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QV S O M M A R I O 1/2017 Gennaio Febbraio

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Ma quando arriva il Regno? L y C E U M
Quaderni Vicentini 3
Gli Americani di Parise:
A G O R lunico originale in Bertoliana
Dario Borso 113
Zonin e i suoi complici Verso il sistema elettorale
Tutti i vip colpevoli dellhorror proporzionale? Non arriveranno
Pino Dato 5 le cavallette
Due miliardi di euro Luigi Poletto 127
per 32 signori Il caso Dal Molin
Quaderni Vicentini 14 Giovanni Sala 138
Borgo Berga e il recupero fallito Ovidio, la poesia
Ciro Asproso 17 Augusto, il potere
Le nequizie che lUnesco Roberto Pellizzaro 146
rimprovera a Variati Ivan Della Mea
Ciro Asproso 22 ventanni dopo lultimo incontro
Pedemontana Veneta: i 90 Km Gianni Sartori 153
pi cari e assurdi del mondo Quella malattia che James
Pino Dato 25 Parkinson scopr 200 anni fa
Pedemontana Veneta: le obiezioni Sandro Dal Fior 164
della Corte dei Conti Che cos il marchio CE e in che
Quaderni Vicentini 32 termini attesta la qualit
Di nuovo Goldin a Vicenza Francesca Sanson 172
Basilica sotto sequestro per 6 mesi
Pino Dato 47
Goldinfinger e la Basilica R A D I C I
del Palladio La strage di Kos: italiani trucidati
Tomaso Montanari 54 senza giustizia n memoria
Il caso Treviso: lo sfruttamento Sonia Residori 183
del Museo di Santa Caterina Il diritto di Decima: liniqua
Lucio Panozzo 56 imposta agricolo-religiosa
Specchietto per allodole elettorali? Giordano Franchini 197
Giovanni Bertacche 77 Barbara Kistler e Andrea Wolf:
Gli enomi costi della Chiesa morire per il Kurdistan
cattolica Gianni Sartori 206
Lucio Panozzo 80
Il caso Ilaria Capua
Simone Dato 90 M N E M O S I N E
Scusi, sa dov la storica libreria
Do Rode? Working Title Film Festival
Quaderni Vicentini 93 Marina Resta 211
Vicenza in armi. Un mercato Anna Netrebko:
bellicista nella nuova Fiera Lultima Traviata
Daniele Bernardini 95 Alberto Milesi 216
Perch un nuovo inutile ospedale Giovanni Bellini: il pittore
a Montecchio Maggiore? del pappagallo
Carmelo Rigobello 102 Filippo Mario Fasulo 224
Due capolavori: smantellato La pala di Castelfranco
lasilo, degradato il convento del grande Giorgione
Quaderni Vicentini 108 Giangiacomo Gabin 230
My old heart di Rino Gentile
LA LETTERA Toto Cacciato 238
Freda, il libro della moglie
e le bombe vicentine TEATRO- Atto unico
(risponde Giorgio Marenghi) 110 Mansarda con gelsomini e belve
Toto Cacciato 241
Quaderni Vicentini
2 Rivista bimestrale 1/2017. Numero di Gennaio Febbraio 2017
Registrazione del Tribunale di Vicenza n. 2154/13 del 9 settembre 2013
Stampa: ATENA NET - Grisignano (Vicenza).
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Scadenze: 20 marzo (gennaio/febbraio), 20 maggio (marzo/aprile),
20 luglio (maggio/giugno), 20 settembre (luglio/agosto), 20 novembre
(settembre/ottobre), 20 gennaio (novembre/dicembre).
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Direttore Responsabile: Pino Dato
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Comitato tecnico-scientifico: Ciro ASPROSO, Daniele BERNARDINI,
Giovanni BERTACCHE, Adriano CANCELLARI, Carmelo CONTI,
Emilio FRANZINA, Giangiacomo GABIN, Roberto PELLIZZARO,
Fulvio REBESANI

Autori e Collaboratori
Franca ARDI Giovanni BALDISSEROTTO Elena BARBIERI Federico BAUCE
Sara BELPINATI Giuseppe BERNARDINI Giuseppe BERTONCIN Dario
BORSO Valentina BOSCAGLIA Vittorio CABE Toto CACCIATO Renato
CAMURRI Gianfranco CANDIOLLO Keti CANDOTTI Beppe CAROLLO
Carmine CARRISI Fiorenza CONTI Pino CONTIN Federica COSTA Sonia
DADAM Sandro DAL FIOR Franco DALLA POZZA Simone DATO Stefano
DATO Giuseppe DELIA Simona DE SIMONI Valentina DOVIGO Stefano
FERRIO Mario FIORIN Giordano FRANCHINI Rino GENTILE Claudio
GIRARDI Elisa LO MONACO Antonio MANCINI Giorgio MARENGHI Paolo
MARINELLO Alberto MILESI Mario MIRRI Tomaso MONTANARI Matteo
NICOLIN P. Sergio M. PACHERA Gianni PADRIN Gaetano PALERMO
Virgilio PANOZZO Mario PAVAN Luigi POLETTO Carla PONCINA Giu-
seppe PUPILLO Roberto RECH Sonia RESIDORI Marina RESTA Carmelo
RIGOBELLO Claudio RIGON Giovanni SALA Sereno SALION Francesca
SANSON Gianni SARTORI Amanda SEPE Maria A. SERRA Giorgio SPIL-
LER P. Giorgio M. VASINA Gualtiero VECELLIO Antonio VIGO Andrea
Progetto grafico: Dedalus Libri
Fotografie: Dedalus

Pino Dato, Dedalus Libri


I manoscritti inviati non saranno resi e la redazione non risponde per la loro
eventuale perdita. QUESTO NUMERO STATO CHIUSO il 18 aprile 2017.
ISBN 978-88-948160-1-3
Alla ricerca del significato delle cose
QV Quaderni Vicentini 1/2017
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Ma quando arriva il Regno?


Emmanuel Carrre uno dei maggiori romanzieri francesi contempo-
ranei. I suoi libri, penso a Limonov, penso allAvversario, sono affascinanti
e diretti, profondi e leggeri insieme, accattivanti e irrituali. La sua letteratura
quanto di pi personale possa esserci perch non trascura mai la propria
vita, perci una forma indiretta di autobiografia permanente, e nello stesso
tempo coinvolge emotivamente il lettore come un thriller.
Il libro sicuramente pi originale di Carrre lultimo, Il Regno (Adelphi),
che mesce direi sapientemente, anche se qualche critico ha tirato su il
naso per la sua rinnovata irritualit un proprio versante autobiografico
con una parte considerevole (e approfondita, documentata) di storia del
cristianesimo.
Il versante autobiografico questo: Carrre, in un certo periodo della sua
vita si convertito al cristianesimo ( lautomne 1990 jai t touch par
la grce). Lui, ateo imperterrito, ha cominciato a leggere il Nuovo Testa-
mento, ne rimasto folgorato e ha trascorso tre anni da cristiano convinto.
Poi ha abbandonato la fede e ventanni pi tardi, da uomo maturo e scrittore
affermato, ha deciso di ritornarci sopra, ma con un diverso abito mentale: da
ex credente, certamente (una fase della sua vita che non ha dimenticato) ma
con un rinnovato spirito: quello dellanalista, del ricercatore, dellesegeta.
tornato sul Nuovo Testamento, con fervore e studio, con spirito comparativo
dei vari testi (soprattutto quelli di Luca e Marco), ha indagato, come un
investigatore della storia, negli Atti paralleli ai Vangeli, su tutti le lettere di
Paolo ai greci, ai tessalonicesi e cos via e negli Atti degli apostoli.
Un bel lavoro. Con due direttive principali: la storia tumultuosa di Paolo,
novantanni dopo la nascita di Cristo, folgorato sulla via di Damasco e poi,
con spirito imprenditoriale, fondatore vero della nuova chiesa, e quella pi
dolce, rarefatta, umanistica, di Luca, intellettuale greco che si muoveva tra
i greci affascinati pi dallebraismo che dalle storie che avrebbero costruito
il Nuovo Testamento, con copisti bravi, qualche falso, qualche meritorio

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eccezionale adepto. Come Luca, appunto, che un bel giorno and in Giudea
e, secondo una ricostruzione testuale, avrebbe incontrato la madre di Ges,
ormai molto anziana, intorno allanno 50.
Ma di episodi comparativi interessanti sia per chi ha i favori della fede,
sia per chi non li ha o non li ha pi il libro pieno. Ma perch cito questo
testo di Carrre oggi, qualche giorno dopo la Pasqua del 2017?

Lo cito perch anchio, quando frequentavo la chiesa, pensavo alla


Pasqua nel duplice senso, laico (o ebraico) e cristiano, di passaggio e di
resurrezione. Un coinvolgimento emotivo lho sempre vissuto, anche se
non potevo pi dirmi cristiano praticante. E perch Carrre mi fa pensare
a questo? Perch, leggendo il suo libro (il libro di un ateo) si scopre che il
vero senso del cristianesimo, che per i cristiani di oggi hanno brutalmente
dimenticato, lattesa del Regno. La promessa di Ges questa: il Regno.
Non il Paradiso con i suoi corollari obbligati dellInferno e del Purgatorio,
prodotti materialistici e perversi dello spirito repressivo dellAlto Medioevo,
che il grande Dante ha saputo trasformare in poesia.
No, il Regno, con la R maiuscola, al quale tutti siamo invitati, cristiani, atei,
musulmani, fedeli del capitalismo esasperato, ex comunisti imperterriti.
Perch il Cristo sarebbe venuto con quellobiettivo: proporci la speranza,
lattesa del Regno.
Ma quando arriva, mi sono chiesto, questo Regno? Non sono bastati 2000
anni? Che cerchi di fuoco dobbiamo attraversare in quellattesa? Quante
Pasque devono passare? Quanti omicidi? Quanti femminicidi? Quanti inutili
appelli del papa a considerare gli uomini, tutti gli uomini, anche i migranti
sui barconi (soprattutto loro) come fratelli? Quante Pasque e quanti auguri
di buona Pasqua dobbiamo farci prima di sapere con certezza che non ci
saranno pi n coreani impazziti, n Trumpisti che minacciano di far fuori
quelli che non stanno in riga, n commercianti che spingono tutti ad avere
unarma da sparare, n ricchi che hanno paura dei poveri, n poveri che
hanno paura dei ricchi? Mi rispondo gi: temo sia una storia vana, senza fine.
Temo che dobbiamo proporci unaltra storia. Ci facciamo gli auguri, passano
le Pasque, accendiamo le speranze, ma il male prolifica come erba matta. Gli
appelli del papa sono inutili, rituali. Fingiamo di ascoltarli. In realt non li
ascolta nessuno. Domani un altro giorno (ah, filosofia eterna di Rossella
OHara!). E il Regno? Se non credo allarrivo del Regno che cristiano sono?
ZONIN E I SUOI COMPLICI 5
TUTTI I VIP COLPEVOLI
DELLHORROR POPOLARE
UNA VICENZA SENZANIMA
Lhorror denunciato da Penati emerso. partita lazione di
responsabilit intentata dallattuale amministratore
delegato della banca, Fabrizio Viola, nei confronti di Zonin
e di tutti i vip vicentini che Zonin ha voluto accanto a s in
questi anni. Trecentoquarantaquattro pagine di rilievi
pesanti e circostanziati. Ora la Procura non ha pi scuse.
Pu verificare molti altri reati celati fra le pieghe
di centinaia di azioni rischiose, sbagliate, insensate, che
hanno azzerato la banca e impoverito la citt di Vicenza

C
PINO DATO

ome hanno scritto i giornali, finalmente, in rispetto alla delibera-


zione di unassemblea sociale della (ormai ex) Banca Popolare di Vicenza
svoltasi a dicembre 2016, con la presidenza del dottor Fabrizio Viola,
stata avviata la famosa procedura legale denominata azione di respon-
sabilit nei confronti di amministratori, sindaci e dirigenti dellistituto
vicentino i quali, finch Zonin stato il capitano che stava sulla tolda di
comando della nave, ne hanno commesse di cotte e di crude.
Con un documento di 344 pagine inviato al Tribunale delle Imprese di
Venezia stata rivelata la prima parte (lultima ancora di l da venire) di
quellhorror evocato da Alessandro Penati, responsabile di Atlante,
unico azionista dellindecente istituto vicentino, nel guardar dentro al vaso
di Pandora della BpV.
La procedura prevista dal codice civile e, in verit, limpressione che
avrebbe dovuto essere iniziata gi da diversi mesi. Tuttavia bisogna ammet-
tere che il caos in cui la banca precipitata dopo le chilometriche indagini
della magistratura e i decisivi rilievi della Bce, ha determinato una situazione
di oscurit permanente. Per fare unazione di responsabilit come si deve,
Alessandro Penati
e il vaso di Pandora
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Alessandro Penati,
presidente di Quaestio,
la societ che gestisce il Fondo
Atlante, che sottoscrisse
1,5 miliardi di euro, il minimo
capitale proprio di cui aveva
bisogno per continuare ad esi-
stere la banca azzerata da Zonin
& C., disse della banca vicentina
che a scavare viene fuori una
horror story.
Con questa affermazione fece
pensare alla storia mitologica
di Esiodo su Pandora, una
giovane e bella fanciulla che
ricevette da Zeus un vaso (o uno
scrigno) che conteneva tutti i
mali del mondo. Pandora aveva
anche ricevuto da Hermes la
qualit (o il difetto?)
della curiosit e scoperchi il
vaso. Da allora luomo
non fu pi immortale
e tutti i mali si sparsero
nel suo regno terrestre.
E lo travolsero per leternit.
Il disegno una raffigurazio-
ne intitolata Pandora apre lo
scrigno, di Arthur Rackham,
pittore inglese del XIX secolo

vanno fatte per bene le cose.


Vanno scritti i fatti giusti. Vanno fatti i calcoli giusti. Vanno trovati i colpevoli.
Ebbene, non occorre avere lacume del commissario Montalbano, oggi.
La legge parla chiaro. Sono responsabili tutti gli esponenti del consiglio di
amministrazione che hanno avallato con la loro firma gli atti amministrativi
generali. Sono responsabili i sindaci, che per legge devono vegliare e control-
lare che gli amministratori si comportino da bravi padri di famiglia. Sono
responsabili i dirigenti che hanno il dovere di sorvegliare che le azioni che
compiono nellesercizio delle loro funzioni non vadano contro la legge. Certo,
ha ragione lavvocato di Zonin, Ambrosetti, quando sibila che le accuse
Fabrizio Viola, attuale
amministratore delegato

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della banca vicentina

vanno dimostrate in un processo


regolare. Certo. Saremo curiosi
di sentire come si difenderanno
i sindaci e gli amministratori, gi
ampiamente sconfessati da Bce
e Consob (la Banca dItalia me-
glio perderla), signori in giacca,
panciotto e cravatta che in tutto
questo tempo, dal 22 settembre
2015 in qua, non hanno proferito
verbo (e qualcuno si avvalso del-
la facolt di non rispondere), non
hanno detto nulla. Sono rimasti a
guardare. Eppure avevano sia il
diritto che il dovere di difendersi, di smarcarsi, di spiegare cosa successo
in tutti questi anni nei quali sono stati scelti da Zonin a fargli da tappezzeria.

Trentuno illustri vip della citt di Vicenza

So di rischiare di scrivere delle banalit. Corro il rischio. Ma immaginate


tutti questi signori sono trentuno per ora, in totale che hanno avallato,
senza fare un solo atto, anche solo informale, di opposizione o di critica, per
anni e anni, nei confronti delle richieste, decisioni, imposizioni, valutazioni,
firme del cavaliere del lavoro Gianni Zonin, il dux assoluto della banca per
metodo, propensioni, carattere, potere.
Immaginateveli l, belli in fila come tanti soldatini. Davanti, come facevamo
da ragazzi con i soldatini di gesso, mettetegli il soldatino pi grande, e chia-
matelo Zonin. Davanti a lui, mettetegli in fila trentun soldatini (ma sono di
pi). Pi piccoli. Obbedienti. Trentun illustri vip (very important persons)
della citt di Vicenza. Come mai?
Proviamo a interpretare facendo delle ipotesi: erano incapaci di intendere
e di volere? Unipotesi impensabile. Erano professionalmente carenti, per-
ci inadatti e quindi poveri di capacit manageriali specifiche? Questa
unipotesi su cui si pu lavorare. Per esempio: qualche carenza tecnica una
minoranza di consiglieri ( escluso per i sindaci) potevano averla. Possiamo
immaginarlo per quei consiglieri nominati nellaureo consesso della ban-
ca che faceva rigar dritta la citt (ne parliamo dopo) solo per il nome che
portavano. Solo perch potevano, con quel nome, ricambiare favori, avere
approcci di tipo politico, essere tenuti buoni perch cos si fa nelle societ
arretrate eticamente (anche se costoro pensano che siano avanzate): si
nomina chi pu essere pi utile dentro che fuori. Anche se non fa nulla.
Anche se non sa nulla.

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Tuttavia, chi era gi ab origine tecnicamente carente ed era l solo perch
aveva un bel cognome, non ugualmente giustificato. Le sue responsabilit,
come consigliere della banca e del dux, sono identiche a chi conosceva la
ragioneria, la tecnica bancaria, la Bce, il diritto tributario e quello civile. E
la societ, i soci, i cittadini, danneggiati, hanno diritto a chiedergli conto. A
metterlo con le spalle al muro. A esercitare nei suoi confronti unazione di
responsabilit. E, di conseguenza, a chiedergli i danni.

E i signori sindaci? Per legge devono sapere, vedere,


controllare, opporsi

Per i sindaci il problema del dubbio non si pone. I sindaci, per legge, devono
sapere. Non possono accampare scuse di sorta. Non solo: devono controllare
che gli amministratori facciano i bravi ragazzi. Devono controllare che la
cassa corrisponda a quella che sta scritta sui libri. Devono essere compe-
tenti. Noi di Quaderni Vicentini lo abbiamo scritto subito dopo quel 22
settembre 2015 e dopo che Zonin ha dovuto lasciare la nave in naufragio
come un qualsiasi Schettino. I sindaci, ci siamo pi volte chiesti, doverano?
Non avevano il dovere di controllare le procedure di aumento di capitale?
Le famose baciate? E per i fidi elargiti generosamente a questo e quello, e
senza garanzie, non avevano obiezioni? Non sapevano perch erano idioti
scolaretti che stanno nellultimo banco a fare gli asini, o erano obbligati a
informarsi per sapere?
La loro responsabilit pari a quella degli amministratori, se non moral-
mente superiore.

Tutti solidali. Nella vita e per la legge

Qui apriamo unaltra questione preliminare.


Questa azione di responsabilit viene effettuata con una semplice citazione
di tipo civile. Da chi di dovere. Cio, dagli attuali amministratori dellisti-
tuto. Non unazione penale, bens civile. Fabrizio Viola, a nome della banca
(potremmo dire a nome dei vicentini brave persone, la maggioranza) chiede a
questi trentadue individui amministratori, sindaci, dirigenti della fu Banca
Popolare di Vicenza i danni per 2 miliardi di euro (corrispondenti a 4
mila miliardi del vecchio conio, per intenderci) a causa delle malversazioni
da loro compiute nel dirigere allegramente la nave di Zonin.
Sono due le precisazioni da fare: i trentadue signori sono, per Legge (e sot-
tolineo la parola Legge) chiamati a rispondere del danno in via solidale.
Cosa significa? Che tutti sono responsabili alla stessa maniera? Ovviamente
no: naturale che il signor Pinco Giovanni non ha le stesse responsabilit
Antonino Cappelleri,

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capo della Procura
vicentina

del signor Zonin Gian-


ni. Ma vero che se il
signor Zonin mentre
il procuratore Cap-
pelleri stava cogi-
tando sulle differenze
metafisiche tra lui e
Vincenzo Consoli,
dux di Veneto Banca
ma gi agli arresti ha
trasferito tutti i beni di
sua propriet a figli,
nipoti, nuore e cugi-
ne per evitare guai al
sacro patrimonio e pertanto lazione di recupero del danno ardua (le vie
dei patrimoni di un certo tipo sono infinite come quelle del Signore) allora
il dottor Viola dovr rassegnarsi ad andare a bussare alla porta del signor
Pinco Giovanni che, forse, pi raggiungibile del suo vecchio dux. Pi po-
vero, probabilmente, ma pi raggiungibile.
Non ho idea se i trentadue signori chiamati a restituire alla banca due
miliardi (che sono, guarda te, proprio la perdita secca rilevata dagli attuali
amministratori per il 2016) si siano protetti le spalle come potrebbe aver
fatto Zonin, che era senzaltro il pi esposto. Trattandosi di vip navigati,
ben consci del ruolo, del guadagno, ma anche del disastro (almeno a poste-
riori) probabile che si siano protetti. Ci sar stato un gran lavoro di notai
a Vicenza nei mesi scorsi.

La citt, colpita al cuore, avrebbe bisogno


di un po di respiro etico, ovvero di giustizia

Ma passiamo alla seconda precisazione. Se il recupero di quei due miliardi


per Fabrizio Viola e la banca che verr sar un affare tanto serio quanto
problematico, per vero che c un altro rischio per i trentadue allegri
amministratori: e cio che il voluminoso dossier, per ora caratterizzato solo
da valenza di tipo civile, si trasformi, per questo o quel rilievo, questo o
quellincomprensibile sopruso amministrativo, in un rilievo penale a tutto
tondo.
Il procuratore della repubblica di Vicenza, Cappelleri, ha sempre sostenuto,
quasi con le lacrime agli occhi, che laffaire BpV era troppo complesso,
troppo voluminoso, troppo ampio, per la Procura vicentina. E ha sempre
chiesto rinforzi a Roma di altri pubblici ministeri e ha sempre perci giustifi-

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cato i tempi lunghi della sua azione inquirente e accusatoria. Ora ha davanti
agli occhi un dossier, di parte la stessa banca, gli attuali amministratori
ma ricco di dati, di rilievi e di episodi. Con date, cifre, comportamenti,
documenti a supporto.
Da questa massa di dati pu ricavare elementi di carattere penale a iosa. I
dati gli arrivano da chi ha competenza. Di parte, ma competenza. Cosa c
di meglio per avviare finalmente unoperazione di giustizia che, al di l degli
effetti pratici (non proprio ottimistici per il recupero del danno) potrebbe
offrire alla citt di Vicenza un po di respiro etico?
La citt, colpita al cuore da una vicenda fallimentare che nasce lontano,
oggi una citt senza risorse, senza appigli autorevoli, e sta vivendo, per la
rilevante perdita di miliardi di euro di risparmi subita, una fase depressiva.
Prima, ai tempi dello Zonin in gran spolvero, aveva il petto in fuori (forse
troppo). I vicentini brava gente sono stati derubati. Sono pi poveri. A parte
laspetto economico, oggi non sanno che fare. Una tornata di vera giustizia
ridarebbe loro almeno un po di aria da respirare.

La cancellazione di un anno di mail:


il primo reato certo
Ritorniamo al voluminoso dossier di 344 pagine degli avvocati di Atlan-
te e di Fabrizio Viola per fare un primo esempio ma Cappelleri lo sa gi
di reato indiscutibile (e sul quale un sostituto procuratore vicentino
potrebbe gi operare un simpatico rinvio a giudizio): stato rilevato che
nellultimo anno passato sotto la lente degli investigatori qualcuno e
sottolineo qualcuno ha azzerato migliaia di email inviate e ricevute. Ci
rendiamo conto? Cappelleri si rende conto? Sarebbe come se in una qual-
siasi societ di capitale gli amministratori distruggessero sistematicamente
i documenti, le pezze giustificative, le veline delle lettere inviate, gli originali
delle lettere ricevute e quantaltro faccia prova delle operazioni pi delicate
messe in atto. Questo un patente reato. Gravissimo a maggior ragione se
compiuto da amministratori o soci o dipendenti di una societ di capitale.
Ebbene, due domande. La prima: come mai gli inquirenti di Borgo Berga
non si erano accorti di questo e se ne sta parlando solo ora dopo che Atlante
e Fabrizio Viola hanno presentato il dossier delle malefatte? La seconda:
hanno cominciato, Cappelleri & C., a muoversi per scoprire chi pu essere
stato ad ordinare questo clamoroso, incredibile, delitto di block out? La
donna delle pulizie? Un nipotino che giocava con il computer della banca?
Non scherziamo. Chi pu aver ordinato quel magico reset? cos difficile
scoprirlo?
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La tolda di comando della nave della Popolare ad una assemblea ordinaria e


straordinaria: da sinistra Zamberlan, presidente del collegio sindacale, Sora-
to, direttore generale, Zonin, presidente, Breganze, vice presidente.

Lultima tegola della Bce:


una sanzione da 32 milioni di euro

Andiamo avanti. La Bce e di questo la stampa non ha riferito molto o al


massimo un paio di righe che il lettore distratto nemmeno coglie ha recen-
tissimamente addebitato alla banca dei vicentini unaltra rilevante sanzione:
ben 32 milioni di euro. Ragione? Nei bilanci al 31 dicembre 2014 e al 31
marzo 2015 (rendiconto trimestrale) i cosiddetti vertici della banca,
nei dati sintetici in cui si espongono il capitale finanziato e i corrispondenti
indici patrimoniali che lo rapportano al capitale proprio, avrebbero dovuto
riferire che gli indici erano inquinati dalla pratica delle famose baciate ma
non lo hanno fatto. Non solo: hanno fatto calcoli falsi, che ne ignoravano
lesistenza. Se io ti presto liquidit (fido) perch tu mi sottoscrivi azioni, non
posso tenere la coperta lunga, perch cortissima. Il capitale proprio non
c pi e lindice patrimoniale cambia di brutto.
Questo, in qualsiasi legislazione, si chiama falso in bilancio. Il controllo ,
tra laltro, il primo compito del collegio sindacale: controllare che i soldi
in cassa ci siano tutti, come i consiglieri e, soprattutto, Zonin, dicono. Lo
hanno fatto? Direi di no. Questa una delle tante malversazioni di cui At-
lante e Viola accusano Zonin e compagni. Unaccusa precisa, circostanziata,
documentata proprio dalla sanzione addebitata dalla Bce. Come consiglie-
r lavvocato Ambrosetti al suo cliente Zonin di difendersi? Accusando il
direttore generale Sorato che faceva male i calcoli? Sentiremo finalmente
una difesa circostanziata degli illustri accusati? Come replicher il vice-
presidente Breganze? Che era in missione a Palermo per presiedere un
consiglio di amministrazione di Banca Nova?

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Lincredibile pastrocchio dellhotel di Cortina

Un capitolo formidabile, poi, quello del famoso hotel di Cortina, volu-


to evidentemente perch una banca ambiziosa come quella amministrata
dallambizioso Zonin, doveva essere presente, con propriet, salotto e insegne
ben evidenti, nel luogo-monstre della grande finanza italiana. Non discuto
lambizione. Il percorso zoniniano lastricato di queste performances (tipo
la sede di rappresentanza a Manhattan e cos via), tutte per da realizzare
con i soldini dei vicentini imbecilli.
molto circostanziato, per il folle affare di Cortina, il capo daccusa della
banca di Atlante: Loperazione restituisce lo spaccato di unazione cliente-
lare della banca sempre attenta a sostenere i soliti gruppi imprenditoriali.
Ne avevamo gi fatto cenno per i nostri lettori. La questione era gi nota. La
data di inizio delloperazione il 2011, il ch farebbe rientrare, nel gruppo
degli attuali accusati anche altri soggetti. La banca interviene in via fittizia
attraverso unaltra societ di sua propriet (con altri amministratori, altri
sindaci) lImmobiliare Stampa spa, che propone al Gruppo Cattelan
lacquisto di una filiale nel complesso San Marco. Nel frattempo il gruppo
Cattelan acquistava lalbergo con una propria societ, la Anpezo srl. Con
che soldi? Venti milioni prestati dalla banca di Zonin. Ma Anpezo, cio Cat-
telan, non erano in grado di restituire il debito. E allora la banca che cosa
decide di fare? Tra il 2014 e il 2016, prima entra nel capitale della San Marco
srl con 900 mila euro e poi la compra tutta, compensando il credito vecchio
con quote. Quindi perdendo il credito. Poi lhotel e la San Marco entrano nel
cono del fallimento e la banca dei vicentini perde tutto. Come giustificher
questa folle azione lavvocato Ambrosetti? Accusando il direttore generale
Sorato? E i sindaci come si giustificheranno? Hanno controllato la congruit
delle folli operazioni? Hanno controllato la cassa?

I generosi fratelli Ravazzolo di Torri di Quartesolo


Zeta srl, la Masseria Altamura, il cognato di Zonin

Le macerie continuano.
Gli esempi si moltiplicano. Parliamo solo di qualche esemplare di decine,
centinai di fatti simili o uguali. Il castello delle accuse impressionan-
te. Aveva ragione Alessandro Penati: horror la parola giusta.
Prendiamo i fratelli Ravazzolo di Torri di Quartesolo, titolari della Cofrav
spa, unazienda di confezioni. Sono stati affidati da Zonin e compagni per
100 milioni di euro, utilizzati per unottantina di milioni per comprare
azioni BpV. Garanzie? Pochissime, largamente inferiori al fido. Ma prima di
arrivare alla fine, stiamo al principio. La Cofrav ha un fatturato che sta
fra i 6 e i 10 milioni di euro. Come pu una banca dare a questo soggetto un

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fido per 100 milioni? Se lo fa, compie evidentemente un illecito amministra-
tivo. Va contro la legge bancaria ma anche contro letica pubblica e privata.
I soci semplici, quelli che vanno dal ragioniere al primo piano, proprietari
delle azioni della banca, non sono danneggiati da una simile dissennatezza?
Ancora: risultano prestiti, per baciate e non solo, a Zeta srl di Giuseppe Zi-
gliotto, presidente di Confindustria Vicenza e consigliere di amministrazione
della banca. Un evidente conflitto di interessi. Poi Zigliotto stato liquidato
per le azioni BpV, in dispregio alla precedenza di altri soci che chiedevano
il rimborso: a parte la scorrettezza delloperazione non c un altro evidente
conflitto di interessi?
Ancora. Risultano prestiti concessi alle societ di famiglia di Gianni Zonin:
alla Masseria Altamura, allActa, alla Mobiliare Montebello, alla
Rocca Montemassi. Profili di rischio alto o molto alto. Qui non c solo
un evidente conflitto di interessi (pu un presidente di banca dare fidi a
propri soggetti privati? Non pu). Di fronte a questo tipo di accuse cosa dir
lavvocato Ambrosetti? Speriamo di sentirlo presto, perch a babbo morto
non lo sentir pi nessuno.
Non parliamo poi del cognato di Zonin, lottimo Gianfranco Pavan:
riuscito a liquidare nel 2015 le sue azioni (ma la richiesta risaliva al 2014
ha detto addolorato); non solo, era presidente di una delle societ pi im-
portanti del gruppo BpV (se non ricordo male, forse era lImmobiliare
Stampa), una societ che ha operato anche a nome della casa madre (vedi
Cortina) e che ha, fra i suoi graziosi adepti, altri commercialisti, altri vip
(sindaci e quantaltro), ed ha ricevuto anche finanziamenti per la Castello
del Poggio, impresa di propriet. Familismo esasperato o no? E la banca,
intanto, crolla.

I fondi lussemburghesi

Le malversazioni sono tante. Dei fondi lussemburghesi Athena e Opti-


mum i giornali si erano gi occupati. Operazioni incomprensibili, probabile
scambio do ut des con altre azioni della banca, finanziamenti occulti. Pasticci
cosmici. Alla fine, una perdita netta di 190 milioni di euro.
In sintesi: operazioni e stili talmente assurdi e contro ogni logica che, al di
l della loro dabbenaggine, erano compiute in tutta evidenza da chi ritiene
di essere impunito a vita. Zonin aveva vinto molte battaglie nella sua
carriera. I vip gli hanno sempre tenuto bordone. Lui ha gonfiato il petto.
evidente che alla fine la sua ambizione diventata smisurata, alimentata
dai successi e dallappoggio degli esponenti pi illustri (tra virgolette)
della citt di Vicenza: landare fuori misura (sempre) gli ha fatto commet-
tere errori irreparabili. Gli errori degli impuniti, dicono a Roma, sono i pi
catastrofici fra tutti.
14 BPV, A QUESTI 32 SIGNORI FABRIZIO
VIOLA CHIEDE 2 MILIARDI DI EURO
1. Giovanni Zonin, ex presidente
2. Marino Breganze, ex vice presidente
3. Paolo Angius, ex cda
4. Paolo Bedoni, ex cda
5. Alessandro Bianchi, ex cda
6. Giorgio Colutta, ex cda
7. Vittorio Domenichelli, ex cda
8. Giovanna Maria Dossena, ex cda
9. Giovanni Fantopni, ex cda
10. Zeffirino Filippi, ex cda
11. Maria Carla Macola, ex cda
12. Franco Miranda, ex cda
13. Andrea Monorchio, ex cda
14. Gianfranco Pavan, ex cda
15. Alvise Rossi di Schio, ex cda
16. Fiorenzo Sbabo, ex cda
17. Luigi Sciarrino, ex cda
18. Maurizio Stella, ex cda
19. Paolo Tellatin, ex cda
20. Giorgio Tibaldo, ex cda
21. Ugo Ticozzi, ex cda
22. Nicola Tognana, ex cda
23. Giuseppe Zigliotto, ex cda
24. Roberto Zuccato, ex cda
25. Samuele Sorato, ex direttore generale
26. Emanuele Giustini, ex vicedirettore generale
27. Andrea Piazzetta, ex vicedirettore
28. Paolo Marin, ex vicedirettore
29. Giacomo Cavalieri, ex sindaco
30. Laura Piussi, ex sindaco
31. G.Battista Carlo Zamberlan, ex sindaco
32. Paolo Zanconato, ex sindaco
Due presidenti confindustriali, un presidente degli Artigiani
tra i rilevanti accusati. E il Vescovo perde soldi

Il terremoto di Vicenza, con questi vip in corsa da ventanni, ben pi 15


grave, finanziariamente e politicamente parlando, del terremoto di Amatrice.
Non ci sono morti, per fortuna. Ma feriti nellanima, tanti.
Gi nel 2002 la Banca dItalia sottoline, a margine di una verifica e di varie
sanzioni a sindaci e amministratori dellistituto vicentino, che Zonin amava
circondarsi di amici, yesmen, collaboratori fantoccio.
Zonin ha continuato in questa azione fino al 2015, ha continuato a sfidare
la Bce. riuscito perfino a tacitare la ormai debolissima Banca dItalia, ha
assunto fra i suoi amici consiglieri addirittura il famoso ragioniere dello
Stato Andrea Monorchio, che sempre stato pi zitto di un bonzo tibetano.
Ha fatto acquistare alla banca dei vicentini (con i soldi dei vicentini ingenui,
nessuno escluso) linutile palazzo Repeta, in piazza San Lorenzo, ex sede
della ormai inutile Banca dItalia.
Ventanni di potere assoluto, con la politica consenziente, gli amici contenti
e ben pagati nei consigli o nei collegi e la citt che aveva assorbito il verbo
zoniniano come un pensiero unico.
La prova di tutto ci (ma
occorrono ancora prove?)
nel fatto che fra i 32 chia-
mati in causa dallazione di
responsabilit degli attuali
vertici della banca ci sono
ben due ex presidenti con-
findustriali, Giuseppe
Zigliotto e Roberto Zuc-
cato, oltre ad un ex presi-
dente degli Artigiani, Franco
Miranda. Non parliamo di
industriali qualsiasi, cari let-
tori: parliamo dei presidenti
della massima Associazione
di industriali di Vicenza e del
Veneto.
Insieme a loro, fior di in-
dustriali che hanno sempre

Roberto Zuccato, presiden-


te degli industriali del Veneto,
e Giuseppe Zigliotto,
ex presidente degli industriali
di Vicenza (dallalto al basso)
Lex vescovo di Vicenza

16
(dal 2003 al 2010) Nosiglia

sostenuto la politica economica


e finanziaria della banca e di
Zonin. Se dici confindustria dici
giornale della citt, di propriet
della confindustriale Athesis.
Il quadro completo o manca
qualcuno?
Non manca nessuno, c anche
il vescovo. I giornali a suo tem-
po hanno parlato della rilevante
perdita di 3 milioni di euro della
diocesi vicentina che aveva inve-
stito un po dei nostri soldi (8 per
mille e non solo) in azioni della
banca di Zonin. Altre istituzioni
religiose hanno perso rilevanti
capitali (monte Berico, frati e
dintorni). Neanche la Chiesa
esente da influenze perniciose.
Il denaro, effettivamente, pi lesto e sfuggente della grazia di Dio.
Ci stavamo dimenticando, in questo quadro demenziale, del sindaco Va-
riati, per dieci anni amico certo di Gianni Zonin, che non si mai sottratto
a finanziare le richieste dei clienti politici. Perfino il brutto monumento al
grande Neri Pozza a ponte San Paolo stato finanziato da Zonin.
Variati stato zitto un anno. Poi ha convocato una strana assemblea al
teatro comunale (opera finanziata da Zonin) per dire la sua. Ma nessuno
ha sentito nulla.
E allora torniamo alliniziale domanda: erano tutti incapaci di intendere e
di volere? Risposta: erano tutti adulti e vaccinati. Confidavano solo nellim-
punit di sempre.
Il futuro gi qui. Peggio non potrebbe andare. Abbiamo alle spalle ventanni
di vuoto etico. Scoprire con chi ripartire (qualcuno ci vuole, nome e cogno-
me, possibilmente invitto, meglio se invitta) lequivalente di una caccia
al tesoro.
Purtroppo stavolta non baster Palladio.
UNA CITT DA ROTTAMARE 17
BORGO BERGA
E IL RECUPERO FALLITO
Il PIRUEA, la buccia di banana dove sono caduti in quel
di Borgo Berga gli ultimi due disastrosi sindaci della citt
di Vicenza, Hllweck e Variati, sarebbe una cosa buona
perch vuol dire programma integrato di riqualificazione
urbanistica. Ma stato una scusa. Anzich riqualificare
i due sindaci hanno pensato ad affrettare la buona
realizzazione di interessi privati, mettendosi subito
daccordo per erigere il peggior manufatto visto nellintero
Veneto da molti decenni a questa parte. Altro che recupero.
Affondamento, piuttosto. E lUnesco glielha gi spiegato
bene, per filo e per segno

CIRO ASPROSO

L a vicenda di Borgo Berga con i suoi abusi edilizi, il presunto


danno erariale, la lite in corso tra gli esperti della procura e quelli della
difesa, e la risentita costernazione dei cittadini di Vicenza, potrebbe anche
essere raccontata come una sorta dinganno.
Il tradimento di una speranza che, almeno alle nostre latitudini, si risolta
in una pia illusione. Ossia la convinzione che lurbanistica moderna avesse
trovato nel recupero delle aree degradate la sua nuova vocazione e una
concreta opportunit per migliorare la qualit urbana.
Che cosa farne delle nostre citt? Non tanto dei centri storici che, bene o
male, cerchiamo di proteggere e tutelare per offrirli agli occhi ammirati dei
turisti. Mi riferisco alle zone pi marginali, a quei luoghi caduti in disuso
che negli anni del miracolo economico hanno accompagnato la rinascita
industriale di questo Paese.
A certi brutti palazzoni delledilizia popolare, a determinate porzioni di
citt che ci appaiono svuotate e senza senso, le quali hanno esaurito la loro
funzione originaria e confidano in una prova di riscatto. Vanno rottamate
o recuperate?

18 Non si tratta unicamente di un problema da addetti ai lavori e il quesito non


questione che possa affascinare solo urbanisti ed architetti; il discorso si
amplia alle relazioni sociali, allinclusione di tutti i cittadini, alle varie forme
del disagio e alle politiche per contrastarlo.
Lincapacit di governare lo sviluppo economico, linadeguatezza delle mi-
sure atte a controllare la diffusione insediativa nelle zone agricole, lassenza
di politiche urbane, hanno prodotto le distorsioni che segnano in maniera
indelebile il territorio negli anni successivi al boom industriale. Le fabbriche
e i capannoni, la proliferazione delle zone industriali e commerciali, lurba-
nizzazione spalmata senza criterio e lesplosione del trasporto su gomma,
hanno portato allo stravolgimento del paesaggio e dellambiente.
Ad un certo momento il tema diventato centrale anche nel dibattito po-
litico e questo grazie ad un rinnovato protagonismo dei comitati civici e di
quartiere che non si sono pi accontentati di delegare, ma hanno preteso
un ruolo da protagonisti nella trasformazione dei suoli.
Nel corso degli anni 90 il Legislatore tent di formulare una risposta a questa
deriva da dismissione, superando i limiti dei Piani attuativi tradizionali (che
regolano lutilizzo di una determinata zona attraverso la Variante al Piano
Regolatore Generale) e introducendo la novit dei Programmi Integrati
(che disciplinano unicamente le parti di citt interessate dallintervento e
integrano pi funzioni al loro interno).
I Programmi Integrati hanno lo scopo di riqualificare il tessuto urbanistico
edilizio ed ambientale di una ben determinata area, snellendo le procedure
burocratiche e suscitando delle sinergie pubblico-privato per ovviare alla
cronica carenza di risorse.

Da Fin. VI (Berlusconi) a Sviluppo Cotorossi (Maltauro)


per una struttura aliena

A tal scopo vengono previsti degli incentivi (premi di edificabilit e/o destina-
zioni duso pi remunerative) che incoraggino i Privati ad investire nellarea
oggetto di trasformazione, in modo tale che costoro ne traggano un beneficio
economico detto anche plus-valore. Questo, verr in parte restituito grazie
alla realizzazione di opere pubbliche a beneficio della collettivit.
Loperazione Borgo Berga rientra a pieno titolo nel novero di tali strumenti
urbanistici e pi specificamente nel varo della L.R. del Veneto 23/99, che
istituisce i Programmi Integrati di Riqualificazione Urbanistica Edilizia
ed Ambientale (PIRUEA). Tant che nel marzo 2003 la Giunta Hllweck
sottoscrise con FIN.VI (proprietaria dellarea) il Protocollo dIntesa per la
19

realizzazione del nuovo Tribunale.


Inutile aggiungere che se lo strumento innocuo, non altrettanto si pu dire
della funzione che gli si attribuisce.
Lidea di recuperare la vasta zona dellex Cotorossi storica porta dingresso
per la via dacqua in s non era affatto sbagliata. Il Comune era proprietario
di 31.608 mq di superficie che sarebbero rimasti inutilizzabili (a meno di
favorire liniziativa dei Privati con un programma di recupero che rimettesse
in gioco lintero comparto) e unoperazione di ricucitura tra il borgo antico e
i vecchi capannoni dellindustria tessile poteva rappresentare unoccasione
irripetibile per Vicenza. Basti pensare alla fine indecorosa dellex Pettinatura
Lanerossi ai Ferrovieri, che versa in uno stato di abbandono e di colpevole
degrado.
Naturalmente, un minimo di buon senso e di amore per la cosa pubblica
avrebbe preteso che nella citt del Palladio si fosse ricorsi ad un concorso
internazionale di architettura prima di individuare il miglior progetto
possibile. Che esso non fosse solo bello architettonicamente, ma avesse
anche le caratteristiche della sostenibilit ambientale.
La centralit dovuta ad uno spazio collettivo come il nuovo Tribunale avrebbe
inoltre richiesto lo Studio per una migliore accessibilit al centro storico, in
particolare per ciclisti e pedoni, oltre che per i mezzi del servizio pubblico.
Infine, seguendo il filone ispiratore dei Programmi Integrati ci si sarebbe
aspettato un lavoro di rammendo tra gli edifici storici, il contesto fluviale
e il nuovo quartiere delle residenze e dei servizi.
Purtroppo nulla di tutto ci mai stato fatto e quella che si presenta ai nostri
occhi unorribile manifattura, una sorta di struttura aliena in palese
violazione della fascia di rispetto idraulica - che minaccia di far sprofondare
gli argini da un momento allaltro.
Borgo Berga doveva e poteva essere il volano di un grande programma di
riqualificazione urbana in grado di collocare Vicenza al vertice delle citt

20 italiane. diventato lemblema dellurbanistica asservita al mero interesse


economico, dellinsipienza politica, della mala gestio nel governo del
bene pubblico.
In questo, io vedo innanzitutto il tradimento di una speranza di rinascita
per quella porzione di citt. In tutto questo, completamente mancato il
ruolo della politica e di una governance territoriale.

Il severo giudizio dellUnesco

Credo sia illuminate destinare un po di tempo alla lettura del Rapporto di


Sintesi che UNESCO ha dedicato al PIRUEA ex Cotorossi e a Borgo Berga:
Tenuto conto che linsediamento in oggetto limitrofo alla core zone
e alla buffer zone (zona centrale e zona cuscinetto, ndr), che dista 500
metri dalla Rotonda del Palladio, che occlude la vista a chi entra in citt
da Sud, distruggendo lo Skyline sulla citt e sui monti con altezze
sproporzionate, che viola evidenti norme urbanistiche e direttive di
conservazione storica, quindi lurbanesimo stesso e la relativa esemplari-
t per cui Vicenza stata dichiarata patrimonio UNESCO. Tenendo conto che
rispetto allo sviluppo armonico delle epoche precedenti ha distrutto tutte
le precedenti relazioni costruttive di natura sia estetica sia sulluso dei
materiali e dei volumi che impattano sulla visione delle colline retrostanti
di Monte Berico. Tenuto conto che il tutto estromette dal flusso della
zona i pedoni, altera le vie di transito che obbligano ad entrarci dentro,
che ingabbia e indebolisce gli argini del Retrone compromettendo un
sistema fluviale gi fragilissimo. Tenuto conto di tutto questo risulta evidente
che limpatto sul Patrimonio enorme e mette a rischio il valore
universale ed eccezionale del sito. Il danno perci non altrimenti
rimediabile se non mediante la demolizione dei manufatti.

Volumi e altezze da + 40
(un bel regalo ai privati di due piani di fabbricato)

Una condanna senza appello espressa da unAgenzia autorevole e non so-


spetta di partigianeria, che ribadisce e rafforza la censura politica affermata
in tutti questi anni dalle componenti pi vigili e avvertite della societ vicen-
tina. Baster a convincere la Magistratura che indaga sullintera vicenda?
una domanda alla quale mi riesce difficile rispondere, poich se il giudi-
zio politico incontrovertibile, quello giudiziario potrebbe non essere cos
21

scontato proprio per gli aspetti normativi del PIRUEA.


Consideriamo ad esempio la questione delle altezze e lo sbilancio economico:
Larea di cantiere si trovava a circa + 33 s.l.m., mentre i volumi e le altezze
sono state conteggiate partendo da + 40 (quota di Piazzale Fraccon inserita
in delibera). Ci significa che la FIN VI ricevette in regalo un bonus di
oltre due piani per fabbricato (+ 6/7 metri totali).
Il procuratore Cappelleri sostiene esservi uno sbilancio economico a detri-
mento dellinteresse pubblico che avrebbe favorito la FIN VI, e in seguito
alla vendita, Sviluppo Cotorossi.

E il Consiglio comunale? Delibera di male in peggio

In tutti e due i casi il vulnus nella Delibera approvata dal Consiglio co-
munale e come sostengono i consulenti della difesa non sar facile dimostrare
la lottizzazione abusiva. Infatti qui non si tratta di un Piano di Lottizzazione
in area verde, bens del Programma di Recupero di unarea dismessa.
Tanto per intenderci, in quegli stessi anni Comuni ben pi grandi del nostro,
come Padova, o anche pi piccoli, come Altavilla (pure a guida centrodestra),
si preoccuparono per tempo di definire in maniera chiara e trasparente i
criteri perequativi da attribuire alla contrattazione urbanistica, utilizzando
le risorse ricavate per realizzare opere dinteresse collettivo.
Vedo di spiegarmi con un esempio:
Se il Comune, attraverso un Protocollo dIntesa col Privato, concede per
22 EGREGIO VARIATI
LEGGA CHE BELLE NEQUIZIE
LE RIMPROVERA LUNESCO
PER BORGO BERGA
1. Il Comune di Vicenza non ha tenuto conto che linsediamento li-
mitrofo alla core zone e alla buffer zone e che dista 500 metri
dalla Rotonda del Palladio;

2. Il Comune di Vicenza non ha tenuto


conto che linsediamento occlude la
vista a chi entra in citt da Sud, di-
struggendo lo Skyline sulla citt e
sui monti con altezze sproporzionate;

3. Il Comune di Vicenza non ha tenuto


conto che linsediamento viola evi-
denti norme urbanistiche e di-
rettive di conservazione storica,
quindi lurbanesimo stesso e la relativa esemplarit per cui Vicenza
stata dichiarata patrimonio UNESCO.

4. Linsediamento ha distrutto tutte le precedenti relazioni co-


struttive di natura sia estetica sia sulluso dei materiali e dei volumi
che impattano sulla visione delle colline retrostanti Monte Berico.

5. Linsediamento estromette dal flusso della zona i pedoni, e


altera le vie di transito che obbligano ad entrarci dentro.

6. Linsediamento ingabbia e indebolisce gli argini del Re-


trone compromettendo un sistema fluviale gi fragilissimo.

7. Limpatto sul Patrimonio enorme e mette a rischio il


valore universale ed eccezionale del sito.

8. Il danno rimediabile solo mediante la demolizione dei ma-


nufatti.
23

I due sindaci felici e contenti inaugurano insieme il nuovo tribunale, loro comune
delitto di lesa vicentinit

effetto del PIRUEA una valorizzazione fondiaria ipotetica di valore 100 ad


unarea ex industriale, che per il mercato avrebbe valore 1, stabiliremo gi
in Delibera che il 40% di tale plus valore venga incamerato dalle casse co-
munali allo scopo di reperire risorse per la costruzione della citt pubblica.
Ma se questo criterio non viene definito in maniera precisa al momento
dellAccordo, se le norme vengono riscritte la carte, ogni contrattazione
sar sempre improntata alla massima discrezionalit.

Area commerciale?
Prendetene pure quanta volete

Un altro aspetto che solitamente non viene mai considerato, che allepoca
del dibattito sul PIRUEA le Associazioni di categoria del settore commercio
assunsero una posizione nettamente contraria. Infatti, con i suoi 12 mila
mq di superficie utile commerciale Borgo Berga sopravanza ampiamente
la superficie di vendita dellAuchan e configura larea come un nuovo e
impattante polo mercantile. Tale scelta non ha mai trovato la condivisione
degli operatori economici, non mai stata oggetto di un pubblico dibattito,
n stata inserita in un qualche Piano di programmazione urbanistica. Fu
semplicemente calata dallalto.
Un Programma di recupero attuato senza dialogo con la citt pressoch
impossibile che riesca nel suo intento.
Lerrore di Hllweck aggravato da Variati

24 Ho memoria diretta di quanto avvenne negli anni dellAmministrazione di


centrodestra (essendo stato allopposizione in Consiglio comunale), e non
sono quindi particolarmente stupito dallesito di quelle scelte nefaste. Ci di
cui ancora non mi capacito come abbia potuto Variati proseguire nellerro-
re, contribuendo ad aggravarlo. Si dir che le maggiori responsabilit
sono dellex direttore generale del Comune, Antonio Bortoli, (indagato dalla
Procura per abuso dufficio e lottizzazione abusiva). Siamo daccordo, ma vi
sono delle responsabilit politiche in capo a chi deteneva il potere decisionale
che non mi paiono n meno gravi, n pi giustificabili.
Allo stato attuale non possiamo far altro che attendere le conclusioni delle
indagini giudiziarie, tuttavia una morale di carattere politico credo che si
possa e, ancor meglio, la si debba trarre.
In troppe occasioni lEnte Pubblico (sia esso Comune o Regione) utilizza il
territorio non per il valore che si attribuisce ad un patrimonio comune, ma
al pari di una merce, di un bene economico e fungibile. Esso diviene il luogo
delle opportunit imprenditoriali nella convinzione che non siano necessari
unidea di citt e un programma condiviso, ma che basti un grande progetto
immobiliare per favorire lo sviluppo urbano. Oggi Borgo Berga, domani lex
area Zambon, in futuro la zona dello Stadio.
Tale degenerazione ha portato a privilegiare le forme dellurbanistica con-
trattata, che contempla una sommatoria infinita di accordi casuali (originati
dalliniziativa contingente del privato e quasi mai da una programmazione
strategica del decisore politico) giustificati da un generico interesse gene-
rale, ma gestiti sovente in maniera clientelare e poco trasparente.
Ne consegue una citt caotica, degradata nelle sue periferie e nella quale
la frammentazione proprietaria non consente grossi interventi di riquali-
ficazione. Dove sempre pi pressante il problema della mobilit e dove il
diradamento dei negozi di vicinato obbliga allutilizzo dellauto per servirsi
dei Centri commerciali. Quella che immagino una Vicenza costituita da
un tessuto urbano amichevole, fatto di percorsi ciclopedonali protetti negli
itinerari casa-lavoro e casa-scuola; di densit edilizie sostenibili nel loro
rapporto tra volumi e spazi pubblici, con una classe dirigente che abbia il
coraggio di respingere le speculazioni mascherate da progetti griffati e sappia
mettere al primo posto linteresse collettivo.
Il degrado si affronta con unazione di risanamento convinta e programmata,
privilegiando i piccoli interventi piuttosto che le grandi opere. Liniziativa
privata, che pure importante, dovr essere chiamata a concorrere nella
costruzione di questa nuova citt in maniera trasparente, destinando al
recupero dei luoghi marginali e delle aree dismesse una quota significativa
del surplus generato dalla trasformazione urbanistica, cos come avviene da
anni nelle societ pi avanzate.
PEDEMONTANA VENETA 25
I 90 KM PI CARI
E ASSURDI DEL MONDO
CHE LA CORTE DEI CONTI
HA GI BOCCIATO
Il progetto di questa strada, che sta a met fra
unautostrada e una superstrada, attraversa solo due
province, Vicenza e Treviso, invade territori agresti
delicati, attraversa borghi densamente popolati, fiumi e
torrenti, taglia irrigazioni, si sovrappone ad altre strade (la
Gasparona) costa miliardi di euro, finanziata pi dal pub-
blico che dal privato, risponde a budget e progetti mai ben
definiti, un piccolo grande mostro di assurdit e incapacit
amministrative e politiche. La Pedemontana lideale
rappresentante dei nostri fallimenti pubblici (veneti)

Q
PINO DATO

uante pagine sono state scritte sulla sedicente Pedemon-


tana Veneta? Quanti titoli sono stati fatti? Quante
smentite e smentite di smentite sono state prodotte dai suoi maggiori
sostenitori, i leghisti che controllano la politica e leconomia pubblica
della Regione Veneto, in primo luogo Luca Zaia? Tante, infinite, non
si possono contare. E tendono ad aumentare ogni giorno che passa,
sempre di pi.
Quaderni Vicentini oggi vuole offrire un servizio ai suoi lettori: met-
tere i paletti essenziali alla questione, esporre i termini sostanziali
del tema, pubblicare stralci degli unici documenti seri e documentati
che, da soli, basterebbero e avanzerebbero a narrare la storia: quelli
26
della Corte dei Conti e del suo relatore consigliere Mezzera.
Una storia squallida, di denaro pubblico che gi stato sperperato e
di denaro pubblico che si continuer a sperperare. Il cui ultimo atto
sono le mani di Luca Zaia messe nelle tasche dei veneti. Chiedendo 27
loro di pagare i costi aggiuntivi di questopera faraonica che di fara-
onico ha solo i costi.

La ciambella di Zaia per una strada contro natura

Partiamo dallinizio. Nome pieno di vigore e di autoreferenzialit,


quello dato a questa strada. Pedemontana Veneta. Che monti
costeggia questo progetto magico? Gli ultimi contrafforti prealpi-
ni di due province in tutto, Vicenza e Treviso. In riquadro a parte
esponiamo con esattezza i comuni attraversati. Orizzontalmente.
In modo innaturale. Le valli che scendono dalle Alpi e dalle Prealpi
venete sono tutte verticali, da nord a sud. Inserire una strada come
questa a guisa orizzontale (da Montecchio a Spresiano, capirai)
per una novantina di chilometri significa tagliare propaggini finali di
fiumi e borghi che la natura e lopera delluomo hanno concepito in
tuttaltra direzione. Un nonsenso. E perch? Quali traffici dovrebbe
soddisfare, sfogare, permettere? Laddove, poi, in via orizzontale, c
gi unautostrada, la A4, che svolge bene il suo compito, affiancando
e sostituendo laltra via storica e naturale del Veneto, la statale 11.
Una strada, questa chiamata Pedemontana in modo ridondante, che
non si sa ancora bene quali bisogni soddisfer, tanto vero che non
cera certezza n sul traffico che attirer n, di conseguenza, sui pe-
daggi che da quel traffico i privati costruttori, o la Regione secondo le
ultime novit, dovranno percepire per coprire il proprio investimen-
to. Non si sa nulla di preciso. questa la prima ragione per la quale
molti lavori sono stati fermati, alcuni non sono nemmeno iniziati e i
privati (il consorzio creato alluopo, la SIS) non hanno i soldi per far
partire limpresa.
Zaia, il governatore, sta ideando la ciambella di salvataggio per i
privati che non hanno ancora i soldi. Insomma, lavora perch i pri-
vati siano contenti e felici. Ora, il Veneto ce li metterebbe, i soldi che
mancano, anche se non li ha: ma non li potrebbe mettere neanche se
li avesse perch lEuropa non glielo consente.
Ecco dove nasce la ciambella delle tasse pensata da Zaia. Tassiamo
i veneti con unaddizionale Irpef, gli spieghiamo che per la Pede-
montana e i giochi sono fatti.
Ma ai veronesi e ai padovani, per fare due esempi di veneti, che cosa
PEDEMONTANA: COs, DOVE
28 PASSA, DOVE VUOLE ARRIVARE
Interessati
22 comuni vicentini
e 15 comuni trevigiani
La Pedemontana interagisce con lambito territoriale della Valle dellAgno, fra
Montecchio Maggiore e Castelgomberto, e con la zona pedemontana tra Malo
e Bassano del Grappa, in Provincia di Vicenza, e tra San Zenone degli Ezze-
lini, Montebelluna e Pregiano, in provincia di Treviso, interessando ventidue
comuni in Provincia di Vicenza (Brendola, Montecchio Maggiore, Arzignano,
Trissino, Castelgomberto, Brogliano, Cornedo Vicentino, Malo, Villaverla,
Thiene, Montecchio Precalcino, Sarcedo, Breganze, Mason Vicentino, Pia-
nezze, Marostica, Nove, Bassano del Grappa, Ros, Romano dEzzelino,
Cassola, Mussolente) e quindici in Provincia di Treviso (Loria, San Zenone
degli Ezzelini, Riese Pio X, Altivole, Vedelago, Montebelluna, Trevignano,
Volpago del Montello, Giavera del Montello, Arcade, Povegliano, Villorba,
Spresiano, Castelfranco Veneto, Castello di Godego).
Lopera si prefigge: a) la creazione della interconnessione tra le autostrade A4,
Torino-Trieste, a Montecchio Maggiore, A31, Valdastico, a Villaverla, e A27,
Mestre-Belluno, a Spresiano; b) di garantire unadeguata risposta alla domanda
di mobilit generata dal territorio pedemontano pi urbanizzato e industrializzato
del Veneto; c) di completare la rete viaria di primo livello del Veneto, mettendo
a sistema le grandi infrastrutture autostradali; d) di integrare la rete della grande
viabilit nei corridoi europei, sostenendo la rete nella pianura padano-veneta;
e) di promuovere lo sviluppo e di riordinare la maglia infrastrutturale esistente.
La lunghezza dellasse principale di 94,9 km, cos articolati: tratto da A4,
Montecchio Maggiore, ad A31, Villaverla: 30,75 km; tratto da A31, Villaverla,
ad A27, Spresiano: 64,15 km. La lunghezza della viabilit di adduzione ai caselli
di 26,5 km, con tre interconnessioni:
- con la A4, al casello di Montecchio Maggiore, in fase di progettazione da parte
di Autostrada Brescia-Padova s.p.a.;
- con la A31, Valdastico, a Villaverla;
- con la A27, Mestre-Belluno, a Spresiano.
Quattordici gli svincoli: Bassano Ovest, Bassano Est, Montecchio Maggiore,
Montecchio-Arzignano, Castelgomberto, Cassola-Loria, Melo, Riese Pio X,
Breganze, Altivole, Mason-Pianezze, Montebelluna, Marostica-Nove, Pregiano.
Il traffico medio giornaliero stato previsto in circa 29.000 veicoli per il 2010,
44.000 per il 2023 e 51.000 per il 2035 (dati tratti dalla relazione istruttoria del
marzo 2006 trasmessa dal Ministero delle infrastrutture al Cipe).
importa della Pedemontana? Nulla. La vedono con fastidio. Ma si
chiede lo stesso ai loro contribuenti di contribuire alla sua realizza-
zione.
29
Era iniziata lenta e male. Ora il caos

Qui interviene il terzo diavoletto. Quello che ha un nome inglese or-


mai destituito di ogni autorevolezza: il project financing. Questo
project avrebbe dovuto garantire che lo Stato non avrebbe sborsato
soldi per limpresa. Una cosa virtuosa. I privati pagavano. Facevano
la strada. Mettevano i pedaggi e incassavano i pedaggi.
Neanche in paradiso si fanno le cose cos. Poi le cose si sono compli-
cate. I costi sono aumentati, la situazione delle due banche venete che
sarebbero state certo in prima fila per finanziare (magari in cambio
di azioni), Veneto Banca e BpV, degenerata come sappiamo e la SIS
non aveva i finanziamenti per cominciare. Non basta. Il tragitto
complicato. Lattraversamento di comuni e paesi fittamente popolati
complicato. Gli espropri sono tanti e non sono stati affatto definiti
tutti. Anzi. Ogni tanto qualcuno emerge o riemerge. C una prima
convenzione nel 2009. Poi quella non va pi bene e se ne approva
e firma unaltra, nel 2013. Adesso ce ne sarebbe una terza perch i
soldi non bastano e Zaia chiede soldi ai veneti.
I cantieri: alcuni aperti, altri mai aperti, altri chiusi. Nessun coordi-
namento fra ditte appaltate. Il caos assoluto. Ed era iniziata lenta e
male (il DNA quello, ovvio). Vale la pena di ricordarlo.

Galan, Zaia, Impregilo, Dogliani e Sacyr

Comera iniziata questa assurda storia? Con Impregilo, avete pre-


sente questo nome? Dove ci sono project e investimenti succosi e
lucrosi questa ricca azienda di costruzioni internazionali c sempre.
Bene, Impregilo fa da capofila ad una serie di aziende del Nordest,
le solite, non vale far nomi. Aspetta al varco la Regione, presieduta,
indovinate da chi?, Giancarlo Galan, quello del Mose, che la sto-
ria ci ha restituito con un alone di indipendenza rispetto al potere
economico e delle imprese davvero invidiabile.
Ebbene, Galan pubblica nel 2006 il bando di gara per la Pede-
montana. Impregilo, ovviamente, sul pezzo. Ma ha un concorrente,
una certa SIS, consorzio ispano-piemontese composto dalla famiglia
Dogliani e da Sacyr, azienda multinazionale spagnola, con sede nel
prestigioso Paseo de la Castellana a Madrid, che, sciogliendo lacro-

30 nimo, fa Sociedad Annima Caminos y Regados.


Una bella lotta. Ebbene, Impregilo favorita perch non solo gioca in
casa ma stata lei a fare da apripista proponendo il famoso project.
Ci le d il vantaggio che, pareggiando lofferta pi bassa dellipote-
tico concorrente, vince lei. Cos sembra, ma in Italia le certezze, su
questo campo, latitano. Esito della gara: SIS fa lofferta pi bassa ma
Impregilo le salta addosso ed eguaglia lofferta. Secondo Galan ha
vinto Impregilo. SIS, per, non daccordo e ricorre al TAR (siamo
nel 2008, sono gi passati due anni dallinizio). Il TAR (ci avrei scom-
messo) d ragione a Impregilo, che esulta. Ma SIS ricorre al Consiglio
di Stato, che d ragione a lui. E siamo a met 2009. Impregilo tenta
di ricusare il giudizio del Consiglio di Stato (questo per dire quanto
ci teneva allaffare) ma perde definitivamente.
Parte SIS, non ho idea con che bandiere. Perch raccontiamo que-
sto? Perch vi lasciamo immaginare gli strascichi lasciati da questa
(brutta) lotta fra colossi.
Infatti lepisodio merita di essere ricordato perch con lultimo ten-
tativo di Zaia di raddrizzare la barca (nel frattempo Sacyr ha avuto
qualche problema nel mercato azionario spagnolo) offrendo ai privati
un contributo regionale (che non potrebbe offrire) di 300 milioni
mettendo le mani nelle famose tasche dei veneti ha turbato i
fondamenti tecnico-finanziari sui quali la gara era stata aperta nel
lontano 2006. Impregilo avrebbe tutti gli elementi per citare Regione
Veneto e SIS in tribunale al fine di ribaltare lesito del bando o almeno
riaprirlo. Che bellezza!

Meglio 12 miliardi sicuri che 18 incerti

Su queste basi le uniche parole serie e certe sono venute dalla Corte
dei Conti, che ha avuto tutto il tempo di valutare lo stato dellarte,
ovvero lultima convenzione, valutarne gli aspetti finanziari, gli iter
proposti, e soprattutto i conti attendibili e reali.
Il nocciolo della questione, quello che avrebbe fatto saltare il banco,
sarebbe da individuare nella drastica modifica del traffico atteso
negli anni successivi al primo utilizzo (dal 2020 se tutto va bene, ma
lecito dubitarne).
I pedaggi che avrebbero dovuto essere incassati tutti dal privato (la
SIS) sono stati rivisti al ribasso. Mentre secondo il primo calcolo
avrebbero dovuto essere 18 miliardi in 36 anni di concessione, se-
condo un calcolo successivo, diventavano poco pi di 12.
Bene, allora si cambia convenzione. Mentre prima la Regione avrebbe
garantito alla SIS la differenza fra i pedaggi reali e quelli attesi, con
il cambio saltano le garanzie ma la regione paga un canone annuo 31
che, moltiplicato per gli anni della concessione fa circa 12 miliardi
di euro. Fissi.
Dunque, rispetto ai calcoli iniziali la SIS disposta a rinunciare a
pi di 6 miliardi di euro, pur di essere certa di averne dodici. E la
Regione Veneto? La Regione, ovvero Zaia, convinta di incassarne,
secondo gli ultimi calcoli, 13. Sottratti i 12 di canone fisso a SIS fa un
miliardo di utile in 36 anni. Che ri-bellezza!

Le future generazioni di veneti

Cari lettori, vi sembra che sia questo il modo di governare la spesa


pubblica per fare una semplice, quanto inutile, strada? Questo me-
todo, nel quale uomini come Galan e Zaia, supportati dalle aziende
amiche e rivali (il pesce per lo mangiano sempre assieme), sguaz-
zano che un piacere (conti che non tornano mai, costi che salgono,
convenzioni che cambiano, finanziamenti che non arrivano) sarebbe
pernicioso e ridicolo anche se la strada fosse utile e necessaria. Con
una strada costosa e per di pi inutile (dannosa) solo una tragedia
pubblica (di cui non vediamo la fine). Appunto, siamo appena agli
inizi. Di una storia iniziata ben 11 anni fa (senza parlare di quando
fu concepita, trentanni fa) e costruita apposta per umiliare le future
generazioni di veneti.
Novanta chilometri innaturali, che tagliano appena due province,
Treviso e Vicenza, alla ricerca di unidentit ormai definitivamente
perduta.
Pedemontana - Estratti dalle obiezioni della Corte

1 - Corte dei Conti


32 Analisi economico-finanziaria
scadente
Il consigliere Mezzera non ha mezze parole. La concezione della Pe-
demontana Veneta stata pensata e ripensata male. Molteplici ripensa-
menti. Deroge reiterate e pluriennali alle ordinarie competenze. Struttura
commissariale con costi rilevanti. Contestazioni plurime al progetto di enti
locali interessati. Sostenibilit finanziaria dellopera incerta. Previsioni
troppo ottimistiche sui volumi di traffico. Condizioni di notevole conve-
nienza per il concessionario. Modesta lattivit di controllo e monitoraggio
dellopera. Collaudo dellopera affidato allesterno della stazione appaltan-
te ed intuitu personae. I collaudatori sono pagati dallo stesso concessiona-
rio (!!!)
La superstrada a pedaggio Pedemontana veneta in corso di
realizzazione ad iniziativa dei privati circa la progettazione e lesecuzione. I molteplici
ripensamenti sulle sue modalit realizzative negli anni precedenti laffidamento
dellopera hanno condotto ad una soluzione ibrida di superstrada a pagamento con
caratteristiche autostradali.
Il commissariamento dellopera ha permesso deroghe alla legislazione vigente
ed alla legge obiettivo, trasformandosi in mezzo di soluzione per i problemi
organizzativi dellapparato amministrativo. La deroga reiterata e pluriennale
alle ordinarie competenze appare singolare, anche in considerazione del fatto che il
commissariamento stato sollecitato dalla stessa Regione Veneto, privata delle sue
funzioni in materia.
Le procedure semplificate, se hanno consentito di accelerare i tempi di approvazione
dei progetti, hanno prodotto, tuttavia, conflitti e contenziosi.
Il commissario ha assommato in s tutte le funzioni concernenti lopera, dopo
essere stato, in vari momenti, anche segretario alle infrastrutture della regione,
autorit di vertice di Veneto strade e delle commissioni di valutazione ambientale e di
sostenibilit economico-finanziaria.
La struttura commissariale presenta costi rilevanti che si aggiungono a quelli
degli organi che restano preposti alle attivit ad essa delegate. Peraltro, a causa dei
vasti poteri attribuitile ed alla sua non adeguata composizione, stato necessario
il ricorso a consulenze esterne. I controlli dei ministeri competenti e della regione
risultano carenti.
Il progetto originario dellopera stato oggetto di continue rielaborazioni, gi
immediatamente dopo lapprovazione del preliminare da parte del Cipe, ed anche
di contestazioni da parte di alcuni enti locali, che ne hanno lamentato lo scarso
approfondimento tecnico.
Una pi penetrante analisi economico-finanziaria dellinvestimento, fin dalle fasi
iniziali, per valutarne fattibilit e finanziabilit, nonch per definire una corretta
allocazione dei rischi associati alla realizzazione ed alla gestione dellopera, avrebbe
contribuito ad evitare le successive, sfavorevoli rimodulazioni per la finanza pubblica.
Appare incerta la sostenibilit finanziaria dellopera, viste le previsioni ottimistiche
sui volumi di traffico, con il conseguente rischio che gli insufficienti flussi di cassa
generati possano produrre ulteriori esborsi pubblici.
Il costo di realizzazione, nel corso degli anni, cresciuto notevolmente, superando,
con gli oneri capitalizzati, i 3 miliardi, anche a causa delle rimodulazioni progettuali

33
e delle opere compensative richieste dagli enti locali. Inoltre, parte della viabilit di
raccordo con lopera non inclusa nel costo e a ci dovr provvedersi con ulteriori
fondi pubblici.
La convenzione presenta condizioni di notevole convenienza per il concessionario,
ricadendo molti rischi sul concedente; incombe, pertanto, lalea di un potenziale debito
sulla regione, dal momento che il rischio di mercato risulta sbilanciato a sfavore della
parte pubblica.
Costante risultato, nel tempo, laumento del contributo pubblico. Peraltro,
nonostante le assicurazioni, il perfezionamento dei finanziamenti di parte privata non
si ancora realizzato, con la conseguenza che lavanzamento dei lavori, finora, stato
reso possibile soprattutto attraverso il contributo pubblico, in contraddizione con le
finalit del ricorso al partenariato pubblico-privato.
Modesta risulta lattivit di controllo e di monitoraggio dellopera, anche a causa
della direzione dei lavori affidata, per disposizione legislativa, allesecutore stesso.
Il collaudo stato affidato allesterno della stazione appaltante ed intuitu
personae. Il pagamento dei collaudatori a carico del concessionario contrario al
principio del buon andamento amministrativo, dal momento che la loro posizione
quali contraddittori dellesecutore non tollera condizionamenti.

2 - Corte dei Conti


Il lento iter dellopera
Le considerazioni svolte nella deliberazione del 2015 trovano ulteriore ali-
mento dai recenti avvenimenti confusi e affrettati, con Zaia, il governatore,
protagonista. Richiesta di un intervento finanziario della Regione di 300
milioni, che sar pagato dai cittadini e i probabili contenziosi conseguenti.
Laffare si ingrossa, rallenta ancora, si complica. E solo i privati decidono
sui progetti.

Lormai trentennale vicenda della Pedemontana veneta caratteriz-


zata da alcune costanti:
a) liniziativa pressoch esclusiva dei privati circa la progettazione e lese-
cuzione;
b) i ripetuti ripensamenti sulle modalit di realizzazione, in continua oscillazione
fra lidea di una superstrada o di unautostrada, cosa che ha prodotto la soluzione
ibrida di una superstrada a pagamento, con caratteristiche autostradali;
c) i rilevanti contenziosi dei soggetti interessati, sia pubblici che privati. Frequen-
te risultato il ritiro di ricorsi amministrativi da parte degli enti locali in cambio
della promessa di opere a vantaggio dei comuni stessi ;
d) la significativa lievitazione dei costi ad ogni progetto presentato succes-
sivamente;
e) il costante aumento del contributo pubblico.
IL TRACCIATO

34
Pedemontana - Estratti dalle obiezioni della Corte

3 - Corte dei Conti


Costi enormi della struttura 35
commissariale
(1,8 mln di euro)
La struttura commissariale dellopera, non solo non appare competente
come dovrebbe, ma accumula competenze in odore di conflitto dinteressi.
E i consulenti, come prassi nelle amministrazioni regionali, provinciali
e comunali venete, sono nominati intuitu personae, cio in modo illegale.
Per assistere levolversi di un progetto camaleontico e mastodontico si ac-
cumulano nomine, consulenze e quantaltro, senza regole e senza concorsi.
A leggere questi estratti della Deliberazione della Corte dei Conti, secondo
la relazione del consigliere Mezzera, c da rabbrividire.

I costi della struttura commissariale si sovrappongono a quelli


degli organi ordinariamente deputati alle stesse funzioni. La struttura commissariale
comporta costi rilevanti.
Gravano sulle finanze pubbliche, fra gli altri, quelli per lassicurazione per responsabi-
lit civile del commissario e del responsabile unico del procedimento anche per colpa
grave, per la locazione della sede, per la partecipazione ad eventi fieristici e per la difesa
erariale nei numerosi contenziosi.
Il commissario ha fornito, nella tabella seguente (tab. n. 1), lammontare dei costi fino
al 2014, che hanno superato il valore di 1,8 milioni di euro. Nella tabella in allegato
(all. n. 2), vengono riportati i costi della gestione dichiarati dalla regione, a partire dal
2005, che sfiorano 3,5 milioni. In aggiunta ai costi sopra indicati, vanno computati
quelli per il personale in posizione di distacco o comando dalla regione, dalla Provincia
di Venezia e da Veneto strade s.p.a. (tab. n. 2), che fruiscono di una deroga al principio
dellonnicomprensivit della retribuzione e che hanno superato, alla fine del 2014, 1
milione e 100 mila euro. In allegato (all. n. 3), tali costi sono disaggregati per enti di
provenienza. I rilevanti oneri finanziari sopra elencati per la gestione straordinaria si
aggiungono a quelli degli organi ordinariamente competenti per le attivit delegate alla
nuova struttura. Sulla compatibilit con la legislazione vigente della remunerazione
del commissario, la regione riferisce che, essendosi questultimo dimesso dallammini-
strazione, lo stesso non gode di alcun trattamento pensionistico.
La debolezza della struttura commissariale viene portata a giustificazione della necessit
del ricorso alla reiterazione di consulenze, nonostante la legislazione sopravvenuta sia
contraria a tale prassi. Peraltro, suscita perplessit il fatto che le nomine dei consulenti
siano avvenute intuitu personae, senza alcuna forma di selezione e che siano reiterate
annualmente.
4 - Corte dei Conti
36 I molti dubbi sulla sostenibilit
finanziaria dellopera
Calcoli del tutto cervellotici sul traffico previsto ad opera concluso. Tanto
sbagliati che con lultima convenzione (che la Corte dei Conti dovr valu-
tare) si stabilisce di pagare ai costruttori un fisso e dunque fa assumere
allente pubblico tutti i rischi di inferiore traffico.

