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Il dipinto daltare

nel Quattrocento
di Peter Humfrey

Storia dellarte Einaudi 1


Edizione di riferimento:
in La pittura in Italia, Il Quattrocento, vol. II, Electa,
Milano 1986 e 1987

Storia dellarte Einaudi 2


Indice

Osservazioni introduttive 4

Pittori e corniciai 7

La creazione della pala a Firenze 12

La monumentalizzazione della pala a Venezia 16

La sopravvivenza del polittico 20

Storia dellarte Einaudi 3


Osservazioni introduttive

Di tutti i vari tipi di opere realizzate dai pittori nel-


lItalia del XV secolo, il dipinto daltare probabil-
mente il pi importante. Per la grande maggioranza
della gente, nel secolo precedente la Riforma, il compi-
to pi urgente nella vita, era assicurarsi limmortalit
dellanima tramite pratiche devozionali e preghiere per
ottenere lintercessione divina; e il punto focale di tali
pratiche di devozione e preghiera era costituito dai
numerosi altari e cappelle private, proliferati in ogni
chiesa nel tardo medioevo. Una delle principali funzio-
ni del dipinto daltare fu dunque di contribuire alla sal-
vazione fornendo unimmagine in genere una appro-
priata schiera di santi cui poter rivolgere preghiere
dintercessione. Esso rispondeva quindi a un bisogno
religioso fondamentale; e, per lintero periodo che qui
ci interessa, la richiesta di tavole daltare fu cos rego-
lare e prevedibile che molte botteghe poterono prospe-
rare su questa sola produzione. Inoltre, sebbene lanti-
ca arte dellaffresco fosse ancora pi che viva, si pu
affermare che la superiore versatilit della pittura su
tavola offriva maggiori possibilit di innovazione for-
male, rispondendo anche meglio ai particolari gusti
devozionali ed estetici dei singoli committenti. Il cre-
scente predominio della pittura daltare su quella mura-

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Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

le nel corso del XV secolo segna, cos, il definitivo emer-


gere del dipinto da cavalletto come principale veicolo
della pittura post-medioevale in Europa.
Nonostante la funzione devozionale dei dipinti dal-
tare nellItalia del Quattrocento fosse in linea di massi-
ma la stessa ovunque, la loro forma e struttura era note-
volmente diversa da una regione allaltra, secondo i gusti
e le tradizioni locali. Essi inoltre mutarono radicalmen-
te nel corso del secolo. Due tipi di pale daltare raffigu-
rate sullo sfondo di opere realizzate in un unico centro
artistico, Siena, possono servire a illustrare il passaggio
dal tipico polittico trecentesco alla pala unificata del
Rinascimento. Lornamento dellaltare nelle Esequie di
San Francesco del Sassetta (Londra, National Gallery,
1437-1444) consiste in un trittico raffigurante la Vergi-
ne con il Bambino e due Santi al di sopra di una predel-
la priva di raffigurazioni, con laggiunta di altre imma-
gini di piccole dimensioni nelle cimase. Il trittico fian-
cheggiato da pilastri di rinforzo che terminano in cuspi-
di con motivi ornamentali ai vertici; anche le colonnet-
te che dividono i tre pannelli principali proseguono, ai
vertici, in decorazioni alte ed esili; e ulteriori ornamen-
ti allestremo della cimasa ne continuano leffetto ver-
ticale. I profili degli archi cuspidati delle sei tavole sono
decorati con volute dacanto. Le aggraziate forme goti-
che e la ricca doratura del legno creano un perfetto com-
plemento sia alle immagini sacre che si stagliano sul
fondo oro, sia allarchitettura della finta cappella (anco-
ra gotica in spirito, per quanto mostri archi a tutto
sesto).
Anche il soggetto della pala daltare che figura al
centro del Conferimento della porpora cardinalizia a Enea
Silvio Piccolomini del Pintoricchio (Siena, Duomo,
Libreria Piccolomini; 1502-1509) di nuovo la Vergine
con il Bambino in trono tra due Santi. Ma qui le tre figu-
re principali sono rappresentate in un unico campo pit-

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torico, chiuso in una cornice classicheggiante costituita


da una base (corrispondente alla predella), da due lese-
ne laterali e da una trabeazione. La cornice sottolinea
con forza il concetto albertiano del piano pittorico come
finestra attraverso cui lo spettatore guarda in un mondo
separato, a tre dimensioni e internamente coerente;
nello stesso tempo, le sue proporzioni e la decorazione
classicheggiante la legano visivamente al contesto archi-
tettonico della corte papale, dipinto in uno spirito pie-
namente rinascimentale. Il valore di questi due esempi
sta nel mostrare i dipinti daltare del XV secolo come
dovevano essere visti, combinati a cornici architettoni-
che elegantemente scolpite, e concepiti quali forti cen-
tri visuali dellarchitettura circostante. Sfortunatamen-
te, solo una minima parte dei numerosi dipinti del gene-
re giunti fino a noi sono ancora visibili nel loro conte-
sto. La maggior parte di essi stata trasferita dalle chie-
se ai musei, e le cornici originali sono perdute; le tavo-
le di molti polittici e le predelle di numerose pale sono
andate disperse; e anche quando le opere sono rimaste
in situ, il mutare del gusto nei secoli ha spesso trasfor-
mato il contesto architettonico attorno ad esse. Tutta-
via, rimasto, pi o meno intatto, un numero di dipin-
ti daltare sufficiente a permetterci di verificare la gene-
rale esattezza delle immagini senesi, per quanto gli esem-
pi che esse mostrano siano del tutto immaginari. Il trit-
tico del 1435 di Bicci di Lorenzo, ad esempio, che si pu
ancora ammirare nella sua sede originaria, entro la quat-
trocentesca chiesa di SantIppolito a Bibbiena (Casen-
tino), una versione solo un po pi elaborata del trit-
tico immaginario del Sassetta, con unaggiunta di figu-
rine dipinte nella carpenteria e nelle tavole della pre-
della. Similmente, la pala di Antonio e Piero Pollaiolo,
finita nel 1466 per la cappella del Cardinale di Porto-
gallo in San Miniato a Firenze di forma sostanzial-
mente uguale a quella raffigurata dal Pintoricchio, e si

