaminazioni e risonanze.
Il secondo ciclo si intitola La Gerusalemme Liberata ed un appassionato omaggio a uno
degli autori da lui pi amati, cio Torquato Tasso: consiste in trenta puntate con altrettante
introduzioni critiche che precedono la lettura quasi integrale del poema.
In tutte queste esperienze critiche egli fa emergere lidea altissima dellattivit di critico
come attivit etico-politica, tesa a mediare tra il senso dellopera e quello del mondo che la
circonda.
A titolo di esempio interessante leggere il contenuto di una di queste trasmissioni, ovvero
quella attinente alla lettura di Leopardi, a cui il critico pi volte si interessato a partire dai
suoi saggi sul Politecnico per comprendere come lesperienza radiofonica si pone come
punto di raccordo, summa dei saggi precedenti; in essa Fortini, ricorrendo alla lettura
dellInfinito e de Il sabato del villaggio, allanalisi delle Sepolcrali, cerca di chiarire tutte le
sue posizioni critiche nei confronti di questo autore. Ne emerge un gesto polemico che
consiste nel rifiuto della riduzione del poeta recanatese a una poetica della purezza.
Fortini si rifiuta di credere che la poesia di Leopardi possa essere ineffabile e intraducibile,
pura e, dunque, separata dal pensiero. Fortini ritiene che la poesia non coincida con un
dato contenuto di pensiero e nemmeno la forma pu essere messa da parte, dunque in
definitiva egli considera lattivit poetica non separabile dalla sua forma n riducibile a
determinati contenuti filosofici o morali. E nega anche lobsoleta interpretazione di un
Leopardi pessimista, intendendo anzi rivendicare la gioia della poesia leopardiana proprio
perch lespressione della gioia necessita un approfondimento del suo contrario.
Il superamento di queste categorie che ingabbiavano il classico in una lettura poco
stimolante per loggi rivela la pratica delle posizioni teoriche del Fortini attualizzatore dei
classici con unarditezza che rompe con la monotona e conformistica citazione repertoriale
delle opere del passato. Si pu notare come spesso la sua lettura dei classici spesso
privilegi la contraddizione allarmonia, limplicito allesplicito; i suoi interventi sono come
ingrandimenti al microscopio, anche dei testi meno consacrati. Egli nutre per i classici
lidea di assoluto sostenendo che essi vadano considerati per le grandi valenze
dellimmaginario che essi portano con s, le quali consentono di farne simboli o allegorie
di condizioni attuali.
Un aspetto del Fortini critico che emerge anche in questi dialoghi radiofonici il ricorso a
metafore pittoriche e musicali per meglio definire un verso, un episodio, un personaggio e,
insieme, il ricorso a pittori e musicisti che possano servire da equivalenti di forme letterarie
che egli di volta in volta prende in esame.
La voce Classico nellEnciclopedia Einaudi

Nel terzo volume dellEnciclopedia Einaudi dellanno 1978 e presente lesauriente voce di
Classico scritta da Franco Fortini, il quale ricostruisce la storia delle varie accezioni del
termine. Nel breve cappello introduttivo lo studioso, attraversando velocemente le varie
epoche, espone la tesi che sosterra con forza di esempi e argomentazioni nel corso del saggio,
riguardo la relativita e lindeterminatezza del termine classico a seconda dellepoca storica in
cui esso viene utilizzato. Infatti, mentre nelleta moderna classico possiede due accezioni
entrambe operanti, una in riferimento alle opere e ai tempi dellantichita greco-romana e
laltra nel senso di eccellenza nelle lettere e nelle arti, a partire dalla seconda meta del XIX
secolo il termine passa a indicare una tematica e un preciso corpo di procedure stilistiche e
retoriche; nel periodo fra le due guerre mondiali, si connotera come una metafora di scelte
etiche e politiche. Dopo questo veloce excursus cronologico, Fortini rivolge uno sguardo
sconsolato alla situazione odierna in cui il termine e stato involgarito a un fantasma o un
fossile a causa di un uso improprio e approssimativo che non tiene conto del suo grandissimo
valore storico. Tuttavia, nelle degradate accezioni moderne si mantiene lidea della medieta
secondo la quale classico detiene un prestigio durevole e un criterio di misura grazie al
lascito della cultura umanistica.

