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Considero come enti primitivi e indefinibili due concetti: il concetto di elemento ed il concetto di

relazione.
Penso che tali due oggetti stiano alla base di un vasto numero di teorie e sono le uniche fondamenta
di importanti entit logiche come l'idea di numero e l'idea di ordine (r).

L'elemento o individuo lo considero come una qualsiasi cosa che, sotto le dovute considerazioni,
possa essere considerato una unit.
Quindi considero elemento un qualunque oggetto reale o concetto che sia indivisibile in parti pi
semplici, ma considero elementi anche entit formate da pi parti sottostanti, a meno che ci sia un
propriet, applicabile ad ogni parte, che dia lo stesso risultato in modo che l'ente possa essere
considerato un elemento almeno nei riguardi di quella particolare propriet. In realt quella
propriet esiste sempre in quanto le parti semplici costituenti un oggetto complesso hanno almeno
in comune la propriet di essere tutte parti costituenti quel particolare oggetto. Quindi ogni oggetto
composto pu essere considerato un elemento, sia per bassi gradi di composizione, si per alti gradi,
fino ad arrivare a composizioni puramente mentali come le somme mereologiche (bm). Considero
elemento ogni entit avente due modi di applicarsi (ad esempio il concetto di funzione di verit),
eppure considero elemento ogni entit che si pu applicare per gradi (come i colori). Considero
elemento anche una collezione di oggetti, un insieme. Un insieme d'altronde non altro che una
serie di elementi (aventi una certa propriet esplicita o no), quindi non occorre eccessivo sforzo a
passare dal concetto di elemento al concetto di insieme. Inoltre classico utilizzare insiemi come
elementi di altri insiemi. Quindi si pu utilizzare il concetto di insieme come collezione di oggetti,
insieme come molti, e si pu utilizzare il concetto di insieme come una singola unit che pu essa
stessa appartenere ad un insieme, insieme come uno. Entrambi i punti di vista, secondo me
rappresentano esattamente lo stesso oggetto e non si basano altro che sul concetto di elemento.

La relazione un'indefinibile che si instaura tra gli elementi. Le relazioni possono instaurarsi tra un
numero qualsiasi di elementi (e ci dipende dalla particolare relazione). Vi sono anche relazioni che
si applicano ad un solo elemento come le propriet. A mio modo di vedere per anche queste sono
riconducibili a relazioni almeno binarie. Le relazioni possono avere o no certe propriet come la
transitivit, riflessivit, simmetricit ecc...Non tutte le relazioni si applicano a tutti gli elementi. Una
relazione che ritengo pi primitiva delle altre, e dalla quale possono essere derivate tutte le altre la
relazione di appartenenza. La relazione di appartenenza si applica tra almeno un elemento e almeno
un inseme, quindi si pu dire che si applica tra almeno due elementi. Quindi, data la neccessit che
si ha del concetto di insieme possiamo eleggere tale concetto come il pi importante degli oggetti
composti.

E' noto che si pu interpretare tutta la trattazione insiemistica come estensionale o come
intenzionale.
La visione intenzionale considera un insieme come un gruppo di elementi aventi tutti una certa
propriet (come detto sopra una propriet considerabile come una relazione almeno binaria, quindi
non c' niente da aggiungere). Quindi per definire un insieme basta definire la propriet necessaria
affinch un elemento possa appartenervisi. In quest'accezione si riserva un grande importanza alla
propriet e si pu essere indotti a pensare che non si pu costruire un insieme senza una propriet
diffusa tra gli elementi. Eppure se ci pensiamo si pu immaginare un'insieme anche composto da
elementi totalmente indipendenti gli uni dagli altri, senza alcuna propriet esplicita che li leghi
insieme, in tal caso gli elementi vengono raggruppati per gusto, sfizio o caso. La popolarit della
visione intenzionale dovuta al mondo di tutti i giorni nel quale effettivamente troviamo comodo
associare le cose all'interno di insiemi se gli elementi presentano delle caratteristiche simili
(l'insieme dei minorenni, l'insieme delle cose rosse, l'insieme degli europei). Ma in logica non si ha
bisogno di presupposti aggiuntivi a parte le assunzioni che facciamo e quindi possiamo assumere
che un tal insieme costituito da tali elementi senza che tra gli elementi ci sia una propriet, a priori
dell'assunzione, condivisa dagli elementi. A questo punto mi sorgono 2 domande:
1) Gli insiemi si creano? Cio nascono e muoiono oppure sono entit statiche che esistono a
priori? Queste domande sull'apriorit dei concetti matematici sono attive fino dai tempi di
Platone.