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inserisce visivamente in modo analogo, in virt soprat-


tutto della cornice scolpita da Giuliano da Maiano, nel
suo contesto architettonico e decorativo.
Tutto questo ci deve far ricordare che i dipinti dal-
tare italiani del XV secolo, tanto i polittici quanto le
pale, erano pi che meri dipinti; erano immagini di
devozione e anche complesse opere di collaborazione tra
pittori e intagliatori di cornici, cui collaboravano anco-
ra altre categorie di artigiani, quali carpentieri e dora-
tori. A volte poteva essere coinvolto anche un vero scul-
tore, come evidentemente avvenne col polittico di Anto-
nio Vivarini del 1464 (Pinacoteca Vaticana), dove lo
scomparto centrale occupato da una statua lignea.
Quando il dipinto era destinato a una costruzione
nuova, anche larchitetto poteva essere consultato per il
progetto. Di conseguenza, lo sviluppo formale del dipin-
to daltare non obbed a considerazioni puramente pit-
toriche: fu connesso, in misura molto maggiore di ogni
altro genere pittorico del XV secolo, agli sviluppi paral-
leli dellarchitettura, della scultura e dellintaglio deco-
rativo.

Pittori e corniciai

Come si realizzava, praticamente, questa collabora-


zione?1 Il normale modo di procedere alla realizzazione
di un polittico nei primi anni del XV secolo era, evi-
dentemente, identico a quello seguito nel corso del seco-
lo precedente e descritto nel Libro dellArte di Cennino
Cennini. Prima veniva costruita la struttura in legno, poi
vi si inserivano le tavole da dipingere e le decorazioni a
intaglio. In seguito si ricoprivano di gesso e si dorava-
no le superfici ad eccezione delle zone da dipingere in
policromia. Solo allora il pittore dipingeva le tavole.
Infine si applicavano altre decorazioni scolpite, quali i

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rilievi e le colonnette sovrapposti in genere alla pittura.


Cos devono essere stati realizzati il polittico di Bibbie-
na di Bicci di Lorenzo, quello di Antonio Vivarini oggi
alla Pinacoteca Vaticana e anche quello di San Sepolcro
del Sassetta, di cui le Esequie di San Francesco di Lon-
dra sono un frammento.
Sebbene incidentalmente tutti questi siano dipinti
conservatori dal punto di vista dello stile, va notato che
il conservatorismo della procedura tecnica, in questi
casi, era conseguenza diretta della persistente predile-
zione dei committenti per il formato del polittico. Cos,
grandi innovatori come Masaccio, Piero della Francesca
e Mantegna dovettero dipingere le loro figure potente-
mente plastiche contro fondi oro e inserirle in preesi-
stenti cornici gotiche quando lavoravano in centri arti-
stici meno avanzati quali, rispettivamente, Pisa, Borgo
San Sepolcro e Padova. Linevitabile dipendenza della
misura e della forma degli scomparti dipinti dun polit-
tico dal progetto della carpenteria che li incorniciava
comport inoltre la sopravvivenza della procedura tra-
dizionale anche dopo la traduzione delle forme della
cornice nel vocabolario decorativo del Rinascimento.
Cos, persino la Vergine delle rocce di Leonardo e le
tavole di Evangelista e Ambrogio de Predis che lac-
compagnavano, per quanto ormai a tutto sesto e non pi
su fondo oro, erano destinate ad essere inserite in una
cornice lignea preesistente. Il fatto che la cornice venis-
se prima del dipinto che doveva racchiudere non vale-
va solo per i polittici. Per tutto il secolo le pale unifica-
te continuarono ad essere destinate allinserimento in
cornici gi scolpite, e a far loro visivamente da comple-
mento. E tuttavia con la creazione della pala questa
procedura non ebbe pi una reale necessit tecnica. Una
volta concordate le dimensioni del campo pittorico, la
tavola poteva essere dipinta del tutto separatamente, sia
in senso fisico che temporale, dalla cornice. Il che a sua

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volta significava che il committente poteva mettere al


lavoro il pittore nello stesso tempo, o prima, del corni-
ciaio; e poich il dipinto daltare aveva ormai assunto la-
spetto pi duna pittura incorniciata che dun elabora-
to lavoro dintaglio incastonato in tavole dipinte, in
questa collaborazione il peso principale si venne spo-
stando sempre pi verso il pittore. Il variare delle pras-
si seguite a seconda delle circostanze rende spesso dif-
ficile sapere con sicurezza quale dei due principali col-
laboratori abbia avuto la responsabilit del progetto glo-
bale di un dipinto daltare. Nei casi di Masaccio, Man-
tegna e Leonardo appena citati, chiaro dai documen-
ti che i pittori vennero ingaggiati solo una volta com-
piuto lintaglio della cornice, e che non ebbero voce in
capitolo nella progettazione di essa. Lautore della cor-
nice del dipinto leonardesco, Giacomo del Maino, era
uno scultore di fama; e il fatto che figure anche pi illu-
stri quali Giuliano da Maiano e Giuliano da Sangallo
siano documentati come corniciai indica che questarte
non era sempre considerata minore, un mero acces-
sorio della pittura. Tuttavia in molti altri casi, anche di
polittici gotici, difficile immaginare che i pittori non
fornissero i disegni delle cornici dei loro dipinti. Cosa
tanto pi probabile se il committente viveva a una certa
distanza, come molti clienti di Antonio Vivarini (tra cui
la confraternita di Pesaro che gli richiese il polittico ora
alla Vaticana), poich doveva ovviamente sembrare pi
conveniente dare al pittore lincarico dellopera com-
pleta, lasciando a lui la responsabilit di subappaltare la
cornice a un bravo artigiano. Questo modo di procede-
re documentato in diversi casi. Nel giugno 1447, due
settimane dopo essersi impegnato a fornire un dipinto
daltare, su disegno convenuto, alla parrocchia di
SantAgnese a Venezia, Giambono ingaggi per il neces-
sario lavoro ligneo lintagliador Francesco Moranzo-
ne. Analogamente, Neri di Bicci nota nelle sue Ricor-

