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PAGINA PERCORSI

il cinema a
Cinema 2000 scuola

Homepage Percorsi Film Registi Linguaggio Esci

Cosa sono i
percorsi?

Percorsi

AB
Nucleo tematico:
Uomo e   Società
Nucleo tematico:
Cinema e Sport
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Cinema e Storia

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Uomo e   Società
 
Condizione adolescenziale e
giovanile:

Famiglia

Disagio

Momenti di gioventù

Amore

 
La diversità :

Handicap

Omosessualità

Incontro con l'altro

 
La condizione femminile

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PAGINA PERCORSI

Mass Media:

Stampa - Giornalismo

Televisione

Radio

 
Razzismo, intolleranza,
immigrazione, società
multietnica:

Antisemitismo

Razzismo contro i neri

Problemi dell'immigrazione
e della multietnicità

 
Antimilitarismo, pacifismo

Nucleo tematico:
Cinema e Sport

Nucleo tematico:
Cinema e Storia
 
Età antica

Medioevo

Cinquecento

Seicento

Settecento

Ottocento

Novecento e Duemila

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Pagina film

il cinema a
Cinema 2000 scuola

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àaaaaaaa
Film
0/9-A-B-C-D-E-F-G-  
HIJ-KL-M-N-O-P-

 Q-R-S-T-U-V-WZ
 

0/9
12 anni schiavo

17 ragazze


A cena col diavolo

A ciascuno il suo

A proposito di donne

A prova d'errore

A torto o a ragione

A Wong Foo, grazie di


tutto, Julie Newmar

Abramo Lincoln in Illinois

Abuna Messias

Accadde a Selma

Accadde una notte

Achtung! Banditi

Adèle H., una storia


d'amore

Affare di donne, Un

Affondate la Bismark

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Pagina film

Agnese va a morire, L'

Agorà

Aguirre, furore di Dio

Al posto del cuore

Albero degli zoccoli, L'

Albero di Antonia, L'

Alexander Nevskij

Ali

Alice

Allievo, L'

Allonsanfan

All'ovest niente di nuovo

Amante perduto, L'

Amarcord

Amaro sapore del potere, L'

Amen

American Graffiti

American History X

Amiche

Amici per la pelle

Amico ritrovato, L'

Amistad

Ammutinati del Bounty,


Gli

Amore 14

Amore e altre catastrofi

Amore & morte a Long


Island

Amore tossico

Anche libero va bene

Angelo alla mia tavola, Un

Angie, una donna tutta


sola

Anima divisa in due, Un'

Anne Frank

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Pagina film

Anni di piombo

Anni '40

Anni spezzati, Gli

Anno vissuto
pericolosamente, Un

Anonymus

Apocalypse Now

Arancia meccanica, L'

Ardena

Arida stagione bianca, Un'

Armata Brancaleone, L'

Armata degli eroi, L'

Arpa birmana, L'

Arriva John Doe

Arrivederci ragazzi

Artemisia - Passione
estrema

Articolo 2

Assassini nati

Asso nella manica, L'

Attimo fuggente, L'

Auguri professore

Avventura terribilmente
complicata, Un'


Bacio appassionato, Un

Bagdad Café

Balla coi lupi

Ballroom-Gara di ballo

Bambini ci guardano, I

Bambino col pigiama a


righe, Il

Banchieri di Dio, I

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Pagina film

Banda Baader Meinhof, La

Barone rosso, Il

Barriera invisibile

Barry Lyndon

Battaglia dei giganti, La

Battaglia di Alamo, La

Battaglia di Algeri, La

Battaglia di Midway, La

Believer, The

Belle al bar

Benvenuti a Sarajevo

Benvenuti in paradiso

Berretti verdi

Betrayed-Tradita

Betty Love

Billy Elliot

Black Hawk Down

Bling Ring

Bloody Sunday

Bobby

Bolle di sapone

Boys

Brancaleone alle Crociate

Branco, Il

Braveheart-Cuore
impavido

Bread and Roses

Brigante di Tacca del Lupo

Bronte

Bronx

Bruttina stagionata, La

Buio oltre la siepe, Il

Buon compleanno Mr.


Grape

Bus in viaggio

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Pagina film


Caccia tragica

Cacciatore di aquiloni, Il

Caduta, La - Gli ultimi


giorni di Hitler

Caduta degli dei, La

Caduta delle aquile, La

Caduta dell'impero
romano, La

Calata dei barbari, La

Calda notte dell'ispettore


Tibbs, La

Camicia nera

Cammelli, I

Cammino della speranza, Il

Cancelli del cielo, I

Canzone di Carla, La

Caso Martello, Il

Caso Mattei, Il

Caso Moro, Il

Caterina va in città

Cento giorni a Palermo

Cento passi, I

Central do Brasil

C'eravamo tanto amati

Cerchio, Il

Che mi dici di Willy?

Che

Che ora è?

Chi non salta bianco é

Chiamami aquila

Chiavi di casa, Le

China Girl

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Pagina film

Christiane F, noi ragazzi


dello zoo di Berlino

Ci sarà la neve a Natale?

Cielo cade, Il

Cinderella Man

Cinque giorni di tempesta

Cleopatra

Clockers

Club degli imperatori, Il

Codice d'onore

Collina del disonore, La

Colonna infame, La

l colore della libertà-


Goodbye Bafana

Colore viola, Il

Colori della vittoria, I

Colpire al cuore

Com'era verde la mia valle

Come eravamo

Come te nessuno mai

Compagni, I

Concorrenza sleale

Confessione, La

Conformista, Il

Consigli per gli acquisti

Conrack

Conspiracy

Cose di questo mondo

Così ridevano

Cover Boy

Creature del cielo

Croce di ferro, La

Crociate, Le

Cronache di poveri amanti

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Pagina film

Cronisti d'assalto

Crooklin


Da morire

Daniel

Danton

Day After, The

Defenders-In nome
dell'odio

Delitto Matteotti, Il

Del perduto amore

Demoni e dei

Dentro la notizia

Diari della motocicletta, I

Diario di Anna Frank, Il

Diario di Bridget Jones, Il

Diavolo in corpo, Il

Diaz

Dichiarazioni d'amore

Dien Bien Phu

Dies Irae

Dietro la maschera

Diritto di cronaca

Dirty Dancing

Diverso da chi?

Dolci inganni, I

Donna tutta sola, Una

Donne senza trucco

Dottor Stranamore, Il

Dottor Zivago, Il

Due amiche

Due giorni una notte

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Pagina film

Duellanti, I


E Johhny prese il fucile

E venne un uomo

East is East

Eau froide, L'

EDtv

Edward mani di forbice

El Alamein

Elephant Man,The

Elizabeth

Enrico V

Erin Brockovich

Eroe borghese, Un

Eroe per caso

Eroi del Pacifico, Gli

Esca, L'

Est-Ovest, Amore e Libertà

Estate di Davide, L'

Estate di Kikujiro, L'

Estranea fra noi, Un'

Età acerba, L

Ettore Fieramosca

Europa Europa

Exodus


Fa' la cosa giusta

Family Life

Fandango

Fate ignoranti, Le

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Pagina film

Febbre a 90

Febbre del sabato sera, La

Figurine

Fine della notte, La

Fire

Flags of Our Fathers

Flashdance

Flight 93

Folle stagione d'amore,


Una

Footloose

Fragola e cioccolato

Fragole e sangue

Frances

Fratelli e sorelle

Fratello Sole, sorella Luna

Frontiera

Fucking Amal-Il coraggio


di amare

Fuga dalla scuola media

Fuga per la vittoria

Full Metal Jacket

Furore


Galileo

Gandhi

Garage Olimpo

Garofano rosso, Il

Gattopardo, Il

Generale della Rovere, Il

Gente comune

Germania anno zero

Germinal

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Pagina film

Geronimo

Giardino dei Finzi-


Contini, Il

Ginger e Fred

Giordano Bruno

Giornata particolare, Una

Giorno da leoni, Un

Giorno della civetta, Il

Giorno perfetto, Un

Giorno più lungo, Il

Giovani, carini e
disoccupati

Giovani leoni, I

Giovanna d'Arco

Giovanna la pazza

Giovanni Falcone

Gioventù bruciata

Giovinezza, Giovinezza

Girasoli, I

Gita scolastica, Una

Giulia

Giulio Cesare

La giusta distanza

Gladiatore, Il

Glory-Uomini di gloria

Go Fish

Go Now

Gomorra

Good Bye Lenin

Good Morning Vietnam

Good Night and Good


Luck

Gott mit uns (Dio è con


noi)

Grande Blek, Il

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Pagina film

Grande cocomero, Il

Grande dittatore, Il

Grande guerra, La

Grande illusione, La

Grande sentiero, Il

Grande uno rosso, Il

Gran Torino

Grazie, signora Thatcher

Green zone

Grido della terra, Il

Grido di libertà

Guardia del corpo

Guendalina

Guerra del fuoco, La

Guerra e pace

Guerrieri della notte, I

H-I-JÝ
Hannah Arendt

Havana

He Got Game

Help the

Hotel Rwanda

Hurricane

Hurt Locker

I Love You, I Love You Not

I Vicerè

Il capitale umano

Il figlio di Saul

Il labirinto del silenzio

Il rosso e il blu

Impiegati

In & Out

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Pagina film

In My Country

In nome del Papa Re

Indocina

Indovina chi viene a cena

Invictus

Io la conoscevo bene

Io non ho paura

Ivan il Terribile-La
congiura dei Boiardi

Jack Frusciante è uscito dal


gruppo

Jakob il bugiardo

Jefferson in Paris

JFK - Un caso ancora


aperto

Joe Hill

Jona che visse nella balena

Jungle Fever

Juno

K-LÝ
K-19

Kapò

Katyn

Kippur

Kolya

Kundun

L'arte di vincere

La legge del mercato

La mafia uccide solo


d'estate

Ladri di biciclette

Ladri di saponette

Ladro di bambini, Il

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Pagina film

Ladybird, Ladybird

Lamerica

Lanterne rosse

Larry Flint- Oltre lo


scandalo

Lascia perdere Johnny

Laureato, Il

Lawrence d'Arabia

Lebanon

Léon

Lettera scarlatta, La

Lettere da Iwo Jima

Lezioni di piano

Liam

Libera, amore mio

Liberty Heights

Lincoln

Love Story

Lucky Luciano

Ludwig

Lunga notte del '43, La

Lunghi giorni delle aquile,


I

Lungo giorno finisce, Il

Luther

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M-Z

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PAGINA REGISTI

il cinema a
Cinema 2000 scuola

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@ Registi
A-B-C-D -E-F -G-

HI-JK -L-M -NO-PQ

-R-S -T-UV-WY-Z
 


Adlon Percy

Alea Tomas Gutierrez -


Tabìo Juan Carlos

Alessandrini Goffredo

Allen Woody

Amelio Gianni

Amenabar Alejandro

Amoroso Carmine

Annakin Ken

Annaud Jean Jacques

Apted Michael

Aranda Vicente

Archibugi Francesca

Ardolino Emile

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PAGINA REGISTI

Ashby Hal

Assayas Olivier

Attenborough Richard

August Bille

Autant-Lara Claude

Avati Pupi

Avnet Jon


Badham John

Baldoni Sandro

Banderas Antonio

Barbareschi Luca

Bay Michael

Beatty Warren

Bechis Marco

Bellocchio Marco

Benigni Roberto

Bentivoglio Fabrizio

Benvenuti Alessandro

Beresford Bruce

Bergman Ingmar

Bertolucci Bernardo

Bertolucci Giuseppe

Besson Luc

Bigelow Kathryn

Blasetti Alessandro

Bodrov Sergej

Bogdanovich Peter

Bolognini Mauro

Boorman John

Boyle Danny

Branagh Kenneth

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PAGINA REGISTI

Brooks L.James

Brooks Richard

Brusati Franco

Burton Tim


Calogero Francesco

Cameron James

Campion Jane

Capra Frank

Caton-Johnes Michael

Chabrol Claude

Chaplin Charles

Chéreau Patrice

Chiesa Guido

Cimino Michael

Clooney George

Coletti Duilio

Comencini Cristina

Comencini Francesca

Comencini Luigi

Coppola Francis Ford

Coppola Sofia

Corman Roger

Cosmatos George Pan

Costa Gavras
Constantin

Costanzo Saverio

Costner Kevin

Crialese Emanuele

Cromwell John

Crowe Cameron

Curtiz Michael

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PAGINA REGISTI


Damiani Damiano

Dante Joe

Dardenne Luc e Jean


Pierre

Davis Terence

De Concini Ennio

De Niro Robert

De Palma Brian

De Santis Giuseppe

De Sica Vittorio

Delvaux André

Demme Johnathan

Diritti Giorgio

Dmytryk Edward

Donaldson Roger

Dornhelm Robert

Dreyer Carl Theodor

Du Vernay Ava


Eastwood Clint

Edel Ulrich

Ejzenstejn Sergej

Emmer Luciano

Emmerich Roland

Estevez Emilio


Faenza Roberto

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PAGINA REGISTI

Fassbinder Rainer
Werner

Fellini Federico

Ferrara Abel

Ferrara Giuseppe

Ferrario Davide

Finch Nigel

Fleischer Richard

Fleming Victor

Folman Ari

Ford John

Forman Milos

Forster Marc

Forzano Gioacchino

Frankenheimer John

Frears Stephen

Fuller Samuel


Gallone Carmine

Gansel Dennis

Garrone Matteo

Genina Augusto

Germi Pietro

Gibson Mel

Gilbert Brian

Giordana Marco Tullio

Gitai Amos

Greengrass Paul

Guédiguian Robert

Guillermin John

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PAGINA REGISTI

H-IÝ
Hallstrom Lasse

Hamilton Guy

Hathaway Henry

Henckel von
Donnersmark Florian

Herman Mark

Herzog Werner

Hill Walter

Hiller Arthur

Hogan Paul

Holland Agniezska

Howard Ron

Hudson Hugh

Huston John

Hytner Nicholas

Ichikawa Kon

Ivory James

J-KÝ
Jackson Mick

Jackson Peter

Jeunet Jean Pierre

Jewison Norman

Joffé Roland

Jordan Neil

Kaplan Johnathan

Kapur Shekhar

Kassovitz Mathieu

Kazan Elia

Kitano Takeshi

Konchalovsky Andrej

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PAGINA REGISTI

Korine Harmony

Kramer Stanley

Kubrick Stanley


Labate Wilma

Labute Neil

Lattuada Alberto

Lean David

Leconte Patrice

Lee Ang

Lee Spike

Leigh Mike

Leland David

Levinson Barry

Lewis Gilbert

Lioret Philippe

Lizzani Carlo

Loach Ken

Losey Joseph

Loy Nanni

Lucas George

Luchetti Daniele

Luhrmann Baz

Lumet Sidney

Lynch David

Lyne Adrian

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M-Z
 

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PAGINA REGISTI

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PAGINA LINGUAGGIO

il cinema a
Cinema 2000 scuola

Homepage Percorsi Film Registi Linguaggio Esci

Grammatica 
AB Linguaggio
I generi cinematografici

Scuole e correnti

Le parole del cinema


 

GrammaticaÝ

Codici visivi

Inquadratura

Campi

Piani

Angolazioni

Inclinazioni

Movimenti di macchina

Codici sintattici

Montaggio

Associazioni sintattiche

Codici sonori

Il suono

La voce

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PAGINA LINGUAGGIO

Codici narrativi

Premessa

I punti di vista

L'enunciazione

Narratore esterno

Narratore interno

La focalizzazione

I regimi della narrazione

Ý
 
I generi cinematografici

Bellico

Cappa e spada

Carcerario

Catastrofico

Comico

Commedia

Fantascienza

Fantastico

Gangster

Giallo

Giudiziario

Horror

Musical

Politico

Road-movie

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PAGINA LINGUAGGIO

Spionistico

Sportivo

Storico

Thriller

Western

Ý
 
Scuole e correnti

Avanguardia sovietica

Espressionismo

Free cinema

Kammerspielfilm

Neorealismo

Neue Sachlichkeit

New Hollywood

Nouvelle Vague

Nova Vlna

Nuovo Cinema tedesco

Realismo poetico

Realismo socialista

Surrealismo

Ý
 
Le parole del cinema

Actor's Studio

Analessi

Anticipazione

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PAGINA LINGUAGGIO

Asincronismo

Autore

Barocco

B-Movies

Botteghino

Budget

Calligrafismo

Censura

Cineasta

Cortometraggio

Didascalismo

Dissolvenza

Distribuzione

Ellissi

Esercizio

Estetismo

Fiction

Filmografia

Filtro

Flashback

Flashforward

Flou

Formalismo

Formato

Fotografia

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PAGINA LINGUAGGIO

Frame-stop

Fuori campo

Grandangolo

Illuminazione

Inserto

Interpellazione

Lungometraggio

Kitsch

Maccartismo

Major

Manierismo

Montaggio alternato

Piano sequenza

Plein air

Presa diretta

Produzione

Profondità di campo

Prolessi

Regia

Remake

Retrospezione

Satira

Sceneggiatura

Scenografia

Sequenza

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PAGINA LINGUAGGIO

Set

Soft-core

Soggetto

Stile

Stilema

Tempi morti

Trasparente

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Sommario percorsi

Cosa sono i
percorsi?

AB
Nucleo tematico:
Uomo e   Società
Nucleo tematico:
Cinema e Sport
Nucleo tematico: Cinema e Storia

Nucleo tematico: Uomo e   Società


 
Condizione adolescenziale e giovanile:

Famiglia

Disagio

Momenti di gioventù

Amore

 
La diversità :

Handicap

Omosessualità

Incontro con l'altro

 
La condizione femminile

 
Mass Media:

Stampa - Giornalismo

Televisione

Radio

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Sommario percorsi

Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica:

Antisemitismo

Razzismo contro i neri

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità

 
Antimilitarismo, pacifismo

Nucleo tematico:
Cinema e Sport

Nucleo tematico: Cinema e Storia


 
Età antica

Medioevo

Cinquecento

Seicento

Settecento

Ottocento

Novecento e Duemila

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cinema e sport

abc

CINEMA E SPORT
 

Atletica leggera

Momenti di gloria (B-T)


Race-Il colore della vittoria  (B-T)
Un ragazzo di Calabria (B-T)

Pugilato

Ali (B-T)
Cinderella Man (B-T)
Million Dollar Baby (B-T)

Calcio

Febbre a 90 o (B-T)

Fuga per la vittoria (B-T)

Il miracolo di Berna (B-T)

Sognando Beckham (B-T)

Rugby

Invictus (B-T)

Baseball

L'arte di vincere (T)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc016sport.htm[10/07/2017 10:41:13]
cinema e sport

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc016sport.htm[10/07/2017 10:41:13]
La famiglia

abcd

SOTTOTEMA: La famiglia
 

Genitori e Figli (GF)

Il Cinema scruta nel rapporto più delicato della vita, quello che mette in gioco gli affetti e i sentimenti
più profondi e primitivi, quelli che possono segnare il destino di una persona e la sua personalità. Un
cammino in bilico tra amore e incomunicabilità, tenerezza e risentimento, sussurri e grida.

Che ora è?
Crooklin
Colpire al cuore
Bronx
Voltati Eugenio
Fratelli e sorelle
Ardena
The Snapper
Gente comune
Segreti e bugie
I bambini ci guardano
Padre e figlio
Tempesta di ghiaccio
He Got Game
Figurine
Un mondo a parte
Caterina va in città
Anche libero va bene
Un mondo perfetto
Il capitale umano
Mommy

Padre Padrone (PP)

Quando la famiglia diventa una prigione, luogo di violenza e prepotenza, nucleo patogeno che schiaccia
e reprime i più deboli, i figli e le donne, allora non c'è spazio né per la ragione né per il sentimento e il
rischio è lo stritolamento. Non resta che la rivolta o la fuga.

Family Life
Shine
Volevo i pantaloni
Ci sarà la neve a Natale?
Padre Padrone
Once Were Warriors. Una volta erano guerrieri
La promesse

        

          Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: La famiglia                ( Biennio)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc005.htm[10/07/2017 10:41:44]
La famiglia

Voltati Eugenio (GF)


La promesse (PP)
Volevo i pantaloni (PP)
Ci sarà la neve a Natale? ( PP )

  

   Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico : La famiglia (Biennio)

Ardena (GF)
Voltati Eugenio (GF)
Figurine (GF)
Volevo i pantaloni (PP)
Shine (PP)
Ci sarà la neve a Natale? (PP)

  

     Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico : La famiglia         (Triennio)

The Snapper (GF)


He Got Game (GF)
Padre Padrone (PP)
Family Life (PP)

  

      Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico : La famiglia          (Triennio)

He Got Game (GF)


The Snapper (GF)
Segreti e bugie (GF)
Once Were Warriors. Una volta erano guerrieri (PP)
Family Life (PP)
Padre Padrone (PP)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc005.htm[10/07/2017 10:41:44]
Il disagio

abcd

SOTTOTEMA: Il disagio
 

Gioventù violenta (GV)

Giovinezza stagione dell'eccesso. Anche nella violenza. Si addormenta la ragione e si svegliano i mostri.
Perché? Il Cinema tenta di dare qualche barlume di risposta, di capire, di comprendere, ma più spesso si
limita ad affacciarsi sgomento sul baratro.

Arancia meccanica (T)


Assassini nati (T)
Clockers (T)
Creature del cielo (T)
I guerrieri della notte (T)
I ragazzi della 56° strada (T)
Il branco (T)
La fine della notte (T)
L'esca (T)
L'odio (T)
Mery per sempre (T)
Paranoid Park (T)
Rusty il Selvaggio (T)
Spring Breakers-Una vacanza da sballo  (T)

 Schermo tossico (ST)

Come si entra nel tunnel della droga? Come si muore? Come si (soprav)vive in questo cerchio infernale?
Come se ne esce? Un viaggio allucinante nell'angosciante dimensione dell'autodistruzione e
dell'annullamento di sé, nel buco nero che ha ingoiato migliaia di giovani.

Amore tossico  (T)


Clockers (T)
Cristiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Belino (T)
Radiofreccia  (T)
Ritorno dal nulla (T)
Spring Breakers-Una vacanza da sballo  (T)
Trainspotting (T)

L'età acerba (EA)

Disperazione, angoscia, frustrazione, insoddisfazione, rabbia, ma anche ingenuità, fragilità, generosità,


speranze, altruismo. Storie di ordinario disagio di giovani e adolescenti alle prese con la fatica del vivere.
Qualcuno ha detto: Sono stato giovane e vieto a chiunque di dire che è l'età più bella della vita

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc006.htm[10/07/2017 10:41:49]
Il disagio

Bling ring (T)


Fucking Amal (T)
Fuga dalla scuola media (B-T)
Gioventù bruciata (T)
I quattrocento colpi (B-T)
Io la conoscevo bene (T)
Jack Frusciante è uscito dal gruppo (B-T)
Juno (T)
L'onda (T)
La vita sognata degli angeli (T)
Le nozze di Muriel (B-T)
L'eau froide (B-T)
L'estate di Davide (T)
Mommy (T)
Sarà perchè ti amo (B-T)
Sciuscià (B-T)
Senza tetto né legge (T)
Sweet Sixteen (T)
Vorrei che tu fossi qui (T)

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Il disagio      (Biennio)

Fuga dalla scuola media (EA)


I quattrocento colpi (EA)
Le nozze di Muriel (EA)

       

    Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: Il disagio          (Biennio)

L'eau froide (EA)


Fuga dalla scuola media (EA)
I quattrocento colpi (EA)
Sciuscià (EA)
Le nozze di Muriel (EA)

     Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Il disagio           (Triennio)

L'esca (GV)
Cristiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino (ST)
Bling ring (EA)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico : Il disagio     (Triennio)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc006.htm[10/07/2017 10:41:49]
Il disagio

L'esca (GV)
L'odio (GV)
Cristiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino (ST)
Ritorno dal nulla (ST)
Le nozze di Muriel (EA)
Bling ring (EA)

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Momenti di gioventù

abcd

SOTTOTEMA: Momenti di gioventù


 

Linea d'ombra (LO)

C'è un momento della giovinezza in cui ci rendiamo conto che qualcosa è cambiato o sta per cambiare,
che non si è più quelli di prima, che una stagione della nostra vita sta per chiudersi, che si è diventati
più maturi, che abbiamo percorso un viaggio iniziatico o stiamo per farlo. La voglia di crescere e la
paura di crescere, l'ansia di superare la linea d'ombra che separa dalla società degli adulti e il desiderio
di trattenersi in essa per sempre.

17 ragazze
American Graffiti
Ardena
Cinque giorni di tempesta
Fandango
Fragole e sangue
I ragazzi della 56° strada
Il garofano rosso
Il grande Blek
Il laureato
Il posto
Impiegati
Io non ho paura
Lascia perdere Johnny
Le nozze di Muriel
L'estate di Davide
L'età acerba
Ovosodo
Radiofreccia
Ragazze
Scalciando e strillando
Stand By Me
Stella
Tutta la vita davanti
Tutto l'amore che c'è
Un mercoledì da leoni
Un'avventura terribilmente complicata
Will Hunting-Genio ribelle

Sui banchi di scuola (BS)

Quanti insegnanti bravi, quanti insegnanti pessimi, quanti compagni da ricordare, quanti compagni
dimenticati, quanti momenti belli, quanti momenti brutti! La scuola è tutto questo e tanto altro ancora,
la scuola è un microcosmo che si prende metà esistenza di giovani e adolescenti e li aiuta a crescere e a
capire il mondo (di rado) o ne deprime le potenzialità e la vitalità (spesso). La scuola, insomma, nel
bene e nel male è un pezzo di vita e un pezzo di cuore.

La scuola
L'attimo fuggente

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc007.htm[10/07/2017 10:41:54]
Momenti di gioventù

Pensieri pericolosi
Come te nessuno mai
Auguri professore
Conrack
Il Club degli imperatori
La notte prima degli esami
Il seme della violenza
Il rosso e il blu

Come eravamo (CE)

Un cinema sul filo del ricordo e della nostalgia che rievoca anni lontani persi in qualche angolo della
memoria. Dal tempo perduto affiorano attimi e volti, voci e immagini sospese tra mito e realtà. Un
viaggio a ritroso perché a volte solo rivivendolo attraverso la finzione il passato ci può restituire qualche
pezzo di verità che allora non avevamo colto.

Storia di ragazzi e ragazze


Radio Days
Radiofreccia
Dichiarazioni d'amore
Figurine
Anni Quaranta
Il lungo giorno finisce
Ardena
L'ultimo spettacolo
American Graffiti
Una gita scolastica
Amarcord

Percorso lungo analitico: Amici per la pelle (AP)

Il legame più intenso e totale dell'adolescenza e della giovinezza è sicuramente l'amicizia. Quando è
autentica e profonda diventa spazio di slanci assoluti, complicità e solidarietà, quando non è sincera
delude e ferisce. Qualche film sull'amicizia per (ri)scoprire tramite le storie di altri anche il senso della
nostra esperienza.

L'amico ritrovato
Gli anni spezzati
Arrivederci ragazzi
Le ragazze di piazza di Spagna
Ragazze
Due amiche
Giovinezza, Giovinezza
Un mercoledì da leoni
Creature del cielo
Sarà perchè ti amo
La vita sognata degli angeli
Amici per la pelle
Il cacciatore di aquiloni

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc007.htm[10/07/2017 10:41:54]
Momenti di gioventù

Ballando Ballando (BB)

Il ballo è da sempre uno dei riti centrali nella cultura dei popoli e uno dei gesti più importanti nella vita
dei giovani. Con il ballo si comunica e ci si conosce, si parla e si ama; il ballo è liberatorio e sensuale,
insomma il ballo è un grande momento di gioventù.

Dirty Dancing
Ballroom-Gara di ballo
Flashdance
La febbre del sabato sera
Footloose
Billy Elliot

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Momenti di gioventù        (Biennio)

Io non ho paura (LO)


Ballroom-Gara di ballo  (BB)
L'attimo fuggente (BS)
Anni Quaranta (CE)
Arrivederci ragazzi (AP)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico : Momenti di gioventù           (Biennio)

Stand By Me (LO)
Io non ho paura (LO)
L'attimo fuggente (BS)
Anni Quaranta (CE)
Arrivederci ragazzi (AP)
Gli anni spezzati (AP)
Footloose (BB)
Dirty Dancing (BB)

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Momenti di gioventù          (Triennio)

Il grande Blek (LO)


Fandango (LO)
L'attimo fuggente (BS)
American Graffiti (CE)
L'amico ritrovato (AP)
Dirty Dancing (BB)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: Momenti di gioventù           (Triennio)

Il grande Blek (LO)


Fandango (LO)
Radiofreccia  (CE)
Come te nessuno mai (BS)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc007.htm[10/07/2017 10:41:54]
Momenti di gioventù

L'attimo fuggente (BS)


American Graffiti (CE)
Arrivederci ragazzi (AP)
L'amico ritrovato (AP)
Dirty Dancing (BB)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc007.htm[10/07/2017 10:41:54]
Esci

Arrivederci
 
Vi ringraziamo
dell'attenzione  e vi
invitiamo a inviarci 
osservazioni, critiche o
proposte,

Scriveteci!
 

I testi di Cinema2000 sono stati scritti da Massimo Lori.


Il sito Web è stato realizzato da Irene Ciprandi.

Chi volesse visitare il sito Cineteca


dell'Istituto Pacioli, può cliccare
sull'immagine a fianco

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/1Home%20page/esci.htm[12/07/2017 18:55:25]
Codici visivi

Inquadratura
Nel linguaggio cinematografico il termine inquadratura viene usato con due diversi significati:

A). Lo spazio che la macchina da presa (m.d.p.) delimita, riproducendolo attraverso l'obiettivo sulla pellicola e la
posizione da cui lo delimita (concezione spaziale dell'inquadratura).

B). Il frammento ininterrotto di azione filmica che si trova compreso fra uno stacco e l'altro (concezione temporale
dell'inquadratura).

In riferimento al significato A l'inquadratura assume nomi diversi a seconda della maggiore o minore porzione di
spazio che racchiude, delle parti della figura umana che isola e della posizione che la m.d.p. viene ad assumere
rispetto all'asse del piano d'appoggio e all'orizzontalità dello spazio inquadrato. In riferimento allo spazio si parla di
campi, in riferimento alla figura umana (più raramente può essere un animale o un oggetto) di piani, in riferimento
alla posizione si parla di angolazioni e inclinazioni.

Tipologia dei campi


Campo lunghissimo ( abbreviato in cll): lo spazio delimitato dalla m.d.p. è vastissimo, sino a perdersi
nell'orizzonte.

Campo lungo (abbreviato in cl): lo spazio delimitato dalla m.d.p. è minore che nel precedente, ma è sempre
così ampio da dare allo spettatore l'impressione della grande distanza che separa la m.d.p. dal centro
dell'interesse (per esempio: la diligenza che si inoltra nel canyon o un gruppo di indiani che compare sul
ciglio di una collina).

Campo medio (abbreviato in cm) : le figure che si trovano o si muovono nel quadro sono abbastanza vicine
da essere riconoscibili, anche se non occupano ancora longitudinalmente l'intero quadro, rimanendo cioè
ancora un margine tra la testa della figura e il limite superiore e/o tra i piedi della stessa e il limite inferiore
(per esempio: la m.d.p. inquadra una persona a circa 7-10 metri di distanza da essa).

Tipologia dei piani


Figura intera (abbreviato in fi): la figura umana occupa l'intero quadro senza lasciare margini.

Piano americano (abbreviato in pa): la figura umana è vista tagliata al ginocchio (questo piano trae il
proprio nome dal Cinema americano che nel Western usava questa inquadratura per poter mostrare la
rivoltella riposta nella fondina).

Mezza figura (abbreviato in mf): la figura umana è vista dalla cintola in su e, in qualche raro caso,
viceversa.

Primo piano (abbreviato in pp): l'intero quadro è occupato dalla testa e dalle spalle del personaggio.

Primissimo piano (abbreviato in ppp): il volto del personaggio occupa tutta l'inquadratura.

Particolare (abbreviato in part.): l'intera inquadratura è occupata da una parte del volto, o del corpo, o da
una parte di un oggetto ( in questo caso è meglio usare il termine di dettaglio, abbreviato in dett.).

Tipologia delle angolazioni


Orizzontale: l'asse dell'obiettivo è parallelo all'asse del piano d'appoggio della m.d.p..

Obliqua: l'asse dell'obiettivo forma con l'asse del piano d'appoggio della m.d. p. un angolo da 1° a 89°.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram001.htm[12/07/2017 18:55:26]
Codici visivi

Verticale: l'asse dell'obiettivo è perpendicolare all'asse del piano d'appoggio della m.d.p. (angolo a 90°).

Tipologia delle inclinazioni


Normale: l'orizzonte mantiene nel quadro la sua orizzontalità.

Obliqua: l'orizzonte è inclinato verso destra o verso sinistra.

Tipologia dei movimenti della macchina da presa


Panoramica: movimento della m.d.p. intorno al suo asse orizzontale o a quello verticale. Le inquadrature
che ne derivano prendono nome dal senso dello spostamento (panoramiche orizzontali, verticali). Talvolta si
usano panoramiche rapidissime (a schiaffo), ma solitamente le panoramiche sono eseguite lentamente poiché
rispondono ad esigenze descrittive.

Carrellata: la m.d.p. è montata su un carrello dotato di binari per eseguire movimenti fluidi, senza scosse.
La carrellata è

- frontale quando il movimento avviene in profondità,

- laterale quando il movimento si compie da destra a sinistra o viceversa nel quadro,

- trasversale quando combina i due movimenti precedenti.

- A volte il movimento della m.d.p. può essere solo apparente, prodotto da un puro gioco
di lenti: in questo caso si ha lo zoom.

- Il movimento delle carrellate può essere affidato non solo a un carrello con binari, ma
anche a una gru fissa o semovibile (il cosiddetto dolly), che permette di realizzare più
movimenti contemporaneamente.

- La m.d.p. può anche essere montata su un'automobile che consente maggior velocità di
spostamento (camera-car),

oppure essere applicata al corpo stesso dell'operatore (carrellata a mano) con conseguenti
sbalzi caratteristici dell'andatura umana e perciò con formidabile effetto realistico.

- Una carrellata a mano può essere eseguita anche senza i suddetti sbalzi, garantendo la
stessa fluidità della carrellata su binari: in questo caso si ricorre ad una sofisticata m.d.p.
chiamata steadycam.

- Si parla infine di carrellata aerea quando la macchina da presa è collocata su di un


aeroplano.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram001.htm[12/07/2017 18:55:26]
Codici sintattici

Montaggio
Se consideriamo il termine di inquadratura nell'accezione B, cioè come frammento ininterrotto di azione filmica
che si trova compreso fra uno stacco e l'altro (concezione temporale dell'inquadratura), vediamo che un testo
filmico produce il proprio senso sulla base dell'associazione di più inquadrature di durata variabile. Ognuna di
queste inquadrature si collega alla precedente e alla seguente secondo determinate relazioni. E' evidente l'analogia
con il meccanismo di funzionamento del linguaggio verbale per mezzo del quale la comunicazione è resa possibile
dal rapporto che viene a instaurarsi fra le singole parole di uno stesso periodo, rapporto che ci è disvelato da quella
codificazione che è indicata con il termine di sintassi. L'operazione tecnica che realizza la giuntura delle varie
inquadrature prende il nome di montaggio.

A questo punto è importante fissare il concetto di sequenza (volendo usare una terminologia più specifica si
dovrebbe definire segmento autonomo), cioè una sola inquadratura o un insieme di inquadrature che sono isolabili,
dal punto di vista narrativo, dal restante contesto testuale (per esempio: le inquadrature A, B, C, D, E, F ci mostrano
un personaggio che compie un assassinio, le inquadrature G, H, I, J, K ci mostrano due agenti che in un posto di
polizia ricevono una telefonata che li avvisa dell'accaduto. Le inquadrature A, B, C, D, E, F costituiscono una
sequenza, le inquadrature G, H, I, J, K costituiscono un'altra, diversa, sequenza.

Tipologia delle associazioni sintattiche


Associazione per identità: si verifica quando l'immagine contenuta nell'inquadratura A è la stessa della
successiva inquadratura B (per esempio A ci mostra il volto di un personaggio, quella B la nuca).

Associazione per prossimità: si verifica quando le immagini A e B presentano elementi che si danno per
contigui (per esempio: all'inquadratura di qualcuno che parla succede l'inquadratura di qualcuno che ascolta;
all'inquadratura degli inseguitori succede quella degli inseguiti).

Associazione per transitività: si verifica quando all'inquadratura A segue l'inquadratura B che ne costituisce
il logico completamento (per esempio: all'inquadratura di un personaggio che spara succede l'inquadratura di
un personaggio che cade a terra colpito).

Associazione per analogia o contrasto: si verifica quando in due immagini contigue sono rinvenibili
elementi simili o marcatamente differenti (per esempio: due inquadrature successive contengono entrambe
un'immagine di due volti sorridenti oppure una contiene l'immagine di un volto sorridente l'altra di un volto
malinconico).

Accostamento: si verifica quando all'inquadratura A segue l'inquadratura B che non ha con la precedente
nessun legame (per esempio: l'ultima immagine di una sequenza e la prima di una successiva).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram002.htm[12/07/2017 18:55:27]
Codici sonori

La colonna sonora:   a) Il suono


Diegetico: se la fonte è presente nella storia narrata (per esempio: la musica emessa da una radio che rientra
nell'ambiente in cui si svolge la storia). A sua volta dobbiamo distinguere tra suono in (la cui fonte è
inquadrata) e suono off (la cui fonte non è inquadrata).

Extradiegetico: se la fonte è estranea alla vicenda narrata (per esempio: la colonna musicale di
accompagnamento di alcuni momenti della vicenda). In questo caso si usa anche il termine di suono over.

La colonna sonora:   b) La voce


Diegetica: se appartiene ad un personaggio della vicenda (in questo caso può essere in, se il personaggio che
parla è inquadrato, oppure off, se chi parla non è inquadrato o addirittura non è presente nell'inquadratura,
come un personaggio che racconta allo spettatore la storia di cui è protagonista. In questo caso si tratta
dell'equivalente dell'io-narrante in letteratura.

Extradiegetica : se appartiene ad una fonte che non si riconosce in nessun personaggio, se è insomma al di
sopra della vicenda (è l'equivalente del narratore-esterno in letteratura, come il narratore de I Promessi
Sposi).In questo caso si usa anche il termine di voce over.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram003.htm[12/07/2017 18:55:27]
Fellini Federico

Fellini Federico
Italia (1920-1993)

Lascia ventenne Rimini per cercare fortuna a Roma, dove mette a profitto le sue doti di vignettista e giornalista in
alcuni giornali satirici. Dopo un apprendistato come sceneggiatore (Roma città aperta e Paisà fra gli altri titoli)
passa alla regia nel 1950 con Luci del varietà, firmato insieme con A.Lattuada. Nel 1952 realizza da solo Lo
sceicco bianco e nel 1953 I vitelloni, che gli dà notorietà internazionale. Già da queste prime opere emerge la
tendenza a filtrare la realtà attraverso un gusto deformante e caricaturale e un'inclinazione verso atmosfere
evocative e decadenti. Alcuni suoi film successivi diventano vere e proprie pietre miliari della storia del Cinema,
oltre che casi nazionali (la censura si accanisce stolidamente contro di lui) e modi di dire. Pensiamo a La dolce vita
(1959) e Amarcord (1973). Nell'ultima fase della sua attività ha affiancato ai suoi tradizionali temi un'amara e
disincantata riflessione sui guasti estetici e morali indotti dalla televisione e dall'imporsi di una modernità
invadente e cialtrona (Ginger e Fred, 1985, La voce della luna, 1989). Fellini è un vero e proprio autore, un
regista che attraverso gli anni ha sviluppato una personalissima idea di Cinema, sottoponendo l'autobiografismo al
filtro di uno stile barocco e visionario, dove sogno e realtà, memoria e inconscio, vita e mito si confondono.

 Luci del varietà 1950

Lo sceicco bianco 1951

Amore in città (episodio: Un'agenzia matrimoniale) 1953

I Vitelloni 1953

La strada 1954

Il bidone 1955

La dolce vita 1959

Boccaccio '70 (episodio: le tentazioni del dottor Antonio) 1962

Otto e mezzo 1963

Giulietta degli spiriti 1965

Tre passi nel delirio (episodio: Toby Dammit) 1968

Fellini Satyricon 1969

I clowns 1970

Roma 1972

Amarcord 1973

Il Casanova di Federico Fellini 1976

Prova d'orchestra 1979

La città delle donne 1980

E la nave va 1983

Ginger e Fred 1985

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg033.htm[12/07/2017 18:55:28]
Fellini Federico

L'intervista 1987

La voce della luna 1989                               (*Filmografia completa))

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg033.htm[12/07/2017 18:55:28]
Paginaiuto

il cinema a
Cinema 2000 scuola

Homepage Percorsi Film Registi Linguaggio Esci

Come si naviga in Cinema 2000?


 
Qui c'è l'INDICE di
ogni sezione. 1. Il sito Cinema 2000 è articolato in 4 sezioni, ciascuna individuata da un
diverso colore dello sfondo, richiamato anche nella barra dei comandi:
Cliccando su di una voce
presente in questo settore,

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/1Home%20page/paginaiuto.htm[12/07/2017 18:55:43]
Paginaiuto

vedrete Contiene l'elenco dei percorsi tematici e


illustra (cosa sono i percorsi?) il modo in
comparire  a 1. Percorsi cui sono strutturati.
destra la
pagina
corrispondente.

 
Contiene l'elenco dei film e le schede di
Data la lunghezza degli 2. Film ciascuno di questi.
indici dei film e dei registi,
è stata posta, prima
dell'elenco dei titoli o dei
nomi, una striscia
dell'alfabeto: cliccando Contiene l'elenco dei registi i cui film
sulla singola lettera, si sono presenti in Cinema 2000, con brevi
accederà immediatamente 3. Registi notizie sui più significativi tra questi e
ai titoli o ai nomi relativa filmografia.
dall'iniziale
corrispondente.

Per ritornare velocemente Grammatica del film


all'inizio dell' indice, I generi cinematografici
potrà' essere usata la 4. Linguaggio Scuole e correnti
freccia ritorna, ( Le parole del cinema
posizionata in fondo ad un
elenco, a fianco di un
nome o di una lettera
dell'alfabeto. Dalla Home page si può passare direttamente a ciascuna di queste sezioni, cliccando
sulla parola corrispondente.

2. La pagina iniziale delle varie sezioni (Percorsi - Film - Registi - Linguaggio) è


divisa in tre parti, esattamente come questa:

In alto è sempre presente la barra dei comandi


Home
page Percorsi Film Registi Linguaggio Esci

che permette in qualsiasi momento di cambiare sezione.

In basso a sinistra (sfondo arancione)  viene visualizzato l'indice di ogni sezione


(dei percorsi, dei film, dei registi, del linguaggio).

In basso a destra, in questo stesso spazio dove adesso state leggendo è possibile
visualizzare la pagina scelta: cliccando a sinistra sull'argomento scelto, sarà
possibile visualizzare sulla destra la pagina desiderata.

Esempio:

Film: Scheda:
cliccando sul titolo del
Anima divisa in film, vedrò comparire  a
Un'anima divisa in due
due, Un' destra la scheda
corrispondente

3. In ogni pagina di ogni sezione è presente il punto interrogativo,

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/1Home%20page/paginaiuto.htm[12/07/2017 18:55:43]
Paginaiuto

  cliccando sul quale sarà possibile, in qualsiasi momento,  ritornare a


consultare questa pagina.

4. Nella barra dei comandi

Homepage Percorsi Film Registi Linguaggio Esci

sono anche presenti due pulsanti, il primo (Home page) e l'ultimo (Esci) che
permettono rispettivamente

di ritornare alla pagina iniziale


di andare direttamente all'ultima pagina, dove è possibile reperire un indirizzo
di posta elettronica tramite il quale mettersi in contatto con gli autori di Cinema

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/1Home%20page/paginaiuto.htm[12/07/2017 18:55:43]
Progetto

Cinema 2000 il cinema a scuola

Homepage Percorsi Film Registi Linguaggio Esci

   Progetto
Premessa
Ad esclusione di qualche rara eccezione l’ istituzione scolastica italiana non risulta in grado di utilizzare in modo
didatticamente produttivo il linguaggio cinematografico, né sotto il profilo strutturale-stilistico né sotto quello
storico-sociologico. Uniche prospettive, queste ultime, funzionali all‘affermazione della piena autonomia
dell’espressione filmica e della sua dignità artistica e quindi adeguate alla finalità di educare l’alunno ad una più
compiuta comprensione dei codici cinematografici,   affinandone al contempo capacità critica e gusto estetico.

Generalmente il Cinema viene assunto nella scuola italiana in una dimensione particolarmente impoverita e
limitata, quasi sempre subordinato ad altre discipline (il film tratto dal romanzo in Letteratura, il film che rievoca il
fatto storico in Storia, ecc.) o più frequentemente come puro pretesto per affrontare tematiche ritenute degne di
speciale attenzione (Droga, Sessualità, Razzismo, Disagio giovanile, ecc.). Una pratica questa certamente sancita
dalla tradizione e che può anche avere una sua utilità come primordiale momento di accostamento al Cinema,
ma che appare sempre più anacronistica e ingenua, specie in considerazione degli stimoli al rinnovamento di
metodi e contenuti che l’imminente riforma dei cicli e la sfida dell’autonomia dovrebbero alimentare.

In attesa che lo studio del linguaggio e della storia del Cinema trovi nella scuola lo spazio che merita, il presente
progetto si propone di offrire a docenti ed alunni strumenti di consultazione e lavoro e apporto di consulenza
tali da rendere l’approccio al Cinema un po’ meno casuale e confuso rispetto a quanto normalmente si verifica.

Percorsi cinematografici
L’ obiettivo è quello di creare del materiale informativo incentrato sulla proposta di precisi percorsi tematici, di
genere ,di storia del Cinema, linguistici, ecc..., strutturati in base ad elenchi di titoli di film, di ognuno dei quali si
indicano riferimenti al ciclo scolastico (biennio-triennio) cui meglio si adatta e al livello di difficoltà che presenta
per gli alunni. Questi percorsi potrebbero costituire delle embrionali unità didattiche variamente riadattate e
ricomposte, trovando collocazione all’interno del programma scolastico, come pure essere riferimento per
l’organizzazione di esperienze extracurricolari (si pensi al monte-ore).

Va  sottolineato che nella scelta dei film non si è puntata l'attenzione soltanto sui cosiddetti capolavori, sulle
pellicole, cioè, il cui valore  artistico è indiscusso, ma si sono scelti anche titoli che si collocano in una fascia
media, se vogliamo di consumo, che di fatto è oggetto dell'interesse degli studenti e che, più di qualsiasi libro o
film impegnato, fa parte della loro quotidiana od occasionale fruizione. Si ritiene ovviamente importante che gli
studenti abbiano  strumenti adeguati per accostarsi  a testi filmici complessi e  di grande valore, ma si vorrebbe
comunque che la loro frequentazione cinematografica fosse caratterizzata da un approccio più consapevole
anche quando si rivolge  a pellicole di minor pregio artistico o di minor impegno tematico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/1Home%20page/paginaprogetto.htm[12/07/2017 18:55:44]
Progetto

Schedatura dei film


A questa prima sezione dovrà aggiungersene un’altra di maggior complessità e articolazione, concepita come
indispensabile supporto alla precedente e qui convenzionalmente indicata con il termine di "schedatura ". I film
che compongono i suddetti percorsi saranno accompagnati da un’apposita scheda che proporrà i seguenti dati:

a) Collocazione nella videoteca d’Istituto: qualora il titolo non fosse ivi reperibile, si offriranno indicazioni sulla
reperibilità da altra fonte.

b.) Credits: Regia, Soggetto, Sceneggiatura, Musica, Fotografia, Interpreti ecc.; nella maggior parte dei casi verrà
fornito un breve breve profilo del regista nella sezione Registi.

c) Trama.

d) Traccia tematica, l'analisi dei temi trattati dal film e del modo in cui vengono sviluppati.

e) Valutazione critica , il tentativo di proporre una valutazione del film che si basi su motivazioni stilistiche o di
significato concretamente verificabili.

f) Riferimenti interdisciplinari, problemi sociali, fatti storici, opere letterarie ecc. cui il film fa direttamente o
indirettamente riferimento.

Registi
Dei registi più significativi si propongono:

breve profilo biografico

filmografia (parziale o completa)

Linguaggio cinematografico
Una terza sezione sarà costituita da:

grammatica del film, che costituirà un supporto informativo capace di spiegare il significato della
terminologia tecnica (tipologia dei campi e dei piani, movimenti di macchina, montaggio ecc.)  usata
nelle schede.

generi cinematografici, l'elenco delle più diffuse tipologie di film.

scuole e correnti, l'illustrazione delle tendenze più significative nella storia del cinema.

le parole del cinema, analisi del significato di alcuni termini usati di frequente nel linguaggio
cinematografico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/1Home%20page/paginaprogetto.htm[12/07/2017 18:55:44]
Progetto

Un ipertesto a misura di lettore


Cinema 2000 è un  ipertesto, che potrebbe essere letto in modo sequenziale, come fosse un libro; in realtà la
struttura stessa del sito ne sollecita un approccio diverso, che costruisca un percorso personalizzato,  partendo
dalla curiosità e dagli interessi dell'utente, si tratti di studente o di insegnante. Questo quindi potrà tracciare un
itinerario che parta:

dall'interesse per uno specifico tema, da sviluppare attraverso una serie di film (Handicap: Il mio piede
sinistro- Rain man ecc.).

dall'interesse per un regista di cui sia presente un certo numero di schede-film (P.Avati, S.Lee, E.Scola ecc.).

da una caratteristica di stile e/o di linguaggio che  voglia verificare all'interno di film che la esibiscono in
modo significativo (Giallo/Commedia, Neorealismo/Espressionismo ecc.).

E' necessario precisare che è stata immessa nella rete una parte soltanto del progetto, corrispondente
all'impegno di due anni e destinata ad arricchirsi ancora: nel corso del presente anno 2000-2001 verranno
aggiunti nuovi percorsi legati al tema Cinema e Storia .

Questo ipertesto, infatti, se è stato progettato in base alle esigenze di un singolo istituto, si presta ad essere
utilizzato da altre scuole superiori, dato che la rete di Internet lo rende facilmente accessibile. Saranno quindi
graditi ed auspicati commenti e giudizi da parte di insegnanti e studenti di altri istituti - sia apprezzamenti, sia
critiche - in quanto permetteranno di adeguare il progetto iniziale alle esigenze concrete degli utenti (nella
sezione Esci è infatti inserito un indirizzo di posta elettronica col quale comunicare direttamente con gli autori di
Cinema 2000).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/1Home%20page/paginaprogetto.htm[12/07/2017 18:55:44]
L'amore

abc

SOTTOTEMA: L'amore
 

Amore e altre catastrofi (AC)

Saper guardare alla propria vita sentimentale e ai propri problemi con l'altro sesso con sguardo divertito
ed ironico non è cosa da poco, specie se si è giovani (e quindi abituati a prendere tutto maledettamente
sul serio). Un percorso tra la commedia giovanile degli ultimi anni.

Amore ed altre catastrofi


Donne senza trucco
Giovani, carini e disoccupati
Le ragazze di piazza di Spagna
Parlando e sparlando
Singles
Sliding Doors
Swingers
Tutti giù per terra

Primi amori (PA)

Forse non sempre sarà vero amore, ma le esperienze sentimentali della prima giovinezza coinvolgono
totalmente. Il cinema si è addentrato in questo territorio fatto di fragilità e insicurezze, di ingenuità e
passione, di tremori e timori, alla scoperta di una delle poche cose che ancora conservano il sapore
dell'innocenza.

Amore 14
Prima dell'alba
Amiche
Mignon è partita
La ragazza con la valigia
Boys
Guendalina
L'età acerba
Jack frusciante è uscito dal gruppo
Come te nessuno mai
I dolci inganni
Fucking Amal
Al posto del cuore
Tutto l'amore che c'è
Tre metri sopra il cielo
Scusa ma ti chiamo amore

Percorso lungo analitico: Mélo (M)

Amore e morte, connubio romantico per tutte le stagioni, spesso all'insegna della lacrima facile. Da
Paolo e Francesca di Dante a Romeo e Giulietta di Shakespeare, dal melodramma di Verdi e Puccini

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc008.htm[12/07/2017 18:56:01]
L'amore

al Cinema. Sulla grande passione d'amore di due giovani irrompe la tragedia della morte.

Love Story
Storia d'amore
Titanic
Il diavolo in corpo
China Girl
Scelta d'amore
Romeo & Giulietta
Una folle stagione d'amore

        

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: L'amore         (Biennio)

Giovani, carini e disoccupati (AC)


Amore 14  (PA)
Titanic (M)

     Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: L'amore        (Biennio)

Giovani, carini e disoccupati (AC)


Sliding Doors (AC)
Mignon è partita (PA)
Amore 14 (PA)
Titanic (M)
Love Story (M)

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: L'amore       (Triennio)

Amore ed altre catastrofi (AC)


Prima dell'alba (PA)
China Girl (M)

Ipotesi percorso lungo sottotematico: L'amore      (Triennio)

Amore ed altre catastrofi (AC)


Singles(AC)
Prima dell'alba (PA)
Amiche (PA)
Romeo & Giulietta (M)
Storia d'amore (M) 

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Handicap

abcd

SOTTOTEMA: Handicap
 

  La maschera (M)

Spesso dietro la maschera di un volto deturpato da malformazioni congenite, incidenti o semplicemente


dalla bruttezza si nascondono sensibilità e intelligenza o anche solo il bisogno di essere amati e
compresi.

Dietro la maschera (B-T)

Elephant Man (B-T)

L'uomo senza volto (B-T)

Passione d'amore (B-T)

  

Il corpo negato (CP)

Non poter fare, dire, ascoltare le cose che fanno, dicono e ascoltano gli altri è forse la peggiore delle
condanne. Esiste un'umanità sofferente per cui vivere è più difficile di quanto non lo sia per noi
"normali".

Buon compleanno Mr. Grape (B-T)


Edward mani di forbice  (B-T)
Go Now (T)
Il mio piede sinistro (B-T)
Perdiamoci di vista (B-T)
Tic Code
Tornando a casa (T)

  

Matti da slegare (MS)

Può accadere che attraverso il buio della mente si veda meglio e più lontano. Il Cinema ci avvicina
all'universo degli esclusi e alla loro lucida follia.

Il grande cocomero (B-T)


Le chiavi di casa (T)
L'ottavo giorno (B-T)
Mi chiamo Sam (B-T)
Qualcuno volò sul nido del cuculo  (B-T)
Rain Man (B-T)
Shine (B-T)
Uomini e topi (B-T)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc002.htm[12/07/2017 18:56:02]
Handicap

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: L'handicap (Biennio-Triennio)

Dietro la maschera  (M)


Il mio piede sinistro (CN)
Rain Man (MS)

Ipotesi  percorso lungo sintetico sottotematico: L'handicap  (Biennio-Triennio)

Dietro la maschera   (M)


Elephant Man (M)
Il mio piede sinistro (CN)
Buon compleanno Mr. Grape (CN)
Qualcuno volò sul nido del cuculo (MS)
L'ottavo giorno (MS)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc002.htm[12/07/2017 18:56:02]
Omosessualità

abcd

SOTTOTEMA: Omosessualità
 

    La diversità omosessuale (DO)

La più irrisa e scomoda delle diversità disvela il baratro del pregiudizio e dell'intolleranza della presunta
normalità. Il Cinema ci aiuta a capire il dramma della condizione omosessuale e il deficit di civiltà di una
società che si crede "moderna".

Una giornata particolare


Fragola e cioccolato
Maurice
La scelta
Stonewall
Che mi dici di Willy?
Wilde
Amore e morte a Long Island
Fire
Go Fish
Gli occhiali d'oro
Demoni e dei
Fucking Amal
Women
Le fate ignoranti
I segreti di Brokeback Mountain
Milk
Saturno contro
Pride

   Gay è bello (GB)

L'essere omosessuale senza troppi complessi nella commedia cinematografica, per (sor)ridere della
stupidità del mondo e affermare l'orgoglio della propria identità attraverso l'esorcismo della risata e il
gusto dell'ironia.

Piume di struzzo
In & Out
Priscilla
Belle al bar
A Wong Foo, grazie di tutto Julie Newmar
Diverso da chi?

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: L'omosessualità (Biennio)

Una giornata particolare (DO)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc003.htm[12/07/2017 18:56:02]
Omosessualità

Piume di struzzo (GB)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: L'omosessualità (Biennio)

Una giornata particolare (DO)


Piume di struzzo (GB)
Diverso da chi? (GB)
Gli occhiali d'oro (DO)

 Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: L'omosessualità (Triennio)

Una giornata particolare (DO)


Piume di struzzo (GB)
Belle al bar (GB)
Pride (DO)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: L'omosessualità (Triennio)

Una giornata particolare (DO)


Stonewall (DO)
Che mi dici di Willy? (DO)
Piume di struzzo (GB)
In & Out (GB)
Pride (DO)

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Incontro con l'altro

abcd

SOTTOTEMA: Incontro con l'altro


 

L'uomo e il bambino (UB)

L'ingenua tenerezza di un bambino può far breccia nell'indifferenza del più burbero degli uomini.

Central do Brasil (B-T)


Il ladro di bambini (T)
Kolia (B-T)
Léon (B-T)
L'estate di Kikujiro (B-T)
Un mondo perfetto (B-T)

  ll valore della diversità (VD)

E' proprio quando la nostra vita incrocia per caso quella di chi sembra essere lontano mille miglia da noi
che possiamo (ri)scoprire noi stessi e soprattutto colui che prima ignoravamo.

Arrivederci ragazzi (B-T)


Il tempo si è fermato (B-T)
L'albero di Antonia (B-T)
Philadelphia (T)
Segreti e bugie  (T)
Verso il sole  (B-T)

  L'amore impossibile (AI)

Il mito romantico dell'amore impossibile: il destino fa incontrare due esseri che risolvono nell'amore
l'abissale lontananza dei loro mondi prima che la diversità riprenda il sopravvento.

Come eravamo (T)


Guardia del corpo  (B-T)
Il viaggio della sposa (B-T)
Jungle Fever (T)
La canzone di Carla (B-T)
La stazione (B-T)
L'uomo che sussurrava ai cavalli (B-T)
Un mondo senza pietà (T)
Un'anima divisa in due (T)
Un'estranea fra noi (B-T)
Witness-Il testimone (B-T)

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Incontro con l'altro

 Diversità e commedia (DC)

Dialoghi schioppettanti, situazioni grottesche, gag esilaranti. Quando nella commedia hollywoodiana la
scheggia impazzita della diversità rovina sul tranquillo fluire dell'esistente, allora può accadere veramente
di tutto.

Accadde una notte  (B-T)


Chi non salta bianco è! (B-T)
Chiamami aquila (B-T)
Ma papà ti manda sola? (B-T)
Romuald e Juliette (B-T)

   Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Incontro con l'altro          (Biennio)

Kolia (UB)
Il tempo si è fermato (VD) 
La stazione (IA)
Romuald e Juliette (DC)

   Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: Incontro con l'altro             (Biennio)
Kolia (UB)
Un mondo perfetto (UB)
Il tempo si è fermato (VD)
Arrivederci ragazzi (VD)
La stazione  (IA)
Ma papà ti manda sola? (DC)

  

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Incontro con l'altro             (Triennio)
Un mondo perfetto (UB)
Philadelphia (VD)
La stazione (IA)
Romuald e Juliette (DC)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: Incontro con l’altro            


(Triennio)

Un mondo perfetto (UB)


Il ladro di bambini (UB)
Segreti e bugie (VD)
Philadelphia (VD)
Un’anima divisa in due (IA)
Witness-Il testimone (IA)
Ma papà ti manda sola ? (DC)
Chiamami aquila (DC)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc004.htm[12/07/2017 18:56:03]
Incontro con l'altro

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/framperc004.htm[12/07/2017 18:56:03]
La condizione femminile

abc

TEMA: La condizione femminile


 

Umiliate e offese (UO)

Trasversale ad ogni epoca e latitudine l'oppressione della donna è una costante dalla storia. Sottomessa
al padre, al fratello, al marito, al figlio, in una parola al potere maschile, dimenticata dalle leggi, esclusa
ed emarginata dalle istituzioni, sfruttata nel lavoro e in famiglia, violata nel corpo e nell'anima. Una ferita
aperta che è rimorso e colpa dell'umanità.

Ci sarà la neve a Natale? (B-T)


Family Life (T)
Frances (T)
Il cerchio (T)
Il colore viola (B-T)
Il segreto di vera Drake (T)
La scelta di Sophie (T)
Ladybird Ladybird (T)
Lanterne rosse (T)
Magdalene (T)
Martha (T)
Mi piace lavorare - Mobbing (T)
Once Were Warriors (T)
Persepolis (T)
Philomena (T)
Punto di rottura (T)
Quarto comandamento (T)
Sotto accusa (T)
Un affare di donne (T)
Un mondo perfetto (T)
Una giornata particolare (T)
Viaggio a Kandahar (B-T)
Volevo i pantaloni (B-T)

Donne tutte sole (DTS)

Accade che essere deboli e indifese significhi anche essere sole. La solitudine è spesso legata alla
condizione femminile, come causa o conseguenza del disagio che l'accompagna. A volte però l'essere
sola può diventare per una donna una risorsa, una scelta per vedere un po' meglio nella propria vita e
nel proprio futuro.

Agorà (B-T)

Alice (T)

Angie, una donna tutta sola (B-T)

Io la conoscevo bene (T)

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La condizione femminile

La bruttina stagionata (T)

La parmigiana (T)

La ragazza con la valigia (B-T)

Marianna Ucrìa (B-T)

Ritratto di signora (T)

Speriamo che sia femmina (T)

Un angelo alla mia tavola (T)

Una donna tutta sola (T)

Vorrei che tu fossi qui (T)

Sorellanza (S)

Il predominio degli uomini si esprime anche nell'uso delle parole, specie di quelle storicamente più
solenni: insieme con la Libertà e l'Uguaglianza la rivoluzione francese sbandierava la Fratellanza. In cosa
essa consistesse, visto cosa è successo nei due secoli successivi, non lo si è mai capito molto bene.

Meglio allora parlare di Sorellanza come faceva il femminismo radicale degli anni settanta sovvertendo
il vocabolario, cioè di un legame profondo e autentico tra donne che si colloca tra l'amicizia e l'amore e
che diventa fondamentale per reagire all' universo maschile degli uomini e riscoprire il senso della
propria identità femminile.

A proposito di donne (T)

Anni di piombo (T)

Bagdad Cafè (B-T)

Giulia (B-T)

Le nozze di Muriel (B-T)

Pomodori verdi fritti (B-T)

Ragazze (T)

Thelma e Louise (T)

Donne contro (DC)

Donne che si ribellano alla passività, che si fanno valere, che si oppongono alle ingiustizie, al potere dei
maschi e delle loro istituzioni. Donne forti e coraggiose, tenaci e determinate, pronte a tutto, anche alla
morte.

Del perduto amore (T)


Erin Brockovich (B-T)
Giulia (B-T)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc009.htm[12/07/2017 18:56:03]
La condizione femminile

La lettera scarlatta (T)


Libera, amore mio (B-T)
Norma Rae (B-T)
Silkwood (T)
Soldato Jane (T)
Thelma e Louise (T)

Donne in amore (DIA)

Il sentimento più sconvolgente, l'amore, viene vissuto dalle donne con grande intensità e trasporto. Il
mito romantico dell'amore totale ha nella donna la sua grande interprete. Prima la letteratura e poi il
Cinema ci hanno raccontato storie di donne che sono soprattutto storie d'amore.

Adèle H. (T)

Artemisia (T)
Betty Love (B-T)
Fire (T)
Il Diario di Bridget Jones (T)
La lettera scarlatta (T)
La mia Africa (T)

La ragazza di Bube (B-T)

Le onde del destino (T)


Lezioni di piano (T)
Madame Bovary (T)
Pane e tulipani (B-T)
Rosa Scompiglio e i suoi amanti (T)
Scusa ma ti chiamo amore (B-T)
Storia di una capinera (B-T)
Va' dove ti porta il cuore (T)

Donne in guerra (DIG)

Storie di donne sullo sfondo della guerra, che è cosa fatta e voluta dagli uomini, ma che ricade
tragicamente sui più deboli. Vulnerabile e indifesa, è da lei che nel mezzo della barbarie spesso arriva un
messaggio di civiltà e umanità.

Kapò (B-T)

L'Agnese va a morire (B-T)

Paradise Road (B-T)

Rescuers 1 (B-T)

Ipotesi percorso breve sintetico tematico: La condizione femminile (Biennio)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc009.htm[12/07/2017 18:56:03]
La condizione femminile

Volevo i pantaloni (UO)


Storia di una capinera (DTA)
Norma Rae (DC)
Pomodori verdi fritti (S)
Marianna Ucrìa (DTS)

Ipotesi percorso lungo sintetico tematico: La condizione femminile (Biennio)

Il colore viola (UO)


Volevo i pantaloni (UO)
Agorà(DTS)
Marianna Ucrìa (DTS)
Giulia
Pomodori verdi fritti (S)
Storia di una capinera (DIA)
Paradise Road (DIG)
Kapò (DIG)

Ipotesi percorso breve sintetico tematico: La condizione femminile (Triennio)

Ladybird, Ladybird (UO)


Thelma e Louise (DC)
Giulia(S)
Marianna Ucrìa (DTS)
Philomena (UO)

Ipotesi percorso lungo sintetico tematico: La condizione femminile (Triennio)

Family Life (UO)


Philomena (UO)
Ladybird, Ladybird (UO)
Marianna Ucrìa (DTS)
La ragazza con la valigia (DTS)
Giulia(S)
Norma Rae (DC)
Thelma e Louise (DC)
La ragazza di Bube (DIA)
Kapò (DIG)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc009.htm[12/07/2017 18:56:03]
Chaplin Charles

Chaplin Charles
Gran Bretagna (1889-1977)

Figlio di due artisti del varietà dall’esistenza travagliata e infelice, si trova, insieme al fratello, abbandonato in
giovane età e costretto a vivere in una miseria estrema nei quartieri più poveri di Londra, guadagnandosi da vivere
con precari lavori di acrobata e mimo. Assunto nel 1907 dalla compagnia comica di Fred Karno, Chaplin impara
girando l’Inghilterra tutti i trucchi e le astuzie dell’arte comica. Nel 1911 emigra con Karno negli Stati Uniti, dove
si fa immediatamente notare per la sua bravura nelle pantomime e viene così scritturato nel Cinema per le famose
comiche (brevi film di inseguimenti e torte in faccia che accompagnavano nelle proiezioni i lungometraggi).
Nasce così nel 1914 il personaggio di Charlot, goffo vagabondo dal cuore d’oro senza fissa dimora in lotta per la
sopravvivenza quotidiana e sempre in conflitto con poliziotti, benpensanti e borghesi ottusi. Il pubblico si identifica
immediatamente con questo sottoproletario che irride l’ordine costituito e difende la causa dei più deboli e gli
tributa un successo enorme ed entusiastico. Diventato ricco e famoso, nel 1921 realizza, dopo aver girato una
grande quantità di cortometraggi, il suo primo lungometraggio, Il monello, film dall’evidente sottofondo
autobiografico e in cui riassume i temi e i canoni stilistici della sua comicità. La febbre dell’oro (1925), Il circo
(1928), Luci della città (1931) e Tempi moderni (1936) sono i quattro grandi film che chiudono la stagione del
muto (cui Chaplin resterà legato anche dopo l’avvento del sonoro), consacrando il personaggio di Charlot come il
romantico e sentimentale eroe che difende la propria anarchica libertà ed individualità contro la massificazione di
una società moderna avida e disumanizzante, dominata dalla corsa all’arricchimento e dall’egoismo. Con Il grande
dittatore (1940) si cimenta per la prima volta con il sonoro e in piena guerra mondiale svolge la più irridente e
pungente parodia di Hitler (e Mussolini) che il Cinema abbia mai realizzato, senza dimenticare nel contempo di
lanciare un messaggio di pace e fratellanza. Nel dopoguerra prosegue la sua attività di attore e regista, rinunciando
definitivamente al personaggio di Charlot (indissolubilmente legato, per le sue caratteristiche, alla mimica e allo
stile recitativo del muto) e calzando le vesti di personaggi diversi, come il pluriomicida gentiluomo di Monsieur
Verdoux (1947) e il clown dal cuore tenero e attaccato alla vita di Luci della ribalta (1952). Nel 1953 a causa della
persecuzione maccartista di cui è oggetto negli Stati Uniti decide di emigrare in Europa, collocando la sua
residenza in Svizzera. Tornerà in America solo vent’anni dopo per ricevere le scuse degli americani e un Oscar alla
carriera. Chaplin è stato certamente uno degli artisti più significativi del Novecento (di cui la maschera buffa e
mingherlina di Charlot costituisce un’icona fondamentale), al quale il Cinema, e non solo, deve molto per l’alto
valore morale e poetico della sua opera e la sua straordinaria capacità di attore.

L’eterno vagabondo 1915

Giorno di paga 1916

Charlot soldato 1916

Charlot rientra tardi 1916

Charlot usuraio 1916

La cura 1916

L’emigrante 1917

L’evaso 1917

Vita da cani 1918

Un idillio nei campi 1918

Il monello 1921

Sbronzi tra gentiluomini 1921

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Chaplin Charles

Giorno di paga 1921

Il pellegrino 1922

La donna di Parigi 1923

La febbre dell’oro 1925

Il circo 1928

Luci della città 1931

Tempi moderni 1936

Il grande dittatore 1940

Monsieur Verdoux 1947

Luci della ribalta 1952

Un Re a New York 1957

La contessa di Hong Kong 1966

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg009.htm[12/07/2017 18:56:04]
Sommario filmMZ

àaaaaaaa
0/9-A--B-C-D-E-F-G

HIJ-KL-M-N-O-P

Q-R-S-T-U-V-WZ
 


Mad City-Assalto alla
notizia

Madame Bovary

Magdalene

Magnificat

Malcolm X

Mandolino del capitano


Corelli, Il

Mani sulla città, Le

Ma papà ti manda sola?

Marcia su Roma, La

Marianna Ucrìa

Maria Stuarda, regina di


Scozia

Marie Antoinette

Marsigliese, La

Martha

Massacro di Attica, Il

Masseria delle allodole, La

Maurice

Memphis Belle

Mercoledì da leoni, Un

Mery per sempre

Mestiere delle armi, Il

Metello

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/aasomfilm000B.htm[12/07/2017 18:56:15]
Sommario filmMZ

Mi piace lavorare -
Mobbing

Mia Africa, La

Mia generazione, La

Mia regina, La

Michael Collins

Mi chiamo Sam

Migliori anni della nostra


vita, I

Mignon è partita

Milk

1860

1492 - La scoperta del


paradiso

Million Dollar Baby

Miracolo di Berna, Il

Mio piede sinistro, Il

Missing-Scomparso

Mission

Mississippi Burning-Le
radici dell'odio

Mississippi Masala

Momenti di gloria

Mommy

Mondo a parte, Un

Mondo perfetto, Un

Mondo senza pietà, Un

Mongol

Monsieur Batignole

Mr. Klein

Mulino del Po, Il

Muro di gomma, Il

Music Box-Prova d'accusa

Mussolini ultimo atto

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/aasomfilm000B.htm[12/07/2017 18:56:15]
Sommario filmMZ


Napoléon

Nato il 4 luglio

Nel nome del padre

Nell'anno del Signore

Nemico alle porte, Il

Niente di personale

La nobildonna e il duca

Noi credevamo

Nome della rosa, Il

Norma Rae

No Man'sLand

Not in this town

Notte delle matite


spezzate, La

Notte di San Lorenzo, La

Notte prima degli esami,


La

Novecento. Atto I e II

Nozze di Muriel, Le

Nuovomondo-
Golden Door


Occhiali d'oro, Gli

Odio, L'

Odio implacabile

Odio razziale

Ogni cosa è illuminata

Ogro

Okinawa

Oltre Rangoon

Once Were Warriors-Una


volta erano guerrieri

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Sommario filmMZ

Onda l'

Onde del destino, Le

Opera al nero, L'

Operazione Valchiria

Orizzonti di gloria

Oro di Roma, L'

Ottavo giorno, L'

Ottobre

Ovosodo


Padre Daens

Padre e figlio

Padre Padrone

Paisà

Pane e cioccolata

Pane e tulipani

La Papessa

Paradise Now

Paradise Road

Paranoid Park

Parlando e sparlando

Parmigiana, La

Partigiano Johnny, Il

Partita per la libertà, Una

Passaggio in India

Passione d'amore

Patriota, Il

Patton, generale d'acciaio

Pattuglia sperduta, La

Pazzi in Alabama

Pazzia di re Giorgio, La

Pearl Harbour

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/aasomfilm000B.htm[12/07/2017 18:56:15]
Sommario filmMZ

Pensieri pericolosi

Per chi suona la campana

Perdiamoci di vista

Per il re e per la patria

Persepolis

Philadelphia

Philomena

Pianista, Il

Piazza delle Cinque Lune

Piccoli maestri, I

Piccolo grande uomo, Il

Più grande avventura, La

Piume di struzzo

Platoon

Pleasantville

Pomodori verdi fritti alla


fermata del treno

Ponte sul fiume Kwai, Il

Portaborse, Il

Porzus

Posto, Il

Power

Prefetto di ferro, Il

Presa di potere di Luigi


XIV

Prestanome, Il

Prete da uccidere, Un

Pride

Prima dell'alba

Prima della pioggia

Prima pagina

Principe guerriero, Il

Priscilla, la regina del


deserto

Private

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Sommario filmMZ

Private Parts

Processo di Verona, Il

Proiezionista, Il

Promesse, La

Pummarò

Punto di rottura


Qualcosa di personale

Qualcuno volò sul nido del


cuculo

Quando sei nato non puoi


più nasconderti

Quanto è bello lu murire


acciso

Quarto comandamento

Quarto potere

Quattro giornate di Napoli,


Le

Quattrocento colpi, I

Queimada

Quell'ultimo ponte

Quinto potere

Quiz Show


Race il colore della vittoria

Radio Days

Radiofreccia

Ragazza con la valigia, La

Ragazza di Bube, La

Ragazze

Ragazze di Piazza di
Spagna, Le

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Sommario filmMZ

Ragazzi della 56°strada, I

Ragazzo di Calabria, Un

Ragtime

Rain Man

Rappresaglia

Re per una notte

Reality

Reds

Regeneration

Regina Margot, la

Rescuers 1-Storia di donne


coraggio

Rescuers 2- Due coppie

Rescuers 3-Due famiglie

Revolution

Ridicule

Risorse umane

Ritorno dal nulla

Ritratto di signora

Rob Roy

Rocco e i suoi fratelli

Roma città aperta

Romeo & Giulietta

Romero

Rommel, la volpe del


deserto

Romuald e Juliette

Rosa bianca, La -
Sophie Scholl

Rosa Scompiglio e i suoi


amanti

Rose del deserto, Le

Rosenstrasse

Rusty il selvaggio

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Sommario filmMZ


Sacco e Vanzetti

Saimir

Salvador

Salvate il soldato Ryan

Salvatore Giuliano

San Michele aveva un gallo

Sarà per chè ti amo

Saturno contro

Sbandati, Gli

Sbatti il mostro in prima


pagina

Scalciando e strillando

Scelta, La

Scelta d'amore

Scelta di Sophie, La

Schindler's List

Scipione l'Africano

Sciuscià

Scuola, La

Scusa ma ti chiamo amore

Seconda guerra civile


americana, La

Seduzione del male, La

Segreti di Brokeback
Mountain, I

Segreti di Stato

Segreti e bugie

Segreti Segreti

Il segreto di Vera Drake

Seicento di Balaklava, I

Selma

Seme della violenza, Il

Senso

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Sommario filmMZ

Senza tetto nè legge

Sesso e potere

Sette fratelli Cervi, I

Sette giorni a maggio

Shakespeare in love

Shine

Silkwood

Singles-L'amore è un gioco

Sinuhe l'egiziano

Sliding doors

Snapper, The

Sognando Beckham

Soldati a cavallo

Soldato blu

Soldato molto semplice


Ivan Chonkin, Il

Soldato Jane

Sole ingannatore, Il

Sospetto, Il (di Francesco


Maselli)

Sostiene Pereira

Sottile linea rossa, La

Sotto accusa

Sotto tiro

Spartacus

Speriamo che sia femmina

Spring breakers

Squadrone bianco, Lo

Stand By Me

Stazione, La

Stella

Stella solitaria

Stonewall

Storia d'amore

Storia di ragazzi e ragazze

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Sommario filmMZ

Storia di una capinera

Storia di una ladra di libri

Strategia del ragno, La

Sweet Sixteen

Swingers

Swing Kids-Giovani
ribelli


Talk Radio

Telefonata per ricordare,


Una

Tempesta di ghiaccio

Tempi moderni

Tempo si è fermato, Il

Terra e libertà

Terraferma

The conspitator

Thelma e Louise

Thirteen Days

Tic Code

Tiro al bersaglio

Tiro al piccione

Titanic

Tobruk

Tora! Tora! Tora!

Tornando a casa

Torneranno i prati

Trainspotting

Train de vie-Un treno per


vivere

300

Tregua, La

Tre metri sopra il cielo

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Sommario filmMZ

Truman Show, The

Tutta la vita davanti

Tutti a casa

Tutti giù per terra

Tutto l'amore che c'è


U Boot 96

U-571

Ultimi dieci giorni di


Hitler, Gli

Ultimo imperatore, L'

Ultimo inquisitore, L'

Ultimo spettacolo, L'

Ultimo treno, L'

Umberto D

Una lunga domenica di


passioni

Università dell'odio, L'

Uomini contro

Uomini e topi

Uomo che sussurrava ai


cavalli, L'

Uomo che verrà, L'

Uomo chiamato cavallo,


Un

Uomo del banco dei pegni,


L'

Uomo di ferro, L'

Uomo di marmo, Il

Uomo per tutte le stagioni,


Un

Uomo senza volto, L'

Uovo del serpente, Il

Urla del silenzio

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Sommario filmMZ


Va' dove ti porta il cuore

Vai e vivrai

Vatel

Vajont

Valzer con Bashir

Vecchia guardia

Vento che accarezza l'erba,


Il

Vento di primavera

Verso il sole

Verso l'Eden

Vesna va veloce

Via col vento

Viaggio a Kandahar

Viaggio della sposa, Il

Vichinghi, I

Vincere

Vincitori e vinti

Vita difficile, Una

Vita è bella, La

La vita e nient'altro

Vita sognata degli angeli,


La

Le vite degli altri

Vittime di guerra

Viva l'Italia

Volevo i pantaloni

Voltati Eugenio

Vorrei che tu fossi qui

W-ZÝ

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Sommario filmMZ

Welcome

Westfront 1918

Wilde

Will Hunting, genio ribelle

Witness - Il testimone

Women

Women in gold

Z, L'orgia del potere

Zulu

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TORNARE ALLE
LETTERE 

A-L

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agorà

 12 anni schiavo


TITOLO ORIGINALE 12 Years a Slave
REGIA Steve McQueen
SOGGETTO E Dall’autobiografia omonima di Solomon Northup
SCENEGGIATURA
John Ridley
FOTOGRAFIA Sean Bobbitt
MONTAGGIO Joe Walker
MUSICA Hans Zimmer
INTERPRETI Chiwetel Ejiofor (Solomon Northup), Michael Fassbender (Edwin Epps), Benedict
Cumberbacth (William Ford), Lupita Nyong’o (Patsey) Paul Dano (Tibeats), Paul
Giamatti (Freeman), Brad Pitt (Bass)
PRODUZIONE Dede Gardner, Anthony Katagas, Jeremy Kleiner, Steve McQueen, Arnon
Milchan, Brad Pitt, Bill Pohlad per Plan B Entertainment/New Regency Pictures
DURATA 134’
ORIGINE Usa-Gran Bretagna, 2013
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il colore nero Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo
e società
 

  

TRAMA
 1841. Il violinista di colore Solomon vive libero nella Contea di Saratoga con la sua famiglia. Un giorno accetta
una proposta di lavoro di due impresari e si trasferisce a Washington. Si tratta di un inganno: Solomon viene
sequestrato e venduto come schiavo ad un proprietario di piantagione in Louisiana. Resterà schiavo per 12 anni

TRACCIA TEMATICA
Il film è tratto da una storia vera, che ci è raccontata dallo stesso protagonista in un libro pubblicato quasi subito
dopo la sua liberazione. Questa precisazione è importante per rendere consapevoli gli spettatori di non trovarsi di
fronte ad una ricostruzione arbitraria ed eccessivamente romanzata di quella che è stata la schiavitù negli Usa
dell’Ottocento, ma ad una vicenda che aderisce con fedeltà alla realtà storica, per quanto le cose mostrate possano
sembrare incredibili per noi contemporanei. La schiavitù, ci dice il regista, è stata una grande tragedia a spese
di un intero popolo (paragonabile, in riferimento al XIX secolo, all’Olocausto) e la sua natura di sopraffazione
primitiva e crudele risalta ancor più se paragonata con la sensazione di avanzamento civile e culturale che alla
stessa epoca sembrava caratterizzare il nord degli Stati Uniti. Se Solomon sopravvive a questa terribile
esperienza è perché sa piegarsi con la necessaria adattabilità alla sua condizione di schiavitù, accettando
anche di snaturare se stesso e il proprio senso morale. A volte, ci suggerisce i film, è meglio piegarsi, anziché
spezzarsi.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film vuole essere una sdegnata denuncia degli orrori dello schiavismo ottocentesco e quindi punta sull’impatto

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agorà

emotivo determinato dall’identificazione totale con il protagonista. La macchina da presa si colloca a ridosso di
Solomon e ci fa aderire agli sconvolgimenti psicologici e fisici subiti, riducendo al minino la distanza che divide lo
spettatore dall’esperienza vissuta dal personaggio.

La regia lavora sull’accumulazione degli episodi di sadica sopraffazione, immergendoci in uno spazio di
segregazione di cui riesce a trasmetterci il senso di calura opprimente, il lezzo nauseabondo degli odori, le voci e i
rumori di sottofondo, il dolore lancinante dei corpi martoriati. L’uso della macchina da presa a spalla accentua
all’estremo la concitata drammaticità delle sequenze di violenza e i campi larghi sui paesaggi sottolineano il
contrasto fra il dramma umano cui stiamo assistendo e la suggestione del paesaggio naturale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 

Lingua inglese                 Il romanzo “12 anni schiavo” di Solomon  Northup.

Storia                               La schiavitù negli Stati Uniti dell’Ottocento

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agorà

 17 Ragazze
TITOLO ORIGINALE 17 Filles
REGIA Delphine e Muriel Coulin
SOGGETTO E Delphine e Muriel Coulin
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Jean-Louis Vialard
MONTAGGIO Guy Lecorne
   
INTERPRETI Louise Grinberg (Camille), Juliete Darche (Julia), Roxane Duran
(Florence), Esther Garrel (Flavie), Yara Pilartz (Clémentine), Solène
Rigot (Mathilde )
PRODUZIONE André Bouvard, Denis Freyd per Archipiel 35/arte France Cinéma
DURATA 90'
ORIGINE Francia, 2012
REPERIBILITA' Videoteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI                   Linea d’ombra  

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile


/Uomo e società
 

  

TRAMA
Diciassette ragazze di un liceo di Lorient, in Bretagna, decidono di restare incinte nello stesso
momento, convinte da Camille, la prima ad aspettare un figlio, che la loro vita potrebbe così
cambiare in meglio, sottraendosi alla tutela dei genitori per andare a vivere in comune.
 

TRACCIA TEMATICA
17 ragazze (la storia è ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto negli Stati Uniti nel
2008) non è un film che dà risposte o propone delle tesi precostituite, ma che ci mostra una
situazione ormai deteriorata e definitivamente compromessa. Vale a dire la frattura
generazionale che divide e contrappone genitori e figli, tra i quali sembra chiusa ogni
possibilità di dialogo e comprensione. Il giudizio delle adolescenti protagoniste nei confronti dei
loro genitori e degli adulti in generale è sprezzante e senza appello. E’ il loro stile di vita e la
loro mentalità ad essere messe sotto accusa.

Il gesto di queste 17 ragazze rimane, tuttavia, privo di una reale motivazione, che non sia
quella di caricare la loro scelta di una vaga pulsione liberatoria che le possa emancipare  da
un’esistenza avvertita come priva di prospettive. Fondamentale l’attrazione che su di loro

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agorà

esercita la possibilità di realizzare

specie di famiglia alternativa allargata e comunitaria chiusa agli adulti e ai maschi e


direttamente autogestita.

La realtà rivelerà la natura utopica di questo progetto e ognuna delle ragazze alleverà da sola il
proprio figlio, ma (e questa sembra la considerazione che ci consegna il film) sognare qualcosa
di diverso dalla quotidianità (specie se grigia e inappagante) è un elemento tipico
dell’adolescenza e sarebbe forse peggio se non fosse così.   
 

VALUTAZIONE CRITICA
Il film riesce a comunicare con efficacia l’atmosfera opprimente degli spazi della periferia
urbana (gli enormi condomini su cui si soffermano molte inquadrature) che fanno da sfondo
alla vicenda, disegnando una realtà ambientale che rimanda un’idea di chiusura e
monotonia (cui sfuggire rifugiandosi in bar e discoteche o in progetti improbabili) e di un
futuro senza prospettive.  E ricco di suggestioni evocative è anche l’immagine dell’oceano, che
assume le connotazioni simboliche di una via di fuga verso un futuro luminoso.

Meno felice, invece, la delineazione dei personaggi, sia delle ragazze protagoniste, la cui
personalità è tratteggiata con una certa superficialità (molti dialoghi sono forzati e artificiosi), sia
degli adulti la cui immagine è sempre a rischio di un eccesso caricaturale e semplificatorio.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze               La gravidanza

Geografia           La Bretagna e la città di Lorient

 
 

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Sommario filmA-L

àaaaaaaa
0/9-A-B-C-D-E-F-G-

HIJ-KL-M-N-O-P-

 Q-R-S-T-U-V-WZ
 

0/9
12 anni schiavo

17 ragazze


A cena col diavolo

A ciascuno il suo

A proposito di donne

A prova d'errore

A torto o a ragione

A Wong Foo, grazie di


tutto, Julie Newmar

Abramo Lincoln in Illinois

Abuna Messias

Accadde a Selma

Accadde una notte

Achtung! Banditi

Adèle H., una storia


d'amore

Affare di donne, Un

Affondate la Bismark

Agnese va a morire, L'

Agorà

Aguirre, furore di Dio

Al posto del cuore

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Sommario filmA-L

Albero degli zoccoli, L'

Albero di Antonia, L'

Alexander Nevskij

Ali

Alice

Allievo, L'

Allonsanfan

All'ovest niente di nuovo

Amante perduto, L'

Amarcord

Amaro sapore del potere, L'

Amen

American Graffiti

American History X

Amiche

Amici per la pelle

Amico ritrovato, L'

Amistad

Ammutinati del Bounty,


Gli

Amore 14

Amore e altre catastrofi

Amore & morte a Long


Island

Amore tossico

Anche libero va bene

Angelo alla mia tavola, Un

Angie, una donna tutta


sola

Anima divisa in due, Un'

Anne Frank

Anni di piombo

Anni '40

Anni spezzati, Gli

Anno vissuto
pericolosamente, Un

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Sommario filmA-L

Anonymus

Apocalypse Now

Arancia meccanica, L'

Ardena

Arida stagione bianca, Un'

Armata Brancaleone, L'

Armata degli eroi, L'

Arpa birmana, L'

Arriva John Doe

Arrivederci ragazzi

Artemisia - Passione
estrema

Articolo 2

Assassini nati

Asso nella manica, L'

Attimo fuggente, L'

Auguri professore

Avventura terribilmente
complicata, Un'


Bacio appassionato, Un

Bagdad Café

Balla coi lupi

Ballroom-Gara di ballo

Bambini ci guardano, I

Bambino col pigiama a


righe, Il

Banchieri di Dio, I

Banda Baader Meinhof, La

Barone rosso, Il

Barriera invisibile

Barry Lyndon

Battaglia dei giganti, La

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Sommario filmA-L

Battaglia di Alamo, La

Battaglia di Algeri, La

Battaglia di Midway, La

Believer, The

Belle al bar

Benvenuti a Sarajevo

Benvenuti in paradiso

Berretti verdi

Betrayed-Tradita

Betty Love

Billy Elliot

Black Hawk Down

Bling Ring

Bloody Sunday

Bobby

Bolle di sapone

Boys

Brancaleone alle Crociate

Branco, Il

Braveheart-Cuore
impavido

Bread and Roses

Brigante di Tacca del Lupo

Bronte

Bronx

Bruttina stagionata, La

Buio oltre la siepe, Il

Buon compleanno Mr.


Grape

Bus in viaggio


Caccia tragica

Cacciatore di aquiloni, Il

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Sommario filmA-L

Caduta, La - Gli ultimi


giorni di Hitler

Caduta degli dei, La

Caduta delle aquile, La

Caduta dell'impero
romano, La

Calata dei barbari, La

Calda notte dell'ispettore


Tibbs, La

Camicia nera

Cammelli, I

Cammino della speranza, Il

Cancelli del cielo, I

Canzone di Carla, La

Caso Martello, Il

Caso Mattei, Il

Caso Moro, Il

Caterina va in città

Cento giorni a Palermo

Cento passi, I

Central do Brasil

C'eravamo tanto amati

Cerchio, Il

Che mi dici di Willy?

Che

Che ora è?

Chi non salta bianco é

Chiamami aquila

Chiavi di casa, Le

China Girl

Christiane F, noi ragazzi


dello zoo di Berlino

Ci sarà la neve a Natale?

Cielo cade, Il

Cinderella Man

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Sommario filmA-L

Cinque giorni di tempesta

Cleopatra

Clockers

Club degli imperatori, Il

Codice d'onore

Collina del disonore, La

Colonna infame, La

l colore della libertà-


Goodbye Bafana

Colore viola, Il

Colori della vittoria, I

Colpire al cuore

Com'era verde la mia valle

Come eravamo

Come te nessuno mai

Compagni, I

Concorrenza sleale

Confessione, La

Conformista, Il

Consigli per gli acquisti

Conrack

Conspiracy

Cose di questo mondo

Così ridevano

Cover Boy

Creature del cielo

Croce di ferro, La

Crociate, Le

Cronache di poveri amanti

Cronisti d'assalto

Crooklin

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Sommario filmA-L

Da morire

Daniel

Danton

Day After, The

Defenders-In nome
dell'odio

Delitto Matteotti, Il

Del perduto amore

Demoni e dei

Dentro la notizia

Diari della motocicletta, I

Diario di Anna Frank, Il

Diario di Bridget Jones, Il

Diavolo in corpo, Il

Diaz

Dichiarazioni d'amore

Dien Bien Phu

Dies Irae

Dietro la maschera

Diritto di cronaca

Dirty Dancing

Diverso da chi?

Dolci inganni, I

Donna tutta sola, Una

Donne senza trucco

Dottor Stranamore, Il

Dottor Zivago, Il

Due amiche

Due giorni una notte

Duellanti, I


E Johhny prese il fucile

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Sommario filmA-L

E venne un uomo

East is East

Eau froide, L'

EDtv

Edward mani di forbice

El Alamein

Elephant Man,The

Elizabeth

Enrico V

Erin Brockovich

Eroe borghese, Un

Eroe per caso

Eroi del Pacifico, Gli

Esca, L'

Est-Ovest, Amore e Libertà

Estate di Davide, L'

Estate di Kikujiro, L'

Estranea fra noi, Un'

Età acerba, L

Ettore Fieramosca

Europa Europa

Exodus


Fa' la cosa giusta

Family Life

Fandango

Fate ignoranti, Le

Febbre a 90

Febbre del sabato sera, La

Figurine

Fine della notte, La

Fire

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Sommario filmA-L

Flags of Our Fathers

Flashdance

Flight 93

Folle stagione d'amore,


Una

Footloose

Fragola e cioccolato

Fragole e sangue

Frances

Fratelli e sorelle

Fratello Sole, sorella Luna

Frontiera

Fucking Amal-Il coraggio


di amare

Fuga dalla scuola media

Fuga per la vittoria

Full Metal Jacket

Furore


Galileo

Gandhi

Garage Olimpo

Garofano rosso, Il

Gattopardo, Il

Generale della Rovere, Il

Gente comune

Germania anno zero

Germinal

Geronimo

Giardino dei Finzi-


Contini, Il

Ginger e Fred

Giordano Bruno

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Sommario filmA-L

Giornata particolare, Una

Giorno da leoni, Un

Giorno della civetta, Il

Giorno perfetto, Un

Giorno più lungo, Il

Giovani, carini e
disoccupati

Giovani leoni, I

Giovanna d'Arco

Giovanna la pazza

Giovanni Falcone

Gioventù bruciata

Giovinezza, Giovinezza

Girasoli, I

Gita scolastica, Una

Giulia

Giulio Cesare

La giusta distanza

Gladiatore, Il

Glory-Uomini di gloria

Go Fish

Go Now

Gomorra

Good Bye Lenin

Good Morning Vietnam

Good Night and Good


Luck

Gott mit uns (Dio è con


noi)

Grande Blek, Il

Grande cocomero, Il

Grande dittatore, Il

Grande guerra, La

Grande illusione, La

Grande sentiero, Il

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/aasomfilm000A.htm[12/07/2017 18:56:17]
Sommario filmA-L

Grande uno rosso, Il

Gran Torino

Grazie, signora Thatcher

Green zone

Grido della terra, Il

Grido di libertà

Guardia del corpo

Guendalina

Guerra del fuoco, La

Guerra e pace

Guerrieri della notte, I

H-I-JÝ
Hannah Arendt

Havana

He Got Game

Help the

Hotel Rwanda

Hurricane

Hurt Locker

I Love You, I Love You Not

I Vicerè

Il capitale umano

Il figlio di Saul

Il labirinto del silenzio

Il rosso e il blu

Impiegati

In & Out

In My Country

In nome del Papa Re

Indocina

Indovina chi viene a cena

Invictus

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Sommario filmA-L

Io la conoscevo bene

Io non ho paura

Ivan il Terribile-La
congiura dei Boiardi

Jack Frusciante è uscito dal


gruppo

Jakob il bugiardo

Jefferson in Paris

JFK - Un caso ancora


aperto

Joe Hill

Jona che visse nella balena

Jungle Fever

Juno

K-LÝ
K-19

Kapò

Katyn

Kippur

Kolya

Kundun

L'arte di vincere

La legge del mercato

La mafia uccide solo


d'estate

Ladri di biciclette

Ladri di saponette

Ladro di bambini, Il

Ladybird, Ladybird

Lamerica

Lanterne rosse

Larry Flint- Oltre lo


scandalo

Lascia perdere Johnny

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Sommario filmA-L

Laureato, Il

Lawrence d'Arabia

Lebanon

Léon

Lettera scarlatta, La

Lettere da Iwo Jima

Lezioni di piano

Liam

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A cena col diavolo

A cena con il diavolo


TITOLO ORIGINALE Le souper
REGIA Eduard Molinaro
SOGGETTO Dalla commedia omonima di Jean-Claude Brisville
SCENEGGIATURA Yves Rousset-Rouard, Eduard Molinaro, Jean-Claude Brisville
FOTOGRAFIA Michael Epp (colori)
MUSICA Vladimir Cosma, Luigi Cherubini
MONTAGGIO Annick Rousset-Rouard
INTERPRETI Claude Rich, Claude Brasseur
Trinacra, Parma Films, France 2, Canal Plus, Investimages 4, Cofimage 4,
PRODUZIONE
Procirep
DURATA 90'
ORIGINE Francia, 1992
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
Età napoleonica
PERCORSI
Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
6 luglio 1815, pochi giorni dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo. Il presidente del governo provvisorio,
Joseph Fouché, ministro della polizia con Napoleone, si reca a casa del principe Talleyrand, notabile
nell’Ancien Regime e ministro degli esteri con Napoleone, per un incontro segreto. Nel corso della cena
Talleyrand convince l’ospite della necessità del ritorno della monarchia borbonica e quindi di trovare un
accordo con essa per salvaguardare la propria carriera politica.

TRACCIA TEMATICA
Talleyrand e Fouché, che occuparono posti di rilievo nel regime napoleonico, preparano il loro riciclaggio politico
nel periodo della restaurazione borbonica che si annuncia, disposti a salire sul carro del vincitore pur di non perdere
privilegi e potere. Entrambe figure di scarsa limpidezza morale e di estrema ambiguità politica, vizioso e
corrotto il primo e crudele e spietato il secondo (Il vizio in braccio al crimine ebbe a dire di loro Chateaubriand),
intrecciando un dialogo carico di allusioni (sagra dell’eufemismo e del sottinteso) offrono un saggio su ciò cui può
arrivare l’ambizione abbinata al cinismo. Alla concezione della Storia intesa come successione di grandi eventi
determinati da eroici e titanici personaggi, il film di Molinaro contrappone la dimensione del rerstroscena,
dell’intrigo e del sottobanco, dell’importanza delle figure di secondo piano e della loro capacità manovriera .Il
tema della spregiudicatezza della classe politica riferita alla pratica del trasformismo è qui esplorato in riferimento
agli anni della Restaurazione, ma non si può fare a meno di osservare come esso conservi un’indubbia attualità.

Un discorso a parte merita il ruolo del popolo nel film. Lo si sente manifestare di sotto le finestre del palazzo
Talleyrand, senza mai vederlo e senza che mai turbi i due vecchi marpioni delle politica che lo guardano dall’alto
in basso, convinti che solo le grandi personalità e non le masse possano decidere dei destini della nazione.

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A cena col diavolo

VALUTAZIONE CRITICA
A cena con il diavolo (titolo italiano che allude alla natura mefistofelica dei due protagonisti e delle loro trame ) è
un film storico piuttosto anomalo, caratterizzato com’è dalla rinuncia all’esibizione spettacolare in chiave
kolossal che spesso contrassegna questo tipo di pellicole, per concentrarsi esclusivamente sui dialoghi(e affidandosi
alla grande bravura dei due attori principali) e privilegiare un’impostazione teatrale priva di sviluppo narrativo e
claustrofila

Privo di schematiche contrapposizioni (Bene-Male, Giustizia -Ingiustizia, Libertà-Oppressione) e


interpretazioni e tesi attraverso cui filtrare la Storia, la pellicola cerca di addentrarsi dietro le quinte di essa,
ipotizzando ciò che due vecchie volpi delle politica possono essersi dette sulla base della conoscenza della loro
personalità e della biografia (la sceneggiatura del film è frutto di pura immaginazione). Ciò che interessa,
evidentemente, non è il vero, ma il verosimile (Talleyrand e Fouché non hanno veramente detto quelle cose, ma
potrebbero benissimo averlo fatto e comunque , nella sostanza profonda, ciò che il film ci racconta sembra assai
credibile). Non c’è coinvolgimento emotivo e trascinamento identificatorio (manca il buono dalla cui parte stare), il
film può anche ingenerare una certa sensazione di noia (specie se non si conoscono a fondo gli avvenimenti storici
di riferimento

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          La rivoluzione francese.

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A ciascuno il suo

A ciascuno il suo
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Elio Petri
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia
SCENEGGIATURA Elio Petri, Ugo Pirro
FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller (colore)
MUSICA Luis Enriquez Bakalov
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Gian Maria Volontè, Irene Papas, Gabriele Ferzetti, Leopoldo Trieste, Salvo
Randone
PRODUZIONE Giuseppe Zaccariello per la Cemo Film
DURATA 93'
ORIGINE Italia, 1967
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Mafia

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Sicilia, anni Sessanta. In un paese imprecisato dell’isola vengono uccisi il farmacista Manno e il dottor Roscio.
Essendo Manno un donnaiolo, la polizia conclude affrettatamente che si tratta d'un delitto d'onore e che Roscio
è stato eliminato casualmente in quanto testimone scomodo. Paolo Laurana, un professore di liceo, giunge alla
conclusione che la vittima designata dell'omicidio è, invece, proprio Roscio e non viceversa e confida i suoi
sospetti all'avvocato Rosello e alla vedova di Roscio, Luisa, di cui è innamorato. Quando scopre un diario di
Roscio che contiene le prove che Rosello è un capo della mafia locale, Laurana decide di denunciarlo, senza
sapere che Luisa, alla quale ha rivelato tutto, è l'amante dell'insospettabile avvocato.

TRACCIA TEMATICA
Il film ha come sfondo sociopolitico la Sicilia oppressa dal fenomeno mafioso, presentato come nodo
inestricabile di omertà, silenzi, intrighi, complicità politiche e interessi economici, su cui questa organizzazione
criminosa basa la forza e il radicamento nel territorio. L'avvocato Rosello è il simbolo di una gretta e
improduttiva borghesia locale che ricorre all'illegalità e alla compromissione con il potere mafioso per ottenere
un facile arricchimento e una rapida scalata sociale.

Il professor Laurana, intellettuale ingenuo e fragile ma combattivo, rappresenta la rivolta della cultura
progressista e democratica contro la mafia, ma la tragica conclusione della sua indagine diventa emblematica
dell'isolamento e della debolezza cui sono condannate nell'isola le forze di opposizione al domino malavitoso.

Il destino di sconfitta e morte che attende il generoso impegno di Laurana, cui fanno da contrasto le immagini delle

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A ciascuno il suo

affollate e festose nozze di Rosello con la vedova di Roscio, imprime al film una cupa impronta di pessimismo
e amaro sarcasmo, segno di sfiducia nelle possibilità di cambiare a breve la terribile realtà della Sicilia.

VALUTAZIONE CRITICA
Petri conferisce alla storia un’incalzante e tesa dinamica narrativa, che coinvolge lo spettatore grazie alla
natura da giallo dell’intreccio e alla tensione polemica in senso politico-civile. Ma più che sullo svolgersi della
vicenda, piuttosto scontata nei suoi sviluppi e nelle sue conclusioni (difficilmente i film di mafia si concludono con
il trionfo della giustizia: per quanto questo tipo di epilogo sarebbe consolatorio, indurrebbe colpevolmente un
atteggiamento di sottovalutazione del problema e della sua gravità), il regista lavora sulla creazione di
un’atmosfera densa di assillanti premonizioni.

La solare luminosità del paesaggio siciliano, che avvolge con ossessiva insistenza uomini e cose, comunica una
sensazione di accecante riverbero che crea disagio e inquietudine, oltreché di sonnolenta e imperturbabile
immobilità che ben si coniuga con il torpore morale cui si vuole alludere. L’irrompere su questa vivida luce del
motivo cromatico del nero (i vestiti dei personaggi, le automobili, ecc..) inserisce un elemento di contrasto che
richiama l’idea del lutto, anticipando l’esito di morte del febbrile affannarsi di Laurana, la cui nevrotica e concitata
irrequietezza costituisce l’unica presenza disturbante di un ambiente che rinchiude su se stesso i propri misteri.
L’uso nervoso degli zoom e del teleobiettivo, che isolano e evidenziano i particolari, sembra esprimere un’ansia
frustrata di penetrare oltre l’apparenza ingannevole delle cose.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) Le origini della mafia.

     B) La mafia nella Sicilia e nell’Italia degli anni Sessanta.

C) La mafia dopo gli anni Novanta.

Letteratura italiana Confronto fra il film e il romanzo omonimo di L. Sciascia.

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A proposito di donne

A proposito di donne
TITOLO ORIGINALE Boys on the Side
REGIA Herbert Ross
SOGGETTO E Don Ross
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Donald E. Thorin (colori)
MUSICA David Newman
MONTAGGIO Michael R. Miller
INTERPRETI Whoopi Goldberg, Mary-Louise Parker, Drew Barrymore
PRODUZIONE Arnon Milchan, Steven Reuther, Herbert Ross per New Regency/Hera
DURATA 118'
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Jane, una vissuta cantante di colore lesbica, Robin, un'agente di commercio iperigienista malata di aids, e
Holly, una ragazza scapestrata e svampita sempre nei guai, hanno tutte e tre qualche buona ragione per
raggiungere la California. Holly, in particolare, ne ha qualcuna in più, visto che ha ucciso, anche se
involontariamente, il manesco fidanzato. A Tucson le tre donne sembrano aver trovato un rifugio ideale in cui
rifarsi un'esistenza e ritrovare un equilibrio, ma Jane non riesce del tutto a fare accettare la propria identità
omosessuale, la legge incalza Holly e l'aids Robin.

TRACCIA TEMATICA
Nonostante la profonda diversità che le separa, Jane, Robin e Holly stabiliscono un'intesa che trae alimento
proprio dalla distanza delle rispettive personalità. La burbera e smaliziata Jane smussa il proprio carattere
spigoloso e assume nei confronti delle due amiche più giovani un atteggiamento materno, fatto di affetto e
indulgenza nei confronti della loro giovanile ingenuità; Robin, condizionata da un'educazione perbenista e da un
inguaribile romanticismo, viene avviata al gusto della trasgressione e Holly (il personaggio, a dire il vero, meno
approfondito) trova nella vicinanza con le più mature amiche un freno alla propria esuberanza.