Si ha come l'impressione che certi insiemi (quelli per i quali si pu individuare una propriet
esplicita condivisa tra gli elementi) siano statici, cio esistano sempre. Ad esempio l'insieme
delle cose rosse, si ha costantemente un pozzo di cose rosse dal quale possiamo attingere
quando ci viene in mente il concetto rosso, e possiamo usare tale insieme come magazzino
quando apprendiamo che una tal cosa rossa, oppure possiamo usare tale insieme per
prelevare esempi di oggetti rossi.
Esistono anche insiemi statici nei quali gli elementi entrano ed escono nel tempo, ad
esempio l'insieme degli animali vivi. Gli elementi di un tale insieme cambiano
continuamente istante per istante, quindi, da un lato si ha l'impressione di avere un insieme
fisso, ma aperto all'entrata e all'uscita di elementi, e questa staticit ci viene data dal
riconoscimento della suddetta propriet, che rimane invariata nel tempo, dall'altra parte ci
rendiamo conto che momento per momento stiamo guardando degli insiemi con elementi
diversi e quindi degli insiemi diversi. L'assioma di estensionalit ci dice che Due insiemi
aventi esattamente gli stessi elementi coincidono. Tale assioma non afferma niente riguardo
agli elementi che non contengono gli stessi elementi, infatti dall'assioma possiamo inferire
per contrapposizione che due insiemi che non coincidono non hanno esattamente gli stessi
elementi ma comunque potrebbe darsi che pure due insiemi con elementi diversi
coincidano tra loro, chiaramente si fa fatica ad accettare questo punto. Sul modo di
considerare questi insiemi semi-statici influisce molto la visione intenzionale o estensionale.
Se si vede l'insieme degli animali vivi in modo intenzionale allora un insieme statico
perch la propriet che esprime rimane costante, se lo si vede in senso estensionale allora
un insieme dinamico che cambia momento per momento perch variano gli elementi
contenuti.
Ci sono inoltre degli insiemi (quelli per i quali non si riconosce una propriet esplicita) i
quali ho l'impressione che non esistano a priori, ma vengono creati da me a seguito delle
assunzioni che faccio. Non penso che l'insieme costituito dall'emisfero nord della luna, la
velocit dell'O2 a 25 C, il mio tavolo, il papa e il suono che sento quando pronuncio la
parola estate, esista sempre, tuttavia penso che questo insieme esiste dal momento che l'ho
assunto oppure pensato. L'eterogeneit degli elementi citati aiuta a convincermi la non
esistenza a priori di tale insieme. Una volta che quindi ho creato l'insieme banalmente
pensando ad esso o assumendolo, mi posso chiedere se tale insieme sia immortale. Cio se
rimanga come entit nella mia mente o se scompaia di nuovo appena smetto di pensarci. Se
fosse cos allora gli insiemi verrebbero creati non tanto dalle assunzioni quando dai pensieri
e quindi la creazione di un insieme sarebbe un fatto psicologico. Se l'insieme cos creato
fosse immortale allora la sua vita dipenderebbe dall'assunzione, che rimane invariata da
quando stata formulata, e allora la genesi dell'insieme sarebbe un fatto logico.
Tuttavia presi due elementi x e y qualsiasi ( ad esempio l'emisfero nord della luna e il mio
tavolo), si ha un assioma della coppia che garantisce l'esistenza di un insieme formato
esattamente dagli elementi x e y: {x, y}. Questo assioma garantisce quindi l'esistenza di
insiemi fatti da coppie di elementi qualsiasi, i quali non condividono alcuna propriet
esplicita. E questo va contro la mia supposizione che tali insiemi si possano creare. Inoltre
potrei prendere la coppia {x, y} fatta da l'emisfero nord della luna e il mio tavolo e
considerarla come uno, successivamente prendere un altro elemento, ad esempio il papa
(z) e, di nuovo per il teorema della coppia avrei un insieme fatto cos: {{x, y}, z}, cio
contenente z e l'insieme fatto da x e y. Tale insieme non poi cos tanto diverso da {x, y, z}
che l'insieme contenente x, y e z.
(Ci si deve chiedere se vale tale regola: Ei | i={{x, y}, z} Ej | j={x, y, z} )
Chiaramente iterando l'applicazione del teorema della coppia si pu arrivare all'insieme cos
composto: {{{{x, y}, z}, u}, v}, che non tanto diverso da {x, y, z, u, v} che proprio
l'insieme che ho assunto all'inizio, e in questo modo sono sicuro della sua esistenza e quindi
della sua staticit. In realt si possono trovare esempi di questo tipo nella vita di tutti i
giorni, ad esempio una classe di studenti. L'unica propriet posseduta da tutti e soli gli
studenti di una certa classe quella di essere studenti di questa classe. Tali studenti
condividono quindi una propriet posteriore all'istituzione della classe. D'altronde le classi
scolastiche, a differenza degli insiemi, sono certamente dinamiche: nascono e muoiono.