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danze di aver commissionato nel novembre 1456 a Giu-


liano da Maiano una cornice allantica, da realizzare
seguendo le istruzioni oltremodo dettagliate del pittore.
Non ci sono documenti sullintaglio della cornice del
trittico del Mantegna in San Zeno a Verona; ma la stret-
tissima unit visiva tra il vocabolario decorativo della
cornice e quello del dipinto, e la diretta dipendenza da
questunit dellintero effetto spaziale dellopera, rende
impossibile pensare che lintagliatore non abbia lavora-
to su esplicite istruzioni del Mantegna. Ma la nuova fles-
sibilit delle procedure tecniche riguardo alla produzio-
ne di dipinti daltare poteva anche portare, allopposto,
a un rapporto formale e decorativo molto allentato tra
dipinto e cornice. La diversit stilistica tra le forme
architettoniche dipinte e quelle della cornice in nume-
rose opere di Spanzotti, ad esempio, fa pensare che il
pittore e il corniciaio siano stati ingaggiati dal commit-
tente contemporaneamente ma con contratti separati, e
che in questi casi la collaborazione non fosse stretta. La
supposizione che, in realt, nel tardo XV secolo dive-
nisse sempre pi usuale per i pittori di pale come di
polittici progettare le proprie cornici, avallata dalle-
sistenza dun certo numero di disegni compositivi di
dipinti daltare che includono le cornici. Un foglio attri-
buito a Boccaccio Boccaccino (Oxford, Ashmolean
Museum), ad esempio, mostra un dipinto con un campo
quadrato, e una cornice che, in termini generali, dello
stesso tipo di quella di Giuliano da Maiano nella cappella
del cardinale di Portogallo, o di quella immaginata dal
Pintoricchio a Siena. Si noti che le due lesene orna-
mentali sono diverse tra di loro, come se lartista voles-
se offrire a se stesso, o al suo committente, la scelta tra
le due possibili soluzioni. Nello stesso tempo, i dettagli
della decorazione sono indicati un po a grandi linee,
come se il pittore volesse lasciare una certa libert di
movimento allesperienza professionale dellintagliatore.

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In un altro disegno, quello di Alvise Vivarini al castel-


lo di Windsor, la cornice continua illusionicamente quel-
la dellarchitettura dipinta, alla maniera del trittico del
Mantegna a San Zeno e di molti dipinti daltare vene-
ziani degli ultimi anni del secolo, di Giovanni Bellini e
Cima da Conegliano, oltre che di Alvise stesso. Il dise-
gno conforta cos lipotesi che anche questi pittori si
siano spesso fatti carico delle loro cornici. Infine si deve
notare che sia al pittore sia al corniciaio pu essere stato
a volte richiesto di conformarsi ad un disegno fornito da
un terzo. Un ben noto esempio quello del tabernaco-
lo dei Linaioli del Beato Angelico (Firenze, Museo di
San Marco), la cui cornice di marmo fu disegnata da
Lorenzo Ghiberti, ma eseguita da altri. Meno dimo-
strabile lidea che in qualche caso possa essere stato
coinvolto larchitetto stesso della chiesa. Questo avven-
ne certamente nel XVI secolo, quando architetti come
il Vasari e il Palladio fornivano disegni completati da
intere serie di pale daltare, che idealmente dovevano
armonizzarsi col progetto globale delledificio. Tale filo-
sofia delluniformit era sostanzialmente estranea alla
mentalit dei committenti del XV secolo, che per ragio-
ni di gusto e orgoglio proprietario erano normalmente
attenti, al contrario, a che le loro donazioni si distin-
guessero da quelle dei vicini. Ma il Vasari e il Palladio
erano da questo punto di vista gli eredi del Brunelleschi
e dellAlberti, i cui ideali estetici sul ruolo architettoni-
co di gruppi di tavole daltare riuscirono a volte a rea-
lizzarsi. Entrambi gli architetti erano contrari alla deco-
razione a fresco di chiese rinascimentali e vedevano in
una serie di dipinti daltare di aspetto architettonico
costante, e distribuiti con regolarit, la soluzione otti-
male alla domanda di immagini religiose nelle chiese2.
Sembra dunque ragionevole supporre che la notevole
uniformit delle tavole daltare nelle cappelle absidali
della chiesa brunelleschiana di Santo Spirito a Firenze,

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bench siano state dipinte molto dopo la morte dellar-


chitetto, dipenda in qualche modo da un suo disegno.
Similmente, possibile che Bernardo Rossellino, lar-
chitetto della cattedrale di Pienza, fedele discepolo del-
lAlberti, abbia avuto mano nel progetto dei quattro
dipinti daltare, assai simili, che furono installati per
ordine di papa Pio II nel 14623. Sebbene dipinti da
quattro artisti diversi, nessuno dei quali aveva prece-
dentemente mostrato n doveva farlo in seguito
grande interesse per i canoni progettuali del Rinasci-
mento, i quattro dipinti daltare, nel loro complesso,
segnano una svolta radicale rispetto alla tipologia sene-
se tradizionale, quale rappresentata dal Sassetta nelle
sue Esequie di San Francesco. Sembra perci probabile
che sia stato lideale architettonico di una perfetta omo-
geneit formale tra le cornici dei dipinti daltare ed il
loro ambiente a portare per la prima volta alla creazio-
ne della pala unificata nellambito della pittura senese,
comera avvenuto precedentemente in quella fiorentina.

