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FORZA

VENITE
GENTE
Commedia musicale in due tempi di
M. Castellacci - R . Biagioli

Musiche di
M. Paulicelli - G. De Matteis - G. Belardinelli - A. Oliva
C. Giancamilli - A. Tamborrelli
 Primo Tempo 

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Scena prima

Il palco rappresenta la piazza principale di Assisi, in penombra. La scena è molto poco


particolareggiata: un porticato appena accennato può bastare. Si comincia a sentire un
preludio musicale. Dal pubblico si alzano alcuni personaggi in costume che si radunano sul
palco come per assistere ad un grande evento: sono abitanti di Assisi. Fra di loro c’è anche la
cenciosa, un personaggio curioso: un po' matta, sognatrice, ingenua. Cantano.

Coro Forza venite gente che in piazza si va


un grande spettacolo c'è:
Francesco al padre la roba ridà!

Padre Rendimi tutti i soldi che hai!

Francesco Eccoli, i tuoi soldi, tieni, padre, sono tuoi


eccoti la giubba di velluto se la vuoi
non mi serve nulla con un saio me ne andrò
eccoti le scarpe, solo i piedi mi terrò.
Butto via il passato, il nome che mi hai dato tu,
nudo come un verme, non ti devo niente più

Chiara Non avrà più casa, più famiglia non avrà

Francesco Ora avrò soltanto un Padre che si chiama Dio!

Coro Forza venite gente che in piazza si va


un grande spettacolo c'è:
Francesco al padre la roba ridà!

Padre Figlio degenerato che sei!

Chiara Non avrai più casa, più famiglia non avrai;


non sai più chi eri, ma sai quello che sarai.

Francesco Figlio della strada, vagabondo sono io


col destino in tasca ora il mondo è tutto mio
Ora sono un uomo perchè libero sarò
ora sono ricco perchè niente più vorrò

Chiara Nella sua bisaccia pane e fame e poesia

Francesco Fiori di speranza segneranno la mia via.

Coro Forza venite gente che in piazza si va


un grande spettacolo c'è:

Chiara Francesco ha scelto la sua libertà

Padre Figlio degenerato che sei!

Coro Figlio degenerato che sei!

Chiara Ora sarà diverso da noi...

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Restano in scena Pietro di Bernardone, padre di Francesco, e la cenciosa. Lui è agitatissimo,
non riesce a capacitarsi di quello che è appena successo. Forse anche per questo il suo
discorso è portato avanti a salti, con continui cambi di tono e di argomento.
Il padre raccatta la roba che Francesco ha gettato ai suoi piedi; la cenciosa cerca di arraffare
qualcosa anche lei, ma il padre le strappa di mano quello che ha preso…

Padre Lascia stare, ladra…! Ladra anche tu, come lui!! (Agguanta anche la veste che
la cenciosa indossa e cerca di strappargliela) E questa? Anche questa qui è
roba mia!

Cenciosa (Divincolandosi) Oooh! Ma che, mi volete far rimanere tutta ignuda? Questa me
l’ha regalata il vostro figliolo. E ladro ci sarete voi… e strozzinaccio!!

Padre Ma vai via, matta cenciosa!

Cenciosa Vado, vado… ma io non sono né matta né ubriaca. Sputo!! (Fa il gesto e
scappa)

Padre Eccola lì, la mia roba, che fine fa: le perle ai porci… anzi, (accennando alla
direzione verso la quale si è allontanata la cenciosa) alle porche!!

La cenciosa rientra di corsa in scena e mima un altro sputo alle spalle del padre. Poi scappa.

Padre (In preda all'ira, maneggiando i vestiti che ha raccolto) Ma che ne sanno, loro,
di quanto sudore c’è qui dentro… che ne sanno!! Questo velluto, andai in
Francia a comprarlo. E questa seta? Ho litigato un giorno intero sul prezzo: e
tira e molla e tira e molla… alla fine tirai più forte io… E di questa seta quel
ladrone del figlio mio - si, perchè è un ladro - me ne ha rubata una pezza intera,
sissignore, una pezza intera, per regalarla... (Rivolgendosi al pubblico)
indovinate un po' a chi? (Con astio) Ai lebbrosi l'ha regalata - questa bella seta
sulle pustole dei lebbrosi... - e mica gliel'ha mandata, no, gliel'ha portata lui -
questo spavaldo - , gliel'ha tagliata addosso lui... Perchè io posso arrivare a
capire di fare del bene, che c'entra, anche io non ho fatto del bene? Mi sono
stufato di farlo, manco lo faccio più; anche io ho mandato roba vecchia,
scampoli, stracci, robaccia, tanta robaccia al lebbrosario di Foligno, ma andarci
di persona! Dove siamo arrivati, dove siamo arrivati, dove andremo a finire di
questo passo...Oh! I lebbrosi...i lebbrosi puzzano! Puzzano tanto! Invece lui,
niente; dopo che li ha vestiti per bene, questi lebbrosi di Foligno, ne ha scelto
uno - si, ne ha scelto uno - e sapete cosa gli ha fatto? (Quasi scandalizzato) L'ha
baciato, si, l'ha baciato! Questo per me è esibizionismo! Perchè baciare proprio
un lebbroso? Con tutti i malati gravi che ci sono, tante specie... Ci stanno i
diabetici, no? Non ci stanno? Ci stanno gli infartati, i diabetici... Perchè, dico io,
non baci uno con l'ernia strozzata, che dopo tutto è più pulito? No! Lui,
indignato, è andato a baciare un lebbroso, perchè - lo conoscerò questo
spavaldo, falso, ipocrita - perchè, (Al pubblico) come dite voialtri oggi, il
lebbroso fa notizia! Vedi un po' se un bel giorno verrà un pittore e metterà il
fatto sui muri: eccolo lì Francesco che bacia il lebbroso... Certo, Francesco che
bacia un malato di ernia non farebbe lo stesso effetto, un domani... Dice "Che
cosa fa Francesco in questo momento?" "Bacia l'ernia a quello!": e sai che
sforzo! Adesso (Al pubblico) ditemi voialtri: che può fare un padre così con un
figliolo come questo? Che può fare? Cosa deve fare? Che cosa può fare? (Ad
uno spettatore in particolare) Ci si metta lei, signore, nei panni miei -

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(Spiegando a chi si sta rivolgendo) lei... non quello, quell'altro... quello che si è
accostato quando si è allontanato quello che gli si è avvicinato... quello con la
faccia da padre... - (Riprendendo il discorso) ci si metta lei - (Come se lo
spettatore avesse cominciato a spogliarsi) Non in QUESTI panni (Toccandosi i
vestiti), che ci stiamo a cambiare i panni?... Sei tanto ridicolo col secolo tuo
addosso... Anche se in questo cambio di panni, mi perdoni la franchezza, potrei
pretendere qualcosa di più illustre: lei a occhio e croce ha l'aria, senza
offendersi, l'aria di non essere nessuno, mentre io qui ad Assisi sono (Con
enfasi) il più potente... Non lo dico per vanteria, no... Per farlo sapere! Diamoci
del tu, tanto io parlo tu stai zitto! - (Dopo un attimo di pausa ritorna al discorso
del suo essere padre) Ci si metta lei nei panni di un padre. Una vita, da
principio quasi a non mangiare, poi a farmi furbo, a lucrare, a negare
l’elemosina… per mettere da parte per lui, per il mio figliolo, come forse lei ha
fatto per il suo! Perché fosse ricco e diventasse cavaliere, e non gli mancassero
le donne, le avventure, l’elmo piumato… Volevo che nascesse e crescesse in un
mondo di velluto e di seta. Anche una madre francese, gli presi, insieme alle
stoffe, perché venisse su gentile, educato, e da giovanotto potesse cantare in
provenzale sotto le finestre delle più belle baldracche d’Assisi!! E per un po’ c’è
stato, al gioco, perché è falso… sembrava che la pappa buona gli piacesse…
poi, tutto ad un tratto, eccola, la ricompensa: ti sbatte in faccia che adesso ha un
altro Padre! Un giorno torni a casa e trovi un figlio pazzo! Dico, è carne tua, è
sangue tuo... Ho fatto di tutto per farci pace; che è che non ho fatto?
Ultimamente per farci pace, come padre, che gli ho fatto? (Cercando di
ricordare) Gli ho... (Ricordandosi) Ah, gli ho menato, gli ho spaccato la faccia
a forza di cazzotti, lo massacravo, lo facevo coricare e gli davo altri cazzotti; lui
niente, si metteva a ridere, a pregare, anzi, più gli menavo e più si metteva a
pregare, più pregava e più mi faceva intendere che ha un altro Padre!
(Assumendo un tono sempre più autoritario) A casa mia non vince la preghiera,
perchè comando io! Non ci sono altri padri! Lui è mio figlio e ne faccio quello
che voglio io! Per lui, per come lo voglio io, ho fatto tutto questo... Io voglio il
suo bene, ed è il suo bene ciò che voglio io. (Allo spettatore, avviandosi sempre
più risoluto verso l’uscita) Sa cosa le dico? Lo denuncio. Lo denuncio come
ladro e come ribelle! Tanto che importa…? La vergogna c’è già!! (Esce).

Mentre il padre esce, entra in scena un povero, un mendicante vestito di stracci, che si accuccia
intirizzito nel lato destro della scena. Inizia la musica.

Francesco Io Francesco coi miei compagni


Fra' Masseo e Frate Maggio
piedi scalzi sempre in viaggio
sulla strada polverosa.

Coro Poco pane

Povero (Parlato) Poco pane!

Coro Per mangiare...


tanta terra

Povero (Parlato) Tanta terra!

Coro Per dormire

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Francesco Rondinelle del Signore
è uno zingaro il vostro cuore.