I ricorrenti dubbi sulla sostenibilit finanziaria dellopera


Seppur con riferimento ad un progetto di poco anteriore a quello in corso di realizza-
zione, nella conferenza dei servizi del 30 marzo 2001, lassessore regionale alle politiche
per lambiente pro tempore dichiar che non esisteva, sulla base della documentazione
predisposta dalladvisor (), la sostenibilit finanziaria dellopera sia rispetto allipotesi
autostradale che superstradale; e ci in rapporto agli stanziamenti messi a disposizione
dallo Stato. Lanalisi costi-benefici del Quadro di riferimento progettuale e della Sintesi
non tecnica dello studio di impatto ambientale redatto nel luglio 2005 ed approvato
dal Cipe nel marzo 2006 scarna.
Dubbi sulla sostenibilit finanziaria dellopera furono manifestati nello studio traspor-
tistico presentato dal promotore. Questi, infatti, stimava un traffico compreso fra i 13
e i 30 mila veicoli al giorno, pari a circa 800 milioni per anno. Il Nucleo regionale di
valutazione e verifica degli investimenti della regione ritenne, tuttavia, che lipotesi di
traffico del promotore fosse troppo prudenziale rispetto alle valutazioni regionali, che
portavano a prevedere un flusso di 1 miliardo di veicoli per anno. Ci ha determinato
una valutazione del tasso interno di rendimento elevata, in quanto dipendente da flussi
di ricavi da pedaggio rilevanti, rendendo pi facile lapprovazione della proposta del
promotore.
LAutorit per la vigilanza sui lavori pubblici ebbe a sollevare notevoli dubbi per la
sussistenza di previsioni molto diverse dei volumi di traffico indotti dal progetto della
superstrada Pedemontana veneta, risultanti, rispettivamente, dalla proposta del pro-
motore () e dalla valutazione della regione, acquisita per il tramite della societ di
consulenza Ispa. Infatti, la significativa discordanza di dette previsioni - pi piccola la
previsione del promotore, pi grande quella di Ispa - si riflette direttamente sui flussi
di cassa generati dal progetto, fatto che, a ben vedere, sembra da tradursi tutto a svan-
taggio della regione concedente, la quale indotta alla sottostima dellindebitamento
cui, probabilmente, sar esposta nella futura fase di gestione dellopera autostradale
(al momento, disponibile solo la copertura finanziaria per il contributo in conto co-
struzione dovuto dal concedente). Tuttavia, la stessa Autorit, pur non ignorando le
problematiche che sono state sollevate ed attinenti alla congruit delle coperture e alla
incerta plausibilit di uno degli elementi del piano finanziario non si pronunci defi-
nitivamente, dal momento che il procedimento si trovava allesame del Cipe, ritenendo
che tutte le valutazioni dovessero essere rimesse a questa, prioritaria, competente, sede.
Gli incrementi annuali di traffico previsti risultano senzaltro ottimistici, tenuto conto
anche della progressiva tendenza alla diminuzione della circolazione autostradale, a
partire, secondo le statistiche nazionali, dal 2007, come riconosciuto dallo stesso
commissario.
Pedemontana - Estratti dalle obiezioni della Corte

5 - Corte dei Conti


Il costante incremento dei costi 37
I costi, nel corso degli anni, aumentano: ovvio. Ma c modo e modo di
aumentare. Il commissario tira in ballo la crisi economica dopo il 2009 e
laumento dei tassi (!). Ma non convince la Corte. I costi di costruzione au-
mentano del 205% e questo non trova giustificazione alcuna.

Il costante incremento dei costi di realizzazione


Nel suo lungo iter di gestazione, lopera ha subito un incremento di costo rilevante,
come risulta dalla tabella seguente (tab. n. 3). In allegato (all. n. 4), riportata una
pi analitica descrizione di tale evoluzione.
Nello studio di fattibilit della proposta di project financing del dicembre 2003, con ri-
guardo alla pi dispendiosa soluzione autostradale risalente al 1997, lonere fu stimato in
1.500 miliardi di lire, pari a, Iva esclusa, compresa la viabilit per gli accessi.
Secondo quanto riportato nella documentazione della Camera dei deputati, il costo,
riferito allaprile 2004, risultava raddoppiato, arrivando a 1.500 milioni di euro.
Il valore dellopera, in base alla deliberazione Cipe n. 96/2006, fu fissato in 1.989.688.000
euro. Per il capitale privato, ai 450.000.000 di euro di mezzi propri, si affiancava un
finanziamento senior di 848.000.000 e uno junior, di 279.274.000 euro, per la durata
di trentanni. Il contributo pubblico, da erogarsi a stato di avanzamento dei lavori, fu
determinato in 243.750.000 euro, pari a circa il 12 per cento del totale.
Secondo laggiornamento del progetto preliminare del giugno 2006, limporto di
costruzione dellinfrastruttura viaria, modificata nel tracciato e nelle sue opere prin-
cipali, si incrementato a seguito del recepimento progettuale delle prescrizioni Cipe;
pi specificatamente, sono state recepite le prescrizioni Cipe che - oltre a modificare
la localizzazione sul territorio dellinfrastruttura - alterano in misura significativa
lentit delle opere.
Risulta incoerente con una trasparente e sana programmazione finanziaria che la
delibera Cipe n. 96/2006, pubblicata il 23 settembre 2006, abbia determinato il costo
per lavori in 1.136.000.000 - con somme a disposizione per 853.688.000 euro -, ben-
ch il progetto del giugno 2006 gi presentasse un importo per lavori assai superiore,
1.494.369.000, e somme a disposizione ampiamente ridimensionate, 496.549.986 euro.
Nel corso del tempo, sono notevolmente lievitati i costi e lonere pubblico. Secondo
il commissario, tali incrementi sono dovuti ad adeguamenti normativi (in primis,
adeguamento alla normativa antisismica, nel frattempo intervenuta, e alle nuove
disposizioni in materia di sicurezza per le gallerie stradali) e recepimento di richieste
di enti terzi (enti locali, enti gestori di impianti ed infrastrutture interferenti con
lopera, ecc.) ed indennizzi per espropri, comunque riferibili a richieste della stazione
appaltante (finalizzate, cio, al miglioramento del progetto dellopera, intesa in tutte
le sue componenti). Gli elementi descritti incidono, per la loro stessa natura, diretta-
mente sulla quota di contributo pubblico, andando a modificare in aumento il valore
percentuale di detto contributo rispetto al costo totale dellopera per il soddisfacimento
dellinteresse pubblico sotteso alla realizzazione dellopera. In termini analoghi sono le
considerazioni del concessionario.
Pertanto, la convenzione - mentre, nella sua formulazione originaria (2009), aveva
previsto un contributo pubblico in conto capitale di 173 milioni ed uno in conto esercizio
variabile in funzione dei flussi di traffico, per un importo massimo di 436 milioni -, in
seguito alle revisioni progettuali e finanziarie (2013), aument il contributo pubblico
in conto costruzione a 614 milioni; inoltre, la rimodulazione del contributo in conto
esercizio risult favorevole al concessionario per le modalit di erogazione e di congua-

38
glio, mentre il nuovo sistema delle esenzioni per il traffico residente locale divenne pi
restrittivo rispetto alla primitiva formulazione.
Nel nuovo piano economico-finanziario, linvestimento a carico del concessionario -
che, nel piano del 2007, era di 1.609 milioni, di cui 365 di capitale proprio ed il resto
reperibile con due finanziamenti a medio-lungo termine - prevede un aumento a
500 milioni del capitale, la soppressione del debito junior ed una ristrutturazione di
quello senior, con oneri finanziari capitalizzati aumentati, a causa dellincremento del
valore, della minore durata del debito e dellincremento del costo del finanziamento,
da 259.570.000 a 354.243.000 euro. Secondo il commissario, lincremento degli oneri
capitalizzati pi consistente rispetto allaumento del valore delle opere, in quanto i
tassi di interessi bancari complessivi (cio comprensivi di spread) sono aumentati dal
2007 al 2013, a seguito della crisi economica iniziata nel 2009.
Non risulta prevista alcuna copertura del rischio finanziario.
Lonere di costruzione, al netto di Iva, da 1.828.824.000 arrivato a 2.258.000.000
di euro, con un incremento del 23,47 per cento, mentre la quota di capitale privato
- mezzi del concessionario, finanziamenti e finanziamento Iva - da 1.901.006.000 a
2.280.133.000 euro, con un aumento del 19,94 per cento.

6 - Corte dei Conti


Lincredibile direzione lavori
e quellingegnere arrestato
Non spettava alla Regione la nomina della Direzione lavori ma al conces-
sionario, che ebbe per la strana idea di nominarne uno con una lontana
residenza. Non solo, era costui gi titolare di troppi altri incarichi (more
solito nel Veneto). Non basta: stato anche arrestato, e dunque stato
cambiato in corsa. Quando si dice la coincidenza. Quanto a chi deve svol-
gere la vigilanza sulla qualit e attuazione corretta dei lavori, la Corte rileva
come non siano state svolte osservazioni, analisi, controlli. I costi ci sono. I
controlli latitano. possibile questo?

La direzione dei lavori e le sue vicende


In base alle norme ed agli atti convenzionali, non prerogativa del concedente la scelta
del direttore dei lavori, che, fra laltro, si esprime sulle varianti e sulle riserve e cura
la contabilit; infatti, la sua designazione attribuita al concessionario, che, peraltro,
ebbe a nominare un ingegnere residente lontano dai lavori ed, inoltre, gi titolare di
numerosi altri onerosi incarichi di tale specie. Si , tuttavia, reso necessario, allinizio
del 2015, promuoverne la sostituzione, perch tratto in arresto per altre vicende.
A causa dellanomalia legislativa per cui il committente estromesso dalla direzione
dei lavori, risulta fondamentale una rigorosa attivit di monitoraggio da parte del
concedente.
Il commissario riferisce di provvedere allattivit di vigilanza ed alta sorveglianza
sulle attivit e sui lavori posti in essere dal concessionario attraverso la propria strut-
tura tecnico-amministrativa, coordinata dal soggetto attuatore e responsabile unico
del procedimento, con continui monitoraggi, controlli e verifiche, sia dufficio che con
sopralluoghi in cantiere, tanto per gli aspetti tecnico-progettuali e connessi con lo stato
di avanzamento dei lavori, che per quelli di carattere economico ed amministrativo.

39
La struttura commissariale () si avvale, in tale continua, complessa ed articolata
attivit, della collaborazione dei due consulenti () e del Comitato tecnico scientifico.
Tuttavia, dai verbali di accertamento, ad eccezione di quello del 10 febbraio 2015, non
risultano formulate osservazioni, se non che le opere realizzate, ad una analisi visiva,
sembrano coerenti con quanto indicato nel s.a.l.
Dai contratti di affidamento della direzione lavori, si rilevata una disparit nei
compensi. Nel corso dellistruttoria, sono stati individuati due contratti stipulati qua-
si contemporaneamente, che hanno duplicato alcune figure, quali quelle di direttore
operativo ed ispettore di cantiere.
2. Le carenza nella rendicontazione
Linoltro dei rendiconti della contabilit speciale al Ministero delleconomia e delle
finanze avvenuto solo dopo linizio dellattivit istruttoria della Corte dei conti, senza
che, per linadempimento, il ministero controllore abbia mai sollecitato il commissario.
La Ragioneria territoriale dello Stato di Venezia segnala, peraltro, irregolarit. Bench
il commissario affermi non essere pervenuta alcuna comunicazione in tal senso da
parte della Ragioneria territoriale di Venezia, questultima riferisce, al contrario, di
aver richiesto chiarimenti il 4 settembre 2015, di non avere avuto ancora risposta e di
aver, pertanto, sollecitato il commissario.
3. I controlli della regione
Per le attivit di verifica e di controllo di sua pertinenza, la regione procede, nella fase
di liquidazione ed erogazione degli acconti in corso dopera, alle verifiche previste dalla
legge, esaminando la documentazione posta a fondamento dellemissione del certificato
di pagamento. Tali verifiche vengono effettuate, anche a campione, sulla contabilit tra
lemissione di uno stato di avanzamento lavori ed il successivo.
4. Lassenza di monitoraggio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
La Struttura tecnica di missione presso il Ministero delle infrastrutture ha segnalato di
non essere mai stata destinataria di alcuna relazione periodica da parte del commissario.
5. Il monitoraggio ambientale
Le attivit di monitoraggio ambientale sono a carico del concessionario, che, peraltro,
remunera lente regionale che le pone in essere.
Pedemontana - Estratti dalle obiezioni della Corte

7 - Corte dei Conti


40 Lenormit: laggiudicatore
nomina i propri collaudatori
Se io sono incaricato di fare unopera pubblica, il suo collasudo non lo devo
fare io, lo deve fare un terzo. Pensiamo che questa regola sia applicata an-
che in Burundi. Nel Veneto di Zaia, no. Chi fa, nomina i collaudatori fra i
propri impiegati. Professionisti esterni. Trattative private. Perfetto.

Il collaudo stato affidato allesterno della stazione appaltante. La scelta si discosta dal
canone di buona amministrazione per cui laggiudicatore nomina i collaudatori
scegliendoli allinterno delle proprie strutture. In termini di efficienza, efficacia ed
economicit, non pu non sottolinearsi che sarebbe stato auspicabile lintervento del
concedente nella delicata fase della presa in carico dellopera. N, a compensare tale
svuotamento di ruolo e di funzione, pu bastare il coordinamento e lalta sorveglianza
sugli interventi.
Gli incarichi di collaudo, formalizzati a partire dal 2013, sono stati affidati senza alcuna
forma di pubblicit, seppur remunerati in base alla tariffa professionale, a dipendenti
di altre amministrazioni aggiudicatrici.
Lonere finanziario definito applicando le tariffe degli ingegneri e degli architetti. Lim-
porto determinato sullo stato finale dei lavori, al lordo di eventuali ribassi e maggiorato
dellimporto delle riserve dellappaltatore diverse da quelle iscritte a titolo risarcitorio.
Allatto della nomina, in maniera non trasparente, lammontare del compenso non
viene stabilito, ma demandato al concessionario. Secondo il commissario, gli atti di
nomina delle commissioni di collaudo tecnico-amministrativo non demandano alla
discrezionalit del concessionario lammontare del compenso, ma fanno salve le dispo-
sizioni in materia (), sia a livello nazionale che regionale, che, ovviamente, restano
applicabili. Nondimeno, per la determinazione dellemolumento per il collaudo statico,
si fa riferimento ad una trattativa privata fra il concessionario-contraente generale e
il singolo professionista.
Gli emolumenti da corrispondere ai collaudatori sono integralmente posti a carico del
concessionario. Su tale prassi, la Corte dei conti ha espresso una severa critica.
Laffidamento di pi collaudi alle stesse persone si pone in violazione del principio della
rotazione, normativamente previsto.
Nella tabella seguente (tab. n. 8), sono riportati i contratti finora stipulati per il collaudo
statico, con il loro onere economico.

Tabella n. 8 - Contratti stipulati per collaudo statico


(euro)
importo delle opere
lotto collaudatore onorario
oggetto di collaudo
2A a 100.000 39.914.222,65
2C a 80.000 23.909.036,00
2C b 30.000 13.034.582,83
2D b 60.000 40.344.019,87
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di Superstrada
Pedemontana veneta.
Per il collaudo tecnico-amministrativo, gli importi finora corrisposti dal concessionario
ammontano ad oltre 200 mila euro.
Pedemontana - Estratti dalle obiezioni della Corte
8 - Corte dei Conti
Dopo anni e anni manca 41
un contratto di finanziamento
ormai ufficiale: non solo slittarono alla fine del 2018 ma ora slittano alla
fine del 2020 le conclusioni lavori. Manca un contratto di finanziamen-
to per la SIS (come mai?) e la SIS sta ferma. Allora Zaia viene in aiuto alla
SIS e garantisce (con un mutuo regionale ma non potrebbe) 300 milioni
per riprendere i lavori. Si fanno cos le grandi Pedemontane? Inoltre i pro-
blemi di impatto ambientale aumentano cammin facendo e questo rallenta
ulteriormente il tutto. Ci vogliono nuove VIA e cos i tempi si allungano. A
fine 2015 la percentuale di avanzamento del 16,41 per i lavori e
del 16,65 per gli importi investiti.

Linesistenza, ad oggi, di un contratto di finanziamento


Nonostante quanto assicurato nel verbale n. 20 dell11 novembre 2014 del Comitato
tecnico scientifico, secondo cui il perfezionamento dei finanziamenti di parte privata
in avanzato stato di definizione e si prevede che, per fine dicembre, si addivenga alla
stipula dei contratti preliminari con gli istituti di credito, il closing finanziario non si
ancora realizzato, tanto da indurre il commissario a sollecitarne la formalizzazione
pi volte nel corso del 2015.
Nelladunanza del 21 dicembre 2015, il concessionario ha riferito di stare operando con
uno dei principali arranger internazionali al fine dellemissione di un project bond nel
primo quadrimestre del 2016.
Suscita preoccupazione che, ad oltre sei anni dalla stipula della convenzione, non sia
ancora disponibile gran parte del capitale privato per la realizzazione dellopera, al
punto che il costo di realizzazione, finora, gravato soprattutto sul contributo pubblico,
in contraddizione con le finalit del ricorso al partenariato pubblico-privato.

Lo slittamento del termine dei lavori


La conclusione dei lavori, secondo il progetto definitivo, era fissata al 31 gennaio 2016,
mentre, in base allatto aggiuntivo della convenzione del 18 dicembre 2013, ulterior-
mente slittata al 12 dicembre 2018 (tab. n. 9).

Tabella n. 9 - Data di conclusione dei lavori


termine dei lavori
2.340 giorni dalla stipula della
progetto preliminare
convenzione
convenzione 31/1/2016
progetto definitivo 31/1/2016
atto aggiuntivo alla
12/12/2018
convenzione
Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati del commissario delegato.
Secondo il commissario, le traslazioni nel tempo presenti nei vari cronoprogrammi
sono dovute alla durata della procedura, avviata nel dicembre 2003, e che, di fatto, ha
consentito di avviare la concessione solo nellottobre 2009 e di pervenire allapprovazione
del progetto esecutivo nel dicembre 2013. In particolare, il cronoprogramma allegato
alla convenzione 2009 prevedeva tre trimestri per lo sviluppo ed approvazione del
progetto definitivo; ci, in realt, avvenuto in undici mesi, ovvero, sostanzialmente,
in linea con le previsioni originarie. Lo sviluppo ed approvazione del progetto esecutivo,

42
originariamente previsto in ulteriori tre trimestri, si sono, invece, protratti per un pe-
riodo maggiore e, cio, sino al dicembre 2013, principalmente a causa della necessit di
recepire le prescrizioni dettate con il decreto di approvazione del progetto definitivo, che,
in due casi, ha comportato la necessit di attivazione di nuove procedure di valutazione
di impatto ambientale (lotto 2B e 3F). Si resa, pertanto, necessaria la redazione di
progetti definitivi aggiornati e relativi studi di impatto ambientale, cui seguita la fase
di pubblicazione, istruttoria ed approvazione, previo parere della Commissione Via del
Ministero dellambiente e della tutela del territorio e del mare; tale articolata procedura
di approvazione si complessivamente protratta per un periodo di circa ventun mesi
ed ha consentito, quindi, il perfezionamento della progettazione esecutiva solo alla fine
del 2013. Il tempo previsto per lesecuzione complessiva dei lavori , invece, rimasto
inalterato, essendo solamente traslato a causa del citato scostamento nellapprovazione
della progettazione esecutiva.
Al 12 dicembre 2015, la percentuale di avanzamento risulta del 16,41 per cento per i
lavori e del 16,65 per cento per limporto complessivo delle attivit.

9 - Corte dei Conti


Le criticit finanziarie
e ambientali: insuperabili?
A leggere attentamente la Relazione della Corte dei Conti c da sobbalza-
re sulla sedia. Lestratto che pubblichiamo qui sotto va letto attentamen-
te. Due cose su tutte: a fine 2015 lopera ha utilizzato sono finanziamento
pubblico. Una presa in giro. questo il Project Financing? Seconda cosa:
nessuna relazione sullimpatto ambientale e sui risultati dellesecuzione
dei lavori in questa direzione stata inviata al Ministero dellAmbiente.
Illegalit diffuse italiane ed europee. Una strada pu fare cos tanti danni?

Criticit di ordine finanziario


a) Il costo di realizzazione dellopera stato, finora, in gran parte, sostenuto dal finan-
ziamento pubblico.
Secondo il commissario, linvestimento, al 31 ottobre 2015, ammonta a 348.710.501,73
euro, per il quale il concessionario ha emesso fatture per 368.857.501,73 euro, a fronte
delle quali risultano liquidati, da parte del concedente, importi per 300.647.072,17 euro;
pertanto, risulta, ad oggi, un credito a favore del concessionario di 68.210.429,56 euro.
Quanto allimpegno finanziario privato fino ad oggi sostenuto, la societ Superstrada
Pedemontana veneta afferma di essersi dotata di capitale sociale pari a 200.000.000
euro, di cui 50.007.500 euro versato.
b) Il concessionario ha ceduto i crediti maturati a carico della regione ad alcuni istituti
bancari, che hanno anticipato una quota dei crediti. Le linee di credito sono assistite da
garanzie corporative del concessionario. I costi delloperazione sono dichiarati a carico
del concessionario. Alla fine del 2014, ammontavano a 1.386.150 euro e tale importo
non compreso nei s.a.l. certificati dal committente.
c) Non sono state previste garanzie a copertura dei rischi di gestione del concessionario,
non essendo applicata la norma, introdotta con il terzo correttivo al codice dei contratti,
in merito alla presentazione di una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato
o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla gestione. Nellatto

43
aggiuntivo alla convenzione, sono, tuttavia, stati inseriti specifici allegati per meglio
disciplinare i livelli di qualit della gestione dellopera e le procedure per leventuale
applicazione di sanzioni e penali da parte del concedente, in caso di mancato rispetto,
da parte del concessionario, dei propri obblighi, compresi quelli nella fase di esercizio.
Tali procedure prevedono, nel periodo di esercizio dellopera, lapplicazione di sanzioni
e penali ed, in caso di grave e reiterato inadempimento da parte del concessionario,
giungono a prevedere persino la sospensione o la decadenza della concessione.
d) Il piano economico-finanziario si discosta parzialmente dalle prescrizioni richieste
dalla delibera Cipe 27 maggio 2004, n. 11, con la quale fu approvato lo schema di piano,
ai sensi dellart. 4, c. 140, della l. n. 350/2003.

Problematiche di natura ambientale


a) Rappresenta una distorsione del sistema il fatto che, per unopera di cos rilevante
impatto, il Ministero dellambiente ignori, a distanza di tre anni - nel 2013 - dallap-
provazione del progetto definitivo, lo stato della sua evoluzione, affermando che le
attivit sono, ad oggi, ferme alla fase progettuale preliminare a suo tempo approvata
e che lo stesso dichiari, in dissenso con la procedura adottata, di essere in attesa della
trasmissione del progetto definitivo per lavvio della procedura di competenza inerente la
verifica di ottemperanza alle prescrizioni dettate, come anche richiamato nel dispositivo
finale della () delibera Cipe.
b) Lo stesso ministero lamenta la pratica impossibilit di procedere allattivit
di monitoraggio ambientale.
c) Peraltro, anche il Ministero dei beni e delle attivit culturali e del turismo stigmatizza
che - nelle more della definizione della procedura del progetto definitivo in variante
del progetto preliminare di alcuni lotti - il commissario delegato abbia proceduto
allapprovazione del progetto, senza aver sufficientemente e adeguatamente recepite
le valutazioni espresse dalle due soprintendenze competenti, affermando la necessit
che vengano pienamente recepite tutte le prescrizioni e raccomandazioni puntual-
mente rilevate, al fine di consentire il necessario controllo nelle fasi di progettazione
esecutiva ed autorizzativa propedeutiche allintervento da realizzare. Va rilevato che
il commissario delegato ha provveduto a rispondere alle considerazioni del ministero
solo successivamente al rilievo istruttorio della Corte.
d) Nel verbale n. 5 del 22 febbraio 2010 del Comitato tecnico-scientifico sul tracciato
attorno alla villa Agostini Tiretta, si osserva che lapposizione del vincolo storico-artistico
avvenuta con modalit quanto meno singolari, essendo intervenuta non solo succes-
sivamente allapprovazione del progetto preliminare da parte del Cipe quanto sulla base
di elementi che si palesano contradditori rispetto alla stessa relazione storico-artistica
allegata al provvedimento di tutela del 23 agosto 2006. Il commissario delegato infor-
ma il comitato che, avendo rilevato, al riguardo, i medesimi elementi di stravaganza
procedurale e di merito, che comportano, tra laltro, elementi di costi, intende pro-
cedere alla segnalazione della questione allautorit giudiziaria, per la valutazione di
eventuali aspetti di competenza della medesima; il Ministero dei beni e delle attivit
culturali dissente da questa decisione. La vicenda manifesta, pertanto, una violazione
dei doveri di leale collaborazione fra organi dello Stato.
e) Nel verbale n. 6 del 22 marzo 2010 del Comitato tecnico scientifico, si richiese che, nella
progettazione esecutiva, si verificasse la possibilit di ridurre loccupazione complessiva
dei caselli e delle barriere e di sviluppare soluzioni tecnologico-costruttive pi idonee
a contenere loccupazione territoriale complessiva delle infrastrutture. Il commissario
delegato riferisce di aver recepito le richieste con il decreto di approvazione del progetto
definitivo e che il concessionario, nei documenti di progettazione esecutiva, ha dichia-
rato di aver verificato quanto richiesto, riscontrando che la quantit delle piste e le loro
dimensioni risultano congruenti con i volumi di traffico previsti e con le direttive europee

44
adottate (direttiva 2004/52/Ce e 2009/750/Ce), che prevedono lelevata automazione
nelle procedure di riscossione dei pedaggi e di effettuazione delle transazioni. In par-
ticolare, per ogni progetto esecutivo relativo alle singole tratte, il progettista ha fornito
una specifica dichiarazione con la quale dichiara che il sistema di esazione proposto
conforme alla direttiva europea 2004/52/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del
29 aprile 2002 in materia di telepedaggio stradale nella comunit. Si segnala, tuttavia,
che tale direttiva non ha ancora trovato piena attuazione a livello comunitario. In ogni
caso, ove tecnicamente e funzionalmente possibile, si cercato, in sede di progettazione
esecutiva, di contenere, per quanto possibile, loccupazione complessiva delle opere.
f) Nellaudizione del comandante regionale del Veneto del Corpo forestale dello Stato
del 28 ottobre 2014 presso la Commissione parlamentare dinchiesta sulle attivit illecite
connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essi correlati, lo stesso paventa una
forte preoccupazione per le implicazioni dellopera, prevedendosi una movimentazione
di milioni di metri cubi che passano, lambiscono, attraversano un territorio molto indu-
strializzato, quindi, per sua stessa natura, produttore di rifiuti. () Non ritengo che i
sistemi attuali di controllo siano sufficienti. () Credo che, a fianco di grandi cantieri,
come () la Pedemontana, debba essere istituito un organo controllore a parte speciale
() che si occupi, specificatamente, di questo. Vedo gli organi ordinari poco efficaci.
Tali preoccupazioni non sono condivise dal commissario delegato. Infatti, nellambito
delle attivit di monitoraggio ambientale e di controllo (audit) delle attivit poste in
essere dal concessionario, un ruolo fondamentale sostenuto dallArpav, organo istitu-
zionalmente deputato ad attivit di verifica e controllo in materia ambientale e profondo
conoscitore dellambiente e del territorio attraversato. Arpav svolge, infatti, su incarico
del concessionario, attivit di audit per lintera estensione dellopera e per lintero
periodo di realizzazione della stessa, oltre, ovviamente, a svolgere, autonomamente, la
propria funzione istituzionale di controllo. Si precisa, inoltre, che il concessionario ha
nominato, ai sensi di quanto previsto dalle linee guida per il progetto di monitoraggio
ambientale delle opere di cui alla legge obiettivo redatte dalla Commissione speciale di
valutazione dimpatto ambientale del Ministero dellambiente e della tutela del terri-
torio e del mare, il responsabile ambientale per lintera opera () e che, nel bilancio
complessivo dei volumi di sterro e riporto di materiale, vi un notevole esubero di
materiale proveniente dagli scavi, dellordine di alcuni milioni di metri cubi, del tutto
idoneo alla realizzazione di rilevati e sottofondi stradali, per cui appare poco verosimile
si debba ricorrere a materiale con provenienza esterna al cantiere della superstrada. In
ogni caso, si confida nelle attivit di controllo da parte di tutte le autorit preposte, fra
cui lo stesso Corpo forestale dello Stato, assicurando, sin dora, da parte di questufficio,
la massima attenzione e collaborazione.
Peculiarit sullaffidamento dei lavori
Come gi accennato, costituita la societ di progetto Superstrada Pedemontana veneta
s.r.l. - subentrante nella convenzione allassociazione temporanea di imprese con man-
dataria il consorzio Sis - i lavori sono stati riaffidati allo stesso consorzio, in qualit
di contraente generale, con contratto del 7 marzo 2011, integrato il 19 dicembre 2013.
Singolare risulta linterscambio degli stessi soggetti come sottoscrittori per luno o per
laltro ente. Secondo il commissario delegato, i soggetti indicati dispongono dei neces-
sari poteri di firma per intervenire quali rappresentanti legali nella sottoscrizione degli
atti. () Daltra parte, la circostanza che i medesimi soggetti possano essere investiti
di poteri di rappresentanza sia della Superstrada Pedemontana veneta che del socio
affidatario conseguenza diretta della previsione di cui allart. 156 del codice contratti.
La societ di progetto ha affidato, peraltro, un numero rilevante di subappalti (all. n. 7),
per i quali sono state seguite le procedure previste dal protocollo di legalit sottoscritto
con le Prefetture di Vicenza e Treviso il 23 luglio 2010.
Pedemontana - Estratti dalle obiezioni della Corte

10 - Corte dei Conti


Carenze gravi: su privati, 45
modalit, commissario,
progettazione, costi, ritardi,
finanziamenti, controlli,
collaudi
La sintesi della Corte dei Conti semplicemente drammatica e scandalosa.
Nulla ha funzionato in anni e anni come avrebbe dovuto. Commissaria-
mento, progetti, costi, collaudi, finanziamenti inesistenti. Non c nulla da
aggiungere. Solo leggere. E pensare (almeno una volta).

Valutazioni conclusive e raccomandazioni


a) Sulle caratteristiche generali
La trentennale vicenda della Pedemontana veneta stata caratterizzata da: a) iniziativa
pressoch esclusiva dei privati nella progettazione ed esecuzione dellopera; b) ripetuti
ripensamenti sulla modalit di realizzazione, con la soluzione finale ibrida di una
superstrada a pagamento con caratteristiche autostradali; c) rilevanti contenziosi dei
soggetti coinvolti, sia pubblici che privati; d) significativa lievitazione dei costi per ogni
ridefinizione progettuale; e) costante aumento del contributo pubblico.

b) Sul commissariamento
Il commissariamento ha permesso la deroga alla legislazione vigente, inclusa la legge
obiettivo, che gi rappresenta una modalit eccezionale e semplificata di realizzazione
delle opere, trasformando listituto in mezzo ordinario di soluzione dei problemi or-
ganizzativi dellapparato amministrativo, nella convinzione del legislatore e dellam-
ministrazione che solo attraverso misure straordinarie e ricorrendo alla deroga delle
norme si possano garantire lefficienza e lefficacia degli interventi. La deroga reiterata
e pluriennale alle ordinarie competenze - derivata dalla presunta inefficienza delle
amministrazioni - tanto pi singolare in quanto il commissariamento stato solleci-
tato dalla Regione Veneto, esautorata nelle sue funzioni amministrative e di gestione.
Peraltro, tale surrogazione solo apparente, dal momento che la scelta del commissario
caduta su un funzionario della stessa regione.
Le procedure durgenza e le conseguenti modalit operative hanno prodotto una serie di
ricorsi giurisdizionali, con un appesantimento delle attivit, cosicch la via giudiziaria si
trasformata in una sede per manifestare le preoccupazioni delle popolazioni rappresentate
dagli enti e dalle istituzioni locali, che hanno, poi, accettato, compensazioni da cui sono
derivati ulteriori incrementi nel costo dellopera. E mancato un confronto fra i soggetti
coinvolti su un progetto ben definito che delineasse, in modo compiuto, anche la viabilit di
raccordo. La struttura commissariale presenta costi rilevanti che si aggiungono a quelli degli
organi ordinariamente preposti alle attivit ad essa delegate. Peraltro, a causa dei vasti poteri
attribuitile ed alla sua non adeguata composizione, stato necessario il ricorso a consulenze
esterne. I controlli dei ministeri competenti e della regione sono risultati carenti.

c) Sulla progettazione
Il progetto dellopera risultato carente, tanto da essere oggetto di continue rielabo-
razioni gi immediatamente dopo lapprovazione del preliminare da parte del Cipe.

46
Il commissario riconosce loriginaria debolezza progettuale, dal momento che le nu-
merose richieste dei comuni accolte dallo stesso hanno comportato un significativo
miglioramento in termini di inserimento dellopera nel contesto territoriale, ambientale
e paesaggistico dellarea pedemontana veneta. Anche alcuni enti locali hanno conte-
stato lo scarso approfondimento tecnico del progetto. Talune rimodulazioni - che hanno
comportato, fra laltro, due nuove procedure di valutazione di impatto ambientale - si
sarebbero potute evitare con una previa, pi puntuale e rigorosa attivit progettuale.
Appare incerta la sostenibilit finanziaria dellopera, viste le previsioni ottimistiche sui
volumi di traffico ed il conseguente rischio che gli insufficienti flussi di cassa generati
possano produrre ulteriori esborsi pubblici; alla perdita di strade a libera circolazione si
potrebbe, pertanto, aggiungere un ulteriore onere collettivo, attraverso la socializzazione
delle eventuali perdite.

d) Sui costi
Il costo di realizzazione, nel corso degli anni, cresciuto notevolmente. Nello studio di
fattibilit del 2003 - seppur con riferimento ad una soluzione progettuale diversa, senza
oneri capitalizzati ed Iva - veniva valutato sotto il miliardo di euro; oggi ha superato,
con gli oneri capitalizzati, i 3 miliardi, anche a causa del necessario, continuo miglio-
ramento progettuale e delle opere compensative richieste dagli enti locali. Queste ultime
avrebbero dovuto essere preventivamente definite nella loro - seppure approssimativa
- entit in sede di progetto preliminare, ammettendo solo quelle generate direttamente
dallimpatto dellinfrastruttura sul territorio e destinate alla mitigazione dei suoi effetti
sullambiente e sulla collettivit interessate, con puntuale definizione dellonere econo-
mico. Parte della viabilit di raccordo con lopera non inclusa nel costo dellopera e a
ci dovr provvedersi con ulteriori fondi pubblici.

e) Sulla convenzione ed i ritardi nei finanziamenti privati


La convenzione presenta condizioni favorevoli per il concessionario, accollando molti
rischi al concedente; a causa delle clausole accettate dalla parte pubblica, la regione
esposta allalea di un potenziale debito, dal momento che il rischio di mercato risulta
sbilanciato a sfavore del concedente; infatti, quanto concordato progressivamente con
il concessionario favorisce la copertura economico-finanziaria pubblica dellopera,
oltre ad aumentare il margine di discrezionalit operativa del concessionario. Suscita
preoccupazione che, ad oltre sei anni dalla stipula della convenzione, non sia ancora
disponibile gran parte del capitale privato per la realizzazione dellopera, al punto che
il suo costo, finora, gravato soprattutto sul contributo pubblico, in contrasto con le
finalit del ricorso al partenariato pubblico-privato.

f) Sui controlli
Modesta risulta lattivit di controllo e di monitoraggio dellopera, anche a causa della
direzione dei lavori affidata, peraltro per disposizione legislativa, allesecutore stesso.
Ci imporrebbe, pertanto, una rigorosa attivit di vigilanza e di alta sorveglianza da
parte del commissario delegato. Va rilevata anche lassenza di attivit in tal senso
esercitate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Scarsi sono anche i controlli
del Ministero delleconomia e delle finanze sulla contabilit speciale.
Il collaudo stato affidato allesterno della stazione appaltante, intuitu personae ed
applicando la tariffa professionale a pubblici dipendenti; il pagamento dei collaudatori
a carico del concessionario contrario al principio del buon andamento amministra-
tivo, dal momento che la loro posizione quali contraddittori dellesecutore non tollera
condizionamenti.
DI NUOVO GOLDIN 47
LA BASILICA PALLADIANA
6 MESI SOTTO SEQUESTRO
PORTA IL VAN GOGH
DEI DISEGNI DI OTTERLO
Le chiamano mostre Blockbuster, ma ai sindaci tipo Variati
e ai vice sindaci tipo Bulgarini piacciono da morire. Sono
convinti (in buona fede?) che siano portatrici di cultura vera
e sono anche convinti (in buona fede?) che per la citt siano
un affare. Eppure Variati aveva detto che con le tre mostre
gi fatte era da considerare chiusa lera Goldin.
Promesse da sindaco? Ma la mostra una fotocopia
di unaltra mostra su Van Gogh. Fatta a Brescia, museo di
Santa Giulia, 9 anni fa. Cambia (in parte) il nome.
E senzaltro la giacca di Goldin alla presentazione

PINO DATO

L e chiamano mostre Blockbuster e sono la gioia di sindaci


sempliciotti e giulivi che pensano che esporre gli impressionisti, Van Gogh
o Renoir (questultimo, in senso ampio, un po pi difficile) sia fare cultura.
Molte volte lesatto contrario. Larrivo di migliaia di visitatori visto come
la manna che cade dal cielo. Pi presenze negli alberghi, ristoranti pieni,
altri spazi cittadini pieni, eccetera. Ma la cultura centra poco. E gli spazi
non sono cos pieni come dicono.
Marco Goldin un maestro in queste cose. un bravo mercante darte che
ha scoperto il modo di far contenti i sindaci giulivi. Conquista la scena.
Occupa le redazioni dei giornali locali. Ordina i pezzi. Manda materiale a
josa. Riceve gratis lopportunit di presentare mesi prima levento al tea-
tro comunale. Ottiene addirittura la Basilica Palladiana gratis e gli incassi
sono suoi. Tutti. Come spieghiamo in questo stesso numero in dettaglio
con il servizio sulla sua esperienza a Treviso, dove si appena conclusa la

48
sua mostra sugli impressionisti e che ne ha caratterizzato il ritorno nella
citt natia dopo anni di assenza (in seguito a polemiche feroci sempre sullo
stesso tema: la mostra goldiniana blockbuster e lui che con la sua Linea
dOmbra fa la parte del leone), il suo rapporto con le citt (oggi di nuovo
Vicenza, spesso Treviso, un tempo Brescia, che ultimamente lo ha respinto)
problematico e altalenante.

Le grandi, insuperabili, obiezioni in dieci punti

Abbiamo raccontato a lungo, in occasione delle altre tre mostre goldiniane


a Vicenza, gli esiti delle manifestazioni svolte con il compiaciuto appoggio di
Variati sindaco e Bulgarini vicesindaco. In sintesi possiamo riassumerli
cos, senza annoiare troppo il lettore:

1. CARIVERONA. Un corposo finanziamento della Fondazione Cariverona


tutto assorbito dalle mostre di Goldin e nulla (ripetiamo, nulla) per altre
manifestazioni culturali di cui Vicenza ha bisogno come il pane. Ovviamente,
dando a Goldin il privilegio assoluto, per il resto ci sono state solo briciole.
La cifra era quella. Tutta o quasi per Goldin. Questa labbiamo definita una
scriteriata politica anti-culturale. Protagonisti: Variati e Bulgarini.

2. PROFITTI. Abbiamo pubblicato due bilanci ufficiali della srl Linea


dOmbra nei quali la parte preponderante era costituita dalle mostre vicen-
tine. Ebbene, la societ del socio unico Marco Goldin ha guadagnato milioni
di euro. Con che meriti? bravo ad affascinare sindaci e assessori e a far
arrivare le opere pi o meno dai soliti musei. Ha le mani in pasta. Conosco
tanta gente che ha le mani in pasta. Ma non guadagnano milioni di euro.

3. GRANCASSA E PUBBLICIT. I due massimi amministratori della


citt, Variati e Bulgarini, non hanno battuto ciglio. Ogni volta hanno ricevuto
Goldin suonando la grancassa e avvisando il compiacente quotidiano locale
che stava arrivando. La pubblicit lanima del commercio. lanima di
Goldin. Ma non dovrebbe essere lanima di bravi amministratori. La com-
piacenza di Variati e Bulgarini verso questo abile mercante sempre stata
eccessiva e incomprensibile.

4. TUTTI I BIGLIETTI A GOLDIN. Abbiamo denunciato lo scandalo che i


biglietti dingresso delle mostre, spesso esageratamente alti, fossero intero ed
esclusivo appannaggio di Linea dOmbra. Sia per i denari che per il controllo
dei numeri, ovvero delle presenze. Se Vicenza d la Basilica Palladiana per sei
mesi a Linea dOmbra, la societ goldiniana per sei mesi padrona assoluta
del massimo monumento cittadino. un fatto semplicemente abnorme.
Brescia, ottobre 2008
Vicenza, ottobre 2017 49

Marco Goldin presenta la mostra


sui disegni di Van Gogh
dal Krller-Mller Museum di Otterlo
al Santa Giulia di Brescia nove anni fa
Ottobre 2008: estratti
50 stampa della mostra Van Gogh

L a rassegna autunnale sar dedicata a Vincent Van Gogh, forse lartista


pi conosciuto e amato al mondo. Allo stesso Van Gogh, e al suo rapporto con Gau-
guin, Brescia aveva dedicato una monumentale mostra nel 2005-2006, che riun
a Santa Giulia 150 opere e che venne ammirata da oltre mezzo milione di persone.
Completamente diverso il taglio che Goldin ha voluto dare a questa sua nuova
proposta: far scoprire il Van Gogh pi segreto, intimo, quello impegnato nellap-
puntare le proprie emozioni, gli scorci, i volti, tutto ci che poi sar espresso
con la pittura. Opere su carta. Ovvero disegni e acquerelli che rappresentano
in alcuni casi il seme pi forte dei capolavori pittorici pi noti (venti dei quali
saranno in mostra posti accanto ai disegni che li hanno preceduti, o talvolta
addirittura seguiti) ma che, in molti altri casi, sono opere del tutto autonome,
capolavori assoluti, pensati e realizzati attraverso la forte materia del carbonci-
no o della matita o con le possibilit offerte dallacquerello. Pagine bellissime
della grande storia del maestro, certo non meno importanti dei suoi dipinti.

(...) In quella che sar la prima, ampia ed organica mostra mai dedicata in
Italia a questa parte dellattivit di Van Gogh, Goldin riunir tutti i periodi del
suo lavoro. Da quello iniziale nella regione mineraria del Borinage, a Bruxelles
e poi Etten, al fondamentale tempo trascorso allAia e poi brevemente nel Dren-
the fino al meraviglioso e copiosissimo periodo di Nuenen, dove il rapporto con
la pittura comincia a diventare pi intenso, fino a una scelta di alcuni fogli del
periodo francese. Ma soprattutto sul tempo olandese, insuperato per il disegno
nella sua autenticit e drammaticit, che lesposizione bresciana si concentra.

(...) Ottantacinque opere disegnate, oltre come detto a venti quadri, per dare
vita ad un affascinante diario dellanima che porter a conoscere, in una
dimensione affatto nuova, certo meno abusata, il grande piccolo uomo che il
27 luglio del 1890 decise di chiudere la sua esistenza con un colpo di pistola.

(...) La caratteristica della mostra sar che tutte le opere proverranno dal Krller-
Mller Museum di Otterlo, in Olanda. Il museo di Otterlo, unitamente al Van
Gogh Museum di Amsterdam, conserva una grande parte dellintera produzione
di Van Gogh, ed quindi occasione felicissima questa di Brescia. Ben si sa infatti
come il disegno non sia mai esposto in permanenza e occorra invece attendere le
rarissime occasioni legate alle mostre. Costituita soprattutto nei primi ventanni
del XX secolo da Helene Krller-Mller, la sua raccolta vangoghiana fu seconda
solo a quella appartenente ai discendenti di Vincent, e assomma circa duecento
disegni e circa cento dipinti. Nel 1938 venne aperto il museo a lei intitolato nel
grande parco nazionale olandese di Hoge Veluwe, a unora e mezza dalla capitale.

(in questo piccolo estratto, in corsivo parole lette anche in questi giorni per
presentare la mostra dellottobre vicentino 2017)
Il book, sempre a firma Marco
Goldin, della mostra al Museo Santa

51
Giulia di Brescia nel 2008

5. BILANCIO. Nelle passate mostre


il comune ha dovuto sostenere tutte le
spese di sicurezza, di accoglienza e rela-
tive polizze. Le spese, come i consiglieri
comunali interroganti (di maggioranza
e di opposizione) sanno bene, non sono
mai state chiare. Hanno percorso i ri-
voli (di spesa comunale) pi disparati.
Pertanto un bilancio vero, unitario,
della mostra comunale gestita dal priva-
to Goldin non si mai avuto. Il motivo
comprensibile. Non si vuole far sapere
alla citt lonere vero del comune.

6. SPESE FANTASMA. Variati e Bulgarini vogliono fortissimamente


queste mostre blockbuster per farsi belli agli occhi degli elettori. Oggi siamo
gi in periodo pre-elettorale. La giostra deve partire. Ma il problema non
quello. Se non gravassero il comune di spese fantasma e nascoste come
invece fanno non ci sarebbe, al limite, niente di male. Tutta la politica
diventata una passerella dei politicanti. Ma se spendono i soldi erariali e
comunali senza informare, questo molto negativo e disdicevole.

7. I CASSONI. La spesa pi rilevante delle ultime mostre goldiniane (anche


questa spesa si sa che cera ma non si sa esattamente a quanto ammontava)
quella dei cassoni di allestimento. Quelli che servono a dividere le stanze e
a consentire lesposizione delle opere. Ebbene, c di mezzo un monumento
grande ma delicato come la Basilica Palladiana (si veda larticolo del pro-
fessor Montanari, docente di Storia dellArte allUniversit di Napoli, sul
rapporto fra mostre e Basilica in questo stesso numero). Eppure, ogni volta
si cambia. I cassoni della mostra precedente non valgono per la successi-
va. La fantasia e lambizione di Marco Goldin non hanno limiti. Gli ultimi
cassoni quelli della mostra del Tuthankamon egiziano sono andati al
macero (lo ha scritto perfino il quotidiano della citt). Spesa stimata: 700
mila euro. A carico del contribuente vicentino.

8. ALLESTIMENTO. Nella mostra che andr in onda nel prossimo ottobre,


annunciata come se fosse la scoperta della Torre Eiffel, i signori del comune
hanno precisato che le spese di allestimento saranno a carico del Goldin.
Precisazione interessante, perch conferma che gli altri allestimenti erano
stati tutti a carico del comune (anche se la cifra top secret). Ma anche qui
c la buccia di banana in agguato (per il comune e per i vicentini). Infatti
al Teatro Comunale, con il microfono in mano (la sua posizione preferita) il
buon mercante ha precisato (come scrive con rapimento il GdV): Assieme

52
allo studio Gherardi, che sta predisponendo con me lallestimento, sfrut-
teremo la navata della Basilica prevedendo unandata e un ritorno. In un
semplice periodo, con sole due subordinate, ci stanno alcuni seri dubbi, che
mi sembra giusto trasferire ai due amministratori vicentini Variati e Bul-
garini, la grande coppia di questi anni di mostre. Ma c anche una certezza
ed nella principale dotata del verbo sfrutteremo. Che Goldin e Gherardi,
per i loro onesti e giusti obiettivi di espositori, sfrutteranno la navata della
Basilica non ci sono dubbi. Gli crediamo sulla parola. Ma che stiano attenti:
anche questo va detto loro. Stiano attenti. Dopo lunica certezza, il primo
dubbio: landata e il ritorno. Doppia corsia. Doppi cassoni. Che bellezza. Il
secondo dubbio nel soggetto sussidiario (Assieme allo studio Gherardi).
Chi pagher Gherardi? Goldin o Bulgarini? Goldin o i vicentini? Oggi non
si sa. Consiglio al ragioniere capo del Comune: se arriva in qualche ufficio
una fattura intestata a Gherardi, giratela a Goldin. Perch Variati ha detto
che lallestimento sar a suo carico. Terzo dubbio: le spese di allestimento
saranno a carico di Linea dOmbra. Ma il contratto precisa a carico di chi
saranno le strutture, cio i doppi cassoni andata e ritorno? In teoria, am-
mettiamolo: essendo struttura di lungo utilizzo (teorico) dovrebbero essere
a carico del comune. Basta che in occasione della prossima mostra di Goldin
non siano tolti, buttati al macero, e sostituiti con altri cassoni. Se sono a
perdere, devono essere pagati da Goldin. Se sono stabili, dal comune. Per
la cosa va precisata. Lo faranno prima del 7 ottobre? Questa la madre di
tutti i dubbi.

9. LA BASILICA GRATIS. Dare un luogo pubblico autorevole, storico,


simbolico come la Basilica del Palladio ad un operatore darte privato per
una mostra (bella o brutta che questa sia) un sopruso, uno scandalo, un
precedente, un illecito amministrativo. Alla fine: unindecenza. Moralmente,
non finanziariamente. Scegliete voi la parola che vi sembra pi opportuna.

10. SEI MESI. Dare la basilica gratis per far vedere la stessa mostra a pi
visitatori possibile in modo che lunico proprietario dei biglietti, cio Gol-
din Marco, amministratore unico e socio unico di Linea dOmbra, ne possa
vendere il numero pi alto possibile, non solo unassurda indecenza, una
patente mancanza di rispetto nei confronti dei vicentini. Una mostra lunga
sei mesi non esiste in nessun museo al mondo.

Il rischio dimpresa secondo Variati

Il sindaco Achille Variati ha usato, alla presentazione della mostra Van


Gogh. Tra il grano e il cielo, parole di elogio per il suo curatore e fornitore
(o cliente?) Marco Goldin. giusto. Lui propone questa mostra ai vicentini
per sei mesi, come fosse un unicuum, come se i suoi concittadini fossero de-
Van Gogh, Vecchio che
soffre, Otterlo, carboncino

53
gli sprovveduti ma logico
che venda la merce che ha
deciso di vendere.
nelle regole del gioco.
Ma quando dichiara di
ammirare Marco Goldin,
parole testuali (vedi GdV
del 19 marzo 2017) perch
con coraggio si accolla
il rischio di impresa il
sindaco ha letteralmente
superato se stesso.
Rischio dimpresa? Sei
mesi di biglietteria tutta sua? Nessun costo daffitto? Sponsor comunque
presenti. Sapete perch Variati ha detto questa enorme sciocchezza? Perch,
stavolta, non ci sono i milioni della Cariverona. Certo, quelli, quando cerano,
erano surplus gioioso allo stato puro.
Tutto questo incredibile. E la cosa pi incredibile di tutte che n Goldin,
n Variati, n Gian Marco Mancassola del Giornale di Vicenza in ben due pa-
gine di illustrazioni piene di rapimento estatico, abbiano detto onestamente
e chiaramente che questa, con qualche variante eccezionale (due filmini di 7
o 8 minuti?) la stessa mostra su Van Gogh fatta al Santa Giulia di Brescia
dal 18 ottobre 2008 al 25 gennaio 2009 dal titolo Van Gogh. Disegni e
dipinti. Capolavori dal Kroller-Muller Museum.
La mostra vicentina su Van Gogh cambia appena il titolo. Ci mette il
cielo e il grano. Ma la base della mostra sono gli 80 disegni di Van Gogh
presenti al Kroller-Muller Museum di Otterlo. Pi qualche dipinto. E allora
di che rapimento stiamo mai parlando?
dunque una mostra fotocopia. Gi vista. Gi descritta con le stesse paro-
le. Se andate a cercare su internet (ibs.it) troverete il catalogo con qualche
sconto della vecchia mostra sui disegni presenti a Otterlo di Van Gogh.
Autore Marco Goldin. Se non sbaglio, ho letto titoli dei molti giornali amici
di questo bravissimo commerciante di mostre di successo in cui si parlava
di segreti mai raccontati, di lettere mai viste. I segreti si sono gi scoperti
da tempo (neanche Brescia li aveva scoperti, ce nera stata unaltra di mo-
stra su Van Gogh, sempre a Brescia, sempre di Goldin, nel 2005). Anche l
cerano delle lettere.
La morale questa: bello rivedere Van Gogh. Ma non raccontateci frottole.
E soprattutto: se c stata unaltra mostra con gli stessi quadri, ditelo ai
visitatori, ai lettori, ai cittadini, ai clienti.
Ultima cosa, caro Variati, caro Bulgarini: tutto questo ambaradan, con la
cultura, non centra nulla.
Goldinfinger
54 e la Basilica Palladiana
TOMASO MONTANARI *

Il tradimento della Storia dellArte: ridotta


a strumento per opporre le emozioni alla conoscenza

A Vicenza tornata da alcuni anni visibile, dopo un lungo


e felice restauro, la Basilica di Palladio: cio il simbolo stesso della tensione
del Rinascimento verso la dimensione civile dellarchitettura, verso la bel-
lezza al servizio di un progetto politico, verso
larte come specchio di una comunit. Bene:
e nella Vicenza del 2017, cosa ne facciamo di
un luogo come quello?
Pierluigi Sacco (una delle poche voci serie
nel circo equestre della cosiddetta economia
della cultura) ha redatto uno studio in cui, tra
laltro, si legge che la Basilica pu cos ospi-
tare una programmazione di qualit, ma non
centrata sul tema delle grandi mostre, dai co-
sti elevati e bisognose di attrarre flussi molto
rilevanti di visitatori per poter raggiungere
condizioni di sostenibilit. Non ha alcun senso
affollare la Basilica con masse di visitatori
distratti, attirati da eventi-spettacolo che
lasciano una impronta del tutto effimera sul
tessuto culturale ed economico della citt
lidea invece quella di mettere a punto un programma dai costi con-
tenuti ma dallelevata qualit di ricerca che funga da laboratorio per
la citt: per i programmi delle scuole, con i quali si possono realizzare
forme di stretta cooperazione e di integrazione dei programmi didattici,
per gli uffici stile e le aree ricerca e sviluppo delle aziende del territorio,
per lassociazionismo culturale, e cos via.
E, invece, la Basilica, appena inaugurata, fu ridotta a teatro del pi effimero
evento-spettacolo che la stagione delle mostre trash ricordi: Raffaello
verso Picasso. Storie di sguardi, volti, figure (prodotta da Marco Goldin).

* Lautore professore ordinario di Storia dell'Arte moderna all'Universit


degli Studi di Napoli.
Quattro milioni di euro per una specie di caricatura di un manuale di storia
dellarte, senza lo straccio di unidea o di progetto culturale, che non sia

55
lapoteosi del marketing del capolavoro. Da gennaio la stessa accozzaglia
di opere sublimi si spost a Verona, ma con un altro imperdibile titolo:
Da Botticelli a Matisse.
Fin qui niente di particolare: notorio che Goldin (indimenticato produt-
tore de Gli Impressionisti e la neve, (la mostra che imprezios i Giochi
olimpici invernali di Torino) interpreta nel modo pi efficiente labuso
a ciclo continuo della storia dellarte che praticato anche in molti
altri luoghi (dalle Scuderie del Quirinale al Palazzo Reale di Milano). Quel
che invece davvero notevole la risposta che Goldin ha dato a coloro
che gli hanno mosso queste stesse critiche: Credo nelle emozioni, non
nella conoscenza per pochi sapienti. E ancora: Ho la convinzione che
le opere darte non debbano essere relegate alla sola fruizione elitaria
riservata ai sapienti.
Ecco lultima frontiera del tradimento della storia dellarte, ridotta
a strumento per opporre le emozioni alla conoscenza, e il popolo alllite.
la stessa retorica che usa Matteo Renzi quando difende dalle critiche
degli storici dellarte la bufala autopropagandistica della ricerca della
Battaglia di Anghiari dietro Vasari, o Silvano Vinceti quando dice di aver
trovato le ossa di Caravaggio o di Monna Lisa.
Questa retorica prevede che alle obiezioni scientifiche non si risponda
con argomenti razionali e verificabili, ma con lappello ad ineffabili e
incontrollabili emozioni.
Ed una retorica tre volte menzognera: mente una volta perch tenta
di ammantare di un anelito democratico il marketing della propria car-
riera politica o dei propri affari; mente una seconda volta, perch illude
di far godere dellarte senza nessuno sforzo di conoscenza; mente una
terza volta perch toglie ai cittadini lunico mezzo per costruire davvero
la democrazia: e cio la conoscenza, che si dipinge falsamente come in-
conciliabile con lemozione.
La storia dellarte una disciplina umanistica, cio utile a costruire quella
che i latini chiamavano humanitas: la vocazione di noi tutti a non vivere
come bruti, ma a seguire la conoscenza. Ma il Dio Mercato ha invece
bisogno di clienti, emozionati e ignoranti. Questo insanabile contrasto
oppone, per qualche mese, il senso ultimo della Basilica di Palladio a
quello del suo effimero contenuto.
56 IL CASO GOLDIN A TREVISO
IL SINDACO INNAMORATO
E LO SFRUTTAMENTO
DEL MUSEO DI S. CATERINA
UNA STORIA ESEMPLARE
La stella di Marco Goldin, mercante darte bravo a far
innamorare di s i sindaci (di destra e di sinistra), lieti di
costruire altrimenti inesistenti politiche culturali con la
grancassa mediatica delle Grandi Mostre, nata e si
fortemente sviluppata proprio a Treviso, la sua citt, partendo
dai generosi finanziamenti di Fondazione Cassamarca,
proprietaria della nota Casa dei Carraresi, per arrivare alle
affinit elettive con il sindaco Manildo, neo-fautore delle
Grandi Mostre. Ma a scapito, come raccontiamo in dettaglio
in questo servizio, della pi adeguata politica di conservazione
e sviluppo del patrimonio museale trevigiano a partire
dal delicato complesso di Santa Caterina

QUADERNI VICENTINI

N egli ultimi mesi linformazione locale trevigiana ha magnifi-


cato il successo dellennesima grande Grande Mostra di Linea dOmbra,
una rassegna celebrativa per i ventanni della societ che ha segnato il ritorno
a Treviso di Marco Goldin, noto curatore e organizzatore di esposizioni
Impressioniste, con il loro strascico di folle desiderose di emozioni. Limpatto
dellevento - fortemente voluto dallAmministrazione di centro-sinistra -
sulla realt museale cittadina stato traumatico e ha determinato un modus
operandi, in negativo, che rischia di mettere in discussione il concetto stesso
di Museo come luogo di conservazione e di conoscenza.
57

Giovanni Manildo, sindaco di Treviso dal 2013 e Marco Goldin,


amministratore unico di Linea dOmbra.

LAmministrazione comunale, scegliendo di puntare sulle cosiddette grandi


mostre per risollevare le sorti del turismo cittadino, ha deciso di trasformare
una parte considerevole del principale museo della citt, il Museo di Santa
Caterina, in contenitore per esposizioni internazionali.
La storia recente e lattuale situazione dei Musei Civici di Treviso riflettono
problematiche preesistenti e irrisolte, che si sono fatalmente aggravate ne-
gli ultimi anni, dal momento che tutte le risorse finanziarie che avrebbero
potuto essere utilizzate per avviare a soluzione le questioni pi gravi, sono
state inghiottite dagli infiniti lavori di adeguamento di Santa Caterina agli
inflessibili standard internazionali per esposizioni temporanee.
Ma quando e perch nata a Treviso una necessit tanto urgente e pressan-
te da sacrificare ingenti somme di denaro pubblico al rovinoso mito delle
Grandi Mostre?

I Musei di Treviso

I Musei Civici di Treviso si articolano in tre sedi, la pi antica il Museo


Bailo, nato nel 1879 come Museo Trivigiano e ospitato in uno storico edificio
conventuale. Fino al 2003 comprendeva la collezione archeologica e le rac-
colte darte dal Medioevo al Novecento. A seguito della chiusura delledificio
per gravi limiti strutturali - mancanza degli impianti di riscaldamento e di
condizionamento, ecc. - le collezioni sono state spostate nelle sale dellex
convento di Santa Caterina.
Grazie a un finanziamento europeo (POR CRO FESR 2007-2013) stato
possibile realizzare un progetto di recupero di parte della struttura - pro-

58
getto di Studiomas Padova, con architetto Heinz Tesar -, che ha consentito
di riaprire il Museo il 29 ottobre 2015, con un allestimento completamente
rinnovato: il Bailo diventato il museo del tardo Ottocento e del Novecen-
to e il filo conduttore dellesposizione la nutrita collezione di opere dello
scultore Arturo Martini.
La riapertura al pubblico del Bailo stata salutata con entusiasmo dalla
cittadinanza - pur con una promozione quasi inesistente - e ha portato un
gran numero di visitatori nei primi mesi di attivit. Malgrado le ottime pre-
messe - la ricchezza e limportanza delle collezioni, la qualit del progetto di
recupero dello spazio e di riallestimento, lapprezzamento del pubblico - fin
da prima della riapertura sono emerse alcune criticit. Molto limitati, ad
esempio, sono gli ambienti destinanti ad alcune funzioni primarie per un
museo: non stata individuata una sala destinata a bookshop, se non un
generico espositore allingresso; non esiste unaula didattica e i laboratori
si svolgono in un ambiente polifunzionale, generalmente adibito a sala
conferenze; manca ancora, sebbene lo spazio sia stato predisposto, unarea
ristoro/caffetteria. Questi limiti sono dovuti anche al fatto che il recupero
ha riguardato solo il 60% della superficie dellex convento: rimane incerta
la sorte del rimanente 40%, per il cui completamento si sarebbe potuto ac-
cedere a un finanziamento regionale, poi richiesto per Santa Caterina. A pi
riprese, tra marzo e aprile 2016, lAmministrazione comunale ha annunciato
alla stampa lavvio di un crowdfunding per il Museo, di cui, per, non si

Museo Bailo, Treviso.


59

Museo di Santa Caterina, Treviso. Il chiostro piccolo.

pi saputo nulla.
A un anno e mezzo dalla riapertura, il Bailo sembra sparito dallagenda
dellAmministrazione, oscurato dalla grande mostra sugli Impressionisti.
Dopo la chiusura del Museo Bailo nel 2003, le collezioni permanenti hanno
trovato una nuova sistemazione nel complesso di Santa Caterina, struttura
di origine trecentesca che comprende la Chiesa di Santa Caterina, il
convento e due chiostri, la cui destinazione a sede espositiva e museo fu
ipotizzata fin dalla riscoperta del corpus di affreschi tardogotici, svelati in
seguito al bombardamento alleato su Treviso dellaprile del 1944.
Al termine di una lunga serie di restauri - i cui progetti originali risalgono a
Carlo Scarpa, interrotti dalla morte in Giappone -, a partire dal 2003 Santa
Caterina ha progressivamente sostituito il Bailo come sede delle raccolte di
archeologia e arte: significativo stato il riallestimento, con finanziamento
statale, della collezione archeologica nel 2007.
Contestuale a uno degli interventi di recupero dello scorso decennio stata
la creazione ex novo di unampia sala sotterranea, la Sala Ipogea, di recente
intitolata allartista trevigiano Giovanni Barbisan e inaugurata nel 2006
per ospitare piccole mostre temporanee.
Nel corso degli anni anche la Pinacoteca ha occupato gli spazi dellex con-
vento, in particolare il lungo corridoio al primo piano, la cosiddetta manica
lunga, le sale attigue e larea delle ex Scuderie. Dopo la riapertura del
Bailo, il Museo di Santa Caterina comprende tre sezioni: larcheologica,
negli ambienti al piano terra e al piano interrato, la Chiesa con gli affreschi
staccati delle Storie di SantOrsola di Tommaso da Modena e la Pinacoteca,
con opere dal Trecento alla met dellOttocento tra cui vale la pena ricordare
almeno la Madonna con bambino di Giovanni Bellini, la Madonna con

60
bambino di Cima da Conegliano, il Ritratto di domenicano di Lorenzo
Lotto, il Ritratto di Sperone Speroni di Tiziano, il Ritratto di famiglia di
Hayez e unampia serie di opere di Paris Bordon, Jacopo Bassano e
Rosalba Carriera.
Ben prima della decisione di trasformare parte della struttura in sede per
grandi mostre temporanee, affidate a societ private, il Museo di Santa
Caterina presentava gravi carenze sia riguardo alle strutture - travi e tetti
- che allallestimento.
Se alcuni dei problemi sono stati affrontati nei recenti lavori - in particolare
la riparazione di tetti e travature -, altre questioni sono state completamente
trascurate. Vari ambienti delledificio conventuale presentano infiltrazioni
dacqua in condizioni di pioggia, come la Sala Ipogea, soggetta a infiltrazioni
anche dalla falda sottostante.
Mentre lallestimento della sezione archeologica stato seguito dalle So-
printendenze ai Beni Archeologici e ai Beni Architettonici, sulla base di un
progetto museologico e museografico, la Pinacoteca ha vissuto una storia
travagliata, segnata da continui spostamenti di opere e quindi da un piano
museologico approssimativo e da un allestimento improvvisato e vetusto: si
sono susseguite negli anni sistemazioni temporanee, spesso raffazzonate e
prive di logica, impoverite dalla mancanza di pannellistica e da un apparato
didascalico ridotto allosso.
Il complesso Ca da Noal - Ca Robegan - Casa Karwath, di origine
medioevale, acquisito dallAmministrazione comunale nel 1935, la terza
sede dei Musei Civici.
Adibita inizialmente a museo della Casa Trevigiana, Ca da Noal, a partire
dagli anni Settanta, ha ospitato importanti mostre darte, con allestimenti
progettati da Carlo Scarpa. Da alcuni anni chiusa in attesa di adeguamenti
per le normative di sicurezza. Gli ambienti di Ca Robegan - Casa Karwath,
restaurati nel 1995, sono sede di piccole esposizioni temporanee. Ricordiamo
che le collezioni dei Musei Civici di Treviso comprendono ricche e pregevoli
raccolte di arti applicate - in particolare ceramiche e stoffe -, conservate da anni
nei depositi, la cui naturale collocazione dovrebbe essere proprio Ca da Noal.

Manca la figura del Direttore


I Musei Civici presentano, dunque, alcuni problemi di fondo mai seriamente
affrontati, ma soprattutto assente una programmazione complessiva, in
vista della creazione di un armonico polo museale trevigiano.
Manca la figura del direttore dei Musei, lultimo stato il professor Euge-
nio Manzato, ora in pensione: la gestione del servizio svolta dal dirigente
del Settore Musei e Biblioteche; esiste, inoltre, un solo Conservatore per
un patrimonio che copre un arco cronologico che va dal Paleolitico allarte
contemporanea. Manca personale qualificato per gestire lapertura di Bailo
e Santa Caterina. La pubblicizzazione e la promozione dei Musei ridotta
al minimo e non esiste una figura professionale con questi incarichi; il

61
sito internet obsoleto e riporta scarne informazioni su opere e collezioni
permanenti; manca del tutto la promozione attraverso i social network, al
punto che non esiste una pagina facebook dei Musei Civici.
Malgrado siano edite molte opere sulle collezioni e sugli artisti pi rap-
presentativi dei Musei e risalga solo al 2015 la pubblicazione di due guide
tematiche, gli spazi destinati al bookshop sono residuali. pressoch assente
il merchandising di qualit - cartoline, poster, riproduzioni di opere, ecc. -,
sebbene i visitatori ne facciano richiesta.

Gli interventi sul Museo di Santa Caterina

A fronte di queste difficolt lAmministrazione di Treviso preferisce imbocca-


re la scorciatoia spettacolare, ma effimera, dei cosiddetti grandi eventi. Nel
corso del 2014 lAmministrazione comunale di centro-sinistra - Sindaco Gio-
vanni Manildo, insediatosi nel maggio 2013, fatto storico dopo ventanni
di Gentilini e Lega - prende la decisione di adibire parte degli spazi di
Pinacoteca e sale di servizio di Santa Caterina a sede di mostre temporanee.
Lintenzione, fin dai primi mesi del 2014, era di creare un evento mediatico
con il ritorno a Treviso di Marco Goldin, gi ideatore e organizzatore di sei
mostre dedicate allImpressionismo, patrocinate e finanziate dalla trevigiana
Fondazione Cassamarca, svolte dal 1998 al 2004 a Treviso, con grande
successo di pubblico, presso Casa dei Carraresi, sede espositiva privata
di propriet della stessa Fondazione.

Goldin chiama? Manildo risponde: obbedisco

Nellestate 2014 la societ Linea dOmbra, socio unico e amministratore


Marco Goldin, propone al sindaco di Treviso Giovanni Manildo una Grande
Mostra sugli Impressionisti - nucleo forte cinquanta opere dellImpres-
sionismo dal Museo di Detroit - da inaugurare a ottobre 2015 e chiede
come sede per lesposizione il Museo di Santa Caterina. Aggiungendo
per che per ottenere i prestiti dai Musei stranieri sono necessari i lavori di
adeguamento delle sale agli standard internazionali.
Il 20 novembre, con delibera di Giunta n. 330, lAmministrazione approva
a tamburo battente il progetto preliminare di Adeguamento del Museo di
Santa Caterina per il cospicuo importo di 1.225.000 euro.
Il 19 dicembre 2014, con altra delibera di Giunta, n. 385, approva il proget-
to definitivo-esecutivo dei lavori, confermando limpegno di spesa di euro
1.225.000. La copertura finanziaria di 1.100.000 euro (entrate da L 10/77)
pi 100.000 euro da privati (art bonus) e 25.000 euro per disallestimento
sale con avanzo di amministrazione.
Lopera viene suddivisa in due stralci e con determine dirigenziali si affida-
no gli incarichi esterni: ladeguamento funzionale a Edoardo Gherardi,

62
architetto di fiducia di Goldin; ladeguamento impiantistico allingegnere
Carlo Chiodin.
A fronte dellimponente impegno di spesa, il Comune di Treviso a novembre
partecipa con il progetto di adeguamento di Santa Caterina, a un bando re-
gionale (Deliberazione Giunta Regionale del Veneto 2047) per interventi di
valorizzazione, conservazione e restauro di immobili sedi di musei, etc. che
prevede un contributo di 722.750 euro. Di fronte alle perplessit espresse
da molti sullammontare della cifra impegnata, 1.225.000 euro, e sul fatto
che il progetto di completamento del Bailo avrebbe invece avuto molte pi
chances di finanziamento, il sindaco Manildo rassicura pubblicamente sulla
certezza del finanziamento regionale: la maggior parte della somma investita
sarebbe rientrata senza gravare sulle casse del Comune. Questa scelta, come
vedremo, metter unipoteca sulle successive decisioni dellAmministrazione.

Il progetto per la Grande Mostra

Il progetto propone di intervenire con gli adeguamenti di climatizzazione


e illuminazione solo in tre sale mirate, le pi spaziose - la cosiddetta sala
dei Teleri e le sale al piano terra e primo piano dellala ex-Scuderie -, sot-
tratte alle collezioni permanenti e messe a disposizione di Linea dOmbra. Il
percorso della grande mostra e quello del museo si sarebbero cos venuti
a intrecciare e sovrapporre in una difficile convivenza.
Si prevede poi di trasformare la sala conferenze in guardaroba e laula didat-
tica in bookshop, e infine di chiudere con grandi vetrate il chiostro piccolo,
solo per favorire laccesso coperto alla mostra, dal guardaroba allentrata
del percorso espositivo.
Il progetto appare del tutto funzionale alla Grande Mostra, mentre le
esigenze del Museo passano in secondordine: risulta evidente a tutti che
linvestimento dellAmministrazione mira a trasformare Santa Caterina in
una vera e propria sede espositiva per mostre temporanee, snaturando la
sua funzione museale.
Ma c un problema, il progetto viene approvato senza i pareri delle So-
printendenze per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto: verr
loro inviato solo in un secondo momento, il 23 dicembre. Su questo fatto
chieder conto e punter i riflettori il Comitato Santa Caterina Bene
Comune, costituito nel gennaio 2015 a tutela dellintegrit del Museo e
delle sue collezioni.
La mobilitazione civica in difesa del Museo Bene Comune promossa dal
Comitato raccoglie ladesione di centinaia di cittadini, degli storici dellarte
Tomaso Montanari, Lionello Puppi, Nico Stringa, il sostegno di
ANMLI (Associazione Nazionale Musei Locali e Istituzionali) e di ICOM
Italia (International Council of Museums), oltre che ladesione convinta di
ben sei consiglieri del Comune di Treviso, cinque della maggioranza e uno
di opposizione.

63
Il 6 febbraio 2015 il Comitato organizza unassemblea pubblica nella quale
viene dettagliatamente illustrato il progetto dellAmministrazione e sono
evidenziate le gravi e pericolose ricadute sul futuro del Museo. Allassemblea
sono presenti il sindaco, che difende strenuamente il progetto, alcuni asses-
sori, diversi consiglieri e lo stesso Goldin che mantiene uno stretto riserbo
e non interviene, nonostante venga chiamato esplicitamente in causa.
Nel frattempo Goldin, tramontati gli Impressionisti dal Museo di Detroit
per indisponibilit delle opere, a gennaio 2015 aveva annunciato il nuovo
ambizioso progetto: ottanta capolavori tra il 1500 e i primi del Novecento,
da una decina di musei, con il titolo molto impegnativo di Treviso e il
mondo, un progetto molto ampio e articolato che coinvolger ovvia-
mente Santa Caterina e anche il Bailo, dal 28 novembre 2015 all8 maggio
2016 (Il Gazzettino, 22/1/2015).

