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OParto

frastuoni e visioni!
per affetti e rumori nuovi!

mag
numero 0
Pi libri pi liberi

Allinterno:
Giorgio Nisini
Mario Massimo
Matilde Quarti
Girolamo Grammatico
Luigi Ippoliti
Paolo Rigo
Flaner www.flaneri.com Hanno scritto su questo numero: D. De Cristofaro,
a cura di Dario De Cristofaro G. Nisini, M. Massimo, M. Quarti, G. Grammatico,
Associazione cult. Progetto Flaner L. Ippoliti, P. Rigo

NUMERO ZERO CONTATTI


In attesa di registrazione presso il Tribunale di Roma info@flaneri.com
ufficio.stampa@flaneri.com
Resp. Flaner: Dario De Cristofaro
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Resp. Altre Narrativit: Francesco Vannutelli, Luigi Facebook VivaFlaner / pagina fan: Flaner
Ippoliti, Paolo Rigo Twitter Vivaflaneri
Anobii Flaner
Progetto grafico: Dario Pelliccia, Livia Massaccesi,
Alessandra De Cristofaro Finito di stampare presso Cimer S.n.c.,
via M. Bragadin, 12 - 00136 Roma
Illustrazione copertina e quarta di copertina: Novembre 2011
Alessandra De Cristofaro

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Flaner Mag: atto zero ca un futuro catastrofico e, purtroppo, sempre pi
di Dario De Cristofaro probabile.
Chi segue Flaner conoscer gi Luigi Ippoliti e Pao-
lo Rigo, due tra i nostri pi prolifici autori. Insieme
Se la memoria non mi tradisce, doveva essere un fanno davvero un bel binomio: il primo, malinconi-
giorno della prima met di luglio, quando, seduti co e taciturno, sembra quasi dipingere un quadro,
a un tavolo dalle parti di viale Cesare Pavese, ci mentre, disilluso, racconta La breve vita di un clown;
venuta in mente, per la prima volta, lidea di trasfor- il secondo, spavaldo e dissacrante, propone uno dei
mare la versione cartacea di Flaner in un magazine suoi tipici personaggi borderline, quel Sal J. Rinaldi
che si occupasse principalmente di narrativa, ma, riverbero dellautore, alle prese con una storia surrea-
allevenienza, anche di poesia. Insomma, volevamo le: Spruzza ancora la campana.
dare vita a un trimestrale che non fosse solamente un Come prima prova, dunque, noi possiamo ritenerci
prodotto tangibile di Flaner Blog, la sezione del soddisfatti: siamo convinti che la strada ancora lun-
nostro portale dedicata alla narrativa (lattuale Altre ga ma la direzione quella giusta.
narrativit), bens un contenitore che presentasse al Se saremo piaciuti anche a voi potrete sempre venirci
suo interno anche brani inediti di scrittori gi affer- a trovare su www.flaneri.com e attendere il prossi-
mati o di esordienti di qualit. mo febbraio, quando uscir in versione scaricabile in
Abbiamo lavorato senza tregua, per tutti questi mesi, ePub e pdf il nuovo numero di Flaner Mag, oppure
nelle officine di Flaner, con un solo, comune, pen- cercarci per i corridoi del Salone del Libro di Torino,
siero: realizzare la rivista che avete tra le mani. il prossimo maggio, quando triplicheremo luscita,
Ci servivano scrittori di livello gi editi, giovani nuovamente in versione cartacea. Lultimo numero,
emergenti, qualche autore di passaggio, incontrato il quarto, sar ancora in ePub e pdf a partire da set-
durante le nostre flneries cittadine e una brava dise- tembre.
gnatrice che illustrasse i nostri propositi. Le ultime righe a disposizione sono per i ringrazia-
Giorgio Nisini, autore di La citt di Adamo (Fazi, menti, solo in apparenza, di rito. Grazie a Francesco
2011), titolo scelto tra i dodici candidati ufficiali al Scarcella, Andrea Viviani e Matteo Alfonsi per il la-
Premio Strega 2011, ci ha regalato un frammento pre- voro di limatura e rifinitura a cui hanno sottoposto
zioso di quella che stata la fatica dello scrittore alle il materiale narrativo; Davide Bevilacqua e Nicoletta
prese con la sua seconda opera, la pi difficile per La Terra per la rilettura delle bozze; Ornella Spagnu-
aspettative e speranze. lo e Matteo Chiavarone, perch anche se non fanno
Mario Massimo, dopo lottimo esordio di La mor- pi parte di Flaner e collaborano solo saltuariamen-
te data (Manni, 2009), ha confermato di essere un te con noi, ci hanno sempre garantito la loro dispo-
autore dal forte carattere evocativo, concedendoci il nibilit e il loro appoggio.
suggestivo racconto Di l dallIstmo. Un ringraziamento sincero e carico di stima, infine,
Poi stato il turno di Matilde Quarti: dopo aver vin- a tutte le ragazze e i ragazzi della redazione di Flaner
to il concorso Subway 2010, ha pubblicato racconti che, ormai da pi di un anno, si impegnano con lo
su varie riviste letterarie, affermandosi come una tra scopo comune di sviluppare e portare avanti, giorno
le pi promettenti giovani voci del panorama na- dopo giorno, un progetto in cui tutti noi crediamo
zionale. Abbiamo deciso che doveva essere assoluta- molto: anche se i loro nomi non compaiono su que-
mente dei nostri: Dopo Ticonderoga il contributo di sta rivista, potrete incontrarli quotidianamente sul
Matilde alla causa di Flaner Mag. portale www.flaneri.com.
Girolamo Grammatico lo abbiamo incontrato quasi
per caso, durante uno dei tanti reading sparsi qua e
l per la citt. Ha risposto alla chiamata con Acque
Gemelle, raccontandoci in maniera sincera e cini-

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Giorgio Nisini | Genesi dellincerto

Nato a Viterbo nel 1974, studioso di cinema e letteratura. Il suo romanzo desordio, La demolizione del
Mammut (Perrone, 2008), ha vinto il Premio Corrado Alvaro Opera Prima ed arrivato tra i cinque finalisti
del Premio Tondelli. Il suo ultimo romanzo, La citt di Adamo (Fazi, 2011), stato scelto tra i dodici candidati
ufficiali al Premio Strega 2011.

Nota introduttiva dellautore


La stesura definitiva di un romanzo, almeno per me, sempre frutto di un insieme di tentativi provvisori. Quello
che resta fuori un ammasso contorto di brani, scene, idee, personaggi, dialoghi interrotti che non vedranno
mai la luce. Molti di questi materiali sono una variante imperfetta di qualche passaggio del libro, altri sono solo
ponti di raccordo, frasi difettate scritte in momenti di bassa ispirazione, oppure sequenze legate a qualcosa che
ritenevo importante e che poi, inaspettatamente, ha perso tutta la sua necessit. Tra i detriti di questo immenso
cantiere mi capita a volta di recuperare qualche oggetto che avevo smarrito, e a cui sono molto affezionato. Uno
di questi oggetti lincipit de La citt di Adamo, il mio secondo romanzo, il primo dei tanti incipit che ho scritto,
lUr incipit, quello con cui partiva in origine la storia. Nelledizione a stampa viene rielaborato nel corso di una
scena successiva, ma in realt il primo brano del romanzo che ho scritto, e dunque lo considero il suo embrione
narrativo. Genesi dellincerto era il titolo del prologo; dunque, anche qui, lUr titolo di tutto il libro.

La prima cosa che vidi fu un edificio a forma di ci- inutilmente di assumere una forma, e che appena
lindro. Era ripreso dallalto, e sullo schermo della tv lassumevano venivano cancellate da altre ombre an-
dava limpressione di apparire molto pi piccolo di cora pi confuse. Ma era logico e normale che fosse
quanto non fosse in realt. Per un istante ebbi la sen- cos, pensai. Lincontro con il dubbio arriva sempre
sazione che si trattasse del tassello di un plastico, ma per caso, e sempre nei momenti meno attesi. come
il flusso ininterrotto di scooter e di automobili che se ci fosse una regola dimprevedibilit che ogni tan-
sfrecciavano alla sua base mi fece capire che non era to ci costringe a fare i conti con noi stessi, e a ricon-
affatto cos. Era un edificio troppo strano per passare siderare quelle cose che per troppo tempo abbiamo
inosservato, pi simile a una ciminiera o a un silos fatto finta dignorare. O forse no, non cos, forse
gigante che a un palazzo popolato da qualcuno. Lo mi sbagliavo. Forse il dubbio solo uninvenzione
osservai meglio, e mi accorsi che era pieno di finestre della mente che non ha nulla a che vedere con il caso,
e di balconi e dimprecisi movimenti circostanti che qualcosa che deriva da piccole incongruenze che non
gli donavano un vago senso di abitabilit. La sequen- dipendono dai fatti in s, dal loro accadere in appa-
za successiva scivol via in un lampo. Feci solo in renza fatale e imperscrutabile, ma da noi, dal nostro
tempo a riconoscere un altro edificio a forma di ci- modo imperfetto dinterpretarli.
lindro, una strada asfaltata, la sagoma di una citt, e
poi due file parallele di palazzi che dovevo aver visto
da ragazzino, alla periferia di qualche paese del sud
Italia, tantissimi anni fa.
Pi tardi, nel letto, riflettendo con calma su quelle
immagini televisive, cercai di ricordare che citt fosse
quella, quando esattamente cero stato. Perch cero
stato. Tuttavia non riuscivo a mettere in chiaro asso-
lutamente nulla, solo ombre sbiadite che tentavano

[4]
Mario Massimo | Di l dallIstmo

Nato a Foggia nel 1947, da poco in pensione dopo aver parlato per trentanni di classici italiani e latini
a generazioni di foggiani in uno dei licei di quella citt; ha pubblicato Chronicon, poesie (Il Candelaio,
1987), La morte data, racconti (Manni, 2009) e, di recente, alcuni interventi su Flaner.