Coro E sulla strada

Francesco (Parlato) la strada stretta

Coro polverosa

Francesco (Parlato) che porta in cielo

Coro d'ogni cosa


saremmo senza...

Provvidenza ...se Sorella Provvidenza


non venisse incontro a voi.
Perchè siete di quelli che non hanno paura,
perchè siete di quelli che non vogliono niente, niente, niente...
E non comprate, e non vendete,
e non prestate e non riavete
perchè voi soli siete certi ch'io ci sia
e seminate la speranza per la via:
un grappolo d'uva e una fonte chiara non mancherà...

Alberi Vai Francesco coi tuoi compagni


centomila piedi scalzi
tasche vuote e cuore in festa...

Provvidenza ...dal tuo seme una foresta...

Mentre la Provvidenza esce di scena, arrivano due amici di Francesco ed alcuni avventori di
una ipotetica osteria. Insieme a loro ci sono anche due ragazze, due cameriere. I due amici
trasportano un tavolaccio grezzo, che sistemano a un lato della scena. Si sente in sottofondo
l'introduzione musicale del canto.

Amico I Stanotte ragazzi che malinconia!


Un vecchio compagno se n'è andato via.
Qualcosa luccica negli occhi tuoi
da quando Francesco non è più con noi.

Amico II Il vino stanotte non ha più sapore.


L'amore stanotte non è più l'amore.
Noi siamo stanchi come stanchi eroi
da quando Francesco non è più con noi.

Amico I E' vuota la città,


è morta l'allegria,
la vita è senza fantasia
e non c'è più felicità...
E' vuota la città...

Ragazze ...è morta l'allegria,


la vita è senza fantasia
e non c'è più felicità!

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Amico II Stanotte ci manca quel suo viso strano,
quegli occhi che guardavano lontano,
quel suo sorriso pieno di bontà...
per questo ragazzi è vuota la città.

Amico I E' vuota la città,


è morta l'allegria,
la vita è senza fantasia
e non c'è più felicità...
E' vuota la città.....

Amico I+II Stanotte il vino non ha più sapore


L'amore stanotte non è più l'amore
un vecchio amico se n'è andato via
e qui rimane la malinconia...

Amico I (Grida) Addio, frate!

Tutti, meno la cenciosa, si allontanano. La cenciosa conclude il balletto con una caduta
comica.

Cenciosa L’ho inteso io. La Chiara d’Offreduccio si fa monaca. E no! Chiara, quella che lui
ci pendeva. Non c’è mai stato niente, ma, oddio, la mano sul fuoco, come si dice…
Insomma, come ha saputo che lui s’è fatto frate, l’ho inteso io, si fa monaca! Ma no
monaca come quell’altre, no… s’è inventata un convento per conto suo. Lo diceva
l’oste del Gallo, che gliel’aveva detto la serva del convento, che gliel’aveva
detto… insomma, uno. Dice la gente che son tutti matti. Lei così bella e ricca che
io al posto suo avrei sposato un imperatore. Tutta colpa di Francesco, dice la gente.
Dice che la mattia è contagiosa: meno male che io matta ci son già! Che se non ero
matta mi facevo monaca anch’io. Così lui mi vedeva e mi diceva: “Poverina, s’è
fatta monaca per me”. E lui piageva, e io piangevo… Ma io che merito avrei a
farmi monaca? Per aiutare i poveri aiuto me. La notte mi copro e la mattina mi
dico: “Buongiorno cenciosa!” e mi voglio bene. Insomma si fa monaca. Lo vado a
dire a tutti. A tutti!! (Esce di corsa).

Chiara I miei capelli taglierò


lascerò le vesti e gli ori
e i miei pensieri...
I miei pensieri lascerò
la mia cara gioventù
le speranze mie di ieri...
E me ne andrò
via da tutto e via da me
per la strada dove lui
scalzo e povero già va...
Qui le lunghe sere
tra i muri bianchi
le mie preghiere,
pensieri puri tra i bianchi muri
di veste bianca mi vestirò...

Monache I tuoi pensieri lascerai


la tua cara gioventù
le speranze tue di ieri.

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Chiara E me ne andrò
via da tutto e via da me
per la strada dove lui
scalzo e povero già va...
Qui le lunghe sere
tra i muri bianchi
le mie preghiere...

Monache (Aiutano Chiara ad indossare l'abito monacale)


Pensieri puri tra i bianchi muri
di veste bianca ti vestirai...
Pensieri puri tra i bianchi muri

Chiara Di veste bianca mi vestirò.

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Scena seconda

Nella piazza, in pieno giorno. In scena c'è una figura in vesti candide che ricorda molto da
vicino il Papa.

Frati (Con gioia, letizia & spensieratezza)


Andiamo, andiamo,
ventiquattro piedi siamo.
Andiamo, andiamo,
con un cuore solo andiamo.
Andiamo, andiamo,
da Messer lo Papa andiamo.
Chiediamo la mano
di Madonna Povertà.
Regola uno: ti chiediamo il permesso
di possedere mai nessun possesso;
regola due: ti chiediamo licenza
di far l'amore con Sora Pazienza;
regola tre: consideriamo fratelli
i fiori, i lupi, gli usignoli e gli agnelli;
per nostro tetto noi vogliamo le stalle,
per nostro pane strade e libertà...
Andiamo, andiamo,
figli della strada siamo.
Andiamo, andiamo,
come cani sciolti andiamo.
Andiamo, andiamo,
con le scarpe degli indiani.
Chiediamo la mano
di Madonna Povertà.
Regola uno: ti chiediamo il permesso
di possedere mai nessun possesso;
regola due: ti chiediamo licenza
di far l'amore con Sora Pazienza;
regola tre: portare un cuore giocondo
fino ai confini dei confini del mondo;
acqua sorgente per i nostri pensieri,
per nostro pane strade e libertà...
Andiamo, andiamo,
ventiquattro piedi siamo.
Andiamo, andiamo,
per la nostra strada andiamo.

Resta in scena solo il Papa, che si porta verso il bordo del palco elargendo benedizioni a destra
e a manca con mosse esageratissime e sarcastiche. Poi si toglie le vesti bianche: è il padre di
Francesco!

Padre (Ironico, finendo di spogliarsi) Messer lo Papa... Ve lo do io il vostro Messer lo


Papa... Questi hanno inventato le regole del niente! (Ironizzando sulla canzone)
"Andiamo, andiamo"... Andate a sbattere la faccia più lontano che si può, tanto la
botta si sente fino a qui, altrochè! (Rivolgendosi al solito spettatore) Amico mio - (Lo
cerca per un attimo con lo sguardo) dove stai? - (Lo trova) ti voglio dire una cosa: il

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Papa

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alla fine gli ha aperto, gli ha spalancato le braccia, al gran matto di Assisi... Io, suo
padre, mai un abbraccetto, mai una spalancatella di niente con questo figliolo, io,
rigido, tutto attaccato... E ti hanno inventato le regole del niente: non si sente niente,
non vogliamo niente, non cerchiamo niente, non abbiamo paura di niente, con questi
piedi scalzi, zozzi... Così si va in giro? Come, paura di niente? Tutti abbiamo paura!
(Al pubblico) Tu, tu, quello là, quello che si nasconde: quello che non si nasconde ti
pare che non ha paura? Ne ha più dell'altro! (Riferendosi a Francesco) Ma se fino a
prima di nascere era lì dentro di sua madre che si nascondeva! Questi hanno inventato
le regole del niente, niente che è niente! Hanno preso un po' di niente, l'hanno
impastato con un po' di niente... Che si aspettano dal niente, questi stupidi? Vanno
dicendo "tutti fratelli!"... Fratelli di che? Di chi? In che senso fratello, eh? Oh! E che
vuol dire fratello? Eh? Caino non era un fratello? E dopo Caino tu ti fidi ancora? Ahh,
ammazza che furbo che sei! Eccolo il punto, eccolo il punto: fidarsi della vita, fidarsi
del prossimo; e io qua, un mercante come me, con la mia furbizia, io dovrei credere,
dovrei fidarmi? Eh nooo… Io non ce l’ho scritto sulla porta della bottega, ce l’ho scrit-
to qui sulla fronte: “Non si fa credito”! Non mi fa più pena niente, non mi sta a cuore
niente. (Improvvisamente si ricorda di qualcos’altro) Ahh! Il cuore, l'amore... Eccone
un'altra, di frottola! L'amore, dice... (Cercando le parole) Com'è che dice?
(Ricordando improvvisamente) Ah...dice: ama il prossimo tuo come te stesso. Ma chi
l'ha detto, ma di chi? In che senso? Ma se io non amo me stesso? Metti caso che mi
faccio schifo, e non poco, e allora? Come la scavalchiamo, 'sta montagnola? Ma che
pretendi, che io a me stesso mi faccia schifo e gli altri li ami? Comodo! Sai che ti
dico? (Sentenzia, drastico) Quando avranno fame torneranno a casa!

Il padre esce di scena furente. Sull'attacco della canzone, entrano in scena i personaggi e
alcuni uccelli.

Coro E il sole uscì color cinese


e il suo ventaglio al cielo aprì;
e in quel fantastico paese
Francesco dentro un quadro naïf.

Francesco E tutto il cielo è sceso in terra


e uccelli a frotte ai piedi miei;
buongiorno piccoli fratelli
felicità della tribù di Dio.

Coro E volare volare, volare volare!

Francesco Noi siamo l'allegria!

Coro E volare volare, volare volare!

Francesco Leggero il cuore sia!

Coro E volare volare, volare volare!

Francesco Chi ha piume volerà!

Animali Nanà naneu nanà nanà...


Nanà naneu nanà nanà...

Alberi E come a tanti fraticelli


a gufi e passeri parlò:

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Francesco Attraversate monti e valli
e dite al mondo quello che dirò.

