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La comunicazione efficace
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Per poter mediare bisogna prima condividere
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LAutore
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Introduzione
Il business e la gestione delle relazioni nella vita privata richiedono competenze co-
municative efficaci. Dalla mediazione alla negoziazione, dalla gestione della relazione
familiare alla gestione dei collaboratori e dei clienti, saper comunicare rappresenta un
vero potere e una risorsa importantissima.
Prima di cercare un accordo necessario che le parti che si relazionano condivida-
no gli stessi contenuti o, detto in altro modo, devono prima capirsi per poi cercare un
punto di incontro.
Molti avvocati, per esempio, pensano che saper parlare, saper far valere le proprie
ragioni significhi saper comunicare. Non cos. Comunicare vuol dire mettere in comu-
ne emozioni, pensieri, punti di vista, stati danimo.
La PNL (Programmazione Neuro Linguistica) insegna bene questo punto e spiega
come ciascuno di noi crea una propria mappa e come pu condividerla con gli altri.
Anche nella negoziazione assistita, nella mediazione e nel diritto collaborativo, sa-
per comunicare rappresenta il cuore di tali attivit.
Comunicazione, negoziazione, ascolto attivo, arte di fare domande, sono tutte com-
petenze che devono essere presenti nella cassetta degli attrezzi di un buone manager, di
un buon professionista e di un imprenditore. Ecco di seguito alcuni principi utili.
I contenuti del presente ebook sono in parte tratti dai miei corsi di formazione sul-
largomento e in parte sono post pubblicati sul mio Blog.
Bene, cominciamo!
Mario Alberto Catarozzo
Formatore e Coach
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CAPITOLO 1
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relazione tra gli interlocutori (il come) pesa il 93% della
comunicazione stessa, dove solo il 7% il valore del con-
tenuto ai fini dellefficacia della comunicazione sul desti-
natario.
I canali della comunicazione
4. Esistono tre livelli di comunicazione: verbale, para-
verbale, non verbale.
La triade mediatore-parti, come opera il mediatore:
Lo schema comunicativo in
mediazione
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CAPITOLO 2
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tura potrebbe generare confusione nellinterlocutore, con
troppe informazioni da elaborare e rappresentare.
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gli altri due canali la scelta del tono di voce, la variazione
del volume e dellintensit, il ritmo delle pause e respiri, i
gesti di accompagnamento del discorso, le micro espres-
sioni facciali sono totalmente (o quasi) inconsapevoli,
quindi dettate dal subconscio. A sua volta il destinatario
percepir a pancia, cio a livello subconscio tali segnali
e il rispettivo significato a cui attribuir una valenza mol-
to maggiore proprio perch non filtrata dal pensiero logi-
co e razionale.
Vediamo il peso di questi tre tipi o livelli di comunica-
Lefficacia dei canali
zione secondo Albert Mehrabian:
comunicativi
la comunicazione verbale incide solo per il 7% sullef-
ficacia complessiva delle nostra comunicazione;
la comunicazione paraverbale incide il 38%;
la comunicazione non verbale incide per il 55%.
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ti, a volte secondi, che una persona ci ascolta, se gli altri
canali di comunicazione non supportano e rinforzano il
parlato, il nostro interlocutore fa fatica a seguirci, fino a
perdersi del tutto e non seguirci pi ma cominciare a pen-
sare sulle nostre parole.
Provate a ricordare lultimo convegno a cui siete stati:
riuscivate a seguire il relatore nel suo discorso? S? Aveva
allora la capacit di supportare il discorso verbale, le paro-
le, con gli altri due canali per mantenere alto il vostro li-
vello di interesse e di attenzione e non perdervi lungo
la relazione. Il linguaggio non verbale rappresenta com-
plessivamente il 93% della comunicazione. Non male, ve-
Il 93% della
ro?!
comunicazione passa dal
non verbale Allinterno di una trattativa, per esempio, un peso fon-
damentale dato dai segnali del corpo che linterlocutore
coglier come coerenti o dissonanti rispetto al contenuto
del messaggio.
