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BIBLIOTHECA SARDA

N. 69
Pasquale Tola

DIZIONARIO BIOGRAFICO
DEGLI UOMINI ILLUSTRI
DI SARDEGNA
VOLUME TERZO
N- Z

a cura di Manlio Brigaglia

In copertina:
Mario Delitala, Domenico Alberto Azuni (1930 circa)
Aula Magna dellUniversit di Sassari
INDICE

DIZIONARIO BIOGRAFICO
DEGLI UOMINI ILLUSTRI
DI SARDEGNA

9 Ai lettori benevoli

17 DIZIONARIO BIOGRAFICO
Riedizione dellopera: Napoli Tommaso - Zori Torchitorio de
Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna
ossia Storia della vita pubblica e privata di tutti i Sardi 496 Indice delle impronte o sigilli antichi
che si distinsero per opere, azioni, talenti, virt e delitti,
vol. III, Torino, Chirio e Mina, 1838.
499 Indice dei nomi dei sardi illustri

Tola, Pasquale
Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna /
Pasquale Tola ; a cura di Manlio Brigaglia.
Nuoro : Ilisso, c2001.
503 p. ; 18 cm. (Bibliotheca sarda ; 69)
I. Brigaglia, Manlio
920.0459

Scheda catalografica:
Cooperativa per i Servizi Bibliotecari, Nuoro

Copyright 2001
by ILISSO EDIZIONI - Nuoro
ISBN 88-87825-31-9
DIZIONARIO BIOGRAFICO DEGLI
UOMINI ILLUSTRI DI SARDEGNA
OSSIA
STORIA DELLA VITA PUBBLICA E PRIVATA
DI TUTTI I SARDI CHE SI DISTINSERO PER OPERE,
AZIONI, TALENTI, VIRT E DELITTI

Mors omnibus ex natura aequalis;


oblivione apud posteros vel gloria distinguimur.
Tacit., Historiar., I, 21
AI LETTORI BENEVOLI

Come viandante o peregrino entrato per via lunghissima


e diserta, dappoich trascorse inospiti sentieri e boschi sel-
vaggi, e valli e dirupi, se finalmente arriva alla disiata meta, si
riposa contento dal faticoso viaggio, e ripensando talvolta ai
patiti disagi, e ai luoghi solitari pe quali si aggir nel cammi-
no, si maraviglia e quasi non crede di essere da tanti pericoli
uscito a salvezza; cos avvenne a noi ancora, allorch giunti
al confine di questa prima carriera, in cui forse di volont an-
zi che di valore facemmo esperimento, ritrassimo dal durato
lavoro decenne la mano inesperta, lieti assai di averlo com-
piuto, ma pi assai timorosi ed incerti di averlo conchiuso fe-
licemente. La quale dubitanza, siccome quella che non do-
vria scompagnarsi giammai da coloro che in abito di scrittori
vanno in cospetto del mondo letterario, siffattamente ci si era
radicata nellanimo, che quantunque perseveranti fossimo
stati sempre in un proposito, e sapessimo pur noi le difficolt
vinte, e misurato avessimo a ciascun passo lobbliquo e mal
fermo terreno sul quale avevam posto il piede; e avvegnach
benevoli ed antichi amici nostri, fatti conoscenti della conclu-
sione dellopera malagevole, o per letizia propria o per testi-
monianza dellaffetto loro, precorressero con pubblici avvisa-
menti1 al proceder lento della naturale nostra timidezza, ci
peritammo non pertanto per assai tempo ancora, finch pre-
valendo in noi glincitamenti solenni della patria carit, que-
sto risolvemmo abbandonare debolissimo parto del nostro
ingegno al severo e sempre difficile giudizio pubblico.
N minore della temenza che provammo allora si quel-
la chesperimentiamo adesso, mentre le orme seguendo de

1. Vedi i Ritratti poetico-storici dillustri Sardi moderni, p. 55 (edizione


di Cagliari del 1833), e le Riviste del Bullettino Milanese di notizie stati-
stiche ed economiche ecc., p. 40 (edizione di Torino del 1834).

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DIZIONARIO BIOGRAFICO Ai lettori benevoli

due maggiori fratelli esce in luce il presente volume terzo del quali listoria sarda fino a questa et nostra svariatamente
Dizionario biografico dei Sardi illustri; perciocch ora vedia- condotta, e moltissimi ancora che alle sarde lettere accrebbe-
mo appunto viemaggiormente la grandezza e la difficolt ro stupendamente ricchezza e splendore.
dellimpresa in cui osammo spendere il tempo e lopra, e tut- A chi abbia umano senso e gentile sar gratissima e util
ta rimirandola dal principio sino a cotesta terminazione, poco cosa leggere compendiate in queste pagine le gesta di tanti
che non reputiamo maggiore dellardimento la vergogna, uomini i quali, bench nati in povera terra, si sforzarono tutta-
se mai il conceputo minutissimo disegno non avessimo alla via levarsi in alto col proprio ingegno o colle azioni generose;
sua perfezione onoratamente condotto. Per qualunque ab- e veder gli uni illustrare colla santit della vita e colla sapien-
bia ad essere, cos in questi che viviamo come nei tempi che za delle sacre discipline la intemerata via del sacerdozio; altri
verranno, del risultamento per noi ottenuto la sentenza, non annunziare con rara lode di facondia la divina parola, e corre-
disperiamo almeno che i giusti estimatori delle letterarie fati- re alacremente alle remote contrade del Nuovo-mondo per
che nobile assai reputeranno e generoso e santo il fine portarvi la luce dellEvangelio, e spargervi ancora tra i marto-
chebbimo principalmente di trarre dalla oscurit le antiche e riamenti il proprio sangue; altri onorare col senno e colla pe-
le moderne ricordanze nazionali. E poich in siffatto argo- rizia del civile e dellecclesiastico diritto le contenziose tribune
mento caddero le parole, oltre alla diligenza con cui proce- del foro e le agiate sedie curuli de senati; altri studiare inde-
demmo per non lasciare addietro, quasi ciechi o stracuranti fessi nei segreti della natura per alleviare i mali dellumanit
narratori, nessuna onorevole memoria patria, vedr ognuno sofferente; altri intendere col valore della persona a fatti diffi-
in questo volume stesso, siccome solleciti noi grandemente cili ed ardimentosi; altri sostenere con rara maestria le pi
dellonore della Sardegna richiamammo a nuova vita molti no- eminenti cariche dello stato; ed altri infine gittarsi avvisata-
mi o gi dimentichi o ignorati dalluniversale,2 e molti altri pe mente o essere per inesperienza gittati nel vortice di tempi
procellosi, e de tempi istessi o vittime o vincitori, dar prove
2. Vedi Navoni Nicol, Nin Felice, Noco Antioco, Ornano Paolo, Ortola- solennissime di pi astuta e meno infelice, o di meno cupa e
no Francesco, Pinna Diego, Pinquilet Gio. Maria, Petretto Gavino, Pilo- pi sfortunata politica. N di costoro solamente noi ricordam-
Boyl Vittorio, Perra Sebastiano, Pisquedda Salvatore, Pisurzi Pietro, Pitalis mo le azioni, ma di coloro eziandio, sebbene pi rari, che col-
Gavino, Pitzolo Girolamo, Planargia (marchese della), Porcu Benedetto tivarono le arti belle, e de pi numerosi che nellamenit delle
e Giovanni Battista, Posulo Gio. Francesco, Pietro (Fr.) da Cagliari, Pu-
gioni Maurizio, Pullo Giuseppe e Carlo, Quessa Luca, Roca Francesco, lettere gentili trassero gli onesti ozi del viver loro, e de potenti
Rosell Monserrato, Ruda Francesco, Ruiz Michele ed Antonio, Sanna che per buono o malvagio reggimento di popoli furono in vita
Demetrio, Serra Francesco, Serra-Manna Bernardo, Salvatore (Fr.) di e dopo morte laudati od esecrati, e di quanti in una parola per
Sardegna, Solinas Gio. Antonio, Sisco Antonio, Soggio Simone, Sangiust qualunque onesta ragione di fatti o di scritti durevoli onoraro-
Dalmazio, Sanluri (visconti tre di), Santuccio Antioco, Sulis Vincenzo,
Solinas Alberto Maria, Soro Nicol, Solinas Luca, Spiga Pietro, Sortes An- no il nome di questa patria comune.3 Quindi avverr che non
tonio, Sugner Sebastiano, Tavera Margherita, Tolo Giuseppe e Bernardi-
no, Urgias Antonio Michele, Uguccione (B.), Usai Domenico, Villa Mi- 3. Uno di costoro, anzi uno de letterati pi benemeriti della Sardegna
chele, Zespedes Ignazio Bernardo, ed altri moltissimi nomi contenuti in fu il cav. D. Lodovico Balle, mancato or di recente ai viventi. Noi ab-
questo e nei due volumi precedenti, alcuni de quali erano pressoch biamo creduto debito nostro di onorare la memoria di s valente uomo,
intieramente scaduti dalla memoria de sardi, sebbene avessero operato aggiungendo al presente volume un articolo apposito [vedi vol. I, pp.
e scritto cose degne di ricordanza, ed altri sono affatto nuovi, n cono- 180-188], nel quale come per noi si pot meglio abbiamo riferite le lau-
sciuti ancora da nessuno. devoli azioni della sua vita.

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DIZIONARIO BIOGRAFICO Ai lettori benevoli

siano riputati indegni di mostrar viso accanto al giudice Nino, che i valorosi uomini, de quali qui raccontiamo le gesta, me-
per gentilezza di costume e per amicizia antica celebrato da ritarono della terra natale, e perch di tali cose fatti per noi
Dante, parecchi dinasti sardi non meno di lui famosi per conoscenti i leggitori, pi facilmente escusino la poca mae-
guerresche imprese e per fazioni cittadine; e vedere Ugone III stria colla quale noi forse le abbiamo narrate. Sebbene speria-
il quale estermina dagli stati suoi il protervo dominio della pi- mo ancora che al poco valore nel raccontare le azioni de
sana repubblica; e Ugone IV che contende in potere con gli Sardi illustri avr supplito in qualche maniera la diligenza no-
aragonesi monarchi, e che in tempi corrottissimi d esempio stra nel raggranellare molte sperperate notizie, nello spargere
generoso di fede a un principe straniero; e le alleanze illustri alcuna luce maggiore in parecchi luoghi tenebrosi dellistoria
e la generosit regia de tre Pietri di Arborea; e le vicende or e della paleografia sarda, nel produrre documenti nuovi, e
prospere ora infelici di Pietro regolo di Cagliari; e la domesti- soprattutto nel ricercare e seguir sempre con risoluta volont
ca guerra per ambizione di stato accesasi tra Turbino e Tor- il solo vero, non piaggiatori servili, non spregiatori insolenti
chitorio II; e le amicizie e le protezioni sempre vendute a co- de giudizi e delle opinioni altrui. Che se talvolta, o nel riferi-
testi regoli nazionali dai Pisani e dai Genovesi, affettatori re i fatti, o nel ragionare delle scritture tramandateci per ere-
costanti della suprema potest in unisola infelicemente sparti- dit pubblica dagli avi nostri, saremo caduti in errore, fu
ta in tante piccole frazioni di giudicati, di terre e di castella questa in noi condizione inevitabile della comune fragilit de-
obbedienti a signori diversi, pi infelicemente divisa per gli glingegni, non mai n veramente di deliberato animo volon-
animi e per la volont discorde de rari suoi abitatori. taria pecca; perciocch pot anzi in noi cotanto lamore del
Ma a coteste, che sono memorie troppo spesso dolorose vero, che laddove riconobbimo essercene menomamente di-
di antichi tempi, altre ne succederanno di tempi a noi pi vi- scostati, corsimo tosto a raggiungerlo, e lo riposimo riverenti
cini, le quali fian cagione a chi legge di non comune letizia e in suo seggio;4 e laddove poi lo vidimo risplendere chiaro e
di giusto compiacimento. Imperocch si vedranno glingegni lucente, a lui solo ogni altro affetto sacrificammo, sovvenen-
sardi atarsi con mirabile sforzo a seguire quanto pi appresso doci sempre che la missione degli scrittori non gi larte di
poterono la cresciuta civilt del secolo, e quasi tutti coltivare adulare i viventi, ma il solenne e raro uffizio di tramandare ai
con sincero amore i rami differenti dellumano sapere, e lad- nepoti incorrotta la verit.
dove nel sapere ha pi sua parte la vivezza dellintelletto, Ora, dopo avere cos dichiarato in brevi concetti, comera
correre generosi e pronti, e alcuna fiata ancora provarsi con debito nostro, il subbietto e le forme di questultimo volume,
ardito volo di aggiungere quellaltezza, cui gi poggiarono veniamo, anzi di partirci dai lettori, a dichiarare insieme la
con valoroso cimento glingegni privilegiati delle pi culte gratitudine che dobbiamo grandissima ai Sardi e agli stranieri,
nazioni. N paia superba a nessuno cotesta parola; percioc-
ch la Sardegna non ebbe mai di poeti inopia; e se troppo 4. I discreti leggitori ne vedranno tra gli altri alcuni esempi nelle giunte
non ne sospinge fuori via linsuperabile affetto nostro verso ed emendazioni scritte alla fine del presente volume [nella presente
la patria, il Pes e il Pisurzi ( Pes Gavino e Pisurzi Pietro) tra edizione inserite alla fine della voce corrispondente], e nella nota 223
gli altri furono di tal vigoria, che a sommo n mai per lo in- allarticolo di Sulis Vincenzo, nella quale ritrattammo lerrore in cui era-
vamo caduti, parlando del maestro del cav. Angioy nella pratica forense
nanzi veduto onore sollevarono la poesia sarda, degna per (Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, vol. I, p. 122),
essi di non andar seconda a nessunaltra delle pi distinte per esserci confidentemente riferiti alle notizie pervenuteci dal villaggio
vernacole dItalia. Questo diciamo per argomento del bene di Bono, luogo di nascenza dellAngioy medesimo.

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DIZIONARIO BIOGRAFICO Ai lettori benevoli

i quali nel soscrivere in copioso numero alledizione del pre- riputiamo lopera di chi saffatica a decorare con gli esterni
sente Dizionario fecero s che il medesimo dalloscurit, in ornamenti le scritture nazionali, e di chi appresso concorre
cui gi da qualche anno si giacea, potesse finalmente uscire generosamente, acci cos ornate e decorose compariscano
in luce; non per onoranza nessuna di lode che dal nostro la- nel cospetto degli uomini. Povera per se stessa, noi pur lo
voro possiamo noi sperare, ma pel giovamento che pu vediamo, cotesta riconoscenza nostra, n perch suo valore
quindi derivare alla Sardegna dalla pi diffusa notizia de Sar- agguagliar possa leccellenza del benefizio vollimo qui prof-
di tutti che per opere egregie di mano e dingegno furono il- ferirla. Ma se mai avverr che codesto Dizionario biografico
lustri. N taceremo nemmeno gli encomi dovuti alla solerzia tanto viva nella memoria de Sardi, quanto vivr nei sardi
de valorosi impressori di coteste pagine, laudevoli veramen- petti il patrio amore, non sar forse inglorioso a nessuno che
te pel nitore e per la venust tipografica; e di coloro che fe- per opera principalmente di sincero scrittore il nome e la virt
cero vive sulle carte le immagini venerande degli avi nostri;5 de coetanei nella posterit non si scordi.
e di chi primamente dai marmi e dalle tele antiche con amo-
revole diligenza le ritrasse.6 Imperocch bella e pietosa noi

5. Il sig. Perico Ayres, nativo di Cagliari e dimorante in Torino, che dise-


gn con molta maestria li sessanta ritratti [in realt i ritratti riprodotti so-
no sessantuno. LAutore infatti non tiene conto della Tavola XLI bis rela-
tiva a Palliaccio Gavino marchese della Planargia], e le tre tavole de
sigilli antichi compresi nei tre atlanti accompagnati ai tre volumi di que-
stopera, e il sig. Demetrio Festa di Torino, il quale ne fece con molta
esattezza limpressione sulla pietra.
6. Nel primo volume di questo Dizionario (p. 36, nota 3) abbiamo gi tri-
butato la dovuta lode ai sig. Sini e Aspetti che ricavarono dagli originali
la pi parte de suddetti sessanta ritratti. Ora qui la tributiamo pure since-
rissima al sig. Raffaele Aruj di Cagliari, il quale degli stessi ritratti fece le
rimanenti copie per completare la collezione de tre atlanti. Egli second
con molta cortesia i nostri desideri; e poich scarso assai lencomio che
pu quindi a lui derivare dal profferirgli che facciamo pubblicamente la
nostra gratitudine, aggiungeremo in testimonianza di onore, chegli, dopo
aver studiato la pittura nella insigne Accademia di S. Luca in Roma, dove Giovanni Marghinotti pittore cagliaritano di chiarissima fama, gi da noi
riport premi di distinzione nel disegno, e dopo avere conseguito attesta- rammentato altrove (vol. I del presente Dizionario biografico, Discorso
ti amplissimi del suo valore, specialmente per la parte del colorito, dagli preliminare, p. 78, nota 89), il quale ha riscosso replicatamente in parec-
egregi professori cav. Ferdinando Cavalleri, barone Vincenzo Camuccini, chi fogli pubblici dItalia gli elogi dovuti al suo merito e fu lodato partico-
cav. Giovanni Silvagni, Francesco Coghetti, e Francesco Podesti, ha bene larmente per la finezza e per lespressione delle sue pitture, ed ora di re-
meritato della sua patria, introducendo il primo in Sardegna unofficina li- cente ha dato novella prova della sua rara perizia in un bellissimo
tografica, che fu da lui stabilita in Cagliari nel 14 aprile 1836. Egli inoltre quadro a olio rappresentante la Sacra Famiglia. Grande compiacimento
espose nella regia Universit degli studi di detta capitale un suo quadro a noi proviamo nel ripetere questi nomi e questi fatti onorevoli alla patria
olio, rappresentante la Sibilla Persica, e diede in tal rispetto agli altri pit- nostra, e desideriamo sinceramente che accendano a nobile emulazione
tori sardi il bellesempio di sottoporre al giudizio pubblico i propri lavori. glingegni sardi, nati ancor essi sotto cielo italiano, e scaldantisi a quel so-
Tra coloro poi che maggiormente onorano le arti belle e lintiera nazione le istesso che gi sfolgor sulla fronte di colui il quale fu veracemente
sarda, ammiriamo qui ancora per lopportunit del ragionamento il signor Michel pi che mortale Angel divino.

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DIZIONARIO BIOGRAFICO
Napoli Tommaso - Zori Torchitorio de
N

Napoli Tommaso, religioso delle scuole pie, conosciuto per i


suoi scritti, per le contese letterarie da lui avute collAzuni, e
specialmente per la sua Carta geografica della Sardegna. Nac-
que in Tunisi di Barberia nel 20 gennaio 1743 da parenti cri-
stiani nativi dellisola di Tabarca. La madre sua era stata con-
dotta in ischiavit nel 1741, allorch la suddetta isola fu
assaltata e saccheggiata dai tunisini, lo partor alla luce due
anni dopo, e gli fece imporre nel battesimo il nome di Tom-
maso Alessandro. Fatto adulto, studi gli elementi della gra-
matica latina sotto la direzione dei missionari cappuccini di-
moranti in Tunisi. Nel 1752 fu liberato dalla schiavit, e in
compagnia dei genitori e di due sorelle and a dimorare in
Carloforte nellisola di S. Pietro, una delle adiacenti alla Sarde-
gna. Col stette un solo anno; quindi trasferissi a Cagliari, do-
ve nel 1757 abbracci linstituto del Calasanzio. Nel giro di
nove anni comp gli studi di umane lettere, di filosofia e di
teologia, nel qual tempo insegn pure la gramatica ai fanciul-
li, secondo le regole del suo ordine. Nel 1767 fu sagrato sa-
cerdote, nominato prefetto delle scuole di S. Giuseppe, e di-
rettore spirituale della regia universit di Cagliari. I talenti non
volgari da lui addimostrati nella coltura cos delle liberali co-
me delle gravi discipline, gli aprirono la via agli onori accade-
mici ed aglimpieghi pi importanti del suo instituto. Fu suc-
cessivamente membro del collegio di filosofia e belle arti,
socio prima, e poi prefetto del collegio teologico della sud-
detta universit cagliaritana, e nella medesima concorse negli
anni 1787 e 1790 ai pubblici esperimenti per le cattedre di
teologia morale e di fisica, gi occupate dal Cossu e dal Ga-
gliardi. Laltra cattedra di scrittura sacra, occupata dallHintz,
resse per un biennio. Nellordine scolopio fu prima rettore del
collegio di S. Giuseppe in Cagliari, quindi assistente provin-
ciale, poi procuratore della provincia sarda nella congregazio-
ne generale celebratasi in Roma nel 1802, ed in ultimo eletto

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Nap Nap

provinciale egli stesso. Tante e s diverse incombenze alle affatto di cognizioni trigonometriche e degli strumenti neces-
quali dovette attendere nel lungo corso della sua vita, non lo sari a condurre con diligenza opera di tal fatta; da un autore il
impedirono dallapplicarsi con ardore a suoi prediletti studi quale misurava le distanze col passo del ronzino che traspor-
storici e cosmografici: ed acci in questi ultimi gisse innanzi tavalo da un paese allaltro.8 La stessa inesattezza e vizi molto
con pi sicurezza, rivolse per alcun tempo la sua mente an- pi gravi si trovano nelle altre sue scritture edite che sono le
che agli studi astronomici, nei quali per, per difetto di mae- seguenti: I. Compendiosa descrizione corografico-storica della
stri e di esempi, cammin quasi a tentone. Il primo saggio Sardegna (Cagliari, Stamperia Reale, 1814, un vol. in 8) dedi-
che ei diede delle sue fatiche in tali materie fu un Ragiona- cata a S. M. Maria Teresa dAustria: II. Note illustrate e diffuse
mento sopra le lunazioni da lui pubblicato in Cagliari nel della descrizione corografico-storica della Sardegna (Cagliari,
1800 (Stamperia Reale, un vol. in 16), lavoro assai mediocre 1814, un vol. in 8).9 La prima un breviario della storia e
e di esperimento, il quale non pertanto fu combattuto in alcu- della corografia antica e moderna dellisola, e fu scritta dal-
na sua parte 7 dal Massala collEsame analitico sopra la celebre lautore per servire di testo alla sua carta geografica. divisa
ma poco utile controversia: a qual secolo appartenga lanno in sei parti in forma di dialogo, nelle quali, dopo una rapida
chiamato mille ottocento (Cagliari, 1801, in 16), e da lui dife- trattazione generale della materia, si discorre partitamente de
so colla sua Replica o risposta allesame analitico ecc. data in quattro antichi giudicati o dinastie sarde, dei diversi regoli che
luce nello stesso anno 1801 (Cagliari, Stamperia Reale, un vol. ne tennero il governo e dei fatti storici ad essi appartenenti.
in 16). Quattro anni dopo pubblic un discorso, annunzian- Vi manca per lappendice, che il P. Napoli avea scritto, relati-
do la sua Carta geografica della Sardegna, che poi venne in va al reggimento ed alla storia feudale. Alcune note poste alla
luce nel 1811, e nel medesimo prese a combattere con cinico fine del volume servono di schiarimento alla descrizione. Ma
disprezzo i geografi antichi e moderni, e tutte le carte geogra- le notizie e gli schiarimenti maggiori sono contenuti nelle No-
fiche dellisola. La mancanza di un lavoro esatto in tal genere te diffuse ed illustrate, seconda delle anzidette scritture, nella
era di fatto una verit che non potea celarsi; ma egli la prof- quale lautore, chiosando tutto che avea gi detto nella Descri-
fer con poca moderazione e con modestia nessuna; e leffet- zione corografico-storica, diede una pi grande estensione al
to comprov in appresso, tanto essere difficile il far bene noi suo lavoro. Alle Note vanno uniti i calcoli fatti dallo stesso au-
stessi, quanto agevole censurare le opere altrui. La carta tore sulla superficie territoriale e sul circuito della Sardegna, in
geografica del P. Napoli, nella quale ebbe alcuna parte il virt dei quali fa risultare luna di nove mila miglia quadrate, e
cav. Rizzi-Zannoni direttore delluffizio topografico di guerra laltro di 399 miglia geografiche; e va unita ancora alle medesi-
di S. M. siciliana, avvegnach pi pregevole di quante altre me una tavola poliometrica delle distanze topografiche tra le
nerano state pubblicate fino ad allora, tuttavia macchiata citt e ville principali dellisola. La Descrizione corografico-
ancor essa dinesattezze e di errori; n poteasi in tale rispet- storica niente contiene pi di quello chera stato gi scritto dagli
to sperare un lavoro compito da un autore, il quale mancava storici della Sardegna: gli stessi fatti, le medesime osservazioni

7. Il P. Napoli avea scritto nel detto suo Ragionamento che lanno 1800 8. Il difetto di unesatta carta geografica della Sardegna sar supplito da
era lultimo del secolo XVIII. Il Massala in opposto volle sostenere che il quella che dar tra breve alla luce il cav. Alberto la Marmora, di cui ab-
predetto anno era il primo del secolo XIX. Contro questa opinione scris- biamo fatto cenno nel tomo I di questo Dizionario Cossu Giuseppe.
se nuovamente il Napoli nella Replica allesame analitico. Quale poi 9. Sebbene questopuscolo apparisca stampato in Cagliari nel 1814, tut-
fosse la utilit di siffatte discussioni non facile indovinarlo Massala tavia, se si vuol prestar fede allavviso che sussegue al frontespizio, fu
Gio. Andrea. stampato veramente in Napoli nel 1815.

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sono esposte solamente in un diverso ordine; al che si ag- di questa prova novella dellantica arte sua. E lautore delle
giunge la forma del dialogo, la quale rende ai giovani piana Note diffuse ed illustrate, ignaro del giuoco, si trov esposto
la via per giungere al conoscimento dei principali avvenimen- alla lotta in unarena non sua, e poich vi fu nel mezzo,
ti della patria loro. Lautore per, se non ebbe la persuasione men a guisa dorbo le mani contro chi non avealo prima n
di scrivere cose nuove, credette almeno essere in grado di ri- conosciuto n offeso. Uomo non v che possa leggere senza
petere con pi buon senno le gi scritte prima di lui. La pre- disdegno le buffonerie, le accuse, le ingiurie e le immonde
fazione preposta a questo suo lavoro ne una prova troppo parole da lui vomitate contro lAzuni. N questo era il tutto,
evidente. Nella medesima egli tassa di sbagli, di errori, di esa- se il timore di offendere alcuni geni troppo delicati non ratte-
gerazioni e di falsit tutti gli scrittori di sarde cose antichi e neva la sua lingua. Pure egli credette, o fece mostra di ab-
moderni; chiama Pausania con altri autori greci millantatore e bondare di urbanit, e chiam in esempio le ironie di S. Giro-
di dubbia fede; il Vico ed il Vidal ignoranti affatto di astrono- lamo contro Ruffino e Vigilanzio, e i sarcasmi di Lucifero
mia, di geografia e di cronologia, il Madao, il Cossu e lAzuni contro Costanzo, e i vituperi medesimi chiam leggiere sferza-
esageratori ancor essi, e spacciatori di falsit senza numero te, non immemore forse della schiavit barbaresca, troppo
solo il Gazano (chi il crederebbe!) aver dimostrato qualche memore al certo della ferula minax del pedantismo. Acerba-
tanto di buon criterio; il Gazano, il quale nello scrivere la sto- mente gli rispose lAzuni colle Osservazioni polemiche Azu-
ria sarda manc di criterio quanto altri mai. E nello storico e ni Domenico Alberto, e neppur egli si tenne a segno: ma lira
corografo Fara, cui non potea niegare la diligenza e lesattez- sua era stata concitata, e dalla patria venute gli erano allorec-
za, trov almeno che fu ingannato da falsi libri e trasportato chio quelle voci africane ad insultarlo nella sventura. Lo stile
dal cattivo gusto del suo secolo. In tal guisa costui giudicava della Descrizione e delle Note anzidette il pi misero e stra-
gli uomini e gli scrittori nel secolo XVI, che fu il secolo dei curato che dir si possa. Il P. Napoli scriveva come il caso e la
critici, dei filologi e dei dotti. Delle Note diffuse ed illustrate penna volea, contento solo di stringere in poche pagine i fa-
non giova far molte parole, perciocch le medesime sono, a sti storici e le notizie corografiche del suo paese di domicilio.
volervi vedere bene addentro, una diatriba virulenta contro La Vita, invenzione e miracoli di S. Antioco (Cagliari, 1784, in
lAzuni. N qui propriamente fu il P. Napoli che scrisse, sib- 16) non differisce in tale rispetto dai due opuscoli preceden-
bene il P. Napoli che prest il nome suo a chi disfogar volea ti. Molte altre scritture inedite dello stesso autore si conserva-
latra bile contro leccelso scrittore Dei principii del diritto ma- no nel collegio delle scuole pie di Cagliari, tra le quali una
rittimo. Omicciatolo di verun nome, arrogante per apparenza Relazione dei fatti accaduti in Sardegna negli anni 1793-94,
non per verit di sapere, ma di nequizia letteraria e non lette- un Dizionario geografico della stessa isola, varie dissertazioni
raria dottissimo, contristavasi della fama azuniana. Atterrarla di fisica ed alcune poesie italiane e latine da lui composte
era impossibile, farla vacillare ardua fatica, ed ei nol potea. nella sua giovent. Malgrado i difetti che abbiamo accennati,
Come adunque alla mala invidia dare alimento? Vegli, esco- e per i quali il P. Napoli meritevole di censura, si debbe a
git il versipelle uomo, e trov il modo. La storia di Sarde- lui molta gratitudine per lindefesso studio delle cose sarde,
gna era il lato debole dellAzuni: egli ne avea scritto una, ma e per il giovamento apportato allisola colla sua migliorata
esulando, ed in terra straniera, n storia veramente era cote- Carta geografica. Se nella coltura delle lettere ebbe gusto e
sta, ma un progetto di pi felice stato per la sua terra natale. modi africani, nella vita religiosa ebbe costumi innocentissi-
Qui trov che addentare, e qui fermossi. Mostr al P. Napoli mi e piet molto sincera. Lindole sua era naturalmente buo-
come, dove e quando dovea ferire: poi si nascose tutto lieto na e pacata; n da questa indole inoffensiva e tranquilla fu

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egli che tralign, ma tralignare lo fecero le mene astute dei ornamento. A questo esimio giurisperito lunirono poi, finch
semidotti, i quali aspiravano in quel tempo al monopolio let- rimase in vita, saldissimi vincoli di amicizia e di riconoscen-
terario della Sardegna. Egli stesso negli ultimi anni della sua za. Conseguita la laurea nella facolt legale, sinizi nella via
vita doleasi veracemente del tempo e dellonest sprecati in del sacerdozio che si confaceva egregiamente alla illibatezza
tanto vane ed ingiuriose contenzioni, contrarie alle sue abitu- de suoi costumi; e partitosi di Sardegna, viaggi per alcun
dini ed allumilt del suo instituto. Mor il P. Tommaso in Ca- tempo nel continente italiano, non cos per vaghezza giova-
gliari nel 20 gennaio 1825, in et giusta di ottantadue anni. nile o per vana curiosit, come per desiderio di acquistare
BIBL.: Napoli Tommaso, Opere citate; Massala, Dissertaz. sul progr. nel commercio dei paesi inciviliti i lumi e lesperienza neces-
delle scienze in Sard., p. 22; Mimaut, Hist. de Sard., tomo I, pp. 16, saria per il conoscimento degli uomini. Venezia e Torino fu-
23, 27, 33, 36, 40-41, 48-49, tomo II, pp. 301, 337, 339, 658; La Mar- rono i paesi nei quali egli soffermossi pi lungo tempo: nella
mora, Voyage en Sard., pp. 97, 114-115; Caboni, Ritratti poetico- prima di dette citt contrasse amicizie illustri, alle quali gli
stor., p. 73 ss.; S. Severin, Voyage en Sard., parte VI, p. 15. diedero occasione le molte relazioni che col aveano il padre
suo ed il conte Navoni suo fratello, stato per molti anni con-
Navoni Nicol, dotto e pio vescovo, ed uno dei letterati di- sole generale della repubblica veneta in Sardegna: e nella se-
stinti che fiorirono in Sardegna nella seconda met dello conda si cattiv la stima dei ministri del Re sardo, i quali lo
scorso e nella prima met del presente secolo. Nacque in Ca- fecero graziare di una pensione ecclesiastica, e lo eressero
gliari nel 2 febbraio 1755 da Andrea Navoni, ricco negoziante con belle promesse a speranza di cose maggiori. Al suo ritor-
genovese, il quale lo educ con molta diligenza ed amorevo- no in patria larcivescovo Vittorio Filippo Melano di Portula
lezza. Avviato per tempo nella carriera degli studi, diede se- lo prepose allistruzione dei chierici nel seminario tridentino,
gni del molto ingegno che avea sortito dalla natura; per lo il quale ufficio sostenne con rara lode di prudenza, cattivan-
che nelle classi inferiori di gramatica latina e di umane lette- dosi lamore degli alunni affidati alla sua direzione, e la fidu-
re, se non precorse a tutti, non fu mai inferiore a veruno de cia e gli encomi de superiori. Mentre durava in tal posto,
suoi compagni. Della rettorica e delle cose letterarie gli fu compose lOratorio sacro intitolato Giuseppe riconosciuto,
maestro Angelo Berlendis, prefetto delle regie scuole e pro- dramma che fu applaudito dai contemporanei, e che contiene
fessore di eloquenza italiana nella regia universit di Cagliari, molte bellezze poetiche, oltre il merito intrinseco dellazione
il quale lo am sopra modo, e con particolare cura prese ad da lui messa in opera di scenica rappresentazione per diletto
istruirlo, vedendolo singolarmente disposto allo studio della e per istruzione ad un tempo dei giovani dedicati allo studio
poesia. Ed egli, giovandosi con senno superiore allet delle delle sacre discipline. Creato in appresso canonico della cat-
lezioni di tanto uomo, non solamente apprese i principii del- tedrale cagliaritana colla prebenda di Muravera, rimase in ta-
la prosa e della poetica italiana, ma giovinetto ancora si le dignit fino al 1798, nel qual anno il nuovo metropolita di
prov a comporre versi, ed a mandare in luce alcuni parti Cagliari Diego Gregorio Cadello (poi cardinale di S. R. C.) lo
non spregevoli della vivace sua fantasia. Applicossi poi alle nomin suo vicario generale. Due anni di esperimento nella
discipline filosofiche ed alla scienza del diritto, nella quale ri- difficile amministrazione degli affari ecclesiastici lo addimo-
cevette glinsegnamenti dal cav. D. Luigi Tiragallo, uno dei strarono, qual era veramente, pieno di senno, di cognizioni
professori pi dotti che allora fiorissero nel liceo cagliaritano, e di prudenza: le quali virt, mentre lo indirizzavano allotte-
e che salito in appresso ai luminosi gradi dellalta magistratu- nimento di pi larghi compensi nella carriera ecclesiastica,
ra, fu della medesima ed ancora al presente splendidissimo gli aprirono inopinatamente la strada a salire allalto onore

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dellepiscopato.10 Preconizzato vescovo di Iglesias nell11 ago- di fortificazione per difendere quei litorali dalle frequenti in-
sto del 1800, govern quella sede fino al 1819, nel qual tem- cursioni dei barbareschi; fece riattare molte vie pubbliche ed
po fu traslato alla cattedra arcivescovile di Cagliari. Questul- alcuni ponti di tragitto per facilitare le interne comunicazioni;
tima diocesi resse fino alla sua morte, la quale accadde nella e negli anni 1812 e 1816, che furono in Sardegna anni tristis-
sua patria medesima nel 22 luglio 1836. La narrazione delle simi di carestia e di fame, sopper dalle proprie rendite alle
sue azioni apostoliche operate in trentasei anni di glorioso necessit pubbliche della sua diocesi, e con abbondante
episcopato, non pu agevolmente racchiudersi nelle angu- provvisione di granaglie salv dallinedia, non che la povera-
stie di un articolo biografico. Per ne diremo quel tanto che glia, famiglie e comunit intiere. La corte di Torino encomi
valga a raccomandare alla posterit la sua onorata memoria. altamente la sua carit, e volendogliene attestare in pubblico
La diocesi sulcitana dovette a lui quasi intieramente il suo ri- il gradimento, lo decor della gran croce del sacro e militar
fiorimento. Dopo aver provveduto alle cose pi importanti ordine mauriziano. Delegato in quello stesso volgere di tem-
del culto e della disciplina ecclesiastica, provvide ancora con pi dalla corte pontificia per sopravvedere agli ordini regolari
generoso divisamento alle necessit temporali del suo greg- dellisola, esercit questo ufficio con rara lode di prudenza;
ge. Egli usciva annualmente a visitarlo, non per semplice ed uno degli ordinamenti chegli pose in pratica durante
forma di episcopale giurisdizione, ma per conoscerne i veri questo suo apostolico sindacato, fu quello di preporre ai pic-
bisogni. Frutto di questa sua indagine paterna fu primamen- coli conventi, distanti dal luogo di residenza dellordinario,
te la riunione delle famiglie erranti dei pastori, le quali ri- religiosi gravi per et e per senno, ritenendo i giovani nei
dusse a societ di vita in molte parrocchie figliali, accostu- conventi maggiori, per attendere agli studi, e per abituarsi al-
mandole alla civilt ed alla mansuetudine colla frequenza la disciplina monastica sotto linsegnamento de pi vecchi
dei sacramenti e dellistruzione: opera bella e generosa, dal- maestri. Nella diocesi cagliaritana fece risplendere in pi va-
la quale ne conseguirono molto rapidi e felici gli effetti: im- sto campo le stesse virt. La lunga vacanza di quella sede
perocch siffatte riduzioni, chiamate in lingua vernacola metropolitana avea fatto scadere alquanto dallantico vigore
boddus (casali), progredirono innanzi comegli appunto le ottime instituzioni lasciatevi dallillustre suo predecessore.
avea preveduto; e laddove prima vagavano nel vasto territo- Egli si accinse senza dimora a richiamarle allosservanza, ed a
rio sulcitano tante famiglie nomadi, disperse come le greggie ristorare con mano sollecita i danni che dalla preterizione
che pascolavano, si videro sorgere stabili abituri di uomini nerano derivati. Animato da santo zelo per la causa del Si-
laboriosi, che saranno progressivamente ricchezza ed au- gnore, fece dare per tre anni consecutivi (1820-22) le missio-
mento della sarda popolazione. Sollecito inoltre della sicu- ni in tutta la diocesi cagliaritana ed in quella dellOgliastra,
rezza e della comodit dei popolani, erog somme grandio- affidata da Roma allo spirituale suo reggimento; e le fece poi
se, acci si costruissero nellisola di S. Antioco alcune opere ripetere nel 1826 e 1829 in occasione dei due giubilei accor-
dati alla cristianit dai papi Leone XII11 e Pio VIII. Domand
10. Il ministero sardo divisava concedere al Navoni, in premio dei suoi ed ottenne che fosse ristabilita in Cagliari la compagnia di
molti meriti, la ricca prebenda di Sanluri. Consultato sul proposito larci-
vescovo Cadello, rispose: quando si parla del canonico Navoni, si parla
del pi degno ecclesiastico che io mi abbia nella diocesi. Questo elogio 11. Il suddetto papa Leone XII glindrizz nel 1826 unepistola piena di
fattogli da un santo prelato, qual era il Cadello, bast perch il re Carlo encomi per la generosit colla quale accolse nel suo episcopio i dele-
Emanuele IV lo proponesse subito alla corte romana per vescovo della gati apostolici per la riforma del clero regolare di Sardegna, ai quali era
vacante sede dIglesias. guida monsignore D. Ignazio Ranaldi vescovo dUrbino.

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Ges; visit annualmente una porzione della vasta provincia particolare divozione al sacro cuore di Maria; ne introdusse il
sottoposta alla giurisdizione del suo episcopato; e con fre- culto nella diocesi sulcitana con rescritto pontificio, e ne
quenti lettere, circolari ed ordinazioni provvide a tutti i capi fond nella chiesa cattedrale di Cagliari lannua festivit.
dellecclesiastica disciplina, al culto divino, allamministrazio- Splendido in tutte le sue azioni, giusto, continente, modesto,
ne dei sacramenti, alla cura delle anime, al costume del cle- fu modello anzich esempio di virt cristiane e cittadine. Co-
ro, al lustro delle chiese ed alla retta amministrazione dei be- s operando ed edificando, pervenne alla grave et di anni
ni ecclesiastici. Egualmente sollecito delle altre instituzioni 81, mesi 5 e giorni 20, compiti i quali si addorment nel Si-
pubbliche, fece aumentare gli stipendi al corpo insegnante gnore nella suddetta citt di Cagliari. Gli scritti che di lui ci ri-
della regia universit degli studi di Cagliari; consegu che si mangono, oltre il suddetto dramma Giuseppe riconosciuto e
compilasse per i monti di soccorso un regolamento pi adat- molte altre poesie di circostanza pubblicate nella sua gio-
to ai bisogni dei tempi e della classe agricola; promosse po- vent, sono i seguenti: I. Lettera di commiato dalla diocesi
tentemente lerezione dei campi-santi e la vaccinazione dei dIglesias: II. Altra al clero e popolo cagliaritano nella sua tra-
fanciulli, contrastata ancora dai vecchi pregiudizi; richiam a slazione a quellepiscopato: III. Due altre per lavvenimento al
regole meno arbitrarie e meno complicate lamministrazione trono di Sardegna degli augusti monarchi Carlo Felice I e Car-
dei redditi dellospedale civile di carit; e nella qualit di de- lo Alberto I: IV. Pastorale per il propagamento dellistruzione
legato apostolico per gli affari del monte di riscatto, e di ca- pubblica: V. Altra per la vaccinazione dei fanciulli: VI. Altra
po (prima voce) dello stamento ecclesiastico, peror pi volte per lerezione dei campi-santi: VII. Due altre per i giubilei
con franca energia per la dismessione dei creditori dello stato. degli anni 1826 e 1829: VIII. Tre altre per i funerali del re Vit-
Intelligente, attivo, e penetrato dai doveri del proprio ministe- torio Emmanuele I, della regina Maria Teresa arciduchessa
ro, nulla trascur per compirlo in ogni sua parte. Il governo dAustria, e del re Carlo Felice I: IX. Altra per la morte di
lo consultava spesso negli affari pi ardui pertinenti alle chie- monsig. Ignazio Ranaldi vescovo di Urbino. Le suddette pa-
se sarde; ed egli rispondeva a tutto con precisione, con pron- storali furono tutte stampate in Cagliari. Molte altre ve ne so-
tezza, con senno. I Principi sabaudi che lo aveano conosciu- no edite ed inedite, le quali, se fossero unite in un sol corpo
to e con particolare benevolenza onorato nel lungo loro colle precedenti, formerebbero un giusto volume, che nella
soggiorno nellisola, gli replicarono costantemente gli stessi posterit sarebbe testimonio cos della felicit del di lui inge-
contrassegni di stima: e Carlo Alberto I re di Sardegna, non gno, come delleccellenza delle sue virt.
s tosto sal al trono de suoi grandi avi, che decorollo delle BIBL.: Navoni, Drammi e pastorali sudd.; Mimaut, Hist. de Sard.,
grandi insegne del riformato ordine mauriziano. Egli poi, tomo II, p. 658; Casalis, Dizion. geogr. statist. ecc., vol. III, p. 192.
nulla mutato dagli onori del mondo, fu sempre instancabile
nellaccrescere il lustro della religione, nel provvedere alle Nereida, chiarissima e pia matrona cagliaritana, vissuta nel de-
necessit temporali e spirituali del suo gregge, nel soccorre- clinare del secolo VI dellera cristiana. Il papa S. Gregorio Ma-
re generosamente alla povert ed alla sventura. Aliment a gno ne fa onorato ricordo nelle sue epistole. Era vedova di Or-
proprie spese alunni nei seminari, orfane derelitte nei pub- tolano, generoso benefattore della chiesa della sua patria, ed
blici stabilimenti di beneficenza, e ai novelli sacerdoti sprov- ebbe alcune contenzioni con Gianuario vescovo di Cagliari.
veduti di mezzi per vivere diede onorata sussistenza, acci si Lepistola terza (lib. IX, indict. XII, anno 599) di detto pontefi-
rendessero degni della grandezza e della santit della missio- ce S. Gregorio versa intieramente sopra le questioni di Nereida
ne loro. La piet verso Dio fu in lui molto eminente: ebbe col prelato cagliaritano Gianuario vescovo e Ortolano.

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Nicol santo Trano. Terranova, sperando di poter da quella parte combattere con
vantaggio il nemico. Ma sorpreso nella pianura di S. Simplicio
Nin Felice, conosciuto pi comunemente sotto nome di conte da un grosso nerbo di truppe tedesche messe in terra dallam-
del Castillo. Fu uno dei baroni sardi pi distinti per la sua miraglio Norris, fu costretto a sostenere un combattimento as-
lealt e per la generosa costanza con cui rimase in fede verso sai ineguale, nel quale tuttavia si difese valorosamente, e non
Filippo V re di Spagna. Ebbe parte in tutti gli affari pi rile- cedette che dopo essergli stata accordata una capitolazione
vanti che accaddero in Sardegna nel principio del secolo onorevole. Dopo questo fatto darmi riprese la via di Genova,
XVIII per causa della famosa guerra di successione alla mo- e quindi quella di Madrid, dove poi visse molti anni tra lo
narchia spagnuola, e si oppose con tutte le sue forze alla fa- splendore delle alte cariche cavalleresche, ed ottenne da Filip-
zione che favoriva le pretensioni di Carlo arciduca dAustria. po V il grandato spagnuolo tanto ambito a quei tempi. Mor
Allorch nel 1708 la flotta inglese capitanata dallammiraglio in detta citt verso il 1750. Della stessa casata fu Antioco Nin,
Leake si present ostilmente nel golfo di Cagliari, egli fu uno gentiluomo cagliaritano, caldo fautore ancor esso di Filippo V
dei membri che nel consiglio di guerra tenuto dal vicer mar- re di Spagna. Il conte di ifuentes vicer di Sardegna per Car-
chese della Giamaica peror energicamente acci si resistesse lo dAustria, lo mand nel 1709 in esilio, temendo la sua in-
al nemico. Animato da un eminente zelo della causa pubbli- fluenza nelle cose pubbliche dellisola. Emigrato per una cau-
ca, profer generosamente in tale circostanza la propria perso- sa cotanto giusta, termin i suoi giorni in terra straniera.
na, le sue sostanze e compagnie armate da levarsi a sue spese BIBL.: Bacallar, Coment. de la guer. de Esp., pp. 315-316, 387, 408-
tra i vassalli dei suoi feudi. Ma la sua generosit e lintrepidez- 411; Manno, Stor. di Sard., tomo IV, pp. 38, 42-44, 48 ss., 51-52 ss.;
za, di cui fece egregia prova in tanto pericolo della patria, Mimaut, Hist. de Sard., tomo II, pp. 126 ss., 143 ss., 147 ss.; Botta,
non sort leffetto che egli si proponeva. Il vicer della Gia- Storia dItal., continuaz. del Guicciardini, vol. VII, pp. 435-437.
maica, sopraffatto dal timore, e ingannato dalle astute mene
del conte di Montesanto, pens alla propria salvezza, e cedet- Nino o Ugolino re di Gallura. Nacque da Giovanni o Chia-
te la piazza ai tedeschi, i quali in poco tempo si recarono in no fratello di Federigo Visconti arcivescovo di Pisa e da una
mano il dominio di tutta lisola. Lanimoso conte del Castillo, figliuola del celebre conte Ugolino della Gherardesca. Oltre
non volendo ubbidire ai padroni novelli, ricus volontaria- la potenza della sua famiglia, per cui avea ereditato dal pa-
mente lamnistia guarentita per uno dei capitoli di accordo ai dre il giudicato di Gallura e la terza parte del giudicato ca-
fautori di Filippo V; e ripar prima in Barcellona, poi in Ma- gliaritano in Sardegna, tale alleanza fecelo pi ragguardevo-
drid, dove il suddetto re Filippo, in premio di tanta fedelt, lo le, perciocch il conte Guelfo di lui zio materno avea
ammise tra i gentiluomini della sua corte. Nel 1709 egli, cogli sposata Elena di Enzo re di Sardegna, e da tale nodo gli era
altri emigrati sardi, sottopose al monarca cattolico il piano di derivato lillustre parentado collimperatore Federico II e
riacquisto della Sardegna, che fu approvato da Luigi XIV re di con tutta la real casa di Svevia Enzo re di Sardegna. Mor-
Francia. Per tale oggetto si trasfer, prima a Corsica per istabi- to Giovanni di lui padre e Lapo di lui fratello nel 1275,12 si
lire un punto sicuro di rannodamento col partito antitedesco
chesisteva in Gallura, e poi a Genova, dove, in unione del
marchese di S. Filippo, lev a spese comuni un reggimento di 12. Giovanni o Chiano Visconti regolo di Gallura mor nel castello di
Montopoli nel 1275, e fu sepolto in S. Miniato. Mor nello stesso anno La-
fanteria, che fu affidato al comando del valoroso Domenico po di lui figliuolo e fratello di Nino (Guid. da Corv., Framm. di stor. pis.,
Loi. Egli stesso si pose alla testa di una banda di armati, e fat- presso il Muratori, Rer. italic. script., tomo XXIV, col. 682, 684) Chiano
ta vela alla volta di Sardegna, oper uno sbarco nei litorali di regolo di Gallura.

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Nin Nin

trov esposto a gravi sciagure nella violenza dei partiti che ma egli rifiut un partito cos vergognoso, ed abborr la vilt
aveano rovesciato lordine pubblico; ma lo salv da ogni pe- del tradimento. Intanto Ugolino della Gherardesca prese le
ricolo la potenza del conte Ugolino della Gherardesca, il redini del governo, lo ammise ai suoi consigli, lo dichiar
quale, oltre lessere avo suo, gli fu ancora tutore: al che si suo segretario, e sul finire del 1285 lo associ al comando
un la fama di gran valore che egli intanto aveasi acquistata, della repubblica. Ugolino rest nella casa del comune, e Ni-
e il suo carattere dolce ed umano che gli guadagn ancora no pose la sua residenza nel palazzo del popolo. Frutto di tal
grande stima di gentilezza.13 Crebbe quindi la gloria della di duumvirato fu la pace coi fiorentini, coi sanesi e colla repub-
lui famiglia per le sue nozze con Beatrice dEste sorella di blica di Lucca, la cacciata dei ghibellini da Pisa e il riordina-
Azzone VIII signore di Ferrara. Modena e Reggio, la quale mento dei vecchi statuti pisani, che furono raccolti in un sol
poi, morto Nino, si rimarit a Galeazzo Visconti signore di codice. Ma non trascorse gran tempo che nacquero motivi di
Milano. Cos egli grandeggi in Pisa al pari degli altri mag- dissensione tra i due congiunti, reggitori supremi della patria
giori cittadini, ciascun dei quali per s teneva gran corte, ed loro, e che derivarono dalla medesima quei mali e quelle
emulando il conte Ugolino della Gherardesca e il sardo Ma- morti feroci, delle quali ancora lamentevole la ricordanza.
riano II regolo di Arborea,14 faceva luminosa comparsa di ric- Il giudice di Gallura e Guelfo suo zio aggiunsero allesca fata-
chezza e di potere. Cambi alcun poco questa sua fortuna, le alimento novello. Partiti entrambi a Sardegna, col si usur-
allorch nel 1284 i pisani furono sconfitti dai genovesi nella parono a vicenda e con violenza molte terre dei domini loro;
giornata della Melora, che fece famosi i mari sardi, poich vi e Nino che non potea lungamente resistere alle forze di
rest prigioniero il conte Ugolino avo suo e il conte Lotto Guelfo, torn sollecito a Pisa per cercarvi aiuti e trovar modi
suo zio: ma il credito e la potenza chegli si avea acquistato, di far vendetta.15 Il conte Ugolino sdegn la pace profertagli
sostennero cotanto il partito guelfo, che pot aspettarsi senza dal nemico di suo figliuolo, e agli altri motivi questo si ag-
gravi disordini il ritorno di Ugolino della Gherardesca, il quale giunse per ricusare di riconoscerlo socio suo nel governo.
fu liberato dai fiorentini, e quindi da ambedue le fazioni elet- Cos tra Ugolino della Gherardesca e Nino Visconti si accese-
to signore di Pisa. La lega formatasi in quel tempo a danno di ro odi domestici e crudeli ed una guerra feroce, la quale
Pisa da vari popoli della Toscana, lo invit ad entrarvi, purch dur ancora, dopo la rinunzia di entrambi al supremo co-
si facesse cittadino genovese, e riconoscesse come feudi di- mando. Continuarono i due Ugolini rivali a percuotersi nelle
pendenti dal comune di Genova i suoi domini di Sardegna; adiacenze di Pisa, ed in tali fazioni ebbe quasi sempre la for-
tuna il giudice di Gallura, la di cui potenza a tale grado era
gi pervenuta, che in mezzo alle proprie guerre valse a pro-
13. Perci Dante, chera stato amico suo, rallegrandosi di trovarlo nel teggere la repubblica di Volterra, e ad inviare aiuti tanto nu-
Purgatorio, scrisse di lui nel canto VIII, vers. 51 ss.: Ver me si fece, ed io
ver lui mi fei: / Giudice Nin gentil, quanto mi piacque / Quando ti vidi merosi ai guelfi fiorentini e sanesi, da recare spavento ai ghi-
non esser tra rei! bellini tutti di Toscana. Per, dopo lungo combattere, lavo e
14. Di tale magnificenza scrivendo Giovanni Villani (lib. VII, cap. 83) dice: il nipote posarono le armi sanguinose, fatti accorti dalle insi-
in questi tempi la citt di Pisa era in grande e nobile stato che vera cit- die nemiche che tendevano ad infiacchirli nella domestica
tadino il giudice di Gallura, il conte Ugolino della Gherardesca e il guerra per poi opprimerli pi facilmente. E facendo mostra
giudice dArborea, e ciascuno per s tenea gran corte, e con molti cava-
lieri affiati cavalcava ciascuno per la terra e per la loro grandezza erano
signori di Sardigna onde avevano grandissime rendite, e quasi domi- 15. Fu allora, che Nino, nel partire da Gallura a Pisa, lasci vicario nei
navano il mare co loro legni, e mercatanzie Mariano II re di Arborea. suoi stati di Sardegna il famoso barattiere Frate Gomita.

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di volersi avere con tutti la pace, e in pace godere la privata di ghibellini, stimando in pericolo la propria vita, andossene
fortuna, congiunsero inaspettatamente unaltra volta le forze a Genova, e fattosi di quella repubblica cittadino, fu ricevuto
loro, e si resero nuovamente padroni di Pisa in sul finire del con grandi dimostrazioni di onore. Collegatosi allora co ge-
1287. Ma lesterna guerra e le intestine discordie aveano or- novesi e co fuorusciti pisani, torn ai suoi domini di Sarde-
mai assottigliate le due fazioni, ed una terza ne usc fuora, gna, sperando di raddrizzare la propria fortuna. Ma non s
composta di preti, di frati, di pinzoccheri e di genti forestiere, tosto vi giunse, chebbe a dolersi del disordine e della con-
a cui era capo larcivescovo Ruggieri Ubaldini che aspettava fusione in cui si trovavano tutti gli affari della sua provincia.
cupamente il tempo di rendersi tiranno della sua patria. E co- Frate Gomita, che si avea guadagnato il di lui animo, vicario
testo arcivescovo Ruggieri, danimo crudele, dopo aver in- e confidente suo, abusato avea grandemente della confertagli
gannato il Gherardesca e il Visconti, simpadron del governo autorit, e profittando della lunga assenza di Nino da suoi
di Pisa, trad barbaramente il conte Ugolino, racchiudendolo stati, con baratterie e con frodi solenni accumulato avea gran-
con due figli e due nipoti nella torre della fame, e fu il feroce di somme di danaro: del quale non perci mai sazio, ma avi-
autore di quel tragico avvenimento di cui ogni storia ripie- dissimo sempre, aveva inoltre venduta la libert agli aderenti
na.16 Nino di Gallura, salvatosi in tempo dallinfame tradi- del conte Guelfo, col quale teneva il Visconti inimicizie anti-
mento, lasciata Pisa, and a fortificarsi a Calci, devastando che ed aperta guerra. La quale infamia cotanto lo accese di
tutta la valle, ed occupando il castello dellarcivescovado: poi sdegno, che condann al laccio lingordo barattiere, dal che
ricovratosi in parte pi discosta, riun i guelfi fiorentini e luc- poi tolse lAlighieri argomento a collocare Gomita nellinfer-
chesi, mosse aspra guerra e rec immensi danni alla sua pa- no insieme con Michele Zanche, il quale con egual fraude
tria, e disacerb in tale modo la propria vendetta contro lef- avea governato per Enzo lantico regno di Torres e Logodoro
ferato uccisore del conte Ugolino. N qui fermossi il guelfo Gomita frate. Dopo questesempio di giustizia non fece Ni-
offeso e potente, ma facendo suonar alti i suoi lamenti alle no altra azione degna di memoria. Afflitto dalle domestiche
orecchie di papa Nicol IV, ottenne la condanna di Ruggieri sventure, scaduto dallantico potere, cess di vivere nel
al carcere a vita, e insidi nella fuga il condannato ramingo, 1295.17 La repubblica lucchese ebbe la parte pi nobile del-
il quale la mite pena di cotanto orribile delitto evit, moren- la sua spoglia mortale; pegno e testimonio ad un tempo della
do, pi dinfamia che di dolore, in Viterbo. La necessit degli
eventi strinse poi Nino a far pace co pisani nel 1293, e a
mandare al congresso di Fucecchio Lotto Orlandi e Jacopo di 17. Oltre Tolomeo da Lucca, il quale scrisse accaduta nel 1295 la morte
di Nino Visconti (Rer. Ital. script., tomo XI, p. 215), ci si ricava ancora
Guiliberto suoi sindaci e procuratori; perlocch pot ritornare da una lettera che in detto anno scrisse da Anagni il papa Bonifazio
a Pisa, e vedere i suoi guelfi riammessi agli onori della repub- VIII al comune di Volterra: imperocch ivi si legge: quod q. Hugolinus
blica. Vi stette per diffidente ed inacerbito dalle sofferte in- judex Gallurensis nuper, sicut Domino placuit, viam fecit universae
giurie; e poich vide, in virt della pace, ripopolarsi il paese carnis ingressus ecc. Questa la lettera, con cui il prelodato Pontefice
commise alla custodia dei volterrani la giovinetta Giovanna figlia di Ni-
no giudice di Gallura Giovanna principessa di Gallura, e fu pubbli-
16. Il conte Ugolino coi due figli e due nipoti fu rinchiuso in detta torre cata per la prima volta dal cav. Dal Borgo nelle Notizie istoriche della
sul finir di luglio 1288. Il terribile e quasi divino canto dellAlighieri citt di Volterra. Alcuni scrittori protrassero fino al 1300 la vita di Nino
(Divina Commedia, canto XXXIII dellInferno) accrebbe fama e dolore o Ugolino giudice di Gallura; ma essi lo confusero con Ugolino di
al fatto disumano; ne vha poesia italica pi lamentevole, pi fiera, pi Guelfo conte di Donoratico, nipote ed erede di Enzo re di Sardegna, il
sublime di questo canto immortale. qual Ugolino vivea veramente nel principio del 1300.

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sua antica amicizia.18 Lasci di Beatrice dEste una figliuola Per lei assai di lieve si comprende
che si chiam Giovanna Giovanna principessa di Gallura; Quanto in femmina fuoco damor dura,
ed a costei e alla madre andata a nuove nozze con Galeazzo Se locchio, o il tatto spesso nol raccende.
Visconti si riferiscono le patetiche parole di Nino nel canto Non le far s bella sepoltura
VIII del Purgatorio di Dante: La vipera che i Milanesi accampa,
Soli tre passi credo chio scendesse, Comavria fatto il gallo di Gallura.
E fui di sotto, e vidi un che mirava Cos dicea, segnato della stampa
Pur me, quasi conoscer mi volesse. Nel suo aspetto di quel dritto zelo,
Tempera gi che laer sannerava Che misuratamente in cuore avvampa, ecc.
Ma non s, che tra gli occhi suoi e miei BIBL.: Daniello, Commento allInferno di Dante, canto XXXIII; Ben-
Non dichiarasse ci che pria serrava. venuto da Imola, Commento al Purgatorio di Dante, canto VIII, pres-
Ver me si fece, ed io ver lui mi fei, so il Muratori, Antiq. ital., tomo I, col. 1179-1181; Guid. da Corv.,
Giudice Nin gentil, quanto mi piacque Framm. di stor. pis., presso il Muratori, Rer. italic. script., tomo XXIV,
Quando ti vidi non esser tra rei! col. 649, 682, 684; Jacob. Aur., Annal. gen., anno 1287, presso il Mu-
ratori, Rer. italic. script., tomo VI, col. 543; Tolomm. da Lucca, anno
Nullo bel salutar tra noi si tacque: 1287, presso il Muratori, Rer. italic. script., tomo XI; Cron. parm.,
Poi dimand: quant che tu venisti presso il Muratori, Rer. italic. script., tomo IX, col. 841; Cronac.
Appi del monte per le lontane acque? estens., presso il Muratori, Rer. italic. script., tomo XV, col. 348; Male-
O, dissio lui, per entro i luoghi tristi volti, Ist. san., parte II, lib. III, anno 1270; Ammirato, Istor. fiorent., lib.
Venni stamane, e sono in prima vita, III, anno 1276, 1284, 1288; Ricord. Malaspina, Ist. Fiorent., cap. CIII;
Ancor che laltra s andando acquisti. Villani, lib. VI, cap. CXIX; lib. VII, cap. L, XCI, XCVII, CXXX; Tronci,
Annal. pis., anno 1270, 1284, p. 256; Buoninsegni, Ist., p. 95; Roncio-
ni, Stor. pis., lib. X, anno 1270; lib. XI, anno 1288; lib. XII, p. 265;
Poi vlto a me: per qual singolar grado, Muratori, Annali dItalia, anno 1300; Muratori, Antich. ital., tomo I,
Che tu di a colui, che si nasconde dissert. V, col. 246 ss.; Codice degli stati pis., lib. V, rubr. 103, in fine;
Lo suo primo perch, che non gli guado, Rossi Gerol., Vita di papa Nicol IV, pp. 63, 68; Ughelli, Italia sacra,
Quando sarai di l dalle larghe onde, tomo III, col. 444, lett. B; Mattei, Hist. eccl. pis., tomo II, in princip.,
Di a Giovanna mia che per me chiami e pp. 45, 49; Pietro delle Vigne, Epist., lib. C, 21, p. m. 156; Petrac-
L dove aglinnocenti si risponde. chi, Vita del re Enzo; Pietro Bizzarr., allanno 1285; Fara, De reb.
sard., lib. II, pp. 208, 236; Dal Borgo, Scelti dipl. pis., num. 3, p. 4;
Non credo che la sua madre pi mami,
num. 37, p. 279; Dal Borgo, Dissertaz. sopra listoria pis., dissert. III,
Poscia che trasmut le bianche bende, VIII, X, p. 302, nota 1; dissert. XI, p. 377, note 18, 26; Dal Borgo, No-
Le quai convien che misera ancor brami. tiz. istor. della citt di Volterra, p. 75; Targioni, Viaggi, tomo I, p. 190;
Denina, Rivoluz. dItalia, lib. XIII, cap. V, in fine.
18. Tre anni dopo la morte di Nino, certa porzione del di lui corpo fu
trasferita alla chiesa di S. Francesco nella citt di Lucca, e collocata in Nivatta Orzocco I di Arborea.
un deposito colla seguente iscrizione: Anno Domini MCCLXXXXVIII,
die IX januarii. Hic est cor illustris viri domini Ugolini judicis galluren-
sis et domini tertiae partis regni caler. Obiit ann (vedi Dal Borgo, Noco Antioco, religioso della compagnia di Ges, il quale
Notizie istoriche della citt di Volterra, p. 75). visse nella prima met del secolo XVII. autore di un libro

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Nov Nur

intitolato Antiguedades del reyno de Cerdea, citato frequen- campo vastissimo di arricchire con utili cognizioni la propria
temente dal Tola e da altri scrittori sardi. mente; ed ei lo fece con alacrit maravigliosa, studiando in-
BIBL.: Tola, Thes. escondido de la relig. christ., p. 11, e nelladdiz. I, defessamente nei buoni libri, iniziandosi nelle lingue greca
p. 21. ed ebraica, e conversando cogli uomini dotti di quel tempo.
Molti di questi lonorarono dellamicizia loro, tra i quali meri-
Novello Citonato. tano special ricordo il Fontanini, il Zaccagni ed il Passionei,
nomi assai noti alla repubblica letteraria e nellecclesiastica
Nurra Gio. Paolo, giurista e filologo di buon nome, vissuto gerarchia. Ma nessuno lam tanto, quanto il Magliabecchio,
nella seconda met del XVII, e nel principio del secolo XVIII. chei conobbe in Firenze, e col quale ebbe poi fino alla sua
Ebbe i natali in Cagliari nel 25 gennaio 1659. Agostino Nurra, morte frequente epistolare commercio.20 Le quali amicizie, e
padre suo, esercit con lode lavvocatura, e nelle corti cele- quella specialmente dellerudito bibliotecario mediceo, molto
brate dal conte di Santo-Stefano, sostenne con molto zelo le accrebbero al Nurra di riputazione; perciocch il suo nome,
parti dello stamento militare e della citt di Cagliari; per la per mezzo di cotal uomo, corse con propizia fortuna per la
qual cosa il vicer di Sardegna lo ascrisse tra i generosi del- bocca de pi insigni letterati italiani; ed anche i filologi oltra-
lordine equestre nel 6 novembre 1678.19 Educato diligente- montani sperarono assai bene di lui, non tanto per giudizio
mente dal genitore nella piet e nelle lettere, il giovinetto fattone da suoi scritti,21 quanto per la testimonianza favore-
Nurra dimostr molto in tempo vivezza dingegno non comu- vole che ne dava loro lo stesso Magliabecchio. Ed egli a que-
ne. Dopo aver fatti con lode gli studi rettorici e filosofici, si stultimo si dimostr riconoscente per cotanto favore, dedi-
applic alla scienza del diritto, nella quale consegu lonore candogli in forma di epistola una sua scrittura intitolata De
della laurea. Sagratosi poi sacerdote, fu ascritto per sovrana varia lectione adagii BAMMA SARDINIAKON, tinctura sar-
grazia al sinedrio capitolare dei canonici cagliaritani, e vi ri- diniaca (Firenze, 1708, un fascic. in 4), nella quale prese a
fulse per fama di sapere e per esempio di moderati costumi. dimostrare, che da Sardegna, non da Sardi dAsia, provenisse
Circa il 1700 and a Roma per trattare particolari negozi del la porpora, donde traevasi anticamente la proverbiale tinctu-
capitolo cui apparteneva; e questa fu occasione, che unita ad ra sardiniaca rammentata da Aristofane. Bello questopu-
unabituale infermit di corpo da lui contratta, lo fece viag- scolo per purit di sermone latino e per copia di erudizione,
giare per due lustri nelle principali citt dItalia. Col ebbe la quale, avvegnach non sempre opportunamente applicata

19. Gli atti del parlamento celebrato nel 1678 dal marchese de las Navas 20. Esistono nella libreria Magliabecchiana di Firenze alcune lettere au-
conte di Santo-Stefano, esistono per copia conforme alloriginale nella bi- tografe del Nurra al Magliabecchio.
blioteca sarda dellautore di questo Dizionario. Nei medesimi la grazia 21. Infatti, oltre la dissertazione sulla tinctura sardiniaca, pubblicata
conceduta al Nurra registrata nel modo seguente: En virtud de lo qual, y nel 1708, il Nurra non diede alla luce altra scrittura, fuor che lufficio
en el real nombre de su magestad, desde luego haze merced su excellentia del S. M. Saturnino con alcune annotazioni (Officium S. Martyris Satur-
a los sujetos siguientes en la forma que se nombrar cada uno. A D. Au- nini cum notis, Luca, 1703). Ma siccome questi due lavori erano com-
gustin Nurra abogado del estamento militar, y ciudad de Caller, de caval- mendevoli per lerudizione, e si sapea altronde chegli avea fatto tesoro
lerato, y noblesa (fol. 6). E in appresso (fol. 7). Las suso dhas, gracias de di notizie ragguardanti la storia sacra e profana della sua patria, perci
su excellentia estuvieron publicadas el Domingo, que contavamos seis del nel 1703 fu designato fra i collaboratori alla continuazione dellItalia
mes de noviembre de mil y seicentos, y settenta y ocho, dia del levanta- sacra dellUghelli, per la parte concernente alla Sardegna, e nel 1709 fu
miento del ultimo solio, y conclusion de las generales y reales cortes ecc. ascritto in Roma al numero degli Arcadi.

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Nur Nur

al punto in controversia, prova tuttavia il valore dello scrittore composizione della Sardinia sacra ricerc inutilmente in Ro-
e le moltiplici cognizioni da lui acquistate nella lettura degli ma e in Firenze, coi monumenti raccolti dallUghelli, quelli
autori greci e latini. Nella medesima epistola il Nurra discorre ancora lasciati dal Nurra: ma finalmente lardire e la fortuna
per incidenza di molte altre cose pertinenti alla Sardegna, tra operarono ci che in tanti anni conseguir non poterono le
le quali pretende che la pescagione dei tonni fosse cono- oneste indagini del valente scrittore pisano; e i detti mss. va-
sciuta nellisola sin dai tempi di Galeno, citando in appoggio licarono il mare nella fine dello scorso secolo per venire in
della sua opinione un testo contenuto nelle opere di quel- condizione privata alla illustre patria dellegregio autore lo-
lantico scrittore (De aliment. facult., lib. III, cap. XXXI). ro.23 A voler dirittamente giudicare di cotesta raccolta o mi-
Commendata con molte lodi fu questa scrittura tosto che vide scellanea di monumenti, che si compone di due giusti volu-
la pubblica luce, e il Magliabecchio fu quello che divulgolla mi in 4, il primo dei quali comprende le notizie sacre, e
in Italia ed oltremonti; per lo che negli atti degli eruditi di Li- laltro le notizie profane della Sardegna, la medesima fatta
psia e nel giornale di Trevoux ne fu fatta onorevole menzio- con pi abbondanza che critica; ed in quanto allordine, po-
ne. Siffatti encomi, e gli stimoli che aggiungevano al Nurra co e quasi nessuno quello che vi si osserva, perciocch le
molti letterati italiani, lo determinarono a ragunare con pi notizie, i testi ed i ricordi vi sono annotati alla rinfusa, e co-
sollecitudine le disperse notizie attinenti alla storia sacra e me allautore cadevano nella memoria, o come gli si offeriva-
profana della sua patria, intorno alle quali si affaticava gi da no nei vari libri dellassidua sua e costante lettura. La parte
un lustro innanzi. Nessuno meglio di lui potea colorire un di- pi ampia della raccolta quella che riguarda la tanto con-
segno cos generoso, perciocch allamore del natio luogo troversa santit di Lucifero vescovo cagliaritano; ed in ci si
congiungeva molta forza dingegno e costanza nello studio, e vede che il Nurra poneva specialmente ogni suo nervo ed at-
gli abbondavano gli agi e lozio letterario nella classica terra tenzione: nella quale cosa, se laudevole assai era il suo divi-
delle scienze e delle arti. Bene perci avvisavano i giornalisti samento, dubitiamo che del pari felice potessessere la riusci-
di Trevoux, dicendolo atto alla nobile impresa, capable ta; perciocch le dotte fatiche fatte prima dal Machin sopra la
dexcuter habilement ce grand dessein; e pietosa ed util stessa materia somministrano argomento non lieve, che in tal
opera saria stata la sua, se il cielo consentiva che la compis- rispetto la verit non sar forse mai raggiunta dal desiderio.
se. Ma di questo, come di alcun altro suo pensiero, non ven- La lingua latina adoperata in tale miscellanea precisa, chiara
ne a maturit leffetto, e sopraggiunto lillustre autore dalla ed elegante, per quanto il soggetto ed il metodo lo comporta-
morte, che lo tolse ai viventi in Firenze nel 24 giugno 1711, va; ed alcune citazioni greche ed ebraiche, che tratto tratto vi
lasci mss. le schede dellintrapreso lavoro. Il cardinale Ar- sincontrano, sembrano fatte ad ostentazione di sapere, come
chinto, nunzio in quel tempo della Sede pontificia presso la
corte di Firenze, ritir tali mss. e li trasmise a papa Clemente Nurra fuisset ad umbilicum perductus et typis impressus: plura quippe
XI, nella di cui biblioteca rimasero sepolti per quasi un seco- in urbe pro sanctitate Luciferi cumulaverat; sed antequam opus absol-
lo, malgrado lonorevole ricordo fattone dal cardinale Pro- veret Florentiae mortuus est; cujus porro labores ad summum pontifi-
spero Lambertini, poi Benedetto XIV in una delle sue pi ac- cem Clementem XI ab Archinto tunc nuntio Florentiae apostolico trans-
curate e celebrate opere.22 Il Mattei nellintraprendere la missi, inter codices insignis bibliothecae ab eodem pontifice relictae, si
diligenter perquirantur, fortassis reperientur, ecc.
23. Li due volumi mss. de Sardinia tum sacra, tum prophana del Nurra
22. Ecco le parole di Benedetto XIV: alia denique forte plura pro Luci- sono tra le mani del cav. D. Luigi Baille, per di cui cortesia a noi fu con-
fero haberentur, si liber pro ipso Lucifero inceptus ab erudito canonico ceduto lesaminarli nella breve dimora che fecimo in Cagliari nel 1833.

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Nur

usavano i dotti del Settecento, anzi che per conoscenza esat- O


ta di tali lingue, o per necessit di ricorrere ai testi originali.
In generale poi la raccolta pregevole per la copia delle no-
tizie, sulle quali si potea colla volont e colla pazienza inco-
minciare un regolare edifizio di storia patria; e per tal motivo Olives Girolamo, giureconsulto e magistrato di fama nazio-
pi che per le scritture date alla luce, collochiamo il Nurra tra nale, vissuto nel secolo XVI. Nacque in Sassari24 nel 1505 dal
i letterati pi benemeriti della Sardegna. Meritevole altronde dott.re Giacomo Olives e da Costanza Sambigucci, persone
di encomio fu la sua vita, per lintegrit dei costumi, per la probe e facoltose. Il padre suo oltre di aver esercitato con lo-
modestia delle azioni, e per sincero amore della religione e de lavvocatura, prest importanti servizi alla sua patria, e nel
del culto. E se gli anni, n brevi n lunghi, del vivere suo
non fossero stati infiacchiti da antico ed acerbo malore, e se 24. Che lOlives nascesse in Sassari era una cosa fuori di controversia,
allingegno ed alla volont corrisposto avessero con franchez- poich cos lo aveano lasciato scritto il Vico, il Canales de Vega, ed il
za le inferme forze del suo debil corpo, avremmo di lui scritti Quesada Pilo, autori sardi vissuti in tempi a lui molto vicini; la testimo-
di maggior lena, cos utili alla sua terra natale come pi so- nianza dei quali seguendo il Cossu nelle Notizie storiche della citt di
Sassari, lo chiam ancor egli sassarese. Il primo a dirlo nato in Alghero
lenni per la sua gloria. fu labate D. Gianfrancesco Simon in una sua epistola sopra i cultori del-
BIBL.: Act. erudit. Lips., ann. 1709, mens. april., p. 189; Mmoire de la scienza del diritto in Sardegna (p. 9), e dopo di lui il Massala, imitato-
Trvoux pour lhtistoire des scienc. et des beauxarts, ann. 1710, f- re, anzi pedissequo suo (Dissertaz. sul progr. delle scienze in Sard., p.
vrier, p. 358; Giornal. dei letter. dItal., tomo VI, art. 14, p. 503; Be- 11). E siccome il Simon scrisse in tal tempo, in cui il sapere di cose pa-
nedict. XIV, Oper., tomo I, lib. I, cap. XL, pp. 168-170, ediz. venet. trie assomigliava alla scienza dei misteri eleusini, per lo che pochi gi
del Remondini, 1767; Crescimbeni, Notiz. storiche degli Arcad., art. iniziatisi nei segreti faceano monopolio, ed erano riputati i maestroni so-
Nurra ecc.; Mattei, Sard. sacr., in praefat., p. VIII; Madao, Dissert. lenni e il noli me tangere dello scibile sardesco, perci la parola da lui
sulle sarde antich., p. 56; Mimaut, Hist. de Sard., tomo II, pp. 665- detta, cos come Dio volle ed a lui piacque, senza aiuto di monumenti e
di testimonianze di sorta, fu riputata dai pi una scoperta, alla quale do-
668; Manno, Stor. di Sard., tomo II, p. 58; tomo III, pp. 270, 483- vesse apporsi sigillo, e da alcuni, che pur non erano delle cose loro
484; Nurra, Opusc. cit. ignari, una parola col suo perch, e quasi dubitavano di aver letto bene
nei libri. Ma oggi, la Dio merc si legge e si studia, se non da tutti, da
molti; e troviamo che il suddetto Canales de Vega, scrivendo nel 1631,
disse dellOlives che era natural de Sacer (Discursos y apuntamientos
ecc., disc. VIII, p. 140), che il Cossu lo classific tra gli scrittori sassaresi
(Notiz. stor. della citt di Sassari, cap. XII, p. 83). Che il Vico ed il Que-
sada Pilo, sempre che nominano lOlives, lo fanno concittadino loro,
chiamandolo concivis noster (Vico, Reg. pramm. nei comment; Quesada
Pilo, Controv. forens., cap. I, p. 3, num. 1); che anzi questultimo autore
lo afferma pi specificamente in un luogo delle sue Controversie forensi
(cap. IV, num. 5, p. 35), dove scrive: Olives et regens Vico, ambo conci-
ves mei sassarenses. Oltre le quali indubitate testimonianze, e quelle di
molti altri scrittori, che pretermettiamo per brevit, bastava leggere le
chiose dallo stesso Olives fatte alla Carta de Logu per conghietturare con
critico fondamento chegli era nato in Sassari. Infatti sono da lui ricordati
in vari luoghi di detta sua opera i nomi vigenti al suo tempo, ed i gi
antiquati, non solo delle vie e delle piazze principali, ma perfino dei

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Oli Oli

1526 fu capo del consiglio degli anziani di detta citt di Sas- dubitare che siano state riunite in un sol corpo e pubblicate
sari.25 La madre fu bella della persona, e valorosa ed onesta colle stampe,26 avvegnach per la scarsezza degli esemplari,
femmina, e appartenne ad una casata di chiaro ed onorato e per la stracuranza dei vissuti prima di noi sieno miseramen-
sangue, di cui fu precipuo e singolare ornamento Gavino te perdute. Il nome da lui acquistato nellarringo forense gli
Sambigucci suo congiunto, fisico e letterato sassarese, di acu- cattiv la stima dei suoi concittadini e quella del governo
to e splendidissimo ingegno. I primi rudimenti delle lettere spagnuolo, il quale non tard ad impiegarlo in importanti ne-
latine, e la filosofia aristotelica appar nella sua terra natale; gozi dello stato. Nel 1546 fu dato per consultore a Pietro Va-
ma la ragione civile e canonica studi in Ispagna, siccome af- gnier, cui dal gabinetto di Madrid era stata commessa la visi-
fermano il Bologna ed il Sisco. Seguendo le orme paterne, tazione generale del regno di Sardegna; nel quale uffizio, in
appena consegu la laurea dottorale, calc animosamente la cui per odio o per grazia si potea ugualmente fallire, com-
via del foro, e molta fama acquistossi col suo sapere, soste- portossi con molta integrit. Fu questo il primo grado, per
nendo con perizia pari allo zelo i diritti dei suoi clienti, e nel- cui ascese lerta via dellalta magistratura: imperocch il Va-
le dubbie contenzioni legali scrivendo dottissime e numerose gnier, soddisfatto del modo col quale lOlives avea condotto
consultazioni. Di queste fa ricordo egli stesso in molti luoghi a maturit un incarico cotanto difficile e dilicato, prevalendo-
del suo Commento sul codice di Eleonora, n sembra potersi si dei poteri accordatigli dalla corte spagnuola, lo nomin av-
vocato fiscale della reale udienza. Da questo seggio fu chia-
chiassetti di detta citt, come (per darne un esempio), laddove rammen- mato nel 1553 allaltro pi importante di avvocato del fisco
ta che la piazza Palumba, in cui si dava la colla ai malfattori, era prima nel supremo consiglio di Aragona; ed in entrambi rifulse cos
chiamata Corte de ladru (Chios., cap. III, p. 212, ediz. di Cagl. del 1725); per la dottrina legale che in lui era solida e copiosa, come
e riferisce quellordinamento municipale, per cui gli algheresi, che avea-
no proibito ai sassaresi lo cingere spada dentro le mura di Alghero, era-
no comandati a cingerne due ad un tempo, entrando in Sassari: la qual 26. Infatti lOlives medesimo nel commentario sopra la carta de logu cita
cosa, sebbene la riferisse sulla fede della tradizione, avrebbe forse taciu- quasi ad ogni passo i suoi consigli legali (consilia). Cos al cap. X, p. 37,
to se fosse stato cittadino privilegiato delle due spade (Chios., cap. CIV, n. 3; cap. XIII, p. 45, n. 3; cap. XV, p. 53, n. 1; cap. XVI, p. 58, n. 5;
p. 106, ediz. sudd.), scrivendo, come scriveva, nel tempo delle gare di cap. XX, p. 66, n. 4; cap. XXIV, p. 72, n. 14; cap. XXVIII, p. 81, n. 6;
municipio. E per ultimo, era anche manifesto che la famiglia dellOlives cap. XXXIX, p. 97, n. 1; cap. XLVI, p. 106, n. 2; cap. LIX, p. 134, n. 4,
gi da due secoli era una delle patrizie sassaresi, e che non si spense fi- ed in molti altri luoghi che sarebbe lunghissimo riferire. Anzi, alcune
no al principio del secolo XVIII, come si vede in questo articolo. Dalle volte cita perfino il numero progressivo di detti suoi Consigli, come al
quali cose tutte si pu dedurre, che o la sarda paleografia non era tutta cap. XCII, p. 176, n. 2, il consiglio 110; al cap. XIV, p. 206, n. 2, il consi-
racchiusa nel capo di quei barbassori, i quali dissero lOlives algherese, glio 69; al cap. CXII, p. 217, n. 3, il consiglio 101, e al cap. CXXXI, p. 237,
ovvero che ad essi torn a grado uccellare con favole la moltitudine, fin- n. 1, il consiglio 57; e cos altrove. Le quali frequenti citazioni dei
ch dur la devozione al nome della scienza loro. suoi consigli e del numero, con cui ciascheduno dei medesimi era ru-
25. Ci si trova riferito in un libro antico della citt di Sassari (Indice bricato, sarebbono state inutili, e ridicole a un tempo, se tali consulta-
mss. de las cos. memor. contenid. en los libros y archiv. de la ciudad de zioni legali fossero giaciute nelloscurit del manoscritto. Abbiamo inol-
Sacer, anno 1526), collannotazione a margine: este fue padre del famoso tre sopra di ci la testimonianza del Madao nelle Dissertazioni storiche
D. Geronimo Olives hijo y honra de este su patria. Dal che rimane con- ecc. sopra le sarde antichit, p. 55. In quanto poi allavere lOlives eser-
fermata la narrazione degli scrittori citati nella nota precedente sulla pa- citato in Sassari lavvocatura, si ricava dalla chiosa al citato cap. XXVIII,
tria dellOlives, laltra del Bologna (Relacion de la invenc. de los cuerp. p. 81, n. 6, nella quale, ricordando la dottrina relativa a materia di furto
de los SS. Mart. turrit., p. 4), e la precisione del Sisco, il quale nelle sue da lui seguita nel suo XII Consiglio, dice di avere in virt della medesi-
miscellanee mss. (tomo V, p. 52 r.o) not colla solita sua diligenza il no- ma salvato in Sassari un reo dalla pena capitale; et salvavi vitam unius,
me dei genitori e lanno della nascita di questo illustre scrittore. quem volebant suspendere Sassari, ecc.

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Oli Oli

per la fermezza del carattere e per la equanimit del giudizio, pi modesti e meno ridondanti dinutilit, cos li pi giudizio-
tanto rara, ma pure tanto stimabile nei magistrati. Non s to- si e felici che siansi pubblicati finora sopra quel rinomato
sto and a Madrid per occupare la nuova carica, che ponen- monumento di sarda giurisprudenza; e tale accettazione eb-
do mano sollecita a colorare un suo disegno antico, incomin- bero nelluniversale, tosto che vennero in luce (Commenta-
ci ad ordinare le sue chiose sopra il rinomato codice di ria et glosa in cartam de logu, Madrid, 1567, un vol. in fol.),
Eleonora.27 Lopera che egli imprendeva era tanto ardua, che furono adottati in Sardegna da tutti i tribunali, qual nor-
quanto vantaggiosa; perciocch, se da un lato dovea ridon- ma invariabile da seguirsi nellapplicazione delle leggi conte-
dare a benefizio della sua patria lillustrazione di un corpo di nute nellantico codice nazionale. Esauriti gli esemplari della
leggi, sopra le quali era cementato gi da due secoli il reggi- prima edizione, se ne fecero tre altre nei tempi posteriori,30
mento civile della Sardegna, era altres necessaria molta fatica e quanto pi cotesto egregio lavoro andava divolgandosi,
per ridurre a certa e sincera lezione queste stesse leggi, a tanto pi acquistava di merito presso i sapienti: argomento
schiarirle in tutti i sensi, dei quali erano allora capaci, e ad non lieve per giudicarne dirittamente con favore, perciocch
indicare quei luoghi, nei quali le risoluzioni parlamentarie, le passioni mescolandosi spesso co giudizi degli uomini,
le prammatiche sanzioni, e i nuovi usi succeduti alle costu- specialmente nelle cose letterarie, a quelle sole scritture si
manze antiche avessero introdotta qualche variazione. Ma appartiene limmortalit della vita, alle quali, dopo la lode o
egli super con molto ingegno tutte queste difficolt. Prepo- il biasimo transitorio dei contemporanei, corre dietro con de-
se in primo luogo al suo lavoro il testo genuino della Carta siderio limparziale posterit. Esercit lOlives per molti anni
de Logu,28 ricavandolo dalle varianti dei diversi codici; al te- la carica di avvocato del fisco e del patrimonio regio nel su-
sto originale sardo aggiunse a pi di pagina i suoi comenti premo consiglio di Aragona, e si rimerit costantemente la
latini, brevi, ordinati, lucidissimi per chiarezza e sincerit di stima pubblica. Cess di vivere circa il 1571, e lasci supersti-
dottrina; e nei Comenti raccolse, non ci soltanto che potea te Costanza Olives, la quale ebbe dalle nozze con una gentil-
condurre alla intelligenza legale della Carta di Eleonora, ma donna valenziana, e fu data in moglie a Pietro Boyl, primo di
inoltre le notizie tutte, che potessero sparger luce sulla ma-
niera di reggimento, sulle forme governative, e sulle cose
nei quali erano descritti i redditi, le possessioni ed i diritti delle medesi-
pubbliche del tempo in cui visse la sapiente legislatrice di Ar- me, chiamati Condagues o Condaces per derivazione dal verbo latino
borea.29 I Commentari dellOlives sono in tal rispetto, come i Condo, recondo, che significa ascondere, riporre, quasi libri riposti o cu-
stoditi per memoria dei fatti e degli averi. Sappiamo inoltre da lui, che lo
27. Dal commento al cap. I (p. 4, n. 15) della Carta locale si ricava che afferma colla testimonianza di antichi documenti, esservi state una volta
lOlives pose mano a detto lavoro sotto il regno di Filippo II, il quale in Sardegna le citt ed i luoghi di rifugio, come presso gli ebrei, ed uno
prese le redini del governo nel 1556, dopo la famosa rinunzia dellim- di questi asili privilegiati essere stato il castello di Ardara nella Incontra-
peratore Carlo V. da (dipartimento) di Oppia, forse perch fu il castello di residenza degli
28. Della Carta de Logu di Eleonora, uno dei monumenti di legislazione antichi regoli turritani. Da lui finalmente sappiamo che verso la met del
pi famosi del secolo XIV, e delle varie edizioni che se ne fecero, parlam- secolo XVI esistevano ancora le antiche citt di Ploaghe, di Bisarcio, e
mo gi nel tomo II di questo Dizionario Eleonora regina di Arborea. di Usellus (vedi Comment. alla Carta de Logu, cap. XV, p. 52; cap. XXV,
29. LOlives non tralasci mai, sempre che il soggetto gliene diede oc- p. 74; cap. LI, p. 114).
casione, di annotare nei suoi Commentari alla suddetta Carta tutte le 30. Vedi Eleonora regina di Arborea, dove abbiamo fatto ricordo delle
notizie che potessero illustrare le cose antiche della Sardegna. Cos, per diverse edizioni dei commentari dellOlives, e dellaltro pregevole com-
arrecarne un qualche esempio, sappiamo da lui, che i Condagues, os- mentario sulla stessa Carta de Logu fatto dal cav. D. Giovanni Mameli,
siano cronache sarde, erano libri che si conservavano nelle chiese, e dotto giureconsulto sardo ancora vivente.

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questo nome, e padre di altro Pietro Boyl barone di Puttifiga- maschile, verso il 1720, e manc nella sua persona il nome e
ri Boyl Francesco. Michelangelo Cani, illustre giurisperito la discendenza degli Olives, la quale fu per circa due secoli
sassarese, fu laltro sardo che occup, dopo molti anni, la su- una delle prosapie pi ragguardevoli della citt di Sassari.
prema fiscala del consiglio di Aragona gi esercitata dal suo BIBL.: Quesada Pilo, Controv. forens., cap. I, p. 3, n. 1; cap. IV, p. 35,
concittadino Girolamo Olives. Appartenne alla stessa casata n. 5; Madao, Dissert. sulle sarde antich., p. 55; Dexart, Cap. cur. re-
Antonio Michele Olives marchese di Montenegro, cittadino gn. Sard., pp. 143, 147, 155, 550; Olives, Comment. ad cart. de logu,
sassarese, il quale nel principio del secolo XVIII fu uno dei loc. cit. nelle note; Simon, Lett. sopra i cultori della giurisprud. in
partigiani pi zelanti di Filippo V, pretendente alla corona di Sardegna, p. 9; Massala, Dissertaz. sul progr. delle scienze in Sard.,
p. 11; Manno, Stor. di Sard., tomo III, pp. 470-471; tomo IV, p. 64;
Spagna. I ministri di Carlo arciduca dAustria, che governaro- Mimaut, Hist. de Sard., tomo II, pp. 178, 665 ss.; Bacallar, Coment.
no la Sardegna dal 1708 fino al 1717, gli fecero soffrire per de la guer. de Esp., tomo II, p. 161; Botta, Storia dItal., continuaz.
questa sua fedelt frequenti ed inique vessazioni;31 ma egli se del Guicciardini, tomo VIII, pp. 54-55.
ne vendic con ogni suo potere, allorquando lardire del car-
dinale Alberoni cacci per sempre dallisola le armi tede- Omodeo Bernardo, pio e generoso metropolita di Arborea,
sche. Imperocch, appena si present nel golfo di Cagliari la vissuto negli ultimi anni del XII e nel principio del secolo
flotta spagnuola sotto gli ordini del marchese di Mari per ri- XIII. Il nome suo rammentato con lode dagli annalisti ca-
chiamare i sardi alla sommissione verso il re Filippo, egli ec- maldolesi per le largizioni da lui fatte ai monaci dello stes-
cit a tumulto la fazione amica al principe francese, e messo- sordine. Le memorie relative a dette largizioni sono contenu-
si alla testa di alcuni drappelli di milizie nazionali, trascorse te nel diploma di donazione di molte chiese e di ampli
la campagna, proclamando dappertutto la signoria castiglia- terreni fatta da Constantino II regolo arborense, e nellaltro di-
na. La sua insurrezione fu sostenuta dal marchese di Monteal- ploma di conferma segnato dallo stesso Bernardo a favore di
legro spedito sollecitamente dal marchese di Leide alla volta Filippo, abate del monistero di S. Zenone di Pisa, e di Pietro
di Sassari con trecento cavalli, e con un reggimento dinfante- priore del monistero di Bonarcado in Sardegna. In questulti-
ria. Poi volgendo la marcia contro questultima citt, vi entr mo diploma Omodeo concede ai monaci le decime, le obla-
in trionfo nel 16 settembre 1717, dopo aver costretto alla fuga zioni e le primizie spettanti alle chiese donate; accorda ai
il marchese di Benites, che la governava con supremo potere medesimi la facolt di amministrare i sagramenti, eccettuato il
a nome dellarciduca dAustria. LOlives, per questa novella battesimo, la di cui collazione ristrinse ai ministri evangelici
prova della sua devozione a Filippo V, ottenne, finch visse, della chiesa di S. Agostino di Austis; proibisce le erezioni di
favori e grazie da quel monarca. Cess di vivere, senza prole nuove chiese ed oratori nelle parrocchie dipendenti dai do-
natari, ed impone ai monaci privilegiati il solo obbligo di
31. Le particolarit delle vessazioni fatte al marchese di Montenegro, al eleggere il priore di S. Zenone di Bonarcado col consenti-
di lui fratello D. Giambattista Olives parroco della chiesa di S. Catterina, mento di Costantino giudice di Arborea, patrono e signore
ed a molti altri gentiluomini sassaresi aderenti a Filippo V, sono minuta- dei luoghi e delle terre contenute nella donazione. Questi
mente riferite, con altre vicende pubbliche di quei tempi, in un fram- due monumenti che appartengono agli anni 1196 o 1211
mento del Diario scritto in lingua spagnuola da Domenico Usai di Sas-
sari. Il suddetto frammento autografo da noi posseduto, e comprende
(perciocch nei medesimi, colla data 1200 XIII kal. novem-
la narrazione delle cose accadute in Sassari dal 1710 al 1715. molto bris, notata lindizione XIV) spargono molta luce sulla sto-
pregevole per la verit dei fatti, perciocch lo scrittore del Diario era te- ria ecclesiastica di Sardegna del medio evo, e furono pubbli-
stimonio oculare delle cose che narrava Usai Domenico. cati per la prima volta dal Mittarelli e dal Costadoni nel tomo

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One Onr

IV degli Annali camaldolesi. Non si ha di Omodeo altra noti- monarchi aragonesi. I suddetti statuti sono un monumento
zia, n il Mattei seppe darne maggiori di quelle che si ricava- egregio di civilt e di sapienza, il quale onor in tempi barba-
no dagli anzidetti diplomi. ri il senno della repubblica sassarese, e forma al presente un
BIBL.: Mittarelli e Costadoni, Annal. camald., tomo IV, lib. XXXV, ricordo glorioso della virt e della libert di quegli antichi cit-
pp. 177-178, e nellappend. col. 240-244; Mattei, Sard. sacr., p. 239 tadini. Cavallino de Onestis era dottore di legge; e la memoria
Costantino II re di Arborea. del benefizio da lui procurato al comune di Sassari collordi-
namento e colla pubblicazione delle leggi municipali fu per-
Onestis Cavallino de, uno de pi antichi e pi rinomati ca- petuata nellinsegna blasonica dello stesso comune, la quale
pitani del comune di Sassari nel principio del secolo XIV. sostenuta per ambi i lati dal dorso di due generosi cavalli.
Egli era podest della repubblica nel 1316, ed a lui si deve BIBL.: Manno, Stor. di Sard., tomo II, p. 366 Calderari Nicol.
principalmente lordinazione degli statuti del popolo che fu-
rono pubblicati in detto anno,32 e rimasero in vigore per pi Onorato Gianuario vescovo di Cagliari.
di tre secoli, anche dopo la conquista della Sardegna fatta dai
Onroco re di Cagliari. Fu chiamato altrimenti Orzocorre, e
32. Il codice degli statuti della repubblica sassarese esiste al presente ne- regn dopo Torchitorio I nel declinare del secolo XI. Fu uno
gli archivi della citt di Sassari. scritto sulla cartapecora, in caratteri se- dei dinasti sardi, ai quali papa Gregorio VII si rivolse nel
migotici, colle rubriche, numerazione ed iniziali dei capitoli in caratteri 1073 per richiamarli allantica obbedienza verso la S. Sede, e
rossi. Il testo di schietta e pura lingua logudorese. Il codice diviso in per far rifiorire nellisola la disciplina ecclesiastica gi scaduta
tre parti. La prima contiene 159 capitoli, ed mancante dellindice. La se-
conda preceduta dallindice in caratteri semigotici rossi, e contiene ca- dallantica osservanza. Egli si adatt intieramente alle insinua-
pitoli 42, ai quali se ne vedono aggiunti venti altri statuiti in tempi poste- zioni pontificie, e secondo le sollecitudini di Costantino arci-
riori, cio nel 1491. La terza preceduta cos pure dallindice, e contiene vescovo di Torres, cui il sommo gerarca avea commesso le
capitoli 49; lultimo dei quali anche incompleto, perch dal medesimo trattative degli affari pertinenti alla religione ed al governo
comincia la deficienza degli altri fogli che compivano questo libro vera- temporale della Sardegna. La sua arrendevolezza, e il deside-
mente prezioso. Esiste nello stesso archivio un copioso frammento della
traduzione latina del codice medesimo, scritta sopra fogli membranacei e
rio da lui manifestato di trasferirsi a Roma per dar prove pi
con caratteri affatto somiglianti a quelli del testo originale, di cui fu con- certe della lealt de suoi sentimenti, furono grandemente en-
temporanea. Lintroduzione cancelleresca alla descrizione degli statuti comiate dal pontefice, il quale gli scrisse nellanno appresso
come segue: In nomine Patris et Filii, et Spiritus Sancti. Ad honorem et una particolare epistola, promettendogli ogni sicurezza nel
reverentiam Dei Patris onnipotentis et beat. Mariae semper Virginis, bea- viaggio che bramava intraprendere, ed esortandolo a delibe-
tor. mart. Gavini, Prothi, et Januarii, atque beat. Nicolai et omnium rare maturamente sopra le cose gi notificategli dal metropo-
sanctor. et sanctar. Dei. Ad exaltationem et magnificentiam ad bo-
num et pacificum statum civitatis Sassi, haec sunt capitula, statuta, et or- lita turritano. La legazione del vescovo di Populonia, che eb-
dinata, scripta, et exemplata promulgata tempore nobilis viri Cavallini de be luogo dopo la missione di Costantino, serv a confermarlo
Honestis legum doctoris, potestatis Sassi Dominicae Incarnationis an- vieppi nelle disposizioni che avea per lo innanzi manifesta-
no millesimo trecentesimo sexto decimo Nella sollevazione popolare te: quindi accolse onoratamente ne suoi stati il legato ponti-
accaduta in Sassari nel 1780 questo codice con altre antiche carte sfugg ficio, si adatt perfettamente ai suoi consigli, e con siffatta
al furore vandalico della plebe, la quale distrusse quasi intieramente lar-
chivio municipale. Il Manno nel tomo II della Storia di Sardegna (p. 365 politica si rimerit le lodi e la protezione di Roma. Papa Gre-
ss.), diede un sunto assai sensato degli statuti ed ordinamenti della re- gorio gli scrisse nuovamente nel 1080, commendando tra le
pubblica sassarese contenuti in detto codice. altre cose la sua sommessione alla S. Sede, incaricandolo di

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Onr Orn

esortare larcivescovo Giacomo e gli altri chierici della chiesa laurea teologica, si applic con ardore ai faticosi ministeri
cagliaritana a radersi la barba, secondo il costume della chie- del sacerdozio. Fu destinato primamente al governo spiritua-
sa occidentale, e significandogli non aver egli dato ascolto al- le della pieve dUsini e di Tissi, quindi a reggere la parroc-
le richieste dei normanni, dei toscani e dei longobardi, che si chia di S. Caterina, la seconda delle urbane di Sassari, ed in
erano profferti di occupare gli stati cagliaritani, ritenendoli ultimo ad occupare un seggio canonicale nel capitolo della
poi sotto lalto dominio pontificale, n mai voler permettere, sua patria. Lo zelo da lui addimostrato nella cura delle ani-
allora o nellavvenire, che il regno suo andasse nelle mani di me, e la dottrina di cui era eminentemente fornito, gli gua-
gente straniera. Assicurato in tal modo nei propri domini, dagnarono la stima ed il rispetto pubblico. Nel 1660 fu eletto
Onroco continu a governarli per altri nove anni con fama di per acclamazione di tutti i collegi cancelliere delluniversit
principe giusto e generoso. Insofferente dellalterezza dei pi- turritana; ma tale elezione non avendo ottenuto il suo effetto
sani, i quali voleano arrogarsi uninfluenza esclusiva nelle co- per i privilegi allegati dal rettore del collegio gesuitico,34 ne
se di governo, si colleg col comune di Genova, e li cacci deriv una scissura clamorosa, le di cui conseguenze furono
dai suoi stati.33 Cess di vivere circa il 1089, e gli succedette molto felici per la pubblica istruzione. Paolo Ornano, gene-
nel regno Arzone o Azzone, che sembra essere quellistesso roso uomo e vero cittadino, non si rammaric dellesclusio-
prudente uomo encomiato da Gregorio VII nella mentovata ne della sua persona, ma del danno che potea derivare alle
lettera dellanno 1080. lettere dalle privative del pubblico insegnamento; e perci si
BIBL.: Gregorio VII, Epist., lib. I, epist. 29, 41; lib. VIII, epist. 10, presso ferm nel pensiero di creare un nuovo stabilimento, in cui
il Mansi, SS. Concil. collect., tomo XX, col. 84, 94, 322-323; Mittarelli e altri maestri ed altri metodi aprissero alla giovent studiosa i
Costadoni, Annal. camald., tomo III, lib. XXV, p. 147; Muratori, Antiq. sinceri fonti dellumano sapere. Fisso in tale proposito, allor-
ital., tomo I, dissert. V, col. 246 ss.; Fara, De reb. sard., lib. II, p. 221 ss. ch venne a morire, institu erede universale del suo ricco
patrimonio lordine del Calasanzio, e statu nel suo testamen-
Onrocco re di Arborea Orzocco. to del 3 maggio 1682 che si fondasse in Sassari un collegio
delle scuole pie per insegnare pubblicamente le lettere senza
Ornano Paolo. Nacque in Sassari nel terzo lustro del secolo stipendio o mercede di sorta, nominando esecutore di questa
XVII; si distinse per la sua dottrina e per la piet che ri- sua volont il dottore Fabio Grimaldi arciprete della cattedra-
splendette in tutte le sue azioni, e dopo aver meritato assai le di Ampurias.35 Tre giorni dopo questa generosa disposizio-
bene della patria, mor nella medesima add 6 maggio 1682. ne, cess di vivere, e surse tosto una turba di oppositori i
Fu iniziato nelle lettere da D. Antonio Canopolo suo zio, il quali voleano impedirne leseguimento, predominati dalle
quale, dopo la morte del di lui padre Bernardino Ornano, lo vecchie abitudini, e fautori tenaci del privilegiato sistema delle
accolse in sua casa e lo ebbe in luogo di figlio. Leducazione
e gli esempi ricevuti da questo insigne prelato, che illustr 34. La lite per tal motivo suscitatasi tra i collegi delluniversit turritana
colle sue virt le metropoli di Arborea e di Torres, produsse- ed i PP. gesuiti, ampiamente riferita dal Quesada Pilo nella XXXV
ro nel giovine Ornano frutti non ordinari e precoci. Studi Controversia forense, dove parla ancora delle questioni insorte tra gli
con molta lode dingegno le sacre discipline, ed ottenuta la stessi gesuiti ed i frati ospedalieri di Sassari per causa dellegregio lega-
to del cittadino Gaspare Vico.
35. Di cotesto Fabio Grimaldi esiste un indice ms. delle cose pi rimar-
33. Questa alleanza di Onroco co genovesi accresce valore alla narra- chevoli contenute nei libri e negli archivi del comune di Sassari. Noi lo
zione del Fara, il quale chiama questo regolo cagliaritano Onroco Gri- possediamo apografo, ed molto commendevole per labbondanza e
maldo (De reb. sard., lib. II, p. 234). per lesattezza delle notizie.

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Orr Ort

scuole antiche. Ma levidenza del bene pubblico trionf final- anni di matrimonio, questunico figlio, destinato dal cielo ad
mente di tutti gli ostacoli. Il collegio instituito dallOrnano fu illustrare collesempio delle sue virt la terra in cui sort i na-
fondato add 8 dicembre 1690;36 le nuove scuole si aprirono, tali. Studi Francesco i rudimenti della lingua latina e delle
e i frutti venutine appresso, per lo zelo e per la emulazione umane lettere; ma dopo il corso della rettorica, non volle
de novelli maestri, andarono maravigliosamente crescendo, pi continuare lintrapresa carriera, chiamato interiormente a
ed accrebbero fama allilluminato e generoso fondatore. Avo servire il Signore nella semplicit dello spirito e nel disprez-
di Paolo fu Antonio Ornano Basteliga, cittadino sassarese, il zo delle cose mondane. Questa sua vocazione era stata ma-
quale occup successivamente le illustri cariche di segretario nifesta per vari segni. Fanciullo di nove anni fuggiva spesso
e di consigliere del re cattolico e di tesoriere generale del re- dalla casa paterna, e consumava orando molte ore del gior-
gno di Sardegna. autore di un opuscolo intitolato Historia no nella solitaria chiesa di Monserrate; ed allorquando sin-
verdadera de los SS. martyres Gavino, Protho y Ianuario, Sa- trodusse in Sardegna il nuovo ordine di S. Ignazio di Loyola,
cer, 1626 (un vol. in 8), in cui sono raccolte molte notizie dimostr gran desiderio di esservi ascritto. Il padre suo,
delle cose succedute a suoi tempi.37 chera di umore aspro ed impetuoso, adoper la violenza,
BIBL.: Arca, El saco imagin., pp. VIII-IX; Quesada Pilo, Controv. fo- dacch i consigli furono inutili per distoglierlo da tal pensie-
rens., controv. XXXV; Sisco, Memorie mss., tomo III; Archiv. delle ro: per il santo giovane, irremovibile sempre nel suo pro-
scuole pie di Sassari, fundacion, pp. 11-28. posito, aspett che maturassero favorevoli gli eventi per ri-
durre ad effetto lardenza delle pie sue brame. Dopo molti
Orrubu Preziosa de Barisone II re di Torres. anni di lotta tra la sua volont e quella del padre, rimase or-
fano dei genitori; per la qual cosa, non trovando pi osta-
Ortolano, pio uomo cagliaritano, vissuto nel secolo XI. Fu colo alla propria inclinazione, si fece gesuita nel 6 ottobre
marito a Nereida, di cui fa menzione S. Gregorio Magno nel- 1566. Il tenore di vita osservato costantemente da lui nei cin-
le sue epistole, e fece molte opere generose a favore della quantotto anni vissuti nella compagnia fu tutto di umilt, di
chiesa maggiore della sua patria. Per tal motivo il suddetto penitenza e di edificazione. Non volle mai avanzare oltre il
pontefice S. Gregorio ricorda con elogio il di lui nome in una grado di coadiutore temporale; eseguiva con alacrit gli uffi-
lettera diretta nel 599 a Gianuario vescovo di Cagliari Gia- zi pi abbietti e faticosi, si flagellava colle discipline e co ci-
nuario e Nereida. lizi, ed abitava per propria elezione una stanza cos angusta,
che vi capiva appena il suo misero letticiuolo. La carit per
Ortolano Francesco, fratello coadiutore della compagnia di glinfermi ebbe in lui dello straordinario e del sublime; e lo
Ges, nato in Cagliari nel 15 ottobre 1544, e morto nella stes- spirito di orazione occup talmente tutta lanima sua, che as-
sa citt nel 20 dicembre 1623 con molta fama di santit. Suo sorto soventi nelle contemplazioni celesti scordavasi intiera-
padre era nativo di Barcellona, ed avendo fissato in Sardegna mente di se stesso. Iddio si serv del suo mezzo per manife-
la sua dimora per attendere alla mercatura, ebbe, dopo molti stare alla piet dei sardi i tesori di tante reliquie ed i corpi di
tanti martiri che giacevano prima ignorati ed oscuri, tra i
quali sono pi famosi i depositi dei SS. martiri Lussorio ed
36. Nel collegio delle scuole pie di Sassari si conserva la relazione isto- Antioco da lui discoperti. Le rivelazioni del fratello Ortolano a
rica di detta fondazione, e vi si leggono copiose memorie delle perse-
cuzioni insorte contro gli umili ed operosi discepoli del Calasanzio. tal proposito furono un tempo di gran celebrit in Sardegna, e
37. Di questa operetta dellOrnano fa pure onorato ricordo Antioco Ar- dalla tradizione delle medesime si trassero poi infinite leggen-
ca nel suo dramma sacro El saco imaginado. de, nelle quali pi da lodare la piet che la critica degli

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Orv Orz

scrittori.38 Ebbe questo servo di Dio il dono della profezia, e col popolo tarrense ad Oristano, che sorgeva sulle sponde
raccontasi tra le altre cose, che predicesse con verit il giorno del Tirso e divent in tal modo la capitale di Arborea.39 Nel
preciso della canonizzazione di Ignazio di Loyola. Le ultime 1073 il papa Gregorio VII gli scrisse da Roma, richiamandolo
parole da lui proferite, allorch arriv allo stremo del viver cogli altri regoli sardi allobbedienza verso la S. Sede, ed
suo, furono quel versicolo della Bibbia: Hodie scietis, quia esortandolo vivamente acci facesse opera di restituire colla
veniet Dominus, et mane videbitis gloriam eius. La sua morte sua autorit alle chiese di Sardegna lantico splendore e la di-
fu riguardata comunemente come il transito felice di un santo. sciplina, da cui erano scadute. Il felice risultamento delle le-
Il popolo corse in folla alle sue esequie, che furono splendi- gazioni di Costantino metropolita di Torres, e del vescovo di
dissime. Il capitolo ed il consiglio municipale di Cagliari volle Populonia sembra provare che Orzocco, come gli altri dinasti
onorarle colla sua presenza. Gli fu recitata orazione funebre, sardi suoi contemporanei, abbia contribuito efficacemente a
ed il suo cadavere rimase pubblicamente esposto per tre gior- ristorare nellisola la religione. Egli ebbe in moglie Nivatta, o
ni per soddisfare alla devozione dei fedeli. I miracoli che si Nibatta che lo fece padre di Torbeno suo successore nel re-
dicono operati dopo la sua morte sono registrati nella vita di gno. Costei sopravvisse al marito, e fece gittare le fondamen-
lui, che fu scritta originalmente in lingua spagnuola, e poi vol- ta della villa e castello di Cabras, che fu nei tempi posteriori
tata in italiana favella. il luogo di residenza e di delizia dei regoli di Arborea.
BIBL.: Cordara, Histor. societ. Jesus, parte VI, lib. VIII, pp. 444-446, an- BIBL.: Gregorio VII, Epist., lib. I, epist. 29, presso il Mansi, SS. Con-
no 1623; Patrignani, Menolog., tomo IV, p. 157 ss., mese di dicembre. cil. collect., tomo XX, col. 84; Fara, Corograph. sard., e De reb.
sard., lib. II, p. 237; Vico, Storia di Sard., parte VI, cap. LXXVII;
Orvu Comita Comita I re di Arborea. Mittarelli e Costadoni, Annal. camald., tomo III, lib. XXV, p. 147.

Orvu Maria Orzocco II re di Arborea. Orzocco II. Nacque da Torbeno, o Torpeno de Zori e da An-
na di Lacon regoli di Arborea, e succedette agli stati paterni
Orvu Elena Gonnario re di Arborea. nel declinare del secolo XI. Il suo regno non fu illustrato da
fatto veruno degno di ricordanza, dal che si pu argomentare
Orvu Georgia Georgia. che fu brevissimo. Scarse ancora sono le memorie rimasteci
della sua persona, e le poche che si hanno furono prima-
Orvu Preziosa Gonnario re di Arborea. mente pubblicate dal Fara, il quale le ricav da unantica cro-
naca sarda. Recentemente il Manno produsse in luce due carte
Orzocco I, chiamato altrimenti Onroco, ed Orzoccorre. Fu il (appartenenti senza dubbio al secolo XI), dalle quali con-
secondo regolo della provincia di Arborea, e succedette nel fermata la narrazione del primario storico di Sardegna, ma
regno a suo padre Mariano de Zori circa il 1070, secondo che nulla contengono dei fatti pubblici di quel tempo. Or-
lautorit delle cronache sarde. In detto anno egli abbandon zocco ebbe in moglie Maria di Comita Orvu, e morto essen-
la ruinata citt di Tarrhos, e si trasfer col vescovo, col clero e do senza figliuoli, il supremo potere and nelle mani del suo-
cero suo, il quale lo trasmise poi alla sua figlia primogenita
38. Noi possediamo una di queste leggende, nella quale sono indicati i
nomi, il sesso, let e la professione di dugento sessantasei santi e sante 39. Il Vico assegn erroneamente questo trasferimento al 1185. Ed il
martiri sarde, il tempo del martirio, ed i luoghi nei quali esistevano le Mattei err ancora, supponendo che Arborea fosse il nome di una citt,
reliquie loro Credad Judaeus Apella. non per duna provincia.

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Osp Ott

Elena Orvu maritata a Gonnario di Lacon. Nella persona di ebbe la gloria di chiamare alla vera religione cotesti popoli
Orzocco II si estinse la dinastia dei Zori, cominciata in Maria- montani e bellicosi. Convertitosi egli stesso alla fede che bra-
no I; e per mezzo di Comita Orvu che spos Elena a Gonna- mava introdurre nel suo paese, accolse umanamente Felice e
rio, subentr laltra pi potente e pi fortunata dei Lacon. Ciriaco41 mandati nel 594 dal papa S. Gregorio Magno per
BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. II, p. 237; Vico, Hist. gen. del reyno predicare ai barbaricini la dottrina del cristianesimo. In tale
de erd., parte IV, cap. XXXIV; Pellicer, Memor. de la casa de Ara- circostanza lo stesso pontefice gli diresse unepistola piena
gon; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 222-223; Memor. del marq. di santo zelo, encomiando la sua generosit per aver abban-
de Coscoj., alb. geneal. de los juez. de Arborea. donato le false pratiche del paganesimo, ed esortandolo a
compire la bellopera incominciata, riducendo alla verit del-
Ospitone, famoso capo dei barbaricini, il quale visse nel la stessa fede gli uomini efferati, che aveano comuni con lui
declinare del secolo VI, e contribu colle sue persuasioni e la patria e le leggi. Le premure di S. Gregorio furono coro-
col suo esempio a convertire alla fede i popoli selvaggi, so- nate da buon successo. Ospitone riusc finalmente ad am-
pra i quali esercitava lautorit del comando. Discendenti mansire gli animi dei suoi barbaricini, i quali, abbandonata
dagli antichi iliesi mai soggiogati dai romani, i barbaricini lidolatria, si fecero seguaci della nuova legge di grazia, e se-
aveano ereditato dai padri loro collamore della libert la fe- gnarono stabilmente la pace con Zabarda, il quale avea pri-
rocia dei costumi e gli errori dellidolatria. Abitatori di monti ma tentato inutilmente di ridurli alla soggezione dellimpe-
asprissimi ed inaccessibili, resistettero costantemente agli rio. Cotesta conversione fu tanto strepitosa, che il sommo
sforzi fatti dai ministri imperiali per ridurli al vassallaggio; e gerarca stim di congratularsene collo stesso Zabarda e colla
cos per questo indomabile spirito dindipendenza, come per corte di Costantinopoli, come di un avvenimento dei pi fe-
la brutalit della vita, ottennero nei tempi antichi uninfelice lici. E Ospitone, autore principale del fatto memorabile, non
celebrit. La terra da essi abitata fu chiamata Barbagia; e la tard a raccogliere il frutto delle sue fatiche, vedendo, dopo
Barbagia sarda, quantunque illuminata dalla luce dellevan- sette anni, ridotta intieramente a forma di provincia cristia-
gelio, mantenne sino al medio evo la sua originaria selvati- na42 la terra da lui conquistata alla fede di G. C.
chezza, e fu fatta segno di commoventissimo canto dal ge- BIBL.: S. Greg. Magno, Epist., lib. IV, indiz. XII, epist. 24; lib. XI, in-
nio contemporaneo del gran poeta ghibellino.40 Ospitone diz. IV, epist. 23; Fara, De reb. sard., lib. I, pp. 118-121; Marongio,
Select. S. Gregor. pontif. I epist., pp. 62 ss., 118 ss.
40. Nel canto XXIII del Purgatorio, Dante introduce Forese a parlare della
sua moglie in questo modo: s tosto mha condotto / A ber lo dolce as-
Ottoccorre re di Gallura Gunale Orzoccorre.
senzio dei martri / La Nella mia col suo pianger dirotto. / Con suoi prie-
ghi divoti e con sospiri / Tratto mha dalla costa ove saspetta, / E liberato
mha degli altri giri. / Tant a Dio pi cara e pi diletta / La vedovella
mia, che molto amai, / Quanto in bene operare pi soletta; / Ch la 41. Felice, monaco del monistero di S. Andrea e S. Gregorio de urbe
Barbagia di Sardigna assai / Nelle femmine sue pi pudica, / Che la ad clivum Scauri, fu anche vescovo di Porto. Ciriaco, abate dello stes-
Barbagia dovio la lasciai ecc. Sopra i quali versi scrissero i comentatori so monistero, dopo la sua missione in Sardegna fu inviato da papa
antichi di Dante: Sono nellisola di Sardigna monti asprissimi, ed in quelli, Gregorio suo legato in Francia ed in Ispagna per importanti affari della
popoli di costumi barbari, e le femmine molto lascive; e chiamasi il paese chiesa (vedi Mittarelli, Annal. camald., tomo I, lib. II, p. 68 ss.).
Barbagia. Il perch appellando Forese per similitudine Barbagia anche Fio- 42. Dalla lettera che nel 601 il suddetto papa S. Gregorio indirizz a Vi-
renza sua patria, dice che la Barbagia di Sardigna ha femmine pi pudi- tale difensore della Sardegna, si ricava con certezza, che in tal tempo la
che che la toscana Barbagia, dove egli morendo lasci la sua Nella. Barbagia era gi ordinata a forma di parrocchia cristiana.

58 59
Pas

P Paolo frate da Cuglieri Perria Sebastiano.

Parasone Benedetta.

Pala Denetone. Fu uno degli anziani del comune di Sassari, Passamar Giacomo, dotto e pio arcivescovo turritano del se-
che segnarono la famosa convenzione del 24 marzo 1294, in colo XVII. Nacque in Sassari da onorati parenti verso il 1570,
virt della quale il suddetto comune cominci a reggersi a ed avendo abbracciato nella sua giovent la carriera ecclesia-
forma di repubblica, ad esempio delle altre citt libere dIta- stica, si fece un nome assai distinto per i suoi talenti, per la
lia Calderari Nicol. Appartenne ad una famiglia assai po- gran perizia delle scienze teologiche, e per lesemplarit della
tente, la quale collaltra famiglia dei Catoni contribu alla feli- vita. Govern per molti anni la parrocchia di Bonorva, grosso
cit delle conquiste fatte in Sardegna dai monarchi aragonesi villaggio del capo settentrionale di Sardegna, dal quale uffi-
Catoni Guantino. Fautori prima, e poi nemici dei conqui- zio fu promosso nel 1613 al vescovado di Ampurias, la di
statori stranieri, i Pala ed i Catoni si posero alla testa della ri- cui chiesa cattedrale consagr. Dopo nove anni fu traslatato
bellione che suscitossi in Sassari nel 1329 contro il nuovo alla sede arcivescovile della sua patria, nella quale dispieg
dominio, e si collegarono co Doria e co Malaspina per dare molto zelo per lincremento della religione e per la riforma
la citt in mano ai genovesi: ma andate a vuoto tali speran- del clero. Abbiamo di lui due sinodi latini, uno diocesano
ze, e riusciti vani gli sforzi loro, per il valore e per la fedelt celebrato nel 1625 e laltro provinciale convocato nel 1633, i
dei popolani, essi furono banditi dalla patria come ribelli, ed quali furono predicati colle stampe. I medesimi sono intito-
eccettuati inoltre dallindulto accordato nel 1330 da Alfonso lati Constitutiones et Decreta synodalia edita et promulgata
IV. Andarono esuli per pi di due lustri; ma nel 1409 i loro in diocesana synodo turritana ecc. (Saceri, ex typogr. Nob.
discendenti riuscirono a rientrare in Sassari, ed a far dichia- D. Franc. Scano de Castelv, apud Bartholomaeum Gobettum,
rare la citt a favore del visconte di Narbona e di Brancaleo- 1625, un vol. in 4), e Decreta concilii provincialis turritani
ne Doria, i quali vi si rifugiarono cogli avanzi dellarmata (Saceri, ex typogr. Nob. D. Margar. Scano de Castelv, apud
che aveva infelicemente combattuto nella famosa battaglia di Joannem Gavinum Seque, 1641, un vol. in 8). Sono prege-
Sanluri. Dal 1420 non si trova pi nei monumenti di quel voli per la sincerit della dottrina, e per la sapienza dei cano-
tempo ricordo veruno dei Pala; dal che sembra potersi argo- ni che vi furono sanciti; il provinciale singolarmente, il quale
mentare che la famiglia loro fosse gi estinta, ovvero scaduta fu approvato dalla sagra congregazione cardinalizia del con-
intieramente dalla sua antica grandezza. cilio di Trento, di cui era segretario il cardinale Pamfili, poi
assunto al pontificato sotto il nome dInnocenzo X. Le con-
BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. VII, cap. X; Fara, De reb. sard., tenzioni di questo prelato collarcivescovo cagliaritano, per
lib. III, pp. 275-276; Mimaut, Hist. de Sard., tomo I, p. 230; Manno, causa del controverso primato ecclesiastico e della pretesa
Stor. di Sard., tomo III, pp. 49-50. santit di Lucifero, diedero occasione a un clamoroso armeg-
giamento, nel quale presero parte i municipalisti pi ardenti
Palliaccio Gavino Planargia marchese della. di quel tempo. Egli trasferissi per tal fine a Roma, e vi pub-
blic molte allegazioni di diritto, per le quali volle provare
Paolo Gianuario vescovo di Cagliari. che la primazia apparteneva alla sua sede, e che Lucifero

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Pas

mor separato dalla unione cattolica.43 Questultimo assunto,


al quale ripugnavano i luciferisti, gli concit lo sdegno dei
cittadini rivali, tra i quali si distinse il frate Vidal, irritato anco-
ra dalle censure cherano state fatte ai suoi strampalati annali
di Sardegna, credendole scritte o almeno suggerite da lui, ab-
bench il vero autore loro non si fosse apertamente manife-
stato Vidal Salvatore e Vico Francesco. Le quali questioni,
siccome abbondavano tanto di vanit e di puntiglio, quanto
mancavano di utilit, cos furono cagione che il Passamar
sprecasse, come tanti altri acuti ingegni sardi, il tempo e le
fatiche, potendole pi gloriosamente impiegare nellaumento
delle scienze divine. Ma se cotesta lotta, stimata a quei tempi
una professione di patria, nocque alla splendidezza dei suoi
lumi e della sua dottrina, nulla per nocque allanimo suo, il
quale non tralign giammai dalla moderazione e dalla bont.
Giacomo Passamar fu uomo di tal tempra che nel calore
istesso delle disputazioni di municipio riscosse gli encomi dei
suoi avversari, per la religione, per la piet e per linnocenza
che risplendettero in tutte le sue azioni. Alle quali virt an-
dando congiunta la sapienza, merit di essere riputato in vita e
dopo morte, uno dei prelati che illustrarono maggiormente la
chiesa sarda. Cess di vivere nel 1644, e gli succedette nello

43. Che il Passamar facesse pubbliche colle stampe le sue scritture sopra
le suddette questioni, lo testifica tra gli altri Benedetto XIV, laddove scri-
ve: duo praeterea archiepiscopi sardi suas hac in re sententias editis vo-
luminibus aperuerunt; turritanus scilicet contra Luciferum, Ambrosius
autem Machinus anno 1639 pro Lucifero pugnavit (De serv. Dei beat.,
tomo I, lib. I, cap. XL, p. 169). E appresso ragionando istoricamente del-
la stessa questione della santit luciferiana, soggiunge: sed si integra
facti series recte perpendatur, difficile admodam erit tuto asserere Lucife-
rum calaritanum habendum esse tanquam beatificatum. Quindi nello
stesso III riferisce: Die 17 octobris 1647. Lecto memoriali aliquot devo-
torum Christi fidelium, quo supplicatur declarari, an vigore decreti
sanctae memor. Urbani VIII emanati die 20 junii 1641, ne aliquis aude-
ret super Luciferi olim archiepiscop. calaritani praetensa sanctitate, cul-
tu etc. publice tractare etc. , possit, vel non, in ecclesiis officium, missa
solemnis, vel privata, et illius imago exponi populo veneranda, et ado- Passamar Giacomo. Copiato dal quadro in tela esistente nella galleria del pa-
randa, et sine scrupulo ista facere etc. Sanctissimus dixit, non licere. lazzo arcivescovile di Sassari.

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Per Per

stesso anno Andrea Manca, suo concittadino, non meno chia- ed egli fu promosso al comando delle isolette Lerins, sulla
ro di lui per la piet e per le lettere. costa del Varo, allora soggette al dominio dei re cattolici.
BIBL.: Passam., Syn. dioec. turrit. concil. prov. turrit.; Vidal, Propu- Lassalto dato dai francesi nel 1637 al forte di queste due isole
gnac. triumph.; Mattei, Sard. sacr., p. 168; Soggio, Vida de los SS. fu sostenuto dal Perez con molta abilit e con pari valore. Le
mart. turrit., ms., lib. III, cap. X; Sisco, Memorie mss., tomo III, p. 52. poche truppe, delle quali egli potea disporre, fecero unosti-
nata resistenza, n si arresero al nemico, che dopo cinquanta-
Perez Michele, distinto uffiziale, e scrittore di cose militari, due giorni di sforzi gloriosi, e con patti molto onorevoli, che
nato in Cagliari negli ultimi anni del secolo XVI, e morto nel- furono dal generale Harcourt religiosamente osservati. Dopo
la provincia di Guipscoa nel 1638. Andrea Perez padre suo, questa fazione fu mandato a Fontarabia in qualit di gover-
appartenente ad una famiglia onorata di Exea in Aragona, natore. Egli ne assunse il comando militare, allorch il princi-
dalla quale usc pure Giovanni Perez ultimo vescovo di Otta- pe di Cond avvicinavasi con ventiduemila combattenti dalla
na,44 venuto in Sardegna verso il 1587 lo ebbe dalle nozze parte dIrun per assaltare questa piazza importante. Lassedio
con una gentildonna spagnuola chiamata Elena Oggero, la infatti vi fu posto dai francesi nel 4 luglio 1638. I soccorsi da
quale gli partor ancora un altro figlio, cui fu imposto il no- lui dimandati in tal frangente per resistere ad unarmata cos
me di Giovanni, in memoria del suo gran zio che avea illu- poderosa furono spediti colla solita lentezza spagnuola. Lal-
strato per tanti anni una delle sedi pi antiche della chiesa mirante di Castiglia non si mosse da Madrid che nel 14 di
sarda. Li quali figliuoli di Andrea, volendo perpetuare il ricor- detto mese di luglio, n gli riusc dintrodursi nella piazza,
do dellorigine paterna, aggiunsero poi sempre al casato pro- impedito per terra da un corpo di truppe speditogli contro
prio lappellativo di Exea, o de Xea, che fu la patria antica dal Cond, e per mare dai vascelli capitanati dallarcivescovo
degli avi loro. Michele intraprese in giovine et la carriera di Bordeaux. Tuttavia il Perez non si lasci sopraffare dalla
delle armi sotto i vessilli spagnuoli, e fece con molta bravura gravezza del pericolo. Ordin la difesa della piazza con am-
le campagne dItalia e di Fiandra. Nel 1630 si trov presente mirabile intelligenza ed intrepidezza, e sostenne per quasi un
allespugnazione ed al sacco di Mantova, ed allassedio di Ca- mese limpeto smisurato degli assalitori. Ma nel giorno 8 di
sale; e nellanno istesso intervenne a tutte le piccole fazioni agosto del suddetto anno 1638, essendo salito sopra una mu-
combattute nel Milanese tra gli austro-ispani ed i francesi. Mili- raglia della fortezza per riconoscere davvicino le trincee ne-
tava allora in qualit di capitano nelle file dellarmata spagnuo- miche nel momento in cui gli assediati faceano contro le me-
la; e siccome in ogni incontro avea dato prove di singolare desime una vigorosa sortita, cadde colpito dalla palla di un
prodezza, fu rimunerato dei suoi servizi colla dignit equestre moschetto, per cui si rese, dopo poche ore, estinto. Il co-
di Montesa, e col temporario uffizio di inspettore dellartiglie- mando della piazza fu subito assunto da Domenico de Eguia
ria e dei forti di Sardegna. Un tale impiego fu poi conferito a valoroso capitano di quei tempi, il quale, pi felice del Perez,
Giovanni Perez suo fratello, il quale si fece un nome onorato oper di concerto collalmirante di Castiglia, e col marchese
con parecchie opere di beneficenza instituite nella sua patria, de los Velez, e nel 7 settembre dello stesso anno diede ai
francesi una rotta memorabile, per cui Fontarabia rimase li-
bera, e venne in potere degli spagnuoli il campo, lartiglieria
44. Giovanni Perez fu lultimo vescovo delle due sedi unite di Ottana e di
Bisarcio, le quali poi nel 1503 furono trasferite alla citt di Alghero, che e tutto il bagaglio dei nemici. La memoria di Michele Perez
da pievana fu eretta in vescovado da papa Giulio II (Mattei, Sard. sacr., rimase in onore negli annali militari della Spagna, e ai fatti
pp. 171-172, 223). darme, nei quali si era segnalato, accrebbero splendore la

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sua fedelt ed i suoi talenti. Abbiamo di lui unoperetta intito- nel 29 gennaio 1650. Sin dallinfanzia dimostr uno spirito di
lata: Preceptos militares, orden y formaion de esquadrones, raccoglimento e di divozione, che lo fece distinguere da tutti
pubblicata in Madrid nel 1632 (un vol. in 4), la quale un gli altri fanciulli della sua et; e dacch, fatto adulto, cominci
breve compendio della teoria militare usata in quei tempi ad aiutare il padre nei lavori campestri, fu desempio ai suoi
nelle armate spagnuole, e pu essere riguardata come un compaesani per la illibatezza dei costumi, e per la continenza
manuale pratico della tattica ordinaria dei corpi di fanteria, dei modi esterni che lo dimostrava superiore alla propria con-
anzi che un lavoro scientifico. Il Manno cita un altro opusco- dizione. Nel 16 maggio 1672 si rendette frate cappuccino nel-
lo inedito dello stesso autore sopra la difesa delle piazze forti lumile qualit di converso, ossia di laico, come per proprio
(De la defena de las plassas), del quale, avvegnach dal tito- nome la religione francescana usa chiamare gli oblati, quasi
lo apparisca pi importante dellaltro, non possiamo portar persone non iniziate n abili a maneggiare le cose sacre. Fatta
giudizio, giacendo tuttavia nelloscurit del manoscritto. la prova del noviziato, fu mandato dai superiori al servizio del
BIBL.: Camargo, Contin. della stor. gen. di Spag. del Mariaa, tomo
convento della sua patria, dove poi rimase sempre, edificando
II, pp. 640-641; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 481. i fedeli collesercizio delle pi sublimi virt. Fu insigne nella
vita contemplativa, e nel dono dei miracoli. Si raccontano co-
Perra Sebastiano, dottore di chirurgia, nato in Sinnai, villaggio se maravigliose della sua penitenza, e dello spirito di profezia,
della provincia di Cagliari, nella seconda met dello scorso se- di cui Dio lonor in vita; ma non essendo stata scritta dai suoi
colo, e morto in questultima citt dopo il 1821. Abbiamo di lui coetanei veruna relazione dei fatti prodigiosi che pi illustra-
i seguenti opuscoli: I. Osservazioni critiche sullopuscolo del rono la sua mortale carriera, i medesimi ci furono tramandati
dottore Gaspare Marassi di Savona, intitolato Il popolo istruito dalla tradizione, e sono ripetuti ancor oggi con entusiasmo dai
cuglieritani, molto devoti della sua memoria. Gli annalisti del-
sullaffare importantissimo di sua salute (Cagliari, 1806, un fa-
lordine francescano dei frati minori parlano generalmente dei
scic. in 8): II. Una memoria sullo stato della vaccina in Sarde-
prodigi operati da lui in vita, e dopo morte, e della fama di
gna (Cagliari, 1808, un fascic. in 8): III. Storia e cura di una
santit rimastagli in Sardegna;45 ma il processo autentico della
febbre maligna nervosa ecc. (Cagliari, 1821, un fascic. in 8).
sua vita e miracoli, che era stato formato nella curia episcopa-
Questo scrittore fu altres benemerito dellumanit pel disinte- le di Bosa, e and poi perduto per le inondazioni del Temo
resse col quale esercit verso i poveri larte sua. Dicesi che ab- che distrussero quellarchivio ecclesiastico, conteneva le pi
bia lasciata ms. la propria vita scritta da se medesimo.
BIBL.: Perra, Opusc. cit.
45. La narrazione di detti annalisti come segue: virtutem autem, quae
Perria Sebastiano, religioso di santa vita, il quale fior nel exacta regularis vitae ratione munita semper in provincia (turritana)
micuit, insigni decore novissime signavit Fr. Paulus a Culeri, laicus, in
declinare del XVII e nei primi cinque lustri del secolo XVIII. quem a tempore, quo se nostrae religioni sacravit, spiritus Domini insi-
conosciuto pi comunemente col nome di Fr. Paolo da Cu- luit in virtute, et vitam activam et contemplativam in eo ita univit, ut,
glieri, perciocch nato essendo in questultimo villaggio, ed dum ex conversatione sua inter homines adeptus est gloriam, mentis
avendo poi abbracciato la regola cappuccina, gli fu dato il excessu, qui saepius super eum irruit, coeli delicias gustaverit. Et sicut
de illo in vita virtus, qua sanavit et mira patravit, exivit, et post mortem
nuovo nome di Paolo, secondo lantica costumanza dei frati de sicco illius cadavere egressus est sanguis, ita illum populi opinio sa-
minori di S. Francesco. Leonarda Falchi, virtuosa donna di An- cri honoris dignum semper censuit, et curia episcopalis Bosanensis tam
tonio Perria, povero ma onesto contadino, lo partor alla luce vitae, quam mortis mirabilia censorio examine propterea jam discussit.

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minute particolarit delle azioni gloriose di questo venerabile Tenne segrete intelligenze col marchese di Villasor, col conte
servo di Dio. Tra le cose straordinarie che si dicono da lui di Montesanto, e cogli altri fautori del partito tedesco per
operate mentre vivea, ottengono principal luogo le guarigioni proclamare in Sardegna il dominio dAustria, e fu uno degli
instantanee dinfermi gi moribondi, e molte predizioni avve- autori delle turbolenze che per tal fine si manifestarono in
rate dallevento; alle quali la credenza popolare aggiunge il Gallura nel 1708. Non essendo riuscita loccupazione di Ca-
miracolo del sangue uscito in abbondanza dal suo cadavere, e stello-aragonese, di cui i partigiani tedeschi e i fuorusciti di
conservato ancora in istato di liquefazione fino ai primi anni Corsica aveano tentato impadronirsi per sorpresa, il Pes si
del presente secolo. Si conservano inoltre anche al presente part di nascosto dallisola, e trasferitosi a Vienna con altri
alcune altre preziose reliquie 46 e limmagine di questo uomo gentiluomini sardi, port avanti con calore il progetto gi
straordinario,47 il quale pieno di meriti e di virt cess di vive- presentato allarciduca Carlo, per far invadere la Sardegna
re nella stessa sua patria nella mattina del 13 febbraio 1727 in dalle armi imperiali. Egli infatti si trovava sopra una nave del-
et danni 77 e giorni 15. La sua salma mortale rimase esposta la flotta capitanata dal Leake, e destinata per tale impresa, al-
per due giorni nella chiesa dei PP. cappuccini di Cuglieri per lorch nellagosto del 1708 la squadra nemica salp da Bar-
soddisfare alla devozione dei fedeli, e poi fu collocata in or- cellona: ma siccome laver egli rotta la fede a Filippo V facea
natissima cassa mortuaria, la quale esiste tuttavia, qual sacro dubitare della fede nuova che prometteva a Carlo III, furono
deposito, nella seconda delle cappelle, gi dedicata a S. Anto- perci date dal gabinetto di Vienna segrete istruzioni allam-
nio da Padova, dalla parte sinistra della navata della stessa miraglio, acci, venendo meno le di lui promesse per la feli-
chiesa. Lorazione funebre, detta in lode dellillustre trapassato cit della spedizione, lo riconducesse prigioniero a Finale.
dal P. Giuseppe Passino, frate della medesima religione fran- La fortuna gli fu propizia, pi che non meritasse la labilit
cescana, non vide mai la pubblica luce. dei suoi sentimenti. La flotta inglese presentatasi nel golfo di
BIBL.: Tugio, Mich. Bull. ord. FF. min. cappucc., tomo III, p. 228. Cagliari, ottenne quasi subito a patti quella rocca importante,
per la pusillanimit del vicer Giamaica; alla quale resa tenne
Pes Francesco. Nacque in Tempio, citt e capo-luogo della dietro in breve tempo la sommessione di tutta lisola. Il Pes
Gallura, poco dopo la met del secolo XVII, e fu uno dei pi ebbe allora nelle cose sarde tutta linfluenza che desiderava,
potenti partigiani di Carlo III nel tempo della famosa guerra ottenne per s, e per i suoi discendenti il titolo di marchese
di successione al trono di Spagna. La sua influenza ed i suoi di Villamarina, ed accumul ricchezze straordinarie, le quali
maneggi gli procurarono un numero assai grande di seguaci contribuirono ad illustrare il nuovo grado, cui era stato eleva-
e di aderenti, tra i quali si distinse per coraggio, e per deside- to. Ma dopo nove anni di fortunata e repentina grandezza, le
rio di cose nuove D. Giovanni Valentino suo conterrazzano. sorti cambiarono per lui daspetto. Lardire del cardinale Al-
beroni riconquist nel 1717 la Sardegna con quei mezzi che
46. Tra le medesime meritano special ricordo la benda intrisa del san- ognun sa, e che influirono efficacemente a turbare la pace
gue del beato posseduta dal sig. Antonio Francesco Sanna di Cuglieri, europea. Il Pes fece tutti gli sforzi per mantenere nella divo-
ed il dito indice dello stesso Fr. Paolo, il quale si conserva ancora intat- zione austriaca i popoli galluresi; ma la pronta caduta di Ca-
to, senzalcuna preparazione darte, dopo circa un secolo. Questultima gliari, di Castello-aragonese e di Alghero in mano degli spa-
reliquia in potere della signora Grazia Baratta del medesimo villaggio gnuoli, lo fecero avvertito, che il suo parteggiare politico per
di Cuglieri, e facciamo voti, acci tali pie ricordanze siano riposte e
conservate in pi adatto luogo. limpero potea allora essergli tanto fatale, quanto eragli stato
47. La possiede il sig. Raffaele Sanna di Cuglieri, ed un quadro in tela lucroso due lustri innanzi. Pens quindi a mettere in salvo la
copiato da quello che gi possedeva la signora D. Maria Antonia Borro. sua persona, fuggendo dallisola; n ritorn a Sardegna, che

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dopo la cessione della medesima fatta a Vittorio Amedeo II per alcun tempo agli studi teologici, e sorpass la mediocrit:
duca di Savoia, sotto il di cui regno cess di vivere, non lau- per lo studio suo prediletto furono i libri poetici, ed in que-
dato, non biasimato dai suoi coetanei per la fede rotta a Fi- sto spese gli anni suoi giovanili, ed una parte ancora dellet
lippo V, per la fede venduta a Carlo III. matura, non mutato dal sacerdozio che abbracci, n persua-
BIBL.: Bacallar, Coment. de la guer. de Esp., pp. 311, 315; Manno, so dagli amici che lo incitavano con belle speranze a pensa-
Stor. di Sard., tomo IV, pp. 32, 37, 44, 67. menti pi gravi. Ricco di beni di fortuna, e pel reddito di un
beneficio semplice, di cui era abate, ottenne ancora una gros-
Non bisogna confondere questo con altro D. Francesco Pes, sa pensione ecclesiastica sopra un canonicato della cattedrale
gentiluomo sardo, il quale visse nel secolo XVIII, e colla sua di Cagliari rinunziato da D. Antonio Francesco Pes suo zio pa-
scienza legale si fece strada ai pi luminosi posti della magi- terno. Per la qual cosa, vivendo agiato e senza cure, non
stratura. Fu prima giudice della reale udienza, poi consiglie- bram onori n impieghi, ma si rimase tranquillamente nella
re nel supremo consiglio di Sardegna, ed in ultimo reggente sua patria, poetando di bellezze, di piaceri, di amori, e me-
di toga nello stesso consiglio, nella qual carica succedette a nando giorni sollazzevoli nella innocente semplicit della vita
D. Pietro Sanna Lecca. Lavor con detto suo predecessore privata. Le sue poesie sono inspirate da questo suo genio leg-
nella compilazione degli editti e pregoni ordinata da Carlo giero, pieghevole, amante e quasi idolatra del gentil sesso.
Emmanuele III re di Sardegna, e secondo il Mimaut dovuto Dettate tutte in dialetto gallurese, vi si scorge una tenerezza,
a lui principalmente il perfezionamento di questo corpo di una delicatezza di sentimento, ed una spontaneit e morbi-
leggi stampato in Cagliari nel 1775 co tipi della Stamperia dezza tale di verso, che rapisce nellascoltarle. A ci contribui-
Reale (tre vol. in fol.). Forse suo ancora un opuscolo legale sce in gran parte larmonia e la gentilezza della lingua, svelta,
(ossia una raccolta di decisioni di diritto, Decisiones juris), il vivace, espressiva, come la fisonomia, i modi, le forme dei
quale fu da noi veduto nella biblioteca simoniana di Alghero montani abitatori dellalpestre Gallura. Forse in alcune delle
(un vol. ms. in 4), dove non sappiamo se al presente esista. medesime si potrebbe notare la soverchia gonfiezza dei para-
Il Pes tolse due mogli, che furono donna Fiorenza Garrucciu, goni, labuso delle sentenze morali, e lo sdolcinamento delle
e donna Lucia Sulis. Dalla prima gli nacque Marianna, la qua- espressioni: ma questi non erano difetti originali del poeta,
le fu sposata ad un gentiluomo dei Montiglio, famiglia illustre come si ravvisa da vari luoghi delle sue poesie, improntati di
piemontese; dalla seconda non ebbe discendenza veruna. molto fuoco, e nervosi ed acuti qual era lanima sua; erano in-
BIBL.: Mimaut, Hist. de Sard., tomo I, p. 270. vece cattive abitudini dimitazione metastasiana, di quel som-
mo creatore del melodramma italiano, il di cui genio per con
Pes Gavino, distinto poeta gallurese del secolo XVIII. Nacque lui, n risurse pi mai, dacch una turba di evirati poeti, che
in Tempio nel 31 luglio 1724 da Antonio Pes e Maddalena fu dItalia danno e vergogna, spos la musa italica a tutte le
Sanna, nobili e virtuose persone, le quali, oltre a questo, eb- indeterminate blandizie della vita, e subordinolla meretricia-
bero ancora sette altri figli, che piamente e civilmente educa- mente alla squisitezza del senso musicale.48 Il Pes erasi formato
rono. Il padre, che era avvocato di qualche grido, voleva da se stesso in questa scuola, e i suoi versi sono talvolta molli
chegli si applicasse al diritto: ma lanima poetica del figlio ed ampollosi, e quasi sempre cincinnati con arte assai discosta
non pat dessere incatenata da quelle aride dottrine; e lim-
maginazione sua, ardente per natura e per giovent, sdegn i 48. A questa vergogna, a questo danno tent porre riparo nel presente
cavilli del foro. Fu suo precettore il canonico Diego Ferrau, e le secolo il cav. Felice Romani, splendidissimo ed acuto ingegno, il quale
umane lettere impar nelle scuole pie della sua patria. Attese nei suoi drammi, sebbene incatenati dalle leggi musicali, fece trionfare

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dallagreste bellezza della vergine poesia nazionale. Lo splendo- A tuttu chiddu chi mi p da zeli.
re delle cadenze ritmiche serve spesso ad occultare la povert o Oh! Celi, e comu possu crid mai
la debolezza dei sentimenti; e confrontando le sue poesie con Chi tu a me di chissu modu tratti?
quelle dellAraolla, e con altre di pi antichi poeti sardi, si rico- Linganni, chaggiu intesu chi mi fai,
nosce subito la diversit del secolo, in cui furono scritte; quello Non li oddu sab pal non lassati.
tutto anima, tutto sentimento, tutto creazione, perch non cor- II
rotto ancora da leziosi e forastieri ornamenti; questo tutto esa- Di quantu mi s dittu contra te
gerazioni, tutto forme falsate, tutto parole. La Sardegna ebbe in Genti cha chi sofferi a dammi proi,
tal rispetto, nellAraolla il suo Dante, e nel Pes il suo Frugoni. Fammi vid e fammi palp b
Abbench sia tale in totalit lindole poetica del Catullo gallure- Tutti li to capricci e vecci e noi,
se (che tale lo estimano, o poco meno i suoi conterrazzani), Per, vulenditi eu tantu b,
scrisse non pertanto in mezzo alle moltiplici sue poesie alcune Chi mi esponghia a chistu e comu voi?
canzoni, rimarchevoli per la naturalezza del verso, per la leg- Dappoi si un tal dittu viriddai,
giadria delle immagini e per la nobilt dei concetti. Tale, per chi cori deggu a di abbandunati?
darne qui qualche saggio, a noi sembra tra le altre quella che Linganni, chaggiu intesu chi mi fai,
compose sulla infedelt della sua donna, in cui con bellartifi- Non li oddu sab pal non lassati.49
zio, mette in contrasto la propria passione colla certezza del tra- Bellissima per la semplicit unaltra canzone intitolata La
dimento, facendo per finezza di amore, trionfar la prima, che Timpistai (La Tempesta), nella quale finge il poeta di ricove-
cieca, prepotente, irremovibile, sopra la seconda che non sa, rarsi sotto il tetto della sua amata, e di aver con lei un dialo-
che non osa, che non vuol persuadersi di tanta perfidia: go affettuoso, alla fine del quale viene a discoprire, siccome
Linganni, chaggiu intesu chi mi fai la sua bella contadina donava ad altri ancora i suoi favori.
Non li oddu sab pal non lassati. La medesima una dipintura schiettissima degli usi, delle
I passioni, delle abitudini, e perfino dei modi pi comuni di
Contra di te mi pioini laccusi,
Digendimi chi sei un infideli, 49. Parafrasi italiana. Qualunque di te mi ragiona, fa sacramento che tu
Chi di lu me bon cori troppu abusi, minganni, o donna regina del mio pensiero. Pur, vedi maravigliosa sal-
Chi pi tistimu e pi mi sei crudeli; dezza di amore! Io saper non voglio che tu minganni, perch non
Et eu tengu laricci e locci ciusi voglio lasciar damarti giammai. I. Mi dice ognuno, che sei dinfedelt
finissima maestra, che di me ti fai giuoco rimeritando collindifferenza
lamor mio: ma io non voglio prestar lorecchio, n fissar gli occhi in
con nuove e pellegrine forme la vera gravit tragica, e cant versi su- ci che pur tutto d vedo, ed ascolto Oh cielo, e come fia mai che io
blimi, ed eccit con solenni dettati le nobili passioni, e prepar ampia possa persuadermi, che tu voglia essere con me cos disumana! II. Per-
la via ad una felice rivoluzione di gusto nel melodramma italiano. E se ch aspettare di tua infedelt le prove? O a chi mi sta sempre attorno,
il Bellini, che a lui fu compagno in s gloriose fatiche, e andava resti- raccontandomi le vecchie e le nuove conquiste della tua capricciosa
tuendo alla musica la robusta semplicit degli antichi, non fosse man- volubilit, perch dovr io prestar fede? E potrebbe lamor mio soste-
cato cos presto allItalia, avremmo al presente condotta alla perfezione nere s gran cimento? Amandoti quanto lanima mia, se pur vedessi il
quellarte ineffabile distruire e di piacere, di cui il Metastasio gitt le vero di tante accuse, dimmi tu stessa; avrei poi cuore di abbandonarti?
fondamenta. Per, non per questo verr mai meno la lode al Romani Ah! no so bene che tu minganni, o donna regina del mio pensiero.
ed al Bellini, sommi ambidue, ambidue unanima sola nel profondo Pur, vedi maravigliosa saldezza di amore! Io saper non voglio che tu
concetto di rifare italica veramente la musica e la poesia. minganni, perch non voglio lasciar damarti giammai.