Coro E volare volare, volare volare!

Francesco Noi siamo l'allegria!

Coro E volare volare, volare volare!

Francesco Leggero il cuore sia!

Coro E volare volare, volare volare!

Francesco Chi ha piume volerà!


Nanà naneu nanà nanè...
Nanà naneu nanà nanè...

Coro E volare volare, volare volare!


E volare volare, volare volare!
E volare volare, volare volare!

Franc.+Coro Chi ha piume volerà!

Mentre tutti gli altri personaggi escono, sulla scena rimangono solo gli uccelli, immobili. Entra
il padre, che li guarda quasi senza poter credere ai suoi occhi. Sta sgranocchiando un cosciotto
di pollo.

Padre Beh? Che cosa fate? Guarda un po' questi uccellacci, sempre a sporcare davanti alla
bottega mia... (Urla e gesticola per cacciare via gli uccelli, che escono
disordinatamente) Oh, andate via, via, via, ciuciuciu! Sciò! E' da un paio di giorni che
è piena Assisi di uccelli... Che ci sarà da svolazzare, stupidi... Se ne acchiappo uno me
lo mangio vivo, vedrai!

Nel frattempo entra la cenciosa, che si incanta a guardare la scena.

Padre Dunque, poco fa ho incontrato quella stracciona che mi stava dicendo... (Non ricorda)
Che cosa mi stava dicendo? Ah, eccola, eccola qua - (Fa per indietreggiare) mamma,
che zozzeria... (Facendosi animo) beh, coraggio! - (Rivolgendosi alla cenciosa) Che
mi stavi dicendo, tu? (La cenciosa non dà segni di "vita": è incantata ad ammirare il
cosciotto di pollo!) Stracciona, prima che mi stavi dicendo? Sulla salita di San coso, di
San... (Cerca di ricordare, indica un punto fuori scena) Tutti santi sono in questo
paese, mo' vatti a ricordare... (Tagliando corto) Sulla salita che poi va in discesa avevi
iniziato un discorso... Mi avevi detto "andiamo a vedere davanti alla bottega tua"...
(Gesticolando insistentemente col cosciotto davanti al naso della cenciosa, che
ancora non risponde) Tu hai detto a me, non ad un altro, "andiamo a vedere, che tuo
figlio sta parlando con gli uccelli", mi hai detto a me, tu, sulla salita di San coso, di
San… E' inutile, non mi viene... (Spazientito) Senti: con calma, una volta o l'altra io
figliola a te, con calma, ti do un cazzotto dentro l'occhio che ti faccio vedere buio per
sei mesi! Tu a me mi avevi detto "ti interrompo il discorso che te lo continuo davanti
alla bottega"...

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Il padre attende una risposta per un lungo istante, ma la cenciosa, sempre incantata, non
risponde.

Padre (Ironico) Basta così, che mi insordi le orecchie, basta così! (Riprendendo il tono di
prima) Cosa dicevi? Aiutami, aiutami, mi stavi dicendo che lui, lui - quando un
padre dice "lui" al figliolo la famiglia ha un punto di cottura che puoi buttare via
tutto - mi stavi dicendo che lui con gli uccelli ci parla?

Cenciosa (Finalmente risponde) Si!

Padre Oh, ti sei sbloccata: non ti impressionare!

Cenciosa L'ho sentito io: merli, fringuelli, tordi... le galline no!

Padre (Ironico) Quanto mi dispiace per le galline! Come è schizzinoso... Con le galline
non ci parla, è schizzinoso, cosa vuoi farci?

Cenciosa Lui parla ma è come se cinguettasse!

Padre Ah, si? Che stupido.

Cenciosa Loro invece cinguettano ma è come se parlassero, l'ho sentito io, e io non sono né
matta né ubriaca!

Padre Mi sta bene: lui ci parla e io li mangio.

Cenciosa Egli dice fratelli.

Padre E io li mangio. Io mangio i miei fratelli, guarda un po'. Sono un cannibale, la


sapevi questa? (Sghignazzando) Stai attenta, te, che una volta o l'altra ti do una
sgranocchiata... (Porgendo il cosciotto alla cenciosa) To', vuoi una coscia di
fratello?

Cenciosa No, perchè ci avete sputato sopra. Mi fate schifo.

Padre Sentila un po' chi è che sta a parlare di schifo: lo zozzo in persona! (Sgarbato)
Allontanati che puzzi, stracciona!

Cenciosa (Si allontana dal padre)

Padre Senti un po' - (Facendo cenno alla cenciosa, che si stava per avvicinare, di restare
dov'è) da là, da là, che se vieni qua mi asfissi - secondo te il Papa li mangia, i tordi?

Cenciosa (Sdegnata, punta un indice al cielo in segno di monito) No, il Papa no!!

Padre Guarda che bestia scema che dovevo incontrare all'ora di pranzo! (Facendo il verso
alla cenciosa, anche col gesto) No, il Papa no! (Riferendosi al gesto) Ti possa
partire un braccio ogni volta che lo dici! Il Papa mangia tordi a colazione, a pranzo
e anche a cena! Il Papa è un cannibale come me!

Cenciosa E voi che ne sapete? Chi ve l'ha detto a voi?

Padre Senti, saputella di Assisi e dintorni, pensa un po' chi me l'ha potuto dire... Me l'ha
detto la logica! La conosci tu, per caso, (Sillaba gesticolando davanti al naso della
cenciosa) la lo-gi-ca?

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Cenciosa E no: io sono matta!

Padre (Riferendosi alla sua mano, che è davanti alla punta del naso della cenciosa) Ecco,
vedi, questa è la logica, e io (Fa per dare un buffetto sul naso alla cenciosa, ma
senza colpirla) te la sbatto in faccia... (La cenciosa rimane interdetta per non aver
sentito alcun colpo) Non si sente? E' logico che non si sente... (Saltando di palo in
frasca) Perchè, io dico, se quel matto del figliolo mi va in giro a dire che tordi,
fringuelli, pernici, (Mimando un gran battito d'ali e caricando la voce)
cornacchioni sono fratelli - non va dicendo dappertutto così? - e il Papa, che è il
Papa, li mangia, allora quel matto del figliolo mio dà del cannibale al Papa, pari
pari, dunque è un ribelle, un eretico... E che aspetta la gente che comanda qua ad
Assisi ad incatenarlo? Ad arrestarlo? Eh? Quanti danni deve fare, prima? Poi si
lamentano… O se ha ragione lui, se per caso ha ragione mio figlio, perchè questi
tordi non si ribellano? Perchè queste pernici non vanno a Roma in corteo?
(Caricando sempre più il tono della voce) Perchè tutti questi cornacchioni non
invadono San Pietro e non buttano giù dal trono questo grande mangiatore di
fratelli?... (Moderandosi e preoccupandosi) Ma no… no… che sto dicendo... Sto
perdendo la testa... No, no, è che io... E' che io non capisco più niente...

Cenciosa (Smarrita) Neanche io...

Padre (Seccamente) Sai che razza di novità, la tua, che è... E questo figliolo mio che non
torna a casa non c'è verso di farlo rinsavire, non si fa trovare... Tutti fratelli, va
dicendo: ma si può essere più... Tutti fratelli, tutti meno io... Io e quella povera
donna di sua madre, di là, che piange… in francese!

Cenciosa Le volete bene, a vostra moglie?

Padre Eh, il bene… io per volerle bene le voglio bene… ma lui dice che il bene è un’altra
cosa.

Cenciosa Ma allora il bene cos’è?

Padre (Riflessivo) Non lo so più. E’ un’altra cosa. (Esce).

Cenciosa (Esce anche lei, facendo una smorfia alle spalle del padre).

Da parti opposte entrano Chiara in abiti da monaca e Francesco.

Chiara Posso dire amore a tutti


posso dire amore a Dio
ma non posso più
dire "amore mio" a te...
Perchè mio non è più niente
e un amore mio non c'è
e non posso più
dirti "amore mio"...perchè? Perchè?

Francesco Chiara, Chiara, no,


se ti avessi sarei ricco più di un re
e tu lo sai,
la ricchezza non è fatta più per me!

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Chiara Con le mani accarezzare
di un lebbroso posso il viso
ma non posso più
carezzare il tuo...perchè?
La tua sposa, la Rinuncia,
forse è bella più di me:
tu dai tutto a lei,
a me nulla dai...perchè? Perchè?

Francesco Chiara, Chiara, no,


se ti avessi sarei ricco più di un re
e tu lo sai,
la ricchezza non è fatta più per me!

Franc.+Ch. Quell'amore non è più per noi...

Chiara e Francesco escono, ancora da parti opposte; il palco resta buio per qualche secondo.

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Scena terza

Ci troviamo in un bosco. Rientra la cenciosa.

Cenciosa (Recita una cantilena, quasi una ricetta magica)


Per tenere lontano un lupo,
metti l'olio in un piatto cupo,
metti l'aglio, la cetrosella
e quattro caccole di pecorella,
mettici le unghie di montone,
sette foglie di crescione,
guscio di noce, buccia di mela
e lo stoppino di una candela,
e dopo fatto questo unguento
sputa di notte controvento
dalla parte che il lupo viene,
legati forte con le catene,
metti dell'olio e farina bianca,
larga la tavola stretta la panca
e una volta finita la pappa
se viene il lupo tu piglia e scappa!

La cenciosa scappa via spaventatissima dall'arrivo del lupo, che salta in scena sull'attacco
della canzone.

Lupo Il lupo a Gubbio sono solo io; agnelli e vacche, è tutto quanto mio
se la foresta cibo non mi dà io mangio carne d'uomo di città.
Io mi travesto come meglio posso per ingannare Cappuccetto Rosso;
al mondo tutti sanno che non c'è un figlio di puttana come me...come, come me!