Quindi la gestualit, le espressioni del viso, il tono di
voce, la postura del corpo serviranno a rinforzare il conte-
nuto del messaggio verbale oppure a indebolirlo fino ad
annullarne del tutto il significato.
Uno spazio a s va dedicato al silenzio. Il silenzio
una forma di comunicazione non verbale molto potente
Il valore del silenzio
che va utilizzato con sapienza, va dosato nelle pause, e a
cui si pu strategicamente ricorrere proprio per dare an-
cora pi forza al canale comunicativo non verbale, del lin-
guaggio del corpo. Sbagliano, pertanto, coloro che pensa-
no che il loro silenzio non comunichi nulla ai presenti. Le
persone dotate di carisma, per esempio, fanno spesso ri-
corso al silenzio, agli sguardi, alla gestualit lenta e con-
trollata per rinforzare il proprio ascendente sui collabora-
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tori. Provate a pensare, per esempio, ai vostri figli: saran-
no molto pi attenti e preoccupati quando, di fronte ad
un piccolo misfatto, non si vedranno aggrediti da un fiu-
me di parole, ma si vedranno guardati in silenzio con
sguardo fermo e sicuro. Penseranno, ora che succede?
Che star pensando? Non avranno nulla contro cui op-
porre resistenza, contro cui far valere le proprie ragioni.
Provate a pensare che a voi capitato quando eravate ra-
gazzi con i propri genitori, provate a ricordare la sensazio-
ne e lefficacia tanto che ancora ora, a dispetto di fiumi di
parole dimenticati, ce ne ricordiamo!
Come ci si pu, dunque, predisporre al meglio per
Come prepararsi al meglio una comunicazione efficace?
nella comunicazione
Due premesse: la prima che risulta fondamentale lo
efficace stato in cui ci troviamo, intendendo con esso lo stato
danimo e quindi la condizione emotiva che ci troviamo a
vivere durante latto comunicativo; condizione e stato che
1. Lo stato danimo il nostro interlocutore coglier non solo dalle nostre paro-
le ma pi ancora dagli altri due canali, come abbiamo vi-
sto. La seconda considerazione che per una comunica-
zione efficace molto importante sapere qual il nostro
2. Lobiettivo comunicativo
obiettivo nella comunicazione. In altre parole, cosa voglia-
mo ottenere e non solo, quindi, cosa vogliamo dire, ma
quale risultato, scopo intendiamo raggiungere. Una cosa,
infatti, voler far capire perch, per esempio, il nostro col-
laboratore impari e non ripeta in futuro lerrore. Quindi
lo scopo trasmettere un sapere per il suo futuro utilizzo
da parte del nostro interlocutore. Unaltra cosa, invece,
voler far capire allaltro che ha sbagliato, volerlo rimpro-
verare, volergli far smettere quel comportamento senza
necessariamente volergliene trasmettere uno pi funziona-
le. In questo secondo caso lo scopo non propositivo (ti
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spiego come si fa, ti spiego cosa hai sbagliato), bens impo-
sitivo (non fare pi cos, guai a te se ripeti ancora quel
comportamento). Possiamo in sostanza usare le stesse pa-
role con scopi molto diversi e sar il paraverbale e il non
verbale a dare un significato piuttosto che un altro alle no-
stre parole. Se non conosciamo in partenza lo scopo della
nostra comunicazione, rischiamo di raggiungere effetti op-
posti o comunque diversi dalle nostre intenzioni.
Fatte queste due premesse, per potersi predisporre in
modo corretto alla comunicazione efficace con il nostro
interlocutore dovremo lavorare su due nostri aspetti:
1. la consapevolezza, vale a dire la coscienza che ci
che sto comunicando potrebbe non essere compreso
La consapevolezza
dallinterlocutore nello stesso significato da me attribui-
to; quindi non dare nulla per scontato, me verificare di
volta in volta di essersi capiti. Questo molto importan-
te, come vedremo pi avanti, nella delega ai collabora-
tori in studio;
2. la flessibilit, quindi una volta che ho verificato che
La flessibilit quel tipo di comunicazione non ha avuto effetto, per-
ch il mio interlocutore non ha capito ci che intende-
vo trasmettere, va cambiata la modalit comunicativa
senza insistere sulla stessa che in precedenza ha dimo-
strato di essere in quella relazione inefficace. Ci che
spesso si tende a fare, invece, ripetere pi volte le stes-
se cose, magari alzando il volume della voce, come se
gridando il nostro interlocutore capisca meglio. Non
che non ha sentito, non ha capito! E se non ha capito
possiamo anche prendercela con lui, ma ci non miglio-
ra lefficacia della comunicazione. Tutto ci che possia-
mo fare usare parole diverse, fare esempi, ricorrere a
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metafore, usare gestualit e tono di voce diversi o aspet-
tare un momento migliore, per esempio.