Fortini avvia poi la ricostruzione storica delluso del termine partendo dalla prima
attestazione datata al II secolo d.C. e contenuta nelle Noctes Atticae di Aulo Gellio, il quale
attribuisce a Cornelio Frontone, un erudito suo contemporaneo, una citazione che mette in
contrapposizione lo scrittore classico e ricco, ovvero un oratore o un poeta della corte antica,
allo scrittore proletario; in base a questa attestazione il concetto viene usato nel senso di
autorevole e, inoltre, si fa riferimento allidea di classico in relazione allantichita .

Nel percorso tracciato da Fortini e presente un consistente salto cronologico che riguarda il
periodo del Medioevo in cui non sono state conservate attestazioni scritte del termine
classico; ma questo non vuol dire che esso sia scomparso dalluso, quanto piuttosto che la
cultura medievale non possedeva il criterio di selezione qualitativa e, dunque, venivano
studiati tutti gli autori antichi come fonti garantite per linsegnamento della grammatica e
della retorica. Lunico scopo ricercato nella letteratura era il valore pedagogico e
linsegnamento morale.

Il collegamento con il tempo passato, con il mondo degli antichi, quali erano chiamati gli
scrittori greci e latini, si modifica nel corso dei secoli e solo dalla tarda eta umanistica si
affianca allaccezione di eccellente e riconosciuto. Col ventennio 1560-80 si apre un divario tra
chi, come Robortello, Castelvetro, Piccolomini, Scaligero, propongono la rigorosa imitazione
formale dei modelli greco-romani e chi comincia a contrapporre i moderni al canone degli
autori antichi.

Durante il periodo del Romanticismo, quando imperversa la querelle europea tra classici e
romantici, il concetto di classico viene integrato con quello di diritto di collocazione in un
canone. Fortini osserva che in Germania dalla seconda meta del Settecento alla restaurazione
e avvenuto il passaggio dalla nozione ristretta a quella allargata di classico, che diviene
equivalente a valore assoluto, estetico-etico. Questo concetto di classico come atteggiamento
etico ed estetico venne espresso soprattutto da Friedrich von Schlegel e da Friedrich Schiller
per i quali classico e privo di riferimenti precisi e vincolanti a epoche storiche e, dunque, puo
essere riferito sia allantichita che alla modernita perche possiede una qualita intrinseca, non
normativa e astratta, da misurare sul presente. Hegel nella sua Estetica definisce questa
qualita intrinseca di classico nella sua forma artistica come una pace nella sua realta , una
felicita , una soddisfazione e grandezza in se , uneterna serenita e beatitudine. Per Hegel,
infatti, lopera classica e lopera darte perfetta il cui valore puo rivelarsi soltanto con il tempo.
Il discorso fortiniano sul concetto di classico muove proprio da questa nozione hegeliana
perche , come vedremo nelle conclusioni, egli intende proprio ribadire la vitalita dei classici nel
tempo e la loro continua capacita di riattivazione e riattualizzazione.

In seguito alla rivoluzione industriale il valore di classico subisce una rapida alterazione e
muove verso unidea di armonia, compostezza, equilibrio, rifiuto delleccesso, ricerca del
limite, della misura, dellorganicita dellopera e della sua unita ; da tutto cio derivano alcuni
principi stilistici in ossequio alle norme della tradizione. Fortini nota che latteggiamento
classico puo implicare sia adesione allimmediatezza dellesperienza, quindi spontaneita e
soggettivita , sia attitudine allastrazione matematica e geometrica, che significa artificio e cio
che Adorno chiama reificazione.

Alla vigilia della prima guerra mondiale la nozione di classico viene arricchita del tema del
dionisiaco che Nietzsche aveva opposto al momento apollineo. Fortini fa riferimento a
filosofi di questo periodo, come Weber o Wittgenstein, per i quali classico si configura come
rifiuto delle illusioni del progresso e del democratismo secondo uninterpretazione che si
ricollega alla polemica anti-democratica allora in atto.

In Italia, durante il periodo fascista, il termine classico ebbe un significato morale e politico
tanto per Gobetti quanto per gli uomini della Ronda, o per Ungaretti.