Francesco Ed eccolo qua, l'agnellino di Dio!

Lupo Agnellino a me? Beeeeh!?!

Francesco Il lupo cattivo che mangia la gente


e che rimorso non sente mai
per tutto il male che fa
ma che da adesso in poi
più mansueto di un agnello sarà...

Coro Dai, Francesco, dai, fai vedere chi sei,


diglielo anche tu: "Non uccidere più"!
La la la la la, la la la la la,
dai, Francesco, dai, fai vedere chi sei!

Lupo Certo colpa non ho se sono al mondo anch'io;


dimmi: cosa mangio se qui niente è mio?

Francesco Se tu la pace fai con la città


vedrai che da mangiare ci sarà.

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Lupo Si, però, però, però
però per via di questa brutta faccia
la gente sempre mi darà la caccia.

Francesco Ma se nel mondo più fiducia avrai


perfino bello tu diventerai.

Coro E a braccetto

Francesco (Parlato) Frate lupo...

Coro zampa e mano

Lupo (Parlato) ...Frate frate!

Coro frate e lupo piano piano


han lasciato la foresta verso Gubbio tutta in festa...

La scena cambia di nuovo, e ci troviamo in un generico scorcio cittadino.

Coro Se suor campana suona – den din dan din don dan!
Il lupo si perdona – den din don dan!
Se suor campana canta – den din dan din don dan!
Il lupo non spaventa – den din don dan!
Se suor campana chiama – den din dan din don dan!
La gente il lupo sfama – den din don dan!
Se suor campana squilla – den din dan din don dan!
In cielo il sole brilla – den din don dan!

Tutti escono, stanchi per la felice ma faticosa giornata appena trascorsa a Gubbio. Francesco
dà loro la buonanotte, poi si ritira in disparte a riposare.
Entra il padre.

Padre (Arrabbiatissimo) Ma no, no!!!! Ma questo è pazzo… è pazzo, ‘sto figlio mio! Ma ti
pare che mo’ si mette pure a tratta’ coi lupi, adesso? E dove mai s’è visto, un lupo
pentito? Prova un po’ a chiamarlo: “Lupo pentito!”… vedi un po’ che coro di pecore
sbranate che ti risponde! (Facendo il verso alla canzone appena terminata) “Se suor
campana chiama”… il lupo se la sbrana, ecco che fa!
Ma insomma! Se io, che sono il padre, vengo a dire in piazza che mio figlio è pazzo,
mi si deve credere! Io non lo so come è impazzito, ‘sto figlio: sto impazzendo pure io,
a furia di cercare di capirlo… sono notti che non dormo, a domandarmi: com’è che è
impazzito, ‘sto figlio mio? Eh? Com’è?
(Gli viene un’idea illuminante) Aahh… guarda un po’ che m’è venuto in testa: lo
drogarono! Lo drogarono, ‘sto figlio mio, ecco che fu… lo drogarono quando rimase
prigioniero di guerra a Perugia, quando aveva quel bel cavallo, il più bello di tutti…
(Mentre si sta per perdere nei ricordi, gli viene un’altra idea, ancora più geniale) No!
Anzi!! Non lo drogarono… gli fecero una fattura! Si, la fattura: che è anche perggio
della drogatura! (Urlando verso le case di Assisi in modo da farsi sentire chiaramente)
Tutti ‘sti invidiosi dei mercanti di Assisi, ecco chi è stato, loro e quelle vecchie
sdentate delle loro mogli! Una fattura, gli hanno fatto! E come si spiega, altrimenti?
A casa mia, di notte, prima che se ne andasse via per gli affaracci suoi, ‘sto figlio, di
notte parlava… parlava, parlava… di giorno zitto, falso, ipocrita, a pregare; ma di

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notte giù a parlare, non la finiva più, certe chiacchierate…! Oh: non sono mai riuscito
a sapere con chi accidentaccio parlasse! Io e quella santa donna di sua madre, tutta la
notte dietro l’uscio di camera sua: lui faceva delle domande, ma grosse, eh… e le
risposte dovevano essere altrettanto grosse, da quanto erano grosse le domande… ma
noi si sentiva la domanda… poi un silenzio, non arrivava la risposta… e poi un’altra
domanda. E noi, TAC!, ad attaccare l’orecchio alla porta: domanda, silenzio, altra
domanda; TAC!, l’orecchio alla porta… le abbiamo fatto una conchetta, a ‘sta porta,
per cercare di sentire, ma niente! (Cerca un paragone) Era come… (lo trova) giusto
per farvi capire: era come se ai tempi miei ci fosse già stato il telefono: vedi uno che
parla ma la risposta non si sente. Ecco: tale e quale. (Urlando e disperandosi perché
non capisce) Ma siccome ai tempi miei, grazie a Dio, ‘sto telefono non c’era, e allora?
Con chi parlava? La mattina la porta s’apriva e usciva solo lui… solo lui, usciva!!
E allora è pazzo, no? E’ pazzo!! E chi mi aiuta, adesso, con ‘sto figlio pazzo? Chi??
Chi mi aiuta?? (Esce, in preda alla disperazione).

Francesco è addormentato vicino da un lato; inizia una musica. Entra in scena un Angelo.
Durante la canzone Francesco si sveglia e duetta con l’angelo.

Angelo L'angelo biondo che ha lui nella mente


la voce che sente parlargli di Dio
sono io...
L'angelo d'oro che canta nel sonno
che splende nel buio, che tutto fa chiaro
per lui sono io...
Io fatto d'aria e di luce celeste
Io so, non esisto, non sono di queste contrade
ma so che c'è un posto nel cuore di un uomo
e che vivo nel sogno per lui...

Angelo Io fatto d'aria Francesco Tu fatto d'aria


e di luce e di niente e di luce e di niente
la voce che sente la voce che sento
parlargli di Dio parlarmi di Dio
sono io... sei tu...
Solo mi vede, Solo ti vedo,
lui solo mi crede io solo ti credo,
per lui sono sceso per me tu sei sceso
tra queste contrade tra queste contrade
soltanto per lui… soltanto per me... (Ascolta)
Favola d'oro,
bisogno di cielo
mi vesto di velo
mi copro di piume
gli faccio da lume
nel buio profondo
io l'angelo biondo
che parla
con lui... (A due) con me...

Mentre l'Angelo esce, Francesco si riaddormenta. Uscirà di scena quando la sua zona sarà
completamente buia.

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Scena quarta

Cenciosa (Entra in scena di corsa, urlando come una matta) Dio lo vuole! Dio lo vuole!!!
(All’improvviso si ferma a riflettere) Ma… che vorrà Dio? Ah, io non lo so… Però
lo gridano tutti, eh! Tutti con gli spadoni, i mantelloni… (Grida) Dio lo vuoleee!!!
Io ho provato a chiedergli: ma cos’è che vuole, Dio? E loro sapete cosa mi hanno
risposto? Mi hanno detto: “Zitta, brutta scema!”. (Capisce una cosa) Aaahh… ma
allora una è scema perché vuole sapere cosa vuole Dio!
E poi, chi gliel’ha detto, a loro, che lo vuole Dio? Se Francesco dice che una cosa
la vuole Dio, tutti dicono che è matto; se invece si mettono in mille a dire che Dio
lo vuole, tutti gli vanno dietro e diventano un milione!
Ma allora… per non essere matti bisogna essere in tanti…! (Riflettendo) Difatti, io
che sono sola sono una povera scema… (Quasi risvegliandosi, ricomincia a urlare)
Dio lo vuole!… Venite, che Dio lo vuoleeee!!!! (E scappa via).

Inizia una marcetta pseudo – militare ed entra un gruppo di crociati scalcinatissimi, armati di
bastoni improvvisati e protetti da ridicole corazze fatte con cestini di vimini e stracci.

Crociati (Cantano)
Venite cavalieri, saltimbanchi e vagabondi,
Venite zoppi e dritti, miserabili e giocondi!
La fiamma della fede purifica ogni pecca:
cacciamo l’infedele, rimandiamolo alla Mecca!
Venite cani e gatti, schiavi, nobili e mercanti,
venite con somari, con ronzini e ronzinanti:
vogliamo la gloria sui campi di battaglia
evviva la crociata che fa santa la canaglia!

Capo crociato Prenotiamoci con zelo un biglietto per il cielo,


prenotiamoci con zelo un biglietto per il cielo!

Crociati Venite sognatori, venturieri e farabutti:


laggiù c’è pane e morte, gloria e femmine per tutti!
Il giorno del riscatto già bussa ai nostri cuori:
ingrossa come un fiume la crociata contro i Mori!
Gerusalemme chiama, noi dobbiamo farla nostra:
avanti, lancia in resta, per la bella santa giostra!
A morte l’infedele, rompiamogli le corna!
Siccome Dio lo vuole, tutto quadra e il conto torna.

Capo crociato Prenotiamoci con zelo un biglietto per il cielo,


prenotiamoci con zelo un biglietto per il cielo!

Alla fine della marcia, entra dal lato opposto un Sultano accompagnato da suo seguito: un altro
arabo, una o due odalische… stentano a credere ai loro occhi. L’arabo canta.

Arabo Dice che coi pezzenti suoi per la crociata si imbarcò,


con quei poveri diavoli in Terrasanta arrivò.
E così quell’illuso lì Ierusalemme conquistò
e di gloria lui si coprì solo perché nemici non ne trovò…
solo perché nemici non ne trovò!