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esprimersi del popolo gallurese, e sotto questo rapporto E pal chissu no tabru tantu prestu.
improntata di una fisonomia tutta propria, che la rende pi Entra lu me cunsolu,
pregevole ed originale. E middi olti ben vinuddu sii;
Poet. Gesu! chi timpistai Gi sei inuddu solu,
A bonora sta notti soggu isciuddu; Senza li to infaddosi cumpagnii:
Chiddu tempu suai Cussi solu andi b,
Cuss in una in una s palduddu; Chi sola sola incontri ancora a me.
Chistea no ha fini, Poet. A chissu non cuntestu,
Palchi lu Celi la lampa a caggini. Ch vantu di li femmini di lusu
Gi ch cuss piuendi, Fa lugi e foggu prestu,
Voddu cansammi chiggi und cummari; Paldeu! chi magattu tuttu infusu;
Idda sar cinendi Tantu pi chi a lu buggiu
Per lugi no vha; drummendi pari: Dai chi di a tuttu lu carruggiu ecc.50
Lu sonnu vi lha fatta
O genti cha chi tratta e chi cuntratta?
Un cuntrasteddu bassu 50. Versione italiana. Poet. Poffare il cielo, che improvvisa tempesta! La
Intendu, si laricci no minganna bellora che ho incappato nel mio viaggio notturno! Cos in un tratto il
bel tempo e sereno cambiossi in dirotto! E gi non pare che cotesta
Eu per no lassu pioggia debba presto aver fine, poich le nuvole la mandan gi a torrenti.
Pal ca si sia di tucc la janna: Or dunque, finch dura la procella, io voglio sostarmi qui in casa di mia
O di casa, o paddroni, comare Ella forse star a cena, se gi non fosse a letto dormendo, poi-
Abriddimi chi soggu gucciuloni. ch per le fessure delle finestre non trapela fil di luce Ma no Parmi
Contad. Cal chistimpultunu siavi alcuno con lei E se lorecchio non minganna, odo un conversare
Chi difassi a curraccia ha gana fora? basso e interrotto Che sar mai? Per sia ci che si vuole, io non la-
scio perci di picchiare alluscio. O di casa, o padroni, apritemi di gra-
Eu mai a nixiunu zia che io son qui tutto da capo a pi grondante dacqua . Contadina:
Nemmancu a babbu meu abru a chistora: Qual questimportuno, che ha voglia di starsene sotto la piova, a divenir
Ti pensi chi soggu eu gonfio come otro? Io gi a coteste ore disusate ho costume non aprir por-
Di chissi femmineddi in cancalleu? ta a nessuno, fosse pur egli mio padre. O sono io forse di quelle femmi-
Poet. Prima mi cunnixii nette in coietto, che non fan differenza da tempo a tempo? Poet. Che cosa
Solu a lu pidisuggiulu e a lalenu, mai vai cianciando o furfantella? Dianzi distinguervi, al solo alitar della
bocca, al solo rumore, dalle orme altrui lorma mia aspettata; ed ora di
E ab mi cacci, e d che non mi conosci, e fai la smemorata! Via bizzocchera, non farmi qui
Chi soggu unimpultunu un omu angenu? aspettar pi Sappi chio son quellistesso che stette con teco in zurlo pi
Eu soggu lu chi era di tre ore, non gi molto, non tre, non due, non uno, ma in questo gior-
Pi di tre ori cun teggu sta sera. no medesimo che or se n andato Contad. Oh! il mio caro compare, il
Contad. Uahi! lu me maggiu, mio bel fior di maggio Aspetta un poco, che scendo subito ad aprirti
Aspetta, chi gi tabru abali abali; In fede mia, non ti avea conosciuto; cos il cielo mi campi da ogni malan-
no! Aspetta un tantino, che sono ancora in farsetto ma corro tosto
Cunnuxiuddu no taggiu ma vengo Eccomi qui Ben venuto compare Cos ti consoli Iddio,
Cumpari meu, cantaggia mali! come tu me Oh! finalmente sei venuto una volta tu solo, e senza quei
Aspetta, chi mi vestu, tuoi certi compagni quei fastidiosi Va ben cos perch vedi

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Pes Pes

Di questo genere, ma la maggior parte amorose, sono tutte le II


altre poesie del Pes, le quali mantengono ancor oggi una ce- Tempu, chi in un cuntinu muimentu
lebrit popolare, e si cantano nella Gallura dalle donne, dai Poni tutta la to stabilitai,
giovani, dai vecchi, e perfino dai fanciulli, nei conviti, nelle Chi la to chiett, lu to assentu
feste, nelle allegrezze pubbliche e private. Sono le poesie di Cunsisti in no ist chiettu mai,
un trovatore nazionale, che cant con pi fortuna degli altri i Ritruxedi pal me chera ditentu,
vari casi damore, le passioni, le dolcezze, gli affanni, gli sde- Candu passesti, in un sonnu grai,
gni, le paci degli amanti. Preso egli stesso alla bellezza di Ah! si turrai, tempu mal passatu,
questi ami, nelle funzioni e nelle immagini della sua vivace Chi b chi taaria ripaltutu!
fantasia espresse lardenza dei suoi affetti, e cantando dei casi
altrui narr ancora i propri; e cos, amando e poetando pass IV
gli anni, finch tra questi bei sogni e follie si trov giunto alla Lalburi nudu senza fiori e frondi,
vecchiezza. Allora cant con dolente metro gli errori giovanili, Vinutu maggiu, acquista frondi e fiori;
e scrisse due canzoni robuste e sentenziose sul Tempo, e sulla A campu siccu tandu currispondi
Vecchiaia, che sono meritamente riputate le sue produzioni Un beddu traciu dallegri culori:
migliori. Lo spirito del poeta, che avea ciecamente navigato Supelbu salta dinvarru li spondi
un mare lunghissimo e procelloso, si ripos finalmente sullal- Riu ch di stiu poaru dumori;
tezza di una rupe, secolare sovrastante al lido, e mirando i E lanticu vigori rinnuatu
pericoli, dai quali era scampato, sciolse un cantico mesto, No sar mai in un omu canutu?
maestoso, solenne, in cui la confessione del fallire sanata V
dal pentimento, sublimato dalla speranza di una vita migliore. La salpi veccia chiddantichi spoddi
Palchi non torri, di, tempu passaddu? Lassa, e si vesti di li primi gali:
Palchi non torri, di, tempu palduddu? Da li cinari friddi, in chi si scioddi
I Chidda famosa Cedda orientali,
Torra altra volta, torra a fatti meu, Rinasci, e tantu spiritu rigoddi,
Tempu impultanti, tempu priziosu, Chagili comu prima batti lali:
Tempu chi vali tantu, cante Deu, E lanima immultali rifulmatu
Par un cori ben fattu e viltuosu: Non vi dar lu so colpu abbatutu?
Troppu a distempu, tempu caru, arreu
A cilcatti. Oh! affannu aguniosu VII
Cantutilosu mi saristi statu, Tempu disprizziatu torra abali,
Tempu, avenditi a tempu cunnisciutu! Chaggiu di ca se tu cunniscimentu;
Torra oggi, chi cunnoscu cantu vali,
Chi pruar tuttaltru trattamentu.
ancor io sono sola, soletta Poet. Che importa? Io non ti vado chie- Ah! daeti trattatu tantu mali
dendo questo E poi, si sa bene che volete sembrar pulzelle anche voi
altre femmine di mondo Ma fa fuoco, per dio! fa fuoco presto, che son Non possu ditti cantu mi ni pentu
tutto gocciolando dacqua Accendi il lume, n stiamo molto cos al Cunniscimentu, e cantu se taldatu?
buio, ch forse vi farebbe le sue chiose il vicinato ecc. A passi troppu lenti sei vinutu.

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Pes Pes

VIII Non sono meno espressivi dei precedenti i versi sulla Vec-
Non tim tempu caru, dimpliatti chiaia, nei quali maestrevolmente dipinto lo stato di un
In falsi e bassi imaginazioni, uomo, il quale giunto alla rapidissima china degli anni senili
In chimeri, in dilirj, in disbaratti, ricorda col disinganno nel cuore i fioriti giorni della gio-
Mutivi di al me paldizioni, vent, come un bel sogno di primavera che sia passato colla
In fa teli di ragni, in chiddi fatti velocit del baleno:
Cuntrarj a lu bon sinnu, a la raxoni: I
Aggi cumpassioni, tempu amatu, Tantu tempu era muta
Dun cori afflittu, cunfusu e pintutu. La me poara musa, e oggi molta:
Palchi non torri, di, tempu passatu? Da lu ciodu caduta
Palchi non torri, di, tempu paldutu? 51 La me cetara, e laggiu in pezzi accolta;
Lu me lauru siccu,
51. Parafrasi italiana. Perch non ritorni, tempo ahi! presto fuggito, tem- Chin lu me fronti fesi calchi spiccu.
po ahi! presto perduto dei primi anni miei? I. Torna altra volta, deh!
torna a farti mio, tempo importante, prezioso, e di valore quasi divino VII
per gli animi da virt informati Ma troppo tardi arrivo a cercarti, o Chiddi tempi fiuriti
tempo caro e beato; ed oh! qual ne provo adesso angoscioso affanno. Pal me so sicchi e no fiorini pi;
Quanto utile mi saresti stato se ti avessi in tempo conosciuto! II. O tem-
po, che nel muoverti sempre senza posa riponi la tua stabilit, la tua E chiddanni fuggiti
quiete, torna, se il puoi, torna indietro, ch assorto, ahi! lasso, io ero in Si ni so di la frisca civint:
profondo sonno allorch ratto tu mi passasti innanzi. Ah! se tornassi Dilletai matura
una volta almeno, tempo cos mal speso, come vorrei utilmente usarti! Appena naggiu vistu la figura.
IV. Lalbero sfrondato dal verno riacquista in primavera le fronde e i
fiori; il maggio che riede fa allegri e dipinge di be colori i campi; il VIII
fiume, che in estate si varca a pie asciutto dal viandante, cresce in di- La vicciaja vinuta
cembre di umori, e scendendo fragoroso sdegna argini e sponde: e so- Candu mi figuraa pi piccinnu;
lo allumana vecchiezza non sar mai ridonato lantico vigor giovanile? Drummitu era, e mi sciuta
V. Lascia il vecchio cuoio la serpe, e riveste la prima sua bellezza; rina-
sce dalle proprie ceneri la fenice dArabia, e ripiglia tal vigoria, che bat-
Digendi: gi se vecciu e senza sinnu
te come nella sua giovinezza lala poderosa: e lanima immortale del- Malugratu hai lanni
luomo, essa sola non vedr mai ringiovanito il fragil corpo, cui d vita? In middi peljudizzi, in middinganni.
VII. Tempo da me disprezzato, torna adesso, poich conosco quanto IX
tuo valore, e userotti pi bene assai che non feci. Ah, perch non Appena mi dispeltu
posso esprimere il dolore chio provo di averti mal speso! Quanto oh
quanto lentamente venisti, conoscimento dellet matura! VIII. Non te- Chi attindendi allavvisu a lu cunsiddu,
mer no, tempo prezioso, chio timpieghi pi mai in bassi ed inganne- Mi cuntemplu, e avveltu
voli pensieri, in chimere, o in deliramenti, dietro ai quali perdetti la mia Chi socu unaltru e no socu pi chiddu;
giovent. Mai pi far cosa contraria al buon senno, o nemica alla ra- Isdintatu, incrispitu,
gione; che saria tutta opra di ragno. Deh! ti prenda piet dellafflitto e
pentito cuor mio. Perch non ritorni, tempo ahi! presto fuggito, tempo
Calvu, biancu lu capu, siccu e fritu.
ahi! presto perduto dei primi anni miei? ecc.

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Pes Pes

XVI Al tenore di queste poesie, gravi, sentenziose, melanconiche


Linganni e vanitai corrisposero esattamente gli ultimi anni della vita dellillustre
Mhani lu meddu tempu fraudatu, cantore. Si astenne costantemente dal pi poetare, e mand
Senza cunnisc mai alle fiamme moltissimi suoi componimenti, che troppo accen-
Un b chi vildaderu sia statu: devano colle dolcezze della melodia poetica lamor profano.
Lu disingannu giuntu Dividendo il suo tempo nellorazione, e nelle opere di piet,
Oggi chi socu gi mezzu difuntu. divent un altro uomo assai diverso da quel di prima, e diede
un esempio bellissimo di ravvedimento da quelle, chegli
XIX chiamava, sue passate follie. Esercit allora con pi frequenza
Losselv chin lu mundu quelle virt cherano proprie del suo cuore, tra le quali otten-
Cuntentu no si da chi satisfaci, ne in primo luogo la compassione per glinfelici, che consol
Un dulori profundu sempre con generose sovvenzioni. Nella chiesa dei PP. delle
Di tanti affetti indigni a mi faci; scuole pie abbell e decor con particolari legati la cappella
E cuss voddu a Deu dedicata al nome di Maria erettavi dai suoi maggiori, e fece
Cunsagr chistu brei tempu meu. molte altre opere generose, che confermarono la saldezza dei
XX suoi sentimenti religiosi. Cos giunto allet di settantadue an-
Li d, lori e listanti, ni, oppresso da febbre micidiale cess di vivere nella sua pa-
Chi vi possu, cun sinzeru amori tria add 24 ottobre 1795, e fu sepolto nella chiesa dei frati os-
Offeru a chistAmanti, servanti, dove riposano le ceneri dei suoi antenati. Le sue
Chi da lomu no vo si no lu cori; poesie, inedite tutte, ad eccezione delle due canzoni sul Tem-
E si lha indivisu, po e sulla Vecchiaia, che sotto diverso titolo furono stampate
Faci pru in terra un paradisu ecc.52 in Cagliari nel 1833, meriterebbono di essere raccolte in un
volume, ma con quella parsimonia, e con quel giusto criterio,
il quale non ingozza tutto alla rinfusa, e sa vagliare il grano
52. Versione italiana. I. Muta da tanti anni era la povera musa mia, ed
oggi presso che morta; cadde dal chiovo la mia cetra, e la raccolsi dalla mondiglia, e ricorda sempre che anche il divino Ome-
spezzata dal suolo; e il poetico alloro, che un d orn la mia fronte, ro alcuna volta dormiva. La quale fatica, se portata con ono-
adesso un vano serto di foglie inaridite VII. Mai pi fiorir per me la re e con pazienza, molto splendore accrescerebbe alle glorie
primavera dei tempi andati, perciocch ratti come baleno se ne fuggiro-
no gli anni della mia fresca giovinezza, e dellet matura che venne ap-
presso, vidi appena le forme e la sembianza. VIII. Allorch mi credevo piaceri, senza godere un vero bene giammai. Viene adesso il disingan-
cominciare il cammin della vita, abbandonandomi con cieca fidanza a no, adesso che quasi esanime sento avere sotto i pie vacillanti aperta la
sonni deliziosi, sopraggiunse la vecchiezza, e svegliatomi, mi disse: vec- tomba XIX. Qual la contentezza di questa terra, che non sia mesco-
chio rimbambito, e non tavvedi siccome hai sprecato gli anni in opere lata di assenzio? Ahim! che in pensandovi soltanto, provo della bassez-
vane ed ingannevoli? IX. Allora mi riscossi come da un bel sogno turba- za dei miei terreni affetti acerbissimo dolore; e voglio perci consecrare
to improvvisamente da tristi immagini, e ricordandomi delle parole suo- a Dio il breve tempo che ancor mi avanza. XX. S, a Dio consecrar vo-
natemi allorecchio, fissai gli occhi sopra me stesso; ed oh stupore! rico- glio i giorni, le ore, glistanti; amar lui solo, ch il vero amore, n altro,
nobbi non esser io pi quel desso di una volta, ma rugoso, canuto, e fuorch il cuore, dimanda da noi mortali. Ah! s, offrirollo tutto intiero a
per il gelo dellet consunto ed inaridito XVI. Le vanit mondane si Dio questo mio cuore E segli lo accetta, e se lo dono a Lui indiviso,
fraudarono il pi bel tempo della mia vita; ed io, stolto! credetti goder prover qui in terra le ineffabili dolcezze del cielo ecc.

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Pes Pes

verginali delle non inculte muse sarde. Non bisogna confon- voleri della Provvidenza, continu ad occuparsi con calma dei
dere questo con altro D. Gavino Pes soprannomato Lu Den- propri doveri, e ad alleviare le moleste cure col frequente
ticciu, nativo pur esso di Tempio, il quale visse dopo di lui, e poetare nel suo idioma nativo. I suoi componimenti sono tutti
compose molte poesie galluresi di genere berniesco. bernieschi e satirici, n videro finora la pubblica luce. Il suo
umore gaio, ed una certa acutezza di ingegno che avea sorti-
Pes Bernardino, altro poeta gallurese contemporaneo del to dalla natura, lo inclinarono di preferenza a questo genere
precedente. Nacque in Tempio nel 16 febbraio 1739 da D. Fe- di poesia. Quindi, ed epistole ai congiunti e agli amici piene
lice Pes Valentino e da donna Agnese Sardo, persone nobili e di facezie e di sali, ed epigrammi sopra soggetti vari delle co-
facoltose. Intraprese nella sua giovent la carriera degli studi se che accadevano nel suo paese, sono i versi che di lui ci ri-
legali nella regia universit di Sassari; ma poi labbandon del mangono. Un capitolo che scrisse allaltro poeta gallurese
tutto, e restituitosi in patria, tolse in moglie Costanza Gabriel- Gavino Pes, suo coetaneo, mentre dimorava in Cagliari, ri-
le, giovinetta di avvenenze molto celebrate, dalla quale ebbe marchevolissimo per le fine allegorie, colle quali censura la
una figlia chiamata Agnese, che fu poi maritata a D. Maurizio vita sollazzevole e spensierata che egli menava, e per la festi-
Falqui. Pochi anni di matrimonio felice furono contristati vit delle immagini. Nelle satire fu talvolta troppo pungente,
dalla morte immatura della sua donna, di cui fu tanto dolen- n risparmi persona: egli non seppe mai sacrificare larguzia
te, che rinunziando a tutti i piaceri mondani, indoss subito di un concetto, se gli correa per la mente, e gli sembrasse o
labito clericale, e si sagr sacerdote. La vita che men in ap- nuovo o spiritoso. Ma questa facilit medesima di correr die-
presso prov che era stata ben ponderata da lui lelezione tro ai bei motti lo fece cadere in un vizio gravissimo, che fu
del nuovo stato, non gi una conseguenza di dolore incom- quello di cercar quasi sempre i modi satirici nei bisticci e nel-
portabile della domestica sventura. Gli fu conferito, dopo al- le anfibologie.54 Alcuni begli spiriti del suo tempo gli rendet-
cuni anni, un canonicato nella chiesa collegiata della sua pa- tero soventi la pariglia, e scrissero contro di lui molti versi,
tria da D. Michele Pes vescovo ampuriense, chera suo zio; fra i quali rimase nei proverbi tempiesi la seguente strofa
ed egli non sment la felicit della scelta, perciocch impie- composta da Gavino Pes Denticciu:
gossi con frutto nella spiegazione del vangelo e del catechi- Chissi vistiri nieddi
smo, e con frequenti spirituali esercizi accrebbe lo spirito di Chi sha postu Birraldinu,
piet nel monistero di femmine gi esistente in Tempio sotto Si li mutani vintinu,
la stretta regola francescana. Perdette poi la figlia ed il gene- No li mutani la peddi.55
ro, mancati entrambi ai viventi in giovanissima et, e dovette Dopo avere, cos poetando, trascorsi gli anni della giovent e
perci altra volta esercitare i paterni amorevoli uffizi di edu- della virilit, cominci il Pes nella sua vecchiaia un tenore di
cazione con quattro suoi nipoti rimasti orfani dei parenti.53
Avo, padre e marito sfortunato, non cambi per tanti disastri 54. Cos, per mettere in ridicolo un vicario del capitolo di Tempio, il
il suo umore giulivo, e composto sempre a serenit; ma ri- quale, dismessa lantica alterezza, facea corte umilissima al maggiordo-
guardando tutti gli accidenti della sua vita come disegni e mo del nuovo vescovo eletto, il di cui casato era quello dei Giua, cant
in questo modo: Lu chi curra di fua / Piddendi a tutti dimbutu, / Ab
cammina a palputu / Appiccigatu a la giua. Negli altri suoi capitoli ed
53. no di questi il cav. D. Bernardino Falqui Pes oggi vivente, il quale epigrammi sono frequentissimi cotesti modi di pungere e di poetare.
occupa con molta lode di buon ingegno la cattedra dinstituzioni cano- 55. Le vesti negre che Bernardo ha prese gli mutan pelo, non gli mutan
niche nella regia universit degli studi di Cagliari. pelle.

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Pes Pes

vita molto ritirata ed esemplare; e finalmente cess di vivere in Noi non diremo che cotesti mss. del Pes siano giustamente
Tempio nel 2 gennaio 1823. Prima di questo visse un altro D. corrispondenti alla materia che vi si tratta: per non tacere-
Bernardino Pes della stessa famiglia, il quale lasci alcuni suoi mo che il Ristretto istorico pregevole per il buon senno
lavori mss. sopra la storia e la statistica di Sardegna. I medesi- con cui lautore discorre delle prime favolose origini del po-
mi, che furono da noi diligentemente esaminati,56 si com- polo sardo, per lesattezza colla quale nel corso della narra-
pongono di due volumi, il primo dei quali (in fol.) compren- zione riporta le testimonianze degli autori antichi e moderni
de la parte istorica, cominciando dai tempi eroici fino al 1718; appena accennati dal Fara nei suoi libri De rebus sardois, e
ed il secondo (in 4) si aggira sulla topografia, popolazione, per le giuste considerazioni colle quali accompagna quasi
produzioni naturali, commercio ed arti dellisola. Il volume, sempre il racconto dei pubblici avvenimenti: n taceremo
che dallautore intitolato Ristretto della storia di Sardegna, nemmeno che nellAppendice al Ristretto dello stato antico e
diviso in dieci libri, ciascuno dei quali poi suddiviso in moderno della Sardegna si dimostra acuto ed assennato co-
capitoli; e vi si discorre delle prime origini della gente sarda, noscitore dei bisogni della sua patria. La lingua italiana ado-
del dominio dei cartaginesi e dei romani, delle incursioni dei perata dal Pes in questi scritti non veramente da laudare;
barbari, vandali, goti e saraceni, del governo dei giudici os- ma si deve por mente che questa era per lui una lingua af-
siano regoli del medio evo, delle possessioni pisane e geno- fatto nuova, predominando ancora in Sardegna la spagnuo-
vesi, della conquista dellisola fatta dai re di Aragona, della la, e che egli si studiava dare in tal rispetto un bellesempio
continuata potenza dei regoli di Arborea, e quindi dei mar- ai suoi connazionali, svincolandosi dalla dura legge di scri-
chesi di Oristano, delle azioni precedenti dei visconti di Nar- vere le memorie nazionali colla vieta lingua dei castigliani
bona, e finalmente della dominazione spagnuola fino alla dominatori. Il Pes scriveva questi due Compendii istorici e
cessione della stessa isola fatta da Filippo V in virt del tratta- statistici circa il 1770, e si deve deplorare la perdita degli al-
to della quadruplice alleanza. Laltro volume, che pu essere tri libri, nei quali era continuata la narrazione delle cose ac-
considerato come una seconda parte o corollario del primo, cadute in Sardegna fino allintiera met del secolo XVIII, co-
parimente intitolalo Ristretto dello stato antico e moderno me si ricava dalla mutilazione dello stesso ms., perciocch in
della Sardegna; si divide in sette capi, nei quali dato un questi erano appunto contenuti gli avvenimenti contempora-
ragguaglio sufficiente della postura geografica, della topogra- nei alla vita dellautore. Mor il Pes in Tempio, sua patria,
fia, della popolazione, della fertilit e ricchezza territoriale nellanno 1790.
della Sardegna; ed ha laggiunta di unAppendice, partita in
quattro capi, nella quale, fatta prima una succinta descrizione Pes Giacomo. Nacque in Tempio nel 22 maggio 1750 da
dello stato in cui lisola si trovava ai tempi dellautore, si ra- Bernardino Pes, secondo marchese di Villamarina, e fu uno
giona della necessit dintrodurvi le manifatture per alimenta- dei militari e degli uomini di stato pi insigni che la Sarde-
re lindustria ed accrescere il commercio, e soprattutto della gna abbia avuto nello scorso e nel presente secolo. Ricevette
necessit di farvi rifiorire la gi scaduta e rilassata giustizia. la sua prima educazione nellaccademia militare di Torino,
dalla quale pass nel 1776 al posto di sottotenente nel reggi-
mento sardo. Percorsi con lode i gradi inferiori, fu nominato
56. Dobbiamo alla cortesia del cav. D. Pietro Pes, reggente la regia se-
greteria di stato e di guerra presso S. E. il vicer di Sardegna, la cono- nel 1792 maggiore di battaglione. Nellanno seguente, essen-
scenza di detti mss. che ci furono da lui volontariamente profferti; e do gi rotta in Piemonte la guerra coi francesi, ebbe il coman-
gliene attestiamo perci pubblicamente la nostra gratitudine. do del suddetto reggimento, e and a postarsi col medesimo

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Pes

nella contea di Nizza. Destinato allantiguardo dellarmata


piemontese nella positura del Perus, vi sostenne con gran va-
lore lattacco dei nemici, i quali lo investirono nella mattina
del 17 aprile, divisi in varie colonne sotto gli ordini del gene-
rale Brunet. Dopo otto ore di vivo combattimento, lespresso
comando del generale piemontese conte di S. Andrea lo co-
strinse a ripiegare, marciando in perfetta ordinanza fino al
campo di Brois. Promosso al grado di luogotenente colon-
nello, si trov presente ai fatti darme chebbero luogo sul-
lAuthion nell8 e nel 12 giugno dello stesso anno. LAuthion
che fu per la seconda volta il teatro della bravura dei sardi,
lo fu ancora del coraggio e della singolare intrepidezza del
cav. di Villamarina, il quale ruppe le prime file francesi, e ri-
port dei vantaggi sopra il nemico. Compiuta la campagna
del Piemonte, fu nominato nel 1796 colonnello dello stesso
reggimento sardo, e quindi ebbe il grado di brigadiere gene-
rale. Da tal punto la sua carriera fu una continuata serie di
premi e di onorificenze. Nel 1799 ebbe il comando provvi-
sorio della citt e castello di Cagliari, e nel 1803 quello della
citt e capo di Sassari. Nel 1805 fu innalzato alla carica di
generale delle armi del regno, e due anni dopo a quella di
capitano della guardia del re, e di gran mastro dartiglieria.
Vittorio Emmanuele I lo ammise tra i gentiluomini della sua
corte, gli confer la gran croce dellordine mauriziano e il
gran collare dellordine dellAnnunziata, e lo cre generale
di fanteria. Ripigli altre due volte il comando della citt di
Cagliari, e finalmente nel 1816 fu elevato alleccelsa dignit
di vicer di Sardegna. In questa occasione egli diede una
prova bellissima della sua devozione alla famiglia regnante,
ricusando di assumere il titolo di vicer portato dal real
principe il duca del Genevese, e contentandosi dellaltro
pi modesto di luogotenente vicer. In tale qualit govern
lisola soli due anni, durante i quali dispieg unintelligenza
ed una attivit straordinaria. Fece rispettare le leggi ed am-
ministr la giustizia con una inflessibilit ch rimasta in
grande rinomanza tra i sardi. Perseguit senza piet i mono- Pes Giacomo. Copiato dal quadro in tela esistente nel palazzo viceregio in
polisti ed i contrabbandieri, estirp i facinorosi e le fazioni Cagliari.

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Pes Pes

che desolavano il paese prima del suo governo,57 e nel com- fecero gustare nelle benedizioni altrui quella dolcezza assai
movimento generale dei popoli europei stette saldo al timone rara, che mai per lo innanzi avea provato nel punire. E questa
delle cose sarde, acci la nave commessa al suo reggimento fu prova, che lacerbit da lui usata nella viceregia non era,
non andasse a rompere negli scogli delle politiche novit. come si calunniava da molti, indole o piacer suo, ma di tempi
Provvide ai bisogni della pubblica annona collescogitare tristissimi inevitabile necessit. Il cavaliere di Villamarina ebbe
mezzi straordinari, e talvolta violenti; e quando le necessit ancora in molto pregio le lettere amene, e negli ultimi anni
pubbliche arrivarono al colmo, sopper colle sue private fortu- della sua vita raccolse una ricca biblioteca di scelti libri, co
ne alle esigenze del regio tesoro. Ebbe fama duomo inestima- quali erud la sua mente di utili cognizioni. Mor in Cagliari di
bile nella fede verso il sovrano, e nellamore della giustizia; colite flemmonosa add 25 settembre 1827, ed essendo vissuto
ma fu di carattere troppo severo, e di alterezza non equabi- celibe, non lasci discendenza di figli.
le, cui forse aggiunse alimento la fortuna chegli non prov BIBL.: Saluzzo, Histoir. milit. du Piem., ann. 1745, 1793; Manno,
mai nemica. Con aspri modi ed inesorabili le menome e le Stor. di Sard., tomo IV, pp. 63-64; Giornal. di Cagl., settembre
grandi cose us governare. Dicono alcuni, che questa non 1827, pp. 5-6; Caboni, Ritratti poetico-stor., p. 13 ss.
fu la naturale indole sua, ma che la contrasse nel maneggio
dei pubblici affari, e per la difficolt dei tempi. Qualunque Pes Domenico, pio e dotto vescovo di Bisarcio (Ozieri), il
sia la verit, certo chegli spesse volte precipit le risoluzio- quale fior negli ultimi anni del passato e nel principio del
ni, spingendole a quellestremo confine, in cui sotto il peso presente secolo. Nacque in Tempio da parenti nobili e vir-
del rigore pu talvolta perire oppressa linnocenza. Reggitore tuosi, ed abbracci, essendo ancora giovinetto, linstituto del
supremo della sua patria, pose pi studio nel farsi temere, Calasanzio. Coltiv con buon successo le filosofiche e le let-
che nel farsi amare. Integerrimo per nelle azioni pubbliche, terarie discipline, ma pi le teologiche, nelle quali ebbe no-
e nelle private intemerato, fu uomo tenace assai del bene, ne- me di eccellente. Nellordine suo fu prefetto delle scuole
mico delladulazione, pietoso in tutto ci che non fosse uffizio pubbliche della sua patria, e di quelle di Cagliari, nella di
governativo, e generoso coglinfelici. Ottenuto nel 1818 lono- cui universit sedette ancora tra i membri del collegio di fi-
rato riposo da tante sue fatiche, fece brillare nella condizione losofia, e di teologia. Resse prima per alcuni anni la cattedra
privata tutte le virt cristiane e cittadine. Famiglie intiere da di sacra scrittura, e poi nel 1815 fu nominato professore di
lui sovvenute, ed opere di beneficenza giammai interrotte gli teologia morale nella stessa regia universit. Elevato nel
1819 alla dignit episcopale, fece chiaro il suo governo, pi
57. Qui non possiamo tacere che il principale indirizzatore di tali provve- collesempio di una vita intemerata, che collaggiustatezza
dimenti fu il presidente conte D. Francesco Giua, nostro connazionale, dei provvedimenti. Uomo studioso di ricopiare in se stesso
ed uno dei pi dotti maestrati oggi viventi, il quale cuopriva in quel tem-
po la carica di avvocato fiscale generale del regno. Questuomo inestima- le virt e lo zelo degli antichi vescovi della Chiesa, volea pu-
bile per lintegrit, per la dottrina e per la costanza dellanimo, non si ar- re che il suo gregge ripigliasse in un tratto la semplicit dei
retr in quelle infelici circostanze n per la povert dellerario sardo, n primitivi cristiani. Errore proveniente in lui dalla poca cono-
per la scarsezza delle truppe che presidiavano lisola; ma trovando nel- scenza degli uomini e dei tempi, ma laudevole per la causa
lattivit del suo ingegno e nella inesorabile giustizia i mezzi pubblici che donde derivava, chera lardenza dei suoi pii desideri per lo
altrimenti mancavano, sperper tante famose bande di facinorosi e di as-
sassini. E per questo e per moltissimi altri servizi importantissimi, nei splendore della religione e per la riforma dei costumi. In
quali consum gli anni migliori della sua vita, dee tenersi in conto di uno Ozieri ridusse a miglior forma il seminario dei chierici, e nel-
de pi benemeriti uomini, non che di Sardegna, di tutti gli Stati sardi. larcivescovile di Sassari fond a proprie spese una piazza

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Pet Pib

gratuita e perpetua per la istruzione degli studenti poveri Johannem Franciscum Bribo, 1630 (in fol.). Nei quali re-
della sua diocesi. Ricordevole della sua patria ancora, leg al sponsi, scritti con molta purit di lingua latina e con copiosa
collegio delle scuole pie di Tempio somma egregia di dena- erudizione, tratta ampiamente e profondamente la materia
ro per lerezione di una pubblica scuola di teologia morale. delle sostituzioni fidecommissarie e dellusufrutto dei legati.
Fu inoltre oratore assai facondo, sapiente della sincera dot- Gli altri consulti legali di questautore sono sparsi in varie al-
trina dei PP. della Chiesa, tenace degli alti doveri dellepisco- tre collezioni di alleganti sardi, ed i conosciuti da noi forme-
pato, e profuso nelle elemosine verso i bisognosi. Mor nella rebbono un giusto volume, se fossero insieme raccolti.58 Il Pe-
sua sede add 8 dicembre 1831. Abbiamo di lui li seguenti tretto, dopo avere per pi anni esercitato nella sua patria la
opuscoli editi: I. Due Lettere, sotto il finto nome di Filalite, nobilarte dellavvocatura, fu nominato consultore e difensore
sopra le versioni dei salmi 67 e 79 fatte dal P. Giacinto Hintz del tribunale dellinquisizione, e finalmente promosso al seg-
(Cagliari, 1803, 1805, due fascic. in 8), nelle quali, contro gio di giudice criminale della reale udienza in Cagliari. In tale
lopinione del dotto professore lituano, prese a dimostrare, uffizio si trovava ancora nel 1658; laonde la sua morte non
che una sola sar la venuta gloriosa di G. C. da avverarsi nel pu essere accaduta che nel secondo lustro, o poco appres-
finimondo; che unaltra venuta intermedia, dopo la disfatta so, dopo la met del secolo XVII.
dellanticristo, un vero sogno; e che il ritorno degli ebrei BIBL.: Arca, El Saco imagin., p. XIIII; Petretto, Consultaz. sudd.; Si-
alla antica patria loro devessere annoverato tra le favole del mon, Lett. sugli ill. giurecons. sardi, p. 14.
Talmud Hintz Giacinto. II. Sentimenti di S. Giovanni Cri-
sostomo, ossiano Saggi di morale cristiana sulla penitenza Pibiri Giorgio, frate mercedario, vissuto nel principio del se-
(Cagliari, 1809, un vol. in 8); operetta tendente a dimostra- colo XVIII. Esistono molte sue orazioni panegiriche scritte in
re la necessit ed i vantaggi della penitenza. III. Oratio de idioma castigliano, e stampate la maggior parte in Madrid, do-
morum theologiae laudibus (Torino, 1816, un fascic. in 12). ve si acquist coi suoi sermoni una grande riputazione. cu-
IV. Disputatio de elemosyna (Torino, 1817, un fascic. in 12). rioso sopra gli altri il panegirico chegli recit nel 1709 in
Lasci pure mss. i suoi trattati scolastici di teologia morale, i Barcellona in lode di S. Maria di Cervellon, intitolato Los soc-
quali, per giudizio dei suoi contemporanei, meriterebbono corros de la protegedora religiosa mercedaria ecc., Barcelo-
di vedere la pubblica luce. Ed oltre a ci esistono pubblicate na, en la emprenta de Juan Pablo Marti, 1710 (in 4), per le
per le stampe molte sue Lettere pastorali italiane e latine. lodi sperticate, colle quali magnific le grandezze barcellone-
BIBL.: Pes Domenico, Opusc. cit. si. Questautore fu perseguitato nel chiostro dai suoi confra-
telli, per lo che partitosi da Sardegna se ne and in Ispagna,
Petretto Gavino, giureconsulto sassarese del secolo XVII. Fu e si affigli alla provincia dei mercedari di Aragona. Fu anco-
uno dei pi riputati avvocati del suo tempo, e scrisse molte ra caldo partigiano della causa austriaca nel tempo della
consultazioni e allegazioni forensi, le quali sono state pub- guerra di successione al trono spagnuolo. Signora il tempo
blicate colle stampe. Le principali sono: I. Un responso lega- ed il luogo della sua morte.
le pro illustri capitulo calaritano, et D. Dionysio Satta adver- BIBL.: Pibiri Serra, Oraz. sudd. nel proem., ed alt. oraz. del med.
sus D. Speranciam Rams, Graciam Tristan, et Narcisum autore.
Sanna, stampato in Sassari senza data di tempo (in 4 gran-
de). II. Patrocinium pro D. Quirico Pilo Ferrale ecc., Saceri, 58. Di detti consulti legali nesistono dieci nella nostra biblioteca sarda;
ex Typographia D. D. N. N. Hier. et Franc. de Castelv, apud ma gli altri, che non possediamo, sono maggiori di numero.

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Pic Pie

Piccioni Eusebio, dotto religioso dellordine di S. Domenico, nemici esterni, e colla fazione interna che favoriva le preten-
nativo di Cagliari, del quale scrivono molte lodi il Quetif e lE- sioni di Salucio, oppose agli assalitori una resistenza assai de-
chard. Visse nella seconda met del secolo XVII e nel 1676 bole. Vinto in vari scontri dalle truppe del pretendente e da
pubblic colle stampe la traduzione del Colloquio spirituale quelle del regolo di Arborea, fu obbligato ad abbandonare la
tra G. C. ed il beato Enrico. Lasci ms. unopera sulla mate- capitale dei suoi stati, ed a rifuggirsi colla moglie, e cogli
ria dei sagramenti della Chiesa, e tre altri opuscoli intitolati: avanzi della sua armata nel regno turritano governato da Bari-
I. Missio seu predicatio evangelica Christi crucifixi; II. Eju- sone II suo fratello. Ma la fortuna non lavea abbandonato an-
sdem missio in septem peccata; III. Ejusdem missio in decem cora. Barisone di Torres ragun sotto gli antichi vessilli un
praecepta. Il P. Piccioni fu vicario generale della provincia do- esercito poderoso, e divisone il comando con Pietro, spinse la
menicana di Sardegna nel 1682, e fu in tal anno che il consi- marcia a grandi giornate contro lusurpatore Salucio. Costui
glio municipale di Cagliari concedette ai frati predicatori la non aspett di essere assaltato dentro le mura di Cagliari, ma
chiesa dedicata a Lucifero arcivescovo cagliaritano. usc in aperta campagna per combattere i due fratelli. Si ven-
BIBL.: Quetif ed Echard, Bibl. domen.; Sanna, Festiv. cult., introd., ne da ambedue le parti ad ordinata battaglia. Larmata turrita-
num. 47; Casalis, Dizion. geogr. stor. ecc. degli stati sardi, vol. III, na rimase vincitrice, e Salucio salvatosi colla fuga, dovette ri-
p. 188. nunziare per allora alle sue pretensioni. Pietro e Barisone
inseguirono i fuggitivi, spinsero lesercito nel regno di Arbo-
Pietro. Vi furono nella chiesa cagliaritana un benefattore in- rea, obbligarono Barisone, alleato di Salucio, a riparare in Ca-
signe ed un neofito di questo nome ai tempi di S. Gregorio bras; e dopo aver disertato col ferro e col fuoco i luoghi tutti,
Magno, il quale ne fa ricordo in alcune sue epistole dirette a per i quali passarono, carichi di bottino e di prigionieri rien-
Gianuario arcivescovo di Cagliari Gianuario. trarono in trionfo nella rocca cagliaritana. Il frutto di questa
vittoria, e della pace quindi conchiusa tra Barisone di Arborea
Pietro re di Cagliari. Nacque da Gonnario II re di Torres, e fu e Barisone di Torres, furono alcuni anni di regno tranquillo,
il secondo dei figli di questo monarca, dal quale eredit gli nei quali Pietro attese a governare quietamente i suoi popoli,
stati di Nucari nella provincia turritana. Suo padre gli ottenne ed a coltivare lamicizia pisana da lui comprata, allorch inter-
in isposa la figlia primogenita di Costantino II re di Cagliari, venne con suo fratello Barisone al parlamento di S. Michele in
per il qual maritaggio succedette nel regno cagliaritano al borgo di Pisa, per prosciogliersi dalla fattagli imputazione dei
suocero suo, morto senza prole maschile nel 1164. Ma i prin- massacri di Ottana Barisone II re di Torres. Ma non fidan-
cipii del suo regnare furono turbatissimi ed infelici. Salucio di dosi intieramente di questa amicizia, che sapea per prova
Lacon, ultimo agnato della famiglia del re defunto, pretendeva quanto fosse labile e venale, mut repentinamente di pensie-
al trono dei suoi maggiori, con esclusione delle femmine; e il ro, e nel 1180 si colleg colla repubblica di Genova, la quale,
famoso Barisone di Arborea, non contento degli stati propri, seguendo lantico suo costume, gli vendette a suon di contan-
tentava usurpare gli altrui. Da queste ambizioni domestiche e ti la sua protezione.59 Siffatta alleanza irrit il comune di Pisa,
forastiere nacque subito la guerra. Salucio e Barisone, uniti in-
sieme per fini diversi, fecero alleanza colla repubblica di Pisa, 59. In questalleanza di Pietro co genovesi furono confermate le condi-
zioni dellaltro trattato del 1166, col quale egli si era obbligato di pagare
e messisi in campo colle genti loro, provocarono alle ostilit il alla repubblica lire diecimila nel termine di quattro anni, oltre lire cento
successore di Costantino. Pietro, non ben provveduto di ar- di annuo censo, ed una libbra di argento puro allarcivescovo di Genova,
mati, nuovo nel regno, e dovendo combattere a un tempo co siccome raccontano il Foglietti ed il Tronci nei loro Annali (anno 1166).

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che querelossi altamente della rotta fede, e volendo punirlo di Pietro I re di Arborea, figlio del famoso Barisone re di Sar-
tanta perfidia, assold un grosso nerbo di truppe, e lo sped a degna e della sua prima moglie Peregrina di Lacon. Comin-
oste contro di lui, affidandone il comando a Guglielmo mar- ci a regnare dopo la morte di suo padre accaduta nel 1186;
chese di Massa. Questabile capitano sbarc in Cagliari, mentre ma il regno suo fu contristato da sinistre vicende che lo ren-
Pietro attendeva a fortificarsi, e datogli incontanente lassalto dettero lungamente infelice. La politica da lui adottata, appe-
con furore pari alla destrezza, lo sconfisse completamente, e na ascese al trono de suoi maggiori, contribu efficacemente
riusc inoltre a farlo prigioniero di guerra. Gli accord poi il ri- alle sventure che poi pesarono sulla sua persona. Irresoluto
scatto, col pagamento di una grossa somma di danaio che gli ne consigli, fluttuante nelle risoluzioni, e di animo facile a
fu data in prestanza dai genovesi; ma lobblig ad uscire dai rompere come a contrarre le amicizie, attir ne suoi stati la
confini del regno cagliaritano, ed a ritirarsi nella corte di suo guerra esterna, e si trov esposto ad infinite calamit. Il pri-
fratello, che regnava ancora nella provincia di Torres. Dopo mo atto del suo governo fu quello di rendersi propizio il co-
questa sconfitta egli rimase in condizione privata nella reggia mune di Pisa, comprando co doni il suo favore;60 ma dopo
di Barisone; ma avendo costui rinunziato al trono, e succedu- tre anni, cambiando repentinamente di fede e di pensiero, si
togli Costantino II suo figlio, non credendosi pi sicuro nei strinse in alleanza colla repubblica di Genova, largheggian-
confini assegnatigli nellultimo trattato di pace co pisani, cerc do con lei nei privilegi e nelle concessioni. I genovesi, usi a
ricovero nella citt di Genova, la quale lo accolse come suo vendere e a comprar colloro gli aiuti e le amicizie potenti, si
antico alleato ed amico. Col aspett che gli eventi gli porges- fecero confermare con atti solenni le smodate franchigie ad
sero occasione di ricuperare il regno perduto, e la promosse essi accordate da Barisone, ottennero nella capitale degli sta-
ancora colle sue instanze presso la repubblica, la quale final- ti arborensi pi vasto territorio per i casamenti e per i traffici
mente nel 1196 accondiscese alle sue preghiere. Larmata ge-
loro, e fattasi promettere dal regolo donatore la pi alta pro-
novese capitanata da Marcellino Drudo sconfisse in quellanno
tezione, lo riconobbero di tante liberalit col vano titolo di
medesimo il marchese di Massa, espugn il castello di S. Gil-
lia, e ripose in seggio il regolo Pietro, il quale erasi trovato loro concittadino.61 Pietro non ramment in quellistante le
presente a quella fazione, ed avea combattuto con molta bra- famose e recenti sventure della sua famiglia, n lesperienza
vura. Per, siccome fu repentina, cos ancora fu momentanea de passati casi valse a ritrarlo da una risoluzione, per cui si
la sua ripristinazione. Guglielmo riun nuove truppe, si strinse affidava ciecamente ad una repubblica, la quale cinque lustri
pi efficacemente ai pisani, e messosi in campo altra volta, innanzi avea mercatato lonore e la libert di suo padre. Fat-
cacci i genovesi dal giudicato cagliaritano, ed obblig Pietro tosi forte con tale alleanza, cominci ad usare il superbo ti-
a salvarsi colla fuga, ed a rinunziare per sempre alla sovranit. tolo di re di Sardegna, che era stato tanto fatale a Barisone:
In tal guisa fin questo regolo il suo lungo e travagliato regno, ma non avendo di re n la politica n la potenza, fu costretto,
il quale, non cos per gloriosi fatti fu rimarchevole, come per dopo due anni, a dismettere cotanta vanit, dividendo lauto-
lincostanza della fortuna. rit e gli stati con un rivale. Ugone, figlio di altro Ugone, il
BIBL.: Brev. hist. pis., allanno 1165; Fara, De reb. sard., lib. II, pp.
198, 200, 234-235; Vico, Hist. gen. del reyno de erd., tomo I, parte 60. La donazione fatta in tale circostanza da Pietro I alla chiesa maggio-
IV, cap. XXXV; Foglietta, allanno 1166; Tronci, Annal. pis., allanno re di Pisa, stata per la prima volta accennata dal Manno nella Storia
1166; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 235 ss., 252, 281; Mimaut, di Sardegna (tomo II, lib. VII, p. 279).
Hist. de Sard., tomo I, pp. 150-151 Guglielmo I re di Cagliari ed i 61. Ci si ricava dai documenti esistenti nellarchivio ducale di Genova,
monum. ivi citati. i quali furono consultati dal Manno (loc. cit., p. 280).

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quale pretesseva novelli diritti al regno di Arborea Ugone pregiudizio dei diritti di Parasone, il quale mor senza prole
I di Arborea, dacch giunse agli anni della pubert, contese nel 1217.62
con lui al principato, ed assistito da quellistessa repubblica BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. II, pp. 235, 238; Innocenzo III,
genovese, che nel 1189 avea promessa la sua fede al dinasta Epistole, tomo I, lib. I, p. 183, epist. 329; Ughelli, Ital. sacr., tomo IV,
sardo, per lodo interposto da Guglielmo Burono, fu dichia- art. Episc. januens., num. 27; Mimaut, Hist. de Sard., tomo I, pp.
rato nel 1191 suo collega nel regno Ugone II di Arborea. 121, 150-151; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 279-280, 284 ss.
Ma cotesta societ dimpero non dur lungamente. Lanimo
discorde e lambizione dei due regnanti produsse una lunga Pietro II re di Arborea. Nacque da Ugone II visconte di Basso
serie di lotte intestine; ed i regoli vicini, attenti a trarre il pro e da Preziosa di Lacano o di Lacon, e succedette nel 1230 63 a
loro dalle divisioni altrui, ebbero lopportunit di opprimerli Costantino II, che da taluni creduto suo fratello primogenito.
entrambi. Un esercito guidato da Guglielmo marchese di
Massa e regolo cagliaritano, entr ostilmente nei territori ar- 62. Dalle cronache sarde consultate dal Fara si ricava, che Parasone
borensi nella primavera del 1192. Ugone, inesperto dei peri- nacque a Pietro I dalle sue nozze con Bina, principessa di Arborea.
coli della guerra, non aspett il nemico, e ripar incontanen- 63. Un documento pubblicato dal Sanna (Festivos cultos por la canoniza-
tion de S. Pio V, introd., num. XVIII), colla data del 28 gennaio 1228, con-
te a Genova; ma Pietro usc a campo contro linvasore, e tiene la donazione di vasti terreni fatta da Pietro di Lacano e sua consorte
messosi alla testa della sua armata, volle provare i fortunosi Diana giudici di Arborea ai monaci benedittini residenti nel monistero di
casi delle armi. Per la fortuna aveva gi abbandonato la fa- S. Martino nelle circostanze di Oristano. Il Sanna afferma di averlo esem-
miglia di Barisone di Arborea. Dopo vari conflitti, Pietro fu plato dal diploma originale esistente al suo tempo (1713) nel convento
completamente battuto in battaglia, fatto prigioniero, e gitta- dei frati domenicani di S. Martino di detta citt di Oristano, e quindi sem-
bra non potersi dubitare della sua autenticit. Oltre di che i nomi dei do-
to in un carcere col figlio suo Parasone. Cinque anni di pri- natori e dei testi intervenuti a solennizzare un tale atto concordano perfet-
gionia ammansirono il vano ed intollerante animo suo. Nel tamente co nomi contenuti nelle altre donazioni posteriori dello stesso
1197 ottenne la libert, non per generosit, ma per politica regolo Pietro II pubblicate dal Mittarelli negli Annali camaldolesi (Appen-
di Guglielmo, il quale concedette a Parasone la mano di Be- dice al tomo IV, col. 305, 341, 489, 491, 544-545). Lunica difficolt che
nedetta sua figlia Benedetta principessa di Cagliari. Rieb- pu risultare da tal documento consiste nellanno, sotto il quale annota-
to; perciocch opinione comune dei paleografi sardi che Pietro II abbia
be allora il regno perduto; ma le dure condizioni impostegli cominciato a regnare in Arborea nel 1230. Ma si pu osservare in contra-
dallastuto liberatore, lo rendettero suo tributario e vassallo, rio, che non esiste diploma, dal quale risulti che Costantino II predecesso-
anzich alleato Guglielmo I re di Cagliari. Ugone venne re di Pietro abbia protratto il suo regno fino al 1230; che il principio del
ancora nello stesso anno a turbare il recente riacquisto de regno di Pietro II comunemente segnato in detto anno, perch le noti-
suoi stati; e la repubblica di Genova, dichiaratasi protettrice zie pi antiche, che di lui si aveano, appartenevano appunto a tal tempo,
in conseguenza delle carte messe in luce dagli annalisti camaldolesi; che
del regolo fuggitivo, domandava colle ragioni e colle minac- tutto ci non pu escludere il fatto positivo risultante dal diploma anterio-
ce la nuova esecuzione del lodo del 1191 Ugone II re di re del 1228, se si ammette come autentico; e che non improbabile nem-
Arborea. Qui Pietro non manc di previdenza n di corag- meno, esservi stata societ di regno tra Costantino II e Pietro II di Arbo-
gio: respinse con disdegno le pretese del suo antico rivale, rea, come vi fu veramente tra Pietro I e Ugone II in virt del lodo del
ed aiutato da Guglielmo e dal comune di Pisa, mantenne 1191 Pietro I re di Arborea. Noi incliniamo di preferenza ad opinare
per cotesta societ di regno; ma essendo la nostra una semplice congettu-
indiviso colla forza delle armi il contrastatogli trono di Ar- ra, aspettiamo di buon grado che un esame pi felice delle antiche me-
borea. Regn allora quietamente fino al 1211, anno in cui morie di Sardegna possa apportare maggior lume sopra un tal punto non
cess di vivere, e gli succedette nel regno Costantino II, in abbastanza chiarito della successione cronologica dei dinasti di Arborea.

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La moglie sua si chiam Diana, e intitolossi ancor essa regina dimorava gi da due anni in Sardegna in qualit di suo legato
di Arborea. Fu principe molto pio, osservante del vassallagio presso Adelasia principessa di Torres, ricevette a tal riguardo
impostogli dalla chiesa romana, e liberale verso i monaci del le sue istruzioni; e Alessandro, che con tanto zelo avea ese-
suo tempo. I primi atti del suo governo furono contrassegnati guito le commissioni papali, riducendo a vassallaggio i regoli
da questo spirito di piet e di sommessione. Il monistero di turritani, non fu meno ardente n meno felice nellaccompire
S. Maria di Bonarcado fondato dal famoso re Barisone era lo stesso incarico presso il regolo di Arborea. Trasferissi solle-
uno de pi rinomati chesistessero in Sardegna. A questo ri- cito a Lucentino, luogo posto tra i confini del regno arborense
volse le prime sue sollecitudini, e con generosit regia dono- e turritano, dove lo aveano preceduto Pietro II e Ubaldo mari-
gli nel 1230 la vasta selva di Querquedu (dei querceti) redata to di Adelasia, e facendosi arbitro delle questioni che erano
da suoi antenati:64 e quasi fosse ancora poco per satisfare al insorte tra i due regoli per ragione di territorio, in un istesso
proprio desiderio ed alla riverenza in cui tenea i monaci be- giorno (2 aprile 1237, indict. XI corrispondente al 1238) fece
nedittini, dopo sette anni da questo primo atto accord ad compromettere il giudizio nella sua persona, e pronunzi il
essi la libert della pesca in Mare-ponte, francandoli da ogni lodo, merc di cui stabil la perpetuit della pace tra i due
dazio verso il tesoro.65 Le quali donazioni non a dirsi sicco- contendenti. Larbitramento non riusc infruttuoso aglinteressi
me fossero levate a cielo dai donatari privilegiati, e quanto af- della sede pontificia, poich tra le altre condizioni penali fu
fettuosamente ne parlassero i monaci di S. Zenone di Pisa, dai statuita questuna: che linfrattore dei patti pagasse dodici mila
quali i confratelli di Bonarcado erano dipendenti, e come poi marche dargento, la met delle quali dovesse applicarsi al te-
enfaticamente ne scrivessero nelle cronache monacali. Minor soro della chiesa romana.66 Di molto maggiore importanza fu-
cura prendevasi il regolo Pietro dei propri stati, dal che deri- rono i due atti politici conchiusi dallo stesso Alessandro nel 3
vonne un lungo regno scemo di utilit e di gloria. Il papa aprile del suddetto anno, in uno dei quali fece dichiarare a
Gregorio IX non pretermise loccasione di consolidare sotto Pietro II la ricognizione del supremo dominio della Chiesa, e
questo principe gli antichi diritti della chiesa romana sopra le ricevette da lui il giuramento di fedelt; e nellaltro gli diede
quattro dinastie sarde. Alessandro suo cappellano, il quale linvestitura del regno di Arborea, consegnandogli il vessillo
emblematico della confertagli autorit, assoggettandolo allan-
64. Latto intiero di questa donazione stato pubblicato nellAppendice nuo tributo di mille e cento bisanti, e la condizione impo-
al tomo IV degli Annali camaldolesi (col. 489 ss.) dal dotto P. Mittarelli, nendogli della ricadenza de suoi stati nel patrimonio di S.
il quale lo copi dal diploma originale esistente nellarchivio di S. Mi- Pietro, se mancasse ai viventi senza prole leggittima.67 N qui
chele in borgo di Pisa. scritto in lingua sardo-latina, e contiene i nomi
di molti luoghi che possono illustrare la topografia sarda del secolo XIII.
Vi si leggono sottoscritti come testi i seguenti: Trodorio o Torgodorio ar- 66. Le suddette notizie si ricavano da due diplomi del 2 aprile 1237, in-
civescovo dArborea, Pietro de Martis vescovo di S. Giusta, Guantino de dict. XI (corrispondente al 1238) riportati dal Muratori nella dissertazio-
Scuru (forse de Muru) vescovo di Terralba, Lorenzo de Zori, Guantino ne LXXI delle Antichit italiane.
de Zori castellano di Marmilla Arzocco de Montes, Furradu Sorrom- 67. Questi due documenti istorici furono parimenti pubblicati dal Mura-
pis, Barrusone Pistone, Arzocco Pera, Barrusone Diana, e molti altri. tori nella citata dissertazione LXXI. Appariscono distesi nella chiesa di
65. Questaltra donazione ancora fu messa in luce dal Mittarelli (Appen- S. Maria di Bonarcado, e sono sottoscritti dai due metropoliti di Cagliari
dice cit., col. 544-545), che la estrasse per copia da un esemplare pos- e di Arborea, dai vescovi di Terralba, di S. Giusta di Usellus, di Suelli,
seduto da Ottavio Angelo Abrami canonico di Pisa. sottoscritta dagli di Bisarcio, di Ploaghe, e da frate Nicol priore del monistero di Bonar-
stessi testi che segnarono nella precedente donazione del 1230; e cos cado, e sono muniti del sigillo di Pietro II. Il vessillo consegnato da
nelluna, come nellaltra il regolo donatore sintitola Petrus de Lacano Alessandro legato pontificio al regolo di Arborea, avea dipinte nel cam-
juighe de Arborea, e visconte de Basso. po due chiavi ed una croce, ch lemblema della chiesa romana.

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fermossi loperosit dellabile legato di Gregorio IX. Quattro fu il regno di Pietro II fino al 12 maggio 1238, in cui cessano
giorni dopo richiese a Pietro II il forte castello di Girapala, intieramente le memorie istoriche della sua persona. Gli anni
quasi pegno delle fatte promesse, e per mezzo di Benedetto posteriori del suo governo giacciono in una assoluta oscurit;
chierico di S. Stefano di Alatro, ne consegn le chiavi a Tor- ed il racconto delle cronache sarde riportato dal Fara, il qua-
chitorio arcivescovo di Arborea, acci lo custodisse ad arbi- le lo dice morto senza successione, dopo avere instituito ere-
trio e per sigurt della chiesa romana. Quindi nel 9 e 10 aprile de dogni sua ragione il romano pontefice, sembra derivato
dello stesso anno, ricevuto nuovo giuramento di ubbidienza dalle negoziazioni diplomatiche felicemente conchiuse dal le-
dal regolo e dai nobili del suo regno, fece promettere con sa- gato di Gregorio IX. Comita III della famiglia dei Serra, una
cramento a Lorenzo e Guantino de Zori, a Pietro de Murtino delle pi illustri di Arborea, fu limmediato suo successore.
ed Arzocco de Martis, consiglieri ed amici del principe feuda- BIBL.: Mittarelli, Annal. camald., tomo IV, pp. 313-314, 339-340, e
tario, di mantenerlo saldo nella sommessione giurata alla nellappend. a detto tomo IV, col. 489-491, 544-545; Muratori, Antich.
chiesa romana; e se non la osservasse, di rompergli immedia- ital., tomo VI, dissert. LXXI, col. 7 ss., 16 ss.; Fara, De reb. sard., lib.
tamente la fede.68 La protezione pontificia promessagli da II, p. 239 ss.; Sanna, Festiv. cult., introd., num. 18; Raynaldi, Annal.
Alessandro, e la grazia accordatagli di poter legare a suoi eccles., allanno 1237, num. 16, 23; Vico, Hist. gen. del reyno de
congiunti, alle chiese ed ai luoghi pii alcuna parte dei beni erd., parte IV, cap. XXIII, fol. 53, col. 4, num. 1; Pellicer, Memor.
de la casa de Alagon; Salazar, Coment. de Zurita. Casa de Lara; Me-
demaniali dello stato, furono la ricompensa ottenuta da Pie- mor. del march. di Coscoj., alb. geneal.; Manno, Stor. di Sard., tomo
tro II per tante concessioni; ma nellatto stesso in cui ricevet- II, p. 297 ss.
te siffatti favori, rinnov la promessa nel vassallaggio, il patto
di riversibilit del regno di Arborea alla chiesa romana, il pa- Pietro III re di Arborea, figlio e successore di Ugone III, il
gamento dellannuo censo di mille e cento bisanti nel giorno quale lo ebbe dalle nozze con Benedetta, una delle principes-
della festa del principe degli apostoli, e si sottopose alla con- se sarde pi distinte del secolo XIV.70 Ricevette la sua educa-
dizione pi gravosa di tutte le altre, obbligandosi a non con- zione nella corte di Aragona, dove suo padre lo avea mandato
trarre nuovi parentadi, senza il beneplacito della S. Sede.69 Tale per apprendervi le arti cavalleresche, e vi crebbe onorato dai
principi e dai magnati, i quali riverivano in lui la persona
68. I diplomi contenenti questi atti diversi furono distesi nel 7 aprile istessa di Ugone, sostenitore principale della potenza arago-
1238 nel castello di Girapala, e nel 9 aprile dello stesso anno nella nese in Sardegna. Nel 1326 contrasse splendide nozze con
chiesa di S. Maria di Bonarcado (vedi Muratori, loc. cit.). Costanza di Filippo di Saluzzo e di Alonza de Castro, stretta
69. Le due carte relative alle accennate convenzioni ed obbligazioni han-
no la data del 1 e del 12 maggio 1238, e sono munite del sigillo di Pietro congiunta del re di Aragona, il qual nodo lo congiunse ancora
II. I testi che le sottoscrissero sono gli stessi che segnarono i diplomi del 3
aprile precedente, ad eccezione di Trogodorio vescovo di Castro, e di Co- Gregorio IX, nellapporre tal condizione, facesse fondamento nella proba-
stanzo, vescovo di Ottana, i quali figurano qui per la prima volta. La con- bilit della premorienza di Diana, non ignaro della di lei sterilit, per cui
dizione apposta alla carta del 12 maggio, di non potere il regolo di Arbo- Pietro II non potea da tali nozze sperare legittima successione.
rea contrarre nuovi parentadi, senza lassenso della S. Sede, potrebbe 70. Benedetta sopravvisse alla morte di suo marito Ugone III accaduta
indicare che in quel tempo egli fosse gi vedovo di Diana; ma siccome nel 1336. Il credito, di cui essa godeva nella corte aragonese, si rileva
nella carta anteriore del 1 maggio Alessandro riceve sotto la protezione tra le altre cose da una lettera scrittale dal re D. Pietro IV il Cerimonio-
della chiesa romana il regolo Pietro e la sua moglie, perci, non potendo- so, il quale le dimand la mano di sua figlia Maria per D. Artaldo di
si facilmente supporre nello spazio di soli undici giorni una tal vedovan- Fozs signore di Cabrera (vedi Memor. del march. di Coscoj., alb. ge-
za (avvegnach non impossibile) rimane a conghietturare, che il legato di neal., num. XVII in fin.).

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per parentado al marchese di Saluzzo, uno dei dinasti pi po- BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. VI, cap. LXXVII; lib. VII, cap. I,
tenti di quel tempo. Due anni dopo assistette in Saragozza alle XVI, XXVIII, LXXIII; lib. VIII, cap. XVI; Fara, De reb. sard., lib. II,
feste dellincoronazione di Alfonso IV succeduto a Giacomo II pp. 240-241; Vico, Hist. gen. del reyno de erd., parte V, cap. XVI,
di Aragona; e nel 1336 ascese al trono di Arborea, vacato per num. 2; Sanna, Festiv. cult., introd., num. 19; Manno, Stor. di Sard.,
tomo III, pp. 47-48, 59 ss.; Mimaut, Hist. de Sard., tomo I, p. 187.
la morte del suo genitore. Erede dei sentimenti e della politica
paterna, si mantenne in grazia degli aragonesi, dimostrandosi
in ogni incontro il pi fido de loro alleati; e nello stesso pri- Pietro frate da Cagliari, religioso cappuccino, il quale fior
mo anno della sua assunzione alla dignit regale mand Ma- nella prima met del secolo XVII. Fu uomo di molta piet e
riano e Giovanni suoi fratelli col metropolita di Arborea per dottrina; insegn per alcuni anni la teologia scolastica nel
prestare in qualit di suoi legati lomaggio dellamicizia antica cenobio cagliaritano del suo ordine; e poi fu elevato alla di-
a D. Pietro IV il Cerimonioso. Il suo regno fu poco rimarchevo- gnit di ministro provinciale, nel quale uffizio si fece stimare
le per fatti gloriosi, e trascorse tranquillo per due intieri lustri per la sua prudenza, per lo zelo con cui attese a far rifiorire
nel seno di una pace inoperosa. Solamente nel 1343 aiut colle la disciplina monastica, e per molti esempi di illuminato e
sue truppe e col suo danaro limpresa del suddetto re D. Pietro retto governo. Lasci unopera teologica intitolata Commen-
IV contro il castello di Osilo, gi posseduto da Giovanni mar- taria super quatuor libros sententiarum divi Bonaventurae
chese di Malespina. La storia non ricorda altre azioni della sua doctoris seraphici, la quale per la di lui morte rimase inedita.
vita degne di memoria; e latto di generosit che si dice usata Per ne fanno onorata menzione i bibliografi dellordine dei
da lui al monistero di S. Martino di Oristano soggetto a mol- frati minori, e riferiscono che il ms. di tale opera esisteva an-
te dubbiezze per lautenticit non abbastanza certa del diplo- cora nel 1747 nel convento dei cappuccini di Cagliari.
ma in cui contenuto.71 Pietro III cess di vivere nel 1346, e BIBL.: Dionis. a Genua, Biblioth. script. ordin. min. cappuccinor.,
morto essendo senza prole, gli succedette nel regno il suo fra- pp. 405, 531; Bernard. a Bononia, Biblioth. script. ordin. cappucci-
tello cadetto Mariano IV, il quale illustr cotanto il nome sardo nor., pp. 211-212.
colle sue imprese politiche e guerriere.
Pilalbo Guantino Calderari Nicol.
71. Il detto diploma colla data del 30 dicembre 1326, stato pubblicato
dal Sanna nella citata opera intitolata Festivos cultos ecc. (num. 19). Ma Pilo Pietro. Fu uno degli ambasciatori mandati nel 1420 dal
siccome la donazione nel medesimo contenuta si dice fatta da Mariano comune di Sassari al re D. Alfonso V di Aragona per profe-
IV ed approvata da Ugone IV suo figlio primogenito; siccome inoltre il rirgli obbedienza, e sottoporsi alla sua potest, colla condi-
suddetto Mariano IV si suppone gi regnante in quellatto, e si suppone zione per di riconfermare ai cittadini gli antichi loro privile-
ancora gi trapassato il di lui fratello primogenito Pietro III; perci una gi: la qual missione egli accomp con molta felicit, per lo
tal carta presenta tutti i caratteri di falsit. Che nel 1326 regnasse ancora
in Arborea Ugone III; che nello stesso anno vivesse il Pietro III, di cui che fu rieletto nellanno seguente tra gli anziani del consi-
parliamo, e che andasse anzi a nozze con Costanza di Saluzzo, fuor glio maggiore, ed ottenne nella sua patria le pi onorevoli
di dubbio per lautorit di mille documenti istorici. Per la qual cosa, o distinzioni. Discendeva da lui laltro Pietro Pilo, cittadino
errata la data del diploma pubblicato dal Sanna, ovvero (ci che sem- sassarese, il quale nel 1541 fu armato del cingolo equestre
bra pi probabile) lo stesso diploma deve considerarsi come una pia
invenzione dei monaci abitatori del monistero di S. Martino in Orista- dallimperatore Carlo V, e fu il ceppo dellillustre casata dei
no, intenti ad accumular beni e privilegi consentanei a quelli gi otte- Pilo, dalla quale uscirono in vari tempi tanti uomini insigni
nuti nel 1228 da Pietro II re di Arborea. per piet e per lettere. Questultimo mor nel 1564. Andrea

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ed Antonio Pilo, gentiluomini sassaresi, i quali si distinsero Pilo Nicol, distinto ecclesiastico e giurisperito del secolo
nelle guerre napoletana e siciliana, dopo la met del secolo XVII.72 Abbiamo di lui unoperetta legale intitolata Flores
XVII, appartennero alla stessa famiglia. Militarono entrambi sententiarum omnium utriusque jurisprudentiae, della quale
sotto gli stendardi spagnuoli, levarono a proprie spese tre si fecero varie edizioni in Italia. La migliore e la pi copiosa
compagnie di fanti, e diedero belle prove di valore nella fa- quella che fu fatta in Roma dal Robletti (apud Joannem
zione di Messina. Il Cossu nelle Notizie di Sassari, ed il Man- Baptistam Roblettum) nel 1639 in un volume in 8. La mede-
no nella Storia di Sardegna ne fanno onorevole menzione. sima, oltrech pi esatta nella progressione dellordine al-
BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. IV, art. Alph. rex; Manno, Stor. di fabetico, sotto il quale le materie sono allogate, contiene an-
Sard., tomo III, pp. 183, 258, 373; Archiv. document. dei Pilo-Boyl, cora un indice dei titoli legali affatto conforme alla nuova
vol. III, alb. geneal.; Cossu, Notiz. stor. della citt di Sassari, cap. collezione del diritto cesareo, un altro indice delle rubriche
XII, p. 92. del corpo del diritto canonico, ed un repertorio delle Novelle
di Giustiniano e dei titoli delle costituzioni pontificie cono-
Pilo Angelo, religioso della compagnia di Ges, il quale sciute sotto il nome di Estravaganti. Lopuscolo pregevole
visse nel declinare del secolo XVI, e men molto rumore per la precisione e per la chiarezza, anzich per labbondan-
tra suoi confratelli per la libert con cui volea interpretare za o per la profondit della dottrina: ma leditore romano,
le regole dellinstituto professato. Gli annali della compa- nel dedicarlo a Paolo Sassi di Forl, riputato giurista di quei
gnia lo dicono nativo di Sardegna. Fu quasi contemporaneo tempi, lo commenda con molte lodi, rassomigliandolo tra le
del P. Paccecco, il quale avea tentato dintrodurre nello stes- altre cose ad uno dei pi be fiori del vasto campo della giu-
so ordine novit assai pericolose, e per tal motivo ancora le risprudenza. Il Pilo fu altres dottore in teologia; ma non ab-
sue interpretazioni diventarono sospette. Per indovinare il biamo monumenti editi del suo sapere nella scienza divina.
fine donde procedevano, fu eccitato ad accettare luffizio di
coadiutore spirituale, che egli avea sempre tenacemente ri- BIBL.: Pilo, Flor. sentent. utr. juris, nella ded. e nellavvert., ediz.
rom. del 1639.
fiutato. Il Pilo persistette nel suo proposito, pretendendo la
professione solenne dei quattro voti; e munitosi di attestati
Pilo Melone Francesco, ecclesiastico molto pio e distinto, na-
e di commendatizie, si trasfer sollecito a Ferrara, dove in
to in Sassari nella seconda met del secolo XVI e morto nella
quella stagione trovavasi il papa Clemente VIII. Col, per
stessa citt nel 14 maggio 1638. Della sua vita innocente e tut-
mezzo del duca di Suessa e del cardinale Guevara, ebbe
ta dedicata al servizio del Signore si hanno molte tradizioni
laccesso al sommo gerarca della Chiesa, il quale lo accolse
popolari, le quali addimostrano il concetto di santit in cui
benignamente, e gli promise di appagare i suoi desideri: ma
il cardinale Bellarmino, avvertitone in tempo dal generale
Claudio Acquaviva, peror con tanto impegno per lintegrit 72. Non singolarizziamo il luogo di nascita di questautore, perch non
si hanno documenti certi che lo dimostrino. Sebbene sia opinione di
delle costituzioni gesuitiche, che il Pilo fu rimandato allas- molti chegli nascesse in Sassari, e che appartenesse ad una delle tre
soluta balia del preposito generale dellordine, il quale lo nobili casate dei Pilo; tuttavia noi, chebbimo occasione di esaminare
destin per uno dei collegi di Sicilia. Col cess di vivere, lungamente e pazientemente gli archivi di dette tre antiche famiglie,
pentito veramente dei turbamenti che la sua privata libert non trovammo traccia, non che prova di tale sua patria sassarese.
avea prodotti. Quindi lo lasciamo genericamente tra i nativi di Sardegna, attenendoci
ancora al testimonio della sua operetta edita, in cui si legge: auctore
BIBL.: Juvency, Hist. soc. Jes., lib. XI, parte V, pp. 37-38, anno 1598. adm. R. D. Nicolao Pilo, sardo, S. Th. ac J. U. D.

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egli fu tenuto: per non osiamo nulla affermare, non esisten- suo ritratto, lo colloc dal lato dellepistola della stessa cap-
do documenti scritti della verit dei fatti che di lui si racconta- pella colla seguente iscrizione:
no. Solo sappiamo con certezza, che fu beneficiato della cat- RDS FRANCISCVS PILO BENEFICIATVS
tedrale turritana, che fu profuso nelle opere di misericordia, e IN PRIMAT ECC TVRR FVNDATOR
che diede, mentre visse, esempi costanti della purit de suoi ET 3 PRAEPOSIT CONGREGAT
costumi e di zelo grandissimo per lincremento della religione. S PHILIPPI NERII OBIIT DIE XIV
Il testamento da lui ordinato nell11 marzo 1638, pochi mesi MENSIS MAII ANNO MDCXXXVIII
prima che morisse, rende indubitata testimonianza della sua Dopo quarantadue anni, durando tuttavia la memoria della
piet. Il medesimo scritto in lingua sarda (logudorese), e sua virt, le di lui ceneri furono divotamente traslatate alla
contiene, a modo di prologo, una bellissima professione di fe- cappella del SS. Sacramento nella suddetta cattedrale, dove
de e di atti cristiani di carit e di pentimento, fatti dal testatore al presente riposano in cornu epistolae. Sopra un macigno
prima di disporre delle sue cose terrene. Vi si vede dipinta incastrato nella parete si legge il ricordo di tale traslazione,
tutta lanima di un uomo veramente di Dio, il quale avea cer- che come segue:
cato in tutta la sua vita di ricopiare in se stesso i veri modelli
dellevangelica perfezione; n si pu leggere senza provare HIC RECONDVNTVR CINERES
RDI FRANCISCI PILO TVRRIT HVIVS
quel sentimento solenne di rispetto e di devozione che infon- PRIMATIALIS ECC BENEF
de sempre negli animi il semplice ma sublime linguaggio del- A SVO SARCOPHAGO IN HVNC LOCVM
la virt della croce. In questo testamento73 fece il Pilo molti TRANSLATI DIE XII FEBR
lasci pietosi alla cattedrale di Sassari, alla chiesa di Balai dedi- ANNO MDCLXXX QVI VITAE PROBITATAE
cata ai SS. Martiri turritani ed alla congregazione dei filippini, EXIMIVS REQVIEVIT IN DNO
della quale fu il fondatore nella sua patria. Leg inoltre unan- DIE XIV MAII ANNO MDCXXXVIII
nua elemosina di scudi venti da erogarsi ad unorfanella nel
giorno precedente la festa di S. Filippo Neri, ed un fondo per- Pilo Frasso Giovanni, pio e dotto scrittore del secolo XVIII,
petuo a favore dellopera della cappella del SS. Sacramento nato in Sassari nel 5 ottobre 1686, e morto in Vienna dAu-
nella chiesa primaziale di S. Nicola. Pieno di meriti, ed in opi- stria verso il 1740. Francesco Pilo e Isabella Frasso, suoi ge-
nione di uomo straordinariamente virtuoso, mor in Sassari nitori, accoppiando alla chiarezza del sangue i comodi della
nel suddetto giorno 14 di maggio del 1638. La congregazione fortuna, lo educarono civilmente; perloch iniziatosi nelle
filippina da lui fondata deposit il suo corpo nella cappella di umane lettere, e quindi negli studi filosofici e teologici, fece
S. Filippo Neri esistente nella cattedrale turritana, e fatto fare il nei medesimi cos buon frutto, che giovinetto ancora era ri-
putato nella sua patria uno de pi svegliati ingegni di quella
73. La copia autentica di tal documento ci stata comunicata collusata stagione. Sagratosi poi sacerdote, attese con molto impegno
sua gentilezza dal dotto canonico turritano cav. D. Emanuele Marongio, alla predicatura, e gi levava nome di eccellente, quando
il quale inoltre ci ha dato notizia, che esistono nellarchivio capitolare mischiatosi nei parteggiamenti che nel principio del secolo
di S. Nicola di Sassari alcune memorie antiche dello zelo, con cui il Pilo XVIII divisero le citt e i luoghi tutti della Sardegna, per cau-
si adoper costantemente, acci rimanessero in vigore le peregrinazio-
ni penitenziarie di alcuni pii sodalizi di Sassari alla basilica dei SS. Mar- sa della guerra di successione al trono spagnuolo, abban-
tiri turritani. Il testamento di questo pio ecclesiastico si vede ridotto in don il pacifico ministerio di orare dai pergami per trava-
forma pubblica dal notaio Gavino Pilo Diana. gliarsi lo spirito negli affari politici. Fautore dellarciduca

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dAustria e dei di lui aderenti, impieg il suo credito ed i factum est, scolasticis rationibus, scripturae, conciliorum et
suoi lumi per fare proseliti al partito tedesco; e poich la patrum testimoniis mirandum proponitur ecc. (Vindoboni,
fortuna delle armi stabil in Sardegna il dominio degli impe- 1724, un vol. in fol.), nella quale tratta scolasticamente di al-
riali, si trasfer sollecito a Barcellona per brigarvi gli onori e cuni punti della materia teologica sullincarnazione del Ver-
le ricompense chegli credea di aver meritato. Ma lincertez- bo: II. Discurso moral pertineciente al peligroso estudio de
za delle cose pubbliche e la politica circospetta dei ministri muchos en punto de religion ecc. (Viena, 1730, un vol. in
di Carlo III furono contrarie a suoi disegni ambiziosi, e il 4): III. Reflexiones sobre la carta de un estudioso sin nom-
solo premio che ottenne pi tardi fu il titolo vano di cappel- bre (Viena, 1731, un vol. in 4), colla quale rispose allanoni-
lano onorario di S. M. Cesarea. Tuttavia si acquist qualche mo censore, che avea preso a combattere con apposito scrit-
credito co suoi talenti, e coltiv le amicizie illustri, tra le to le dottrine da lui sostenute nel Discorso pubblicato nel
quali onorollo soprammodo quella del rinomato P. Alvaro 1730. Abbench lillustre autore sapesse molto nelle ecclesia-
Cienfuegos, fattosi suo mecenate ed encomiatore. Attese stiche discipline, tuttavia sentiva assai modestamente di s,
nuovamente alla predicazione in Barcellona; e poi andatose- n sindusse a pubblicare le produzioni del suo ingegno,
ne a Vienna, vi rimase fissamente fino alla sua morte, divi- fuorch dopo glincitamenti e le persuasioni de suoi amici;
dendo il tempo nello studio delle scienze divine e nella virt rarissima, bastante essa sola a formare il di lui elogio.
composizione di parecchi libri di sacro argomento che furo- Se a tale modestia congiunto avesse la tranquillit dellani-
no pubblicati colle stampe.74 Il primo suo lavoro edito sono mo, n lambizione di pi alto stato lo avesse spinto a pre-
le orazioni panegiriche: Oraciones panegiricas (en Viena de giudicare coi parteggiamenti politici allozio ed alla perseve-
Austria, en la emprenta de Ignacio Domingo Voigt, un vol. ranza nei gravi studi, saria forse stato uno degli uomini che
in 4). Le medesime sono pregevoli per lo stile, il quale pi avrebbero onorato la sua terra natale.
assai forbito, e pu reggere al paragone con quello de pi BIBL.: Pilo, Oracion. panegir., nella dedic. e nelle approv.; Pilo,
tersi scrittori spagnuoli, oltre la erudizione sacra che vi so- Memorial. a S. M. Cesarea, fol. 7, 9, 12, 17, 22 ss.; Archiv. docu-
vrabbonda, sebbene talvolta senza necessit: peccano per ment. dei Pilo-Boyl, vol. III, alb. geneal.; Manno, Stor. di Sard., to-
di soverchia immaginazione e di bei motti a pregiudizio del- mo III, p. 465.
la gravit e del vero bello oratorio; il qual difetto procedette
in lui, parte dalla sua giovinezza ardente ed inesperta, parte Pilo Giuseppe Maria, dottissimo e zelantissimo vescovo, ed
dal cattivo gusto che predominava a que tempi nel pergamo uno degli scrittori pi insigni che la Sardegna abbia avuto nel-
spagnuolo. Il Cienfuegos, uomo che potea giudicarne con lo scorso secolo. Nacque in Sassari nel 1716 da Antonio Pilo
molto senno, allorch dette orazioni si pubblicarono, disse Sampero e da Speranza Quesada, persone di antico e nobile
non spiacergli nellautore la primavera ridondante di molti lignaggio,75 e fu lultimo di tre fratelli, dei quali il maggiore,
fiori, perch dai fiori nascerebbe poi matura copia di frutti.
Le altre scritture del Pilo sono le seguenti: I. Verbum caro
75. Qui ci accade in acconcio di rettificare un errore altrui, al quale sen-
za volerlo demmo noi stessi loccasione. Nel 1832 ci furono richieste da
74. Le suddette notizie sono ricavate nella maggior parte da un memo- personaggio autorevole e ancor vivente, che molto onoriamo, le notizie
riale che Antonio Pilo, fratello dellautore, indirizz nel 1736, mentre biografiche di monsig. D. Fr. Giuseppe Maria Pilo, per farne soggetto
dimorava in Vienna, allimperatore Carlo VI. intitolato Memorial que (cos allora ci si diceva) alle lodi dellesimio prelato, le quali doveano
presenta a S. M. Cesarea D. Antonio Pilo Frasso, sacerdote del reyno de leggersi pubblicamente nella regia universit degli studi di Cagliari. Non
Sardea (in 4); ed esiste nella nostra biblioteca sarda. esitammo ad assecondare tal desiderio, e demmo le notizie richiesteci,

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chiamato Andrea, ebbe nome di eccellente giurista, e percor-


se onorevolmente la via dellalta magistratura nel real senato
di Piemonte.76 Educato con diligenza dai genitori e particolar-
mente dalla madre, che fu delle femmine del suo tempo una
delle pi savie e pi valorose, cammin con bellesempio di
modestia e dingegno nelle scuole pubbliche della sua patria,
alle quali fu mandato per apprendervi la lingua latina e le
umane lettere, e si fece distinguere per la candidezza de co-
stumi e per lamore allo studio dagli altri suoi compagni, ab-
bench per let fosse di tutti il meno adulto. Prevalendo in lui
col crescer degli anni lo spirito della piet, gli venne in mente
generoso pensiero di abbandonare il secolo; e non mettendo
dimora in mezzo, ma seguendo linterna voce dellanimo che
lo chiamava alla vita solitaria de chiostri, si fugg nel 1730 dal-
la casa paterna, e si fece frate carmelitano, scambiando nel

quali in quel tempo ci trovavamo averle, con protestare tuttavia che ab-
bisognavano di correzione. Per vidimo appresso che delle medesime si
tenne conto pi che non meritassero; e non una, ma due volte, si pub-
blicarono colle stampe quelle notizie, con sola diversa forma di stile, ma
colla stessa materiale distribuzione loro, senza mancarvene una e senza
esservene nuova una sola, e (come bene si pu pensare) senza che noi
fossimo mai nominati. Nelle nostre schede del 1832 noi avevamo detto
che monsig. Pilo apparteneva alla famiglia dei Pilo Ansaldo, e fu ripetu-
to che la casata dei Pilo Ansaldo era appunto la sua; avevamo tacciuto il
nome dei suoi genitori (perciocch allora lo ignoravamo), e fu tacciuto
ancora da chi si piaceva riprodurre con molta religione le cose nostre.
Ora pertanto, nel mettere per la prima volta in luce i veri nomi del pa-
dre e della madre dellesimio prelato, protestiamo errato il racconto
contenuto in dette schede, vale a dire che il Pilo appartenesse allantica
ed illustre famiglia dei Pilo Ansaldo. Imperocch oltre di trovarsi gi
estinta, in Sassari non solo ma in tutta la Sardegna ancora, fin dal decli-
nare del secolo XVII, la illustre casata degli Ansaldo Pilo (non gi di Pi-
lo Ansaldo, la quale non ha mai esistito), le ricerche da noi fatte poste-
riormente nel copioso archivio dei marchesi Pilo di Boyl, e i documenti
nel medesimo ritrovati ci chiarirono del vero casato del dotto vescovo
di Ales, di cui parliamo, che fu quello dei Pilo Sampero, e ci stringono
adesso a richiamare a suo luogo la verit, la quale era stata smarrita per
la troppa fiducia che forse si volle riporre in quel nostro ms. del 1832.
76. Costui ebbe in moglie Marianna Fundoni gentildonna sassarese, e Pilo Giuseppe Maria. Copiato dal quadro in tela esistente nella sacrestia de
mor senza discendenza. PP. Carmelitani in Sassari.

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nome di Giuseppe Maria quello di Quirico, che eragli stato marmorea; ampli ed abbell lepiscopio di Villacidro, fece
imposto nel battesimo. Fatti nel convento di Sassari gli anni erigere dalle fondamenta un nuovo tempio in Flumini-mag-
del noviziato e degli studi prescritti dallordine, ottenne il giore, e nei luoghi tutti della sua diocesi lasci monumenti
grado di lettore; dett filosofia e teologia, e predic soprat- perenni della sua liberalit. Le sue visite pastorali richiamaro-
tutto con applauso universale. Accoppiando allingegno mol- no in tempi corrottissimi la semplicit e la santit dei primiti-
to elevato vastissime cognizioni sacre e profane, ed a queste vi secoli della Chiesa. Vero conoscitore dei bisogni del suo
lesemplarit della vita, divent in breve tempo loggetto del- gregge, usciva annualmente in apostolica missione, e come
la comune ammirazione. I suoi confratelli medesimi lo vene- il buon operaio dellEvangelio, spargeva dappertutto le sue
ravano qual modello di virt e di sapienza, e con esempio benedizioni. Poveri nutriti, ignudi vestiti, orfane dotate,77 e
assai raro domandarono unanimi ed ottennero a di lui favore lindustria da lui alimentata con ispontanee e copiose sov-
un breve papale, per cui in et di soli trentatr anni fu di- venzioni, furono per ben tre lustri lo studio, anzi la virt ca-
chiarato superiore di tutta la carmelitica provincia sarda. Il ratteristica di tutte le sue azioni. E quando nel 1780 la fame
quale onore gli fu poi accresciuto dal generale dellordine, desol le contrade tutte di Sardegna, egli oper maraviglie di
preponendolo a far le sue veci nella provincia stessa che umanit, donando ai bisognosi tutti li suoi averi, oppignoran-
per tre anni avea s bene governata. La fama de suoi talenti do gli ori e gli argenti della sua casa, ed a tal punto giungen-
e delle sue virt, divulgatasi rapidamente in Sardegna, lo do di elargizioni, che dopo aver nutrito giornalmente per pi
precorse ancora in Piemonte, dove trasferissi nel 1758, do- di due mesi un migliaio circa dindigenti, termin egli stesso
po aver fatto buona mostra di s nel cenobio maggiore dei per abbisognare degli altrui soccorsi. La corte di Torino stup
carmelitani in Roma, ed aver viaggiato per le principali citt di tanta virt, e commise al conte Valperga di Masino vicer
dItalia. Contrasse in questi suoi viaggi lamicizia di parecchi di Sardegna, di tributare solenni encomi al santo vescovo, il
valenti uomini del suo tempo, e si fece conoscere in Torino quale ricopiava in se stesso gli esempi della carit di G. C. La
dai ministri di Carlo Emmanuele III, tra i quali vi fu il conte splendidezza di tante azioni sublimi, se non fu superata, fu
Bogino, rinomato rigeneratore delle sorti sarde, che prese per uguagliata dal suo zelo per lincremento della religione
particolarmente a proteggerlo. Vacata la sede vescovile di e per la riforma del clero. Richiam i sacerdoti alla temperan-
Ales e di Terralba per la morte di Anton Giuseppe Carcasso- za ed alloperosit della vita; riordin, dot ed aument il se-
na, che lavea occupata fin dal 1736, fu eletto a succedergli minario dei chierici che egli chiamava il semenzaio delle
nel 1761, e la sua elezione fu confermata in concistoro da piante elette per la vigna del Signore; institu le conferenze
papa Clemente XIII. Leminenza del posto, cui si vide eleva- morali in tutta la sua diocesi, rinnov gli annui esami dei con-
to, nulla cambi de suoi costumi e dellinnocente semplicit fessori, e con amorevole sollecitudine fece rifiorire dappertut-
della sua vita. Sotto splendide vestimenta, e in mezzo agli agi to lecclesiastica disciplina. Per bandire dal suo gregge labuso
copiosi dello stato episcopale, osserv scrupolosamente le delle canzoni profane e talvolta disoneste, che si cantavano
regole del suo instituto, e mentre in pubblico appar uno dei
vescovi pi grandiosi del suo tempo, attese in privato alle 77. Queste ed altre infinite elargizioni fatte da monsig. Pilo furono sem-
orazioni, alle macerazioni, alla povert ed allumilt religiosa. pre illuminate da sante e proficue intenzioni. Le orfane chegli solea
dotare erano quelle che meglio delle altre si fossero dimostrate istruite
Le opere da lui fatte nei ventitr anni del suo episcopato fu- in un pubblico esame di dottrina cristiana: e i poveri da lui soccorsi fu-
rono molte, continue e generose. Provvide allornamento del- rono prelativamente quelli, i quali sublimassero collonesto vivere i di-
la chiesa maggiore dAles, e vi eresse una sontuosa cappella ritti della mendicit.

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indifferentemente da ognuno, volt egli stesso in rime sarde maggior lena e di pi variato soggetto sono le Omelie, che
le cose pi importanti della dottrina cristiana, e fattele stam- fece di pubblica ragione nel 1781 e 1785 (Cagliari, nella
pare nel 1778, le divulg siffattamente, che a poco a poco il Stamperia Reale, quattro volumi in 4); imperocch nelle me-
vecchio uso fu abbandonato, e si udirono frequenti nella desime (che sono sessanta in tutto, oltre ventisette commen-
bocca del popolo le intemerate melodie di questa poesia sa- tari evangelici ai ragionamenti del tomo I e II), discorrendo
cra ed istruttiva. Ma lopera pi solenne, cui egli pose mente egli per tutti i punti della legge e della morale cristiana, e il-
nella sublimit del suo ministerio, fu la riunione del sinodo lustrando con maravigliosa copia di dottrina i precetti e gli
celebrato nel 1775, e listruzione evangelica per mezzo delle esempi tramandatici nei codici sacri, si mostr non meno va-
continue omelie che poi fece di pubblica ragione. Il sinodo loroso che zelante seguace degli apostoli. I suoi discorsi, non
intitolato Synodus dioecesana ussellensis (Regiis typis calari- adulterati dai lenocini dellarte, ma piani, ordinati, lucidissimi,
tanis, 1776, un vol. in 4 grande) un monumento di sa- sono pieni di unzione e di fervore, e vi si vede, anzi che lo-
pienza e di piet. Preceduto dalleditto sinodale e da una ratore, il pastore amorevole di gregge assai diletto, il quale ri-
gravissima ed elegantissima orazione latina recitata dal dotto chiama colla dolcezza le sue pecorelle alla salubrit degli an-
prelato nella prima sessione del concilio, contiene gli ordina- tichi pascoli gi smarriti. In dette Omelie sembra trasfuso
menti pi salutari per mantenere in vigore la fede, per richia- tutto lo spirito di S. Carlo Borromeo, e fu questo lesemplare
mare alla purit ed allonore antico il culto e la disciplina, e che il Pilo cerc dimitare nelle sue opere e ne suoi scritti.
per estirpare gli abusi introdotti nel clero e nella plebe dalla Laonde il papa Pio VI, cui egli fece omaggio delle Omelie e
rilassattezza dei costumi, dalla prepotenza dei vizi e dagli er- del Sinodo, lo assomigli nella virt agli antichi vescovi della
rori della superstizione. Tra questi ultimi meritano speciale Chiesa,79 e lo colm di benedizioni e di elogi. Non ignorati in
menzione i canoni decimo e undecimo del capo XVI, co Italia trascorsero siffatti Ragionamenti, perciocch levarono
quali furono proscritte le nenie delle prefiche venditrici del nome di ottimi, e furono, secondo la testimonianza del Cet-
pianto,78 e tutto lintiero capo XIV sotto la rubrica De vita et ti,80 letti con piacere ed encomiati. Fu monsig. Pilo uomo di
honestate clericorum. Alla fine del sinodo leggesi uneccellen- semplicit, di virt e di costumi antichi. Persuaso dei doveri
te istruzione sotto il titolo dInstituzione morale per i confes- solenni del proprio ministerio, li accomp tutti con zelo e con
sori, la quale, scritta originalmente da lui in lingua spagnuola, perseveranza, n si lasci smuovere giammai da vane pre-
fu poi voltata da lui medesimo in idioma latino. Opera di ghiere o da vani timori. Nei primi anni del suo episcopato
ebbe alcune contenzioni col conte Bogino, ministro di Carlo
78. Riportiamo alcuni tratti di detti due canoni, acci colla sapienza dei Emmanuele III re di Sardegna, in materia di immunit eccle-
provvedimenti si conosca ancora leleganza, con cui furono scritti. siastiche; ma le medesime, anzich diminuire, gli accrebbero
Maxima ergo sollicitudine debent rectores animarum a suis eliminare
populis immodica illa, insana et fanatica externi luctus indicia, quibus
ostentandis viros, mulieresve aliqui conducunt, ut lugubri cantu, conti- 79. Quare tibi vehementer gratulamur, quod pristinam veterum episco-
nuove ejulatu moerorem et luctum testentur more ethnicorum, in quibus porum virtutem retulisse videaris. Sono queste le parole medesime di
receptum erat, ait D. Ambrosius, ut in omnis ductione funeris tibicines Pio VI nel Breve che glindirizz da Roma sotto l11 giugno 1783. E po-
ad incendendos, excitandosque confluentium luctus adhiberentur, et co innanzi nello stesso Breve gli scrisse: Jam quanta praestes doctrina,
preficae; hoc est mulieres mercenariae ad deflendum, laudandumque studioque pietatis ex synodo dioecesana cognovimus. Neque homilias
defunctum Volumus itaque, districteque mandamus sub poenis arbi- minoris pretii esse arbitramur ecc.
trio nostro infligendis, ut haec omnia gentilitatem redolentia e medio 80. Francesco Cetti, autore della Storia naturale di Sardegna, dedic al
tollere conentur, utpote quae nostrae fidei puritati adversantur ecc. Pilo il tomo III di detta sua opera, ossia LIctiologia sarda.

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la stima di quel famoso uomo di stato. Laspetto esterno cor- figlia,81 nella di cui persona si spense il suo casato. I mano-
rispose in lui perfettamente allinterna grandezza dellanimo; scritti che di lui ci rimasero sono i due seguenti: I. Un dottis-
e fu alto della persona, di sembiante ilare e vivace, ed aggra- simo allegato in lingua spagnuola per li diritti del comune di
ziato e dignitoso nelle maniere. Ma i travagliosi studi, lapo- Sassari sopra le terre e boschi tutti della Nurra e Fluminar-
stolato non mai interrotto e lausterit del vivere gli affievoli- gia, ai quali pretendevano sempre con amorevole desiderio i
rono innanzi tempo le forze, sicch contrasse la difficolt del custodi del patrimonio del fisco, per trattarsi di una vasta re-
respiro e il tremolar della voce; ma questo difetto era com- gione che comprende i terreni pi feraci e le selve pi ricche
pensato dallaggiustatezza e dalla precisione dei discorsi. Am- dellantico regno turritano. Il detto Allegato porta in fronte la
malossi nel 22 dicembre 1785, e dopo dieci giorni di pati- data del 1734, ed oltre la scienza legale che vi profusa e lu-
menti, rendette con tranquillit cristiana la beata anima a Dio cidissima, contiene il transunto istorico delle diverse vicen-
nel 1 gennaio 1786, dopo aver vissuto di sua et anni presso de, per le quali quellimportante propriet territoriale, dal
a compiere 69. dominio privato dei regoli di Torres, pervenne nel medio
BIBL.: Mazari, Oraz. funebr. per le eseq. di monsig. Pilo, Sassari, per evo alla repubblica sassarese, e come questultima mantenne
Giuseppe Piattoli, 1786; Sisco, Memorie mss., tomo IV, pp. 1-7; Por- salde le sue antiche ragioni, anche dopo la conquista della
queddu, Tesor. della Sard., p. 99; Cetti, Stor. natur. di Sard., tomo Sardegna fatta dalle armi aragonesi, perch non debellata n
III, nella ded.; Pilo, Synod. dioecaes. usell., pp. I ss., 86 ss., 119 ss.; vinta, ma deditizia ed ausiliaria la ebbero il re D. Giacomo e
Pilo, Omelie, tomo I; Lettere pastorali, tomo II, p. 210; tomo III-IV, linfante D. Alfonso.82 II. De rebus Sardiniae commentarii, i
p. 207 ss.; Archiv. document. dei Pilo-Boyl, vol. III, alb. geneal.; quali comprendono i fatti storici della Sardegna dai tempi
Manno, Stor. di Sard., tomo IV, pp. 235, in nota, 239, in nota, 249. eroici fino alla conquista fattane dagli aragonesi. Sono divisi
in tre libri: il primo arriva fino allanno DCCC dellera volgare,
Pilo Antonio, giureconsulto e filologo sassarese, nato nel e vi si discorre delle antiche colonie e delle origini favolose
declinare del XVII secolo da Pier Michele Pilo e da Orsola dei primi abitatori dellisola, della conquista cartaginese, del
Quesada, personaggi assai distinti per nobilt di prosapia, e dominio romano, del governo dei regoli, dellinvasione gotica
morto nella stessa sua patria verso il 1750. Fece i suoi studi e longobardica, della protezione di Carlo Magno, e della con-
nelluniversit turritana, e laureatosi in legge, si esercit con troversa donazione, che dicesi da lui fatta alla chiesa romana.
lode dintegrit e dingegno nelle materie forensi. Al tempo Il secondo comprende il periodo di 523 anni, cio dall800 fi-
istesso coltiv con amore le lettere amene, ed attese a rac- no al 1323, ed intieramente destinato alla narrazione delle
cogliere monumenti della patria istoria, bramando dillustra- cose accadute fino al mille, e poi appresso nel medio evo, co-
re colle sue fatiche gli stessi sentieri gi precorsi dal Fara e minciando dalle incursioni dei saraceni fino alla cessione del-
dal Vico. Ma le cure domestiche e le faccende municipali lisola fatta da papa Bonifazio VIII a Giacomo II re di Aragona.
del suo tempo, nelle quali egli ebbe gran parte come uno
degli anziani del comune di Sassari, glimpedirono nel bel 81. Costei addimandavasi Maddalena; fu moglie a D. Gavino Deliperi,
mezzo la via, ed i suoi lavori sopra un tal soggetto rimasero ed eredit da sua madre la signoria della Scrivania di Sassari, la quale,
inediti ed incompleti. Ebbe in moglie Caterina Farina gentil- dopo la di lei morte, ricadde a favore dun altro ramo ancora fiorente
della famiglia dei Quesada.
donna distinta del proprio suo paese; la quale discendeva 82. Questi antichi ed evidenti diritti della citt di Sassari furono poi
da quel Gavino Farina, medico del secolo XVII, che si ac- confermati legalmente dai giudicati della reale udienza e del supremo
quist bella fama co suoi scritti, e da costei ebbe una sola consiglio di Sardegna.

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Quindi vi si discorre della ripristinazione dei regoli ossiano favorevole ne fosse stato il pubblico giudizio, lo avrebbono
giudici nazionali, della crociata contro i mori, delle vittorie incorato a cimentarsi allardua impresa. Bellissima la dizio-
pisane e genovesi, delle guerre indi nate tra queste due re- ne latina adoperata dal Pilo in questa scrittura, e vi si vede
pubbliche, e del dismembramento dellisola in tante frazioni ad ogni tratto limitazione or di Livio or di Tacito: ma allele-
di piccoli stati ed in parteggiamenti e dissensioni domestiche. ganza ed alla purit delle esterne forme nuoce assai linterna
Il terzo libro, ch il migliore di tutti, preceduto da un qua- sostanza della materia, la quale tutta ricavata, tranne alcune
dro molto vivo e giudizioso dello stato in cui si trovava la aggiunte, dagli annali del Fara e dalla storia del Vico, sicch
Sardegna prima dellarrivo degli aragonesi, del carattere del nulla quasi di nuovo vi si legge che non sia stato da que due
monarca e del principe ereditario del regno di Aragona, delle primari storici molto innanzi narrato. Per le descrizioni sono
gesta, virt e vizi di entrambi, e della politica con cui Giaco- animate, i colori assai vivi, le riflessioni opportune, ed in tal
mo II si cattiv lanimo di papa Bonifazio, mantenendolo edi- rispetto il lavoro commendabile, e lo scrittore merita molti
ficato a suo favore per mezzo del cardinale Adriano. Quindi encomi. Lautografo di questo ms. pi non esiste, ma se ne
siegue il racconto della riunione della flotta nel porto di Bar- conservano alcuni apografi,83 i quali ci furono trasmessi da
cellona e dei dodici mila uomini imbarcativi per la spedizio- poco diligenti ed esperti copisti. Antonio Pilo ebbe vita assai
ne, dei consigli dati dal re D. Giacomo allinfante D. Alfonso, breve, ed il suo nome rimase finora ignorato, come oscuri ri-
della partenza di questultimo collinfanta sua moglie, della mangono presso gli archeologi sardi i suoi Commentarii sul-
tempesta da lui sofferta e del suo arrivo in Sardegna. Le lette- la storia di Sardegna.
re di Alfonso ad Ugone, gli aiuti somministrati dal regolo di
Arborea allarmata reale, loccupazione del borgo di Palmas, Pilo-Boyl marchese Vittorio, XVIII barone di Putifigari discen-
la legazione della repubblica sassarese, dei Malespina e dei dente in linea diretta da D. Pietro Boyl primo barone di detto
Doria coi rinforzi da essi inviati per limpresa della conquista, luogo, cui il re D. Pietro di Aragona lo concedette in feudo
lassedio e lespugnazione di Villa-Ecclesia, la famosa batta- con diploma dato in Valenza add 6 maggio 1364. Fu militare
glia di Lucocisterna, lassalto e la resa di Cagliari, linfeuda- assai distinto, e si fece un nome onorato per i suoi talenti, pel
zione del castello di Castro e di altri luoghi dellisola a favo- suo coraggio e per i posti luminosi ai quali fu innalzato dal
re dei pisani e dei genovesi, lasservimento intero della proprio merito. Nacque in Sassari nel 15 maggio 1778 da
nazione agli stranieri colla destinazione del vicer che dovea Francesco Pilo-Boyl marchese di Putifigari e da Felicita dei
governarla, e finalmente il ritorno dellinfante D. Alfonso in conti Richelmi appartenente ad una delle famiglie pi illustri
Ispagna e la missione di suo fratello a Roma per ottenere la del Piemonte. Il padre suo percorse la via dellalta magistratu-
diminuzione dellannuo censo imposto al re D. Giacomo per ra, e dopo essere stato per pi anni censore generale dei
linvestitura della Sardegna, formano il soggetto del rimanen- monti di soccorso dellisola, fu promosso alla carica di reg-
te di questo libro, scritto con molto brio, e ricco di considera- gente di toga del supremo consiglio di Sardegna, e mor in
zioni molto gravi e sensate. La prefazione, dalla quale li sud-
detti tre libri sono preceduti, rimarchevole per i generosi 83. Una copia nitidissima di detti Commentarii era posseduta da S. E. il
sentimenti di patria che lautore vi manifesta, e dalla medesi- marchese di Putifigari D. Vittorio Pilo-Boyl, e noi la esaminammo mi-
nutamente nel 1829, allorch dimoravano in Torino. Non mancava di
ma appare che egli si avea fitto in mente il nobile pensiero mende ancor essa; ma confrontata colle altre copie che vidimo dappoi,
di continuare la storia sarda fino a suoi tempi, dappoich potea dirsi la meno scorretta di tutte. Il breve sunto datone in questar-
questi tre primi libri, gi pronti per essere mandati in luce, se ticolo stato ricavato da detto apografo boyliano.

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Torino nel 26 marzo 1823.84 Educato dai genitori come si ad-


diceva alla nobilt del suo lignaggio, studi prima la gramati-
ca e le umane lettere nelle scuole pie della sua patria, e poi
continu la sua istruzione in Cagliari, dove avea seguito il pa-
dre, chiamatovi ad occupare il seggio privilegiato ab antico ai
sassaresi nella sala criminale della reale udienza. Nel 1791
and a Torino, ed intraprese la carriera militare, ascrivendosi
in qualit di cadetto al corpo reale dartiglieria. N and guari,
che fattosi conoscere per isvegliatezza dingegno, per applica-
zione alle matematiche e per indole assai vivace, ottenne la
stima de suoi fratelli darme e dei superiori, tra quali lo
am sopra ogni altro il conte di Salmour, che copriva in quel
tempo le eminenti cariche di gran mastro dartiglieria e di
governatore della citt di Torino. Dopo aver prestato con di-
stinzione gli esami teoretici e pratici, fu promosso al grado
di sottotenente nello stesso corpo degli artiglieri, e part subi-
to per raggiungere larmata piemontese, la quale con magna-
nimo valore frenava sotto le Alpi Graie limpeto dei repubbli-
cani di Francia negli ultimi anni del passato secolo. Giovinetto
trilustre, era questa la prima volta chegli vedeva il fuoco ne-
mico, e si esponeva ai pericoli delle battaglie. Pure sopravan-
zando let col valore, diede belle prove dintrepidezza, e nel
giorno 23 novembre 1795 si copr di gloria immortale nella

84. Riportiamo in questo luogo la bella iscrizione latina dettata dal conte
Provana, distinto letterato piemontese, e scolpita sulla lapide sepolcrale
che ricuopre le ceneri dellillustre trapassato nella chiesa di S. Rocco in To-
rino. La medesima una chiara testimonianza dei servizi renduti allo stato
dallalto personaggio, di cui conserva la memoria: MEMORIAE ET VIRTV-
TI / FRANCISCI MARIAE / PETRI V EXC F FRANCISCI V EXC N / PILI QVI
ET BOYL / DOMO SASSARI MARCH PVTIFIGAR / EQVIT MAVRIT MA-
GNA CRVCE V EXCELL / AD PRAECIPVVM LOCVM IN SVPREMO CONSI-
LIO / REBVS SARDOIS PROCVRANDIS IVDICANDIS VIRO / TOGATO EI-
DEMQ REGNICOLAE SERVATVM EVECTI / IN CONSILIVM ORDINIS
MAVRITIANI / VICE SVMMI CANCELLARII COOPTATI / VIRI INTEGERRI-
MI / QVI VIXIT A LXXIII M V D XXI / OBIIT IN PACE XPI VII K APR A
MDCCCXXIII / RELICTIS EX FELICITATE GASPARIS F / RICHELMIA VX-
SORE LIBERIS VII / ELATVS AD SEPVLCRVM COMVNE CIS PADVM / IN
MONVMENTO RICHELMIOR CONDITVS / PATRI OPTVMO DESIDERA- Pilo-Boyl Vittorio marchese di Putifigari. Copiato dal ritratto disegnato dal Ca-
TISSIMO / VICTORIVS FILIVS / HONORIS ET PIETATIS CAVSSA. navassi, e litografato dal Festa in Torino nel 1828, vivente lo stesso Pilo-Boyl.

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famosa fazione combattuta alle falde del piccolo S. Bernardo. lui addimostrato nelle altre campagne alle quali si trov pre-
Il ridotto col piantato dagli austro-sardi era stato segno di un sente; ma col cedere dei fati piemontesi alla sovrastante fortu-
forte cannoneggiamento. Difeso dai regi con ostinatezza pari na nemica, manc a lui, come a cento altri prodi, il campo
alla furia degli assalitori, opponeva un argine alla vittoria dei dellonore, e nel 1799 segu i Principi sabaudi, i quali, spoglia-
francesi. Vari uffiziali erano caduti estinti nellatto in cui diri- ti colla violenza dellantica eredit degli avi loro, esuli illustri e
gevano le offese contro i nemici; e costoro, spingendo innan- incontaminati si ricovrarono nella fedele Sardegna. Percorse
zi con ismisurato coraggio sotto gli ordini di Serrurier, minac- allora una nuova carriera, nella quale ebbe occasione di met-
ciavano dimpadronirsi colla forza di quella importante opera tere a profitto i suoi talenti. Creato da Vittorio Emmanuele I
di fortificazione. Il generale Colli, comandante supremo del- direttore e professore delle regie scuole teoretiche militari
larmata piemontese, vide il pericolo che soprastava, ed invit aperte in Cagliari nei primi anni del presente secolo, insegn
al comando del ridotto i valorosi uffiziali del corpo reale di con bella lode di assiduit e dintelligenza le matematiche, av-
artiglieria. Primo fra tutti, il marchese Boyl si offr volontario a vezz allo studio delle gravi discipline gli allievi commessi al-
tal cimento, e salito intrepido sullerta contrastata dai francesi, la sua istruzione, e pubblic un eccellente opuscolo di Teore-
diresse con tanta attivit ed intelligenza la batteria di difesa, mi e problemi matematici da lui dedicato al conte Cordero di
che dopo due ore di vivo combattimento, obblig i repubbli- Roburent. Avendo acquistato colle sue onorate fatiche tanti ti-
cani a volgere le spalle, e ad abbandonare la posizione in cui toli alla stima pubblica ed alla considerazione del governo, gli
si erano fortificati. La bravura del giovine uffiziale riscosse gli fu commessa in quel correr di tempi lapertura della grande
applausi dellesercito sardo, e Vittorio Amedeo III re di Sarde- strada centrale della Sardegna; ed egli incominciolla sulle trac-
gna gli fece conferire nel campo di battaglia e sotto i militari ce dellantica via romana, facendone eseguire, con ammirabile
stendardi, le equestri mauriziane divise.85 Ugual valore fu da celerit e con poco dispendio, trenta mila metri di solida e
ben intesa costruzione tra Fordongianus e Macomer, e pro-
85. Questo fatto onorevole registrato con parole solenni di encomio traendo la linea del tracciamento contro i monti Ghirghini e di
nella relazione fattane sotto il 27 dicembre 1795 dal luogotenente gene- Usellus; lavoro assai lodato che fu poi intermesso per la po-
rale barone Colli al marchese di Cravanzana ministro della guerra, nella vert dellerario sardo. Nel 1806 il duca del Genevese lo am-
memoria indiritta da detto ministro nel d 8 gennaio 1796 al cav. Dellera mise tra i gentiluomini della sua corte; nel 4 agosto dellanno
primo segretario del gran magistero della sacra religione dei SS. Maurizio
e Lazzaro, e nelle patenti di collazione della croce mauriziana quindi seguente fu nominato colonnello delle torri del regno, e nel 6
spedite a favore del marchese Pilo-Boyl. Le quali carte autografe da noi giugno 1816 fu decorato della croce dellordine militare di Sa-
avute sottocchio nel 1833 esistono al presente negli archivi del marchese voia, creato da un re guerriero per ricompensare le azioni dei
D. Francesco Pilo-Boyl, figlio non degenere dellillustre trapassato (vol. valorosi. Ottenne in appresso i gradi di tenente colonnello, di
IX, num. 1-4). Non essendo questo il luogo di riportare per intiero tali colonnello e comandante di artiglieria, di capo del genio mili-
documenti, citeremo tuttavia un passo del dispaccio indiritto dal ministro
della guerra al sopraddetto cav. Dellera, nel quale si leggono le seguenti tare in Sardegna e di colonnello dello stato maggiore genera-
rimarchevoli parole: Il marchese Boyl nella suddetta giornata (23 novem- le, e dopo essere stato insignito nel 1821 della gran croce
bre 1795) si offer volontariamente al cimento e colla sua attivit e fer- dellordine equestre de SS. Maurizio e Lazzaro, nel novembre
mezza molto contribu alla difesa di quel posto, avendo compito alluffi- del 1823 fu promosso allimportante carica di comandante in
cio di cannoniere, di puntatore e di uffiziale con particolare valore ed capo del genio militare ne regi stati di terra-ferma. Nel reggi-
intelligenza, mentre il vivo fuoco del nemico gli tolse dal fianco presso
che tutti li cannonieri. Cotesto elogio si meritava pel suo coraggio negli mento di questo corpo scientifico diede prove solenni e del
ultimi anni dello scorso secolo un illustre nostro concittadino, mentre suo sapere, e fece brillare di nuova luce le profonde cogni-
toccava appena lanno sedicesimo di sua et. zioni da lui acquistate nella giovinezza e raffermate co gravi

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studi dellet matura. Estimatore del merito altrui, lo riconobbe aveva tolto altra volta per donna una sua cugina,88 la quale
senza passioni e senza preferenze ne suoi subalterni, de qua- mancogli nel 1831. Questa perdita laddolor soprammodo.
li si concili lamore ed il rispetto; e bench straniero al Pie- Chiese ed ottenne, dopo molto supplicare, il suo ritiro; e rico-
monte, onor la virt piemontese, facendo coniare nel 1828 vratosi nella patria, visse nella tranquillit della vita privata il
una medaglia monumentale alla memoria di Pietro Micca,86 rimanente de suoi giorni. Onorato ed amato dai suoi concit-
nuovo eroe romano immolatosi per la patria, e giaciuto per tadini, divise il tempo nelle opere di piet e nella coltura del-
pi di un secolo nellobblivione dei posteri. Generoso pensa- le lettere, delle quali era amantissimo. Giammai uomo nella
mento duomo che non fu secondo a nessuno nel valore, e sua terra natale ebbe vivendo, come lui, la pubblica stima;
che merit poco appresso da solenne istorico italiano queste nessuno giammai am la patria quanto egli amolla veramente.
memorabili parole di encomio: tardo testimonio di una virt Destinato con atto consolare del 20 novembre 1827 a rappre-
che ha poche pari medaglia che onora chi la procur, diso- sentare presso la real corte di Torino il comune di Sassari,
nora chi tard. Da questo punto i suoi avanzamenti furono peror le sue ragioni con molto zelo e con pari disinteresse.
assai rapidi e fortunati. Carlo Felice I, il quale lo onor, finch Il teatro civico e la casa del popolo eretti, con generoso di-
visse, della sua regale amicizia, lo nomin nel 1828 gran cac- spendio coi danari del municipio, e gli accresciuti stipendi del
ciatore, gran falconiere e governatore della Veneria reale, e corpo insegnante della regia universit degli studi, sono tra le
nel 1830 gli confer il gran collare dellordine supremo del- altre le due opere pubbliche chegli promosse con maggior
lAnnunziata. Francesco I imperatore dAustria aggiunse no- impegno, e che onoreranno mai sempre il suo patriottismo.89
vello fregio agli onori impartitigli dal sardo monarca, confe- Sollecito dei vantaggi del suo paese anzich dei propri, pi
rendogli le grandi insegne dellordine imperiale di Leopoldo. per quelli che per se stesso impetr le grazie ministeriali ed i
E Carlo Alberto I, succeduto nel 1831 al trono de suoi grandi reali favori: esempio rarissimo di bel sentire in mezzo alle cor-
avi, lo destin nello stesso primo anno del suo regno cavalie- ruzioni suggestive del potente egoismo. Tale fu nella vita pub-
re donore dellaugusta sua consorte, lo promosse al grado di blica: ma nella vita privata fece non pertanto cose anche mag-
luogotenente generale, e conferigli le grandi insegne del rifor- giori. Sollev con mano generosa famiglie indigenti, e la
mato ordine mauriziano. Ma gli onori ed i favori non valsero a bellopera volle taciuta da chi riceveva il benefizio; raccolse in
rattemprare nellanimo suo lacerbit delle domestiche sventu- umile ricovero povere abbandonate e orfane fanciulle, e le sa-
re. Rimasto vedovo in giovane et di valorosa ed onesta com- cr al pi bello dei materni nomi 90 venerato dalla sua piet; e
pagna87 che lo avea fatto padre di bella e numerosa prole, si
88. Donna CatterinAngela Led dei conti dItteri.
89. La citt di Sassari raccomand alla memoria dei posteri queste e mol-
86. Questo fatto, che onora la nobilt dei pensieri e la generosit dei te altre grazie sovrane ottenute per la possente procurazione del marche-
sentimenti del marchese Pilo-Boyl, fu altamente encomiato nella gazzetta se Pilo-Boyl, facendo collocare nella parete sinistra della scala pubblica
piemontese del 10 luglio 1828, e riscosse gli applausi del corpo decurio- per cui si sale al palazzo del comune una lapide marmorea con iscrizio-
nale di Torino, il quale indirizz nel 23 luglio dello stesso anno una bel- ne latina da noi dettata, la quale ricorda le concessioni pi importanti
lissima lettera al suddetto marchese, ringraziandolo del dono di 63 delle fatte al municipio da Carlo Felice I re di Sardegna. A detta iscrizione ne
medaglie coniate ad onore di Pietro Micca, e commendandolo grande- fu aggiunta in tempi posteriori unaltra, nella quale sono ricordati i nomi
mente per avere immortalato in tal guisa il valore delleroe piemontese degli anziani, che nel tempo delle grazie ottenute reggevano il comune.
del secolo XVIII. 90. Le suddette povere e fanciulle furono raccolte dal pio benefattore
87. D. Maddalena di D. Giovacchino Vacca gentiluomo di camera di S. M. sotto la protezione di N. S. dei dolori, e perci chiamate Figlie di Maria.
e commendatore della sacra religione ed ordine militare de santi Mauri- Egli le aliment e le vest con generosi sacrifizi, finch rimase in vita,
zio e Lazzaro. provvedendole ancora dun ottima institutrice, allieva delle Fieschine di

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le carceri, insalubre e tristo asilo di vittime o scellerate o inno- Pinna Diego, pittore del secolo XVII, nato in Sassari verso la
centi, visit con amorevole frequenza ed affetto, sollevando, fine del secolo precedente. Nella sua giovinezza abbracci lo
or co consigli or co soccorsi, la gemente e non sempre rea stato clericale, nel quale ricevette lordine del suddiaconato:
umanit. In una di queste visite settimanali, alle quali egli non ignorasi per se siasi sagrato sacerdote, come oscuri riman-
manc giammai, colse un reuma cerebrale, che fu causa del gono i nomi de suoi genitori e le altre particolarit della sua
morbo estremo che lo spinse alla tomba. Colpito dapoplessia vita.92 Coltiv con buon successo la nobile arte della pittura,
nel 5 febbraio 1834, e tornati vani tutti i soccorsi dellarte, do- e dai bei modi e dal colorito delle sue opere si ricava benis-
po essersi munito dei conforti della religione, mor nel 14 del- simo chegli formossi nella scuola italiana de suoi tempi, tut-
lo stesso mese in et danni 55 e mesi 9. Lasci nove figli ere- ta intenta a ricopiare i grandi modelli creati dal fecondo ge-
di delle sue virt e del suo nome; e parti del suo ingegno e nio di Raffaello dUrbino. I due quadri in tela esistenti ancor
de suoi studi lasci i seguenti scritti: I. Teoremi e problemi di oggi nella cattedrale di Sassari, e condotti da lui, uno nel
matematica, artiglieria e fortificazione (Cagliari, 1811, in 8). 1615 e laltro nel 1626, sono pregevoli per linvenzione e per
II. Memoria sulle fortificazioni e sulla difesa di Genova, ms. lo stile. Il primo rappresenta la traslazione dei tre corpi dei
(un vol. in 4). III. Memorie della reggenza di Giovanna Ma- SS. martiri turritani Gavino, Proto e Gianuario93 fatta nel ter-
ria Battista duchessa madre di Savoia, e della continuazione zo lustro del secolo XVII dalla basilica di Torres alla suddet-
del suo governo dopo la maggiorit del duca suo figlio fino al ta cattedrale di Sassari Manca edrelles Gavino. Lautore
suo matrimonio, ms. (un vol. in 4).91 espresse in tal dipinto lincontro fatto dalla chieresa e dal
BIBL.: Necrolog. del march. Vitt. Pilo-Boyl, Cagliari, stamp. arciv., popolo nellatto in cui i detti corpi si deponevano nella chie-
1834; Archiv. document. dei marchesi di Putifig., vol. IX, memor. 1, sa maggiore della sua patria. I beati martiri si vedono adagiati
3-6, 9-10, 12, 15, 17-18, 30, 43-(4, 48-49, 53, 56, 119, 123, 126, 133- sopra tre cataletti, vestiti di tonache paonazze scure, e cos al
134; Teoremi e problemi di matem. sudd.; Gazzett. piemont., 10 lu-
glio 1828; Carbonazzi, Discors. sulle op. strad. di Sardegna, p. 80; vero imitati nel pallore del volto e nellabbandono delle
Botta, Storia dItal. dal 1789 al 1814, tomo II, lib. V, pp. 131, 134- membra, che rassembrano tre dormenti, ma di un sonno che
135 ss.; Botta, Storia dItal., continuaz. del Guicciardini fino al tra il mezzo della vita e della morte: ed oltre a questo, spira
1789, vol. VII, p. 353. da quelle facce una certaria quasi divina, la quale, unita al-
laureola che fanno intorno i raggi emanati dai sembianti ce-
Pinna Saturnino Mancone Quirico. lesti, infonde nei riguardanti un affetto di divozione che non

Genova; e dacch cess di vivere, il superiore governo, il quale avea 92. Per quanta diligenza sia stata usata da noi nella ricerca di tali noti-
precedentemente encomiato la di lui eminente piet, ordin che fossero zie, non ci riusc ottenerne veruna; e perci ci limitiamo a mettere in
traslocate al nuovo orfanotrofio eretto dordine di S. M. dentro le mura luce quelle sole che si ricavano dalla iscrizione esistente nel quadro del
di Sassari. In questo pio stabilimento si trovano al presente riunite, spe- 1626, oltre la descrizione dei due dipinti che di lui ci rimangono.
rando che non abbiano a tardare molto le risolute sovrane ordinazioni 93. Questo quadro si conserva nellantisagristia della cattedrale turrita-
per la riunione nello stesso locale delle altre orfane della citt e capo di na: ma un imperito ristauratore lo invernici cos goffamente per ravvi-
Sassari, per le quali esistono lasci amplissimi di religiosi benefattori, che varlo dalla troppa antichit, che pu dirsi rovinato al tutto, se non si
al presente eccedono lannuo reddito di lire diecimila di Piemonte. usa modo di ripararne il danno. Lo stesso vandalismo fu esercitato da
91. Li due anzidetti mss. da noi ordinati in due volumi e formati dalle mani cotanto spietate sopra alcuni altri dipinti esistenti nella stessa cat-
molte schede consegnateci dallillustre autore mentre vivea, saranno da tedrale, e specialmente sul gran quadro dei SS. Cosimo e Damiano, che
noi stessi, se il tempo e la fortuna avremo propizia, pubblicati in due di- si conserva nella seconda cappella della gran navata dal lato destro, il
stinti volumi. quale propriamente fattura dei Caracci, o al certo della loro scuola.

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puossi abbastanza esprimere. Tra le altre figure, che sono in


gran numero, e rappresentano la moltitudine accorsa in folla
a venerare que santi corpi, spiccano gli anziani del comune
di Sassari e larcivescovo Gavino Manca edrelles, il quale si
avanza riverentemente con vesti pontificali e con numeroso
corteo di sacri ministri e di leviti per ricevere il sacro deposito
delle reliquie de martiri protettori. Si vedono in lontananza
molte altre figure cos al vero somiglianti, che sembran vive: e
tra queste una donna tutta assorta nella contemplazione dei
santi corpi, alla quale sta dappresso molta gente che la riguar-
da fissamente, come persona che abbiasi in conto di beata,
di un effetto e di una verit ammirabile. Il lume dei cerei
spande opportunamente nel fondo del quadro un chiaro-scu-
ro che serve a dar risalto a tutta lazione, nella quale primeg-
gia lo studio e la variet delle teste, la spontaneit delle mo-
venze e la naturalezza degli scorti. Al che si aggiunge la verit
della composizione, essendo assai ben espressa nellinsieme
la calca del popolo accorso al tempio, e il dar di petto che fa
luno allaltro volendosi ciascuno appressare pi che sia pos-
sibile alle bare. E se lautore non si fosse contenuto dentro li-
miti troppo angusti (giacch il quadro non arriva in lunghez-
za ai nove ed in altezza ai sei palmi), e se avesse saputo dare
maggiore pieghevolezza ai panneggiamenti e morbidezza al
colorito, il suo dipinto potrebbe stare al paro de pi lodati.
Nei due lati del medesimo dipinto vi sono inoltre sei scom-
partimenti a modo di nicchie, nei quali, secondo il gusto di
que tempi, sono espressi con figure molto piccole alcuni dei
miracoli operati dai SS. martiri turritani. Laltro quadro rap-
presenta la Madonna del tempietto,94 ed una copia della pit-
tura fatta dal Sanzio, che si conserva nella galleria darti di Bo-
logna, e fu primamente incisa in rame dal Gandolfi. In questa
pittura sono alcune parti molto belle: un Dio Padre che siede
maestoso sulle nubi circondato da un coro dangeli e sfolgo-
rante di luce celeste; la Vergine assisa onestamente nel limi-
nare del tempio, con in grembo il figlio pargoletto, il quale
Pinna Diego. Copiato dal ritratto che si vede nel quadro in tela della Ma-
94. Esiste nella seconda cappella dal lato sinistro della gran navata. donna del Tempietto, esistente nella cattedrale di Sassari.