Nellopera critica di Eliot classicit equivale a maturit, qualit indefinibile di una societ, di
una cultura, di un linguaggio, di un autore. Secondo Eliot nellet letteraria classica si ha
un equilibrio cosciente tra tradizione e loriginalit della tradizione vivente. Anche Proust
difender questo uso del termine classico come valore, ma il problema : questo valore
viene riconosciuto solo col tempo? Come avviene che opere di carattere, tendenza e
contenuto cos diverso fra loro pervengano a ordinarsi tutte in una stessa classe di
eccellenza? Si a questo proposito cercato di evidenziare le costanti formali di quelle
opere classiche, tentando di fornire una griglia di decifrazione e classificazione per
sancirne, o meno, il loro ingresso nell Olimpo del classicismo. Ma, a prescindere dai
criteri formali e stilistici, opportuno considerare il fatto che il loro valore influenzato
anche dal contesto sociale e storico e il mutare di questultimo implica una loro distanza.
C un grado di erosione che il trascorrere del tempo dona a unopera del passato, ma
questo non solo un dato negativo per lopera in questione: con il tempo diminuiscono gli
antagonismi interni, scrive Fortini, aumenta il grado di omogeneit dellinsieme ed
possibile cos iscrivere in una stessa categoria opere tra loro molto diverse. Comincia cos
limitazione di unopera, la sua traduzione, il suo consumo e la sua inclusione nei
programmi scolastici.
Il classico si rif sempre a delle norme di riferimento, la pagina dello scrittore classico non
mai bianca, ma egli scrive solo variazioni di temi e regole gi accettati. Un testo cio,
come disse Benjamin, deve predisporre la propria traducibilit e condizione di
sopravvivenza. La vitalit di un classico allora consister nella riattivazione o richiamo di
alcune sue singole parti o dellopera tutta intera attraverso la coincidenza dei metodi
interpretativi di tale opera e le domande di quella specifica categoria di destinatari cui si
rivolge. Una cultura ricerca nel passato conferme o negazioni dei propri valori e se uno
scrittore ha usato determinate norme ed riuscito a incarnare le condizioni di
sopravvivenza che una cultura ora richiede di far sue, allora si avr lincontro tra le due
epoche tramite quella data opera, che verr riconosciuta e insignita del valore di
classico. I classici di ogni cultura, precisa Fortini, ribadendo un concetto gi espresso nei
suoi interventi critici sul Politecnico, sono vivi per solo nella misura in cui prima sono
stati morti, ossia abbandonati da quelle forme di energia antagonistica che avevano
incarnato per le precedenti generazioni. Nuovi lettori pongono nuove domande, che si
aprono la via attraverso la morte delle precedenti interpretazioni. I classici hanno con il
presente un rapporto perturbante, di familiarit e di estraneit insieme, ed questa
tensione che li rende morti e, quindi, paradossalmente vivi.
E data una possibilit di lettura plurima grazie alleffetto di attenuazione dei rapporti
originari fra il testo e il contesto culturale e sociale. Tale effetto introduce fusione e armonia
tra il testo e il presente in cui viene letto. Une esempio riportato da Fortini il Dialogo
sopra i massimi sistemi di Galilei; ormai inesistente, o quasi, linteresse scientifico per
questo testo, ma enorme quello per la scrittura galileiana. Ma, in definitiva, conclude
Fortini, tutti i requisiti che definiscono la qualit delle opere secondo i canoni classicisti
sono parametri morali, riferibili cio a qualit del carattere o del comportamento: nobilt,
serenit, compostezza, riserbo. Fortini parla di buona educazione del classicismo, argine
alle tendenze disgregatrici. I classici rappresenterebbero allora un ethos signorile in
grado di interpretare alcune delle fondamentali virt classiche; insomma unaffermazione
di norma, che a livello morale quella che diciamo la virt dellesempio.
Allinterno di una cultura cosmopolita, perennemente in movimento, si rifiuta leco di
quanto era tradizionalmente connesso con laggettivo classico e luomo con i suoi valori
costituivi entrato in una profonda crisi di identit.
Dunque classico per Fortini sinonimo di eccellente, perfetto, costante, sempre valido e
certo, ci che corredato da prestigio durevole e che pu fungere da criterio di
misura319. Egli ne esalta la capacit di trasmissione di valori etici e di rispetto delle regole.
Il trascorrere del tempo e i mutamenti del contesto socio-storico, pur erodendo buona
parte della funzione pratica e referenziale di unopera, inducono le opere diversissime a
ordinarsi in una classe di straordinaria eccellenza e rivelare caratteri comuni tra di loro.
Ci che in definitiva preme maggiormente allautore in questo saggio di mostrare la
vitalit dei classici, la quale nasce dallunione tra lobbedienza ai precetti formali e il
primato dei contenuti; tale vitalit si fonda sul grado di attitudine di una data cultura a
cercare nella memoria del passato conferme o negazioni dei propri valori.