Ricordiamoci che ogni qual volta insistiamo e faccia-
Fate domande, invece di
mo pressione sullaltro non facciamo altro che aumenta-
spingere o tirare
re la resistenza dellinterlocutore.
PROCESSO COMUNICATIVO
Emi$ente(
codifica!
(chi)(
Feedback(
percepito! Contenuto( messaggio!
(cosa(ho(
(che(cosa)(
capito)(
Des3natario( decodifica!
(a(chi)(
Paul Watzlawick!
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CAPITOLO 3
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scuno interpreti e ricostruisca il messaggio altrui, il signifi-
cato del messaggio altrui, secondo la propria esperienza
che potrebbe facilmente portare a significati discordanti
del messaggio.
cos che un messaggio emesso con un contenuto, o
meglio con un significato attribuitogli dal mittente, giun-
ga al destinatario e venga percepito e interpretato con un
significato diverso rispetto alle intenzioni del mittente. Il
punto che se mittente e destinatario non si prendono cu-
ra di verificare la rispondenze di significato, entrambi sa-
ranno convinti di essersi capiti, quando invece cos non .
Pensate a quanto ci sia importante con un cliente, oppu-
re quando si delegano delle attivit ad un collaboratore si
studio, oppure ancora nella comunicazione dellavvocato
col giudice.
Nel tempo dunque ci siamo formati la nostra visione
Convinzioni e presupposti
del mondo, le nostre interpretazioni su fatti, relazioni e
cos via. Utilissime, si intende, altrimenti non potremmo
vivere, ma anche pericolose perch sono filtri inconsci
che determinano la nostra percezione e quindi le nostre
azioni, spesso inconsapevoli.
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Abbiamo visto come linguaggio sia quel meccanismo
di codifica di cui ci serviamo per rappresentare la nostra
esperienza.
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Generalizzazioni 1. GENERALIZZAZIONI
Si prende unesperienza e la si rende una regola: es. le
porte si aprono da sx verso dx. Si creano cos delle catego-
rie. Le generalizzazioni sono utili, ma possono anche rap-
presentare dei limiti alle nostre esperienze future. Le gene-
ralizzazioni sono s comode, ma rendono rigido il ragiona-
mento, perch lo incanalano in categorie predefinite.
Dopo aver avuto in studio praticanti donne mi convin-
co che tutte le donne sono pi precise degli uomini e che
gli uomini sono superficiali. Poich ho conosciuto molti
giudici pieni di s mi convinco che tutti i giudici sono pie-
ni di s e mi comporto di conseguenza.
Esempi di frasi che indicano generalizzazioni:
come quello.
sempre cos.
Sono tutti cos.
Va sempre allo stesso modo.
Deformazioni 2. DEFORMAZIONI
1 - Nominalizzazioni = quando un processo viene tra-
sformato in un nome, es. la libert
2 - Lettura del pensiero = quando si pensa di conosce-
re il pensiero altrui
3 - Causa effetto = ci che determina le credenze,
es. tu mi fai star male, quindi sei la causa del mio star
male; cosa fai per farmi star male?
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4 - Equivalenza complessa = se non ti fermi in studio
fino a tardi vuol dire che non hai a cuore il tuo lavoro,
quindi X=Y
5 - Presupposizioni = frasi che danno per scontato
qualcosa, es. firma ora o firma dopo?.