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con bellatto infantile stende le braccia a un S. Giuseppe vita a difesa dei feriti spagnuoli, i quali erano barbaramente
che gli sta riverente dappresso, e dal lato sinistro un Dio trucidati dentro le mura dello spedale medesimo dalla plebe
Salvatore, di grandezza naturale, il quale si volge con franca tumultuosa ed inferocita, arriv a scamparne molti da certa e
e ben disposta movenza ad abbracciare una croce, mentre crudel morte. Questazione coraggiosa e generosa ad un tem-
colla faccia rivolta al tempio tien fissi gli occhi sulla madre e po gli merit il posto di cerusico maggiore nel suddetto spe-
sulla veneranda vecchiezza del Padre suo. Nel fondo del dale di Santiago, la fiducia del governo spagnuolo e gli elogi
quadro il pittore ritrasse se medesimo, colle mani giunte, degli scrittori contemporanei. Tra questi ultimi il Buragna gli
come chi sta orando, ed una figura molto vivace negli oc- profonde molte lodi nella sua storia della suddetta rivoluzio-
chi e nellespressione del viso, tranne la fronte, che (per la ne napolitana. Signora il tempo e luogo preciso della sua
difficolt forse di condurre con proporzione di disegno la morte; ma probabile che egli abbia cessato di vivere nella
propria immagine) soverchiamente allungata. E nel mezzo suddetta citt di Napoli.
si vede come un basamento del tempietto, sul quale
BIBL.: Buragna, Batalla peregrina ecc., parte II, pp. 11, 157.
espresso con figure molto piccole latto della crocifissione di
G. C. Di altri dipinti del Pinna non si ha veruna contezza: ma
se si usasse diligenza da coloro che sanno dellarte, forse se Pinto Giacomo, teologo molto dotto e pio, e scrittore di
ne troverebbero altri, perch dal modo di operare si vede buona fama, il quale fior negli ultimi anni del XVI e nella
che egli avea appreso a buona scuola, e che le occasioni gli prima met del secolo XVII. Nacque in Sassari nel 6 dicem-
mancarono per dimostrare il suo valore, anzich il fare riso- bre 1575 da Gavino Angelo Pinto e Teodora Bichiri, persone
luto e dimostrativo de buoni dipintori. Il tempo ed il luogo di onesta vita e di mediocre fortuna. Aveano costoro due soli
della sua morte sono al tutto ignorati. figli, dei quali il secondo, che addimandavasi Michele, ab-
bracci lo stato ecclesiastico, fu parroco dUri piccolo villag-
Pinquilet Gio. Maria. Nacque in Sassari negli ultimi anni del gio dellantica diocesi turritana (ora di quella di Alghero), ed
secolo XVI, e si applic con buon successo allarte chirurgica, intervenne nel 1625 al concilio diocesano celebrato in Sassari
di cui diede, vivendo, bellissimi esperimenti. Trasferitosi in dallarcivescovo Diego Passamar. Giacopo chera il maggiore
Ispagna per desiderio di perfezionarsi in tale arte, vi ebbe studi gramatica e umane lettere nelle pubbliche scuole della
onorata accoglienza, e dopo alcun tempo fu destinato a copri- sua patria, e giunto allet di sedici anni, si fece gesuita nel
re impieghi onorifici della sua professione. Fu prima protoce- 1592. I talenti dei quali era dotato lo fecero ben tosto distin-
rusico dellarmata spagnuola spedita nella prima met del se- guere tra i suoi confratelli; ed allingegno sortito dalla natura
colo XVII al conquisto delle isole di S. Onorato e S. Margherita aggiungendo egli lapplicazione costante allo studio ed amore
(isolette Lerins) nel Mediterraneo, nella quale circostanza die- grandissimo per le gravi discipline, si acquist fama di uno de
de ancora prove singolari dintrepidezza nei pericoli della pi dotti uomini del suo tempo nelle scienze filosofiche e teo-
guerra. Poi fu addetto al servizio dello spedale di Santiago logiche. Resse per molti anni la cattedra di sacra scrittura nella
(S. Giacomo) di Napoli, e si distinse in tale uffizio, cos per regia universit di studi della sua patria, e della medesima e
labilit sua nelle operazioni chirurgiche, come per lumanit del collegio gesuitico di Sassari fu rettore due volte. Poi aven-
con cui assisteva aglinfelici. Si trovava nello stesso impiego, do pubblicato nel 1624 il primo tomo della sua erudita opera
allorch scoppi la rivoluzione napolitana, concitata e diretta De Christo crucifixo, fu chiamato per professore di scrittura sa-
dal famoso Masaniello, e fu allora, chesponendo la propria cra alla regia universit di Saragozza, nella quale insegn con

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applauso universale fino al 1648. Finalmente, essendogli stata fatti di pubblica ragione, e gli altri due rimasero inediti nel
conferita la carica di rettore del collegio imperiale di Madrid, suddetto collegio imperiale di Madrid. La parte edita dellope-
cess di vivere in quella capitale nel 18 settembre 1650 in et ra divisa in dieci libri, i libri suddivisi in titoli ed i titoli in
di 74 anni, mesi 9 e giorni 12. Lasci scritte molte opere di vari altri luoghi (loca) ossiano capi. I primi cinque formano la
ecclesiastico argomento, alcune delle quali videro la pubblica materia del primo, e gli altri cinque quella del secondo tomo.
luce, ed altre rimangono ancora nella oscurit. La pi rinoma- Lo scrittore tolse la divisione principale della sua opera dal fa-
ta quella che ha per titolo Christus crucifxus, divisa in due moso testo di S. Paolo contenuto nella terza epistola agli efe-
grossi volumi in folio, e stampata in Lione in due diversi anni. sini (vers. 18), ut possitis comprehendere cum omnibus sanc-
Il primo tomo fu dato alla luce dallautore nel 1624, mentre tis, quae sit latitudo et longitudo, sublimitas et profundum;
era ancora professore nelluniversit turritana, ed intitolato concetto mirabile dellapostolo delle genti per ispiegare ai
Christus crucifxus, sive selectorum ex scriptura universa loco- nuovi credenti limmensit del mistero della redenzione. Nei
rum in certas classes pro variis Christi titulis digestorum, nova cinque libri del primo volume il Pinto dimostra che G. C. il
et accurata discussio ecc. (Lugduni, sumptibus Claudii Landri, principio ed il fine della legge di grazia, il dottore, linterprete
un vol. in fol.).95 Il secondo fu da lui pubblicato nel 1644, e loggetto della predicazione evangelica, il fondamento e la
mentre reggeva la cattedra di sacra scrittura nelluniversit di pietra angolare della chiesa cattolica, larchetipo, lautore e la
Saragozza; porta in fronte la seguente iscrizione: Christus cru- guida suprema dei santi viatori, il glorioso re della croce, il sa-
cifixus, in totidem tomos, quot sunt crucis dimensiones et cor- cerdote, il pontefice, il sacrificatore, lolocausto istesso degli
nua, sectus ecc. (Lugduni, sumptibus Claudii Du-Four, un vol. uomini redenti, ed in questi assunti, provati mirabilmente con
in fol.), consta di 1054 pagine, ed dedicato dallautore a Fer- immensa copia di dottrina, egli colloca la sublimit di Ges
dinando Borgia, nipote del famoso S. Francesco Borgia, e suo crocifisso. Negli altri cinque libri del volume secondo, destina-
successore nel ducato di Gandia, del quale era stato confesso- ti a dimostrare la profondit (profundum di S. Paolo), ossia
re, e godeva da pi anni la famigliarit. Questopera unam- lumiliazione di G. C. nella croce, prova con egual valore la
plissima ed erudita esposizione teologica di quanto si trova sapienza, lesinanizione, la pazienza, la povert e lubbidien-
scritto nelle sacre pagine e nei padri della Chiesa a proposito za del Redentore, ricavandone gli argomenti dalle sacre carte
della crocifissione del Salvatore, e basta leggerla per ricono- e dalle testimonianze di tutti gli antichi Padri della Chiesa.
scere la profondit e lestensione della dottrina del Pinto, e la Ogni volume corredato di due copiosi indici di vocaboli
sua perizia nelle lingue greca ed ebraica. Egli avea cominciato greci ed ebraici da lui illustrati e commentati nel decorso del-
a raccoglierne i materiali, collanimo (come scrive nella prefa- lopera, di un altro indice dei luoghi del vecchio e nuovo te-
zione al primo tomo), non gi di pubblicare opera veruna, stamento, dai quali trasse le prove della sua dotta scrittura, e
ma di meditare sul punto cotanto importante della umana re- di un elenco ragionato di tutte le materie da lui toccate nella
denzione, lo che rende una luminosa testimonianza della sua vastit di s nobile trattazione: ed oltre a questi, vi nel se-
piet. Crebbe per tanto nelle sue mani la materia, che deter- condo volume un altro indice lunghissimo di testi scritturali
minossi finalmente a formarne una scrittura ordinata, dividen- che possono servire di argomento ai variabili e moltiformi as-
dola in quattro volumi, due dei quali sono questi (I e II) gi sunti degli oratori sacri. Nel libro III, tit. IV, cap. XII inser
lautore una lunga, ma non affatto inopportuna digressione
95. Questo primo tomo dedicato dalleditore a Ferdinando di Neufvil- sopra i martiri sardi, e specialmente sulle reliquie dei turritani
le abate di S. Wadrengisilo e di Belleville, e consta di mille pagine. scoperte nel 1614 nellantica basilica di S. Gavino di Torres,

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della quale invenzione fu egli stesso testimonio e laudatore:96 Sogni ed illusioni di un uomo dotto, il quale nelle istesse
e quindi tolse argomento a ragionare della predicazione evan- aberrazioni del suo amor patrio, se non aggiunse ragionando
gelica in Sardegna, facendola derivare, con maggior desiderio il segno, ragion almeno con parole gravissime di recondita
che verit, dai SS. apostoli Pietro e Paolo, da S. Clemente di- erudizione. Tranne questi nei, che si perdono nellimmensit
scepolo di S. Pietro, e dallaltro apostolo S. Giacomo il mag- di un argomento trattato splendidamente in tutte le sue parti,
giore; e confortando la sua opinione colle autorit del Samari- la citata opera del Pinto una delle scritture pi classiche che
no (Thesaur. sacerd., parte IV), dello Scuberto (De cult. vin.
dom., parte IV), di Teodoreto, di Niceforo (lib. II, cap. XXXV) argomenti da lui messi in luce nella Dichiarazione della lapide fenicia di
e del Breviario armeno, come in riguardo a questultimo, che Nora e nella Lettera indiritta a M. Quatremre, professore di lingue orien-
dicesi scritto circa il 1054 dallarcivescovo di Gerosolima, avea tali e membro dellinstituto di Francia, riguardo alliscrizione latino-fenicia
fatto prima di lui Diego del Castillo nella sua erudita difesa trovata fra le rovine dellantica Leptis nelle adiacenze di Tripoli; sole scrit-
ture ed illustrazioni del valente filologo piemontese, che noi allora cono-
De adventu S. Jacobi in Hispaniam (cap. XVI). Oltre laccen- scevamo. Ora per ci soddisfacente assai laggiungere a tali citazioni, e
nata digressione, se ne leggono altre due pi brevi, una nel li- la Lettera intorno ai Nur-hag della Sardegna diretta dallo stesso abate Ar-
bro IV, tit. II, cap. III del tomo I, e laltra nel libro VI, tit. I, ri al cav. Alberto della Marmora (Torino, Stamperia Reale, 1835, in 4), e
cap. III del tomo II: nella prima, trasportato eccessivamente il le Nouvelles observations sur linscription latino-punique de Leptis fatte
dal medesimo autore al suddetto M. Quatremre (Paris, Imprimerie Roya-
Pinto dallamore del luogo natio, vuol provare leccellenza le, 1837, in 8), e lEssai philologique et historique sur les temples du Feu
delle acque del patrio Rosello, derivando la significazione di mentionns dans la Bible, da lui fatto di pubblica ragione (Epernay, im-
questa fonte perenne dalla radice ebraica lg@rO roghel, che signi- prim. de Warin-Thierry et fils, in 8), ed inserito nel tomo XIV, num. 79,
fica squisito; quasi Rosello o Rosl sia sinonimo di fons exqui- p. 27 des Annales de philosophie chrtienne; nei quali scritti, donatici dal-
situs; e nella seconda, aggiungendo allopinione ricevuta da- la cortesia dellillustre scrittore, dimostrata fino allevidenza la predetta
sua opinione sopra i Noraghes della Sardegna. Negli ultimi due opuscoli
gli archeologi antichi sulla destinazione dei Noraghes di particolarmente labate Arri fa prova bellissima del suo valore nella scien-
Sardegna le proprie visioni etimologiche, sforzasi a dimostrare za archeologica e nelle lingue orientali; e dopo avere vittoriosamente
che tali monumenti sono sepolcri di capi di trib e di principi, confutato le particolari opinioni di M. Hamaker, M. Lindberg, M. Gese-
secondo luso apportato a Sardegna dalle colonie egizie e fe- nius e M. Bargs sulliscrizione leptiniana inserita nel Journal asiatique
nicie, non cos per argomento delle ossa e dei cadaveri umani (avril et aot 1836 et juin 1837), e le osservazioni fatte da M. Chaen nella
Nouvelle traduction de la Bible (vol. VIII, p. 204) sopra linterpretazione
che diconsi disseppelliti nellinterno di quelle moli, come per del versic. 4 (cap. XXXIV, lib. II) dei Paralipomeni, contenuta in una Me-
il valore medesimo della parola Nuraghes, la quale, secondo moria dello stesso abate Arri, che fu inserita nel suddetto Giornale asia-
lui, una patente corruzione del vocabolo Necraces, deriva- tico (agosto 1836), dimostra con immensa copia di erudizione la somi-
to dal greco necro necros, che significa morto o difonto.97 glianza dei Nur-hag sardi, dei Teocalli messicani, dei Talaot minorchini,
e di altri monumenti di tal fatta esistenti nella Assiria, nella Persia, nellIn-
dia, nella China, in Egitto, in Grecia, in Iscozia ed in Irlanda, coi Bamoth,
96. Lode saffica latina, che si legge nel suddetto lib. III, tit. IV, cap. XII Chammanim e Nur-gal dei Cananei menzionati frequentemente nella
in lode dei santi martiri turritani e dellinvenzione delle reliquie loro, Bibbia, e ne deduce con giusta conseguenza, che i medesimi erano ele-
succeduta nel 1614, del padre Pinto. vazioni ed altari, derivati dalla medesima fonte e destinati al culto del
97. In altro luogo di questo Dizionario (tomo I, Discorso preliminare, fuoco o degli astri, aprendosi con tali preliminari ampia la via ad un este-
p. 41, nota 8), ebbimo occasione di encomiare le dotte fatiche dellabate so lavoro sulla storia delli antichi Sabei e del loro culto. Importantissima
Giannantonio Arri sopra i Nur-hag di Sardegna, e seguimmo intieramen- scrittura sar cotesta dellabate Arri, e la repubblica letteraria laspetta dal-
te la sua opinione riguardo allorigine fenicia di tali monumenti, destinati la sua penna, dacch avr arricchito la Storia generale degli Arabi colla
al culto religioso della conservazione del fuoco, riportando i principali pubblicazione e traduzione del ms. del celebre Ebu-Khaldoun da Tunisi,

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siano uscite da penna sarda; anzi pu dirsi, senza temenza, gesuitica di Roma, quasi non fosse dai critici gi dimostrato,
non esservi stato ancora scrittore veruno, il quale pi ampia- che provare coi soli e coi negativi equivale a provar nulla. Si
mente e pi dottamente abbia trattato questa particolare mate- ha dello stesso autore unorazione funebre in lingua castiglia-
ria. Purgatissima la dizione latina con cui fu scritta: la scienza na per lesequie di Giovanni Vivas vicer di Sardegna, la qua-
delle divine carte prende sotto le mani dellautore laspetto di le fu stampata in Sassari nel 1625: ma la grave e dotta orazio-
una costante famigliarit, cotanto in ogni pagina copiosa ed ne latina da lui recitata nel 20 ottobre dello stesso anno al
opportuna: e laddove agli argomenti scritturali ed allautorit cospetto dei padri conciliari del sinodo turritano, dopo la
dei PP. ecclesiastici aggiunge i propri, mirabile, chiarissima bella orazione inaugurale detta dallarcivescovo Passamar, si
e stringente la forza de suoi discorsi. Per la qual cosa, men- intieramente perduta, e si ricava solo dagli atti di quel sino-
tre deploriamo la perdita o loscurit degli altri due volumi do, che versava principalmente sulla dignit e su i doveri del
della stessa opera, nei quali erano sviluppati gli altri due as- ministerio sacerdotale. La dottrina del P. Pinto fu encomiata
sunti De latitudine et longitudine crucis Christi, ossia degli grandemente dagli scrittori spagnuoli del suo tempo; e tra i
immensi frutti della redenzione della croce, facciamo voti, ac- nazionali va distinto il Quesada Pilo, che lo nomina con mol-
ci i teologi sardi nellinfinito splendore delle sacre discipline ta riverenza, chiamandolo teologo insigne: theologus insignis
si onorino, pi che non fanno, di questa nostra comune ric- turritanus concivis meus. Egli poi accoppi alla dottrina mol-
chezza. Laltra opera edita del Pinto, secondo la testimonian- ta piet. Questa riluce principalmente nelle stesse opere sue,
za del Ribadeneira e degli altri scrittori della compagnia di e si fece assai pi chiara per le cure zelanti da lui spese per
Ges, un commentario sopra il capo XIV del profeta Isaia la costruzione del processo della vita e miracoli del venerabi-
(Commentaria in caput XIV Isaiae, Lugduni, expens. Petri le P. Salvatore Pisquedda suo compatriota e confratello Pi-
Prost., 1648, un vol. in fol.), bench taluni vogliano attribuirla squedda Salvatore.
a un altro P. Pinto, spagnuolo di nazione, facendo fondamen-
BIBL.: Allegambe e Sotwello, Biblioth. script. soc. Jesu, p. 381, contin.
to nella mancanza del ms. e del volume edito nella biblioteca del Ribadeneira; Pinto, Opere cit. e sign. De Christ. crucif., tomo I,
lib. III, tit. IV, cap. XII; lib. IV, tit. II, cap. III; tomo II, lib. VI, tit. I,
cap. III, num. 33; Passamar, Sinod. diaeces. turrit., pp. 5-6, 9 e altro-
intorno alla quale va gi impiegando le sue dotte fatiche (vedi Estratto ve; Quesada Pilo, Controv. forens., cap. XXX, p. 310; Manno, Stor. di
dal Subalpino, giornale di scienze, lettere ed arti, in 8). Ma intanto non
possiamo rattenerci dallaccennare che il sistema da lui messo in luce nel
Sard., tomo III, p. 466.
suo Essai sur les temples du Feu ha gi ottenuto il suffragio dei pi rino-
mati orientalisti dEuropa, ed stato intieramente adottato da M. Raoul- Pintor Efisio, giurista e poeta cagliaritano, nato verso il 1766,
Rochette, professore nella biblioteca del re in Parigi, il quale lo svilupp e morto nel 1814. Esercit negli anni giovanili lavvocatura
recentemente nelle sue pubbliche lezioni di archeologia, e lo pubblic con lode straordinaria di ottimo ingegno, e fece di pubblica
nel giornale scientifico intitolato Echo du Monde savant (mese di marzo
1838). Il qual consentimento generale dei dotti, mentre ci fa lieti, per ragione alcune allegazioni di diritto, le quali sono stimate as-
avere noi ancora (imperiti affatto della scienza archeologica) seguita lo- sai nel foro di Sardegna, e ricercate ancor oggi dagli uomini
pinione dellabate Arri sopra i Nur-hag di Sardegna, ci fa provare un vivo giurisperiti, quali rarissimi monumenti di dottrina e di sapere:
rincrescimento per la troppo confidente facilit, con cui alcuno (n ar- lo che addimostra leccellenza cui egli era pervenuto nelle
cheologo, n orientalista al par di noi) volle insinuare nel pubblico ine-
sperto dubbiezze inopportune intorno alla stessa opinione (vedi Indica-
materie forensi, e vera la fama che di lui corre ancora, la
tore sardo, anno VII, num. 3, gennaio 1838), avventurando il piede in quale afferma che dei legisti del suo tempo fu egli uno dei
regioni troppo difficili, e da pochissimi conosciute. pi dotti e pi solenni. Ebbe a maestro nella pratica forense

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Vincenzo Cabras, che fu poi suocero suo, avendosi tolto per Giovanni, unico figlio ed erede del suo nome. Oltre le men-
moglie una di lui figlia; e si avvantaggi molto delle lezioni tovate Allegazioni, abbiamo di lui alcune poesie in dialetto
ricevute da questo insigne avvocato, il quale era riputato, se cagliaritano, le quali meritano encomio, cos per la nobilt
non il primo patrocinatore di cause, uno al certo dei migliori dei concetti, come per il decoro della verseggiatura che nelle
che fiorissero allora nellisola. A cos celebrato uomo luniro- medesime scorre spontanea ed armoniosa a fronte della diffi-
no in appresso viemmaggiormente, oltre i vincoli della co- colt che presentava al poeta la naturale asprezza del suo pa-
gnazione, luniformit dei sentimenti e le clamorose vicende trio linguaggio. Di dette poesie ve nha edite assai poche. Le
nelle quali si trovarono entrambi implicati negli ultimi anni profane non videro mai la pubblica luce, bench, per giudi-
dello scorso secolo. Il Pintor sedette tra i membri del parla- zio degli uomini di lettere, siano le migliori; e tra queste si ri-
mento riunito in Cagliari nel 1793, e contribu co suoi talenti cordano con lode unallegoria molto spiritosa, che comincia
e colla sua eloquenza ad eccitare lo spirito nazionale per re- Malapat e mascus, e laltra Canzonis a paras ecc., riputate
sistere ai francesi, i quali si erano presentati ostilmente per ancor oggi poesie vernacole di raro merito. Quelle che furo-
invadere la Sardegna. Continu poi a far parte della stessa no stampate in Cagliari nel 1833 si aggirano tutte sopra argo-
assemblea, e fu uno dei principali indirizzatori di tutti gli af- menti religiosi, e sono scritte in vario metro. La ode sullEsi-
fari che vi si discussero. I turbamenti e gli altri fatti pubblici stenza di Dio, lelegia sul SS. Natale, e le canzoni, ossiano
quindi accaduti nella capitale del regno si attribuirono nella parafrasi degli Atti di fede, di speranza, di carit e di contri-
massima parte alla sua influenza ed alla superiorit del parti- zione non mancano di venust e di belle immagini: ma supe-
to cui egli si era affezionato, e che prevaleva nelle corti. riore in bellezza a tutte le altre lode saffica per la nativit
Consigli la nominazione dei commissari, i quali nel 9 e 12 di M. V., nella quale sono felicemente recati in cagliaritano i
maggio dello stesso anno 1794 partirono da Cagliari per far pi bei tratti ditaliane poesie molto conosciute sopra questo
consentire la citt di Sassari nelle risoluzioni prese dal parla- stesso soggetto. Lintroduzione maestosa insieme e delicata,
mento. Fu prima unito allAngioy, ed uno dei suoi partigiani n poteano essere pi ben scelti i paragoni per raffigurare in
pi zelanti e pi fidati; ma poi, quando le mire dentrambi si qualche modo il nascimento di quella Vergine prodigiosa, la
trovarono in opposizione, gli fu apertamente contrario. Rive- quale doveva poi partorire il miracolo e la salute del mondo:
stito con altri due suoi colleghi di alti e straordinari poteri, Cali in candidu carru luminosu
usc contro di lui; e poich non pot giungere lAlternos che In mesu a is umbras de sa notti bruna,
erasi rifuggito in terra straniera, esercit contro gli angioini la A fai bellu su celu tenebrosu,
sua triumvirale autorit. Taluni dicevano chera questo il suo Nascit sa luna;
carattere; altri che fosse la necessit degli eventi, la quale lo Cali bista de purpura in Orienti,
costringesse a cambiar di voglie e di risoluzioni. Qualunque De su rei de sa luxi ambasciadora
sia il vero, i fatti lo addimostrarono frequentemente variabile. In fiammeggianti carru, risplendenti
Dacch cessarono gli agitamenti che nel 1794-95 afflissero la Spuntat saurora;
Sardegna, fu decorato delle insegne dellordine mauriziano. Cali siride, candu hat penetrau
Soli tre lustri sopravvisse al ricevuto onore di questa distin- Su soli de una nui sumidu velu,
zione cavalleresca, la quale non pot rilevarlo n dalla perdi- Cun arcu variamenti colorau
ta delle antiche clientele, n dalle accuse de suoi nemici. Pintat su celu:
Mor nel 1814, lasciata superstite Teresa Cabras sua moglie e Tali ah! perdona, o sola, incomparabili

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Perdona si deu nau chi nascis tali; Fu per molti anni segretario camerale del cardinale Cadello e
Diffettu est de sa menti, e de uninabili dellarcivescovo Navoni, e quindi canonico della cattedrale
Lingua mortali. cagliaritana: e nella via degli onori accademici, sedette mem-
Cali est mai de su mundu su primori, bro nel collegio di filosofia e di belle arti, prefetto dello stesso
Ita existit de mannu e peregrinu, collegio, professore di eloquenza latina, e segretario della re-
Chi non cedat de custu a su splendori gia universit di studi della sua patria. Le poesie da lui pubbli-
Raju divinu? ecc.98 cate in varie circostanze, e le cognizioni letterarie delle quali
Colla stessa dignit di queste prime strofe condotta tutta era abbondevolmente fornito, lo fecero degno dellassociazio-
loda fino al suo termine, e vi si vede chiaramente espressa ne allArcadia romana, allAccademia Labronica di Livorno ed
la felice fantasia dellautore, il quale senza dubbio uno de alla R. Societ agraria ed economica di Cagliari. Ebbe ingegno
pi politi, anzi il migliore de poeti cagliaritani che abbia le- molto acuto, gran perizia nella lingua latina che studi inde-
vato il dialetto della sua patria alleccellenza dellarmonico fessamente nei classici scrittori del secolo doro; ed oltre a
linguaggio delle muse. Per la qual cosa, fatto argomento dal questo, si fece amare per la dolcezza de suoi modi, per la co-
tempo in cui egli visse, e dai grandi affari nei quali si trov stante lealt del suo carattere, e per lanimo equabile col qua-
implicato, e che lo distolsero, non che dagli ameni, dagli le comport in tutta la sua vita la mediocrit della fortuna.
stessi gravi studi della giurisprudenza, si pu affermare che Assorto intieramente nella coltura delle lettere, poco cur gli
sarebbe stato di molto onore alle sarde lettere, se pi lunga- onori labili della vita civile, e quasi non si avvide che fu rime-
mente o pi felicemente avesse vissuto. ritato assai poco il valor suo nelle sacre e nelle umane disci-
BIBL.: Azuni, Hist. de Sard., tomo I, p. 215 ss.; Mimaut, Hist. de pline. Contento del poco che si avea guadagnato con lunghe
Sard., tomo II, p. 219 ss.; Manifest. giustific. dellaccad. nel 28 apr. fatiche e con onorati sudori, serv a Dio con pura coscienza,
1794; Canti popol. della Sard., pp. 81 ss., 90 ss. giov agli uomini e specialmente ai giovani, dei quali, nei pri-
mi esperimenti dello studiare e dello scrivere, fu amorevole
Pintor Francesco, letterato e poeta del presente secolo, nato consigliatore. I componimenti da lui dati alla luce sono quasi
in Cagliari nel 1773, e morto nella stessa citt add 24 dicem- tutti di circostanza. Scrisse poesie, dett iscrizioni per lieti e
bre 1831. Essendo giovinetto, abbracci lo stato clericale, e per tristi avvenimenti e per sacre funzioni; e tutto fece con
fatti gli studi filosofici ed anche i teologici, si sagr sacerdote. precisione, con eleganza e con buon giudizio, soprattutto
nelle poesie latine, che sono le sue produzioni migliori. Tra
queste noi trascegliamo unelegia per nozze ecc. stampata in
98. Parafrasi italiana. Come nel silenzio di oscura notte nasce la bianca e Cagliari nel 1816, colla traduzione italiana a fronte; unegloga
solitaria luna, e assisa in luminosa biga dargento fa belle colla sua luce e
rischiara le azzurre volte del cielo; come vestita di porpora si affaccia in latina e parecchie rime italiane da lui composte e pubblicate
oriente laurora, bella foriera del sole che le fiammeggia alle spalle; o co- nel 1828 per unaccademia poetica data in Cagliari dagli alun-
me, se di Febo i raggi attraversano in vaporoso cielo le nubi, vario-pinta ni del seminario arcivescovile a presenza del vicer di Sarde-
si distende in arco liride annunziatrice di serenit: cos tu ah! perdona, gna conte Tornielli, dellarcivescovo cagliaritano D. Nicol
o sola, o incomparabile, o celeste verginella perdona se io dico che Navoni e di monsig. Ranaldi vescovo di Urbino, visitatore
cos nasci tu ancora; poich non del desio, ma di mente e di lingua mor- apostolico degli ordini regolari del regno; ed il Palladis Con-
tale, che a tantaltezza non arriva, sol questa povert e difetto. E qual vi
ha mai nel mondo bellezza, o grande cosa e pellegrina, il di cui concet- sultum, dato alla luce nella stessa citt co tipi della Stamperia
to, quantunque sublime, non venga meno al paragone di quel tuo splen- Reale nel 1823 (in 8), il quale nellanno seguente (1824) fu
dentissimo verginal raggio di divinit? ecc. voltato in terza rima italiana dal cav. D. Gianantonio Tola.

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Lautore si propose per oggetto principale di questo suo car- Majestate tubae protulit Iliacae,
me latino la dimostrazione dei pubblici mali che derivano dal Quod tot adhuc gentes, tot suspicientia secla
governo tumultuario della moltitudine, prendendone occasio- Praecupida versant nocte dieque manu,
ne dai turbamenti e dalla guerra suscitatasi in Portogallo ed Etsi dente petens atro divexat acerba
in Ispagna nel 1821; e ci stabilito collesempio degli antichi Aetas, atque diu stulta lubido premit,
e dei moderni tempi, sublima il reggimento monarchico, co- Ominor, exsiliet, majora in lumina surget;
me il migliore di tutti. E siccome il tratto pi rimarchevole del Viva reflorescet gratia, stabit honos ecc.
poemetto quello in cui il poeta finge appresentarsegli la
dea Pallade, e di parlargli colle stesse parole, colle quali Versione italiana
Omero la fa parlare ad Ulisse, consigliandolo a ridurre a con- Pazza discordia, dal suo crine irsuto
cordia i principi achei gi dissenzienti da Agamennone sul- Contesto dangui allaere stridenti,
lassalto di Troia, perci lo intitol Palladis consultum. Forbi- Quando Gradivo passeggi temuto
tissimo e ridondante di bellezze poetiche questo breve In mezzo ai regni e le cognate genti,
componimento; n solamente da lodarvisi la fantasia e la Per cinque lustri le atre faci scosse,
felicit delle immagini, ma ancora la nobilt dei concetti e la Sol nudrite di sangue e di lamenti.
robustezza dei versi. Ai quali pregi rispondendo egregiamen- I troni antiqui ed i gran re percosse,
te la traduzione del Tola, anzi in molti luoghi sopravvanzan- Empia con braccio inverecondo e fello,
do loriginale medesimo (senza che a dir ci ne muova la- Ed ogni dritto a nabissar si mosse.
more ed il sangue fraterno che a lui ci congiunge), non pu Fatto or dei petti cittadini ostello
ben dirsi quale dei due sia da preferire. Ne riportiamo qui al- Ai suoi furor, qual Briareo gigante,
cuni squarci, acci qualunque di latina e ditaliana poesia Od il truce centimano fratello,
non affatto digiuno sia in grado di giudicarne: Loro discinde in tante parti e tante,
Gentibus in gentes, regnis in regna, cruorem Sicch ogni imperio, lunga et, felice
Jugem depastas Marte furente faces Renda del fren dun solo intollerante.
Quina ad lustra dedit miscens discordia flammas, E oh! come questErinni ingannatrice,
Cui rigidas hydris ventilat aura comas; Oh! quante menti a s tragge la dira ecc.
Pessum ut jura daret, generosos impia reges
Detereret, priscis usque inimica thronis. Ahi! stolta etade, ed a bellopre inetta,
Versis mox furiis, civilia pectora scindit, Invan di rabbia furibonda attenti
Centuplicem ut Briareum, centimanumque Gygen Quei che tuon dalla sublime vetta
Unius per secla regi moderamine mentis Cancellar sacri memorandi accenti
Pacifice adsuetis inserat imperiis. Nei gravi carmi lo smirno cantore,
Proh, quibus insanus communis Erynnios error Che la Cecropia dea fe a lui presenti;
Inrepens passim mentem animumque rapit! ecc. Nei carmi, che compresi da stupore
I secoli volgendo avidi stanno
Aeternum quod consilium Tritonia Virgo Con lungo studio e con immenso amore.
Meonidi altitona prodere voce dedit, Ma pi dei marmi eterne ognor staranno
Quod vates mox magna sonans agitante Minerva Le alte parole del vate sovrano

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Che di molti il regnar sempre tiranno La quale dipintura, nobilissima e dignitosa in ogni sua parte,
Poich le fonti dellingegno umano fu italicamente rimata dal traduttore in questo modo:
A miglior senno volte io miro, e spetra Come in estivo ciel lontano e roco
Virt le selci dellerrore insano ecc. Da nube a nube il fulmine passeggia
Bellissimi sono i versi co quali il poeta latino dipinge Miner- Ladra rompendo oscurit del loco,
va apparsagli improvvisamente, e favellantegli parlari pieni E tutto intorno il polo folgoreggia;
di celeste senno: Tal splendeva lIddia, e tal dei numi
Ac veluti nimbos cum fulmine fracta corusco Fulse nascendo in la superna reggia:
Rima subobscuros flammea pervolitat, Era olezzante lar di profumi,
Sic inopina oculis lux ingruit, ossibus aestus; Soavi s, che dei Sabei la riva
Ambrosiamque ar spirat odoriferam: Egual non manda dai stillanti dumi.
Fausta Deam praeeunt haec argumenta repente: Lincesso del divin piede sentiva
Incessuque patet vera habituque Dea: Commosso il suol; cortese indi e pi bella
Vox divina sonat, vox versas ducere quercus, Tutta scoprissi agli occhi miei la diva;
Amnesque, et volucres blanda manere notos; Pareva il volto mattutina stella,
Vox Sophiae, Amphion unde adsurgebat et Orpheus, E cominciommi a dir soave e piana
Prima puellarum lumina Castalidum; Con angelica voce in sua favella,
Vox Sophiae lenire tigres, extollere et arces Con quella voce che la tigre ircana
Nobilis, hoc sensus attonat eloquio.
Blandire e dietro s trarre poteo

Illa ego, quae Aeolidi Graios cohibere tumultus, La scabra rupe e la quercia montana,
Sceptrum agamemnonium,99 verba diserta dedi, La voce di Sofia onde dOrfeo
Imperii hoc monstrum quo elideret interpressum E del figliuol dAntope soggetti
Percita fulminei voxque, manusque ducis, Non fien i nomi al tardo umor leteo,
Ipsius Aeolidis nunc clarae desuper urbi Voce damor che pi gentili affetti,
Immineo ecc. E di consiglio alluom che convertisse
Gli antri selvaggi nei superbi tetti,
99. Alcuni commentatori, male interpretando i versi di Omero (Iliade, Con questa voce a me rivolta disse:
canto II), nei quali riferito questo fatto di Ulisse, disgradarono lo scet-
tro di Agamennone, prendendolo per un bastone da percuotere, anzi- Io che ad Ulisse di tornar pacata
ch per un segno del potere sovrano accordato al figliuolo di Laerte. La La dissidente greca plebe appresi
Dacier non fece questo torto allingegno del gran cantore, n tratt da
somari tanti principi achei collegati colla stirpe di Atride per leccidio di Con la gran mente e la parola ornata,
Troia, e comment i versi omerici in questo modo: Egli (cio Ulisse) Sicch fe i dritti agamennoni illesi,
prende lo scettro per far vedere chei parla per ordine del re, e viene da Fiaccando dellimpero multiforme
sua parte. E il Cesarotti li tradusse nello stesso senso: Prende il scettro I crudi mostri ad ogni infamia intesi:
regal, pegno non vano / Del supremo voler Quindi anche da lodare Or della prima mia virt sullorme
il Pintor, il quale introdusse con eguale nobilt questa stessa immagine
nel suo carme latino, allontanando dai lettori la bassa idea delle percos- Sost sul lusitano inclito lido,
se che sol si addice alla ciurmaglia. Che me conosce dalle belle forme ecc.

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Pio

Le altre poesie del Pintor si leggono sparse in varie raccolte


poetiche del suo tempo; e molte ancora ne scrisse in lingua
italiana, le quali sarebbe troppo lungo il riferire, perciocch
si aggirano sopra soggetti di circostanza, e non furono anco-
ra radunate in un sol corpo. Nel poetare italianamente non fu
molto valoroso; ma nel comporre in latino fu il solo che, do-
po il Carboni, mantenesse in Sardegna il primato. Epperci
noi non dubitiamo di assegnargli nella memoria dei posteri
quellonorato luogo che meritossi appresso al cantore dellIn-
temperie sarda e dei Coralli.
BIBL.: Pallad. consult. e le altre poesie del Pintor.

Pionzo o Peonzo Giacomo Aquenza Mossa Pietro.

Pipia Agostino, vescovo dOsimo e cardinale prete di S. R.


Chiesa del titolo di S. Maria sopra Minerva, distinto per i suoi
talenti e per la sua piet. Nacque in Seneghe, piccolo villaggio
della diocesi di Arborea, nella seconda met del secolo XVII.
Comunque poveri e di umile condizione fossero i suoi paren-
ti, lo mandarono giovinetto alla citt di Oristano per appararvi
i principii delle umane lettere, i quali gli furono insegnati dai
frati di S. Martino dellordine domenicano. E come accade
spesso, che i discepoli si affezionino grandemente ai maestri,
cos avvenne al Pipia, il quale tanto amore prese per li suoi
institutori, che dimand ed ottenne di essere ammesso a pro-
fessare la regola loro. Dopo aver fatto nel suddetto convento
di S. Martino i primi studi di rettorica e di filosofia, fu manda-
to per continuarli a Palma capitale di Maiorica, e col li com-
p tutti col corso teologico; dei quali studi fu poi lettore mae-
stro e reggente nel convento domenicano della stessa citt.
Il buon nome, che si acquist nel suo ordine per leccellenza
dellinsegnamento, indusse il P. Antonino Cloche generale dei
frati predicatori a chiamarlo a Roma, dove resse per molti an-
ni gli studi della Minerva, e fu insieme teologo casanatense,
consultore e qualificatore del santo uffizio e segretario della
congregazione dellindice. Nel 31 maggio 1721 fu proclamato Pipia Agostino. Copiato dal quadro in tela esistente nel convento dei PP. Do-
maestro generale di tutto lordine domenicano, la quale carica menicani in Oristano.

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Pip Pip

ritenne fino al 1725, esercitandola con somma lode di accor- si espresse il papa, era di tale importanza, da non potergli
tezza, di senno e di prudenza. Trovandosi in questo uffizio, ri- permettere che abbandonasse il suo posto nel collegio dei car-
dusse coi suoi consigli e colla sua autorit il cardinale Vincen- dinali. Tale infatti era egli veramente; ed oltre che fu caro as-
zo Maria Orsini, della stessa regola dei frati predicatori, ad sai a papa Benedetto, il quale lo tenea nel novero de pi fi-
accettare la tiara pontificia, che gli era stata votata nel concla- dati suoi consiglieri, fu pure singolarmente accetto alla nuova
ve, come diffatti egli lassunse, imponendosi il nome di Bene- corte di Sardegna, le di cui differenze colla sedia apostolica
detto XIII. Il nuovo papa, usando alla sua volta dellautorit e egli cerc sempre di ridurre onorevolmente a concordia. La
del potere che gli era stato conferito, e volendo testimoniare qual mediazione sua riesc cos giovevole, che dopo le inutili
al Pipia lamicizia con cui gli era unito gi da tanti anni, lob- e clamorose discussioni agitate in varie congregazioni cardi-
blig a ricevere il vescovado dOsimo ed il cappello cardinali- nalizie sul punto delle regalie privilegiate, che ad esempio dei
zio, che per due volte avea egli precedentemente ricusato da monarchi spagnuoli domandavansi dal re Vittorio Amedeo II,
Clemente XI e da Innocenzo XIII. Ci accadde nel 6 novem- a lui esclusivamente fu commesso il maneggio di questo im-
bre 1724, cio sei mesi circa dacch lOrsini era stato assunto portantissimo affare di stato, in cui, tanto i papi erano restii a
al pontificato. Leminenza del posto, cui si vide contro sua vo- concedere, quanto i principi secolari erano pronti e tenaci nel
glia elevato, nulla cambi della sua umilt, delle sue monasti- domandare. E la scelta fu ottima, come lo dimostr levento;
che abitudini e dello studio indefesso delle sacre discipline al perciocch nel finire di novembre del 1725, gi si dicevano
quale solea consecrare le ore migliori del giorno. Profondo conchiuse per opera sua le accennate differenze, e lo furono
conoscitore della scienza teologica, vegliava continuamente, e in effetto poco dopo con reciproca soddisfazione di ambe le
leggeva nei sacri volumi per giungere a maggior perfezione di corti. Vittorio Amedeo II grad sommamente il servizio rendu-
sapere; e molti scritti sulla grazia, sul libero arbitrio e sulla togli in tale occasione dal Pipia, ed avendo di lui il pi alto
predestinazione, che lasci inediti, furono da lui distesi allor- concetto per gli encomi fattigliene dal marchese di Ormea,
quando si trovava implicato nei grandi onori e nei grandi affa- suo inviato straordinario residente in Roma, lo rimuner ge-
ri della corte romana. Intervenne al concilio lateranense con- nerosamente, accordandogli con assenso pontificio i proventi
vocato in Roma dal suddetto papa Benedetto XIII, e fu uno di quattro prebende canonicali100 del capitolo cagliaritano, e
dei pi zelanti ed autorevoli peroratori per il rifiorimento del- nominandolo in pari tempo cardinale protettore della corona
lecclesiastica disciplina. Nella seconda sessione tenuta nel 22 di Sardegna. Soli cinque anni sopravvisse a questa novella
aprile 1725 parl energicamente contro i vescovi non residen- onorificenza, i quali consum nello studio e negli esercizi di
ti, e si conchiuse, che la residenza di diritto divino: e nell8 piet. Nel 21 febbraio 1730 cess di vivere in Roma, e fu se-
maggio dello stesso anno fece parte della congregazione crea- polto onorevolmente nella chiesa della Minerva. Gli scrittori
ta dal papa nel concilio, e composta dei cardinali Ottoboni, domenicani fanno molti elogi del suo ingegno e delle sue
Corsini, Marini e Pereira, per conoscere del tempo delle ordi- virt; e Benedetto XIII nel diploma col quale gli concedette il
nazioni dei regolari, della maggiorit, dellubbidienza e della cardinalato, lo chiam uomo di esemplarissima vita e di emi-
riparazione delle chiese. Cotanto era stimata la sua dottrina, e nente dottrina.
riputato necessario il suo consiglio in tutti gli affari che allora BIBL.: La clef du cabinet des princ. de lEurope ecc., tomo XLV, pp. 23,
si discutevano in Roma, che il pontefice ordin darsi dal teso- 26, 28, 346-347; Tres oraion por la elev. a la purp. del cardin. Pipia,
ro di camera la somma di scudi mille al procuratore generale
dei domenicani, per trasferirsi a Polonia, e presiedere col al 100. Furono queste le prebende di Assemini, El Mas, Decimomanno e
capitolo generale in vece del Pipia, la di cui presenza, come Siliqua.

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Piq Piq

oraz. I, pp. 3, 6-7; oraz. II, pp. 33-34, 36; oraz. III, pp. 13, 19, 24, e al- nelle Controversie forensi.101 Alcuni hanno creduto che queste
trove in dette oraz.; Sagrados cult. por la canoniz. de santa Ignes, nel- allegazioni del Piquer formassero un corpo unito dopera, la
la dedic. et alib.; Sanna, Festiv. cult. ecc., num. 27; Manno, Stor. di quale fosse stata da lui pubblicata in una volta sola, indotti
Sard., tomo III, p. 468; Mario Guarnaccio, Contin. vit. pontif. et car-
din. a Ciacconio script., tomo II, col. 449; Mattei, Sard. sacr., p. 238; forse a tale supposizione dal vedere li detti Patrocinii rubri-
Catalan., De secret. sacr. congregat. Indic., lib. II, cap. XV, p. 124. cati con cifre romane progressive fino al numero di XII: ma
certo che non esiste edizione simultanea dei medesimi, e che
Piquer Francesco, giureconsulto sassarese, ed uno dei pi furono impressi in anni diversi, come si riconosce dalla sem-
distinti e laboriosi scrittori di diritto che la Sardegna abbia plice lettura loro; e laverli lautore numerati a misura che fa-
avuto nel secolo XVII. Nacque nel 1606 da Tommaso Piquer ceali di pubblica ragione, indica solamente la memoria chegli
e da Caterina de Aquena, cittadini onorati e facoltosi. Dacch volea conservare de suoi lavori, assegnando a ciascuno di es-
fin in patria gli studi minori delle umane lettere, and alluni- si il proprio tempo, e forse anche il suo divisamento di racco-
versit di Salamanca, nella quale appar la filosofia e le leggi, glierli dopo in uno o pi volumi, e di tramandarli pi dure-
ed ottenne in questultima facolt lonore della laurea. Giovi- volmente alla posterit. Ci tanto vero, che gli anzidetti
netto danni, ma dingegno vivacissimo, e tratto allo studio da Frasso e Quesada suoi concittadini, i quali scrissero poco tem-
indicibile amore, non si content dei primi onori ricevuti nel- po dopo di lui, citano or luno or laltro de suoi patrocinii,102
laccademica palestra, ma svolgendo gli autori pi riputati e mai per un titolo unico e designativo di corpo dopera, o
specialmente i trattanti, nellampia cognizione dei quali era di simultanea collezione in cui i medesimi fossero stati riuni-
locata la sapienza legale dei tempi in cui egli visse, arriv ben ti. Francesco Piquer, oltre di essere eccellente legale, fu an-
tosto al perfetto conoscimento dellarte forense, colla quale che uomo probo e distinto per molte virt religiose e cittadine.
bramava illustrare il proprio nome. Questa diffatti esercit questo il ritratto che di lui ci lasci il mentovato Quesada
primamente in Sassari, dove fu al tempo stesso avvocato e Pilo, il quale inoltre soggiunge che la sua morte fu universal-
consultore del santo uffizio, e poi in Cagliari, nella quale citt mente compianta. Non bisogna confonderlo con altro France-
rimase fino al 1650. Eletto in appresso avvocato fiscale della sco Piquer, nativo pur esso di Sassari, ed appartenente forse
reale governazione, riemp per sette anni questo uffizio con alla sua stessa casata. Costui profess linstituto di S. Ignazio
rara lode dintegrit, e nel 1658, fu nominato assessore del re- di Loyola, fior negli ultimi anni del secolo XVI, e insegn
gio patrimonio. Un anno non compiuto stette in tale nuova teologia positiva nella regia universit turritana dal 1590 al
carica, poich assalito nel 1659 da grave e repentino morbo, 1600. Fu uomo assai dotto nelle sacre discipline. Il Casagia ne
cui diedero occasione le sue stemperate veglie e le fatiche in- fa onorato ricordo in uno de suoi Memoriali per la citt di
cessanti nello studio della romana giurisprudenza, cess di vi-
vere nella vigorosa et di anni 53. Abbiamo da lui molte alle- 101. Il Frasso Pilo, oltre di citare soventi nellopera sua De regio patro-
gazioni forensi sotto il titolo di Patrocinii (Patrocinia), i natu Indiarum i Patrocinii del Piquer, nel tomo II di detta sua opera
quali, siccome furono scritti dallautore in tempi diversi, cos classifica il di lui nome nellelenco degli autori, senza per aggiungere
ancora in differenti tempi furono dati alla luce. Questi Patro- al medesimo titolo veruno di opera complessiva. E il Quesada Pilo nella
cinii, dettati tutti in lingua latina, e ricchi di molta erudizione controv. I, p. 20 cita il patrocinio a favore di D. Gavino Cardona, e nella
controv. XIV, p. 120, il patrocinio V. Inoltre nella nostra biblioteca sarda
legale, sono frequentemente citati dal Frasso Pilo nella cele- esiste ancora il patrocinio X sullinvestitura del feudo di Minotadas.
brata opera De regio patronatu Indiarum, e dal Quesada Pilo 102. Vedi la nota precedente.

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Pir Pis

Sassari, e rammenta tra le altre cose, chebbe intrinseca amici- Pischedda Antonio, distinto cittadino, nativo di Sassari, il
zia e costante letteraria corrispondenza col famoso gesuita e quale fior nel secolo XV. Dopo aver militato nella sua patria
scrittore spagnuolo Gabriele Vasquez. istessa sotto i vessilli aragonesi in molte fazioni sostenute dai
BIBL.: Arca, El saco imagin., p. XIIII; Quesada Pilo, Controv. forens., regi contro le armi di Arborea, si distinse particolarmente pel
controv. I, p. 20, num. 29; controv. XIV, p. 120, num. 20; controv. XV, suo valore nellassedio e nellespugnazione del forte castello
pp. 129-130, num. 45; Frasso Pilo, De regio patronatu Ind., ind. pass., di Monteleone difeso con vigore dallanimoso Nicol Doria.
e nel tomo II, ind. degl. ant.; Casagia, Memor. por la ciudad de Sacer, Alla sua gagliardia ed a quella degli altri prodi nazionali, i
p. 6, num. 7; Boloa, Relac. de la invenc. de los SS. mart. turrit., p. 4; quali durarono tre anni in detto assedio, fu dovuta in gran
Simon, Lett. sopra i cultori della giurisprud. in Sardegna, p. 14. parte la cessione di tale rocca, venuta nel 1436 in potere del
re D. Alfonso. Questo principe valoroso, riconoscendo quattro
Pira Gaspare, gentiluomo cagliaritano, il quale si segnal col anni dopo le militari azioni del Pischedda, lo arm del cingolo
suo valore nella fazione di Arborea sostenuta nel 1637 dalle equestre. Militarono con onore nella stessa fazione di Mon-
truppe sarde contro i francesi capitanati dal conte di Har- teleone Salvatore Portula di Oristano, e Bernardo Pugiades
court. Fu egli uno dei prodi uffiziali che pi contribuirono a di Alghero, e furono entrambi ricompensati dal suddetto re
far sloggiare i nemici dalle mura di Oristano; ed il Canales ne D. Alfonso, il primo colla concessione delle vaste e feraci terre
fa laudevole ricordo nella relazione di tal fatto darme. Di un di Plano de Murtas, ed il secondo col feudo di Llunafras, vil-
altro D. Gaspare Pira, nativo ancor esso di Cagliari, dotto le- laggio ora distrutto ed esistente una volta nellagro algherese.
gale che nel 1634 sedeva tra i giudici della reale udienza, fa
BIBL.: Fara, Corograph. sard., lib. IV, art. Alph. rex; Vico, Hist. gen.
menzione il Dexart nei Capitoli di corte. Nella stessa fazione del reyno de erd., parte V, cap. XLI; Manno, Stor. di Sard., tomo III,
di Oristano si distinse Sisinnio Ponte, il quale apparteneva al- p. 196.
lordine equestre di Sardegna, e con molta bravura molest il
retroguardo francese nel ritirarsi disordinatamente alle navi Pisquedda Salvatore, religioso di straordinaria virt e di dot-
per mettersi in salvo. Di lui ancora fa onorato cenno il sud- trina non volgare, morto in concetto di santit nel principio
detto Canales de Vega nella mentovata sua Relazione. del secolo XVII. Nacque in Ploaghe, antica sede vescovile di-
BIBL.: Canales de Vega, Invas. de la armad. franz.; Cossu, Notiz. di stante 15 miglia da Sassari, nel 27 ottobre 1551, e fu il quinto
Cagl., cap. II; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 301; Dexart, Cap. dei figli nati a Pietro Pisquedda ed a Francesca de Ricca o Ar-
cur. regn. Sard., pp. 216, 590. rica, nobili ed agiate persone dellanzidetto villaggio. Mentre
era ancor bambino di anni due, rimase orfano del padre, e
Pirella Melchiorre, giurista del secolo XVII, del quale abbiamo dacch comp gli anni sette pass sotto la tutela di un suo zio
alcune Consultazioni legali pubblicate per le stampe. In una paterno, il quale prese amorevolmente e diligentemente ad
raccolta di Allegazioni forensi da noi posseduta esistono tre educarlo. Dedito alla piet sin dalla fanciullezza, era una ma-
suoi responsi in materia di diritto, scritti in lingua spagnuola a raviglia il vederlo istruire i suoi compagni nella dottrina cri-
favore della gentildonna cagliaritana Marianna Gualbes y Bac- stiana ed in altri atti di religione, ed in tali occupazioni, anzi-
calar. Sebbene nei medesimi non si veda annotato lanno ed il ch ne trastulli e ne giuochi propri della sua et, impiegare
luogo dellimpressione, dalla materia per in essi contenuta, e molte ore del giorno. Studi in Sassari la gramatica e le uma-
da alcuni fatti riferiti dallautore si ricava che furono stampati in ne lettere nelle nuove scuole gesuitiche fondate dal Fontana,
Cagliari verso o poco dopo la met del suddetto secolo XVII. ed ebbe tra gli altri a maestro il P. Antonio Boschi, celebrato

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Pis

assai in que tempi per la santit della vita. Costui, meglio che
nelle scienze lo istru nellumile sapere della croce, e lo acco-
stum ancor giovinetto al raccoglimento dello spirito, alla fre-
quente visita degli spedali, allamore dellorazione e della pe-
nitenza. La qual semente gittata in un cuore gi disposto per
se stesso alla virt, qual era quello del Pisquedda, produsse in
breve tempo frutti, non che straordinari, maravigliosi. Impe-
rocch il valoroso giovane and molto innanzi correndo alla
perfezione, e tanti e s belli esempi diede della sua piet, che
mentre non aggiungeva ancora il quarto lustro, era proposto
qual modello da imitarsi a tutti gli altri giovani del suo tempo.
Egli per nulla sapeva di questa sua eccellenza; e compiendo
da una parte i doveri tutti dello studio, nel quale fu soprav-
vanzato da pochi, e affaticandosi dallaltra ad arrivare la glo-
riosa meta che si avea infissa nellanimo, aspettava con arden-
te desiderio che loccasione gli si appresentasse di consecrarsi
intieramente a Dio. Intanto per imprendeva frequenti pelle-
grinaggi ai luoghi pi venerati dellisola per soddisfare alla
sua divozione, ed esercitavasi in atti bellissimi di umilt, tra i
quali rimase in memoria, che nei giorni precedenti alle solen-
nit pasquali solea riunire undici de suoi compagni di studio,
e dopo averli trattenuti in pie letture, lavava loro amorevol-
mente i piedi, imitando in tal guisa la carit e la mansuetudi-
ne di G. C. Venne finalmente il tempo, cui erano state rivolte
tutte le sue brame; e non s tosto comp gli anni venti, che da-
to un addio al mondo, corse sollecito ad ascriversi tra i figli di
S. Ignazio di Loyola, al di cui instituto fu ammesso nel 13 set-
tembre 1571. Le contraddizioni de suoi congiunti, lofferta
stessa della parrocchia di Ploaghe che gli si volea rinunziare,
purch abbracciasse lo stato clericale, non valsero punto a
smuoverlo dal suo proposito. Iddio lo avea chiamato a vita
pi perfetta; ed egli ubbid intieramente a questa voce, met-
tendo in non cale tutte le umane considerazioni. Insegn
prima in Cagliari la rettorica per tre anni e mezzo, poi studi
la teologia in Sassari, e nelle scuole del suo ordine lesse due
corsi di filosofia. Nel collegio di Busaqui predic con frutto
straordinario fino al 1584, nel qual anno ricevette lordine Pisquedda Salvatore. Copiato dal quadro in tela esistente nel collegio dei
del sacerdozio da D. Francesco Figo arcivescovo di Oristano. PP. Gesuiti in Sassari.

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Pis Pis

Nuovamente and a Cagliari, e fu ministro della casa profes- a varie persone del suo tempo, i quali furono comprovati dal-
sa: questo istesso uffizio esercit nel collegio sassaritano, del levento. Fu tale insomma, che divulgatasi per tutta lisola la
quale fu rettore fino al 1592. Chiamato in appresso a leggere fama della sua santit, correvano da ogni luogo le genti per
teologia morale nelle pubbliche scuole della capitale dellisola, desiderio di conoscerlo e di udire il suono delle sue sante pa-
si fece stimare per la dottrina e per lo zelo con cui sostenne role. A tante virt e perfezioni spirituali accoppi molti talenti
lonorifico incarico di cattedrante. Col fu accusato di proposi- ed estesa dottrina. Era versatissimo nella teologia e nella lettu-
zioni eterodosse, che si dicevano da lui sostenute collautorit ra delle opere de SS. PP. Essendo ancora semplice fratello,
del Bellarmino; ma portato laffare al tribunale del santo uffi- compose in una precisa notte unelegantissima orazione latina
zio, si trov invece che egli avea parlato dottamente e ortodos- per il solenne ingresso dellarcivescovo D. Alfonso de Lorca
samente. Fu altres rettore del collegio di Alghero, e dovunque alla sede turritana, e la recit con applauso universale. Fu egli
ferm la sua dimora, cre congregazioni ed associazioni mol- il primo che scrisse la vita del venerabile P. Sebastiano de
to pie, le quali contribuirono efficacemente a migliorare i co- Campo, il quale poi imit cos bene nella santit: ma gli scritti
stumi pubblici del suo tempo. Eletto due volte procuratore suoi si perdettero, poich li consegn egli stesso alle fiamme
della provincia sarda a Roma, assistette di presenza alla sesta prima di morire. Molestato negli ultimi anni di sua vita da gra-
congregazione generale. In tale occasione, avendo dovuto ve idropisia, sopport questo male con ammirabile pazienza;
viaggiare per molte citt e luoghi dItalia, non volle mai vede- e per eccesso di mortificazione non volle mai nel lunghissimo
re nessuna delle tante opere darte che abbelliscono questa tempo di tale malattia gustare una frutta sola, tranne un bic-
classica terra, ma solamente dimand ed ottenne di visitare il chier dacqua al giorno, per refrigerare lardenza della sua se-
santuario di Loreto. Dopo di che, restituitosi a Sassari, si re- te. Ridotto ad estremo conflitto nel marzo del 1624, si mun
strinse intieramente alla vita ascetica e penitente, e tutto dedi- dei conforti della religione, chiam soventi i suoi confratelli
cossi a perfezionare lopera interiore della sua santificazione. per esortarli alla carit, allumilt ed alla virt operativa del
Gli scrittori della sua vita raccontano minutamente le austerit proprio instituto, e poco dopo spir placidamente nel bacio
che esercit costantemente fino a morire ed i doni particolari del Signore add 27 del suddetto mese ed anno. I suoi fune-
dei quali fu privilegiato dal Cielo. Lumilt sua e lo zelo per la rali furono celebrati con istraordinario concorso di popolo, il
salute delle anime fu senza pari; salv povere donzelle dalla quale lo acclam universalmente qual santo. Alla quale opi-
seduzione e dalla venalit dellonore; soffr le persecuzioni e nione aggiunsero motivo i prodigi, che subito dopo la sua
le calunnie con animo inalterabile; non odor mai un fiore, morte si dissero operati colla sua intercessione. Questi diffatti
non fiss mai gli occhi in donne, in giovanetti, in ispettacoli furono constatati poco dopo nel processo della sua vita, virt
curiosi: se dagli scolari si recitava in collegio qualche dram- e miracoli, il quale, per istanza fattane dal dotto P. Giacopo
ma, egli non vi assisteva: se i divini uffizi erano talvolta ac- Pinto, fu in valide forme costrutto dallarcivescovo turritano
compagnati dalla musica, evitava di udirli, per mortificare ap- D. Giacomo Passamar.103 E la sua spoglia mortale, dopo di
punto la sua passione per la melodia vocale ed istrumentale.
Racchiuso meditando nella sua cella, passava i giorni, i mesi e 103. La domanda per la formazione del processo sulla vita, virt eroiche e
gli anni nello studio e nellorazione. Al che si aggiungevano le miracoli del P. Salvatore Pisquedda fu presentata nel 13 agosto 1625 dal
penitenze e le privazioni di ogni sorta, poich si flagellava P. Giacopo Pinto, il quale sottopose allesame ventuno articoli, contenen-
ti i fatti pi maravigliosi di questo venerabile servo di Dio. La informazio-
ogni giorno, avea cinti i lombi di acuti cilizi, e dormiva sulle ne cominci ad assumersi nel 24 agosto di detto anno, e fu conchiusa
nude tavole. Si raccontano, tra le altre cose, le frequenti illu- nel 1 settembre 1626. Sessantasette testimoni, illustri tutti per nascita, per
strazioni divine da lui ricevute in vita, ed i presagi da lui fatti dottrina e per piet, deposero delle virt esercitate in grado eroico, e dei

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essere stata esposta per pi giorni, onde soddisfare alla devo- quale accorse in folla alle sue esequie. Queste furono cele-
zione dei fedeli, fu decentemente depositata in avello separa- brate con pompa straordinaria: vi intervenne il vicer di Sar-
to, dal quale poi fu traslatata nel 1652 alla cappella di S. Pie- degna conte di Lemos, il capitolo ed il consiglio municipale
tro martire nella chiesa di Ges e Maria di Sassari, dove si di Cagliari; ed il P. Pietro Carta dellordine di S. Domenico, fa-
vede ancor oggi lurna che racchiude le sue ceneri.104 Scrisse- condo oratore di quel tempo, disse pubblicamente le lodi
ro le gloriose gesta di questo venerabile servo di Dio il P. Ga- dellestinta. Linformazione giuridica delle virt eroiche di
vino Pisquedda, gesuita sardo, nativo pur esso di Ploaghe, il questa pia religiosa fu assunta dal canonico e dottore Salvato-
quale mor poi nellapostolato delle Indie; dopo di lui il Nie- re Sanna, giudice apostolico di appellazioni e gravami per de-
remberg, il Cordara ed il Patrignani. Nel 1636 la congregazio- legazione di Francesco Bernardo Cariena arcivescovo caglia-
ne provinciale di Sardegna onor la memoria del P. Salvatore ritano, e vi assistettero il dottore D. Giovanni Leonardo Sanna
Pisquedda con un elogio della sua santa vita, il quale fu ap- ed il P. Francesco Raimondo Cocco della regola dei predica-
provato dal generale di tutto lordine loiolitico. tori, il primo come canonista ed il secondo come teologo.
BIBL.: Nieremberg, Claros varones ecc., tomo IV, pp. 1-32; Cordara, La storia generale dei frati domenicani fa un bellissimo elogio
Hist. soc. Jes., parte VI, lib. IX, pp. 519-520, anno 1624; Tanner, par- delle virt straordinarie di suor Luigia Pistis, e la colloca nel
te I; Patrignani, Menolog., tomo I, pp. 192-195, mese di marzo. numero delle donne venerabili del suo ordine.
BIBL.: Sanna, Festiv. cult., introd., num. XXXVIII.
Pistis Luigia. Nacque in Villanova, sobborgo di Cagliari, e
profess in qualit di conversa nel monastero di S. Caterina Pisurzi o Pesuccio Pietro, poeta logudorese del secolo XVIII,
da Siena di detta citt, nel quale, dopo aver vissuto per pi molto conosciuto nella parte settentrionale della Sardegna per
anni una vita di edificazione e di penitenza, mor nel 10 otto- la celebrit delle sue rime. Nacque nel 1724 o in quel torno,
bre del 1700 con generale acclamazione di santit. Il suo ca- in Bantine, piccola e poverissima terra del Monteacuto, da mi-
davere fu esposto per tre giorni alla divozione del popolo, il seri e idioti parenti, i quali colla mercede che ritraevano dai
lavori manuali campavano stentatamente la vita. Il povero
prodigi operati dal Pisquedda s in vita che dopo morte; e di questi la fanciullo attese ancor egli fino allet di quattordici anni ai la-
maggior parte testific di averli esperimentati in se stessa. Il processo
scritto in lingua spagnuola, consta di 204 pagine in folio, e si conserva vori campestri, e forse sarebbe rimasto sempre nellumile con-
originalmente nellarchivio del collegio di Ges e Maria di Sassari. Una dizione di contadino, se mancatigli ad un tratto i genitori, non
copia autentica dello stesso processo, fatta per istanza del P. Antioco Cani, si fosse trovato padrone di se stesso, e costretto a procacciarsi
rettore dellanzidetto collegio, fu trasmessa allarchivio romano nel 20 ot- il diario vitto colle proprie fatiche. Allora si determin di tra-
tobre 1627. Loriginale sopra mentovato, dal quale si ricavano nella massi- sferirsi a Sassari, e di procurarsi un collocamento in qualit di
ma parte le notizie contenute in questarticolo, fu da noi avuto sottocchio
nel 1830 per cortesia del P. Giuseppe Lolli da Imola, allora ministro del servitore presso qualche onesta persona, sperando di assicu-
collegio di Sassari, ed ora provinciale de gesuiti negli stati sardi. rare in tal modo la propria sussistenza, e di poter anche appa-
104. La suddetta urna sepolcrale collocata nella parete laterale della rare gli elementi del leggere e dello scrivere, al che principal-
mentovata cappella dalla parte dellepistola, e vi si legge ancora la se- mente mirava la sua giovanile ambizione. Avea veduto in quel
guente iscrizione: PATER SALVATOR PISQVEDDA / PLOVACENSIS SO- volger di tempi molti oscuri uomini sollevarsi per tal modo
CIETATIS IESV / OBDORMIVIT IN DOMINO / ANNO MDCXXIIII /
MENSE MARTII XXVII / AETATIS SVAE LXXII CVM DIMID / RELIGIONIS dalla bassezza della propria condizione, e volea egli ancora
LII CVM DIMID / 1652 . Il ritratto che vi esisteva fu trasportato dalla tentare la sorte, non per arrivare a ricchezze o ad onori, ma per
cappella al corridoio superiore dello stesso collegio. poter diventare un giorno uomo sapevole in qualche modo

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delle lettere, e capace di governare i fatti propri senza laiuto oggetti pi comuni della vita campestre. Egli pu ben chia-
altrui. Guidato da questo pensiero, stette per molti anni in marsi il poeta dei pastori, il Teocrito sardo, il quale cant col-
detta citt, facendo gli uffizi di domestico in unonorata e ric- la zampogna gli amori, i piaceri, le passioni, linnocente sem-
ca famiglia, la quale gli permetteva nelle ore dozio dinterve- plicit dei beati abitatori delle campagne. Scrisse, vero,
nire alle lezioni di gramatica nelle pubbliche scuole. Siffatta alcune poesie di diverso genere, anche berniesche, le quali si
circostanza fu da lui messa a profitto, apprendendo con faci- accostano in qualche modo alla vita civile, e ritraggono dei
lit e con solerzia i primi rudimenti della lingua latina e delle vari usi del mondo; ma la maggior parte di esse versa sopra
umane lettere, e giovogli ancora presso i suoi padroni, i quali, soggetti pastorali, e contiene una morale sincera, adattata alla
veggendolo cos disposto allo studio, non permisero pi che condizione degli uomini pe quali scrisse. Sotto facili ma deli-
facesse in casa uffizi cotanto bassi, e con amorevole cura lo cate allegorie, egli nascose glinsegnamenti del vivere quieto e
aiutarono, provvedendolo del necessario, fino a che potesse tranquillo; e gli amori boscherecci, che spesso finse per allet-
farsi sacerdote, chera il maggior segno cui egli bramava di ar- tare, sono lezioni bellissime del come si deve e si pu amare,
rivare. N tard molto a far paghi i propri desideri: percioc- e come godere ancora gli onesti piaceri dellamore nella sco-
ch, dopo aver studiato alcun tanto di filosofia, si applic in- nosciuta semplicit della vita rusticana. Un altro pregio di que-
tieramente alla teologia morale; ed in questa subiti gli esami ste poesie la purit della lingua con cui sono scritte. Lidioma
prescritti dalla Chiesa per poter essere iniziato fra i leviti, ot- logudorese da lui usato prende sotto la sua penna tutte le for-
tenne finalmente circa il 1758 lordine presbiterale. Appena si me dellantica originalit. Non si piacque egli di vestirlo a fog-
vide rivestito della dignit del sacerdozio, e si trov per tale ge novelle n con forestieri abbigliamenti, come fecero il Cu-
maniera francato dal molesto bisogno di servire altrui, cerc beddu e alcuni altri poeti vernacoli; ma conserv intatti i
pane onorato co propri sudori; e prima sostenne luffizio di modi verginali, i proverbi, le locuzioni popolari e quel caratte-
vice-parroco nella chiesa di Tissi, piccolo villaggio situato a re imitativo che tanto proprio della lingua del Logodoro, di
poca distanza da Sassari, e poi arriv ad essere vicario perpe- quella lingua primaria dalla quale tutti derivarono, qual pi
tuo della chiesa parrocchiale della stessa sua patria, nella qua- qual meno, i sardi dialetti. Nel qual rispetto non temiamo di
le visse lunghissimi anni, e fin tranquillamente li suoi giorni anteporlo a molti altri poeti nazionali di celebrato nome, e di
verso il 1799. Finch visse, occup il tempo nellesercizio dei affermare ancora, che lonore della lingua sarda gi sollevata
suoi doveri sacerdotali, e si fece stimare per la purezza dei dallAraolla, dal Garipa e dal Delogu alleccellenza della melo-
costumi e per la semplicit dei suoi modi, i quali ritraevano dia poetica, ottenne per le sue poesie non piccolo n sprege-
assai della sincerit e della modestia degli antichi. Le ore che vole incremento. Tra le canzoni del Pisurzi ottengono merita-
gli avanzavano dalle cure del proprio stato impiegava tutte mente la preferenza le intitolate Lape, e Lagnella; n si pu
nel comporre le sue canzoni in patrio dialetto, le quali sono ben dire quale delle due sia la migliore. La prima, sotto la figu-
molte, e tutte pregevoli per la loro originalit. Pochi sono i ra di unape che vinta dalla dolcezza del mosto va a morirvi
poeti nazionali, i quali in tal rispetto abbiano uguagliato, non annegata nel mezzo, mentre il buon contadino che lo cuoceva
che superato leccellenza del Pisurzi. Egli non modell colle in una sera di autunno la facea avvertita del pericolo, rappre-
regole dellarte i suoi versi, ma inspirato unicamente dalla na- senta con ischietta e mirabile arte la seduzione di cui spesso
tura, poet come lestro gli suggeriva; e i versi fece cos belli, vittima la bellezza delle inesperte giovanette. La seconda
cos armonici, cos espressivi, ch una maraviglia ludirli. Le unegloga, in cui lautore, colla finzione di una pecorella smar-
immagini del suo comporre sono tutte naturali e tolte dagli rita e del pastore che va in traccia di lei, finch la ritrova e la

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salva dalle fauci del lupo, descrive i casi di due amanti, i quali, Robusta e piene di fuoco sono altre due ottave, nelle quali
dopo molto e vario penare, si congiungono tra gli evviva delle uno dei pastori del dialogo rappresenta allaltro i gravi peri-
ninfe e dei pastori in dolce nodo dImene. Nel capo settentrio- coli cui egli si espone se va ad incontrarsi col lupo, terrore
nale della Sardegna non vi contadino n forosetta, la quale di quelle selve e degli armenti; ed il secondo ripiglia feroce-
non le sappia a memoria. Quella dellAgnella specialmente mente le parole, sdegnando timori e perigli, e tutto possedu-
cantata nei conviti, nelle feste, in ogni lieta occasione. Il viag- to dallidea della sua amata pecorella, giura di perdere la vi-
giatore, che traversa soventi nella primavera le allegre campa- ta anzich lasciar colei nelle fauci della cruda belva:
gne del Logodoro per cercare nella solitudine de boschi un I. Past. Ello adduncas pro laer caziadu
sollievo dalle moleste cure cittadine, rimane vinto dal piacere, Non bi queriat si no eo e tue!
udendo suonare nelle pendici, nelle valli, nei rustici abituri Mezus de nois si bind at proadu;
Narami ue tagatas, ue nara; Mancu sa presa lu fatesit ruer:
Ses bia o morta anzone mia minore? Sateru sero lhana giagaradu,
e i cori pastorali e il solitario custode degli armenti accompa- E passadu est a mie canta cue
gnare questi versi con una specie di emozione, che ben di- Cun unanzone in bucca a tota fua,
mostra limpressione profonda prodotta sempre negli animi Bella e bona, si bella fit sa tua.
dalla bellezza di questa poesia veramente nazionale. Noi vor- II. Past. Si lagatao cun sanzone mia,
remmo poterle qui riportare per intiero, se la natura e logget- E mi faghiat cussa graxia Deu,
to del nostro lavoro cel consentissero. Per, mentre lasciamo Me li lampao, adduncas lu timia,
ad altri questa fatica, non possiamo rimanerci dallallegarne Pro feroze qui siat o pius feu!
qualche passo, per far conoscere ai lettori leccellenza poetica De sarguena nde la tiraia;
del cantore logodorese. La descrizione delle bellezze e dei se- Ello bi la lassao, oddeu oddeu!
gni particolari dellagnella che egli mette in bocca al pastore Perdia innantis, si las haere appidas,
mentre va in traccia di lei, e ne chiede contezza ad altro pa- No una vida, per milli vidas.106
store, quasi a convincerlo del giusto dolore che perci ne
prova, una dipintura cos viva e felice, che rappresenta me- cos, che quanti lhanno veduta, la credono agnella di due verni e gi
glio agli occhi che allorecchio il concetto del poeta: potente ad accoppiarsi; tutta inanellata, e co velli quasi ad arte arriccia-
Sanzone mia est una bianca nida ti e scompartiti; non tocca ancora da ferro, sol che ha lorecchio buc-
Senzateru colore cambiadu; cherato alquanto; porta in collo una striscia di broccato col sonaglino
Mesulinedda, e cantos lhana ida Bella a vederla ch una maraviglia. La difficolt di voltare questi versi
nella nostra italiana favella pu meglio provarsi che dirsi. Quindi noi,
La passan pro gerrile o madrigadu; lasciando ad altri pi felici ingegni la cura e la lode di una traduzione
Tota aneddada e lani cumpartida, migliore, rechiamo italianamente a pi di nota i migliori tratti delle poe-
Pertunta, innida; gighet de broccadu sie del Pisurzi per coloro che ignorano la lingua sarda, senza scostarci
Sa collana in su tuju cun ischiglia dal senso e dai concetti della poesia originale.
Bider a issa, est una meraviglia.105 106. Versione italiana. I. Past. S veramente, che per dar la caccia a
questo fierissimo lupo vi vuol ben altri che tu ed io! Sappi che pasto-
ri pi di noi ardimentosi tentarono la prova; ma cadde a vuoto, per-
105. Parafrasi italiana. La mia agnelletta bianca come latte, n altra ciocch non riusc loro di farlo incappare nemmeno nellagguato. Lal-
ombra di colore nessuno offende il nitore di sua bianchezza; grandicella tro ieri fu scoperto in questi dintorni, e per correre che gli si facesse

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Or chi pu dire come siano teneri ed espressivi gli altri ver- Ah! narami ue tagatas, prenda amada
si, co quali laddolorato pastore va empiendo de suoi la- Chi eo deppo esser mortu, o tue salvada.107
menti il bosco, e poi assiso in solitaria pendice va chiaman- E poi volgendosi al lupo, dal quale teme che sia stata insidia-
do con gemiti e con pianti la sua perduta agnelletta? ta linnocente pecorella, prorompe in queste bellissime escla-
E senzatera cosa insara insara mazioni:
Mincaminesi nende cun dolore; Lupu, pro pius chi sias inclemente,
Narami ue tagatas, ue nara, Feroze, ingurdu, gulosu e pettaju,
Ses bia o morta anzone mia minore? Comente potidu has ficchire dente
No isco si pius bella, si pius rara A sa rosa pius bella de su maju?
De cantas mai nde truvat pastore? Pro inumanu chi sias o insolente,
Bider mi des amigu atera orta, Si has fattu cussu, o pro chi oles che raju,
Biu si est bia, mortu sissa est morta. O tintanes inoghe o incuddae,
Des esser dadu manigare a sae.
Inie cun sos ojos duos rios Montes e baddes, litos, buscu e matta
Desi lessenzia a dogni ohi e ahi; Nademi ue su lupu faghet cuile,
Ahi! bellesa de sos ojos mios Gasi sierru e sistiu bos fattat
Narao, e repetiat sadde ahi! Dulze e suave comente sabrile!
Cando, senza mi narrer mancu adios, E bois baddes et gruttas, si sagattat
Podia creer de mi lassare mai? In sas intragnas bostras sa estia vile,
E cando lhappo custu meritadu,
Si no est pro chi thappo troppu amadu? 107. Versione italiana. E senzaltro mi posi immantinenti in via, dicendo
Si thappo postu affettu e giustu amore fra me stesso nellaffannosa piena del mio dolore: dimmi ah! dimmi do-
Lu nerzat sabba, su entu, sa iddia, ve or ti ritrovi? Sei tu viva oppur morta, mia tenera agnellina, la pi
Su sonnu, sas fadigas, su suore, graziosa, la pi rara di quante ne conduce ai pascoli forosetta o pasto-
re? Ma se mai non ti trovo? Oh! dolce amico mio; altra volta verr
Su piantu, sos suspiros, sagonia; a vederti, se essa ancor viva; ma se essa morta, non sperar di ve-
Si so istadu o no bonu pastore dermi pi mai E qui due caldi rivi di lacrime cominciarono a scorrere
Naralu tue nessi, anzone mia dagli occhi miei, e lasciai libero il freno agli ohi! ed agli ahi! dolenti
che alla bocca mi venivano dal profondo del cuore: ahi! esclamavo so-
spirando, ahi bella luce degli occhi miei, e con lontano gemito leco
della valle ripeteva ahi! ahi! E come potesti tu lasciarmi senza dirmi
dietro, non fu possibile giungerlo; e a me, vedi, pass vicino, come di almeno addio? O forse io che ti amai tanto, e amante ancor ti chia-
qui a l dove or tu sei; e fuggiva furiosamente, e tenea addentata una- mo, meritai da te s cruda mercede? Qual fosse, qual sia per te lamor
gnellina cos bella e cos buona; se buona e bella era la tua. II. Past. mio, lo dicano le vegliate notti, gli ardori estivi, i venti, le piogge e le
Oh! se lo trovassi colla mia agnelletta, e tanta fortuna mi capitasse per nevi del verno e le tante fatiche che per te sostenni: lo dicano adesso
favore degli Dei, in fede mia, che non se ne andrebbe cos di piano questo mio pianto, questi sospiri e la mortale agonia che pur provo per
O credi forse chio lo temessi, per pi feroce e spaventoso chei fosse? averti smarrita ma no, dillo meglio tu stessa, che ben lo sai, o mia
Giuro al cielo che gliela trarrei di gola, e no, per Dio, che non lascie- dolce agnelletta, di tu se io fui o no diligente e fido pastore? Dimmi
reigliela inghiottire N una sola, ma mille vite, se pur le avessi, per- ah! dimmi dove or ti ritrovi, o tenera e amata agnella, perciocch salve-
derei volentieri, anzich perdere la mia cara, la mia bella agnelletta. rotti tosto, o morr certo con teco.

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Dademila in sas manos, bollu prego, No che unu lupu, si no che leona
O de lagrimas luego bos annego.108 A chie sos leoneddos hant furadu,
Laddove per risplende maggiormente il talento descrittivo Minetat su pastore, et no abbandonat
del poeta, quando prende a riferire lincontro del pastore Sa preda sua, mirende in dogni ladu;
collagnella, il sopraggiungere del lupo, lavventarsi di que- Mirat feroze in custu e in cuddu filu,
stultimo e il piombargli del mazzero sul capo, per lo che ca- Cispende fogu de ira a dogni pilu.
de immantinenti estinto: Pustis brincat et faghet safferrada
Sanzone chhat connotu su faeddu A sanzone, pius morta chi no bia:
De su pastore sou, a tota fua Issa muda pariat chi narda
Curret a subra de unu montigheddu, Ajutoriu, ajutoriu vida mia
Inue dat una belada e duas: Ma su pastore sa mazzucca alzada
Su lupu curret prontu a su magheddu; Addobat a ambas manos valentia!
Issa, cun sa simplizitade sua, Totu est unu, su lupu abberrer bucca
Non fuit, parat, et sistat belende, E falareli in testa sa mazzucca, ecc.109
Mirendesi su lupu e zappitende. Laltra canzone intitolata Lape, se non cos robusta come
A tale vista su pastore tantu la precedente, perch il soggetto nol comportava, per di
Currit, chi pius non currit furione, una semplicit originale e sentenziosa assai, per lo che ci
Lende de pettus pedra, linna et cantu piace riportare di questa ancora i migliori tratti.
Intopesit pro lomper a sanzone:
Inoghe lassaiat unu cantu 109. Versione italiana. La timida agnelletta conobbe tosto la voce del
De su estre, e incuddae ateru uccone: suo pastore, e correndo spedita allerta di un monticello, cominci a be-
lare, quasi volesse chiamarlo. E bench il lupo alludir quel belato le
Che pellizone imbestit de rujadis, fosse tosto corso dappresso per divorarsela, essa tuttavia, anzi che fug-
E giompet cun su lupu fatta paris. gire, si rimaneva, guardando con innocente semplicit lingorda fiera, e
Su lupu, chi sabizat de persona continuava a belare e scalpitava. Ma il pastore, che vide il pericolo della
Chi li cuntrastat desser saziadu, sua amata, si mosse con tale prestezza, che pi veloce o pi impetuoso
non corre gagliardo vento; e dando furiosamente di petto a sterpi, a
sassi ed a quanto glimpediva il passo, sicch lasciava qua e l i brani
108. Parafrasi italiana. Lupo feroce ed ingordo, come, per pi crudele della sua veste, arriv quasi in un punto col lupo al collinetto in cui era
ed avido che tu sia di sangue, come hai potuto mettere laffamato dente lagnella. Or qui il lupo che scorge uomo il quale glimpedisce di saziare
nella mia innocente agnellina, la pi tenera, la pi bella di quante rose sua fame, lupo non gi, ma sembra feroce lionessa, cui siano stati invo-
spuntano in maggio? Se a tanta ferit tu giungesti, non temer io no la lati i suoi lioncelli, e con occhio torvo e terribile minaccia il pastore,
tua forza n la tua fierezza; ed abbi pure veloce al corso pi che saetta guardando qua e l sospettosamente che altri non venga, e daglirti peli
il piede, o tingrotti in qualunque inaccessa spelonca, giungerotti pi trasuda rabbiosamente quasi scintille di fuoco. E poi che cos stette al-
ratto che non credi, e ti dar per vendetta in pasto agli avoltoi. E voi cun poco, spicc un salto improvviso, e colle irsute zampe afferr di un
monti secolari, solinghe valli, annose selve e cupi recessi di belve, dite- tratto la povera agnellina, la quale, pi morta che viva, e tutta tremante
mi voi dove limmite lupo ha suo covile: cos lestate ed il verno vi scor- della paura, par che dicesse al pastore: ch non maiuti in questo punto,
rano dolci e soavi come i bei giorni daprile: ditemi voi, antri solitari e o vita della vita mia? E il pastore appunto in quellistante abbass fu-
spechi selvaggi, se intanossi nei profondi vostri labirinti la vil fera chio riosamente con ambe le mani il mazzero che tenea sollevato in alto
cerco; mostratemela voi, e datela nelle mie mani, ve ne scongiuro; o ed oh! maraviglia fu un punto solo, aprire il lupo la bocca e piombar-
che io qui vi allago tosto con largo fiume di pianto. gli sul capo lenorme colpo che stramazzollo per terra ecc.

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Cantende in sa furrazza mistaia Ammentadi, li nsi, sistivinzu,110


Unu sero chi andat aeresitta; Chi est antigu e ancora si trattat;
Falada a terra nde fit sa laba, Chimbizzadu su sorighe a su casu,
Sa saba tebiedda e quasi fritta: Non pasat fina chi perdet su nasu.111
Benit unabe a sa dulzura, o siat Se nelle precedenti ottave noi vediamo il poeta imitare per-
Sa mala sorte sua chi lhat gita: fettamente co suoi versi, non solamente i variabili e leggieri
Abe, li nesi, dae sa saba attesu; voli dellape intorno al mosto, ma perfino il suo ronzio, che
Chi cantu est dulze in soru est agra in mesu. par si oda in quei versi Eccola a bentu in puppa e ala ispalta,
Issa lnde su olu olesit alta, / A murmuttu a murmuttu chi torrda, lo vedremo nelle se-
E cando penso chi fit retirada, guenti descrivere con tanta maestria linvischiarsi dellape
Eccola a bentu in puppa e ala ispalta istessa nella sapa, i suoi sforzi inutili per rilevarsene e la mor-
A murmuttu a murmuttu chi torrda; te miseramente incontratavi, che non pu niegarglisi la lode
Bolat et torrat, per non sappaltat duno dei pi valorosi poeti imitatori della natura:
Dai sa laba, chanzis saccostda;
Tantu tantu saccostat fina chi asat 110. Proverbio.
Soru de sa laba, inue pasat. 111. Parafrasi italiana. Seduto nel focolare in una sera dautunno in che
spirava una brezzolina sottile, io mi stavo canterellando; ed il mosto era
Sende pasada, lestra sinde pesat, gi cotto, la caldaia levata dal fuoco e la sapa tiepidetta e quasi fredda;
Mustrende chi teniat grande paura; quando vedo aggirarsi dintorno unape, o tratta dalla dolcezza, o guida-
Bolat et torrat cun pius lestresa, ta, come credo io, dalla sua mala ventura: sicch subito la posi in avver-
Apende infustu dente in sa dulzura: tenza, e le dissi: sta lungi, o ape, dal mosto, poich quantesso dolce
negli orli del vaso, altrettanto agro nel mezzo. Essa subito prese il vo-
Cunfidada in sa sua lezzeresa lo, e vol in alto, quasi volesse dar retta a miei consigli: ma allorch
Intrat a intro pastura pastura, pensavo che pi non tornasse, eccola nuovamente venire colle ali span-
E si ponet a pascher a dispettu: te come vela cui soffi vento in poppa, e ronzando ronzando accostarsi
Et eo fina tando mudu e chiettu. alla caldaia e baciarne lorlo, sul quale finalmente si posa. Pure non vi si
Troppu, li nesi, ses abe atrivida, ferm assai, e levossene tosto, mostrando aver paura: va, vola qua e l
con mille giri, e poi ritorna; e poich avea gi messo il dente nel dolce,
Atenzione non che dias borta; arrischiossi a discendere pi abbasso, fidando nella propria leggerezza,
Sintras a intro (a comente est linda), e cominci a succhiare a sua voglia il dolce liquore non bene ancora
lascinas e che rues, eadi morta: rappreso. Io, che fino a quel momento ero stato in silenzio, non potetti
Atenzone canthas caru vida; allora tenermi a segno; e troppo, le dissi, troppo ardisci, o ape inesper-
ta; gurdati bene di non invischiarti, giacch pi lubrica che non credi
Mancari gitas alas, pagu importat; quella sapa, e se vi scivoli dentro tu sei morta di certo; n fidare in
Pro chi sas alas chi ti dant sa fua, quelle tue ali che ti dan volo spedito e leggero; poich quelle ali ap-
Si las infundes, sunt sa morte tua. punto di che vai superba, se per poco le bagni, saran tua morte: cerca
In sos fiores, abe, su paschinzu meglio, cerca il tuo pasto ne fiori, e fuggi cotesti perigli e le sdrucciole-
voli vie che tu non conosci, e nelle quali, se per poco ti fidi, perderai
Ti chirca, e no in una costa ratta; nome e vita: pi duna volta avrai tu udito quel proverbio antico, il qua-
Duna laba chi est tota lascinzu, le si ripete ancora da ognuno: che topo usato a roder cacio non si di-
Pro pagu chi ti fides, ealla fatta: savvezza, finch non lascia nel cacio il naso.

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Pis Pis

Issa, chi postu shat sa testa a pala, Est desser eo istada somizida
Prosighit sa idea cominzada, De me matessi et crudele istrumentu.
E zega zega a sa saba che falat, Naralu a cantas istimant sa vida,
E biet a trimpone, a sisbentrada; Chi aberzant soju, e servat de iscarmentu:
Sende biende sinfundet unala; E no appende alenu a narrer pius,
E fattende pressosa sa pesada, La ido morta, e rutta a franca in sus.
Sattera infundet chi teniat asciutta, Abes adduncas, chazzis sa timoria
E cando penso chi olet, la ido rutta. Denner a unu casu tantu feu,
Issa, corza, si cheret reminare Tenide custu impressu in sa memoria;
A sindessire; per non podiat; Non bos suzzdat simizante o peus:
A bolu no, ca non podet bolare; Non pensedas chi siat paristoria,113
A nadu bi limpidit sa laba; Chi est cosa suzzedda in oju meu.
E proende si si podet appiccare, A dolu de chie est morta, e morta sistat,
Una franca andaat, satera eniat; E de me chi appo idu tale vista! 114
Per li alet pagu sa refrega,
Chi cantu pius saffannat, pius sannegat. 113. Favola.
E una e milli oltas safferraat 114. Versione italiana. Essa per che avevasi messo il cervello nelle
A sa laba, e che daiat borta; spalle, siegue la sua idea comerale venuta nel capo, e lasciandomi dire
Recuperaat luego e bi torraat, si affond quasi orba nel mezzo della sapa, e cominci a bere larga-
mente ed a iosa: ma ecco, in mezzo alla foga del bere e ribere, la po-
E ruiat a bagnu atera orta; vera ape si bagna unala, e levandosi essa tosto per scuoterla, si bagna
A sultimu bidende chi annegaat, ancor laltra che avea asciutta; sicch, quando io penso chessa se ne
E connoschende zertu chi fit morta, voli, la vedo gi invischiata e caduta. Pur tenta la meschinella di poter-
Bettat unu suspiru lastimosu; ne uscire da quel mare; ma nol potea, ch il volo impedivanle le ale
Ahi! chi tentadu mhat su puzzinosu.112 bagnate, e il nuoto la viscosit della sapa e le lubriche coste della cal-
daia: prova e riprova di appiccarsi pe lati colle deboli zanne, le quali
spingeva in mille modi, ora avanti ora indietro: per gitta invano la mi-
Cun boghe tremulenta e lastimosa sera il tempo e la fatica, e pi si sforza a salvarsi, pi si annega. Una,
Naresit tando (e appena sintendiat); dieci, cento, mille volte vuol aggrapparsi alla caldaia, e una e dieci e
Non ti mattanes, non chirches pius cosa, cento e mille volte ricade a bagno: pur si ripiglia, e ritenta nuovamente
Chi est puntu de passare chi tenia: la prova, e nuovamente nella prova vien meno; sicch vedendo non
esservi pi scampo per lei, e conoscendo inevitabile la morte, sospir
Ahi! de me miserina e isfortunosa, pietosamente in suo metro: Ahi! quel brutto diavolo che tentommi E
Bennda a morrer intro una laba! poi con voce fioca e tremante, s che appena potea udirsi: non far, mi
Sesseret nessi istada uddende e piena, disse, pi argomenti sulla mia triste sorte, ch questa era la mia cattiva
Tie haer morte lestra o mancu pena! stella; fatal punto di destino che non poteo evitare. Ahi! me misera e
Non sento chi a sa morte so bennida; sfortunata, che terminai per morire in un caldaio Fosse almeno stato
pieno al tutto e bollente, che in un tratto e senza tanta ambascia sarei
Per su pius giau e sentimentu qui morta! Pur non mi duole il morire; duolmi soltanto che mi ucci-
do io stessa, e che sonio, io sola il crudel stromento di mia sventura.
112. Il diavolo. Oh! dillo pure a quante api aman la vita, di loro che stiano accorte, e

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Pis Pis

Da questi pochi saggi non vi chi non veda che il Pisurzi fu Lu cabaddu polta a Antoni,
poeta per eccellenza, e che mancogli soltanto la fortuna, o O Antoni polta a eddu?
una maggiore coltura di spirito per ottenere grande e durevo- Pal chissu cabaddareddu
le celebrit. Tuttavolta le sue poesie, quantunque inedite e Megliu minnandu pidoni ecc.
tramandateci per tradizione, o col mezzo di mss. viziati, man- avea tanto incontrato nel genio della moltitudine, che il pove-
tengono sempre nel Logodoro una grande riputazione, e nei ro Antonio Manuele non poteva uscir di casa n muover pas-
tempi dellautore furono sommamente lodate, in modo tale, so, che non si udisse suonare allorecchio: Lu cabaddu polta
che il nome di Pisurzi era in bocca di tutti, come lo erano le a Antoni, / O Antoni polta a eddu? Per la qual cosa, non po-
sue canzoni. Gli uomini pi distinti e pi autorevoli della sua tendo pi soffrire lo scherno che si faceva al suo baiardo ed
et gli portarono grande stima, e fra questi tenne il primo luo- a se medesimo, colse loccasione in cui il Cocco trovavasi in
go D. Gavino Cocco, legista di molta fama e poeta vernacolo Pattada, villaggio poco discosto da Ozieri, e port a lui le pi
ancor esso, il quale sal poi al pi alto seggio della sarda ma- vive doglianze contro lautore della canzone Di lu cabadda-
gistratura. Questuomo cos celebrato e potente nel declinare reddu. facile indovinare lo sviluppo di questa gran lite, alla
del secolo scorso lo invit pi volte a trasferirsi alla capitale quale il Pisurzi fu chiamato per render ragione della sua poe-
del regno, offrendogli onorato collocamento; ma egli ricus sia. Egli se ne discolp, dettando unaltra canzone in lingua
sempre linvito, e am di preferenza lo starsene nella sua pa- logudorese, nella quale descrive con colori i pi vivi e natura-
tria in mediocre fortuna, attendendo ai doveri del suo ministe- li il dialogo intervenuto tra lui, il Cocco ed il padrone del ron-
rio, e coltivando per diletto le agresti muse delle campagne e zino; e con nuovi sali e con facezie molto pi argute ridusse il
dei pastori. Ebbe per in somma venerazione cotesto magi- povero uomo che si doleva di lui a non parlare mai pi della
strato, dichiaratosi pubblicamente suo mecenate; e tra le mol- canzone Di lu cabaddareddu. Questa seconda poesia in versi
te poesie che scrisse, alcune ancora ne compose in sua lode, ottonari rimarchevole assai per la naturalezza del dialogo e
ed una particolarmente a di lui richiesta, la quale va distinta per la verit dei caratteri. Il poeta vi si dipinse da se stesso
tra le altre per la festivit delle immagini e dello stile. Al qual con molta fedelt; e cos bene fece il ritratto di messer Anto-
proposito bisogna sapere che il Pisurzi aveva composto in nio Manuele e del Cocco, che qualunque li conobbe entram-
dialetto sassarese una canzone molto berniesca sul ronzino di bi, assicura chessi erano tali appunto nel contegno, nelle ma-
certo Antonio Manuele, uomo semplice e dappoco, il quale niere, nel discorso. Soprattutto da lodarsi quel passo, in cui
faceva in Ozieri luffizio di commissario della curia, o come Antonio Manuele si presenta al Cocco, e costui gli parla con
allora dicevasi con vocabolo curiale, di procuratore di corte. quel suo malizioso linguaggio, misto di sardo e di spagnuolo,
Or questa canzone, la quale incominciava: che solea sempre avere in bocca, col quale il poeta lo ritrasse
cos al vivo, che non pu farsi n dirsi meglio:
da questo mio infelice caso traggan lezione ed esempio E qui, non Jesus! seor Antonio; en este dia
avendo pi fiato a parlare, rotol morta a pancia in suso e colle zanne Si fit postu in camminu ecc.
volte allaria. Udite adunque, o api volubili e leggiere, se temete che si- Il Pisurzi in somma, per dir tutto in breve, fu poeta di feconda
mil caso vi avvenga; udite, e ponete mente a questo mio racconto, ac- immaginazione, di talento imitativo, grave, leggiero, faceto e
ci forse non vi succeda lo stesso, o anche di peggio. N crediate gi
chio vi abbia detta una favola, poich fatto vero e succeduto sotto melanconico, secondo la diversit dei soggetti che prese a
gli occhi miei. Triste ed infelice chi morto e star morto per sempre, trattare. Perfetto conoscitore della sua lingua nativa, ladoper
e di me ancora che ho veduto uno spettacolo cos funesto e pietoso! con decoro e con molta franchezza nelle sue poesie, alle quali,

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se manca la scrupolosa forbitezza dello stile, o quella che pi nei quali and innanzi alla maggior parte dei giovani del suo
propriamente dee appellarsi studiata ricercatezza di pensieri e tempo. Applicatosi poi alla medicina, cui si sentiva particolar-
di parole, abbonda per la naturalezza e la forza, sicch il suo mente inclinato, ed istruito amorevolmente da Felice Tabasso,
canto rassomiglia meglio alle melodie campestri dellusignuo- medico piemontese di chiaro nome e professore nella regia
lo o del liuto pastorale, che alle misurate sinfonie di strumen- universit degli studi di Sassari, fece in breve tempo grandi
to cittadino. Le canzoni del Pisurzi sono moltissime.115 Noi le progressi, sinch, conseguita nel 19 gennaio 1782 la laurea,
esaminammo attentamente; e avvegnach siano tutte da tene- ottenne lode duno dei migliori ingegni che allora coltivassero
re in pregio, meritano al certo il primo luogo le due allegorie larte salutare. Siffatte lodi per non rattennero il giovine
dellape e dellagnella. Non sarebbe vana la fatica di chi im- scienziato dal continuare con ardore glintrapresi studi; ch
prendesse a raccoglierle in un sol corpo, sceverando per le ben sapeva essere tale arte la medicina, cui lesperienza ag-
migliori, e queste ancora riducendo alla vera lezione loro, dal- giunge ogni giorno luce novella; epperci, non contento del
la quale, per la variet dei mss. e delle tradizioni, si trovano in sapere acquistato nella sua patria, visit nel continente italia-
pi luoghi molto lontane. questo un voto che noi facciamo no i rinomati licei di Pisa e di Pavia, e frequent la conversa-
per lonore delle muse e della lingua sarda; e navr lode qua- zione dei valenti medici e degli altri uomini dotti che allora vi
lunque si accinga a compirlo. fiorivano; e tutto il tempo che col rimase impieg con soler-
zia nellosservare i nuovi metodi che gi sintroducevano nella
Pitalis Gavino, distinto medico sassarese, il quale fior negli medicina italiana, e nel trarne suo pro per istruirsi. La qual co-
ultimi anni dello scorso secolo e nei primi del presente, e si sa gli concili molto favore presso il governo e presso i suoi
acquist nella sua patria nome durevole ed onorato coi suoi concittadini; sicch appena ritorn a Sassari, ottenne per con-
talenti e colle sue beneficenze. Nacque circa il 1757 da Anto- corso la cattedra dinstituzioni, dalla quale fu poi promosso al-
nio Santo Pitalis e da Antonia Mula, cittadini assai onesti, i laltra pi importante di materia medica. Dopo alcuni anni fu
quali lo educarono con diligenza ne civili costumi e nella nominato viceprotomedico generale dellisola. Le sue lezioni
piet, e poi lo mandarono alle pubbliche scuole per essere ebbero larga e lunga fama di erudite, al che si aggiungeva la
istruito nelle lettere. Dotato il giovinetto di molto ingegno e chiarezza e leleganza della lingua latina chegli coltiv sem-
dindole soavissima, attese con assiduit alle lezioni che riceve- pre con grandamore. Le sue estese cognizioni, specialmente
va, e fece negli studi molto profitto, specialmente nei filosofici, nella botanica, la diligenza nellinsegnamento pubblico e la
costante onest del suo carattere e de suoi costumi lo fecero
rispettabile ed amato da tutti, ma specialmente dai giovani, i
115. Tra le medesime va distinta una lunga canzone in ottava rima da quali lo ebbero in luogo di padre insieme e di amorevole
lui composta dopo la dispersione della flotta francese che bombard la
citt di Cagliari nel 1793. intitolata Sa religione contra sa libertade e maestro. Egli, dopo averli istruiti nella scuola, conducevali
iguaglianza; e con bellissime immagini e sentenze, tolte nella maggior spesso con seco nelle amene campagne circostanti a Sassari,
parte dalle sacre scritture, vi sono provate contro il filosofismo lesi- e facendo copiosa raccolta di erbe e di fiori, li iniziava nella
stenza di Dio, la spiritualit e limmortalit dellanima, e gli altri dommi multiforme e ricca provincia degli studi botanici, intrattenen-
principali della nostra cattolica religione. Un argomento cos difficile doli colla dottrina e colla piacevolezza de suoi discorsi. Venti-
convenientemente e nobilmente sviluppato nelle 97 stanze, nelle quali
la canzone divisa; e reca maraviglia il vedere che il poeta corrispose sei anni egli spese nella luminosa carriera della pubblica istru-
allargomento con tale spontaneit di verso, da rimanere incerti, se sa- zione, e nellultimo dei medesimi, che fu pure lestremo di sua
rebbonsi meglio potute dire in prosa le cose istesse. vita, fu elevato da Carlo Felice I re di Sardegna alla dignit

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Pit Pit

equestre, meritato premio de suoi sudori.116 Esercit ancora indifferenza dei preposti allavviamento ed allincremento del-
con molta umanit la medicina pratica, ma senza mercede; vi- le lettere; e spartito indegnamente il ms., le pagine, con tanto
sit particolarmente con sollecitudine i mendici infermi, e sudore scritte da uno dei pi dotti e benemeriti uomini della
congiungendo con rara generosit le studiose cure dellarte ai Sardegna, furono qua e l disperse, ed alcune solamente, se
sentimenti della beneficenza, mentre apport colla scienza ri- vera la fama, salvate, ma oscure si stanno in mani troppo
medio ai morbi, sollev con frequente elemosina la gemente gelose di giovarsene e di celarle. Comunque per, per un ca-
povert. Religioso senza studiate apparenze, divoto senza ipo- so cotanto infausto alla medicina sarda, non possa pi il sud-
crisia, giusto e leale con tutti, e pi curante di essere che di detto lavoro vedere la pubblica luce, non lascia niente meno
sembrare onesto uomo, fu raro esempio di virt cristiane e di onorare la memoria del suo illustre autore, il quale tanto
cittadine. Dopo essere cos vissuto, mor nella stessa sua pa- giov, insegnando, alla scienza, quanto giov, beneficando,
tria nella mattina del 30 agosto 1824. Il diploma di nobilt, di allumanit.
cui il re Carlo Felice lo aveva graziato, arriv a Sassari due
mesi circa dacch egli era trapassato; ma lo stesso sovrano lo Pitzolo Girolamo. Vi furono due gentiluomini cagliaritani di
estese in appresso alla di lui moglie Antonia Tealdi, volendo questo nome e casato, distinti entrambi per valore militare, ed
nella vedova superstite onorare la memoria e le virt dellestin- uno di essi anche per la scienza legale e per i talenti politici.
to. Della sua ricca fortuna istitu erede usufruttuaria la predet- Il primo e pi antico Girolamo Pitzolo, il quale combatt
ta sua moglie,117 ordinando con bellatto di carit e di patriot- gloriosamente nel 1637 contro i francesi allorch invasero la
tismo, che dopo la di lei morte cedesse tutta a benefizio dello citt di Oristano. Di lui e delle sue prodezze fa onorevole ri-
spedale civile di Sassari, collobbligo di alimentare due allievi, cordo il Canales de Vega, e racconta che fu uno dei capitani
uno di medicina e laltro di chirurgia;118 e la scelta sua libreria di milizie sarde che pi si distinsero in quella famosa fazione.
medica e chirurgica leg alla biblioteca della regia universit Laltro Girolamo di Antonio Pitzolo e di Francesca Quesada,
degli studi della stessa sua patria. Frutto di tanti anni di osser- vissuto nel secolo scorso, e molto famoso per la parte da lui
vazione e di studi indefessi lasci inedita la sua Flora turrita- presa negli avvenimenti pubblici di Sardegna dal 1792 fino al
na, nella quale avea classati e descritti pi di due mila model-
li indigeni. Ma questo Erbario prezioso che avrebbe apportato naturali. Dei forestieri sappiamo solamente, che il chirurgo Plazza nel de-
tanto splendore alla medicina sarda, ed era forse il primo la- clinare del secolo scorso fece un erbario di pochi modelli da lui raccolti
voro nazionale di tal genere,119 and perduto per la colpevole nella provincia di Cagliari, il quale fu inserito dallAllioni nel fascicolo
della Flora pedemontana che pubblic nel 1769. Dopo di lui il laborioso
e dotto medico Giuseppe Giacinto Moris, professore di chimica nella re-
116. Il diploma di cavalierato e di nobilt personale spedito a di lui fa- gia universit di studi di Cagliari, diede alla luce nel 1827-29 tre fascicoli
vore in Torino ha la data del 7 settembre 1824. del suo elenco erbologico (Stirpium sardoarum elenchus Carali et Tauri-
117. Testamento del 19 agosto 1824. ni ecc.), nei quali comprese le sole specie dei dicotiledoni e monocotile-
118. Il magistrato della riforma sopra gli studi di Sassari ha fatto pi doni ed alcune ancora degli acotiledoni. Lo stesso egregio professore
proficua una cos bella disposizione, col prescrivere che tali allievi non Moris, il quale ha dato recentemente una pi grande estensione alla sua
siano ammessi fuorch a prova di concorso, come invariabilmente si scrittura, accenn nella prefazione al primo fascicolo di detto Elenco, che
osservato fino ad oggi, scegliendo poi tra i concorrenti i migliori per non si avea verun lavoro botanico della parte settentrionale della Sarde-
occupare le due piazze legate dal Pitalis. gna. Or qui vediamo, che il Pitalis avea valorosamente trattata questa
119. Nessuno dei sardi, per quanto a nostra notizia, illustr ancora la materia molto prima che gli stranieri si dolessero della mancanza, e che
botanica indigena, che pure ampio e dilettevole ramo delle scienze la sua Flora turritana era destinata appunto a riempire un tal vuoto.

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Pit

1795. Esercit prima con molto favore e con lode straordina-


ria di dottrina lavvocazione; e dei legali del suo tempo, se
non fu il primo, fu certamente uno de migliori. Alla quale ca-
pacit nella scienza del diritto congiungendo molta facondia e
integrit danimo e di vita, si concili nellopinione pubblica
siffatta stima ed un nome cos grande, che poco manc non
arrivasse alla celebrit. Crebbe ancora la di lui fama nel 1793,
epoca memorabile della valorosa resistenza fatta dai sardi alla
flotta francese capitanata dallammiraglio Truguet: imperocch
egli contribu stupendamente, sia colle sostanze che colla per-
sona, a cacciare dai lidi sardi quella imponente forza di ag-
guerriti repubblicani, i quali minacciavano, e fecero veramente
ogni sforzo per invadere lisola intiera. Destinato provvisoria-
mente al comando di un battaglione di cavalleria nazionale
per difendere il litorale di Quarto, corrispose con replicate
prove di coraggio alla fiducia riposta dal governo nella sua
persona; e le fazioni del 3, del 15 e del 17 febbraio, nelle
quali col suo e collaltro battaglione miliziano capitanato dal
prode marchese di Neoneli fece testa ai francesi, furono per
lui molto gloriose. Pi gloriosa per fu quella del 22 dello
stesso mese, in cui, colle poche e indisciplinate milizie chera-
no sotto i suoi ordini, respinse una colonna nemica di cinque
mila fanti condotta allattacco nelloscurit della notte dal ge-
nerale Casabianca. Il barone di SantAmour comandante su-
premo delle forze nazionali postate nel suddetto littorale, e il
generale La-Fletchier direttore delle opere di difesa affrettata-
mente eseguite in quei giorni di pericolo, fecero al vicer ed
agli stamenti sardi il pi luminoso encomio della sua bravura.
E gli stamenti e il vicer di Sardegna ne ripeterono pubblica-
mente gli elogi nel pregone del 16 aprile dello stesso anno.
Liberata lisola dai timori dinvasione nemica per la partenza
della flotta francese seguita nel 27 febbraio 1793, il Pitzolo en-
tr in nuovo campo, nel quale, se doveano brillare di molta
luce i suoi talenti, e mostrarglisi subita e favorevole la fortuna,
doveano per i talenti e la fortuna istessa, senza chegli il sa-
pesse o il potesse prevedere, trarlo rovinosamente ad estrema Pitzolo Girolamo. Copiato dal quadro in tela e ritratto sur avorio posseduto
sventura. Il parlamento sardo, aperto ancora in quel tempo da Donna Placida Deliperi Pitzolo.

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Pit Pit

per provvedere alla difesa comune, lo accolse nuovamente tra bisogni della sua patria, non pot trattenersi dal biasimare
i membri del braccio militare. Egli vintervenne costantemen- nelle corti i turbamenti e le violenze usate nei mesi gi prece-
te, e vi si fece distinguere per leloquenza de suoi discorsi e duti. Tanto bast, perch gli si sollevasse contro una folla di
per la perseveranza colla quale, assecondando le profferte so- nemici, i quali si mescolavano colla pi infima plebe, e con
vrane di Vittorio Amedeo III, ottenne che si votassero le do- arte maligna ne irritavano gli animi: si arriv perfino a minac-
mande da presentarsi al re a nome dei tre ordini del regno. ciarlo in pubblico stamento con una pistola, sei non tacesse.
Egli stesso fu uno dei deputati destinati dal parlamento per La sua destinazione posteriore alla carica dintendente genera-
trattare colla corte di Torino le condizioni di tali domande, e le del regno aggiunse esca al fuoco che gi cominciava ad ar-
si trasfer sollecito a quella capitale per conseguire loggetto dere. Si diceva aver egli infranto il sacramento fatto avanti alle
dellonorevole sua missione. Ma dopo alcuni mesi di dimora corti, prima di partire a Torino, promettendo che n impieghi
in Piemonte, e dopo le infruttuose conferenze da lui avute col riceverebbe, n grazie, n onori, ma che alla nazione ritorne-
conte Graneri ministro degli affari interni, ebbe il rammarico rebbe qual ei partiva: si taceva per che la missione era ac-
di vedere nella maggior parte andate a vuoto le sue speranze compiuta, sciolto il sacramento, e onorato finalmente un sar-
e le stesse risoluzioni sovrane, prima manifestate agli stamenti do duna di quelle eminenti cariche dello stato, che con tanti
che a lui medesimo, deputato ed interprete, comegli diceva, clamori si domandavano appunto pe sardi e si pretendevano.
dei sentimenti e dei voti della sua patria. Dolente oltremodo Queste ragioni si tacevano, e le odiose solo si pubblicavano
di questo risultamento cos contrario alla sua aspettazione, e per concitare contro di lui la plebe, pi volenterosa seguace
dei pubblici turbamenti succeduti in Cagliari durante la sua delle maligne che delle giuste e moderate interpretazioni. E fa-
assenza, part tostamente a Genova, e di l prese imbarco per cendo seguire alle parole i fatti, si tent impedire il suo instal-
la capitale del regno. Vi arriv nel 19 maggio 1794; fu salutato lamento nel posto cui era stato prescelto, e si tennero a tal fi-
per onoranza il suo arrivo con cinque colpi di cannone; e ap- ne particolari congreghe nelle parrocchie urbane di Cagliari
pena pose piede in terra, fu accolto con entusiasmo, ed ac- per ricevere i voti del popolo: ma i voti del popolo furono al-
compagnato alla sua casa tra gli evviva del popolo, il quale lo lora quelli dellordine: si grid ad una voce che si eseguissero
acclam padre della patria. Nel giorno seguente intervenne i comandamenti sovrani ed il regio biglietto del 5 luglio 1794,
alla sessione dello stamento militare, e con lungo ed elo- e coloro che avevano escogitato la troppo ardita novit di
quente discorso espose tutto loperato da lui nella sua amba- questo mezzo furono costretti a tacere. Il Pitzolo prest il giu-
sceria; parl di artifici ministeriali, di desideri falliti e di altre ramento prescritto dalle leggi del regno, ed amministr per
sue particolari utopie; ma soprattutto si lament del Graneri, un anno con molta integrit ed intelligenza luffizio della pro-
per avergli ritardata la comunicazione dei voleri supremi del curazione generale che gli era stata commessa. Ma la tumul-
re. Questa fu al tutto la sostanza di tale discorso, il quale ri- tuosa orda del popolaccio, che incitata dalle mene della fazio-
scosse gli applausi dei tre ordini stamentari, e diede occasione ne allora dominante, si sollev in Cagliari nel 6 luglio 1795,
alle successive petizioni del parlamento. Per un tal favore non corse furiosa alla sua casa, e mentre lo conduceva alla torre
dur gran tempo, per la diversit dei partiti che dividevano gli dellAquila per assicurarsi della sua persona, impaziente di ri-
animi della moltitudine. Il Pitzolo, non piaggiatore delle cieche tardi, lo assassin a pi colpi di pistola, ed ucciso al tempo
passioni popolari, non fautore de violenti consigli, ma amico istesso il cavaliere D. Agostino Meloni colonnello delle milizie
soprammodo dellordine e della pace, mentre non cessava dal nazionali, accorso in tal frangente per impedire i disordini e
perorare in pubblico ed in privato per il soddisfacimento dei per istrappare il suo amico infelice dalle mani spietate della

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Pla

plebe inferocita. Tale fu questuomo, cui poi gli uccisori stessi


si sforzarono dipingere coi pi neri colori, per trovare scusa al
proprio reato; dotto nelle legali discipline; valoroso in guerra
ed in pace; eloquente nei discorsi; amante della sua patria,
ma con vero e giusto amore; e dei disordini e delle civili di-
scordie coraggioso ed illuminato censore. Per i suoi nemici
invidiarono la sua esaltazione ad una delle pi luminose cari-
che civili dellisola; n gi per ispirito di patria, come poi di-
mostrarono i seguiti eventi, ma perch ne rimase defraudata
lambizione loro: e lambizione offesa non perdona giammai.
Se egli fosse stato meno confidente nei propri talenti e nella
propria onest, forse non periva vittima di quella stessa fazio-
ne che lo avea prima servilmente adulato. Questuomo insi-
gne, ma infelice, ebbe in moglie Maria Grazia Ripoll gentil-
donna cagliaritana, dalla quale gli nacque onorata copia di
figli che sopravvissero alla sua sventura.
BIBL.: Mimaut, Hist. de Sard., tomo II, pp. 211, 216-218, 222-226;
Ragionam. compil. dordine dei tre stamenti di Sard.; Azuni, Hist.
de Sard., tomo I, pp. 211-213, 220-224; Memor. contemp. ms. dei
torbidi accaduti in Cagliari nel 1793-94-95.

Planargia Gavino Palliaccio marchese della, militare assai di-


stinto, ed uno dei pi ragguardevoli uomini di stato vissuti in
Sardegna nella seconda met del secolo scorso. Nacque in
Sassari circa il 1730 da AntonIgnazio Palliaccio marchese del-
la Planargia e da Angela Fundoni Olives, cittadini chiari per
nobilt di schiatta e per costumi onorati. Dei tredici figli che
essi ebbero dalla loro unione, fu questo il primogenito, e
quindi lo educarono con ispeciale amore e diligenza. Il padre
suo, che percorreva la via dellalta magistratura, nella quale
poi pervenne alla luminosa carica di reggente di toga nel su-
premo consiglio di Sardegna,120 volea che si applicasse alla

120. Il marchese D. Antonio Ignazio Palliaccio, dopo aver sostenuto


per alcuni anni con molta dignit la suddetta carica, domand ed ot-
tenne onorato riposo dalle sue fatiche; visse in Sassari sua patria gli ul-
timi anni della sua vita, e vi mor verso il 1784. Palliaccio Gavino.

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Pla Pla

scienza del diritto; ma egli, chera dindole ardente e di genio alla sovrastante fortuna nemica: quindi, cedendo alla neces-
volto alle armi, non s tosto ebbe compiuti gli studi della gra- sit degli eventi, corse subitamente a Torino, e col, con mol-
matica e delle umane lettere, che intraprese con gran deside- ti altri capitani, valorosi e invecchiati al par di lui nella mili-
rio la carriera militare. In questa pervenne col proprio merito zia, aspett che cambiassero le inique sorti della guerra.
ai gradi pi luminosi, e cos bene li sostenne, che fu riputato Creato intanto dal suddetto re Vittorio Amedeo gran mastro
a suoi tempi uno dei migliori uffiziali superiori dellesercito dartiglieria, fu poi nel cominciare del 1794 nominato gene-
sardo: la quale opinione conferm sempre co fatti dando rale delle armi di Sardegna, ed ebbe ordine di raggiungere
egregie prove di valore in ardui e pericolosi cimenti, e nelle in Livorno il nuovo vicer marchese Vivalda, e di trasferirsi
cose che richiedessero celerit di consiglio mostrando intelli- allisola insieme con lui. Le clamorose vicende accadute in
genza allordinaria assai superiore. Proveniva questo in lui da Cagliari nellanno precedente lo fecero peritoso alquanto di
acutezza dingegno e da un raro talento di conoscere bene una carica, piena in quel punto di difficolt e di pericoli: ma
addentro gli uomini, che and perfezionando col maneggio poi i comandamenti precisi del re lo costrinsero ad accettare;
degli affari e colla lettura dei buoni libri, alla quale solea e condottosi a Livorno nel 24 agosto 1794, ne part col Vival-
consecrare le ore tutte che gli avanzavano dalle cure de pro- da nel 31 dello stesso mese, e nel 6 del seguente settembre
pri impieghi. Nel 1787 Vittorio Amedeo III lo prepose al co- arriv a Cagliari. La storia parler lungamente delle sue azio-
mando della citt e contea di Nizza, nel quale sottentr al ni dal momento di questo arrivo alla capitale del regno fino
conte Thaon di S. Andrea, creato in quellanno medesimo vi- al giorno della sua morte, le sue cure per restituire la tran-
cer di Sardegna.121 Un solo lustro rimase in questa carica, quillit pubblica, i progetti da lui fatti alla corte di Torino per
esercitandola con molto decoro e con pari integrit: nel 23 recidere le male erbe delle fazioni e dei partiti, lambigua e
settembre 1792 dovette abbandonarla, dacch le armi france- moltiforme politica del vicer Vivalda, le esagerazioni e lo
si guidate dal generale Anselmo, passato il Varo, occuparono spirito di parte che tanto nocquero in que tempi infelici alla
con maravigliosa celerit tutta la parte bassa della contea di somma degli affari sardi. Biografi noi e raccontatori, non giu-
Nizza, ed il paese che dal Varo si stende sino alle falde del for- dici dei fatti, non vogliamo usurpare alla storia una pagina
tissimo castello di Saorgio. La ritirata dellesercito piemontese che le appartiene; e diremo solamente, che gli stessi popolari
lo rendette inabile a resistere colle poche forze del presidio tumulti, i quali spinsero il Pitzolo a finire miseramente i suoi
giorni, affrettarono ancora al generale Planargia la morte. Ar-
121. In occasione di detta sua promozione al governo di Nizza, scrisse restato dai faziosi nella mattina del 6 luglio 1795, fu rinchiuso
il Carboni il seguente epigramma: Quid natum mihi, Vare, rapis prae- nella torre dellElefante, dove la barbarie di un popolaccio
nobile pignus? / Thyrsus, lacrymulis dum vada adauget, ait. / Quid, sfrenato gli fece provare per quindici giorni tutte le ansie di
nedum natum, mihi patrem,* Thyrse revellis? / Respondit Varus: quis
cui plura rapit? / Quid, si Lascarios memorem, quorum en tibi imago, / unagonia troppo lenta e troppo terribile. Ad uomo caduto
Queis stetit atque unis publica vestra salus? / Munera muneribus nunc dal sommo della fortuna e messo ad arbitrio della cieca mol-
confer; meque rapacem, / Si sapis, externis dic inhiare bonis. / Officiis titudine fu agevol cosa imputar colpe e delitti, e laddove
potius sed jam certemus, et alter / Alterius quaerat, vel tueatur opes. / questi mancavano, temere o immaginare ree intenzioni. Vitti-
Quamquam ultro tibi fata favent: mox inclyta quantis / Se adtollet re- ma di tali sospetti egli cadde nel 22 di detto mese di luglio,
bus gloria Sardiniae! / Obticuit Thyrsus: tum spes subit, adfore eum-
dem, / Nunc natum, aequata postmodo sorte patrem. nel qual giorno, tratto a viva forza dal carcere, fu moschettato
* Excellentiss. vir. com. Thaonem a S. Andrea Nicaensem patricium, eum- nel cortile interno del forte da un manipolo di scherani, senza
demque Nicaensium praefectum, Sardiniae proregem recens designatum. formalit, senza giudizio, e dal furor popolare soverchiata

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ogni legge. Lagrimevole assai fu il caso, e ne piansero le genti notizie, cita il codice ms. della vita e miracoli operati da
sarde non ausate n prima n dopo a tanta immanit. E della questo ven. servo di Dio, il qual codice era stato da lui tro-
paterna sventura rimase addolorata la prole che gli sopravvis- vato nella libreria del suddetto convento di S. Lorenzo di
se, e di cui lo avea fatto padre Speranza di Stefano Manca Napoli, ed esisteva autografo tra le sue carte in un volume
marchese di Mores, gentildonna sassarese di non volgari for- in 4. Per le diligenti ricerche da noi fatte ci chiarirono che
me e di spiriti generosi. Il Mimaut, il quale si piacque spesso tal ms. pi non esiste tra i codici siscani, dei quali ragionere-
di prestare alla sua Storia di Sardegna colori opposti al vero mo pi opportunamente a suo luogo Sisco Antonio. Com-
o assai del vero maggiori, scrisse del Planargia acerbissime pagno al P. Polla, cos nella penitenza come nella santit
ed inique parole. Ma la verit raccoglie i fatti, sceverandoli della vita, fu il frate converso Carlo Marcia, nativo pur esso
dalle passioni contemporanee o ancor vive o gi spiranti; e di Cagliari, il quale dopo aver vissuto piamente molti anni
qual ei fosse veramente, non quale straniero pennello con nello stesso ordine dei minori conventuali di San Francesco,
tinte tolte a prestanza raffigurollo, lo dir e sapr dirlo essa mor in detta citt nel 1708; lasciando di s e delle sue virt
sola allimparziale posterit. venerata memoria tra i suoi concittadini.
BIBL.: Botta, Storia dItal. dal 1789 al 1814, lib. II, pp. 110-111; BIBL.: Mattei, Sard. sacr., p. 67; Sisco, Memorie miscell. mss., tomo II,
Azuni, Hist. de Sard., tomo I, pp. 221-224; Carboni, Sebet. cannin., p. 1.
ediz. marong., p. 33; Mimaut, Hist. de Sard., tomo II, pp. 224-227;
Ragionam. giustif. compil. dord. dei tre stamenti di Sard.; Memor. Pompeiana Gianuario vescovo di Cagliari.
contemp. ms. dei torbidi accaduti in Cagliari nel 1793-94-95; Man-
no, Stor. di Sard., tomo IV, p. 239, in nota. Ponte Sisinnio Pira Gaspare.
Polla Giovanni Sena Pietro de. Porcell Gio. Tommaso, distinto medico del secolo XVI, nato
in Cagliari nel 1525, e morto nella stessa citt verso il 1590.
Polla Tommaso religioso francescano dellordine dei minori Studi la medicina in vari licei di Spagna, e poi fermata la
conventuali, nato in Cagliari nel 1615 e morto nella stessa sua dimora in Saragozza, attese a perfezionarsi nellarte sua.
sua patria nel 29 settembre 1663, in concetto grandissimo di Col si ritrovava, allorch vi pervenne la famosa pestilenza
santit. Vest labito francescano nel 1632 e nel 21 febbraio del 1564, che fece tanta strage in quelle contrade. Chiamato
1634 profess i voti dellinstituto. Mandato dai suoi superiori dal consiglio municipale ad assistere agli appestati, prest
al convento di S. Lorenzo di Napoli, vi dimor assai tempo, umanamente e valorosamente lopera sua alle vittime infelici
menando una vita cos penitente, che fu di esempio e di di tal morbo, e molte ne salv cogli aiuti dellarte; per la qual
edificazione ai suoi confratelli. Dimor ancora due anni non cosa, affidata a lui la direzione dello spedale maggiore, so-
interi nel cenobio di Amalfi nel Principato citeriore; poi stenne nella pubblica calamit un tale uffizio, e si concili per
torn a Napoli; e finalmente a Cagliari, dove consunto dalle tal modo lamore pubblico e la stima del governo. Nellanno
vigilie e dalle macerazioni, cess di vivere in et danni 47, seguente diede alle stampe la relazione di tal peste col se-
mesi 9 e giorni 13. Alle sue esequie intervenne per onoranza guente titolo: Informacion y curacion de la peste de arago-
il capitolo e tutta la chieresia, ed il di lui corpo fu decente- za, y preservacion contra la peste en general (aragoza, 1565,
mente custodito nella chiesa dei frati conventuali di detta ca- un vol. in 4). Nella medesima descrisse minutamente lorigi-
pitale. Il Sisco, dalle di cui memorie abbiamo ricavato queste ne, i progressi ed i caratteri particolari che accompagnarono

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siffatta pestilenza, il metodo di cura da lui adoperato, e tutte dellordine di S. Domenico, il quale fu il fondatore del con-
le altre cautele messe in uso per arrestare il corso micidiale vento dei predicatori di S. Martino fuori le mura di Oristano.
di un tal flagello. Non si pu negare, che il Porcell dimostri Era nato in Cagliari, eccellente nella teologia scolastica, e ze-
in questa scrittura un criterio poco comune ai medici spa- lante promotore delle glorie del suo ordine. La fondazione
gnuoli del suo tempo: ma questo merito sminuito assai dal- del suddetto convento, alla quale egli attese con unoperosit
la troppa vanit, con cui parla di se stesso, cos nella dedica maravigliosa, trasferendosi pi volte a Roma per un tal fine,
dellopuscolo fatta al vice-cancelliere di Aragona, come in diede soggetto a lunghe e clamorose dispute tra larcivescovo
tutto il corso della trattazione. Non pare ei gi un medico di di Arborea Girolamo Barbar ed i canonici della cattedrale di
oscuro nome, il quale metta felicemente qualche buon passo Oristano Leonardo Dess, e Pietro Corriga. Ma il Porcell, tanto
nella scienza da lui professata, ma un inventore di qualche seppe valersi della protezione del P. Vincenzo Giustiniani ge-
nuovo sistema, che abbia operata unutile rivoluzione nella nerale dellordine domenicano, che ottenne per di lui mezzo
medicina; perciocch scrive tra le altre cose con molta fidan- dal pontefice S. Pio V, domenicano ancor esso, tutte le bolle
za, non voler seguire le dottrine dIppocrate e di Galeno, e che desiderava, in virt delle quali il nuovo convento fu ef-
nella difficile arte di guarire voler anzi procedere co propri fettivamente fondato nel 1569.122 Gli annalisti dellordine dei
che cogli altrui ragionamenti; e nuove scritture promette (che PP. predicatori gli tributano per questo fatto molti elogi, e
per non si videro poi mai), nelle quali afferma aver gi ri- raccontano che mor arcivescovo eletto di Oristano.
dotte a critico esame, e confutate ancora alcune antiche teo- BIBL.: Porcell, Informacion y curacion ecc., nella dedica e nel cor-
rie degli Esculapi greci e latini. Parola, se non al tutto super- po dellopera; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 477; Vico, Hist.
ba, difficile per assai ad essere attenuta, specialmente in gen. del reyno de erd., parte VI, cap. LXXXV; Diago, Hist. arag.,
quelle discipline, nelle quali lesperienza la prima maestra, lib. II, fol. 291, col. 3; Sanna, Festiv. cult., introd.
e pi dellavventatezza giovanile, o della gagliarda e presun-
tuosa virilit, serve a bene ed utilmente operare la modesta Porcile Carlo Vittorio, valoroso uffiziale della marina sarda,
timidezza del vecchio senno. Cos appunto accadde al confi- il quale nel declinare dello scorso e nei primi anni del pre-
dente promettitore; n sappiamo che gli annali medici gli sia- sente secolo si fece un nome onorato colle sue prodezze.
no debitori di alcun nuovo ritrovato nellarte salutare, o che Nacque in Carloforte, piccola terra dellisola di S. Pietro, una
della relazione istessa della peste di Saragozza, e dei mezzi delle adiacenti alla Sardegna, nel 20 ottobre 1756 da Giovan-
da lui proposti per arrestare il funesto corso di un tal morbo ni Porcile conte di S. Antioco e da Elisabetta Tagliafico di
sia fatta nei medesimi quella distinta menzione, che le buone nazione genovese. Mandato a Cagliari dai suoi parenti per
scritture sanno meritare attraverso dei secoli. Tranne questo essere istruito nelle lettere, ricevette la sua educazione nel
difetto, loperetta del Porcell meritevole di molto encomio, seminario dei chierici, dove, oltre la grammatica latina e la
e lautore pu essere classato con onore tra quei pochi, i rettorica, impar le matematiche dal professore Cadello. Ma
quali sotto il dominio spagnuolo coltivarono in Sardegna e poich si sentiva inclinato dal proprio genio a percorrere la
oltremare la medicina. Egli fu rimunerato generosamente del-
le sue fatiche dal re cattolico Filippo II, e restituitosi poco 122. Molte curiose notizie relative alla fondazione di detto convento, al-
le questioni insorte tra il Barbar, Dess e Corriga, ed allantica abazia
dopo alla sua patria vi godette la pubblica stima, e vi lasci di S. Martino in Oristano, sono riportate dal Sanna nella sua opera inti-
onorata discendenza. Nel tempo medesimo, in cui fior il pre- tolata Festivos cultos ecc., la quale perci pu essere consultata da chi
cedente, visse in Sardegna un altro Giovanni Porcell, frate ami sapere pi minutamente di tali cose.

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carriera militare, abbandonata prestamente quella degli stu- lapide sepolcrale con iscrizione latina dettata dal presidente
di, si ascrisse nel 1779 al servizio volontario della regia mari- D. Luigi Tiragallo.
neria. Dopo tre anni di prova il vicer di Sardegna conte BIBL.: Caboni, Ritratti poetico-stor., pp. 5-11.
Valperga di Masino lo nomin luogotenente provvisorio a
bordo della S. Barbara, nave di guerra capitanata dal cav. Porcu Benedetto, religioso delle scuole pie, il quale visse
Denobili, la quale destinazione fu poi confermata con regio nel secolo XVIII. autore di alcune dissertazioni di fisica, la
brevetto nel 1783. Le prove di coraggio da lui date in vari maggior parte delle quali rimase inedita, ad eccezione duna
scontri avuti coi barbareschi, terrore in quel tempo e flagello intitolata De machina areostatica. Circa lo stesso tempo o
dei mari sardi, e specialmente nel 19 agosto 1786 nel com- poco prima, visse un P. Giambattista Porcu, di cui si hanno
battimento della S. Barbara con una galeotta bisertina, lo fe- alcune orazioni panegiriche pubblicate colle stampe.
cero ascendere al comando della stessa nave, in cui avea BIBL.: Porcu, Dissertaz. e panegir. suddetti; Massala, Dissertaz. sul
servito da subalterno. Trovatosi per tal modo alla testa di progr. delle scienze e della letterat. in Sard., p. 22.
molti altri prodi, i quali aspiravano come lui a segnalarsi nei
pericoli e nelle ardite imprese, corse col suo legno i mari Porqueddu Antonio, poeta ed oratore, nato in Senorb da pa-
dAfrica e di Sardegna, cercando sempre i cimenti, ed incon- renti nobili ed onorati verso la met del passato secolo, e
trandoli con maravigliosa intrepidezza; n pass quasi mai morto in Cagliari nel 1810. Nella sua giovent si fece gesuita;
anno veruno, in cui egli non potesse vantare qualche nuova ma soppressa poco dopo la compagnia loiolitica, ritorn
vittoria ottenuta sopra i pirati delle reggenze barbaresche. unaltra volta al secolo, ed abbracci lo stato sacerdotale. Nel
Nel 1793 difese valorosamente dalle armi francesi le isole 1775 si trasfer a Torino, e rimase pressoch un anno in quella
della Maddalena e di S. Stefano; pred nello stesso anno un capitale, godendovi dellamicizia di molti uomini dotti, e del
brigantino francese, e nel 1797 due sciabecchi turchi. Siffatte favore di Vittorio Amedeo III re di Sardegna, il quale us a
prove di bravura gli fruttarono successivamente i gradi di ca- lui, come ad alcuni altri scienziati sardi di quel tempo, molti
pitano e di maggiore di fanteria, e la decorazione militare tratti di sovrana munificenza. Al suo ritorno in patria fu fatto
dellordine mauriziano confertagli nel 1799. Fatto quindi ca- parroco di Selegas, e quindi di Senorb, nei quali uffizi ri-
pitano di vascello, ottenne nel 1808 il grado di colonnello, e splendette per lesempio della sua vita illibata, per lo zelo con
nel 1813 quello di maggior generale nellesercito sardo. A cui istru nella legge evangelica i popolani affidati alla sua cu-
questultima promozione diede motivo la bella fazione da lui ra spirituale, e per la generosit nel sollevare glindigenti. A
sostenuta nel detto anno 1813, in cui venuto a conflitto con queste virt, cherano proprie del suo carattere pastorale, ac-
due legni turchi, li sconfisse entrambi, dopo avere cimentata coppi molto zelo per lincremento delle utili riforme nel suo
per pi di due ore la vita, e riportata nel combattimento una luogo natale, tra le quali egli promosse con speciale amore la
ferita assai grave, della quale risentissi poi pel rimanente dei coltivazione dei gelsi e lallevamento dei bachi da seta; al che
suoi giorni. Provveduto a riposo per le sue stesse preghiere, pure pareva intendere in quella stagione il governo piemonte-
visse ancora due anni col titolo di comandante del porto di se con ogni sorta di prove e dincitamenti. A tal fine scrisse
Cagliari, onorato dal governo per i servizi prestati, onorato nel dialetto meridionale della Sardegna un poemetto in ottava
dalla stima pubblica per il suo raro valore. Nel 15 novembre rima, colla traduzione italiana a fronte nello stesso metro, inti-
1815 mor nella sua terra natale; e sulla tomba che racchiude tolandolo Il Tesoro della Sardegna (Su Tesoru de sa Sardigna),
le sue ceneri, fu posta dalla famiglia che gli sopravvisse una col quale mir principalmente a propagare nel popolo sardo

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le utili cognizioni sulla coltura del gelso e allevamento del fi- diede pi volte le sacre missioni, e cess di vivere nel secon-
lugello, per allettarlo ad un ramo dindustria fino ad allora do lustro del presente secolo. Furono suoi fratelli Giuseppe
sconosciuto. Il suddetto poemetto diviso in tre canti, nei Domenico e Giambattista Porqueddu, il primo vescovo dIgle-
quali lautore raccolse i pi minuti precetti e le osservazioni sias, ed il secondo assai benemerito della sarda agricoltura
fatte sopra tale materia dagli scrittori georgici dItalia e doltre- per le utili sperienze da lui fatte in materia gelsaria in Senorb
monti. La poesia vernacola facile ed armoniosa, e non man- sua patria. Prima del precedente fior Giovanni Porqueddu
ca in certi luoghi di grazie che temperano la monotonia dei dottore in teologia, segretario e consultore di Luigi Diez de
didascalici insegnamenti: non cos la traduzione dalloriginale, Aux vescovo di Alghero, del quale abbiamo alcuni sermoni
la quale riducendosi precisamente alla versione delle parole in lingua castigliana, ed uno specialmente in lode di S. Gio-
sarde in italiano, non pu leggersi senza noia. Sono utilissime vanni di Dio fondatore dellordine degli spedalieri, stampato
le annotazioni, delle quali ogni canto corredato, avvegnach in Cagliari nel 1686 da Nicol Pis nella tipografia del dottore
nelle medesime traspaia un eccessivo amor di patria che sen- Ilario Galcerin (in 4).
te talvolta di esagerazione. Per di tal difetto non si dee me- BIBL.: Porqueddu, Tesor. della Sard., canto II, note 2, 24; canto III,
nare grave censura, perch lautore intese particolarmente a nota 34; Mimaut, Hist. de Sard., tomo I, pp. 19, 21; tomo II, p. 658;
temperare alcune sentenze ed opinioni del Gemelli, il quale, Porqueddu, Sermon del glor. S. Juan de Dios ecc.
sebbene nel suo Rifiorimento della Sardegna avesse esaurito
tutti i precetti per il miglioramento della sarda agricoltura, tut- Porru Vincenzo Raimondo, distinto gramatico e cultore dili-
tavia ne ingrand spesse volte i difetti, per dare al proprio la- gente del dialetto meridionale di Sardegna, nato in Villanova-
voro una maggiore importanza. Ledizione di questo poemet- franca, piccola terra della provincia di Arborea, nel declinare
to fatta in Cagliari nel 1779 da Bonaventura Porro direttore del secolo scorso, e morto in Cagliari nel 23 marzo 1836. Stu-
della Stamperia Reale (un vol. in 8) una delle pi eleganti, di nelle pubbliche scuole di questultima citt, mandatovi,
nitide e corrette che quel tipografo facesse mai: degna perci appena fu adulto, da suo padre Sisinnio Porru, il quale, non
del bellissimo faleucio latino che vi si legge nel principio, det- ricco n povero di beni di fortuna, esercitava in patria luffizio
tato dal Carboni a lode delleditore, e della dedica fattane al del notariato. Apprese con molta facilit e con distinzione gli
conte Giuseppe Vincenzo Lascaris di Ventimiglia vicer di Sar- elementi della lingua latina, le umane lettere e la rettorica; e
degna. adorna inoltre di quattro rami, uno dei quali serve di poi, fatto il corso filosofico, ottenne il grado del magisterio.
frontespizio, e gli altri precedono ai tre canti. La prefazione Bench imprendesse in appresso a studiare la teologia, non
scritta in versi settenari, e alla fine del poemetto si legge una prosegu lincominciato divisamento; perciocch fattosi sacer-
prosopopeia pi sinceramente che felicemente scritta dallo dote, e nominato maestro delle classi minori di latinit nelle
stesso autore. Cotestopuscolo del Porqueddu fu altamente scuole di S. Teresa in Cagliari, i doveri del nuovo stato e le
encomiato in Sardegna; n manc in Italia, e specialmente tra cure del pubblico insegnamento lo distolsero dal continuare
i letterati piemontesi, chi ne dicesse molte lodi, non tanto per la carriera accademica. Nellaccennato uffizio di maestro spese
il merito della poesia o degli insegnamenti, quanto per log- gli anni migliori della sua vita, passando per gradi fino alla
getto avuto dal poeta nel dettare quei canti. Dopo la pubbli- presidenza delle stesse scuole. Pi tardi fu fatto assistente alla
cazione di questo poemetto, il Porqueddu attese unicamente biblioteca, socio prima e poi prefetto del collegio di filosofia e
ad orare e ad istruire il suo popolo. Pervenuto agli anni della di belle arti della regia universit cagliaritana. Nessuno meglio
vecchiezza, si ritir nel collegio di S. Michele in Cagliari, dove di lui comprese ed esegu la difficile arte di ammaestrare i

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giovinetti nei primi elementi del sapere; e rimane ancor viva insistere con maraviglioso conato, acci singentiliscano i ma-
la fama dello zelo e dellamorevole sollecitudine con cui egli terni parlari, mezzo e via agevolissima per apprendere con
vi attese costantemente. Ebbe di ci lode grandissima mentre frutto la dolce armonica favella dItalia.124 Lanalisi di questa
visse, e premi non avari n tardi in un benefizio semplice nel- grammatica, oltre che non appartiene al soggetto della nostra
la chiesa parrocchiale di S. Anna, ed in molte pensioni eccle- scrittura, ne porterebbe assai lungi dalla brevit che ci siamo
siastiche elargitegli dal governo. Per le quali generosit trova- prefissa. Diremo non pertanto, che se si eccettuano alcune
tosi in condizione da non abbisognare degli altrui soccorsi e mende, le quali erano inevitabili, cos per la difficolt come
di poter spendere a benefizio del suo paese natale gli onesti per la novit del lavoro (e tra queste non pu tacersi quella di
ozi della vita privata, si applic intieramente agli studi filologi- aver lautore o scambiato, o confuso, o voluto elevare alla di-
ci, pe quali avea sempre dimostrata particolare inclinazione. gnit di lingua matrice un dialetto precisamente derivato dalla
Primo frutto delle sue lunghe fatiche in siffatta materia fu il primigenia ed ancora esistente lingua nazionale), lo scritto
Saggio di grammatica del dialetto sardo meridionale, chegli merita i maggiori encomi per la diligenza e per il buon crite-
diede alla luce nel 1811 (Cagliari, Stamperia Reale, un vol. in rio con cui fu steso. Non quindi da maravigliare che il Porru
4), dedicandolo alla principessa Maria Cristina di Borbone, ne riscuotesse gli applausi dei pi dotti sardi del suo tempo,
poi regina di Sardegna, nel quale ridusse a certe regole il lin- tra i quali il Carboni glindirizz una lunghissima ed affettuosa
guaggio particolare parlato nella parte bassa dellisola, lo con- epistola,125 piena invero di molto senno, ma troppo incresciosa
ferm alla sintassi delle altre lingue pi conosciute, e fiss
con precetti tolti dalluso le regole di scriverlo e di pronun- argento, / Si vede l gran quantit di sale, / Ivi son bagni sani come un-
ziarlo correttamente. La prefazione chegli prepose a questo guento. / Io non la vidi; ben ludii da tale, / A cui do f, che vera una
lavoro addimostra la nobilt delle sue intenzioni e la genero- fontana, / Che a ritrovar i furti molto vale; / Unerba v spiacevole e vil-
lana, / La qual gustata senza fallo uccide, / E cos com rea, molto
sit dei suoi sentimenti. Vi si vede un uomo, il quale, tutto strana. / Che in forma propria duomo che ride / Gli cambia il volto, e
posseduto dal desiderio di perfezionare il patrio dialetto, con- scuopre alquanto i denti: / Siffatto morto giammai non si vide. / Securi
sum per tal fine in aridi e penosi studi la sua giovent; ed son da lupi e da serpenti; / La sua lunghezza par da cento miglia, / E
bello assai udirlo richiamare lattenzione dei sardi sopra un tanto pi quanto son venti e venti. / Io vidi, che mi parve maraviglia, /
oggetto di tanta importanza, che rannoda con pi efficacia gli Una gente che alcuno non lintende, / N essi sanno quel che altri bisbi-
glia ecc. (Dittam., lib. III, canto 12).
animi fratelli nel primo amore di una patria comune; mettere 124. Uno dei mezzi proposti dallillustre autore per tale oggetto, e che
innanzi gli esempi greci e latini, e quello delle nazioni tutte non si pu commendare abbastanza, si quello di far precedere nelle
non rimastesi inerti o spettatrici oziose della cresciuta civilt scuole minori di latinit lo studio della grammatica italiana a quello del-
del mondo; vendicare lantica ingiuria fatta da molti scrittori la latina, alla qual cosa sarebbe di molto sussidio la grammatica sarda.
alla lingua sarda, tassandola di barbara ed inintelligibile;123 e In vece, dice il Porru (e dice assai bene), di dettare prosa italiana da
voltarsi in latino, sarebbe meglio che si dettassero squarci di scelta ed
elegante prosa sarda da tradursi allo stesso tempo in italiano ed in lati-
123. Uno di costoro fu Fazio degli Uberti, contro il quale specialmente no Cos i giovanetti apprenderebbero pi agevolmente le lingue italia-
si scagli il Porru nel programma di associazione al suo Saggio di na e latina, e la lingua natia acquisterebbe insensibilmente maggior
grammatica. Riportiamo qui alcuni tratti del Dittamondo di detto Fazio, nettezza, lustro e accrescimento (Saggio di grammatica, prefaz., p. 6,
acci si veda come i detrattori della Sardegna parlarono quasi sempre nota 1). Pure le vecchie abitudini prevalgono sempre; si continua a mo-
senza conoscerla, dando luogo nelle scritture loro anche alle favole del strare ai fanciulli lignoto per lignoto, e si perdono in tal maniera il tem-
volgo. Molto sarebbe lisola benigna / Pi che non , se per alcun mal po, le parole, e talvolta anche glingegni.
vento / Che soffia ivi, non la fosse maligna. / Ivi son vene che fan molto 125. Si legge inserita nel fine dello stesso Saggio di grammatica.

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per le immeritate lodi vendute a Felice Botta ed al codice di S. dei pi valenti filologi italiani.126 Tuttavia diremo che molto
Leucio dettato da Ferdinando IV, e per lartifizio che vi si vede manca ancora, acci il Dizionario del Porru possa dirsi per-
usato per ingenerare altra volta nelle menti la gi scaduta opi- fetto; che vi si vedono infinite lacune nella progressione delle
nione dellottimismo grammaticale del P. Alvaro. Fu questa la voci collocate nelle rispettive sedi alfabetiche, particolarmente
prima prova data dal Porru del suo raro valore nel sapere del- in ci che riguarda gli animali e le piante, avendo egli quasi
la propria lingua: ma fin dallora egli annunzi un altro lavoro sempre registrati i soli individui, e trasandate intieramente le
di maggior importanza sopra lo stesso soggetto, vale a dire il parti moltiplici che li costituiscono, e che hanno pur esse il
Dizionario sardo-meridionale. Dopo cinque lustri di applica- proprio nome vernacolo; che le introduzioni di nuove voci,
zione e di assidue cure, cominci finalmente a pubblicarlo nel per significare le cose nuove prodotte dal progresso delle
1832, e lo port a termine nel giro di due anni, supplendo scienze e delle arti, fu da lui fatta senza misura, anzi con esor-
con generosa perseveranza agli scarsi incitamenti da lui avuti bitanza; che in queste voci istesse non us diligentemente la
per s nobile impresa. Lo intitol Nou Dizionariu universali metafisica della lingua, poich in vece di tradurre materialmen-
sardu-italianu (Nuovo Dizionario universale sardo-italiano, te le parole tolte dallitaliano o dal latino, si potea creare il vo-
Cagliari, tipografia arcivescovile, un vol. in fol.); lo arricch, cabolo nuovo, derivandolo da radice sarda, la quale indicasse
ad esempio di molti altri lessici, delle coniugazioni dei verbi
ausiliari, del tipo di quelle dei verbi regolari ed irregolari del 126. Ognuno pu indovinare che noi intendiamo qui far parola dellegre-
gio professore di metodica Francesco Cherubini direttore della scuola
dialetto cagliaritano, e di varie note ortologiche; e nel fine, normale di Milano, il quale inser nella Biblioteca italiana (n. CCXLVIII,
oltre laggiunta delle voci omesse nel corpo dellopera, inser agosto 1836, pp. 161-182) un articolo assai giudizioso, n sappiamo se
tre tavole sardo-italiane dei nomi propri duomini e di donne, pi filosofico che filologico, sul Nuovo Dizionario universale sardo-italia-
delle terre ora esistenti nellisola, e delle gi distrutte, e brevi no del Porru. A chi non sapesse che il Cherubini affatto straniero alla
notizie istoriche delle antiche citt di Sardegna. Cotesta rac- nostra lingua, sembrerebbe davvero, in leggendo quellarticolo, chegli
fosse nato e cresciuto in Sardegna; tanta la maestria, la franchezza, e
colta di voci vernacole in forma di dizionario degna dei diremo anche la superiorit, colla quale discorre tutto da cima a fondo
maggiori encomi; n pu ben comprenderli o tributarli chi un tale argomento. N potea aspettarsi di meno da chi in fatto di lingua
non sappia che la storia della lingua del proprio paese la e di dialetti italiani sommo maestro; da chi fece primamente conoscere
storia dei bisogni della civilt, del sapere, e delle passioni allItalia laureo libro intitolato Metodica; da chi pubblic due lodati Di-
zionari, italiano e latino, per uso del Ginnasio di Milano; da chi insomma
dei suoi maggiori, dei conterranei viventi e di se stesso. Ma autore delleccellente Guida per insegnare ai fanciulli italiani i primi
ben lo comprese il Porru; e imitando lesempio del Madao elementi grammaticali, secondo i principii della grammatica generale e
Madao Matteo, si accinse alla santa opera, della quale gli della metodica, la quale con ottimo divisamento di un nostro benemerito
sar sempre grata la posterit. Il giudizio che noi ne faccia- connazionale fu ristampata in Cagliari nel 1836 (tipogr. Monteverde, un
vol. in 16). Lo stesso valorosissimo ed erudito professore va raccoglien-
mo, avvegnach possa sembrare di poca autorit, al tutto do i materiali per un Dizionario dei principali dialetti dItalia (e tra questi
favorevole; n molto perci ci tratterremo nel notarne i rari sappiamo gi che vi saranno compresi alcuni dei nostri dialetti sardi);
difetti, nei quali com mai che non cada un uomo solo, in opera dimmensa fatica, della quale glitaliani tutti gli saranno ricono-
una via affatto nuova, e sotto il peso lessicografico di un in- scenti. Noi pure fra i sardi, non sarem noi gli ultimi a tributargli encomio,
avvegnacch per se stesso di niun valore, n mai tale che uguagliar pos-
tiero dialetto provinciale? Cos ancora ne giudic la Bibliote- sa la gratitudine, della quale ci protestiamo compresi, per la generosa lo-
ca italiana; n vi per avventura chi possa pi considerata- de da lui fatta a questo nostro Dizionario biografico con lettera umanis-
mente ragionarne di quello abbia fatto in quel giornale uno sima indirittaci da Milano sotto data del 1 settembre 1838.

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Por Pos

in qualche maniera la natura della cosa significata; e che infi- dessero miglior prova distruzione nella dottrina cristiana.
ne si assunse in tal rispetto una assai pericolosa autorit, non Modesto, ma valoroso lascio, il quale promovendo negli ani-
conceduta nemmeno ai sommi, fuorch dopo la tacita sanzio- mi infantili lemulazione per apprendere i rudimenti della fe-
ne delluso o di grandi esempi. Ma questi difetti, ripetiamo, de, ricorder sempre ai posteri, che fu pensamento duomo,
erano inevitabili in un lavoro di s lunga lena; n siavi perci tanto amorevole delle umane lettere, quanto zelante della re-
chi menomare si attenti allegregio vocabolarista la bella lode ligione e della piet.127
che meritossi. Se colpa filologica pu egli aver commesso nel BIBL.: Porru, Sagg. di gramm.; Porru, Nou Dizion. sard.-ital.; In-
suo Dizionario, si trover forse pi nel titolo che altrove: im- dicat. sard., anno V, n. 14; anno VI, num. 34; Bibl. ital., num.
perocch mal si addice lepigrafe di Dizionario sardo-italiano CCXLVIII, agosto 1836, pp. 161-182.
e di Dizionario universale ad un lessico, il quale comprende Alla stessa casata del precedente appartiene Michelangelo
sole voci e non tutte le voci vernacole di un dialetto particola- Porru, del quale abbiamo una non inelegante orazione latina
re derivato dalla lingua primigenia e matrice della Sardegna. per lapertura del seminario tridentino di Cagliari (De solem-
Pi esattamente e pi veracemente potea intitolarlo Diziona- ni tridentini seminarii calaritani inauguratione), fatta sotto
rio cagliaritano-italiano, ovvero Dizionario sardo-meridiona- il reggimento dellarcivescovo D. Giuseppe Agostino Delbec-
le ed italiano, come appunto sotto questultimo titolo lo avea chi nel declinare dello scorso secolo.
egli promesso nellannunziare il suo Saggio di grammatica:
ma come al presente si trova inscritto, promette al di fuori Portoghese Francesco Castelv Giacopo Artaldo di.
una cosa, ed unaltra ne attiene al di dentro; nulla giovando le
speciose ragioni da lui addotte nella prefazione per sanziona- Portula Salvatore Pischedda Antonio.
re in qualche modo un tal titolo, chegli stesso riconobbe me-
tafisicamente e filologicamente inesatto. Le quali cose, laddo- Posulo Gio. Francesco, conosciuto pi comunemente col
ve ancora non fossero di per se stesse evidenti, rimarranno nome di frate Gio. Francesco da Cagliari. Fu frate dellordine
comprovate abbastanza dalle parole, colle quali nella prefa- serafico dei cappuccini, e fior probabilmente nel secolo XVI,
zione medesima sintroduce lautore a discorrere del proprio sebbene le cronache del suddetto ordine non parlino meno-
lavoro. Tranne questa menda, che noi riputiamo gravissima, mamente del tempo in cui egli visse. Le stesse cronache lo
certo assai che il Dizionario del Porru, dacch saranno riem- dicono oratore e teologo eccellente, e riferiscono che occup
piute le lacune di sopra accennate, potr ben dirsi un lessico pi volte gli uffizi di guardiano e di definitore, e che nei me-
completo del dialetto sardo-meridionale; e che lillustre autore desimi diede esimie prove del suo zelo e della sua prudenza.
va distinto tra i primi e pi benemeriti scrittori della sua pa- Lasci mss. le seguenti trattazioni teologiche: I. De sacratissi-
tria. Il nome suo anche meritevole di eterna rinomanza, cos mo Trinitatis mysterio, tres lib. in folio: II. Quaestionum de
per le virt che lo adornarono in vita, per la continenza dei praedestinatione, de angelis et de incarnatione, tres lib.: III.
costumi e per la compassione verso glinfelici, come per la Quaestionum moralium de Sacramentis, duo lib. Questi trattati
generosa filantropia che diresse in morte la sua volont. Im-
perocch tra le altre cose leg in perpetuo due premi annuali, 127. Unaltra prova del suo spirito divoto lopuscolo intitolato Neces-
da impartirsi a due fanciulli delluno o dellaltro sesso, i quali in sit della preghiera da lui dato alla luce in Genova nel 1825 (volumetto
un pubblico esame, da subirsi nella parrocchia di SantAnna, in 12).