Era loceano a farlo apparire, incrostato tutto del necessit di placare il nuovo rinascere di quella fame
verde di alghe e del nero boccheggiare dei mitili, e feroce aggirandosi con spericolato equilibrio di roc-
di nuovo loceano, al crescere dombra, a ingoiarselo cia in roccia, fin dove si arrendevano ai venti dello-
ansando, via via meno spumoso, quel breve istmo per ceano ciuffi fogliosi, lanceolati, derbe con una loro
cui fra la notte e lalba era unisola, il Saint-Sauveur, e amara eppure sugosa commestibilit, o di conten-
alla luce del sole tornavano a potervisi stampare nella dere alle variet schiamazzanti, cineree, candide, di
sabbia i sandali, i piedi nudi, di chi vi arrivava da ter- procellarie, diomedee, gabbiani, i crostacei e i pesci
ra, o il molto pi raro acciottolare, sul selciato esiguo di cui non di rado appariva sullistmo, al suo rivelarsi
nel mezzo, dei carri dietro un cavallone normanno. col sole, la sempre meno riluttante agonia.
Non era stato sempre cos, il Saint-Sauveur: labbazia Poi, naturalmente, era subentrato un ben altro modo,
come un agglutinarsi di alveare prima con solo pi con cui onorare lAltissimo: usando cio, oltre che
stenti edifici seguendo il salire di rocce plumbee, ce- la pietra e la sabbia e la pomice uscite cos dal Suo
spose, da cui scarsi pinastri emergevano, torti secondo tocco, anche la razionalit della meno manchevole
vento, poi, sulla spianata gibbosa e calva in cui lisola fra le Sue creature, e il compasso, e il filo a piombo,
culminava tutta, col nero di ardesia dei tetti, la cuspide la squadra, la carrucola con cui sollevare i blocchi di
della chiesa e la guglia, di quasi impudica acutezza. pietra e piazzarli proprio dove ognuno aveva da stare,
Molto prima, nellet in cui si era ancora capaci, puntato verso leternit.
fra cristiani, di azzannarsi a forza dinsulti e urla su Dunque, era venuta la chiesa primitiva, quella a una
improperi schiumanti, per chi era nel giusto, a pro- sola navata e col solo altare del Salvatore: ma non
posito della coesistenza della divinit e dellumanit rappresentato nel legno nodoso e umano quasi di ve-
nel Cristo e ne rimbalzavano appena gli echi, da nature, sopra la sua croce, con linfamia della nudi-
Calcedonia, da Serdica, da localit dai nomi di ancor t, e con lincurvarsi, nel peso, del ventre e lo snodo
pi remota distanza, entro lAsia lambita dal Medi- abnorme delle due gambe e i due piedi alla trafittura
terraneo, fin lass da loro, nel Nord dallintermina- dei chiodi, no, anzi regalmente, diritto, contro ogni
bile luce dei tramonti estivi , in quellepoca dunque verosimiglianza, e con la corona e la veste opulenta di
per la prima volta qualcuno aveva guardato da dove pieghe che lImperatore soltanto, in quel secolo al
finiva la terra, fra acquitrini, e canneti, e lingue di pi, chi riceveva sul capo, a Reims, la corona di re di
sabbia non distinta pi che per un digradare di grigi Francia era legittimato a indossare.
e di gialli, e aveva fermato gli occhi su quellunica E via via, sempre pi proliferando, edificio dopo edi-
giogaia gibbosa disola scoscesa in gi, fra pinastri ficio, a capriate, a crociera, il chiostro, i cellaria, e
folti, come ad uno scampo: dal mondo, dalla sua vo- perfino lo scriptorium, ampio di finestroni ad arcata
ciante mancanza di senso. con nientaltro, avanti, che luce e linfinit dellocea-
Rari, sulle prime, e mai pi delle dita di una sola no, e i leggii per i codici da copiare e i ripiani su cui
mano: uomini che fossero in grado, come di levare la far poggiare i quinterni delle copie, e righello, tem-
voce entro lo scrosciare della mareggiata sui fianchi perino, calamaio: al suo posto ogni cosa occorrente
dellisola, in lode allAltissimo, cos di non sottrarsi per la scrittura, da averne torturati gli occhi e i polsi,
giacch infusa in loro con lo stesso dito di Dio alla in lode del Signore.

[5]
Perch la scrittura era, a modo suo, connessa con la altri cinque o sei castelli e feudi venutigli tanto, le-
morte, con leternit: con quel simulacro imperfetto galmente, in eredit dal padre Guy de Montmorency-
di eternit che pu essere data a ogni parola duomo Laval e dalla nobildonna sua madre, alla loro morte,
se le si trasmuta con una stanchezza, a lavoro finito, a distanza luna dallaltro di cinque mesi nello stesso
nella mano, come di un bove bianco a cui far tirare anno, il suo undicesimo anno, quanto dalla pervicacia
su un campo innevato laratro in cifre dinchiostro, feroce messa nellarraffare altri feudi, e possedimenti, e
graffiate in quella parvenza di vita che ancora rimane terreni da annettere ai suoi, da Jean de Craon, il non-
alla pergamena, a dispetto di ogni trattamento per no materno che si era occupato di lui a dispetto delle
renderla liscia al tatto, e inanimata. diposizioni testamentarie del padre, in ognuno dei
Ma non significava, essere scrivano, occuparsi solo del- luoghi, insomma, in cui fosse vissuto il barone Gilles
la Parola e della divina giustezza con cui (per non dire in quegli ultimi dieci cera chi diceva anche quindici
altro) sincarna nel fratello che non ha mai avuto un anni, era sempre sparito qualche ragazzo.
capretto da arrostire insieme agli amici pari allim- Ora un tredicenne andato nei campi a badare alle
pastarsi sublime con cui la saliva di Dio si contempera bestie, ora un apprendista pellicciaio o sarto, ora
al sangue e alla carne in Giuditta, Dalila, Ruth, o in semplicemente un bambino mandato da sua madre
Giacobbe e Isacco, Giuseppe e la moglie di Potifar, a elemosinare avanti alle chiese e al mercato: quale
Mos e le figlie di Labano , o le faticose torsioni con ne fosse stato il destino atroce la morte, per de-
cui si dibatte entro il suo linguaggio lApostolo. capitazione, o pugnale, o in qualsiasi modo che ne
Cera, e ne sapeva qualcosa Aimry Quentin, distaccato interrompesse le spirali animalesche di grida, e, se
da scrivano aggiunto presso il Tribunale Ecclesiastico, non deve essere risparmiato alla verit nessun gra-
e dunque costretto a lasciare la serenit selvaggia del do dinfamia, la pi infamante delle violenze da fare
Saint-Sauveur per svegliarsi tutte le mattine, piovose a un essere umano di quellet , Aimry Quentin
che fossero o pi promettenti di sole, col frastuono del dovette proprio registrarlo scrupolosamente, con pi-
lavoro di bottai, carradori, maniscalchi, fabbri, e tornare gnoleria di particolari, e non omettendo neanche il
a sentire nel naso il fetore delle concerie, nella direzio- modo straziato in cui ora una madre vedova, ora un
ne del fiume, o anche solo degli escrementi buttati gi artigiano a disagio a non dire le cose in dialetto stret-
dalle finestre nel fango dei vicoli intorno al Palais de to, nel testimoniare, finivano in preda alle lacrime, ai
Justice florido di guglie e pinnacoli, cera poi la parte singulti non pi dominati.
pi ingrata: lavere a che fare col lato che pi riesce a Al punto che il vescovo Malestroit, per suo conto,
dare disgusto della natura umana, linventiva con cui non seppe pensare a nessun argomento sensato per
come quando, ad esempio, chi va a contrattare cavalli a dire di no, quando, a fine processo, eseguita che fu la
una fiera non fa che accennare a dove ha il denaro, per condanna del sire di Champtoc a essere impiccato
farsi vedere solvibile si approfitta della stupidit dei e, immediatamente dopo, arso sul rogo, Quentin gli
suoi simili. ebbe chiesto udienza avanzando, umilmente ma irre-
Ma, per esercitata che fosse la sua sopportazione, non vocabilmente, a occhi abbassati, domanda di esser di-
bast a non sfaldarsi, e finire per crollare irrepara- spensato in perpetuo dal servizio presso il Tribunale
bilmente, al confronto con tutto ci che gli tocc Ecclesiastico, e poter ritornare, finch Dio disponesse
registrare ascoltando i testi, e pi ancora per la con- altrimenti di lui, al Saint-Sauveur.
fessione piena e totale resa dallimputato ancor pri- Fu passando, a favore di marea, sullistmo, e guada-
ma di mostrargli gli strumenti di tortura, al processo gnando a fatica, e con gli occhi pieni delloceano aper-
intentato, e non dal solo vescovo Jean Malestroit, to allintorno, la via fra gli scogli e i pinastri fino alla
anche da una corte laica, al sire di Champtoc, il ba- spianata che il vento sferzava e i gabbiani fendevano a
rone Gilles. volo, con gridi come di risata, ripetuti e rochi, fu con
Nei dintorni di Champtoc soprattutto, il castello ma- una pena quasi da pellegrinaggio, che tocc arrampi-
terno in cui lo stesso Gilles era nato, cos come degli carsi a cercarlo, Aimry Quentin, una volta che il ve-