Inoltre ciò che consolida questo sodalizio femminile è il fatto che le tre donne condividono un ruolo di
emarginazione e diversità: Jane in quanto omosessuale, Robin in quanto sieropositiva e Holly in quanto ricercata
dalla polizia.

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A proposito di donne

VALUTAZIONE CRITICA
La prima parte del film è decisamente la migliore, impegnata com'è nel dare spessore psicologico, con
leggerezza ed ironia, ai personaggi di Jane e Robin: il tono è da commedia (che raggiunge quasi il grottesco
nella sequenza della lotta delle tre donne con il violento fidanzato di Holly) e le battute di Jane vivacizzano il suo
rapporto di scontro-incontro con la smorfiosetta Robin.

La seconda parte, invece, specie dall'aggravarsi della malattia di Jane in poi, non resiste alla tentazione di
scivolare nel patetismo sentimentalista a tinte melodrammatiche e non ci risparmia quello che ormai è
l'armamentario consolidato dei film sull'aids: volti emaciati di malati terminali, feste d'addio, lacrima facile,
pietismo e buonismo a piene mani, ecc.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze     L'aids.

Geografia     La California.

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A prova d'errore

A prova d'errore
TITOLO ORIGINALE Fail Saif
REGIA Sidney Lumet
SOGGETTO Dalla novella di Eugene Burdick e Harvey Wheeler
SCENEGGIATURA Walter Bernstein
FOTOGRAFIA Gerald Hirschfeld (bianconero)
INTERPRETI Henry Fonda, Walther Matthau, Dan O' Herlihy, Frank Overton, Edward Binnis,
Larry Hagman
PRODUZIONE Max E. Youngstein per la Columbia Pictures
DURATA 111'
ORIGINE USA, 1964
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Guerra fredda, terrore nucleare, Maccartismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Stati Uniti, anni Sessanta. A causa di un errore tecnico una pattuglia di aerei americani con armamento
nucleare riceve l'ordine di dirigersi sull'URSS per bombardarla. Il Presidente USA, avvisato dell'accaduto,
cerca in tutti i modi di scongiurare una guerra atomica che distruggerebbe l'intera umanità.

TRACCIA TEMATICA
Girato all'epoca del confronto nucleare fra le due superpotenze, quando i rispettivi arsenali atomici erano cresciuti a
dismisura, A prova d'errore costituisce una denuncia dei gravi pericoli insiti nell'affidarsi totalmente alla
tecnologia, fosse anche la più moderna e sofisticata. La macchina a prova d'errore non esiste ed essa non potrà mai
sostituire interamente l'uomo: delegare completamente a congegni che sembrano perfetti il sistema di difesa (e di
attacco) di una nazione è quindi una scelta irresponsabile, che può portare a conseguenze incontrollabili e
catastrofiche.

Ma la visuale del film è più ampia: in nome dei principi di distensione e pacifica convivenza fra le due potenze
responsabili dei destini dell'umanità (che era all'epoca la politica portata avanti dall'amministrazione kennediana), si
auspicano la fine della corsa agli armamenti ed una politica di disarmo e si condannano lo stolido
militarismo ai limiti dell'isteria di alcuni settori dell' esercito degli Stati Uniti e il cinismo guerrafondaio di
esperti civili come lo scienziato Groeteschele.

VALUTAZIONE CRITICA

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A prova d'errore

All'inizio degli anni Sessanta la cinematografia americana subisce la suggestione dell'ipotesi fantapolitica in
connessione con la psicosi dello scoppio di una guerra nucleare per errore. A prova d'errore rappresenta uno dei
risultati migliori di questo filone (senza dimenticare, ovviamente, il geniale capolavoro di Kubrick Il dottor
Stranamore, che del film di Lumet costituisce la versione ironica e grottesca), per la capacità registica di
fondere sapientemente l'efficacia del messaggio (è indispensabile una politica di disarmo e una riduzione del
potere degli apparati militari) con una tensione narrativa spinta all'estremo, che coinvolge nella propria
drammatica suspense lo spettatore.

Il crescendo del film è spietato e inarrestabile, gli ambienti completamente chiusi ad ogni contatto con l'esterno
alimentano in chiave ansiogena un senso di claustrofobia che aumenta con l'assottigliarsi delle speranze, i
prolungati primi piani del Presidente comunicano con grande intensità l'angoscia che lo attanaglia, il fermo-
immagine che blocca alcuni istanti della quotidianità newyorkese poco prima dell'esplosione finale risolve con
felice intuizione il problema di come rendere visivamente il momento culminante dell'immane tragedia che si va a
consumare.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La guerra fredda.

     B) La presidenza Kennedy e la politica di convivenza pacifica tra USA e URSS

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A torto o a ragione

A torto o a ragione
TITOLO ORIGINALE Taking Sides
REGIA Istvan Szabò
SOGGETTO E Ronald Harwood da un suo lavoro teatrale
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Lajos Voltai (colori)
MUSICA Estratti da opere di Beethoven, Bruckner, Schubert sotto la supervisione di Ulrich
Trimbson
MONTAGGIO Sylvie Landra
INTERPRETI Harvey Keitel, Stellan Skarsgard, Birgit Minichmayr, Moritz Bleibtreu
PRODUZIONE Yves Pasquier per Little Big Bear Filmproduction
DURATA 109’
ORIGINE Germania/Austria/Gran Bretagna/Francia, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Nazismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Berlino, 1946. Il maggiore americano Steve Arnold viene incaricato da un superiore di indagare sul direttore
d’orchestra tedesco Wilhelm Furtwangler, sospettato di avere aderito al nazismo durante il Terzo Reich. Arnold
sottopone Furtwangler a degli interrogatori spossanti ed umilianti, manifestando tutto il suo disprezzo nei suoi
confronti. Seduta dopo seduta le gravi responsabilità del direttore d’orchestra vanno emergendo.

TRACCIA TEMATICA
Tema centrale del film è il rapporto tra arte e politica. Furtwangler ritiene che questi due ambiti debbano
rimanere separati e che anche sotto un governo oppressivo e criminale è dovere dell’artista perseguire ed affermare
la propria missione estetica, anche se questo può comportate il ricorso a qualche compromesso. Arnold è convinto,
invece, che dignità e coscienza dovrebbero indurre l’artista a negare il proprio genio a chi lo utilizza per dare lustro
e prestigio ad un regime obbrobrioso come è stato quello nazista. Dalla parte delle ragioni di Furtwangler si
schierano non solo i suoi ex-orchestrali (che difendendo il maestro assolvono in qualche modo anche se stessi), ma
anche il collaboratore ebreo di Arnold e la sua segretaria, affascinati dalla grandezza del direttore.

Se nel corso della prima parte il film sembra alimentare nello spettatore il medesimo atteggiamento di
indulgenza nei confronti dell’apparentemente tormentato e contrito Furtwangler e di conseguenza di antipatia
verso la rozza aggressività del suo implacabile inquisitore, nel finale l’incalzante interrogatorio di Arnold che
smaschera la meschinità e lo squallido opportunismo che possono allignare anche nell’animo di un artista ci
inducono ad una valutazione più severa riguardo ad un uomo di cui forse avevamo sottovalutato le
responsabilità morali. La stessa voce fuori campo del maggiore americano che alla fine ci informa
dell’assoluzione dell’imputato e della folgorante carriera del suo rivale Von Karajan (anch’egli dipinto come
piuttosto compromesso con il nazismo) accentuano questa sensazione di solidarietà del film alla figura
dell’accusatore.   

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm010.htm[12/07/2017 18:56:20]
A torto o a ragione

VALUTAZIONE CRITICA
A torto o a ragione ha il non trascurabile merito di affrontare un tema delicato sfuggendo al rischio di prendere una
posizione netta e inequivocabile, dividendo in modo schematico le ragioni per sostenere così una tesi senza margini
di dubbio e ambiguità. C’è, invece, materia per riflettere sulle tante contraddizioni e debolezze della natura umana
(e non solo su quelle del pur colpevole Furtwangler, ma anche su quelle di Arnold, che sembra sfogare su di lui un
rabbioso livore che forse avrebbero meritato maggiormente altri complici del nazismo ben più colpevoli del
direttore d’orchestra e ben più impuniti) e della logica del potere (i sovietici vorrebbero risparmiare il famoso
personaggio per servirsene come strumento di propaganda, per non parlare del fallito colpo di Stato degli ufficiali
tedeschi contro Hitler, dettato più da considerazioni opportunistiche che da sentimenti antinazisti). Semmai al film
si può rivolgere l’appunto di aver forse risolto in modo troppo semplicistico le figure del maggiore Arnold e del
suo collega sovietico (la sequenza che li riprende ubriachi a sentenziare non è certo indimenticabile).

Felice è la ricostruzione d’ambiente, giustamente quasi tutta concentrata in interni claustrofobici ed


oppressivi che conservano il beffardo ricordo della maestosità d’un tempo (pensiamo al concerto che si svolge
tra le rovine dell’imponente teatro dove si apre il film) e la sottolineatura della differenza culturale fra che
divide il sanguigno Arnold dal raffinato Furtwangler dettata dall’efficace contrapposizione tra le canzoni
alla moda del circolo ufficiali e Beethoven.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                            A) L’avvento del nazismo in Germania

                                      B) Lo sterminio degli ebrei

                                      C) La Seconda Guerra Mondiale

                                      D) Il processo di Norimberga 

Educazione musicale    A) Le musiche del film

                                       B) La figura di H. Von Karajan

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A Wong Foo

  A Wong Foo, grazie di tutto, Julie Newmar


TITOLO ORIGINALE To Wong Foo,Thanks for Everything! Julie Newmar
REGIA Beeban Kidron
SOGGETTO E Douglas Carter Beane
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Steve Mason (colori)
MONTAGGIO Andrew Mondshein
MUSICA Rachel Portman
INTERPRETI Wesley Snipes, Patrick Swayze, John Leguizamo
PRODUZIONE G. Mac Brown per Amblin Entertainment
DURATA 108’
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Gay è bello

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Noxeema, Vida e Chi Chi sono tre travestiti intenzionati a raggiungere Los Angeles per partecipare ad un
prestigioso concorso di bellezza. Dopo aver comprato una scassata Cadillac del ‘67 si mettono per la strada, ma
iniziano gli imprevisti: dapprima incontrano lo sceriffo Ballard, che, del tutto ignaro della vera identità sessuale
delle persone che ha fermato, si prende delle libertà con Vida, che reagisce stendendolo privo di sensi
sull’asfalto; in seguito rimangono appiedati dalla macchina in panne e sono costretti a soggiornare per qualche
giorno a Snyderville, uno sperduto paesino abitato da donne frustrate e uomini prepotenti. I tre inventivi
travestiti rivoluzionano in poco tempo la vita della sonnolenta cittadina, per arrivare poi puntuali ad Hollywood
per ricevere le congratulazioni di Julie Newmar, una procace bellezza degli anni quaranta che è il loro idolo.

 TRACCIA TEMATICA
Noxeema, Vida e Chi Chi non sono tre gay qualunque, sono a modo loro tre artisti, maestri del travestitismo
d’alta scuola, ispirato ad un gusto kitsch che fa dell’eccesso e dell’ostentazione il criterio estetico prevalente.
Ma dietro questa propensione a coltivare con appassionata dedizione la propria immagine si cela un cuore d’oro e
una grande sensibilità, che le porta ad aiutare con solidale trasporto le tristi ed umiliate donne di Snyderville. Per
il futuro di quest’ultime nulla sarà più come prima, grazie all’intervento dei tre creativi travestiti, che con la loro
incontenibile vitalità le hanno positivamente contagiate, imparando a loro volta a non vergognarsi più della loro
vera identità.

Quando Noxeema, Vida e Chi Chi stanno per partire le miracolate di Snyderville le definiscono angeli: che dopo
secoli di dispute si sia finalmente risolta la questione del sesso degli angeli?

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm001.htm[12/07/2017 18:56:21]
A Wong Foo

VALUTAZIONE CRITICA
In questo film tutto risulta un po’ superficiale e schematico, dai problemi esistenziali dei tre protagonisti
(pensiamo a Vida che non è stata accettata dai suoi genitori) e delle donne del paese (innamorate infelici e mogli
maltrattate) sino all’happy end, troppo affrettato e zuccheroso. Da una commedia però non dobbiamo aspettarci
approfondimento psicologico e analisi della complessità del reale, ma la capacità di muoversi con disinvoltura e
scioltezza nei territori dell’humour e dell’ironia e queste caratteristiche in A Wong Foo ecc.. certo non
mancano (con tanto di partecipazione fulminea , ma significativa, di una complice Naomi Campbell che si rivolge
ai nostri tre eroi con un vorrei essere bella come voi!). Ma più che nelle risorse di una sceneggiatura brillante il
punto di forza del film va ricercato negli sgargianti costumi dei protagonisti, nel tripudio di colori degli
arredamenti, nella sontuosa Cadillac (che sarà meno affidabile di un’auto nuova, ma che certo ha più stile), in
tutte quelle cose cioè rigorosamente inutili, ma assolutamente indispensabili.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm001.htm[12/07/2017 18:56:21]
Abramo Lincoln

Abramo Lincoln in Illinois


TITOLO ORIGINALE Abe Lincoln in Illinois
REGIA John Cromwell
SOGGETTO E Robert E. Sherwood
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA James Wong Howe (bianconero)
MUSICA Roy Webb
MONTAGGIO Douglas Travers
INTERPRETI Raymond Massey, Ruth Gordon, Gene Lochkart, Mary Howard, Howard Da Silva
PRODUZIONE RKO-Max Gordon Plays Pictures Corporation
DURATA 72’
ORIGINE USA, 1940
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Nascita di una nazione

Ottocento/Cinema e Storia

 
TRAMA
 Si racconta la prima parte della vita di Abramo Lincoln (1809-1865), dagli oscuri inizi di boscaiolo, segnati
dall’amore infelice per Ann Rutledge e dagli studi in legge, sino alle sue prime affermazioni politiche, il
matrimonio con Mary Todd e, infine, l’elezione a Presidente degli Stati Uniti. Il film termina con la sua
partenza in treno per Washington.

TRACCIA TEMATICA
Per comprendere completamente la personalità di uno dei più grandi presidenti della storia degli Stati Uniti e la sua
statura morale e politica, ci dice il film, è necessario risalire alle radici rurali della sua formazione di uomo e
cittadino, collocate nell’America profonda del primo Ottocento. Per questo il film termina dove ci si aspetta che
inizi, perché una volta profilato il contesto culturale e antropologico nel quale è cresciuto il suo compito è finito.

Del futuro presidente si mettono in evidenza la solida tempra umana e la forte sintonia con lo spirito più
autenticamente popolare e democratico della nazione americana. Sobrio, volitivo, fiero, d’animo nobile e
d’intelligenza acuta e pronta, Lincoln incarna le qualità di vigoria e tenacia tipiche dell’età del pionierismo. Uomo
di campagna, mal si adatta alle raffinatezze della città e all’opportunismo dei politicanti e, se non fosse stato per la
morte prematura di Ann Rutledge, avrebbe passato la propria vita in un villaggio sperduto accanto alla donna
amata. Ma il destino di grandezza che sembra incombere su di lui lo porta al sacrificio della sua vita privata
(il matrimonio con l’ambiziosa Mary Todd non è felice) in nome di un impegno politico ispirato ai principi di
libertà e uguaglianza e alla lotta contro la schiavitù dei neri. 

VALUTAZIONE CRITICA
Tratto dal lavoro teatrale di Robert Sherwood (premio Pulitzer nel 1938), che scrisse anche la sceneggiatura del
film, Abramo Lincoln in Illinois è considerato dalla critica come una delle migliori biografie sul presidente
grazie all’austera delineazione del personaggio, scevra di toni magniloquenti e retorici, attenta soprattutto ai
risvolti umani della sua personalità (quando raramente il film rinuncia a questo registro i toni si fanno

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm011.htm[12/07/2017 18:56:21]
Abramo Lincoln

inevitabilmente enfatici, come nel discorso di Lincoln a favore dell’abrogazione della schiavitù).  Cromwell riesce
in particolare a imprimere sul percorso esistenziale del grande protagonista un alone di malinconia che deriva
dalla rinuncia agli affetti più cari in nome di un dovere supremo (il bene della nazione e della comunità) che lo
sovrasta e lo porta a compiere scelte irrevocabili. La contrapposizione fra l’ariosità degli spazi rurali dell’inizio e
le oscurità notturne della seconda parte (quella dedicata alla sua consacrazione politica) si direbbe voglia esprimere
questo triste senso di perdita di una dimensione più vicina agli uomini e alla natura.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

 Storia                                  A) Storia degli Stati Uniti nell’Ottocento


                                               B) La figura di A. Lincoln

 Diritto                                  Il sistema politico-istituzionale degli Stati Uniti

Geografia                             L’Illinois

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Abuna messias

Abuna Messias
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Goffredo Alessandrini
SOGGETTO Luigi Bernardi, Callisto Vanzin
SCENEGGIATURA Goffredo Alessandrini, Vittorio Cottafavi, Domenico Meccoli, Cesare Vico
Ludovici
FOTOGRAFIA Renato Del Frate, Beniamino Fossati, Aldo Tonti (bianconero)
MUSICA Mario Gaudiosi
MONTAGGIO Giorgio C. Simonelli
INTERPRETI Camillo Pilotto, Enrico Glori, Mario Ferrari, Ippolito Silvestri
PRODUZIONE Alessandro F. Gagna per la Romana Editrice Film
DURATA 96’
ORIGINE Italia, 1939
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Colonialismo, imperialismo, paesi extraeuropei

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Etiopia, metà Ottocento. Il cardinale Massaia fonda in Abissinia una missione cattolica con l’intento di alleviare
le miserevoli condizioni di vita degli indigeni. Gode dell’amicizia interessata del ras Menelik, che in lotta per la
successione con il negus Joannes, spera di potersi giovare del sostegno europeo nel conflitto che lo oppone al
sovrano etiope di cui è feudatario. Apertamente ostile al benefico apostolato di Massaia è l’Abuna Atanasio,
capo della locale chiesa copta, che vede nella presenza del missionario cattolico una minaccia per il suo potere e
per la tradizionale religione abissina.

TRACCIA TEMATICA
Per quanto il film rievochi fatti e personaggi di quasi un secolo prima, appare evidente l’intento propagandistico
assegnato dal regime fascista a questa per l’epoca impegnativa produzione: sostenere la politica di espansione
coloniale che l’Italia aveva inaugurato proprio con la conquista dell’Etiopia. La tesi che emerge in modo
trasparente dalla pellicola è che lasciato solo il popolo abissino appare incapace di governarsi, dilaniato com’è da
lotte intestine, e che la miseria e l’arretratezza degli abitanti può trovare lenimento soltanto mediante l’intervento
di una nazione a più alto livello di civilizzazione, in grado di prendersi a cuore dei problemi di questo infelice
territorio.

La figura del cardinale Massaia diventa così il simbolo dell’uomo bianco e cattolico (quindi più
specificatamente italiano), che trova in una superiore levatura morale e in un maggior livello di istruzione la
legittimazione del proprio ruolo civilizzatore (e quindi colonizzatore) in Africa e nel mondo.

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Abuna messias

VALUTAZIONE CRITICA
Vincitore della Coppa Mussolini alla Mostra del Cinema di Venezia del 1939, Abuna Messias è un film che nasce
fortemente segnato nel senso di dovere esprimere la posizione ufficiale del governo fascista relativamente ai
fondamenti razziali e culturali nei quali il regime pretendeva di trovare un sostegno per la propria politica
imperialista. Questo intento condiziona visibilmente l’opera nel senso di incentivarne la dimensione enfatica e
celebrativa (l’eroico apostolato del Massaia contrapposto agli intrighi politici degli abissini, e dell’Abuna Atanasio
in particolare, esponente di quella chiesa copta presente anche nella vicina Grecia, che un anno dopo sarebbe stata
aggredita dall’Italia). Nonostante questi limiti, tuttavia, non si può fare a meno di sottolineare l’indubbia abilità
registica nel creare una messa in scena ricca di suggestioni figurative che traggono alimento dall’esotico
paesaggio africano e nel gestire enormi masse umane in sequenze di massa di grande efficacia spettacolare
(pensiamo soltanto alla battaglia finale).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A. Il colonialismo europeo e italiano in Africa nell’Ottocento

B. La figura del Cardinale Massaia

   C.   La guerra Italo-etiopica del 1935-36 e la fondazione dell’Impero

   D. L’Africa orientale italiana

Geografia   L’ Etiopia e l’Africa orientale

Religione    La religione copta.

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Accadde a Selma

Accadde a Selma
TITOLO ORIGINALE Selma, Lord, Selma
REGIA Charles Burnett
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Sheyann Webb e Rachel West Nelson
FOTOGRAFIA Johnny Simmons (colori)
MUSICA Stephen James Taylor
INTERPRETI Mackenzie Astin, Jurnee Smollett, Clifton Powell, Ella Joyce
PRODUZIONE Christopher Seitz
DURATA 88'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Alabama, 1965. Selma è una cittadina del profondo sud degli USA, dove prevale una mentalità razzista che
discrimina i neri, negando loro il diritto di voto. Un giorno arriva a Selma Martin Luther King, intenzionato ad
organizzare il movimento per i diritti civili. A questa lotta partecipa con entusiasmo l'adolescente Sheyann,
nonostante le resistenze che incontra in famiglia, e il reverendo Jonathan, un giovane bianco che ha sposato la
causa dell'uguaglianza e della libertà di tutti gli uomini e che pagherà questa scelta con la vita. Alla fine, dopo
duri scontri ed uccisioni, la comunità di colore di Selma vince la sua battaglia per il diritto di voto.

TRACCIA TEMATICA
Martin Luther King, premio Nobel per la pace, teorico della non-violenza, ucciso nel 1968 per mano razzista, è
stato il grande leader carismatico della lotta dei neri americani per i diritti civili. Una lotta che King ha
sempre voluto improntata ai dettami della non-violenza.

Sheyann Webb, che diventata da adulta direttrice di un centro per bambini di tutte le razze racconterà in un libro le
vicende narrate dal film, ha nei confronti di King una vera e propria venerazione. Ella rappresenta lo spontaneo
entusiasmo con cui spesso l'adolescenza sa aderire ai principi di giustizia e impegnarsi totalmente per essi, di
contro alla prudente distanza con cui molti adulti guardano agli inevitabili pericoli insiti nello scontro con un potere
violento e autoritario.

Il reverendo Jonathan è una figura adamantina, un fulgido esempio di coerenza agli ideali cristiani di amore e
fraternità. Inevitabile che anch'egli entri in conflitto con l'atteggiamento accomodante e rinunciatario del vescovo
di Selma.

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Accadde a Selma

Il messaggio che il film ci consegna è limpido: anche nelle condizioni più difficili la perseveranza nella lotta
per una causa giusta e la fedeltà ai propri ideali alla fine portano alla vittoria.

VALUTAZIONE CRITICA
Accadde a Selma è un esempio minore (normalmente il Cinema hollywoodiano ci ha abituato a cose decisamente
migliori) di film d'impegno civile e politico, con i pregi e i difetti tipici di questo genere.

I pregi: tramandare alle generazioni future il ricordo della lotta che è stata necessaria per l'affermazione dei più
elementari diritti umani assume un'indubbia valenza educativa e formativa. Appare inoltre doveroso rendere
omaggio a quelle personalità che eroicamente hanno sacrificato la vita per i loro ideali (nel caso specifico Martin
Luther King e il reverendo Jonathan).

I difetti: l'esigenza didascalica e celebrativa tende ad appiattire personalità e psicologie dei personaggi verso una
tipizzazione schematica (da una parte i buoni, che fanno e dicono sempre le cose giuste; dall'altra i cattivi che
fanno e dicono sempre le cose sbagliate) e a rendere l'intera struttura narrativa funzionale alla tesi che si vuol
dimostrare. Ciò che soprattutto manca è la capacità di dare una maggior profondità alla vicenda indagando nel
retroterra sociologico e storico del razzismo americano, per appellarsi esclusivamente a una mozione dei
sentimenti che ci emoziona e coinvolge, ma che ci aiuta poco a far chiarezza sulle radici di questo fenomeno.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) I Neri d'America: dalla schiavitù al segregazionismo degli Stati del sud.    

                B) La figura di Martin Luther King e la lotta per i diritti civili negli anni cinquanta e sessanta.

Geografia    L'Alabama.

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Accadde una notte

Accadde una notte


TITOLO ORIGINALE It Happened One Night
REGIA Frank Capra
SOGGETTO Dal racconto Night Bus di Samuel Hopkins Adams
SCENEGGIATURA Robert Riskin
FOTOGRAFIA Joseph Walker (bianconero)
MONTAGGIO Gene Havlick
MUSICA Louis Silvers
INTERPRETI Clark Gable, Claudette Colbert
PRODUZIONE F. Capra per Columbia Pictures
DURATA 105'
ORIGINE USA, 1934
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Diversità e Commedia

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Ellie è una ragazza insopportabilmente viziata, che il giorno prima delle nozze rifiuta di sposare l'uomo che il
padre, un grande magnate della finanza, ha scelto per lei e fugge dal suo innamorato. Durante il viaggio viene
riconosciuta da Peter, un giornalista dalla personalità spiccata e dal temperamento anarcoide. Dopo gli scontri
iniziali, nei quali Peter cerca di domare i capricci della bizzosa miliardaria, tra i due sboccia l'amore.

TRACCIA TEMATICA
Ellie è una ragazza viziata perché appartiene al mondo dei ricchi, che nella visione populista di Capra è segnato
dalla mancanza di valori autentici e dalla lontananza dai piaceri semplici e più appaganti della vita. Non si
tratta di un limite insormontabile: l'incontro con una persona di vitale concretezza e solida umanità come il
giornalista Peter può modificare la situazione.

Si tratta evidentemente di un ottimismo eccessivo, ma che costituisce il segno di maggior riconoscibilità del
Cinema di Capra, un regista fortemente impegnato a fornire al New Deal roosveltiano degli anni trenta una
sponda ideologica sul piano cinematografico, improntata all'esaltazione di quelli che venivano considerati i più
genuini valori americani di solidarietà e fratellanza contro l'egoismo e l'avidità dell'aristocrazia del denaro, che
all'epoca della grande depressione, nel cui contesto si inserisce il film, veniva messa sotto accusa dall'opinione
pubblica progressista e democratica.

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Accadde una notte

 VALUTAZIONE CRITICA
Accadde una notte è quello che oggi si dice un Cult Movie, cioè un film di grande rilevanza nella storia del
Cinema: esso infatti viene universalmente riconosciuto come il modello originario di un genere di commedia
cinematografica che negli anni a venire sarà ripetutamente imitato, anche se con risultati non sempre altrettanto
brillanti.

Clark Gable e Claudette Colbert (che proprio grazie a questo film si consacreranno come grandi divi degli anni
trenta) tratteggiano con grande bravura la psicologia dei personaggi, mentre il grande Frank Capra mantiene la
storia d'amore tra i due su un piano di gustosa ironia, con tanto di audacie (la gamba nuda della Colbert che fa
l'autostop) e di allusioni sessuali (le mura di Gerico) decisamente insolite per quegli anni.

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     La grande depressione degli anni trenta e il New Deal roosveltiano.

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Achtung banditi

Achtung! Banditi
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Carlo Lizzani
SOGGETTO E Carlo Lizzani, Rodolfo Sonego, Giuseppe Dagnino, Ugo Pirro, Massimi Mida,
SCENEGGIATURA Enrico Ribulsi, Mario Socrate, Gaetano Giuliani De Negri
FOTOGRAFIA Gianni Di Venanzio (bianconero)
MUSICA Mario Zafred
MONTAGGIO Enzo Alfonsi
INTERPRETI Gina Lollobrigida, Andrea Checchi, Lamberto Maggiorani, Giuliano Montaldo
PRODUZIONE Cooperativa Spettatori-Produttori Cinematografici
DURATA 96’
ORIGINE Italia, 1951
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Resistenza

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Genova, 1944. E’ iniziato l’ultimo inverno di guerra e ai partigiani sulle montagne dell’Appennino ligure arriva
il proclama del generale americano Alexander, che invita i resistenti a tornare a casa dal momento che
l’avanzata alleata nella penisola si preannuncia lenta e difficoltosa. I partigiani, però, non si lasciano
scoraggiare dalla prospettiva di un altro inverno di guerra e un gruppo di loro compie una spedizione a Genova
per procurarsi delle armi. Nella città si trova nel mezzo di uno sciopero operaio per soffocare il quale
intervengono i tedeschi, che occupano la fabbrica dove sono state nascoste le armi destinate ai patrioti.
Quest’ultimi attaccano la fabbrica e dopo una cruenta battaglia riescono a tornare sulle montagne con le armi e
con nuovi numerosi compagni che hanno deciso di unirsi a loro nella lotta contro l’invasore.

TRACCIA TEMATICA
Realizzato nel 1951, Achtung! Banditi (che era l’espressione con cui i tedeschi indicavano i partigiani) è un film
radicato nel suo tempo, ancora molto vicino agli eventi che si vogliono rievocare e quindi ancora
spiccatamente influenzato dall’intento celebrativo della Resistenza (che per altro proprio negli anni Cinquanta,
a causa degli equilibri politici a dominanza moderata conservatrice che si erano imposti nel paese, tendeva ad
essere, se non rimossa, almeno svuotata del suo significato più radicale).

Lizzani, infatti, esalta il valore della lotta di liberazione rivissuta come un’epopea dai toni epici, dominata da
un grande spirito di sacrificio e di eroismo. La Resistenza è mostrata come una sollevazione collettiva che
coinvolge tutto un popolo attorno alla guida della classe operaia (non a caso la storia è ambientata in gran parte in
una fabbrica e nella periferia proletaria di Genova), che aggrega e egemonizza attorno a sè le altre componenti
sociali (come la borghesia intellettuale e progressista, rappresentata dal personaggio dell’ingegnere e dal giovane e

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Achtung banditi

occhialuto studente universitario, e i contadini, che soffrono delle spoliazioni dei tedeschi) e che risveglia anche il
protagonismo femminile (il ruolo positivo delle donne è ripetutamente sottolineato dal film).

VALUTAZIONE CRITICA
Achtung! Banditi risente in modo evidente della lezione neorealista. Influenza che si coglie nell’ambientazione
prevalentemente in esterni realistici e marcatamente popolari, nell’uso di attori non professionisti (anche se
compiono attori noti, come la Lollobrigida e Checchi), nella forte dimensione corale e nell’evidente povertà di
mezzi. Lo stile del film è sobrio ed essenziale, alieno da eccessi drammatici e truculenti (le scene più brutali sono
alluse e non mostrate, come l’impiccagione dell’ingegnere e di Marco) e la narrazione procede con stringata
scorrevolezza, senza lungaggini e ridondanze. Notevole appare, soprattutto, la capacità di sfruttare al meglio le
potenzialità figurative del paesaggio della periferia industriale di Genova, nei cui labirintico groviglio si svolge la
battaglia tra partigiani e tedeschi.

Certo non mancano i difetti, come una certa enfasi (per altro contenuta) e uno schematismo un po’affrettato
(comprensibile alla luce della chiara finalità didascalica del film), situazioni e personaggi poco riusciti e irrisolti
(come i due amanti della villa, che scivolano facilmente nel macchiettismo) ed altri troppo condizionati dal ruolo
(positivo o negativo) che devono svolgere, ma nel complesso la pellicola di Lizzani va apprezzata per la fresca
impronta di sincerità e l’appassionata partecipazione che esprime.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Seconda Guerra Mondiale

B) La guerra e la Resistenza in Italia

C) Il Secondo Dopoguerra in Italia

Geografia    Genova e l’Appennino ligure

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Adele H. una storia d'amore

Adèle H., una storia d'amore


TITOLO ORIGINALE L'histoire de Adéle H.
REGIA Francois Truffaut
SOGGETTO Dal libro di Frances V. Guille Le Journal d'Adéle Hugo
SCENEGGIATURA Francois Truffaut, Jean Gruault, Suzanne Schiffman
FOTOGRAFIA Nestor Almendros (colori)
MUSICA Maurice Jaubert
MONTAGGIO Yann Dedet
INTERPRETI Isabelle Adjani, Bruce Robinson, Sylvia Marriot, Joseph Blatchley
PRODUZIONE Les Films Carosse/Les Productions Artistes Associés
DURATA 110'
ORIGINE Francia, 1975
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Metà Ottocento. Adéle Hugo, figlia del grande scrittore francese, sbarca a Halifax, porto canadese della Nuova
Scozia, per ritrovare un suo amore passato, il tenente Pinson, uomo indegno e mediocre, che non ne vuole più
sapere di lei. Adèle, però, non si rassegna e fa di tutto per convincere il tenente a sposarla, piegandosi alle più
cocenti umiliazioni. Quando Pinson parte per le Barbados, Adèle lo segue: ormai è impazzita e si aggira come
un fantasma per le strade dell'isola, fatta oggetto dello scherno generale.

TRACCIA TEMATICA
Il film si basa sui diari di Adèle Hugo scoperti nel 1955 da Frances Vernor Guille, che Truffaut rielabora
liberamente (i testi delle lettere della protagonista sono suoi).

Adèle porta alle estreme conseguenze il mito romantico ottocentesco dell'amore impossibile e
dell'opposizione tra Ideale-Reale, che ha trovato il principale veicolo di diffusione nella letteratura dell'epoca, di
cui Victor Hugo è stato uno dei rappresentanti più significativi. Adèle vive un'esperienza di amore totale e assoluto
che finisce per prescindere sempre più dall'oggetto del suo desiderio e che alla fine la porta alla follia ed
all'annullamento di sé. La protagonista simboleggia l'esito di sconfitta e autodistruzione di chi, inseguendo il
sogno e l'illusione, si scontra con una realtà squallida e meschina che penalizza la forza e la sincerità dei
sentimenti.

Il film interpreta il tormentato percorso esistenziale di Adèle anche come un esempio di protofemminismo: la
giovane protagonista si identifica con tutte le donne oppresse ed umiliate e cerca di affrancarsi dalla ingombrante

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Adele H. una storia d'amore

tutela paterna ripudiando la propria famiglia (vuole essere solo Adèle e rifiuta il cognome Hugo). In altre parole
Adèle H. può anche essere considerato come la storia di una donna che cerca disperatamente di affermare la sua
autonomia e indipendenza in una società ancora incapace di comprendere questa ansia di libertà.

VALUTAZIONE CRITICA
Truffaut costruisce il film sulla centralità del volto e del corpo di Isabelle Adjani, che conferisce al
personaggio di Adèle tutta l'intensità della sua espressione imbronciata e stupefatta, da eterna adolescente
che sfida il mondo. La protagonista domina incontrastata la scena e gli altri personaggi diventano comparse
sbiadite prive di consistenza psicologica, semplici fantasmi della sua ossessione (pensiamo al personaggio di
Pinson, alla sequenza significativamente ambientata in un cimitero e a quella nella quale il tenente si incrocia con
un' Adèle che nemmeno lo guarda).

Il regista pur attraverso uno stile sobrio e distaccato, che sembra limitarsi a registrare gli eventi, segnala la
sua partecipazione al dramma di Adèle, concedendosi una silenziosa apparizione in veste dell'ufficiale scambiato
per Pinson e alzando enfaticamente i toni con l'immagine della giovane che si erge di fronte all'oceano, quasi a
sfidare il destino e la società. Ma è soprattutto con il finale documentarista (con fotografiche d'epoca) che si
conclude con l'immagine autentica della tomba di Adéle Hugo, che si amplifica il senso di malinconia che
attraversa tutta la pellicola: la dimensione del Cinema (e quindi della fantasia, della finzione, e soprattutto
dell'illusione, come quella coltivata da Adèle) è sopraffatta dalla dimensione della realtà (e quindi
dell'inesorabile scorrere del tempo e della morte).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua e letteratura francese     A) I diari di Adèle Hugo.

                                                      B) La figura di Victor Hugo, letterato e uomo pubblico.

Storia    La Francia dal secondo Impero alla Terza Repubblica.

Geografia    A) La nuova Scozia.

                     B) Le isole Barbados.

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Affare di donne, Un

Un affare di donne
TITOLO ORIGINALE Une affaire de femmes
REGIA Claude Chabrol
SOGGETTO Dal libro Une affaire de femmes di Francis Szpiner
SCENEGGIATURA Colo Tavernier O' Hagan, Claude Chabrol
FOTOGRAFIA Jean Rabier (colori)
MUSICA Matthieu Chabrol
MONTAGGIO Monique Fardoulis
INTERPRETI Isabelle Huppert, Francois Cluzet
PRODUZIONE Marin Karmitz per MK2, Films A2, Films du Camélia e Le Sept
DURATA 105'
ORIGINE Francia, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Francia, durante l'occupazione tedesca, 1940-1943. Marie, madre di due figli con il marito al fronte, aiuta una
vicina ad abortire per solidarietà. Ben presto però altre donne si rivolgono a lei per interrompere la gravidanza e
Marie inizia a farsi pagare. Oltre a svolgere questa attività affitta alcune stanze a delle prostitute. Le sue
condizioni economiche migliorano sensibilmente ed ella può permettersi lussi prima impensabili. E' il marito,
che nel frattempo è tornato dalla prigionia, a denunciarla alle autorità per vendicarsi del tradimento che Marie
ha consumato ai suoi danni con un bellimbusto del posto. Processata, sarà condannata a morte, ultima donna a
subire la pena capitale nella storia della Francia.

TRACCIA TEMATICA
Il film si ispira alla storia vera di Marie Latour, l'ultima donna ad essere condannata alla ghigliottina il 30 luglio
1943. Per la Francia collaborazionista, totalmente asservita all'occupante tedesco, la sventurata Marie
diventò il capro espiatorio dell'umiliante sconfitta subita nella guerra contro la Germania, il simbolo di una
decadenza di costumi da reprimere in modo esemplare. Il governo filonazista e antisemita di Vichy si basava su
di un'ideologia clerico-fascista (ben richiamata nel film dall'accostamento della suora con la fotografia del generale
Pétain), improntata al recupero dei valori della tradizione rurale e del cattolicesimo più oscurantista ed orientata
verso l'esaltazione del ruolo fattrice della donna e della sua moralità come esempio per la società.

Marie è una persona istintiva e irriflessiva, ma anche semplice e sincera, del tutto incapace di valutare
eticamente le proprie azioni e lontana dall'attribuire ad esse una qualsiasi valenza negativa. Le sue scelte
sono funzionali all'accrescimento del benessere suo e dei suoi figli, il suo orizzonte non va oltre il desiderio di

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Affare di donne, Un

un'avventura che le dia l'emozione dell'innamoramento e il sogno innocente di diventare cantante.

Priva di cultura, intuisce, tuttavia, dopo la condanna, di essere vittima di un meccanismo assai più grande e
perverso delle piccole miserie quotidiane con cui conviveva. Durante il tremendo calvario carcerario in lei affiora
una primitiva coscienza di classe (considera che se fosse stata ricca non l'avrebbero arrestata) e la consapevolezza
di come il culto mariano possa essere utilizzato in una chiave contraria alla libertà e dignità della donna (la
scandalosa preghiera blasfema).

VALUTAZIONE CRITICA
Chabrol dissemina nel corso del film una serie di segnali che anticipano l'esito nefasto del percorso di Marie:
i coltelli in bella vista in cucina, la testa dell'oca mozzata da Lucien, l'accenno del figlio al mestiere del boia,
l'uomo misterioso con il volto insanguinato costituiscono evidenti riferimenti alla decapitazione che attende la
donna. Si direbbe che il regista abbia voluto sottolineare il carattere di fatale ineluttabilità del destino di morte
della protagonista, il suo essere vittima designata di una realtà che si era ingenuamente illusa di poter controllare
e volgere a suo vantaggio.

Una tragedia annunciata che trova la sua perfetta ambientazione nella Francia occupata dai tedeschi, che il
film ricostruisce con efficacia evocativa tramite i prevalenti toni grigi e lividi degli esterni e il cupo squallore degli
interni, culminante nell'oppressiva atmosfera del carcere.

Chabrol ci racconta una storia così coinvolgente con misurata gradazione narrativa e uno stile distaccato e
conciso, teso a raffreddare ogni asprezza drammatica, potendo contare sulla grande interpretazione di una
splendida Isabelle Huppert, qui al massimo delle sue possibilità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     L'occupazione tedesca della Francia durante la seconda guerra mondiale e la Repubblica di Vichy.

Diritto     La legislazione italiana sull'interruzione volontaria della gravidanza.

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Affondate la Bismarck

Affondate la Bismark!
TITOLO ORIGINALE Sink the Bismarck!
REGIA Lewis Gilbert 
SOGGETTO Dal romanzo di G.S. Forester
SCENEGGIATURA Edmund H. North
FOTOGRAFIA Christopher Challis (bianconero)
MUSICA Clifton Parker
MONTAGGIO Peter Hunt
INTERPRETI Kenneth Moore, Dana Wynter, Carl Mohner
PRODUZIONE John Brabourne per la Twenty Century Fox
DURATA 100'
ORIGINE Gran Bretagna, 1960
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Maggio, 1941. La grande corazzata tedesca Bismark ha iniziato a solcare i mari e presso l’ammiragliato
britannico a Londra giungono le prime notizie sulle navi inglesi affondate dai potenti cannoni del gioiello della
flotta germanica. Se la Bismark non sarà affondata, il transito dei convogli che dall’America riforniscono la
Gran Bretagna sarà seriamente compromesso. Da Churchill arriva un ordine perentorio: Affondate la Bismark!.
Gli ufficiali, che dal sotterraneo dell’ammiragliato britannico guidano le operazioni della flotta inglese, iniziano
da quel momento un’attività insonne per dare la caccia alla corazzata vanto della marina da guerra di Hitler.

 
TRACCIA TEMATICA
Il film rievoca una delle pagine più gloriose nella storia della marina britannica: l’affondamento della Bismark.
Tanto più importante in quanto costituisce un’inversione di tendenza rispetto ad un andamento della guerra sui mari
fino al quel momento sfavorevole agli inglesi.

All’infaticabile tenacia con cui il granitico capitano Shepard (ma anch’egli alla fine cede a quei sentimenti di cui
avrebbe voluto il totale azzeramento) persegue il suo obiettivo si contrappone il fanatico entusiasmo guerriero
dell’ammiraglio tedesco Lutjens, per il quale gli elogi del Fuhrer costituiscono motivo di smisurato orgoglio. Da
una parte, insomma, una determinazione ferrea, ma non disgiunta da una rassicurante dimensione umana (il
personaggio femminile di Anne si fa in un certo senso garante delle giuste esigenze del cuore e del sentimento),
dall’altra uno spirito combattivo estremo ed esaltato (e che il capitano Lindemann cerca in un qualche modo di
limitare), che in un film del 1960 (sono passati solo quindici anni dalla fine della guerra) doveva pur sempre
contrassegnare il militarismo nazista.

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Affondate la Bismarck

Ma più che fissare delle discriminanti morali e politiche, la preoccupazione principale del film sembra essere quella
di avvincere lo spettatore con la storia di una battaglia navale che assume quasi i contorni di una partita a
scacchi (lo stesso tavolo con i modellini delle navi suggerisce questa idea), di un vero e proprio gioco di intuito e
perspicacia, dove il fattore umano acquista un ruolo preminente rispetto alla potenza dei mezzi e alla
tecnologia.

 
VALUTAZIONE CRITICA
Affondate la Bismark! è la dimostrazione di come si possa realizzare un film bellico appassionante e coinvolgente
anche senza ricorrere al formato ad alta intensità spettacolare del kolossal di tradizione hollywoodiana. Lewis
ripropone così il meglio della tradizione del cinema medio britannico, capace di costruire solidi intrecci narrativi e
discrete sceneggiature con scarsità di mezzi economici. Del resto basta pensare a come una metà del film sia
ambientato in interni e buona parte dell’altra metà sia costituita da materiale documentaristico di autentiche scene
di battaglia ripescate nei ricchi archivi britannici, per arrivare alla conclusione che per fare del buon Cinema non
sono necessari gli effetti speciali computerizzati e il gigantismo scenografico.

Efficace ed incisivo, inoltre, risulta il modo con cui vengono presentate le fasi dei combattimenti, dove il rapido
montaggio basato su di una semplice struttura binaria (volto dell’ufficiale che ordina il fuoco–immagine
dell’esplosione contro la nave avversaria), scandita in un rapido susseguirsi di inquadrature, imprime un ritmo
incalzante all’azione; gustoso qualche tocco di garbato humour, come l’ammiraglio tedesco che muore con il
telegramma di Hitler in mano e il capitano Shepard che se ne va con il modellino della Bismark; un po’ zuccherosa
e approssimativa (una concessione alle signore che davanti ai film di guerra si annoiano?) la storia d’amore fra
l’ufficiale burbero, ma dal cuore tenero, e la troppo perfetta Anne.

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La Seconda Guerra Mondiale.

          B) La battaglia dell’Atlantico e la guerra dei convogli.

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Quarto potere

Quarto potere
TITOLO ORIGINALE Citizen Kane
REGIA Orson Welles
SOGGETTO E Herman J. Mankiewicz, Orson Welles
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Gregg Toland (bianconero)
MUSICA Bernard Herrmann
MONTAGGIO Mark Robson, Robert Wise
INTERPRETI Orson Welles, Joseph Cotten
PRODUZIONE Orson Welles per Mercury Productions
DURATA 119'
ORIGINE USA, 1941
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Quarto Potere

Stampa-Giornalismo/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Charles Forster Kane, magnate della stampa statunitense, prima di morire ha pronunciato la parola Rosabella.
Un giornalista inizia un'indagine per scoprire il significato di questo termine, venendo a contatto con le persone
più importanti della vita del grande capitalista. La biografia di Kane viene così ricostruita attraverso le più
diverse testimonianze, dall'addio alla sua famiglia adottiva all'acquisto del primo giornale, dalla scalata fallita
alla presidenza della repubblica alla reclusione volontaria nella fastosa villa di Xanadu. Alla fine della sua
ricerca il giornalista ha ripercorso le fasi salienti della vita di Kane, ma non ha scoperto nulla su Rosabella.

TRACCIA TEMATICA
Quarto potere è incentrato sull'analisi della controversa personalità di Kane, figura emblematica del
capitalismo americano, in grado di produrre enormi concentrazioni di ricchezza e di potere, specie quando
all'intraprendenza e allo spirito d'iniziativa si abbinano cinismo e spregiudicatezza.

Kane non è solo il padrone assoluto della carta stampata, ma anche un protagonista della vita pubblica
statunitense, che cerca di condizionare attraverso il controllo e la manipolazione dell'informazione (La gente pensa
quello che io voglio che pensi dice Kane), sullo sfondo dell'intreccio tra politica, potere economico e affarismo
che caratterizza la società americana.

Parallelamente all'immagine pubblica di Kane il film esplora la sua dimensione umana e privata, segnata da una
sfrenata propensione ad una narcisistica megalomania che lo porta a circondarsi di un kitsch sfarzoso e opprimente
e dal fallimento della sua vita sentimentale e dei rapporti d'amicizia. Kane muore solo e infelice, rimpiangendo la
slitta della sua infanzia, simbolo di un'innocenza irreparabilmente perduta.

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Quarto potere

VALUTAZIONE CRITICA
Quarto potere è considerato uno dei più grandi capolavori della storia del Cinema, anche se alla sua uscita nel
1941 non incontrò i favori del pubblico e suscitò violente polemiche a causa delle allusioni alla sua persona che
pensò di intravedere nel film William Randolph Hearst, magnate della stampa americana.

Welles ci racconta la storia di Kane attraverso una frantumazione narrativa basata sull'uso del flashback
(assolutamente nuova per quegli anni) e della focalizzazione interna, che condanna lo spettatore ad un sapere
parziale e spesso inattendibile (che ci costringe a riflettere sulla relatività del concetto di verità), salvo poi svelarci
l'enigma di Rosabella attraverso una splendida carrellata (oggettiva irreale) che spezza il soggettivismo della
memoria per esaltare il potere dell'arte cinematografica di penetrare nei misteri dell'animo umano assai più
di qualunque inchiesta giornalistica.

Quarto potere è anche un film in cui Welles sperimenta con eccezionali risultati espressivi una serie di novità
tecniche e linguistiche, come la profondità di campo, la marcata angolazione delle inquadrature, la sintesi di
lunghe frazioni temporali in pochi secondi, il grandangolo che deforma la percezione spaziale, la manipolazione
delle immagini così da farle sembrare veri cinegiornali. Si direbbe che la storia della comunicazione di massa e
l'insieme degli stili cinematografici della prima metà del Novecento confluiscano e si rimescolino in modo geniale
e mirabile in questo straordinario capolavoro.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La figura di William Randolph Hearst, magnate della stampa americana.

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Sommario registiM-Z

@
A-B-C-D -E-F -G-

HI-JK -L-M -NO-PQ

-R-S -T-UV-WY-Z
 


Madden John

Magni Luigi

Makhmalbaf Mohsen

Malick Terrence

Malle Louis

Manchevski Milcho

Mankiewicz Joseph

Mann Anthony

Mann Michael

Maoz Samuel

Martinelli Renzo

Martone Mario

Maselli Francesco

Mazurski Paul

Mazzacurati Carlo

McQueen Steve

Melville Jean-Pierre

Menges Chris

Menzel Jiri

Michalkov Nikita

Mihaileanu Radu

Milestone Lewis

Milius John

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Sommario registiM-Z

Miller Claude

Moccia Federico

Molinaro Edouard

Monicelli Mario

Montaldo Giuliano

Monteleone Enzo

Muccino Gabriele

Mullan Peter

Mulligan Robert

N-OÝ
Nair Mira

Nelson Ralph

Newell Mike

Nichetti Maurizio

Nichols Mike

O'Connor Pat

Olmi Ermanno

O'Sullivan Thaddeus

Ozpetek Ferzan

Oz Frank

P-QÝ
Pabst Georg Wilhelm

Pakula Alan

Palcy Euzhan

Panahi Jafar

Parker Alan

Peckinpah Sam

Penn Arthur

Petersen Wolfgang

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Sommario registiM-Z

Petri Elio

Piccioni Giuseppe

Pietrangeli Antonio

Pif

Placido Michele

Polanski Roman

Pollack Sidney

Pontecorvo Gillo

Ponzi Maurizio

Pozzessere Pasquale

Preminger Otto

Puccini Gianni


Ray Nicholas

Redford Robert

Reitman Jason

Reiner Rob

Renoir Jean

Reynolds Kevin

Ricciarelli Giulio

Richardson Tony

Risi Dino

Risi Marco

Risi Nelo

Ritt Martin

Rochant Eric

Rohmer Eric

Rosi Francesco

Ross Gary

Ross Herbert

Rossellini Roberto

Rossi Franco

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Sommario registiM-Z

Rossi Stuart Kim

Rothemund Marc

Rubini Sergio


Salles Walter

Salvatores Gabriele

Sayles John

Schaffner Franklin J.

Schatzberg Jerry

Schultz Michael

Schumacher Joel

Scola Ettore

Scorsese Martin

Scott Ridley

Serreau Coline

Shelton Ron

Sheridan Jim

Silverstein Elliot

Singer Bryan

Singleton John

Siodmak Robert

Smight Jack

Snyder Zack

Soderbergh Steven

Soldini Silvio

Solondz Todd

Spielberg Steven

Spottiswoode Roger

Squitieri Pasquale

Stevens George

Stone Oliver

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Sommario registiM-Z

Sverak Jan

Szabò Ivan


Tamahori Lee

Tanovic Danis

Tavernier Bertrand

Taviani Paolo e Vittorio

Techiné André

Till Eric

Trotta Margarethe von

Truffaut François

Trumbo Dalton

U-VÝ
Van Dormael Jaco

Vancini Florestano

Van Sant Gus

Varda Agnes

Verdone Carlo

Verheyde Sylvie

Vicari Daniele

Vidor King

Virzì Paolo

Visconti Luchino

Von Trier Lars

W-YÝ
Wajda Andrzej

Warchus Matthew

Wargnier Régis

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Sommario registiM-Z

Wayne John

Weir Peter

Welles Orson

Wicki Bernhard

Widerberg Bo

Wilder Billy

Wyler William

Winterbottom Michael

Wood Sam

Wortmann Sonke

Yimou Zhang


Zaccaro Maurizio

Zeffirelli Franco

Zinnemann Fred

Zonca Erick

Zwick Edward

Zurlini Valerio

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LETTERE 

A-L

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Adlon Percy

Adlon Percy
Germania (1935)

Ha esordito nel mondo dello spettacolo come attrice negli anni '60 e nel decennio successivo si è cimentata come
regista di documentari. Nel 1981 dirige il suo primo film, Celeste, ispirato alla domestica di Proust nella
Recherche, e nel 1986 si fa conoscere al pubblico italiano con il bel Sugar Baby. Ma è con Bagdad Café (1987),
Tucano d'0ro, premio Ocic e Fipresci al Festival di Rio De Janeiro, che raggiunge il successo internazionale. Nel
1988 con Rosalie va a far la spesa ripropone la sua attrice feticcio, la florida Marianna Sagenbrecht, nello stesso
ruolo di una donna indipendente e intraprendente, che l'aveva resa famosa nei film precedenti. Regista di indubbio
talento e originalità, la Adlon negli anni novanta non ha più incontrato i favori di critica e di pubblico che avevano
accompagnato le sue prime pellicole.

 
Celeste 1981

Sugar Baby 1985

Bagdad Cafè 1987

Rosalie va a far la spesa 1988

Salmonberries. A piedi nudi nella neve 1991

Younger & Younger 1994

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Alea Tomas G.

Alea Tomas Gutierrez


Cuba (1928)

Tabìo Juan Carlos


Cuba (1943)

Sono i due maggiori cineasti cubani viventi. Cresciuti entrambi alla scuola del documentarismo, mettono la loro
professionalità al servizio della rivoluzione castrista con opere che sostengono gli ideali socialisti della nuova
Cuba. Nel 1993 si fanno conoscere al pubblico internazionale con Fragola e cioccolato, un film che affronta con
coraggio, in una Cuba stremata dall'embargo e sempre più impermeabile alle riforme, il tema dell'omosessualità.
Anche il successivo Guantanamera (1995), presentato alla mostra di Venezia, affronta in chiave critica, attraverso
il filtro della commedia, la spinosa questione dell'ottuso burocratismo che asfissia la società cubana.

Fragola e cioccolato 1993

Guantanamera 1995

Lista d'attesa 2000 (diretto dal solo Tabio)

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Alessandrini Goffredo

Alessandrini Goffredo
Italia (1904-1978)

Compie studi di ingegneria in Inghilterra e di architettura in Italia. Inizia la carriera cinematografica come
assistente di Alessandro Blasetti e in seguito si trasferisce a Hollywood, dove lavora al doppiaggio. Tornato in
Italia esordisce nel 1931 con la scanzonata commedia La segretaria privata, che ottiene un grande successo, anche
per lo spregiudicato (per l’epoca e per il nostro paese) uso di alcuni stilemi del musical statunitense. Nel 1936
realizza quello che da alcuni critici è considerato il suo miglior film, Cavalleria, una crepuscolare rievocazione
dell’Italia all’inizio del secolo. Dal quel momento Alessandrini diventa un regista di regime, ponendo la propria
attività di al servizio della propaganda fascista con film di forte connotazione politico-patriottica, come Luciano
Serra pilota (1938) e Giarabub (1941). Nel dopoguerra subirà per qualche anno un’emarginazione causata dalla
sua compromissione con il passato regime e quando negli anni Cinquanta tornerà dietro la macchina da presa non
ritroverà più l’ispirazione delle sue opere migliori, rappresentate proprio da quei film di propaganda che,
nonostante la pesante ipoteca ideologica, gli avevano dato modo di esprimere uno spiccato talento figurativo e
scenografico.

La segretaria privata 1931

Seconda B 1934

Don Bosco 1935

Cavalleria 1936

Luciano Serra pilota 1938

Abuna Messias 1939

Giarabub 1941

Noi vivi-Addio, Kira! 1942

L’ebreo errante 1948

Camicie rosse 1952

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Allen Woody

Allen Woody
Stati Uniti (1935)

Ebreo newyorchese, Allen arriva al successo dopo un lungo apprendistato nel mondo dello spettacolo minore,
facendo l'intrattenitore e il gag man alla televisione e nei night club. Nella seconda metà degli anni sessanta debutta
con successo a teatro e appare con un ruolo secondario in Ciao Pussycat di C. Donner (1965), film di cui è
sceneggiatore. Nel 1969 esordisce come regista con Prendi i soldi e scappa, una gustosa parodia del genere
carcerario. Gli anni settanta sono dedicati soprattutto ad una rivisitazione in chiave comico-parodistica dei
principali generi hollywoodiani, sino a Io e Annie (1977) e Manhattan (1979), film nei quali s'impone
l'autobiografismo. Ed autobiografismo, più o meno mediato, e riflessione sul Cinema e il mondo dello spettacolo e
dei mass-media sono, a cominciare dagli anni ottanta, i due filoni tematici più frequentati. Quasi sempre interprete-
protagonista dei suoi film, a volte rinuncia a mettersi davanti alla macchina da presa, accontentandosi
esclusivamente di dirigere. Nascono così alcuni dei suoi lavori di più intensa penetrazione psicologica e riflessione
esistenziale, come Interiors (1978), Settembre, (1987) e Un'altra donna (1988). Pellicole queste in cui emerge il
filoeuropeismo della sua formazione cinematografica, che trova in registi come Bergman e Fellini i propri
riferimenti principali. Cinefilo e grande appassionato di cinema classico, Allen non ha rinunciato, nel corso della
sua carriera, a lavorare anche sulla struttura del linguaggio cinematografico, con film innovativi sul piano formale.
E' il caso dello psudodocumentario Zelig (1983) e del falso-amatoriale Mariti e Mogli (1992). Dietro la superficie
spesso comica e grottesca dei suoi film ha affrontato alcuni temi di grande rilevanza filosofica e morale: il senso
della vita, la nostalgia del passato, la ricerca di identità, il bisogno di assoluto, l'angoscia esistenziale e la difficoltà
dei rapporti umani. La leggerezza della confezione non è mai andata a detrimento della profondità. Regista capace
di rinnovarsi in continuazione, pur rimanendo sempre fedele a se stesso, Allen si è ormai consacrato come una
delle più grandi personalità artistiche del Novecento.

Prendi i soldi e scappa 1969

Il dittatore dello Stato libero di Bananas 1971

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e che non avete mai osato chiedere 1972

Il dormiglione 1973

Amore e guerra 1975

Io e Annie 1977

Interiors 1978

Manhattan 1979

Stardust Memories 1979

Una commedia sexy in una notte di mezza estate 1982

Zelig 1983

Brodway Danny Rose 1984

La rosa purpurea del Cairo 1985

Hannah e le sue sorelle 1986

Settembre 1987

Radio Days 1987

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg002.htm[12/07/2017 18:56:45]
Allen Woody

Un'altra donna 1988

Crimini e misfatti 1989

New York Stories (episodio: Edipo relitto) 1989

Alice 1990

Ombre e nebbia 1991

Mariti e mogli 1992

Misterioso omicidio a Manhattan 1993

Pallottole su Broadway 1994

La dea dell'amore 1995

Tutti dicono I Love You 1996

Harry a pezzi 1997

Celebrity 1998                                                     

Accordi e disaccordi 1999 

Criminali da strapazzo 2000

La maledizione dello scorpione di giada 2001                               

Hollywood Ending 2002

Anything Else 2003 

Melinda e Melinda 2004

Match Point 2005

Scoop 2006  

Sogni e delitti (2007)

Vicky Cristina Barcelona (2008)

Basta che funzioni  (2009)

Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni (2010)

Midnight in Paris (2011)

To Rome with Love (2012)

Blue Jasmine (2013)

Magic in the Moonlight (2014)

Irrational Man (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg002.htm[12/07/2017 18:56:45]
Allen Woody

(*Filmografia completa)

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Amelio Gianni

Amelio Gianni
Italia (1945)

Si forma negli anni sessanta lavorando come aiuto-regista in numerose produzioni televisive e televisivo sarà il
suo esordio con La fine del gioco, un film sperimentale del 1970. Esordisce nella regia cinematografica nel 1982
con Colpire al cuore, una riflessione complessa sul difficile rapporto fra padre e figlio negli anni del terrorismo.
Con I ragazzi di via Panisperna (1988), prodotto per la televisione e ridotto poi per il Cinema, affronta la
misteriosa vicenda della scomparsa del fisico Ettore Majorana negli anni '30, con un approccio originale, ricco di
suggestioni psicanalitiche e simboliche. E' la conferma che ci si trova di fronte ad un autore dalla forte personalità,
capace di avventurarsi in ambiti inesplorati dal sempre più asfittico cinema italiano degli anni '80. E' con Il ladro di
bambini, premiato a Cannes nel 1992, che si consacra come regista di statura internazionale. Con Così ridevano
vince nel 1998 il Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Sensibile alle problematiche civili e alla lezione
del neorealismo, Amelio si accosta alle prime privilegiando soprattutto la dimensione interiore ed umana dei
personaggi e rielaborando la seconda in modo personale e creativo. Il suo non è un cinema facile e compiacente nei
confronti dello spettatore. Spesso sospeso tra analisi sociale e denuncia politica da una parte ed atmosfere surreali e
decadenti dall'altra, legato ad uno stile scarno e rigoroso, antispettacolare, Amelio è uno dei pochi autori italiani in
grado di affrontare, i più drammatici problemi del presente e del passato.

Colpire al cuore 1982

I ragazzi di via Panisperna 1988

Porte aperte 1990  (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto Pacioli)

Il ladro di bambini 1992

Lamerica 1994  

Così ridevano 1998

Le chiavi di casa 2004

La stella che non c'è 2006

Il primo uomo (2011)

L'intrepido (2013)

Felice chi è diverso (2014) - Documentario

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg003.htm[12/07/2017 18:56:46]
alejandro amenabar

Amenàbar Alejandro
Cile (1972)

Nato da padre cileno e madre spagnola, la sua famiglia si trasferisce a Madrid nel 1973. Amenàbar studia alla
facoltà di Scienze dell’Informazione di Madrid, che lascia presto per dedicarsi al cinema. Il suo primo
lungometraggio Tesis (1995) ottiene in Spagna numerosi riconoscimenti. Il suo secondo film Apri gli occhi (1997)
riscuote un grande successo internazionale e Hollywood ne produce un remake, Vanilla Sky (2001) interpretato da
Tom Cruise e Penelope Cruz. Nel 2001 gira il suo primo film inglese The Others, una perturbante e suggestiva
storia di fantasmi. Nel 2004 si aggiudica alla 61 Mostra del Cinema di Venezia il Gran premio della Giuria e il
premio Oscar come Miglior Film straniero nel 2005 con Mare dentro, un film sulla vita di Ramon Sampedro, una
 persona completamente paralizzata agli arti  che chiede e ottiene di porre volontariamente fine alla propria
esistenza. Notevole interesse e clamore ha suscitato la sua ultima opera Agorà  (2009), sulla vita della filosofa
Ipazia vittima del fanatismo religioso. Regista eclettico, capace di misurarsi con generi assai distanti tra loro, dal
fantastico al realistico, dal gotico allo storico, Amenàbar si è perfettamente integrato nel sistema produttivo
hollywoodiano, conservando quelle caratteristiche di originalità e solidità narrativa che da sempre costituiscono la
sua qualità più spiccata.

  
 Tesis 1995

Apri gli occhi 1997

The Others 2001

Mare dentro 2004

Agorà 2009                                     (*) Filmografia completa

Regression (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2010-11/9framreg001.htm[12/07/2017 18:56:46]
carmine amoroso

Amoroso Carmine
(Italia, 1963)

 E’ stato allievo della scuola di drammaturgia di Eduardo De Filippo e negli anni Ottanta e Novanta ha svolto
un’intensa attività di sceneggiatore (tra le altre, sua è la sceneggiatura del film di successo di Mario Monicelli
Parenti serpenti). Esordisce nel 1996 con Come tu mi vuoi, primo film italiano a tematica transgender. Nel 2007 ha
diretto Cover Boy, film a basso costo girato in digitale, che racconta la storia di un tormentato rapporto tra un
ragazzo italiano ed un immigrato romeno. Particolarmente apprezzato nei festival cinematografici internazionali, il
film è stato distribuito in Italia a più di un anno dalla sua uscita.

Come tu mi vuoi 1996

Cover Boy 2007                                                      ( * Filmografia completa )

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2009-10/8framreg001.htm[12/07/2017 18:56:47]
Annakin Ken

Annakin Ken
Gran Bretagna (1914-2009)

Fece numerosi mestieri prima di approdare al Cinema, dove passò per una serie di ruoli, come quello di operatore e
di sceneggiatore, prima di intraprendere la regia. L’esordio nel lungometraggio a soggetto (in precedenza c’era
stata una discreta attività di documentarista) avviene nel 1947 con Campeggio estivo, film che inaugura una lunga e
prolifica carriera (circa 50 film), che lo consacra come uno dei più popolari registi inglesi del dopoguerra. Nel 1952
realizza quello che viene considerato il suo capolavoro Sangue bianco. Nel 1962 partecipa al kolossal bellico Il
giorno più lungo, dirigendo la parte inglese e nel 1965 ribadisce la sua predisposizione per questo tipo di genere
con La battaglia dei giganti. Il film di guerra, il comico e l’avventuroso sono gli ambiti nei quali ha saputo
esprimersi al meglio.

Campeggio estivo 1947

Doppia confessione 1950

La storia di Robin Hood 1952

Sangue bianco 1952

La spada e la rosa 1953

La valle dei Maori 1954

Tre uomini in barca 1956

La sfida del terzo uomo 1959

Robinson nell’isola dei corsari 1960

La signora Sprint 1962

Il giorno più lungo 1962

Quei temerari sulle macchine volanti 1965

La battaglia dei giganti 1965

Colpo grosso alla napoletana 1967

Il lungo duello 1967

Il richiamo della foresta 1972

Buona fortuna maggiore Bradbury 1976

Le nuove avventure di Pippi Calzelunghe 1988

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg001.htm[12/07/2017 18:56:47]
Annaud J.J.

Annaud Jean-Jacques
Francia (1943)

Dimostra precocemente il proprio amore per il Cinema, cominciando a girare già ad undici anni con una piccola
cinepresa. Diplomato all’Istituto per gli Alti Studi cinematografici di Parigi, si dedica agli spot pubblicitari (ne
realizza circa 500). Nel 1976 con la sua opera prima Bianco e nero a colori conquista l’Oscar come miglior film
straniero. Il successo vero e proprio su scala internazionale arriva, però, nel 1981 con La guerra del fuoco, opera di
grande inventiva ed originalità, che ha il merito di aver dato dignità cinematografica ad un argomento (la preistoria)
solitamente trascurato. Nel 1986 gli viene affidata la superproduzione Il nome della rosa, film in costume
d’ambientazione medioevale, tratto dal celebre romanzo di U. Eco. Nel 1997 gira Sette anni in Tibet, altro film ad
alto budget con il divo del momento Brad Pitt. Ormai Annaud si è affermato come regista versatile e di grande
mestiere, in grado di cimentarsi soprattutto con le grandi produzioni, che meglio mettono a frutto la sua particolare
predisposizione per un Cinema ad alto tasso di spettacolarità, più di confezione che di sostanza, patinato ed
accurato, ma povero d’ispirazione e talento.

Bianco e nero a colori 1976

La guerra del fuoco 1981

Il nome della rosa 1986

L’orso 1988

L’amante 1992

Sette anni in Tibet 1997

Il nemico alle porte 2001

Due fratelli 2004

Sa Majesté Minor (2007)

Il principe del deserto (2011)

L'ultimo lupo (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg002.htm[12/07/2017 18:56:48]
Apted Michael

Apted Michael
Gran Bretagna (1941)

Triplo eco 1973

Chiamami Aquila 1981

Gorky Park 1983

Gorilla nella nebbia 1988

Conflitto di classe 1990

Occhi nelle tenebre 1994

Nell 1994

Extreme Measures. Soluzioni estreme 1996

Vite difficili 1998

007 - Il mondo non basta 1999

Enigma 2001

Via dall'incubo 2002

Amazing Grace (2006)

Le cronache di Narnia - Il viaggio del veliero  2010)

Chasing Mavericks (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg004.htm[12/07/2017 18:56:48]
Aranda Vicente

Aranda Vicente
(Spagna 1926)

 Nel 1949 emigra in Venezuela. Nel 1959 fa ritorno in Spagna e a Barcellona fonda una piccola casa di
produzione. I suoi primi film sono censurati dal regime franchista, in particolare Fata Morgana (1966),
influenzato dal linguaggio della Nouvelle Vague. Aranda cambia genere e con l’horror Un abito da sposa
macchiato di sangue (1973) conquista il pubblico internazionale. Il suo film più famoso è sicuramente Amantes
(1991), un torbido e decadente noir, che svela quella vena di morboso erotismo che in tarda età sembra ormai
essere diventato l’interesse prevalente del regista.

Discontinuo e non eccelso, ma sempre dignitoso, Aranda esprime quel gusto ironico e grottesco per il macabro e
l’osceno, tipico della cultura spagnola e che, dopo la fine del regime franchista, ha potuto dispiegarsi nel Cinema
senza più remore ed inibizioni.

Fata Morgana 1966

Un abito da sposa macchiato di sangue 1973

Cambio di sesso 1976

Amantes 1991

L’amante bilingue 1993

Lo sguardo dell’altro 1997

Giovanna la pazza 2001

Carmen 2003

Tirante el Blanco (2006)

Canciones de amor en Lolita's Club (2007)

Luna Caliente (2009)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2005/5framreg001.htm[12/07/2017 18:56:49]
Archibugi Francesca

Archibugi Francesca
Italia (1960)

Diplomatasi al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, debutta con Mignon è partita nel 1988,
un'esplorazione amara e disincantata del mondo dell'adolescenza. Nel 1993 con Il grande cocomero, ispirato ai
metodi terapeutici di Marco Lombardo Radice, ottiene un buon successo. Ancora legato alle tematiche dell'infanzia
e alla crisi della famiglia il suo ultimo lavoro L'albero delle pere del 1998.

Mignon è partita 1988

Verso sera 1990

Il grande cocomero 1993

Con gli occhi chiusi 1994

La strana storia di Banda Sonora 1997

L'albero delle pere 1998

Domani 2001                                                                (*Filmografia completa)

Lezioni di volo (2006)

Questione di cuore (2009)

Il nome del figlio (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg005.htm[12/07/2017 18:56:49]
Ardolino Emile

Ardolino Emile
Stati Uniti (1943-1993)

Dirty Dancing 1987

Uno strano caso 1989

Tre scapoli e una bimba 1990

Sister Act. Una svitata in abito da suora 1992

Gypsy 1994

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg006.htm[12/07/2017 18:56:50]
Sommario registi A-L

A-B-C-D -E-F -G-

HI-JK -L-M -NO-PQ

-R-S -T-UV-WY-Z
 


Adlon Percy

Alea Tomas Gutierrez -


Tabìo Juan Carlos

Alessandrini Goffredo

Allen Woody

Amelio Gianni

Amenabar Alejandro

Amoroso Carmine

Annakin Ken

Annaud Jean Jacques

Apted Michael

Aranda Vicente

Archibugi Francesca

Ardolino Emile

Ashby Hal

Assayas Olivier

Attenborough Richard

August Bille

Autant-Lara Claude

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/aasomreg000a.htm[12/07/2017 18:58:21]
Sommario registi A-L

Avati Pupi

Avnet Jon


Badham John

Baldoni Sandro

Banderas Antonio

Barbareschi Luca

Bay Michael

Beatty Warren

Bechis Marco

Bellocchio Marco

Benigni Roberto

Bentivoglio Fabrizio

Benvenuti Alessandro

Beresford Bruce

Bergman Ingmar

Bertolucci Bernardo

Bertolucci Giuseppe

Besson Luc

Bigelow Kathryn

Blasetti Alessandro

Bodrov Sergej

Bogdanovich Peter

Bolognini Mauro

Boorman John

Boyle Danny

Branagh Kenneth

Brooks L.James

Brooks Richard

Brusati Franco

Burton Tim

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/aasomreg000a.htm[12/07/2017 18:58:21]
Sommario registi A-L


Calogero Francesco

Cameron James

Campion Jane

Capra Frank

Caton-Johnes Michael

Chabrol Claude

Chaplin Charles

Chéreau Patrice

Chiesa Guido

Cimino Michael

Clooney George

Coletti Duilio

Comencini Cristina

Comencini Francesca

Comencini Luigi

Coppola Francis Ford

Coppola Sofia

Corman Roger

Cosmatos George Pan

Costa Gavras
Constantin

Costanzo Saverio

Costner Kevin

Crialese Emanuele

Cromwell John

Crowe Cameron

Curtiz Michael


Damiani Damiano

Dante Joe

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/aasomreg000a.htm[12/07/2017 18:58:21]
Sommario registi A-L

Dardenne Luc e Jean


Pierre

Davis Terence

De Concini Ennio

De Niro Robert

De Palma Brian

De Santis Giuseppe

De Sica Vittorio

Delvaux André

Demme Johnathan

Diritti Giorgio

Dmytryk Edward

Donaldson Roger

Dornhelm Robert

Dreyer Carl Theodor

Du Vernay Ava


Eastwood Clint

Edel Ulrich

Ejzenstejn Sergej

Emmer Luciano

Emmerich Roland

Estevez Emilio


Faenza Roberto

Fassbinder Rainer
Werner

Fellini Federico

Ferrara Abel

Ferrara Giuseppe

Ferrario Davide

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/aasomreg000a.htm[12/07/2017 18:58:21]
Sommario registi A-L

Finch Nigel

Fleischer Richard

Fleming Victor

Folman Ari

Ford John

Forman Milos

Forster Marc

Forzano Gioacchino

Frankenheimer John

Frears Stephen

Fuller Samuel


Gallone Carmine

Gansel Dennis

Garrone Matteo

Genina Augusto

Germi Pietro

Gibson Mel

Gilbert Brian

Giordana Marco Tullio

Gitai Amos

Greengrass Paul

Guédiguian Robert

Guillermin John

H-IÝ
Hallstrom Lasse

Hamilton Guy

Hathaway Henry

Henckel von
Donnersmark Florian

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/aasomreg000a.htm[12/07/2017 18:58:21]
Sommario registi A-L

Herman Mark

Herzog Werner

Hill Walter

Hiller Arthur

Hogan Paul

Holland Agniezska

Howard Ron

Hudson Hugh

Huston John

Hytner Nicholas

Ichikawa Kon

Ivory James

J-KÝ
Jackson Mick

Jackson Peter

Jeunet Jean Pierre

Jewison Norman

Joffé Roland

Jordan Neil

Kaplan Johnathan

Kapur Shekhar

Kassovitz Mathieu

Kazan Elia

Kitano Takeshi

Konchalovsky Andrej

Korine Harmony

Kramer Stanley

Kubrick Stanley


Labate Wilma

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/aasomreg000a.htm[12/07/2017 18:58:21]
Sommario registi A-L

Labute Neil

Lattuada Alberto

Lean David

Leconte Patrice

Lee Ang

Lee Spike

Leigh Mike

Leland David

Levinson Barry

Lewis Gilbert

Lioret Philippe

Lizzani Carlo

Loach Ken

Losey Joseph

Loy Nanni

Lucas George

Luchetti Daniele

Luhrmann Baz

Lumet Sidney

Lynch David

Lyne Adrian

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M-Z
 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/aasomreg000a.htm[12/07/2017 18:58:21]
Madden John

Madden John
Gran Bretagna (1949)

Ha cominciato la carriera come regista teatrale per poi passare alla televisione e alla radio. Nel 1975 si è trasferito
negli Stati Uniti e nel 1992 ha esordito al Cinema con Ethan Frome-La storia di un amore proibito, tratto da un
racconto della scrittrice americana Edith Warton. Il film cui deve la propria celebrità è Shakespeare in Love (1998),
una fantasiosa rivisitazione della vita del grande commediografo britannico che ha ottenuto un grande successo di
pubblico. Ultimamente a Madden è stata affidata la regia di Il mandolino del capitano Corelli, una pellicola sul
massacro dei soldati italiani nell’isola greca di Cefalonia nel 1943.

Ethan Frome- La storia di un amore 1992

Promise Land 1993

Golden Gate 1994

La mia regina 1997

Shakespeare in Love 1998

The Replacementes 2000

Il mandolino del capitano Corelli 2001                              (*) Filmografia completa

Proof - La prova (2005)

Killshot (2008)

Il debito (2010)

Marigold Hotel (2012)

Ritorno al Marigold Hotel (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg040.htm[12/07/2017 18:58:22]
Magni Luigi

Magni Luigi
Italia (1928-2013)

Prima di arrivare alla regia lavora come sceneggiatore e autore teatrale. Il suo esordio dietro la macchina da presa
avviene nel 1968 con Faustina, dove mette in luce quella spiccata predisposizione per le ricostruzioni storiche
ambientate a Roma, che sarà una costante delle sue opere migliori. Il suo primo successo è Nell'anno del Signore
(1970), una rievocazione storica della Roma papalina d'inizio Ottocento di solido impianto narrativo e di sorridente
ironia, impregnata degli umori della commedia all'italiana. Con In nome del Papa Re (1977), altro affondo storico
nella Roma ottocentesca ormai vicina alla fine del potere temporale, ripete il successo di pubblico del film
precedente, soprattutto grazie ad una grande prova d'attore di Nino Manfredi. Negli anni successivi prosegue nello
stesso filone, senza però raggiungere mai i risultati precedenti.

Faustina 1968

Nell'anno del Signore 1970

La Tosca 1973

Signore e signori buonanotte 1976

Basta che non si sappia in giro 1976

In nome del Papa Re 1977

Un'avventura a Campo de' Fiori 1980

State buoni se potete 1983

Secondo Ponzio Pilato 1987

O'Re 1989

In nome del popolo sovrano 1990

Nemici d'infanzia 1995

La carbonara 1999

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg041.htm[12/07/2017 18:58:23]
Malick Terrence

Malick Terrence
Stati Uniti (1945)

Ha studiato lettere a Harvard e Cinema all’AFI. Operaio nei pozzi di petrolio, professore di filosofia, giornalista,
sceneggiatore, prima di approdare alla regia (attività per altro cui ha dedicato solo una parte della propria vita),
Malick costituisce una dei personaggi più originali ed affascinanti del mondo culturale, prima ancora che
cinematografico, statunitense. Esordisce nel 1974 con La rabbia giovane, un suggestivo e intenso road–movie che
racconta di due adolescenti che si lasciano dietro una scia sanguinosa di omicidi. Nel 1979 presenta al festival di
Cannes I giorni del cielo, per il quale vince il Premio Speciale per la regia. Costato enormemente di più rispetto ai
300.000 dollari stanziati dalla produzione, il film fallì al botteghino negli USA e non ottenne sorte migliore in
Europa, nonostante in esso emergesse già la grande attenzione del regista nei confronti del paesaggio naturale, reso
con raffinatissima sensibilità figurativa. Appare già evidente come Malick, sia una personalità artistica di grande
spessore, tale da rendersi inconciliabile con le esigenze spettacolari dell’industria hollywoodiana. E’ anche per
questa difesa della propria identità ed indipendenza di autore che Malick si impone quasi vent’anni di silenzio,
tornando a girare un film soltanto nel 1998. Si tratta dell’indiscusso capolavoro La sottile linea rossa, un bellico
assolutamente anomalo nel panorama del filone di guerra. Con il supporto di un grande budget e con la
partecipazione (in alcuni casi anche solo per una breve apparizione) di molti tra i più famosi attori americani del
momento, il regista compone una mirabile tramatura di immagini e voce off, forse unica nella storia del Cinema,
esprimendo con rara tensione morale e lirica il proprio trepidante e angoscioso sgomento di fronte alla presenza del
Male nel mondo.

La rabbia giovane 1974

I giorni del cielo 1979

La sottile linea rossa 1998  

Il nuovo mondo 2006                                      (*Filmografia completa)

The Tree of Life (2011)

To the Wonder (2012)

Knight of Cups (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg079.htm[12/07/2017 18:58:23]
Malle Louis

Malle Louis
Francia (1932-1995)

Frequenta l’università del Cinema di Parigi e diventa aiuto-regista di R. Bresson. Esordisce nel 1957 con
Ascensore per il patibolo, un thriller teso e nervoso. Nel 1959 con Les amants, una storia d’amore con alcune
scene erotiche forse troppo audaci per quel tempo, suscita scandalo al Festival di Venezia, mentre l’anno dopo con
l’originale Zazie nel metrò offre un saggio di trasgressione del linguaggio tradizionale alla Nouvelle vague. Negli
anni successivi Malle abbandona le sperimentazioni formali per tornare ad un cinema più tradizionale, anche se
sempre attraversato dalla centralità di personaggi irrequieti e scomodi, in contrasto con la società circostante.
Figure apparentemente negative (ladri, prostitute, falliti, collaborazionisti del nazismo ecc.) che riescono a trovare
la via del riscatto. Nel 1987 con Arrivederci ragazzi, una crepuscolare rievocazione di un ricordo d'adolescenza,
vince il Leone d'Oro alla mostra del Cinema di Venezia.Nel corso della sua carriera Malle ha dimostrato la capacità
di saper adattare il proprio Cinema a temi e suggestioni di diversa natura, sempre preoccupato però della qualità
formale dell’immagine (i suoi film solo molti attenti alla dimensione figurativa) e senza mai abbandonare la
polemica antiborghese che attraversa quasi tutta la sua filmografia.

Ascensore per il patibolo 1957

Les amantes 1958

Zazie nel metrò 1960

Fuoco fatuo 1963

Il ladro di Parigi 1967

Soffio al cuore 1970

Cognome e nome: Lacombe Lucien 1974

Pretty Baby 1978

Atlantic City 1980

Alamo Bay 1985

Arrivederci ragazzi 1987

Milou a maggio 1989

Il danno 1992

Vanya sulla Quarantaduesima strada 1994

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg062.htm[12/07/2017 18:58:24]
Manchevski Milcho

Manchevski Milcho
Yugoslavia (1959)

Nato in Macedonia, si trasferisce negli USA, dove si laurea in cinematografia alla Southern Illinois University
nell''82. Prima di girare un lungometraggio di finzione, ha diretto circa una trentina di videoclip e spot
pubblicitari, ricevendo numerosi premi. Il suo esordio da regista è clamoroso: con Prima della pioggia vince nel
1994 il Leone d'Oro alla mostra di Venezia. Si tratta di un film a suo modo autobiografico, che affronta la scottante
tematica del conflitto etnico nella martoriata ExYugoslavia. Da allora Manchevski lavora ad un progetto di film
western.

 
Prima della pioggia 1994

Dust 2001                                 *Filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/28.htm[12/07/2017 18:58:24]
Mankiewicz Joseph

Mankiewicz, Joseph
Stati Uniti (1909-1993)

Prima di arrivare alla regia lavora a lungo a Hollywood come sceneggiatore, ottenendo in questa veste un oscar
nel 1934 con Le due strade di W. S. Van Dyke, e come produttore, attività nella quale si distingue nella
realizzazione di pellicole di grande successo. Il suo primo film dietro la macchina da presa è Il castello di
Dragonwyck (1946), un gotico suggestivo e raffinato, cui segue l’anno successivo il romantico e fantastico Il
fantasma e la signora Muir. Ormai consacrato come uno dei maggiori cineasti americani dirige nel 1949 Lettera a
tre mogli, psicodramma borghese sul rapporto di coppia e le sue difficoltà risolto con il tono leggero e acuto della
commedia, e realizza con Eva contro Eva (1950), amaro apologo sul carrierismo nel mondo dello spettacolo, quello
che forse è il suo capolavoro. Negli anni successivi Mankiewicz rivela tutta la sua capacità di esprimere il suo
grande talento registico cimentandosi in generi molto diversi tra loro, passando dallo scespiriano Giulio Cesare
(1953) al musical Bulli e pupe (1953), dallo storico Cleopatra (1963), kolossal dalla vita molto difficoltosa che
segna la fine di un’epoca di fastose superproduzioni, al giallo bizzarro ed ironico come Gli insospettabili (1972).
Estremamente attento alla qualità dei dialoghi (la sua formazione come sceneggiatore si fece sempre sentire),
raffinato nella messa in scena e abile direttore di attori, ha posto al centro del proprio interesse più che la storia il
personaggio, analizzato soprattutto nel suo scontro drammatico con il mondo circostante per affermare la propria
personalità e il diritto alla realizzazione dei propri desideri.

Il castello di Dragonwyck 1946

Il bandito senza nome 1946

Schiavo del passato 1947

Il fantasma e la signora Muir 1947

Il fuggitivo 1948

Lettera a tre mogli 1949

Amaro destino 1949

Uomo bianco, tu vivrai 1950

Eva contro Eva 1950

La gente mormora 1951

Operazione Cicero 1952

Giulio Cesare 1953

La contessa scalza 1954

Bulli e pupe 1955

Un americano tranquillo 1957

Improvvisamente l’estate scorsa 1959

Cleopatra 1963

Masquerade 1967

Uomini e cobra 1970

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg042.htm[12/07/2017 18:58:25]
Mankiewicz Joseph

Gli insospettabili 1972

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg042.htm[12/07/2017 18:58:25]
Anthony Mann

Mann Anthony
(Stati Uniti 1906-1967)

 Fin dall’adolescenza lavora nel mondo dello spettacolo, come impresario teatrale e regista di commedie a
Broadway. Mann diventa celebre solo negli anni Cinquanta quando realizza cinque grandi film di genere western
in sodalizio con l’attore James Stewart, tra cui ricordiamo Winchester ‘73 (1950), Là dove scende il fiume (1952),
L’uomo di Laramie (1955). Da queste indimenticabili pellicole emerge uno spiccato sentimento del paesaggio, un
attento lavoro psicologico sui personaggi e la centralità di una figura d’eroe crepuscolare e solitario, cha anela ad
una pace e tranquillità che non riesce a raggiungere. Ammirato e celebrato in Europa come uno dei maggiori
“autori” statunitensi si trasferisce nel vecchio continente dopo il 1960, dove gli vengono affidate delle
superproduzioni, come El Cid (1961) e La caduta dell’impero romano (1964), dagli esiti modesti. 

La caduta dell’impero romano 1964

Miami Vice (2006)

Nemico pubblico - Public Enemies (2009)

Blackhat (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2005/5framreg014.htm[12/07/2017 18:58:25]
Michael Mann

Mann Michael
(Stati Uniti, 1943)

 Studia in Inghilterra alla London Film School e dopo qualche piccolo ruolo come attore esordisce alla regia nel
1979 con un film-TV, Jericho Mile, ma l’anno decisivo per la sua carriera è il 1981 quando con il poliziesco Strade
violente ottiene un buon successo. Per circa un decennio dirige la popolare serie televisiva Miami Vice. Il suo
ritorno al cinema lo vede impegnato sempre con film di grande successo, fra cui ricordiamo L’ultimo dei Mohicani
(1992), La sfida (1995), The Insider (1999), nel quale il regista mette sotto accusa le grandi multinazionali del
tabacco, e il noir Collateral (2004). Capace di attraversare generi e temi diversi, Mann esprime il meglio quando
può raccontare vicende e personaggi estremi, riuscendo sempre a imprimere ai suoi film una tensione vibrante e
ansiogena, che non dà respiro allo spettatore costretto a forti emozioni e a poderosi impatti visivi. Impeccabile la
tecnica di montaggio di inquadrature sempre ben studiate e calibrate ed ottima la combinazione immagini e
musica.

Jericho Mile (1979)

Strade violente (1981)

La fortezza (1983)

Manhunter-Frammenti di un omicidio (1986)

Sei solo, agente Vincente (1989)

L’ultimo dei Mohicani (1992)

La sfida (1995)

Insider-Dietro la verità (1999)

Alì (2001)

Collateral (2004)                                                    *Filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2005/5framreg015.htm[12/07/2017 18:58:26]
samuel maoz

Maoz Samuel
Israele (1962)

 Studia cinematografia al Beit Tizi di Tel Aviv. Nel 1982 partecipa all’invasione del Libano a soli vent’anni. Come
il suo connazionale Ali Folman autore di Valzer con Bashir (2008), molti anni dopo avverte l’esigenza morale di
rievocare la sua esperienza bellica con la sua opera prima Lebanon, che viene premiato alla  Mostra del Cinema di
Venezia del 2009 con il Leone d’Oro. Film di asciutta e angosciante claustrofobia, Lebanon è destinato a diventare
un classico del cinema antimilitarista e pacifista.

Lebanon 2009                                       (*) Filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2010-11/9framreg006.htm[12/07/2017 18:58:26]
Martinelli Renzo

Martinelli Renzo
Italia (1948)

Laureato in Lingue e letterature straniere si è specializzato in cinematografia alla Scuola Superiore di


Comunicazioni Sociali dell’Università Cattolica di Milano. Negli anni Settanta ha realizzato videoclip e spot
pubblicitari, producendo contemporaneamente numerosi servizi per la televisione di Stato. Ha esordito al Cinema
nel 1994 con Sarahsarà. Lascia il segno, però, soltanto con la sua opera seconda Porzus (1997), presentata alla
Mostra del Cinema di Venezia, dove suscita polemiche a causa della riesumazione di un discusso episodio della
Resistenza friulana che vede i partigiani comunisti locali sul banco degli accusati per una strage di partigiani
cattolici. La predisposizione del regista per il Cinema di denuncia e di inchiesta si conferma con il successivo
Vajont (2001), che rievoca la tragica catastrofe avvenuta il 9 ottobre 1963. Attualmente Martinelli è impegnato
nella lavorazione di Piazza delle cinque lune, una ricostruzione del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro.

Sarahsarà 1994

Porzus 1997

Vajont 2001

Piazza delle cinque lune 2003

Il mercante di pietre 2006

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2002/4framreg008.htm[12/07/2017 18:58:27]
Martone Mario

Martone Mario

(Italia, 1959)

Nato a Napoli, inizia la sua carriera artistica nel teatro e allestisce il suo primo spettacolo, Faust o la quadratura del
cerchio, nel 1976. Due anni più tardi, grazie ai fondi e agli spazi messi a disposizione dall'Università, nel dicembre
del 1977, fonda il gruppo Nobili di Rosa, che nel 1979 diventa Falso Movimento. Tra le sue rappresentazioni Otello
nel 1982, Coltelli nel cuore nel 1986 da Brecht, Ritorno ad Alphaville da Godard nel 1986. Sempre nel 1986 il
gruppo "Falso Movimento" si fonde con il Teatro dei Mutamenti di Antonio Neiwiller e il "Teatro Studio" di
Caserta di Toni Servillo, dando origine a Teatri Uniti. Martone alternerà sempre l’attività teatrale con quella
cinematografica. Dal 2007 è direttore del Teatro Stabile di Torino, carica che ricopre tuttora.
Esordisce nella regia cinematografica nel 1992 con Morte di un matematico napoletano, storia del matematico
Renato Caccioppoli, che gli vale il Gran premio della giuria alla Mostra di Venezia.
Tre anni dopo realizza il suo secondo film: L'amore molesto, in concorso al Festival di Cannes e vincitore del
David di Donatello. In queste due prime opere si evidenzia una dimensione registica orientata verso uno stile secco
ed essenziale ed uno stretto collegamento con gli scenari e le atmosfere la città di Napoli nella quale sono
ambientati entrambi i film..
Con Noi Credevamo del 2010 il regista allarga la visuale all’intero mezzogiorno italiano, rievocando alcune pagine
poco conosciute del Risorgimento democratico-mazziniano sullo sfondo di una rievocazione in chiave critica di
quella pagina di storia nazionale.
Nel 2014 presenta al festival di Venezia Il giovane favoloso, la prima biografia cinematografica del grande poeta
recanatese.
 

  
Filmografia completa

Morte di un matematico napoletano (1992)


Rasoi (1993)
Antonio Mastronunzio pittore sannita, episodio del film collettivo Miracoli (1994)
L'amore molesto (1995)
La salita, episodio del film collettivo I vesuviani (1997)
Teatro di guerra (1998)
L'odore del sangue (2004)
Noi credevamo (2010)
Il giovane favoloso (2014)
 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2016/10framreg008.htm[12/07/2017 18:58:28]
Maselli Francesco

Maselli Francesco
Italia (1930)

Si diploma a 19 anni al Centro Sperimentale di Cinematografia e comincia a lavorare come assistente di registi
importanti come L. Chiarini e M. Antonioni. Nel 1955 gira il suo primo film Gli sbandati, una storia di alcuni
giovani borghesi di fronte alle difficili scelte del dopo 8 settembre 1943. Un film che mette in luce l'inclinazione
del regista verso un'idea di Cinema nutrita di una narratività tradizionale, ma ancorata ad una solida
consapevolezza politica. Nei successivi I delfini (1960) e Gli indifferenti (1963) si accentua il polemismo
antiborghese che caratterizza buona parte delle sue prime opere. Negli ultimi anni, attenuatisi i furori ideologici,
Maselli è andato orientandosi verso film tematicamente più problematici e più ricercati dal punto di vista
linguistico, come Storia d'amore (1986), un tentativo di esplorazione dell'universo proletario postsessantottino e
Cronache del terzo millennio (1996), un'allucinata allegoria in chiave surreale sul destino degli oppressi in un
futuro che è già oggi.

 Gli sbandati 1955

I delfini 1960

Gli indifferenti 1964 (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto
Pacioli)

Lettera aperta a un giornale della sera 1970

Il sospetto 1975

Storia d'amore 1986

Codice privato 1988

Il segreto 1989

L'alba 1990

Cronache del terzo millennio 1996

Il compagno 1999

Civico zero (2007)

Le ombre rosse (2009)

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Mazurski Paul

Mazursky Paul
Stati Uniti (1930-2014)

Di origini ebraiche si forma nei cabaret di Greenwich Village (il quartiere newyorchese degli artisti e degli
intellettuali), iniziando la carriera cinematografica come attore. Dopo aver svolto l’attività di sceneggiatore,
esordisce come regista nel 1969 con Bob & Carol & Ted & Alice, una garbata commedia sull’evoluzione dei
costumi sessuali nella società americana. Ben presto emerge come uno dei rappresentanti più importanti della
cosiddetta Scuola newyorchese, una tendenza cinematografica che, in contrasto con il Cinema spettacolare e
divistico hollywoodiano, propone scene di vita quotidiana della metropoli della east coast, legate a storie di gente
comune, con un piglio realista di stampo più europeo che americano (evidente il riferimento alla Nouvelle Vague
francese). Nel 1976 con l’autobiografico Stop a Greenwich Village dirige quello che viene considerato il suo
capolavoro. Anche il successivo Una donna tutta sola (1977) si distingue per penetrazione psicologica e spigliato
tono da commedia. Da questo momento si può dire che inizi la fase calante del regista, che negli anni successivi
non riesce più a trovare, pur realizzando film più che dignitosi e di buona fattura, l’incisività e il piglio innovativo
delle pellicole degli esordi.

Bob & Carol & Ted & Alice 1969

Harry e Tonto 1974

Stop a Greenwich Village 1976

Una donna tutta sola 1977

Io, Wille e Phil 1980

Tempesta 1982

Mosca a New York 1984

Su e giù per Beverly Hills 1986

Il dittatore del Parador in arte Jack 1988

Nemici, una storia d’amore 1989

Storie di amori e infedeltà 1991

Buona sfortuna, Mr. Stone 1993

Infedeli per sempre 1996

Winchell 1998

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Mazzacurati Carlo

Mazzacurati Carlo
Italia (1956-2014)

Studia al Dams (Dipartimento Arte, Musica Spettacolo) di Bologna e impegna l'eredità per girare Vagabondi
(1979). Nel 1987 la Sacher di Nanni Moretti gli produce Notte italiana, un giallo padano fatto di atmosfere
ambigue, incentrate su un sapiente uso del paesaggio (specialmente quello del suo Veneto). Nel 1994 con Il toro,
un inconsueto road-movie ambientato nell'est Europeo, vince il Leone d'Argento alla Mostra del Cinema di
Venezia. Mazzacurati ama porre al centro del proprio Cinema individui in crisi, che nell'incontro-scontro con altre
persone e altri ambienti cercano una qualche risposta al loro malessere materiale o esistenziale. Pur attraverso una
carriera discontinua, il regista padovano si è affermato come uno dei talenti più interessanti del Cinema italiano
contemporaneo.

Vagabondi 1979

Notte italiana 1987

Il prete bello 1989

Un'altra vita 1992

Il toro 1994

Vesna va veloce 1996

L'estate di Davide 1998         

La lingua del santo 2000  

A cavallo della tigre 2002

L'amore ritrovato 2004

La giusta distanza  2007                                                                               (*Filmografia completa))

La passione (2010)

La sedia della felicità (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/29.htm[12/07/2017 18:58:29]
McQueen Steve

McQueen Steve

(Gran Bretagna, 1969)


 

Regista di colore, McQueen ha studiato al Chelsea College of Art and Design e al Goldsmiths College. Lasciato
quest'ultimo nel 1993, ha frequentato la Tisch School di New York.
Prima di cimentarsi col suo primo lungometraggio, nel 2007 espone le proprie opere alla 52° Biennale di Arti
Visive di Venezia.
Si fa quindi conoscere a livello internazionale nel maggio 2008, quando il suo film Hunger partecipa in concorso al
61º Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard. In quest'occasione la pellicola viene premiata con la
Caméra d'Or per la miglior opera prima.
Nel 2011 il regista dirige il suo secondo lungometraggio: Shame, film presentato in concorso alla 68ª Mostra
internazionale d'arte cinematografica di Venezia, dove il protagonista, Michael Fassbender, alla seconda
collaborazione col regista, vince la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.
Nel 2013 è la volta di 12 anni schiavo, film che narra la storia vera di Solomon Northup, un uomo di colore libero
che viene rapito nel 1841 e venduto in schiavitù per lavorare nelle piantagioni in Louisiana.. Il film riceve i più
importanti riconoscimenti tra cui tre premi Oscar. In questa occasione McQueen riceve anche la sua prima
nomination come Miglior regista.

Filmografia completa

Hunger (2008)
Shame (2011)
12 anni schiavo (2013)
 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2016/10framreg009.htm[12/07/2017 18:58:30]
Melville Jean-Pierre

Melville Jean-Pierre
Francia (1917-1973)

Jean-Pierre Grumbach (Melville è uno pseudonimo assunto in gioventù in onore dello scrittore americano autore di
Moby Dick) partecipa alla Seconda Guerra Mondiale, riparando in Inghilterra dopo la resa della Francia ai tedeschi
nel 1940. Arruolato nelle truppe della Francia Libera del generale De Gaulle combatte in Nordafrica e in Italia.
Tornato a Parigi fonda una società di produzione e nel 1948 gira il suo primo film a soggetto Il silenzio del mare,
realizzato in ristrettezze di mezzi e con attori in parte non professionisti. Nel 1955 dirige Bob le flambeur, opera
che risente in modo manifesto dell’influenza del Cinema americano e del genere gangster in particolare,
riferimento che da quel momento sarà fondamentale nella filmografia del regista. E’ soprattutto il B-movie noir,
che Melville assume come modello, rivisitandolo alla luce di un sentimento sottilmente malinconico e crepuscolare
dell’esistenza, intriso di una fatalistica e disincantata accettazione di un destino di morte e di sconfitta. Spesso gli
eroi (o meglio gli antieroi) dei suoi film sono dei perdenti con la consapevolezza di esserlo, dotati di un solido
codice d’onore che conferisce loro una specie di nobile dignità. E’ il caso del solitario protagonista di Frank
Costello, faccia d’angelo (1967) o del gruppo di ladri professionisti di I senza nome (1970), che cercano nella
realizzazione di un audace furto, più che i soldi del bottino, una sfida con se stessi che dia un senso alla loro
identità appannata di criminali. Nel corso degli anni Melville è andato affinando uno stile sempre più personale,
riconoscibile per l’asciutta essenzialità della progressione narrativa e la sobria parsimonia dei dialoghi. Nonostante
abbia diretto prevalentemente thriller, e quindi film incentrati sull’azione e la suspense, il suo Cinema è diventato
quasi sinonimo di sottrazione emotiva (i suoi film tendono a raffreddare piuttosto che a intensificare le emozioni) e
di puritano rigore espressivo (è assente ogni ricercatezza formale e non c’è traccia di effettismo o compiacimento
tecnico). Si può affermare che tutto il Cinema francese di genere noir e gangsteristico di scuola americana debba
moltissimo alla lezione di Melville.

Il silenzio del mare 1948

Les enfants terribles 1949

Labbra proibite 1953

Bob le flambeur 1955

Le jene del quarto potere 1958

Léon Morin, prete 1961

Lo spione 1962

Lo sciacallo 1962

Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide 1966

Frank Costello, faccia d’angelo 1967

L’armata degli eroi 1969

I senza nome 1970

Notte sulla città 1973                                     (*) Filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg044.htm[12/07/2017 18:58:31]
Menges Chris

Menges Chris
Gran Bretagna

Inizia la sua carriera negli anni 60 come documentarista, occupandosi fra l'altro anche dei conflitti razziali in
Sudafrica. Diventa più tardi uno dei più apprezzati direttori della fotografia a livello mondiale. Sua la fotografia di
film di successo come Urla del silenzio (1984) e Mission (1986), entrambi di R. Joffé, per i quali è premiato con
l'Oscar. Esordisce alla regia nel 1988 con Un mondo a parte, una denuncia dell'apartheid sudafricano vista
attraverso gli occhi di un'adolescente, che riscuote buona accoglienza presso la critica.

 
Un mondo a parte 1988

Un padre in prestito 1994

Il figlio perduto-The Lost Son 1999

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/30.htm[12/07/2017 18:58:31]
Menzel Jiri

Menzel Jiri
Cecoslovacchia (1938)

Si diploma nel 1962 alla Scuola di Cinema di Praga. Nel 1965 firma come regista un episodio del film collettivo
Perline sul fondo, considerato da molti come il manifesto della Novà Vlna. Nel 1966 realizza il primo film
totalmente suo, Treni strettamente sorvegliati, che ottiene l’Oscar come miglior film straniero. Si tratta di un
leggero e gustoso apologo che collega l’iniziazione sessuale di un giovane all’incontro con la morte. Fin da
quest’opera d’esordio emerge l’interesse del regista per il tema della sessualità trattato con divertita ironia. Nel
1969 con Allodole sul filo racconta la storia di un gruppo di operai all’epoca dello stalinismo, suscitando la dura
reazione del potere che proibisce il film (che sarebbe uscito nel 1990 alla caduta del regime comunista
cecoslovacco). L’anno prima, infatti, i carri armati del Patto di Varsavia avevano posto fine all’esperimento di
rinnovamento democratico del socialismo cecoslovacco della Primavera di Praga e sul paese era calata una
pesante cappa repressiva e censoria. Negli anni successivi Menzel si adegua al clima di normalizzazione degli
intellettuali e della cultura imposto dalle autorità, ma non abbandona mai la sua vena sottilmente umoristica e
svagata, facile ad immergersi in divagazioni surreali e grottesche. Dopo anni di silenzio, recentemente è tornato
alla regia grazie ad una composita coproduzione con Il soldato molto semplice Chonkin, presentato alla Mostra del
Cinema di Venezia del 1994, una pungente satira dello stalinismo.

Treni strettamente sorvegliati 1966

Un’estate capricciosa 1967

Delitto in un night 1968

Allodole sul filo 1969 (uscito nel 1989)

Chi cerca il bottone d’oro 1975

I maghi dello schermo verde 1979

Montaggio stretto 1980

Il soldato molto semplice Chonkin 1994

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg045.htm[12/07/2017 18:58:32]
Michalkov Nikita

Michalkov Nikita
Unione Sovietica (1945)

I suoi primi interessi sono rivolti alla recitazione e conserva questa attitudine a rivestire il ruolo di attore anche
quando passa dietro la macchina da presa, diventando interprete della maggior parte dei suoi film. Esordisce come
regista nel 1974 con Amico tra i nemici, nemico tra gli amici, un insolito western ambientato durante la
Rivoluzione Russa, nel quale rivela un vigore narrativo non inferiore ai modelli americani cui sembra essersi
ispirato. Con Schiava d’amore (1975), una crepuscolare e romantica rievocazione dei primi set cinematografici
russi, dimostra la propria predilezione per i film in costume e un prezioso e raffinato gusto figurativo. I successivi
Partitura incompiuta per pianola meccanica (1976), Oblomov (1979) e Oci Ciorni (1987) confermano la sua
inclinazione per un Cinema d’ambientazione ottocentesca e d’ispirazione letteraria (fondamentale appare
l’influenza cecoviana), popolato da un’umanità tormentata e fiaccata nello spirito, debole e incerta di fronte ai
dilemmi dell’esistenza, inetta a realizzare le proprie aspirazioni, espressione di quella borghesia provinciale e
frustrata che sarà spazzata via dalla Rivoluzione Bolscevica. Ad essa il regista guarda con sostanziale affetto e
simpatia, stemperandone il mal di vivere e la spiccata inclinazione alla malinconia con una sempre affiorante
propensione all’ironia e all’umorismo. In quest’ultimo decennio Michalkov ha cambiato i temi del proprio Cinema,
riaccostandosi al suo tempo: con Urga (1991) effettua una divertita incursione fra le popolazioni mongole alle
prese con l’emergere della modernità e con Il sole ingannatore (1994) svolge una dura denuncia dello stalinismo.
Con la sua ultima pellicola, Il barbiere di Siberia (1998), è ritornato, però, con toni apertamente nostalgici, al suo
caro mondo ottocentesco.