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Pot Pro

mss. esistevano ancora nel 1747 nella biblioteca dei frati cap- la lingua, fu col decollato nel giorno 13 di gennaio del 154,
puccini di Cagliari. Nel secolo XVII fior inoltre Diego Posu- o come altri vogliono, del 168. Il suo corpo fu nascostamen-
lo, religioso dellordine di S. Domenico, nato in Villanova, te levato dai cristiani, e trasportato a Nora di Sardegna, dove
sobborgo di detta citt di Cagliari, e morto dopo il 1714. Fu rimase custodito fino al 1088 (1087 dellera volgare), nel
dotto assai nella scolastica, reggente degli studi del suo con- qual anno i pisani lo tolsero ai sardi, e lo portarono a Pisa.
vento, e poi professore darti e di teologia nella regia univer- La chiesa sarda fa commemorazione del di lui martirio nel
sit della sua patria. Reggeva in qualit di superiore il ceno- giorno 6 di febbraio; e nelle lezioni proprie del santo ricorda
bio cagliaritano dei frati predicatori, allorch nel 1682 il che ei fu nativo di Cagliari, e martoriato mentre era ancor
comune di Cagliari don allordine loro la chiesa luciferiana fanciullo. E lantico uffizio della chiesa pisana, alludendo al-
edificata nel 1646. Dappoi fu vicario generale del suo institu- la decollazione di S. Potito in Puglia ed al trasporto del suo
to in Sardegna, qualificatore e commissario del santo uffizio beato corpo allantica Nora, ha nellinno proprio del santo la
ed inquisitore generale dellisola. Nel 1702 o in quel torno fu seguente strofa:
eletto vescovo di Ampurias e Civita, la qual sede abbandon Te lucis ante terminum
poi per ritirarsi nella solitudine della sua cella. Lo scrittore Nautae citum navigium
della vita del P. Antonio Cloche generale dei frati domenica- Nuram ducit Sardiniae
ni fa moltissimi e grandi elogi della piet e della dottrina di Splendor paternae gloriae.
questo esimio prelato. Il P. Vitale ne suoi Annali sardi impiega molte pagine per
BIBL.: Dionis. genuens., Biblioth. script. ord. minor. cappucc., p. 282; dimostrare che la leggenda del codice pisano sul martirio di
Bernard. a Bonon., Biblioth. script. ord. minor. cappucc., p. 146; Mat- S. Potito intieramente viziata, e che la decollazione del san-
tei, Sard. sacr., p. 190; Sanna, Festiv. cult., introd., num. 47; Ponc., to fanciullo segu, non gi in Puglia, ma in Pula di Sardegna,
Vit. Ant. Cloche, cap. VIII, p. 212. scordandosi nella foga del suo ragionare che il nome di Pula
posteriore di qualche secolo allanno 154 dellera cristiana.
Potito santo martire. uno dei pi antichi atleti della Chie- BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. I, p. 141; lib. II, p. 215; Martyr. rom., ad
sa, e fu ucciso in odio della fede cristiana sotto limpero di diem 13 januar; Baronio, Annal. eccl., tomo II, allanno 154, p. 130;
Antonino Pio. Alcuni scrittori lo fanno nativo di Sardi, patria Bollando, tomo II, jan., p. 753; Vitale, Annali sardi, parte II, pp. 159-
sardensem; ma i codici pi accreditati, sopra i quali fonda- 165; Arca, De sanctis Sard., lib. I, p. 54 ss.; Mattei, Sard. sacr., p. 44;
ta la narrazione del Baronio, lo dicono sardo di nazione, e Tronci, Annal. pis., anno 1088; Soggio, Vida de los SS. mart. turrit.,
martirizzato verso la met del secondo secolo dellera volga- ms., lib. I, cap. IX; Pinto, De Christ. crucif., tomo I, p. 439.
re. Le circostanze della sua vita e de suoi patimenti sono va-
riamente riferite nelle antiche leggende: per dagli atti del Preziosa di Lacon Torchitorio II re di Cagliari.
suo martirio pubblicati dal Bollando si raccoglie che fu fi-
gliuolo dIla cultore degli idoli; che pressato dal padre a ri- Priamo santo martire Emilio, Felice e Fortunato santi mar-
tornare alla credenza de falsi numi, si fugg di soppiatto a tiri.
Roma, dove oper molti prodigi nel nome del Signore; che
messo ai tormenti acci rinunciasse alla fede di G. C., li so- Primasio Brumasio.
stenne con maravigliosa costanza; e che mandato carico di
catene in Puglia, dopo essergli stati cavati gli occhi e tagliata Prospero Stefano arcivescovo di Sassari.

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Pro Pug

Proto santo martire Gavino santo martire. larte, era ricco naturalmente, e cogli aggraziati modi del suo
dire. Rimase soprattutto in rinomanza il Quaresimale da lui
Pugiades Bernardo Pischedda Antonio. detto nel 1793 nella chiesa cattedrale di Alghero; e si ricorda-
no ancora con encomio le infinite orazioni panegiriche che
Pugioni Maurizio, letterato ed oratore di buon nome, vissuto recit in vari luoghi dellisola. A questi meriti oratori accoppi
nel XVIII e nei primi anni di questo presente secolo. Nacque i talenti poetici; e si hanno di lui alcuni componimenti non
in Alghero nel 25 settembre 1731 da Giuseppe Pugioni e Giu- ispregevoli, tra i quali citeremo La vita di S. Luigi Gonzaga in
seppa Urgias, cittadini di oscura condizione, ma di molta pro- rima italiana, una canzone spagnuola assai bernesca intitolata
bit, i quali ebbero cura di allevarlo civilmente. Dacch comp El barbiero, ed un endecasillabo latino indiritto allabate Fran-
gli studi gramaticali e di umane lettere, si ascrisse allordine di cesco Carboni per larrivo a Sardegna del re Carlo Emmanuele
S. Ignazio di Loyola, nel quale, dopo le prove del noviziato, IV, che rimangono ancora nelloscurit del ms. Molte poi ed
apprese la filosofia e la teologia. In questultima scienza fece eminenti furono le sue virt; zelo per la religione, modestia,
progressi non volgari; perciocch, oltre lingegno molto svo- santit di costumi, ed innocente piacevolezza nei famigliari
gliato che aveva sortito nascendo, ebbe agli studi amore ed discorsi. Le quali cose tutte lo rendettero cos accetto alluni-
applicazione grandissima, e tanto and innanzi nellapprende- versale, che il consiglio municipale della sua patria lo racco-
re collintelletto, quanto fu sollecito a bramare il sapere colla mand nel 1797 alla corte di Torino, acci lo destinasse ve-
volont. Dett per alcun tempo la teologia morale nella regia scovo della vacante sede di Alghero.128 Ma le supplicazioni de
universit di Sassari, ed acquistossi lode di cattedrante assai di- suoi concittadini rimasero vuote deffetto; ed egli, ignaro del-
stinto; ma poi, chiamato da suoi superiori al ministero della lonoranza che gli si volea procurare, termin nella tranquilla e
predicazione, abbandon ogni altro studio, ed a quello appli- privata sorte del sacerdozio la sua carriera mortale, mancando
cossi intieramente. La sua inclinazione si trov in tal rispetto in ai viventi in detta citt di Alghero nel 9 febbraio 1803. Ci ri-
perfetta armonia coi doveri del nuovo incarico addossatogli; e mangono di lui alcune scritture edite ed inedite. Le prime so-
le occasioni ancora lo favorirono egregiamente, perciocch no: I. Memorie storiche della spedizione della gran flotta fran-
nella via che dovea percorrere gli tocc per guida il P. Giam- cese contro lisola di Sardegna, dellinvasione della citt
battista Vassallo, celebre missionario gesuita di quei tempi, il principale e delle isole intermedie, divisa in due parti, Bologna,
quale, dopo aver esercitato in Sardegna per cinquantanni il per le stampe di S. Tommaso da Aquino, 1793 (un vol. in 4).
suo glorioso apostolato, mor pieno di meriti in Cagliari nel 1 Le anzidette memorie, sebbene non portino in fronte il nome
gennaio 1775. Sotto un maestro cos abile alla conversione dellautore loro, furono per scritte dal Pugioni, il quale volle
delle anime traviate, il Pugioni fece progressi molto grandi; sic- rimanersi anonimo; e per meglio nascondersi le diede alla lu-
ch ancor egli lev fama di missionario eccellente, e raccolse ce in Bologna. II. Orazione funebre per Vittorio Amedeo III re
frutti bellissimi delle sue apostoliche fatiche. Abolita la compa- di Sardegna, Cagliari, 1797 (un vol. in 4). Le inedite sono: I.
gnia di Ges, ritirossi alla sua terra natale, e nella medesima La Quaresima predicata nella cattedrale di Alghero nel 1793.
consum il rimanente de suoi giorni, predicando continua-
mente. Gli esercizi spirituali e le missioni da lui date annual-
128. La suddetta commendatizia fatta dal consiglio civico di Alghero
mente a suoi concittadini gli meritarono il titolo di apostolo attestata dalle risposte indiritte dal marchese Della-Valle e dallimpiega-
della sua patria. Egli se ne rendette degno collunzione e col- to Cappa sotto il 21 giugno 1797 al capo giurato di detta citt. Noi le
lefficacia della sua voce, colla robusta eloquenza di cui, oltre ebbimo entrambe sottocchio per copia autentica.

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Pun Pul

II. Orazione funebre per le solenni esequie di S. M. la regina piazza di Pinerolo, ed alla famosa battaglia di Orbassano com-
Maria Antonia Ferdinanda. III. Altra per la venerabile Maria battuta nel 4 ottobre dello stesso anno 1693, dalla quale usc
Adelaide Clotilde regina di Sardegna. Queste ultime due ora- pure malamente ferito. Fu presente allassedio ed allespugna-
zioni sono da noi possedute per apografo. zione di Casale nel 1695, ed essendo stato in appresso eleva-
BIBL.: Pugioni, Memor. stor. ed Oraz. sudd.; Massala, Disc. sul pro- to dal marchese di Leganes, governatore e capitano generale
gr. delle scienze e delle lettere, p. 25. dellesercito e stato di Milano, al grado di capitano di una
compagnia di fanti levata a proprie spese in Sardegna, ebbe
Punclosida Costantino II re di Torres e Guglielmo I re di parte in tutte le fazioni combattute in Piemonte fino al princi-
Cagliari. piare del 1696. Nelle seguenti campagne non sment la ripu-
tazione acquistatasi nelle precedenti. Destinato colla sua
Pullo Giuseppe, gentiluomo assai valoroso, il quale si distin- compagnia di granatieri a speculare il nemico per la via che
se in molte battaglie di terra e di mare negli ultimi anni del da Milano conduce a Cremona, sostenne co francesi una fa-
secolo XVII e principio del secolo XVIII. Nacque nella citt zione onorata, in cui rimase vincitore: poi si distinse nella
dIglesias nel 1669 da Tommaso Pullo e Maria Francesca De- battaglia di Luzzara, e nellassedio di Guastalla. Nel 1702 fu
roma, nobili e facoltosi cittadini. I suoi genitori lo avviarono promosso al comando della compagnia di fanteria spagnuola
per tempo negli studi, nei quali dava indizio di dover fare nella nave patrona della squadra delle galere sarde, la qual
non ordinari progressi per lingegno pronto e vivace, di cui piazza era rimasta vacante per la destinazione di D. Gerola-
era dotato dalla natura: ma egli, giunto appena allet di 19 mo Machin a capitano daltra delle compagnie delle galee di
anni, tratto dallardore giovanile e da naturale inclinazione, si Napoli; e nel 1703 ottenne il comando della fanteria spa-
arruol volontario al servizio della marina sarda, prendendo gnuola nella nave capitana della stessa squadra sarda, per
assento nella medesima add 19 giugno 1688. Navig sulla morte del primo comandante D. Antonio Devisia. Tanti servi-
galea capitana per quattro anni, e si trov presente a tutte le zi da lui prestati gli meritarono, dopo altri sei anni, il titolo
fazioni marittime combattute in quei tempi dalla squadra sar- dammiraglio delle galee di Sardegna, del quale fu onorato
da nelle coste dAfrica, in Maiorca ed in Ivica, e specialmente da Carlo III con patenti del 15 febbraio 1709, ed una pensio-
ai fatti gloriosi di Melilla, di Orano, di Ceuta, e di Cadice, nei ne personale accordatagli dalla regina Gobernadora sulle fi-
quali diede prove di molto valore. Pass poi nel 30 marzo nanze di Sardegna con provvisione spedita in Barcellona nel
del 1692 al servizio di terra in qualit di alfiere della compa- 9 gennaio 1712. Chiese poi ed ottenne il riposo dalle durate
gnia di fanteria spagnuola capitanata da D. Gaspare Melon- fatiche; e restituitosi in patria, visse per pi anni vita privata,
da; e trasferitosi per tal fine a Milano, fu incorporato nel cos onorato dallamore pubblico de suoi connazionali e dalla sti-
detto terzo di Sardegna, di cui in quel tempo avea il coman- ma del governo. Fu commissario generale della cavalleria na-
do il maestro di campo conte di Aguilar. In questo e nel se- zionale nel capo di Sassari e Logudoro, e prest in tale uffizio
guente anno si distinse per la sua intrepidezza e per belle importanti servizi allisola intiera. Cess di vivere dopo il 1733
azioni militari nei vari fatti darme sostenuti dallesercito spa- in et di 64 anni. Nipote di D. Ignazio di lui fratello, fu D.
gnuolo; fu uno dei pi audaci nella sanguinosa fazione della Carlo Pullo, nativo ancor esso dIglesias, e distinto uffiziale
Perosa, e nellespugnazione del forte di Santa Brigida, che fu dellesercito sardo nel secolo XVIII. Nacque nel 16 ottobre
preso nel 14 agosto 1693; ed in questultimo conflitto tocc 1720, e nella sua giovent intraprese il servizio militare. Fu
tre gravi ferite. Quindi intervenne al bombardamento della prima cadetto in uno dei reggimenti di cavalleria formati sotto

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Pul

il regno di Carlo Emmanuele III, e poi uffiziale del reggimen- Q


to di marina, nel quale continu a servire fino al 1757. Fece
le guerre dItalia sotto gli stendardi piemontesi e tedeschi; si
distinse in nove campagne contro gli spagnuoli ed i francesi,
e riport una grave ferita, per la quale gli fu poi accordato il Quasina Gio. Battista, prelato molto pio e di dottrina non
ritiro, col grado di maggiore nellarmata e collonorevole di- volgare, il quale fior nel secolo XVIII. Nacque in Sassari da
stinzione dellordine mauriziano. Nel 26 maggio 1806 il re onorati parenti nel 13 novembre 1721. Studi con frutto le
Vittorio Emmanuele I gli confer, senza che egli lo doman- umane lettere e la filosofia nelle pubbliche scuole della sua
dasse, il grado di tenente colonnello, e nell8 dicembre dello patria; e poi, laureatosi nella facolt teologica, abbracci lo
stesso anno cess di vivere, lasciando nome duomo tanto stato sacerdotale. D. Carlo Francesco Casanova arcivescovo
eccellente per valore, quanto stimabile per probit.129 turritano lo ebbe per suo cappellano e confidente, e dopo al-
cuni anni di tirocinio nella casa episcopale, durante il quale
ebbe campo a conoscere la di lui dottrina e piet, lo nomin
rettore della chiesa di S. Sisto, una delle parrocchie urbane di
Sassari. Nella cura delle anime e nella predicazione del van-
gelo spieg un ardore ed una sollecitudine cos sorprendente,
che venne tosto in fama di ottimo e zelante pastore; perloch
nel 1768 fu creato vescovo di Bosa. I monumenti da lui la-
sciati in quella diocesi rendono ancor oggi bella testimonian-
za della sua carit per la salute spirituale, e per i vantaggi
temporali del gregge affidato alla sua custodia. Riform gli
abusi invalsi nel clero e nel popolo della sua chiesa, e celebr
nel giugno del 1780 sinodo diocesano, al quale chiam gli
uomini pi dotti delle due universit di studi, dei capitoli e
degli ordini religiosi di Sardegna. Gli ordinamenti di questo
concilio, che fu stampato in Sassari da Giuseppe Piattoli nel
1781 (un vol. in 4, ed una delle migliori edizioni date in lu-
ce da quel diligente tipografo), sono di una dottrina e di una
saviezza che non pu encomiarsi abbastanza: soprattutto so-
no da rimarcarsi le prudenti regole di ecclesiastica disciplina
che vi si vedono stabilite. preceduto da unelegantissima pa-
storale e dallorazione inaugurale stesa in lingua latina, e reci-
tata dal dotto prelato nellapertura della prima sessione; si
129. Figlio del suddetto D. Carlo il vivente egregio cavaliere ed avvoca- compone di 24 capi, diviso ciascuno in molti paragrafi; e dopo
to D. Antioco Pullo dal quale ci sono stati con bella cortesia comunicati i
documenti autografi dei fatti riferiti nel presente articolo. Detti documenti la formula della professione della fede ed altre formule di be-
esistono inoltre in copia autentica nei regi archivi e nellintendenza gene- nedizioni tolte dal rituale romano, contiene i brevi apostolici di
rale di Cagliari. papa Clemente XIII e gli editti emanati da Carlo Emmanuele

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Que Que

III re di Sardegna per la restrizione dellimmunit delle chiese si acquist la stima pubblica per le opere di abbellimento e di
e delle altre immunit personali e reali dellordine ecclesiasti- comodit promosse a benefizio della sua patria.132 E lavo pa-
co. Pubblic inoltre alcune pastorali ed un breve discorso di- terno, originario di Spagna, ed appartenente alla famiglia del-
dascalico per animare i suoi diocesani alla coltivazione delle lo stesso nome,133 che fu ed ancora una delle pi chiare ed
piante, specialmente dellolivo; e si dimostr in tal rispetto antiche dellAndalusia, dopo aver sostenuto nellisola per pi
non meno zelante che illuminato conoscitore dei bisogni del anni luffizio di consultore e di avvocato dei poveri nel tribu-
suo popolo. Mor in Sassari nel 14 gennaio 1785, e fu sepolto nale dellinquisizione, ottenne la carica di avvocato fiscale in
nella suddetta chiesa parrocchiale di S. Sisto, nella quale gli fu premio della costanza da lui addimostrata, allorch sotto il vi-
detta in lode, add 18 dello stesso mese, orazione funebre dal ceregato del duca di Gandia, prese a difendere i diritti e la
P. Giuseppe Mazari professore di sacra scrittura e di lingue giurisdizione di D. Diego Gomez inquisitore generale del re-
orientali nella regia universit turritana. E lorazione del Maza- gno. Seguendo le orme luminose de suoi maggiori, and
ri, da cui sono ricavate queste notizie, fu stampata dal Piattoli giovinetto in Ispagna per appararvi le buone discipline; e fer-
nello stesso anno 1785 (in 8). mata la sua dimora in Salamanca, studi in quella celebre
BIBL.: Quasina, Synod. diaeces. bosan.; Mazari, Oraz. fun. per universit la scienza del diritto, e vi consegu lonore della
mons. D. Gio. Battista Quasina; Cossu, Notiz. compend. di Sass., laurea. Mentre attendeva col agli studi della giurisprudenza,
cap. XII, p. 82. perdette il padre, il quale mor nel 1652, vittima del contagio
che disert miseramente la citt di Sassari. Erede del nome e
Quesada Pietro, giureconsulto assai dotto, ed uno dei mae- delle fortune paterne, si restitu sollecitamente in patria, e co-
strati pi insigni vissuti in Sardegna nel secolo XVII. Nacque minci ad esercitare onorevolmente lavvocatura, nella quale
in Sassari o nel finire del 1629, o nel principiare del 1630130 lev di s cos buon nome, che sebbene non aggiungesse an-
da Francesco Quesada e da una gentildonna dellillustre casa- cora il quinto lustro dellet sua, sostenne non pertanto con
ta dei Pilo.131 Il padre suo, nato da Giovanni Quesada e da molto senno uffizi assai delicati ed importanti. Imperocch fu
Grazia Roig, ottenne privilegio di nobilt da Filippo IV re di
Spagna, fu due volte primo console del comune di Sassari, e
132. Tra le medesime va annoverata la ristaurazione di una delle pubbli-
che fontane di Sassari appellata Rosello, la quale fu ridotta in miglior for-
130. Dalla prefazione preposta dallautore alle sue Dissertazioni quoti- ma ed ornata di marmi sotto il di lui consolato, come appare dalliscri-
diane, si ricava chegli avea soli 30 anni allorch le scrisse: ob tenuitatem zione che ancor oggi si legge nella suddetta fonte, oltre la testimonianza
aetatis meae in annis triginta constitutae: e siccome appresso nella dis- lasciatane in iscritto dal di lui figlio (Dissert. quot., VIII, pp. 69-70).
sertazione XXV (pp. 329-330), dice che diede alle medesime lultima ma- 133. Nel capo XXVI delle Controversie forensi (p. 266 ss.), il Quesada fa
no nel 10 agosto 1660, si pu generalmente conchiudere chegli nacque una lunga digressione per provare che Giovanni, avo suo paterno, era
nel 1630. Per altrove scrive (Controv. forensi, cap. L, p. 589), che ter- originario di Spagna e discendente dalla illustre famiglia dello stesso no-
min di comporre le Controversie forensi add 8 gennaio 1664; e nella me, la quale, nata primamente in Jaen citt dellAndalusia, si diffuse poi
prefazione a dette Controversie che allora appunto toccava appena lan- con chiari parentadi per tutta la penisola spagnuola, secondo la testimo-
no trentaquattresimo dellet sua: trigesium quartum annum paulo citius nianza di Alfonso Lopez de Haro nel suo Nobiliario (lib. V, fol. 552). E
attingentis. Laonde, ove la di lui nascita non si voglia far cadere precisa- vuole provare ancora, che in Sardegna fu corrotto il nome, mutandolo
mente nei primi otto giorni dellanno 1630, le citate indicazioni ed dal suo vero di Quesada nellaltro vernacolo di Casada. Qualunque sia
espressioni potrebbono far credere che nascesse nel declinare del 1629. cos schifiltoso da non poter soffrire cotesti nei, rammenti che lautore
131. Infatti lillustre autore us sempre nei titoli delle sue opere anche scrivea nella prima sua giovent, e sotto linfluenza del governo, delle
del cognome materno: Petrus Quesada et Pilo. massime e dei pregiudizi spagnuoli.

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Que Que

prima consultore e giusdicente del dipartimento (encontrada) maggior parte dei rapsodisti legali; e vi sono in detta opera al-
di Gallura, poi consultore ed avvocato de poveri nel tribunale cuni luoghi, nei quali non inelegante il suo sermone, come
del santo uffizio, e contemporaneamente assessore della regia laddove descrive con patetica narrazione lincendio che nel
vicara turritana. Nel 1656 intervenne al parlamento celebrato 1651 distrusse quasi intieramente uno dei pi venerati monu-
in Sassari dal vicer conte di Lemos, nel quale fece s bella menti della sua patria (Controv., cap. XXX, p. 310 ss.), e la
mostra del suo ingegno e della sua saviezza, che alla conclu- peste che nel 1652 uccise in Sassari meglio di ventimila citta-
sione del medesimo fu nominato avvocato del fisco e del pa- dini (dissert. I, pp. 3-4); e delle opinioni altrui non segu ser-
trimonio regio presso la reale governazione. Siffatta carica so- vilmente le orme, ma seppe scostarsi ancora dallautorit dei
stenne per alcuni anni, e fu al tempo istesso assessore della sommi, combattendo con finezza dingegno e con pari sodez-
mensa arcivescovile, dai quali uffizi fu prima elevato al grado za di ragioni le sentenze loro, s nel patrio, che nel romano
di avvocato generale dei poveri di tutto il regno, e quindi al- diritto, come (per citare un solo esempio fra tanti) allorch
leccelso seggio di giudice criminale della reale udienza. Le- toccogli contrariare ai particolari opinamenti del Vico e del
sercizio di tante e cos diverse funzioni non lo rattenne mai Cancerio (dissert. III, p. 24; dissert. XX, p. 243). Le Controver-
dal meditare e dallo scrivere sulle materie legali; ed appun- sie forensi, le quali possono essere considerate come unap-
to nel tempo in cui egli attendeva ai suddetti impieghi, che pendice ed un secondo volume delle Dissertazioni quotidia-
compose le due opere le quali di lui ci rimangono. La prima ne, furono da lui composte ed ordinate mentre non avea
intitolata Dissertationum quotidianarum juris in tribunalibus compito ancora il settimo lustro di sua et.134 Grande elogio
turritanis controversi tomus primus ecc., Neapoli, ex regia ty- dellopera e dellautore dee riputarsi laverla il tipografo dedi-
pographia Aegidii Longhi, 1662 (un vol. in fol.). La seconda cata al cardinale Sforza Pallavicini, teologo e letterato insigne,
Controversiarum forensium, rerum practicabilium et judica- ed autore della rinomata Storia del concilio di Trento; percioc-
tarum semicenturia, in qua selectiores et in foro quotidie oc- ch afferma il Bernab aver ci fatto per consiglio di gravi
currentes quaestiones explicantur et resolvuntur ecc., Ro- uomini di lettere, i quali cotesta scrittura del Quesada lo avea-
mae, anno 1666, typis Angeli Bernab, sumptibus Josephi no indotto a prescegliere tra molte altre, qual cosa di riposta
Corvi (un vol. in fol.). Le Dissertazioni quotidiane comprese dottrina e degna di essere offerta a tanto mecenate. E vera-
nel citato volume sono venticinque in tutte, ognuna delle mente, se bene si considera, questa seconda molto migliore
quali preceduta dallargomento e dal sommario delle mate- della prima opera da lui data alla luce, per la copia degli ar-
rie che vi si trattano. Lautore le dedic al marchese di Castel- gomenti, per lo splendore della sapienza legale e per la meno
Rodrigo vicer di Sardegna, del quale nellepistola nuncupato- aspra e pi scorrevole latinit con cui la scrisse. N sembra
ria tesse enfaticamente le lodi, dicendolo ristauratore dellisola che diversamente ne sentisse egli stesso: imperocch nellof-
per averle restituita la pace e la pubblica tranquillit, turbata ferirla per testimonianza di ossequio a Cristofano Crespi di
per lo innanzi dalle fazioni civili e dai delitti dogni specie che Valdaura vice-cancelliere del senato di Aragona, e nel discor-
si commettevano dai facinorosi. Sono scritte con brevit, e ri- rerne a modo di preambolo co lettori, fa travedere la speran-
piene di molta dottrina legale e di profana erudizione; ma si za che fossero per essere accette queste sue novelle fatiche,
risentono alquanto del vizio del tempo, cos nel dettato latino quanto e forse pi delle Dissertazioni quotidiane, le quali
come nelle citazioni, essendo il primo generalmente contorto avevano gi ottenuto lapprovazione pubblica, e nel foro e
ed aspro, e le seconde assai frequenti, siccome usavano gli nei tribunali sardi erano tenute in conto di rispettabile autorit.
alleganti spagnuoli per far mostra vana di pi vano sapere.
Tuttavolta non fu egli in tali difetti cos stemperato come la 134. Vedi la nota 130.

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Dilettevoli a leggere, oltre la contenutavi principale materia, marchese di Castel-Rodrigo: quivi con belle ed umane parole
sono coteste Controversie, per le tante notizie antiche e con- encomia la citt di Cagliari: quivi finalmente molti altri pubbli-
temporanee sparsevi dallautore, il quale non si rattenne nem- ci e privati casi raccomanda con opportuno consiglio alla me-
meno, ovunque gli cadde in acconcio, di parlare della propria moria dei posteri. N si pensi perci chegli in siffatti racconti
famiglia, dei congiunti, degli amici e di se stesso. Chi non sa- abbia speso soverchie pagine, scordando forse lassunto prin-
pesse quale e quanto uomo fosse il Quesada, le sue pubbli- cipale dellopera, poich, a pi della brevit colla quale sono
che e private vicende, le sue affezioni, il suo carattere; o chi scritti, li fece solamente laddove gliene venne opportuna loc-
non conoscesse la condizione de tempi nei quali egli visse, casione, e sono altronde intimamente legati al soggetto parti-
gli usi, i pregiudizi e le calamit del suo paese nativo, baste- colare delle questioni. Traspare da queste Controversie il gran
rebbe al certo che leggesse le sue Controversie forensi e le criterio filosofico con cui il Quesada avea studiato le discipli-
Dissertazioni ancora, nelle quali sono a larga copia registrate ne legali, e il verace amor patrio che inform lanimo suo, e
tali memorie. Quivi egli delle donne sarde e dei pi chiari uo- la religione che sedeva in cima a suoi tutti pensieri ed azioni.
mini e dei gravi maestrati della sua et fa onorevole ricordan- Cos nel capo VII (p. 71) dimostr conoscere ben addentro la
za; e le matrone sassaresi chiama belle, e dogni domestica e sincera sapienza dellumano diritto, tassando di aspre e quasi
civile virt adornate; e giurisperiti di molto senno appella Ga- ingiuste le prammatiche spagnuole, vessatorie della sarda pa-
vino Liperi, Agostino Villa, Francesco Martines, Angelo Giaga- storizia e dei pastori, obbligati spesso dalla miseria e dalla
raccio, e Gregorio Cidde suo caro maestro ed amico; e la stessa cruda legge a delinquire; e deplorando fin dallora
virt e lintegrit commenda di un Giambattista Pilo, suo con- (cap. IV, p. 36) lenormit delle incariche, mostro di debolez-
giunto e antecessore nellavvocazione del fisco; e magnifica la za pubblica, oppressore della libert individuale e delle priva-
piet, i lumi e lintemerata vita di Giacopo e di Gianfrancesco te fortune, il quale finalmente fu distrutto in questo secolo, ri-
Passamar, zii paterni dOrsola moglie sua, donna di animo splendente quanto altri mai per lume di sana giurisprudenza.
soavissimo e di raro civil costume di gentilezza. Quivi egli Cos nel citato capo VII (p. 71) degno si rende dei maggiori
rammenta lorigine della casata paterna, e i travagli sofferti encomi, confutando animosamente lerrore di Giovanni Pal-
dallavo suo Giovanni Quesada, e la virt, le azioni e la mor- mar, il quale, in unorazione detta al cospetto dei padri nel
te miserevole del proprio genitore. Quivi racconta i suoi stu- concilio di Basilea, tass il clero sardo di poverissimo, scostu-
di giovanili, la dimora in Salamanca, il ritorno in patria, li vari mato ed ignorante; e laddove, lamentando generosamente le
uffizi pubblici che vi sostenne, il suo esilio a Cagliari, e divisioni municipali di Sardegna (cap. XXII, pp. 195-196), le
quantaltro gli accadde di pi rimarchevole nella sua vita. Qui- appella scandalose e puerili, e questa dice essere molta causa
vi le due pesti che nel 1580 e 1652 afflissero la sua terra nata- dei nostri mali, e questa aggiunger danno al miserevole stato
le, e la moria, e la cessazione del contagio, e il voto pubblico de sardi tutti, non al sapere incitati, non del sapere premiati
dei candelieri pietosamente descrive; quivi racconta lincen- dallavaro e lontano governo spagnuolo (cap. XXV, p. 244).
dio della chiesa di S. Pulinare e la effigie miracolosa del Cristo Cos, per dire ancora della sua piet, si vede un uomo intiera-
salvata dal capitano Antonino Siculo; e scrive le lodi dellanti- mente devoto delle pratiche religiose, allorch nella dissertazio-
ca citt di Torres e della basilica gaviniana: quivi registra i pri- ne XXV (pp. 329-330) rammenta il giorno in cui pose lultima
vilegi del municipio sassarese, e lantico suo diritto di pro- mano a quella sua erudita scrittura, e la corporazione secolare
priet sul ferace e vasto suolo della Nurra: quivi riferisce la cui presiedeva nel 1660; e allorch nel capo VIII delle Contro-
dignit e lautorit cresciuta alla reale governazione dallimpe- versie (p. 75) parla dellassociamento allo stesso pio sodalizio
ratore Carlo V, e poi ancora nel 1658 sotto il viceregato del del marchese di Almonazir, del conte di Lemos e del conte di

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Andrada, insigniti tutti del grandato di Spagna. Le Controver- tra gli altri un figlio chiamato Francesco, il quale coltiv come
sie forensi del Quesada rimasero per lungo tempo e rimango- il padre la scienza legale, fu giudice della reale udienza, e se-
no ancora in onore nel foro sardo e spagnuolo. Gli scrittori guito avendo costantemente le parti di Filippo V nel tempo
legali venuti dopo di lui lo citarono con encomio nelle opere della famosa guerra di successione al trono di Spagna, fu esi-
loro, e ne seguirono in molti luoghi le particolari opinioni. liato dallisola dal conte di ifuentes, dacch le armi imperiali
Cos fecero, per tacer daltri, tra i nazionali il Frasso Pilo nella occuparono la Sardegna.
celebrata opera De regio patronatu Indiarum, e tra gli esterni BIBL.: Quesada Pilo, Dissertaz. quotid., dedica e prefaz., dissert. I, pp.
il Calderon, lAmigant ed il Guerreiro.135 N le dottrine legali 3-4; dissert. II, p. 15; dissert. III, p. 24; dissert. IV, pp. 28-29; dissert. V,
solamente, ma le memorie ancora dei fatti pubblici de suoi pp. 45-46; dissert. VII, p. 59; dissert. VIII, pp. 69-70; dissert. IX, p. 81;
tempi da lui registrate nelle due accennate scritture furono ri- dissert. XV, p. 148; dissert. XX, p. 243; dissert. XXI, pp. 250-255; dis-
petute da storici di chiaro nome italiano, quale fu tra gli altri il sert. XXIII, pp. 306-307; dissert. XXV, pp. 329-330; Quesada Pilo,
Rainaldi, che sulla di lui testimonianza cit lincendio della Controv. forensi, dedica del tipogr. e dellautore, e prefaz., cap. I, p.
chiesa di S. Pulinare di Sassari, accaduto nel 1651, e la prodi- 10; cap. II, pp. 15, 17; cap. III, pp. 25-26, 29 ss.; cap. IV, pp. 36, 40;
giosa incombustione del Cristo che ancor oggi col si venera cap. V, pp. 42-43 ss.; cap. VII, p. 71; cap. VIII, pp. 75-76; cap. IX, pp.
dalla piet dei fedeli. Meritevole altronde di molta lode que- 81, 84; cap. XIII, pp. 110-112; cap. XV, p. 127; cap. XVIII, p. 158; cap.
sto esimio scrittore, non cos pel molto che seppe, e che fece XX, pp. 173, 183; cap. XXII, pp. 195-196; cap. XXIV, p. 227; cap. XXV,
p. 244; cap. XXVI, p. 266 ss.; cap. XXIX, p. 295; cap. XXX, p. 311 ss.;
in giovani anni ed in una scienza di vasti e tribolatissimi sen- cap. XXXIV; cap. XXXVII, p. 420; cap. XXXVIII, p. 434; cap. XXXIX,
tieri, come pel fine generoso che si propose nello stendere gli p. 445; cap. XLIII, pp. 485, 491; cap. L, p. 589; Calderon, Resol. XXXI,
scritti suoi legali; imperocch narra egli stesso aver ci fatto num. 2; Amigant, Decis. III, num. 65; decis. XVI, num. 3; decis. XXV,
per vantaggio della patria comune, e per dare ai sardi ingegni num. 3; Frasso Pilo, De regio patronatu Ind. pass.; Rainaldi, Com-
esempio ed incitamento allo scrivere, se non il primo ed il mi- pend. degli annali ecclesiast., 1669, 1670, tomo I, cap. XIII, I, num.
gliore, uno dei primi almeno e dei pi volenterosi. Ma questo 4; Bacallar, Coment. de la guer. de Esp., p. 409; Relaz. degli omic. del
suo amore della terra natale, che accoppiato al suo acutissimo march. Lacon, e del march. Camar., ms.
ingegno avrebbe, pi avanti procedendo, partorito altri frutti
per la gloria letteraria della Sardegna, lo trasse a parteggiare Quessa Luca, pio e zelante missionario dellAmerica meridio-
per i vendicatori della morte di Agostino Castelv marchese nale, vissuto nel secolo XVII. Nacque in Sassari nel 1609, e
di Laconi, nella di cui persona egli, come tanti altri, credette dacch comp li venti anni di sua et, si ascrisse alla compa-
ucciso il pi saldo sostenitore della sarda nazione. Il duca di gnia di Ges nel 25 maggio 1629. Nella medesima studi la
S. Germano venuto nel 1668 in Sardegna con alti e straordina- filosofia e la teologia scolastica, e ricevuti in Cagliari gli ordi-
ri poteri, lo releg per tal reato alla citt di Napoli, dove cess ni sacri, fu destinato per operaio evangelico alle missioni del
di vivere circa il 1675. Dalle nozze con Orsola Passamar lasci Paraguay. Partito per tal fine da Sardegna, and prima a Li-
sbona, e di l presa nuovamente nel 1640 la via del mare
135. Il Calderon (resol. XXXI, num. 2) cita la controversia XIV del Que- con altri suoi confratelli, ai quali era capo il P. Francesco Diaz
sada Pilo, num. 20. LAmigant nella decis. III, num. 65, cita la controver- Tao, dopo una lunga e penosa navigazione arriv felicemen-
sia XXIX, num. 25, e nella decis. XXV, num. 3 la stessa controversia te a Rio-Janeiro. Veleggi poi da quel porto a Buenos-Ayres, e
XXIX, num. 51, e nella decis. XVI, num. 3 la controversia XXX, num. 45.
E il Guerreiro infine nel trattato De privilegiis familiarium S. Inquisitio- col giunto prosegu il suo cammino fino alla citt di Cordo-
nis cita e seguita per intiero la controversia XLIX, nella quale il Quesada ba, dove fu dato per compagno al P. Pietro de Ibaez uno dei
Pilo tratta dottamente una questione di diritto feudale. pi celebri missionari della provincia del Tucuman. Preceduto

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Que Que

da questuomo apostolico nellardua via che conduce alla amore dellevangelio; e operando sempre, e mai stancandosi
conversione degli infedeli, egli si studi di ricopiarlo in se nelloperare per la gloria e per lincremento della cristiana re-
stesso, e vi riusc mirabilmente: perciocch, nutrendo nellani- ligione, fu vittima volontaria dei lunghi travagli per tal fine so-
mo un ardentissimo zelo per la propagazione della fede, e in- stenuti. Le lettere annue della compagnia di Ges ne fanno
fiammato vieppi nel medesimo dallesempio glorioso di S. un grande elogio; e il P. Nicol del Techo nella storia latina
Francesco Saverio, le di cui eroiche gesta formavano la co- della provincia gesuitica del Paraguay riferisce molti fatti
stante e prediletta sua lettura, non vi fu fatica, non patimento straordinari delle virt e della vita gloriosa di questo ardente
chegli non sostenesse per rendersi degno dellimportanza e predicatore di nostra fede.
della santit della sua missione. Gli scrittori loioliti, nel rac- BIBL.: Del Techo, Hist. prov. Parag., lib. XIII, cap. II; Machoni, Las
contare i maravigliosi progressi fatti dai compagni loro nella siete estrellas ecc., pp. 65-139.
cultura spirituale dei selvaggi del Nuovo-mondo, fanno del P.
Nel secolo XVI e nei primi anni del XVII visse ancora un al-
Quessa onorata e frequente menzione. Narrano tra le altre co-
tro religioso sardo di santa vita, chiamato Bonaventura Ques-
se i frutti copiosi della sua predicazione, le sanguinose fazioni
sa, il quale negli annali francescani chiamato semplicemen-
ridotte a concordia colla mansuetudine della sua voce e dei
te frate Bonaventura da Cagliari. Era nativo di detta citt,
suoi consigli, la generosa assistenza da lui prestata nel 1641-
profess linstituto dei frati cappuccini, e si rendette venera-
42 nelle vaste e paludose pianure bagnate dal Rio-Quarto ai
bile per lo spirito dellorazione e per le interne rivelazioni,
negri appestati; le missioni date nella citt di Santa-F, nella
colle quali il Signore volle magnificare la sua virt. Lo scritto-
provincia del Paraguay, ed ai barbari e brutali Itatini; e final-
re dei Fiori serafici racconta minutamente le di lui gesta e le
mente la vasta congiura da lui scoperta ed attuata nel suo pri- cose straordinarie che oper vivendo; ma in tali relazioni
mo nascere, e la vita salvata a D. Alfonso Sarmiento di Figue- pi da lodare la piet che la critica, non esistendo documenti
roa governatore delle popolazioni indiane soggette al dominio autentici che ne attestino la verit. Per dallinsieme si racco-
spagnuolo nel continente situato tra il fiume Parana e le im- glie che la vita di frate Bonaventura fu tutta di edificazione, e
mense provincie del Brasile, dArgentina e di Choco. Di que- che rimase onorata nella memoria dei suoi confratelli. Mor
stultimo fatto, assai commendevole ed onorifico per il P. questo servo di Dio nellanno 1611.
Quessa, furono ricevute nel 1663 le testimonianze dalla reale
udienza di Buenos-Ayres, e fu solennemente riconosciuto che BIBL.: Aremberg, Flores seraph., tomo II, p. 294.
lattivit e lautorit delloperoso gesuita sardo salv nel peri- Nel secolo XVIII visse ancora un Gian Pietro Quessa Capay,
colo di una generale rivolta itatiniana lintegrit delle posses- il quale fu probabilmente cagliaritano di patria. Esiste una
sioni spagnuole in quel vasto tratto dellAmerica meridionale. sua operetta ms. col seguente titolo: Historia de la vida y he-
Destinato in appresso a governare ed istruire le Riduzioni, chos del nobilissimo cavallero calaritano, apostol del reyno
nelle quali avea egli operato tante conversioni, sostenne que- de Sardea y invicto martir S. Luxorio, compuesta de quanto
sto uffizio per alcuni anni con molta carit ed intelligenza; ed se halla escrito en varios codices, calendarios, martyrologios
ultimamente, consunto dalle fatiche e dai disagi sofferti nelle y autores sardos y forasteros ao 1751 (un vol. in 4). Que-
sue continue peregrinazioni, cess di vivere nel 6 ottobre sto ms. gi da noi veduto ed esaminato nella biblioteca si-
1666. Fu religioso di umilt, di pazienza e di zelo maraviglio- moniana di Alghero, oltre la vita del martire S. Lussorio,
so. Seppe assai nelle umane e nelle divine lettere, ma pi e conteneva molte notizie miscellanee della Sardegna, percioc-
veracemente seppe nella scienza del Signore. Mortific con ri- ch lautore lo intarsi, sotto diversi titoli e capi, di quanto
gide penitenze il suo corpo; am Dio e gli uomini col perfetto egli sapea ed avea letto di memorie ecclesiastiche e profane

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Qui

della sua patria. In ci che riguarda le notizie antiche egli non R


fece che ripetere le gi dette dagli scrittori sardi che lo prece-
dettero, e non us al certo molta critica; ma nelle notizie dei
suoi tempi, o a lui poco anteriori, fu molto diligente ed esatto,
avvegnach talvolta troppo prolisso nelle narrazioni. Se un ta- Regon Anton Giuseppe, filosofo e scrittore gesuita, il quale
le codice papiraceo esistesse ancora (ch noi nol sappiamo), fior negli ultimi anni del secolo scorso, e nel principio del
non sarebbe opera perduta che si pubblicasse colle stampe. presente. Nacque in Venezia nel 27 luglio 1734 da onorati pa-
renti; e nel 12 ottobre 1751 abbracci linstituto loiolitico, del
Quintasio, chiamato da taluni Quinziano, e da altri Quinzio e quale poi profess i voti nel 2 febbraio 1769. Dacch comp
Quinto. Fu vescovo di Cagliari nel IV secolo della Chiesa, e in- gli studi filosofici e teologici, fu mandato a dettare la logica e
tervenne con Ammonio prete al concilio dArles, convocato la metafisica nel collegio di Mantova, il qual carico sostenne
nel 314 contro i donatisti. Si potrebbe conghietturare chegli con molta fama di sottile ingegno. Nel 1763 venne a Sardegna
intervenisse ancora nel 347 al concilio sardicese, negli atti del con altri otto suoi confratelli, e gli fu data la direzione del col-
quale si trova registrato, sebbene senza indicazione di nome, legio dei nobili in Cagliari, nel quale introdusse utili riforme, e
lintervento dei vescovi sardi; oltre la testimonianza di SantAta- mantenne in fiore leducazione e la disciplina. A ci gli diede-
nagio, il quale scrive che i vescovi di Sardegna approvarono ro incitamento co consigli e collautorit il conte Bogino, mi-
le definizioni di quellassemblea. Per nulla si pu affermare nistro e mente di Carlo Emmanuele III, e Francesco Luigi Co-
di certo, non presentando la storia maggiori schiarimenti su sta balo della Trinit, vicer di Sardegna. Per la promozione
tal punto; e dacch il Mattei medesimo, diligente raccoglitore del P. Giambattista Pellolio alla cattedra di teologia morale nel-
dei monumenti della chiesa sarda, confess non aver egli po- la regia universit di Sassari, fu nominato nel 1772 professore
tuto discuoprire quale sia stato il vescovo cagliaritano che in- di filosofia nello stesso pubblico liceo, al quale si present gi
tervenne a detto concilio, se veramente Quintasio, oppure al- insignito degli onori accademici di membro del collegio darti
cun altro a lui succeduto nel governo della sede di Cagliari. e di teologia nella regia universit di Cagliari. Dopo aver det-
BIBL.: Act. concil. Arelati et Sardic., presso lArduin, tomo I, col. tato per alcuni anni la logica e la metafisica nellateneo turri-
267, 655; S. Atanas., Apol. cont. Arian., tomo I, parte I, p. 123; Con- tano, le inopinate vicende dei tempi lobbligarono a partirsi
stanti, Notiz. alle epist. dei Rom. Pontef., tomo I, col. 343; Fara, De dallisola ed a ricovrarsi in Napoli. Col rimase fino alla ripri-
reb. sard., lib. I, p. 144; Pinto, De Christ. crucif., tomo I, p. 440; stinazione della compagnia gesuitica decretata da papa Pio
Mattei, Sard. sacr., p. 70; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 28-29. VII, nella quale compagnia rientr subito, e fu fatto rettore del
collegio napolitano intitolato del Ges. Pass poi alla casa pro-
Quinto santo martire Crescentino santo martire. fessa di Roma, dove viveva ancora nel 1816; sicch la sua
morte pu dirsi accaduta in uno dei quattro anni che dal sud-
detto scorsero fin al 1820. Le scritture da lui pubblicate in di-
versi tempi, sono le seguenti: I. Alla sacra vergine Tommasa
Chiapp per la sua professione religiosa ecc., Torino, dalla re-
gia tip., 1782 (in 8); II. Libertatis humanae theoria, sive homo
necessario liber demonstratus, cum duabus appendicibus de
hominis anima et scientia Dei, Vercellis, 1788, ex typ. Patrio

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Reg Reg

(un vol. in 12); III. Risposta al dottore in medicina C. G. au- nullum aliud ex particularibus, atque inferioribus propositis
tore dellestratto del libro Libertatis humanae theoria ecc., Ca- sibi bonis per se seorsum a dominio ipse velit necessario: ergo
gliari, 1789 (in 16); IV. Rimostranze amichevoli ecc., Venezia, jam est circa ea seorsum sumpta necessario liber. Con questa
1791, presso Domenico Fracasso (un vol. in 8); V. Regole si- argomentazione tutta scotistica, che lautore chiama affatto
cure per qualunque saggia elezione, tratte dagli esercizi di nuova n mai escogitata per lo avanti da nessun altro, credette
SantIgnazio, con dichiarazioni e note, Napoli, 1805, presso il Regon aver data una dimostrazione concludente della li-
Salvadore Troise (un vol. in 8): a queste regole va pure unito bert delluomo; ma noi, non potendo cos di leggieri persua-
il discorso per la professione religiosa della Chiapp, che fu derci che in una materia cotanto discussa dai filosofi e dai teo-
dallautore notabilmente accresciuto in questa seconda edizio- logi siasi ritardato di tanti secoli a trovare una prova di s gran
ne; VI. Atto di fede, e soda istruzione di un vero cristiano, Na- forza, diremo francamente che la troviamo pi ingegnosa che
poli, presso Salvadore Troise, senza data danno; ed seconda solida, pi sottile che persuasiva. Non era altronde necessario
edizione, perciocch la prima fu fatta in Parma dal Carmigna- lambiccarsi il cervello per uscirne poi fuora con cotesto ghiri-
ni. Di tutte le sopradette scritture la migliore senza dubbio la bizzo peripatetico: imperocch la libert umana altrimenti,
Teoria della libert umana. Lautore imprese in questo tratta- con infinite ragioni, e cos vittoriosamente dimostrata, che nul-
tello a conciliare filosoficamente la libert dellanimo colla ten- la ormai pu aggiungersi di sostanziale alle cose gi dette,
denza che ha sempre luomo a ricercare ed a scegliere il me- senza pericolo di perdersi nelle sottigliezze e nelle contraddi-
glio, nella quale tendenza e scelta, cos intima alla nostra zioni. La prima appendice sopra lanima delluomo e sopra la
natura, glincreduli vollero collocare una specie di fatalit, sua spiritualit quasi tutta ricavata da quanto scrisse sullo
quasi distruggitrice del libero arbitrio. Per meglio arrivare al stesso soggetto il rinomato P. Boscovich; e la seconda sulla
suo fine prepose alla sua Teoria alcuni prolegomeni, e fino al scienza di Dio tende precipuamente a dimostrare, che una ta-
52 present un quadro analitico degli atti umani, dopo il le scienza in perfetta armonia colla libert umana. Qui pure
quale entra in materia, e la discorre tutta col metodo scolasti- lautore fece prova dintrodurre un nuovo sistema di raziocini
co, ed in una maniera assai chiara e stringente. Egli si mostra per conciliare le diverse opinioni degli scolastici, particolar-
da per tutto esimio teologo e filosofo sottilissimo, e fa uso di mente dei tomisti e degli scotisti; e dal 172 sino alla fine del-
una metafisica molto recondita, la quale tolta nella massima la stessa appendice seconda fa ogni sforzo per riuscirvi. La lin-
parte dalle opere di S. Tommaso di Aquino. Agli argomenti gua latina da lui adoperata in questa sua teoria elegante e
gi messi in campo e ripetuti le mille volte dai teologi ne ag- forbita, e lopera tutta sarebbe a leggere pi piacevole, se me-
giunge alcuni altri da lui escogitati, specialmente laddove, toc- no scrupolosamente egli si fosse attenuto al metodo sillogisti-
cando pi dappresso alla questione della libert, prende a co delle scuole, e pi parco fosse stato nellintarsiarla dinfinite
conciliare queste due cose: che la volont anteponga sempre il distinzioni e suddistinzioni di conio aristotelico. Per il merito
maggior bene al minore, e ci non ostante sia necessariamente intrinseco della scrittura fa perdonare allautore questi leggeri
libera. Qui egli sillogizza in un modo veramente sottile assai, difetti, cherano in lui una conseguenza dellistruzione ricevu-
per ricavare da ci appunto una novella prova della libert. ta, e di quella che per legge universitaria dovette dare per tan-
Ecco le sue parole, le quali riportiamo nelloriginale latino, ac- to tempo ai suoi scolari. Bene assai ne giudicarono gli esten-
ci meglio sintenda la mente dello scrittore: Si homo unum sori della Biblioteca oltremontana (1789, vol. III, p. 338), e tra
dominii bonum, utpote caeterorum nunc maximum, prae cae- le altre cose fecero del libro del Regon il seguente giudizio:
teris omnibus necessario vult, necessarium continuo est, ut Lo scopo dellautore si di fare lanalisi della libert in maniera

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Rey Res

da poter ribattere le troppo oramai ripetute cavillazioni dei fa- in Sardegna. Attese con fervore alla predicazione, e per que-
talisti; e nel tempo stesso rispondere alle sode difficolt dei filo- sta divent caro alluniversale; perciocch le forme del suo di-
sofanti nei vari metodi che adoperano per esporre la teoria del- re tanto si accostavano ai buoni fonti della sacra eloquenza ed
la libert. Per lestensore del Giornale scientifico, letterario alla purgatezza della lingua italiana, quanto pareva che per la
ecc., nel darne poco dopo un estratto nel supplemento al to- condizione del luogo e dei tempi dovesse discostarsene. Le
mo primo, fece della Teoria del Regon una critica molto due orazioni infatti che di lui ci rimangono (n altre ne cono-
aspra e virulenta, alla quale egli rispose con una breve, ma ar- sciamo che sieno state pubblicate colle stampe) fanno fede
guta assai e festiva diceria, dettata in forma di lettera e stam- dellamore chegli avea posto allo studio del bel sermone dIta-
pata in Cagliari nel 28 luglio 1789. Le Rimostranze amichevoli, lia, e come nella comune stracuranza egli si atasse a usarlo de-
pubblicate dallo stesso autore in Venezia nel 1791, furono di- gnamente. Oltre di che nelle medesime da lodare la gravit
rette a combattere le opinioni messe in campo dal rinomato del discorso, attinto per lo pi dalle sagre carte, assennato,
teologo Gian Vincenzo Bolgeni nella dissertazione della Ca- nervoso, concludente, senza le affettate svenevolezze, le intar-
rit o Amor di Dio data alla luce in Roma nel 1788. Le medesi- siature, le inopportune digressioni e tantaltra vanit di orpello
me per sono una ripetizione delle difficolt che il Corts e il oratorio che si trova nelle scritture di simil genere di alcuni
Muzzarelli aveano opposto allantico loro confratello; n tro- suoi connazionali e coetanei. Le dette orazioni sono le seguen-
viamo che il Bolgeni gli abbia risposto, come fece ai primi ti: I. Discorso di ringraziamento a Dio in occasione dei pubbli-
due negli Schiarimenti e nellApologia, stampati in Fuligno nel ci culti tributati dai riconoscenti cannonieri sardi al S. martire
detto anno 1788 e nel 1792. Fu il Regon uomo di molta Efisio per la vittoria riportata sopra i francesi ecc., Cagliari,
piet, e negli anni estremi di sua veneranda vecchiezza sop- 1793, presso Bernardo Titard. Poco dopo, il medesimo discor-
port pazientemente molti incomodi, i quali lo molestarono so fu ristampato nella regia tipografia di Cagliari. II. Orazione
sino al termine della sua vita. Letterato senza superbia, e filo- funebre nella morte del M.o R.o Giovanni Melis, Cagliari, Stam-
sofo senza audacia, onor co suoi scritti la filosofia e le lette- peria Reale, 1795 Melis Giovanni. Da queste due scritture si
re. Il suo carattere fu costantemente docile e tranquillo; e per ricava ancora chegli fu uomo di molta piet, e che sentiva
farsene unidea, basta leggere la sua risposta allestensore del profondamente nel cuore le verit evangeliche, le quali predi-
suddetto Giornale scientifico, nella quale cos conchiude: i let- cava agli altri. Ignoriamo il tempo e luogo preciso della sua
terari sentimenti finora espostivi sono della sola mente, n in morte; la quale per pu dirsi accaduta tra il primo e secondo
me punto confondonsi con quelli del cuore, per li quali molto lustro del presente secolo.
anzi desidero, e gi sento intimamente desservi buon amico, BIBL.: Reynaldi, Disc. e Oraz. sudd.
giacch OPINIONIBUS, NON ANIMIS DECERTAMUS.
BIBL.: Caballero, Biblioth. script. soc. Jes., supplem. II, p. 87; Bibl. Restituta santa martire, madre del famoso S. Eusebio vesco-
oltr., tomo III, p. 338; Giornal. scientif. letterar., supplem. al tomo vo di Vercelli, martirizzata in Cagliari nei primi anni del seco-
I; Manno, Stor. di Sard., tomo IV, pp. 227, 262, 307-308; Regon, lo IV della Chiesa sotto la persecuzione di Diocleziano o
Op. cit. Massimiano. Gli annali ecclesiastici ci hanno serbato assai
poche memorie di questa animosa seguace della fede di G.
Reynaldi Simone, frate cappuccino ed oratore di buon nome, C. Sappiamo solamente che dopo la morte di suo marito,
che fior negli ultimi anni del secolo XVIII. Era nativo di Ca- chiaro per nobilt di sangue, e zelante propugnatore del cri-
gliari, e fu uno dei religiosi pi dotti dellordine francescano stianesimo Eusebio santo martire e confessore, se ne and

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Ric Ric

desolata a Roma, seco conducendo lorfano figliuolo, il quale laudacia di Guglielmo marchese di Massa, il quale, dopo lu-
raccomand alla piet di papa Eusebio, che poi lo rigener surpazione del giudicato cagliaritano, avea invaso ancora
nelle acque del battesimo, imponendogli il suo medesimo quello dArborea, e cacciatone il vescovo che reggeva quella
nome. La leggenda della sua vita, di cui si giovarono i bol- sede, manometteva violentemente i beni della chiesa, favorito
landisti, aggiunge appresso, che Restituta torn a Cagliari; o temuto dai magnati e dal clero. Rico si affrett co suoi
che men per alcun tempo giorni tranquilli e solitari, consa- compagni ad eseguire la commissione pontificia; ma la perti-
crandoli intieramente alle opere di piet e di religione; ma nacia ed il potere di Guglielmo, la sua naturale timidezza, e il
che accusata come cristiana al preside imperiale, dopo molti recente esempio di Giusto prelato venerando per et e per
crudeli martoriamenti, spir lanima gloriosa nella confessio- costumi, il quale a petizione del regolo usurpatore era stato
ne della fede. Alcuni scrittori sembrano distinguere S. Restitu- lunga pezza tenuto in severa custodia nel regno turritano,
ta martire da S. Restituta madre di S. Eusebio: e veramente rendettero di nessun frutto la sua missione. Il solo Biagio di
dagli antichi scrittori questultima chiamata soltanto illustre Torres, nulla paventando lira e le forze del marchese di Mas-
e religiosissima femmina, senza altro aggiunto che dinoti al- sa, procedette innanzi nella sua legazione, e colla medesima
cun martirio da lei sofferto per la professione del cristianesi- recando a termine altre particolari incombenze dategli da In-
mo. Per la coincidenza dei tempi nei quali accadde il marti- nocenzo, sostenne in quei tempi calamitosi lautorit della S.
rio di Santa Restituta, ed il ritorno della madre di S. Eusebio Sede cotanto sconosciuta dai nuovi dinasti dellisola Biagio
da Roma a Cagliari; la morte gi precedentemente sofferta e Guglielmo I re di Cagliari. Dopo sette anni di pubblici tur-
dal marito di costei per causa della fede, mentre i satelliti im- bamenti si vede ricomparire nel 1205 il vescovo Rico, delega-
periali lo traducevano dallAfrica a Roma; e lautorit dei sud- to dallo stesso papa Innocenzo per comporre le dispute insor-
detti bollandisti, non ci lasciano luogo a dubitare che una so- te tra larcivescovo Biagio ed i monaci del monistero di Nurki:
la sia la santa di questo nome, martire insieme e madre del ma neppure in questa occasione si adoper da se stesso alla
rinomato vescovo di Vercelli. concordia dei contendenti; e commesso laffare a Gregorio
BIBL.: Bolland. act. SS., tomo II, junii, p. 1011; tomo I, august., p. 5; vescovo di Ottana,136 consegu per di lui mezzo, che Biagio
Ferrerio, Vit. et res gest. S. Euseb. Vercell. ep., p. 11; Serpi, Cron. de condonasse ai monaci i censi arretrati, considerata in tal ri-
los sanct. de Sard., lib. II, pp. 100-101; Mattei, Sard. sacr., p. 45; Fa- spetto la remissione gi fattane nel 1170 dallarcivescovo Al-
ra, De reb. sard., lib. I, p. 144. berto, e che annullato per sempre lannuo censo di venti
soldi, ritenesse soltanto a suo favore laltro di una libbra dar-
Rico, vescovo cagliaritano, il quale ebbe molta parte nelle co- gento Alberto arcivescovo di Torres. Le guerre intestine
se pubbliche dei suoi tempi, e tratt importanti affari politici combattute in tal tempo in Sardegna tra i regoli nazionali e
ed ecclesiastici di Sardegna negli anni estremi del XII e nel glinvasori stranieri, e le pubbliche calamit che ne furono la
principio del secolo XIII. Lanno, in cui egli sal allepiscopato, conseguenza, sembra che molto potessero nellanimo di Rico
non si ricava con certezza dagli antichi monumenti. Il Martene chera naturalmente pacato e nemico delle discordie. Quindi
lo colloca nella sede di Cagliari fin dal 1183; ma questa sua nel 1206 si vede con replicate instanze chiedere al pontefice
opinione manca di solido fondamento, e pu tenersi in conto lannuenza per la rinunzia allepiscopato, ed anelare con ogni
di semplice congettura. La prima volta che il di lui nome com-
parisce nella storia sarda nel 1198, allorch papa Innocenzo 136. Cos e non altrimenti sembra doversi intendere la parola authensis
III lo deleg coi vescovi turritano e sorrense per raffrenare della lettera di Rico.

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desiderio alla tranquillit della vita privata. Per Innocenzo BIBL.: Martene, Vetera monum., tomo I, col. 653; Innocent. III, Epist.,
non credette conveniente di esaudire in tal punto le sue pre- tomo I, lib. I, epist. 329, p. 183, ediz. Baluz.; tomo II, lib. X, epist.
ghiere, ed eccitandolo a star saldo nel reggimento della chiesa 143, p. 83; Decret. de renunciat., lib. I, tit. IX, cap. X; Spondan. an-
affidatagli dalla Provvidenza, con belle e solenni parole enco- nal. eccles., tomo I, anno 1206, num. 7; Gonzalez, Decr., tomo I, p.
mi lo suo zelo nelladempiere ai doveri tutti del suo ministe- 414 ss.; Fratel. Pit., nelle note al cap. X, lib. I, tit. IX del decret.
pontif.; Papebroch., Act. SS., tomo V, maii, cap. II, num. 100; Ar-
rio. La lettera indirittagli dal papa in questa occasione il te- duin, Act. concil., tomo VII, col. 7-8; Mattei, Sard. sacr., pp. 90-92;
stimonio pi luminoso della virt della sapienza e della Decret., lib. I, tit. V, cap. VI; Fara, De reb. sard., lib. II, p. 217; Man-
moderazione di Rico. Tuttavia si pu argomentare che non no, Stor. di Sard., tomo II, pp. 284, 302.
giovasse gran fatto a farlo cambiare dindole e di sentimenti;
perciocch nellanno seguente gli diresse unaltra epistola pie- Roca Francesco, pio scrittore del secolo XVII, nato in Sassari
na di rimprocci, perch impedito non avesse gli eccessi di verso il 1570, e morto nella stessa citt prima del 1639. Percor-
Lamberto invasore del regno di Gallura, comandandogli che se con lode la carriera ecclesiastica, dopo aver conseguito tutti i
pubblicasse altra volta lanatema contro cotesto pisano intra- gradi accademici nella facolt teologica. Fu prima rettore della
prendente ed usurpatore, e che poi si presentasse in Roma per chiesa parrocchiale di Tiesi, poi canonico della cattedrale turri-
render ragione di sua condotta. Lanima ardente dInnocenzo tana, consultore e qualificatore del santo uffizio, ed in ultimo
non sofferiva lo smembramento e lusurpazione delle sarde di- inquisitore generale di tutto il regno. Abbiamo di lui unoperet-
nastie; ma pretendeva da Rico quel fuoco e quella celerit di ta intitolata Del fin, modo, y consideraciones, con las quales se
operare, che tanto poco si confaceva allindole mansueta del
deve visitar el templo de S. Gavino de Puerto Torres, Sacer, por
vescovo cagliaritano, quanto pi era propria del suo carattere,
Bartholom Gobetti, 1620 (due vol. in 4). questo un tratta-
congiunto al nome ed allautorit papale. Quindi non reca ma-
raviglia che nel giro di soli due anni cos diversamente scrives- tello spirituale da lui scritto per infiammare li suoi concittadini
se allo stesso prelato, perch la diversit delle circostanze e de- alla divozione verso li SS. martiri turritani, e da parecchi scrit-
gli eventi consigliava al pontefice operoso molto varia la scelta tori sardi per ci citato col titolo di Consideraciones espiri-
del linguaggio e dei mezzi che nella contrariet di tanti pubblici tuales. preceduto da un molto erudito discorso dellautore, e
interessi potessero conservare intatti i diritti della S. Sede. Dopo vi riprodotto il Condague (cronaca) della fondazione e consa-
questa ammonizione severa, non si trova pi negli annali ec- crazione dellantica basilica di Torres. Afferma il Roca che il sud-
clesiastici fatta menzione di Rico. Sembra potersi conghiettura- detto Condague di S. Gavino era stato per la prima volta stam-
re chegli continuasse a governare ancora per qualche anno la pato in Venezia nel 1497,137 e quindi in Roma nel 1547; ma che
sede cagliaritana, e che sia anzi quellistesso vescovo di Caglia- essendone divenuti rarissimi gli esemplari avea stimato ripro-
ri, al quale il suddetto papa Innocenzo III indirizz nel 1213 durlo alla luce co tipi sassaresi. Contiene inoltre lo stesso opu-
una epistola, invitandolo ad intervenire co suoi vescovi suffra- scolo alcune non spregevoli notizie di patrio argomento.
ganei al concilio lateranense IV, che poi fu riunito nel 1215. BIBL.: Roca, Op. cit.; Canales de Vega, Discurs. y apuntam., p. 136;
Ma, come osserva giustamente il Mattei, nulla su di ci pu af- Boloa, Relac. de la invenc. de los SS. mart. turrit., p. 4.
fermarsi di certo, mancando nella lettera pontificia il nome
dellarcivescovo, cui diretta. Quello per, di che non si pu 137. Qui senza dubbio il Roca intese parlare dellUfficio dei SS. Martiri
dubitare, si che nel 1220 Rico era gi morto, poich in tal turritani stampato nel 1497 in Venezia da Pietro de Quarengiis di Ber-
anno si trova lelezione del nuovo arcivescovo fatta dal capito- gamo, del quale abbiamo gi fatto cenno nel tomo I di questo Dizio-
lo cagliaritano, e riprovata da papa Onorio III. nario Alepus, e nel tomo II Gavino santo martire.

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Nello stesso secolo XVII visse in Cagliari fr. Giacomo Roca, avendosi con tale occasione la fiducia del monarca spagnuo-
nativo di detta citt, il quale profess linstituto domenicano, lo e del supremo consiglio di Aragona, fu nominato poco
sostenne per trenta anni continui luffizio di maestro del no- appresso visitatore generale del regno. Nelleseguire i doveri
viziatico con rara esemplarit di vita, fu cinque anni vicario della sua visitazione, egli si rendette benemerito della Sarde-
generale del suo ordine in Sardegna, e mor nel 17 marzo gna, raccogliendo tutti i mss. pi rari che poteano illustrarne
1690 in opinione duomo, che collorazione e colla peniten- listoria, e tra gli altri, i libri inediti De rebus sardois e la Co-
za si fosse incamminato alla via della santit. rografia del Fara. Ma prevenuto dalla morte, non pot colo-
BIBL.: Sanna, Festiv. cult., introd., num. 39. rire il buon disegno che avea tracciato nella sua mente, e
detti mss. colla sua ricca biblioteca passarono per legato al
Rogio Borcitore, distinto cittadino sassarese del secolo XIV. collegio gesuitico di S. Croce di Cagliari,138 e da questo, do-
Fu egli che nel 1353, dopo il massacro degli aragonesi fatto po la soppressione della compagnia di Ges, alla regia uni-
in Alghero dai fautori di Mariano IV di Arborea, mantenne in versit cagliaritana.
fede i suoi concittadini verso D. Pietro IV il Cerimonioso, re- BIBL.: Canales de Vega, Discurs. y apuntam., pp. 136, 141; Dexart,
sistendo con maravigliosa costanza alle armi collegate del Cap. cur. regn. Sard. in concess., p. 58.
suddetto regolo, dei Doria e di Giovanni Visconti signore di
Milano, dalle quali era cinta la citt di Sassari. I migliori citta- Rosula santa martire Simplicio santo.
dini seguirono il di lui esempio, e gli agguati tesi dai nemici
per impadronirsi a tradimento della terra furono scoperti e Ruda Francesco, frate mercedario, della redenzione degli
fatti andare a vuoto dalla di lui intelligenza ed attivit. Il sud- schiavi, il quale visse nel secolo decimosettimo. Fu lettore di
detto re di Aragona D. Pietro IV lo premi di tanta sua fe- teologia e visitatore provinciale del suo ordine in Sardegna.
delt, concedendogli in feudo la villa di Sennori nella regio- Abbiamo di lui unoperetta intitolata Ruta in daemones (due
ne di Romandia o Romangia. vol. in 8), la quale fu stampata in Barcellona da Antonio La-
cavalleria nel 1689, 1690.139 divisa in due parti. La prima
BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. III, pp. 289, 301. contiene i prolegomeni della trattazione, e vi si discorre delle
magie, deglinvasati o demoniaci, della potest infernale, del
Roggio Figoni Quirico Sortes Antonio.
138. Nella biblioteca di detto collegio furono discoperti nel 1758 dalla-
Rossell Monserrato, dotto legista vissuto negli ultimi anni bate D. Giambattista Simon di Sassari (poi arcivescovo della sua patria)
del secolo XVI, e nei primi due lustri del XVII. Era nativo di i tre libri inediti della Storia e i due libri della Corografia sarda del Fa-
Cagliari, e percorse la via dellalta magistratura, nella quale ra Fara Gio. Francesco e Simon Gio. Battista.
139. Noi possediamo la sola seconda parte di questoperetta, n ci fu pos-
pervenne al seggio di giudice civile della reale udienza. Il sibile ritrovare la prima, per quanta diligenza abbiamo a tal fine usata.
Canales de Vega aggiunge che fu eziandio abate di Sacargia; Tuttavia apponiamo per conghiettura a detta parte prima il 1689, come
nel che per crediamo non doverglisi prestare molta fede. anno della edizione, per due motivi: I. perch dalla parte seconda si rica-
Nel 1598 lo stamento militare di Sardegna lo invi in qualit va che la parte precedente era stata poco prima pubblicata dallo stesso ti-
pografo; II. perch le approvazioni per la pubblicazione della seconda
di suo sindaco a Madrid per far approvare da Filippo II i ca- parte hanno la data del 22 gennaio, 25 e 27 febbraio 1690; e quindi non
pitoli del parlamento convocato dal vicer marchese di Ayto- sembra probabile che la prima parte fosse gi stampata nello stesso anno.
na. Egli comp felicemente siffatta legazione; e conciliato Il Ruda si qualifica sardo di nazione nello stesso frontespizio del libro.

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modo di conoscere gli spiritati, e di altre cose simili.140 La Figo arcivescovo di Arborea, e lo intitol Ruta in daemones,
seconda parte tratta degli esorcismi, dellesorcista e de suoi forse togliendone argomento dal proprio cognome; quasi fra-
doveri; dei malefici, delle incantazioni e delle fascinazioni; te Ruda dovesse significare in avvenire ruta amara e di acu-
dellesistenza, natura, numero e peccato degli angeli ribelli; tissimo odore, potente a scacciare dai corpi ossessi gli spiriti
delle diverse pene che soffrono i demoni nellinferno, e delle infernali, come appunto la ruta colla sua amaritudine scaccia
interrogazioni che denno farsi allo spiritato prima di esorci- fuori dal verziere i velenosi animali. Di questa sua intenzione
zarlo. Poi siegue una lunga serie di benedizioni e di esorci- egli d non dubbio indizio nel far la dedica del libro al suo
smi tolti dalle sacre scritture, dai libri dei santi e dal rituale, a mecenate; n in ci and errato del tutto: che veramente, se
ciascuno dei quali lautore d il proprio nome, chiamandoli ne suoi tempi egli riusc con tal mezzo a liberare gli ossessi,
esorcismo di S. Pier Nolasco, di S. Raimondo nonnato ecc. Ed oggi la sua ruta di tal veemenza, che fa fuggir lungi le mil-
in ultimo vi un trattatello, nel quale si ragiona delle malat- le miglia anche i lettori pi sofferenti. Qual sia lo stile della
tie corporali degli ossessi, dellarte di conoscerle, e dei me- trattazione pu qualunque di leggieri immaginarlo: latino,
dicamenti che possono guarirle. Non si pu leggere questo- spagnuolo e molto gergo di parole mediche derivate dal gre-
peretta senza un senso di sorpresa insieme e di ribrezzo; co, vi tutto frammisto con un disordine e con un brulichio
perciocch non si pu comprendere come si permetesse nel di s strani concetti che fa spavento. Pure, chi il crederebbe!
secolo XVII la pubblicazione di una scrittura, dalla quale ri- i revisori dello scritto levarono a cielo questa sua fatica, di-
mane offesa la stessa piet cristiana, e nella quale, alle dottri- cendola perfino castigata ed erudita assai; e lautore ebbe
ne gi abbracciate dalla Chiesa, si vedono con istrano mescu- nelle mura del suo chiostro lincarico ancora dellinsegna-
glio frammiste le pi assurde superstizioni del volgo, e tutte mento: dal che si pu argomentare linfinito guasto chegli
le visioni pi esaltate dellidealismo. Reca poi, non che ri- avr fatto delle menti de giovani suoi confratelli. Noi non
brezzo, nausea e sdegno il vedere cotesto autore prescrivere vogliamo intrattenerci nellandar pi oltre descrivendo le al-
alluso medico, cristei, bibite e vomiche per purgare dai sorti- tre infinite stranezze contenute in questoperetta. gi trop-
legi il corpo degli ammaliati, e con siffatte ridevoli scempiag- po il detto; dal che pure ci saremmo rattenuti, se il dovere di
gini far onta alla religione, la quale, come sta scritto nelle biografo non ne avesse stretti a farne parola. Signora il tem-
scritture, non per opera umana o col vano conato della terre- po e il luogo preciso della morte del P. Ruda; sebbene in ri-
na polve, ma col solo onnipossente nome di Dio, fa tremare guardo al primo si pu conghietturare che accadesse nel
e disperde le potest dellinferno. Da molti luoghi di questa 1700 od in quel torno.141
seconda parte, di cui parliamo, si ricava che lautore esercit BIBL.: Ruda, Ruta in daem., ded. e approv., parte II, pp. 1, 466-467,
per quarantanni il ministerio degli esorcismi (yo estoy en este 474, 479, 488, 490, 493-494 et alib.
arte 40 aos), e nomina tra gli altri paesi Nuoro ed Alghero, i
quali furono probabilmente il campo pi glorioso delle sue 141. Nella pagina 467 della parte II dice lo stesso autore, chegli esor-
prodezze. Egli dedic il suo lavoro a D. Giuseppe Acorr y cizzava gli ossessi gi da 40 anni. Quindi, supponendo ancora che
dallet di 25 anni, ed appena sagrato sacerdote, egli avesse incomin-
140. Che siano queste le materie trattate dallautore nella prima parte, ciato un tal ministerio, ne consegue che nel 1690 il Ruda contasse per
oltre lattestazione del revisore fra Marco Pinto reggente degli studi del- lo meno anni 65 di sua vita. Ora, eccettuato il caso di una non ordina-
lordine mercedario in Barcellona, si ricava dalla parte seconda (pp. ria longevit, ponendo la sua morte nel 1700 o in quel torno, egli sa-
472, 475, 490, 493-494), nella quale egli si riferisce alle dottrine gi da rebbe morto di anni 80 circa, che il termine pi ordinario della vita
lui abbracciate nella prima parte della sua scrittura. umana.

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Ruiz Michele, distinto ed animoso capitano di guerra, nato in governo, specialmente nelle corti riunite dal vicer conte di
Alghero verso la met del secolo XVII, e morto in Valenza di Montellano, nelle quali dimostr molto zelo per far piegare la
Spagna dopo il 1720. Il padre suo fu Enrico Ruiz, nobile cata- nazione al donativo grazioso di settantamila ducati. Nominato
lano e cavaliere dellabito di Santiago, il quale, dopo aver ser- nel 1706 governatore interino della piazza di Alghero, in so-
vito con distinzione negli eserciti di Fiandra, di Estremadura e pravvivenza a D. Alonso Bernardo Zespedes che nera il tito-
di Catalogna, fu promosso alla carica di governatore della lare, dimostr sempre pi il suo attaccamento al legittimo suc-
piazza di Alghero, nella quale cess di vivere. Maria di Pietro cessore di Carlo II re di Spagna; e allorquando il partito
Savely, governatore Ciudad-Rodrigo, fu la sua madre; e costei, tedesco prevalse in Gallura, movendo a rumore le terre prin-
oltre lo splendore del proprio stato, si vantava discesa per anti- cipali per proclamare signore dellisola il principe austriaco,
che agnazioni dalla famiglia patrizia dei Sabelli romani. N me- egli corse sollecito a quella volta con cinquecento cavalli, spe-
no chiara per generosi e forti antenati fu la sua casata pater- ditovi dal vicer Giamaica; sed i tumulti, sperper i ribelli, e
na: imperocch lavo suo Michele Ruiz, colonnello di fanteria, vi si mantenne col suo seguito a proprie spese per lo spazio
mor gloriosamente combattendo avanti alle mura di Graveli- di quattro mesi. Ma questa sua fedelt a Filippo V glinimic il
nes; e Alfonso e Tommaso Ruiz si segnalarono nelle guerre di Zespedes che parteggiava segretamente per glimperiali, n
Alemagna; e salendo a pi remoti tempi, si trova un Ramiro avea potuto trarlo a consentire alle sue brame. La occupazio-
Ruiz, stipite della stessa famiglia, che and alla conquista di ne dellisola fatta dagli austriaci nel 1708 fu troppo favorevole
Granata, e fu il primo a scalare le mura di Baeza gi possedu- allinfido governatore di Alghero. Egli si vendic del Ruiz,
ta dai mori. Gli esempi domestici infiammarono il giovine mandandolo incatenato a Cagliari con un suo fratello, e facen-
Ruiz a dedicarsi sin dalla prima giovinezza al mestiere delle doli processare entrambi come rei di stato. Dopo sei mesi di
armi. Andato per tal fine in Ispagna, prese servizio nel 1673 dura prigionia, furono condannati a reclusione nel forte di Fi-
nellesercito di Catalogna, nel quale pervenne successivamen- nale, sequestrati dal fisco tedesco tutti i loro beni, e mandati
te ai posti di alfiere, di tenente di fanteria e delle guardie no- congiuntamente a scontare la ingiusta pena dellarbitraria sen-
bili di Castiglia, e finalmente di capitano di corazze nella divi- tenza. Ottennero poi la libert, e Michele Ruiz si rimerit co
sione delle truppe spagnuole stanziate nellEstremadura. suoi servizi la stima ed i favori di Filippo V. Nel 1710 fu crea-
Mentre percorreva in tal modo i gradi minori della milizia, to colonnello di fanteria, e trasferissi a Genova per concertare
diede in vari incontri belle prove del suo valore; nel 1684 si col Bacallar e cogli altri emigrati sardi la spedizione spagnuo-
distinse nellassedio di Girona, nel quale, resistendo con mol- la contro la Sardegna, la quale poi ebbe infelice riuscita per
ta bravura ai nemici, riport una ferita nel femore sinistro; e linfedelt del duca di Uzeda; e nel 1712 fu nominato capitano
pugn poi coraggiosamente sotto le mura di Campredon, di di guerra e sovraintendente generale della citt e provincia di
Castel-Follit, di Palams e di Barcellona, e mandato spesso Toro, il quale uffizio ritenne per soli due anni. Rioccupata la
con alcune bande di cavalli a speculare lesercito nemico, so- Sardegna dagli spagnuoli nel 1717 per il famoso attentato del
stenne alcune fazioni pericolose, in una delle quali gli fu rotto cardinale Alberoni, egli torn alla sua patria per ristorarvi la
losso della gamba destra da una palla di moschetto. Siffatte fortuna gi caduta della sua famiglia. Vi rimase fino al 1720,
imprese gli meritarono labito di Santiago, di cui fu insignito nel finire del qual anno veleggi nuovamente per la Spagna,
per decreto reale del 25 marzo 1697. Ritorn poi a Sardegna dove mor nella citt di Valenza. Enrico suo figliuolo, avuto
nella qualit di sergente maggiore (aiutante generale) delle dalle nozze con Maria Puliga gentildonna di Buddus, rimase
milizie nazionali del Logudoro, e rendette importanti servizi al in Alghero; e da lui discendono le femmine, che sole oggi

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Rui

mantengono viva in Sardegna lillustre casata dei Ruiz. Anto- S


nio Ruiz, fratello di Michele, fu ancor egli valente militare;
serv per lo spazio di venti anni nellesercito di Catalogna e
nelle squadre marittime di Sicilia e di Sardegna; ed oltre le vi-
cende da lui sofferte dal 1708 fino al 1710 per la prigionia di Saba Francesco, cittadino sassarese di chiaro nome, il quale
Cagliari e di Finale, fece parte della colonna di spedizione visse nel secolo XV, e si distinse pel suo valore nelle fazioni
sbarcata in detto anno 1710 nelle pianure di Terranova sotto di guerra accadute a suoi tempi in Sardegna. Fu egli uno de-
gli ordini del conte del Castillo, e contribu colla sua valorosa gli assalitori del castello di Monteleone, difeso da Nicol Do-
resistenza allottenimento dellonorevole capitolazione fatta in ria, e caduto nel 1436 in potere dei sardo-aragonesi, ed ebbe
quel frangente coi tedeschi. Pervenne ancor egli al grado di
in premio dal re D. Alfonso la concessione di alcune ville ora
tenente colonnello nelle file dellesercito spagnuolo, e lasci
distrutte, nella regione della Fluminargia.143 Intervenne anco-
un figlio chiamato parimenti Enrico Ruiz.142
ra nel 1448 allassedio ed allespugnazione del Castello-ara-
BIBL.: Relacion de servic. de D. Miguel Ruiz Savely; Manno, Stor. di gonese, e vi fece bella mostra della sua bravura. E nel 1452
Sard., tomo IV, pp. 37-38, 43; Botta, Storia dItal. fino al 1789, vol. VII,
p. 436; Bacallar, Coment. de la guer. de Esp., pp. 312, 316, 409-410.
and a Napoli con altri gentiluomini sardi ambasciatore dello
stamento militare dellisola per offerire al suddetto re D.
Alfonso lo straordinario donativo di trentadue mila ducati, ac-
ci sopperisse alle spese della guerra fiorentina. Francesco
Saba possedette inoltre le ville di Codrongianos, Bedas, Sa-
cargia, Todoraque, Mores, Itteri, Laquesos e Ardara per com-
pra fattane da Pietro de Feno e da Francesco Alberto Centel-
las nel 6 marzo e 24 giugno 1438: ottenne poi nel 28 luglio
1446 di prorogare ed estendere ne suoi discendenti il feudo
delle tre prime; ma gravato dai debiti contratti per le imprese
guerresche degli anni precedenti, tutte le suddette terre gli

143. Le ville concedutegli furono questesse: Nonnoi, Murifas, Domu-


noa, Erla, Eristola, e Ottava. Il territorio di Nonnoi e quello di Ottava ri-
tiene ancor oggi lantico suo nome: degli altri non esiste traccia veruna;
e pu solamente conghietturarsi che il Murifas del 1436 sia lodierno
Malaf. Nella stessa impresa di Monteleone si distinse Paolo Salaris di
142. Le notizie contenute in questo articolo, oltre la parte che se ne ri- Bosa (non gi Nicol, come per colpa degli amanuensi sta scritto erro-
cava dalle storie contemporanee, e specialmente dai commentari del neamente negli apografi del Fara); ed ebbe in premio dal re D. Alfonso
Bacallar sulla guerra di successione al trono di Spagna, sono in pi am- la villa ora distrutta di Minerva. Costui lasci un figlio chiamato Nicol,
pia forma riferite in una relazione dei servizi militari di D. Michele Ruiz al quale (per essere stato nel 29 marzo 1573 scomunicato come eretico
(Relacion de servicios de Don Miguel Ruiz Savely) stampata in Madrid ed apostata dallarcivescovo turritano Don Alfonso de Lorca, inquisitore
nel 1717. Questa relazione, con tutte le carte autentiche che comprova- apostolico del regno), fu venduta nel 1575 allasta pubblica la suddetta
no i fatti nella medesima contenuti, ci stata cortesemente comunicata villa di Minerva, chegli avea redato da suo padre. Tutto ci si ricava da
dal cav. avv.o D. Antioco Arcayne di Alghero. documenti autentici che sono in nostro potere.

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furono tolte dal fisco nel 1454, e le compr per 2500 lire Salucio, principe cagliaritano, figliuolo di Torchitorio II e di
alfonsine Serafino di Montagnans suo concittadino. Preziosa di Lacon. Dopo la morte di Costantino II suo fratel-
BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. IV, p. 347; Vico, Hist. gen. del reyno de lo primogenito accaduta nel 1163, contrast a sua nipote la
erd., parte V, cap. XLI, fol. 150; cap. XLII, fol. 154; parte VII, cap. successione al trono di Cagliari. Costei era stata sposata da
XIV, fol. 31; Dexart, Cap. cur. regn. Sard., in concess., fol. 21-23. suo padre a Pietro di Gonnario II di Torres, e quindi gli stati
paterni, dei quali essa era la legittima erede, dovevano per
Sabino Gianuario vescovo di Cagliari. tal maritaggio ricadere a favore di un principe straniero. Sa-
lucio si oppose colle armi allinstallamento di Pietro nel co-
Saltaro. Vi furono due principi di questo nome, vissuti en- mando della provincia cagliaritana, e collegatosi coi pisani e
trambi nel secolo XII, ed appartenenti, luno alla famiglia dei con Barisone di Arborea, riusc a discacciare dal regno la
dinasti di Gallura, e laltro a quella dei regoli di Torres. Del principessa ereditaria e il di lei marito che si rifuggiarono
primo fatta menzione in un diploma del 1116, dal quale si nella corte di Barisone II re di Torres. Ma Pietro non si la-
ricava che egli fu generoso nel donare alla chiesa maggiore sci sgomentare dal primo infelice successo delle sue armi;
di Pisa, e che mor senza lasciare discendenza; signorano riun affrettatamente le poche truppe che gli rimanevano, e
per tutte le altre circostanze della sua vita, n si sa per qua- congiuntele a quelle di Barisone suo fratello, spinse a grandi
li vincoli appartenesse alla dinastia gallurese regnante al suo giornate la marcia contro lusurpatore dei diritti di sua mo-
tempo; sopra di che si possono avanzare soltanto alcune glie. Costui non aspett di essere assaltato dentro le mura di
probabili conghietture Gunale Orzoccorre. Il secondo Cagliari, ma usc in aperta campagna per combattere il suo
Saltaro di Costantino I re di Torres, il quale nel 1114 and rivale. Si venne da ambedue le parti a ordinata battaglia; ed
colla flotta pisana alla spedizione contro le isole Baleari, e fu essendo rimasta vincitrice larmata turritana, Salucio si salv
eccellente nel trarre dellarco, come lo cant ne suoi versi colla fuga, e rinunzi per allora alle sue pretensioni. Dopo
Lorenzo da Varna Costastino I re di Torres: questo fatto darmi registrato nelle cronache sarde, non si
Istic Dubitinus pisanis associatur, hanno pi notizie della persona di Salucio, sulla quale ancora
Qui quondam regnum censebat calaritanum, non si accordano intieramente gli scrittori nazionali. Il P. Aleo,
Et Constantino Saltarus judice natus. uso a confondere le date ed i nomi, scambi Salucio in Gu-
Praevalet hic jaculo, praeclaris sensibus ille, ecc. glielmo I marchese di Massa e regolo di Cagliari. Altri lo fan-
Saltaro vivea ancora nel 1136; perciocch in un diploma di no marito di tre donne chiamate Sardinia, Adelasia e Geor-
donazione, confermata nel 20 maggio di detto anno da Co- gia. Le pi probabili conghietture sulla di lui persona sono
stantino di Athen cittadino turritano, sottoscrive in primo per quelle che avanz il Manno nella sua Storia di Sarde-
luogo Gonnario di Lacon giudice di Torres (che Gonnario gna; e noi le abbiamo intieramente adottate in questarticolo.
II figlio di Costantino I), e quindi segnano Saltaro e Comita, Di Salucio esistevano alcuni diplomi originali nellarchivio ar-
fratelli del suddetto Gonnario. Il diploma stato pubblicato civescovile di Cagliari Pietro re di Cagliari, e monumenti
dal Gattola nella Storia di Monte-Cassino. citati in tale articolo.
BIBL.: Laurent. veron., Cron. pis., lib. I, p. 114, presso il Muratori, BIBL.: Aleo, Hist. de los success. de la isl. de erd., ms., tomo II,
Rer. italic. script., tomo VI, col. 3; Muratori, Antiq. ital., tomo II, dis- cap. XIV; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 235-238, in nota.
sert. XXXII, col. 1050-1061; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 220,
264; Gattola, Hist. cassin., parte I, fol. 156. Salustiano santo martire Crescentino santo martire.

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Salvagnolo Pietro, giurista sassarese del secolo XVII, del qua- licei di quella classica terra. Non si pu di certo affermare
le si hanno alcune Consultazioni forensi scritte in lingua lati- chegli studiasse primamente in Pisa: se per vero ci che
na. Sono tutte stampate in Sassari, senza annotazione di anno, affermano alcuni scrittori sardi, chegli reggesse per alcun
tranne una sola, la quale fu pubblicata nel 1630 co tipi di Ge- tempo una cattedra nelluniversit pisana, e che vi stampasse
rolamo e Francesco di Castelv dallo stampatore Gio. France- un libro intitolato De arte rhetorica, potremmo con molta pro-
sco Bribo (in fol.). Questultimo responso sottoscritto ancora babilit conghietturare che col pure ottenesse gli onori acca-
dallaltro giurisperito sassarese Giovanni Seque; si aggira so- demici.144 Ma nel 1546 egli dimorava sicuramente in Bologna,
pra la questione di un legato per maritare dodici orfane zitel- citt molto celebrata in quei tempi per i buoni studi, e con
le, fatto in Barcellona da Quirico Pilo Ferrale cittadino di Sas- ogni suo nervo intendeva ad arricchire di utili cognizioni la
sari; ed ricco di molta dottrina legale, tolta la maggior parte
dai fonti del romano diritto, anzich dallautorit dei trattatisti 144. Il primo a scrivere che il Sambigucci insegn pubblicamente in Pi-
e degli alleganti. Il Salvagnolo cess di vivere circa il 1654. sa, fu, per quanto a nostra notizia, il Boloa, il quale nella Relacion
de la invencion de los cuerpos de los SS. Martires ecc., tra gli uomini
Sambigucci Gavino, valente medico e filologo sassarese, che chiari della sua terra natale nomina il Sambigucci in questo modo: el
fior nel secolo XVI. Lanno della sua nascita, i suoi parenti, la doctor Gavino Sambiguccio cathedratico de Pisa. La stessa cosa ha poi
prima educazione, e tutto ci che riguarda la sua giovinezza ripetuto il Massala (Dissertaz. sul progr. delle scienze in Sard., p. 10),
ed aggiunse che stamp un libro intitolato De arte rhetorica. E ritor-
involto nella pi profonda oscurit. I suoi contemporanei, e nando alquanto indietro al tempo del Boloa e del Massala, della catte-
quelli che scrissero poco dopo di lui non ce ne tramandarono dra tenuta in Pisa dal Sambigucci e del suo libro dellarte rettorica si fa
notizie; ed egli stesso nella breve scrittura che di lui ci rimane pure ricordo in un Indice ms. di memorie antiche contenute negli ar-
parl appena de suoi primi studi fatti nella terra natale. Tutta- chivi della citt di Sassari, e nelle Miscellanee mss. del Sisco (tomo III,
via sappiamo che la sua casata era una delle pi distinte del fol. 52). Ma a siffatte testimonianze si pu opporre il silenzio del Fara e
suo tempo; e troviamo in antiche memorie che nel 1502 An- del Fabroni: perciocch, avendo il primo di detti scrittori parlato del
Sambigucci, dei suoi talenti, degli scritti, e della morte immatura che lo
drea Sambigucci, il quale forse fu suo padre, era uno dei con- tolse alla patria, non avrebbe tacciuto n la cattedra da lui occupata
soli del comune di Sassari, e tre anni dopo ci si presenta Co- nelluniversit pisana, n il libro dellarte rettorica da lui pubblicato, se
stanza Sambigucci, madre del rinomato giurista Girolamo cotesti fatti fossero veramente accaduti, scrivendo come scrivea di un
Olives, che se non fu sua zia, gli fu al certo stretta congiunta. suo coetaneo e concittadino, le di cui glorie era per lappunto intento a
Il padre suo, qualunque ei si fosse, avea numerosa la prole. far palese al mondo: ed il Fabroni, il quale nella Historia Academiae
Gavino, che de suoi figli era probabilmente il maggiore, ap- Pisanae registr i nomi dei sardi, che dal 1547 in appresso vi sostenne-
ro luffizio di rettori, vice-rettori e di cattedranti (vedi il tomo I di que-
plic lanimo alle lettere, e nella coltura delle medesime and sto Dizionario, Discorso preliminare, p. 73, note 79-80), non avrebbe
innanzi, cos per ingenita brama di sapere, come per glincita- ommesso quello del Sambigucci, se lo avesse trovato nelle memorie
menti che gliene diede Salvatore Alepus arcivescovo turritano, scritte, o nelle tradizioni di quella universit di studi. Che se questi si
di lui e della famiglia paterna generoso e splendido protetto- vorranno riputare argomenti negativi di nessun valore, citeremo lauto-
re. Ma poich vide essere anguste nella sua patria e quasi rot- rit del Sambigucci medesimo, il quale nella dedica della sua interpre-
te le vie per le quali si cammina allacquisto della sapienza, tazione del Simbolo Bocchiano fatta allAlepus afferma, essere quella la
abbandon in giovanissima et le domestiche mura, e trasferi- prima scrittura chegli dava alla luce. Laonde noi rigettiamo assoluta-
mente la supposta edizione del mentovato libro sullarte rettorica, e per
tosi in Italia, vi studi le liberali discipline, la filosofia e la me- non miscredere del tutto agli scrittori che ne parlarono, limiteremo la
dicina, giovandosi con frutto delle lezioni dei chiari maestri, nostra fede alla probabilit di averlo il Sambigucci potuto comporre, e
che gi di bella fama incominciavano a far suonare i ristaurati di aver egli forse frequentato anche le scuole di Pisa.

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sua mente. Dotato dalla natura di acuto ingegno, e acceso chegli si avea fatto collo studio in quella terra straniera. Segli
dallemulazione di molti sapienti che si atavano in quellet a da tale anno in appresso dimorasse stabilmente in Bologna,
riporre in onore le umane lettere, ebbe a suoi desideri propi- ovvero ritornasse in patria, non si chiarisce n da suoi scritti,
zia la fortuna. Bologna potea chiamarsi allora il luogo di con- n da altro documento veruno. In Bologna per ricompare,
vegno degli uomini pi dotti dItalia; e oltre la giovent stu- dopo due lustri; e quella stessa accademia bocchiana che lo
diosa che vi accorrea da ogni parte di Europa, erano gi saliti accolse nel novero de suoi membri nel primo anno della sua
in grande rinomanza i due collegi fondativi nel 1364 e nel fondazione, lo ebbe nel 1556 facondo ed erudito inauguratore
1371 dal cardinale Egidio Albornoz e da papa Gregorio XI. Vi della sua ristaurata esistenza. La diceria da lui fatta in tale oc-
fiorivano inoltre pi che in altra citt italiana le accademie let- casione la spiegazione filologica del simbolo che il Bocchi
terarie;145 e queste, porgendo ai giovani occasione ed incita- avea scelto per impresa della letteraria adunanza; il qual sim-
mento ad esercitarsi nelle ottime discipline, generavano negli bolo, rappresentando le statue unite di Minerva e di Mercurio,
spiriti nobili e svegliati un quasi generale entusiasmo per lac- e nel mezzo un amorino che doma un mostro, gli di motivo
quisto del sapere. A una di queste accademie, dal nome del a intitolarlo con greca derivazione Hermathena, e ad intitola-
suo fondatore chiamata bocchiana146 fu ascritto il Sambigucci re la sua scrittura In hermathenam Bocchiam interpretatio.
nel 1546; e questo solo, quando pure mancassero maggiori (Bononiae, apud Antonium Manutium Aldi filium, 1556, un
prove, argomento bastevole per farci capaci del buon nome vol. in 4). Imprese il Sambigucci in questa lezione a dimo-
strare, siccome loggetto primario dellaccademia fosse quello
145. Oltre la Bocchiana, di cui parleremo nella nota seguente, fiorirono di promuovere gli studi filologici, e come a questintenzione
in Bologna nel secolo XVI le accademie del Viridario fondata dallAchil- egregiamente rispondessero i pochi motti dal Bocchi apposti
lini, de Sonnacchiosi, de Sitibondi, de Desti, degli Oziosi, de Desiosi, al simbolo CII, nel dedicarlo a Stefano Sauli insigne letterato
degli Storditi, dei Confusi, dei Politici, degli Instabili, degli Umorosi, e genovese. Imperocch, leggendosi nella parte superiore del-
quella del Convivale, di cui fu membro Carlo Sigonio. Oltre lOrlandi, il limpresa, sapientiam modestia, progressio eloquentiam, felici-
Quadrio ed il Mazzucchelli, i quali ne parlano nelle opere loro, pi di- tatem haec perficit; e nella parte inferiore, sic monstra do-
stinte notizie ne ha date il conte Fantuzzi nella storia degli Scrittori bolo-
gnesi (tomo I, parte I). mantur; me duce perficies; tu modo progredere; tolse da ci
146. Il suo fondatore fu Achille Bocchi cavaliere bolognese, il quale la argomento ad illustrare filosoficamente collinvenzione del
raccolse circa il 1546. Il Quadrio (tomo I, p. 56), citando la testimonian- simbolo lintenzione dellinventore, espressa mirabilmente ne-
za del Doni, la disse fondata dal dottissimo Cavalieri: ma il conte Maz- gli allegati concetti. E dimostr in primo luogo, che lamore
zucchelli (Scritt. ital., tomo II, parte III, p. 1389) ha osservato, che nel allo studio, la modestia, la pazienza e la fatica possono esse
passo del Doni citato dal Quadrio corse errore tipografico, e che dee sole condurci quaggi alla terrena beatitudine, frenando gli
leggersi dal cavaliere Achille Bocchi. Laccademia bocchiana fu partico-
larmente intesa alla correzione dei libri che si pubblicavano colle stam- appetiti sregolati e le tumultuose passioni; ma che ci non ba-
pe: a tal fine il Bocchi fabbric una magnifica casa, di cui dice gran lodi stando a satisfare i nostri desideri, bisogna con tali mezzi le-
il Pigna (Romanzi, p. 100), e in essa pose una nuova stamperia, dalla var la mente pi in alto, e cercare fuori di noi quella felicit
quale poi uscirono alcuni libri, nei quali si legge: in aedibus novae aca- che mai potremo trovare in noi stessi. Quindi entra a ragiona-
demiae bocchianae (vedi Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, to- re del sommo bene, della divinit, delle intelligenze superiori,
mo VII, parte I, lib. I, p. 219). Achille Bocchi fu assai perito della greca e dellanima umana e dellamore. E poi, scendendo a classificare
della latina letteratura, e nelle sue poesie prese il nome di Filerote. Di lui
ci lasciarono ampie notizie il conte Mazzucchelli (loc. cit.), il conte Fan- le diverse specie di questo amore, luce e moto dogni pensiero
tuzzi (Scrittor. bologn., tomo II, p. 217 ss.) e il Zanotti (Comment. de Bo- e dogni vita, discorre con belle parole e con pi grave senno
non., instit., tomo I, p. 10). dellamor divino, e del come esso infuso negli animi nostri,

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e quanto esso solo, purch il vogliamo, pu levarci al disso- Figo ed il Sugner, poeti e letterati sassaresi, lamentando lacer-
pra di questa creta mortale che vela uno spirito immortale bit della morte loro, accaduta mentre ei dimorava in Bolo-
emanato da Dio. Questo in sostanza il principale assunto gna. Bellissima questepistola per leleganza del sermone e
sul quale si aggira la lezione accademica del Sambigucci; ed per la nobilt de sentimenti co quali egli rammenta i benefizi
egli lo tratt con molto apparato di erudizione e con raro a lui impartiti dallAlepus: n meno bella la prefazione, con
splendore di lingua latina, sicch pu dirsi, essere assai poche cui volgendosi ai suoi colleghi accademici, glinvita allo studio
le scritture di tal genere, nelle quali sieno cos felicemente delle scienze ed allamore della fatica, senza la quale n la sa-
congiunti la sapienza e lo stile. Il pi perfetto platonismo tra- pienza si acquista, n si conserva il sapere. Dopo la pubblica-
spare da ogni pagina di quel discorso: si vede che lautore era zione di questa scrittura sono scarsi i ricordi rimastici del Sam-
informato da questo genere di filosofia, e che lontano dalle bigucci: per non cessano affatto dal 1556, come si ripetuto
astrattezze ideologiche delle altre scuole, era intimamente erroneamente da alcuni scrittori. Imperocch sappiamo dal
persuaso, essere vane le cognizioni e lo studio, se ad uno e Fara, chegli vivea ancora nel 1567,148 e che copriva in tal an-
supremo fine non si riferiscono. Gli ultimi capitoli della lezio- no la carica di protomedico generale di Sardegna. E questo
ne sono propriamente la parte filologica del discorso; percioc- autore medesimo, nel tributargli poi nelle ultime pagine de
ch vi interpretata lallegoria del simbolo, ed in poche, ma suoi Annali sardi breve ma sincerissimo elogio, ricord pure
dotte pagine, esaurito quanto in tal rispetto poteano in que la di lui morte immatura, e quanto da ci alla sua patria deri-
tempi somministrare di lume la greca mitologia e le lettere vato ne fosse menomamento di gloria. Il Sambigucci coltiv
profane. Dedic il Sambigucci questo lavoro allarcivescovo ancora felicemente la poesia, ed oltre la testimonianza del Fa-
Alepus, suo mecenate; e nellepistola dedicatoria, dopo aver ra, che lo chiama filosofo, medico e poeta insigne, i versi del-
parlato dellaccademia bocchiana, della sua instituzione, della lAraolla, che gli fu discepolo ed amico, non lascian luogo a
protezione accordatale, prima da papa Paolo III, e poi dal dubitarne. La di lui morte accadde sicuramente dopo il 1567;
cardinale Alessandro Farnese, dello stato di decadimento cui ma non improbabile che egli vivesse ancora nel 1570.
era quindi venuta per le guerre sanguinose che nella met del BIBL.: Sambigucci, In hermath. bocch. inter.; Fara, De essent. in-
secolo XVI desolavano lItalia, e della ristaurazione fattane nel fant., proxim. infant. e pubert., cap. XXXII, num. 5, p. 188; Fara,
1556,147 tocca brevemente della condizione di sua famiglia, De reb. sard., lib. IV, p. 415; Araolla, Rime spirit., canto VI; Ind. de
del padre, dei fratelli e degli amici suoi, tra i quali ricorda il las cos. memor. contenid. en los libros y archiv. de la iudad de Sa-
cer, ms., anno 1502; Bologna, Relaion de la invenc. de los mart.
147. Il Tiraboschi (loc. cit.) crede che la bocchiana sia probabilmente turrit., p. 4; Cossu, Notiz. della citt di Sassari, cap. XII, p. 85;
quellaccademia medesima di cui parla Annibal Caro in una lettera del Manno, Stor. di Sard., tomo III, pp. 481-483.
13 luglio 1555 diretta a M. Vincenzo Fontana (Lett. famil., tomo II, lett.
48); la quale accademia approv la sua Apologia contro il Castelvetro, e 148. Questo illustre scrittore nel trattato legale de essentia infantis ecc. da
lo richiese inoltre del suo ritratto (lett. 109, 126-127, 175). Se questa opi- lui composto e dato alla luce nel 1567, parla del Sambigucci come duo-
nione fosse vera, il Sambigucci sarebbe uno degli accademici che ap- mo ancor vivente in quellanno. Ecco le sue parole istesse nel cap. XXXII,
provarono la suddetta Apologia, la quale poi venne in luce nel 1558 col num. 5, p. 188 (Ediz. dei Giunti di Firenze): et dominum Gavinum Sam-
titolo: LApologia degli accademici dei Banchi di Roma contra M. Lodo- bigutium sardum saxarensem, virum cum paucis philosophiae et medici-
vico Castelvetro da Modena, aggiuntivi al fine i mattaccini. Ma noi, per nae peritissimum, et totius regni Sardiniae prothomedicum meritissimum
onore del Sambigucci e dellintera accademia bocchiana, non vogliamo in aurea interpretatione ad Hermathenam Bocchiam, cap. IV, col. 3.
in ci seguire lopinione del sommo istorico della letteratura italiana, Quindi dal Fara istesso, che da taluni citato in testimonio per affermare
perch lapologia del Caro uno dei pi infami libelli che abbiano diso- che dal 1556 non si hanno pi notizie del Sambigucci, sappiamo chegli
norato lumanit e le lettere, piena essendo dingiurie e di villanie. viveva ancora nel 1567, e che era protomedico generale dellisola.

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Sangiust o Sanjust Dalmazio, cittadino cagliaritano molto di- e lespugnazione del forte castello di Sanluri. Quindi fu man-
stinto per il suo valore, il quale visse nel secolo XV. Nel 1420 dato dallo stesso sovrano con un buon nerbo di truppe alle-
milit nella guerra di Corsica sotto gli stendardi dellesercito spugnazione di Villa di Chiesa, la quale egli prese dassalto nel
aragonese capitanato dal re D. Alfonso V. Fu presente allespu- 4 luglio dello stesso anno, cacciandone colle armi il presidio
gnazione di Calvi ed allassedio di Bonifazio; ed essendosi se- che la custodiva, ed affidandone interinalmente il comando a
gnalato per la sua bravura tra gli altri guerrieri che sosteneva- Guantino de Sena (forse suo fratello), che molto si era gi di-
no quelle imprese, il suddetto re D. Alfonso gli concedette in stinto in quella guerra. Il suo valore e la fede per la causa re-
feudo nell8 febbraio 1421 le ville di Furtey e Villa-greca nella gia furono ricompensate nel 1421 dal re D. Alfonso V, il qua-
regione di Nuraminis. Tale concessione gli fu poi confermata le, con diploma spedito in Messina nel 7 febbraio di detto
nel 10 aprile 1426; ma morto essendo senza prole, fu rinnova- anno, gli concedette in feudo le ville di Laconi, Genoni, Nu-
ta nel 19 febbraio 1456 a favore di Antonio Alberto suo fratel- rague, Decimo e Nurallao. A queste possessioni egli poi ag-
lo, che fu in Sardegna il ceppo dellillustre casata dei Sanjust, giunse quelle di Sanluri e Domiguella (forse il Donigalla o il
poi conti di S. Lorenzo. Da questo stipite discendevano Fran- Fluminella del Fara) comprate nel 20 marzo 1427 da Galze-
cesco e Felice Sangiust governatori di Sassari nel declinare del rando di Santapace; le quali quindi nel 1436 diedero occasio-
secolo XVII, e quel cav. Sangiust conte di S. Lorenzo, il quale ne allo stesso re D. Alfonso di elevarlo alla dignit di viscon-
nel 1708 diede s belle prove della sua fede verso Filippo V re te di Sanluri con diploma spedito a d 8 luglio nella citt di
di Spagna, allorch le armi imperiali occuparono la Sardegna Taranto.149 Da questo punto cessano intieramente le notizie
a nome di Carlo arciduca dAustria. della sua persona, e cominciano quelle de suoi discendenti, i
BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. XIII, cap. VIII; Fara, De reb. quali portarono ancora per circa un mezzo secolo il titolo di
sard., lib. IV, p. 340; Vico, Hist. gen. del reyno de erd., parte VII, visconti di Sanluri.
cap. XXXVIII, fol. 62; Cossu, Notiz. di Cagl., cap. XII, p. 192; Bacal- BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. X, cap. LXXXVII; Fara, De reb.
lar, Coment. de la guer. de Esp., pp. 313, 409; Manno, Stor. di Sard., sard., lib. III, p. 320; lib. IV, p. 348; Vico, Hist. gen. del reyno de
tomo III, p. 183; tomo IV, p. 38. erd., parte VII, cap. XIII, fol. 29.

Sanluri Giovanni de Sena, I visconte di, valoroso capitano Sanluri Antonio de Sena, II visconte di, figlio del preceden-
del secolo XV, ed uno dei pi potenti sostenitori del dominio te. Fu come il padre, assai valoroso, e fedele ai monarchi
aragonese in Sardegna. Intervenne a tutte le fazioni militari aragonesi. Milit prima a proprie spese sotto il re D. Alfonso
che nel principio di detto secolo furono guerreggiate tra i re- V nella guerra di Napoli, e nel 1436 si trov presente alla fa-
gi ed il visconte di Narbona, e si segnal per la sua bravura; zione combattuta sotto le mura di Teano, nella quale capita-
ma dove fece maggiormente risplendere la sua abilit ed il nava alcune squadre da lui stipendiate. Alle opere della mano
suo coraggio, fu nella famosa battaglia di Sanluri combattuta
nel 30 giugno 1409, nella quale contribu egregiamente colla 149. Nellistesso anno 1436 Giovanni de Sena compr le ville di Quar-
sua intrepidezza a far calare la vittoria a favore degli aragone- tuccio, Pirri, S. Frediano, Fluminella e Sebolles (vedi Fara, De reb. sard.,
si. D. Martino re di Sicilia, che comandava in quella giornata lib. IV, p. 348). Le suddette ville costituivano la baronia di Quarto, co-
me attesta il Vico, il quale inoltre aggiunge, che lo stesso Giovanni de
lesercito regio, dovette a lui principalmente la salvezza della Sena compr nel medesimo giorno 20 luglio 1436 dal fisco aragonese
sua persona, la rotta delle genti capitanate dal pretendente le ville di Guilarza, Abbasanta e Aidomaggiore (Vico, Hist. gen. del rey-
narbonese e da Brancaleone Doria, la prigionia di questultimo no de erd., parte VII, fol. 29).

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aggiunse il sacrifizio dei propri averi, e fu uno dei baroni sar- del secolo XV. Le prime sue azioni militari appartengono al
di i quali pi si distinsero per coraggio e per generosit.150 Mi- 1476, nel qual anno egli prese a condurre contro gli aragonesi
lit ancora nella guerra fiorentina, e ritornato in Sardegna do- una porzione dellesercito del marchese di Oristano. Diverso
po la met del secolo XV, si mescol in tutti i combattimenti assai da suo padre, il quale si era sempre tenuto in fede verso
sostenuti dalle armi regie contro il famoso marchese di Orista- i novelli dominatori della Sardegna, segu apertamente le parti
no. Ma la sanguinosa battaglia dUras, guerreggiata presso la di Leonardo Alagon; e ardimentoso per giovent, intese con
chiesa di S. Salvatore nel 14 aprile 1470, fu molto fatale per virile animo a liberare la patria da suoi oppressori. Nel sud-
lui. Comandante di una divisione dellesercito regio, pugn detto anno 1476 si pose alla testa di sei mila uomini, ai quali
con molto valore nel principio della zuffa: per nellardore soprastavano ancora Artaldo e Luigi Alagon; prese per forza i
del conflitto, e quando la vittoria cominci a piegare a favore castelli di Marmilla e di Monreale, e le terre di Guspini e di
dei sardi, tocc una grave ferita per cui poco dopo cess di Santgani; e spingendo la marcia fino a Cagliari, cinse quella
vivere. Leonardo Alagon, bench vittorioso e nemico, rispett citt di assedio, simpadron del porto, pred alcune navi che
la sua sventura; e dacch si rese estinto, lo fece seppellire vi ancoravano, e pien tutto il paese dintorno di uccisioni,
onoratamente nella chiesa di S. Francesco di Oristano. Non dincendi e di spavento. Il vicer Carroz, e Pietro Pugiades
bisogna confonderlo con Antonio de Sena suo nipote, nativo governatore di Sassari tentarono invano di arrestare il corso
ancor esso di Sardegna, il quale visse negli ultimi anni del XV delle sue armi: spregiando ugualmente glinviti che le minac-
e nei primi due del secolo XVI. Costui fu figlio di Pietro, e pa- ce, egli non abbandon vilmente, come altri fece, le sorti di
dre di Francesco de Sena; guerreggi con molta bravura con- Leonardo Alagon; ma operando di concerto con lui in tutte le
tro i francesi nel regno di Napoli sotto gli stendardi di Ferdi- fazioni di quel tempo, oppose alle violenze dei ministri insu-
nando il Cattolico, e mor nel 1502 per mano degli stessi lari di Giovanni II re di Aragona la forza del suo braccio e la
francesi, che lo aveano fatto prigioniero di guerra. fermezza del suo carattere. Condannato nel 15 ottobre del-
BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. XVIII, cap. XXVIII; Fara, De reb. lanno seguente alla pena capitale, ritorn alle offese pi fe-
sard., lib. IV, pp. 348, 365, 393; Vico, Hist. gen. del reyno de erd., rocemente che per lo innanzi; e nel finire del 1477 e nel co-
parte VII, cap. III, fol. 10, num. 17; cap. XIII, fol. 29, num. 4; Arca, minciare del 1478 scorse con numerose bande armate il
De bello et inter. march. Orist., ms. Logudoro, e devastando col ferro i paesi e le terre tutte sog-
gette al real dominio, le obblig a dichiararsi a favore del
Sanluri Giovanni de Sena, III visconte di, figlio del prece- marchese di Oristano. Il solo castello di Ardara, di cui egli
dente, guerriero ancor esso di chiaro nome, ed uno forse dei tent lassalto con due mila e cinquecento soldati, resistette
pi prodi che abbiano vissuto in Sardegna nella seconda met allimpeto delle sue armi; n fu pi felice per lui la giornata
del 28 gennaio 1478, nella quale con Artaldo Alagon fu scon-
150. Troviamo infatti che, mentre militava sotto i vessilli aragonesi, ven- fitto presso il villaggio di Mores dalle truppe sassaresi capita-
dette molte possessioni avute in retaggio da suo padre. Cos nel 1440 nate da Angelo Marongio. Mentre guerreggiava in tal modo
vendette ad Antonio Cubello II marchese di Oristano le ville di Guilar- per sostenere le ragioni del potente dinasta sardo, non trala-
za, Abbasanta e Aidomaggiore (Vico, Hist. gen. del reyno de erd., par- sciava di proporre la pace alla corte di Aragona. Alcune lette-
te VII, cap. III, fol. 10, num. 17); e nel 1453 vendette pure a Pietro
Geoffr la villa di Genades o Tenades (forse Genoni conceduta in feu- re da lui scritte nel 1477 a Ferdinando re di Castiglia, e la pro-
do a suo padre nel 1421) nella Incontrada di Parte Valenza (Manno, posizione di un lodo per decidere le controversie, fatta nello
Stor. di Sard., tomo II, p. 416, in nota). stesso anno dal marchese di Oristano, ne rendono la pi certa

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testimonianza. Ma il monarca aragonese, ambiendo sempre prigionia perpetua, e gli fece confiscare tutti i beni, tra i quali
ed ardentemente agli stati di Arborea, ed assicuratosi dei ne- la viscontea di Sanluri, che donata poi da Ferdinando il catto-
mici esterni per la tregua conchiusa coi genovesi, col duca di lico a Enrico Enriquez suo zio, pass dindi a pochi mesi a
Milano e col re di Napoli, ricus con pertinacia ogni profferta potere dei Castelv. Ritenuto cattivo in quel carcere, non pot
di accordo. Gli aiuti sopravvenuti da Sicilia e da Napoli allar- poi mai riavere la libert, e vinto dal dolore della propria
mata reale stanziata in Sardegna, e la mediazione del conte sventura, vi fin circa il 1490 miseramente la vita.
di Cardona e di Giovanni Villamarin impedita dalla perseve- BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. XX, cap. XVIII; Fara, De reb.
rante inimist del vicer Carroz, non lasciarono pi luogo a sard., lib. IV, pp. 367, 371-372, 376-381; Vico, Hist. gen. del reyno
speranza veruna. Lultima prova della combattuta famiglia di de erd., parte VII, cap. XIII, fol. 29, num. 4-5; Arca, De bello et in-
Leonardo Alagon era gi imminente. Il visconte di Sanluri ter. march. Orist., ms.; Memor. del march. di Coscoj., num. 2-3, 32.
non abbandon in tanto cimento lantico suo fratello ed ami-
co. La terra medesima che li avea veduti nascere, dovea pure Sanna Lorenzo e Giovanni, valorosi fratelli, nativi di Figulinas,
vederli pugnare valorosamente insieme, e insieme soccombe- i quali nel secolo XIV rendettero importanti servizi ai re di
re sotto lenorme peso di una potenza straniera. Capo supre- Aragona. Essi si erano gi distinti in molte onorate fazioni,
mo dellesercito sardo era lo stesso marchese di Oristano: ed aveano esposti per la causa regia gli averi e la vita, allor-
Giovanni de Sena era uno dei capitani che soprastavano alle ch nel 1354 D. Pietro IV il Cerimonioso con diploma spedi-
schiere minori. Risoluti entrambi, entrambi valorosi, spinsero to da Alghero li rimuner generosamente delle loro fatiche.
la marcia fino a Macomer. In quelle pianure, gi rinomate per Ma nel 1368 diedero maggiori prove di coraggio, combatten-
le ruine dellantica Macopsissa, dovea perire per sempre la do con molta bravura sotto le mura di Oristano contro Ma-
fortuna di Arborea. La battaglia del 19 maggio 1478 fu una riano IV regolo di Arborea. Capitani di alcune compagnie di
delle pi sanguinose e crudeli che si rammentino nella sarda fanti sotto gli ordini del luogotenente generale Pietro di Lu-
istoria. Il visconte di Sanluri vi fece prove maravigliose di abi- na, sostennero nel principio della zuffa limpeto delle truppe
lit e di coraggio: puntando fra i primi, fece piegare dapprima arboresi; ma poi, essendo caduti uccisi sul campo di batta-
una delle ale dellesercito nemico; ma poi alla sua volta fu ob- glia il generale de Luna, Filippo suo fratello, Pietro Pinna di
bligato a ripiegare ancor esso. Sostenuto dalle nuove squadre Minutadas, e molti altri valenti guerrieri, per lo che lesercito
mandategli in soccorso dallAlagon, torn gagliardamente alle aragonese fu messo in fuga, furono fatti prigionieri di guer-
offese: i regi sostennero limpeto, e rinfrescata bravamente la ra, e quindi scambiati da Mariano IV cogli ostaggi restituiti
battaglia, lo ributtarono indietro con molta uccisione de da Alberto Zatrillas governatore di Cagliari.
suoi. Cos stette per alcune ore dubbiosa ed incerta la vitto- BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. X, cap. I; Fara, De reb. sard., lib.
ria, finch ucciso Artaldo Alagon, e rotte da ogni parte le III, p. 305; Vico, Hist. gen. del reyno de erd., parte V, cap. XXVII,
genti arboresi, fu costretto a cedere il campo ed a riparare fol. 103, num. 14; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 97; Ribera, Ge-
cogli altri fuggitivi nella citt di Bosa. Col prese imbarco neal. de la fam. de Cervell., pp. 239-240.
colla famiglia degli Alagon per cercare la propria salvezza in
terra straniera; ma tradito da vile e mercenario uomo, e con- Sanna Giovanni, pio e zelante prelato, nativo di S. Lusso-
segnato in Palermo allammiraglio della flotta aragonese, fu rio, grosso villaggio del capo settentrionale della Sardegna,
prima condotto a Barcellona, e poi rinchiuso nel forte castello il quale visse nel secolo XVI, e mor nel 1607. Fu prima de-
di Sciativa. Il re D. Giovanni gli commut la pena capitale in cano del capitolo di Ales; e poi, segnalato essendosi per

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lardente sua carit nel riscatto di molti schiavi sardi, con tra- di Scano, e cess di vivere prima del 1742.151 Fu teologo ed
sferirsi per tal fine ad Algeri ed alle altre reggenze dAfrica, fu oratore di buon nome, secondo il gusto di quei tempi. Ab-
elevato nel 1586 al vescovado di Ampurias e Civita. In questa biamo di lui una scrittura intitolata Festivos cultos, publicos
sede egli rifulse per le sue virt e per la piet verso i pove- aplausos, y oraciones panegiricas en la canonizacion del S.
relli. Si distinse ancora per magnificenza e per generosit pontifice Pio papa V ecc., Caller, en la emprenta del Real
nelle opere pubbliche, tra le quali devessere rammentata Convento de S. Domingo, 1714 (un vol. in fol.). questa
lerezione della chiesa cattedrale di Castelsardo intitolata a S. unampia relazione delle feste che si celebrarono nel con-
Antonio, e la fabbrica di un ponte sul fiume Coghinas, seb- vento dei frati predicatori di Cagliari dal 13 fino al 21 ottobre
bene questultima non pot poi essere recata a compimento. 1712 per la canonizzazione del sommo pontefice S. Pio V,
A lui sono dovute le fondazioni di due case gesuitiche, una nella quale sono minutamente descritte le baldorie, le lumi-
in Cagliari per il noviziatico, per la quale don ottomila du- narie e le processioni fatte in tale occasione, oltre le poesie
cati, e laltra in Sassari col titolo di Casa professa di Ges latine e spagnuole, e le orazioni panegiriche, scritte per le
Maria, per la quale erog venticinque mila scudi. Nellanno stesse festivit, le quali vi sono fedelmente riportate, e tra le
istesso, in cui questultimo edifizio fu compito, cio nel quali quella recitata dal Sanna la prima. La relazione pre-
1607, questo esimio e virtuoso vescovo termin piamente i ceduta da un sunto istorico delle gesta degli uomini pi
suoi giorni. chiari in virt ed in lettere dati alla Sardegna dallordine do-
BIBL.: Vico, Hist. gen. del reyno de erd., parte VI, cap. XI, fol. 46; menicano,152 delle diverse fondazioni cenobitiche dello stes-
Soggio, Vida de los SS. mart. turrit., lib. III, cap. XII, ms.; Mattei, so ordine seguite nellisola, e delle notizie pi importanti re-
Sard. sacr., p. 188; Guiso, Synod. dioeces. Ampur., p. 255; Manno, lative al convento dei predicatori di Oristano, tra le quali sono
Stor. di Sard., tomo III, pp. 425-426, in nota. specialmente da notare due diplomi del XIII e XIV secolo
pertinenti a due antichi regoli di Arborea Pietro II e Pietro
Sanna Gio. Leonardo. Nacque in Cuglieri da nobili parenti III re di Arborea. Sieguono a modo di appendice alcune idee
nell8 giugno 1680. I primi rudimenti del sapere apprese nel-
la patria; ma poi, trasferitosi alla capitale dellisola, chiamato-
151. Riferiamo tutti gli accennati fatti ad una istessa persona, perch
vi da D. Salvatore Sanna suo zio, il quale era canonico di crediamo che il Gio. Leonardo Sanna autore dellopera Festivos cultos
quella cattedrale, ed occupava il posto di giudice di appella- ecc. non sia diverso dal Gio. Leonardo Sanna vescovo dAmpurias e di
zioni e gravami, continu col li suoi studi, e laureossi in Bosa, di cui parla il Mattei: ed a crederlo cinducono, oltre la identit
teologia ed in ambi i diritti. Avendosi fatto un nome assai di- del nome, della patria, e degli uffizi da lui sostenuti, la coincidenza dei
stinto co suoi talenti e colla sua dottrina, fu eletto prima col- tempi; perciocch sembra che il Gio. Leonardo Sanna di Cuglieri nato
nel 1680, secondo il Mattei, e creato vescovo nel 1736, sia una sola e
legiale, e poi rettore della regia universit degli studi di detta medesima persona col Gio. Leonardo Sanna, gi oratore nel 1712, ed
citt. Fu inoltre canonico della primaziale e vicario generale autore dellallegata opera nel 1714. Per, se la nostra conghiettura sar
dellarcivescovo di Cagliari, quindi giudice apostolico di ap- con certi documenti dimostrata erronea, siamo pronti a ritrattarci.
pellazioni e gravami, e finalmente elevato alla sede vescovi- 152. Di questo sunto ci siamo prevaluti in molti luoghi del presente Di-
le di Ampurias e Civita nel 26 settembre 1736, dalla quale fu zionario, giovandoci delle notizie nel medesimo contenute, come a
qualunque legge sar fatto manifesto dalle citazioni che scrupolosa-
traslatato nellanno seguente allaltra di Bosa. In questultima mente scrivemmo a pie di ogni articolo. Ma in molti luoghi ancora tra-
diocesi dispieg molto zelo per lincremento della religione sandammo lautorit del Sanna; locch ci accadde spesso, laddove le
e del culto, fece ristaurare la chiesa parrocchiale di S. Pietro notizie da lui riferite non si accordano col buon senso e colla critica.

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o considerazioni (ideas) desunte dallevangelio delle festivit Sanna Lecca Pietro, giureconsulto cagliaritano, nato nel prin-
di S. Pio V e dalle otto orazioni recitate per la sua canoniz- cipio del secolo XVIII, e morto in Torino nel declinare dello
zazione, ed altri panegirici di diversi autori, il primo dei qua- stesso secolo. Esercit prima nella sua patria lavvocazione nel
li per la canonizzazione di S. Felice da Cantalice, detto in foro con molta lode dingegno e dintegrit; poi fu promosso
Cagliari nel 13 novembre 1712, dello stesso Sanna. La sud- alluffizio di avvocato del patrimonio del fisco, ed in ultimo
detta relazione pregevole, se non altro, per le varie notizie alla carica di reggente di toga del supremo consiglio di Sarde-
che vi sono raccolte,153 tra le quali non lasci lautore di re- gna. Mentre si trovava costituito in tale dignit, ebbe lincarico
gistrare quelle che appartenevano alla sua persona, ai suoi dal re Carlo Emmanuele III di compilare e ridurre in un sol
studi, ed alle diverse ed importanti incumbenze, delle quali corpo tutte le leggi bandite dai Reali di Savoia per i nuovi
fu onorato. Lo stile anzi stracurato che piano; e nelle ora- sudditi di Sardegna, lo che egli esegu con molta intelligenza
zioni, dove il Sanna volle far prova di eloquenza, ampollo- e fatica, avendo per compagno in tal lavoro laltro suo con-
so e pieno di allegorie, di figure e di erudizione talvolta nazionale D. Francesco Pes, che occupava allora il posto di
inopportuna. Difetto questo pi dei tempi che dellautore, il consigliere nello stesso consiglio supremo Pes Francesco.
quale, avuto riguardo alla sua et ed al gusto spagnuolo al- La collezione fu ultimata nel 1774 sotto il regno di Vittorio
lora dominante in Sardegna, uno dei meno inculti scrittori Amedeo III, cui il Sanna Lecca la dedic nellanno seguente,
che abbiano illustrato la sua patria. nel quale appunto fu fatta di pubblica ragione co tipi della
BIBL.: Sanna, Festiv. cult. per tot. op.; Mattei, Sard. sacr., pp. 191, reale stamperia di Cagliari e col titolo di Editti e Pregoni ed
206; Guiso, Synod. dioeces. Ampur., p. 256. altri provvedimenti emanati pel regno di Sardegna ecc. (tre
Nel secolo XV visse ancora un Leonardo Sanna, che fu del vol. in fol.). preceduta da una lunga Introduzione, colla
consiglio degli anziani ed uno degli ambasciadori spediti ad quale il compilatore rende ragione del piano dellopera; que-
Alghero nel 1420 dal comune di Sassari, per proferire il giura- sta divisa in titoli, ed i titoli suddivisi in ordinazioni; ed il
mento di fedelt ed aiuti al re di Aragona D. Alfonso V. volume terzo un indice ragionato delle materie contenute
nei primi due volumi. Questo corpo di leggi patrie molto
BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. IV, p. 338; Manno, Stor. di Sard., tomo
III, p. 183, in nota. stimabile, non cos per lordine e per la chiarezza, di cui in
molti luoghi manca la collezione, come per la saggezza dei
provvedimenti, i quali fanno fede delle incessanti cure adope-
153. Oltre le notizie istoriche, delle quali si fatto cenno nella nota rate da Carlo Emmanuele III e da Vittorio Amedeo III per ri-
precedente, altre ve ne sono di minore importanza, tra le quali il dono
della statua in argento di S. Giacomo apostolo, e del ricchissimo pallio, chiamare la Sardegna ad una migliore esistenza politica.
fatto al convento di Buonaria dal marchese Valero vicer di Sardegna, e BIBL.: Editti e Pregoni ecc.; Manno, Stor. di Sard., tomo IV, pp. 239,
dal principe di Piombino. Riferisce ancora tra le altre cose, che lo sten- in nota, 318, in nota.
dardo ottomano esistente al suo tempo nel suddetto convento fu dona-
to dai sardi guerrieri che pugnarono in Lepanto sulla nave capitana, in Vissero ancora, prima e dopo il sopraddetto Sanna Lecca, due
cui era Don Giovanni dAustria, citando lautorit di Gerolamo di Ca- giuristi e due oratori dello stesso cognome. Il primo Gio.
stiol (lib. II, cap. XVIII), riportata dal Vitale nellegloga IV de mistica Francesco Sanna, del quale si pubblicarono alcune consulta-
Sardiniae fertilitate; la quale notizia per abbisogna di conferma. E per
ultimo, chiama eccellenti le composizioni musicali fatte in occasione zioni forensi, citate dal Quesada Pilo nelle sue Controversie, e
delle festivit per S. Pio V da Filippo Falconi romano, maestro della specialmente nella controversia XXXVII, p. 428: laltro Ga-
cappella dei suonatori di Cagliari. briello Sanna, del quale si hanno pure alcune scritture legali

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stampate in Sassari in tempi diversi, ed aventi, ciascuna sepa- Lautore nascose in entrambi il proprio nome, e prese quello
ratamente, il titolo di allegazioni di diritto (Allegationes juris). di P. Mariano Pistofilo degli Eusebi di citt Geropoli, forse per
E gli oratori furono Antonio e Vincenzo Sanna, vissuti entram- evitare linvidia e la prepotenza dei tempi: ma il Cernitori, che
bi nello scorso secolo, dei quali esistono alcuni panegirici dati lo conosceva di persona, fece sapere al mondo letterario, che
alla luce colle stampe. Del Vincenzo Sanna si hanno inoltre lo scrittore di quella diatriba era il P. Demetrio Sanna, dotto ex
alcune poesie edite in lode del cav. Angioy Gio. Maria, e di gesuita di Sardegna. Tra tutte le opere che si pubblicarono in
monsignore Astesan arcivescovo di Arborea. quellepoca contro gli errori del sinodo pistoiese, nessuna pi
di questa li combatt solidamente e vittoriosamente; come af-
Sanna Demetrio, teologo e controversista di buon nome, il fermano il suddetto Cernitori e il Caballero. Il secondo volume
quale fior nel declinare del XVIII, e nei primi anni del presen- singolarmente rimarchevole per la coraggiosa fermezza, con
te secolo. Nacque in Tiesi, cospicuo villaggio del capo setten- cui lautore vi prende la difesa dello stato monastico e regola-
trionale della Sardegna, nel 22 gennaio 1729 da Sebastiano re, attaccato con tanta violenza dai Ricciani e dagli altri nova-
Sanna, e da Giuseppa Tanca, e gli fu imposto nel battesimo il tori. Vi ancora dello stesso Sanna unelegante elegia latina in
nome di Demetrio Vittorio. Fatti in Sassari gli studi elementari insanientem theologum pistoriensem; ed inoltre avea egli pro-
di grammatica e di umane lettere, abbandon il secolo, e si fe- posto di combattere nuovamente a difesa della S. Sede contro
ce gesuita. Si distinse per la modestia delle azioni, e per linge- i settatori di monsignor Ricci, se la morte non avesse impedito
gno addimostrato nellapparare i principii della filosofia e della la pubblicazione delle sue dotte fatiche. Il Sanna viveva ancora
teologia; per la qual cosa fu mandato con altri gesuiti italiani al nel 1801 in detta citt di Fano, ma cos poveramente, che per
nuovo regno di Granata nellAmerica meridionale, per propa- sostentarsi fu costretto aprire in sua casa una scuola privata di
gare sempre pi tra quei popoli la fede e la civilt. Ma dopo latinit. Non godeva pi allora della pensione ex-gesuitica, e
alcuni anni di dimora in quella provincia, e specialmente in mor pochi anni dopo in tale stato dindigenza che gli furono
Lima, capitale del Per, torn a Sardegna, richiamatovi con al- fatti caritatevolmente il mortorio e la sepoltura.155
tri gesuiti sardi per opera del conte Bogino, ministro del re BIBL.: Cernitori, Bibliot. polemic., pp. 132-133; Caballero, Biblioth.
Carlo Emmanuele III, il quale insisteva particolarmente nel script. soc. Jes., supplem. I, p. 252.
promuovere lincremento dei loioliti nellisola. Arriv a Caglia-
ri verso il 1766, e vi rimase due anni non intieri, dopo i quali e dei suoi scritti; fuorch dal Cernitori e dal Caballero tra i forastieri, e
andossene a Roma, dove tenne stabile la sua dimora fin al tra nazionali dal sacerdote Antonio Ballistreri Mundula di Tempio, il
giorno in cui fu abolita la compagnia di Ges. Allora si ritir a quale nelle sue tesi teologiche, stampate in Sassari nel 5 giugno 1802,
Fano, citt dellUmbria, nella quale si acquist cos buon no- cita nella tesi IV lopera del peccato in religione ecc. per dimostrare
qual sia loggetto materiale e formale della fede. Di altri scrittori sardi
me per la sua dottrina, che fu per molti anni teologo privato che ne abbiano parlato, noi non abbiamo contezza.
di quel vescovo. Abbiamo di lui uneccellente operetta contro 155. Le notizie che riguardano il Sanna dal 1801 in appresso le abbiamo
il sinodo di Pistoia, la quale intitolata Il peccato in religione ricavate da una lettera autografa indiritta nel 4 maggio 1828 dal P. Gia-
ed in logica degli atti e decreti del concilio diocesano di Pistoia como Stanislao Bottini della compagnia di Ges al P. A. Lanteri della
ecc. (vol. II in 4). Il primo volume fu stampato in Assisi nel stessa compagnia, rettore del collegio gesuitico di Sassari. Nella medesi-
1791 da Ottavio Sgariglia, ed il secondo in Pesaro nel 1792.154 ma erano contenute distinte notizie del suddetto P. Sanna, e della po-
vert nella quale egli visse negli anni estremi di sua vita, e della morte
sua accaduta in Fano dopo il 1801. Per la qual cosa, ai cenni fatti dal
154. Sebbene il Sanna abbia vissuto in tempi assai poco lontani dal no- Caballero sugli scritti di questo dotto ex-gesuita sardo, abbiamo potuto
stro, tuttavia dai recenti non stata fatta menzione alcuna del suo nome aggiungere maggiori lumi sulla di lui persona.

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Santuccio Antioco. Nacque in Sassari nel 1723 o nel 1724 da


Francesco Santuccio, giurista di buon nome, il quale fu poi
giudice della reale udienza dellisola. Avviato per tempo nella
carriera degli studi, dopo aver apparato nella sua patria la
grammatica e le umane lettere, si applic alla teologia; ma
quando appunto accennava di voler proseguire nella via inco-
minciata, abbandonolla di un tratto, e intraprese il servizio mi-
litare. La saviezza della sua condotta, e la stima di cui perci
lonorarono i suoi superiori, lo fecero gradatamente pervenire
dai gradi inferiori al posto di tenente-colonnello del reggimen-
to sardo. Fu poi capitano della guardia del vicer di Sardegna,
e nel 1794 governatore di Sassari e riformatore del Logodoro.
Questultima destinazione era forse la meno propria per lui,
che dedito intieramente per indole e per vecchiezza alle prati-
che di religione, ignorava affatto le mene moltiformi della po-
litica, e larte di governare i popoli. A ci si aggiungevano la
difficolt dei tempi, e la contrariet dei partiti nei quali era al-
lora divisa la Sardegna. Egli non seppe conoscere gli uni, n
conciliar gli altri, e guidato unicamente dalla sua probit, e da
una fede illimitata verso il governo, cadde in grave fallo, lad-
dove appunto credea servir meglio al proprio onore ed ai do-
veri della sua carica. Le persone che pi lavvicinavano abusa-
rono di questo suo carattere di bont e di rettitudine, e per
mezzo di una lettera anonima, che appariva scritta da Cagliari
nel 9 luglio 1795, gli fecero credere, che i novatori della capi-
tale, gi padroni del volere e del potere pubblico, volessero
mettere la Sardegna nelle mani di Francia. Tanto bast, perch
egli si lasciasse sopraffare dal timore. Sped subito solleciti
messi al vicer inglese in Corsica e alla corte di Torino, espo-
nendo il grave pericolo cui lisola si trovava esposta, ed otten-
ne dal ministero piemontese la suprema facolt di agire per la
salvezza pubblica, indipendentemente dagli ordini del vicer
di Sardegna. I fatti posteriori chiarirono il governo del falso
allarme, cui avea dato occasione la credulit del Santuccio.
Il vicer e gli stamenti riprovarono la sua condotta; e le bande
paesane, dalle quali Sassari fu assediata e saccheggiata nel di- Santuccio Antioco. Copiato dal quadro in tela esistente nellospedale civile di
cembre 1795, lo arrestarono collarcivescovo della Torre, e lo Sassari.