[6]
scovo Malestroit si sottrasse al doversi risentire dentro La balia Margot, in principio, un donnone biondo
immutata lira, e la ripugnanza ad assolvere, di dieci e dolce e di carnagione chiarissima, che faceva tra-
anni prima (avevano intanto lavorato, gli anni, nel suo cimare dal corpetto quasi con fatica quel suo grosso
corpo, a disfare e a rifare con pi pesantezza di linee), seno inturgidito dal latte, porgendone alla piccola
e diede disposizione, da ultimo, che si rispondesse a Marie il capezzolo cupo e spesso, a empirle la rosea
quellunica, reiterata richiesta, che solo lex-scrivano cavit della bocca sguarnita gi prima che prendesse
ecclesiastico era luomo che faceva al caso in questione. a succhiare.
Una pena perfino perseguita volontariamente, Poi, a ogni altra necessit della piccolina badava
quellarrampicarsi fin lass a cercare Quentin, per qualcunaltra, nella servit: mai sua madre; cui per,
la baronessa Marie, donna ormai di ventidue anni anche fuori dai limiti intransigentemente prescritti
moglie, dallet di quattordici, e per interessamento di ore di mattina o di sera in cui gliela portavano,
diretto di Sua Maest il re, dellammiraglio Prgent tutta irrigidita nel bozzolo della fasciatura, lascian-
de Cotivy avido e spregiudicato, a sua volta tolto di dola con lei sola, o con le pochissime della servit
mezzo, a sei anni di distanza dalla consumazione ef- avanti alle quali non aveva vergogna di essere lei, non
fettiva del matrimonio, da un colpo di balestra preso la baronessa, bastava a fornire una validit del suo
in piena fronte, allassedio di Cherbourg e dunque esistere mai prima avvertita, il poter pensare alla sua
nel pieno possesso di quanto spettava alla sua eredi- Marie, pensarla sua, e di nessun altro.
t, ma sparuta, e col viso impietosamente sfregiato, Del padre, certo no, chiuso comera rimasto sempre
nel taglio duro delle guance, del mento, nel naso di dentro la sua tetra armatura di mutismi e, anche molto
ossatura lunga, e con un affilarsi di falce, dalla rasso- al di l delle necessit dei cinque anni di guerra, fra in-
miglianza al barone Gilles di cui era figlia. verni ed estati a fianco del giovane Carlo dalla faccia
Lunica. Nemmeno lunione da cui era nata, con la smorta e dai glauchi occhi irresoluti, sul cui capo era
nobile Catherine de Thouars, era stata per Gilles, a infine scesa la corona, per la fedelt visionaria della Pul-
quellepoca giovane appena sopra i diciotto anni, altro zella a quella bestemmia di essere donna e non condan-
che un brutale atto di sopraffazione, pensato da Jean nata al silenzio, alla sottomissione: pi contro natura
de Craon perch i feudi della de Thouars confinava- del rogo a Rouen , dei mesi su mesi in cui scompariva
no, a occidente, con la baronia, e ne avrebbero esteso da Champtoc come dalla loro esistenza di donne.
il confine a un limite quasi di onnipotenza, in quel Non doveva perci essere il rispetto filiale, seppure
territorio. La donna era stata dunque rapita, da Gilles le tavole della Legge lo impongano immediatamente
in persona, con pochi altri della sua gente a tenergli dopo il primo, verso Dio, e di gran lunga prima dei
mano, e poi sottoposta allo stupro: cos che non potes- divieti sulla donna daltri, la roba daltri e, qualsiasi
se sottrarsi a nessun costo alle nozze. Ci che avvenne, cosa questo voglia dire, la fornicazione, doveva esse-
infatti. E Marie vide la luce dopo qualche altra visita re altro che devozione, a far prendere alla baronessa
fatta dal barone Gilles negli anni seguenti, prima di Marie la penna lei stessa, col poco che sapeva farsene,
disertarlo per sempre, al suo letto legittimo. e scrivere di suo pugno al vescovo Malestroit dopo
Molto pi che un sollievo, la bimba da crescere, per gli improvvisi contrattempi (ora un improrogabile
Catherine de Thouars, per quanto a una donna del viaggio pastorale, ora una flussione alla bocca, ora
suo rango non fossero consentite debolezze indecenti qualcosaltro) da cui ogni udienza, appena concessa,
come quella di allattare un figlio, o cullarselo in brac- finiva prima o poi per venir rinviata.
cio per farlo quietare, magari cantandogli una ninna- Lei stessa, dopo aver arrancato, a partire dal punto
nanna da popolana (di quelle col lupo che bussa alla in cui, superato listmo, la schiena scogliosa dellisola
porta per chiedere il bambino e la mamma fa finta di imponeva anche a chi vi arrivasse sulle cavalcature
essere daccordo ma poi lo caccia via e la brutta bestia pi lussuosamente bardate di scenderne, e fare ri-
rimane scornata e il bambino solo di mamma sua corso solo, come ogni essere umano, ai suoi piedi,
che lo bacia): cerano le donne, per questo. e magari anche alle mani, afferrandocisi alle asperit

[7]
della roccia, la stessa Marie esord dal motivo del suo un parlare basso fra donne della servit presto soffo-
essere l, quando infine, entro il parlatorio dallalta cato, a riguardo di lei, di quanta piet ne sentivano.
volta costoluta, le si fece avanti coi suoi passettini da In ultimo, era stato intimato dalla baronessa Cathe-
uccello Aimry Quentin, come risucchiato dal tem- rine in persona, a Marie soprattutto, ma non meno
po entro la sua carne, lo scheletro curvo, con brutale a tutti coloro che vivevano a Champtoc, come in
evidenza, come a un richiamo da ascoltare meglio, su ogni altra parte della baronia, di non fare per nessun
dalla terra, e le chiese in che cosa mai potesse esser motivo, in nessuna forma, la minima allusione, espli-
utile uno come lui a Sua Signoria. cita o implicita, a quella persona: n Marie n altri si
Ho aspettato molto questo incontro, Vostra Reve- erano mai sottratti allintimazione, ben presto senza
renza, anche se solo dallagosto scorso, quando lam- pi imbarazzo.
miraglio de Cotivy ci ha lasciati, e nemmeno ac- Ora per sono io, disse, dopo aver accennato al suo
cenn, qui, ad atteggiare al cordoglio dovuto la voce, vuoto danni quel tanto che era necessario, a essere
o un chinare il capo, ho potuto mettere in atto ci padrona di me. E voglio sapere.
che da lungo tempo mi urgeva di fare. Vostra Signoria sicura?, il vecchio scandiva ogni
E riprese, dopo un impercettibile attimo in cui parve sillaba, perch ne trasparisse loscuro portato din-
avere davanti una profondit immensa: Da lungo dicibilit, ci che io potrei rivelare, e una mano
tempo. si alzava, ossuta, grinzosa, di un meticoloso cando-
Non disse per, ora, a questestraneo immiserito da- re dunghie, come per minaccia, davvero potrebbe
gli anni, quanto fosse stata scavata da quellassenza causarle molto dispiacere
(la stessa, quasi, di quellAltro, a cui le avevano in- il pensiero del torto che mi stato fatto negan-
segnato per tempo a rivolgersi come a nostro padre, domi di sapere e di formularne un giudizio mio,
ma non con il voi) tutta la profondit dei suoi anni: liberamente, ad avermi dato gi tutto il dispiacere
i primissimi, quelli da cui le tornava a emergere a possibile.
stento qualche rarit di ricordo, di faccia non pi ri- Oh, ce n ancora molto!, quasi sorrideva, il vec-
vista, di spavento per un temporale coi fulmini, op- chio, come di una ingenuit bambinesca, Vostra
pure quelli in cui ormai gi sapeva i nomi di tutto ed Signoria vedr
erano poche le parole nuove che le capitasse di dover Alle corte, mani, viso, tono di voce della barones-
imparare, quelli in cui crescendo ebbe da imparare sa si tesero in unimpazienza dimperio, recisa, non
tutto il catalogo dei comportamenti che in pubblico sarei venuta fin qui se non fossi assolutamente deter-
una del suo rango doveva evitare, e gli altri, da per- minata. Non cerchi perci Vostra Reverenza di sco-
fezionare via via sempre con pi cura, oltre a tutti raggiarmi. impossibile.
quelli che, anche a essere nati con nientaltro che il E invece davvero, sentito che ebbe tutto ci che era in
proprio corpo duomo, n casato n rango, erano co- grado, lex-scrivano Quentin, di far ritornare alla luce
munque un peccato, a dar retta a ci che si legge nel dal pozzo di tenebra al centro della sua memoria in
libro reso sfolgorante, allaltare, per il fiammeggiare nessuna misura sbiadito (ora se ne accorgeva) dal tem-
dei ceri sulla legatura di gemme. po, dalla spasimata insistenza impiegata in quegli anni
E poi era venuto il processo, la condanna, il vociare per rimuoverne ogni riemersione e calarlo in parole
vasto della piazza intorno al patibolo con la forca e il di cui forse era ancora pi agghiacciante il tono, unifor-
mucchio di fascine cui dar fuoco, e lodore nauseosa- me, neutro, con cui le articolava, a Marie occorse chia-
mente carnale tra la dilatazione picea del fumo: ma di mare a raccolta quanta forza aveva nei polsi serrati ai
tutto questo nulla, mai, com ovvio, era stato fatto braccioli della sedia, contratte le dita sul legno levigato,
trapelare a Marie. Solo qualche volta, girandosi im- per starsene ferma e seduta l, fino allultimo in ascolto.
provvisamente mentre rimproverava a una bambola in Poi, senza cercare con gli occhi pi il suo interlocuto-
vesti di raso di essere troppo disubbidiente, o arrivan- re, annasp, come chi rimette piede sulla riva da un
do da una corsa a perdifiato, le era capitato di cogliere gorgo, parlando quasi unicamente a se stessa:

[8]
Allora, a che serve, Dio? Aspett, un lunghissimo istante, che fosse lei, in
E gi il vecchio insorgeva: Vostra Signoria bestem- qualunque modo, a intaccare il silenzio in cui erano
mia, evidentemente. Di tutto lorrore, vibrando, ora ingabbiati; poi, siccome nulla accadeva, a sua volta
s, di una vena di vero sdegno, di cui luomo arriva senza incrinatura alcuna al silenzio Aimry Quentin
a macchiarsi, nelluso che fa della libert ricevuta in si alz e, peritosamente, al suo modo privo quasi di
dono, nessuna responsabilit si pu ricondurre a chi risonanza dei passi, torn a scomparire, nel fondo
glielo ha fatto, quel dono! dellumido ambiente a crociera.
Dono!, le si torse, nel viso, alle labbra, unasprez- Alla baronessa Marie, perci, non restava altro che
za dolorosamente schernevole, neanche il peggiore ripercorrere, in gi, fra le erbe sporte dalle rocce,
dei padri, neanche, esit, ma non seppe impedir- lintero cammino fino allistmo e, di l dallistmo,
selo, s, neanche mio padre, avrebbe mai fatto cos: alla volta del suo ultimo giorno, vicino o lontano
dare in mano al figlio qualcosa da cui pu ricavare che fosse.
tanto tanto, e ci cui pensava, inciampando
nella necessit di esser lei, ora, a formularlo in paro-
le, era con ogni evidenza quanto adesso sapeva allo
stesso modo di Aimry Quentin.
Che accorse in suo aiuto: Ma questa, questa, e
volle, prendendole con la mano il viso, che lei glielo
alzasse a riaverne negli occhi la luce dei suoi, ben-
ch ormai cos tanto offuscati, questa, figlia mia, la
suprema dignit delluomo. Nemmeno quel padre,
lombra di sorriso che aveva nella voce adesso era lie-
ve come se accostasse le dita a carni piagate, avrebbe
voluto per figlio chi non fosse stato capace di fare una
scelta, anche orribile, anche disperata, ma scelta.
Ma, Vostra Reverenza! Marie ora non faceva pi
sforzi per non dominare n il pianto che le mareggia-
va in gola, n la desolazione di cedervi, il dolore! Il
dolore di quei s, di quei centoquaranta, scand,
con impavido scandalo, il numero, tanti erano i ra-
gazzini, vero?, poi, con una pi disarmata sfumatura
di strazio, e il mio, ora, il mio che io non mi sono
scelta! Veramente Dio pu pensare che abbia questo
prezzo, la scelta? Dio!? Buono com, Sommo Bene
come so che lo chiamate voi, sempre?
Il silenzio di Aimry Quentin parve espandersi, come i
cerchi sullacqua in cui piomba un sasso, rovinosamen-
te, a schiacciarne, pi che non comportassero i suoi
molti anni, il profilo profanato della nuca e del capo.
Non sarebbe meglio, a questo punto, pensare che
Dio non esiste?, lo soverchi lei, incalzante.
Forse, alzava di nuovo il bagliore non spento
delle pupille arrossate, ma che senso avrebbe, allora,
anche solo il levarsi del sole, domattina? E sarebbe
ancora possibile?