La penale di Goldin

Intanto, il 19 gennaio 2015, a lavori deliberati da un mese, arriva la risposta


della Soprintendenza: i piani dei lavori al museo, approvati dallAmmini-
strazione il 19 dicembre 2014 e inviati alla Soprintendenza per i Beni Archi-
tettonici e Paesaggistici del Veneto il 23 dello stesso mese - mentre la prassi
richiede prima il parere della Soprintendenza e poi la delibera - vengono
autorizzati, ma con alcune prescrizioni. La pi importante: no deciso alla
chiusura con vetrate del chiostro piccolo del complesso di Santa Caterina.
A febbraio 2015 le prime fibrillazioni: inaspettatamente Goldin chiede che
nella convenzione tra Linea dOmbra e il Consorzio di Promozione Turisti-
ca Marca Treviso, che raggruppa vari soggetti economici, sia inserita una
mega-penale di 3.000.000 di euro se la mostra non si dovesse realizzare
a causa di polemiche o ritardi nei lavori di adeguamento del Museo.
Colpo di scena il 5 marzo: Goldin comunica con una nota al sindaco la sua
decisione di rinunciare alla mostra a Santa Caterina. Motivi: clima dincer-
tezza riguardo ai tempi di esecuzione dei lavori; rifiuto del Consorzio di
Promozione Turistica Marca Treviso di fornire la garanzia richiesta sulla
penale da 3.000.000 di euro; ostilit ingiustificata e talvolta volgare
nei confronti di Goldin e del suo progetto di mostra.
Per la prima volta nella sua carriera di promoter dellarte Goldin rinuncia a
una mostra a causa del clima di ostilit ingiustificata e talvolta volgare, e
non si capisce bene con chi se la prenda. Un progetto di mostra confuso, un
parere vincolante della Soprintendenza, una mobilitazione civica inaspettata,
ritardi nei lavori che nonostante lo zelo dellAmministrazione cominciano
ad accumularsi, costringono Goldin a rivedere la sua posizione.
Il 21 aprile, a ruota, arriva unaltra tegola per il sindaco Manildo:
niente contributo regionale (DGR 531 del 21 aprile 2015). Il progetto
per ladeguamento funzionale del Museo di Santa Caterina finisce al
13 posto nella graduatoria regionale: ma solo i primi otto sono ammessi
al finanziamento.

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La prosecuzione dei lavori: secondo progetto con variante

LAmministrazione, a progetto approvato e con stanziamento a bilancio,


deve comunque dare corso ai lavori. Ma durante il disallestimento della
collezione permanente salta fuori un problema imprevisto: il cattivo stato
delle travature in legno delle capriate nellala ex Scuderie. Servono opere
di consolidamento: viene fatta subito una perizia per definire lavori e costi.
Occorre una variante al progetto del 19 dicembre 2014.
L8 luglio 2015, con Delibera di Giunta Comunale 191 - e i pareri favorevoli
della Soprintendenza, questa volta pervenuti gi a giugno - viene approvata la
variante. Il nuovo progetto prevede, oltre al consolidamento delle travature,
un nuovo percorso espositivo destinato a mostre temporanee, scegliendo di
adeguare dal punto di vista strutturale, impiantistico ed espositivo, al posto
della sala dei Teleri, altre tre sale, a destra della manica lunga del primo
piano, insieme alle due sale delle ex Scuderie a piano terra e al primo piano.
Il nuovo quadro economico rimane sempre di 1.225.000 euro, nonostante
i lavori aggiuntivi.
La maggior spesa viene infatti integrata da fondi accantonati alla voce im-
previsti e somme derivanti da riduzione di alcune voci di costo in seguito
a ribassi dasta. Tuttavia, si renderanno necessari ulteriori fondi. E con
delibera di Giunta del 15 luglio - Variazione al Piano Triennale dei Lavori
Pubblici 2015-2017 - si approvano spese complementari alladeguamento
di Santa Caterina per un valore di 379.000 euro, 175.000 dei quali rientre-
ranno con lArt Bonus.
Nellestate 2015, dopo il forfait di Linea dOmbra, lAmministrazione pren-
de accordi con Arthemisia Group, societ che organizza mostre darte,
per portare a Treviso una mostra su Maurits Cornelis Escher, gi vista
a Roma e Bologna. Il progetto, presentato dalla societ il 13 luglio 2015,
ottiene tempestiva approvazione dalla Giunta, nella seduta del 16 luglio.
Laccordo tra Comune di Treviso e Arthemisia prevede che il biglietto di 13
euro consenta lentrata anche alle collezioni del museo di Santa Caterina,
con lincasso a favore di Arthemisia; e che il biglietto cumulativo Mostra +
Museo Santa Caterina + Museo Bailo di 15 euro preveda un introito di 0,50
euro a biglietto per il Comune, fino alla copertura spese della mostra, quan-
tificate da Arthemisia in 910.000 euro, di 1 euro dopo aver coperto le spese.
Per la mostra Escher, 31 ottobre-3 aprile 2016, il Comune di Treviso ha
incassato 1.045 euro a fronte di 169.233 biglietti dichiarati da Arthemisia.
Il 5 settembre 2015, a sorpresa, Marco Goldin annuncia, assieme al sindaco,
il suo ritorno con nuovi progetti di Grandi Mostre a Treviso, per celebrare
i Ventanni di Linea dOmbra: quindi nuova proposta al Comune e nuovo
contratto, ma lo stesso progetto celebrativo, proposto qualche mese prima
allAmministrazione comunale di Brescia, citt dove Goldin aveva realizzato
una serie di mostre tra il 2004 e il 2009, veniva rifiutato dal sindaco del
capoluogo lombardo.

65
La mattina stessa del 5 settembre, alle ore 8.30, con delibera di Giunta
250 Mostre dArte a Santa Caterina, viene approvata la proposta di Linea
dOmbra. Il provvedimento non comporta, al momento, impegni di spesa
per il Comune.
Ma lasciamo la parola al Gazzettino del giorno dopo, il 6 settembre: Il
ritorno di Marco Goldin a Treviso, annunciato ieri tra lo stupore generale,
sta tutto qui. Dimenticate le polemiche, gli attriti e il clamoroso strappo di
marzo, quando ruppe con lamministrazione e rinunci allorganizzazione
di una mostra che sembrava ormai sul punto di decollare. La trattativa
questa volta ha avuto solo due protagonisti: il sindaco e Goldin. Che hanno
badato al sodo. Prima cosa: tutti i costi delloperazione sono a carico di
Linea dOmbra e dei suoi sponsor. - Pi che sponsor sono amici - dice Goldin
- Unicredit, Generali, Segafredo Zanetti, Pinarello. Ci tengo a sottolineare
che per queste mostre non ci sar un solo euro di finanziamento pubblico.
Anzi per luso di Santa Caterina pagheremo un affitto. Sono poi contento
di arrivare per secondo. Prima di noi, a inaugurare Santa Caterina, ci
sar Arthemisia e la sua mostra. Ovviamente so gi che a qualcuno la
nostra proposta non piacer. Ma ho schiere di nemici in tutto il mondo,
ci sono abituato -. Il Comune metter a disposizione Santa Caterina alle
stesse condizioni, e con gli stessi spazi, previsti per la mostra del prossimo
ottobre di Escher: - In pi useremo solo la sala ipogea. Lallestiremo noi e,
alla fine, regaleremo lallestimento al Comune.
Linea dOmbra si impegna quindi a corrispondere al Comune 20.000 euro
per luso degli spazi espositivi, oltre che a sostenere le spese per allestimento
Ipogea, pulizie, estensione dellorario del Museo e servizio di biglietteria.
Modalit di bigliettazione: 14 euro per la visita a tre mostre, 16 euro cumulativi
per tre mostre + Pinacoteca . Tutti incassati interamente da Linea dOm-
bra, non infatti previsto nessun ristorno a favore del Comune di Treviso.
L8 settembre 2015, data significativa, viene firmata la concessione di
alcuni spazi della sede museale di Santa Caterina per la realizzazione di
Mostre dArte, che prevede il lancio di tre Mostre, dal 29 ottobre 2016 al 17
aprile 2017: Storia dellImpressionismo, Tiziano, Rubens, Rembrandt,
Da Guttuso a Vedova a Schifano.

Il terzo progetto per Santa Caterina

Il 12 febbraio 2016, il Comune di Treviso invia alla Soprintendenza un pro-


getto, sempre a firma dellarchitetto Gherardi, che intende migliorare gli
spazi del Museo di Santa Caterina, intervenendo nelle sale della Pinacoteca
ancora da restaurare, per armonizzarle con i precedenti lavori.
Il 25 marzo la Soprintendenza d il via libera al progetto, considerando che
- articolo di Veronica Rodenigo sul Giornale dellarte on line del 3 ottobre
2016 - i lavori per i quali si chiede autorizzazione saranno reversibili al
100% e molti interventi sono stati approvati come soluzione temporanea.
Perci si impegna il Comune di Treviso a riallestire - da gennaio 2018 - tutto

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il primo piano per destinarlo a sede espositiva per le collezioni permanenti;
ad adibire a spazi espositivi per mostre temporanee il piano terra delle ex
Scuderie e la Sala Ipogea risanata; a rimuovere parte degli interventi nelle
sale del primo piano, prima della sistemazione a Pinacoteca civica: quindi
via le grate metalliche sulle finestre interne del chiostro, su alcune porte
della manica lunga e sulle facciate del complesso.
Il 19 aprile Linea dOmbra richiede ulteriori spazi espositivi per le mostre in
programma e si dichiara disponibile a sostenere le spese per ladeguamento.
Il 20 aprile 2016, con delibera di Giunta Comunale 92, vengono prontamente
accolte la richiesta di Linea dOmbra di ampliamento della concessione di
spazi espositivi e la sua offerta di eseguire i lavori di sistemazione degli spazi,
assumendo a proprio carico ogni onere connesso alla redazione del progetto
e allesecuzione dei lavori medesimi per un importo di euro 640.000.
Si approva cos il progetto di ampliamento degli spazi concessi alla grande
mostra a tutte le sale della Pinacoteca - sale 7, 16, 17, 18, 19, 20, 21 -, che
viene, di fatto, sfrattata.
Il 26 aprile finalmente cominciano i lavori nel Museo.

Tutto per Goldin. Niente ristorni al Comune

Il 4 maggio, con una Delibera del Consiglio Comunale, la 683-373, lAmmi-


nistrazione definisce il piano triennale dei Lavori Pubblici 2016/2018, inse-
rendo anche i lavori a Santa Caterina con queste due voci: per il Restauro
e consolidamento di tetti e strutture di Santa Caterina, vengono stanziati
altri 400.000 euro - oltre ai 1.225.000 euro deliberati il 20 novembre
2014 e ai 379.000 del 15 luglio 2015 - finanziati con avanzo di amministra-
zione, per continuare i lavori di sistemazione di tetti e strutture gi avviati.
Poi si introduce una novit, che riguarda il Restauro Sala Ipogea di Santa
Caterina: per rendere adeguato il complesso a eventi e mostre di carattere
internazionale, viene ritenuto necessario il restauro della Sala Ipogea del
Museo, per un importo di 1.200.000 euro, finanziati con avanzo di am-
ministrazione.
Alla fine il biglietto dingresso sar di 15 euro per la visita alle tre mostre -
Storie degli Impressionisti, Tiziano, Rubens, Rembrandt, Da Guttuso a
Vedova a Schifano - esclusa la Pinacoteca, che per la durata della mostra di
Goldin viene smobilitata. Da sottolineare che non previsto alcun ristorno
al Comune, cio il Comune dalla biglietteria non incasser un euro.
A partire da settembre inizier la martellante campagna promozionale
di Goldin, che potr contare sulla piena la disponibilit di spazi sui giornali
e sul totale sostegno, con uno zelo a volte imbarazzante, della stampa locale.
Il 3 settembre Goldin lancia il Pinarello Festival, dal 28 al 31 ottobre: una
rassegna collaterale alle mostre, di musica, arte, teatro presso lAuditorium
di Santa Caterina. Tre giorni in cui si sono esibiti Franco Battiato, due volte,
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Museo di Santa Caterina. Una delle sale dedicata agli Impressionisti.

poi Antonella Ruggiero, Massimo Bubola e Giovanni Caccamo (dal sito di


Linea dOmbra). Ricordiamo, se ce ne fosse bisogno, che lAuditorium-Chiesa
sconsacrata, parte integrante del Museo, ospita anche i preziosi e delicati
affreschi staccati del ciclo di SantOrsola di Tommaso da Modena.
Il 20 settembre con una conferenza stampa si annuncia la fine dei lavori
a Santa Caterina. Punti salienti: 700.000 euro il dono di Goldin alla sua
citt - come riportato da tutti i giornali, mentre nella delibera del 20 aprile
si parla di 640.000 euro -, 280.000 euro da Linea dOmbra e il resto dagli
sponsor.
Viene ricordato il pool di professionisti che ha lavorato alacremente alle
sale espositive: gli studi Gherardi, Toso-Ricco, Dimensione Progetto e le
imprese VRC, Paolin, Aernova, Marchiol, Erko, Avs Electronics.
Quaranta capolavori della Pinacoteca civica del Museo di Santa Caterina
saranno esposti lungo la manica lunga del Museo, una vetrina spot in
vista del riallestimento definitivo, a mostra conclusa, entro gennaio 2018:
alla fine quelli esposti saranno trenta.
La mostra apre il 29 ottobre 2016 e chiude il 17 aprile 2017, possibile
proroga 1 maggio: poi effettivamente prorogata al 1 maggio.
Dice inoltre Goldin (La Tribuna del 21 settembre 2016): Stiamo dialogando
con Sindaco e Amministrazione per poter fare una mostra che potrebbe
iniziare nel febbraio 2018, al termine dei lavori nella Sala Ipogea Barbi-
san: gi si annuncia il raddoppio. Ricordiamo en passant che le elezioni
amministrative comunali a Treviso saranno a maggio 2018 e il Sindaco
uscente Manildo si presenter per il secondo mandato.
A fine settembre sono conclusi i lavori a Santa Caterina. Gli interventi a spese
del Comune hanno riguardato il consolidamento delle travi e il rifacimento
delle coperture della Pinacoteca - dove necessari e non ancora eseguiti, o
male eseguiti negli interventi degli anni passati - secondo il Piano triennale
dei Lavori pubblici; il consolidamento strutturale della Sala dei Teleri dove,
tolto il controsoffitto, erano apparse vistose crepe riconducibili al terremoto

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del 20 maggio 2012 con epicentro in Emilia. Inoltre, secondo quanto pat-
tuito con Linea dOmbra nel contratto di concessione degli spazi museali
per mostre, sono state ritinteggiate le sale espositive; forniti e installati
serramenti blindati e porte tagliafuoco; riparati limpianto di riscaldamento
e la centralina antincendio.
In vista del riallestimento della Pinacoteca a inizio 2018, viene costituita
nel mese di novembre una Commissione incaricata di elaborare il progetto
museologico - cio scegliere con precisi criteri artistici e culturali le opere
da esporre - per la riapertura al pubblico della Galleria Permanente
del Museo di Santa Caterina. Del gruppo di lavoro fanno parte Andrea
Bellieni, Enrica Cozzi, Eugenio Manzato, Sergio Marinelli, insieme al Con-
servatore dei Musei e al Dirigente Lippi.
Mentre con delibera del Consiglio Comunale 43-492 del 30 settembre 2016,
si era approvato linserimento nellElenco degli Incarichi di un professioni-
sta per lindividuazione di soluzioni museografiche per lesposizione delle
raccolte di arte antica (secc. XIII-XIX) nel complesso di Santa Caterina. Il
professionista dovr lavorare in stretta collaborazione con la commissione
per la Galleria Permanente del Museo e stendere il progetto museografico
per il riallestimento della Pinacoteca.
Riallestimento Pinacoteca e restauro Sala Ipogea saranno il quarto progetto
per Santa Caterina. Ma, mentre per il restauro dellIpogea stata gi stanziata
la somma di 1.200.000, per i costi di lavori e materiali darredo necessari al
riallestimento della Pinacoteca non sono ancora state fatte cifre.

Luso improprio del Museo di Santa Caterina

Lintera vicenda fin qui riassunta rivela due problemi di fondo per Santa
Caterina. Il primo linadeguatezza di un edificio fragile dal punto di vista
architettonico, con stanze piccole e direttamente comunicanti, a ospitare
eventi che possano richiamare un alto numero di visitatori in tempi molto
ridotti. Ma il problema pi grave la trasformazione di una sede museale in
uno spazio promiscuo, in cui le esigenze dellesposizione temporanea met-
tono in secondo piano la visibilit e la fruibilit delle collezioni permanenti.
Gli interventi dellAmministrazione nel Museo di Santa Caterina, tra 2015 e
2016, hanno marcato un sostanziale cambio di destinazione duso di alcune
sale, tolte alle attivit ordinarie del Museo e destinate a un uso improprio.
Lex-Chiesa di Santa Caterina - corpo integrante del Museo -, che conserva
importanti cicli di affreschi tardogotici e ospita gli affreschi staccati delle
Storie di SantOrsola di Tommaso da Modena, stata adibita da tempo ad
auditorium, destinazione che, oltre a mettere in pericolo lincolumit di opere
tanto fragili e preziose, ha reso difficoltosa la visita del sito in occasione di
conferenze, dibattiti, incontri che spesso nulla hanno a che fare con lambito
culturale del Museo.
Oltre a questo, da qualche tempo lAmministrazione ha individuato nella ex
Chiesa uno spazio per la celebrazione di matrimoni civili, dando la possibilit

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di svolgere rinfreschi e banchetti nuziali nei due chiostri attigui.
La Chiesa e il Chiostro grande hanno spesso ospitato in passato, in orario
serale, piccoli concerti di musica classica con un numero di spettatori ri-
spettoso dei limiti di capienza - 350 spettatori il limite massimo sicurezza
consentito -, senza installazioni di strutture invasive e pericolose per il
patrimonio monumentale e artistico.
Da due anni, invece, la Chiesa ha ospitato eventi che potevano mettere a
rischio gli affreschi: nellagosto del 2015 stata sede della trasmissione
televisiva Parallelo Italia; mentre nel 2016, per tre luned successivi, 12,
19, 26 settembre, Marco Goldin vi ha tenuto le lezioni introduttive alla
mostra Storie dellImpressionismo, superando ogni volta le cinquecento
persone in sala, ma con lautorizzazione volante, direttamente in loco, del
sindaco Manildo che se ne assumeva la responsabilit - come dai resoconti
dei quotidiani Gazzettino e Tribuna del 14, 19 e 28 settembre. Tanto che
lex assessore alla Cultura Vittorio Zanini si sentito in dovere di inviare
unallarmata lettera pubblica al Sindaco - Tribuna del 7 ottobre - in cui
chiede perch stato consentito di superare il numero previsto e consen-
tito dai regolamenti del Museo, di spettatori in occasione delle tre serate
tenute da Marco Goldin e perch si mettono a rischio () gli affreschi di
Tommaso da Modena.
Gli spazi sono stati concessi anche per il Pinarello Festival, dal 29 al 31
ottobre 2016, in occasione del primo fine settimana di apertura della mo-
stra, per celebrare i Ventanni di Linea dOmbra. In queste giornate, ideate
a curate da Marco Goldin, si sono tenuti alcuni concerti di musica pop, tra
cui due di Franco Battiato.
Fino ai primi mesi del 2015, unampia sala della struttura conventuale, inti-
tolata alla storica dellarte Clara Rosso Coletti, era adibita a sala conferenze.
Durante la mostra Escher questo ambiente, privato delle pannellature che
preservavano le pareti ma consentivano la visione degli affreschi sopravvis-
suti, diventato sede del laboratorio didattico della mostra e, insieme, spo-
gliatoio per il personale di Arthemisia, oltre che sala microfonaggio gruppi.
Ora la sala Rosso Coletti passata a guardaroba per la mostra di
Linea dOmbra, con linserimento di arredi specifici e la copertura delle
pareti con nuove pannelli che hanno nascosto gli affreschi, contravvenendo
cos alle prescrizioni della Soprintendenza (16/6/2015). Da mesi non esiste
pi un guardaroba per i visitatori del Museo.
Fino a febbraio 2015 laula didattica era in unampia sala vicina al chiostro
piccolo, attigua allallora guardaroba e ai bagni, consentendo cos alle classi
di muoversi agevolmente e in sicurezza. Poi, con la mostra Escher, latti-
vit didattica stata trasferita nella Sala Ipogea, mentre lo spazio liberato
- senza alcun intervento migliorativo - stato adibito a bookshop per Escher.
Allapertura delle mostre di Goldin laula didattica stata nuovamente trasfe-
rita, questa volta in una stanza ricavata da un deposito interno al Museo, dal
momento che la Sala Ipogea ospita una delle tre mostre di Linea dOmbra,
Da Guttuso a Vedova a Schifano.
Fino allinizio del 2015, il vano a sinistra della porta dingresso al Museo era

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usato come biglietteria e bookshop. Ora lo spazio diventato una control
room (sala di controllo) e il bookshop del Museo non esiste pi. Si possono
acquistare solo alcune pubblicazioni, esposte in un piccolo spazio nel boo-
kshop di Linea dOmbra. La biglietteria del Museo stata di fatto eliminata
e lemissione dei biglietti per la parte delle collezioni permanenti visibili
viene gestita direttamente dal personale di Linea dOmbra: i visitatori
interessati alle sole collezioni museali sono costretti a sottostare alle esigenze
della mostra, compresi i tempi di attesa alla cassa. La sezione archeologica,
al piano terra, non stata toccata, ma la fruizione degli spazi stata resa
difficile e disagevole, dal momento che i visitatori della mostra temporanea
raggiungono il guardaroba attraversando il settore archeologico.

Limpatto della Grande Mostra


sulla realt museale e cittadina

Pur non disponendo, al momento, di tutti i dati per valutare appieno lim-
patto dei lavori e degli interventi legati alla mostra di Linea dOmbra sulla
realt museale cittadina, in base allesperienza della mostra Escher e a
quella fatta in oramai cinque mesi di Impressionisti, possibile tirare le
somme individuando alcuni elementi molto preoccupanti.
I lavori realizzati nel 2015 e nel 2016 a Santa Caterina hanno comportato
la perdita di arredi e pannellature in molti casi ancora in buono stato.
Gli interventi alle sale del primo piano, lungo la manica lunga, cio le
strutture in cartongesso sovrapposte ai muri, hanno ridotto i volumi delle
stanze, ma hanno soprattutto cancellato la realt architettonica delledi-
ficio storico, chiudendo anche le aperture verso lesterno, peraltro alterate
dallinserimento di griglie di sicurezza. Lungo lo scalone seicentesco stata
installata una porta a vetri, con parti in metallo inserite nella muratura, che
rompe senza necessit la continuit della scalinata ed quindi funzionale
alla sola grande mostra.
Lautorizzazione, da parte della Soprintendenza, a inserire alcuni elementi
- griglie alle finestre, inferriate con porte automatiche - legata alla reversi-
bilit degli interventi. Alla fine della mostra sar quindi necessario riportare
in luce le finestre, togliere le inferriate delle porte, ecc.: ma su chi rica-
dranno i costi dello smantellamento di queste strutture temporanee?
Sar lAmministrazione a doversi accollare le spese per eliminare le cose
in pi ereditate dalla Grande Mostra e ripristinare secondo le prescrizioni
della Soprintendenza? I costi di queste superfetazioni, legate alla mostra
temporanea, sono stati sostenuti in toto da Goldin o sono gravati anche
sullAmministrazione? Riuscire a districarsi tra le spese delluno e dellaltra
non sar semplice, ma a fine mostra per il sindaco sar un obbligo renderle
pubbliche, in nome della tanto sbandierata trasparenza amministrativa.
Tolte le griglie alle finestre del Museo, le inferriate delle porte di scorrimento,
i cartongessi che ostruiscono le finestre, alla fine cosa rimarr delle opere di

71
miglioria del Museo e quindi del dono di 640.000 euro di Goldin alla citt?
Dallinizio dei lavori, e in particolare dal mese di settembre 2015, la Pinaco-
teca non stata pi visibile nella sua interezza, restando per periodi anche
molto lunghi inaccessibile al pubblico. E lo rimarr, molto parzialmente
visibile o del tutto smobilitata, fino a dicembre 2017, cio per ben 26 mesi
complessivi. Consideriamo anche che a motivo dei lavori la collezione per-
manente stata smontata e riallestita pi volte, con evidenti rischi per lin-
tegrit delle opere e costi di spostamenti gravati in toto sulle casse comunali.
Durante la mostra Escher, 31 ottobre - 3 aprile 2016, soltanto una selezione
delle opere pi significative stata esposta, senza alcun apparente criterio
museologico, nella manica lunga e negli ambienti adiacenti, in molti casi
senza didascalie.
Nei mesi successivi alla mostra Escher (aprile-giugno 2016) stato neces-
sario un nuovo disallestimento per lavorare negli ambienti contigui alla
manica lunga: alcune opere sono state spostate nelle sale delle ex Scuderie,
invisibili al pubblico fino allestate per problemi organizzativi del Museo,
altre sono state collocate nei depositi, altre ancora sono state esiliate in
alcuni ambienti dellarea Mezzanini al terzo piano, stanze molto piccole
riattate per loccasione e precedentemente deposito di vario materiale del
museo, visitabili solo dopo laboriose richieste.
Le opere nellarea ex Scuderie, piccola selezione ordinata in base a criteri
tematici, sono state esposte a luglio ma a fine agosto 2016 sono state tolte,
per consentire nuovi lavori in vista della Grande Mostra.
Nei mesi di settembre e ottobre 2016 la Pinacoteca stata chiusa definitiva-
mente e sono rimaste disponibili per il pubblico solo la sezione archeologica,
i Mezzanini e la Chiesa con gli affreschi staccati di Tommaso da Modena.
Una selezione della permanente, trenta opere, stata ricollocata
nella manica lunga, entrando dunque a far parte del percorso espositivo di
Linea dOmbra e visibile solo con il biglietto degli Impressionisti. Il pubblico
interessato alle sole collezioni del Museo, oltre alla sezione archeologica,
pu vedere appena una piccola selezione della permanente, nei Mezzanini.
Da maggio a dicembre 2017, per otto mesi la Pinacoteca rester chiusa al
pubblico per il parziale smantellamento di strutture e arredi installati per
lesposizione temporanea, in modo da poter metter mano alla risistemazione
delle sale e al riallestimento delle opere della collezione permanente, secondo
un nuovo piano museologico e museografico.
Gli spazi per le attivit specifiche del Museo - aula didattica, bookshop,
guardaroba - sono stati ridotti al minimo o eliminati, con evidente disagio
per il pubblico interessato alle sole collezioni di Santa Caterina o a svolgere
le attivit didattico-educative incentrate sul patrimonio cittadino.
Il pubblico di Storie dellImpressionismo, con il biglietto della
mostra ha potuto vedere trenta tra le pi prestigiose opere della collezione
museale, senza che Linea dOmbra abbia corrisposto un solo euro del bi-
glietto al Comune di Treviso.
Le lamentele dei visitatori

72 Anche per la mostra sugli Impressionisti, come per Escher, lalto afflusso
di visitatori - in particolare nei fine settimana e nellultimo mese di aper-
tura - ha creato disagi non solo allingresso e nella biglietteria, inadeguati
a sostenere limpatto di centinaia di visitatori in tempi molto ristretti, ma
anche le sale sono risultate troppo anguste per una visione adeguata delle
opere, con varie lamentele riportate apertamente sui social.
Alcuni importanti ambienti espositivi, come la Chiesa e la sezione arche-
ologica, sono in questi mesi sede sia delle attivit ordinarie del Museo che
corridoi di passaggio per i visitatori della mostra.
Da met al 27 ottobre 2016, per consentire lallestimento della mostra, il
Museo di Santa Caterina stato chiuso al pubblico e sono state interrotte
tutte le attivit: di fatto uninterruzione di servizio di dieci giorni per con-
sentire a un privato di movimentare le opere della sua mostra.
La volont di trasformare Santa Caterina in uno spazio per grandi esposizio-
ni temporanee, mettendo in secondo piano la primaria funzione di Museo
Civico, ha avuto importanti ripercussioni anche sulle altre sedi museali
cittadine, in particolare sul nuovo Bailo.
A pi riprese, come si accennato, lAmministrazione ha sottolineato la
necessit di trovare finanziamenti per completare il restauro della seconda
parte di questo Museo, anche attraverso un crowdfunding di cui per non
ha mai fornito dettagli e modalit operative. Come gi ricordato, si sarebbe
tuttavia potuto ottenere parte dei fondi proprio attraverso il bando regionale
DGR Veneto 2047 del 3/11/2013, con buone possibilit di riuscita presen-
tando il progetto di completamento del Bailo, il cui primo stralcio aveva gi
goduto di un finanziamento europeo.

Il ruolo ondivago della Sovrintendenza

Se ci si chiede come tutto ci sia stato possibile e perch non ci siano stati
interventi risoluti da parte della Soprintendenza - autorit e arbitro in ma-
teria - nello sbrogliare limbarazzante groviglio Museo di Santa Caterina,
basta scorrere le dichiarazioni raccolte dalla giornalista Veronica Rodenigo
per Il giornale dellarte on line, del 3 ottobre 2016, da cui appare chiaro il
ruolo ondivago della Soprintendenza, che si fa scavalcare dallincalzare dei
lavori e detta prescrizioni a futura memoria: non si fa, ma, se ormai si
fatto, tutto reversibile al 100%.
Gli architetti Andrea Alberti, dirigente, e Giuseppe Rallo, funzionario, della
Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per larea metropolitana
di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, Luca Maioli, storico
dellarte della stessa Soprintendenza, interpellati su Santa Caterina da Ro-
denigo, rilasciano dichiarazioni che non chiedono commenti.
Luca Maioli: Non stato consegnato un piano museologico definitivo bens
parziale, e a mostre concluse, il museo sar oggetto di riallestimento se-
Casa dei
Carraresi,

73
Treviso.
A lungo fu anche
casa di Marco
Goldin, finch
dur lidillio
con il padrone
di Fondazione
Cassamarca,
De Poli.

condo un piano mu-


seologico definitivo
per il quale verr
istituita unapposita
commissione scien-
tifica.
Ribadiscono Ral-
lo e Alberti: ()
lintervento attuale
porta migliorie che
a mostre concluse
potranno essere o
confermate o rein-
terpretate; () tutte
le operazioni saran-
no reversibili al 100%. Le grate alle finestre e le inferriate dei singoli in-
gressi sono state approvate come soluzione temporanea. Anche Maioli si
appella alla temporaneit pur ammettendo le criticit. Un piano organico
lo abbiamo richiesto. Teniamo la situazione sotto controllo ma liter auto-
rizzativo non mette a repentaglio la tutela delle opere. Lo smembramento
della collezione ha carattere di temporaneit. Non si tratta di una resa da
parte della Soprintendenza.
Mentre Ugo Soragni, a capo della Direzione generale Musei del Mibact, si
smarca dicendo di non disporre alla luce del mio incarico attuale, di notizie
aggiornate sulla vicenda che spetta comunque alle Soprintendenze territo-
riali competenti. leterno 8 settembre delle autorit di controllo italiane.
Alla fine, facendo un riepilogo delle spese sostenute e impegnate dai
vari attori al Museo di Santa Margherita nelle delibere di Giunta dal 2014
al 2016, arriviamo allingombrante somma di 3.845.000 euro, dei quali
3.205.000 dal Comune (2.925.000 da casse del Comune di Treviso, 275.000 da
Art Bonus) e 640.000 da Linea dOmbra - pur se per Linea dOmbra non sono
a tuttoggi stati forniti i dati dettagliati di spesa, riferiti ai lavori autonomamen-
te sostenuti e pagati allinterno del Museo di Santa Caterina. E manca ancora
allappello limpegno di spesa per il riallestimento museografico della Pinacoteca.
Il tortuoso e incerto percorso di restauri,
adeguamenti, interventi provvisori
74 La realt dei Musei di Treviso, alla luce del tortuoso e incerto percorso di
restauri e adeguamenti, ci obbliga a qualche riflessione sulle politiche cul-
turali dellAmministrazione comunale di Treviso. Nei confronti del sindaco,
e della sua Giunta, grandi erano state le aspettative e le speranze sul tema
della cultura, dopo il ventennio di governo della Lega, che, se da una parte
era riuscita a ottenere il finanziamento per il primo stralcio del restauro
del Museo Bailo - grazie allallora Assessore Vittorio Zanini di Forza Ita-
lia - dallaltra, per, aveva compiuto la scelta fortemente penalizzante per
i Musei Civici di sopprimere la figura del Direttore e di accorpare musei e
biblioteche in un unico settore a guida di un dirigente comunale, decisione
fatale che preparava il terreno ai futuri disastri.
Un sintetico bilancio di cosa stato fatto fino a oggi nel settore dei Musei fa
capire bene le scelte prioritarie della nuova Amministrazione.
Al Museo Bailo, superando gli ostacoli burocratico-amministrativi di par-
tenza - ricorsi al TAR su assegnazione appalto lavori -, viene finito il primo
stralcio del restauro e inaugurato il nuovo allestimento; rimane il secondo
stralcio per completare il restauro, un proposito che per si perso nel
rumore di fondo delle grandi mostre e non se ne parla pi.
Museo Santa Caterina: a dicembre 2017 verranno completati i lavori di
risistemazione della Pinacoteca e conclusi ristrutturazione e adeguamento
agli standard espositivi internazionali nella Sala Ipogea, per farne una
possibile sede di grandi mostre.
Ca da Noal rimane a tuttoggi inagibile.
Risulta evidente che lobiettivo culturale strategico, perseguito con ostinata
volont politica in questi tre anni e mezzo stato quello di inseguire il grande
evento, la Grande Mostra, forzando i limiti di un Museo, Santa Caterina,
palesemente inadeguato a questo scopo. Un ex-convento dalle strutture
fragili, dotato di spazi pur affascinanti, ma spesso angusti, adatto, oltre che
alle sue collezioni permanenti, a ospitare piccole e preziose mostre. In altre
parole, adatto a visitatori che chiedono tempi larghi e calmi, ben altro dal
piglio urgente e frettoloso imposto alle masse delle Grandi Mostre.

La scelta, i motivi, i costi

Questa scelta culturale, tuttavia, ha vincolato per molti anni a venire, insieme
a ingenti risorse economiche, anche le pi importanti decisioni di politica
culturale per la citt. Su questa scelta hanno pesato ragioni squisitamente
politiche che poco, per, hanno a che fare con una progettualit culturale
degna di questo nome, ben definita e trasparente in linee dindirizzo, obiettivi
e prospettive sul futuro dei Musei Civici.
Si badato invece a marcare il distacco da un lascito prestigioso - il re-
stauro del Bailo - maturato, per, nel corso del lungo ventennio di governo
gentiliniano-leghista. Si rendeva necessario bilanciare il Bailo rinnovato con

75
linaugurazione di una grande mostra, da celebrare nellautunno 2015,
proprio in concomitanza con la riapertura del Museo rimesso a nuovo.
Oltre che assecondare la pressione dei commercianti del centro di Treviso,
desiderosi di rinverdire i fasti goldiniani a Ca dei Carraresi.
Su questo sfondo entrano in scena le Grandi Mostre e il loro massimo
officiante, Goldin, imprenditore dellarte, dotato di non comuni capacit
organizzative, abile nellaccontentare e mettere daccordo commercianti e
politici, suscitando, con robusti investimenti, clamori mediatici capaci di
emozionare lopinione pubblica e nascondere la mancanza di progettualit
della Giunta.
Non si poteva usare Ca dei Carraresi di Fondazione Cassamarca, sede
storica a Treviso per questo genere di esposizioni temporanee, a causa di
vecchie ruggini tra il Presidente di Fondazione Dino De Poli e il curatore
Goldin - nate in occasione dellultima mostra di Linea dOmbra a Treviso,
tra ottobre 2003 e marzo 2004, Loro e lazzurro. Da Cezanne a Bonnard - e
allora si individua come sede alternativa lincolpevole Santa Caterina.
LAmministrazione comunale, contro ogni buon senso, mette mano al
progetto pi improbabile e costoso, dando il via, nei due anni a seguire, a
una vera e propria sarabanda di lavori e delibere, che vedr avvicendarsi
curatori di mostre - da Goldin ad Arthemisia, poi di nuovo Goldin - e fiori-
re diversi progetti di adeguamento strutturale - ben tre - con conseguenti
disallestimenti e riallestimenti, pi o meno improvvisati, della Pinacoteca.
Un lavorio inesausto e dal futuro incerto, degno della Fabbrica di san Pietro.

Si potevano fare scelte diverse?

Si potevano fare scelte diverse per mettere davvero al centro la valorizza-


zione delle realt museale di Treviso e gettare solide basi di un serio sistema
museale. Per cominciare si poteva puntare su un diverso utilizzo delle risorse.
Dei 3.205.000 euro finora messi a bilancio, e in parte spesi, dal Comune per
Santa Caterina trovano effettiva e pressante motivazione 1.600.000 euro
(di cui 800.000 euro per messa in sicurezza urgente di travi e tetti). Cos il
complesso di Santa Caterina avrebbe avuto una ridefinizione e sistemazione
decorosa, a misura delle esigenze della citt. E quei soldi sarebbero bastati
anche per il rilancio e la promozione costante - depliant, manifesti, sito,
social - delle attivit museali, a vantaggio di cittadini e turisti.
La Sala Ipogea avrebbe potuto comunque aspettare una tornata successiva,
sacrificata per ora a necessit pi urgenti. I fondi rimanenti avrebbero avuto
miglior investitimento sul secondo stralcio di restauro del Bailo. A questi
si sarebbero probabilmente aggiunti anche altri soldi, quelli del bando re-
gionale del 3 novembre 2013, per il quale il progetto di completamento del
Bailo - invece che di Santa Caterina - vantava ottime credenziali di partenza.
Il primo stralcio del progetto era infatti gi stato approvato e finanziato con
2.500.000 euro: per concludere i lavori servono altri 2.500.000 euro.
Completando il restauro del Museo Bailo, ci sarebbero stati anche i tanto agognati

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spazi per mostre temporanee, quelli s adeguati agli standard internazionali e
adatti a ospitare esposizioni di alto livello. Il Museo completato poteva essere il
cardine per la ridefinizione dellintero sistema museale cittadino.
Era e, ancor pi oggi, necessario recuperare il ruolo e la figura del direttore
dei Musei nella pianta organica dei dipendenti del Comune, per colmare
lattuale grave lacuna di competenze tecnico-scientifiche e riprendere in
mano una sorvegliata gestione dei Musei Civici. Mai come in questi mesi si
fatta sentire la mancanza di una figura istituzionale investita dellautorit
capace di arginare lingombrante invadenza di politici e privati.

Dilazioni, deroghe, concessioni


della discutibile Sovrintendenza

Non bisogna dimenticare che il travagliato percorso dei musei trevigiani,


soprattutto per quanto riguarda il complesso di Santa Caterina, stato
accompagnato e reso possibile anche dallatteggiamento accondiscendente
della Soprintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici del
Veneto: troppa disponibilit a concedere dilazioni e deroghe su lavori e
allestimenti, sia pure temporanei, rispetto a prescrizioni dichiarate impro-
rogabili, almeno su carta. Tanta, troppa pazienza a piegarsi alle esigenze
e ai tempi pasticciati di unAmministrazione guidata da politici impazienti
e ispirata da oculati curatori-organizzatori privati.

Nel frattempo la storia avvincente delle Grandi Mostre non


finisce a Treviso il primo maggio 2017: continua, e la prossima puntata sar
nuovamente ambientata proprio a Vicenza, dal 7 ottobre 2017, per sei
mesi, intitolata Van Gogh. Tra il grano e il cielo, con un significativo lapsus,
involontario, che avrebbe fatto sorridere Freud, che pur amava molto larte.
Comunque un ritorno ai fasti di un rassicurante e recente passato, grazie alla
nobile e munifica ospitalit dellassessore alla Cultura Bulgarini DElci, che
prosaicamente scalda i motori per le elezioni comunali di primavera 2018.
E allora via dallingrata e rancorosa Treviso. Anche se, mai dire mai a
qualcuno servir senzaltro un aiuto, per le elezioni comunali a Treviso nel
2018. A chi? Lega e centrodestra, centrosinistra? Non importa, Franza o
Spagna Quando si dice la fortuna.
La quarta kermesse di Goldin

Una mostra? 77
O uno specchietto
per allodole (elettorali)?
GIOVANNI BERTACCHE

U na mostra non fa primavera. Gran battage pubblicitario sui


media. Va in scena Van Gogh per la regia di mister Goldin. Un evento che
si annuncia straordinario perch si tratterebbe della pi grande mostra
monografica in Italia dedicata al grande pittore olandese. Il tema tra il
grano e il cielo, al di l dei suoi arcani significati, sar svolto attraverso
oltre 130 elementi tra dipinti, disegni dellartista olandese e una decina
di quadri dei rappresentanti della scuola dellAia e di Millet. Minifilm
che si stanno girando in questi giorni, con al seguito il nostro quotidiano,
illustreranno i luoghi Olanda e Provenza in cui visse e trasse ispira-
zione il pittore dei girasoli. La rassegna avr svolgimento a partire dal 7
ottobre prossimo per chiudere l8 aprile 2018; indubbiamente anche le
date hanno un preciso quanto emblematico significato, non tanto per le
coltivazioni annunciate nel titolo il grano che peraltro si semina
in autunno e si raccoglie in giugno, quanto per le elezioni comunali e
tutto ci che le precede, della prossima primavera.
Ma questo un altro discorso.
Torniamo al signor Goldin e ai suoi rapporti con il Comune. Dopo la tri-
logia di mostre tra il 2012 e il 2015 ora il Comune sembra aver superato il
complesso di inferiorit con il mago delle mostre. Il vicesindaco Bulga-
rini dElci ci tiene a rintuzzare le polemiche per i costi allora sostenuti dal
Comune. Per il Goldin IV, Linea dOmbra, la societ gestita dallunico
socio Goldin, si impegna a sostenere tutti i costi di allestimento della
mostra. Al Comune viene chiesto di mettere a disposizione la Basilica
Palladiana a titolo gratuito, la gestione dei sistemi di controllo e sicurezza,
la fornitura di idonea climatizzazione (temperatura 20 umidit a 50), la
gratuit degli spazi pubblici per i manifesti.
Nessuna parola per gli utili (diretti e indiretti) ricavabili da Linea dOmbra
e per una non disprezzabile compartecipazione da parte del Comune:
eppure gli oltre 730mila visitatori delle edizioni passate, i proventi pub-
blicitari, il marketing territoriale devono pur dire (e valere) qualcosa.
Niente. il Comune sul punto non proferisce parola.
Ma tornando alla mostra e ai suoi contenuti, ci auguriamo che essa sia
veramente quella che si annuncia; in fondo le precedenti hanno rilevato
78

Il Teatro Olimpico, esterno. Un monumento fra i pi prestigiosi al mondo:


allesterno quasi sempre deserto.

pi curiosit che novit, come del resto quella sullimpressionismo che


sta per concludersi al Santa Caterina di Treviso che abbiamo di recente
visitato, purtroppo con delusione. E se per parte comunale comprensibile
lentusiasmo per la quarta avventura con il mercante darte, proprio alla
vigilia delle elezioni amministrative, rimangono per tante perplessit nei
cittadini.
Anzitutto queste mostre, (siamo alla quarta in sette anni), danno il segno di
voler coprire linconsistenza di iniziative per risvegliare la citt.
A partire dal centro storico sempre pi vuoto di famiglie, di attivit com-
merciali, ma anche largamente culturali. Pi vetrine chiuse e molte per di
pi trasformate in garage, chiusi da volgari saracinesche (a proposito, dove
sono lUfficio urbanistico e la Soprintendenza che proibiscono di piantare
un chiodo). In un ambiente che tende sempre pi verso la desertificazione,
o anche solo alla sola musealizzazione, quali ricadute economiche, tanto de-
cantate o preconizzate, si possono preventivare? Ricettivit ordinaria vicina
allo zero per non dire delle burocratiche chiusure serotine dei pochi caff
e di ogni altra attivit come le farmacie e altri servizi pubblici. La mostra,
anche ben organizzata sotto ogni profilo, s unoccasione, ma da sola non
attiva iniziative di lungo periodo. Queste richiedono continuit, sicurezza,
prospettive di respiro; nessuno apre unattivit a termine senza almeno una
prevedibile riconversione. Solo lambulante o magari il perditempo pu
permettersi di aprire per una circostanza particolare, potendosi spostare
o trovare altra occupazione. Insomma ricadute economiche, come qualcu-
no improvvidamente auspica in questo contesto, non possono nemmeno

79
attecchire. Ma almeno si cogliesse loccasione dellafflusso di turisti, che
nonostante tutto ci si augura numerosi, per programmare la visita a palazzi
e ville palladiane, e non solo.
A partire dalla stessa Basilica, alla Loggia del Capitanio, al Chiericati, Valma-
rana, Braga, Teatro Olimpico; alle ville, a cominciare da quella pi famosa e
imitata La Rotonda, alle tante sparse sul territorio provinciale. Non minor
cura per far conoscere la Vicenza romana coi suoi numerosi siti sparsi in
citt ed evidenziati da appositi pannelli; lacquedotto romano rintracciabile a
partire dalle risorgive della Motta di Costabissara, le 5 arcate e una ventina di
pilastri (tutti in pessime condizioni) alla Lobia. Ed ancora le tante strutture
museali sparse nella provincia, i monumenti della grande guerra (nel primo
centenario); le fabbriche e le minuscole strutture di creativit artigianale
che dialogano con tutto il mondo, facendo del vicentino un ambasciatore
dingegno, di conoscenze e di economia.
Una mostra a Vicenza, al di l dellevento in s, o una vetrina delle bellezze
e delle risorse del suo territorio oppure costituisce una meschina operazio-
ne di sfruttamento, senza alcuna utile e duratura conseguenza. Per questo
la logistica anzitutto, pressoch assente o distratta, deve essere tarata per
questo scopo. A cominciare dallinformazione, confinata in un unico uffi-
cietto allestremit opposta dellitinerario anzich allarrivo in citt (stazione
ferroviaria, stazione degli autopullman, nei pressi dei parcheggi) e meglio
ancora se itinerante, coinvolgendo enti e associazioni che pi traggono
vantaggi dalla rete dinformazione. Quindi i trasporti pubblici, comodi
ed economici, per gli spostamenti frequenti, dentro e fuori citt. Le visite
programmate con guide gratuite, a illustrare luoghi, opere, monumenti. La
mostra unoccasione per ri-pensare il territorio e le sue potenzialit non
un punto di arrivo, cessato il quale tutto torna come prima.
Non sarebbe feconda n utile e non lascerebbe segno.
80 GLI ENORMI COSTI
DELLA CHIESA CATTOLICA
(per cattolici, Laici,
ATEI, PERFINO fedeli
DI ALTRE CHIESE)
Dal costo dell8 per mille con quelle storiche incredibili ambi-
guit mai risolte, all8 per cento sugli oneri di urbanizzazione
degli enti locali, misterioso e sfuggente, allipocrita finanzia-
mento fiscale delle scuole private, allinsegnamento monopo-
listico della religione nelle scuole di uno Stato che si professa
laico, al privilegio incomprensibile dei cappellani militari,
al monopolio dellassistenza spirituale nei nosocomi,
al mancato pagamento dellIMU per la gran parte
del patrimonio immobiliare di propriet, il Vaticano, alias la
Chiesa cattolica, riceve dagli italiani un mare incontrollabile
e inquantificabile di denaro (non solo pulito...). Lo Stato, in
questo senso, subisce passivo. In una parola: non esiste

LUCIO PANOZZO

I ntendiamo parlare di quel complesso rapporto esistente tra


Stato e Chiesa in Italia e segnatamente la dipendenza economica della se-
conda dal primo. Dipendenza parziale, in quanto la Chiesa cattolica raccoglie
fiumi di danaro da tutto il mondo, ma a noi basta e avanza la nostra
parte, gi molto indigesta.
Dipendenza abusiva, perch va ricordato che dal 1984, data dellultima revi-
sione del Concordato tra Stato e Chiesa, ratificata con legge costituzionale dal
Parlamento, ne uscirono norme talmente bizantine (e, va detto, a onor del
vero, anche italiane, perch del bizantinismo figlio lo Stivale), che si riu-
81

Benedetto XVI

sciti a stabilire una vera e propria tassazione sulla carne viva del popolo
italiano, anche se da quel concordato lItalia uscita come repubblica laica,
avendo eliminato nellaccordo il concetto di religione di stato. Sia detto
di passaggio: mentre in occasione del primo Concordato-Trattato (1929) la
ratifica parlamentare aveva avuto modo di essere votata con il valido aiuto
del partito comunista, col secondo concordato sono convinto che le diffe-
renze furono poche, tanto vero che vinse chi doveva vincere, perch cos
era stato deciso dai padroni dellItalia. In questo articolo nostra intenzione
presentare un excursus, ancorch incompleto, almeno paradigmatico della
situazione attuale, sconosciuta ai pi perch ogni decisione presa sulla pelle
del contribuente perde, per ordini superiori, il diritto di menzione sui mass
media, nessuno escluso. Ogni tanto qualcosa si riesce a leggere tra le righe,
ma non sufficiente. La stampa specializzata in questo senso insufficiente
al massimo. Faccio solo un esempio: LATEO, organo ufficiale dellUNIO-
NE ATEI E AGNOSTICI RAZIONALISTI, Associazione dai cui studi traggo
parte di quanto vado scrivendo, entra in circa 4000 case (parlo dellintera
Italia), dove abitano famiglie che gi conoscono largomento, quindi, a
parte i concetti donchisciotteschi che ci contraddistinguono, solo fatica
sprecata. Non per questo dobbiamo eliminare lAssociazione (riconosciuta
come associazione di promozione sociale dal competente ministero), anzi
faremo di tutto per migliorarla e vieppi diffonderla, stiano certi di questo
coloro che la vorrebbero affossare.

82
- Prima parte (documentabile): contributi alla Chiesa cattolica
da parte dello Stato italiano

8 X 1000. Gi ne abbiamo parlato diffusamente in un articolo sul n. 1/2016


pag. 89: 8x1000, anche se lo conosci non lo puoi evitare, a firma
della nostra collaboratrice Sonia dAdam, quindi mi limiter allessenziale.
Il trucco che ognuno crede di aver dato soldi suoi dopo aver fatto la sua
scelta. Errore, si d solo la propria scelta, ma i soldi in quel momento non
sono pi di chi ha scelto, ma sono gi dello Stato, quindi paghiamo tutti,
credenti, non credenti, atei, ecc. Costa allo Stato circa 1,2 miliardi annui.
Privilegio nel privilegio: le quote di coloro che non effettuano nessuna scelta
vengono equamente divise tra i percettori in base alla percentuale delle scelte
effettuate. Intendo che non ritornano allo Stato come sarebbe giusto che si
facesse. Altro privilegio nel privilegio: la Chiesa cattolica viene liquidata
lanno dopo la denuncia dei redditi, le altre confessioni e religioni
aspettano qualche anno. Terzo privilegio, goduto soprattutto dalla Chiesa
cattolica che ha cominciato per prima: nel 1984 era stato stabilito che due
commissioni paritetiche, italiana e vaticana, si riunissero ogni tre anni per
ricalibrare l8 x 1000 in base alla presenza dei sacerdoti, perch proprio per
il loro mantenimento era stata stabilita questa norma che andava a sostituire
la vecchia congrua, che altro non era che uno stipendio per i sacerdoti. Le
commissioni non si sono mai riunite, nonostante il numero dei sacerdoti sia
in continuo calo. Se si riunissero, dovrebbero drasticamente tagliare, ma n
luna n laltra parte hanno voglia di affrontare il problema.
Altro elemento che non convince: i sacerdoti in Italia sono circa 30.000,
mentre il ricavato dell8 x 1000 raggiunge circa Euro 1.200.000.000. Se
dividiamo questa cifra per il numero dei sacerdoti, abbiamo una grossa sor-
presa: 40.000 euro annui a sacerdote. Per c un per: si sa per certo che
ogni sacerdote percepisce uno stipendio di euro 800 al mese circa. Facciamo
conto che ci sia anche la tredicesima, il totale annuo che risulta 10.400,
quindi un quarto di quello che gli spetta. Un quarto di 1.200.000.000
300.000.000. DOVE VANNO GLI ALTRI 900.000.000 DI EURO?

8 X 100. Non capisco luso indiscriminato del numerale 8. forse derivato


dalle famose baionette di Mussolini? Ben 8 milioni. forse un rafforzativo
dei debolissimi e miseri 80 quale elemosina di Renzi ai poverelli? La cifra
ricorre spesso, ora proviamo a capire cos questo misterioso 8 x 100.
Si riferisce agli oneri di urbanizzazione secondaria, quelli che vengono
pagati dagli onesti cittadini che intendono costruire edifici o altro su suolo
di propriet. una tassa comunale. I dati esatti sullammontare di questa
misteriosa tassa sono difficili da reperire, perch non tutti i comuni li mettono
in rete, e chi li mette a volte non facilita il ricercatore nel trovarli e decifrarli.
Quindi, al di l di qualche lodevole dato ricercato e trovato da parte di attenti
osservatori, si sta ancora brancolando nel buio. I dati certi sono comunque
83

Come si legge in questa tabella della Corte dei Conti alla Chiesa Cattolica sono stati
elargiti dallo Stato in 24 anni a titolo di 8 per mille ben oltre 18 miliardi di euro.

inquietanti: primo, non un obbligo dei comuni la destinazione alle chiese


locali (in questo caso anche non cattoliche), questa parte degli oneri pu
essere usata anche per altre necessit, tipo scuole, asili, ecc.; secondo, c
notizia di qualche regione che ha reso obbligatoria la cessione alla chiesa
cattolica dellintero 8 X100 di questi oneri: ci contrasta con una sentenza
del TAR. Ma se pensiamo che questo sia un ostacolo per la chiesa e i suoi
scherani politici, ci sbagliamo di grosso.
Purtroppo qui non posso finire con delle cifre come sarebbe giusto, troppo
vaghi i dati in nostro possesso. Limportante che tutti siano portati a co-
noscenza di un balzello sconosciuto ai pi.

SCUOLE CATTOLICHE PRIVATE


Le vogliono chiamare paritarie, ma sempre scuole private cattoliche sono.
Numericamente sono la stragrande maggioranza delle scuole private in Italia.
Prima di cominciare a parlare dei privilegi connessi riservati alla Chiesa,
parliamo di un antipaticissimo privilegio riservato alle famiglie che accedono
coi loro figli al servizio privato: hanno accesso a una detrazione, ancorch
piccola, dalle loro tasse. Di norma sono i ricchi che mandano i figli alle scuole
private, pensando che siano migliori di quelle statali (errore madornale).
Quindi, contorcendomi nei soliti ragionamenti, posso assicurare i lettori che
sono la stragrande maggioranza dei lavoratori che in parte pagano la scuola
ai figli dei loro padroni (mi concessa una bestemmia semplice onde far
comprendere a ricchi e poveri da che parte sta lo stato? E posso reiterare la
84

Citt del Vaticano. La mole un po inquietante della sede dello IOR, la banca vaticana.

bestemmia di cui sopra togliendo la semplicit e complicandola un po -


anche in onore della Chiesa che quella che obbliga lo Stato a comportarsi
cos?). Vergogna dello Stato e vergogna della Chiesa.
Spesa totale per ausili alla scuola privata prevalentemente cattolica, euro
500 milioni/anno. Le contorsioni mentali cattoliche arrivano a trasformare
lesborso dello stato come vantaggio: si asserisce che lo stato risparmi ben
6 miliardi lanno proprio grazie ai privati (chiesa in primis). Bisognerebbe
scrivere un capitolo a parte su questo, e non detto che prima o poi non si
possa fare, ma palese la falsit dellaffermazione.
Qualche dato sullanno 2013/2014:
- 13.000 le scuole private in Italia. 71,8% infanzia; 11% primarie di primo
grado; 12,3% secondo grado. Rimangono fuori dai nostri conteggi gli istituti
privati, non considerati paritari per un totale di 1.710, di cui 656 cattolici e
1.054 che non fanno riferimento a religioni.
Come detto pi su, il totale degli ausili da parte dello stato alle paritarie
di 500 milioni euro annui. Detrazioni Irpef per le famiglie per ogni figlio
frequentante tali scuole, 400 euro/anno.
Le regioni Lombardia e Veneto hanno facolt di aggiungere ausili a quelli
statali.

INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA


Qualcuno dovrebbe spiegare ai cittadini italiani il motivo per il quale nella
scuola pubblica italiana debba venire impartito linsegnamento della reli-
gione cattolica. Mi spiego subito: la religione cattolica costituisce materia di
insegnamento nelle scuole statali italiane che dipendono da una Repubblica
laica e in assenza totale del concetto di religione di stato. Questo privilegio
colossale e paradossale affiancato da altri due privilegi non meno colossali

85
e non meno paradossali: gli insegnanti di religione cattolica vengono sapori-
tamente pagati dallo Stato, mentre gli stessi insegnanti vengono scelti
dal vescovo di riferimento, cio il presule della diocesi sotto la quale
ricadono il/i provveditorato/i (province e diocesi non corrispondono, come
ben si sa). Altri piccoli privilegi: lo stipendio degli insegnanti di religione
cattolica sono un po pi pesanti di quelli dei colleghi di altre materie; gli
insegnanti di religione cattolica possono emigrare negli elenchi dei provvedi-
torati (esempio: un professore di matematica che non riesce a trovare posto
si propone come professore di I. R. C. per poi, raggiunto il ruolo, emigrare
negli elenchi dei provveditorati con diritto di avere subito un posto di ruolo).
Ma il privilegio gigantesco questo: solo la religione cattolica ha diritto a
insegnare nelle scuole la materia denominata religione cattolica. Tutte le
altre religioni, tra cui quelle che hanno trattati e/o concordati con lo Stato
italiano, se vogliono insegnare religione, devono costituirsi in scuola privata,
ma, si badi bene, scuola privata che non avr mai lo status di scuola paritaria.
Il calcolo sul costo dellinsegnamento I. R. C. viene dedotto da varielementi,
in quanto il ministero competente non crede opportuno pubblicarlo sul suo
sito. Viene stimato in 1.250 milioni di euro/anno. Riporto il link nel quale
chi lo vuole pu andare a leggersi con un po di pazienza la serie incredibile
di privilegi e prevaricazioni annessi e connessi, tipo gli esoneri, sempre
difficili da ottenere. Si pu tranquillamente asserire che anche nella scuola
comandano loro, come dappertutto, del resto.

https://www.uaar.it/laicita/ora-di-religione/#07

CAPPELLANI MILITARI.
Per questo argomento vale quanto detto sui privilegi della scuola: i cappellani
militari sono esclusivamente cattolici a fronte di una popolazione che
di anno in anno diventa sempre pi internazionale e multiculturale e dove
i non credenti stanno superando i 10.000.000 su una popolazione di 60.
Credo di poter dire che nel caso in esame la Chiesa abbia superato se stessa
in quanto a privilegi, mentre lo Stato italiano diventa una trottola nelle mani
del Vaticano, che la fa girare quando vuole e come vuole.
Se non basta il paragone, possiamo parlare di abilissimi burattinai che
tirano i fili attaccati al collo dei nostri politici. Il bello che i grossi/grassi
cardinali, mentre tirano i fili e fanno ballare le marionette, si fanno anche
delle grosse/grasse risate. Veramente non si capisce come i nostri politici
non abbiano un rigurgito dorgoglio nazionale mentre si fanno dirigere e
deridere in questo modo dalla Chiesa cattolica quando questultima, a suon
di costituzione, dovrebbe essere solo tollerata e non dovrebbe partecipare
alla grande mangiatoia, come invece le permesso di fare dagli imbelli
governanti di uno stato burletta.
Voglio aggiungere: come fa lEuropa ad accettare questa situazione quando
ci sanziona per stupidaggini ben pi piccole? Vorrei capire anche come fa
la Corte europea dei Diritti dellUomo a tollerare questa ingiustizia,
ma anche l stato dimostrato che i diritti sono di volta in volta esaltati o

86
calpestati, come qualche anno fa nei confronti della denuncia di una signora
finlandese abitante ad Abano Terme (Pd) che si era rivolta alla Corte per pro-
testare contro lesposizione del crocifisso nelle aule scolastiche frequentate
dai figli. Credo che una figura barbina come quella della Grande Chambre in
quelloccasione sia difficile trovarla da qualche altra parte: la Chiesa catto-
lica trionf anche in quel caso (per quello che a volte viene chiamata chiesa
trionfante). Una straordinaria offesa, un clamoroso autogol da parte di un
ente che dovrebbe vigilare sui diritti fondamentali e al quale, lo confesso,
credevo ciecamente.
Ma veniamo allargomento.
Riporto, tanto per cominciare, quello che mi sembra un altro dei tanti
privilegi. Dalle righe sotto riportate da Wikipedia si evince subito la prima
mostruosit. Per parlare dei poteri dellOrdinariato viene usata la parola
giurisdizione. Non dobbiamo prendere sottogamba luso delle parole da
parte di quelli che per definizione ne sono maestri. Giurisdizione una
parola che ha il suo bravo significato, una mostruosit se usata a sproposi-
to. E mi sembra proprio che qui sia stata usata in tal senso. Daltra parte,
per chi si crede padrone del mondo, questo anche poco. Prego il lettore
di leggere attentamente queste poche righe, meditare e rileggere pi volte,
finch lassurdit del significato balzer agli occhi anche dei meno attenti.

LOrdinariato militare per lItalia(OMI) unacircoscrizione perso-


naledellaChiesa cattolica, assimilata ad unadiocesied equiparata ad un
ufficio delloStato; ha giurisdizione su tutti i militari delleforze armate italia-
ne(Esercito,Marina militare,Aeronautica,Carabinieri, insieme allaGuardia
di Finanza, in quanto corpo di polizia ad ordinamento militare), sui loro
familiari conviventi e sul personale civile in servizio presso le forze armate.
attualmente retto dallarcivescovoSanto Marcian.

I costi: LEspresso valuta in 17.000.000 lanno il costo per lo Stato. A dir


vero ci sembra poco, se si contano le pensioni dopo carriere che definire
folgoranti non certo unesagerazione. Si pensi che tutti i cappellani
militari vanno in pensione col grado di generale. Ora, a parte il
fatto che non si capisce perch il cappellano militare debba avere un grado
se il suo ministero solo religioso, non si capisce neanche perch il grado
debba essere cos alto. Pensiamo allo stipendio e pensiamo alla pensione,
che costituiscono per lo Stato oneri importanti.
I cappellani militari sono circa 175 in tutta Italia, sparsi nelle caserme, negli
aeroporti militari, sulle navi, ecc.
Oltre ai cappellani militari, esiste in Italia unantica abitudine: il cappellano.
Non esiste ente statale che non ne abbia almeno uno. Cito solo la RAI. Cosa
centra un cappellano in RAI? Misteri della fede. Non esiste cerimonia in
cui non appaia un porporato, non esiste incontro in cui non ci sia un prete.
Non se ne pu pi.
LASSISTENZA SPIRITUALE
Altro cespite di potere e di guadagno per la Chiesa cattolica, la presenza in

87
tutti gli ospedali di personale consacrato per lassistenza spirituale ai de-
genti. Questo si accompagna alla presenza nauseante di cappelle, capitelli,
immagini sacre, candele accese, santi e crocifissi appesi dappertutto. Anche
se mi ripeto, lo faccio per una buona causa: il tutto solo ed esclusivamente
di matrice cattolica. Non capisco perch le altre religioni non protestino con
forza il loro diritto a partecipare. Forse sar perch sanno gi che sarebbe
fatica sprecata, in quanto questo tipo di apostolato profumatamente pagato,
e lo Stato italiano, lo sappiamo, non pagherebbe mai personale consacrato
appartenente ad altre religioni, anche se queste religioni hanno stipulato
fior di patti e concordati.
Fornisco una prova di ci che sto dicendo: lUAAR, dopo vari tentativi,
riuscita ad entrare nel programma di assistenza spirituale, in quanto ha di-
mostrato la presenza di circa 10.000.000 di persone non credenti in Italia.
Dopo varie difficolt, lo Stato non ha potuto esimersi da un atto di giustizia,
e lUAAR ha potuto organizzarsi in modo da partecipare al programma,
ovviamente limitata dalla carenza di personale proprio adatto alla bisogna.
Piccolo particolare: lUAAR fornisce personale seriamente addestrato esclu-
sivamente volontario, che cio non percepisce nessun compenso, a differenza
del personale cattolico che (dati di qualche anno fa) percepisce uno stipendio
di circa 1.500 euro netti al mese, con diritto di vitto e alloggio negli ospedali.
Siccome di sacerdoti ne vedo pochi in corsia, indagher su quelle che sono
abitudini inveterate in seno alla chiesa cattolica, cio il subappalto delle
prebende. Mi spiego: dal vescovo che in tempi antichi aveva la nomina in
diocesi lontane e scomode, che offriva a chi era meno ricco la possibilit di
sostituirlo previo compenso che a volte non raggiungeva la met della pre-
benda (si chiamava e si chiama tuttora cresta), ai parroci che operavano lo
stesso scambio per quanto riguardava le parrocchie. Mi capitato di vedere
qualche frate in corsia, cos ho fatto due pi due. Si sa per certo che i frati
sono pi poveri dei secolari, specialmente quelli appartenenti agli ordini
poveri per antonomasia. Che poi non sono neanchessi poveri sul serio

ICI/IMU-LA CILIEGINA SULLA TORTA


Le propriet fondiarie e di edilizia civile e religiosa della chiesa cattolica in
Italia vengono stimate in una percentuale che raggiunge il 25% di tutto il
patrimonio immobiliare del territorio italiano. difficile dire se siamo vicini
o lontani da questo dato, anche perch si pu asserire con sicurezza che
neanche loro conoscono alla perfezione lo stato dei loro possedimenti. La
difficolt sta nel fatto che per possedimenti della Chiesa cattolica sintendono
propriet dirette del Vaticano inteso come Stato, della chiesa cattolica vera
e propria, degli ordini, che possono essere, per fare un esempio degli ordini
ricchi (rectius ricchissimi), i Cavalieri di Malta e lOpus Dei, i Gesuiti, per
continuare con ordini molto, molto ricchi, per finire con gli ordini minimi
che magari possiedono solo la casa dove vivono. Aggiungerei i possedimenti
delle realt laicali (Comunione e Liberazione, Focolarini, Comunit di S.
Egidio, per fare solo qualche esempio tra quelle ricchissime). Poi ci sono le
ricchissime diocesi (non se ne conoscono di povere) e infine le parrocchie,

88
le quali non avranno proprio le grandi ricchezze, ma tutte assieme fanno i
grandi numeri. Scuole (viste pi su), ospedali, case di riposo, case di cura,
arrivano a decine di migliaia di unit. Seminari e simili possono essere di
propriet delle diocesi, ma anche propriet diretta del Vaticano-Chiesa
Cattolica.
Che la legge italiana riservi particolari concessioni nel caso dellIMU (chia-
miamola cos, lICI il passato), pu essere anche giusto, un trattamento
riservato anche a realt italiane. Che la Chiesa non debba pagare per quanto
riguarda gli edifici religiosi o meno che godono dellextraterritorialit (es.
SantAntonio di Padova), passi, ma che non vogliano pagare su niente, que-
sto non accettabile. Se il lettore fa mente locale a quanto pu ammontare
lentrata totale dellIMU e divide per tre la cifra risultante, questo terzo
corrisponde a grandi linee al quarto che lo stato perde a causa di questo
rifiuto a compiere il proprio dovere da parte della Chiesa.
Se si pu ipotizzare, e da varie fonti viene anche confermato, una cifra totale
di 25 miliardi di entrate IMU e lo si divide per tre, il risultato d 8,6 miliar-
di. Moltiplichiamo 8,6 per quattro, e avremo il totale che lo stato dovrebbe
incassare se non ci fosse questo privilegio mai concesso, ma del quale la
chiesa si appropriata con la prepotenza: 34,4 miliardi.
Piccolo ragionamento: basandomi su studi e statistiche rintracciabili in In-
ternet, ipotizzo che lo Stato italiano versi in varie forme sei miliardi lanno
alla Chiesa cattolica. Mi riferivo a questo quando, allinizio dellarticolo, ho
parlato di spese documentabili. Sicuramente questa cifra comprende anche
una parte degli 8,6 miliardi di cui sopra, ma credo che quando ci occuperemo
di spese non documentate o documentate per ipotesi, dovremo aggiungere
qualcosa proprio in riferimento allIMU mancata. Invito i lettori a cliccare
su questo link, per avere ragguagli sulla cifra totale riservata dallo Stato alla
Chiesa cattolica:

http://www.icostidellachiesa.it/

Personalmente mi impegno per un prossimo articolo, dove proporr quelle


situazioni che non sono versamenti diretti, ma che pesano sullo stato italiano,
soprattutto sui cittadini italiani. Situazioni che portano verso laltra sponda
del Tevere capitali alcune volte chiari e documentabili, altre volte nebbiosi
e fumosi, ma sempre noti a chi voglia interessarsi del problema: intendo
che nessuno li pu negare. Cercheremo di fare anche qualche esempio di-
mostrativo, a conferma di quanto verr scritto.
Il giudizio che si pu dare di questa situazione di estrema disapprovazione
verso lo Stato, che si fa condizionare e prendere in giro, permettendo uno
stato di cose che ci impoverisce sia del denaro che potrebbe essere speso
per bisogni veri (denaro dello stato italiano per i cittadini italiani), sia nella
nostra dignit di liberi cittadini. Stante la legislazione attuale, o si tratta di
leggi fraudolente o si tratta di furto conclamato.
Ovviamente intendo parlare di Chiesa cristiana una santa cattolica apostolica

89
romana, a va sans dire. Per si deve accennare al fatto che altre religioni
hanno stipulato i loro bravi trattati con la Repubblica Italiana: di essi, 8 sono
confessioni cristiane, 3 sono religioni diverse. Esistono altre intese firmate
in attesa di ratifica o perfezionamento legislativo da parte di altre realt.
Non credo di dover spiegare che non ho accesso alle cifre con le virgole,
quindi si potrebbe dire che i miei conti fanno acqua, ma assicuro il lettore
che quei circa che ho disseminato nel testo stanno a significare variazioni
minimissime. Gli ordini di grandezza sono rispettati.
Consip, Renzi, Travaglio e il tritacarne mediatico

90 Il caso Ilaria Capua


SIMONE DATO

Le recenti rivelazioni riguardo al caso CONSIP, sebbene il tutto,


compresa la presunta falsificazione delle prove da parte del sottufficiale
dei carabinieri Gianpaolo Scafarto, vada sempre preso con pinze e dovuta
cautela, inducono alcune riflessioni pi generali, relative ai meccanismi
attraverso i quali, in un Paese come lItalia, si crea il consenso e si radi-
calizzano le correnti di pensiero.
Lo scandalo CONSIP, le indagini sullimprenditore Romeo, e soprat-
tutto il presunto coinvolgimento del sottosegretario Lotti e di Tiziano
Renzi, padre dellex premier, hanno negli ultimi mesi solleticato la verve
del giornalismo dassalto, di cui il primo e pi agguerrito esemplare
naturalmente Marco Travaglio. Il cui giornale, Il Fatto Quotidiano,
non ha mancato di cavalcare il filone dindagine, ma non stato solo:
nemmeno Repubblica, lEspresso, o Il Giornale, seppur con toni diversi,
hanno infatti mancato di accodarsi al portabandiera, e quasi sempre senza
mettere in dubbio le carte nelle mani della Procura di Napoli.
Faceva notare Luca Sofri su Il Post che vizio antico del giornalismo
dinchiesta nostrano quello di basarsi quasi esclusivamente su prove
inquirenti, mancando quasi totalmente la parte di indagine prettamente
giornalistica, che dovrebbe caratterizzare il giornalismo dinchiesta pi
puro; parte che invece altrove molto pi forte e preponderante. Da noi

Ilaria Capua (Roma, 21


aprile 1966) una virologa
italiana,
Dal 2013 al 2016 Ilaria
Capua stata deputata
per Scelta Civica. Nel
2006 rese pubblica la
sequenza genetica del virus
dell'aviaria, dando il via
allo sviluppo della cosid-
detta scienza open-source,
per il libero accesso ai dati
sulle sequenze genetiche dei
virus influenzali. Per questo
la rivista Seed l'ha eletta
"mente rivoluzionaria" ed
entrata fra i 50 scienziati
top di Scientific American
, invece, ci si basa tantissimo sulle intercettazioni, sulle indiscrezioni, sulle
soffiate; e sulle prove spiattellate, che sono tali fino a successiva smentita.

Lo stato dellInformazione giornalistica in Italia 91


Di questo per non c troppo da stupirsi, se pensiamo allo stato in cui versa
linformazione italiana: il bacino dutenza di quotidiani e periodici cartacei,
negli ultimi decenni diminuito considerevolmente; e chi legge i giornali
ormai unlite, ancora pi ristretta se ragioniamo su quanta parte di
chi il quotidiano anche lo acquista sia poi in grado di approfondire o anche
solo di completare la lettura del singolo articolo.
Le modalit di acquisizione delle informazioni, in generale, sono estre-
mamente superficiali, spesso basate su titoli e strilli sul web e sui social in
particolare; la gente tende, rispetto al passato, a incamerare nozioni su molti
pi argomenti, ma tendenzialmente senza approfondirne nessuno.
In tale situazione gli stessi giornali, pur rappresentando il medium pi
tradizionale e ancora radicato, si sono adeguati, da un lato puntando al titolo
di stampo scandalistico, ben sapendo che la maggior parte dei fruitori li
legge sui social, o si limita comunque a titoli e occhielli per gran parte dei
pezzi, dallaltro limitando gli articoli di approfondimento a spazi sempre
pi esigui, e facendone praticamente un intrattenimento da intenditori, per
ristrette cerchie di presunti intellettuali.
E torniamo alla considerazione precedente: non c proprio da stupirsi di
come Travaglio (e cito Travaglio in questo caso perch ha trasformato la
sua battaglia anti-renziana nella ragione stessa della sua auto-proclamata
autorevolezza, ma in diversi contesti potremmo riferirci anche ad altri) ab-
bia trattato il caso CONSIP (e tanti altri in passato), n del fatto che in casi
analoghi il nostro parco giornalisti segua sempre gli stessi percorsi: lindi-
screzione, la presunzione di colpevolezza, la soffiata che arriva da questa o
quella procura, la pubblicazione anche decontestualizzata di intercettazioni,
il processo mediatico e la successiva rapida sentenza (di colpevolezza, per
lo pi) prima di passare oltre.