Amico tra i nemici, nemico tra gli amici 1974

Schiava d’amore 1976

Partitura incompiuta per pianola meccanica 1976

Cinque serate 1978

Oblomov 1979

Oci Ciornie 1987

Urga 1991

Anna 1993

Sole ingannatore 1994

Il barbiere di Siberia 1998

12 (2007)

Il sole ingannatore 2 (2010)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg046.htm[12/07/2017 18:58:32]
Mihaileanu Radu

Mihaileanu Radu
Romania (1958)

Ebreo rumeno lascia nel 1980 il suo paese per trasferirsi in Francia, dove studia alla Scuola di Studi Superiori di
Cinematografia, facendo poi l'assistente a vari registi. Prima di affermarsi al festival di Cannes 1998 con Train de
vie, aveva esordito nel 1993 con Betrayed, insignito di numerosi premi.

 
Betrayed 1993

Train de vie 1998

Ricchezza nazionale 2002

Vai e vivrai 2005

Il concerto (2009)

La sorgente dell'amore  (2011)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/31.htm[12/07/2017 18:58:33]
Milestone Lewis

Milestone Lewis
Russia (1895-1980)

Trascorre l’infanzia ad Odessa, per emigrare giovanissimo gli Stati Uniti, per i quali combatte, tornato di nuovo in
Europa, nel corso della Prima Guerra Mondiale. Il suo esordio come regista avviene all’epoca del muto. Quando
inizia la stagione del Cinema sonoro Milestone è già un professionista affermato, che nel 1927 con Una notte in
Arabia ha conquistato un Oscar per la miglior regia. Nel 1930 dirige quello che viene considerato il suo
capolavoro, All’ovest niente di nuovo, pellicola antimilitarista che ottiene due Oscar, destinata a diventare un
classico del Cinema pacifista. Il regista vive con intenso impegno il periodo d’oro della Hollywood degli anni
Trenta, cimentandosi nei generi più vari e diversi tra loro, anche se dimostra sempre una particolare predisposizione
per il film bellico. Nel dopoguerra rallenta il ritmo della sua attività e chiude la sua carriera con il kolossal Gli
ammutinati del Bounty (1962), subentrando per volontà dell’attore Brando al collega Reed. Lontano dal possedere
una precisa identità d’autore, Milestone ha comunque sempre espresso, pur restando rigorosamente nell’ambito
degli imperativi spettacolari hollywoodiani, un Cinema onesto e più che dignitoso.

La parata dei peccatori 1925

La bella e la bestia 1926

All’avventura 1926

Una notte in Arabia 1927

Eden Palace 1928

Il racket 1928

Tradimento 1929

All’ovest niente di nuovo 1930

Prima pagina 1931

Pioggia 1932

Alleluia, sono un vagabondo 1933

Il capitano odia il mare 1934

Il generale morì all’alba 1936

Uomini e topi 1939

Fuoco a oriente 1943

La bandiera sventola ancora 1943

Prigionieri di Satana 1944

Salerno ora x 1945

Lo strano amore di Marta Ivers 1946

Arco di trionfo 1948

Okinawa 1950

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg047.htm[12/07/2017 18:58:33]
Milestone Lewis

Gli ammutinati del Bounty 1962

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Milius John

Milius John
Stati Uniti (1944)

Frequenta il corso di Cinema all’università di California, dove conosce S.Spielberg e F.F.Coppola. Compie un
lungo tirocinio come sceneggiatore di registi di prim'ordine prima di passare alla regia. Nel 1973 esordisce dietro
la macchina da presa con Dillinger, senza abbondonare negli anni successivi l’attività di sceneggiatore. Milius si è
rivelato un autore profondamente legato alla tradizione del Cinema d’azione americano, che ha tradotto sullo
schermo con deciso piglio narrativo.

Dillinger 1973

Il vento e il leone 1975

Un mercoledì da leoni 1978

Conan il Barbaro 1981

Alba rossa 1984

Addio al Re 1988

L’ultimo attacco 1990

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg064.htm[12/07/2017 18:58:34]
Ashby Hal

Ashby Hal
Stati Uniti (1936-1988)

Si laurea all’università dello Utah in materie letterarie. Entra nel mondo del Cinema come tecnico del montaggio,
collaborando in questa veste con il regista N. Jewison. Nel 1970 esordisce alla regia con Il padrone di casa, un
film sui problemi razziali. Il suo primo grande successo è Harold e Maude (1971), una commedia brillante, ma
con un sottofondo di grande malinconia, sullo strano rapporto d’amore tra un’anziana donna ed un ventenne. Nel
1973 con L’ultima corvé, realistico e aspro film antimilitarista, si consacra come uno dei maggiori registi della New
Hollywood. Sempre nell’ambito delle nuove tendenze del Cinema americano degli anni Settanta nel 1978 dirige
Tornando a casa, un’amara riflessione sul dramma che la Guerra del Vietnam ha determinato sulle vite e le
coscienze degli americani. Nel 1980 gira quello che viene considerato il suo capolavoro, Oltre il giardino:
interpretato da uno straordinario Peter Sellers, il film costituisce una pungente satira della figura del presidente
degli Stati Uniti. Regista piuttosto discontinuo e altalenante, Ashby ha comunque rappresentato con indubbia
originalità i fermenti innovativi della New Hollywood, riuscendo ad esprimere con acutezza e vigore attraverso
diversi generi cinematografici il disorientamento e le inquietudini della società americana in uno dei momenti più
critici della sua storia.

Il padrone di casa 1970

Harold e Maude 1971

L’ultima corvé 1973

Shampoo 1975

Questa terra è la mia terra 1976

Tornando a casa 1978

Oltre il giardino 1980

The Rolling Stones. Il tempo è dalla nostra parte 1981

Cercare di uscire 1982

La moglie del campione 1985

Otto milioni di modi per morire 1986                                   (*) filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg003.htm[12/07/2017 18:58:40]
Assayas Olivier

Assayas Olivier
Francia (1955)

Ha alle spalle un passato di studente d'arte e di critico cinematografico per la prestigiosa rivista Cahiers du Cinéma.
Esordisce alla regia con Désordre, presentato con successo alla mostra del Cinema di Venezia del 1986, un noir di
grande penetrazione psicologica, nel quale pur partendo dall'azione l'attenzione si sposta gradatamente verso
l'interiorità dei personaggi. Anche nei film successivi il regista ha manifestato questa tendenza a scavare in
profondità, alla ricerca di una verità difficile da afferrare e che emerge più dai primi piani, dai silenzi, dagli
ambienti che dai comportamenti. Particolarmente attenti alla dimensione dell'adolescenza e della giovinezza,
condotti con uno stile spoglio e severo, che nulla concede allo spettacolo, i film di Assayas rappresentano quanto di
meglio ha espresso il Cinema francese degli ultimi anni.

Désordre 1986

Il bambino d'inverno 1989

Contro il destino 1991

L'eau froide 1994

Irma Vep 1996

Le destinées sentimentales 2000

Demonlover 2002

Clean 2005

Boarding Gate (2007)

L'Heure d'été (2008)

Qualcosa nell'aria  (2012)

Sils Maria  (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg007.htm[12/07/2017 18:58:41]
Attenborough Richard

Attenborough Richard
Gran Bretagna (1923-2014)

Educato alla Royal Academy, milita nell’aviazione britannica durante la seconda guerra mondiale. Esordisce nel
mondo dello spettacolo come attore di teatro e quindi di Cinema, dove interpreta moltissimi ruoli di secondo piano
come caratterista, non avendo le doti fisiche per rivestire ruoli da protagonista. Il suo primo film da regista è Oh!
Che bella guerra (1969), di sfondo bellico, dove tuttavia un prevalente tono umoristico annulla ogni senso di
drammaticità. Sempre d’argomento guerresco, ma questa volta con seri intenti di ricostruzione storico-bellica lo
spettacolare Quell’ultimo ponte (1977). E’, però, con Gandhi (1982) che Attenborough si consacra come regista di
fama internazionale. Il film, un’accurata biografia dell’eroe indiano della non-violenza, ottiene ben 8 Oscar e un
grande successo di pubblico. Questo kolossal mette in luce le doti di Attenborough di realizzatore di film
all’insegna della grandiosità produttiva e della rievocazione di importanti eventi e personaggi storici. Un tipo di
Cinema più attento alla confezione e alla superficie del prodotto che all’approfondimento dei temi trattati.

 
Oh! Che bella guerra 1969

Gli anni dell’avventura 1972

Quell’ultimo ponte 1977

Magic, Magia 1978

Gandhi 1982 

Chorus Line 1985

Grido di libertà 1987

Charlot 1992

Viaggio in Inghilterra 1993

Amare per sempre 1998

Grey Owl. Gufo grigio 1999

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/2.htm[12/07/2017 18:58:41]
bille august

Bille August
(Danimarca, 1948)

 Trasferitosi molto presto in Svezia, vi lavora come direttore della fotografia per alcuni registi. Dopo le buone
prove d’esordio con film a basso costo incentrati sull’analisi dello squallore materiale  e morale della periferia
urbana di Copenaghen, nel 1987 conquista la Palma d’Oro a Cannes e l’Oscar per il miglior film straniero con
Pelle alla conquista del mondo. Nel 1992 Ingmar Bergman lo sceglie per dirigere Con le migliori intenzioni,
racconto della storia dei genitori del grande cineasta svedese,  e anche questo film gli vale la Palma d’Oro. Questi
titoli segnano il punto più alto della carriera di August, che da quel momento in poi si accontenterà di portare sullo
schermo mediocri versioni cinematografiche di romanzi di successo, come la Casa degli spiriti (1993) e I
miserabili (1998). Piuttosto anomala per la sua filmografia l’ultima fatica,  Il colore della libertà (2007), dedicato
all’eroe dell’indipendenza sudafricana Nelson Mandela.

Pelle alla conquista del mondo 1987

Con le migliori intenzioni 1992

La casa degli spiriti 1993

Jerusalem 1996

Il senso di Smilla per la neve 1997

I miserabili 1998

Una canzone per Martin 2001

Il colore della libertà 2007                                                          (Filmografia essenziale)

Treno di notte per Lisbona  (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2009-10/8framreg002.htm[12/07/2017 18:58:42]
Autant Lara Claude

Autant-Lara Claude
Francia (1903-2000)

Frequenta l'Accademia delle Belle Arti e si impone come scenografo di importanti film d'avanguardia degli anni
venti. Nel 1933 gira il suo primo film Ciboulette. Nel 1947 raggiunge la notorietà internazionale con Il diavolo in
corpo, un film considerato scandaloso dai benpensanti per la vicenda adulterina e dai nazionalisti per l'assunto
pacifista. Nel 1949 gira quello che viene considerato il suo capolavoro Occupati d'Amelia. Regista in grado di
esprimere sempre dignitosi livelli qualitativi e solida padronanza narrativa, non ha mai rasentato la genialità. La
nouvelle vague ne farà oggetto di polemica, additandolo ad esempio di un Cinema sclerotizzato in formule
tradizionali, incapace di rinnovarsi.

 Ciboulette 1933

Il diavolo in corpo 1947

Occupati d'Amelia 1949

La traversata di Parigi 1956

La giumenta verde 1959

Non uccidere 1961

L'omicida 1963

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg008.htm[12/07/2017 18:58:42]
Avati Pupi

Avati Pupi
Italia (1938)

Nato a Bologna, resta sempre legato alla sua terra, dove ambienta molti dei suoi film. Dopo aver esordito nel
genere horror e aver attraversato anche il comico e la satira politica, ottiene un buon successo con lo sceneggiato
televisivo Jazz Band (1978), ambientato nella sua Bologna. E' l'inizio del periodo migliore della sua produzione,
ormai sempre più improntata ad una trasognata ispirazione elegiaca e crepuscolare (Le strelle nel fosso, Aiutami a
sognare, Una gita scolastica, Noi tre, Festa di laurea, Storia di ragazzi e ragazze), non priva però di affondi
disincantati in mondi segnati dall'indifferenza e dal cinismo (Impiegati, Regalo di Natale). Negli ultimi anni ha
allargato la propria visuale a nuove tematiche e suggestioni (Magnificat, L'amico d'infanzia, L'arcano incantatore),
senza rinunciare alla sua vena più congeniale (Dichiarazioni d'amore, Il testimone dello sposo).

Balsamus, l'uomo di Satana 1968

Thomas, gli indifferenti 1969

La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone 1975

La casa dalle finestre che ridono 1976

Bordella 1976

Tutti defunti tranne i morti 1977

Le strelle nel fosso 1979

Aiutami a sognare 1981

Zeder 1982

Una gita scolastica 1983

Noi tre 1984

Festa di laurea 1985  (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto
Pacioli)

Impiegati 1985

Regalo di Natale 1986

Ultimo minuto 1987

Sposi 1988

Storia di ragazzi e ragazze 1989

Bix. Un'ipotesi leggendaria 1990

Fratelli e sorelle 1992

Magnificat 1993  

Dichiarazioni d'amore 1994

L'amico d'infanzia1994

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Avati Pupi

L'arcano incantatore 1995

Festival 1996

Il sindaco1996

Il testimone dello sposo 1997

La via degli angeli 1999

I cavalieri che fecero l'impresa 2001 

Il cuore altrove 2003

La rivincita di Natale 2004

Ma quando arrivano le ragazze? 2004

La seconda notte di nozze 2005                                         (*) Filmografia completa

La cena per farli conoscere (2007)

Il nascondiglio (2007)

Il papà di Giovanna (2008)

Gli amici del bar Margherita (2009)

Il figlio più piccolo (2010)

Una sconfinata giovinezza (2010)

Il cuore grande delle ragazze (2011)

Un ragazzo d'oro (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg009.htm[12/07/2017 18:59:11]
Avnet Jon

Avnet Jon
Stati Uniti (1949)

 
Pomodori verdi fritti alla fermata del treno 1992

The War 1994

Qualcosa di personale 1996

L'angolo rosso. Colpevole fino a prova contraria 1997

La rivolta 2001

88 minuti (2007)

Sfida senza regole (2008)

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Badham John

Badham John
Gran Bretagna (1939)

Si trasferisce giovanissimo negli Usa, dove entra nel mondo del Cinema come produttore associato di S. Spielberg
e regista televisivo. Debutta nel grande schermo nel 1977 con La febbre del sabato sera, ottenendo un grande
successo. Lontano dal modello del regista-autore, si è rivelato però un ottimo professionista in grado di far rendere
al meglio sceneggiature di genere, realizzando prodotti medi di buona confezione per il grande pubblico.

La febbre del sabato sera 1977

Wargames. Giochi di guerra 1983

Tuono blu 1983

Corto Circuito 1986

Sorveglianza speciale 1987

Nome in codice: Nina 1992

Occhio al testimone 1993

Minuti contati 1997

Incognito 1997

The Jack Bull 1999

Un killer per Lucinda (2002)

Obsessed - Ossessione (2002)

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Baldoni Sandro

Baldoni Sandro
Italia (1954)

Regista di spot pubblicitari e collaboratore di riviste satiriche, esordisce dietro la macchina da presa nel 1994 con
Strane storie, un film a episodi dalla tribolata realizzazione a causa delle difficoltà di finanziamento. La sua opera
seconda Consigli per gli acquisti (1997) incontra problemi di distribuzione per la feroce satira contro il mondo
della pubblicità. Baldoni è tra i pochi registi italiani ad essersi cimentato sul terreno della critica di costume
attraverso il filtro dell'assurdo e del surreale.

 
Strane storie 1994

Consigli per gli acquisti 1997                                                (*Filmografia completa)

Italian Dream (2008)

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Banderas Antonio

Banderas Antonio
Spagna (1960)

Banderas si è affermato come attore recitando in vari film del celebre regista spagnolo Almodovar (Labirinto di
passioni, La legge del desiderio, Legami). Il successo l’ha condotto negli USA, dove ha interpretato, fra gli altri,
Philadelphia, La casa degli spiriti, Evita, La maschera di Zorro. Diventato il marito dell’attrice Melanie Griffith
ha esordito alla regia con Pazzi in Alabama, nel quale la moglie recita nel ruolo della protagonista.

Pazzi in Alabama 1999

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Barbareschi Luca

Barbareschi Luca
Italia (1956)

Noto quasi esclusivamente come attore di seconda schiera (pochi, anche se significativi, i suoi ruoli da
protagonista, come in Romance di M. Mazzucco, 1986), sovente nei panni di un comprimario antipatico e infido
(Impiegati di P. Avati, 1985), Barbareschi esordisce alla regia nel 1997 con Ardena, un film dai toni crepuscolari
e di trasparente autobiografismo.

Ardena 1997

Il trasformista 2002

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Michael Bay

Bay Michael
Stati Uniti (1962)

Dopo aver frequentato la scuola di Cinema Wesleyan University, inizia la sua carriera nel mondo della pubblicità e
dei videoclip. Di questa formazione rimangono evidenti tracce in tutta la sua produzione registica, improntata alla
creazione di prodotti ad alto tasso di spettacolarità in sintonia con i gusti spettatoriali più diffusi, farciti di effetti
speciali e modellati secondo convenzioni narrative di genere. Bay è insomma pienamente inserito dell’industria
hollywoodiana del blockbuster (film destinato ad essere in testa alle classifiche degli incassi), ai cui canoni si
adegua con asettica professionalità.

Bad Boys 1994

The Rock 1996

Armageddon 1998

Pearl Harbour 2001

Bad Boys II (2003)

The Island (2005)

Transformers (2007)

Transformers - La vendetta del caduto (2009)

Transformers 3 (2011)

Pain & Gain - Muscoli e denaro (2013)

Transformers 4 - L'era dell'estinzione (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2002/4framreg020.htm[12/07/2017 18:59:14]
Beatty Warren

Beatty Warren
Stati Uniti (1937)

Frequenta corsi d’arte drammatica a New York e debutta a Broadway nel 1959. Nel 1961 esordisce come attore nel
film di Elia Kazan Splendore nell’erba, consacrandosi così sul piano internazionale come un bello hollywoodiano
ed iniziando una fortunata carriera da star. Come regista (ma continuerà ad essere il protagonista dei film da lui
diretti) debutta all’età di quarant’anni con la commedia fantastica Il paradiso può attendere (1979), ma è con
Reds (1982), biografia del giornalista di sinistra John Reed (l’unico film hollywoodiano che abbia come
protagonista, in chiave positiva, un comunista), che offre la sua prova più convincente esibendo una grande
maturità registica che gli permette di mettere in atto procedure stilistiche e linguistiche assai differenti all’interno
della stessa opera. Con Dick Tracy (1990) rende omaggio all’eroe del fumetto omonimo, riconfermando la sua
grande inventiva. Ultimamente è uscito il suo ultimo film, il discusso

Il paradiso può attendere 1979

Reds 1982

Dick Tracy 1990

Bulworth-Il senatore 1998                                            (*) filmografia completa

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Bechis Marco

Bechis Marco
Cile (1958)

Di madre svizzera e di padre italiano, si trasferisce ancora bambino a Buenos Aires con la famiglia. Quando i suoi
decidono di venire a vivere in Italia, Bechis rimane in Argentina a fare il maestro elementare e ad impegnarsi
politicamente per la trasformazione in senso progressista e democratico del paese sudamericano. Nel 1976 i militari
vanno al potere ed instaurano un regime di terrore che si rivolge soprattutto verso la repressione degli elementi
democratici e di sinistra. Bechis è fra questi e anch’egli subisce il sequestro e la detenzione da parte dei famigerati
squadroni paramilitari responsabili della scomparsa di migliaia di cittadini argentini (i cosiddetti desaparecidos),
riuscendo a salvarsi solo grazie alla cittadinanza straniera. Dal 1977 vive in Italia. Nel 1991 esordisce alla regia
con Alambrado, ambientato in una desolata e solitaria terra dell’Argentina (dove nel frattempo è tornata la
democrazia). Nel 1999 dirige Garage Olimpo, una cruda e aspra testimonianza sulla tragedia della repressione
militare negli anni della giunta militare argentina, sconvolgente rielaborazione cinematografica della sua tremenda
esperienza autobiografica.

Alambrado 1991

Garage Olimpo 1999  

Figli 2001                                         (*) Filmografia completa

La terra degli uomini rossi - Birdwatchers (2008)

Il sorriso del capo (2011)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg005.htm[12/07/2017 18:59:15]
Bellocchio Marco

Marco Bellocchio
Italia (1939)

 Appartenente ad una famiglia borghese fortemente attaccata ai valori della tradizione, compie tutto il ciclo
scolastico presso istituti religiosi, interrompendo gli studi di filosofia all’Università Cattolica di Milano per
iscriversi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Dopo aver seguito corsi di Cinema alla Slade School
of Fine Arts di Londra nel 1965, esordisce alla regia con I pugni in tasca, un’opera di stampo autobiografico
intrisa di acri e dissacratori umori antiborghesi, incarnati nella figura di un nevrotico emarginato che esprime il
proprio anarchico ribellismo in una rivolta cieca ed insensata. Aderisce con partecipazione ed entusiasmo alla
stagione di contestazione del 1968, della cui ansia di rivolta la sua opera prima cinematografica costituisce
un’anticipazione. Nel 1971 con Nel nome del padre rielabora in chiave onirico-allucinatoria i propri trascorsi
presso il liceo cattolico dei Barnabiti. Più strettamente collegati all’emergere di un preciso impegno politico di
denuncia i successivi Sbatti il mostro in prima pagina (1972) e Marcia trionfale (1976), nei quali il regista
condanna implacabilmente due istituzione portanti dello stato borghese: la stampa e l’esercito. Attenuatosi
l’impegno militante, negli anni Ottanta Bellocchio ripiega sulle tematiche esistenziali e morali degli esordi con film
come Salto nel vuoto (1980) e Gli occhi, la bocca (1982), mentre nel 1985 offre una personalissima rivisitazione
del tema del terrorismo con Diavolo in corpo, un remake aggiornato del famoso film di Autant-Lara di
quarant’anni prima. Dopo un periodo caratterizzato da pellicole controverse, che dividono la critica e inducono e
ritenere che la stagione più proficua del regista si sia conclusa, Bellocchio ritorna al centro dell’attenzione con due
film di grande impatto e spessore: La balia (1999) e L’ora di religione (2002), opera quest’ultima di risentita ed
orgogliosa fede laicista contro ogni dogmatismo e conformismo, con cui ripropone l’ispirazione provocatoria e
polemica della sua giovinezza. E’ proprio questa tensione verso un Cinema scomodo e aspro, non facile e spesso
spiazzante, ricco di rimandi e sottintesi, denso di riferimenti culturali e autobiografici, stilisticamente asciutto, se
non addirittura disturbante, che costituisce l’essenza più autentica di un cineasta dalla spiccata e originale
personalità artistica.

I pugni in tasca 1965

La Cina è vicina 1967

Amore e rabbia 1969

Sbatti il mostro in prima pagina 1972

Matti da slegare 1975

Marcia trionfale 1976

Salto nel vuoto 1980

Gli occhi, la bocca 1982

Enrico IV 1984

Diavolo in corpo 1985

La visione del sabba 1988

La condanna 1991

Il sogno della farfalla 1994

Il principe di Homburg 1997

La balia 1999

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Bellocchio Marco

L’ora di religione 2002 

Buongiorno notte 2003 

Il regista di matrimoni 2006   

Vincere 2009                                               (*) Filmografia completa

Sorelle Mai (2010)

Bella addormentata (2012)

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Benigni Roberto

Benigni Roberto
Italia (1952)

Inizia giovanissimo recitando in teatro, come attore comico partecipa a parecchie trasmissioni televisive e recita in
numerosi film di registi importanti come G.Bertolucci, M.Ferreri e F.Fellini. Quando esordisce alla regia nel 1983
con il film a episodi Tu mi turbi è già uno dei volti più popolari e amati dello spettacolo. La sua è una comicità
travolgente e provocatoria, caratterizzata in senso regionale, ma in grado di parlare a tutti grazie ad una mimica
prodigiosa e ad un eccezionale senso della battuta pungente e dissacrante. Benigni trasferisce nei ruoli che
interpreta sullo schermo sempre qualcosa della sua ricca personalità comica, tanto da riproporre lo stesso
personaggio attraverso film diversi (secondo una tradizione comica che va Chaplin a Totò) e senza ridurre la sua
regia ad un puro supporto delle sue performance attoriali, anzi dimostrando di avere idee e talento anche dietro la
macchina da presa. Con il suo ultimo film La vità è bella (1997) ha guadagnato un Oscar che ne ha consacrato la
fama internazionale.

Tu mi turbi 1983

Non ci resta che piangere (coregia con Massimo Troisi) 1984

Il piccolo diavolo 1988

Johnny Stecchino 1991

Il mostro 1994

La vita è bella 1997  

Pinocchio 2002   

La tigre e la neve 2005                                           (*filmografia completa)

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fabrizio bentivoglio

Bentivoglio Fabrizio
(Italia, 1957)

 Frequenta la scuola del Piccolo Teatro di Milano, debuttando sul palcoscenico con una tragedia shakespeariana. Si
trasferisce a Roma dove fonda la casa di produzione Tipota Movie Company. Affermatosi negli anni Novanta
come uno dei maggiori attori del cinema italiano (Coppa Volpi a Venezia nel 1993 per Un’anima divisa in due),
Bentivoglio continua a coltivare l’attività di attore teatrale. Nel 2007 esordisce come regista nel lungometraggio
con Lascia perdere Johnny!, una gustosa e delicata ricostruzione delle atmosfere degli anni Settanta.

Lascia perdere Johnny! 2007

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Benvenuti Alessandro

Benvenuti Alessandro
Italia (1950)

Attore di cabaret e teatro acquista notorietà con il gruppo dei Giancattivi (insieme con A. Cenci e F.Nuti), con cui
esordisce come regista nel 1981 con Ad ovest di Paperino, commedia all'insegna di un umorismo vagamente
surreale.

Ad ovest di Paperino 1981

Era una notte buia e tempestosa 1985

Benvenuti in casa Gori 1990

Zitti e Mosca 1991

Caino e Abele 1992

Belle al bar 1994

Ivo il Tardivo 1995

Ritorno a casa Gori 1996

I miei più cari amici 1997

Ti spiace se bacio mamma? (2003)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg012.htm[12/07/2017 18:59:17]
Beresford Bruce

Beresford Bruce
Australia (1940)

Emerge come regista nel clima della new wave del Cinema australiano degli anni settanta, quando sulla scia della
protesta contro la guerra del Vietnam, cui l'Australia prende parte, una generazione di registi trentacinquenni (tra
cui il più famoso è P. Weir) affronta alcune tematiche strettamente legate all'identità nazionale (il conflitto tra
mentalità puritana anglosassone e natura, lo sterminio degli aborigeni e il ruolo subalterno dell'Australia nell'ambito
dell'impero britannico). Il prodotto più rilevante di questa stagione è costituito per Beresford da Breaker Morant
(1980), una denuncia dello spietato cinismo con cui gli alti comandi inglesi usarono i soldati australiani nella guerra
anglo-boera. Approdato a Hollywood Beresford perde l'originario vigore polemico e si trasforma in un eclettico
professionista dell'industria cinematografica, sfornando numerose pellicole commerciali nulla più che dignitose, tra
le quali va ricordata A spasso con Daisy (1989), che ottiene numerosi riconoscimenti fra cui l'Oscar.

Breaker Morant. Esecuzione di un eroe 1980

The Club 1982

Tender Mercies. Un tenero ringraziamento 1983

King David 1985

Crimini del cuore 1986

A spasso con Daisy 1989 (Il film non è presente in Cinema 2000, ma solo nella Cineteca dell'Istituto Pacioli)

Alibi seducente 1989

Mister Johnson 1990

Manto nero1992

Alla ricerca dello stregone 1994

Rosso d'autunno 1995

Difesa ad oltranza 1996

1997

Colpevole d'innocenza 1999

B ride of the Wind (2001)

Evelyn (2002)

The Contract (2006)

Mao's Last Dancer (2009)

Peace, Love & Misunderstanding (2011)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/7.htm[12/07/2017 18:59:18]
Bergman Ingmar

Bergman Ingmar
Svezia (1918-2007)

Figlio di un pastore protestante, studia storia e letteratura all’Università di Stoccolma e diventa aiuto-regista al
Teatro Reale dell’Opera, dedicandosi per anni alla regia teatrale. Nel 1945 dirige il suo primo film Crisis. Il primo
successo l’ottiene con Estate d’amore, presentato alla Mostra di Venezia nel 1950, ma l’opera che gli garantisce la
notorietà internazionale è Sorrisi di una notte d’estate (1955). I successivi Il settimo sigillo (1956) e Il posto delle
fragole (1957) sono tra i suoi capolavori. In questi film si precisa in modo quasi definitivo l’orientamento di
Bergman verso un Cinema di intensa e dolorosa riflessione filosofico-esistenziale sul senso della vita, sulla
condanna dell’uomo alla solitudine e all’infelicità e sull’angosciosa ricerca di Dio, mentre dal punto di vista
stilistico emergono alcuni costanti, quali la creazione di atmosfere ai limiti del surrealismo, il prevalere
dell’elemento dialogico (aspetto, questo, di chiara derivazione teatrale), l’assenza di colonna sonora musicale, il
rigore formale, la presenza di una vena ironico-grottesca che spesso alleggerisce l’insostenibile tensione
psicologica dei suoi film. Negli anni Sessanta l’attenzione del regista si concentra in modo particolare sull’universo
femminile e sui problemi della fede religiosa, della crisi d’identità e dell’incomunicabilità tra esseri umani.
Esemplare in questo senso la trilogia composta da Come in uno specchio (1961), Luci d’inverno (1962) e Il silenzio
(1963). Nel 1972 ottiene un grande successo internazionale con Sussurri e grida, dove affronta i temi della
malattia, della morte e dell’amore fra sorelle. Nel 1974 realizza per la televisione svedese Scene da un matrimonio
(esiste anche una versione ridotta per le sale cinematografiche), un’analisi impietosa delle dinamiche di attrazione e
repulsione all’interno della coppia borghese. Dopo aver lasciato la sua Svezia (all’abbandono della sua patria non
sono estranee ragioni di natura fiscale), vive per qualche anno all’estero. Nel 1977 s’avventura in una grande
produzione affrontando un genere, quello storico-politico, a lui poco congeniale con L’uovo del serpente, sulla
genesi del Nazismo nella Germania degli anni Venti. Considerato quasi unanimemente una battuta d’arresto nella
carriera del regista, testimonia pur sempre della volontà di Bergman di volersi misurare anche in un ambito distante
dalle sue consuete tematiche (ma anche qualche anno prima, nel 1973, aveva girato una splendida versione
cinematografica dell’opera lirica mozartiano Il flauto magico). Tornato in patria, nel 1983 dirige il film più costoso
e più lungo della sua carriera Fanny e Alexander, una saga familiare di inizio Novecento, non priva di risvolti
autobiografici, piena di colori caldi e morbidi e calata in un clima spesso festoso (e quindi lontana dal cupo
bianconero e dalle atmosfere inquietanti dei film dell’esordio).  Il regista dichiara che questa sarà la sua ultima
opera cinematografica e negli anni successivi manterrà la promessa, anche se continuerà a realizzare film per la
televisione. Bergman è stato uno dei maggiori e più celebrati registi della storia del Cinema (certamente devono a
lui qualcosa grandi maestri quali Antonioni, Wenders e Allen). Nel suo Cinema ha affrontato, con un’asciuttezza
ed essenzialità linguistica rare e con una straordinaria capacità di penetrazione psicologica, i temi cruciali
dell’esistenza senza mai arrivare a dare risposte esaustive, ma ponendo al centro della propria opera tutta la
drammaticità di una condizione umana alle prese con drammatiche domande destinate a rimanere tali.  

Crisis 1945

Piove sul nostro amore 1946

La terra del desiderio 1947

Sete 1949

Un’estate d’amore 1950

Monica e il desiderio 1952

Donne in attesa 1953

Una vampata d’amore 1953

Una lezione d’amore 1954

Sogni di donna 1955

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2002/4framreg002.htm[12/07/2017 18:59:18]
Bergman Ingmar

Sorrisi di una notte d’estate 1955

Il settimo sigillo 1956

Il posto delle fragole 1957

Il volto 1958

La fontana delle vergini 1959

L’occhio del diavolo 1960

Come in uno specchio 1961

Luci d’inverno 1962

A proposito di tutte queste signore 1963

Il silenzio 1963

Persona 1966

La vergogna 1968

L’ora del lupo 1968

L’adultera 1971

Sussurri e grida 1972

Il flauto magico 1973

Scene da un matrimonio 1974

L'immagine allo specchio 1975

L’uovo del serpente 1977

Sinfonia d’autunno 1978

Un mondo di marionette 1980

Fanny e Alexander 1983

Dopo la prova  (1984)

Vanità e affanni  (1997)

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Bertolucci Bernardo

Bertolucci Bernardo
Italia (1941)

Figlio del poeta Attilio e fratello maggiore del regista Giuseppe, è aiuto-regista di Pasolini in Accattone ed
esordisce nel 1962 con La commare secca, film di chiara ispirazione pasoliniana. Nel 1964 gira Prima della
rivoluzione, opera prima a suo modo sperimentale, influenzata dalla Nouvelle Vague francese e di evidente
ispirazione autobiografica. In essa sembrano convergere alcuni dei temi che poi diventeranno delle costanti della
sua filmografia: la difficoltà a superare la condizione di borghese, l’approccio psicanalitico, il citazionismo
letterario e cinematografico, l’attaccamento alle proprie radici emiliane. Con La strategia del ragno (1970), un
apologo surreale ambientato in un angolo remoto della bassa padana ricco di risonanze magiche, affronta il mito
della Resistenza filtrato attraverso un conflittuale rapporto padre-figlio. Il successivo Ultimo tango a Parigi (1972),
torbida storia di amore e morte sullo sfondo di una Parigi ambigua e decadente, ribadisce l’interesse del regista
all’esplorazione della crisi della borghesia attraverso il filtro della psicanalisi. Film considerato immorale e
scandaloso, viene perseguitato dalla censura sino alla condanna al rogo (unico caso della storia) con una sentenza
della Corte di Cassazione italiana. Nel 1976 realizza con capitali americani Novecento-Atto I e Atto II, una
monumentale epopea rurale ambientata nella campagna emiliana, nella quale il regista rievoca la storia della prima
metà del XXsecolo collocandosi dalla parte dei contadini e della loro lotta contro i padroni e i fascisti. Più che
l’esattezza della ricostruzione storica (piuttosto approssimativa), a Bertolucci interessa cogliere una verità politica e
poetica insieme, dove l’amore per la propria terra d’origine si confonde con l’adesione all’ideologia comunista. I
successivi L’ultimo imperatore (1987), Il tè nel deserto (1990) e Piccolo Buddha (1993) portano il regista lontano
dalla prediletta Emilia, a conquistare fama e successo internazionale con superproduzioni di grande livello
spettacolare, nelle quali continua, però, a riproporre, pur attraverso situazioni narrative assai differenti tra loro, i
motivi tipici del suo Cinema e i caratteristici stilemi antirealistici ed espressionistici. Le due ultime pellicole, Io
ballo da sola (1995) e L’assedio (1999), segnano il suo ritorno in Italia e sembrano testimoniare di una volontà di
riaccostarsi ad un Cinema povero, più dimesso dal punto di vista dell’impegno economico e più sobrio e vigilato
sul piano del linguaggio. Regista tra i maggiori che il Cinema italiano ha espresso nella sua storia, Bertolucci ha
sempre cercato di coniugare nella sua opera le ragioni della sua autobiografia con le suggestioni provenienti dalla
storia, dalla politica, dalla cultura, dalla letteratura e soprattutto dal Cinema stesso in una singolare e
personalissima mescolanza, che forse non sempre è riuscito a dominare, ma che costituisce il motivo del fascino
perdurante della sua opera.

La commare secca 1962

Prima della rivoluzione 1964

Partner 1968

La strategia del ragno 1970

Il conformista 1971

Ultimo tango a Parigi 1972

Novecento-Atto I e Atto II 1976

La luna 1979

La tragedia di un uomo ridicolo 1981

L’ultimo imperatore 1987

Il tè nel deserto1990

Piccolo Budda 1993 (presente soltanto nella cineteca dell'Istituto Pacioli)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg006.htm[12/07/2017 18:59:19]
Bertolucci Bernardo

Io ballo da sola 1995

L’assedio 1999

The Dreamers - I sognatori 2003

Io e te (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg006.htm[12/07/2017 18:59:19]
Bertolucci Giuseppe

Bertolucci Giuseppe
Italia (1947-2012)

Ha esordito come aiuto-regista e sceneggiatore per il fratello Bernardo. Nel 1977 dirige il suo primo film,
Berlinguer ti voglio bene con un Benigni non ancora famosissimo. Nel 1984 affronta il difficile tema del terrorismo
con Segreti segreti, dove rivela una particolare attenzione per l’universo e la sensibilità femminili, che si ripeterà in
pellicole successive, come Amori in corso (1989) e il recente Il dolce rumore della vita (1999). Regista eclettico,
non ha mai abbandonato il registro comico-grottesco degli esordi, affidandosi alle performance di attori provenienti
dal cabaret, come D. Abatantuono, P.Rossi e S.Guzzanti, tutti e tre bravissimi nel surreale apologo I cammelli
(1989).

 
Berlinguer ti voglio bene 1977

Segreti segreti 1984

Strana la vita 1987

I cammelli 1989

Amori in corso 1989

Troppo sole 1994

Il dolce rumore della vita 1999

L'amore probabilmente 2001

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/8.htm[12/07/2017 18:59:19]
Besson Luc

Besson Luc
Francia (1959)

E' considerato il cineasta più americanizzato (ha frequentato degli stage negli Stati Uniti) della nuova generazione
di registi francesi e questo per lo spiccato senso dello spettacolo, del ritmo e dell'azione che caratterizza i suoi film,
che spesso hanno come protagonisti dei cosiddetti outsiders, personaggi cioè che vivono discosti dalla società,
esprimendo un solitario e conflittuale rapporto con il mondo. Una specie di rivincita degli esclusi, secondo il più
consolidato dei modelli del Cinema americano.

Subway 1985

Atlantis 1990

Nikita 1990

Léon 1994

Il quinto elemento 1997 (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto
Pacioli)

Giovanna d'Arco 1999

Angel-A (2005)

Arthur e il popolo dei Minimei (2006)

Arthur e la vendetta di Maltazard  (2009)

Adèle e l'enigma del faraone (2010)

Arthur e la guerra dei due mondi (2010)

The Lady - L'amore per la libertà  (2011)

Cose nostre - Malavita (2013)

Lucy (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg013.htm[12/07/2017 18:59:20]
Bigelow Kathryn

Bigelow Kathryn
(Stati Uniti, 1951)

 Si laurea in Cinema alla Columbia University nel 1979. Il film che la fa scoprire al grande pubblico è Il buio
s’avvicina (1987), che fonde insieme horror e western, due generi piuttosto anomali per una regista donna. E’
quindi la volta di un thriller di grande intensità e di compressa suspence: Blue Steel (1990). Diventata moglie del
famoso regista hollywoodiano James Cameron dirige Point Break (1991), ancora un thriller fortemente segnato
dagli stereotipi classici del genere, che però la Bigelow sa reinventare con grande originalità e riproporre attraverso
il filtro di un linguaggio ipercinetico, dove le possibilità dinamiche del montaggio sono spinte all’estremo. Con
Strange Days (1995) esplora il genere fantascientifico, rivisitato in chiave esistenzial-filosofica, come una
riflessione allusiva sulle frontiere della visione e del voyeurismo cinematografico. Con il suo ultimo film, K-19
(2002), si spinge nel territorio del film bellico, rievocando una pagina sconosciuta della Guerra Fredda. Quello
della Bigelow è un cinema americano al 100%, ma che sa ritagliarsi una sua assoluta riconoscibilità nel
conturbante e sensuale impatto visivo, dove il ruolo delle immagini e la loro successione (spesso frenetica) acquista
una centralità decisiva (ben più della sceneggiatura e della trama) immettendo lo spettatore in un vortice di
emozioni e suggestioni sempre in grado di coinvolgerlo.

The Loveless (con Monty Montgomery) 1982

Il buio s’avvicina 1987

Blue Steel 1990

Point Break 1991

Strange Days 1995

Il mistero dell’acqua 2000

K-19 2002                                                                       (*Filmografia completa)

The Hurt Locker (2008)

Zero Dark Thirty (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2005/5framreg002.htm[12/07/2017 18:59:20]
Blasetti Alessandro

Blasetti Alessandro
Italia (1900-1987)

Dopo aver svolto l’attività di critico cinematografico, fonda nel 1929, insieme ad un gruppo di amici, la società
Augustus, che produsse nelle stesso anno il suo primo film, Sole!, sulla bonifica delle paludi pontine, andato quasi
completamente perduto, ma nel quale sono già chiaramente ravvisabili le influenze del Cinema realista sovietico.
Nel 1934 dirige 1860, un’antiretorica rievocazione dell’impresa garibaldina vista dalla parte di due umili popolani.
Con Vecchia guardia (1935), celebrazione dello squadrismo delle origini, Blasetti afferma la sua adesione al regime
fascista, anche se al film non furono risparmiate critiche da parte di un regime che preferiva rimuovere le proprie
origini violente. Verso la fine degli anni Trenta l’alleanza italo-germanica e le tendenze sempre più apertamente
guerrafondaie di Mussolini lo spingono a rivedere il suo appoggio al regime e a dedicarsi a film in costume distanti
dalla contemporaneità, come La cena delle beffe (1941) e La corona di ferro (1941). La svolta nella carriera del
regista si ha nel 1942 con Quattro passi fra le nuvole, una commedia bucolica ricca di spunti realistici, che
anticipa alcune caratteristiche del neorealismo del dopoguerra. Negli anni cinquanta Blasetti sembra orientarsi
sempre più in direzioni di commedie dal garbato sapore populista, ricche di brio e scioltezza. Ricordiamo su tutte il
delizioso Prima comunione (1950) e Peccato che sia una canaglia (1955). Negli ultimi anni di carriera inventa, con
Europa di notte (1958), il genere del reportage documentaristico sulla vita notturna delle capitali europee e tenta
con Io,io, io…e gli altr i (1966) di esplorare i territori dell’apologo moralistico con un film-saggio sull’egoismo
nella società moderna. Blasetti è, insieme a Camerini e Alessandrini, il regista più significativo del primo decennio
del Cinema sonoro italiano, nel quale riuscì a lasciare una traccia profonda per i forti elementi di novità e audacia
sperimentalista che vi seppe introdurre, muovendosi su generi e temi assai diversi tra di loro ed esprimendo
posizioni ideologiche spesso discutibili, ma sempre personali e mai banali. Seppe, inoltre, sintonizzarsi con
coraggio e curiosità con le correnti cinematografiche più innovative e vitali del momento, pensando sempre in
grande e mostrandosi un esperto conoscitore della tecnica cinematografica.

Sole ! 1929

Nerone 1930

Terra madre 1931

Resurrectio 1931

La tavola dei poveri 1932

L’impiegata di papa 1933

Il caso Haller 1933

Vecchia guardia 1934

1860 1934

Aldebaran 1935

La contessa di Parma 1937

Ettore Fieramosca 1938

Retroscena 1939

Un’avventura di Salvator Rosa 1940

La cena delle beffe 1941

La corona di ferro 1941

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg007.htm[12/07/2017 18:59:21]
Blasetti Alessandro

Quattro passi fra le nuvole 1942

Nessuno torna indietro 1943

Un giorno nella vita 1948

Fabiola 1948

Prima comunione 1950

Altri tempi 1952

Peccato che sia una canaglia 1955

La fortuna di essere donna 1955

Amore e chiacchiere 1957

Europa di notte 1958

Liolà 1963

Io, io, io …e gli altri 1966

La ragazza del bersagliere 1967

Simon Bolivar 1970

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg007.htm[12/07/2017 18:59:21]
sergej bodrov

Bodrov Sergej
URSS (1948)

 Studia all’Istituto Cinematografico russo VGIK di Mosca e si diploma come regista e sceneggiatore. Si segnala al
festival di Berlino del 1989 con La libertà è il paradiso. Alterna le regie con le sceneggiature e nel 1996 realizza il
suo film più importante Il prigioniero del Caucaso, ispirato ala guerra di Cecenia, il piccolo Vietnam della Russia 
postcomunista. In quest’opera emergono le caratteristiche del suo cinema: sobrio realismo, sensibilità antropologica
per usi e i costumi premoderni, suggestive deviazioni oniriche. Nel 2007 dirige il kolossal Mongol, un’epica e
avventurosa biografia di Gengis Khan, dove conferma la sua tendenza all’impasto tra realismo e visionarietà,
secchezza narrativa e ridondanza decorativa.

  

La libertà è il paradiso 1989

Il prigioniero del Caucaso 1996

Decisione rapida 2001

IL bacio dell’orso 2002

Mongol 2007                                                  (*) Filmografia essenziale

Il settimo figlio (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2010-11/9framreg002.htm[12/07/2017 18:59:22]
Bogdanovich Peter

Bogdanovich Peter
Stati Uniti (1939)

Studioso di Cinema e critico cinematografico, ha scritto libri sull'opera di alcuni dei più grandi maestri del Cinema
americano classico, come J.Ford, H. Hawks, A. Hitchcock. Questo culto per la scuola cinematografica del passato
permea la sua prova d'esordio L'ultimo spettacolo (1971), un film girato in un prezioso bianconero e improntato ai
moduli stilistici degli anni quaranta e cinquanta, che esprime tutta la sua commossa nostalgia per un Cinema che
non c'è più. Anche le sue prove successive risentono di questa impostazione nostalgica.

Targets 1968

L'ultimo spettacolo 1971

Ma papà ti manda sola? 1972

Paper moon 1973

Daisy Miller 1974

Finalmente arrivò l'amore 1975

Vecchia America 1976

Saint Jack 1979

E tutti risero 1981

Dietro la maschera 1985

Illegalmente tuo 1988

Texasville 1990

Rumori fuori scena 1991

Quella cosa chiamata amore 1993   

Rescuers 1 - Storie di donne coraggio 1997  

Un serial killer a New York 1998                        (*Filmografia completa)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg014.htm[12/07/2017 18:59:22]
Bolognini Mauro

Bolognini Mauro
Italia (1923-2001)

Laureatosi in architettura, si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia e negli anni cinquanta fa esperienza
con numerose commedie di dignitoso livello, prima di affermarsi all'attenzione della critica con due film, La notte
brava e La giornata balorda, entrambi del 1960, nati dall'incontro con gli scrittori Moravia e Pasolini. Da quel
momento in poi quasi tutte le sue regie saranno segnate dal connubio tra sceneggiature di origine letteraria e un
gusto stilistico calligrafico, di grande precisione sul piano dell'aderenza storica. Nascono da questa impostazione le
sue opere migliori, come Metello (1970) e Bubu (1971), nelle quali la sua raffinatezza figurativa trae ispirazione
dalla pittura italiana ottocentesca coeva al periodo in cui sono ambientati i film. Tutte le volte che in seguito
Bolognini ha abbandonato questa propensione ad un accurato formalismo, la qualità del suo Cinema ne ha
negativamente risentito.

 
Gli innamorati 1955

Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo 1956

Marisa la civetta 1957

Giovani mariti 1958

La notte brava 1960

La giornata balorda 1960

Il bell'Antonio 1960

La viaccia 1961

Senilità 1962

La corruzione 1963

Arabella 1969

Un bellissimo novembre 1969

Metello 1970 

Imputazione di omicidio per uno studente 1972

Fatti di gente perbene 1974

Per la antiche scale 1975

Libera, amore mio 1975

L'Eredità Ferramonti 1976

Gran bollito 1977

Mosca addio 1986

La venexiana 1986

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/9.htm[12/07/2017 18:59:23]
Bolognini Mauro

La villa del Venerdì 1991

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Boorman John

Boorman John
Gran Bretagna (1934)

Dopo aver lavorato per qualche tempo alla BBC ed aver esordito alla regia con un film non eccelso, emigra negli
Usa, dove si svolgerà, tranne qualche breve soluzione di continuità, quasi tutta la sua attività. Il suo primo film di
successo è Un tranquillo week-end di paura (1972), una sconvolgente ed inquietante riflessione sui pericoli di un
ingenuo abbondonarsi alla natura. Nel 1980 affronta con Excalibur le antiche saghe cavalleresche della sua terra
d'origine, mostrando una notevole capacità di giocare sul registro spettacolare. In questo, come in altri film, emerge
la sua ossessione acquorea, che trasforma fiumi e laghi in scenari privilegiati delle sue storie.

 Senza un attimo di tregua 1967

Duello nel pacifico 1968

Leone l'ultimo 1970

Un tranquillo week-end di paura 1972

Zardos 1974

Esorcista II: l'eretico 1977

Excalibur 1980

La foresta di smeraldo 1985

Anni '40 1987

Oltre Rangoon 1995

Il sarto di Panama 2001

In My Country 2004

The Tiger's Tail  (2006)

Queen and Country (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg015.htm[12/07/2017 18:59:23]
Boyle Danny

Boyle Danny
Gran Bretagna (1957)

Piccoli omicidi tra amici 1994

Trainspotting 1995

Una vita esagerata 1997

The Beach 1999

28 giorni dopo 2003

Millions 2004

Sunshine (2007)

The Millionaire  (2008)

127 ore (127 Hours) (2010)

In trance (Trance) (2013)

Steve Jobs (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg016.htm[12/07/2017 18:59:24]
Branagh Kenneth

Branagh Kenneth
Irlanda (1960)

Ancora giovanissimo si è affermato con un demiurgico attore-manager teatrale: non si è limitato a recitare, ma ha
diretto e gestito in tutti i sensi la sua compagnia, la Reinnassence Company. Egocentrico e presuntuoso (ma chissà,
forse anche un po’ autoironico), scrive a soli ventinove anni la sua autobiografia. Esordisce nel Cinema nel 1989
con Enrico V, nel ruolo che già era stato del grande Lawrence Olivier. Attore e regista al contempo (e non poteva
essere altrimenti), offre una versione piuttosto innovativa, antiaccademica e cupa, del testo shakespeariano.
Successivamente Branagh si cimenta con prove cinematografiche che si discostano dal repertorio teatrale classico
per accostarsi ai generi più tradizionalmente cinematografici. E’ il caso del giallo L’altro delitto (1991) e della
commedia Gli amici di Peter (1992). Nel 1994 dirige Frankenstein di Mary Shelley, prodotto da Coppola,
un’ennesima rivisitazione del famoso romanzo ottocentesco che suscita reazioni divergenti nella critica e non
convince particolarmente il pubblico. Nel 1996 il regista torna all’amato Shakespeare con Hamlet, una sontuosa
versione cinematografica della celebre tragedia, dopo che l’anno prima l’insigne bardo era stato pretesto per
imbastire la godibile commedia in bianconero Nel bel mezzo di un gelido inverno. Autore dall’indubbio talento e
dalla vulcanica inventiva, anche se non geniale, Branagh, nonostante la tendenza all’eccesso e alla ridondanza, sia
nella messa in scena (spesso afflitta da un esibito barocchismo), sia nelle soluzioni stilistiche (sovente ispirate ad
un gusto compiaciuto del virtuosismo tecnico), è certamente una delle personalità artistiche più rilevanti
dell’attuale panorama cinematografico.

Enrico V 1989

L’altro delitto 1991

Il canto del cigno 1992

Gli amici di Peter 1992

Molto rumore per nulla 1993

Frankenstein di Mary Shelley 1994

Nel bel mezzo di un gelido inverno 1995

Hamlet 1996

Pene d'amor perdute 2000

The Magic Flute 2006

Sleuth - Gli insospettabili (2007)

Thor (2011)

Cenerentola (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg072.htm[12/07/2017 18:59:24]
Brooks L.James

Brooks L. James
Stati Uniti (1940)

Inizia la carriera in televisione come regista e sceneggiatore. Esordisce con Voglia di tenerezza (1983), per il
quale vince un Oscar per la miglior regia, un film accusato di eccessivo patetismo strappalacrime, ma che evidenzia
la sua capacità di ottenere il meglio dagli attori. Anche la successiva denuncia di certo giornalismo televisivo
d'assalto, Dentro la notizia (1987), conferma questa sua predisposizione. Regista pienamente inserito nel sistema
spettacolare hollywoodiano, si distingue da molti suoi colleghi per il controllo quasi totale (dal soggetto alla
produzione) dei suoi film.

 
Voglia di tenerezza 1983

Dentro la notizia 1987

Una figlia in carriera 1994

Qualcosa è cambiato 1997

Spanglish - Quando in famiglia sono in troppi a parlare (2004)

Come lo sai (2010)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/10.htm[12/07/2017 18:59:38]
richard brooks

Brooks Richard
(Stati Uniti, 1912-1992)

Prima di passare alla regia ricopre più ruoli nel mondo dello spettacolo e dell’informazione. Giunto a Hollywood
negli anni Quaranta inizia a scrivere sceneggiature per importanti registi. Esordisce dietro la macchina da presa nel
1950 con La rivolta (di cui è anche sceneggiatore) e da quel momento in poi firmerà la sceneggiatura di quasi tutti
i suoi film successivi. Il suo primo grande film è L’ultima minaccia (1952) , sentito omaggio al lavoro di giornalista
(che anni prima fu anche il suo). Il regista conferma le sue doti di narratore abile ed efficace con Il seme della
violenza (1955), film antirazzista che denuncia il degrado delle scuole statali di periferia. Da questo momento la
carriera di Brooks sarà in costante ascesa con più nomination agli Oscar e con pellicole di differenti generi.
Formatosi negli anni della grande depressione Brooks ha maturato una coscienza politica liberal che spesso si è
trasferita nei suoi film migliori , nei quali ha posto al centro figure di personaggi coraggiosi che tentano in tutti i
modi di difendere in tempi e paesi diversi i principi di libertà  e giustizia nei quali credono. Si può dire che il
regista sia stato, soprattutto nei primi anni, uno dei migliori interpreti del filone realista e democratico del Cinema
americano affermatosi subito dopo la Seconda Guerra Mondiale 

La rivolta 1950

L’immagine meravigliosa 1951

L’ultima minaccia 1952

Il seme della violenza 1955

La gatta sul tetto che scotta 1958

Il figlio di Giuda 1960

La dolce ala della giovinezza 1962

I professionisti 1966

A sangue freddo 1967

Stringi i denti e vai 1975

In cerca di Mr Goodbar 1977

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg006.htm[12/07/2017 18:59:39]
Brusati Franco

Brusati Franco
Italia (1922-1993)

Laureatosi in Scienze politiche a Ginevra, lavora per molti anni come giornalista per passare successivamente
all’ambiente del Cinema come aiuto-regista, ruolo nel quale ha modo di farsi le ossa accanto ai maggiori registi
italiani degli anni Cinquanta. Il suo esordio dietro la macchina da presa avviene nel 1956 con Il padrone sono me,
che non ebbe molto successo, ma nel quale è già rinvenibile quella particolare predisposizione all’eleganza visiva e
all’accuratezza dei testi (a scapito della continuità e coerenza narrativa), che sarà sempre una delle sue
caratteristiche principali. La delusione per la poco lusinghiera accoglienza della sua opera prima lo spinge a
dedicarsi al teatro, per il quale scrive parecchie commedie. Torna al Cinema nel 1962 con Il disordine, film
sull’insoddisfazione esistenziale nella Milano del boom economico.

Pane e cioccolata (1974) è l’opera cui deve il primo vero e proprio successo commerciale e di critica.  Affidato
all’istrionismo del bravo Manfredi, il film è una riflessione malinconicamente ironica sulla condizione
dell’emigrante italiano in Svizzera. Con Dimenticare Venezia (1979) Brusati torna alla frammentazione narrativa
tipica delle sue prime opere, abbandonandosi al fluire della memoria e intessendo una crepuscolare elegia sulla
nostalgia del passato.  

Il padrone sono me 1956

Il disordine 1962

Tenderly1968

I tulipani di Harlem 1970

Pane e cioccolata 1974

Dimenticare Venezia 1979

Il buon soldato 1983

Lo zio indegno 1989                                                                (*Filmografia completa)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2005/5framreg003.htm[12/07/2017 18:59:39]
Burton Tim

Burton Tim
Stati Uniti (1960)

Regista dell'ultima generazione americana, esprime un'idea di Cinema antirealista e visionaria, completamente
filtrata attraverso un immaginario collettivo che ha nei fumetti (Batman, 1989) e nel Cinema degli anni cinquanta
(Mars Attacks, 1997) il proprio riferimento principale. Burton sa accostare e intrecciare riferimenti e suggestioni di
svariata provenienza, da onnivoro consumatore di Cinema quale è stato ed è, senza rinunciare ad un'abbondante
dose di arguta ironia, che conferisce ai suoi film quel tocco di divertita consapevolezza di muoversi in un universo
tutto chiuso nel recinto dell'invenzione fantastica e della memoria cinematografica.

 Storie incredibili (episodio: fammeli Dog) 1985

Beetlejuice. Spiritello porcello 1988

Batman 1989

Edward mani di forbice 1990

Batman il ritorno 1992

Ed Wood 1995

Mars Attacks! 1997 

Il mistero di Sleepy Hollow 1999   

Il pianeta delle scimmie 2001 

Big Fish 2003 

La fabbrica di cioccolato 2005

La sposa cadavere 2005                                           (*Filmografia completa)

Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007)

Alice in Wonderland (2010)

Dark Shadows (2012)

Frankenweenie (2012)

Big Eyes (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg017.htm[12/07/2017 18:59:40]
Calogero Francesco

Calogero Francesco
Italia (1957)

Curatore di cineclub e rassegne di festival, esordisce nel 1986 con La caviglia di Amelia, un film che guarda a E.
Rohmer, suo regista modello. Del 1987 è La gentilezza del tocco, pellicola che l'ha fatto conoscere alla critica
italiana.

La caviglia di Amelia 1986

La leggerezza del tocco 1987

Cinque giorni di tempesta 1997

Metronotte 2000

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg018.htm[12/07/2017 18:59:40]
Cameron James

Cameron James
Stati Uniti (1954)

Nasce in Canada e nel 1971 si trasferisce in California dove studia fisica. Il suo primo film di successo è
Terminator del 1984. Da allora Cameron resta fedele a un Cinema di alta spettacolarità, ricco di effetti speciali e
grande tensione narrativa. Film come Terminator e True Lies (1994) sono, oltre che veri e propri gioielli di ritmo,
esempi mirabili di applicazione di tecnologia sofisticata al Cinema. Nel 1998 Cameron ha legato il proprio nome al
film-evento Titanic, che, tuttavia, nonostante l'eccezionale clamore suscitato, appare inferiore a buona parte della
sua filmografia.

Piranha paura 1981

Terminator 1984

Aliens, scontro finale 1986

Abyss 1989

Terminator 2. Il giorno del giudizio 1991

True Lies 1994

Titanic 1997                                          (*Filmografia completa)

Avatar (2009)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg019.htm[12/07/2017 18:59:41]
Campion Jane

Campion Jane
Nuova Zelanda (1954)

A ventun anni dopo essersi laureata in antropologia lascia la Nuova Zelanda per recarsi in Gran Bretagna a studiare
Arte. Rientrata in patria inizia la sua attività registica, esordendo nel lungometraggio di fiction nel 1986 con Due
amiche, ma è con Sweetie, che nel 1989 ottiene al Festival di Cannes un enorme successo, imponendosi
all'attenzione del pubblico e della critica internazionale. Il Cinema della Campion riesce a intrecciare con effetti di
grande suggestione una dimensione realistica calata nella natura e nella civiltà della sua terra con improvvise
deviazioni fantastiche e visionarie ricche di enigmatico fascino.

Due amiche 1986

Sweetie 1989

Un angelo alla mia tavola 1990

Lezioni di piano 1992

Ritratto di signora 1994  

Holy Smoke 1999      

In the Cut 2004                           (*Filmografia completa) 

The Water Diary (2006)

Bright Star (2009)

Top Of The Lake (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg020.htm[12/07/2017 18:59:41]
Capra Frank

Capra Frank
Stati Uniti (1897-1990)

Nato in Sicilia emigra bambino con la famiglia negli Stati Uniti e inizia la carriera all'epoca del muto dirigendo
alcune comiche. Nel 1934 con Accadde una notte si può dire che crei il prototipo della commedia brillante
hollywoodiana, destinata a grande fortuna negli anni a venire. E' stato appena eletto alla presidenza degli Stati Uniti
F.D. Roosevelt, che cerca di risollevare l'America dalla grande depressione iniziata nel 1929. Capra, esaltando con
il suo Cinema ottimistico e fiducioso le virtù americane dell'uomo della strada e i principi di integrità e onestà cui
dovrebbe ispirarsi la classe dirigente, offre al New Deal rooseveltiano un importante supporto ideologico e
propagandistico sul piano cinematografico (allora certamente più influente di oggi, data l'assenza della televisione).
Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale Capra offre il suo contributo come operatore di guerra. Con il
dopoguerra e la crisi del rooseveltismo anche il Cinema di Capra non ritrova più il precedente smalto e il regista
sembra affidare nel 1948 al film Lo stato dell'Unione il proprio testamento di fede democratica e di critica al
cinismo dei politicanti.

 La donna di platino 1931

La donna del miracolo 1931

Proibito 1932

Strettamente confidenziale 1934

Accadde una notte 1934

E' arrivata la felicità 1936

Orizzonte perduto 1937

L'eterna illusione 1938

Mr. Smith va a Washington 1939

Arriva John Doe 1941

Arsenico e vecchi merletti 1944

La vita è meravigliosa 1946

Lo stato dell'Unione 1948

Angeli con la pistola 1961

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg021.htm[12/07/2017 18:59:42]
Caton-Jones Michael

Caton-Jones Michael
Gran Bretagna (1958)

Dopo aver lavorato per anni come macchinista nei teatri di Londra, inizia a girare cortometraggi e
successivamente a lavorare alla televisione. Nel 1989 esordisce alla regia con Scandal, un film che rievoca la
vicenda dello scandalo Profumo, un caso di spionaggio che coinvolse importanti uomini politici inglesi negli anni
Sessanta. L’anno successivo dirige Memphis Belle, un bellico di grande vigore spettacolare e narrativo. Nel 1995
ha realizzato la superproduzione Rob Roy, film storico dal registro epico-avventuroso. Regista non geniale e
nemmeno originale, Caton-Jones è andato formandosi quella solida professionalità necessaria al Cinema medio di
consumo di buona qualità.

Scandal 1989

Memphis Belle 1990

Doc Hollywood:dottore in carriera 1991

Voglia di ricominciare 1993

Rob Roy 1995

The Jackal 1997

Colpevole d'omicidio 2002

Shooting Dogs (2005)

Basic Instinct 2 (2006)

Mondo senza fine (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg008.htm[12/07/2017 18:59:42]
Chabrol Claude

Chabrol Claude
Francia (1930-2010)

Trascorre la fanciullezza in un paese di provincia (quella provincia che così spesso entrerà nei suoi film) e si laurea
in lettere a Parigi. Frequenta gli ambienti del Cinema ed incontra i registi Godard, Truffaut e Rohmer, insieme al
quale scrive nel 1957 un libro su Hitchcock, autore destinato ad influenzare profondamente la sua opera. Nello
stesso anno gira, in ristrettezza di mezzi, il suo primo film, Le beau Serge, che è considerato il punto di partenza
della nouvelle vague. Da quel momento inizia per Chabrol una lunga e prolifica carriera, segnata quasi per intero
dalla fedeltà al genere poliziesco, che il regista reinterpreta in modo personale, privilegiando con costanza alcuni
aspetti: l'introspezione psicologica dei personaggi, l'accurata descrizione di un ambiente sociale spesso ristretto alla
dimensione del piccolo paese, la condizione borghese come condanna all'insoddisfazione, l'ambiguità morale che
sta alla base dei comportamenti delittuosi. Si può dire che Chabrol abbia ribaltato dall'interno la logica del giallo
classico (genere deputato a rassicurare il pubblico confortandolo con la finale punizione del colpevole e con il
ristabilimento dell'ordine turbato), immettendovi elementi di inquietudine e problematicità tali da lasciare sempre
piuttosto turbato lo spettatore.

Le beau Serge 1958

I cugini 1959

A doppia mandata 1959

Donne facili 1960

Parigi di notte 1963

Landru 1963

Le più belle truffe del mondo (ep: L'uomo che vendette la tour Eiffel) 1963

La tigre ama la carne fresca 1964

Marie Chantal contro il dottor Kha 1965

La tigre profumata alla dinamite 1965

Criminal Story 1967

Delitti e champagne, Le scandale 1967

Stephane, una moglie infedele 1968

Les biches. Le cerbiatte 1968

Ucciderò un uomo1969

All'ombra del delitto 1970

Il tagliagole 1970

Dieci incredibili giorni 1971

Trappola per un lupo 1972

L'amico di famiglia 1973

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Chabrol Claude

Sterminate Gruppo Zero 1973

Una gita di piacere 1974

La panchina della disperazione 1975

Profezia di un delitto 1975

Gli innocenti dalle mani sporche 1975

Follie borghesi 1976

Rosso nel buio 1977

Violette Nozière 1978

Il sistema del dr. Gaudron e del dr. Plume 1980

Les fantomes du chapelier 1982

Una morte di troppo 1985

L'ispettore Lavardin 1986

Il grido del gufo 1987

Volto segreto 1987

La lumaca nera 1988

Un affare di donne 1988

Doctor M 1989

Giorni felici a Clichy 1990

Madame Bovary 1991

Betty 1992

L'inferno 1994

Il buio nella mente 1995

Rien ne va plus 1997

Il colore della menzogna 1998

Grazie per la cioccolata 2000

Il fiore del male 2002

La damigella d'onore 2005

La commedia del potere (2006)

L'innocenza del peccato (2007)

Bellamy (2009)

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Chabrol Claude

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Chereau Patrice

Chéreau Patrice
Francia (1944-2014)

Debutta giovanissimo come regista teatrale. La sua carriera è rapida e assai lusinghiera e lo consacra come uno dei
più prestigiosi uomini di teatro d’Europa (è rimasta famosa una sua tetralogia di Wagner al Festival di Bayreuth).
Ha collaborato anche con il Piccolo di Milano. Nel 1975 ha affrontato per la prima volta la cinepresa come regista
cinematografico con Un’orchidea rosso sangue, un thriller di raffinata fattura. Dopo alcune importanti esperienze
come attore in Danton e L’ultimo dei Mohicani, torna alla regia nel 1994 con La regina Margot, una turgida e
barocca ricostruzione della Notte di S. Bartolomeo ispirata al romanzo di A. Dumas. Si tratta di un kolossal
europeo di grandi ambizioni spettacolari e artistiche, che però non mantiene le promesse legate al grande budget e
all’eccezionale cast di attori a disposizione. Nel 2000 vince il Festival di Berlino con Intimacy-Nell’intimità, film
scandaloso di un erotismo molto esplicito, che per la prima volta sembra avergli guadagnato anche i consensi della
critica, fino a quel momento piuttosto fredda nei suoi confronti.

Un’orchidea rosso sangue 1975

La regina Margot 1994

Intimacy-Nell’intimità 2000 

Son frère 2003 

Gabrielle 2005                                                  (*Filmografia completa)

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Chiesa Guido

Chiesa Guido
Italia (1959)

Nasce a Torino e si laurea in Lettere e Filosofia con una tesi in storia del Cinema. Si reca negli Stati Uniti dove
collabora con il regista J. Jarmush e fa il corrispondente per la Rai occupandosi di musica e di cultura giovanile.
Nel 1991 presenta alla Mostra del Cinema di Venezia la sua opera d’esordio Il caso Martello, un film che rivisita il
tema della Resistenza in modo anomalo e anticonformista, indagando nelle zone d’ombra inesplorate della lotta
partigiana e dei suoi esiti. Nel 2000 ritorna sullo stesso argomento con Il partigiano Johnny, tratto dal romanzo di
B. Fenoglio, la cui narrativa è sempre stata per lui un importante riferimento. In particolare il cinema di Chiesa
sempre avere al proprio centro personaggi irrisolti e inquieti dall’esistenza tormentata e come sfondo il paesaggio
della campagna piemontese avvolto dalle nebbie e raggelato dall’inverno.

Il caso Martello 1991

Babylon 1995

Non basta mai 1999

Il partigiano Johnny 2000

Lavorare con lentezza 2004

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg074.htm[12/07/2017 18:59:44]
Cimino Michael

Cimino Michael
Stati Uniti (1943)

Dopo un apprendistato come sceneggiatore esordisce nel 1974 con un film interpretato da C.Eastwood Una
calibro 20 per lo specialista. Nel 1978 dirige Il cacciatore, un film teso e vibrante sul reducismo dalla guerra del
Vietnam. Incoraggiato dal successo convince la United Artists a finanziargli I Cancelli del cielo (1979), una
superproduzione che rievoca, con respiro epico e rigorosa ricostruzione storica, gli anni del pionierismo della
conquista del west. L'insuccesso del film è clamoroso e provoca il fallimento della casa di produzione: per Cimino
inizia un lungo periodo di ostracismo. Riprende a lavorare nel 1985 con il discusso L'anno del dragone, che suscita
le proteste della comunità cinese di Los Angeles. Nel 1996 Cimino, ancora dopo anni di silenzio, ha realizzato
Verso il sole, una desolata e nostalgica parabola sulla fine dell'epica e dell'innocenza nella società americana.

Una calibro 20 per lo specialista 1974

Il Cacciatore 1978  (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto Pacioli)

I cancelli del cielo 1979

L'anno del dragone 1985

Il siciliano 1987

Ore disperate 1990

Verso il sole 1996

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg022.htm[12/07/2017 18:59:44]
george clooney

 Clooney George
(Stati Uniti, 1961)

Prima di passare al Cinema gira un'enorme quantità di serie televisive. Negli anni Novanta si afferma come uno dei
più popolari e ricercati attori americani: tra i film più importanti da lui interpretati in ruoli di protagonista
ricordiamo: Out of Sight (1998), Fratello, dove sei? (2001), Solaris (2002), Prima ti sposo poi ti rovino (2003). Il
suo primo film da regista è Confessioni di una mente pericolosa (2003), la storia vera di un conduttore televisivo
che viene costretto a diventare una spia della CIA. Ma è nel 2005 che Clooney conferma le sue doti di regista con
Good Night and Good Luck, un omaggio alla figura di un giornalista televisivo che con coraggio si oppose negli
anni Cinquanta al maccartismo.

Confessioni di una mente pericolosa (2003)

Good Night and Good Luck (2005)

In amore niente regole (2007)

Le idi di marzo (2011)

Monuments Men (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg003.htm[12/07/2017 18:59:45]
Coletti Duilio

Coletti Duilio
Italia (1908-1999)

Il fornaretto di Venezia 1939

Capitan Fracassa 1940

Il mercante di schiave 1942

Il passatore 1947

Cuore 1948

Il grido della terra 1949

Miss Italia 1950

E' arrivato l'accordatore

I sette dell’orsa maggiore 1952

Divisione Folgore 1954

Londra chiama Polo Nord 1956

Sotto dieci bandiere 1960

Il re di Poggioreale 1961

Lo sbarco di Anzio 1968

Valdez, il mezzosangue 1973

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2002/4framreg003.htm[12/07/2017 18:59:45]
Comencini Cristina

Comencini Cristina
Italia (1956)

Scrittrice, oltre che regista, collabora come sceneggiatrice con il padre L.Comencini ed esordisce nel 1988 con
Zoo, un film sull'adolescenza. Nel 1992 dirige La fine è nota, un giallo ricco di suggestioni noir, che dimostra il
possesso di buone qualità di regia, che non sempre hanno trovato modo di esprimersi al meglio.

 
Zoo 1988

I divertimenti della vita privata 1990

La fine è nota 1992

Va' dove ti porta il cuore 1995

Matrimoni 1998

Liberate i pesci 2001

Il più bel giorno della mia vita 2002

La bestia nel cuore 2005

Bianco e nero (2008)

Quando la notte (2011)

Latin Lover (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/12.htm[12/07/2017 18:59:46]
Comencini Francesca

Comencini Francesca
Italia (1961)

Figlia del regista Luigi e sorella della maggiore Cristina, anch’essa regista, Francesca esordisce con il film
Pianoforte nel 1984, presentato al Festival di Venezia, una vicenda autobiografica di tossicodipendenza. In Francia,
dove si è trasferita dirige La luce del lago (1988). Attenta alle problematiche civili e politiche contemporanee
propone nel 2002 Carlo Giuliani, ragazzo, dove viene ricordato il giovane no-global ucciso durante i fatti di
Genova del 2001. Con Mi piace lavorare-Mobbing (2004) la regista ha fornito quella che forse è la sua prova
migliore, confermando le sue doti di attenta sensibilità ai sentimenti e di pudica e accurata analisi psicologica.  

Pianoforte 1984

La luce del lago 1988

Le parole di mio padre 2002

Carlo Giuliani, ragazzo 2002

Mi piace lavorare - Mobbing 2004

A casa nostra 2006

Lo spazio bianco (2009)

Un giorno speciale (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2005/5framreg004.htm[12/07/2017 18:59:46]
Comencini Luigi

Comencini Luigi
Italia (1916-2007)

Si forma come critico cinematografico e svolge già negli anni trenta una benemerita attività di reperimento e
conservazione delle pellicole, dando inizio all'istituzione della Cineteca Italiana di Milano (echi di questa sua
passione cinearcheologica si colgono nel suo La valigia dei sogni del 1954). Il suo primo film, Proibito rubare, del
1948, è ambientato tra gli scugnizzi di Napoli e mette in luce da subito la particolare predisposizione del regista
per le tematiche legate all'infanzia e all'adolescenza. Accanto a questo argomento preferenziale, da lui trattato
sempre con estrema sensibilità ed adesione, Comencini si dedica, con esiti discontinui, ma sempre di dignitoso
professionismo, al genere della commedia all'italiana.

 Proibito rubare 1948

Pane, amore e fantasia 1953

Mariti in città 1956

La finestra sul Luna Park 1957

Tutti a casa 1960  

La ragazza di Bube 1963   

Il compagno Don Camillo 1965

Incompreso 1966

Lo scopone scientifico 1972

La donna della domenica1975

L'ingorgo. Una storia impossibile 1978

Voltati Eugenio 1980

Cercasi Gesù 1982

Un ragazzo di Calabria 1987

Marcellino pane e vino 1991

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg023.htm[12/07/2017 18:59:47]
Coppola F.F.

Coppola Francis Ford


Stati Uniti (1939)

Inizia la carriera come sceneggiatore e aiuto-regista e nel 1968 si laurea all'Ucla (il più prestigioso istituto di
cinematografia statunitense) con il film anticonformista ispirato alla nouvelle vague Buttati Bernardo!. All'inizio
degli anni settanta dà vita alla casa di produzione indipendente American Zoetrope, che diviene ben presto punto
di riferimento di molti giovani registi della new Hollywood. Nel 1971 realizza il kolossal Il Padrino (replicato due
volte dai seguiti Il padrino parte seconda, 1974, e Il padrino parte terza, 1990) e il successo di questo film gli
permette di realizzare un'altra superproduzione, Apocalypse Now (1979), un'allucinata e visionaria riflessione sulla
guerra del Vietnam. Gli anni ottanta sono per Coppola un periodo di sperimentazione tecnica (famose le sue
applicazioni dei metodi di ripresa elettronici al Cinema) e esplorazione di nuovi percorsi espressivi e tematici, che
a volte lo portano ad operazioni azzardate e commercialmente fallimentari come Un sogno lungo un giorno (1982),
un suggestivo musical dalle colorate atmosfere oniriche. In questi ultimi anni sembra essersi accostato ad un
cinema più tradizionale e convenzionale, anche se meno coraggioso e innovativo rispetto a quello del decennio
precedente. Coppola è un regista che non ha avuto paura di cimentarsi in nuove strade, avendo sempre l'attenzione
rivolta, più che alla realtà, all'immenso magazzino dell'immaginario del Cinema americano, e proponendoci un'idea
di Cinema grandioso e barocco, visionario e spettacolare, tradizionale ed innovativo nel contempo.

 Buttati Bernardo! 1966

Il padrino 1971

Il padrino parte seconda 1974

La conversazione 1974

Apocalypse Now 1980 

Un sogno lungo un giorno 1982

I ragazzi della 56a strada 1983

Rusty il selvaggio 1983

Cotton Club 1985

Peggy Sue si è sposata 1986

Giardini di pietra 1987

Tucker, un uomo e il suo sogno 1988

Il padrino, parte terza 1990

Dracula 1992

Jack 1996

L'uomo della pioggia 1997  (soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto Pacioli)

Apocalypse Now Redux (2001)

Un'altra giovinezza (2007)

Segreti di famiglia (Tetro) (2009)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg024.htm[12/07/2017 18:59:47]
Coppola F.F.

Twixt (2011)

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sofia coppola

Coppola Sofia
(Stati Uniti, 1971)

 Figlia del famoso regista Francis Ford, Sofia esordisce alla regia nel 1999 con Il giardino delle vergini suicide,
un film d’argomento adolescenziale che risale all’inizio degli anni Settanta per calarsi in profondità nel disagio
giovanile dell’America di quel periodo travagliato. Con Lost in Traslation (2003) e con Marie Antoinette (2006), la
Coppola ottiene la consacrazione internazionale, liberandosi definitivamente dal sospetto di sfruttare per la sua
carriera la fama del padre. Apprezzati dalla critica d’ogni paese ed amati dal pubblico, questi due titoli proseguono,
pur attraverso storie e personaggi molto diversi, l’esplorazione  attenta e partecipata della regista dell’universo
morale e psicologico giovanile e femminile , analizzato in particolare nella situazione di fragilità e solitudine che
spesso s’accompagna a questa condizione. Lontana dagli Stati Uniti (i due film sono girati rispettivamente in
Giappone e in Francia) la Coppola riesce a sfruttare al meglio le possibilità scenografiche e visivo-visionarie di
contesti per lei così esotici, caricandoli di risonanze e significati spesso ambigui e fascinosi.

  

Il giardino delle vergini suicide (1999)

Lost in Translation (2003)

Marie Antoinette (2006)                                                              * Filmografia completa

Somewhere (2010)

Bling Ring (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg011.htm[12/07/2017 18:59:48]
roger corman

 Corman Roger
(Stati Uniti,1926)

 Laureato in ingegneria, si reca in Europa dove frequenta dei corsi di letteratura all’università di Oxford. Tornato in
California fonda una sua casa di produzione, la Roger Corman Production, che lavora in economia sfornando B-
Movie che piacciono soprattutto al pubblico giovanile degli anni Cinquanta.  Corman esordisce alla regia nel 1955
con Cinque colpi di pistola e nei cinque anni successivi dirige ben 23 film dei più disparati generi cinematografici.
Negli anni Sessanta realizza il famoso ciclo ispirato ai racconti di E. A. Poe, acquistando fama internazionale come
maestro dell’horror. Nei decenni successivi rallenta la sua attività registica per dedicarsi con grande impegno e
passione all’attività di talent scout grazie ad struttura produttiva indipendente, che controlla tutte le fasi della
lavorazione di una pellicola grazie all’ausilio di ottimi professionisti.

Il Cinema di Corman trae il proprio punto di forza nella scelta di girare a bassissimo costo (specie in rapporto agli
alti budget tipici dell’industria hollywoodiana) e in brevissimo tempo, trasformando questa condizione produttiva
in un’opzione estetica che conferisce alla sua opera  vigore narrativo, asciuttezza linguistica e un’impronta
d’inconfondibile kitsch esibito e autoironico, tanto da poter parlare di stile alla Corman,  soprattutto in riferimento
alla capacità  di sfornare tantissimi prodotti di buon livello con pochi mezzi. Dopo un’iniziale sottovalutazione da
parte della critica più colta, oggi Corman è unanimemente considerato, se non come uno dei più grandi cineasti
della storia del Cinema moderno, certamente come un esempio (forse unico) di geniale e autarchica creatività. 

Cinque colpi di pistola 1955

Il mostro del pianeta perduto 1955

Il vampiro del pianeta rosso 1956

La legge del mitra 1958

La vita di un gangster 1958

I vivi e i morti 1960

Il pozzo e il pendolo 1961

L’odio esplode a Dallas 1961

Sepolto vivo 1962

I racconti del terrore 1962

I maghi del terrore 1963

La maschera della morte rossa 1964

La tomba di Ligeia 1965

Il massacro del giorno di S. Valentino 1967

Il clan dei Barker 1970

Il barone rosso 1971

I gladiatori dell'anno 3000 (1978)

I magnifici sette nello spazio (1980)

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roger corman

Frankenstein oltre le frontiere del tempo (1990)

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cosmatos

Cosmatos George Pan


Grecia (1941-2005)

Rappresaglia 1973

Cassandra Crossing 1976

Amici e nemici 1979

Rambo 2-La vendetta 1985

Cobra 1986

Leviathan 1989

Tombstone 1993

Programma segreto 1997                                              *Filmografia completa

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Cosat Gavras Constantin

Costa Gavras Costantin


Grecia (1933)

All'età di 18 anni lascia Atene per andare a Parigi, dove si iscrive all'Istituto di Studi Superiori di Cinema. Nel
1965 realizza il suo primo film Vagone letto per assassini, un noir caratterizzato da un discreto senso del ritmo
narrativo, ma è nel 1969 con Z, l'orgia del potere che Costa Gavras raggiunge la notorietà internazionale (ottiene
tra altri riconoscimenti anche l'Oscar come miglior film straniero 1970). Si tratta di una pellicola di denuncia del
regime militare di destra instaurato in Grecia negli anni sessanta. Nel 1982 con Missing-Scomparso vince la Palma
d'oro al festival di Cannes. E' anche questo un film d'impegno civile, basato sulla feroce repressione seguita al
colpo di stato di Pinochet in Cile. Attraverso un andamento narrativo decisamente orientato verso le modalità
spettacolari del thriller e del poliziesco Costa Gavras è da sempre fedele ad un Cinema politico teso a
sensibilizzare lo spettatore su importanti temi d'attualità.

Vagone letto per assassini 1965

Il tredicesimo uomo 1968

Z, l'orgia del potere 1969

La confessione 1970

L'amerikano 1973

L'affare della sezione speciale 1975

Chiaro di donna 1979

Missing. Scomparso 1982

Hanna K. 1983

Consiglio di famiglia 1985

Summer Lightning 1988

Betrayed, Tradita 1988

Music Box. Prova d'accusa 1989

La piccola apocalisse 1992

Mad City. Assalto alla città 1997

No Other Life 1998 

Amen 2002

Il Cacciatore di teste 2005 

Verso l'Eden 2009                                             (*Filmografia completa)

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Saverio Costanzo

Costanzo Saverio
(Italia, 1975)

 Figlio di Maurizio, si laurea in sociologia delle comunicazioni alla Sapienza e inizia a lavorare come conduttore
radiofonico. Inizia a lavorare come documentarista rivolgendo il proprio interesse in direzione di problematiche di
drammatica urgenza sociale. La sua opera prima è Private (2004), scritto durante il suo soggiorno in Israele, che
vince il Pardo d’Oro al Festival di Locarno. Attualmente Costanzo è sicuramente una dei più promettenti registi
italiani dell’ultimissima generazione.

 Private (2004)

In memoria di me (2007)

La solitudine dei numeri primi (2010)

Hungry Hearts (2014)

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Costner Kevin

Costner Kevin
Stati Uniti (1955)

Assai più noto come attore che come regista, Costner è oggi una delle più grandi star dell’universo
hollywoodiano.Gli inizi della carriera sono difficili e caratterizzati da tante particine insignificanti. Nel 1985 si
afferma come attore protagonista di Fandango dell’amico Kevin Reynolds, diretto dal quale girerà
successivamente parecchie pellicole di successo, come Robin Hood principe dei ladri (1991) e il kolossal
Waterworld (1995). Nel 1990 si mette dietro la macchina da presa dirigendo se stesso nel western Balla coi lupi,
film fortemente voluto (l’attore ha investito personalmente nella produzione per rendere possibile la sua
realizzazione) attraverso il quale Costner rende un commosso omaggio alla civiltà pellerossa distrutta dai bianchi
d’America. E’ passato, invece, piuttosto inosservato il suo secondo film L’uomo del giorno dopo (1997).

Balla coi lupi 1990

L’uomo del giorno dopo 1997

Terra di confine-Open Range 2003

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emanuele crialese

Crialese Emanuele
(Italia, 1965)

Si laurea in Cinema alla New York University e negli Stati Uniti gira il suo primo film Once We Were Strangers
(1997), la storia di un incontro tra due immigrati negli States, che anticipa il tema dell’immigrazione che ritorna nel
suo ultimo film. Tornato in Italia dirige Respiro (2002), per il quale gli viene assegnato il primo premio alla
Settimana della Critica a Cannes. Con Nuovomondo ottiene il Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia
del 2006. In questo film Crialese affronta il tema dimenticato dell’immigrazione italiana in America con tonalità tra
il mitico-favoloso, sorretto da uno spiccato e personalissimo gusto per la dimensione visionaria ed onirica.
Attualmente il regista rappresenta una delle realtà più interessanti del Cinema italiano. 

Respiro 2002

Nuovomondo 2006

Terraferma (2011)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg013.htm[12/07/2017 18:59:51]
Cromwell John

Cromwell John
Stati Uniti (1888-1979)

Attore, regista e produttore teatrale, inizia a lavorare nel Cinema all’inizio degli anni Trenta. Si inserisce
pienamente nel sistema hollywoodiano realizzando film di genere e rivelandosi un ottimo direttore di attori.
Lavorarono con lui alcuni dei più noti divi del periodo classico del Cinema americano, come Bette Davis, Lionel
Barrymore, Leslie Howard e Humphrey Bogart. Regista di sicura professionalità e di consolidata esperienza,
Cromwell attraversa con grande disinvoltura i più diversi generi cinematografici, adattandosi ai canoni spettacolari
e narrativi dell’industria hollywoodiana. Nella sua filmografia non troviamo il capolavoro, ma sempre film di buon
livello e di più che dignitosa qualità. Alla fine degli anni Cinquanta si ritira dall’attività.

Figli di lusso 1933

A doppia briglia/L’uomo che ritrovò se stesso 1933

Schiavo d’amore 1934

Il prigioniero di Zenda 1937

Un’americana nella Casbah 1938

Abe Lincoln in Illinois 1945

Solo chi cade può risorgere 1947

La gang 1951

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2002/4framreg004.htm[12/07/2017 18:59:51]
Crowe Cameron

Crowe Cameron
Stati Uniti (1958)

Singles. L'amore è un gioco 1992

Jerry Maguire 1996

Almost Famous 2000

Vanilla Sky 2001

Elizabethtown 2005

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Curtiz Michael

Curtiz Michael
Impero Austro-Ungarico (1888-1962)

Curtiz (il cui vero nome è Mihaly Kertész) nasce a Budapest e manifesta, fin dai primi anni, una grande passione
per il teatro e successivamente per il Cinema. La sua carriera di regista inizia in Austria dopo la Prima Guerra
Mondiale. Qui dirige alcuni film storici, tra cui Schiava regina (1925), che esportato negli Stati Uniti lo rende
famoso in America. Emigrato ad Hollywood, resta per 25 anni sotto contratto con la Warner Bros., girando
un’enorme quantità di film, tra i quali i più famosi sono Capitan Blood (1935) e il celeberrimo Casablanca (1943),
un vero e proprio cult cinefilico. Nel dopoguerra gli viene affidata la regia di un magniloquente kolossal, Sinuhe
l’egiziano (1954). Di Curtiz si dice che sia stato un classico esempio di artigiano di grande mestiere del tutto
funzionale all’industria hollywoodiana. Per quanto questa affermazione sia incontestabile, la critica più recente ha
rivalutato le sue qualità registiche, sottolineandone la padronanza tecnica e la particolare attenzione alla cura
formale dell’immagine e dei movimenti di macchina. Anche dal punto vista del registro dominante, pur nella
continua variazione di generi e temi, Curtiz ha dimostrato una certa predilezione per atmosfere ispirate ad
un’inquieta malinconica (probabilmente collegate al Cinema espressionista nel quale si formò in Austria negli anni
Venti), che spesso ha tradotto con un gusto ed una sensibilità che denunciano la sua origine europea.

La maschera di cera 1933

Il pugnale cinese 1933

Capitan Blood 1935

La carica dei 600 1936

L’ombra che cammina 1936

Milionario su misura 1937

Gli angeli con la faccia sporca 1938

Occidente in fiamme 1938

Quattro figlie 1938

Robin Hood 1938

Carovana d’eroi 1940

I pascoli dell’odio 1940

Lo sparviero del mare 1940

Casablanca 1943

Il giuramento dei forzati 1944

Il romanzo di Mildred 1945

Vita col padre 1947

Viale Flamingo 1949

Le foglie d’oro 1950

Golfo del Messico 1950

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Curtiz Michael

Stringimi forte tra le tue braccia 1951

Sinuhe l’egiziano 1954

Non siamo angeli 1955

L’ora scarlatta 1956

La via del male 1958

Il boia 1959

Le avventure di Huck Flinn 1960

I comanceros 1962

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Damiani Damiano

Damiani Damiano
Italia (1922-2013)

Dopo aver studiato pittura all’Accademia milanese di Brera è scenografo a Roma e quindi regista. Esordisce nel
1959 con Il rossetto, una delicata storia di un trapasso dall’adolescenza all’età adulta. E’ con La rimpatriata (1963),
un’amara storia di examici che ritrovandosi dopo anni misurano il fallimento delle rispettive esistenze. Dopo Quien
Sabe? (1967), un western all’italiana un po’ anomalo per il sottinteso messaggio politico che lo attraversa,
Damiani inizia una specie di trilogia dell’impegno politico riferito ad alcuni grandi problemi della realtà italiana
contemporanea: con Il giorno della civetta (1968) affronta il tema della mafia, con Confessione di un commissario
di polizia al procuratore della repubblica (1970) quello della corruzione presente a livello della istituzione
giudiziaria e con L’istruttoria è chiusa, dimentichi (1971), quello delle mostruosità del sistema giudiziario. Non si
può certo parlare di capolavori, ma sicuramente di prodotti dignitosi, in cui il regista evidenzia la sua propensione
per i meccanismi del Cinema d’azione a forte struttura narrativa, senza mai dimenticare gli intenti di denuncia
civile. Negli anni successivi, tuttavia, con lo spegnersi degli echi della stagione del sessantotto, in Damiani prevale
la vena puramente spettacolare e commerciale e si oscura quasi completamente quella politica. Un’eccezione in
questo quadro di sostanziale ripiegamento L’inchiesta (1986), un film religioso singolarmente ambientato in
Palestina anni dopo la crocifissione di Cristo. Va ricordato pure il grande successo riportato con lo sceneggiato
televisivo La piovra 1 (1984), con cui il regista torna al tema della mafia.

Il rossetto 1959

L’isola di Arturo 1962

La rimpatriata 1963

La noia 1963

Quien Sabe? 1967

La strega in amore 1967

Il giorno della civetta 1968

Una ragazza piuttosto complicata 1969

La moglie più bella 1970

Confessioni di un commissario di polizia al procuratore della repubblica 1970

L’istruttoria è chiusa, dimentichi 1971

Perché si uccide un magistrato 1975

Un genio, due compari e un pollo 1976

Goodbye e Amen 1977

Un uomo in ginocchio 1979

L’avvertimento 1980

Amityville Possession 1982

Pizza Connection 1985

L’inchiesta 1986

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Damiani Damiano

Gioco al massacro 1988

Il sole buio 1989

L’angelo con la pistola 1991

Uomo di rispetto 1993

Assassini dei giorni di festa 2002

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg075.htm[12/07/2017 18:59:59]
Dante Joe

Dante Joe
Stati Uniti (1948)

Esperto di fumetti, fantascienza e horror, si forma alla scuola del grande regista di B-movies R. Corman,
destinato a diventare oggetto di culto per più di una generazione di appassionati del Cinema artigianale di qualità.
Nel 1976 esordisce con Hollywood Boulevard, ottenendo buona accoglienza e realizzando di lì a poco un altro film
prodotto da Corman Piranha (1978). Ormai Dante è un regista affermato quando nel 1980 gira una pellicola ad alto
budget, L'ululato, destinato a diventare una pietra miliare del Cinema horror. Negli anni successivi si conferma
come un riferimento fondamentale dei più recenti sviluppi cui l'horror viene sottoposto a Hollywood,
caratterizzandosi soprattutto per l'inconfondibile dose di ironia che infonde nelle trame terrificanti dei suoi film.
Nel 1997 con La seconda guerra civile americana ha dimostrato di sapersi misurare assai bene anche sul terreno
della satira fantapolitica.

Hollywood Boulevard 1976

Pirahna 1978

L'ululato 1980

Quelli della pallottola spuntata (ep: Grido di paura) 1982

Ai confini della realtà (ep: Nightmare at 20.000 Feet) 1983

Gremlins 1984

Storie incredibili (Ep: The Greibble) 1985

Explorers 1985

Salto nel buio 1987

Donne amazzoni sulla luna 1988

L'erba del vicino 1989

Gremlins 2, la nuova stirpe 1990

Matinée 1993

La seconda guerra civile americana 1997

Small Soldiers 1998                                                (*Filmografia completa)

Looney Tunes: Back in Action (2003)

The Hole in 3D (2009)

Burying the Ex (2014)

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Dardenne Luc e Jean Pierre

Dardenne Luc e Jean-Pierre


Belgio (1954, 1951)

Fin dal 1974 scelgono la strada dell’impegno civile girando documentari che trattano di questioni sociali. Nel 1994
fondano la casa di produzione Les Films du fleuve e nel 1996 ottengono un discreto successo internazionale con La
promesse, una scarna e tesa denuncia dello spietato sfruttamento cui sono sottoposti gli immigrati extracomunitari
in Belgio. Nel 1999 con Rosette vincono a sorpresa la Palma d’Oro al festival di Cannes. Si tratta di un film
d’impostazione neorealista, girato con uno stile di estrema essenzialità espressiva, con la macchina da presa a
ridosso della protagonista, una ragazza emarginata che lotta per la sopravvivenza. I Dardenne si stanno affermando
come i più coerenti e convinti propugnatori di un Cinema povero e antispettacolare, se non addirittura disturbante,
ma capace di misurarsi coraggiosamente con situazioni estreme di degrado e di parlare alle coscienze.

 
La promesse 1996

Rosette 1999

Il figlio 2002

L'enfant 2005

Il matrimonio di Lorna (2008)

Il ragazzo con la bicicletta (2011)

Due giorni, una notte (2014)

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Davis Terence

Davis Terence
Gran Bretagna (1945)

Esordisce nel mondo dello spettacolo come attore teatrale. Si rivela alla critica con Trilogia di Terence Davis, un
film girato in tempi diversi e uscito in versione definitiva nel 1984, destinato a diventare una significativa
espressione di quel cosiddetto Cinema gay, che proprio in quegli anni inizia ad uscire da una specie di clandestinità
e ostracismo. Raggiunge una più ampia notorietà con Voci lontane...sempre presenti (1988), vincitore al festival di
Locarno, e soprattutto con Il lungo giorno è finito (1992), una crepuscolare e malinconica rievocazione della sua
adolescenza a Liverpool, dove mette in risalto la propria inclinazione poetica ed elegiaca, unitamente ad una
rilevante capacità di invenzione linguistica.

 Trilogia di Terence Davis 1984

Voci lontane...sempre presenti 1988  (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca
dell'Istituto)

Il lungo giorno finisce 1992

La casa della gioia 2000

Of Time and the City (2008)

The Deep Blue Sea (2011)

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De Concini Ennio

De Concini Ennio
Italia (1923-2008)

Si accosta al Cinema come soggettista e sceneggiatore e all’inizio della carriera scrive per registi dall’inclinazione
popolare e melodrammatica. A lui si deve in particolare la sceneggiatura di Le fatiche di Ercole (1958) di Pietro
Francisci, il film che inaugura in Italia la fortunata stagione del genere epico-mitologico a Cinecittà. De Concini è,
però, sceneggiatore di grande versatilità e si cimenta un po’ in tutti i generi, contribuendo così al successo di titoli
indimenticabili della commedia all’italiana come Divorzio all’italiana (1961) di Pietro Germi e Operazione S.
Gennaro (1966) di Dino Risi. Come regista dirige pochi film e non riesce a pervenire ai livelli raggiunti con la
scrittura dei copioni. L’unico suo lavoro degno di essere ricordato è Gli ultimi dieci giorni di Hitler (1973).

Gli undici moschettieri 1952

Daniela e Maria 1972

Gli ultimi dieci giorni di Hitler 1973

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De Niro Robert

De Niro Robert
Stati Uniti (1943)

D'origini italiane è già considerato uno dei più grandi attori della storia del Cinema. E' nota la sua grande versatilità
interpretativa e la sua capacità di calarsi, anche fisicamente, nel personaggio che deve interpretare. Particolarmente
legato al regista M.Scorsese, del quale ha interpretato, specie agli inizi della carriera, parecchi film, che hanno
contribuito non poco alla sua affermazione, De Niro ha esordito alla regia nel 1993 con Bronx, un film ambientato
nel quartiere italo-americano di New York, chiaramente ispirato per atmosfere e situazioni al suo maestro Scorsese.

 Bronx 1993

The Good Shepherd - L'ombra del potere (2006)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg027.htm[12/07/2017 19:00:02]
De Palma Brian

De Palma Brian
Stati Uniti (1941)

Quando è ancora studente alla Columbia University realizza una serie di cortometraggi che attirano su di lui
l’interesse e l’apprezzamento di numerosi festival. Negli anni Sessanta risentendo degli umori anticonformisti e
contestatari tipici della generazione del Vietnam De Palma realizza alcuni film a basso costo: si tratta di opere
dall’evidente impostazione sperimentale e avanguardistica, condizionate dall’influenza europea della Nouvelle
Vague. Tra questi arriveranno in Italia parecchi anni dopo Festa nuziale (1963-66) e Hi Mom (1969). In entrambi,
fra l’altro, faceva i propri esordi come attore Robert De Niro. Nel 1974 De Palma ottiene un grande successo con
la rielaborazione in chiave kitsch e visionaria di Il fantasma del palcoscenico, un horror che segnala la
propensione del regista alla rielaborazione libera e creativa dei generi più forti e marcati della tradizione
cinematografica americana. Nel 1980 gira Vestito per uccidere, un thriller di grande tensione che assume come
modello la lezione hitchcockiana (il regista inglese resterà sempre uno dei suoi punti di riferimento fondamentali),
come pure Omicidio a luci rosse (1984), ispirato a La finestra sul cortile (1954). De Palma aggiorna gli stilemi di
Hitchcock ai tempi e ai progressi del linguaggio cinematografico, rivisitando il maestro del giallo attraverso una
marcata tendenza a sconvolgere e spiazzare lo spettatore con shock visivi e colpi di scena narrativa. Montaggio,
movimenti di macchina, inquadrature diventano gli elementi ansiogeni e attivatori di suspence del suo Cinema e
il regista li usa con mirabile maestria e inventiva al limite del virtuosismo (e l’eccesso di compiacimento in questo
senso è forse un suo limite). Negli anni successivi il suo repertorio si amplia ad altri generi, come il gangsteristico
con Gli Intoccabili (1987), il bellico con Vittime di guerra (1989), lo psicanalitico con Doppia personalità (1992),
lo spionistico con Missione impossibile (1996) e addirittura il fantascientifico con Mission to Mars (2000), ma
sempre conservando come costanti la tensione alla sperimentazione ed innovazione linguistica e alla costruzione
narrativa creatrice di luoghi narrativi estremi all’insegna del brivido e della tensione.

Oggi sposi 1963-66

Ciao America 1968

Hi Mom 1969

Le due sorelle 1973

Il fantasma del palcoscenico 1974

Complesso di colpa 1975

Carri, lo sguardo di satana 1976

Fury 1978

Home Movies, vizietti familiari 1979

Vestito per uccidere 1980

Blow Out 1981

Scarface 1983

Omicidio a luci rosse 1984

Cadaveri e compari 1986

Gli intoccabili 1987

Vittime di guerra 1989

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De Palma Brian

Il falò delle vanità 1990

Doppia personalità 1992

Carlito’s Way 1993

Mission: impossible 1996

Omicidio in diretta 1998

Mission to Mars 2000

Femme Fatale 2002

Black Dahlia 2006

Redacted (2007)

Passion (2012)

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De Santis Giuseppe

De Santis Giuseppe
Italia (1917-1997)

All’inizio degli anni Quaranta frequenta a Roma il gruppo di intellettuali raccolto attorno alla rivista Cinema, dalla
quale nel 1941 lancia un appello insieme a Mario Alicata perché il Cinema italiano riscopra il realismo e la
tradizione popolare. In seguito segue i corsi del Centro Sperimentale di Cinematografia. Nel 1947 dirige il suo
primo film Caccia Tragica, nel quale confluiscono quelle che saranno le caratteristiche del suo Cinema degli inizi:
la lotta di classe, il protagonismo delle masse, l’importanza dei ruoli femminili per quel che riguarda il versante
tematico ed un ritmo ed un vigore narrativo vicino al Cinema americano classico per quel che riguarda il versante
stilistico-espressivo. Nel 1949 con Riso amaro approfondisce ulteriormente questa sua tensione a fondere le ragioni
del realismo (siamo in piena stagione neorealista) con quelle del melodramma popolare a tinte forti, secondo un
equilibrio di istanze sociali e suggestioni romanzesche destinato a restare fondamentale nel suo Cinema. Roma ore
11 (1952) e Un marito per Anna Zaccheo (1953) confermano l’attenzione di De Santis nei confronti del mondo
femminile colto negli aspetti più drammatici della condizione della donna nella nostra società. Nel 1964 tenta la
strada della rievocazione storica con Italiani brava gente, film sulla tragedia del corpo di spedizione italiano in
Russia durante la Seconda Guerra Mondiale. La difficoltà a vedere accettati i suoi progetti dai produttori e il
fallimento di alcuni film d’ambiente borghese e quindi distanti dal prediletto coté proletario, fanno sì che il regista
scompaia precocemente dalla scena cinematografica italiana, alla quale aveva dato molto con l’originalità del suo
tentativo di coniugare un Cinema di nobili ascendenze (l’avanguardia sovietica, il realismo socialista, il
neorealismo italiano, i grandi generi hollywoodiani) con i rimandi alla tradizione popolare del melodramma, del
romanzo d’appendice, della sceneggiata.

Giorni di gloria 1945

Caccia tragica 1946

Non c’è pace tra gli ulivi 1949

Riso amaro 1949

Roma ore 11 1951

Un marito per Anna Zaccheo 1953

Giorni d’amore 1955

Uomini e lupi 1956

La strada lunga un anno 1959

La garçonniere 1960

Italiani brava gente 1964

Un apprezzato professionista di sicuro avvenire 1972       (*) Filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg012.htm[12/07/2017 19:00:03]
De Sica Vittorio

De Sica Vittorio
Italia (1901-1974)

Esordisce come attore teatrale interpretando quel ruolo di giovanotto un po' vanesio e farfallone, ma
fondamentalmente buono ed onesto, che ricoprirà nei film d'ambiente piccolo-borghese di M. Camerini degli anni
trenta, di cui diventa vero e proprio attore simbolo. Nel 1943 con il commovente e aspro I bambini ci guardano
anticipa i modi del neorealismo. Da questo film inaugura il fecondo connubio con lo sceneggiatore C. Zavattini.
Inizia nel dopoguerra la sua stagione migliore con i capolavori neorealisti Sciuscià (1946), Ladri di biciclette
(1948), Miracolo a Milano (1951), Umberto D. (1952). Un neorealismo il suo attento a cogliere la dimensione
sociale dei problemi, ma soprattutto sensibile nel tradurre in note di dolente umanità il dramma della miseria e
dell'emarginazione. Con la crisi del neorealismo De Sica alterna con grande duttilità prove registiche a impegni
attoriali, mantenendosi sempre su di un piano di dignitoso e abile professionismo, ma senza più raggiungere gli alti
esiti artistici della stagione neorealista.