319
Id., Classico, in Enciclopedia Einaudi, Torino, 1978, p. 192.
Il concetto di classico nel 900: il problema del canone

Se guardiamo alletimologia, il termine greco indica una pianta a canna usata come
strumento di misurazione. Nel significato originario della parola greca e gia , dunque, implicita
unambivalenza semantica; da qui derivano due accezioni del termine, entrambe presenti
nelluso contemporaneo. Da un lato, il canone e linsieme delle norme che fonda una tradizione
determinandone i confini passati e futuri. Quando in unopera o in un gruppo di opere
omogenee vengono identificate caratteristiche con valore fondativo, si sta indicando un
canone che potrebbe influenzare la creazione delle opere successive: e quel che Pietro Bembo
fa nel 1525, quando presenta il Canzoniere di Petrarca come modello linguistico per la
tradizione poetica italiana. Dallaltro, il canone puo essere considerato dal punto di vista della
ricezione. In questo caso i criteri di esclusione e di inclusione nella rosa di eccellenza,
dipendono dalla presenza o meno di valori riconosciuti allinterno di una societa . Come spiega
Romano Luperini:

Le due accezioni tendono a sovrapporsi, sin quasi allidentificazione [...] Tuttavia la prima
considera il canone diacronicamente, nello sviluppo continuita e rottura della tradizione
fondata sulla successione di opere accomunate dagli stessi tratti letterari; la seconda lo
considera sincronicamente: fissa le scelte di gusto e di valore affermatesi in una certa comunita
in un determinato momento storico, quali risultano dai codici o dalle antologie, dai programmi
scolastici, dalla politica culturale dei governi, dagli indirizzi delleditoria ecc. La prima mira a
stabilire lidentita delle opere; la seconda lidentita culturale della comunita che in esse si
riconosce. Luna ha a che fare con lo specifico letterario; laltra con i conflitti interpretativi e con
le questioni di egemonia culturale.320

Un modello di canone come quello implicito nelle Prose della volgar lingua senzaltro non e
immaginabile oggi, in quanto presuppone un sistema culturale molto diverso da quello in cui
oggi siamo immersi. Il concetto di classico non puo che vacillare, slittare per cos dire, alla
luce dellavvento della modernita e del ruolo che gli studi post-coloniali hanno avuto sulla
teoria della letteratura negli ultimi decenni.

320
Romano Luperini, Introduzione. Due nozioni di classico, in Allegoria, nn. 29-30, maggio-dicembre 1998, p. 53.
In un clima culturale connotato dalla crisi di una fiducia ottimistica di impianto positivista e
del rifiuto di una razionalita scientifico-storicista si comincia a esaltare in letteratura quella
parte irrazionale, occulta e inconscia dellumanita . La poesia diventa allora strumento di
ricerca e trasfigurazione, la parola acquista nuovi poteri, non piu volti a declamare nitide
certezze ma a esprimere e scandagliare il disagio e lansia delluomo moderno. La complessita
della nuova organizzazione sociale comincia a privare luomo di gran parte della sua capacita
di aggressione sul reale e, contemporaneamente, le scoperte scientifiche mettono in crisi le
leggi della fisica tradizionale: lenunciazione della teoria della relativita equivalse alla
dissoluzione di un mondo. Lo spazio e il tempo non sono piu due categorie assolute perche
tutto diventa relativo, cangiante, la certezza di un passato glorioso viene meno, e il presente e
solo una sfida, un labirinto in cui luomo non ha guide e si deve destreggiare con le sue sole
forze. Un effetto ancora piu dirompente provenne dalle teorie psicanalitiche di Freud, le quali
svelarono che la psiche delluomo non e monolitica ma scissa, variabile, problematica.