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Sap Sar

tradussero a Cagliari per esservi giudicato. Ma questo giudizio, comprende nella serie degli scrittori mariani. Frate Salvadore
in cui la prova della sua fedelt sarebbe stata sempre superio- di Sardegna mor nel 1596 nel borgo di S. Elpidio in et di
re agli errori della sua debolezza, non si fece poi mai; e la settantanni, e con generale acclamazione di santit.
corte di Torino, la quale non ignorava la rettitudine delle sue BIBL.: Boverio, Annal. cappucc., tomo II, num. 1596; Wadingo, Syl-
intenzioni, lonor in appresso creandolo tenente-generale, e lab. script. fr. min.; Maracci, De script. Marian., parte II; De Arem-
affidandogli provvisoriamente le funzioni di generale delle ar- berg, Flores seraph., tomo II, pp. 685-687; Dionys. gen., Bibl. script.
mi del regno. Dopo breve intervallo fu messo onoratamente a ord. min. S. Franc., pp. 434-435, 505, 531; Bernard. a Bonon., Bi-
riposo. Restituito alla condizione privata, visse il rimanente dei bliot. script. ord. min. S. Franc., p. 226.
suoi giorni vita oscura e tranquilla, nota solamente per le ope- Appartennero allo stesso ordine dei cappuccini altri due sar-
re di piet, alle quali egli erasi consecrato del tutto. Mor nel di, insigni per santit di vita, e vissuti entrambi nel suddetto
1804 nellottantesimo anno dellet sua, e lasci erede univer- secolo XVI. Il pi antico fr. Vincenzo di Cagliari, il quale,
sale della sua ricca fortuna lo spedale civile dei poveri infermi dopo molti anni di orazione e di penitenza consumati nella
di Sassari. Fu uomo di costumi innocentissimi, istrutto nelle provincia siciliana dei frati minori di S. Francesco in qualit
umane e nelle divine lettere, integro, caritatevole, religioso, e di semplice converso, mor con fama di straordinaria virt
per bont danimo pi singolare che raro. nel 1541. Laltro frate Andrea di Villa di Chiesa (Iglesias),
BIBL.: Azuni, Hist. geogr. pol. de la Sard., tomo I, pp. 226-227 ss.; alunno della provincia di Toscana, dove prese labito france-
Mimaut, Hist. de Sard., tomo II, pp. 228-229 ss.; Manno, Stor. di scano in et di soli diecisette anni. Costui ritorn in Sardegna
Sard., tomo IV, p. 239, in nota.
con fr. Zefirino da Bergamo commissario generale del suo or-
dine, e fu destinato maestro del noviziatico, nel quale uffizio
Sappata o Zappata Pietro Sena Pietro de.
impieg piamente quasi tutta la vita sua. I doni particolari dei
quali fu privilegiato dalla Provvidenza, ed i miracoli ancora
Sardegna frate Salvadore di, frate converso dellordine di S.
che si dicono da lui operati in vari luoghi dellisola, sono dif-
Francesco, il quale si rendette chiaro per le sue virt, e fior
fusamente narrati dal dAremberg sulle tracce gi segnate dal
nel secolo XVI. Gli annalisti cappuccini non gli assegnano di-
stintamente la patria, ma scrivono generalmente chei nacque Boverio. Pieno di meriti, e con singolare opinione di santit
in Sardegna, e che fu alunno della provincia francescana nel- cess di vivere in Sassari nel 1602.
la Marca di Ancona. Raccontano che fu religioso di santa vita, BIBL.: De Aremberg, Flores seraph., tomo I, p. 86; tomo II, pp. 362-364.
e che oper cose molto prodigiose, specialmente in Ascoli, le
quali si possono vedere ampiamente riferite dal Boverio ne- Sardo Gio. Battista, gentiluomo nativo di Tempio, che molto
gli Annali, e dal dAremberg nei Fiori serafici. Sebbene non si distinse per la sua lealt e pel suo coraggio nel tempo del-
sapesse di lettere, fu privilegiato dal cielo di molta scienza la famosa guerra di successione al trono di Spagna. Egli usci-
delle cose divine, e si racconta che scrisse alcune orazioni in va da una famiglia illustre dello stesso nome, e si era sempre
onore di M. V. intitolate Coronae plures spirituales in hono- tenuto in fede verso Filippo V in mezzo ai parteggiamenti
rem Immaculatae Virginis Mariae, le quali furono approvate politici che divisero la Sardegna nel principio del secolo
dal P. Girolamo di Montefiore, allora generale dei frati cappuc- XVIII; ma poich lisola cadde nel 1708 in potere deglimpe-
cini. Di questo pio religioso fa menzione il Wadingo nel cata- riali, si ridusse a nutrire nel secreto del suo animo i sentimenti
logo degli scrittori dellordine minoritico; e Ippolito Maracci lo di devozione verso lerede e successore di Carlo II. Il Pes ed il

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Sar Sat

Valentino, caldi sostenitori del partito austriaco nella provincia Leide, comandante supremo delle truppe spagnuole, non vol-
di Gallura, tentarono reiteratamente di trarlo nella opinione e le osservare tale capitolazione, perch fatta dal Sardo senza
nella lega loro; ma egli ricus costantemente ogni profferta, e poteri, e li fece menare a Sassari prigionieri di guerra. Labilit
bench vedesse quei due suoi compaesani rimunerati dal nuo- e laccortezza usata dal Sardo in tale occasione gli acquist
vo governo con titoli marchionale e comitale, non venne mai nome nellisola, e meritogli le lodi della corte di Madrid. Egli
meno, per desiderio o per invidia, nella sua generosa costan- ne fu ricompensato con onori e con privilegi, dei quali godet-
za. Seguace del duca dAngi nella prosperit, non fu meno te ancora sotto la dominazione posteriore dei Reali di Savoia.
zelante per lui nellavversa fortuna; e quando appunto sem- La sua morte accadde probabilmente verso il 1754.
bravano pi disperate le sorti del principe francese, egli diede BIBL.: Bacallar, Coment. de la guer. de Esp., p. 410, ediz. in fol.; tomo
il raro esempio di una fedelt, che non labile come il varia- II, pp. 162-163, ediz. in 4; Manno, Stor. di Sard., tomo IV, pp. 67-68;
re degli accidenti e della vita. La fermezza del suo carattere Mimaut, Hist. de Sard., tomo II, p. 181.
gli serv di raccomandazione presso il governo spagnuolo, al-
lorch Filippo V ricuper nel 1717 la Sardegna in virt del fa- Satrillas Raimondo ed altri Zatrillas.
moso attentato del cardinale Alberoni. Egli fu destinato subi-
to comandante della Gallura, e gli fu contemporaneamente Satrillas Francesca Castelv Agostino di.
commessa la custodia del littorale di Terranuova, dove si te-
meva principalmente qualche sbarco nemico. Ma la povert Saturnino santo martire. Nacque in Cagliari da parenti cri-
dellerario sardo, e le vicende dei tempi non consentivano la stiani nel declinare del terzo secolo della Chiesa. Allevato
riunione di molte forze per opporsi ad una novella invasio- nel culto del vero Dio, si dimostr sin dalla prima sua giovi-
ne. Il cav. Sardo si trasfer sollecitamente con un drappello di nezza nemico deglidoli e delle superstiziose pratiche del
milizie paesane alla stazione assegnatagli dal marchese di S. paganesimo; per la qual cosa, accusato a Barbaro, preside
Filippo, il quale provvedea in quei frangenti con autorit su- della Sardegna sotto la persecuzione di Diocleziano e Massi-
prema alle cose tutte dellisola: per non s tosto vi giunse, miano, n avendo voluto sacrificare ai falsi numi, pat la
chebbe ad imbattersi con un battaglione bene agguerrito di morte pel nome di G. C. nel 30 ottobre del 303, o come altri
soldati tedeschi, destinati a rinforzare il presidio della piazza vogliono del 304. Le antiche leggende della sua vita sono di-
di Alghero. Allora, non potendo usare la forza con nemici scordanti in molte circostanze anteriori al suo martirio; ma
troppo superiori di numero, si avvis di cogliere tempo op- sono tutte uniformi in ci che riguarda la sua decollazione
portuno per sorprenderli; e infintosi uomo di parte imperiale, accaduta in Cagliari nel suddetto giorno 30 di ottobre, nel
si proffer ad essi per guida, e fattili volteggiare destramente quale la chiesa sarda fa commemorazione del suo giorno
per balzi e per montagne, li condusse ad una gola assai angu- natale. La piet dei fedeli eresse in Cagliari sin dagli antichi
sta, nella quale furono costretti a sfilare lentamente e con tempi, e forse non pi tardi del quinto secolo, una basilica
fronte molto ristretta. Lavveduto capitano Sardo diede in quel dedicata a S. Saturnino martire, la quale acquist poi nel se-
punto ai suoi compagni un segno gi convenuto; e i militi colo sesto celebrit di nome per il monistero erettovi in mol-
galluresi spianando repentinamente i loro fucili contro al pet- ta vicinanza dal famoso S. Fulgenzio vescovo di Ruspa. Que-
to dei tedeschi, li obbligarono a porre gi le armi, e ad arren- stanimoso propugnatore della fede cattolica vi men per
dersi a discrezione. Fu convenuto daglimperiali, chessi ritor- alcun tempo vita monastica con altri quaranta e pi compa-
nerebbero a Napoli donderano partiti; ma il marchese di gni del suo esilio, sotto la persecuzione di Trasamondo re

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Sel Sen

dei vandali Brumasio. Il corpo di S. Saturnino fu rinvenuto BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. XVII, cap. XL; Fara, De reb.
tra le rovine della suddetta basilica nel 12 ottobre 1621, ed sard., lib. IV, p. 362; Memor. del march. di Coscoj., num. 5-6 e
ora si venera nel santuario della chiesa metropolitana di Ca- nellalb. geneal.
gliari. Gli arcivescovi cagliaritani si intitolano priori di S. Sa-
turnino per il priorato di questo nome aggiunto alle qualifi- Sena Antonio de Sanluri Antonio de Sena, II visconte di.
cazioni loro da papa Eugenio IV nel 1444.
Sena Francesco de. Nacque pel declinare del secolo XV da
BIBL.: Martyr. rom. ad III kal. novemb.; Surio, Vit. dei Sant., tomo I; Antonio di Pietro de Sena, chiari entrambi per valor militare:
Mombrit, Act. SS., tomo II; Tillemont, Mmoires pour serv. a lhistoire
ecc., tomo V, p. 144; Fara, Corograph. sard., lib. II, p. 81; Serpi, imperocch lavo suo mor combattendo sulle mura di Girona
Cron. de los sanct. de erd., lib. III, p. 168 ss.; Arca, De sanctis Sard., nel 1462, e il padre fu ucciso nel 1602 dai francesi nel regno
lib. I, p. 1 ss.; Pinto, De Christ. crucif., tomo I, p. 440; Gazano, Stor. di Napoli. Il luogo della sua nascita non abbastanza chiarito.
di Sard., tomo I, lib. I, cap. VI, p. 106 ss.; Mattei, Sard. sacr., p. 44. Il Fara ed il Vico lo chiamano generalmente sardo di patria;
ma il Canales de Vega lo dice nativo di Alghero, sebbene non
Sellent Antonio, dottore in ambi i diritti e canonico teologale apporti di ci documento veruno. Intraprese ancor egli la car-
della cattedrale di Cagliari. Scrisse vari panegirici in lingua riera delle armi, e vi si distinse assai per tempo, imitando viril-
spagnuola, tra i quali merita special ricordo uno che ne com- mente lesempio dei suoi maggiori. I due primari storici di
pose in lode di N. S. sotto il titolo della Mercede. Lo dedic a Sardegna riferiscono chei fu chiaro nella milizia sin dai primi
fr. Bernardo Cariena Ypenza arcivescovo cagliaritano, e fu anni del secolo XVI: per non dicono quali sieno state le sue
stampato nella suddetta citt co tipi del real convento di gesta militari. La prima volta chegli comparisce negli affari
Buonaria dallo stampatore Ignazio Serra nel 1708 (in 4). pubblici della sua patria nel 1518; perciocch in questanno
pi probabilmente che nel 1524 fu nominato dallimperatore
Sena Guantino de Sanluri Giovanni de Sena, I visconte di. Carlo V governatore di Sassari e del Logudoro.156 Mentre co-
priva una tal carica, ebbe occasione di segnalarsi per la sua
Sena Pietro de, figlio secondogenito di Giovanni de Sena, fedelt e pel suo coraggio. Nel 1527 i francesi condotti da
primo visconte di Sanluri. Visse nel secolo XV, e milit onora-
tamente sotto i vessilli aragonesi. Nel 1462 mentre combatteva 156. In due luoghi parla il Fara della destinazione del De Sena a gover-
valorosamente sulle mura di Girona contro i ribelli barcello- natore di Sassari; nel libro IV (De reb. sard.), p. 403, e nello stesso libro
nesi, colpito da una bombarda cadde estinto sul campo di IV, p. 417; ma nel primo luogo assegna a tal destinazione lanno 1518,
battaglia. Ebbe in moglie marchesa Alagon sorella del famoso e nel secondo lanno 1524. Quale adunque noi crederemo che sia il ve-
ro anno, in cui il De Sena fu nominato governatore di Sassari? Non esi-
marchese dOristano, la quale fu villanamente perseguitata dal tiamo un momento a diffinire che sia il 1518: imperocch nel luogo, in
vicer di Sardegna Nicol Carroz che la calunni di fattuc- cui ci affermato dal Fara, egli riferisce due altri fatti che accaddero
chierie per lacerba morte di suo figlio Dalmazio Carroz conte appunto nel 1518-19, vale a dire il viaggio di Carlo V dal Belgio alla
di Chirra. Di Pietro de Sena, e delle sue onorate imprese si fa Spagna, e la nomina di Angelo Villanova per vicer di Sardegna, ed a
ricordo in una carta diplomatica del 25 settembre 1480, e ne- questi fa contemporanea la scelta del De Sena per governatore del Lo-
gudoro; in vece che nella p. 417 non fa che annotare lanno, in cui il
gli annali del Zurita. Nella stessa battaglia di Girona perirono De Sena si trovava gi governatore, ed il 1524 fu sicuramente uno degli
combattendo Pietro Sappata e Giovanni Polla, altri dei guer- anni del suo lungo governo. Per certo che questultimo non fu lan-
rieri sardi intervenuti a comprimere la rivolta di Barcellona. no della sua prima destinazione a tal carica.

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Sen Sen

Renzo Ursino da Ceri,157 e da Andrea Doria ammiraglio della contro Sassari, sperper le milizie indisciplinate che voleano
flotta della santa lega tentarono espugnare il forte castello ara- contrastargli il passo, ed entrato in detta citt nel 30 dicembre
gonese. Il De Sena vi accorse sollecito alla difesa colle truppe 1527, us barbaramente della vittoria, abbandonando la terra
sassaresi e con molti gentiluomini di quel tempo, tra i quali si al saccheggio ed alla licenza dei soldati. Il De Sena riun allo-
distinsero per bravura e per opere egregie di consiglio e di ra nuove truppe, e assedi dentro le mura di Sassari i vincitori
mano Giacopo e Angelo Manca, fratelli non meno illustri che francesi, i quali, vedendo di non poter resistere al furore dei
valorosi. Gli assalti di Renzo furono impetuosi e gagliardi; ma popoli logudoresi accorsi in folla per difendere la loro capita-
pi vigorosa fu la difesa oppostagli dai castellani, che inani- le, vuotarono la citt nel 26 gennaio 1528, e per la via di Tor-
miti dal prode De Sena, e dai soldati chegli avea fatto pene- res si rimbarcarono sulle navi del Doria. Il Fara ed il Vico rife-
trare nella fortezza, obbligarono lassalitore ad abbandonarne riscono minutamente gli accidenti di questa guerra: e tra gli
limpresa. Ma se un pericolo era gi vinto, ne rimaneva a su- stranieri ne scrissero ancora Marco Guazzo, il Beaucaire, il Si-
perare ancora un altro maggiore. I francesi spinsero subito la gonio ed il Guicciardini. Il De Sena fu accusato alla corte im-
marcia loro nellinterno dellisola, e provvedutisi in Sorso di periale dimperizia e di lentezza nel condurre questa fazione.
vettovaglie per tre mesi, accennarono di voler seguire un pia- Le sue gare particolari coi Pilo, coi Cervellon, coi Centellas e
no pi regolare di lunga ed ostinata guerra. Incerto dei pen- coi Rebolledo accrebbero il numero de suoi calunniatori; ma
sieri nemici, il governatore di Logudoro arm affrettatamente egli si giustific per tal modo, che dallo stesso imperatore fu
tremila uomini, i quali dovessero impedire il passo ai francesi dichiarato innocente dellappostogli delitto. Altri travagli so-
per la via che da Sorso conduce a Sassari; ed egli col rimanen- stenne ancora per il feudo di Sorso e di Sennori legatogli da
te delle sue genti sterz la marcia fino ad Alghero, contro la Gio. Antonio Milia, morto di peste in Sassari nel 1529;158 dife-
quale credeva che andasse a scaricarsi la tempesta de collegati. se vigorosamente i propri diritti avanti al supremo consiglio di
Qui per il suo piano and fallito. Renzo marci direttamente Aragona; patrocinatore delle sue ragioni ebbe tra gli altri il ce-
lebre Filippo Decio; e tra le accuse militari ed i piati forensi
157. Renzo di Giovanni Orsino, signore di Ceri, fu uno dei pi valenti consum quattro lustri, finch nel cominciare del 1552 cess
capitani dItalia del secolo XVI, ed ebbe un figlio chiamato Giampaolo di vivere, lasciata erede del suo nome e della sua fortuna Ele-
Orsino da Ceri, il quale fu parimente assai chiaro nella milizia. Renzo fu na de Sena, sua unica figliuola. Non bisogna confonderlo con
successivamente soldato dei veneziani, del papa e dei francesi, e si trov
alla difesa di Roma, allorch quella citt fu presa e saccheggiata dal Bor- Francesco de Sena governatore del castello di Cagliari nel
bone. Le sue imprese guerriere si leggono sparse in vari luoghi dellIsto- 1477, al quale si leggono indirizzate dal re D. Giovanni II di
ria dItalia del Guicciardini, i quali notiamo distintamente qui appresso Aragona due carte in data dell8 agosto del detto anno, acci
per comodit di qualunque abbia vaghezza di conoscere le varie gesta comprimesse le violenze che reciprocamente si facevano nel-
dun uomo, il di cui nome occupa una pagina molto importante nella le terre loro Salvatore Guiso ed il conte di Chirra.
storia di Sardegna (vedi Guicciardini, Stor. dItal., lib. V, cap. V, p. 191;
lib. IX, cap. I, pp. 298, 364-365; lib. XI, cap. III, p. 388; cap. V, p. 400; BIBL.: Belcarii, Episc. Met. rer. gallic., coment., lib. XX; Sigonio, Vit.
cap. VI, pp. 406, 408, 410-411; lib. XII, cap. II, pp. 418-419; cap. III, p. Andr. Dor., lib. I, cap. II; Guicciardini, Istor. dItal., lib. XVIII, cap. V,
423; cap. IV, p. 433; lib. XIII, cap. I, pp. 453-454; cap. II, pp. 458, 460,
462; lib. XIV, cap. V, pp. 513-514; lib. XV, cap. I, p. 517; cap. II, pp. 525,
527, 529; cap. III, pp. 531, 538; cap. IV, p. 542; lib. XVI, cap. I, p. 555; 158. Per ragione di questo feudo il De Sena congiunse poi al cognome
lib. XVII, cap. V, p. 616; lib. XVIII, cap. I, pp. 627, 629-630, 634; cap. III, di sua famiglia quello ancora di Gambella: imperocch Sennori e Sorso
pp. 640-641, 645; cap. V, pp. 653, 656; cap. VI, p. 661; lib. XIX, cap. II, erano pervenuti a Gio. Antonio Milia per via di sua madre Maddalena
pp. 674, 676-677; cap. III, pp. 681-682; cap. V, p. 692, ediz. di Milano del di Antonio di Gonnario Gambella (vedi Vico, Hist. gen. del reyno de
1829, per Nicol Bettoni). erd., parte VII, cap. XXII, fol. 44 ss.).

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Seq Ser

p. 656, ediz. di Milano del 1829; Fara, De reb. sard., lib. IV, pp. 394, Valenza. Impar in vari conventi del suo ordine la filosofia e
403, 405-408, 410; Canales de Vega, Discurs. y apuntam., discurs. la teologia; e dopo alcuni anni ritorn in patria, nella quale si
VIII, p. 144; Dexart, Cap. cur. regn. Sard., fol. 1047; Vico, Hist. gen. acquist buon nome per la sua dottrina, pel suo valore orato-
del reyno de erd., parte V, p. 196 ss.; parte VII, p. 45 ss.; Memor. rio e per la piet sincera che risplendeva in tutte le sue azioni.
del march. di Coscoj., num. 16.
Occup prima i posti minori del suo istituto, tra i quali quello
di guardiano del cenobio di Sassari nel tempo delle discordie
Seque Giovanni Salvagnolo Pietro.
tra i zoccolanti meridionali e settentrionali dellisola; e poi fu
eletto provinciale, nel quale uffizio comp laudevolmente il
Sequi Giuseppe. autore del libro intitolato Ad annales Sar-
triennio prescritto dalle regole francescane. And in appresso
diniae per F. Salvatorem Vitalem etc., praesertim vero in eius-
nuovamente a Spagna, colla qualificazione di commissario
dem epistolam nuncupatoriam ad magnum Hetruriae ducem
apostolico, per istruire il processo sulla vita e miracoli del B.
latam censurae et observationes quaedam non aspernendae,
Salvadore da Orta, morto in Cagliari nel 1567 in concetto di
authore quidem innominato, sed magni nominis literaturae
santit. Delle fatiche da lui durate per condurre a compimen-
ecc., Gerundae, 1640, ex typographia Hieronimi Palolani (in
to un negozio di tanta importanza, e dei travagliosi viaggi per-
4). Taluni attribuiscono questa scrittura al Vico; ma certo
ci fatti a Barcellona, a Tortosa, a Girona ed a Saragozza, par-
che il vero autore della medesima fu il P. Giuseppe Sequi del-
la egli stesso in vari luoghi delle sue opere. Ritornato altra
la compagnia di Ges; quello appunto di cui noi parliamo
volta in Cagliari, vi dimor assai poco; perciocch, secondo la
Vico Francesco e Vitale Salvatore. Vi fu ancora un abbate Lui-
testimonianza del Vitale e del Guiso suoi confratelli, fu spedi-
gi Sequi, nativo di Ozieri, e stato gesuita prima dellabolizio-
to a Roma per sollecitatore della causa di beatificazione del
ne della compagnia, il quale diede colle stampe alcuni saggi
suddetto venerabile da Orta, ed oper con molta attivit per
della sua dottrina e del suo valore oratorio. Noi conosciamo
ottenere dal Vaticano la dichiarazione delle virt da quel ser-
soltanto la sua orazione inaugurale per la nuova collegiata
vo di Dio esercitate in grado eroico. Mentre dimorava per tale
di Nulvi, stampata in Sassari da Giuseppe Piattoli nel 1785
oggetto nella capitale del mondo cristiano, cess piamente di
col seguente titolo: Panegirico per la fondazione della colle-
vivere; quantunque non manchino scrittori, i quali lo dicano
giata di Nulvi ecc. (in 4).
ucciso in Sardegna dentro il recinto medesimo delle mura
monacali.160 Abbiamo di lui alcune operette di ecclesiastico
Serpi Dimas, religioso della minore osservanza, nato in Ca-
gliari da Bernardino Serpi159 verso la met del secolo XVI, e 160. A questo sembra alludere lautore della Biblioteca francescana, il
morto in Roma nel principio del secolo seguente. I primi suoi quale sullautorit del Wadingo scrive come in appresso: cum quadam
studi fece in Sardegna; ma poi, andato in Ispagna per deside- nocte cum suis confratribus religiose et hilariter conversaretur, die se-
rio di appararvi meglio le umane lettere, cambi lo stato seco- quenti mane diluculo perquisitus, non est inventus in cubiculo, neque
lare nel claustrale, facendosi frate dello zoccolo nella citt di alibi, neque in hunc usque diem sciri potuit quid de homine actum sit,
aut qualiter ab omnium oculis evaserit (vedi Manno, Stor. di Sard., tomo
III, p. 465, in nota). Anche il P. Vitale in un luogo dei suoi moltissimi
159. Cos lo afferma il P. Salvatore Vitale nel suo Propugnaculum opuscoli accenna, senza gran mistero, che il Serpi mor di morte violen-
triumphale (p. 94), dove dice tra le altre cose: ego plurimos senes vidi ad ta. Ecco le sue parole: hablando un dia el seor Geronimo Serpi, que
100 annorum terminum pervenisse; Bernardinum Serpi R. P. Dimae Ser- Dios haya, hermano del dicho padre (Dimas Serpi) en mi presencia con
pi genitorem; Cunjadu ecc. Le quali parole ci conservarono a un tempo muchos cavalleros, dixo estas palabras: yo seores aniria a demanar
e il nome del padre di questo scrittore, e la notizia della sua et secolare. justicia al Papa de la mort de mon germ padre Dimas; per tinch por

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Ser Ser

argomento. La prima intitolata Chronica de los santos de quale, quanto appare sincera la piet dello scrittore, altrettan-
erdea, en Barcellona, por Sebastian de Cormellas, ao to manifesta la mancanza della sana critica. Imperocch il
1600 (un vol. in 4): la seconda Tratado del purgatorio contra Serpi, accogliendo senza veruna scelta le narrazioni tutte an-
Lutero, y otros hereges, segun el decreto del S. C. Tridentino che volgari che circolavano al suo tempo in Sardegna sulle
ecc. (Barcellona, 1601, un vol. in 8): la terza Apoxidis sancti- gesta gloriose degli antichi santi nazionali, fece in quelle sue
tatis S. Georgii Suellensis episcopi. Ad SS. D. N. Paulum V pont. Vite uno strano miscuglio di verit e di errori, deturpando con
max., Romae, apud Jacobum Mascardum, 1609 (un vol. in falsi e talvolta puerili racconti la bellezza e la gravit della
8). Alcuni gli attribuiscono ancora una Vita del B. Salvadore vera istoria degli eroi della Chiesa. Contro queste Vite infatti,
da Orta; ma forse lo hanno confuso col P. Vidal, zoccolante e specialmente contro quella di S. Giorgio vescovo di Suelli,
ancor esso, e vissuto non molto dopo di lui, il quale scrisse insorse quasi subito un canonico cagliaritano per nome Gio-
veramente le gloriose gesta di questo eroe francescano. Delle vanni, il quale in un lungo memoriale latino indiritto prima
suddette scritture del Serpi la migliore senza dubbio il Trat- al papa Paolo V, e poi allarcivescovo di Cagliari, combatt
tato del Purgatorio, nel quale racchiuso in settantacinque dottamente tutte le inezie, le fanciullaggini, e le ridevolezze
capi quanto lasciarono scritto di pi sostanziale sopra una tale contenute nella narrazione serpiana delle azioni di quel fa-
materia i padri greci e latini, e quanto fu decretato nel conci- moso e santo vescovo. E quantunque il Serpi gli abbia subi-
lio di Trento contro gli errori che intorno alla medesima erano to risposto latinamente colla Apodixis sanctitatis S. Georgii
stati disseminati da Lutero e dagli altri eresiarchi. E sebbene ecc., non riusc per a trionfare del suo avversario, ed ebbe
non sia una polemica compita della esistenza del purgatorio, tra le altre cose la mala inspirazione dinserire nella sua ri-
e delle altre cattoliche verit che ne dipendono, per unab- sposta le opposizioni fattegli dal canonico Giovanni, in leg-
bastanza erudita operetta, ed ebbe in Ispagna favorevole ac- gendo le quali non si pu che rimaner convinti della giustez-
coglimento; per lo che se ne fecero successivamente varie za delle medesime, e delle troppo deboli ragioni, colle quali il
edizioni in Barcellona, in Girona ed in Madrid, anche dopo la Serpi si sforz mantenere in opinione di credibilit molti stra-
morte dellautore. Quella di Madrid, che fu la quarta, fatta nel ni racconti contenuti nella sua cronaca. Ma non fu questo so-
1617 da Luigi Sanchez, tipografo regio (in 4), ha inoltre lag- lo il suo contraddittore. Tre altri ne sorsero in Sassari161 per
giunta di un trattato spirituale sopra lufficio dei defunti (Tra- combattere alcune parti della stessa cronaca, e quelle partico-
tado de consideraciones espirituales sobre las liciones del ofi- larmente, nelle quali avea trattato della fondazione e della
cio de difuntos ecc.), nel quale prende a commentare le preminenza della citt di Cagliari, della pretesa santit di Luci-
parole delle lezioni di Giobbe usate dalla Chiesa nel detto uf- fero, e del primato dellarcivescovo cagliaritano. Forse fu que-
fizio; il qual trattato, siccome fu scritto dallautore fin dal 1604, sta la ragione per cui egli, dopo aver risposto a quel canonico
cos ancora probabile che sia stato inserito nelle altre edi- Giovanni che lo avea travagliato assai con tante scrupolose
zioni del Tratado del purgatorio fatte nel 1604 e nel 1613. osservazioni, riprodusse in Roma nello stesso anno 1609, la
Giudizio egualmente favorevole non pu esser fatto della difesa della santit del vescovo di Suelli collaggiunta della
Cronaca dei santi di Sardegna, partita in quattro libri, nella
161. Francesco Pilo Ferrali, Giovanni Serra y Manca e Francesco Manca
que me maten com han fet a ell . E qui il P. Vitale, com facile immagi- edrelles. Gli opuscoli editi di questi controversisti sono citati in un In-
narlo, accusa di questa morte, sebbene obliquamente e in termini assai dice ms. de las cosas memorables contenidas en los libros y archivos de
ambigui, il Vico e suoi seguaci (vedi Vitale, Resp. al histor. Vico, p. 333). la ciudad de Sacer (agli anni 1604, 1616, 1638).

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Ser Ser

Apodixis sanctitatis Luciferi calaritani.162 Qualunque cosa sia Serra Giovanni Chiano o Giovanni regolo di Arborea.
di ci, egli certo che le scritture del Serpi, tranne quella sul
Purgatorio, sono assai meschine, e che vi si pu lodare sol- Serra Mariano Mariano II, III e IV regoli di Arborea.
tanto lo zelo della religione, la sincerit della sua fede, e leru-
dizione ancora che vi risplende in ogni pagina: al che tutto si Serra Pietro Pietro III regolo di Arborea.
pu aggiungere la moderazione, colla quale us la penna lad-
dove gli tocc ragionare delle pestifere divisioni municipali, e Serra Ugone Ugone III e IV regoli di Arborea.
la piacevolezza, con cui talvolta va spargendo i suoi libri di
parecchi racconti, che giovano moltissimo alla storia sarda dei Serra Giovanni Arborea Giovanni di.
suoi tempi.163 Il P. Vidal o Vitale, che gli fu poi tanto dissimile
per la facilit, o direm meglio per limpetuosit dello scrivere, Serra Tommaso, conosciuto pi comunemente col nome di
ovunque parla di questo suo confratello, lo leva a cielo con fr. Tommaso della Maddalena; titolo questo, col quale and
lodi pi sperticate che vere. distinta nel secolo XVI la congregazione dei frati domenicani
BIBL.: Serpi: Tratad. del purgat. nellappr., e pp. 29, 38, 45, 119, 193 di Sardegna. Nacque in Villanova, sobborgo di Cagliari, da
et alib.; Tratad. espirit., p. 399 ss.; Cron. de los sanct. de erd., lib. I, onesti parenti, e nella sua giovent indoss labito dei predi-
p. 226; lib. II, cap. XXXI et alib.; Apodix. sanct. S. Georg. Suell. ep. catori, dei quali profess linstituto nel convento di S. Dome-
nella ded., e pp. 8, 17, 27, 39, 51, 125, 136, 182-183, 193, 199, 200- nico della stessa sua patria add 8 febbraio 1572. Andato in
201, 214 ss., 224, 262-263, 269, 271, 274-275, 280, 285, 295 et alib.; Ispagna per ragione di studi, gli fu assegnata stanza nel real
Wadingo, Syllab. script. ord. min. etc. verb.; Serpi, Indic. de las cos. convento di S. Paolo di Cordova, nel quale si fece distingue-
memor. de la iud. de Sacer, anno 1604, 1605, 1606, 1616, 1638;
Manno, Stor. di Sard., tomo III, pp. 464-465, 494. re per il suo spirito di umilt e di orazione. Poi domand ed
ottenne di seguire fino alle isole Filippine il P. Melchiorre
Manzano, per desiderio di predicare il vangelo in quelle re-
162. Il Serpi avea proposto di pubblicare in tomo separato le opere e la mote regioni; ed il vescovo fr. Diego Duarte, che fu istrumen-
difesa della santit di Lucifero arcivescovo di Cagliari, come lo afferma to principale acci la sua domanda fosse accolta, lo chiam
egli stesso nella prima edizione romana dellApodixis sanctitatis S. Geor- per tal fine a Cadice, e lo provvide del bisognevole per s
gii Suellensis ecc., p. 295, dove tra le altre cose lasci scritto: quoniam
quae de nostro Lucifero calaritano episcopo proposuimus in praesentia- lungo viaggio. La navigazione da lui intrapresa per la Nuo-
rum adducere, meliori mutata sententia, in alium tomum, simul cum va-Spagna fu molto penosa: arriv finalmente a Messico, e
suis operibus, typis donanda censuimus. Per ledizione delle opere luci- di l avviossi pedone fino al porto di Acapulco, dal quale
feriane non fu da lui, per quanto a nostra notizia, recata poi ad effetto. prese nuovamente imbarco per Manilla. In questultima citt
163. Non possiamo qui riportare tutti i passi, nei quali egli parla delle
cose dei suoi tempi, o di quelli a lui molto vicini. Citeremo solamente giacque per alcuni mesi gravemente infermo, e ricevette in
due luoghi delle sue scritture, nel primo dei quali (Cron. de los sant. de appresso lordine sacerdotale; dopo di che i suoi superiori lo
erd., lib. I, p. 26) parla di un sardo rinnegato, il quale nel 1526 assalt inviarono alla missione dellisola Formosa. Col egli si acce-
con una grossa galeotta lisola di S. Antioco, mentre vi si trovava pre- se maggiormente della brama di andare tra gli infedeli e di
sente il padre dello stesso cronista; e nel secondo (ibid., lib. II, pp. 143,
145) riferisce che lavo suo mor di et oltre-secolare, e che il suo padre
poter penetrare nel grande impero della China per portarvi
ancora contava nel 1600 presso a cento anni di vita. Due esempi di il vero lume della fede. A tal fine studi con diligenza la lin-
straordinaria longevit in una stessa famiglia. gua mandarina, e tolta loccasione di unambasciata che Don

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Giovanni di Alcarraz governatore della Formosa dovea man- Serra Francesco. Nacque in Siligo164 villaggio poco distante da
dare alla provincia vicina per lo stabilimento del commercio Sassari, nel principio dello scorso secolo. Abbracci nella sua
tra glindigeni e gli spagnuoli, accett questo incarico, ben- giovent linstituto loiolitico, e si trovava in Roma, allorch la
ch malagevole e periglioso, e gli fu dato per compagno fr. compagnia di Ges fu soppressa da papa Clemente XIV. Allo-
Angelo Cocchi di Fiorenza, suo confratello. Per, laddove il ra si ritir a Bologna, dove nella qualit di semplice sacerdote
suo zelo gi immaginava trovare un campo vastissimo per la trasse il rimanente dei suoi giorni fino al febbraio del 1794, in
conversione dei pagani, avea il Cielo destinato che trovasse cui cess di vivere. Abbiamo di lui le seguenti operette: I. Let-
insperata e gloriosa la morte: imperocch la nave, sulla qua- tera al sig. avvocato N. N. autore delle memorie sulla storia del
le egli ed il suo compagno presero imbarco per la China, era primo secolo dei Servi di Maria, e degli spedalieri di S. Giovan-
governata da marinai chinesi; e costoro, sorpresi nel sonno li ni di Dio (un vol. in 8, senza indicazione di luogo e di tipo-
due religiosi ed i soldati spagnuoli, li massacrarono tutti, tra i grafo). In questopuscolo egli difende con molta erudizione, e
quali il P. Serra, percosso a colpi di mazza sul capo, cadde con bella copia di ecclesiastici monumenti lonore di quei due
estinto add 30 dicembre 1630. Cos ricevette in un punto religiosi instituti dalle calunnie dellanonimo autore delle anzi-
quel martirio che la sua carit avea ardentemente bramato di dette memorie. II. Lettera pastorale di S. A. R. monsignore arci-
ottenere in mezzo alle fatiche dellapostolato. Di lui parlano vescovo elettore di Treveri, vescovo di Augusta, tradotta dalla
con molta lode il Marchesi nel suo Diario, il Gonzales e il lingua francese, corredata di un discorso preliminare e di an-
Duarte nella storia delle isole Filippine, affermando essere notazioni, Roma, 1791, presso Gio. Battista Cannetti (un vol.
stato il Serra religioso di santa vita, ed uno dei primi che ab- in 8). Dedic questa sua traduzione al sommo pontefice Pio
biano intrapreso il pericoloso viaggio della China per predi- VI, ed tenuta in gran conto per il dotto comento, di cui lha
carvi la legge evangelica. arricchita. La lettera divisa in due parti: nella prima sono ri-
BIBL.: March., Diar. dom. die 30 decemb.; Gonzales, Hist. Philipp., portati in compendio i fondamenti principali della nostra catto-
tomo I, cap. XL; Duarte, Hist. insul. Philipp.; citati dal Sanna, Festiv. lica religione: nella seconda sono egregiamente confutati colo-
cult., introd., num. 41. ro che se ne allontanarono. Lasci inoltre il Serra un libro ms.,
che il Caballero chiama aureo, intitolato Domande al teologo
Serra Michelangelo, missionario gesuita, nato in Iglesias nel proponitore dei dubbii ecc., nel quale combatt con molta for-
7 gennaio 1638, e morto nel 21 dello stesso mese del 1697 za lanonimo scrittore dellopuscolo stampato in Venezia nel
in Santiago capitale del Chil. Fu uomo di virt straordinaria, 1780, co tipi di Gio. Battista Bassaglia, sotto la seguente iscri-
e si affatic con zelo per la propagazione della fede nelle zione: Dubbi proposti in Roma ai teologi e canonisti sulle fa-
provincie spagnuole del Nuovo-mondo. Le cose da lui ope- colt e concessioni apostoliche accordate al prelato visitatore.
rate nel suo lungo apostolato, prima in Sardegna e poi nel
Paraguay, si possono vedere ampiamente riferite nella vita 164. Il Caballero nella sua Biblioteca gesuitica conghiettura che nasces-
che di lui scrisse il P. Antonio Machoni suo concittadino e se in Cagliari: ma certo che nacque in Siligo, e che fu fratello di un
confratello, nellopera che ha per titolo Las siete estrellas de teologo Serra molto dotto, il quale dopo essere stato parroco della
la mano de Jesus ecc. Il suddetto scrittore lo mette nel nu- chiesa principale della sua patria, ottenne una beneficiatura nella catte-
mero dei pi valenti missionari dellAmerica meridionale. drale di Sassari. Vivono ancora alcuni i quali conobbero questultimo, e
che da lui udirono siccome lex-gesuita P. Serra era suo fratello, e nato
BIBL.: Machoni, Las siete estrellas de la mano de Jesus, pp. 252-345. nello stesso villaggio di Siligo.

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Ser Ser

BIBL.: Cernitori, Bibliot. polem., pp. 135-136; Caballero, Biblioth. Trasferitosi in appresso circa il 1819 a Torino, vi diede belle
script. soc. Jes., suppl. II, p. 94. prove dingegno e di dottrina, e soprattutto fece replicati
Fiorirono nello stesso secolo, Serra Giambattista nativo di Sor- esperimenti dellabilit sua nellarte chirurgica, per lo che fu
gono, del quale abbiamo unOrazione per il ristabilito capito- nominato dal re di Sardegna Vittorio Emmanuele I professore
lo galtellinese, stampata in Cagliari nel 1781 (nella Stamperia straordinario di chirurgia nella regia universit di Cagliari. Del
Reale, in 4); e Serra Vincenzo, il quale pubblic colle stam- collegio di detta facolt fu poi prefetto per alcuni anni, ed al
pe una Lettera sui gesuiti della Russie. Ma di questa Lettera, suo esempio e agli amorevoli suoi incitamenti dovuto parti-
che con diligenza ricercammo, non ci riusc trovare esempla- colarmente il notabile progresso di questarte, cos nella capi-
re veruno. tale, come negli altri luoghi dellisola, dove per lo innanzi, se
si eccettuassero pochi, anzi rarissimi abili cerusici, era mise-
Serra-Manna Bernardo, dotto medico e abilissimo chirurgo, ramente esercitata da flebotomi presuntuosi ed ignoranti.
nato in Cagliari verso la fine del secolo scorso, e morto in Gi- Molto egli oper nella sua patria a sollevamento deglinfermi,
bilterra dopo il 1822. Il padre suo che attendeva alla merca- e tra le cure da lui eseguite con molta maestria, ottenne fama
tura, e che avea colla propria industria accumulato qualche di eccellente quella dellaneurisma del frate mercedario Ago-
ricchezza, lo avvi nella carriera degli studi, nella quale, es- stino Comino, giovine danni dicianove, che nel 1821 egli
sendo il giovinetto di svegliatissimo ingegno, fece progressi rec ad insperato e felice riuscimento. Siffatta guarigione eb-
non ordinari. Impar la gramatica e le umane lettere sotto be quasi del prodigioso, perciocch si pretendeva che il Co-
linsegnamento de PP. delle scuole pie, e quindi appresso mino dovesse soccombere vittima del morbo, laddove non si
nel liceo cagliaritano la filosofia, la medicina e la chirurgia. procedesse allamputazione del braccio. E usc di fatto in lu-
Oltre allinclinazione chegli avea sortito dalla natura per ap- ce una breve Storia della guarigione di unaneurisma al cu-
prendere larte salutare, gli stessi domestici esempli lo avea- bito cagionata dal salasso al braccio, descritta da Efisio Non-
no invitato a coltivarla di preferenza; perciocch un dottore nis chirurgo collegiato ecc. (Cagliari, 1822, per Carlo Timon,
Manna, suo zio materno, avea lasciato nome di buon medi- in 8), nella quale siffatta guarigione si attribuiva quasi esclu-
co, ed egli lo nominava spesso con molto compiacimento, sivamente alla benefica opera della natura. Ma il Serra-Manna
quasi ragione o motivo della propria scelta tra le molte e dif- che avea abilmente legata larteria brachiale del Comino col
ferenti vie per le quali possono gli studiosi indirizzarsi allac- metodo di Guillemeau riprodotto dallHunter, e che in soli
quisto del sapere. Conseguiti in entrambe le facolt i gradi ventitr giorni, dopo la eseguita difficilissima operazione,
accademici e lonore della laurea, intese principalmente ad avea restituito allammalato la sanit, pubblic subito la sua
istruirsi collesperienza e colla conversazione degli uomini Osservazione sulla storia dellaneurisma del Nonnis ecc. (Sa-
dotti; e abbandonata per tal fine temporariamente la patria, vona, 1822, per Felice Rossi, in 8), e premessa una genuina
viaggi nella Sicilia, nel continente dItalia, e quindi in Fran- e circostanziata esposizione dellaneurisma cominiano, prese
cia, dove, dimorato avendo lungamente in Parigi, contrasse a combattere partitamente gli argomenti del Nonnis, e a di-
amicizia col rinomato medico Dubois. Con questuomo cele- mostrare che la malattia del Comino era stata unaneurisma
bratissimo, e col valente chimico Moyon residente in Genova falsa, consecutiva e circoscritta, alla di cui guarigione, se mol-
egli mantenne poi sempre corrispondenza scientifica, e si to aveva contribuito la forza restauratrice della natura, avea
onor e fu onorato della stima di entrambi, conoscitori giu- per contribuito assai pi il soccorso dellarte, senza la quale
stissimi del suo valore nella lunga e difficile arte ippocratica. n la natura stessa avrebbe potuto risorgere a travagliare per

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Sim

la conservazione dellindividuo pericolante. Splendente di


molta dottrina e di grave senno la suddetta Osservazione, e
alla dottrina ed al senno vanno congiunte la continenza e la
chiarezza del discorso, le quali appalesano che lautore era
non meno sapiente che valoroso sostenitore dei diritti dellar-
te che professava, e dei benefizi dalla medesima apportati al-
lumanit. Molto per da dolere che questo solo e breve
saggio ci sia rimasto del sapere di un uomo, il quale nella
mentovata scrittura dimostr di certo che avea penetrato ben
addentro nei segreti della natura, e che nella chirurgia non
solo, ma nelle parti pi recondite dellanatomia era divenuto
peritissimo. Dopo laccennata contesa letteraria col Nonnis,
egli andossene a Gibilterra per esercitarvi la facolt di medi-
co, di chirurgo e di farmacista. Vi dimor per alcun tempo
onorato e careggiato dai pi distinti personaggi: ma svilup-
patasi tra quei cittadini la febbre gialla, della quale a memo-
ria duomini non se nera veduta altra pi fiera e pi stermi-
natrice, mentre assisteva pietosamente altrui per salvare a
suoi simili la vita, mor egli stesso vittima del contagio, che
tanta parte distrusse deglindustriosi abitanti di quella fioren-
te citt. Sepolto per s bella cagione in terra straniera, merita
il Serra-Manna che il suo nome viva onorato nella memoria
de suoi connazionali.
BIBL.: Nonnis, Stor. della guarig. di unaneur. ecc.; Serra-Manna,
Osservazione sulla stor. dellaneur. ecc.

Simajo Gneo Domizio Deletoni.

Simmaco santo, diacono della chiesa romana, nativo di Sar-


degna,165 e successore di papa Anastasio II. La sua assunzione
al pontificato accadde nel 22 novembre del 498 per elezione

165. Il Serpi nella Cronica de los santos de erdea (lib. III, pp. 182, 184)
ci lasci scritto che S. Simmaco nacque in Simaxis piccola terra della dio- Simmaco santo pontefice. Copiato dal rame pubblicato dal Ciacconio nellope-
cesi di Arborea. Per tutta autorit egli si content di addurre la tradizione ra delle Vite dei Papi, il quale fu esemplato dalla tavola antichissima esistente
popolare, la quale (volendo credergli) sarebbe pervenuta non interrotta nel Vaticano.

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fattane dal clero e dal popolo nella basilica costantiniana. Egli quale tra le altre cose, furono sancite ottime leggi contro lam-
era figlio di Fortunato, ed avea prima professata lidolatria; bito al pontificato, e minacciate pene severissime contro colo-
ma poi convertitosi alla vera religione, si distinse per tal mo- ro che se ne rendessero colpevoli. Tuttavia i seguaci dello
do dalla moltitudine, che dopo soli quattro giorni dinterre- scisma non cessarono dal turbare con nuove molestie e con
gno dalla morte di Anastasio fu giudicato meritevole di suc- nuovi scandali la pace pubblica, e Simmaco fu costretto a
cedergli nel supremo reggimento della Chiesa. I principii del riunire nellanno seguente un altro sinodo, nel quale, creato
suo papato furono turbati dallo scisma laurenziano, cui diede Lorenzo vescovo di Nocera, credette aver imposto termine al-
nome ed origine lantipapa Lorenzo, fatto eleggere nella basi- le inquietudini prodotte dallo spirito ambizioso di questo an-
lica di S. Maria maggiore da Festo patrizio romano, il quale tipapa. La tranquillit infatti dur stabile per altri quattro an-
corruppe gli elettori, per rendersi accetto allimperatore Ana- ni, durante i quali Simmaco si occup con molto zelo delle
stasio, cui avea promesso di far approvare dalla chiesa roma- cose pertinenti al reggimento ed alla disciplina ecclesiastica.
na il famoso Enotico di Zenone. Teodoro greco, e Niceforo Riun un terzo concilio nel quale fu abolita la legge di Odoa-
raccontano minutamente le fazioni e le risse, le uccisioni e le cre che imponeva allelezione dei papi lesosa condizione di
rapine che indi seguirono in Roma; e la parte che prese in dover essere approvata dai re dItalia; fu proibita generalmen-
questo scisma il diacono Pascasio,166 la di cui dottrina ed au- te, ed anche ai pontefici, lalienazione dei beni ecclesiastici;
torit fu causa che molti seguissero pertinacemente le parti e fu particolarmente stabilito, che non potessero i vescovi
dellantipapa. Ma siccome per legge di Odoacre, nessuno po- alienare in qualunque modo, ovvero commutare i predii ru-
tea essere eletto pontefice senza il consentimento del re dIta- stici pertinenti alle chiese loro. Ma ecco nuovamente compa-
lia, perci nel mezzo di tanti tumulti che minacciavano lunit rire Lorenzo in Roma, e macchinare contro Simmaco una
della Chiesa, si ebbe ricorso a Teodorico re dei Goti, il quale, persecuzione peggiore delle precedenti, imputandogli delitti
sebbene ariano, pronunci a favore di Simmaco, la di cui enormi, pe quali diceva essersi renduto indegno del pontifi-
elezione avea preceduto, e nel numero dei suffragi era stata cato.167 La calunnia trov seguaci nella moltitudine, ai quali
superiore a quella di Lorenzo. La stessa decisione fu conferma- si unirono i patrizi che sostenevano la causa del vescovo di
ta dal concilio che nel 499 Simmaco convoc in Roma, nel Nocera; e Teodorico re dItalia, sorpreso dalle false accuse
che si facevano al santo pontefice, mand suo legato a Ro-
fino ai suoi tempi pel giro lunghissimo di undici secoli. Il Vidal, confra- ma Pietro vescovo di Altino, che gittatosi incautamente nella
tello del Serpi, aggiunse a s grande argomento laltro bellissimo della so- parte scismatica, diede occasione a turbamenti ed a disordini
miglianza dei due nomi, quasi fosse derivato quello di Simmaco da Si- assai pi gravi. Le dissensioni arrivarono a tal estremo, che
maxis o viceversa. Eppure, chi il crederebbe! il laborioso ma non sempre
critico Ciacconio, scrisse ancor egli, senza pi n meno, che S. Simmaco
fu nativo di Simaxis; patria Simagensi, hodie Simagis dicta, oppidum 167. Le accuse che si facevano a Simmaco sono contenute pi specifica-
nunc 40 aedium diocesis arborensis (Vita Pontif., tomo I, p. 339 ss.). mente in un frammento della vita dello stesso pontefice scritta da uno sci-
Vecchie visioni e follie La patria di S. Simmaco fu la Sardegna. smatico suo contemporaneo, come dimostr il dotto P. Bianchini nel dare
166. S. Gregorio nel lib. IV dei Dialoghi racconta di Pascasio, che mol- per la prima volta alla luce il suddetto frammento, estratto da un antico
to dopo la sua morte fu veduto da Germano vescovo di Capua in ther- codice di Verona (Blanch. enarrat Pseudo-Athanas). Il Gretsero (Exam.
mis Angulanis, e che avendogli Germano addimandata la ragione della myst. pless., cap. XXVI) confut vittoriosamente le calunnie del Morneo
sua dimora nel mezzo di quelle acque, Pascasio gli rispose: pro nulla contro linnocenza di S. Simmaco; e Natale Alessandro (Hist. Eccl., tomo
alia causa in hoc poenali loco deputatus sum, nisi quia in parte Lau- VI, saec. VI, dissert. I, p. 491) rispose ancora al Launoi, il quale da un
rentii contra Symmacum sensi. Nello stesso luogo fa un bellissimo elo- passo dellapologia di Ennodio vescovo di Pavia per la causa di S. Simma-
gio della santit e della dottrina di Pascasio. co, volea trarre argomenti per debilitare la dignit e lautorit pontificia.

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Teodorico non trov altro mezzo per comprimerle, fuorch solennit della messa il Gloria in excelsis, chiamato dai greci
quello di far riunire in Roma un concilio di vescovi, i quali doxologia magna. Nessun pontefice visse forse come Simma-
giudicassero delle imputazioni fatte al pontefice, e spegnes- co in mezzo a tanti agitamenti ed a tanti pericoli; e nessuno
sero per sempre il rinascente fuoco della discordia. questo come lui seppe forse risorgere cos glorioso dalle stesse per-
il rinomato concilio Palmare (cos detto, dal nome simiglian- secuzioni. Roma, quasi schiava di un re barbaro, ebbe in
te del gran portico della basilica di S. Pietro), nel quale ri- questo papa un generoso ristoratore della sua antica gran-
splendette egregiamente la virt e linnocenza di Simmaco. I dezza. Grande e coraggioso in mezzo alle stesse calamit,
padri conciliari la riconobbero apertamente, e condannato non sdegn sottoporre al giudizio altrui la propria innocenza.
Lorenzo e Festo autori principali dello scisma, ottennero che Allorch la purit della religione era in pericolo, si sollev
il primo fosse mandato in esilio, e che lautorit pontificale ri- sopra i principi della terra, condann imperatori ed eresiar-
manesse indivisa e secura nel legittimo successore di S. Pie- chi; e tutto zelo per la causa del Signore, scrisse frequenti let-
tro. Da questo punto Simmaco si dedic intieramente a risto- tere ai vescovi dellOriente, acci mantenessero nella sua in-
rare i danni sofferti dalla Chiesa, ad accrescere colla sua tegrit il sacro deposito della fede. E alla dottrina e alla piet
generosit e colle sue sollecitudini il lustro della religione, ed congiungendo la santit della vita, e in tutte le azioni sue la
a mantenere illesa lunit della fede, alla quale attentavano magnificenza del principato, fu lume maraviglioso che in tem-
gli eresiarchi con moltiformi e fraudolenti macchinazioni. pi corrottissimi risplendette per gloria della Chiesa, per esem-
Fulmin lanatema contro limperatore Anastasio, il quale fa- pio e per edificazione dei veri credenti. Dopo quindici anni,
voriva apertamente leresia, ed eretico egli stesso onorava la sette mesi, e ventisette giorni di glorioso pontificato, manc di
memoria di Acaccio ed i nemici del concilio di Calcedonia; vita in Roma nel 19 luglio del 514, e fu sepolto nella basilica
cacci da Roma i manichei e fece abbruciare pubblicamente i di S. Pietro. Ci rimangono di lui undici epistole ed alcuni de-
libri loro pieni di errori e di empiet; sovvenne costantemen- creti, che furono pubblicati da Graziano, dal Baronio, dal Lab-
te di denaio e di vestimenta i vescovi africani confinati in Sar- beo e dal Mansi. Anastasio bibliotecario, e molti altri scrittori
degna da Trasamondo re dei vandali, e scrisse ai medesimi ecclesiastici hanno raccolte nelle opere loro tutte le notizie
una bellissima epistola consolatoria; edific oratori ed altari, pertinenti alla vita ed alle opere di questo santo pontefice.
e li gi edificati orn di preziosi arredi con dispendi e con BIBL.: Anast., Bibl. lib. pontif.; Theod., Lect. hist. eccl., lib. II, p. 560;
splendidezza di raro esempio; fece continuare la serie dei ri- Nicephor., Hist. eccl., lib. XVI, cap. XXXV, p. 710; Strab., De rebus
tratti dei papi cominciata da S. Leone il Grande nella magnifi- eccles., cap. XXII; Baron., ad ann. 498, 3-6; ad ann. 499, 2, 8, 10,
ca basilica di S. Paolo; permise ai vescovi di concedere ai 16, 34; ad ann. 500, 3, 8; ad ann. 502, 1, 12, 15, 18, 30; ad ann.
chierici possessioni stabili per sopperire alla propria sussi- 503, 31; ad ann. 504, 41; ad ann. 505, 26, 31; ad ann. 514, 6-9,
stenza;168 e, secondo alcuni, ordin ancora, che in tutte le 11-12; Gratian. I, dist. 40, cap. bene quidem; dist. 16, q. 1, cap. pos-
domeniche dellanno e nelle feste dei martiri si cantasse tra le sessiones; dist. 7, q. 1, cap. neque; dist. 1, q. 1, cap. nullus; dist. 36,
q. 2, cap. raptores; Labb, tomo IV concil., pp. 1314, 1324, 1336-1337,
1798, 2347; Arduin, tomo II concil., pp. 960, 969, 979; Mansi, SS.
168. Da ci trassero origine, secondo il Baronio, i Lenefici ecclesiastici. Concil. nova et ampla collect., tomo VIII, col. 201 ss.
Recitiamo le sue parole medesime: ex quo potes intelligere, si conside-
ras, beneficiorum ecclesiasticorum originem. Etenim cum solerent cleri-
ci ab ecclesia per episcopum mensibus singulis victus caussa meritam dici coeperunt; eo quod, ut habet Symmacus in ea epistola (diretta a Ce-
stipem accipere postea vero factum, aliquibus ex his ecclesiae posses- sario vescovo) benemeritis tantummodo eas concedi liceret (Baron.,
siones, quoad viverent, ab ipso episcopo concederentur, quae beneficia Annal. eccles., ad ann. 502, 36).

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Simon Gio. Battista, dotto archeologo del secolo XVIII, nato


in Sassari nel 27 maggio 1723 da Angelo Simon e da Maddale-
na Deliperi, nobili e virtuosi cittadini, e morto nella stessa
citt add 22 febbraio 1806. Abbracciato nella sua giovent lo
stato ecclesiastico, si applic per alcun tempo alle discipline
teologiche, e concorse a vari esperimenti per lottenimento di
alcun beneficio curato, in uno dei quali fu giudicato il miglio-
re, e consegu la parrocchia di Ploaghe. Ademp con esattezza
ai doveri tutti del proprio ministero, perciocch alla scienza
congiungeva lintegrit, la continenza dei costumi e lamore
della religione. Mentre durava ancora nel suddetto uffizio, ot-
tenne nella regia universit di Sassari lonore della laurea nella
ragione civile e canonica. Dispensato per grazia sovrana dal
corso scolastico e daglinferiori esami prescritti dalle leggi uni-
versitarie, sostenne nel 15 luglio 1766 un atto pubblico nel
quale difese quindici punti estratti a sorte dal Corpo delluno e
dellaltro diritto, e diede solenne saggio del gran pro che avea
ricavato dallo studio indefesso della scienza legale. Dopo al-
cuni anni fu elevato alla dignit di arciprete capitolare della
chiesa primaziale della sua patria; e dopo la traslazione di
monsignore della Torre allarcivescovado di Torino resse la
diocesi di Sassari nella qualit di vicario generale. Ricus lof-
fertagli mitra di Ampurias e di Civita; ma nel 1799 fu obbliga-
to ad accettare larcivescovado di Sassari, il quale ritenne per
sette anni, e fino al giorno della sua morte. Fu ecclesiastico
molto pio ed esemplare, lontano dalle ambizioni mondane,
modesto, elemosiniere, e degli obblighi del suo stato osserva-
tore tenacissimo. Sapeva molto nelle gravi scienze della teolo-
gia e delle leggi; ma il suo sapere maggiore era nella storia di
tutti i tempi e di tutti i paesi, specialmente per della Sarde-
gna, nelle antichit e nella filologia. Per questi studi aveva egli
sortite dalla natura un ingegno molto appropriato, un giusto
criterio, ed amore grandissimo alla fatica: al che aggiungendo
la diligenza nel raccogliere, nellesaminare e nel confrontare
gli antichi monumenti, divenne uno dei pi valenti archeologi
sardi del suo tempo. Guidato dal desiderio dillustrare le me- Simon Giambattista. Copiato dal quadro in tela posseduto dal dottore D. An-
morie patrie, egli intraprese frequenti viaggi nellisola, in uno gelo Manca Simon, arciprete del capitolo della chiesa turritana.

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dei quali, fatto a Cagliari nella met del secolo XVIII, discoper- le quali, dopo aver giaciuto sotto la polvere di un privato ar-
se i mss. del Fara sulla storia e sulla corografia sarda, che fino chivio per circa sei lustri, pervennero inopinatamente a nostre
ad allora erano stati ignorati Fara Gio. Francesco. Ed oltre a mani.169 Or queste schede sono nella maggior parte le bozze
ci mantenne vive e frequenti le corrispondenze con vari let- autografe di quanto il Simon avea scritto pi distesamente so-
terati, uno dei quali fu lavvocato, poi barone Vernazza, distin- pra vari argomenti di storia patria, e sebbene quasi tutte siano
to filologo piemontese, a cui diresse due lettere molto erudite tronche ed imperfette, ve ne ha per alcune di molta impor-
sopra un antico sigillo di Gilitto vescovo di Ampurias. N a tanza, e vi sono insieme autografi ed apografi di monumenti
questo solo si restringeva nelle sue ricerche, ma consultava gli inediti del medio evo, che rivendicano allestinto una parte
archivi, prendeva note, copie ed apografi, e talvolta gli auto- della violata propriet dei suoi scritti.170 Basta leggere queste
grafi stessi dei documenti che trovasse importanti; e di tutto
facendo tesoro, scriveva poi in memorie separate le particolari 169. Le suddette schede furono da noi discoperte nel gennaio del 1833
sue riflessioni, e andava in tal guisa ordinando i materiali per nellarchivio di S. E. il marchese Don Vittorio Pilo-Boyl di Putifigari, il
una compita storia civile ed ecclesiastica di Sardegna. Per il quale con rara cortesia ce ne fece allora grazioso dono.
170. Crediamo far cosa grata ai sardi tutti, enumerando qui appresso,
valente uomo, non sapevole nullamente delle rapine lettera- secondo lordine dei tempi, col quale sono annotate, le principali di
rie, probo, sincero ed amante di ragionare profusamente delle dette schede simoniane. I. Frammento di memoria sullantica strada
cose antiche della sua patria, fu colto a questo varco da taluni romana in Sardegna (1776, apografo). II. Lettera sopra un antico sigil-
che delle stesse cose aveano vaghezza, ma non perizia quan- lo del vescovo Gilitto, indiritta allavvocato Giuseppe Vernazza in Tori-
to la sua; i quali laudandolo perseveramente delle durate fati- no (1779, autografa). III. Frammento di note istoriche tolte da vari do-
cumenti del medio evo per illustrare li due regni di Turbino e di
che, e della copiosa raccolta di monumenti che tenea in ser- Torgodorio nel giudicato di Cagliari (1779, autografo). IV. Memorie per
bo, riuscirono con queste fine arti a spogliarlo talvolta di servire alla storia della chiesa e provincia turritana (senza data danno;
preziose carte e de suoi scritti medesimi, sotto colore di aver- parte autografe, parte apografe). V. Frammento di lettera sul documen-
seli a semplice prestanza, o per diletto solo di leggere. In ci to dellambasciata del duca di Angi a Ugone giudice di Arborea (senza
il Simon pecc forse di bont oltre lordinaria, non sospettan- data danno, apografo). VI. Frammento di memoria sulle decime eccle-
siastiche di Sardegna (autografo). VII. Frammenti vari di un discorso o
do in altrui ci che non avrebbe mai fatto egli stesso. Se ne dissertazione sullorigine dei giudicati e giudici sardi del medio evo (au-
accorse dappoi; ma era gi tardi, e quando le cure dellepi- tografi). VIII. Frammento di una seconda lettera sul sigillo del vescovo
scopato glimpedivano di consecrare intieramente a tali studi Gilitto (autografo). IX. Notizie istorico-topografiche della citt di Sassari
gli ozi suoi, e quando per vecchiezza gi era vicino allo stre- (1797, apografe). X. Frammenti vari di note ed osservazioni sulla Sardi-
mo della sua vita. Mor infatti, lasciando diminuita di molto la nia sacra del Mattei (autografi). XI. Frammenti di traduzione italiana
sua copiosa Miscellanea di cose sarde; e ci che ancora ri- di alcuni tratti degli Annali di Sardegna del P. Aleo, con note critiche
(autografi). XII. Frammenti di annotazioni diverse sulla storia sarda
maneva, compreso un medagliere, con poca religione verso del medio evo (autografi, scritti in n. 35 pezzi di carta, staccati luno dal-
lestinto, e con maggiore ingiustizia verso la terra che gli fu laltro, e lacerati in molte parti). Aggiungiamo alle precedenti la descri-
patria, and in altro paese ed in mani altrui per opera di chi zione delle altre schede dello stesso Simon, ossia degli apografi di vari
dovea essere dei mss. simoniani custode, non dissipatore. documenti antichi chegli avea raccolto. I. Frammento del sinodo di
Pure il caso, o forse ancora la provvidenza de cieli, fece s Crasta celebrato dal vescovo Leonardo (N.B. Noi ne abbiamo gi pro-
dotto lintroduzione nel tomo II di questo nostro Dizionario Leonar-
che in quellaffrettato rapire e mandare, fossero dimenticate o do vescovo di Crasta). II. Frammenti vari del sinodo celebrato nel 1501
lasciate come inutili alcune schede, scritte in fogli volanti, can- da Francesco Pellicer, arcivescovo di Sassari (N.B. Ne abbiamo fatto cen-
cellate e lacere in pi luoghi, ma in molti altri ancora intatte, no nel volume I del presente Dizionario Cano Antonio). III. Rituale

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schede, bench disordinate ed informi, per farsi capace dei gli avanzi di tanta mole, come tavole salvate da naufragio
grandi lavori che il Simon avea sostenuti per rischiarare i tramanderalli alla posterit.
punti pi oscuri ed intralciati della storia sarda: e reca mara- BIBL.: Vernazza, Lett. al Simon., Vercelli, 1786; Manno, Stor. di
viglia il vedere comegli camminasse in ogni discussione ar- Sard., tomo IV, p. 240, in nota.
cheologica con finezza e con severit di critica non ordina-
ria; e come in un tempo, in cui i sardi ingegni non si erano Simon Domenico, distinto giurista e letterato del secolo XVIII.
ancora applicati allillustrazione delle antichit patrie, egli fa- Nacque in Alghero nel 10 settembre 1758 da Bartolommeo di
cesse da precursore agli altri dotti che vennero dappoi, e Domenico Maria Simon e da Maddalena Delitala, persone no-
che andarono gradatamente diradando le tenebre, finch un bili e facoltose. Lavo suo fu genovese di nazione, che venuto
genio sorgesse, il quale, raccolti in un sol fuoco i dispersi a Sardegna per speculazioni commerciali, fiss la sua dimora
raggi, dovea illuminare con solenne n mai visto splendore in Alghero, dove resse per pi anni il vice-consolato delle
listoria generale della sarda nazione.171 Per eterna star la Due-Sicilie. Pervenuto poi a florido stato di agiatezza, ottenne
memoria di chi os il primo ripigliare la via, la quale dopo il nel 1748 privilegio di nobilt per s e suoi discendenti, cuopr
Fara era stata smarrita o deserta; e se manc al Simon la for- per alcun tempo il posto di tesoriere regio in Sassari, e mor
tuna di lasciare intatta ai nepoti la memoria dei difficili sen- nel 1774, lasciando fama di rara probit. Bartolommeo, unico
tieri da lui battuti, non mancheragli tra i nepoti stessi, ben- di lui figlio, fu laureato in uno ed in altro diritto, attese in Ca-
ch lultimo, pur uno, il quale raccogliendo religiosamente gliari alla pratica forense, e creato prima censore locale di Al-
ghero nel tempo della erezione dei monti frumentari ordinata
delle cerimonie che si usavano nellapertura della porta santa nella nellisola da Carlo Emanuele III re di Sardegna, fu poi pel ri-
chiesa abaziale di S. Michele di Salvenero. IV. Condague SS. Gavini, manente della sua vita suddelegato patrimoniale regio nella
Prothi et Januarii. V. Lettere originali spedite nel 4 febbraio 1586 da stessa sua patria. Egli inoltre fu benemerito della sarda agricol-
Alfonso de Lorca, arcivescovo di Sassari, per la convocazione di un si-
nodo. VI. Frammenti di due atti di concordia sopra le decime da pa- tura; attese particolarmente a migliorare la razza delle pecore
garsi ai rettori delle quattro parrocchie urbane di Sassari; uno apparte- sarde, come accenna il Cetti nellAppendice al tomo primo del-
nente al secolo XIV, e laltro al secolo XV (N.B. Ne abbiamo dato indizio la sua Storia naturale di Sardegna; e nel 1793 fu uno dei pi
nel volume I di questo Dizionario Catoni Guantino). VII. Frammen- generosi e pi pronti oblatori per sopperire ai mezzi di difesa
ti di copie diverse del II, III, e IV libro De rebus sardois, e dei due libri del regno contro linvasione francese. Dalle nozze sue colla
della Corografia sarda del Fara. VIII. Copie di vari documenti gi pub- predetta gentildonna dei Delitala il primo che gli nacque fu
blicati dal Martene nellopera Veterum scriptorum et monumentorum
collectio ecc. Dalla semplice descrizione delle suddette carte ognun ve- Domenico, il quale, dopo aver studiato in Alghero i primi
de limpegno, col quale questo erudito e laborioso archeologo si ado- elementi della gramatica latina, fu mandato a Sassari, e collo-
perava sin dalla met del secolo scorso per illustrare la storia e le anti- cato in educazione nel collegio canopoleno. Quivi egli conti-
chit della Sardegna. E comunque nemica ai suoi disegni ed ai suoi nu gli studi delle umane lettere, della filosofia e delle leggi; e
scritti sia stata la fortuna, siamo non pertanto assai lieti daver salvato gli onori accademici del magisterio darti, del baccalaureo e
dallobblivione cotesti avanzi, li quali (se il tempo e i casi non saranno del prolitato in leggi consegu nella regia universit turritana.172
avversi) faremo di pubblica ragione colle stampe.
171. Ognun vede, che noi qui accenniamo alla Storia di Sardegna del
Manno, la di cui lettera, non ai dotti che ben sanno quanto sia classica, 172. La licenza pubblica in ambe leggi gli fu conferita nel 21 giugno
ma alla crescente generazione della sarda giovent raccomandiamo, ac- 1777, come appare dalle Tesi stampate in Sassari dal tipografo Simone
ci in essa sistruisca del vero e solido sapere, il quale assai raro che Polo, e da un sonetto ottonario scritto in sua lode e stampato nella
allignoranza delle cose patrie si trovi congiunto. stessa citt da Giuseppe Piattoli.

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Dotato dalla natura dingegno pronto e vivace, ne diede otti- tal fine a Cagliari, attese per due lustri con molta intelligenza
mi saggi fin da quando applicava alla rettorica, nel qual tem- ed attivit ai doveri di questo impiego. in tal periodo di
po si produsse in pubblico con due esperimenti, uno sulla tempo chegli incominci a dar vita al suo vasto progetto di
geografia e laltro sulla storia sacra, i quali furono stampati nel una raccolta di monumenti e di scrittori delle cose sarde, a
1772,173 e gli meritarono nellanno appresso un regio viglietto, imitazione del Muratori, che lo stesso avea fatto per tutta Ita-
in cui questa rara prova de suoi talenti fu confortata con pro- lia; e nel 1785 e 1788 ne pubblic colle stampe i primi saggi;
messa di future ricompense. Molta parte ebbero nei suoi pro- ma tale impresa, evidentemente utile per mettere in chiaro lu-
gressi letterari i valenti maestri, dai quali ricevette le prime le- me le antiche vicende della Sardegna, e della quale il Simon
zioni; tra i quali vanno distinti il Gemelli ed il Cetti, il primo non pu mai essere lodato abbastanza, fu intermessa nello
dei quali glinsegn la rettorica e le umane lettere, ed il se- stesso suo nascere per difetto di mecenati e di cooperatori, i
condo le matematiche discipline. Andato poi a Cagliari, vi quali alle vane parole di encomio aggiungessero il giusto va-
consegu la laurea di giurisprudenza nel 1779, e nello stesso lore dei mezzi per portarla a compimento. Sopraggiunsero
anno fu ricevuto socio del collegio di belle-arti in quella regia poi i pubblici turbamenti dellisola; e il Simon gittatovisi, o git-
universit di studi. Compose in tale occasione un poemetto in tatovi nel mezzo dalla prepotenza dei tempi, scambi con
ottava rima italiana, intitolato Le Piante, il quale fu assai loda- pessimo consiglio le amene e quiete occupazioni delle lettere
to, e messo in luce co tipi della Stamperia Reale; ed in quel nelle infedeli e tumultuose faccende della politica. Chiamato
torno medesimo pubblic molte poesie di circostanza, le nel 1793 a far parte dellassemblea, detta dai sardi il Parla-
quali gli cattivarono il nome di culto ed elegante poeta. Nel mento delle corti, bench per ragione del suo impiego potes-
1780 and a Torino, per istruirsi nella pratica del foro, la se ricusare dintervenirvi, accett linvito e sedette tra i mem-
quale impar prima dallavvocato Filippo Tonso, uno dei pi bri dello stamento militare. Peror tra i primi per resistere ai
rinomati patrocinatori di cause che allora vivessero in Pie- francesi che si erano presentati ostilmente nella rada di Ca-
monte, e poi nelluffizio del regio avvocato del fisco presso il gliari; ma dopo cessati i pericoli dellinvasione nemica, conti-
consiglio supremo di Sardegna. Dopo due anni non giusti di nu ad assistere alle sessioni tutte dello stamento, e vi so-
esperimento, ottenne nel 1782 regie patenti di vice-censore stenne anzi luffizio di segretario. I suoi talenti, e lo studio
generale dei monti di soccorso in Sardegna, e restituitosi per profondo chegli avea fatto delle leggi patrie, e specialmente
dello statuto nazionale, gli cattivarono lattenzione e la stima
173. Entrambi esperimenti furono da lui dati nel 1772, con intervallo di dei suoi colleghi. Stretto intimamente col Pitzolo, divise con
due mesi luno dallaltro, mentre studiava in Sassari la rettorica sotto la lui limpero sulle opinioni, e si rendette arbitro delle risoluzio-
direzione dei PP. Gesuiti. Il primo, intitolato Trattenimento sulla sfera, ni tutte del parlamento. Allorch si tratt dinviare alla corte di
e sulla geografia, fu stampato nello stesso anno in detta citt co tipi di
Simone Polo (in 4), e dedicato dal giovinetto Simon al marchese Clau- Torino i deputati che doveano presentare a Vittorio Amedeo
dio Alli di Maccarani governatore di Sassari, mecenate dellaccademia: III le domande della nazione, fu eletto colla maggiorit di
vi sono unite alcune poesie italiane in lode dello stesso Maccarani, del- cento novanta contro dieci voti per compagno del Pitzolo in
le opere da lui fatte, e della di lui moglie Luigia Caterina Tonduti della tale ambasceria; e bench poi temporeggiasse, aspettando il
Scarena. Il secondo, intitolato Trattenimento sulla storia sacra, dalla risultamento del primo presentarsi al re degli altri deputati gi
creazione del mondo alla nascita di G. C., fu stampato in Cagliari nella
Stamperia Reale (in 4), e dedicato dal medesimo Simon a D. Giuseppe partiti prima di lui, fu poi obbligato dal parlamento a raggiun-
Maria Incisa-Beccaria, arcivescovo di Sassari: vi si leggono aggiunte sei gerli tosto in Torino, ed a compire con loro i doveri tutti della
iscrizioni latine ad encomio del suddetto prelato. sua missione. Li comp di fatto dal suo canto con molta fedelt

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e con pari disinteresse; ma inacerbitosi in questo mezzo col delle esperienze fatte dal Malpighi, si fa consistere nella pro-
Pitzolo, e tra le precipitose risoluzioni del gareggiare, e le duzione dei semi, contro lopinione del Mariotte che sogn
conseguenti lentezze delloperare, sopravvenuto il 1794, scop- una generazione spontanea dai corpi gi putrefatti. Nel canto
piarono in Cagliari inaspettate e clamorose vicende, che tron- II lautore parla della vita delle piante, e tutte rintraccia e gra-
carono in un punto tutte le differenze politiche, per le quali i ficamente descrive le moltiplici analogie della vita animale e
deputati erano gi divisi dopinioni e di sentimenti. Allora il vegetale. I due ultimi canti sono intieramente impiegati a ra-
Simon, vestita in un tratto la sembianza duomo che nutrisce gionare della utilit e del diletto che arrecano le piante; dal
pensieri e virt spartana, fece sacramento di mai pi tornare che il poeta prende occasione ad eccitare i suoi connazionali
alla sua patria, se riordinate le cose comegli le intendeva nel- alla cultura ed alla moltiplicazione delle medesime nel ferace
la sua mente, gli avvenimenti e gli uomini non si sospingesse- suolo della Sardegna. I canti sono corredati di erudite annota-
ro insieme a quella met che il suo giudizio o la sua immagi- zioni; ed in fine vi unaggiunta particolarmente destinata a
nazione gli facea credere la sola giusta o la migliore. Era combattere lestensore dellOsservatore toscano, il quale avea
unubba e forse pi che ubba la sua ma vera fosse in prin- in quello stesso volger di tempi acremente censurato lopera
cipio o simulata, egli ne fu poi tenace per tutto il resto della del Gemelli intitolata Il Rifiorimento della Sardegna, ed il pri-
sua vita. Sette lustri vissuti in Torino nelloscurit, nel silenzio, mo volume della storia naturale del Cetti, in cui sono descritti
e spesso ancora nel volontario bisogno, come non fecero I quadrupedi di Sardegna. Questo poemetto, che per le angu-
cambiar lui verso gli uomini, cos non fecero cambiar gli uo- stie del tempo, e per let in cui lautore lo dett, non manca
mini verso di lui. Nei suoi modi di vivere fu pi strano che di molti pregi, fu lodato assai nelle Effemeridi letterarie di Ro-
singolare. Confinato di giorno in una cameretta, dove nessu- ma; e inserito poi in una collezione dei migliori poemi dida-
no seppe mai se attendesse allo studio o alla contemplazione, scalici italiani pubblicata in Milano accrebbe al Simon la rino-
usciva solo di notte per accudire alle proprie faccende, o per manza, della quale gi godeva nella sua patria. II. Per le feste
intrattenersi co rari amici che pur gli rimanevano. Parlava di S. E. conte Lascaris di Ventimiglia, canto in ottava rima (Ca-
sempre della Sardegna e delle cose sarde; accoglieva con gliari, Stamperia Reale, 1778, in 4). III. Rerum sardoarum
umanit e con desiderio i suoi connazionali; prodigava consi- scriptores. Augustae Taurinorum, ex typographia regia, 1785
gli a tutti, non ne ricevea da nessuno. Glimpieghi che gli fu- e 1788 (due vol. in 4). Questultima la collezione dei mo-
rono offerti ricus; ricus dalla sua famiglia istessa i sovveni- numenti e degli scrittori di cose sarde, di cui parlammo pi
menti, i doni e le rendite del suo patrimonio. Ridotto quindi, sopra. Il primo volume, dedicato al conte Corte di Bonvicino,
non per necessit ma per volere suo proprio, a misera condi- allora ministro dellinterno per Vittorio Amedeo III re di Sar-
zione, alla stoica fierezza che non depose giammai, aggiunse degna, contiene la Sardinia antiqua di Filippo Cluverio. Il
il cinico disprezzo degli agi e dellumanit della vita. Cos volume secondo, indirizzato generalmente a tutti i sardi, con-
operando e vivendo fino agli anni estremi, mor in Torino nel tiene la descrizione istorica della Sardegna (Sardiniae brevis
10 gennaio 1829, e lasci alla sua patria la memoria di un in- historia et descriptio) fatta da Sigismondo Arquer, i diplomi sar-
gegno che and a perdersi nelle visioni delle utopie. Le scrit- di pubblicati dal Muratori nei tomi I, II, V e VI delle Antichit
ture, che di lui ci rimangono sono: I. Le Piante (Cagliari, nel- italiane, i commentari di Benvenuto da Imola al canto XXII
la Stamperia Reale, 1779, un vol. in 4); poemetto in ottava dellInferno ed al canto VIII del Purgatorio di Dante, e le va-
rima italiana, diviso in quattro canti. Nel canto I spiegata rie osservazioni e disamine fatte dallo stesso Muratori intorno
lorigine e la vegetazione delle piante, la quale, colla scorta alle antichit sarde nella citata opera Antiquitatum italicarum.

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Nello stesso volume secondo inserito a modo di appendice


il Condague (cronaca, istoria) della fondazione della chiesa e
dellabazia di Saccargia, secondo la edizione sassarese del
1660. Pubblic inoltre il Simon alcune poesie di circostanza, le
quali si leggono sparse nelle raccolte poetiche dei suoi tempi,
e specialmente in quella che fu data alla luce in Cagliari nel
1783 (Stamperia Reale, in 8) per la partenza del vicer conte
di Masino ed arrivo del vicer cav. Solaro di Moretta. E lasci
molti mss. di materie legali e patrie, delle quali si occup
sempre, anche nei giorni estremi della sua vecchiaia.
BIBL.: Simon, Op. cit.; Cetti, Stor. natur. di Sard., tomo I, append.,
pp. 44-45; Memor. stor. crit. delle vicende della famiglia dei Simon,
1800 (in 8); Manno, Stor. di Sard., tomo II, p. 209, in nota; Caboni,
Ritratti poetico-stor., p. 59 ss.; Mimaut, Hist. de Sard., tomo II, p. 658.

Simon Matteo Luigi, fratello del precedente, nato in Alghero


nel 21 settembre 1761, e morto in Parigi nel 10 maggio 1816.
La prima sua educazione ricevette nel collegio canopoleno di
Sassari, dove studi la grammatica latina e le umane lettere
sotto la direzione del P. Luigi Soff suo concittadino: richiama-
to poi ad Alghero da suoi parenti, vi continu gli studi fino
alla rettorica, della quale gli fu maestro lo stesso P. Soff.174
Ottenne in appresso una delle piazze fondate nel collegio de
nobili di Cagliari dallarcivescovo Machin, e fece in quelluni-
versit di studi il corso di filosofia e di teologia. In questultima
scienza si distinse per modo, che appena conseguito lonore
della laurea fu aggregato al collegio dei teologi della stessa
universit. Ma non pass molto tempo, che cambiando di stu-
di e di risoluzioni, dimise gli abiti clericali, e si applic alla
giurisprudenza, nella quale facolt ottenne ancora le insegne
dottorali, e poco appresso la collegiatura in iscambio di quella
che per labbandonata via del chiericato avea dovuto dismet-
tere nel sinedrio teologico. Forniti con lode li sopraddetti

174. Questo suo precettore gli port s grande stima, che dedicogli a ti-
tolo di amicizia e di onore le sue Orazioni sacre stampate in Cagliari
nel 1783 Soff Luigi. Simon Matteo Luigi. Copiato dal rame impresso in Marsiglia nel 1807.

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esperimenti accademici, volse il pensiero ad intraprendere la lettera del 31 gennaio 1795: anzi questultimo, procedendo
via dei pubblici impieghi. Quindi, dopo aver atteso per un pi innanzi, e riattaccando insieme i discorsi laddove erano
anno alla pratica forense nelluffizio del regio avvocato dei stati troncati in Roma, lo eccit con calde parole a continuare
poveri, lavor per altri quattro anni in qualit di volontario lopera sua a pro della patria, ed a promuovere virilmente li
nellintendenza generale del regno. La vivacit del suo inge- suoi veri e non sognati vantaggi. Siffatte espressioni, le quali
gno, e lassiduit colla quale attendeva alle pratiche economi- non significavano forse pi di quello che allora potessero si-
che, gli conciliarono la stima del conte Botton di Castella- gnificare, furono quasi il presagio dei disgustosi avvertimenti,
monte, cui era allora affidata la procurazione generale delle dei quali il Simon dovea essere in appresso la vittima. Egli
finanze sarde. Egli lo fece nominare nel 1789 sostituito so- trovavasi in Sardegna allorch ricevette le dette lettere, le qua-
prannumerario dellavvocato del fisco per il patrimonio regio; li, se non lo accesero del desiderio di cose nuove, non lo ri-
col quale incominciamento, dischiusagli la via dellalta magi- trassero nemmeno dal correre incautamente per quelle chine
stratura, sindirizz siffattamente, che poi ottenne nel 1795 pericolose che conducono spesso alle politiche novit. I suoi
leffettivit della sostituzione, e la carica di avvocato fiscale del emoli, facendo sembianza di encomiare lacutezza delle sue
tabellione. Prima per, e verso la met del 1793, egli era par- vedute per il bene generale della nazione, gli appianarono la
tito da Sardegna, e per un anno intiero aveva viaggiato in Ita- strada per ispingerlo al precipizio, e poi calunniarlo. Si lev
lia: ma quando nella primavera dellanno seguente ripass in ancora contro di lui una fazione potente, accusandolo di aver
Roma per restituirsi allisola, glintervenne un sinistro che lo contribuito alla morte del generale Planargia, le di cui carte
espose a grave ed inopinato pericolo. Il cardinale Zelada ri- egli aveva sequestrato per ordine del vicer Vivalda; e volgen-
chiese uffizialmente il di lui arresto, e ne fece instanza al con- dogli in odio un atto di uffizio e di ubbidienza, non tenne
te Priocca celebre ministro del re di Sardegna presso la corte conto nemmeno della generosit con cui egli si era opposto
pontificia. Egli ne fu avvertito in tempo, e rifece precipitosa- alla pubblica lettura delle medesime. A ci si aggiunse la di
mente la via fino a Firenze, dove trovandosi in luogo di sicu- lui amicizia collAngioy; per lo che nel 1796 ebbe ordine pe-
rezza, ed ignorando le misteriose ragioni di siffatta domanda, rentorio di partire da Cagliari assieme a suo padre e a due
diresse le sue doglianze al ministero sardo e al cardinale se- suoi fratelli, che gi da alcun tempo vi dimoravano. Riparatosi
gretario di stato, chiedendo la riparazione di un atto cos of- nella sua terra natale, col ancora la malignit dei tempi e del-
fensivo della sua pace e del suo onore. Molti mesi trascorse- linvidia corse sollecita a perseguirlo. Si volle chegli potesse
ro senza chei potesse saperne il motivo; ma finalmente la aver avuto parte nello stratagemma, col quale diceasi che
corte di Roma con una nota ufficiale dell8 novembre 1794 lAngioy avesse tentato nellaprile di quello stesso anno dim-
manifest al gabinetto sardo, siccome un viaggio fatto prece- padronirsi della fortezza di Alghero; e quantunque in tal tem-
dentemente dal Simon da Milano a Ravenna in compagnia di po egli ne fosse assai lontano, tuttavia un uomo oscuro, cui
D. Angiolo Maggi monaco camaldolese, il quale era tenuto in era stata affidata la verificazione di questo politico reato, trov
conto di giansenista, avea dato occasione alle instanze del Ze- in ci un motivo per mandarlo temporariamente in bando
lada, e come, essendosi equivocato nella persona, si era per- dalla sua patria. La commissione creata in Sassari per giudica-
ci dimandato larresto delluna in iscambio dellaltra. Il conte re gli angioini, alla quale era capo un D. Giuseppe Valentino,
dHauteville, ministro degli affari esteri in Torino, ed il suddetto approv lesilio del Simon; e procedendo nelle sue operazioni
conte Damiano Priocca lo parteciparono al Simon; il primo con con rigore, diede occasione a un altro pi clamoroso procedi-
dispaccio ministeriale del 26 novembre 1794, ed il secondo con mento, di cui fu segno la famiglia tutta dei Simon. Linstanza

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ne fu fatta in Cagliari nel 13 marzo 1797 da una giunta dello deplor la iattura avvenuta ai sardi dallacerbo caso; ch giat-
stamento ecclesiastico, cui presiedeva D. Pietro Sisternes, di- tura veramente ai popoli fu ed sempre dottimi principi la
venuto in un tratto persecutore di quei medesimi, coi quali morte. Tent poi di rientrare nella via deglimpieghi civili, ma
non molto innanzi avea diviso egli stesso la novit dei pensie- trov chiusa ogni porta: and a Cagliari per listesso oggetto,
ri e dei sentimenti; e la commissione dinquirire fu data a un ma fu obbligato quasi subito a partirne; per lo che, deposto
Giuseppe Maria Corongiu, legista di non molto ingegno, ma ormai il pensiero di far fortuna nel proprio paese, and avida-
di animo pacato e dintegrit maravigliosa. Il Simon, riparatosi mente a cercarla in terra straniera. Nel 1 gennaio del 1800 part
altra volta sotto il benigno cielo fiorentino, aspett collanimo di Sardegna, e a lei disse vale per sempre. Dimor prima in va-
gi esasperato da tante sinistre vicende la conclusione di tale ri paesi della Liguria, e poi ne and a Parigi. Col si fece cono-
processura, nella quale il padre suo, i suoi fratelli ed egli me- scere pe suoi talenti, e fattaglisi compagna la sorte, gi statagli
desimo si voleano far comparire macchinatori politici contro per lo innanzi cotanto acerba, nellottobre del 1805 fu nomina-
la tranquillit dello stato. Ma poich il gran volume scritto dal to procuratore imperiale nel tribunale di Savona. Il collegio
Corongiu fu sottoposto in Torino a un congresso presieduto elettorale di questa citt vot nel 1808 a di lui favore per la
dal marchese di Clavesana ministro dellinterno, e composto candidatura al corpo legislativo della Francia, del quale fu no-
dai presidenti Avogadro, Franceschetti e Cappa, e dai senatori minato membro residente con decreto napoleonico dellistes-
Peyretti e Dellera, insigni tutti per scienza e per probit, ap- so anno; e nel 1810 ottenute in premio de suoi servizi le mi-
par manifesto, essere stata maggiore della verit la calunnia, nori divise della legione donore, fu promosso alla carica di
e con libero voto, che onorer mai sempre la giustizia di tali presidente della corte criminale del dipartimento di Montenot-
maestrati, il congresso dichiar, che contro i Simon si era pro- te. Due anni dopo ebbe un seggio tra i consiglieri della corte
ceduto in Sardegna con pi arbitrio che ragione, e che ai pri- dappello di Genova, e nel finire del 1812 fu creato presidente
mi onori ed uffizi dovessero essi ritornare. Questa solenne di- della corte speciale e straordinaria stabilita in Parma. A cos
chiarazione fu sottoscritta nel 30 dicembre 1797, ed in virt rapidi e felici avanzamenti contribuirono assai le nozze da lui
della medesima il Simon fu richiamato al suo posto in Cagliari contratte add 8 gennaio 1808 con Giulia Elena di M. Jacob,
con lettera uffiziale del 26 ottobre dellanno seguente. Ma le gi accusatore pubblico nel tribunale di Digne, e poi procura-
vicende quindi sopraggiunte in Italia lo consigliarono a diffe- tore imperiale in quello di Forcalquier; perciocch la sua spo-
rire la partenza, ed a fermare sua stanza per quasi un anno in sa, nata in Sisteron, ma allevata ed educata in Parigi dallo zio
Savona. La dimora era inutile e gli fu anche fatale. Tornato a paterno cav. Jacob, il quale da semplice capo di divisione nel
Sardegna nell11 giugno 1799, non fu accettato ad esercitare ministero degli affari esteri pel regno dItalia era successiva-
le funzioni pubbliche del suo impiego, poich la sua lunga e mente divenuto incaricato di affari per la Francia presso le
volontaria assenza dal regno avea dato motivo al governo di corti di Torino, di Venezia, di Firenze e di Madrid, col mezzo
dispensarlo da ogni ulteriore servizio. Colpito da questa nuo- delle sue famigliari aderenze gli avea ottenuto che fossero
va ed inaspettata disgrazia, ne prov di l a poco altre mag- considerati e premiati i di lui servizi. Giovinetta di avvenenti
giori, perdendo in Alghero la madre, e vedendo mancare im- forme e di spiriti generosi, Giulia Elena Jacob splendette al
maturamente ai viventi il real principe Duca di Monferrato, il suo fianco, quasi stella compagna della sua fortuna: e quando
quale avea benignamente ascoltata da lui tutta liliade de mali questa gli venne meno, e precipit repentinamente col rovi-
suoi, e con generosit avea promesso di temperarli. Di questul- nare dellimpero francese, quella ancora in un subito manco-
tima morte il Simon fu assai dolente, e con due inni funerei gli, morendo sopra parto in Genova add 8 aprile 1814, un

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mese appena dacch, seguendo i passi del suo consorte, avea sono: I. Commentaire des institutes du droit romain, texte la-
ella abbandonato la citt di Parma. Due soli anni sopravvisse tin, ricavato dalle opere del Vinnio, del Voet, del Donel, del
il Simon a questa domestica sventura; e dopo aver ottenuto la Duaren, dellHarpreckt e di altri classici scrittori. Intorno a
naturalizzazione francese, in virt della quale fu annoverato questopera egli avea lavorato molto tempo, e ne propose
nel 1815 tra gli elettori dellalta Provenza, cess ancor egli di lassociazione per istamparla in Parigi nella tipografia di M.
vivere in Parigi, non eletto ancora, ma gi proposto a Luigi Vanraest. Ci fu nel 1808; ma poi le cure chei dovette soste-
XVIII per presidente della corte di appello di Marsiglia. Ben- nere nellesercizio di tanti pubblici uffizi, e forse anche la
ch la sua vita sia stata breve e tribolata dalle vicende politiche mancanza di cooperazione rendettero vano al tutto il suo di-
de suoi tempi, egli tuttavia non intermise giammai lo studio segno. II. Un centone o raccolta di tutte le cose pi rimarche-
delle gravi e delle amene discipline, e specialmente dellistoria voli che gli accadea di leggere nelle ore dello studio o dei
del suo paese, nella quale era grandemente versato. Lontano suoi ozi letterari, distribuite sotto i loro propri vocaboli, sulla
dalla Sardegna, e in mezzo alle cure istesse de suoi impieghi, quale divisava pubblicare una breve miscellanea che conte-
lavor indefessamente per aggiungere alla gloria di abile ma- nesse le cognizioni pi utili per gli uomini di stato e di lettere.
gistrato quella ancora di buon scrittore; ma la maggior parte III. Prospetto dellisola di Sardegna antico e moderno, disposto
de suoi lavori rimase nelloscurit del ms., e quelli che ven- in forma di catechismo patrio a comodo degli institutori e di-
nero in luce sono i soli parti dellet sua giovanile, nei quali scepoli delle scuole sarde (in fol.). Questo lavoro fu da lui in-
non poteva tanto abbondare la maturit del giudizio, quanto cominciato nel 1800, e vi si legge la dedica che egli nel pub-
vi risplende la felicit dellingegno. Le sue scritture edite sono blicarlo, intendea farne a D. Gio. Antioco Azzei vescovo di
le seguenti: I. De quaestionibus aut tormentis dissertatio Bisarcio (Ozieri), valoroso e diletto amico suo, ed un pream-
(1784, in 12): II. De origine immunitatis ecclesiarum disserta- bolo o introduzione, colla quale volea render conto della sua
tio historico-critica, Vercellis, ex Patrio typographeo (1787, in fatica. Nel frontespizio si legge ancora questa bella sentenza
8). Le anzidette dissertazioni sono una pi ampia trattazione di Sallustio: ubi igitur animus meus ex multis miseriis et peri-
dei punti da lui difesi pubblicamente nella regia universit di culis requievit, non fuit consilium socordia atque desidia bo-
studi di Cagliari allorch vi consegu la laurea legale: la prima num otium conterere; la quale probabilmente dovea servire di
una debole apologia delluso e degli effetti della tortura, epigrafe allopera, e dalla quale si raccoglie chegli pose mano
nella quale si vede che la contraria convinzione dello scritto- a scrivere questo Catechismo dopo le tante amarezze da lui
re, derivata dai lumi della sana filosofia, dovette lottare col- provate dal 1795 fino al 1800, oltre lannotazione di questulti-
lobbligo di difendere una tesi cos ingiuriosa allumanit: la mo anno che si vede in principio, e nel quale appunto vi si
seconda una breve esposizione dellorigine e delle varie vi- dice che fu incominciata. Lanzidetto prospetto disposto per
cende degli asili presso gli ebrei, i greci ed i romani, e delle forma di domande e di risposte, ed un compendio di noti-
leggi alle quali furono quindi assoggettate dal sacerdozio e zie geografiche, storiche e politiche della Sardegna, ricavate
dallimpero, acci non diventassero scudo riprovevole degli nella massima parte dagli scrittori nazionali di storia sarda, e
uomini facinorosi; dedicata a D. Gio. Antonio Cossu vesco- dalle opere del Gemelli e del Cetti, tranne le Considerazioni
vo di Bosa, e risplende ad ogni pagina di molta erudizione politiche, nelle quali vi molto del suo, in ci specialmente
sacra e profana, e di bellezze di stile non ordinarie: III. Noti- che riguarda il sistema legislativo ed amministrativo dellisola.
zie storiche su i viaggi dei papi in Francia; traduzione dallori- Ed assai singolare che cotesta scrittura del Simon da noi dili-
ginale francese di Leboucher (Parigi, 1806, in 12). Le inedite gentemente esaminata sia in breve quellistesso che quattordici

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anni dopo, e pi diffusamente scrisse il P. Napoli nella sua procuratore imperiale della corte di giustizia di Savona. Da
Descrizione corografico-storica della Sardegna, e nelle Note unannotazione che si legge nel fascicolo 30 dello stesso ms.
illustrate ecc., dal che appare, che il medesimo pensiero ve- si ricava inoltre che nel tempo in cui lautore scrisse tali Note
nuto in mente al P. Napoli dopo tre lustri circa dacch il Si- non possedeva molto bene la lingua francese, lo che confer-
mon lo avea colorito, partor a vantaggio della giovent sar- ma la nostra opinione; e poi soggiunge: mon intention serait
da unopera somigliante. IV. Notes lhistoire de Vayrac (un de publier louvrage de Vayrac en italien, et traduire ces notes
grosso vol. in fol.), le quali sono veramente rettificazioni ed en italien, et les terminer si bien quon pourra.175 Non si pu
aggiunte fatte dal Simon alla Description gographique et hi- niegare che lintenzione del Simon fosse eccellente, e che sia
storique de lle de Sardaigne, compresa nel tomo I (dalla p. meritevole di molto encomio lo sforzo da lui fatto per aggiun-
688 alla p. 820), parte II della Description de ltat prsent de gere un oggetto di tanta utilit per la sua patria: ma certo
lEspagne, pubblicata nei primi anni dello scorso secolo dalla- ancora che le suddette Note non sarebbero giammai state suf-
bate Giovanni di Vayrac (ediz. di Parigi del 1718, chez Huart). ficienti per ottenere il gran fine che egli si proponeva, per-
Il Simon si proponeva di fare una seconda e separata edizio- ciocch altro non sono, fuorch una ripetizione di quanto era
ne di questa Descrizione, e di aggiungere alla medesima le stato scritto precedentemente dal Fara, dal Vico, dal Madao e
sue osservazioni e riflessioni, formandone un sol corpo da da parecchi altri autori sardi, dei quali anzi si vedono in molti
pubblicarsi col seguente titolo: Voyage en Sardaigne isle prin- luoghi ripetuti gli errori; n crediamo perci che la pubblica-
cipale de la Mditerrane, ou Sardaigne ancienne et moderne: zione di questopera, se cos voglia chiamarsi, possa giammai
cos diffatti si legge preparato il titolo complessivo del ms. esser utile alla storia della Sardegna. Gli altri ms. del Simon,
che noi leggemmo, ed al quale sembra che nullaltro mancas- se pure esistono ancora, e non meritino altrimenti il titolo di
se per darlo alla luce, fuorch una qualche correzione da far- schede, consistevano in alcune traduzioni dal francese in ita-
visi dallo stesso autore. Nellavant-propos egli protesta che liano di opere riguardanti materie istoriche e legali. vera-
per lo spazio di venti anni si era occupato nello studio della mente da dolere che un uomo di tanto ingegno e cos labo-
storia sarda, che sotto il modesto titolo di Note intendeva prin- rioso sia stato trascinato dalla corrente de suoi tempi a
cipalmente a fare di pubblica ragione una compiuta storia scambiare s spesso la tranquillit degli ozi letterari nelle tu-
della Sardegna, e che tanto pi volentieri avea preso ad illu- multuose faccende politiche; e che allorquando in benigna ter-
strare e correggere il gi dettone dallabate di Vayrac, quanto ra straniera pot esser salvo dalle ingiurie e dalle calunnie de
meno la sua Descrizione della Sardegna era conosciuta in suoi nemici, i moltiplici doveri degli uffizi pubblici da lui soste-
Francia, citando a tal proposito le parole di M. Ginguen, il nuti lo abbiano distolto dal perfezionare e dare alla pubblica
quale, nel render conto della storia dellisola istessa pubblica-
ta in Parigi nel 1802 dallAzuni nel foglio periodico intitolato 175. Il breve sunto da noi qui dato dei due mss. simoniani, intitolati
Dcade philosophique, avea affermato tra le altre cose, che ol- Prospetto dellisola di Sardegna antico e moderno, e Notes lhistoire de
tre il libercolo stampato nel 1725 nellAia sotto il nome di Vayrac, fu fatto dagli stessi autografi posseduti dal cav. ed avv.o V. An-
Sardaigne paranymphe de la paix, non esisteva altro libro tonio Lavagna di Alghero, il quale ce li proffer con bella cortesia. Per la
francese veruno sulla storia di Sardegna; dal che ancora si ri- qual cosa non vogliamo mancare dal rendergli una pubblica testimo-
nianza della nostra gratitudine, tanto pi di buon grado, quanto maggio-
leva che il Simon prese a redigere le dette Note dopo il re lamorevolezza che professiamo a questo per molti rispetti egregio
1802, e noi pensiamo che ci facesse appunto nei tre anni giovane, non dissimile in niuna parte dal padre suo D. Giovanni Lava-
che corsero da questultimo fino al 1805, in cui fu nominato gna, che della sarda magistratura fu gi bellissimo e raro ornamento.

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luce le tante scritture di argomento sardo che ora si trovano di quella regia universit di studi. Addettosi quasi subito alla
inedite ed appena abbozzate. Per egli rimarr sempre in fa- via del chiericato, esercit per alcun tempo luffizio della pre-
ma duomo che fu molto amante della sua patria, e che la dicatura, al quale il suo ingegno ed i suoi lumi lo rendeano
patria onor co suoi talenti. Se la malignit del secolo, ovve- attissimo; ma non s tosto avea incominciato ad acquistar no-
ro una certa fatalit che non va quasi mai disgiunta dagli uo- me di buon oratore, che mutato pensiero, andossene in giro
mini di gran mente e di gran cuore, lo espose in Sardegna a per lItalia, bramoso di attingere da pi ricchi fonti lumano
molti travagli che contristarono i pi begli anni della sua vita, sapere, e di apprendere dagli uomini dotti, e nei paesi pi in-
non gli fu per la fortuna costantemente avversa; e la pace e civiliti, quellavvenevole costume di gentilezza che aggiunge
lonorato nome di cui godette in Francia ed in Italia lo com- alle lettere splendore ed umanit. Egli vide le citt principali
pensarono abbastanza delle ambasce sofferte nella terra nata- della classica terra italiana; visit Firenze, Pisa, Siena, Piacen-
le. Agli onori della magistratura congiunse quelli che deriva- za, Parma e Roma; e poi rifacendo la via per la Romagna, la
no dallo studio delle amene lettere; e dellAccademia italiana Toscana e la Lombardia, and a fissare la sua dimora in Tori-
e dellAteneo di lingua francese fu membro e collaboratore. no. Col contrasse amicizie illustri, e procurossi la protezione
Amici in Sardegna ebbe assai pochi, e tra questi furono il di mecenati potenti, uno dei quali fu il cardinale Gerdil, che,
Soff, gi suo maestro, lAzzei, prelato di splendido ingegno, innamoratosi della piacevolezza de suoi modi e della dottrina
e il dotto vescovo Gio. Antonio Cossu, il quale educollo gio- con cui abbelliva i suoi discorsi, prese a metterlo in buona ve-
vinetto nelle teologiche discipline, e quando i morsi dellinvi- duta del governo, encomiandone continuamente lo spirito ed
dia lo addentarono, e le procelle fiscali lo inseguirono minac- i talenti. Lautorit di un uomo cos riputato a quei tempi, non
ciose, non temette farglisi scudo, e con atto magnanimo solo in Piemonte, ma in tutta lItalia, gli frutt lestimazione
sollevarlo dallabbattimento della sventura. Ma in altro cielo di molti letterati, ed il gran conto in cui lo tennero i ministri
ed in altre terre coltiv amicizie illustri e potenti, e prov le di Vittorio Amedeo III re di Sardegna: ed egli, non preter-
onoranze della vita pubblica, e gust le dolcezze della vita mettendo loccasione del favore con cui sapea di essere ri-
domestica. Dei due figli avuti da Giulia Elena Jacob, uno guardato cos nella corte come nelle aule de magnati, se ne
mancogli in tenera et, laltra gli sopravvisse, e vive ancora, serv opportunamente per accrescere con vantaggio i ben
erede delle sue fortune e del suo nome. auspicati principii della propria fortuna. Contava infatti soli
BIBL.: Simon, Dissert. sudd.; Soff, Oraz. sacr., nella ded.; Necrolo- ventisei anni di et, allorch ottenne labazia di Salvenero e
gie de Julie Hlne Jacob. Gnes, 12 avril 1814; Memor. stor. crit. di Cea, una delle pi antiche e pi ragguardevoli che allora
delle vicende della famiglia dei Simon, 1800, un vol. in 8. esistessero nellisola; e dopo due anni, per mediazione della
corte di Torino, consegu da papa Pio VI il titolo e le onorifi-
Simon Gio. Francesco, fratello dei due precedenti, e nato, cenze di protonotario apostolico. Nel 1793 il suddetto re Vit-
comessi, in Alghero nel 12 ottobre 1762. Passati gli anni della torio Amedeo III lo nomin suo consultore canonico, asse-
fanciullezza, fu mandato al collegio canopoleno di Sassari per gnandogli la pensione di lire seicento vecchie di Piemonte,
ricevervi leducazione letteraria, la quale poi comp nel colle- e dippi gli affid la presidenza del collegio dei nobili di
gio de nobili di Cagliari, dove attese con ardore agli studi fi- Cagliari, della quale nello stesso anno cominci ad esercitare
losofici ed a quelli della giurisprudenza. In questultima fa- le funzioni. Nessuno forse pi di lui era capace di sostenere
colt consegu la laurea, mentre avea compito appena il decorosamente un tale uffizio, come lo addimostr nel bre-
quarto lustro, e poco appresso fu ascritto al collegio filosofico ve tempo in cui diresse colla sua autorit quello stabilimento

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di educazione: ma sopraggiunsero tosto tempi difficili e cala- allontanarsi dalla capitale, e di non rimettere per allora il pie-
mitosi, che distraendolo pi che ad uomo di chiesa si conve- de in Alghero. Autore di questi provvedimenti dicevano fosse
nisse dalle pacifiche occupazioni alle quali era stato destinato, il Sisternes, stato gi amico suo, ma poi per ambizione fatto-
lo travolsero infelicemente nel tumultuoso vortice delle politi- glisi inimico; il quale, presiedendo ad una commissione parti-
che novit. La prima volta chegli cominci a figurare nelle colare dello stamento ecclesiastico, li addimandava come ne-
pubbliche faccende fu nel 1794, nel qual anno, durando tutta- cessari alla pubblica tranquillit. Esule una seconda volta,
via aperto il parlamento chera stato riunito in Cagliari nel and il Simon a ripararsi sotto il tetto ospitale del vescovo
principiare del 1793 per provvedere alla difesa dellisola con- dIglesias; ma poco vi rimase; perciocch, vedendo addensarsi
tro le ostilit francesi, intervenne a tutte le sessioni dello sta- sempre pi la procella della persecuzione, nellestate di quel-
mento ecclesiastico, e vi peror frequentemente con molta listesso anno ritornossene a Toscana. Nella sua assenza ebbe
energia, proponendo riforme e progetti chegli credeva neces- principio e termine il clamoroso processo provocato dalla
sari per far risorgere la sua patria a stato migliore. E come a suddetta commissione stamentaria e costrutto dal Corongiu,
suoi discorsi, pieni di forza ed eloquenti, non mancava mai nel quale egli medesimo, suo padre e suoi fratelli furono sot-
lapplauso pubblico, cos aggiuntasi al desiderio di cose nuo- toposti a grave e pericolosa inquisizione Simon Matteo Lui-
ve la vanit delle lodi, luno e laltra furono in causa chegli si gi. Nel 1799, ridotte gi a tranquillo stato le cose pubbliche di
rinfocolasse maggiormente nel sostenere le opinioni cherano Sardegna, rivide Alghero, i parenti e gli amici della sua giovi-
pi aggradite alla moltitudine. Le sue intenzioni erano forse nezza; e composto lanimo a quiete, e colla dolcezza degli
innocenti, n ad altro probabilmente egli anelava nellintimo ameni studi ristorando i danni delle provate avversit, ritorn
del suo cuore, fuorch al vero bene della Sardegna; ma per a muovere i passi pel fiorito sentiero delle lettere, dal quale o
causa della stessa franchezza de suoi ragionamenti si sparse- si era egli stesso, o i tristi tempi e linvidia degli uomini lo
ro prima sospetti contro di lui, e poi corse voce attorno che aveano allontanato. Alcuni lavori di sardo argomento, parte
egli pensasse con troppa libert negli affari di stato, e che con pubblicati, parte abbozzati, e parte ancora ideati da lui, si
modi pi liberi ancora esponesse in parlamento le proprie debbono riferire a questo tempo, nel quale rimase costante-
idee. Che questo fosse vero, non si pu dire con certezza: mente in patria, tranne una volta sola che viaggi nuovamen-
certo per che le accuse gli erano fatte da uomini novatori te per suo diporto in vari paesi dItalia. Non a dire quanto il
ed intraprendenti, i quali, infingendosi a tempo, secondo con- Simon fosse stimato oltremare dagli uomini di lettere, e come
sigliavali lutilit e limperio delle circostanze, faceano appa- nel pi lungo soggiorno da lui fatto in Toscana si facesse rive-
renza di zelare il bene comune, ma uno solo e costante zelo rire per la copia dellerudizione di cui era abbondevolmente
aveano veracemente nellanimo; lingrandimento della propria fornito. Prova ne sono e il commercio continuo che egli ebbe
fortuna. Il Simon fu vittima dellinvidia e delle mene di cotesti co dotti, e le ascrizioni sue a varie accademie letterarie, tra le
uomini parassiti e versipelli. Esiliato da Cagliari nel 1796 col quali vanno distinte quelle di Vicenza, di Fossano e di Valdar-
rimanente della sua famiglia, rivide prima la sua terra natale, e no, la Societ economica di Firenze e la R. Accademia delle
poi andossene a Firenze. Dopo avervi dimorato alcuni mesi, scienze di Torino, della quale fu socio corrispondente. Per la
nel marzo del 1797 ritorn a Sardegna: ma non s tosto ap- qual cosa, se lamore de suoi non lavesse tratto altra volta in
prod alla baia di Cagliari, che fu assoggettato a rigorosa Sardegna, e la breve vita che quindi gli rimase applicato aves-
quarantena sul legno istesso che lo avea condotto, scontata se a determinato fine di letterarie fatiche, ei certo poteva di-
la quale, gli furono perquirite le carte, e ricevette ordine di ventar sommo, e lasciare negli scritti pi durevole il proprio

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nome. Ma poich una parte degli anni suoi avea spesa nel far pi frequentemente, o con pi classiche scritture chei non fe-
tesoro di cognizioni, specialmente nellistoria e nella biblio- ce, uscito fosse in campo a far prova del suo valore. Ma si
grafia sarda; e poich per le politiche vicende de suoi tempi giudicava, come spesso accade, da ci che potea, o credeasi
era andato qua e l aggirandosi collo spirito contristato dalla almeno chei potesse; e la fama allora intera, quando fortu-
sventura, allorch finalmente restituito alla pace delle dome- nata e senza molte fatiche trascorre coi supposti e colle possi-
stiche mura potea raccogliere il frutto del proprio sapere e ag- bilit per la bocca della moltitudine, n con fatti reali e solen-
giunger gloria al patrimonio letterario della sua patria, manc ni offende linvidia dei contemporanei. I pochi scritti editi del
inopinatamente ai viventi add 28 dicembre 1819 nella citt di Simon sono i seguenti: I. Alcune poesie di circostanza, e tra
Alghero, nella quale pochi mesi innanzi era entrato in posses- queste, tre sonetti inseriti nella Raccolta poetica per lingresso
so della dignit di arcidiacono capitolare della chiesa cattedra- nella sua sede di D. Luigi Cusani arcivescovo di Oristano (Ca-
le, conferitagli per grazia di Vittorio Emmanuele I re di Sarde- gliari, Stamperia Reale, 1784). La suddetta Raccolta prece-
gna. Uomo ei fu veramente di splendido ingegno, di dottrina duta da un Elenco ossia Serie degli arcivescovi di Oristano e
moltiforme, e di notizie patrie saputissimo. Raccolto avea ne dei vescovi di S. Giusta, nella quale il Simon raccolse molte
suoi frequenti viaggi gran copia di libri, co quali form in Al- belle memorie per illustrare la storia ecclesiastica di quelle
ghero una ricca biblioteca, in cui eravi tra le altre una compita due sedi vescovili. II. De laudibus Joannis Antonii Cossu bo-
collezione bibliografica di volumi sardi, o di sardo argomento. sanensium antistitis oratio, Carali, 1786, ex typographia regia
Domenico e Matteo Luigi suoi fratelli aveano contribuito an- (in 8). La medesima un panegirico del vescovo di Bosa
cor essi co particolari dispendi loro ad arricchirla; ed egli vo- monsig. D. F. Gio. Antonio Cossu, recitato dal Simon nel
lea farne belluso, legandola al pubblico per utilit de suoi giorno del di lui ingresso in quella chiesa cattedrale, ed
concittadini: ma prevenuto dalla morte, mor con lui il gene- scritto con bella latinit. In questorazione lautore accenna
roso pensamento. Nei modi esterni fu aggraziatissimo; nei di- ad un altro suo lavoro che si aggirava sulle memorie ecclesia-
scorsi, anche famigliari, ordinato: se per in elette adunanze, stiche di Bosa, ma che non vide mai la pubblica luce. III. Let-
o con uomini di lettere si avvenisse, studiava nel discorrere tera (diretta al cav. D. Tommaso de Quesada professore di di-
leleganza dei modi, bramava di essere ascoltato, e si ascolta- ritto canonico nella regia universit di Sassari) sugli illustri
va talvolta ei medesimo, quasi compiacendosi della sua abi- coltivatori della giurisprudenza in Sardegna fino alla met
tuale eloquenza. Dovei conversava, era inutile che altri si del secolo XVIII (Cagliari, 1801, un fascic. in 8); lavoro assai
provasse a dir tanto come lui: era questo dei suoi difetti uno, pregevole, malgrado alcune inesattezze che oggi vi si trovano,
principe a tutti voler essere nel ragionare. Ricerc nelle vesti dopo la maggior luce che fu sparsa sulle memorie antiche de-
la mondezza ed anche lornato; e vissuto avendo quasi sem- gli scrittori nazionali. Pubblic inoltre venti orazioni sacre del
pre nel gran mondo, tanto ritenne dei costumi e degli usi del P. M. Alberto Marchi carmelitano (Cagliari, Stamperia Reale,
secolo incivilito, quanto perdette dellausterit del vivere sa- 1784, un vol. in 4) Marchi Alberto, e le poesie del Berlen-
cerdotale. Per non per questo manc mai ai principali doveri dis in tre volumetti (in 12) co tipi della Stamperia Reale di
del proprio stato; che anzi nelle azioni sue fu continente, co Torino (1784-85) Berlendis Angelo, e a queste ultime pre-
poveri liberale, e degli atti tutti della religione tenacissimo os- pose unepistola in versi sciolti italiani, la quale racchiude un
servatore. Ebbe amici in Sardegna quanti uomini nel suo tem- ristretto quadro della storia antica e moderna della Sardegna.
po coltivarono le scienze e lamena letteratura; e tanto acqui- Dicesi ancora chegli avesse illustrato alcune delle pstole del
st di nome tra essi, che tanto forse non ne avria ottenuto, se pontefice S. Gregorio Magno pertinenti alla storia della chiesa

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sarda,176 e che molti altri lavori avesse preparato in materie S. Girolamo e di Beda, lo qualificano semplicemente sacerdote,
varie di sardo argomento: ma di tutto ci non esistono n e i pi recenti, e lo stesso martirologio romano (corretto per
ms. n prove di sorta, e qui forse le presunzioni tennero luo- in questa parte dal Baronio colla scorta degli atti della chiesa
go di realt. Il lavoro, chegli avea preparato veramente, era sarda) lonorano del titolo episcopale. LHenschenio, e dopo di
ledizione delle opere complete del Fara, tanto sullistoria, lui il Tillemont, opinarono che S. Simplicio fosse prete sola-
quanto sulla corografia della Sardegna, e lavea gi annunzia- mente, n si lasciarono smuovere dallautorit del Bonfant, il
ta, pubblicandone il manifesto dassociazione: ma poi, qua- quale, riferendo linvenzione delle reliquie di questo santo ac-
lunque ne sia stata la causa, non rec ad atto il suo divisa- caduta nel 1630, lo qualific vescovo, citando in conferma del
mento. Rimasero eziandio inediti i suoi sermoni sacri, e una suo assunto uniscrizione, che per non fece pubblica; e pub-
dissertazione De fontium origine da lui letta nella regia uni- blicata ancora, poca fede avrebbe trovato presso i critici, per
versit di Cagliari, allorch fu aggregato a quel collegio di fi- trattarsi di uno scrittore gi diffamato in materia discrizioni. A
losofia e di belle arti. Dal che tutto si pu conchiudere che ci si aggiunge il lungo periodo di tempo trascorso dalla morte
cotesto letteratissimo uomo potea molto pi che non fece di Simplicio fino allepiscopato di Vittore, ordinato vescovo di
per lincremento della sarda letteratura, e che il poco fatto da Fausania negli ultimi anni del VI, o nel primo anno del VII se-
lui argomento del molto che ancora rimaneagli a fare pel colo; perciocch non sembra credibile, che ove S. Simplicio
maggior nome suo e della sua patria. fosse stato vescovo di Fausina, la sede da lui occupata rima-
BIBL.: Simon Gio. Franc., Opusc. cit.; Memor. stor. crit. delle vicende nesse poi vacante per circa tre secoli, quando in Sardegna la
sofferte dalla famiglia sarda ligure dei Simon ecc., 1800 (un vol. in fede era generalmente diffusa, ed esistevano altre sedi vescovi-
8); Caboni, Ritratti poetico-stor., p. 51 ss. li, come si ricava dalle epistole di S. Gregorio Magno. Non
mancano tuttavia ragioni per sostenere lopinione contraria,
Simplicio santo martire. uno dei pi antichi martiri della per lo che non si pu definire con certezza quale delle due sia
chiesa sarda, e fu immolato per la fede nella citt di Fausina o la vera. S. Simplicio ebbe compagni nel suo martirio li SS. Dio-
Fausania (Olbia antica, oggi Terranuova) circa il 304 sotto la cleziano, Fiorenzo e Rosula, come lasciarono scritto il Beda,
persecuzione di Diocleziano. I martirologi tutti notano il suo Pietro Galesini e Lorenzo Surio. Sotto linvocazione di questo
giorno natale nel 15 di maggio, e si accordano ancora nel ri- santo martire esistette gi la sede episcopale di Civita, la quale
ferire che mor trafitto di lancia per mano di Barbaro presi- nel 1198 fu sottoposta da papa Innocenzo III alla giurisdizione
dente dellisola, il quale perseguit crudelmente i seguaci del dellarcivescovo pisano, e, unita poi nel 1502 dal pontefice
cristianesimo. Discordano per circa la dignit episcopale che Alessandro VI al vescovado di Ampurias, pass alla soggezione
da taluni gli attribuita, poich i pi antichi, come quelli di dellarcivescovo turritano. Lantico tempio dedicato a S. Simpli-
cio esiste ancor oggi nel borgo di Terranuova.
176. Le epistole di S. Gregorio Magno, nelle quali si fa ricordo, o sono BIBL.: Florent., in not. ad martyr. Hieron., ad diem 15 maii; Ferrar.,
soggetto le cose ecclesiastiche di Sardegna, furono poi dottamente illu- Catal. SS. Ital., ad diem 15 maii; Baron., Not. ad martyr. rom., ad
strate con purgato comento latino dal cav. D. Emanuele Marongio cano- diem 15 maii; Fara, Corograph. sard., lib. II, p. 90; Acta SS., tomo
nico della cattedrale di Sassari. Le dette lettere e le illustrazioni corri- III, ad diem 15 maii; Tillemont, Monum. hist. eccl. de perseq. Dio-
spondenti sono state stampate in Torino nel 1825 dal tipografo Giacinto clet., art. LVI, p. 145; Serpi, Cron. de los sanct. de Sard., lib. III, p.
Marietti col seguente titolo: Selectae S. Gregorii P. I. Epistolae de sacris 172 ss.; Arca, De sanctis Sard., lib. II, p. 31 ss.; Pinto, De Christ.
sardorum antiquitatibus, historicis commentariis illustratae (vol. I, in crucif., tomo I, p. 440; Mattei, Sard. sacr., pp. 44, 118-119; Gazano,
8); e noi ne abbiamo gi fatto onorevole ricordo nel primo volume di Stor. di Sard., tomo I, lib. I, cap. VI, p. 104 ss.; Marongio, Select. S.
questo nostro Dizionario, p. 288, nota 317. Gregor. pontif. I epist., pp. 84-85.

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Siricia Gianuario vescovo di Cagliari. quindi a Torino, dove termin li suoi studi, ottenne la laurea
secondo le usanze claustrali, e fu dichiarato maestro. Ritor-
Sisco Antonio, frate claustrale vissuto nello scorso secolo, va- nossene allora in patria; e dentro le mura del suo cenobio
lente teologo e buon oratore, ed uno dei pi laboriosi scrittori dett la teologia morale per nove anni; poi occup gli uffizi
che la Sardegna abbia avuto in materia di archeologia patria. minori e il guardianato, ossia la presidenza del convento di
Nacque in Sassari nel 30 maggio 1716 dal dottore Francesco Sassari pi volte; e poi nel 1758 fu eletto provinciale. Questa
Sisco e da Mariangela Delrio, onorati e facoltosi cittadini, e carica sostenne per rielezione e per conferma circa due lustri,
nel battesimo, che gli fu dato nello stesso giorno di sua na- e govern con prudenza assai rara, e con zelo cos grande
scenza nella parrocchia di S. Pulinare, ricevette il nome di della regolare disciplina, che ne rimane ancor viva ed onore-
Pietro; il qual nome cambi poi nellaltro di Antonio nel ren- vole la ricordanza. Predic ancora con molta frequenza dai
dersi frate dei minori conventuali di S. Francesco nel conven- pergami; e bench nellorare mancasse di grazia, suppliva
to di S. Maria di Betlemme della sua patria medesima. Dopo per a tal difetto lo splendore della sacra dottrina che illumi-
fatto il noviziatico e professati i voti dellordine, si applic con nava i suoi discorsi. Finalmente fu creato commissario genera-
ardore agli studi; e bench fosse molto giovane di et, supe- le dellordine francescano nella provincia di Sardegna, qualifi-
rava tuttavia nella prontezza dellapprendere e nella felicit catore del santo uffizio ed esaminatore sinodale della diocesi
della memoria i confratelli che percorrevano con lui lo stesso turritana. La piet che risplendeva in tutte le sue azioni era ac-
arringo; per la qual cosa i suoi maestri pronosticarono fin compagnata dalla modestia e dalloperosit; n vi fu atto ve-
dallora che nella filosofia e nelle scienze sacre diverrebbe ec- runo, o comune o particolare, della sua professione monasti-
cellente. E cos accadde in effetto; perciocch, non s tosto ul- ca chegli non abbia puntualmente adempito. Assiduo alla
tim nel convento di Sassari il corso scolastico prescritto dalle salmodia ed allorazione, sollecito nellamministrare ai fedeli il
regole del suo instituto, che volse tutto lanimo suo allacqui- sacramento della penitenza, caritatevole nellassistere glinfer-
sto del sapere, impiegando nella lettura dei libri sacri i giorni mi, ed in ogni altro sacerdotale uffizio assai diligente, si cat-
e le notti intiere. E tuttavia, conoscendo di non potere da s tiv vivendo il rispetto de suoi confratelli e la stima generale
solo fare s gran frutto comegli desiderava, domand ed ot- de suoi concittadini. Pure, in mezzo a tante cure diverse, le
tenne dal generale dellordine di trasferirsi ad uno dei con- quali dovettero defraudargli molte ore del giorno, egli trov
venti dello stato romano, nei quali fiorivano allora uomini as- tempo sufficiente per li suoi studi, e rec a termine tanti lavo-
sai dotti in ogni grave disciplina. Dalle memorie che di lui ci ri di ecclesiastico argomento, e raccolse tante notizie di storia
rimangono si ricava chegli dimor per alcun tempo in Assisi; patria, e copi di propria mano tanti codici e volumi antichi,
che ivi contrasse amicizia con F. Ludovico Lipsin dello stesso che al solo vederli reca maraviglia come a siffatti lavori abbia
ordine, il quale fu chiaro per dottrina e per santit di costumi; potuto bastare la vita di un uomo solo. Ma loperosit sua e la
e che avendo dato buon saggio de suoi talenti e della sua sua diligenza fu in tal rispetto assai straordinaria, perciocch
condotta, fu nominato collegiale del convento di Urbino, per vegliava talvolta le notti intiere; e i momenti istessi che soglio-
domanda fattane dal P. M. Lorenzo Ganganelli (poi papa Cle- no gli uomini dedicare al riposo od alle oneste ricreazioni,
mente XIV), reggente allora degli studi nel collegio di S. Bo- egli spendevali alacremente ne suoi prediletti studi, tra i quali
naventura di detta citt. Ma non avendo, per cagione delle otteneva il primo luogo la sarda archeologia. In questa mate-
guerre che in quel tempo laceravano lItalia, potuto trasferirsi ria egli era versatissimo; ed il Mattei, tra gli altri, ne lasci lu-
alla nuova stanza assegnatagli, se ne and prima a Napoli e minosa testimonianza nelle sue Giunte ed osservazioni sopra

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la Sardegna sacra, nelle quali gli arrecarono in alcune parti pubblica colle stampe, andarono nelle mani altrui, e servirono
non poco giovamento le notizie comunicategli da questo suo di testo alledizione unica delle opere istoriche e corografiche
confratello.177 N solamente egli raccoglieva e faceva tesoro di dellanzidetto scrittore, che fu poi fatta per cura del Cibrario e
monumenti di ogni sorta che potessero illustrare la storia del per generosit del marchese Lascaris, illustri letterati piemon-
proprio paese, ma registrava ancora nelle sue Miscellanee tesi.179 Per tanto ancora rimane dei volumi scritti da lui, che
quanto accadeva di pi rimarchevole nellisola, e specialmen- bastano essi soli per eternarne la memoria. E noi qui appres-
te in Sassari; sicch avressimo di lui un compito Diario de so li annoteremo distintamente, acci i viventi ed i posteri
suoi tempi, se lincuria e le vandaliche usanze di alcuni corre- sappiano qual uomo si fosse il Sisco, e quanto del suo nome
ligiosi che gli sopravvissero non avessero dispersa gran parte debba andar lieta la Sardegna; e se mai verr tempo, in cui
di libri cos preziosi.178 Sembr questa una particolare infeli- lamor patrio dei superstiti metta in luce i moltiplici parti del
cit sua, che di tante fatiche spese a pro della sua patria non di lui ingegno, si ricordi eziandio che noi fummo i primi a dar
potesse cogliere il frutto; perciocch, oltre di rimanere ancora contezza di questo scrittore ed archeologo finora ignorato, ri-
inediti tutti i suoi lavori, quelli eziandio chegli avea fatti sulla vocando dalloblivione, se non degnamente, con pietosa ope-
Storia e sulla Corografia del Fara, confrontando le varianti ra almeno le azioni della sua vita e la negletta ricchezza de
dei diversi codici per ricavarne la sincera lezione, e poi farla suoi scritti. Mor questo laborioso e benemerito cenobita nella
citt di Sassari alle ore 24 del 9 febbraio 1801 con segni di
177. Cos nella pagina 12 e 15, sulla scorta di tre pergamene comunica- particolare divozione, mentre contava di sua et anni 84, me-
tegli dal detto P. Sisco, aggiunse belle ed importanti notizie alle serie si otto e giorni dieci. I mss. da lui lasciati furono in gran nu-
dei vescovi di Ampurias, di Bisarcio e di Castra, e tra i primi pot an- mero; ma oggi esistono solamente i seguenti: I. Cronologia
noverare Gilitto, tra i secondi Gianuario, e tra gli ultimi Bernardo ed
Antonio de Thoro o de Thori. Nella suddetta pagina 12 il Mattei chiama summorum pontificum, ossiano vite compendiate dei ponte-
il Sisco uomo erudito, e delle antichit dei mezzani tempi diligentissi- fici romani, col supplemento (due vol. in fol.). II. Expositio
mo ricercatore; le quali parole bastano per s sole a formare un compi- psalmorum (un vol. in fol.). III. Adnotationes variarum scien-
to elogio di questo illustre nostro concittadino. tiarum et rerum (sei vol. in fol.). IV. Supplementum ad ante-
178. Tra i dilapidatori dei mss. siscani si distinsero specialmente (se vera dictas adnotationes (due vol. in fol.). V. Quaesita quae spec-
la fama che ne corre anche a d nostri) un P. M. Barletti di Sassari, e
un P. Corona dIglesias, entrambi minori conventuali. Il primo, per liberar- tant ad religionis historiam et Ecclesiae dogmata (un vol. in
si dalla fatica di copiare le memorie antiche che gli erano frequentemente fol.). VI. Quaesita et resolutiones circa paupertatem religiosam
richieste, staccava dagli autografi del Sisco i fogli, e i fascicoli intieri, per
farne dono ai curiosi ed agli amici suoi, cheran molti; e il secondo, di
nulla meno sollecito che delle lettere, sempre che per usi domestici, ed 179. Sebbene ledizione torinese (1835) dei libri prima inediti del Fara
anche vili, abbisognava di carta, ricorreva ai libri siscani che chiamava sulla corografia e sulla storia di Sardegna apparisca fatta sullapografo
inutili, e lacerandoli con ignorante empiet, ne distrusse in tal modo un donato al conte Lascaris dal P. M. Alberto Solinas, per certo che que-
gran numero, e tutti forse li avria distrutti, se chiamato opportunamente stapografo era una semplice copia dellaltro apografo siscano; e lo stes-
dai suoi superiori ad altro convento, non se ne fosse ito altrove ad eserci- so Solinas non ha potuto nasconderlo intieramente nella sua lunga epi-
tare il suo uffizio antibibliografico. In tali mani dovean cadere le carte di stola dedicatoria al suddetto conte Lascaris. Del Sisco infatti la bella
un uomo dotto, le quali avean costato infinite veglie e fatiche! Per a ri- prefazione latina che nella stessa edizione di Torino precede ai tre libri
parare la barbarie antica non furono tardi i frati conventuali di Sassari ora De rebus sardois rinvenuti per la prima volta nel 1758, e dalla medesima
viventi, i quali custodiscono con molta religione negli archivi loro i mss. si ricava chegli avea forse il pensiero di pubblicarli colle stampe. Cos
siscani che ancora esistono, e con bella cortesia ci permisero di esaminar- non avesse il Solinas variato nulla dellapografo trasmessogli dal Sisco,
li, per farne lelenco distinto e compiuto che ne diamo in questarticolo. che forse avressimo oggi una lezione pi corretta delle opere del Fara!

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(un vol. in fol.). VII. Adnotationes ex S. Scriptura (tre vol. in P. magistro Ludovico Lipsin dono hoc manuscriptum accepi
fol.). VIII. Tractatus de caerimoniis missae (un vol. in fol.). Custodiant posteri quia hoc manuscriptum nondum typis
IX. In sacrae missae mysterium expositio (un vol. in fol.). X. datum est.180 Dalla quale descrizione appare manifesto, che
Adnotationes ex opusculis S. Petri Coelestini papae (un vol. assai pochi, o forse anche nessuno vi fu mai dei sardi scrittori,
in fol.). XI. Miscellaneae quaestiones theologicae ecc. (un il quale abbia composto ed ordinato un s gran numero di vo-
vol. in fol.), nelle quali sono contenuti i trattati De miraculis; lumi, e che perci il Sisco va distinto con ispeciale onoranza
De Antichristo; De conflagratione mundi tempore judicii; De nei ricordi biografici della nazione. Questo uffizio noi com-
inferno damnatorum; De beatitudine; De beatorum cum via- piemmo al presente collamor patrio che guid la nostra pen-
toribus communione; De purgatorio; De statu parvulorum de- na: ma un altro ancora ne rimane, e fia pi solenne, e volen-
cedentium cum originali. XII. Miscellanea theologica (altri tieri lasciamo altrui il compirlo; quello di ordinare gli scritti di
due vol. in fol.). XIII. Molti altri volumi in 4 sopra diverse cotanto uomo, e tramandarli durevolmente alla posterit.
materie teologiche ed ascetiche. XIV. Resolutiones casuum co-
scientiae (un vol. in fol.); che sono i dubbi da lui resoluti, Sisternes Pietro, nato in Oristano poco dopo la met del se-
mentre dettava teologia morale nel convento di Sassari. XV. colo XVIII, e morto in Cagliari nel 7 ottobre 1828. Ricevette
Annotazioni concernenti la S. Scrittura (un vol. in fol.); opera leducazione letteraria nel collegio canopoleno di Sassari, e
somigliante allaltra latina sovra citata. XVI. Qual sia la prima nella regia universit degli studi di detta citt consegu i gradi
religione, o la religione madre tra tutte le francescane (un vol. accademici fino alla laurea in teologia: poi and a Cagliari, e
in fol.). XVII. Compendio della vita di Giovanni Dunsio Scoto presentatosi ai prescritti esperimenti ottenne ancora in quel-
dottore mariano, ricavato dalla vita che di lui scrisse il P. M. laltra universit la laurea in leggi. Prima di ricevere questo se-
Bonaventura Botti minore conventuale lanno 1598 (un vol. condo onore, avea dimorato per alcun tempo in qualit di
in fol.). XVIII. Istruzioni morali evangeliche cristiane a pro alunno nel reale convitto di Superga in Torino. Nel 1783 fu
dei confessori e penitenti (un vol. in fol.). XIX. Memorie perti- uno dei concorrenti alla cattedra dinstituzioni canoniche va-
nenti alle cose di Sardegna (sei vol. in fol.). XX. Notizie di co- cata in detta universit di Cagliari; ma bench disputasse con
se sarde (due vol. in fol.). XXI. Miscellanee edite ed inedite di molto onore, non gli riusc di ottenerla, e fu nominato in vece
antichit sarde (cinque vol. in fol.). XXII. Pi altri volumi di membro ordinario del collegio legale. Nella via del chiericato
piccola mole ed importanza, che sono la maggior parte copie da lui intrapresa consegu benefizi assai ricchi, e onori ed uffi-
da lui fatte di alcuni libri e carte, relative tutte alla storia sacra zi molto importanti. Imperocch fu prima canonico teologale
e profana della Sardegna. XXIII. Tractatus de gratia et divinis e poi decano del capitolo di Cagliari, e per dodici anni ancora
auxiliis (un vol. in fol.). Questo ms. molto prezioso, poich
un trattato inedito, composto da F. Lorenzo Ganganelli, poi 180. Se mai avvenga che mano esperta ed amorevole scelga dei sud-
papa Clemente XIV, come appare dallannotazione appostavi detti autografi siscani i migliori, e li renda pubblici colle stampe, laude-
dal Sisco. XXIV. De statu et situ sacri corporis serafici P. S. vole e pietosa ad un tempo sar lopera, e ne ridonder gloria alla Sar-
Francisci (un vol. in fol.). Questo ms. ancora di altro scrit- degna. Ma intanto, e finch il tempo di siffatta pubblicazione star
tore, cio del P. M. Ludovico Lipsin minor conventuale, men- maturando, noi esortiamo i benemeriti depositari degli accennati mss. a
star saldi nel proposito di custodirli gelosamente, e a non lasciarsi aggi-
tovato in questo stesso articolo; ha la data del 1744, e vi rare da subdole preghiere o da promesse di greca fede, per le quali
scritto di proprio pugno del Sisco il seguente ricordo: cum troppo spesso arricchimmo incautamente co tesori nostri le dianzi po-
moram traxerim, Ascesi in S. conventu, ab auctore adm. Rev. vere arche degli Arpagoni letterari.

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esercit le funzioni di vicario generale capitolare, nelle quali prelato: n sono da omettere le sue Esortazioni ed ordina-
diede prove di accortezza e di prudenza assai rara. Nel 1793 zioni al clero e popolo della sua diocesi (Cagliari, Stamperia
fu uno dei deputati dello stamento ecclesiastico per umiliare a Reale, 1800, in fol.), nelle quali racchiusa molta dottrina, e
Vittorio Amedeo III re di Sardegna le domande della nazione, si leggono ottimi provvedimenti per lutilit temporale del
e dopo il ritorno dalla sua ambasceria, continu a far parte numeroso popolo commesso alle di lui cure, e per il rifiori-
del parlamento sardo, nel quale la difficolt dei tempi gli fece mento della disciplina ecclesiastica.
talvolta dimenticare la carit e la mansuetudine dello stato sa- BIBL.: Sisternes Pietro, Oraz. sudd.; Sisternes Francesco, Lett. past.
cerdotale Simon Matteo Luigi e Gio. Francesco. Negli ultimi ed esort. sudd.
anni di sua vita gli fu offerto il vescovato di Fossano in Pie-
monte; ma egli lo ricus, amando di preferenza il dimorarsi Soff Luigi, distinto oratore dello scorso e del presente seco-
quietamente nella sua patria. Fu bello della persona, aggrazia- lo, nato in Alghero da Giacomo Soff e da Teresa Cubeddu
to nei modi, dingegno assai svegliato, coltissimo in varia let- nel 9 ottobre 1742, e morto in Cagliari nel 28 gennaio 1816.
teratura, e danimo sopra modo generoso. Mai misur la pro- Entr giovinetto nella compagnia di Ges, e dopo avervi fatti
pria beneficenza verso i poverelli; e talvolta per beneficare con lode gli studi filosofici e teologici, e faticato con assiduit
altrui divent povero egli stesso. Coltiv nella sua giovent la nellinsegnamento dei giovani che accorrevano alle pubbliche
poesia italiana, fu arcade romano col nome di Colmante Foci- scuole del suo ordine, si trov nel 1773 ridotto alla condizio-
deo, e pubblic, come tutti gli arcadi, sonetti, madrigali e can- ne di semplice sacerdote secolare per labolizione dellinstitu-
zoni nelle raccolte poetiche dei suoi tempi. Delloratoria sa- to dei loioliti accaduta in quellanno. Costretto a procacciarsi
cra, nella quale si esercit ancora nellet matura, lasci editi la sussistenza colle proprie fatiche, esercit prima in Cagliari
li seguenti saggi: I. Panegirico di S. Anna, Cagliari, 1784 (in luffizio di prefetto nel seminario tridentino, e poi in Alghero
8). II. Orazione funebre per Vittorio Amedeo III re di Sarde- laltro pi onorifico di professore di filosofia e di prefetto del-
gna, Cagliari, 1797 (in 4). A questorazione vanno unite le le regie scuole. Questultima carica sostenne per un quadrien-
iscrizioni latine da lui composte per detti funerali. III. Ora- nio, dopo il quale fu chiamato nel 1795 ad occupare la prefet-
zione funebre per Maria Adelaide Clotilde di Francia, regina tura delle scuole di S. Teresa in Cagliari, lasciata vacante dal
di Sardegna, Roma, 1818 (in 4). Le anzidette scritture non Carboni. Bench succedesse in tal posto ad un uomo gi di-
mancano di pregio, sia per la struttura delle parti, che per venuto celebre in Sardegna, e chiaro ancora in tutta Italia pel
lesterno colorito: ma questultimo spesso troppo vivace; e suo raro valore nella poesia latina, port tuttavia con accura-
le frequenti antitesi, e labbondanza soverchia delle figure le tezza e con dignit il carico addossatogli, e lodi ne ottenne
rende in alcun luogo molto sgradevoli alla lettura. Fratello di dagli uomini letterati del suo tempo, quantunque inferiori as-
Pietro fu Francesco Sisternes, nato ancor esso in Oristano, e sai a quelle che meritato avea lillustre suo predecessore. Nel-
consagrato arcivescovo di detta citt e diocesi nel 18 novem- lo stesso primo anno del suo installamento nella suddetta pre-
bre 1798. Canonico prima, e poi arciprete della cattedrale di fettura disse a d 2 settembre nella regia universit di Cagliari
Arborea, avea inoltre sostenuto per due volte la carica di vi- una grave orazione latina, nella quale ragion delluso ed
cario capitolare. Distinto per la sua piet, e per la liberalit abuso dellingegno, e mostrando quale debba essere il retto fi-
verso i poverelli, mor in Cagliari nel 21 giugno 1812. Abbia- ne degli uomini nel coltivare cos le gravi scienze come lame-
mo di lui varie lettere pastorali pubblicate colle stampe, nelle na letteratura, con bello ed onorevole concetto inaugur il so-
quali risplende soprattutto lo spirito evangelico dellesimio lenne riaprimento degli studi scolastici. Diede poi opera a

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istruire con diligenza i giovinetti commessi alle sue cure, e fossero maggiori delle sue fortune, mostr amore pel denaro:
non contento delle prove che ciascuno di essi dava periodica- dicesi che essendogli stato tolto di furto il suo piccolo tesoro,
mente nella propria classe, sceglieva i migliori, e questi adde- egli se ne addolorasse per modo, che dopo alcuni giorni ne
strava egli medesimo, e quindi li presentava a pubblici esperi- morisse. Le sue scritture edite sono: I. Le suddette Accademie,
menti. Di queste accademie, nelle quali i suoi allievi faceano ossiano trattenimenti letterari della giovent studiosa. II. Ora-
fede del buon frutto che traevano dalle sue lezioni, egli avea zioni sacre, dedicate a D. Matteo Luigi Simon (Cagliari, nella
gi fatto buon uso nelle scuole di Alghero; ed acci allutilit Stamperia Reale, 1783, un vol. in 4). III. Panegirici in lode di
dei giovani andasse congiunto il diletto degli ascoltanti, facea alcuni santi cagliaritani, dedicati a D. Michele Aymerich e
recitare dai primi poesie italiane e latine sopra alcun tema Brancifort (Cagliari, nella Stamperia Reale, 1784, un vol. in 4).
adattato ai tempi, ai mecenati, o alle circostanze delle accade- IV. Poesie (Cagliari, presso Bernardo Titard, 1784, un vol. in
mie medesime. Se ne hanno ancora alcune per le stampe, tra 8). V. Elogio funebre di D. Gioachino Radicati vescovo di Al-
le quali vanno distinte le seguenti: I. Qual sia let pi felice, ghero (Cagliari, 1793, in 4). VI. Orazione funebre per Vittorio
dedicata a D. Gioachino Radicati vescovo di Alghero; II. Per il Amedeo III re di Sardegna (Cagliari, 1797, in 4). VII. Lodi di
SS. Natale; III. Sopra i diversi geni; IV. Per la promozione di Maria Vergine ecc. (Cagliari, 1801, un vol. in 4).
monsignor Melano alla sede cagliaritana. Acquistatosi in tal BIBL.: Soff, Op. cit.; Melis, Giorn. di Sardegna, n. V, settembre
maniera il nome di sollecito istitutore della giovent studiosa, 1795; Berlendis, Poesie, tomo I, p. 13; La Fantas. stanz., 22; Cos-
ottenne nel 1798 lonorario titolo di professore di eloquenza seddu, De Caral. accad. laud., p. 59.
italiana, e prima e dopo, alcune pensioni ecclesiastiche, e la
prefettura del collegio di filosofia ed arti nella suddetta univer- Soggio Giovanni Mancone Quirico.
sit di Cagliari. Al conseguimento di tali premi contribuirono
ancora gli elogi che di lui si facevano comunemente per la Soggio Giacopo Cano Francesco.
frequenza e per la dignit, con cui orava dai pergami; nel
qual ministerio non meno, che in quello dellinsegnamento Soggio Simone, pio e dotto gesuita, nato in Sassari nella
pubblico, consum onoratamente la maggior parte della sua prima met del secolo XVII, e morto nella stessa citt dopo
vita. Le tante orazioni sacre che di lui abbiamo, se non giustifi- il 1704. Fatti in patria gli studi elementari di grammatica e
cano pienamente, n per linvenzione n per lo stile, i grandi di umane lettere, abbracci linstituto di S. Ignazio di Loyo-
applausi chegli ne riscosse a suoi tempi, sono per ordinatis- la, nel quale si distinse per i suoi talenti, e per la facondia
sime in tutte le parti loro, e corredate ancora di molta dottrina nellannunziare la divina parola. Dett per qualche tempo
scritturale. Coltiv inoltre la poesia italiana e la latina, ma non filosofia e teologia ai suoi confratelli, govern in qualit di
molto felicemente; e sebbene il Berlendis, gi suo confratello, rettore vari collegi dellisola, ed in ultimo fu destinato dai
ne abbia fatto onorevole ricordo nelle sue Stanze intitolate La superiori alla residenza nel collegio massimo di Sassari. Men-
Fantasia, certo per che tuttaltro nome pu egli meritare, tre dimorava fissamente in detta citt, si diede a raccogliere
fuorch quello di poeta. I costumi del Soff furono assai esem- monumenti dogni sorta sulle antichit della Sardegna, divi-
plari, n minore del suo ingegno era la sua piet. Solamente sando egli dillustrare i fasti istorici della sua patria; ma i ma-
pecc di troppo rigore, e di modi aspri e sconvenevoli nellin- teriali da lui a questo fine riuniti rimasero prima nelloscurit,
segnare; e negli ultimi anni della sua vita, o per vizio quasi e poi, quando nel 1773 fu abolita la compagnia di Ges, an-
sempre compagno alla vecchiaia, o perch i bisogni dellet darono perduti per sempre. Pervenne solamente fino a noi

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un suo ms. intitolato Vida de los SS. Martyres turritanos (vol. I vescovi turritani i pi antichi, siegue costantemente le pedate
in 4), il quale partito in tre libri, e, oltre la narrazione delle dellistorico Francesco Vico, e cade negli stessi errori ed ana-
gesta gloriose dei SS. Gavino, Proto e Gianuario, contiene cronismi giustamente imputati a questo scrittore. Le relazioni
molte belle notizie riguardanti la storia ecclesiastica dellisola. delledificazione dellantica basilica di Torres, e delle due in-
Il libro primo diviso in dodici capi, nei quali lautore tratta venzioni delle reliquie dei SS. martiri turritani possono dirsi
dellorigine e della preeminenza dellantica citt di Torres, dei una semplice traduzione di quanto ne scrisse latinamente il P.
martiri che la illustrarono, e dei primi apostoli che vi predica- Pinto nella sua celebrata opera De Christo crucifixo. Tranne
rono il vangelo. La fondazione della chiesa turritana; i santi queste imperfezioni, che sono condonabili ad uno scrittore
che fiorirono in Sardegna nei primi tre secoli della chiesa; la vissuto in tempi, nei quali lo studio della critica non era abba-
distruzione di Torres, e la traslazione di quella sede metropo- stanza conosciuto in Sardegna, e spento ancora non era al tut-
litana alla citt di Sassari sono materie diffusamente trattate to nellisola lo spirito del municipalismo, che tanto e s spesso
nello stesso libro primo. Il libro secondo composto di sedici offese la verit, lopera del Soggio ha tanti altri pregi che la
capi, nei quali descritta ampiamente la vita dei SS. Gavino, rendono assai commendevole. Oltre lerudizione, di cui so-
Proto e Gianuario; lerezione e dedicazione della basilica turri- vrabbonda, sono pregevolissime e validate da certi documenti
tana; la prima e la seconda invenzione dei corpi di detti SS. le notizie da lui dateci dei vescovi turritani, e degli altri tutti
martiri, e la solenne traslazione dei medesimi alla mentovata delle diverse sedi sarde, dal secolo quinto in appresso; e dip-
basilica. Il terzo ed ultimo libro ha diciotto capi, nei quali si pi sono importantissime le altre che appartengono al tempo,
legge la serie lunghissima dei martiri e dei vescovi, che fiori- in cui egli visse, poich hanno il carattere intrinseco di certez-
rono nella chiesa di Torres, e nelle altre chiese tutte di Sarde- za e di verit, e forse ci mancherebbono totalmente, segli
gna, dai primi tempi della predicazione evangelica fino al non le avesse tramandate alla memoria dei posteri. Leggendo
1704, nel qual anno egli scriveva di certo, e forse anche ter- la Sardinia sacra del Mattei, noi troviamo in moltissimi luo-
min di scrivere questopera, come si raccoglie da pi luoghi ghi, e specialmente nelle varie serie dei vescovi sardi che fiori-
della medesima. Infatti, sempre chegli racconta i fatti accaduti rono dalla met del secolo XVII fino al principio del XVIII,
nel 1704, o che parla di persone, le quali viveano in quello una somiglianza grandissima tra le sue narrazioni latine, e le
stesso anno, egli usa costantemente le espressioni hasta oy, el castigliane del Soggio; locch cinduce a credere, che siccome,
qual vive actualmente ecc., le quali mostrano ad evidenza laddove mancava la scorta dei documenti editi, lo scrittore pi-
chegli scriveva tali cose nel 1704. Nei capi XVI e XVII dello sano dovette riferirsi alle varie relazioni venutegli da Sardegna,
stesso libro terzo contenuto un breve ragguaglio dellantico queste siano state ricavate in gran parte dal ms. inedito dello
governo di Sardegna, e dei regoli pi illustri della provincia stesso Soggio, il quale era stato testimonio oculare delle cose
turritana. E nel XVIII ed ultimo capo lautore racconta minuta- accadute nella sua patria in quel periodo di tempo, e le avea
mente le feste ed i tornei celebrati in Cagliari nel 1614 per la fedelmente registrate nella sua Vida de los martyres turrita-
seconda invenzione dei corpi gloriosi dei SS. martiri turritani. nos. La qual cosa, se non andiamo errati nella nostra con-
Lo stile di questa opera, bench sia accurato, non per mai ghiettura, accresce pregio e valore alla di lui opera. Lauto-
elegante. Lautore vi fa sfoggio di erudizione sacra e profana: grafo soggiano esisteva, anche dopo la soppressione della
talvolta per non pari la critica alla dottrina. Laddove parla compagnia loiolitica, nel collegio di Ges e Maria di Sassari, e
della nobilt dellantica citt di Torres come colonia romana, sul medesimo furono esemplati li tanti apografi antichi che ora
della predicazione del vangelo in Sardegna, e dei martiri e ne abbiamo. Di questo scrittore, nessuno dei bibliografi sardi,

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n degli stranieri avea mai parlato, per quanto a nostra noti-


zia; per lo che ci siamo volentieri affaticati a dar contezza du-
revole della sua vita e dei suoi scritti.