Quindi naturale che questa propriet condivisa sia nata successivamente al
raggruppamento degli studenti. (Per le classi scolastiche non a caso viene fatto l'appello che
la classica dichiarazione estensionale della classe come insieme). A seguito di questa
nomenclatura mi sorge la domanda, collegata a tutti i discorsi precedenti:
In piena accezione dinamica: un insieme nasce a causa di una propriet oppure il
raggruppamento all'interno di un insieme causa di una propriet condivisa dagli elementi?
E se le implicazioni sono valide entrambe, quale pi primitiva?
2) Come posso identificare un insieme composto da elementi che non hanno propriet esplicite
in comune?
Per insiemi diversi da questo, per i quali gli elementi hanno una propriet in comune
l'identificazione avviene attraverso la propriet stessa, in pieno accordo con la visione
intenzionale. Ad esempio posso selezionare un insieme ben definito prelevando tutti gli
uomini europei. Posso selezionare un insieme non altrettanto ben definito prelevando tutte le
cose rosse, tale insieme avrebbe dei confini pi labili e probabilmente sarebbe diverso in
ognuno di noi, data la versatilit della propriet scelta.
Ma come posso identificare un insieme se gli elementi non hanno propriet comuni? Si pu
pensare che tali insiemi non accettino una interpretazione intenzionale ma solo quella
estensionale. Quindi uno dei modi che ho di definire tale insieme listare gli elementi che
contiene, in pieno accordo con la visione estensionale. L'altro modo che mi viene in mente
che posso definire l'insieme i come composto da tutti gli elementi che fanno parte
dell'insieme i stesso. Questa affermazione pu sembrare tautologica, priva di informazione e
viziosa. E' una verit ma non mi aiuta affatto a sapere come fatto tale insieme e non mi
aiuta a ricostruirlo. Con questo nuovo metodo si vede come gli elementi sono in realt stati
selezionati in virt di una loro propriet che innegabilmente essi hanno, e quindi anche tali
insiemi accettano una interpretazione intenzionale. La stranezza di tale propriet va
interpretata sia col modello statico sia col modello dinamico degli insiemi.
Se gli insiemi sono statici, l'insieme i esiste sempre e la propriet dei suoi elementi di
appartenere all'insieme i stesso una propriet che abbiamo sempre davanti agli occhi. Il
fatto che noi non riusciamo comunque ad identificare tali elementi quindi dovuto:
O ad un nostro limite, cio, data una propriet, non riusciamo a vedere quali sono gli
elementi ai quali si applica. (E' analogo al non riuscire a trovare la soluzione di una
funzione, pur sapendo che la soluzione c).
O ad un malfunzionamento di tale propriet, cio, non riesce a dirci chiaramente quali sono
gli oggetti che ne godono e quali sono gli oggetti che non ne godono (molte propriet hanno
questo limite, tipo l'esistenza).
Se gli insiemi fossero dinamici allora gli elementi che apparterranno ad i non godono della
suddetta propriet finch i non viene assunto o pensato. Dico quindi che tale propriet che
definisce l'insieme i una propriet a posteriori. Tuttavia non posso negare che esista e che
non sia condivisa dagli elementi di i.

La visione intenzionale pienamente d'accordo con il fatto che ogni propriet definisce un insieme
e che l'insieme quindi totalmente definito da tale propriet, tale principio chiamato schema di
comprensione. Sebbene tale principio si applica bene agli insiemi di tutti i giorni sappiamo che tale
principio falso. Ci non vuol dire che la visione intenzionale sia errata, potrebbe essere vera senza
implicare che tutta la definizione di insieme risieda nella propriet.
La peculiarit di un insieme che viene definito intenzionalmente l'esistenza di una propriet
diffusa tra gli elementi che ha 2 caratteristiche: priorit, esplicit.
La propriet a priori rispetto all'insieme, nel senso che gli elementi hanno tale propriet anche se
non fossero raggruppati all'interno dell'insieme. L'insieme non causa della propriet.
La propriet deve essere esplicita perch abbiamo visto che, per ogni insieme, c' sempre una
propriet che chiamer implicita diffusa su tutti gli elementi. Tale propriet proprio l'appartenenza
all'insieme stesso.