Il luogo in cui questa crisi delle certezze appare con piu evidenza e lo stesso deputato a essere
sede privilegiata del canone novecentesco, cioe lantologia nella quale non esiste piu una
tradizione privilegiata, ma molte proposte concorrenti fra loro.
La presenza di una tradizione come sinonimo di normativita estetica viene meno da qualsiasi
orizzonte critico gia a partire dal Romanticismo; ma il dibattito sul canone e stato molto
intenso soprattutto negli Stati Uniti nel corso degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso:
qui il dibattito scatenato da posizioni neoconservatrici, come quella di Harold Bloom, hanno
alimentato una riflessione ampia e articolata.
Per quanto riguarda il contesto italiano va anzitutto sottolineato che fino alla meta del secolo
scorso la tradizione ha rappresentato un mezzo per creare o rafforzare lidentita nazionale.

Ai nostri giorni si assiste a un articolato dibattito critico riguardo i testi e gli autori da
integrare in una storia della letteratura contemporanea e ne derivano contrapposizioni
talvolta molto rigide (ad esempio, quella fra tradizione e avanguardia). Spesso cio conduce a
riconoscere con ritardo limportanza di autori non immediatamente assimilabili a una
corrente ritenuta dominante. E quanto accade a Saba, Pavese, Noventa, Rebora, Caproni, per i
quali Pasolini parlera di antinovecentismo, ma anche a Svevo per la storia del romanzo.

Quando negli anni Novanta cominciano a essere messi in discussione i concetti di classico,
canone e tradizione, la crisi investe soprattutto lambito letterario che nel corso del Novecento
e sembrato piu solido, cioe quello della poesia: nasce cos la lirica moderna. Il canone della
poesia e interpretato in modo binario, in quanto a questa prima tradizione e contrapposta una
seconda, che ha come esito la Neoavanguardia. Poesia italiana del Novecento ricostruisce una
genealogia poetica finalizzata a dimostrare la modernita del Gruppo 63, escludendo o
riconducendo a una periferia cio che non vi e assimilabile. Per questo motivo individua come
iniziatore del Novecento Lucini e da molto peso alle esperienze del movimento futurista, ma
ridimensiona Saba e Sereni. La provocazione della forma diventa il parametro piu importante
della selezione, e si combina con unaltra tendenza critica tesa allinseguimento
dellinnovazione formale

Alla magmaticita del canone si affianca il topos critico della sua non mappabilita . Se le
categorie critiche del passato sembrano inutilizzabili e insufficienti per descrivere il nuovo
panorama letterario, nella maggior parte dei casi non vengono proposte nuove coordinate,
bens unapertura indiscriminata (il catalogo) o la rinuncia allastrazione storiografica.
Queste raccolte, cos come alcune storiografie coeve, non tentano di ricostruire e sostenere
una tradizione, ma si limitano a esporre argomentazioni, spesso debolissime, in favore
dellimpossibilita di un impegno critico. In alcuni casi si tratta di antologie di impianto
secolare, che pero non aggiornano il canone, limitandosi invece a ribadire quello della
generazione nata negli anni Trenta.

Le acquisizioni critiche e filosofiche degli ultimi decenni rendono evidente che imporre
modelli sarebbe anacronistico: non esiste una sola tradizione, in quanto molte e diverse sono
in continuo conflitto fra loro.

Tuttavia ogni tentativo di storiografia critica e , allo stesso tempo, un atto di costruzione e di
ricostruzione: e importante non soltanto ai fini della memoria, della conservazione del
passato, ma anche per la costruzione del presente. In questo senso il problema del canone e
oggi piu che mai aperto e e funzionale per il recupero della consapevolezza della nostra
tradizione letteraria che ci consenti di poter interpretare il nostro problematico presente.
Calvino: Perch leggere i classici?

Calvino nel 1981 scriveva che un classico e un libro che non ha mai finito di dire quel che ha
da dire.