La creazione della pala a Firenze

A dispetto del fatto che i polittici continuarono ad


essere prodotti per tutto il secolo e oltre, il contributo
tipico del Quattrocento al dipinto daltare fu la crea-
zione della pala unificata. Questo avvenne durante gli
anni Trenta a Firenze4, da dove il nuovo tipo fin per
diffondersi in tutta Italia, subendo lungo la strada, natu-
ralmente, numerose modifiche. Il tipo standard di dipin-
to daltare fiorentino dinizio secolo emblematizzato
dal polittico di Bibbiena di Bicci di Lorenzo del 1435,
con la sua molteplicit di pannelli separati. Ma fin dal
sesto decennio del Trecento, nel polittico Strozzi del-
lOrcagna (Firenze, Santa Maria Novella), le colonnet-
te fra le tavole principali sono scomparse, permettendo

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a molte figure di varcare i confini dei loro pannelli; que-


sto sviluppo fu poi portato avanti nellIncoronazione
della Vergine di Lorenzo Monaco del 1413 (Uffizi), nel-
lAdorazione dei Magi di Gentile da Fabriano del 1423
(Uffizi) e nella Deposizione del Beato Angelico (Firenze,
Museo di San Marco; ultimata negli anni Quaranta, ma
iniziata molto prima da Lorenzo Monaco). In queste tre
opere la divisione tripartita della tavola principale
ancora segnata dalle cuspidi; ma in ogni caso la rimo-
zione delle divisioni verticali crea unampia e ininter-
rotta superficie per una scena narrativa a pi figure.
Gentile ha tratto pieno profitto dalla libert cos instau-
rata per sviluppare un movimento compositivo che dalla
sinistra del lontano sfondo arriva a destra per tornare di
nuovo a sinistra in primo piano, evitando la stasi e la
simmetria che prima erano di norma. Nello stesso
tempo, questa nuova fluidit tenuta sotto stretto con-
trollo dai pesanti contrafforti laterali della cornice; e la
triplice cuspide (echeggiata dalla tripartizione della pre-
della) serve ancora ad articolare la composizione in ter-
mini di superficie. Per quanto lopera di Gentile fosse
innovatrice per il suo tempo, la sua cornice fruisce anco-
ra dun vocabolario decorativo di gotica elaboratezza,
appropriata in questo al contesto gotico della chiesa di
Santa Trinita. Cos, non probabilmente un caso che i
primi esempi di pale racchiuse in cornici classicheggianti
fossero destinati a chiese costruite nel nuovo stile clas-
sico del Rinascimento. Recenti ricerche hanno rivelato
che un programma di dipinti daltare per la chiesa bru-
nelleschiana di San Lorenzo, elaborato nel 1434, speci-
ficava che dovessero assumere la forma duna tabula
quadrata et sine civoriis; in altre parole, il campo pit-
torico doveva essere rettangolare, unificato, e senza
cimase n cuspidi. Purtroppo il progetto di San Loren-
zo non fu mai realizzato nella sua interezza di serie; tut-
tavia, esso sembra allorigine di almeno un dipinto dal-

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tare del nuovo tipo brunelleschiano: lAnnunciazione di


Filippo Lippi tuttora nella cappella Martelli. La forma
della cornice, che sarebbe ben presto divenuta a Firen-
ze quella standard per il resto del secolo, fu in questo
caso chiaramente concepita tenendo conto del suo con-
testo architettonico, sia in termini di dimensioni (inse-
rendosi perfettamente tra laltare e la finestra sovra-
stante), che di proporzioni e di disegno architettonico.
Nello stesso tempo, il campo pittorico quadrato cos
creato, forn al pittore la forma perfetta in cui evocare
la sua illusione di spazio tridimensionale tramite la pro-
spettiva geometrica. In accordo con la funzione prima-
ria del dipinto daltare, di focalizzare le preghiere din-
tercessione, i soggetti preferiti dai donatori del XV seco-
lo non erano narrativi, come lAnnunciazione o lAdora-
zione dei Magi, ma una raccolta di Santi, in compagnia
della Vergine e del Bambino. Si trattava sostanzialmente
dello stesso soggetto della maggior parte dei polittici del
XIV secolo, ma ora, con la creazione della pala, le figu-
re iniziarono a comparire insieme nel medesimo spazio,
nel tipo di composizione noto come Sacra Conversazio-
ne. Di nuovo, non probabilmente un caso che il primo
esempio maturo di questo tipo, la pala del Beato Ange-
lico per laltare maggiore di San Marco, presumibil-
mente del 1438-1440, fosse destinata ad essere vista
contro il fondale duna nuova, classica cappella mag-
giore di Michelozzo. Purtroppo la cornice originale di
questopera andata perduta, ma la forma del campo
pittorico, unita alla forma michelozziana del trono della
Madonna, implicano chiaramente una cornice del tipo
destinato a divenire ben presto canonico. In altri ter-
mini, si direbbe che lopera del Beato Angelico sia stata
un prototipo non solo per la composizione figurale della
Sacra Conversazione, ma anche per la stretta integrazio-
ne tra dipinto e cornice caratteristica della pala rinasci-
mentale. La composizione della pala di San Marco e

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degli altri primi esempi di Sacre Conversazioni, come la