 Rose scarlatte 1940

Maddalena zero in condotta 1940

Teresa Venerdì 1941

Un garibaldino al convento 1942

I bambini ci guardano 1943

La porta del cielo 1944

Sciuscià 1946

Ladri di biciclette 1948  

Miracolo a Milano 1951 (soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto Pacioli)

Umberto D. 1952

Stazione Termini 1953

L'oro di Napoli 1954

Il tetto 1956

La ciociara 1960

Il giudizio universale 1961

I sequestrati di Altona 1962

Boccaccio '70 (episodio: La riffa) 1962

Ieri, oggi, domani 1963

Il boom 1963

Matrimonio all'italiana 1964

Un mondo nuovo 1966

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg028.htm[12/07/2017 19:00:03]
De Sica Vittorio

Caccia alla volpe 1966

Sette volte donna 1967

Le streghe (episodio: Una sera come le altre) 1967

Amanti 1968

Le Coppie (episodio: il leone) 1970

I girasoli 1969

Il giardino dei Finzi-Contini 1970   

Lo chiameremo Andrea 1972

Una breve vacanza 1973

Il viaggio 1974                                           (*Filmografia completa)

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Delvaux André

Delvaux André
Belgio (1926-2002)

Studia filosofia tedesca e diritto alla Libera Università di Bruxelles e pianoforte e composizione al Conservatorio
Reale della città. In gioventù lavora al museo del Cinema della capitale belga, dove ha modo di vedere i maggiori
capolavori di tutto il mondo. Dopo aver lavorato alla televisione belga, esordisce alla regia nel 1965 con L’uomo
dal cranio rasato, una storia di un amore impossibile dove realtà e fantasia si intrecciano. Nel 1968 dirige Una
sera, un treno, che resta a tuttoggi il suo film più celebre e forse il suo capolavoro. In esso, come nella pellicola
d’esordio, il piano della realtà e quello della coscienza e dell’inconscio si confondono, dando vita ad un’opera di
grande fascino, pervasa da atmosfere magiche e surreali. Nel 1983 gira Benvenuta, un’altra storia d’amore filtrata
attraverso un’intensa dimensione spirituale. Del 1988 è L’opera al nero, tratto da un romanzo della Yourcenar, che
offre un quadro cupo e oppressivo delle Fiandre del periodo della controriforma cattolica. Autore di spiccata
raffinatezza figurativa (la pittura fiamminga del Cinquecento è un repertorio cui attinge abbondantemente per
ricavarne precise suggestioni visive) e di acuta sensibilità poetica, Delvaux propone un’idea di Cinema colto e
aristocratico, alieno da ogni cedimento spettacolare e proteso ad addentrarsi nei territori più intimi della vita
interiore alla ricerca della dimensione più vicina al sacro e all’assoluto.

L’uomo dal cranio rasato 1965

Una sera, un treno 1968

Appuntamento a Bray 1971

Belle 1973

Donne tra cane e lupo 1979

Benvenuta 1983

L’opera al nero 1988

Tra cielo e terra 1991

Sulla terra come in cielo 1992

T 2002

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg013.htm[12/07/2017 19:00:04]
Demme Johnathan

Demme Jonathan
Stati Uniti (1944)

Dopo una carriera come critico cinematografico, collabora con il grande regista di B-movies horror R. Corman e
nel 1974 esordisce con Femmine in gabbia. Raggiunge il successo con Qualcosa di travolgente (1987), un insolito
intreccio di commedia e thriller. La sua consacrazione definitiva si ha però nel 1991 con Il silenzio degli
innocenti, un'agghiacciante vicenda incentrata su un serial killer feroce e geniale nel contempo. Con Philadelphia
(1993) Demme si confronta con notevoli esiti con il genere giudiziario.

Femmine in gabbia 1974

Il segno degli Hannah 1979

Qualcosa di travolgente 1987

Una vedova allegra …ma non troppo 1988

Il silenzio degli innocenti 1991

Philadelphia 1993

Beloved 1998

The Truth about Charlie 2002

The Agronomist 2003

The Manchurian Candidate 2004

Rachel sta per sposarsi (2008)

Ricki and the Flash (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg029.htm[12/07/2017 19:00:04]
giorgio diritti

Diritti Giorgio
Italia (1959)

 Si forma lavorando al fianco di importanti registi italiani (Fellini, Lizzani, Vancini, Avati). Come autore dirige
cortometraggi e programmi televisivi. Il suo film d’esordio Il vento fa il suo giro (2005) ottiene svariati
riconoscimenti internazionali e nazionali. Si tratta di un film di grande originalità e di notevole spessore
antropologico, girato in lingua occitana fra le sperdute montagne delle Alpi piemontesi. Con L’uomo che verrà, una
libera rievocazione della strage nazista di Marzabotto, nel 2009 Diritti ha vinto il primo premio al Festival del
Cinema di Roma. Approdato piuttosto tardi al lungometraggio e dimenticato per anni dalla distribuzione italiana
(Il vento fa il suo giro è colpevolmente approdato nelle sale ben quattro anni dopo la sua uscita in vari festival
internazionali), è stato risarcito da un significativo consenso di pubblico e di critica. Regista sensibile al registro
realistico-documentarista esplorato nella dimensione della piccola comunità premoderna, indagata nelle sue
molteplici sfaccettature lontano da facili idealizzazioni, Diritti si è segnala come uno degli autori più interessanti del
cinema italiano.

Il vento fa il suo giro 2005

L’uomo che verrà 2009                        (*) Filmografia completa

Un giorno devi andare (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2010-11/9framreg007.htm[12/07/2017 19:00:05]
Dmytryk Edward

Dmytryk Edward
Canadà (1908-1999)

Nato da genitori ebrei di origine ucraina, entra giovanissimo nella Paramount come fattorino, per poi diventare
montatore nel corso degli anni Trenta. Esordisce alla regia con una serie di b-movie d’azione non eccelsi, per
segnalarsi all’attenzione con il suo primo film di buon livello, L’ombra del passato (1945), un ottimo noir
dall’incisivo spessore narrativo. Nell’immediato dopoguerra, Dmytryk, che è entrato a far parte dei circoli
intellettuali progressisti e di sinistra, rivolge i suoi interessi di cineasta alle tematiche sociali, a cominciare da
quelle legate al problema del reinserimento dei reduci (Anime ferite, 1946, e Odio implacabile, 1947). Questo suo
impegno civile lo rende sospetto di comunismo durante la campagna maccartista e il regista è costretto ad
emigrare in Inghilterra dove gira Cristo fra i muratori (1949), cupo dramma realista sull’emigrazione italiana a
New York. Tornato in America sconfessa pubblicamente le sue precedenti posizioni politiche e viene
completamente riabilitato, potendo così tornare a lavorare a Hollywood. Negli anni successivi la sua attività si fa
piuttosto discontinua e, nonostante buoni film (ricordiamo su tutti L’ammutinamento del Caine, 1954, e il western
Ultima notte a Warlock, 1959), Dmytryk non riesce più a pervenire all’intensa efficacia dei suoi primi film a
sfondo sociale.

Tragico oriente 1943

Eravamo tanto felici 1944

L’ombra del passato 1945

Missione di morte 1945

Gli eroi del Pacifico 1945

Anime ferite 1946

Odio implacabile 1947

Cristo fra i muratori 1949

I perseguitati 1953

La lancia che uccide 1954

L’ammutinamento del Caine 1954

La fine dell’avventura 1955

La mano sinistra di Dio 1955

L’albero della vita 1957

I giovani leoni 1957

Ultima notte a Warlock 1959

Anime sporche 1962

L’uomo che non sapeva amare 1964

Alvarez Kelly 1966

Il giustiziere 1975

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg014.htm[12/07/2017 19:00:05]
Dmytryk Edward

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Donaldson Roger

Donaldson Roger
Australia (1945)

Emigra a 19 anni in Nuova Zelanda, dove lavora come fotografo per poi passare alla televisione, dove dirige film
pubblicitari. Esordisce con il lungometraggio Sleeping Dogs del 1977. Il film che lo rende famoso a livello
internazionale è Il Bounty (1984), terza versione della celeberrima vicenda dell’ammutinamento della nave
britannica e girato con capitali americani, che si distingue per offrire una versione in parte inedita dei fatti e più
veritiera rispetto alle pellicole precedenti. Ormai pienamente integrato nel sistema hollywoodiano Donaldson dirige
film piuttosto convenzionali e commerciali, legati ai canoni dei generi codificati. E’ il caso del giallo-spionistico
Senza via di scampo (1987), un altro rifacimento di un film degli anni Quaranta, del road-movie gangsteristico
Getaway (1994), altro rifacimento ancora, questa volta del ben più famoso film di S. Peckinpah, del catastrofico
Dante’s Peak (1997). Ultimamente si è cimentato in Thirteen Days (2000), un’accurata ricostruzione storica della
crisi dei missili di Cuba del 1962. Tipico esempio di regista puro esecutore di progetti altrui e quindi privo di una
caratterizzazione autoriale secondo il modello statunitense, Donaldson ha comunque sempre dimostrato di saper
offrire un prodotto medio di dignitosa qualità e di buona tenuta spettacolare. Da un conterraneo di registi come
Jane Campion e Peter Weir, tuttavia, era lecito aspettarsi di più di questo anonimo appiattimento sullo standard
medio dell’industria hollywoodiana.

Sleeping Dogs 1977

Il Bounty 1984

Senza via di scampo 1987

Cocktail 1988

Cadillac Man 1990

Getaway 1994

Dante’s Peak 1997

Thirteen Days 2000

La regola del sospetto 2002

Indian - La grande sfida  (2005)

La rapina perfetta (2008)

Solo per vendetta (2011)

The November Man (2014)

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Dornhelm Robert

Dornhelm Robert
Romania (1947)

Nato in Romania, emigra all’età di tredici anni a Vienna, dove segue i corsi dell’Accademia di Arte Drammatica.
Alla fine degli anni Sessanta Dornhelm inizia a lavorare presso la televisione austriaca. Si fa conoscere  nel 1985
alla Mostra del Cinema di Venezia con Echo Park, un film che racconta le ansie e le speranze di un gruppo  di
giovani amici e che resta a tuttoggi il suo lavoro migliore. A cominciare dagli anni Novanta, il regista si è dedicato
quasi esclusivamente a film per la televisione, tra cui si è segnalato Anne Frank (2001).

I ragazzi dell'opera 1978

Echo Park 1985

Cold Feet 1989

Anne Frank 2001 (TV)

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Dreyer Theodor

Dreyer Carl Theodor


Danimarca (1899-1968)

Inizia la carriera cinematografica, dopo anni di giornalismo, come redattore di didascalie di film muti all’affermata
casa di produzione scandinava Nordisk Films. Nel 1919 esordisce alla regia con Il presidente e nel 1920 dirige
Pagine del libro di Satana, film in 4 episodi unificati dall’argomento del fanatismo e dell’intolleranza, che
ritornerà in alcune delle maggiori opere successive, come La passione di Giovanna d’Arco (1928), indiscusso
capolavoro dell’epoca del muto, che esalta l’audace sperimentalismo linguistico d’avanguardia del regista e la
tensione spirituale ed etica del suo Cinema. Anche Dies Irae (1943), ambientato nel Seicento della caccia alle
streghe, ripropone, anche se inserito in un apparato formale più disteso e classico, il tema della repressione violenta
delle pulsioni vitali da parte del Potere. In Ordet (1954) Dreyer ritrova in uno squarcio di vita familiare ambientato
nella sperduta campagna danese la sacralità eversiva e catartica della follia e della diversità nel ripetersi del
miracolo della resurrezione. La centralità nella sua ispirazione artistica di una tensione religiosa tutta laica ed
umanistica è testimoniata dal progetto, a lungo accarezzato e mai realizzato, di Jesus, un film sulla vita di Cristo.
Giustamente considerato come uno dei più grandi registi di tutti i tempi, Dreyer ha attraversato epoche, movimenti
e correnti cinematografici differenti (muto, sonoro, espressionismo, kammerspielfilm, surrealismo) piegandoli
sempre in modo innovativo e personale ad esprimere il proprio universo poetico e morale. Nei suoi ultimi film il
regista ha abbandonato l’ansia di ricerca linguistica degli esordi, sottoponendo il suo stile ad un processo di
depurazione formale che gli ha conferito una misura e un’essenzialità espressiva rara ed un equilibrio compositivo
(di derivazione pittorica e teatrale) unico nella storia del Cinema.

Il presidente 1919

Pagine dal libro di Satana 1920

Desiderio del cuore 1924

L’angelo del focolare 1925

La passione di Giovanna d’Arco 1928

Vampyr 1932

Dies Irae 1943

Ordet 1954

Geltrud 1964

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Du Vernay Ava

 Du Vernay Ava

(Stati Uniti, 1972)

È la prima donna afroamericana a ricevere una nomination al Golden Globe e al Critics Choice Award come
miglior regista per il film Selma - La strada per la libertà.
 

Filmografia completa

I Will Follow (2011)


Middle of Nowhere (2012)
Selma - La strada per la libertà (2014)
  
 

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Eastwood Clint

Eastwood Clint
Stati Uniti (1930)

Inizia la carriera come attore, diventando famoso (prima in Italia che in America) con i film western di S. Leone. Il
volto impenetrabile del duro e l'atteggiamento freddo e distaccato costituiscono la maschera inconfondibile del
pistolero spietato ed anche più tardi dell'ispettore Callaghan, un poliziotto pronto ad andare oltre i regolamenti per
sconfiggere i criminali. A questa attività d'attore a cominciare dagli anni settanta Eastwood affianca quella
registica con film prevalentemente d'azione, che lo vedono sempre come interprete in ruoli da protagonista.
Attraverso la sua filmografia ritaglia per se stesso i contorni di un personaggio eroico e inflessibile nel perseguire
la propria idea di giustizia, solitario e taciturno, che sembra non aver futuro nell'aurea di crepuscolare malinconia
con cui lascia la scena (esemplari in questo senso i due western elegiaci Il cavaliere pallido, 1985, e Gli spietati,
1992). Gli anni novanta lo consacrano come grande autore, capace di affrontare temi e generi diversi, dominando
con grande maestria la materia narrativa e sviluppando una riflessione amara e disincantata sulla società americana.

Brivido nella notte 1971

Breezy 1973

Lo straniero senza nome 1973

Assassinio sull'Eiger 1975

Il texano dagli occhi di ghiaccio 1976

L'uomo nel mirino 1977

Broncio Billy 1980

Honkytonk Man 1982

Firefox. Volpe di fuoco 1982

Coraggio fatti ammazzare 1983

Il cavaliere pallido 1985

Gunny 1986

Bird 1988

La recluta 1990

Cacciatore bianco cuore nero 1990

Gli spietati 1992

Un mondo perfetto 1993

I ponti di Madison County 1994

Mezzanotte nel giardino del bene e del male 1997

Potere assoluto 1997

Fino a prova contraria 1998   

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg030.htm[12/07/2017 19:00:08]
Eastwood Clint

Space Cowboys 2000   

Debito di sangue 2002

Mystic River 2003

Million Dollar Baby 2005    

Flags of Our Fathers 2006  

Lettere da Iwo Jima  2006 

Gran Torino 2008   

Invictus   2009                                          (*Filmografia completa)

Hereafter (2010)

J. Edgar (2011)

Jersey Boys (2014)

American Sniper (2014)

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Edel Ulrich

Edel Ulrich
Germania (1947)

Cristiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino 1980

Ultima fermata Brooklyn 1989

Body of Evidence 1992

Tyson 1995

Rasputin, Il demone nero 1996

Il mio amico vampiro 2000

La banda Baader Meinhof 2008

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Ejzenstejn

Ejzenstejn Sergej Michailovic


Russia (1898-1948)

Si dedica nella giovinezza agli studi scientifici, in particolare d’ingegneria ed architettura, a Pietrogrado. Quando
scoppia la rivoluzione del 1917 si schiera dalla parte dei bolscevichi e durante la guerra civile si arruola
nell’Armata Rossa. Congedato dall’esercito inizia ad interessarsi intensamente di teatro, partecipando al lavoro
delle avanguardie artistiche, soprattutto quelle legate alle teorie rivoluzionarie del poeta Majakovskij, e
cominciando ad elaborare quel metodo del montaggio delle attrazioni che sarà uno dei capisaldi della sua
concezione cinematografica. Quel che interessa ad Ejzenstejn del Cinema non è raccontare delle storie in base a
criteri di drammaturgia tradizionale di derivazione ottocentesca e teatrale, ma la possibilità di rivoluzionare
completamente il linguaggio cinematografico in modo da renderlo capace di comunicare idee e concetti allo stesso
modo del linguaggio verbale (vedi avanguardia sovietica). Nella sua concezione diventa fondamentale il ruolo del
montaggio per le possibilità che offre di accostare immagini anche molto diverse fra di loro, onde suggerire allo
spettatore un significato nuovo che può scaturire solo dall’incontro-scontro fra queste stesse immagini. Non è più
(o non è solo) la successione cronologica di determinati fatti lo scopo del montaggio, ma la una successione logico-
poetica che produce un di più di senso, che nel caso di Ejsenstejn assume una precisa connotazione ideologico-
politica di carattere rivoluzionario. Per lui, insomma, il Cinema deve porsi al servizio della causa della rivoluzione
sovietica e degli ideali socialisti e per fare questo è necessario che non solo i contenuti siano rivoluzionari, ma che
lo sia anche la forma. Simbolismi, metafore, antitesi, allusioni, iterazioni d’ogni genere si affollano nelle sue
pellicole e frenano la tradizionale progressione narrativa, creando sconcerto e disorientamento in spettatori proletari
abituati a ben diverse consuetudini di visione. Non è un caso che il suo ammirato capolavoro, La corazzata
Potemkin (1926), riscuota più consensi all’estero che in patria e che Ottobre (1927), celebrazione del decennale
della rivoluzione sovietica del 1917, non venga compreso dalle masse contadine ed operaie per le quali è stato
destinato. Intanto il consolidarsi del regime staliniano chiude in Unione Sovietica ogni spazio di libertà espressiva e
sulle avanguardie artistiche dell’inizio degli anni Venti scende la plumbea cappa conformistica del realismo
socialista. Ejsenstejn accetta l’incarico di svolgere negli Stati Uniti un viaggio di studio per apprendere le nuove
tecniche del Cinema sonoro. Qui gira parecchio materiale in vista di un film sulla rivoluzione messicana, ma senza
approdare ad alcun risultato definitivo (uscirà molti anni dopo, montato da altri, con il titolo Que viva
Mexico!).Tornato in patria il regista si adatta al mutato clima del suo paese realizzando Alexander Nevskij (1938),
un’agiografica rievocazione del grande condottiero del Medioevo russo, nel quale si adombra la figura di Stalin. Per
quanto Ejsenstejn abbandoni nel film lo sperimentalismo linguistico del decennio precedente, la forza figurativa
della pellicola è tale che gli esiti estetici sono comunque di eccelso livello. Lo stesso dicasi per la sua ultima opera,
il ciclo in due episodi Ivan il Terribile e La congiura dei Boiardi (1944-1948), rievocazione storica dell’autocrate
russo, nella quale alcuni vollero vedere un’allusione, non proprio in positivo, a Stalin e al clima di sospetto e
congiura che dominava nell’URSS di quegli anni. Quando Ejsenstejn muore, a soli cinquant’anni, è ormai
considerato come uno dei più grandi e innovativi cineasti e teorici del Cinema di tutti i tempi, capace anche di
esprimere la propria potenza creativa fra le strette maglie del controllo censorio e burocratico.

Il messicano 1921

Sciopero 1925

La corazzata Potemkin 1926

La linea generale. Il vecchio e il nuovo. 1928

Ottobre 1928

Il prato di Bezin 1937

Aleksander Nevskij 1938

Ivan il Terribile 1944

La congiura dei Boiardi 1946                                     (*Filmografia completa)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg016.htm[12/07/2017 19:00:09]
Ejzenstejn

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg016.htm[12/07/2017 19:00:09]
Emmer Luciano

Emmer Luciano
Italia (1918)

Dopo un lungo tirocinio come documentarista d'arte, esordisce nel cinema di finzione con Domenica d'agosto nel
1950, un film che mette in luce le sue qualità di narratore affettuoso e garbato di scene di vita popolare e piccolo
borghese. Lo stesso tono dimesso e antienfatico, attento alla quotidianità della gente comune, si ritrova nei
successivi Le ragazze di Piazza di Spagna (1952) e in Terza liceo (1953). A cominciare dal 1960 Emmer si dedica
esclusivamente alla televisione, tornando alla regia cinematografica solo nel 1991 con Basta! Ci faccio un film, una
specie di seguito di Terza liceo.

 Domenica d'agosto 1950

Le ragazze di Piazza di Spagna 1952

Terza liceo 1953

La ragazza in vetrina 1960

Basta! Ci faccio un film 1991

Una lunga, lunga, lunga notte d'amore 2001

L'acqua...il fuoco 2003

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg032.htm[12/07/2017 19:00:10]
Emmerich Roland

Emmerich Roland
Germania (1955)

Il suo primo film significativo lo gira in Germania: 1997-Il principio dell’Arca di Noè (1983), un fantascientifico
costruito con pochi mezzi e ispirato alla scuola americana dei generi. Dopo Moon 44 (1990), è notato dai
produttori statunitensi e si stabilisce a Hollywood, dove si dedica alle superproduzioni fantastico-fantascientifiche
computerizzate su cui punta l’industria cinematografica americana degli anni Novanta. Indipendence Day (1996) e
Godzilla (1998) esprimono assai bene questa idea di Cinema di grande spettacolarità e di alti costi, ma
sostanzialmente ripetitivo rispetto agli schemi narrativi consolidati dalla tradizione. Quel che in particolare sembra
mancare ad Emmerich è la capacità di alleggerire l’enfasi a volte un po’ troppo ingombrante dei suoi film con
qualche tocco di ironia o semplicemente di originalità. Anche la sua ultima realizzazione, il kolossal Il patriota
(2000), un film tagliato su misura per il carisma eroico di Mel Gibson, si risolve in una retorica celebrazione di
spirito patriottico, dove l’epica e il mito prevalgono sulla storia.

Joey 1985

1997- Il principio dell’Arca di Noè 1985

Fantasmi a Hollywood 1987

Moon 44 1990

I nuovi eroi 1992

Stargate 1994

Indipendence Day 1996

Il patriota 2000

The Day After Tomorrow 2004

The Day After Tomorrow - L'alba del giorno dopo (2004)

10.000 AC (2008)

2012 (2009)

Anonymous (2011)

Sotto assedio - White House Down (2013)

Independence Day 2 (2016)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg017.htm[12/07/2017 19:00:10]
emilio estevez

Estevez Emilio
(Stati Uniti, 1962)

 Figlio dell’attore Martin Sheen, inizia la carriera cinematografica come attore, in ruoli giovanili. A cominciare
dagli anni Novanta, pur senza rinunciare al ruolo di attore,  ha intrapreso anche  l’attività registica. Il suo esordio è
del 1986 con il modesto Wisdom (di cui è anche attore protagonista), cui seguono altri film tutt’altro che
memorabili, sino al 2006, quando presenta alla Mostra del Cinema di Venezia Bobby, un’intensa e corale
rievocazione dell’ultimo giorno di vita del senatore Robert Kennedy, assassinato nel 1968, proprio quando si
apprestava a candidarsi per la presidenza della repubblica degli Stati Uniti. 

  

Wisdom 1986

Il giallo del bidone giallo 1990

Conflitti di famiglia 1996

Rated X-La vera storia dei re del porno americano 2000

Bobby 2006                                     (Filmografia essenziale)

Il cammino per Santiago (2010)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2009-10/8framreg004.htm[12/07/2017 19:00:10]
Faenza Roberto

Faenza Roberto
Italia (1943)

Si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia ed esordisce nel 1968 con Escalation, una denuncia
dell'alienazione nella società capitalistica che oggi potrebbe apparire un po' datata, ma che va inserita nel clima
contestatario di quegli anni. Di rilievo il suo Forza Italia! (1978), una specie di protoblob costruito con tanti
spezzoni di cinegiornali d'epoca, una corrosiva satira contro il potere democristiano che è stata praticamente
proibita per quasi vent'anni. La carriera registica di Faenza, che intanto ha insegnato all'università di Pisa
Sociologia delle comunicazioni, si è successivamente sviluppata in modo discontinuo, alternando opere discrete,
come Jona che visse nella balena (1993), a pellicole afflitte da un eccesso di didascalismo, come Sostiene Pereira
(1994).

 
Escalation 1968

Forza Italia! 1978

Si salvi chi vuole 1980

Copkiller 1983

Mio caro Dottor Grasler 1990

Jona che visse nella balena 1993

Sostiene Pereira 1994  

Marianna Ucrìa  1997

L'amante perduto 1999

Prendimi l'anima 2003

Alla luce del sole 2004

I giorni dell'abbandono 2005

I Vicerè (2007)

Il caso dell'infedele Klara (2009)

Un giorno questo dolore ti sarà utile (2011)

Anita B. (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/16.htm[12/07/2017 19:00:11]
Fassbinder Rainer Werner

Fassbinder Rainer Werner


Germania (1945-1982)

Figlio di genitori separati rimane con la madre, che per ragioni di lavoro lo lascia spesso solo. E' così che il piccolo
Fassbinder trascorre buona parte del suo tempo al cinema. Tra i tanti film visti in questi anni di infanzia e
adolescenza solitaria e difficile saranno soprattutto i melodrammi a forti tinte quelli di cui si ricorderà
maggiormente nella sua attività registica. Nel 1967 entra a far parte dell'Action-Theater, un gruppo d'avanguardia
di Monaco, scrivendo testi teatrali, attività che non abbandonerà mai. Nel 1969 gira il suo primo film, L'amore è
più forte della morte, ispirato alla nouvelle vague, e diventa uno dei massimi esponenti del cosiddetto nuovo
cinema tedesco. Fassbinder privilegia in particolare il tema dell'amore, analizzato nella sua problematica
realizzazione all'interno dei rapporti sociali borghesi, dominati da una logica di dominio e potere (Le lacrime
amare di Petra von Kant, 1972, La paura mangia l'anima, 1973, Effi Briest, 1974, Martha, 1974). Altro suo ambito
privilegiato di riflessione è la difficoltà di rielaborazione da parte della Germania della tragedia del nazismo e
l'affiorare dei fantasmi del passato su una superficie di tranquillizzante rimozione (Il mercante delle quattro
stagioni, 1972, Il matrimonio di Maria Braun, 1979, Veronika Voss, 1982). Regista di straordinaria prolificità (42
film in 13 anni di attività), Fassbinder ha espresso un incessante bisogno di sperimentazione e novità, ispirandosi ai
generi e alle scuole più diverse e fondendo la tradizione del melodramma hollywoodiano con il linguaggio
trasgressivo delle avanguardie teatrali e cinematografiche degli anni settanta.

 
L'amore è più freddo della morte 1969

Il fabbricante di gatti 1969

Il soldato americano 1970

Perché il signor R. è diventato matto?

Dei della peste 1970

Attenzione alla puttana santa 1970

Selvaggina di passo 1972

La lacrime amare di Petra von Kant 1972

Il mercante delle quattro stagioni 1972

Martha 1974

Effi Briest 1974

La paura mangia l'anima 1974

Mamma Kusters va in cielo 1975

Il diritto del più forte 1975

Voglio solo che voi mi amiate 1976

Nessuna festa per la morte del cane di Satana 1976

Roulette cinese 1976

Despair 1978

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Fassbinder Rainer Werner

Un anno con tredici lune 1978

La terza generazione 1978

Il matrimonio di Maria Braun 1979

Lili Marleen 1980

Lola 1981

Veronica Voss 1982

Querelle de Brest 1982

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/17.htm[12/07/2017 19:00:17]
Ferrara Abel

Ferrara Abel
Stati Uniti (1951)

Nato a New York da una famiglia di origini italo-irlandesi, vive per qualche tempo in Inghilterra, dove lavora per
la BBC. Tornato negli Usa segue i corsi di una scuola di Cinema a New York. Esordisce nel 1979 con Driller
Killer, un film horror nel quale interpreta il ruolo del protagonista. Nel 1992 ottiene un buon successo con Il
cattivo tenente, un film crudo e forte, che deve molto alla bravura dell'attore H. Keitel. Nel 1995 realizza The
Addiction, una sconvolgente riflessione sull'inclinazione malefica della natura umana. Un Cinema, quello di
Ferrara, aspro e allucinatorio, disturbante e crudele, che sa esplorare le zone più oscure dell'anima.

 China Girl 1987

Il cattivo tenente 1991

Ultracorpi. L'invasione continua 1993

Occhi di serpente 1993

The addiction 1995

Fratelli1996

Blackout 1997

New Rose Hotel 1998

Il nostro Natale 2001

Mary 2005

Go Go Tales (2007)

Napoli Napoli Napoli (2009)

4:44 Last Day on Earth (2011)

Welcome to New York (2014)

Pasolini (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg034.htm[12/07/2017 19:00:17]
Ferrara Giuseppe

Ferrara Giuseppe
Italia (1932)

Il suo primo film è Il sasso in bocca (1970), un documentario-inchiesta con numerose sequenze di ricostruzione
recitate, nel quale si illustra il fenomeno mafioso e se ne denunciano le connivenze politiche che permettono ad
esso di prosperare. Pur nei suoi limiti, il film nell’indubbia efficacia e immediatezza rivela un regista in grado di
confrontarsi con grinta e coraggio con i grandi temi civili. Ancora sulla mafia è Cento giorni a Palermo (1984),
una rievocazione dell’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, film che sottolinea la capacità di Ferrara
di agganciarsi con tempestività alle vicende di bruciante attualità. Sulla stessa linea si colloca Il caso Moro (1986),
che conferma la scelta ormai definitiva del regista di abbandonare lo stile documentarista per affidare le proprie
ricostruzioni esclusivamente ad attori professionisti, alcuni dei quali di grande fama. Con Giovanni Falcone (1993)
Ferrara arriva addirittura a girare il film sul magistrato siciliano a meno di un anno dal suo assassinio, stabilendo
probabilmente un record di tempestività nella storia del Cinema di impegno civile. Se gli esiti estetici dei suoi film
non sono mai eccelsi, troppa è la preoccupazione espositiva e didattica perché il regista si possa concentrare anche
sulla dimensione stilistico-linguistica delle sue pellicole, va riconosciuta a Ferrara coerenza e continuità nel
perseguire negli anni un’idea di Cinema che trae alimento esclusivo dai fatti di maggior urgenza politica e sociale
per assolvere il dovere civile di dare all’opinione pubblica adeguati strumenti di informazione e conoscenza.

Il sasso in bocca 1970

Faccia di spia 1975

Cento giorni a Palermo 1984

P2 Story. I misteri d’Italia: la vera storia della P2 1986

Il caso Moro 1986

Gioacchino Rossini 1988

Il caso Nicaragua 1989

Narcos 1992

Giovanni Falcone 1993

Segreto di stato 1995

I banchieri di Dio 2002

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg018.htm[12/07/2017 19:00:18]
Ferrario Davide

Ferrario Davide
Italia (1956)

Critico cinematografico, curatore di rassegne, distributore per la Lab 80 Film (benemerita per aver portato in Italia
tanto Cinema di qualità, altrimenti irreperibile), sceneggiatore, esordisce alla regia nel 1991 con La fine della
notte, una storia di gratuita violenza giovanile nel profondo nord.

 La fine della notte 1991

Anime fiammeggianti 1994

Tutti giù per terra 1996

I figli di Annibale 1998  

Guardami 1999 

Dopo mezzanotte 2004    

Se devo essere sincera 2005                                           (*Filmografia completa)

La strada di Levi (2006)

Tutta colpa di Giuda (2009)

Piazza Garibaldi (2011)

La luna su Torino (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg035.htm[12/07/2017 19:00:18]
Finch Nigel

Finch Nigel
Gran Bretagna (1949-1995)

Diplomatosi alla Sussex University, ha quasi costantemente lavorato per la televisione britannica con documentari
d'argomento artistico e musicale e qualche fiction. Il suo unico lavoro arrivato in Italia è Stonewall, presentato alla
mostra del Cinema di Venezia nel 1995, lo stesso anno della sua morte per aids.

 Stonewall 1995

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg036.htm[12/07/2017 19:00:19]
Fleischer Richard

Fleischer Richard
Stati Uniti (1916-2006)

Il suo primo successo è Così questa è New York (1948), film che gli schiude le porte degli studi hollywoodiani, nei
quali Fleischer inizia una lunga carriera all’insegna di un solido professionismo e di una grande versatilità nei
confronti dei generi dominanti dell’industria cinematografica americana. Si è cimentato con il gansteristico (Le
jene di Chigaco, 1952), l’avventuroso (20.000 leghe sotto i mari, 1954), lo storico (I vichinghi, 1957),
l’agiografico (Barabba, 1962), il fantastico (Viaggio allucinante, 1966), il musical (Il favoloso Dottor Doolittle,
1967) il bellico (Tora! Tora! Tora! 1970), il mitologico (Conan, il distruttore, 1984). Regista non eccelso, ma
sempre dignitoso, è stato interprete di un Cinema medio solido e spettacolare.

Così questa è New York 1948

Tempo felice 1952

Le jene di Chicago 1952

20.000 leghe sotto i mari 1954

L’altalena di velluto rosso 1956

I vichinghi 1957

Frenesia del delitto 1959

Dramma allo specchio 1960

Barabba 1962

Viaggio allucinante 1966

Il favoloso Dottor Doolittle 1967

Lo strangolatore di Boston 1968

Tora! Tora! Tora! 1970

L’assassino di Rillington Place 1971

L’ultima fuga 1971

Terrore cieco 1971

2022: i sopravvissuti 1973

A muso duro 1974

Il principe e il povero 1977

Astanti 1979

La febbre del successo. The Jazz Singer 1980

Il duro più duro 1983

Conan il distruttore 1984

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Fleischer Richard

Yado 1985

Il mistero da 4 milioni di dollari 1987

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Fleming Victor

Fleming Victor
USA (1883-1949)

Inizia la carriera come operatore alla macchina da presa negli anni Dieci, quando muoveva i primi passi la grande
industria hollywoodiana (fu anche operatore personale del presidente Wilson alla conferenza di pace di Versailles).
Negli anni Venti, all’epoca d’oro del muto, esordisce alla regia e in più di un’occasione è anche produttore di se
stesso. Il primo film sonoro da lui diretto è La canzone dei lupi (1929), cui segue il western Il virginiano (1929),
interpretato da un giovane Gary Cooper, attore destinato ad una folgorante carriera. Fleming realizza da questo
momento in poi numerose pellicole, prevalentemente di tenore sentimentale e avventuroso, acquisendo fama di
professionista serio e scrupoloso. Né geniale, né eccelso, si rivela, tuttavia, capace di padroneggiare con grande
mestiere e padronanza tecnica (gli torna utile il lungo apprendistato di operatore degli esordi) i meccanismi del
Cinema commerciale dell’industria americana, che gli affida costose superproduzioni. E’ il caso del fantastico Il
mago di Oz (1939) e, soprattutto, di Via col vento (1939), grandioso kolossal storico destinato a passare alla storia
come il paradigma di una precisa concezione di spettacolarità hollywoodiana. Subentrato a ben due registi che non
erano andati d’accordo con l’invadente produttore Selznick, Fleming riuscì a portare a termine il film, dimostrando
ancora una volta la sua capacità d’adattamento ai condizionamenti e alle pressioni del sistema produttivo. Negli
ultimi anni d’attività diresse una specie di trittico (Il dottor Jekyll e mister Hyde, 1941, Gente allegra, 1942, Joe il
pilota, 1944) con l’attore Spencer Tracy, che riteneva particolarmente congeniale per le sue storie.

Douglas superstizioso 1919

Quando le nuvole volano via 1920

Mani vuote 1924

Avventura 1925

Nel gorgo del peccato 1927

Il risveglio 1928

Rosa d’Irlanda 1928

La canzone dei lupi 1929

Il virginiano 1929

La spia 1930

Il romanzo di Elena Neil 1930

Il giro del mondo in ottanta giorni 1931

Lo schiaffo 1932

Argento vivo 1933

La suora bianca 1933

L’Isola del tesoro 1934

Tentazione bionda 1935

Capitani coraggiosi1937

Arditi dell’aria 1938

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Fleming Victor

Via col vento 1939

Il mago di Oz 1939

Il dottor Jekyll e mister Hyde 1941

Gente allegra 1942

Joe il pilota 1944

Giovanna d’Arco 1948

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ari folman

Folman Ari
Israele (1962)

 Dopo aver studiato cinema, Folman tra il 1991 e il 1996 dirige documentari per la televisione, soprattutto nei
territori occupati. Nel 1996 realizza il suo primo lungometraggio a soggetto  Saint Clara (inedito in Italia), che
riscuote notevoli apprezzamenti in festival internazionali. Nel frattempo inizia ad utilizzare il linguaggio
dell’animazione, producendo ancora una volta documentari per la televisione.  E lo strumento dell’animazione è
quello scelto dal regista per Valzer con Bashir (2008), una rievocazione tra realtà e visionarietà della sua
esperienza di combattente nella guerra del Libano del 1982. Film originale e creativo, oltrechè profondo e
problematico nell’esplorare la memoria di eventi lontani e non ancora del tutto metabolizzati, Valzer con Bashir
riscuote un enorme successo internazionale e consacra Folman, insieme a Maoz, come  il maggior autore israeliano
vivente.

  

Valzer con Bashir 2008                                                  (*) Filmografia essenziale

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Ford John

Ford John
Stati Uniti (1895-1973)

Nato da una famiglia di origini irlandesi, il suo vero nome è Sean Aloysius O’Feeney (altri indicano O’Fearna),
che modificò in Ford perché il fratello Francis aveva assunto questo cognome quando aveva intrapreso la carriera
d’attore a Hollywood. John arriva alla regia nel 1917, dirigendo una serie di piccoli western e questo sarà il genere
a cui rimarrà più fedele nella sua lunga carriera. Nel 1924 gira il suo primo western di grande successo Il cavallo
d’acciaio, nel quale già sono riscontrabili alcune delle sue principali caratteristiche, come la forte dimensione
epica, l’attento tratteggio psicologico e il tema della frontiera e del pionierismo. Con l’avvento del sonoro Ford è
già un regista pienamente affermato e con un suo mondo tematico e poetico ormai consolidato. Un altro western,
considerato da molti come paradigmatico di una tipologia di personaggi e situazioni destinata a fare scuola
nell’ambito di questo genere, Ombre rosse (1939), ne conferma le doti di grande narratore e di cantore dell’epopea
del West, rievocata con tono nostalgico e con accenti vigorosi nel delineare la rude e dignitosa umanità che
distingue le figure dei suoi eroi, che trovano nei volti di attori come John Wayne, James Stewart e Henry Fonda le
migliori incarnazioni. Negli anni del dopoguerra realizza una serie di western memorabili, come Sfida infernale
(1946), Il massacro di Fort Apache (1948), I cavalieri del nord-ovest (1949) e Rio Bravo (1950), che delineano in
modo sempre più definito il western come il genere più congeniale al regista per esprimere la propria concezione
virile e generosa dell’esistenza e l’esaltazione di quelle virtù di saldezza morale, laboriosità e spirito d’avventura
che avevano costruito la grande nazione americana e che erano consustanziali allo spirito della frontiera, inteso
come pulsione vitale alla conquista di spazi incontaminati su cui fondare una solida e robusta comunità di uomini
liberi e orgogliosi di sé. Ford, insomma, ha contribuito a fare della conquista dell’ovest nell’Ottocento l’evento
fondativo dell’identità americana (ben più della Guerra d’Indipendenza, per altro ricordata con toni celebrativi nel
1939 in La più grande avventura), rievocandolo non in chiave storica, bensì mitologico-leggendaria (come del resto
prima di lui avevano fatto poeti epici come Omero e Virgilio, personalità alle quali Ford non è indegno di essere
accostato) e senza mai disgiungere l’enfasi rievocativa da accenti di crepuscolare malinconia legati alla
consapevolezza dell’irrimediabile tramonto del mondo che aveva alimentato quell’epopea che tanto amava (Sentieri
selvaggi, 1956, e L’uomo che uccise Liberty Valance, 1962). L’attività registica di Ford (la sua straordinaria
prolificità si misura in ben 137 titoli) non si è espressa solamente nel western, ma ha avuto modo di manifestarsi
anche in altri generi, a conferma della versatilità del regista e della sua apertura nei confronti di diverse
sollecitazioni. Tra quest’ultimi film ricordiamo tra i più artisticamente compiuti Il traditore (1935) e Un uomo
tranquillo (1952), entrambi ambientati nell’Irlanda dei suoi avi, terra alla quale Ford fu sempre affettivamente
molto legato.

Ladro d’amore 1920

Il cavallo d’acciaio 1924

Il traditore 1935

Maria di Scozia 1936

Uragano 1937

Il giuramento dei quattro 1938

La più grande avventura 1939

Alba di gloria 1939

Ombre rosse 1939

Furore 1940

Viaggio senza fine 1940

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Ford John

La via del tabacco 1941

Com’era verde la mia valle 1941

I sacrificati 1945

Sfida infernale 1946

La croce di fuoco 1947

In nome di Dio 1948

Il massacro di Fort Apache 1948

I cavalieri del nord-ovest 1949

Bill sei grande 1950

Rio Bravo 1950

La carovana dei mormoni 1950

Un uomo tranquillo 1952

Il sole splende alto 1953

Mogambo 1953

La lunga linea grigia 1955

Sentieri selvaggi 1956

L’ultimo Hurrà 1958

Soldati a cavallo 1959

I dannati e gli eroi 1960

Cavalcarono insieme 1961

L’uomo che uccise Liberty Valance 1962

I tre della croce del sud 1963

Il grande sentiero 1964

Missione in Manciuria 1966

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Forman Milos

Forman Milos
Cecoslovacchia (1932)

Nato in Cecoslovacchia, vive le traversie della cinematografia del suo paese dal passaggio dalla rigida censura
stalinista degli anni cinquanta alla stagione della Primavera di Praga, che determina un'ondata di rinnovamento e di
creatività (di questo fertile periodo Gli amori di una bionda del 1965, il film che l' ha reso celebre all'estero). Con
l'invasione sovietica del suo paese del 1968 si chiude brutalmente la parentesi di liberalizzazione e Forman prende
la strada degli Stati Uniti, dove raggiunge l'apice del successo con Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) e
Amadeus (1984), film nei quali si esprimono alcuni temi centrali del suo Cinema: il potere liberatorio della
trasgressione e la repressione dell'individuo da parte della società.

 Asso di picche 1963

Gli amori di una bionda 1965

Taking off 1971

Qualcuno volò sul nido del cuculo 1975

Hair 1979

Ragtime 1981   

Amadeus 1984

Valmont 1989

Larry Flint oltre lo scandalo 1996

Man on the Moon 2000

L'ultimo inquisitore 2006

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marc forster

 Forster Marc
(Germania, 1969)

 Nasce in Germania, figlio di un medico svizzero e di un architetto tedesco. A vent’anni si trasferisce a New York
per studiare cinematografia. Dopo aver realizzato una serie di documentari televisivi, esordisce nel lungometraggio
con Everything Put Together (2000), inedito in Italia. Il suo primo film di rilevo è Monster’s Ball (2001), che viene
candidato all’Oscar, come avviene anche per Neverland (2004), che racconta un momento della vita dell’autore di
“Peter Pan”. Ormai consacratosi come regista di Blockbuster per la sua estrema versatilità ed adattabilità a temi e
sceneggiature diversissime tra loro, Forster è scelto per Il cacciatore di aquiloni (2007), tratto dal best-seller di
Khaled Hosseini, e, addirittura, per il 22° capitolo delle avventure di James Bond, agente 007.

  

Filmografia completa

 Everything Put Together 2000

Monster’s Ball - L’ombra della vita 2001

Neverland-Un sogno per la vita 2004

Stay - Nel labirinto della mente 2005

Vero come la finzione 2006

Il cacciatore di aquiloni 2007

Agente 007-Quantum of Solace 2008 

Quantum of Solace (2008)

Machine Gun Preacher (2011)

World War Z (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2009-10/8framreg008.htm[12/07/2017 19:00:22]
giovacchino forzano

Forzano Gioacchino
(Italia1884-1970)

 Quando approda al cinema ha già cinquant’anni ed alle spalle un’intensa carriera come autore di drammi storici e
commedie sentimentali, oltreché di librettista d’opera e d’operetta e regista teatrale.  Nel 1934 fonda i moderni
stabilimenti cinematografici della Pisorno ( così chiamati perché situati a Tirrenia, tra Pisa e Livorno). La sua
prima opera per lo schermo è Camicia nera (1933), rievocazione in chiave propagandistica dell’avvento del
fascismo (il film viene lanciato contemporaneamente in tutte le sale d’Italia) e tentativo, non del tutto riuscito ed
economicamente troppo costoso (è il primo film prodotto dall’Istituto Luce), di trasferire la propaganda
cinematografica dall’ambito documentaristico a quello della fiction. All’opera prima seguono una serie di titoli
dimenticabili e dimenticati di film di contesto storico. Il coinvolgimento troppo diretto con il regime fascista
determineranno nel secondo dopoguerra la fine dell’attività registica di Forzano. Nel 1959 falliscono anche gli
stabilimenti della Pisorno.

Camicia nera (1933)

Villafranca (1934)

Tredici uomini e un cannone (1936)

Sei bambini e il Perseo(1940)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg010.htm[12/07/2017 19:00:22]
john frankenheimer

Frankenheimer John
(Stati Uniti, 1930-2002)

Si fa le ossa come regista alla televisione, dove gira una trentina di telefilm di ogni tipo: polizieschi, adattamenti
letterari, storie a sfondo sociale, avvalendosi spesso di cast e collaboratori di altissimo livello. Nel 1957 esordisce
nel Cinema con Colpevole innocente, un film sulla delinquenza giovanile che ottiene parecchi consensi dalla
critica. All’inizio degli anni Sessanta nasce il connubio con l’attore Burt Lancaster, con cui Frankenheimer gira
cinque film, tra cui i più noti sono L’uomo di Alcatraz (1962) e Sette giorni a maggio (1964). Emerge da queste
pellicole la sua adesione agli ideali democratici, di cui afferma i valori sottolineando soprattutto i pericoli che la
società americana può correre qualora venga meno ad essi. Con gli anni settanta il regista si dedica in particolare al
genere d’azione dirigendo progetti altrui: è di questo inteso periodo fra gli altri Il braccio violento della legge n.2
(1974). Negli ultimi anni torna alla televisione. Cineasta duttile e versatile, di grande mestiere ed esperienza,
Frankenheimer ha dato il meglio di sé quando è riuscito ad abbinare la sua consumata tecnica e la sua energia
narrativa a soggetti in cui credeva perché gli davano la possibilità di esprimere il proprio idealismo, la propria
profonda fede nella democrazia e nei principi di giustizia.  

Colpevole innocente 1957

Il giardino della violenza 1961

L’uomo di Alcatraz 1962

Va’ e uccidi 1962

Sette giorni a maggio 1964

Il treno 1964

Grand Prix 1966

L’uomo di Kiev 1968

I temerari 1969

Il capitano di lungo ...sorso 1969

Un uomo senza scampo 1970

Cavalieri selvaggi 1971

Il braccio violento della legge n.2 1975

L’ultima sfida 1982

Il ritorno delle aquile 1985

La quarta guerra 1990

Ronin 1998

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg007.htm[12/07/2017 19:00:23]
Frears Stephen

Frears Stephen
Gran Bretagna (1941)

Formatosi nell'ambiente del Free Cinema inglese degli anni sessanta, Frears ha lavorato a lungo per la televisione,
debuttando nel Cinema nel 1971. Ma è solo nel 1985 che si fa conoscere fuori dalla Gran Bretagna con My
Beautiful Laundrette. Nel 1988 dirige negli Stati Uniti Le relazioni pericolose, che incontra un grande successo di
pubblico. Da allora divide il suo lavoro tra gli Usa e la Gran Bretagna, esprimendo due diverse impostazioni di
regia: una, quella hollywoodiana, vicina alle convenzioni consolidate dell'industria cinematografica, l'altra, quella
britannica, più libera da condizionamenti e ispirata alla realtà sociale del suo paese.

 My Beautiful Laundrette 1985

Sammy e Rosie vanno a letto 1987

Prick up. L'importanza di essere Joe 1987

Le relazioni pericolose 1988  (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca
dell'Istituto)

Rischiose abitudini 1990

Eroe per caso 1992   

The Snapper 1993

Mary Reilly 1995

Due sulla strada 1996

The Hi-Lo Country 1998

Alta fedeltà 1999

Liam 2000

Piccoli affari sporchi 2002

The Queen 2006

Chéri (2009)

Tamara Drewe - Tradimenti all'inglese (2010)

Una ragazza a Las Vegas (2012)

Muhammad Ali's Greatest Fight (2013)

Philomena (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg038.htm[12/07/2017 19:00:23]
Fuller Samuel

Fuller Samuel
Stati Uniti (1912-1997)

Dopo aver lavorato nel giornalismo, inizia a lavorare ad Hollywood come sceneggiatore. Al ritorno dalla Seconda
Guerra Mondiale, pluridecorato, Fuller esordisce con l’anomalo western Ho ucciso Jess il bandito (1948) e due
anni dopo dirige Corea in fiamme, film bellico girato in dieci giorni e con attori di secondo piano. L’azione, la
guerra, l’odio, l’amicizia, la violenza e quant’altro di forte e drammatico può essere mostrato e raccontato al
Cinema diventano i temi sui cui ruota la filmografia del regista, che esprime la sua pessimistica, ma virile, visione
del mondo attraverso uno stile secco ed essenziale, privo di fronzoli e ridondanze. Saranno proprio queste
caratteristiche a farlo amare dalla critica europea , in particolare quella più raffinata e cinefilica, che vedrà in lui un
regista capace di mettere in crisi i più consolidati stereotipi spettacolari del Cinema hollywoodiano, minandoli
dall’interno, e cioè attraverso il rispetto delle regole e dei meccanismi del prodotto di genere. Il sogno americano,
fatto di successo, bellezza e felicità per tutti si sgretola sotto l’incalzare dei suoi eroi perdenti e reietti, che riescono
però ad affermare la propria dignità. Un atteggiamento contestativo della società statunitense che culmina nel 1963
in Il corridoio della paura, una riflessione in chiave surreale-allucinatoria sulle nevrosi e le fobie che dominano
gli americani. Nel 1980 gira Il grande uno rosso, ispirato alle sue esperienze di soldato sul fronte europeo, quando
era arruolato in un reggimento che aveva il nome del titolo. E’ un film bellico venato di malinconico struggimento
per la tragedia provocata dalla guerra, nel corso della quale è comunque importante e necessario mantenere la
propria più autentica dimensione umana. Si tratta dell’ultimo film di rilievo del regista, una specie di testamento
morale e spirituale.

Ho ucciso Jess il bandito 1948

Il barone dell'Arizona 1950

Corea in fiamme 1951

Park Row 1952

Mano pericolosa 1953

Quaranta pistole 1957

Verboten, Forbidden, Proibito 1958

La vendetta del gangster 1960

L’urlo della battaglia 1962

Il corridoio della paura 1963

The Naked Kiss 1964

Il grande uno rosso 1980

White Dog 1982

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Gallone Carmine

Gallone Carmine
Italia (1886-1973)

E’ stato uno dei più importanti registi della stagione d’oro del Cinema italiano negli anni Dieci, nel corso della
quale ha diretto con successo le maggiori attrici dell’epoca e si è distinto per l’uso del primo piano (allora
piuttosto raro nel panorama di un linguaggio cinematografico incentrato sul totale di derivazione teatrale), specie
nel film Malombra (1916). Diresse, insieme ad Amleto Palermi, l’ultima superproduzione storica del muto italiano
Gli ultimi giorni di Pompei (1926), prima che l’industria cinematografica hollywoodiana s’imponesse senza più
rivali sul terreno del kolossal storico. Dopo un periodo di lavoro trascorso all’estero per sfuggire alla crisi in cui era
precipitato il Cinema italiano alla fine degli anni Venti, Gallone rientra in Italia e dirige Casta diva (1935),
ricostruzione romanzata della vita di Bellini, un film che, ottenendo un grande successo, apre la strada al genere
della versione filmica dei grandi melodrammi operistici e della biografia di famosi musicisti (sempre della
tradizione italiana), nella realizzazione dei quali offrirà negli anni a venire il meglio di sé, conquistando sempre i
consensi di un pubblico ingordo della turgida passionalità romantica cui il regista ispirava le sue rivisitazioni. Nel
1937 gli viene affidata la regia di Scipione l’Africano, film celebrativo di scoperta esaltazione del duce e della
politica coloniale italiana in Africa. Nel dopoguerra dirige, oltre ai prediletti cine-melodrammi, anche due episodi
del ciclo di Don Camillo, a dimostrazione di una solida versatilità che nel corso della sua lunga carriera gli ha
permesso di esprimersi, sempre su un piano di accurato professionismo, in prodotti di diversa natura e ispirazione.

Il bacio di Cirano 1913

La donna nuda 1914

Marcia nuziale 1915

La falena 1916

Malombra 1916

Gli ultimi giorni di Pompei 1926

Casta diva 1935

Scipione l’Africano 1937

Giuseppe Verdi 1938

Il sogno di Butterfly 1939

Manon Lescaut 1939

Amami Alfredo 1940

Harem 1943

Davanti a lui tremava tutta Roma 1946

Rigoletto 1947

La forza del destino 1949

Il trovatore 1949

Messalina 1951

Puccini 1952

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg022.htm[12/07/2017 19:00:24]
Gallone Carmine

Casa Ricordi 1953

Casta diva 1955 (nuova versione)

Don Camillo e l’onorevole Peppone 1955

Michele Strogoff 1957

Cartagine in fiamme 1959

Don Camillo monsignore…ma non troppo 1961

La monaca di Monza 1962

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Gansel Dennis

Gansel Dennis

(Germania Occ., 1973)

Ha studiato alla Scuola di Cinema di Monaco. Il suo primo lungometraggio, il film-tv The Phantom, un thriller
politico sulla RAF (Rote Armee Fraktion), ha vinto un Premio Jupiter, il Premio Adolf Grimme e il Premio del
Pubblico 3SAT nel 2000, come Miglior Film-TV. Nel 2001 ha esordito nel cinema con la commedia sexy Ragazze
pompom al top, che è stato un grande successo commerciale. Nel 2004 ha diretto I ragazzi del Reich, un intenso
film che ha vinto il Premio del Pubblico all'Hamptons Film Festival di New York, il premio per il Miglior Film al
Festival Europeo del Cinema di Viareggio, e un Premio Bavarese per il Cinema nel 2005 per la Migliore Regia.

Filmografia essenziale

The Phantom (1999)


Ragazze pom pom al top (2001)
I ragazzi del Reich (2004)
L'onda (2008)
Il quarto stato (2012)

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matteo garrone

Garrone Matteo
(Italia, 1968)

 Nel 1996 vince il Sacher d’oro per Silhouette, un cortometraggio che poi diventerà il primo episodio del suo
lungometraggio d’esordio Terra di mezzo (1997), film che evidenzia già il particolare talento del regista nel
penetrare con immediato e a volte aspro realismo in pezzi marginali ed emarginati dell’Italia contemporanea. Nelle
pellicole successive questa propensione analitica e introspettiva si affina e con L’imbalsamatore (2002) Garrone si
guadagna gli elogi della critica e si consacra come uno dei giovani registi più interessanti del cinema italiano. Con
Primo amore (2003) affronta di nuovo una vicenda sgradevole ed estrema (il rapporto psicopatologico di natura
sadomasochista all’interno di una coppia realmente esistita) e lo fa con misurata e accorta distanza, cercando di
cogliere tutta l’ambiguità e dei personaggi e delle situazioni ed evitando quelle semplificazioni e facili
drammatizzazioni che trovano spazio in tanta fiction televisiva. Nel 2008 è la volta di Gomorra (dal celebre
romanzo di Saviano) che lo consacra ai massimi livelli in ambito internazionale (il film è premiato a Cannes). La
camorra e il degrado materiale e morale che essa ingenera a Napoli, vengono analizzati da Garrone con una  forza
ed un’intensità straordinari tali da tradurre con in suoni e immagini di pregnante realismo quell’universo infetto e
disperato che lo scrittore traduce esclusivamente sul piano linguistico.

Terra di mezzo 1997

Estate romana 2000

L’imbalsamatore 2002

Primo amore 2003

Gomorra 2008                         (*Filmografia completa )

Reality (2012)

Il racconto dei racconti - Tale of Tales (2015)

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Genina Augusto

Genina Augusto
Italia (1892-1957)

Esordisce nel 1914 con La moglie di sua eccellenza, girato in Spagna e successivamente dirige numerose
commedie e melodrammi con le più note dive dell’epoca del Cinema muto. Il suo primo grande successo lo ottiene
nel 1916 con La signorina Ciclone, cui seguono molte altre pellicole che lo consacrano come uno dei maggiori
registi degli anni Dieci. E’ grazie a questa fama che, quando la cinematografia italiana entra in crisi, Genina si reca
in Francia, dove dirige Miss Europa (1930), film ancora muto (in seguito sonorizzato), che costituisce una delle sue
opere migliori. Nel 1936, tornato in Italia, gira Squadrone bianco, melodramma coloniale che avrebbe dovuto
esaltare il colonialismo del regime fascista, ma che, invece, sembra privilegiare le suggestioni esotiche del
paesaggio del deserto. Maggiormente condizionati dalla retorica di regime i due film bellici L’assedio dell’Alcazar
(1940) e Bengasi (1942). Nel dopoguerra dirige Cielo sulla palude (1949), dramma di stampo neorealista sulla
storia di Maria Goretti, girato in ristrettezze di mezzi e con attori non-professionisti. Si tratta di uno dei suoi film
migliori, per l’ efficacia della ricostruzione ambientale del Pontino di inizio secolo e per l’intensa forza espressiva
di alcune sequenze indimenticabili. Genina è stato un regista a suo modo cosmopolita (oltre che in Italia lavorò in
Francia, in Germania e in Spagna), che adattandosi di volta in volta alle richieste dell’industria cinematografica ha
sempre dato prova di grande originalità, manifestando una forte personalità artistica che si è misurata con generi
assai diversi, dalla commedia brillante e mondana al melodramma e al bellico, sino al neorealismo a sfondo rurale.

La moglie di sua eccellenza 1914

Il getto d’acqua 1914

Lulù 1915

La signorina Ciclone 1916

Addio giovinezza! 1918

La moglie bella 1925

Miss Europa 1930

Non siamo più ragazzi 1934

Non ti scordar di me 1935

Squadrone bianco 1936

L’assedio dell’Alcazar 1940

Bengasi 1942

Cielo sulla palude 1949

L’edera 1950

Tre storie proibite 1952

Frou-Frou 1955

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg023.htm[12/07/2017 19:00:26]
Germi Pietro

Germi Pietro
Italia (1914-1974)

Entra al Centro Sperimentale di Cinematografia con l'intento di diventare attore (ruolo che del resto eserciterà in
film propri e di altri), per poi passare dietro la macchina da presa come regista. Il suo film d'esordio è Il testimone
del 1946, ma le opere cui deve l'inizio della celebrità e della considerazione critica sono In nome della legge (1949)
e Il cammino della speranza (1950), film che s'inseriscono nell'ambito del neorealismo a sfondo meridionalista,
anche se l'innegabile impegno civile che li caratterizza si coniuga con una spiccata tendenza al romanzesco e al
melodramma. Negli anni cinquanta è la volta di pellicole che affrontano in chiave realista il tema della famiglia,
come Il ferroviere (1956) e L'uomo di paglia (1958). Nel 1962 con il grande successo Divorzio all'italiana cambia
ancora registro, passando alla feroce e pungente satira di costume, ai limite della farsa grottesca. I film successivi,
per quanto costruiti sempre con intelligenza e graffiante sarcasmo, rimarranno al di sotto di questo capolavoro
della commedia all'italiana anni sessanta. Regista piuttosto isolato, alieno dal riconoscersi in correnti e
movimenti, ha comunque partecipato alle fasi più importanti del Cinema italiano del dopoguerra, immettendovi il
piglio deciso del proprio moralismo e un vigoroso senso del ritmo narrativo.

Il testimone 1945

Gioventù perduta 1947

In nome della legge 1949

Il cammino della speranza 1950

Il Brigante di Tacca di Lupo 1952

La presidentessa 1952

Gelosia 1953

Il ferroviere 1956

L'uomo di paglia 1958

Un maledetto imbroglio 1958

Divorzio all'italiana 1962

Sedotta e abbandonata 1964

Signore e signori 1966

Serafino 1968

La castagne sono buone 1970

Alfredo Alfredo 1972

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/18.htm[12/07/2017 19:00:27]
Gibson Mel

Gibson Mel
Stati Uniti (1956)

Noto più come attore che come regista, interpreta due importanti film dell'australiano P.Weir (per sfuggire alla
guerra del Vietnam Gibson era fuggito in Australia), Gli anni spezzati (1981) e Un anno vissuto pericolosamente
(1983). Rientrato in patria diventa famoso soprattutto per la serie di Arma Letale (1,2,3,4, 1987-1998). Come
regista si consacra con lo storico Braveheart (1994).

L'uomo senza volto 1993

Braveheart 1994

La passione di Cristo 2004

Apocalypto (2006)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg039.htm[12/07/2017 19:00:27]
Gilbert Brian

Gilbert Brian
Gran Bretagna (1949)

Tom e Viv 1994

Wilde 1997

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg040.htm[12/07/2017 19:00:28]
Giordana Marco Tullio

Giordana Marco Tullio


Italia (1950)

Maturato nella temperie politico-culturale del 1968, resterà sempre legato a questa esperienza travasando nel suo
Cinema umori e suggestioni di questa fertile e tormentata stagione che ha profondamente segnato un’intera
generazione. Esordisce nel 1980 con Maledetti vi amerò, un film di evidente natura autobiografica e generazionale,
una spietata analisi, fra ironia e tragedia, dell’imporsi di un clima di riflusso e di rimozione dopo i fermenti
rivoluzionari degli anni Settanta. Nel successivo La caduta degli angeli ribelli (1981), affronta il tema del
terrorismo e in Appuntamento a Liverpool (1988) quello, piuttosto trascurato dal Cinema italiano, della violenza da
tifo calcistico. Nel 1994 con Pasolini, una storia italiana indaga sull’assassinio, ancora oscuro, del grande poeta e
scrittore, rivelandosi come l’erede più degno dell’insigne tradizione italiana del Cinema d’impegno civile. Questa
sua particolare predisposizione per argomenti di forte impatto politico e morale, affrontati con decisivo piglio
narrativo e sdegnato spirito di denuncia, caratterizza il suo ultimo I cento passi (2000), una partecipata biografia del
giovane Peppino Impastato, militante di sinistra ucciso dalla mafia che aveva sempre coraggiosamente accusato.

Maledetti vi amerò 1980

La caduta degli angeli ribelli 1981

Appuntamento a Liverpool 1988

Pasolini, un delitto italiano 1994

I cento passi 2000

La meglio gioventù 2003

Quando sei nato non puoi più nasconderti 2005

Sanguepazzo (2008)

Romanzo di una strage (2012)

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Gitai Amos

Gitai Amos
Israele (1950)

Studia architettura all’università di Haifa. Gira i suoi primi film con una cinepresa amatoriale in super-8. Già nelle
opere d’esordio si impone all’attenzione per le problematiche politiche legate al conflitto del suo paese, lo Stato
d’Israele, con i paesi arabi e con il popolo palestinese. Fortemente critico nei confronti della politica del suo
governo, Gitai si vede spesso censurare le proprie opere. Esther (1987), il suo primo lungometraggio a soggetto,
ottiene numerosi riconoscimenti internazionali, ma nel suo paese d’origine Gitai è messo pesantemente sotto accusa
(il produttore e regista Menahem Golan lo definisce la vergogna del cinema israeliano). Nel 1989 presenta alla
Mostra di Venezia Berlin-Jerusalem, in cui confronta le speranze dei primi coloni ebrei degli insediamenti in
Palestina prima della nascita dello Stato d’Israele con la tragica realtà di una terra priva di pace. Con Golem, lo
spirito dell’esilio (1991) affronta il tema del dolore e della lontananza attraverso uno stile di esasperata
antinarratività, insostenibile per il pubblico medio. Negli ultimi anni Gitai si è guadagnato grandi elogi della
critica ed anche una maggiore visibilità nel circuito commerciale con due film di grande intensità ed efficacia:
Kadosh (1999), una denuncia dell’integralismo religioso ebraico, e Kippur (2000), una trasposizione
cinematografica della sua esperienza personale nella guerra arabo-israeliana del 1973, trasfigurata in chiave
antimilitarista. Il suo non è un Cinema facile, ma teso alla ricerca di un linguaggio spoglio e rigoroso, totalmente
esente da ogni compiacimento spettacolare ed estetizzante, acuto e penetrante nell’analisi sociale e psicologica
della realtà considerata. Gitai rappresenta da anni, oltre che il maggior regista israeliano dell’ancor breve storia del
Cinema del suo paese, un intellettuale coraggioso, impegnato con le sue prese di posizione e con le sue opere sul
fronte dell’affermazione della pace, della democrazia e della convivenza tra israeliani e palestinesi in una delle
terre più tormentate del mondo.

Esther 1987

Berlin-Jerusalem 1989

Golem, lo spirito dell’esilio 1991

Guerra e pace a Vesoul 1997

Giorno per giorno-Yom Yom 1998

Kadosh 1999

Kippur 2000

Eden 2001

Kedma 2002

Alila 2003

Promised Land 2004

Free Zone (2005)

Disimpegno (Disengagement) (2007)

Plus tard (2008)

Carmel (2009)

La guerre des fils de la lumière contre les fils des ténèbres (2009)

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Gitai Amos

Ana Arabia (2013)

Tsili (2014)

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Greengrass Paul

Greengrass Paul
Gran Bretagna (1955)

Dopo gli studi universitari a Cambridge Greengrass lavora come giornalista, interessandosi particolarmente della
questione irlandese. Esordisce alla regia nel 1998 con La teoria del volo, ma è nel 2002 con Bloody Sunday, un
film che rievoca con un secco stile giornalistico i tragici eventi della domenica di sangue del gennaio 1972 a Derry
in Irlanda del nord, che conosce fama e successo, tanto da essere reclutato (sulla base di una tradizione molto
solida nei rapporti tra la cinematografia britannica e quella americana) ad Hollywood, dove nel 2003 ha girato The
Bourne Supremacy, un thriller ad alto budget. La speranza è che nel nuovo ambiente d’oltreoceano non disperda
(come è già accaduto a molti suoi registi connazionali) le buone attitudini mostrate nei suoi esordi inglesi.

La teoria del volo 1998

Bloody Sunday 2002

The Bourne Supremacy 2003 

United 93 2006                          (*Filmografia completa)

The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo (2007)

Green Zone (2010)

Captain Phillips - Attacco in mare aperto  (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2005/5framreg007.htm[12/07/2017 19:00:29]
Guediguian Robert

Guédiguian Robert
Francia (1953)

Nasce a Marsiglia da padre armeno e da madre tedesca, portando così già nella propria origine i segni di quella
dimensione multietnica che diventerà uno dei temi privilegiati del suo Cinema. Nel 1980 dirige il suo primo
lungometraggio, Dernier été, e, pur svolgendo prevalentemente l’attività di produttore, continua a girare film con
i propri amici quando è in grado di disporre delle risorse economiche necessarie. Nel 1996 con Marius e Jeanette
(suo primo film uscito in Italia) si fa conoscere nel nostro paese, dove ottiene un buon successo di pubblico e di
critica. Tutti i suoi film sono ambientati nella sua Marsiglia e in particolare nei quartieri proletari e multietnici,
della cui vita e dei cui umori Guédiguian ci offre uno spaccato acuto ed ironico, ricco di notazioni gustose, che
denotano il suo amore per questo microcosmo popolato da un’umanità semplice e spontanea che sa affrontare con
coraggio e spirito d’adattamento le contingenze, più o meno drammatiche, di un’esistenza non facile. Il regista
riesce a mantenere le sue storie quasi sempre sui toni della commedia, lontano da ogni retorica ed enfasi, in
equilibrio tra un realismo attento al dato sociologico e l’intuizione poetica. Guédiguian rappresenta nel panorama
cinematografico europeo un caso quasi unico (sin potrebbe citare forse l’inglese Ken Loach) di cineasta che porta
sullo schermo problemi, aspirazioni e sentimenti della classe operaia e dei ceti emarginati.

Dernier été 1980

Rouge midi 1983

Ki lo sa? 1985

Dieu vomit les tièdes 1989

L’argent fait le bonheur 1992

A’ la vie, à la mort 1994

Marius et Jeanette 1996

Al posto del cuore 1997

La Ville est tranquille 2000 

A l'attaque 2001   

Marie-Jo e i suoi due amori 2002   

Le passeggiate al Campo di Marte  2005                             (*) filmografia completa

Le Voyage en Arménie (2006)

Lady Jane (2008)

L'Armée du crime (2009)

Le nevi del Kilimangiaro  (2011)

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Guillermin John

Guillermin John
Gran Bretagna (1925)

In Gran Bretagna dirige con discreto successo commedie, thriller e film d’avventura. Nel 1965 si trasferisce negli
USA, meta tradizionale della maggior parte dei registi inglesi che si sono distinti in patria. Qui si specializza in
kolossal bellici, tra cui ricordiamo La caduta delle aquile (1965) e Il ponte di Remagen (1968), film che si
distinguono soprattutto per la riuscita spettacolare delle sequenze militari. Nel 1974 ha diretto la superproduzione
che inaugura il genere catastrofico, Inferno di cristallo, e nel 1976 King Kong, remake del famoso originale degli
anni Trenta. Nel 1978 ritorna, in un certo senso, alle origini con Assassinio sul Nilo, un giallo di scuola britannica
di Agatha Christie. Regista privo di personalità originale, ma versatile professionista al servizio dell’industria
hollywoodiana, Guillermin ha attraversato un po’ tutte le mode cinematografiche degli anni Settanta e Ottanta.

Città sotto inchiesta 1957

Tutta la verità 1958

I gangster di Piccadilly 1960

Il generale non si arrende 1962

La caduta delle aquile 1965

Il ponte di Remagen 1968

Il pirata dell’aria 1972

Shaft e i mercanti di schiavi 1973

L’inferno di cristallo 1974

King Kong 1976

Assassinio sul Nilo 1978

Sheena Regina della giungla 1984

King Kong 2 1986

Ricercato vivo o morto 1988

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg026.htm[12/07/2017 19:00:30]
Hallstrom Lasse

Hallstrom Lasse
Svezia (1946)

Ha cominciato a girare cortometraggi verso la metà degli anni sessanta. Dopo una lunga attività presso la tv
svedese e il grande successo di La mia vita a quattro zampe (1985), si trasferisce negli Stati Uniti, dove realizza tra
gli altri Buon compleanno Mr. Grape (1994), forse la sua opera migliore.

 La mia vita a quattro zampe 1985

Ancora una volta 1990

Buon compleanno Mr. Grape 1994

Qualcosa di cui sparlare 1995

Le regole della casa del sidro 2000

Chocolat 2001

Casanova 2005

Il vento del perdono 2005

L'imbroglio - The Hoax (2006)

Hachiko - Il tuo migliore amico (2009)

Dear John (2010)

Il pescatore di sogni  (2011)

L'ipnotista  (2012)

Vicino a te non ho paura  (2013)

Amore, cucina e curry  (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg041.htm[12/07/2017 19:00:34]
Hamilton Guy

Hamilton Guy
Inghilterra (1922)

Inizia l’attività nel mondo del Cinema come montatore, proseguendola in qualità di aiuto di parecchi registi di
fama, come Carol Reed e John Houston. Esordisce alla regia nel 1952 con L’uomo dai cento volti, il primo di una
nutrita serie di polizieschi che mettono in rilievo le sue doti di realizzatore di prodotti di medio livello a basso
costo. La sua indubbia abilità nel confezionare film d’azione fa sì che nel 1964 gli sia affidato Agente 007, missione
Goldfinger, una pellicola di grande impegno economico che ebbe un travolgente successo di pubblico. Nel 1965
gira Funerale a Berlino, una spy-story che ha curiosamente come protagonista l’agente britannico Harry Palmer,
impiegatizio e dinoccolato antieroe alternativo al superuomo James Bond. Questo film, proprio per la capacità di
giocare con acuta ironia sul mito del superomismo bondiano tanto in voga negli anni Sessanta, costituisce il suo
capolavoro. Nel 1969 affronta il kolossal bellico con I lunghi giorni delle aquile, una ricostruzione solo
spettacolare della Battaglia d’Inghilterra. Negli anni successivi conferma la sua predisposizione per i generi
poliziesco e spionistico, girando ancora ben tre film della serie Agente 007 e Assassinio allo specchio (1980), un
giallo di ottima fattura che resta una delle sue pellicole migliori. Hamilton rappresenta un tipico esempio di regista
inglese che, affermatosi in patria con film di genere di serie-B, è stato adottato dall’industria hollywoodiana per
superproduzioni sempre di genere.

L’uomo dai cento volti 1952

La giungla degli implacabili 1955

Il discepolo del diavolo 1959

I due nemici 1961

Agente 007, missione Goldfinger 1964

Funerale a Berlino 1965

I lunghi giorni delle aquile 1969

Agente 007, una cascata di diamanti 1971

Agente 007, vivi e lascia vivere 1973

Agente 007, l’uomo dalla pistola d’oro 1974

Forza 10 da Navarone 1978

Assassinio allo specchio 1980

Delitto al sole 1981

Il mio nome è Remo Williams 1985

Se ti piace …vai 1989

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg027.htm[12/07/2017 19:00:35]
Hathaway Henry

Hathaway Henry
Stati Uniti (1898-1985)

Il suo vero nome è Henry Leopold de Frennes. Esordì nel Cinema come attore-bambino e successivamente svolse
piccole mansioni all’epoca del muto. Il suo tirocinio come regista coincide con l’inizio del sonoro, nei primi anni
del quale dirige molti western di serie-B. Il primo film di rilievo che gli viene affidato è I lancieri del Bengala
(1935), con il divo del momento Gary Cooper, una storia d’avventura che già evidenzia la sua particolare
predisposizione per i generi forti, specialmente quelli d’azione. Negli anni Quaranta Hathaway si specializza nel
gangster, dove offre il meglio di sé con film di grande vigore narrativo e di intenso effetto drammatico, come Il
bacio della morte (1947) e Chiamate Nord 777 (1948), nei quali inoltre evidenzia il suo gusto per
un’ambientazione di stampo realista, che qualche critico ha voluto influenzata dal contemporaneo neorealismo
italiano. Cimentandosi in altri generi, ha offerto buone prove con Rommel la volpe del deserto (1951), un bellico
anomalo, più attento alla psicologia del feldmaresciallo tedesco che non alle sue imprese guerresche e il giallo
psicologico Niagara (1953), primo ruolo da protagonista di Marilyn Monroe. Hathaway è un tipico esempio di
regista hollywoodiano che ha saputo muoversi con versatilità su più generi, esprimendo sempre un forte senso della
narrazione e una solida capacità d’analisi psicologica pur in film prevalentemente dominati dall’azione.

I lancieri del Bengala 1935

Sogno di prigioniero 1935

Il sentiero del pino solitario 1936

La gloriosa avventura 1939

La casa della novantaduesime strada 1945

Il bacio della morte (1947)

Chiamate Nord 777 1948

La rosa nera 1950

Rommel la volpe del deserto 1951

Quattordicesima ora 1951

Niagara 1953

Il principe coraggioso 1954

Pugni, pupe e pepite 1960

Il circo e la sua grande avventura 1964

I quattro figli di Kate Elder 1965

Nevada Smith 1966

Poker di sangue 1968

Il grinta 1969

Attacco a Rommel 1971

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg028.htm[12/07/2017 19:00:35]
florian henckel von donnersmark

Henckel Von Donnersmarck Florian 


(Germania Occ., 1973)

Di origini aristocratiche, studia lingua e letteratura russa a S. Pietroburgo, filosofia ed economia ad Oxford e
frequenta la Scuola Superiore di Cinema a Monaco di Baviera. Dopo aver girato alcuni corti e film per la tv, nel
2006, assolutamente sconosciuto e all’età di 23 anni, ottiene l’Oscar come miglior film straniero con quella che
praticamente costituisce la sua opera prima, Le vite degli altri. Ambientato nella Germania comunista prima della
caduta del muro di Berlino, il film è un teso e calibratissimo thriller psicologico-politico di grande coinvolgimento
e diretto con estrema maestria.

Le vite degli altri (2006)

The Tourist (2010)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg014.htm[12/07/2017 19:00:36]
mark herman

Herman Mark
Gran Bretagna (1954)

 Ha studiato alla Leeds Polytechnic. Dopo aver lavorato come animatore e fumettista debutta come regista con
Tutta colpa del fattorino (1992), una commedia su uno scambio d’identità. Il film che lo rende famoso a livello
internazionale è Grazie, signora Thatcher (1996), una denuncia della politica industriale del governo Thatcher,
causa della massiccia disoccupazione nel settore minerario inglese. Il film vince numerosi premi tra cui il Cèsar per
il miglior film straniero e viene incluso nella lista dei cento miglior film britannici. Nel 2008 dirige Il bambino con
il pigiama a righe, una sconvolgente vicenda di amicizia fra due bambini sullo sfondo dell’Olocausto.

 Tutta colpa del fattorino 1992

Grazie, signora Thatcher 1996

Little Voice-E’ nata una stella 1998

Prenditi un sogno 2000

Hope Springs 2003

Il bambino con il pigiama a righe 2008                                            (*) Filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2010-11/9framreg003.htm[12/07/2017 19:00:36]
Herzog Werner

Herzog Werner
Germania (1942)

Inizia a fare Cinema giovanissimo, creandosi una propria casa di produzione. Il suo primo film è Segni di vita
(1967), ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale in un’isola greca: ha come protagonista un soldato tedesco
che impazzisce e intraprende una rivolta contro la natura. Questo tema del confronto-scontro uomo-natura in un
contesto impervio e disabitato diventerà centrale nella filmografia di Herzog, pur esplorato in epoche storiche e
tempi e modalità di svolgimento diverse. Nel 1972 dirige il film che lo rende famoso, Aguirre, furore di Dio, storia
un conquistatore spagnolo, cinico e crudele, che insegue con spietata determinazione il proprio sogno di potenza
sfidando l’impervia e ostile natura della foresta equatoriale. Con i successivi Cuore di vetro (1976) e La ballata di
Stroszek (1977) continua la sua esplorazione di situazioni umane anomale in contesti socioambientali estremi. Nel
1978 è la volta di Nosferatu, principe della notte, rilettura del classico horror dell’espressionismo tedesco di
sessant’anni prima, dove il ruolo del vampiro transilvanico è affidato a Klaus Kinski, suo vero e proprio attore-
feticcio, protagonista di molti suoi film e suo amico nella vita. Fitzcarraldo (1982), riporta il regista nell’ambiente
amazzonico a contatto con condizioni climatiche disumane che rendono problematica la lavorazione del film. Nel
1991 realizza quello che è la sua ultima opera di un certo rilievo, Grido di pietra, la storia di una sfida fra due
scalatori per conquistare una vetta della Patagonia. Herzog è stato uno dei rappresentanti più significativi del
Nuovo Cinema Tedesco degli anni Settanta. Regista quasi unico per la sua eccentricità e per il gusto della sfida
estrema, ha spesso ricreato sul set cinematografico le stesse condizioni di disagio e sofferenza in cui erano immersi
i protagonisti dei suoi film, operando così uno straordinario avvicinamento tra storia raccontata e condizioni reali
delle riprese. La tensione principale del suo Cinema è sempre stata diretta alla creazione di immagini magnetiche e
perturbanti (fondamentale nei suoi film anche il ruolo della musica, spesso classica e medioevale), che per ciò che
mostrano (luoghi insoliti ed inesplorati) e per come lo mostrano (a volte in situazioni di rischio fisico) risultano
totalmente inedite, con in più un valore aggiunto di dimensione visionaria e allucinatoria che costituisce l’impronta
più autentica del suo inconfondibile stile.

Segni di vita 1967

Fata Morgana 1970

Anche i nani hanno cominciato da piccoli 1970

Aguirre, furore di Dio 1972

L’enigma di Kaspar Hauser1975

Cuore di vetro 1976

La ballata di Stroszek 1977

Fitzcarraldo 1982

Dove osano le formiche verdi 1985

Wodaabe, i pastori del Sole 1988

Cobra verde 1990

Grido di pietra 1991

Invincible 2001

Il diamante bianco 2004

L'ignoto spazio profondo 2005

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg029.htm[12/07/2017 19:00:37]
Herzog Werner

L'alba della libertà (2006)

My Son, My Son, What Have Ye Done (2009)

Queen of the Desert (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg029.htm[12/07/2017 19:00:37]
Hill Walter

Hill Walter
Stati Uniti (1942)

Dopo aver svolto ogni sorta di lavoro si accosta al mondo del Cinema, diventando aiuto-regista di S. Peckinpah e
di J. Huston. Nel 1975 firma il suo primo film, ma è solo nel 1979 con I guerrieri della notte che raggiunge fama e
successo. Il Cinema di Hill si rifà alla tradizione dei generi classici d’azione, dal western al poliziesco, dal thriller
al noir, rivisitati alla luce di una maggior spregiudicatezza contenutistica e valendosi di più sofisticate possibilità
tecniche. I suoi eroi si distinguono per la capacità di saper adattarsi ad un mondo dominato dalla violenza e dalla
sopraffazione. Lo stile di Hill oscilla fra il realismo e l’espressionismo, il ritmo dei suoi film è travolgente e la
tensione a volte insostenibile.

L’eroe della strada 1975

Driver l’imprendibile 1978

I guerrieri della notte 1979

I cavalieri dalle lunghe ombre 1980

I guerrieri della palude silenziosa 1981

Quarantottore 1982

Strade di fuoco 1984

Chi più spende più guadagna 1985

Mississippi Adventure 1986

Ricercati: ufficialmente morti 1987

Danko 1988

Racconti della cripta (ep: L’uomo che era la morte) 1989

Johnny il Bello 1989

Ancora 48 ore 1990

I trasgressori 1992

Wild Bill 1994

Geronimo 1994

Ancora vivo 1996  

Undisputed 2002                                  (*Filmografia completa)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg042.htm[12/07/2017 19:00:37]
Hiller Arthur

Hiller Arthur
Canada (1923)

Compie un lungo tirocinio come regista televisivo negli anni cinquanta (dirige fra le altre cose la fortunatissima
serie intitolata Alfred Hitchcock Presents) per poi passare al Cinema con la divertente commedia Tempo di guerra,
tempo d'amore (1964), forse il suo film più originale e personale. Negli anni successivi Hiller stenta a ritrovare la
stessa vena e si adatta a realizzare pellicole che rispondono ai requisiti imposti dalla produzione. Clamoroso il
caso di Love Story (1970), un lacrimoso melodramma che il regista gestisce ricorrendo a tutti gli stereotipi del
genere. Dotato di uno spiccato senso del ritmo narrativo e di una consumata professionalità acquisita con un'attività
intensissima, Hiller si è rivelato un abilissimo confezionatore di successi, un regista ideale per il cosiddetto
prodotto medio hollywoodiano.

L'ultimo treno da Vienna 1963

Tempo di guerra, tempo d'amore 1964

Tobruk 1966

Love Story 1970

Appartamento al Plaza 1971

Wagon-Lits con Omicidi 1977

Una strana coppia di suoceri 1979

Papà sei una frana 1982

Scherzi di cuore 1983

Teachers 1984

Non guardarmi non ti sento 1989

Di coppia in coppia 1991

Filofax. Un'agenda che vale un tesoro 1991

The Babe 1992

Hollywood brucia 1998

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg043.htm[12/07/2017 19:00:38]
Hogan Paul

Hogan Paul
Australia (1939)

Le nozze di Muriel 1994

Il matrimonio del mio miglior amico 1996

Insieme per caso 2003

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg044.htm[12/07/2017 19:00:38]
Holland Agnieszka

Holland Agnieszka
Polonia (1948)

Diplomata alla scuola di Cinema di Praga, la Holland ha subito l'influsso dei due maggiori registi polacchi, Zanussi
e Wajda, con i quali ha collaborato come sceneggiatrice. Ha esordito nel 1979 con Attori di provincia, sagace
descrizione di un ambiente teatrale fra realtà e fantasia, secondo i canoni tipici della cinematografia dell'Est
europeo. Quando in Polonia scoppia la rivolta di Solidarnosc, la Holland prende posizione a favore del movimento
democratico con Un prete da uccidere (1988), denuncia dell'assassinio del sacerdote militante da parte della polizia
segreta del regime comunista. Nel 1992 con Europa Europa tenta di percorrere, con esiti piuttosto deludenti, la
strada ambiziosa della grande metafora storica. Ormai da tempo inserita nell'industria cinematografica americana, la
regista si è adattata allo standard spettacolare del Cinema hollywoodiano, senza mantenere le promesse degli esordi
polacchi.

Attori di provincia 1979

Un prete da uccidere 1988

Oliver Oliver 1992

Europa Europa 1992

Il giardino segreto 1993

Poeti all' inferno 1995

Washington Square 1997

Il terzo miracolo 1999

Un colpo al cuore 2001

Io e Beethoven  (2006)

In Darkness  (2011)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/19.htm[12/07/2017 19:00:39]
Howard Ron

Howard Ron
Stati Uniti (1954)

Negli anni 70 è tra i protagonisti della fortunata serie televisiva Happy Days e del film di G. Lucas American
Graffiti. Esordisce alla regia nel 1978 con Attenti a quella pazza Rolls-Royce e negli anni successivi dirige con
regolarità film non eccezionali, ma sempre ben confezionati e di livello dignitoso, mostrandosi capace di spaziare
con grande professionalità e senso dello spettacolo tra i generi cinematografici consacrati dalla tradizione
hollywoodiana. Come significativi esempi di questo disinvolto eclettismo citiamo il fantastico Cocoon, l’energia
dell’universo (1985), l’avventuroso-romantico Cuori ribelli (1992) e il thriller spaziale Apollo 13 (1995).

 
Attenti a quella pazza Rolls-Royce 1978

Night Shift. Turno di notte 1982

Splash, una sirena a Manhattan 1984

Cocoon, l’energia dell’universo 1985

Gung Ho 1986

Willow 1988

Parenti, amici e tanti guai 1989

Fuoco assassino 1990

Cuori ribelli 1992

Cronisti d’assalto 1994

Gung Ho. Arrivano i Giapponesi 1995

Apollo 13 1995

Ransom 1996

EDtv  1999

Il Grinch 2001

A Beautiful Mind 2001

The Missing 2003

Cinderella Man 2005

Il Codice da Vinci 2006

Frost/Nixon - Il duello (2008)

Angeli e demoni  (2009)

Il dilemma (2011)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/20.htm[12/07/2017 19:00:39]
Howard Ron

Rush (2013)

In the Heart of the Sea (2015)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/20.htm[12/07/2017 19:00:39]
Hudson Hugh

Hudson Hugh
Gran Bretagna (1936)

Laureato ad Eton ha iniziato a girare i suoi primi filmati durante il servizio militare al servizio dell’esercito. In
seguito ha riscosso numerosi riconoscimenti internazionali come produttore pubblicitario. Esordisce nel 1981 con
Momenti di gloria, grazie al quale ottiene ben 4 premi Oscar e la notorietà internazionale. Si tratta di un film
rievocativo della partecipazione della squadra britannica d’atletica alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Nel 1985
dirige Greystoke. La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie, versione kolossal della celebre leggenda del
ragazzo della foresta. Nel 1986 è la volta di Revolution, una pellicola storica sulla Guerra d’indipendenza
americana di grandi dimensioni produttive, non particolarmente apprezzata dal pubblico. Il pregio maggiore del suo
Cinema va ricercato nella resa figurativa, sempre accurata e raffinata, il limite più vistoso nella mancanza di una
solida struttura narrativa.

Momenti di gloria 1981

Greystoke. La leggenda di Tartan, il signore delle scimmie 1985

Revolution 1986

Lost Angels 1989

La mia vita fino ad oggi 1999

Sognando l'Africa 2000

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg077.htm[12/07/2017 19:00:40]
john huston

Huston John
(Stati Uniti,1906-1987)

 Figlio dell’attore Walter si introduce presto negli studi hollywoodiani , dove ha la possibilità di praticare un lungo
tirocinio con registi della levatura di Walsh e Hawks. Esordisce con un noir tratto da Dashiell Hammett Il mistero
del falco (1941), che rimane a tutt'oggi un paradigma mitico del genere poliziesco. Con i successivi Il tesoro della
Sierra Madre (1948), L’isola di Corallo (1948) e La regina d’Africa (1952) Huston si consacra come dei maggiori
registi del momento. Il suo mondo poetico appare già ben delineato: al centro si colloca la figura di un eroe che
persegue, pur travagliato da opposte pulsioni, uno scopo , anche se non sempre condivisibile. Ci troviamo di fronte
così a ripetute variazioni del tipico individualismo americano colto nella sfida che lancia a se stesso e al destino in
stretta contiguità con una morte incombente. Nel 1961 gira l’amaro Gli spostati, una mesta elegia sull’inesorabile
tramonto dell’epopea del western. Negli anni Sessanta affronta il tema della psicoanalisi in film come La notte
dell’iguana (1964) e Riflessi in un occhio d’oro (1967), dove affiora il tema, tabù per quegli anni,
dell’omosessualità. Negli anni Settanta dà il suo contributo alla stagione della New Hollywood con Città amara
(1972) e L’uomo dei sette capestri (1972) rivisitazioni desolate dei generi classici. Sempre davanti alla macchina
da presa, anche in età ormai avanzata, nel 1985 dirige L’onore dei Prizzi, macabra e ironica riproposta in chiave
italo-americana e mafiosa della guerra tra i sessi. Nel 1987, ormai morente, gira aiutato dalle bombole ad ossigeno
il suo ultimo film, The Dead-Gente di Dublino, tratto da Joyce, che assume il senso di un consapevole congedo
dalla vita. Huston nel corso della sua lunga carriera ha affrontato tutti i generi classici hollywoodiani, senza mai
rinunciare, un po’ come molti dei suoi personaggi, a nuove sfide, come quando negli anni Settanta operò nel senso
della dissacrazione demistificante di quegli stessi generi che avevano nutrito i suoi esordi cinematografici. Regista
dotato di un grande senso dello spettacolo e della narrazione, ha sempre privilegiato la dimensione dell’azione e
dell’avventura (quasi sempre ad alto rischio e in situazioni estreme), mai trascurando la precisa delineazione
psicologica dei personaggi che spesso ha rivestito di un  alone malinconico e suggestivo di predestinazione.   

Il mistero del falco 1941

Agguato ai tropici 1942

In questa nostra vita 1942

L’isola di corallo 1948

Il tesoro della Sierra Madre 1948

Stanotte sorgerà il sole 1949

Giungla d’asfalto 1950

La prova del fuoco 1951

Moulin Rouge 1952

Il tesoro dell’Africa 1954

Moby Dick la balena bianca 1956

L’anima e la carne 1957

Il barbaro e la geisha 1958

Le radici del cielo 1958

Gli inesorabili 1960

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg002.htm[12/07/2017 19:00:40]
john huston

Gli spostati 1961

Freud passioni segrete 1962

I cinque volti dell’assassino 1963

La notte dell’iguana 1964

La bibbia 1966

James Bond 007-Casinò Royal 1967

Riflessi in un occhio d’oro 1967

Di pari passo con l’amore e la morte 1969

La forca può attendere 1969

Lettera al Kremlino 1970

Città amara 1972

L’uomo dai sette capestri 1972

L’agente speciale Mackintosh 1973

L’uomo che volle farsi re 1975

La saggezza nel sangue 1979

Fobia 1980

Fuga per la vittoria 1981

Annie 1982

Sotto il vulcano 1984

L’onore dei Prizzi 1985

The Dead-Gente di Dublino 1987                                 *Filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2007-08/7framreg002.htm[12/07/2017 19:00:40]
Hytner Nicholas

Hytner Nicholas
Gran Bretagna (1956)

Ha diretto numerosi spettacoli teatrali con il Royal National Theatre. Ha esordito come regista cinematografico nel
1995 con La pazzia di re Giorgio, un film in costume che rievoca un episodio poco ricordato della storia
d’Inghilterra con originalità ed ironia. Piuttosto deludente il successivo La seduzione del male (1996), una
ridondante e un po’ frastornante denuncia dell’intolleranza.

La pazzia di re Giorgio 1995

La seduzione del male 1996

L’oggetto del mio desiderio 1998

Il ritmo del successo 1999                                                (*) Filmografia completa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg030.htm[12/07/2017 19:00:41]
Ichikawa Kon

Ichikawa Kon
Giappone (1915)

Con una grande passione per il disegno, debutta con un film d’animazione ispirato al teatro di marionette, La
ragazza del tempio Dojo (1946). Successivamente si specializza nella commedia brillante all’insegna dell’humour
nero giapponese. Contemporaneamente alla serie delle commedie Ichikawa intraprende un altro genere, quello
dell’adattamento delle opere letterarie. Ma la fama internazionale arriva al regista da L’arpa birmana (1956) e
Fuochi nella pianura (1959), due tra i più bei film antimilitaristi di tutti i tempi, densi di commovente slancio lirico
e di tensione elegiaca. In patria, tuttavia, Ichikawa continua ad essere considerato un cineasta di seconda schiera,
abile confezionatore di prodotti di consumo poco più che dignitosi. E lui si adatta a questo ruolo di artigiano del
Cinema che gli è stato attribuito dai suoi connazionali, sfornando in vent’anni più di 50 film, tra i quali vanno
ricordati, Le Olimpiadi di Tokio (1965), per la sperimentazione linguistica cui si dedica, e il più tradizionale La
famiglia Inumami (1976), perché è risultato uno dei più grandi successi al botteghino del Cinema giapponese. Ciò
che distingue il Cinema di Ichikawa non è tanto lo svilupparsi attraverso la sua filmografia di alcune costanti
tematiche (sul modello del regista-autore), dal momento che ha affrontato nei suoi innumerevoli film gli argomenti
più vari, quanto le tendenze sperimentali sul piano linguistico, sia a livello dell’inquadratura e del ritmo e sia a
livello dell’uso del colore.

La ragazza del tempio Dojo 1946

Il signor Raki 1952

La ragazza che toccava le gambe 1952

Il signor Pu 1953

Un miliardario 1954

Il cuore 1955

L’arpa birmana 1956

Un tram pieno di gente 1957

Gli uomini di Tohoku 1957

Conflagrazione 1958

La chiave 1959

Fuochi nella pianura 1959

Tenera e folle adolescenza 1960

Dieci donne nere 1961

Il paria 1961

La vendetta di un attore 1963

Solo sull’Oceano Pacifico 1963

Le Olimpiadi di Tokio 1965

Topo Gigio e la guerra missile 1967

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg031.htm[12/07/2017 19:00:42]
Ichikawa Kon

I girovaghi 1973

La famiglia Inumami 1976

L’arpa birmana (remake) 1984

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg031.htm[12/07/2017 19:00:42]
Ivory James

Ivory James
Stati Uniti (1928)

Alla fine degli anni ‘50 si reca in India come documentarista e qualche anno dopo fonda una società di produzione
con un produttore indiano, iniziando un’intensa attività di regista con film d’ambiente indiano, incentrati sul
confronto-scontro tra civiltà diverse. Negli anni ottanta, finita l’esperienza asiatica, si afferma all’attenzione
internazionale con una serie di film d’origine letteraria (Forster in particolare), come Camera con vista (1985) e
Maurice (1987). E’ il periodo più felice della sua produzione, quello nel quale il regista individua nel rigido
formalismo della società britannica di fine secolo lo scenario ideale su cui inserire il tema prediletto del conflitto tra
natura e civiltà. Accusato (forse un po’ superficialmente) di eccesso di calligrafismo e di freddo estetismo, Ivory
sembra aver smarrito negli ultimi tempi, la felice ispirazione del suo momento migliore.

 Quartet 1981

Calore e polvere 1983

I Bostoniani 1984

Camera con vista 1985

Maurice 1987

Schiavi di New York 1989

Mr. e Mrs. Bridge 1990

Casa Howard 1992

Quel che resta del giorno 1993  (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca
dell'Istituto)

Jefferson in Paris 1995

Surviving Picasso 1996

La figlia del soldato non piange mai 1998

The Golden Bowl 2000

Le Divorce 2003

La Contessa bianca 2005

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Jackson Mick

Jackson Mick
Gran Bretagna

Chattahoochee 1989

Pazzi a Beverly Hills 1991

Guardia del corpo 1992

Vulcano 1997

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg046.htm[12/07/2017 19:00:43]
Jackson Peter

Jackson Peter
Nuova Zelanda (1961)

Sin da bambino coltiva la passione per la macchina da presa, finché riesce a comprarsene una a 16 mm con cui gira
Bad Taste (1987), il suo primo film, una commedia cattiva interpretata da dei pupazzi animati. Nel 1994 realizza
Creature del cielo, Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia, ispirato ad un fatto di cronaca nella Nuova
Zelanda degli anni cinquanta. Con Sospesi nel tempo (1996) sembra essere tornato ai primi amori horror-
umoristici.

 Bad Taste 1987

Splatters. Gli schizzacervelli 1992

Creature del cielo 1994

Sospesi nel tempo 1996

Il Signore degli Anelli - La compagnia dell'anello 2001

Il Signore degli Anelli - Le due torri 2002

Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re 2004

King Kong 2005

Amabili resti  (2009)

Lo Hobbit - Un viaggio inaspettato  (2012)

Lo Hobbit - La desolazione di Smaug  (2013)

Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate  (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg047.htm[12/07/2017 19:00:43]
Jeunet Jean-Pierre

Jeunet Jean-Pierre

(Francia, 1953)

All'età di diciassette anni Jeunet comincia a lavorare presso le poste francesi; con i guadagni successivamente
acquista la sua prima cinepresa 8mm. Amatorialmente, inizia a girare alcuni cortometraggi e impara le tecniche
dell'animazione agli Cinemation Studios.
Si afferma all’attenzione negli anni Ottanta e Novanta per i suoi cortometraggi che vincono numerosi premi.
Nel 1990, Jeunet con Caro dirige il suo primo lungometraggio, Delicatessen, una storia fantastica all’insegna di un
gusto figurativo surreale ed astratto. Dopo l'uscita di Delicatessen , la 20th Century Fox scrittura Jeunet come
regista per il quarto film della famosa saga Alien: Alien - La clonazione. Nel 2001 dirige Il favoloso mondo di
Amélie, che riporta un enorme successo di pubblico e che lo porta rapidamente ad una grande fama internazionale.
Nel 2004 è la volta di Una lunga domenica di passioni, film antimilitarista di forte condanna delle atrocità della
prima guerra mondiale e dell’irresponsabile crudeltà degli alti comandi.
Jeunet è un regista dotato di grande estro visionario e di un gusto narrativo tendente al surreale e al fiabesco.
 

Filmografia completa

Delicatessen (1991)
La città perduta (1995)
Alien - La clonazione (1997)
Il favoloso mondo di Amélie (2001)
Una lunga domenica di passioni (2004)
L'esplosivo piano di Bazil (2009)
Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2016/10framreg006.htm[12/07/2017 19:00:44]
Jewison Norman

Jewison Norman
Canada (1926)

A Londra ha esperienze teatrali e radiofoniche. Rientrato in patria, lavora per la televisione canadese e statunitense.
Dopo una serie di commedie sentimentali di successo, si afferma come regista di fama internazionale nel 1965 con
Cincinnati Kid, un film sui professionisti del gioco d’azzardo. Nel 1967 si cimenta per la prima volta con il genere
poliziesco con l’antirazzista La calda notte dell’ispettore Tibbs e successivamente approda addirittura al musical,
rendendo omaggio alle sue origini ebraiche con Il violinista sul tetto (1971) e con una rivisitazione in chiave rock
della Passione, Jesus Christ Superstar (1973). Negli anni ottanta ritorna ai primi amori, con la fortunata commedia
Stregata dalla luna (1987). Jewinson rappresenta la tipica figura del regista hollywoodiano capace di cimentarsi, su
un piano di solida professionalità e sicuro mestiere, con alcuni dei generi più consolidati e amati del cinema
americano, pervenendo ad esiti forse non eccezionali, ma sempre caratterizzati da un robusto impianto narrativo e
da un cast d’attori d’alto livello.

Non mandarmi fiori 1964

Cincinnati Kid 1965

La calda notte dell’ispettore Tibbs 1967

Il caso Thomas Crown 1968

Il violinista sul tetto 1971

Jesus Christ Superstar 1973

Rollerball 1975

FIST 1978

..E giustizia per tutti 1979

Amici come prima 1982

Storia di un soldato 1984

Agnese di Dio 1985

Stregata dalla Luna 1987

Vietnam: verità da dimenticare1989

I soldi degli altri 1991

Only you. Amore a prima vista 1994

Bogus. L’amico immaginario 1995

Hurricane 1999

A cena da amici 2001

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/21.htm[12/07/2017 19:00:44]
Joffé Roland

Joffé Roland
Francia (1945)

Joffé ha esordito in teatro, diventando nel 1973 il più giovane regista del National Theatre di Londra, e nel 1975 è
passato alla televisione, per la quale ha girato dei documentari. Come molti suoi colleghi britannici si è agganciato
all'industria cinematografica statunitense, dove ha trovato le condizioni migliori per i suoi film di grandi
dimensioni produttive, come Urla del silenzio (1984) e soprattutto Mission (1986), che resta il suo miglior lavoro.
Joffé ha sempre cercato con il suo Cinema di coniugare la componente spettacolare con l'istanza civile e d etica,
senza mai pervenire, però, dopo l'exploit di Mission, a risultati soddisfacenti.

 
Urla del silenzio 1984

Mission 1986 

L'ombra di mille soli 1989

La città della gioia 1992

La lettera scarlatta 1995

Goodbye Lover 1998

Vatel 2000

Captivity (2007)

You and I (2011)

There Be Dragons (2011)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/22.htm[12/07/2017 19:00:45]
Jordan Neil

Jordan Neil
Irlanda (1950)

Sin da ragazzo si appassiona alla letteratura e scrive racconti. Nel 1979 una sua collezione di racconti vince il
premio del Guardian per la narrativa. Il suo primo romanzo, The Past, affronta il tema della rivoluzione irlandese,
che come regista riprenderà nel 1996 con Michael Collins, film con il quale vincerà il Leone d’Oro alla Mostra di
Venezia. Nel 1982 realizza il suo primo film, Angel, che gli vale il premio London Evening Standard per il miglior
esordiente. Mona Lisa (1986) ottiene due nomination all’Oscar e nel 1992 con La moglie del soldato, nel quale
torna il tema della guerra civile irlandese, riscuote un notevole successo di pubblico ed ancora parecchie
nomination all’Oscar (vince la statuetta per la miglior sceneggiatura originale). Regista versatile, in grado di
muoversi con grande disinvoltura tra diversi generi cinematografici senza mai seguire pedissequamente le regole da
essi imposte, ma reinventandole sempre con originalità, Jordan è riuscito a conservare, pur all’interno dei
meccanismi dell’industria del Cinema commerciale, una sua spiccata personalità, che fa sì che ogni suo film, pur a
volte con limiti e difetti, non sia mai banale e scontato.

Angel 1983

In compagnia dei lupi 1984

Mona Lisa 1986

High Spirits. Fantasmi da legare 1988

Non siamo angeli 1989

La moglie del soldato 1992

Intervista col vampiro 1994

Michael Collins 1996

Il garzone del macellaio 1997

In Dreams 1998

La fine della storia 1999

Triplo gioco 2002

Breakfast on Pluto (2005)

Il buio nell'anima  (2007)

Ondine - Il segreto del mare (2009)

Byzantium (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg032.htm[12/07/2017 19:00:45]
Kaplan Johnathan

Kaplan Jonathan
Francia (1947)

 
Slam! Colpo forte 1973

Giovani guerrieri 1979

Dragster: vivere a 300 all'ora 1983

Sulle orme del dragone 1983

Fuga dal futuro. Danger Zone 1986

Sotto accusa 1988

Legami di famiglia 1989

Due sconosciuti, un destino 1992

Abuso di potere 1993

Bad Girls 1994

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/23.htm[12/07/2017 19:00:46]
Kapur Shekar

Kapur Shekhar
India (1945)

Nasce a Bombay e nel 1970 si trasferisce in Inghilterra, dove comincia ad interessarsi al Cinema. Inizia come
attore ed in seguito passa alla regia di spot. Debutta come regista nel 1983 con Masoom. Nel 1998 presenta al
Festival di Venezia il film che lo ha reso celebre al pubblico internazionale, Elizabeth, una sontuosa e spettacolare
pellicola storica. Recentemente Kapur ha ultimato un film sulla vita di Nelson Mandela.

Masoom 1983

Joshilay 1985

Mr India 1987

Time Machine 1992

Bandit Queen 1994

Dushmani 1995

Elizabeth 1998

Long Way to Freedom 1999  

Le quattro piume 2002                           (*) Filmografia completa

Elizabeth: The Golden Age (2007)

New York, I Love You (2008)

Passage (2009)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg033.htm[12/07/2017 19:00:46]
Kassovitz Mathieu

Kassovitz Mathieu
Francia (1967)

Giovanissimo ottiene a Cannes la Palma d’oro per la miglior regia nel 1995 con L’odio, un film di violenza
metropolitana sullo sfondo delle tensioni interetniche nella capitale francese.