Cancellazioni 3. CANCELLAZIONI
il meccanismo che permette di percepire solo alcuni
stimoli e non altri, il che utile, perch non saremmo in
grado di elaborare le centinaia di informazioni che ogni
secondo colpiscono i nostri sensi, salvo che pu impoveri-
re la nostra esperienza in alcuni casi: per esempio, posso
percepire solo le idee che mi confermano e non quelle
che mi destabilizzano, per esempio in campo politico). In
sostanza con le cancellazioni posso tralasciare informazio-
ni importanti.
Comparativi e superlativi: quando uso espressioni tipo
il modo migliore potrei chiedere migliore rispetto
a cosa?. Stessa cosa per chi usa espressioni meglio,
peggio potrei chiedere meglio o peggio rispetto a co-
sa?.
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CAPITOLO 4
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CAPITOLO 5
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CAPITOLO 6
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Ma c differenza in una mediazione a seconda che
Imprenditori e cittadini in
siano i primi o i secondi a varcare la soglia della trattati-
mediazione
va? S, qualche differenza c. Non tanto nelle tecniche o
nei principi seguiti dal mediatore che, come terzo impar-
ziale, dirige la mediazione nel tentativo di raggiungere un
accordo soddisfacente per entrambi. Quanto nella gestio-
ne degli aspetti emotivi. Gi, perch se limprenditore
di solito pi freddo e pragmatico nella gestione e nella so-
luzione della propria vicenda, il cittadino invece emoti-
vamente pi coinvolto. Per il primo, in generale, sono que-
stioni principalmente di soldi e pi tempo perdiamo al ta-
volo negoziale, meno tempo da dedicare alla propria atti-
vit abbiamo (altra perdita economica). Per il secondo, in-
vece posta anche la diversa natura delle liti (divisioni
ereditarie, locazioni, patti di famiglia, danno da responsa-
bilit medica, diritti reali) - accanto ai risvolti economici
della lite si agitano anche risvolti personali, affetti, ricor-
di, principi, senso di rivalsa. Ci rende ancora pi diffici-
le la gestione della lite da parte del mediatore.
A questo punto il nostro mediatore dovr sciorinare
Alcune regole per la
accanto alle tecniche apprese nei corsi e allesperienza
gestione del conflitto
maturata sul campo, capacit nuove relative alla gestione
degli stati emotivi propri e delle parti coinvolte.
Come? Vediamo alcuni principi-base nella gestione di
situazioni di questo tipo.
Innanzitutto la prima buona regola di portare il livel-
Mai colpire lidentit
lo della discussione tra le parti dal piano tu-io (identit)
dellaltro
al piano la questione che ci riguarda, gli interessi in
gioco, quel tuo comportamento (oggetto/comporta-
mento). In altre parole, le parti si presenteranno cariche
di astio, stress e rivendicazioni e tenderanno ad attaccare
laltro come persona, nella sua identit. La prima cosa
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che il mediatore pu fare per impostare correttamente il
tavolo negoziale condurre il confronto non tra le perso-
ne ma sulloggetto della lite, sui comportamenti, sugli inte-
ressi in gioco.
Gi sugli interessi in gioco! E qui troviamo la seconda
Lavorare sugli interessi e
regola doro. Perch spessissimo le parti si presentano in
non sulle posizioni
mediazione che hanno gi assunto una posizione, s
una posizione di principio. Non si discute pi, quindi, di
interessi, ma di prese di posizione, di posizioni di princi-
pio, trascurando e a volte addirittura tralasciando i veri
interessi per cui siamo qui.
E noto laneddoto Il caso dellArancia utilizzato nel
Il caso dellarancia
Program on Negotiation della Harvard Law School che
vede due sorelle litigare per unarancia, ciascuna convin-
ta ovviamente di averne pi diritto dellaltra, finch
qualcuno non chiede alle stesse il perch (non eziologico,
non la causa, bens finalistico = a quale scopo) litigate
per larancia. E cos che finalmente vengono chiariti gli
interessi sottostanti alla appropria presa di posizione: la
prima volve spremere larancia, la seconda vuole usare la
buccia per una torta. Bene, la soluzione non sar dividere
larancia per un principio di equit distributiva, bens di
dare a ciascuno la parte che soddisfa il proprio interesse.