pala di Santa Lucia di Domenico Veneziano (Uffizi) o
la pala di Annalena dello stesso Angelico (Museo di San
Marco), non cercano di nascondere il loro rapporto col
polittico tradizionale, con le sue suddivisioni gerarchi-
che e la sua enfasi su un pannello centrale, pi grande,
contenente la Vergine con il Bambino. Cos larchitettu-
ra dipinta nella pala di Santa Lucia, con la sua triplice
arcata, le esili colonnette e le nicchie a conchiglia, evoca
ancora vividamente le strutture lignee che, prima, divi-
devano i Santi in compartimenti separati. Questa fun-
zione espressiva e decorativa doveva essere condivisa
anche dalla cornice originale, andata perduta, le cui
forme sono quasi certamente echeggiate dai capitelli
delle colonne e, dietro di esse, dalla trabeazione. Ma
importante rendersi conto che la cornice originale dove-
va avere altres una rilevante funzione nella creazione
dello spazio, poich apparendo come una finestra al di
l della quale sembravano mostrarsi i Santi, doveva spin-
gere figure e architettura (che ora sembrano corrispon-
dere troppo strettamente al piano pittorico, special-
mente in alto) molto pi in profondit nello spazio. Una
simile, duplice funzione visiva della cornice evidente
nella molto pi tarda Pala Nerli di Filippino Lippi a
Santo Spirito, del 1488 circa. Da un lato la cornice
echeggia e sottolinea la composizione di superficie del
dipinto e il suo vocabolario decorativo, dallaltro segna
il limite esterno duna serie concatenata di spazi suc-
cessivi che portano locchio verso linterno e lo sfondo,
fino alla lontana catena di montagne. La pala di Filip-
pino appartiene alla serie destinata alle cappelle del tran-
setto della chiesa del Brunelleschi, e sembra probabile
che il semicerchio concavo secondo il quale sono dispo-
ste le figure, e la contrastante convessit del trono della
Vergine, fossero intese a rispondere alla forma absidale
della cappella stessa. Cos, la forma generale della cor-

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nice (anche se certamente non i suoi dettagli n la sua


decorazione) risale a un progetto dellarchitetto per quel-
lo specifico ambiente. Ma negli anni Ottanta questa
forma brunelleschiana era ormai una forma standard,
scelta dagli artisti e dai loro committenti anche per chie-
se e cappelle costruite a suo tempo in stile gotico. Que-
sta doveva gi essere stata la situazione della pala di
Santa Lucia di Domenico Veneziano (forse echeggiata
nelluso apparentemente anomalo di archi a punta in
primo piano), ed ancora illustrata dallAdorazione dei
pastori del Ghirlandaio nella cappella Sassetti a Santa
Trinita, del 1485. La forma del campo pittorico prefe-
rita nelle pale daltare fiorentine rimase per tutto il XV
secolo il rettangolo a sviluppo orizzontale, dilatato tal-
volta come nellAdorazione dei Magi di Leonardo del
1483 e in quella di Filippino del 1496 (entrambe agli
Uffizi), a dimensioni monumentali.
Solo occasionalmente, e in genere in relazione con
soggetti quali lAssunzione della Vergine, le pale fioren-
tine assunsero il formato verticale che invece si impose
a Venezia, e che sarebbe divenuto la norma nel XVI
secolo. Un notevolissimo esempio della diffusione di
tipologie fiorentine nellItalia del Nord la serie di pale
daltare dipinte negli anni Ottanta e Novanta per la
chiesa di San Bartolomeo a Vicenza.

La monumentalizzazione della pala a Venezia

Tuttavia, fu solo con lentezza che la pala unificata


raggiunse i principali centri artistici dellItalia setten-
trionale. In sintonia con lo stile gotico prevalente nel-
larchitettura e nella scultura decorativa, la forma stan-
dard del dipinto daltare a Venezia ancora negli anni
Sessanta era quella del polittico, come illustra lesem-
plare del 1464 di Antonio Vivarini alla Pinacoteca Vati-

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cana. Nel giro di pochi anni, tuttavia, Giovanni Bellini


doveva completamente trasformarne larticolazione,
combinando i precedenti fiorentini a una nuova monu-
mentalit e stabilendo cos quello che sarebbe stato il
modello di dipinto daltare del secolo successivo. Il con-
tatto tra le esperienze di Firenze e di Venezia fu stabi-
lito da due opere realizzate negli anni Cinquanta a Pado-
va: laltare maggiore di Donatello al Santo e il trittico
del Mantegna destinato alla basilica di San Zeno, a
Verona. Laltare di Donatello, che include un certo
numero di statue e rilievi in bronzo, stato molto alte-
rato nel corso dei secoli e la sua disposizione originaria
non nota con esattezza; tuttavia probabile che le sta-
tue fossero in origine distribuite sotto un baldacchino
architettonico sorretto da membrature classiche, e che
i rilievi fossero collocati nellarea sottostante, corri-
spondente alla base5. In altre parole, lopera nel suo
insieme doveva sembrare una versione tridimensionale
duna Sacra Conversazione fiorentina, sul tipo della pala
di Santa Lucia di Domenico Veneziano. Lidea essenziale
dellopera di Donatello fu tradotta in pittura dal Man-
tegna, al cui trittico di San Zeno, che ci rimane com-
pleto della sua cornice originaria, si rivolgono in genere
e giustamente gli studiosi come alla migliore guida per
ricostruire lassetto originario dellaltare di Donatello.
Il Mantegna, che solo pochi anni prima aveva inseri-
to le sue figure intensamente scultoree nellarcaica cor-
nice dun polittico gotico (Milano, Brera), ora le cir-
conda della prima maestosa cornice classica realizzata a
nord degli Appennini. Per quanto lopera sia di fatto un
trittico, lespediente di creare una giunzione quasi
impercettibile tra le forme della cornice e quelle del-
larchitettura dipinta riesce a produrre unillusione di
spazio tridimensionale continuo, ancora pi efficace che
nella precedente pala fiorentina, dove larchitettura
dipinta (come nella pala di Santa Lucia) spesso dispo-

