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Antonio De Lisa

Alberto Savinio, Il genio bifronte

Prendere per il verso giusto questo autore non è una cosa semplice. Nel corso
della sua vita ha attraversato tutte le espressioni d’arte, come pittore, illustratore, scritto-
re, musicista, scenografo, oltre ad essere stato uno scrittore e un drammaturgo di vaglia.
Alberto Savinio, pseudonimo di Andrea De Chirico (Atene 1891-Roma1952), fratello di
Giorgio, ha studiato pianoforte e composizione al conservatorio di Atene, poi a Monaco.
A Parigi nel 1911-15 ha cominciato a dedicarsi alla letteratura. Ritornato in Italia allo
scoppio della prima guerra mondiale, è stato collaboratore della “Voce” e della “Ron-
da”. Dal 1926 al 1934 ha frequentato di nuovo a Parigi, dove nel 1927 ha iniziato
l’attività di pittore, entrando in rapporto con il gruppo surrealista. Ha all'attivo in campo
musicale tre opere teatrali, cinque balletti, due opere radiofoniche, musiche per piano-
forte.
Dopo gli studi musicali ad Atene e a Monaco di Baviera, dove ha avuto modo di
perfezionarsi con M. Reger, ha soggiornato lungamente a Parigi, accostandosi ad Apol-
linaire e ai gruppi di avanguardia. A Parigi compone fra il '13 e il 15 il balletto Persée,
l'atto unico Les chants de la Mi-Mort (di cui ha completato solo la suite per pianoforte)
e la raccolta Chants étranges, per voce e pianoforte, in cui è possibile ravvisare certi
tratti chiaramente surrealistici. Dall'inizio della prima guerra mondiale al 1926 opera in
Italia, collaborando a La Voce e a La Ronda e partecipando, sulle orme del fratello
Giorgio, alla teaorizzazione della pittura metafisica con intelligenti interventi critici.
Nel 1927, a Parigi, dà inizio alla sua attività pittorica modellando il suo mondo fi-
gurativo su quello fantastico e inquietante, di preziosa invenzione intellettuale, della sua
opera letteraria, una protratta rivisitazione del mito greco antico in chiave moderna con-
dotta con raffinato intellettualismo in un gioco continuo di analogie, allusioni, richiami
tra conscio e inconscio, tra fantasia e razionalità, simbolo e immagine.
Torna alla musica solo nel secondo dopoguerra con il balletto Vita dell'uomo
(1948), opere radiofoniche (Agenzia Fix, 1949) e l'opera teatrale Orfeo vedovo (1950).
Il suo saggismo personalissimo e raffinato si traduce in una raccolta di scritti (Scatola
sonora, postuma, 1955, nuova ed. 1977) e una monografia su Casella (postuma, 1957) .

"La produzione di Alberto Savinio si concentrò nel 1924-25 sul balletto. Nel 1919 face-
va ascoltare personalmente, al Conservatorio di Milano, la riduzione pianistica di due
suoi lavori, Perseo e Niobe, incontrando lusinghiere accoglienze. Qualche anno più tar-
di i due balletti furono realizzati, rispettivamente a New York (1924) e a Roma (1925).
Un terzo balletto, intitolato Ballata delle stagioni, andava in scena sempre nel 1925 a
Venezia. Dei tre il più singolare deve ritenersi senz'altro Niobe, più propriamente trage-
dia mimica su soggetto proprio, la cui musica svelava soprattutto uno spiccato taglio di
ricerca timbrica e di trattamento strumentale. Utilizzava infatti mezzi sonori particolari
e, cioé, con il coro di voci interne, una tromba, una celesta, un'arpa e quattro pianoforti,
dai quali poi traeva effetti affatto desueti (come colpi secchi e glissandi vertiginosi)"
14(Zanetti 1985: pp. 878-79).

Non è facile catalogare l'opera di Savinio nell'ambito della sperimentazione sono-


ra. Scrive - come ricorda anche Lombardi 15[1996: p. 279] - nell'Achille innamorato
(Gradus ad Parnassum, Vallecchi, Firenze 1938:

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"E' incredibile come la storia del mondo si ripete. Musicista in origine, la musica mi è
venuta a fastidio. Ho sperimentato tutte le possibilità dell'ottava. Restava l'illusione di
un'ottava più vasta, più sottile. Ma i quarti di tono sono fuori della musica, fuori dal
mondo. Una tremenda sete mi ardeva di nuove porte aperte. Ma il quarto di tono non è
una porta: è un buco onde si casca nel vuoto. La musica perde il suo sguardo di musica,
si squaglia in una sonorità opaca che dà la nausea e il capogiro, in un gioco da sordomu-
ti in un passatempo da marziani che vivono nel gelo di un pianeta vecchissimo. Allora a
te, uomo felice limitato, ti si rivela tutta quanta la tremenda inutilità dell'astronomia"
16(pp. 166-67).