L'approccio estensionale non si basa sulle propriet degli individui di un insieme ma solo sugli
individui stessi. Quindi in tale visione un insieme definito esclusivamente sulla base dei suoi
individui. Questo in pieno accordo con il principio di estensionalit. L'unico modo che si ha di
definire un insieme listare la collezione di oggetti che ne fanno parte, o nominandoli uno a uno o
utilizzando uno schema (pi economico) che li raccolga tutti, quando possibile. In tal caso non mi
pongo il problema della priorit tra l'insieme e la maniera di definirlo, mi sembra scontato che la
lista contenente i nomi degli oggetti debba essere posteriore all'insieme. Ovvero non la lista a
generare l'insieme ma ci sono altri criteri che ci fanno generare un tale insieme, come ho detto
prima possono essere criteri pensati ma in questo caso anche il gusto, lo sfizio o il caso. Da questi
discorsi si pu pensare che esistono due categorie distinte di insiemi, quelli estensionali e quelli
intenzionali, ma non cos. Gli insiemi in esame sono lo stesso oggetto che per pu essere
interpretato in due modi diversi. Anche per il caso dell'insieme di alcune cose rosse (per il quale
esiste una propriet a priori esplicita) si potrebbe avere una generazione casuale o per gusto, ma
ognuno di noi sarebbe indotto a pensare che, nel primo caso siamo davanti ad un caso fortunato a
bassissima probabilit, o nel secondo siamo stati palesemente influenzati dal colore, e quindi ricade
il punto di vista su quello intenzionale. (Inoltre quando scegliamo gli elementi per gusto o in
maniera casuale, tali scelte, si potrebbe dire, indicano una propriet degli oggetti: nel primo caso
seleziono solo gli oggetti che hanno la propriet di essere di mio gusto, nel secondo caso scelgo gli
oggetti che vengono estratti al momento che metto in moto un qualsiasi generatore stocastico di mio
piacimento).
Una delle problematiche quando si deve listare una collezione di elementi la lunghezza della lista.
Esprimendo una propriet faccio un'affermazione finita che identifica un certo numero anche
infinito di oggetti. Ma chiaramente se devo andare a listare una serie di oggetti devo dividere i due
casi: insieme infinito e insieme finito. Un insieme finito lo riesco a listare e quindi a definire
totalmente (anche a costo di impiegare tanto tempo), ma non riesco mai a definire un insieme
infinito, anche se fosse numerabile.

Dalla nomenclatura utilizzata nel paragrafo precedente e dagli altri paragrafi precedenti mi sorge
una riflessione. C una differenza intenzionale forte tra generare, definire e individuare un insieme.
Probabilmente queste tre operazioni sono appannaggio di tre settori di studio totalmente diverso
(come ad esempio le caratteristiche del moto spettano alla cinematica ma le cause del moto alla
dinamica).
Generare un insieme significa avere un qualche criterio per scegliere un gruppo di elementi e penso
sia un fatto esclusivamente psicologico.
Definire un insieme rientra nella teoria della definizione, si deve fornire una definizione corretta
che, evitando circoli viziosi o altre problematiche, identifichi esattamente l'oggetto considerato.
Penso che sia un'operazione strettamente logica.
Individuare un insieme significa, avendo un'universo di elementi e una definizione, riconoscere
quali elementi fanno parte del dato insieme. Questa un'operazione connessa con il nostro modo di
rapportarsi con il mondo e con i nostri sensi (compresa l'intuizione).
Si pu pensare che, dal momento che si identificata una propriet a priori esplicita, essa possa
essere un generatore dell'insieme (anche se questo non necessario). E in tal caso anche un mezzo
per individuare l'insieme: basta applicare la propriet a TUTTI gli elementi dell'universo e vedere il
valore di verit dei predicati risultanti.
Se per non si identifica tale propriet si deve giungere alla conclusione che ci siano altri modi di
generare un insieme, compresa la possibilit che non necessariamente ci debba essere un modo, ma
che l'insieme venga creato e basta. Oppure che la creazione dell'insieme sia al tempo stesso la sua
generazione (discorso strano, la stessa operazione che causa e conseguenza di se stessa). In questo
caso, l'individuazione di un insieme possibile solo con una lista. Non sapendo come fatto
l'insieme i, non avendo la lista, sapendo solo che devo scegliere gli elementi che appartengono ad i
(come propriet a posteriori implicita) non riesco a fare una scelta degli elementi giusti tra
l'universo. Questo fatto in ogni caso mi risulta particolare perch in effetti la propriet di essere
elemento dell'insieme i una propriet che racchiude tutte le informazioni necessarie, e il fatto che
comunque non mi permetta l'individualizzazione mi fa pensare che i miei sensi falliscano in questo
punto, oppure che la propriet non funzioni bene e non mi faccia vedere con chiarezza chi ne gode e
chi no (come se la propriet non fissasse abbastanza bene gli elementi che sono suoi soggetti).