Sogia Serra Giorgio. Nacque in Sassari nel 1632,181 e fu uno


dei pi dotti uomini che abbiano vissuto in Sardegna nel seco-
lo XVII. Il padre suo era di povera ed oscura condizione; non
cos la madre, la quale apparteneva alla famiglia dei Serra Piz-
zoni, che dovea essere molto civile a quei tempi, poich Gior-
gio si arrec ad onore il perpetuarne la memoria, togliendo
dalla medesima il suo stemma episcopale, ed aggiungendo
nelle sue opere al casato paterno quello materno di Serra de
Pisonibus. Avea compiuto appena gli anni quattordici, allorch
nel 27 aprile 1646 vest labito dei frati serviti nel cenobio della
stessa sua patria, essendo vicario generale dellordine in Sarde-
gna il P. Prospero Merlo: profess un anno dopo, e giur in
Sassari i voti solenni nel 2 maggio 1647 in mani di fr. Agostino
Cauglia, provicario generale dei servi di Maria. Sagratosi sacer-
dote, e fornito il corso dei suoi studi, fu mandato a Roma per
proseguirli; ma essendo stato esaminato dal generale, e trovato
versatissimo nelle scienze divine, gli fu dato subito il carico di
pubblico lettore. Insegn prima in vari conventi della Toscana;
poi in Bologna, in Venezia ed in Cesena; e quindi e pi stabil-
mente nel convento primario di Fiorenza. Col dett filosofia e
teologia per qualche tempo, e fra i molti discepoli che accorre-
vano a udire le sue dotte lezioni va ricordato con special lode
il serenissimo principe Francesco Maria de Medici, che fu poi

181. Ci si ricava dal proemio delle sue Questioni sul prologo delle sen-
tenze di Enrico di Gand (p. 4), dove dice: tanto operi (cio nella spiega-
zione della dottrina teologica del gandavese) majorem et meliorem an-
norum meorum partem impendi, videlicet ab anno salutis 1652, (aetatis
meae, tunc, ex quo illud incepi, vigesimo, nunc autem sexagesimo)
usque ad annum Domini 1678 ecc. Nel 1632 egli avea venti anni, come
dallallegato passo: quindi chiarissimo chegli era nato nel 1652. Ove
poi alle parole ab anno salutis 1652, aetatis meae vigesimo si volesse
appropriare ancora un pi largo significato, certo che la nascenza del Sogia Giorgio. Copiato dal quadro in tela esistente nella sacrestia de PP. Ser-
Sogia non potrebbe farsi anteriore al 1631. viti in Sassari.

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cardinale di santa Chiesa. Vivendo il Sogia in quella nuova Giani, diligente istorico dellordine dei servi di Maria, e risplen-
Atene, alla quale la munificenza di Cosimo III, granduca di To- de soprattutto nelle costituzioni latine chegli pubblic in Ro-
scana, avea chiamato i maggiori dotti dItalia, ebbe occasione ma nel 1679 per ridurre a migliore e pi certo sistema gli studi
di erudire sempre pi la sua mente, e di far mostra dellinge- sacri dei suoi sudditi e confratelli.183 La fama non pertanto del
gno e dei lumi, dei quali era fornito. Infatti non and guari, suo sapere non sarebbe bastata per s sola ad aprirgli la via al-
che salito in molta rinomanza, fu nominato teologo di corte lalto onore dellepiscopato, se Cosimo de Medici non lo rac-
dal suddetto Cosimo III, e quindi inviato temporariamente a comandava efficacemente alla corte di Spagna, cui per antica
dettar teologia nella famosa universit di Pisa. Succedette in ta- concessione della S. Sede era devoluto il diritto di presentazio-
le uffizio al P. Callisto Puccinelli di Lucca, dello stesso suo or- ne alle prelature sarde. E diffatti nel 1681 Carlo II re cattolico,
dine, il quale fu poi arcivescovo di Urbino; e con tale impegno mosso dalle commendatizie di detto granduca, lo propose a
adoperossi a istruire nelle sagre discipline la giovent studiosa, Innocenzo XI per la vacante chiesa di Bosa, della quale fu pre-
che gliene venne fama anche maggiore di quella che acquista- conizzato vescovo nel concistoro del 19 gennaio del seguente
to aveasi lillustre suo predecessore. A ci aggiungevano molta anno. Sollecito di trasferirsi alla sua sede, appena pot rivede-
parte di lode la protezione, di cui era onorato dalla famiglia re Bologna e Venezia, dove nella sua giovent religiosa avea
Medicea, e specialmente da Cosimo III, e le amicizie da lui contratto amicizie illustri; e poi fu nuovamente a Firenze per
contratte co pi famosi letterati di quel tempo, uno de quali ossequiare il granduca Cosimo, e tanti altri mecenati di chiaro
fu Antonio Magliabecchi, la di cui corrispondenza epistolare nome che lo aveano con amorevoli uffici e in molte occasioni
col nostro Giorgio esiste nella biblioteca magliabecchiana di favoreggiato. Col si trattenne alcuni giorni, e fu ammesso a
Firenze. Chiamato finalmente a Roma, vinsegn per oltre do- frequente conversare nella splendida corte medicea; e il cardi-
dici anni182 la teologia nel collegio di Enrico di Gand presso a nal Nerli ed il Magliabecchi, e quanti erano in quella citt civi-
S. Marcello, e tanto applauso riscosse colle sue lezioni, che da lissima uomini per sapere o per autorit pi distinti lo accolse-
papa Innocenzo XI e dai cardinali era riputato uno dei primi ro con onore, ricordandogli colla cortesia dei modi, e colla
teologi di quellet. Nel 1675 fu nominato consultore della sa- dolce favella il beato consorzio della vita letteraria da lui gi
cra congregazione dellIndice, ed esaminatore nel collegio di goduto pochi lustri innanzi in quella classica terra di acuti in-
S. Bonaventura, e tre anni dopo fu eletto per acclamazione gegni italiani. Ridottosi quindi a Livorno, veleggi dirittamente
priore generale del suo ordine. Cotesta elezione fu grande- a Sardegna, e riveduta la terra natale, i parenti, gli amici ed i
mente applaudita dai sapienti di Roma, i quali conoscevano compagni della sua giovinezza, and ad occupare il seggio epi-
per molte prove la di lui dottrina, e fu insieme una testimo- scopale, in cui la Provvidenza lo avea collocato. Nel medesimo
nianza luminosa del di lui merito, perciocch non avendo egli risplendette per piet non meno, che per lo zelo costante con
occupato mai glimpieghi subalterni del suo instituto, le leggi cui adoperossi per accrescere il lustro della religione. Ridusse a
monastiche lo escludevano dal generalato. La prudenza, colla
quale govern nei quattro anni che ritenne questa eminente 183. Della sua assunzione al generalato, e delle suddette costituzioni sco-
carica, altamente encomiata dal Garbio, e dal P. Arcangelo lastiche da lui pubblicate fa menzione egli stesso nel luogo citato nella
nota precedente (pp. 4-5) colle seguenti parole: usque ad annum Do-
mini 1678, quo ex cathedra ad generalatum totius ordinis meritis licet im-
182. Henrici doctrinam publicis thesibus Romae, ad summos Pontifi- paribus assumptus, leges, constitutiones et regulas idoneas condidi, atque
ces et eminent. S. R. E. Cardinales dedicatis, per duodecim et plus an- promulgavi, quarum observantia in nostris scholis, et collegiis magis ma-
nos propugnavi (Sogia, in prol. sent., proem., p. 4). gisque Gandavensis doctrina in dies vigeret, permaneretque invariata ecc.

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miglior forma lepiscopio, e lo ricostrusse quasi dalle fonda- della sua traslazione alla sede arcivescovile turritana, e il go-
menta; e celebr ancora sinodo diocesano, il quale per rima- vernatore del Logudoro Pietro Amat, intervenuto al solenne
se inedito. Nel 1689 si trasfer altra volta a Toscana, e quindi a mortorio, col quale furono renduti allestinto vescovo gli estre-
Roma, e nello stesso anno gli fu proposta la traslazione alla se- mi onori, fece leggere pubblicamente la provvisione regia, an-
de di Ampurias e di Civita; ma non volendo egli abbandonare nunziatrice dellinutile promozione.186 Cos termin di vivere
il gregge, alla di cui custodia era stato preposto, ricus la nuo- uno dei pi insigni uomini che la Sardegna abbia avuto nel se-
va onoranza, e continu ad illustrare con egregi fatti il suo mi- colo XVII; acutissimo dingegno, dotto nelle ecclesiastiche di-
nisterio pastorale nella chiesa di Bosa. I dodici anni di vita che scipline, zelante, operoso, e dei vantaggi della sua patria cal-
gli rimasero, li impieg tutti in far opere utili alla sua patria, e dissimo promotore. Ci rimangono di lui: I. gli statuti scolastici
nel perfezionare e pubblicare i suoi commentari teologici. In- del suo ordine, pubblicati in Roma nel 1679, ed intitolati Leges
trodusse in Sassari una nuova tipografia, la quale fu governata studiorum et collegiorum ordinis servorum B. M. Virginis ecc.;
successivamente da Giuseppe Centolani, da Giuseppe Brandi- II. Le opere teologiche, ossiano i commentari sul libro delle
no, da Gavino Seque, e da Simone Polo. Nel convento dei frati sentenze di Arrigo di Goethals celebre dottore e professore di
serviti della stessa citt fece fabbricare una biblioteca, e larric- Sorbona, conosciuto pi comunemente col nome di Enrico di
ch poi di molti libri; ed egli stesso nel 20 giugno del 1700 Gand o Gandavese, e chiamato per antonomasia il dottore so-
gitt con grande solennit la prima pietra della chiesa di lenne. Egli incominci a scrivere questi commentari in Roma
SantAntonio abate, che, eretta dalle fondamenta a sue pro- per comandamento avutone da papa Clemente IX, come riferi-
prie spese, fu condotta a compimento sei anni dopo la di lui sce egli medesimo nel proemio al trattato De sacra theologia
morte.184 Una vita cos chiara per azioni magnanime e genero- (p. 4), e poi continuolli per incitamento avutone da vari cardi-
se, ebbe nel 19 novembre del 1701 miserando fine nella stes- nali, e specialmente dal cardinale Pietro Ottoboni, al quale,
sa citt di Sassari. In detto giorno, ricercato il Sogia dai suoi dacch fu assunto al pontificato sotto nome di Alessandro VIII,
famigli allora del desinare, non fu trovato nei suoi apparta- dedic uno dei tomi di dette sue opere.187 Le cure posteriori
menti. Si corse subito al giardino interno della casa, nel quale del generalato dellordine, e la destinazione successiva alla
solea passare meditando o per diporto le ore che gli avanzava- sedia vescovile di Bosa glimpedirono di recarli presto a com-
no dalle cure vescovili; e col, rinvenuti presso a un pozzo di pimento; ma nel 1689 cominci a darli alla luce col seguente
acqua vi era il berretto e lanello pastorale, si sospett il triste
caso; e fu vero. Lesimio prelato non era pi, e il suo cadavere
fu tratto dal fondo di quel pozzo medesimo, dove o acciden- situata nella Carra grande, una delle piazze pubbliche di Sassari. Quin-
talmente era egli caduto, o si era lanciato per violento accesso di err il Garbio, dicendo morto il Sogia nella sua sede vescovile di Bosa.
186. Il Sogia ebbe sepoltura nella cappella del SS. Sagramento nella
didromania, della quale gi molto innanzi avea dato qualche chiesa dei PP. serviti di Sassari. Uniscrizione latina sovrapposta al mo-
segno, di che ancora corre incerta e dubbiosa la fama.185 Nel numento sepolcrale rammenta la sua dottrina, e le sue virt.
giorno istesso di s sciagurata morte arriv a Sassari la nuova 187. La dedica del 1 novembre 1689, ed ha la data di Bosa. Dalla me-
desima si ricava che il pontefice Alessandro VIII essendo ancora cardi-
nale, ud pi volte le pubbliche disputazioni del Sogia sulle sentenze del
184. Ne abbiamo la memoria nella iscrizione che vedesi ancor oggi sul- Gandavese, e che lo eccit a pubblicarle colle stampe, tuis semper vene-
larchitrave della porta maggiore di detta chiesa. randis et obsequendis praeceptis excitasti, ut tractatus omnes theologicos,
185. La casa, in cui avvenne linfelice caso, quella che gi fu dei conti di quos praelegeram, typis vulgando, publici juris omnino facerem (Sogia,
S. Giorgio, ed ora appartiene ai duchi dellAsinara (Vallombrosa), la quale Quaest. disp. de Deo, divinis personis et angelis, in epist. nuncup.).

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titolo: Quaestiones disputatae in prologum et IV libros senten- Firenze, in Cesena, in Bologna, in Venezia, ed in Roma. Dal
tiarum magistri Fr. Henrici a Gandavo doctoris solemnis, Sa- che si vede, che il Garbio confuse stranamente i titoli e la di-
ceri, ex typographia servitana, excudeb. fr. Joseph Brandino, visione delle diverse trattazioni contenute nelle anzidette ope-
1689 ss. (due vol. in fol.). Romae, ex typographia Angeli Ber- re teologiche, facendone talvolta di due o tre diversi uno so-
nab, 1691 ss. (due vol. in fol., oltre unaltra edizione in 8 lo, e viceversa; ed alcuni ancora omettendone affatto, che pur
che ne fu fatta contemporaneamente in Sassari e in Roma). si leggono nelle stesse opere. Nelle quali inesattezze (ripetute
Le suddette Questioni sono divise in pi parti, secondo la di- poi dal Mattei nella Sardinia sacra) sembraci essere caduto
versit della materia contenuta nella citata opera di Enrico di lillustre annalista, per non avere riflettuto che lordine delle
Gand. E cominciando da quelle che si aggirano sul Prologo edizioni delle Questioni disputate assai diverso dallordine
delle sentenze, esse sono composte di tre parti, due delle qua- sostanziale delle Questioni medesime; perciocch il primo
li, cio la prima e la seconda stampate in Roma dal Bernab affatto uniforme a quello che si osservava nelle scuole servi-
nel 1691, trattano de sacra theologia, de locis et argumentis tane nel dettare ai giovani fraticelli il corso teologico, ed il se-
theologicis, e la terza, stampata in Sassari dal Brandino nel condo ben chiaramente espresso dallo stesso Sogia nel
1692, contiene la trattazione de sacra scriptura, et ejus sensi- proemio alle Questioni sul libro primo delle sentenze, ed
bus, deque censuris propositionum ei oppositarum. In tre parti quello appunto che abbiamo pi sopra riportato. Senza di
ugualmente sono divisi i commentari sopra ciascuno dei quat- che, basta recarsi in mano i volumi del dottissimo commenta-
tro libri delle sentenze. Cos quelli del libro primo si aggirano tore, ed esaminarne, non gi le prime pagine, ma tutte, una
sulle materie de Deo, uno in essentia, et trino in personis (par- per una, le disputazioni particolari, per riconoscere che lalle-
te I); de attributis divinis, et praesertim negativis (parte II); de gata nello stesso proemio sogiano, e non altra veruna la so-
divina scientia, providentia, et praedestinatione (parte III): stanziale divisione di tali Questioni. Erra inoltre il Garbio, fa-
quelli del libro secondo trattano de angelis (parte I); de acti- cendo delle trattazioni sulla Trinit, sulla generazione del
bus humanis (parte II); de gratia et justificatione (parte III): Verbo, e sulla processione dello Spirito S. tre opuscoli separati,
quelli del terzo libro contengono le trattazioni de Christo Do- poich sono precisamente ed unicamente tante sezioni della
mino (parte I); de habitibus et virtutibus theologicis fidei, spei prima parte dei commentari sul libro primo delle Sentenze,
et charitatis (parte II); de virtutibus moralibus, et praesertim nella quale ampiamente sviluppata la materia de Deo, uno
justitia (parte III): e quelli finalmente del quarto libro racchiu- in essentia et trino in personis. Il merito intrinseco delle Que-
dono le questioni de beatis, seu de beatitudine et visione Dei stioni disputate del Sogia maggiore assai di quello che si ri-
(parte I); de sacramentis in genere (parte II); e de sacramentis conosce comunemente da ognuno; perciocch il metodo sco-
in specie, et praecipue de poenitentia, deque venerabili Eucha- lastico, col quale sono scritte, nulla pregiudica alla chiarezza
ristiae sacramento (parte III). Ed oltre a ci, dopo la parte pri- ed allordine, con cui le dottrine teologiche vi sono esposte;
ma dei commentari sul primo e sul secondo libro (stampata ed oltre a questo, le argomentazioni sono cos precise e strin-
in Sassari dal Brandino nel 1689) vi unappendice intitolata genti, che non temiamo affermare, essere in tal rispetto lope-
Articuli fidei etc. publice propugnati Romae et alibi ab aucto- ra, di cui parliamo, una delle migliori pubblicate nel secolo
re libri (il Sogia) suisque sub ejusdem assistentia discipulis XVII dai teologi controversisti. Le dottrine scritturali e dei pa-
RR. PP. servitis et aliis, ab anno MDCLII usque ad annum dri della Chiesa vi sono allogate opportunamente e copiosa-
MDCLXXVIII ecc., la quale un sunto delle moltiplici tesi teo- mente, e vi risplende soprattutto un acume di dialettica non
logiche difese pubblicamente dal Sogia e dai suoi discepoli in comune, per cui le verit della religione e della morale cristiana

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risplendono del chiaro lume dellevidenza. Non pu dirsi li- antich. sard., dissert. I, p. 50; Cossu, Notiz. della citt di Sassari,
stesso dello stile adoperato dallautore, perch, sebbene la cap. XII, p. 77; Mattei, Sard. sacr., pp. 169, 190, 204-205; Soggio, Vi-
sua latinit sia esatta, ed in alcuni luoghi non manchi neppure da de los SS. mart. turrit., ms., lib. III, cap. XV; Sogia, Quest. disp.,
di eleganza, per pi frequentemente deturpata dai barbari parte I-II, lib. I-II, in proem. et in epist. nuncup.; Fabroni, Hist. ac-
cad. pis., tomo III, pp. 95-96, 678; Manno, Stor. di Sard., tomo III,
gerghi della scuola; nel che per altro egli pecc per vizio dei pp. 446-447, 457, 463-464.
tempi, anzi che suo proprio, e per necessit della materia,
nella quale era mestieri adoperare la lingua tecnica e di con- Soleminis Domenico Vico marchese di Vico Francesco
venzione, non mai antiquata tra gli scolastici. Quindi non
Angelo de.
maraviglia che le Questioni del Sogia, appena uscirono in lu-
ce, fossero ricevute con applauso dai dotti, e che i revisori
Solinas Giovanni Montero Giovanni e Gambella Lorenzo
delle medesime188 lencomiassero grandemente, la bont del-
e Giacomo.
lopera riguardando, pi ancora che laltezza e la dignit dello
scrittore. Dei mss. lasciati dal Sogia esistono solamente nel
convento di S. Marcello in Roma due consultazioni ecclesiasti- Solinas Luca, religioso dei servi di Maria, nato in Bonnannaro,
che sullelezione dei papi, e i doveri dei cardinali serrati in piccolo villaggio del capo settentrionale della Sardegna, nel se-
conclave: gli altri chesistevano, o dicesi almeno chesistessero colo XVI. Fu uomo di straordinaria virt, e di costumi cos in-
nel convento di SantAntonio di Sassari, se questo vero, an- nocenti, che mentre visse ebbe fama di santit. La sua morte,
darono miseramente perduti. Nel 1834 fu scoperto nella catte- accaduta in Sassari nel 1623, fu riguardata come una calamit
drale di Sassari il sacro deposito delle reliquie di S. Benedetta, pubblica. Il suo cadavere fu prima esposto per soddisfare alla
gi donate dal Sogia al capitolo turritano; e le medesime furo- piet dei fedeli, che lo chiamavano il frate santo, e poi fu de-
no tosto collocate in bellurna dorata, ed esposte nellanno se- positato nella chiesa di S. Antonio abate annessa al convento
guente alla venerazione dei fedeli. dei PP. serviti di detta citt. Gli annalisti servitani fanno un bel-
lissimo elogio di questo loro venerabile confratello.
BIBL.: Garbi, Annal. ord. serv. B. M. V., lib. III, cent. V, pp. 306, 327,
411; Fundacion del conv. de serv. de Sacer, ms., fol. 6-7; Madao, Delle BIBL.: Gian. e Garbi, Annal. ord. serv. B. M. V., tomo II, lib. IX,
cent. IV, cap. V; Fundacion del conv. de serv. de Sacer, fol. 6-7.
188. I revisori delle opere teologiche del Sogia furono, in Roma il P. Pao-
lo Andrea Borelli chierico barnabita, ed il P. Filippo di S. Nicol definito- Solinas Gio. Antonio, venerabile servo di Dio, che mor mar-
re generale dei carmelitani scalzi; ed in Sardegna il vescovo di Ampurias tire della fede di G. C. nellAmerica meridionale. Nacque in
e Civita D. Michele Villa (quellistesso che celebr e pubblic un sinodo Oliena da nobili e virtuosi parenti nel 15 febbraio 1643. Allet
colle stampe, e del quale parliamo in questo terzo tomo medesimo del di venti anni entr nella compagnia di Ges, e dopo aver fat-
nostro Dizionario Villa), il P. Luigi Cavada delle scuole pie; conosciu-
to assai per i suoi sermoni sacri, ed i PP. Diego Prospero Parascoso, e to il corso dei suoi studi, ed avere insegnato le lettere umane
Sebastiano de Espinosa della compagnia di Ges, professori entrambi di nel collegio di Oristano, per i saggi straordinari di virt e di
sacra teologia nella regia universit di Sassari. Tutti fanno grandi elogi penitenza da lui dati nella vita religiosa fu destinato dal gene-
delle Questioni disputate, ed il Cavada aggiunse una corona di encomi, rale P. Paolo Oliva ministro evangelico per le missioni del Pa-
epigrammi, programmi ed anagrammi in lode dellautore, togliendone il
soggetto dalle armi che lillustre prelato avea adottate per suo stemma, fi- raguay. Partito a tal fine da Sardegna nel 1672, and prima in
gurato in una colonna ed una sega, cherano gli emblemi allusivi al suo Ispagna, dove ricevette lordine sacerdotale nella citt di Sivi-
casato materno di Serra Pizzoni; Serra de Pisonibus. glia, e poi imbarcatosi pel Nuovo-mondo, vi arriv nel 1674.

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Sol

La prima sua dimora fu in Cordoba di Buenos-Ayres, dove at-


tese con sollecitudine ad apprendere i vari dialetti indiani che
si parlavano nelle provincie circostanti, anelando con indicibi-
le desiderio alla conversione degli infedeli. Dopo cinque anni
non giusti consumati nel perfezionare il suo spirito, per quindi
accingersi alla grandopera cui il Signore lo avea chiamato, co-
minci nel 1679 il suo apostolico pellegrinaggio. Diede prima
le missioni nella citt di Corrientes in compagnia del P. Pietro
Ximenez de Araya, nelle quali oper molte conversioni minu-
tamente raccontate dagli scrittori della sua vita, e poi and ad
assistere nello spirituale le truppe americane e selvagge, colle
quali il governo spagnuolo fece nel 1680 la guerra ai porto-
ghesi nel Rio de la Plata. Ma questi erano piccoli esperimenti
per lo zelo ardentissimo del P. Solinas. Egli chiedeva sempre
ai suoi superiori di essere mandato a pi remote regioni per
portarvi la luce del vangelo, e con tanto impegno si affatica-
va, acci fosse esaudita questa sua domanda, che non passa-
va giorno, in cui non spargesse qualche lagrima di dolore, per
non vedere tuttavia accompito il santo suo desiderio. Giunse
per finalmente il tempo, nel quale i suoi voti furono appaga-
ti. Nel 1683 fu dato per compagno al P. Diego Ruiz della stes-
sa compagnia di Ges per tentare la conversione delle trib
feroci che abitavano la vasta pianura del Chaco; ed egli ab-
bracciando con pietosa allegrezza unoccasione per lui s feli-
ce, si pose sollecitamente in viaggio, atleta fortissimo e gene-
roso della fede e della carit degli apostoli. Ma non s tosto
pose piede in quella terra selvaggia, e cominci a far sentire
la sua voce aglindiani abbrutiti e vaganti, che caduto nelle
mani loro, mentre essi faceano sembianza di ascoltare i suoi
amorevoli inviti ed esortazioni perch riconoscessero un su-
premo creatore, lume ed arbitro delluniverso, fu dai medesimi
denudato, martoriato in cento diverse e crudeli maniere, e fi-
nalmente ucciso con due aste conficcategli barbaramente nel
petto e nei fianchi.189 Accadde il suo martirio nel 27 ottobre

189. La memoria del martirio del ven. P. Gio. Antonio Solinas fu anche Solinas Gio. Antonio. Copiato dal rame impresso e pubblicato in Napoli da
perpetuata nella di lui immagine, che i suoi confratelli fecero incidere Antonio Baldi.

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Sol

1683, nellanno quarantesimo di sua et; e fu vittima precoce


di quella fede, chegli volea prima annunziare lungamente
aglinfedeli per rendersi pi degno dimmolarle poi la propria
vita. Il di lui cadavere, ritrovato finalmente in orrida boscaglia
dai soldati spagnuoli, mutilato e lacero in pi parti, fu traspor-
tato a Salta, capitale del Tucuman, e quindi seppellito nella
chiesa del collegio gesuitico di detta citt. Le gesta gloriose di
questo venerabile servo di Dio sono state pi ampiamente
descritte dal dottore Francesco Xarque, decano di Albarracin,
nella storia delle missioni del Paraguay, e dal P. Antonio Ma-
choni, gesuita sardo, nella sua opera intitolata Las siete estrel-
las de la mano de Jesus.
BIBL.: Xarque, Mission. del Paraguay, lib. III; Machoni, Las siete
estrellas ecc., pp. 199-251.

Solinas Alberto Maria, dotto e zelante vescovo, il quale fior


nella seconda met dello scorso, e nei primi tre lustri del pre-
sente secolo. Nacque in Banari, piccolo villaggio della diocesi
di Sassari, nel 10 novembre 1740 da Leonardo Solinas e Tere-
sa Nurra persone nobili e facoltose, e ricevette nel battesimo i
nomi di Giuseppe Andrea Luigi. Dopo aver fatti in Sassari gli
studi elementari di grammatica latina e di lettere umane, e co-
minciato ancora il corso di filosofia, si rendette frate carmeli-
tano add 1 febbraio 1758, e cambiato il proprio nome nellal-
tro di Alberto Maria fece la sua professione monastica nel 2
febbraio dellanno seguente. Incominci tosto il tirocinio sco-
lastico, secondo le norme e le regole dellordin suo, ed ebbe
a maestro il P. Giuseppe Maria Pilo, quellistesso che fu poi
vescovo di Ales, e che illustr cotanto co suoi scritti e colle
sue virt la chiesa sarda. Dotato dalla natura di acuto ingegno,

in rame, dopo il di lui felice transito. Sotto la medesima si legge la se-


guente iscrizione: Ven. Dei servus P. Joan. Antonius Solinas Olienensis
in regno Sardiniae soc. Jesu, cum in Paraguariam profectus decem an-
nos in Indorum conversione vere apostolico zelo, ac indefessis laboribus
consumasset, a barbaris Ciachi capite in odium fidei machaeriis contu- Solinas Alberto. Copiato dal quadro in tela esistente nella sacrestia dei PP.
sus, ac telis transfixus obiit 27 octobris 1683. Carmelitani in Sassari.

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Sol Sol

ed a questo accoppiando un ardente desiderio di sapere, e non ordinario per lincremento delle cose temporali e spiritua-
molta assiduit allo studio, divent in breve cos distinto tra i li dellinstituto carmelitano, del che rimangono ancora dure-
suoi giovani confratelli, chera proposto ai medesimi per voli i monumenti:191 e tuttavia, attendendo indefessamente ai
esemplare; e il Pilo, che lo istruiva con amorevolezza nelle fi- vantaggi altrui, non manc mai a se stesso ed alla coltura de
losofiche e nelle teologiche discipline, lo prediligeva tra tutti i buoni studi, e in questi lev nome grandissimo, cos nelle do-
suoi discepoli, e spesso, cos nella scuola, come nei famigliari mestiche mura come fra i sapienti del secolo. Avea raccolto
discorsi, pronunziava che salirebbe pel suo merito a grandi col suo privato peculio gran copia di libri, ed era versatissi-
onori, come infatti gli avvenne. Nel 1766 il P. Mariano Venti- mo, non solamente nella filosofia e nella teologia, ma ancora
miglia generale dellordine carmelitano lo fece andare in Pie- nellamena letteratura, e soprattutto nella storia sacra e profa-
monte per continuare i suoi studi, chiamatovi ancora dal con- na; per lo che i suoi discorsi erano sempre eruditi, e si ricer-
te Bogino, ministro di Carlo Emmanuele III re di Sardegna, il cavano dai dotti, ed erano encomiati da ognuno. Predicava
quale, abbracciando colla sua vasta mente i mezzi tutti che inoltre con molta frequenza, ma con studio maggiore di gio-
potessero far rifiorire nellisola le scienze e le lettere, penetra- vare che di piacere, e quindi con eloquenza evangelica, faci-
va eziandio nellinterno dei chiostri per trarne a luce ed in- le, penetrante, persuasiva, e lontana assai dal frondoso appa-
gentilire glingegni migliori.190 Fiorivano allora per leccellenza rato dei lenocini oratori e delle svenevolezze profane. Quattro
dei maestri le scuole filosofiche in Asti, e le teologiche in To- quaresime da lui dette nella cattedrale di Cagliari furono tra le
rino, ed in ambidue i chiostri di detta citt si perfezion il So- altre cos bene accolte dal pubblico, che nebbe fama di ora-
linas nelle mentovate discipline, apprendendo inoltre i precet- tore eccellente. Con questi mezzi egli chiam sopra di s lat-
ti delloratoria sacra, della quale poi diede in Sardegna s tenzione del governo, e si cattiv la stima dei rappresentanti
frequenti e non ignobili saggi. Ottenuto in Torino il magisterio sovrani, i quali ressero nel finire dello scorso secolo i destini
delle scienze che avea professato, ritorn allisola nel 1670, e della Sardegna. Tra i medesimi vanno ricordati il conte Lasca-
nellanno seguente fu dichiarato per concorso lettore di filoso- ris, il conte Valperga di Masino, il marchese Vivalda; e il pri-
fia; la dett per tre anni nel cenobio sassaritano con lode mo specialmente, il quale, amante sopra modo degli uomini
grandissima de suoi superiori; e poi fu promosso a lettore di di lettere, e letterato egli stesso, port al Solinas amore gran-
teologia nel convento di Cagliari, dove insegn quella scienza dissimo, e lo eccit co consigli e colle preghiere a volgere i
con applauso universale. Terminato il corso scolastico delle suoi studi alle cose sarde, e ad illustrarle colle sue fatiche. E
sue diverse letture, fu impiegato in molti onorevoli uffizi, e tra fu appunto nel tempo del governo di questo vicer chegli
gli altri ebbe quello di segretario dellordine nella provinicia di
Sardegna, di maestro del noviziatico, di priore e di prefetto degli
191. Tra le cose da lui operate, mentre occupava li suddetti impieghi,
studi nel chiostro di Cagliari, e finalmente di provinciale. In tutti rammenteremo solamente il Regolamento per gli studi che compose in
gli anzidetti impieghi fece risplendere molta intelligenza e zelo lingua latina (il di cui autografo forse esiste ancora nel convento di Ca-
gliari), nel quale risplende il suo gran discernimento, e il desiderio
190. Nei libri del convento dei frati carmelitani di Cagliari si trova me- chegli avea di mantenere in fiore gli studi dei suoi confratelli; e laltare
moria, che nel 12 giugno 1766 furono letti gli spacci del conte Bogino, maggiore e la balaustrata di marmo, di cui orn in Cagliari la chiesa del
co quali si notificavano i concerti gi presi col P. generale Ventimiglia suo convento, allorch lo governava in qualit di priore. Arricch inol-
acci il P. Fr. Alberto Maria Solinas, ed il P. Fr. Gioachino Ferdiani dello tre di molti libri la biblioteca dello stesso convento, e la dot col suo
stessordine fossero subito inviati ai conventi di Piemonte caussa studio- privato peculio, per concessione ottenutane dalla sacra congregazione
rum, e col mantenuti a spese della provincia carmelitana di Sardegna. dei vescovi e regolari con decreto del 20 novembre 1785.

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raccolse vari apografi dei libri inediti della Storia e della Coro- campo mistico commesso alle sue cure i triboli e le spine, or
grafia sarda del Fara, e confrontandoli insieme, ne ricav del mal vivere, or degli scandali, ed ora della rilassatezza del
quella per lui sincera lezione che ora ne abbiamo pubblica costume, e tanto si affatic in cotesta pietosa s, ma assai diffi-
per le stampe.192 In mezzo a tante occupazioni letterarie egli cile opera, che oltre la tranquillit dello spirito ne perdette
fu non pertanto indefesso sempre nelladempimento dei suoi eziandio la salute del corpo. Infievolita questa daglincessanti
doveri religiosi, sicch si distinse per scienza non meno che lavori della sua vita operosa, fu consigliato dai medici a mutar
per piet, e talvolta lasci dubitare quale delle due fosse in lui clima per ristorare le forze perdute. Nel 2 febbraio 1812 pub-
maggiore. Entrambe poi lo sollevarono allonore dellepisco- blic una commovente pastorale, colla quale, facendo nota a
pato, il quale gli fu conferito nel 1803 da papa Pio VII per po- suoi diocesani tutti la necessit che lo stringeva a separarsi
stulazione di Vittorio Emmanuele I re di Sardegna. Lantica se- temporariamente da loro, manifest di aver scelto la terra di
de galtellinese (Nuoro) che gli fu data a reggere, ebbe in lui Tiesi, finitima al suo luogo natio, per fissarvi la nuova sua re-
un pastore zelantissimo, il quale con ogni sua possa cerc di sidenza. Col infatti sopravvisse ancora altri cinque anni, divi-
restituirle lantico splendore. Ordinamenti vigorosi, pastorali dendo il tempo tra lo studio e tra il provvedere ai bisogni del
frequenti, editti, preghiere, minacce, castighi, tutto egli ado- proprio gregge, finch, sopravvenutogli nellestate del 1817
per per richiamare alla osservanza della legge evangelica e un grave morbo che lo travagli acerbamente, ricevuti con
dellecclesiastica disciplina il clero ed il popolo: ma infelicit sensi di edificante piet i conforti estremi della religione, mor
di circostanze, ed animi gi disusati da gran tempo alle voci add 11 luglio dello stesso anno. Il suo corpo fu seppellito nel
ed ai comandamenti di un supremo reggitore spirituale, fece- presbiterio della chiesa maggiore di detto villaggio di Tiesi, e
ro s che al suo zelo ed alle sue cure non rispondessero intie- leggesi ancor oggi sulla sua tomba uniscrizione latina la qua-
ramente i frutti. Egli fu accusato di eccessiva severit, or nel le rammenta le sue virt e le gesta principali della sua vita.
riprendere, or nellinfliggere le censure; n si pose mente alla Abbiamo di lui alcune scritture edite ed altre inedite. Le prime
gravezza dei mali ed alla viziosa radice donde i mali proveni- sono: I. Alcune pastorali ed omelie in lingua latina ed italiana,
vano, e quindi alla necessit di adoperare il taglio, laddove i tra le quali vanno distinte quelle del suo primo ingresso e del-
lenitivi non giovavano, ed erano anzi dannosi.193 Superiore la partenza dalla diocesi (Cagliari, Stamperia Reale, 1803 e
tuttavia alle voci delle passioni e deglinteressi privati, egli 1812, in 4). II. Discorso morale in rendimento di grazie
procedette innanzi con coraggiosa fermezza, svellendo dal per il diploma degli 8 giugno 1796 ottenuto dal regno di Sar-
degna ecc. (Cagliari, Stamperia Reale, 1796, in 4). Le inedite
192. Di questa edizione abbiamo pi ampiamente ragionato in una del- per sono in maggior numero. E primamente lasci lapo-
le note allarticolo di Gio. Francesco Fara. grafo dei libri istorici e corografici del Fara, che trasportato in
193. Uno dei provvedimenti pi memorabili dati da questo esimio pre-
lato fu la creazione di una contadoria generale, cui presiedeva egli Piemonte dal conte Lascaris, gi vicer di Sardegna, fu poi
stesso, ed alla quale tutti gli amministratori di pii legati esistenti nella pubblicato a spese del di lui figlio marchese Agostino Lasca-
sua diocesi doveano rendere annualmente ragione delle gestioni loro. ris, e per cura del cav. Luigi Cibrario, col seguente titolo:
Provvide ancora energicamente, acci non si divertissero in altri usi, Joannis Francisci Farae de corographia Sardiniae libri duo,
come per lavanti, i fondi gi destinati da un generoso benefattore del- de rebus sardois libri quatuor ecc. (Augustae Taurinorum, ex
lumanit per un ospedale di poveri infermi nel villaggio di Orosei; e
forse furono questi i motivi, pe quali trov tanti ostacoli, e tanti censo- typographia regia, 1836, un vol. in 4 grande). Il merito di
ri delle sue operazioni. Il bene ha sempre pochi compagni per via, e questo lavoro quasi tutto del P. M. Antonio Sisco minor con-
non arriva alla meta, che dopo aver combattuto molti interessi privati. ventuale di Sassari Sisco Antonio, delle di cui dotte fatiche

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Sol Sol

si giov assai il Solinas per correggere gli errori degli ama- colla scorta delle sincere dottrine scritturali e dei PP. della
nuensi, e ritrovare la sincera lezione del testo originale: ma in Chiesa. Lautografo da noi esaminato195 consta di due grossi
molti luoghi egli trasand questa scorta, e volle emendare da volumi (in fol.), i quali per dovevano essere stampati in quat-
s solo, e riempiere ancora le lacune trovate nelle copie dei tro volumi (in 4). Il tomo I completo, ed preceduto da
mss. di quel primario istorico, lo che non possiam dire, se una lunga prefazione del Solinas, il quale, dopo un breve sun-
egli abbia felicemente o infelicemente eseguito, giacch le to istorico e bibliografico dellopera da lui tradotta, ragiona del
correzioni da lui fatte non si distinguono dal testo, n scrisse, metodo che ha seguito nella versione italiana, e delle giunte e
come avrebbe dovuto, le varianti appi di pagina, o in altro correzioni fatte allautore francese. Il secondo volume arriva
luogo separato, per riconoscere quale delle due fosse la vera, solamente fino al capo VIII, sezione III, parte II del Catechi-
o la sua propria, ovvero la lezione istessa chei volea correg- smo del Pouget, e finisce colla spiegazione (non completa)
gere. La quale inesattezza tanto pi riprendevole, quanto del settimo precetto del decalogo. Il Catechismo scritto in
minore e quasi nessuna deve essere la libert dei superstiti forma di dialogo tra il maestro ed il discepolo, ed chiaro assai
nel mettere irriverentemente le mani negli scritti dei sommi ed erudito; per la qual cosa sarebbe a desiderare, che altra ma-
che pi non sono, e quanto meno esatta si riconosce adesso no valorosa lo recasse a compimento, e lo rendesse pubblico
la lezione delle opere del Fara dataci dal Solinas. Tuttavia egli colle stampe. Di altri mss. del Solinas non abbiamo contezza
merita encomio per aver posto mente a un lavoro che illustra
assai i fasti istorici della Sardegna; e molto sensata a tal pro- Inoltre la sacra congregazione dellindice con decreto del 21 gennaio
posito la dedica latina chegli ne fece al predetto conte Lasca- 1721 proib la traduzione italiana delle medesime Istruzioni, con decre-
ris, esponendo i mezzi, co quali la storia sarda potea essere to del 15 gennaio 1725 la traduzione inglese, e con decreto del 2 set-
tembre 1727 la traduzione spagnuola, fatte tutte dalloriginale francese.
condotta a pi perfezione, e i mezzi ancora, co quali lisola Il Pouget, figlio ubbidiente alla Chiesa, corresse la sua opera, e la scrisse
intiera potea rifiorire nellindustria, e in ogni altro ramo di in latino. Di questo catechismo, che pu dirsi affatto nuovo, e che non
economico reggimento. Lasci inoltre quattro volumi (in fol.) proibito, la prima edizione fu fatta in Venezia dal Baglioni nel 1765
di sermoni, quaresime e panegirici, e molte omelie ed istru- colle illustrazioni del P. Desmolets, e la seconda nella stessa citt da
zioni latine ed italiane da lui composte ed ordinate per la sua Giovanni Gatti nel 1780 (due vol. in fol.), colle correzioni di M. Bergier
de Charamy successore del Colbert nella sede di Montpellier (vedi Fleury,
diocesi di Nuoro, le quali, e specialmente i sermoni, o non Catechis. stor. trad. ital. del Pianton, pp. 34-35). Il Solinas fece la sua tra-
esistono pi al presente, o veramente si stanno in mani pri- duzione italiana sul testo latino pubblicato ed illustrato nel 1765 dal De-
vate, gelose di mantenerli nelloscurit. Ma il lavoro pi im- smolets, e sembra che non avesse notizia delle correzioni fattevi nel 1780
portante, sebbene non compiuto, chegli lasci tra i suoi da M. Bergier, poich delle medesime non fa motto veruno. Il primo vo-
scritti, il Catechismo per gli adulti, tradotto in lingua italiana lume era gi pronto per la stampa, poich si vede segnato per la per-
missione dai revisori cardinale Cadello, e reggente Maistre colla data di
dalloriginale dellabate Pouget,194 emendato ed accresciuto Cagliari del 24 febbraio 1802. Ignoriamo per qual motivo non sia stato
poi pubblicato, se forse non ne fu in causa lelezione del Solinas al ve-
194. Labate Francesco Amato Pouget, dotto sacerdote della congrega- scovado di Nuoro, seguita in quello stesso anno, cio nel 17 dicembre
zione delloratorio, pubblic, prima in Parigi nel 1702, poi in Lione nel 1802, la sua consecrazione quindi fatta nella capitale del regno nel 17
1705 (in 4) e nel 1713 (in 12), il suo catechismo col seguente titolo: aprile 1803, e le posteriori cure del suo travaglioso episcopato.
Instructions gnrales en forme de catchisme ecc. par ordre de M. 195. Lo ebbimo per cortesia del cav. D. Perico Solinas di Banari, appar-
Charles Joachim Colbert vque de Montpeiller ecc. Siffatte istruzioni fu- tenente alla stessa famiglia dellillustre prelato. Il suddetto autografo fu
rono altamente encomiate dai giansenisti, e tradotte subito in pi lingue; gi di propriet del commendatore D. Vincenzo Grondona, ed ora
ma papa Clemente XI le condann con decreto del 1 febbraio 1712. posseduto dal teologo D. Giuseppe Gambella rettore dItteri.

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Sor Sot

veruna, e non sappiamo nemmeno se esistano ancora nei ce- che il buon frate Antonio era poeta, e che laddove avesse scel-
nobi di Sassari e di Cagliari i due corsi filosofico e teologico to altro soggetto per esercitare la sua musa, avrebbesi procura-
da lui dettati a suoi discepoli. to miglior onore presso i posteri, lasciando ai cronisti la cura
di riferire in prosa la siccit e la fame del 1648. Gli esemplari
Soro Nicol, catechista della compagnia di Ges, nato in stampati di questo poemetto sono divenuti rarissimi. Il P. M.
Sassari nel principio del secolo XVIII, e morto nella stessa Sisco nelle sue Memorie mss. ne riporta per intiero una copia a
citt dopo il 1760. Abbiamo di lui una breve ma sugosa penna, esemplata sulledizione del 1649. Lo stesso P. Sortes
esposizione della dottrina cristiana col seguente titolo: Cate- autore delle laudi in lingua spagnuola (gosos), le quali si can-
cismo y breve esposicion de la doctrina christiana, con otros tano anche al presente pel Cristo miracoloso che si venera
tratados y devociones ecc., Sasser, en la emprenta de Ioseph nella chiesa di santo Pulinare in Sassari.
Centolani y Simon Polo, 1760 (un vol. in 12). scritta in for- BIBL.: Sortes, Verdadera relacion ecc.; Sisco, Memorie mss., tomo
ma di dialogo, e vi sono aggiunti quattro trattatelli morali in III, fol. 52, 57-90.
lingua spagnuola del P. Ignazio Martinez 196 della stessa com-
pagnia di Ges, ed alcune poesie spirituali (coplillas y lettril- Soto-Real Efisio. Nacque in Nuramine o Nuraminis, villag-
las espirituales) dello stesso P. Soro. gio del capo meridionale della Sardegna, nellanno 1633. Il
BIBL.: Soro, Catecismo sudd. suo vero casato era di Siotto, e cos si trova annotato in tutte
le memorie pi certe della sua vita; ma egli poi, per un cota-
Sortes Antonio, frate cappuccino del secolo XVII, nativo di le suo capriccio, o per altra ragione a noi ignota, lo contraf-
Sassari, ed autore di un poemetto in ottava rima castigliana, fece nellaltro di Soto-Real, che quindi innanzi us sempre.
intitolato Verdadera relacion de las cosas maravillosas que su- Nel battesimo fu chiamato Giuseppe: e allorch nel 14 aprile
cedieron en la illustre y noble iudad de Saer en el ao 1648, 1654 si rendette chierico delle scuole pie, trasmut questo
que nos dize la sequedad, esterilidad, y hambre que se pade- nel nome di Efisio di S. Giuseppe,197 com costumanza dei
cia ecc. y las processiones, y penitencias que se hizieron ecc., figliuoli del Calasanzio, i quali, nellabbracciare linstituto del
Saer, en la emprenta de D.a Margarita Escano de Castelv, padre loro, si scelgono un santo protettore, e col nome di
por Juan Gavino Seque, 1649 (un vol. in 8). Questa relazione quello in appresso si appellano. Fatta nell8 dicembre 1656198
fu pubblicata per cura ed a spese di Quirico Roggio Figoni
cittadino sassarese; ma lautore ne fu veramente F. Antonio
197. Nel libro delle professioni esistente nel collegio delle scuole pie di
Sortes da Sassari, come lo dice lo stesso Roggio in un suo Cagliari si legge: a los 14 de abril 1654 se visti por clerigo el Hermano
breve preambolo alla medesima preposto. Le stanze del poe- Efisio de S. Joseph llamado en el siglo Joseph Siotto de la villa de Nura-
metto sono 208 in tutte; la verseggiatura facile ed armonio- mine bautizado en la parrocchia de S. Pedro de la mesma villa, de
sa, ed in alcuni luoghi non manca nemmeno di fuoco e di aos 21 ecc. Cos dalla copia che ci fu trasmessa dal P. Vittorio Angius
eleganza poetica: per, essendosi ristretto lautore a riferire mi- dello stesso ordine.
198. Nello stesso libro citato nella nota precedente si trova la seguente
nutamente quanto in quellanno di sterilit e di fame si fece in memoria: a los 8 x.bre 1656 hizieron todos juntos su profession en manos
Sassari per implorare laiuto del cielo, la poesia priva intiera- del P. Pedro de S. Pelegrino, que par la muerte del P. Pedro Francisco de la
mente dimmagini, e quasi sempre monotona. Si vede tuttavia madre de Dios qued rettor del collegio de S. Joseph, los siguientes E do-
po alcuni nomi di altri professi viene quello del nostro P. Efisio come in
196. Non improbabile che cotesto P. Martinez fosse sardo ancor esso. appresso el her. Efis de S. Joseph de la villa de Nuraminis en Sardea.

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Sot Sot

la sua professione in mani del P. Pietro di S. Pellegrino, suc- stesso ordine, ed il P. Vincenzo Talenti nella Vita del Calasan-
ceduto al P. Pietro Francesco della Madre di Dio nella reg- zio. Dimor allora, parte in Valenza, parte in Madrid; ebbe
genza del collegio di Cagliari, fu subito mandato a Roma, e accesso alle aule di molti magnati, e si fece conoscere per i
di l ai nuovi collegi di Napoli, di Genova, di Macerata, di suoi talenti non meno, che pel buon successo con cui an-
Norcia e di Spoleto; e siffattamente si distinse coi suoi talenti nunziava la divina parola. Il tempo corso dal suo esilio da
e col suo frequente orare dai pergami, che ne acquist buon Sardegna (che accadde o nel 1669, o nel principiare del
nome presso i suoi confratelli, e stima grandissima da molti 1670) fino a quello di sua morte, seguita verso il 1790, od in
cardinali e prelati di S. Chiesa. Ritorn dopo nove anni a Sar- quel torno, lo impieg nella composizione di varie operette,
degna, e molti vantaggi procur allordine suo, prevalendosi le quali aggiunsero riputazione al nome che si avea meritato
del favore che gli accordava il vicer Camarassa e larcivesco- colle altre scritture gi da lui pubblicate, essendo ancora reli-
vo di Cagliari Pietro Vico, il quale lo ebbe tra suoi pi intimi gioso. Le principali sono: I. Sermoni vari da lui detti in diver-
consultori, e lo cre temporariamente esaminatore e visitato- se chiese dItalia (Macerata, 1663). II. Orationes et resolutio-
re della sua diocesi. La fondazione del collegio dei PP. Scola- nes morales (Spoleto, 1663) dedicate al cardinale Cesare
pi in Tempio fu opera sua, e vi spese, instando e pregando, Fachinetti. III. Epitome de Sardea, ossia breve sunto istorico
molte cure e travagli, dei quali si ha memoria in alcuni passi delle cose sarde (Madrid, 1672, in 4). IV. Vida del venerable
delle sue scritture. Ma non and guari che questo suo zelo Ioseph Calasance (Madrid, 1675, in 4). questa la prima vita
ebbe a rattiepidirsi; perciocch esposta in quel correr di tem- di quel santo fondatore che siasi pubblicata in lingua spa-
pi la scuola pia alle pi violente persecuzioni, e ridotta a sta- gnuola, ed scritta con molta esattezza e con qualche elegan-
to di semplice congregazione, egli troppo pavent lo sciogli- za di stile. Lautore la dedic a Carlo II re di Spagna, il quale
mento totale del suo instituto, e lasciandosi vincere da tal compiva allora li quattordici anni; e uscendo di tutela, secon-
timore, non solamente fece disegno di abbandonare la sua do le leggi spagnuole, prendeva le redini dello stato. V. Del
professione religiosa, ma si fece inoltre capo dei giovani di- Antechristo, y de sus precursores, y figuras ecc. (Madrid, 1676,
scontenti, i quali non voleano pi rimanere in una societ, in 4). VI. Leciones sobra el Exodo (Madrid, 1677, in 4). VII.
minacciata da ogni parte di prossima distruzione. Questo in Noticias de lo antiguo y esclarecido liage de los Castelvies
lui fu mancamento di fiducia nellaiuto del Cielo, e nelle san- (Madrid, 1678, in fol.). In questo scritto egli sintitola doctor
te orazioni del Calasanzio; ma per taluno de suoi confratelli Ephysio de Soto-Real. VIII. Doctrina sacra, et laconica in-
fu occasione opportunissima per isfogare contro di lui la mal structio theologica (Toledo, 1679, in 4). IX. Oracion evange-
concepita invidia. Per la qual cosa, preso a ritroso dai supe- lica predicada el segundo miercoles de quaresma ecc., en
riori, e raffigurato al governo qual uomo instabile ed inquie- Madrid, por Julian de Paredes, 1685 (un vol. in 4). Questa
to, non comportevole della pace dentro le mura religiose, e orazione fu da lui recitata in Madrid alla presenza del consi-
facile ancora a mescolarsi nelle secolari discordie, fu manda- glio reale e supremo delle Indie nel 14 marzo 1685, ed
to in Ispagna, dove poco appresso ridusse ad atto il suo pen- dedicata alla duchessa di Medina-Celi, moglie del famoso
siero, svestendo le lane dellordine che avea abbracciato, e ministro di questo nome. La met intiera del frontespizio
nel quale sarebbe forse rimasto, se il dispetto e le persecu- occupata dai pomposi e numerosi titoli dellautore.199 In alcune
zioni de suoi emoli non avessero usurpato le veci della cri-
stiana prudenza e della fraterna carit. Di cotesta sua aposta- 199. Eccoli qui tutti, quali si leggono nella suddetta orazione. El R.mo P.
sa si ha ricordo nelle cronache dellordine scolapio, e ne Doct. Efisio Joseph de Soto Real Pirisi y Corda Marial, calaritano nurami-
parla ancora lo scrittore delle Vite degli uomini illustri dello nense, doctor en ambos de vechos, y en sagrada theologia, protonotario

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di queste operette il Soto-Real ricorda inoltre le prediche chiesa nel 1 aprile 1422, e tanto si adoper per restituirle
spagnuole da lui recitate nellisola, siccome di scritture gi lantico splendore da cui era decaduta, che pochi vi furono
edite; ma non ci fu dato di poterne vedere alcun esemplare. tra i predecessori e successori suoi, per zelo e per sollecitu-
Nemmeno sappiamo se siano state pubblicate colle stampe dine, vescovi a lui somiglianti. Nel 1427 ottenne da papa
le altre opere di ecclesiastico argomento, che egli stesso ne Martino V lunione alla mensa arcivescovile dellabazia di S.
assicura di aver composte; ma da quelle sopraddette che ab- Pietro di Sirkis, antico monistero di femmine201 che fu dalle
biamo si pu benissimo conchiudere che questautore avea
pari alla facilit di scrivere la voglia e lingegno, e che, laddo-
ve meno angustiato fosse stato il tempo migliore della sua vi- fu fatta copia dallistesso di lui padre) non lo avrebbe espressamente
ta, avremmo ora in lui uno dei pi buoni scrittori ecclesiastici chiamato canonico. A ci si aggiunga, che il Fara visse in tempi nei
della Sardegna. quali viveano ancora molti che poteano aver conosciuto lo Spano, o
udire almeno le di lui gesta dai suoi coetanei medesimi, e che scrisse
BIBL.: Soto-Real, Opere cit.; Horany, Scriptor. schol. piar., parte II, di un suo concittadino, e di cosa la di cui memoria era assai viva nella
tomo II, p. 694; Talenti, Vita del B. Giuseppe Calasanzio; Manno, stessa sua patria, e si vedr il motivo per cui noi seguiamo pi volen-
Stor. di Sard., tomo III, p. 465. tieri la di lui autorit.
201. Il Mattei nella Sardinia sacra (p. 162), seguendo lautorit del Lubi-
no (Notit. abbat. ital., p. 355 et alibi) afferma, che labazia di S. Pietro di
Spano Pietro, prelato molto pio, vissuto nel secolo XV, e nato Sirkis (da lui chiamata di Silichi) apparteneva una volta ai monaci cassi-
in Sassari nel declinare del secolo precedente. Da canonico nesi. Non sappiamo veramente dondegli e il Lubino abbiano tratta que-
della cattedrale turritana200 divent arcivescovo della stessa sta notizia, e siamo incerti di prestar loro intiera fede, giacch questaba-
zia non numerata tra le altre che detti monaci possedevano in
Sardegna, e per le quali ottennero bolle di conferma dai papi Calisto II
apostolico, predicador de su magestad catolica, y de sus virreyes, y con- nel 1123, Alessandro III nel 1159, e Clemente III nel 1188 (vedi Gattola,
sejos, en el reyno de Cerdea, y cathedratico que fue de filosofia y theo- Hist. cassin., saec. XII e XIII): n i monaci, che furono diligentissimi nel
logia, fundador del collegio de Nuestra Seora de Tempio, y examina- far registrare in dette bolle tutte le chiese, monisteri ed abazie, al di cui
dor, y visitador general del Arobispado de Caller, y de los Obispados de possesso si trovavano nellisola, avrebbono tralasciato al certo di far re-
Espoleto y Norcia ecc. gistrare questa ancora, se fosse loro appartenuta veramente. Quello ch
200. Petrus Spano Sassarensis, ex canonico turritano creatus archiepi- certo si , che il monistero abaziale di S. Pietro di Sirkis, situato nelle
scopus ecc. Cos il Fara (De reb. sard., lib. IV, p. 354), alla di cui auto- circostanze di Sassari, e fondato nel secolo XI dalla madre di Mariano I
rit non pertanto, sebbene grandissima, sembra ripugnare latto di con- re di Torres ( Mariano I re di Torres) fu monasterium monialium, co-
cordia celebrato nel 1436 tra il pievano ed i rettori delle parrocchie me dice il Fara (De reb. sard., lib. II, p. 225), appoggiato allautorit del-
urbane di Sassari, che si conserva nellarchivio capitolare turritano, e le cronache sarde; lo che inoltre confermato da un documento inedi-
nel quale si legge de voluntate et expresso assensu Rev.mi in Christo to, che noi possediamo, e del quale n lo stesso Fara, n verun altro
patris et domini nostri fratris Petri Dei et apostolicae sedis gratia ar- scrittore sardo ha fatto menzione. questo un atto di disputa ossia lite
chiepiscopi turritani; dal che si potrebbe inferire che questo arcivesco- (kertu) sostenuta da Massimilla abadessa di detto monistero in contrad-
vo profess prima la vita regolare. Osserviamo per che il suddetto dittorio di Ato o Attone arcivescovo di Torres per la chiesa di S. Giovan-
monumento non originale, ma una copia dellautografo, fatta nel ni di Usune. Il monumento apografo; appartiene indubitatamente al
1571 (cio quasi un secolo e mezzo dopo la concordia) ad instanciam secolo XII, poich vi sono nominati Ato arcivescovo e Gonnario re di
Stefani Fara patris et procuratoris D. Francisci Fara, e che perci la Torres (secondi entrambi di questo nome) che intervennero alla lite con
parola fratris vi fu probabilmente intrusa dal copista, imperito forse dei Massimilla; e siccome contiene altre notizie importanti per la storia ec-
caratteri e delle abbreviazioni delle scritture antiche. In opposto, lo sto- clesiastica di Sardegna del medio evo, lo produciamo qui colle stesse la-
rico Fara il quale, oltre di essere diligentissimo nelle sue narrazioni, co- cune che vi si trovano, e nel suo originale sardo. Ego appatissa Massi-
nosceva molto bene questatto di concordia (giacch a sua instanza ne milla Kertait mecu sarckipiscopu de Turres donnu Athu su die de su

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medesime abbandonato o nel finire del XIII, o nei primi anni felici: latto di concordia fu definitivamente conchiuso nello
del secolo XIV; e nel 1432 impetr ed ottenne ancora dal stesso anno 1436, e le quattro parrocchie urbane, bench
pontefice Eugenio IV, che la ricca abbazia di S. Maria di Pau- gravate di annuo tributo e di certi atti di ossequio verso la
lis o de Paludibus gi appartenuta ai monaci cisterciensi,202 chiesa matrice di S. Nicola, furono tuttavia solennemente ri-
rimanesse perpetuamente aggregata alla sua sede. Quattro conosciute dal pievano Giuliano Serra, ed ebbero dallora in
anni dopo egli pose ogni suo impegno per ridurre a concor- poi progressiva e stabile lesistenza.204 Conchiusa felicemente
dia il pievano ed i parochi urbani della citt di Sassari, pre- siffatta conciliazione, egli abbandon collarciprete e co ca-
tendendo il primo di riunire alla sua chiesa di S. Nicola le nonici turritani la rovinata e quasi deserta citt di Torres; e
quattro parrocchie gi erette nella stessa citt dallarcivescovo fissata stabilmente dal 1438 la sua dimora in Sassari, ottenne
Dorgodorio nel 1278, ed opponendo i secondi latto medesi- nel 1441 bolla di papa Eugenio IV, in virt della quale la sua
mo dellerezione, e la continuata possessione di un secolo e sede fu traslatata alla chiesa maggiore di S. Nicola (gi di N. S.
mezzo.203 Le cure da lui adoperate in questaffare furono assai del popolo) in detta citt. A tal fine avea egli negli anni ante-
cedenti ampliato lepiscopio, ed eretta quasi in attiguit alla
suddetta chiesa una canonica, nella quale probabilmente i po-
sinotu in Turres in corona de Gudike Gunnari e de sos piscopos, plaken-
deli adisse assarkipicopu, e dandeli sa corona pro sua judike et assos chi canonici del capitolo sassarese (turritano) menarono negli
piscopos Kivi furun pro faker nos justhitia a mimi et adisse, naraitimi antichi tempi vita claustrale;205 e perch alla nuova cattedrale
eccola sappatissa narait p.r gikeu ki lu levat Santu Gavinu S.tu
Juanne dusune ki pecuiare de S.tu Gavinu, et ego naraili ca S.tu Juan-
ne e Santa Maria e Santa Caterina ecclesias de rennu furun e judike Napoleone Orsino legato apostolico in Sardegna, e che questa sentenza
Mariane las deit assu monasteriu nostru cando vi deit tottu satteru can- fu confermata da papa Clemente V con un suo rescritto datum Picta-
tu vi deit maria venasca judikarum assarkipiscopu a batuker testimo- viis VII kal. feb. pontifcatus anno III, vale a dire nel 1308. Poi si trova
nios S.tu Gavinu inco Kertait testimonios non poteit batuker derumili ancora, che sotto il pontificato di Giovanni XXII, e nel decimosettimo
assu pbru meu pbr Ithoccor de fravile cum e binki ca S.tu Juanne anno del suo governo, che cade nel 1333, laffare della disputa tra il
dusune non de Santu Gavinu inco mi Kertait sarckipicopu Da altri pievano e i parrochi delle chiese urbane di Sassari fu commesso da
documenti poi, che non qui il luogo di riportare, apparisce chiara- Bertrando legato apostolico nellItalia ai vescovi di Bisarcio, di Bosa e
mente che il detto monisterio di Sirkis continu ad essere abitato da di Ampurias, come da una bolla datata in Bologna in questo medesimo
monache fino alla met del secolo XIII, cio fino ai tempi di Adelasia e anno. E continuandosi tuttavia a disputare, si trov in ultimo, che fu
di Enzo re di Torres e di Sardegna; ma che poi fu dalle medesime ab- dato incarico di comporre i dissenzienti a Guillelmo vescovo di S. Giu-
bandonato, per lo che papa Martino V nel 1427 lo aggreg alla mensa sta, il di cui nome sfuggito alla diligenza del Mattei, il quale, n nella
arcivescovile turritana, secondo la narrazione del Fara (De reb. sard., lib. sua Sardinia sacra, n nelle Giunte alla medesima fa cenno veruno di
IV, p. 343). Ma a qual ordine queste monache appartenessero, n il Fara questo prelato. In tale stato durarono le cose fino ai tempi dellarcive-
lo dice, n a noi fu possibile trovarne indizio veruno nel cos detto scovo Pietro Spano, il quale finalmente ottenne che nel 1436 il pievano
Kondake (cronaca) di S. Pietro di Sirkis. e parrochi suddetti transigessero sopra le loro differenze. Latto di con-
202. Abbatia sanctae Mariae de Paludibus ordinis cisterciensium ecc. cordia fu segnato in quello stesso anno, e si conserva per apografo nel-
Cos il Fara (De reb. sard., lib. IV, p. 345), la di cui narrazione confer- larchivio del capitolo turritano.
mata da varie carte del secolo XII e del XIII. 204. Per i frutti della pievania di S. Nicola la quale nel tempo della tra-
203. Appena mor Dorgodorio arcivescovo turritano, dal quale nel 1278 slazione della sede da Torres a Sassari era amministrata ancora da Giu-
erano state erette in Sassari le parrocchie urbane, i pievani pro tempore liano Serra, dopo la morte di questultimo furono aggregati alla mensa
della chiesa matrice di S. Nicola riclamarono da siffatta erezione. Si tro- capitolare.
va infatti che nel secolo XIII il pievano Bartolommeo, governando larci- 205. Di questa canonica sussiste ancor oggi il nome nella chiesa, che nel
vescovo Tedisio o Teodosio, ottenne sentenza favorevole dal cardinale secolo XV fu conceduta in enfiteusi dal capitolo turritano alla confraternita

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non mancassero i mezzi di mantenersi nel dovuto splendore, trentatr nuove costituzioni, un monumento bellissimo del
aveva inoltre impetrato che i frutti della pievania sassarese suo zelo pastorale. Nel 1444 impetr dallo stesso pontefice
fossero perpetuamente applicati alla mensa capitolare.206 Eugenio IV lunione alla mitra di Sassari delle abazie di S. Ma-
Maggior encomio meritano le sue sollecitudini per la riforma ria di Cerigo dellordine benedittino208 e di S. Michele di Pla-
degli abusi invalsi nella sua diocesi, e pel rifiorimento della no o di Plaiano dellordine di Vallombrosa,209 e con altro ge-
disciplina ecclesiastica; e il sinodo che perci convoc in Sas- neroso, e forse nuovo pensamento, dimand ancora la
sari nel 1442,207 e nel quale, confermate le antiche, pubblic facolt di erigere un seminario di chierici, applicando al me-
desimo i frutti di otto benefizi della diocesi turritana: ma ben-
ch la sua domanda fosse favorevolmente accolta dal papa,
dei nobili in Sassari, chiamata la confraternita di orazione e morte, come
appare dai documenti custoditi nellarchivio di detto capitolo. Il Fara inol- non pot tuttavia renderla accompita, poich, prevenuto dal-
tre lo accenna colle seguenti parole: templum sancti sepulchri, olim do- la morte, termin in Sassari nel 1448 i suoi giorni, dopo ven-
mus canonicorum regularium, nunc sodalitatis, vulgo Orationis, alias de tisei anni di episcopato da lui illustrato con azioni generose e
la muerte dictae (Corograph. sard., lib. II, p. 58).
206. Ma ci fu recato ad effetto, solamente dopo la morte di Giuliano
Serra pievano della chiesa di S. Nicola, come si detto nella nota 204 a algunas pias et sanctas constituciones, qui esserent ad laude et gloria de
questo medesimo articolo. Ci era stato specialmente provveduto da su Altissimu Deu, conservacione de su istadu nostru ecclesiasticu, salva-
papa Eugenio IV nellaccordare la traslazione della sede di Torres a cione et utile de totu sas animas Xristianas de sa ecclesia et diocesi no-
Sassari; e nella bolla del 1441, spedita a tal uopo da Firenze, la quale si stra de Turres. Et pro tantu unas cum sos preditos hamus querfidu exa-
conserva autografa nellarchivio capitolare turritano, si legge la riserva minare et reconosquer sas constituciones antigas, sas quales in sa prima
dellunione dei frutti e redditi della pievania da farsi alla mensa capito- introdussione nostra de sa dita ecclesia et diocesi turritana hamus aga-
lare, quando il pievano attuale morisse, ovvero volesse cederli sponta- tadu, et cussas cum consigiu et matura deliberacione de sos anteditos
neamente. Sotto questa condizione il pontefice accord la traslazione, canonigos et cabidulu nostru hamus confirmadu, aumentadu, et cre-
e commise ai vescovi di Ploaghe e di Bisarcio la erezione in cattedrale squidu dae bene in megius, sas quales constituciones tantu sas vezas,
della chiesa di S. Nicola. comente et custas qui novamente hamus ordinadu et confirmadu, ole-
207. Il Mattei, parlando di questo concilio (Sard. sacr., p. 162), commise mus, ordinamus et mandamus in virtute sanctae obedientiae, et suta sas
due errori; il primo, dicendolo celebrato nel 1422, ed il secondo, chia- penas in custas dadas et promulgadas, qui siant servadas et mantenidas
mandolo provinciale. Il Fara, la di cui testimonianza in tal rispetto di perpetualmente in sa dita ecclesia, et per tota sa diocesi nostra de Turres.
molto valore, per trattarsi di cosa succeduta nella sua patria, avea scrit- Datum et actum in palatio nostro archiepiscopali praesentis civitatis Sas-
to: synodumque anno proximo (1442) congregavit, in qua veteres con- saris sub die IX mensis martii MCCCCXXXXII.
stitutiones confirmavit, et novas numero triginta tres condidit ecc. Que- 208. Labazia di Santa Maria di Cerigo o di Thergu era forse la pi ricca
sta narrazione confermata dagli atti dello stesso concilio, scritti in che i monaci cassinesi possedessero in Sardegna. Nei molti diplomi
lingua volgare sarda, ed esistenti nellarchivio capitolare turritano, nei pubblicati dal Gattola nella storia di Monte-Cassino si possono vedere
quali notato appunto il 1442 come anno della celebrazione del sino- le peschiere, saline, terreni, chiese e parrocchie annesse alla abazia
do, e non vi si parla dintervento veruno di suffraganei, ma del solo cle- medesima, ed il gran numero di servi che coltivavano le terre per con-
ro della diocesi di Sassari. Ne riportiamo qui il prologo anche per far to degli stessi monaci.
conoscere ai lettori i progressi che la lingua sarda (logudorese), dalla 209. Il Mattei confonde ancora in questo luogo (Sard. sacr., p. 162) laba-
met del secolo XII (al quale appartiene il Kertu di Massimilla, di cui zia di S. Michele di Plajano collabazia di S. Maria di Salvenero, la quale
nella nota 201 a questo stesso articolo) avea fatti verso lincivilimento fi- affatto nuova negli annali ecclesiastici di Sardegna. Della prima parla
no alla met del secolo XV. Prologus. Nos Petrus Spanus peri sa gracia assai lungamente e dottamente il Mittarelli negli Annal. camald., tomo III,
de Deus archiepiscopu de Turres essende in su palatu nostru archiepisco- lib. XXV, pp. 165-166, e nellAppendice allo stesso tomo III, pp. 256-258.
pale de sa presente citade de Sassari celebrando Cabidulu cum sos vene- Ne parlano ancora il Nardi (Tabul. chron., p. 16), e lUghelli nellItalia
rabiles frades et figios sos canonigos de Turres, desiderando de ordinare sacra (tomo III, col. 396).

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colla santit della vita. Il suo cadavere fu seppellito nella a conseguire lonor della laurea, e a ritornarsene quindi in pa-
chiesa di S. Nicola, essendo arciprete del capitolo turritano tria colla toga e colle altre insegne dottorali, non sapevoli al
Andrea Cano; e dura ancor oggi la memoria delle cose da lui certo della risoluzione gi presa ed eseguita dal loro figliuolo.
operate a vantaggio della sua sede e della stessa sua patria. Ma egli ebbe a spregio coteste vanit del mondo, e continuan-
Nei medesimi tempi visse un altro Pietro Spano, nativo pur do alacremente la via incominciata intese solo a perfezionarsi
esso di Sassari. Costui pugn valorosamente per i re di Ara- nella scienza della carit e dellumilt, ed a rendersi degno se-
gona nellassedio del forte castello di Monteleone difeso da guace del Loyola. Molto nome si acquist in Fiandra colla san-
Nicol Doria, e nel 1436 ottenne dal re D. Alfonso in ricom- tit de suoi costumi; e col conobbe Alessio Fontana segretario
pensa de suoi servigi le ville di Modolo e Mositano, le quali dellimperatore Carlo V, col quale contrasse amicizia, e con-
poi egli vendette nel 1443 a Pietro Ferrera o Ferreria. Le sud- cert ancora i mezzi dintrodurre e stabilire in Sardegna linsti-
dette ville sono adesso intieramente distrutte. tuto gesuitico. Il Fontana, ritornato a Sardegna prima di lui,
BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. IV, pp. 343, 345, 350, 354 et alib.; Vi- bench al tempo istesso partisse dal Belgio, mor poco dopo il
co, Hist. gen. del reyno de erd., parte V, cap. XLI; Vital, Appar. ad suo arrivo a Sassari, lasciando espresso nelle tavole sue testa-
annal. Sard., col. 33; Passamar, Synod. dioeces. turrit., p. 137; Sog- mentarie il proprio desiderio Fontana Alessio; ed egli ritorna-
gio, Vida de los SS. mart. turrit., ms., lib. I, cap. II, XII; Mattei, tovi appresso, fu in seguito uno de pi zelanti esecutori della
Sard. sacr., pp. 162-163; Manno, Stor. di Sard., tomo III, pp. 196- pia di lui volont. Accolto in Cagliari con distinzione, e nomi-
197, in nota. nato confessore di D. Alvaro Madrigal vicer dellisola, egli non
si serv di questo uffizio per farsi scala agli onori, che ricus co-
Spiga Pietro, pio gesuita del secolo XVI, ed il primo dei sardi stantemente,211 ma soltanto per sollevare glinfelici e per ren-
che abbracciasse linstituto di S. Ignazio di Loyola. Nacque in dersi colle buone opere pi accetto al Signore. Trentanni conti-
Cagliari nel 1527210 da parenti onesti e facoltosi, i quali, veden- nui spese ne pi sublimi esercizi di cristiana piet. I poveri, i
dolo dotato dalla natura di molto ingegno, e bramando che lo carcerati e glinfermi erano cos cari al suo cuore, che ne for-
applicasse agli studi, lo mandarono ancor giovinetto a Parigi, la mava loggetto maggiore delle sue sollecitudini; li visitava di
di cui universit era allora famosa in tutta Europa. Col egli stu- giorno e di notte, prodigava loro i consigli ed i soccorsi, e spes-
di le umane lettere e la filosofia; ma poi, per apparare le disci- so ancora prendeva, per sollevarli, il danaro a prestanza, confi-
pline teologiche, si trasfer alla celebre universit di Lovanio, dando sempre, n mai invano, che il Cielo gli darebbe aiuto
dove nel 1551 si fece loiolita. Dapprima i gesuiti, cherano suoi per liberarsi dalle contratte obbligazioni. Le penitenze austeris-
maestri nella scienza sacra, non voleano accettarlo nellordine sime colle quali mortificava il suo corpo, lo zelo delle anime, lo
loro, perciocch era brevissimo della persona; ma S. Ignazio spirito straordinario di orazione, ed i prodigi che si dicono da
che ancor vivea, udita la dubbianza, e misurando gli uomini lui operati, mentre dimorava in Cagliari, sono diffusamente nar-
dallo spirito pi che dal corpo, comand che fosse subito ac- rati dagli scrittori della sua vita; i quali raccontano ancora che a
cettato, come segu in effetto. Pochi giorni dopo lingresso nella lui fu commessa dal Lainez, generale dei gesuiti, la verificazio-
compagnia, ricevette lettere de suoi parenti, i quali lo eccitavano ne dei redditi delleredit Fontana, e che nel 1559 egli, insieme
210. LAlegambe e il Sotwello anticipano di due anni la di lui nascita,
fissandola nel 1525, e scrivono ancora chegli, prima di andare a Parigi, 211. Dicesi dagli annalisti della compagnia di Ges, che gli fu offerto
studi la filosofia in Valenza di Spagna (vedi Alegambe e Sotwello, Bi- larcivescovado di Arborea, e chegli non volle accettarlo, amando meglio
blioth script. soc. Jesu, p. 700). di servire il Signore nella umilt e nella semplicit della vita religiosa.

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col Pia e col Portoghese, gitt le fondamenta del collegio sas- nellordine delle scuole pie, e vi si distinse per i suoi talenti e
saritano. Allorch nel 1564 fu fondato il collegio di Cagliari, per lapplicazione grandissima che avea allo studio. Appena
diede ancora un bellesempio di umilt, assegnando a suoi termin in Roma il corso di filosofia e di teologia, fu mandato
confratelli gli uffizi pi distinti, e ritenendo per s la sola cura nel 1763 dai suoi superiori a Sardegna, dove Carlo Emmanue-
dei poverelli, degli ammalati e delle vittime infelici, gementi le III avea chiamato in quel tempo abili maestri italiani per la
nelle pubbliche carceri. La sua carit fu in tal rispetto cos ma- direzione delle scuole minori. Egli vi fatic con sollecitudine e
ravigliosa, che il municipio di Cagliari gli affid esclusivamente con impegno per avvezzare i giovinetti al nuovo metodo din-
la sorveglianza dellospedale civile, e dentro le mura dolenti segnamento, e dopo sette anni di lavori indefessi fu promosso
dellaccriminata ma non sempre rea umanit, sorsero per opera nel 1771 alla cattedra di eloquenza latina nella regia universit
sua un oratorio ed uninfermeria, nei quali cos glinnocenti come di Cagliari. Questo uffizio sostenne onoratamente fino al
i traviati potessero esperimentare la piet dei loro simili, e trovare 1777, nel qual tempo pubblic molte scritture di vario genere,
i conforti solenni della religione. Dopo aver percorso in tal ma- italiane e latine, in prosa ed in rima, tra le quali ottenne mag-
niera una luminosa carriera, che fu contrassegnata dallesercizio gior nome lorazione inaugurale da lui detta nel 1773 per gli
delle pi belle virt, cess piamente di vivere in Cagliari add 8 studi dellaccademia cagliaritana. Occup in appresso i posti
dicembre 1594 nel sessantesimo settimo anno di sua et.212 La- pi distinti del suo instituto, ed ottenne il favore della real
sci scritti in lingua spagnuola per edificazione dei fedeli i se- corte sabauda ricovratasi in Sardegna nel declinare dello scor-
guenti libercoli: I. Punti da meditare sulla vita e passione di G. so secolo, dalla quale ancora gli furono elargiti premi tempo-
C. II. Riflessioni sullesame della coscienza. Nel tempo medesi- rari e vitalizie pensioni. Finalmente si restitu a Roma, dove
mo visse il dottore Giacomo Spiga (appartenente forse alla stes- dimor alcun tempo, e poi alla sua patria, dove cess pia-
sa famiglia del P. Pietro), il quale fu largo benefattore della mente di vivere. Abbiamo di lui: I. Orazione funebre per
compagnia di Ges, ed assegn le prebende di Sardara e di Ar- Carlo Emmanuele III re di Sardegna (Cagliari, 1773, tipogra-
cela per la fondazione del noviziatico di detto ordine nella citt fia reale, in 4). II. De veteribus Sardiniae laudibus oratio
di Cagliari. Costui era decano della cattedrale di Ales. ecc. (Carali, ex typographia regia, 1773, in 4). III. Orazione
BIBL.: Sacchini, Hist. soc. Jes., parte II, lib. III, pp. 94-96, anno 1559; funebre per monsig. Gio. Agostino Delbecchio (Cagliari, tipo-
Juvency, Hist. soc. Jes., parte V, lib. XXIV, pp. 782-784; Ribadeneira, grafia reale, 1777, in 4). IV. Quattro orazioni latine intitolate
Biblioth. script. soc. Jesu, pp. 700-701; Patrignani, Menologio, pp. De Christi reviviscentis gloria, e da lui recitate nella cappella
70-72, dicemb.; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 425, in nota. pontificia vaticana. Le suddette orazioni furono pubblicate in
Roma, e di una delle medesime fecero onoratissima menzione
Stabulo santo martire Crescentino santo martire. le Effemeridi letterarie di Firenze. V. Poesie italiane e latine di
vario argomento, date in luce in diverse circostanze, parte in
Stefanini Stanislao, nato in Lucca nella prima met del secolo Cagliari parte in Roma. VI. Alcune dissertazioni inedite da lui
XVIII, e morto nella stessa citt dopo il 1812. Entr giovinetto recitate alla presenza del pontefice Pio VI, allorch fu annove-
rato tra gli accademici cattolici. Lorazione De veteribus Sardi-
212. LAlegambe e il Sotwello scrivono, che quando egli mor, contava niae laudibus, ch la pi conosciuta fu variamente giudicata
di sua et anni 74; nel che per crediamo sia corso errore di stampa,
giacch supponendo ancora che lo Spiga fosse nato, comessi dicono, dai dotti. Gli effemeridisti fiorentini ne dissero molte lodi; non
nel 1525, chiaro che nel 1594 egli avrebbe avuto anni 69 (vedi Ale- cos i romani, che la chiamarono un confuso affastellamento
gambe e Sotwello, Biblioth. script. soc. Jesu, p. 701). di cose. Non volendo noi, n potendo intrometterci fra cotanto

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senno, diremo solamente, che se la suddetta orazione merita delle pi rare virt addimostrarono in appresso che la singo-
encomio per lottima intenzione dellautore, per lo stile non larit del modo colla quale egli era divenuto religioso, era sta-
inelegante con cui scritta e per la copia delle notizie, non to un altissimo disegno della Provvidenza. Sotto un maestro
del pari commendevole per la scelta e per lordine delle cos abile, qual era S. Domenico, il quale lo ebbe per due an-
parti, e rassembra piuttosto un lavoro a musaico, che un ben ni compagno ordinario delle sue missioni, Stefano divent un
inteso discorso delle lodi che si convengono ai sardi ed alla uomo di straordinaria piet, e degno ministro della predica-
Sardegna. zione evangelica. Succeduto al B. Giordano nella carica di
BIBL.: Effemeridi fiorent., 1774; Effemeridi rom., 1774, num. XXVI; provinciale della Lombardia, sostenne col suo esempio la re-
Cosseddu, De laud. Acad. calarit., pp. 34, 51-52; Horany, Scriptor. golare osservanza, ed aument eziandio il numero delle case
schol. piar., tomo II, pp. 699-700; Manno, Stor. di Sard., tomo IV, professe, delle quali gli fu continuato il governo per lo spazio
pp. 227, in nota, 252, in nota. di sedici anni. Si un a S. Pietro martire e al celebre F. Giovan-
ni da Vicenza per combattere leresia de nuovi manichei, e
Stefano Gianuario vescovo di Cagliari. per procurare la traslazione delle reliquie del beato fondatore
dellordine domenicano, e fu nel tempo istesso uno de pi
Stefano, religioso dellordine dei predicatori, ed arcivescovo zelanti promotori della sua canonizzazione, e il settimo dei te-
turritano nel secolo XIII. Era spagnuolo di nazione, cos ap- stimoni che parlarono delle sue virt e de suoi miracoli al co-
punto essendo nominato dal Guidone e dallEchard negli atti spetto dei commissari apostolici. Nel 1238 fu inviato a Barcel-
del decimottavo capitolo generale dei frati domenicani; ma lona insieme con Ugone di S. Caro, allora provinciale dei
non si conoscono ancora lanno e il luogo della sua nascen- domenicani in Francia e poi cardinale di S. C., a fine di per-
za, n la condizione de suoi parenti, n loccasione che lo suadere S. Raimondo di Peafort allaccettazione del generala-
condusse nella sua giovinezza a Bologna dItalia, dove facea to dellordine dei predicatori, cui era stato eletto nel capitolo
li suoi studi nel 1219. In detta citt egli conobbe S. Domeni- generale di Bologna. Il pontefice Gregorio IX gli diede inoltre
co, ed essendo testimonio delle sue straordinarie virt volle diverse prove di sua confidenza, lo incaric di molte commis-
ancora esserne imitatore. Ascoltava assiduamente le di lui sioni,213 e lo nomin in ultimo arcivescovo di Torres. Lanno
prediche, lo consultava sempre ne suoi dubbi, e finalmente della sua assunzione allepiscopato non abbastanza chiarita;
abbracci linstituto da lui fondato. Il modo con cui egli fu ma sembra pi probabile di ogni altra lopinione del Bremond,
ammesso tra i discepoli di quel santo veramente singolare. il quale scrive che siffatta elezione non pot accadere prima
Narrano gli annalisti domenicani che S. Domenico, chiamato- del giugno 1238. Signora eziandio per quanto tempo abbia
lo un giorno alla presenza de suoi discepoli, lo vest indirittu- egli governato la sede turritana, e ci che in particolare abbia
ra dellabito del suo ordine, quasi un tale atto gli fosse inspi- fatto per i vantaggi spirituali e temporali del gregge alle sue
rato dal Cielo; e che il valoroso giovinetto, bench sorpreso
in quellistante da una novit cos inaspettata, confess tutta- 213. La coincidenza dei tempi, e la somiglianza del nome e delluffizio
via essere la sua contentezza maggiore assai della sua maravi- cinducono a credere, che lo Stefano, di cui parliamo, sia lo stesso Ste-
glia, e provare nellanimo cos gran gaudio, che sembravagli fano provinciale dei domenicani di Lombardia, del quale parlano il Mit-
essersi gi molto innanzi preparato a consecrarsi intieramente tarelli e il Costadoni negli Annal. camald. (tomo IV, p. 340), e che nel
1237 fu delegato da papa Gregorio IX per eseguire un cambio di beni
al Signore. La sua vita posteriore, e lo zelo con cui egli perse- tra i monisteri di Marola, di Colombario e di Campaniola, tutti dellordi-
ver nellosservanza della disciplina monastica e nella pratica ne di Camaldoli, nella diocesi di Modena.

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cure commesso; quantunque il Plodio, il Taegio, il Cavalieri, e esercitare le funzioni episcopali nella sede di Torres, ovvero
dopo loro il Fontana, scrivano generalmente che fu prelato di le dismettesse nellistesso o nellanno seguente, in cui i monu-
dottrina e di piet ammirabile, e che non si stanc mai distrui- menti della chiesa turritana ci presentano il nome del suddet-
re i fedeli e di guidarli nella retta via or colla voce, or cogli to Prospero, non si pu di certo affermare. Quello che pare
scritti. Nel 1252 egli esercitava lonorevole uffizio della legazio- indubitato si che nel 1255 egli ritenesse il solo onorifico tito-
ne apostolica nelle isole di Sardegna e di Corsica commessagli lo arcivescovile, poich in due carte pubblicate dal Tronci e
da papa Innocenzo IV, nel quale poi, e nellarcivescovado di dallUghelli si legge, che nel 18 marzo di detto anno egli si tro-
Torres, gli succedette Prospero di Reggio, quellistesso che vava in Soria nella Vecchia-Castiglia, mandatovi da Federico
riun nel 1263 il gi tanto controverso concilio nazionale di Visconti arcivescovo di Pisa, per lelezione del re Alfonso in
Bonarcado.214 Se Stefano continuasse dal 1252 in appresso ad imperatore dei romani. Il tempo ed il luogo della morte di
questo illustre prelato rimangono ancora ignorati.
214. Il Cantelio, il Mansi, ed il Mattei aveano dubitato, non solamente BIBL.: Annal. ord. praed., tomo I, lib. II, num. 38, p. 544; Echard, S.
della celebrazione di questo concilio nazionale, ma perfino della esisten- O. P., tomo I, p. 53; Fontana, Theatr. domin., p. 108; Fontana, Mo-
za dellarcivescovo turritano chiamato Prospero. Il Machin nel caldo delle num. domen., parte I, cap. III, p. 41; Bullar. ord. praed., tomo I, p.
ire municipali era ito pi innanzi, e avea scritto che gli atti di detto con-
113; Raynaldi, Annal. eccles., tomo II, ad ann. 1252, num. 33, p. 468;
cilio erano apocrifi, ed inventati dai sassaresi, qui soliti sunt similia face-
re (Defens. primat. archiep. calar., lib. II, cap. XXXVIII, p. 170). Oppor- Taegio, De insign. O. P., lib. III, dist. II, cap. VII, p. 87; Tronci, An-
tunamente qui soggiunge lautore della Sardinia sacra; Clodius accusat nal. pis., p. 204; Ughelli, Ital. sacr., tomo III, archiep. pisan., num.
Moechos, Catilina Cethegum. Per altro il Fara e il Vico aveano scritto con 52; Marongio, Select. S. Gregor. pontif. I epist., pp. 114-115; Mattei,
tale asseveranza di questo concilio convocato da Prospero, che pare non Sard. sacr., pp. 155-156.
se ne potesse dubitare. E non solamente citavano gli atti che al tempo
loro nesistevano ancora nelle chiese turritana, arborense e usellense, ma Strada Antioco, dottore di teologia, nativo di Cagliari, e scrittore
dippi alcune costituzioni; e i vescovi intervenutivi, oltre li due metropo- della Relazione del martirio sofferto in Algieri dal P. Francesco
liti di Cagliari e di Arborea, e labate di S. Maria di Saccargia, e la confer-
mazione fattane nel concilio provinciale celebrato da Oddone arcivesco-
vo arborense nel 1309. Pure lautorit dei tre primi scrittori forastieri Francisc., tomo II, n. 159, p. 569). E dopo eseguita la sua ambasciata di
prevalse, finch uno di essi, cio il Mattei, nelle Giunte ed osservazioni Genova, volse il suo viaggio a Sardegna, dove verso la fine del 1263
sopra la Sardegna sacra da lui pubblicate in Firenze nel 1772, non ri- convoc il concilio nazionale, di cui parlano il Fara e il Vico, e gli atti del
tratt la sua prima opinione. Ai monumenti da lui messi in luce nelle quale esistevano sicuramente nel declinare del secolo XVI fino alla prima
suddette Giunte siamo adesso debitori delle pi distinte ed accertate met del XVII. Questo concilio fu celebrato in Bonarcado, piccola terra
notizie che abbiamo di Prospero arcivescovo di Torres. Egli era nativo della diocesi di Arborea; e lo stesso Mattei non pot a meno, che ritrat-
di Reggio nel ducato di Modena, e religioso benedittino cisterciense. tarsi solennemente, scrivendo in dette sue Giunte (p. XI) queste precise
Nel 1262 pi probabilmente, che in altro anno anteriore, fu fatto arcive- parole: nella Sardegna sacra ho dubitato della verit del concilio bonar-
scovo di Torres; e nel 1263, trovandosi in Roma, fu dichiarato legato della cadese; ma ora confesso che le conghietture, che mindussero a dubitare,
sede apostolica in Lombardia, nella Liguria, e nelle isole di Sardegna e di non sono di alcun peso. Di Prospero inoltre parla Federico Visconti arci-
Corsica. Sul finire di giugno di questultimo anno and ambasciatore del vescovo di Pisa negli atti della visita da lui fatta in Sardegna, che sono
Papa alla repubblica di Genova, come narra Bartolommeo Scriba (presso stati pubblicati dal ridetto P. Mattei nella Storia della Chiesa pisana (tomo
il Muratori, Rer. italic. script., tomo VI, col. 530); ed il Rinaldi ci fa sapere II), e nei medesimi esistono novelle prove del concilio nazionale di Bo-
loggetto della sua missione (Annal. eccles., allanno 1263, num. 16). Poco narcado (vedi Fara, De reb. sard., lib. II, pp. 214-215; Vico, Hist. gen. del
innanzi era stato in Lombardia, ed avea fulminato le censure ecclesiasti- reyno de erd., parte IV, cap. XXXI, fol. 72; Cantel, Histor. metrop. urb.,
che contro Guglielmo Caneto vescovo di Pavia, come si raccoglie da una parte III, dissert. VI, cap. IV, num. 6; Mansi, SS. Concil. nova et ampla
lettera di papa Urbano IV pubblicata dal dottissimo P. Sbaraglia (Bullar. collect., tomo XXIII, col. 1115-1116; Mattei, Sard. sacr., pp. 156-157).

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Cirano sardo, conventuale (Torino, 1605). La medesima in Quantu sas doigui figias de Rosellu,
sostanza una traduzione della stessa Relazione, scritta da au- Qui dulquemente pianguen a dognora,
tore anonimo in lingua spagnuola, e stampata in Madrid nel- Et de su piantu insoro restat bellu,
lanno precedente; sebbene il traduttore vi abbia aggiunto Hint como esser de fama pius ancora,
parecchie altre notizie, delle quali poi si serv il Barezzi per Si de Sugner cuddu ingegnu limadu
scrivere le gesta del suo martoriato confratello. Lo Strada fu Non sesseret partidu a saurora!216
grande amico del P. Serafino Esquirro, il quale ne dice molte Nel precedente secolo XV visse ancora Andrea Sugner genti-
lodi nel suo Santuario de Caller, e specialmente nel libro V luomo cagliaritano (uno forse degli ascendenti del poeta sas-
(p. 548), dove, tra le altre cose, riferisce che i di lui consigli sarese), il quale nel 1483 sostenne forti contestazioni col vi-
lo determinarono ad inserire in quel suo Santuario la relazio- cer di Sardegna Ximene Perez per causa del parlamento da
ne dei torneamenti e delle altre feste pubbliche fatte in Ca- lui convocato in Cagliari, e dellalterigia con cui comportossi
gliari nel 1618 per la traslazione dei SS. Martiri cagliaritani. in quellassemblea. E forse costui fu figliuolo, fratello, o altri-
Nello stesso anno lo Strada occupava un seggio canonicale menti congiunto di quel Giovanni Sugner di cui parla il Fara,
nella chiesa maggiore di Ales;215 ma non sappiamo n quan- e che nel 1479 fu inviato allisola dal re D. Ferdinando il cat-
do n dove egli morisse. tolico in unione dello stesso mentovato vicer Perez.
BIBL.: Strada, Relaz. sudd.; Esquirro, Santuario de Caller, lib. V, pp. BIBL.: Sambigucci, In hermat bocch. interpr., p. 9; Fara, De reb.
548, 561-562; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 495, in nota. sard., lib. IV, pp. 386, 414; Araolla, Rimas espirit., cap. IV; Zurita,
Annal. de Arag., lib. XX, cap. LV; Manno, Stor. di Sard., tomo III,
Sugner Gavino, chiamato latinamente Suniero dal Fara e dal pp. 232-233, 483, 529.
Sambigucci. Nacque in Sassari, e coltiv felicemente la poesia,
della quale per non lasci verun saggio alla posterit per es- Sugner Sebastiano. Nacque in Cagliari nel 1643, e rendutosi
sere morto immaturamente nel pi bel fiore della sua gio- chierico scolapio nel 21 febbraio 1657, assunse il nome di P.
vent. Egli visse nel secolo XVI, ed il Fara nota precisamente Sebastiano di S. Giuseppe.217 Fatte nella stessa sua patria le
lanno 1552, come quello in cui questo poeta ottenesse nella
sua patria nome onorato tra i cultori delle muse. Il Sambiguc- 216. Volendo tradurre in lingua italiana li suddetti versi sardi, noi credia-
mo non poterlo far meglio, che riportando in questo luogo la traduzio-
ci poi, che fu il primo a parlarne nella sua Lezione sul sim- ne gi fattane dal Manno nella sua classica Storia di Sardegna (tomo III,
bolo bocchiano, lo appella giovane di acuto ingegno e di p. 529). Altrove fummo noi stessi i volgarizzatori delle poesie sarde, che
belle speranze. Finalmente lAraolla, il pi valoroso degli an- non sono state da lui riportate in detta sua opera: qui per, dovegli gi
tichi poeti sardi, nel capitolo intitolato la Visione ci lasci di pose laltezza del suo ingegno, faressimo vana prova, impiegandovi ora
il nostro. Traduzione del Manno. Oh! quanto le dodici figliuole di Rosel-
questo giovine poeta, suo concittadino, una bellissima im- lo che dolcemente lagrimano ad ogni ora, e delle lagrime loro quelle on-
magine ne seguenti versi: de si fanno belle, oh! quanto salite sariano in maggior grido, se questo
ingegno limato del Sugner non si fosse dipartito nellaurora della vita!
217. A los 21 del mes de febrero 1657 (cos si legge nel libro dei profes-
215. Nello scrivere le gesta del P. Francesco Cirano dicemmo per equivo- si del collegio di S. Giuseppe in Cagliari) se visti por Clerigo el Herma-
co che il dottore Antioco Strada era canonico dIglesias. Dovevam dire di no Sebastiano de S. Joseph llamado en el siglo Sebastian Suer, bautiza-
Ales, come ne abbiamo testimonianza di uno scrittore suo contempora- do en la parrocchia de S. Eulalia de Caller, de aos 14. Questa notizia
neo ed amico (vedi Esquirro, Santuario de Caller, lib. V, pp. 561-562). la dobbiamo alla cortesia del P. Vittorio Angius delle S. P.

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prove del noviziatico, profess nel 1660 i primi voti dellab- lui composte in varie occasioni, e le orazioni recitate alla pre-
bracciato instituto;218 e quindi, trasferitosi in Italia per apparar- senza di eccelsi personaggi, e nella chiesa del collegio roma-
vi forse meglio le filosofiche e le teologiche discipline, di- no, le quali lasci tutte inedite sotto il titolo di Miscellanea. Ma
mor per alcun tempo in Roma, dove certamente trovavasi le persecuzioni, alle quali fu esposto in quel correr di tempi
nel 1662, nel 1663 e nel 1665.219 Col egli si distinse tra i suoi lordine instituito dal Calasanzio, lo smossero dalla costanza
confratelli per la svegliatezza dellingegno e per lassiduit allo che avrebbe dovuto usare nelle avversit; per lo che ritornato
studio, ed applicatosi particolarmente allamena letteratura ed a Cagliari poco prima del 1670, dimostr molta freddezza nel
alloratoria sacra, fece in entrambe progressi non ispregevoli. proprio stato; e poi, fuggitosi una notte dal collegio, e ricovra-
Prova ne sono le tante poesie latine, italiane e castigliane da tosi nella casa di sua madre, termin per abbandonare intiera-
mente linstituto add 5 settembre dello stesso anno.220 Larcive-
218. Nello stesso libro, di cui nella nota precedente, vi la seguente scovo cagliaritano Pietro Vico gli confer un tenue benefizio,
annotazione, la quale sembra appartenere al nostro P. Sebastiano: a los acci potesse sopperire alla propria sussistenza. Per ne go-
18 de 8.bre 1660 hizieron su profession en manos del P. Pedro de S. Pe- dette assai poco, giacch non pass gran tempo che, assalito
legrino rector los siguientes; Hermano Sebastian de S. Joseph caralitano, da grave morbo, cess di vivere nella sua patria medesima.221
estudiante; e poi sieguono i nomi degli altri professi. Cos ci accerta il
mentovato P. Angius, il quale ce ne trasmise copia. Per, se la data del Noi possediamo un suo ms. autografo intitolato: Miscellanea
giorno e del mese non sbagliata, ci nasce il dubbio che la detta an-
notazione appartenga ad altro P. Sebastiano diverso dal nostro, percioc- 220. Nel libro dei professi citato nelle note 217-218 a questo articolo, ec-
ch in un ms. autografo di questultimo, che noi possediamo, e del co come scrive il cronista cagliaritano delle scuole pie allanno 1670: En
quale parliamo in questo medesimo articolo, si trova scritto di proprio los dias intermedios de la publication del Breve (cio del Breve di Cle-
pugno dellautore quanto in appresso: De San Migel, Quintillas, hechas mente IX, in virt del quale le scuole pie furono reintegrate negli onori
en el anno de 1663 en recompensa de la gracia resebida en el anno de di religione, con voti solenni) a la profession religiosa de los sobredichos
1660 la noche de su gloriosa aparision a los 8 de maio, por la borrasca sujetos (dei chierici professi che avea nominati poco innanzi), se au-
padesida en el mar, tal noche, no del mismo mar, mas de los turcos, de sent una noche del collegio el P. Sebastian de S. Joseph, que era uno de
quales fuimos acometidos, y abordados tres oras, esparando sin fin ni los que arriba deximos avian venido maleados de Italia, y aunque no se
principio, y de los nuestros ninguno haver muerto, fuera que el Escri- declar por el bando de los inquietos, no se tenia por seguro, como su
van qual fue de un balaso herido en los sesos, y esso por transena. Se- fuga lo manifest, dando en ella a entender, que no queria passar de los
bastian de San Joseph. Sieguono poi le quintiglie. Egli dunque naviga- votos simples a los solenes, ni quedar en casa con sonrojo, y privado de
va (e forse per Roma) add 8 maggio 1660, e quindi non sembra voz activa e passiva (come il Breve ordinava per coloro che non passas-
probabile (bench per non impossibile) che poi subito tornasse a Ca- sero ai voti solenni). E ass, declarandose a cabo de dias, que estava en
gliari, e giurasse nel 18 ottobre 1660 i suoi primi voti. Facciamo questa casa de su madre, inst y alleg rezones al parecer bastantes para esser
osservazione, per non ometter nulla che possa rischiarare i fatti della despedido con los demas, lo que fue a los 5 del mes de settembre.
vita del Sugner, poich sul resto, importa assai poco il sapere in qual 221. Lo stesso cronista, allanno 1675 soggiunge: el P. Sebastian (quello
giorno e mese preciso egli giurasse ci che poi non attenne. di cui noi parliamo) merei el amparo de lArobispo de Caller a con-
219. Ci si ricava dallo stesso autografo Sugneriano, il quale, come nel templacion de un tio suyo, de quien fue hospedado y regalado el d.o
medesimo si legge, fu cominciato Romae die viij decembris 1662; da arobispo quando pass por Mallorca para Espaa (qui si parla di D.
una poesia latina, scritta alla pagina 35 con questa intestazione: De Di- Pietro Vico arcivescovo di Cagliari) y en senal de gratitud y recompensa
vo Francisco Sales anno Domini 1662 beatificatione, et anno 1665 le di a su sobrino (al P. Sebastiano gi ex-religioso) una tenue preben-
canonizatione in sanctorum numerum adscripto ab Alexandro VII. P. da. Per poco tiempo la goz, porque en brieve le assalt la muerte: y se
M. Romae me presente in eis; e da due poesie spagnuole dello stesso le llev para dar cuenta de su inconstancia en la vocacion al Criador
ms., in lode di papa Alessandro VII e di S. Pantaleone martire, la prima ecc. Qui il cronista, come ognun vede, vuole interpretare i giudizi divi-
delle quali annotata en Roma el anno 1663 a los 18 de abril, e la se- ni; e poich nota tutto questo nel suddetto anno 1675, pare appunto
conda Romae die 21 maij anno nostrae salutis 1663. che in questanno medesimo il Sugner cessasse di vivere.

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Sug Sug

variarum rerum scripta a fratre Sebastiano a S. Joseph, calari- libro ornato di fregi e dellemblema delle scuole pie, fatto a
tano, Romae, die VIII decembris 1662 (un vol. in 4, di pagine penna in diversi colori; e sotto il titolo vi si legge scritto di altra
231). Nel medesimo vi sono confusamente raccolte le poesie mano, che il ms. era di propriet doctoris Francisci Ledda civi-
ed i sermoni da lui composti; e avvegnach questi ultimi, e fra tatis calaritanae. Noi non osiam dire che tutto quanto si con-
le prime le italiane non siano di un gran merito, non mancano tiene in questa Miscellanea meriti vedere la pubblica luce;
tuttavia n di qualche bellezza oratoria, n di fuoco poetico. per certissimo che vi sono parecchi componimenti, special-
Non cos le latine, le quali, tranne assai poche, sono per lo pi mente poetici, i quali fanno fede dellingegno svegliato del Su-
scritte con buona lingua, e talvolta ancora assai eleganti. Nelle gner, e del molto che egli avrebbe ancora potuto fare ad onore
angustie di un articolo biografico non si pu dare di questo della sua patria, se una maggior vita di quella chei visse, e
ms. un sunto compiuto, molto pi non essendo lautografo or- quiete danimo pi che non ebbe, gli avessero permesso di
dinato n diviso in parti. Per ne daremo breve relazione, an- esercitare lungamente e pacificamente nelle lettere i suoi talen-
che per trattarsi di un nuovo autore, il quale non fu sinora, n ti. Intanto riportiamo qui tre saggi de suoi versi italiani e latini,
potea essere conosciuto da alcuno. Tra le poesie ve ne ha acci i lettori conoscano qual fosse il di lui valore nella poesia.
moltissime in lode del bambino Ges, di nostra Donna e di I
parecchi santi: queste occupano le prime quaranta pagine del Ex epytal. VIII sup. cantic. canticor., pp. 52-53.
libro, e sono quarantotto tra tutte. Seguono poi diciannove epi- O pulcherrima mulierum, egredere ecc.
talami latini sulla Cantica di Salomone (Sacra epytalamia poe-
tica, expositio in Cantica canticorum), i quali occupano altre Avolitant capitis crines sine lege per auras,
ventotto pagine. Quindi vengono in altre otto pagine un Car- Auriferis spiris candida terga tegunt.
men macarronicum, ed alcune poesie castigliane (Romanes) Sudanti manat Gangtidis unio fronte,
sulla solitudine di Maria Vergine e sui misteri della crocifissione Et roseo roseus crescit in ore color.
del Salvatore. Alle suddette poesie succedono: I. Un Prologo in
lingua spagnuola detto dallautore in unaccademia data in Ca- Mutaret tecum rutilos aurora pyropos,
gliari nel 2 febbraio 1660 nella chiesa di S. Francesco da Paola, Mutua deque tuis sumeret ostra genis.
il qual Prologo si aggira sulla nativit del Signore: II. Due Ser- Sed quid colla sequar? superant albedine cycnos,
moni castigliani, uno per il transito ossia assunzione della SS. Et sunt intacta candidiora nive.
Vergine, e laltro per il Sacramento eucaristico. Luno e gli altri Illa meis oculis, ceu juncta monilia fulgent,
sono compresi tra le pagine 77 e 124. Nelle altre ventidue pa- Ex rubri gemmis orbiculata maris ecc.
gine che seguono appresso si leggono altre poesie castigliane,
anagrammi latini e madrigali italiani in lode di molti santi. II
Quindi fino alla pagina 206 vi sono inseriti: I. Unorazione ita- Nella felice morte del P. generale e fondatore nostro (S. Giu-
liana recitata dallautore in Roma nella venuta delleccellentissi- seppe Calasanzio), p. 147.
mo principe di Schinzano alle scuole pie: II. Sette sermoni ita-
liani, tre dei quali per la nativit ed uno per limmacolata Madrigale
concezione di Maria Vergine, due per S. Antonio da Padova ed Vola laquila altera
uno per S. Filippo Neri. E finalmente nelle ultime venticinque Verso il globo di luce,
pagine sono scritti molti sonetti, canzoni e madrigali in lingua E fissando i suoi lumi a quella sfera,
italiana sopra vari argomenti sacri e profani. Il frontespizio del Sarde le piume, e nel goder riluce.

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Cos sen va Giuseppe, Nuoro e da Lucia Mura donna cagliaritana, entrambi di umile
Come laquila a volo, condizione, ricevette nel battesimo, che gli fu dato tre giorni
A quel Sol che gi seppe dopo la sua nascenza nella chiesa del santo apostolo Giaco-
Esser eterno e solo, mo, i nomi di Vincenzo Antonio Simone, e fu il primo di otto
E lascia qui fra noi la mortal salma, figli che nacquero dallo stesso matrimonio. Allet di cinque
Perch in ciel goda lalma: anni fu mandato alle scuole pie di S. Giuseppe per appren-
Or mira dunque ardente a quel bel sole dervi gli elementi del leggere e dello scrivere; e siccome era
Quanto pi fiso puole, fanciullo di temperamento assai vivace e dingegno non vol-
E in lui goder gli lice gare, percorse con qualche lode le classi inferiori della latinit
Di gloria eterna il vero e divin lume: e delle umane lettere, e dopo due anni di esperimento nella
Arde e gioendo dice: rettorica, fu promosso alle scuole superiori di filosofia nella
Pur che ne godan gli occhi ardan le piume. regia universit degli studi. Cominci diffatti a udire le lezioni
di logica e di metafisica; ma poi, svogliatosi nel bel mezzo del
III tirocinio scolastico, e mortagli ancora nel 1763 la madre, risol-
I Re Magi, p. 220. vette di farsi frate mercedario, e fuggitosi perci dalla casa pa-
terna, and a nascondersi nel convento di Buonaria. A questa
Sonetto risoluzione lo aveano tratto da una parte i modi aspri e vio-
Dalla cuna del sol caduco e basso lenti co quali era corretto da suo padre, e dallaltra i blandi-
Alla cuna del sol sommo e divino, menti e glinviti fattigli da un frate Giambattista Xacca (volgar-
Colla scorta del ciel mostro il cammino, mente Sciacca) dellordine di N. S. della Mercede, che in quei
Volgeste, o regi avventurosi, il passo. tempi avea nome di buon oratore e di uomo dotto nella teo-
E gi nato adoraste in cavo sasso logia. Per, dopo alcuni giorni di nascondimento, fu obbliga-
Quel che ognor nasce in cielo unico e trino, to a ritornare alla sua famiglia, colla quale tuttavia non rimase
E col ciglio e col pi dimesso e chino gran tempo, poich prima convisse con una sua zia, e poi
Deste incenso a quel Dio tremante e lasso. con una vedova di non ispregevoli forme, la quale lo aiut
Oh! fede, oh! f che non conosce obblio! con molto affetto nella povert istessa della propria fortuna.
Creder lo Eterno entro corporeo velo, Avea costei la madre e un fratello, e attendevano tutti insieme
Mirarlo umano, e riverirlo Iddio! al mestiere del ceraiuolo; per lo che Vincenzo, accomunatosi
La vostra fede, o regi, e il vostro zelo, con essi, cominci come meglio poteva a far candele. Ma i
Se chiusa ora han la bocca al parlar mio, capitali difettavano, e poco era il guadagno; laonde egli, stret-
Apriran poi le mani al re del Cielo. tosi ad una sua cugina, la quale conviveva con un suo zio ric-
chissimo, tanto seppe fare e dire, che per lo di lei mezzo co-
Sulis Vincenzo, uomo popolare, rendutosi famoso pel suo minci ad avere abbondanza di danaro. Quindi subito si pose
potere negli affari pubblici dellisola negli ultimi anni del se- in sullapparire, e giovine come era e di cervello alquanto bal-
colo scorso, e poi caduto in un tratto dal sommo della fortu- zano, si diede allo spendere senza misura, appaiandosi ad altri
na in istato miserevole di lunghissima sventura. La sua vita fu giovani oziosi, co quali cominci a darsi il bel tempo, vivendo
veramente singolare e quasi maravigliosa. Nato in Villanova, alla spensierata, ed alieno da ogni onesta fatica. Il padre, che
sobborgo di Cagliari, nel 28 ottobre 1746 da Antonio Sulis di lo vedeva sviato dal buon sentiero, temendo che poi cadesse

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Sul

in qualche precipizio, prese il partito di ricorrere allautorit


del governo, acci lo tenesse in arresto per alcun tempo, spe-
rando che cos forse si ridurrebbe a pi quieto vivere. Ma po-
co manc che la buona intenzione paterna riuscisse a lui fata-
le; perciocch nellatto di arrestarlo gli furono trovate indosso
due pistole, e quindi fu tratto in carcere, dalla quale dopo sei
mesi a fatica si liber. Questa breve prigionia lo spinse dindi
a poco a gravissimo reato, che fu quello di prestare aiuto ai
carcerati perch fuggissero, come di fatto segu. Dei fuggitivi,
altri furono subito ripresi, altri per ebbero tempo di salvarsi.
Egli si un in quadriglia a questi ultimi, e vag due anni per la
campagna, fattosi in et di quattro lustri appena compiuti ca-
po e guida di ribaldi. Fece il contrabbandiere, e si trov pi
volte in incontri pericolosi; ma finalmente, a forza di supplica-
re, e perch forse fu riconosciuto chegli era stato sospinto a
tal eccesso, pi che daltro, da inconsideratezza giovanile, ot-
tenne grazia del suo fallo. Allora cominci altra vita affatto di-
versa dalla precedente. Postosi in societ con un piccolo nego-
ziante di Cagliari, attese a speculare nel commercio, ed a capo
di dodici anni si trov aver fatto qualche guadagno. Ma non
contento nemmeno di questo stato, volle anche diventare no-
taio e causidico, e dopo qualche mese speso nello studio del-
la pratica curiale e tabellionale, sub li suoi esami, e fu appro-
vato notaio pubblico e di cause. Vanitoso del nuovo suo
grado, non pens pi a negozio, n ad altro, ma si diede tutto
ad esercitare la pubblica sua professione, frequentando perci
nei tribunali e negli uffizi degli avvocati pi distinti, tra i quali
egli pratic di preferenza in quelli del Cabras, del Pintor e del
Paglietti, riputati i migliori giuristi sardi del suo tempo. Poi nel
1789 si tolse in moglie una figliuola del suo antico socio di
negozio, dalla quale per non ebbe mai figli; e cos ridottosi a
certo e regolare sistema di vita civile, sembrava assai lontano
dalle clamorose vicende, nelle quali tra breve si trov implica-
to. Lapparire della flotta francese, che nel 1793 si present
ostilmente nella rada di Cagliari, fu il punto fatale, donde co-
minciarono colle sue glorie le sue sventure. Passeggere le pri-
me, soli sette anni durarono: pi stabili, pi prolungate le se- Sulis Vincenzo. Copiato dal ritratto che ne fece nel 1832, vivente lo stesso Su-
conde, lo accompagnarono fino alla tomba. Trovatosi presente lis, nellisola della Maddalena il sig. Gray negoziante inglese.

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nella capitale del regno, mentre gli ordini tutti dei cittadini e i che disordin maravigliosamente i legni francesi; e quindi la
popoli sardi correvano con ammirabile entusiasmo a respin- ritirata dellammiraglio Truguet, per la quale, liberata lisola da
gere il nemico comune, egli abbandon in un tratto luffizio ogni timore, rimase ancora ineseguita lopera ardimentosa del
notariale per cingere la spada a difesa della patria. Ambizioso Sulis, che dovea riuscirgli al certo o al tutto gloriosa, o al tutto
di distinguersi dalla moltitudine, si mescol volontariamente fatale. Per gli stamenti e la reale udienza lo encomiarono per
nei pericoli, e prese parte nei provvedimenti dati dal governo lo suo zelo e per la sua bravura; ed egli, contento di questa
in quei giorni di maraviglioso timore, per difendere lisola gloria, si ripos alquanto allombra passeggera degli allori na-
dallinvasione straniera. Egli non volle sul principio accettare zionali. Ma ecco nella primavera del 1793 sursero repentina-
veruno stabile comando nelle truppe nazionali, ma correva mente in Cagliari moti e disordini popolari. Vincenzo Sulis fu
dappertutto, e dappertutto trovavasi, ove il bisogno lo richie- nuovamente in iscena uno dei primi attori; ma lo fu per lordi-
desse, per aiutare i difensori co suoi consigli, colla sua opera, ne pubblico, e per raffrenare la plebaglia avida di sangue e di
col suo coraggio. Arm in terra ed in mare genti e soldati a rapine. Padrone, anzi arbitro dei voleri della moltitudine, sen-
proprie spese, affront cimenti di molta importanza, e tra gli za la sua autorit irrompevano sanguinolente le spogliazioni e
altri condusse con molta abilit a felice riuscimento un aggua- le morti. Creato quindi con autorit tribunizia comandante
to contro due lancioni francesi protetti dal cannoneggiare di delle truppe urbane di Stampace, si trov alla testa di cinque-
una fregata che ancorava nella rada di Cagliari. Offertagli per cento uomini armati, tolti la maggior parte dalla feccia del
questo fatto dal vicer Balbiani e dal generale La-Fletcher la volgo, audaci, pronti, risoluti, e capaci ancora di qualunque
medaglia donore, la ricus con bellatto, dicendo doversi sen- misfatto. Egli solo era capace di tenere in freno cotesta orda
za premio esporre per la patria ne gravi cimenti la vita. Atti- di furibondi; e vi riusc felicemente. La divise in varie compa-
vo, intraprendente, si trovava sempre in ogni luogo dove il gnie, a ciascuna delle quali prepose i capi; laccostum a un
pericolo minacciasse, animava i soldati, dava del suo con ge- regolare servizio; e pagandole giornalmente il soldo, come
nerosit, ed operava ogni cosa con ammirabile celerit ed in- alle truppe regolari, la fece servire utilmente alle imperiose
telligenza. Molto si distinse nella fazione di Quartu sotto gli necessit di quei tempi calamitosi. Per s nulla mai volle,
ordini del barone di SantAmour, e congiungendo allintrepi- bench gli fosse stato dagli stamenti assegnato uno scudo al
dezza un ingegno mirabile, e fecondo didee ardimentose e giorno a titolo di stipendio; e spinse la sua generosit fino ad
straordinarie, progett ancora la formazione di due brulotti, antecipare del proprio le paghe del suo battaglione, chieden-
co quali si proffer dincendiare la flotta nemica. Dapprincipio done poi ed ottenendone assai tardi il rimborso. Sette anni
il suo progetto sembr un sogno duomo farnetico, e non fu egli dur in questa carica, alla quale congiunse unautorit
accolto; ma in appresso, avendo egli instato con molto calore, quasi illimitata per linfluenza chegli avea sul popolo e sugli
e fatto conoscere a un consiglio di guerra speciale i mezzi di stamenti. Nessuna cosa si risolveva senza il suo intervento; tut-
eseguimento da lui immaginati, gli fu conceduto di portarlo ti da lui dipendevano; era da tutti rispettato e temuto. Poco
ad effetto sotto la propria risponsabilit. Egli subito arm due manc che non diventasse dittatore della nazione. fama, che
piccole lance di sua propriet; ottenne dal governo polvere nellultimo anno del suo tribunato, e quando maggiore e co-
da fuoco, bitumi e quantaltro era necessario per la formazio- lossale era il suo potere, ricevesse messaggi e lettere per parte
ne delle due navi incendiarie; e comunicate a trenta esperti di Francia, acci nelle mani di Francia ponesse la Sardegna.222
marinai e paesani sardi risoluti al par di lui le proprie inten-
zioni, fiss il giorno in cui dovea seguire lazione audacissima e 222. Nella vita del Sulis, scritta da lui medesimo, e da noi esaminata nel
perigliosa. Ma in questo mezzo sopravvenne la fiera tempesta suo autografo, raccontato con molte particolarit questo fatto, il quale

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Onori, ricchezze gli si promettevano dimandasse; nessuna che di raggiri potenti, e divamparono tosto negli odi mal re-
cosa sarebbe a lui niegata. Qui, se il fatto vero, risplendette pressi e nelle meditate vendette. Lo accusarono di congiure e
maravigliosamente la fede sarda. Vincenzo Sulis ributt con di tradimenti contro le reali persone; e acci laccusa fosse
isdegnosa risposta linfame mercato; e l appunto fermando la creduta, vi aggiunsero lenormit. Al marchese Francesco
sua costanza, dove i repubblicani francesi voleano comprarla Boyl, uomo di provata fede verso il sovrano, fu commessa
col tradimento, un la propria alla virt generosa dei sardi sta- lindagine di s grave reato. Ei la fece secretissima, severissi-
menti, profferendo la Sardegna asilo e difesa allesule stirpe di ma. Risult la calunnia. Il duca dAosta che amava il Sulis ne
Emmanuele Filiberto. Add 3 marzo 1799 Carlo Emmanuele IV fu assai lieto. Pure, avendolo scorto in periglioso cimento, a
e la reale famiglia sabauda entr sicura in Cagliari tra le accla- s chiamollo, e profferigli il consolato di Smirne: col, gli dis-
mazioni di una nazione a nessuna seconda in rispetto ed in se, tu rimarrai sicuro, finch tutta si spegna lira che ti perse-
amore pe suoi re. Carlo Emmanuele, vistosi allora in potest gue. Ma il fato, che lo traeva a mal fine, gli pose in mente il
propria, fece in cospetto di Europa tutta quel protesto solenne peggior consiglio, e lofferta non accett. Quindi crebbero le
di cui ogni storia ripiena, e per cui note furono al mondo le accuse, e al cav. Giovanni Mameli, uno dei pi distinti mae-
fraudi e le violenze della repubblica di Francia. E della fidanza strati della reale udienza, fu comandato di rinnovare gli esa-
magnanima delleccelso monarca, e dellaccoglimento di tanti mi. Gli esami rinnovati smentirono nuovamente gli accusatori.
principi, strappati colla violenza dagli stati loro di terraferma, Allora s che il Sulis fu cieco veramente, perciocch ricusato
piccolo s, ma non ultimo stromento fu di Vincenzo Sulis la fe- una seconda volta il consolato di Smirne offertogli dal magna-
delt. A lui si diedero tosto onori e premi. Per prima cosa fu nimo principe che voleva salvarlo, prefer starsene in Sarde-
nominato direttore delle regie saline, e gli si confer il grado gna a dispetto, comei diceva, de suoi nemici. Inesperto ed in-
di capitano dellarmata. Poi il duca dAosta lo ammise alla sua felicissimo uomo! Nellinnocenza propria ei fidava, e non
confidenza, e lonor dellalta sua protezione. Tanto bast sapea, che vittima dei ribaldi spesso quaggi linnocenza, e
perch linvidia cortigianesca gli suscitasse contro una fiera che solo e stabilmente deve trionfare nel cielo Partito dalli-
procella. Ma pure questa non tendeva ad altro, fuorch a pri- sola il suo protettore, si riassunsero pi tardi contro di lui le
varlo del principesco favore. Animi pi acerbi videro quellad- criminali investigazioni. Un D. Giuseppe Valentino, che nelle
densarsi di nubi sul capo di un uomo, di tuttaltro sapevole fiscali severit non ebbe forse leguale, le fece scrupolosa-
mente ed anche acerbamente. Lordine del suo arresto fu da-
onora grandemente la di lui fedelt. Egli afferma di aver ricevuto dal co- to, e dippi con pubblico bando dimandata a prezzo la sua
mandante francese della cittadella di Torino due lettere, colle quali era persona. Egli fugg, si nascose, e trov ancora chi profferiglisi
invitato a nome di Napoleone Bonaparte a consegnare la Sardegna alla di trasportarlo salvo a terra straniera. Incerto dellavvenire,
repubblica di Francia, con promesse di onori e di ricchezze, quantegli
ne potesse mai desiderare; e quindi soggiunge, che avendo ricusato lini- perseguitato da ognuno, si affid lo sciagurato nelle mani di
qua proposta, sollecit negli stamenti la risoluzione dellinvio di tre de- Giambattista Rossi cognato suo e di Tommaso Scotto, uomo
putati a Livorno, i quali offerissero a nome della nazione al re Carlo Em- corso il primo, e laltro oscurissimo uomo napoletano. En-
manuele IV ed a tutta la reale famiglia di Savoia, povero s, ma sicuro trambi lo accolsero di notte in piccol legno ed in spiaggia soli-
asilo nella fedele Sardegna; e che dopo larrivo del sardo monarca e dei taria: ma non s tosto lo ebbero in balia loro, che violata la fe-
reali principi a Cagliari consegn in proprie mani del duca dAosta le de e tradito il sangue, lo consegnarono alla giustizia, e corsero
lettere originali indirittegli dal generale francese. In questa vita medesi-
ma, nella quale il Sulis racconta con molta sincerit le proprie azioni, e solleciti a riscuotere dal tesoro pubblico il pattuito prezzo del-
buone e malvage, sono contenute molte altre notizie che spargono assai lopera nefanda. Giudicato da una commissione straordinaria
di luce sugli avvenimenti pubblici di Sardegna, dal 1792 fino al 1793. di sette membri, e difeso nel breve termine di un giorno solo

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dallavvocato Melis, sostituito dellavvocato regio dei poveri precisione e con rara memoria degli accidenti tutti della sua
presso la reale udienza, fu condannato al carcere a vita. In passata vita, e nel 1832 li scriveva di proprio pugno, acci
questo clamoroso giudizio rifulse egregiamente la probit e la non perissero nella ricordanza della posterit. Negli anni della
costanza di D. Gavino Nieddu,223 il quale, non piaggiatore del sua relegazione si diede intieramente alle pratiche religiose ed
Sulis nella prospera, non oppressore suo nella triste fortuna, alle opere di piet; e nel 13 febbraio 1834 cess di vivere nel-
si alz coraggiosamente in consiglio, e propugn con intrepi- la suddetta isola della Maddalena, lasciando di s tal nome,
da voce un enorme voto che gi soverchiava. La maravigliosa che nella sarda istoria sar pi singolare che raro.
fermezza di questo eccelso maestrato degna che passi alla
memoria dei posteri, i quali finch la virt sar in onore, lau- Susanna. Vi furono varie illustri donne sarde di questo no-
deranno sempre lui, che degli uomini no, ma solo del Cielo me, delle quali si trova ricordo in molti diplomi del medio
ebbe temenza, e di una vita non voluta dallinesorata giustizia evo. Le pi distinte per, sia per opere di piet, che per ge-
fu insieme vindice valoroso e magnanimo salvatore. Queste nerose donazioni fatte alle chiese ed ai monisteri, sono Su-
cose accadevano nel maggio del 1799. Nel 25 dello stesso sanna Gunale moglie di Mariano I re di Torres, la quale vis-
mese entr il Sulis nella torre dello Sprone di Alghero, dichia- se nel declinare del secolo XI, e Susanna de Thori o Dezzori
rata sepoltura sua finch vivesse. Tristi, solitari, dolenti vi pas- moglie di Forato di Gitil, uno de pi potenti e pi doviziosi
s nelloscurit e nella desolazione dello spirito anni ventidue, magnati turritani, il quale fior negli ultimi anni dellundeci-
mese uno e giorni nove. In cos lungo tempo ne usc una vol- mo e nei primi tre lustri del duodecimo secolo. Pietro Diaco-
ta sola, quando, per amore della libert, tentata da lui con no, continuatore degli Annali di Leone Ostiense, annovera
istraordinari e quasi incredibili modi la fuga, fu trasportato al- le suddette due matrone tra le femmine pi celebri del loro
le carceri di Sassari, dalle quali poi si fugg veramente. Questo tempo Mariano I re di Torres e Gitil Forato di.
fu nel dodicesimo anno di sua prigionia. Ma ricaduto, dopo
alcuni giorni, nel potere della forza pubblica, fu ricondotto al Sylva Diego, frate domenicano del secolo XVII. Il Sanna nella
forte dello Sprone, dove rimase nella cattivit altri dieci anni. sua opera Festivos cultos ecc. ne fa speciale ricordo; dice che fu
Nel 4 luglio 1821 la pietosa mano del sardo monarca dischiu- maestro in teologia, ed eminente nella predicazione e nellespo-
se allinfelice le ferrate porte; ed egli, restituito alla vita civile, sitiva delle sacre dottrine; e che lasci mss. al convento dei frati
andonne poco dopo a confino nellisola della Maddalena, nel- predicatori di Cagliari trenta volumi, i quali rimasero inediti o
la quale trasse quietamente il resto dei suoi giorni. Lacerbit per difetto di mezzi, o per la morte dellautore. Trattandosi di
dei lunghi patimenti sofferti nel carcere nulla gli avevano tolto un uomo il quale visse in tempi non molto discosti da quelli
dellantica sua sveltezza, nulla dello spirito sempre vivace, nei quali scriveva il Sanna, sembra che possa prestarsi fede al
non domato dagli anni n dalla sventura. Parlava con molta racconto fattoci da questultimo scrittore.
BIBL.: Sanna, Festiv. cult., introd., num. 49.
223. Nel volume I di questo Dizionario ( Angioy, p. 122) riferimmo,
sulla fede delle relazioni pervenuteci da Bono, che D. Gavino Nieddu
era stato maestro del cav. D. Giammaria Angioy nella pratica forense.
Sylva Giuseppe de, pi conosciuto sotto il titolo di conte di
Ma poi ebbimo documenti certi, i quali ci chiarirono che il suo maestro Montesanto Alagon Artaldo marchese di Villasor.
nella pratica legale fu veramente e solamente un D. Salvatore Nieddu di
Nuoro, il quale esercitava in Cagliari lavvocazione. Per la qual cosa sia-
mo in debito di ritrattare il nostro errore, guidati come siamo sempre ed
unicamente dal desiderio di accertare la verit dei fatti da noi narrati.

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Tav

T troverebbe nemmeno spazio sufficiente per collocarvi, non


che li trentatr anni della cronaca, tempo ancora molto mino-
re del regno di Andrea. Dal che tutto si pu conchiudere,
che senza rigettare intieramente il racconto delle cronache
Tanca Andrea, regolo turritano del secolo XI. Alcuni scrittori, sarde, il quale di grandissima autorit, deve per fermarsi
dietro la testimonianza delle antiche cronache sarde, lo fanno per certo, essere occorsi molti sbagli negli apografi di detti
figliuolo di Barisone I, e padre di Mariano I regoli di Torres, codici cos sul tempo come sui fatti del regno di questo rego-
e raccontano tra le altre cose che il di lui regno dur trenta- lo, per colpa deglimperiti amanuensi. Ma lo schiarimento di
tr anni, nei quali gli stati suoi fiorirono per gli ozi di una coteste difficolt archeologiche proprio di altra scrittura an-
lunga pace, e per lesatta giustizia da lui amministrata a suoi zich di articoli biografici; e noi vollimo qui farne questo bre-
popoli. Soggiungono ancora che, dopo questo suo felicissi- ve cenno, per non lasciare ignorato il nome di un principe, il
mo e lunghissimo regno, cess di vivere nel castello di Ar- quale domin nel secolo XI una gran parte della Sardegna.
dara, e che fu sepolto nella chiesa maggiore di quellantica BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. II, p. 225; Cron. sard., presso il Gazano,
residenza dei sovrani di Torres. Ma siffatta narrazione va sog- Stor. di Sard., lib. III, cap. IV; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 153,
getta a molte difficolt. E prescindendo che il Fara, il quale 156, 195-198, 212 Barisone I, Gonnario II e Mariano I re di Torres.
esamin diligentemente gli antichi codici sardi, colloca il re-
gno di Andrea Tanca dopo quello di Pietro Gunale, senza di- Tanda Gio. Maria, distinto giurista del secolo XVII, del quale
re qual fosse il di lui padre, e che poi gli fa succedere nella abbiamo molte consultazioni legali scritte in latino ed in ispa-
sovranit il figliuolo Mariano, chegli chiama II, perch in gnuolo. Nove di queste Allegazioni, alcune delle quali hanno
tempi anteriori fa regnare un Mariano Gunale, non pu in la data del 1629 e del 1639, sono inserite nella cos detta rac-
verun modo conciliarsi la straordinaria durata del regno di colta dellAleo. Dalle medesime si ricava che egli era anche
Andrea co regni di Barisone I e di Mariano I di Torres, tra i laureato in teologia, e che nel suddetto anno 1639 occupava
quali, colla prova di documenti certi sappiamo, che frammez- in Cagliari il posto di assessore del regio patrimonio.
zossi appena lo spazio di dieci o dodici anni. Se si suppones- BIBL.: Tanda, Allegaz. sudd.; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 475.
se una societ di regno da lui avuta, prima con Barisone, e
poi con Mariano, rimarrebbe ancora a dimandare, perch di Tavera Margherita. Nacque in Sassari nel 1573 da nobili e
questa societ di regno non facciano menzione n il Fara, n virtuosi parenti, e ricevette nella sua fanciullezza uneduca-
le stesse cronache sarde, nelle quali per altro siffatta circo- zione assai diligente. Giovinetta danni diciotto and a nozze
stanza non taciuta, sempre che occorre per riguardo ad al- con Paolo Coffiedda, gentiluomo ricchissimo, il quale nel
tri regoli della stessa provincia. anche da notare, che se morire la lasci erede di tutte le sue sostanze. Trovatasi ve-
Andrea Tanca non port inoltre il nome di Torchitorio, non dova, che aggiungeva appena il quinto lustro di sua et, ri-
potrebbe forse dirsi nemmeno il padre di Mariano I (II del maritossi a D. Gavino Marongio, col quale ancora convisse
Fara) per le ragioni che altrove addurremo; e che regnando soli dodici anni, perciocch costui mor nel 1610 Marongio
gi nel 1064 Barisone I di Torres, e nellanno medesimo tro- Angelo, e la lasci senza figli. Afflitta dalla perdita dei due
vandosi gi morto il padre di Mariano I (poich questultimo compagni che si aveva successivamente scelti per vivere in
regnava in tal anno insieme collavo suo, come si raccoglie societ di vita, si diede intieramente alle opere di piet, di-
da un diploma appartenente al suddetto Barisone), non si spensando ai poverelli i larghi frutti del suo ricco patrimonio.

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Tig

Le mortificazioni e le penitenze, alle quali, dopo la seconda


sua vedovanza, avvezz le delicate membra del suo corpo, la
fecero riguardare nel secolo qual donna di straordinaria per-
fezione. Finalmente nel 1615, riedificato e dotato a proprie
spese il monistero di S. Elisabetta in Sassari, vi si rinchiuse
con altre undici compagne, e dopo avervi vissuto ventitr an-
ni nellesercizio costante delle pi rare virt, vi mor santa-
mente nel 14 settembre 1638.224
BIBL.: Ind. ms. de las cosas contenid. en los libros y archiv. de la
iudad de Saer, anno 1638; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 426,
in nota.

Teodosia Gianuario vescovo di Cagliari.

Thori Maria de Dettori.

Tigellio, cantore e musico assai distinto, il quale fior in Ro-


ma ai tempi di Cesare e di Ottaviano, e si rendette caro ad
entrambi per la sua facilit nellimprovvisare dei versi. Alcu-
ni credono chegli nascesse nellantica citt di Nora; ma que-
stopinione non ha verun fondamento. Certo chegli nac-
que in Sardegna, e che nellanno di Roma 706 segu insieme
con Famea, che fu o suo avo o suo zio, la fortuna di Cesare,
quando questultimo pass in Cagliari nel ritornare dAfrica in
Italia. Schiavo prima, e poi liberto di Ermogene, egli si distin-
se per la vivacit del suo ingegno, e pel verseggiare frequen-
te ed improvviso, per lo che venuto in grazia di molti illustri
romani, e specialmente dei due Cesari, oltre di essere gran-
demente onorato nella corte, acquist eziandio ricchezze non
ordinarie, le quali per profuse con eccessiva liberalit. Il fa-
vore di cui godeva, come gli pose attorno una turba di adu-
latori, cos ancora gli suscit contro linvidia di molti emoli,
224. Esiste ancora nel suddetto monistero di S. Elisabetta il di lei ritratto
colla seguente iscrizione: La venerable sor Isabel Margarita Tavera y
Sasso de esta iudad de Saer, fundadora y abadessa de este real mo-
Tavera Margherita. Copiato dal quadro in tela esistente nel monistero delle nasterio de la gl. M.e S. Isabel reyna de Portugal muro de edad de 65
Isabelline in Sassari. aos, dia 14 7.e del ao 1638.

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tra i quali Cicerone, che pure abbisognava del suo favore, si LEvoe Bacco. Egual tenore in nulla
distinse per lacerbit delle invettive. Le lettere famigliari di Mai non serb: spesso correa, qual daino,
questo celebre oratore ne rendono ampia testimonianza; ma Che al cacciatore involasi; spessissimo
dalle medesime si riconosce facilmente quali fossero i veri Qual se portasse di Giuno i misteri.
motivi della di lui insolente mordacit Famea. Anche Ora- Spesso un codazzo di dugento servi;
zio fu uno dei detrattori di Tigellio, sebbene le sue maldicen- Spesso di questi conservava appena
ze riguardino solamente la leggerezza del di lui carattere e la La vigesima parte: di tetrarchi,
stranezza de suoi modi e della sua vita. Per, se crediamo ad Di re, di cose tutte alte magnifiche
Acrone, il Venosino cos scrisse del sardo cantore, perch si Ostentator Che un deschetto a tre piedi
riput offeso del non molto favorevole giudizio da lui dato Non mi manchi (or dicea); di bianco sale
sopra i suoi versi. Qualunque sia il vero, egli certo che nel- Un chiocciolino; un mantellon, sia grosso;
le sue Satire Orazio ce ne lasci una dipintura tristissima a Nulla mi cal; purch ripari il freddo.
un tempo e festevolissima. Nella satira II del libro I, parlando Se di sesterzi poi mille migliaia
della di lui morte, ecco come si esprime: Davi a questuom frugal, fra cinque giorni
Zingani, ciurmador, zanni, accattoni, In borsa pi non rimaneagli lisca.
Ruffian, baratti, e simili lordure, Vegliar solea sino al mattin, le notti;
Tutti e poi tutti inconsolabilmente Tutto il d poi russava. Uom non fu mai
Di Tigellio cantor piangon la morte. S discorde a se stesso226
Oh il vero corazzone!225 (Trad. del Gargallo)
(Trad. del Gargallo) La morte di Tigellio, se si vuol stare alla prova che ne som-
E nella satira III dello stesso libro, descrivendo comei aves- ministrano le suddette due satire oraziane, accadde prima
se gi vissuto, e quale strano uomo e cantore fosse stato, dellanno 727 di Roma.
mentre vivea, ne fa il seguente ritratto: BIBL.: Cicerone, Epist. ad. divers., lib. II, epist. 14; lib. VII, epist. 24; lib.
Ecco a tutti i cantor vizio comune; XIII, epist. 49-51; Horat., Satir., lib. I, satir. II-III; La Marmora, Voyage
Pregati, non c caso che sinducano en Sard., lib. I, cap. I, p. 7; Manno, Stor. di Sard., tomo I, p. 176 ss.
A cantar tra gli amici: non pregati,
Non la finiscon mai. Tigellio il sardo 226. Omnibus hoc vitium est cantoribus, inter amicos / Ut nunquam in-
Anchei cos. Se Cesar, che l potea ducant animum cantare rogati, / Iniussi nunquam desistant. Sardus ha-
Obbligar, gliel chiedea per lamicizia bebat / Ille Tigellius hoc. Caesar, qui cogere posset, / Si peteret per amici-
tiam patris atque suam, non / Quicquam proficeret; si collibuisset, ab ovo
Del padre, e per la sua, parlava ai sordi: / Usque ad mala citaret Io Bacche! modo summa / Voce, modo hac, reso-
Se gli attagliava poi, da luova a frutti, nat quae chordis quatuor ima. / Nil aequale homini fuit illi. Saepe velut
Or su gli acuti, or delle quattro corde qui, / Currebat, fugiens hostem, persaepe velut qui, / Iunonis sacra ferret;
Su la pi bassa a motivar prendea habebat saepe ducentos, / Saepe decem servos; modo reges atque tetrar-
chas, / Omnia magna loquens; modo, sit mihi mensa tripes et / Concha
salis puri et toga quae defendere frigus, / Quamvis crassa, queat. Decies
225. Ambubaiarum collegia, pharmacopolae, Mendici, mimae, balatro- centena dedisses / Huic parco, paucis contento: quinque diebus / Nil erat
nes, hoc genus omne Moestum ac sollicitum est cantoris morte Tigelli in loculis. Noctes vigilabat ad ipsum / Mane; diem totum stertebat. Nil fuit
Quippe benignus erat (Horat., Satir., I, 2). unquam / Sic impar sibi (Horat., Satir., I, 3).