[9]
Matilde Quarti | Dopo Ticonderoga

Nata a Milano nel 1987, dove vive e studia filosofia. Ha vinto il concorso Subway 2010 con il racconto La ca-
valleria e il concorso Flaner Deb con Giubbe Rosse. Il suo racconto Il periodo di Yayoi stato pubblicato
allinterno dellantologia Clandestina (Effequ, 2010). La mano di Antonius Block comparso, invece, sulle
pagine della rivista letteraria Colla.

Ogni mattina Zeno Bianchi, guardandosi allo spec- Avvolto nel lenzuolo le tre del pomeriggio si faceva-
chio, si domandava se tutta quella fatica fosse dav- no quattro, le quattro cinque. Si lavava e si vestiva
vero necessaria. Si sfiorava con le dita le occhiaie quando il sole cominciava gi a nascondersi dietro i
nere e scavate, seguiva lentamente lattaccatura dei palazzi pi alti, e con quellandatura dinoccolata che,
capelli, sempre pi radi lungo le tempie. Poi faceva quando ancora andava a scuola, gli era valsa linna-
una smorfia e con uno scatto si allontanava dal la- moramento di pi di una compagna, arrivava sul far
vandino e andava a buttarsi, pochi metri pi in l, della sera in Piazza Vetra. Comprava qualche gram-
sul letto ancora sfatto dallultima dormita. Appena mo di fumo da algerini di cui non conosceva la vita
toccato il materasso cadeva in un sonno profondo e n la storia, e restava a fumare da solo, seduto sul
senza sogni, fino alle prime ore del pomeriggio. Dal- basamento del Grande Costantino. Poi ciondolava in
le persiane la luce entrava di taglio, illuminando ora giro, tra la piazza e il venditore di kebab, aspettando
una scarpa, ora una vecchia locandina dei Green Day il momento di andare al lavoro.
bucata al centro, ora il viso di Zeno, ignaro dei giochi Zeno faceva il fornaio in un panificio del centro.
dombra che avvenivano intorno a lui. Un panificio di lusso, in quel quartiere che si dira-
Fatta eccezione per il poster, il monolocale era com- ma da piazza del Duomo verso il quadrilatero della
pletamente spoglio. Zeno aveva rimandato lacqui- moda, e che sembra sospeso in un perenne Natale.
sto di tende, mensole, e qualsiasi altro oggetto che Preparava costosi francesini che la mattina seguen-
potesse dare la seppur vaga impressione di una casa. te sarebbero stati comprati da domestiche filippine
I libri erano accatastati sul pavimento, in pile ordi- e cingalesi, passava la notte ricoperto di farina, con
nate. Magliette e mutande, tutte dello stesso colore, le mani impegnate a modellare sfilatini e rosette. Le
comprate in pacchi da dieci al mercato, comparivano rosette erano le sue preferite, gli ricordavano i pranzi
oltre il bordo di una valigia verde, poggiata aperta di quando era bambino, e sua madre lo caricava in
contro il muro. Metto in ordine appena mi danno macchina per portarlo dagli zii in Brianza. Ricordava
le vacanze, appena sono meno stanco, appena fini- lo sgretolarsi del bottone di pane sotto la pressione
sce di piovere, cala il traffico, passa lafa, si ripete- del suo polpastrello, e il fondo cavo, quasi del tutto
va Zeno, e nel corso degli appena erano passati tre privo di mollica in cui infilava le dita. Ricordava gli
anni, qualche donna, e innumerevoli pasti pronti schiaffi sonori sulle mani e una voce indistinta che
del supermercato. Come spesso succede, cera stato ripeteva di non giocare con il cibo. Zeno ogni notte
un tempo in cui Zeno aveva amato una ragazza; lei, ripensava a quelle e altre scene, impastando il pane.
come altrettanto spesso succede, dopo molte parole Oppure pensava semplicemente alle focaccine tonde,
aveva preferito unaltra persona a lui. In ogni caso a quale fosse il momento giusto per metterci sopra il
quei sentimenti si erano ormai fatti sfocati, lontani, sale grosso, e faceva il suo lavoro.
e Zeno non provava pi dolore da molto, ma solo, Vedeva, ormai da un mese buono, seduta sul gradino
sentendo pronunciare il suo nome, una sensazione di un ferramenta in una strada attigua a quella del
di fastidio alla bocca dello stomaco, che faticava a panificio, una ragazza det imprecisata, le avrebbe
tradurre in parole. dato tra i diciotto e i venticinque anni, con gli occhi

[ 10 ]
scuri e i capelli biondo cenere, sempre puliti e va- di un rosso acceso, gli aveva servito il cappuccino
porosi. La cosa che, fin dal primo momento, aveva mentre la chiamavano da una stanza che, Zeno aveva
colpito Zeno, erano gli zigomi, alti e fieri; aveva pen- supposto, doveva essere la cucina.
sato le dessero una fisionomia da dama austriaca, da Uno e settanta, tesoro, gli aveva urlato prima di
eroina tragica. Stava appoggiata con la schiena dritta scomparire.
e le ginocchia accostate, sempre nello stesso punto,
sia quando Zeno arrivava, sia quando ripercorreva la Come ti chiami?, aveva chiesto Zeno poche ore
strada in senso inverso dopo la notte di lavoro. Sedu- dopo alla ragazza della ferramenta.
ta compita tra i barboni del centro, Zeno non laveva Violetta.
mai vista fare nulla, n mangiare n dormire, sola- Io Zeno.
mente guardare dritto davanti a s. Zeno la osservava un bel nome.
con la coda dellocchio, temendo che a uno sguardo Zeno era arrossito e per la seconda volta era andato via.
troppo insistente potesse sentirsi importunata, addi- Durante tutto il turno non aveva pensato alle rosette
rittura alzarsi e andarsene, ma quella non aveva mai neanche una volta, impastando con vigore nervoso
dato segno di accorgersi della sua presenza. teneva sotto controllo lenorme orologio appeso al
Era stato in una mattina particolarmente fredda e lu- muro di fronte al piano da lavoro, seguiva con osses-
minosa, un giorno di febbraio o gi di l, che Zeno, siva attenzione la parabola delle lancette attraverso
tornando verso casa, si era fermato davanti al ferra- la notte.
menta. Allalba era corso da Violetta. In realt era arrivato
Ciao, le aveva detto. lentamente, con quel suo passo strascicato e stanco,
Ciao. ma dentro di s sentiva di correre forte. Lei aveva
Senti, scusami, aveva cominciato Zeno, impaccia- abbandonato per un attimo labituale, imperturba-
to, senza aver unidea precisa di dove stesse andando bile, compostezza, si era girata verso di lui, gli aveva
a parare, che ti vedo sempre qui, sai, io lavoro un fatto un sorriso, le labbra chiuse, perfette. Zeno si era
po pi in l e insomma passo di qui due volte al seduto, anche lui con la schiena poggiata alla serran-
giorno e tu ci sei sempre e non so bene cosa fai e da, cercando nelle tasche accendino e sigarette. Ne
quindi mi chiedevo se magari non avessi bisogno di aveva offerta una a Violetta, con un leggero cenno
qualcosa. del pacchetto, ma quella aveva risposto di no, con un
Oh no, aveva risposto quella stupita, no, io non movimento della testa altrettanto leggero.
ho bisogno di niente, aspetto. Quindi chi aspetti?, le aveva domandato dopo un po.
Zeno era rimasto interdetto, si era allontanato con Qualcuno.
un saluto sbrigativo. Come qualcuno?
Quel pomeriggio Zeno aveva dormito male. Continua- Eh, qualcuno. Bisogna sempre aspettare qualcuno.
va a domandarsi chi la ragazza stesse aspettando, se po- Quando Zeno si era alzato per tornare verso casa
tesse essere una puttana. Ma non sembrava. Indossava Violetta era rimasta l, come sempre.
spesso una gonna al ginocchio, di stoffa pesante, altre A partire da quella sera Zeno aveva preso labitudine
volte i jeans, e sopra un cappotto di lana blu, di taglio di fermarsi con Violetta, arrivava qualche ora prima
elegante. Non dava lidea di essere l per adescare qual- dellinizio del turno al panificio e le si sedeva accan-
cuno. No, Zeno aveva escluso leventualit. to. Fumava molte sigarette. Capitava non si parlas-
In preda a unagitazione frenetica era uscito di casa sero, rimanendo in silenzio a guardare i movimenti
prima del solito, aveva fatto un paio di giri a vuoto della via, o altrimenti Zeno le raccontava la sua vita,
per il quartiere, poi si era fermato a leggere il giornale in ogni dettaglio, come davanti a un amico che lo co-
al bar. Laveva letto appoggiato al bancone, con un nosceva bene. Le aveva raccontato della ragazza che
piede saldamente puntato verso luscita. La camerie- aveva amato. Le aveva detto che era molto diversa
ra, una russa muscolosa e pallida, con i capelli tinti da lei, che non aveva quegli zigomi alti, ma un viso