Tuttavia questi sono discorsi collaterali e vanno analizzati con maggiore interesse sull'intenzione del
soggetto che deve generare, definire, individuare. Come ho detto la sola operazione che ritengo
interessante dal punto di vista logico la definizione, e, come ogni cosa che viene trattata dal punto
di vista logico non importante l'intenzione del soggetto definente, la definizione deve essere in
ogni caso chiara e funzionale al massimo. Mentre l'intenzione degli altri due soggetti interessante.
L'individuante NON SA come costituito un insieme quindi, mentre non problematico definire
l'insieme i come la collezione di tutti gli elementi appartenenti a i, problematico individuarlo. Per
il definente, che conosce l'insieme, una definizione a posteriori implicita totalmente
individualizzante e gli permette di raccogliere gli elementi di i da un universo. Per chi deve
individuare, la definizione totalmente inutile perch non si conosce una parte della definizione
stessa e cio non si conosce l'insieme i. (Chiaramente chiarificare la definizione, in questo caso
significa esplicitare i e quindi dare anche il risultato dell'individuazione stessa). In altre parole, la
propriet a posteriori esplicita va bene come definizione per chi definisce, ma non per chi
identifica.
Il soggetto che genera invece svincolato da ogni obbligo e da ogni richiesta: il definente
obbligato a definire bene l'insieme (almeno per se stesso a mio parere), a chi individua si richiede di
scegliere gli opportuni oggetti, ma chi genera ha la massima liber. Cio, innanzitutto potr
scegliere di selezionare o non selezionare alcuni oggetti, nei diversi casi si avranno gli insiemi
ordinari o l'insieme vuoto, o l'insieme universo. Ed totalmente libero di scegliere il criterio di
selezione in base ai suoi bisogni.

C' una linea sottilissima tra il punto di vista intenzionale e quello estensionale. Il primo si affianca
con il principio di comprensione, il secondo con quello di estensionalit. Il principio di
comprensione stato rifiutato dopo il lavoro di Russel e in effetti solo il principio di estensionalit
compare tra gli assiomi di Zermelo. Tuttavia il principio di comprensione molto attraente e
combacia quasi interamente con la nostra esperienza di tutti i giorni e con le questioni scientifiche
pi semplici, per questo merita spendere due parole aggiuntive. E' anche vero che il principio di
comprensione non viene pi utilizzato, ma il punto di vista intenzionale utilizzato tuttora in
maniera ubiqua. E' chiaro che possiamo sempre definire un insieme con una lista, a meno che
l'insieme sia finito. Mentre non sempre possiamo definire l'insieme con una propriet perch
talvolta questa propriet esplicita non esiste. Non ci stiamo chiedendo quindi quale dei due modi
lecito e quale no, si possono utilizzare entrambi a seconda della nostra discrezione e della comodit.
Ci stiamo invece chiedendo quale dei due modi pi legato intimamente al concetto di insieme,
quale definizione non possiamo abbandonare a patto di non abbandonare l'insieme stesso, quale
definizione implicata o implica il concetto di insieme.
La linea di demarcazione tra i due punti di vista sbiadita e soggettiva, abbiamo visto che data una
propriet esplicita, nulla ci vieta di considerare l'insieme come una lista di oggetti. E data una lista
di oggetti possiamo interpretare la lista stessa come tutti e soli gli oggetti che hanno la propriet di
far parte della lista, utilizzando quindi una propriet implicita.
Quindi a questo punto mi sento di poter ben classificare le propriet come esplicite a priori e
implicite a posteriori. Ho gi spiegato cosa intendo con questi aggettivi.
La domanda che mi pongo : quale di queste propriet pi primitiva.
Anche in questo caso si possono avere due risposte, una in ambito dinamico, una in ambito statico.
In ambito dinamico possiamo dire che prima della generazione di un insieme esiste solo la propriet
esplicita, mentre dopo che l'insieme stato generato esiste anche quella implicita. La propriet
esplicita esiste per un tempo maggiore ed da considerarsi prioritaria. In ambito statico abbiamo
visto come la propriet esplicita possa esistere solo in alcuni casi, non sempre, mentre la propriet
implicita esiste sempre ed quindi questa a dover essere considerata prioritaria. Per come mi
sembra a me, a prima vista, da considerarsi pi primitiva, nonostante gli aggettivi che ho usato, la
propriet implicita a posteriori. Se considero gli elementi chiaro che sia pi importante la loro
propriet esplicita, ma se mi concentro sull'insieme mi rendo conto che esso pi intimamente
legato con la propriet implicita in quanto non esiste l'uno senza l'altro (mentre con l'altra propriet
si) e dal momento che l'insieme viene generato viene generata anche tale propriet. (Ritengo
inevitabile utilizzare termini provenienti da un ambito dinamico anche se non sono affatto convinto
della validit di tale punto di vista).