Ilaria Capua, eminente scienziata, va nel tritacarne

Recentemente ho avuto modo di ascoltare in radio unintervista a Ilaria


Capua, nota virologa, insignita di numerosi riconoscimenti internazionali
per le sue ricerche sullaviaria, che eletta in Parlamento nel 2013 con
Lista Civica, finita, nellaprile 2014, nel cosiddetto tritacarne mediatico per
intercettazioni telefoniche pubblicate da LEspresso, che diedero origine
a unindagine e successivo processo, e che la costrinsero a rassegnare le
dimissioni da deputato.
E pur essendo stata in seguito prosciolta da quellaccusa, perch il fatto
non sussisteva, la Capua venne trattata da appestata, dentro e fuori lagone
politico, senza che nessuno, tanto meno chi, tra i suoi colleghi, ne accett le
dimissioni con scrutinio segreto, si preoccupasse di approfondire i fatti, e
92 Tiziano Renzi
e Marco
Travaglio:
i duellanti

senza che nulla di tutto ci che aveva portato la Capua a essere riconosciu-
ta mente rivoluzionaria da una nota rivista scientifica, avesse il bench
minimo peso.
Ma al di l della vicenda specifica, ci sarebbe da chiedersi che cosa rimasto,
nel cittadino medio - quello che avr letto il titolo di un qualsiasi giornale, o
il post di un qualsiasi contatto su Facebook - rispetto allo svolgersi dei fatti?
Probabilmente la stragrande maggioranza di quelli che allepoca vennero
almeno sfiorati dalla notizia, tuttora convinta che Ilaria Capua fosse una
profittatrice, una mascalzona che utilizzava i contatti con le case farmaceu-
tiche per arricchirsi.
Cos come, tornando allinizio, la maggior parte della popolazione minima-
mente acculturata, e sicuramente molto ideologizzata, rester comunque
persuasa del coinvolgimento di Tiziano Renzi nella vicenda del CONSIP.
Ma lo sar a tal punto che, anche ove fosse messa davanti a fatti dimostranti
il contrario, troverebbe una propria personale spiegazione, un proprio
personale accomodamento di questultimi alla tesi iniziale, attraverso con-
siderazioni di tipo complottista. Come se ne esce, dunque?
La gente si informa sempre meno, e in maniera estremamente superficiale:
il tempo allapprofondimento tempo perso, si preferisce saperne, o credere
di saperne, di tutto un po, piuttosto che focalizzarsi su taluni argomenti.
I giornali, da parte loro, nelle varie declinazioni, si appiattiscono e non
fanno nulla per invertire la tendenza, soffocati tra la necessit di
rincorrere altri mezzi dinformazione pi rapidi e penetranti, e perenni
sofferenze finanziarie.
Chi tuttavia riconosce lattuale deriva, e desidera combatterla, deve attivarsi
per ripristinare e cominciare a far crescere nuovamente la cultura dellin-
formazione, da un lato non incorrendo negli stessi errori, anche quando
se ne sarebbe solleticati per vicinanza ideologica, dallaltro sforzandosi
di creare piccole zone di terreno fertile, attraverso il confronto giorno per
giorno con chi si ha vicino, eludendo e combattendo le semplificazioni, le
banalizzazioni. E poi, soprattutto, aborrendo senza se e senza ma i processi
mediatici, sia che largomento ci tocchi, sia che ci sia relativamente distante.
LUOGHI STORICI DI UNA CITT
CHE NON C PI 93
Scusi, sa dov la storica
Libreria Do Rode?
I l dialogo reale. Il viaggiatore, un uomo di Pesaro, di una
sessantina danni, mi ferma davanti alla targa in marmo posta in contr
Do Rode, in centro a Vicenza, proprio accanto lentrata di quella che era
la storica Libreria di Virgilio Scapin. Il viaggiatore conosce Scapin, ha
letto i suoi libri.
La targa, sinceramente,
bella (a parte lerroneo ita-
liano Due Ruote). Rappre-
senta il vecchio caro Virgilio
benissimo. Lautore Nereo
Quagliato, indimenticabile
scultore vicentino, morto
suicida, a Longare, nel 2012.
La targa stata concepita
e commissionata dallAm-
ministrazione Comunale
di Vicenza. Dice: Qui nella
Libreria Due Ruote dal 1962
al 2002 fece casa e bottega
darte, incontro di amici e
di scrittori, Virgilio Scapin
autore di rara e radicata
vicentinit 1932-2006.
In quella libreria, nel maggio
1963, a inaugurarla vennero
due grandi amici di Virgilio
Scapin, Goffredo Parise e
Guido Piovene, per presen-
tare un romanzo appena
uscito di questultimo, Le Furie.
- Bella la targa, mi fa il signore di Pesaro, ma la libreria dov?
La libreria non c pi. Al suo posto c Casa della Calza.
E gli indico lentrata del negozio, proprio accanto alla targa, con le vetrine,
le calze esposte, un po di pubblicit.
- La libreria non
c pi, gli dico.

94
- Ma l c scritto
qui nella Libreria
Due Ruote...
- Bisognerebbe
cambiare, lei
dice, giusto? Per
esempio: in quel-
la che fu la Libre-
ria Do Rode, fece
casa e bottega ec-
cetera...Giusto?
- S, mi dice il si-
gnore di Pesaro,
cos disorien-
tante...Ma am-
metto anche che mettere una targa su una bottega che non c pi e che anzi
ha trasformato il suo oggetto - dai libri alle calze - anche in modo piuttosto
drastico, non il massimo. Disorienta pi o meno allo stesso modo.
- Ha ragione. Dobbiamo allora trasferire le nostre perplessit altrove. Verso il
Comune. Perch il Comune, vista limportanza del luogo al punto da metterci
una targa, non ha pensato di prenderlo in affitto, il locale, mantenendone
la vocazione culturale?
- Ma i Comuni, si sa, non hanno soldi, oggi. O li hanno solo per certe gran-
casse.
- Ha proprio ragione - gli dico.
Ma ci consoliamo con un pensiero non poi peregrino. Conoscendo Virgilio
- lui per averlo letto, io per averlo letto e frequentato - conveniamo con un
sorriso che Virgilio, dal cielo dei poeti, a veder al posto della sua libreria
una casa della calza non pu non averci riso su. La sua radicata vicentinit,
anzi, lo avr fatto ridere a crepapelle.
VICENZA...IN ARMI 95
UN MERCATO BELLICISTA
NELLA NUOVA FIERA
Il mercato delle armi condiziona pesantemente
la possibilit di una convivenza pacifica nel mondo.
Negli spazi della Fiera a Vicenza si ripetuta questanno
unesposizione di armi aperta anche ai minori,
unica nel suo genere. Il Comune di Vicenza ha perso gran
parte della possibilit di controllo sui programmi fieristici
dopo lincorporazione della Fiera in quella riminese e la sua
richiesta di negare la visita ai minori non stata tenuta
in alcun conto dai nuovi organizzatori

DANIELE BERNARDINI

C hi ama la pace e vuol promuovere una mentalit pacifica sa benis-


simo che uno degli ostacoli pi grandi da affrontare rappresentato dagli
interessi economici che ruotano attorno alle guerre. In particolare pro-
duzione e commercializzazione di armi sono legate a doppia mandata con
le guerre. I profitti di questo settore sempre fiorente sono immensi. Una
societ costruita attorno al profitto, come quella del capitalismo portato
allestrema declinazione del mondo globalizzato, rende quasi impossibile
contrastare questo tipo di produzione e commercio, perch appunto in
linea con le premesse ideologiche che la sostengono. Nessun Paese ha la
spudoratezza di dichiarare ufficialmente di amare e perseguire la guerra:
ci mancherebbe altro, tutti amano la pace, ma molti di quegli stessi Paesi
(la grande maggioranza?) sono concretamente coinvolti nella produzione,
esportazione ed importazione di armamenti funzionali al mantenimento
dello stato di guerra in qualche parte del mondo: lipocrisia quindi regna
sovrana in questo campo pi che in altri.


Esposizione di

96 pistole allHIT
Show di Vicenza
(Italian Exhibition
Group)

Il mercato mondiale
delle armi
non va in crisi
Il mercato mondiale degli
armamenti, dopo un periodo
in cui sembrava aver subito
un rallentamento, dal 2003
tornato a crescere, alla faccia
dellincipiente crisi economi-
ca. A fine 2006 la produzione
mondiale di armi cresciuta del 50% rispetto al 2002. USA ed Europa oc-
cupano la fetta pi grossa di questo mercato. Nel 2006 gli USA coprivano il
63% del mercato mondiale, con 41 industrie e oltre 200 miliardi di dollari
di fatturato: le prime due aziende produttrici a livello mondiale erano le
americane Boeing e Lockeed (rispettivamente per 30 e 28 miliardi di
dollari), seguite al terzo posto dalla britannica BAE Systems con 24 mld.
Nel 2007 lItalia (che ripudia la guerra per Costituzione - v. articolo 11) era
al settimo posto nel mondo come produttrice di armi.
Tale posizione era (ed ) ottenuta attraverso industrie partecipate dallo Sta-
to: Finmeccanica, ad esempio, partecipata dal Ministero dellEconomia
per il 32,45%, con un giro di 9 miliardi di dollari di vendite. Questo colosso
industriale al quinto posto mondiale e al primo in Europa per profitti legati
al settore militare (1,3 mld di dollari).
La partecipazione statale alla produzione di armi non notoriamente solo
un problema italiano. In Francia, per fare un esempio, il Thales Group (7
produttore a livello mondiale) vede la partecipazione del governo al 31%.

LItalia prima nel mondo per le armi leggere

I maggiori esportatori di armi nel modo (sommando i dati dal 2000 al 2007)
sono nellordine: USA al 32%, Russia al 26%, Francia al 9%, Germania
all8%, Inghilterra al 5%, Olanda al 3%, Svezia, Cina e Italia al 2% a testa
Nel 2015 lexport italiano nel mondo triplicato rispetto al 2014: da 2,9

97
a 8,2 miliardi di euro nel 2015 (come si evince dalla relazione della
Presidenza del Consiglio Ministri alle Camere del 18 aprile 2016).
Se consideriamo limitatamente la produzione di armi leggere, lItalia era
nel 2014 al primo posto nel mondo.
Pur non esistendo una definizione condivisa accettata internazionalmente,
potremmo definire leggere quelle armi utilizzabili e trasportabili da una
sola persona, grazie alle dimensioni ed i pesi contenuti. Il Segretario Gene-
rale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, le ha cos inquadrate: Disponibili
senza difficolt e facili da usare, le armi leggere e di piccolo calibro sono
stati i principali strumenti di violenza e, talvolta, le sole usate in quasi tutti
i recenti conflitti di cui si sono occupate le Nazioni Unite. Nelle mani delle
truppe irregolari che operano con scarso rispetto del diritto internazionale
ed umanitario, tali armi hanno portato ad un grave sacrificio di vite umane.
Il commercio di queste armi sta attraversando un momento doro.
Il tipo di guerre che oggi si combatte in molti terreni e contesti si giova pi
di armamenti facilmente trasportabili che di grandi strumentazioni: la ri-
chiesta quindi altissima e, in ossequio al dio-profitto, non importa se chi
la fa sia un bandito, uno sgozzatore, un dittatore Tra i massimi acquirenti
di armi di ogni tipo spiccano infatti gli Emirati Arabi, che non brillano per
democrazia e sono sospettati di fare da sponda per larrivo di armi a gruppi
terroristici (ISIS inclusa). Pecunia non olet.

Ad un certo momento i fucili sparano da s

Gli italiani, nonostante i dati riportati, continuano ad alimentare il mito degli


Italiani brava gente, contrabbandando lidea che sia possibile fare affari
con le armi, mantenendo comunque una mentalit pacifica, avversa alluso
della guerra e delle armi per risolvere le questioni tra Stati.
Primo Mazzolari (in Tu non uccidere, Ed. San Paolo, p. 88) scrive: Le
armi si fabbricano per spararle (ad un certo momento, diceva Napoleone,
i fucili sparano da s); larte della guerra si insegna per uccidere. Se vuoi la
pace prepara la pace; se vuoi la guerra prepara la guerra. , dunque, tutto
fatalmente logico.
Manipolare lopinione pubblica, strumentalizzando la paura e il bisogno
di sicurezza, un metodo abusato per mantenere e incrementare il potere
ed intaccare diritti civili altrimenti intoccabili, come la libert ed il rispetto
per le persone. Quando i pericoli vengono presentati come incombenti e
non diversamente affrontabili, quando i diversi da noi sono descritti come
nemici le decisioni forti passano. cos che nel nostro tessuto sociale si
insinua un certo tipo di violenza, tollerata perch considerata inevitabile e
utile. Diventano cos normali i muri, le barriere, i respingimenti, i rimpatri,
gli inumani centri di permanenza temporanea, larresto, luso della forza da
parte delle istituzioni e dei privati, delle armi. e con queste la loro pro-
Don Primo Mazzolari (Cremona, 13
gennaio 1890 Bozzolo, 12 aprile

98
1959) stato un presbitero, scritto-
re e partigiano italiano.
Fu una delle pi significative figure
del cattolicesimo italiano nella
prima met del Novecento. Il suo
pensiero anticip alcune delle
istanze dottrinarie e pastorali del
Concilio Vaticano II

duzione e commercializzazione.

Le armi e il diritto
di difesa personale
In questa breccia della moralit
pubblica si infilano gli interessi
di chi produce armi, anche perch
si torna a parlare del diritto alla
difesa armata personale, argomento tab in Italia da almeno 70 anni. Col
favore di una certa parte politica, pronta a sfruttare in questo senso ogni
occasione di cronaca (come il fatto del benzinaio armato di fucile nostro
conterraneo) questa mentalit sta guadagnando proseliti.
Gli Stati Uniti in questo campo sono molto pi avanti di noi, anche se avanti
non parrebbe la parola pi adatta. Trump, tra le sue prime dichiarazioni,
ha promesso di liberalizzare il possesso di armi da parte della popolazione
civile ancor pi di quanto gi non lo sia negli USA, ventilando anche la can-
cellazione delle zone dove finora era vietato portare armi (Gun Free Zone).
Ad ascoltare le sue parole, negli USA si potr legittimamente entrare armati
nelle scuole, nei tribunali, negli ospedali
Qualche decisione in tale direzione gi stata presa, visto che, nel recente
febbraio, il parlamento USA ha abolito la norma, che Obama aveva timida-
mente fatto approvare, che contrastava lacquisto di armi da parte di soggetti
con problemi psichiatrici.
Che mentalit pu costruirsi un giovane che si stia formando in un clima
come questo?

Anche Vicenza fa la sua parte

LEnte Fiera di Vicenza, nel 2016, ha dato spazio ad una esposizione di


armi: si trattava delle prima edizione di HIT SHOW (Hunting, Individual
protection and target sports).
La stessa esposizione stata replicata nel febbraio 2017, organizzata questa
volta da Italian Exhibition Group. Il cambio di organizzatore si compren-
de ricordando che il Comune di Vicenza, a ottobre 2016, ha completato la
fusione dellEnte Fiera di Vicenza con la Fiera di Rimini (v, Q.V. n4-2016,

99
pagg 13-26). Italian Exhibition group S.p.A. il nome del nuovo gruppo
nato dalla fusione: in esso Rimini contava per l81%, Vicenza solo per il 19%
(per la precisione 6% al Comune, 6% alla Provincia e 6% alla Camera del
Commercio di Vicenza). La percentuale complessiva di propriet vicentina,
poi, di recente ulteriormente calata (12%) dopo lacquisizione, da parte
di IEG, della Fiera di Arezzo. Questo per dire che le possibilit di controllo
da parte delle istituzioni vicentine sugli spazi espositivi nel territorio berico
sono decisamente crollate.
Questa manifestazione fieristica ha esposto armi per la caccia, lo sport (e fin
qui la cosa potrebbe essere accettabile) e la difesa personale (escluse solo
le armi da guerra). La cosa, come era prevedibile, ha suscitato fin dalledizione
2016 perplessit e decisa avversit in quella parte della societ civile che vede
in questo tipo di esposizioni un pericolo, soprattutto dal punto di vista etico,
educativo. stato pubblicizzato un documento di dissenso alla manifestazione
con le firme di 28 associazioni, tra le quali Rete Italiana per il disarmo, Osserva-
torio permanente sulle armi leggere, ACLI, Azione Cattolica, Beati i costruttori
di pace, CGIL, CISL, Commissione diocesana per la pastorale sociale, Donne in
rete, Loma Santa, Pax Christi Molte critiche erano comprensibilmente motivate
anche dal fatto che lesposizione era aperta anche ai minorenni, bastava
che fossero accompagnati. Da questultimo punto di vista la manifestazione si
presentava come unica nel suo genere in Europa.
Anche la Chiesa vicentina nel 2016 ha fatto sentire il suo dissenso, divulgando
un documento nel quale si leggeva: una mostra di questo tipo, promuo-
vendo una serie di sport e giochi di guerra, di fatto finisce per ingenerare
confusione,rischiando di legittimare una cultura della violenza;
quello che ci preoccupa che la mostrasar aperta anche ai minori,
seppure accompagnati; sembra prevalere una logica di mercato che
giustifica il business senza alcuna preoccupazione etica. I minori
di oggi sono potenziali acquirenti di domani: questo insegnano le regole
delle pubblicit. Come cittadini, genitori, educatori ci chiediamo: questo
che vogliamo proporre alle future generazioni? vogliamo davvero formare i
nostri ragazzi proponendo loro unidentit che vedeil possesso di unar-
ma come forma di sicurezza e di difesa?

La beffa al Comune e alla Citt

Il Comune di Vicenza, coinvolto nella contestazione in quanto allora (2016)


ancora azionista di maggioranza di Fiera di Vicenza (assieme a Provincia
e Camera di Commercio), si fatto promotore di un seminario di studi
tenutosi in Sala Stucchi, dal titolo: Le armi comuni in Italia e nellUnione
Europea: dati, analisi e prospettive (20 ottobre 2016).
Nel corso dellincontro si era deciso di fare pressione sugli organizzatori
di simili esposizioni affinch, almeno a partire dalla prevista successiva
Il logo del nuovo proprie-
tario del gruppo fieristico

100
che ha incorporato la
Fiera di Vicenza. Il 19%
accreditato alla triade
vicentina (Comune,
Provincia, Camera di
Commercio) al momento
della sua costituzione
diventato poco pi del
12% dopo lacquisizione
di Arezzo. Il Comune di
Vicenza titolare di un
terzo di questo 12%

edizione del 2017, vietassero in assoluto lingresso ai minori di 14 anni e lo


consentissero solo ai pi grandicelli se accompagnati. Questanno, in effetti,
queste indicazioni comparivano nella documentazione richiesta per preno-
tare liscrizione alla manifestazione. Questo per solo fino a qualche giorno
precedente la data di inizio, perch poi si verificato un cambio di rotta, che
suona come una beffa o un insulto verso la pubblica amministrazione vicen-
tina. Infatti, Italian Exhibition Group ha apportato delle modifiche in
corso dopera riammettendo i minori accompagnati di qualsiasi et. Sabato
4 febbraio nella pagina facebook di HIT Show si poteva infatti leggere che
il divieto di accesso ai minori di 14 anni era da attribuirsi ad un equivoco
dovuto ad uno spiacevole refuso.
Evidentemente ci saranno state delle pressioni da parte di gruppi con ca-
pacit di influenza maggiore rispetto a Comune e Provincia di Vicenza, che
ormai (siamo nel 2017) contano ben poco nelle decisioni del nuovo gruppo
gestore delle manifestazioni fieristiche, anche quelle in programma a Vi-
cenza. Parimenti ignorate le richieste di consistenti gruppi di cittadini, delle
loro associazioni e della Chiesa diocesana.
Sar stata la lobby dei cacciatori oppure quella di chi ripone interessi nella
liberalizzazione del mercato delle armi da difesa personale, sullonda magari
dellimitazione americana (sport nel quale primeggiamo sempre in Italia e
a Vicenza in particolare). Il clima in cui questo dietro-front della societ
organizzatrice maturato, si evince dalla lettura di alcuni commenti presenti
sempre nel sito facebook di HIT Show:
Questione divieto ingresso ai minori di 14 anni (poi in seguito ritirato!)
Saper ascoltare le varie parti dimostra intelligenza e attenzione alla pro-
pria clientela;
stupido e ridicolo che un Ente Fiera (commerciale) per chiss quali pro-
messe o minacce decida di assecondare farneticazioni di pochi antiarmi/
verdi/anarchici;
Mi piaciuto questo capire al volo lo sbaglio e rimediare in fretta!! 5
stelle come premio perch ascoltare le esigenze della clientela viene al
primo posto;
Assurdo il divietoa cosa servirebbe? per prevenire cosa? vi state tirando
la zappa sui piedi da soli!.
Che dire? Anche niente (parafrasando il commento di Vitaliano Trevisan

101
in calce al discorso di Hullweck per linaugurazione del teatro di Vicenza).

La balbuzie civica della citt si intensifica

Un clima generale che privilegi il bene comune nei confronti degli interessi
privati, che valorizzi la presa di posizione coraggiosa rispetto allindifferen-
za, in un contesto urbano, fondamentale per formare dei cittadini attenti,
solidali e attivi. A Vicenza, evidentemente, a complicare la gi balbettante
immagine che la citt offre ai suoi giovani in formazione, non bastavano le
due basi militari americane, gli sgorbi urbanistici ci mancava anche questo
tipo di manifestazioni. Vicenza ha bisogno di aria nuova e tutti i vicentini che
vogliono crescere i loro figli in un ambiente sereno, pacifico, solidale e co-
struttivo devono far sentire la loro voce in tutti i modi ed i contesti possibili.

PS - Finch scrivo, si viene a sapere che Trump vuol rivedere gli accordi
anti-atomici firmati nel recente passato e fomenta la sua opinione pubblica
verso il ritorno ad una America leader nucleare del mondo. Mala tempora
currunt !

Bibliografia
Per saperne di pi:
- Istituto di ricerche Internazionali ARCHIVIO PER IL DISARMO: Il commercio
internazionale di armi.
www.archiviodisarmo.it
- Primo Mazzolari: Tu non uccidere, Ed San Paolo 1991
102 GRANDI INUTILI OPERE
CRESCONO: PERCH
UN NUOVO OSPEDALE
A MONTECCHIO MAGGIORE?
Razionalizzazione dellesistente e risparmio dovrebbero
giustificare una nuova opera pubblica. Sempre.
Sono, questi, obiettivi raggiungibili dal progettato nuovo
ospedale di Montecchio Maggiore? Con i dati oggi disponibili,
le perplessit non mancano

CARMELO RIGOBELLO

I l giorno 28 gennaio 2016 stata posata tra i muri del


vecchio ospedale di Montecchio Maggiore la prima pietra per uno
nuovo, da costruire nella stessa area, metro pi metro meno: un ge-
sto simbolico che importante registrare come punto di partenza di
questo articolo al fine di conoscere e capire cosa questa prima pietra
simboleggia in termini di contenuti, di tempi e di risorse.
Daltra parte la presenza di tante autorit a questa posa, in primis il
governatore del Veneto Luca Zaia, sta a significare che non si tratta
di una piccola cosa ma di una grande opera: e cos si voluto
approfondire cosa contiene questo progetto, anche perch mala
tempora currunt per le finanze pubbliche, e inoltre larea vicentina
non di per s carente in quanto a numero di ospedali. Un esempio?
Nel trevigiano, dove risiedono circa 870 mila abitanti, gli ospedali con
pronto soccorso sono 6, nel vicentino sono 7 con 845 mila abitanti.

277 posti letto, otto piani, 33 mila metri quadrati

Quale nuovo ospedale viene previsto, dunque, a Montecchio Mag-


giore? Un ospedale per acuti con complessivi 277 posti letto (210
ordinari, 47 per attivit diurna e 20 di terapia intensiva), con gruppo
operatorio, gruppo parto e area dializzati su una superficie di circa
33.000 metri quadrati, con un impianto costruttivo su otto piani,
di cui due interrati. 103
Ecco il trucco: Arzignano praticamente scompare,
l solo ambulatori

Il nuovo ospedale deve assorbire in toto quello esistente ad Arzi-


gnano dove prevista per il futuro solo attivit ambulatoriale.
Dunque, si tratta di rovesciare lattuale situazione, che frutto di
una programmazione a livello regionale che risale agli anni 90: oggi,
infatti, lattivit ospedaliera concentrata in Arzignano, mentre a
Montecchio Maggiore la degenza ospedaliera riguarda due specialit,
loculistica e lortopedia, provvisoriamente mantenute in attesa di un
trasferimento definitivo ad Arzignano.

Fatti, antefatti e malizie

Lidea per un nuovo ospedale ha due concause iniziali: da un lato la


disponibilit comunicata dalla Regione di una somma da investire a
livello ospedaliero a favore della ex ULSS 5 pari a 28 milioni di euro;
dallaltra, una sorprendente (per la coincidenza) perizia tecnica che
dichiara lOspedale di Arzignano a rischio geologico. Dunque, se
non si vuole perdere questo regalo regionale (che in realt viene
da lontano, da una legge nazionale) e se vogliamo metterlo a frutto
nel centro dellovest vicentino (o per tutto lovest vicentino?) non
resta che pensare ad un nuovo ospedale: se non ci fosse alcun rischio,
sarebbe sicuramente pi sensato, per costi ed energie, completare
lospedale di Arzignano cos da concentrarvi anche loculistica e
lortopedia, magari ampliando il parcheggio (su unarea a tale scopo
gi prevista ma che, guarda caso, il Comune ha reso edificabile, no-
nostante lacclarato rischio geologico).
Si cominciano i passaggi formali (date, atti, cifre, tutti significativi
per chi vuole leggerli bene, vengono riportati in riquadri a parte) e
soprattutto si attiva la Conferenza dei Sindaci che d allunanimit
parere favorevole ad un nuovo ospedale di fronte alla pistola messa
sagacemente sulla tempia: o si perdono i soldi o si fa un ospedale
nuovo.
Tutto viene approvato, non su un progetto ma su una semplice idea
progettuale. E cos comincia, da un lato la caccia ad altri soldi, e
dallaltro si va a bandire un concorso per il progetto che viene vinto,
sulla base di una valutazione da parte di apposita Commissione, da
uno studio di Schio, associato ad altri studi/professionisti.

104 Nel frattempo si recuperano altri soldi e il progetto viene presentato


in Regione, dapprima per acquisire il parere della CTR (Commissione
Tecnica Regionale) e poi per il via da parte della Giunta Regionale.
Tutto procede regolarmente fino ad arrivare alla prima pietra e
quindi al primo appalto.

Il parere della Commissione Tecnica Regionale


I soldi stanziati solo per la scatola di cemento

Ma torniamo un po indietro, e in particolare al parere della CTR: c


un passaggio che apre una questione di enorme peso, finora mai resa
evidente. Al punto 6 della relazione-parere la Commissione cos recita:
Si rileva inoltre che il costo dellintervento di cui trattasi riferito
alla realizzazione della parte edilizia. Si evidenzia che lattivazione
della struttura e i costi di attrezzamento non sono ricompresi nella
stima segnalando alla Giunta Regionale quanto sopra per le pro-
grammazioni future.
Dunque, lo stanziamento di 50 milioni assicurato fino a quella data
serve solo a costruire una scatola i cui contenuti sono allo stato
attuale imponderabili per impegno finanziario e per tempistica: come
dire, si fa un nuovo ospedale condizionando lattuale rete ospedaliera
e i servizi territoriali della (ex) ULSS 5 senza sapere - o far sapere -
quanto coster lospedale funzionante (in base a parametri conosciuto
sembrerebbe almeno altrettanto), senza conoscere chi finanzier
la messa in funzione dellospedale stesso, e senza sapere, soprattutto,
quando ci sar possibile.

Sta partendo una nuova grande incompiuta?


Avete presente Santorso?

Alto rischio, dunque, di realizzare una incompiuta, chiss per quanti


anni, se non si trovano da subito i soldi. Se andiamo a vedere costi
di recenti ospedali di casa nostra (Santorso o Monselice-Este)
e la media di costo per posto letto, la caccia ai soldi ancora caccia
grossa, a meno che anche qui non si adotti la formula del project
financing che, visti i costi che si stanno di anno in anno pagando nei
citati ospedali (Santorso in primo luogo) vanificherebbe lobiettivo
peculiare dei cosiddetti ospedali unici, che quello di abbattere i costi
di gestione (anche con Valdagno, allora?).
Prima di chiudere questo primo tempo con le doverose domande che
ATTI DI PROCEDURA REALIZZAZIONE DELLA NUOVA STRUT-

105
TURA OSPEDALIERA ARZIGNANO E MONTECCHIO MAGGIORE

1.3.2013 Sottoscrizione Accordo di programma tra Mi-


nistero della Salute e Regione del Veneto con inserimento tra
i 19 interventi previsti dellintervento di Realizzazione nuova
struttura ospedaliera Arzignano e Montecchio Maggiore

28.2.2014 Aggiudicazione concorso progettuale con invio


alla Regione del progetto preliminare risultato vincitore come
da deliberazione del Direttore Generale n. 102

19.3.2014 Parere favorevole da parte della CRITE (Commis-


sione Regionale per gli Investimenti in Tecnologia e Edilizia

23.4.2014 Parere favorevole, con osservazione, da parte della


CTR (Commissione Tecnica Regionale)

10.7.2014 Approvazione del progetto definitivo da parte


della Giunta Regionale con deliberazione n. 405

24.7.2014 Ulteriore parere, con osservazioni, della CTR per


la 1^fase funzionale

17.12.2014 Consegna del progetto esecutivo Disciplina:


opere edili

16.6.2015 Approvazione con deliberazione N.395 del Di-


rettore Generale del progetto esecutivo e indizione gara 1^ fase
funzionale

28.2.2016 Posa Prima Pietra

22.3.2016 Stipula contratto con Ditta Guerrato Spa di Rovigo


vincitrice gara 1^fase funzionale delle opere edili

9.5.2016 Consegna lavori per un importo di Euro


20.188.670,57 da eseguire in 1050 giorni continuativi

25.3.2019 Termine consegna lavori edili 1^ fase funzionale


106
FINANZIAMENTI:

1.3.2013 Euro 25.870.103,32


(24.576.598,15 Stato + 1.293.505,17 Ulss)

10.6.2014 Assegnati dalla Regione con DGR 915 Euro


4.000.000

25.7.2014 Finanziamento 1^ fase funzionale pari ad


Euro 31.076598,15 (con ulteriore intervento
Azienda ex Ulss 5 fino a Euro 2.500.000,00)

29.12.2014 Anticipo della Regione di Euro 9.000.000,00


in attesa del contributo statale
(ex art.20. legge 67/1988)

Disponibilit economica complessiva:


Euro 40.076.598,15
tra assegnazioni e anticipazioni

unattenta lettura degli avvenimenti impone, ricordiamo due fatti: il


primo dato da due interrogazioni che il Movimento 5 Stelle regionale
ha formulato alla Regione ma che non hanno avuto ancora alcun ri-
scontro; laltro che dal 1 gennaio 2017 non esiste pi lAzienda ULSS
5 confluita in quella di Vicenza e oggi insieme costituiscono lAzienda
ULSS 8 Berica. Va dunque ricordato che se tra Arzignano e Montec-
chio Maggiore la distanza di 5 km, tra Montecchio e Vicenza di 12.

Domande senza risposta (per ora)

Ecco le domande che vogliono fare da sintesi a questo articolo per con-
figurare un quadro completo dellargomento sul prossimo numero.

La prima: come mai un ospedale nuovo a Montecchio Maggiore?


La domanda legittima ma anche intrigante perch evidente che
questa nuova scelta determina come conseguenza che tutti gli inve-
stimenti effettuati in questi anni nellospedale di Arzignano (nuovo
gruppo operatorio, nuova rianimazione, ristrutturazione reparti e
servizi, elipiazzola con volo diurno/notturno) verranno letteral-
mente buttati via.
Parliamo di decine di milioni di euro.
La seconda: esiste un documento (progettuale, tecnico, politico)
dal quale risulta quanto coster il nuovo ospedale di Montecchio, 107
funzionante ed attrezzato? Siccome sui giornali locali si continua a
dire che con 50/55 milioni si fa il nuovo ospedale, la curiosit sa-
pere come con cos poco si fa un ospedale, visti i ben pi cari costi
di altri nuovi ospedali.
La terza: quand che avremo il nuovo ospedale a Montecchio Mag-
giore, cio quando saranno chiuse le degenze ad Arzignano? Oggi si
dice che il primo lotto si concluder nel 2019. E cosa comprender,
visto che il citato parere della CTR non prevede lotti funzionali, ma
soprattutto quando sar tutto ultimato, previa debita copertura fi-
nanziaria?
La quarta: lospedale di Valdagno confluir a Montecchio Maggiore?
Unire solo Arzignano e Montecchio Maggiore non comporterebbe
rilevanti risparmi di gestione.dunque?
E se i conti non tornano (sul quantum per rendere funzionale
lopera), se non arrivano nuovi finanziamenti, ne usciamo magari
con una tassa di scopo?
108 ACHILLE VARIATI
DUE CAPOLAVORI:
IN UN COLPO SOLO
SMANTELLATO LASILO
DEGRADATO IL CONVENTO
E cco lesempio di un de-
grado davvero senza ragione
e che definirei semplicemente
cinico. Si tratta del degrado
di una delle poche aree nobili
rimaste nella nostra decaduta
citt, il convento di San
Rocco, fino ad un paio danni
fa adibito, quanto meno, a
scuola pubblica per piccini e
a sede di alcune associazioni
senza fine di lucro, e allepo-
ca svuotato da uno spietato
sindaco Achille - direi quasi
personalmente, perch la pro-
priet era a met fra Comune
e Provincia di cui il nostro
tuttora presidente - per far
posto ad appartamenti di lusso
tramite la sempre compiacente
Fondazione Cariverona.
QV si era interessata subito allatto degradante, denunciando uniniziativa tra
laltro priva dei requisiti di elementare correttezza politico-amministrativa
(ci fu un pasticcio nellapprovazione da parte del consiglio comunale: il
preliminare infatti obbligava il compratore a tenere lasilo; poi arriv la
delibera liberatrice; un pasticcio).
Fu nel 2014 che avvenne la transazione finale del complesso definito Polo

Sopra: lingresso accattivante del parco - garage del convento


Agor

di San Rocco, costituito dallex SFRATTATO L'ASILO


convento del 400 delle carmeli- 21
VOGLIONO FARE DELL'EX
109
tane di Santa Teresa, e diventato,
dopo le guerre napoleoniche, CONVENTO DI S. ROCCO
sede dellOspedale degli Espo- UN CONDOMINIO DI LUSSO
sti, ospizio per infanzia abban- La vendita del complesso dell'ex convento di San Rocco
da parte di comune e provincia di Vicenza alla Fonda-
donata e illegittima. Il cespite, zione Cariverona stato un percorso lungo, pieno di
errori, buche, agguati. Variati e la sua giunta cambiano
oltre allo stabile e ai chiostri, destinazione d'uso e modificano il piano particolareg-
giato del centro storico per consentire alla Fondazione e
comprendeva un parco dove do- a sue societ partecipate (edili) di costruire presto ap-
partamenti e uffici di lusso. Consentono, senza alcun
vevano essere fatti sorgere ben dibattito in consiglio, la costruzione di 80 garages (mi-
nimo) utilizzando il parco a due passi dalle mura stori-
80 garages a raso (con la Sovrin- che. Sfrattano l'asilo con un avviso in bacheca. La sto-
ria, iniziata con un preliminare catenaccio gi nel 2011,
tendenza che aveva senzaltro sarebbe passata sotto silenzio se non ci fosse stata una
lettera al giornale della madre di un bimbo. Il proble-
da eccepire perch c il vincolo ma non solo l'asilo. l'illegittimit dell'alienazione di
un complesso storico del '400, situato in pieno centro
di non edificabilit a meno di storico: uno scippo alla collettivit vicentina
PINO DATO
50 metri dalle mura del 300 l Storia di una 'pubblica' umiliazione
incombenti). QV nel numero
4/2014 si occup dellaffaire
con dovizia di particolari per
Q
semplice. La potremmo
UESTA UNA STORIA EMBLEMATICA ma
intitolare cos: come un ente pubblico, creato
con il voto popolare, istituito per fare linteresse della collettivit salva-
denunciare limpropria e incom- guardando il proprio migliore patrimonio esistente, si comporta molto
peggio di come si comporterebbe un privato per soddisfare il proprio per-
prensibile vendita di Comune La prima pagina del servizio su San Rocco
sonale interesse. Per inefficienza? No, ne cosciente. Per corruzione?
Non risultano prove a carico. Per ignavia? una buona traccia. Per inte-
e Provincia alla Fondazione apparso nel n. 4/2014 di QV
ressi nascosti dal groviglio o dallassenza delle poco trasparenti procedure

Cariverona, secondo uno spirito


chiaramente speculativo.
Il problema sociale riguardava CHIAMATELO LASILO 39
invece la conseguente decisione DEL BUON VARIATI
di sfrattare lasilo, mandando i
bimbetti ospitati dal convento
in una sede periferica e triste,
addirittura simbolica, area ab-
bandonata di ex ospedale psi-
chiatrico di San Lazzaro. Area
non proprio raccomandabile.
Ora ci riferiscono che non ci sono
ricchi acquirenti per la nobile
area. Che scoperta e che conclu-
sione! Era ampiamente prevedi- La vendita - speculativa, per far cassa - di un bene pubblico
prezioso come il convento di S. Rocco, in pieno centro
bile da subito. Questo in teoria storico a Vicenza, passata attraverso due aste deserte e un
positivo. Ma in negativo c il accordo pre-confezionato con Fondazione Cariverona, feudo
di molti ex Dc vicentini. obiettivo: appartamenti di lusso e
degrado. Provocato dal sindaco ben 80 garages a raso. Vittima sacrificale: un asilo nido,
trasferito demble da un centro vivibile ad uno invivibile,
e dal presidente della provincia via Genova e dintorni, dove vivono soprattutto degrado,
commerci illeciti, depressione, piccola criminalit
del medesimo capoluogo. Uno e PINO DATO
doppio. Il risultato questo: non
C
La prima pagina del servizio sul nuovo asilo
c pi lasilo, non si fanno gli ap- apparso nel n. 2/2016 di QV
hiamatelo lasilo del buon Variati. Nel numero 4 del 2014 di Qua-

partamenti (almeno per ora), e il derni avevamo raccontato con dovizia di particolari il percorso seguito, con
lostinazione che gli usuale, dal sindaco di Vicenza, Achille Variati, per

convento con chiostri del 400


pi degradato di prima.
LA LETTERA
110
Freda, il libro della moglie
e le bombe vicentine
Egregio Direttore,
le scrivo in merito allarticolo, a firma di Giorgio Marenghi, intitolatoRi-
costruita la genesi (anche vicentina) degli attentati ai treni,pubblicato
sullultimo numero di Quaderni Vicentini (n. 5/2016) a cui il periodico
ha riservato molto spazio e pure rilevante richiamo in copertina.
Mi preme sottolineare che, oltre ad alcuni trascurabili refusi, ad esempio
Cartiera Pavini di Rossano Veneto in luogo di Favini (cfr. p. 36) od il
nome di battesimo del socio di Ventura, Massari indicato come Bruno
invece di Antonio (nato a Torremaggiore il 27/4/1929), contiene anche
errori piuttosto gravi dal punto di vista della ricostruzione dei fatti
come ad esempio quando si presenta come un assunto acclarato la
presenza a Padova, la sera del 18 aprile 1969, del leader di Avanguar-
dia Nazionale Stefano Delle Chiaie, alla riunione in cui sarebbe stata
pianificata lescalation di attentati che si sarebbero succeduti nei mesi
successivi (cfr. p. 43). Circostanza che non ha trovato alcun riscontro
in sede giudiziaria.
A pagina 40 si scrive anche che lesplosivo utilizzato per la serie degli
attentati compiuti tra l8 e il 9 agosto 1969 proverrebbe da alcune cave
dalle valle del Chiampo, ma anche in questo caso la circostanza in
palese contraddizione con quanto emerso dalle indagini effettuate a
suo tempo e di cui peraltro si d riscontro in altra parte dellarticolo.
Lesplosivo sottratto nelle cave del vicentino stato infatti identificato
come ammonal in scaglie mentre quello recuperato sui treni era tritolo.
I materiali hanno composizione chimica diversa per cui non si possono
formulare dubbi su quanto rilevato in sede di repertamento.
Afferma poi a pag. 42 Marenghi: C sicuramente la presenza di un
vicentino che appartiene al gruppo Freda (ma stato assolto al processo
di Catanzaro in un modo molto pittoresco ) quindi niente nome. Poco
pi avanti appare invece citato esplicitamente, senza tutta questa cau-
tela, un altro degli inquisiti al processo di Catanzaro, Antonio Massari,
di cui s gi detto in merito al nome di battesimo attribuito.
Anchegli fu colpito dallo stesso capo di imputazione e poi assolto, dalla
presunta partecipazione agli attentati ai treni dellestate del 69, nella
sentenza emessa dal tribunale calabrese nel 1979 cos come lindagato
residente nella provincia berica.
La circostanza non pare conforme alla linea editoriale di Quaderni
Vicentini, rivista che s contraddistinta nel fornire informazioni do-
cumentate senza ossequio per i potenti. Peraltro il fatto che il soggetto
fosse stato indagato non presuppone certo unaffermazione di colpevo-
lezza, viceversa lautoncensura costituisce una mortificazione del legittimo
desiderio di conoscenza del lettore.

111
Se volesse approfondire questi temi mi permetto di consigliare la lettura del
romanzoNon ci sono innocentiscritto da Anna K. Valerio e Silvia Valerio,
pubblicato dalle Edizioni Ar, casa editrice di cui fondatore Franco Freda.
Interessante perch rappresenta una ricostruzione degli eventi provenien-
te da persone molto vicine alleditore padovano, le autrici sono infatti la
moglie e la cognata, ed illumina su circostanze che gli accusati non hanno
avuto certo linteresse ad approfondire in sede giudiziaria.
Personalmente ritengo lopera apprezzabile dal punto di vista letterario
ma significativa soprattutto per i riferimenti presenti nel libro a molti
personaggi, sia pur citati con pseudonimi, di cui non difficile cogliere
lalter-ego reale. Scrivono infatti le autrici nel risvolto di copertina: la
storia vera di Freda, di Ventura e dei membri dei loro gruppi tra il 67 e il
69. Rilevanti, solo per fare un esempio, sono le circostanze e le persone
intervenute alla fantomatica riunione di Padova del 18 aprile 1969 o la
ricostruzione dellattentato allo studio del rettore dellUniversit di Pado-
va, Enrico Opocher avvenuto 3 giorni prima. Tenuto conto dei riferimenti
anche a personaggi e avvenimenti vicentini il libro meriterebbe forse una
recensione per la sua testata.
Confidando nella pubblicazione della presente, resto a disposizione per
chiarire anche di persona quanto sopra riportato.
Cordiali saluti
Roberto Fontana - Vicenza

Risponde Giorgio Marenghi, autore del servizio

Signor Roberto Fontana,


se parliamo di Ammonal parliamo di Ammonal. Era tritolo invece? Ne
prendo atto. Cosa c di strano? Vuol dire solo che dalla santabarbara di
Ordine Nuovo uscito un quantitativo di Vitezit o di gelignite o di tritolo. Io
di sicuro quel giorno non cero nello scegliere con maniacale cura la marca
giusta di esplosivo. Cera il nostro precisissimo lettore vicentino? Non credo
proprio. Quanto a Massari, era lamico di Ventura, socio nei meandri della
costruzione della Litopress, la baracca editoriale servita alla cellula Freda-
Ventura per accalappiare lex-partigiano marxista-leninista Alberto Sartori,
allora bisognoso di soldi.
Per quanto riguarda lappunto del sempre meticolosissimo lettore vicentino,
il fatto che io abbia trascurato il nome di un sodale di Franco Freda e che
abbia parlato invece di Massari spiegato per la vicinanza e coinvolgimento
relativo alla vita cittadina (e quindi anche della rivista Quaderni Vicentini)
dello sconosciuto (e assolto) amico di Freda.
Di Massari non ho scritto che fu un delinquente assassino ma che fu coinvol-
to (suo malgrado?) in tutti i maneggi editoriali o non di Giovanni Ventura.
Massari era di casa a Castelfranco Veneto e conosceva bene la sorella Ma-
riangela, e i relativi discorsi. Quando la sorella Mariangela disse a Quaranta
e Franzin (la coppietta di marxisti-leninisti di Padova che si intestardirono a
garantire lassoluta purezza di ideali di Ventura nonostante evidenze sempre
pi gravi in corso di istruttoria) che per Massari fu facile scendere dal treno

112
Roma-Venezia e mettere una bomba su un altro treno diretto a Milano non
ho riferito una sciocchezzuola.
Massari stato assolto? Buon per lui. Ma aggiungerei un piccolo particolare:
la frase stata raccontata perch cos appare nei verbali di interrogatorio.
Vogliamo cancellare i verbali dello Stato? Per il diritto alloblio? La frase
entrata nella storia parallela e giornalistica dei processi alla cellula nera. Che
poi il nostro lettore si attacchi sempre alle necessarie assoluzioni, dico solo
che anche Freda e Ventura sono stati assolti (poi la Cassazione, per rimediare
allenormit, afferm che erano colpevoli ma che non si poteva fare pi niente
perch la legge fatta cos, uno schifo in pratica) pur essendo colpevoli.E
le posso assicurare, carissimo lettore meticoloso, che anche lo sconosciuto
di Vicenza, amico di Freda, stato assolto perch il potente di turno, cio il
padre, riusc a far valere i suoi rapporti strettissimi con certa magistratura.
Adesso passiamo alla sua tirata pubblicitaria sul libro-romanzo Non ci sono
innocenti. Io lho letto questo libro, per dovere. Se faccio il giornalista, lo
devo fare. Anche questa volta lho fatto come per tanti altri libri. Ma mi
rimasto uno schifo in bocca. Invece sembra che lei, caro lettore vicentino
meticolosissimo, non abbia questo problema. Lei in realt ha sposato in
toto la versione (di destra estrema) del libro e non stato colto da nessun
disgusto, neanche per il titolo. Infatti cosa significa: Non ci sono innocenti?
Lei mi dice che il romanzo, con tutti i suoi pseudonimi che fanno cortina
fumogena, una storia romanzata ma reale di Freda e di Ventura.
Non ci ho messo tanto a capirlo. Ho letto per bene (avventure erotiche a
parte, che sono patrimonio letterario delle due biondissime signore im-
parentate con Freda) tutte le avventure di questi poveri giovani (di estrema
destra) sempre alle prese con depositi di armi, di esplosivo, ho letto anche
le pseudo-motivazioni nichiliste, il complesso della sconfitta e lo schifo
per la democrazia. Le due signore non hanno avuto ritegno, nello scrivere
il romanzo, di toccare una ferita inferta a tutta Italia e in particolare alla
citt di Milano. Perch scrivere di Giulio, o lAutocrate (cos nel libro viene
ribattezzato Franco Freda, il nazista di Padova), significa parlare di Piazza
Fontana. Cos per Cavallante (Giovanni Ventura), o per il vecchio
(Marco Pozzan) e cos anche per tanti altri, compreso lamico vicentino di
Freda, sullo sfondo ci hanno messo anche lui.
Alla fine di questa sua lettera lei in questa maniera ha preso, nonostante
lo stile pseudo-neutrale, posizione. In un modo che spiega anche la sua
sensibilit per certe inesattezze o per certi coinvolgimenti. Ma lei doveva
essere pi diretto, criticare senzaltro il sottoscritto, che non certo infal-
libile, ma presentarsi. Avrei preferito che mi dicesse: Sono un fascista o
un simpatizzante, per me Freda innocente, benissimo ha fatto la moglie a
scrivere il romanzo Non ci sono innocenti.
Come vede, la guerra civile del 1945 non affatto finita, c (e lei lo di-
mostra anche se nella lettera non preme il grilletto) chi ancora sensibile
alle sirene di un certo anarchismo di estrema destra, quellarea politico-
criminale che ha fatto saltare in aria (a pezzi) 17 persone (innocenti?) quel
pomeriggio del 12 dicembre 1969.
GLI AMERICANI DI PARISE 113
LUNICO ORIGINALE
IN BERTOLIANA
ECCO LE PROVE
Dario Borso, studioso dellopera parisiana, ci ha inviato un
saggio esemplare che illumina di luce definitiva la vicenda de
Gli Americani a Vicenza, il racconto lungo di Goffredo Parise
che aveva trovato un importante progresso filologico nella
stampa curata da Domenico Scarpa per Adelphi, con linseri-
mento del capitolo settimo, mancante nelle precedenti versio-
ni, e invece presente nel dattiloscritto originale regalato da
Pino Dato alla Biblioteca Bertoliana nel 2002. Dario Borso
dimostra, con ricchezza di riscontri filologici, che la versione
rappresentativa della volont di Parise quella presente in
Bertoliana a Vicenza, mentre quella adelphiana nasce da
una copia carbone a suo tempo smarrita dal grande Edo.
DARIO BORSO *
1. Nella fresca riedizione adelphiana de Gli americani a Vicenza, il curatore
Domenico Scarpa afferma: fu lo stesso Parise a dichiarare di aver composto
il racconto nel 1956, benche la data debba probabilmente slittare di un anno.
Ma accaddero di certo nel 1956 i fatti che lo ispirarono1.
In realta i fatti che lo ispirarono accaddero di certo nel 1957 e quindi la data
di composizione del racconto altrettanto di certo slitta di almeno un anno. Su
Il Giornale di Vicenza del 5 marzo 1957 infatti, usci a firma F.M.R. (ossia
Fazio Maria Ripari) un pezzo recante a titolo Ieri il fungo non si e visto:

1
G. Parise, Gli Americani a Vicenza e altri racconti 1952-1965, Adelphi, Milano 2016, p. 201.
In una premessa alla seconda edizione de Gli Americani a Vicenza (Scheiwiller, Milano 1966)
lautore in effetti aveva dichiarato: Questo racconto fu scritto nel 1956 a Vicenza, mentre ero
ospite di mia madre e osservavo le truppe americane della SETAF.

* Lautore docente di Storia della Filosofia all'Universit degli Studi di Milano.


Che ora e?
Manca un minuto, anzi, quaranta secondi.

114 Allora ci siamo.


Potevamo portare gli occhiali da sole, chissa che bagliore!
Piu che il bagliore credo che possano essere nocive le onde durto dellesplo-
sione. Converra tenere la bocca aperta, come fanno gli artiglieri quando
sparano.
Sintromette un terzo: Veramente io faccio le 14,32, e ho rimesso loro-
logio con segnale orario delle 13. Lho rimesso apposta.
Gia, ho limpressione anchio che stiano tardando, forse la carica ato-
mica...
Ma che carica atomica, e unesplosione atomica che di atomico non ha
che il fungo...
E le par poco, un fungo di quelle dimensioni?
Dialoghi di questo genere sono corsi ieri tra la piccola folla che era salita
al piazzale della Vittoria per assistere con visione panoramica da cine-
mascope allannunciata esplosione di una carica atomica che doveva
aver luogo alle 14,30 al campo daviazione Dal Molin. Famiglie intere,
comitive da pic-nic, salite fin lassu con auto e moto per non perdere uno
spettacolo che si annunciava, se non proprio sensazionale, certamente
insolito. Persino un pittore sera installato sul piazzale: montato il caval-
letto e aperta la scatola dei colori sera dato furiosamente a dipingere il
panorama della citta, pronto a schizzarci sopra il fungo appena questo
fosse comparso. Un fungo di quel genere non si inventa, bisogna vederlo
per dipingerlo. Alle 14,55 il fungo aveva gia macchiato la tela. Un fungo
grigiastro, anzi una macchia grigiastra, livida, come uno sbruffo di
talco sporco. Il pittore sera stufato di aspettare, lesplosione era stata ri-
mandata per avverse condizioni atmosferiche. Cera infatti un tantino
di nebbia.
Un po alla volta i vicentini accampatisi nel piazzale della Vittoria hanno
preso la via del ritorno, delusi e seccati. Lo spettacolo era stato riman-
dato alla prima giornata di sole, forse domani stesso, alla medesima
ora ci hanno informato dallaeroporto. E a nostra volta abbiamo ripe-
tuto linformazione per un centinaio di volte durante tutto il pomeriggio,
rispondendo alle telefonate dei lettori.

Il giornalista riprese la penna quattro giorni dopo per segnalare:

Ieri pomeriggio poca gente era tornata al piazzale della Vittoria. Tutti, piu
o meno, pero saspettavano di udire alle 14,30 il boato dellesplosione, se
non addirittura di vedere il fungo mostruoso prendere quota nel cielo della
citta. Alla delusione della prima attesa se ne aggiunta cosi una seconda.
[...] e stato un aviere che ha fatto esplodere un candelotto fumogeno collo-
cato sul prato. Il candelotto se alzato sibilando, con una detonazione cosi
modesta che pochi, per non dire nessuno, lha avvertita in citta. Si son viste
fiamme, un gran fumo nero che ha preso quota, espandendosi rapidamente.
A 70 metri di quota la carica chimica si e esaurita, il fumo ha cominciato 115
a disperdersi, rapidamente.

Il secondo capitolo degli otto


che compongono il racconto
lungo di Parise suona invece
cosi:

Il giorno seguente avvenne


lo scoppio atomico. I giornali
avevano dato lannuncio e
la cittadinanza ne parlava
impaziente. Una folla di au-
tomobili e di gitanti si diresse
sulle colline per poter osser-
vare dallalto il fenomeno.
Si ebbero ripetute assicurazioni che il fungo atomico era assolutamente
innocuo: doveva levarsi dal campo di aviazione ed innalzarsi oltre le
colline, coprendo case, campi e boschi sotto un ombrello di fumo candido.
Le colline e il piazzale che sovrastavano la citta erano zeppi di curiosi fin
dal mattino. Ritrovai un mio amico di scuola, gelataio: oltre al carrettino
del gelato si era fornito duna quantita di palloncini multicolori e di un bi-
nocolo da marina che aveva appostato su un treppiede in posizione felice;
lo affittava a cinquanta lire per posare locchio due minuti. Incontrai il
fotografo Diotisalvi, un vecchio ritrattista di famiglie borghesi, con gran-
de e bilingue barba bianca, intento a manovrare la macchina aiutato dal
figlio. Non aveva smesso la marsina e, in attitudine pensosa e artistica,
come nel momento di scattare una foto di famiglia, cacciava di continuo la
testa nel sacco di tela nera con cui aveva coperto la macchina fotografica.
Continuava a rimproverare il figlio un ragazzone timidissimo di essere
un buono a nulla e questi a un certo punto, agli umilianti rimproveri di
Diotisalvi, tutto rosso e piangente di rabbia prese a scrollare limpalcatura
della macchina con gran pericolo e strilli del padre.
Molte jeeps della polizia sostavano qua e la, un carabiniere in alta te-
nuta e occhiali da sole stava immobile accanto al palo della bandiera.
La folla si ammassava sempre piu numerosa, i frati proprietari dei luo-
ghi, di solito rigidi e inospitali, avevano aperto cordialmente i cancelli del
giardino e dei parchi e ora serano uniti ai gitanti: chi seduto sullerba,
chi sparso nei prati, a ridere, a pizzicarsi, a rincorrersi. Mancava unora,
forse quaranta minuti allo scoppio atomico quando il tempo, gia insta-
bile e afoso, muto di colpo. Il cielo calo plumbeo sulla collina, la foschia
invase la citta nascondendo il campo daviazione da dove sarebbe salito

116 il fungo. Uno dei palloni del gelataio scoppio, gli altri si afflosciarono.
Trascorsero mezzora, quaranta minuti, cinquanta, unora: una pioggia
sottile come rugiada comincio a scendere lentamente sul piazzale, su
colline e parchi. I palloni si posarono lucidi sul tetto del carrettino dei
gelati, la barba del fotografo Diotisalvi e i suoi lunghi capelli dartista
divennero presto la pelliccia gocciolante di un cane. I frati, finito di
rincorrersi e di pizzicarsi, serano coperti col cappuccio. Passo unora
e mezza e la folla si mosse rabbiosa e lenta; alcuni si diressero verso il
santuario per ripararsi dalla pioggia, altri verso la citta, il capo coperto
con fazzoletti annodati. Una lunga fila di automobili scese lentamente
strombettando e sorpassandosi. Alla curva il cieco suonatore di armo-
nium fu investito e ruzzolo per alcuni metri insieme al cassone e ai suoni.
Lo scoppio atomico, rimandato a causa del tempo, avvenne alle quattordici
del giorno successivo: una nube di proporzioni modeste, a forma di fungo,
bianca e vaporosa in superficie, dallo stelo rossastro, si alzo in silenzio dal
campo di aviazione svaporando nel cielo sereno in 6 minuti.

Il recupero della fonte, ribadito da altre coincidenze tra capitoli degli Ame-
ricani e cronache del Giornale
2
di Vicenza, chiarisce il modo di procedere,
ovvero la poetica di Parise ; ora pero conviene concentrarsi sullo slittamento
di un anno della data di composizione, e sugli effetti ermeneutici chesso
comporta.

2. De Gli americani a Vicenza la Biblioteca Bertoliana conserva un datti-


loscritto dellestate-autunno 1957 corretto mesi dopo con laiuto dellamico
Mario Monti e recapitato il 20 giugno 1958 (come si deduce da un timbro
dellufficio-pagamenti della Garzanti sul retro) alla redazione del mensile
LIllustrazione Italiana, dove usci in agosto privo pero del settimo capitolo
(che nel dattiloscritto e barrato a matita e preceduto da un RIPRENDE
CON LA CARTELLA 31 battuto con macchina diversa)3 .
2
E conferma le considerazioni di Giacomo Debenedetti contenute nella motivazione del Pre-
mio Viareggio 1965 per Il padrone: Parise e tra noi lunico legittimo erede di Kafka. Non ne
ha ripetuto la fiaba e, secondo alcuni (cito una conversazione con Pasolini), ne ha addirittura
capovolto i procedimenti, nel senso che Kafka rende reale una materia psichica e di sogno,
mentre Parise fa il contrario. Del resto Parise stesso avrebbe poi dichiarato: Per me repor-
tage e romanzo nascono nello stesso modo, da unidea, che da principio e molto semplice,
magari una piccola notizia letta su un giornale, in M. Cancogni, Lodore casto e gentile della
poverta. Conversazione con Goffredo Parise, La fiera letteraria, 22 agosto 1968.
3
Il dattiloscritto consta di 34 cartelle numerate, mancanti di quelle che saranno le tre pagine
iniziali del capitolo primo, evidentemente aggiunte da Parise in extremis (nelledizione Adelphi
a pp. 25-27). Gli interventi di Monti, che Parise in gran parte approvo non cassandoli, sono
distinguibilissimi da quelli di Parise per la grafia; inoltre il dattiloscritto reca sette pecette (tre
purtroppo disperse) in cui Parise corregge i suggerimenti di correzione montiani preceduti da
toglierei con un togliere indirizzato alla redazione. Sulla collaborazione tra i due cfr. T.
Parise, dopo aver ripubblicato il racconto per Scheiwiller nel 1966, nel 1970
lo inseri in unAntologia del Campiello finalmente completo poiche, come
avverti nella premessa, il capitolo perduto e stato ritrovato. In realta, a
venir ritrovato non fu il dattiloscritto originale, che il giornalista Pino Dato 117
avrebbe donato alla Bertoliana nel 2001 dopo averlo tenuto inconsapevol-
mente in casa per oltre quarantanni 4, ma una sua copia-carbone, sicche
lAntologia non riporta le correzioni al capitolo settimo della primavera 1958
(ventisei riguardanti punteggiatura, lessico e refusi, e una la soppressione
di un lungo brano ridondante).
Tutte queste vicissitudini hanno creato piu di un inghippo: ad es., nel settimo
capitolo del dattiloscritto originale Parise introduce un Azerbagian, ladro
e ricattatore che ricompare nellottavo giustamente senza piu qualifica;
sullIllustrazione Italiana invece, mancando il capitolo settimo, Azerbagian
compare una volta sola, senza qualifica; accortosene, Parise rimedio aggiun-
gendola nelledizione Scheiwiller, ma cosi sullAntologia, comprendente il
capitolo settimo, Azerbagian compare munito due volte della stessa qualifica!
E non era finita. Subito dopo la morte di Parise infatti, lerede Giosetta
Fioroni e il critico Cesare Garboli allestirono una ristampa degli Americani
senza il settimo capitolo poiche,
5
pur intimi dellautore, ignoravano lesistenza
dellAntologia veneziana . Alla svista ha rimediato ora infine Scarpa; solo
che, sancendo la versione presente nellAntologia come conforme allultima
volonta dellautore, ha giudicato superfluo consultare per il capitolo settimo
il dattiloscritto corretto della Bertoliana che, rispetto alla copia-carbone
frettolosamente pubblicata da Parise, testimonia di uno stadio compositivo
piu avanzato (col risultato che nella ristampa Adelphi troviamo tubi al neon
che lampeggiano invece di campeggiare contro il cielo, risucchi daria rom-
banti le orecchie invece che alle stesse, portelle dauto invece di portiere6,
appostamenti vicino dellauto, quando negli7 altri quattro passi in cui
vicino regge qualcosa, e sempre solo il dativo ). Ecco il capitolo corretto:

Rimini, Lavventura editoriale di Goffredo Parise, Nuovi Argomenti, luglio-settembre 2011,


pp. 84- 98. A Monti, pure lui scrittore e titolare della Longanesi presso cui a inizio 1957 stesso
era passato dalla Garzanti, Parise chiedera lanno dopo di correggere il romanzo Amore e fervo-
re, cfr. N. Naldini, Il solo fratello: ritratto di Goffredo Parise, Archinto, Milano 1989, p 34.
4
La vicenda e ricostruita in P. Dato, Vicentinita: il manoscritto ritrovato, Goffredo Parise, gli
Americani a Vicenza, Dedalus, Creazzo 2007.
5
Cfr. G. Parise, Gli americani a Vicenza e altri racconti 1952-1965, Mondadori, Milano 1987.
LAntologia del Campiello era nota invece ai lettori, stante la sua presenza anche in diverse
biblioteche pubbliche, soprattutto venete.
6
Correzione di Monti. Cfr. I. Crotti, Per uno studio delle varianti in Goffredo Parise: la tri-
plice redazione de Il ragazzo morto e le comete e La grande vacanza, in Studi nove-
centeschi, IV, n.12, novembre 1975, pp.299-311 (ripreso in Ead., Tre voci sospette: Buzzati,
Piovene, Parise, Mursia, Milano 1994), che sottolinea il progressivo abbandono dei termini
dialettali.

7
Segnatamente: vicino alle stazioni,cap. I, p. 26, r. 5 Adelphi; vicino al pozzo, cap. I, p.
27, r. 11; vicini al punto, cap. I, p. 30, r. 6; vicino al morto, cap. III, p. 34, r. 27.
Da circa venti giorni ogni sera una Chevrolet di color scuro, pesante e mal
tenuta, sostava in prossimita delle macerie dellantico teatro Eretenio, per

118 ripartirne di li a poco, veloce. Dagli anfratti delle rovine sepolte derbe e
di salici intricati sorgevano in quei pochi istanti di sosta alcune figure di
giovani che, a rapidi balzi lungo i cornicioni e le crepe, si appressavano
allautomobile e vi si infilavano agili, con fischiettii e risatine; quindi la
Chevrolet ripartiva silenziosa in direzione dei colli. Avevo gia notato
quellauto scivolare veloce lungo le strade, rallentare o sostare in vicinanza
di cantieri edili appena rischiarati da un lumino rosso, nei pressi di case in
costruzione e di rovine periferiche; una sera quella stessa Chevrolet sosto
per circa quindici minuti ai piedi del Seminario Vescovile, infilata nelle
erbacce della zona di scarico. Da un pertugio alto una diecina di metri e
come rientrante nelle massicce vecchie mura delledificio, era calato un
biglietto come una farfalla bianca, giu tra le felci selvatiche sorgenti dai
detriti. Senza rumore e forse gia nascosto nel folto, il guidatore lo raccolse
e riparti. Lo seguii a distanza con la mia Topolino. Egli si diresse verso le
mura del vicino cimitero israelitico, discese costeggiandolo e spari lungo le
sponde sinuose di un canale di irrigazione. Proseguii a piedi per raggiun-
gerlo senza essere visto: giunto in vicinanza dellauto quasi strisciando,
lentissimamente presi a sbirciare nellinterno: un giovane, per quel che
potevo vedere nel buio di quel quarto di luna, sui sedici o diciassette anni,
vestito da dArtagnan, o giu di li, con un gran cappello piumato, dormiva.
Ritornai rapido e sempre curvo alla mia automobile e a fari spenti attesi.
Era quella, dove sostavo, una via di circonvallazione ancora in disordine
e illuminata qua e la a lunghe distanze da tubi al neon che campeggiava-
no contro il cielo scuro come sottili aste fosforescenti e senza riverbero.
Chiunque si fosse addentrato a destra o a sinistra di quella via, nei campi,
nei depositi di ferri vecchi appena cintati di filo spinato o lungo il canale di
irrigazione alle spalle del cimitero israelitico, avrebbe potuto, a pochi metri
dalla via di circonvallazione che corre su un dorsale a terrapieno, rimanere
nellombra piu fonda, nascosto, e nel medesimo tempo a portata di strada.
E poiche, ai due lati di questa, scorrono canali e canaletti intricati le cui
direzioni e anse son note solo a chi le conosce per avervi pescato o nuotato
o fatto saltare delle cariche per intontire le anguille, limpressione, per chi
transita sulla strada e che non vi si possa scendere a causa del-
le acque che sembrano lambirla parallele da entrambi i lati.
Trascorse quasi unora prima che qualcuno apparisse dallombra. Grossi
camion passavano sulla strada a veloce andatura, i teloni bagnati duna
pioggia caduta lontano, forse nel Friuli o a Trieste, provocando risucchi
daria che rombavano alle orecchie. Silenziose e leggere alcune biciclette
dal lumino abbagliante andavano verso la campagna costeggiando le
mura della citta e la grossa mole dAlcazar del Seminario Vescovile, sepolta


nelloscurita dei ritiri spirituali. A quellora forse anche i passi del padre
lettore serano spenti nei corridoi; nelle lunghe camerate a volta, confusa nel primo
sonno incerto tra le immagini della realta e quelle baluginanti della preghiera, si
muoveva forse in passi appena pronunciati la figura esile di S. Ignazio Maria 119
de Liguori, o quella, possente come i suoi quattro volumi, del padre Alfonso
Rodriguez, rivestito dumilta contro le tentazioni. O forse un chierico solo
(quello del biglietto lanciato dal pertugio), a piedi scalzi e il cuore in tumulto,
raggiungeva correndo il suo letto
di ferro, vi si infilava tremando
e non riusciva a prendere son-
no, tali e tanti erano i tormenti
dellanimo.
Trascorsa dunque quasi unora,
durante la quale mera parso di
udire sbattere la portiera dellau-
tomobile e un fruscio lungo le
sponde del canale, udii accen-
dersi il motore e in pochi istanti
la Chevrolet fu sulla strada.
Lamericano accese i fari, appe-
na in tempo per illuminare in pieno la mia Topolino che stava per ripartire
lenta: ci fu da entrambe le parti un attimo di esitazione: lamericano spense
i fari, io pigiai sullacceleratore, inutile manovra dal momento che dovevo
voltare. Poi i fari si riaccesero, lauto sali dallombra forzando sul motore
e scivolo via silenziosa sulla strada. 8
8
Qui cadeva il passo ridondante cassato da Parise nel dattiloscritto: Forse lamericano aveva
notato in precedenza la mia auto seguirlo o, stando nelloscurita del suo buco, ne aveva
distinto la sagoma contro le luci che salivano vaporose dal centro. Non avevo calcolato
appunto questo: mentre egli sera appostato in un luogo completamente allombra, oltre il
quale si chiudeva il buio delle campagne e per di piu al di sotto del livello stradale, al contra-
rio io avevo fermato la mia Topolino proprio sul lato opposto della strada e quindi al limite
di un terrapieno relativamente alto rispetto al piano della citta incapucciata dallalone lu-
minescente. E li ero rimasto quasi unora, aspettando chegli sorgesse dal suo nascondiglio.
Ma poiche, che se ne fosse accorto o meno, o che lo sospettasse soltanto, oramai mi trovavo
anchio sulla sua strada, lo sorpassai sempre tenendolo docchio. Tentai questa manovra
in un crocicchio illuminato perche volevo accertarmi di un sospetto che mera venuto al
momento di ripartire. Distrattamente non avevo pensato che sarebbe stato piu opportuno e
avrei ottenuto molto di piu stando nascosto nel folto dellerba in prossimita dellauto anziche
fermo e lontano nella mia Topolino. E che, in ogni caso, avrei potuto osservare da vicino e
con maggiore probabilita visiva cio che succedeva laggiu anziche attendere, senza vedere
nulla, che la Chevrolet salisse sulla strada per poi seguirla. Infatti laggiu, nei meandri del
cimitero israelitico e di tutti quei canali, avrebbe potuto succedere ogni traffico, del tutto al
riparo dei miei occhi: una sostituzione del guidatore (che avevo osservato solo di sfuggita)
o un camuffamento, (il costume da moschettiere del ragazzo giustificava questa supposizio-
ne) o la sparizione del ragazzo che magari era andato a casa, o a letto, o abitava da quelle
parti (ma cosi vestito?) o laggiunta di nuovi ospiti nellauto provenienti dalla campagna
(ma come? attraverso i canali di irrigazione o dallinterno stesso del cimitero israelitico?).
Laltro lungo passo cassato da Parise per ridondanza era al cap. I (p. 30, r. 30 Adelphi), e
dunque assente in tutte le edizioni: Il suo gioco era freddo e quasi meccanico ma estrema-
Allincrocio sorpassai: guardando nellinterno della Chevrolet vidi che il
ragazzo vestito da dArtagnan non cera piu. Lamericano era solo al vo-

120 lante e mi parve tutto fradicio, come uscente da un fiume. Accelerai ancora
e girai in una viuzza laterale; lasciai correre silenziosa lauto americana
e, di nuovo, a lunga distanza, la seguii. Risali rapida lungo tutti i viali di
circonvallazione lasciandosi alle spalle il centro della citta. Giunta allal-
tezza degli archi della stazione ferroviaria diminui notevolmente landa-
tura e prese a girare lentamente intorno al piazzale, sostando qua e la
nei posteggi. Questi giri durarono pochi minuti. Lorologio della stazione
segnava le 0,40 allarrivo della Chevrolet, scattarono quattro minuti, poi,
dopo aver costeggiato lentissima il marciapiede, lauto riparti veloce in
direzione delle colline. Alle 0,43, proprio quando la Chevrolet scivolava
lungo lorlo del marciapiede, a passi rapidi, nervosi e apparentemente
disattenti, col naso allinsu a fiutare, e lombrello al braccio, dalle porte
vetrate della stazione usci Azerbagian, ladro e ricattatore. Lancio un
rapido sguardo nellinterno della Chevrolet, con quei suoi passi sventati
passo dietro lauto e attraverso spedito il piazzale senza voltarsi. Fu in quel
momento che la Chevrolet riparti verso le colline: un momento prima o un
momento dopo il guidatore e Azerbagian non avrebbero potuto vedersi a
meno che questultimo non avesse camminato, cambiando la sua direzione,
in modo da attraversare la strada allauto. E fu il lampo di scimmia finta
e svagata che vidi negli occhi di Azerbagian a persuadermi che anche li,
anche nellinterno della Chevrolet e anzi in tutti i suoi giri egli in qualche
modo (quale non so) doveva avere la sua parte.

3. Quanto al resto, ledizione Adelphi riproduce quella mondadoriana, com-


presa una Nota introduttiva datata 3 aprile 1987 di Garboli che inizia:

Questo volume di racconti e per meta un libro dautore e per laltra meta

mente preciso. I due contadinotti, che tutti conoscevano per due campioni di scopa, presi
dal gioco bestemmiavano calando la carta sul tavolo con grandi pugni di cui lamericano
sorrideva. Furono portati litri di vino, lamericano era anche disposto a offrire tutto lui
nonostante vincesse in modo sbalorditivo ma la testardaggine dei due avversari lo obbligo
a continuare il gioco. Trascorse poco tempo che anche lamericano si accaloro mandando al
diavolo i compagni che gia stavano rigonfiando le tute, in procinto di tornare nei boschi e
nelle valli. Stavolta fu lui a perdere varie battute e si dovette ingoiare da Toni Mona quattro
scope una dietro laltra. Divenne furioso: batteva le carte con pugni secchi sul tavolo, beveva
avidamente il vino schioccando la lingua, divento tutto rosso e prese a sudare. Usci fuori
qualche bestemmia, infine sorse un litigio tremendo tra lui e il suo compagno di gioco Bepi
Arlesega a causa di un asso e di un sette. Il gioco minacciava di protrarsi fino al mattino,
il signor Mario padrone del bar essendo un patito di scopa. Senonche i due negri che erano
usciti ricomparvero con un globo che doveva essere un superiore e che sollevato lo scafan-
dro chiamo con parole dure lamericano al tavolo da gioco. Questi rispose di aspettare un
momento poiche era lultimo giro e il superiore ribatte seccamente che se era per un solo
giro bene, ma non di piu.
una raccolta postuma, curata dalleditore. La morte ha voluto cosi. Esi-
steva un progetto tra Goffredo Parise e Alcide Paolini, gia concordato
[...]: tuttavia, la scelta dei racconti non e una scelta dautore; essa e stata
discussa da Giosetta Fioroni,9 da Natalia Ginzburg e da altri amici, tra i 121
quali chi scrive questa nota.

Nel 1990 Garboli ripubblico la nota, variandola in avvio:

Meta realistico e meta fantastico, il racconto che da il titolo alla raccolta


era stato gia edito da Parise, in volume, nel 1966, ma scritto dieci anni
prima, nel 1958, e pubblicato nellagosto di quellanno sulla nota rivista
di Garzanti LIllustrazione italiana. Gli americani a Vicenza e [...] uno
di quei racconti, nella vicenda di uno scrittore, di cerniera, che chiudono
una fase di stile e la liquidano: la fase veneta, provinciale, giornalistica
del Parise di dopo Il ragazzo morto e le comete. Si capisce come Parise,
negli ultimi anni di vita e di malattia, progettasse di far ruotare intorno
a quel racconto, come intorno a una polare, tutta quella manciata di el-
zeviri dambiente veneto, picaresco, provinciale, mai raccolti in volume,
che egli aveva mandato tra i Cinquanta e i Sessanta alle redazioni di
quotidiani e riviste, al Resto del Carlino e al Corriere dinformazione.
Ma il volume ideato da Parise, per le cure generose di Giosetta Fioroni e
Alcide Paolini, usci ugualmente.10

Specificando, Garboli commette piu di un errore: innanzitutto il nostro


racconto non chiude affatto la fase veneta, seguito come dal romanzo
dambiente vicentino Amore e fervore, scritto nel 1958 e pubblicato lanno
dopo da Garzanti; in secondo luogo, i racconti veneto-picareschi (parec-
chi piu di quelli presenti nellantologia mondadoriana) risalgono tutti e
solo agli anni Cinquanta, e difatti dei venti racconti costituenti lanto-
logia, i diciannove veneti uscirono tra il 1952 e il 1958 (mentre lultimo,
dambiente milanese e risalente ai Sessanta, e un cavolo a merenda) 11.
Ma se nel 1990 Garboli specifica, al contempo sbiadisce: il progetto concor-
9
G. Parise, Gli americani a Vicenza e altri racconti 1952-1965, cit., pp. 11-22.
10
C. Garboli, Falbalas: immagini del Novecento, Garzanti, Milano 1990, pp. 180-187: 180.
Si notera la sciatteria della datazione, non riducibile a un semplice refuso: forse per questo
Scarpa ha derogato dal suo principio di rispettare lultima volonta dellautore.
11
Una prima versione era uscita sul Corriere della sera del 10 novembre 1964 col titolo
Parliamo del piu e del meno; la seconda, riportata da Garboli, usci su Bellezza di aprile
1965 col titolo Il tranello delle parole; la terza su Lillustrazione del medico di ottobre 1968
col titolo La parola. Scarpa riporta questultima per il principio dellultima volonta; solo che
Parise un anno dopo aveva deciso dinserire la prima versione nella raccolta Il crematorio di
Vienna (dove il racconto non stona affatto, mentre stranamente lo ripesca Garboli, pur affer-
mando nella Nota: Una nube tossica, non so definirla altrimenti, scese sul talento di Parise, a
offuscarlo e mortificarlo negli anni Sessanta [...]. I racconti che Parise scrisse sul Corriere
della sera, raccolti nel 69 nel Crematorio di Vienna, portano nella fuliggine che li ricopre i
segni del contagio).
dato con Paolini, allora direttore editoriale degli Oscar, diviene un proget-
to, anzi unidea del solo Parise (mentre Paolini figura con lerede Fioroni

122 come curatore a scapito di Garboli, Ginzburg & friends). E tale sbiadimento
raggiungera il culmine tre anni dopo, in una ristampa mondadoriana dellan-
tologia dove la nota di Garboli e preceduta da una prefazione del discepolo
Silvio Perrella dedicata in testa al maestro 12. Ebbene, premesso che Parise
non pubblico mai raccolte di racconti, Perrella afferma:

Sembra, pero, che ci stesse pensando verso la fine della sua vita: si era
probabilmente fatto strada in lui il desiderio di mettere ordine in questa
sua dispersa produzione narrativa. Cosa che fu realizzata, un anno dopo
la sua morte, da Giosetta Fioroni, Natalia Ginzburg e Cesare Garboli.