[ 11 ]
che sembrava sul punto di scivolar via, e di come lo La porta si era aperta del tutto per farlo entrare.
prendeva tra le mani, quel viso, per paura che potesse Quella sera Zeno era arrivato tardi davanti al fer-
sfuggirgli. Le aveva raccontato che aveva una cicatri- ramenta e, per la prima volta, il gradino era vuoto.
ce sul collo, sul lato destro, sotto la mandibola, una Ogni giorno si era presentato a quello che per lui
riga bianca, lunga e sottile, che si era fatta da ragazzi- era diventato un appuntamento, senza considerare la
na cadendo dal motorino del fratello. possibilit che Violetta potesse non trovarsi pi l.
Poi le aveva raccontato altre cose, delle rosette, della Zeno si era guardato intorno, smarrito, aveva percor-
serenit che avvertiva di tanto in tanto nellimpastare so il marciapiede fino allangolo, e poi ancora fino
il pane mentre fuori era scuro e non si avvertiva ne- allangolo opposto. Aveva ripetuto loperazione sva-
anche un rumore. Le aveva parlato della valigia ver- riate volte, finch, ancora incredulo, non si era rivolto
de, con ancora dentro tutti i vestiti, e lindomani era a una passante, anziana e grassa, impegnata a cercare
arrivato annunciando che era finita sotto il letto e al qualcosa nella borsa mentre un carlino nero le correva
suo posto aveva montato un armadio vero. freneticamente intorno, attorcigliando il guinzaglio
Violetta lo ascoltava, in certi momenti sembrava di- alle sue caviglie.
stratta, protesa verso qualcosa che seguiva solo lei, ma Ma chi, quella che sta seduta ad aspettare?
poi gli poneva delle questioni tanto attente e puntuali S, su quel gradino. Lei.
da fargli capire di essere sempre stata l. la figlia dellavvocato Baldini. Lasciala perdere,
A proposito di s non aveva mai detto una parola. matta quella.
Solo una volta Zeno le aveva chiesto da dove venisse Zeno era rimasto fermo, in piedi vicino a un cestino
il suo nome. della spazzatura. Era di metallo grigio, con il bordo
Lha scelto mia madre, le piace lopera. sporco di cenere.
E dov tua madre?
Violetta aveva alzato le spalle.
Cos erano passate delle settimane, tre, forse cinque,
finch un pomeriggio uscendo di casa Zeno aveva
svoltato nella direzione opposta a quella abituale. Ave-
va preso un tram che andava verso est, dove la periferia
si fonde con la tangenziale. Zeno, anche questa vol-
ta, avrebbe detto di aver corso, ma, a parte un battito
cardiaco leggermente accelerato rispetto alla norma, la
sua andatura non lasciava trapelare altro che una paca-
ta flemma. I pantaloni dal cavallo basso dondolavano
con lui, facendolo sembrare una barca placidamente
attraccata a un marciapiede di Milano.
Dalla portineria allappartamento erano quattro pia-
ni. Zeno li aveva percorsi rallentando a ogni gradino,
lultima rampa uno sforzo estremo, gli ultimi metri
dello scalatore.
Lei, era rimasta appoggiata allo stipite della porta,
stupita e confusa. Aveva un bambino in braccio e
una striscia verde sulla maglietta, con ogni proba-
bilit passato di verdure. Zeno si era piegato da un
lato per verificare che la cicatrice fosse sempre al suo
posto, solo allora aveva potuto sorriderle. Volevo sa-
pere se stessi bene, le aveva detto.

[ 12 ]
Girolamo Grammatico | Acque Gemelle

Nato a Erice nel 1978, si trasferito a Roma a 18 anni e non si mai laureato. il presidente dellassociazione
di promozione sociale La casa di cartone. Lavora al fianco dei senza dimora dal 2001. Ha curato quattro
antologie, la zampa di un gatto e qualche pianta. Per il resto scrive.

Sono ormai giorni che sto in fila. Ormai sicuro. Lo dicono tutti. Anche la Groenlan-
Maledetta, fottuta fila. dia si stanno comprando. Cos non solo avranno in
E mi aspettano mesi. Mesi senzacqua. possesso tutte le falde acquifere del pianeta, ma anche
Maledetti, fottuti mesi. lunico posto da cui ricavarne un po. Lo dicono tutti.
Senzacqua. A tutti. Se lo dicono tutti, in fila. Lho detto pure io.
Ormai sono settimane che non bevo. A quello dietro. Qualche fila fa. Qualche mese fa.
Maledette, fottute settimane. Quasi quasi ci vado con la resistenza. Sempre me-
Mi sono messo in fila subito dopo lultimo sorso glio che marcire qui. Seccarsi in fila. Seccarsi infilato:
dacqua. bella questa. In fila, infilato. Seccarsi. Proprio bella.
Ormai non si fa pi nientaltro: si beve, ci si mette in Mi sa che la mollo sta vita in fila a ripetere sempre la
fila per il sorso successivo, poi di nuovo in fila, poi di stessa filante storia.
nuovo in fila, in fila Maledetta, fottuta storia.
Potrei mettermi con la resistenza, piuttosto. La resi- Storia arida. Bella pure questa. La storia si fermata,
stenza, per resistere alloppressore. Per resistere alla disidratata, pure lei. Permettere alla troia di com-
sete. La resistenza resistere alla sete, bella questa. prarsi tutte le falde del mondo stato uno strama-
Davvero bella! ledetto errore.
Mi ci metterei con la resistenza. Davvero! Senza Maledetti, fottuti errori.
bere posso stare almeno cinque mesi. In cinque mesi N bastato uno e ci siamo giocati il futuro. Puff.
potrei fare qualcosa. Qualcosa contro loppressore. Evaporato. Bella questa: il futuro evaporato. Sto pro-
Sempre meglio che stare qui, in fila, a fare niente. prio in vena oggi. In una vena prosciugata, per.
Ad aspettare il turno. Aspettare un sorso dacqua. Bella anche questa, proprio bella. Adesso lacqua co-
Finch non finir, pure questa. In fila per bere qual- sta un patrimonio. Almeno qui la gente beve. Qui a
che goccia. Roma la gente si pu mettere in fila per uno sputo
E poi in fila, in fila, in fila. dacqua dalla fontanella.
Maledetta, fottuta fila. Maledetta, fottuta fontanella.
Sembriamo un torrente. Un torrente di macerie. Che Cos lontana ancora.
non sfocia in mare, ma sul deserto. Quasi quasi ri- La gente, almeno qui a Roma, aspetta la morte in
schio tutto e me ne vado. Me ne vado a combattere. fila, ma nel mondo sembra non sia rimasto pi nes-
Mi ci metterei con la resistenza. Ma girano troppe suno. Solo pochi ricchi che comprano le loro scorte.
voci strane: la resistenza morta, la resistenza finita, Ma queste sono solo voci. Nessuno guarda la tv. O
la resistenza esiste o non esiste? Esistenza per la resi- legge i giornali. O ascolta radio. Perch sono tutti in
stenza? La resistenza bla bla bla Si dice pure che fila per bere. O sono morti.
la signora dellacqua non sia mai esistita. Che un Solo i ricchi comunicano. Comunicano come restare
mito. Un mito creato dalla resistenza. Un mito per ricchi, potenti, dissetati, idro-felici.
far paura alla proprietaria dellacqua, la fondatrice di Chi rimasto in fila. Perch la troia qui c lha
essenza acqua. Azienda leader. lasciata. Ops, regalata, cantavano i media. In realt
Maledetta, fottuta azienda. fu unironica concessione al popolo.

[ 13 ]
Maledetto, fottuto popolo. Maledette, fottute specie.
Quella troia comprava le fonti acquifere di tutto il Gatti che succhiano liquidi a cani, cavalli, uomini.
pianeta e noi lapplaudivamo perch a Roma regalava Topi che succhiamo liquidi pure ai pesci. E viceversa.
ci che gi ci apparteneva: lacqua. Si dice che abbiano trovato carcasse prosciugate pie-
Ma la cosa divertente (e questa non lho detta io, ne di morsi. Solo luomo non si adattato. Qualcuno
anche se veramente divertente) che lacqua ap- dice che sono nati bambini-vegetali. Un po come
partiene a tutti. A tutti, capito? Pure a me. Pure alla piante grasse. Possono vivere anni con un solo sorso
vecchia qui davanti in fila. di acqua. Ma io credo siano solo leggende. Invenzio-
Siamo fatti dacqua. Ci sar un motivo. E che cazzo! ni. E inizio pure a credere che la vera dea dellacqua
Adesso, s e no, saremo fatti dacqua per il 30% del sia solo una leggenda. Sar stata la resistenza. Ne
nostro corpo. Siamo tutti scarni. Emaciati. Secchi. sono sicuro. Lavranno creata loro questa leggenda.
Come rami. Se fossi uno di loro lo saprei.
Maledetti, fottuti rami. Quasi quasi mi metto con la resistenza.
Non vedo un albero da quando ero bambino e ne- Bevo e ci vado. Li cerco e mi arruolo. Divento un re-
anche mi ricordo se ne ho visto uno vero o delle im- sistente. Pi di ora. Pi resistente di come sono ades-
magini. Gi allora, con i suoi poteri, aveva comprato so. Resistente al quadrato. Cos me lo faccio dire se
met delle falde acquifere ignote del pianeta. davvero si sono inventati tutto solo per far paura alla
Con i suoi poteri. troia. Per far paura a tutta lazienda: essenza acqua.
Maledetti, fottuti poteri. Bisognava capirlo dal nome che cera la fregatura.
Fu grazie a loro che quando nacque, la troia, fu Essenza acqua un cazzo!
osannata. Acclamata dallintero pianeta. Adorata E SENZA ACQUA il nome. cos che ci stanno
come una divinit. Perch questo era un pianeta che lasciando: senza acqua.
stava prosciugandosi inesorabilmente. Questo era Hanno comprato tutto.
un pianeta in agonia e lei era una ragazzina che per- Lacqua era finita. E lei la trovava. Percepiva le fonti.
cepiva lacqua. Nessuno pavent lidea che fosse una Sempre. Non sbagliava un colpo, la troia. E ovvia-
maledizione. Che fosse una disgrazia. Nessuno. Era mente di chi erano le fonti? Sue, le aveva trovate lei,
il segno che dio amava lumanit. Nessuno ipotizz del resto. Eh, ma lei la dava lacqua. Mica se la teneva,
fosse lo scacco matto di satana a dio. Il calcio in culo lei. E che ci doveva fare con tutta quellacqua. Me-
che tanto aveva desiderato. La carta vincente. Ave- glio venderla. Venderla a chi poteva pagare. E sicco-
vamo cos paura che avremmo creduto in qualsiasi me al mondo potevano pagare in pochi, sono rimasti
cosa per un bicchiere dacqua. Avremmo venduto senzacqua in molti. Allasciutto. Ci sono state rivolte
lanima al diavolo. E lo abbiamo fatto. Per salvarci. incredibili per colpa della sete. Tutte sedate dalla po-
Per non morire di sete. lizia. Che per bere avrebbe fatto qualsiasi cosa. Per
Maledetta, fottuta sete. lei avrebbe fatto qualsiasi cosa. E lha fatto, lo fa. La
Ardo per la mancanza di acqua. Brucio di dolori in- polizia la sua guardia del corpo. Lo stato non esiste
dicibili. Quasi quasi vado con la resistenza e muoio pi. La societ non esiste. Solo masse di selvaggi as-
da eroe piuttosto che di stenti dondolando verso una setati e troppo stanchi per organizzarsi in qualcosa di
fontanella che potrebbe prosciugarsi da un momen- pi complesso di una fila.
to allaltro. Ma se la vera dea dellacqua esistesse davvero, ci
A volte prego di diventare uno di quegli animali sarebbe una speranza. Un futuro. Se fosse vero do-
vampiri di cui si parla tanto nelle ultime settimane. vremmo lottare tutti, con le ultime energie rimaste,
Dicono che la natura si sia gi adattata in vari modi. per lei. Per noi. Dicono che la troia la stia cercando.
Uno di questi sono proprio gli animali vampiri. Pre- Da sempre. Nessuno sa perch. Nessuno sa chi la
datori dellacqua. Normalissimi animali che succhia- vera dea dellacqua. La vera signora dellacqua, con
no i liquidi alle altre specie. poteri ben pi grandi di quelli della troia. Con poteri

