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DINAMICA DEI SISTEMI MECCANICI

Prof. Giorgio Diana – Ing. Marco Belloli


Esercitazione n°2

Gabriele Calosso
Matr. 720752

STUDIO DI UNA STRUTTURA


AGLI ELEMENTI FINITI

OBIETTIVO: analizzare il comportamento dinamico di una struttura, evidenziandone in particolare


i modi di vibrare; effettuare lo studio con la tecnica agli elementi finiti (di tipo trave).

SVOLGIMENTO: la struttura analizzata è un ponteggio per applicazione edilizia, schematizzato


come costituito da tre piani (basamenti) collegati da elementi verticali, come visibile in figura.

Un’ipotesi semplificativa introdotta nell’analisi consiste nel considerare allo stesso modo tutti gli
elementi della struttura; nella realtà, invece, tale assunzione risulta valida solo per l’armatura del
ponteggio (costituita effettivamente da una serie di tubi opportunamente vincolati tra loro), poiché i
basamenti dei vari piani sono in genere realizzati mediante assi di legno fissate alla struttura
portante. Gli elementi che costituiscono il sistema sono tubi a sezione circolare, avente diametro
esterno pari a 50 mm e spessore pari a 2 mm; la lunghezza degli elementi verticali è pari a 2 m,
mentre i basamenti dei piani sono lunghi 3 m (il programma impiegato per l’analisi opera in un
dominio bidimensionale).

Come primo approccio si sceglie di schematizzare ciascun piano e ciascun braccio verticale con un
unico elemento finito; tale semplificazione è fortemente limitativa in quanto, come risulterà chiaro
in seguito, non permette di apprezzare correttamente i modi di vibrare superiori. La lunghezza

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massima degli elementi viene scelta in modo da rendere la frequenza propria flessionale superiore
alla massima frequenza delle forzanti esterne (tipicamente si impone ω I > 2Ω , essendo l’analisi
valida con gli elementi in campo quasistatico); poiché nel normale campo di impiego di strutture di
questo tipo le frequenze in gioco non sono molto elevate (possono esserci forzanti trasmesse dal
movimento degli operatori o dallo spostamento di oggetti pesanti, nonché da agenti esterni come il
traffico stradale o il vento), si osserva come le dimensioni scelte per gli elementi costitutivi siano
accettabili, essendo per il basamento:

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1 π  EJ
fI =   = 14.8 Hz
2π L m

dove E rappresenta il modulo elastico del materiale (acciaio), J è il momento d’inerzia baricentrico
della sezione, L è la lunghezza dell’elemento e m la massa per unità di lunghezza.

Sfruttando il programma di calcolo numerico in dotazione, dunque, sono state impostate le


coordinate dei nodi e le proprietà fisiche del sistema; avviata l’analisi, infine, si sono ottenuti i
seguenti grafici, che mostrano le forme modali della struttura così semplificata:

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Come si osserva dai risultati, la prima frequenza propria risulta pari a circa 1 Hz, valore più che
ragionevole data la struttura in esame; la forma modale corrispondente evidenzia un’oscillazione
macroscopica dell’intero ponteggio, che si comporta agli effetti pratici come un unico elemento
verticale dotato di moto flessionale; il secondo e terzo modo evidenziano invece delle
differenziazioni nel moto relativo tra i basamenti, che oscillano ora in modo più “vario”, mentre il
quarto e quinto modo evidenziano un moto di trazione e compressione delle colonne verticali.
In ogni caso si nota che, per tutti i modi di vibrare considerati, il moto del basamento è sempre
rigido; inoltre, dal confronto tra gli ultimi due modi si osserva una certa somiglianza tra le
deformate (sebbene il secondo basamento si deformi in maniera differente): queste osservazioni
portano a concludere che, per rappresentare correttamente i modi di vibrare a frequenza elevata,
occorre infittire la mesh, ovvero la discretizzazione della struttura (come sarà discusso in seguito,
infatti, la quarta frequenza propria eccede il limite ragionevole di applicabilità del metodo di analisi,
essendo eccessivamente vicina alla metà della minore frequenza propria degli elementi).
Tale operazione viene effettuata raddoppiando il numero di elementi finiti, suddividendo ciascun
tratto in due parti (infittimento uniforme), ed i grafici ottenuti sono i seguenti:

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In questo caso, la condizione sulla frequenza propria degli elementi finiti rispetto al forzamento
esterno è stata volutamente omessa, in quanto sicuramente verificata (gli elementi hanno lunghezza
minore); la deformata del primo modo di vibrare appare fondamentalmente invariata (oscillazione
macroscopica flessionale), e così anche (in linea di massima) quella del secondo e terzo modo di
vibrare. Per quanto riguarda il quarto modo, invece, si nota una certa discrepanza tra i valori di
frequenza propria forniti dalle due discretizzazioni: la quarta frequenza modale, pari a circa 7.8 Hz,
risulta infatti molto vicina alla metà della frequenza propria degli elementi nel primo caso (14.8
Hz), pertanto gli elementi stessi si trovano ad operare in un campo di frequenze per cui cade
l’ipotesi fondamentale di regime quasistatico. In virtù di tale osservazione, infatti, i successivi modi
di vibrare risultano parecchio discostanti tra i due metodi (sia come deformata che come frequenze
proprie), e con il miglior livello di discretizzazione si nota la comparsa dell’oscillazione dei
basamenti (è presente un nodo centrale, il cui spostamento è considerato dall’analisi).

Si passa ora all’analisi della stessa struttura, nel caso però in cui essa sia dotata di elementi
diagonali di irrigidimento (chiamati controventi); in questo caso, data la maggiore lunghezza di tali
elementi rispetto ai basamenti, la frequenza di eccitazione è limitata al valore di

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1 π  EJ
fI =   = 10.32 Hz
2π L m

anche in questo caso accettabile per il campo di interesse. Operando in modo perfettamente analogo
a quanto svolto in precedenza, si riportano i grafici ottenuti per il livello basso di discretizzazione:

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Come prima osservazione si nota che l’introduzione dei controventi ha in effetti irrigidito la
struttura, in quanto la prima frequenza propria risulta di molto superiore a quella del caso senza
elementi diagonali (pari a circa 0.98 Hz); osservando però il valore di tale frequenza, ci si accorge
che è già superiore alla metà della frequenza propria dell’elemento finito di lunghezza maggiore, ed
effettivamente i successivi modi di vibrare appaiono tra loro molto simili nelle deformate (indice in
genere di scarsa adeguatezza nella descrizione modale).
Si procede quindi, come già svolto, con l’infittimento uniforme della mesh, ottenendo i seguenti
andamenti:

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L’operazione di infittimento ha effettivamente permesso di differenziare tra loro i vari modi di
vibrare, nei quali compare anche l’inarcamento dei controventi (ora è presente un nodo al centro);
poiché tale comportamento è più evidente nelle parti a lunghezza maggiore, si è deciso di effettuare
un’ulteriore analisi infittendo la mesh in modo disomogeneo, ovvero raddoppiando il numero di
elementi solo in corrispondenza dei basamenti e dei controventi. Il risultato grafico ottenuto è
esposto in seguito:

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Deformata dovuta al peso proprio

Dall’osservazione di questi grafici si nota come, in effetti, vi sia una buona corrispondenza tra gli
ultimi due livelli di discretizzazione, sia riguardo le forme che le frequenze modali (come era già
stato notato in precedenza, già con il primo infittimento della mesh si era ottenuto un campo
quasistatico per tutti gli elementi); questa rappresentazione è comunque preferibile, in quanto più
vicina alla descrizione della realtà.