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Capo crociato Tu, Francesco, in Terrasanta scalzo te ne vai
Tu, Francesco, la tua guerra come vincerai?
Senza spada né corazza: ma che crociato sei?
Con un saio e un crocifisso come finirai? Mah!
In Terrasanta te ne vai…

Arabo Dice che non fu il primo, lui, che dal Sultano si fermò,
ma dei Cristiani fu il primo che la testa a casa riportò.
E così quell’ingenuo lì anche l’impossibile sfidò
e col cordone del saio suo quel gran Sultano accalappiò…
quel gran Sultano accalappiò!

Capo crociato Tu, Francesco, in Terrasanta scalzo te ne vai


Tu, Francesco, la tua guerra come vincerai?
Senza spada né corazza: ma che crociato sei?
Con un saio e un crocifisso come finirai? Mah!
In Terrasanta te ne vai…

Tutti escono. Rientra il padre, sempre più incredulo e sconsolato.

Padre Aaah, ma me le fa una dietro l’altra… me le fa per dispetto, me le fa!


Ma si può, adesso, partire per le crociate con ‘sto bastoncello di legno storto…? Con
questi quattro scalcagnati rattoppati farabutti… ma si può? Roba da schiatta’ di rabbia,
per un padre, vedere una cosa così!
Ma lo sapete voialtri cosa vuol dire mandare un figliolo alla crociata? Alla guerra? Ma
andare alla crociata vuol dire avviarlo alla gloria. A farsi nobile, a farsi un nome, è
questione di prestigio… e io gli avevo già procurato un sacco di roba: cavalli, corazze,
scudi, le spade più dure… (Improvvisamente, ricordandosi) trombe: c’ho casa piena di
trombe, ogni tanto arrivavo con una più grossa, non so più dove metterle… e poi gli
araldi: gli avevo rimediato sette – otto araldi… pezzi d’uomini con i polmoni che gli
uscivano dalle orecchie, gli uscivano… e che potessero gridare più forte che si può:
(Con enfasi) “Fate largo! Fate largo! Arriva Francesco di Bernardone, gran cavaliere
di Assisi!”… Avrebbe combattuto, ammazzato la sua razione di Mori, vinto, e fatto
fortuna.
E questo invece ci va con un bastone di legno… ma che vuol fare? Ma quelli sono
Arabi, mica si scherza! Adesso si dice che abbiano una nuova arma segreta: (come se
confidasse un segreto) la catapulta! Non si sa cos’è, è segreta, no? Un amico mi ha
detto che fa così… (mima il movimento di una catapulta) Dice che è una cata che
prima cata e poi pulta, no? Dice che fa certe catapultate da non credere! Dice che è
capace di lanciare un milione di sassi infuocati sui nemici…
Eh, queste sì che sono guerre, questi sono massacri… E lui che fa? Ci va col
bastoncino, con quei quattro scalcagnati… e ci fa pure pace, con gli Arabi, ci parla
insieme… Ma che vergogna! (Scappando via) Che vergogna, per un padre, che
vergogna!!

Francesco Luna luna là


che solitaria in cielo stai
e tutto vedi e nulla sai...

Capo arabo Luna luna là


che sui confini nostri vai
e fronti e limiti non hai
e tutti noi uguali fai...

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In scena hanno cominciato a radunarsi tutti i personaggi del primo tempo.

Francesco Tu che risplendi


sui nostri visi bianchi e neri
tu che ispiri e diffondi
uguali brividi e pensieri
fra tutti noi quaggiù...

Capo arabo Luna luna là


mantello bianco di pietà
presenza muta di ogni Dio,
del suo, del mio, del Dio che sa...

Francesco Tu che fai luce


all'uomo errante in ogni via
dacci pace, la tua pace,
la bianca pace, e così sia
per questa umanità...

Coro Oh, oh, bianca luna, bianca luna...

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 Secondo Tempo 

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Scena prima

La scena è ambientata inizialmente in una non meglio identificata cittadina. Sul palco si trova
una capanna al cui interno sono una mangiatoia coperta da un telo, l'asino e il bue. Inizia una
musica, ed entra in scena Francesco che sistema alcuni particolari. Alcuni frati e Chiara
osservano la scena in un angolo, incuriositi.

Francesco Ecco la stalla di Greccio con l'asino e il bove


e i pastori di coccio che accorrono già.
Monti di sughero, prati di muschio
col gesso per neve, lo specchio per fosso,
la stella che va...
Ecco la greppia, Giuseppe e Maria,
lassù c'è già l'angelo di cartapesta
che insegna la via, che annuncia la festa,
che il mondo lo sappia e che canti così:

Coro E' Natale, è Natale,


è Natale anche qui...

Ecco la stalla di Greccio con l'asino e il bove


e i pastori di coccio che accorrono già.
Monti di sughero, prati di muschio
col gesso per neve, lo specchio per fosso,
la stella che va...

Francesco Carta da zucchero, fiocchi di lana,


le stelle e la luna stagnola d'argento
la vecchia che fila, l'agnello che bruca
la gente che dica e che canti così:

Coro E' Natale, è Natale,


è Natale anche qui...

Francesco Ecco il Presepio giocondo che va per il mondo


per sempre portando la buona novella
seguendo la stella che splende nel cielo
e che annuncia così:

Coro E' Natale, è Natale,


è Natale anche qui...
E’ Natale, è Natale,
è Natale anche qui...

Entra il padre, che fa in tempo a vedere il presepio.

Padre Natale, Natale…! Ma si può andare aventi così, con ‘sto figliolo mio? Ma
insomma: stringi stringi Natale che è? L’Angelo, Maria e San Giuseppe! Ecco,
Giuseppe: un altro padre! E anche a Giuseppe il figliolo gli ha fatto uno scherzetto
mica da poco, eh!… Si, però… Giuseppe lo sapeva, aveva avuto (Indicando verso
l’alto) delle garanzie… Ma a casa mia di angeli manco l’ombra… manco una
piuma! Alla mia sposa chi gliel’ha portato mai uno straccetto di annuncio? Eh? E

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allora! Dove la prendiamo tanta fede da immaginarci tutto da soli? Ti pare facile?
Al massimo ci può venire il dubbio!…
Chi è che non ha dubbi? Ma non i piccoli dubbietti, la roba di tutti i giorni… tipo…
(Cerca esempi) ecco: io sto in commercio, no? Il commesso che ho in bottega mi
ruba o no? Eh? Oppure: mia moglie mi mette le corna o no? Che me frega? E’
robetta, si o no non cambia niente…
Io parlo dei dubbi, quelli grossi… E se per caso avesi sbagliato tutto? Può essere,
sai? Io ce l’ho questo dubbio, questo tormento!

Entra in sottofondo la musica di “La sposa di Gesù”. Si illumina una cella di convento in cui
Chiara è in preda alle incertezze.

Padre (Continuando il discorso) Il dubbio: questa lucertolina verde che t’appare tutto
d’un tratto lì, sul muro bianco del chiostro, con la sua codina arricciata come in un
punto interrogativo… verde, vivo, che palpita!
(Rivolgendosi al solito spettatore) Sono lunghe, le sere in convento, amico mio… è
profondo il silenzio… e allora, ogni tanto, la fede impercettibilmente scricchiola…
si, scricchiola! “Crack”… Che è stato? Niente... un fantasma... il fantasma del
dubbio…! Eh, sono lunghe. le sere in convento…! (Un attimo di pausa, la musica
sfuma. Tornando in se’ e avviandosi) Eh già, perché le mie notti scherzano: sono
eterne, sono!

Cenciosa (Ha sentito l’ultima affermazione) E com’è che non dormite?

Padre E com’è che non ti fai gli affari tuoi? Ti pare che vado a dormire con i pensieri che
ho dentro la testa?

Cenciosa E certo: con quel bel letto che avete! Con quelle belle coperte, quelle belle
lenzuola, quei bei cusci…

Padre (Interrompendo l’elenco) Senti, l’hai finita, o no? Eh? Ti sei scordata il materasso!

Cenciosa (Fa per riprendere l’elenco) Quel bel mater…

Padre (La interrompe di nuovo) Ma sta’ zitta, scema! Lo so benissimo che ho il letto più
bello di Assisi… e nel letto, tanto di moglie che piange, ed è uno strazio sentirla! E
io a rotolarmi su ‘sto letto come uno che ha mangiato troppo… e invece manco una
mollichella, ho mangiato…

Cenciosa Ma che peccato…!

Padre Peccato in che senso?

Cenciosa Beh… nel letto non ci dormite, il mangiare non lo mangiate…!

Padre Embè? Embè?? Capita anche a uno importante come me di stare tutta la notte con
gli occhi sbarrati, spalancati, a leggere i pensieri sul soffitto! Ci hai mai letto tu,
cenciosa, sul soffitto?

Cenciosa Eh no: il soffitto non l’ho mai avuto!

Padre Già… mi scordo sempre che questa legge le stelle… è “Astrolica”…!!

Cenciosa Lo sapete che certe volte mi fate proprio proprio pena?

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Padre (Punto nell’orgoglio) Ah si? Ah, io faccio pena a te? Ma senti un po’, senti! E
sapessi quanta me ne faccio io a me stesso, di pena; manco te lo puoi immaginare!
Io che passo le notti a pensare a ‘sto figliolo mio, a vedermelo, a sognarlo…
Senti un po’, senti: io lo so che tu lo vedi… dimmi: com’è, eh? Com’è, ‘sto figlio
mio? E’ smagrito? E’ stanco? Com’è?

Cenciosa (Riflette, poi esclama) E’ bello!

Padre (Rimane interdetto) Senti, cenciosa… io a volte proprio non ti capisco! Ma che
vuoi dire? Eh? Che ‘sto figliolo mio è più bello ora di quando stava a lavorare in
bottega con me?

Cenciosa (Sicura) Si! Perché è triste, ma contento… piange, ma ride… come quando piove e
c’è il sole, che tutte le vecchie fanno l’amore!! (Sghignazza fra sé e sé).