[ 14 ]
inimmaginabili. Ma quale potere c di pi grande di Eppure prima non era cos dritta. N cos cos ma-
quello che ha la padrona di essenza acqua? Il potere estosa. Sembra aver assorbito unenergia sconosciuta.
di scovare la presenza dellacqua dovunque nel raggio Mi giro lungo la direzione del suo sguardo e la vedo.
di mille metri quadri. Cosa ci pu essere di pi grande C una donna. Uguale alla vecchia che ho di fronte.
se non un mito che non esiste? Una leggenda creata la troia, la signora dellacqua, di essenza acqua.
per combattere, per far paura al nemico. Unarma. Con tutto lesercito alle sue spalle.
La resistenza morta. E pure io. Morto da quando mi Maledetto, fottuto esercito.
sono messo in fila e non ne sono pi uscito. Dicono Non faccio in tempo a stupirmi per lincredibile so-
che quando sar il momento lei apparir e affronter miglianza tra le due che inizia a piovere.
la troia. Ma quale momento potr ormai esistere nel Piove!
futuro, se non ci sar pi gente a viverlo? Se il pianeta Cazzo come piove!
si ormai ridotto a una palla secca peggio di Marte? Dal cielo cadono gocce di acqua pi grosse del dia-
Non solo martirizzati dalla sete, ma anche marteriz- metro della fontanella.
zati. Bella questa, marterizzati, proprio bella. Quasi Maledetta, fottuta fontanella.
quasi gliela dico alla vecchia qui davanti, cos si fa Una voce di megafono urla alla vecchia di avanzare
due risate pure lei, invece di fissarmi seria. Le dico con le mani alzate.
pure quella del tipo che chiede un bicchiere dacqua e La pioggia aumenta come in risposta allordine. Il no
lamico gli risponde ridendo che non channo manco della vecchia piove rigoglioso su tutti noi.
lacqua da metterci dentro il bicchiere, figuriamoci Il terreno gi fango. Tutti sono con la bocca allaria,
quelli fatti dacqua. O quel detto che fa cos: lamore a bere. Migliaia di persone con i piedi nel fango e le
di questi tempi come lacqua: inodore, incolore e bocche spalancate al cielo. Tutti a urlare muti una
insapore e terminato. sola lettera: A.
Cos riderebbe, forse! E la smetterebbe di fissarmi. Acqua.
Smettila di fissarmi vecchia. Bere.
Smettila. Bereee!
Mi fa venire la pelle doca quello sguardo. E se mi Eccola la vera signora dellacqua. La vera dea dellac-
viene la pelle doca, poi mi si spacca tutta. Non guar- qua. Lei pu chiamare la pioggia.
darmi vecchia. Sento come un ribollire dentro. E se Vieni qui senza fare storie!, dice la padrona di es-
ribolle pure il poco sangue che mi rimasto, per me senza acqua. Chiudi il rubinetto e vieni qui!, grida
davvero finita. sardonica la proprietaria del pianeta.
Stanno venendo a prendermi! La vecchia davanti a me si volta fissandomi. Sorride.
Ma che dice questa vecchia. Cha pure la forza di E non so dire se questo sorriso o la pioggia, ma
parlare. Di sprecare le forze per dire stupidaggini? adesso mi sento pieno di energia. Di vitalit.
Vaneggia. Non sono mai stato cos bene. Cos impetuoso. So
Dovremo lottare! giunto il momento. Siete tutti cosa fare. Non ho dubbi.
pronti? La vecchia si solleva, come emergendo da profondit
Ma che fa? Si aspetta che le risponda? pazza per inaudite, e con una voce proveniente dal pi inson-
davvero. dabile degli abissi urla: Allattacco!
Tra poco sar qui, convinta di avermi preso!
Ma io ti prenderei a calci se solo potessi, vecchia
sconnessa. Sar la sete, povera vecchia.
Stammi vicino, ok? Sar importante anche la tua
presenza!
Si mette di profilo e fissa davanti a s, quasi stia
aspettando che qualcuno arrivi da dietro il palazzo.

[ 15 ]
Luigi Ippoliti | La breve vita di un clown
Nato a Roma nel 1985, un grande appassionato di musica e di letteratura. stato autore per Flaner della
rubrica di narrativa Storia di una groupie, dedicata al mondo della musica. Fa parte del gruppo musicale
La noia di Barney.

Potrebbe essere un bel passo in avanti per la mia vita cestino, e linsicurezza che ne derivava formava una
andare a lavorare nellazienda di mio zio, se non fosse patina che mi avvolgeva per intero rendendo tutto
per i miei piedi, lunghi e storti. Il destro punta ine- quanto ancora pi insormontabile; credevo di essere
sorabilmente verso destra e il sinistro solo e unica- colpevole di una colpa indefinita che mi impossibili-
mente verso sinistra, come se dovessero raggiungere tava qualsiasi atteggiamento squisitamente infantile,
linizio e la fine di qualcosa sufficientemente distante come lattaccarmi alla gonna di mia madre oppure ai
da non poter essere mai afferrata. pantaloni di mio padre, dimenandomi e gridando,
Superati i dieci anni, trascorrevo interi pomeriggi implorando unattenzione che avrei meritato, ma che
nel tentativo disperato di avvicinarli: li legavo con avevo deciso di non poter meritare, neanche se avessi
delle funi spesse che trovavo nel box di mio padre, avuto la possibilit di ricominciare la mia vita tutta
poi stringevo cos forte da farmi venire gli occhi daccapo. Quindi comunicavo il mio disagio sottovo-
umidi. Ho provato con la colla, con lo scotch. Nien- ce, a testa bassa, quasi dovessi inconsciamente espiare
te. Tentativi disperati, illusioni che mi portavo ap- una colpa remota senza forma, e quelle poche volte
presso, durante le mattinate a scuola, veri e propri in cui riuscivo ad avere unattenzione minima, quasi
calvari quotidiani; poi durante i pomeriggi passati a sufficiente per iniziare una discussione che nelle ipo-
studiare, con un occhio verso i due mostri, i miei tesi migliori potesse ricordare almeno un monologo
mostri, uno sguardo sul libro e subito dopo in bas- da parte di uno dei miei genitori non chiedevo di
so nella speranza che scomparissero come risucchiati partecipare, di essere una parte attiva, mi sarei accon-
dal pavimento, ma niente, erano sempre l, enormi, tentato del fatto che ci che io chiamavo problema
ingombranti, inutili. fosse portato in superficie le risposte che ricevevo
Ho tirato fuori tutte le mie energie, energie che con il rientravano sempre nella gamma delle possibilit gi
tempo sono andate a sfumare, nel tentativo disperato, sperimentate: i miei piedi erano bellissimi. Non po-
e riuscito, di dimenticare i nomi che gli avevo dato tevano non volevano, ho sempre pensato capire
ora li ricordo: Destro, quello sinistro e Sinistro, quello quanto potessi stare male.
destro, unambiguit apprezzata da tutti, in principio Penso anche a come i miei compagni di classe riu-
prima dei miei dieci anni, quando il fatto che fosse- scirono a marchiarmi a fuoco, con quanta sempli-
ro cos grandi rappresentava un gioco elettrizzante nel cit, con quanta cattiveria, con quanto poco senso
mio privato e un vanto nel pubblico; ero infatti il pri- dellumorismo. Quei soprannomi, diventati in poco
mo tra i miei amici a possedere fisicamente qualcosa tempo dei nomi, riempivano i corridoi della scuola,
di adulto, anche se non perfetto da un punto di vista del mio quartiere, di vergogna e disperazione: Piede
estetico, ma pur sempre qualcosa che gli altri neanche Storto, Piede Di Mostro, Oceano Di Unghie, Gran-
immaginavano di poter avere; il primo a balzare verso de Piede-Pisello Piccolo, Binario Dei Pazzi. Quelli
un territorio tanto spaventoso quanto suggestivo. che ricordo. Mi viene quasi da sorridere con una
I miei genitori non hanno mai chiesto un parere dose infinita di malinconia nei confronti del me di
medico. Avrei pagato oro affinch lo avessero fatto, allora, ma allepoca quei nomignoli, quelle Schifezze
ma ero troppo introverso, ero troppo dentro di me, come le chiamava mia madre, mi aprivano il cuore
accartocciato come un foglio di carta sul fondo di un e lo spolpavano senza piet. (I muscoli della faccia,