Come ultimo caso si studia la risposta della struttura ad un forzamento imposto; si inizia a
considerare l’effetto di una forza orizzontale applicata staticamente in corrispondenza di uno degli
angoli superiori della struttura, valutando la deformata nel caso in cui il nodo sia quello sinistro o
quello destro. In seguito si riportano i risultati in forma grafica:

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Forza applicata al nodo sinistro Forza applicata al nodo destro

Come temine di paragone si osserva lo spostamento orizzontale del nodo di applicazione della
forza, che risulta maggiore nel secondo caso rispetto al primo: ciò è dovuto all’ulteriore
deformazione (a compressione) della traversa superiore, che nel secondo caso offre un contributo
elastico altrimenti assente nel primo caso (in cui la forza è applicata direttamente al vertice del
triangolo inferiore, costituito da basamento, controvento ed elemento verticale sinistro).

Il comportamento dinamico della struttura, invece, è analizzato considerando come punto di


applicazione fisso il nodo superiore sinistro (per il quale la struttura si presenta maggiormente
rigida); le frequenze di eccitazione studiate sono f1 = 3 Hz e f 2 = 6.209 Hz , la prima appartenente
al campo quasistatico della struttura e la seconda coincidente con la prima frequenza modale del
sistema; i grafici della deformata (ampiezze di oscillazione) sono riportati in seguito:

Frequenza in campo quasistatico Prima frequenza di risonanza

La prima osservazione riguarda la deformata in campo quasistatico: come si nota, essa risulta
sostanzialmente coincidente con quella dovuta alla forza statica (la funzione di trasferimento è, per
ogni nodo, sostanzialmente “piatta” per un campo di frequenze più o meno esteso, dipendente anche
dal nodo considerato e dalla direzione dello spostamento analizzato).
Per il secondo grafico, invece, si osserva come la conformazione spaziale dei nodi rispecchi quasi
esattamente quella della prima forma modale (a meno di un cambio di segno, dovuto alla
normalizzazione degli autovettori); ciò è dovuto alla netta prevalenza del primo modo rispetto a tutti
gli altri (nel caso in cui la struttura venga eccitata proprio alla corrispondente frequenza), visibile
anche dal grafico della funzione di risposta in frequenza per lo spostamento orizzontale del nodo
considerato (angolo superiore sinistro):

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Un’ulteriore considerazione che può essere avanzata riguarda l’ampiezza della FRF in
corrispondenza delle varie frequenze modali; mentre per il primo e quarto modo di vibrare
( f I = 6.209 Hz e f IV = 8.376 Hz ) si notano evidenti picchi di massimo relativo, per i rimanenti tre
modi (fra quelli in esame, ben rappresentati) non si hanno incrementi significativi, in particolare per
la terza frequenza propria ( f III = 7.691 Hz ). Tale comportamento può essere spiegato osservando le
relative forme modali (riportate in precedenza), per le quali si osserva uno spostamento consistente
del nodo in esame per i modi primo e quarto; per quanto riguarda il terzo modo, invece, si nota
come il punto analizzato sia in effetti un nodo di vibrazione: la componente lagrangiana di una
forzante applicata in quel punto risulta nulla per quel modo di vibrare, che quindi non viene eccitato
(essendo inoltre scarsi i valori scelti per i coefficienti di smorzamento α e β , i modi adiacenti
danno un contributo quasistatico o sismografico, pertanto la FRF presenta un basso valore del
modulo per f = f III ).
Come ultimo grafico si riporta infine l’andamento della stessa funzione di trasferimento, nel caso in
cui i coefficienti di smorzamento α e β siano aumentati di un ordine di grandezza (lo scopo è
puramente illustrativo):

Si nota un notevole abbattimento dei picchi delle risonanze più influenti (prima e quarta), oltre che
una diminuzione di pendenza (in condizioni risonanti) nel grafico della fase: dall’analisi di tali
comportamenti è possibile dedurre i parametri modali, mediante le cosiddette tecniche di
identificazione (caratterizzazione dinamica di una struttura a partire da misurazioni sperimentali).

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