Ora, le propriet esplicite sono caratteristiche di ogni insieme, cio ogni insieme ha una propriet
diversa, e ritengo che l'interesse e la necessit allo studio scaturiscano proprio e solo da casi che
presentano questo tipo di eterogeneit (non si farebbe logica se tutte le proposizione fossero vere,
non si farebbe matematica se tutti i numeri fossero uguali a 1, e anche non si farebbe allevamento,
agricoltura, rotazione delle colture se tutte le stagioni fossero uguali e non si farebbe cucina se tutti i
gusti fossero uguali o musica se lo fossero tutti i suoni). Questa eterogeneit si perde dal momento
che si considera la propriet implicita. Mentre le propriet esplicite possono essere: essere rosso,
essere buono, essere un numero primo ecc..., le propriet implicite hanno tutte la stessa forma:
essere un elemento che appartiene all'insieme x. In tal caso si vede che tutte le propriet implicite si
assomigliano, sono tutte relazioni di appartenenza ad un insieme e variano solo al variare
dell'insieme considerato. Utilizzando le propriet esplicite si vuole mostrare come varia la
costituzione dell'insieme al variare di un altro oggetto, cio la propriet. Con le propriet implicite
tutto ci viene meno perch si vuole mostrare come varia un insieme al variare di una propriet e la
possibilit di far variare la propriet si esaurisce con il variare proprio dell'insieme considerato.
Quindi andiamo a vedere come varia un insieme al variare di se stesso che chiaramente un
risultato banale.
Da questa discussione mi viene da pensare che in realt quello che veramente connesso in maniera
intima ed in pi distintivo per ogni insieme esclusivamente la collezione degli elementi
contenuti. Quindi a definire un insieme sono importanti gli elementi contenuti e non le loro
propriet. Chiaramente anche la propriet connessa intimamente con l'insieme ma in realt non
distintiva di ogni singolo insieme.
Mi viene da pensare quindi che la definizione estensionale sia pi primitiva anche se presenta
numerosi problemi quando si devono maneggiare insiemi infiniti. Tuttavia la definizione
intenzionale anch'essa valida, anche se non primitiva, e pu essere un buon trucco per definire gli
insiemi infiniti ed aggirare il problema di costruire liste infinite. Quindi possiamo vedere gli insiemi
in entrambi i modi pur sapendo che la caratteristica intima di un qualsiasi insieme banalmente la
collezione dei suoi elementi. Mentre entrambi i punti di vista sono accettabili e utilizzabili, il
principio di comprensione va rifiutato categoricamente e va accettato solo quello di estensionalit.

Come gi detto il principio di comprensione va rifiutato. Esso asserisce che ogni propriet definisce
un insieme quindi che esiste in linea teorica un insieme per ogni propriet che possiamo pensare.
Tuttavia i due concetti di insieme e propriet devono essere separati in quanto due propriet
coestensive sono due propriet differenti mentre due insiemi coestensivi, per il principio di
estensionalita, sono lo stesso insieme. Ad esempio, la propriet di essere la stella della sera e quella
di essere la stella del mattino sono due propriet diverse mentre l'insieme che contiene la stella della
sera coincide con l'insieme che contiene la stella del mattino perch la stella della sera e la stella del
mattino sono lo stesso oggetto. Questo perch gli insiemi sono entit esclusivamente logiche,
mentre le propriet sono entit logiche ma anche linguistiche.
Il principio di comprensione va rifiutato perch accettandolo si giunge ad una contraddizione. In
particolare se lo si accetta si pu pensare ad una qualsiasi propriet che definisce un gruppo di
elementi e fare un insieme con questi elementi. Si pu pensare alla propriet composta di essere un
insieme che non contiene se stesso e quindi per il principio di comprensione dovrebbe esistere un
insieme di insiemi che non contengono se stessi. Per il paradosso di Russell questo insieme non pu
esistere.
Eppure gli insiemi che non contengono se stessi esistono e se ne possono fare molti esempi
(l'insieme delle cose concrete). Quindi si identificata una propriet, si sono identificati gli
elementi che hanno tale propriet eppure siamo impossibilitati a raggrupparli in un insieme. Questa
una situazione eccezionale. Dai paragrafi precedenti si ha come l'idea che, ogni qual volta che
identifichiamo una propriet le cose siano pi semplici, tuttavia ci sono dei casi in cui, nonostante
esiste tale propriet, non si riesce nemmeno a generare quest'insieme. E' come se avessi davanti
ogni singolo vincitore dei premi nobel dell'anno scorso e non potessi dire: Questi sono i vincitori
dei premi Nobel dell'anno scorso. Mi dovrei limitare a considerarli come singole parti, senza
raggrupparli in un insieme, che nel linguaggio viene espresso dall'uso del plurale.