Quanto imporrà il Savinio all'attenzione dell'ambiente musicale sarà un'opera più


tarda, Orfeo vedovo, su libretto proprio, portato in scena nel 1950 a Roma, in cui la
"tremenda sete di nuove porte aperte" sembra in un certo senso placata.

Nel 2002 ricorreva il cinquantesimo anniversario della morte di Alberto Savinio.


La galleria Mazzotta di Milano gli ha dedicato un omaggio di tutto rispetto, con una ri-
proposta della sua opera grafica e pittorica sotto l’esperta e amorevole cura di Pia Viva-
relli con Paolo Baldacci e Daniela Fonti. La mostra documenta con 135 dipinti, disegni,
gouaches, schizzi e opere grafiche l’intera produzione di Savinio, autore nel corso della
sua carriera di 1300 opere, dai primi collages del 1925-26 fino ai bozzetti per
l’”Armida” di Rossini, realizzati nel ’53, l’anno della sua morte (Catalogo Fondazione
Mazzotta).
Nella mostra è possibile trovare molti capolavori di questo periodo, come O-
bjects dans la foret (1927), una delle versioni dell’”Annunciazione” del ’32, molti boz-
zetti teatrali, alcuni inediti (i costumi per l’Uccello di fuoco di Igor Stravinsky), cartoni
per stoffe, un mosaico e schizzi decorativi. Questo la rende una testimonianza attendibi-
le dell’opera saviniana e una degna riproposta all’attenzione del pubblico italiano dopo
più di vent’anni di latitanza. L’ultima mostra, infatti, risale all’81. Nei quadri della metà
degli anni Venti le tele saviniane sono piuttosto assimilabili a delle grisailles, superfici
monocromatiche le cui figure sono scandite da pure linee di contorno (“Senza titolo –
Couple et enfant, 1927; Ritratto, Souvenir calligraphique, Ritratto di bambino, Autori-
tratto). Con il Monde nouveau del ’29 la tela si accende di superfici ipercromatiche e
decorative, fino a scandire una nuova grammativa dello spazio pittorico con la plasticità
degli oggetti in primo piano, che acquisiscono una consistenza volumetrica pronunciata
(Le navire perdu, 1928). Negli anni Trenta fa la sua comparsa una dimensione forte-
mente realista, che si coniuga a un lavoro sulla figura umana e sul ritratto che sfocia in
una rappresentazione degli stati d’animo dai caratteri fortemente unitari e decisi. Questi
caratteri si frantumano e si disperdono nelle opere degli anni Quaranta, dove riappaiono,
macerati e con nuovi connotati d’angoscia, gli stilemi di un paesaggio fratto e desolato.
Nell’attività di Savinio la pittura ha avuto, accanto alla letteratura, forse la parte
più importante, benché, almeno in un primo tempo, egli sia stato considerato in Italia
poco più che un geniale dilettante. “La complessiva produzione di Savinio si sviluppa,
all’incrocio di tre coordinate complementari: mito, storia e realtà del presente” come
spiega Pia Vivarelli nel catalogo. L’evidente interesse del pittore per l’aspetto grottesco
o allucinato dei soggetti (per molto tempo prevalsero fra i suoi quadri quelli rappresen-
tanti figure umane con teste animali), fecero ritenere “letterario” il suo mondo anche fi-
gurativo e, come tale, giudicabile solo da questo punto di vista.
Uno dei punti più dibattuti dalla critica è il rapporto di Savinio con il Surreali-
smo. Nella Francia, ove ha risieduto a lungo, Savinio si è valso dell’apprezzamento del-
lo stesso gruppo surrealista. Questo stesso fatto lo ha fatto giudicare anche in Italia e-