Infine, la terza regola importante ricordare di lascia-
Lasciare sempre una via di
re sempre una via di fuga a ciascuna delle parti in lite.
fuga
Detto in altri termini, ciascuno deve sempre avere unusci-
ta di sicurezza per lasciare il campo con dignit e per po-
ter cambiare idea senza sentirsi umiliato, ferito o distrutto
dallaltro. Perch? Perch per un principio di coerenza,
dopo aver preso una posizione, dopo aver detto una cosa
e averla sostenuta fortemente, anche se ci dovessimo ac-
corgere di avere torto o cambiassimo idea, ci faremmo ta-
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gliare a fettine piuttosto che ammetterlo e tornare sui no-
stri passi. Quindi un ottimo strumento lavorare sulla
time line, sulla linea del tempo. In pratica creare un
Lavorare sulla time line
nuovo frame temporale (una nuova cornice temporale)
serve perch la logica che finora pensavi cos perch ave-
vi queste informazioni, ora che ne hai di nuove puoi vede-
re le cose diversamente e
Al contrario, non una buona strategia, soprattutto in
Puntare alla massima mediazione, ma anche nella ADR e in generale in qualun-
soddisfazione reciproca, que negoziazione anche di business puro dove lobiettivo
non di uno solo portarsi a casa il massimo risultato possibile, usare la
strategia del pugile che cerca di mettere allangolo lavver-
sario e colpirlo al fegato tante volte finch non cade sfini-
to. Anche in questi casi bisognerebbe sempre puntare ad
un accordo accettabile per entrambi, altrimenti se abbia-
mo un vincitore totale e un perdente totale, leffetto boo-
merang sempre dietro langolo; laltro, alla prima occa-
sione ci restituir il favore con gli interessi. E la lite conti-
nua.
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CAPITOLO 7
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Ben diversa la situazione dellascolto passivo dove
non si presta pi di tanto attenzione a quanto linterlocu-
tore sta dicendo.
Esiste poi lascolto riflessivo dove lobiettivo di chi
ascolta di reinviare il messaggio al mittente in modo che
possa riflettere sul suo contenuto. Il destinatario in sostan-
za fa da cassa di risonanza del messaggio.
Con ascolto selettivo, invece, ci si riferisce alle ipotesi
Ascolto selettivo
(le pi frequenti) in cui linterlocutore ascolta solo quello
che vuole ascoltare del discorso, selezionando i contenuti
ed effettuando cancellazioni.
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ria ereditaria, il cliente tende spesso a scambiare lavvoca-
to per una figura con cui sfogarsi.
OSTACOLI ALLASCOLTO
Possono essere di ostacolo allascolto attivo:
Situazioni di ostacolo
allascolto 1. le aspettative dellinterlocutore
2. le relazioni tra le persone che comunicano (opi-
nioni, screzi, pregiudizi)
3. lo stato emotivo di chi ascolta
4. ostacoli fisici o ambientali
Sono state elaborate alcune regole per lascolto attivo:
1. non avere fretta di arrivare alle conclusioni
2. ci che percepisco il mio punto di vista
3. se voglio capire laltro devo partire dal fatto che
ha ragione e chiedergli di aiutarmi a capire
4. le emozioni non vanno evitate ma servono a
comprendere il senso del messaggio
5. un buon ascoltatore aperto a nuove possibilit
6. i dissensi e i conflitti non sono un problema ma
sono ben accetti perch offrono nuove opportunit
7. lumorismo rende tutto pi facile.
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CAPITOLO 8
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di pace nella crisi Israelo-Palestinese nel 2000 dove il Pre-
sidente americano Bill Clinton svolse il ruolo di mediato-
re tra il Primo Ministro israeliano Barak e il Presidente
dellANP Arafat.
Secondo la Scuola di matrice americana, per citare
Le regole di una
una delle pi illustri teorie sulla negoziazione oggettiva
negoziazione efficace (Raiffa), sono quattro le condizioni per poter condurre
una negoziazione efficace:
scindere le persone dai problemi;
scindere gli interessi (ci che conta) dalle posizioni
(posizioni di principio);
sviluppare alternative vantaggiose per entrambi;
fissare criteri oggettivi di misurazione dei risultati del
negoziato.