Mi sembra come se ci sia un malfunzionamento della relazione di appartenenza. Cio, tale
relazione, infallibile nei casi soliti, non riesce a selezionare degli elementi tra l'altro definiti in
maniera ben chiara e raggrupparli in un insieme. Questo sicuramente un punto da sviluppare,
tuttavia la vaghezza e l'indefinibilit di tale relazione rende ardua l'analisi.
E' una situazione molto strana perch si ha una collezione di elementi che posseggono la stessa
propriet ma non possono essere raggruppati in un insieme. Bene, si potrebbe pensare che questa
collezione sia un insieme di elementi, tuttavia non lo pu essere altrimenti sarebbe l'insieme degli
oggetti che non possono essere raggruppati in un insieme e ci contraddittorio, quindi deduciamo
che tale lista non determina un insieme. A questo punto si pu procede il discorso in questa maniera:
dato un universo del discorso e dato un insieme i che seleziona alcuni elementi da tale universo del
discorso si definisce l'esistenza di un insieme j chiamato complemento di i formato da tutti gli
elementi non appartenenti a i.
Chiaramente U(i,j) = universo Int(i,j) = 0
Avendo quindi il nostro universo del discorso posso raggruppare in un insieme tutti gli elementi che
possono essere raggruppati in un insieme, e questo mi sembra facile farlo, ad esempio le persone, le
cose astratte, le coordinate geografiche ecc.. hanno questa propriet. Definito questo insieme posso
identificare il suo complemento che l'insieme degli oggetti che non appartengono all'insieme degli
oggetti che possono essere raggruppati in un insieme, cio l'insieme degli oggetti che non possono
essere raggruppati in un insieme. Qui si ha di nuovo una contraddizione: l'esistenza del
complemento ci garantisce l'esistenza di questo insieme, ma le questioni relative al paradosso di
Russell ci garantiscono l'impossibilit di tale esistenza.
Ovviamente arrivati a questo punto siamo costretti a rifiutare almeno uno dei passaggi fatti in
precedenza. Tento di elencarli tutti:

1) La possibilit di avere un universo del discorso ben definito.


Effettivamente fino a adesso non ho definito qual' l'universo del discorso, ed in effetti non
ho ben chiaro quali siano i suoi elementi e i suoi confini. Per stiamo parlando di tutti gli
oggetti che possono o non possono essere raggruppati. Sinceramente non penso che ci siano
oggetti che non posseggano nessuna di queste propriet quindi il nostro universo del
discorso dovrebbe comprendere tutti gli elementi possibili (e questo non aiuta affatto).
Penso per che la confusione sull'estensione dell'universo del discorso non possa influenzare
la discussione precedente fino ad una contraddizione. Spessissimo si fanno speculazioni di
questo tipo senza avere ben chiaro l'universo del discorso e senza preoccuparsi di questo.
Inoltre non penso che anche ammettendo di non avere un universo del discorso ben definito
si riesca ad evitare la contraddizione.
2) Considerare la raggruppabilit come una propriet.
3) La possibilit di fare un insieme degli elementi che hanno la caratteristica di poter
essere raggruppati in un insieme.
Rifiutare questo passaggio pu essere interessante anche se sono molto riluttante a farlo.
Significherebbe di nuovo avere una collezione di oggetti aventi una certa propriet ma non
poter definire un'insieme. In questo caso per la perplessit ancora maggiore perch la
propriet diffusa non casuale (come essere i vincitori del Nobel) ma afferma proprio quello
che qui si vuole rifiutare. Ci si dovrebbe rifiutare di raggruppare degli elementi dei quali
sappiamo per certo che sono raggruppabili, una situazione molto strana. Tale situazione
inoltre porta ad un'altra contraddizione: si hanno degli oggetti raggruppabili per definizione
che per non posso raggruppare. Questa situazione esattamente il contrario della
contraddizione di partenza, in quel caso si aveva un raggruppamento di oggetti non
raggruppabili per definizione. Ha senso proseguire per questa strada solo se si vuole cercare
il male minore e ci si deve chiedere: le due contraddizioni hanno lo stesso valore o una
pi negativa dell'altra? Se c questa differenza si provveder a eliminare la possibilit pi
negativa ma rimarr comunque con l'altra contraddizione. Premetto che dubito che tale
strada possa portare da qualche parte perch trovo le due contraddizioni equivalenti (il vero
logico non si pone questa domanda in quanto ogni contraddizione uguale alle altre,
indipendentemente dal significato). Essendo le due contraddizioni equivalenti non si riesce a
scegliere il male minore in pi, non accontentandosi solo del male minore penso che
rifiutare questo passaggio non sia la via giusta e sia solo un'inutile costrizione.