Se seguiamo i criteri che lui stesso espone per la definizione di un classico, si potrebbe
considerare lopera stessa di Calvino profondamente classica: egli non smette mai di rivolgersi
ai suoi lettori, dalla letteratura per ragazzi (Marcovaldo, la trilogia dei Nostri antenati) fino alle
opere piu strane e complesse (Le cosmicomiche, Se una notte dInverno un viaggiatore), fino
ai racconti della guerre e della resistenza (I sentieri dei nidi di ragno). Calvino e uno dei
narratori piu acuti e celebri della modernita . Modernita come molteplicita e non finitezza,
perche ce sempre un altro Calvino dietro a quello che si e gia incontrato, ce sempre qualcosa
di nuovo che ci vuole dire e, proprio come un vero classico, non si lascia mai leggere una volta
per tutte. Collocato tra gli anni Quaranta e Ottanta, nel cuore di questo secolo cos in rottura
con il passato e in ricerca di una nuova identita , Calvino ebbe la capacita di svolgervi un ruolo
duplice: da una parte tenere desto un rapporto intimo e problematico con i classici, fondando
la sua ricerca proprio nella frequentazione della tradizione, un colloquio ininterrotto con il
passato; dallaltra percorrere la strada di uno sperimentalismo sfrenato e radicale. Ebbe
unacuta percezione del cambiamento in atto nel suo tempo, in cui la tradizione e limitazione
dei classici si andava pian piano esaurendo. Non erano mancati nel Novecento autori
consapevoli di questo stravolgimento, da Pirandello a Svevo, da Gadda a Montale e poi Pasolini
fino alle neoavanguardie. Ma forse nessuno come Calvino seppe coniugare lesigenza di un
assoluto rinnovamento con la sopravvivenza del classico letterario. Per comprendere Calvino
bisogna saper tenere presenti e unite queste due istanze: il massimo del rapporto con la
tradizione e il massimo dello sperimentalismo. In Calvino, infatti, il dialogo con il passato e
nello stesso tempo costante e proficuo, ma anche conflittuale, aperto e problematico. La sua
scrittura e una sfida a ogni distinzione di genere: il saggismo si sovrappone al lirismo, narrare
e descrivere e viceversa, il testo e colmo di allusioni, citazioni, calchi.

Il classicismo calviniano, che potrebbe definirsi un classicismo moderno, consiste in un


recupero del positivo e della morale dei modelli in una societa in travaglio e in ricerca della
propria identita . Una valorizzazione di quelle che Nietzsche chiamava le gocce doro. Un
rifiuto delle visioni del mondo che facevano perno sul trionfo della continuita storica e
biologica, illusioni che la modernita distrugge, non per disfattismo ma per rilanciare una
ricostruzione proiettata al futuro. Per dirla con Calvino stesso, che mette queste parole in
bocca al Marco Polo delle Citt invisibili: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo
allinferno, non e inferno, e farlo durare e dargli spazio 321.

Si tratta di un tentativo di rifondazione di alcuni fondamentali valori che fungano da bussola


per orientarsi nel labirinto della modernita , per non soccombere a un caos che ci circonda e
abita in noi. Si potrebbe definire un classicismo antropologico, una raccomandazione che
passa dalla letteratura per trascenderla, per inserirsi in un impegno prima di tutto umano e
morale. Lattivita culturale di Calvino, infatti, non si limita solo a quella di scrittore ma occupa
un posto di primo piano, tramite lattivita intellettuale ed editoriale svolta nella casa editrice
Einaudi, nella rifondazione di una cultura e di una umanita post guerra. Per questo la summa
del pensiero calviniano sono considerate le Lezioni americane che possono essere considerate
un lascito etico per il futuro e un ponte lanciato alla costruzione delle nuove generazioni. Si
pone il problema della rimediazione tra un passato di tradizione letteraria glorioso ma
lontano e in qualche modo minacciato dai disastri storici appena avvenuti e un presente che
deve resistere alla dissoluzione, sia culturale che morale. Cos Calvino, che aveva
profondamente sperato negli anni della Resistenza in un rinnovamento della societa italiana,
riesce a congiungere un presente quotidiano con un passato remotissimo, porgendo una delle
possibili soluzioni alle questioni sollevate anche da Fortini nel saggio sulla voce Classico.