Ora dunque non solo non ce piu il concordato ne il concordante Paolini,


ma il progetto stesso e declassato a mera ipotesi. Eppure Perrella avrebbe
avuto agio di chiedere lumi a Garboli & Fioroni... In compenso, nel carteggio
Paolini-Parise conservato a Ponte di Piave non si accenna mai agli Ame-
ricani, cosi come tace il fascicolo Parise alla Fondazione Mondadori. E la
prova logica che nemmeno a voce ci sia stata unentente, viene dal fatto che
in caso contrario Parise non avrebbe mancato di segnalare che il racconto
era comparso aumentato di un capitolo nellAntologia del Campiello 1970.

Invece il racconto nel 1987 usci monco, e quando nel 2001 riemerse il
dattiloscritto originale completo del capitolo settimo, lignaro Garboli dal
Giornale di Vicenza sentenzio che se Parise ha deciso di tagliarlo non
puo essere stato che lui stesso a deciderlo, aggiungendo: sapeva di vivere in
una citta dove le voci corrono e penso che non abbia voluto provocare illazioni o
suscitare pettegolezzi. Nella riedizione Adelphi infine, Scarpa, dopo averla de-
finita addirittura, da meta che era un libro doppiamente dautore di Goffredo
Parise e di Cesare Garboli, al proposito pedissequamente afferma:

poco si puo aggiungere alle considerazioni di Garboli. Puo darsi benissimo


che nel 1958, e ancora nel 1966, Parise abbia fatto saltare il capitolo VII per
non procurarsi ulteriori noie con il clero della sua citta [...]. Quella del 1970 e
ormai unaltra Italia, piu distratta se non proprio piu libera. [...]Parise si sente
tranquillo nel reintrodurre lepisodio, tenuto a suo tempo in disparte.
Quindi un Parise da sei anni residente a Roma dopo averne passati altrettanti a
Milano, non si sarebbe sentito tranquillo a reintrodurre il capitolo nelledizione
Scheiwiller 1966, in quanto avrebbe temuto le reazioni del clero vicentino 13 ...
12
Di cui elogia in chiusa la Nota stessa: ogni volta mi ha suggerito uno stimolo, una risposta,
unilluminazione, G. Parise, Gli americani a Vicenza e altri racconti 1952-1965, Mondadori,
Milano 1993, pp. 5-11
13
Dopo aver pubblicato in pieno centro-destra censorio Laceto sulle ferite (1953, su un con-
fessore pedofilo) e Il prete bello (1954, amante di una prostituta che mette incinta)!
4. In realta, fu la redazione dellIllustrazione Italiana a cassare il capitolo
settimo (non avesse voluto pubblicarlo, lautore lavrebbe infatti semplice-
mente tolto dal fascicolo consegnato) su verosimile imbeccata del direttore
responsabile, ossia quello stesso Livio Garzanti che pochi mesi dopo, memore 123
dellaccusa subita di oltraggio al pudore per la pubblicazione del pasoliniano
Ragazzi di vita, avrebbe imposto al nuovo romanzo di Parise Atti impuri
il cambio di titolo in Amore e fervore 14. Gli Americani usci cosi censurato
nellagosto 1958, e presto Parise passo il dattiloscritto allamico Giorgio
Lanza, che presto lo passo allamico Dato ecc. Parise tenne per se una copia-
carbone, che pero perse sicuramente prima del 1966: lavesse infatti tenuta,
avrebbe senzaltro inserito il capitolo settimo nelledizione Scheiwiller di
quellanno, senza attendere per farlo lAntologia del Campiello 1970.
Quanto alla perdita: fu smarrimento o invece unaltra consegna a terzi,
come con Lanza? In mancanza daltro, avanzo unipotesi. NellAntologia il
racconto e preceduto da unautopresentazione, dove parlando dei tre sou-
venir lasciatigli dalla terra natia, dopo aver citato dialetto veneto e Palladio,
Parise si dilunga sul terzo:

una interminabile ouverture amorosa offertami gratis una primavera di


circa venticinque anni fa da un usignolo nascosto tra i cipressi dei colli
vicentini: e mai piu udito. Pensai allora (il tour de force duro una mezzoret-
ta) se mai fosse possibile chiedere un appuntamento a un simile genio per
gli anni a venire, da qualche parte nel mondo o anche, se necessario, non
a questo mondo. Non dico per un successivo concerto ma almeno per un
brevissimo stilema di riconoscimento: perche tutto non risultasse vano.

Circa venticinque anni prima era nata una relazione amorosa con Elsa Fonti
che ebbe il suo nido segreto tra i cipressi di Montecchio Maggiore dove
Elsa viveva (colli vicentini dunque, da non confondere coi berici) proprio
nel 1957, anno in cui Parise scrisse gli Americani e sposo Mariola Sperotti.
14
Sulla rivista, da sempre alfiera della borghesia colta conservatrice, cfr. F. Simonetti (a cura di), LIllu-
strazione italiana. 90 anni di storia, Garzanti, Milano 1963. Parise aveva gia rischiato a fine 1953 su Il
Borghese con Laceto sulle ferite: Provoco grande scandalo e seppi che si minaccio di sequestrare quel
numero della rivista per causa mia, cfr. Incontro con Longanesi, Il resto del carlino, 5 ottobre 1957.
Lintervento delleditore su Ragazzi di vita fu poi preventivo, come confida Pasolini a Vittorio Sereni il
9 maggio 1955: Garzanti allultimo momento e stato preso da scrupoli moralistici e si e smontato. Cosi
mi trovo con delle bozze morte fra le mani, da correggere e da castrare (su cio cfr. di prossima uscita
S. De Laude, I due Pasolini. Ragazzi di vita prima della censura, Carocci, Roma). Nonostante i tagli
il processo ci fu, unestate del 1956 che vide cassare il racconto di Arbasino Povere mete sia dalla rivista
Paragone (a prime bozze corrette), sia dalla casa editrice Einaudi, che lanno dopo pubblico Le picco-
le vacanze mutilo di esso per evitare quelli che Italo Calvino pavento ad Arbasino come inopportuni
tralala forensi. Punctum dolens qui come negli esempi precedenti era lomosessualita, precisamente
a: Avvenne che un ex compagno dalla vita non chiara invitasse a una misteriosa partita di piacere cui
avrei dovuto acconsentire bendato in vettura (si usava): rifiuto, dopo abboccamenti con i portavoce del
clero. No, non era una crisi religiosa vera, soltanto lesperienza eccitante di questi ecclesiastici aperti
alle frequentazioni piu spregiudicate. Su cio cfr. A. Arbasino, Romanzi e racconti, Mondadori, Milano
2009, pp. cxvii-cxx.
Ne scrive la stessa Fonti in unintroduzione a trentasei lettere inviategli da
Parise tra il 1957 e il 1982:

124 Piu lo respingevo, piu lui insisteva, dicendomi che avevo troppe sovrastrut-
ture. Aveva anche ragione. Un giorno entro dalle Apolloni a Vicenza (un
negozio sul corso) e compro un gatto di feltro mettendomelo in mano con
aria furtiva. Il giorno dopo me ne comunico il prezzo. Mi regalo Il ragazzo
morto e le comete, e poi fui costretta a mandargli un vaglia per limpor-
to, perche continuava a dirmi che mi aveva fatto un regalo di valore. Si
offese per il vaglia ma lo incasso: cosa che non mancai di fargli notare.
Anche io avevo un carattere pessimo. Era nel 1953-54. Non ne facemmo
nulla e lui si mise con la Mariola Sperotti, che essendo ricca, di famiglia
nota a Vicenza, che nuotava, andava a cavallo, era cio che il suo fondo di
snobismo desiderava di piu [...]. Trovandoci in Piazza dei Signori il giorno
di San Giuseppe 1957 [19 marzo], alla ennesima richiesta di Edo di fare
un giretto con lui nel pomeriggio, io accettai [...]. Fu una bella estate, ad
Asolo, a Venezia, a Torcello, anche sul Garda a Cisano da un suo amico.
Una volta arrivammo da Comisso sotto un temporale terribile, che blocco
un paio di volte la sua 500. Comisso ci fece vedere i suoi quadri dipingeva
al momento cardinali enormi e rossi e ci lascio nel seminterrato dove
cera un divano: entrato poi piu tardi allimprovviso (ebbi limpressione
che avesse spiato dietro la porta), ci disse con occhio tondo che eravamo
belli come due etruschi sul sepolcro. Diede ad Edo il manoscritto de La
mia casa di campagna e mi ricordo ancora la bellezza delle pagine sul cielo
delle stagioni. Alla fine di luglio ad Edo venne nostalgia della Mariola:
spari [...]. Una settimana dopo il suo matrimonio [celebrato il 29 agosto
1957] venne a cercarmi, ed a rapirmi nuovamente con il suo catorcio. Era
disperato e sconvolto, e nonostante non volessi, lo riaccettai perche era la
sola maniera per essere meno infelici. 15

La relazione continuo sussultoria fino al 1959, quando Parise propose alla


Fonti di trasferirsi con lui a Roma, e dopo una lunga pausa riprese su basi
diverse alla fine degli anni Sessanta. La mia ipotesi e appunto che in tale
contesto lusignolo-Fonti gli abbia reso la copia-carbone degli Americani,
donatale a fine anni Cinquanta 16.
15
E cfr. la lettera di Parise a Naldini del maggio 1958 da Milano: anche in questa solitudine
guardo verso Montecchio, la mia bella estate dellanno scorso, penso con amore ad Elsa, N.
Naldini, op. cit., p. 25.
16
In situazioni analoghe Parise dono i manoscritti del Prete bello e del Ragazzo morto agli
altri due suoi amori, la Fioroni e Omaira Rorato. A testimonianza della fase amicale rimane,
oltre alle lettere, un quadro di Mario Schifano, Gradazioni cromatiche, dopo la morte della
Fonti (1993) consegnato al comune di Valdagno (e ora esposto a Plalazzo Festari) dallesecu-
tore testamentario Giuliano Menato, mentre le lettere finirono alla Biblioteca civica di Ponte
di Piave, non segnalate tuttavia in M. Brunetta (a cura di), Archivio Parise: le carte di una
vita, Canova, Treviso 1998, n in Ead., Nuove acquisizioni del Fondo Parise nella casa di
Per quanto debole, penso che tale ipotesi abbia piu plausibilita della rico-
struzione proposta nel 1987 e oltre da Garboli col patrocinio della Fioroni,
la quale fa acqua come laltra riguardante Lodore del sangue, romanzo
abbozzato da Parise nel 1979 poco dopo un infarto. Introducendone ledi- 125
zione postuma (Mondadori 1997), il critico appunto afferma che lautore
disse prima di morire a Giosetta Fioroni [...] che alcune parti del romanzo
erano buone, altre da rifare. Ma non riscrisse ne ritocco. Aveva riaperto il
plico giusto in tempo per la sola rilettura. Di li a pochi giorni fu portato in
ospedale e dopo due mesi mori [31 agosto 1986]. E da questa voce deduce:

Parise non ha distrutto il suo dattiloscritto, si e limitato a tenerlo nascosto


per tanti anni. Vicino a morire, lo ha riletto e lo ha in parte approvato.
Nessuno sa o puo dire cosa ne avrebbe fatto se fosse vissuto piu a lungo.
Sicuramente ne avrebbe riconosciuto le sviste, le imperfezioni, le ripetizio-
ni, gli errori, le incongruenze. Avrebbe corretto e modificato. Ma nessun
editore ha il diritto di sostituirsi allautore e di farne le veci. Il dattiloscritto
che Parise ha consegnato alla posterita, senza curarsi di lasciare istruzioni
ai suoi eredi, deve essere riprodotto cosi come.

Peccato che le cose stiano altrimenti. Tra il 1980 e il 1981 un progressivo


deterioramento del sistema vascolare costrinse Parise a quattro by-pass e alla
dialisi, sicche penso al testamento e il 16 giugno 1981 nomino lamico Nico
Naldini titolare unico dei diritti dautore, aggiungendo in P.S.: Nellarchivio
di Via Vittoria ce un abbozzo di romanzo: non deve essere pubblicato mai,
ma distrutto: non ha forma, e delirante, ripetitivo, senza stile, insomma e
un minestrone. Puoi leggerlo solo tu e decidere forse per qualche stralcio,
che pero non ce 17.
Ponte di Piave, in F. Bandini (a cura di), Goffredo Parise a ventanni dalla morte, Accademia
Olimpica, Vicenza 2012, pp. 57-70 (ma uscite parzialmente in P. Coltro, Il segreto di Parise,
Sette-Corriere della sera, 11 novembre 1993, pp. 82-99).
17
N. Naldini, op. cit, p. 65. Su Lodore del sangue cfr. ora M. Ripa di Meana, Colazione al
Grand Hotel: Moravia, Parise e la mia Roma perduta, Mondadori, Milano 2016, p. 75: re-
centemente Omaira mi ha raccontato che nellultimo periodo, durante un viaggio, avevano
tentato insieme di rivederlo. Identificandosi completamente con Goffredo, Omaira ha detto,
usando il plurale: Avevamo incominciato a scrivere qualcosa, ma poi abbiamo rinunciato
perche non veniva dal cuore. E la stessa frase che Omaira veva ripetuto anche a La Capria,
quando lui le aveva chiesto se Goffredo stesse scrivendo un nuovo racconto. Un ulteriore si
dice... Tale regime di post-verita comincio subito post mortem, se in Che delusione lincon-
tro con Marilyn, La Domenica del Corriere, 26 marzo 1987, lintervistatrice della Fioroni
riporta un fantomatico testo di Parise: Ho conosciuto Marilyn Monroe. Me la presento a el
Morocco lo scrittore Truman Capote. Stava terminando una pellicola, una delle sue ultime,
regia di John Huston su sceneggiatura del marito Arthur Miller. Ne ricavai una strana im-
pressione. Da vicino, non aveva quasi nulla della vamp dello schermo. Poco e male truccata,
vestita e pettinata cosi e cosi, persino piccola di statura. Una diafana libellula. Una libellula
senza sangue. Indifesa, nevrotica, insicura. Forse stanca e non a suo agio nella compagnia.
La scrutai a lungo, senza farlo apparire, con rispetto. Capote e Miller si addentrarono in
una fitta discussione letteraria. Lei, visibilmente annoiata, mi guardo con infinita dolcezza.
Disse che amava lItalia, che la sua migliore amica era una guardarobiera italoamericana.
Al quinto piano di via Vittoria cera il monolocale romano, sempre meno
accessibile al proprietario; solo tu significa non anche la Fioroni; minestrone

126 e minestrone.

Nico Naldini

Aggiunse che gli italiani erano tutti straordinari, allegri e ricchi di vita. Mi sorrise, quasi
scusandosi di non saper dire, a uno sconosciuto scrittore italiano, qualcosa di piu originale.
Si allontano, quasi strappata a forza dal marito. Mi fece un po pena. Proprio una povera
libellula. Parise aveva scritto sul Corriere della sera del 2 febbraio 1983 in tuttaltri termini
dellincontro avuto con Capote e Marilyn durante una breve permanenza a New York a meta
aprile 1961. Ho dimostrato che esso non avvenne mai nel mio Capote, in M. Belpoliti, A. Cor-
tellessa (a cura di), Goffredo Parise, Riga 36, Marcos y Marcos, Milano 2016, pp. 383-386.
Nellintervista invece si aggiunge addirittura Miller! (E ad ogni modo, Gli sbandati era gia
uscito sugli schermi il 31 gennaio 1961, dieci giorni dopo che lo sceneggiatore aveva divorziato
da Marilyn.)
VERSO IL SISTEMA 127
ELETTORALE
PROPORZIONALE?
NON ARRIVERANNO
LE CAVALLETTE
Come siamo arrivati alla situazione di stallo determinata
dal tentativo affrettato di cambiare la Costituzione
Repubblicana attuato da Matteo Renzi e per fortuna
respinto dagli italiani? Partendo da un esame dei diversi
sistemi elettorali disponibili in potenza e ripercorrendo un
pezzo (non esaltante) di storia italiana, il cerchio si richiude:
sul vecchio proporzionale (corretto) tanto osteggiato?

LUIGI POLETTO

S copo di questo contributo in primo luogo descrivere i sistemi


elettorali, i contenuti essenziali delle ultime leggi elettorali e le loro criticit
giuridiche e politiche, in secondo luogo spiegare perch pi probabile il
ritorno di un sistema proporzionale, in terzo luogo argomentare che questo
fatto in s una buona cosa per il dipanarsi della democrazia repubblicana
nella sua ormai ultradecennale biografia.

Caratteristiche dei sistemi elettorali e loro conseguenze


sul sistema politico. I sistemi maggioritari majority
e plurality e i sistemi proporzionali

I sistemi sono - dice Gianfranco Pasquino - meccanismi che traducono i voti


in seggi1. La latitudine delle conseguenze dei sistemi elettorali risulta ampia:
1
La Costituzione in trenta lezioni di Gianfranco Pasquino, Utet 2015
128

candidature e candidati, formazioni politiche e assemblee parlamentari,


modalit di formazione dei governi, allocazione del potere e funzionamento
dei sistemi politici sono fortemente condizionati dalle modalit con cui si
eleggono i rappresentanti del popolo. In buona sostanza le leggi elettorali
incidono potentemente sulla qualit della democrazia.
Le formule elettorali - argomenta sempre Gianfranco Pasquino2 - possono
sinteticamente ricondursi a tre grandi categorie (le prime due varianti del
maggioritario, la terza proporzionale):
La prima categoria costituita dai sistemi majority cio a maggioranza
assoluta. Sono quelle formule - abbastanza rare nelle elezioni dei Parlamenti
nazionali - che postulano la maggioranza assoluta dei voti espressi affinch
un candidato ottenga la carica per cui concorre. Questo sistema per esempio
in vigore in Australia dove risulta eletto il candidato nei collegi uninominali
che abbia conseguito il 50% pi 1 dei voti espressi; ma se nessun candidato
supera questa soglia si procede ad una sorta di redistribuzione delle prefe-
renze secondo lordine decrescente della pluralit delle preferenze indicate
dallelettore. Una variante del sistema majority rappresentata dal siste-
ma francese della Quinta Repubblica che maggioritario a doppio turno in
collegi uninominali: un sistema misto majority/plurality che incentiva la
formazione di coalizioni anche attraverso soluzioni di desistenza, fornisce
indicazioni sulla possibile alleanza di governo, contiene la frammentazione
dei partiti, massimizza le informazioni per gli elettori e consente contratta-
zioni in condizioni di trasparenza e competitivit.
La seconda classe rappresentata dai sistemi plurality attualmente in
vigore in molti Paesi anglosassoni (dalla Gran Bretagna al Canada, dalla
Nuova Zelanda agli Stati Uniti). Il seggio assegnato al candidato che abbia
2
I Sistemi elettorali di Gianfranco Pasquino in Manuale di diritto pubblico a cura di Giuliano
Amato e Augusto Barbera, Il Mulino 1994 e I sistemi elettorali di Gianfranco Pasquino, Il
Mulino 2006
ottenuto la maggioranza semplice dei voti allinterno di collegi uninominali.
Maurice Duverger3 aveva formulato due note leggi generalizzanti: un siste-

129
ma elettorale maggioritario a turno unico tende al dualismo dei partiti e un
sistema elettorale maggioritario a doppio turno oppure proporzionale tende
al multipartitismo. Poi Giovanni Sartori4 ha corretto la tesi del grande
politologo francese sostenendo che un sistema maggioritario rafforza il
bipartitismo se il sistema bipartitico preesistente e radicato e se leletto-
rato ostile alle pressioni maggioritarie del sistema disperso nei collegi,
mentre anche in presenza di un sistema maggioritario il bipartitismo non
si afferma se esistono minoranze etniche, monotematiche, religiose etc.
concentrate in alcuni collegi: in tal caso il maggioritario non pu eliminare
il pluripartitismo.
La terza classe di sistemi elettorali quella proporzionale: i seggi sono
ripartiti tra le forze politiche in proporzione alla percentuale dei voti con-
seguiti generalmente in collegi plurinominali. Il sistema proporzionale
si profila come il pi democratico se si assume come criterio di base la
corrispondenza tra voti e seggi, ma ha un difetto molto serio: sollecita una
abnorme proliferazione di partiti e una illimitata frantumazione del sistema
politico. Al fine di ovviare ai problemi di ingovernabilit e di instabilit che
sono consustanziali ad esecutivi di coalizione possono essere introdotti
alcuni correttivi. Il primo costituito dai sistemi tecnico-matematici di
trasformazione dei voti in seggi (dHondt, Sainte Lague, Hare, resti pi
alti). Il secondo correttivo lintroduzione di una soglia percentuale di voti
per avere accesso al Parlamento: la soluzione adottata in Germania dove
il sistema proporzionale personalizzato con clausola di sbarramento al
5% ha evitato leccessiva frantumazione dei partiti che aveva intossicato la
Repubblica di Weimer. Il terzo sistema la dimensione delle circoscrizioni
in rapporto agli eleggibili: pi le circoscrizioni sono piccole pi si attiva una
soglia implicita di accesso alle assemblee parlamentari come in Spagna. La
quarta possibile correzione lintroduzione di un premio di maggioranza
alla lista o alla coalizione vincente: in tal modo chi abbia ottenuto una
maggioranza relativa di una certa consistenza beneficia di un regalo in
decurtazione da chi abbia perso le elezioni.

Dal proporzionale al Mattarellum


ovvero dalla Repubblica dei partiti al bipolarismo

Nel nostro ordinamento la disciplina della legge elettorale assegnato


alla legislazione ordinaria. La mancata costituzionalizzazione della legge
elettorale comporta quali conseguenze la sua modificabilit con procedura
legislativa ordinaria e la sua referendabilit. Nel dopoguerra con la sconfitta
della dittatura si affacciarono i grandi partiti sicch - nota Guido Crainz

3
I partiti politici di Maurice Duverger, Edizioni di Comunit, 1975
4
Ingegneria costituzionale comparata di Giovanni Sartori, Il Mulino 2004
130

Il presidente Sergio Mattarella (75 anni) con lex premier Matteo Renzi (42)

- il prepotente irrompere dei partiti massa5 connotati ideologicamente


veri e propri partiti etici6, appare come un elemento costitutivo dellItalia
repubblicana. Nacque quella che Pietro Scoppola ha icasticamente definito
la Repubblica dei partiti7 dando inizio ad una parabola che conobbe fasti
e tralignamenti per poi concludersi nellignominia di tangentopoli negli
anni 90. Ma nel primo dopoguerra con i grandi partiti di massa protago-
nisti assoluti della vita pubblica la legge elettorale non poteva che essere
proporzionale. Il sistema proporzionale persistette fino agli anni 90 con la
breve parentesi della Legge Truffa del 1953 che assegnava il 65% dei seggi
alla coalizione che avesse raggiunto il 50% pi 1 dei voti; la legge non scatt
e fu poi abrogata. La legge elettorale proporzionale peraltro operava in un
sistema politico che Giorgio Galli ha definito a bipartitismo imperfetto8 a
causa della permanenza di quello che Alberto Ronchey chiamava il fattore
K cio limpossibilit del PCI di
costituire una valida alternativa alla DC nel contesto della guerra fredda9.
Ci massimizzava il potere di interdizione e di ricatto di partiti e frazioni di
partito: da qui il frequente avvicendarsi di governi allinterno di un sistema
coalizionale abbastanza stabile imperniato sulla Democrazia Cristiana:
centrismo, centrosinistra, solidariet nazionale, pentapartito nel quadro di

5
Storia della Repubblica. LItalia dalla Liberazione ad oggi di Guido Crainz, Donzelli 2016
6 Storia della Prima Repubblica. LItalia dal 1943 al 1998. Di Aurelio Lepre, Il Mulino, 1999.
7
La Repubblica dei Partiti. Evoluzione e crisi di un sistema politico (1945-1996) di Pietro
Scoppola, Il Mulino 1997.
8
Il bipartitismo imperfetto. Comunisti e democristiani in Italia di Giorgio Galli, Il Mulino 1966
9
Chi vincer in Italia? La democrazia bloccata, i comunisti e il fattore K di Alberto Ron-
chey, Arnoldo Mondadori editore 1982
una crisi dellegemonia della D.C.10
Tra la fine degli anni 80 e linizio degli anni 90 fatti epocali nello scena-

131
rio internazionale (il fallimento dellesperienza sovietica del comunismo
realizzato) e interni (lemergere di un consolidato sistema di corruzione
imperniato sui partiti) aprirono la strada ad una rottura di sistema anche
a livello di regime elettorale, rottura che produsse una nuova legislazione
attraverso due successivi passaggi referendari: il referendum del giugno
1991 sulla preferenza unica e il referendum dellaprile 1993 sullabolizione
del sistema proporzionale per il Senato. Fu rapidamente varata una legge
che prese il nome dal deputato DC Sergio Mattarella, lattuale inquilino del
Colle, e dunque Mattarellum: il 75% dei seggi veniva assegnato con si-
stema maggioritario ad un turno in collegi uninominali e il 25% con formula
proporzionale; il passaggio alla c.d. Seconda Repubblica contrassegnata
da un meccanismo di alternanza e da una sagomatura bipolare del sistema
politico. Tale legge elettorale fu applicata con effetti per nulla disprezzabili
nelle elezioni del 1994, 1996 e 2001.

Il c.d. Porcellum e il fallimento della politica

Nel 2005 il Centrodestra, ipotizzando che la legge elettorale in vigore avrebbe


dilatato gli effetti della sua probabile sconfitta elettorale, approv la proposta
del leghista Calderoli (legge del 21 dicembre 2005, n 270) cio una legge
elettorale proporzionale con un iper premio di maggioranza e liste bloccate.
La legge stata definita dal suo stesso inventore una porcata: da qui la
denominazione latineggiante Porcellum coniata da Giovanni Sartori. La
legge - che poi stata utilizzata nel 2006, nel 2008 e nel 2013 per eleggere
lattuale Parlamento repubblicano - aveva un impianto proporzionale ma
produceva nella pratica un effetto maggioritario. I punti salienti di tale di-
sciplina erano in primo luogo le liste bloccate al posto delle preferenze, in
secondo luogo lassegnazione di un premio di maggioranza al partito o alla
coalizione vincente pari a 340 seggi alla Camera mentre al Senato il premio
veniva attribuito su scala regionale.
La Corte Costituzionale - investita della questione dalla Corte di Cassazione
- con sentenza n 1 del 2014 ha dichiarato incostituzionale parti importanti
di tale legge. In primo luogo la Suprema Corte ha bocciato il premio di mag-
gioranza in quanto le disposizioni del Porcellum realizzavano una illimitata
compressione della rappresentativit dellassemblea parlamentare sede
esclusiva della rappresentanza politica nazionale e determinano unal-
terazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul
principio fondamentale di uguaglianza del voto (art. 48, secondo comma,
Cost.)11. Laltro profilo che la sentenza n 1 della Suprema Corte ha affrontato
quello delle norme concernenti le liste bloccate statuendo che coartano
la libert di scelta degli elettori nellelezione dei propri rappresentanti in
10
Storia della Prima Repubblica. LItalia dal 1943 al 1998 di Aurelio Lepre, Il Mulino 1999
11
Sentenza della Corte Costituzionale n 1/2014 in www.cortecostituzionale.it
Il leghista Roberto
Calderoli (60 anni),

132
padre indiscusso
del sistema elettorale
denominato
(da lui stesso)
un porcellum.

Parlamento.
Una pronuncia dramma-
tica quella della Supre-
ma Corte che ha tuttavia
lasciato in vita un si-
stema proporzionale
decurtato dal premio di
maggioranza e caratterizzato dal sistema delle preferenze sia per il Senato
che per la Camera definito dalla stampa Consultellum perch risultante
dalla pronuncia della Consulta. Lattuale Parlamento repubblicano - come
nota giustamente il costituzionalista Alessandro Pace12 opera in forza del
principio di continuit dello Stato che avrebbe dovuto funzionare per un
orizzonte temporale limitato. Dunque un Parlamento eletto in base ad una
legge incostituzionale: uno sfregio alla politica e alla sua dignit; non c
traccia in questo fallimento della politica, in questa appropriazione preda-
toria delle regole del gioco di quella cultura del compromesso virtuoso tra
culture politiche diverse - su cui ha tanto insistito Norberto Bobbio13 - che
aveva dato origine alla Costituzione repubblicana.

LItalicum e il referendum sulla riforma costituzionale:


la sconfitta della democrazia di investitura

Dopo il Porcelluma venne lItalicum. Voluta fortemente dal governo Renzi -


che pose la fiducia sul provvedimento - e approvata dopo numerose forzature
procedurali, il c.d. Italicum prevedeva un premio di maggioranza di 340
seggi alla lista - e non alla coalizione - capace di superare la soglia del 40%
dei voti, una soglia di sbarramento del 3% per la generalit delle forze poli-
tiche, la ripartizione del Paese in 100 circoscrizioni plurinominali, capolista
bloccati con la possibilit di pluricandidature in 10 collegi e il ballottaggio
tra le due liste pi votate nel caso in cui nessuna lista avesse raggiunto
la soglia prevista con assegnazione del premio alla lista vittoriosa. Infine
venne previsto che lItalicum si applicasse solo alla Camera e non al Senato
poich lelezione di questultimo non avrebbe pi dovuto essere diretta ma
di competenza dei Consigli regionali a seguito della riforma costituzionale
Renzi-Boschi. Fu subito chiaro il disegno complessivo delloperazione: im-
12
Le ragioni del No di Alessandro Pace in La Costituzione bene comune, Ediesse 2016
13
Dal fascismo alla democrazia di Norberto Bobbio , Baldini&Castoldi 1997
primere al sistema elettorale una caratterizzazione maggioritaria e rafforzare
le prerogative del Governo rispetto al Parlamento (attraverso listituzione del

133
c.d. voto a data certa) e dello Stato centrale a danno delle autonomie locali
(mediante listituto della c.d. clausola di supremazia statale). Il combina-
to disposto tra legge elettorale iper-maggioritaria e riforma costituzionale
avrebbe prodotto effetti dirompenti: si andava verso quella che Stefano Ro-
dot ha definito una democrazia di investitura14 e si delineava un modello
che - come bene argomentato da Gustavo Zagrebelsky - sanciva il primato
dellesecutivo allinsegna di una sorta di premierato assoluto, emarginava
la rappresentanza, creava la sudditanza ad oligarchie, assecondava istinti
autoritari, provocava la perdita della sovranit popolare15.
Il referendum del 4 dicembre ha spazzato via la riforma costituzionale e
la sentenza della Consulta n 35 del 201716 ha bocciato lItalicum in alcune
parti fondamentali. La sentenza della Corte Costituzionale ha salvato il
premio di maggioranza se si raggiunge il 40% dei voti, ma ha bocciato il
ballottaggio perch produttivo di un effetto distorsivo analogo a quello
individuato nella sentenza n 1 del 2014. Secondo la Consulta il legittimo
perseguimento dellobiettivo della stabilit di governo, di indiscusso in-
teresse costituzionale, non pu giustificare uno sproporzionato sacrificio
dei principi costituzionali di rappresentativit e di uguaglianza del voto,
trasformando una lista che vanta un consenso limitato, ed in ipotesi anche
esiguo, in maggioranza assoluta17.
Tuttavia dalla sentenza si possono distillare altre conclusioni.
E stato bocciato il ballottaggio, ma non il premio di maggioranza in s e
per s, sicch la Suprema Corte ha sancito la costituzionalit di un rapporto
asimmetrico tra voti e rappresentanza purch il premio abbia una soglia
che lo rende ragionevole. Tale orientamento stato da molti criticato. Per
esempio Massimo Villone ha obiettato che in tal modo si realizza un mecca-
nismo in cui la disprorporzionalit e la distorsione della rappresentanza
sono molto elevate18
Inoltre non illegittimo il ballottaggio in s, ma solo il ballottaggio con
collegio unico nazionale e voto di lista, il che significa che un altro tipo di
ballottaggio - ad esempio quello nei collegi uninominali - sarebbe legittimo.
I capilista bloccati non sono illegittimi perch non configurano una lesione
della libert di voto dellelettore presidiata dallart. 48, secondo comma,
Cost.: una questione essenzialmente politica lasciata allapprezzamento
della discrezionalit legislativa.
La Corte Costituzionale ha mantenuto le candidature plurime, ma ha altres
stabilito che il candidato eletto in pi collegi non potr pi optare a propria
discrezione per un collegio. Entra in gioco quindi il criterio del sorteggio.
14
Democrazia e Costituzione di Stefano Rodot, Castelvecchi 2016
15
Loro diranno, noi diciamo. Vademecum sulle riforme istituzionali di Gustavo Zagrebelsky,
Laterza 2016
16
Sentenza n 35/2017della Corte Costituzionale in www.cortecostituzionale.it
17
Sentenza della Corte Costituzionale n 35/2017 in www.cortecostituzionale.it
18
Legge elettorale, il passo di lato della Consulta di Massimo Villone, Il manifesto dell11
febbraio 2017
Infine la Suprema Corte dice che la Costituzione, se non impone al legisla-
tore di introdurre, per i due rami del Parlamento, sistemi elettorali identici,

134
tuttavia essi non devono ostacolare, allesito delle elezioni, la formazione
di maggioranze parlamentari omogenee. E il tema dellarmonizzazione dei
sistemi elettorali tra Camera e Senato.

I criteri di valutazione sulla bont dei sistemi elettorali


e lanalisi empirica di Arend Lijphart

Esiste un sistema elettorale perfetto? No perch tutte le formule producono


effetti positivi ed effetti negativi e la preferibilit delluno o dellaltro sono
funzione anche dellassetto sociale e politico esistente. E allora quale sce-
gliere? A me pare che soccorrono 5 fattori: 1) lindividuazione di criteri di
valutazione; 2) lanalisi empirica; 3) lanalisi tecnico-giuridica dellesistente;
4) la contestualizzazione storica 5) la praticabilit politica
Quanto ai criteri per valutare la bont di un sistema elettorale, Gianfranco
Pasquino ha individuato tre criteri di massima19. In primo luogo sono migliori
quei sistemi elettorali che massimizzano il potere di scelta dellelettore re-
stituendo il potere
al principe laddove Lelio Basso (Va-
razze, 1903 - Roma,
il principe il
1978) stato un
popolo sovrano grande esponen-
per usare una bel- te del socialismo
la espressione di italiano. Mandato al
Lelio Basso 20. Il confino dal fascismo,
secondo criterio ha partecipato alla
quello della propor- Resistenza, stato
zionalit/dispro- fra i costituenti della
porzionalit della Repubblica.
traduzione dei voti
in seggi. In terzo luogo bisognerebbe che tutti i soggetti che partecipano alla
fissazione delle regole del gioco agissero dietro un velo di ignoranza cio
senza conoscere la loro posizione di vittoria o soccombenza. Appare invece
fuori luogo pensare che la legge elettorale debba essere forgiata in modo tale
da attribuire a chi vince tanti seggi quanti sono necessari per governare in
solitudine: il mantra, sconfitto al referendum costituzionale, secondo cui
si deve sapere fin dalla sera delle elezioni chi governer il Paese.
La governabilit attiene non tanto ai sistemi elettorali quanto piuttosto alla
politica cio alla coesione politica-programmatica e alla qualit della leader-
ship. Sia i sistemi maggioritari che quelli proporzionali possono enfatizzare
il rapporto tra eletto ed elettore e dare voce alla rappresentanza (anche se
questultima esigenza pi intercettata dal proporzionale). Il problema a
19
Cittadini senza scettro. Le riforme sbagliate di Gianfranco Pasquino, Univ. Bocconi ed., 2015
20
Il principe senza scettro. Democrazia e sovranit popolare nella Costituzione e nella real-
t italiana di Lelio Basso, Feltrinelli 1958
questo punto si trasferisce allanalisi fattuale al fine di valutare i rendimenti

135
dei sistemi elettorali.
Il secondo fattore decisivo per la scelta riguarda appunto lanalisi empirica.
Qui emerge il potente contributo di uno dei pi eminenti politologi contem-
poranei, Arend Lijphart21. Lijphart realizza una valutazione comparativa tra
36 Paesi individuando due modelli diversi di democrazia di natura idealti-
pica: la democrazia maggioritaria (Modello Westminster) e la democrazia
proporzionale (Modello consensuale). Il modello maggioritario esclu-
sivo, competitivo
e avversariale e Arend Lijphart (Apel-
il modello consen- doorn, 17 agosto 1936)
suale inclusi- un politologo e accade-
vo, cooperativo e mico olandese
negoziale. I due naturalizzato statuni-
modelli sono ca- tense, specializzato in
ratterizzati da 10 Sistemi Comparati, ele-
zioni e sistemi elettorali.
variabili differen-
professore emerito
ziali relativamente allUniversit di San
a regole e istituzio- Diego (California)
ni. Ecco allora che
democrazie mag-
gioritarie e demo-
crazie consensuali
presentano rispet-
tivamente (ovvia-
mente con una pluralit di soluzioni miste): 1) maggioranze monopartitiche
e coalizioni pluripartitiche; 2) dominanza dellEsecutivo e equilibrio di
potere tra Esecutivo e Legislativo; 3) bipartitismo e multipartitismo; 4)
sistemi elettorali maggioritari e formule proporzionali; 5) rappresentanza
degli interessi pluralista/competitiva e sistemi di organizzazione degli inte-
ressi corporativi/concertativi; 6) centralizzazione delle competenze nello
Stato e federalismo/decentramento; 7) Parlamenti monocamerali e sistemi
bicamerali; 8) Carte Costituzionali flessibili modificabili con legge ordinaria
e Costituzioni rigide modificabili con procedure particolari e maggioranze
qualificate; 9) Parlamenti giudici delle proprie leggi in ultima istanza e
Parlamenti che emanano leggi sottoposte a controllo di costituzionalit
da parte di Corti Supreme; 10) banche centrali dipendenti dai Governi e
banche centrali indipendenti. Ebbene le democrazie Westminster sono
chiaramente non superiori a quelle consensuali per quanto attiene alla
buona governance, alle politiche macroeconomiche e alla conservazione
della pace civile. Per quanto riguarda poi la qualit democratica e la capacit
di rappresentare (dimensioni misurate attraverso molteplici indicatori) il
modello consensuale risulta avere un rendimento nettamente superiore.

21
Le democrazie contemporanee di Arend Lijphart, Il Mulino 2014
Dunque lanalisi scientifica di carattere empirico ci racconta la superiorit
dei modelli consensuali / proporzionali.

136
Lanalisi tecnico-giuridica, la contestualizzazione storica
e la praticabilit politica: verso un proporzionale corretto

Il terzo elemento che ho utilizzato per la scelta dello schema elettorale


preferibile costituito da quello che ho definito lanalisi tecnico-giuridica
dellesistente. Mi riferisco evidentemente ai sistemi elettorali attualmente
esistenti risultanti dalle due sentenze sul Porcellum e sull Italicum. Le
due sentenze sono autoapplicative, ma i due sistemi elettorali , pur essendo
compatibili, presentano delle diversit. Come ha osservato Roberto DAli-
monte22 le differenze sono quattro:
a) il premio di maggioranza per chi supera la soglia del 40% rimane alla
Camera, ma non c al Senato;
b) vi sono soglie diverse: alla Camera il 3% mentre al Senato l8% per le liste
singole e il 3% per le liste coalizzate purch laggregazione superi il 20%;
c) al Senato sono previste le coalizioni mentre alla Camera il premio pu
andare solo da una lista;
d) nella Camera i capolista sono bloccati, ma al Senato vige il sistema inte-
grale delle preferenze.
Le differenze sono cospicue, ma non insormontabili: larmonizzazione rac-
comandata dalla Consulta potrebbe esercitarsi attraverso una estensione al
Senato dello schema risultante alla Camera con alcuni correttivi. Dunque
lanalisi dellesistente dice: proporzionale corretto con sbarramento e con
premio di maggioranza.
La quarta variabile afferisce alla valutazione della vicenda complessiva della
nostra storia politica. I sistemi elettorali non sono congegni alchimistici so-
vrapponibili artificiosamente ad una realt inerte: dietro i sistemi elettorali
pulsano le culture politiche di un popolo, la sua storia e le sue tradizioni.
Modificare un sistema elettorale non significa realizzare unoperazione
ingegneristica ma vuol dire operare su un corpo vivo della societ. Ebbe-
ne: la nostra storia politica una storia di pluralit, di policentrismo e di
multiformit a numerosi livelli incluso quello della rappresentanza politica.
Ecco perch il sistema proporzionale appare il pi coerente con la biografia
collettiva della nostra comunit nazionale.
Infine il quinto fattore: la praticabilit politica. Rebus sic stantibus il regime
di veti e di interdizioni esistente in Parlamento suggerisce che sotto il profilo
politico la soluzione pi probabile e sia ragionare sulle regole esistenti come
emergono dal doppio pronunciamento della Consulta. Ovviamente ogni par-
tito ha la sua proposta: il PD il Mattarellum magari corretto, il Movimento
5 stelle il Democratellum (proporzionale corretto con soglie implicite

E il nuovo status quo, differenze Camera Senato difficili da cambiare di Roberto DAli-
22

monte, Il sole 24 ore del 26 gennaio 2017


elevate), ma il gioco dei veti profila lo scenario dellesistente armonizzato.

Non arriveranno le cavallette 137


Qualcuno sostiene che il ritorno al proporzionale porter devastazione e
morte, ingovernabilit e instabilit e che arriveranno le cavallette. No.
Si torner alla logica delle coalizioni, magari tra diversi; allinizio con un
sistema tripolare si soffrir un po, poi il sistema dei partiti si ristrutturer
auspicabilmente lungo lasse destra-sinistra.
Nella Prima Repubblica si sono registrate sicuramente distorsioni e proble-
mi, per durante il regime elettorale proporzionale lItalia ha varato politiche
industriali efficaci, ha praticato politiche economiche di segno espansivo,
ha coltivato una consapevolezza dellimportanza dei diritti sociali e civili, ha
goduto di elevati livelli di partecipazione popolare, ha valorizzato le grandi
organizzazioni di interesse.
Nascer una Terza Repubblica caratterizzata da un ritrovato ruolo dei par-
titi, dalla concertazione delle politiche, dalla centralit del Parlamento, dal
rispetto delle autonomie locali, da Governi di coalizione. La democrazia
consensuale, appunto.
138
IL CASO DAL MOLIN
Il saggio che qui pubblichiamo stato fra i pi significativi
discussi, qualche anno fa, nel corso di una giornata di studio
intitolata Democrazia partecipativa e nuove frontiere della
cittadinanza, organizzata dalla Luiss.
Il saggio, insieme ad altri, stato pubblicato dalleditore
Cedam, in una pregevole pubblicazione con lo stesso titolo.
Lintervento di Giovanni Sala, avvocato e studioso
vicentino, significativo anche nel tempo perch mette in
luce, con chiarezza ed essenzialit, tutti i passi compiuti
da chi ha deciso un insediamento, la seconda base
americana al Dal Molin, che la cittadinanza vicentina non
voleva e i cui caratteri giuridici e politici vanno
definitivamente rubricati come irrituali e sostanzialmente
illegittimi. Tre appaiono, soggettivamente, i veri
responsabili del misfatto Dal Molin: la Giunta vicentina
presieduta dal sindaco Hllweck, il commissario
governativo Paolo Costa, e il Consiglio di Stato che
inopinatamente svuot di valore il referendum consultivo
GIOVANNI SALA

I l caso della realizzazione di una nuova base americana


nellarea dellex aeroporto Tommaso Dal Molin di Vicenza una
miniera di esperienze sulle tematiche discusse in questa giornata, sia
per quel che riguarda la qualit dei propri diritti di cittadinanza, sia
per quel che riguarda la partecipazione democratica allassunzione
di scelte che riguardano il proprio territorio. Tra le altre cose, sulla
cittadinanza, evidenzio un dato curioso: che a differenza dei casi
richiamati riguardanti i migranti, e coloro che comunque aspirano
alla cittadinanza italiana, nel caso Dal Molin previsto larrivo a
Vicenza di qualche migliaio di cittadini extracomunitari che, per il
fatto di essere militari e per varie altre ragioni, non hanno general-
mente alcun interesse non solo ad
essere assimilati, ma nemmeno
ad essere integrati.
Per prima cosa opportuno un 139
chiarimento, a scanso di equivoci;
quello di cui si discute non un
allargamento della base Ederle,
presente a Vicenza da oltre cin-
quantanni, ma una nuova base
collocata allestremo opposto del-
la citt, rispetto ad centro storico
palladiano, dal quale dista in linea
darea meno di due chilometri, in
uno degli ultimi vuoti urbanistici
tra la citt di Vicenza e la zona
pedemontana.
Vorrei esporre i dati pi inte-
ressanti, per loggetto di questa
giornata di studio, in sei punti.

Il lungo silenzio informativo

1) In primo luogo penso che valga la pena di osservare che in


tutta una prima fase non c stato alcun tipo di partecipazione per
il semplice motivo che vi stato un luogo silenzio informativo.
Solo in seguito ad azioni giudiziarie lo Stato, nel 2007, ha prodotto
una serie di documenti dai quali si saputo che le prime richieste
formali americane al Governo italiano sono avvenute tra la fine del
2004 e linizio del 2005. A fronte di ci le prime notizie in proposito
sono trapelate a Vicenza nel giugno 2006, e si venne a conoscenza
a quel punto di una cinquantina di viaggi gi compiuti a Roma
da esponenti della Giunta comunale di Vicenza per discutere della
questione.

26 ottobre 2006: il Consiglio comunale di Vicenza vota s


al nuovo Dal Molin Usa (con ipocrite riserve)

2) Trapelata la notizia - e scoppiato a quel punto il caso


politico - si aperta unaltra fase, caratterizzata da alcuni passag-
gi che potremmo definire di democrazia rappresentativa. L8
Lex sindaco di Vicenza, Enrico
Hllweck, con lex presidente della

140
provincia Manuela Dal Lago

settembre 2006, in una lettera


in cui conferma la decisione di
politica internazionale del go-
verno, il Ministro della difesa
chiede che lAmministrazione
comunale di Vicenza esprima un
parere definitivo circa la possi-
bilit di realizzare il progetto
che tenga conto della compati-
bilit sul piano urbanistico del sito prescelto1.
Il successivo 26 ottobre viene convocato un Consiglio comunale stra-
ordinario, che si svolge con limitazioni di accesso al pubblico alla sala
consiliare, e con tempi di dibattito contingentati. Per dare il senso
dellattesa e dellimportanza di un tale evento basti pensare che per
la prima e fino ad oggi unica occasione un Consiglio comunale stato
trasmesso in diretta televisiva dallemittente cittadina principale, TVA
Vicenza. Allesito del dibattito, il Consiglio comunale, dichiarandosi
peraltro incompetente ad esprimere alcun tipo di parere, vota a
maggioranza (la maggioranza politica quasi compatta, la minoranza
ferocemente contraria) un ordine del giorno, favorevole alla base,
ma molto condizionato2.
Altra annotazione: dallo stesso ordine del giorno inizia ad emergere
una tematica fondamentale (ma impossibile da approfondire in
questa sede), quella legata alla possibile qualificazione della nuova
base (americana) come opera destinata alla difesa nazionale
(italiana), nozione che permette di accedere a tutta una serie di di-
scipline derogatorie, dal punto di vista urbanistico, di localizzazione
delle opere pubbliche e (ma solo in parte) ambientale.

Il problematico (inutile) referendum consultivo


e la lettera liberticida del commissario Costa

3) Gli esiti deludenti del Consiglio comunale del 26 ottobre


2006 introducono ad una serie di momenti ed esperienze riconducibili
1
http://www.altravicenza.it/dossier/dalmolin/doc/2009121302Parisi8092006.pdf
2
http://www.altravicenza.it/dossier/dalmolin/doc/2009121304ConsiglioComunale_Ordi-
neDelGiorno26102006.pdf
viceversa alla democrazia partecipativa. Innanzitutto venne promosso
un referendum consultivo comunale, strumento previsto dallo
Statuto comunale in attuazione del Testo unico degli enti locali (D.
Lgs. 267/2000). I margini di azione concessi a questi strumenti, tutta- 141
via, sono, come noto, ristretti, e ci in primo luogo dalla stessa disci-
plina legislativa nazionale che li prevede: lart. 8 del D. Lgs 267/2000
infatti prevede che i referendum possano svolgersi solo su materie
di esclusiva competenza locale. A ci si aggiungeva unulteriore
limitazione, derivante dallo Statuto del comune di Vicenza, secondo
cui il referendum consultivo pu essere chiesto solo su materie nelle
quali il consiglio comunale ha competenza deliberativa. Ne deriv la
seguente formulazione del quesito, depositato il 12 dicembre 2006:
In relazione al progetto presentato dallesercito degli Stati Uniti
dAmerica per la costruzione di una nuova base militare, presso
laeroporto Dal Molin di Vicenza, destinata ad accogliere lintera
173^ Brigata aviotrasportata americana, ritieni che il sito prescelto
sia compatibile e adeguato dal punto di vista urbanistico, in rela-
zione alle caratteristiche ambientali e alle dotazioni infrastrutturali
dellarea stessa?: insomma un parere di tipo urbanistico, sulla
falsariga della domanda rivolta alla citt dal Ministro della difesa, e
per altro verso di sicura competenza consiliare, ai sensi dellart. 42,
comma 2, lett. d) del Testo Unico enti locali.
Il 30 gennaio 2007 lorgano comunale preposto al giudizio di ammis-
sibilit delle richieste referendarie respinse il quesito, sostanzialmente
rifugiandosi, anche in questo caso, dietro la nozione di opera destinata
alla difesa nazionale.
Contro questa decisione venne proposto un ricorso durgenza ex art.
700 c.p.c. davanti al Tribunale di Vicenza, con esito negativo.
Insomma, non cera modo di fare esprimere istituzionalmente la
cittadinanza sulla nuova base. E in generale non veniva considerata
favorevolmente la vastissima attenzione popolare e la richiesta di
forme di partecipazione; ne testimonianza la lettera del 17 settembre
2007 indirizzata dal Commissario governativo Paolo Costa al Ministro
della Difesa, nella quale il primo, tra le altre cose, esprime la necessit
di eliminare alla radice le componenti locali del dissenso3.

Nuove elezioni: vince Variati, contro il Dal Molin

4) Nelle elezioni amministrative della primavera 2008 cam-


bia il governo della citt: il nuovo Sindaco, Achille Variati, vince non
3
http://www.altravicenza.it/dossier/dalmolin/doc/2009121303Costa17092007.pdf
tanto e non solo per la posizione di netta contrariet al Dal Molin,
ma certamente anche in ragione di ci.

142 La nuova amministrazione, tra le prime decisioni, mantiene la pro-


messa fatta in campagna elettorale di fare esprimere la citt sulla
base, e lo fa indicendo una consultazione comunale4. L8 luglio
2008, dunque, il Consiglio comunale approva il testo del quesito
secondo la seguente formulazione: lei favorevole alla adozione
da parte del Consiglio Comunale di Vicenza, nella sua funzione di
indirizzo politico amministrativo, di una deliberazione per lavvio
del procedimento di acquisizione al patrimonio comunale, previa
sdemanializzazione, dellarea aeroportuale Dal Molin - ove previ-
sta la realizzazione di una base militare statunitense - da destinare
ad usi di interesse collettivo salvaguardando lintegrit ambientale
del sito?. Venne dunque utilizzato un escamotage, ma lobiettivo
dichiarato era quello di consentire alla citt di esprimersi finalmente
sulla questione. Con la stessa deliberazione il Consiglio comunale
stabil anche il regolamento della consultazione:
La consultazione venne indetta per il 5 ottobre 2008
In quella giornata i cittadini e le cittadine interessati avrebbero
dovuto restituire i questionari spediti a casa di ciascun elettore ed
elettrice;
Vennero organizzati a tal fine 32 centri di raccolta (per 112 sezioni),
allincirca coincidenti con le normali sedi dei seggi (quasi tutti al solito
in edifici scolastici di propriet comunale)
Il quorum partecipativo per la validit della consultazione venne
fissato in 35.287 persone (met pi uno dei votanti alle elezioni am-
ministrative di aprile 2008).
Contro la deliberazione del Consiglio comunale venne presentato un
ricorso al T.A.R. da parte di una serie di persone facenti parte di un
comitato di sostegno alla base, che dichiararono esplicitamente, nel
ricorso, di agire nella propria qualit di cittadini elettori del Comu-
ne di Vicenza. Gi questo elemento, in teoria, poteva considerarsi
risolutivo; un tecnicismo processuale ma lo sottolineo come un
corollario del nostro discorso (daltra parte si tratta di un unicum,
probabilmente, come altre cose della vicenda Dal Molin): ma che
interesse ad agire pu avere un cittadino elettore nei confronti di
un atto che non ha nulla di lesivo nei suoi confronti, dato che gli d
(ad esso come ad ogni altro elettore o elettrice) unopportunit di
esprimere proprio un diritto di cittadinanza?
4
Si tratta di un istituto previsto dallart. 13 dello Statuto, che dice che il Comune, nei modi
stabiliti dal regolamento, pu attivare, nel procedimento di adozione degli atti di competenza,
forme di consultazione dei cittadini :
Lintervento frustrante (tre giorni prima)
del Consiglio di Stato

E in effetti il T.A.R. Veneto respinse la sospensiva, valutando che la


143
richiesta di sospensione della delibera impugnata risulta inaccogli-
bile sotto il profilo dellassenza di danno, trattandosi di una consul-
tazione a scopo esplorativo, al fine di svolgere un sondaggio tra la
popolazione; che comunque il quesito proposto verte su uneventuale
iniziativa da parte del Consiglio Comunale, sul cui esito non vi
alcuna certezza5.
Questa decisione, per, venne riformata in pochi giorni dalla Quarta
sezione del Consiglio di Stato, che mercoled 1 ottobre sospese
la consultazione programmata per la domenica successiva con la
seguente motivazione: atteso che la consultazione ha per oggetto
un auspicio del Comune di Vicenza al momento irrealizzabile,
quale quello di acquisire unarea sulla cui sdemanializzazione
si sono pronunciate in senso sfavorevole le autorit competenti, e
che la consultazione stessa appare comunque inutile, ove si volesse
assumere una sua connotazione patrimoniale, giacch non occor-
rono sondaggi per accertare la volont positiva di ogni cittadino
di accrescere il patrimonio del Comune di appartenenza, al pari di
quanto potrebbe verificarsi se si proponesse un quesito su un ipote-
tico vantaggio patrimoniale individuale e/o collettivo6.
La consultazione appare inutile: questo il dato che in questo
convegno maggiormente rilevante evidenziare. Dal punto di vista
politico sociale un passaggio che stato ben commentato da Ilvo
Diamanti su Repubblica.it7.
Come diceva Fabrizio De Andr una notizia un po originale non ha
bisogno di alcun giornale. E cos in poche ore nella Piazza dei Signori
si riuniscono quasi diecimila persone. Il Sindaco, nel frattempo, di
ritorno in treno da proprio da Roma, detta un comunicato stampa
durissimo, in cui parla tra laltro di violenta sopraffazione di uno
stato sordo e lontano8. E in Piazza dei Signori, avallando la scelta nel
frattempo maturata di mantenere, seppur informalmente, la consul-
tazione, dichiara significativamente: Il Consiglio di Stato ha dato un

5
Tar Veneto, sez. I, ordinanza n. 717 del 17/09/2008; http://www.altravicenza.it/dossier/
dalmolin/doc/2009121301VE_200800717_OS.pdf.
6
Consiglio di Stato, sez. IV, ordinanza n. 5067 del 1/10/2008; http://www.altravicenza.it/
dossier/dalmolin/doc/2009121305CDS_200805067_OO.pdf.
7
Ilvo Diamanti: Se la democrazia diventa inutile in http://www.repubblica.
it/2007/02/rubriche/bussole/democrazia-inutile/democrazia-inutile.html .
8
http://www.comune.vicenza.it/albo/notizie.php/53978.
Paolo Costa, commissario
governativo al Dal Molin

144 ordine a Vicenza. Vicenza domenica dar un


consiglio allo Stato9.

La consultazione autogestita

5) E cos si apre una nuova fase e


unesperienza anche in questo caso verosi-
milmente unica: quella della consultazione
autogestita.
La consultazione viene dunque indetta mercoled 1 ottobre, e si
svolge quattro giorni dopo, il 5 ottobre 2008
Vengono organizzati, per la raccolta di questionari gi pervenuti agli
elettori, 32 gazebo (per 112 sezioni), allesterno dei centri di raccolta
originariamente previsti;
Operano oltre cinquecento volontari.
Lesito della consultazione il seguente:
Votanti: 24.094 (pari al 28,56 degli aventi diritto)
Voti validi: 24.048
Voti per il S: 23.050 (95,66%).

La valutazione dellimpatto ambientale:


del tutto ignorata. Per il commissario Costa era uninsidia

6) Vi sarebbe, infine, unulteriore questione che attiene diret-


tamente alle tematiche della partecipazione democratica, in quanto
strutturalmente basata sulla partecipazione del pubblico: quella
della valutazione di impatto ambientale.
Sulla Ederle 2 la V.I.A. non stata fatta: dovrebbe trattarsi di uno
strumento precauzionale, volto soprattutto a prevenire e comunque
ad escludere situazioni di pericolo ambientale, ma nel caso del Dal
Molin tutto si connota peculiarmente; e ancora una volta si
incarica di dimostrarlo il Commissario governativo Paolo Costa, in
quale nella stessa lettera del 17 settembre 2007 nella quale aveva
parlato della necessit di eliminare alla radice le componenti locali del
dissenso parla della V.I.A. come di una insidia fin troppo evidente

9
http://www.comune.vicenza.it/albo/notizie.php/53993.
e di un qualcosa da cui possono derivare intuibili ostacoli .
Dal punto di vista giuridico la questione che peraltro oggetto di un
ricorso al T.A.R. discusso in pubblica udienza il 22 ottobre scorso, e di
cui attendiamo la sentenza10 troppo lunga e complessa per essere 145
esposta in questa sede. Voglio solo evidenziare che la vicenda della
progettazione ed autorizzazione della base ha incrociato una discipli-
na in sostanziale trasformazione, nel senso di una progressione verso
una pi adeguata tutela dei valori ambientali e della partecipazione
democratica, che mi limito quindi a richiamare:
Direttiva 87/337 CEE: esclude dal proprio campo di applicazione
le opere destinate alla difesa nazionale;
di conseguenza il DPCM 377/1988 prevede lesclusione secca della
V.I.A. per tali tipi di opere;
la Direttiva 2003/35/CE (divenuta autoapplicativa il 25/06/2005)
stabilisce invece che gli Stati membri possono decidere, dopo una
valutazione caso per caso se cos disposto dalla normativa nazionale,
di non applicare la presente direttiva a progetti destinati a scopi di
difesa nazionale, qualora ritengano che la sua applicazione possa
pregiudicare tali scopi;
in applicazione della nuova disciplina comunitaria il Codice
dellambiente (D. Lgs. 152/2006) prevede ora che, in caso di opere
destinate alla difesa nazionale, la V.I.A. possa essere esclusa ma solo
in base ad un Decreto interministeriale tra i ministri dellAmbiente
e della Difesa.

10
T.A.R. Veneto, sez. I, RG 1737/2008.
146 OVIDIO, LA POESIA
AUGUSTO, IL POTERE
17-2017: DUEMILA ANNI
DI BATTAGLIE PERSE
Sono passati due millenni dallanno in cui il grande poeta
della latinit, Publio Ovidio Nasone, morto esule e triste
sulle rive del mar Nero. Lui fu cacciato dal potere,
da Augusto, ma la sua grande poesia gli sopravvisse.
la battaglia eterna fra potere e poesia, che si riproposta
sempre, nei secoli, negli anni, fino ad oggi: una battaglia in
cui tutti i protagonisti, nel bene e nel male, hanno perso.
Ma la poesia, se questo ci pu consolare, ha vinto

ROBERTO PELLIZZARO

I n sterquilino pullus...margaritam repperit: in un leta-


maio un pollastro trova una perla.
lincipit di una tra le pi belle favole di Fedro, scrittore latino del I
secolo d.C., emulo del grande Esopo, autore greco vissuto a cavallo
del VII-VI secolo a.C. Tenuto conto delle debite proporzioni, mi
venuta in mente questa storiella di Fedro leggendo sul Corriere della
Sera del 9 febbraio scorso un titolo folgorante Via la neve dalla
statua a sue speseLimprenditore multato dai vigili.
Un titolo stravagante e singolare come se ne vedono pochi, ch i pi
suonano brutti, negativi, tragici: una perla nello sterco, appunto.
A Sulmona, cittadina abruzzese famosa per aver dato i natali al poeta
Ovidio, distante una trentina di chilometri da Rigopiano dove sono
morte 29 persone a causa di una devastante valanga, gli spazzaneve
hanno pensato bene di ammucchiare la neve, caduta in abbondanza,
nella piazza principale di via xx Settembre, luogo in cui troneggia la
statua di Ovidio, il suo cittadino pi illustre.
Pasquale di Toro, imprenditore edile del paese, indignato per quella
Sulmona, piazza

147
centrale:
il monumento
a Ovidio

che lui riteneva una mancanza di rispetto nei confronti del grande
concittadino conosciuto in tutto il mondo, ha preso la situazione di
petto e dopo aver caricato su un camion una pala meccanica, ha ripu-
lito in un paio di ore quella che era diventata una discarica pubblica:
ha fatto giustizia.
Ai lavori assistevano due vigili urbani, che, stando ben attenti a non
intervenire prima della fine, elevavano alluomo una multa di 100
euro perch colpevole di non avere rispettato le regole, essendo en-
trato in zona vietata senza autorizzazione. Tragicomica burocrazia:
hanno fatto giustizia.
La notizia di Sulmona mi ha fatto tornare, come dincanto, ai tempi
lontani degli studi giovanili; precisamente a Sofocle (V secolo a.C.)
e alla sua tragedia ANTIGONE, che Hegel (1770-1831), il grande
filosofo tedesco promotore dellIdealismo, aveva definito la tragedia
perfetta. Anche nellantica rappresentazione sofoclea i diritti della
polis si scontrano con quelli privati.

Antigone, eroina eterna e commovente

I fatti. Creonte, re di Tebe, condanna a morte Polinice, traditore della


patria, e ne proibisce la sepoltura. Antigone, sorella di Polinice, vuole
invece che il fratello sia sepolto secondo le leggi eterne del dovere e
dei vincoli di sangue cos onnipotenti da averla spinta ad infrangere
la legge dello Stato. Hegel rimase ammirato da questa inventione di
Sofocle, in cui vedeva il conflitto ideale tra il diritto dello Stato e quello
della famiglia, legittimi ambedue: contraddizione e opposizione tra
uguaglianza e identit.
Creonte assurge a
simbolo della legge

148 umana, Antigone


della legge divina;
da una parte lo Sta-
to e i diritti pubblici
dello Stato, dallal-
tra la famiglia e i
diritti privati della
famiglia. Secondo
Hegel il fondamen-
to dei cittadini sono
le leggi scritte, che
stanno alla base
della loro vita, del-
la loro felicit, del
loro onore, della
loro coscienza. Ma
la famiglia non vie-
ne meno; pur fon-
dandosi su leggi
non scritte, basa la
sua eticit sul culto
dei morti e sulla se-
poltura, ed ha cos
le sue ragion des-
sere. I due diritti si
dovrebbero intrecciare e mai opporre. Hegel da buon filosofo lascia
aperta la controversia senza prendere esplicita posizione: ognuno
trovi da s la via della verit.
Sofocle, al contrario, poeta libero e geniale, scevro da orpelli filosofici,
dirime la quaestio con una soluzione disarmante. Semplicemente
dipinge Creonte come un aguzzino cattivo ed immorale, despota ne-
fando; fa di Antigone uneroina commovente e tragica, rendendola
immortale e carissima da 2450 anni.
Ma forse tutta lattenzione che ho voluto dare a questa storia dipende
da altro. Dipende da lui, Ovidio, maximus poetarum, il pi am-
mirato della latinit: giudizio soggettivo? Certamente: concedo che
a lui si possa affiancare Lucrezio.
Un ritratto
di Publio Ovidio Nasone

Gli otto grandi


149
poeti della latinit

La letteratura latina
presenta, almeno a
mio parere, otto tra
i poeti degni di fama
imperitura. Trala-
sciando per motivi di
spazio Catullo, Mar-
ziale, Giovenale ed
Ennio, il pi antico,
pater delle lettere
latine, autore del po-
ema epico Annales di
cui ci sono pervenu-
te poche centinaia di
versi, rimangono Lucrezio,Virgilio, Orazio e Ovidio citati in ordine
cronologico.
Orazio sul piano della forma il classico per eccellenza: i suoi versi
risultano tecnicamente perfetti, frutto del suo modo di intendere
lopera letteraria: limae labor et mora...una lunga e laborio-
sa fatica. il poeta a cui maggiormente si attinge per le citazioni:
famosissimo il suo carpe diem, quam minimum credula postero 1;
ma sul piano della pura ispirazione non il massimo.
Virgilio il pi noto e il pi studiato. Gi al ginnasio ci risultava
indigesto. Proprio allora usciva la canzone Una lacrima sul viso a riec-
cheggiare beffardamente il suo verso pi affascinante e profondosunt
lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt2. Da allora Vir-
gilio fu dissacrato, battezzato con irriverenza - poco classica - lacrima-
tore professionista, piangina pectoris: una lagrima in scarsea. Ci sar
qualcuno che ha letto tutta lEneide? Arrivati al 4 libro al punto in
cui tra tuoni e fulmini (come a dire alla presenza e con lapprovazione
degli dei) Enea e Didone copularono, anche la vecchia professores-

1
Vivi il giorno che passa, senza assolutamente credere nel domani.
2
Le cose hanno lacrime e le vicende mortali toccano il cuoretraduzione di Guido Padua-
no, curatore della collana Classici della letteratura europea, tra gli antichisti italiani pi
noti, recentemente ospite allauditorium Fonato per la rassegna Classici Thiene.
"Eco e Narciso"
(1903), di John

150
William
Waterhouse

sa si arrese: ci
fermammo ed
io non ho mai
avuto la minima
curiosit di arri-
vare al 12 libro.
E a dirla tutta sia Virgilio che Orazio, a loro disdoro, mica ci anda-
rono piano con ladulazione nei confronti dellInvictus, princeps
Augustus. Figli del loro tempo, daccordo. Ma il giudizio non pu
non risentire dello smodato farisaico uso della lingua (intesa come
organo) in modo improprio: un peccato davvero non veniale 3.

Dalla natura di Lucrezio allamore senza limiti di Ovidio

Tito Lucrezio Caro un prodigio tra i poeti, il suo De rerum


natura un capolavoro. Scrivere 7000 versi di altissima poesia sulla
scienza fu una vera impresa che gli min la salute tanto che Lucrezio
fin sofferente e pazzo, a meritarsi per sempre la nostra simpatia e
commozione. Ma ahim, per me che scrivo, che mai ho delirato per la
fisica intesa come materia scolastica, a priori bocciata come superflua e
debordante nel cursus humanarum litterarum, se costretto a scegliere
tra chi parla damore e chi descrive i principi dellatomo e della fisica
epicurea, la preferenza obbligata: mi inchino ad Ovidio.
Evento stupefacente: quasi tutto il tantissimo che Ovidio ha scritto
passato indenne al tenebroso setaccio che fu il Medioevo. Eviden-
temente i bigotti amanuensi, impensabile che i fraticelli fossero a
digiuno di latino, rimasero ammaliati dalla sua straordinaria bra-
vura. Ovidio non tra i poeti pi studiati al liceo. E se alluniversit
ti tocca lesame monografico su Petronius arbiter elegantiarum ed
il Satyricon, come capit a me, ancora una volta si rischia di trala-
sciare e disconoscere questo gigante della spregiudicatezza, idolo
della Roma libertina, soprattutto delle compiacenti matrone del bel
3
Ricorda tempi recentissimi: se la lingua ferisce pi della spada, il sedere di Berlusconi
fortemente a rischio, si diceva. Come quello di Augusto. Taccio di quello di Renzi.

mondo romano.
La celeberrima Ars Amatoria, opera piccante e di pruriginosa se-
duzione4, accanto ai Remedia amoris, agli Amores, allHeroides e
ai Medicamina faciei feminae, lo rivela come maestro di erotismo e 151
di una moralit piacevolmente di manica larga; ironia della sorte, in
un tempo, quello augusteo, rigidamente bacchettone, ufficialmente
severissimo nel castigare licenziosit e malcostume diffusi.

La mitologia greca, uomini e dei,


nelle straordinarie metamorfosi

Ma sulle Metamorfosi che mi voglio soffermare. Unopera ecce-


zionale in 15 libri e 12.000 versi (pi dellEneide), scritti in scorrevoli
esametri (6 accenti per verso), nella quale Ovidio ha il merito di sal-
vare, diffondere ed eternare 246 storie di trasformazioni, perlopi
provenienti dalla mitologia greca, nelle quali appare laffinit tra dei e
uomini, fatti spesso oggetto dei loro irrefrenabili amori; in cui Ovidio
ingloba flora, fauna, cielo, regno minerale, facendoli interagire con
gli esseri viventi. Cos, ecco le indimenticabili storie di Filemone e
Bauci, Narciso ed Eco, Giove ed Europa, Orfeo ed Euridice, Pallade
ed Aracne, Apollo e Dafne, Deucalione (novello No) e Pirra, i miti
di Fetonte, Aretusa, Sisifo, Tantalo: un inno delizioso alla creativit
e alla fantasia, un tripudio di passioni e di vitalit. Tantissimi artisti
nel tempo prenderanno ispirazione da Ovidio, a creare trasformazioni
da trasformazioni: per citarne uno, Antonio Canova.

Il triste mestiere dellesule

Fra Lucrezio e Ovidio c una relazione che li affratella pur nella diver-
sit delle loro tematiche: il dolore. Di Lucrezio ho detto. Ovidio, suo
malgrado, ha inventato il mestiere dellesule. Quasi sicuramente per
colpa dellArs Amatoria e per aver visto qualcosa che non doveva
vedere, lo stesso autore al proposito volutamente vago 5, Ovidio fu
colpito dalla pena dellesilio comminatogli inflessibilmente da Augusto,
4
Come conquistare una donna, tecniche di seduzione, la diffusa sensualit, come far
durare lamore, limportanza del sesso: a dimostrazione di una profonda conoscenza
della femminilit. Non un testo scritto oggi: Ars amatoria conta pi di 2000 anni ben
portati.
5
Ovidio, uomo di mondo, probabilmente vide e improvvidamente propag uno scanda-
lo di corte in cui era implicata Giulia, figlia unica non immacolata di Augusto
che, come accennato, aveva instaurato unepoca moralistica degna dello
Stato Pontificio morto con la breccia di Porta Pia6 . Nell8 d.C. Ovidio

152 fu relegato a Tomi (la Costanza odierna) sul Mar Nero, allora non certo
un luogo delizioso ed accogliente per trascorrere le vacanze. A nulla
valsero le sue supplicationes.Tutti coloro che avevano goduto dei
suoi versi e lo avevano eletto poeta dellUrbe gli voltarono le spalle;
nessuno ebbe il coraggio di perorarne la causa in alto loco. Ieri come
oggi dallaltare alla polvere in un amen: nihil novi sub sole.
Augusto non cambi pi la sua decisione, censurando cos lautore,
non lopera, che continu a circolare, a conferma di quanto sia idiota
la censura in ogni tempo e in ogni luogo. Ovidio, abitante della
lontananza, mor sessantenne di crepacuore nel dolore pi assoluto,
mai essendosi assuefatto al suo destino; nellanno 17, tre anni dopo
Augusto, prima il suo dio, poi il suo carnefice: neppure il successore
Tiberio fu clemente con lui.
Questanno dunque ricorre il bimillenario dalla sua morte. Chiss
che al piccolo gesto dellimprenditore Di Toro consegua qualcosa di
bello e di degno della grandezza di Publio Ovidio Nasone 7, la cui
sorte fu segnata nel bene e nel male dal suo talento e dalla sua arte
superba.

6
La Roma del 1870 (e secoli a scendere) come la Roma augustea; la Roma che nel 1600
ha messo al rogo Giordano Bruno.

7
Oltre alle opere menzionate cito cinque tra le minori: Tristia ed Epistulae ex Ponto,
a ricordarci sofferenza, solitudine e desolazione nellesilio; Fasti (di storia contempo-
ranea), incompiuto; Ibis (satirico) e Halieutica (sulla pesca). Perduta invece Medea,
tragedia che ai suoi d godette di grande favore.

IVAN DELLA MEA 153
VENTANNI DOPO
LULTIMO INCONTRO
Era nato il 16 ottobre 1940, se n andato il 14 giugno 2009:
un vuoto incolmabile. Per quasi 50 anni le sue canzoni
di lotta e malinconia, le sue parole di coraggio, il suo modo
di essere compagno di strada e di cielo, sono stati un
mito per migliaia di giovani e meno giovani.
Ha fatto musica e poesia contro la societ dei consumi, ha
manifestato contro loppressione, si battuto per la libert pi
difficile: insieme anarchica e comunista. Un artista
irriducibile, dallo spirito combattente di un ragazzo:
Con gli oppressi e contro gli oppressori. Sempre!