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sta a quinte parallele al piano del dipinto. Il Mantegna


sottolinea ulteriormente lillusione dello spazio-scatola
abbassando drasticamente il punto di vista in modo da
farlo corrispondere allaltezza dellocchio duno spetta-
tore reale nella chiesa. In contrasto con Firenze, la tra-
sformazione del dipinto daltare nellItalia del nord non
fu la diretta conseguenza dun nuovo stile rivoluziona-
rio nel costruire le chiese, ma piuttosto degli interessi
antiquari e del rigore intellettuale di Mantegna pittore.
Il trittico di San Zeno fu dipinto per un antico edificio
romanico e il formato richiesto dal committente era
chiaramente del tutto tradizionale. Analogamente, a
Venezia la prima pala unificata in una cornice classica
fu dipinta da Giovanni Bellini per lambiente gotico
della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, con qualche
anno danticipo rispetto alla costruzione in citt di chie-
se in stile rinascimentale. Questa grande opera, databi-
le al 1470 circa, venne tragicamente distrutta dal fuoco
nel 1867, ma la sua cornice ancora in situ, e la sua com-
posizione registrata da unincisione e un acquarello6.
Bellini, che era a Padova quando suo cognato lavorava
al trittico di San Zeno, deriv da lui lespediente illu-
sionistico del punto di vista ribassato, e il diretto lega-
me tra le forme architettoniche entro il dipinto e quel-
le della cornice. Ma introdusse pure diverse innovazio-
ni sue proprie, destinate ad avere grande influenza. A
differenza del trittico di San Zeno e dei suoi preceden-
ti fiorentini, il campo pittorico qui accentuatamente
verticale piuttosto che orizzontale o quadrato. Questo
mutamento pu essere stato in parte stimolato dal carat-
tere verticale dellarchitettura gotica circostante, ma pi
importante il fatto che la cornice non sia pi concepi-
ta come un elaborato arredo della chiesa, a somiglianza
di quella di Filippino a Santo Spirito, bens come un
vero e proprio arco classico. La somiglianza con un ele-
mento architettonico reale ulteriormente sottolineata

Storia dellarte Einaudi 18


Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

dal fatto dessere in pietra invece che in legno ricca-


mente dorato; e poich il dipinto collocato diretta-
mente su una parete, leffetto di uno sguardo lancia-
to attraverso larco della cornice, entro uno spazio
aggiunto, in cui sembrano riunite le figure a grandezza
naturale della Madonna e dei Santi. In accordo con la
sua creazione duna illusione totalmente coerente, lar-
tista abbandona la tradizionale istituzione della predel-
la. Lillusionistica assimilazione del dipinto daltare a
uno spazio architettonico separato, perpendicolare alla
navata, ha un lontano precedente nella Trinit di Masac-
cio (Firenze, Santa Maria Novella); unopera che, curio-
samente, esercit scarsa influenza sullo sviluppo del
dipinto daltare a Firenze. stato ipotizzato che Belli-
ni ne fosse venuto a conoscenza grazie allo scultore-
architetto Pietro Lombardo, da poco arrivato a Venezia
via Padova e Firenze. Certamente la forma e il reperto-
rio decorativo della cornice di Bellini hanno molto in
comune con i monumenti funerari di Pietro, che potreb-
be effettivamente aver condiviso con Bellini la respon-
sabilit della cornice. Qualche sorta di collaborazione tra
i due artisti sembra probabile soprattutto nel caso della
pala di San Giobbe (Venezia, Accademia; 1480 circa),
la cui cornice ancora in situ, dal momento che la chie-
sa era stata recentemente ricostruita dallo stesso Lom-
bardo. Larchitettura dipinta da Bellini, consistente in
uno spazio chiuso coperto da una volta a botte, invece
che in una loggia, somiglia qui ancora di pi a quella
della Trinit di Masaccio e a una vera cappella che si
diparte dalla navata; e questo rapporto illusionistico con
lo spazio reale della chiesa doveva in origine accentua-
re fortemente leffetto di spaziosit allinterno del dipin-
to. Tuttavia, se unopera assolutamente moderna nel
trattamento dello spazio, del volume e nel vocabolario
decorativo, il dipinto di Bellini ritorna coscientemente
ai polittici tradizionali nelluso della membratura archi-

Storia dellarte Einaudi 19


Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

tettonica per articolare la composizione, nel motivo del


baldacchino (duso comune come coronamento nei polit-
tici gotici veneziani) e nellostentazione di splendore
materiale (anche di ori). La pala di San Zaccaria, del
1505, costituisce in modo simile una magnifica sintesi
tra lefficacia simbolica del polittico trecentesco e la
logica spaziale della pala fiorentina; e con la sua corni-
ce di lesene ora combinate con un doppio ordine di
colonne a tutto tondo invece che di semplici lesene,
possiede gi una maestosit tutta cinquecentesca.

La sopravvivenza del polittico

Tranne che a Firenze, dove anche i semplici trittici


erano divenuti obsoleti a met del secolo, il polittico
sopravvisse fino al XVI secolo inoltrato. Cos, negli
anni Ottanta e Novanta, strutture a pi scomparti furo-
no prodotte da pittori quali Foppa, Cima da Coneglia-
no, Perugino e Francesco Pagano per zone diverse come
la Lombardia, il Veneto, lUmbria e Napoli. Dato che
in molte di queste regioni lo stile gotico era ancora una
tradizione viva in architettura e scultura decorativa, tali
polittici ebbero spesso cornici gotiche, come quello
dipinto da Signorelli alla tarda data del 1507 per San
Medardo di Arcevia (Marche). Ma la struttura del polit-
tico poteva essere facilmente adattata anche al gusto cre-
scente per le forme decorative del Rinascimento, com
evidente in esempi quali il polittico di Cima per Olera
(Bergamo), quello del Pintoricchio per Santa Maria dei
Fossi a Perugia, e quello straordinariamente elaborato
del 1490 a Santa Maria di Castello (Savona), in cui
dipinti di Foppa e Brea si accompagnano a unampia
opera di scultura. In questi casi, in cui lo stile del Rina-
scimento era inteso come un vocabolario decorativo
piuttosto che una grammatica di proporzioni e relazio-