Padre (Sempre più confuso) Ma che sciocchezze vai dicendo… Senti, senti, cenciosa,
facciamo così: (scandisce bene per far capire alla cenciosa) se tu ogni giorno mi
vieni a dire quello che fa mio figlio… io… (gli costa una fatica enorme
pronunciare le prossime due parole) ti pago. Dimmi quanto vuoi, che io… (altra
faticata) ti pago!

Cenciosa No! I vostri soldi io proprio non li voglio! (E fa per andar via).

Padre (Spazientito) Mmmmhh…. vabbè, allora… vieni qua, dove vai, aspetta… allora ti
regalo un bel vestito… di quelli belli, grossi… che quando te lo metti impresioni
Assisi, dintorni e oltre!

Cenciosa Bello…!! Così sapete che faccio?

Padre Che fai, sentiamo…

Cenciosa Io prendo il vestito…

Padre (Seguendo il ragionamento) Lo prendi…

Cenciosa Lo porto a lui…

Padre Lo porti a lui…

Cenciosa Lui lo rivende…

Padre Lo rivende…

Cenciosa E coi soldi ci compra i sassi!!

Padre (Sconcertatissimo) Ecco… quando sta sul meglio perde la strada e non la si riesce a
seguire più… I sassi?? ma quali sassi?

Cenciosa Per la chiesa rotta, no?

Padre (Indifferente e irriverente) Ah, si è rotta la chiesa? Tsk… Guarda un po’… Embè?
(Interrompendo la cenciosa che accenna a parlare) Zitta, te lo dico io quello che
stavi per dire, ti rifaccio tutto il discorso: (Fa due parti contemporaneamente) Si è
rotta la chiesa? Tsk… Guarda un po’… Embè? Oooh! Gli servono dei sassi grossi,
e tanti!… io ‘sti sassi uno di questi giorni li piglio e li spacco sulla testa di chi so
io…

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Cenciosa O sennò dateli a me, i sassi, che glieli porto io!

Padre (Urla) Ma che dici… che dici?? Fila via! Via! Non lo voglio più vedere, questo
figlio mio: certe volte è meglio non averli, i figli. Manco l’ombra, voglio più
vedere! (La cenciosa si mette in un angolo).
(Allo spettatore) Hai visto, amico mio? Sempre peggio! Adesso s’è meso a fare
l’architetto: rifà la chiesa! Ma la rifà così brutta, così vecchia e così povera che un
Cardinale, se ci entrasse, si farebbe il segno della croce alla rovescia!
E lui gioca: gioca a rifare le chiese, ed è contento, e gioca… Tu non dormi le notti,
su questa cosa, e lui gioca, ed è contento!! (Si avvia fuori)

Cenciosa Che, te ne vai?

Padre Si!

Cenciosa Dove?

Padre A dormire.

Cenciosa Eh?

Padre Sui sassi!

Entrano Francesco e Frate Leone, il quale porta in scena una panca con carta e penna. Poi si
dispone ad ascoltare Francesco.

Francesco Frate Leone, agnello del Signore,


per quanto possa un frate
sull'acqua camminare,
sanare gli ammalati,
o vincere ogni male,
o far vedere i ciechi
e i morti camminare...
Frate Leone, pecorella del Signore,
per quanto possa un santo frate
parlare ai pesci e agli animali
e possa ammansire i lupi
e farli amici come i cani;
per quanto possa lui svelare
che cosa ci darà il domani...
Tu scrivi che questa non è...

Coro Perfetta letizia, perfetta letizia, perfetta letizia...

Francesco Frate Leone, agnello del Signore,


per quanto possa un frate
parlare tanto bene
da far capire i sordi
e convertire i ladri
per quanto anche all'inferno
lui possa far cristiani...
Tu scrivi che questa non è...

Coro Perfetta letizia, perfetta letizia, perfetta letizia...

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Francesco Se in mezzo a frate inverno
tra neve freddo e vento
stasera arriveremo a casa
e busseremo giù al portone
bagnati, stanchi ed affamati
ci scambieranno per due ladri,
ci scacceranno come cani,
ci prenderanno a bastonate,
e al freddo toccherà aspettare
con Sora Notte e Sora Fame
e se sapremo pazientare
bagnati, stanchi e bastonati
pensando che così Dio vuole
e il Male trasformarlo in Bene...
Tu scrivi che questa è...

Coro Perfetta letizia, perfetta letizia, perfetta letizia...

La scena si oscura per qualche momento.

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Scena seconda

La piazza di Assisi. In scena, seduti o sdraiati per terra, diversi poveri, alla maniera di quelli
che noi chiamiamo "barboni". Entra in scena il padre, che porta in mano un piccolo sacchetto
di pelle pieno di monete tintinnanti.

Padre (A uno dei mendicanti) To', pigliati questa bella moneta, pigliati... (Tira fuori dal
sacchetto un monetone d'oro) No, troppo grossa, questa... (Urlando, mentre il povero
sta per gettarsi sulla moneta) Un momentino, ingordo, faccia da ingordo, ti si vede
dall'occhio... (Cercando dentro il sacchetto) Ci doveva essere una moneta più
piccola... (Non riesce più a tirar fuori la mano dal sacchetto) Ecco, mo' sono rimasto
incastrato... Vai a fare del bene - che ti prendesse un coso, posso andare in giro con
questa mozzarella marrone, con quello che ho da fare... - (Rivolto al povero) Un
momentino, eccola, eccola, l'ho acchiappata, questa moneta - stupida pure questa -, si
era andata a nascondere su... Ecco! (Tira fuori dal sacchetto una monetucola più
piccola di un'unghia) Più piccola di questa che c'è? L'aria! (Rivolto al povero, che
smania) To', prendi! Questa te la do, te la do, smanioso, to', per i semi di zucca... Vai
via...! (Fa cenno al povero di allontanarsi). Perché i modi per avere i soldi sono tre: o
lavorare, o chiedere l’elemosina, o rubare. Chiedere frutta pochissimo. Lavorare frutta
qualcosa. Rubare è il massimo! Peggio di tutti stanno i poveri che lavorano…! Oh, poi
i poveri sono degli spendaccioni tremendi, eh: lupini, castagne secche, semi di
zucca… addirittura le frittelle, quando c’è fiera! Io semi di zucca non ne ho mai
comprati. Per questo sono ricco. Ricco non è chi guadagna tanto; è chi non spende
nulla. Avarizia? No: risparmio! Usura, strozzinaggio? No: affari. Eehhh… La povertà,
signori miei, è quella lontana parente che tu fai di tutto per dimenticare, che la sfuggi
se la incontri al mercato, perché sai che tanto ti tira la stoccata: “Mi dai? Mi presti?”.
Troppo comodo, chiedere. Ah, io proprio questa cosa me la vorrei far spiegare da
quelli che hanno studiato: io non riesco a capire che gusto ci sia a essere poveri? E a
insistere ad essere poveri, questi stupidi! (Esce).

La povertà si alza dal gruppo dei poveri sulle prime note della musica, poi canta.

Povertà Quando quel giorno Francesco verrà


io voglio dirgli così:
dimmi se sono la tua Povertà
io che son povera qui.
A Francesco quel giorno dirò:
tu lo sai che ricchezza non ho.
Pane e cielo io mangio con te
ma il mio cuore leggero non è.
E lui, Francesco mandato da Dio,
sul cuore mio piangerà.
Che povertà - gli dirò - sono io?
E lui, Francesco, dirà:
Povertà, Povertà non è Dio
se sarà come qui schiavitù.
Pane e cielo sapore non ha
se il tuo pane non è libertà.
Quando quel giorno Francesco verrà
ali di rondine avrò
e su nel libero cielo con lui
io, Povertà, volerò...

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Alla fine del canto i poveri escono, mentre la cenciosa si sdraia da una parte. Entra in scena il
padre (con una grossa pagnotta in mano), ed interpella alcuni dei poveri:

Padre Hai visto la stracciona? Eh? (Uno dei poveri fa cenno: "Io no!") Tu no... Ma che
è diventata, questa quando la cerchi ti fa girare mezza Assisi... (Vede la
cenciosa e la indica) Ah, eccola la: ad una certa ora si va a sedere su quella
salitella - i gusti sono gusti: questa li ha in salita, che gli vuoi fare ai gusti -
(Mostra il pane alla cenciosa, chiamandola) guarda guarda un po' che ho,
figliola, guarda un po' che ho, guardalo un po'... (La cenciosa si è avvicinata e
guarda il pane con desiderio) Guarda che fame che hai, ti si vede dagli occhi...
Guardala! (Ridacchiando, muove il pane davanti al naso della cenciosa, che lo
segue con gli occhi girando la testa, come ipnotizzata) To', to', è per te!
Mangia! (Le dà il pane).

Cenciosa Il pane!

Padre (Simulando stupore) Eh! L'hai riconosciuto: quello è il pane! Stai migliorando!
Dimmi un po', stracciona: ti piace il pane?

Cenciosa (Sognante, osserva la pagnotta che il padre le ha dato) Eh, mi piace si...

Padre Sono contento; tu non puoi immaginare quanto sono contento. E che altro ti
piace oltre il pane? Contiamole, le cose che ti piacciono... Dì, dì.

Cenciosa E poi mi piace... mi piace... il pane!

Padre Cozza, che razza di campo di scelta, che hai: cominci dalla crosta, finisci alla
mollica, riattacchi con la crosta, tutto fra mollica e crosta! (Ride) Povera scema!

Cenciosa Perchè le sceme sono sceme?