 Fierrot le pou 1991

Mètisse 1993

L’odio 1995

Assassins 1996   

I fiumi di porpora 2000  

Gothika 2003                                                (*Filmografia completa)

Babylon A.D. (2008)

L'ordre et la morale (2011)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg048.htm[12/07/2017 19:00:47]
Kazan Elia

Kazan Elia
Turchia (1909-2003)

Di origine armena lascia la Turchia per gli Stati Uniti insieme alla famiglia quando aveva appena cinque anni.
Inizia a seguire corsi di teatro e si impratichisce nelle tecniche di recitazione che si fanno risalire al metodo
Stanislavskij, ispirandosi alle quali fonderà nel 1948 l'Actor's Studio di New York insieme a Lee Strasberg. Nel
1945 esordisce come regista con Un albero cresce a Brooklyn. Schierato politicamente con la sinistra americana ed
iscritto per qualche tempo al partito comunista americano, Kazan realizza nel 1948 due film dall'evidente impegno
civile in chiave antirazzista, Barriera invisibile e Pinky, la negra bianca. Intanto il maccartismo incalza e Kazan
deve difendersi per il suo passato di simpatizzante di sinistra davanti alla Commissione per le attività
antiamericane. Fa i nomi di alcuni dei suoi compagni d'un tempo e da allora su di lui peserà il marchio del traditore
(da cui non si è ancora liberato, a giudicare dalle polemiche che hanno accompagnato nel 1999 l'assegnazione al
regista dell'Oscar alla carriera). Qualcosa del disagio psicologico legato a questa discussa scelta si ritrova in alcune
opere degli anni successivi, come Fronte del porto (1954), dove l'eroe denuncia l'omertà dei compagni di lavoro
collaborando con l'autorità e il più tardo Il compromesso (1969), il cui solo titolo è denso di significati. Regista di
ascendenze teatrali, Kazan ha trasferito in molti film un'accentuata sensibilità melodrammatica, ponendo al centro
del proprio Cinema personaggi tormentati e lacerati, in conflitto con se stessi, con l'autorità paterna e la società,
scissi tra pulsione alla ribellione e ricerca di un compromesso con la realtà.

Un albero cresce a Brooklyn 1945

Il mare d'erba 1947

Boomerang, l'arma che uccide 1947

Barriera invisibile 1948

Pinky, la negra bianca 1948

Bandiera gialla 1950

Un tram che si chiama desiderio 1951

Viva Zapata! 1952

Salto mortale 1953

Fronte del porto 1954

La valle dell'Eden 1955

Baby Doll, la bambola viva 1956

Un volto nella folla 1957

Fango sulle stelle 1960

Splendore nell'erba 1961

Il ribelle dell'Anatolia 1963

Il compromesso 1969

The Visitors 1972

Gli ultimi fuochi 1976

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/24.htm[12/07/2017 19:00:47]
Kazan Elia

Beyond the Aegean 1989                                        (*Filmografia completa)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/24.htm[12/07/2017 19:00:47]
Kitano Takeshi

Kitano Takeshi
Giappone (1947)

Studia ingegneria senza mai terminare l’università e pratica diversi mestieri prima di scoprire il suo talento di attore
comico. Ribattezzatosi Beat Kitano, con i suoi spettacoli televisivi all’insegna di un umorismo satirico e corrosivo
(ma è anche conduttore di quiz, programmi culturali, gare di lotta, ecc…) si impone come uno dei volti più noti del
Giappone. Debutta alla regia nel 1989 con Violent Cop, dove interpreta come attore quella figura di antieroe
solitario che sfida un destino cui sa già che è destinato a soccombere, che costituisce una specie di costante del suo
Cinema. A differenza della sua carriera televisiva, le sue pellicole non riscuotono in patria un grande successo, anzi
vengono più apprezzate all’estero. Nel 1994 è vittima di un grave incidente motociclistico che gli procura una
semiparesi al volto da cui gli deriva quell’espressione particolare che lo caratterizza come immancabile (o quasi)
interprete dei suoi film. Nel 1997 Kitano vince con Hana-Bi il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia e da quel
momento in poi diventa uno dei registi più apprezzati ed amati dalla critica, anche se la risposta di pubblico ai suoi
film rimane piuttosto debole (le sue opere del resto sono in buona parte sconosciute nel nostro paese). Regista
legato ai moduli narrativi del genere noir e gangsteristico (ma non solo, se pensiamo ad una pellicola di delicata
tenerezza come L’estate di Kikujiro, 1999), propone un Cinema nel quale squarci di esibita violenza si intrecciano
a intesi e commoventi abbandoni lirici, il tutto filtrato da uno sguardo ironico e disincantato e da uno stile asciutto
ed essenziale.

Violent Cop 1989

Bowling Point 1990

A scene at the Sea 1991

Sonatine 1993

Getting Any 1995

Kids Return 1996

Hana-Bi 1997

L’estate di Kikujiro 1999

Brother 2000

Dolls 2002

Zatoichi 2003

Takeshi's 2005

Glory to the Filmmaker!  (2007)

Achille e la tartaruga  (2008)

Outrage  (2010)

Outrage Beyond  (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg034.htm[12/07/2017 19:00:48]
Konchalovskij Andrej

Konchalovsky Andrej
URSS (1937)

Nome d’arte per Andron Sergeevic Michalkov. Fratello maggiore del regista Nikita Michalkov e figlio di uno
scrittore per qualche tempo segretario dell’Unione degli scrittori dell’URSS, s’iscrive alla scuola statale di Cinema
e lavora nell’ambiente cinematografico come sceneggiatore e attore (sua la sceneggiatura dell’Andrej Rubliov di A.
Tarkovskij). Esordisce alla regia nel 1965 con Il primo maestro, film dallo stile semplice e ricco di risvolti
psicologici. Nel 1980 presenta al Festival di Cannes un vero e proprio kolossal, Siberiade, grande saga familiare
ambientata all’epoca della Rivoluzione russa. Il film incontra delle difficoltà con l’occhiuta censura sovietica di
quegli anni e Konchalovsky raccoglie l’invito dell’attore americano Jon Voight a recarsi negli USA, dove gire
Maria’s Lovers, una contrastata storia d’amore ambientata nella profonda provincia americana, stilisticamente
molto ricercato e ricco di sfumature e intonazioni che sembrano richiamare la sua sensibilità tutta europea e russa.
Negli anni successivi il regista cambia radicalmente impostazione, accostandosi ai generi tipici del Cinema
hollywoodiano con due thriller spettacolari come A trenta secondi dalla fine (1985) e Tango e Cash (1989). Nel
1992 torna al passato personale e della sua patria con una storia ambientata negli anni dello stalinismo, Il
proiezionista, che costituisce un originale tentativo di spiegare il culto di massa di cui fu oggetto il dittatore russo.
Con Asia e la gallina dalle uova d’oro (1994) offre un quadro grottesco e acuto della nuova Russia postcomunista
di Eltsin. Con questo film Konchalovsky sembra essere definitivamente ritornato alle sorgenti originarie del suo
Cinema, incentrato sull’esplorazione in chiave intimistico-psicologica e attraverso un registro ricco di intonazioni
diverse dell’essenza più autentica dell’animo russo.

Il primo maestro 1965

Storia di Asia che amò senza sposarsi 1966

Zio Vania 1970

La romanza degli innamorati 1974

Siberiade 1980

Maria’s Lovers 1984

A trenta secondi dalla fine 1985

Duet for One 1986

I diffidenti 1987

Homer e Eddie 1989

Tango e Cash 1989

Il proiezionista 1992

Asia e la gallina dalle uova d’oro 1994

La casa dei matti 2002

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg078.htm[12/07/2017 19:00:48]
Harmony Korine

Harmony Korine

(Stati Uniti, 1973)

Cresciuto a Nashville, Korine si fa conoscere per aver scritto all'età di 19 anni la sceneggiatura del film Kids (1995)
diretto da Larry Clark: il film segue le storie di alcuni adolescenti di New York alle prese con droga, promiscuità
sessuale e AIDS.
Nel 1997 Korine debutta alla regia con il lungometraggio Gummo, disturbante vicenda di un gruppo di
sopravvissuti ad un tornado nella città di Xenia (Ohio), narrata in modo oscuro e frammentato. Il film suscita
polemiche per la sua crudezza, ma contribuisce a diffondere la fama del regista.
Nel 2012 partecipa alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia con il suo quarto lungometraggio
Spring Breakers, un affresco nichilista e senza pietà sulla gioventù odierna svuotata di ogni ideale e di ogni
sensibilità

  
 

Filmografia essenziale

Gummo (1997)
Spring Breakers - Una vacanza da sballo (2013)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2016/10framreg007.htm[12/07/2017 19:00:56]
Kramer Stanley

Kramer Stanley
Stati Uniti (1913-2001)

Laureato in economia e commercio alla New York University, inizia a lavorare nel Cinema come soggettista,
montatore e sceneggiatore. Nel dopoguerra fonda una sua casa di produzione e produce parecchi film di rilievo,
classificabili come progressisti. Nel 1955 esordisce alla regia con Nessuno resta solo e nel 1961 rievoca il processo
di Norimberga con Vincitori e vinti, film di solido credo democratico ed antinazista. Nel 1963 spiazza il pubblico,
che aveva ormai legato il suo nome ad opere d'impegno civile, con Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo, film
all'insegna di una chiassosa e grottesca comicità. Indovina chi viene a cena (1967), discussa opera antirazzista che
riscuote negli Stati Uniti un grande successo, è il suo ultimo film di rilievo. Kramer ha portato avanti con coerenza
e passione la propria idea di Cinema democratico e progressista, privilegiando sempre la chiarezza ed efficacia del
messaggio da trasmettere, senza mai dimenticare, però, la solidità dell'impianto narrativo e le esigenze dello
spettacolo e del mercato.

 
Nessuno resta solo 1955

Orgoglio e passione 1957

L'ultima spiaggia 1959

Vincitori e vinti 1961

Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo 1963

La nave dei folli 1965

Indovina chi viene a cena 1967

Il segreto di Santa Vittoria 1969

I duri dell'Oklahoma 1972

Il principio del domino: la vita in gioco 1976

Uno strano caso di omicidio/Una suora, una donna 1979

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/25.htm[12/07/2017 19:00:57]
Kubrick Stanley

Kubrick Stanley
Stati Uniti (1928-1999)

All'età di 17 anni lavora come fotografo nella rivista Look e a 21 realizza il suo primo cortometraggio Day of fhe
Fight, autoprodotto come il suo primo film Fear and Desire del 1951. L'anno seguente dirige un noir dal titolo Il
bacio dell'assassino, il  primo lungometraggio ad entrare nel circuito commerciale. Nel 1961 si trasferisce in
Inghilterra a causa delle difficoltà che trova negli Stati Uniti a realizzare i propri progetti, come Lolita (1962), film-
scandalo che nessuno voleva produrgli in patria. Ormai Kubrik è un regista affermato e famoso e questo gli
permette di dedicarsi a progetti completamente suoi, le cui fasi di lavorazione egli controlla con pignola e
perfezionistica puntigliosità. A cominciare da 2001 Odissea nello spazio (1968), una complessa ed enigmatica
rivisitazione del genere fantascientifico, ricca di effetti speciali che conservano, anche a distanza di anni,
un'indiscutibile forza di suggestione. Da quel momento in poi ogni film di Kubrick costituisce un vero e proprio
evento, sino all'ultimo Eyes Wide Shut, destinato ad uscire postumo e che ancor prima di essere visto già provoca
un'attesa spasmodica. Kubrick ha vissuto per quasi quarant'anni in un'inaccessibile villa alla periferia di Londra,
isolato da tutti e geloso della propria riservatezza. Regista di grande cultura e sempre aperto alle innovazioni
tecnologiche, ha portato sullo schermo con un' inconfondibile impronta personale film ispirati ai più diversi generi,
ma tutti accomunati dalla stessa visione pessimistica della storia e dell'umanità, dalla consapevolezza angosciosa e
sarcastica che al progresso scientifico e tecnico non abbia corrisposto una crescita morale e culturale e che l'uomo
sia sempre sul punto di precipitare in un baratro di barbarie e primitività. Geniale, visionario, barocco, inimitabile,
Kubrick va considerato come uno dei più grandi artisti del ventesimo secolo.

Fear and Desire 1954

Il bacio dell'assassino 1955

Rapina a mano armata 1956

Orizzonti di gloria 1957  

Spartacus 1960 

Lolita 1962(solo nella Cineteca dell'Istituto)

Il dottor Stranamore, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba 1963 

2001 Odissea nello spazio 1968 (solo nella Cineteca dell'Istituto)

Arancia meccanica 1971

Barry Lindon 1975 

Shining 1980

Full Metal Jacket 1987 

Eyes Wide Shut 1999                                 (*Filmografia completa)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg049.htm[12/07/2017 19:00:57]
Labate Wilma

Labate Wilma
Italia (1949)

Laureata in filosofia, si occupa di teatro e di radio, organizzando varie manifestazioni culturali. Negli anni Ottanta
lavora per la Rai, per la quale produce numerosi documentari. Dopo essere stata assistente-regista di Ettore Scola,
nel 1992 dirige il suo primo film Ambrogio. Si segnala all’attenzione del pubblico e della critica nel 1996 con La
mia generazione, una sommessa e misurata riflessione sugli anni del terrorismo, presentato alla Mostra di Venezia.
Ultimamente ha presentato al Festival di Berlino il suo ultimo film, Domenica.

Ambrogio 1992

La mia generazione 1996

Domenica 2001                                                (*) Filmografia completa

Signorina Effe (2007)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg035.htm[12/07/2017 19:00:58]
Labute Neil

Labute Neil
Stati Uniti (1963)

Si laurea all’Università del Kansas e a quella di New York. Scrive diversi testi teatrali e l’impianto teatrale è
dominante nella sua opera prima cinematografica Nella società degli uomini (1997), di cui oltre a essere regista è
anche sceneggiatore. Si tratta di una pellicola incentrata soprattutto sui dialoghi e su una crudele determinazione
nel mettere a nudo il disastro morale della generazione maschile americana dei nostri giorni. Con Betty Love
(2000), con uno stile più cinematografico, affronta ancora una volta, come nella prova d’esordio, il tema
dell’autenticità femminile schiacciata dal cinismo maschile. Solitudine esistenziale, mancanza di senso etico,
difficoltà dei rapporti umani, nevrosi quotidiana e tanti altri problemi ancora che scaturiscono dalla ricca società
borghese americana sono i motivi di cui si nutre il suo Cinema.

Nella società degli uomini 1997

Amici & vicini 1998

Betty Love 2000

Possession-Una storia romantica 2002

Il prescelto 2006                     (*Filmografia completa)

La terrazza sul lago  (2008)

Il funerale è servito  (2010)

Velvet - Il prezzo dell'amore  (2014)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2005/5framreg008.htm[12/07/2017 19:00:58]
Lattuada Alberto

Lattuada Alberto
Italia (1914)

Partecipa negli anni trenta alla fondazione della Cineteca Italiana: la custodia e la cura dei vecchi film lasciano un'
impronta fondamentale sulla sua formazione. L'esordio alla regia è del 1942 con Giacomo l'idealista, una pellicola
che risente del clima del calligrafismo. Il bandito (1946) è il suo contributo al neorealismo, di cui non abbraccia
tutti i canoni, ma che filtra attraverso le suggestioni del genere noir e gangster. Negli anni cinquanta il regista si
orienta verso tematiche legate al mondo dell'adolescenza femminile con film come Guendalina (1957) e I dolci
inganni (1960). Nasce da qui la sua fama di scopritore di giovani talenti (J. Sassard, C. Spaak, ecc…). Negli anni
successivi dirige soprattutto commedie all'italiana, fra le quali val la pena di ricordare, per l'arguta ironia e la
scioltezza narrativa, Il mafioso (1962) e Venga a prendere il caffè da noi (1970).

 Giacomo l'idealista 1942

Il bandito 1946

Il delitto di Giovanni Episcopo 1947

Il Mulino del Po 1949

Luci del varietà 1950

Anna 1951

Il cappotto 1952

La spiaggia 1954

Guendalina 1957

La tempesta 1958

I dolci inganni 1960

Il mafioso 1962

La mandragola 1965 (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto
Pacioli)

Venga a prendere il caffè da noi 1970

Sono stato io 1973

Le farò da padre 1974

Cuore di cane 1976

Oh, Serafina 1976

La cicala 1980

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg050.htm[12/07/2017 19:00:59]
Lean David

Lean David
Gran Bretagna (1908-1991)

Il suo primo film famoso è Breve incontro (1945), fine analisi degli intimi risvolti psicologici di un’effimera
relazione adulterina sullo sfondo di una Londra ritratta con piglio realista. Successivamente si cimenta con il
repertorio dickensiano con due dignitose riduzioni: Grandi speranze (1946) e Le avventure di Oliver Twist (1948).
La svolta nella sua carriera avviene con Il ponte sul fiume Kwai (1957), kolossal di grande respiro epico e denuncia
del militarismo. Da quel momento Lean dirige esclusivamente grandi produzioni hollywoodiane destinate ad
accumulare numerosi Oscar, come Lawrence d’Arabia (1962), Il dottor Zivago (1965) e Passaggio in India (1985).
Sia nei film del primo periodo, quello esclusivamente britannico e povero, sia in quelli di più ampia dimensione
spettacolare e impegno produttivo del secondo, è possibile ravvisare le costanti del regista nel forte senso del
racconto, sempre padroneggiato con maestria, nel ricorso ad attori di grandi doti, nella capacità di saper gestire con
professionalità tutti gli aspetti del linguaggio cinematografico, dal montaggio e dalla fotografia alla colonna
sonora e alla sceneggiatura.

Breve incontro 1945

Grandi speranze 1946

Le avventure di Oliver Twist 1948

Sogno d’amanti 1949

L’amore segreto di Madeleine 1950

Hobson il tiranno 1954

Tempo d’estate 1955

Il ponte sul fiume Kwai 1957

Lawrence d’Arabia 1962

Il dottor Zivago 1965

La figlia di Ryan 1970

Passaggio in India 1985

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2001/3framreg036.htm[12/07/2017 19:00:59]
Leconte Patrice

Leconte Patrice
Francia (1947)

Dopo aver girato alcuni cortometraggi, debutta alla regia nel 1975 con Il cadavere era già morto, una parodia
del poliziesco francese, ma è nel 1989 con L’insolito caso di Mr. Hire che Leconte raggiunge la fama
internazionale. Si tratta di un giallo dall’atmosfera perversa e inquietante, che resta a tuttoggi l’opera migliore del
regista. Con Il marito della parrucchiera (1990) cambia genere, penetrando nel territorio della commedia surreale
e stravagante. Negli anni Novanta Leconte tradisce le aspettative che in lui si erano riposte dopo queste due
notevoli pellicole, dirigendo film dignitosi e girati con levigata accuratezza, ma privi dell’inventiva ed originalità
degli esordi.

Il cadavere era già morto 1975

L’insolito caso di Mr.Hire 1989

Il marito della parrucchiera 1990

Tango 1993

Il profumo di Yvonne 1994

Ridicule 1996

La ragazza sul ponte 1999

L’amore che non muore 2000

L'uomo del treno 2002

Confidenze troppo intime 2004

Il mio miglior amico 2006

La Guerre des miss (2009)

Voir la mer (2011)

La bottega dei suicidi (2012)

Una promessa (2013)

Une heure de tranquillité (2015)

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Lee Ang

Lee Ang
Taiwan (1954)

Lee ha studiato in America, laureandosi in produzione cinematografica. Il film che gli ha guadagnato ampi
consensi è Banchetto di nozze, con cui ha vinto l'Orso d’oro al Festival di Berlino del 1993. Due anni dopo con
Ragione e sentimento si è cimentato con un testo letterario anglosassone, abbandonando le storie legate alla
comunità taiwanese degli Stati Uniti.

 Banchetto di nozze 1993

Mangiare bere uomo donna 1994

Ragione e sentimento 1995 (il film non è schedato in Cinema 2000; è soltanto presente nella Cineteca dell'Istituto)

Tempesta di ghiaccio 1997

Cavalcando col diavolo 1999

La tigre e il dragone 2000 

Hulk 2003

I segreti di Brokeback Mountain 2005                          (*Filmografia completa)

Lussuria - Seduzione e tradimento  (2007)

Motel Woodstock (2009)

Vita di Pi (2012)

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Lee Spike

Lee Spike
Stati Uniti (1958)

Nato ad Atlanta, s’è laureato in cinematografia a New York, che è diventata la sua città d’elezione. Regista di
colore ha sempre trattato nei suoi film i problemi della sua gente, a cominciare dalla difficile convivenza di razze
diverse nel quartiere di Brooklyn, come in Fa’ la cosa giusta (1989), il film che lo ha reso celebre. Il Cinema di
Lee ha cercato di andare alle radici del razzismo, individuando nel vittimismo e nelle frustrazioni di un’esistenza
stentata e alienata una delle sue cause principali: il razzismo non è più soltanto uno strumento di oppressione dei
bianchi sui neri (come in tutta una tradizione di cinematografia democratica bianca), ma un atteggiamento
trasversale a tutte le razze, una risposta sbagliata e nevrotica ad un malessere reale.

Lola Darling 1986

Fa’ la cosa giusta 1989 

Mo’ Better Blues 1990

Jungle Fever 1990

Malcom X 1992

Crooklyn 1994

Clockers 1995

Girl 6: sesso in linea 1996

Bus in viaggio 1996 

He Got Game 1998

S.O.S. Summer of Sam. Rabbia a New York 1998

La 25° ora 2002

She Hate Me 2004

Inside Man (2006)

Miracolo a Sant'Anna  (2008)

Red Hook Summer (2012)

Oldboy (2013)

Da Sweet Blood of Jesus (2015)

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Leigh Mike

Leigh Mike
Gran Bretagna (1943)

Prima di affermarsi come regista svolge una lunga attività di autore teatrale. Arriva al Cinema nel 1971 e si
impone ben presto come una delle personalità più interessanti del Cinema britannico. Proprio quando la
cinematografia inglese si afferma in Europa con la cosiddetta Rinascenza britannica degli anni ottanta, Leigh lavora
su un’idea di Cinema assai lontano dall’accademismo un po’ manierato della Rinascenza, proponendo pellicole
che, in pieno tatcherismo trionfante, cercano di avvicinarsi con amara e disincantata ironia e con stile sobrio a
pezzi marginali e stravaganti della società. Si afferma a livello internazionale nel 1996 con Segreti e bugie, una
commedia che ripropone con toni più distesi e accattivanti il suo universo di esistenze in difficoltà.

Belle speranze 1988

Dolce è la vita 1991

Naked 1993

Segreti e bugie 1996

Ragazze 1997

Topsy Turvy 1999

Tutto o niente 2002

Il segreto di Vera Drake 2004

La felicità porta fortuna - Happy-Go-Lucky (2008)

Another Year (2010)

Turner (2014)

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Leland David

Leland David
Gran Bretagna (1941)

Noto commediografo e scrittore inglese, attivo anche come sceneggiatore cinematografico ed attore. Con Vorrei
che tu fossi qui (1987), sua opera d’esordio, è andato controcorrente rispetto al manierismo del Cinema britannico
degli anni ottanta.

Vorrei che tu fossi qui 1987

Big Man 1990

Tom Petty. Full Moon Fever: the Videos 1990

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Levinson Barry

Levinson Barry
Stati Uniti (1942)

Prima di esordire alla regia svolge per molti anni il ruolo di sceneggiatore per registi affermati. Il suo primo film è
del 1982, A cena con gli amici e di due anni dopo è Il migliore con R. Redford. La consacrazione la ottiene nel
1988 con Rain Man, che gli procura un Oscar alla regia. Levinson è sicuramente uno degli interpreti migliori e più
professionali del cosiddetto Cinema medio americano, cioè di quel prodotto attento alla resa economica da
raggiungersi attraverso un’abile e smaliziata gestione dei meccanismi produttivi (grande budget e attori di fama) e
narrativi (storie di facile presa sul pubblico) collaudati dalla tradizione hollywoodiana.

A cena con gli amici 1982

Il migliore 1984

Piramide di paura 1985

Rain Man 1988

Good Morning, Vietnam 1988

Toys. Giocattoli 1992

Rivelazioni 1994

Sleepers 1996

Sesso e potere 1998

Liberty Heights 1999

Bandits 2001

L'invidia del mio migliore amico (2004)

L'uomo dell'anno (2006)

Disastro a Hollywood  (2008)

The Bay (2012)

The Humbling (2014)

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Lewis Gilbert

Lewis Gilbert 
Gran Bretagna (1920)

Durante la guerra è impegnato come operatore nell’aviazione. Inizia la carriera cinematografica realizzando
documentari ed esordisce nel 1947 con una pellicola per bambini, La piccola ballerina. Negli anni Cinquanta
cambia completamente registro dedicandosi quasi esclusivamente ai film bellici. Tra questi il più riuscito è
certamente Affondate la Bismarck! (1960), un’avvincente ricostruzione della caccia alla corazzata tedesca da parte
della flotta militare inglese. Nel 1966 realizza quello che viene considerato la sua opera migliore, Alfie, una dolente
storia di derive esistenziali di forte sapore realista che richiama i temi e lo stile del Free Cinema britannico e che
si colloca al di fuori della sua predilezione verso il bellico e la commedia brillante. Tale è il successo di questo
film che a Gilbert viene addirittura affidata la regia di alcuni episodi della serie James Bond, Agente 007. Si vive
solo due volte (1967), Agente 007. La spia che mi amava (1977) e Agente 007. Moonraker operazione spazio
(1979).

La piccola ballerina 1947

Bader il pilota 1956

La poltrona vuota 1956

L’incomparabile Crichton 1957

Scuola di spie 1958

Passaggio ad Hong Kong 1959

Affondate la Bismarck! 1960

Quell’estate meravigliosa 1961

Ponte di comando 1962

Alfie 1966

Agente 007. Rivive solo due volte 1967

L’ultimo avventuriero 1970

Due ragazze che si amano 1971

E l’alba si macchiò di rosso 1975

Agente 007. La spia che mi amava 1977

Agente 007. Monraker Operazione spazio 1979

Sette notti in Giappone 1980

Rita Rita 1983

Shirley Valentine. La mia seconda vita 1989

Stepping Out 1991

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philippe lioret

Lioret Philippe
Francia (1955)

 Si afferma nel mondo del cinema come tecnico del suono e in questa veste partecipa alla realizzazione di numerosi
film di rilievo. Nel 1993 riesce a concretizzare il suo sogno di passare dietro la macchina da presa dirigendo la
commedia satirica Tombés du ciel, un film che si propone, oltre al divertimento e al sorriso, di denunciare i difetti
del sistema giudiziario francese. La pellicola ottiene un buon successo e riconoscimenti internazionali. Dopo aver
riscosso notevoli affermazioni come sceneggiatore, Nel 2006 Lioret dirige Je vais bien, ne t’en fais pas, un cupo
dramma familiare, che lo consacra come uno dei più apprezzati registi francesi. Con Welcome (2009) il regista
ribadisce le sue notevoli qualità con un film di grande intensità, diretto con sapienza narrativa e pregevole capacità
di direzione degli attori. Con Welcome si conferma ,inoltre, l’attenzione verso le tematiche sociali (in questo caso il
problema della xenofobia diffusa nella società francese) affrontate con acuta sensibilità psicologica e incisivo
realismo.  

Mademoiselle 2001

Je vais bien, ne t’en fais pas 2006

Welcome 2009                                             (*) Filmografia essenziale

Tutti i nostri desideri (2012)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/registi2010-11/9framreg004.htm[12/07/2017 19:01:03]
Lizzani Carlo

Lizzani Carlo
Italia (1922-2013)

Dopo aver lavorato come sceneggiatore per registi di grande nome, come Rossellini, De Santis e Lattuada,
esordisce alla regia con Achtung! Banditi! (1951), film rievocativo di un episodio della resistenza. Ma è con
Cronache di poveri amanti che, nel 1954, vince il Premio Speciale della Giuria del festival di Cannes. Come nel
film d’esordio Lizzani ripropone il tema della lotta contro l’oppressione, qui spostato agli anni della presa del
potere da parte del fascismo. Nel 1963, con Il processo di Verona, ricostruisce dall’interno (i protagonisti sono tutti
gerarchi del regime) una pagina drammatica del fascismo al tramonto e della recente storia nazionale. Regista
formatosi nel clima del neorealismo e dell’impegno civile, mostra tuttavia una notevole versatilità, non rimanendo
ancorato al solo ambito storico-politico e misurandosi con generi assai diversi fra loro, come il comico (Lo svitato,
1955, con un Dario Fo agli esordi), la commedia di costume (La vita agra, 1964), il western all’italiana
(Requiescant, 1967), il film d’azione (Banditi a Milano, 1968), il giallo (La casa del tappeto giallo, 1983). Non
sempre gli esiti sono convincenti, ma Lizzani riesce a mantenersi al disopra di una soglia minima di dignitosa
professionalità. Di rilievo anche la sua attività di storico del Cinema (sua un’ interessante storia del Cinema
italiano) e di direttore della Mostra Cinematografica di Venezia per quattro anni consecutivi.

Achtung! Banditi! 1951

Cronache di poveri amanti 1954

Lo svitato 1955

Esterina 1959

Il gobbo 1960

Il carabiniere a cavallo 1961

L’oro di Roma 1961

Il processo di Verona 1963  


La vita agra 1964

Requiescant 1967

Banditi a Milano 1968

Barbagia 1969

Roma bene 1971

Torino nera 1972

Mussolini ultimo atto 1974  

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/26.htm[12/07/2017 19:01:04]
Lizzani Carlo

Kleinhoff Hotel 1977

La casa del tappeto giallo 1983

Mamma Ebe 1985

Caro Gorbaciov 1988

Cattiva 1990

Celluloide 1995

Hotel Meina (2007)

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Loach Ken

Loach Ken
Gran Bretagna (1936)

Cresciuto alla scuola del glorioso documentarismo britannico, convoglia l’esperienza acquisita a contatto con le più
disparate realtà sociali nel suo Cinema di finzione. Condizionato dalla lezione di aspro e aggressivo realismo del
Free Cinema inglese, Loach esordisce alla fine degli anni sessanta con una serie di film che denudano con
un’analisi lucida e impietosa la natura patologica di rapporti familiari all’insegna del dominio e della violenza.
Esemplare in questo senso il celebre Family Life (1971), l’opera che lo rende celebre in tutto il mondo. Negli anni
successivi Loach resta fedele alla propria idea di Cinema politico e radicale, in grado di esplorare le zone di
disagio e malessere del proletariato britannico, alla luce di una consapevolezza ideologica orientata a sinistra. Nel
1995 con il discusso Terra e Libertà si è cimentato con buoni risultati sul piano della ricostruzione storica, intrisa
del solito energico spirito polemico.

 Family Life 1971

L’agenda nascosta 1990

Riff Raff. Meglio perderli che trovarli 1991

Ladybird Ladybird 1993 

Piovono pietre 1993

Terra e libertà 1995 

La canzone di Carla 1996

My name is Joe 1998

Bread and Roses 2000

Paul, Mick e gli altri 2001

Sweet Sixteen 2002

Un bacio appassionato 2004

Il vento che accarezza l'erba 2006

In questo mondo libero. (2007)

Il mio amico Eric  (2009)

L'altra verità  (2010)

La parte degli angeli  (2012)

Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà  (2014)

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Losey Joseph

Losey Joseph
Stati Uniti (1909-1984)

Negli anni giovanili si dedica al teatro e al giornalismo, aprendosi alle correnti d'avanguardia e al radicalismo
politico. Nel 1948 esordisce alla regia con Il ragazzo dai capelli verdi, surreale metafora antirazzista, seguito da
una serie di film che sottolinea la sua collocazione di sinistra. Proprio questo suo impegno politico lo rende
sospetto al maccartismo, che lo costringe a lasciare gli Stati Uniti per l'Inghilterra, che diventa così la sua patria
definitiva. Nel 1963 con Il servo e nel 1967 con L'incidente raggiunge i vertici della propria arte, svolgendo
tormentate e angoscianti riflessioni sul tema a lui caro dell'identità del singolo e della natura dei rapporti fra le
persone. Anche negli anni settanta le sue opere migliori (Messaggero d'amore, 1971, L'assassinio di Trotsky, 1972,
Mr. Klein, 1976) traggono spunto da questo teso lavorio analitico sulle contraddizioni dell'animo umano e sulla
ricerca di se stesso da parte d'un individuo in conflitto con la realtà. Regista versatile e prolifico, forse troppo
considerato l'esito non eccelso di alcuni suoi film, Losey è uno dei rappresentanti più significativi di quella
generazione di cineasti che subì il maccartismo senza piegarsi ed arrendersi, ma affermando con coraggio e
coerenza il proprio diritto alla libertà.

Il ragazzo dai capelli verdi 1948

Linciaggio 1950

Sciacalli nell'ombra 1951

L'uomo sulla spiaggia 1955

L'alibi dell'ultima ora 1956

La zingara rossa 1958

L'inchiesta dell'ispettore Morgan 1959

Giungla di cemento 1960

Eva 1962

Il servo 1963

Per il re e per la patria 1964

Modesty Blaise, la bellissima che uccide 1966

L'incidente 1967

Caccia sadica 1970

Messaggero d'amore 1971

L'assassinio di Trotsky 1972

Casa di bambola 1973

Galileo 1975

Una romantica donna inglese 1975

Mr. Klein 1976

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/Registi2000/27.htm[12/07/2017 19:01:05]
Losey Joseph

Le strade del sud 1978

Don Giovanni 1982

Steaming. Il bagno turco1984

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Loy Nanni

Loy Nanni
Italia (1925-1995)

Diplomato in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia, esordisce nel 1959 con Audace colpo dei soliti
ignoti, seguito del fortunatissimo I Soliti ignoti di Monicelli, tipico esempio di commedia all’italiana, genere al
quale Loy dedicherà la maggior parte della propria filmografia. Soltanto all’inizio degli anni Sessanta apre una
significativa parentesi in questa continuità di genere con due film dedicati alla Resistenza, Un giorno da leoni
(1961) e Le quattro giornate di Napoli (1963). Quest’ultimo, per la forza epica e l’impianto corale della
rievocazione, è destinato a rimanere l’opera migliore della sua carriera. I lavori successivi, pur confermando da
parte del regista una discreta capacità di coniugare tematiche di taglio sociale e civile con le movenze
comico-satiriche della commedia (Il padre di famiglia, 1967, Mi manda Picone, 1984) non usciranno mai
dall’ambito di una dignitosa professionalità. Il suo itinerario registico (che con una prova vigorosa come Le
quattro giornate di Napoli aveva lasciato sperare sviluppi più interessanti) costituisce un esempio della difficoltà,
che per lungo tempo ha pesato sul Cinema italiano, a superare i canoni consolidati della commedia, condannandosi
spesso ad una sclerotica ripetitività.

Audace colpo dei soliti ignoti 1959

Un giorno da leoni 1961

Le quattro giornate di Napoli 1963

Rosolino Paternò, soldato 1970

Detenuto in attesa di giudizio 1971

Sistemo l’America e torno 1974

Signore e signori buonanotte 1976

Basta che non si sappia in giro 1976

Café Express 1980

Mi manda Picone 1984

Amici miei atto terzo 1985

Scugnizzi 1989

Pacco, doppio pacco e contropaccotto (1993)

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Lucas George

Lucas George
Stati Uniti (1944)

Si laurea alla scuola di Cinema dell’università della California. Si stringe d’amicizia con F.F.Coppola ed è
quest’ultimo a produrre i suoi primi film, tra cui spicca American Graffiti del 1973, storia autobiografica intrisa di
umori nostalgici e crepuscolari. Nel 1977 dirige Guerre stellari, un kolossal di fantascienza che ottiene un grande
successo. Negli anni ottanta Lucas abbandona la regia, dedicandosi all’attività di produttore e partecipando in
questa veste alla realizzazione dei seguiti di Guerre stellari e di I predatori dell’arca perduta (1981) di
S.Spielberg. Lucas ha acquisito un posto importante nella storia del Cinema, distinguendosi come uno dei
principali artefici della rinascita hollywoodiana dopo la crisi degli anni sessanta e settanta, all’insegna delle
superproduzioni e del rilancio dell’immaginario fantastico.

 L’uomo che fuggì dal futuro 1970

American Graffiti 1973

Guerre stellari 1977

Star Wars. Episodio I: la minaccia fantasma 1999

Star Wars. Episodio II: l'attacco dei cloni 2002

Star Wars. Episodio III: la vendetta dei Sith 2005

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Luchetti Daniele

Luchetti Daniele
Italia (1960)

Ha frequentato la scuola di Cinema della Gaumont e dopo aver fatto l’aiuto-regista di N.Moretti, esordisce nel
1988 con Domani accadrà, una produzione della Sacher dell’amico Moretti. Nel 1991 con Il portaborse anticipa la
tempesta di tangentopoli. La sua cifra stilistica sembra orientarsi verso una rivisitazione dei temi del presente
tramite un filtro un po’grottesco e trasognato, che conferisce ai suoi film una tonalità fra la commedia e il
fantastico. Luchetti è sicuramente una delle rivelazioni più interessanti degli ultimi anni.

 Domani accadrà 1988

La settimana della sfinge 1990

Il portaborse 1991 

Arriva la bufera 1993

La scuola 1995            

I piccoli maestri 1998    

Dillo con parole mie 2003                               (*Filmografia completa)

Mio fratello è figlio unico (2007)

La nostra vita (2010)

Anni felici (2013)

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Luhrmann Baz

Luhrmann Baz
Australia (1962)

La sua prima passione è la danza e la musica e nel 1990 dirige La Bohème per l’Australian Opera. Il suo esordio
alla regia è del 1992 con Ballroom- Scuola di ballo, un film che si segnala per la perfetta fusione fra ritmo del
montaggio e quello della danza. Romeo & Juliette (1996) conferma la sua estrosa capacità di fondere insieme
danza, Cinema e musica.

Ballroom-Scuola di ballo 1992

Romeo & Giulietta 1996    

Moulin Rouge 2001                                         (*Filmografia completa)

Australia (2008)

Il grande Gatsby  (2013)

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Lumet Sidney

Lumet Sidney
Stati Uniti (1924-2011)

Di origini ebraiche da giovane recita come attore a Broadway. Nel 1950 inizia l’attività come regista alla rete
televisiva CBS e sull’onda dei successi televisivi esordisce alla regia cinematografica con La parola ai giurati
(1957), un film giudiziario di grande impatto. Negli anni successivi la sua attività si è svolta sia nell’ambito del
Cinema di genere, sia in quello di pellicole più personali, nelle quali Lumet ha fatto emergere il proprio
orientamento politico progressista e democratico attraverso una critica degli aspetti più illiberali della società
americana.

 La parola ai giurati 1957

A prova d'errore  1964

La collina del disonore 1965

L’uomo del banco dei pegni 1965

Rapina record a New York 1971

Riflessi in uno specchio scuro 1973

Assassinio sull’Orient Express 1974

Serpico 1974

Quel pomeriggio di un giorno da cani 1975

Quinto potere 1976

Il verdetto 1982

Daniel 1983

Power 1986

Vivere in fuga 1987

Sono affari di famiglia 1988

Un' estranea fra noi 1992

Per legittima accusa 1993

Prove apparenti 1996

Se mi amate... 1997

Gloria 1998

Prova a incastrarmi 2005

Onora il padre e la madre (2007)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg059.htm[12/07/2017 19:01:07]
Linch David

Lynch David
Stati Uniti (1946)

Dopo aver studiato pittura alla scuola di Belle Arti, esordisce nel 1976 con Eraserhead, un film horror in
bianconero ampiamente influenzato dalla lezione surrealista, per pervenire al successo internazionale con The
Elephant Man nel 1980, la triste storia di un adolescente affetto da una crudele malattia che gli deturpa il volto,
ispirato a canoni narrativi tradizionali. Negli anni successivi Lynch si muove in un territorio di confine tra le regole
dei generi, soprattutto il giallo noir, e una personale ricerca espressiva di stampo visionario ed onirico protesa a
sondare le zone più oscure e inquietanti della psiche umana. Lynch è un regista affascinante e controverso, che
esprime un Cinema perturbante e disturbante, torbido e ambiguo, mai banale e scontato.

Eraserhead 1976

The Elephant Man 1980

Dune 1984

Velluto blu 1986

I segreti di Twin Peaks 1989

Cuore selvaggio 1990

Fuoco cammina con me 1992

Strade perdute 1996

Una storia vera 1999

Mulholland Drive 2001

Inland Empire 2006

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/4-Registi/framreg060.htm[12/07/2017 19:01:08]
Lyne Adrian

Lyne Adrian
Gran Bretagna (1941)

Inizia a lavorare come regista di film pubblicitari, vincendo nel '76 e '78 il festival pubblicitario di Cannes. Questa
formazione legata alla produzione di spot si farà sempre sentire nel suo lavoro cinematografico, improntato ad un
gusto figurativo sempre piuttosto patinato ed estetizzante all'insegna di un accademismo un po' freddo e
compiaciuto. Il suo primo film di successo è Flashdance (1983), un'esercitazione di virtuosismi visivi inseguendo
le evoluzioni della bella Jennifer Beals, dell'86 è Nove settimane e mezzo, un film erotico filtrato attraverso il
consueto manierismo sofisticato. Nel 1997, dopo alcuni thriller di scarso valore, affronta l'ambizioso progetto di
realizzare il remake del film di S.Kubrick Lolita, facendosi ancora una volta sopraffare dal richiamo per la bella
immagine.

 Flashdance 1983

Nove settimane e mezzo 1986

Attrazione fatale 1987

Proposta indecente 1993

Lolita 1997

L'amore infedele - Unfaithful 2002

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Codici narrativi

Premessa
In modo assai schematico si può sintetizzare l'argomento riducendolo alla risposta a tre domande: Chi guarda e
come guarda? Chi racconta e come racconta? Chi sa e come dà le informazioni? Insomma il vedere, il
raccontare e il sapere come elementi costitutivi della narrazione cinematografica.

I punti di vista
Si risponde alla domanda Chi guarda e come guarda? (si usa anche il termine ocularizzazione). Si distinguono
quattro possibilità:

Oggettiva reale: la m.d.p. non coincide con lo sguardo di nessun personaggio, assumendo posizioni e
producendo movimenti che rientrano nelle possibilità fisiche di un ipotetico osservatore invisibile presente
alla storia (per esempio: il dialogo fra due personaggi osservato da uno spettatore posto di fronte; seguire un
personaggio che cammina tramite una carrellata orizzontale alla sua altezza). Si tratta di un tipo di sguardo
essenzialmente passivo, che si limita ad una semplice registrazione degli eventi.

Oggettiva irreale: la m.d.p. non coincide con lo sguardo di nessun personaggio ed assume posizioni e
produce movimenti che travalicano le possibilità fisiche di un ipotetico osservatore invisibile presente alla
storia (per esempio: una carrellata aerea che sorvola dall'alto la scena della storia; un movimento della
m.d.p. che penetra in una finestra chiusa, supera una porta senza che questa si apra ecc.). Si tratta di un tipo
di sguardo essenzialmente libero da ogni condizionamento, attivo, in grado di muoversi liberamente sulla
scena del film.

Soggettiva: la m.d.p. coincide con lo sguardo di un personaggio e noi spettatori vediamo solo ciò che lui
vede, guardiamo con i suoi occhi.

Semisoggettiva: la m.d.p. non coincide più con lo sguardo di un personaggio in modo totale, ma solo in
modo parziale, collocandosi quasi sempre alle sue spalle ed offrendoci una porzione di realtà che corrisponde
quasi completamente a quella che egli vede (per esempio: il dialogo fra due personaggi secondo la tecnica
del campo-controcampo, quando noi spettatori vediamo il personaggio che parla quasi come se fossimo i
suoi interlocutori, dove il quasi va ricercato nello scarto della direzione degli occhi di chi parla, che non
guardano direttamente noi, altrimenti sarebbe una soggettiva, ma un punto ideale collocato
approssimativamente sulla nostra spalla).

Interpellazione: l'attore o gli attori, guardando in macchina, danno la sensazione di rivolgersi direttamente
allo spettatore (a meno ovviamente che non si tratti di una soggettiva), di guardarlo, come fa il giornalista o
la presentatrice alla televisione.

L'enunciazione
Si risponde alla domanda chi racconta e come si racconta? E si parte dal presupposto che essendoci una storia ne
consegue la necessità sul piano teorico che esista un'entità che provveda a produrre il racconto. Chiamiamo questa
entità narratore (altri la chiamano istanza narrativa o enunciatore). Chiamiamo poi il destinatario del racconto
prodotto dal suddetto narratore narratario (anche enunciatario). Si distinguono due possibilità, a loro volta
articolate al loro interno.

 Narratore extradiegetico (o esterno)


La gestione del racconto (ciò che in esso accade e viene detto dai personaggi) è affidata ad un'entità esterna al
racconto stesso che può rivelarsi o meno allo spettatore (si tratta dell'equivalente della narrazione in terza persona
in letteratura). In base al grado di manifestazione di suddetta entità narrativa distinguiamo un minimo e massimo di
appalesamento nei confronti del narratario che in questo caso è sempre lo spettatore.

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Codici narrativi

Narratore esterno nascosto. Il narratore non si rivela minimamente, lo spettatore non ne coglie la presenza,
il racconto sembra prodursi da solo. E' l'equivalente del racconto impersonale in letteratura tipico del
realismo e del verismo, nel quale il narratore si nasconde dietro gli eventi e non fa sentire la propria presenza
(nel Cinema è la modalità tipica dei film del Neorealismo e di analisi e introspezione psicologica).

Narratore esterno palese. Il narratore si rivela allo spettatore, facendogli cogliere la sua presenza a livelli
minimi ( per esempio: le scritte del tipo qualche anno dopo, Roma 1945 ecc.) o a livelli massimi (per
esempio: con una voce over che introduce e commenta la storia e ancor di più mostrandosi fisicamente allo
spettatore, come Cecil B. De Mille nel suo moderno ufficio all'inizio del suo film I dieci comandamenti). E'
l'equivalente in letteratura del narratore del romanzo ottocentesco che guida il lettore con commenti e
riflessioni, sino ad arrivare a dialogare direttamente con lui dandogli del tu, come il Manzoni alla fine de I
promessi Sposi.

  Narratore diegetico (o interno)

La gestione del racconto è affidata ad un personaggio del racconto stesso, sia principale o meno (è il corrispettivo
dell’io-narrante in letteratura). In questo caso si è soliti distinguere l’enunciatario.

Enunciatario interno: il racconto del narratore diegetico ha come destinatario uno o più personaggi del
racconto stesso o il narratore diegetico medesimo (esempio: dei ricordi del narratore diegetico che non
vengono comunicati verbalmente a nessuno, ma affiorano soltanto alla sua memoria)

Enunciatario esterno: coincide sempre con lo spettatore cui il narratore si rivolge direttamente tramite la
sua voce, che introduce nella maggioranza dei casi il film e qualche volta lo conclude, scomparendo per la
maggior parte del testo filmico.

Nell’ambito di un solo film possiamo trovare un’unica modalità di enunciazione o più modalità (per esempio:
all’interno di un racconto ad enunciatore esterno si inseriscono uno o più enunciatori interni che raccontano un
segmento della storia, per lo più in flashback). L’identità dell’enunciatore (esterno o interno che sia), insomma,
può anche variare, anche se quasi sempre è facile individuare un enunciatore prevalente sugli altri.  

La focalizzazione
Si risponde alla domanda chi sa e come dà le informazioni? O meglio quanto sa sulla storia che racconta chi
fornisce le informazioni, cioè l’enunciatore? Si tratta insomma di verificare l’estensione della conoscenza
dell’enunciatore relativamente agli aspetti fondamentali della storia. Si distinguono tre possibilità.

Focalizzazione interna: lo spettatore è legato al sapere di un solo personaggio. Questo tipo di


focalizzazione si abbina quasi sempre ad un narratore interno, ma lo troviamo spesso anche con quello
esterno (per esempio: è come se ci trovassimo di fronte a più giocatori di carte e conoscessimo solo quelle di
uno di loro).

Focalizzazione esterna: lo spettatore è puro testimone di eventi ed azioni ed il suo sapere risulta inferiore
a quello di tutti i personaggi. Questo tipo di focalizzazione si abbina esclusivamente ad un narratore esterno
(per esempio: è come se ci trovassimo di fronte a più giocatori di carte, ignorando di queste il contenuto per
tutti loro).

Focalizzazione zero (oppure racconto non focalizzato): lo spettatore è messo nelle condizioni di dominare
tutta la narrazione, essendo informato di tutto da un narratore onnisciente che penetra nei pensieri dei
personaggi e si trova in più posti diversi contemporaneamente. Questo tipo di focalizzazione si abbina
esclusivamente ad un narratore esterno (per esempio: è come se ci trovassimo di fronte a più giocatori di
carte e a tutti potessimo guardare in mano).

 Spesso accade che un film sia caratterizzato da un solo tipo di focalizzazione, ma altrettanto spesso si verifica il

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Codici narrativi

caso di pellicole che ospitano al loro interno diversi tipi di focalizzazione che si succedono o si alternano.

 I regimi della narrazione


Pur tenendo ben presente la complessità dell'organizzazione narrativa di un testo, è possibile produrre una tipologia
che riduca a tre i regimi della narrazione:

la narrazione forte: in essa assume grande importanza l'azione, come fonte primaria di trasformazione di
situazioni fortemente collegate in senso causale. Il sistema di valori (cioè la contrapposizione di ideali e
valori a disvalori e negatività: Bene-Male, Legge-Criminalità, Tolleranza-Intolleranza, etc.) è nettamente
ritagliato, i personaggi hanno caratteri ben definiti (buoni-cattivi, onesti-disonesti, la narrazione è fluida e
scorrevole senza tempi morti, prevale la sintesi (è il tipo di narrazione tipica del Cinema spettacolare e
commerciale, in particolare dei generi cinematografici tradizionali e consolidati come il western, il bellico, il
thriller, il poliziesco etc.).

la narrazione debole : In essa l'azione tende a perdere importanza rispetto alle trasformazioni
psicologiche, morali, spirituali, sentimentali, culturali, etc. di personaggi non più fissi ed immobili nelle loro
caratteristiche, ma passibili di modificazioni o di travagli nel corso della narrazione. Il rapporto di causalità
appare meno rigido e meccanico, più ambiguo e problematico. Il sistema di valori non si basa più su
contrapposizioni nette, ma può aprirsi a interscambi e crisi, prevale l'analisi (è il caso del Cinema non di
genere, di introspezione psicologica e di riflessione morale, più di dialoghi e descrizioni che di azioni).

L'antinarrazione: porta alle estreme conseguenze la crisi del modello forte, radicalizzando alcune
tendenze già presenti nella narrazione debole. L'azione perde ogni ruolo rilevante, la situazione narrativa si fa
frammentata e dispersa, la casualità sembra prevalere sulla causalità, ogni riferimento chiaro di valori  viene
meno, le trasformazioni o non ci sono o procedono a rilento, la narrazione perde fluidità e scorrevolezza e si
dà ampio spazio ai tempi morti (è il caso di certo Cinema sperimentale e d'avanguardia o di autori con una
precisa personalità artistica, come Antonioni, Fellini, Moretti, Bergman, Wenders, Resnais, etc. che
inseguono una loro personalissima idea di linguaggio cinematografico).

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Generi-bellico

Bellico
Genere cinematografico incentrato sulla ricostruzione di eventi guerreschi appartenenti alla storia del Novecento, in
particolare i due conflitti mondiali e quelli della Corea e del Vietnam. E' proprio questo riferimento ad eventi
storici relativamente recenti a far sì che il genere bellico si distingua da quello storico propriamente detto, anche se
ovviamente pure i film bellici hanno un carattere storico e potrebbero essere ascritti a questo genere.

I film bellici hanno conosciuto una particolare diffusione negli anni immediatamente successivi alle due guerre, ma
si può dire che il genere attraversi, pur con alti e bassi, l'intera storia del Cinema, sino ad arrivare ai nostri giorni.

All'interno del bellico è necessario operare una fondamentale distinzione tra un Bellico epico-eroico e un Bellico
antimilitarista.

Il Bellico epico-eroico propone una netta distinzione fra chi combatte in nome del Bene e della Giustizia, ed è
fortemente motivato al combattimento e portato ad atti di estrema audacia e coraggio, e un nemico rappresentato in
termini molto negativi. All'interno di questo indirizzo sarebbe bene però distinguere tra due tendenze: una di aperta
propaganda militarista, intrisa di retorica ed enfasi (Lo squadrone bianco,1936, e L'assedio dell'Alcazar, 1940,
entrambi di A. Genina, L'uomo della croce di R. Rossellini, 1942 ; Berretti Verdi di J. Wayne, 1968) e l'altra
orientata, pur senza mettere in discussione la logica della guerra e manifestando ammirazione per il valore mostrato
dai combattenti e il loro spirito di sacrificio, verso qualche inflessione di dolore e sgomento per le sofferenze che il
conflitto comporta (La grande parata di K. Vidor, 1925; Iwo Jima di A. Dwan, 1949; Attack! di R. Aldrich; I
giovani leoni di E. Dmytryk, 1958; La grande guerra di M. Monicelli,1959; Quell'ultimo ponte di R.
Attenborough, 1977; Il grande uno rosso di S. Fuller, 1980; Salvate il soldato Ryan di S. Spielberg, 1998).

Il Bellico antimilitarista, pur nel differenziarsi degli approcci e delle posizioni ideologiche, esprime una condanna
della guerra, di cui mette in evidenza l'assurdità e l'insensatezza, e della crudele mentalità militarista che esige
cieca obbedienza anche di fronte agli ordini più folli. Non c'è più eroismo e desiderio di gloria, ma angoscia e
paura, senso di frustrante impotenza di fronte al massacro, se non, in alcuni casi, aperta ribellione alla gerarchia
(All'Ovest niente di nuovo di L. Milestone, 1930, Westfront di G. W. Pabst, 1930; L'arpa birmana di K.
Ichikawa, 1956; Orizzonti di  gloria di S. Kubrick, 1957; Per il Re e per la Patria di J. Losey, 1964; Uomini
contro di F. Rosi, 1970; Full Metal Jacket di S. Kubrick, 1987; La sottile linea rossa di T. Malick, 1998).

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Generi-cappa e spada

Cappa e spada
Genere cinematografico incentrato sulle avventure di un protagonista particolarmente abile nel destreggiarsi con la
spada e quindi in grado di imporre i principi della giustizia e della morale trasgrediti dal cattivo di turno. Il Cappa e
spada abbraccia un periodo storico assai vasto, che solitamente va dal Medioevo al Settecento, ma si distingue dal
genere storico perché tende apertamente a privilegiare l'immaginazione e l'invenzione rispetto alla ricostruzione
storica. Lo sfondo e gli avvenimenti storici, che possono essere presenti, diventano un puro pretesto narrativo, un
semplice supporto su cui inserire gesta e imprese che non hanno nulla di verosimile. I riferimenti letterari più
evidenti del Cappa e spada sono essenzialmente due: come ispirazione lontana il poema epico dell'Antichità, del
Medioevo e del Rinascimento, come referente esplicito la letteratura d'appendice e il romanzo storico
dell'Ottocento.

Sin dall'epoca del muto Hollywood ha ampiamente sfruttato questo genere. Citiamo Il segno di Zorro di F. Niblo
(1920), Robin Hood (1926) e La maschera di ferro (1929), entrambi di A. Dwan.

Coll'avvento del sonoro il genere continua a prosperare con successo. Citiamo Capitan Blood (1935) e La leggenda
di Robin Hood (1938), entrambi di M. Curtiz, Il segno di Zorro di R. Mamoulian (1940) (dai quali si coglie la
tendenza tipica del Cappa e spada a riproporre gli stessi personaggi), La rosa nera di H. Hathaway (1950),
Scaramouche di G. Sidney (1952), Il prigioniero di Zenda di R. Thorpe (1952).

A cominciare dagli anni sessanta il genere va incontro ad una crisi che negli anni ottanta lo porta praticamente
all'estinzione (non si può però non ricordare l'ironica versione di R. Lester della saga dumasiana: I tre moschettieri,
1973, e Milady, 1975). Solo nel decennio Novanta si assiste ad una parziale ripresa, più episodica che legata ad
una vera e propria rinascita del genere: Corsari di R. Harlin (1994), La maschera di ferro di R. Wallace (1998).

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Generi-carcerario

Carcerario
Genere cinematografico basato su vicende interamente o prevalentemente ambientate in un carcere e che hanno
come protagonisti uno o più detenuti. In linea di massima questo genere mette l'accento sulle disumane condizioni
di vita negli istituti penitenziari o racconta di un tentativo di evasione riuscita o meno o tutte e due le cose insieme.
Spesso il Carcerario diventa strumento di denuncia di metodi di reclusione brutali e anacronistici, sollecitando
indirettamente la necessità di una riforma. Per questo può accadere che assuma una considerevole valenza di
impegno civile, in senso progressista e democratico.

Tra i titoli d'epoca lontana ricordiamo Codice criminale (H. Hawks,1931), Io sono un evaso (M. Le Roy, 1932), Il
giuramento dei forzati (M. Curtiz, 1944); d'epoca più vicina L'uomo di Alcatraz (J. Frankenheimer, 1963), Nick
Mano fredda (1967) e Brubaker (1981), entrambi di S. Rosenberg, Fuga di Mezzanotte (A. Parker, 1977), Fuga da
Alcatraz (D. Siegel, 1981); d'epoca recente Le ali della libertà (F. Darabont, 1994).

Si tratta di un genere quasi esclusivamente americano, ma non bisogna dimenticare importanti film europei, come
l'italiano Nella città l'inferno (R. Castellani, 1959) e il francese Il buco (J. Becker, 1960).

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Generi-catastrofico

Catastrofico
Genere cinematografico incentrato su una catastrofe naturale o su un disastro provocato, più o meno
volontariamente, dall'intervento dell'uomo. Spesso questo genere subisce delle interferenze da parte di altri, quali il
Fantastico e l'Horror, anche se a rigore bisognerebbe considerare appartenente al Catastrofico solo quei film che
rispettano i canoni della verosimiglianza.

Quasi sempre il genere propone una vasta schiera di personaggi, i cui limiti, difetti, pregi e abilità vengono
amplificati dalla drammatica contingenza della catastrofe, le cui conseguenze finiscono spesso per punire con la
morte i responsabili morali del disastro (qualora questo ovviamente dipenda dall'uomo). Alla fine si ristabilisce
sempre l'ordine turbato dalla catastrofe, costringendo tuttavia lo spettatore ad una riflessione sui pericoli insiti in
una gestione della tecnologia e in un rapporto con la natura privo di limiti e cautele.

Fra i titoli più significativi di questo genere, che comporta spesso un notevole investimento economico per
garantire il necessario livello spettacolare, ricordiamo Uragano (J. Ford, 1937), Il diavolo alle quattro (M. Le Roy,
1961), L'avventura del Poseidon (R. Neame, 1972), L'inferno di cristallo (J. Guillermin, 1974), Lo squalo (S.
Spielberg, 1975), Dante's Peak (R. Donaldson, 1997), Titanic (J. Cameron, 1997).

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Generi-comico

Comico
Genere finalizzato a causare la risata e il divertimento dello spettatore attraverso il ricorso al cosiddetto gag
gestuale e/o verbale. Vengono cioè proposte situazioni e dialoghi assolutamente inconsueti e improbabili nella
quotidianità, intesi a sovvertire le normali modalità di comportamento e espressione. L'effetto del gag non è mai
drammatico, poiché il danno che esso può provocare è sempre limitato, oltre a volgersi a volte in conseguenze
positive, anche se non sempre consapevolmente, e comunque non assume mai connotazioni negative. Il genere
comico poi, a differenza della Commedia, cui per certi versi è imparentato, infrange spesso le leggi della
verosimiglianza, facendo ricorso a figure quali l'iperbole e la reiterazione e privilegiando il gusto del ridicolo e del
paradosso.

Questo genere nasce con il Cinema stesso (il primo film dei Lumière, l’arroseur arrosé, è un comico) e nei suoi
primi anni di vita, all'epoca del muto, il comico gode di grande diffusione e popolarità (pensiamo alle famose
comiche finali).

Esso è da sempre collegato ad attori specializzati nel ruolo comico e che nella loro carriera difficilmente hanno
interpretato personaggi seri. Citiamo su tutti B. Keaton, C. Chaplin, H. Langdon, S. Laurel e O. Hardy, I fratelli
Marx, J. Lewis, M. Brooks in America, J. Tati e L. de Funès in Francia, Totò e R. Benigni in Italia.

Rientra a pieno titolo nel comico la parodia, che propone un capovolgimento in chiave grottesca di generi seri. E'
il caso di film come Le folli notti del Dottor Jerryll (J. Lewis, 1963), Frankenstein Junor (M. Brooks, 1974), The
Blues Brothers (J. Landis, 1981).

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Generi-commedia

Commedia
Genere cinematografico incentrato prevalentemente su un rapporto amoroso, inizialmente problematico, destinato al
lieto fine (quasi sempre sottoforma di esito matrimoniale). Priva di asprezze drammatiche e caratterizzata da
dialoghi brillanti e situazioni divertenti, la commedia cinematografica affonda le proprie radici nell'antica
commedia greca per arrivare al repertorio shakespeariano (La bisbetica domata è considerata una specie di
prototipo) e al Vaudeville francese.

Essa ha conosciuto un grande sviluppo nella Hollywood degli anni trenta e quaranta, dove ha incontrato una
particolare fortuna il sottogenere della Commedia sofisticata, ambientata nell'alta società, fra ricchi, aristocratici,
gran dame, in un'atmosfera di raffinatezza e artificio, di cui spesso viene smascherata la vacuità (tra i maestri di
questo genere ricordiamo E. Lubitsch, G. Cukor, F. Capra).

In Italia ad imitazione di questo modello si affermò negli anni trenta la Commedia dei telefoni bianchi (spesso
ispirata a pièce teatrali ungheresi) senza mai raggiungere però il livello dei film d'oltreoceano. Di maggior rilievo
invece la Commedia piccolo-borghese di M. Camerini che durante il ventennio fascista si contrappose alla
retorica altisonante del Cinema di regime.

Un discorso a parte merita infine la Commedia all'italiana, sorta nel nostro paese all'inizio degli anni sessanta,
nella quale il tema amoroso perde la sua centralità per lasciar posto ad una satira di costume sapida e pungente,
che rende sovente amaro e malinconico il sorriso (tra i maestri di questo genere ricordiamo M. Monicelli, D. Risi,
E. Scola, A. Pietrangeli).

In questi ultimi anni si è affermata negli Stati Uniti un nuovo tipo di commedia, che potremmo definire Commedia
giovanile, basata sulle traversie sentimentali e i dilemmi esistenziali di giovani protagonisti che si affacciano alla
vita dopo le scuole o l'università. Pur esprimendo spesso il disagio vissuto dalle nuove generazioni, questo genere
non sconfina mai, se non raramente, nella drammaticità e propone dialoghi arguti e situazioni divertenti,
comunicando un senso di leggerezza narrativa (Singles. L'amore è un gioco di C. Crowe, 1992, Giovani, carini,
disoccupati di B. Stiller, 1994, Parlando e sparlando di N. Holofcener, 1995 ed altri).

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Generi-fantascienza

Fantascienza
Genere cinematografico basato su vicende drammatiche ambientate in un futuro lontano o imprecisato, sulla terra o
su altri pianeti, dominato da macchine e congegni tecnologici frutto di fantasia e al presente inesistenti, ma la cui
realizzazione futura non può essere esclusa a priori (uno dei primi film di Fantascienza Il viaggio nella luna,
ispirato ad un romanzo di Jules Verne, di G. Méliès del 1902 immaginava uno sbarco umano sul nostro satellite che
si è poi verificato sessantasette anni dopo). Decisamente più improbabile invece l'esistenza di esseri extraterrestri,
sovente mostruosi e minacciosi, che spesso popolano i film di questo genere.

Sin dagli esordi la fantascienza ha angosciato il pubblico con inquietanti ipotesi di invasioni della terra da parte di
Marziani o di altri abitanti della galassia oppure ha avvinto con avventurose saghe dello spazio. In questo caso il
genere ha subito interferenze da parte dell'Horror (L'invasione degli Ultracorpi di D. Siegel, 1956, La cosa di J.
Carpenter, 1982, Indipendence Day di E. Hemmerich, 1997) e da parte del Western e del Cappa e spada (Guerre
stellari di G. Lucas, 1978, e L'impero colpisce ancora di I. Kershner, 1980). Solo di recente con film come
Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) e E.T. L'extraterrestre (1982), entrambi di S. Spielberg, la figura dell'
extraterrestre è stata profondamente umanizzata, presentandosi addirittura come migliore rispetto all'uomo.

Una particolare articolazione del genere è costituita dalla cosiddetta Fantascienza filosofico-esistenziale, nella
quale sull'intreccio appassionante e avvincente prevale la riflessione sul senso della vita e il destino dell'uomo. E' il
caso di film come 2001: Odissea nello spazio (S. Kubrick, 1968), Solaris (A. Tarkovskij, 1971), Blade Runner (R.
Scott, 1982).

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Generi-fantastico

Fantastico
Genere cinematografico dai numerosi filoni, tutti accomunati da una costante: il soprannaturale e l'inverosimile non
irrompono minacciosi e sconvolgenti in un contesto realistico (come nell'Horror), ma costituiscono elementi
universalmente accettati come normali di un contesto realistico oppure s'identificano essi stessi con un contesto nel
quale tutto può accadere, che perde in questo caso ogni parvenza di realismo (pensiamo, per esempio, ad animali
che parlano, tappeti che volano, bacchette magiche, ecc., il tutto senza suscitare stupore o meraviglia fra i
personaggi, anzi accettato come assolutamente normale). Il fine non è più spaventare lo spettatore, ma suscitare in
lui stupore e meraviglia.

L'immediato riferimento letterario è ovviamente quello fiabesco e favolistico, ma anche il repertorio del poema
epico, dai poemi omerici sino all'Orlando Furioso dell'Ariosto e alla Gerusalemme del Tasso. Tra le opere letterarie
più recenti possiamo citare I viaggi di Gulliver di Swift e Cent'anni di solitudine di Marquez.

I film attribuibili a questo genere possono essere raggruppati in 4 filoni.

Il Fantastico fiabesco, spesso ispirato a classici della letteratura fiabesca, dove tutto risulta inserito in una
dimensione inverosimile e nulla risulta reale (Il mago di Oz di V. Fleming, 1939; La storia infinita di W. Petersen,
1985; Il barone di Munchaushen di T. Gilliam, 1989).

Il Fantastico commedia, dove una commedia d'ambientazione realista o quasi si apre a situazioni irreali, che
convivono con fatti e personaggi plausibili sul piano della verosimiglianza (Accadde domani di R. Clair, 1944; Il
cielo può attendere di E. Lubitsch, 1943; Miracolo a Milano di V. De Sica, 1951).

Il Fantastico avventuroso, caratterizzato dall'innestarsi su di una vicenda dominata da eventi ed azioni


assolutamente straordinari, ma non trasgressivi delle leggi di natura, di aspetti irreali perfettamente integrati nella
trama (I predatori dell'Arca perduta di S. Spielberg, 1982, e successivi film della saga di Indiana Jones).

Il Fantastico mitologico-epico, ispirato alla tradizione mitologica antica o al repertorio epico-cavalleresco


medioevale, filone questo assai simile al precedente e caratterizzato dall’ intreccio tra Storia e Leggenda risolto a
favore di quest’ultima (Excalibur di J. Boorman, 1980; Conan, il barbaro di J. Milius, 1982; Lady Hawke di R.
Donner, 1985).

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Generi-gangster

Gangster
Genere cinematografico tipicamente statunitense, nato dopo il 1929 all’inizio della grande crisi economica che
sconvolge l’America. Esso s’ispira alle imprese della malavita organizzata che a cominciare dagli anni venti aveva
imperversato nelle metropoli, corrompendo profondamente il tessuto morale e civile della società. Il gangsterismo
aveva trovato terreno fertile nel proibizionismo governativo delle bevande alcoliche e più in generale nel
disfacimento indotto dalla crisi economica.

Gli eroi del Gangster si connotano negativamente: sono individui spietati e con pochi scrupoli, che da umili origini
sono riusciti a costruirsi una fortuna grazie ad attività illecite, circondati da una cerchia di sottoposti che seguono
un ben preciso codice di comportamento, si mostrano feroci gestori del proprio potere e sono disposti ad eliminare
chiunque tradisca la fedeltà al capo o si frapponga come ostacolo tra sé e le finalità perseguite. L’ambientazione è
caratterizzata da interni ora miserabili, ora lussuosi, spesso fumosi, sempre claustrofobici, e da esterni metropolitani
di preferenza umidi e notturni.

Possiamo essenzialmente distinguere due tipi di film gangster. In entrambi il protagonista (o i protagonisti) è un
delinquente, verso cui si indirizzano le simpatie del pubblico e la cui parabola si conclude con la morte, ma con
una differenza che concerne la natura e la finalità della sua attività delinquenziale:

a. l’eroe (o se si preferisce l’antieroe) è il boss di una banda gangsteristica che si arricchisce con attività illecite
(contrabbando, spaccio, racket, ecc..) giovandosi di una vasta rete di complicità. L’antagonista non è
rappresentato tanto dalle forze dell’ordine, spesso complici e corrotte, quanto dalle gang rivali con cui lotta
per il controllo del territorio. Citiamo tra i tanti i seguenti titoli: Piccolo Cesare (M. Le Roy, 1930), Pericolo
pubblico (W. Wellman, 1931), Scarface (H. Hawks, 1932) e in anni più recenti la trilogia del Padrino (I, II e
III, 1972, 1974, 1992) di F. F. Coppola;
b. L’eroe non è un boss mafioso e quindi non è a capo di nessuna organizzazione, ma è un isolato che agisce
individualmente e la sua attività criminosa non si basa sui traffici, ma su colpi più o meno audaci,
prevalentemente rapine alle banche, per svolgere le quali può unirsi ad altri malviventi, costituendo una
banda che però e destinata a sciogliersi una volta finita l’impresa criminosa; in altri film instaura un connubio
amoroso con una compagna che lo aiuta nelle sue azioni. In questo caso l’antagonista è la polizia.

Citiamo tra i tanti film: Rapina a mano armata (S. Kubrick, 1956), Gangster Story (A. Penn, 1967), Getaway (S.
Peckinpah, 1972), Heat (M. Mann, 1995). Questa versione del Gangster ha trovato epigoni soprattutto in Francia.
Citiamo: Grisbi (J. Becker, 1954), Bob, Le Flambeur (1956) e Le cercle rouge (1970), entrambi di J. P. Melville.

Il genere Gangster per le sue caratteristiche presenta parecchi punti di contatto con il Giallo, specie in versione
Noir e Thriller, e in alcuni casi si ibrida e confonde con esso.

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Generi-giallo

Giallo
(giudiziario, poliziesco, thriller, noir) Con questo termine si designa in Italia un genere cinematografico (ma anche
letterario) incentrato su un' azione criminosa il cui responsabile viene scoperto e variamente punito da un uomo
della legge o più genericamente dalle forze dell'ordine. Negli altri paesi del mondo al termine giallo si sostituisce
quello di Poliziesco.

Si distinguono più sottogeneri accorpabili in tre grandi categorie.

Il Giallo ad enigma, legato al romanzo poliziesco di scuola anglosassone (Agatha Christie, Conan Doyle, etc.),
dove l'identità del colpevole, le sue motivazioni e le circostanze dell'atto criminoso vengono svelate solo alla fine.
L'accento è posto soprattutto sull'intreccio e sulla capacità di intuizione e deduzione di chi investiga (Assassinio
sull'Orient Express di S. Lumet, 1974; Assassinio sul Nilo di J. Guillermin, 1978).

Il Giallo-noir, legato al romanzo poliziesco di scuola statunitense (Raymond Chandler, Dashiell Hammett, etc.),
dove pure può esistere un enigma da svelare, ma l'accento è posto sull'ambiente, quasi sempre moralmente corrotto
e degradato, che fa da sfondo alla vicenda, e sulle psicologie dei personaggi (Il mistero del falco di J. Huston,
1941, Il grande sonno di H. Hawks, 1946; Chinatown di R. Polanski, 1974; Brivido caldo di L. Kasdan, 1981; L.A.
Confidential di C. Hanson, 1997).

Il Giallo-suspence, privo di illustri riferimenti letterari e creazione prevalentemente cinematografica, dove viene
svelata subito, o quasi, l'identità del colpevole, determinando un forte sentimento di apprensione nello spettatore
relativo a ciò che di criminoso egli può ancora compiere o di incertezza relativo alla sua sorte finale (verrà
assicurato alla giustizia o la farà franca?). E' questo il meccanismo narrativo privilegiato da un maestro del genere
come A. Hitchcock (suoi Nodo alla gola, 1948, Delitto per Delitto, 1954, La finestra sul cortile, 1954).

Strettamente collegato con quest'ultima versione del giallo, di cui porta alle estreme conseguenze alcune
caratteristiche, è il Thriller (che certuni considerano un genere a parte). In esso la soluzione dell'enigma appare del
tutto secondaria rispetto alle azioni e agli eventi, sovente incentrati sulle vicissitudini di uno o più protagonisti la
cui vita è messa a repentaglio da criminali, killer, pazzi omicidi ecc.. Ciò che coinvolge è la sorte di chi si trova
vittima di una situazione di eccezionale pericolosità. E' il caso di film come Duel (S. Spielberg, 1971), Shining (S.
Kubrick, 1980), Distretto 13: le brigate della morte (J. Carpenter, 1976), Il maratoneta (J. Schlesinger, 1976);
appartengono a questa filiazione del giallo molti film dell'italiano D. Argento.

Altra derivazione è il film giudiziario, che si svolge quasi interamente in un'aula di giustizia e che ha come
protagonisti avvocati e pubblici ministeri, soprattutto i primi, intelligenti e acuti oltre il comune nel salvare clienti
che sembrano condannati in partenza. Si tratta di un genere prevalentemente statunitense, ispirato ad un'ottimistica
fiducia nel trionfo finale della giustizia. Tra i maggiori esemplari ricordiamo titoli come La parola ai giurati (S.
Lumet, 1957), Testimone d'accusa (B. Wilder, 1957), Anatomia di un omicidio (O. Preminger, 1959), Il buio
oltre la siepe (R. Mulligan, 1963), Il verdetto (S.Lumet, 1982) Pazza (M.Ritt, 1987). Negli anni novanta si è
affermato un genere giudiziario di tipo particolare, nel quale non si tratta più di salvare un innocente ingiustamente
accusato smascherando il vero colpevole, ma di garantire un equo risarcimento a chi ha subito danni da grandi
industrie o non è stato adeguatamente risarcito dalle compagnie di assicurazione (Philadelphia di J. Demme, 1994,
L'uomo della pioggia di F.F. Coppola, 1998).

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Generi-horror

Horror
(0rrifico). Genere cinematografico finalizzato a suscitare sentimenti di paura e angoscia nello spettatore e basato
sull'irrompere nella normalità quotidiana di esseri e fatti sovrumani e sconvolgenti che minacciano l'esistenza della
comunità. L'elemento sovrumano si presenta quasi sempre sottoforma di mostro irreale, ripugnante nell'aspetto
fisico e malvagio nelle intenzioni (un vampiro, un licantropo, uno zombie, un demone, ecc..), in continuità con la
tradizione della letteratura gotica dell'Ottocento (Dracula di B. Stoker, Frankenstein di M. Shelley, Lo strano caso
del Dottor Jeckyll e Mister Hyde di R. L. Stevenson, I racconti di E. A. Poe ecc..). Genere erroneamente
considerato secondario e di minor valore rispetto ad altri, l'Horror è stato ampiamente rivalutato in questi ultimi
anni, specie per quel che riguarda la sua ricchezza di significati e allusioni relativamente alla compresenza nella
natura umana di Bene e Male e alla materializzazione dei lati più oscuri e inesplorati del nostro inconscio.

Dopo i primi esemplari europei (Il carretto fantasma di V. Sjostrom, 1921, Il gabinetto del Dottor Caligari di R.
Wiene, 1920, Nosferatu il vampiro, di F.W.Murnau 1922, ecc..) il genere si consolida e sviluppa negli Stati Uniti
negli anni trenta e quaranta (Dracula di T. Browning, 1930, Frankenstein di J. Whale, 1935, Il bacio della pantera
di J. Tourneur, 1942, ecc..).

E' questa la stagione più gloriosa dell'Horror, che si caratterizza spesso per film a basso costo di produzione (i
cosiddetti B-Movies), con registi e soprattutto attori specializzati in questo settore del brivido (tra i secondi
ricordiamo B. Karloff, B. Lugosi, L. Chaney).

Maestro indiscusso del B-Movie Horror anni sessanta è il regista-produttore R. Corman, famoso per aver sfornato
un gran numero di film di successo a basso budget, servendosi di un attore-mito del genere come V. Price. Negli
stessi anni si distingue la produzione della casa britannica Hammer, con attori quali C. Lee e P. Cushing. Film culto
dell'Horror a basso costo di questo periodo è La notte dei morti viventi di G. Romero, 1968.

Negli anni settanta e ottanta si afferma una versione del genere Horror particolarmente truculenta e macabra, basata
in gran parte sugli effetti speciali (il cosiddetto gore o anche splatter) e finalizzata a creare il massimo del
raccapriccio nel pubblico (citiamo tra i tanti titoli i cicli della Casa e di Nightmare, anche se il capostipite del
genere potrebbe esser considerato L'esorcista di W. Friedkin, 1973).

Tipico degli ultimi anni è il fenomeno della cosiddetta ibridazione dell'Horror con altri generi, quali il Thriller e il
Giallo, non statutariamente incentrati sull'inverosimiglianza e la trasgressione delle leggi fisico-biologiche (è il
caso di film quali Halloween di J. Carpenter, 1978, e The Hitcher di R. Harmon, 1986).

Va ricordato che anche molti registi di grande fama, come S. Kubrick, F.Fellini, J.Renoir, R. Polanski, si sono
cimentati con l'Horror.

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Generi-musical

Musical
Genere cinematografico basato su testi che danno ampio spazio a brani cantati e/o danzati da attori (che sono
prevalentemente cantanti e/o ballerini professionisti). Il riferimento più immediato va cercato nel melodramma
musicale ottocentesco e nell'operetta d'inizio Novecento (metà cantata e metà recitata). Nato con il sonoro (il primo
film sonoro, Il cantante di jazz di A. Crosland, 1927, appartiene a questo genere) il Musical conosce il suo periodo
d'oro negli anni quaranta e cinquanta per poi decadere e gradualmente scomparire, tranne qualche eccezione, alla
fine dei Settanta.

Se ne conoscono essenzialmente tre variazioni:

1. I brani cantati e/o danzati si inseriscono all'interno di un contesto di relativo realismo (dove cioè non si
canta, ma si parla normalmente, e non si danza, ma ci si muove normalmente). Il canto e la danza sono
credibili sul piano della verosimiglianza in quanto manifestazioni di personaggi che sono cantanti e ballerini
di professione e che in determinati momenti della storia si esibiscono in quanto tali. Citiamo tra i tanti titoli
Scarpette rosse (M. Powell e E. Pressburger, 1948), Gli uomini preferiscono le bionde (H. Hawks, 1953),
Cabaret (B. Fosse, 1972), Chorus Line (R. Attenborough, 1985).
2. I brani cantati e/o danzati si inseriscono all'interno di un contesto di relativo realismo, ma il canto e la
danza non sono credibili sul piano della verosimiglianza in quanto sono strumenti di comunicazione che i
personaggi usano al posto della parola e della normale gestualità (all'improvviso, senza alcuna giustificazione
narrativa, uno o più personaggi si mettono a cantare e/o danzare senza che ciò susciti il minimo stupore nei
presenti, anzi la cosa viene considerata assolutamente normale). Citiamo tra i tanti titoli La vedova allegra
(E. Lubitsch, 1934), Un Americano a Parigi (1951) e Cantando sotto la pioggia (1952), entrambi di V.
Minnelli, My Fair Lady (G. Cukor, 1964), Grease (R. Kleiser, 1978), Tutti dicono I love you (W. Allen,
1997).
3. L'intero film è costituito da brani cantati e/o danzati, la parola e/o la normale gestualità è completamente
abolita, il contesto perde ogni parvenza di realismo. E' il tipo di Musical che più si avvicina al modello
ottocentesco del melodramma musicale. Tra i non tanti titoli citiamo Jesus Christ Superstar (N. Jewison,
1973), Tommy (K. Russell, 1975), Hair (M. Forman, 1979), Evita (A. Parker, 1996).

In Italia si segnala negli anni sessanta il filone dei cosiddetti musicarielli, film musicali appartenenti al caso 1 e 2 e
incentrati sul protagonismo di cantanti di musica leggera molto in voga in quel periodo (G. Morandi, R. Pavone, Al
Bano ecc..), ai quali l'esile trama della sceneggiatura forniva spazi perché potessero esibirsi nelle loro
performances canore.

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Generi-politico

Politico
Genere cinematografico più italiano ed europeo che americano, che pone al centro del proprio interesse temi di
attualità politica o storici, ma in questo caso con marcata spendibilità e risonanza nel dibattito politico
contemporaneo.

Quasi mai il Cinema politico (chiamato anche Cinema di impegno, politico o civile indifferentemente) è neutrale e
nemmeno vuole esserlo, anzi esplicita con molta chiarezza la propria tesi, in alcuni casi si può parlare proprio di
Cinema a tesi, la cui finalità è cioè quella di dimostrare una precisa posizione nel modo più chiaro e comprensibile
possibile, con tanto di pericoli (sempre incombenti in questo caso) di didascalismo e semplificazione (vedi in
proposito il Cinema del Realismo socialista e il Cinema di propaganda in generale). Strettamente collegato con il
Cinema politico è il cosiddetto Cinema militante, in tutto simile al primo, se non fosse per il suo carattere
prevalentemente documentarista, anziché di finzione, per una accentuata propensione propagandistica e soprattutto
per il fatto che esso si muove al di fuori del circuito commerciale, indirizzandosi verso canali alternativi legati alle
organizzazioni partitiche e politiche che hanno prodotto o commissionato il singolo film. Il Cinema militante ha
conosciuto il suo periodo di maggior diffusione negli anni a cavallo del 1968, quando la Sinistra storica e quella
extraparlamentare usarono con grande convinzione questo strumento, mai eccelso dal punto di vista qualitativo, ma
a volte assai efficace nel comunicare idee e concetti spendibili nell'immediata urgenza politica.

Il Cinema politico propriamente detto, invece, privilegia il film di finzione, spesso giovandosi di grandi budget e
attori e registi di fama e senza mai dimenticare la dimensione spettacolare. Anch'esso ha conosciuto una stagione
felice in coincidenza con gli anni sessanta e settanta, anche se i suoi antecedenti sono rinvenibili nel movimento del
Neorealismo e del Realismo poetico francese. Politicamente orientato a sinistra (per trovare un Cinema politico
esplicitamente e consapevolmente orientato a destra bisogna rifarsi ai film di propaganda fascista e nazista degli
anni trenta o a certi prodotti statunitensi ferocemente anticomunisti del periodo maccartista degli anni cinquanta,
per non parlare di tanto Cinema Bellico, soprattutto in coincidenza con le guerre mondiali), il Cinema politico ha
offerto il meglio di sé quando ha saputo coniugare la critica sociale e la polemica politica con una salda e vigorosa
struttura narrativa e il peggio quando è diventato manierata ripetizione di stereotipi e facile schematismo.

Tra i migliori esempi di Cinema politico italiano ricordiamo Le mani sulla città (1963) e Il caso Mattei (1971),
entrambi di F. Rosi, La battaglia di Algeri di G. Pontecorvo (1966), La Cina è vicina di M. Bellocchio (1967),
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di E. Petri (1970), Trevico-Torino di E. Scola (1972),
Maledetti vi amerò di M. T. Giordana (1980), Il caso Moro di G. Ferrara (1986), Lamerica di G. Amelio
(1994), La seconda volta di M. Calopresti (1995).

In Francia il Cinema politico ha avuto negli anni sessanta e settanta in J. L. Godard uno dei massimi interpreti (vedi
Nouvelle Vague). Godard è forse l'unico regista (ma non dimentichiamo Eisenstein e l'Avanguardia sovietica
degli anni venti) che ha riflettuto sulla natura politica, non tanto del contenuto del film (cioè della storia narrata),
quanto del suo linguaggio (cioè del modo con cui la storia viene narrata), pervenendo ad un Cinema che voleva
essere rivoluzionario soprattutto a livello formale, sconvolgendo le normali modalità di percezione del prodotto
filmico da parte dello spettatore. Da ricordare anche, sempre a proposito del Cinema transalpino, ma nell'alveo di
una tradizionale convenzionalità espressiva, C. Costa Gavras con i suoi Z. L'orgia del potere (1969), La
confessione (1970), Missing (1982) e Music Box (1989).

Per la Gran Bretagna un nome su tutti, quello di K. Loach, con Riff-Raff (1991), Piovono pietre (1993), Terra e
Libertà (1995).

Negli Stati Uniti il Cinema politico ha vissuto il suo periodo d'oro in coincidenza con la stagione della New
Hollywood degli anni settanta, dove è coinciso con una generale rivisitazione in chiave critica ed antiretorica della
storia nazionale, tanto da poter dire che quasi tutti i film di quella corrente hanno, più o meno, un precisa valenza
politica. Anche molte opere sul Vietnam del decennio successivo rientrano in questa categoria. Oggi il maggior
regista politico americano è O. Stone, di cui ricordiamo Salvador (1986), Platoon (1986), Nato il quattro luglio
(1989), JFK. Un caso ancora aperto (1991), Nixon. Gli intrighi del potere (1995).

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Generi-road movie

Road-Movie
Genere cinematografico tipicamente americano, impostosi all'inizio degli anni settanta in sintonia con l'esplosione
della rivolta giovanile e dell'esigenza di affermare in modo ribelle e anticonformista il rifiuto della società borghese
e dell'integrazione in essa. I road-movies raccontano quasi sempre la storia di un viaggio di alcuni giovani, spesso
cresciuti alla cultura dell'hippismo e soliti all'uso di droghe leggere, come hascisc e marijuana, senza una meta
precisa, perché ciò che importa non è tanto la destinazione, che spesso si rivela un incontro con la morte, ma quello
che si lascia alle spalle. Quasi sempre l'itinerario privilegiato del genere va dalla costa atlantica a quella del
Pacifico (ripercorrendo così il tragitto classico dei pionieri ottocenteschi che colonizzarono le terre del West, anche
se con uno spirito molto diverso) oppure ha come mitico punto d'arrivo il Messico.

I road-movies sono girati quasi completamente in esterni sulle lunghe statali che si perdono all'orizzonte, con
qualche pausa in luoghi caratteristici del genere, come pompe di benzina, ristoranti, motel, ecc..

Il capostipite letterario di questo genere potrebbe essere considerato il romanzo On the road di Jack Kerouac e
quello cinematografico Easy Rider (D. Hopper, 1969), che per ammissione del regista è ispirato all'italiano Il
sorpasso (D. Risi, 1962). Altri titoli importanti sono Punto Zero (R. Sarafian, 1970), Sugarland Express (S.
Spielberg, 1975), Fandango (K. Reynolds, 1985), Thelma e Louise (R. Scott, 1991), Verso il sole (M. Cimino,
1997).

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Generi-spionistico

Spionistico
(Spy story). Genere cinematografico che ha come protagonisti agenti segreti e le loro azioni, sullo sfondo di
complessi intrighi internazionali nei quali ogni mezzo diventa lecito. La nascita del genere si lega al profilarsi della
minaccia nazista e alla successiva guerra mondiale (Il club dei trentanove, 1935, Il prigioniero di Amsterdam, 1940,
e Notorius, 1946, tutti di A. Hitchcock, La casa della novantaduesima strada di H. Hathaway,1945), per trovare
negli anni cinquanta e sessanta uno scenario ideale nel clima politico della guerra fredda (La spia che venne dal
freddo di M. Ritt, 1965, Lettera al Cremlino di J. Houston, 1970, I tre giorni del Condor di S. Pollack, 1975).

Una considerazione a parte meritano due agenti speciali creati dal genere spionistico, che hanno dato vita a due
famosi personaggi con tanto di ciclo personalizzato: James Bond, l'agente 007, esemplare di eroe tutto d'un pezzo,
bello e donnaiolo, dotato di qualità al limite dell'umano, in grado di venire a capo delle missioni più difficile e il
suo opposto Harry Palmer, antieroe dinoccolato e impiegatizio, vittima degli intrighi dei suoi superiori e piuttosto
restio a rischiare la pelle (Ipcress di S. Furie, 1965, Funerale a Berlino di G. Hamilton, 1966).

Recentemente è apparso sugli schermi Ronin (J. Frankenheimer, 1998), una malinconica riflessione sul tramonto
inesorabile del genere spionistico.

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Generi-sportivo

Sportivo
Genere cinematografico basato su storie di campioni dello sport, che dedica ampio spazio a sequenze che mostrano
performances sportive.

E' utile dividere i film appartenenti a questo genere in due categorie: quelli di pugili e tutti gli altri, dedicati a sport
diversi.

I film di pugili sono accomunati da precise caratteristiche: un giovane, prevalentemente proveniente dai bassifondi
o comunque di umili origini, si afferma come campione del ring, passando di vittoria in vittoria, finché non
s'imbatte nelle dure leggi del businnes sportivo che gli impongono di accettare incontri truccati. A questo punto,
così come è stata rapida l'ascesa, altrettanto fulminea è la caduta. Il film di pugilato così diventa spesso metafora
del cosiddetto sogno americano, cioè della convinzione profondamente radicata nella cultura statunitense che ogni
individuo, purché lo voglia, con tenacia ed ostinazione e in brutale e individualistica competizione con gli altri (che
la lotta sul ring simboleggia assai bene), possa raggiungere il successo, salvo poi, qualora non riesca a gestirlo con
oculatezza, precipitare nel baratro. E non farsi travolgere nel mondo del pugilato non è facile, tanto è costellato da
insidie e trappole, a cominciare da impresari senza scrupoli, spesso mafiosi o collusi con la malavita, da belle
ragazze facili e desiderose di lusso e ricchezze, da consiglieri infidi.

Tra i classici del genere che, più o meno, propongono questo schema ricordiamo Il campione di K. Vidor (1931), Il
sentiero della gloria di R. Walsh (1942), Anima e corpo di R. Rossen (1947), Il grande campione di M. Robson
(1949), Toro scatenato di M. Scorsese (1980). Anomalo rispetto a quest'impostazione il ciclo di Rocky (Rocky,
1976, e Rocky V, 1990, entrambi di J. Avildsen, Rocky II, 1979, Rocky III 1982 e Rocky IV, 1985, tutti di S.
Stallone).

Vi sono poi i film dedicati ad altri sport, che a differenza di quelli pugilistici sono prevalentemente destinati ad un
lieto fine, risolvendosi in un'esaltazione delle virtù atletiche e morali dei protagonisti sportivi, che, grazie alla loro
volontà e spirito di sacrificio, riescono ad ottenere buoni risultati. In questo caso lo sport diventa una pratica nobile,
in grado di fortificare lo spirito e il fisico. Citiamo in proposito All American Boys di P. Yates (1979), Momenti di
gloria di H. Hudson (1979) e anche l'italiano Il ragazzo di Calabria di L. Comencini (1987).

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Generi-storico

Storico
Genere cinematografico incentrato su eventi e personaggi storici. A volte l'intento è quello di una ricostruzione il
più possibile vicino alla realtà dei fatti, più spesso invece prevale una libera rivisitazione degli avvenimenti, che
sovente finiscono per intrecciarsi con elementi del tutto immaginari e romanzeschi. Tipico del genere storico è la
tendenza alla manipolazione della Storia a fini di propaganda politica (ne esistono esempi clamorosi nelle
cinematografie dei regimi totalitari, ma anche il Cinema americano non è stato da meno, se pensiamo a certi film
dedicati alla colonizzazione del West e alla questione dei pellirosse).

Alle origini è stato proprio il Cinema italiano a distinguersi in questo genere, con prodotti di grandi dimensioni
spettacolari, come Quo vadis? (E. Guazzoni, 1912), Gli ultimi giorni di Pompei (M. Caserini, 1913), Cabiria (L.
Pastrone, 1914), che hanno reso celebre la nostra cinematografia in tutto il mondo.

Sarà il grande regista americano D. W. Griffith ad imitare l'esempio italiano con grandi kolossal come Nascita di
una nazione (1914) e Intolerance (1916).

Questi film aprono la strada alla politica hollywoodiana dei grandi investimenti nel genere storico, le cui
caratteristiche diventano l'alto livello di spettacolarità e la grandiosità delle ricostruzioni d'epoca. Pensiamo a titoli
come La regina Cristina (R. Mamoulian, 1933), La carica dei Seicento (M. Curtiz, 1936) e soprattutto Via col
vento (V. Fleming, 1939); nel dopoguerra a titoli come Guerra e pace ( K. Vidor, 1956), Spartacus (S. Kubrick,
1960) e Cleopatra (Joseph L. Mankiewicz, 1963) e in questi ultimi anni Bravehart (M. Gibson, 1994),
Schindler's List (S. Spielberg, 1994), Michael Collins (N. Jordan,1996).

Per quel che riguarda il Cinema italiano possiamo ricordare la superproduzione del regime fascista Scipione
l'Africano (C. Gallone, 1937), i due film di R. Rossellini Viva L'Italia (1960) e La presa di potere di Luigi XIV
(1966) e la grande saga Novecento I-II (1976), diretto dall'Italiano B. Bertolucci, ma prodotto dagli Americani.

Possono trovare inserimento in questo genere i film d'argomento biblico-religioso, come Sansone e Dalila (1948) e
I dieci comandamenti (1956), entrambi di C. B. DeMille, La tunica (H. Koster, 1953), Sodoma e Gomorra (R.
Aldrich, 1961), La Bibbia (J. Huston, 1966) ecc..

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Generi-western

Western
Genere tipico del Cinema americano e quasi esclusivamente cinematografico, nasce come rielaborazione mitica di
un fatto storico: la conquista dei territori dell'Ovest e la nascita della nazione americana. Alla realtà storica si
sostituisce una manipolazione in chiave epica degli accadimenti: i pionieri hanno portato la civiltà edificando una
nuova società, dove prima regnava la barbarie degli indiani; a difendere la comunità dai fuorilegge e da chi
comunque trasgredisce un preciso codice morale si erge la figura dell'eroe virtuoso e disinteressato, che garantisce
la finale vittoria del Bene sul Male. Questa in sintesi estrema l'essenza ideologica del Western classico, quello che
ha trovato in registi come J. Ford, H. Hawks, R.Walsh i suoi maggior cantori negli anni trenta e quaranta.

A cominciare dagli anni cinquanta, pur nella fedeltà ai suoi presupposti di fondo, il genere acquista inflessioni più
malinconiche e problematiche (c'è chi parla di Western del crepuscolo), a cominciare dalla figura dell'eroe, che
manifesta dubbi sulla propria identità o avverte un senso di solitudine legata all'incedere inarrestabile della
civilizzazione che mette in crisi il suo ruolo. E' questo il caso di registi come A. Mann, W. Wellman, N. Ray, F.
Zinneman, G. Stevens ed altri.

Negli anni sessanta e settanta un genere già in aperta crisi viene rivitalizzato da una polemica rivisitazione
alimentata dal clima di contestazione di quegli anni. Il genere si confronta così maggiormente con la verità storica,
senza per altro abbondare la dimensione leggendaria, e si finisce per mettere l'accento sulle brutalità, le violenze, le
ingiustizie e lo sfruttamento di cui è intrisa la conquista del West. In particolare si riconosce che gli indiani sono
stati vittime di uno spietato genocidio.

Tra i tanti emerge soprattutto il nome del regista S. Peckinpah.

Al di fuori degli Stati Uniti si segnala nell'Italia degli anni sessanta lo sviluppo del Western all'italiana (citiamo
per tutti S. Leone), che riutilizza i materiali del genere secondo un'ottica nuova e decisamente rivoluzionaria: alla
base dell'agire dell'eroe non c'è più la fedeltà a precisi imperativi morali, ma la sete di guadagno (egli non è più il
buono che si contrappone al cattivo, ma è solo meno cattivo dei suoi avversari), la violenza viene di molto
esplicitata ed enfatizzata, sul tutto serpeggia una vena vagamente parodistica e un gusto accentuato per l'eccesso.

Di rilievo negli ultimi decenni la riproposta in chiave crepuscolare-romantica dell'attore-regista C.Eastwood, con
film come Il cavaliere pallido (1985) e Gli spietati (1993), dove la nostalgia per l'epopea del genere Western si
mescola alla malinconica consapevolezza del suo tramonto definitivo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram022.htm[12/07/2017 19:01:43]
Scuole-avanguardia sovietca

Avanguardia sovietica
Si dà questo nome ad un gruppo di giovani cineasti sovietici che dopo la rivoluzione d'ottobre elabora e mette in
pratica una serie di nuove teorie cinematografiche.

S. M. Ejzenstejn, L. V. Kulesov e D. Vertov sono i principali rappresentanti di questo movimento. Pur nel
differenziarsi delle loro rispettive posizioni è possibile individuare in estrema sintesi alcune comuni intuizioni:

il Cinema deve acquisire una sua assoluta indipendenza nei confronti della letteratura e del teatro,
esprimendo un lunguaggio autonomo e indipendente;

il montaggio viene individuato come lo strumento privilegiato per l'acquisizione di questa autonomia
espressiva. E' tramite il montaggio che il Cinema diventa in grado di esprimere veri e propri concetti e
significati, avvicinandosi così alle possibilità comunicative del codice verbale;

il montaggio permette di superare la tradizionale impostazione narrativa del Cinema, immettendo così in una
dimensione che è rivoluzionaria, non solo per ciò che si racconta, ma soprattutto per come lo si racconta, per
il modo assolutamente nuovo con cui ci si serve del linguaggio cinematografico;
il ruolo dello spettatore, lungi dall'essere puramente passivo o ridotto ad una semplice identificazione
emozionale con i personaggi, è stimolato all'interpretazione e decodificazione.

L'avanguardia sovietica conosce la sua stagione migliore negli anni venti, quando sulla società sovietica non è
ancora calata la plumbea cappa oppressiva dello stalinismo ed è proprio in questo periodo che si impone
all'attenzione internazionale. L'avvento del Realismo socialista negli anni trenta, sorto anche per offrire  un tipo di
Cinema meno ostico alla capacità di comprensione delle masse rispetto allo sperimentalismo linguistico
dell'avanguardia, chiude di fatto questa esperienza e impone il ritorno al tradizionalismo linguistico.

La lezione dell'avanguardia sovietica è ripresa in parte dalla Nouvelle Vague (pensiamo soprattutto a J. L. Godard)
e, pur con le ovvie differenze, da certo linguaggio pubblicitario e dei video clip.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram023.htm[12/07/2017 19:01:44]
Scuole-espressionismo

Espressionismo
Corrente del Cinema muto tedesco sorta nel 1919 e protrattasi almeno sino alla fine degli anni venti, anche se
l'antesignano del movimento viene da alcuni individuato nel film di S. Rye del 1913 Lo studente di Praga,
incentrato su quello che diventerà un luogo tematico tipico dell'espressionismo, la figura del doppio e del
pervertimento morale.

L'opera-manifesto dell'espressionismo è però Il gabinetto del dottor Caligari (1919) di R. Wiene, sceneggiato da
C. Mayer e prodotto da E. Pommer, un produttore impegnato a fondo nel rilancio della cinematografia tedesca
dopo il disastro della prima guerra mondiale. Nel film di Wiene emergono gli elementi costitutivi della concezione
espressionista:

a. le scenografie rigorosamente artificiali, anche per gli esterni, con disegni dipinti su tela riproducenti in modo
deformato i dati del reale (strade sghembe, palazzi storti, prospettive falsate, cieli neri, ecc..);
b. un'illuminazione artificiale che provoca forti contrasti di luce, determinando un accentuato gioco
chiaroscurale (numerose e sovradimensionate le ombre di cose e persone che si stagliano sullo sfondo);
c. il forte trucco degli attori e la stilizzazione dei costumi;
d. una recitazione enfatica e gesticolante (per altro caratteristica del Cinema muto);
e. il tema del male sottoforma di perversione morale, ai limiti del demoniaco, incarnata da personaggi di forte
personalità che vogliono sottomettere esseri deboli e indifesi e quello, di scuola psicanalitica, dello
sdoppiamento della personalità.

Si tratta di un apparato visivo e contenutistico ricco di implicazioni simboliche e di suggestioni pittoriche e teatrali,
dichiaratamente antirealista e orientato a trasformare il set in una specie di materializzazione allucinatoria delle
nostre ossessioni e nevrosi più profonde. C'è chi vi ha intravisto un'anticipazione dell'imminente nazismo (famoso
il contributo in questo senso dello studioso S. Kracauer, anche se oggi ampiamente ridimensionato) e, invece, chi
(forse con più ragioni) una traduzione sul piano della finzione di uno stato d'animo di smarrimento e inquietudine
legato alla catastrofe della guerra e alla perdita delle certezze illuministiche.

Tra le altre opere che, pur con differenze, a volte anche marcate, con il prototipo del Gabinetto del dottor Caligari,
si inseriscono nell'ambito dell'espressionismo citiamo Il dottor Mabuse (1922), I Nibelunghi (1924) e Metropolis
(1926), tutte e tre di F. Lang, Golem (P. Wegeren, 1920), Il gabinetto delle figure di cera (P. Leni, 1924), L'ultima
risata (W. Murnau, 1924).

Per quanto esauritosi con l'imporsi del sonoro, l'espressionismo farà sentire la sua influenza negli anni successivi,
soprattutto tramite molti registi tedeschi e mitteleuropei emigrati ad Hollywood (F. Lang, J. Von Sternberg,
R.Siodmak, E. G. Ulmer, ecc..).

Suggestioni espressionistiche, soprattutto nella gestione dell'illuminazione, sono rinvenibili, dagli anni trenta sino ai
nostri giorni, in molti film del genere Noir e Horror.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram024.htm[12/07/2017 19:01:44]
Scuole-free cinema

Free cinema
Atto di nascita di questa scuola è considerato il manifesto redatto nel 1956 da due registi inglesi, L. Anderson e K.
Reisz, nel quale si rivendicava la necessità che il Cinema assumesse parte attiva all'interno di un processo di
cambiamento e rinnovamento morale e culturale teso a smascherare e condannare le miserie e le ipocrisie di una
società britannica incrostata di perbenismo e puritanesimo e tenacemente aggrappata alla memoria di una grandezza
imperiale ormai finita.

Siamo agli inizi degli anni sessanta e con il Free cinema la macchina da presa esce dagli studi e si immerge nella
realtà e nella gente, cogliendo i segnali di inquietudine e disperazione che affiorano negli squallidi quartieri
proletari della periferia, la solitudine dell'emarginazione, i piccoli fallimenti quotidiani, la fatica del tirare avanti, la
desolante monotonia di aride e nevrotiche esistenze piccolo-borghesi, ma anche il coraggio dell'anticonformismo e
della trasgressione, la capacità di sognare e di sperare, la voglia di amare e di essere amati. E' sì un Cinema di
invenzione, ma che mette a frutto la solida esperienza accumulata da molti registi nel documentarismo sociale.

Il Free cinema fa entrare aria fresca in una cinematografia britannica esangue ed accademica, fa sentire al pubblico
la rabbia e l'irrequietezza delle giovani generazioni, la loro insofferenza per i modelli del passato, anticipa in certa
misura la contestazione del '68.

A differenza della Nouvelle Vague francese, cui per alcuni aspetti si accomuna, il Free cinema è eversivo solo sul
piano dei contenuti, non della forma, non si misura sul terreno della rivoluzione e della riflessione linguistica e per
questo, rimanendo sostanzialmente fedele al linguaggio tradizionale, è capito da un pubblico più vasto.

Tale è il successo internazionale dei film di questa corrente, che molti registi che in essa si riconoscono, sono
reclutati alla fine degli anni sessanta a Hollywood, dove, forse perché lontani dal clima da cui era scaturito il Free
cinema, finiscono per perdere l'ispirazione.

Tra i rappresentanti più autorevoli della scuola citiamo T. Richardson (Sapore di miele, 1961, Gioventù, amore e
rabbia, 1962), L. Anderson (Io sono un campione, 1963), J. Schlesinger (Billy il bugiardo, 1963), K. Reisz (Sabato
sera, domenica mattina, 1961).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram025.htm[12/07/2017 19:01:45]
Kammerspielfilm

Kammerspielfilm
Il termine significa all’incirca Cinema da camera e dopo l’espressionismo è la seconda grande corrente del cinema
muto tedesco degli anni venti. Contrariamente alla deformazione e manipolazione espressionista il Kammerspiel si
propone un ritorno alla realtà: gente comune che non ha nulla di straordinario, scenografie legate alla dimessa
quotidianità di interni proletari o piccolo-borghesi, particolare cura per il dettaglio in grado di connotare la
collocazione sociale di ambienti e persone, estrema attenzione all’analisi psicologica dei personaggi e conseguente
frequente uso del primo piano nel tentativo di penetrare nei loro stati d’animo, recitazione più misurata, meno
enfatica e gesticolante, mobilità della macchina da presa per compensare la ristrettezza fisica di ambienti
claustrofobici, quasi sempre costituiti da interni.