4) La certezza che posso definire banalmente la propriet di essere elemento non
raggruppabile in un insieme come negazione della propriet di essere elemento
raggruppabile in un insieme.
Come per gli insiemi esiste per ogni insieme il suo complemento, per ogni propriet esiste la
sua negazione. Nella logica bivalente se una data propriet si applica ad un insieme, la
negazione della propriet si applica al complemento dell'insieme. Quindi negazione tra
propriet e complementariet tra insiemi sono legati. Ad esempio, se nell'universo del
discorso degli uomini seleziono gli europei, i restanti, facenti parte tutti del complemento
degli europei sono tutti non europei. Nella logica bivalente per le propriet si applicano con
due sole possibilit: o vero che un tale individuo ha una tale propriet o non vero. Ci
sono sicuramente nel mondo delle propriet non bivalenti che si applicano per gradi: il
colore, la bont, il volume, l'acutezza. Un'oggetto pu essere pi o meno rosso, pi o meno
amaro, un suono pu essere pi o meno acuto, pi o meno forte. E chiaramente per queste
propriet non esiste una sola negazione, ma pi propriet contrarie. Quindi gli elementi
dell'insieme posseggono la propriet definita, gli elementi del complemento sono ripartiti tra
tutte le altre possibilit.
Ci dobbiamo chiedere se in questo caso la propriet di essere elemento raggruppabile in un
insieme sia bivalente o no. Come ho detto prima riguardo all'universo del discorso penso
che questa propriet e la sua negazione siano esclusive ed esaustive: o un oggetto
raggruppabile o non lo , e chiaramente non pu essere sia raggruppabile che non
raggruppabile. Inoltre non vedo il modo in cui un oggetto possa essere pi o meno
raggruppabile di un altro, fortunatamente l'oscura relazione di appartenenza, in questo caso,
lavora bene: o un elemento appartiene o non appartiene a un insieme. Inoltre tutto il sistema
di Zermelo sviluppato in pieno ambito bivalente e non c' motivo di interrompere questa
uniformit (e semplicit) solo in questo passaggio.
5) L'esistenza del complemento.
Si dovrebbe rifiutare che necessario definire per ogni insieme il suo complemento.
Effettivamente l'idea che ad ogni insieme associato un complemento non tra gli assiomi
di Zermelo (da verificare se un teorema), tuttavia molti autori ne fanno menzione come
una cosa ormai appurata ed innocua. In realt l'esistenza del complemento ci rimane
abbastanza simpatico come principio perch se da una collezione tolgo certi elementi mi
viene naturale raggruppare i rimanenti in un insieme, anche perch posso individuare una
propriet esplicita diffusa tra gli elementi della mia nuova collezione, cio, tali elementi
hanno la propriet di non essere stati selezionati nel primo insieme, e in base a questa
propriet genero un insieme che chiamo complemento. Quello che per qui si dovrebbe
rifiutare la necessariet dell'esistenza di un complemento e accettare l'idea che per la
maggior parte degli insiemi possiamo definire un complemento, ma ci sono alcuni insiemi
per i quali il complemento non esiste. Di nuovo siamo di fronte ad una collezione di oggetti
che non possiamo raggruppare, la situazione non molto diversa da quella di partenza e
trovo che sia proprio questo il punto debole della catena. D'altronde se talvolta pur avendo
una propriet ben definita non riesco a formare un insieme non dovrebbe stupire il fatto che
non riesco a formare un insieme anche in questo caso dove ho una propriet direi
annacquata. Rifiutare l'esistenza del complemento e rifiutare l'esistenza della negazione di
una propriet hanno molti aspetti comuni. Ci si potrebbe chiedere: quale delle due strade
elimina la contraddizione senza creare pi danni? Anche in questo caso mi viene di pensare
che rifiutare la necessariet della negazione di una propriet pi difficile perch le
propriet vengono utilizzate come enti linguistici tutti i giorni e in queste applicazioni si fa
spesso conto dell'esistenza della negazione.
6) Lo schema di comprensione.
Si dovrebbe ammettere che in realt costruibile un insieme degli insiemi che non
contengono se stessi. In questo caso il principio di comprensione per ora sarebbe salvo
salvo e non andrebbe rifiutato. Chiaramente non rifiutare questo porta al paradosso di
Russell e anche in questo caso si dovrebbe scegliere il male minore: meglio possedere
un insieme che contiene e non contiene se stesso o avere un insieme che contiene oggetti che
non pu contenere (e che quindi contiene e non contiene certi oggetti)? Anche qua la
risposta del vero logico che sono inaccettabili entrambe le possibilit e va rifiutata la
contraddizione a prescindere dal suo contenuto.

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