Storia dellarte Einaudi 20


Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

ni spaziali, esso poteva venire ovviamente adattato a


polittici di forme e dimensioni molto diverse. La flessi-
bilit dun approccio del genere dovrebbe forse essere
considerata pi una qualit che un difetto, perch in
questo modo fu molto facilitata lintegrazione visiva tra
i dipinti daltare rinascimentali e i loro contesti gene-
ralmente gotici. La ragione della longevit del formato
del polittico fu forse in parte dordine puramente pra-
tico: quando i dipinti daltare dovevano essere spediti
in paesi o citt lontani come Olera o Arcevia, era ovvia-
mente pi agevole trasportare via terra dei pezzi da
assemblare allarrivo piuttosto che ununica, grande e
pesante tavola7. Ma pi basilare devessere stata una
semplice ragione di gusto dei committenti, che proba-
bilmente apprezzavano spesso di pi quello che cono-
scevano meglio. Una clausola privilegiata nei contratti
per dipinti daltare chiedeva che lopera adottasse il
modo et forma dun prototipo locale oggetto dam-
mirazione, a volte risalente a parecchi anni prima; cos,
la struttura del dipinto di Sassetta a Sansepolcro del
1437-1444 fu deliberatamente modellata su quella dun
polittico senese del 1368 gi a Sansepolcro. Questo
genere di conservatorismo del gusto era anche chiara-
mente suscettibile di perpetuare caratteristiche tipolo-
giche regionali. Cos, il polittico di Cima a Olera adot-
ta la stessa struttura tipicamente veneziana di quello di
Antonio Vivarini alla Vaticana, del 1464, con settori
centrali pi alti e pi grandi, ed evita allo stesso modo
tavole di piccole dimensioni nella predella e nei pilastri
ai lati. In Lombardia invece, ed anche in Sicilia, i set-
tori centrali sono spesso di dimensioni pi simili a quel-
li laterali, e i superiori agli inferiori. I polittici ferraresi
e bolognesi sono ancora diversi, spesso includono nume-
rose tavole di piccole dimensioni, a volte tonde, come
nel polittico Griffoni del Cossa del 1473 circa e nel
polittico Roverella di Tura del 1474.

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Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

La lunetta che sovrasta questultima opera un ele-


mento che sincontra di frequente nei dipinti daltare
del Francia, e soprattutto anche in quelli del Perugino
in Umbria e di Crivelli nelle Marche, ma molto pi rara-
mente a Firenze e Venezia. Queste tipologie locali
dovevano spesso venire adottate dai pittori del luogo
naturalmente, quasi istintivamente, senza bisogno di
seguire specifiche istruzioni del committente. I pittori
di fuori, invece, dovevano probabilmente compiere
spesso uno sforzo cosciente per adottare una formula
locale. Cos, la struttura scelta per lIncoronazione di
Giovanni Bellini a San Francesco (Pesaro), non ha nulla
in comune con quella delle sue pale veneziane, ma
molto a che vedere con la tradizione marchigiana. Ana-
logamente, la variet di strutture che sincontra nei
dipinti daltare di pittori quali Bartolomeo Vivarini e
Perugino fa pi direttamente riferimento alla distribu-
zione geografica dei loro clienti, che ad uno sviluppo sti-
listico interno. Tradizioni in zone specifiche potevano
imporsi anche su dipinti daltare importati dal Nord
Europa: il polittico di Gerard David per labazia di Cer-
vara, vicino a Genova, non segue la caratteristica tipo-
logica nordica ad ali pieghevoli, ma mostra una strut-
tura tipicamente italiana, con tavole ad arco e un Dio
Padre nella lunetta8. Questo non significa, natural-
mente, che il gusto locale simponesse sempre e comun-
que sul formato dei dipinti daltare. Il trittico Portina-
ri di Hugo van der Goes del tipo pieghevole caratte-
ristico dei Paesi Bassi, e non c nulla di specificamen-
te pesarese nel polittico vaticano di Antonio Vivarini,
n di bolognese in quello, sempre di Vivarini, per la
Certosa di Bologna. Le costrizioni imposte dai gusti
locali o conservatori dei committenti dovettero spesso
risultare sgradite ai pittori. Ma in qualche caso si rive-
larono probabilmente di grande stimolo. La struttura
tipicamente fiorentina dellAdorazione dei Magi di Gen-

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Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

tile da Fabriano, ad esempio, che segue modelli di


Lorenzo Monaco e dellOrcagna, offr al pittore un
nuovo respiro in campo pittorico di cui non aveva mai
goduto nella sua carriera nelle Marche, a Venezia e a
Brescia. Analogamente, lincarico di dipingere una pala
per San Cassiano a Venezia nel 1475, offr ad Antonello
lopportunit di sviluppare le potenzialit della pala di
Giovanni Bellini ai Santi Giovanni e Paolo, unoppor-
tunit che non avrebbe mai avuto nella sua nativa Sici-
lia. A volte, poi, grandi artisti potevano volgere in posi-
tivo le costrizioni dun incarico apparentemente non
congeniale. Cos, a Pisa, a Masaccio fu richiesto di
assoggettarsi a un polittico a pi piani gi obsoleto a
Firenze9, e a San Zeno di Verona il Mantegna fu
costretto a dipingere un trittico con membrature divi-
sorie; ma entrambi gli artisti riuscirono a sfruttare lar-
caica cornice per portare avanti i loro interessi innova-
tivi riguardo allo spazio unificante, luce e composizio-
ne. La soluzione del Mantegna venne poi adottata in
una variet di polittici del Nord Italia, tra cui quelli di
Butinone e Zenale a Treviglio e di Giovanni Bellini ai
Frari a Venezia (1488). A Bellini doveva essere stato
specificamente richiesto dai committenti un trittico tra-
dizionale in una cornice di legno riccamente dorata
piuttosto che una pala unificata alla maniera di quelle
che aveva realizzate ai Santi Giovanni e Paolo e a San
Giobbe. Una simile richiesta, per quanto conservatri-
ce, non era fuori luogo per una cappella in una chiesa
gotica gi piena di trittici dorati come quello di Barto-
lomeo Vivarini del 1474.