Le storie proposte da questa corrente abbandonano completamente i casi estremi degli eroi del male proposti
dall’espressionismo, che aveva fatto della trasgressione della verosimiglianza e della frequentazione dei territori
del fantastico e dell’irreale la propria caratteristica predominante, pur rimanendo, tuttavia, legate ad una visione
sostanzialmente desolata e pessimistica della realtà e della natura umana. Sulla maggior parte delle vicende
raccontate dal Kammerspiel incombe il senso di un Destino ineluttabile e avverso che condanna i personaggi ad
un’esistenza di infelicità e disperazione senza possibilità di riscatto. Ne deriva un Cinema che comunica una
sensazione di perturbante inquietudine e cupa mestizia, non molto differente, in questo senso, dall’angoscia
trasmessa dall’ espressionismo, con cui per altro il Kammerspiel condivide l’uso in chiave metaforica degli oggetti
e l’accentuazione dei contrasti chiaroscurali dell’illuminazione. Si potrebbe dire che una visione del mondo
ispirata a tonalità dolenti e tenebrose sia ciò che caratterizza il Cinema tedesco tra la prima guerra mondiale e
l’ascesa al potere del nazismo, tanto da suggerire a qualche studioso la suggestione che esso contenga in sé un
qualche presentimento dell’immane tragedia verso cui di lì a poco sarebbe precipitata la nazione germanica e con
essa l’umanità intera.

Un altro terreno di contatto tra Kammerspiel ed espressionismo va ricercato nel fatto che i due movimenti
condivisero gli stessi registi e sceneggiatori. Tra i primi ricordiamo F. W. Murnau, il cui film L’ultima risata
(1924) è considerato il capolavoro del Kammerspiel, P. Leni con La scala di servizio (1921), Lupu-Pick con La
notte di S. Silvestro (1924), G. W. Pabst con La via senza gioia (1925); tra i secondi spicca il nome di C. Mayer,
che scrisse la sceneggiatura di molte pellicole di questa scuola, dopo aver ideato la storia del grande capolavoro
espressionista Il gabinetto del dottor Caligari (1920).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram025bis.htm[12/07/2017 19:01:46]
Scuole-neorealismo

Neorealismo
Movimento cinematografico italiano sorto all'inizio degli anni quaranta, culminante nel periodo immediatamente
successivo la seconda guerra mondiale e declinante con gli anni cinquanta. Esso non può essere considerato come
una vera e propria scuola cinematografica, privo com'è di manifesti, programmi e documenti fondativi, ma un
atteggiamento nuovo di fronte al ruolo dello strumento-Cinema nel mondo, alimentato soprattutto dalla tragedia
della guerra e dal dramma della ricostruzione. Ciò non toglie che, pur nella complessità del fenomeno, si possano
individuare delle caratteristiche comuni fra le varie opere che a questa corrente vengono ascritte, in modo da dare
un senso unificante all'uso del termine Neorealismo.

Elenchiamo alcune delle suddette caratteristiche:

un atteggiamento di rifiuto della precedente tradizione cinematografica, considerata nella sua quasi totalità
come convenzionale nella forma ed artificiosa nei contenuti, lontana dalla realtà e dai suoi problemi,
compromessa con la retorica mistificante del regime fascista. Con la fine del fascismo e dopo la resistenza il
cineasta non può isolarsi dalla società, ma di essa deve diventare testimone e coscienza critica, impegnato
anch'egli, nei limiti delle sue possibilità, in un progetto di rinascita nazionale;

estrema aderenza alla realtà contemporanea e in particolare alle sue più scottanti ed urgenti problematiche
sociali e civili (disoccupazione, emarginazione di adolescenti ed anziani, miseria quotidiana dei ceti popolari,
ecc..);

rifiuto di scenografie artificiali e ricostruite ed utilizzo di sfondi e scenari reali, specie di esterni,
prevalentemente d'ambiente popolare e proletario. Anche l'illuminazione tende al massimo di naturalezza e
di rispetto del dato oggettivo;

utilizzo di attori non professionisti, presi dalla strada e quasi sempre appartenenti a quegli strati sociali che
dovevano rappresentare sullo schermo, in modo da ridurre al minimo la distanza fra realtà e finzione;

uso del dialetto oppure, per ovvie ragioni di comprensibilità, di un italiano vicino alla lingua parlata e
caratterizzato in senso regionale, assai lontano dalla lingua letteraria e neutra che era la norma nel Cinema
dell'anteguerra.

I primi sintomi del nascente Neorealismo si colgono agli inizi degli anni quaranta, mentre l'Italia si trova impegnata
in guerra, con film come Quattro passi fra le nuvole (A. Blasetti, 1941), I bambini ci guardano (V. De Sica,
1942), Ossessione (L.Visconti, 1943), che pur nella loro diversità esprimono l'esigenza di un rinnovato e depurato
contatto con la realtà, di una fuoriuscita dai moduli ormai logori del periodo fascista.

Tra il '45 e il '46 esce la trilogia di R. Rossellini Roma città aperta, Paisà e Germania anno zero, realizzata con
una povertà di mezzi che diventa una risorsa espressiva sullo sfondo di un'Italia travolta e martoriata dalla guerra e
di una Germania che dal conflitto è uscita materialmente e moralmente devastata.

V. De Sica, in sodalizio con lo sceneggiatore C. Zavattini, realizza Sciuscià (1948), Ladri di biciclette (1948) e
Umberto D. (1952), tre opere fondamentali del Neorealismo, che tracciano un quadro sofferto e toccante della
società italiana del dopoguerra, forse i momenti più alti e compiuti di questa grande stagione.

Del tutto particolare in questo contesto la ricerca di L. Visconti che con La Terra trema (1948) tenta di saldare la
tradizione realista verghiana con l'urgenza di novità di un Neorealismo portato alle estreme conseguenze (attori
presi dalla strada e uso del dialetto siciliano).

In una posizione di confine si colloca il contributo di un regista discusso come G. De Santis, che con film come
Caccia tragica (1946), Riso amaro (1949), Non c'è pace fra gli ulivi (1950), Roma ore 11 (1951) cerca di
coniugare i canoni del Neorealismo con esigenze di popolarità che assumono come riferimento il melodramma, il
fotoromanzo e una narratività forte all'americana.

A cominciare dagli anni cinquanta, anche in concomitanza con il mutato clima politico (la vittoria democristiana
del 1948 determina una svolta conservatrice foriera di restaurazione culturale), il Neorealismo entra in crisi, o vede
comunque mutare alcuni suoi connotati. Si fa largo un Cinema che concepisce il rapporto con la realtà come

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram026.htm[12/07/2017 19:01:46]
Scuole-neorealismo

deformazione caricaturale dei suoi aspetti più pittoreschi e innocuamente popolari e che trova il proprio sfondo
ideale in una provincia dominata dal campanile e da antichi e solidi valori contadini, appena turbati dall'incedere
della modernità. Nasce il cosiddetto Neorealismo rosa o, come si disse all'epoca, volano gli stracci del
Neorealismo. Il Neorealismo non sa reagire a questa involuzione, sia perché privo di un solido retroterra teorico, sia
perché i suoi rappresentanti più significativi come V. De Sica, R. Rossellini, L. Visconti intraprendono strade
diverse, più o meno collegate con l'esperienza neorealista, alla ricerca di nuovi itinerari artistici ed ideali.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram026.htm[12/07/2017 19:01:46]
Neue Sachlickeit

Neue Sachlichkeit (Nuova oggettività)


Tendenza del Cinema tedesco nel periodo che va dal 1924 al 1929, ultima fase del muto prima dell’affermazione
del sonoro. L’intento fondamentale che sostiene questa corrente (che non ebbe mai i caratteri di una vera e propria
scuola con un apparato teorico e un programma) è costituito dall’interesse per la realtà immediata e quindi dal
bisogno di riprodurlo oggettivamente, evitando di assumere posizione di fronte alla materia trattata. Questa
esigenza di assoluta aderenza alla realtà si oppone in modo evidente alla precedente corrente espressionista, che
aveva dominato la cultura e il cinema tedesco con la propensione a deformare all’eccesso i dati del reale. Alle
scenografie finte e sbilenche e all’illuminazione artificiale e artificiosa dell’espressionismo, la Nuova oggettività
contrappone un mondo fotografato nella sua luce naturale e una continua attenzione ai dettagli dell’ambiente, sino
ad approdare di frequente a forme di semidocumentarismo.

Per quel che riguarda i contenuti il filone d’ispirazione principale risulta la società tedesca contemporanea con i
suoi problemi sociali, come la disoccupazione e l’inflazione che creano una fauna disperata di sbandati, malviventi,
prostitute e borghesi egoisti e meschini. Si tratta di una tendenza proletaria incentivata dalla vittoria elettorale delle
sinistre alle elezioni del 1928, che accentua i tratti progressisti di questa corrente, originariamente distante da
connotazioni di natura politica. Gli esponenti più significativi di questa versione popolare della Nuova oggettività
sono i registi Pabst, May e soprattutto Jutzi. Va detto, però, che, nonostante la netta consapevolezza delle radici
sociali del malessere diffuso nella classe proletaria e dei tremendi drammi che essa viveva, nella maggior parte dei
film dei suddetti registi prevale un atteggiamento più di pietà e di commiserazione nei confronti delle vittime
dell’ingiustizia che non una chiara e lucida analisi politica e un incitamento all’azione rivoluzionaria.

La predisposizione accentuatamente realista della corrente sfocia alla fine degli anni Venti in alcuni film che
rifiutano l’elemento della finzione, per accostarsi alla realtà senza alcuna mediazione narrativa ad essa sovrapposta.
E’ il caso del famoso documentario di W. Ruttman Berlino, sinfonia di una grande città (1928) e Uomini la
domenica (1929) di R. Siodmak, E. Ulmer e B. Wilder.

Il Cinema della Nuova oggettività declina rapidamente alla fine del decennio scontrandosi con le esigenze
produttive dell’industria tedesca, orientata verso film di maggior spessore spettacolare, con l’avvento del sonoro e,
soprattutto, con il cambiamento di clima politico determinato dall’affermarsi del movimento nazista.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram026bis.htm[12/07/2017 19:01:47]
Scuole-new hollywood

New Hollywood
Non si tratta di una vera e propria scuola, teoricamente e programmaticamente fondata, bensì di un atteggiamento,
condiviso da larghi settori del mondo hollywoodiano alla fine degli anni sessanta e nella prima metà dei settanta,
segnato da una forte ansia di rinnovamento tematico e formale. Il retroterra di quest'operazione di complessivo
svecchiamento di un apparato cinematografico glorioso, ma legato a schemi anacronistici e sempre più stantii, è la
grande rivolta giovanile del 1968, che negli Usa è alimentata dall'opposizione alla guerra del Vietnam.

Il rinnovamento tematico si apre a nuovi criteri d'interpretazione della realtà e della storia:

a. la contestazione giovanile nei campus e nella società viene vista con favore e simpatia (Fragole e sangue di
S. Hagman, 1970, L'impossibilità di essere normali di R. Rusch, 1970);
b. emerge la figura del disadattato, del fallito, dello spirito anarcoide, dell'antieroe (Cinque pezzi facili di B.
Rafelson, 1970, L'uomo da marciapiede di J. Schlesinger, 1970, Fat City di J. Huston,1973);
c. si condanna la violenza, l'ipocrisia e il cinismo che permea la società, in contraddizione con sbandierati
principi di democrazia e civiltà ( Nick, mano fredda di S. Rosenberg, 1967, Non si uccidono così anche i
cavalli? di S. Pollack, 1969, La guerra privata del cittadino Joe di J. Advilsen, 1970, America 1929,
massacrateli senza pietà di M. Scorsese, 1972);
d. si esplorano le rovine e le nevrosi lasciate dalla fine del sogno americano (L'ultimo spettacolo di P.
Bogdanovich, 1971, Duel di S. Spielberg, 1971, Piccoli omicidi di A Arkin, 1971, L'ultima corvée di H.
Ashby, Nashville di R. Altman,1975);
e. si racconta di impossibili fughe on the road, che hanno come esito la morte (Easy rider di D. Hopper, 1969,
Punto zero di R. Sarafian, 1970, Sugarland Express di S. Spielberg, 1974);
f. si rivisita la storia del paese in chiave critica ribaltando gli schemi di valore consacrati dal Cinema classico
(Piccolo grande uomo di A. Penn, 1970; Soldato blu di R. Nelson, 1970, I compari di R. Altman, 1971, Pat
Garrett e Billy The Kid di S. Peckinpah, 1973, Come eravamo di S. Pollack, 1973, Perché un assassinio di
A. Pakula, 1974).

Il rinnovamento formale appare più moderato e tale da non rinunciare alla tradizionale fluidità narrativa tipica del
Cinema americano, ma significativo e riassumibile nei seguenti punti:

a. la colonna sonora musicale vede l'introduzione come suono over (cioè con funzione commentativa) di pezzi
vocali espressione della musica giovanile in voga in quel periodo;
b. il set abbandona gli studios di Hollywood per cercare scenari reali, non contraffatti, privilegiando spesso gli
spazi aperti, le strade, i motel, i distributori, interni dimessi, se non squallidi, tutto ciò insomma che sembra
lontano dal decoro medio-borghese di tanti film dei decenni precedenti;
c. il montaggio tende ad accelerare il ritmo e s'impone l' uso di procedimenti piuttosto inediti nel Cinema
americano, come il rallentatore e il piano-sequenza.

Alla fine degli anni settanta l'onda lunga della New Hollywood si è ormai spenta e nuove tendenze e orientamenti
sembrano ormai prevalere. Questa stagione ha però consacrato un cospicuo numero di attori e registi, che
diventeranno fondamentali nel decennio successivo: tra i primi citiamo R. De Niro, D. Hoffman, A. Pacino, E.
Gould, J. Nicholson, tra i secondi M. Scorsese, S. Spielberg, W. Allen, R. Altman, F.F. Coppola, B. De Palma. 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram027.htm[12/07/2017 19:01:47]
Scuole-nouvelle vague

Nouvelle Vague
Corrente cinematografica francese sorta alla fine degli anni cinquanta, nella quale si riconoscono o sono
riconosciuti un gruppo di giovani registi esordienti, con un passato e un presente di critica cinematografica nella
rivista parigina Cahiers du Cinéma, che diventa l'organo di riferimento del movimento stesso.

Si tratta di personalità come J. L. Godard, F. Truffaut, C. Chabrol, L. Malle, J. Rivette, A. Resnais, E. Rohmer
ed altri, che, pur nelle loro marcate differenze, esprimono un'idea di Cinema nuova, fortemente antitetica rispetto a
quella che essi stessi chiamano polemicamente il Cinema di papà, cioè il Cinema della generazione di registi 
francesi che li aveva preceduti (J. Duvivier, M. Carné, R. Clair, H. G. Clouzot, C. Autant-Lara), da loro accusato
di essersi sempre più sclerotizzato in un manierismo spento e ripetitivo, attento solo ad una classicheggiante
qualità formale, di essere diventato, insomma, vecchio e sorpassato.

Film come Le beau Serge (C. Chabrol, 1957), I quattrocento colpi (F. Truffaut, 1959), Il segno del Leone (E.
Rohmer, 1959), Hiroshima mon amour (A. Resnais, 1959), Fino all'ultimo respiro (J. L. Godard, 1960) spostano
l'attenzione dal contenuto delle storie raccontate e dal suo portato morale e poetico, alla manipolazione del
linguaggio e all'originalità della ricerca stilistica (di qui una serie di procedimenti tecnici inediti o poco usati: la
macchina a mano sobbalzante, il piano sequenza, associazioni di montaggio appositamente sbagliate,
inquadrature insolite, interpellazioni, asincronismi, trasgressioni delle regole grammaticali ormai consolidate,
confusione realtà e finzione, ecc..). Il cinema non deve nascondere l'artificio su cui si basa per tranquillizzare lo
spettatore con una percezione fluida e scorrevole delle immagini, ma spiazzare e disorientare il pubblico abituato
all'imitazione del reale del Cinema tradizionale, smascherando la finzione ed evidenziando i meccanismi tecnici
con cui il Cinema ritrae il mondo. Un regista non deve essere valutato tanto per ciò che trasmette attraverso i suoi
film (storie, valori, ideali, principi, ecc), ma per il modo con cui usa il linguaggio cinematografico, anzi lo reinventa
e lo crea, pervenendo ad uno stile personale e inconfondibile, diventando così un vero e proprio autore. Se è vero
che il Cinema è un linguaggio autonomo (diverso e indipendente dalla letteratura, dal teatro, dalla lingua parlata),
allora questo linguaggio, ancora così nuovo, va rifondato, liberandolo da tutte le regole e convenzioni che su di
esso si sono accumulate.

La tradizione e la storia del Cinema non devono però diventare qualcosa di cui liberarsi o essere messo nel
dimenticatoio, anzi la conoscenza del passato è fondamentale per poter confrontarsi con esso, citandolo,
manipolandolo e modificandolo con la coscienza che non si parte da zero, ma da un patrimonio che va comunque
studiato e, se è il caso, rivalutato (famose le riscoperte di registi all'epoca non particolarmente apprezzati dalla
critica ufficiale, come O. Welles, A. Hitchcock, H. Hawks, J. Ford, perché ritenuti troppo commerciali e subalterni
alla logica dei generi, e invece esaltati dalla Nouvelle vague per la loro forte identità stilistica).

La Nouvelle vague ha espresso, nella maggioranza dei casi, un Cinema d'avanguardia e di ricerca (non direttamente
destinato al circuito commerciale), lontano dai canoni della cinematografia di consumo e di massa, destinato ad
essere apprezzato e gustato sino in fondo da una ristretta cerchia di appassionati e studiosi. Ciò non toglie il fatto
che molte invenzioni linguistiche e movenze stilistiche di questa corrente francese abbiano influenzato il Cinema
contemporaneo, contribuendo ad un suo svecchiamento e rinnovamento, ormai talmente sedimentato da essersi
fatto norma. Lo stesso linguaggio degli spot e dei videoclip deve qualcosa alla rivoluzione della Nouvelle vague
(pensiamo alla macchina a mano, al montaggio frenetico, ai movimenti di macchina prolungati e inconsueti,
ecc..).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram028.htm[12/07/2017 19:01:48]
Nova Vlna

Nova Vlna
Nova Vlna è la traduzione in lingua ceca del francese Nouvelle Vague. Con questo termine si indica non una
corrente cinematografica caratterizzata da canoni e linguaggi codificati in modo unitario, ma un insieme di registi e
di film che dal 1962 al 1965 determinarono in Cecoslovacchia una grande ventata di rinnovamento. I nomi dei
cineasti appartenenti a questa stagione (quasi tutti formatisi alla scuola di Cinema Famu di Praga) sono Vera
Chytilova, Jan Nemec, Jaromil Jers, Jiri Menzel, Evald Schorm, Ivan Passer e il più famoso di tutti, Milos
Forman.

All’inizio degli anni Sessanta il clima rigido e conservatore che il regime comunista ceco aveva imposto alla
cultura nazionale , e quindi anche al Cinema (pesantemente condizionato da una pedissequa imitazione del modello
del Realismo socialista nella sua versione più banale e convenzionale) lascia il posto ad una significativa, seppur
moderata, apertura nei confronti di nuove idee e nuovi registi, come appunto quelli sopra elencati, che proprio in
questo periodo compiono il loro esordio.

A differenza dei loro predecessori (i mostri sacri del cinema nazionale), questi autori esordienti rifiutano il
confronto con i grandi temi della Storia, preferendo misurarsi con contenuti meno impegnativi, ma più legati alle
problematiche della vita quotidiana e, in particolare, delle giovani generazioni alle prese con il disagio esistenziale
della loro età e con questioni sentimentali. Dal registro solenne e magniloquente della tradizione passano a tonalità
più dimesse, ricche di sfumature ironiche e grottesche.

Pochi di questi film (che negli anni Sessanta hanno mietuto premi e riconoscimenti nei festival internazionali di
mezzo mondo) sono stati editi in Italia, a causa di una censura di mercato che spesso si mostra più spietata della
censura politica. Tra quelli che il nostro pubblico ha avuto la fortuna di vedere ricordiamo L’asso di picche (1963)
e Gli amori di una bionda (1965) di M. Forman, Perline sul fondo (1965) e Treni strettamente sorvegliati (1965) di
J. Menzel (vincitore di un Oscar come miglior film straniero), Il coraggio quotidiano (1964) di E. Schorm.

Quando nel 1968 in Cecoslovacchia si inaugura quel convulso processo di rinnovamento politico e culturale avviato
dall’ala riformista del Partito Comunista cecoslovacco guidata da Alexander Dubcek e che prende il nome di
Primavera di Praga, gran parte dei registi della Nova Vlna partecipa con entusiasmo a questo movimento.
L’invasione sovietica dell’agosto 1968 soffoca la Primavera di Dubcek ed impone al paese una rigida
normalizzazione restauratrice.

Nel clima repressivo che si instaura negli anni successivi gli autori della Nova Vlna vengono sottoposti a duri
attacchi da parte delle autorità e a loro si impedisce praticamente di lavorare. Alcuni rimarranno in patria ,
adattandosi con fatica al nuovo soffocante contesto (Chytilova, Menzel), altri sceglieranno la via del volontario
esilio, come Forman, che avrà modo di esprimere le sue qualità negli Stati Uniti.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram028bis.htm[12/07/2017 19:01:48]
Scuole-nuovo cinema tedesco

Nuovo Cinema tedesco


Nel 1962 un gruppo di 26 cineasti tedeschi (tra cui i nomi più significativi sono quelli di A. Kluge e E. Reitz)
firma un manifesto che proclama la morte del vecchio Cinema e la nascita del Nuovo Cinema tedesco. Pur senza
esprimere un'omogeneità teorica e programmatica questa nascente corrente individua alcuni precisi obiettivi
polemici:

il Cinema commerciale di consumo, per altro dominato dalla produzione statunitense, ormai cristallizzato in
formule ripetitive e in generi sempre più esausti;

il linguaggio cinematografico tradizionale veicolato dal suddetto Cinema commerciale, che passivizza lo
spettatore, annullandone lo spirito critico;

e rivendica una nuova concezione di Cinema basata su:

un rinnovamento dei contenuti, che devono aprirsi alla realtà sociale, specie alle situazioni di emarginazione,
rifiuto dell'integrazione, contestazione dell'ordine esistente;

un rinnovamento formale, incentrato sul superamento del linguaggio tradizionale, per orientarsi verso nuove
forme di sperimentazione e avanguardia, sovvertendo i canoni classici;

la piena consapevolezza della valenza politica del Cinema, che non deve più essere concepito esclusivamente
come mezzo d'espressione individuale, ma come strumento collettivo di trasformazione dell'ordine esistente
in senso rivoluzionario.

Tra i principali titoli di questa prima fase del Nuovo Cinema tedesco, che raggiunge l'apice attorno al 1968,
ricordiamo La ragazza senza storia (1966) e Artisti sotto la tenda del circo: perplessi (1968), entrambi di A.
Kluge, La spietata legge del ribelle (1968) di V. Schlondorff, Scene di caccia in Bassa Baviera (1969) di P.
Fleischmann.

Negli anni settanta il nuovo Cinema tedesco accoglie nuovi contributi apportati da una giovane generazione di
registi che pur facendo propri i presupposti del movimento li rielabora in modo assolutamente personale, ora
proseguendo la riflessione linguistico-formale innestatasi sulla crisi del Cinema classico (W.Wenders, W. Herzog),
ora recuperando modalità espressive legate alla tradizione dei generi alla luce di una nuova consapevolezza critica
(R. W. Fassbinder), ora recuperando l'iniziale caratterizzazione politica del movimento, ergendosi a coscienza
critica democratica e progressista delle degenerazioni autoritarie della società tedesca (M. Von Trotta).

Con gli anni ottanta il Nuovo Cinema tedesco comincia a mostrare i primi segni di crisi (nel 1982 muore R. W.
Fassbinder, figura carismatica della corrente) per esaurirsi definitivamente con gli anni novanta. In sede di bilancio
si può senz'altro affermare che esso, insieme al Neorealismo italiano, alla Nouvelle vague francese e al Free
cinema inglese, sia stato uno dei movimenti cinematografici più interessanti e innovativi del Cinema europeo del
dopoguerra.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram029.htm[12/07/2017 19:01:49]
Scuole-realismo poetico

Realismo poetico
Formula nella quale si fa rientrare la produzione di alcuni registi francesi nel periodo che va all'incirca dal 1930 al
1940. Al centro dell'interesse viene posta la vita delle classi umili contemporanee, prevalentemente il proletariato e
a volte anche il sottoproletariato, come si manifesta nella realtà quotidiana dei quartieri operai e popolari della
grande città (quasi sempre Parigi). L'elemento poetico che si innesta su questo substrato sociale è costituito da
storie ispirate a temi romantici e melodrammatici come l' amore infelice o contrastato, l'incombere di un Fato
avverso, la solitudine dell'eroe mitico (spesso uno spostato o un bandito) e da suggestioni populiste, come
l'attribuzione al popolo in quanto tale di virtù e qualità assenti nelle altre classi sociali, come un forte spirito di
solidarietà e un profondo senso di umanità. Il riferimento è da una parte la grande tradizione letteraria naturalista
dell'Ottocento (Flaubert, Maupassant, Hugo, Zola), dall'altra l'Espressionismo e il Noir, per quel che riguarda la
ricostruzione di ambienti popolari, spesso degradati e miserabili.

Questa corrente cinematografica è certamente influenzata dalla vittoria elettorale del Fronte Popolare (un'alleanza
di governo delle sinistre) alle elezioni del 1936, che accende nel paese molte speranze, aggregando attorno alla
prospettiva di rinnovamento sociale e di resistenza al dilagante fascismo (proprio in quell'anno inizia la guerra di
Spagna) numerosi intellettuali progressisti e democratici. La fine dell'esperienza politica del Fronte Popolare e lo
scoppio della seconda guerra mondiale, che porta all'occupazione nazista della Francia, chiudono la breve stagione
del realismo poetico, anche se qualche sua reminiscenza è rinvenibile nel Cinema francese degli anni cinquanta
(pensiamo alla figura del fuorilegge-gentiluomo di molti noir transalpini) e in una qualche misura anche nel
Neorealismo italiano.

I registi più importanti e significativi del realismo poetico sono J. Renoir, M. Carné, J. Duvivier e R. Clair. Di J.
Renoir, il più politicizzato e il più coinvolto nell'impegno in prima persona nel sostegno al Fronte Popolare,
ricordiamo Toni (1934), Le crime de Monsieur Lange (1936), La vita è nostra (1936), L'angelo del male (1938). M.
Carné inserisce, invece, su uno scenario popolare un senso tragicamente fatalistico della vita: suoi Il porto delle
nebbie (1938) e Alba tragica (1939). J. Duvivier contamina l'istanza realista con le esigenze dei generi: La bella
brigata (1936) e Il bandito della Casbah (1936). Infine R. Clair, forse il meno inseribile in quest'ambito, immette in
un film come A me la liberté (1932) la sua scanzonata e anarcoide ironia surreale in un tema serio come
l'alienazione della civiltà industriale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram030.htm[12/07/2017 19:01:49]
Scuole-realismo socialista

Realismo socialista
Teoria estetica prevalente nel Cinema sovietico a partire dagli anni trenta, in coincidenza con il consolidarsi
definitivo del potere staliniano e con l'avvento del Cinema sonoro. Il primo piano quinquennale moltiplica il
numero delle sale cinematografiche, individuando il potere sovietico nel Cinema un importante strumento di
propaganda. Si impone la necessità di trovare un linguaggio chiaro e comprensibile agli strati meno colti della
popolazione, diverso da quello sperimentale e di ricerca estrema elaborato agli inizi degli anni venti
dall'avanguardia sovietica, considerato troppo difficile per le masse.

E' in questo contesto che al I° Congresso degli Scrittori del 1934 Gorkij espone per la prima volta in modo
organico i canoni del realismo socialista, validi per tutte le espressioni artistiche: l'artista (nel nostro caso il
regista) deve dare il proprio contributo alla realizzazione del progetto rivoluzionario, attraverso delle opere dotate
di una forte valenza educativa, da esse cioè deve emergere, tramite una esposizione di estrema chiarezza,
l'interpretazione marxista della realtà storico-sociale e soprattutto gli obiettivi politici e i principi morali indicati dal
Partito comunista sovietico.

Da qui la realizzazione di film dai temi ricorrenti: la rivoluzione bolscevica del '17, la collettivizzazione delle
campagne, l'industrializzazione, ecc.. In essi emerge la figura dell'eroe positivo, di colui che, dotato di una solida
coscienza politica e di un grande spirito di sacrificio, diventa un punto di riferimento per i compagni incerti e
dubbiosi di fronte alle tante difficoltà dell'edificazione del socialismo.

Se non mancano opere di qualità, come Ciapaiev (1934) di G. e S. Vasilev, Il deputato del Baltico (1937) di J.
Khejfitz e Zarkij, Il maestro (1939) di S. Gerasimov, va detto tuttavia che ben presto il Realismo socialista si
fossilizza in un ripetitivo repertorio di film all'insegna dell'enfasi celebrativa e dello schematismo didascalico, sino
a diventare supino strumento del culto della personalità di Stalin. La vittoria sovietica nella seconda guerra
mondiale accentua a dismisura la magniloquenza retorica del Realismo socialista, quasi completamente degenerato
ormai in esaltazione nazionalpatriottica ed agiografia staliniana (significativo in questo senso La caduta di Berlino
di M. Ciaureli, 1950).

Il processo di destalinizzazione iniziato nel 1956 determina una significativa inversione di tendenza che porta in
tempi brevi al tramonto della stagione del realismo socialista. La maggior libertà espressiva di cui godono i registi,
si traduce in una riscoperta della dimensione lirica e sentimentale e delle problematiche esistenziali dell'individuo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram031.htm[12/07/2017 19:01:50]
Scuole-surrealismo

Surrealismo
Movimento artistico d'avanguardia, d'origine prevalentemente francese, che si colloca cronologicamente all'inizio
del secolo e che in campo cinematografico si manifesta negli anni venti. Esso si inserisce nel più vasto contesto di
critica ed eversione delle forme tradizionali di espressione artistica che caratterizza la modernità e l'avvento della
società industriale.

Assunto cardine del surrealismo è che la civiltà borghese (cioè l'insieme di valori, concezioni, stili di vita, rapporti
di potere che la classe borghese vincitrice delle rivoluzioni liberali dell'Ottocento aveva imposto alla società) sia
alienante e repressiva, condannando l'uomo all'infelicità. In particolare il grigio conformismo borghese soffoca
quell'insieme di pulsioni vitali e primitive che si nascondono nell'inconscio, non più visto quindi dai surrealisti,
come per Freud, come un fardello che condiziona in negativo la nostra esistenza e su cui bisogna stendere la luce
della coscienza, ma come una ricchezza e un tesoro da liberare e valorizzare. Nel subconscio si nasconde la chiave
di una verità, che solo la creatività artistica può dischiudere. E' il massimo di soggettività, in contrapposizione con
l'illusoria oggettività del mondo percepito e della scienza che cerca di spiegarlo, ciò che il surrealismo, tarda
filiazione del decadentismo, ricerca.

Se è vero che il sogno è l'esperienza umana che maggiormente ci mette in diretto contatto con l'inconscio, il
Cinema è, con ogni evidenza, la forma espressiva che per le sue caratteristiche più si avvicina all'attività onirica. Si
tratta ovviamente di modellare il più possibile il linguaggio cinematografico sulle modalità di manifestarsi del
sogno, sui suoi assurdi e inesplicabili accostamenti, sulla sua illogicità e enigmatica ambiguità: cosa non difficile
visto che il Cinema è già, anche nella sua forma più tradizionale, sogno ad occhi aperti, fondamentalmente non
realista, per la manipolazione temporale e spaziale che la sua natura gli permette.

Il Cinema surrealista, così come si esprime negli anni dal '24 al '30 (suo periodo d'oro), rinuncia ad ogni linearità e
consequenzialità narrativa, per farsi pura successione acronologica e libera di immagini e situazioni, partendo da un
programmatico e rigoroso rifiuto della pretesa riproduttiva della realtà com'è, rivendicata dal cinema alla sua
nascita. La finalità è quella di pervenire, una volta distrutte le convenzioni rappresentative che imprigionano e
impoveriscono la nostra comunicazione, non alla realtà, sempre ingannevole e illusoria, ma ad una surrealtà, cioè
una super-realtà, un vera realtà.

Tra i titoli più significativi del movimento surrealista ricordiamo: Entr'acte di R. Clair, 1924, La coquille et le
clergyman di G. Dulac, 1926, Le sang d'un poète di Jean Cocteau, 1930, Un chien Andalou, 1929, e L'age d'or,
1930, entrambi di L. Bunuel.

Come tutti i movimenti d'avanguardia, anche il surrealismo, non ebbe un grande seguito di pubblico, essendo
inconciliabile con le regole del Cinema commerciale di consumo e questo spiega in parte la brevità della sua
stagione. Ciò non toglie che a livello di linguaggio comune si usi spesso l'espressione surrealista, o simile, per
indicare non tanto un film ascrivibile a questa corrente, quanto una o più sequenze, o anche un'intera pellicola,
caratterizzate da accadimenti di scarsa verosimiglianza o irreali, o semplicemente immersi in un'atmosfera
misteriosa od onirica (pensiamo ad alcuni momenti del Cinema di F. Fellini, P. Greenway, D. Lynch, K. Russell, J.
Jarmusch).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram032.htm[12/07/2017 19:01:50]
Actor's Studio

Actor's Studio
Fondato a New York nel 1947 da E.Kazan, C.Crawford e L.Strasberg, è ancor oggi la più prestigiosa scuola di
recitazione degli Stati Uniti, anche se ha raggiunto il culmine della fama negli anni cinquanta. Vi hanno studiato
attori come M.Brando, J.Dean, P.Newman, R.Steiger, ecc.., e più di recente J.Fonda e R. De Niro e ne sono stati
influenzati registi come S. Lumet, M. Ritt, G. Stevens, N. Ray. Esso si rifà alle teorie dell'American Laboratory
Theatre, fondato negli anni venti da alcuni attori russi emigrati discepoli di Stanislavskij, sostenitore di una tecnica
recitativa improntata al massimo di realismo psicologico.

L'Actor's Studio propugna un metodo di recitazione (detto semplicemente metodo) finalizzato alla totale
identificazione dell'attore con il personaggio che interpreta, in modo da rivelarne le più intime contraddizioni. Il
risultato del metodo è un'interpretazione di grande intensità e coinvolgimento, assai adatta ad esprimere personalità
nevrotiche e tormentate, spesso afflitte da conflitti interiori insanabili. Non è più il personaggio che si adatta alle
caratteristiche dell'attore, secondo la tradizione hollywoodiana, ma viceversa. L'interprete deve penetrare nel ruolo
con tutto se stesso e quindi non solo con le battute della sceneggiatura, ma anche e soprattutto con la gestualità e
le espressioni del volto.

Se dal metodo sono derivate performances recitative di notevole spessore, è pure accaduto che esso spesso abbia
determinato fenomeni di manierismo, con conseguente recitazione un po' troppo concitata e sopra le righe.

Allo stile Actor's Studio si oppone la scuola del cosiddetto understatment, vale a dire uno stile d'interpretazione
smorzato e sottotono (ad esso hanno fatto riferimento attori come C.Grant, R.Redford, C.Eastwood, S.Connery).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram001.htm[12/07/2017 19:01:51]
flashback

Flashback     
(analessi, retrospezione)     Termine inglese (l'equivalente italiano è retrospezione o analessi) che indica una
discontinuità nella successione temporale della narrazione, attuata attraverso il recupero di un momento della storia
che appartiene al passato. Molto usato sin dalle origini del Cinema, nei primi tempi il flashback veniva segnalato al
pubblico tramite una dissolvenza o un ondeggiamento particolare dell'immagine, entrambi posti all'inizio e alla fine
di esso. A cominciare dagli anni sessanta non esiste più nessun artificio visivo, se non, a volte, una marca verbale
(tipo dieci anni prima, qualche giorno prima, ecc..) a preannunciare l'inizio del flashback.

Il flashback è il contrario del flashforward e rispetto a questo molto più usato.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram042.htm[12/07/2017 19:01:51]
flashforward

Flashforward   
 

   Termine inglese (l'equivalente italiano è anticipazione o prolessi) che indica una discontinuità nella successione
temporale della narrazione, attuata attraverso l'anticipazione di un momento della storia che appartiene al futuro.
Molto meno usato del flashback (di cui è l'opposto) rispetto a quest'ultimo è solitamente di più breve durata.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram043.htm[12/07/2017 19:01:52]
Asincronismo

Asincronismo   
 

  (montaggio asincronico). Procedimento basato sulla creazione di una non-coincidenza fra la colonna sonora e la
colonna visiva di un film. In altre parole ciò che si sente fa riferimento ad una realtà spazialmente e temporalmente
diversa da quella mostrata. Inaugurato dai movimenti d'avanguardia e piuttosto raro per anni, oggi l'asincronismo
trova una più frequente applicazione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram033.htm[12/07/2017 19:01:56]
regia

Regia    
(regista, registico, autore, cineasta)     Attività centrale di direzione e coordinamento di tutte le attività che
costruiscono un film. La regia, in linea di massima, tende a farsi carico soprattutto dell’aspetto visivo del film, dal
tipo e dalla durata delle inquadrature al movimento degli attori all’interno di esse, dal succedersi delle sequenze
al tipo di illuminazione e alle scenografie del set, ecc.. (non a caso all’inizio della storia del Cinema veniva
chiamato dai francesi metteur en scène, cioè colui che mette in scena un’azione cinematografica).

Si è soliti distinguere tra un regista autore, che impone e controlla tutte le fasi e gli aspetti della lavorazione di un
film, che diventa così espressione del suo mondo morale, ideale e poetico, e un regista esecutore, che lavora su un
progetto da altri concepito e gestito, dal soggetto alla scelta degli attori, dalla sceneggiatura al montaggio. Nel
primo caso il regista ha quasi sempre una sua riconoscibilità stilistica (bastano poche sequenze di un suo film per
capire chi è), nel secondo rimane piuttosto anonimo e il film che ha diretto non sarebbe stato molto diverso nelle
mani di un altro.

L’autore è tradizionalmente una figura più europea (J.Renoir, I. Bergman, T. Dreyer, R. Bresson, F.Fellini, M.
Antonioni, W. Wenders, R.W. Fassbinder e tanti altri) che statunitense e questo perché l’industria hollywoodiana
ha sempre pesantemente condizionato l’attività registica (è ormai luogo comune la figura del produttore che
impone la sua volontà al regista, spesso riservandosi il montaggio finale della pellicola). Questo non ha impedito
che anche dal sistema hollywoodiano emergessero grandi autori, che spesso hanno dovuto lottare per difendere la
propria identità artistica dalle interferenze delle esigenze commerciali o sono riusciti a far comunque filtrare, anche
attraverso i meccanismi e le regole spettacolari di Hollywood, la propria visione del mondo e la propria cifra
stilistica (D. W. Griffith, E. Von Stroheim, C. Chaplin, A. Hitchcock, O. Welles, J. Ford, S.Kubrick, B. Wilder,
R. Altman, S. Spielberg, W. Allen e tanti altri).

Non esistono tuttavia regole precise per stabilire a chi si debba attribuire il titolo di autore e a chi no e questa
definizione non può che essere soggettiva, riferendosi spesso a diverse idee di Cinema e a diverse correnti e
movimenti cinematografici e di pensiero critico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram053.htm[12/07/2017 19:01:56]
barocco

Barocco     
(Barocchismo, baroccheggiante). Si dice di uno stile cinematografico basato su scelte linguistiche estreme ed
eccessive sul piano delle inquadrature, delle scenografie, dell'illuminazione, della colonna sonora musicale,
questi piani considerati sia separatamente, sia nel loro insieme.

Questo termine viene spesso usato dalla critica con connotazioni negative, sinonimo di ridondante e compiaciuta
ricercatezza, priva di autentica originalità.

Nella storia del Cinema si sono tuttavia segnalati grandi registi, che barocchi si sono autoproclamati o tali sono
stati definiti. In questo caso il termine barocco ha perso ogni significato negativo, per indicare invece una personale
concezione stilistica e linguistica. E' il caso di O. Welles, N. Ray, F. Fellini, S. Leone, K. Russell, P. Greenaway
ed altri.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram034.htm[12/07/2017 19:01:57]
budget

Budget
     Risorse stanziate per la realizzazione di un progetto cinematografico dalla produzione. Spesso il budget
condiziona la qualità del prodotto, ma non necessariamente nel senso che ad un budget maggiore corrisponde film
migliore, anzi a volte l'eccesso di disponibilità economica può influire negativamente sulla resa artistica di una
pellicola e viceversa. E' caratteristico della storia del Cinema aver visto opere di grandi dimensioni produttive (ad
esempio i kolossal) naufragare al botteghino e invece film girati in economia riscuotere un grande successo di
pubblico. Gli Stati Uniti, che sono la patria del Kolossal (film che dispone di un grande finanziamento e che punta
sull'esibizione di ricche e sfarzose scenografie e sull'utilizzo di grandi attori, finalizzando il tutto ad un'alta resa
spettacolare), hanno pure espresso il fenomeno dei cosiddetti B-Movies, cioè di film, prevalentemente di genere,
considerati di serie b, realizzati con magri budget e che spesso hanno avuto non solo una notevole risposta di
pubblico, ma consensi anche dalla critica. Tra i B-Movies che per il loro successo hanno fatto storia, ricordiamo La
sanguinaria (J.H. Lewis, 1949) Rapina a mano armata (S. Kubrick, 1956), Sfida nell'Alta Sierra (S. Peckinpah,
1962), La notte dei morti viventi (G. A. Romero, 1968). In Italia va segnalato il grande exploit di Per un pugno di
dollari (S. Leone, 1964).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram036.htm[12/07/2017 19:01:57]
botteghino

Botteghino    
 

  Biglietteria del cinema. In gergo si usa per fare riferimento all'incasso di un film. Dire che un film è andato bene
al botteghino significa che ha ben incassato. Dire che un film è interessato solo al botteghino assume una
connotazione negativa, nel senso che si vuole sottolineare che ogni intento artistico è stato sacrificato al fine di un
positivo esito economico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram035.htm[12/07/2017 19:01:58]
calligrafismo

Calligrafismo    
(Formalismo)  Atteggiamento registico particolarmente attento ad una scrupolosa ed accurata ricostruzione
scenografica e ambientale (specie nei film ambientati in epoche passate) e ad una rigorosa perfezione delle
inquadrature e dei movimenti di macchina.

Nel lessico critico il termine di calligrafismo assume quasi sempre connotazioni negative, intendendo riferirsi a
regìe poco ispirate ed inventive, compiaciute del proprio perfezionismo (si può trovare a volte, usato con valore
sinonimico, il termine di formalismo).

Nella prima metà degli anni quaranta (in coincidenza con la seconda guerra mondiale) si affermò in Italia un
indirizzo, incentrato sulla traduzione cinematografica di famosi testi letterari, per il quale gli storici del Cinema
italiano hanno usato il termine di calligrafismo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram037.htm[12/07/2017 19:01:58]
Censura

Censura
Si può dire che la censura esista dall'inizio dei tempi, essendosi sempre preoccupati i governanti di vigilare affinché
gli spettacoli e le manifestazioni artistiche ed espressive in genere non travalicassero certi limiti, fissati questi
ultimi sulla base del livello di tolleranza politica dei detentori del potere e di quello che è andato configurandosi
come il cosiddetto comune senso del pudore (concetto che se può avere una sua validità in riferimento a comunità
primitive, risulta assai discutibile se proiettato nel contesto di società complesse ed articolate). I parametri usati dai
censori nel corso dei secoli sono andati ovviamente modificandosi, variando secondo il generale clima culturale e
le convinzioni morali dominanti. A cominciare dal Medioevo lo Stato ha delegato alla Chiesa cattolica il ruolo di
controllore sulla produzione artistica e culturale (ricordiamo il tribunale dell'Inquisizione ed il Sant'Uffizio). Solo
con le rivoluzioni liberali dell'Ottocento i governi si sono riappropriati di quella delega che avevano assegnato alla
Chiesa, svolgendo in prima persona l'attività di censura.

Se l'avvento della democrazia e della società di massa all'inizio del XX secolo ha da una parte allentato i rigori
della censura, dall'altro ha accentuato la vigilanza su un mezzo di comunicazione tanto popolare come il Cinema (è
significativo a questo riguardo il fatto che in quasi tutti i paesi europei la censura cinematografica sia stata istituita
proprio all'indomani dell'abolizione di quella teatrale).

Praticamente tutti gli Stati del mondo hanno creato apposite commissioni di censura cinematografica di nomina
governativa (la prima istituita in Italia risale al 1913) con il compito di visionare i film e, se viene ritenuto
opportuno, imporre (preventivamente o a posteriori) una proibizione totale o parziale alla visione nelle sale (in
quest'ultimo caso si apportano i famosi tagli) oppure escludere da questa una determinata fascia d'età. Particolare,
invece, il caso degli Stati Uniti (e anche di altri paese come la Gran Bretagna, la Germania e il Giappone), dove la
censura è esercitata dalla stessa industria cinematografica (si potrebbe parlare in questa circostanza di una specie di
autocensura): è storicamente famosa la commissione promossa dalle case di produzione americane alla fine degli
anni venti e presieduta da W. H. Hays, che diede il proprio nome ad un celeberrimo codice che impose per quasi
trent'anni a registi e sceneggiatori limiti ben precisi alla loro creatività.

Particolarmente rigida nei regimi autoritari e totalitari, nei quali è soprattutto l'ambito politico ad essere oggetto di
pesanti limitazioni, nei paesi democratici l'attenzione dei censori si è tradizionalmente appuntata sui margini di
libertà con cui i registi hanno trattato temi e situazione di carattere erotico-sessuale. Si potrebbero citare parecchi
esempi di film di grande valore contro cui si è accanita la censura italiana. Può bastare a questo riguardo qualche
titolo: Totò e Carolina (1955) di M.Monicelli, Rocco e i suoi Fratelli (1959) di L.Visconti, La dolce vita (1959) di
F.Fellini, I dolci inganni (1959) di A.Lattuada  e in epoca più recente Salò o le 120 giornate di Sodoma (1976) di
P.P. Pasolini e Ultimo tango a Parigi (1972) di B. Bertolucci, che costituisce un caso unico nella storia del
Cinema, essendo stato il solo film condannato al rogo (cioè alla distruzione di tutte le copie sul territorio
nazionale), anche se totalmente reintegrato una decina d'anni dopo.

In questi ultimi anni le maglie della censura si sono notevolmente allentate ed è raro che una pellicola venga fatta
oggetto a divieti o limitazioni. Inoltre sta facendosi sempre più largo nel paese la consapevolezza del carattere
ormai anacronistico e illiberale di questo strumento e da più parti se ne chiede l'abolizione (fatta salva ovviamente
la conservazione del divieto per fascia d'età per salvaguardare i più giovani da film che potrebbero essere fonte di
turbamento).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram002.htm[12/07/2017 19:01:59]
Cortometraggio

Cortometraggio
(mediometraggio) Film di durata variabile, da un minimo di pochi minuti ad un massimo di 20-30 minuti circa, ma
comunque caratterizzato dal fatto di essere considerevolmente più breve rispetto ai cosiddetti lungometraggi, cioè i
normali film delle sale.

I cortometraggi sono spesso costituiti da documentari, ma possono essere anche pellicole di fiction. Proprio in
quest'ultima versione il cortometraggio (in questo caso denominato ormai corto) ha incontrato negli ultimi anni un
certo rilancio (soprattutto nell'ambito dei festival cinematografici), anche se raramente esso trova collocazione nella
programmazione delle sale.

Tra il cortometraggio e il lungometraggio si colloca il mediometraggio, che presenta una durata che va all'incirca
dai 30 minuti ai 60. E' il caso di parecchi telefilm e documentari televisivi, culturali e informativi, ma anche di film
a soggetto (tra i più famosi esempi di questo formato ricordiamo Une partie de campagne, 1936, di J. Renoir e gli
episodi di Decalogo, 1988, di K. Kieslowski).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram003.htm[12/07/2017 19:01:59]
didascalismo

Didascalismo
(didascalico)   Termine con cui si indica l'evidente volontà di un film di spiegare in modo il più possibile
accessibile e chiaro (e aproblematico) i significati, l'ideologia, i valori e principi che la pellicola s'incarica di
comunicare. Qualora questa finalità argomentativa finisca per imporsi su ogni altro intendimento espressivo, ed
anzi vada a scapito della dimensione simbolica e metaforica, il didascalismo viene considerato un limite e un
difetto, aldilà delle buone intenzioni, che come tali rimangono valide (è il caso di molto Cinema politico e
militante, pensiamo alla scuola del Realismo socialista e al Cinema di propaganda in genere, dove l'urgere del
cosiddetto messaggio politico, oscura qualunque altro intento). Quando, invece, la chiarezza e immediatezza di
significato, si coniuga con l'inventiva creatrice e l'intuizione poetica, o semplicemente con un solido ritmo narrativo
e una vigorosa tensione drammatica, non si parla più di didascalismo, ma di felice equilibrio tra diverse esigenze (è
il caso di C. Chaplin, del miglior Neorealismo e Realismo poetico francese, di certo Cinema politico americano
alla O. Stone).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram038.htm[12/07/2017 19:02:00]
dissolvenza

Dissolvenza    
  Procedimento ottico che consiste nel passaggio graduale da un’immagine ad un’altra, a segnare quasi sempre la
fine di una sequenza e l’inizio di un’altra, qualora tra le due intercorra narrativamente un salto temporale marcato
(qualche ora, uno o più giorni, mesi o anni).

Si distinguono due tipi di dissolvenza: la dissolvenza in nero, nella quale il venir meno di un’immagine è seguito
dal perdurare dello schermo nero per qualche secondo e la dissolvenza incrociata, nella quale mentre l’immagine
destinata a scomparire si sfuoca e decompone ad essa si sovrappone quella successiva che inizialmente sfuocata si
rende sempre più nitida.

Impostasi soprattutto con il Cinema sonoro, la dissolvenza trova la sua massima utilizzazione nel Cinema classico
hollywoodiano, da lì trasferendosi nelle altre cinematografie, per farsi più rara a cominciare dagli anni settanta e
ancor più oggi, quando a volte viene usata con significati diversi da quelli tradizionali.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram039.htm[12/07/2017 19:02:00]
Distribuzione

Distribuzione
(noleggio, esercizio, censura di mercato) Fase della circolazione di una pellicola che consiste nell'acquisto del film
dalla produzione e nel successivo noleggio (possesso temporaneo limitato al periodo delle proiezioni pubbliche), a
prezzo fisso o a percentuale, all'esercizio (le singole sale cinematografiche). La distribuzione (che potrebbe essere
considerata una specie di commercio all'ingrosso dei film, mentre la proiezione dell'esercente equivale alla vendita
al minuto) è un'attività di vaste dimensioni che necessita di una folta rete di agenzie e di molto personale. Non è
raro il caso in cui la distribuzione partecipi direttamente alla produzione di un film (avviene soprattutto in Europa)
o che la produzione abbia il controllo di parte del settore distributivo (è il caso delle Major statunitensi).

La distribuzione (insieme all'esercizio) a volte può svolgere un'azione di rallentamento, o di vero e proprio
impedimento, della circolazione di un film ritenuto poco appetibile sul piano commerciale e quindi destinato a
scarsi incassi: in questi casi si è soliti parlare di censura di mercato, cioè di una legge non scritta che esclude
soprattutto i film di qualità destinati ad un pubblico ristretto di appassionati e cultori di Cinema (ben conoscono
questo meccanismo di esclusione gli spettatori dei piccoli centri di provincia che aspettano invano l'arrivo di
parecchi film destinati ad uscire dal circuito distributivo dopo poche visioni nelle grandi città o a non entrarci
nemmeno). Nel nostro paese accade anche che spesso siano proprio i film italiani (in questo caso a prescindere dal
livello qualitativo) a subire questa censura e ciò a causa dello strapotere economico del Cinema hollywoodiano che
impone i suoi prodotti in Europa grazie ad un imponente apparato pubblicitario ed a un più elevato standard
spettacolare (per dirla in altri termini i film americani piacciono di più al pubblico e quindi incassano
maggiormente).

Tra le maggiori case di distribuzione italiane ricordiamo Cecchi Gori Group, Penta, Mikado, Academy, Medusa,
Istituto Luce.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram004.htm[12/07/2017 19:02:01]
tempi morti o ellissi

Ellissi  
  (Tempi morti)    Espressione con cui si indicano quelle parti della storia che non essendo significative ed
importanti nella dinamica narrativa non vengono prese in considerazione dal racconto e quindi dalla colonna visiva,
non vengono insomma mostrate. Tutto questo non va assolutamente a scapito della comprensione degli eventi, anzi
rende possibile concentrare in un tempo cinematografico di circa due ore eventi che se raccontati per intero
occuperebbero molte più ore, se non una giornata o addirittura mesi e anni. Il salto narrativo che permette di
annullare i tempi morti accorciando la durata della narrazione si chiama ellissi.

Quasi sempre cancellati dal Cinema classico hollywoodiano, proteso ad una narrazione la più sintetica ed
essenziale possibile, i tempi morti sono stati recuperati in parte dal Cinema d'avanguardia europeo del secondo
dopoguerra (Nouvelle Vague, Nuovo Cinema tedesco), che proprio in contrapposizione con la fluidità
hollywoodiana ha dato spazio ai tempi morti, dilatando la durata di azioni e gesti solitamente sottintesi e quindi
ellissati, con conseguente appesantimento del ritmo del film (vedi il regime dell'antinarrazione).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram061.htm[12/07/2017 19:02:01]
Esercizio

Esercizio
(Esercente, multisala, gestione, cinema d'essai, cineclub)     Fase terminale del processo di sfruttamento della
pellicola cinematografica, consiste nella gestione delle sale in cui avviene la proiezione. Ai primordi della storia
del Cinema al modello monopolistico statunitense, che concentrava l'esercizio nelle mani delle grandi case di
produzione, si contrapponeva la proprietà europea di una o più sale da parte di un gestore che non aveva interessi
in altri settori dell'industria cinematografica. Successivamente, e soprattutto a causa della crisi dovuta al calo di
pubblico a cominciare dagli anni sessanta, si è avviato un processo di concentrazione della proprietà delle sale
(parallelamente ad una loro marcata diminuzione): il gestore del singolo cinema, insomma, non riusciva a reggere
economicamente e quindi chiudeva e vendeva oppure si allargava acquistando altre sale. In Italia il numero delle
sale e dei gestori agli inizi degli anni novanta risultava sensibilmente inferiore rispetto a vent'anni prima, per non
parlare degli anni cinquanta, periodo d'oro dell'esercizio. Ultimamente, tuttavia, si sta assistendo ad un rapido
incremento del numero delle sale a causa del diffondersi della struttura della multisala, cioè di un unico complesso
costituito da più locali di proiezione (da tre o quattro sino a più di dieci) che operano in contemporanea offrendo
titoli diversi. Si tratta, a volte, di veri complessi multifunzionali, dotati di servizi sussidiari (tavola calda, bar,
negozi, giardino d'infanzia, ecc..).

Esistono, poi, specie nelle grandi città, i cosiddetti cineclub o cinema d'essai, cioè esercizi specializzati (spesso
sovvenzionati dallo Stato o dagli enti locali) con lo scopo di garantire la visione di film di particolare pregio e
qualità, o almeno così considerati, che difficilmente troverebbero accoglienza nelle sale commerciali. A volte può
accadere, in particolare in realtà dove non esistono cinema d'essai, che sale normali diano spazio nella loro
programmazione a periodiche rassegne di film di qualità, godendo di appositi sgravi fiscali o agevolazioni di varia
natura.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram005.htm[12/07/2017 19:02:02]
estetismo

Estetismo   
  (Formalismo, Estetizzante). Atteggiamento registico finalizzato alla ricerca della bellezza formale, o presunta tale.
L'estetismo cinematografico cura in modo particolare la qualità dell'immagine, affinchè le sue varie componenti,
illuminazione, colori, scenografia, costumi, comunichino una sensazione di appagamento estetico.

Il termine estetismo viene spesso usato dalla critica cinematografica con connotazioni negative, per indicare una
predisposizione, spesso compiaciuta ed esasperata, a privilegiare gli esiti di eleganza formale di un film, più che la
dimensione espressiva e creativa (in questi casi si parla anche di formalismo o di film di confezione).

E' tuttavia indubbio che la realizzazione di un film improntato ad una marcata dimensione estetizzante richieda
l'apporto di valide professionalità nell'ambito delle specializzazioni tecniche.

Va ricordato come l'accusa di estetismo a volte ha interessato grandi autori del calibro di L. Visconti e J. Ivory.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram040.htm[12/07/2017 19:02:02]
Fiction

Fiction
Termine inglese (è l'equivalente dell'italiano finzione) viene ormai comunemente usato indicare testi di tipo
narrativo basati su avvenimenti immaginari e più in particolare, nel gergo cinematografico, per riferirsi ai film che
si contrappongono ai cosiddetti documentari, che si basano, invece, sulla ripresa di fatti reali. Espressione
equivalente è quella di Cinema a soggetto, basato cioè su un soggetto.

Ormai il termine di fiction si applica all'insieme della comunicazione e del mondo dello spettacolo, per cui si parla
di fiction televisiva (telefilm, soap-opere, sceneggiati, ecc…), fiction teatrale, letteraria, ecc..

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram006.htm[12/07/2017 19:02:02]
filmografia

Filmografia   
 

  Elenco di tutti o di parte delle opere (nel primo caso si dice completa, nel secondo parziale) realizzate da un
regista, anche se questo termine può essere riferito ad altri soggetti che partecipano alla realizzazione di un film,
come un attore, uno sceneggiatore, un produttore, ecc..

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram041.htm[12/07/2017 19:02:03]
Filtro

Filtro
Schermo trasparente che si colloca davanti all'obiettivo per agire sulla luce che impressiona la pellicola. I filtri
vengono usati sia con il bianconero sia con il colore e hanno lo scopo di attenuare una luce troppo intensa oppure
di modificare la normale percezione ottica dell'immagine, nel senso che lo spettatore non vede la stessa luce (o
quasi) che vedrebbe nella realtà, ma un'altra, non realistica, che è scelta dalla regia con determinate finalità
espressive. In quest'ultimo caso si ricorre a filtri colorati che imprimono all'immagine una precisa tonalità
coloristica, che diventa dominante e avvolge tutto ciò viene mostrato, o filtri speciali che agiscono sulle fonti di
luce presenti nell'inquadratura, aureolandole o sfrangiandole e producendo così un effetto antirealistico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram007.htm[12/07/2017 19:02:03]
Flou

Flou
Effetto di sfocatura dell’immagine, con conseguente sfumatura e indeterminatezza dei contorni, ottenuto ponendo
davanti all’obiettivo diffusori ottici o garze o reticoli vari.

Il Cinema muto e quello sonoro degli anni trenta hanno fatto ampio ricorso al flou, soprattutto nei primissimi
piani, sia per circonfondere di un alone mitico e romantico i volti delle dive, sia per nascondere i danni dell’età.
L’effetto flou si ritrova pure nel colore, spesso ricavato da filtri particolari. In questo caso lo si usa specie per
incentivare il senso di sospensione, ai limiti del reale, di determinate immagini, come quelle appartenenti a sogni,
visioni, ricordi lontani riesumati dalla memoria.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram008.htm[12/07/2017 19:02:04]
Formato

Formato
Con questo termine si fa riferimento alla larghezza della pellicola misurata in millimetri. Si distinguono tre tipi
principali di formato:

a. il 35 mm (il più diffuso), che è quello originario del Cinema. L'immagine riprodotta lascia ai lati un margine
nero, in altre parole l'immagine non occupa l'intero spazio dello schermo.

b. Il 16 mm (il meno diffuso), che riducendo le dimensioni della cinepresa ne aumenta la maneggevolezza e
quindi si presta in particolare per il documentarismo d'attualità e per le inchieste televisive (anche se in
questo caso da tempo si preferisce alla cinepresa l'assai più pratica telecamera). Per i costi minori che
presenta rispetto ad altri formati il16 mm è tradizionalmente la scelta privilegiata di produzioni cosiddette
povere, a bassissimo budget. Per le proiezioni in sala il 16 mm viene gonfiato a 35 mm e quindi, dal punto di
vista delle dimensioni schermiche, il risultato è pressoché identico.

c. Il 70 mm (media diffusione) è nato negli anni '50, quando a causa dei primi segnali di crisi dovuti all'imporsi
della televisione l'industria cinematografica cerca di incentivare la dimensione spettacolare del Cinema (altra
innovazione che va in questa direzione e che si collega al 70 mm è il colore). L'immagine riprodotta non
lascia alcun margine laterale e quindi occupa l'intera estensione dello schermo, con un evidente effetto di
ingrandimento rispetto al 35 mm. Con il passare del tempo, richiedendo il formato 70 mm apparecchiature di
ripresa grandi e quindi piuttosto ingombranti, è stato sostituito dai sistemi anamorfici, cioè da un particolare
procedimento di schiacciamento dell'immagine su un formato a 35mm, che poi nella proiezione in sala,
grazie all'uso di particolari obiettivi, si trasforma in 70 mm (tra questi sistemi ricordiamo il Cinemascope e il
Panavision). Il 70 mm è stato usato soprattutto per le grandi produzioni di film ad alto tasso di spettacolarità,
come i kolossal storici e d'avventura.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram009.htm[12/07/2017 19:02:04]
illuminazione

Illuminazione    
(Fotografia, Direttore alla fotografia)     L'organizzazione della luce (sua quantità, qualità, direzione, ecc…) sulla
scena, gestita e controllata da uno specialista definito come direttore della fotografia.

Essa può basarsi sull'utilizzo della luce artificiale (prodotta da lampade speciali) e/o naturale. La luce artificiale
permette al direttore della fotografia un maggior margine di creatività, specialmente qualora il regista assegni
all'illuminazione precise valenze espressive. E' il caso dell'illuminazione antirealista di scuola espressionista, con la
quale si ricercano marcati contrasti di luce, basati su giochi di ombre e controluce con la pellicola in bianconero
(pensiamo al Noir degli anni quaranta) e dell'illuminazione altrettanto antirealista incentrata sull'uso espressivo del
colore (pensiamo alle dominanti cromatiche della fotografia di V. Storaro). A questo tipo di illuminazione artefatta
e manipolata si contrappone quella cosiddetta neutra, che pur utilizzando la luce artificiale, oltre naturalmente a
quella naturale, è finalizzata ad una resa realistica dell'immagine, il più vicino possibile a come normalmente
l'occhio umano percepisce il mondo circostante. Quest'ultima è l'opzione prevalente ed è fondamentale per quei
film che vogliono sottolineare la propria aderenza alla realtà (film neorealisti, film-verità, film d'attualità sociale,
ecc..)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram046.htm[12/07/2017 19:02:05]
frame-stop

Frame-stop
 

   Termine inglese (l'equivalente italiano è fermo fotogramma) con cui si indica il blocco di un fotogramma sullo
schermo, con l'effetto di immobilizzare un'immagine filmica per un tempo più o meno lungo, rendendola in tutto
simile a quella fotografica. Procedimento piuttosto raro nel mezzo del film, è invece più frequente alla fine, quando
può accadere che i titoli di coda scorrano su un frame-stop.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram044.htm[12/07/2017 19:02:09]
fuori campo

Fuori campo    


 

Si dice della collocazione di persone e cose che si collocano al di fuori dell'inquadratura, pur facendo parte
dell'azione che l'inquadratura stessa ci mostra.

Per quel che riguarda voci, rumori e musica si parla di fuori campo quando l'inquadratura non mostra la loro fonte
materiale. In questo caso si distingue fra suono off e suono over.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram045.htm[12/07/2017 19:02:09]
Grandangolo

Grandangolo
Particolare tipo di obiettivo in grado di abbracciare uno spazio vastissimo provocando una forte curvatura delle
linee sui bordi e producendo così una deformazione che distorce l'immagine nel senso della dilatazione dello spazio
e dell'alterazione della prospettiva. Esso viene usato per evidenti scopi espressivi, specie qualora un regista intenda
sottolineare il modificarsi della normale percezione della realtà da parte di un personaggio (si usa quindi soprattutto
nelle soggettive).

Una delle prime sperimentazioni di questo obiettivo si ha nella sequenza d'apertura di Quarto potere (O.Welles,
1941), nella quale gli ultimi istanti di vita del protagonista morente sono mostrati attraverso la deformazione del
grandangolo, a suggerire l'idea di un'alterazione della visione nel momento dell'agonia.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram010.htm[12/07/2017 19:02:10]
Inserto

Inserto
Con questo termine si fa riferimento ad un breve segmento visivo, comunemente costituito da una o due
inquadrature e della durata di pochi secondi, che trova ospitalità all'interno di una sequenza più ampia, da cui
trae una giustificazione narrativa.

Tradizionalmente esso viene utilizzato per visualizzare i ricordi che attraversano fugacemente la mente di un
personaggio e in alcuni casi possono avere anche una strutturazione a fasi successive (famosi, in questo senso, gli
inserti dei film di S. Leone C'era una volta il West, 1968, e Giù la testa, 1971, dove alcuni flashback relativi ad
esperienze fondamentali nella vita dei protagonisti, vengono proposti per inserti isolati, che solo verso la fine del
film si ricompongono per intero, diventando narrativamente comprensibili); più raramente la loro collocazione
temporale è opposta al più diffuso caso precedente (in Non si uccidono così anche i cavalli?, 1969, di S.Pollack
capiamo solo all'epilogo che gli inserti disseminati nel corso del film non sono flashback, come siamo stati indotti a
pensare per abitudine, ma flashforward che ci preannunciano l'esito della storia).

L'inserto ha trovato anche un frequente utilizzo in alcune scuole cinematografiche d'avanguardia, secondo modalità
e finalità differenti rispetto ai casi suddetti (pensiamo, ad esempio all'avanguardia sovietica e in particolare ai film
linguisticamente più rivoluzionari di S. M. Eisenstein, come Ottobre, 1927, e Sciopero, 1925, dove la presenza
dell'inserto non risponde più ad esigenze narrative, ma concettuali, di comunicazione cioè di un significato di
natura argomentativa).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram011.htm[12/07/2017 19:02:10]
Interpellazione

Interpellazione
L'attore o gli attori, guardando in macchina, danno la sensazione di rivolgersi direttamente allo spettatore (a meno
ovviamente che non si tratti di una soggettiva), di guardarlo, come fa il giornalista o la presentatrice alla
televisione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram011bis.htm[12/07/2017 19:02:11]
Lungometraggio

Lungometraggio
Film di durata non inferiore ai 90 minuti, che è considerata la durata minima perché un film possa essere proiettato
in una sala. Di solito la durata standard di un film si aggira attorno ai 90-110 minuti, ma non mancano pellicole che
arrivano anche ad oltrepassare sensibilmente le due ore e a volte, anche se è assai raro, le 3 o 4 ore. In quest'ultimo
caso ci si trova di norma di fronte ad un Kolossal.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram012.htm[12/07/2017 19:02:11]
kitsch

Kitsch     
Termine attribuito a ciò che si ritiene di cattivo gusto, grossolano. Esso viene riferito un po' a tutte le
manifestazioni umane e non solo a quelle artistiche.

In campo cinematografico assume prevalentemente un valore negativo, ma accanto ad un kitsch involontario, ne


esiste a volte uno consapevole e programmatico, per così dire d'autore. Citiamo registi, come esempi di
quest'ultimo caso, quali J. Waters, R. Mayer, P. Almodovar e in un certo senso F. Fellini.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram047.htm[12/07/2017 19:02:12]
Maccartismo

Maccartismo
Periodo della vita pubblica americana che prende il nome dal senatore Joseph Mc Carthy che fu a capo della
Commissione per le attività antiamericane voluta dal Congresso degli Stati Uniti nell'immediato secondo
dopoguerra per indagare sulla cosiddetta infiltrazione e influenza dei comunisti nelle istituzioni statali. Istituita
all'inizio della Guerra fredda nel 1947, la Commissione lavorò con grande zelo sino alla metà degli anni cinquanta
contribuendo a creare nel paese un pesante clima di isteria e sospetto che finì per colpire, non tanto e non solo i
comunisti (che per altro costituivano una sparuta minoranza nella società americana), quanto molte personalità
progressiste (soprattutto intellettuali), che non avevano altra colpa se non quella di credere nei principi di libertà e
democrazia che stanno alla base della costituzione degli USA.

Questa Caccia alle streghe (come fu polemicamente battezzata) non risparmiò Hollywood e il mondo dello
spettacolo, anzi si accanì in modo particolare contro quegli attori, registi, sceneggiatori, ecc.., sospettati di essere
comunisti o di esserlo stati. Per guadagnarsi l'accusa di comunismo era sufficiente aver diretto film di impegno
civile e su tematiche sociali o averne scritto la sceneggiatura, ma a volte bastava molto meno, come l'amicizia o la
frequentazione di persone sospette.

Il Cinema americano fu investito da un'ondata di paranoia inquisitoria che stroncò il filone di realismo sociale da
poco inaugurato e che portò all'imprigionamento di alcuni (i famosi Dieci di Hollywood) e al licenziamento e
all'emarginazione di tantissimi altri (vennero redatte vere e proprie Liste nere). Registi e attori come W.Wyler,
J.Huston, A.Litvak, H.Bogart, K.Hepburn espressero il loro dissenso nei confronti di questa offensiva illiberale,
C.Chaplin e J.Losey preferirono andarsene in volontario esilio, E.Kazan, E.Dmytryk, S.Hayden sfuggirono a
probabili incriminazioni accusando ex-amici e colleghi.

Solo negli anni settanta la società americana ha cominciato a confrontarsi con questa oscura pagina del proprio
passato, facendo autocritica e riabilitando molte vittime di quell'infausta stagione. Proprio in quel periodo intanto
Hollywood andava rivisitando il maccartismo in chiave di polemica denuncia, con film come Come eravamo
(S.Pollack, 1973) e Il prestanome (M.Ritt, 1976).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram013.htm[12/07/2017 19:02:12]
produzione

Produzione     
(Produttore)   Quel complesso di attività finanziarie e organizzative che rende possibile la realizzazione del
prodotto cinematografico. In termini più semplici quell'entità (individuale o collettiva) che con le proprie risorse
economiche finanzia il film.

Se in Europa l'attività produttiva è privata e pubblica e se privata può essere finanziata dallo Stato (specie per
quelle pellicole che si ritiene possano avere valenza artistica), negli Usa la produzione cinematografica è
esclusivamente privata ed è organizzata secondo criteri rigorosamente imprenditoriali. Esistono le cosiddette
Majors (MGM, Warner Bros., Paramount, Twenty Century Fox, Columbia, Universal, United Artists), vere e
proprie grandi industrie del Cinema, strutturate su grandi dimensioni produttive, e le cosiddette produzioni
indipendenti, che fanno film in economia e con maggior libertà decisionale, ma che spesso devono appoggiarsi
alle Majors per la distribuzione del film.

A capo dell'attività di produzione troviamo il produttore (o più produttori), che spesso, specie negli Usa, finisce
per esercitare un controllo assoluto su tutte le fasi di realizzazione di un film, riducendo al minimo le competenze
registiche (vedi regista). Questa frequente invadenza del produttore induce a volte il regista, qualora ne abbia le
possibilità, ad assumere egli stesso questo ruolo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram051.htm[12/07/2017 19:02:13]
manierismo

Manierismo
 

     (manierista, manierato). Atteggiamento registico orientato a riprodurre stilemi e canoni preesistenti e a volte
codificati in scuole e correnti. Il termine viene quasi sempre usato con connotazioni negative ad indicare una regia
priva di idee originali e fortemente condizionata da modelli consolidati.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram048.htm[12/07/2017 19:02:13]
montaggio alternato

Montaggio alternato    


 

Particolare tipo di successione di inquadrature secondo uno schema che alterna, intrecciandole, immagini che si
riferiscono ad una sequenza con altre riferite ad una diversa sequenza, che narrativamente si svolge
contemporaneamente alla precedente. Il montaggio alternato costituisce un'importante conquista linguistica del
Cinema, che se ne impossessa intorno agli anni dieci (è soprattutto il grande regista americano D.W. Griffith ad
approfondire questa risorsa espressiva), svincolandosi ulteriormente dalla subalternità al linguaggio teatrale che lo
aveva condizionato agli esordi. Esso allarga considerevolmente le possibilità narrative del Cinema e con l'avvento
del sonoro risulta essere già un passaggio sintattico ormai consolidato.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram049.htm[12/07/2017 19:02:14]
sequenza

Sequenza     
(piano-sequenza)    Successione di inquadrature collegate tra di loro dalla finalità di voler esprimere un’unità
narrativa isolabile per la sua relativa autonomia dal resto delle inquadrature e dalle altre sequenze (esempio: una
successione x di inquadrature mostra un personaggio fuggire di corsa da un inseguitore malintenzionato finché non
si mette in salvo; una successione y di inquadrature mostra lo stesso personaggio raccontare quello che gli è
accaduto in un commissariato. La successione x costituisce una sequenza diversa e distinta dalla successione y).
Perlopiù un film è costituito da tante sequenze e il passaggio dall’una all’altra è segnato da un cambiamento
spaziale e/o temporale.

Si chiama piano-sequenza una sequenza costituita da una sola inquadratura, e quindi percepita in assoluta
continuità d'immagine, senza stacchi di montaggio. Si tratta di un'evenienza poco frequente, che troviamo in 
particolare in registi europei come Anghelopulos, Truffaut, Bergman, Antonioni ecc. Esistono anche, per quanto
rari, film costituiti da una sola sequenza (è il caso di Nodo alla gola di A. Hitchcock, 1948).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram057.htm[12/07/2017 19:02:14]
plein air

Plein air  
Metodo di ripresa nel quale il set viene collocato in esterni, utilizzando scenografie naturali. Questa tecnica nasce
con il Cinema: i film dei Lumiére riprendevano nelle strade, nelle piazze e nelle stazioni scene di vita comune.
Nell'epoca d'oro di Hollywood si privilegiano le riprese negli studi e il plein air si fa raro ed eccezionale (spesso
viene simulato con la tecnica del trasparente, collocando alle spalle degli attori uno schermo su cui si proiettano
immagini di esterni). A cominciare dal secondo dopoguerra con il neorealismo italiano e il realismo d'ispirazione
sociale americano il plein air viene ampiamente utilizzato e soprattutto negli anni a venire, a causa del graduale
venir meno dell'uso del trasparente. Più specificatamente per film in plein air si intende fare riferimento a quelle
pellicole interamente (o quasi) girate in esterno (Ladri di biciclette di V.De Sica, 1948, Easy Rider di D.Hopper,
1969, Nel corso del tempo di W.Wenders, 1975, Il ladro di bambini di G. Amelio, 1992, ecc…).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram050.htm[12/07/2017 19:02:15]
Presa diretta

Presa diretta
(doppiaggio)     Registrazione del suono al momento in cui avvengono le riprese. Oggetto della presa diretta sono
soprattutto i dialoghi (ma anche i suoni e i rumori entrano nella registrazione) e questo impone agli attori
l'apprendimento a memoria della loro parte. La presa diretta è usata negli Stati Uniti praticamente dall'inizio del
sonoro (capita non di rado nei film americani di intravedere la giraffa pencolare nella parte superiore dello
schermo), mentre in Italia si è andata imponendo in questi ultimi anni e non per tutti i film, mentre prima la regola
era quella di registrare in studio la voce dell'attore in un momento successivo e questo per garantire un suono più
nitido e pulito.

Il contrario della presa diretta è il doppiaggio, che consiste nel sovrapporre alle voci degli attori originali quelle di
altri attori, che parlano ovviamente nella lingua del paese nel quale il film uscirà. L'Italia vanta la miglior scuola di
doppiatori del mondo. Come conseguenza dell'uso del doppiaggio il pubblico viene privato dell'ascolto della voce
dei grandi divi hollywoodiana (anche se questo va a scapito dell'autenticità del testo filmico, può anche accadere
che il doppiaggio costituisca una specie di reinvenzione del personaggio doppiato, pensiamo ad esempio alla
versione italiana di Stanlio e Ollio o al doppiaggio di R.De Niro da parte di F. Amendola).

In questi ultimi anni si sta affermando anche in Italia, sulla base della diffusione della conoscenza delle lingue
estere e per scopi didattici, la pratica della visione dei film stranieri in lingua originale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram014.htm[12/07/2017 19:02:15]
profondità di campo

Profondità di campo    
Prerogativa di quelle immagini nelle quali tutte le persone e le cose inquadrate, anche se disposte su piani diversi,
si trovano perfettamente a fuoco e quindi ben distinguibili. Permettendo agli attori una maggior libertà e vastità di
movimento all'interno di una singola inquadratura, la profondità di campo ha incentivato l'uso del piano-sequenza.
Questa tecnica di ripresa avvicina enormemente il cinema alle possibilità di percezione dell'occhio umano,
permettendo allo spettatore di mettere a fuoco cose diverse all'interno della medesima immagine filmica.

Utilizzata per la prima volta nel 1941 dall'operatore G. Toland nel film di O. Welles Quarto Potere, essa si
estenderà rapidamente, anche grazie al progressivo miglioramento degli apparecchi ottici e della sensibilità delle
pellicole. Inizialmente possibile solo con il bianconero, verrà utilizzata, a cominciare dagli anni settanta, anche con
il colore.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram052.htm[12/07/2017 19:02:16]
remake

Remake     
Letteralmente significa rifacimento. Praticamente da sempre l'industria hollywoodiana rispolvera vecchi successi,
proponendone nuove versioni. Clamoroso il caso di I dieci comandamenti, di cui esistono due versioni di C. B. De
Mille, una del 1925 e l'altra del 1956, e una versione del 1927 (quindi a soli due anni dalla prima) di F. Niblo. In
anni più vicini ricordiamo I magnifici sette (1960) di J. Sturges e L'oltraggio (1963) di M. Ritt, entrambi tratti da
precedenti film di A. Kurosawa, Il postino suona sempre due volte (1981) di B. Rafelson, remake dell'omonimo di
T. Garnett del 1946, a sua volta remake di Ossessione (1943) di L. Visconti, Fino all'ultimo respiro (1983) di J.
McBride, remake dell'omonimo di J. L. Godard del 1960, Lolita (1997) di A. Lyne, remake dell'omonimo di
S.Kubrick del 1962, e il recentissimo Psyco (1998) di G.Van Sant, addirittura fotocopia dell'omonimo di A.
Hitchcock del 1960.

Quasi mai il remake raggiunge il livello della copia di riferimento, anche se a volte ci si trova di fronte a film che
dell'originale hanno ben poco, trattandosi di rivisitazioni assolutamente personali. In questi casi il remake prende le
distanze dal film da cui è tratto diventando qualcosa di sostanzialmente diverso. Troviamo casi del genere
soprattutto in Europa e qualora fra l'originale e il remake sia intercorso un lungo lasso di tempo. E' il caso di
Nosferatu, principe della notte (1978) di W. Herzog, remake del lontanissimo Nosferatu, il vampiro (1922) di F.
W. Murnau, di Diavolo in corpo (1985) di M. Bellocchio, remake di Il diavolo in corpo (1947) di C. Autant-
Lara.

Clamoroso il caso di Per un pugno di dollari (1964) di S. Leone, remake non dichiarato del film di A. Kurosawa La
sfida del samurai (1961), il regista italiano cioè non pagò i diritti del film giapponese confidando probabilmente in
una limitata circolazione nazionale della pellicola. Il western di Leone, invece, diventò uno dei più grandi successi
internazionali di tutti i tempi e la produzione giapponese del film di Kurosawa intentò una causa legale. Nel 1996 è
uscito lo statunitense Ancora vivo di W. Hill, altro remake de La sfida del samurai.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram054.htm[12/07/2017 19:02:16]
Satira

Satira
Termine riferibile a quanto riveste un carattere di critica, più o meno mordace e sferzante, verso aspetti o
personaggi del mondo contemporaneo, che però non sono rappresentati in modo realistico, ma deformato e
caricaturale, così da suscitare ilarità. La satira attraverso gli strumenti propri della comicità e dell'umorismo si
allontana dalla verosimiglianza, ma resta sempre contigua alla realtà da cui trae ispirazione e su cui vuol far
riflettere. Di origini antichissime e probabilmente popolari (c'è chi si rifà alle rappresentazioni sceniche in
occasione di feste religiose dell'antichità greco-romana) la satira ha espresso nel corso dei secoli la volontà, quasi
sempre nascosta dietro allusioni e mascheramenti, di criticare e denigrare, anche in modo irriverente ed osceno, i
vizi dei potenti e del potere e per questo essa, sino ai nostri giorni, è stata sovente oggetto di sospetto e censura da
parte dell'autorità.

Attraverso la letteratura e il teatro la satira è trasmigrata nel Cinema (ma anche nel giornalismo, nel cabaret e nella
televisione), dando vita ad una specie di sottogenere della commedia che è la cosiddetta commedia di costume
(cosi chiamata per la pungente critica di comportamenti e atteggiamenti diffusi nella società), che proprio in Italia
negli anni sessanta ha incontrato un consistente successo con la denominazione di commedia all'italiana (corrosiva
e spesso amara riflessione sulle degenerazioni e i guasti morali provocati da un improvviso benessere economico).

La satira non va confusa con la parodia (cui pure è imparentata), che consiste nella caricatura con finalità comico-
umoristiche, non di aspetti della realtà (come la satira), ma di specifici generi narrativi o di testi preesistenti.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram015.htm[12/07/2017 19:02:17]
sceneggiatura

Sceneggiatura     
(sceneggiatore)    Elaborazione, in forma scritta, finale e definitiva del soggetto, costituisce il riferimento
fondamentale per la lavorazione del film. Essa può contenere, oltre ai dialoghi dei personaggi (che sono spesso
affidati a degli specialisti chiamati sceneggiatori), anche la successione delle inquadrature e dei movimenti di
macchina (quasi sempre di competenza del regista).

Spesso la maggiore o minore completezza della sceneggiatura dipende dallo stile di lavoro del singolo regista, ma
di frequente anche dall'ambito di autonomia di cui gode nella realizzazione del film. E' il caso dello strapotere della
produzione tipica dell'industria hollywoodiana, dove può accadere che al regista venga consegnata una
sceneggiatura dettagliata alla quale deve rimanere scrupolosamente fedele (in proposito vedi la voce regia). Più il
regista è libero da condizionamenti, più la sceneggiatura può subire rimaneggiamenti nel corso della lavorazione
del film e viceversa.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram055.htm[12/07/2017 19:02:17]
scenografia

Scenografia   
L’ambiente, naturale o ricostruito, nel quale si svolge l’azione del film. Qualora sia naturale, esso può essere
costituito da un paesaggio agreste o urbano o da un interno preesistente alla lavorazione del film e quindi
rinvenibile nella realtà al di fuori della produzione cinematografica; qualora sia ricostruito allora richiede l’apporto
di diversi specialisti, quali lo scenografo, l’arredatore, il decoratore ed altri tecnici.

All’epoca d’oro di Hollywood (anni trenta e quaranta) la maggioranza dei film veniva girata negli studios delle
case di produzione e quindi le scenografie erano quasi completamente artificiali (gli stessi esterni avevano come
sfondo pannelli dipinti), nel periodo successivo (anche grazie all’imporsi delle tematiche realiste e neorealiste) si
sfruttano di più gli ambienti naturali.

Di particolare importanza e impegno diventa il ruolo di chi lavora alla scenografia nei film storici o
fantascientifici.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram056.htm[12/07/2017 19:02:18]
set

Set    
 

  Lo spazio adibito allo svolgimento delle riprese, sia in interni che in esterni.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram058.htm[12/07/2017 19:02:21]
Soft-core

Soft-core
(Cinema erotico, hard-core, Cinema pornografico, sale a luci rosse)     Termine usato per indicare un particolare
filone di Cinema erotico (basato cioè prevalentemente sulla rappresentazione della sessualità) nel quale le scene di
sesso non sono mostrate o descritte in modo totalmente realistico, essendo mediate dalla recitazione degli attori.
Citiamo fra i principali film soft-core Emanuelle (J. Jaeckin, 1974), Bilitis (D. Hamilton, 1977) e Nove settimane e
mezzo (A. Lyne, 1986), mentre titoli come Ultimo tango a Parigi (B. Bertolucci,1972), Racconti immorali (W.
Borowczyk, 1974), la Trilogia della Vita di Pasolini (Il Decameron, 1971, I racconti di Canterbury, 1972, e Il fiore
delle Mille e una notte, 1974) o altre pellicole erotiche d'autore, pur essendo ampiamente incentrate sul sesso, non
possono essere ascritte integralmente al soft-core a causa della loro ricchezza e complessità di tematiche e
significati. In questi ultimi anni in Italia è stato soprattutto il Cinema di T. Brass a continuare la tradizione del soft-
core inaugurata negli anni settanta (Paprika, 1991, L'uomo che guarda, 1994, Fermo posta Tinto Brass, 1995,
Monella, 1997). Più in generale si è soliti usare il termine di soft-core anche in riferimento a scene di sesso
contenute in film non di prevalente contenuto erotico, soprattutto quando le sequenze erotiche sono risolte con un
gusto un po' estetizzante e patinato.

Con il termine hard-core (o anche di Cinema pornografico) si indica invece un genere di film, rigorosamente
vietato ai minori e relegato in sale cinematografiche appositamente adibite a questo genere di offerta (le cosiddette
sale a luci rosse), basato su immagini che mostrano reali rapporti sessuali, senza trucchi e finzioni e con attori
specializzati esclusivamente in questi ruoli. Si tratta di una fetta di mercato particolarmente florido negli anni
ottanta (allorché molti gestori riconvertivano il loro locale in sala a luci rosse per sopravvivere alla crisi del
settore), ma che in quest'ultimo periodo ha subito la concorrenza dell'equivalente prodotto in versione homevideo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram016.htm[12/07/2017 19:02:22]
soggetto

Soggetto     
 

La trama del film, a volte anche la pura e semplice idea di partenza, e in questo caso può essere contenuta in poche
pagine. Esso può essere originale, concepito cioè esclusivamente per il Cinema, o non originale, in questo caso fa
riferimento ad un’opera o a uno spettacolo preesistente (romanzo o testo teatrale) e si parla di adattamento.

Il soggetto è il punto di partenza del prodotto cinematografico e la sua accettazione o meno da parte della
produzione sta alla base della realizzazione o meno di un film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram059.htm[12/07/2017 19:02:22]
Stile

Stile
Termine con cui si indica l'insieme delle scelte linguistiche di un film, di una scuola, di un genere o di un regista.
Non si fa riferimento tanto al contenuto, quanto al modo con cui esso viene rappresentato utilizzando le forme
specifiche dei codici cinematografici.

Un certo tipo di inquadratura o di movimento di macchina, una particolare illuminazione o un determinato


montaggio, un'opzione di colore o una scelta di sottofondo musicale ed altro ancora possono, nel loro insieme,
qualora si ripetano di film in film, andare a costituire uno stile, che diventa in questo caso riconoscibile, se non
addirittura inconfondibile. Uno stile può presentarsi in modo più o meno marcato e caratterizzato in base al suo
maggiore o minore discostarsi da quelli che nella pratica cinematografica sono andati configurandosi come i
parametri linguistici di uso comune.

Legato al concetto di stile (proprio nella sua versione più marcata) troviamo quello di autore, riconoscimento che
viene usato per certi registi e che poggia proprio sull' identità stilistica delle loro opere. E' lo stile che ci permette di
riconoscere dopo poche immagini un film di Fellini, Kubrick, Bergman, Ford, Godard e tanti altri (come del resto
un quadro di Leonardo, Rembrandt, Van Gogh, Klimt, Picasso, ecc..) mentre risulterebbe assai più difficile, se non
impossibile, distinguere i registi di tanti film puramente commerciali esclusivamente sulla base della tipologia delle
scelte formali (quasi sempre le stesse e quasi sempre le più comuni) in essi dispiegate (e questo al di là di un
giudizio di valore che può differenziarsi di caso in caso). Volendo semplificare si potrebbe anche dire che un autore
tanto più è valido (e quindi degno di considerazione), quanto più tende ad inventare un proprio linguaggio (un suo
stile appunto) in grado di distinguersi da quello degli altri.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/Linguaggio2000/2framegram017.htm[12/07/2017 19:02:23]
stilema

Stilema      
(stile, stilistico)         Elemento caratterizzante lo stile di un regista e come tale ritornante come costante nella sua
filmografia. A volte lo stilema può essere riferito ad una scuola o ad una corrente cinematografica, in questo caso
l'uso eccessivo e pedissequo di stilemi può sconfinare nel manierismo.

Qualora lo stilema sia un'invenzione originale di un regista , allora esso è particolarmente apprezzato e contribuisce
a consolidare l'identità di autore del regista stesso (esempi di stilemi autoriali: l'uso della soggettiva in A.
Hitchcock, l'interpellazione in F. Fellini, la dilatazione dei tempi in S. Leone, il ricorso ai tempi morti in
W.Wenders, l'uso sarcastico della musica in S. Kubrick, la macchina a mano in L. Von Trier, ecc…; esempi di
stilemi di correnti e scuole: i fondali deformati e le ombre nell'Espressionismo, la riflessione sul linguaggio
cinematografico e il gusto della citazione nella Nouvelle Vague, le canzoni contemporanee come colonna sonora
nella New Hollywood ecc..)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram060.htm[12/07/2017 19:02:23]
trasparente

Trasparente
Termine italiano dell’inglese back projection. Si tratta di un effetto speciale piuttosto semplice e primitivo, che
consiste nel collocare dietro gli attori che recitano davanti alla macchina da presa uno schermo traslucido su cui si
proiettano prevalentemente esterni girati altrove, prevalentemente in movimento (un paesaggio ripreso da un treno
in corsa, una strada vista dal lunotto di un’automobile, ecc..). Solitamente l’illusione ottica creata non è di grande
efficacia e il trucco è percepito senza grande difficoltà da parte dello spettatore. Si tratta di un espediente assai
utilizzato all’epoca del Cinema classico hollywoodiano degli anni Trenta e Quaranta, che privilegiava la
lavorazione all’interno degli studios, riducendo allo stretto necessario le scene in esterni reali. Questo sistema
permetteva, inoltre, significativi risparmi alla produzione, dato gli alti costi legati al trasferimento della troupe in
luoghi reali. Il cinema degli ultimi decenni ha ormai rinunciato al trasparente. Semmai oggi l’uso della tecnologia
digitale permette di creare lo stesso artificio con una resa di verosimiglianza enormemente maggiore.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/5-Linguaggio/framegram061bis.htm[12/07/2017 19:02:24]
Stampa-Giornalismo

abc

SOTTOTEMA: Stampa-Giornalismo
 

Quarto Potere (QP)

La stampa è il primo strumento di informazione di massa che la società moderna ha prodotto. Può
essere un fattore importante di democrazia e di diffusione di coscienza civile, ma anche di manipolazione
e mistificazione. Dopo il potere esecutivo, legislativo e giudiziario viene il quarto potere della stampa,
che spesso sfugge ad ogni vincolo e controllo e diventa più forte delle istituzioni dello Stato.

Quarto potere

L'asso nella manica

Prima pagina

Diritto di cronaca

Cronisti d’assalto

Larry Flint-Oltre lo scandalo

Sostiene Pereira

Arriva John Doe

Un anno vissuto pericolosamente

Sbatti il mostro in prima pagina

Ipotesi percorso Stampa-Giornalismo (Biennio)

L'asso nella manica (B-T)

Prima pagina  (B-T)

Sostiene Pereira (B-T)

Ipotesi percorso breve Stampa-Giornalismo (Triennio)

Quarto potere (T)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc010.htm[12/07/2017 19:02:29]
Stampa-Giornalismo

Prima pagina  (B-T)

Cronisti d’assalto (T)

Ipotesi percorso lungo Stampa-Giornalismo (Triennio)

Quarto potere (T)

L'asso nella manica (B-T)

Prima pagina  (B-T)

Cronisti d’assalto (T)

Larry Flint-Oltre lo scandalo (T)

Sostiene Pereira (B-T)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc010.htm[12/07/2017 19:02:29]
Televisione

Sottotema: Televisione
 

La grande sorella (GS)

Suadente ed ipnotica, invadente ed aggressiva, potente e pervasiva, la scatola magica ci domina e


controlla scandendo le nostre giornate. Da essa può uscire di tutto e tutto essa può macinare e triturare,
massaggiandoci il cervello e disattivandolo. Il dovere di informare si trasforma così in voglia di dominio e
protagonismo a spese di un'opinione pubblica ridotta ad audience da sedurre e conquistare.

Quinto potere

Ginger e Fred

Dentro la notizia

Eroe per caso

Perdiamoci di vista

Qualcosa di personale

Mad City

Sesso e potere

La seconda guerra civile americana

The Truman Show

Reality

La vita è tutta un quiz (VTQ)

La televisione è nata con i quiz e cresciuta con i quiz. La cultura liofilizzata e in pillole alla portata di
tutti, il sogno dell'arricchimento improvviso e della notorietà che diventa realtà. Che importa se a volte
c'è il trucco? Quello che conta è che non si veda.

Quiz Show
I cammelli

Voglia di apparire (VA)

Penso, quindi sono diceva Cartesio. Nella società massmediatica possiamo parafrasare: appaio,
quindi sono . La televisione che attesta la nostra esistenza, essere visto da milioni di telespettatori
come massima aspirazione, diventare famosi (anche solo per un giorno) a tutti costi. Dietro l'immagine

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc011.htm[12/07/2017 19:02:29]
Televisione

scompare la persona.

Re per una notte


Ginger e Fred
Da morire

Soap-Opera (SO)

La storia finta della soap-opera scorre giorno dopo giorno di fianco alla storia vera della nostra vita. Ma
cosa accade quando la nostra vita diventa una soap-opera o la soap-opera la nostra vita? Qualche
paradosso cinematografico per riflettere sul rito quotidiano di milioni di persone.

Bolle di sapone

The Truman Show

EDtv
Pleasantville
Betty Love

Percorso breve analitico sottotematico: Consigli per gli acquisti (CPA)

La pubblicità è l'anima del commercio, ma soprattutto della televisione. Invadente e onnipresente,


volgare e raffinata, irritante e seducente, patinata e sofisticata, fa ormai parte della nostra vita. Accusata
di essere alienante e di indurre al consumismo, ha resistito a contestazioni e rivoluzioni ed è sempre lì, a
regalarci bugie con il suo ottimismo sorridente.

Consigli per gli acquisti


Ladri di saponette

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Televisione (Biennio)

The Truman Show (GS)


I cammelli (VTQ)
Pleasantville (SO)
Ladri di saponette (CPA)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: Televisione (Biennio)

Mad City (GS)

The Truman Show (GS)

I cammelli (VTQ)
EDtv (SO)
Pleasantville (SO)
Ladri di saponette (CPA)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc011.htm[12/07/2017 19:02:29]
Televisione

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Televisione (Triennio)

Reality (GS)
Quiz Show (VTQ)

The Truman Show (SO)

Ladri di saponette (CPA)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: Televisione (Trennio)

Reality (GS)
La seconda guerra civile americana (GS)
Quiz Show (VTQ)
Re per una notte (VA)
The Truman Show (SO)
Consigli per gli acquisti (CPA)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc011.htm[12/07/2017 19:02:29]
Radio

abc

SOTTOTEMA: Radio
 

Radio Days

Cara, vecchia radio! parente povera della televisione. Ha regalato emozioni e miti ai nostri nonni e fatto
sognare ad occhi aperti più di una generazione. Ma la radio è stata anche strumento di rivolta e
provocazione per tanti giovani figli della contestazione. Il Cinema contemporaneo l'ha sempre guardata
con affetto e nostalgia.

Radio Days (B-T)

Good Morning, Vietnam! (T)

Talk Radio (T)

Private Parts (T)

Radiofreccia (T)

Ipotesi percorso breve sintetico tematico: Mass-Media (Biennio)

Prima pagina (SG)


L’asso nella manica (SG)
Mad City (T)
I cammelli (T)
Pleasantville (T)
Radio Days (R)

Ipotesi percorso lungo sintetico tematico: Mass-Media (Biennio)

Prima pagina (SG)


L’asso nella manica (SG)
Mad City (T)
The Truman Show (T)
Eroe per caso (T)
Sesso e potere (T)
I cammelli (T)
EDtv (T)
Pleasantville (T)
Ladri di saponette (T)
Radio Days (R)
Radiofreccia (R)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc012.htm[12/07/2017 19:02:30]
Radio

Ipotesi percorso breve sintetico tematico: Mass-Media (Triennio)

Prima pagina (SG)


Quinto potere (T)
Quiz Show (T)
Re per una notte (T)
The Truman Show (T)
Consigli per gli acquisti (T)
Talk Radio (R)

Ipotesi percorso lungo sintetico tematico: Mass-Media (Triennio)

Prima pagina (SG)


Quarto potere (SG)
Quinto potere (T)
Eroe per caso (T)
Mad City (T)
Sesso e potere (T)
Quiz Show (VTQ)
Re per una notte (VA)
Da morire (VA)
The Truman Show (SO)
EDtv (SO)
Consigli per gli acquisti (CPA)
Good Morning, Vietnam (R)
Talk Radio (R)
Radiofreccia (R)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc012.htm[12/07/2017 19:02:30]
Antisemitismo

abc

SOTTOTEMA: Antisemitismo
 

Olocausto (O)

Lo sterminio degli ebrei è stata la più grande tragedia del ventesimo secolo. Le generazioni venute dopo
hanno il dovere di ricordare e di tramandare perché non si perda la memoria. Il Cinema ci può aiutare.

Amen (B-T)
Anne Frank (B-T)
Arrivederci ragazzi (B-T)
Conspiracy (T)
Europa Europa (T)
Il bambino col pigiama a righe (B-T)
Il cielo cade (B-T)
Il diario di Anna Frank (B-T)
Il figlio di Saul (T)
Il pianista (B-T)
Jakob il bugiardo (B-T)
Jona che visse nella balena (B-T)
Kapò (B-T)
La tregua (B-T)
La vita è bella (B-T)
L'amico ritrovato (B-T)
L'oro di Roma (B-T)
L'ultimo treno (B-T)
Monsieur Batignole  (B-T)
Mr. Klein (T)
Ogni cosa è illuminata
Rescuers 1 (B-T)
Rescuers 2 (B-T)
Rescuers 3 (B-T)
Rosenstrasse (T)
Schindler's List (T)
Storia di una ladra di libri (B-T)
Train de vie (B-T)
Vento di primavera (B-T)
Vincitori e vinti (T)

Dopo l'Olocausto (DO)

Mettere la parola fine alla tragedia dell'Olocausto non è facile, probabilmente è impossibile. I superstiti
stentano a rielaborare il lutto e sono schiacciati dal peso del ricordo. I fantasmi spesso riaffiorano, anche
perché l'antisemitismo non è scomparso e stende ancora la sua ombra minacciosa e demente sul
presente. Il passato sembra non finire mai.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc013.htm[12/07/2017 19:02:33]
Antisemitismo

Barriera invisibile (B-T)


Betrayed (T)
Exodus (B-T)
Hannah Arendt  (T)
I LoveYou I Love You not (T)
Il labirinto del silenzio (T)
La scelta di Sophie (T)
L'allievo (T)
Liberty Heights (T)
L'uomo del banco dei pegni (T)
Music Box (B-T)
Not in this Town (B-T)
Odio implacabile  (B-T)
The Believer (T)
Una telefonata per ricordare (B-T)

Women in Gold  (B-T)

 Difesa della razza (DR)

Anche l'Italia fascista ha partecipato all'infamia dell'Olocausto con le leggi antisemite del 1938. Una
pagina di storia spesso dimenticata all'insegna della retorica degli Italiani brava gente.

Concorrenza sleale (B-T)


Gli occhiali d'oro (T)
l giardino dei Finzi-Contini (T)
La vita è bella (B-T)

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico : Antisemitismo (Biennio)

L'oro di Roma (O)


Arrivederci ragazzi (O)
Kapò (O)
Not in this Town (DO)
Barriera invisibile (DO)
La vita è bella (DR)

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Antisemitismo (Biennio)

Vento di primavera (O)


Kapò (O)
Women in Gold  (DO)
La vita è bella (DR)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc013.htm[12/07/2017 19:02:33]
Antisemitismo

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico : Antisemitismo (Biennio)

Arrivederci ragazzi (O)


Kapò (O)
Il diario di Anna Frank (O)
Barriera invisibile (DO)
La vita è bella (DR)
Women in Gold  (DO)

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico : Antisemitismo (Triennio)

Schindler's List (O)


Il pianista (O)
Il labirinto del silenzio (DO)
Concorrenza sleale (DR)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico : Antisemitismo (Triennio)

Schindler's List (O)


Il figlio di Saul (O)
Il pianista (O)
Il labirinto del silenzio (DO)
Women in Gold  (DO)
Concorrenza sleale (DR)
La vita è bella (O)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc013.htm[12/07/2017 19:02:33]
Razzismo contro i neri

abc

SOTTOTEMA: Razzismo contro i neri


 

Il colore nero (CN)

Il razzismo made in USA dallo schiavismo ai nostri giorni. Dalla ferocia dei negrieri al fanatismo del Ku
Klux Klan, dalla capanna dello zio Tom all' ordinario razzismo quotidiano del paese più ricco e potente
del mondo. Le umiliazioni, le sofferenze, le lotte dei neri d'America viste con l'occhio di Hollywood.

12 anni schiavo
Help
Selma
Il buio oltre la siepe
Indovina chi viene a cena
La calda notte dell’ispettore Tibbs
Ragtime
Odio razziale
Glory-Uomini di gloria
Mississippi Burning
Malcom X
Amistad
Accadde a Selma
Una partita per la libertà
Pazzi in Alabama
Hurricane
L'università dell'odio
Betrayed
Conrack
Il massacro di Attica

Afroamericani (AFR)

Afroamericani è il termine con cui la gente di colore statunitense rivendica con orgoglio e
consapevolezza la propria identità etnica per sottolinearne la duplice radice. Il razzismo visto dai neri. Un
percorso attraverso il cinema di Spike Lee, il cineasta nero che ha esplorato la psicologia e la cultura
della sua gente più di chiunque altro e ci ha spiegato come il razzismo non sia una prerogativa dei
bianchi, ma di tutte le razze, una deriva mentale da cui nessuno è immune.

Fa' la cosa giusta


Jungle Fever
Malcom X
Bus in viaggio

Apartheid (A)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc014.htm[12/07/2017 19:02:34]
Razzismo contro i neri

In Sudafrica lo schiavismo non è mai finito. Un viaggio nel mondo a parte dei diritti umani negati e della
separazione forzata, della sofferenza di un popolo oppresso dall'ultimo regime razzista della storia, ma
anche della sua voglia di ribellione e libertà.

Grido di libertà
Un mondo a parte
Un'arida stagione bianca
In My Country
Il colore della libertà - Goodbye Bafana
Invictus

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico : Razzismo contro i neri        (Biennio)

Accadde a Selma (CN)


Amistad (CN)
Il buio oltre la siepe (CN)
Un'arida stagione bianca (A)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: Razzismo contro i neri        (Biennio)

Accadde a Selma (CN)


Amistad (CN)
Il buio oltre la siepe (CN)
Mississippi Burning (CN)
Help (CN)
Grido di libertà (A)
Un'arida stagione bianca (A)

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico: Razzismo contro i neri        (Triennio)

12 anni schiavo (CN)


Mississippi Burning (CN)
Fa' la cosa giusta (AFR)
Grido di libertà (A)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico: Razzismo contro i neri        (Triennio)

12 anni schiavo (CN)


Selma (CN)
Il buio oltre la siepe (CN)
Mississippi Burning (CN)
Fa' la cosa giusta (AFR)
Bus in viaggio (AFR)
Grido di libertà (A)
Un'arida stagione bianca (A)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc014.htm[12/07/2017 19:02:34]
Razzismo contro i neri

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc014.htm[12/07/2017 19:02:34]
Immigrazione

abc

SOTTOTEMA:

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità


 

Percorso breve analitico sottotematico: Lamerica Leuropa Litalia (LLL)

L'emigrazione è stata la speranza dei poveri del Novecento. Prima siamo stati noi a cercare l'America,
oggi i dannati del terzo mondo vengono qui. Una realtà di sofferenza che ci ricorda come eravamo e
come siamo.

Il cammino della speranza


Rocco e i suoi fratelli
La frontiera
Articolo 2
Lamerica
Vesna va veloce
La promesse
Così ridevano
Sacco e Vanzetti
Bread and Roses
Pummarò
Cose di questo mondo
Pane e cioccolata
Vai e vivrai
Nuovomondo - Golden Door
Quando sei nato non puoi più nasconderti
Saimir
Cover boy
Verso l'Eden
Welcome
Terraferma

I vicini di casa (VC)

La società multietnica è da tempo una realtà. Razze, religioni e culture convivono ormai porta a porta.
Un'incursione cinematografica attraverso i problemi e le tensioni, ma anche le scoperte e le ricchezze del
vivere insieme, per superare la paura del buio oltre la siepe .