[ 16 ]
infatti, dopo essersi momentaneamente rilassati, si sguardo. Accanto ai vestiti ammassati, le mie scarpe
contraggono e ho limpressione che sto per piangere. da lavoro rosse, lunghissime. Le tocco, le sposto un
Con il dorso dellindice controllo se i bordi degli oc- po pi in la con una serie di movimenti privi di cri-
chi sono umidi, ma non cos). terio, poi le rimetto dove stavano prima.
Con il tempo mi sono abituato ai miei due mostri, Socchiudo larmadio.
ma continuo a osservarli come qualcosa che non mi Torno in camera e mi stendo sul letto. Le ossa inizia-
appartiene veramente. Come uno scherzo che qual- no tornano a farmi male. Sono diversi giorni che
cuno mi ha fatto appena nato, aggiungendo l infon- le sento pulsare, come se volessero uscire dal corpo,
do inutili pezzi di ossa, carne, nervi, venature. come se volessero informarmi che lo spazio a loro
Ora li sto guardando, sono avvolti dai calzini. Me ne disposizione meno di quanto dovrebbe essere. Una
sto sdraiato sul letto e fumo una sigaretta. sensazione sgradevole corre lungo il corpo, attraver-
Ho comprato il pacchetto di Camel ieri notte al di- sa lo stomaco e si divide in due: una parte si sposta
stributore automatico della via senza luce a due pas- verso il braccio destro, laltra verso quello sinistro. Si
si dallimbocco della tangenziale dietro casa. quasi frammenta e va a toccare tutte le estremit delle mie
vuoto. Lo agito per capire quante sigarette ci sono an- dieci dita; in un istante le due parti si ricongiungono
cora dentro. Tre o quattro. Lo apro. Ne mancano tre. tornando a essere un unico flusso che termina la pro-
Allungo la mano verso il comodino cercando di af- pria corsa depositandosi in testa, e ho la sensazione
ferrare la bottiglia di Heineken. Non ho veramente che stia proprio nel centro esatto del mio cervello.
sete, a dirla tutta non ho per niente voglia di bir- Cerco di addormentarmi. Mi rigiro sul letto. Sbuffo
ra. Forse solo un atteggiamento inconscio che in quasi dieci volte, credo, poi il malessere scompare.
qualche modo infonde in me un po di tranquillit. Finalmente riesco a dormire.
Faccio un paio di sorsate e la rimetto a posto. Una Il suono del cellulare mi sveglia, afferro il mio No-
sensazione di benessere scivola gi fino alle dita dei kia con qualche difficolt, faccio cadere il posacenere
piedi. Guardo il soffitto bianco pieno di crepe, due che per fortuna non si rompe, mi maledico, urto la
macchie di muffa si stanno espandendo sugli angoli. lampada che per poco non fa la fine del posacenere,
Faccio unultima tirata e spengo la sigaretta nel posa- guardo lora, penso che non sono in ritardo per la
cenere. Mi alzo e vado in bagno. festa e rispondo.
Tiro gi la cerniera, appoggio il braccio sinistro su Pronto?, dico. Mi sembra di avere una spugna in
cui appoggio la testa accanto al pulsante di scarico, gola.
chiudo gli occhi. Il muro freddo, troppo per essere Buongiorno, parlo con Martino Apparte? La voce
quasi estate. Lavo le mani, le asciugo. La scatola di dallaltra parte mi rilassa istantaneamente, calda e
cerone sta in bilico sul tavolo accanto al lavandino. La gentile.
metto a posto pi tardi, penso dopo averla sfiorata. S, sono io, rispondo alzandomi di scatto. Mi siedo
Torno in camera. Apro larmadio. Da fuori il vento sul ciglio del letto. Con chi parlo?
di una mattinata senza pi nuvole spalanca le per- Buongiorno signor Apparte, sono Ansimo Protti, il
siane quanto basta da permettere a una lama di luce pap di Niccol, il bambino che oggi compie gli anni.
di far brillare il pomello che avevo in mano fino a Buongiorno signor Protti, non sono in ritardo, vero?
un attimo fa. In un angolo ci sono un po di vestiti Deglutisco e sento la saliva scendere lungo la faringe.
ammassati. Appesa a una stampella, la mia tuta da No signor Apparte, non in ritardo, la sua voce
lavoro. I pantaloni, da cui partono un paio di bretelle cos tranquilla che la mia preoccupazione, dopo aver
che si toccano circa a met della mia schiena, tre vol- attraversato per un istante la mia testa, svanisce sen-
te pi larghi della mia taglia; la maglietta gialla con za che me ne accorga. Ho voluto chiamarla perso-
dei pois rossi sbiaditi, a maniche lunghe, sporca di nalmente, evitando che lo facesse lagenzia. Pensavo
caff sul colletto bianco. Sto fermo per qualche istan- fosse pi corretto.
te, non metto a fuoco nulla in particolare. Abbasso lo successo qualcosa?

[ 17 ]
Niccol sta male, ha quasi quaranta di febbre. un talk show dove una donna di quasi cinquantanni
Mi dispiace. molto brutta che sta cercando disperatamente sua so-
Anche a noi. Per precauzione labbiamo portato in rella intervistata da una ragazza molto bella che cerca
ospedale, ma i medici ci hanno detto che in poco disperatamente la telecamera che per sta inquadran-
tempo si riprender, per fortuna. Ci siamo spaventati do la donna di cinquantanni, un altro po di pubblici-
molto. Stava iniziando a delirare. t. Stappo laltra birra e la scolo in un attimo. Spengo.
Vorrei dire qualcosa, ma tutto ci che mi passa per la Vado in camera, apro larmadio e ho di fronte agli
testa mi sembra la stessa battuta recitata nella stessa occhi la scena di prima: i vestiti ammassati, la tuta da
situazione dai tre quarti dellumanit. Quindi riman- lavoro, le scarpe da lavoro. Chiudo, stavolta a chiave.
go in silenzio e mi accendo una sigaretta. Faccio un Prendo le chiavi di casa che lascio sempre in bella vi-
paio di tiri. sta accanto alla porta della cucina e vado al bar. Non
Le volevo dire che la festa, come avr intuito, stata c quasi nessuno. Il proprietario, Gianluigi, mi viene
rimandata. Purtroppo, per, ancora non si sa a quan- incontro. Ci salutiamo con una stretta di mano. Le
do. Dopo aver preso da terra il posacenere, spengo sue mani sono sudate come al solito. Mi abbraccia.
la sigaretta che non arrivata neanche a met. Mentre mi chiede come va, il suo sguardo si sposta
Capisco. per un momento quasi impercettibile verso i miei
Non si preoccupi comunque: le faremo avere una piedi. Me ne accorgo, si accorge che me ne accorgo,
parte della somma pattuita entro domani e il resto, facciamo finta di niente.
se lei sar disponibile, le arriver quando far lo spet- Ordino una rossa doppio malto e mi siedo a un tavo-
tacolo per la festa di Niccol. lo in fondo. Nella sala siamo solamente io, Gianluigi,
Non si preoccupi di darmi ora il denaro, non ne ho una coppia di turisti e Sergio, luomo con la barba
bisogno, rispondo. bianca lunghissima che sta sempre al bar. Gli faccio
Non se ne parla neanche, risponde con fermezza. un cenno di saluto, lui ricambia e le guance rosse si
Se non avesse accettato il nostro lavoro, ne avrebbe gonfiano e gli occhi si trasformano in due fessure.
trovato un altro, no? Le abbiamo occupato del tem- Gianluigi arriva con la rossa, mi da una pacca sulle
po, del tempo in cui lei avrebbe potuto guadagnare spalle e torna dietro al bancone. Alzo la birra in dire-
una somma magari maggiore rispetto a quella che noi zione di Sergio, lui alza la sua.
le abbiamo offerto, quindi dobbiamo darle almeno I pomeriggi passano velocemente quando sto al bar.
una parte di quanto le spetta. Le va bene un terzo? Ordino sei birre e due amari. Lascio quasi trenta
Dopo un attimo di silenzio, dalla mia bocca esce un euro. Gianluigi mi fa un po di sconto. Ogni tan-
Grazie, va bene, che sembra pi il suono emesso da to me ne potresti offrire una, penso. Saluto Sergio e
un animale che quello di un essere umano. Gianluigi e torno a casa.
Benissimo allora. Il prima possibile le arriver il de- Apro la porta di casa. C odore di chiuso. Vado in
naro, dice. Mi scusi, anzi, Ci scusi ancora. Buona cucina e apro la finestra. Sono le otto e mezza, quasi.
giornata e arrivederci. Attacca. Non ho fame. Accendo la televisione. Pubblicit, un
Scrollo le spalle. Non capisco per quale motivo, ma telegiornale dove il giornalista mi ricorda che la Bor-
in fondo la telefonata mi fa sentire bene. Mi alzo dal sa sta crollando, un film anni 60, altra pubblicit.
letto, vado in bagno, faccio una doccia e mi vesto. Poi Spengo.
vado in cucina e preparo un piatto di pasta. Spaghetti Vado in bagno, mi lavo i denti. Non ho voglia di la-
con il sugo. Non sono un granch, ma vanno gi be- vare nientaltro. Mi cambio e metto il pigiama, sof-
nissimo. Prendo due birre dal frigo. Mentre cammino fice e sa di pulito. Mi sdraio sul letto e i piedi iniziano
verso il divano, sbatto con il piede destro su una gam- a formicolare. Provo a non pensarci, provo a pensare
ba della sedia di vimini. Bestemmio, ma il dolore va ad altro. Mi viene in mente la proposta di lavoro di
via subito. Stappo la prima birra mentre guardo un po mio zio. Non male, ma ci penser domani.
di televisione. Un telegiornale, un po di pubblicit,

[ 18 ]
Paolo Rigo | Spruzza ancora la campana

Nato a Roma nel 1985, appassionato di letteratura pulp e di scrittori sudamericani. Ha vissuto fino a ventitr
anni a Littoria, dopo di che tornato a stancarsi a Roma. Collabora con Flaner, per cui ha scritto diversi
racconti. Spesso, ma non cos spesso, scrive in versi: Anima piange (Edizioni della Sera, 2011) la sua prima
raccolta di poesie.