Il rapporto di Calvino con i classici non consiste solo in una proposta ma anche in una
formazione, un nutrimento; egli prima di fare scuola di classico, e stato alunno di quei testi
canonici, protagonisti dei suoi studi e dei suoi tavoli di lavoro. I libri, come lui stesso sottolineo
in vari interventi, sono il serbatoio del suo laboratorio narrativo e saggistico, che prende vita
proprio a partire da quel mondo di testi letti, consultati, evocati, citati e annotati. Il nucleo su
cui gira tutta la costruzione della sua opera e , dunque, il libro e la sua concatenazione con gli
altri libri, la relazione che sussiste tra la biblioteca fisica e la biblioteca mentale di un autore.
Alberto Asor Rosa scrive, infatti, riguardo alle Lezioni Americane come siano un libro fatto
tutto di modelli e fonti [] che passa attraverso e si avvale di una miriade di riferimenti
letterari usati con grande liberta 322.

321
Italo Calvino, Le citt invisibili, Torino, Einaudi, 1972, p. 112.
322
Alberto Asor Rosa, Stile Calvino. Cinque studi, Torino, Einaudi, 2001, p. 63.
Calvino e uno scrittore di opere classiche nella misura in cui e stato prima di tutto lettore di
tali opere, da Boccaccio a Galileo, dalla letteratura francese a quella americana, modelli
esplicitamente ricalcati, o semplici nutrimenti della sua forma mentis, senzaltro presenza
costante e perdurante nella sua vita e della sua attivita di scrittore e intellettuale. Calvino si
pone innanzitutto come mediatore e propositore di tali opere, fornendo continuamente ai suoi
lettori un invito a farsi partecipi della loro sopravvivenza nel presente, ad ascoltare quello che
hanno da dire e che non finiscono mai di dire.
Alcuni esempi di occorrenze nei romanzi di Italo Svevo

Nel sito Biblioteca Italiana e possibile accedere alla consultazione di molti testi letterari
italiani, ma purtroppo la presenza di testi e di autori del Novecento risulta ancora esigua. Tra
le prove letterarie del secolo scorso a essere state digitalizzate spiccano i romanzi di Italo
Svevo, specchio autentico della temperie culturale in cui il loro autore visse. Soprattutto con il
suo ultimo romanzo, La coscienza di Zeno (1923), Svevo mette in luce la condizione delluomo
contemporaneo incapace di ogni impulso positivo allazione e che si ritrova a vivere in un
contesto storico fortemente mutato dagli sconvolgimenti della guerra mondiale e attraversato
da nuove concezioni filosofiche che superano definitivamente il Positivismo per aprire la
strada alle avanguardie, alla teoria della relativita e alle scoperte psicoanalitiche. In definitiva
Svevo, attraverso questo romanzo, testimonia il male dellanima moderna che, come abbiamo
appreso dalle pagine di Franco Fortini, deriva anche e soprattutto dalla perdita della bussola
dei classici nella nostra tradizione letteraria. Mentre per Fortini lantidoto a tale vuoto delle
coscienze moderne consiste in una corretta e autentica riappropriazione dei nostri classici,
Svevo non vede alternative sul piano storico, ma solo sul piano individuale attraverso
lautocoscienza e lironia.

Abbiamo ritenuto interessante condurre una ricerca delle occorrenze dei termini classico e
classici nel romanzo La coscienza di Zeno per avere un riscontro testuale analitico di questo
naufragio della classicita nelleta contemporanea.

Per quanto riguarda il termine classico esso ha ununica occorrenza in tutto il romanzo nella
frase: Dapprima avevamo pensato di andare in Isvizzera, il paese classico delle case di
salute; dove e utilizzato come sinonimo di tipico, tradizionale.