Vediamo in breve i singoli punti:
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buire intenzioni, comportamenti e idee in cui non si rico-
nosce e che aumenteranno i toni del conflitto. Verificate
sempre di essere stati capiti, cio che il vostro messaggio
sia giunto allinterlocutore con il significato che volevate
attribuirgli. Come? Chiedendogli di sintetizzare quanto
avete detto e a vostra volta verificate di aver capito real-
mente il messaggio altrui riassumendo i punti chiave.
Scindere gli interessi dalle posizioni
Scindere interessi e
posizioni Utile per condurre negoziati efficaci imparare a guar-
dare oltre il proprio punto di vista. Il primo passo sfor-
zarsi di capire qual il reale interesse della controparte,
cio la motivazione che la spinge ad agire in quel modo,
a formulare quelle richieste. Spesso la controparte stes-
sa a non conoscere le reali motivazioni alla base della pro-
pria richiesta. Infine, fondamentale focalizzarsi sul futuro
e non impantanarsi sul passato: bisogna saper guardare
avanti e non indietro. Un compromesso sar pi facilmen-
te raggiungibile se pensiamo ai futuri vantaggi che ne po-
tranno derivare, piuttosto che se pensiamo alla cause e
colpe del perch si arrivati fin qui.
Sviluppare soluzioni Sviluppare soluzioni alternative
alternative
Due sorelle litigarono lungamente per unarancia.
Quando, alla fine, decisero di dividere a met il frutto, la
prima mangi la polpa e gett via la buccia; laltra, inve-
ce, gett linterno ed utilizz la buccia per preparare una
torta.
In un conflitto tutti ritengono di conoscere gi la rispo-
sta giusta e vogliono che la loro visione delle cose abbia il
sopravvento. E importante invece sviluppare la capacit
di aprirsi a nuove soluzioni, di generare strade nuove inve-
ce di muoversi nella gabbia di quelle sole gi conosciute.
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Un errore comune nei conflitti, che rende difficile la solu-
zione pacifica, il credere che la torta da spartire sia
limitata, per cui se cedo sto perdendo.
Per$avere$info$dallaltro$
FARE%DOMANDE%
Per$dargli$modo$di$cambiare$prospe5va$
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CAPITOLO 9
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C A P I T O L O 10
3 regole fondamentali
della negoziazione
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che. Ci che vogliamo qui sottolineare che per poter in-
Linguaggio del corpo: va
terpretare in modo corretto il linguaggio del corpo dei no-
interpretato nel contesto
stri interlocutori al tavolo negoziale importante ricordar-
si che ciascun comportamento va letto in un contesto pi
ampio e coordinato con altri segnali che ne confermino il
valore. Essere estremisti e interpretare gesti e comporta-
menti in modo meccanico, da manuale, potrebbe essere
fuorviante.
Ricordiamo pertanto queste tre semplici regole che gli
esperti di linguaggio del corpo sottolineano per evitare
cantonate:
Le regole per interpretare 1) gesti, postura del corpo e ogni altro comportamento
correttamente il va interpretato a seconda del contesto in cui sono inseriti;
linguaggio del corpo non vanno, pertanto, interpretati isolatamente, ma conte-
stualizzati. Cos, per fare un esempio, il fatto che il mio
interlocutore al tavolo negoziale abbia le braccia incrocia-
te non vorr dire necessariamente che chiuso e refrat-
tario allascolto; infatti, potrebbe semplicemente avere
freddo e in tal modo, incrociando le braccia, cercare di
scaldarsi.
2) I diversi comportamenti attraverso cui si esplica il
linguaggio del corpo devono essere interpretati nel loro
insieme, quindi collegandoli luno allaltro e, ancora una
volta, non isolatamente. Cos, tornando allesempio delle
braccia incrociate, da sole non necessariamente vogliono
indicare chiusura; certo che se ad esse si accompagnano
anche le gambe incrociate, la schiena appoggiata allo
schienale della sedia e magari il mento verso lalto, ecco
che insieme questi elementi fanno decisamente propende-
re per un atteggiamento critico e di chiusura.