China girl

Fa' la cosa giusta

Benvenuti in paradiso

Mississippi Masala

Jungle Fever

Un'estranea fra noi

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc015.htm[12/07/2017 19:02:34]
Immigrazione

Un'anima divisa in due

Prima della pioggia

L'odio

Segreti e bugie

La canzone di Carla

Stella solitaria

Tiro al bersaglio

Defenders-In nome dell'odio

L'amante perduto

American History X

East is East

L'università dell'odio

Liam

Liberty Heights

Al posto del cuore


Un bacio appassionato
Sognando Beckham
Gran Torino
La giusta distanza

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico :  Problemi dell'immigrazione e della


multietnicità           (Biennio)

Welcome (LLL)
Terraferma (LLL)
Cose di questo mondo (LLL)
East is East (VC)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico:  Problemi dell'immigrazione e della


multietnicità           (Biennio)

Il cammino della speranza (LLL)


Cose di questo mondo (LLL)
Welcome (LLL)
La promesse (LLL)
Articolo 2 (LLL)
La canzone di Carla (VC)
L'amante perduto (VC)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc015.htm[12/07/2017 19:02:34]
Immigrazione

Ipotesi percorso breve sintetico sottotematico:  Problemi dell'immigrazione e della


multietnicità           (Triennio)

Welcome (LLL)
Lamerica (LLL)
La promesse (LLL)

American History X (VC)

Ipotesi percorso lungo sintetico sottotematico:  Problemi dell'immigrazione e della


multietnicità           (Triennio)

Lamerica (LLL)
Welcome (LLL)
Articolo 2 (LLL)
La promesse (LLL)
Terraferma (LLL)
Fa' la cosa giusta (VC)
American History X (VC)
Un'anima divisa in due (VC)

Ipotesi percorso breve sintetico tematico:  Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica           (Biennio)

Arrivederci ragazzi (ANT)


Kapò (ANT)
Not in this Town (ANT)
Accadde a Selma (RCN)
Un'arida stagione bianca (RCN)
Articolo 2 (LLL)

Defenders-In nome dell'odio (PIM)

L'amante perduto (PIM)

Ipotesi percorso breve sintetico tematico:  Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica            (Biennio)

Arrivederci ragazzi (ANT)


Kapò (ANT)
L'oro di Roma (ANT)
Not in this Town (ANT)
Barriera invisibile (ANT)
Accadde a Selma (RCN)
Il buio oltre la siepe (RCN)
Un'arida stagione bianca ( RCN)
Articolo 2 (PIM)
Lamerica  (PIM)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc015.htm[12/07/2017 19:02:34]
Immigrazione

Il cammino della speranza (PIM)

Defenders-In nome dell'odio (PIM)

L'amante perduto (PIM)

Ipotesi percorso breve sintetico tematico:  Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica            (Triennio)

Schindler's List (ANT)

Mr. Klein (ANT)


Not in this Town (ANT)
Grido di libertà (RCN)
Il buio oltre la siepe (RCN)
Lamerica (PIM)

Fa' la cosa giusta (PIM)

Ipotesi percorso lungo sintetico tematico:  Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica             (Triennio)

Schindler's List (ANT)

Mr. Klein (ANT)


Arrivederci ragazzi (ANT)
Not in this Town (ANT)
L'uomo del banco dei pegni (ANT)
Il giardino dei Finzi-Contini (ANT)
Il buio oltre la siepe (RCN)
Amistad (RCN)
Bus in viaggio (RCN)
Grido di libertà (RCN)
Lamerica (PIM)

Fa' la cosa giusta (PIM)

La promesse (PIM)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2000/2framperc015.htm[12/07/2017 19:02:34]
Antimilitarismo, pacifismo

abc

Tema: Antimilitarismo, pacifismo


 

Percorso: Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Ottocento (O): 

I Seicento di Balaklava (T)

 Prima guerra mondiale (1G):

All'ovest niente di nuovo (B-T)


E Johnny prese il fucile (T)
Gli anni spezzati (B-T)
La grande illusione (T)
La vita e nient’altro (T)
Orizzonti di gloria (B-T)
Per il re e per la patria (B-T)
Regeneration (T)
Torneranno i prati (T)
Una lunga domenica di passioni (B-T)
Uomini contro (B-T)
Westfront (B-T)

Seconda guerra mondiale (2G):

L’arpa birmana (B-T)


Il ponte sul fiume Kwai (B-T)
I giovani leoni (B-T)
Gott mit uns (B-T)
La croce di ferro (T)
La collina del disonore (T)
La sottile linea rossa (T)
Lettere da Jwo Jima (T)
Flags of Our Fathers (T)
Il grande uno rosso (T)
El Alamein (B-T)

Conflitto arabo-israeliano (AT):

Kippur (T)
Lebanon (T)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc016.htm[12/07/2017 19:02:35]
Antimilitarismo, pacifismo

Guerra fredda (GF):

Il dottor Stranamore (B-T)


Z, l’orgia del potere (T)
The Day After (B-T)
Codice d’onore (T)

Guerra del Vietnam (GM):

Tornando a casa (T)


Apocalypse Now (T)
Full Metal Jacket (T)
Platoon (T)
Nato il 4 luglio (B-T)

Guerre balcaniche (GB)

No Man's Land (B-T)

Ipotesi percorso breve sintetico Mettete dei fiori nei


vostri cannoni (Biennio):
Uomini contro (1G)
L’arpa birmana (2G)
Il dottor Stranamore (GF)
Nato il 4 luglio (GV)

Ipotesi percorso lungo sintetico Mettete dei fiori nei


vostri cannoni (Biennio):
Uomini contro(1G)
Una lunga domenica di passioni(1G)
L’arpa birmana(2G)
Il ponte sul fiume Kwai(2G)
Il dottor Stranamore (G-F)
Nato il 4 luglio(GV)
No Man's Land (GB)

Ipotesi breve sintetico Mettete dei fiori nei vostri


cannoni (Triennio):

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc016.htm[12/07/2017 19:02:35]
Antimilitarismo, pacifismo

I seicento di Balaklava (O)


Uomini contro (1G)
Il ponte sul fiume Kwai (2G)
Il dottor Stranamore (GF)
Platoon (GV)

Ipotesi percorso lungo sintetico Mettete dei fiori nei


vostri cannoni (Triennio):
I seicento di Balaklava(O)
Uomini contro (1G)
Orizzonti di gloria (1G)
Il ponte sul fiume Kwai (2G)
Gott mit uns (2G)
Il dottor Stranamore (GF)
Platoon (GV)
Apocalypse Now (GV)
No Man's Land (GV)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc016.htm[12/07/2017 19:02:35]
antichità-medioevo

abc

Nucleo tematico  

Preistoria,
Cinema e Storia: Età antica,
Medioevo
 

Tema e percorso unico: Preistoria

La guerra del fuoco

Tema e percorso unico: Età antica

Sinuhe l'Egiziano
Scipione l’Africano
Giulio Cesare
Spartacus
Cleopatra
Il gladiatore
La Caduta dell'impero romano
300
Agorà

Tema e percorso unico: Medioevo

Invasioni barbariche

La calata dei barbari

Crociate

Le Crociate
L’armata Brancaleone
Brancaleone alle crociate

Chiesa-religione

Fratello sole, Sorella Luna


Il nome della rosa
Magnificat

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc017.htm[12/07/2017 19:02:36]
antichità-medioevo

Giovanna D’Arco
La papessa

Francia

Giovanna D’Arco
Quarto comandamento

Inghilterra

Bravehart
Enrico V

Scandinavia - Europa del nord

Il principe guerriero
I vichinghi

Russia

Alexander Nevskij

Mongoli

Mongol

Scoperte geografiche

1492 - La scoperta del paradiso

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc017.htm[12/07/2017 19:02:36]
cinquecento-seicento-settecento

abc

Nucleo tematico Cinquecento


Seicento
Settecento
Cinema e Storia:
 

Tema e percorso unico : Cinquecento


 

Chiesa-religione

Giordano Bruno
L’opera al nero

Germania

Luther

Inghilterra

Anonymus
Un uomo per tutte le stagioni
Shakespeare in love
Elizabeth
Maria Stuarda, Regina di Scozia

Italia

Ettore Fieramosca
Il mestiere delle armi

Francia

La regina Margot

Spagna

Giovanna la pazza

Russia

Ivan il Terribile

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc018.htm[12/07/2017 19:02:36]
cinquecento-seicento-settecento

La congiura dei Boiardi

Colonialismo

Aguirre, furore di Dio

Tema e Percorso unico: Seicento


 

       Chiesa-religione

Dies Irae
Galileo
La seduzione del male

Inghilterra-civiltà anglosassone

La lettera scarlatta
La seduzione del male

Italia

Galileo
La colonna infame
Il viaggio della sposa

Francia

La presa di potere di Luigi XIV


Vatel

Tema e percorso unico : Settecento


 

Chiesa-religione

Mission

Guerra d’Indipendenza americana

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc018.htm[12/07/2017 19:02:36]
cinquecento-seicento-settecento

La più grande avventura


Il patriota
Revolution

Inghilterra-Impero britannico

Gli ammutinati del Bounty


Barry Lyndon
La pazzia di Re Giorgio
Rob Roy

Francia e rivoluzione francese

Marie Antoinette
La Marsigliese
Danton
Jefferson in Paris
Ridicule
La nobildonna e il duca

Italia

Marianna Ucrìa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc018.htm[12/07/2017 19:02:36]
ottocento

abc

Nucleo tematico
Ottocento
Cinema e Storia:
 

Percorso: Età napoleonica

I duellanti
A cena col diavolo
Guerra e pace
Napoléon
L'ultimo inquisitore

Percorso: Inghilterra-Impero britannico

Queimada
La mia regina
I Seicento di Balaklava
Zulu

Percorso: Risorgimento Italiano

1860
Senso

Viva l’Italia

Il Gattopardo

Nell’anno del Signore

Bronte, storia di un massacro che i libri di storia non hanno mai


raccontato
Quant’è bello lu murire acciso

In nome del Papa re

Allonsanfan

La pattuglia sperduta

Il Brigante di Tacca del Lupo

I Vicerè

Noi credevamo

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc019.htm[12/07/2017 19:02:37]
ottocento

Percorso: Colonialismo-Imperialismo-Paesi extraeuropei

Abuna Messias
Queimada
Zulu

Percorso: Nascita di una nazione

La battaglia di Alamo
I cancelli del cielo
Amistad
Abramo Lincoln in Illinois
12 anni schiavo

Percorso: Guerra di secessione

Via col vento


Soldati a cavallo
Glory
Lincoln
The Conspirator

Percorso: Civiltà pellerossa

Il grande sentiero
Un uomo chiamato cavallo
Soldato blu
Il piccolo grande uomo
Balla coi lupi
Geronimo

Percorso: Teste coronate

Ludwig
La mia regina

Percorso: Questione sociale

Com’era verde la mia valle


Il mulino del Po
I compagni
Metello
San Michele aveva un gallo
L’albero degli zoccoli
Padre Daens
Germinal

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc019.htm[12/07/2017 19:02:37]
novecento

abc

Nucleo tematico
Novecento e Duemila
Cinema e Storia:
 

Percorso: Prima guerra mondiale

Westfront
La grande illusione
Orizzonti di gloria
La grande guerra
Lawrence d’Arabia
Per il re e per la patria
La caduta delle aquile
Uomini contro
E Johnny prese il fucile
Gli anni spezzati
La vita e nient’altro
All'ovest niente di nuovo
Il barone rosso
Torneranno i prati
Una lunga domenica di passioni

Percorso: Rivoluzione russa

Ottobre
Il dottor Zivago
Reds

Percorso: Fascismo

La lunga notte del 43’


La marcia su Roma
Il processo di Verona
Z, l’orgia del potere
Il conformista
Il delitto Matteotti
Mussolini ultimo atto
Il garofano rosso
Una giornata particolare
Liam
Tiro al piccione
Vincere

Percorso: Antifascismo

La strategia del ragno

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc020.htm[12/07/2017 19:02:37]
novecento

Il sospetto
Sostiene Pereira
Cronache di poveri amanti

Percorso: Il Fascismo visto dal Fascismo

Vecchia guardia
Squadrone bianco
Camicia nera

Percorso: Nazismo-Antinazismo

Rommel, la volpe del deserto


Vincitori e vinti
La caduta degli dei
Giulia
L’amico ritrovato
A torto o a ragione
Swing Kids-Giovani ribelli
L'uovo del serpente
Il grande dittatore
Conspiracy
La caduta - Gli ultimi giorni di Hitler
Sophie Scholl - La rosa bianca
Operazione Valchiria
Hannah Arendt
Il labirinto del silenzio

Percorso: Crisi del 1929

Arriva John Doe


Furore
Tempi moderni

Percorso: Guerra di Spagna

Per chi suona la campana


Terra e libertà

Percorso: Seconda guerra mondiale

Fronte occidentale

I giovani leoni
Affondate la Bismark
Il giorno più lungo
La battaglia dei giganti
I lunghi giorni delle aquile
Patton generale d’acciaio
U-Boat 96
Memphis Belle
Salvate il soldato Ryan

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc020.htm[12/07/2017 19:02:37]
novecento

U-571
Gli ultimi dieci giorni di Hitler
Quell'ultimo ponte
Il grande uno rosso

Fronte orientale

La croce di ferro
Il nemico alle porte
Il mandolino del capitano Corelli

Fronte asiatico

Gli eroi del pacifico


Okinawa
L’arpa birmana
Il ponte sul fiume Kwai
Tora, Tora, Tora
La battaglia delle Midway
La sottile linea rossa
Pearl Harbour
Flags of Our Fathers
Lettere da Jwo Jima

Fronte africano

Tobruk
El Alamein
Le rose del deserto

Italia in guerra

Paisà
Tutti a casa
I girasoli
La notte di San Lorenzo
Le rose del deserto
L'uomo che verrà

Percorso: Resistenza

Roma città aperta


Un giorno da leoni
Le quattro giornate di Napoli
L’armata degli eroi
L’Agnese va a morire
Porzus
I piccoli maestri
Achtung! Banditi
Il caso Martello
Gli sbandati
I sette fratelli Cervi
Il partigiano Johnny
Il Generale della Rovere
Rappresaglia

        Percorso: Dopoguerra amaro

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc020.htm[12/07/2017 19:02:37]
novecento

Caccia tragica
Il cammino della speranza

Italia

Ladri di biciclette
Sciuscià
Umberto D.
La ragazza di Bube

Stati Uniti

I migliori anni della nostra vita


Odio implacabile

Germania

Germania anno zero


Hannah Arendt
Il labirinto del silenzio

Percorsi: Comunismo, stalinismo, socialismo reale

L’uomo di marmo
L'uomo di ferro
Il soldato molto semplice Chonkin
Lamerica
Fragola e cioccolato
Il sole ingannatore
Est-Ovest Amore–Libertà
La confessione
Il proiezionista
Un prete da uccidere
Good Bye Lenin
Le vite degli altri
Katyn

Percorso: Stati Uniti

Sacco e Vanzetti
JFK
Malcolm X
Flight 93
Green zone
Selma
The Hurt Locker

Percorso: For President

L’amaro sapore del potere


I colori della vittoria
Power
Bobby

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc020.htm[12/07/2017 19:02:37]
novecento

Percorso: Guerra fredda, terrore nucleare, maccartismo

A prova d’errore
Il dottor Stranamore
Come eravamo
Il prestanome
The Day After
Thirteen Days
K 19
Daniel
Good Night and Good Luck
Sette giorni a maggio

Percorso: Momenti di un secolo italiano

Una vita difficile


Le mani sulla città
E venne un uomo
Il caso Mattei
C’eravamo tanto amati
Novecento
Il caso Moro
Il portaborse
Il muro di gomma
Del perduto amore
Vajont
I banchieri di Dio
Piazza delle Cinque Lune
Nuovomondo - Golden Door
Diaz

Percorso: Mafia

Salvatore Giuliano
A ciascuno il suo
Lucky Luciano
Cento giorni a Palermo
I cento passi
Un eroe borghese
Il giorno della civetta
Giovanni Falcone
Il prefetto di ferro
Segreti di Stato
Gomorra
La mafia uccide solo d'estate

Percorso: Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del


sottosviluppo

Asia

Un anno vissuto pericolosamente


Gandhi
Urla del silenzio
L’ultimo imperatore

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc020.htm[12/07/2017 19:02:37]
novecento

Passaggio in India
Dien Bien Phu
Indocina
Kundun
Oltre Rangoon
Sotto tiro
Viaggio a Kandahar
Havana
Il cacciatore di aquiloni
Persepolis

Africa

La battaglia di Algeri
Black Hawk Down
Hotel Rwanda

America latina

Central do Brasil
Missing
Salvador
Romero
Garage Olimpo
La canzone di Carla
La notte delle matite spezzate
I diari della motocicletta
Che (lLargentino Guerriglia)

Percorso: Conflitti etnici

Irlanda

Nel nome del padre


Michael Collins
Niente di personale
Bloody Sunday
Il vento che accarezza l'erba

Balcani

Prima della pioggia


Tiro al bersaglio
Benvenuti a Sarajevo
La masseria delle allodole

Questione ebraico-palestinese

Exodus
L’amante perduto
Kippur
Il grido della terra
Private
Paradise Now
Lebanon
Valzer con Bashir

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc020.htm[12/07/2017 19:02:37]
novecento

Percorso: Terrorismo-Lotta armata

Anni di piombo
Colpire al cuore
Segreti, segreti
Il caso Moro
La mia generazione
Ogro
Flight 93
La banda Baader Meinhof

Percorso: Guerra del Vietnam

Tornando a casa
Apocalypse Now
Platoon
Full Metal Jacket
Nato il 4 luglio
Vittime di guerra
Berretti verdi

Percorso: Catena di Montaggio

Tempi moderni
Norma Rae
Grazie signora Thatcher
Risorse umane
Bread and Roses
Joe Hill
I compagni
Due giorni una notte
La legge del mercato

N.B: per quel che riguarda tematiche specificatamente collegate


all’argomento dell’antisemitismo, del razzismo e della conflittualità
interetnica nelle sue molteplici manifestazioni storiche e territoriali si
veda la sezione tematica Razzismo, intolleranza, immigrazione, società
multietnica (nucleo tematico: Individuo-Società)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/2-Percorsi/Percorsi2001/3frameperc020.htm[12/07/2017 19:02:37]
Momenti di gloria

 Momenti di gloria
TITOLO ORIGINALE Chariots of Fire
REGIA Hugh Hudson
SOGGETTO E Colin Welland
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA David Watkin (colori)
MUSICA Vangelis
MONTAGGIO Terry Rawlings
INTERPRETI Ben Cross, Ian Charleson, Nigel Havers,, Ian Holms, John Gielgud,, Lindsay
Anderson
PRODUZIONE David Puttnam per Enigma Productions Limited
DURATA 124’
ORIGINE Gran Bretagna, 1981
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Atletica leggera

Cinema e Sport

TRAMA
Si rievoca la vittoria dei due atleti britannici Abrahams e Liddell alle Olimpiadi di Parigi del 1924 nei 100 e 400
metri piani. Si comincia dall’incontro tra i due e dall’esperienza all’università per finire con gli allenamenti e
con il trionfo olimpico.

TRACCIA TEMATICA
 I due atleti protagonisti esprimono due personalità assai differenti: da una  parte di Eric Liddell, che
appartiene alla Chiesa cristiana scozzese  e crede che la corsa sia uno dei modi per accostarsi a Dio (vent’anni più
tardi morirà come missionario in Cina); dall’altra Harold Abrahams, un ebreo che trova nello sport un modo per
sconfiggere i pregiudizi razziali ancora molto diffusi sul suo conto nella società britannica di quegli anni.
Attraverso la rievocazione di una pagina gloriosa dello sport britannico il film ci racconta anche e soprattutto la
storia di un’amicizia incentrata sulla comune passione per l’atletica e sulla stima reciproca, condannando
pure le angustie mentali e morali di un ambiente intriso di pregiudizi e prevenzioni
Ma l’aspetto forse più rilevante va ricercato nel nostalgico protendersi verso un passato, anche se forse un po’
idealizzato, dove le competizioni sportive erano ancora dominate dal vero dilettantismo e da uno spirito
autenticamente olimpico.

VALUTAZIONE CRITICA
 Film di pregevole fattura spettacolare (a cominciare da una ricostruzione d’epoca di accurata fedeltà filologica
per arrivare alla celeberrima e suggestiva colonna sonora di Vangelis), Momenti di gloria si inserisce a pieno nella
stagione della cosiddetta Rinascita cinematografica britannica dell’inizio degli anni Ottanta, quando il cinema
inglese (grazie anche a un decisivo sostegno pubblico della televisione di Stato) seppe farsi apprezzare nel mercato
mondiale per prodotti di solida professionalità e classica struttura narrativa, destinati ad un pubblico colto ed
esigente, ma in grado di farsi apprezzare anche da un uditorio più esteso e popolare (il film ebbe 4 Oscar: film,

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Momenti di gloria

sceneggiatura, musica, costumi).


In particolare la pellicola di Hudson si inserisce in un filone tipico della citata Rinascita e cioè la rivisitazione del
passato britannico, qui riproposta in una chiave dove le tonalità enfatiche e trionfalistiche (il film ricostruisce
eventi reali) si intrecciano in felice equilibrio con l’accurata delineazione umana e psicologica dei protagonisti
e di tutto un clima storico e sociale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Educazione fisica                              a) Storia delle Olimpiadi moderne

                                                            b) Le specialità della corsa nell’atletica leggera

                                                            c) Liddell e Abrahams

 Storia                                                   La Gran Bretagna agli inizi del Novecento

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agorà

Race-Il colore della vittoria


TITOLO ORIGINALE Race
REGIA Stephen Hopkins
SOGGETTO E Joe Shrapnel, Anna Waterhouse
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Peter Levy
MONTAGGIO John Smith
MUSICA Rachel Portman
INTERPRETI Stephan James (Jesse Owens), Jason Sudeikis (Larry Snyder), Shanice Banton
(Ruth Solomon-Owens), Jeremy Irons (Avery Brundage), William Hurt
(Jeremiah Mahoney), Carice van Houten (Leni Riefenstahl), David Kross (Carl
"Luz" Long), Marcus Bluhm (Wolfgang Furstner), Amanda Crew  (Peggy),
Jeremy Ferdman ( Marty Glickman), Barnaby Metschurat (Joseph Goebbels),
Glynn Turman (Harry Davis), Jonathan Aris (Arthur Lil)
 
PRODUZIONE Karsten Brünig, Luc Dayan, Kate Garwood, Stephen Hopkins, Jean-Charles Levy,
Nicolas Manuel, Thierry Potok, Louis-Philippe Rochon, Dominique Séguin
DURATA 134'
ORIGINE Canada-Germania-Francia, 2016
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Atletica leggera  


Cinema e sport
 

  

TRAMA
Il film è incentrato sulla vita dell'atleta afroamericano Jesse Owens, che vinse quattro medaglie
d'oro alle Olimpiadi del 1936 a Berlino, suscitando l’irritazione di Hitler e dei gerarchi nazisti
che videro trionfare sugli atleti “ariani” un campione di colore.  

TRACCIA TEMATICA
Il nome di Jesse Owens è stato sempre legato alle medaglie conquistate alle Olimpiadi di
Berlino del 1936, con relativa irritazione di Hitler e conseguente  suo rifiuto di stringergli la
mano (versione, per altro, messa in discussione in anni successivi  dalle memorie dello stesso
Owen). La contrarietà nazista nei confronti di un campione di colore che con le sue imprese
oscura gli atleti tedeschi nel contesto di evento sportivo concepito per esaltare la superiorità della
razza “ariana” appare come una logica conseguenza. Ciò che, però, il film intende sottolineare,
prendendo le mosse dagli esordi sportivi del protagonista, è come Owens ha dovuto subire
negli Stati Uniti un razzismo non molto dissimile da quello nazista. Paradossale, inoltre,
l’atteggiamento del Comitato Olimpico statunitense inizialmente intenzionato a boicottare i
giochi di Berlino a causa di una politica razzista del governo tedesco ampiamente praticata
negli stessi Usa.  Nemmeno le straordinarie vittorie di Owens alle Olimpiadi (utili alle autorità

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agorà

americane sul piano del prestigio nazionale) modificarono la discriminazione nei suoi
confronti (dovette entrare dagli ingressi secondari) e lo stesso presidente Franklin Delano
Roosevelt si rifiuto di riceverlo (come Hitler!).   
 

VALUTAZIONE CRITICA
La ricostruzione  della biografia di Owens e del contesto storico appare piuttosto piatta e
incolore, schiacciata sulla necessità di rispettare i canoni di una narrazione classicamente lineare
e didascalica di facile consumo e comprensione e quindi inevitabilmente approssimativa e
semplificatoria. Il film intende seguire troppe strade (la vita privata di Owens, le sue imprese
sportive, gli scontri all’interno del Comitato Olimpico statunitense, le trattative di quest’ultimo
con le autorità germaniche, le persecuzioni antisemite perpetrate nascostamente durante lo
svolgimento dei giochi), con un inevitabile effetto di sbrigativo sintetismo.

Apprezzabile (grazie alla grafica computerizzata) risulta la ricostruzione scenografica del


giochi di Berlino del 1936, i primi improntati ad uno spettacolare gigantismo che il film riesce a
rievocare con efficacia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                      Il razzismo nazista-Il razzismo negli Usa.

Educazione fisica   Jesse Owens-Le Olimpiadi di Berlino del 1936-Il film “Olympia” di Leni
Riefensthal
 

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Ragazzo di Calabria

Un ragazzo di Calabria
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luigi Comencini
SOGGETTO Demetrio Casile
SCENEGGIATURA Ugo Pirro, Francesca Comencini, Luigi Comencini
FOTOGRAFIA Francesco Di Giacomo (colori)
MUSICA Antonio Vivaldi
MONTAGGIO Nono Baragli
INTERPRETI Santo Polimeno, Diego Abatantuono, Thérèse Liotard, Gian Maria Volonté
PRODUZIONE Fulvio Lucisano per Italian International Film, UP Schermo Video,
Roma/Carthago Films, Parigi/in collabor. Con RAI-Uno
DURATA 108’
ORIGINE Italia, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Cinema e sport

TRAMA
 Calabria, 1960. Mimì è un adolescente tredicenne  che coltiva la passione della corsa, ma il padre vorrebbe che
studiasse per farsi una posizione. Sostenuto dall’autista Felice si allena di nascosto e alla fine riesce a vincere
una competizione a Roma.

  

TRACCIA TEMATICA
 Attraverso una specie di favola realistica il film dispiega un evidente impianto metaforico: il giovane Mimì
simboleggia le speranze di rinascita di un meridione italiano ancora sottosviluppato e arretrato e il
comunista Felice il tramite politico dell’affermarsi di questa volontà di riscatto del Mezzogiorno. Lo sfondo
ambientale evidenzia i segni della secolare arretratezza del sud: le marcate divisioni di classe fra ricchi e poveri, lo
sfruttamento del lavoro minorile, l’aspirazione all’impiego statale, una concezione patriarcale della famiglia.
La figura dell’etiope Abebe Bikila, vincitore scalzo della maratona olimpica di Roma del 1960 e modello eroico-
mitico di Mimì, acquista precise risonanze simboliche, assurgendo ad emblema del Terzo Mondo (corrispettivo
sul piano mondiale del nostro meridione) che compete e vince (anche se solo nello sport) sui paesi ricchi.
La stessa corsa ben si addice nel suo essere sport di elementare e primitiva spontaneità ad una pratica povera (si
può correre anche scalzi, come Bikila e Mimì), ma ricca di risonanze nobili e antiche (era l’attività fisica prediletta
dagli antichi greci).

VALUTAZIONE CRITICA
Comencini risulta più convincente sul piano del coinvolgimento emotivo ed emozionale, lavorando con la consueta
sensibilità nel penetrare nella dimensione psicologica dell’adolescenza (tematica prediletta dal regista) e nella
trama dei rapporti genitori-figli (qui risolta attraverso la contrapposizione tra un padre-padrone ed un padre-guida)
che non nell’affrontare in chiave metaforica la questione meridionale (dove finisce per risultare un po’ schematico
e troppo didascalico). I conflitti generazionali e i rapporti umani sembrano, insomma, più congeniali al registro
comenciniano dei riferimenti politico-sociali, spesso risolti in modo banale e affrettato, e di alcune soluzioni
linguistiche all’insegna di un’abusata e stereotipata convenzionalità (il ralenti sulle corse di Mimì e la musica di

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Ragazzo di Calabria

Vivaldi che le enfatizza), che mal si concilia la dominante scelta di una sobrietà espressiva di stampo quasi
neorealista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Educazione fisica                           A) La maratona

                                                         B) Abebe Bikila

 Storia                                               La questione meridionale

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Ali

 Ali
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Michael Mann
SOGGETTO Gregory Allen Howard
SCENEGGIATURA Stephen J. Rivele, Christopher Wilkinson, Eric Roth, Michael Mann
FOTOGRAFIA Emmanuel Lubezki (colori)
MUSICA Lisa Gerrard, Pieter Bourke
MONTAGGIO William Goldenberg
INTERPRETI Will Smith, Jamie Foxx, John Voight, Mario Von Peebles
PRODUZIONE Jon Peters, Paul Ardasi. A. Kitman Ho, Michael Mann per Peters
Entertainment/Forward Pass Production
DURATA 159’
ORIGINE Stati Uniti, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Pugilato

Cinema e Sport

TRAMA
 1964-1974. Nel 1964 il pugile Cassius Clay vince il suo primo titolo mondiale e subito dopo decide di cambiare
il suo nome in Cassius X (per indicare il rifiuto di conservare il cognome che la sua famiglia originaria aveva
ereditato dal padrone all’epoca della fine dello schiavismo) e successivamente in Muhammad Ali (dopo che la
conoscenza con Malcolm X lo ha portato alla conversione all’islamismo). Il 28 aprile 1967 Muhammad Ali
rifiuta la chiamata alle armi degli Stati Uniti per andare a combattere in Vietnam e per questo viene condannato
alla revoca del titolo mondiale e alla proibizione a proseguire nell’attività sportiva. Il 28 giugno 1971 la
Suprema Corte lo riabilita completamente restituendogli la piena libertà. Il 25 ottobre 1974 a Kinshasa in Congo
ritorna ad essere campione del mondo sconfiggendo dopo un memorabile incontro Foreman di fronte ad una
folla africana in delirio per lui.

TRACCIA TEMATICA
Cassius Clay è stato forse il più grande campione di pugilato di tutti i tempi, ma è stato anche e soprattutto un
personaggio, che grazie alla sua spiccata personalità ha cercato (riuscendoci) di assegnare alla propria figura
di idolo dello sport una forte caratterizzazione sociale e politica in senso antirazzista e di aperta critica al
sistema pugilistico dominante negli Usa.

La riscoperta delle origini africane e la conversione all’islamismo in sintonia con la predicazione di Malcolm X, il
profeta della liberazione dei neri d’America che tanto ammirava, costituiscono le fasi fondamentali di un processo
identitario che lo portano a scontrarsi sia con la comunità mussulmana d’appartenenza sia con l’establishment
ufficiale, che comunque ha bisogno di un personaggio del suo carisma per alimentare l’interesse del pubblico e il
business sportivo-massmediatico.   

Non particolarmente dotato intellettualmente, impreparato culturalmente e sentimentalmente instabile e immaturo,


Ali ha saputo sempre fronteggiare le avversità facendo leva su di un temperamento combattivo e ribelle, che
se gli ha procurato parecchie inimicizie gli ha anche guadagnato simpatie e sostegno sino a farne una specie di
simbolo della contestazione contro il potere bianco dei neri di tutto il mondo. E’ così che si spiega il tifo
entusiastico delle folle durante l’incontro di Kinshasa che proprio nell’Africa nera trovò la sua cornice ideale.

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Ali

VALUTAZIONE CRITICA
 Ali dispone la propria strategia espressiva su almeno cinque piani. Quello più strettamente biografico,
incentrato su un percorso anomalo rispetto alla linea di sviluppo narrativo che il cinema hollywoodiano di genere
pugilistico persegue da tempo (ascesa-caduta), nel senso che qui si va da una conquista di un titolo ad un’altra
(ascesa-caduta-ascesa). Quello umano-psicologico  dominato dalle contraddizioni morali-esistenziali e dalla
eccezionalità del protagonista. Quello del contesto storico dove si sottolinea lo sfondo d’epoca attraverso
molteplici riferimenti, specialmente di natura musicale (importante il ruolo delle canzoni) e massmediatica (la
centralità del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa nel creare il mito di Ali). Quello corale costituito dal
vasto stuolo di personaggi (più o meno importanti e decisivi nella vita di Ali) che circondano il campione e
interagiscono, in modo quasi sempre conflittuale, con lui (una delle figure prevalenti del film è quella dello scontro
verbale che fa da pendant agli scontri sul ring). Quello della ricostruzione dei match pugilistici, tradotti con
grande fedeltà e adesione alla dimensione di epica sofferenza insita in questo sport.

Una pluralità di livelli che si intersecano tra loro alimentandosi a vicenda e costruendo una trama di
notevole complessità sostenuta da un montaggio rapido e incalzante e da uno stile ellittico e aggressivo, di
grande incisività e intensità.        

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                        a) Gli Stati Uniti negli anni Sessanta-Settanta

                                                   b) La guerra del Vietnam e il movimento pacifista

                                                   c) Malcolm X e i movimenti neri negli Stati Uniti

                                                   d) Il razzismo negli Stati Uniti

                                                   e) Lo Zaire di Mobutu.

 Religione                                    L’Islamismo

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cindarella man

Cinderella Man
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ron Howard
SOGGETTO Clifford Hollingworth
SCENEGGIATURA Akiva Goldsman, Clifford Hollingworth
FOTOGRAFIA Salvatore Totino (colore)
MONTAGGIO Daniel P. Hanley
INTERPRETI Russell Crowe, Renée Zellweger, Paul Giamatti, Connor Price
PRODUZIONE Brian Gazer, Ron Howard e Penny Marshall per Imagine Entertainmen, Miramax
Films, Parkway Productions, Universal Pictures
DURATA 144’
ORIGINE Stati Uniti, 2005
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Pugilato
Cinema e sport

TRAMA
 Ispirato alla storia vera del pugile Jim Braddock, che dopo essersi ritirato dall’attività pugilistica, è costretto a
tornare sul ring per sfamare la propria famiglia durante la grande crisi degli anni Trenta. Passando di successo
in successo alla fine sfiderà il campione del mondo per la conquista del titolo.

 TRACCIA TEMATICA
 Cindarella Man propone esplicitamente già nel titolo lo schema narrativo della fiaba di Cenerentola. Jim
Braddock è il classico outsider che proprio quando nessuno avrebbe puntato su di lui e tutto sembra ormai
perduto , risorge miracolosamente dalle ceneri ed assurge ad un insperato successo. Nel film si celebra il più
radicato dei miti della società statunitense, quello del cosiddetto sogno americano e cioè la convinzione che a
tutti prima o poi è offerta una qualche opportunità per affermarsi nella vita e vedere realizzati i propri
desideri. L’importante è crederci ed essere forniti di quelle qualità di tenacia e determinazione che
costituiscono le doti migliori che stanno alla base della nascita della nazione americana e della sua
affermazione.   

Tanto più importante diventa questo assunto ottimistico di fronte a quell’immane disastro della grande crisi
economica che colpì gli Stati Uniti negli anni Trenta.

VALUTAZIONE CRITICA
 Cindarella Man è una fiaba realistica raccontata con quell’ingenua ed entusiastica adesione all’idealismo
americano intessuto di fiducia nell’ integrità morale e nella forza di volontà dell’individuo che lotta per la
sua sopravvivenza, che fu tipica del Cinema hollywoodiano di Capra, che durante la crisi degli anni Trenta cercò
di risollevare lo spirito depresso dei cittadini statunitensi attraverso film ispirati  ad un’ideologia democratico-
populista che esaltando le virtù umane e solidaristiche del popolo americano combatteva la rassegnazione e
l’egoismo sociale.   

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cindarella man

Gli aspetti più convincenti del film vanno ricercati nell’accurata ricostruzione ambientale che sa restituire con
efficacia le atmosfere di disperazione e gli scenari di miseria di un’epoca e nella dimensione marcatamente
spettacolare con cui ricostruisce l’agone pugilistico (in particolare lo scontro finale è reso con ritmo adrenalinico
e incalzante).

Un film forse un po’ d’altri tempi, per la retorica dei buoni sentimenti e dell’unità del nucleo familiare che propone
in dosi massicce, ma che forse proprio per questo riesce a coinvolgere in un processo identificativo un pubblico
desideroso di emozioni forti e di messaggi elementari.  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Educazione fisica                                      a) Il pugilato

                                                                   b) La storia di Jim Braddock

 Storia                                                        La grande depressione degli anni Trenta e il New Deal

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million dollar baby

Million Dollar Baby


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Clint Eastwood
SOGGETTO Dalla raccolta di racconti “Lo sfidante” di F. X. Toole
SCENEGGIATURA Paul Haggis
FOTOGRAFIA Tom Stern (colori)
MONTAGGIO Joel Cox
MUSICA Clint Eastwood
INTERPRETI Clint Eastwood, Hilary Swank, Morgan Freeman
PRODUZIONE Clint Eastwood, Paul Haggis, Tom Rosenberg, Albert S. Ruddy per
Malpaso/Albert S. Ruddy/Lakeshore/Warner Bros.
DURATA 132’
ORIGINE Stati Uniti, 2004
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Pugilato
Cinema e sport

TRAMA
Frankie è un anziano gestore di una palestra di pugilato. Egli punta su Maggie, una ragazza che pratica il
pugilato e intende imparare da lui i segreti del mestiere. Ben presto la ragazza si rivela una vera e propria
campionessa, in grado di gareggiare per il titolo mondiale.

TRACCIA TEMATICA
Da sempre il cinema di pugilato ha trasformato il quadrato in una metafora della crudele competitività con
cui l’individuo deve confrontarsi nella società contemporanea se vuole emergere ( facendo i conti anche con
chi, come la sleale pugilatrice Billie, non rispetta le regole).

Per la non più giovanissima Maggie il pugilato è ormai l’unica possibilità di riscattare un’esistenza
fallimentare e priva di affetti veri e profondi (il ritratto della sua famiglia è desolante).  Per l’istruttore Frankie,
anch’egli sostanzialmente un perdente (a giudicare dalla scalcinata e cadente palestra che gestisce), la ragazza
rappresenta un’occasione di affermazione in extremis.

Ma il rapporto tra i due protagonisti va ben oltre un connubio nel quale entrambi cercano una rivincita sulla vita,
assumendo le connotazioni di un legame di natura parentale, in cui Frankie ritrova la figlia che praticamente lo
ha ripudiato e un approdo affettivo sostitutivo della moglie morta (la stessa religione con i suoi dogmi
incomprensibili non gli  è di conforto) e Maggie un  padre adottivo che supplisca alla mancanza di quello vero.

Solo apparentemente il film affronta il tema dell’eutanasia. La scelta finale di Frankie, va interpretata come un
gesto estremo d’amore nei confronti della povera Maggie, un gesto che solo lui poteva e doveva fare. Non si
tratta tanto di un obbligo morale, e tanto meno razionalmente ideologico in contrasto con quanto impone la
religione, ma di un atto d’amore paterno.   

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million dollar baby

VALUTAZIONE CRITICA
Si afferma che Eastwood sia tra i registi viventi il massimo interprete della cosiddetta classicità, in altre
parole di un cinema che, lontano da ogni simbolismo e cerebralismo come da ogni virtuosismo linguistico, fa della
trasparenza e dell’immediatezza il suo principale punto di forza. E indiscutibilmente Million Dollar Baby è un
grande esempio di un’arte del narrare di eccezionale essenzialità  e sintetismo, capace di trasmettere passioni e
sentimenti con poche inquadrature e rapide sequenze. Lo spessore poetico e morale della personalità del
regista emerge con estrema evidenza.

La calibratura della storia è perfetta nella scansione degli eventi e delle emozioni, la costruzione delle psicologie e
dei personaggi attenta e rigorosa (Eastwood come spesso accade nei suoi film si ritaglia il ruolo del burbero dal
cuore d’oro), la direzione degli attori straordinaria, i dialoghi sono di parsimoniosa sobrietà e spesso i silenzi
esprimono più di qualunque discorso, la fotografia (splendide le tonalità chiaroscurali) e la scenografia (lo
squallore studiatissimo di molti interni) ricche d’intensità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione fisica                                     a) Il pugilato 

                                                                  b) Il  pugilato femminile

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agorà

Febbre a 90°
TITOLO ORIGINALE Fever Pitch
REGIA David Evans
SOGGETTO E Dal romanzo omonimo di Nick Hornby
SCENEGGIATURA Nick Hornby
FOTOGRAFIA Chris Seager
MONTAGGIO Scott Thomas
MUSICA Boo Hewerdine, Neil MacColl, Pete Townshend
INTERPRETI Colin Firth, Ruth Gemmell,Stephen Rea
PRODUZIONE Film 4 Production
DURATA 102'
ORIGINE Gran Bretagna, 1997
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Biennio -Triennio

PERCORSI Calcio  
Cinema e sport

  

TRAMA
Paul è un insegnante di lettere in una scuola superiore ed è l'idolo indiscusso dei suoi allievi, della cui
squadra di calcio è allenatore essendo la sua grande passione è il calcio. Paul, infatti, fin da bambino
andava allo stadio con il padre per seguire le partite del club londinese dell’Arsenal, di cui diventa
grande tifoso. Il suo interesse calcistico è talmente totale ed esclusivo da mettere in crisi il rapporto
con la sua compagna, molto critica nei confronti di quelli che ritiene come eccessi insensati.
Intanto il campionato di calcio inglese 1988-89 si avvia alla conclusione e l’Arsenal è atteso ad un
incontro decisivo che potrebbe consegnargli il titolo nazionale dopo tanti anni.

TRACCIA TEMATICA
Il tifo calcistico può trasformarsi in una scelta totalizzante di vita, tale da relegare alla
marginalità o quasi tutto il resto? Febbre a 90° ci dice che non solo è possibile, ma questo
rapporto “malato”, se osservato con la necessaria ironia (od autoironia, trattandosi di una storia
raccontata in un libro autobiografico), può essere considerato con indulgente simpatia, specie
nelle sue manifestazioni più pittoresche ed inoffensive (pensiamo alle mutandine col marchio
della squadra di calcio indossate dal protagonista). Il film sottolinea, inoltre, con tonalità di
evocazione mitica l’iniziazione al tifo di Paul bambino, quasi la sua passione fosse segnata da un
fato implacabile. Non una libera scelta, ma una specie di sortilegio.

Purtroppo, però, il tifo calcistico non è sempre quello febbricitante, ma corretto,  di Paul e dei
suoi amici,  come ricordano al pubblico (in un riferimento che il regista sente doveroso) le
immagine della tragedia del 15 aprile 1989 di Hillsborough dove molti tifosi del Liverpool
persero la vita.

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agorà

VALUTAZIONE CRITICA
In un mondo in cui il tifo calcistico è (e purtroppo con più di un valido motivo) demonizzato a causa
della violenza con cui spesso si manifesta, un film come Febbre a 90° riesce in parte a riconciliarci
con questa passione, che quando è genuina e pacifica, può contribuire alla costruzione di un forte
senso di appartenenza (il quartiere di Hihgbury, centro della tifoseria dell’Arsenal). E questo è merito
del regista, che sa restituire quella dimensione mito-leggendaria che costituisce il substrato “culturale”
del tifo (efficace in questo senso la sequenza, alonata da un’atmosfera magica, dell’ingresso allo stadio
di Paul bambino per assistere alla sua prima partita).
Inoltre, il regista riesce a conferire quel sapore e quella trepidazione per l'attesa di una partita,
l’emozione travolgente della sfida, quella gioia incontenibile per la vittoria, di cui si nutre la
dimensione più autentica del tifo calcistico. Il tutto con una tonalità leggera, da commedia, in
contrasto con la tremenda serietà con cui il protagonista vive la sua passione
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua e letteratura inglese         Il romanzo di Nick Hornby

Educazione fisica                         Il calcio inglese-La squadra dell’Arsenal


 

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fuga per la vittoria

Fuga per la vittoria


TITOLO ORIGINALE Escape to Victory
REGIA John Huston
SOGGETTO Dal romanzo di Yabo Yablonsky, Djordje Milicevic, Jeff Maguire
SCENEGGIATURA Evan Jones, Yabo Yablonsky
FOTOGRAFIA Gerry Fisher (colori)
MONTAGGIO Roberto Silvi
INTERPRETI Max Von Sydow, Michael Caine, Sylvester Stallone
PRODUZIONE Fred Fields per la Victory Lorimar
DURATA 113’
ORIGINE Stati Uniti, 1981
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Calcio
Cinema e sport

TRAMA
Nel 1943 lo Stato maggiore tedesco organizza un incontro di calcio a Parigi tra una selezione di internati alleati
in un campo di prigionia e la nazionale di calcio tedesca. Nelle intenzioni delle gerarchie tedesche la partita
deve assumere una funzione di propaganda e la vittoria non può assolutamente sfuggire alla nazionale
germanica, che a questo fine è spudoratamente favorita dall’arbitraggio. La squadra degli alleati, i cui
componenti avevano inizialmente progettato di approfittare della manifestazione sportiva per tentare la fuga,
messa sotto per 4-1 nel primo tempo, rinuncia ai proposito d’evasione per tentare di ribaltare il risultato per
rinfrancare la popolazione della Francia occupata.   

TRACCIA TEMATICA
Il film è ispirato ad un reale evento storico. La partita di calcio tra prigionieri russi e soldati tedeschi svoltasi a
Kiev nel 1943 durante l’occupazione dell’Unione Sovietica. L’esito dell’incontro a favore dei prigionieri irritò gli
ufficiali tedeschi, che ordinarono l’uccisione di tutti i giocatori russi. Fuga per la vittoria, oltre ad un’altra
ambientazione, propone un finale decisamente più consolatorio rispetto ai fatti cui la pellicola si ispira.

Aldilà degli obblighi spettacolari cui deve necessariamente sottostare (e il lieto fine è sicuramente il principale),
Fuga per la vittoria intende essere un’esaltazione dello spirito sportivo più autentico e disinteressato, ben
incarnato dall’ufficiale tedesco Von Steiner, grande appassionato di calcio, che, dimentico completamente dei
secondi fini per cui la partita è stata voluta dai suoi superiori, si esalta alle prodezze del nero fuoriclasse della
squadra degli alleati, scandalizzando i suoi colleghi nazisti. 

La presenza decisiva di un calciatore di colore (il grande Pelè) sembra quasi riproporre il ruolo da
protagonista che l’atleta  nero Jesse Owens ebbe nelle olimpiadi di Berlino del 1936 (che dovevano celebrare la
superiorità fisica della razza ariana su tutte le altre), vincendo tante gare e facendo irritare Hitler che non volle
stringergli la mano.

VALUTAZIONE CRITICA

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fuga per la vittoria

La caratteristica più importante del film è sicuramente di essere nella storia del cinema la pellicola di genere
sportivo che assomma tra gli interpeti il maggior numero di veri professionisti del mondo delle sport (Pelè, Bobby
Moore, Ardiles, Deyna). Il pregio di Fuga per la vittoria va ricercato nella solidità di un impianto narrativo di
grande efficacia e coinvolgimento, che riesce a fondere al suo interno generi diversi (oltre allo sportivo, il
genere carcerario, di evasione, bellico, resistenziale), sfruttandone al meglio i meccanismi maggiormente
consacrati dalla tradizione cinematografica. Non c’è né spessore psicologico, né rigore storiografico, ma questo
poco importa di fronte alle emozioni e ai colpi di scena che il film garantisce. Per questo basta la più che rodata
contrapposizione Bene-Male offertaci nella versione più immediata ed elementare.   

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                  a)  La Seconda Guerra Mondiale

                                                            b)  Il vero episodio cui il film è ispirato

Educ. Fisica                                         I campioni coinvolti nelle riprese del film

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Miracolo di Berna

 Il miracolo di Berna


TITOLO ORIGINALE Das Wunder von Bern
REGIA Sonke Wortmann
SOGGETTO E Rochus Hahn, Sonke Wortmann
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Tom Fahrmann (colori)
MUSICA Marcel Barsotti
MONTAGGIO Ueli Christen
INTERPRETI Peter Lohmeyer, Louis Klamroth, Sascha Gopel, Johanna Gastdorf, Mirko Lang
PRODUZIONE Bavaria Film International, Senator Film Production, Little Shark Entertainment,
Seven Pictures
DURATA 118’
ORIGINE Germania, 2003
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Calcio

Cinema e sport

TRAMA
 Germania, 1954. Matthias, un ragazzino di 11 anni, ha la passione del calcio ed è amico e portafortuna del
calciatore della squadra del Rothweiss Helmut Rahn. Quest’ultimo viene convocato nella nazionale tedesca che
si appresta a partecipare ai Campionati del mondo in Svizzera. Contro ogni previsione la compagine germanica
approda alla finalissima a Berna contro la favorita Ungheria. Matthias si reca con il padre nella capitale
elvetica per assistere alla partita.

TRACCIA TEMATICA
 Nei quartieri operai del bacino minerario della Ruhr negli anni cinquanta sono ancora visibili i segni della guerra
nella desolazione dei casermoni popolari e nel ritorno dei soldati ancora prigionieri in Unione Sovietica. Tra questi
c’è anche il padre di Matthias, il cui reinserimento nella società è difficile e segnato da eccessi di violenza che
scuotono il fragile equilibrio che la sua famiglia era riuscita a costruire durante la sua lontananza. Su questo grigio
scenario di difficoltà quotidiane il calcio assume il ruolo di passione sana e salvifica, in grado di riempire il
tempo libero dei ragazzi e di farli sognare, fosse anche facendo il tifo per la non irresistibile squadra locale del
Rothweiss.

La vittoria della squadra di calcio tedesca ai campionati di calcio del 1954 in Svizzera, dove batte in finale il
leggendario squadrone ungherese di Puskas, favoritissimo nei pronostici, viene vissuta da un’intera nazione
(anche nella parte orientale separata), uscita sconfitta e umiliata dal conflitto mondiale, come una specie di grande
riscatto collettivo in grado di restituire ad un popolo frustrato e abbattuto orgoglio e dignità. Il miracolo
calcistico di Berna viene così interpretato come la premessa di un altro miracolo, quello economico, che di lì a
pochi anni farà della Germania una delle più grandi potenze industriali del mondo.

VALUTAZIONE CRITICA

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Miracolo di Berna

 Il film di Wortmann ci restituisce queste vicende in una dimensione dove all’ambientazione quasi neorealista
delle scenografie d’epoca (le ciminiere delle fabbriche, lo squallore della periferia  e le folle nei caffè di fronte
alle prime televisioni) si mescolano le tonalità magico-favolistiche attraverso cui l’impresa calcistica della
nazionale germanica è filtrata dallo sguardo ingenuo e fanciullesco di Matthias. Il viaggio in automobile tra le
ridenti montagne svizzere (così diverse dalle fuligginose atmosfere della Ruhr) e il gol decisivo del suo beniamino
Rahn magicamente propiziato dall’entrata di Matthias allo stadio risultano assolutamente funzionali a questo
registro antirealistico che fissa l’evento in una dimensione mitica. Le tensioni e le contraddizioni che la pellicola
aveva accumulato nella prima parte si dissolvono così in questo finale accattivante e consolatorio in cui prevale
l’intento celebrativo in chiave nazionalista.

Siamo lontani dal Nuovo Cinema Tedesco degli anni Settanta che della vittoria nei mondiali svizzeri aveva parlato
con ben altri accenti, individuando nell’esaltazione che aveva prodotto, insieme alla successiva crescita economica,
un fattore di rimozione del passato nazista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                        A) La Seconda Guerra Mondiale

                                                   B) Il secondo dopoguerra in Germania

 Educazione fisica                      I mondiali di calcio del 1954

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sognando beckham

Sognando Beckham
TITOLO ORIGINALE Bend It Like Beckham
REGIA Gurinder Chadha
SOGGETTO E Gurinder Chada, Paul Mayeda Berges, Guljit Bindra
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Jong Lin (colori)
MONTAGGIO Justin Krish
INTERPRETI Parminder Nagra, Keira Knightley, Jonathan Rhys Meyers
PRODUZIONE Gurinder Chada, Deepak Nayar per Kintop/Bend It/Roc.
DURATA 112’
ORIGINE Gran Bretagna-Germania, 2002
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Calcio
Cinema e sport
 
Genitori e figli
La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società
 
I vicini di casa
Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza,
immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Jessminder è una ragazza di origini indiane che vive con la famiglia in Gran Bretagna. La sua grande passione
è il calcio e il suo idolo il calciatore David Beckham. Di nascosto dalla famiglia, che la vorrebbe più sottomessa
alle tradizioni della propria patria d’origine, si dedica al calcio femminile ottenendo buoni risultati. Proprio
quando sta per essere ingaggiata da una squadra di calcio statunitense precipita il conflitto con i genitori e i
parenti tutti.

TRACCIA TEMATICA
Il conflitto che il film propone è tipico di molte comunità straniere in Europa. Il desiderio della prima generazione
d’immigrati di mantenere un forte vincolo con la propria patria d’origine perpetuando anche in terra straniera le
tradizioni della propria cultura si scontra con l’adesione dell’ultima generazione (quella per intenderci che è nata
nel paese d’accoglienza) ai miti e alle usanze della società in cui si vive. E’ il caso di Jessminder, che attraverso
la sua passione per il calcio esprime a suo modo una ribellione per le costrizioni dei suoi genitori.

La messa in discussione degli obblighi familiari appare ancor più stridente se ad essa si aggiunge l’adesione ai
modelli occidentali e l’innamoramento per un ragazzo inglese, laddove il matrimonio all’interno della propria
comunità etnica è un dogma fondamentale per la sua gente (pensiamo al trasporto con cui la sorella vive la
cerimonia nuziale).

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sognando beckham

Altro tema interessante del film è dato dalla sottolineatura dell’universalismo dello sport, capace di travalicare
le differenze culturali per diventare terreno d’incontro e comunicazione tra etnie diverse.

VALUTAZIONE CRITICA
Sognando Beckham è una commedia multietnica spigliata e piacevole in piena sintonia con la moda
cinematografica che si è imposta in questi ultimi anni in Gran Bretagna. Si tratta di un filone che affronta il
tema della difficoltà di integrazione e convivenza delle tante comunità d’origine straniera presenti nel Regno Unito,
sfumando il carico di drammaticità e tensione che spesso nella realtà sociale accompagna questa problematica
attraverso un tono leggero e un finale consolatorio.

Il film di Gurinder Chadha si allinea perfettamente a questi canoni, cercando il più possibile di piacere al
pubblico (specialmente giovanile e specialmente femminile), di cui intende soddisfare le aspettative e i processi
d’identificazione, ben prima del lieto fine molto sdolcinato e anche molto improbabile, tramite un ritmo di
montaggio ispirato agli spot pubblicitari e dialoghi di scontata banalità.

Sognando Beckham, insomma, è una fiaba moderna (il modello più vicino si direbbe quello inossidabile di
Cenerentola), furba e brillante. La realtà della società multietnica in Gran Bretagna e altrove, lo sappiamo, è
purtroppo molto diversa e assai più drammatica.   

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia                                                     a) La società multietnica in Gran Bretagna

                                                                      b) La civiltà indiana

Educazione fisica                                              Il calcio femminile

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invictus

Invictus
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Clint Eastwood
SOGGETTO Dal libro “Ama il tuo nemico. Nelson Mandela e la partita di Rugby che ha fatto
nascere una Nazione” di John Carlin
SCENEGGIATURA Anthony Peckham
FOTOGRAFIA Tom Stern (colori)
MONTAGGIO Joel Cox, Gary D. Roach
MUSICA Kyle Eastwood, Michael Stevens
INTERPRETI Morgan Freeman, Matt Damon
PRODUZIONE Clint Eastwood, Robert Lorenz, Lori McCreary, Mace Neufeld per Malpaso
Productions/Revelations Entertainment/Mace Neufeld Productions
DURATA 133’
ORIGINE Stati Uniti, 2009
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Apartheid
Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società
multietnica/Uomo e società
 
Rugby
Cinema e sport
 

TRAMA
 Sudafrica. Nelson Mandela, dopo mezzo secolo di lotta contro il regime razzista del suo paese, è eletto
Presidente. L’ apartheid è finito, ma  la nazione resta ancora profondamente divisa tra la comunità bianca e
quella nera. Il campionato del mondo di rugby del 1995 potrebbe essere un’occasione per sanare questa frattura.

TRACCIA TEMATICA
 Rancori, odio e spirito di vendetta erano i sentimenti diffusi nella comunità nera sudafricana all’indomani della
conquista della libertà e della fine del regime di segregazione razziale vigente da più d’un secolo nello Stato
africano, dove una minoranza bianca dominava con metodi brutali la maggioranza di colore. Nelson Mandela ha
da subito puntato su una strategia di riconciliazione tra i due gruppi etnici con l’obiettivo di realizzare un
autentico superamento delle divisioni del passato.

Il rugby, sport nazionale sudafricano, da sempre riservato all’élite bianca, tanto che la comunità nera parteggiava
per le nazioni avversarie negli incontri internazionali, si trasforma per il Presidente in un’ opportunità  per
realizzare un significativo momento di unità nazionale, facendo sì che tutto un popolo si identifichi nella
squadra del proprio paese.

L’immenso carisma di Mandela si esercita su questo obiettivo motivando il capitano e i giocatori  di una compagine
data sfavorita dai pronostici e trasmettendo entusiasmo alla popolazione di colore. Il tifo  sportivo, che spesso

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invictus

costituisce un elemento di divisione e  aspra contrapposizione, diventa, grazie all’intuizione del leader
sudafricano, un fattore di unità e affratellamento di tutto un popolo. 

VALUTAZIONE CRITICA
 Dopo Gran Torino Eastwood prosegue la sua esplorazione sul tema dell’incontro interetnico e lo fa esibendo
le sue doti migliori: la solidità narrativa e la sensibilità psicologica nella costruzione dei personaggi. Invictus
ripropone con grande maestria il tracciato tradizionale del cinema sportivo americano (l’outsider che contro ogni
previsione trionfa grazie alla sua tenacia e voglia di affermazione), scandendo un crescendo narrativo che partendo
da un ritmo lento e  un tono sommesso acquista via via una forte capacità di coinvolgimento sino all’apice
incalzante ed emozionantissimo della partita conclusiva. Ma l’essenza più personale ed autentica del cinema
eastwoodiano si manifesta nel tratteggio di personaggi perfettamente disegnati  nella loro dimensione umana
e sociale e ancora una volta (è caratteristica degli ultimi film del regista) incentrati sul rapporto di natura
filiale tra un anziano ed un giovane, che in un percorso di progressivo avvicinamento (dopo il quale nulla sarà
più come prima)  approdano ad un profondo arricchimento  Il cineasta americano ci consegna ancora una volta
un’esaltante lezione di cinema, recuperando e valorizzando all’estremo i due cardini fondamentali della
cinematografia americana classica cui ha sempre guardato: azione e cuore.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                                   a)  Storia del Sudafrica

                                                             b) Il colonialismo europeo in africa

                                                             c) Il Sudafrica oggi

                                                             d) Nelson Mandela

 Educazione Fisica                               Il rugby

Geografia                                            Il Sudafrica

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agorà

L’arte di vincere
TITOLO ORIGINALE Moneyball
REGIA Bennett Miller
SOGGETTO E Dal libro “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game” di Michael Lewis
SCENEGGIATURA
Bennett Miller, Aaron Sorkin
FOTOGRAFIA Wally Pfister
MONTAGGIO Christopher Tellesfen
MUSICA Mychael Danna
INTERPRETI Brad Pitt (Billy Bean), Jonah Hill (Peter Brand), Philip Seymour Hoffman (Art
Howe), Robin Wright (Sharon)
PRODUZIONE Michael De Luca, Rachael Horovitz, Brad Pitt, Alissa Phillips per Scott Rudin
Productions/Michael De Luca Productions/Film Rites/Speciakity Films.
DURATA 133'
ORIGINE Stati Uniti, 2011
REPERIBILITA' Videoteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Baseball  

Cinema e sport 

  

TRAMA
E’ la vera storia di Billy Bean, excampione di baseball ritrovatosi nel ruolo di general manager
della squadra degli Oakland A’s. In tale posizione, dovendo fare di necessità virtù a causa dei
pochi soldi a disposizione, mise insieme, attraverso un sistema di selezione computerizzato, una
squadra all’apparenza di poche speranze, ma che si rivelò poi vincente.
 

TRACCIA TEMATICA
Il baseball è lo sport americano per eccellenza. Su di esso il cinema hollywoodiano ha
costruito vere e proprie mitologie incentrate sull’epica dell’eroe sportivo. Anche a livello
simbolico il gioco del baseball sembra richiamare riferimenti simbolici legati nel profondo alla
cultura di massa statunitense: la sfida tra lanciatore e battitore che ricorda il duello tra i pistoleri
dell’epopea western e l’avanzata nello spazio, metaforico richiamo alla conquista dell’ovest
come evento storico fondante l’identità nazionale.

Più specificatamente un film come “L’arte di vincere” ripropone un altro mito centrale
dell’immaginario americano: la possibilità offerta a tutti di riscattarsi da un passato di sconfitte
 per conquistare un successo che tutti davano per irraggiungibile. E’ la figura dell’”outsider”
che si pone al centro del film: un fallito, come giocatore, è il protagonista Billy Bean e
mancate promesse, ormai sul viale del tramonto, sembrano essere i giocatori che ingaggia tra la
perplessità dei colleghi. Ma c’è di più: Bean ha il coraggio di andare controcorrente,
infrangendo regole consolidate da anni tra lo scetticismo generale ed affidandosi ai calcoli di un

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agorà

altro giovane “outsider” .  


 

VALUTAZIONE CRITICA
Miller ribalta l’impostazione classica dei film sullo sport, spostando l’attenzione dalla scena
dove si svolge l’avvenimento agonistico, al retroscena. Buona parte della vicenda si svolge negli
uffici, nei corridoi, negli spogliatoi, nelle palestre, cioè nel ventre oscuro e nascosto dello sport,
per dirci che è proprio lì il posto dove spesso si costruiscono le vittorie perché è lì dove si
prendono le decisioni importanti. Alla spazialità solare ed ariosa  del campo da gioco si
contrappongono interni ristretti e claustrofobici collocati nel ventre dello stadio

L’aspetto migliore del film va ricercata nei dialoghi (in una pellicola che dovrebbe mostrarci
imprese sportive già questo fatto costituisce un elemento di notevole originalità) serrati e
bruschi, concitati ed incalzanti, quasi sempre conflittuali (in fondo il vero agone del film è
questo).  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua e letteratura inglese       Il romanzo da cui è tratto il film.

Educazione fisica                       Lo sport del baseball.

Informatica                                Il programma di statistica usato dal personaggio  Peter Brand


 

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Che ora è

Che ora è?

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Ettore Scola
SCENEGGIATURA Ettore Scola, Beatrice Ravaglioli, Silvia Scola
FOTOGRAFIA Luciano Tovoli (colori)
MONTAGGIO Raimondo Crociani
MUSICA Armando Trovajoli
INTERPRETI Marcello Mastroianni, Massimo Troisi
PRODUZIONE Cecchi Gori, Studio EL, Gaumont
DURATA 102'
ORIGINE Italia/Francia, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Un padre va a trovare il figlio che fa il servizio militare a Civitavecchia. I due trascorrono una grigia giornata
invernale insieme, facendo emergere tutta l'incomunicabilità che li separa. Alla fine si lasciano solo
parzialmente riconciliati.

TRACCIA TEMATICA
Il film è incentrato sul classico scontro generazionale: da una parte un genitore che sogna per il figlio un lavoro
e un matrimonio, insomma una sistemazione definitiva; dall'altro il figlio che vuole continuare la fase
dell'adolescenza rimandando all'infinito le scelte. Di più: tentando di convincere il figlio il padre mette a nudo
l'angustia del proprio orizzonte, ancorato a fragili certezze borghesi, mentre il figlio, schermendosi di fronte
alle sollecitazioni paterne, rivela una spiccata propensione ad una dimensione esistenziale schiva ed appartata,
lontana da ogni aspirazione di affermazione professionale e arricchimento.

VALUTAZIONE CRITICA
Che ora è? si attesta sul versante di una dignitosa medietà, risultando un'opera piacevole, anche se non esente da
alcuni vistosi difetti: il conflitto generazionale proposto risulta piuttosto stereotipato e fatica a sfuggire al pericolo
del luogo comune e dello sfondar porte aperte; se Mastroianni appare perfettamente in parte nel ruolo del padre

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Che ora è

assenteista e un po' cialtrone, Troisi stenta nel dare la propria maschera e mimica a un ventenne neolaureato in
lettere.

Buono invece il lavoro registico sull'ambientazione: una Civitavecchia deserta e plumbea, ricca di risonanze
metaforiche e di suggestioni decadenti, diventa perfetta cornice di questo piccolo psicodramma dell'incomprensione
e della incomunicabilità.

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Crooklin

Crooklyn

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Spike Lee
SOGGETTO Joie Susannak Lee
SCENEGGIATURA Joie Susannak Lee, Spuke Lee, Cinqué Lee
FOTOGRAFIA Arthur Jafa (colori)
MUSICA Terence Blanchard
INTERPRETI Alfred Woodard, Delroy Lindo, Zelda Harris
PRODUZIONE Jon Kilik, Monty Ross, Spike Lee
DURATA 124'
ORIGINE USA, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Brooklyn, anni settanta. La vita, le difficoltà a tirare avanti, le speranze, i dolori, le liti, le gioie di una famiglia
di colore che vive nel famoso quartiere multietnico newyorchese. La moglie è la vera guida: è l'unica che lavora
e che gestisce con energia i cinque vivacissimi figli, mentre il padre insegue vaghe ambizioni di musicista. Della
numerosa prole il caso più preoccupante è Troy, una bambina di nove anni, che reagisce con furtarelli e dispetti
d'ogni tipo ai fratelli e agli amici. La morte della madre per malattia segna una svolta nella vita della famiglia.

TRACCIA TEMATICA
Il quartiere multietnico, con la sua intensa vita di strada e la sua variegata tipologia umana (il regista Spike
Lee si concede un'apparizione nelle vesti di uno dei due prepotenti bulletti drogati che cercano di rubare i soldi ai
più piccoli) è certamente uno dei protagonisti: un intreccio corale di bambini vocianti, di frustrate velleità canore,
di affitti e bollette arretrati, di diverbi continui e di immaginario televisivo. Una collettività marginale e ghettizzata
che vive con il sussidio statale e lambita dalla microcriminalità, ma che nonostante tutti i suoi problemi
quotidiani esprime una solida vitalità.

Altro protagonista è la madre di Troy, donna di grande personalità, decisa a garantire ai figli un ambiente
decoroso in cui abitare e un avvenire dignitoso, dura e irremovibile nel guidare una famiglia di difficile gestione, sa
essere dolce e sensibile quando occorre.

Centrale il personaggio di Troy, bambina inquieta e problematica, ma tutto sommato ben inserita nel mondo del

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Crooklin

quartiere (quando va dalla zia benestante, in un bel villino di periferia, non si trova a suo agio), che trapassa ad
una repentina maturazione dopo la morte della madre.

VALUTAZIONE CRITICA
Spike Lee rivolge al quartiere e a chi lo popola lo sguardo affettuoso e complice di chi si trova ad essere
autobiograficamente coinvolto dal microcosmo che rievoca.

Il regista opta per un modulo essenzialmente realista, intento a restituire in termini di credibile verosimiglianza
psicologica e comportamentale la galleria di personaggi comuni, in ambienti comuni, che anima il film, ma non
rinuncia alle sue peculiarità stilistiche: la mobilità della macchina da presa, che insegue con morbidi
movimenti i giochi dei bambini e con brusche e nervose panoramiche gli scontri verbali, il gusto visionario dello
sballo dei teppisti drogati e del sogno di Troy, l'uso delle canzoni d'epoca per dare ritmo alle sequenze,
l'invenzione visiva dello restringimento delle figure nella parte in cui Troy si trova dalla zia, che induce nello
spettatore un disagio che è il corrispettivo dell'insofferenza della protagonista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia   A) Storia e vita quotidiana del quartiere di Brooklyn. B) La società multirazziale statunitense.

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Colpire al cuore

Colpire al cuore
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gianni Amelio
SOGGETTO Gianni Amelio
SCENEGGIATURA Gianni Amelio, Vincenzo Cerami
FOTOGRAFIA Tonino Nardi (colori)
MUSICA Franco Piersanti
MONTAGGIO Anna Napoli
INTERPRETI Jean-Louis Trintignant, Laura Morante, Fausto Rossi
PRODUZIONE RAI/Antea Cinematografica
DURATA 105'
ORIGINE Italia, 1982
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e società

Terrorismo-Lotta armata

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Emilio, un ragazzo di quindici anni, scopre che Sandro, un ex-allievo del padre Dario, un docente universitario,
è stato ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia durante un'azione terroristica. Qualche giorno prima aveva
visto il padre in grande confidenza con il giovane e sente suo dovere riferirlo alle forze dell'ordine. Dario
chiarisce la sua posizione, ma i rapporti con il figlio sono compromessi. Emilio conduce intanto una specie di
indagine personale, pedinando Giulia, la donna di Sandro ricercata dalla polizia, e fotografandola insieme a
Dario. Quando il genitore si reca a casa di Giulia per aiutarla a fuggire, Emilio avverte la polizia e poi assiste di
nascosto all'arresto di entrambi.

TRACCIA TEMATICA
Colpire al cuore era un'espressione tipica del frasario rivoluzionario dei gruppi terroristici di sinistra degli anni
settanta e ottanta e l'oggetto del predicato era lo Stato capitalista. Nel film di Amelio il titolo assume un valore
ambivalente, riferendosi anche e soprattutto alla determinazione con cui Emilio consegna il padre alla polizia
punendolo per la sua latitanza dal ruolo paterno.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm034.htm[12/07/2017 19:02:53]
Colpire al cuore

Storia di un conflitto generazionale, Colpire al cuore ne ribalta la modalità più ovvia: non è più il genitore che
richiama il figlio al proprio dovere (comunque questo venga inteso), ma viceversa. Emilio compensa le carenze
affettive e la mancanza di un saldo riferimento affidandosi alle certezze rassicuranti dell'ordine e della
giustizia, mentre il padre vive una crisi d'identità che lo porta a dubitare d'ogni verità.

La difficoltà di comunicazione fra genitori e figli emerge in tutta la sua inquietante dimensione sullo sfondo di un
periodo drammatico della recente storia nazionale, quello del terrorismo, che ha visto rapporti familiari distrutti ed
esistenze bruciate.

VALUTAZIONE CRITICA
Amelio affronta un argomento scottante distanziando al massimo la materia narrativa con uno stile sobrio e
raffreddato, adeguato alla sua rinuncia a guidare lo spettatore in direzione di un giudizio. Il regista si limita
a costatare, senza assolvere e condannare e rifuggendo da facili semplificazioni politiche e moralistiche.

Legandoci al punto di vista di Emilio, ci mostra solo ciò che l'adolescente vede, facendone l'unico
responsabile delle conclusioni cui perviene. Quali siano i reali rapporti tra il suo padre e il terrorista Sandro e la
ragazza di questo, Giulia, e quale sia la natura del suo coinvolgimento nel terrorismo non è detto: Amelio ci
propone una idea di Cinema della reticenza che si concede un margine di inconoscibile e di irrisolto, un
Cinema indiziario, attento a penetrare nei risvolti delle psicologie e dei comportamenti e ad assegnare alle
cose pregnanti vibrazioni simboliche (i libri che coprono le pareti della casa del professore, a rappresentare
un'impotenza della cultura a dare risposte ai drammatici interrogativi morali che assillano i protagonisti, la cuffia
che isola la madre nel suo lavoro rendendola indisponibile al dialogo col figlio, le strutture fatiscenti del
condominio dove abita Giulia, allusione ad un'insanabile devastazione esistenziale, il calcio finale al pallone con
cui Emilio allontana definitivamente l'innocenza dell'adolescenza).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia      Il terrorismo e la lotta armata in Italia dagli anni settanta all'inizio degli anni ottanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm034.htm[12/07/2017 19:02:53]
Bronx

Bronx
TITOLO ORIGINALE A Bronx Tale
REGIA Robert De Niro
SOGGETTO E Chazz Palminteri dalla sua commedia omonima
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Reynaldo Villalobos (colori)
MONTAGGIO David Ray
INTERPRETI Chazz Palminteri, Robert De Niro, Francis Capra, Lillo Brancato
PRODUZIONE Jane Rosenthal, Jon Kilik, Robert De Niro per la Tribeca
DURATA 120'
ORIGINE USA, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Genitori e Figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Calogero è un ragazzino di nove anni, che vive nel Bronx. Un giorno assiste all'uccisione di un uomo  per mano
di Sonny, il gangster del suo quartiere. Interpellato dalla polizia finge di non riconoscerlo. Da quel momento
inizia l'amicizia fra Calogero e Sonny, che verso il ragazzo nutre un sincero affetto, tanto da incoraggiarlo a
stare lontano dal crimine. Dopo otto anni il legame tra i due si è consolidato e Calogero è diventato il vero e
proprio figlioccio di Sonny, nonostante la ferma opposizione di Lorenzo, il vero padre del ragazzo. Quando
Sonny muore, ucciso dal figlio della persona che aveva eliminato di fronte a Calogero, questi prova un dolore
autentico e profondo.

TRACCIA TEMATICA
Calogero appartiene alla comunità italo-americana e vive nel Bronx, il famigerato quartiere della malavita
newyorchese. Come esce di casa si trova proiettato in un ambiente dominato dalla mafia di quartiere e dai
suoi codici di comportamento. Il miraggio del facile guadagno e del rispetto dovuto a chi conta esercita una forte
attrazione sul ragazzo, che finisce per avere due padri: quello naturale, che vorrebbe educarlo al senso del
lavoro e dell'onestà, e Sonny, padre putativo che lo introduce alla cultura della strada, cercando di
preservarlo però da un destino da criminale.

Calogero non è più tale, ma diventa Calogero-C, sdoppiato fra la mentalità piccolo-borghese della sua famiglia (il
padre Lorenzo esprime i pregiudizi razziali e gli orizzonti ristretti tipici di questa dimensione) e la visione più
aperta e romantica del boss della famiglia (Sonny incoraggia il suo amore con la ragazza nera). Per quanto la
frequentazione di Sonny esponga Calogero a evidenti rischi, il ragazzo finisce paradossalmente per giovarsi
di più della sua apertura mentale che non del conformismo conservatore del padre.

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Bronx

La morte del gangster segna l'ingresso nella giovinezza di Calogero-C, che da quel momento in poi probabilmente
sarà soltanto Calogero e vivrà onestamente, ma conserverà un ricordo mitico di Sonny, così come si fissano
nella nostra memoria gli eroi fantastici dei fumetti e dei film, che hanno popolato la nostra infanzia.

VALUTAZIONE CRITICA
Robert De Niro (regista del film e attore nel ruolo di Lorenzo) e Chazz Palminteri (sceneggiatore e attore nel
ruolo di Sonny) sono entrambi di origine italiana e quindi condividono lo stesso bagaglio di memorie e
immaginario legato ad una precisa appartenenza etnica, la cui identità si è storicamente misurata con un
retaggio malavitoso assai consolidato (e questo ovviamente anche senza condividerne i codici e la logica).

Bronx è anzitutto un bel film di interesse socio-antropologico, che, inoltrandoci in un'esplorazione dei
comportamenti e dei costumi mentali di una comunità specifica, ci aiuta a capire le radici dell'egemonia che
la cultura mafiosa può ancora esercitare su molti giovani.

Dal punto di vista cinematografico Sonny appartiene alla galleria dei boss simpatici consacrata dal filone più
leggero del genere gangsteristico, mentre per quel che riguarda il contesto ambientale ed umano (pensiamo ai
tanti vivaci personaggi di contorno) il riferimento immediato è senza dubbio quello di Martin Scorsese
(maestro e amico di De Niro), cantore amaro e crudele del microcosmo della Little Italy.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia   Un quartiere multietnico: il Bronx.

Storia   Origini e storia della malavita italo-americana.

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Voltati Eugenio

Voltati Eugenio
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luigi Comencini
SOGGETTO E Luigi Comencini, Massimo Patrizi
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Carlo Carlini (colori)
MUSICA Fiorenzo Carpi
MONTAGGIO Nino Baragli
INTERPRETI Saverio Marconi, Dalila Di Lazzaro, Bernard Blier, Memé Perlini e il bambino
Francesco Bonelli
PRODUZIONE Achille Manzotti per Intercontinental Film Company: Roma, Les Films Du
Losange: Parigi
DURATA 106'
ORIGINE Italia-Francia, 1980
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Eugenio è un bambino di circa dieci anni, figlio di una coppia separata. Sballottato tra i nonni, spesso avvertito
come un intralcio dai genitori, ancora incerti se recuperare il loro rapporto o rifarsi una nuova vita
sentimentale, si crea una personale dimensione affettiva rivolta verso gli animali e un coetaneo, trincerandosi in
un carattere introverso e spigoloso. Solo quando scompare tutti sembrano preoccuparsi di lui.

TRACCIA TEMATICA
Eugenio è vittima di un matrimonio sbagliato, frutto di un rapporto superficiale maturato nel clima
entusiastico della contestazione sessantottina, ma sostanzialmente privo di solide basi: doveva essere il figlio
della rivoluzione ed è diventato il figlio di un fallimento.

Sostanzialmente immaturi e impreparati, i suoi genitori non si rivelano in grado di fronteggiare le difficili
responsabilità che un figlio comporta e alternano severità e permissività, incapaci di trovare un giusto equilibrio.

Privo di riferimenti solidi, sempre più simile ad un oggetto che nessuno vuole (eloquente la sua immagine
dietro un cartello con il suo nome), Eugenio risponde con una specie di autistico isolamento in campagna o con
un'aggressività spesso inopportuna e fastidiosa.

Il personaggio di Baffo si fa carico di rappresentare una specie di coscienza critica, un grillo parlante provocatorio
e antipatico, ma che tuttavia sembra il solo ad aver capito come stanno veramente le cose.

Voltati Eugenio può anche essere letto come caso emblematico di una più complessiva crisi dell'istituzione

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Voltati Eugenio

familiare che, a giudicare da alcuni significativi indizi relativi ai nonni, non coinvolge soltanto le nuove
generazioni.

 VALUTAZIONE CRITICA
Comencini ribadisce con esiti felici la sua particolare propensione all'esplorazione dell'universo infantile in
sofferenza. In Voltati Eugenio si accosta con la consueta sensibilità ed acutezza psicologica ad un bambino
difficile cercando di entrare nelle pieghe della sua tormentata personalità e regalandoci uno dei ritratti meglio
riusciti e più toccanti del Cinema italiano del dopoguerra.

Meno convincente invece il profilo dei personaggi adulti, tratteggiati in modo un po' approssimativo, troppo
obbligati in schemi stereotipati (la femminista, l'ex-sessantottino fallito, la svampita nonna paterna, l'improbabile
Baffo, le macchiette di contorno, ecc..), e il tentativo di analisi sociologica, decisamente affrettato e poco
approfondito.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    Il sessantotto e il riflusso della fine degli anni settanta.

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Fratelli e sorelle

Fratelli e sorelle
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Pupi Avati
SOGGETTO E Pupi Avati
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Roberto D'Ettorre Piazzoli (colori)
MUSICA Riz Ortolani
MONTAGGIO Amedeo Salfa
INTERPRETI Franco Nero, Paola Quattrini, Anna Bonaiuto, Luciano Federico, Stefano
Accorsi, Lino Capolicchio
PRODUZIONE Duea Film, Filmauro con la collaborazione di RAIUNO
DURATA 106'
ORIGINE Italia, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Gloria, tradita dal marito, decide di trasferirsi con i due figli, il diciottenne Matteo e il sedicenne Francesco, a
St. Louis negli USA, dove da anni vive la sorella Lea. L'inserimento nella nuova realtà non è facile, specie per
Francesco che, timido e introverso, stenta ad adattarsi ad un così radicale rivolgimento della propria esistenza,
vivendo per giunta un rapporto conflittuale e competitivo con il più spigliato fratello Matteo. Intanto vanno
emergendo la crisi del matrimonio tra Lea e il marito Franco, che tenta addirittura degli approcci verso la
cognata. Alla fine, tuttavia, dopo una serie di complicazioni e tensioni, quando appare evidente l'impossibilità di
riunire la famiglia, si crea tra Matteo e Francesco un nuovo senso di solidarietà.

TRACCIA TEMATICA
Al centro del film vi è la crisi della famiglia contemporanea, istituzione che, se nei decenni passati solo
l'ipocrisia e l'impossibilità legale, materiale e anche morale di accedere a forme di separazione, quali il divorzio,
mantenevano integra, almeno nella forma esterna se non nella sostanza, oggi si sfascia con più facilità,
determinando spesso pesanti problemi di riconversione e adattamento a nuove situazioni ed emergenze.

E' ciò che accade alla famiglia di Gloria, che cerca negli Stati Uniti un' improbabile rigenerazione per sé e per i
figli: le sue contraddizioni non possono però risolversi semplicemente con un trasferimento fisico, tanto più
che si trova inaspettatamente di fronte al deterioramento del matrimonio della sorella e all'emergere di antichi
dissapori.

Il personaggio che paga maggiormente questo tentativo di riconversione è Francesco, che, anche a causa della
sua sensibilità, stenta ad inserirsi nel nuovo ambiente, esprimendo tramite il tenero innamoramento per Gea il

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Fratelli e sorelle

proprio disperato bisogno di affetto e comunicazione. Il suo finale riavvicinamento col fratello Matteo sembra
aprire uno spiraglio di speranza per il futuro.

VALUTAZIONE CRITICA
Avati cerca di tradurre un paesaggio umano dominato dall'incomunicabilità e dall'incomprensione
attraverso uno stile raggelato e compresso (un po' come il clima invernale che si colloca sullo sfondo), lontano
da eccessi drammatici e momenti urlati, ma improntato al sottotono: il dramma, che pure c'è e si avverte, si
esprime attraverso conversazioni smozzicate e frammentarie, più con i silenzi che con le parole, con un disagio che
si fa palpabile, ma che mai esplode in scenate e litigi.

Il regista riesce a trasmetterci questa disperazione sotto le righe, questo imbarazzo di trovarsi nel posto
sbagliato, a contatto con le persone sbagliate, questo senso di incompiutezza. Noi spettatori ne usciamo un po'
disorientati, delusi nell'attesa di una storia lineare e compiuta, in grado di darci risposte e certezze.

Secondo film di Avati girato negli USA, Fratelli e Sorelle sembra confermare la tendenza del regista
bolognese ad incupire con gli anni novanta il proprio sguardo sul mondo, dopo averci regalato nel decennio
precedente film di elegiaca malinconia, ma pur sempre pervasi da un'inconfondibile vena di sorridente bonomia.

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Ardena

Ardena

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Luca Barbareschi
SOGGETTO
SCENEGGIATURA Luca Barbareschi, Anna Samueli
FOTOGRAFIA Stefano Morcaldo (colori)
MONTAGGIO Osvaldo Bargero
MUSICA Peppino D'Agostino
INTERPRETI Aiace Tugnoli, Isa Barzizza, Arnoldo Foà, Luca Barbareschi, Lucrezia Lante
Della Rovere
PRODUZIONE Annabella Andreoli, Cecilia Diego per Casanova Entertainment
DURATA 107'
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio-Biennio
PERCORSI Come eravamo/Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/ Uomo e Società

TRAMA
Estate 1969. Il tredicenne Andrea, come tutti gli anni, si reca in vacanza con i suoi genitori in una pittoresca
località montana. Una vecchia villa di campagna ospita una chiassosa tribù di parenti e cugini. Sullo sfondo
della conquista della luna e del grande concerto di Woodstok, l'amore diventa l'evento centrale dell'estate. Sia
l'amore adolescenziale che nasce fra Andrea e una sua giovane compagna di giochi, sia quello, rivelato tra lo
sconcerto generale, tra sua madre e l'amico del padre e che porta alla rottura tra i suoi genitori. Anche la
nonna di Andrea non vuole essere da meno e parla con il fantasma di un suo antico innamorato.

 
TRACCIA TEMATICA
Andrea vive un'estate che segna il suo passaggio definitivo all'adolescenza. Un'iniziazione che attraversa
alcune prove fondamentali: la scoperta dell'amore (e della gelosia), la crisi dei genitori e la rivelazione
dell'infelicità della madre, la morte di un amico, l'atto di coraggio nel maneggiare un giocattolo da sempre creduto
una bomba. Questi passaggi gli dischiudono infine la forza e la maturità per compiere la difficile scelta di

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Ardena

andare a vivere con il padre, di cui intuisce tutta la solitudine e fragilità. Quando al momento della partenza lascia
il salotto avvolto nei lenzuoli, nel quale si materializzano l'amico scomparso e il giocattolo-bomba, si è lasciato alle
spalle definitivamente l'infanzia.

L'epilogo del film è all'insegna di una ritrovata armonia con se stessi e le proprie scelte, come la nonna che
riassapora l'amore per il consorte dopo aver rimpianto passioni lontane, la madre che lascia il marito consapevole
della necessità di questa scelta e la cognata che riscopre la sua femminilità mortificata fino allora.

 
VALUTAZIONE CRITICA
Va detto subito che un punto debole del film è l'ambientazione fine anni sessanta per raccontare una storia che
risulta più attenta alla delineazione di caratteri e psicologie, che non ad una contestualizzazione storica in grado di
offrire una convincente chiave di lettura a drammi, passioni e esperienze, che sembrano piuttosto senza tempo. A
poco servono insomma le citazioni di eventi epocali come lo sbarco sulla luna o Woodstock, se non forse a rivelare
l'origine autobiografica della sceneggiatura.

Convince di più invece il tentativo di aprire il film ad una dimensione magica e visionaria, inserendo nella
vociante coralità della colonna sonora suggestivi momenti di sospensione onirica e paesaggistica, come le
panoramiche aeree sullo splendido scenario di Ardena avvolto dalle nebbie mattutine. Il paese che dà il titolo al
film perde così connotazioni concrete e reali, si trasforma in mitico luogo dell'anima (il suo nome non a caso
è un anagramma di Andrea, il protagonista).

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze    Lo sbarco sulla luna nel 1969.

Educazione musicale   Il grande concerto di musica pop a Woodstock nel 1969.

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Snapper

The Snapper
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Stephen Frears
SOGGETTO E Roddy Doyle dal suo romanzo omonimo
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Oliver Stapleton (colori)
MONTAGGIO Mick Audsley
MUSICA Kieran Horgan
INTERPRETI Tina Kellegher, Colm Meaney, Ruth McCabe
PRODUZIONE Ian Hopkins, Mark Shivas e Linda Myles per la Bbc Films
DURATA 90’
ORIGINE Gran Bretagna, 1993
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Sharon è la maggiore delle femmine dei sei figli della famiglia Curley. Suo padre Dessie fa l’imbianchino e
passa tutto il tempo libero al pub con gli amici, come si usa nel quartiere popolare dove la famiglia risiede. Un
giorno Sharon rivela ai genitori di essere in cinta rifiutandosi di fare il nome del padre del bambino. Dessie
affronta con coraggio e buon senso la situazione, ma tutto sembra complicarsi quando si scopre l’identità
dell’uomo che ha messo in cinta la figlia. Si tratta del maturo signor Burgess, suo vicino di casa e amico, più
anziano di lui e sposato, che tempo prima ha approfittato dello stato di ubriachezza di Sharon. Quando Burgess,
preso da sincero senso di colpa e intenzionato a riparare, lascia la moglie per mettersi con Sharon, nel quartiere
scoppia lo scandalo e la vita per la famiglia Curley diventa impossibile. Proprio quando Sharon disperata per il
linciaggio morale cui è sottoposta vorrebbe lasciare la famiglia, si ricompone la solidarietà padre-figlia e Dissie
accompagna trafelato e felice Sharon a partorire.

TRACCIA TEMATICA
Al centro del film è posto il rapporto tra il padre Dessie e la figlia Sharon, per molti versi anomalo, a
cominciare dalla sostanziale serenità con cui il primo affronta la gravidanza della seconda, senza far drammi e
colpevolizzare la ragazza, cercando di starle vicino. Dessie non è un eroe, persona semplice e priva di cultura,
vittima come tutti i suoi simili di tanti pregiudizi e condizionamenti (non a caso entra in crisi quando conosce
l’identità del padre ed è vittima delle insinuazione degli amici del pub), fatica ad accettare la realtà, ma finisce per
giganteggiare moralmente in un microcosmo (quello del quartiere proletario dove abita) segnato dalla
meschinità e dalla ristrettezza mentale. Gli orizzonti di questa comunità alla periferia di Dublino risultano
veramente angusti, delimitati come sono dal pub, la discoteca e la maldicenza.

La famiglia di Sharon, pur così chiassosa, litigiosa, invivibile, teledipendente, costretta in spazi ridotti dove

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Snapper

tutto e tutti sono sempre a ridosso di qualcuno o qualcosa, perde ogni connotazione di soffocante
oppressività (tipica di tanto Cinema anglosassone, a cominciare da quel Free Cinema inglese cui Frears si è
formato) per diventare un luogo di solidarietà e conforto, un rifugio sicuro circondato da un mondo spietato.

VALUTAZIONE CRITICA
Si può proporre come chiave di lettura del film la categoria della claustrofilia (l’attrazione per luoghi di
anguste dimensioni), che si impone sia sul piano del contenuto, sia sul piano stilistico. I luoghi chiusi, casa e
pub, sono gli spazi adibiti alla socializzazione ed ai rapporti umani, per quanto bruschi e conflittuali possano
essere, mentre gli esterni accolgono i personaggi nei loro momenti di crisi e disperata solitudine (pensiamo
all’amplesso, quasi stupro, subito da Sharon nel parcheggio, alla sua corsa a casa dopo l’incontro con la figlia di
Burgess, al disperato vagare di quest’ultimo per la città). La macchina da presa, da parte sua, stringe negli interni i
personaggi in piani ravvicinati, quasi a volerli accostare maggiormente allo spettatore, perché ne possa condividere
ancora di più le vicissitudini.

Nonostante la dimensione indubbiamente seria della storia, Frears la gestisce come una commedia, cioè con
ironia e bonarietà, smussando ogni sporgenza troppo angolosa (lo stesso signor Burgess, più che antipatia
suscita pena) e decomprimendo ogni urgenza drammatica con una qualche battuta divertente che sgonfia la
tensione.

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Gente comune

Gente comune
TITOLO ORIGINALE Ordinary People
REGIA Robert Redford
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Judith Guest
SCENEGGIATURA Alvin Sargent
FOTOGRAFIA John Bailey (colori)
MONTAGGIO Jeff Kanew
MUSICA Marvin Hamlisch
INTERPRETI Donald Sutherland, Timothy Hutton
PRODUZIONE Wildwood Enterprises/Paramount
DURATA 124'
ORIGINE USA, 1980
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

  

TRAMA
Il sedicenne Conrad appartiene ad un'agiata famiglia della media borghesia americana. La sua esistenza è
scossa dal ricordo della morte del fratello maggiore, annegato durante una gita in barca, cui egli stesso ha
partecipato salvandosi a stento. Psicologicamente fragile, ha un difficile rapporto con la madre, che ha
un'inconscia predilezione per il figlio morto. Aiutato dal suo psicanalista e soprattutto dal padre, Conrad si
avvierà a superare la sua nevrosi.

TRACCIA TEMATICA
Conrad vive in una famiglia normale, che abita in un paese normale e che fa cose normali: qualunque cittadino
medio americano potrebbe identificarsi in questo quadro di assoluta normalità. Dietro la rassicurante facciata si
nasconde però il trauma di un lutto non pienamente rielaborato: la madre non ha accettato con la necessaria
rassegnazione e forza d'animo la perdita del figlio maggiore e fomenta nel minore un vago, ma lacerante senso di
colpa.

Il film indica due possibili vie d'uscita da questa angosciante situazione: la psicanalisi, e ciò in perfetta sintonia
con la tradizionale fiducia americana in questo strumento, e il recupero di un rapporto d'affetto e di reciproca
comprensione tra padre e figlio.

 
VALUTAZIONE CRITICA

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Gente comune

Si tratta della prova d'esordio alla regia di Robert Redford (uno degli attori più noti e ammirati di quegli anni),
che rivela buone capacità di direzione degli attori (ottima la prova di Sutherland e del giovane Hutton) ed
esibisce una sapiente gestione delle impennate drammatiche.

Convincente la ricostruzione dello sfondo ambientale da benestante provincia americana, dove tutto appare
asettico e compunto; piuttosto stereotipata e superficiale invece l'analisi psicologica dei personaggi e l'esito
della vicenda, segnato da un ormai consunto ottimismo filopsicanalitico e da un facile eccesso sentimentalista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Filosofia    La psicanalisi.

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Segreti e bugie

Segreti e bugie
TITOLO ORIGINALE Secrets and Lies
REGIA Mike Leigh
SOGGETTO E Mike Leigh
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Dick Pope (colori)
MONTAGGIO Jon Gregory
MUSICA Andrew Dickson
INTERPRETI Brenda Blethyn, Claire Rushbrook, Phyllis Logan, Timothy Spall
PRODUZIONE Simon Channing-Williams per Ciby 2000/Thin Man/Channel Four Films
DURATA 142'
ORIGINE Gran Bretagna, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Il valore della diversità

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

 
TRAMA
Cynthia è un'operaia quarantenne insoddisfatta e frustrata, che vive con l'inquieta figlia Roxanne. A sedici
anni aveva avuto un'altra figlia, che era stata costretta ad abbandonare. Quest'ultima, una giovane donna di
colore, riesce a scoprire l'identità della sua vera madre e ad ottenere un incontro con lei. Superato il trauma
iniziale, Cynthia si lega profondamente alla figlia ritrovata, finché decide di presentarla in famiglia.

TRACCIA TEMATICA
Per Cynthia la scoperta di una nuova figlia, che incarna la diversità per eccellenza (quella etnica), ma che
soprattutto è portatrice di una maturità e una determinazione di cui lei difetta abbondantemente, costituisce una
vera e propria svolta in grado di riconciliarla con la vita. Il segreto che affiora dal suo passato (da lei stessa
quasi dimenticato) non le consegna più il ricordo di un incontro fugace, frutto di una vita dissipata, ma una creatura
meravigliosa in grado di cambiare il corso della sua esistenza.

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Segreti e bugie

Anche i figli di Cynthia vivono un'evidente situazione di disagio e di incompletezza esistenziale, certo non aiutati
da una madre nevroticamente insicura. La famiglia di Cynthia sembra veramente alla deriva, simbolo di quel
disperante senso di sconfitta e impotenza che attanaglia molti personaggi del Cinema di Leigh. La serenità della
nuova arrivata introduce in un universo umano dai rapporti precari e compromessi una forte motivazione
alla reciproca comprensione.

Solo dissipando i segreti e le bugie di cui ci circondiamo (e di cui spesso si circondano tante famiglie) per non fare
i conti con noi stessi e con gli altri, possiamo tentare di reimpostare su nuove basi la nostra esistenza.

VALUTAZIONE CRITICA
La regia di Leigh  si muove con sicurezza e disinvoltura almeno su tre dimensioni fondamentali: quella
brillante, da commedia spigliata e spensierata all'insegna dell'humour britannico, che si esprime soprattutto
all'inizio nell'uso di un montaggio rapido, che allinea i soggetti delle fotografie di Maurice; quella psicologica,
attenta al tratteggio dei personaggi per sondarne, attraverso sguardi e dialoghi, le dinamiche interiori (magistrale in
proposito il primo incontro tra Cynthia e la figlia di colore); quella scenografica, che predispone per ogni
personaggio e rispettiva famiglia un contesto abitativo di sociologica precisione realistica, dagli interni di decoroso
gusto medio-borghese della casa di Maurice al dimesso arredamento proletario dell'appartamento di Cynthia e al
piglio giovanile e moderno di quello di Hortense.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto   La legislazione italiana relativa alle adozioni e alla possibilità da parte delle madri di rinunciare
legalmente al figlio.

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Bambini ci guardano

I bambini ci guardano

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Vittorio De Sica
SOGGETTO Dal romanzo Pricò di Cesare Giulio Viola
SCENEGGIATURA Cesare Giulio Viola, Margherita Maglione, Cesare Zavattini, Adolfo Franci,
Gherardo Gherardi, Vittorio De Sica
FOTOGRAFIA Giuseppe Caracciolo (bianconero)
MUSICA Renzo Rossellini
MONTAGGIO Mario Bonotti
INTERPRETI Emilio Cigoli, Luciano De Ambrosis, Isa Pola, Adriano Rimoldi
PRODUZIONE Scalera Film
DURATA 86'
ORIGINE Italia, 1943
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Pricò, un bambino di sette anni, vive il dramma della crisi coniugale dei suoi genitori. La madre ha un amante e
decide di abbandonare il marito per lui. A questo punto comincia per Pricò un pellegrinaggio fra nonne e zie,
senza che riesca mai a trovare affetto e comprensione. Per amore del figlio i due genitori decidono di rimettersi
insieme, ma, quando la madre va a passare le vacanze ad Alassio, ricompare l'amante e la donna questa volta
decide di lasciare definitivamente il marito. Quest'ultimo, affidato Pricò ad un collegio di preti, si toglie la vita.

 
TRACCIA TEMATICA
Girato nel 1943, nella fase ormai declinante del Fascismo, il film introduce nel panorama, all'epoca piuttosto
asfittico, del Cinema italiano importanti elementi di novità.

In contrasto con l'inclinazione retorica e mistificante della cinematografia di regime, De Sica rivolge la sua
attenzione ad un dramma della vita reale che ha per protagonista una famiglia piccolo-borghese.

Vicenda esemplare (quanti drammi del genere esistevano nell'Italia di quegli anni?), la storia di I bambini ci
guardano ha il coraggio (per l'epoca) di svelare l'esistenza di un problema, quello dell'adulterio e dell'infedeltà
coniugale, di cui ipocritamente si preferiva non parlare, poiché contraddiceva il mito propagandistico di una

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Bambini ci guardano

razza italica sana e incontaminata.

Al centro dell'attenzione, però, più che la crisi matrimoniale dei genitori di Pricò (più suggerita che mostrata), è
posto il dramma del piccolo protagonista, attraverso il cui addolorato sguardo noi seguiamo il precipitare degli
eventi. In questo senso il film risulta anche visivamente, non solo moralmente, dalla parte dei bambini.

VALUTAZIONE CRITICA
De Sica anticipa con questo film quell'interesse per i drammi quotidiani della gente comune che sarà di lì a
poco una delle caratteristiche fondamentali del Neorealismo, movimento fondamentale nella storia del Cinema
italiano, cui lo stesso De Sica (in collaborazione con lo sceneggiatore Zavattini) darà un contributo preziosissimo
con film come Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948).

Con I bambini ci guardano il regista non è ancora approdato alla lucida analisi delle radici sociali dei malesseri
individuali, tipica della sua esperienza neorealista, ma mostra una notevole capacità di indagare gli aspetti più
minuti e concreti della quotidianità e di raccontarci, aderendo con misura e credibilità alla psicologia dei
suoi personaggi, una tragedia moderna dell'incomprensione e della solitudine.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La vita quotidiana in Italia negli anni della guerra (1940-1943).

Diritto   La legislazione matrimoniale in Italia durante il Fascismo.

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Padre e figlio

Padre e figlio
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Pasquale Pozzessere
SOGGETTO Pasquale Pozzessere
SCENEGGIATURA Pasquale Pozzessere, Roberto Tiraboschi
FOTOGRAFIA Bruno Cascio (colori)
MUSICA Brani di Enio di Libero, Ryuichi Sakamoto, Nusrat Fateh Ali Khan, Tiziano Scali,
Maurizio Pizzardi
MONTAGGIO Carlo Valerio
INTERPRETI Michele Placido, Stefano Dionisi, Claudia Gerini, Enrica Origo
PRODUZIONE Angelo Rizzoli per Erre Cinematografica (in collaborazione con Reteitalia)
DURATA 95'
ORIGINE Italia/Francia/Belgio, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 TRAMA

Genova. Corrado è un ex-operaio dell'Ansaldo che fa il guardiano notturno al porto, vedovo, si è risposato con
Angela che lavora in una lavanderia e sogna di aprirne una tutta sua. Gabriele, suo figlio del primo
matrimonio, torna a casa dopo il servizio militare e Corrado gli trova un posto all'Ansaldo. Gabriele però è un
giovane inquieto e ribelle e ben presto lascia l'occupazione che il padre gli ha procurato per vivere di furti e
lavori precari. Anche la sua vita sentimentale è instabile: ha un rapporto discontinuo con Chiara e si sente
fortemente attratto da Valeria, un transessuale che conduce una vita indipendente e progetta di trasferirsi a
Bali. Quando Valeria sta ormai per partire verso l'oriente, Gabriele vuole seguirla e, mancandogli il denaro per
il viaggio, si fa sorprendere dal padre mentre cerca di rubare nell'abitazione dei genitori. Dopo una colluttazione
i due si siedono uno di fronte all'altro. Forse riusciranno a parlarsi e a comprendersi.

TRACCIA TEMATICA
Corrado è un reduce dalle lotte operaie degli anni ottanta contro le grandi ristrutturazioni che riducevano il
personale. Comunista, licenziato per il suo forte impegno sindacale, è rimasto fortemente legato alla sua
identità di classe.

Gabriele è un giovane allo sbando: rifiuta l'integrazione nel mondo del lavoro, è privo di qualsiasi
consapevolezza politica, non ha ideali, non ha un vero amore, vive alla giornata, tra una partita al biliardo e un giro
in moto.

Tra i due l'incomunicabilità è totale, sembrano appartenere a due mondi inconciliabili, anche se entrambi
coltivano, seppur in modi diversi, un sogno di fuga, stretti come sono tra un passato irrecuperabile ed un
futuro senza prospettive.

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Padre e figlio

Diversi, ma speculari nella loro sconfitta esistenziale, solo alla fine, dopo uno scontro catartico, trovano il coraggio
e la forza di confrontarsi. Noi non sentiremo quello che si dicono, perché il film non vuole darci risposte o facili
soluzioni, ma solo testimoniare un disagio.

VALUTAZIONE CRITICA
Pozzessere fa di Genova, con il suo porto, i suoi quartieri popolari, i suoi panorami notturni, una
protagonista del film. Una città portuale ben si presta ad esprimere la mancanza di stabilità che caratterizza i
protagonisti, la loro irrequieta (im)mobilità alla ricerca di un riferimento sempre sfuggente (bellissima l'immagine
iniziale del faro di Genova spento: non esistono più certezze cui attraccare la nave della propria vita), la loro
frustrata ansia di evasione. Una metropoli che diventa un recinto claustrofobico al cui interno si consuma un
moderno dramma della incomunicabilità.

Privo di certezze come i suoi personaggi, il regista assume il ruolo di imparziale osservatore di gesti e
comportamenti quotidiani sottraendoci il più possibile gli elementi di una narrazione forte. Quando si giunge
ad una svolta drammatica con lo scontro tra padre e figlio e il successivo chiarimento, la macchina da presa con
uno splendido dolly si libra in volo e abbandona la storia. Il suo compito, guardare il vuoto morale e
comunicarne la sensazione di disagio allo spettatore, è finito.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Economia    Le ristrutturazioni industriali degli anni ottanta: il caso Ansaldo.

Geografia    La città di Genova.

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Tempesta di ghiaccio

Tempesta di ghiaccio
TITOLO ORIGINALE The Ice Storm
REGIA Ang Lee
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Rick Moody
SCENEGGIATURA James Schamus
FOTOGRAFIA Frederick Elmes (colori)
MONTAGGIO Tim Squyres
MUSICA Mychael Danna
INTERPRETI Kevin Kline, Joan Allen, Siguorney Weaver, Christina Ricci
PRODUZIONE Ted Hope, James Schamus, Ang Lee per Good Machine Prod./Fox Searchlight
Pict.
DURATA 113'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Connecticut, 1973. La famiglia Hood appartiene all'alta borghesia della provincia statunitense. Frustrazioni e
insoddisfazioni d'ogni genere ne minano da tempo l'equilibrio: la moglie Elena esprime con ansie mistiche e
cleptomania il proprio disagio, la figlia Wendy non riconosce più alcuna autorità ai genitori, il figlio Paul
attraversa le inquietudini tipiche della prima giovinezza e il padre Ben non trova di meglio che intrecciare una
fiacca relazione con la vicina di casa, Janey Carver. Una sera, mentre una tempesta di ghiaccio investe il paese
e gli adulti sono impegnati in un gioco di scambio di coppie, il giovane figlio della signora Carver trova la morte
mentre in solitudine si aggira nella campagna ghiacciata.