Il vecchio balordo puzza di piscio lontano un miglio. nasce aperte, tra le carie dei denti, poi sputa per terra:
Ha indosso un abito rotto: una camicia sbrindellata, Lleva dos vermouth rojos!, e il cameriere neanche
che lascia intravedere delle macchie di pelo nero e risponde. Si gira, muove le spalle e va via.
delle strisce enormi di sudore e mocciolo verde, la Che almeno paghi bene quello stronzo di Miguel
giacca color cammello, che indossa almeno da un La prostituta, Regina, si accosta allorecchio di Mi-
paio danni, i pantaloni neri di velluto aperti sul da- guel, ride di gusto, e si porta verso di noi. Appoggia le
vanti. Beve un sorso di birra, manda gi e scatarra mani al tavolo e si sporge verso Artur. Io resto a fissare.
per terra. Ride negli occhi e fissa il cameriere che fa Salve bimbi che bevete?
una smorfia. Ma non dice nulla. Cerveza
Grazie figliolo per la birra. Mmm... Me ne offrite un sorso?, e senza che nes-
Prego suno dei due abbia ancora risposto, prende la birra di
Eh Artur e manda gi un sorso: il barbone digrigna i den-
Che c? ti. Che c tesoro non ti va di farmi fare un sorso?
Sono triste No la mia birra
Triste? Te lo pago il sorso: per un altro puoi toccarmi i fian-
Eh Sal Rinaldi, tu non capisci che vuol dire sentirsi chi, ci stai? Senza nemmeno lasciargli il tempo di
vecchi. rispondere Regina prende le mani di Artur e le mette
Il cameriere del pub si avvicina con una ciotola di sopra i suoi fianchi morbidi e neri come la notte,
pistacchi e un piatto di spiedini di prosciutto. Guar- come la nebbia della notte. Te gusto Papi? C una
da prima me, poi il vecchio, e infine il proprietario cosa che devo chiederti
del pub: un ciccione di settantacinque anni, di nome Dimmi, che vuoi...?
Miguel. Spagnolo. Grasso e puzzolente come il chori- La prostituta apre la bocca, muove la lingua inces-
zo. Miguel ride di gusto, tocca il culo a una puttana a santemente sui denti, ride, sorride, prende un altro
cui fa credito. Regina. Una nera da mille e una notte. sorso e questo omaggio, si avvicina agli occhi di
Con due labbra grosse come lo stretto di Messina. Artur e gli dice, con voce calma e suadente: Be? Mi
Pi pericolose di Scilla e Cariddi. Fa s con la testa. fai uno spruzzo?
Ha gli occhiali da sole su. I piccoli occhi malvagi non Gli occhi del barbone si gonfiano di rabbia, diventano
si vedono. Il cameriere sbuffa, evita due spruzzi di rossi, sputa tutto quello che ha in bocca sulla faccia di
grasso, che partono dai denti neri di Artur, il vecchio Regina, prova a darle uno schiaffo ma troppo malde-
barbone, e due rutti conseguenti. Calle de la Mon- stro, scivola sulla sedia e cade. Il ginocchio gli fa male.
tera illuminata a spruzzi. La sera non si riesce a Ma trova comunque la forza di urlarle contro: Cagna!
camminare, vanno tutti a Sol. Che cazzo dici cagna? Vieni qui che tammazzo!
Le vostre tapas seor, posa il piatto lontano da Regina si ritrova con la faccia puzzolente e sporca di
Artur, sono offerte da don Miguel. bile, pistacchi masticati e ottimo prosciutto iberico.
Grazie, Artur afferra una manciata di pistacchi, li Unora di trucco e i soldi del parrucchiere buttati nel
mette in bocca senza sbucciarli. Li mastica con le ga- cesso. Prende la bottiglia di birra e la spacca, mezza

[ 19 ]
vuota, sulla testa del barbone. Non esce sangue e Ah per
non sviene. Hai un sigaro? Metti quel disco Inizi a fumare
Ma guarda questo pezzente di merda! Io ti ammazzo! un sigaro italiano, uno dei tre che mi erano rimasti,
Miguel se la ride dal suo bancone. La gente intorno misi il disco. Era un vecchio quarantacinque giri dei
urla e gioca, chi vende oro, chi abborda una donna, Buena Vista Social Club:
chi una puttana, chi mangia il suo panino. Se ne fot-
tono di quello che accade, solo una piccola folla cir- De Alto Cedro voy para Macan
conda il barbone per terra. Regina viene portata via Luego a Cueto voy para Mayar
dal cameriere. Io alzo a fatica Artur. Peser almeno
centosessanta chili, il balordo. Puzza da far schifo ed El cario que te tengo
pi sudato e unto di una colazione cinese. Lo por- Yo no lo puedo negar
to dietro langolo, dove c il buco di culo di stanza Se me sale la babita
dove vive. Mentre lo trascino a fatica ripete: Che Yo no lo puedo evitar
cagna! Cazzo se ero pi giovane che cagna
Cuando Juanica y Chan Chan
Una volta a casa lo metto sul letto. Mi guarda. Avreb- En el mar cernan arena
be voglia di spaccare la faccia a mezzo mondo, non Como sacuda el \jibe\
ha pi le forze per. A Chan Chan le daba pena
Che cazzo ci fai qui Sal Rinaldi?
No! Che cazzo ti prende a te? Perch hai sputato a Limpia el camino de pajas
Regina? Que yo me quiero sentar
Voglio dire, che cazzo ci fai qui a Madrid Sal Ri- En aquel tronco que veo
naldi? Y as no puedo llegar
Lo sai, sono venuto a scrivere un pezzo sugli indi-
gnados De Alto Cedro voy para Macan
Vuoi sapere perch sono venuto qui io? Vuoi saperlo? Luego a Cueto voy para Mayar
Dimmi.
Ecco, s. Avr avuto la tua et pi o meno, venti- Ah cazzo cazzo cazzo quanto amavo lac-
cinque forse ventotto anni. E sai che facevo? Facevo qua io amavo le ninfe tu mi capisci Rinaldi?
lo spruzzo e quella troia quando mi ha detto se Oggi non ci credono pi alle dee, alle ninfe tu mi
le facevo lo spruzzo ah non ci ho visto pi capisci? Hai mai incontrato una dea o una strega?
volevo ammazzarla ma lo so io quella una pro- S vecchio, s diverse volte
vocazione di Miguel... Io sono un figlio dellacqua e quando venivo... beh
Lo spruzzo? Vecchio, ma che dici? facevo uno spruzzo colossale spruzzavo almeno
Ti dico io quello che dico dico che ero giovane, per unaltezza di cinque, sei metri e la gente era l
ero forte, ed ero pieno di speranze avevo una ma- che guardava era incredibile una cosa impres-
nia Sal Rinaldi mi hanno cacciato dallItalia per sionante era una festa per non faceva bene,
quella mania mi masturbavo nelle fontane famo- allora sono dovuto andare via e sono venuto qui,
se hai presente Fontana di Trevi a Roma? Dove qui in Spagna qui queste cose le apprezzano, sai?
ha fatto il bagno la Ekberg? Ebbene io ogni notte Mi chiamavano a ogni festa di paese mi chiama-
andavo l, guardavo la luna riflessa nelle acque della vano a benedire ogni fontana la fila era enorme
vasca tu mi dirai che lacqua non conserva lodo- cera sempre un sacco di gente migliaia tutti a
re, vero? Cazzate io quando mi portavo l la notte sperare di essere toccati dal mio spruzzo, era un se-
sentivo lodore sentivo lodore di Anita e mi gno di benedizione capito? Se venivi toccato da uno
masturbavo selvaggiamente spruzzo altissimo avresti avuto un sacco di figli!! E

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quante donne!! A ogni encierro, a ogni festa, a ogni gli morta cinque anni fa e sai una cosa? Ho
festival, chiamavano me ad aprire la semana e do- capito che mi amava quando ci siamo lasciati
vevi vedere come me la cavavo!! A ogni fontana si Perch?
faceva un bagno una donna io sentivo il suo odore Perch ogni notte dopo che Miguel si addormen-
nellacqua, mi accendevo tutto, mi diventava come tava sgusciava via dalla finestra e veniva a farsi un
il marmo e poi iniziavo a menarmelo venivano bagno nella fontana per me povera Elisa ora
addirittura i turisti a vedere lo spruzzo!! Una volta vattene, per voglio stare solo.
ho fatto un spruzzo alto nove metri era un grande Sono uscito e sono andato a Plaza de Puerta del
periodo e poi Sol per scrivere il mio pezzo sulle riunioni spon-
E poi? tanee, le manifestazioni e le cose che cadono dal
E poi un giorno mi sono innamorato e sono ini- cielo. Quella folla, proprio come la folla di Artur,
ziati i guai... Fumava il sigaro e parlava. Blaterava e urlava, sbraitava per uno spruzzo sterile di senilit e
parlava. Ogni tanto sputava. povert. Guardavo quei giovani interessati alla po-
Vedi? Era una festa di paese e ho incontrato que- litica che protestavano per qualcosa, li guardavo e
sta donna bellissima aveva fatto il bagno nella fon- pensavo: vi prenderete un altro spruzzo altissimo e
tana era mora si chiamava Elisa aveva la pelle non cambier nulla.
color della spuma era un sogno
Beh, allora tutto bene no?
No Sal, no per tutti gli dei del creato mi ero
innamorato e non riuscivo a masturbarmi pi vo-
levo lei lei e basta
E allora?
E allora niente lho sposata, ci siamo trasferiti qui
a Madrid e ho trovato un impiego come postino
Tutto bene quel che finisce bene
Non credo per nulla Sal Rinaldi lacqua non la
puoi ingannare a lungo in una riva non ero con-
tento e cos ogni notte sgattaiolavo fuori di casa,
pagavo a credito una puttana, le facevo fare il bagno
dentro la Fuente de Neptuno e mi masturbavo feli-
cemente
Ah
Gi pensa quello che vuoi Rinaldi ma non ci
riuscivo a farne a meno e cos, sai? I soldi non ba-
stavano mai mai! Capito? Mai! Li spendevo tut-
ti per i giochi notturni. Mi dicevo sempre: Artur,
questa lultima volta! e invece, il giorno dopo,
ci ricadevo e i debiti sono diventati sempre pi
alti e sai con chi li avevo? Con quello stronzo di
Miguel
Ah per
Proprio cos e un giorno mi ha fatto una propo-
sta: mia moglie in cambio dei debiti e del vitto
ho accettato poverina pensavamo anche che era
sterile lo sterile ero io ha avuto un sacco di fi-

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