Padre Ma che domande sceme che stai a fare. A parlare con una scema in piena notte
c'è il caso che diventi intelligente, vedi un po' - (Quasi fra sé e sé) perchè sono
sicuro che la scemenza sta attaccata all'intelligenza, sono sicuro, ma vai un po' a
sfondarla, la scemenza: quante testate devi darle... Se arrivi scemo
all'intelligenza tanto vale rimani scemo - (Alla cenciosa, che si stava già
allontanando col pane) Vieni, vieni qua, vieni qua, dopo vai a mangiare questo
pane dove ti pare, è un momentaccio per me... Dimmi un po': (Indagatore) a te
capita, ti capita, di vederlo mangiare, qualche volta, questo figliolo mio? Ti
capita?

Cenciosa (Fa cenno di si con la testa).

Padre Ah, ti capita... E che mangia, di solito? Non so più niente, almeno sapere che
mangia, questo figliolo mio...

Cenciosa (Riflettendo) Più di tutto di tutto... (Si illumina) il pane!

Padre (Sorpresissimo) Mio figlio? Più di tutto di tutto mangia... (Lascia in sospeso la
frase) Ma tu guarda! E io me lo ricordo ragazzo che mangiava le faraone farcite,
i pasticci parigini... Che razza di cambiamenti fanno i figli da un momento
all'altro! Tu che sei padre, manco li conosci... (Gli viene una curiosità, un
dubbio) Oh, stracciona, guardami un po' un momentino, guardami da cima a
fondo, mi stai guardando?

Cenciosa (Lo osserva e fa cenno di si).


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Padre Tu a me, dopo morto, dove mi manderesti: in paradiso o all'inf...

Cenciosa (Interrompe gridando) All'inf...

Padre (A sua volta interrompe, seccato) Aspetta prima di rispondere, precipitosa! Che
razza di fuga che ti prende, che precipitosa! E prendi respiro prima di
rispondere, fra la domanda e la risposta prenditi un attimo di sosta... Perchè in
fondo sono un buon cristiano, no? Ti ho dato o non ti ho dato il pane? Eh? Te
l'ho dato o non te l'ho dato il pane?

Cenciosa (Fa una smorfia né di assenso né di dissenso).

Padre Allora, rispondi - fai venire la muffa sulle orecchie a chi aspetta una risposta -
dove mi manderesti?

Cenciosa (Con tutto il cuore) All'inferno!!

Padre E perchè?

Cenciosa Perchè con tutte le monete che vi portate appresso, pesate troppo.

Padre (Ride, ironico) E che vuol dire, scema, che vuol dire?

Cenciosa E se, metti caso, andate in paradiso e cascate subito giù? Tanto vale allora
andarci subito, giù!

Padre Hai capito, la matta, mi fa risparmiare un viaggio... Io mi devo sbrigare, ad


andare all'inferno, invece tu vai in paradiso...

Cenciosa Noo, io non vado da nessuna parte!

Padre Beh, sono contento.

Cenciosa (Con autoironia, per prendere in giro il padre) Sto tanto bene così...

Padre (Adirato) Sta' attenta a te, sta' attenta a te, che una volta o l'altra, come ti
incontro per Assisi, ti do una scarica di cazzotti che il suono si deve sentire fino
a coso, là, fino... (Si interrompe perchè la cenciosa sta avvolgendo la pagnotta
in un panno) Che stai facendo? Oh? Che stai facendo? Perchè lo arrotoli, questo
pane? Cos'è questa arrotolata che gli fai? Non lo mangi?

Cenciosa No.

Padre Perchè?

Cenciosa Perchè lo porto a lui.

Padre (Stentando a crederle) Cosa stai inventando? Che stai a dire? Questo pezzo di
pane secco lo stai a portare a mio figlio? Che mi vuoi far credere, (Afferrandola
violentemente) che a mio figlio gli manca il pane? (Si dispera) E no, e no,
questa non la volevo sapere... Questa non la reggo... E perchè si deve arrivare a
questo punto? Tra padri e figli...! Oh, figliolo mio... gli manca il pane, a mio
figlio! Come sarà ridotto? E no, Dio mio... Senti, stracciona: fagli sapere
subito... vacci di corsa, vai a dire di corsa a questo figliolo mio che se ha
bisogno di pane io gliene posso mandare quanto ne vuole! A casa mia, lui lo sa,
si è sempre sprecato, il pane... Quanto, quanto se ne è sprecato, di pane, a casa
mia!
29
Cenciosa No! E' più buono il mio!

Padre (Colpito duro nell'orgoglio, si rivolge al solito spettatore) Hai sentito, amico
mio? E' più buono quello che gli porta lei: il pane di casa stanca, il pane di
casa... Eh, dargli il pane, bisognava: dargli il pane e basta, bisognava abituarlo
così fin da piccolo! Troppe svogliature, troppa roba: questo è stato lo sbaglio
grosso dentro casa mia, come in tante altre case, dove si spreca troppa roba
sotto gli occhi di questi figlioli... Troppa abbondanza in certe case, questa è la
verità... Questo che vuol dire? Lo vedi, che vuol dire? - Ti fa impazzire...! - Che
le faraone farcite sono pugni, che i pasticci parigini sono schiaffi, sberle di
padre, che le premure e le accortezze che si fanno a questi figlioli sono schiaffi,
catene... Si sentono incatenati, dentro casa... E valli a capire, questi figli nostri,
valli a capire... (Uscendo, sempre più sconsolato) Valli a capire, questi figlioli
nostri!

Inizia una musica, ed entrano in scena, fra gli altri, Francesco, Chiara, i frati e le monache.

Monache Semplicità, sorella mia, un pane tondo, un morso e via,


Semplicità - a - à, Semplici - Semplicità.

Mon.+Franc. Semplicità, sorella mia, un canestrello di fantasia,


Semplicità - a - à, Semplici - Semplicità.

Chiara Pensieri leggeri, piccini,

Francesco Un cuore di grandi bambini

Chiara e cieli turchini negli occhi tuoi


pieni di Semplicità,

Francesco Semplicità...

Franc. + Ch. Sorella mia, Semplicità!

Mon.+Franc. Semplicità...

Monache che nulla vuoi, che nulla prendi e tutto dai,

Mon.+Franc. Semplici - Semplici - Semplicità... Semplicità!

Diavolo Belle stoffe, ricche gemme, oro argento e zaffiri


fratello Diavolo vi dà.
regalo tutto quanto: basta darmi l'anima
avrete la felicità!

Monache Nessuno nessuno ti sente, noi siamo felici di niente


perchè semplicissimamente cantiamo la Semplicità...

Francesco ...sorella mia, Semplicità.

Diavolo Il potere è con me, l'abbondanza con me,


voluttà dolcissime con me!

Mon. + Frati Semplicità... un pane tondo, un morso e via,


Semplicità - a - à, Semplici - Semplicità.
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Francesco Semplicità...

Monache Semplicità!

Francesco che nulla chiede e tutto dà,

Mon. + Frati Semplici - Semplici - Semplicità. Semplicità!


Semplicità, Semplici - Semplici - Semplicità! (Urlano) Oh!

Tutti escono molto in fretta, mentre subito inizia la canzone successiva. Rientra
spettacolarmente in scena il Diavolo. Durante la canzone rientreranno anche i frati e le
monache.

Diavolo Un povero diavolo cornuto come me


che cosa mai può fare per tentare te
ti sento inafferrabile, illogico, diverso,
cercare di tentarti è tutto tempo perso;
così Coro così
così Coro così
dovrei pregare ma non so come si fa
così Coro così
così Coro così
dovrei saper pregare per pregarti di aver pietà...

Frati Ma Lucifero è dannato e pregare non sa più...


Povero vecchio diavolo, povero Belzebù!
Povero vecchio diavolo, povero Belzebù!

Diavolo I diavoli mi sfottono e ridono di me

Coro Ah ah ah!!

Diavolo Perchè con te mi scorno, rispondimi, perchè?


Le mie più porche femmine con te diventan sante
dell'oro e del potere a te non frega niente...
così Coro così
così Coro così
dovrei pregare ma non so come si fa
così Coro così
così Coro così
dovrei saper pregare per pregarti di aver pietà...

Monache Ma l'Arcangelo Lucifero pregare non sa più...


Povero vecchio diavolo, povero Belzebù!
Povero vecchio diavolo, povero Belzebù!
Povero vecchio diavolo, povero Belzebù!
Povero vecchio diavolo,
povero, povero, povero...

Diavolo (Urla a Francesco) Povero tu!

31
Scena terza

Cenciosa (Recita un’altra delle sue cantilene… ma questa volta l’argomento è molto più
serio!)
Tra le pàmpine dell’orto
c’era la zucca di un uomo morto
e ho pensato: o belli, o brutti,
alla fine si muore tutti…
E ho pensato: un giorno sei viva
e il giorno dopo la morte arriva!
Io son scema, e non conto niente…
Ma chissà che ne pensa la gente?
(Si avvia fuori) Mah… io non lo so!

Mentre inizia l'introduzione del canto, esce la cenciosa ed entrano in scena alcune donne in
abito nero da vedove. Entra anche la Morte, che inizia un balletto, passando spesso attorno a
Francesco.

Donne Arriva la Morte che taglia le teste,


arriva la notte per l'uomo che muore,
arriva la pena per l'uomo che resta,
arriva la mano che sparge dolore,
arriva la falce che lacera i gridi,
arriva la Morte che suscita i pianti,
arriva la mano che strazia le madri,
arriva la morte che tutti livella,
arriva la falce che mai si riposa,
arriva la mano che spazza e flagella,
arriva la Morte, la finta pietosa.
Eppure Francesco la immagina bella,
eppure Francesco la chiama sua sposa,
eppure Francesco la chiama sorella...