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Tiziano santo martire Crescentino santo martire. pari valore, e vintolo nel duello al cospetto degli assediati e
dellesercito castigliano, fu decorato sul campo di battaglia del
Tola Leonardo, valoroso guerriero del secolo XV, nato in cingolo equestre per mani dello stesso re D. Ferdinando il
Ozieri verso la met dello stesso secolo da Comita de Tola e cattolico. Da questo punto sono assai scarse le notizie che di
da Caterina Dessini, e morto nella medesima sua patria add lui ci rimangono: n sappiamo se continuasse a militare nel-
12 febbraio 1503. Nella sua giovent milit onoratamente sot- lesercito spagnuolo, o se tosto si riducesse in patria per go-
to i vessilli degli antichi marchesi di Oristano, e si distinse per dervi negli ozi della vita privata i premi guadagnatisi col suo
la sua fede verso i medesimi. Egli intervenne a tutte le fazioni coraggio. Certo chegli mor in Ozieri nel 12 febbraio 1503,
delle armi di Arborea contro gli oppressori aragonesi; alla bat- lasciato erede del suo nome e della sua ricca fortuna D. Anto-
taglia dUras, allespugnazione dei castelli di Monreale e di nio de Tola, terzo dei figli avuti dalle nozze con Tommea Co-
Sanluri, e allassalto dato a Cagliari nel 1470. Fatta la pace nel rona.227 Da questo stipite illustre discesero in tempi diversi
1474, fu specialmente compreso nella famosa convenzione uomini chiari per piet e per azioni generose. D. Salvatore
segnata nella citt di Urgel tra Leonardo Alagon ultimo mar- Tola, che per li suoi distinti servizi militari ottenne nel 1537 la
chese di Oristano, e Giovanni II re di Aragona. Il capitolo ter- castellania di Torres. D. Matteo Tola, che colla sua moglie
zo di detta concordia, stipulata a nome del suddetto Alagon Eleonora dellArca fu insigne benefattore della chiesa di N. S.
dal conte di Trivento, guarent agli aderenti del marchese la li- di Monserrato in Ozieri.228 D. Gio. Battista Tola, che nel 1620
bert delle persone e la pacifica possessione dei beni loro, e
tra gli aderenti nominato Leonardo de Tola. Nel 12 luglio
dellanno precedente lo stesso re di Aragona lo avea sottratto 227. Le sopraddette notizie sono ricavate dal testamento di D. Leonar-
do Tola in data del 3 febbraio 1503. Dal medesimo si rileva che il testa-
con ispeciale privilegio dalla giurisdizione di Nicol Carroz vi- tore ebbe tre figli: Giorgio che premor al padre, Angelesa che fu mari-
cer di Sardegna, e sottopostolo in vece a quella di Pietro Pu- tata a donnu Angelu Satta, e Antonio che fu lerede della fortuna e del
giades governatore di Sassari e del Logudoro. Ma le capitola- nome paterno. Si rileva inoltre che D. Leonardo possedeva molte ric-
zioni firmate e le accordate esenzioni non lo rattennero dal chezze, poich oltre i lasci generosi da lui fatti allopera nuova di S.
parteggiare per gli arboresi, allorch il Carroz, infranta ogni Maria di Ozieri, ed alle altre chiese tutte dello stesso luogo, benefic
ancora un suo nipote chiamato Nicola de Tola, e dopo tutto questo la-
legge, e servendosi della vicerega per dare sfogo alle proprie sci al proprio figlio una grandissima eredit.
vendette, provoc lAlagon ad aperta guerra. Nella medesima 228. Nellaltare maggiore di detta chiesa si legge ancora la seguente
egli fu uno dei capi che condussero nel 1478 alla famosa bat- iscrizione: Propriis bonis fecerunt fieri Mazacaus (Matteo) et Leonora
taglia di Macomer lesercito di Arborea. Vi pugn valorosa- Tola coniuges. Duxit Roma doctor Quiricus Sanna vicarius perpetuus
mente sotto gli ordini dello stesso marchese di Oristano; e Ocieren. eodem anno 1614. Figlio di Matteo fu Diego Tola dellArca,
che tolse in moglie Vittoria Tavera y Virde signora di Pozzomaggiore,
quando questultimo dovette cedere il campo ai nemici, pro- dal qual matrimonio nacque Francesco Tola che fu marito a Rosa Sam-
tesse con Nicol di Montagnans e con altri intrepidi capitani pero, e padre di Gio. Battista Tola conte di Bonorva. Il suddetto conta-
la di lui ritirata. Trovandosi allora poco sicuro in Sardegna, do gli pervenne per via di nozze con Giovanna Manca Led, la quale
dove la potenza aragonese avea oppressi per sempre gli ulti- lo fece padre di Caterina Tola Manca. Costei fu sposata a Gavino Amat
mi dinasti nazionali, andossene in Ispagna per continuare nel marchese di Villarios, cui apport in dote il feudo comitale di Bonorva,
che dallora in poi si perpetu nei primogeniti della famiglia Amat (ve-
mestiere delle armi la propria fortuna. Nel 1492 si trov pre- di il Sommario ed il Ragionamento stampati in Torino per la lite sul
sente al famoso assedio ed allespugnazione di Granata; e di- contado di Bonorva tra D. Antonio Amat Tola marchese di Villarios, e
sceso a singolar tenzone con un moro di erculee forme e di D. Gerolamo Led conte dItteri).

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fu rettore delluniversit di Pisa.229 E D. Giovanni Tola, il qua- Tola Agostino, nato in Cagliari negli ultimi anni del secolo
le, oltre i cospicui legati fatti al monistero delle cappuccine di XVI da D. Giuliano Tola cittadino assai distinto e facoltoso, e
Sassari, lasci nel 1694 grandissima quantit di beni e di da- morto circa il 1660 o in quel torno. Fu laureato in diritto civile
naro per la fondazione in Ozieri di una chiesa e di un colle- e canonico, ed abbracci nella sua giovinezza lo stato clerica-
gio gesuitico.230 Di questultimo e di parecchi altri della stessa le. In questa via pervenne per gradi alla dignit di arciprete
famiglia fa onorata menzione il Quesada Pilo nelle sue Con- del capitolo di Bosa, e quindi con bolle pontificie alla carica
troversie forensi. Di un Giordano Tola di Cagliari, vissuto di giudice apostolico di appellazioni e gravami. Ma lesercizio
molto innanzi, cio nella fine del secolo XIV e nei primi di questa delegazione gli fu contrastato per qualche anno dal
quattro lustri del XV, il quale merit dal re D. Alfonso di Ara- dottore Giovanni Cao canonico cagliaritano, il quale era stato
gona la concessione di vari feudi in Sardegna, parla anche il contemporaneamente prescelto allo stesso uffizio dal re di
Fara nel suo quarto libro De rebus sardois. E finalmente dei Spagna; e non pot per tal motivo esercitarne liberamente le
soccorsi da questa medesima famiglia prestati ai re di Spagna funzioni fino al 1640, nel qual anno, con carta reale, datata in
per comprimere la sollevazione napoletana del 1651 parla il Madrid nel 10 settembre, fu ordinato al vicer ed alla reale
Buragna in parecchi luoghi della sua Batalla peregrina (parte udienza di Sardegna che lo riconoscessero nellanzidetta sua
II, pp. 91-92, 94). qualit di giudice apostolico, e non pi glimpedissero leser-
BIBL.: Memor. del march. di Coscoj., num. 12, 35; Vico, Hist. gen. cizio di una carica s luminosa.231 Egli viaggi in Ispagna ed in
del reyno de erd., tomo I, parte I, cap. X, num. 26; Fara, De reb. Italia, e fermatosi per qualche tempo in Roma, vi consegu
sard., lib. IV, pp. 340, 366 et alib.; Mariana, Hist. de Espan., lib. lonore del protonotariato apostolico, e vi pubblic vari opu-
XXV, cap. XVIII; Argensola, Annal. de Aragon, lib. I, cap. X; Que- scoli di ecclesiastico e di profano argomento. I principali so-
sada Pilo, Controv. forens., cap. VII, p. 63; cap. XVII, p. 137; cap. no: I. La corona de los triumphos de los santos del reyno de
XXIII, p. 206; Madao, Dissert. sulle sarde antich., pp. 56-57; Fabro- Sardea, en el qual se prueba con algunas breves y succintas
ni, Hist. accad. pis., tomo II, p. 462; Ind. de las cos. memor. conte- razones, que S. Elena madre del emperador Costantino Magno
nid. en los libros y archiv. de la iudad de Saer, ms., anno 1537;
Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 415, in nota, 417, in nota. fue sarda (Roma, por Francisco Cabalo, 1653, un vol. in 4),
dedicato dallautore allill.ma y exc.ma seora marquesa Ricardi
donna Francisca Calderini y Ricardi embaxatrix de Toscana:
229. Costui fu zio di D. Gio. Battista Tola conte di Bonorva, del quale II. Thesoro escondido de la religion christiana, en el qual se
abbiamo parlato nella nota precedente. prueva con muchos y fuertes fundamentos, que el religiosissi-
230. Il suo testamento fu ricevuto in Sassari nellagosto del 1694 dal no- mo y piissimo emperador Costantino Magno fue santo (Roma,
taio Bartolommeo Biondo. Nel medesimo, dopo aver fatto i pietosi la- por Francisco Cavalli, 1656, un vol. in 4), dedicato al senato
sci gi mentovati, il testatore institu suo erede universale D. Gio. Batti-
sta Tola conte di Bonorva, suo cugino e cognato, perciocch avea in e popolo romano. Dai soli titoli pu ognun comprendere le
moglie la di lui sorella donna Anna Maria Tola. Il collegio gesuitico or- strane cose che in detti due libercoli devono essere contenute.
dinato da lui fu poi aperto veramente nel 1704, come ne lasci ricordo E veramente ve ne sono tante, che non se ne pu dire maggio-
il P. Simone Soggio nella Vida de los SS. martires turritanos (ms. lib. III, ri; n accade perci fermarci nel darne il sunto. La dedica al
cap. XIII). Questo medesimo D. Giovanni Tola in unione della sua con-
sorte e cugina donna Anna Maria Tola institu due beneficiature nella
basilica di S. Gavino di Torres. Latto dinstituzione si conserva nellar- 231. Il fatto raccontato dal Dexart (Cap. cur. regn. Sard., pp. 862,
chivio capitolare della cattedrale di Sassari, ed ha la data dell11 feb- 867), il quale riporta ancora nello stesso luogo la carta reale spedita a
braio 1703. favore di D. Agostino Tola.

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Tol Tol

senato e al popolo romano un tessuto di vanit e divisioni che and giovinetto a Roma per appararvi le ecclesiastiche di-
genealogiche; e le prove che adduce per dimostrare la patria scipline; che vi dimor lungo tempo; che coltiv felicemente
sarda di S. Elena e la santit dellimperatore Costantino, sono le muse; e che si cattiv la stima di molti distinti personaggi.
congetture remotissime e debolissime, le quali non reggono Della generosit poi ne dice mille beni; e ci era ben giusto,
alla severit della critica. Al Thesoro escondido vanno unite poich confessa di avere da lui avuto il dono di 250 ducati
due lunghe Addizioni, nella prima delle quali vuol rinforzare per sopperire alle spese delledizione de suoi Annali di Sar-
lassunto genealogico dellaccennata dedica, e nella seconda degna. E lamenta quindi appresso la sua dipartita dalla capita-
pretende provare che il papa S. Antero e suoi successori Gio- le del mondo cristiano, per soddisfare al desiderio de suoi
vanni XII e XIX, e Benedetto VI, VII, e VIII nacquero proba- parenti che lo rivolevano in patria; e riporta il prognostico
bilmente in Sardegna, o nerano almeno originari. Nei suddetti che di lui aveva fatto il marchese Nicolini, ambasciatore a Ro-
due opuscoli cita soventi alcune altre sue scritture, le quali, ma del granduca di Toscana; e per ultimo va lodando Giulia-
secondo egli stesso le va ricordando, erano intitolate: Corona no di lui padre per le largizioni fatte alla parrocchia di S. Gia-
de los triumphos de los santos de Sardea; Historia de Caller; como in Cagliari, e la di lui sorella Giovanna, specchio, comei
Nobiliario del reyno de erdena; De las grandezas de Caller; dice, delle matrone cagliaritane, lume splendentissimo di ogni
Historia de la familia de los Tolas de Sardea; El hermitano virt e lampada ardente di piet. Volentieri concediamo al Vi-
triumphante; De summis pontificibus regni Sardiniae ecc. dal tutto questo, e vogliamo credergli sinceramente; ma in
Non sappiamo per se le medesime abbiano mai veduto la quanto egli afferma della dottrina del suo amico e protettore
pubblica luce, quantunque egli sembri in qualche modo indi- e del coro castalio che gli arrise, e di tuttaltro che abbia ri-
carlo. Il Vidal nel dedicare al Tola il suo Propugnaculum guardo al di lui sapere, miscrediamo alla sua autorit, la quale
triumphale ce lo rappresenta quasi come unarca di scienza; e intieramente distrutta dai monumenti editi di questo, pio s,
per quella sua sfrenata mania dimbrattar carta collinchiostro, ma poco felice scrittore.
glindirizz una lunga epistola latina, nella quale colle lodi del BIBL.: Tola, La cor. de los triumph. de los santos de Sard., nella ded.,
suo mecenate mescol le pi strampalate cose del mondo. e pp. 1-2, 4, 11-13 et alib.; Tola, Thes. escondid de la relig. christ.,
Ma questa testimonianza del Vidal non per noi di molta fe- nella ded., e pp. 1, 5, 9-12 ss., 27 et alib.; Vidal, Propugnac.
de; siccome ancora per la poca opinione in che abbiamo le triumph., nella seconda ded.; Dexart, Cap. cur. regn. Sard., pp. 862,
due accennate operette Corona de los triumphos ecc., Thesoro 867; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 495, in nota.
escondido ecc., non possiamo nemmeno formarci unidea as-
sai vantaggiosa delle altre opere di parecchi scrittori sardi che Tolo Bernardino, missionario di santa vita, nato in Cagliari nel
vi sono con molti elogi celebrate, tra le quali citeremo quella 1589, e morto nella citt dellAssunzione, capitale del Paraguay
di D. Andrea Sanna vescovo dAles, intitolata De monumentis nellAmerica meridionale, nel 2 ottobre 1666. Abbracci nel
antiquis Sardiniae; laltra, senza titolo, di Michele Comprat, 1612 linstituto della compagnia di Ges, e dopo aver fatto nel
uomo eruditissimo, e lElogio per linvenzione della croce, medesimo gli studi filosofici e teologici con molta lode di
scritto in lingua sarda dal prete Fensa. Non cos diremo delle buon ingegno, profess i primi voti, ed insegn per tre anni le
virt e delle altre qualit del Tola, le quali, se vogliamo crede- lettere umane nel collegio maggiore della sua patria ed in
re al suddetto Vidal (che in ci almeno non avr seguito lor- quello di Alghero. Nel 1621 il P. Muzio Vitelleschi generale
dinario suo costume), furono molte ed eccellenti. Lo encomia dellordine lo destin per le missioni delle Indie. And per tal
egli per la benignit dei modi e per la piet dellanimo; dice fine a Lisbona, da dove prese imbarco per Buenos-Ayres nel

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gennaio del 1622 in compagnia di altri ventuno suoi confra- ma, cieco comera, si fece trasportare in giro da suoi confratel-
telli, tra i quali van ricordati specialmente li PP. Osorio ed li per tutta la vasta provincia del Paraguay, ed oper conver-
Espinosa, martirizzati poi per la fede, il P. Francesco Diaz Ta- sioni senza numero, ed in occasione della peste propagatasi
no, il P. Giovanni Suarez di Toledo e li PP. Francesco Xime- tra quei popoli, rendette pi operosa colla propria assistenza
nes, Andrea Valera, Pietro Alvarez e Cristofano di Acua, verso gli appestati la carit che lo avea condotto fin tra i bar-
chiari tutti per i sudori evangelici sparsi nel Nuovo-mondo. bari abitatori del Guayra e dellUruguay. Nel 1649 dovette ab-
Dopo breve navigazione arriv a quelle remote contrade che bandonare il collegio dellAssunzione, e trasferirsi allaltro de
doveano essere il teatro luminoso delle sue azioni. Col egli las Corrientes, per causa dellingiusta persecuzione mossa in
attese prima ad apprendere i vari dialetti dei popoli guarani, quel correr di tempi ai gesuiti dellAmerica meridionale; ma
e poi fu dato per compagno al P. Antonio Ruiz nelle missioni dopo nove mesi di esilio dallantica sua residenza, vi ritorn
del Parana, nelle quali attese con zelo veramente apostolico nel finire dello stesso anno, per quindi non allontanarsene
alla conversione deglinfedeli. Ma i maggiori travagli da lui pi mai. Il rimanente della sua vita spese continuamente in
sostenuti furono nelle missioni dYtapu e di Ya, e quindi opere di piet, e cos and innanzi nella via della perfezione,
in quelle dIguat, provincia appartenente al Brasile, ed abi- che il P. Simone di Oieda nelle lettere annue del 1656, messe
tata da trib selvagge, tra le quali non era ancora penetrato il poi in luce dal P. Francesco Diaz Tao, non dubit chiamarlo
lume della vera religione. Nelle medesime egli emul mira- uno degli operai pi solleciti e pi venerabili che la compa-
bilmente lardore del P. Pietro Romero, celebre missionario di gnia di Ges avesse nel Nuovo-mondo. Cos egli visse fino al
quelle contrade, il quale le illustr in appresso collo sparger- suddetto anno 1666, in cui termin santamente la sua mortale
vi generosamente il proprio sangue, e tanto and innanzi, carriera, che fu illustrata dallesercizio delle pi sublimi virt.
penetrando nei luoghi pi inaccessibili, e affrontando perico- Queste si possono leggere ampiamente e fedelmente descritte
li dogni sorta, che non vi fu quasi angolo veruno, n luogo nella vita che di lui stese in lingua spagnuola il P. Antonio
quantunque inospite di quei vasti deserti, nei quali egli non Machoni della stessa compagnia di Ges.
abbia fatto udire lapostolica sua voce. Per nel mezzo del
BIBL.: Machoni, Las siete estrellas ecc., pp. 1-64.
suo apostolato, e quando pi si affaticava per guadagnare
anime a Dio, cadde gravemente infermo, e perdette intiera- Nipote del P. Bernardino fu il P. Giuseppe Tolo, il quale illu-
mente la vista. Dolente oltremodo della cecit sopravvenuta- str il proprio nome nelle stesse missioni del Nuovo-mondo,
gli, non perch questa lo privasse intieramente dei maggiori e fu lultimo dei gesuiti sardi morti nel Paraguay. Egli era nato
piaceri della vita gi da lui consecrata alle privazioni ed alle in Posada nel 21 novembre 1643, ed avea abbracciato la rego-
penitenze pi straordinarie, ma perch glimpediva di conti- la di S. Ignazio di Loyola nel 20 maggio 1664. Imbarcatosi per
nuare lintrapreso pellegrinaggio, fu condotto al collegio del- lAmerica meridionale nel 1674, vi consum tutto il rimanente
lAssunzione. Tornati vani tutti i rimedi dellarte salutare per della sua vita nel predicare levangelio aglinfedeli, e special-
restituirgli la sanit degli occhi, egli si occup per altri cinque mente ai Chiquiti (Chiquitos), popoli che non erano stati an-
lustri nel predicare e nellevangelizzare. La sua perseveranza cora intieramente conquistati alla fede. Mor nel borgo di S.
e gli sforzi da lui fatti per accompire a questo ministerio, fu- Raffaele nel 10 maggio 1717 in et di settantaquattro anni.
rono certamente ammirabili, poich, non solamente attese Delle sue azioni apostoliche diede un breve sunto il P. Gio-
nel suddetto collegio allamministrazione del sagramento del- vanni Patrizio Fernandez nel capo XX della Relacion historial
la penitenza e ad annunziare assiduamente la divina parola; de las missiones de Chiquitos; e il P. Giuseppe di Aguirre, nello

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scrivere di lui al generale dei gesuiti, ne fece il seguente elo- BIBL.: Harduin, Acta concil., tomo IV, col. 458; Mansi, SS. Concil.
gio: Pater Iosephus Tolo natus in Sardinia, loco nobili nova et ampla collect., tomo XII, col. 993; Pirro, Sicilia sacra, tomo
fidem catholicam illustravit propagavitque inter Paranenses, I, p. 77 ss.; Fara, De reb. sard., lib. II, p. 189; Soggio, Vida de los
Uruguaienses, Ciriguanas, ac praesertim Chiquitos. Labores in SS. mart. turrit., lib. IV, cap. IX; Mattei, Sard. sacr., pp. 54, 84.
his functionibus exantlatos nec facile stylo quis describat, nec
in compendium redigat Pro defendenda religione, moribus- Torbeno regolo di Arborea, chiamato altrimenti Torbeno de
que pravis cohibendis, barbarorum furori nudatum pectus ob- Zori. Nacque da Orzocco I e da Nivata o Nibata, e succedet-
tulit Orandi studium cum opere externo ita coniunxit, ut te a suo padre nel regno verso il declinamento del secolo
alteri dumtaxat, non utrique studuisse videretur. Vitam prope XI. Oltre la cronaca citata dal Fara, che ne fa ricordo, fatta
omnem laboriosissimis occupationibus exercitam duxit di lui menzione in due antiche pergamene esistenti nel regio
Magnis patientiae et pietatis exemplis relictis, in Dei beatissi- archivio di corte di Torino, delle quali ha dato primamente
mos amplexus evolavit. contezza il Manno nella sua Storia di Sardegna. Nella prima
Torbeno permette a sua madre Nibatta di disporre a suo ta-
BIBL.: Machoni, Las siete estrellas ecc., pp. 346-380. lento delle due case di Nurage Nigellu e di Massone de Ca-
pras 232 da essa edificate; e costei aggiunge alcune condizioni,
Tommaso. Vi furono due vescovi cagliaritani di questo nome, in forza delle quali debbano le dette case rimanere perpetua-
luno vissuto nel secolo VI e laltro nel secolo VIII della Chie- mente nel dominio dei regoli di Arborea. La seconda contie-
sa. Il primo fu probabilmente predecessore del famoso Gia- ne un atto particolare di permuta intervenuto tra un Torbeno
nuario nella sede cagliaritana, e ne parla S. Gregorio Magno di Arborea e Costantino di Orrubu, sebbene in rispetto a
nelle sue Pistole Gianuario vescovo di Cagliari. Laltro no- questultima il Manno siasi rattenuto dallaffermare decisa-
minato nel secondo concilio niceno celebrato nel 787, al qua- mente che appartenga al Torbeno di cui parliamo. Questo
le sottoscrisse per lui Epifanio diacono della chiesa di Catania regolo ebbe in moglie Anna di Lacon, dalla quale gli nacque
in questo modo: Epiphanius diaconus ecclesiae catanensis, et Orzocco, che fu poi il secondo di questo nome che regn in
locum obtinens Thomae archiepiscopi Sardiniae. Dallavere Arborea, e nella di cui persona si estinse la dinastia dei Zori,
Tommaso assistito per mezzo di un suo legato al suddetto cominciata nel di lui bisavo Mariano de Zori.
concilio, taluni inferiscono chegli si era emancipato dalla sog- BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. II, p. 237; Vico, Hist. gen. del reyno
gezione al romano pontefice, poich dagli eruditi comune- de erd., parte IV, cap. XXXIV; Memor. del march. di Coscoj., alb.
mente ricevuto, che al secondo sinodo di Nicea intervennero geneal.; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 222-223, in nota.
solamente, o in persona, o per mezzo di procuratori, i vesco-
vi soggetti al patriarca costantinopolitano. Ma oltre che que- Torchitorio I. il primo regolo cagliaritano di cui si abbia
stultima supposizione non al tutto certa, come pretende certa notizia, dopo la conquista della Sardegna fatta dai pisa-
lautore della Sicilia sacra, parlando dei vescovi siciliani in- ni. Nelle antiche carte chiamato promiscuamente Torchito-
tervenuti a quel concilio medesimo, sono da vedere partico- rio e Torgodorio, come gli altri regoli tutti di questo nome.
larmente le ragioni allegate dal Mattei per combattere siffatta
opinione. Di questo vescovo non si hanno ulteriori notizie, n 232. Forse la casa di Massone de Capras fu il principio e il fondamento
si sa nemmeno per qual motivo (se le soscrizioni del suddetto del castello di Cabras cominciato per ordine di Nibatta e divenuto nei
sinodo niceno non sono viziate) egli siasi fatto rappresentare tempi posteriori il luogo di delizia e di residenza dei regoli di Arborea
in detta assemblea da un diacono della chiesa catanense. Orzocco I re di Arborea.

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Cominci a regnare nel 1058, e ritenne il governo degli stati BIBL.: Leone Ostiense, lib. III, cap. XXIII-XXIV, XXVI, presso il Mu-
cagliaritani fino al 1072. In cos lungo regno egli non fece ratori, Rer. italic. script., tomo IV; Gattola, Annal. cassin., parte I,
azioni rimarchevoli di pubblica utilit, le quali ci siano state pp. 154-155; Muratori, Antiq. Ital., tomo II, dissert. XXXII, col.
tramandate dalla storia. Solamente nel 1066 fece unampia 1053; Fara, De reb. sard., lib. II, p. 234; Gazano, Stor. di Sard., lib.
donazione di terre e di chiese ai monaci cassinesi, collobbli- III, cap. V; Mittarelli e Costadoni, Annal. camald., tomo III, lib. XXV,
p. 143; Balle, Sigillo II dei bassi tempi; Manno, Stor. di Sard., tomo II,
go di fondare nellisola un monistero di regola benedittina.233 pp. 156, 190, 217-218.
Questa sua liberalit gli frutt gli elogi di Leone Ostiense e
degli altri annalisti di Monte-Cassino, i quali magnificarono Torchitorio II re di Cagliari. Nacque da Costantino I sovrano
con belle parole la di lui piet. N meno pia di lui fu la sua dellistessa provincia e da Georgia di Lacon nel declinare del
moglie donna Vera o Veri, la quale intervenne allatto di ge- secolo XI, e fu altrimenti chiamato Mariano, il qual nome o
nerosit usato dal marito verso i monaci. Nacquero da questo tralasci, o us promiscuamente con quello di Torchitorio,
matrimonio Costantino ed Onroco. Il primo premor al padre, dappoich ascese al trono de suoi maggiori.234 Fin dal 1089,
ed il secondo gli succedette nel regno nel 1073. Il Muratori o poco innanzi, suo padre lo avea associato alle cure del
attribu a questo Torchitorio un diploma da lui pubblicato regno 235 per istruirlo nella sapienza governatrice dei popoli;
nelle Antichit dItalia colla data del 1070: ma ormai fuor ma le sue azioni regali cominciarono propriamente dal 1103,
di dubbio che tal carta appartiene allanno 1119, e quindi al- nel qual anno, per la morte del suo genitore, fu chiamato alla
laltro regolo cagliaritano Torchitorio II. successione degli stati cagliaritani, e confermato nella succes-
sione dai voti del clero, dei magnati e del popolo. Non s to-
233. Il Gattola nella Storia di Monte-Cassino (parte I, pp. 154-155) ri- sto avea assunto le redini del governo, che surse nel seno
porta per intiero la donazione fatta da Torchitorio in unione di donna stesso della sua famiglia un avversario potente per contrastar-
Veri o Vera sua moglie nellanno ottavo del suo regno, che poi nella
carta apparisce essere lanno 1066 tertio nonas Madias indictione IV. gli leredit de suoi maggiori. Turbino o Torbeno suo zio pa-
Fu scritta nel villaggio dUta dal diacono Costantino de Castra, e si ve- terno contese con lui del principato, e facendo valere la forza
de sottoscritta prima dal donatore, poi da Tirchi e Mariano suoi figli, laddove le ragioni mancavano, lo costrinse a fuggirsi dal re-
quindi da Pietro e Comita suoi fratelli, ed in ultimo da Deravo suo zio, gno, e a riparare in terra straniera. Ricovratosi in Genova, e
e da Costantino de Orrobu loco Salvatore. Le chiese donate sono sei, quindi in Pisa, antiche alleate e amiche del padre suo, do-
cio S. Vincenzo di Taberna con molti servi e terre, S. Maria di fiume mand laiuto di quelle due repubbliche per ricuperare il
tepido, S. Marta, S. Pantaleo di Olivano, S. Giorgio di Tulvi, e S. Maria
di Palma. Queste sei chiese furono poi violentemente ritenute da A.
vescovo di Solci, perlocch Rainaldo abate di Monte-Cassino ne fece 234. Ne rendono testimonianza due diplomi del 1089 appartenenti a
sue doglianze a papa Eugenio III. Il pontefice scrisse a Villano arcive- Costantino I regolo di Cagliari, i quali sono stati pubblicati dalli Marte-
scovo di Pisa, acci per le prossime calende di maggio chiamasse il ve- ne e Durand (Vetera monumenta, tomo I, col. 523-524), ed inoltre tutti
scovo di Solci alla sua presenza, e udite le ragioni delle parti, giudicas- i diplomi appartenenti allo stesso Torchitorio II, citati in questo articolo
se conforme a giustizia. Nella stessa lettera Eugenio raccomand a medesimo, ad eccezione di quello del 1112 contenente la conferma di
Villano la decisione di altre due liti, una mossa gi dal quondam Co- alcune precedenti donazioni a favore del monistero di S. Vittore di
stantino di Athen a Beato Benedetto (cio ai monaci benedittini della Marsiglia, nel quale si legge il solo nome di Mariano.
provincia turritana), e laltra provocata dallarciprete turritano nanti 235. Infatti nelle due carte del 1089 citate nella nota precedente sot-
Balduino predecessore di Villano nellarcivescovado di Pisa contro i toscritto prima di ogni altro Costantino I re di Cagliari, e quindi suo fi-
monaci di S. Maria di Thergu per le chiese di S. Pietro intra Cingla e glio Mariano (ch il nostro Torchitorio II) colle seguenti parole, Maria-
di S. Maria di Tanache (odierno Taniga), esistenti ambedue nel regno nus rex et judex, le quali indicano che fin dallora egli era stato
di Torres. associato dal padre alle cure del regno.

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regno perduto: ma i favori e le liberalit di Turbino verso i alle chiese maggiori di Genova e di Pisa238 furono il primo
pisani ed i genovesi rendettero vane per quattro anni le sue prezzo che i suoi alleati ricevettero per gli aiuti somministra-
preghiere e le sue doglianze. Finalmente nel 1107 ottenne tigli. E i pisani particolarmente, non pretermettendo locca-
gli aiuti desiderati. Nove galee armate a spese delle due re- sione di procurare alla loro repubblica tutti i vantaggi che si
pubbliche,236 e guerrieri distinti e valorosi lo accompagnaro- poteano ottenere da un re debole, il quale abbisognava del-
no allimpresa; ed egli, quasi sicuro della vittoria, veleggi la loro protezione, si fecero francare da ogni dazio negli stati
senza dimora alla volta di Sardegna. Per giunto a Solci (S. cagliaritani, obbligarono Torchitorio ad una lega offensiva e
Antioco), e piantati in quella terra gli alloggiamenti, ebbe a difensiva, e glimposero altre gravose condizioni che coone-
provare per quasi un anno i sinistri casi della guerra e della starono collapparente titolo di spontanee generosit del re-
fortuna. Turbino si era fortificato in Cagliari, e fattosi padro- golo donatore.239 Torchitorio daltra parte cerc di rassicurar-
ne della forza pubblica e degli animi della moltitudine che si nel regno, cos colla forza delle armi, come colla forza
suole inclinarsi ai pi potenti, oppose al nipote una difesa maggiore dei benefizi. A Turbino ed a suoi aderenti accord
tanto vigorosa, quanto ingiusta. Torchitorio guerreggi alla il perdono, anzi, dopo alcun tempo, ammise lo zio, gi suo
spicciolata, ma quasi sempre senza frutto, e prov in questo nemico, alla propria corte;240 e con questa politica governan-
intervallo i disagi inseparabili dei combattimenti sostenuti dosi, ottenne lamore ed il rispetto de suoi popoli. Eminen-
con danno, e delle scaramucce ripetute ed inutili. Ma nel co- temente pio, egli non ristette poi mai dal donare alle chiese
minciare del 1108 si venne infine a decisiva battaglia.237 Tur- ed ai monisteri. Nel 1112 si dimostr generoso assai verso i
bino fu completamente battuto colle sue genti, e cacciato in monaci di S. Vittore di Marsiglia, e conferm inoltre ai me-
tal guisa dallusurpato seggio, lasci a Torchitorio disgombra desimi le largizioni gi fattegli da Costantino I suo padre, e
la via per salire unaltra volta al trono degli avi suoi. Il vinci- da Benedetto vescovo di Dolia.241 Altre nuove largizioni fece
tore entr trionfante in Cagliari, e prima sua cura fu quella
di provare co fatti la sua gratitudine ai pisani ed ai genovesi, 238. Due di dette donazioni, la prima delle quali datata del 19 mag-
che lo aveano assistito a ricuperare il regno. Tre cospicue do- gio, sono a favore della chiesa di S. Lorenzo di Genova, e consistono
nazioni da lui fatte nello stesso primo anno della sua vittoria nella cessione di sei corti (casolari o borgate) che Torchitorio ricuper
insieme col regno; e la terza a favore della chiesa di S. Maria di Pisa,
alla quale, oltre quattro corti donatele, si obblig mandare annualmente
236. Le galee genovesi erano sei, e le capitanava Ottone Fornario: una libbra di oro puro. Di queste tre carte, e delle altre tutte apparte-
quelle dei pisani tre sole; ma in queste erano imbarcati molti distinti nenti a Torchitorio fece breve cenno il Simon (Giambattista) nelle sue
cittadini della repubblica, i quali sono nominatamente ricordati da Tor- schede mss., e pi diffusamente il Balle nel sigillo II dei bassi tempi, del
chitorio II nella carta di donazione da lui fatta nel 1108 alla chiesa quale ci siamo pure giovati assai nello scrivere le gesta di Torchitorio II.
maggiore di S. Maria di Pisa. In questa spedizione Ottone Fornario ri- 239. Nella donazione del 1108 fatta ai pisani, e citata nella nota prece-
cuper molti beni gi posseduti in Sardegna dal comune di Genova, il dente, oltre la franchezza da ogni dazio accordata da Torchitorio ne
quale perci gli decret, dopo la di lui morte, un anniversario da farsi suoi stati a quei cittadini, suoi amici ed ausiliatori, si legge la promessa
a spese della repubblica nel 3 maggio dogni anno. Ci si ricava dai fatta dal regolo dinviare ogni anno a Pisa una nave carica di sale a ti-
monumenti esistenti nellarchivio capitolare di Genova (Lib. degli An- tolo di dono spontaneo.
niv. Let. C. III di maggio). 240. Infatti nel diploma del 1112, menzionato nella nota seguente, si ve-
237. Che la battaglia decisiva, in cui Turbino rimase sconfitto, sia stata de sottoscritto, tra gli altri consanguinei di Torchitorio, Turbino suo zio.
combattuta nel principiare del 1108, comprovato dalla donazione fat- 241. Questa notizia si ricava dai frammenti di una carta di detto anno
ta nellistesso anno da Torchitorio II alla chiesa pisana, la qual donazio- pubblicati per la prima volta dai Martene e Durand (Vetera monum., to-
ne non al certo anteriore al giorno 19 di maggio. mo I, col. 628-629). I medesimi appariscono distesi e scritti in Cagliari

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poi egli stesso nel 1119, o in quel torno alla chiesa genovese Costantino II, il quale gli succedette nel regno. Il Fara il pi
di S. Lorenzo e alla pisana di S. Maria maggiore;242 e final- antico degli scrittori nazionali che abbia raccontato le gesta
mente, volgendo i suoi pensieri anche alle chiese sarde, fece di Torchitorio II. Egli per lo chiama Mariano Castruccio; di-
molti doni alla basilica saturniniana di Cagliari,243 e nel 1124 ce che fu spogliato del regno dai pisani, e che lo ricuper
don regalmente alla chiesa di S. Antioco martire lintiera iso- nel 1110 per opera dei genovesi. I dotti Mittarelli e Costadoni
la di Solci.244 Questultima donazione fu forse il voto che egli ne parlarono ancora negli Annali camaldolesi; ma di due
sciolse in memoria del trionfo da lui ottenuto sopra lusurpa- Torchitori I e II fecero una sola persona, e questa ancora
tore Turbino. Soli cinque anni sopravvisse a questatto della confusero collo scomunicato Torgodorio regolo di Gallura.
sua piet; e nel settembre del 1129 cess di vivere, lasciato, BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. II, pp. 195, 234; Martene, Vetera mo-
tra gli altri figli avuti dal matrimonio con Preziosa di Lacon, num., tomo I, col. 523-524, 628-629; Muratori, Antiq. Ital., tomo II,
dissert. XXXII, col. 1053; Mittarelli e Costadoni, Annal. camald., tomo
da Benedetto di Dolia, monaco, nel 1112, Indict. V sexto nonas madii.
III, lib. XXV, p. 147; Zurita, Annal. de Arag., p. 301; Giustiniani, An-
Il donatore (Torchitorio II) nomina Comita, Gonnario, Torbino e Pietro nali di Genova, fol. 34; Gazano, Stor. di Sard., tomo I, lib. III, cap. V,
suoi zii, avunculi mei, e Itocorre e Zerkis suoi fratelli germani. Il diplo- pp. 88, 389; Cambiagi, Stor. di Sard., lib. III, p. 124; Balle, Sigillo II
ma sottoscritto dallarcivescovo cagliaritano, che non nominato, e dei bassi tempi; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 201-202, 214-219.
da Pandolfo, Guido e Gualfredo come testi. Presenti alla donazione si Posteriore di un secolo al precedente fu Torchitorio III, il qua-
dicono, Pietro priore del monistero (forse di S. Saturnino), Pietro sagre- le regn in Cagliari dal 1215 al 1225. Di questo regolo non si
stano, ed un altro Pietro, Guglielmo, Arnaldo, Uberto, ed Andrea (forse
tutti monaci, Arnaldino monaco del suddetto monistero e vescovo della
hanno fatti dimportanza che ne abbiano illustrato la vita; e
chiesa sulcitana, e Giovanni vescovo di Barbagia, Barbaricae ecclesiae. nemmeno la sua persona abbastanza conosciuta. Il Fara,
242. Latto di donazione a favore della chiesa pisana una spiegazione che fu il primo a parlarne, lo chiama Torchitorio Ranuccio,
delle terre e dei servi compresi nelle quattro corti gi donate da Torgo- fondandosi nei monumenti che esistevano al suo tempo nel-
dorio nel 1108 alla stessa chiesa. Non ha data: ma se questa non si la chiesa cagliaritana. Ma il Manno opina pi ragionevol-
vorr di certo fissare nel 1119, al qual anno probabilmente appartiene, mente, che lo stesso Torchitorio non fosse persona diversa
sicuramente posteriore al suddetto anno 1108. Il Muratori, supponen-
do che la carta appartenesse al Torchitorio regnante in Cagliari nel
da Parasone marito di Benedetta di Massa, il quale abbia
1066, assegn alla medesima la data del 1070; ma lerrore manifesto, usato col proprio anche questaltro nome gi portato da
poich quel Torchitorio, cui lattribu il Muratori, fu marito a donna Ve- molti giudici suoi antecessori, specialmente negli atti pubbli-
ri o Vera e padre di Costantino e di Onrocco, e il donatore della carta ci, nei quali segnava come sovrano della provincia. La qual
in questione fu Torchitorio, marito di Preziosa di Lacon e padre di Co- conghiettura acquista maggior valore, se si considera il tem-
stantino II regolo di Cagliari. Laltro atto segnato specificamente sotto po in cui Torchitorio III dicesi aver regnato, che appunto il
il 1119, e contiene la donazione della chiesa di S. Giovanni di Assemi-
ne fatta da Torgodorio a favore dellaltra di S. Lorenzo di Genova. Que-
tempo del regno di Parasone e di Benedetta.
sta donazione fu poi confermata nello stesso anno da Guglielmo arci- BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. II, p. 235; Manno, Stor. di Sard., tomo
vescovo di Cagliari Guglielmo vescovo cagliaritano. II, p. 307, in nota.
243. I diplomi di queste donazioni esistevano una volta, e forse esiste-
ranno anche al presente, nellarchivio arcivescovile di Cagliari. Nei me- Torchitorio re di Torres Gunale Torchitorio.
desimi il donatore appellato Torgodorio de Unali, ed il Manno con-
ghiettura con buone ragioni che sia lo stesso Torchitorio II, di cui
parliamo (vedi Manno, Stor. di Sard., tomo II, p. 218, in nota). Torchitorio re di Gallura. Visse tra il finire dellXI e linco-
244. Latto di questa donazione stato pubblicato dal Gazano nella minciamento del XII secolo, ed appartenne allillustre famiglia
Storia di Sardegna, lib. III, cap. V. dei Zori. Le poche notizie che di lui abbiamo ci sono state

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conservate nella lettera scritta da Giovanni monaco sardo, a Tosorato degli Uberti Chiano regolo di Arborea.
Riccardo cardinale ed abate del monistero di S. Vittore in
Marsiglia, la quale fu pubblicata per la prima volta dal Marte- Trano santo. Fior tra il finire del IV e il cominciare del V
ne Giovanni monaco sardo. In questo monumento Torchi- secolo della Chiesa, e visse pi anni insieme con S. Nicol
torio rappresentato come uomo di feroci costumi e tiranno asprissima vita di penitenza nelle foreste della Gallura. Di
de suoi sudditi. Infetto inoltre di eresia, fu chiamato al conci- questi due anacoreti scrisse in compendio le gloriose gesta
lio provinciale riunito in Torres verso il 1092, o in quel torno, Ludovico vescovo di Civita in una lettera indiritta ai metro-
da Daiberto arcivescovo pisano e legato pontificio; ma aven- politi di Torres, di Cagliari e di Arborea in occasione della
do ricusato dintervenirvi, i padri conciliari lo scomunicarono, discoperta dei beati corpi loro fatta nel 1227. Il luogo in cui
e sottoposero allanatema tutto il suo regno. Egli si vendic furono trovati questi sacri depositi ritiene ancor oggi il nome
di questatto, vessando con barbari modi e con minacce i di Luogo-santo, e la piet dei fedeli vi eresse fin dagli antichi
monaci che allora si trovavano ne suoi stati; e uno di questi tempi una chiesetta in onore dei due santi solitari, alla quale
fu il monaco Giovanni, il quale colla sua epistola latina indi- furono concedute varie indulgenze da Giovanni cardinale di
ritta a Riccardo ci trasmise queste poche memorie. Qual fosse Avignone e legato pontificio. La lettera del vescovo Ludovi-
leresia e quali i delitti, dei quali era reo Torchitorio, non ap- co stata pubblicata dal P. Salvatore Vitale nella parte II de
pare dal suddetto documento. Per il Martene conghiettura suoi Annali di Sardegna; e prima e dopo di lui parlarono di
chegli seguisse le parti dellimperatore Arrigo IV nello scisma questi due beati abitatori delleremo, il Fara, lArca, il Serpi,
cagionato dallantipapa Guiberto, ovvero che volesse ritenere il Pinto ed il Mattei. I galluresi mantengono viva anche al
per forza le investiture delle chiese che i papi Gregorio e Ur- presente pe SS. Nicol e Trano una particolare venerazione.
bano II si sforzavano togliere ai principi secolari, o finalmen- BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. I, pp. 147-148; lib. II, p. 215; Vitale,
te chegli fosse simoniaco, come lo erano in quei tempi quasi Annal. Sardin., parte II; Serpi, Cron. de los sanct. de Sard., lib. IV,
generalmente tutti i piccoli dinasti. Qualunque sia il vero, pp. 187-188; Arca, De sanctis Sard., lib. III, p. 70; Pinto, De Christ.
egli certo che Torchitorio non dovette essere buon princi- crucif., tomo I, p. 438; Mattei, Sard. sacr., p. 187; Manno, Stor. di
pe, se vuolsi prestar fede a quanto di lui ci lasci scritto il Sard., tomo II, p. 60, in nota.
monaco di Gallura. Egli ebbe in moglie Padulesa Gunale. Co-
stei sopravvisse al marito, e nel 1112 don una corte (casola- Turbino re di Cagliari. Nacque da Arzone e da Vera regoli
re o borgata) alla chiesa di S. Maria di Pisa. Orzoccorre Gu- cagliaritani, e dopo la morte di suo fratello primogenito Co-
nale, che fu o suo fratello, o suo congiunto, la escluse dalla stantino I, accaduta circa il 1103, usurp il regno a suo ni-
successione agli stati galluresi, o pi probabilmente dalla tu- pote Torchitorio II. I pisani, che lo aveano favorito nellu-
tela di Saltaro, che sembra essere stato il vero erede o anche surpazione, ottennero da lui molti privilegi, e tra gli altri, la
figlio di Torchitorio Gunale Orzoccorre. Ma dopo la morte franchezza da ogni dazio ne suoi stati; e conchiusero inoltre
di Saltaro senza discendenza, cessarono le contese tra i due col medesimo una lega difensiva, in virt della quale si ob-
Gunale, e Orozoccorre regn pacificamente in Gallura. La bligarono di proteggerlo e di prestargli gli aiuti loro contro
morte di Torchitorio de Zori anteriore al 1112. qualunque assalto nemico.245 Egli, per rendersi pi benevoli i
BIBL.: Martene, Vetera monum., tomo I, pref., p. 19, e col. 522; suoi alleati, don ancora alla chiesa maggiore di Pisa; e cos
Mattei, Sard. sacr., cap. II, IV, pp. 36-37; Mittarelli e Costadoni,
Annal. camald., tomo III, lib. XXV, p. 147; Manno, Stor. di Sard., 245. Da questa donazione fatta al popolo pisano, e nella quale pur
tomo II, pp. 203-204. compresa in franchezza del dazio del sale, pende il sigillo chera proprio

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in questo, come nellatto precedente, fece apporre la condi- legge in due carte di Gonnario II di Torres, appartenenti alla
zione espressa della fedelt che la repubblica gli serberebbe prima met del secolo XII, e pubblicate dal Gattola.
inviolabile in ogni evento.246 Ma lamicizia da lui comprata BIBL.: Muratori, Antiq. Ital., tomo II, dissert. XXXII, col. 1055; Lau-
colloro e colle liberalit fu di assai corta durata. Pisa ebbe oc- rent. Veron., Cron. pis., lib. I, p. 114, presso il Muratori, Rer. italic.
casione di vendere a miglior prezzo la sua protezione a Tor- script., tomo VI, col. 3; Martene, Vetera monum., tomo I, col. 523-
chitorio II, e unite le forze proprie a quelle dei genovesi, as- 524, 628-629; Mittarelli e Costadoni, Annal. camald., tomo III, lib.
salt nel 1108 lusurpatore, lo cacci dal trono, e vi ripose il XXV, p. 148; Gattola, Hist. cassin., tomo I, pp. 424, 427; Fara, De
legittimo erede e successore di Costantino. Perdente e fuggiti- reb. sard., lib. II, pp. 195, 234, 237; Vico, Hist. gen. del reyno de
erd., parte IV, cap. XXXIV, fol. 85; Balle, Sigillo II dei bassi tempi;
vo, Turbino trov la salvezza nella sola generosit di suo ni- Manno, Stor. di Sard., tomo II, p. 201 ss.
pote, il quale gli accord il perdono, e nel 1112 lo riammise
alla sua corte. Due anni dopo and co pisani a guerreggiare
nelle isole Baleari; e Lorenzo da Varna, che racconta il fatto,
lo loda assai per la nobilt dei sentimenti, mentre celebra Sal-
taro di Costantino di Torres per leccellenza sua nel balestrare:
Istic Dubitinus pisanis associatur,
Qui quondam regnum censebat calaritanum,
Et Costantino Saltarus iudice natus.
Praevalet hic iaculo, praeclaris sensibus ille ecc.
Dopo il suo ritorno da questa spedizione continu egli a go-
dere della grazia di Torchitorio, e si trova che nel 1124 inter-
venne ad un atto di regia liberalit usato da questultimo
verso la chiesa titolare di Solci. Egli vivea ancora nel 1129,
giacch si vede nominato come presente in un diploma di
questanno appartenente a Costantino II re di Cagliari. Non
bisogna confonderlo con Turbino o Torbeno che regn in
Arborea tra il 1073 e il 1090 Torbeno regolo di Arborea; n
con Turbino fratello di Pietro, regolo cos pure di Arborea,
del quale si trova notizia in un diploma del 1195; n final-
mente con Turbino o Dorbeni di Lacon, il di cui nome si

di Torchitorio, e che Turbino us nei primi momenti dellusurpazione.


Nel medesimo sono due leggende greche, una delle quali dice Domine
Jesu, succurre servo tuo, e laltra Torgotorio Archonti in parte Caralis. Ed
questo il sigillo che sotto il titolo di sigillo secondo dei bassi tempi fu dot-
tamente illustrato dal cav. D. Ludovico Balle con un opuscolo assai eru-
dito (Torino, stamperia Benf e Ceresola, 1800, un fascic. in 4).
246. Di questaltra donazione fatto ricordo nel suddetto sigillo secon-
do dei bassi tempi.

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Ugo

U maltrattarono lo stesso Ugone,248 il quale perci fulmin con-


tro di essi lanatema. Finalmente per negli ultimi anni del
secolo XI i monaci di S. Vittore di Marsiglia ottennero il con-
trastato possesso del monistero di S. Saturnino; e nel 1 aprile
Ubaldo re di Torres e di Gallura Adelasia e Lamberto. 1119 ne ottennero ancora la conferma da Guglielmo gi suc-
ceduto ad Ugone nel vescovado di Cagliari.
Ugolino re di Gallura Nino. BIBL.: Martene e Durand, Vetera monum., tomo I, col. 528, 582, e nel-
le Addiz. agli ann. beneditt., tomo VI, p. 617; Muratori, Antiq. Ital.,
Ugone vescovo cagliaritano, vissuto nel finire dellXI e nei tomo II, dissert. XXXII, col. 1050-1061; Mattei, Sard. sacr., pp. 86-87;
primi anni del XII secolo. Gli annali benedittini ci conserva- Manno, Stor. di Sard., tomo II, p. 202, in nota Arzone e Costantino
rono la memoria delle sue liberalit, dirette tutte, comera co- I regoli di Cagliari e Guglielmo vescovo cagliaritano.
stume di quei tempi, a beneficare i monaci stranieri. Il primo Nella prima met del secolo XII fior un altro vescovo Ugo-
atto che di lui conosciamo appartiene al 22 aprile del 1090, e ne, il quale reggeva la sede di Ottana, ed chiamato negli
contiene la confermazione delle dieci chiese gi donate ai antichi monumenti vescovo di Ortilli dal luogo della sua re-
benedittini da Arzone e da Costantino I regoli di Cagliari, e sidenza.249 Egli fu generoso benefattore dei monaci camaldo-
dippi ancora la remissione della met delle decime spettanti lesi, e nel 1139 (indict. II) don alleremo di S. Salvatore la
alla chiesa cagliaritana.247 Tra le chiese confermate a favore chiesa di S. Pietro situata in Olim, luogo di Sardegna, con
di detti monaci vi era pur quella di S. Saturnino col moniste- tutte le sue pertinenze, salvi rimanendo i diritti della chiesa
ro e colle terre annesse, il qual monistero era stato recente- matrice. Questo diploma, che fu pubblicato primamente dal
mente fondato ed arricchito di molti beni dal re Costantino. Mittarelli, sottoscritto, oltre il donatore, da Pietro arcivesco-
Malgrado per lassentimento e la conferma di Ugone, non vo turritano (Pietro di Canneto), da Gualfredo vescovo di
poterono cos presto i monaci marsigliesi di S. Vittore abitar- Ploaghe, da Giovanni vescovo di Sorra, e da Mariano vescovo
lo quietamente, poich il rettore dellospedale di Pisa preten- di Ardara. La donazione fu inoltre approvata e sottoscritta da
deva avervi diritto; e i pisani, nulla curando le minacce di pa- Baldovino arcivescovo di Pisa e legato pontificio, e da Azone
pa Urbano II, impedirono colla forza che ne prendessero arcivescovo di Tiro. I dotti annalisti camaldolesi ragionano
possessione. Andarono anzi cos oltre nellopposizione, che
248. Infatti gli annalisti benedittini riferiscono tra le altre cose, che men-
247. In questa donazione sono ripetuti con qualche diversit i nomi tre Ugone sincamminava verso la chiesa e monistero di S. Saturnino,
delle stesse chiese gi donate da Costantino I. Cos quella che nel di- per darne la possessione ai monaci di S. Vittore, in conformit dei co-
ploma di Costantino chiamata di S. Ambrogio de Isa, qui detta de mandamenti di papa Urbano II, i pisani glielo impedirono cum gladiis,
Itta, quella di S. Maria di Arco nominata di Sabbollo, laltra di S. Eviso fustibus et lapidibus (Martene e Durand, Vetera monum., tomo I, col.
di Mira detta invece di S. Ensi di Nora, e laltra di S. Vincenzo di Sig- 582). La eccellente e civile maniera di farsi ragione!!!
berne appellata di Sigueret ecc. Ma tale diversit proceduta forse 249. Il Mattei opina con buon fondamento che i vescovi di Ottana rise-
dagli stessi dotti annalisti benedittini, i quali, non essendo pratici della dessero anticamente nella villa di Ortilli (odierno Orotelli), e che per-
lingua e delle nomenclature sarde, non furono in grado di copiare esat- ci sintitolassero soventi vescovi Ortillenses. Una prova ne somministra
tamente il testo di quelle antiche carte. Alla donazione di Ugone, oltre la donazione di Ugone mentovata in questo articolo, nella quale il do-
il donatore, sottoscrissero Costantino I re di Cagliari e Vera sua madre, natore sintroduce a parlare in questo modo: Ego Ugo licet indignus Ec-
e i vescovi Vigilio e Raimondo. clesiae S. Joannis Episcopus sitae in loco, qui dicitur Ortilli ecc.

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lungamente della difficolt che nasce dalla sottoscrizione di onorato. Le sue preghiere alla repubblica, ed i segreti colloqui
questo arcivescovo di Tiro, il di cui nome non si legge nella poi avuti da lui cogli emissari pisani, tornarono inutili; ed egli
serie dei vescovi tirensi messa in luce dallerudito Lequien stesso fu quindi condotto per due volte con Barisone sulle ga-
nel suo Oriente cristiano. Ma unaltra non minore difficolt, lee genovesi fino ai lidi sardi, e vag per i porti principali del-
alla quale non hanno essi posto mente, nasce ancora dallin- lisola, aspettando senza frutto le dimostrazioni dei nuovi sud-
tervento di quel Mariano vescovo di Ardara, il quale ci pre- diti a favore di Barisone. Conchiusa finalmente la pace tra
senta una nuova sede vescovile, di cui non esiste traccia ve- questultimo e gli altri dinasti sardi, e stabiliti inoltre co geno-
runa negli antichi monumenti della chiesa sarda. Non vesi i patti della liberazione, egli torn nel 1171 col nuovo re
potendo negarsi lautenticit del diploma, poich gli altri ve- di Sardegna alla sua sede di Arborea. Quanto vivesse ancora
scovi nel medesimo nominati reggevano veramente nel nel reggimento spirituale della sua chiesa, non si pu di certo
1139 le sedi che sono ad essi assegnate, come si ricava da affermare. Sembra per probabile che nel 1182 fosse gi mor-
altri documenti del medio evo, resta a conghietturare che i to, giacch nella donazione fatta in questanno medesimo da
nomi dei vescovadi di Tiro e di Ardara si debbano attribuire Barisone al monastero di S. Nicol di Gurgo, sottoscrissero i
a menda dei copisti, e che per ardarensis debba forse leg- vescovi di Ales e di Terralba, non per Ugone, il quale, a pre-
gersi arborensis, nel qual caso avressimo un altro vescovo da ferenza di ogni altro, avrebbe dovuto intervenire a solennizza-
aggiungere alla serie dei prelati di Arborea. Dopo laccennata re quellatto di regia liberalit.
donazione, non si ha di Ugone altra contezza veruna. BIBL.: Documenti citati nellart. di Barisone re di Sardegna; Manno,
BIBL.: Mittarelli e Costadoni, Annal. camald., tomo III, lib. XXVIII, Stor. di Sard., tomo II, p. 240 ss.
pp. 267-268, e nellappendice a detto tomo III, col. 378-379; Mattei,
Sard. sacr., pp. 220-221. Ugone II regolo di Arborea. Nacque nel 1177 da Ugone I vi-
sconte di Basso, e dopo la morte di suo padre accaduta circa
Ugone vescovo di Santa Giusta. Visse nella seconda met del il 1190, od in quel torno,250 pretese alla successione degli stati
secolo XII, ed ebbe molta parte negli affari pubblici del suo
tempo, ed in quelli specialmente che appartengono al famoso
Barisone re di Sardegna. Questo potente dinasta lo invi nel 250. La persona di Ugone I non abbastanza conosciuta nella storia sarda
del medio evo, e signora eziandio donde procedessero i suoi diritti alla
1164 suo ambasciatore alla repubblica di Genova, e quindi a successione del giudicato di Arborea, e come e quando li trasmettesse a
Federico imperatore di Germania per ottenergli il diadema Ugone II. Il Fara ignor lesistenza di due Ugoni nel secolo XII, e ci diede
sardo. Egli condusse questo maneggio politico con molta abi- contezza del solo Ugone I (per noi il II), che fa regnare in Arborea con
lit e con pari sollecitudine. Ingraziatosi ai genovesi, ottenne Pietro I suo padre, dicendolo poi morto nel 1234. Dopo di lui il Vico, ta-
che due distinti cittadini della repubblica lo accompagnassero cendo la societ di regno tra Ugone I e Pietro I, conobbe lesistenza di
due Ugoni, del quale il primo fosse padre al secondo, e scrive dentrambi
fino a Pavia, dove giunto a presenza del Barbarossa, peror che regnarono successivamente nello stesso giudicato. Il Mameli nel suo
cos bene la causa del suo signore, che consegu a di lui favo- comento alle costituzioni, ossia Carta de Logu di Eleonora, ammette bens
re ed a prezzo doro lambita sovranit. Questa per fu di cor- li due Ugoni I e II, ma nulla dice della societ di regno, duno di essi o di
ta durata, e non fu poi Ugone cos felice nelle sue trattative, ambidue col regolo Pietro I. E lautore anonimo del Memoriale del mar-
chese di Coscojuela ammette parimenti entrambi gli Ugoni, ma fa regnare
che riuscir potesse ad ottenere la libert al suo sovrano, quan- il solo Ugone II dopo Pietro II di lui padre. La diversit delle narrazioni
do costui, gravato di egregio debito verso il comune di Geno- anche maggiore riguardo alle persone e discendenza loro. Imperocch il
va, fu per lungo tempo ritenuto in custodia a titolo di carcere Fara scrive come si gi veduto, che Ugone I fu figliuolo di Pietro I; il

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paterni che gli era contrastata da Pietro I, figliuolo del famoso elesse per curatore Raimondo di Turingia, il quale sostenne le
Barisone re di Sardegna. Impotente a difendere da s solo i sue ragioni. Guglielmo pronunzi il suo lodo nel 20 febbraio
propri diritti, ricorse alla protezione straniera, ed indusse il 1191, in virt del quale, stabilita societ di regno tra Pietro I e
suo avversario a compromettere nel giudizio di Guglielmo Ugone II, colla clausola della successione di questultimo e
Burono, uno dei consoli della repubblica di Genova. Siccome della sua discendenza negli stati di Arborea, laddove Pietro mo-
per non aveva aggiunto ancora gli anni della maggiorit, si risse senza prole, e divisa in due parti uguali tra i due regoli

Vico e il Mameli, che il secondo fu figlio del primo Ugone, e costui nipo- comune di Genova; e che Guglielmo trasferitosi per tal fine a Oristano, e
te di Pietro I; e lautore del citato memoriale, che Ugone I fu fratello di confermato a Ugone il curatore, pronunzi nella chiesa maggiore di S.
Pietro I e padre di Pietro II, e costui ancora padre del secondo Ugone. N Maria, e nella basilica di S. Michele chiamata Paradiso, il suo lodo (questa
meglio concordano gli accennati scrittori sulla successione dei due Ugoni la carta del 20 febbraio 1191), del quale riportiamo in questo stesso arti-
nel regno di Arborea, perch il Fara che conobbe un solo Ugone, lo fa colo le parti principali. Dallaltra carta poi del 28 agosto 1197 apparisce
regnare insieme con Pietro I; il Vico e il Mameli fanno regnare, lun dopo che Ugone II, gi socio di Pietro I nel regno di Arborea, avea sofferto la
laltro, Pietro I, e li due Ugoni I e II; e lautore del ridetto memoriale, do- violenta occupazione de suoi stati, e che convenutosi perci colla repub-
po il regno di Pietro I, nota quello di Pietro II, e dopo questo laltro di blica di Genova, e col podest Alberto di Mandello, promise a quel co-
Ugone II. Sul titolo poi di visconte di Basso portato da Ugone I, e quindi mune varie guarentigie, privilegi e pagamenti, purch lo aiutasse a ricu-
dai di lui successori nel giudicato di Arborea, li due primari storici sardi lo perare il regno perduto. Colla scorta di tali documenti il Manno fiss con
fanno derivare dalla viscontessa di Basso in Catalogna, alla quale dicono certezza che Ugone II era figliuolo di Ugone I, e che regn in Arborea in
che il conte di Barcellona diede in marito il suddetto Ugone I, che rapito unione di Pietro I; e quindi opin ancora che la stessa societ di regno sia
nei lidi di Oristano dai catalani, mentre era ancor giovinetto, fu condotto stata tra Ugone I e il suddetto Pietro, e che Costantino II e Pietro II fosse-
alla corte di Aragona, e dal re D. Pietro benignamente accolto, coonestan- ro probabilmente figliuoli del secondo Ugone. Ma in quanto alla persona
do la narrazione loro collautorit degli scrittori spagnuoli genericamente, di Ugone I, non ricavandosi dalle suddette carte qual egli si fosse, e mol-
senza indicazione veruna dei nomi o delle opere loro. Ma il pi volte ci- to meno donde derivassero i suoi diritti sul giudicato di Arborea, lo stesso
tato autore del Memoriale del marchese di Coscojuela, mentre suppone istorico si limit a conghietturare che il nome di Poncet registrato nella
che Ugone I avesse in moglie Preziosa di Lacano, dice apertamente che carta del 1191 fosse lantico cognome della sua famiglia, e nieg con giu-
da costei deriv il titolo di visconti di Basso usato dai regoli arboresi (vedi sto fondamento chegli fosse figlio di Pietro I, come avea supposto il Fara.
Fara, De reb. sard., lib. II, pp. 239-240; Vico, Hist. gen. del reyno de erd., Nellavanzarci adesso ad esporre la nostra opinione sullo stesso soggetto,
parte IV, cap. XXIV, fol. 56; cap. XXXIV, fol. 86; Memor. del march. di Co- mentre profitteremo degli allegati documenti pubblicati dal Manno, tente-
scoj., alb. geneal.; Mameli, Costituz. di Eleonora di Arborea, pp. 162-163, remo di aprire unaltra via per indovinare alcuna cosa sulla persona e sul-
167). In mezzo a tanta contrariet di opinioni, derivante dalla mancanza le azioni di Ugone I, protestandoci per altro che non intendiamo dare ai
di documenti che rischiarassero questo periodo tenebroso della sarda nostri argomenti forza maggiore di quella che possono meritare come
istoria, il Manno apport molta luce, pubblicando per il primo due carte semplici congetture. Noi dunque pensiamo che Ugone I visconte di Basso
latine del 20 febbraio 1191, e del 28 agosto 1197 estratte dallarchivio du- sia quellistesso Ugone visconte, figlio di Gherardo, il quale nel 1157 (stil.
cale di Genova (Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 286-299). Dalle mede- pis. corrisp. al 1156) insieme con Pellario di Gualando venne da Catalo-
sime si ricava che Ugone II visconte di Basso era figliuolo di Ugone I, vi- gna in Oristano per presentare a Barisone re di Arborea lanello nuziale a
sconte parimenti di Basso, e appellato per lo innanzi Poncetto o Ponzetto nome di Agalbursa, e che trovossi presente e sottoscrisse ancora alla do-
(qui olim Poncet nominabatur), chesistevano tra Ugone II e Pietro I que- nazione delle ville di Bidon, S. Teodoro ed Oiratili fatta dal suddetto Ba-
stioni di successione al regno di Arborea; che Ugone, essendo minore di risone alla sua futura sposa (vedi Memor. del march. di Coscoj., num. 39).
et (avea nel 1191 soli quattordici anni, giacch nella carta posteriore del Anzi, seguendo la stessa congettura, siamo quasi tentati a credere che il
1197 professus est habere annos viginti, e quindi era nato nel 1177), si Raimondo de Turri, il quale firm come uno de testi laccennata donazio-
elesse curatore Raimondo di Turingia per sostenere in giudizio le sue ra- ne, sia quellistesso Raimondo di Turingia che Ugone II in tempo assai
gioni; che quindi appresso Ugone e Pietro si ridussero a compromettere posteriore, cio nel 1191, si elesse per suo curatore nelle contenzioni avu-
nellarbitramento di Guglielmo Burono giudice ordinario e console del te con Pietro I per la successione al regno di Arborea. Il nome di Ugone,

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contendenti la met dei redditi della provincia, laltra met in- luogo, essere comuni ad ambidue i frutti di tali giudizi se uno
tera fu riservata a favore dei genovesi per gli antichi crediti lo- di essi fosse assente; e perch le condizioni dellarbitrato ri-
ro sopra quel giudicato. Stabil inoltre Guglielmo i diritti dei manessero inviolate, ritenne in sua potest le rocche tutte de-
due regoli nellesercizio della suprema giurisdizione; dichiar gli stati arboresi, guarentigia delloro sardo riserbato primaria-
comune ad entrambi lautorit di conoscere di tutte le ragioni mente alla genovese repubblica dal consolo arbitratore. Dopo
o misfatti dei loro sudditi se uniti si trovassero nello stesso questo giudizio, Pietro e Ugone esercitarono congiuntamente

e la qualificazione di visconte rendono assai probabile che lUgone della diminutivo di Poncet o Ponzet. N dalla carta del 1191 apparisce ragione
carta del 1157 sia lUgone I visconte di Basso di cui parlano gli scrittori di preferenza, per cui il nome di Poncet portato prima da Ugone, debba
sardi, e del quale fatta menzione nel lodo del 20 febbraio 1191, oltre la considerarsi distintivo, anzi di casato che di persona; poich le parole
congruenza dei tempi che si affanno benissimo alla stessa persona, poi- Ugo filius quondam Ugonis de Bas, qui olim Poncet nominabatur, posso-
ch appunto lUgone visconte nel 1157, fatto un computo ragionevole no intendersi nellun senso e nellaltro. Sullorigine poi dei diritti pertinenti
della sua et, dovea essere gi morto nel 1191, come di fatto in tal anno a cotesto Ugone I visconte di Basso nel regno di Arborea, e da lui tra-
non esisteva pi Ugone I visconte di Basso, secondo lautorit dellaccen- smessi a suo figlio Ugone II, non quasi possibile formar conghiettura, se
nato lodo, nel quale Ugone II chiamato filius quondam Ugonis (Ugone gi non volesse dirsi che tali titoli erano stati da lui acquistati, merc di
I) de Bas. Inoltre la viscontea di Basso era un antico feudo di Catalogna, nozze contratte con alcuna delle principesse di Arborea, dopo la sua mis-
come affermano il Fara ed il Vico: e da Catalogna veniva appunto ad sione del 1157. Per, siccome di tal matrimonio o di altra causa, dalla
Oristano il visconte Ugone menzionato nella suddetta carta del 1157. E quale li suddetti titoli derivassero, non ci rimasto, o almeno non stato
sebbene potrebbe questo Ugone, visconte e paraninfo di Agalbursa, es- scoperto finora documento veruno, cercheremo perci di trarne il motivo
sere quellUgone medesimo rapito nei lidi di Oristano dai catalani, con- dalla stessa carta del 1157 riportata nel Memoriale del marchese di Co-
dotto a Barcellona, e quindi sposato alla viscontessa di Basso, secondo la scojuela (num. 39), comunque da molti le nuove congetture che andremo
narrazione degli storici sardi, stimiamo tuttavia di non tener conto di tale formando possano essere tenute in conto di pure divinazioni. In detta
romanzesco rapimento che non constatato da documenti di sorta, e in- carta pertanto si ritrova: I. la penale di mille libbre doro da pagarsi da
cliniamo piuttosto a credere che Ugone fosse stretto congiunto di Agal- Barisone o suoi eredi ad Agalbursa o agli eredi della medesima, laddove i
bursa. Infatti, oltre la qualit di legato e procuratore di Raimondo, conte primi molestassero i secondi, o non li difendessero contro qualunque
di Barcellona e zio materno di Agalbursa, comune ad altri sei gentiluomi- osasse molestarli nella pacifica possessione delle tre corti donate; quam
ni venuti con Ugone ad Oristano per stabilire le condizioni del matrimo- nostram donationem et traditionem si ego qui supra Parason judex Arbo-
nio tra la detta Agalbursa e Barisone re di Arborea, avea egli insieme con reae, vel meus haeres tibi dominae Agalbursae uxori meae, vel tuis haere-
Pellario lonorifico incarico di presentare a Barisone lanello nuziale a no- dibus, vel cui dederis, vel cui habere decreveris, molestaverimus, seu inten-
me della fidanzata; ed manifesto per le storie di quei tempi che alluffi- tionaverimus, et ab omni homine diminuere, vel tollere, vel evincere vobis
zio di presentare allo sposo il simbolo delle future nozze si eleggevano volenti, et per placitum vos fatiganti nomine praefatarum trium Curtium,
per lordinario li pi stretti congiunti della sposa, e quelli specialmente non defensaverimus, et in judicio vobis denunciantibus auctores non fue-
che pi illustravano la di lei famiglia. Questultima circostanza concorreva rimus, nec juste defendere poterimus; spondeo qui supra Parason judex
in Ugone gi distinto col titolo di visconte, e quindi per questa ragione, e Arboreae, me meosque haeredes componere tibi dominae Agalbursae di-
per laltra singolarmente della presentazione dellanello nuziale a lui com- lectae uxori meae, tuisque haeredibus poenam mille librarum auri: II. la
messa, ci raffermiamo sempre pi nellopinare chegli fosse congiunto in condizione espressa del titolo pignoratizio di dette tre corti, le quali allora
parentela con Agalbursa, la quale era figlia di Ponzio di Cervera, e nipote solamente dovevano diventare dintiera propriet di Agalbursa, ovvero de
del suddetto conte Raimondo. Il nome di Poncet, portato prima da Ugo- suoi eredi e successori, quando gli eredi o successori di Barisone non
ne, secondo la carta del 1191, cinduce a conghietturare chegli apparte- sborsassero la somma di ventimila soldi lucchesi nel termine di un anno,
nesse ad Agalbursa per ragione del di lei sangue paterno; che Gerardo un mese ed un giorno dopo la di lui morte; cartula facta est eo tenore,
padre di Ugone fosse o figlio o fratello o altrimenti stretto congiunto di nomine pignoris, ut si supradicta domina Agalbursa, quod absit, viro suo
Ponzio di Cervera; e che Ugone (per distinguerlo dal suddetto Ponzio, di praefato domino Parasoni judici Arboreae supervixerit, et haeres praedicti
cui portasse il nome prima di diventare visconte) venisse appellato col judicis, vel aliquis nomine ejus, infra unum annum, et unum mensem, et

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il comando sopra le terre ad essi soggette. Ma fu assai breve propria salvezza. Ricovratosi in Genova, vi dimor un lustro
questa societ, perciocch nella primavera del 1192 Gugliel- intiero nellinazione, mentre intanto lusurpatore Guglielmo
mo marchese di Massa regolo cagliaritano entr ostilmente al- esercitava negli stati arboresi il supremo potere, ed opprimeva
la testa di un esercito negli stati di Arborea, e vinto in batta- il clero ed il popolo con ogni sorta di avanie. Ma nel 1197
glia Pietro I, e fattolo prigioniero di guerra col figlio suo presentatosi in pubblico parlamento agli anziani della repub-
Parasone, obblig il giovinetto Ugone a cercare colla fuga la blica e al podest Alberto di Mandello, espose la triste sua

unum diem ab obitu Parasonis praedicti numerandum, praenomina- alla memoria tutti gli argomenti di congruenza da noi addotti pi avanti
tae Agalbursae solverint viginti millia solidorum lucensis monetae bo- per dimostrare questa parentela probabilissima e quasi certa tra Agalbursa
norum denariorum expedibilium ista carta sit inanis et vacua, et nul- e il suddetto Ugone, e le ragioni ancora per le quali opinammo che que-
lam habeat firmitatem etc. Si vero infra praedictum terminum anni, et stultimo personaggio non sia punto diverso da Ugone I visconte di Bas-
mensis et diei ab obitu praedicti Parasonis praedicta summa quantitatis so. Raffrontandole e riducendole insieme si vedr che questa successione
viginti millia solidorum denariorum lucensium expedibilium praedic- di Ugone ai diritti di Agalbursa, la quale noi non facciamo che sospettare,
tae dominae Agalbursae soluta non fuerit, tunc exinde praedicta domi- forse una delle maggiori probabilit che possano concepirsi in mezzo a
na Agalbursa, vel suus haeres, vel cui ipsa dederit, habeant praedictas tres tante tenebre di tempi e di persone. Ora, se ci si ammette, non vi pi
Curtes (di Bidon, S. Teodoro, ed Oiratili) jure proprietario, et detineant, difficolt per spiegare donde derivassero i diritti di Ugone I sul giudicato
et possideant, ad faciendum inde quidquid ipsi voluerint ecc. Ci presup- di Arborea. Pietro I, che fu lerede e il successore di Barisone, non pot o
posto come incontrastabile per lautorit del suddetto documento, ecco in non volle dentro il termine prefisso di un anno, un mese ed un giorno
breve le nuove nostre conghietture ed argomentazioni. Agalbursa non eb- dalla morte di suo padre, accaduta circa il 1186, eseguire le condizioni
be figli dalle sue nozze con Barisone, giacch Pietro I unico figliuolo le- della mentovata carta del 1157. Ci tanto vero che nel 1191 lo vediamo
gittimo di detto regolo era nato da Preziosa di Laccon. Inoltre non esiste contendere con Ugone II di Ugone I per la successione agli stati di Arbo-
monumento veruno, col quale possa provarsi che questa principessa, do- rea, come consta dal pi volte citato lodo di detto anno, e tali contese de-
po le clamorose sventure di suo marito, e dopo il ritorno del medesimo al rivarono nel caso presupposto dal non fatto pagamento di ventimila soldi
suo regno di Arborea, che accadde nel 1171, sia venuta ancoressa a Sar- lucchesi, e quindi dal diritto di propriet acquistato da Ugone II, o a lui
degna. Anzi nel mentovato anno la vediamo rimanere in Genova come trasmesso da suo padre Ugone I, sulle tre corti di Bidon, S. Teodoro ed
statico dei pagamenti promessi da Barisone a quella repubblica. E quindi, Oiratili. E che queste tre corti fossero di tal valore da potere co redditi
siccome non pi nominata nelle contemporanee memorie sarde, sem- decorsi dal 1186, anno della morte di Barisone, fino al 1191, tempo del
bra probabile o che ritornasse in Catalogna, o veramente che continuasse lodo proferto da Guglielmo Burono, ed insieme colla penale incorsa di
a rimanere in Genova. Questultima congettura appare pi ragionevole, mille libbre doro, costituire un capitale cos cospicuo, da doversi aggiudi-
perciocch Barisone se ne mor senzavere soddisfatto i suoi debiti verso i care a Ugone II la quarta parte delle entrate del regno di Arborea, come
genovesi, ai quali perci appunto fu riservata la met delle entrate arbore- appunto glielo giudic il consolo arbitratore (quod comune Januae urbis
si nel lodo pronunziato da Guglielmo Burono nel 20 febbraio 1191, e per consequatur et habeat per singulos annos medietatem in integrum toti
conseguenza, se Agalbursa sopravvisse a Barisone (n pu prodursi pro- recoltae et introitus, atque reddituum omnium Arborensis regni resi-
va in contrario), avr continuato a rimanere in ostaggio nelle mani della duum vero ipsi Petrus et Ugo aequaliter habeant) assai manifesto, se si
repubblica creditrice. Ma questo poco monta al tutto; e solo da conside- pon mente allampiezza delle terre; coloni ed armenti annessi alla dona-
rare che Agalbursa, per la sterilit del suo matrimonio con Barisone, non zione delle stesse corti. Perch nella carta del 1157 tal donazione spie-
ebbe figli ai quali potesse trasmettere le fortune e i diritti propri, e quelli gata nel seguente modo: Curtem Bidonii et curtem sancti Theodori et cur-
specialmente sulle corti di Bidon, S. Teodoro, ed Oiratili derivanti dalla tem de Oiratili, cum omnibus earum pertinentiis tam in servis et
mentovata donazione del 1157. Di queste fortune, di questi diritti non ha ancillis, et nutriminibus suis, quam in pecudibus et aliis animalibus, et
forse potuto essa instituire erede quellUgone visconte, che nel detto anno hortis et campis et vineis et pascuis et pratis et paludibus et sylvis, virgariis,
era stato paraninfo delle di lei nozze col regolo di Arborea, e che, se non montibus, collibus, vallibus, planitiebus, aquis, aqueductibus, et cum om-
era suo nipote o cugino germano, era al certo suo stretto congiunto? non nibus adiacentiis cum omnibus etiam domibus ibidem constructis et
pot lo stesso Ugone esserne stato erede legittimo? Qui bisogna richiamare vinaetis, et olivetis, et omnibus simpliciter in praefatis tribus locis plantatis,

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condizione, il suo regno perduto, e le usurpazioni del regolo Cagliari; e forse allora per mezzo di tali nozze consegu ci
cagliaritano, e implorando laiuto del comune per la ricupera- che non avea potuto ottenere colla forza: ma i monumenti
zione dei suoi stati, stipul col medesimo nel 28 agosto dello contemporanei non ce ne danno indizio veruno, trovandosi
stesso anno una convenzione, colla quale ei promise varie solamente che papa Innocenzo III disapprov altamente il
guarentie, privilegi e pagamenti ai genovesi, e questi si obbli- matrimonio di Ugone, tassandolo dillegittimo ed incestuoso,
garono rimetterlo colle proprie forze nel trono de suoi mag- senza che apparisca il motivo di tale accusa. La morte di que-
giori. Per la protezione di Genova non valse per allora a far- sto regolo pu fissarsi prima del 1211, giacch nel detto anno
gli ricuperare lantica societ di regno. Pietro si oppose colle regnava gi in Arborea Costantino II, creduto da taluni figliuo-
armi al suo rivale, e aiutato da Guglielmo di Massa e dalla re- lo dello stesso Ugone.
pubblica di Pisa, rendette vani gli sforzi fatti dai genovesi nel BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. II, pp. 239-240; Innocenzo III, Epist., lib.
corso di circa due lustri per ridurre ad effetto la promessa lo- X, epist. 143, ediz. baluz.; Vico, Hist. gen. del reyno de erd., parte IV,
ro, contenuta nella convenzione del 1197. Ugone, divenuto cap. XXXIV; Memor. del march. di Coscoj., alb. geneal.; Pellicer, Me-
vedovo della sua prima moglie Preziosa di Lacon, spos poi mor. de la casa de Alagon; Salazar, Casa de Lara, arbol. de los juez o
nel 1207 la figliuola secondogenita di Guglielmo regolo di reges de Arborea; Mattei, Sard. sacr., p. 32; Mameli, Costituz. di Eleo-
nora, pp. 162-163, 167; Manno, Stor. di Sard., tomo II, pp. 286-299.

vel natis arboribus. Se dunque Pietro I non avea nel 1191 consegnate an- Ugone III re di Arborea, visconte di Basso, figliuolo di Maria-
cora agli eredi di Agalbursa le suddette tre corti donate da Barisone, co-
me lo provano le contese definite col lodo di detto anno; e se, per libe- no III della famiglia dei Serra, ed uno dei pi abili capitani ed
rarsi dalla consegna delle medesime, non avea precedentemente, e nel esperimentati politici del suo tempo. Nacque nel declinare del
termine prefisso dalla donazione del 1157, sborsato li ventimila soldi luc- secolo XIII, e dopo la morte di suo padre accaduta circa il
chesi, come lo dimostra lo stesso lodo, e legregio debito, di cui era an- 1321, prese possessione degli stati arboresi, e cominci ad
cora gravato il regno di Arborea verso il comune di Genova, manifesta
la ragione delle questioni di Ugone II col detto Pietro I, e quindi anche
esercitarvi il supremo comando. Erede della fortuna e dei
lorigine delle ragioni che Ugone avea per contendere, consistenti en- progetti dindipendenza tramandatigli per retaggio dal genito-
trambe nel diritto da lui acquistato sopra una vastissima estensione di re, fu prima sua cura quella di liberarsi dalla soggezione dei
terre annesse alle tre corti donate da Barisone ad Agalbursa, e ai frutti e pisani, i quali sarrogavano nellisola un dominio senza confi-
redditi decorsi dal 1186 fino al 1191, oltre la penale delle mille libbre ni, e voleano imporre a tutti i regoli sardi le leggi loro. Ugo-
doro (poenam mille librarum auri) nella quale Pietro I era caduto per
aver contrastato allerede, o allavente diritto dallerede di Agalbursa, lef- ne, bench per valore proprio, e per lestensione e la ric-
fetto della donazione fatta da Barisone. E qui poniamo termine alle no- chezza del suo giudicato soprastasse a tutti gli altri dinasti
stre congetture sopra la persona di Ugone I, e allorigine dei suoi diritti che aveano stati in Sardegna, si trovava tuttavia in condizione
sul giudicato di Arborea, confessando ancor noi che le medesime non assai peggiore, perch minacciato dalle fraudi e dalle forze di
eccedono i termini della semplice probabilit. Per vollimo farle, e fatte
le abbiamo forse pi soverchiamente che non si convenisse, non tanto una repubblica, la quale ambiva di abbassare la di lui poten-
per illustrare in qualche modo, e come per noi si pot meglio, un perio- za. Al che si aggiungevano le pretensioni di Giacomina, stata
do cos oscuro della storia sarda del medio evo, e la successione dei due gi moglie di Chiano Serra antecessore di Mariano III nel re-
primi Ugoni negli stati arboresi, quanto per dare occasione ed incitamen- gno di Arborea, la quale, dicendosi erede di Giovanna figlia
to a ingegni pi felici del nostro di continuare le ricerche sopra il sogget-
to medesimo, giacch non disperiamo che la diligenza e la pazienza di
postuma di Chiano, e passata a seconde nozze con Tedice
altri archeologi sardi discuoprir finalmente nuovi e certi documenti co della Gherardesca, uno dei pi potenti cittadini di Pisa, voleva
quali possa al tutto chiarirsi la verit. escluderlo dal principato negli stati arboresi, come avea tentato,

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ma inutilmente, di estenderne il di lui padre Mariano. Le arti mezzo di Vitale di Villanova legato del re, e di Guido legato
femminili di Giacomina, linfluenza del suo secondo marito del regolo di Arborea, e collintermediario del cardinale Napo-
nei consigli della repubblica pisana, e la taccia che si appone- leone 252 fu conchiusa in sul cominciare del 1323. Ugone si
va ad Ugone di essere figlio bastardo del suddetto Mariano obblig sborsare per una volta sola ottantamila fiorini doro,
III, conturbarono assai i primi due anni del suo regno. Ma oltre tremila di annuo censo; e il re D. Giacomo promise di
egli, dissimulando la ricevuta ingiuria, e covando nellanimo il mantener lui nel principato arborese, e di soccorrerlo colle
tremendo secreto della sua vendetta, si govern con iscaltra sue armi per esterminare dallisola la potenza pisana. Mariano
politica, e corrotti per allora co donativi e col danaro i princi- di Ammirato non si stette nemmeno inoperoso, e condusse
pali cittadini pisani, e cedute alla repubblica alcune terre e quasi contemporaneamente a felice termine la sua missione:
luoghi del suo regno, collo sborso di diecimila fiorini doro, ottenne al suo signore la conferma e lampliazione degli stati
ottenne il riconoscimento della sua signoria, e la pacifica pos- di Arborea, e la facolt di premiare, come a lui parrebbe, i
sessione del rimanente dei suoi stati. Questo accordo, nel partigiani degli aragonesi; e per Brancadoria e Barnaba di lui
quale Ugone avea sacrificato alla necessit dei tempi la pro- figliuolo la concessione in feudo di tutte le terre e castella
pria indipendenza, non potea durare lungamente. Egli covava possedute dalla famiglia loro in Sardegna. La conclusione di
nel profondo dellanimo suo il desiderio di vendicarsi: ma co- questa lega irrit grandemente i pisani contro il regolo sardo,
noscendosi impotente a debellare colle sole sue forze una re- il quale non fidandosi di loro, prese a guardia della sua per-
pubblica che da oltre due secoli affettava la suprema signoria sona trecento soldati, fortific i luoghi pi importanti de suoi
dellisola, ricorse allo stremo dei mezzi, invocando lintervento domini, e radunando da ogni parte, armi, munizioni e danaro,
e gli aiuti stranieri. Si colleg con Brancadoria, ricco e potente si prepar con animo risoluto alla guerra imminente. I pisani
signore di molte castella; e quindi appresso invi secretamen-
te Mariano di Ammirato al re D. Giacomo II di Aragona, invi- pi oltre la spedizione degli aiuti promessigli, e acci gli mandasse per
tandolo alla conquista di Sardegna, e promettendogli dal suo allora trecento cavalli e mille balestrieri con un buon capitano di guerra.
canto pronta e valida cooperazione. I suoi maneggi non pote- Le suddette lettere sono riportate per intiero nel Memoriale del marche-
se di Coscojuela, num. 40, 42.
rono essere cos segreti, che non ne avessero sentore i pisani, 252. Abbiamo una lettera del 23 maggio 1323 scritta in Avignone da
i quali subito per mezzo di papa Giovanni XXII si sforzarono Napoleone cardinale diacono di S. Adriano a D. Giacomo II re di Ara-
di distogliere il re D. Giacomo dalla spedizione contro lisola. gona. Nella medesima il cardinale si congratula col monarca pe felici
Ma Ugone strinse pi efficacemente le pratiche, e per via di successi delle armi del suo alleato Ugone in Sardegna, il quale avea re-
lettere251 e di nuovi messi sollecit il monarca aragonese a sistito colle sole sue forze ai pisani. Si rallegra inoltre dei soccorsi da
stringere con seco lesibitagli alleanza; la quale finalmente per lui mandati alla volta dellisola e della spedizione di conquista gi com-
messa allinfante D. Alfonso, e gli partecipa che avea gi scritto e che
scriverebbe di nuovo a Ugone, acci eseguisse efficacemente quanto si
251. Sebbene il re D. Giacomo II avesse scritto a Ugone unonorifica let- era combinato a presenza dello stesso Napoleone dallarcivescovo di
tera datata di Tarragona il 29 dicembre 1322, colla quale gli accordava Arborea, da Vitale di Villanova ambasciatore del re D. Giacomo, dal
facolt di concedere premi e franchigie a coloro che seguissero le parti nunzio Guglielmo Onlomario, e da Montanario (forse Montanaccio)
del regolo e degli alleati aragonesi, tuttavia ci non bastava alla somma ambasciatore del Giudice Ugone. Poi nella stessa lettera soggiunge il
delle cose, dopo che il dinasta sardo avea rotto aspra ed inesorabil cardinale in forma di poscritta, che nellistante avea saputo trovarsi an-
guerra ai pisani. Perci Ugone nel 18 aprile 1323 scrisse affrettatamente cora in Nizza il messo da lui spedito a Ugone, impedito dai venti di
da Oristano al suddetto re D. Giacomo, partecipandogli la resistenza da continuare il suo viaggio; e che perci approfittando di tal ritardo scri-
lui fatta alle armi di Pisa, e il sollevamento generale de suoi sudditi veva subito al regolo sardo altre lettere, e gliele mandava (vedi Memor.
contro i cittadini di quella repubblica; scongiurandolo a non ritardare del march. di Coscoj., num. 40).

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dal canto loro non pretermisero gli apprestamenti guerrieri, con un esperto capitano di guerra,254 rappresentandogli i peri-
ed inviato tosto a Sardegna gran numero di fanti e di cavalli coli ai quali egli si trovava esposto, e la tempesta da cui era
sotto la scorta di Giuliano, Simone, Federico ed Enrico Tudi- minacciato. Per, non perdendosi danimo in questo mentre, si
sco, distinti capitani di guerra, posero in istato di difesa Terra- pose alla testa delle sue genti per difendere gli stati propri da
nova, Villa di Chiesa e il castello di Cagliari. In questo mezzo qualunque assalto nemico; e affidata una divisione delleserci-
il re D. Giacomo prepar la sua spedizione di conquista con- to a Pietro de Serra, spinse la marcia fino a Villa di Chiesa, al-
tro la Sardegna, e radun nel porto fangoso di Tarragona una la quale pose lassedio nel maggio di detto anno 1323. Gerar-
flotta poderosa, commettendola al comando dellinfante D. do e Dalmazio visconti di Roccaberti, sopraggiunti in tal
Alfonso. Ma Ugone, impaziente dindugi, cominci nellisola frangente da Aragona con un buon nerbo di cavalli, ingrossa-
le ostilit, e venuto a vari scontri co pisani, consegu sopra di rono le truppe di Arborea, e bloccarono per la via di terra il
essi notabili vantaggi, e uccise in un sol giorno alla repubblica castello di Castro (Cagliari). E Ugone, tenendo sempre in sulle
pi di mille soldati.253 N questo bastando per dare sfogo al- armi le sue genti, e addestrandole con frequenti scaramucce,
lodio suo antico, lev a rumore i terrazzani tutti dei luoghi a le accostumava a vedere in faccia il nemico, e spesso ancora
lui soggetti, e nel 13 aprile 1323 fece barbaramente trucidare a saperlo vincere. Lassedio dIglesias procedeva con ardore;
tutti i pisani che dimoravano ne suoi stati. La notizia di que- e Pietro de Serra lo stringeva efficacemente, intercettando i
sto novello vespro siciliano fu udita in Pisa con infinito dolo- corrieri, e impedendo agli assediati le vettovaglie.255 I difen-
re. Ridottisi a consiglio gli anziani del comune, deliberarono sori della rocca cagliaritana erano ancora in grandi strettezze;
affrettatamente la spedizione di settecento soldati sotto il co- quando nel 12 giugno 1323 diede fondo nel porto di Palmas
mando di Giovanni Artavallo per rinforzare il presidio di Villa- la flotta aragonese capitanata dallinfante D. Alfonso. Il regolo
Ecclesia; e a Ranieri della Gherardesca conte di Donoratico, sardo mand innanzi ad inchinarlo Aldobrando de Serra e
capitano generale della cavalleria e difensore del popolo pisa-
no, conferirono ampli e straordinari poteri, perch sostenesse 254. Vedi la nota 251.
in Sardegna lonore della repubblica. Ugone dal suo canto non 255. Pietro de Serra, capitano delle masnade di guerra di Ugone, fece
si stette inoperoso. Sped solleciti messi al re di Aragona, chie- arrestare dalle sue guardie nel 12 giugno 1323 il corriere Guiccio di Fa-
briano, e gli tolse la lettera chegli dovea sollecitamente spedire al co-
dendo gli aiuti promessigli, ed insistendo specialmente, acci mune di Pisa, e colla quale Vico di Rosselmino e Giacopo di Settimo ca-
gli mandasse senza dimora trecento cavalli e mille balestrieri pitani di guerra in Villa-Ecclesia davano notizia alla repubblica di Pisa
ed a Ranieri conte di Donoratico del bisogno chessi aveano duomini,
253. Ci si ricava da una lettera che nel 13 maggio 1323 Paolino Doria di viveri e di danaro, dellapprodo della flotta aragonese al porto di Pal-
scrisse dal porto di Oristano a suo zio Piacentino Doria. Nella medesi- ma di Solci, e dellaccampamento di Ugone con gran numero di fanti e
ma gli dice che il regolo Ugone collegatosi col re di Aragona facea di cavalli presso a Pabilonis (ad Pavilionem). La lettera in data dell11
guerra viva ai pisani; che nellaprile dello stesso anno eravi stata una giugno 1323. Dalla deposizione poi fatta da Guiccio nel giorno medesi-
grande battaglia tra le genti del Giudice ed i pisani, nella quale questi mo del suo arresto si ricava, che nel castello di Castro vi erano settanta-
ultimi erano stati soccombenti, ed aveano perduto pi di mille soldati; cinque cavalli, trecento balestrieri e novecento terrazzani, Enrico Teuto-
che i sardi desideravano il pronto arrivo del re di Aragona; che Ber- nico con cinquanta uomini di masnada, e Giovanni Cinino e Pietro
nab Doria con suo padre (Brancadoria) si trovava in Alghero, e che Frederici capitani di guerra; che il castello era provveduto di vettovaglie
da lui avea ricevuto una lettera mandatagli da Ugone; e finalmente che per sei mesi e di quattro macchine da guerra; chegli vi era stato dentro
da Sassari erano stati cacciati tutti i genovesi, perch essendo in mani nel venerd, giorno 10 di quel mese (giugno 1323), e che pochi giorni
loro la potestaria del comune, ed essendo la citt di parte guelfa, si te- avanti vi era stato decapitato il medico maestro Bernardino, sol perch
meva di qualche novit per parte dei medesimi. La lettera riportata avea detto: voglia il diavolo che vengano finalmente questi catalani. Ri-
per intiero nel Memoriale del marchese di Coscojuela, num. 40. fer lo stesso corriere che in Villa di Chiesa vi erano ducentocinquanta

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Comita de Azene, uomini assai potenti nella provincia solcita- nei frequenti assalti dati dai sardo-aragonesi, nei quali la for-
na, e poi subito and egli in persona seguito dai partigiani tuna delle armi procedette varia per ambe le parti. I pisani si
pi distinti della causa aragonese.256 Ricevuto con grandi di- difesero con coraggio e con ostinazione; n fu che dopo sei
mostrazioni di onore nel campo degli alleati, intervenne al mesi, e in forza degli aiuti mandati al principe aragonese dalla
gran consiglio di guerra tenuto dallinfante per deliberare sul repubblica di Sassari sotto il comando del prode Guantino
modo con cui avesse a governarsi la futura campagna. Egli Catoni, che finalmente si arresero a patti nel 7 febbraio
primo di tutti apr la sua mente, e insistette sulla necessit di 1324.257 Nellintervallo che corse dal giugno precedente fino
espugnare Villa di Chiesa e il forte di S. Guat da cui era dife- al giorno di detta resa, Ugone si adoper con ogni sua possa
sa. La sua opinione fu tosto accettata dai Doria, dai Malaspina per raffermare i propri diritti nel regno di Arborea, e negli al-
e dagli altri capitani dellesercito sardo ed aragonese. E per- tri luoghi dellisola a lui soggetti. Nel 5 luglio 1323 ottenne
ch alle deliberazioni seguisse pronto leffetto, fece indilata- dallinfante linvestitura di detti stati promessagli da D. Giaco-
mente levare il campo ai collegati, e conducendoli per la via mo II con diploma del 21 maggio dello stesso anno, e nel 26
pi spedita alle circostanze di Villa-Ecclesia, dove gi erano settembre seguente ne consegu la conferma dal medesimo
stanziate le sue genti, oper con istraordinaria attivit, acci monarca. Inaspritosi co Doria per la cessione da lui fatta agli
non si differisse con inutili indugiamenti lattacco di quella aragonesi delle castella di Bosa, di Goceano e di Monteacuto
piazza. Il valore e la costanza di Ugone risplendettero assai in pregiudizio dei diritti loro, trov mezzo di contenere questi
suoi antichi alleati, e di far ridondare in proprio vantaggio la
cavalli comandati da Vero di Citona, Ciocolo dArimino, Mafolo di Citt- stessa volontaria cessione di cui essi apertamente si doleva-
castello, Pietro Rustici di S. Miniato e Corrado Teutonico; che vi erano no. E allambiguit di questa politica interessata congiungen-
inoltre mille uomini darme, seicento terrazzani, venti torri, fosse e stecca-
ti; che il castello di S. Guat di detta villa era cinto ancor esso di steccato e do le opere della mano ed il valore della persona, divent
di fossa; che il frumento si vendeva a soldi otto sardi lo staio, e chegli era lesclusivo indirizzatore de consigli e della volont dellinfan-
stato dentro la terra nel sabbato, giorno 11 giugno 1323. Li suddetti due te D. Alfonso. Egli segu questo principe in tutte le belliche im-
documenti sono inseriti nella lettera diretta nel 12 giugno suddetto dal prese del 1323 e dellanno seguente; lo sovvenne duomini e
regolo Ugone allinfante D. Alfonso, nella quale lo avvisa di essere gi di danaro;258 e dopo la famosa battaglia di Lucocisterna, nella
entrato con Gerardo e con Dalmazio visconte di Roccaberti nelle terre
cagliaritane e nella villa di Gumun, dieci miglia distante dal castello di quale rimasero soccombenti i pisani guidati dal conte Manfredi
Castro; che avea ridotto allubbidienza le genti di Lello; e che nellindo- della Gherardesca, rinfresc di viveri e di soldati lesercito re-
mani dovea avvicinarsi a detto castello alla distanza di tre miglia per im- gio, ed assistette in persona allassedio di Cagliari. La resa di
pedire le vettovaglie ai pisani. Nella stessa lettera il regolo sardo consi- questo castello accaduta nel 19 giugno 1324 si dovette nella
glia il principe aragonese a sbarcare nel porto solcitano di Palma, e lo massima parte alla sua attivit ed ai sacrifizi chei fece in favore
previene che gli spedisce suoi messi Aldobrando de Serra e Gomita de degli aragonesi; e fu per lui principalmente, che ridotta a glo-
Asene, solcitani assai potenti, insieme con maestro Riccardo medico, e
Bernardo Giudeo e Nado suoi fratelli, che i pisani aveano cacciato da rioso fine la guerra sarda, pot linfante D. Alfonso partirsene
Villa-Ecclesia, e che si fidi intieramente dessi, e di quanto essi a suo no-
me gli diranno (Memor. del march. di Coscoj., num. 40). 257. Ne fa fede la lettera scritta da Villa di Chiesa nello stesso giorno 7
256. Questo primo abboccamento di Ugone collinfante D. Alfonso atte- febbraio 1324 dal regolo Ugone a D. Giacomo II re di Aragona, la qua-
stato da vari documenti che si leggono sotto il numero 40 del pi volte ci- le inserita nel Memor. del march. di Coscoj., num. 40.
tato Memoriale del marchese di Coscojuela, e specialmente dalla relazione 258. Questi fatti si ricavano dalle lettere che linfante D. Alfonso diresse
scritta nel 18 giugno 1323 dal suddetto infante al re D. Giacomo suo pa- ad Ugone nel 17 giugno e 12 ottobre 1323, e nel 13 febbraio e 26 dicem-
dre, nella quale lo informa delle cose accadutegli dal momento di sua bre 1324, e dalla lettera scritta da Ugone al re D. Giacomo II nel 19 feb-
partenza dal porto di Maone fino al suo arrivo al porto di Palma di Solci. braio di questultimo anno (vedi Memor. del march. di Coscoj., num. 40).

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trionfante a Barcellona, facendo intanto risuonar lItalia del fa- sua politica seppe poi valersi per stringere vieppi la sua al-
moso grido delle sue vittorie. N perci Ugone rallent lodio leanza con Alfonso IV il Conquistatore; e acci i motivi e le
suo contro i pisani, o raffreddossi nella fede giurata agli stra- occasioni di mutua benevolenza giammai mancassero, dopo
nieri conquistatori; che anzi, facendo con questi ultimi comu- avere richiamato presso di s il suo figlio primogenito che do-
ne la propria causa, perseguit i primi colla stessa indomabile vea succedergli nel comando degli stati di Arborea, mand al-
acerbit con cui li avea esterminati da suoi domini; e i Doria la corte aragonese li due suoi minori figli Mariano e Giovanni
inoltre ed i Malaspina, e quanti altri erano in Sardegna geno- per esservi istrutti nelle arti cavalleresche, e per crearsi sotto il
vesi potenti, raffren co suoi soldati, acci non attentassero favore di un monarca potente e guerriero. Cos continu a re-
colle armi loro al rovesciamento del novello dominio arago- gnare fino al 1336, nel qual anno cess di vivere, lasciando
nese. Nel tempo istesso rivolse le sue mire allingrandimento superstite la sua moglie Benedetta, sei figli legittimi e tre natu-
della propria famiglia, e Costanza di Filippo di Saluzzo, rali. Dei primi, Pietro e Mariano gli succedettero lun dopo
prossima congiunta del re di Aragona, ottenne per isposa a laltro nel regno; Giovanni ebbe in moglie Sibilla di Moncada,
Pietro suo figlio primogenito, e agli altri figli suoi fece con- e fu poi tanto infelice per le contese avute con suo fratello
trarre illustri parentadi, pe quali il sangue regio di Giacomo Mariano IV; Nicol si tolse per donna Benedetta Troti appar-
II e di molti magnati aragonesi si mescol al generoso san- tenente ai ricchi baroni di Bitti e di Orani; e Maria e Bonaven-
gue di Arborea. Quando nel 1328 linfante D. Alfonso succe- tura andarono a nozze illustri, la prima con Guglielmo Galze-
dette nel regno a suo padre, Ugone sped alla corte aragone- rando Cabrera Roccaberti, e la seconda con Pietro de Exerica
se in istraordinaria ambasciata larcivescovo di Oristano, il figliuolo di D. Giacomo II e di Beatrice di Lauria.
quale poi con Pietro, figliuolo dello stesso Ugone, assistette in BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. VI, cap. XXXVIII, XLIII, XLV,
Saragozza allincoronazione del re, e fu onorato con distinzio- XLVIII-XLIX, LIII, LXXVII; lib. VII, cap. X, XIII, XVI, XXVIII, LVIII;
ne tra i molti personaggi intervenuti a rendere pi solenne Villani Gio., lib. IX, cap. CXCVI, CCXXXVI; Fara, De reb. sard., lib.
colla loro presenza quellaugusta cerimonia. In tale occasione II, p. 241; lib. III, pp. 256-257, 264; Tronci, Annal. pis., allanno
ottenne da Alfonso IV la conferma dei suoi diritti nelle citt di 1324; Vico, Hist. gen. del reyno de erd., parte V, cap. IX; Memor.
Oristano e di Bosa, nelle terre di Ales, Terralba e S. Giusta, e del march. di Coscoj., num. 14, 40-42, e nellalb. geneal.; Pellicer,
Memor. de la casa de Alagon; Salazar, Casa de Lara; Dentis, Com-
nelle castella di Goceano, Monreale, Marmilla, Montiverro e pendio storico dellorig. dei march. di Saluzzo; Manno, Stor. di
Monteacuto, colla facolt dinvestirne a titolo di feudo i propri Sard., tomo III, pp. 15-59.
figli, e dinsignire i medesimi di titoli comitali, viscomitali o
marchionali.259 In tal guisa i frutti maggiori della conquista
aragonese cedettero a suo vantaggio; ed egli, dopo aver dato Memor. del march. di Coscoj., num. 40. Ed oltre a questo sono inseriti
nel num. 14 dello stesso Memoriale i seguenti diplomi: I. quello del 21
sfogo alle proprie vendette contro i pisani, dopo aver abbas- di maggio 1323, col quale il re di Aragona D. Giacomo II autorizza lin-
sato lalterigia dei Doria e dei Malaspina, co quali non man- fante D. Alfonso a concedere a Ugone III giudice di Arborea linvestitu-
tenne mai stabile lamicizia, si trov al possedimento di oltre ra degli stati da lui posseduti, col patto di poter succedere anche le
una terza parte della Sardegna, e regolo indipendente e temu- donne: II. laltro del 5 giugno 1323 spedito nel campo di Villa-Ecclesia
to dagli stessi reali di Aragona. Dei felici successi di questa dal suddetto D. Alfonso a favore dello stesso Ugone, contenente linve-
stitura e concessione mentovate nel precedente diploma del re D. Gia-
como, il quale lo conferm con altro privilegio dello stesso anno 1323:
259. Questo privilegio gli fu accordato con diploma del 1 maggio 1328, III. il citato diploma del 1 maggio 1328, il quale poi riportato unaltra
spedito a di lui favore in Saragozza dal re D. Alfonso IV, e riportato nel volta nel suddetto num. 40.

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Ugone IV re di Arborea, nipote del precedente. Nacque nel ad Ugone la maggior fama del suo nome dilatata e rispettata
1335, od in quel torno, da Mariano IV de Serra e da Timbora tra i principi italiani. Nel 1377 strinse lega offensiva con Lodo-
di Dalmazio visconte di Roccaberti. Educato da suo padre con vico duca dAngi fratello di Carlo V re di Francia contro il re
molta diligenza, appena trascorse gli anni della fanciullezza, si di Aragona, e dopo averne giurato solennemente i patti, la fe-
esercit nelle arti tutte che a principe guerriero si convengo- ce proclamare pubblicamente in Oristano. In virt di tal lega
no. Le ostilit sostenute in quei tempi dalla casa di Arborea invi molti balestrieri e soldatesche sarde al duca suo alleato
contro molti e potenti nemici che volevano atterrarla, gli por- per assisterlo nella conquista del regno di Maiorca. Il re di
sero occasione di avvezzarsi ai pericoli delle battaglie. E oltre Aragona tent con secreti messaggi e con promesse di allon-
a questo, avendogli Mariano inspirato assai per tempo lodio tanarlo dallalleanza col principe francese; ma egli stette saldo
suo contro gli aragonesi, e mostrate le arti di governarsi con nella fede giurata, e continu anzi pi ardentemente in Sarde-
valore e con politica, si form facilmente per se stesso alla gna la guerra contro gli aragonesi. La sua fedelt nellosserva-
scuola di tanti e cos generosi esempi paterni. Nella sua gio- re i patti fu iniquamente ricambiata da Lodovico, il quale, la-
vent milit con onore sotto gli stendardi di Arborea, e si sciatosi adescare dalla mediazione del re di Castiglia, infranse
trov presente a molti fatti darme nei quali diede belle prove gli accordi fermati da suoi ambasciatori col regolo di Arborea.
del suo coraggio. Poi nel 14 marzo 1355 fu solennemente Costui se ne dolse col duca, il quale, avendo nellanno se-
emancipato da suo padre,260 e affidatogli ancora il supremo guente inviato ad Ugone nuovi messaggi per rinnovare lal-
comando delle fuste armate che corseggiavano i mari sardi leanza, mand pure le sue credenziali, chiedendo la mano di
per opporsi ai tentativi dei re di Aragona, e impedire i soc- sposa della di lui figlia Benedetta per il suo figlio natogli lan-
corsi chessi inviavano al castello di Cagliari. Con questo na- no innanzi. Ma Ugone, facendo esperienza dal passato, ricus
viglio egli infest e pred molte navi aragonesi, e disert ma- lamicizia fallace del principe straniero e il propostogli matri-
ravigliosamente le forze regie, uscito essendo quasi sempre monio; e rimproverata agli ambasciatori del duca la di lui ma-
vincitore da tutti glincontri. In un solo fu vinto da Francesco la fede, li accomiat con una assai breve ma franca risposta,
dAversa, il quale lo obblig alla fuga, e gli tolse ancora pa- la quale, dettata da Ugone medesimo, tutta dimostra la nobilt
recchie navi. Dopo la morte di suo padre accaduta nel 1376, e la fermezza de suoi sentimenti.261 Dopo questa rottura col
cominci a regnare in Arborea, e spieg tosto tutto lardore duca dAngi, Ugone volse le sue armi contro le fortezze ed i
de suoi progetti ambiziosi, contrastando colle armi ai re di luoghi principali occupati in Sardegna dagli aragonesi; invase il
Aragona il pacifico dominio dei luoghi gi conquistati nelliso- contado di Chirra, e pass in Sassari per provvedere al governo
la dallinfante D. Alfonso. Negli stessi primi anni del suo re-
gno fu in procinto di diventare dispotico monarca della Sarde- 261. La relazione di questa seconda ambasciata del duca di Angi a
gna, perch nel 1378 il papa Urbano VI volea dargliene Ugone IV di Arborea si conservava autografa tra i testi a penna della
linvestitura, privandone D. Pietro IV il Cerimonioso. Ma que- reale biblioteca di Parigi. Fu poi pubblicata con tutti i documenti relati-
sto progetto non fu portato a compimento, e frutt solamente vi nellopera intitolata Notices et extraits des manuscrits de la biblioth-
que du roi lus au comit tabli dans lAccadmie royale des incriptions
et belles-lettres, Paris, 1787, e contiene molte curiose notizie, tanto sulla
260. Latto di emancipazione riportato per intiero nel num. 40 dei do- precedente alleanza contratta da Ugone col suddetto duca dAngi,
cumenti annessi al Memoriale del marchese di Coscojuela. Apparisce quanto sul modo con cui furono ricevuti in Oristano nel 1378 gli amba-
scritto da Marco de Vita notaio in Oristano, e vi sono sottoscritti come sciatori del principe francese. Il primo degli scrittori sardi che facesse
testi Ro ab o di Berardo di Marsiglia, maestro Giacopo fisico, Gerar- menzione di tali carte fu il Cossu nella Descrizione geografica della
do di Flassano, Pietro di Aene, Barzolo Catone e Pietruccio di Moguro. Sardegna (tomo II, p. 16, in nota, pp. 8-91).

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Ugo Ugu

di quella citt gi soggiogata da Mariano suo padre. Dotato Nella persona di Ugone IV manc la discendenza maschile dei
dattivit e dintelligenza straordinaria, non solo mantenne in- Serra che avea regnato per tanti anni in Arborea, e sottentr
tatti gli antichi domini della sua casa, ma li ampli ancora colle quindi nella sovranit di quegli stati la famosa Eleonora sorella
sue imprese, le quali andarono raramente fallite. Cresciuto in del predetto Ugone, la quale govern pi veramente a nome
tal modo a sublime stato di potenza, si fece rispettare da que- proprio e con senno superiore al suo sesso, che come tutrice
gli aragonesi medesimi che aveano pertinacemente tentato del suo figlio primogenito Federico, cui apparteneva per diritto
labbassamento di sua famiglia; e il re D. Pietro IV, chera stato di successione il trono lasciato vacante dal suo zio materno.
poco innanzi uno de suoi pi aspri nemici, gli propose nuove BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. VIII, cap. LIX; lib. X, cap. XXIII,
nozze con Beatrice di Exerica sua stretta congiunta, quasi pe- XXXIV; Chronica regiensis, presso il Muratori, Rer. italic. script., to-
gno di fede e di amicizia immutabile. Ma queste nozze, o per- mo XVIII; Notices et extraits des manuscrits de la bibliotque du roi
ch fossero ricusate dal dinasta sardo, o per altro motivo a noi ecc., tomo I, pp. 341-360; Fara, De reb. sard., lib. II, p. 242; lib. III,
ignoto, non ebbero eseguimento; e il re D. Pietro, cambiando pp. 307-308; Tronci, Annal. pis., anno 1382; Vico, Hist. gen. del
repentinamente di animo e di risoluzioni, si diede affrettata- reyno de erd., parte V, cap. XXVIII; Ferreras, Hist. gen. dEspagne
mente a raccogliere un esercito poderoso per ispedirlo a Sar- (traduz. dHermill), parte VIII, sec. XIV, p. 455, in nota; Memor. del
degna a combattere il suo potente avversario. Consapevole march. di Coscoj., num. 40; Cossu, Descriz. geograf. della Sard.
(ediz. genov. del 1799), tomo II, pp. 16, 85-91; Mameli, Costituz. di
Ugone di tali preparativi, si accingeva valorosamente a soste- Eleonora, pp. 160-162, 164-165, 167; La Marmora, Voyage en Sard.,
nere questa nuova guerra, allorquando, sollevatosi contro di pp. 44, 48, 52-53; Mimaut, Hist. de Sard., tomo I, pp. 194-210, 214-
lui il popolo di Arborea, fu trucidato barbaramente collunica 215, 354-355; Manno, Stor. di Sard., tomo III, pp. 105-114.
sua figlia Benedetta add 3 marzo 1382, secondo lautorit del-
la Cronaca di Reggio,262 o del 1383, giusta il racconto di altri Uguccione beato, religioso dellordine di S. Domenico, nato
scrittori. Quale sia stata la vera causa di questo generale solle- nel declinare del secolo XII, e morto in Pisa in concetto di san-
vamento dei popoli arboresi non abbastanza chiarito nella tit nella prima met del secolo seguente.263 Sua madre, che
storia di que tempi. Il Tronci pretende che ci avvenisse per
vendetta de pisani, poich Ugone avea ingiustamente dannato
263. Il P. Stanislao Canovai delle S. P. nellElogio storico del P. Alessan-
a morte un distinto medico di quella repubblica; ma i pi si dro della Spina (inventore degli occhiali), pretende che il beato Uguc-
accordano nellaffermare che a questo eccidio abbia dato mo- cione non fosse sardo di patria, ma dellillustre famiglia Sardi di Pisa.
tivo il governo tirannico di Ugone e la cupa politica della corte Ecco comegli si esprime (Memor. istor. dillustri uom. pisani, tomo II,
di Aragona. Forse tutte le accennate cause insieme contribuiro- pp. 242-243) nella nota 2 al detto Elogio: Lo stesso fondatore del conven-
no al di lui tragico fine; e non improbabile che lacerba me- to (di S. Caterina di Pisa) che ivi (cio nella Cronaca di detto convento
moria di tante vite pisane troncate in un sol giorno da Ugone compilata dal P. Domenico da Peccioli prima del 1408) si chiama
Sardus, e che perci con poca critica fu creduto di Sardegna, era dei Sar-
III, e la resistenza vigorosa opposta dai di lui discendenti ai di, famiglia allora nobilissima in Pisa. Siccome per lillustre scrittore
conquistatori stranieri, inducessero finalmente il comune di Pi- non apporta documento veruno in appoggio di questa sua opinione, la
sa e la corte di Aragona a spegnere collassassinio un regolo quale contraria a quanto erasi per lo avanti creduto dagli altri, perci
audace e temuto che non avevano potuto debellare colla forza. noi stimiamo non dover stare alla sola fede della sua parola, e seguitia-
mo pi volentieri lautorit della Cronaca del Peccioli, e quella del
Tronci, e delliscrizione latina prodotta in questarticolo medesimo, nella
262. Lautore della suddetta Cronaca, parlando della morte di Ugone quale chiaramente determinata la patria sarda e la casata di questo ve-
IV, scrive tra le altre cose: et finita est progenies eius quae octingentis nerabile discepolo di S. Domenico. Finch non si provi il contrario, la
annis et pluribus duraverat. critica anzi persuade che si debba credere alle suddette testimonianze.

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Urg Urg

negli Annali pisani del Tronci chiamata semplicemente senza laiuto di maestri, che presto divent abile ad impren-
Maria Sarda, lo partor in mare, mentre trasferivasi da Sarde- dere la via del chiericato, nella quale ricevette gli ordini mino-
gna a Pisa, e lallev con molta cura nella sua adolescenza. ri, e quindi appresso quello del sacerdozio. Attese allora ad
Mandato poi a Bologna per ragione di studi, e conosciuto insegnare privatamente negli elementi della latinit alcuni fan-
col il patriarca S. Domenico, si accese del desiderio di en- ciulli bennati, e con questo mezzo si procur per qualche
trare nellordine da lui fondato, per dedicarsi intieramente tempo onorata e comoda sussistenza. Poi fu nominato mae-
alla perfezione dello spirito. Le sue brame furono esaudite stro di gramatica nelle regie scuole di Alghero, e riempiuto
dal santo, il quale lo vest di propria mano dellabito religio- avendo per pi anni questo uffizio con molto impegno ed
so, e avendolo riconosciuto per lunga prova dotato delle pi assiduit, fu promosso nel 1813 al pi lucroso e pi onorifico
rare virt, lo mand nel 1221 a Pisa per fondarvi il convento posto di maestro di umane lettere. Mentre attendeva alla
di S. Caterina, chiesa gi dotata da sua madre collaltra di S. pubblica istruzione, ebbe limpiego di cerimoniere e di vice-
Antonino. Dopo aver eseguita questa commissione ed aver segretario presso il vescovo di Alghero, il quale nel 1815 lo
convertito col suo esempio e colla sua voce molte anime a nomin vice-curato, e due anni dopo (3 dicembre 1817) ca-
Dio, mor santamente in questultima citt. Il suo corpo fu ri- nonico della cattedrale dello stesso luogo. Il tenore della sua
posto nella stessa chiesa di S. Caterina di Pisa, dove nella pa- vita, cos nella giovent come negli anni maturi, fu sempre
rete sinistra della porta maggiore si leggeva ancora nel 1714 moderato ed esemplare. Esatto nelladempimento dei propri
scolpita sopra lapide marmorea la seguente iscrizione: B. doveri, dopo aver consecrato ai medesimi il tempo necessa-
VGUCCIONVS SARDVS ex nobilissima familia Vacca et Gruo, in rio, tutto il rimanente del giorno consumava nello studio e
aquis natus, et in terris degens, in coelis conversatus, ex sanc- nella lettura. Egli dilettavasi particolarmente della storia e del-
tissimi patris Dominici, Bononiae habitu praedicatorum, ma- la letteratura sarda, e perci raccoglieva con iscrupolosa sol-
nibus indutus est. Sanctae Catharinae Pisarum, ipso sanctis- lecitudine tutte le produzioni s in verso che in prosa, che gi
simo patre mandante, coenobium fundavit anno M. CC. XXI, molto innanzi eransi pubblicate, e che al suo tempo pubbli-
atque evangelii tubam resonans, innumeras ad poenitentiam cavansi nellisola. Ed oltre a questo bramando di arricchire
perditorum animas revocavit, ac virginitatis laude decoratus larcheologia patria, mantenne vivo epistolare commercio co
in coelum evolavit. pi distinti letterati sardi, e anche co forastieri, tra i quali col-
BIBL.: Tronci, Annal. pis., p. 182; Sanna, Festiv. cult., introd., num. 49. tiv pi frequentemente monsig. Ranieri arcivescovo di Pisa.
In queste belle fatiche spese principalmente gli ultimi tre lustri
Urgias Antonio Michele, pio ecclesiastico, e laborioso racco- della sua vita, la quale mancogli add 10 maggio 1826 nella
glitore di notizie patrie, vissuto negli ultimi dello scorso e nei detta citt di Alghero, mentre contava di sua et soli anni 55 e
primi anni del presente secolo. Nacque in Alghero add 10 mesi due. Gli scritti che di lui ci rimangono sono i seguenti: I.
marzo 1771 da Giuseppe Urgias e Francesca Corda, povere Notizie compendiose della Sardegna ad uso della giovent
ma oneste persone. Studi grammatica, lettere umane e filo- (Genova, stamperia Casamara, 1815) dedicate al cav. D. Anto-
sofia nelle pubbliche scuole della sua patria, e intendeva an- nio Grondona governatore provvisionale di Alghero. Le me-
cora al proseguimento degli studi maggiori. Ma non potendo desime Notizie con aggiunte e correzioni furono poi ristampa-
per la povert delle domestiche fortune sopperire alle spese te in Fuligno nel 1823 co tipi di Francesco Tommassini, e
che per tal fine gli sarebbero state necessarie, si limit ad ap- dedicate dallautore al barone D. Giuseppe Manno: II. Notizie
plicarsi alla teologia morale; e tanto si affatic da se stesso, e giovevoli del tempo, della cosmografia e della geografia: III. La

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serie dei vescovi di Alghero premessa alla Raccolta poetica in Girolama Appietto cittadini sassaresi.265 Il padre, che esercit
lode di monsig. Bianco: IV. Varie iscrizioni latine, tra le quali probabilmente larte del calzolaio,266 mor in Sassari nel 23
van distinte quelle da lui pubblicate per il riaprimento della settembre 1710. La madre era gi morta molto innanzi, poi-
chiesa di N. S. della Misericordia in Alghero, per i funerali di ch si ha documento certo, che nel 31 marzo 1698 pi non
Vittorio Emmanuele I re di Sardegna, e per laltare marmoreo vivea. Nulla sappiamo de suoi studi anteriori allesercizio
dedicato al SS. Sacramento, ed eretto nella cattedrale della del notariato pubblico che poi intraprese; ma dagli scritti
suddetta citt a spese del pio vescovo D. Pietro Bianco. Pub- suoi che rimangono si pu argomentare che non fu affatto
blic ancora nel 1825 co tipi della reale stamperia di Cagliari sfornito di cognizione delle buone lettere. Nel suddetto an-
la descrizione di detto altare in forma di lettera diretta ad un no 1698 si tolse in moglie Maria Caterina De-Campus Carta
suo amico. Le Miscellanee sarde da lui raccolte, e composte sua concittadina, la quale gli apport lire ottocento di dote.
tutte di produzioni edite, cos in prosa come in verso, arriva- Costei era figlia del notaio Francesco Campus Manca e di
vano per lo meno a CXVIII volumi in 4;264 e oltre a questi la- Maria Carta cittadini sassaresi ancor essi. Da tali nozze gli
sci pure infiniti altri volumi di Memorie e di Notizie patrie ri- nacquero quattro figliuoli. Le due femmine (Francesca e Gi-
cavate dagli archivi della cattedrale di Alghero, che furono rolama) andarono entrambe a marito; Cosimo e Antonio,
per sua diligenza decentemente ordinati. Per, dopo la sua che furono li due maschi, perdettero il padre mentre erano
morte, tutti questi volumi andarono nella massima parte per- ancora minori di et, e furono da lui instituiti suoi eredi uni-
duti, e solo ne rimangono alcuni di pochissima importanza. versali. Luffizio notariale fu da lui esercitato dal 1700 al
Noi possediamo una sua epistola latina (ms.) contenente la 1725,267 dopo il qual anno cess di vivere, lasciando supersti-
descrizione storico-topografica di Alghero, la quale si vede di- te la moglie e li predetti suoi quattro figli. Tra le cose da lui
retta dallautore nel 1814 Ephysio Muscas sacerdoti calaritano, ordinate nel testamento rimarchevole la proibizione chei
ed pregevole assai per lesattezza e pel buon criterio con fece alla sua famiglia di prendere, dopo la sua morte, gli ac-
cui scritta. costumati esteriori segni di corruccio, coonestandola con
BIBL.: Urgias, Opusc. sudd. motivi religiosi che addimostrano la sincera piet cristiana

Usai Domenico, scrittore di un Diario delle cose accadute 265. Le notizie sulla persona, parenti, figli e congiunti di Domenico
nella sua patria, mentregli vivea, nato in Sassari nella secon- Usai, sulla di lui professione, e su quantaltro si contiene in questo arti-
da met del secolo XVII, e morto nella stessa citt dopo il colo, sono state ricavate, oltre dal suo Diario, dalle di lui capitolazioni
matrimoniali stipulate nel 31 marzo 1698, e dal suo testamento del 7
1725. Siccome il nome di questo cronista fu sinora ignorato, aprile 1725 esistenti in questo uffizio della R. Insinuazione di Sassari.
come oscuri rimangono tuttavia i suoi scritti, perci daremo 266. Nelle mentovate capitolazioni matrimoniali il padre di Domenico
in questo breve articolo le poche notizie che di lui potemmo Usai chiamato maestro Antonio Pedro Usai, senza indicazione dellar-
raccogliere, ricavandole in parte dal suo Diario medesimo, e te che esercitasse. Ma siccome nella pagina 1 del Diario di Domenico,
in parte ancora dagli archivi nei quali sono custodite le sue dov annotato il giorno della morte di detto Antonio Pietro sotto il 23
carte notariesche. Egli fu figlio di Antonio Pietro Usai e di settembre 1710, si riferisce che il di lui cadavere fu seppellito nella cap-
pella di S. Lucia della cattedrale di Sassari, la qual cappella di giuspa-
tronato della corporazione dei calzolai, perci argomentiamo che il pa-
264. Delle suddette Miscellanee esistono nella nostra biblioteca sarda dre di Domenico fosse calzolaio di professione.
nove volumi, uno dei quali appunto notato al dorso col n. CXVIII, 267. Esistono nel suddetto uffizio della R. Insinuazione di Sassari i suoi
dal che manifesto che fino a questo numero almeno aggiungeva la protocolli notariali divisi in due volumi (in 4), i quali cominciano dal
collezione. 18 maggio 1700, e terminano nel 29 novembre 1725.

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da cui era informato. Egli avea annotato in forma di Diario, manipolazione dei tabacchi, che gi molti anni innanzi si fa-
scritto in lingua spagnuola, tutte le cose pi rimarchevoli ac- ceva liberamente in Sassari dallindustria de privati cittadini,
cadute al suo tempo in Sardegna, ma specialmente quelle declama con molta veemenza contro siffatto provvedimento,
che succedevano giornalmente in Sassari, sua terra natale. Di e ricordati i rumori e il sollevamento che perci nacque nel
questo Diario, che sarebbe stato preziosissimo per la storia popolo, fa un assai odioso ritratto del conte di Atalaya vicer
sarda, se ci fosse pervenuto intiero, esiste un solo frammento di Sardegna, il quale, venuto in persona a Sassari con nume-
di pagine 96 (in 8), il quale da noi posseduto. Il medesimo rosa soldatesca, diede esecuzione colla forza delle armi a co-
indubitatamente autografo dellUsai,268 e si vede chiaro che testa privativa fiscale, contraddetta dagli anziani del munici-
formava parte di pi grosso volume, le di cui pagine anteriori pio, ed abborrita dalla moltitudine. Sul resto egli certo che
e posteriori andarono perdute. Comincia dalle cose accadute questo frammento sparge molta luce sulla storia sarda di quei
nel 3 agosto 1710, e cos continuando collannotazione giorna- tempi, e che lUsai particolarmente benemerito della patria
liera di quanto succedeva in Sardegna, e particolarmente in per avere, ad esempio di altri infiniti cronisti italiani, raccolte
Sassari, arriva fino al 7 aprile 1715. Lo scrittore racconta minu- le memorie contemporanee delle cose pubbliche di Sardegna
tamente ed esattamente tutti i fatti, cos pubblici come privati, per tramandarle alla posterit. Se il suo Diario nella massi-
e tra questi ultimi non dimentica mai i propri, quelli della sua ma parte perduto (e forse per sempre), noi siamo lieti di aver-
famiglia e de suoi congiunti. Siccome il periodo di tempo, cui ne salvata una bench piccolissima porzione, e di potere con
il suddetto frammento si riferisce, abbraccia gli anni nei quali tale occasione richiamare alla memoria dei sardi un nome, il
la Sardegna pass dalla soggezione verso la Spagna sotto il quale per questo solo, quando ogni altro motivo mancasse,
dominio temporario degli imperiali, vi sono molte ed impor- merita di essere ricordato con gratitudine.
tanti notizie relative ai parteggiamenti politici dei sardi per Fi-
lippo V e per Carlo III. E i turbamenti perci accaduti nelliso-
la, e le fazioni quindi suscitatesi, e i nomi e le clientele degli
aderenti al principe austriaco o al principe francese, e il modo
di governo usato dai tedeschi vi descritto con molta since-
rit. Sebbene da alcuni luoghi sembri potersi sospettare che
lautore fosse di parte imperiale, tuttavia evidente la sua
spassionatezza nel registrare quelle memorie. Perciocch, tra
le altre cose, parlando egli del quando e del come il fisco te-
desco incamer tra le regalie della corona il piantamento e la

268. Che il frammento del Diario da noi posseduto sia veramente scrit-
to di proprio pugno da Domenico Usai, si ricava evidentemente dalla
perfetta somiglianza dei caratteri dello stesso frammento co caratteri
dei protocolli menzionati nella nota precedente. E oltre a questo in vari
luoghi del frammento medesimo egli nomina vari de suoi congiunti, e
le cose ad essi accadute; dal che si rileva ancora che Usai non fu sem-
plice copista, ma vero estensore ed autore del Diario di cui ora ci ri-
mane una sola porzione.

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Val

V impadronirsi per sorpresa, il Valentino si part di nascosto dal-


lisola, e trasferitosi a Vienna con altri gentiluomini sardi, tra
quali si distingueva il Pes, port avanti con calore il progetto
gi presentato allarciduca Carlo per fare invadere la Sardegna
Vacca Uguccione Uguccione beato. dalle armi imperiali. Egli infatti si trovava sopra una nave del-
la flotta capitanata dal Leake e destinata per tale impresa, al-
Valentino, vescovo dellantica Torres, vissuto nel VII secolo lorch la medesima nellagosto del 1708 salp da Barcellona.
della Chiesa. Intervenne nel 649 al concilio lateranense con- Ma siccome il gabinetto di Vienna non si fidava intieramente
vocato in Roma da papa Martino I, e soscrisse cogli altri ve- nella sua fede, diede ordine allammiraglio, acci, venendo
scovi cattolici contro lerrore dei monoteliti e contro il Tipo meno le di lui promesse per la felicit della spedizione, lo ri-
dellimperatore Costante, acerrimo fautore di detti eresiarchi. conducesse col Pes prigioniero a Finale. La fortuna gli fu
Si crede da molti scrittori sardi che sotto il governo di Valen- propizia pi che non meritasse la labilit de suoi sentimenti.
tino gli arcivescovi turritani ottenessero dal mentovato pon- La squadra inglese presentatasi nel golfo di Cagliari, ottenne
tefice Martino I la confermazione dellantico privilegio loro quasi subito a patti quella rocca importante per la pusillani-
di essere ordinati direttamente dalla S. Sede. Non si hanno mit del vicer Giamaica, alla qual resa tenne dietro in breve
ulteriori notizie di questo prelato, il di cui nome si vede an- tempo la sommessione di tutta lisola. Il Valentino ebbe allora
notato sotto il 650 nel sinodo diocesano di Sassari convocato onori e premi ed il titolo comitale di S. Martino per s e per i
e pubblicato dal Passamar. suoi discendenti. Ma dopo nove anni di fortunata e repentina
BIBL.: Acta concil. apud Harduin, tomo III; Mansi, SS. Concil. nova et grandezza, le sorti cambiarono per lui intieramente daspetto.
ampla collect., tomo X; Muratori, Annali dItalia, anno 649; Passamar, Laudacia del cardinale Alberoni riconquist nel 1717 la Sarde-
Synod. dioeces. turrit., p. 135; Serpi, Cron. de los sant. de erd., lib. gna con quei mezzi che ognun sa, e che influirono efficace-
IV, pp. 191-192; Soggio, Vida de los SS. mart. turrit., lib. IV, cap. IX.
mente a turbare la pace europea. Il Valentino si sforz a man-
tenere nella devozione austriaca i popoli galluresi. Per la
Valentino Giovanni, gentiluomo nativo di Tempio, citt e ca-
pronta caduta di Cagliari, di Castello-Aragonese e di Alghero
po-luogo della Gallura, ed uno dei pi caldi partigiani di Car-
lo III al tempo della famosa guerra di successione al trono di in mano degli spagnuoli, lo fecero avvertito dei pericoli ai
Spagna. La sua influenza ed i suoi maneggi gli procurarono quali si trovava esposto per il suo parteggiare politico a favo-
un numero assai grande di aderenti, co quali si attest a D. re dellImpero. Pens quindi a mettere in salvo la propria per-
Francesco Pes suo conterrazzano, gi conosciuto per il suo sona, fuggendo dallisola; n ritorn a Sardegna, che dopo la
coraggio e per il mal simulato desiderio di cose nuove. Tenne cessione della medesima fatta a Vittorio Amedeo II duca di
inoltre secrete intelligenze col marchese di Villasor, col conte Savoia, sotto il di cui regno cess di vivere. Non bisogna
di Montesanto e cogli altri fautori del partito tedesco per pro- confonderlo con altro D. Giovanni Valentino di Tempio, il
clamare in Sardegna il dominio dAustria, e fu uno degli auto- quale nel 1749 rendette importanti servizi al governo sardo
ri delle turbolenze per ci suscitate in Gallura nel 1708. Non per la dispersione dei facinorosi di Monte-Cuccaro.
essendo riuscita loccupazione del castello aragonese, di cui i BIBL.: Bacallar, Coment. de la guer. de Esp., pp. 311, 315; Manno,
partigiani tedeschi ed i fuorusciti di Corsica avevano tentato Stor. di Sard., tomo IV, pp. 32, 37, 44 Dettori Girolamo.

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Valle Raimondo, pio ecclesiastico, e poeta di buon nome, na- il suo carattere ingenuo e lesemplarit della vita gli concilia-
to in Cagliari nel 7 giugno 1761 da Domenico Valle e Grazia rono la stima dellarcivescovo D. Vittorio Filippo Melano di
Guidon, e morto nella stessa citt add 29 gennaio 1837. Seb- Portula e del cardinale D. Diego Cadello suo successore.
bene suo padre attendesse alla mercatura, e dalla medesima Questultimo gli confer nel 1807 un canonicato nella cattedra-
riconoscesse lagiatezza della propria condizione, stim tutta- le di Cagliari, dopo averlo avuto al suo servizio in qualit di
via di avviarlo negli studi, vedendolo dotato dalla natura di vi- cappellano. Mentre attendeva a questi diversi uffizi e alla-
vace ingegno e di molta inclinazione per le lettere. Mandatolo dempimento scrupoloso dei doveri sacerdotali, non abban-
quindi alle pubbliche scuole, e fattolo istruire nella gramatica don mai i suoi prediletti studi poetici; che anzi coltivandoli
latina, lo eccit con amorevoli consigli alla continuazione del- sempre con perseverante affetto, non vi fu occasione o lieta o
lintrapresa carriera. E il buon giovinetto, soddisfacendo ala- solenne nella sua patria chegli non celebrasse co suoi versi.
cremente al desiderio paterno, dopo aver studiato con lode Venuto per questa sua facilit nel poetare in voce di uomo as-
lumanit e la rettorica, intraprese nella regia universit caglia- sai colto nelle polite lettere, avea ottenuto gi dal 1800 un po-
ritana il corso di filosofia, nella quale, dopo il biennio, otten- sto nel collegio di filosofia e di belle arti nelluniversit di Ca-
ne il grado di maestro. Poi si applic alle scienze teologiche, gliari, e pubblicato in tale occasione un poema didascalico
e nelle medesime consegu lonore della baccelleria, e fece intitolato I Tonni, che aveano servito di argomento al suo ra-
anche la prima prova del prolitato; ma sorpreso, mentre si gionare nellatto di pubblica aggregazione. Ma prima e dopo
preparava al pubblico esperimento, da gravissima infermit ancora, e specialmente per lannua festivit del giorno natale
che lo condusse a pericolo della vita, e quindi appresso per- di Maria Teresa dAustria regina di Sardegna, la quale per due
duti avendo in un sol giorno i genitori, la debolezza delle sue lustri circa dimor nellisola, recit pubblicamente e diede alla
forze e la sopraggiuntagli domestica sventura lo consigliarono luce molti componimenti poetici, nei quali dimostr la fecon-
ad abbandonare per sempre gli studi scolastici. Si diede allora dit della sua immaginazione. Coltiv in pari tempo le amici-
a coltivare le muse, per le quali sin dalla prima sua giovent zie degli uomini dotti, tra i quali va distinto il Carboni, poeta
avea dimostrato le pi felici disposizioni; e abbandonate intie- latino assai celebrato, il quale lo ebbe sempre tra suoi pi ca-
ramente a un suo minore fratello le cure di amministrare i ri. Ebbe inoltre corrispondenza letteraria con Giovanni Meli
fondi di negozio che aveano insieme redato dai parenti, a poeta siciliano e colla contessa Diodata Saluzzo, la quale ono-
nullaltro pi pens fuorch a poetare e ad istruirsi nei dilette- ra tanto col suo poetico ingegno le lettere piemontesi. N di
voli campi dellamena letteratura. La piacevolezza di questi onori letterari manc fuori della sua patria, e fu socio dellac-
studi lo ritenne per qualche tempo tutto immerso nelle follie cademia italiana, ed ebbe ancora doltremare onorevoli testi-
giovanili, negli amori e nelle altre incantevoli nullit del seco- monianze del suo sapere. Oppresso negli ultimi anni della
lo; ma dopo un viaggio fatto fuori patria, e dopo aver esperi- sua vita dai malori abituali della vecchiaia e dagli altri maggio-
mentato la vanit dei piaceri mondani, vest gli abiti clericali, ri che gli erano stati cagionati dallapoplessia da cui era stato
e si sagr sacerdote. Al nuovo stato da lui abbracciato corri- colpito nel 1809, continu tuttavia a leggere ed a scrivere
sposero perfettamente la sua vita posteriore e i suoi costumi. poesie come nella prima sua giovent. Per alla prontezza
Allogatosi a titolo di pensionario nel seminario arcivescovile dello spirito mal rispondendo le infiacchite forze del suo de-
di Cagliari, vi sostenne in appresso luffizio di maestro ripeti- bil corpo, cedette finalmente al comune destino degli uomi-
tore degli alunni, e fu contemporaneamente addetto al servi- ni, morendo nel suddetto anno 1837, dopo avere con edifi-
zio della segreteria episcopale. La dolcezza delle sue maniere, cante raccoglimento ricevuti i conforti estremi della religione.

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Le produzioni edite che di lui ci rimangono, sono le seguenti: La Paralisi fortunata, I voti a S. Giorgio, pubblicati tutti co tipi
I. Lisola de sogni (Cagliari, Stamperia Reale, 1798, in 4), can- cagliaritani. Dal che si vede che il Valle, se non fu perfetto nel-
tata per le nozze del marchese Pasqua colla damigella di Sor- larte divina, la quale form, finch visse, le sue pi care deli-
so, messa in musica dal maestro Michele Fusco: II. I Tonni zie, non fu per secondo a veruno nellabbondanza della vena
(Cagliari, Stamperia Reale, 1800, in 4); poemetto assai prege- poetica, e che avendo alla medesima accoppiato la coltura del-
vole, corredato di note molto erudite, e dedicato dallautore a lingegno in vari altri rami dellumano sapere, dee tenersi in
S. A. R. Carlo Felice di Savoia duca del Genevese e allora vi- conto duomo benemerito della Sardegna.
cer di Sardegna: III. I Delirii (Cagliari, Stamperia Reale, 1804, BIBL.: Valle, Poes. ed opusc. citati.
in 4), che sono una corona di sei sonetti, ed unanacreontica
per le nozze del cav. De-Quesada colla damigella dUri: IV. Vera. Vi furono tre illustri principesse sarde di questo nome.
LAntro fatidico (Cagliari, Stamperia Reale, 1808, in 4); azione Le pi antiche appartennero alla prima dinastia dei regoli ca-
drammatica, divisa in dodici scene, e composta dallautore gliaritani, e vissero nel declinare del secolo XI; e la terza che
per celebrare le nozze di S. A. R. Carlo Felice di Savoia con S. fior nel principio del secolo XII era della famiglia regnante
A. R. Maria Cristina di Borbone: V. Ercole ed Ebe (Cagliari, negli stati di Torres. Vera o Veri moglie di Torchitorio I re di
Stamperia Reale, 1812, in fol.); versi sciolti per le nozze delle Cagliari concorse a un atto di donazione di varie chiese e ter-
LL. AA. RR. Francesco dAustria con Beatrice di Savoia: VI. reni fatta dal marito nel 1066 al monistero di Monte-Cassino,
Camilla e Polidoro (Cagliari, Stamperia Reale, 1814, in 4); il qual atto riportato per intiero dal Gattola negli Annali
episodio di un poema inedito dello stesso autore: VII. Nove cassinesi. Vera si chiam ancora la moglie di Arzone e madre
componimenti poetici pel d natale di S. M. Maria Teresa di Costantino I regoli cagliaritani, la quale nel 1089 fece as-
dAustria regina di Sardegna, intitolati La magnanimit, LAu- sieme a suo marito la fondazione del monistero di S. Giorgio
gurio rispettoso, Limitazione felice, La Cessione, Il Genio sup- di Decimo e di S. Genesio, e nel 1090 in unione di suo figlio
plice, LEstro, Polidoro, Tirsiade e Glaucilla Eurotea, Le calen- laltra del monistero di S. Saturnino. E Vera di Gonnario de
de di novembre, La Gratitudine. I primi otto furono stampati Thori si appell quella pia matrona che circa il 1123 don al
in Cagliari nella Stamperia Reale negli anni 1810-17, e il nono monistero cassinese una casa sita in Coghina, secondo lauto-
in Genova nel 1818 co tipi di Giacinto Bonaudo: VIII. Gli rit di Pietro Diacono, continuatore degli Annali di Leone
Eroi (Genova, stamperia Bonaudo, 1819, in 8), poemetto in Ostiense. Alle tre sopraddette si potrebbe aggiungere la quar-
versi sciolti in lode dei principali martiri sardi, corredato di an- ta, che sarebbe Vera di Gonnario II di Lacon e di Elena de
notazioni: IX. I Coralli (Genova, per G. Bonaudo, 1822, in 8), Thori sovrani di Torres, la quale si vede nominata colla sorel-
versione del poema latino De corallis del Carboni: X. Il Tempio la Susanna in una donazione del suddetto Gonnario a favore
del Destino (Cagliari, presso Carlo Timon e figli, 1833, in 4); di Monte-Cassino. Pensiamo per che cotesta Vera sia la stes-
carme vario, diviso in tre canti, e arricchito di molte curiose ed sa Vera de Thori di cui parla Pietro Diacono, cos persuaden-
anche erudite note e di notizie patrie: XI. Un breve discorso dolo la perfetta somiglianza del nome di famiglia e la coinci-
sopra le acque termali della Sardegna (Cagliari, stamperia Ti- denza dei tempi.
mon, 1836, in 4). Oltre li sopraddetti componimenti, si hanno BIBL.: Gattola, Annal. cassin., parte I, pp. 154-155; Leone Ostiense,
ancora di lui questi altri: Il primo giorno di maggio, Gli orti di Annali, lib. IV, cap. LXVII, presso il Muratori, Rer. italic. script., to-
Armida, Leco dolente, Traduzione della Salve regina, Miscella- mo IV Gonnario II re di Torres, Arzone, Costantino I e Torchito-
nea amatoria, Inezie canore per gli ultimi giorni di carnovale, rio I re di Cagliari.