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3) Infine, i vari comportamenti devono essere coerenti
tra di loro e coerenti con le parole (verbale) per avere un
significato univoco.
Spesso i liberi professionisti, gli avvocati in particolare,
Quanto conta nella
che si trovano per definizione a condurre negoziazioni
negoziazione il linguaggio
con i clienti e con la controparte, oltre che con i giudici,
del corpo
dedicano la maggior parte del loro tempo a prepararsi e
focalizzarsi sulle parole, sul verbale, affrontando ad istin-
to (quindi senza una preparazione adeguata) il paraverba-
le e il non verbale. Decisamente pi il contenuto tecni-
co e maggiore sar il peso delle parole, questo vero; inol-
tre, laddove la documentazione scritta abbia particolar-
mente peso e spazio nella negoziazione maggiore sar il
peso delle parole e del linguaggio. Detto ci, tuttavia, mol-
ta attenzione dovrebbe essere dedicata nelle negoziazioni
al come ci si pone, al come ci si presenta, al come si par-
la, oltre che alla costruzione del discorso e alluso delle pa-
role.
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FORMAZIONE
Esistono due tipi di negoziazione: la prima la negoziazione per la risoluzione dei conflitti, do-
ve lobiettivo condurre in porto la trattativa in modo soddisfacente per tutte le parti interessate,
siate voi parte della trattativa o terzi mediatori; la seconda la negoziazione strategica di business,
dove lobiettivo ottenere il massimo dal tavolo negoziale. Sono due situazioni diverse che richie-
dono approcci differenti, diversi stati danimo e strategie adeguate. Abili negoziatori si diventa, al
di l di inclinazioni personali che spesso vengono scambiate per abilit di vendita. Negoziare e
vendere, infatti sono due cose diverse. In questo corso impareremo come diventare abili negoziato-
ri: la preparazione, le fasi e la gestione del tavolo negoziale nelle diverse situazioni, sia per gestire i
conflitti che per fare business. Esistono poi i problemi: tutte quelle situazioni quotidiane, in Studio
e fuori, in cui siamo chiamati a trovare una soluzione efficace. Il problem solving rappresenta allo
stesso tempo metodo e mentalit: un nuovo approccio strategico per trovaresoluzioni creative e
mirate alle situazioni, invece che affrontarle a braccio, ad istinto, come spesso ci capita di
fare.Scopriremo che quelli che hanno sempre rappresentato per noi problemi possono essere le
nostre migliori opportunit di crescita e di miglioramento, di acquisizione di nuove abilit e com-
petenze.
Corso intensivo di una giornata - Durata: 8 hr
Trainer: Mario Alberto Catarozzo
Programma
Negoziazione: tipi, fasi e tecniche
Tipi di negoziazione e stili negoziali
Principi di negoziazione secondo la scuola americana
La trattativa oggettiva
Principi, posizioni e interessi
I presupposti della negoziazione
Le fasi della negoziazione: preparare, condurre, concludere
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La comunicazione nella negoziazione
Tecniche di comunicazione nella negoziazione
La comunicazione verbale: la linguistica
La comunicazione paraverbale: tono, volume, ritmo, frequenza
La comunicazione non verbale: il linguaggio del corpo, espressioni del viso, vestemica
Negoziazione, emozioni e carisma
Emozioni e negoziazione
Cosa non fare al tavolo delle trattative
Negoziazione e carisma
Negoziare con i clienti
I principi dellaikido nella negoziazione
Problem solving
Problem finding: esiste il problema?
Dare un contorno ai problemi: problem setting
Scomporre il problema in micro-ploblemi
Sviluppare alternative e strategie
Decidere: problem making
Agire: decision taking
La gestione dei conflitti
Gestire le emozioni in Studio
Saper negoziare le soluzioni con collaboratori e clienti
Conflitti e confronti in Studio e con i clienti
Imparare a mediare tra contendenti
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Informazioni sul
Percorso completo di Formazione per liberi professionisti
Visita il sito:
www.mariocatarozzo.it
Brochure in pdf
coach@mariocatarozzo.it
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