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sponente di quella corrente. Se osserviamo bene, però, ben poco di veramente riferibile
alla poetica di quel movimento si può riscontrare nelle sue opere, dove è del tutto assen-
te l’elemento erotico e crudele che è proprio di quella poetica.
L’altra faccia del problema è rappresentato dai suoi rapporti con la cultura e la pit-
tura italiane d’inizio secolo. Qui, infatti, le cose rischiano di ingarbugliarsi. Quando si
espone in un certo momento con gli Appels d’Italie, sotto la guida di Waldemar George,
con i Severini, i Tozzi, ecc., Savinio fa propendere la critica a parlare della sua pittura
piuttosto d’una variante personale e arguta della “pittura metafisica” creata dal fratello
Giorgio che di percorso figurativo legato alla pratica delle avanguardie internazionali. I
tratti peculiari (segno e colore) di Savinio non hanno nulla a che spartire, però, né con il
tonalismo, né con il gusto dell’impasto di gran parte della moderna pittura figurativa.
Nelle cose più riuscite, sono il segno e il colore capaci di tradurre quel sentimento di i-
ronia, di magici accostamenti, di incuriosito imprevisto che costituivano l’atteggiamento
costante di Savinio di fronte alla vita.
L’aspetto in un certo senso meno conosciuto, che emerge in particolare dai saggi
del catalogo, è la pratica saviniana del collage e della citazione, che spiega del resto cer-
ti grafismi che caratterizzano il suo gesto pittorico. “Non solo come musicista Savinio
era un “collage composer” (John Cage), ma anche come artista figurativo era un “colla-
ge painter”. Grazie alla pubblicazione sempre più frequente delle sue fonti visive è oggi
sempre più chiaro che la citazione appartiene al nucleo concettuale della sua opera. La
gamma dei modelli ai quali attingeva nel suo ‘saccheggio di relitti culturali’ (Marcus
Haucke) è estremamente eterogenea: oltre alle fotografie dell’archivio di famiglia vi so-
no i compendi archeologici di Salomon Reinach e un libro di storia naturale di Louis
Figuier, cartoline illustrate a colori, documentazioni fotografiche su popoli stranieri, le
acquaforti raffiguranti statue antiche di François Perrier nonché molti dipinti di Arnold
Boecklin”. (Gerd Roos, dal Catalogo). Lungi, però, dal farne una figura isolata del No-
vecento, questi tratti ci aiutano a comprendere l’attualità di Savinio, la cui influenza ar-
riva direttamente fino alla Pop Art americana degli anni Sessanta.
Nel dopoguerra maturano nuovi interessi e curiosità intellettuali. Savinio si stac-
ca dalla matrice nietzschiana ed esistenzialista delle sue influenze giovanili e affronta
lo studio delle scienze fisiche e naturali. Il mondo della natura lo affascina con i suoi e-
nigmi e con i suoi misteri. Scrive Savinio nel 1947: “Cerco di vedere il mondo attraver-
so gli insegnamenti della nuova fisica che non ammette più la dualità mobile-immobile
(o corpo-anima), ma solo uno stesso movimento continuo di energia” (“Il segreto della
mia pittura”).
La mostra milanese ha avuto questo di utile, ci ha aiutato a inquadrare la figura
di questo personaggio, che per molti versi sembra un irregolare e un isolato del Nove-
cento, nel grande flusso dell’arte contemporanea, restituendocelo in un certo senso co-
me figura di precursore, piuttosto che come figura di epigono o di emulatore. Anche
quei tratti troppo “letterari” che emergono dal gioco dei rimandi mitici perdono consi-
stenza a vantaggio di un nucleo di motivi usati da Savinio come grimaldello per attra-
versare i momenti più importanti del secolo con tratti di viva curiosità e spregiudicatez-
za intellettuale.

Bibliografia

Scritti (di musica):

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A. Savinio (1955), Scatola sonora, con una introduzione di F. Torrefranca, "Poetica di Savinio
critico musicale"; nuova ed. con una introduzione di L. Rognoni, "Itinerario musicale di Savi-
nio", Einaudi, Torino 1977.

Bibliografia:
D. Lombardi (1981), Savinio musicista, catalogo mostra Con Savinio, Fondazione Primo Conti
di Fiesole, Electa, Milano, pp. 47-53, ora anche in Il suono veloce, Ricordi-LIM, Milano 1996..

A. Manzotti (1985), "Savinio e la musica", in Nuova Antologia.

M. Porzio (1988), Savinio musicista. Il suono metafisico, Marsilio, Venezia.

A. Jona (1991), "Savinio e la Non Mai conoscibile", in Sonus - Materiali per la musica moder-
na e contemporanea, Anno III, N. 3, (fascicolo 8) pp. 45-50.

R. Tordi (a cura di) (1992), Mistero dello sguardo. Studi per un profilo di Alberto Savinio, Bul-
zoni, Roma 1992.

L. Valentino (1991a), "Ipotesi sulla prima rappresentazione di 'Ballata delle stagioni'", in Sonus
- Materiali per la musica moderna e contemporanea, Anno III, N. 3, (fascicolo 8) pp. 51-53.

L. Valentino (1991b), "Suggestioni nietzschiane nelle prime opere teatrali di Alberto Savinio",
in Sonus - Materiali per la musica moderna e contemporanea, Anno III, N. 3, (fascicolo 8) pp.
54-60.

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