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Vero-Milis Nicol di San Laconi frate Ignazio da. venne subito occasione nella quale dovette esercitare il proprio
valore nellarte che professava. Sviluppatasi in Sassari nel
Vico Guidone Andrea, dotto medico sassarese che fior nel 1638 una febbre epidemica, la quale se non era in realt, si
secolo XVII. Nulla sappiamo de suoi genitori, n della prima credeva per comunemente un vero contagio, egli prodig
educazione da lui ricevuta. Solamente da alcune memorie aglinfermi i rimedi pi opportuni; e aggiungendo alle cure
mss. che si conservano negli archivi della citt di Sassari, si ri- personali quelle ancora dellingegno, pubblic un opuscolo
cava chegli and giovinetto a Pisa per istruirsi nelle discipline nel quale, dopo aver descritta la malattia con tutti i caratteri
filosofiche, e che col poi, avendo continuato li suoi studi, ot- che laccompagnavano, spieg il metodo da lui felicemente
tenne la laurea in medicina. Ritornato in patria, fu tosto chia- adoperato per guarirla. Il medesimo intitolato: Ad praestan-
mato a professare pubblicamente la sua scienza in quella re- tissimos archigymnasii turrenae primariae universitatis docto-
gia universit, e tanto applauso riscosse colle sue lezioni, che res pro vulgari febre dignoscenda et curanda ecc. (Neapoli,
era riputato in giovine et uno de medici migliori. Esercit in 1638, in fol.), e ottenne lapprovazione e gli encomi, non so-
pari tempo la clinica con felice successo; e nel 1630 il comu- lamente de medici tutti delluniversit di Sassari, ai quali il Vi-
ne di Sassari si valse dellopera sua, mandandolo alla vicina co ne fece lettura prima di darlo alle stampe, ma di molti altri
Corsica, per riconoscere se in quellisola si fosse sviluppata la ancora italiani, spagnuoli e portoghesi, tra quali va distinto
peste, come ne correva sinistramente la voce. Egli ademp Gabriele Fonseca archiatro di papa Innocenzo X, e autore
sollecitamente allaffidatogli incarico, e dopo un viaggio soste- della lodata opera che ha per titolo Medici oeconomia. Diver-
nuto con molti incomodi, e con pericoli ancora della propria so per assai fu lincontro chebbe presso gli altri medici sar-
salute, si restitu lietissimo alla terra natale per dileguare i ti- di, e quelli specialmente delluniversit cagliaritana. Tra costo-
mori e tranquillare gli animi de suoi concittadini. La fama del ro un Michele Scofferio, genovese di nazione, il quale nel
suo sapere, divulgatasi presto per tutto il regno, lo fece chia- primo svilupparsi dellepidemia era venuto secretamente a
mare nellanno seguente alla capitale per guarire da grave Sassari per riconoscerne la natura, scrisse unApologia ad ea
morbo il vicer marchese di Baiona, dopo che i medici tutti di quae de febribus sassarensibus scripta sunt a doctore Vico
quella citt si erano inutilmente provati a restituirgli la salute. Guidone (Ianuae, 1639, in 4), nella quale prese a combattere
Il metodo di cura da lui adoperato ebbe un esito assai felice: con molto furore le dottrine vicane. Allo Scofferio tennero
ma se questo gli frutt lodi al momento, divenne poi, se non dietro Antonio Galzerino, Mario Anello, il Sarocco e France-
la principale, una delle cause almeno che gli suscitarono con- sco Martis, membri del collegio medico di Cagliari, i quali con
tro linvidia degli altri medici che allora viveano in Sardegna; una scrittura intitolata Apologeticus sermo artium et medicinae
irritabile sopra modo essendo la vanit degli uomini, n facil- calaritanae generalis academiae doctorum adversus D. An-
mente disposta a riconoscere i propri errori, ribelle quasi sem- dreae Vico Guidonis de morbis in civitate Sassaris vagantibus
pre alla superiorit del merito altrui. Il municipio sassarese lo consultum (Neapoli, 1639, in 4), levarono bandiera contro il
elesse nel 1636 a pluralit di voti per sindaco del comune Vico, e con sarcasmi e con invettive, pi che con giusti e sodi
presso la real corte di Madrid; ma egli che amava lozio delle argomenti biasimarono le opinioni da lui adottate. La ruggine
lettere meglio che il maneggio degli affari pubblici nelle aule precedente appigliatasi allanimo di cotesti Ippocrati per la cu-
e nelle segreterie regie, rifiut modestamente lincarico. Due ra dellantrace del marchese di Baiona operata dal valente me-
anni soli corsero dalla rinunzia da lui fatta a questonore, e dico sassarese, ed aggiunta a questa lo spirito di municipalismo

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che allora fervea mattamente nei cervelli, produssero la lotta vituperi non videro il vituperio comune; chiamarsi sardi e di-
acerba che quindi suscitossi, e nella quale un uomo solo fu videre la Sardegna. N luno n gli altri noi escusiamo, e
astretto a tenere il campo contro una caterva di clamorosi avremmo voluto non parlar di essi, se fatte di pubblica ragione
provocatori. Per il Vico era di tal vigoria nellarte sua da non le scritture loro, non fossimo venuti in necessit di ragionarne.
temere siffatti scontri. E nello stesso anno 1639 rispose allo Un altro opuscolo del Vico, intitolato De carceribus infectis,
Scofferio ed a suoi seguaci; al primo collApodixis contra soventi citato in un codice ms. che contiene il sunto delle car-
Apologiam Michalis Scofferii, diretta ai professori delluniver- te antiche gi esistite nelli archivi del comune di Sassari; ma
sit turritana (Girona, in 4); ai secondi col Iudiciale sacoma per quanta diligenza siasi da noi usata, non ci fu possibile rin-
ad trutinam apologeticorum Antonii Galcerini, Sarochi, Marii venirlo, sicch pensiamo che non sia stato mai edito, e che
Annelii et Francisci Martis doctorum (Girona, in 8), cui ag- debba annoverarsi tra i molti parti de sardi ingegni che anda-
giunse lAntilogia pro anthracis curatione ab eisdem medicis rono cos spesso perduti. Il luogo e il tempo in cui il Vico
perperam instituta. Nelle allegate risposte anche il Vico pass Guidone cess di vivere sono intieramente ignorati. Pi antico
il segno, retribuendo ai suoi avversari con poca onest di pa- di Andrea, ma forse della stessa famiglia fu Gaspare Vico cit-
role il biasimo chessi aveano fatto dellopera sua. Ma nelle tadino sassarese, il quale si rendette benemerito della sua pa-
medesime sovrasta la forza degli argomenti e la fiducia del tria, legando a di lei favore tutti li suoi beni, acci servissero
retto ragionare, derivante dal profondo conoscimento della per la fondazione di nuove cattedre, specialmente di leggi e
scienza medica. Per la qual cosa lautore loro rassembra un di medicina, nelluniversit turritana. Latto testamentario col
gigante che aspramente s, ma vittoriosamente faccia guerra ai quale dispose cos generosamente delle proprie sostanze
pigmei. E si vede in lui quel camminar franco e diritto che dell8 gennaio 1606; e questo fu poi confermato da lui mede-
procede dalla fidanza nelle proprie forze; e laddove sdegna simo con codicillo di quellistesso anno.
adoperare la clava per atterrare dun colpo i suoi avversari, li BIBL.: Ind. ms. de las cos. memor. contenid. en los libros y archiv.
va giocolando quasi per diletto con arguzie sottilissime, e poi de la iudad de Saer, anno 1630, 1636 e 1638; Vico Guidone,
afferrandoli di un tratto li stramazza spietatamente al suolo. Scofferio, ecc. Opusc. cit.; Sisco, Miscell. mss., tomo III, p. 52; Ju-
N questo bastando allira sua mal repressa, mette altra volta vency, Hist. soc. Jes., parte V, lib. XV, p. 315; Manno, Stor. di Sard.,
tomo III, pp. 455, 477-478.
in mezzo quellantrace di vergognosa memoria per i medici
contraddittori, e ricanta la tristissima canzone, concitatrice
dinvidia, di antichi sdegni e di novello furore. Ognun che Vico Francesco Angelo de, dotto legista e magistrato assai di-
sappia quanto in quella et il municipalismo ardesse fiero nei stinto, il quale fior nel secolo XVII, e scrisse con varia lode
sardi petti, e le menti accecasse e dividesse gli animi, pu di sulle leggi e sulla storia di Sardegna. Nacque in Sassari nel de-
leggieri comprendere che scandalosa assai dovettessere quel- clinare del secolo precedente da messer Giovannangelo Vico,
la contesa, poich non lamore del vero principalmente, ma la il quale fu prima collettore del santo uffizio inquisitoriale in
stolta superbia di abbassare il municipio rivale guidava nelle detta citt, e poi uffiziale di giustizia nel villaggio di Bitti. Il pa-
disamine lingegno e nei parlari la lingua. Brutto esempio ne dre suo era nativo di Vico nellisola di Corsica,269 e stabilitosi
diedero al certo lo Scofferio e il Vico; pi brutto, anzi bruttissi- 269. Che Francesco Vico fosse oriundo di Corsica, e il padre suo nato
mo il Vico ed i medici cagliaritani, che non stranieri ma fratelli, precisamente in Vico, piccola citt di detta isola, non pu dubitarsene,
sostennero protervamente la domestica guerra, e nei lanciatisi trovandolo le cento volte ripetuto nelle opere del P. Vitale, antagonista e

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in Sassari, e presa per sua donna una zitella della famiglia de-
gli Artea, ebbe tra gli altri questo figlio che fu suo primogeni-
to, il quale, sollevatosi col proprio merito dallumile condizio-
ne in cui era nato, prese il cognome di Vico dalla patria del
genitore, e illustr con egregi fatti la sua terra natale, e diede
incominciamento alla nobilt ed alla fortuna della propria fa-
miglia. Nulla sappiamo de suoi primi studi n della educazio-
ne da lui ricevuta. Per certo che attese in patria ad istruirsi
nelle discipline filosofiche, e che andato poi in Ispagna per
appararvi la scienza del diritto, vi consegu la laurea nella leg-
ge civile e canonica, la quale gli fu probabilmente conferita
nelluniversit di Salamanca. Dopo il conseguimento di que-
stonore accademico ritorn a Sassari per esercitarvi lavvoca-
tura, e questa sostenne con tanta lode dintegrit e di dottrina,
che lev in breve tempo nome assai onorevole tra i pi di-
stinti giuristi dellisola. Alla fama de suoi talenti congiuntasi

coetaneo di Francesco. Cos nel propugnaculum triumphale (p. 19) dopo


un garbuglio di parole super verbo Cossu et Corsus, soggiunge: ergo de
sassaritanis a Corsica oriundis Vico, Montanacho, Basteliga, Ornano ecc.
E nella Respuesta al historico Vico (p. 52) scrive pi specificamente: el
doctor Francisco de Vico, de nacion corsicano, de la montaa y aldea de
Vico, y de nacimiento casual saares. Lo stesso dice nella p. 55 siendo Vi-
co oriundo de la villa de Vico en Corsica. Lo stesso ripete nella p. 56:
Corso es, y siendo corso, italiano. Lo stesso finalmente ridice nella p. 57:
que Vico se retire a Vico para descansar. In un altro luogo della citata
opera (p. 103), va proverbiando il Vico in questo modo: Vico no es ca-
stellano, sino sardo criollo de la villa de Vico en Corcega. E poi nella
medesima Respuesta (pp. 203, 281-282), parlando del padre del suo av-
versario, ci fa sapere che fu uffiziale di giustizia nel villaggio di Bitti:
Dir Vico que porque su padre fue oficial de Bitti Manno ecc.: Quando
Vico estava en Bitti Mannu donde su padre era oficial ecc. E poco ap-
presso: o no se acuerda, o estaria en Corcega en su villa de Vico. Che
poi il padre del Vico si chiamasse Giovannangelo, e che sia stato collet-
tore del santo uffizio in Sassari, si ricava dalle carte autografe apparte-
nenti allazienda delle orfane del SS. Rosario di detta citt, le quali noi
ebbimo sottocchio, e nelle quali, allanno 1576, si fa ricordo di Messer
Juan Angelo Vico, padre de D. Francesco de Vico, collannotazione di es-
ser egli succeduto nelluffizio della collettoria del tribunale della inquisi- Vico Francesco. Copiato dal quadro in tela posseduto dal barone di Sorso in
zione a Gavino Tavera di Sassari. Cagliari.

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felicemente la fortuna e il favore degli uomini, fu chiamato corti del 1624, perch dal re di Spagna Filippo IV fossero ac-
nel 1609 270 a occupare un seggio tra i giudici di corte (odier- colte le domande della nazione, la quale, sollevatasi in quei
na sala criminale) della reale udienza, e quindi appresso a tempi a utili e generosi pensamenti, chiedeva la formazione
trattare i negozi civili nello stesso magistrato, finch, salendo di una squadra di galee sarde per proteggere i litorali delliso-
sempre per gradi a pi grandi onori ed a maggiore rinoman- la dalle incursioni dei barbareschi, e instava ad un tempo per
za, ottenne nel 1617 la suprema procurazione degli affari fi- ridurre a coltura gli olivi selvatici, per dare incremento e favo-
scali. In questo importante uffizio rimase per due lustri, e poi re alla classe agricola, e per introdurre anche in Sardegna le
nel finire del 1627271 fu elevato alleccelsa carica di reggente arti proficue della lana e della seta. Il vicer Vivas, di cui egli
nel supremo consiglio di Aragona, la quale finalmente, dopo si avea meritato la stima, secondava in tutto i di lui consigli, in
tanto supplicare degli stamenti, e dopo le vive instanze fatte guisa che il Vico si pot dire il principale indirizzatore delle
dal parlamento convocato nel 1624 dal vicer D. Giovanni Vi- cose stanziate in quel parlamento. Per quanto maggiori furo-
vas, era stata per la prima volta accordata ai sardi. Le fatiche no i titoli chegli perci acquistossi alla stima pubblica, tanto
da lui sostenute prima di arrivare a un posto di tanta altezza pi ardita levossi contro di lui una fazione duomini potenti, i
furono lunghe assai ed onorate; e lo stesso P. Vitale, che fu quali, mal dissimulando linvidia gi concepita per la prepon-
uno de suoi nemici pi acerbi, lo encomia, tra le altre cose, deranza che i suoi pareri ottenevano in tutti gli affari discussi
per leccellenza della dottrina, per cui non dubita di chiamarlo nelle assemblee parlamentari, lo calunniarono qual uomo su-
un secondo Seneca, e per la singolare protezione da lui accor- perbo, e delle proprie opinioni, non gi tenace, ma testerec-
data, mentre sedeva giudice nella reale udienza, agli orfani, cio sostenitore. E poich non si poteva negare che le risolu-
alle vedove ed ai pupilli.272 Molto si adoper nelle suddette zioni prese nelle corti ridondassero quasi tutte in vantaggio
generale della Sardegna, si censurarono le forme, nelle quali
270. Succedette in tal carica al dottore Giovanni Massons, come lo rife- molte cose erano state risolute; e appigliatisi a questultimo
risce lo stesso Vico nella sua Storia di Sardegna (parte I, cap. XXII, fol. partito alcuni membri dello stamento militare, rappresentati da
75); e giur add 21 febbraio 1609, come si ricava da una lettera scritta D. Giambattista Zatrillas conte di Cuglieri, dimandarono al re
dal re di Spagna al vicer conte del Real in data 11 settembre 1610, col- che dichiarasse nulli gli atti tutti di quel parlamento. In questa
la quale fu deciso che il giudice Vico dovesse precedere nel suo uffizio
al giudice Gabrielangelo Dalp, come lo aveva preceduto nel giuramen- contesa che fu assai lunga e clamorosa, e che portata a di-
to. La lettera riportata dal Dexart nei Capitoli di corte (fol. 53-54); do- scussione nanti il supremo consiglio di Aragona diede sogget-
ve per da notare che corse errore tipografico nellanno, poich vi si to ad una grave scrittura del rinomato giureconsulto spagnuo-
legge che il Vico giur per la carica di giudice di corte nel 21 febbraio lo D. Francesco Girolamo de Leon 273 autore delle Decisioni
del 1590, dovendosi leggere invece del 1609. Dal medesimo Vico (loc. valenziane (Decisiones valentinae) si mescolarono allora le
cit.) sappiamo chegli fu promosso nel 1611 alla carica di giudice civile,
e nel 1617 allaltra di avvocato fiscale nella stessa reale udienza.
271. Il Vico (loc. cit.) annota solamente lanno di questa sua promozio- dice ancora dello stesso Vico, che en quantos puestos ha ocupado, y
ne, che fu il 1627; ma siccome il Dexart (Cap. cur. regn. Sard., fol. 569) partes ha estado, particularmente en Sardea siempre fue consuelo,
riferisce che in surrogazione del Vico fu nominato avvocato fiscale alivio, y refrigerio de pobres, huerfanos, pupillos, y biudas.
presso la reale udienza il dottore D. Nicol Escarchoni nel 13 marzo 273. La suddetta scrittura intitolata Discurso del doctor Don Francisco
1628, sembra potersi inferire che la di lui nomina a reggente nel supre- Geronimo de Leon, del conseio de su magestad en el supremo de Ara-
mo consiglio di Aragona sia accaduta verso la fine del 1627. gon, acerca del parlamento celebrado en el reyno de Cerdea por el vir-
272. Antes bien lellam siempre (cio il Vico) el segundo Seneca (Vi- rey Don Juan Vivas de Caamas ecc. el ao 1624 (en Madrid, por Luis
dal, Resp. al histor. Vico, p. 2). E nella p. 33 della medesima Respuesta Sanchez, 1625, in fol.), ed esiste nella nostra biblioteca sarda.

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malnate gare di municipio, delle quali il Vico avea gi dato Di questo lo accusarono pi comunemente i suoi contradditto-
qualche indizio; al che aggiungendosi glinteressi privati di ri; e come spesso suole accadere, passando essi duna in altra
molti baroni, che si dolevano dellenormit e dellineguaglian- accusa, arrivarono a tassarlo di superbia, di venalit e di pre-
za con cui era stato imposto il servizio dei cavalli leggeri, e il potenza; nel che per la calunnia super di certo la verit e la
nuovo carico di vettovagliare le galee nazionali,274 non a di- stessa invidia.276 Uomo egli fu in ogni altro rispetto di virt e
re come aspramente venissero a conflitto gli animi gi di per di dottrina assai rare, e tanta stima conciliossi nel supremo
s irascibili de dissenzienti. Ma le corti del 1624 furono ap- consiglio di Aragona, che fu riputato a quei tempi uno de suoi
provate dal re cattolico; e tocc poi al Vico medesimo dim- luminari maggiori. Il monarca cattolico Filippo IV lonor in
piegare lopera sua, acci le risoluzioni prese dai tre bracci pari tempo del suo regio favore, e non solamente gli commi-
del regno, quelle specialmente che si riferivano alla forma- se gli affari di maggiore importanza che dal 1630 in appresso
zione di una squadra marittima, ottenessero pronto ed intiero furono decretati dal governo spagnuolo pel reggimento civile
leseguimento.275 Andato a Madrid per occupare il seggio lu- e politico della Sardegna, ma per uneccezione molto onore-
minoso, cui era stato chiamato, vi risplendette tra i sommi uo- vole, n mai per lo innanzi posta in esempio, gli lasci eserci-
mini che in quella stagione sedeano nel supremo consiglio di tare dal 1634 fino al tempo di sua morte le funzioni di vice-
Aragona, non solamente per la scienza legale di cui era a do- cancelliere di Aragona, sebbene non gliene accordasse il
vizia fornito, ma ancora per la gravit de costumi, per linte- titolo e le prerogative. Il Vico corrispose con molta prontezza
grit de giudizi, e per le altre doti tutte che ai sommi maestra- e con pari felicit alla fiducia che in lui si riponeva, e oper
ti si addicono. Un vizio solo, e gravissimo, se vera corre la nel suo uffizio con zelo straordinario per accompirlo in ogni
fama, offese tanta virt; e fu questo lo smodato amore de sua parte; e nella moltiplicit istessa de gravi negozi affidatigli
suoi e la perniciosa scabie del nepotismo, per cui, prevalen- non intermettendo giammai lo studio, trov tempo per com-
dosi dellinfluenza e dellautorit che gli davano il suo grado e porre le opere che di lui abbiamo alle stampe. La prima pel
la facile acquiescenza de suoi colleghi, o poco o nulla cure- merito la Raccolta ed il Comento delle reali prammatiche; e
voli delle sarde cose, adoperava luna, e laltra esercitava ar- laltra la Storia generale di Sardegna, la quale non gli frutt n
dentemente per arricchire in Sardegna coglimpieghi civili ed molta benevolenza, n molto nome. Prima per di render pub-
ecclesiastici (quasi fossero suppellettile o retaggio di sua fa- bliche le anzidette scritture, e specialmente listoria, impieg
miglia) i pi vicini e i pi remoti congiunti, e laddove questi
mancavano, la numerosa turba dei clienti che si prosterne 276. Il padre Salvatore Vitale, non contento di scrivere, che il Vico di-
sempre, e umilissima striscia dietro ai favoriti della fortuna. sponeva a suo talento dei benefizi, dignit e uffizi tutti dellisola, e che
per fabbricarsi una casa signorile nel castello di Cagliari aveva con pre-
potenza smembrato di una camera il monistero di S. Lucia, disse che a
274. Queste, ed altre importanti notizie del parlamento sardo del 1624 si casa del Vico (gi reggente nel supremo consiglio di Aragona) i doni
ricavano dal Memorial y Relacion de todo lo que ha sucedido en el par- correvano come fiumi al mare, e che quando il Vico veleggi nel 1640
lamento que celebr el virrey Don Juan Vivas en el reyno de Cerdea, en da Sardegna per Spagna, la nave sulla quale egli era imbarcato rassem-
el ao 1624, las quales comenaron a cinco del mes de febrero, y se ac- brava larca de Noe, cargada y llena de tarneros y tarneras, de carne-
cabaron a 29 del de abril del dicho ao 1624, en Caler MDCXXIV, por ros, ciervos salumes, saladas, vinos, viandas, y cosas quantas natu-
Juan Polla, impressor del doctor Antonio Galcerin (vol. I in fol.). raleza cri, regali tutti de sus saareses ecc. Altre cose peggiori disse
275. A questo oggetto egli si trasfer a Genova per concertare a nome ancora; ma per buona ventura, n vi fu allora, n vi adesso chi voglia
del governo spagnuolo colla repubblica ligure i patti della fabbricazio- credere alle furiose e maniache invettive del P. Vidal (vedi Vidal, Resp.
ne e dellarmamento delle galee. al histor. Vico, pp. 76, 89, 92, 97, 206, 304).

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anni e fatiche non poche per raccoglierne i materiali, e intra- si vuol prestar fede al Vitale)280 di rinunziare allalta sua carica
prese molti viaggi in Ispagna ed in Italia, e ritorn a Sarde- ed agli onori del mondo, e di rinchiudersi in un chiostro per
gna, consultando dappertutto le biblioteche e gli archivi che consumarvi quietamente il resto de suoi giorni. Forse la mor-
potessero somministrargli documenti appropriati al suo dise- te poco innanzi accaduta di Elena Francisco y Cedrelles, gen-
gno. Lultimo di detti viaggi fu da lui fatto nel 1636, nel qual tildonna algherese chera stata sua moglie, lo avea condotto a
anno, passando per Corsica,277 approd prima ad Alghero, e tale risoluzione. Ma se questa fu vera, egli poi non la ridusse
quindi trasferitosi a Sassari, and poi a fermare la sua tempo- ad effetto, e seguit per altri quattro anni a servire allo stato,
raria dimora nella capitale del regno. Col amministr provvi- e tanto sembr crescere in lui la vigoria della mente e la
soriamente la carica di reggente la reale cancelleria,278 e con- prontezza dello spirito, quanto pi andavano mancando le in-
tribu co suoi consigli e colla sua operosit a far cacciare dai fiacchite forze del suo corpo. Sorpreso per nel 1648 da grave
lidi sardi loste francese che nel 1637 avea invaso la citt di ed estremo morbo, usc di vita nel finire di quellanno mede-
Oristano. Nei quattro anni che allora rimase in Sardegna, ri- simo, dopo aver dato nella sua lunghissima carriera mortale
scosse tutti gli omaggi e tutti gli onori che si possano spera- costanti esempi di somma religione e piet,281 e prove replica-
re da uomo salito allapice della fortuna. Nel 1640 ritorn a tissime dingegno, di dottrina e di rara abilit nel maneggio
Madrid, e vi continu con auspici sempre lieti la sua carrie- de pi ardui affari di stato. Lasci tre figli, che furono Pietro,
ra. Intento ad ingrandire la propria casata, compr dal fisco prima arcivescovo di Oristano e poi di Cagliari; Diego che eb-
spagnuolo la baronia di Soleminis,279 per di cui mezzo si be in moglie Caterina di Salvatore Zatrillas; e Angelo, dalle di
perpetuasse nei suoi discendenti un titolo illustre; e non pre- cui nozze con Grazia Manca nacque Elena Vico, madre del
termettendo di adoperare il suo credito in vantaggio de pro- conte di Villasalto, uno dei pi chiari letterati sardi del secolo
pri figli, a uno di essi procur la dignit episcopale, e a due XVII. Tra le opere pubblicate dal Vico, la prima che venne in
altri distinte cariche di onore nella corte spagnuola. Cos visse luce fu la Historia general de la isla y reyno de Sardea, en
fino al 1644, nel qual anno, trovandosi gi decrepito, non tan-
to per et, quanto per le fatiche sostenute, ebbe pensiero (se 280. Ecco le sue parole: y lo que mayor impression ha hecho en mi
animo es lo que me escriven de la patria, que V. M. (cio il Vico) trata
de retirarse, para aguardar alli la edula final, en un monasterio de Je-
277. Di questo passaggio del Vico in Corsica fa ricordo il P. Vitale in uno ronimos, y Cartuxos ecc. (Vidal, Resp. al histor. Vico, p. 11).
de suoi opuscoli (Resp. al histor. Vico, p. 2), dove dice: y quando V. M. 281. Udiamone gli elogi dalla bocca de suoi stessi nemici. Ecco come il
(cio il Vico) pass en Corega para Sardea yo estava alli predicando y Vidal ce lo dipinge nel 1644: Digo pues que V. M. (parla del Vico) es
escriviendo la Cronica de Corega, hecho pregonero de sus loas, como buen christiano y patriota desapassionado, recto, decrepito, venerando,
siempre en Italia. tan espiritual y devoto, que la mayor parte de la noche, segun me dien,
278. Ne abbiamo la testimonianza del Dexart, il quale nei Capitoli di gasta en oracion; su casa abrigo y recetaculo de pobres, su haienda re-
corte (lib. III, tit. XI, cap. XXXIII, p. 859) scrive come siegue: His au- paro y subsidio de pupillos, huerfanos y biudas ecc. (Resp. al histor. Vico,
tem deficientibus etc. nullatenus fieri posse etc. anno 1636 in iudicio p. 11). Chi mai direbbe che tali parole siano state scritte da quel medesi-
verbali provisum et ordinatum fuit adversus Franciscum de Ravaneda mo Vidal, il quale in altri luoghi dello stesso opuscolo svillaneggia in
domicellum per egregium Don Franciscum de Vico regiam cancella- mille modi la veneranda canizie del Vico, e per poco non ci fa credere
riam in supremo Aragonum consilio regentem, dum ex licentia domini che sia stato un solenne impostore, un prepotente, un ladro? Di ci
regis ad hoc regnum reversus, ipsius regentis nostrae cancellariae mu- maraviglisi qualunque vuole; noi no, che avendo avuto la rara pazienza
nus administravit. di tutte leggere con attenzione le scritture del P. Vidal, ci maraviglieressi-
279. Lo riferisce lo stesso Vico nella sua Historia general del reyno de mo solo, se alcuno venisse a dirci, esservene di dette scritture una alme-
erdea, parte VII, cap. LIV, fol. 75. no che non sia piena dingiurie, di fanciullaggini e di contraddizioni.

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Barcellona, por Lorenzo Du, 1639 (due vol. in fol.). La me- quali erano custoditi molti preziosi documenti per la storia
desima era stata condotta a termine fin dal 1635; ma per la sarda, dal tempo della conquista aragonese fino al regno del-
lunghezza del lavoro tipografico, e per altri sopraggiunti im- limperatore Carlo V, perci a lui siamo debitori di molte rare
pedimenti, non fu fatta di pubblica ragione che quattro anni notizie, le quali sarebbono state altrimenti intieramente igno-
dopo. divisa in sette parti, ciascuna delle quali suddivisa rate. La suddetta storia dedicata a Filippo IV re di Spagna; e
in capitoli; ed abbraccia tutti gli avvenimenti dellisola, inco- bench nella dedica e nel proemio ai lettori lautore protesti
minciando dalle epoche pi remote fino al tempo in cui lau- di aver seguito spassionatamente la verit, per certo che in
tore scriveva. Nella prima parte si trova una descrizione com- alcuni luoghi dellopera sua egli sacrific, senza neppure vo-
piuta della Sardegna, delle sue province e delle sue citt, con lerlo, la verit alle passioni. Dominato il Vico da stemperato
generali osservazioni sul carattere degli abitanti, sullimportan- amore per la sua terra natale, tanto pose di studio nel magni-
za politica dellisola, e sulle conseguenze necessarie della sua ficarne le glorie, quanto meno curossi di esaltare il nome del-
situazione marittima tra lItalia e la Spagna. La seconda, dopo le terre rivali; ch questo veramente fu in tal rispetto il suo
alcuni capitoli che trattano dei primi popolatori dellisola, con- peccare, non quello che falsamente gli si appose da alcuni, di
tiene il racconto delle guerre tra i Cartaginesi ed i Romani che aver mentito con arte, o di avere con deliberato animo corrot-
se ne disputarono il possesso. Nella terza havvi la storia del- ta la santit del vero. Eminente fu in lui linvidia municipale, e
lintroduzione del cristianesimo, e generalmente quanto av- per invidia err pi spesso che fatto non avria, se, scrivendo
venne in Sardegna da Augusto fino allanno 768, epoca in cui delle cose della sua patria, questo si avesse fitto nella mente
Carlomagno la don alla S. Sede. Gli avvenimenti successivi a e nel cuore, che una sola era la patria sua, una sola la patria
tale donazione fino al 1297 riempiono la parte seguente. Nella dei sardi tutti, la Sardegna. Ma a sua discolpa bisogna pur di-
quinta narrata la fine della storia politica, dallinfeudazione re che visse in tempi, nei quali questa perniciosa scabie di
della Sardegna in favore di D. Giacomo II re di Aragona municipalit era troppo radicata nellisola; che la violazione
(1297) fino al 1559. La sesta non contiene che la storia eccle- dei diritti altrui, la superbia dellimperare, e larte istessa del
siastica e la serie dei vescovi dellisola fino ai tempi dellauto- governo spagnuolo fomentava il malnato fuoco delle interne
re. La settima finalmente composta dellepilogo delle infeu- divisioni; e che in mezzo agli sconvolgimenti di una vertigine
dazioni particolari delle ville e delle citt sarde, e delle varie comune egli forse credette opera santa e laudevole (non ta-
vicende alle quali ciascun feudo fu sottoposto nella successio- cendo come non tacque i fatti onorevoli delle altre citt sar-
ne dei tempi e delle persone. Lo stile dellopera puro ed de) raccontare pi amorevolmente, pi minutamente e pi
elegante, ma non ha vigore. Il Vico manca altres di critica, e enfaticamente ancora quelli del suo luogo natio. Ma egli non
non esamina con bastante sagacit i monumenti che gli servo- si sapea qual serpe dovea quindi destarsi al suono di tante
no dautorit. Quindi cade in molti errori, e spesse volte tra- smodate laudi sassaresi per cantare alla sua volta le laudi ca-
volge i fatti, e riferisce come vere le cose che non hanno altro gliaritane. Ed ecco da piccola scintilla nato in un tratto incen-
fondamento fuorch lincerta e popolare tradizione, o la testi- dio grandissimo dire mal represse e dingiurie solenni. Il P.
monianza di autori poco sinceri e di carte manifestamente vi- Salvatore Vitale, frate dello zoccolo, usc furiosamente in cam-
ziate. Per nella storia de suoi tempi e di quelli a lui molto vi- po col suo Clypeus aureus excellentiae calaritanae (1641), n
cini, i suoi racconti hanno un carattere di certezza che li rende contento di levare a cielo la sua prediletta terra di Cagliari, co-
ad un tempo pregevoli e sicuri. E siccome egli ebbe lopportu- me per Sassari avea fatto il Vico (nel che entrambi sarebbono
nit di consultare gli archivi regi di Madrid e di Barcellona, nei stati di ridicolo argomento non diversi di riso e di disprezzo

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meritevoli propugnatori), proruppe contro il suo avversario in ma di proporre le nuove che dimandate fossero dai bisogni
ingiuriose parole ed in aperte villanie. Al Vitale rispose il Vico della nazione. Gravissima e perigliosa fatica egli si assumeva,
con un libro intitolato Apologatio honorifica a las obiecio- poich tra le difficili opere dellumano ingegno la pi ardua
nes que haze el P. Fr. Salvador Vidal en su libro intitulado forse quella di crear leggi, e crearle tali che ben soddisfac-
Clypeus aureus ecc. (en Madrid, por Francisco Garcia de Ar- ciano ai legislatori ed ai popoli. Era la Sardegna in tal rispetto
royo, 1643, un vol. in fol.), nel quale, non colla gravit che si in condizione assai diversa dagli altri paesi di Europa; per-
conviene a uomo di lettere ed a vecchio maestrato, ma con ciocch per le sue vicende politiche avea sottostato a domi-
acerbo stile, e con qualche invettiva ancora ripuls le accuse nanti diversi, n mai avea goduto da due secoli innanzi di do-
del suo petulante contraddittore. Dalla qual risposta prenden- mestica quiete; e agitata da guerre intestine, e straziata da
do il Vitale nuova materia di contese, e infuriando vieppi, ambiziosi conquistatori, e poi oppressa da un numero esorbi-
come se morso fosse da vipera, pubblic nellanno seguente tante di piccoli dinasti, n avea avuto libert di crearsi da se
(1644) la sua Respuesta al historico Vico, che pu ben dirsi, stessa un reggimento conforme al suo stato e allindole gene-
senza in nulla offendere il vero, un cumulo di spropositi e di rale de suoi abitanti, n avuto avea ancora padroni sapienti
scempiaggini Vitale Salvatore. Indegna di ambidue gli scrit- e generosi, i quali di tanto benefizio partecipe la rendessero.
tori fu questa lotta; pi indegna del Vico, il di cui nome era Il codice della famosa Eleonora, gli statuti particolari di alcune
gi salito a tanta altezza, che dal velenoso soffio dellarrogan- citt, tra i quali per antichit e per grandezza di nome primeg-
za vitaliana non potea mai essere ottenebrato. Per non lo giavano quelli della repubblica sassarese, e le varie, discordi e
escusiamo dallaver dato colla sua Historia general de Sar- spesso contrarie ordinazioni promulgate nei secoli preceduti
dea occasione a tanto scandalo, e di avere in quellopera dagli aragonesi e dagli spagnuoli, troppo male ormai rispon-
mancato talvolta di giusto criterio, accogliendo senza esame devano alla cresciuta civilt delle sarde genti. La riforma era
racconti o al tutto falsi o molto incerti, e laddove era mestieri necessaria, lunit delle leggi indispensabile, e i tempi e gli
smorzare il malnato fuoco delle antiche discordie, aggiungen- uomini di questisola per lo innanzi stracurata riclamavano in-
dovi esca, almeno indiretta, collesaltare superbamente, e sieme un codice stabile ed uniforme che racchiudesse in un
spesso anche erroneamente i nonnulla municipali. Pi solen- sol corpo i diritti ed i doveri di ognuno. Questa fu lopera
ne, che colla Storia non fece, egli acquistossi la fama colla commessa al Vico; e fu questa lopera chei comp onorata-
pubblicazione delle Prammatiche sanzioni, emanate in vari mente, dando alla luce a proprie spese le leggi e prammati-
tempi dal governo spagnuolo pel reggimento civile e politico che sarde (Leyes y Pragmaticas reales del reyno de Sardea,
della Sardegna. Gi fin dal 1603 la sarda nazione riunita in Napoli, 1640, 2 vol. in fol.), divise in due libri, suddivisi poi in
parlamento sotto la presidenza del conte dElda avea diman- LI titoli, e questi in capitoli diversi con copiosi ed eruditi com-
dato che queste leggi si ordinassero e pubblicassero. La stessa menti latini. Non si addice alla natura del nostro Dizionario,
instanza erasi fatta nel 1615 nelle corti convocate dal duca di n la brevit di un articolo biografico consente il dar qui un
Gandia. Ma bench il re Filippo III vi consentisse, non fu pre- sunto particolare di questo lavoro; a di cui lode per baster
sa per tale oggetto veruna risoluzione decisiva fino al 1621, dire che vi risplende maravigliosamente nella pi parte lordi-
nel qual anno il conte dErill raun altra volta le assemblee ne e la chiarezza; che vi si scorge il sommo studio dellautore
parlamentari. Allora si pens veramente a soddisfare a questo nel mantenere inviolate le leggi fondamentali della Sardegna,
voto generale della Sardegna, e al Vico fu dato lincarico, non nellaccrescere la forza delle sovrane regalie, nel determinare i
solamente di connettere insieme le prammatiche gi esistenti, confini delle particolari giurisdizioni per impedire il pernicioso

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conflitto dei diversi poteri, nellimmaginare cautele varie e or- Omnia post obitum fingit maiora vetustas.
dinamenti vigorosi, acci nel sistema longobardico della co- Maius ab exequiis nomen in ora venit.
munanza e della promiscuit dei terreni lagricoltura e la pa- Oltre le sopraddette scrisse ancora il Vico altre due opere,
storizia, fonti primarie della ricchezza dellisola, camminassero una intitolata Consilia legalia, che citata alcune volte da
concordi al rifiorimento, nello stabilire le pene dei delitti e nel lui medesimo nelle chiose alle Prammatiche, e laltra La
proporre i mezzi di prevenirli, nel dare le norme dei doveri ai Esperanza. Esse per non videro la pubblica luce o se la
pubblici uffiziali, nel creare in una parola tutto che era neces- prima fu pubblicata colle stampe, non pervenne al certo si-
sario al reggimento interno dellintiera nazione. Maravigliosa no a noi. Il nome del Vico rimane ancor oggi in molta vene-
pu ben dirsi che fu questopera di un uomo solo, e la gran- razione presso i sardi, ed egli riguardato comunemente co-
dezza medesima del concetto, e la felicit dellesecuzione ci me il primo ristoratore della sarda legislazione.
sforza a perdonare allautore, e i proemi inutili che prepose BIBL.: Vico, Opere citate, e nellApol. honor., pp. 1-2, 22, 30, 32, 55,
ad ogni legge, e la prolissit talvolta inopportuna delle chiose, 101, 131; Vidal, Clyp. aur., nel proem.; Propugnac. triumph., pp. 1,
e lintemperanza delle citazioni, difetti questi anzi del tempo 19; Respuesta al histor. Vico, pp. 2, 11, 33, 41, 44, 52, 55-57, 76, 89,
che dello scrittore. Le Prammatiche ordinate e comentate dal 92, 97, 103, 203, 206, 281-282, 304; Dexart, Cap. cur. regn. Sard., pp.
Vico furono per circa due secoli il solo codice della Sarde- 24, 43, 53-54, 135, 233, 251, 488-489, 549, 569, 859; Quesada Pilo,
gna. Non s tosto vennero in luce, che per la intrinseca bont Controv. forens., cap. IV, p. 36, num. 14-15; Acorr, El Phenix de
erd., epist. dedic.; Memor. y relacion del parl. celebr. en el ao
loro e per la sanzione espressa di Filippo IV, furono abbrac- 1624; Leon., Discorso acerc. del parl. celebr. en Sard. el ao 1624;
ciate e venerate in tutti i tribunali sardi. Gli scrittori contem- Mittarelli, Annal. camald., tomo IV, p. 245; Madao, Dissert. sulle sar-
poranei ne scrissero colla dovuta lode, e tra essi il Dexart, de antich., epist. dedic., pp. 18, 55; Cossu, Notiz. stor. della citt di
che potea forse meglio di ogni altro giudicarne, ne parl ne Sassari, cap. XII, pp. 83-84; Ind. ms. de las cos. memor. contenid. en
suoi Capitoli di corte con parole solenni di encomio. Non los libros y archiv. de la iudad de Saer, anno 1609, 1637 e 1638; Si-
mancarono, vero, mentre visse il Vico, detrattori del suo la- mon, Lett. sopra i cultori della giurisprud. in Sardegna, pp. 11-13;
voro, e questi tanto pi acerbi, quanto maggiore era la fama Manno, Stor. di Sard., tomo III, pp. 286 ss., 456, in nota, 472, 489 ss.;
che egli ne andava acquistando. Per, dopo sua morte, spen- Mimaut, Hist. de Sard., tomo I, pp. 67, 270; tomo II, pp. 398, 654 ss.
te al tutto le passioni, e dalla verit soffocata linvidia, stette Discendente di Francesco fu Domenico Vico marchese di So-
immobile ed in eccelso luogo questo monumento glorioso del leminis, cittadino sassarese, il quale illustr il proprio nome
suo sapere, di cui nellistesso odierno incivilimento suona colla sua fedelt verso Filippo V allepoca della famosa guer-
chiarissima ed immortale la rinomanza.282 A cotesta detrazione ra di successione al trono di Spagna. I ministri di Carlo arci-
dei coetanei aristarchi accenna il Quesada Pilo nelle sue Con- duca dAustria, che governarono la Sardegna dal 1708 fino al
troversie forensi, e quindi, dopo aver tributata al Vico la giusta 1717, gli fecero perci soffrire frequenti ed inique vessazioni.
laude dovutagli, ripete opportunamente co versi di Properzio, Ma egli non cambi nientemeno di partito; e quando si pre-
sent nel golfo di Cagliari la flotta spagnuola per richiamare i
282. Una prova del merito delle Prammatiche sarde pubblicate e chio- sardi alla sommessione verso il re Filippo, fu uno dei primi
sate dal Vico sono ancora le varie edizioni che quindi se ne fecero. che eccitassero a tumulto la fazione amica al principe france-
Quelle che noi conosciamo sono le due cagliaritane del 1714 e 1727,
entrambe in due volumi in fol., e la sassarese del 1781 (due vol. in fol.) se, e tent larresto del marchese Bnites, il quale governava
data in luce da Giuseppe Piattoli, la quale per la nitidezza de caratteri, pe tedeschi la citt di Sassari e il capo di Logudoro. Quan-
per la bont della carta e per la correzione, la migliore di tutte. tunque cotesta operazione andasse a vuoto, e il Bnites si

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salvasse colla fuga, dappoich le cose quietarono, e gli spa- istraordinaria prontezza dal suo segretario Andrea Capuxedo,
gnuoli ripigliarono il comando dellisola, fu il Vico onorato e il quale per, nel portare allarcivescovo francese le ambascia-
premiato dalla corte di Madrid per le rare prove di devozione te del suo padrone, non pot impedire le rapine e le sacrile-
da lui date al legittimo monarca delle Spagne. ghe profanazioni fatte dagli ugonotti, dei quali era quasi tutta
BIBL.: Bacallar, Coment. de la guer. de Esp., p. 409; Mimaut, Hist. de composta larmata dellHarcourt. Dopo questo momentaneo
Sard., tomo II, pp. 177-178; Usai, Diario dei suoi tempi. trambusto, e dopo che i francesi, fuggitisi alle navi loro, ab-
bandonarono i lidi sardi, egli ritorn alla sua sede di Oristano,
Vico Pietro de, esimio prelato che fior nel secolo XVII. Nato e pose opera a ristorare i danni patiti per linvasione dalle
in Sassari negli ultimi anni del secolo precedente dallistorico chiese e dagli altri luoghi pubblici. Quindi continu a gover-
Francesco de Vico e da Gabriella Francisco edrelles gentil- nare con prudenza e con intelligenza singolare, e nel 1649
donna algherese, e applicatosi per tempo agli studi ecclesia- riun un sinodo diocesano, il quale assai lodato per la sa-
stici, intraprese in giovine et la via del sacerdozio, nella qua- pienza degli ordinamenti. Nel 1657 fu traslatato alla chiesa ar-
le per leccellenza de suoi costumi, e pel favore di cui suo civescovile di Cagliari, e circa un lustro dopo esercit le fun-
padre godea nella corte spagnuola, pervenne gradatamente ai zioni viceregali in qualit di presidente del regno. La sede
pi grandi onori. Fu prima decano del capitolo nella chiesa cagliaritana ebbe in lui uno dei pastori pi amorevoli e pi
cattedrale di Cagliari, e poi coadiutore dellarcivescovo di Ar- operosi. Ristaur ed ampli collo sborso di egregie somme il
borea col titolo di vescovo di Amicla, destinato a tale uffizio palazzo arcivescovile, e fece riedificare dalle fondamenta la
da papa Urbano VIII con bolle del 17 settembre 1635. Nellan- chiesa cattedrale, la quale, incominciata per le sue cure nel
no seguente ottenne la amministrazione generale della stessa 1669, fu poi ridotta a compimento circa il 1674. Gli anni estre-
chiesa di Arborea, per linabilit del metropolita Gavino Malla- mi della sua vita furono contristati da casi inopinati ed acerbi.
no, e dopo la costui morte, avvenuta nel 1641, divent in ef- Le corti del 1666, che tanti danni partorirono per le cose sar-
fettivit arcivescovo di Oristano. Mentre reggeva quella dioce- de, ebbero per lui ancora un infelice risultamento. Accusato
si in qualit di coadiutore diede belle prove di zelo per come partigiano del marchese di Laconi e dei suoi progetti,
lincremento spirituale e temporale del suo gregge, e si distin- dopo che costui fu assassinato, e ucciso per vendetta il vicer
se specialmente per la coraggiosa fermezza addimostrata nel Camarassa, prov i rigori dellanimo cupo e sospettoso del
1637, quando i francesi, capitanati dal conte di Harcourt e duca di S. Germano, venuto a Sardegna con istraordinari po-
dallarcivescovo di Bordeaux, invasero repentinamente la sud- teri conferitigli da Marianna dAustria per punire gli uccisori
detta citt. Riparatosi col clero nella vicina terra di S. Giusta, del regio rappresentante. In conseguenza di questi fatti egli fu
gareggi in ardenza ed in attivit co ministri secolari dellisola chiamato nel 1670 a Madrid, e vi rimase circa due anni a tito-
per cacciare sollecitamente i nemici dal paese da essi occupa- lo di esilio onorato. Ma poi, essendosi giustificato col gabinet-
to, e in tale occasione scrisse una bellissima epistola latina al to spagnuolo, ottenne la permissione di restituirsi alla sua
mentovato arcivescovo di Bordeaux, la quale si ha alle stam- chiesa di Cagliari, dove cess di vivere nel 1676. Solenni assai
pe, e colla quale, rappresentandogli i doveri del suo carattere furono gli onori rendutigli, e gli si recit lencomio funebre,
episcopale, cui molto male si addiceva il comando militare di che fu poi pubblicato colle stampe. Fu uomo il Vico di molta
genti da guerra, lo esorta con patetiche e molto commoventi piet, amante dei dotti e dotto egli stesso, liberale verso i po-
parole a risparmiare al suo popolo di Oristano i dolori e i veri, e in tutte le azioni sue continentissimo. Cos ce lo dipin-
danni del saccheggio. In tali frangenti egli fu assistito con gono tutti gli scrittori contemporanei, e le sopraddette opere

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da lui eseguite mentre vivea ne rendono indubitata testimo- chiesa di S. Giuseppe annessa al collegio massimo della com-
nianza. Abbiamo di lui il mentovato sinodo diocesano. Il me- pagnia di Ges, dove si vede ancora il monumento che rico-
desimo intitolato Constituciones y Decretos de la synodo pre le sue ceneri. Siccome, mentre vivea, era tenuto in concet-
dioecesana arborense ecc., en Sacer, en la emprenta de Hiero- to di uomo santo, cos dopo la di lui morte corse il popolo in
nimo Castelv ecc., por Antonio Seque, 1650 (1 vol. in 4). Al- folla alle sue esequie per avere alcuna reliquia delle sue spo-
la fine del sinodo si legge il Catalogo degli arcivescovi di Ar- glie terrene, e rendette in tal modo una testimonianza solenne
borea, cominciando dal 1070 fino al 1649. alle sue virt. Di questo esimio prelato ci rimane il sopraddetto
BIBL.: Vico, Constitution. y Decret. sudd.; Canales, Invas. de la ar- sinodo, stampato in Roma nel 1698. scritto in lingua spa-
mada franz. en Oristano; Vico, Hist. gen. del reyno de Sard., parte gnuola ed intitolato Constituciones synodales del obispado de
VI, cap. LXXVIII, fol. 106; Madao, Dissert. sulle sarde antich., epist. Ampurias y Civita, en Roma, MDCXCVIII, por Juan Jago Ko-
dedic., p. 18; Acorr, El Phenix de Sard., epist. dedic.; Mattei, Sard. merek (1 vol. in 4). I capi nei quali diviso sono 25, e vi si
sacr., pp. 108, 252; Manno, Stor. di Sard., tomo III, pp. 294, 296, leggono alla fine i decreti della sacra congregazione del con-
301, 303, 309. cilio di Trento in data dell8 maggio 1694 e del 21 novembre
1695, col primo dei quali fu deciso che i sinodi diocesani po-
Vidal Salvatore Vitale Salvatore. teano alternativamente essere convocati nella sede di Ampu-
rias e di Civita, ma che convocandosi nella prima di dette
Villa Michele, prelato di santa vita e di dottrina non volgare, chiese non fosse obbligato il clero della seconda ad interve-
il quale fior nella seconda met del secolo XVII. Nacque in nirvi personalmente; e collaltro fu dichiarato che il sinodo
Sassari da onesti parenti, e abbracciato avendo nel quinto lu- ampuriense celebrato nel 1695 si pubblicasse, e fosse ancora
stro di sua et lo stato ecclesiastico, si distinse ben tosto per obbligatorio per la diocesi di Civita.
lesemplarit dei costumi e per la costante applicazione agli BIBL.: Villa, Constituc. synod. sudd.; Soggio, Vida de los SS. mart.
studi teologici. Il buon nome che perci acquistossi nella sua turrit., lib. III, cap. XII; Mattei, Sard. sacr., p. 190.
patria gli serv di scala per ascendere gradatamente allalto
onore episcopale. Fu prima rettore della chiesa parrocchiale Villa di Chiesa frate Andrea di Sardegna frate Salvatore di.
di Cheremule, piccola terra del Logudoro, e poi delle due ur-
bane di S. Sisto e di S. Pulinare in Sassari, dalle quali nel 19 Villa-Hermosa Stefano Manca marchese di, distinto militare ed
novembre 1688 fu promosso al vescovado di Ampurias. Tra le abile uomo di stato, benemerito specialmente per le utili insti-
cose da lui operate, mentre governava quella diocesi, va ri- tuzioni e per i miglioramenti dellagricoltura da lui promossi a
cordato il concilio diocesano chei celebr nel 17 e 18 aprile vantaggio della Sardegna. Da Giacomo Manca, gentiluomo sas-
1695, il quale fu pubblicato colle stampe, ed un monumen- sarese uscito dallillustre casata dei duchi dellAsinara (oggi Val-
to bellissimo della sua sollecitudine pastorale. Il P. Soggio, lombrosa) e da Caterina Aymerich dei marchesi di Laconi, ei
scrittore contemporaneo al Villa, fa di lui molti elogi, e com- nacque in Cagliari add 30 novembre 1767. Ricevette nellinfan-
menda specialmente la santit della sua vita, per cui fu tenuto zia uneducazione assai diligente, e poich pass gli anni della
dai coetanei in grande venerazione. Dopo dodici anni di glo- fanciullezza, fu accettato in qualit di paggio al servizio di Vit-
rioso episcopato, essendosi trasferito alla sua patria per trova- torio Amedeo III re di Sardegna. Nominato in appresso sotto-
re rimedio alle abituali infermit di corpo che lo travagliava- tenente di cavalleria nellarmata piemontese, si trasfer in Sa-
no, vi mor piamente nel 3 giugno del 1700, e fu sepolto nella voia per raggiungere il reggimento cui era stato incorporato; e

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col diede belle prove di attivit e di valore in vari fatti dar-


me contro i francesi. In uno dei medesimi, essendosi spinto
fra i primi per respingere il nemico che si avanzava furiosa-
mente contro le trincee del suo distaccamento, fu colto da un
colpo di cannone tirato a scaglia, da cui ebbe sfracellata la
gamba destra, e scavalcato con impeto cadde a terra semivi-
vo, e rimase prigioniero di guerra. Dopo alcun tempo passato
in cattivit presso i nemici, ebbe lo scambio co prigionieri
francesi e ritorn in Piemonte. Allora la fortuna, che dovea
quindi sollevarlo gradatamente a tanti onori, mostrossegli be-
nigna in viso, quasi per compensarlo della prima e breve
acerbit sua nei militari conflitti. Creato scudiere di Carlo Feli-
ce duca del Genevese e di Placido Benedetto conte di Moria-
na, principi entrambi del sangue reale, crebbe amato ed ono-
rato tra le splendidezze della corte, e intese a coltivare il
proprio spirito con utili e svariate cognizioni. La felicit del
suo ingegno si prestava facilmente ad ogni genere di studi;
ma quello in cui egli pose pi efficacemente ogni suo nervo,
fu lo studio degli uomini e de tempi, dal quale, se pi o me-
no felice, e dalla qualit degli oggetti che pu abbracciare,
deriva larte cortigianesca e la cos detta politica di stato. Nel-
luna e nellaltra egli divent versatissimo, e mentre dallun
canto si acquistava la stima dei principi sabaudi, e special-
mente del duca Carlo Felice che gli pose poi tanto amore, si
andava daltra parte prestamente formando allardua e lumi-
nosa scuola degli uomini pubblici. Nel 1799 segu fino a Sar-
degna la real corte di Torino, fuggitiva e raminga da suoi stati
di terra-ferma, dopo la violenta occupazione fattane dalle ar-
mi francesi; e rimasto in Cagliari col duca del Genevese, fu
uno de suoi pi intimi consiglieri, ed ebbe parte in tutti i
provvedimenti emanati da quel savio principe per linterno
reggimento dellisola che gli era stato affidato. A lui principal-
mente dovuto il pensiero della creazione di una societ
agraria ed economica nella capitale del regno, la quale con
ottimi auspici fu eretta nel 14 luglio 1804 colla regia sanzione
data in Gaeta da Vittorio Emmanuele I, e col favore del duca Villa-Hermosa marchese di. Copiato dal quadro in tela esistente nellospizio
Carlo Felice di Savoia, che ne fu dichiarato capo, fondatore e delle Orfanelle in Cagliari.

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fautore. In questo tempo medesimo egli attese ad ingrandire beneficenza eretta in Cagliari, e il pubblico ospizio degli orfa-
la sua fortuna domestica, migliorando con nuovi metodi di ni fondato nella stessa capitale, e listruzione pubblica pi av-
coltivazione le vaste e feraci terre della villa dOrri pervenu- vivata e pi estesa, e il benefizio delle chiudende finalmente
tagli nel retaggio paterno; e mentre in ci si affaticava con accordato: e molte altre che sarebbe assai lungo il ricordare,
bellesempio dintelligenza e di attivit, sopraggiunse ad in- furono opere alle quali egli contribu potentemente colla co-
grandirgliela senza molte fatiche la rara generosit del duca stanza delle sue preghiere, de suoi consigli e della sua me-
di S. Pietro, ricchissimo signore sardo, il quale donogli a titolo diazione. Conoscitore inoltre de veri fonti, dai quali princi-
di pura benevolenza il feudo di Villa-Hermosa e di S. Croce, palmente pu derivare la ricchezza della Sardegna, applic
donde poi derivogli lonorificenza marchionale. Da questo lanimo a insegnare collesempio il come ai gi esistenti si
punto la di lui carriera divent un seguito di lieti eventi e di possano utilmente congiungere nuovi metodi di coltivazione
principeschi favori. Nel 1807 trovandosi al seguito del suddet- delle terre, e di nutrimento e custodia dei bestiami; e la sua
to duca del Genevese che si trasfer a Napoli per celebrare le villa dOrri in cui egli facea eseguire moltiformi agronomici
sue nozze con Maria Cristina figlia di Ferdinando IV re delle esperimenti, divent in breve una scuola pratica di agricoltu-
Due-Sicilie, fu decorato dellordine supremo di S. Gennaro, e ra, da non avere invidia daltre somiglianti gi stabilite molto
nel 1808 della gran croce dellordine mauriziano. Ritornato a innanzi nei paesi pi industriosi e pi inciviliti. A queste virt,
Cagliari, fu eletto per acclamazione presidente perpetuo della che furono tutte cittadine, accoppi la magnificenza nei modi
mentovata societ agraria ed economica, della quale si ren- esterni, la stabilit del carattere, la penetrazione e la dirittura
dette in appresso assai benemerito, dispensando del proprio della mente nei gravi affari di stato. Nel 1822 si trov al segui-
con bella liberalit da essere imitata un premio decennale, to del re Carlo Felice nel congresso di Verona, e in tale occa-
che poi fu da lui rinnovato per altri cinque anni, al proprieta- sione fu decorato della gran croce di santo Stefano dUnghe-
rio del bue pi grasso che nella met di gennaio fosse espo- ria e delle insegne di S. Alessandro Newski di Russia. E dopo
sto in vendita nel mercato della capitale del regno. Reduce a la morte di questo monarca, accaduta nel 1831, il di lui suc-
Torino, fu creato capitano della compagnia sarda delle guar- cessore Carlo Alberto, che oggi felicemente regna, lo nomin
die del re Vittorio Emmanuele, nel quale uffizio dimostr mol- generale di cavalleria e gli confer leccelsa carica di gran ma-
ta abilit, molto zelo ed un eminente amore di patria; percioc- stro dartiglieria. Mentre per gli onori ricevuti, e per glimpor-
ch tra le altre cose, collinsistere egregiamente nella buona tanti uffizi ai quali era successivamente chiamato, dovea in
disciplina della guardia affidata al suo comando, apr ai sardi onorate ed ardue fatiche spendere il tempo migliore, laltro
tutti una via molto capace per correre nelle file dei reali eser- che avanzavagli impiegava tutto nella educazione de suoi fi-
citi lonorata via della milizia. Circa questo tempo medesimo gliuoli, i quali, natigli da Anna Maria Manca dei duchi dellAsi-
fu nominato socio corrispondente dellaccademia italiana. De- nara, gentildonna sassarese per virt e per senno assai valoro-
corato nel 1821 del gran collare dellordine supremo dellAn- sa, crescevano lieti alle sue speranze, e gli facevano gustare
nunziata, e cresciuto ad alto favore presso Carlo Felice re di beatissimi gli eloquenti silenzi delle domestiche mura. Fu in tal
Sardegna, al quale present in quellanno stesso gli omaggi rispetto padre di ottimo esempio e marito assai commendevo-
della nazione sarda in qualit di deputato degli stamenti, le in mezzo ai raffinati tumulti della vita civile; e quando negli
oper con magnanimo consiglio acci lisola, in cui egli era na- anni estremi del viver suo fece ritorno alla terra natale, serv
to, non fosse lultima delle terre dItalia a sollevarsi a destini mi- ancora desempio a suoi concittadini, traendo con assai fre-
gliori. E la grande strada centrale quindi aperta, ed una cassa di quenza negli ozi campestri giorni utili ed operosi, e schivando

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ugualmente le ipocrite umilt che il fasto superbo delle gran- mossi da Corsica, n accennavano pi di voler discendere
dezze cittadine. Della religione ei fu zelantissimo e delle sue ostilmente nei lidi sardi. La sua bravura nel ridurre al dovere
ricchezze liberale, usandone con isplendidezza, n mai spre- i malviventi gli merit nel 15 maggio 1642 la carica di visita-
candole collincontinenza che rende infruttuose e depauperiz- tore generale del capo di Sassari e Logudoro, la quale per
za le pi grandi fortune. Am le lettere e i letterati, e impieg esercit per pochi mesi, essendosi trasferito a militare volon-
spesso il suo potere per promuovere le prime e per diffon- tariamente nella guerra di Catalogna. Nella medesima diede
derle maggiormente nellisola, e per condurre i secondi a pi assai belle e frequenti prove di valore, per le quali Filippo IV
lieto stato che non sogliono comunemente colla sola sapienza re di Spagna lo nomin capitano di cavalleria nel reggimento
pervenire. Istruito egli stesso in molti rami dellumano sapere, levato a proprie spese dal marchese di Laconi. Ritornato poi
movea aggiustatamente i suoi discorsi, e li sosteneva con di- ad Alghero, cui sovrastavano nuovi pericoli per le scorrerie
gnit; quantunque alcuna volta dei pensamenti altrui, se a nemiche, ebbe occasione di segnalarsi in una sanguinosa fa-
suoi non consentivano, si dimostrasse intollerante, perch di- zione contro una nave francese, la quale cadde in suo potere
cono che la fortuna troppo lieta, n mai acerba, faccia gli ani- nelle marine di Porto-Conte, dopo aver egli con altri valorosi
mi incomportevoli. Per questo, se fu vero, come si narra da cittadini algheresi messi in piena rotta i soldati che dalla me-
alcuni, procedette in lui dalla fermezza del carattere, e fu di desima erano scesi a terra per scorrere e devastare il paese.
umana fermezza necessario argomento, dal quale quindi mo- In premio di questazione ardimentosa il re cattolico lo pre-
veano pi luminose le altre virt che furono della sua vita in- sent di uno dei cannoni di bronzo della nave predata, ac-
divise compagne. Uomo infine ei fu di cuore e di mente assai ci rimanesse nella memoria de suoi discendenti luminosa
elevata, del di cui nome si onorer la Sardegna, finch coloro testimonianza della vittoria da lui conseguita. Il Cossu che ri-
che al di lei bene intesero egregiamente operando, non sa- ferisce questo fatto darme al gennaio del 1644, dice ancora
ranno per volger di tempi dal patrio amore dimenticati. Mor molte lodi degli ascendenti del Villarios, e specialmente di
dasma in Genova nel 16 luglio 1838, nel passare che ei fece Francesco Amat di lui padre e dellavo Giacomo Amat, il qua-
in quella citt per restituirsi a Torino; e alla moglie e a sei figli le, venuto nel 1507 a Sardegna per governare la viceregia, si
che gli sopravvissero, pi che la ricca fortuna, lasci molti e tolse in moglie Isabella Dessena dei conti di Piccolomini, e
grandi esempi da imitare. piant nellisola il ceppo di questa illustre casata. Gio. Batti-
sta Amat eredit da suoi maggiori le feraci terre di Llunafras
Villamarina marchese di Pes Francesco. (popolazione gi esistente nellagro algherese, e distrutta non
pi di un secolo), e fu elevato nel 1646 alla dignit di mar-
Villarios Gio. Battista Amat marchese di, distinto militare, il chese di Villarios.
quale si segnal col suo coraggio nella prima met del seco- BIBL.: Cossu, Notiz. della citt di Cagl., cap. XII, pp. 186-188; Man-
lo XVII. Allet di venti anni fu nominato mastro di campo no, Stor. di Sard., tomo III, p. 306.
della fortezza di Alghero, temendosi di assalto per parte dei
francesi, lo che accadde nel 16 luglio 1640. Nel 10 aprile del Villasalto conte di Zatrillas Giuseppe.
seguente anno gli fu confermato lo stesso uffizio, ed egli lo di-
simpegn abilmente, sperperando le bande dei facinorosi che Villasor marchese di Alagon Artaldo e Biagio.
infestavano la parte settentrionale della Sardegna, postoch
non avea potuto cimentarsi co nemici, i quali non si erano Vincenzo frate di Cagliari Sardegna frate Salvatore di.

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Vitale, prelato dellantica sede di Solci, il quale fior negli ulti- nei sopraddetti di Salvatore Vitale, coi quali conosciuto pi
mi anni del V secolo della Chiesa. Fu uno dei vescovi che in- comunemente. Egli usciva per parte del padre dalla famiglia
tervennero alla conferenza congregata in Cartagine nel 484 da dei Contini, e per via di madre da quella dei Pabis, alle quali,
Unnerico re dei Vandali. Sottoscrisse alla famosa confessione con assai ridicola derivazione, diede nelle sue opere lantica
della fede cattolica presentata a quel monarca da Eugenio ve- origine romana.284 Nelle opere medesime troviamo sovente ri-
scovo cartaginese, e resistette con magnanima costanza alle petuti i nomi dellavo suo e dellava paterna, di molti altri
violenze dei nemici della fede ortodossa. Il suo coraggio nel suoi congiunti e specialmente dellavo materno, di cui dice e
difendere la verit lo espose a molte vessazioni per parte de- millanta le lodi.285 Egli riferisce di se stesso, di aver fatto i suoi
gli eterodossi, e quindi gli frutt lesilio, durante il quale cess studi in Cagliari, di avervi conseguito la laurea in diritto civile
di vivere. Signora il tempo e il luogo preciso della sua morte.
BIBL.: Victor Vitensis, De persecut. afric., lib. IV; Mireo, Biblioth. eccle- patriae maracalagonensis. E nella Respuesta al historico Vico (p. 43),
non solamente ripete lo stesso, ma fa della sua patria (e vedrassi il co-
siast., p. 73; Marcellin., Cronaca, presso il Sirmond., Opere, tomo II, me) un antico municipio romano: he nacido en Mara de los calaritones;
col. 369; Ruinart, Note al lib. IV di Vittore Vitense; Mattei, Sard. sacr., que este es el antiguo y original nombre del municipio romano Calago-
p. 129; Mansi, SS. Concil. nova et ampla collect., tomo VII, col. 1142 ss. nis. Cotesta nuova municipalit latina unassai peregrina notizia, n
Nel secolo XV visse un altro Vitale nativo di Sardegna, il quale deve andar disgiunta dalla gloria che risulta a Maracalagonis dallesservi
fu famosissimo pirata, e godette della confidenza di Alfonso V nato un etimologista cos dotto come il P. Vitale!!!
284. Habet Continios Roma? Continis habet haec regio, Mara praesertim
re di Aragona. Nel 1449 cadde colle sue navi in potere della et Septimus. Continiorum familia romana est nobilissima. Habet Roma
squadra veneta capitanata da Lorenzo Loredano, il quale appe- Papos? Habet regio Papos vocabulo laeso p in b Pabis Mara mea
na lo ebbe nelle mani gli fece mozzare il capo. Della quale familiam habuit, habetque hodie de Papis. Floruit haec familia aevo la-
azione sdegnato il re D. Alfonso, fece arrestare tutti i veneziani pso, avus meus Antiochus Papis, pater eius Injamu Papis, Impera Papis
che si trovavano ne suoi stati, e poi cacciatili oltre i confini del eius patruelis, filius Bernardini Papis ecc. (Propugnac. triumph., p. 119).
E cos continua a briglia sciolta, empiendo altre dieci pagine di tali ed al-
regno, intim la guerra alla repubblica di Venezia. Il fatto ri- tre simili amenit. Eppure dovettimo por mente anche a questi bei tratti
ferito dal Sabellico e dal Tarcagnota, della testimonianza dei di erudizione, per ricavarne qual fosse la condizione di sua famiglia.
quali si giova il Fara ne suoi libri De rebus sardois. 285. Qualunque avesse vaghezza di gustare coteste delizie vitaliane, e sa-
BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. IV, p. 351. pere quali si fossero Nanni Contini e Margherita Sanna avi paterni del no-
stro autore, e Salvatore Contini suo zio paterno, e il gran barbassoro An-
tioco Pabis avo suo materno, non ha che a leggere il Propugnaculum
Vitale Salvatore, frate dello zoccolo che fior nel secolo XVII, triumphale (pp. 95, 118-119, 128) e la Respuesta al historico Vico (pp. 28-
e lasci negli annali letterari della Sardegna un nome assai fa- 29). Egli trover una famiglia composta tutta di persone oltre secolari o
moso, pi per la stranezza e pel disordine, che pel merito quasi secolari di et. Di quellAntioco Pabis poi vi trover un mondo di
delle molte scritture da lui date alla luce. Nacque in Maracala- maraviglie Il Vitale le racconta cos minutamente che un piacere lu-
gonis,283 piccola terra della diocesi di Cagliari, verso il 1575 o dirle Era questo il suo eroe domestico, ed egli lo trasforma in mille gui-
se. Nel Propugnaculum triumphale lo fece discendere, come abbiamo
poco appresso, e ricevette nel battesimo i nomi di Giovanni veduto pi sopra (nota 284), dai Papos di Roma. Negli Annali di Sarde-
Andrea, che mut poi, nellarruolarsi alla minore osservanza, gna era salito a tempi pi remoti, e aveva detto: Antiochus Paphis avus
noster, ex antiquissima Paphos familia (Annal. Sard., parte I, p. 6). La fa-
283. Si ricava da moltissimi luoghi delle stesse opere del Vitale, tra i miglia di Pafo non si trova fuorch nella mitologia, e quindi apprendiamo
quali ne sceglieremo due soli che bastano a renderne indubitata testi- dal P. Vitale che il suo Antioco Pabis discendeva in linea retta da Pigma-
monianza. Nel Clypeus aureus excellentiae calaritanae (p. 10), parlando lione Agli schizzinosi che non vorranno crederlo noi non sappiamo che
del villaggio di Sicci, dice che il medesimo extat ad fimbrias meae cosa rispondere. Il Vitale lo ha detto, e ne cerchino da lui le prove.

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e canonico, di essersi poi sagrato sacerdote, di essere stato facondissimo; egli confidente de pi potenti magnati di Ro-
per alcuni anni commissario apostolico della santa crociata, di ma, di Firenze e di Milano; egli esempio rarissimo di piet, e
aver esercitato per quindici anni luffizio di paroco nelle chie- quasi rifondatore delle pratiche religiose gi usate ab antico
se di Muravera e di Maracalagonis, e di avere finalmente circa nel rinomato monte di Alvernia; egli instancabile riformatore
il 1617 abbandonato la chieresia secolare, facendosi frate dei degli abusi, e promotore zelantissimo delle glorie maggiori
zoccolanti nella detta citt di Cagliari.286 Sappiamo da lui an- del suo ordine minoritico; egli segno dinvidia agli emoli, e
cora che nel 1619 fu mandato da suoi superiori in Ispagna, perseguitato aspramente ed ingiustamente; egli soprattutto
dove dimor nei conventi di Alcaraz e di Cartagena; che di l scrittore infaticabile di una miriade di libri sopra argomenti
and a Roma, e studiovvi le lingue orientali nel collegio di S. vari di ecclesiastica e di profana dottrina; e se per fama no,
Pietro in Montorio; che attese nel tempo stesso a sollecitare la per frequenza almeno, limprovvisatore pi mostruoso che
causa di beatificazione del venerabile F. Salvatore da Orta; fino ad oggi sia stato di scritture istoriche, filologiche, asceti-
che poi dimor per alcuni anni nelleremo di Alvernia; che, che, morali e apologetiche, di poesie latine e castigliane do-
avutane facolt dal generale, and per un lustro intiero in giro gni specie, di sermoni, di bisticci e di commedie Ma poi-
per la Toscana e per la Lombardia, predicando in Firenze, Sie- ch, tralasciate le sue proprie testimonianze, gettiamo lo
na, Pisa, Livorno, Colle, Parma, Lucca e Milano; che viaggi sguardo sopra le opere e gli opuscoli da lui pubblicati, siamo
poi fino a Corsica, dove predic ancora, e fece incontro col costretti ad argomentare che la riputazione in che sar stato
Vico, cui poi si dimostr cos avverso nelle sue scritture; che tenuto a suoi tempi, dovette essere assai diversa da quella
ritornato nel 1636 a Sardegna, vi dimor due anni, e or in chegli immeritamente si attribuisce. Troviamo infatti chegli
Sassari nellavvento; che poi ripart dallisola, e fu altra volta a scrivea cos come venivagliene il ticchio, e che senza molto
Milano, a Firenze e ad altri paesi della Toscana; e che final- pensare empiva le carte dinchiostro, parlando disordinata-
mente, dopo altri due viaggi alla sua patria, e da questa a Ro- mente di ogni cosa, tramescolando il sacro col profano e i pi
ma,287 fermossi stabilmente in questultima citt, dove cess di gravi coi pi ridicoli argomenti, incerto egli medesimo del do-
vivere nel 28 gennaio 1647 secondo lautorit del Wadingo. ve andrebbero a terminare le sue parole, se per mala ventura
Quale fosse il nome acquistatosi dal Vitale in tante diverse del mondo letterario avesse una volta incominciato ad aprir
contrade dItalia, non avremmo bisogno di ricercarlo altronde, bocca. Nei venti anni, nei quali il P. Vitale and qua e l aggi-
poich egli in tutte le opere sue parla di se medesimo cos randosi, compose appunto tutti i libri che di lui ci rimangono;
frequentemente e con tanta confidenza, che, volendogli cre- e che sorta di libri sian questi, oltre ci che ne diremo qui ap-
dere, dovressimo riputarlo pressoch un prodigio. Egli oratore presso, pu ognuno di per s immaginarlo, considerando
chegli non ebbe mai lusanza di ben maturare e di limare li
286. Vedi Vitale, Resp. al histor. Vico, pp. 14-15; Propugnac. triumph., suoi scritti, ma che tali solea darli alla luce quali gli venivano
pp. 117, 273, 282, e negli altri suoi opuscoli, in moltissimi luoghi che fatti di primo getto, quasi lo scrivere non differisse punto da-
non occorre qui citare, per non offendere con tante minutezze la pa- gli atti spontanei della vita animale, che senza molta fatica, e
zienza dei lettori. spesso ancora involontariamente, si esercitano. Bastavagli che
287. Vedansi tra gli altri opuscoli il Propugnaculum triumphale ecc. il nome suo apparisse per le stampe: fossero poi queste buo-
(nellapprov. e nelle dediche, pp. 25-26, 28, 78, 285, 301), la Respuesta
al historico Vico (nella dedic., pp. 14-15, 26, 60-61, 64-73, 77-88), la ne o cattive, egli non se ne prendea pensiero; e della poste-
Madriperla serafica (nellapprov. e nella dedica e p. 452), e la Cronica rit, quando verrebbe, che cosa mai dovea premere a lui che
serafica montis Alverniae (pp. 10, 229 e altr.). sarebbe gi polvere ed ombra? Pure, siccome scrisse in

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tempi, nei quali le gare di municipio ardevano fierissime in Francesco Bribo, 1639, in 4), la quale dedicata al principe
Sardegna, e una buona porzione de suoi opuscoli tutta di di Melfi vicer di Sardegna: XI. Annales Sardiniae, pars pri-
materie municipali, non manc di encomiatori e di proseliti ma (Florentiae, ex typographia Sermartelliana, 1639, 1 vol.
che applaudissero con entusiasmo alle sue scempiaggini. An- in fol.), dedicata a Ferdinando II granduca di Toscana: XII.
zi, e di peggio, coloro medesimi, ai quali nulla dovea calere Chronica sacra de Corsica (Firenze, 1641, in 4): XIII. Clypeus
dei suoi spropositi senza fine, ebbero la debolezza dimpu- aureus excellentiae calaritanae (Florentiae, typis Philippi Pa-
gnare la penna contro di lui, e di perdere in vane e scandalo- pinii et Francisci Sabatinii, 1641, in 4), dedicato al senato e al
se contenzioni il tempo; il tempo appunto che meglio di ogni popolo di Cagliari: XIV. Theatrum triumphale mediolanensis
altro dovea fare e fece veramente sulle scritture vitaliane le urbis magnalium (Mediolani, 1642, 1 vol. in fol.), dedicato al
meritate vendette. Tra costoro va distinto il Vico, municipalista re e allinfante delle Spagne: XV. Propugnaculum triumphale
esagerato quantaltri mai, il quale, provocato a tenzone, usc in adnotationes sive censuras authoris innominati ecc. (Me-
in campo a combatterlo, e la gravit del suo senno, e la di- diolani, per Joannem Baptistam et Julium Caesarem Malatesta,
gnit istessa del suo nome si pose in grave rischio di contami- 1643, in 4), scritto in difesa della prima parte de suoi Annali
nare, rispondendo diffusamente a cui una sola e pi breve ri- di Sardegna, e dedicato al duca Fabrizio Doria vicer di Sar-
sposta si addiceva, il silenzio ed il disprezzo. N a nessuno degna, e a D. Agostino Tola arciprete della cattedrale di Bosa:
paia grave questo nostro giudizio; perciocch Giacomo Peri- XVI. Le tre ore che Cristo stette vivo sulla croce (Milano, 1643,
zonio, critico di gran nome ed estero scrittore, nel quale n in 8): XVII. Respuesta al historico Vico (Venetiis, 1644, in 4),
studio di parti n altra sinistra prevenzione si pu supporre, dedicata a Filippo IV re di Spagna, e destinata a combattere la
avvenutosi per caso in alcune opere del Vitale, e specialmen- Apologatio honorifica ecc. che nellanno precedente il Vico
te negli Annali di Sardegna, ebbe a perdere di un tratto la avea pubblicato in difesa della sua Historia general de Sar-
pazienza, e ad esclamare: che autore pi inetto e pi pazzo dea violentemente attaccata dal Vitale nel Clypeus aureus
di questo non vide il sole giammai: huiusmodi auctore (del suddetto: XVIII. Settenario serafico (Milano, 1644, in 12):
Vitale) ineptiorem stultioremque ipse sol nunquam vidit XIX. Annales Sardiniae, pars II (Mediolani, typis Jo. Petri Car-
(Praefat. in Thesaur. antiq. et Histor. ital., p. 3). Le sue scrit- di, 1645, in fol.), dedicata a Giovanni Arias Maldonato consi-
ture, secondo lordine dei tempi in cui egli le fece di pubbli- gliere nel senato di Milano, e inserita colla parte prima, di cui
ca ragione, sono le seguenti: I. Floretum alverninum (Firenze, sovra, nel tomo XV del Thesaurus antiquitatum ecc. del Gre-
1626, in 12): II. Monte serafico dellAlvernia (Firenze, 1628, vio e del Burmanno: XX. Paradisus portiunculae sacrae (Mi-
in 4): III. Trilogio della Via Crucis (Firenze, 1629, in 16): IV. lano, 1645, in fol.), dedicato al re cattolico: XXI. La vita di S.
Teatro serafico delle stimmate di S. Francesco dAssisi (Firenze, Chiara dAssisi (Milano, 1646, in 4). Oltre gli anzidetti opu-
1629, in 4): V. Chronica seraphici montis Alverniae (Firenze, scoli, sono ricordati nella Madriperla serafica, e cita egli stes-
per Zanobi Pignoni, 1630, in 8), dedicata a D. Emmanuele so nella Respuesta al historico Vico (p. 56), e nel Propugnacu-
Perez duca di Medina-Sidonia: VI. Apodixis sanctitatis B. lum triumphale (p. 307) una sua Respuesta a una Apologia en
Francisci (Firenze, 1630, in 12): VII. Floretum angelinum lengua italiana contra los espaoles, e il Direttorio della
(Sassari, 1637, in 8): VIII. Aurora seraphica (Sassari, 1637, in croce, e la Militia sacra evangelicae pacis, e finalmente Ma-
4): IX. Sa vida, martiriu e morti de S. Antiogu, canto in ottava nuscripta multa plusquam quindecim, nondum impressa, sa-
rima cagliaritana (Sassari, 1638, in 8): X. Madriperla serafica cra et non sacra volumina, quam citius, vita comite, praelo
della vita e miracoli del B. Salvatore da Orta (Sassari, per Gio. danda ecc. (Propugnac. triumph.). Buon per noi, e per chi

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visse prima di noi, che questaltra impetuosa fiumana di libri meno del suo dotto avversario. Nel Clypeus aureus excellen-
non isbocc fuori delloscurit, poich, se tanto danno ancora tiae calaritanae, per dimostrare che Cethim fu primo re di
sopravveniva alle sarde lettere del secolo XVII, esse perivano Sardegna, arreca in mezzo il villaggio di Sicci e il fiume di
di certo in mezzo a tanto diluvio miseramente affogate. Il vo- Cicc, e sa foxi (foce) de Cicciu, denominazioni, secondo lui,
ler dare delle sopraccennate opere vitaliane, non che un sun- derivate dalla parola Cethim (p. 10). E altrove (pp. 26-27)
to ordinato, un giusto saggio almeno, noi la estimiamo impre- vuol provare che i Tirreni abitarono pi probabilmente la par-
sa impossibile a un tempo e di niun frutto. Scritte son tutte te meridionale di Sardegna, e che nella medesima fabbricaro-
cos stranamente, cos confusamente, e con tanti e quasi infi- no molte torri, allegando in esempio il refettorio dei frati car-
niti andirivieni, che chiunque si attentasse a entrarvi dentro e melitani del suo tempo, il quale si chiamava Turris longas; al
fermarvisi, o non troverebbe il filo dArianna per uscirne, o vi quale argomento, come ognun vede, non si pu rispondere
perderebbe forse anche il cervello. Tuttavolta, acci i lettori unacca. E dopo alcune pagine, converte in fontane perenni
non rimangano affatto insapevoli del modo di scrivere del Vi- tutti i pozzi di Cagliari (pp. 52-53), e sembragli aver trovato
tale, e delle tante stranezze colle quali infior li suoi scritti, ne la bella giuggiola nel pozzo di messere Tristan, e nellacqua
citeremo alcune solamente, dalle quali sar facile ad ognuno di quello che circumfertur per urbem in doliis sicut deliciae.
largomentare il restante. Non parleremo degli Annali di Sar- In altro luogo poi (p. 139), spiccando colla sua fervida imma-
degna, n della patria sarda da lui attribuita allimperatore ginazione un volo assai pi alto, trov nella fontana di Gany
Cocceio Nerva (parte II, p. 110), n della nascenza di S. Ilario che scorre nelle circostanze di Maracalagonis lAganippe istes-
papa in Maracalagonis (parte I, p. 21), n del tramestio di so, n pi n meno, della greca mitologia. Nel Propugnacu-
pazze parole e di pi pazzi argomenti da lui fatto per provare lum triumphale, in cui combatte le censure dellanonimo au-
che Longino addimandavasi il centurione, il quale confess tore ( Sequi Giuseppe) che de suoi Annali di Sardegna
appi della croce la divinit di G. C., e che cotesto suo Longi- avea parlato poco modestamente, non si pu tener dietro alle
no era sardo, sarda ancora la coorte che a lui obbediva, e che tante babbuassaggini, delle quali ripieno da cima a fondo.
le sue ceneri furono discoperte in Cagliari nel 1626 (parte II, L si leggono le maraviglie dei fonti, dai quali a vece dacqua
pp. 84-90). E lascieremo volentieri la mole capitolina riscossa scaturiva vino (p. 17); l raccontato, come un prodigio, che
dalle fondamenta, e la statua di Giove fulminata, e i tre soli le mosche non saltassero mai addosso ai vasi di generoso vi-
apparsi in Cagliari quando nacque il Salvatore (parte II, pp. 2- no custoditi in cantina nel convento di Morella in Valenza, e
3 ss.), e le rupi della sua terra natale, e quelle di Ulazai e di che mai quindi que buoni fraticelli dello zoccolo avessero in
Dorgali, e laltra di Cagliari, allostro precisamente della chiesa refettorio a levarsele via dal naso (p. 94); l si veggono con-
maggiore, che tutte muggirono, e si apersero squarciate vertite con nuova metamorfosi tante famiglie sarde del secolo
profondamente per lo dolore, quando spir lultimo fiato il XVII in antichissime famiglie romane: i Broccu in Proculi, i
Redentore del mondo (parte II, p. 35 ss.); e Simone cireneo, Tidus in Titi, i Lallu in Lelii, i Masala in Messala, i Cozzas in
che sopport la croce quando Ges si avviava vittima inno- Cotta, i Loddis in Lollii, i Saba in Sabini e i Cocco in tanti pro-
cente al Calvario, nato e cresciuto in Geremeas nella provincia nipoti di Orazio Coclite (p. 118 ss.). Ma tutto questo un bel
cagliaritana (loc. cit., p. 36); e le mille altre frenesie, delle nulla a paragone degli spropositi dei quali ha empiuto la sua
quali sono piene quelle pagine da lui appellate istoriche; e di- Respuesta al historico Vico. Prescindiamo, chegli afferma e
remo invece alcuna cosa degli altri opuscoli da lui scritti con- nega in un sol punto le cose istesse, n si sa bene qual fosse
tro il Vico, nei quali pose ogni suo nervo, per non parere da il vero concetto in che da lui era tenuto il Vico, poich ora lo

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leva a cielo con lodi sperticate, e lo appella religiosissimo e due volte mandato in bando dallisola; e questa accusa fatta a
dottissimo, un secondo Seneca, e per et e per costumi ve- lui solo, maledire come delitto gravissimo apposto a tutto lor-
nerando (pp. 2, 11, 33, 41, 44); ora lo mette gi al fondo, dine francescano; e purgarsi dalla calunnia che gli era fatta di
svillaneggiandolo con ogni sorta di brutture, e apponendogli aver egli desiderato la Sardegna soggetta al dominio del gran-
calunniosamente la prepotenza, la venalit, e perfino la vilis- duca di Toscana; e niegare con fronte imperterrita che fossero
sima infamia del ladroneccio (pp. 76, 89, 92, 97, 206, 304); stati da lui composti il Floretum angelinum e lAurora serafi-
uomo non vi che possa leggere la suddetta Respuesta, e ca stampati in Sassari nel 1637; e inventare unaggressione
non applicare giustamente allautore della medesima il nome notturna fatta contro lui dai sassaresi nel recinto istesso del
di frenetico. Chi mai pu tener dietro alle lunghissime e disor- chiostro di S. Pietro; e dolersi della sarda plebe perch con
dinate tiritere contenute in quel libro? o chi noverare le ingiu- poca reverenza solea chiamarlo, ora Su Fradiminori, ora Su
rie gravissime, dalle quali ne sono ad ogni passo imbrattate le fradi Brigozzu (nella ded. e pp. 7-9, 27, 32, 164-165, 199,
pagine? Egli comincia dalla dedica di questa sua Respuesta fat- 321); e finalmente volgersi unaltra volta contro il Vico, e con
ta al re Filippo IV, a regalare il Vico dei titoli di perturbatore assai gentili parole chiamarlo uomo di fronte meretricia, con-
della pubblica pace e di calunniatore. Poi, seguendo colla flator mendaciorum, parabolano, esvanecido, invencionero,
stessa moderazione, gli rinfaccia loscurit dei natali, i doni sonador, e convertirlo in un mostruoso ippogrifo; e implorare
che ricevea da Sardegna, il nepotismo da lui alimentato, e lautorit reale, acci gli fossero tarpate le ale, per non corre-
cento e cento altre enormit (pp. 52, 55-57, 76, 89, 103, 203, re, come facea, co suoi voli cotanta altezza. Troppo a lungo
281-282 e altr.), le quali, tranne laffetto smodato pe suoi con- ne trasse il discorso, se pi oltre volessimo andar ricercando
giunti, erano al certo assai aliene dal vero. Gli volge in ironia coteste margarite vitaliane, o di tutti gli altri suoi opuscoli rife-
il titolo di gran letrado, con cui per antonomasia era chiamato rire glinfiniti spropositi e le maravigliose stranezze. Basteran-
nella sua patria (p. 41); e quando, dopo aver vuotato intiera- no, speriamo, i pochi tratti che ne abbiamo qui riportato per
mente il sacco, mancagli materia a proverbiarlo, addenta il co- formarsi una giusta idea di questautore e de suoi scritti; e
gnome suo materno, e con acutezza tutta propria del suo cer- conchiuderemo dicendo, che il Vitale, fosse sventura o desti-
vello conchiude, che basta ser Artea per essere al bene ed no, scrisse male assai, e scrisse troppo per disonorare eterna-
alla virt nemico, traendone la somiglianza da quei versi di mente se stesso, e per contaminare le sarde lettere.
Claudiano a proposito della Sardegna: Pars, quae respicit Arc- BIBL.: Vidal, Chron. seraph. mont. Alvern., pp. 10, 46, 50, 229 e al-
ton, immitis, scopulosa, procax ecc. Come poi si possano ac- trove; Vidal, Madrip. seraph., nellapprov. e ded., e p. 452 e altr.;
coppiare in paragone lArcton di Claudiano e lArtea del Vico, Vidal, Annal. Sardin., parte I, pp. 6, 21; parte II, pp. 45, 84 ss., 110
n noi possiamo indovinarlo, n forse lo seppe il Vitale me- e altr.; Vidal, Clyp. aur. excellent. calarit., nella ded., e pp. 10, 52-
desimo che lo scrisse (p. 268). Questo il generoso armeg- 53, 72-75, 162-163 e altr.; Vidal, Propugnac. triumph., nellappr. e
giamento col quale egli assalt il suo avversario; ma dove gli ded., e pp. 1, 17, 19, 25-26, 28, 78, 94-95, 117-119, 128, 136-137,
tocc difendere se stesso, assai curioso il vederlo qua e l 144 ss., 179, 234, 273, 282, 285, 287, 301, 307, 311 ed altr.; Vidal,
Resp. al histor. Vico, nella ded., e pp. 2, 7-9, 11, 14-15, 26-29, 32-33,
ghermendosi con molto strani e ridicoli movimenti; e incolle- 41, 43-44, 52, 55-56, 60-61, 64 ss., 73-77 ss., 89, 92, 97, 103, 164-
rirsi contro lautore anonimo del libricciatolo stampato in Gi- 165, 199, 203, 206, 268, 281-282, 294, 298-299, 304, 321 e altr.; Vi-
rona per censura de suoi Annali sardi; e montare in furore, co, Apologat. honorif., nel proem. e approv., e pp. 22, 30, 32, 55,
perch nel medesimo era scritto chegli fosse stato per ben 101, 131 e altr.; Mattei, Sard. sacr., in praefat., p. X.

474 475
Vit

Vittore, vescovo di Fausania (antica Olbia, oggi Terranova) X


nel sesto secolo della Chiesa. Fu ordinato pastore dellanzi-
detta sede episcopale nel 594 da Gianuario arcivescovo di
Cagliari, al quale perci scrisse una lettera il papa S. Grego-
rio Magno. Vittore si trova nominato dallo stesso pontefice Xacca Gio. Battista, frate mercedario del secolo XVIII, il qua-
nellepistola che nel 599 scrisse ai vescovi di Sardegna, e le si esercit nelloratoria sacra, e compose vari sermoni, la
nellaltra che due anni dopo indirizz a Spesindeo preside maggior parte dei quali rimase nelloscurit del ms. Fu defini-
imperiale nellisola. Da questultima lettera si ricava che Vit- tore provinciale, presentato di numero, ossia maestro di teo-
tore avea gi convertiti alla fede e battezzati molti pagani. logia, e reggente di studi nel real convento di Buonaria di
Nella fine del 601 questo zelante ed operoso vescovo si tro- Cagliari. Delle prediche che si dicono da lui pubblicate colle
vava in Roma, poich nominato come presente in quella stampe noi conosciamo soltanto quella che recit nella sud-
citt dal suddetto papa S. Gregorio in unaltra epistola scritta detta citt di Cagliari nel 17 luglio 1758 per le feste della tra-
a Probo abate del monistero di S. Andrea. Dopo S. Simpli- slazione del corpo del B. Salvatore da Orta dallantico con-
cio, Vittore laltro e solo vescovo di Fausania che si cono- vento di S. Mauro a quello di S. Rosalia dei frati della minore
sca negli annali ecclesiastici di Sardegna. osservanza: Sermon del Beato Salvador de Orta ecc., Caller,
BIBL.: S. Greg. Magno, Epist., lib. IV, epist. 29, indict. XII; lib. IX, en la emprenta de los herederos de Honofrio Martin, 1758
epist. 8, indict. XII; lib. XI, epist. 22, indict. IV; epist. 5, 22, indict. (in 4). Egli la dedic al maestro generale del suo ordine, e
IV; Fara, Corograph. sard., lib. II, p. 90; Fara, De reb. sard., lib. I, nella dedica riferisce di se stesso, che avea gi ordinati e cor-
pp. 125-126; Mattei, Sard. sacr., p. 119; Marongio, Select. S. Gregor. retti tutti i suoi Sermoni in un ampio volume (in fol.), il quale
pontif. I epist., pp. 83-85, 107-108, 117-118; Serpi, Cron. de los
sanct. de Sard., lib. IV, p. 190; Soggio, Vida de los SS. mart. turrit., non avea potuto rendere ancora di pubblica ragione per di-
lib. III, cap. XII; Mansi, SS. Concil. collect., tomo X, col. 262. fetto di mezzi pecuniari. Non sappiamo che detti Sermoni
siano stati poi mai dati alla luce; n dobbiamo dolerci gran
fatto di questa perdita, poich quello pel B. Salvatore da Orta
che ci rimane somministra chiaro argomento del nessun valo-
re oratorio del suo autore. E per non dirne altro, basti sapere
chegli tolse lassunto della sua predica e la divisione dei tre
punti cardinali da quella sentenza dellEngelgrave e del Loh-
ner, la quale dice che il vero frate deve avere tre qualit pri-
marie, vale a dire, dorsum asininum, os porcinum et cor co-
lumbinum. Un oratore, che prendea un tema di tal fatta per
lodare il suo eroe, non ci avrebbe forse fatti ricchi di cose
migliori pubblicando il gran tomo di tutti i suoi Sermoni.
BIBL.: Xacca, Serm. sudd.

Ximenes Pietro, religioso di santa vita e fondatore dellordi-


ne dei servi di Maria in Sardegna, il quale fior nella seconda

476 477
Xon Xon

met nel secolo XVI. Dalle memorie mss. dello stesso ordine Nicol Doria, e da lui abbandonato nel 1436. D. Alfonso V re
si ricava chegli era nativo di Sassari, e che trasferitosi in Ita- di Aragona lo rimuner della sua fede e del suo coraggio colla
lia per ragione di studi, si rendette frate servita circa il 1538. concessione in feudo di una villa (ora spopolata), nella regio-
Nel 1544 ritorn alla sua patria per fondarvi un convento ne di Alghero. Questo Andrea Xonxoto sembra essere listesso
dellinstituto medesimo chegli avea professato, e lo esegu che firm come teste la concessione del salto e villa di Miner-
felicemente, col permesso del consiglio municipale e dellar- va fatta nel 1435 a Paolo Salaris da Giacomo di Besora, seb-
civescovo turritano, nellantica chiesa di N. S. di Valverde si- bene la sottoscrizione in cui si dice Andreas Scanxot differisca
tuata nelle circostanze di Sassari. I nuovi religiosi raccolti dal alquanto materialmente dal cognome di Xonxoto.
Ximenes rimasero in quel cenobio fino al 1595, nel qual an- BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. IV, p. 348; Vico, Hist. gen. del reyno
no si trasferirono al convento di S. Antonio presso la porta de erd., parte V, cap. XLI; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 196,
regia,288 cedendo ai frati cappuccini il chiostro loro di Valver- in nota.
de. A questa traslazione cooper colla sua generosit D. An-
tonio de Cumas abate titolare di S. Antonio, il quale cedette
ai religiosi servitani insieme colla chiesa lannuo reddito di
quarantaquattro scudi doro di camera alla medesima annes-
so. Il P. Ximenes sopravvisse ancora pochissimi anni al tra-
sferimento de suoi confratelli al novello chiostro, edificando
il popolo colle sue rare virt, e poi mor in estrema vec-
chiezza, lasciando fama grandissima di santit.
BIBL.: Garbi e Gian., Annal. ord. serv. B. M. V., tomo II, cent. IV,
cap. V, lib. I, anno Dom. 1540 et ord. 307; Memor. mss. della fon-
daz. del conv. dei servi di M. V. in Sassari, pp. 6-7.

Xonxoto Andrea, cittadino algherese del secolo XV, il quale


contribu potentemente col suo valore e col sacrifizio de pro-
pri averi alla resa del forte castello di Monteleone difeso da

288. Prima del 1595 la chiesa di S. Antonio apud portam regiam di Sas-
sari non era abaziale, ma semplice benefizio. Infatti tra gli stromenti anti-
chi del convento di S. Maria di Betlemme di detta citt si trova che nel
1540 i frati conventuali sostennero lite col canonico Gavino de Godiano,
e che nellistesso anno vennero insieme a composizione. Ora, nellatto di
tale composizione, il suddetto canonico si sottoscrive: Gavinus de Go-
diano canonicus turritanus, et beneficiatus beneficii S. Antonii apud por-
tam regiam civitatis Saceris. Dai monumenti inoltre esistenti nellarchivio
del comune di Sassari si ricava che la corporazione dei mugnai aveva
bandiera, ed una cappella intitolata di N. S. della Misericordia nella men-
tovata chiesa di S. Antonio abate fino alla seconda met del secolo XVII.

478 479
Zan

Z compagnia di Ges. Fu uno dei fondatori del collegio di Ca-


gliari, e dimostr la sua ardente carit nellassistere in quella
capitale ai soldati della flotta spagnuola spedita contro Malta,
i quali erano tutti infetti da contagio. Non pi che venti mesi
Zampelli Luca. Nacque in Sassari nel 1534 da onorati e fa- egli visse nella compagnia; ma in cos breve tempo furono
coltosi parenti, i quali, dopo averlo fatto studiare nelle scuo- tali e tante le prove di virt e di penitenza da lui sostenute,
le pubbliche, lo avviarono nella carriera ecclesiastica. Col- che sembr un uomo gi provetto nella via della perfezione.
lordine sacerdotale preso in giovent niente cambi dei Mor in pace nella suddetta citt di Cagliari add 27 luglio
costumi suoi giovanili. Prete senza cure, e di umore assai 1566, danni 32 non compiuti, e lasci nei posteri fama ed
giulivo, si dilettava tra le altre cose di far versi volgari, non opinione di santit. Il P. Spiga ne fa un grandissimo elogio
cattivi per la poesia, ma non sempre buoni per largomento. nella lettera che dopo la di lui morte scrisse al P. Giovanni
I suoi compagni di bel tempo amavano di avere i suoi versi, Vittoria visitatore generale dei collegi gesuitici di Sardegna.
e dappertutto nel paese i versi zampelliani si canticchiavano. BIBL.: Sacchini, Hist. Soc. Jes., parte III, lib. II, pp. 71-73, anno 1566;
Mentre si stillava il cervello in tali frivolerie, entr un giorno, Juvency, Hist. soc. Jes., parte III, lib. II; Patrignani, Menologio ecc.,
pi per caso che per volont, nellospedale, dove il P. Spiga tomo III, pp. 210-211, mese di luglio.
(venuto a Sassari per riconoscere i redditi delleredit Fonta-
na) sintratteneva, secondo il suo pio costume, nel servire Zanche Michele, barattiere famoso del secolo XIII, e lultimo
aglinfermi. Stava attonito il Zampelli, vedendolo rifar letti, dei regoli di Torres, il quale abbia esercitato nella provincia
apprestar cibo, spazzare di propria mano il pavimento, e di questo nome il sovrano potere. Egli era siniscalco di Enzo
consolare con caritatevole premura tanti infelici. Per la qual re di Sardegna, e dopo aversi acquistato la confidenza del
cosa lo zelante discepolo di S. Ignazio di Loyola, veggendosi suo signore, ne abus grandemente con fraudi e con trappo-
rimirato dal prete con maraviglia: che fate qui, gli disse, lerie, le quali rimasero in fama per i versi immortali di Dante
guardandomi con sorpresa, e standovi intanto colle mani in Alighieri, che lo appai a frate Gomita di Gallura, truffatore
mano? Su via: fate qualche cosa ancor voi, che G. C. terr solenne dei medesimi tempi, e messolo nella quinta bolgia
fatto a suo conto quanto farete a costoro, e ve ne render il dellinferno, cant di lui:
guiderdone. Avvalor Iddio le parole del servo suo, e muta- Usa con esso (cio con Gomita) donno Michel
tosi il Zampelli in un istante, cavossi il mantello, si pose ad Di Logodoro, ed a dir di Sardigna (Zanche)
aiutare il P. Spiga, e prov tal contentezza nelleseguire siffat- Le lingue loro non si senton stanche.
te opere di misericordia, che cambi di costumi, e gitt in (Inferno, canto XXII, vers. 88 ss.)
malora tutte le sue profane poesie. Prese sopra di s la cura Allorch Enzo part per le guerre dItalia, lo lasci vicario suo
dellospedale, lo sollev colle elemosine che procacciava dai nel regno turritano; ed egli, volgendo intieramente a suo van-
ricchi, e vintrodusse in breve tempo lordine, la nettezza e la taggio la confertagli autorit, trov mezzo di arricchirsi, barat-
carit siffattamente, che correva il popolo a vedere s pio tando infamemente col danaro i doveri del proprio uffizio. Do-
spettacolo, ed in particolare il Zampelli, fatto gi luminoso po la morte di questo principe accaduta in Bologna nel 1272,
esempio di conversione, di umilt, di penitenza e di ogni pi usurp intieramente il potere sovrano, che per lo innanzi
bella virt. Desideroso il Zampelli di vivere sotto il giogo del- avea esercitato temporariamente ed a nome altrui. Come per,
lubbidienza, dimand ed ottenne finalmente di entrare nella e per qual via riuscisse ad usurparlo, non concordemente

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Zan Zat

riferito dagli scrittori. Pietro di Dante dice, che Michele Zan- Zatrillas Gherardo I. Vissero nel secolo XVI tre illustri genti-
che, morto il re Enzo, spos la moglie di lui, dalla quale ebbe luomini sardi di questo nome. Il pi antico fu Gherardo I Za-
una figlia che marit a messer Brancadoria di Genova, il quale trillas, che destinato nel 1508 governatore di Alghero da Fer-
poi lo uccise a mensa. Ma il Landino e il Vellutello, e tutti ge- dinando II re di Aragona e di Sardegna, fortific quella citt,
neralmente gli antichi espositori di Dante affermano, che non la cinse di grosse mura che sussistono anche al presente, e la
la moglie, ma la madre di Enzo fu sposata dal Zanche, e che guern di baluardi e di artiglieria. Egli difese la medesima citt
da lei ebbe la figlia che fu poi data in moglie a Brancadoria; la dallassalto che le diede nel 1528 larmata navale capitanata
quale narrazione concorda colle storie italiane del secolo XIII, dal famoso Andrea Doria, e combatt con tanta bravura, che
le quali dicono che Michele Zanche fu al tempo stesso sini- costrinse gli assalitori a dismettere il pensiero di espugnare
scalco di Enzo e drudo di Bianca Lanza sua madre, oltre lau- quella fortezza. Ebbe in moglie Filippa di Arragall, dalla quale
torit delle cronache sarde, dalle quali si chiarisce che Adelasia gli nacque tra gli altri figli Raimondo, che, sposatosi a Isabella
di Torres, gi moglie di Enzo, mor assai prima di suo marito. Dessena, procre Gherardo Zatrillas II di tal nome. Costui mi-
Gli scrittori pisani raccontano che nel 1250 la repubblica di Pi- lit lungamente sotto le vittoriose insegne dellimperatore Car-
sa destin il nuovo regolo di Torres nella persona di un mes- lo V, e si distinse tra le altre nella memorabile guerra di Tuni-
ser Vernagallo. Ma, se ci vero, tale destinazione non ebbe si, e in quella di Algeri combattuta nel 1535, nella quale
eseguimento; perciocch continu il Zanche a governare in contribu molto col suo valore e con quello dei soldati affidati
Sardegna gli stati di Enzo, finch dopo la costui morte si ren- al suo comando allespugnazione del forte castello della Go-
dette nei medesimi regolo indipendente. Colluccisione di Mi- letta. Nella stessa fazione di Tunisi diede belle prove di corag-
chele Zanche termin la successione dei regoli turritani; e su- gio Gherardo III di Salvatore Zatrillas, che fu nipote di Ghe-
bentrati i Doria e i Malespina a signoreggiare vari tratti del rardo II, il quale poi ottenne dal suddetto imperatore Carlo V
paese, si divisero lautorit nelle terre e nelle castella che ad il comando generale del Logodoro. Sostenne questo uffizio
essi erano per lo innanzi pervenute per mezzo di parentadi o con molta prudenza ed abilit, e nel 1553, trascorrendo con
per via di contratti. Essi tentarono ancora di assoggettare al do- scelte bande di cavalli i lidi settentrionali dellisola, preserv i
minio loro la citt di Sassari gi cresciuta a molta grandezza paesi vicini al mare dalle scorrerie del famoso corsale Dragut,
sulle rovine dellantica Torres, e le fecero perci la guerra in il quale infestava le coste della Sardegna.
vari modi. Ma i sassaresi resistettero valorosamente agli assalti BIBL.: Fara, De reb. sard., lib. IV, p. 414; Acorr, El Fenix de Sard.,
nemici, e reggendosi a comune fin dal 1276, obbligarono i Ma- epist. dedic.; Madao, Dissert. sulle sarde antich., nella ded., pp. XV-
lespina e i Doria a patti di accordo, e poi nel 1294, espulsi dal XVI; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 261.
territorio loro tutti i pisani, si collegarono colla repubblica di
Genova, e diedero al proprio paese gli statuti e le forme di reg- Zatrillas Lucia, nata nel declinare del secolo XV da Raimondo
gimento delle altre citt libere dItalia. IV Zatrillas e da Erilla Roig, e morta in Cuglieri nel 1545 in
opinione grandissima di santit. Datasi sin dalla fanciullezza
BIBL.: Cron. pis., presso il Muratori, Rer. italic. script., tomo XV, pp.
973-974; Muratori, Annali dItalia, anno 1249 e 1272; Tronci, Annal.
alle pratiche di piet, continu nelle medesime costantemente
pis., anno 1250; Dante, Divina Commedia, Inferno, canto XXII, vers. fino allestremo del viver suo; e nulla curando gli agi e le
88 ss.; Benvenuto da Imola, Landino e Vellutello, Coment. al detto splendidezze che le offrivano la propria nascita e le ricchezze
canto XXII dellInferno di Dante; Fara, De reb. sard., lib. II, p. 229; della sua famiglia, men una vita tutta consecrata allumilt,
Statut. della repubb. di Sassari. alla beneficenza ed alle opere pi meritorie della religione.

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Zat Zat

Essa ebbe divozione particolare allordine dei servi di Maria, e Mor nel 1595, e lasci quattro figli avuti dalle nozze con Ele-
dopo aver contribuito colle sue generose largizioni alla fonda- na di Girolamo Arragall vicer di Sardegna.
zione di un convento di tale instituto nel suddetto villaggio di BIBL.: Acorr, El Fenix de Sard., epist. dedic.; Dexart, Cap. cur. re-
Cuglieri, vi si ascrisse in qualit di sorella conversa. Gli annali- gn. Sard., in proem., fol. 54; Madao, Dissert. sulle sarde antich., pp.
sti dellordine servitano dicono gran lodi di questa venerabile XV-XVI.
serva di Dio, e delle sublimi virt da lei esercitate in grado
eroico; e fondandosi nellautorit degli antichi monumenti Zatrillas Gio. Battista, figlio del precedente. Fu uno dei gen-
dello stesso ordine, la onorano del titolo di beata.289 tiluomini pi chiari del suo tempo, e rendette importanti ser-
BIBL.: Gian., Annal. ord. serv. B. M. V., cap. XII, p. 143; Garb., in vizi alla patria, sia col valore della persona, che nel maneg-
Acces. ad eund.; Acorr, El Fenix de Sard., epist. dedic.; Madao, gio dei pubblici affari nei parlamenti del regno. Intervenne
Dissert. sulle sarde antich., p. XV. primamente alle corti sarde del 1603 e del 1613, e contribu
egregiamente co suoi discorsi alla votazione dei sussidi
Zatrillas Angelo, figlio di Giacomo Raimondo Zatrillas e di straordinari offerti al re Filippo III per impiegarli nella difesa
Maria Sanjust, cittadini cagliaritani assai distinti per nobilt di della Sardegna dalle incursioni barbaresche. Nel 1620 diede
prosapia. Fu primo conte di Cuglieri, e si acquist molto no- replicate prove di coraggio contro i turchi presentatisi ostil-
me pel valore con cui difese i lidi settentrionali dellisola dalle mente nelle marine di Quarto, prossime a Cagliari; e nellan-
incursioni dei barbareschi nel declinare del secolo XVI. Nel no seguente peror con molto calore nelle assemblee parla-
1560 contribu con particolari dispendi alla formazione delle mentari riunite sotto la presidenza del conte di Eril per la
truppe sarde che doveano essere incorporate negli eserciti formazione di una squadra di galere sarde che proteggessero
spagnuoli; e intervenuto ai parlamenti del 1584 e del 1593, vi i mari e il commercio dellisola. Avendo dimostrata in tale oc-
ag efficacemente per il compimento di tutti i progetti presen- casione molta intelligenza e molto zelo, fu inviato a Madrid
tati in quelle due assemblee dai tre ordini (braos) del regno. in qualit di sindaco dello stamento militare per far accettare
Nel primo dei detti parlamenti era stato uno dei trattatori del- al gabinetto spagnuolo il progetto delle corti. Egli riusc felice-
lo stamento militare, e nel 1586 and a Madrid in qualit di mente in questa missione, e dopo varie conferenze tenute per
sindaco dello stesso stamento per ottenere da Filippo II re di tale oggetto con D. Pietro di Toledo marchese di Villafranca e
Spagna lapprovazione dei capitoli fermati nelle corti convo- consigliere di stato, alle quali intervenne ancora D. Giovanni
cate dal vicer Moncada. Accompita felicemente questa onori- Vives eletto vicer di Sardegna, ebbe la soddisfazione di ve-
fica missione, ritorn in patria; e fu allora che prese a scorrere dere approvata la domanda del parlamento, e dati in coeren-
con elette soldatesche i littorali dellisola, per difendere i po- za gli ordini al nuovo vicer, acci al suo arrivo nellisola riu-
polani delle terre vicine al mare dagli assalti dei pirati africani. nisse tosto i tre bracci (braos) del regno, e concertasse co
In premio di dette sue azioni, oltre il suddetto titolo di conte medesimi per ridurre a compimento la formazione della
di Cuglieri, ebbe laltro di capitano generale del Logodoro. squadra marittima. Dopo il suo ritorno in patria, ebbe parte
attiva nelle corti convocate nel 1626 dal vicer D. Luigi Bla-
289. Beata soror Lucia Zatrilla, ordinis B. M. Servorum, ex comitibus de sco, e nel 1631 dal marchese di Vayona; anzi fu nelle prime
Cullar in Sardinia obiit, anno 1545 secundum cathalogum beatorum
dictae religionis. Cullar oppidum est sub dioeces. bosan. comites autem uno dei pi caldi sostenitori del partito che vot la creazione
eius cullaritani sunt ex illustrissima familia Zatrilla nuncupata (Gian., di un corpo di truppe nazionali da essere incorporato nellar-
Annal. ord. serv. B. M. V., cap. XII). mata spagnuola sotto denominazione di terzo di Sardegna.

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Zat Zat

Questo corpo di truppe sarde fu accresciuto di una compa- fiorissero in Sardegna nel declinare del secolo XVII. Nacque
gnia di fanti a spese particolari dello stesso Zatrillas, e partito in Cagliari nel 1650 o in quel torno290 da Saturnino di Gherar-
nel 1628 sotto la condotta del maestro di campo D. Girolamo do III Zatrillas e da Elena di Angelo di Francesco Vico, chiari
Torresani Cervellon conte di Sedilo, si distinse per la sua bra- entrambi per nobilt di natali, e fu il primo di tre figli nati da
vura nelle guerre dItalia, e specialmente nellassalto di Man- tal matrimonio. Il padre suo che era cavaliere dellabito di Ca-
tova, nel quale per gloriosamente combattendo Paolo Zatril- latrava, era stato molti anni tesoriere generale, ed occupava
las cavaliere dellordine di S. Giacopo, il quale comandava allora il posto di maestro razionale del regno. Educato con di-
con ardimentosa virt giovanile la stessa compagnia di fanti ligenza dai suoi genitori, apprese di buonora gentilezza di
formata da suo padre. In premio di tante azioni generose fu costume e le generose arti cavalleresche, alle quali accoppi
elevato dal re cattolico Filippo IV alla dignit di marchese di egregiamente lo studio delle lettere. Queste coltiv sin dalla
Sietefuentes, luogo da lui posseduto nella baronia di Monti- giovinezza con ispeciale amore, il quale prevalse in lui ad
verro, ed ottenne frequentemente altri reali favori che illu- ogni altro affetto, n fu corrotto dallabbondanza della dome-
strarono la sua discendenza. Ebbe due mogli, che furono Ma- stica fortuna che alimenta spesso lignoranza, o addormenta
ria di Castelv e Aymerich, e Anna Maria Castelv Lanza di nelloziosit lingegno. Dopo la morte di suo padre rimase
Francesco Castelv marchese di Laconi, le quali lo fecero pa- erede di molte ricchezze, le quali crebbero ancora per lac-
dre di numerosa prole. Signora il luogo e il tempo preciso quisto della baronia di Gerrey e di Sisini, pervenutagli da
della sua morte; ma la medesima pu dirsi accaduta tra il Giambattista e Salvatore Zatrillas suoi zii paterni, trapassati
1647 e il 1655. entrambi senza discendenza. Emulo della virt de suoi illu-
BIBL.: Acorr, El Fenix de Sard., epist. dedic.; Dexart, Cap. cur. re- stri antenati, us nobilmente dei doni della fortuna, e oper
gn. Sard., p. 1355; Madao, Dissert. sulle sarde antich. pp. XVI-XVII. molte cose a vantaggio dello stato e della sua patria medesi-
ma. Nel 1671 arm a proprie spese due compagnie di fanti
Non bisogna confonderlo con un altro D. Giambattista Za- per completare il terzo di Sardegna gi destinato a far parte
trillas marchese di Villaclara, il quale fior negli ultimi anni dellarmata spagnuola nella guerra di Messina; e poi appresso
del XVII, e nei primi del secolo XVIII. Costui present al re fino al 1698 si distinse pel suo disinteresse e per lo zelo con
Vittorio Amedeo II gli omaggi della Sardegna, dopo la ces- cui peror a favore della corona nelle corti riunite dal conte
sione dellisola fatta ai duchi di Savoia, nella qual missione di S. Stefano, dal duca di Monteleone e dal conte di Montella-
brill assai, non tanto per la splendidezza dei natali, quanto no. In queste ultime fu egli il principale indirizzatore delle ri-
per le letterarie cognizioni di cui era fornito, e fu il primo soluzioni parlamentarie, specialmente nel donativo offerto dai
reggente di cappa e spada nel supremo consiglio sardo insti- tre ordini del regno, e fu quindi eletto sindaco dei due sta-
tuito da quel sapiente monarca. menti, reale e militare, presso la corte di Madrid per rassegna-
BIBL.: Madao, Dissert. sulle sarde antich., p. XIX; Manno, Stor. di re al re le domande votate dai rappresentanti della nazione.
Sard., tomo IV, pp. 107-108.
290. Nellopera del Villasalto intitolata Engaos y desengaos del profa-
Zatrillas Francesca Castelv Agostino di. no amor ecc. sotto il ritratto dellautore inserito nel tomo primo si leg-
ge: El conde de Villasalto, su edad 37 aos. Ora, apparendo quel volu-
me consegnato alle stampe nella met del 1686, e quindi stampato in
Zatrillas Giuseppe, conte di Villasalto e marchese di Villacla- effetto nel 1687, deducendone li trentasette anni che allora contava il
ra, scrittore di buon nome, ed uno dei letterati pi distinti che Villasalto di sua et, rimane il 1650, o il 1649 per anno di sua nascenza.

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Zat

Avendo accompito felicemente siffatta missione, ottenne nel


1701 da Filippo V re di Spagna il titolo di marchese di Villa-
clara, e pel suo figlio Giambattista Zatrillas,291 avuto dalle noz-
ze con Gherarda Zatrillas sua cugina, la facolt di usare il tito-
lo di conte di Villasalto, gi conceduto a lui stesso nel 1681
colle insegne dellordine equestre di Alcantara dal monarca
Carlo II in rimunerazione delle genti darme somministrate a
sue spese per la guerra di Sicilia. Siffatte onorificenze, e la fa-
ma che aveasi precedentemente acquistata colla pubblicazio-
ne di due scritture letterarie molto applaudite, non lo liberaro-
no dalle amarezze che vanno sempre congiunte ai tempi di
politico sconvolgimento. Tali erano quelli nei quali egli si
trov nel declinare della sua vita; perciocch, divisa la Sarde-
gna in fazioni per Filippo V e per Carlo III, che si contende-
vano colle armi il trono di Spagna, gli eventi vari della fortuna
che rapidamente si alternavano, erano causa frequente di
contrarie speranze e di contrari timori, e partorivano spesso
inopinati danni a coloro ancora che viveano lontani dalle pas-
sionate tendenze dei pubblici parteggiamenti. Uno di costoro
fu il marchese di Villaclara. Assorto tutto negli ozi tranquilli
delle lettere, si vide in un tratto sostenuto nel 1707 per ordine
del vicer di Sardegna marchese di Valero, come uno dei
complici che tentato avessero di far prevalere nellisola il no-
me e lautorit di Carlo III. Trovato si era negli archivi del ga-
binetto spagnuolo un memoriale indiritto a questo principe,
nel quale tra le altre cose era dimandato con vive instanze a fa-
vore del Villaclara il comando militare di Cagliari e della Gallu-
ra. Appariva postulante egli stesso, quantunque ne fosse affat-
to ignaro, e vero autore dello scritto fosse un Ignazio Trincas,

291. Questo listesso Giambattista Zatrillas, poi marchese di Villaclara,


il quale present gli omaggi della Sardegna al re Vittorio Amedeo II, e
fu primo reggente di cappa e spada nel supremo consiglio sardo sotto
la dinastia dei duchi di Savoia. Costui ebbe in moglie Vincenza di An-
tonio Genovs marchese della Guardia, e dopo lingiusto esilio di suo
padre parteggi apertamente per glimperiali, dei quali il di lui suocero
era nellisola uno dei pi potenti e pi dichiarati fautori Guardia An- Villasalto conte di. Copiato dal rame inserto nellopera intitolata Engaos y
tonio Genovs marchese della. desengaos del prophano amor ecc.

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Zat Zat

frate dellordine della redenzione, che dimorava in Saragozza, di Menzes, le speranze quindi concepite da D. Isabella di
il quale, pi assai delle monacali che delle politiche vicende Menzes di potersi unire in matrimonio col duca, le impru-
istrutto, appena ud proclamato in Madrid re delle Spagne lar- denze commesse da D. Alonso di Ribera e D. Lorenzo Gonza-
ciduca Carlo, si era messo in sul chiedere le cariche pi emi- les, e gli aiuti prestati a D. Federigo da D. Girolamo di Men-
nenti dellisola per gli amici suoi, pensando forse che la distri- doza, il pi caro dei suoi amici, dopo il Lara. Nella parte
buzione dei pubblici uffizi dovesse correre del pari coi motivi seconda divisa in ventidue capi, continuata la narrazione
delle sue private affezioni. Per in quei momenti di generale degli amoreggiamenti di D. Federigo, e dei vari accidenti che
trambusto non si attese ad altro che alle apparenze, e senza rendono questamore or felice or pericoloso; sono riferite le
guardare pi addentro, il Zatrillas fu mandato a Tolone, esule accademie da lui date nella sua casa per intrattenere in pia-
illustre per colpa non sua, e dellappostagli infedelt innocen- cevoli divertimenti D. Felice Morales, e per potere il duca
tissimo. Col egli cess probabilmente di vivere, terminando continuare liberamente i suoi amori con D. Elvira; sono pure
la sua mortale carriera in bando da quella terra che gli era sta- raccontati gli ulteriori casi della corrispondenza amorosa di
ta patria, e che aveva illustrato cotanto colle sue azioni e co D. Luigi di Lara; e dopo diversi altri episodi che si rannoda-
suoi scritti. Le opere che di lui ci rimangono sono le seguenti: no tutti allazione principale, terminata listoria col raccon-
I. Engaos y desengaos del profano amor ecc., en Napoles, to del ravvedimento di D. Federigo e della sua amante, e del
por Joseph Rosel, ao 1687 e 1688 (2 vol. in 4): II. Poema ritorno di entrambi ad una vita meno dissipata e pi mode-
heroico al merecido applauso del unico oraculo de las musas sta. Ciascun volume corredato nella fine di due indici, uno
ecc., Juana Ines de la crux (Barcellona, 1696, in 4). La prima delle accademie, temi (assumptos) e poesie, e laltro delle
di dette scritture, che fu dedicata dallautore a Carlo II re di sentenze morali (de las moralidades) sparse per tutta lopera.
Spagna, un romanzo istorico degli amori del duca D. Fede- Il fine dellautore nello scrivere questo romanzo fu quello di
rigo di Toledo con D. Elvira di Peralta, gentildonna che si dare una lezione di morale, dipingendo i mali che derivano
suppone di bellissime forme, di spirito assai colto e di singo- dalla violazione della fede coniugale, e i precipizi ai quali
lare avvenenza. diviso in due parti, ciascuna delle quali oc- sempre conduce il vietato amore delle donne altrui. Per otte-
cupa un tomo intiero dellopera. La parte prima, suddivisa in nere questo fine egli prese a raccontare un fatto vero, aggiun-
ventinove capitoli contiene la relazione dei primi amori del gendovi alcune parti dinvenzione per renderne pi aggrade-
duca con D. Elvira; la di lui amicizia con D. Luigi di Lara; vole la lettura. E poich riconobbe lautore medesimo che
glintrighi di D. Pietro di Luna con D. Inez Gonzalez; le gelo- non il pi felice mezzo dinsegnare agli uomini la virt
sie di D. Felice Morales marito di D. Elvira; il primo abbocca- quello di mettere innanzi agli occhi la viva pittura di un amo-
mento di costei con D. Federigo; la partenza di questultimo a re disonesto, e tuttavolta fino allo sviluppo dellazione diso-
Madrid e il ritorno a Toledo, dove lazione si dice accaduta; nestamente fortunato, aggiunse alle sue narrazioni frequenti
gli ostacoli che si frappongono agli amori del duca dai parenti sentenze morali, tolte per la maggior parte dalla Bibbia e da-
e dal marito di D. Elvira, e dallarcivescovo di Toledo; linge- gli scrittori ecclesiastici, quasi antidoto al dolce veleno che si
gnosa corrispondenza dei due amanti, le loro frequenti visite potea insinuare, collesempio delle azioni di D. Federigo e di
notturne, e finalmente il giuramento chessi si danno di man- D. Elvira, negli animi facili della cupida giovent. Ma la poca
tenersi sempre costanti nel loro amore. Introdotti a forma di virt di questa medicina anzi un argomento della poco felice
episodi vi figurano gli amori di D. Luigi di Lara con D. Teresa scelta del soggetto principale, oltre la disconvenienza di tante
Aguillar, la corrispondenza dello stesso Lara con D. Giovanna sentenze scritturali frammiste alla narrazione di molti amori

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profani. Questo difetto, che non si pu disconoscere nel ro- anche dopo la morte dellautore, la medesima fu avuta dagli
manzo del Villasalto, e laver egli nel decorso dei racconti spagnuoli. Il Poema heroico ecc. per suor Giovanna Iez de
parlato assai male delle donne, e lavere intarsiato la prosa di la Cruz un poemetto in ottava rima castigliana in lode di
poesie, di ballate, di serenate e di accademie, non si deve questa rinomata poetessa, che fu creduta ai suoi tempi un
tutto apporre a colpa sua sola, ma molta ve nebbero i tempi, mostro singolare dingegno. In questa scrittura il valore del
e il gusto della nazione allora dominante in Sardegna, la qua- Zatrillas si mostra assai inferiore a quello che avea gi dimo-
le si piaceva assai di siffatti mostruosi accoppiamenti, e per strato nellaltra degli Engaos y desengaos; e quantunque
vanit di erudizione inopportuna sacrificava spesso la sempli- egli si sforzi di avvivare con immagini e con espressioni mol-
cit del bello e del vero. Per la macchina di tutta lazione to enfatiche la sua poesia, si vede non pertanto chegli non
ben ideata, viva la pittura dei caratteri, ottimo lallogamento era veramente poeta. Tuttavolta i revisori della sua prima
degli episodi, terso ed elegante lo stile, e assai fina larte con opera lo lodarono ancora come uno dei pi felici cultori del-
cui lautore sa destare colla variet degli accidenti la curiosit le muse, lo che bisogna intendere con riferirsi al tempo ed al
dei lettori, e sviluppando e ravviluppando in cento guise il luogo in cui egli visse, pe quali fu senza dubbio uno dei
nodo, anzi di condurlo al definitivo scioglimento, produrre poeti migliori. Fu il Villasalto uomo di grave senno, di molta
negli animi unalternativa di passioni differenti che corrispon- erudizione, e nelle amene lettere non solo, ma nelle armi an-
dono sempre alle diverse situazioni dei personaggi messi in cora e nel maneggio dei pubblici affari valorosissimo. Aggra-
iscena. Uno dei pregi maggiori di questo romanzo si che il ziato ne modi esterni e nel favellare, accoppi a queste doti
lettore non perde mai di vista i protagonisti, che sono il duca la maest della persona e la maturit del giudizio nella stessa
D. Federigo di Toledo e D. Elvira di Peralta, e che in un se- giovent. Questo ritratto ci lasciarono di lui i suoi coetanei,292
colo, nel quale era sicuramente assai corrotto il gusto delle molti dei quali, illustri per dignit e per uffizi, erano alieni
lettere spagnuole, fu un primo tentativo molto felice quello dal mentire o dalladulare. E oltre a questo si cattiv in Ma-
dideare il romanzo storico per insegnare piacevolmente la drid la stima dei pi alti personaggi, ed ebbe in Sardegna
morale. Questa lode dovuta tanto pi al Zatrillas, quanto amici chiarissimi per scienza e per letteratura, tra i quali van-
pi vero che di siffatto genere di componimenti, misti di- no distinti Efisio Esquirro e Giuseppe Delitala, valorosi poeti
storia e di finzioni, non avea ancora dato la Spagna veruno cagliaritani. Soprattutto poi egli onor se stesso ed accrebbe
esempio; la quale osservazione che noi qui facciamo per le glorie della sua patria colla lealt del suo carattere e colla
onorare lingegno di un illustre nostro connazionale, non pubblicazione delle accennate scritture, le quali gli meritaro-
sar forse sgradita nella presente et, che dei romanzi storici no allora, e gli meritano anche adesso, un posto distinto tra i
stata ed ancora assai feconda. Il romanzo del Villasalto fu letterati della Sardegna.
generalmente applaudito dai letterati sardi e spagnuoli. Lau- BIBL.: Villasalto, Opere cit.; Bacallar, Coment. de la guer. de Esp., lib.
tore ne riscosse, vivendo, molte lodi, e fu encomiata tra le al- VIII, pp. 262-263; Acorr, El Fenix de Sard., epist. dedic.; Madao,
tre cose la sua erudizione, la prodigiosa memoria di cui era Dissert. sulle sarde antich., epist. dedic., pp. X, XVIII-XIX; Manno,
dotato, e limpegno con cui sin da pi giovani anni egli avea Stor. di Sard., tomo III, p. 522, tomo IV, pp. 24-26, 107-108; Mi-
cercato distruirsi nelle lettere, mentre lalta nobilt dellisola maut, Hist. de Sard., tomo II, pp. 108-109, 658; Botta, Storia dItal.,
soggetta e della penisola dominante poltriva quasi tutta nel- continuaz. del Guicciardini, fino al 1789, vol. VII, pp. 432-437.
lignoranza. La ristampa della stessa opera fatta in Barcellona
nel 1756 (2 vol. in 4), una prova dellaccettazione, in cui, 292. Vedi Engaos y desengaos ecc., tomo I-II nelle revis. ed approv.

492 493
Zes Zor

Zespedes Ignazio Bernardo de, gentiluomo algherese, che ed i Malespina, e si mantenne sempre in fede verso quel
fior nella prima met del secolo XVIII. Era figliuolo di D. Alon- monarca. Nel 1429 il comune di Sassari lo invi in qualit di
so Bernardo di Zespedes governatore di Alghero nel 1708, il suo legato allo stesso re D. Alfonso per profferirgli aiuto
quale parteggi ardentemente per glimperiali nellepoca della darmi e di danaro nelle guerre che quel sovrano mantenea
guerra di successione al trono di Spagna, e fratello di D. Fran- vive in Italia ed in Catalogna. Siffatta missione, che fu da lui
cesco Bernardo di Zespedes, prima decano della chiesa di Al- recata a compimento con molta felicit, siccome onor la
ghero e poi vescovo di Bosa.293 Abbiamo di lui uneccellente sua persona, cos ridond in vantaggio della sua patria, alla
traduzione castigliana dei Pensieri cristiani del P. Bohours del- quale per tal motivo furono conceduti molti privilegi.
la compagnia di Ges, stampata in Sassari da Giuseppe Cento- BIBL.: Zurita, Annal. de Arag., lib. XIII, cap. LVIII; Fara, De reb.
lani nel 1740 (1 vol. in 8) col seguente titolo: Pensamientos sard., lib. IV, pp. 343-344; Manno, Stor. di Sard., tomo III, p. 192.
christianos para todos los dias del mes, escritos en lengua fran-
cesa por el P. Bohours de la compaia de Jesus, y traduidos en Zori Mariano de Mariano I re di Arborea.
la castellana por D. Ignacio Bernardo Zespedes ecc. Alla tradu-
zione vanno aggiunte alcune poesie spagnuole dello stesso Zori Orzocco de Orzocco I e II re di Arborea.
traduttore, intitolate Romance mistico, le quali non sono prive
di merito, come ancora sono elegantemente scritte le due pre- Zori Torbeno de Torbeno re di Arborea.
fazioncelle da lui preposte alla traduzione ed alle poesie. Ebbe
in moglie D. Gabriella Manca Zonza, gentildonna sassarese, Zori Torchitorio de Torchitorio I e II re di Cagliari e Tor-
dalla quale gli nacque D. Giacomo Bernardo di Zespedes, che chitorio re di Gallura.
fu canonico della cattedrale di Alghero, intervenne al sinodo
convocato nel 1785 in detta citt dal vescovo Fr. Giovachino
Radicati,294 e mor in Sassari nel 20 novembre 1791.
BIBL.: Zespedes, Pensamientos christianos ecc.

Zirano Francesco Cirano.

Zonza Leonardo, valoroso cittadino sassarese, il quale fior


negli ultimi anni del XIV e nei primi del secolo XV. Rendette
chiaro il suo nome nelle guerre sostenute in Sardegna dal re
D. Alfonso di Aragona contro il visconte di Narbona, i Doria

293. Di questo D. Francesco Bernardo di Zespedes parla il Mattei nella


Sardinia sacra, p. 206, e si ha pure memoria nel Sinodo algherese del
Lomellini p. 31. E di D. Alfonso Bernardo di Zespedes, oltre il Bacallar
nei Commentari della guerra di successione, scrive il Manno nella Sto-
ria di Sardegna, tomo IV, pp. 37-38, 43.
294. Vedi il detto Sinodo, p. 230.

494 495
INDICE DELLE IMPRONTE O SIGILLI ANTICHI
colla dichiarazione dei luoghi, dai quali sono stati copiati
1. Sigillo di Mariano II re di Arborea, riportato dal Fara nel libro II De rebus
sardois (p. 240), ediz. di Torino.
2. Sigillo di Torchitorio II re di Cagliari, pendente dalla donazione fatta nel
1104 al popolo pisano da Turbino regolo cagliaritano. Copiato da quello
che fu pubblicato dal Balle nel Sigillo II de bassi tempi.
3. Sigillo esistente nel diploma del 3 marzo 1236, sottoscritto da Ubaldo e
da Adelasia sovrani di Torres e di Gallura, che fu pubblicato dal Muratori
nel tomo VI Antiquitatum italicarum, ecc.

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INDICE DEI NOMI DEI SARDI ILLUSTRI

*Napoli, Tommaso, 19 Palliaccio, Gavino, 60


Navoni, Nicol, 24 Paolo, 60
Nereida, 29 Paolo da Cuglieri, frate, 61
Nicol, santo, 30 Parasone, 61
Nin, Antioco, vedi Nin, Felice Passamar, Giacomo, 61
Nin, Felice, 30 Perez, Giovanni, vedi Perez, Mi-
*Nino o Ugolino, re di Gallura, 31 chele
Nivatta, 37 Perez, Michele, 64
Noco, Antioco, 37 Perra, Sebastiano, 66
Novello, 38 Perria, Sebastiano, 66
Nurra, Gio. Paolo, 38 Pes, Bernardino, 82
Pes, Bernardino, vedi Pes, Bernar-
Olives, Antonio Michele, vedi Oli- dino
ves, Girolamo Pes, Domenico, 89
Olives, Girolamo, 43 Pes, Francesco, 68
*Omodeo, Bernardo, 49 Pes, Francesco, vedi Pes, Francesco
*Onestis, Cavallino de, 50 Pes, Gavino, 70
Onorato, 51 Pes, Gavino, vedi Pes, Gavino
Onrocco, re di Arborea, 52 Pes, Giacomo, 85
Onroco, re di Cagliari, 51 Petretto, Gavino, 90
Ornano, Paolo, 52 Pibiri, Giorgio, 91
Ornano Basteliga, Antonio, vedi Piccioni, Eusebio, 92
Ornano, Paolo Pietro, 92
Orrubu, Preziosa de, 54 Pietro da Cagliari, frate, 103
Ortolano, 54 Pietro, neofito, vedi Pietro
Ortolano, Francesco, 54 Pietro, re di Cagliari, 92
Orvu, Comita, 56 Pietro I, re di Arborea, 95
Orvu, Elena, 56 Pietro II, re di Arborea, 97
Orvu, Georgia, 56 Pietro III, re di Arborea, 101
Orvu, Maria, 56 Pilalbo, Guantino, 103
Orvu, Preziosa, 56 Pilo, Andrea, vedi Pilo, Pietro
Orzocco I, re di Arborea, 56 Pilo, Angelo, 104
Orzocco II, re di Arborea, 57 Pilo, Antonio, 116
Ospitone, 58 Pilo, Antonio, vedi Pilo, Pietro
Ottoccorre, re di Gallura, 59 Pilo, Giuseppe Maria, 109
Pilo, Nicol, 105
Pala, Denetone, 60 Pilo, Pietro, 103

499
DIZIONARIO BIOGRAFICO Indice dei nomi dei sardi illustri

Pilo, Pietro, vedi Pilo, Pietro Porru, Michelangelo, vedi Porru, Rosula, santa martire, 229 Santuccio, Antioco, 256
Pilo-Boyl, Vittorio, 119 Vincenzo Raimondo Ruda, Francesco, 229 Sappata o Zappata, Pietro, 258
Pilo Frasso, Giovanni, 107 Porru, Vincenzo Raimondo, 193 Ruiz, Antonio, vedi Ruiz, Michele Sardegna, Salvadore di, frate, 258
Pilo Melone, Francesco, 105 Portoghese, Francesco, 199 Ruiz, Michele, 232 Sardo, Gio. Battista, 259
Pinna, Diego, 127 Portula, Salvatore, 199 Satrillas, Francesca, 261
Pinna, Saturnino, 126 Posulo, Diego, vedi Posulo, Gio. Saba, Francesco, 235 Satrillas, Gherardo295
Pinquilet, Gio. Maria, 130 Francesco Sabino, 236 Satrillas, Raimondo ed altri, 261
Pinto, Giacomo, 131 Posulo, Gio. Francesco, 199 Salaris, Paolo, vedi Saba, France- Saturnino, santo martire, 261
Pintor, Efisio, 137 Potito, santo martire, 200 sco Sellent, Antonio, 262
Pintor, Francesco, 140 Preziosa di Lacon, 201 Saltaro, 236 Sena, Antonio de, 263
Pionzo o Peonzo, Giacomo, 146 Priamo, santo martire, 201 Salucio, 237 Sena, Francesco de, 263
Pipia, Agostino, 146 Primasio, 201 Salustiano, santo martire, 237 Sena, Guantino de, 262
Piquer, Francesco, 150 *Prospero, 201 Salvagnolo, Pietro, 238 Sena, Pietro de, 262
Piquer, Francesco, vedi Piquer, Proto, santo martire, 202 Sambigucci, Gavino, 238 Seque, Giovanni, 266
Francesco Pugiades, Bernardo, 202 Sangiust, conte di San Lorenzo, ve- Sequi, Giuseppe, 266
Pira, Gaspare, 152 Pugioni, Maurizio, 202 di Sangiust o Sanjust, Dalmazio Sequi, Luigi, vedi Sequi, Giuseppe
Pira, Gaspare, vedi Pira, Gaspare Pullo, Carlo, vedi Pullo, Giuseppe Sangiust o Sanjust, Dalmazio, 244 Serpi, Dimas, 266
Pirella, Melchiorre, 152 Pullo, Giuseppe, 204 Sanluri, Antonio de Sena, II viscon- Serra, Francesco, 273
Pischedda, Antonio, 153 *Punclosida, 204 te di, 245 Serra, Giambattista, vedi Serra,
Pisquedda, Salvatore, 153 Sanluri, Giovanni de Sena, I viscon- Francesco
Pistis, Luigia, 158 Quasina, Gio. Battista, 207 te di, 244 Serra, Giovanni, 271
Pisurzi o Pesuccio, Pietro, 159 Quesada, Francesco, vedi Quesa- Sanluri, Giovanni de Sena, III vi- Serra, Giovanni, 271
Pitalis, Gavino, 174 da, Pietro sconte di, 246 Serra, Mariano, 271
Pitzolo, Girolamo, 177 Quesada, Pietro, 208 Sanna, Antonio, vedi Sanna Lecca, Serra, Michelangelo, 272
Pitzolo, Girolamo, vedi Pitzolo, Gi- Quessa, Bonaventura, vedi Quessa, Pietro Serra, Pietro, 271
rolamo Luca Sanna, Demetrio, 254 Serra, Tommaso, 271
Planargia, Gavino Palliaccio, mar- Quessa, Luca, 215 Sanna, Gabriello, vedi Sanna Lecca, Serra, Ugone, 271
chese della, 182 Quessa Capay, Gian Pietro, vedi Pietro Serra, Vincenzo, vedi Serra, France-
Polla, Giovanni, 186 Quessa, Luca Sanna, Gio. Francesco, vedi Sanna sco
Polla, Tommaso, 186 Quintasio, 218 Lecca, Pietro Serra-Manna, Bernardo, 274
Pompeiana, 187 Quinto, santo martire, 218 Sanna, Gio. Leonardo, 250 Simajo, Gneo Domizio, 276
Ponte, Sisinnio, 187 Sanna, Giovanni, 249 Simmaco, santo, 276
Porcell, Gio. Tommaso, 187 *Regon, Anton Giuseppe, 219 Sanna, Giovanni, 249 Simon, Domenico, 287
Porcell, Giovanni, vedi Porcell, Gio. Restituta, santa martire, 223 Sanna, Leonardo, vedi Sanna, Gio. Simon, Gio. Battista, 282
Tommaso Reynaldi, Simone, 222 Leonardo Simon, Gio. Francesco, 302
Porcile, Carlo Vittorio, 189 Rico, 224 Sanna, Lorenzo, 249 Simon, Matteo Luigi, 292
Porcu, Benedetto, 191 Roca, Francesco, 227 Sanna, Vincenzo, vedi Sanna Lec- Simplicio, santo martire, 308
Porcu, Giambattista, vedi Porcu, Roca, Giacomo, vedi Roca, France- ca, Pietro Siricia, 310
Benedetto sco Sanna Lecca, Pietro, 253 Sisco, Antonio, 310
Porqueddu, Antonio, 191 Roggio Figoni, Quirico, 228
Porqueddu, Giovanni, vedi Por- Rogio, Borcitore, 228 295. [Voce presente nellIndice originale che tuttavia non trova riscontro in
queddu, Antonio Rossell, Monserrato, 228 alcuna biografia].

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DIZIONARIO BIOGRAFICO Indice dei nomi dei sardi illustri

Sisternes, Francesco, vedi Sisternes, Tiziano, santo martire, 382 *Ugone, signore di Sardegna e di Ximenes, Pietro, 477
Pietro Tola, Agostino, 385 Corsica296 Xonxoto, Andrea, 478
Sisternes, Pietro, 315 Tola, Gio. Battista, vedi Tola, Leo- Uguccione, beato, 425
Soff, Luigi, 317 nardo Urgias, Antonio Michele, 426 Zampelli, Luca, 480
Soggio, Giacopo, 319 Tola, Giordano, vedi Tola, Leonar- Usai, Domenico, 428 Zanche, Michele, 481
Soggio, Giovanni, 319 do Zatrillas, Angelo, 484
Soggio, Simone, 319 Tola, Giovanni, vedi Tola, Leonardo Vacca, Uguccione, 432 Zatrillas, Francesca, 486
Sogia Serra, Giorgio, 322 Tola, Leonardo, 382 Valentino, vescovo, 432 Zatrillas, Gherardo I, 483
Soleminis, Domenico Vico, mar- Tola, Matteo, vedi Tola, Leonardo Valentino, Giovanni, 432 Zatrillas, Gherardo II, vedi Zatrillas,
chese di, 331 Tola, Salvatore, vedi Tola, Leonardo Valle, Raimondo, 434 Gherardo I
Solinas, Alberto Maria, 334 Tolo, Bernardino, 387 Vera, di Cagliari, 437 Zatrillas, Gherardo III, vedi Zatril-
Solinas, Gio. Antonio, 331 Tolo, Giuseppe, vedi Tolo, Bernar- Vera, di Torres, vedi Vera, di Ca- las, Gherardo I
Solinas, Giovanni, 331 dino gliari Zatrillas, Giambattista, vedi Zatril-
Solinas, Luca, 331 Tommaso, vescovo, 390 Vero-Milis, Nicol di San, 438 las, Gio. Battista
Soro, Nicol, 342 Tommaso, vescovo, vedi Tomma- Vico, Domenico, vedi Vico, France- Zatrillas, Gio. Battista, 485
Sortes, Antonio, 342 so, vescovo sco Angelo de Zatrillas, Giuseppe, 486
Soto-Real, Efisio, 343 Torbeno, regolo di Arborea, 391 Vico, Francesco Angelo de, 441 Zatrillas, Lucia, 483
Spano, Pietro, 346 Torchitorio, re di Gallura, 397 Vico, Gaspare, vedi Vico, Guidone Zatrillas, Paolo, vedi Zatrillas, Gio.
Spano, Pietro, vedi Spano, Pietro Torchitorio, re di Torres, 397 Andrea Battista
Spiga, Giacomo, vedi Spiga, Pietro Torchitorio I, re di Cagliari, 391 Vico, Guidone Andrea, 438 Zespedes, Ignazio Bernardo de,
Spiga, Pietro, 352 Torchitorio II, re di Cagliari, 393 Vico, Pietro de, 456 494
Stabulo, santo martire, 354 Torchitorio III, re di Cagliari, vedi Vidal, Salvatore, 458 Zirano, Francesco, 494
*Stefanini, Stanislao, 354 Torchitorio II, re di Cagliari Villa, Michele, 458 Zonza, Leonardo, 494
Stefano, 356 *Tosorato degli Uberti, 399 Villa di Chiesa, Andrea di, frate, 459 Zori, Mariano de, 495
*Stefano, 356 Trano, santo, 399 Villa-Hermosa, Stefano Manca, mar- Zori, Orzocco de, 495
Strada, Antioco, 359 Turbino, re di Cagliari, 399 chese di, 459 Zori, Torbeno de, 495
Sugner, Andrea, vedi Sugner, Ga- Villamarina, marchese di, 464 Zori, Torchitorio de, 495
vino *Ubaldo, re di Torres e di Gallura, Villarios, Gio. Battista Amat, mar-
Sugner, Gavino, 360 402 chese di, 464
Sugner, Sebastiano, 361 *Ugolino, re di Gallura, 402 Villasalto, conte di, 465
Sulis, Vincenzo, 366 Ugone, vescovo cagliaritano, 402 Villasor, marchese di, 465
Susanna, 375 Ugone, vescovo di Ortilli, vedi Vincenzo di Cagliari, frate, 465
Sylva, Diego, 375 Ugone, vescovo cagliaritano Vitale, pirata, vedi Vitale, vescovo
*Sylva, Giuseppe de, 375 Ugone, vescovo di Santa Giusta, Vitale, Salvatore, 466
404 Vitale, vescovo, 466
Tanca, Andrea, 376 Ugone I [di Arborea], visconte di Vittore, vescovo, 476
Tanda, Gio. Maria, 377 Basso, vedi Ugone II, regolo di
Tavera, Margherita, 377 Arborea Xacca, Gio. Battista, 477
Teodosia, 379 Ugone II, regolo di Arborea, 405
Thori, Maria de, 379 Ugone III, re di Arborea, 413 296. [Voce presente nellIndice originale che tuttavia non trova riscontro in
Tigellio, 379 Ugone IV, re di Arborea, 422 alcuna biografia].

502 503
Finito di stampare nel mese di novembre 2001
presso lo stabilimento della
Stampacolor, Sassari

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