Bellini rispose allineando le principali verticali e oriz-


zontali della sua cornice e quelle delle finestre gotiche
retrostanti, e coronandole di candelabre rinascimentali
che segnavano accenti verticali equivalenti a quelli delle
cimase e dei pinnacoli di Bartolomeo. Nello stesso

Storia dellarte Einaudi 23


Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

tempo, creando un legame illusionistico tra le forme


architettoniche dipinte e quelle della cornice, lartista
evoca effetti di spazio e luce sofisticati almeno quanto
quelli di qualunque pala italiana precedente. Nonostan-
te geniali soluzioni individuali di questo tipo, restava
unintrinseca contraddizione tra il polittico a pi pan-
nelli, con la sua cornice divisoria, e lideale rinascimen-
tale di unit spaziale; e ormai il polittico come forma per
dipinti daltare artisticamente significativi aveva i gior-
ni contati. Vari fattori ne affrettarono la fine, ma se ne
possono citare due come particolarmente significativi.
Uno fu la crescente richiesta da parte dei committenti
di dipinti daltare, richiesta stimolata dagli sviluppi in
altri contesti dellespressione artistica del dramma e del
movimento, di soggetti narrativi piuttosto che del tra-
dizionale gruppo di Madonna e Santi. Anche se sogget-
ti narrativi erano qua e l apparsi al centro di polittici,
il potenziale drammatico duna simile collocazione era
molto limitato. In secondo luogo levoluzione dellar-
chitettura verso il massiccio e il maestoso fece apparire
la cornice decorativa di molteplici campi pittorici rela-
tivamente piccoli sempre pi fragile, un orpello. Gi
negli anni Novanta a Venezia colonne di pietra a tutta
altezza avevano iniziato a sostituire le piatte lesene come
membrature laterali delle cornici nei dipinti daltare, e
sarebbero divenute il complemento visivo caratteristico
dello stile figurale eroico nella pittura daltare del primo
Cinquecento.

1
Su questo argomento vedi, tra le opere pi recenti, C. Gilbert,
Peintres et menusiers au dbut de la Renaissance en Italie, in Revue de
lart, XXXVII, 1977, pp. 9-28; C. Gardner von Teuffel, From po-
lyptych to pala: some structural considerations, in La Pittura nel XIV e
XV secolo: il contributo dellanalisi tecnica alla storia dellarte (atti del
XXIV Congresso C.I.H.A., III), a cura di H.W. van Os. e J.R.J. van

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Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

Asperen de Boer, Bologna 1983, pp. 323-344; P. Humfrey, The Vene-


tian altarpiece of the early Renaissance in the light of contemporary busi-
ness practice, in Saggi e Memorie di Storia dellArte, XV, 1986, pp.
65-82.
2
Cos, quando fu elaborato un programma di costruzione duna
serie uniforme di cappelle laterali per San Lorenzo nel 1434, venne
decretato, indubbiamente su suggerimento dellarchitetto Brunelle-
schi, che ... in dictis huiusmodi capellis... non possit fieri aliqua pie-
tura preter tabulam sine expressa licentia capitula dicte ecclesie..., e
inoltre che ogni dipinto dovesse assumere la forma duna tabula qua-
drata et sine civoriis. Vedi J. Ruda, A 1434 building programme for S.
Lorenzo in Florence, in The Burlington Magazine, CXX, 1978, pp.
358-361.
Vedi anche L.B. Alberti, De Re Aedificatoria, si far in modo che
riquadri e rilievi abbiano la collocazione pi conveniente ed elegante...
allinterno del tempio, piuttosto che affreschi sulle pareti sono prefe-
ribili pitture su tavola... (ed. e trad. a cura di G. Orlandi, Milano 1966,
II, pp. 608-609).
3
Vedi Enea Silvio Piccolomini, I Commentari: Nelle altre quattro
cappelle furono eretti altari adorni di tavole dipinte, opera di illustri
pittori senesi... Nessuno violi il candore delle pareti e delle colonne;
nessuno dipinga affreschi; nessuno appenda tavole dipinte; nessuno
eriga nuove cappelle o nuovi altari; nessuno muti la forma di questa
chiesa... (ed. a cura di L. Totaro, Milano 1984, II, pp. 1762-1765,
1768-1769), cfr. inoltre H. W. van Os, Painting in a house of glass: the
altarpieces of Pienza, in Simbiolus, XVII, 1987, pp. 23-38.
4
Su questo argomento vedi in particolare C. Gardner von Teuffel,
Lorenzo Monaco, Filippo Lippi und Filippo Brunelleschi: die Erfindung der
Renaissance-pala, in Zeitschrift fr Kunstgeschichte, XLV, 1982, pp.
1-30.
5
I pi recenti tentativi di ricostruire laltare smembrato di Dona-
tello sono quelli di J. White, Donatellos High Altar in the Santo, Padua,
in The Art Bulletin, LI, 1969, pp. 1-14, 119-141, 412; e V. Herz-
ner, Donatellos pala over ancona fr den Hochaltar des Santo in Padua:
ein Rekonstruktionsversuch, in Zeitschrift fr Kunstgeschichte,
XXXIII, 1970, pp. 89-126.
6
Utili fotomontaggi delle pale del Bellini ai Santi Giovanni e Paolo
e a San Giobbe nelle cornici originarie sono forniti da G. Robertson,
Giovanni Bellini, Oxford 1968, tavv. XXXIXb e LXVII.
7
Vedi J. Burckhardt, Beitrge zur Kunstgeschichte von Italien: Das
Altarbild, Basel 1898, p. 27.
8
Friedlnder ha avanzato lipotesi che i tre pannelli principali ora
a Palazzo Bianco, Genova, fossero in origine completati da due altri
elementi con lAnnunciazione (New York, Metropolitan Museum of

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Peter Humfrey - Il dipinto daltare nel Quattrocento

Art) e da un Dio Padre (Paris, Louvre). Vedi M.J. Friedlnder, Early


Netherlandish Painting, VI parte 2, Leyden 1971, tav. 186.
9
Vedi C. Gardner von Teuffel, Masaccio and the Pisa altarpiece: a
new approach, in Jahrbuch der Berliner Museen, XIX, 1977, p. 52.

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