GIANNI SARTORI

L o avevo gi incontrato negli anni Settanta in un paio di


occasioni ma solo lultima volta, nel 1995, mi ero deciso a intervistarlo.
Loccasione era stata la Festa RAP (nel senso di Rossa, Antifascista,
Proletaria) organizzata a Vicenza dal Collettivo Spartakus, da
Rifondazione Comunista e dalla Lega per i diritti e la liberazione dei
popoli (di cui allepoca, per quanto indegnamente, ero il responsabile per
Vicenza) con la collaborazione di alcuni Centri sociali e gruppi vicentini
(Stella Rossa di Bassano, Alter-media di Schio, La tienda, il Collettivo
C Balbi, gli anarchici bassanesi del Pisacane....). Una risposta alla
squallida manifestazione di qualche mese prima, nel 1994, dei gruppi
neonazisti che avevano letteralmente invaso la citt del Palladio, medaglia
doro della Resistenza. Ancora non lo sapevo ma, rinviando di continuo
per un altro aggiornamento sulla sua militanza cantata, non lo avrei pi
rivisto. Recentemente ho ritrovato gli appunti di quella lunga intervista-
conversazione e mi parso giusto riproporla a Quaderni Vicentini per
ricordare Ivan e le sue canzoni.
154

Una bella immagine di Ivan Della Mea

Nerone

Nerone era un cane che per anni era stato legato alla catena, in un deposito
dalla parte dei Navigli, a far la guardia. Divenuto vecchio venne slegato,
portato altrove e abbandonato, come da manuale.
La sua condizione pass da quella di schiavo a quella di liberto affamato.
Ritorn nei paraggi, l dove aveva trascorso tutta la sua vita, cercando una
qualche convivenza, un rapporto con gli umani, una mediazione tra una
carezza, un tozzo di pane e tante pedate.
Una sera nei pressi del vecchio capannone alcuni giovani avevano acceso
un fuoco ed erano intenti a farsi di eroina. Nerone, afflitto da cronica
solitudine, si avvicin per fare amicizia ma qualcuno, gi sotto leffetto
della droga, gli spar un colpo di pistola in testa.
Il giorno dopo tocc proprio a Ivan e al figlio ritrovare il cadavere della
povera bestia. Ivan ne riport unemozione fortissima, anche per la
disperazione del bambino. E nacque cos la canzone per questo cane

155
morto in guerra, vittima inconsapevole dei mille egoismi e miserie di un
mondo imperniato sullusa e getta, tanto per umani che per bestie.
Era una delle tante storie che Ivan Della Mea raccontava, accompagnato
dalla sua chitarra: una canzone in cui riversava la sua profonda umanit,
il suo rifiuto di restarsene indifferente di fronte alle tante ingiustizie del
mondo, grandi o piccole che siano. Tra laltro questa non lunica sua
canzone animalista ante litteram (o meglio: antispecista). Ricordate
El me Gatt? Ivan evidentemente sempre stato un uomo incapace di
girarsi dallaltra parte, uno che sentiva veramente sulla propria pelle lo
schiaffo dato a chiunque in qualsiasi parte del mondo (citazione guevarista,
ovviamente). Roba daltri tempi.

Vale la pena

Va anche detto, purtroppo, che riascoltandolo oggi la malinconia rischia di


essere il sentimento prevalente. Le sue canzoni legate spesso ai numerosi
lutti del proletariato (dallArdizzone a Che Guevara, da Ciriaco Saldutto
a Franco Serantini, da Avola a Marcinelle), ascoltate 40 e passa anni fa
alimentavano quella rabbia antica che oggi come oggi rischia di apparire
un reperto, un fossile o addirittura un sentimento da zombies come mi
ha poco gentilmente fatto osservare un ex compagno, allepoca operaista,
oggi rassegnato.
Eppure credo valga ancora la pena di ascoltarlo. Non solo perch molte
sue canzoni fanno ormai parte della storia delle lotte proletarie, ma anche
per la profonda umanit che le pervade, testimonianza sofferta di un modo
diverso di concepire i rapporti umani rispetto allideologia dominante. 1

Luomo bianco

La vera e propria mutazione antropologica avvenuta negli ultimi decenni


(e che ha contaminato anche buona parte delle classi subalterne) era stata
prevista e temuta da Della Mea in epoca non sospetta: quasi avesse avuto
una premonizione. Era stato lui stesso a dirmelo:
Quando cantavo Io so che un giorno in fondo non credevo allesistenza
dell Uomo bianco vestito di bianco che ossessionava quel mio carissimo
amico poi finito al manicomio. Pensavo che a me non sarebbe mai capitato
di vederlo e adesso invece lo vedo anchio, quasi ogni giorno, in televisione.

1
Assieme a quelle di Gualtiero Bertelli, Stefano Maria Ricatti, Paolo Pietrangeli, Fausto Omo-
dei, Claudio Lolli, Alessio Lega...magari anche Gianfranco Manfredi (almeno per i versi Non
aspettarti comprensione da lui, son troppi anni che non prende pi il tram...).
Le opere di Ivan Della Mea
156 Discografia
33 giri
1966 - Io so che un giorno (I Dischi del Sole, DS 122/24)
1969 - Il rosso diventato giallo (I Dischi Dello Zodiaco, VPA 8104)
1972 - La balorda (I Dischi Dello Zodiaco, VPA 8165)
1972 - Se qualcuno ti fa morto (I Dischi del Sole, DS 1009/11)
1974 - Ringhera (I Dischi del Sole, DS 1045/47)
1975 - Fiaba grande (I Dischi del Sole DS 1060/62)
1978 - La piccola ragione di allegria (I Dischi del Sole, DS 1090/92)
1979 - Sudadio giudabestia (I Dischi del Sole, DS 1114/16)
1980 - Sudadio giudabestia 2 (I Dischi del Sole, DS 1120/22)
1983 - Karlett (I dischi del Sole)

CD
1997 - Ho male all'orologio (il manifesto)
2000 - La cantagranda forse walzer (il manifesto)
EP[modifica | modifica wikitesto]
1962 - Ballate della violenza (I Dischi del Sole, DS 19)
1964 - Ho letto sul giornale (I Dischi del Sole, DS 36)
1965 - La mia vita ormai (I Dischi del Sole, DS 43)
1972 - La nave dei folli (I Dischi del Sole, DS 78)

45 giri
1966 - Noi lo chiamiamo Vietnam/Ballo tondo del Vietnam (I Dischi del
Sole, DS 204)
Ottobre 1966 - O cara moglie/Io ti chiedo di fare all'amore (I Dischi del
Sole, DS 205)
1967 - Ci che voi non dite/La linea rossa (Linea Rossa, LR 45/3; con
Giovanna Marini)
1968 - Creare due tre molti Vietnam/Comandante Che Guevara (Linea
Rossa, LR 45/12; con Paolo Ciarchi)
1970 - O cara moglie/Piccolo uomo (I Dischi del Sole, DS 208; con Paolo
Ciarchi)
1972 - Ballata per Franco Serantini/Davanti a San Giulio (Linea Rossa,
LR 45/12)

Opere letterarie
1990: Il sasso dentro (edizioni Interno Giallo)
1992: Se nasco un'altra volta ci rinuncio (edizioni Interno Giallo)
1992: Cantata Ambrosiana (edizioni Il Grandevetro)
1997: Sveglia sul buio (edizioni Est)
1998: Cantagranda (edizioni Il Grandevetro/Jaca Book)
2004: Prima di dire, cantate. Dalla caduta del muro di Berlino alla se-
conda guerra del Golfo (edizioni Jaca Book)
2005: Accadde a Tuscamelot (edizioni Jaca Book)
2009: Se la vita ti d uno schiaffo (edizioni Jaca Book)
2010: Un inedito e testimonianze (edizioni Il Grandevetro/Jaca Book)
157

Una foto storica: Ivan Della Mea con Paolo Ciarchi alla chitarra,
Paolo Pietrangeli e Giovanna Marini dal vivo nel 1974

Ricordo che lincontro risale al 1995 e penso sia inutile precisare a chi si
riferisse il buon Ivan.

D. Usi ancora il vecchio repertorio nei concerti?


Mi riferisco ai tuoi lavori degli anni Sessanta, da Ballata della
piccola e grande violenza a Forza Gioan lidea non morta
(noto anche come Il rosso diventato giallo)?
R. Suono spesso canzoni come Ieri mio padre morto o El me gatt
che venne definita da Roberto Leydi una canzone anarcosindacalista a tutti
gli effetti. Posso anche essere daccordo con l anarco ma non sono mai
riuscito a capire il perch del sindacalista...Ho invece qualche difficolt a
suonare Il rosso diventato giallo, ma solo per motivi tecnici, non politici.
Nel disco molti pezzi venivano suonati da Paolo Ciarchi (della Comune),
molto pi bravo di me con la chitarra. Ho recuperato anche A questo
punto il prezzo qual (famosa per aver ripreso lo slogan delle Pantere
Nere brucia, ragazzo, brucia ndr), aggiornandola e aggiustandola un po.
Nel testo originario cerano forse delle forzature a scapito di quel povero
cristo di Cesare Pavese. Purtroppo devo riconoscere che Avola, Battipaglia,
Soriano Ceccanti, Marighela, Inti Peredo...(tutti citati nella canzone, ndr)
ormai alla maggior parte delle persone, soprattutto dei giovani, non dicono
pi niente. Lunico che conoscono Che Guevara.
Chi era Gioan?

158 D. Meglio che niente con questi chiari di luna. A proposito,


pecco anchio di ignoranza e avrei qualche curiosit: chi era
Gioan a cui spesso ti rivolgi? E chi era Costante, altra figura
ricorrente nelle tue canzoni?
R. Gioan era Gianni Bosio. Costante era un contadino di Torrealta di
Ponte del Giglio, in provincia di Lucca. Era un personaggio di grandi,
diffusi, minuti saperi; la negazione di ogni esasperazione ideologica. Un
uomo legato alla terra, al ciclo delle stagioni, al lavoro dei campi. Aveva
una profonda, intima conoscenza di piante e animali, con una visione del
mondo che evocava una sorta di mondo magico rurale. Noi viviamo in
un mondo dove si parte dallidea di uomo universale per poi scendere al
concreto, al particolare. Nel mondo contadino avveniva il contrario, senza
peraltro porsi il problema delluniversale.
Costante non era antifascista, almeno non in maniera consapevole,
dichiarata. Per quando due suoi compaesani discesi in citt e divenuti
fascisti, vennero in divisa a casa sua per dirgli che stavano organizzando
i giovani della zona, non fece altro che entrare in casa e, senza dire una
parola, uscire con il fucile spianato. I due non si fecero pi vedere.

D. Mi pare che ti riferissi a lui, a Costante, anche nella canzone


A questo punto il prezzo qual , molto critica verso gli
intellettuali alla Cesare Pavese (v. ...lumore antico di un
uomo costante...)?
R. Io posso capire Pavese ma contrappongo alla sua mitologia sul paese,
sui campi, le colline, la luna e i fal, la realt di Costante che invece il paese
ce lha dentro. In un certo senso latteggiamento di Pavese equivale a quello
odierno di certi arancioni o affini che vanno a vivere in campagna. Ma io
credo che sia una questione filosofica o ideologica. Il senso materiale della
terra o ce lhai o non ce lhai; non c ideologia che tenga.

Una ballata per Franco Serantini

D. Tu hai dedicato una ballata a Franco Serantini, il giovane


anarchico assassinato a Pisa dalla polizia nel maggio 1972. Mi
dicevi di averlo incontrato qualche volta a casa di tuo fratello,
Luciano (Luciano Della Mea, scrittore, 1924-2003, ndr). Ricordo che
tuo fratello ebbe un ruolo non indifferente nel denunciare il
pestaggio subito da Franco (si costitu parte civile con Guido
Bozzoni riuscendo a impedire la frettolosa, gi richiesta,
inumazione del cadavere di Serantini) e nelle polemiche che
poi sfociarono in due manifestazioni distinte a Pisa...
R. Franco Serantini era molto amico di mia nipote, Maria Valeria Della
Mea, anarchica e figlia di Luciano, mio fratello. La ballata in realt venne
scritta da un numeroso gruppo di compagni di varia tendenza, dagli
anarchici a Lotta Continua. Io mi limitai ad alcuni aggiustamenti metrici e

159
per la musica usai quella di una ballata dedicata a Felice Cavallotti.
A Pisa vi furono due manifestazioni, perch cera chi voleva a tutti i costi
appropriarsi della morte di Franco, installarci la sua bandierina. Questa era,
in sostanza, la posizione di Adriano Sofri. Invece Luciano, mio fratello,
riteneva che la formidabile ondata di sdegno e solidariet che la morte
del giovane anarchico (massacrato dalla Celere e poi lasciato crepare in
carcere, ndr) fosse troppo preziosa per farne una questione di bandiera.
Alla fine si tennero due distinte manifestazioni: in una parl Adriano Sofri,
nellaltra Umberto Terracini (padre costituente, ndr).

D. E gli anarchici?
R. Se non ricordo male anche tra gli anarchici vi furono valutazioni diverse.
Penso fossero pi o meno equamente distribuiti tra le due manifestazioni.
Tra laltro pioveva che Dio la mandava. Di questo se ne ricordano bene tutti
i partecipanti, tranne Marino che per sostiene di ricordarsi di essere stato
istigato da Sofri ad ammazzare Calabresi proprio in quella circostanza....2

D. Usi ancora la Ballata per Franco Serantini nei tuoi


spettacoli?
R. S, spesso. Naturalmente una di quelle canzoni che richiede certe
spiegazioni. Io le considero canzoni duso per la memoria storica.

...Molti Vietnam...

D. C una tua vecchia canzone su Cuba, sul fatto che dovere di


ogni rivoluzionario soltanto fare la rivoluzione...
Come la giudichi a tanti anni di distanza?
R. Quella su Cuba del 67, quando appunto andai a Cuba. Si intitolava
Creare due, tre, molti Vietnam. Non mi capita di cantarla spesso ma di
sicuro non rinnego niente, anzi.
Il destino delle varie canzoni a volte molto diverso. Poco fa mi parlavi
di quella canzone che ho scritto su un fatto accaduto da queste parti (a
Torrebelvicino, vicino a Schio, ndr) e mi parlavi di un ex partigiano divenuto
poi padrone di una fabbrica. Un giorno, agli inizi degli anni Settanta, di fronte
ad un picchetto di operai, non trov di meglio che tornare ad imbracciare il
fucile per sparare nel mucchio (un operaio rimasto ferito perse un occhio,
ndr). Sinceramente me ne ero completamente scordato, hai fatto bene a
2
Stando a quanto mi raccontava Valerio (un compagno di Pistoia che partecip alla manife-
stazione e che in seguito lavor nella tipografia di Carrara dove si stampava Umanit Nova,
anche insieme a Giovanni Marini) ad un certo punto qualcuno, indispettito da alcune frasi
con cui LC cercava di appropriarsi della morte di Serantini, avrebbe strappato la spina del mi-
crofono proprio mentre parlava Sofri (che a qual punto parl solo per le prime file, in sordina
diciamo). Notizia verosimile ma storicamente non documentata.

Pisa. Monumento
a Franco Serantini

160 ricordarmela. Altre


mie canzoni invece
sono entrate nel
patrimonio storico
della sinistra, come
Cara moglie.

D. Possiamo
riassumere a
grandi linee la
tua produzione?
R. Le mie prime
canzoni risalgono
agli inizi degli
anni Sessanta, con
la Ballata della
piccola e grande
violenza. I dischi
principali sono: Io
so che un giorno
(con le ballate del
Gioan); Il rosso
diventato giallo;
Se qualcuno ti
fa morto; La
balorda; La
ringhiera (sulla strage fascista di Brescia); Fiaba grande; La piccola
ragione di allegria (su mio fratello); Su da dio, gi da bestia, un lavoro
sulle contraddizioni, sullemarginazione metropolitana e sulle risposte
di alcuni settori giovanili, in particolare sulla droga. Risale al 77, in
coincidenza con lincremento dei morti per overdose.
Per i centanni dalla morte di Carlo Marx, in collaborazione con lUniversit
di Urbino, ho fatto Carlet. Poi, finita ormai lesperienza dei Dischi del
Sole, ho continuato a scrivere libri.

D. Ce li puoi elencare?
R. Con leditore Bertani (il mitico Bertani di Verona,...ndr) ho pubblicato
Fiaba dorso, di bagato e di un giorno centenario, su come ho vissuto il
centenario della morte di Marx. Poi, per Interno Giallo, Il sasso dentro, un romanzo
nero metropolitano. Con Se nasco unaltra volta ci rinuncio ho vinto il premio Forte
dei Marmi. Poi c stata Cantata Ambrosiana e lultimo, per ora, Un amore di luna
edito dalla Granata Press (ricordo che Ivan ha scritto anche moltissimi articoli
Nel 1975 Einaudi pubblic il libro
di Corrado Stajano, dedicato

161
a Franco Serantini

per lUnit, Il Manifesto, Linus...ndr).

D. Senti, qui siamo a due passi


da Padova. Mi viene in mente
un episodio (di cui hai anche
raccontato su Linus...) che
ti ha visto schierato a fianco
degli autonomi del Centro
Sociale Pedro contro alcuni
benpensanti di sinistra
(diciamo cos...) patavini...?
R. S, mi ricordo i fatti di cui parli...
Risalgono al 1987, in occasione di
un concerto organizzato dallARCI
di Padova nel Salone dei Giganti. I
giovani compagni del Pedro (un
compagno assassinato dalla polizia a Trieste nel 1985, ndr), sostenendo
che le mie canzoni esprimevano contenuti molto vicini ai loro, chiesero
con molta urbanit di poter esprimere il loro pensiero nel corso di un
seminario pomeridiano, sollevando soltanto le obiezioni di un professore
universitario. Mi chiesero poi di poter fare un intervento, leggere un loro
comunicato durante lintervallo del concerto della sera. Naturalmente
diedi il mio consenso. Salirono sul palco con uno striscione e lessero il
comunicato suscitando le ire di quel professore universitario che diede
una sberla ad un compagno del centro sociale. Costui evidentemente
non aveva ben interiorizzato la nota massima evangelica e rispose con un
pugno, a mio avviso giustificato. La mattina dopo veniamo a sapere che il
ragazzo del centro sociale era stato denunciato. Andai subito in questura
con il responsabile dellARCI per dichiarare che i ragazzi avevano avuto
il permesso di intervenire e che il primo a menare le mani era stato quel
professore. Ricordo che la cosa mi fece incazzare e scrissi quellarticolo per
Linus. Si incazz anche il Pci (nei miei confronti) e io tornai a Padova per
fare un concerto al Pedro. Tutto qui.

D. Lultima volta che ti ho visto stato in televisione. Suonavi e


cantavi O cara moglie davanti ai cancelli della FIAT durante
i famosi 33 giorni...
R. I trentatr giorni della FIAT me li sono fatti tutti. Secondo me stata
una sconfitta voluta.

D. Voluta da chi (a parte Agnelli & C., ovviamente)?


R. Anche da una parte del sindacato. In fondo cera questa esigenza di
ristrutturare, condivisa dagli stessi sindacati...Le ragioni della sconfitta erano

162
quindi organiche. Un vero disastro comunque, con conseguenze irreparabili.
C anche un altro aspetto da rilevare. In quei trenta giorni la mobilitazione
fu praticamente tutta esterna; non cera nessuno dei minacciati di cassa
integrazione. Molti di loro erano giovani e in fondo logico che un giovane
se ne freghi se va in cassa integrazione. Al momento dellaccordo poi, come al
solito, gli operai dissero di no e i delegati di s. Ancora unoccasione persa per
riflettere sulla democrazia dentro il sindacato...

I centri sociali a Milano

D. Se Nando Della Chiesa avesse vinto le elezioni a Milano a


questora, con ogni probabilit, saresti assessore ai Centri
Sociali...
R. E sarei subito ricorso alla consulenza di Primo Moroni. Tieni presente
che, a mio avviso, uno dei maggiori esperti di Centri Sociali, non solo
a Milano. Fin dallinizio ha studiato da vicino la nascita di queste realt
auto-organizzate3. Personalmente ritengo sia pericoloso rinchiudere
sotto la stessa definizione di C.S.A. situazioni estremamente composite.
Soprattutto nel rapportarsi alla realt esterna, al territorio. Autogestione
una parola bellissima, facile da capire e, apparentemente, da tradurre
in pratica quotidiana. Invece il termine territorialit pi complesso.
Anche da praticare correttamente.
opinione diffusa, anche in alcuni settori del Movimento, che se Formentini
(ex sindaco leghista a Milano, ndr) non avesse fatto del Leoncavallo una
questione nazionale, forse il Leoncavallo rischiava di estinguersi per
un processo di autoghettizzazione. Anche la questione del casino in ore
notturne era poco pi di un pretesto, un problema che si andava risolvendo:
i compagni avevano gi speso milioni per insonorizzare adeguatamente4.
Il problema vero era quello di sapersi porre in una prospettiva di reale
apertura, di rappresentarsi con il territorio. una cosa nota che da almeno
dieci anni le uniche, o quasi, novit culturali valide a livello

3
Casualmente, nel 2009, mi trovavo a Milano e ho partecipato alla manifestazione - non auto-
rizzata e blindatissima - contro lo sgombero del CSOA Cox18 di via Conchetta dove larchivio
di Primo Moroni (1936-1998, fondatore della libreria Calusca) aveva trovato ospitalit. Lar-
chivio, di inestimabile valore storico, rischiava di venire disperso e danneggiato a causa delle
perquisizioni e del sequestro da parte della polizia. I due principali mandanti delloperazio
ne sarebbero stati la Moratti e il De Corato. (http://www.carmillaonline.com/2009/01/22/
sgombero-del-centro-sociale-conchetta-a-milano/)

4
Confermo: ancora nel 1985 avevo visitato il Leoncavallo storico (quello originario) e gi
allepoca erano in corso lavori di ristrutturazione e insonorizzazione (al prezzo purtroppo del-
la cancellazione di molti dei bellissimi murales originari). Ricordo di aver anche conosciuto
un giovane Daniele Farina (presumibilmente ancora integro e non ancora cinico ideologo
come lo defin Primo Moroni) che mi regal una copia del prezioso Che idea morire di marzo
in memoria di Fausto e Iaio (assassinati nel marzo 1978 dai NAR).
europeo prodotte in Italia sono nate e cresciute nei Centri Sociali, sia per
la musica che per il teatro. Questo spiega perch il Leoncavallo fosse una

163
cosa di giorno e unaltra di notte, quando veniva occupato da 4-5 mila
persone che volevano vedere le avanguardie artistiche. Giustamente Primo
Moroni sostiene che lapertura alla citt dei leoncavallini avvenuta solo
in difesa, ossia come risposta tattica allattacco della giunta. I dieci-
quindicimila delle manifestazioni avrebbero potuto e dovuto essere molti
di pi. C stata la quasi totale assenza delle organizzazioni e dei partiti
della sinistra. Non bastava la presenza per quanto significativa di Umberto
Gay. Bisogna riconoscere che nonostante le assemblee al Teatro dellElfo
non si riusciti a spiegare adeguatamente alla citt che il Leoncavallo
riguardava tutta Milano, tutti i Centri Sociali...Personalmente ho scritto
sullUnit che non bastava firmare manifesti e appelli, ma che alle iniziative
del Leonka bisognava partecipare fisicamente. Soprattutto nel caso di
prevedibili interventi da parte della polizia. Bisognava far capire a quella
testa di c... di Formentini (quello che chiamava i compagni del Leoncavallo
randagi che non hanno diritto di cittadinanza) che il suo atteggiamento
politicamente controproducente oltre che sbagliato.

Millecinquecento irriducibili vecchietti

D. Restando alla situazione milanese, cosa vorresti aggiungere?


R. A Milano non c solo il Leoncavallo. Il centro occupato di viale Transiti,
per esempio, in questo momento sicuramente il migliore centro di
prima assistenza medica della citt. Come laboratorio medico per analisi,
come attrezzature comprate personalmente dai medici che vi operano
volontariamente. Siccome ci vanno soprattutto extracomunitari anche via
Transiti a rischio con questa amministrazione leghista (stiamo parlando
del 1995, ndr). Poi c Villa Mantea, un centro di prima accoglienza, per cui
il solito Primo Moroni riuscito a strappare un mandato. Io personalmente
sono presidente di un circolo ARCI, costituito prevalentemente da anziani,
che da un punto di vista logistico rischia di venir chiuso anche domani: non
ha alcuna agibilit, nemmeno il numero civico...
Per ora non ci hanno sfrattato solo perch la giunta non farebbe una bella
figura a mandare le ruspe contro millecinquecento vecchietti.
A mio avviso comunque - e per concludere - anche da parte dei compagni
si sono commessi errori grossolani. Figurati che non ancora stata fatta
una mappatura completa dei vari centri sociali e affini. Soprattutto penso
sia anche una questione di responsabilit personale. Non pi possibile
delegare sempre e comunque. Occorre sapersi impegnare individualmente:
la responsabilit politica anche soggettiva. Se sei convinto di una cosa e
non la fai sei responsabile del suo fallimento. Voglio dire che se credo giusta
una determinata manifestazione devo andarci di persona, non limitarmi a
firmare lappello. Altrimenti i Centri Sociali rischiano di chiudere...
164 QUELLA MALATTIA
CHE JAMES PARKINSON
DESCRISSE 200 ANNI FA:
SI ALLEVIA, NON SI VINCE
Ripercorriamo la storia affascinante di una ricerca
tuttora attuale e, se vogliamo, incompiuta: quella elaborata
ostinatamente da un grande medico inglese di due secoli fa,
James Parkinson, i cui studi ci permisero di scoprire una
malattia che prese il suo nome, malattia che la scienza seppe
alleviare ma che ancora non sa guarire. Come accade spesso
per malattie di origine neurologica, il problema
sta nella causa: ignota

SANDRO DAL FIOR

L a storia della medicina storia di persone e di malattie. E tal-


volta capita che una malattia sia identificata con il nome di chi la descrisse
per primo. Di solito perch non se ne conoscono le cause e non pu essere
guarita, anche se ci sono cure efficaci per alleviarne i sintomi: significa che
la malattia diventer un alter ego dei malati. anche il caso della malattia
di Parkinson.
James Parkinson nato l11 aprile 1755, ed sempre vissuto a Londra, pre-
cisamente nel quartiere di Shoreditch e Hoxdon (https://www.airbnb.it
Citt Londra), dove morto il 21 dicembre 1824, allet di 69 anni.
Ha lavorato come medico, continuando dal 1784 lattivit del padre, che
esercitava nel quartiere, ma si interessato e ha scritto anche di geologia e
paleontologia, e di politica assistenziale (lattuale welfare).
I pi noti testi di geologia e paleontologia sono Organic Remains of the For-
mer World (1804) e Elements of Oryctology: An Introduction to the Study
of Fossil Organic Remains, Especially of Those Found in British Strata:
intended to aid the student in his inquiries respecting the nature of fossils,
and their connection with the formation of the earth.
In internet si trova sia la prima edizione del 1822 https://archive.org/
details/outlinesoryctol02parkgoog, che la seconda edizione, pubblicata
nel 1833, composta da 4 pagine di introduzione, 343 pagine di testo, un

165
indice analitico di 6 pagine e 10 tavole. interessante la riflessione finale
(pagine 339-343) sul come lo studio dei fossili dimostra che la terra non
il risultato di una creazione, come narrato nel libro della Genesi (Mosaic
account: racconto di Mos, perch si riteneva fosse stato scritto da Mos),
ma la conclusione di pi creazioni per il tempo e il modo in cui avvenuta
la comparsa delle specie viventi sulla terra.
The Mosaic account of this deluge has, however, been doubted, from the
total absence of the fossil remains of man. The assumption of the suc-
cesssive creations with accordant changes in the state of the planet, does
not, indeed, agree with the Mosaic account of the creation, at least in its
ordinary acceptation. (pagina 342).
Probabilmente conosceva gli studi di Jean-Baptiste Lamarck (Bazentin-
le-Petit 1 agosto 1744 Parigi 18 settembre 1929), che per primo teorizz
levoluzione degli organismi viventi.
Ha partecipato al dibattito politico nel periodo successivo alla rivoluzione
francese (1789) pubblicando brevi saggi con lo pseudonimo Old Hunter
(Vecchio Cacciatore), e ha scritto libri sulla formazione dei medici e per
linformazione alle famiglie dei segni e sintomi delle malattie e dei corretti
stili di vita e di attenzione alla crescita dei ragazzi.(Medical Admonitions
to Families, respecting the Preservation of Health and the Treatment of
Sick, Observations on the Excessive Indulgence of Children, particularly
intended to shows its Injurious Effects on their Health, and the Difficulties
it occasion in the Treatment during Sickness.).

Un esempio tuttora attuale di metodologia clinica

Duecento anni fa, nel 1817, ha pubblicato il saggio che lha reso famoso: An
Essay on the Shaking Palsy (Paralysis Agitans), composto da una
prefazione, pagine i-iv, e cinque capitoli: il primo Definition-History-Illu-
strative cases (pagine 1-18), il secondo Pathognomonic Symptons Examined
- Tremor coactus - Scelotyrbe Festinans (pagine 19-27), il terzo Shakyng
Palsy Distinguished from other Diseases with which may be confounded
(pagine 27-32), il quarto Proximate Cause.Remote Causes - Illustrative
cases (pagine 33-55) ed il quinto Considerations respecting the Means of
Cure (pagine 56-66).
Nella prefazione J. Parkinson scrive di sapere che non si mai abbastanza
cauti quando si fanno delle ipotesi, particolarmente in medicina; di sapere
che il saggio non perfetto, perch manca dello studio anatomico; ma poich
una malattia non classificata e invalidante, decide di non rinviare la pub-
blicazione delle sue osservazioni, e non si lamenter se verranno criticate,
ma sar soddisfatto per aver attirato lattenzione di chi potr studiare con
pi mezzi questa malattia.
Ho copiato i titoli dei cinque capitoli perch lo svolgimento del saggio un
166


La copertina originale del libro di J. Parkinson (1817)
esempio tuttora attuale di metodologia clinica, sul come devono essere
studiati i malati, e quindi le malattie.

167
Nei primi tre capitoli J. Parkinson definisce la malattia Involuntary tre-
mulous motion, with lessened muscular power, in parts not in action and
even when supported ; with a propensity to bend the trunk forwards, and
to pass from a walking to a running pace : the senses and intellects being
uninjured. (pagina 1, righe 1-6), ne descrive sei casi clinici e ne evidenzia
le caratteristiche comuni e i segni che la identificano con sicurezza detti
patognomonici perch la differenziano dalle malattie con le quali potreb-
be essere confusa: the tremolous agitations, and the almost invincible
propensity to run, when wishing only to walk (pagina 19, righe 3-5) il
tremore involontario, la rigidit muscolare e landatura festinante (a piccoli
passi veloci e con il busto piegato in avanti); infine che i segni della malattia
iniziano e peggiorano lentamente ma inesorabilmente.
Negli ultimi due capitoli ipotizza la causa della malattia, che ritiene essere
conseguenza di una lesione del midollo allungato, e propone delle cure,
nessuna delle quali stata efficace.

Nasce la malattia di Parkinson,


con evidenze note e cause ignote

Nel suo saggio J. Parkinson ha descritto la malattia in modo che possa essere
riconosciuta e catalogata, distinguendola da malattie con sintomi simili e ha
sottoposto le sue osservazioni al giudizio critico dei suoi pari.
stato Jean-Martin Charcot (29 novembre 1825 16 agosto 1893), che
nel 1882 fond la prima Clinica delle malattie nervose in Europa allHospital
de la Salptrire a Parigi, che conferm la specificit della malattia descritta
da J. Parkinson e, ritenendo che i segni paralysis agitans o shaking palsy
non fossero i pi importanti, propose di chiamarla malattia di Parkin-
son. (Charcot J-M De la paralysie agitante in Oeuvres Compltes (tome
1, Leons sur les maladies du systme nerveux, pp. 155188. A Delahaye,
Paris, 1872)
La causa della malattia di Parkinson non nota. La ricerca della sede delle
alterazioni anatomiche, che J. Parkinson auspicava indicando il midollo
allungato come possibile organo, ha dimostrato invece come segno pato-
gnomonico la degenerazione della substantia nigra, che uno dei nuclei
della base dellencefalo, le cui cellule producono dopamina, un mediatore
della trasmissione degli impulsi nervosi, che arrivano alla corteccia cerebrale
motoria da dove sono trasmessi ai muscoli per i movimenti volontari.
Nuova conoscenza sul meccanismo di funzionamento (attivazione e con-
trollo) dei movimenti volontari si accumulata, a partire dalla met del
secolo scorso, quando si tent di ridurre il tremore grave con la chirurgia,
lesionando aree cerebrali, in particolare del talamo: il tremore diminuiva,
ma si provocavano danni inaccettabili della capacit di parlare e di deglutire,
e della comprensione.
Successivamente, negli anni Settanta e Ottanta, Mahlon DeLong e colla-

168
boratori (Garrett E. Alexander, Hagai Bergman, Thomas Wichmann), che
lavoravano al National Institutes of Health, Bethesda, Maryland, sperimen-
tando sulle scimmie rhesus, dimostrarono che i nuclei della base dellencefalo
(globus pallidus, substantia nigra, striato) partecipavano al controllo della
direzione e dellampiezza del movimento dei muscoli volontari: elaborarono
cos la teoria del circuito motorio tra nuclei della base e corteccia motoria
dellencefalo, funzionante per una tuttora non spiegata interazione di me-
diatori chimici, in particolare della dopamina. E osservarono che la stimo-
lazione con basse frequenze (5-10 Hertz) provocava aumento del tremore,
invece la stimolazione con alte frequenze (50-100 Hertz) ne provocava una
riduzione, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4272856/pdf/
nihms650227.pdf).

La prima cura efficace per la malattia:


il farmaco levodopa

La prima cura efficace per la malattia di Parkinson stata quella con il farmaco
levodopa, un precursore della dopamina, brevettato nel 1963. Da allora la terapia
con levodopa lo standard per la malattia di Parkinson, preparato in forma
di compresse o capsule, utile alla maggioranza dei malati ma come capita
spesso dopo alcuni anni diventa inefficace e pu avere effetti collaterali inaccet-
tabili, indicati complessivamente con il termine discinesie. Inoltre, la levodopa
interferisce con altri farmaci ( quindi necessario che il medico sia informato di
tutti i farmaci che i malati stanno prendendo) ed il suo assorbimento diminuito
da cibi ricchi di proteine.
I ricercatori hanno trovato altri farmaci utili per la cura della malattia di Parkin-
son, nessuno per pi efficace della levodopa, ma che sono utili in associazione
con la levodopa ad avere uguale beneficio con minori effetti collaterali.
Nel frattempo continuata la ricerca sul funzionamento del circuito moto-
rio e sono state introdotte in medicina le moderne tecniche di immagine,
la TAC (tomografia assiale computerizzata), la RNM (risonanza nucleare
magnetica) e la SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography,
Tomografia ad emissione di fotone singolo).
La SPECT utile per confermare la diagnosi di malattia di Parkinson:
lesame si esegue iniettando un tracciante radioattivo ioflupane, marcato
con Iodio 123 (nome commerciale DaTSCAN), che si concentra dove c
dopamina nei nuclei della base cranica e indica se la quantit normale o
diminuita, com nella malattia di Parkinson e non in malattie con sintomi
simili, definite parkinsonismi.
La TAC e la RNM consentono invece di localizzare con precisione le varie
zone dellencefalo e quindi decidere dove impiantare gli elettrostimolatori.
stato cos possibile riprendere con strumenti pi adatti lidea di curare la
malattia di Parkinson con la chirurgia, impiantando nei nuclei della base
cranica degli elettrodi collegati e attivati da uno stimolatore posto sotto la
cute del torace (come i pacemaker per il cuore). La programmazione della

169
frequenza di stimolazione un processo lungo parecchi mesi: allinizio
necessario attendere la guarigione delle ferite chirurgiche e successivamente
si procede aumentando lentamente la frequenza e contemporaneamente
diminuendo la levodopa fino a trovare il migliore arrangiamento.

Lintervento chirurgico
Il primo ad eseguire lintervento in un uomo stato il neurochirurgo fran-
cese Alim-Louis Benabid (2 maggio 1942) nel 1987 allUniversit Joseph
Fourier (UJF), Grenoble, France, che impiant un elettrostimolatore nel
talamo. Lattesa era che il tremore diminuisse con stimolazioni di bassa
frequenza (5-10 Hertz), mentre regred con alte frequenze (circa 100 Hertz).
Da allora la tecnica e i risultati sono cambiati: ora si impiantano non uno
ma due elettrostimolatori, uno a destra e uno a sinistra, e non nel talamo
ma nei nuclei della base cranica. Finora sono noti i risultati fino a dieci anni
dopo lintervento chirurgico, e sono soddisfacenti per i malati e per gli ope-
ratori, e losservazione degli operati continua per raccogliere informazioni
di eventuali altri effetti oltre a quelli sul movimento conseguenti alla
presenza degli elettrostimolatori, che comunque potrebbero anche essere
tolti, se necessario.
Nel periodo post-operatorio molti malati hanno sintomi depressivi o mania-
cali, che di solito sono transitori. Talvolta per capita che, anche se c un
evidente miglioramento dei movimenti, peggiora la capacit di comprensione
e di esecuzione degli ordini, e compaiono segni psichiatrici, come depressio-
ne, apatia, comportamenti compulsivi Non spiegato quale sia la causa di
queste complicanze non-motorie, ma psicologiche e psichiche, dellintervento
chirurgico. Ma la compromissione della vita personale, familiare e sociale che
ne consegue, vanifica il risultato del miglioramento dei movimenti: questo pro-
blema affrontato selezionando i malati cui proporre lintervento chirurgico
e valutandone il risultato misurando sia lattivit motoria che non-motoria.

Il caso Andrea Bonomi: il corpo, la mente, let


Chi ammala della malattia di Parkinson obbligato a fare nuove esperienze,
a frequentare nuovi spazi, soprattutto negli ospedali, e cos a riflettere sulla
vita con nuovi stimoli. quello che ha raccontato Andrea Bonomi nel libro
Io e Mr Parky, Bompiani Overlook, 2016, pagine 202, euro 17.
Andrea Bonomi (Roma, 1940) ha insegnato Filosofia del linguaggio
allUniversit degli Studi e Semantica dei linguaggi naturali allUni-
versit Vita-Salute San Raffaele di Milano. A settantanni gli stata diagno-
sticata la malattia di Parkinson. Nei dieci capitoli del libro racconta la sua
esperienza della malattia, iniziando con Persone in una sala daspetto e
terminando con un Dialogo sulle ingiurie del tempo e la fragilit del corpo
(pagine 143-202) scritto in terza persona: Mr Myself diede pure un nome a

170
costui (una sorta di homunculus che albergava dentro di lui) e in segno di
rispetto per lo stimato ricercatore che fiss il perimetro di gioco lo chiam
Mr Parky. Abituato comera allargomentare filosofico, avvi con lui una
discussione su ci che gli stava pi a cuore e che riguardava gli effetti del
tempo che passa, i condizionamenti della malattia e i conseguenti limiti
del libero agire. (pagina 146, righe 22-28)
A. Bonomi un appassionato ciclista. La verit che sto celebrando un
piccolo rito, che si ripete ogni anno, soprattutto da quando lannuncio della
malattia ha portato un certo scompiglio nella vita di tutti i giorni: un rito
che consiste nel percorrere tutta la salita che dalla Val dOrcia conduce
alla rocca di Radicofani e nel registrare i cambiamenti intervenuti rispetto
allanno precedente. Poche centinaia di metri di dislivello: ordinaria ammi-
nistrazione per un ciclista che non sia gravato dallet o dai limiti imposti
da qualche patologia sorniona. E, in effetti, per me le cose sono un po pi
complicate, visto che ho compiuto da pochi giorni i settantacinque anni e
che devo misurarmi con le incognite della malattia. (pagina 90, righe 15-26)
A. Bonomi autoironico: Pedalare solo un aspetto della filosofia del
movimento che ho cominciato a elaborare da un certo punto in poi. In
effetti, prendere coscienza della malattia comporta lesigenza di adottare
delle contromisure: questo dice il buonsenso. Muoversi, e poi ancora
muoversi, continuo a ripetere. Ma per farlo bisogna attrezzarsi. E cos in
un angolo della mia stanza ho raccolto un tappetino da ginnastica, uno
smartwatch e un enorme pallone (pi professionalmente gym ball). Agli oc-
chi di una persona normale questo armamentario potrebbe rappresentare
la controparte strumentale di una lucida follia. Vedere un signore settan-
tacinquenne, con al polso un pataccone rettangolare, tenere in equilibrio
sul proprio ombelico un enorme pallone, o gym ball che dir si voglia, non
cosa di tutti i giorni. (pagine 101 e 102).

Illiers-Combray, fra realt


e Recherche proustiana

Oltre al corpo per A. Bonomi importante muovere la mente, ed il motivo


per cui ha scritto il libro e nel libro un ricordo, attivato da una cartolina,
che usa come segnalibro, con la foto di una piazza con un campanile e, sul
bordo inferiore la scritta Illiers, rebaptis Illiers-Combray le 8 avril 1971.
Pedalare, come si visto, una delle grandi passioni della mia vita.
Unaltra la frequentazione della Recherche di Proust. E dunque eccomi
qui, in sella a una bicicletta tout terrain, davanti al cartello stradale che
annuncia la cittadina di Illiers, o meglio: Illiers-Combray. Occorre infatti
ricordare che con uno speciale decreto legislativo il presidente Pompidou
decise di ribattezzare questa localit in modo tale che al doppio nome
corrispondesse una natura ibrida, derivante da una sovrapposizione fra
Marcel Proust (Parigi, 10
luglio 1871 Parigi, 18 novem-

171
bre 1922) stato uno scrittore
che ha modificato la struttura
e la grammatica del romanzo
europeo, fra l800 e il 900.
Autore della famosa Alla ricer-
ca del tempo perduto, roman-
zo pubblicato in sette volumi
tra il 1913 e il 1927.

il piano della realt (Illiers) e quello


della finzione proustiana (Combray).
Linizio, davanti a quel cartello,
dunque promettente, e il seguito
addirittura esaltante perch, come
vecchio membro della Socit des
amis de Marcel Proust, sono accolto
calorosamente dal responsabile della casa-museo di Tante Lonie A
parziale giustificazione di questo stato di esaltazione, devo ricordare che
di invasati come me ne vedi in giro molti da quelle parti. Arrivano con
tutti i mezzi: in bici (sappiamo chi), ma anche in auto, in moto, in camper
e perfino in autostop. E li riconosci subito per
laria trasognata con cui girano per il paese,
come un bambino in visita a Disneyland, sia
per il volume che tengono in mano, limmanca-
bile biografia proustiana di Painter, consultata
come se fosse una guida del Touring. Ed su-
perfluo dire che i locali non sono cos entusiasti
di questa pacifica invasione di devoti. Tanto
che avendo chiesto a un contadino indicazioni
sulla sorgente della Vivonne, mi sento rispon-
dere che la Vivonne se l inventata ce fou
dcrivain (pagine 117-118-119).

Come per altre malattie, anche alla malattia di Parkinson dedicata


una giornata per diffonderne la conoscenza e per far comprendere a tutti
come cambia la vita dei malati e dei loro famigliari e amici, e cos simpatiz-
zare con loro quando si incontrano e si riconoscono. Nel 2017 la European
Parkinsons Disease Association ha proposto l11 aprile: aderiscono anche
le Associazioni nazionali e locali: a Vicenza c lAssociazione Vicentina
Malattia di Parkinson (http://www.parkinsonvicenza.it/).
Il simbolo scelto un tulipano rosso, importato in Europa dallOriente
nel XVI secolo, al quale la tradizione attribuisce il significato dellamore
perfetto ed eterno.
172 CHE COS IL MARCHIO CE
E IN QUALI TERMINI
ATTESTA LA QUALIT?
Che cosa collega il concetto di qualit al marchio CE
di prodotto? Quali garanzie offre allutilizzatore tale
marchio apposto sul prodotto? Concetti e regole allinterno
del mercato Comune Europeo: alcune informazioni utili
al consumatore. Direttive Europee: valenza e significato con
specifico riferimento ai prodotti di consumo quotidiani.

FRANCESCA SANSON

Q

ualit, termine che apre la strada a un insieme di caratteristi-
che di natura positiva, tratti distintivi di un prodotto, di una perso-
na, di un processo, di unazione. Indubbiamente associa a s un concetto di
valenza positiva. Robert Musil per delineare il proprio personaggio Ulrich
quale mediocre, cio uomo ideale del periodo, che riassume in s, appun-
to, tutte le non-qualit (1) costretto ad anteporre alla parola qualit la
locuzione privativa senza, per spogliare quanto di positivo questa parolina
implicitamente propone.
E a sondare per bene nel presente, questo fuorviante termine non pi
cos tacitamente garanzia di valenze imprescindibili di un prodotto, di un
suono, di unattivit, di un qualcosa cui fa riferimento, quale anticipatore della
sequenza di propriet e di valori fondamentali, formali, sostanziali e positivi,
caratterizzanti quel qualcosa.

(1) L'uomo senza qualit (Der Mann ohne Eigenschaften) opera dello scrittore austriaco
Robert Musil ( Berlino 1930 e 1933). Si tratta di una delle opere pi importanti della let-
teratura mondiale, opera monumentale, il lavoro di un'intera vita. Pensato inizialmente
come grande romanzo autobiografico, seppur scritto in terza persona, ambientato nei
primi anni del secolo scorso, ha un'originalissima struttura in quanto contiene ampi stralci
di tipo saggistico a temi storico-filosofici. Ambientato in quella che a tutti gli effetti Vienna,
capitale di un grande impero pluri-etnico detto "Kakania", narra la vicenda esistenziale e
spirituale di Ulrich: una specie di "uomo ideale" che, riassumendo in s tutte le qualit o,
meglio, le "non-qualit" del secolo appena iniziato, il Novecento, vive parzialmente alienato
dal "mondo reale" e del tutto privo di autentici interessi.
Il grande scrittore austriaco Robert
Musil (Klagenfurt, 6 novembre

173
1880, Ginevra, 15 aprile 1942). Il suo
capolavoro lUomo senza qualit
(1930). Lultima edizione italiana
di questo straordinario romanzo
epocale della Newton Compton
(2013), versione integrale delledi-
zione originale, per la traduzione di
Micaela Latini.

Oggi si parla di qualit a tutto


tondo, meglio, parlando di quali-
t ci si riferisce a come la si possa
raggiungere, mantenere, migliorare,
implementare e ancor prima, quale
essa sia da intendere con riferimen-
to alla singola cosa considerata.
Tutta questa riflessiva premessa per
dare avvio a un argomento ostico,
asciutto, scarsamente approfondito
e conosciuto, tuttavia attualissimo,
che ci accompagna nel nostro quotidiano! E veniamo a questargomento
ostico! Oggi parlo di qualit e di una vezzosa sigletta: il marchio , che
accompagna moltissimi prodotti di uso quotidiano! Ma molto poco si sa sulla
valenza di questo marchio e a cosa faccia riferimento.
E forse molto poco viene diffuso per poter meglio galleggiare nel nebuloso,
alimentando perniciosi fraintendimenti!

La nebulosa sigla della Comunit Europea:


tutto nacque con Maastricht 1992

Il marchio , sigla della Comunit Europea, assunta per effetto del Trat-
tato di Maastricht del 1992, entrata da molti anni a far parte del nostro
mondo di consumatori e utenti.
Senza porvi soverchia attenzione, e troppe volte senza conoscerne a fondo
la valenza, siamo tratti in inganno per la scarsa chiarezza sullargomento e
del suo significato. Molti produttori e distributori, giocando sullequivoco,
lasciano tacitamente intendere che tale sigla attesti la qualit del prodotto!
Ma non proprio cos!
Linformazione oscura, lasciata troppo spesso al caso e nessun organo
preposto sembra avere intenzione di fornire chiarezza! Ragioni? Troppe!
Interessi: molti! Vantaggi lobbistici, tanti!
La sua presenza nella confezione o nellimballo di un prodotto non intende
denotare le caratteristiche qualitative degli ingredienti, dei materiali, delle
componenti o addirittura del prodotto stesso, ma garantisce solamente
che quel determinato articolo realizzato in ottemperanza alle Direttive

174
Europee specifiche di quella classe di prodotti, esclusivamente con riferi-
mento alla sicurezza dellutilizzatore!! Quindi parlo e faccio riferimento
alla qualit certo, ma in tuttaltri termini, rispetto allintendere comune!
Non tutti gli articoli e i prodotti soggiacciono allobbligo di tale
marcatura per circolare liberamente allinterno della Comunit Europea
e quindi per essere commercializzati anche in Italia. Infatti, non tutti i pro-
dotti con luso potrebbero mettere in forse la sicurezza dellutilizzatore e,
rappresentando un potenziale pericolo, causare danni anche alla persona.
Faccio un passo indietro per spiegare meglio cosa siano le Direttive
Europee. Esse sono diposizioni emanate dal Parlamento Europeo e dal
Consiglio dellUnione Europea. Nel caso esaminato di nostro interesse, con
riferimento specifico di prodotto, meglio, di una classe/famiglia di
prodotti, e come il termine stesso - Direttiva- connota, si limitano a indi-
care quali siano i requisiti essenziali di un articolo o di un gruppo di articoli,
affinch sia garantita la sicurezza duso del fruitore.
Il mercato Europeo, quindi ogni Stato membro della Comunit, obbligato
ad armonizzare, secondo tali indicazioni, i propri regolamenti di legge in
materia di sicurezza e di tutela della salute del consumatore, con riferi-
mento agli specifici prodotti, prima di poterli mettere in commercio. E fin
qui suppongo che le finalit di queste indicazioni denominate Direttive
siano chiare. Da tale presupposto si pu comprendere che il produttore e/o
il distributore, in ambito Europeo, quindi anche in Italia, ne sia lunico
responsabile, nel caso in cui gli articoli dallo stesso commercializzati non
osservino le norme di sicurezza evidenziate dalle Direttive specifiche di
riferimento e ovviamente recepite, per obbligo, dallo Stato italiano.

Marchio CE: le famiglie di prodotti pi frequenti

Per rendere pi chiaro il concetto, passo a considerare alcune classi/famiglie


di prodotti che pi di frequente possiamo acquistare e che debbono essere
marchiate CE.
Gli occhiali da sole, i caschi, gli elmetti, i guanti protettivi, i giubbotti salva-
gente, ad esempio, che rientrano nel gruppo di dispositivi di protezione
individuale, sono oggetti acquistati per proteggere la persona e quindi
devono essere prodotti osservando i principi di sicurezza elencati dalle
Direttive Europee di riferimento.
Per lo pi si parla di requisiti di sicurezza, intendendo che il prodotto
usato debba proteggere la persona dai rischi derivanti che potrebbero com-
prometterne la salute.
Per il gruppo di prodotti sopra menzionato, se un occhiale da sole non sod-
disfa le caratteristiche intrinseche di protezione dei raggi UV, di assenza
di distorsione delle immagini, di utilizzo di materiali nocivi per la salute,
per nominarne solo alcune, ne deriverebbe un danno agli occhi di notevole
portata, senza per altro doverlo costatare nellimmediato. Ancora pi evi-
dente appare lesempio con un casco da bici o da moto, che se non realizzati

175
secondo specifiche modalit essenziali, se non testati come prescritto, nel caso
di caduta non proteggono, con le ovvie conseguenze immaginabili.
Anche per siringhe e termometri, per citare un altro gruppo di strumenti
con cui possiamo facilmente essere direttamente confrontati, esistono spe-
cifiche Direttive, che servono a garantire la sicurezza nel funzionamento
e nelluso, poich se cos non fosse, tali prodotti, intervenendo sulluomo
in modo pi o meno invasivo dipendentemente dal prodotto,- pensiamo
a una siringa - arrecherebbero danni perlopi occulti. Quindi, garanzie
quali la sterilit del prodotto, laffidabilit nella misurazione, solo per citare
alcuni requisiti essenziali del gruppo, rendono il prodotto sicuro e non
compromettono la salute.
Cucine, scaldabagni e stufe a gas, ad esempio, sono apparecchiature usate
per il riscaldamento, per la cottura, per la produzione di acqua calda, appar-
tenenti ad altro gruppo merceologico rispetto agli esempi sopra illustrati, che
devono, per forza di cose, essere costruiti secondo le specifiche di sicurezza
e di controllo indispensabili allo scopo
per cui sono realizzati. Anche in questo
caso ne va della sicurezza delluomo ed
anche per questi esistono le Direttive
specifiche, dedicate.
Senza dubbio molti di voi avranno nota-
to anche che nei giocattoli la sigla CE fa
bella mostra di s. Che sta a significare?
Ad esempio un pelouche, anche se
realizzato in Cina, per circolare libe-
ramente sul territorio europeo e quindi
italiano, deve rispettare i requisiti spe-
cifici di prodotto per giochi riservati
a bimbi da zero ai 14 anni.
Che cosa significa in concreto?
Che gli occhietti dellorsetto, ad esempio, non devono staccarsi, che il
materiale con cui confezionato lorsetto non deve perdere il pelo, poich il
bimbo li potrebbe ingerire e soffocarsi. Questo e altro ancora sono garanzie,
in termini di sicurezza, che la marcatura CE conferisce al giocattolo preso
ad esempio, se il marchio CE accompagnato dalla dicitura da zero a 3 anni.
Quindi sino a questo punto mi pare abbastanza chiaro che la marcatura CE
dichiari la conformit del prodotto relativamente alle direttive specifiche
che lo governano in termini di sicurezza.

Il responsabile? Il produttore o il distributore

Responsabile delle conformit di prodotto il produttore e/o il distributore.


Ci comporta che unazienda, ad esempio, pu senza dubbio lasciar produrre
i propri articoli in altra sede diversa da uno stato europeo, per se tali prodotti
sono distribuiti allinterno dellEuropa, il distributore o colui che immette

176
sul mercato europeo larticolo, deve procedere, affinch le conformit di
prodotto, promulgate dalle Direttive Europee, siano rispettate dal proprio
fabbricate extra-CEE. Lazienda estera, fuori dal territorio Europeo, non pu
apporre marcature CE e neppure rilasciare dichiarazioni di conformit, che
spettano appunto al distributore europeo affinch siano valide.
La Direttive Comunitarie definiscono tutta la documentazione - fascicolo
tecnico - che il fabbricante, il suo mandatario se il fabbricante si
trova fuori della CEE o limportatore di materiali, prodotti, dispositivi,
macchine o impianti, devono produrre per poter apporre il marchio CE.
Non si tratta del manuale duso, bens di una raccolta di tutti i documenti
realizzati durante la progettazione, la costruzione, il collaudo del prodotto
conservata dal fabbricante, e nel caso di produzione extra-CEE, dal man-
datario con sede in un paese dellEuropa.
Le norme prescrivono anche che, a fronte di una richiesta da parte delle
autorit competenti, - gli organi di sorveglianza - il costruttore sia in
grado di mettere a disposizione il fascicolo tecnico nei tempi richiesti, nel
caso di rischi accertati per la sicurezza.
Riallacciandomi allesempio del giocattolo provvisto di marcatura CE e di
dicitura adatto da zero ai 3 anni, il giocattolo assolve tutti i requisiti previsti
di sicurezza che non metteranno in pericolo un bimbetto piccolo, avvezzo a
giocare pi con la bocca che con le manine. Ma di qualit dei materiali, dei
filati e delle imbottiture impiegate non se ne parla!
Va da s che gli usi impropri per cui il prodotto concepito e realizzato
sono esclusi.

E i prodotti marchiati CE delle bancarelle?

Tuttavia la sola semplice marcatura CE, la troviamo anche negli occhiali


che acquistiamo sulle bancarelle, e allora ci chiediamo: come sapere se il
prodotto pu arrecare danno? Se il prodotto risponde ai requisiti di sicu-
rezza, la cui Direttiva io consumatore non posso e non voglio conoscere
nel dettaglio? Semplicemente rivolgendomi a un rivenditore, che non sia la
bancarella, avvalendomi cio di chi assume la responsabilit del prodotto che
mette in circolazione e per cui mi potr rilasciare apposita nota informativa:
nome e indirizzo del fabbricante, categoria del filtro solare, la classe ottica,
le istruzioni duso, di pulizia e manutenzione. Aspetto che lambulante non
potr soddisfare, se non con fogliettini lacunosi e contraffatti!
Ma molto di pi vi ancora da sapere: questa preziosa sigletta di facile con-
traffazione, deve essere impressa sul prodotto o sullimballo e mai essere un
adesivo. Deve rispettare determinate misure ed estetica, cio non si tratta di
leggere un semplice CE apposto sullarticolo, bens la C e la E debbono
essere inscritte in cerchi
177
come dallimmagine riportata.

Gli elettrodomestici
La dimensione non vincolante, ma le rotondit s! Neppure il colore di
stampa lo , ma la forma lo assolutamente! Anche gli elettrodomestici, essen-
do potenziali pericoli quotidiani, se costruiti osservando le precauzioni ovvie
per luso sicuro, sono marchiati CE. E quali sono, ad esempio, i potenziali
pericoli, che se non eliminati in fase costruttiva, possono compromettere la
sicurezza e causare incidenti? Un frullatore provvisto di marcatura CE
non deve azionarsi, se il tappo di chiusura del bicchiere non serrato a
dovere. Infatti se cos non fosse, azionerei lavvio anche con il tappo non
perfettamente chiuso, provocando la fuoriuscita con effetto esplosivo del
tappo e del contenuto, con le immaginabili conseguenze al malcapitato che
si vedr aggredire dallimmancabile esplosione!!
Un phon per capelli deve soddisfare le norme di compatibilit elettroma-
gnetica, tra le altre, ossia funzionare e non generare interferenze con altri
elettrodomestici.
In fatto di sicurezza tutti i piccoli elettrodomestici, gli apparecchi per
illuminazione, gli elettroutensili non professionali, le apparecchiature per
estetica, che senza dubbio non comporterebbero il problema descritto per
il frullatore, debbono garantire limpiego della bassa tensione oltre ad
altre caratteristiche che potrebbero causare danni alla persona, se non os-
servate. La sigla CE corretta attesta e serve a garantire che larticolo, che
ho acquistato, realizzato a regola darte secondo le vigenti norme europee
di prodotto, il che conferisce limpiego perfetto in termini di sicurezza.

Le istruzioni di uso comunque sono da osservare!


E la qualit intrinseca del prodotto unaltra cosa

Il marchio mindica che il produttore dispone del fascicolo tecnico relativo


e che quindi il prodotto sottoposto alle verifiche del caso prima dellim-
missione in commercio.
Chiarisco che la dichiarazione di conformit, che accompagna il pro-
dotto, solitamente inserita nelle istruzioni duso e riporta pure le norme
cui il prodotto sottoposto per garantire la sicurezza di cui sopra, se la
Direttiva lo impone, oltre al nome del fabbricante o di chi ne fa le veci in
fatto di responsabilit sul territorio europeo.
Sia ben chiaro che la dichiarazione di conformit parte integrante,
178

ma non la marcatura CE e che questo certificato obbligatorio, se


previsto dalle Direttive, mentre la marcatura CE per tutte le classi
di prodotto che possono costituire un danno alla sicurezza delluti-
lizzatore, obbligatoria.
Giunti a questo punto evidente che questo marchietto non mi dice nulla
sulla qualit dellarticolo.
La qualit intrinseca del prodotto resta di competenza del produttore,
come le prestazioni tecniche dello stesso, e questo non va in collisione con
i requisiti di garanzia.
Il mio frullatore, provvisto di regolare marcatura CE, potrebbe avere delle
lame in lega di acciaio o di alluminio scadenti, utilizzare parti di motore non
di primissima qualit, - fin tanto che non vanno in collisione con la sicu-
rezza dellarticolo - impiegare delle componenti in materiale plastico meno
resistenti allusura, tuttavia osservare e rispettare tutti i requisiti imposti
dalle Direttive di prodotto. Per tanto, come si pu comprendere, la qualit
dellarticolo non attestata con la marcatura CE.
Il frullatore taglia, sminuzza, insomma adempie la propria funzione, magari
col tempo il lavoro eseguito lascer a desiderare, ma non mette in forse la
sicurezza nelluso appropriato!!
Quindi il marchio CE non pu escludere che a breve inizi a dare cenni di
cedimento, che la scocca da bianca che fosse, ingiallisca, che il tazzone, dopo
vari lavaggi, presenti delle graffiature antiestetiche, e che questo frullatore
debba essere sostituito!!!
Quindi un venditore che dovesse
promuovere un articolo elo-

179
giandolo in termini qualitativi,
poich provvisto di marchio
CE, non sta facendo bene
il suo mestiere e forse non sa
neppure di cosa stia parlando!

I dispositivi medici

Procedo e mi allargo a unaltra fascia di articoli, anche di uso frequente!


In questo caso mi riferisco a tutti quei prodotti, meglio definiti Dispositivi
Medici, - non si tratta di farmaci -, che intervengono sul paziente per
migliorare le condizioni di salute, anche come prevenzione.
Al gruppo definito Dispositivi medici, appartengono tra gli altri, i cerotti,
i preservativi, gli aghi per sutura, i materiali impiegati dal dentista, i mate-
riali di uso odontotecnico, i cateteri, i pacemaker, solo per citarne alcuni.
Si tratta quindi di un gruppo di prodotti articolato e vasto, che passa dai pi
semplici in fatto di salute - i cerotti - sino ai pi complessi - i pacemaker. I pi
semplici, cio quelli che coinvolgono in modo marginale la salute dellutiliz-
zatore, il nostro cerotto, sono contrassegnati come Dispositivo Medico CE.
Infatti, anche questa fascia di dispositivi deve soddisfare tutti i requisiti
imprescindibili, riportati dalle Direttive , ed anche in questambito non
si fa riferimento alla qualit intrinseca del prodotto: ad esempio, non mi
attestano la qualit di adesione del cerotto!! Tra cerotti pi economici e quelli
di marche di costo pi elevato, non certamente pu venire meno il processo
di sterilizzazione, poich entrambi sono Dispositivi Medici CE.
Anche la pubblicit televisiva propone prodotti dichiarati quali Dispositivo
Medico CE, non so se abbiate mai prestato attenzione: a volte lo dichiarano
apertamente, altre trascritto in calce allimmagine del prodotto reclamiz-
zato. Certo che se non si conosce la valenza di tale dicitura, la stessa passa
inosservata!

La data di scadenza dei dispositivi


Gli strumenti pi complessi di misurazione

Le confezioni dei Dispositivi Medici CE riportano la data di scadenza, il


lotto di produzione, alcuni anche la Direttiva di riferimento - Direttiva 93/42
CE corrispondente al D.Lgs. 46/97 e cio al decreto legislativo di recepimento
italiano della stessa- e ovviamente il nome del produttore.
Come prima menzionato questa marcatura sta a significare che il prodotto
dispone del fascicolo tecnico conservato dal produttore.

180
Altri esempi, sempre della medesima famiglia di Dispositivi Medici,
possono riguardare gli strumenti di misurazione - ad esempio Clearblue
Conception della Procter & Gamble srl - test di gravidanza con indicatore
digitale di concepimento. Essendo uno strumento di misurazione pi com-
plesso, sar provvisto della marcatura Dispositivo CE + un numerino , nel
caso citato di esempio Dispositivo Medico CE0843.
Mentre un amplificatore acustico standard, venduto in farmacia - quindi
dispositivo medico non individuale - resta un Dispositivo Medico
semplice, e sar marcato Di-
spositivo Medico CE, senza il
numerino.
Un apparecchio per aerosol di
uso domestico - altro esem-
pio - invece, somministrando
farmaci, marchiato come
Dispositivo Medico CE +nu-
merino, esplicitamente potre-
ste leggere Dispositivo Medico
CE0051. E qui mi fermo! Il
codice 0051 dellesempio corrisponde all Organismo Notificato di Certifi-
cazione No. 0051: lIstituto IMQ.
I Dispositivi Medici pi semplici, quindi, come i nostri cerotti dellesempio
precedente, necessitano solo del marchio Dispositivo Medico CE, mentre
quelli pi complessi, richiedendo lintervento di un Organismo di Certi-
ficazione, riportano il codice numerico corrispondente allOrganismo che
controlla lazienda produttrice.
Il fabbricante di tali Dispositivi Medici obbligato a servirsi di un terzo
neutrale - l Organismo di Certificazione- con lobiettivo di perfezionare
il controllo sulla qualit dei prodotti, esercitandolo non solo al termine, ma
durante tutte le fasi del processo di produzione, mediante uno specifico
addestramento di tutto il personale e grazie alla partecipazione attiva della
manodopera. Questo terzo neutrale, denominato appunto Organismo di
Certificazione accreditato dallUnione Europea a svolgere lattivit di con-
trollo e certifica la conformit dei sistemi di gestione aziendale o dei
prodotti o del personale, come prescritto dalle Direttive Europee, nel
nostro caso, per Dispositivi Medici. Quindi il Parlamento e il Consiglio
dellUnione Europea, con lemanazione delle Direttive di riferimento,
affidano la responsabilit al fabbricante e lesecuzione di prove e controlli
agli Organismi di certificazione.
Per i Dispositivi Medicila sicurezza richiesta si estende anche a tutto ci
che salvaguarda la salute dellutilizzatore.
Sia chiaro che i Dispositivi Medici pi complessi, proprio perch diretta-
mente hanno influenza sulla salute, necessitano di questa marcatura, - CE +
codice numerico dellOrganismo di Certificazione - mentre un prodotto come
il casco di protezione
per bici non necessita

181
obbligatoriamente di
tale procedura, bens
deve adempiere esclu-
sivamente gli obblighi
dettati dalle Direttive
Europee del gruppo
relativo.

Le attivit di controllo

Aggiungo che potrebbe essere una libera scelta dellazienda produttrice


di caschi per bici di avvalersi della collaborazione di un Organismo di Cer-
tificazione- quindi non per obbligo di Direttiva - nel qual caso il nostro
casco avrebbe il marchio CE+ il numerino. Ma resta una libera scelta!!!
Sempre in base ai regolamenti europei, le nostre ormai familiari Direttive
Europee, integrate nelle leggi del nostro paese, determinano anche le mo-
dalit di controllo delle aziende che producono Dispositivi Medici. Quindi
la marcatura Dispositivo Medico CE e il codice numerico a fianco ci
indicano, quali consumatori, un controllo severo e accurato sul prodotto in
termini di sicurezza e di salvaguardia della salute con lintervento anche
di un terzo neutrale - l Organismo Certificato - sovraintendente la filiera
di produzione.
Nella pagina precedente ho espressamente indicato : - non sono disposi-
tivi medici individuali! Lo scrissi a proposito degli ausili acustici stan-
dard venduti in farmacia. In questa sede invece chiarisco che, ad esempio,
un occhiale graduato, che corregge una deficienza visiva, un dispositivo
realizzati dallottico, quindi da un tecnico specializzato, in conformit a un
certificato medico redatto esclusivamente per una determinata
persona. Ne consegue logicamente, per quanto sopra accennato, che non
essendo articoli prodotti in serie, costituiscono la famiglia dei prodotti de-
finiti dispositivi medici individuali.
Dispositivo medico individuale per le lenti graduate e non per la mon-
tatura, che prodotta in serie e resta un articolo industriale marcato CE.
Di tali prodotti molti fanno uso: infatti, rientrano tra essi le protesi dentali
amovibili o fisse, corone o ponti, gli apparecchi acustici realizzati su prescri-
zione medica, oltre agli occhiali da vista.
Sono tutti ausili che su prescrizione medica redatta appositamente per una
specifica persona, diventano dispositivi medici individuali.
Ebbene tutti questi dispositivi medici individuali NON saranno
marcati CE, ma dovranno essere accompagnati da una dichiarazio-
ne di conformit del fabbricante, - lottico, il tecnico dellauricolare,
lodontotecnico- che: dichiara sotto la propria responsabilit, che il di-
spositivo medico i cui dati di identificazione come da specifica progettuale

182
indicata nella prescrizione sono.....che stato fabbricato per il paziente....
e pertanto destinato esclusivamente a questultimo. (2)
Analogamente su tale falsariga fornir lottico elencando le componenti del
Dispositivo Medico su misura (=individuale)- locchiale da vista- : specifiche
della montatura marcata CE, nome del produttore, requisiti delle lenti oftalmiche
(nome del fornitore, marca, indicazioni, prodotto, trattamento, colore, etc.) nor-
me di uso e manutenzione e riferimenti delle normative per Dispositivi Medici
Individuali. Parimenti si regoler il tecnico che realizza gli ausili acustici, sulla
base di una prescrizione medica individuale, quella redatta dal medico.
Tali dichiarazioni accompagnano la ricevuta o lo scontrino fiscale e sono
detraibili. Sono certa che ai pi, quanto sopra descritto, gi noto, poich
qualsiasi ottico provvede a redigere tale dichiarazione. Poco di frequente in-
vece accade che il medico dentista consegni copia di tale dichiarazione, che
il proprio odontotecnico gli ha fornito!
Ovviamente il paziente non ha rapporti con lodontotecnico, bens sin-
terfaccia con il proprio medico dentista,che per le Direttive Europee di
riferimento obbligato a esibire al proprio paziente tale dichiarazione.(3)
Desidero rendere comprensibile che in caso di cure dentistiche non sar la
cura canalare che richiede la dichiarazione di conformit, non sar lottu-
razione di una carietta, bens solamente quei lavori che sono realizzati dall
odontotecnico sulla base dellimpronta e delle indicazioni fornite dal medico
dentista per la realizzazione della protesi su impianti, della coroncina, in-
somma di tutto quello che non compete la prestazione medica dentistica,
bens di quanto richiede lintervento di un odontotecnico.
In Europa questa prassi quotidiana, mentre in Italia, perlopi non nota,
e a oggi nessuno ha lintenzione di informare il paziente in tal senso.
Perch? In una prossima occasione approfondiremo questo italianissimo
aspetto!

(2) Nome del medico dentista e riferimento di conformit per dispositivi medici secondo la
Direttiva 93/42, allegato I e allegato VIII, oltre alleventuale elenco dei rischi non eliminabili
completano la dichiarazione (Riferimenti questi ultimi presenti nella dichiarazione che accom-
pagna i lavori di protesi dentali)

(3) La Direzione generale dei dispositivi medici in capo al Ministero della Salute in Italia
che, tra le altre cose, ha la responsabilit di attuare la disciplina dei dispositivi medici, compresi i
compiti concernenti, la sorveglianza del mercato, lautorizzazione degli organismi notificati, la
vigilanza sugli incidenti, le indagini cliniche.
Qui alcuni organismi di certificazione :
- Organismo Notificato No.0373 Istituto Superiore di Sanit
- Organismo Notificato No. 0051 Istituto IMQ
-Organismo Notificato No. 1370 Bureau Veritas Italia S.p.A
-Organismo Notificato No. 0426 - ITALCERT.
LA STRAGE DI KOS (1943) 183
ITALIANI TRUCIDATI
SENZA GIUSTIZIA
N MEMORIA
Tribunali vari e memoria storica hanno derubricato
nelloblo molte stragi di nazisti e collaborazionisti italiani
compiute scientemente dopo l8 settembre.
Tra le molte vicende efferate del Dodecaneso, possedimento
italiano sancito dai trattati successivi alla prima guerra
del Novecento, emersa solo in tempi relativamente recenti
e per merito di una studiosa di valore, Isabella Insolvibile,
la terribile vicenda della strage di Kos, cento ufficiali italiani
giustiziati senza piet e illegalmente dai nazisti e lasciati
cadere, successivamente, per ragion di Stato, nel pi
ignobile oblio da autorit e storiografia italiane
SONIA RESIDORI

N el 1923, il secondo trattato di Losanna aveva assegnato


definitivamente allItalia il possesso delle isole del Dodecaneso, conquistate
una decina di anni prima, durante la guerra italo-turca. Larcipelago era
costituito da numerose isole e isolotti, tra cui Rodi, il capoluogo, e altre
dodici isole maggiori, situate nella parte meridionale del mar Egeo, di fronte
alle coste della Turchia.
Gli abitanti del Possedimento delle Isole Italiane dellEgeo furono
considerati cittadini del Regno, anche se non godevano dei pieni diritti
politici, uno status quindi pi simile a quello di sudditi di serie B che non
di veri e propri cittadini. Il Possedimento venne retto da otto governatori
che si succedettero nel tempo portando con s un vero e proprio apparato
amministrativo italiano.
Nelle isole dellEgeo viveva una popolazione mista e ben integrata di greci
ortodossi, turchi musulmani, ebrei e italiani e fino al 1938 le diverse etnie
Il Dodecaneso,
cartina.

184
Ben visibile,
per la vicinanza
alla Turchia,
lisola di Kos
(o Coo).

convissero in modo,
tutto sommato, pa-
cifico, anche se non
mancarono fermenti
nazionalisti, soprat-
tutto greci.
Verso la fine del 1936
larrivo del governa-
tore Cesare Maria De Vecchi con la conseguente fascistizzazione e milita-
rizzazione del Possedimento, e la successiva introduzione della legislazione
razziale, cambiarono il quadro, provocando profonde fratture. Con lentrata
in guerra dellItalia, il Dodecaneso torn ai governatori militari e nellestate
del 1943 la carica era ricoperta dallammiraglio Inigo Campioni.
In quei mesi a Kos, la seconda delle isole per importanza, la guarnigione
italiana, comandata dal col. Felice Leggio, era costituita da circa 4.000
italiani del 10 reggimento fanteria della divisione Regina, un gruppo misto
di artiglieria, piccoli reparti di marina, aeronautica, carabinieri, finanzieri
e camicie nere e, come in tutti i distacchi militari di stanza nellEgeo, vi-
veva in una sorta di isolamento psicologico, una sorta di mentalit di
paceper la lontananza con la madrepatria e dal corso degli eventi nazionali.
Pertanto, la notizia dellavvenuto armistizio con gli eserciti anglo-americani,
data alla radio nella serata dell8 settembre 1943, nel lontano Dodecaneso
giunse ancor pi inattesa, seppur accolta collettivamente con grida e canti
di euforia, nella speranza che fosse il preludio della sospirata pace.
I tedeschi presenti nellisola di Kos erano una decina e furono portati nella
caserma dei carabinieri e trattati pi come amici che come prigionieri1.

Arrivano gli inglesi (o meglio, gli indiani e i neozelandesi)

Mentre la sera successiva, a Rodi, erano in corso combattimenti fra le for-


ze italiane agli ordini dellammiraglio Campioni e le truppe tedesche,
sullisola di Kos venivano paracadutati due inglesi della missione Arabic con
il compito di prendere contatti con il comando italiano e imporre la resa incon-
dizionata: gli italiani avrebbero continuato ad esercitare i loro compiti, ma

1
Insolvibile I., Kos 1943 1948. La strage, la storia, Edizioni scientifiche italiane,
Napoli 2010, p. 41.
Il castello di Kos, dove furono
inizialmente rinchiusi dai nazisti

185
gli ufficiali italiani

sotto il comando e controllo bri-


tannico.
Non avendo ricevuto disposizioni
da Rodi, il col. Leggio trattenne i
due inglesi impedendo loro di comunicare con i propri Comandi di stanza
a Il Cairo fino al 10 settembre, quando ricevette dallammiraglio Campioni
lordine di: Ostacolare sbarco tedesco, permettere sbarco inglese.
Il giorno seguente lammiraglio firm la capitolazione di Rodi, ma rifiut di
ordinare la resa delle altre isole. Quella sera stessa, l11 settembre, il sostituto
di Campioni, il gen. Soldarelli, invi al comandante di Kos ordini precisi: At
Ufficiali 10 Fanteria provenienti Coo (lisola, ndr) confermate resistenza
qualunque costo at eventuali attacchi tedeschi alt Ci in ottemperanza
ordini precedenti et proclama odierno S.M. il Re et Maresciallo Badoglio2.
Il 13 settembre cominciarono a sbarcare a Kos uomini e mezzi inglesi. Le
truppe, che al 27 settembre ammontavano a 1.473 unit, al comando del col.
Kenyon, erano costituite in gran parte da personale indiano e neozelandese.
Il fronte dellEgeo era uno dei pi deboli e vulnerabili dello scacchiere
mediterraneo, ma rappresentava un punto dinteresse per gli Alleati ancor
prima dell8 settembre, per la vicinanza con la neutrale Turchia. In parti-
colare lisola di Kos disponeva dellaeroporto di Antimachia, dal quale
gli aerei monomotore potevano operare sullEgeo: per questo interessava
sia agli inglesi che ai tedeschi, e il comando britannico fece subito un grosso
sforzo per allestire una seconda pista datterraggio nella parte nordorientale
dellisola e una terza in localit Marmari. La difesa costiera dellisola, inve-
ce, venne affidata alle armi italiane, nonostante fossero ritenute del tutto
inadeguate e insufficienti.