Francesco Sorella Morte, dolorosa e bellissima,


Sorella Morte, che dal male ci liberi,

Donne Sorella Morte, che ci bagni di lacrime,

Francesco Sorella Morte, che di cielo ci illumini,

Donne Sorella Morte, che ci vesti da vedove,

Francesco Sorella Morte, che ci porti fra gli angeli,

Donne Sorella Morte, che deponi le lapidi,

Francesco Sorella Morte, che spalanchi l'eternità...


Sorella Morte, che prepari le semine,
che uccidi i giorni per far vivere i secoli,

Donne Sorella Morte, che ci bagni di lacrime,

Francesco Che uccidi l'uomo per far vivere gli uomini,

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Donne Sorella Morte, che ci vesti da vedove,

Francesco Sorella Morte, che rinnovi l'umanità,

Donne Sorella Morte, che deponi le lapidi,

Francesco Sorella Morte, che spalanchi l'eternità...

Sulla conclusione della musica, Francesco porta via dal palco la Morte in braccio. Poco dopo
inizia una musica ed entra disperata la cenciosa, che grida, richiamando la gente:

Cenciosa E' Morto! E' morto! E' morto Francesco! E' morto! (Sempre correndo, esce).

Oltre ad alcuni abitanti di Assisi, entrano l'Angelo, Chiara, i frati, le monache. Durante la
canzone entra anche la cenciosa.

Angelo Frate Francesco è vivo tra noi


e c'è nel cielo più luce che mai
tra i Cherubini gelosi di lui,
dell'Angelo bellissimo.

Alberi E tra le foglie un vento passò


al suo respiro che andava lassù;
e la sua terra, la terra restò
deserta senza lui.

Monache E piansero bianche nel chiostro


le monache date a Gesù:
Giovanni, chiamato Francesco, non c'era più...

Frati Non c'era più...

Mon. + Frati Non era più con noi.

Chiara Solo amore, amore, amore,


tutto amore, amore, amore fu.
Infinito amore, amore, fosti solo amore tu...

Mon. + Frati E piansero i lupi nel bosco,


le rondini, i cigni e le gru...

Monache Giovanni, chiamato Francesco, non c'era più...

Frati Non c'era più...

Mon. + Frati Non era più con noi.

Intanto sono entrati il Diavolo e la Morte; il Diavolo se la prende con la Morte:

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Diavolo Tu, bastarda, che m'hai fatto?
M'hai rubato un'anima, la più gagliarda che incontrai!
Con chi lotto, chi combatto,
se non c'è quel santo frate maledetto,
il più perfetto fra i nemici miei?

Chiara (Rivolgendosi alla Morte)


Sorella dagli occhi di teschio,
quell'attimo hai pianto anche tu...

Mon. + Ch. Un gelido bacio e Francesco non c'era più...

Frati Non c'era più...

Mon. + Frati Non era più con noi.

Tutti escono, tranne la cenciosa. Entra in scena il padre, facendosi un segno di Croce. Potrebbe
essere appena uscito dalla camera mortuaria.

Cenciosa (Rivolgendosi al padre) Ma, quando lui morì...

Padre Eh?

Cenciosa Voi non eravate già morto?

Padre (Sconsolato per così tanta ingenuità) Fai cascare le braccia, tu... ma si può
essere più scemi di te? Dico, mi vedi o non mi vedi? E allora perchè dici...
(Cercando di spiegare) Vieni qua, cerca di capire subito - perchè non c'è tanto
tempo per spiegare le cose - cerca di capirmi subito, guarda, non dire che non te
l'ho detto, dopo, eh... (Indica il pubblico) Guarda in quanti posti sto
contemporaneamente io, sono sempre io: (Indica alcuni punti della platea) sto
lì, sto lì, lì, lassù, arrampicato là, guarda in quanti posti sto, sto al posto di quel
signore laggiù, per esempio... (Chiamando uno spettatore) Ehi, signore... eh, un
momentino... ce l'hai i figlioli, tu? No, no, non voglio sapere quanti; ce li hai i
figlioli? (Riceve risposta affermativa) Ecco, mi basta così: sei un padre, basta.
Hai visto, stracciona? Noialtri padri non siamo morti, siamo sempre qui,
presenti, a ragionare... perchè un padre, che ti pare faccia un padre? Un padre
ragiona, e capisce solo le ragioni, non la poesia... la poesia che è?

Cenciosa Io non lo so... però è bella!

Padre Ehh, la poesia... come ti posso dire, è come... vai a trovare le parole... è come
una di quelle nuvolette leggere leggere (Indica il cielo e guarda in alto, imitato
dalla cenciosa), che vanno come matte su nel cielo, ma lontane dalle nuvole
serie, quelle che ti danno la pioggia, che fanno tanto del bene alla campagna...
La poesia è come una di quelle nuvolette, che si colorano di rosa e cambiano
forma ogni momento, ma di acqua mai una goccia, mai una, mai, ami, inutili... e
se ti distrai un momentino e giri la testa e ci riguardi subito dopo, ma subito
dopo, sono sparite, queste nuvolette rosa... ma stavano lì... o no?

Cenciosa Si, ma sono le più belle!

Padre Ma che stai a dire? Le più belle di che? Di chi? In che senso? Ma che ragione
possono avere se non contano niente? (Urlando contro il cielo) Non contate

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niente, nuvolette rosa! (Alla cenciosa) Chi ha ragione, stracciona, lo devi
dimostrare con i conti alla mano, come due più due fa cinque!

Cenciosa Oh, ma non fanno quattro?

Padre No, cinque! Se no non è un affare... (Fra se, e al pubblico) Sta ancora a quattro,
questa scema... E' scema, per forza!

Cenciosa Ma se l'hanno fatto santo!

Padre Dopo, l'hanno fatto santo questo figliolo mio, dopo! Eccolo, il punto, dopo: ma
vallo un po' a capire prima, con la povera testa di un padre, che un figliolo
matto che hai un domani te lo faranno santo... vai un po' a intuirla, una cosa così
grossa! Cosa fa di speciale un figlio santo dentro casa? Da che ti accorgi che hai
un figliolo santo? Che fa? Questo è stato lo strazio mio! (Alla cenciosa)
Diglielo, a quel signore laggiù (Indica lo spettatore), che il figliolo suo, - matto
pure quello, che magari è scappato di casa e chissà quante gliene ha fatto,
quante gliene sta a fare, quante gliene farà -, vaglielo a dire "domani lo faranno
santo": che ti pare che fa quell'uomo lì? Quello è un padre di famiglia come me,
e fa la stessa parte che ho fatto io, uguale identica spiccicata: gli dice "no", al
figliolo, "vai a lavorare, vai in bottega, compra, vendi, guadagna, senza soldi
non si campa, o trovati un impiego"... Perchè che gli vuoi dire a questi figlioli,
di questi tempi? Eh? Che altro ti vuoi inventare? A chi deve dare retta un figlio,
oggi? (Sentenzia) Frega il prossimo tuo come lui frega te, mo' l'ho detta e non
me la rimangio, ecco! Eh... che altro gli puoi dire a questi poveri figli, di questi
tempi qua!

Cenciosa Ma se l'hanno fatto santo, e mo' lo sai, non sei contento?

Padre (Con tono afflitto, cercando conforto) No, non sono contento, non ce la faccio,
stracciona... Eh, sei contento... Ti pare che non ho provato? Bello, un padre che
fa finta di essere contento di un figlio, quando dentro... Dammi un punto di
partenza: ecco, dimmi: "Da qui in poi, come padre, devi essere contento"; da
dove parto, come padre contento? No, non ce la faccio, perchè io sto qui
inchiodato a ragionare come un padre, e lui che fa? Che fa, questo figliolo mio?
Canta, ecco quello che fa questo figliolo mio!

Inizia la musica dell'ultimo canto.

Padre (Concludendo il discorso, e alzando le braccia al cielo) Io ho un figlio che


canta! (Esce).

Sulla scena vuota compare Francesco, che canta.

Francesco Laudato sii, mi' Signore


con tutte le Tue creature,
specialmente Frate Sole
che dà la luce al giorno
e che ci illumina per Tua volontà,
raggiante e bello, con grande splendore,
di Te è l'immagine, altissimo,
altissimo Signore...

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Laudato sii, mi' Signore
per Sora Luna e le Stelle,
luminose e belle...

Il palco si affolla di tutti i protagonisti e di tutte le comparse, che si sistemano a semicerchi


attorno a Francesco. Manca solo il padre di Francesco.

Coro Alleluia, alleluia!


Alleluia, alleluia, alleluia!

Francesco Laudato sii, mi' Signore


per Sora Luna e le Stelle,
luminose e belle;
laudato sii, mi' Signore,
per Sora acqua, tanto umile e preziosa;
laudato sii, mi' Signore,
per Frate Foco che ci illumina la notte,
ed esso è bello, robusto e forte;
laudato sii, laudato sii, mi' Signore,
per Frate Vento e per Sora Aria,
per le nuvole e il sereno,
per la pioggia e per il cielo,
per Sora nostra Madre Terra
che ci nutre e ci governa,
o altissimo Signore!

Coro Alleluia, alleluia!


Alleluia, alleluia, alleluia!

Francesco Laudato sii, mi' Signore,


anche per Sora nostra Morte corporale;
laudato sii, mi' Signore,
per quelli che perdonano per il Tuo amore;
per Sora nostra Madre Terra
che ci nutre e ci governa,
o altissimo Signore!

Coro Alleluia, alleluia!


Alleluia, alleluia!
Alleluia, alleluia!
Alleluia, alleluia!
Alleluia, alleluia!
Alleluia, alleluia, alleluia!

Durante l'ultima parte cantata dal coro, il padre, attraversando tutta la platea, sale
frontalmente sul palco, si avvicina a Francesco e gli consegna un pane; poi si inginocchia
chiedendo perdono a Francesco, il quale lo invita subito ad alzarsi e lo abbraccia.

Fine

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