Loccorrenza del termine al plurale nella proposizione Conosce i classici a mente. Sa chi dice
questo e chi dice quello. Non sa pero leggere un giornale! risulta molto interessante perche fa
riferimento agli autori eccellenti che rientrano in un canone stabilito. Tuttavia questi classici
che dovrebbero essere studiati e attualizzati affinche essi possano ancora parlare nel nostro
presente, come sosteneva Fortini, sono oggetto di una conoscenza solo superficiale che non
permette alluomo moderno di interpretare la propria realta . Egli, dunque, possiede una
cultura posticcia e del tutto inutile. Questuso del termine classici nel romanzo di Svevo
sembra la trasposizione romanzesca di quanto Fortini affermera , ventitre anni dopo, nel primo
intervento sul Politecnico dedicato a come dovrebbero essere letti i classici della nostra
letteratura e in cui egli riflette amaramente sul fatto che nelleta contemporanea E
constatazione volgare che i classici siano piu spesso nominati o ammirati che letti o compresi.

Anche negli altri due romanzi sveviani, benche essi non varchino ancora la soglia del secolo, si
riscontrano delle occorrenze interessanti, come in Una vita (1892), dove classico compare in
due frasi:

- Se mi dessero in mano un classico latino lo commenterei tutto, mentre essi non ne


sanno il nome;
- Non aveva ancora letto interamente un classico italiano e conosceva storie letterarie e
studii critici a bizzeffe.
Nella prima occorrenza classico e usato in riferimento agli autori latini dellantichita e vi e
una polemica, che si ricollega a quella che abbiamo notato sopra contenuta nel romanzo La
coscienza di Zeno, contro coloro che li ignorano completamente e non ne conoscono neppure il
nome.

Nella seconda occorrenza, invece, laggettivo fa riferimento agli autori italiani antichi ma
anche moderni che rientrano nel cosiddetto canone classico degli studi e che dovrebbero far
parte della cultura e della coscienza di ogni lettore italiano.

In Una vita vi e anche ununica occorrenza di classici in riferimento ad autori collocati in un


preciso canone e dunque facenti parte di antologie scolastiche poiche dotati di precisi pregi
formali e stilistici: Amava i suoi libri scolastici che gli ricordavano lepoca piu felice della sua
vita. Uno di questi leggeva e rileggeva instancabile, un trattatello di retorica contenente una
piccola antologia ragionata di autori classici.

Nellaltro romanzo sveviano che non rientra ancora cronologicamente nel panorama del
Novecento ma che ne anticipa alcuni caratteri fondamentali, Senilit (1898), il termine
classico non ha alcuna occorrenza, mentre il suo plurale compare solo nella seguente frase:
[...] i loro rapporti intellettuali restarono ristretti alle arti rappresentative nelle quali
andavano perfettamente d'accordo perche in quelle arti esisteva una sola idea, quella cui s'era
votato il Balli, la riconquista della semplicita o ingenuita che i cosiddetti classici ci avevano
rubate. Quindi nel senso di autori detrattori della spontaneita e soggettivita nella
rappresentazione artistica perche forse troppo legati al rispetto di meccaniche e rigide norme
compositive.
BIBLIOGRAFIA

Alberto Asor Rosa, Stile Calvino. Cinque studi, Torino, Einaudi, 2001

Bloom Harold, Il canone occidentale. I libri e le scuole dellet, Milano, Bompiani, 1996.

Calvino Italo, Perch leggere i classici, Milano, Mondadori, 1991.

Ferroni Giulio, Al di l del canone, in Allegoria, maggio-dicembre 1998, nn. 29-30.

Fortini Franco, A proposito delle rime di Dante. Come leggere i classici?, in Politecnico, nn.31-
32, luglio-agosto 1946.

Fortini Franco, Come leggere i classici? La leggenda di Recanati, in Politecnico, nn. 33-34,
settembre-dicembre 1946.

Fortini Franco, Classico, in Enciclopedia Einaudi, volume III, Torino, 1978; poi in Nuovi saggi
italiani, Milano, Garzanti, 1987.
Luperini Romano, Modernismo e poesia italiana del primo Novecento, in Allegoria: per uno
studio materialistico della letteratura, n. 63, Palermo, Palumbo, 2011 (scaricabile online).

Raboni Giovanni, Franco Fortini, in Novecento. Gli scrittori e la cultura letteraria nella societ
italiana, a cura di G. Grana, Milano, Marzorati, 1982.

Bollettino di italianistica, Universita di Roma La Sapienza, Rivista di critica, storia letteraria,


filologia e linguistica, anno X, n. 1, 2013, Roma, Carocci.

SITOGRAFIA

http://www.bibliotecaitaliana.it/

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