Inizia loperazione Eisbr: 1388 inglesi e 3.145 italiani


furono fatti prigionieri da 1000 tedeschi

Il 3 ottobre 1943, tra le 4.30 e le 6.30, ebbe inizio loperazione Eisbr, e


le truppe tedesche, accompagnate da unintensa azione aerea, sbarcarono

2
Lammiraglio Inigo Campioni venne deportato assieme allammiraglio Mascherpa nel
campo 64/Z di Schokken in Polonia, ma nel gennaio 1944 venne consegnato alla Repub-
blica sociale e rinchiuso prima a Verona e poi a Parma, dove il 22 maggio 1944 venne
processato con Mascherpa, accusati di aver ubbidito agli ordini di Badoglio. Condannati
a morte, furono giustiziati due giorni pi tardi, in Manzari G., La partecipazione della
Marina alla guerra di Liberazione (8 settembre 1943 15 settembre 1945), in Bolletti-
no darchivio dellUfficio storico della Marina Militare, a. XXIX, 2015, p. 212.

Prigionieri
italiani

186
a Kos

in tre punti
dellisola di Kos,
cogliendo di sor-
presa italiani e
inglesi che pa-
radossalmente
scambiarono i
rumori con quel-
li di navi inglesi
di rifornimento.
Regn una confusione paralizzante tra i due comandi, inglese e italiano,
e dopo brevi tentativi di resistenza, le truppe tedesche ebbero facilmente
ragione degli avversari: verso sera solo il tenente Franco Di Giovanni,
con la 12a compagnia mitraglieri, stanziata sullistmo di Cefalo, si difendeva
accanitamente.
Le azioni tedesche di bombardamento furono costanti per tutta la giornata
del 3 ottobre, mentre da parte britannica, al contrario, manc il sostegno
aereo. Durante i combattimenti laviazione tedesca riprese la tattica psi-
cologica, gi utilizzata su altri fronti, di lanciare sullisola un volantino
che invitava gli italiani ad arrendersi dal momento che I soldati
germanici sono pronti a ricondurre in Patria quanti di voi consegneranno
le armi. Scegliete! O libert e Patria con laiuto germanico, o sicura morte
per seguire lInghilterra e i vostri ufficiali traditori.
Il mattino del 4 ottobre i tedeschi sferrarono un attacco in forze e, al tra-
monto, accerchiati, gli uomini di Di Giovanni dovettero arrendersi.
Alcuni italiani e inglesi riuscirono a fuggire dallisola prima della fine dei
combattimenti e a riparare nella vicina Turchia, alcuni lo fecero dopo aver
combattuto accanitamente, altri fuggirono molto prima, gi la mattina dello
sbarco. Secondo le fonti tedesche furono fatti prigionieri 1.388 inglesi
e 3.145 italiani. Quindi mille tedeschi erano riusciti ad avere la meglio
su 5.500 avversari: la sorpresa dellattacco riusc in parte per linferiorit
aerea e per i marchiani errori italo-inglesi nel coordinamento dei rinforzi
e dei mezzi di difesa, in parte per i rinforzi inglesi che non arrivarono, ma
anche per il comportamento di taluni reparti italiani.

Il tradimento della batteria del capitano Camillo Nasca

Alcune unit, infatti, come la ex-milizia e la 24a compagnia costiera si diede-


ro subito per vinte e si sbandarono disperdendosi, altre non combatterono
affatto oppure tradirono come, ad esempio, la 62a batteria del capitano
Camillo Nasca che, innalzata bandiera tedesca, pass subito al nemico,
rivolgendo le armi contro gli italo-inglesi.

187
Le conseguenze della caduta di Kos furono pesanti e subito dopo caddero,
nonostante alcuni coraggiosi tentativi di resistenza, i piccoli presidi di Calino,
Stampalia, Simi e altre isole minori.
Terminati i combattimenti, i tedeschi si dedicarono ad una vera e propria
caccia alluomo, riuscendo a catturare, certo grazie ad alcune delazioni, gli
italiani che si erano dati alla macchia e che tentavano di scappare dallisola.
I soldati e i sottufficiali italiani prigionieri furono concentrati nel castello
di Kos, e ad Antimachia nel castello e nel campo di aviazione, subendo
fin dallinizio un trattamento duro, inumano, feroce.
Rapinati regolarmente dei propri oggetti personali, furono costretti a
lavorare senza sosta per la sistemazione delle piste datterraggio, basto-
nati e umiliati in tutte le maniere, furono tenuti senza cibo per tre giorni
di seguito3. Ai prigionieri inglesi, invece, fu riservato un trattamento
molto diverso: raggruppati in una zona separata, ebbero assistenza, rancio,
coperte e ricovero, nella misura del possibile.

Churchill: labbandono delloperazione Accolade.


Il Dodecaneso lasciato al proprio destino (e ai tedeschi)

Appena Kos fu occupata dai tedeschi, gli inglesi cominciarono a effettuare


bombardamenti navali e aerei, per colpire in particolare il campo daviazio-
ne che, ora, rappresentava per i tedeschi la principale posizione strategica
dellisola per la conquista di Lero, contro la quale si stava preparando
lattacco definitivo. Gli inglesi dal canto loro stavano valutando una possibile
riconquista di Kos sia per la difesa di Lero, sia in previsione di un attacco a
Rodi, ma soprattutto perch Churchill non aveva ancora abbandonato lidea
delloperazione Accolade, cio la conquista di tutto il Dodecaneso. Alla fine lo
statista inglese dovette rassegnarsi, sia per la contrariet di Eisenhower, ma
soprattutto per le complicazioni della campagna dItalia dove il fronte si era
bloccato sulla linea Gustav, molto pi a sud di Roma di quanto previsto.
I bombardamenti alleati su Kos provocarono numerose vittime tra i prigio-
nieri italiani che erano concentrati nel castello e nel campo di aviazione,
questultimo scelto dai tedeschi come luogo di prigionia proprio perch gli
italiani, subito utilizzati come lavoratori, lo potessero rimettere in funzione.
Gli ufficiali italiani catturati, circa 150, furono condotti a Linopoti, e dal
4 al 6 ottobre furono sottoposti ad un processo di discriminazione, un
procedimento che doveva stabilire chi dovesse essere fucilato, in quanto
erano accusati dai tedeschi di essere dei traditori per aver organizzato la
resistenza dellisola4.

3
Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., p.99.
4
Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., p. 104.
Fucilate gli ufficiali italiani!

188 Il criterio secondo il quale i tedeschi sceglievano chi fucilare, e chi risparmia-
re, si basava sul fatto che lufficiale sottoposto a giudizio avesse combattuto o
meno durante la battaglia del 3 e del 4 ottobre, ma per lo pi la valutazione
si basava sul comportamento dei reparti: se il reparto aveva combattuto, e
magari bene, tutti gli uomini che vi appartenevano andavano fucilati.
In realt, il criterio non era applicato rigorosamente, e i tedeschi procedettero
in modo arbitrario e cos ufficiali che avevano combattuto vennero rispar-
miati, altri, invece, magari appartenenti allamministrazione, o comunque
non a reparti operativi, vennero fucilati.

Il vile inganno e la strage del piroscafo

Ai condannati venne detto che sarebbero stati imbarcati per essere depor-
tati in continente, cos gli ufficiali italiani si avviarono verso il luogo della
fucilazione portandosi dietro le valigie. Le esecuzioni cominciate la sera
stessa del 4 ottobre, durarono dai tre ai cinque giorni, e avvennero allalba e
al tramonto di ogni giorno. Il tenente Franco Di Giovanni fu uno dei primi.
La popolazione di Kos e i militari italiani rimasti sullisola ritenevano, perch
cos era stato detto loro dai tedeschi, che gli ufficiali scomparsi dallisola
dopo la resa fossero stati tutti deportati.
Fin dai primi giorni delloccupazione tedesca, infatti, iniziarono le depor-
tazioni in continente della maggior parte dei soldati italiani, che vennero
poi smistati nei vari campi di internamento dellEuropa centro-orientale.
Partirono anche gli ufficiali che, per un motivo o per laltro, erano stati ri-
sparmiati dalla strage. Lurgenza di deportare i prigionieri italiani derivava
dalla difficolt di provvedere al loro sostentamento, ma soprattutto perch
rappresentavano una forza lavoro indispensabile per le esigenze belliche
del Reich. I trasporti di prigionieri avvenivano via mare per mezzo di navi
inadatte al trasporto di uomini, stipate allinverosimile. Il 12 ottobre uno di
questi piroscafi fu colpito dallaviazione inglese e stava affondando, pure i
tedeschi gettarono bombe a mano nelle stive per impedire che i prigionieri
tentassero di evadere per salvarsi e mitragliarono coloro che si trovavano in
acqua. Al rientro della nave in porto mancavano allappello 140 prigionieri
italiani, tra coloro che erano annegati e quelli uccisi dalle guardie tedesche.

La sordida propaganda del capitano Nasca

Subito dopo la resa anglo-italiana a Kos, mentre erano ancora in corso fuci-
lazioni di ufficiali italiani, inizi lopera di propaganda svolta con solerzia
dai collaborazionisti italiani per arruolare connazionali prigionieri nelle
file dellesercito tedesco. Tra tutti si distinse il capitano Camillo Nasca.
Kos.
Unesecuzione
nazista
189

Inizialmente ottenne risultati scadenti, nonostante le pressioni, in quanto


il rifiuto fu pressoch generale, ma in seguito le adesioni aumentarono, so-
prattutto a causa della fame e della paura della deportazione, poich spesso
le navi da trasporto venivano affondate.
I soldati italiani che accettavano di aderire si distinguevano in lavoratori e
combattenti, ma ad entrambi veniva chiesto un giuramento di fedelt poich
tutti i reparti italiani allestero che, dopo l8 settembre, aderirono alle pro-
poste di collaborazione tedesca, dipendevano direttamente dal Comando
supremo tedesco, in quanto incorporati nelle forze germaniche.
Il capitano Nasca fu incaricato di organizzare e comandare gli aderenti
combattenti, ma la sua collaborazione con i tedeschi and molto oltre. Egli
non si accontent di servirli personalmente, ma provvedeva a ostacolare e a
danneggiare in ogni modo possibile i propri connazionali, ad esempio denun-
ciando i loro tentativi di fuga. Alla fine della guerra Nasca sar denunciato
ufficialmente di collaborazionismo, e accusato persino di aver sparato contro
gli italiani durante la battaglia del 3 ottobre e di avere poi svolto unattivit
di propaganda a favore delladesione al movimento nazista.

Il regime di terrore nazista sullisola.


La testimoniasnza del parroco Bacheca

Durante i venti mesi di occupazione di Kos, i tedeschi instaurarono un


regime di vero e proprio terrore. Il parroco dellisola, don Michelangelo
Bacheca, in una relazione del dopoguerra, parl di saccheggi quotidiani, di
bombe a mano gettate nei rifugi antiaerei, di civili uccisi perch tentavano
di difendere le mogli dai tentativi di stupro da parte dei soldati tedeschi,
di violenze carnali su donne e bambini, di prigionieri italiani usati come
bersaglio, di soldati uccisi per essersi ripresentati in un posto sbagliato
dopo aver usufruito di un permesso dal lavoro per un bisogno naturale, di
raffiche di mitragliatrice sparate allimpazzata allinterno dellospedale, di
continue e ripetute sopraffazioni sui civili, che non vennero neanche protetti

190
dai bombardamenti alleati. Violenze e sopraffazioni di cui fecero le spese
soprattutto i civili. Padre Bacheca racconta anche di varie impiccagioni,
di poveri pastori, padri di famiglia e anche di una giovane donna incinta
accusata di aver trasmesso messaggi agli Alleati5.
Ma tra il 1944 e il 1945, la penuria delle scorte alimentari divenne una vera
e propria emergenza quotidiana, in tutto il Dodecaneso, per la popolazione
e, in particolare, per i prigionieri.
Spinti dalla fame, i soldati italiani si davano al furto che, se scoperto,
pagavano poi con la condanna a morte. Lopera della missione cattolica
nellassistenza e soccorso ai prigionieri italiani fu fondamentale, in quanto le
suore e il parroco provvedevano a sfamare i prigionieri rinchiusi nel castello
o quelli in transito da Rodi per il trasferimento in continente.
Solo nel marzo del 1945, infatti, la Croce Rossa internazionale cominci a
sbarcare a Kos grosse quantit di viveri. Per tutta la durata delloccupazione
tedesca, si susseguirono, da parte dei prigionieri, i tentativi, spesso riusciti,
di fuggire dallisola per raggiungere la vicina Turchia.

La fuga riuscita di 900 italiani verso la neutrale Turchia


Giorgio Milon, eroe greco

Riuscirono a scappare da Kos circa 900 italiani, aiutati nellorganizzazione


e nella realizzazione delle fughe dal comandante dei carabinieri rimasti
sullisola, Dante Zucchelli, in contatto con lIntelligence alleata, mediante
il rilascio di carte didentit false, ma le fughe furono agevolate con coraggio
dai religiosi e dalle suore della missione cattolica, da alcuni rappresentanti
delle autorit italiane, dai medici, e persino dai civili.
A tale azione di favoreggiamento scrive sempre padre Bacheca per i
soldati alla macchia o in progetto di fuga, parteciparono, si pu dire, tutti,
di tutte le razze esistenti nellisola. Nei primi tempi specialmente sembrava
divenuto un dovere osteggiare i tedeschi, e il mezzo preferito parve quello
di sottrarre uomini alla prigionia. Casolari e poderi, capanne e ricoveri,
tenevano tutti qualche soldato nascosto6. Le famiglie italiane pi sospette
e quindi pi esposte alla rappresaglia tedesca, intervenivano con vestiti o
denaro, offerti direttamente o tramite la missione cattolica. Laiuto prestato
dai greci, spesso a scopo di lucro, provoc altrettanto spesso rappresaglie
tedesche nei loro confronti.
Tra tutti spicca la storia di Giorgio Milon, un greco di sentimenti italiani
che si dedic completamente allorganizzazione della fuga dei prigionieri.
Con i propri mezzi e con quelli forniti dallIntelligence Service, riusc a far
5
Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dellEsercito (AUSSME), cart.2129 B/4/11,
P.M. Bacheca, Lazione italiana nellisola di Coo dopo larmistizio dell8 settembre
1943, aprile 1946, pp. 6-7, cit. in Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., pp. 156-157.
6
Id., p. 18, cit. in Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., p. 167.
fuggire circa 650 militari italiani e una sessantina di inglesi. Venne
arrestato dai tedeschi il 28 febbraio 1945, assieme ad altri, ma egli fu lunico

191
che mantenne, bench sottoposto ad atroci torture, il pi assoluto silenzio
non solo sul proprio operato, ma anche su quello degli altri e specialmente
delle autorit italiane. Coloro che tentavano di fuggire da Kos, se scoperti,
venivano puniti con la fucilazione, pena prevista anche per coloro che, ade-
renti come lavoratori o come combattenti, disertavano per lasciare lisola.

I nazisti nel Dodecaneso:


Combattere fino allultimo uomo

Gli italiani che riuscivano a raggiungere la Turchia venivano trattati come


prigionieri di guerra, anche se internati in campi dove le condizioni di vita
erano spesso ridotte al minimo. In seguito venivano trasferiti in Siria, e, sotto
la giurisdizione inglese, passavano in Egitto e in Palestina. Ogni militare in
mano agli inglesi veniva sottoposto a procedimento di epurazione e, a chi
lo superava, veniva proposto larruolamento nel nuovo esercito italiano.
Nellestate del 1944, con la ritirata dalla penisola balcanica, i reparti te-
deschi cominciarono gradualmente a lasciare la Grecia e lEgeo. Le isole
pi importanti, Rodi, Lero e Kos, per, non vennero abbandonate, anzi le
truppe tedesche ricevettero dal gen. Keitel lordine di combattere fino
allultimo uomo.
Nel frattempo nellisola di Kos circolava la voce che gli ufficiali italiani scom-
parsi, in realt, fossero stati fucilati e tale voce era supportata dal racconto di
alcuni soldati che, rimasti sullisola come aderenti lavoratori, asserivano di
aver scavato delle fosse su ordine dei tedeschi in localit Fuscom-Ciflic
(tra Linopoti e le saline). Inoltre, alcuni greci nellarare i terreni intorno alle
saline avevano ritrovato resti umani.

Il boschetto di Linopoti. Il lungo percorso di menzogne


La terribile relazione del tenente Avallone

Nellaprile del 1944, padre Sportoletti, cappellano militare, su segnala-


zione di un civile italiano che, eludendo la sorveglianza, era riuscito a recarsi
nellormai famoso boschetto di Linopoti, scoprendo resti di indumenti
militari italiani, si port sul luogo e localizz otto fosse, trovando anche
accessori militari contenuti in una valigia.
Lesumazione delle salme, per, venne impedita: il ritrovamento dei corpi
degli ufficiali avrebbe smentito la versione ufficiale, sostenuta anche da alcuni
italiani come il capitano Camillo Nasca, collaborazionista della prima ora7.
Nel marzo del 1945, il ten. Enzo Aiello, passato con i tedeschi, con lin-
tenzione di smentire le voci di una strage di ufficiali italiani da parte dei
7
Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., p. 113.
tedeschi, riusc ad ottenere dalle autorit germaniche il permesso per il dis-
seppellimento, a patto che i resti fossero sepolti nel cimitero senza funzioni

192
religiose e in una fossa comune senza alcuna iscrizione.
Fui invitato, come medico, a presenziare allesumazione scrive il tenente
Avallone con lincarico di raccogliere tutti gli elementi possibili con cui
procedere alla individuazione dei militari. Il lavoro present molte difficolt,
perch la zona ricca di acqua stagnante e la stagione era stata piovosa fino
a qualche giorno prima. [] Nelle fosse i corpi erano disposti alla rinfusa e su
di essi si trovarono i resti di valige, piccole cassette, zaini, contenenti oggetti
diversi (biancheria, carte, scarpe, oggetti di toeletta) tutto per in uno stato di
completa macerazione. Nei vestiti di alcuni corpi furono rinvenuti portafogli
contenenti carte di riconoscimento (pi spesso Tessera dellUnuci), biglietti di
banca, assegni bancari, fotografie, fotografie completamente sbiadite. Durante
il lavoro di scavo veniva portato fuori, di tanto in tanto, qualche oggettino
metallico (catenine, chiavi, ciondoli, anelli) accuratamente raccolto8.

Arrivano gli inglesi. Soppresse le istituzioni italiane.


Vendette postume dei greci

Furono ritrovate 66 salme delle quali vennero identificate tra le 36 e le 44.


Gli inglesi sbarcarono a Kos il 9 maggio 1945 con battaglioni di truppe greche,
e trovarono una situazione critica sia per la scarsit delle scorte alimentari
che per lesplosione delle tensioni irrisolte tra greci e italiani. Con lo scoppio
dellirredentismo ellenico, gli inglesi permisero ai greci di dar sfogo alle
rivendicazioni soffocate per decenni: le istituzioni italiane vennero soppres-
se, ma gli italiani furono perseguitati, malmenati, percossi, proibiti di
circolare, cacciati dalle loro case9.
Lesodo degli italiani dallisola, circa 7.500, iniziato gi nel 1945, con i primi
trasporti nel dicembre di quellanno, prosegu poi fino al 1947, quando con il
trattato di pace del 10 febbraio lItalia cedeva definitivamente le isole del Dodeca-
neso alla Grecia. Fino allaprile del 1946 i familiari delle vittime di Kos, compresi
i parenti dei caduti identificati nel marzo dellanno precedente, non avevano
ancora ricevuto nessuna comunicazione ufficiale dal Ministero della guerra sulla
sorte dei loro cari, anche se erano a conoscenza della strage per averne avuta
notizia dai superstiti. Verso la fine dellanno si procedette alla riesumazione delle
salme dei militari italiani uccisi nelle isole di Rodi, Lero e Kos e in questultima
furono ritrovate altre 30 salme che sommate alle 66 precedenti fanno ascendere
il numero a 96 vittime, ma ancora oggi non si conoscono con assoluta certezza
il numero dei fucilati nellottobre 1943, n i loro nomi.

8
AUSSME, cart.2129 B/4/4, Ten. Avallone, Relazione riguardante gli avvenimenti
di Coo dopo l8 sett. 1943, pp.9-10, cit. in Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., p. 115.
9
Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., p. 199.
193

Kos. La targa posta a memoria delleccidio.

Larmadio della vergogna

La strage degli ufficiali italiani di Kos una di quelle finite nel cosiddetto
armadio della vergogna, che ha conservato e nascosto tutti i fascicoli
riguardanti le stragi compiute dai nazisti e fascisti in Italia e allestero duran-
te il biennio 1943-45. Lincartamento era conservato inserito nel fascicolo
relativo alleccidio di Lero, del quale la corposa documentazione su Kos
doveva servire a supporto della tesi accusatoria contro il responsabile, il
gen. Mller, di cui le carte riportano il nome di battesimo errato: invece di
Friedrich Wilhelm, litalianizzato Franz Ferdinando. Il gen. Mller, infatti,
aveva diretto anche loperazione Leopard per la conquista di Lero, terminata
pure questa con una strage di italiani. In particolare era stato fucilato, con
molti altri, dopo essere stato fatto prigioniero, il ten. Lo Presti, coman-
dante di una batteria che aveva resistito a lungo ai tedeschi.
Nel gennaio del 1960, lintero fascicolo fin archiviato, come tanti altri, dal
procuratore militare Enrico Santacroce che dispose la provvisoria ar-
chiviazione degli atti perch nonostante il lungo tempo trascorso dalla
data del fatto anzidetto, non si sono avute notizie utili per laccertamento
della responsabilit10.

10
Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., p. 229.
La ridicola maschera dellArchiviazione provvisoria

194 Larchiviazione provvisoria, istituto non contemplato dalla legge italiana,


mascherava in realt cause esterne, per lo pi politiche. La Germania post-
nazista nel dopoguerra era stata identificata come il perno dellalleanza
politico-militare occidentale in funzione antisovietica e la volont internazio-
nale, ben presente nei vertici del governo e delle istituzioni italiane, di non
turbare il nuovo equilibrio geopolitico, fece s che venissero insabbiate tutte
le inchieste relative alle stragi compiute da nazisti e fascisti. Il timore, poi,
che anche allItalia venisse a sua volta chiesta ragione dei crimini compiuti
dallesercito italiano e dalle milizie fasciste durante il conflitto, soprattutto
in area balcanica, dettarono le ragioni per loccultamento dei fascicoli e la
conseguente rimozione nella coscienza del Paese.
Nel 1994 la scoperta dell armadio della vergogna, allinterno del
quale stavano tutti i documenti, con talvolta i nomi e i cognomi dei colpevoli
di tanti stragi, port lemersione di segreti fino ad allora gelosamente
custoditi, resa possibile da un particolare momento storico del nostro
Paese, il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.
Tale scoperta era un ulteriore colpo mortale inferto a una classe politica
ormai delegittimata, e fu proprio tale delegittimazione a consentire,
probabilmente, il ritrovamento di prove che dimostravano colpe evidenti,
individuali quanto collettive. 11

695 fascicoli arrivano in Procura: in gran parte


archiviati senza indagine

Dopo il rinvenimento, i fascicoli furono trasmessi, tra il 1994 e il 1995, alle


Procure di competenza, dove in gran parte furono direttamente archiviati,
senza alcun tentativo di indagine, neppure in presenza dei nominativi di
indagati e utilizzando con ampia e inappropriata generosit lo strumento
della prescrizione. Su 695 fascicoli ritrovati, le indagini istruite e portate
a compimento furono poco meno della met ed effettuate dalla procura
militare di La Spezia tra il 2002 e il 2008, da quella di Verona dal 2008
al 2010 e da quella di Roma dal 2010 a oggi.
I processi celebrati sono stati poco pi di una dozzina.

La vile ragion di Stato

Ancora una volta la ragion di Stato ha prevalso sulle esigenze etiche e


civili, sulle istanze di giustizia: la Germania, appena riunita e inserita in
Insolvibile I., Archiviazione definitiva. La sorte dei fascicoli esteri dopo il rin-
11

venimento dellarmadio della vergogna, in Giornale di Storia Contemporanea,


XVIII, n.s., 1, 2015, p.6.

un progetto europeo privo di respiro senza la sua presenza, non sarebbe
certamente stata avvantaggiata da una ridda di rogatorie internazionali,

195
richieste di estradizione e di risarcimento. [] In unEuropa che poteva
costruirsi davvero solo con la fine della contrapposizione bipolare, la
collisione tra due dei suoi paesi principali, lItalia e la Germania, su temi
relativi a un periodo coincidente con lestrema negazione dellidea stessa
di unit democratica e paritaria tra popoli europei, avrebbe mostrato la
fragilit del progetto e messo in piena evidenza le contraddizioni interne
(ad esempio tra sistemi giuridici). [] Si scelse, quindi, di dichiarare la
prescrizione e in ogni caso di archiviare, trasformando cos una decisione
illegale quale quella dellarchiviazione provvisoria in una sentenza storica
definitiva, chiusa dal sigillo di una formale legalit12.
Per quanto riguarda la strage di Kos, il 12 ottobre 1999 il procuratore Inte-
lisano chiese nuovamente larchiviazione del fascicolo intestato a Muller
Franz Ferdinando, archiviazione che venne prontamente concessa, senza
neppure rettificare lerrore onomastico dellimputato, il tenente generale
Friedrich Wilhelm Mller, giustiziato, tra laltro, gi nel maggio del 1947
ad Atene per crimini di guerra.
La vicenda di Kos, la strage di 93 ufficiali italiani, rimasta sepolta dalla
volont politica nel tumulto degli eventi della guerra di Liberazione fino
a pochi anni fa, quando una giovane storica, Isabella Insolvibile, con
competenza e tenacia, ne ha portato alla luce la dinamica e ne ha ricostruito
le fasi pi drammatiche con il suo volume, Kos 1943-1948. La strage, la
storia, edito nel 201013.
Lautrice ha identificato nella vicenda di Kos un microcosmo nel quale
possibile riconoscere il dramma nazionale e individuale rappresentato
dallarmistizio dell8 settembre 1943 vissuto dallesercito italiano, ma anche
lassunzione di responsabilit di quei militari con la conseguente scelta di
resistere ai tedeschi. I soldati stanziati nellisola di Kos, tanti militari di
guerra e pochi di mestiere, si trovarono catapultati in una situazione del
tutto inaspettata, come molti altri loro connazionali e coetanei. Probabil-
mente resistettero ai tedeschi nellisola perch non avevano alternative, ma
anche per obbedire agli ordini, richiamandosi al giuramento di fedelt fatto
al governo legittimo perch erano e si dimostrarono King and Badoglios
men, uomini del re e di Badoglio14. Forse la maturazione politica e ideo-
logica della scelta, se tale fosse stata, sarebbe venuta pi tardi. Sicuramente
si tratt di resistenza militare vera e propria, di una decisa volont di non
cedere militarmente ai tedeschi, ritenendo legittimo il diritto dellItalia e
del suo esercito di uscire dalla guerra15.
La strage di Kos non stato un episodio isolato. Come ha scritto Giorgio

12
Insolvibile, Archiviazione definitiva, cit., pp.16-17.
13
Le indagini relative alle due stragi sono state riaperte dal procuratore De Paolis
nel 2013, su richiesta di alcuni parenti delle vittime.
14
Insolvibile, Kos 1943 1948, cit., p. 242.
15
Iuso P., Esercito, guerra e nazione. I soldati italiani tra Balcani e Mediterraneo
orientale 1940-1945, Ediesse, Roma 2008, p.132.
Rochat, tra il settembre e lottobre del 1943 ce ne furono altri, tanti, nelle
isole dellEgeo, nella Grecia settentrionale, nelle isole joniche, lungo la co-

196
sta adriatica. Cambiano le circostanze e il numero dei morti, sono sempre
soldati e ufficiali che rifiutarono di arrendersi ai tedeschi, combatterono
con varia fortuna, furono fatti prigionieri e alcuni fucilati, pochi o molti
nei diversi casi16.

Si tratta di stragi compiute dallesercito germanico nei giorni immediatamen-


te successivi allarmistizio italiano e che possono trovare una motivazione
nellistinto di vendetta nei confronti di coloro che venivano considerati,
in modo del tutto strumentale, come traditori di unalleanza. Le truppe
tedesche, per, erano consapevoli che uccidere i prigionieri dopo la resa era
unaperta violazione, oltre ai principi di umanit, di ogni norma di guerra,
erano coscienti che si trattava di un ignobile crimine di guerra a tal punto
che la strage venne tenuta nascosta e i corpi occultati con molta cura.

16
Rochat G., Resistenza e forze armate, cit. in Insolvibile, Kos 1943 1948, cit.,
pp.247-248.
IL DIRITTO DI DECIMA 197
(LINIQUA IMPOSTA
AGRICOLO-RELIGIOSA
CHE ANTICIP l8)
Imposta epocale, la Decima nasce con la nascita della
Chiesa cattolica e si consolida nellAlto Medioevo.
Imposta ecclesiastica, calcolata sul reddito da lavoro
agricolo, tassava il prodotto. Odiata dai contadini,
fu rilanciata dal Concilio di Trento. In Italia ci vollero
ventanni per eliminarla nellOttocento, ma per qualche
anno con risultati pratici modesti: la Magistratura infatti
era tutta di parte, cattolica e conservatrice

GIORDANO FRANCHINI

O ccorre premettere, innanzitutto, che parlare di decima significa


parlare di imposizione fiscale, e pi significativamente di unimposta
o tributo che per parecchi secoli ha colpito il reddito proveniente dal
lavoro dei campi o, forse pi propriamente, si pu affermare che la base
imponibile della Decima per definirla con un termine in uso nel diritto
tributario - era il quantitativo di prodotto lordo ritraibile dal lavoro dei
campi e non solo.
Ancorch derivante da norme consuetudinarie, per il fatto che essa dovesse
venire corrisposta a scadenze prestabilite e che il suo valore fosse rapportato
al conseguimento di un certo reddito lordo, questi aspetti portano a confi-
gurare listituto della decima come una vera e propria imposta.
Per darne una definizione pi comprensibile si attinge, comunque, dalla
dottrina giuridica che riporta: le decime sono unimposta o tributo generico
che per la legge della Chiesa si deve pagare periodicamente al parroco,
o, pi raramente, al vescovo o ad altra autorit ecclesiastica per
contribuire al mantenimento di chi amministra i sacramenti, ha la cura delle
anime e svolge le funzioni di culto pubblico imposta che consiste in una
quota dei frutti di animali (decime sanguinali) o di altre cose (decime reali,
o poich generalmente si tratta di cose immobili, prediali), o del reddito di
capitale mobiliare o di lavoro (decime personali)1.

198
Unimposta del diritto canonico, commisurata ai soli frutti
del fondo agricolo: dunque, al lavoro
Listituto, quindi, era tipico dellordinamento di diritto canonico.2
Il sistema di commisurazione del tributo permette di contraddistinguere la
decima in generale dagli altri oneri tributari gravanti direttamente sul fondo
agricolo (quali i livelli e i canoni enfiteutici).
Questa constatazione permette di differenziare ulteriormente lo ius decima-
tionis dagli oneri reali ius in re - inerenti direttamente al fondo. Il diritto di
decima risulta vincolato ai soli frutti del fondo ius ad rem senza nessuna
implicazione con il diritto di propriet. Un fatto che diventa ancor pi evidente
se si considera che i terreni incolti non erano soggetti al pagamento
decimale, mentre vi incorrevano solo al momento della loro messa a coltura
e senza che peraltro il fruitore della decimazione potesse obbligare in alcun
modo il soggetto decimato alla coltivazione forzata del fondo3.

Sostenere i bisogni del culto (cattolico)


Obbligatoria dal VI secolo

Le altre forme di tributo citate, colpivano invece la propriet fondiaria, a


prescindere che la stessa fosse o meno in grado di produrre reddito.
Anche lordinamento comunale conobbe la decima come strumento partico-
lare del proprio sistema tributario. Nella Chiesa listituto assolse per tutto il
Medioevo una funzione essenziale, poich costituiva il mezzo per sostenere
i bisogni del culto. Inizialmente facoltativa, divenne obbligatoria nel sec. VI.
Accanto al contributo legato al mantenimento dei sacerdoti (decime sacra-
mentali), sorsero entro lordinamento franco le decime feudali, originate
dalla concessione di terre da parte della Chiesa.
In origine furono i vescovi i destinatari privilegiati dei proventi decimali con
i quali provvedevano al sostentamento del clero e delle varie diocesi. Suc-
cessivamente, dai vescovi il diritto di decima pass progressivamente alle
singole unit ecclesiastiche, le pievi (o le parrocchie), contraddistinte da
unautonoma giurisdizione territoriale entro i cui limiti territoriali la decima

1
P. CIPROTTI, Decima, in: Enciclopedia del Diritto, Vol. XI, Giuffr, 1962, p. 805.
2
V. DEL GIUDICE, Istituzioni di Diritto Canonico, Vol. I, Milano, Giuffr, 1932, p. 414.
Mentre le decime personali, in quanto costituiscono una obbligazione che la persona ha in
corrispettivo delle funzioni di culto, sono da pagarsi da tutti i fedeli, ma solo da questi, le
decime reali o prediali, invece, in alcuni casi possono esser dovute anche da acattolici, se
proprietari di fondi soggetti al pagamento delle decime.
3
A. FERRARESE, Aspetti e problemi economici del diritto di decima in terraferma veneta
in et moderna, Verona, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, 2004, p. 26.
veniva riscossa4.
Il diritto di decima poteva essere ceduto a terzi alla stregua di un qualsiasi

199
diritto disponibile, anche disgiuntamente dal fondo sul quale gravava. Di
conseguenza, il diritto di decima veniva frazionato in percentuali propor-
zionali alle quote cedute. Relativamente, infatti, alla decima a favore della
pieve di San Pietro in Villafranca, Varanini scrive in ordine alla ventesima
spettante a San Pietro di Villafranca in quanto il diritto fu ceduto per
met dalla pieve di San Pietro al comune di Verona5, e quindi la decima fu
suddivisa in due quote percentuali uguali, appunto di un ventesimo luna.
Nella gi menzionata pubblicazione, Ferrarese traccia una distinzione tra
la cosiddetta decima grande e la decima piccola: la distinzione tra decima
grande e decima piccola verte infatti nella letteratura giuridica tra decime
relative alle colture principali, e quindi pi redditizie, e decime dei prodotti
secondari, come erano solitamente quelli che in antico regime costituivano
la base alimentare della popolazione delle campagne.6
Citando altra autorevole letteratura7, Ferrarese descrive quelli che si possono
definire gli elementi peculiari che caratterizzano il diritto di decima ossia:
il privilegio, la prescrizione, la consuetudine e la convenzione8.

Privilegi, consuetudini, convenzioni: tutti ecclesiastici

Il privilegio il diritto concesso nei secoli agli ecclesiastici a poter ricevere


le decime (privilegio di decimazione), o la dispensa dal pagamento delle
stesse (privilegio di esenzione)9.
La prescrizione del diritto poteva avvenire per usucapione o per prescri-
zione estintiva del pagamento, nel caso in cui il diritto non fosse stato eserci-
tato per un torno di tempo determinato; anche se va comunque sottolineato
che, in questo secondo caso, sarebbe pi corretto parlare di prescrizione
dellesercizio del diritto e non di prescrizione del diritto stesso che, per la
propria natura divina, non poteva in nessun modo venire a cessare10.
La consuetudine riguardava invece le modalit del pagamento, relativa-
mente ai tempi, ai modi e ai prodotti, come anche alle misure della decima-
zione che potevano differire da regione a regione, se non da uno stato allaltro.
Linsufficiente codificazione nei secoli di regole uniformi, aveva favorito lo
4
A. FERRARESE, Aspetti e problemi ., cit. p. 31.
5
G. M. VARANINI, La chiesa di un borgo franco, in: AA.VV., Contributi per lo studio di Vil-
lafranca e del suo territorio, Vol. I, Comitato di gestione della biblioteca e delle attivit cultu-
rali, 1985, pp. 23-56. Sulla decima di Bovolone si rimanda a: R. SCOLA GAGLIARDI, Le corti
rurali tra Adige e Menago dal XV al XIX secolo, Cerea, Banca Agricola Popolare di Cerea,
1991, pp. 53-57. R. SCOLA GAGLIARDI, La pieve di Bovolone Indagine storico-artistica,
Verona, Comune di Bovolone, 1997, pp. 7-10. Relativamente alla decima di Cerea, vedasi: A.
FERRARESE, Aspetti e problemi , cit.
6
A. FERRARESE, Aspetti e problemi ., cit. pp. 182-183.
7
FERRABOSCHI 1943, RUFFINI 1902.
8
A. FERRARESE, Aspetti e problemi , cit. p. 26.
9
A. FERRARESE, Aspetti e problemi ., cit. p. 27.
10
A. FERRARESE, Aspetti e problemi ., cit. pp. 27-28.
sviluppo di norme dissimili che ricevevano la loro legittimazione in base a
documenti o a testimonianze che ne potevano dimostrare lesistenza almeno

200
centenaria o immemorabile11.

Sulle cose sacre (i soldi della decima...)


non si transige

Lultima caratteristica da esaminare, la convenzione (composizione o


transazione), era inerente ai continui contenziosi in essere tra Chiesa
e laici relativamente al diritto a riscuotere le decime. Tutta la normativa
canonica che disciplinava le questioni decimali, era unanime e costante nel
rigettare con fermezza il diritto dei laici a trattare in materia di decime in
quanto sulle cose sacre (e tale era considerato il diritto di decima a favore
della Chiesa) non si pu fare transazione12; tuttavia il susseguirsi di eventi
e vicende anche giudiziarie aventi ad oggetto la decima, spianarono pian
piano la strada alla possibilit di ricorrere ad accordi conciliativi nel tentativo
di dirimere la questione. Ancora una volta ci che i precetti vietavano, in
quanto una possibilit di composizione su tali questioni era assolutamente
esclusa, il tempo e le difficolt di continuo incontrate nellesercizio dello ius
decimationis, contribuirono a mitigare, a rendere plausibile e successivamente
a far accettare la procedura transattiva come prassi acquisita13.
Quanto documentato dal Ferrarese relativamente agli aspetti contenziosi che
interessavano la gestione della decima, trova ampio riscontro, per ci che
riguarda la decima di Povegliano Veronese14. Particolarmente interessanti
sono le dispute relativamente la decima del formenton giallo, quelle relative
alla decima de glagnelli, nonch quelle relative alla decima del miglio,
della decima delluva, della decima del riso e della decima del fieno15.

Le decime imposte dal Concilio di Trento

Il regime della decima ha conosciuto un notevole sviluppo in epoca alto-


medioevale, anche se non mancano contributi bibliografici che danno conto
di unimposta assai simile alla decima anche in epoche decisamente pi
remote16. Lorigine delle decime fatta risalire dagli autori sino alla legge
11
A. FERRARESE, Aspetti e problemi ., cit. p. 29.
12
FERRABOSCHI 1943, p. 28, richiamato da A. FERRARESE, Aspetti e problemi ., cit., p. 30.
13
A. FERRARESE, Aspetti e problemi ., cit. p. 30.
14
F. SAVOLDO, Testamento del fu Bartolameo di Povegliano e altre Memorie Manoscritto
di don Francesco Savoldo, parroco di Povegliano fra il 1689 e il 1719, a cura di LEONARDO
DANTONI, Comune di Povegliano Veronese, 1982, pp. 35-48, 129-195.
15
Ibidem, pp. 35-43. Inoltre, relativamente ad una controversia sulla questione della decima
del riso nella bassa veronese, si rimanda a: B. CHIAPPA, La risicoltura veronese, Verona,
Associazione Archeologica Isolana, 2012, pp. 58-62.
16
G. VIVENZA, Divisioni agrimensorie e tributi fondiari nel mondo antico, Padova, Cedam,
1994, Quando i Romani conquistarono la Sicilia, trovarono gi stabilita nellisola la cosid-
mosaica. Minore fu la loro importanza nei primi secoli del cristianesimo, in
quanto, grande essendo lentusiasmo dei fedeli, questi portavano i contributi

201
spontaneamente, senza essere costretti da una norma giuridica. In progresso
di tempo, invece, scemando lentusiasmo e cominciando a scarseggiare le
offerte spontanee, venne imposto ai fedeli, dalle leggi ecclesiastiche positi-
ve, di portare una parte dei loro redditi. Anteriormente al codice di diritto
canonico le decime erano regolate dalle disposizioni dettate dal Concilio
di Trento17 svoltosi negli anni 1545-1563.
A poco a poco la decima divenne unimposta che si potrebbe definire a carattere
generale, nel senso che arriv a colpire indifferentemente pressoch tutte le
varie tipologie di reddito. Durante let delle riforme, il principio ispiratore
dellimposta che di fatto comportava una violazione alla libert di godimento e
della disponibilit dei beni, fu aspramente criticato, tanto che lapplicazione della
decima stessa sub nel decorso del tempo un importante ridimensionamento18.

Il calendario fiscale e i funzionari della decima

Il pagamento del quantum avveniva secondo il cosiddetto calendario fiscale


che prevedeva date specifiche: il 1 maggio cera la decima degli agnelli, il 25
maggio quella della frutta e del vino, il 24 giugno la decima del bestiame, il
20 luglio la decima del grano e il 15 agosto o il 1 settembre quella delle oche
(anche se si ha motivo di ritenere che tale scansione temporale non fosse
uguale dappertutto, ma venisse giocoforza condizionata dalle consuetudini
locali nonch dalla differente tempistica dei processi di maturazione dei vari
prodotti agricoli nei diversi siti della penisola).
Lammontare dellimporto da corrispondere veniva stabilito dai funzio-
nari della decima o compartidori della decima19 i quali, adempiendo
alla loro funzione, provvedevano ad eseguire accertamenti di persona nei
campi, nei pascoli o nella stalla per poi fornire indicazioni al sindaco del
villaggio per la riscossione del tributo.
Di sicuro questi funzionari, per lattivit istituzionale che andavano ad eser-
citare, erano spesso osteggiati dai contadini: essi tendevano, ovviamente,
a sovrastimare il prodotto agricolo al fine di conseguire un maggior gettito
di decima; lobiettivo dei secondi era esattamente lopposto, e cio di evitare
o quanto meno di limitare un esborso ritenuto iniquo.

detta lex Hieronica (una decima su cereali, vino, olio e fruges minutae, CIC., Verr. 3, 7,18),
che giudicarono conveniente mantenere, , p. 32. V. AMOROSINO A. LANTIERI, Le
tasse nella storia I Tributi dallantichit ad oggi, Roma, Edizioni dellAteneo, 1982 In Ba-
bilonia il sistema tributario si basava sulla decima, cio sullimposta del prodotto lordo della
terra. E questo un primo passo che porter alla elaborazione dellimposta fondiaria., p. 9.
P. CIPROTTI, Decime, cit. Nella religione romana un istituto simile fu la decima Herculis, e
inoltre vi qualche esempio di decima offerta ad Apollo sulla preda bellica p. 806.
17
V. DEL GIUDICE, Istituzioni di Diritto Canonico, cit., p. 413.
18
V. AMOROSINO A. LANTIERI, Le tasse nella storia, cit. pp. 22-23.
19
L. BONIZZATO, Povegliano processo ad una storia, Amministrazione comunale Poveglia-
no Veronese, 2004, p. 312.
La Rivoluzione francese (ovviamente) la soppresse

202 Lavvento della Rivoluzione francese sanc, di fatto, la soppressione della


decima. A conclusione della nostra analisi ricordiamo anche le principali
leggi che, allinterno dellordinamento giuridico italiano, disciplinavano la
materia:
- la legge del 24 gennaio 1864 n. 1636, che ne ammise laffrancazione;
- quella dell8 giugno 1873 n. 1389 relativa allaffrancazione delle decime
feudali delle province napoletane e siciliane;
- quella del 14 luglio 1887 n. 4727 che, allarticolo 1 finalmente sanc labo-
lizione delle decime20 su tutto il territorio nazionale.
Si ritiene utile dedicare ancora poche righe prettamente al percorso parla-
mentare che ha portato allapprovazione della legge del 1887.

Ventanni ci vollero per abolire liniqua


imposizione su tutto il territorio nazionale

La legge n. 4727/1887 che disciplin labolizione delle decime, conobbe


un iter formativo lungo circa un ventennio e impegn parecchi Governi nel
tentativo, talvolta vano, di formulare un disegno di legge condiviso ed idoneo
ad essere presentato nelle aule parlamentari per la definitiva approvazione.
Al termine del lunghissimo percorso, caratterizzato da una serie infinita di
proposte legislative, accantonate, ritirate, alcune delle quali successivamente
reiterate anche con modifiche, si giunse infine al varo di una legge affrettata,
che al momento dellapplicazione nelle differenti realt del paese, nel torno
di pochi anni, fece trasparire lirrisolto nucleo del problema21.
La svolta definitiva per lapprovazione avvenne nel mese di aprile 1887;
a differenza dei precedenti disegni di legge, si tratt di una proposta di
iniziativa parlamentare attaccata, proprio per questo motivo, abbastanza
vivacemente sia alla Camera che al Senato che nelle intenzioni dei pro-
ponenti, una sorta di raggruppamento trasversale abilmente gestito dal
guardasigilli Zanardelli, era il prodotto naturale degli studi compiuti da
cinque ministri guardasigilli e da quattro Commissioni parlamentari22.
Come detto, il dibattito parlamentare fu particolarmente aspro, ma
tutto sommato anche abbastanza rapido in quanto il Governo, intenzionato
a chiudere la questione in tempi assai brevi, scelse di discutere il disegno di
legge nelle sessioni mattutine che di solito erano riservate ai provvedimenti

20
P. CIPROTTI, Decima, cit., p. 807.
21
A. FERRARESE, Il dibattito parlamentare sullabolizione delle decime nellItalia liberale
(1862-1887), in: Studi Storici Luigi Simeoni, LVI, 2006, pp. 403-459. Cfr. p. 403. Questo
recente contributo storiografico, al quale si rimanda per un migliore approfondimento, ci
fornisce dati pi aggiornati ed esaustivi rispetto al Ciprotti di cui alla nota precedente.
22
AP., Documenti Camera, leg. XVI-1, n. 177, 22.IV.1887, p. 3, in: A. FERRARESE, Il dibattito
parlamentare , cit. pp. 451-452.
203

Napoleone scaccia gli ecclesiastici da Bologna -- Litografia. Museo civico


del Risorgimento di Bologna Il soggetto, ideato in Germania negli anni '30 del sec.
XIX, ebbe molto successo: ne sono testimonianza le edizioni tirate in Francia ed in
altri paesi negli anni successivi. Bologna rappresentata in modo non realistico,
presumibilmente da qualcuno che non l'aveva mai vista. Sia i palazzi che fanno da
sfondo sia la statua del Nettuno non trovano alcun riscontro nella citt. L'episodio
si riferisce al momento della soppressione dei conventi e degli ordini religiosi.

Raccolta
del
frumento
nel Medioevo.
(Autore
ignoto).
di minor importanza23; gli oppositori si scagliarono, ovviamente, contro tale
inusuale procedura con la quale alla chetichella, in un disegno di legge che

204
tratta daltro, in una seduta mattutina, ci si chiede di approvare una vera e
propria legge di confisca24.

I deputati clericali del Regno lottarono con forza


per mantenere la tassa ecclesiastica
Nacquero le congrue per il clero

Le motivazioni di coloro che avversavano il disegno di legge erano molteplici;


per il deputato Toscanelli labolizione delle decime rappresentava un
furto qualificato25 nei confronti della propriet religiosa, massacrata
da una guerra spietata26 dello Stato27. Per il deputato Bonghi la legge era
campata in aria28 con la sua assurda pretesa di operare delle distinzioni
fittizie, tutte per a danno della compagine ecclesiastica. Nel merito il de-
putato napoletano riprendendo le argomentazioni del giurista Filippo
Cordova richiamava lunicit di origine ecclesiastica delle decime, di tutte
le decime, imposte da unautorit che nessuno dubitava avesse il diritto
di farlo, anche di quelle che poi per usurpazione o per infeudazione erano
illecitamente passate ai laici29. Altro rilievo sollevato sempre dal Bonghi
riguardava il problema del cosiddetto clero stipendiato, quale conseguenza
dellabolizione delle decime. Per il Bonghi, infatti, lammontare delle con-
grue cio quella particolare forma di indennizzo che lo Stato avrebbe
dovuto riconoscere alla Chiesa in luogo delle soppresse decime si sarebbe
dimostrato assolutamente insufficiente per il reale mantenimento del clero30.
Coloro che si dichiaravano favorevoli, invece, invocavano lapprovazione di
una legge chiara e definita nelle sue statuizioni, che ponesse fine a decenni
di incertezze31, una legge eminentemente perequatrice32, una legge di
eguaglianza e di giustizia per la quale non vi fossero dinnanzi allo Stato

23
A. FERRARESE, Il dibattito parlamentare , cit. p. 455.
24
AP., Discussioni Camera, leg. XVI-1, 17.IV.1887, p. 3717 (Di Camporeale).
25
Ibidem, p. 3807 (Toscanelli).
26
Ibidem, p. 3710 (Toscanelli).
27
A. FERRARESE, Il dibattito parlamentare , cit. p. 456. Tutti i riferimenti citati nelle
varie note e relativi alle Discussioni Camera e Discussioni Senato, sono tratti dal saggio di
Ferrarese.
28
AP., Discussioni Camera, leg. XVI-1, 1.VII.1887, p. 4361 (Bonghi).
29
A. FERRARESE, Il dibattito parlamentare , cit. p. 457.
30
AP., Discussioni Camera, leg. XVI-1, 1.VII.1887, p. 4361 (Bonghi): almeno non siamo ipo-
criti [] e diciamo le cose schiette. Se vogliamo far leggi nemiche della Chiesa, diciamolo
apertamente; ma non pretendiamo di essere ispirati da un alto sentimento del sacerdozio,
quando siamo davvero espirati dal desiderio di abbassarlo. E possibile [] che voi non imma-
giniate o non sappiate che un vescovo con 6000 lire, e un parroco con 800 lire poco meno
che obbligato a mendicare?.
31
A. FERRARESE, Il dibattito parlamentare , cit. p. 458.
32
AP., Discussioni Camera, leg. XVI-1, 17.VI.1887, p. 3714 (Zucconi).
italiano dei figli e dei figliastri33 e il cui fine fosse quello di parificare,
nientaltro che parificare34. Il sentore o, meglio, lillusione di una raggiunta

205
stabilit legislativa fu per assai breve.

Ma la Magistratura era composta tutta da benpensanti,


cattolici, conservatori: e la legge fu negletta

Le cause in materia di diritti di decima iniziarono assai presto e, affidate


ad una magistratura impreparata ed oggettivamente incapace di ricostru-
ire le evoluzioni storiche pregresse dei diritti35, le cause di decima, oltre
che ad intasare allinverosimile le preture e le corti di appello delle regioni
maggiormente interessate dal tributo, finirono per essere risolte col ricorso
a criteri empirici che nonostante tutto trovavano nellindiscusso possesso
decennale o secolare la loro esclusiva ragion dessere. () Dopo il 1887,
allincertezza psicologica mostrata dal legislatore liberale si aggiunsero
quindi le aggrovigliate ed astruse argomentazioni di una magistratura com-
posta in gran parte di ben pensanti, cattolici, conservatori, i quali intesero
lanticlericalismo come un fenomeno di lites e quindi non corrispondente
allimpostazione cristiana del popolo italiano e finirono per sentire il dovere
di attutire nei casi concreti le asprezze intenzionali della legislazione, al
punto da rovesciarne lintento.
Si potrebbe continuare a lungo, ma con queste brevi note ci premeva mo-
strare la complessit e multiformit dellistituto giuridico della decima,
vera e propria imposta epocale, tema conflittuale e discutibile come pochi.
e probabilmente, al di l dellistituto in s, tuttora attuale.

33
AP., Discussioni Camera, leg. XVI-1, 1.VII.1887, p. 4363 (Mascilli).
34
AP., Discussioni Camera, leg. XVI-1, 2.VII.1887, p. 4422 (Fagioli).
35
Ci era forse dovuto anche a causa della mancanza di una consolidata giurisprudenza che,
dato il breve decorso del tempo intercorso tra lapprovazione della legge e linizio delle prime
questioni, non poteva essersi ancora formata.
206 MORIRE PER IL KURDISTAN
LA BREVE ESTATE
DI BARBARA KISTLER
E ANDREA WOLF
Due donne straordinarie che la storiografia ufficiale
tenderebbe a cancellare (e onorate come eroine esemplari
dalla comunit curda) hanno offerto la loro vita ad una
causa che ritenevano superiore e degna: una svizzera e una
tedesca, entrambe provenienti da paesi floridi dellOccidente
sazio e ricco, hanno condotto una loro guerra personale
per il riscatto del popolo kurdo e per la libert

I
GIANNI SARTORI

valorosi uomini e donne - pi che valorosi, diremmo eroici


piuttosto - che combattono oggi e hanno combattuto ieri, a fianco delle
organizzazioni curde contro i fascisti islamici dellIsis, si rifanno esplicita-
mente allesperienza della guerra civile spagnola; a quei volontari anarchici,
comunisti, socialisti, antifascisti generici... che da ogni angolo dEuropa (e
non solo) accorsero nelle
Brigate Internazionali
per respingere il fascista
Francisco Franco appog-
giato da Mussolini e Hitler.
A fianco delle classi subal-
terne iberiche e dei popoli
basco e catalano insorti per
la loro liberazione, sociale e
nazionale.
Gi altri in passato avevano
scelto di impugnare le armi
e integrarsi nella lotta dei
curdi e della sinistra rivoluzionaria turca contro limperialismo.
Tra quanti, alla fine del secolo scorso, raggiunsero i guerriglieri, ci furono
due donne straordinarie, esemplari, eroiche: una ragazza svizzera, Barbara
Kistler, e una tedesca, Andrea Wolf. 207
Quella svizzera impavida caduta in combattimento
contro lesercito turco

Quando nel 1993 giunse la notizia della morte di Barbara in combattimento,


sembrava una cosa di altri tempi. Una cosa da Brigate internazionali nella
guerra di Spagna o da guerriglie sudamericane degli anni Sessanta. Non era
certo una notizia in sintonia con lEuropa fine secolo. Forse un po meno
satolla con la crisi incombente, ma ancora rincoglionita e sotto gli effetti tar-
divi del consumismo. UnEuropa da cui era impensabile partissero volontari
disposti a morire per i diritti di un popolo sconosciuto ai pi.
Invece a Barbara Kistler era toccato in sorte di esalare lultimo respiro1 tra
le montagne curde nel febbraio 1993 quando lazione repressiva delleser-
cito turco contro la resistenza si era ulteriormente inasprita e laviazione di
Ankara non perdeva occasione per bombardare i villaggi curdi, sia al di qua
che al di l del condine con lIraq.
Da notare scrivevo allepoca su Frigidaire che laviazione statunitense,
sempre prontissima ad intervenire se un aereo iracheno accenna solo a
sorvolare i territori curdi posti sotto la tutela degli USA, non ha mosso
nemmeno un dito contro le azioni di rappresaglia, con vittime in maggio-
ranza civili, del suo fedele alleato turco, membro della NATO.

Vivere per il socialismo

Personaggio gi noto, sia nelluniverso antagonista che alle forze di polizia,


Barbara era da pi di ventanni una militante comunista.
Nel 1974, quando aveva 18 anni, era stata intervistata da una rivista per
giovani (POP) dichiarando apertamente di voler vivere per il socialismo.
Gi allora doveva essersi posta il problema dellautodifesa e della violenza
rivoluzionaria.

1
Se a noi che nel nostro piccolo punto della carta geografica adempiamo il com-
pito che preconizziamo e mettiamo a disposizione della lotta il poco che ci per-
messo dare: la nostra vita, i nostri sacrifici, se uno di questi giorni ci tocca esalare
lultimo respiro in una qualsiasi terra gi nostra perch bagnata del nostro san-
gue, si sappia che abbiamo misurato la portata dei nostri atti e che ci consideria-
mo niente altro che elementi del grande esercito del proletariato....
(Ernesto CHE Guevara)
Barbara Kistler
(21 novembre 1955,

208
Zurigo - gennaio 1993,
Provincia di Tunceli,
Turchia)

Spiegava infatti: At-


traverso il confronto
con la polizia ho dovuto
ben presto affrontare
la questione della vio-
lenza. Credo che per
prima cosa si dovrebbe
parlare della violen-
za usata dalla societ
per rendere i cosiddetti
cittadini degli schiavi,
ovvero quella violenza che viene usata per impedire che i giovani e i lavo-
ratori difendano i loro diritti. Pensiamo al Cile (il golpe di Pinochet risaliva
a qualche mese prima, nda) dove il movimento operaio aveva tentato con
metodi democratici, pacifici, di realizzare una societ giusta, una societ
in cui non solo i ricchi potessero mangiare adeguatamente. Invece i ca-
pitalisti e i generali - proseguiva Barbara nella stessa intervista vedendo
minacciati i loro privilegi, non si sono fatti scrupoli e non si sono fermati
di fronte a niente. I lavoratori sono stati rinchiusi nei campi di concentra-
mento, torturati e assassinati a migliaia.
Secondo Barbara Kistler lerrore fondamentale commesso dai lavoratori
cileni era stato di non essersi preparati anticipatamente alla resistenza,
alla lotta armata contro gli sgherri del capitalismo. Cos invece si son
fatti massacrare. Lintervista era del 1974 e fatalmente risentiva del clima
politico di allora, leggermente surriscaldato. Magari oggi potr apparire un
po naive, ma pur nella sua semplicit contiene affermazioni in gran parte
condivisibili. Anche, se non soprattutto, con il senno di poi.
Affermazioni comunque indicative per comprendere le scelte successive di
Barbara: scelte coerenti con tali premesse.

La militanza di Barbara nel KGI

In un primo tempo Barbara ader ad un gruppo della sinistra radicale di


nuova formazione, poi collabor con Soccorso Rosso e, a partire dal 1980,
entr a far parte del KGI (Comitato contro lisolamento dei prigionieri). Fu
con questa organizzazione che prese parte attivamente alla lotta contro il
Patto sociale messo in cantiere dai vertici delle burocrazie sindacali sviz-
zere. Un inciso: in Svizzera, fin dal 1937, lo Stato si poneva come mediatore
neutrale tra sindacati e confindustria cantonale. In cambio veniva sottratto 209
ai lavoratori lutilizzo di uno strumento indispensabile nel conflitto di classe:
lo sciopero, niente meno.
Il tutto con la complicit del sindacalismo istituzionalizzato.
E fu proprio nel corso di questa campagna che Barbara Kistler cominci a
conoscere i lavoratori immigrati curdi e turchi, alcuni legati al TKP/
ML (partito comunista turco/marxista-leninista), unorganizzazione che
riuniva rivoluzionari di sinistra sia turchi che curdi.
Altro punto fermo del suo impegno politico fu la solidariet con i prigionieri
politici, anche con quelli tedeschi. Fu al loro fianco durante gli scioperi della
fame per il raggruppamento e per anni visit in carcere Rolf Clemens Wa-
gner. Finch, nel 1991, prese la decisione di continuare la sua lotta contro
limperialismo nel Kurdistan.
Presumibilmente i servizi segreti erano gi stati informati delle sue inten-
zioni e appena giunta in Turchia venne arrestata. Torturata da una unit
speciale della polizia, non rivel nessuna informazione. Rimase detenuta
a Bayranbasa per sette mesi. Nonostante la dura esperienza, appena rila-
sciata in libert provvisoria, dopo un breve ritorno di un mese in Svizzera,
port a termine i suoi propositi, integrandosi nella guerriglia condotta dal
TIKKO (Esercito per la liberazione dei lavoratori e dei contadini di Turchia),
ala militare del TKP/ML.

Una tomba in memoria di Andrea Wolf


sociologa e attivista tedesca

Andrea Wolf aveva aderito allorganizzazione combattente delle donne


curde (YAJK). Venne uccisa a Keles (villaggio a pochi chilometri da Van)
dai soldati turchi nel 1998, dopo che era stata fatta prigioniera e torturata
insieme ad altre due guerrigliere.
Dal 2013 nella citt di Wan (quartiere Catak) una tomba monumentale ricor-
da i 24 compagni che il 23 ottobre del 1998 vennero assassinati e sepolti in
una fossa comune dallesercito turco (fossa scoperta soltanto nel 2011). Tra
di loro anche Ronahi, nome di battaglia della sociologa e attivista tedesca
Andrea Wolf. Nel corso della cerimonia di inaugurazione della tomba
(coperta da una grande bandiera del PKK) venivano esposte le immagini
di Abdullah Ocalan, Sakine Cansiz, Mahsum Korkmaz e Andrea Wolf. Su
questa una scritta: We riha xwe ya sirin di ber gele kurd de da. Heya ev
gel hebe de minetare we be (Una vita divina dedicata al popolo curdo
Andrea Wolf (Kurdish nickname:
Ronah) nacque a Monaco di Baviera

210
nel gennaio 1965.
Mor nellOttobre 1998 a atak,
Turchia.
La comunit kurda
gli ha dedicato un monumento

che rimarr grato finch vive).


Nel suo intervento un giovane guer-
rigliero aveva sottolineato come la
nostra compagna Andrea Wolf un
esempio della diversit e dellinter-
nazionalit del movimento curdo.
stata uccisa dal nemico in un modo
che va completamente contro letica
di guerra. Con la costruzione della
tomba monumentale che prender il
nome da Andrea, vogliamo che i nostri
compagni sappiano che non potremo
mai dimenticarla.
Un altro combattente, il comandante
Serif Firat, uno dei quattro testimoni
oculari dellesecuzione sommaria di Andrea, aveva dichiarato in unintervista
che era pronto a raccontare tutti i dettagli dellesecuzione di Andrea Wolf
nel caso servissero delle prove presso la Corte internazionale di Giustizia
per i crimini contro lumanit commessi dalla Turchia. Aveva poi aggiunto:
stata la sua visione internazionalista che ha fatto entrare la compagna
Ronahi nelle file del PKK. La sua determinazione a essere una vera e propria
guerrigliera del PKK nel suo complesso ha fatto s che i suoi compagni la
rispettassero.
QV CINEMA 211

WORKING
TITLE FILM
FESTIVAL
A VICENZA

Seconda edizione del festival del cinema - il primo in


assoluto a Vicenza - sul tema del lavoro.
Proiezioni al cinema Primavera. Film di grande qualit
e attualit, ampia rassegna internazionale

MARINA RESTA *

W orking Title Film Festival, festival del cinema del lavoro, inaugura
la sua seconda edizione, a Vicenza dal 27 aprile al Primo maggio, con
un programma ancora pi ricco di quella desordio. Un evento speciale nella
serata di apertura, gioved 27 aprile alle 21.00 al cinema Primavera (in via
Ozanam 11, che ospita tutte le proiezioni): il dramma grottesco Maquina-
ria Panamericana del messicano Joaquin Del Paso, in seconda visione
italiana dopo il Torino Film Festival. La sera successiva lomaggio ai registi
Razi Mohebi e Soheila Javaheri con Cittadini del nulla e Refugee in
Italy: un film di finzione e un documentario sulla condizione sociale e in-
teriore del rifugiato, raccontati dallo sguardo consapevole di chi ha vissuto
le stesse esperienze sulla propria pelle.
Due dibattiti al Polo Giovani B55 (contr Barche 55). Il primo Platforms.

* Direttrice artistica WTFF


Immagine dal film "Miewoharu" di Akiyo Fujimura
Come piattaforme web e robot cambiano le forme del lavoro, il 27 aprile
alle 18.30 con il ricercatore Maurizio Busacca, la consulente in marketing

212
digitale Alessia Camera, il giornalista di Repubblica Riccardo Staglian,
che presenta il suo ultimo saggio Al posto tuo. Cosi web e robot ci stanno
rubando il lavoro (Einaudi, 2016), e il giornalista Giulio Todescan a mode-
rare. Il secondo Richiedenti asilo, rifugiati e lavoro. Cineasti, giornalisti

Unimmagine
del film
"The Potato
Eaters"
di Ben De Raes

e operatori sociali a confronto per scardinare i luoghi comuni, il 28 aprile


alle 18.30, con Anna Bertrand (rete Senza Asilo di Torino), Arouna Ca-
mara (richiedente asilo che svolge il servizio civile in Arci Servizio Civile),
Enrico Ferri (giornalista, associazione Articolo 21), Soheila Javaheri e Razi
Mohebi (registi rifugiati politici a Trento) e Lara Scantamburlo (progetto
Sulla Soglia).
Un laboratorio audiovisivo sul linguaggio documentario con gli studenti
del Liceo artistico Boscardin di Vicenza, che presenteranno i propri
cortometraggi sul tema del lavoro durante la serata di premiazione, il Primo
maggio alle ore 21.00.
E poi, dal 27 al 29 aprile allo spazio creativo Exworks (strada Pasubio 106/G,
presso il design store Zerogloss) la proiezione in loop di Abstract: the art
of design, una serie di 8 documentari realizzati da Netflix sul lavoro di
importanti designer internazionali. Sempre Exworks ospiter il party del
festival, sabato 29 a partire dalle 22.00 con dj Entalpia.

Diciassette film da Europa, Canada, Giappone

Ma la novit pi importante il concorso internazionale che privilegia le


opere di giovani registi under 35 (con alcune eccezioni). Diciassette film da
Europa, Canada e Giappone che raccontano con linguaggi diversi il mondo
del lavoro contemporaneo. Un mondo in cui la fabbrica, emblema del lavoro
novecentesco, sempre meno presente, in cui la crisi economica, sociale e
identitaria il tratto predominante, in cui le persone non smettono di cercare
creativamente nuove prospettive.
213
Unimmagine del film
danimazione "Mechanick"
di Margherita Clemente,
Lorenzo Cogno,
Maria Garzo,
Tudor A. Moldovan

Lo fanno ad esempio i giovani cinesi che abbandonano il villaggio rurale di


Diman, dove ambientato Mingong di Davide Crudetti, per far fortuna,
facendo i muratori, nella megalopoli di Guangzhou. Un viaggio in senso in-
verso quello affrontato da Eriko, la protagonista di Miewoharu / Eriko,
pretended di Akiyo Fujimura. La distanza tra Tokyo e il suo paese natale
grande come quella tra le velleit di una carriera da attrice e la faticosa
presa di coscienza della propria identit e dei propri limiti.
Forse non a caso ben due film in concorso sono ambientati in Grecia, il
piccolo Paese dove si incrociano le due grandi crisi che segnano la nostra
epoca, quella economica e quella dei migranti.
Bag Mohajer / Refugee Bag di Adrian Oeser un documentario di
grande potenza visiva e politica: la borsa del rifugiato il progetto, basato
ad Atene, di una fashion designer tedesca che con alcuni rifugiati realizza
borse ricavate dai giubbotti di salvataggio recuperati sulle spiagge di Lesbo,
unica traccia lasciata dai migranti sbarcati (o naufragati). Nel cortometraggio
Kalanta / Carols di Thanos Psichogios il dodicenne Andreas bussa alle
porte delle case di Atene, proponendo canti natalizi in cambio di qualche
euro, mentre il padre disoccupato si ingegna come pu.
Per pochi euro lavora anche il protagonista di Per chi vuole sparare di
Pierluca Ditano. La videocamera segue Peppino fra i banchi di Porta Palaz-
zo a Torino, il pi grande mercato allaperto dEuropa. Um uns die Welt
/ The world we live in di Hanna Fischer, Sofiia Melnyk e Nina Prange
ibrida documentario e animazione per delineare i ritratti di tre lavoratori
dellEuropa dellEst colpiti dalla crisi nel cuore produttivo dellEuropa, la
Germania. Il regista Bruno Chouinard in Pouding Chumer / Requiem
for Unemployment raccoglie le testimonianze di precari e precarie che,
in seguito ad alcune riforme neoliberiste, si sono ritrovati a vivere situazioni
kafkiane alla I, Daniel Blake di Ken Loach. Anche in Olanda in corso un
processo di ammodernamento del welfare in senso aziendalista. Ma Nico
van Hasselt, il novantaduenne protagonista di De Hoeder / The She-
pherd, di Joost van der Wiel, continua a fare il medico come una volta,
mettendo al primo posto lumanit. Attorno a un medico, in questo caso
un chirurgo, ruota anche Mechanick, cortometraggio di animazione di
Margherita Clemente, Lorenzo Cogno, Maria Garzo, Tudor A. Moldovan.
Anchegli posto dal suo lavoro di fronte a scelte difficili che attengono al

214
sempre pi labile confine fra uomo e macchina. Due elementi che ritrovia-
mo, ma con tuttaltro segno, in Radio Popolare di Giacomo Coerezza,
dove i microfoni della redazione della storica radio milanese veicolano da
quarantanni passioni sociali e politiche e senso comunitario.

Le diverse culture del lavoro, lossessione delleconomia


In The potato eaters il documentarista Ben De Raes interpreta in modo
visionario leconomia contemporanea, mettendo poeticamente in relazione il
microcosmo iper-automatizzato del porto di Anversa e le riflessioni sul lavoro
dei contadini che Vincent van Gogh affidava ad alcune lettere al fratello. Un
altro porto, quello di Molfetta e i suoi pescatori sono i protagonisti di Mare
Nostro di Andrea Gadaleta Caldarola, che raccoglie memorie, gesti e riti
di un lavoro che sta scomparendo. Dalla costa ci spostiamo nellentroterra
barese con il documentario di Michele Vicenti Storie di pietra. Larte
di ritrovare il tempo nella Murgia, laltopiano carsico di peculiare
bellezza che custodisce tesori naturali, archeologici e culturali, allorigine di
mestieri che sono anche riscoperta di un rapporto poetico con lecosistema.
Anche il lavoro (o meglio i lavori) di Cece Rasoja, protagonista di E torra
sistadi di Alice Murgia strettamente legato alla natura e ai suoi ritmi,
dallestrazione del sughero in estate fino alla bottega artigiana in inverno.
Il ritorno alla terra, ma senza finti idilli, il tema sviluppato da I giganti
della montagna di Silvia Berretta. Per i due giovani intervistati, la fatica
di allevare mucche in una valle spopolata del bergamasco non solo fisica,
ma anche culturale.
Come una diversa cultura del lavoro quella di cui sono portatrici le due
generazioni di falegnami che si confrontano/scontrano in Legnam di
Elisa Casadei, Nicola Lioia, Mauro Pibiri e Alice Ronchi. Dai falegnami agli
elettricisti: questultimo il mestiere che stanno imparando Mohamud,
Ahmadou, Mamadou e Achmed, che frequentano una scuola professionale
a Bruxelles. Nel documentario dosservazione Grands Travaux, le cui
riprese hanno seguito lintero anno scolastico, i registi Olivia Rochette e
Gerard-Jan Claes colgono i quattro fra la spensieratezza e le insicurezze
tipiche delladolescenza, e la complessa costruzione di una propria identit
nel melting pot della societ belga.
Un caleidoscopio di sguardi in cui ogni film, a suo modo, concorre a foto-
grafare un cambio di paradigma rispetto allidea di lavoro consolidata nel
Novecento. Quelle certezze non ci sono pi e ciascun protagonista di queste
opere, in fondo, ne cerca di nuove.

Il premio Campo Lungo della Coldiretti Vicenza

La giuria formata dai registi Razi Mohebi, Soheila Javaheri e France-


sco Clerici, dalla giornalista Maria Grosso e dalla critica cinematografica
Chiara Zanini assegner due distinti premi: uno per il migliore fra i 7 film
lunghi (sopra i 50 minuti di durata), e uno per il pi bello fra i 10 corti

215
(sotto i 50 minuti). La premiazione avverr la sera del Primo maggio, e il
premio consiste in un oggetto di artigianato digitale ideato e realizzato ad
hoc dal FabLab Dueville. Uno speciale riconoscimento sar poi il Premio
Campo Lungo, promosso da Coldiretti Vicenza, che premier il film che, fra
quelli in concorso a tematica verde, meglio racconta il lavoro nellagri-
coltura, nella pesca, nellallevamento, e in generale il rapporto fra il lavoro
delluomo e lambiente naturale.
Il festival, organizzato dallassociazione Lies Laboratorio dellinchiesta eco-
nomica e sociale, risultato vincitore del bando Sillumina - Copia privata
per i giovani, per la cultura promosso dalla Siae e dal MiBACT, ed soste-
nuto da Comune di Vicenza, Cassa di Risparmio del Veneto, Combinazioni
srl, Coldiretti Vicenza, Cooperativa sociale Insieme, Drunken Duck, Cgil
Vicenza. Partner tecnici sono Hotel De La Ville, Vicenza Film Commission,
Veneto Film Network, FabLab Dueville, Serimab, Loison. Media partner
sono Veneto Economia, Radio Popolare Verona, A Nordest di che e This is
not art - Questa non e arte. Con la collaborazione di Laboratorio di Storia
Orale LabOr - DiSSGeA Universita di Padova e IIS Boscardin Liceo Artistico
Vicenza.
Il programma completo pubblicato nei cataloghi distribuiti in citt e sul
sito www.workingtitlefilmfestival.it.
216
QV LOPERA
LULTIMA TRAVIATA:
ANNA NETREBKO
SUPERA SE STESSA
Grande successo alla Scala per La Traviata interpretata
da una grande, imprevedibile Anna Netrebko.
La difficile interpretazione ha ricordato quella storica,
ancorch diversa - con la regia iper-realista di Luchino
Visconti - della grande Maria Callas nel lontano 1955

ALBERTO MILESI

L a prestigiosa location di questa mission impossible ancora


una volta Milano: la galleria Vittorio Emanuele, ladiacente Piazza della Scala
su cui si affaccia Palazzo Marino e lomonimo teatro hanno fatto da cornice a
giornate di euforia collettiva in cui gli appassionati dopera di mezzo mondo
cercavano in ogni modo e con qualunque mezzo di presenziare ad almeno
una delle tre straordinarie recite programmate da Anna Netrebko che,
celebre anche per i suoi improvvisi forfait, confermava invece il gravoso
impegno, annunciato circa un anno fa, per impersonare, unultima volta, la
protagonista de La Traviata. Ruolo estremamente impegnativo che, circa
quindici anni fa, le diede fama mondiale e che, in tanti, ritenevano ormai
superiore alle sue possibilit.
Da pi di dieci anni il soprano, oggi quarantaseienne, non cantava Violetta
Valery, il personaggio principale di questa storia damore fra un giovane di
onorata famiglia ed una cortigiana di dubbi costumi ispiratasi alla figura di
Alphonsine Duplessis vissuta e morta a Parigi a soli 23 anni nel 1847 e
io, per primo, avevo nutrito dubbi che il soprano volesse e potesse portare a
termine questo impegnativo cimento perch, dal punto di vista meramente
vocale, lesecuzione di questo ruolo presenta difficolt tecniche che una voce
217

Milano, marzo 2017: Anna Netrebko raccoglie la meritata ovazione


del pubblico della Scala.
ormai matura e cimentatasi in tante battaglie nei repertori pi disparati,
non ritenevo potesse garantire.

218
Pertanto, se fossi stato croato non avrei scommesso una Kuna, e se fossi stato
un usurario olandese, un fiorino, che la russa avrebbe mantenuto limpegno
e perci non avevo nemmeno tentato di procurarmi per tempo un biglietto,
sapendo che in caso di rinuncia allultimo minuto (eventualit tuttaltro che
rara nel mondo dellopera), sarei caduto in uno stato di depressione che
avrebbe potuto durare un apprezzabile lasso temporale con riflessi, non
solo sullumore, ma anche sul mio peso specifico che, come valore, non
dei pi bassi.

Violetta e la camelia

Invece Anna ha cantato, facendo rivivere una vigilia di euforia ed aspettative


callassiane, con bagarini scatenati a richiedere cifre da capogiro per un mi-
sera poltroncina senza visibilit e con code che iniziavano a notte fonda nel
tentativo di accaparrarsi uno dei 140 posti in piedi che il Teatro, per tradi-
zione, mette in vendita qualche ora prima dellinizio della rappresentazione.
Alla fine, alla nostra beniamina stato decretato uno storico trionfo nella
sala gremita allinverosimile a cui lumile cronista di QV, aiutato dalla buona
sorte, ha alla fine, avuto la fortuna di assistere per farne ora un resoconto
agli affezionati lettori.
Fedele allimpegno preso con chi vuole avvicinarsi alle magie del teatro in
musica, di creare cio, per ogni opera, una scheda con la sua trama, dovr
essere meno sintetico di Verdi che soleva descriverla in poche parole, non
che una puttana, e ricorder che lazione si svolge a Parigi, in epoca
praticamente contemporanea a quella della sua prima esecuzione, tenutasi
il 6 marzo 1853 al Gran Teatro La Fenice, che sconcert il pubblico
veneziano e non fu un successo, ma nemmeno quel fiasco che Verdi stesso
volle far credere, quasi a rimarcare la portata rivoluzionaria delloverdose
di naturalismo iniettata in una trama insolitamente scabrosa.
Allaprirsi del sipario il pubblico si vede come allo specchio: c una gran
festa nellelegante casa parigina di Violetta Valry (soprano), una mondana
famosa, amante del barone Douphol. un modo per soffocare il dolore e
le pene che le d la sua malattia, di cui verremo prestissimo a conoscenza.
Il visconte Gastone De Letorires (tenore) le presenta un giovane,
Alfredo Germont (tenore), suo ammiratore. Questi invita Violetta a
ballare, ma dopo pochi passi la donna, colta da una violenta crisi di tosse,
costretta a fermarsi. In un delicato duetto Alfredo le dichiara il suo amore
misterioso e altero, croce e delizia al cor e Violetta gli dona una camelia,
che il maschietto ottiene di poterle restituire personalmente il giorno assai
vicino in cui fiore sar appassito.
Partiti gli invitati e rimasta sola, Violetta si rende conto di essere per la prima
volta veramente innamorata.
La consolazione dellamore
e il furore della gelosia

Quando si riapre il sipario per linizio del secondo atto, borghesi e nobili 219
si rivedono nella spensieratezza della vita di campagna. Anche Violetta e
Alfredo, pur affondato nei suoi bollenti spiriti vivono felici in un casino
di caccia della Provenza.
Il giovane, venuto a sapere dalla cameriera Annina (soprano) che Violetta
ha venduto i gioielli per pagare le loro vita dispendiosa, si precipita a Parigi
per procurarsi del denaro. Violetta, rimasta sola, riceve la visita di Gior-
gio Germont (Baritono), padre di Alfredo, che le chiede di troncare una
relazione che minaccia di portare disonore alla propria famiglia e problemi
economici al proprio figlio.
Violetta, sdegnata, in un duetto di proporzioni lunghissime rispetto alle
consuetudini musicali dellepoca, gli dimostra che stata lei a vendere i
suoi gioielli e afferma di non aver mai chiesto denaro allamante. Quando
Germont sembra convinto, non rinuncia al proposito di separarli e la scon-
giura di rinunciare ad Alfredo per non rovinare il fidanzamento della figlia
a causa dello scandaloso legame.
Violetta cerca ancora di resistere a questa richiesta rimarcando
come, priva di parenti, di veri amici e con la sua salute minata dal-
la tisi, unica sua consolazione vivere la sua grande storia damore.
Germont allora le far notare che, quando il tempo avr cancellato la sua
avvenenza, Alfredo si stancher di lei. Ci proferito, le resistenze di Violetta
si placano e accetta di lasciare Alfredo scrivendo due lettere che legger
dopo il celebre addio Amami, Alfredo di cui, ricevuto il ben servito, sca-
teneranno la gelosia nei confronti del barone Douphol (baritono), vecchio
pretendente gi conosciuto.
Gelosia che verr dispensata a piene mani nella successiva scena: in casa
dellamica Flora Bervoix (mezzosoprano) dove Violetta giunge accompa-
gnata dal barone; Alfredo al tavolo da gioco e, alla richiesta della giovane,
risponde che se ne andr solo se lei lo seguir. Violetta costretta a rive-
largli di aver giurato a Douphol di non rivederlo mai pi: lascia credere di
aver fatto questo giuramento per non raccontare del colloquio avuto con il
padre del giovane. Alfredo allora, indignato, getta il denaro vinto al gioco
ai piedi di Violetta che sviene in braccio a Flora; sopraggiunge il padre che
lo rimprovera per il gesto plateale, ma non gli svela la verit.

Il triste declino

Il terzo atto rappresenta invece il precoce declino sia fisico che economico di
Violetta: la tubercolosi si fa pi acuta e il dottor Grenvil (basso profondo)
rivela ad Annina che la sua padrona in fin di vita. Violetta, sola nella stanza,
d laddio del passato. Rilegge la lettera nella quale il vecchio Germont le
Una giovanissima
Maria Callas in una parte

220
di Violetta

annuncia di aver rivelato


la verit ad Alfredo che sta
per raggiungerla. Annina
porta la buona notizia:
arrivato Alfredo, che
entra, abbraccia Violetta
e le promette di portarla
con s a Parigi. Arriva
anche Giorgio Germont,
che manifesta il proprio
rimorso. Violetta sembra
riacquistare le forze, si alza
dal letto, ma subito muore.

I pregiudizi sociali tragicamente pi forti dellamore

I pregiudizi sociali, dunque, hanno diviso i due amanti, riuniti tuttavia dalla
verit e dallamore qualche minuto prima del definitivo distacco.
Ancor oggi il tema della prostituta redenta dallamore, che Verdi ave-
va tratto dal romanzo a sfondo autobiografico La Dame aux Camelias (La
Dama delle Camelie) pubblicato da Dumas Figlio nel 1848 e trasposto per
il teatro nel 1852, coinvolge e appassiona: sorelle di Violetta in celluloide
sono le protagoniste di Pretty Woman o del film di Ozpetek Harem Suar
(dove La Traviata viene citata) e in Moulin Rouge, pur senza alcun espli-
cito riferimento, La Traviata fornisce il fil rouge della vicenda assai fedele
allambientazione originaria e che finisce con la morte della protagonista.

La Traviata assente dal cartellone della Scala dal 64 al 90

Ma ritardiamo ancora un po il nostro addio del passato per ricordare la


storia recente di Traviata alla Scala. Titolo che dal 1964 al 1990 stato assente
dal cartellone del tempio mondiale della lirica perch le suggestioni lasciate
dallallestimento di Luchino Visconti, realizzato nel 1955 (poi replicato
nel 1956), con protagonista Maria Callas (1923-1977) allapice della sua
forza espressiva e, forse per lultimo anno, nel pieno dei suoi infiniti mezzi
vocali, rendevano difficile ogni confronto a chi voleva tentare di cimentarsi
Maria Callas

221
e Luchino
Visconti, preparano
La Traviata alla
Scala del 1955

in un ruolo fra i pi
difficili da eseguire
perch, se la si vuo-
le cantare come
scritta, al soprano
si richiede di essere
brillante e legge-
ra nel primo atto,
lirico nel secondo
dove il tratteggio
psicologico molto
articolato e, infine,
drammatico nel ter-
zo in cui lartista deve evocare, con verit, rassegnazione per la malattia.
Poche voci hanno saputo essere cos camaleontiche e lascoltatore si gio-
coforza abituato ai compromessi, accettando di volta in volta Violette che
magari suonavano come strumenti, ma erano carenti nel fraseggio, oppure
corte di estensione o prive del virtuosismo di cui necessita il finale primo,
quando su un frenetico ritmo viene intonata la pirotecnica cabaletta Sempre
libera deggio folleggiar di gioia in gioia con la quale Violetta celebra la
sua sconsiderata vita di cortigiana.
Nelle quattro rappresentazioni date nel maggio del 1955, di cui si conserva
una registrazione dal vivo piuttosto fedele alla realt, si compiva grazie a
Maria Meneghini Callas (come si faceva chiamare prima del divorzio
dal marito) questo miracolo: tutte le tre categorie della voce femminile pi
acuta: soprano leggero, lirico e drammatico si sposarono felicemente.

La voce multipla di Maria Callas

In quellanno, baciato da Dio (tenuto conto che dopo una novena genero-
samente finanziata da mia Nonna, nacque pure mia Sorella), Maria Callas
riusc a piegare quelle voce multipla - come la definiva il grande tenore
Lauri Volpi nella seconda edizione del suo saggio Voci Parallele- non esente
da asprezze e discrepanze fra i tre registri. Fu, tuttavia, qualcosa di eccezio-
nale, poich gi lanno dopo, nel corso delle ben 17 repliche programmate
fra gennaio e la tarda primavera, si sarebbe dovuto constatare linizio del
suo precoce declino che lavrebbe per sempre allontanata dalle scene dopo
una disastrosa Norma a Parigi del 1964 e sino allultima apparizione
in Tosca a Londra nel 1965.
La regia di Luchino Visconti fu per lepoca, maniacalmente realistica,

222
piuttosto che innovativa: ogni dettaglio dalle camelie, fino alle porcellane e
dagli arredi fino alle tappezzerie era rigorosamente originale. Cos come la
recitazione di Maria Callas che fu paragonata a quella di attrici del calibro
di Sarah Bernhardt o Eleonora Duse, e molti spettatori restarono
scandalizzati da tanta verit che portava la divina, prima di intonare il suo
assolo conclusivo del primo atto, a lanciare le proprie scarpette rosse al
proscenio come se avesse male ai piedi per aver troppo ballato nella festa
che si era appena conclusa.

Freni, Karajan, Zeffirelli, un terzetto straordinario?


Fu un tremendo fiasco

Dopo quasi un decennio dalle fortunate recite della Callas, la Scala riprese il
titolo affidandolo per sole tre recite ad un terzetto che sulla carta sembrava
straordinario. Mirella Freni (1935) era Violetta, Herbert von Karajan (1908-
1989) il direttore dorchestra e Franco Zeffirelli (1923) il regista.
Fu un tremendo fiasco: la Scala - forse per la prima volta - causa il precoce
ritiro dalle scene del soprano greco-americano, dovette confrontarsi con i
suoi cosiddetti vedovi che fischiarono sonoramente la Freni che si esib
solo alla prima del 17 dicembre facendosi sostituire per le altre due recite
da Anna Moffo (1932-2006) e che, traumatizzata dallesperienza che non
le imped di diventare una prediletta della Scala, si astenne per tutto il resto
della sua prestigiosa carriera dal riproporre questo ruolo. Anche von Karajan
e Zeffirelli, che pure erano nel pieno della propria carriera artistica, vennero
ritenuti troppo raffinati, decadenti e calligrafici, per cui non ottennero il
successo sperato.
Tocc a Riccardo Muti (1941) riprendere La Traviata pi di ventanni
dopo nella stagione 1989/90, nonostante in quella stagione resistessero
ancora molti di quei vedovi che rendevano assai complicato riproporre titoli
frequentati dalla divina.

Lidea geniale di Riccardo Muti

Per prendere adeguata distanza da loro, Muti ebbe la geniale idea di proporre
uno spettacolo tuttaltro che davanguardia. Scrittur come scenografo il
premio Oscar Dante Ferretti e per la regia Liliana Cavani, e in questo
contenitore tridimensionale, che sembrava un set cinematografico, non fece
cantare le star del momento, ma voci giovanissime, quasi debuttanti, di cui
il pubblico ammir vivacit e freschezza e una sorta di spontaneit che in
realt era il frutto della cura certosina che il maestro napoletano dedic
alla preparazione di questi acerbi interpreti dei tre ruoli principali. Fu un
successo imprevisto quanto clamoroso.
Rotto il ghiaccio, lallestimento in questione venne poi ripreso decine e decine

223
di volte fino a quando, con la direzione del milanese Daniele Gatti (1961)
e la fuoriclasse tedesca Diana Damrau (1971), La Traviata venne scelta
per inaugurare la stagione 2013/2014 con esiti molto contrastati.
Per Anna Netrebko si ripreso lo spettacolo nato con Muti che, cos tra-
dizionale e per certi aspetti polveroso, ha consentito alla russa di muoversi
nel rispetto delle didascalie originali senza che lattenzione su di lei venisse
distolta, anche solo per un secondo, da quel tipo di soluzioni sceniche e
registiche antimusicali a cui oggi abbiamo dovuto abituarci.

Un grande trionfo allantica

Il boato ricevuto alla fine dello spettacolo la dice tutta sul fatto che lesito
della serata stato trionfale anche per quella piccola ma rumorosa parte
di loggione, che fa parte dellarredamento della Scala e che ama contestare
cantanti e direttori di fama alla prima sbavatura.
Solo una piccola parte della critica generalista, spesso adusa ad avallare
prestazioni di rara modestia, nel prendere le distanze da questo trionfo
allantica, si dimostrata tanto snob quanto diva stata la Netrebko.
A mio avviso Anna Netrebko con la sua voce bella e potente stata assoluta-
mente al di sopra di ogni aspettativa. Sin dalle sue prime frasi conversative,
che risultano quasi sempre coperte da coro e orchestra, si notato uno smalto
e una proiezione fuori dal comune. Il brindisi, grazie anche al contributo
dellottimo tenore Francesco Meli stato elettrizzante e da l numero dopo
numero, compresa la temibile cabaletta e il successivo duetto col baritono,
che era limmenso Leo Nucci (1942), il soprano si mosso con una sicurezza
e una freschezza impensabili per una cantante che da dieci anni ha spaziato
in un repertorio che temevo le avesse fatto perdere la duttilit e lelasticit
che sarebbero servite a portare a termine la sua missione e, soprattutto, la
sua consacrazione a storica interprete scaligera.
Superato lo scoglio del primo atto, Anna Netrebko ha cantato in un
crescendo dintensit, senza accusare limiti dintonazione che talvolta si
riscontrano nella sua sontuosa vocalit, ben sostenuta dallorchestra diret-
ta, come sempre a memoria, da Nello Santi: il vecchio maestro che ebbe i
natali in Veneto ad Adria nellormai lontano 1931.
In estrema sintesi credo che linterpretazione di Anna Netrebko risulti una
delle pi compiute e complete che si siano potute ascoltare. Non assimilabile
a quella della Callas, pu semmai ricordare per bellezza di timbro e nobilt
di cavata a quella della sua rivale per antonomasia: Renata Tebaldi (1922-
2004) ma con in pi quelle capacit virtuosistiche che a questo leggendario
soprano, purtroppo mancavano.
224 QV ARTE
GIOVANNI BELLINI
IL PITTORE
DEL PAPPAGALLO
Erano passati solo dieci anni dalla scoperta di Colombo
quando il Giambellino raffigur il battesimo di Cristo, opera
somma di un autore che non dovremmo mai stancarci di
riguardare e interpretare, e che si trova allinterno del
tempio di Santa Corona a Vicenza. La presenza
del pappagallo nellampia affascinante scenografia
belliniana un inedito per larte italiana del tempo, ma
dopo Colombo lecito pensare che un pappagallo si
trovasse a Venezia: dono prezioso scambiato tra i reali
di Spagna e il Doge del tempo?

FILIPPO MARIO FASULO

C he Vicenza custodisca uno dei massimi capolavori dellarte ho la


sensazione che siano in pochi a saperlo.
A pochi passi dal Corso Palladio, magico asse viario, proscenio della citt
berica, riposa, nella penombra della navata sinistra della chiesa di Santa
Corona, prima del transetto, lopera omnia rinascimentale del Bellini, quasi
un testamento spirituale.
Giotto aveva ormai distaccato larte occidentale da quella bizantina iconica
sempre tesa al trascendente atemporale. Nella rivoluzione giottesca le im-
magini sacre si calavano nella realt e tensioni umane, il classicismo era la
ri-scoperta dellUomo al centro del mondo. Nella rappresentazione artistica,
il riguardante poteva vedere, come in uno specchio, se stesso; si valorizzava
il naturalismo, la prospettiva, il paesaggio.
Bellini si inserisce perfettamente in questo clima neoellenistico di recupero
delle emozioni, della bellezza come valore, della consapevolezza di s.
Mi sorprende la poca conoscenza del capolavoro vicentino, ma soprattutto
di questo grande Maestro.
Il telero gigantesco, 400 x 263 cm, contende lattenzione dello stupefatto 225
spettatore riguardante con la incredibile scenografica cornice marmorea,
tutta colonne, lesene, ori, ricami, lumeggiature di azzurro, maturo frutto
rinascimentale del team Tommaso da Lugano, Bernardino da Como
e Rocco Vicentino. Lopera fu eseguita su committenza del ricco e potente
notabile vicentino Battista Garzadori, che aveva voluto sciogliere il voto fatto
per la grazia ricevuta del ritorno sano e salvo dalla Terrasanta. Anche allora
i problemi di sicurezza non mancavano
Mi sono chiesto pi volte il perch di queste costose committenze; lidea che
si trattasse solo di manifestazioni di pietas non mi ha mai completamente
convinto.
Vicenza, al volger del 500, era citt benestante, fedele a Venezia e da questa
aveva ricevuto il privilegio di gestirsi in autonomia sotto il dominio delle
famiglie pi influenti. Queste facevano a gara nel darsi visibilit non solo con
i loro palazzi per far mostra di s ed accogliere gli spiriti colti ed intellettuali,
ma volevano e dovevano essere presenti in Santa Corona, il Tempio nel cuore
della citt ospitante la Santa Spina donata dal Re Luigi IX di Francia,
reduce dalla settima crociata, al Vescovo Bartolomeo da Breganze.
La famiglia Garzadori, dietro il mecenatismo, aveva certamente linteresse
politico a dare il segnale della raggiunta agiatezza e potenza che derivava
la fortuna dalla lavorazione dei panni di lana, proprietaria di rogge e salti
dacqua nellalto vicentino.

Cognato di Mantegna, maestro del Giorgione

Dico subito che per godere la monumentale opera, in tutte le molteplici


letture, si dovrebbe apprestare una pedana rialzata con luci appropriate.
un caldo consiglio per i Padri di Santa Corona, costa poco e rende molto.
Se osserviamo la stessa struttura compositiva, Bellini immaginava il ri-
guardante allaltezza del Cristo, poich il suo sguardo appunto verso lo
spettatore. Ma visto dal basso non si gode appieno la tridimensionalit
o profondit di campo, la fuga oltre i monti azzurrini, locchio a perdersi
nella sterminata desertica pianura. La collocazione giusta sulla parete
elemento fondamentale per la fruizione emotiva dellopera. I francesi sul
punto sono maestri.
Alcune riflessioni preliminari: lopera collocata tra il 1500/1502, a voler
ritenere attendibile la data di nascita del Bellini al 1430; quando esegue il
dipinto, firmato Ioannes Bellinus, ha quindi superato i 70 anni, siamo
nella piena maturit dellartista. Pittore di grande qualit, con committenze
226
Vicenza,
tempio
di S. Corona,
il battesimo
di Cristo
di Giovanni
Bellini
(1500- 1502)

importanti, si muove giovanissimo a bottega del padre Jacopo, vorrei dire


nellambiente gotico veneziano dei mosaici bizantini di San Marco per poi
aprirsi alla visione rinascimentale di Padova ove delinea e forma il suo lin-
guaggio a contatto di due grandissimi e giovani Donatello e Mantegna.
Questultimo ne diventer cognato, avendone sposato la sorella Nicolosia.
Elementi bizantini comunque incisi nella memoria come le tessere doro dei
mosaici marciani, che Bellini usa quando funzionali al conceptus (la Pala di
San Giobbe alle Gallerie dellAccademia del 1487 riporta nella decorazione
dellabside la soluzione del mosaico doro; come dire, alle spalle della Ma-
donna permane loro del Paradiso della tradizione bizantina). La lezione di
Antonello ceciliano nella Pala di San Cassiano del 1475 era stata appresa
con entusiasmo nella architettura compositiva, ma le figure dei Santi ed
Angeli in Bellini si staccano dal bloccato equilibrio compositivo antonelliano
ed iniziano a muoversi preludendo al manierismo.
Anche il rapporto con Andrea Mantegna diventa proficuo, lidea delle rocce
laterali deriva al Bellini dal cognato, ma la sua impaginazione pi soft, le 227
figure acquistano una morbidezza di toni che fanno pensare all apporto
del pi giovane collega ed allievo Giorgione. Insomma Bellini pittore che
si abbevera anche alle fonti dei suoi allievi facendo sintesi, ma questa circo-
stanza non deve suscitare scandalo, da sempre gli artisti si sono guardati lun
laltro traendo quelle idee ed ispirazioni pi congeniali al loro temperamento.
Nel corso della sua lunga carriera infatti il Bellini aveva avuto vari allievi,
tra questi Cima da Conegliano. Ebbene, Cima nel 1492 esegue per la Chiesa
di San Giovanni in Bragora, il Battesimo di Cristo, opera anchessa poco
conosciuta; la sua composizione vede il Cristo che sulle rive del fiume Gior-
dano riceve il battesimo da Giovanni erto su un costone roccioso, mentre
dallaltra parte del dipinto tre angeli attendono la fine del rito per porgergli
gli abiti asciutti. Alle spalle, oltre la campagna, si ergono azzurrine le prealpi
trevigiane ed in alto, nel terso cielo, un tripudio di angioletti multicolori
fanno corona alla colomba dello Spirito Santo.
Il Bellini prende a modello questa rappresentazione e la cambia secondo la
sua sensibilit e visione scenica.
Il cognato Andrea Mantegna, qualche anno dopo, siamo al 1506, esegue
lo stesso soggetto per la chiesa di SantAndrea a Mantova, non con gli
stessi risultati coloristici; ma lui rimane sempre un abilissimo disegnatore.

Umanissimo Pantocratore

Andiamo quindi a guardare dentro lopera belliniana: lo spunto lepisodio


evangelico di Ges che dalla Galilea si porta al Giordano per farsi battezzare
da Giovanni; nel momento clou, il cielo si apre e scende la colomba dello
Spirito Santo, mentre una voce dallalto acclama Ges come il figlio predi-
letto. Bellini colloca Ges al centro di una maestosa composizione, sul greto
ghiaioso del fiume Giordano, siamo quindi in Palestina, ma lambientazione
veneta, con erto borgo turrito sulla sinistra, mentre una misera capanna-
caverna si apre su un costone sulla destra; la vegetazione veneta ma con
concessione esotica ad una raminga palma. Rocce e roccette come duso.
Locchio dello spettatore parte dalla verticale della scriminatura dei capelli
di Ges, perfettamente al centro verso la ciotola contenente lacqua bene-
detta, quindi verso la colomba, per terminare al trionfo movimentato del
Pantocratore che non ha pi locchio accigliato, sembra quasi incuriosito di
ci che accade sotto. Umanissimo Padre.
Sulla sinistra tre bellissime giovani fanciulle in mirabile prospettiva i visi
e le acconciature sono attualissimi potrebbero essere angeli, ma sono
senza le ali dordinanza, in compenso portano un cenno di aureola sul capo,
perfette testimoni che esprimono la gioia del momento mistico.

228 I colori esprimono tutta la dolcezza ed armonia della venezianit. Il gioco


della luce, o meglio delle luci, organizzato come in un set fotografico: Ges,
rappresentato come un giovane di bellaspetto, la figura pi illuminata,
riceve la luce dalla destra; Giovanni, posto pi in alto, invece rimane in
ombra; i colli pi vicini ricevono luce da sinistra cos come i lontani monti
(le prealpi vicentine?); la ciotola di Giovanni ed il suo braccio destro invece
prendono la luce che riverbera dalla bianca colomba; su Dio Padre invece la
luce viene da destra. Lo stesso cielo poi che ci si aspetterebbe omogeneo ha
un taglio orizzontale, nella parte in cui sospeso lOnnipotente, corrusco,
incongruo. Osserviamo come Giambellino lo raffigura: sembra affacciato ad
un immaginario davanzale fatto di rosee nuvole-cuscino, posato a sua volta
su uno strato di altre nuvole in un contorno di semi-angioletti rossi e blu
che ne richiamano le stesse vesti rosso e blu sur le motif.
Leffetto teatrale potente. Anni dopo Tiziano esasperer limmagine del
Creatore nella pala dellAssunta ai Frari, facendolo diventare una sorta di
deltaplano, in uno scenario movimentato.

Inedito pappagallino: dono al Doge


dei re cattolici di Spagna?

Una assoluta novit nellarte italiana data dall incredibile pappagallino,


parrocchetto rosso dalle ali verdi, perfetto contrappunto alla sfolgorante
tunica rossa della ragazza-angelo sulla sinistra, appollaiato sotto i piedi di
Giovanni, sul ramo dellalberello morto, tipico della pittura veneta, ai piedi
della roccia su cui Giovanni si arrampicato per ordine del pittore-regista.
Mi sono chiesto pi volte cosa ci sta a fare un pennuto che sta fuori dalla
simbologia medievale e comunque sconosciuto in Europa fino alla scoperta
dellAmerica. Facendo due conti, dieci anni dopo la scoperta di Colombo
un esemplare di pappagallo in qualche modo doveva trovarsi a Venezia.
Trattandosi di un uccello esotico, sicuramente era arrivato in Europa tra le
curiosit portate dallesploratore genovese. Quindi poteva essere un dono
prezioso scambiato tra i reali di Spagna ed il Doge di Venezia. In quegli anni
il Doge regnante era Agostino Barbarigo ed il massimo cronista dellepo-
ca era quel superbo reporter Marin Sanudo, uomo coltissimo ed addentro
al Palazzo. Vado ad indagare i suoi Diari dal 1496 al 1533, fortunatamente
reperibili in internet e scovo che il 17 maggio 1497 lambasciatore veneziano
Francesco Cappello, di ritorno dallambasceria in Spagna, portava al Doge in
dono da parte di Ferdinando ed Isabella, tra le altre cose, papagalli molto
varii e de diversi collori. Lastuto Giambellino deve averne avuto notizia e
ne deve avere tratto dei disegni.
Va detto che lidea di dipingere pappagalli abbastanza inusuale nellarte,
perch salvo errori - non mi sembra che i pittori rinascimentali ne abbiano
tratto ispirazione.
Non ho ricordi di altri pappagalli nelle opere darte, ma qualcosa c alla 229
Alte Pinacotek di Monaco. Siamo ormai nel XVII secolo e lorrifico tedesco
Georg Flegel si esibisce in una stranissima natura morta dove dentro ci
mette di tutto e di pi e qui, appoggiato su un fico secco, quasi emergente
dallombra dello sfondo, fa capolino un pappagallino dalla testa rossa.
Ancora a Monaco, nella sezione dedicata allarte fiamminga, un suggestivo
dipinto di Frans Francken che vuole esaltare la classe mercantile come
societ colta, raffinata e gaudente, raffigura uno sfarzoso banchetto in casa
del borgomastro Rockox, ecco che in bella evidenza sulla destra della mo-
vimentata composizione appare un trespolo con due stupendi pappagalli
ara, resi quasi fotograficamente cos come la modernissima ciotola a due
comparti per il becchime.
Lopera del Bellini lodata ed acclamata come uno dei pi bei dipinti del
mondo, nel 2008 stata ospitata alla Mostra monografica delle Scuderie del
Quirinale. Vicenza, citt palladiana, potrebbe fregiarsi anche del privilegio
di ospitare una delle pi belle opere del pantocratore del Rinascimento
italiano.
Si tratta di farne unoperazione di marketing mirato e continuato, come
avviene ormai da anni per lImpressionismo francese. I risultati non manche-
ranno, ma per favore, la piattaforma-podio rialzata con comando elettrico,
ed una migliore organizzazione delle luci, bisogna farle. Necesse est. Questo
il nostro petrolio.
230
QV ARTE
LA PALA
DI CASTELFRANCO
DEL GRANDE GIORGIONE
GIANGIACOMO GABIN

P er quelli che, come chi scrive, amano profondamente larte


e la pittura in particolare e magari hanno lardire di dipingere, le
difficolt e le delusioni non hanno mai fine e provocano sensazioni
dolorose.
Ci accade a chi ha la consapevolezza, ed aggiungo, la fortuna, di co-
noscere i propri limiti. Conosco, ahim, pittori che riempiono di colori
le tele convinti di produrre quadri eccellenti e vivono serenamente,
beati loro! Se poi possiedi una nutrita collezione di libri darte e non
ti sei mai lasciato sfuggire, nel corso degli anni, la visita a mostre di
pittura di buon livello, ti viene voglia, quando torni a casa, di buttare
via colori e pennelli (fra laltro costosi!).
Non c scampo, la pittura, come ho gi scritto altre volte, unamante
possessiva e crudele che ti sbatte in faccia tutte le tue mediocrit. Se
per il tuo amore per lei autentico e non conosce limiti allora que-
sta amante severa ti ripaga, raramente con il riconoscimento di ci
che produci, ma facendoti per trovare magicamente nel momento
giusto, nel luogo giusto, in occasione di irripetibili eventi artistici.
Fu cos che mi son trovato, come ebbi modo di raccontare nel n.
4/2016 di Quaderni Vicentini in perfetta e magica solitudine al co-
spetto dello splendido quadro di Gino Rossi : La fanciulla del fiore.
Era la fine di novembre del 2006 ed ero presente allallestimento di
una mostra mai dimenticata intitolata Venezia 900 da Boccioni
a Vedova negli spazi della Casa dei Carraresi di Treviso.
La stessa generosit che a volte ti dona lamore per lArte ha fatto
s che fossi presente l8 dicembre del 2005, giorno dellImmacolata
Concezione, a Castelfranco Veneto quale testimone di un evento che
solo a pensarci mi vengono i brividi. Cosa successe nella bella cittadina 231
veneta? Adesso ve lo racconto.

Il giorno del magico ritorno della pala a Castelfranco

Le campane di tutte le chiede di Castelfranco suonavano a festa


come mai era successo prima. Laria che si respirava quella mattina
aveva qualche cosa di magico. La gioia delle numerose persone pre-
senti era palpabile e contagiosa. In sostanza ero uno fra i fortunati
testimoni di un evento clamoroso: il ritorno della Pala di Giorgione
nel Duomo della cittadina che aveva dato i natali al suo autore.
Dovete sapere che il capolavoro mancava a Castelfranco dal 2002
quando ne venne deciso il trasferimento a Venezia per i restauri che
non si potevano assolutamente rinviare.
Credo che ci fosse stata allora qualche resistenza da parte dei Ve-
neziani nel restituire la Pala con la scusa che nella cittadina veneta
non esisteva un luogo sicuro, adatto ad ospitarla; ma gli avveduti
amministratori sottoposero la Cappella Costanzo del Duomo ad un
complesso di interventi tali da trasformarla in una sofisticata teca
tecnologica in grado di assicurarne una perfetta conservazione.

Il capolavoro

giunto ora il momento di raccontare la storia di questo capolavoro,


unica Pala daltare dipinta dal Giorgione.
Si tratta indubbiamente di una straordinaria invenzione poetica dipin-
ta su tavola (cm. 200,5 x 144,5) databile 1503-1504, commissionata
per la cappella di famiglia di Tuzio Costanzo, uomo darmi, al fine
di commemorare la morte del figlio Matteo avvenuta tra la primave-
ra del 1504 e lestate del 1505 nel corso di una campagna militare, e
raffigurato, con armatura completa, in un bassorilievo sulla lapide
tombale posta ai piedi dellaltare.
Rappresenta, sullo sfondo di un paesaggio, la Madonna in trono con
il Bambino. In basso vengono raffigurati San Francesco e San Nica-
sio (in passato identificato in San Giorgio o San Liberale, patrono di
Castelfranco e di Treviso). La struttura piramidale dellopera pone il
trono e la Madonna seduta sul trono stesso esageratamente in alto
232
Il centro
storico
di
233
Castelfranco
Veneto

e viene da pensare che la Vergine, appoggiando la mano sinistra sulla


balaustra sia quasi alla ricerca di stabilit.
Non fatevi mancare una visita a Castelfranco che a due passi da
Vicenza, entrate nel Duomo e dirigetevi subito a destra nel Presbite-
rio; basta una monetina e la luce illuminer il dipinto e, perch no,
anche il vostro animo.

Il Duomo di Castelfranco

Se poi avrete la fortuna, come successo a me in altre occasioni, di


incontrare il custode del Duomo e se dimostrerete sincero interesse, vi
condurr in altri spazi non sempre aperti ai visitatori ed in particolare
nella sagrestia, colma di opere di illustri pittori veneti.
Ammirerete cos il ciclo di affreschi di Paolo Veronese, le opere
di Jacopo da Ponte, Paolo Piazza, Pietro Damini, Palma il
Giovane, Annibale Carracci e Giovanbattista Novello.
Tra le numerose opere darte, oltre che la Pala del Giorgione, il Duo-
mo, dedicato a San Liberale, espone anche la Pala del coro con la
discesa di Cristo al limbo di Giovanni Battista Ponchini (1500-
1570) collaboratore del Veronese. Al lato destro il Martirio di San
Sebastiano di Palma il Giovane (1544-1628), laltare dellAssunta
La facciata del Duomo
di Castelfranco Veneto

234
(apside della crociera)
dello scultore Bernardi
detto Torretto (1694-
1773)
Nella stupenda qua-
dreria della Sagrestia
si possono inoltre am-
mirare sette frammenti
degli affreschi di Paolo
Caliari detto il Verone-
se (1528-1588) eseguiti
nel 1551 per la villa So-
ranza di Treville, demo-
lita allinizio dell800:
sul soffitto il Tempo e
la Fama, sulla parete di
destra la Giustizia e la
Temperanza e quattro
ovali con putti alati. Tra le opere pi significative della Sagrestia
spiccano la Cena in Emmaus e la Consacrazione Vescovile di San
Nicol di Paolo Piazza (1560-1621). Inoltre lAnnunciazione di
Pietro Damini (1592-1631) la Presentazione al Tempio di Pal-
ma il Giovane ed infine un San Rocco ai piedi delle Vergine con
Bambino attribuita a Jacopo da Ponte detto il Bassano (1515-1592).
Credo che a qualche lettore, dopo avere digerito questa lunga esposi-
zione, verr la voglia di andare a Castelfranco Veneto. a due passi
da Vicenza e non mancano, nei dintorni, delle buone trattorie.
Mi verrebbe ora voglia di parlare del Giorgione ma come dimenticare,
visto che siamo a Castelfranco, il Museo Casa del Giorgione dove
dal dicembre 2009 ad aprile 2010 venne celebrato il suo massimo
artista in occasione del V centenario della sua morte. Anche durante
quellevento, io cero! Mi fu possibile, nellambito di quella formi-
dabile esposizione, ammirare opere definite, nella presentazione,
suggestioni: quadri come la celeberrima La tempesta custodita a
Venezia presso le Gallerie dellAccademia, le tre et delluomo visi-
bile a Firenze a Palazzo Pitti-Galleria Palatina e tanti altri splendidi
quadri che non elenco per non annoiare chi legge.
Doppio ritratto

Mi difficile per non ricordare limmagine che pi di ogni altra


rimase allora, senza mai sbiadire, nel mio animo: quella del quadro 235
dal titolo Doppio ritratto (era stato erroneamente attribuito a Se-
bastiano del Piombo) dipinto nel 1502, e custodito a Roma nel
Museo Nazionale di Palazzo Venezia. In secondo piano, alle spalle
quindi del protagonista viene raffigurato un giovane dallo sguardo
pensieroso. In primo piano il volto di un bellissimo ragazzo posto di
fronte con la testa reclinata e sorretta dalla mano destra; una mano
che meglio di cos non poteva essere disegnata. Dio mio, quanto
difficile dipingere le mani che rappresentano il tallone di Achille di
tanti pittori dei nostri giorni che astutamente le evitano, compreso
ovviamente chi scrive! Con la mano sinistra impugna unarancia
selvatica nellintento di rappresentare, con riferimento al suo sapore
dolce amaro, lintonazione malinconica del dipinto che certamente
viene percepita dal fortunato osservatore.

I geni che ebbero vita breve

Credo a questo punto sia veramente il momento di parlare del Gior-


gione. Poche sono le certezze sulla sua vita e pochi i documenti che
scandiscono la sua biografia e quasi tutti sono riferiti alla parte finale
della sua vita che si spegne prematuramente a causa della peste nel
1510. Gli studiosi ne collocano la nascita a Castelfranco nel 1477.
Muore quindi a soli 33 anni!
Pensando ai pittori che hanno lasciato questo mondo in giovane et
mi viene naturale questa domanda: quali vette artistiche avrebbero
raggiunto solo se il destino avesse riservato loro una lunga vita? Bella
domanda, che mai avr una risposta. Ed allora ecco scorrere nella
mia mente, saltando inopinatamente da un secolo allaltro, il Cara-
vaggio morto a soli 39 anni, Egon Schiele che di anni ne visse solo
28, Amedeo Modigliani a 36 anni, Nicolas De Stael a 41 anni e
Tancredi Parmeggiani a 37 anni anche se c da dire che questi
ultimi due il destino se lo sono cercato: il primo gettandosi da una
finestra del suo atelier ad Antibes nella notte del 16 marzo 1955 ed il
secondo gettandosi nel Tevere da Ponte Milvio nel 1964.
A proposito di artisti morti in giovane et e sempre con lintento di
proporre buone letture vorrei segnalare il bel libro di Flavio Caroli
Trentasette, il mistero del genio adolescente (edizione Mondadori)
dove lautore racconta gli ultimi giorni di vita di otto grandi artisti:
Raffaello, Parmigianino, Valentin, Watteau, Van Gogh, Toulouse-
Lautrec, Tancredi, Gnoli e Manai.

236 Flavio Caroli, per chi non lo conoscesse, quel signore dalla vistosa
ciocca bianca di capelli non di rado ospite, per descrivere ed aiutare
lo spettatore a interpretare famosi quadri, nella serale trasmissione
televisiva Che tempo che fa condotta da Fabio Fazio. un critico che
amo molto per la pacatezza e la chiarezza con le quali descrive larte.
Io ho avuto il piacere di conoscerlo personalmente, a Cremona, in
occasione della presentazione di una sua opera, Arte dOriente-Arte
dOccidente, altro buon libro da leggere.

Giorgione, artista sommo, animo generoso

Ecco, come al solito la penna corre veloce e mi stavo quindi dimen-


ticando del protagonista di questo racconto. Ritorniamo quindi
allamato Zorzon da Castelfranco, soprannome che secondo il
Vasari deriverebbe dalle fattezze della persona et la grandezza
dellanimo ed proprio il suo animo generoso che ne determin la
morte in quel maledetto 1510 quando la peste aggred, sconvol-
gendola, Venezia. Si racconta che alle prime avvisaglie di epidemia
il Tiziano scapp assieme ai figli rifugiandosi in Cadore. Cima da
Conegliano, messi al sicuro i figli nel paese di origine, si rifugi
allultimo piano della sua abitazione in attesa che la pestilenza si
placasse. Solo quando lungo i canali dallacqua putrida non vide pi
passare le barche cariche di cadaveri si riaffacci alla vita.
Il Giorgione decise di andare a trovare il Bellini che, ormai anziano,
non temeva la morte (sopraggiunta sei anni dopo) che gli sugger di
lasciare al pi presto Venezia. Ultimata la visita, torn sui suoi passi e
nella confusione generale di gente in attesa di fuggire da quellinferno
incroci lo sguardo con Maria, una bella forestiera, commerciante
di lane proveniente da Ragusa che, esauriti i suoi affari, voleva an-
darsene da Venezia con i suoi guadagni, ma per farlo aveva bisogno
della polizza despatrio. Zorzon gli offr lospitalit della sua casa
e si allontan dirigendosi verso il Palazzo dove avrebbe ottenuto il
documento. Al ritorno cap di aver contratto il morbo, consegn il
documento a Maria invitandola perentoriamente di recarsi a Rialto
e prendere una barca per raggiungere la terraferma e fuggire da
quellinferno.
Si sdrai quindi sul letto fradicio di sudore, con i segni del morbo
che gi apparivano sulla sua pelle. Compiuto questo atto sublime di
generosit, lasci questo mondo.
Il Tiziano e la venere dormiente

Raccontano le cronache che tutti i suoi averi, comprese le preziose


tele, vennero accatastati lungo la riva del canale e gi i Procuratori 237
di sanit stavano per appiccare il fuoco. Intervenne di corsa il Pievan
di San Paolo che evidentemente conosceva il Giorgione gridando:
fermi, fermi evitando cos lo scempio. Il Giorgione muore quindi
prematuramente, lasciando un segno indelebile nella storia dellArte.
Ho sentito dire, da quelli che se ne intendono, che questo formidabile
pittore tracci un solco che poi il Tiziano, vissuto a lungo, percorse
e port avanti per tutta la vita.
C un quadro che ho avuto la fortuna di ammirare fra i tanti capo-
lavori custoditi alla Gemlde Galerie di Dresda. Si tratta della
stupenda Venere Dormiente, fonte dispirazione nei secoli di tanti
grandi pittori. In questo quadro il paesaggio stato portato a termine
dal Tiziano che aggiunse anche il drappo rosso e la massa rocciosa
scura dietro alla testa. Ecco che magicamente il cerchio si chiude, mi
vien da dire che come se il Giorgione fosse vissuto a lungo, come a
lungo visse il Tiziano, ossia sino a quasi novantanni.
Ora, per finire, dopo aver viaggiato allindietro nel tempo, torniamo
ai giorni nostri ed in proposito segnalo che il 9 aprile, presso il Museo
Casa Giorgione e Biblioteca Comunale di Castelfranco, stata inau-
gurata una mostra intitolata Castelfranco Nella Grande Guerra che
durer sino al 21 maggio 2017. Ecco una bella occasione per andare
a vedere la famosa pala, protagonista di questo racconto.
Perdonatemi, c unultimissima cosa che devo assolutamente segna-
lare: dal 27 ottobre 2017 al 4 marzo 2018 verr presentata nel Museo
Casa del Giorgione di Castelfranco Veneto a cura di Danila Dal
Pos, la studiosa cui si deve lallestimento del Museo Giorgionesco,
la mostra Le trame del Giorgione patrocinata dal Ministero dei
Beni e delle Attivit Culturali e del Turismo. Vedete? praticamente
impossibile non andare pi volte a far visita al grande Giorgione.
238 QV ARTE
Rino Gentile alla svolta pi autentica
della sua ricerca
MY OLD HEART, scelta
emotiva e culturale
TOTO CACCIATO

L ungo il percorso creativo di Rino Gentile, numerose le sue in-


stallazioni; stazioni intense di pensieri e citazioni.
In una di queste, di leggera trasparenza come Rendez-vous minuit,
giaceva un pesce.
Di quellopera abbiamo scritto nel 1 del 2015 di Q.V. (come scorre il tempo,
e prende anche velocit); era una pietra a forma di pesce, ed stato facile
chiamare quella pietra pesce perch una pietra a forma di pesce tutti la
chiamano pesce, nessuno la chiama pietra o pesce di pietra.
In questa nuova opera, articolata e complessa, la pietra nella sua potente
raffigurazione a forma di cuore quindi cuore ed ha anche simboli e motori
per la sua funzione: pompe surreali, ruote dentate, accumulatori e trasfor-
matori di energia, vasi sanguigni di andata e di ritorno con tracce impure
che scorrono col sangue; un impianto dove il sangue stesso compie un giro
arterioso che purificato ritorna per una nuova partenza.
Un cuore, un cuore sicuro, un tesoro di cuore, da custodire in una cassa
toracica e ancor meglio in una gabbia di ferro elettrosaldata.
Mistero profondo avvolge lallegoria di Rino Gentile, tappa quasi obbligata
tra i tanti temi da lui trattati.

Toccarlo, bisogna, questo cuore

Ma il significato vero dellopera, oltre a questa pur sentita introduzione,


offerto questa volta dallo stesso autore; largomento delicato e con li cuore
non si scherza. Aggiungo anche che, a differenza di molti creativi che non
commentano la propria ideazione, Rino Gentile interviene con argomenti
mirati in modo puntuale e definitivo, trattando i riferimenti alla ispirazione
239

Rino Gentile: My Old Heart

e alla rappresentazione in modo colto e a tratti poetico.

Eccolo, allora:
Protagonista quasi assoluto delle rime facili di casa nostra o ro-
mantico ispiratore del poeta in lirico abbandono, ne abbiamo fatto, alla
fine, unastrazione cui assegnare un posto altrove da noi, dove riposa
lidea stessa della nostra esistenza, dimenticandone la natura di muscolo
umano. Invece, il cuore e l, chiuso nella gabbia, complicato ed impietoso
metronomo che ci ammonisce in silenzio per tutta una vita. Anzi, e lui stesso
la vita! Non la morte, perch quando si ferma, quella gi non gli appartiene.
Affascinati dal suo mistero ci accostiamo ad esso con la veste del rispetto.
Come Machiavelli nellavvicinarsi ai grandi della storia; come il chirurgo
che ne emenda i difetti. Fortemente icastica, la sua ardita rappresentazione
conferma di come la coerenza ed il rigore filologico non siano categoria
dellarte: Michelangelo, nella Sistina, ci offre lombelico di Adamo non
nato da donna e Magritte accende luminosi lampioni sotto un chiarissimo
cielo turchese. Ed allora: cuore matto, cuore infranto, cuore malato, cuore
ingrato, cuore leggero e, poi, cuore di madre, cuore di tenebra, cuore di
pietra. Anzi, pietra che si fa cuore, pietra raccolta nel greto dei nostri passi,
con tutte le cicatrici della et dei consuntivi e dellAnagrafe dal respiro
corto (My old heart).

240
Toccarlo bisogna questo cuore! Violare la gabbia che lo imprigiona
e spingere le dita nelle sue rugose asperit; seguire il profilo delle sue
malconce arterie fino al laccio impietoso che lo soffoca segnando la cifra
stessa di quanto intensamente vissuto, sofferto, amato e, pi ancora, di
quanto, pur ardentemente desiderato, non si riusciti a vivere fino in
fondo, prigionieri di catenacci senza ricordo
Ed infine, ascoltare in silenzio il rantolo meccanico della rugginosa mac-
china che aspira linfa e ossigeno da trasmettere a quel meraviglioso ar-
cano chiamato vita, mentre un ritmo sincopato si strozza in una surreale
colonna vitrea.

Nel greto dei nostri passi...

Quanti pensieri muove un cuore, pietra raccolta nel greto dei nostri passi,
se ha la forma del cuore ci induce a questa narrazione e afferma i concetti
del ready-made: dare significato ad un oggetto trovato, magicamente dispo-
nibile, che posto in un contesto con altri oggetti vicini, come i colori su una
tela, manifesta, nellinsieme, la pagina di un testo, pagina unica e di proprio
significato. La composizione tutta ora appartiene, con i valori plastici, este-
tici e di contenuto ad un mondo ricreato che una manifestazione darte.
Ricordando Marcel Duchamp.
QV TEATRO 241

ATTO UNICO
Mansarda con gelsomini e belve
Toto Cacciato

Una mansarda di un palazzetto del Novecento lungo un


viale di tigli e platini, ospita una delle tante coppie del teatro italiano,
persone complesse, di talento, vocate al teatro, con qualche estrosa
ingenuit e con
una forte aspira-
zioni al successo.
Una delle tante
coppie del te-
atro italiano,
compagni di vita
e darte, che libe-
ramente stanno
insieme, e a volte
lavorano insieme.
Lui anche au-
tore e scrive di
teatro, lei recita e
canta; sono tra loro affettuosi, di mutuo sostegno, altre volte sono cat-
tivi, invidiosi, spietati con parole taglienti che accusano le periodiche
emergenze di frustrazioni e ricerca della propria identit: due belve.
Alla finestra della mansarda, a smentire cattiverie e infelicit, un lungo
ramo di gelsomino rampicante con piccoli fiori bianchi e profumati.
Scorre la vita nella mansarda e intorno a loro scorre a volte agra,
cupa, insoddisfacente, ma che cambia repentinamente con scorci di
fiducia e di ottimismo.
Il testo, nel suo insieme, mette in evidenza e narra i sentimenti e
risentimenti di due attori immersi nel mondo dello spettacolo.

242 Manifestano i loro rapporti, le aspirazioni e le delusioni, e la loro la


vocazione artistica come scelta di vita e con la vicinanza quasi dome-
stica di pagine di letteratura e teatro.

La scena nella mansarda mostra uno studio-soggiorno con divano


e poltrone, lumi, radio e piccoli arredi, in un angolo sedia e tavolo
con libri, giornali, PC, telefono e cellulari.
Sullo sfondo la finestra mostra anche le cime di alberi al vento del
viale; la luce nel viale chiara, poi sar la luce del meriggio, e infine
quella della sera.

I personaggi. Attore e attrice, Marcello e Claudia, non pi giovani,


hanno avuto alcune occasioni per mettersi in luce nel mondo dello
spettacolo, fra cinema, teatro e televisione.
Claudia ha una figura plastica e moderna, un bel volto con la costante
espressione di insicurezza, interrogativa, ma da cui appare a tratti
unespressione di ferrea volont. Marcello, attore di bella voce, mo-
dulata, cordiale, e a tratti, di scatto, autoritaria. Coglie con ironia,
a suggello delle sue conversazioni, cadenze dialettali, note frasi del
cinema e del teatro. attore di prosa di personaggi forti, stato con le
migliori compagnie del teatro italiano, con parti secondarie e sempre
secondo nel ringraziare il pubblico nel saluto finale, mai solo sul
proscenio con il suo pubblico.

Sentimenti e stati danimo dei due personaggi, prima di sentirli


dialogare. Conflitti continui tra le pareti della mansarda e con il
mondo esterno, teatri, impresari, segreterie, mentre loro, come cura
benefica, rafforzano e affermano le loro capacit artistiche.
Avranno prossimamente importanti impegni di lavoro, forse risolutivi
delle loro carriere artistiche, ma non possono esserne certi, perch
entrano in gioco altri fattori, come amicizie, simpatie, affinit elettive,
amorose e oltre. Ma loro sono attori di teatro, interpretano personaggi
ed eventi eccezionali. Infatti ricorrente nelle loro conversazioni,
affettuose o conflittuali, richiamare con frasi e testi letterari, perso-
naggi vari e animarli dalle pagine del testo, che subito prendono
corpo nella ideale ribalta della mansarda. Come colti da subitanea
trasfigurazione, un verso poetico, un testo di suggestive immagini,
accende una luce irreale e risuscita fatti e personaggi, un involontario
gioco di rimandi, un originale gioco domestico.
Si alza la tela

Marcello scrive, risponde al telefono in modo cordiale, a tratti impreca


e commenta a voce alta. Ecco che arriva Claudia, entra, e stancamente 243
si sdraia sul divano, sbuffa e si guarda in giro...

Claudia. Eccomi...sei al lavoro...che scrivi ?


Marcello. Scrivo, scrivo..e poi strappo, butto via...
C. Come sempre...guardati, vedi se ti manca la vena, la venaa
M. Va. Lasciami stare... dove sei stata ?
C. Da Pomicione, dottor Pomicione, designato al casting, tu si,
tu no, della Cineteche.
M. Ti vedo stanca, (la guarda dal basso in alto).
C. per via della scala da fare a piedi. Ascensore nix, e poi fino a sta
mansarda, una salita.
M. Mansarda, figurati, siamo al terzo piano, pure ribassato.
C. Vedi, non tanto la salita della scala, che i gradini sono
alti, fuori norma, sono come quelli dei templi greci, altissimi quelli,
e dire che i greci di allora erano piccolini.
M. Lascia stare, dimmi, che ti ha detto Pomicione ?
C. Niente, niente dimportante.
M. Niente ? Ti ha toccato i fianchi ?
C. No !
M. Ti ha parlato...vicino, vicino ?
C. No, solo la mano a distanza....mi pare giusto.
M. A me pare che la parte non te la d.
C. Sei sempre il solito, la vita per te condita di sesso.
M. cos. E poi voi donne avete quella bella occasione.
C. Hai sentito ? I poveri uomini con unoccasione in meno.
M. No, non detto. C un terzo cielo,ora diviso in tre e...
C. No! Non per te. Tu non centri, quelli hanno un forte senso
estetico...
M. Siamo alle solite...anche oggi baruffa.

Dal divano Claudia si guarda intorno, smarrita, sorride poi si fa


seria e guardando in alto impreca

C. Voglio un bambino, come un figlio, da accudire, con lui parlare...


giocare...insegnare tutto...
M. Ci risiamo. Sei andata unaltra volta davanti alla scuola, quella
qui vicino, a vedere i bambini che escono da scuola. E ancora l sei
rimasta, davanti alla cancellata a vedere che uscivano tutte le classi.
C. S, aspetto di quelli della terza e quarta classe. Come sono belli,
infiocchettati, rumorosi, felici di ritornare al sole. Ecco, un bambino

244 come quelli vorrei.


M. Ci risiamo proprio! Ma ci sono le adozioni, le chiedono in tanti
le adozioni, le adozioni...a distanza per.
C. A distanza ? La sciamo perdere. Non il caso...ma io, nel caso,
lo vorrei nero?
M. Negro ?
C. Si dice nero, lo vorrei nero con i capelli ricci, ricci, il naso camu-
so, occhi rotondi, denti bianchi, bianchissimi, e poi le labbra spesse,
come spaccate in due.
M. Ma guarda che non li fanno in serie. Cosa stai scegliendo unau-
tomobile ? Colore...tappezzeria...
C. Non cos. Da tempo mi rimasto impresso nella mente quel
bimbo che ho visto sulla copertina di Sette, solo, abbandonato, in
lacrime, in un prato arso, africano...quello vorrei aiutare a crescere...
farlo mio.
M. Sei sicura che amore, o emozione omologata, indotta dai me-
dia, aspirazione di bianchi borghesi. Non fanno figli... un periodo
questo che amano cani e gatti e a volte i bambini asiatici, africani,
sud-americani, esotici insomma. Quante ne pensiamo noi... per met-
tere a posto la coscienza.
C. Insolente, miscredente. Tu a chi credi...a te stesso ? Neanche a te
stesso. Avremmo potuto avere un figlio, ma allora eravamo giovani,
giovanissimi, e io e tu, allora, abbiamo scelto diversamente. Comera
di moda trasgredire e gridare e mia, mia. A noi due, con quella
scelta ci pareva di dare un contributo vero alla futura, prossima,
imminente, legge. Che fortuna.

Scorre il tempo, le cime degli alberi dondolano, si sente il vento, la


luce del meriggio indora i profili e si prepara alla sera.

M. Vedi, pensavo, (si alza dal tavolo e passeggia, assorto e pensiero-


so) ...e poi che figura facciamo noi nel firmamento della gente di
spettacolo, o star-system, come si dice in giro.
C. Ci siamo noi in questo star-system ?
M. Boh, ci sar un registro da qualche parte, dove?Alla Camera di
Commercio...
C. Bravo !
M. Vedi, a pensarci bene, che figura facciamo noi, non siamo neanche
divorziati o pluridivorziati, siamo come se ci fossimo saziati noi, alla
prima fontana, e siamo ancora sazi.
C. A Marcellooo, noi non siamo sposatiii, come possiamo essere
divorziati, basta che uno di noi prende un taxi e va via...ed finita.
Noi siamo compagni.
M. Ahia, noi siamo compagni, compagni, lunico logos arcaico che ci 245
rimasto del blocco sovietico.
C. Proprio compagni, amici, conviventi, soci di mutuo soccorso, ba-
danti a sostegno reciproco di depressioni, psicopatie, frustrazioni...
M. Ma di, siamo compagni di letto, di letto principalmente, amore
e sesso...fin che dura gusto e piacere. Gi...fin che dura.
C. Sentilo...mette le mani avanti. Beate quelle donne che hanno un
marito bello, intelligente, ricco.
M. Semplice...si sono sposate tre volte, infatti lultimo non mai bello
ma ricco. Sante donne. E poi sono quelle che parlano di qualit della
vita, di ecologia, di non consumare tanto, pensiamo a chi non ha e a
chi verr dopo di noi noi con tutto ci non centriamo per niente, noi
recitiamo la parte. Studiare e recitare la parte. Oppure la parte che
ci fa recitare la vita, la nostra vita. La parte la nostra scatola nera.
Ogni sera a declamare con voce impostata, con il diaframma, con le
pause giuste:c del marcio in Danimarca,un cavallo, un cavallo
per il mio regno o ancora ha da pass a nuttata.
Ma ascolta che cosa mi viene ora: Ci sono di questi giorni certe buone
albicocche...Come le mangia lei? Con la buccia, vero? Si spaccano
a met; si premono con due dita per lungo...come labbra socchiuse...
Ah, che delizia. Mi ossequi la sua egregia signora.
C. Ancora, ancora...
M. Guardi, qua, sotto questo baffo...qua, vede che bel tubero viola-
ceo? Sa come si chiama questo? Un nome dolcissimo, pi dolce duna
caramella...epitelioma, si chiama. Pronunci, sentir che dolcezza:
epitelioma...La morte, capisce ? passata. Mha ficcato questo fiore
in bocca e mi ha detto: tienitelo, caro, ripasso fra otto o dieci mesi.
C. Ah, come mi piace, sei un altro quando reciti, sei nella parte, sei
nella tua vita...e quanto ti piace...stronzo.
M. Ma nella mia carriera ho sempre avuto a fianco, ma un po pi
avanti a me, il protagonista, ed lui che attraversa il tavolato fino al
proscenio, verso il pubblico, le gloriose tavole del palcoscenico per
lapplauso finale.
C. Ma recitare il tuo lavoro, la tua vocazione...
M. Gi, e noi vesti e rivesti, trucca e strucca, monta e smonta, una
vita gloriosa sotto gli occhi del capocomico e dellamministratore,
sempre taccagno. Quelli, gli amministratori, sono una razza a parte.
Perch stanno nel teatro? Per dire no! Non si pu! Non ci sono i soldi!
Anche loro hanno una bella parte.
C. S, s, ma anche tu ti diverti un po in giro per lItalia, unocchiata
qua, unocchiata l, sorrisi e autografi, anche tu hai fatto il divo con

246 le pollastrelle di provincia, in tourn.


M. In tourne, te li raccomando quei teatri ghiacciati di provincia,
scomodi alberghi, trattorie ruspanti. Lo spasso mio, unico, nello
sbirciare il pubblico in sala prima dellinizio. La prima fila: belli, sazi,
autorevoli, panciuti, borghesi, qualcuno pensa ai cavoli suoi, qualcuno
gi sonnecchia. Le donne poi, parate, con pendagli, truccate anche
loro, come noi. Vedi, invece, quelli che si affacciano a quel rettangolo,
il televisore, sono contenti, ben nutriti, abbronzati, anche a gennaio,
perch viaggiano, navigano. Alcuni sono bravi, ma poi vi un girone di
corpicini in cerca di sistemazione, rampanti, allultimo arrembaggio,
in totale un generone di postulanti in giro per teatri, studi, direzioni,
segreterie, trattorie. Ma se ti affacci da quel rettangolo fatta, gi ti
riconoscono per strada, ti salutano, qualcuno ti viene a dire avrei
unidea.

Sulla mansarda ora grava un grande silenzio, latmosfera compatta


e spessa come se fosse ancora piena di quelle parole, che un po alla
volta scorrono via, il vento soffia e scuote le cime degli alberi. un
momento di pausa, tutto sembra vano e tutte le parole dette sembrano
inutili. Poco dopo Marcello si agita un po, guarda Claudia e da vicino
le parla ed esordisce con una frase interrogativa:

M. Come va la nostra vita?

E dopo una lunga pausa:

M. Prendiamo il sesso, per esempio.


C. Bravo. Non ne avevi mai parlato, sentiamo le novit.
M. Le parti in causa, uomo-donna, quelle tradizionali, oggi preferi-
scono un rapporto leggero e dare pi spazio allaffetto e allinnamo-
ramento, al corteggiamento, per prolungare quei momenti iniziali,
perch ci sar tempo, dopo, per esacerbare il rapporto, renderlo
aspro, come inevitabilmente accade col passare degli anni. Immagi-
na se potessero parlare tra loro gli oggetti di questa mansarda, sono
ventanni anni che facciamo sceneggiate, qui facciamo le vere recite
della nostra professione, e che testi. Ma torniamo al sesso.
C. meglio, fuori le novit.
M. Il rapporto amoroso deve dare dolcezza e non spaventare con tanta
artefatta virilit plastica e marmorea. Uomo e donna hanno perso la
naturalezza, vengono ora rappresentati come immagini pubblicitarie,
promozionali: la donna spavaldamente rifatta, labbra possenti, seno
come due palle di bronzo, glutei lisci e freschi pi delle guance; luo-
mo atletico che vola, spara, palestrato, shampato, profumato. Forte
e docile, con occhiali neri, abito tutto nero, si muove a comando. 247
Con tanto lusso di uomo, le donne, a volte, scelgono la dolcezza di un
rapporto soft, tra donne. In fondo vi unidentit sempre pi fragile
dove il sentimento amoroso diviene sempre pi vacuo, incerto, inutile.
Vince limmagine, ledonismo: vaghe, ottuse icone, in adorazione di
se stessi.

Nel dialogare, Marcello e Claudia, mostrano stima e disistima di


loro stessi, si gridano addosso e si rinfacciano le occasioni perdute, le
incapacit professionali. Il loro amore latente, nata ora una sorta
di reciproca assistenza che anche una costante spia e verifica dei
loro rapporti. Tra loro appare il mondo esterno, aspro, ostile, come
se volesse spegnere la loro vocazione darte.

Dopo la lettura rimasero seduti nel divano, quasi al buio, e dopo la


estenuata doratura anche il cielo era buio. Si udirono grida, musica,
risate dalla festicciola della mansarda accanto, dalla finestra il cielo
era gi notturno, di velluto nero e le stelle scintillanti e lucide appa-
rivano tremolanti come gocce dacqua. I gelsomini si erano chiusi per
la notte. Anche il frastuono della mansarda era cessato. Nel silenzio
rimbalzarono rapide le note di un pianoforte, gli accordi sonori lan-
ciarono Im in the mood for love, al tocco di Errol Garner.

CALA LA TELA
NOTIZIE SUGLI AUTORI
248 CIRO ASPROSO. Responsabile commerciale e della sicurezza in unimportante azienda del
Vicentino. Ha una lunga esperienza politica legata a Vicenza e ai suoi problermi alle spalle.
Consigliere di Circoscrizione dal 1985 al 1990 e dal 1990 al 1992. stato presidente della cir-
coscrizione 5 dal 1992 al 1995 e consigliere comunale di Vicenza, per i Verdi, dal 1995 al 2008.
Nella sua attivit politica ha sempre approfondito temi connessi alla salvaguardia dellambiente,
del territorio e alla qualit della vita.

Daniele Bernardini. Medico. Specialista in Igiene-medicina preventiva e in gastroen-


terologia. Direttore del Servizio di endoscopia digestiva ULSS 6 dal 1994 al 2010. Membro dal
2005 al 2016 del Comitato Etico per la pratica clinica dellULSS 6. Attualmente consigliere
dellAssociazione Il PomoDoro onlus e volontario presso la Fattoria sociale dellAssociazione
a Bolzano Vicentino.

Giovanni Bertacche. Avvocato del Foro di Vicenza. Amante della storia di Ignago, dove
nato. Ha scritto Il curato di Ignago e, della Madonna delle Grazie sul colle Zovo, dove ha
conosciuto Edo Parise, ha scritto Chiesa senza confini. Per Monteviale, dove stato sindaco,
ha pubblicato Terre False (La tragedia di Monteviale 1943-1945). Per Vicenza: fondando
lassociazione Vicenza In Centro ha inteso dare un progetto alla bella addormentata e ali-
mentare in giovani e vecchi lamore per la citt pi bella del mondo. Ha lanciato liniziativa
dellUniversit Internazionale di Architettura Andrea Palladio.

Dario Borso. Nato a Cartigliano (Vicenza) nel 1949, si diploma al Liceo Classico Brocchi
di Bassano per poi studiare filosofia allUniversit Statale di Milano, dove si laurea con lode.
La tesi su Hegel viene poi pubblicata da Feltrinelli. Ha insegnato dal 1998 al 2005 Storia
dellEstetica alla Facolt di Architettura del Politecnico di Milano; attualmente insegna Storia
della Filosofia allUniversit degli Studi di Milano.

Toto Cacciato nato ad Agrigento, dove attualmente vive, ha vissuto oltre trentanni
a Vicenza, dove ha insegnato materie artistiche. Giornalista pubblicista, ha collaborato con
quotidiani e riviste a tiratura e distribuzione nazionali. Si dedica alla pittura praticamente
da sempre. La sua attivit espositiva ha acquistato rilevanza dagli anni 70, con allestimenti
in personali e in qualificate collettive e pubbliche istituzioni. Periodicamente ritorna alla
fotografia: sua la mostra Architettura e Paesaggio nella Valle dei Templi. Attualmente si
dedica alla video-arte e ai documentari Pirandello di Girgenti.

SANDRO DAL FIOR. Nato a Vicenza nel 1947. Medico. Ha lavorato presso lOspedale di
Vicenza come radioterapista fino al 1990 e dallo stesso anno si trasferito a Belluno, dove vive.
Ha collaborato a lungo con Il Sospiro del Tifoso, periodico vicentino.

Pino Dato. laureato in economia, lettere, filologia e letteratura italiana, a Ca' Foscari.
Pubblicista dal 1973, ha fondato e diretto per oltre 35 anni "Il Sospiro del Tifoso". Ha pub-
blicato molti libri, fra i quali Dimenticare Vicenza? (due edizioni, 1983, 2011), Un laccio al
cuore (romanzo), Quasi erotica (poesie), Onisto, un vescovo pastore nella sacrestia dItalia
(con Fulvio Rebesani), Vicenza, la citt incompiuta (con Fulvio Rebesani), Vicentinit (il ma-
noscritto ritrovato), Lultimo antiamericano (Goffredo Parise e gli Usa, dal mito al conflitto).

Simone Dato. nato a Vicenza nel 1972. Si lasureato in Ingegneria Meccanica allUni-
versit di Padova e lavora come Product Manager in Azienda multinazionale. Pratica teatro
amatoriale. Scrive racconti. Ama il cinema di Tarantino e la musica di Springsteen.

Filippo Mario Fasulo, Avvocato del Foro di Venezia, di origini messinesi, gi Direttore
degli Aeroporti internazionali di Palermo Punta Raisi e Venezia Marco Polo, appassionato
darte, di gastronomia, e cultore di Diritto Europeo.

GIORDANO FRANCHINI. (Villfranca di Verona, 1953). Laurea in Scienze Economiche


e Laurea magistrale in Giurisprudenza. Dottore commercialista e revisore contabile. Membro
di collegio sindacale e revisore in aziende private e in Enti pubblici. Fra le molte pubblicazoni:
La Fondazione Studio per la costituzione di una Fondazione Profili di Diritto civile, tri-
butario, amministrativo, statuto, business plan, Tomo I, 2007/2008; Appendice normativa,

249
Tomo II, 2007/2008.- Il maso chiuso nella patente imperiale teresiana del 1770. La lettera-
tura in lingua italiana, in: AA.VV.: Studi di storia economica e sociale in onore di Giovanni
Zalin, Sommacampagna (VR), Ed. Cierre, 2011; Un personaggio importante: Papa Innocen-
zo XI, in: Manoscritto di don Francesco Savoldo, parroco di Povegliano Veronese fra il 1689 e
il 1719, Verona, Ed. Share, 2013, pp. 25 - 41. I moderni Principi Contabili nella Summa di Fr
Luca Pacioli, in: Il Commercialista Veneto, riv. bim., 2014, n. 222, pp. 21, 32.

Giangiacomo Gabin, nato a Precenicco (UD) nel 1939, riceve i primi insegnamenti
di tecnica pittorica dal Maestro Otello De Maria nei primi anni settanta. Prosegue poi la sua
formazione artistica frequentando i corsi di pittura allAccademia di Belle Arti G.B. Cignaroli
di Verona tenuti dal Maestro Silvio Lacasella e quelli della Scuola Libera del Nudo allAcca-
demia di Belle Arti di Venezia. Predilige la pittura en plein air dopo il fortunato incontro
con il Maestro Romano Lotto. Nel suo studio invece dipinge i suoi sogni sempre ispirati alla
natura. Esercita inoltre lattivit di scultura frequentando lo Studio del Maestro Ceramista
Cesare Sartori di Nove. Vive a lavora a Vicenza.

GIORGIO MARENGHI. Nato a Vicenza nel 1948. Laureato in scienze Politiche, indirizzo
storico. Dopo il 1968 e relative importanti, movimentate esperienze, ha scelto la strada del
giornalismo. Attualmente cura il sito www.storiavicentina.it con un occhio di riguardo alle
inchieste sul terrorismo veneto e alla politica americana nella citt del Palladio e di Mariano
Rumor.

Alberto Milesi ha due passioni: lOpera e Vicenza; proprio per questo stato felice di
scrivere per QV la cronaca di qualche evento che cadenza la sua intensa vita teatrale. Anche
se nato nelle Prealpi lombarde in un paese equidistante da Bergamo e Brescia, dal 1986
risiede a Vicenza, dove arriv per far pratica legale nello studio di un leggendario avvocato
vicentino. Innamorato appunto di Vicenza, a cui ritiene di essere debitore della sua fortuna
professionale, intrattiene intensi contatti con il mondo artistico e culturale vicentino al quale
riconosce un respiro tuttaltro che provinciale seppure poco valorizzato rispetto alle risorse
economiche del territorio. Laureato in giurisprudenza a Pavia. orgogliosamente un ex ufficiale
di complemento degli Alpini.

Tomaso Montanari (Firenze, 15 ottobre 1971) uno storico dellarte, professore


universitario, editorialista. professore ordinario di Storia dellArte moderna allUniversit
degli Studi di Napoli. Ha vinto il Premio Giorgio Bassani di Italia Nostra (novembre 2012) e
ha ricevuto, dal Presidente Giorgio Napolitano lonorificenza di Commendatore per il suo
impegno a difesa del nostro patrimonio (marzo 2013). Nel marzo 2017 diventato presidente
di Libert e Giustizia succedendo a Nadia Urbinati.

Lucio Panozzo. Ha al suo attivo molte pubblicazioni (ricordi, racconti, romanzi), tra le
quali spicca, per qualit e impegno Saga Longobarda, una fiaba a sfondo storico verosimile, e
documentato. Ha collaborato a Il Sospiro del Tifoso. Attivo nel mondo dellassociazionismo
vicentino (Italia Nostra, UAAR, Cenacolo dei Poeti dialettali, Compagnia degli Autori Vicen-
tini, CAI). La sua formazione culturale nel solco dei Lumi e del Darwinismo. Altre opere: Il
venticinquesimo libro dellOdissea, Azoto liquido, Anni dargento.

ROBERTO PELLIZZARO. Laureato in lettere antiche allUniversit di Padova, docente di


materie umanistiche. Gi General Manager della A.S. Vicenza femminile di basket, del Du.CA
basket Dueville e della Pallacanestro Vicenza maschile.Opere: Pigafettavimus - Storie vicentine
degli anni Sessanta, Il sorriso del DAnnunzio, Vicenza, della palla al cesto e altre storie, Toara
(con Tommaso Cevese), Il letto era lerba (storie di Piccoli Maestri).

LUIGI POLETTO. 58 anni, laureato in giurisprudenza. Per oltre trentanni stato impegnato
nella politica e nelle istituzioni vicentine quale membro del Consiglio Comunale della citt (di
cui stato anche il Presidente) e del Consiglio provinciale. Ha recentemente contribuito a fon-
dare lAssociazione Giuristi Democratici di Vicenza ed Vice-presidente provinciale dellANPI.

SONIA RESIDORI. Storica e bibliotecaria, fa parte del comitato scientifico dellIstrevi E.


Gallo. Laureata e ricercatrice presso lUniversit di Verona. Tra le sue pubblicazioni pi recenti,
oltre a LUltima Valle, La Resistenza in Val dAstico e il massacro di Pedescala e Settec (30

250
aprile - 2 maggio 1945) appena uscito: Il coraggio dellaltruismo. Spettatori e atrocit collettive
nel Vicentino 1943-45 (2004), Il Guerriero giusto e lAnima bella. Lidentit femminile nella
Resistenza vicentina (1943-45) (2008).

Marina Resta (1984) ha studiato Dams Cinema e Cinema, Televisione e Produzione


multimediale allUniversita di Bologna e Filmwissenschaft alla Freie Universitat Berlin. Ha
frequentato il corso di Documentario alla Civica Scuola di Cinema di Milano e il Master in Pro-
duzione e comunicazione per il cinema, laudiovisivo e i digital media a Ca Foscari a Venezia.
Ha prodotto, scritto, diretto, montato i film documentari Milano fa 90 (2013) e Lacqua calda
e lacqua fredda (2015). Dal 2016 direttrice artistica di Working Title Film Festival, festival
del cinema del lavoro a Vicenza.

Carmelo Rigobello, laureato in Giurisprudenza Universit di Padova, gi Direttore


generale ex Azienda ULSS 5, Casa di Cura Villa Berica, Associazione Artigiani di Vicenza, oggi
pensionato, coordinatore di un osservatorio nazionale sulla sanit, e con la passione della
bici, del violino e di Dostoevskij.

Giovanni Sala. Laureato allUniversit di Padova e specializzato in Studi sullammini-


strazione pubblica allUniversit di Bologna. stato funzionario e avvocato della Provincia di
Vicenza. autore di pubblicazioni in riviste e opere collettive. stato docente in corsi anche
universitari e master, nonch relatore in numerosi seminari e convegni. Avvocato cassazio-
nista, iscritto allOrdine degli avvocati dal 2002. socio dellAssociazione veneta avvocati
amministrativisti.

FRANCESCA SANSON. Laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne, consulente


commerciale e di Marketing, esperta nella ristrutturazione e riposizionamento di medie aziende
nei mercati, con particolare interesse agli scambi internazionali in mercati di lingua tedesca. Si
occupa di progetti tecnico/commerciali, di prodotto e organizzativi, rivolti allo sviluppo del bu-
siness internazionale. Particolarmente attratta e interessata ad approfondire le differenti culture
e lingue, quali fondamenti socio-economici, cui attingere per la comprensione degli sviluppi
economico-commerciali. Dopo anni di permanenza allestero, oggi vivoe e lavora a Vicenza.

Gianni Sartori nato nel 1951, giornalista pubblicista, ha collaborato con varie testate,
sia a livello locale (Nuova Vicenza, La Voce dei Berici...) che nazionale (Umana Avventura,
Etnie, Frigidaire, Narcomafie, Senza Confini...) realizzando interviste, reportage, servizi foto-
grafici riguardanti la tutela dei Diritti Umani, la difesa delle minoranze, i Diritti dei popoli e
la salvaguardia dellambiente.

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