TRACCIA TEMATICA
Il contesto del film, il caso Watergate che sta per travolgere la presidenza Nixon e la guerra del Vietnam prossima
a concludersi con la sconfitta della superpotenza americana, così determinato nell'alludere a uno dei momenti di più
grave crisi d'identità della nazione statunitense, si coniuga perfettamente con la deriva esistenziale e morale dei
protagonisti adulti. La forte compromissione dell'unione familiare contrasta con l'apparente armonia e solidità che
il benessere sembra garantire ed esprime il disorientamento di tutta una società.

I genitori non comunicano con i figli perché non hanno niente da dire loro, chiusi come sono nella noia
invincibile di una vita piatta e banale, animata solo da avventure extraconiugali e trasgressivi giochi di coppia.

I figli, ancora integri nella loro giovinezza, compiono un personale percorso di crescita alle prese con la
scoperta della sessualità, le prime delusioni amorose e la rivolta contro i padri o, come il giovane Carver, alla

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Tempesta di ghiaccio

solitaria ricerca di un significato misterioso nascosto dietro il ghiaccio che avvolge le cose.

La tragedia finale sembra ricomporre i conflitti e garantire alla famiglia Hood l'unità perduta: ma per quanto
tempo?

VALUTAZIONE CRITICA
Il regista cerca di lavorare sulla consonanza fra l'inverno dei sentimenti che descrive e il vero inverno
meteorologico che fa da sfondo a questo triste crepuscolo dell'istituzione familiare: la prevalenza di tonalità
cromatiche scure e di grigi e bianchi pallidi e freddi si intona alla perfezione all'atmosfera cupa e pesante che
avvolge i personaggi e il loro goffo dibattersi esistenziale.

Il film è privo di un vero e proprio intreccio, basato su uno sviluppo narrativo tradizionale, ma sembra piuttosto
orientato nel senso della narrazione debole, privilegiando l'accumulazione di dati e indizi che ci aiutano a
penetrare la dimensione umana e psicologica dei protagonisti.

Solo un evento forte come la morte di Elijah Wood, nella bella sequenza finale della tempesta di ghiaccio,
interrompe con una traumatica soluzione di continuità il monotono fluire degli eventi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     La guerra del Vietnam e lo scandalo Watergate.

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He got game

He got game
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Spike Lee
SCENEGGIATURA Spike Lee
FOTOGRAFIA Malik Hassan (colori)
MUSICA Aaron Copland
MONTAGGIO Barry Alexander Brown
INTERPRETI Denzel Washington, Ray Allen
PRODUZIONE John Kilik, Spike Lee per 40 Acres and a Mule Filmworks
DURATA 136'
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Genitori e figli

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Jake sconta una condanna a venti anni per aver ucciso la moglie (si è trattato in realtà di un incidente). Il
direttore del carcere gli promette uno sconto di pena se riuscirà a convincere il figlio Jesus, giovanissimo, ma già
affermato campione di basket, a far parte della squadra della Big State e per questo gli accorda una licenza di
qualche giorno. L'incontro tra padre e figlio è difficile, Jesus nutre molto rancore nei confronti di Jake ed
inoltre deve fronteggiare l'assillante assalto di una moltitudine di profittatori che cercano di ipotecarne il futuro
di stella del basket. Alla fine, dopo molti contrasti e litigi, Jesus si convince ad aiutare il padre e accetta l'offerta
della Big State. Jake ritorna in carcere contento per aver recuperato il rapporto con il figlio.

TRACCIA TEMATICA
Lo sport può diventare per i giovani neri di Brooklyn l'unico veicolo di promozione sociale, il solo mezzo per
evadere da un destino di emarginazione e povertà. Nel caso di Jesus il futuro sembra promettere addirittura
fama e ricchezza.

Il giovane campione si trova a vivere un passaggio delicato della propria vita praticamente da solo, circondato
com'è da persone insincere, a cominciare dalla fidanzata, tutte interessate ad entrare nel suo futuro per trarne
profitto. Il mondo dei manager, e più in particolare quello legato al basket, è ritratto dal regista come una fauna
pittoresca di pescecani priva di principi morali.

Solo il padre Jake gli è veramente vicino. A lui non interessa tanto diminuire la sua pena carceraria, quanto
recuperare il rapporto compromesso col figlio, sottraendolo pure dalla cerchia di falsi amici che lo circonda.

Il basket costituisce per i due protagonisti lo strumento privilegiato di dialogo, il linguaggio in grado di
metterli in comunicazione e infatti affidano ad una partita, più che alle parole, il loro destino. Anche alla fine la
ritrovata intesa è espressa da un lancio di palla oltre il muro del carcere che simboleggia il ricostruirsi di un legame

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He got game

familiare attraverso il basket.

 VALUTAZIONE CRITICA
Spike Lee riesce ad esprimere con grande efficacia un Cinema fatto di nette contrapposizioni, di sentimenti
estremi, di ansia quotidiana e fatica di vivere, ma soprattutto è capace di tradurre in modo teso e vibrante il
dramma della condizione nera negli Stati Uniti, senza autocommiserazione e vittimismo.

In He got game Lee conferma la sua predisposizione ad un linguaggio cinematografico creativo ed inventivo,
insofferente ad adattarsi ai canoni tradizionali e intento a produrre improvvise accelerazioni di ritmo e sorprendenti
sequenze visionarie, montaggi alternati ricchi di significati e squarci surreali di grande suggestione e intensità
(come la bellissima idea finale del pallone che trapassa di padre in figlio). Un Cinema dove la forma non è solo
funzionale alla storia che si racconta, ma si fonde con il dramma e la nevrosi dei personaggi, facendosi
instabile come i loro umori e aggressiva come il loro temperamento.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione fisica   Il basket negli Stati Uniti: il campionato delle Università e quello dei professionisti.

Geografia   Un quartiere di New York: Brooklyn.

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Figurine

Figurine
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giovanni Robbiano
SCENEGGIATURA Giovanni Robbiano, Riccardo Ferrante, Luigi Cuciniello
FOTOGRAFIA Gianni Fiore (colori)
MUSICA Pasquale Filasto
MONTAGGIO Marco Spoletini
INTERPRETI Alessio Progetto, Eliana Miglio, Piero Natoli, Giulio Scarpati, Enzo Jannacci
PRODUZIONE Giorgio Leopardi per Union P. N.
DURATA 105'
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Genova, 1969. Alberto ha nove anni, frequenta la quarta elementare e la sua grande passione è la raccolta delle
figurine dei calciatori, delle quali gliene manca solo una per completare l'album. La madre Carla è una
casalinga frustrata e insoddisfatta, il padre Italo, un mediocre impiegato, conformista e perbenista, il nonno
Giuseppe, un comunista tutto d'un pezzo con il mito dell'Urss. L'atmosfera in famiglia si fa pesante quando
Carla inizia una relazione con Luigi, il maestro sessantottino del figlio, e Italo, sempre più sospettoso nei
confronti della moglie, se la prende con il figlio, distruggendogli l'album delle figurine. Alla fine tutto sembra
sistemarsi e Alberto, che nel frattempo ha ricostituito l'album, trova la figurina mancante. E' il 12 dicembre
1969, il giorno della strage di Piazza Fontana.

TRACCIA TEMATICA
Il film vorrebbe evocare uno sfondo epocale riconoscibile attraverso i personaggi secondari come il nonno,
comunista vecchia maniera, il prete, che terrorizza i bambini prospettando le pene dell'inferno, il maestro
sessantottino, che cerca di essere coerente con i suoi principi antiborghesi.

La famiglia di Alberto possiede invece una sua esemplarità che travalica la specificità storico-sociologica
della fine degli anni sessanta. La figura della malmaritata è sempre esistita (pensiamo a Madame Bovary), come
pure quella del marito grigio e insensibile. Per quel che riguarda il figlio, invece, da sempre i bambini raccolgono
figurine e combinano marachelle con gli amici.

 
VALUTAZIONE CRITICA
Figurine ha l'ambizione di ricostruire l'atmosfera e gli umori della fine degli anni sessanta, vale a dire di un

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Figurine

periodo importante della storia nazionale del dopoguerra (quello della contestazione studentesca, dell'Autunno
Caldo e della strage di Piazza Fontana, non a caso citata in chiusura), ma si può dire che le idee e le invenzioni
del regista restano abbondantemente al di sotto di questa pretesa. Se invece del 1969 avesse scelto il 1979 o il
1959 poco sarebbe cambiato.

I personaggi sono caricature prive di spessore e complessità, schiacciate dal tipo umano che devono
rappresentare (Enzo Jannacci è bravo nel ruolo del nonno, ma si riduce a pura macchietta, il giovane maestro
assomma in sé una serie insopportabile di luoghi comuni), la sceneggiatura si disperde in troppe direzioni
privando la storia di unità e compattezza. La stessa vicenda di Alberto manca di profondità e si riduce al puro
aneddoto e al cosiddetto carinismo (il tentativo di piacere al pubblico con situazioni tipo barzelletta e sketch
televisivo).

Il film è un tipico esempio di certo Cinema italiano rivolto al passato senza riuscire a trovare un convincente
equilibrio tra dimensione autobiografico-evocativa e contesto storico-politico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    Il 1969 nella storia d'Italia. Dall'Autunno Caldo alla strage di Piazza Fontana.

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Mondo a parte, Un

Un mondo a parte
TITOLO ORIGINALE A World Apart
REGIA Chris Menges
SOGGETTO E Shawn Slovo
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Peter Biziou (colori)
MUSICA Hans Zimmer
MONTAGGIO Nicolas Gaster
INTERPRETI Barbara Hershey, Jodhy May, Tim Roth
PRODUZIONE Sarah Radclyffe per Working Title in associazione con Film Four International
DURATA 112'
ORIGINE Gran Bretagna, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Genitori e figli

Famiglia/ La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Apartheid

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, Società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Sudafrica, 1963. Molly Roth è la figlia tredicenne di intellettuali bianchi impegnati a favore del riconoscimento
dei diritti della maggioranza di colore oppressa dal regime dell'apartheid. Il padre, ricercato dalla polizia, lascia
la famiglia per darsi alla clandestinità e la madre è arrestata e imprigionata. Molly rimane sola, osteggiata dalla
comunità bianca e senza l'unica amica. Nonostante l'affettuoso rapporto con la cameriera di colore, Elsie,
avverte in modo acuto la mancanza dei genitori e in particolare della madre, dalla quale si sente trascurata.
Quando viene ucciso Salomon, il fratello militante di Elsie, tra madre e figlia avviene un riavvicinamento.

TRACCIA TEMATICA
Al centro del film è il problematico rapporto di Molly con la madre, alla quale la ragazza rimprovera di non
coinvolgerla nella sua attività politica e di non dedicarsi come dovrebbe alla famiglia, facendole mancare il
necessario affetto materno. Molly vive una pesante condizione di solitudine ed isolamento: si trova ad essere un
corpo estraneo in una famiglia marginalizzata dall'ostilità della comunità bianca, la quale a sua volta tiene separata
da sé la maggioranza nera della popolazione. Essa, insomma, è l'ultimo anello di un perverso meccanismo di
esclusione.

Parallelamente al sofferto percorso di formazione di Molly si sviluppa la drammatica lotta di liberazione del
popolo nero del Sudafrica oppresso dal regime razzista e l'indomito impegno della signora Roth, militante
realmente esistita e assassinata nel 1982, cui il film è dedicato.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm076.htm[12/07/2017 19:03:00]
Mondo a parte, Un

VALUTAZIONE CRITICA
Un mondo a parte (titolo azzeccato per una storia incentrata sul tema di un'emarginazione che si sviluppa a cerchi
concentrici) è solo parzialmente e in seconda battuta un film politico e di denuncia. Prevale, infatti, la
dimensione psicologica ed emotiva, incentrata sulla tormentata crisi esistenziale della piccola Molly, al cui
punto di vista quasi l'intera pellicola si adegua, tanto che noi viviamo buona parte della storia attraverso di lei. In
questo senso il film prescinde dal contesto storico per farsi una riflessione acuta e delicata sulla difficoltà dei
rapporti genitori-figli, risolta con discrezione, senza facili colpi di scena ed eccessi drammatici.

Più scontato, invece, il versante politico che, sottraendosi al collegamento con il personaggio di Molly, ripercorre
i già collaudati stereotipi del genere (dalla tortura psicologica della carcerazione ai brutali interventi polizieschi
contro le manifestazioni antiapartheid).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) Storia della Repubblica Sudafricana: dalla guerra anglo-boera a Nelson Mandela.

               B) Il sistema dell'apartheid.

Geografia     Il Sudafrica.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm076.htm[12/07/2017 19:03:00]
Caterina va in città

 Caterina va in città
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Paolo Virzì
SOGGETTO E Paolo Virzì, Francesco Bruni
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Arnaldo Catinari (colori)
MUSICA Carlo Virzì
MONTAGGIO Cecilia Zanuso
INTERPRETI Alice Teghil, Sergio Castellitto, Margherita Buy, Claudio Amendola, Flavio Bucci,
Galatea Ranzi
PRODUZIONE Cattleya/RaiCinema
DURATA 90’
ORIGINE Italia, 2003
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Genitori e figli

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e


Società

TRAMA
La tredicenne Caterina Iacovoni arriva a Roma da Montalto di Castro con la famiglia. Nella nuova classe non si
trova a suo agio con le compagne, che la prendono in giro perché viene dalla provincia; il padre, un arrivista
frustrato e arruffone, la mette ripetutamente in imbarazzo, la madre, una casalinga timida e impacciata, subisce
la nevrosi del marito e viene corteggiata da un vicino di casa. La sua più grande aspirazione è poter essere
ammessa all’Accademia di S. Cecilia.

TRACCIA TEMATICA
Il film di Virzì è stato definito come una commedia sulla stupidità dell’Italia di oggi. Traendo spunto dalle
esperienze di vita metropolitana di Caterina sullo schermo si delinea una galleria di personaggi moralmente
discutibili, che poi sono quelli che secondo il regista popolano le nostre città, le scuole, il Parlamento,
ecc…Un abisso di cialtroneria, incoerenza, paraculismo, superficialità nel quale sembrano annullarsi le
differenze ideologiche tra destra e sinistra, tra ricchi e poveri, tra intellettuali e gente qualunque, tutti omologati in
un generale squallore esistenziale amministrato e gestito dalla televisione.

Il padre di Caterina, insegnante frustrato e scrittore fallito, cerca una qualche forma di riscatto sociale
imponendo alla figlia la frequentazione di ambienti della Roma bene e alla fine regredisce in un’ irrecuperabile
giovinezza con una fuga in moto, la madre vive una situazione di catatonica sottomissione dalla quale emerge
con nevrotiche scene di isteria, senza avere nemmeno il coraggio di intrecciare una nuova relazione.

Si salvano da questo baratro generale e generazionale (gli adulti sono cinquantenni, che probabilmente hanno
fatto il Sessantotto) l’innocente Caterina (così diversa dalle sue insopportabili e viziate compagne di scuola), il
vicino di casa americano che la spia dalla finestra, il timido rampollo della famiglia monarchica, assillato da
una madre oppressiva, e la provincia, vista come spazio ancora incontaminato dalla volgarità dilagante. 

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2004-05/6framefilm005.htm[12/07/2017 19:03:01]
Caterina va in città

Ma è proprio così brutta l’Italia contemporanea che Virzì ci mostra nel suo film? E’ questa la domanda che ha
dominato le discussioni e le polemiche all’indomani dell’uscita nelle sale.

Per alcuni il regista si è un po’ fatto prendere la mano dalla tradizione macchiettistica della commedia
all’italiana (di cui è sicuramente uno dei migliori continuatori) creando delle caricature che esagerano a dismisura
difetti nazionali pur indiscutibili (questo è stato notato particolarmente per quel che riguarda il tratteggio del padre
di Caterina) per forzare in direzione della tesi di un avvenuto appiattimento verso il basso dello spirito nazionale.  

Per altri, invece, il film ha volutamente creato personaggi sopra le righe per mettere in guardia lo spettatore
su ciò in cui si sta trasformando, come se dal massimo del disgusto possa derivare una qualche reazione morale.

E la provincia ingenua e genuina che viene contrapposta alla città corrotta non appartiene forse ad un luogo comune
ormai superato proprio da quell’omologazione  che viene condannata e che certamente non rimane limitata
(soprattutto a causa dell’invasività-invadenza televisiva ) all’ambiente metropolitano?

Comunque la si voglia vedere è indubbio che Virzì, pur con evidenti difetti di calibratura dei personaggi e
ridondanze di sceneggiatura, è uno dei pochi registi che cercano di rimanere fedeli ai modi e ai temi della
commedia all’Italia, cercando di inseguire il paese nei suoi cambiamenti antropologici, riuscendo sempre a
cogliere almeno qualche sprazzo di amara verità.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2004-05/6framefilm005.htm[12/07/2017 19:03:01]
anche libero va bene

Anche libero va bene


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Kim Rossi Stuart
SOGGETTO E Kim Rossi Stuart
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Stefano Falivene (colori)
MONTAGGIO Marco Spoletini
MUSICA Banda Osiris
INTERPRETI Kim Rossi Stuart, Barbara Bobulova, Alessandro Morace
PRODUZIONE Giorgio Magliuolo, Andrea Costantini, Carlo Degli Esposti per Palomar/Rai
Cinema
DURATA 108’
ORIGINE Italia, 2006
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Genitori e figli


La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e società

TRAMA
 L’undicenne Tommi vive col padre Renato e con la sorella Viola. La madre Stefania, che da tempo ha lasciato
il marito, torna, ma se ne va ancora. Intanto anche il lavoro per Renato non va bene e i litigi con il figlio
Tommi si fanno sempre più frequenti.

  

TRACCIA TEMATICA
 Tema centrale è l’inadeguatezza genitoriale. Renato è padre incapace di gestire una situazione familiare difficile
per la sua manifesta immaturità, che lo fa oscillare tra crisi di iracondia incontrollata ed eccessi di generosità. La
madre si rivela altrettanto psicologicamente instabile nel suo rifiuto di assumersi doveri materni che la
costringerebbero a rinunciare al suo errabondare sentimentale.

Alla fine è Tommi, che vive con tutte le sofferte difficoltà del caso il passaggio dall’infanzia all’adolescenza,  a
farsi carico del padre, dimostrandosi il più maturo dell’intera famiglia. L’eroe del film in fondo è lui. Un
eroismo silenzioso e quotidiano, fatto soprattutto di dolorosa sopportazione.

Quanti adulti si rivelano totalmente refrattari alla vita familiare ed al ruolo di genitori? Quante famiglie come
questa, dove i figli pagano a duro prezzo i fallimenti dei genitori, esistono oggi in Italia?  In attesa del prossimo
“Family Day”……     

VALUTAZIONE CRITICA
 Convincente esordio registico dell’attore Kim Rossi Stuart, che si cala con convinzione in un ruolo
decisamente “difficile e antipatico” e nemmeno si sottrae a sequenze forti e disturbanti (pensiamo ai suoi litigi con
la moglie di fronte ai figli). La delineazione della figura del padre è tratteggiata con attento rispetto della

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm001.htm[12/07/2017 19:03:01]
anche libero va bene

complessità della natura umana (per quanto negativo il personaggio di Renato è raffigurato nell’intreccio tra
nefaste crisi isteriche ed affettuosi abbandoni), lontana da facili schematismi e affrettate demonizzazioni.

Mirabile la prestazione recitativa offerta dal piccolo Alessandro Morace nei panni di Tommi, il cui
personaggio sfugge ad ogni tentazione pietistico-patetica per assumere connotazioni di credibile verosimiglianza
relativamente a quelli che possono esser i turbamenti e il disagio di un adolescente nelle sue condizioni.

Il regista, insomma, dimostra di saper maneggiare con cura un materiale incandescente come quello della
famiglia e del rapporto genitori-figli, un terreno su cui spesso in Italia (vedi tanto brutto cinema e pessima
televisione) si stenta a sfuggire alla retorica dei luoghi comuni.  

  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Diritto                                             Il diritto di famiglia in Italia 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm001.htm[12/07/2017 19:03:01]
un giorno perfetto

Un giorno perfetto
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ferzan Ozpetek
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Melania Mazzucco
SCENEGGIATURA Ferzan Ozpetek, Sandro Petraglia
FOTOGRAFIA Fabio Zamarion (colori)
MONTAGGIO Patrizio Marone
MUSICA Andrea Guerra
INTERPRETI Valerio Mastrandea, Isabella Ferrari, Stafania Sandrelli, Monica Guerritore
PRODUZIONE Domenico Procacci per Fandango in collaborazione con Rai Cinema
DURATA 102’
ORIGINE Italia, 2008
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Umiliate e offese


La condizione femminile/Uomo e Società
 
Genitori e figli
La famiglia/La condizione giovanile e adolescenziale/Uomo e Società

TRAMA
 Antonio, agente di scorta di un onorevole, non ha mai accettato la separazione dalla moglie. Dopo un ultimo
disperato e inutile tentativo di riappacificazione, nel corso del quale riaffiora la sua natura violenta, sequestra i
due figli affidati alla moglie. 

  

TRACCIA TEMATICA
 Un giorno perfetto è ovviamente il titolo ironico di un film che narra una tragedia assai simile a quelle che le
cronache giornalistiche ci raccontano da anni. Nell’arco di 24 ore si compie la parabola (auto)distruttiva  di un
uomo qualunque, uno dei tanti,  che  riversa in follia omicida contro i figli e contro se stesso la propria
incapacità ad accettare il fallimento di un’unione, vissuta all’insegna di una  patologica possessività
disseminata di scenate e violenze. Si tratta di una vicenda esemplare, manifestazione di una diffusa difficoltà a
superare una radicata concezione patriarcale e proprietaria della famiglia e del rapporto di coppia, che affonda le
proprie radici in un’ antropologia arcaica, che la modernità non è riuscita ancora scalfire.

La moglie Emma riesce a trovare nel rapporto con Mara (coinvolta in un rapporto sentimentale travagliato)  una
momentanea fuoriuscita dalla solitudine e un  senso di reciproca solidale comprensione.

E’ in crisi anche il matrimonio dell’onorevole Fioravanti, esemplare di politicante intrallazzone e cinico. Il tenero
amore di suo figlio Aris, che rifiuta i privilegi che la sua condizione sociale potrebbe garantirgli, verso la moglie di
suo padre sembra immettere nella cupa atmosfera del racconto uno squarcio di speranza in un recupero di una
dimensione sentimentale ed umana più autentica.   

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un giorno perfetto

VALUTAZIONE CRITICA
 Non tutto nel film funziona. Se la vicenda centrale è tenuta bene in piedi tanto da riuscire a coinvolgere lo
spettatore, lo si deve soprattutto alle convincenti interpretazioni di Mastrandea e della Ferrari, che sono entrati
con  decisa immedesimazione nei ruoli, come anche alla buona calibratura con cui la regia riesce a distendere
nel tempo di una giornata la tragedia che viene consumata. Deludente, invece, risulta il resto, dove la
sceneggiatura si fa prendere la mano dall’esigenza di ficcare per forza nel corpo della storia un eccessivo
numero di personaggi secondari che mal si inseriscono nell’economia drammatica, determinando un’
attenuazione, se non una dispersione, di quella tensione compressa e centellinata che costituisce la qualità migliore
del film. In particolare sembra stonare la parte dedicata ai travagli politici e amorosi della famiglia
dell’onorevole, inserimento tipico di tanto cinema italiano che non riesce a resistere alla tentazione di ingolfare la
trama di riferimenti all’attualità nazionale (in questo caso il malaffare dei politici e la difficoltà di rapporti genitori-
figli, ma anche il lavoro precario e le raccomandazioni all’università).   

 RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Diritto                                               La legislazione italiana relativa all’affidamento dei figli in caso di separazione
dei coniugi

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agorà

Il capitale umano
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Paolo Virzì
SOGGETTO E Dal romanzo omonimo di Stephen Amidon
SCENEGGIATURA
Paolo Virzì, Francesco Bruni, Francesco Piccolo
FOTOGRAFIA Jérome Alméras
MONTAGGIO Cecilia Zanuso
MUSICA Carlo Virzì
INTERPRETI Fabrizio Bentivoglio (Dino Ossola), Valeria Bruni Tedeschi (Carla Bernaschi),
Fabrizio Gifuni (Giovanni Bernaschi), Valeria Golino (Roberta Morelli), Luigi Lo
Cascio ( Donato Russomanno),  Bebo Storti (L’ispettore),  Matilde Gioli (Serena
Ossola), Giovanni Anzaldo ( Luca Ambrosini)
PRODUZIONE Rai Cinema, Motorino Amaranto, Indiana Production
DURATA 109'
ORIGINE Italia-Francia, 2014
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Genitori e figli  


La famiglia/la condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e società
 

  

TRAMA
Brianza ai nostri giorni. Attorno ad un misterioso omicidio ruotano le complicate vicende
umane di tanti personaggi. L’affarista spregiudicato, la moglie insoddisfatta, l’immobiliarista
arrivista, una ragazza desiderosa di un amore autentico.
 

TRACCIA TEMATICA
Il film è declinato su un giudizio morale di severa condanna di una variegata borghesia
lombarda (ma la collocazione regionale è secondaria) protesa  all’inseguimento di disvalori
(ascesa sociale, ostentazione di status, facile arricchimento) o oppressa da un inguaribile disagio
esistenziale (rapporti fasulli, scarsa autostima). Il prevalere dell’avere sull’essere, dell’apparenza
sulla sostanza ed un inguaribile cinismo sono i segni distintivi di un’umanità degradata.

In una società mercificata la vita delle persone ha un prezzo differenziato in base alla sua
produttività economica (il capitale umano che dà il titolo al film).

In questo panorama di ipocrisia e cinismo, solo i personaggi di Serena e Luca esprimono un


rifiuto di questo universo desolante  e una tensione verso una dimensione umana e sentimentale
più autentica e appagante.  

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0016.htm[12/07/2017 19:03:02]
agorà

VALUTAZIONE CRITICA
Virzì è considerato l’erede della grande tradizione della commedia all’italiana degli anni
Sessanta e Settanta, che fu coscienza critica del boom economico. Di quel cinema ripropone
l’ispirazione di fondo: uno sguardo pungente ed abrasivo, ironico e beffardo, alla realtà del
proprio tempo per disvelarne i punti di caduta e di crisi e in particolare il declinare del senso
morale indotto dal benessere materiale e dal consumismo.

Benché la struttura narrativa corale ad incastro (le storie dei singoli personaggi si intrecciano tra
di loro in base ad un affresco che attraverso anticipazioni e retrospezioni temporali si ricompone
solo alla fine) sia più appropriata al genere del giallo o del thriller, “Il capitale umano”  resta
una commedia amara che vuol far riflettere sull’Italia di oggi.

Da questo intento didascalico derivano, secondo alcuni critici, i difetti del film: la
superficialità dell’analisi sociologica, il macchiettismo che caratterizza alcuni personaggi, il
populismo (i ricchi corrotti ed annoiati, i poveri onesti e simpatici).      
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia         La Brianza.

Economia         Il mondo della finanza speculativa.

Diritto               La normativa dei risarcimenti assicurativi in caso di sinistro.

 
 

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agorà

Mommy
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Xavier Dolan
SOGGETTO E Xavier Dolan
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA André Turpin
MONTAGGIO Xavier Dolan
MUSICA Eduardo Noya
INTERPRETI Anne Dorval (Diane), Antoine-Olivier Pilon (Steve), Suzanne Clément (Kila)
PRODUZIONE Xavier Dolan, Nancy Grant
DURATA 134'
ORIGINE canada
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Genitori e figli  


La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società
 

  

TRAMA
Diane, una vedova di 46 anni, ritira il figlio Steve al centro di recupero nel quale è ospitato
dopo la morte del padre e dove, provocando un incendio, ha sfigurato un ragazzino. Steve è un
adolescente difficile, affetto dalla sindrome da deficit di attenzione e iperattività. La convivenza
tra Diane e suo figlio diventa subito assai problematica a causa delle intemperanze ingestibili di
Steve e a questo si aggiunge anche l’onerosa richiesta di risarcimento da parte della famiglia
del ragazzino sfigurato.   
 

TRACCIA TEMATICA
Tutti i personaggi del film sono profondamente segnati dalla vita e faticano
drammaticamente a gestirla: Diane è una donna anticonformista e ancora piacente, ma
incapace a sostenere la dirompente esuberanza del figlio, tanto che alla fine si arrende facendolo
internare, Steve, afflitto da una grave sindrome comportamentale, sviluppa con la madre un
tormentato rapporto conflittuale che si tinge di sfumature edipiche (reagisce violentemente alla
corte dell’avvocato nei confronti della madre e allude spesso ad un’attrazione fisica nei suoi
confronti) e infine Kila, fragile e tenera figura di donna traumatizzata in modo indelebile da un
evento tragico, che cerca di stabilire con i vicini di casa una rapporto affettivo che le è negato
all’interno della propria famiglia.

Tre esistenze distrutte che non rinunciano alla speranza di una ricostruzione che alla lunga
si rivela impossibile. Resta spazio esclusivamente per il sogno, costruito inspirandosi agli
stereotipi del linguaggio iperottimista della pubblicità. Lo stesso finale con Steve che tenta la

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agorà

fuga sembra più una specie di auspicio liberatorio che un’ipotesi verosimile.

Quello tra Diane e Steve è certamente un caso limite, caratterizzato com’è da distorsioni
patologiche, ma dovrebbe essere oggetto di riflessione il fatto che in molte famiglie il rapporto
genitori-figli risulta afflitto da tensioni nevrotiche e conflitti autodistruttivi.  
 

VALUTAZIONE CRITICA
Dolan (regista venticinquenne) lavora, fin dai precocissimi esordi, sulla difficoltà di relazione
genitori-figli. Con Mommy (unico tra i suoi film distribuito in Italia) è pervenuto probabilmente
al punto più alto della sua ancor breve carriera.

La sua grande qualità si esprime nella capacità di direzione degli attori, che offrono un
saggio di immensa bravura, nella sceneggiatura, assai credibile ed incisiva nei dialoghi e nella
delineazione  psicologica e caratteriale di personaggi off-limits, e soprattutto in una scelta
formale di grande acutezza e creatività espressiva: lo schermo le cui dimensioni vengono
tenute su di una misura ormai inusuale di 1:1 (praticamente un quadrato quasi perfetto) con
l’effetto di imprigionare i protagonisti nelle inquadrature, onde comunicare una sensazione di
claustrofobia, che si fa metafora della condizione di ristrettezza e compressione esistenziali che
essi vivono, si allarga ai 16:9  nella visualizzazione dei rasserenanti sogni (irraggiungibili) della
madre riguardo il futuro del figlio (materializzazione concreta sul piano del linguaggio
cinematografico del concetto metaforico di “allargare gli orizzonti”).
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze         La sindrome da deficit di attenzione

Diritto          La legislazione italiana relativamente all’ospedalizzazione coatta

Geografia    Il Canada francofono


 

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Family life

Family Life
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ken Loach
SOGGETTO E David Mercer
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Charles Stewart (colori)
MUSICA Marc Wilkinson
MONTAGGIO Roy Watts
INTERPRETI Sandy Ratcliff, Bill Dean, Grace Cave
PRODUZIONE Tony Garnett e Nat Cohen per Anglo Emil Films
DURATA 107'
ORIGINE Gran Bretagna, 1971
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Padre Padrone

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

 
TRAMA
Janice è una giovane afflitta da mutismo schizofrenico e da gravi problemi psicologici. E' stata affidata alle cure
dello psichiatra Mike, che adotta metodi terapeutici in contrasto con la medicina ufficiale. Egli, colloquiando a
lungo con la ragazza e i suoi genitori, intuisce che sono questi ultimi la causa del malessere della sua paziente e
che solo staccandola da loro e rendendola indipendente si potrà avviare un processo di guarigione. Il dottor
Mike viene però licenziato dalla dirigenza dell'ospedale per il suo anticonformismo e Janice viene sottoposta a
un duro regime di sorveglianza con tanto di elettroshock. Ne uscirà completamente distrutta, ridotta a caso
clinico da mostrare nelle aule universitarie.

TRACCIA TEMATICA
Il dramma di Janice trova la propria spiegazione nel rapporto di esasperata possessività che i genitori le
hanno imposto. La madre, vittima di un grigio perbenismo e di un ossessivo formalismo, ha concepito la figlia
come una propria propaggine cercando di imporle continuamente la propria volontà, con l'esile alibi di fare così il
bene della ragazza. Il padre, uomo mediocre e insoddisfatto, ha sfogato la frustrazione accumulata attraverso un
impotente autoritarismo. La personalità di Janice, insomma, è stata soffocata e distrutta da un ambiente
familiare oppressivo, afflitto da un'ansia di normalità dai risvolti patologici.

La psichiatria ufficiale appare funzionale a questo progetto di repressione spersonalizzante, imprigionando il


paziente in rigide strutture ospedaliere simili ad una prigione. Ciò che contraddice schemi comportamentali sanciti
dal conformismo dominante viene considerato devianza e come tale curato.

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Family life

VALUTAZIONE CRITICA
Loach realizza il suo film a tesi (col quale cioè si vuole dimostrare un particolare punto di vista, nel caso specifico
l'adesione alle teorie anticonformiste dell'Antipsichiatria) rinunciando ai toni urlati e agli eccessi drammatici
che spesso caratterizzano questo tipo di Cinema. Affida invece l'efficacia del discorso alle immagini
(l'uniformità del quartiere di case uguali, immerse in una luce livida e in un grigiore plumbeo, a suggerire l'idea di
un lager; l'ovattata freddezza di interni familiari improntati ad un mesto decoro piccolo-borghese) e l'accumularsi
di dialoghi che fanno emergere con lenta, ma inesorabile, progressione il degrado esistenziale e culturale in
cui è immersa la famiglia di Janice (la imbarazzata confessione del padre sulla propria insoddisfazione sessuale,
la chiusura mentale della madre di fronte all'emergere della modernità).

Loach allinea con freddezza e disordine gli eventi (una mancanza di linearità narrativa che provoca un effetto di
frammentazione coniugato con la schizofrenia della protagonista) e sembra raggelare le emozioni con uno stile
freddo e oggettivo, vicino al documentaristico, (quasi del tutto assente la colonna sonora musicale). In realtà
Family Life lascia allo spettatore un retrogusto di disagio e inquietudine che non si dimentica facilmente,
anche perché si ha la sensazione che il caso della famiglia di Janice non costituisca un'eccezione, ma sia
emblematico e moltiplicabile come le villette a schiera con cui si apre il film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze   Il movimento dell'Antipsichiatria degli anni sessanta e settanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm050.htm[12/07/2017 19:03:03]
Shine

Shine
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Scott Hicks
SCENEGGIATURA Jan Sardi
FOTOGRAFIA Geoffrey Simpson (colori)
MONTAGGIO Pip Karmel
MUSICA David Hirschfelder
INTERPRETI Geoffrey Rush, Armin Mueller Stahl, sir. John Gielguld
PRODUZIONE Jane Scott per Monument Films/Australian Film/The South Australia Film
Corp./Film Victoria
DURATA 105'
ORIGINE Australia/Gran Bretagna, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Matti da slegare

Handicap/Diversità/Uomo e Società

Padre Padrone

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
David Helfgott si dedica totalmente fin da bambino allo studio del pianoforte, così come vuole l'autoritario
padre, un sopravvissuto dai lager nazisti, che riversa sul figlio le proprie frustrazioni. Per liberarsi dalla pesante
tutela paterna David si reca a Londra per prendere lezioni da un famoso maestro. L'esecuzione di un difficile
pezzo all'Albert Hall gli causa un tracollo nervoso e al suo ritorno in Australia passerà da una clinica all'altra,
finché sarà decisivo l'incontro con un'astrologa.

TRACCIA TEMATICA
Peter Helfgott simboleggia la figura del padre autoritario e possessivo che vuole realizzare le sue aspirazioni
frustrate tramite il figlio: nella prima parte del film la sua presenza incombe minacciosa su David, determinando
in lui una condizione di soggezione che ad un certo punto finisce per rifiutare.

A Londra David è libero, ma continua ad essere ossessionato dal principio di prestazione: il concerto n.3 di
Rachmaninov diventa una specie di prova di iniziazione, solo superando la quale è possibile affrancarsi
definitivamente dalla castrante tutela paterna.

L'incontro salvifico con Gillian dimostra invece che ciò di cui David ha veramente bisogno è amore ed affetto
in una dimensione di rassicurante normalità, lontano da quelle aspirazioni di genialità e successo che tanto
ossessionano i giovani talenti.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm127.htm[12/07/2017 19:03:04]
Shine

VALUTAZIONE CRITICA
Spartiacque narrativo del film è la sequenza dell'esecuzione pianistica all'Albert Hall, cui la regia si dedica con
particolare impegno nel tentativo di tradurre in termini visivi lo sconvolgimento psicofisico che subisce il
protagonista.

Prima di questo momento culminante Shine offre il meglio riuscendo a comunicare con efficaci scelte
scenografiche e ambientali il senso di claustrofobia psicologica vissuta da David a contatto col padre.

La seconda parte appare costruita in modo un po' banale e superficiale: si rincorrono infatti gli stereotipi tipici
del registro sentimentale e si risolve con superficialità la disturbante inquietudine disseminata nella prima parte.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione musicale   Il concerto n.3 di Rachmaninov.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm127.htm[12/07/2017 19:03:04]
Volevo i pantaloni

Volevo i pantaloni
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Maurizio Ponzi
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Lara Cardella
SCENEGGIATURA Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Bruno Garbuglia, Roberto Ivan Orano e
Maurizio Ponzi
FOTOGRAFIA Maurizio Calvesi (colori)
MONTAGGIO Sergio Montanari
MUSICA Giancarlo Bigazzi
INTERPRETI Giulia Fossa, Lucia Bosè, Angela Molina
PRODUZIONE Group Tiger Cinematografica, Maura International Film, Reteitalia
DURATA 98'
ORIGINE Italia, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio/Triennio
PERCORSI Padre Padrone

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Annetta è una ragazza siciliana soffocata da un ambiente familiare improntato alla tradizionale mentalità
maschilista che da secoli predomina nell'isola. Ogni timido approccio ad una gestione più autonoma della sua
vita è furiosamente represso dalle percosse paterne. Un giorno viene sorpresa a sbaciucchiarsi con un amico e
per lei inizia un vero calvario.

TRACCIA TEMATICA
La mentalità maschilista è ancor oggi prevalente nelle zone rurali della Sicilia: essa è incentrata sul ruolo
dominante del marito (autentico Pater familias) e dei maschi della famiglia, mentre le donne (mogli e figlie)
vengono relegate ai lavori domestici in una condizione di semisegregazione.

Il destino della donna è ovviamente quello di sposarsi e procreare e tutte coloro che in un qualche modo
sfuggono a questo destino o danno qualche segno di anche modesta emancipazione vengono liquidate con l'epiteto
di puttana, che è quanto di più infamante ed emarginante ci possa essere.

La subcultura di cui Annetta è vittima viene denunciata non solo come un insopportabile residuo del passato che
offende la dignità e la libertà della donna, ma anche come una sovrastruttura destinata a perpetuare una

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm149.htm[12/07/2017 19:03:04]
Volevo i pantaloni

condizione di privilegio materiale dell'uomo (il lavoro domestico, la spesa e lo stesso servire in tavola a totale
carico di moglie e figlia).

VALUTAZIONE CRITICA
Volevo i pantaloni è un film di denuncia onesto ed immediato, che comunica con efficacia allo spettatore un
senso di indignazione e rivolta morale per le umiliazioni cui è sottoposta la povera Annetta.

Un limite va forse ricercato in certo eccesso di didascalismo: i significati vengono troppo spiegati e i personaggi
troppo schematizzati lasciando poco spazio alle sfumature; e in un finale affrettato e ingiustificatamente
consolatorio.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) La concezione patriarcale-autoritaria della famiglia nelle zone rurali del nostro paese. 

             B) La trasformazione della famiglia patriarcale in famiglia moderna.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm149.htm[12/07/2017 19:03:04]
Ci sarà la neve a Natale

Ci sarà la neve a Natale?


TITOLO ORIGINALE Y'aura de la neige a Noel?
REGIA Sandrine Veysset
SCENEGGIATURA Sandrine Veysset
FOTOGRAFIA Héléne Louvart (colori)
MONTAGGIO Nelly Quettier
MUSICA Henri Ancillotti
INTERPRETI Dominique Reymond, Daniel Duval
PRODUZIONE Ogno Pictures, con la partecipazione di Centre National de la
Cinématografique/Canal Plus e il supporto della Fondation Gan pour le Cinéma
DURATA 91'
ORIGINE Francia, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Padre Padrone

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
In una casa fredda e malmessa vive una madre con i suoi sette figli. Il padre è il suo amante, che è ancora
sposato con un'altra donna: in cambio della modesta sistemazione che ha concesso alla donna pretende che lei e
i bambini rinuncino a tutto pur di impegnarsi a tempo pieno nel duro lavoro dei campi.

TRACCIA TEMATICA
Il film denuncia gli aspetti disumani e immorali di una mentalità arcaica e retrograda, ancora oggi
rintracciabile in alcune arretrate località rurali.

Nella visione del maschio protagonista la donna deve essere sempre disponibile, sia sul piano sessuale, sia
soprattutto sul piano lavorativo.

La sventurata vittima di questa oppressione vive con passività e rassegnazione la propria condizione, convinta di
non avere possibilità al di fuori della stentata sopravvivenza garantitale dal suo uomo.

Quando la disperazione sembra avere il sopravvento, la storia si chiude con una nota di speranza, indotta dalla
rinnovata magia della neve che cade la notte di Natale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm031.htm[12/07/2017 19:03:05]
Ci sarà la neve a Natale

VALUTAZIONE CRITICA
Ci sarà la neve a Natale? ha il merito di rinunciare ai toni concitati e drammatici (pestaggi, violenze verbali, ecc..)
che un soggetto siffatto potrebbe suggerire, come pure a eccessi patetici e lacrimevoli, scegliendo invece un
registro espressivo volutamente spoglio e dimesso, attento a riprodurre la normalità e quotidianità dello
sfruttamento cui madre e figli sono sottoposti: non un caso eccezionale sembra dirci il film, ma il frutto di una
cultura ancora radicata.

Le prime sequenze, immerse in una limpida solarità estiva, trasmettono una sensazione di gioviale allegria: è
un'illusione destinata a finire quasi subito, di lì a poco esce a pezzi l'immagine, diffusa soprattutto a livello
letterario e nell'immaginario del cittadino intossicato dalle città congestionate, di una campagna incontaminata,
luogo di pace e serenità, popolato da un'umanità ingenua e incorrotta.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia economica    L'organizzazione del lavoro nelle campagne del sud della Francia.

Storia    La famiglia patriarcale: confronto passato-presente.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm031.htm[12/07/2017 19:03:05]
Padre padrone

Padre Padrone
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Paolo e Vittorio Taviani
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Gavino Ledda
SCENEGGIATURA Paolo e Vittorio Taviani
FOTOGRAFIA Mario Masini (colori)
MONTAGGIO Roberto Perpignani
MUSICA Egisto Macchi
INTERPRETI Saverio Marconi, Omero Antonutti
PRODUZIONE Giuliani G. De Negri per Cinema S.r.l./RAI 2
DURATA 117'
ORIGINE Italia, 1977
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Padre Padrone

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e società

TRAMA
Sardegna. Gavino è un bambino e frequenta come tutti la scuola, ma il padre ne interrompe gli studi per
portarlo sui monti a custodire il gregge. A vent'anni Gavino è praticamente analfabeta e le sue conoscenze si
racchiudono nell'angusto spazio dei campi nei quali si esaurisce tutta la sua esistenza. Egli vorrebbe emigrare in
Germania, ma il padre glielo vieta essendogli necessario per il lavoro. Solo il servizio militare permette al
giovane pastore di lasciare l'isola ed entrare in contatto con il mondo, imparando l'italiano e facendosi
finalmente un'istruzione. Una volta tornato a casa l'autoritarismo paterno gli sembra insopportabile e decide di
andare in continente ad iscriversi all'Università.

TRACCIA TEMATICA
Centrale è la tematica, consueta nei fratelli Taviani, dell'importanza e necessità dell'utopia, intesa come
capacità di pensare e, soprattutto, realizzare una realtà radicalmente diversa da quella esistente.

Insoddisfatto del presente e continuamente risospinto nel passato, Gavino ha il coraggio e il merito di progettare
per sé un futuro migliore, pur attraverso una dolorosa frattura con il padre. L'istruzione e la libertà non risolvono
d'incanto tutti i suoi problemi (come suggerisce il suo ondeggiare finale speculare all'immagine iniziale), ma
spostano in avanti le contraddizioni e gli danno gli strumenti per poterle affrontare.

Padre Padrone è anche un quadro crudo e realistico dell'abbrutimento cui conduce la chiusa società pastorale
e una lucida denuncia dell'arcaico autoritarismo patriarcale, con un capovolgimento del luogo comune,
radicato nell'immaginario dell'uomo moderno, dell'universo contadino come spazio incontaminato di pace e serenità
in contrapposizione alla nevrotizzante civiltà urbana e tecnologica.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm098.htm[12/07/2017 19:03:05]
Padre padrone

VALUTAZIONE CRITICA
I registi svelano da subito la finzione cinematografica presentandoci Gavino Ledda, il vero protagonista della
vicenda e autore del romanzo da cui è tratto il film, secondo la loro concezione di un Cinema che più che
coinvolgere lo spettatore sul piano emotivo tende a farlo riflettere su quanto vede, di un Cinema insomma che
parte dalla realtà per tornare ad essa. Un Cinema politico non perché parla di politica, ma perché ha l'ambizione
di fornire allo spettatore qualche strumento in più per capire il mondo e poterlo trasformare.

Se è vero che Padre Padrone è un film sulla conquista del linguaggio, esso fa dell'uso di una pluralità di
linguaggi diversi la sua cifra espressiva fondamentale: rumori, suoni, musica, sospiri, parole si alternano, realtà
e fantasia, messa in scena e documentarismo si mescolano e si confondono sullo sfondo unificante di uno stile
scabro ed essenziale, aspro e conciso.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    L'economia pastorale nella Sardegna del passato e del presente.

Italiano    A) La glottologia. B) Confronto tra il romanzo di Gavino Ledda e il film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm098.htm[12/07/2017 19:03:05]
Once were warriors

Once Were Warriors-Una volta erano guerrieri


TITOLO ORIGINALE Once Were Warriors
REGIA Lee Tamahori
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Alan Duff
SCENEGGIATURA Riwia Brown
FOTOGRAFIA Stuart Dryburgh (colori)
MONTAGGIO Michael Horton
MUSICA Murray Grindlay, Murray McNabb
INTERPRETI Rena Owen, Temuera Morrison, Mamaengaroa Kerr-Bell, Julian Arahanga,
Taungaroa Emile
PRODUZIONE Robin Scholes
DURATA 99’
ORIGINE Nuova Zelanda, 1994
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Padre padrone

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Beth e la sua famiglia di origini maori vivono in un quartiere proletario tirando avanti con fatica. Suo marito
Jake è un ubriacone violento che la picchia e non ha lavoro, un figlio se n’è andato da casa per entrare in una
setta maori, un altro finisce in un riformatorio, una figlia, dolce e introspettiva, viene violentata dallo zio e si
suicida. A questo punto per Beth la misura è colma, raccoglie quel che resta della sua famiglia e trova il
coraggio di lasciare finalmente Jack.

TRACCIA TEMATICA
I Maori sono la minoranza indigena della Nuova Zelanda colonizzata dagli Inglesi. Oggi vivono ai margini della
società, spesso relegati in quartieri periferici, squallidi e degradati. Il film ci racconta la storia del graduale
recupero da parte della protagonista e dei suoi figli della propria identità etnica e della propria cultura, una
volta espressione di una grande civiltà di guerrieri. Per Beth e i suoi due figli maschi la liberazione da
un’umiliante soggezione al padre padrone passa attraverso la riappropriazione di queste radici in grado di
restituire dignità e fierezza perdute. 

La tenera figlia Grace, la cui sensibilità non regge al trauma della violenza subita, esprime a suo modo e prima
degli altri la ricerca di questa identità, coltivando un repertorio favolistico di mitologia maori che le serve per
evadere dalla grigia quotidianità. Non a caso intreccia un’affettuosa amicizia con un giovane vagabondo che vive
su un rottame, simbolo estremo di un disperato sradicamento, e che alla fine si unisce alla rifondata famiglia di
Beth per vivere l’avventura di un nuovo inizio.

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Once were warriors

VALUTAZIONE CRITICA
Quanto mai eloquente la sequenza iniziale, che trapassa da una suggestiva immagine di un paesaggio naturale ad
una congestionata arteria metropolitana e quindi ai poveri scenari del quartiere maori. Essa esprime con geniale
sintesi il senso del film, cioè il precipitare da parte della comunità maori da una specie di paradiso perduto
all’insegna di un appagato rapporto con la natura ad una condizione di ghettizzazione sociale in un contesto
di pronunciata deturpazione ambientale. 

Anche in seguito Tamahori riesce a sottolineare con grande efficacia questo contrasto, oltre che con una
sceneggiatura intensa e di grande impatto drammatico, con la risorsa più espressamente cinematografica della
scenografia, che contrappone agli interni costrittivi e claustrofobici della casa di Beth e all’alienante e vociante
vastità della birreria frequentata da Jack, gli spazi incontaminati del cimitero maori e le verdi distese della
campagna che la famiglia percorre in macchina in uno dei suoi rari momenti di felicità ed unione, subito dissipato
dal padre con un disgraziato ritorno agli ozi quotidiani.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    La civiltà maori in Oceania e l’attuale condizione della comunità maori in Nuova Zelanda.

Storia     La colonizzazione inglese della Nuova Zelanda.

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Promesse, La

La promesse
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Jean-Pierre e Luc Dardenne
SOGGETTO E Jean-Pierre e Luc Dardenne
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Alain Marcoen (colori)
MUSICA Jean-Mare Billy, Denis M'Ponga
MONTAGGIO Marie-Hélène Dozo
INTERPRETI Jérémie Renier, Olivier Gourmet, Assita Ouedraogo,
PRODUZIONE Luc Dardenne, Hassen Daldoul, Jacqueline Pierreux e Claude Waringo per Les
Films du Fleuve, Touza Productions, Samsa Film, Touza Films, Dérives, RTBF,
ERTT
DURATA 93'
ORIGINE Belgio/Francia/Tunisia/Lussemburgo, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Lamerica Leuropa Litalia

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

Padre Padrone

La famiglia/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Liegi. Igor, giovane adolescente, assiste il padre nei loschi traffici con cui questo sfrutta la manodopera degli
immigrati clandestini. Quando uno di questi extracomunitari cade da un ponteggio di un cantiere illegale, prima
di morire chiede a Igor la promessa di badare alla moglie Assita e al loro bambino. Igor nasconde l'impegno
che ha preso con il povero immigrato al padre, che insieme con lui ha fatto sparire il corpo del disgraziato per
evitare indagini. Intanto il ragazzo comincia ad aiutare Assita, ignara della fine del marito, e allorché scopre
che il padre è intenzionato a venderla come prostituta organizza la sua fuga in Italia.

TRACCIA TEMATICA
Prima della tragedia del povero immigrato caduto dall'impalcatura Igor sembra non manifestare alcuna riserva etica
nei confronti dello squallido sfruttamento cui il padre sottopone i clandestini. Ancora adolescente si sottomette
alla volontà paterna per spontaneo e acritico senso di obbedienza verso l'autorità genitoriale.

La promessa fatta al morente Hamidou segna la svolta del suo percorso morale, vincolandolo ad un impegno
che intende onorare con la stessa determinazione con cui sino a quel momento è stato complice delle malefatte
paterne. Igor anticipa, in modo drammatico e irreversibile, quella rivolta contro il padre che segna l'accesso alla

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Promesse, La

maturità di tanti giovani.

L'abbraccio con cui Igor si avvinghia ad una stupita Assita esprime assai bene il suo disperato bisogno di un
riferimento affettivo che surroghi l'assenza materna e rompa il cerchio della solitudine nella quale è
precipitato.

Solo quando trova la forza di confessare ad Assita la verità sulla morte del marito, salda definitivamente il conto
con la propria coscienza, conquistando una rinnovata dignità ed autostima. Noi non sapremo cosa accadrà ad
Assita, ma per Igor nulla sarà più come prima.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film dei Dardenne si colloca tra la finzione e il documentarismo: la prima è indispensabile per esemplificare
e simboleggiare, con efficace sintesi, in un caso singolo un dramma collettivo e generalizzabile (quante Assita e
Hamidou, quanti Igor e Roger esistono in Belgio e in Europa?), il secondo offre alla finzione una proficua
immersione nella realtà colta in una concretezza priva di artifici e mascheramenti (l'autenticità degli attori non
professionisti, degli interni fatiscenti, degli sfondi urbani, ecc..). La promesse occupa, insomma, quella zona di
confine dove la realtà cede il passo alla finzione e viceversa.

Ne deriva una scelta stilistica all'insegna del massimo di essenzialità e oggettività, che vincola la regia ad un
ruolo di distaccata osservazione degli eventi, che devono essere inseguiti perché non sfuggano alla registrazione. Di
qui l'uso insistito della macchina a mano e del campo medio, tipici dell'improvvisazione e dell'emergenza di tanti
servizi telegiornalistici: quando la macchina si ferma alla stazione e i personaggi proseguono per la loro strada, il
film è finito, il suo compito di ricavare qualche verità morale dal pezzo di realtà analizzato cessa con la confessione
di Igor.

Con La promesse i fratelli Dardenne ci consegnano un'idea di Cinema aspro e marginale, antispettacolare e
spoglio, ma assolutamente vitale e necessario per una società che voglia confrontarsi con le drammatiche
contraddizioni che produce.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto     A) La legislazione sull'immigrazione extracomunitaria in Italia.

                B) L'attività dell'ispettorato del lavoro in Italia.

Geografia     Il Belgio.

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Arancia meccanica

L'Arancia meccanica

TITOLO ORIGINALE A Clockwork Orange


REGIA Stanley Kubrick
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Anthony Burgess
SCENEGGIATURA Stanley Kubrick
FOTOGRAFIA John Alcott (colori)
MONTAGGIO Bill Butler
MUSICA Walter Carlos
INTERPRETI Malcom McDowell
PRODUZIONE Warner Bros/Hawk Films/Polaris Productions
DURATA 137'
ORIGINE Gran Bretagna, 1971
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Alex è il leader di una banda giovanile dedita alla violenza e allo stupro. Durante una delle tante imprese del
gruppo Alex uccide una donna e, tradito dai compagni che mal sopportano la sua preminenza, finisce in galera.
Qui accetta di sottoporsi ad una strana cura promossa dal governo, consistente nel subire per ore immagini di
brutale violenza con il risultato di diventare innocuo e docile preda delle prepotenze altrui. Disperato tenta il
suicidio e il suo diventa un caso politico nazionale. Il nuovo ministro degli interni impone un'inchiesta e ordina
che Alex sia curato affinché torni come prima: in futuro userà la violenza al servizio del potere.

TRACCIA TEMATICA
Alex e i suoi Drughi esprimono una vitalità incontenibile e primordiale, che si manifesta in violenza,
soprattutto verso le donne e i più deboli. La loro aggressività appartiene ad una fase primitiva dello sviluppo
umano, anteriore all'avvento della civiltà, ma che questa non ha eliminato, ha solo organizzato e controllato
per utilizzarla a fini di dominio sociale (le guerre, come atti di violenza legalizzata, ne sono la più evidente
dimostrazione).

Gli energumeni protagonisti altro non sarebbero che dei dilettanti rispetto alla violenza degli Stati e del Potere, al
cui servizio trovano alla fine la più adeguata collocazione.

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Arancia meccanica

Il regista svolge un'amara e pessimistica riflessione sul preteso progresso di un'umanità che lungi dall'aver
compiuto un'autentica evoluzione culturale e morale è ancora bloccata al livello di barbarie. Le vicende di cui
siamo testimoni non sono riferibili a un momento individuabile dello sviluppo storico perché per Kubrick esiste
una sostanziale staticità storica: la Storia non è ancora iniziata, siamo ancora in piena Preistoria.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film è ambientato in un futuro vicino, ma che resta indeterminato: scenografie e costumi tendono a destituirlo di
concretezza e riferibilità, tanto da immergerlo in un'atmosfera surreale, che, se toglie spessore storico, incentiva
la dimensione universale e atemporale. Il talento visionario di Kubrick si addice a quest'operazione di
decontestualizzazione assegnando alle immagini una tonalità allucinatoria ed onirica, che finisce per coinvolgere
anche la verità documentaristica con cui viene bombardato Alex durante la cura Ludovico. Lo stesso uso del
rallentatore e dell'accelerazione delle sequenze orienta in direzione antirealista.

Di straordinaria provocatorietà il lavoro svolto sulla colonna sonora: l'uso di celebri brani di musica classica (si
pensi alla nona sinfonia di Beethoven) e di accattivanti e dolciastre canzonette da musical (Singing in the rain)
all'insegna dell'ottimismo hollywoodiano entra in sarcastica e contraddittoria collisione con le esplosioni di
ultraviolenza esibite dal film.

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione musicale   I brani di Beethoven, Rossini, ecc..

Lingua inglese  Confronto tra il romanzo omonimo di Burgess e il film.

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Assassini nati

Assassini nati

TITOLO ORIGINALE Natural Born Killer


REGIA Oliver Stone
SOGGETTO Quentin Tarantino
SCENEGGIATURA David Veloz, Richard Rutowski, Oliver Stone
FOTOGRAFIA Robert Richardson (colori)
MONTAGGIO Hank Corwin, Brian Berdan
MUSICA Trent Reznor
INTERPRETI Woody Harrelson, Juliette Lewis, Tommy Lee Jones
PRODUZIONE Jane Hamsher, Don Murphy, Clayton Townsend per Ixtlan/New Regency/J. D.
Productions
DURATA 120'
ORIGINE USA, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSO Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Dopo aver massacrato la propria famiglia insieme al suo ragazzo Mickey, la giovane Malory inizia con lui un
viaggio in macchina senza una meta precisa. I due sono ormai degli assassini feroci e brutali che uccidono tutti
coloro che si parano davanti. I mass-media si impossessano ben presto delle loro macabre imprese e Malory e
Mickey diventano famosi in tutto il paese, trasformandosi in un mito giovanile. Alla fine, catturati dalla polizia,
finiscono in galera, ma ben presto riescono ad evadere riprendendo la loro esistenza errabonda.

TRACCIA TEMATICA
Malory e Mickey sono persone incolte e completamente prive di ogni senso morale, agiscono in base ad un istinto
animalesco che permette loro di districarsi nelle situazioni più difficili, la loro non è una libera scelta, ma una
pulsione innata: sono appunto degli assassini nati. Il senso di colpa e la pietà sono esclusi dal loro orizzonte,
tutto rinchiuso nell'autosufficienza del rapporto di coppia.

In realtà al centro dell'interesse del film non c'è tanto la loro brutalità sanguinaria, quanto il modo con cui i mass-
media, la televisione in particolare, se ne impossessano puntando sulla crescita dell'audience: ai mezzi di
informazione non interessa condannare la violenza, ma spettacolarizzarla. Violenza virtuale (pensiamo ai tanti
film e telefilm televisivi che si compiacciono della violenza che mostrano) e violenza reale mescolate dal frullatore

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Assassini nati

massmediatico, diventano una cosa sola, di fronte alla quale lo spettatore è sempre più incapace di
indignazione e sgomento.

 
VALUTAZIONE CRITICA
Il referente di Assassini Nati non è la realtà, ma la pluralità di codici che la moderna comunicazione di massa
mette in atto: la storia di Malory e Mickey non è raccontata (sarebbe meglio dire mostrata) in termini realistici,
ma viene filtrata continuamente attraverso le modalità informative e di messa in scena specifiche dei media e in
particolare della televisione (dai telegiornali alle sit-com, dai cartoni animati alle interviste). Una volta entrati nella
dimensione onnivora dell'immaginario televisivo non ne usciamo più: il linguaggio massmediologico assorbe
quello cinematografico, fornendogli i materiali iconici che esso ricompone come un collage.

Stone si muove a suo agio in questo universo visivo fremente e congestionato, in grado di valorizzare la sua idea
di Cinema, fatta di alta tensione e di ritmo frenetico, forse eccessiva e un po' arruffona, ma certamente capace di
suggestionare e di imprimersi nella memoria.

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano   A) Il ruolo dei mass-media nella società contemporanea. B) I mezzi di comunicazione di massa
(televisione e giornali in particolare) di fronte alla violenza.

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Clockers

Clockers
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Spike Lee
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Richard Price
SCENEGGIATURA Richard Price, Spike Lee
FOTOGRAFIA Malk Hassan Sayeed (colori)
MUSICA Terence Blanchard
MONTAGGIO Sam Pollard
INTERPRETI Harvey Keitel, John Turturro, Delroy Lindo, Mekhi Phifer, Isaiah Washington
PRODUZIONE Martin Scorsese, Spike Lee e Jon Kilik per 40 Acres and A Mule Filmworks
DURATA 128'
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Schermo tossico/Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Strike è un clocker, cioè uno spacciatore di crack al servizio di Rodney, che controlla lo smercio di droga nel
quartiere e considera Strike come un figlio adottivo. Quando Rodney gli ordina di ammazzare un suo uomo,
Strike accetta, ma nel momento decisivo non ha il coraggio di sparare e si rivolge al fratello Victor, che lavora
duramente per mantenere la famiglia. Sarà lui a compiere l'esecuzione e a costituirsi. Il poliziotto Rocco non
crede però alla sua versione, sospettando che voglia proteggere il fratello Strike, e inizia ad incalzare
quest'ultimo quotidianamente perché confessi. Rodney è sempre più preoccupato che Strike possa fare il suo
nome e lo minaccia pesantemente. Alla fine Rocco viene a sapere come sono andate veramente le cose ed aiuta
Strike a scappare dal ghetto e dalla vendetta di Rodney.

TRACCIA TEMATICA
Già i titoli di testa, con il loro macabro susseguirsi di vere immagini di corpi di neri assassinati e insanguinati, ci
introducono nel destino di violenza e di morte che sovrasta il quartiere nero di New York. Brooklyn è come
sempre dipinto da Lee come un inferno, un luogo di perdizione all'interno del quale è impossibile sfuggire
all'emarginazione e alla devianza.

Sugli interni prevalgono gli esterni (spazi destinati alla precarietà e incertezza), a cominciare dal parco dove si
ritrovano i giovani spacciatori e in cui passa gran parte del suo tempo Strike, che cerca di mascherare con
atteggiamenti da duro (con i quali esercita una certa attrazione sul bambino Tyrone) il suo infantilismo (beve
continuamente cioccolata e gioca con i trenini). Egli è la vittima innocente e sacrificale di un mondo spietato,

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Clockers

su cui Rodney esercita un perverso potere, supplendo alla mancanza di riferimenti paterni del ragazzo.
Incaricandolo di un assassinio vuole legarlo definitivamente a sé con un patto di sangue.

La confessione al commissariato e il pestaggio da parte del poliziotto André per aver traviato il piccolo Tyrone
assumono per Strike una specie di significato purificatorio (l'espettorazione di sangue simboleggia questa
liberazione da un'intossicazione che lo possedeva nel profondo) e rendono possibile l'espiazione dell'esilio.

VALUTAZIONE CRITICA
Spike Lee aggiunge un altro tassello alla sua esplorazione dell'universo del ghetto nero di Brooklyn,
confermandosi come il più grande cantore vivente del malessere della gente di colore nell'America
contemporanea. Il suo è un Cinema di sofferta e appassionata tensione morale e di aspro realismo, che si rivolge
innanzitutto agli Afroamericani perché riflettano sulla propria condizione e sulle abitudini mentali e gli
atteggiamenti psicologici che spesso sono alla base di una drammatica deriva di criminalità e di degrado.

I conflitti che dividono le persone e la nevrosi che affiora palpabile dai loro comportamenti trovano piena
espressione nelle immagini mai banali (pensiamo ai rapidi movimenti di macchina e di montaggio che
adeguano lo stile al convulso incalzare degli eventi e agli intensi primi piani che cercano di comunicare attraverso
l'espressione di un volto il dramma intimo dei personaggi) e nei dialoghi intrisi di violenza verbale e di
aggressività.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze     Il crack: caratteristiche ed effetti.

Geografia      Brooklyn: un quartiere mutietnico.

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Creature del cielo

Creature del cielo


TITOLO ORIGINALE Heavenly Creatures
REGIA Peter Jackson
SOGGETTO E Peter Jackson, Frances Walsh
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Alun Bollinger (colori)
MUSICA Peter Dasent
MONTAGGIO Jamie Selkirk
INTERPRETI Melanie Lynskey, Kate Winslet
PRODUZIONE Jim Booth per Wing Nut Films/Fontana Film Productions
DURATA 99’
ORIGINE Nuova Zelanda, 1994
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Nuova Zelanda, 1952-1954. Pauline e Juliet sono compagne di scuola e fra di loro sboccia un’amicizia sempre
più profonda e intima, inizialmente legata alla comune passione per la musica lirica e il Cinema e
successivamente cementata dalla stesura di un romanzo a quattro mani, i cui protagonisti (Charles e Deborah)
diventano i loro doppi, permettendo ad entrambe di vivere con una sempre maggiore immedesimazione le
avventure da loro stesse create. I rispettivi genitori, preoccupati per l’intensità di questo rapporto, cercano di
dividerle, ma il distacco forzato non fa che accentuare il legame tra le due ragazze. Quando Juliet deve partire
per il Sudafrica si scatena la tragedia: Pauline chiede di poter partire con l’amica e di fronte al diniego della
madre, organizza insieme a Juliet l’assassinio del genitore.

TRACCIA TEMATICA
Tratto da un fatto di cronaca accaduto in Nuova Zelanda negli anni cinquanta, Creature del cielo costituisce una
libera interpretazione di quel torbido episodio, che tenta di rivisitare basandosi sugli autentici diari di Pauline, ma
inseguendo soprattutto ipotesi dettate dall’immaginazione.

Quello tra Pauline e Juliet viene presentato come un legame vissuto con adesione esclusiva e totale, tale da
assorbire interamente la loro esistenza, di esaudire tutte le esigenze affettive ed esaurire le energie creative di

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Creature del cielo

entrambe. La forza di questo legame consiste nella sostituzione del mondo reale con un mondo fantastico, da
esse stesse creato, dai risvolti fiabesco-avventurosi, che diventa per le due ragazze l’unico valore di
riferimento. Un repertorio di miti ed eroi, di saghe medioevali e paradisi paganeggianti, di divi del Cinema e della
canzone, che affascina e rapisce con sempre maggiore invadenza il loro immaginario. Le effusioni cui si
abbandonano, più che come una manifestazione di vera e propria omosessualità, vanno piuttosto interpretate come
una completa identificazione con i personaggi del loro romanzo e come un rifiuto di ogni intromissione maschile
nel loro universo.

Il mondo degli adulti, costituito da genitori prepotenti o assenti, da insegnanti goffi e inadeguati e da
psichiatri cialtroni, non appare assolutamente in grado di dare risposte credibili o anche solo di avvicinarsi
all’anomalia scandalosa delle due ragazze.

L’ansia di libertà di Pauline e Juliet a contatto con questa realtà meschina e opprimente degenera in violenza folle e
delirante. Il film non assolve e non condanna, cerca solo di spiegare.

VALUTAZIONE CRITICA
Jackson, formatosi come regista sulla realizzazione di pellicole horror, ricorre a parecchie reminiscenze del
repertorio orrifico, non solo nel truculento assassinio finale, ma anche nelle fantasie con cui le due amiche
modificano una realtà che le penalizza (pensiamo allo psichiatra trafitto) o si autosuggestionano per rivivere le
emozioni di un film (pensiamo all’inseguimento da parte di Orson Welles appena visto al cinema).

Ma il fascino di Creature del Cielo consiste soprattutto nelle continue interferenze che il territorio fantastico,
nel quale Pauline e Juliet sono sempre più immerse, opera nei confronti della realtà. Si tratta dell’imporsi di
una dimensione visionaria e pittorica su di una quotidianità che ha i toni dimessi della claustrofobica abitazione
della povera Pauline e la compassata e rigida eleganza della signorile villa di Juliet, per non parlare del confronto
fra i divi hollywoodiani e la grigia mediocrità del fugace innamorato di Pauline e dell’amante della madre di Juliet.
Anche la colonna sonora accentua questo stridente contrasto, contrapponendo alla fulgida voce di Lanza le banalità
che echeggiano nelle abitazioni delle due ragazze.

L’immaginario visivo e sonoro, che Jackson manipola con gusto barocco ai limiti del kitsch (forse anche con
qualche compiacimento di troppo), ma con un talento ed un estro figurativo indubbio, finisce per prendere il
sopravvento su tutto il resto, frastornando uno spettatore ammaliato, così come ha frastornato le due
protagoniste conducendole al finale delirio di onnipotenza.

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Guerrieri della notte

I guerrieri della notte


TITOLO ORIGINALE The Warriors
REGIA Walter Hill
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Sol Yurick
SCENEGGIATURA David Shaber, Walter Hill
FOTOGRAFIA Andrew Laszlo (colori)
MUSICA Barry De Vorzon
MONTAGGIO David Holden
INTERPRETI Michael Beck, James Remar, Thomas Waites, Dorsey Wright
PRODUZIONE Lawrence Gordon per Paramount
DURATA 90'
ORIGINE USA, 1979
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Una banda giovanile di New York, i Warriors, si reca ad un convegno di tutte le gang della città organizzato dal
potente capo dei Riffs, che vuole porre fine alle lotte tra i gruppi. Qualcuno tra la folla però gli spara, facendo
ricadere la colpa sui Warriors, che devono subito scappare inseguiti da tutte le bande. Inizia una notte
drammatica, nel corso della quale i Warriors devono affrontare insidie ed ostacoli d'ogni genere, finché all'alba
ritornano nel loro quartiere, dove li aspettano i Riffs, che nel frattempo hanno smascherato il vero colpevole
dell'assassinio del loro capo.

TRACCIA TEMATICA
Il film propone il paradigma narrativo dell'Odissea, calando la vicenda in una dimensione epico-
avventurosa, che finisce per assorbire, fino quasi ad annullarla ogni possibilità di lettura in chiave
sociologica. I guerrieri della notte non è tanto un film sulla violenza giovanile, per quanto essa vi occupi un ruolo
importante, difficilmente un giovane d'oggi può ritrovare in esso qualcosa in cui identificarsi, ma un viaggio
attraverso i luoghi narrativi più frequentati del Cinema d'azione americano (inseguimenti, scontri violenti, inganni,
tradimenti, ecc..). Ogni psicologismo è bandito, i personaggi sono pure maschere (a volte in senso letterale) e
funzioni narrative (servono cioè a far procedere la dinamica della narrazione), non c'è alcun tentativo di
spiegare il loro modo di essere e di comportarsi.

La stessa New York perde la propria concretezza per trasformarsi in una specie di foresta dove vige la legge
del più forte (in questo senso si fa metafora dell'attuale degrado urbano) e la metropolitana diventa spazio
privilegiato dell'azione, luogo insidioso e protettivo nel contempo, dove è necessario sapersi muovere se si vuole
sopravvivere.

La notte, infine, immerge il film in un'atmosfera irreale di sogno (simbolo quasi del buio della sala

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm072.htm[12/07/2017 19:03:19]
Guerrieri della notte

cinematografica, luogo deputato alla manipolazione del reale): l'alba livida che accoglie i Warriors stremati sembra
stampare sui loro volti l'espressione sgomenta di chi si è risvegliato da un incubo, ma anche delusa di chi deve
confrontarsi di nuovo con la banalità quotidiana.

VALUTAZIONE CRITICA
I guerrieri della notte ben si presta a simboleggiare il passaggio, alla fine degli anni settanta, dalla stagione
della New Hollywood, che tendeva a contrapporre la realtà della società americana, anche nei suoi aspetti meno
eroici ed edificanti, agli schemi mitici che la vecchia Hollywood applicava al mondo e alla Storia, a una nuova
fase dominata dal recupero della tradizione Hollywoodiana rivalutata e apprezzata proprio per la sua
capacità di manipolazione e mistificazione della realtà. Dalla modernità della New Hollywood si passa alla
postmodernità del Cinema americano degli anni ottanta: non si guarda più alla società per tradurla sullo schermo,
ma all'immaginario consolidato da anni di pratica cinematografica, a cominciare dall'apparato mitologico del
grande Cinema classico della tradizione, per produrre nuovo immaginario. Se è vero che il Cinema è la fabbrica dei
sogni (o degli incubi), questo assunto viene portato alle estreme conseguenze.

Hill (con Spielberg, Coppola, Cimino ed altri) esprime questa idea di Cinema antirealista e visionaria e la
realizza a pieno in questo iperrealista (utilizzante cioè i dati della realtà in modo così fedele da trasmettere una
sensazione di astrattezza) I guerrieri della notte, noir, thriller, musical e persino western insieme, rivisitazione
originale e inventiva di una tradizione cinematografica di violenza giovanile che vanta titoli come Gioventù
bruciata (1955) e West Side Story (1961).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm072.htm[12/07/2017 19:03:19]
Ragazzi del 56°strada

I ragazzi della 56ª strada


TITOLO ORIGINALE The Outsider
REGIA Francis Ford Coppola
SOGGETTO Dal romanzo di Susan Eloise Hinton
SCENEGGIATURA Kathleen Knutsen Rowell
FOTOGRAFIA Stephen H. Burum (colori)
MUSICA Carmine Coppola
MONTAGGIO Anne Goursaud
INTERPRETI Matt Dillon, Ralph Macchio, C. Thomas Howell, Patrick Swayze, Rob Lowe,
Emilio Estevez, Tom Cruise, Diane Lane
PRODUZIONE Fred Roos, Gray Frederickson
DURATA 88'
ORIGINE USA, 1983
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Tulsa, Oklahoma, anni sessanta. I Greasers e i Socials sono due bande giovanili rivali, i primi sono poveri e
abitano la periferia, i secondi sono ricchi e risiedono nei quartieri signorili. Ponyboy, Johnny e Dallas sono tre
Greasers (il nome fa riferimento alla brillantina che si mettono in testa) e i primi due, aggrediti da un gruppo di
Socials ne ammazzano uno. Aiutati da Dallas, il più grande e capo riconosciuto del trio, si nascondono in una
chiesetta abbandonata nell'attesa che le acque si calmino. Quando improvvisamente nella chiesetta si scatena un
incendio, tutti e tre si prodigano per salvare dei bambini imprigionati all'interno. Johnny rimane gravemente
ustionato e di lì a pochi giorni muore. Ponyboy resta profondamente scosso: la sua adolescenza è finita.

TRACCIA TEMATICA
Ponyboy e Johnny si distinguono dall'ambiente di violenza nel quale la loro condizione sociale li ha destinati.
Una violenza che non è solo giovanile, ma che affiora cupa anche in famiglia (le ombre dei genitori di Johnny che
litigano, il manesco fratello di Ponyboy). Essi rivelano un animo sensibile e delicato, una predisposizione a
cogliere la dimensione poetica delle cose. Ponyboy intuisce alla morte dell'amico la metafora della poesia, che
paragona lo svanire del tramonto dorato al rapido dissolversi dell'adolescenza. Egli è uscito definitivamente
dall'oscurità ed è pronto a scrivere la storia della sua iniziazione ad una vita più matura e consapevole.

Una maturità per sempre negata a Dallas, che interpreta il ruolo del duro sino all'estremo sacrificio. Più
fragile di quel che vorrebbe sembrare, Dallas supplisce alle sue insicurezze esercitando una paterna leadership sui

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Ragazzi del 56°strada

più giovani amici. La pistola scarica che porta sempre con sé è il simbolo di una sostanziale inadeguatezza a vestire
compiutamente i panni del superuomo. Solo la tragica morte lo consegna al mito.

VALUTAZIONE CRITICA
Coppola non è un regista realista, ma visionario ed eccentrico, proteso verso un'idea di Cinema che
manipola la realtà filtrandola attraverso la memoria che l'immaginario cinematografico ha stratificato. In
altre parole: la vicenda dei ragazzi protagonisti non ha come riferimento un contesto sociologicamente determinato
e nemmeno un lavoro di analisi sul mondo giovanile, bensì un repertorio di suggestioni e immagini provenienti
dall'universo audiovisivo. Il gusto figurativo è quello dei telefilm televisivi degli anni cinquanta-sessanta, i
rosseggianti tramonti richiamano direttamente il cielo di Via col vento (cui allude pure la rinascita finale di
Ponyboy, che come Rossella O'Hara si avvia verso il sole di una nuova era), la guerra tra bande ricorda West Side
Story, le risse col coltello ci riportano a Gioventù bruciata (cult giovanile degli anni cinquanta).

I ragazzi della 56ª strada insomma è un atto d'amore nei confronti del Cinema del passato e un'affermazione
di fiducia nelle possibilità della fantasia e della poesia di costruirsi un mondo tutto loro in grado di
consegnarci una verità più vera del vero.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese    A) Confronto fra il romanzo di S.E. Hinton e il film. B) Il romanzo Via col vento di Margaret
Mitchell.

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Branco

Il branco

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Marco Risi
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Andrea Carrera
SCENEGGIATURA Marco Risi, Andrea Carraro
FOTOGRAFIA Massimi Pau (colori)
MUSICA Franco Piersanti
MONTAGGIO Franco Fraticelli
INTERPRETI Giampiero Lisarelli, Ricky Memphis, Salvatore Spada, Roberto Caprari, Luca
Zingaretti
PRODUZIONE Mario & Vittorio Cecchi Gori
DURATA 90'
ORIGINE Italia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Un paesino dell'agro romano ai nostri giorni. Un gruppo di giovani amici trascorre come d'abitudine la
domenica al bar, quando sopraggiunge Sola, che ha abbordato due turiste tedesche e incita gli amici ad andare
a violentarle. Dopo qualche titubanza il branco si fa convincere e sottopone le due malcapitate ragazze ad ogni
genere di sevizie, giungendo alla fine a coinvolgere nel brutale atto di violenza tutto il paese.

TRACCIA TEMATICA
Il film cerca di analizzare il fenomeno del branco, penetrando nelle sue dinamiche comportamentali e
psicologiche ed evidenziando i condizionamenti che esso impone alla volontà individuale, che, anche quando
sembra attraversata da un sia pur timido barlume di coscienza morale, subisce un' irresistibile coazione all'atto
deviante. Il branco insomma è presentato come un aggregato regolato da primitive leggi di gerarchia ed
emulazione, all'interno del quale si dà il peggio di sé, ma si trova quel saldo riferimento che solo un forte senso
di appartenenza può offrire.

Il personaggio di Raniero viene privilegiato dalla storia per esprimere su un piano esemplare proprio questa
contraddizione tra le insoddisfazioni di un' irrisolta identità giovanile e la sicurezza garantita dal branco.

Il caso particolare viene poi inserito in un contesto sociale che, partendo dall'angustia di una realtà locale che

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Branco

sconta una situazione di arretratezza e isolamento, si allarga, dando voce durante i titoli di testa ad autentici
messaggi radiofonici improntati ad un razzismo demenziale e farneticante, su un più ampio panorama nazionale,
dove la logica del branco si estende su un piano etnico-regionale.

VALUTAZIONE CRITICA
Risi si conferma regista in grado di affrontare con vigoroso piglio narrativo i più aspri e scomodi temi
dell'attualità, aprendo su un piano di massima credibilità realistica drammatici squarci sul mondo che ci circonda e
che la coscienza comune tende a rimuovere o a guardare con imbarazzo e disagio. Il meglio del suo Cinema va
ricercato nella capacità di gestire (con un senso dello spettacolo quasi hollywoodiano, e questo sia detto in senso
positivo) momenti di grande tensione segnati dalla degenerazione dei comportamenti nella violenza fisica e
verbale.

Meno convincente invece risulta il film sul piano dell'indagine socio-psicologica, condotta in modo un po'
approssimativo e superficiale, dopo che la bella apertura con testi radiofonici originali di deliranti interventi
razzisti di ascoltatori aveva fatto sperare in un tentativo analitico di più ampio respiro su l'odierno disagio
giovanile, al di là del caso sconvolgente, ma pur sempre limite, di uno stupro.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto   L'attuale legislazione italiana sulla violenza sessuale.

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Fine della notte

La fine della notte


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Davide Ferrario
SOGGETTO E Davide Ferrario
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Robert Schaefer (colori)
MUSICA Daniel Bacalov
MONTAGGIO Michael Esser
INTERPRETI Claudio Bigagli, Dario Parisini
PRODUZIONE Paolo Pagnoni
DURATA 92'
ORIGINE Italia, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale/Uomo e Società

TRAMA
Italia del Nordest. Due giovani amici, Claudio e Vincenzo, trascorrono gran parte del loro tempo libero
bighellonando al bar o vagando senza meta in campagna. Cacciati dal signor Meroni in modo molto sgarbato
dalla sua proprietà i due decidono di fargliela pagare e una sera irrompono nella sua cascina malmenandolo e
impossessandosi della sua automobile. E' l'inizio di una tragica notte nel corso della quale uccidono senza
motivo una guardia giurata e un padre di famiglia. Alla fine vengono circondati dai carabinieri e, mentre
Claudio si arrende, Vincenzo preferisce suicidarsi. Il film è ispirato a fatti realmente accaduti la notte del 30
giugno 1986.

 
TRACCIA TEMATICA
Claudio e Vincenzo esprimono in forme estreme e distruttive un disagio che emerge dalla realtà che li
circonda. Dietro la facciata di un benessere diffuso e soddisfatto di sé, da questo squarcio di un' indeterminata fetta
di profondo Nord affiorano i segni della frustrazione e della depressione culturale (il corteo dopo la tragedia dello
stadio Heysel per festeggiare comunque, la noia al bar, le armi in casa, il matrimonio senza amore, l'assurda difesa
della proprietà, la delusione dell'agente che verbalizza la versione della figlia di Meroni per la mancata violenza
sessuale ai danni della ragazza, ecc.). L'inquinamento non è solo a livello dell'aria (la fabbrica di concerie), ma
anche a livello delle coscienze.

I due giovani protagonisti coltivano il sogno di una fuga impossibile (il riferimento iniziale a un improbabile
viaggio in Africa, la sublimazione del loro desiderio nel fascio di luce che proietta immagini esotiche, la Cadillac
dell'amico americano e il fumetto di Tex  alludono al rifugiarsi in un immaginario fantastico) che nasconde il loro
vuoto esistenziale e la mancanza non solo di forti valori di riferimento, ma anche solo di qualche seria

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Fine della notte

motivazione all'esistenza.

Quel che stupisce, nei delitti che compiono, non è tanto la loro ferocia, quanto l'assoluta gratuità del gesto, la sua
totale amoralità intesa come assenza di senso di colpa.

 
VALUTAZIONE CRITICA
Davide Ferrario, critico cinematografico alla sua opera prima, mescola le suggestioni del noir e del road-movie
americano (significativa la presenza del regista statunitense John Sayles nel ruolo del trafficante Wayne),
saldamente insediate nella sua memoria cinefilica, con il tentativo di aderire ai dati di una realtà socio-
antropologica specificatamente italiana.

Il regista, rivisitando un fatto di cronaca realmente accaduto, non cerca di rispondere al perché di tanta inaudita
violenza, ma inserisce il singolo accadimento in un contesto che forse può offrire qualche spunto di
riflessione sulla cultura che l'ha generata, a cominciare dalla citazione della famosa finale di Coppa Campioni
Juventus-Liverpool, un passatempo che si è tramutato in tragedia.

Lontano dagli eccessi truculenti di tanto Cinema sulla criminalità, compiaciuto nel mostrare la violenza, Ferrario
contiene il suo film su un registro basso e sommesso, avvolgendo i due protagonisti in un'enigmatica
impenetrabilità (che nemmeno affidare il racconto in prima persona a Claudio dissipa, anzi accentua a causa del
tono di distacco con cui rievoca i fatti), che si alimenta dell'agghiacciante naturalezza e normalità del loro delirio.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Economia    Il modello socio-economico del Nordest.

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Esca

L'esca

TITOLO ORIGINALE L'appat


REGIA Bertrand Tavernier
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Morgan Sportes
SCENEGGIATURA Bertrand Tavernier, Colo Tavernier O'Hagan
FOTOGRAFIA Alain Choquart (colori)
MONTAGGIO Luce Grunenwaldt
MUSICA Philippe Haim
INTERPRETI Marie Gillain, Olivier Sitruk, Bruno Putzulu
PRODUZIONE René Cleitman e Frédéric Bourboulon per Hachette 1ére & C.ie.
DURATA 113'
ORIGINE Francia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Bruno, Nathalie ed Eric sono tre amici che hanno dei problemi. Bruno è di carattere debole e influenzabile,
Eric, di famiglia ricca, non riceve più un soldo dai genitori e sogna di trasferirsi in America, la sua fidanzata
Nathalie ha i genitori separati e un lavoro di commessa che non la soddisfa. Eric elabora un piano criminoso:
Nathalie, grazie alla sua avvenenza, abborderà ricchi signori per farsi condurre a casa loro, dopodiché Eric e
Bruno s'introdurranno negli appartamenti per derubare i malcapitati. Alla fine ci scappa il morto e i tre
vengono arrestati.

TRACCIA TEMATICA
Quel che colpisce innanzitutto in questi tre giovani è la loro totale sottomissione alla più vieta mitologia
consumistica: orologi Rolex, penne Mont-Blanc, automobili Maserati, biglietti in business class, etc.., diventano i
simboli agognati di una ricchezza che si fa criterio di misura dell'esistente. Ciò che veramente conta è la pura
apparenza, l'esibizione del possesso.

Persa la scuola (Nathalie è giunta solo alla seconda liceo e i due suoi amici fanno errori di ortografia e denunciano
un'istruzione molto limitata), l'unica cultura con cui i tre protagonisti hanno un rapporto è quella degradata (e
degradante) della televisione fatta di quiz e videoclip.

Ciò che risulta completamente assente dagli orizzonti di questi giovani è un minimo barlume di coscienza

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Esca

morale. Nemmeno dopo l'omicidio sembra affiorare in loro un qualche sintomo, seppur vago, di pentimento.

VALUTAZIONE CRITICA
Tavernier evita di fare emergere, nemmeno tra le righe, una sua presa di posizione, in termini di condanna
morale, lascia che sia lo spettatore a maturare un giudizio personale. Quella del regista è un'analisi distaccata, ci
propone fatti, comportamenti e ambienti che sembrano decisamente aderire alla realtà, se non dell'intero universo
giovanile, di una porzione non trascurabile di esso. In questo senso L'esca appare un buon esempio di Cinema
d'attualità in grado di esplorare, senza sensazionalismi e morbosità, una dimensione poco edificante del mondo
nel quale viviamo.

Interessante lo stile adottato, incentrato sulla povertà dei mezzi (macchina a mano) e sulla secchezza e
rapidità dei movimenti, che suggerisce l'idea di una concitazione e di un nervosismo in sintonia con il rapido
bruciarsi della giovinezza dei protagonisti.

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Odio, L'

L'odio
TITOLO ORIGINALE La haine
REGIA Mathieu Kassovitz
SCENEGGIATURA Mathieu Kassovitz
FOTOGRAFIA Pierre Aim
MUSICA Vincent Tulli
MONTAGGIO Mathieu Kassovitz, Scott Stevenson
INTERPRETI Vincent Cassel, Hubert Kuonde, Said Taghmaoui, Karim Belkhadra
PRODUZIONE Christophe Rossington per Les production Lezennec in coprod con Le studio canal
+, La Sept Cinema, Kasso inc. productions
DURATA 95'
ORIGINE Francia, 1995
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Gioventù violenta

Il disagio/Condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e società

 I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

 
TRAMA
E' la storia degli incontri e dei "traffici" del maghrebino Said, dell'ebreo Vinz e del nero Hubert; i tre ragazzi
vivono nella "citè" di Muguets, all'estrema periferia parigina, che è stata assediata per tutta una notte da
migliaia di giovani che volevano vendicare il brutale pestaggio del sedicenne Abdel, finito in coma all'ospedale
per i maltrattamenti subiti al commissariato. Dopo una serie di avventure metropolitane i tre apprendono della
morte di Abdel e tale notizia scatena una serie di azioni e di reazioni emotive che coinvolgono i giovani ragazzi
e i poliziotti in borghese.

TRACCIA TEMATICA
Le periferie delle metropoli, quella di Parigi in particolare, raggruppano comunità composite e multietniche, con
tutti i problemi sociali e di convivenza che questo comporta. Il disagio del presente, le speranze per il futuro e la
voglia di esistere a dispetto di tutto e tutti, anche a costo di ricorrere alla violenza ed alla droga, fanno
purtroppo parte dell'universo giovanile.

Le istituzioni non solo sono assenti, ma risultano ostili: le forze dell'ordine sono anch'esse veicolo di violenza,
entità omologabile a qualunque altra presenza attraversi la metropoli alla ricerca di una vittima su cui sfogare la
propria compressa aggressività.

Quel che soprattutto manca è la percezione di sè e degli altri come individualità, come personalità unica e
irriproducibile, e come tale degna di rispetto sino a prova contraria. Si impone invece il senso di appartenenza, di

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Odio, L'

un'identità acquisita soltanto attraverso una rigida distinzione tra chi è amico e nemico a priori, tra chi condivide o
meno un territorio o un'etnia.

L'odio non va visto come un film che ci parla di un degrado lontano legato a particolari condizioni di
emarginazione e di sottocultura, ma come una riflessione sulle radici di un odio che purtroppo si respira tutti i
giorni anche nella nostra forse più confortevole realtà e che ha il volto dell'intollerenza nei confronti del diverso
(sia esso l'extracomunitario, il terrone, il gay o semplicemente il tifoso di un'altra squadra).     

VALUTAZIONE CRITICA
Il film è girato con straordinaria capacità e ottimo senso del ritmo da un giovane regista, all'epoca non ancora
trentenne e solo al suo secondo lungometraggio. L'odio costituisce un interessante esempio di una pellicola che
riesce a coniugare l'intento di analisi e denuncia sociale (quello che una volta era proprio del Cinema politico )
con una dimensione narrativa e spettacolare di forte impatto.

La nervosa mobilità della macchina da presa aderisce con grande efficacia alla tensione che serpeggia in ogni
fase della narrazione, il gergo scurrile e la musica di sottofondo rimandano ad un universo giovanile
sociologicamente ben caratterizzato, il bianconero (scelta oggi non più coraggiosissima, ma destinata a non
promuovere al meglio il film sul mercato) accentua il senso di squallore della periferia e l'inospitale freddezza del
centro cittadino, diventando quasi  metafora di una condizione esistenziale (la vita dei protagonisti è incolore e
scialba) e rimandando pure allo stilema (l'uso appunto di un bianconero contrastato) prediletto del noir anni
quaranta, genere al quale L'odio per più di un aspetto si riallaccia (la metropoli giungla insidiosa, moralmente e
materialmente degradata, il senso di uno scacco inevitabile, la morte come esito incombente e preannunciato). 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia   Parigi:   i problemi di una metropoli multietnica.

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Mery per sempre

Mery per sempre


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Marco Risi
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Aurelio Grimaldi
SCENEGGIATURA Sandro Petraglia, Stefano Rulli
FOTOGRAFIA Mauro Marchetti (colori)
MONTAGGIO Claudio Di Mauro
MUSICA Giancarlo Bigazzi
INTERPRETI Michele Placido, Claudio Amendola, Alessandro Di Sanzo, Roberto Mariano,
Francesco Benigno, Alfredo Li Bassi
PRODUZIONE Claudio Bonivento per Numero Uno International
DURATA 100’
ORIGINE Italia, 1989
REPEREBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Gioventù Violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Marco Terzi è un insegnante di liceo privo di una sede fissa e in attesa del trasferimento accetta di insegnare
nella scuola del carcere minorile di Palermo. I rapporti con gli alunni sono da subito assai problematici, i
giovani carcerati non ne accettano il ruolo e assumono nei suoi confronti un atteggiamento di rifiuto. I casi più
difficili sono quelli di Natale, il capo del gruppo, che lo sfida apertamente con un comportamento provocatorio,
e di Pietro, il più solitario, che lo considera uno sbirro e ostenta il suo disinteresse per le lezioni. Il travestito
Mery, invece, si innamora di lui e respinto finirà per denunciarlo alle autorità del carcere di aver favorito la
fuga di Pietro. Con il passare del tempo, però, Terzi riesce a guadagnarsi la fiducia e la stima degli alunni,
anche di quelli che inizialmente erano più restii e ostili, e quando arriva l’avviso del trasferimento lo strappa.

TRACCIA TEMATICA
Il carcere minorile è un’istituzione assolutamente inadeguata a realizzare la finalità del recupero dei reclusi
che ospita, anzi, la brutalità delle guardie, l’assurdità dei regolamenti e il sostanziale disinteresse del paternalistico
direttore non fanno che rinforzare nei giovani detenuti quella cultura della violenza e dell’omertà nella quale sono
cresciuti. La stessa immagine che il film ci propone della degradata società esterna offre una spiegazione
dell’ineluttabilità del destino di devianza di questi infelici (se escono dalla prigione è quasi sempre per
tornarci). Prigionieri di un arcaico codice d’onore, che si collega al modello mafioso, ignoranti, se non
addirittura analfabeti, esprimono sfiducia nello Stato e nelle autorità, diventando essi stessi complici della
spirale che li travolge.

Il professor Terzi incarna la coscienza democratica e la passione civile che ha ancora la forza di indignarsi e
di reagire. Non è con la trasmissione delle conoscenze che riesce a far breccia nel compatto muro del rifiuto, ma
comunicando ai ragazzi la sua sincera solidarietà e la sua umana partecipazione nei loro confronti. Terzi ne

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Mery per sempre

conquista la fiducia perché essi comprendono che nel professore hanno trovato l’unico riferimento positivo in grado
di comprenderli e di aiutarli. Probabilmente non si convertiranno alle regole della legalità e rimarranno vittime
della subcultura delinquenziale che domina nel carcere, ma forse l’albero che chiude il film potrà dare qualche
frutto.

VALUTAZIONE CRITICA
A proposito di Mery per sempre la critica ha parlato di neo-neorealismo per sottolineare il collegamento del
film di Risi con i canoni espressivi e stilistici del neorealismo italiano degli anni quaranta. L’uso di attori non
professionisti (anche se in questo caso affiancati da attori affermati), il ricorso al dialetto (a volte di ostica
comprensione per chi non è siciliano), l’ambientazione in luoghi assolutamente autentici, l’attenzione a realtà
sociali di emarginazione e miseria (qui in particolare culturale e morale oltreché materiale), la denuncia dei limiti,
se non dell’assenza, dello Stato ad affrontare i problemi evocati sono le principali caratteristiche della corrente
neorealista che il film ripropone.

Di suo però Risi aggiunge una capacità, veramente rara nel panorama italiano, di portare all’estremo le
situazioni, con un effetto moltiplicatore della tensione e del coinvolgimento, che è tipico del miglior Cinema
d’azione americano. Pensiamo al trascinante inseguimento di Pietro nel mercato di Palermo, alla compressa
sequenza di Terzi impiastricciato col pennarello da Natale mentre illustra i misfatti della mafia, alla struggente
agonia di Pietro, al drammatico sfogo finale del professore. Un’alternanza di registri e situazioni tutti padroneggiati
con abilità e maestria e inseriti in uno stile secco ed essenziale, che non sempre il regista saprà ritrovare nelle
prove successive.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto   La legislazione relativa alle carceri minorili in Italia.

Storia   La mafia nella realtà siciliana.

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paranoyd park

Paranoid Park
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gus Van Sant
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Blake Nelson
SCENEGGIATURA Gus Van Sant
FOTOGRAFIA Christopher Doyle, Rain Kathy Li (colori)
MONTAGGIO Gus Van Sant
INTERPRETI Gabe Nevis, Daniel Lu, Taylor Momsen
PRODUZIONE Charles Gilibert, Nathanael Karmitz, Neil Kopp per Mk2
DURATA 85’
ORIGINE Stati Uniti-Francia, 2007
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Gioventù violenta/L’età acerba


Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e Società

TRAMA
Portland (USA). Il sedicenne Alex si dedica quasi esclusivamente al passatempo dello skateboard. Un giorno
uccide accidentalmente un agente di sicurezza ferroviario e sceglie di non confessare a nessuno l’accaduto.

TRACCIA TEMATICA
Paranoid Park è un film sulla tremenda fragilità e vulnerabilità dell’adolescenza (eloquente l’immagine delle
evoluzioni sulle piste dei ragazzi con lo skateboard riprese al ralenti a metaforizzare quel costante pericolo di
fuoriuscire dai bordi implicato nella loro condizione esistenziale) e sulla mancanza di autorevoli e credibili
 punti di riferimento adulti in grado di costituire una rete di protezione.

Alex è abbandonato a se stesso, dedito ad un’esistenza randagia e apatica, errabonda e anaffettiva, nella
quale lo skateboard diventa una specie di droga che isola dalla realtà e anestetizza la coscienza. L’irrompere del
senso di colpa nella banalità uniforme nella propria vita sembra determinare una scossa emotiva.

Il regista non ci consegna alcuna valutazione morale ed osserva con fredda distanza il suo personaggio. Non
gli interessa tanto la vicenda giudiziaria (non sapremo se Alex verrà scoperto) , quanto quella interiore del
protagonista (pensiamo al diario cui confida le sue considerazioni), di cui ci fornisce una fenomenologia
comportamentale (quanti adolescenti assomigliano ad Alex?) che  sottolinea ad ogni sequenza il vuoto e
l’inquietudine in cui si dibatte.   

VALUTAZIONE CRITICA
Il film opta per un registro stilistico sperimentale e antispettacolare, sganciato com’è dalla tradizionale
linearità narrativa e da ogni ancoraggio di genere (sembrerebbe un giallo, ma non lo è).  Siamo totalmente
lontani dalla cinematografia di consumo sull’adolescenza (fatta di banali stereotipi e luoghi comuni sul disagio
giovanile), piuttosto Paranoid Park ci introduce in modalità di osservazione dense di atmosfere oniriche (la

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm018.htm[12/07/2017 19:03:23]
paranoyd park

vicenda a ben pensare potrebbe essere anche un brutto sogno) e rarefatte, che intrecciandosi con un gusto
fotografico di aspro realismo (è stata usata una cinepresa super8 e anche una videocamera, strumenti tipici di un
cinema amatoriale a stretto contatto con il reale) comunica allo spettatore una forte sensazione di disagio.
Facendoci aderire al corpo e alla psiche di Alex (il film è rigorosamente a focalizzazione interna) il regista ci crea
quasi un profondo senso di angoscia disorientante e claustrofobica.    

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese                                                 Paranoid Park di Blake Nelson

Educazione fisica                                            Lo skateboard

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Rusty il selvaggio

Rusty il selvaggio
TITOLO ORIGINALE Rumble Fish
REGIA Francis Ford Coppola
SOGGETTO Basato sulla novella di Susan E. Hinton
SCENEGGIATURA Susan E. Hinton, Francis Ford Coppola
FOTOGRAFIA Stephen H. Burum (bianconero)
MUSICA Stewart Copeland
INTERPRETI Matt Dillon, Mickey Rourke, Dennis Hopper
PRODUZIONE Fred Roos, Dog Claybourne per Zatrope Studios
DURATA 91'
ORIGINE USA, 1983
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Gioventù violenta

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Il sedicenne Rusty James è il capo di una piccola banda giovanile, vive con il padre alcolizzato in un
appartamento fatiscente e nel mito del fratello maggiore, che gira per la California con una moto. E' proprio lui
che, appena tornato a casa, salva Rusty da una rissa. I due fratelli prendono a vagabondare insieme, ma il
maggiore dei due è sempre più inquieto e alla fine viene ucciso da un poliziotto mentre cerca di liberare degli
animali da un negozio.

TRACCIA TEMATICA
La trasparente metafora su cui si regge il film fa riferimento ai pesci dell'acquario, unica macchia di colore
della pellicola: la loro reclusione nella vasca li rende aggressivi sino all'autodistruzione (quando vedono la loro
immagine riflessa nello specchio) come il giovane Rusty e i suoi compagni, imprigionati nell'acquario del quartiere
e condannati ad un'esistenza sbandata e violenta. Così come i pesci, ritornando nel fiume, smettono di combattere,
solo il rifiuto della loro condizione può affrancare questi giovani. L'oceano che Rusty raggiunge nel finale è il
simbolo di una libertà da conquistare, di una maturità oltre la fase adolescenziale di un ribellismo sterile e
del mito della violenza e della banda.

Il fratello con la moto è l'incarnazione della coscienza autocritica di Rusty, una specie di alter-ego, più maturo
e consapevole, che lo spinge ad evitare l'approdo paterno dell'alcolismo e gli indica una possibile via di fuga. Solo
diventando il fratello, prendendone il posto, Rusty può superare il complesso d'inferiorità nei suoi confronti
e capire il senso del suo sacrificio per lui.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm119.htm[12/07/2017 19:03:24]
Rusty il selvaggio

Coppola opta per una cifra stilistica personale ed originale. L'uso di un bianconero di gusto espressionistico, di
inquadrature sghembe e anomale, di lunghi movimenti di macchina e di accelerazioni di nuvole che scandiscono
il passare del tempo fra una sequenza e l'altra orienta decisamente in direzione visionaria e barocca il film,
immergendolo in una dimensione onirico-allucinatoria (esplicitata per altro dal sogno di Rusty), che ben si addice
ad una vicenda giocata, più che sul piano di un rispecchiamento di una realtà giovanile con precise connotazioni
sociologiche, sulla ricerca di simbologie psicanalitiche e invenzioni visive e poetiche (su tutte i pesci colorati sullo
sfondo di un cupo e opprimente bianconero). Al regista, insomma, non importa tanto parlare dei giovani e dei
loro problemi (per quanto qualcosa dell'universo giovanile sia pur sempre presente), quanto costruire una specie
di fiaba moderna (la moto in fondo è un oggetto magico che il fratello-principe dona a Rusty perché fugga da
quel luogo stregato che è il quartiere) sospesa in un'atmosfera irreale e densa di memorie cinematografiche (il
padre interpretato dal Dennis Hopper di Easy Rider richiama ad un'altra moto ed un'altra fuga, la facciata della
scuola e l'uccisione finale ricordano Gioventù bruciata il film-mito di una generazione di giovani e dello stesso
Coppola, il bianconero oppressivo ricorda la tradizione figurativa del noir).

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agorà

Spring Breakers-Una vacanza da sballo


TITOLO ORIGINALE Spring Breakers
REGIA Harmony Korine
SOGGETTO E Harmony Korine
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Benoit Debie
MONTAGGIO Douglas Crise
MUSICA Cliff Martinez
INTERPRETI Selena Gomez (Faith), Vanessa Hudgens (Candy), Ashley Benson (Brit), Rachel
Korine (Cotty), James Franco (Alien)
PRODUZIONE Jordan Gertner, David Zander, Charles Marie Anthonioz, Chris Hanley, Susan
Kirr, Mike Weber per Muse Product Jordan Gertner, David Zander, Charles
Marie Anthonioz, Chris Hanley, Susan Kirr, Mike Weber per Muse
Productions/O’Salvation/DivisionFilms/Iconoclast/Radar Picture/Harlequin
Pictures
DURATA 94'
ORIGINE Stati Uniti, 2012
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Gioventù violenta/Schermo tossico  


Disagio/Condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e
Società                                   
 

  

TRAMA
Brit, Candy, Cotty e Faith, studentesse di un college di provincia, aspettano da tempo di fare
una vacanza memorabile. La loro meta è il "spring break", una specie di rito iniziatico a base di
droga e trasgressione che si ripete ogni anno in Florida. Per trovare i soldi per il viaggio e
permettersi la vacanza Brit, Candy e Cotty, armate di pistole ad acqua, rapinano un fast food.
Finite in una retata dopo uno dei tanti festini a base di eccessi, vengono accusate di consumo di
droga e costrette al carcere dove però, dopo una sola notte, sono rimesse in libertà grazie al
pagamento della cauzione da parte di Alien, un noto criminale del posto, che le coinvolge in
ogni tipo di azione criminale
 

TRACCIA TEMATICA
Il bisogno di trasgressione per vincere la noia e il vuoto esistenziale è diffuso nella fase
adolescenziale e sovente essa viene anche considerata come un passaggio iniziatico per accedere
ad una dimensione identitaria che garantisca un adeguato livello di (auto)stima da parte dei
coetanei. Il cosiddetto “sballo” (inteso come un rito obbligato all’insegna dell’assunzione di
stupefacenti frammista ad eccessi di ogni tipo) diventa una “necessità” per essere accettati dal
gruppo e per sentire di appartenere al medesimo. Si tratta di una concezione sbagliata e

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agorà

demente, specie se portata alle estreme conseguenze, come fanno le protagoniste del film, e che
maschera in realtà fragilità, insicurezze ed una sostanziale immaturità.

Sono Faith e Candy che in particolare esprimono l’emergere di un rifiuto di una deriva etico-
esistenziale che ai loro occhi diventa sempre più inaccettabile. Non è motivo di stupore come la
prima partecipi a gruppi di preghiera, a sottolineare il bisogno di appartenenza e la confusione
mentale  che la caratterizzano.

Il personaggio del gangster Alien, cui Brit e Cotty si affidano senza riserve, si colora
simbolicamente in chiave di surrogazione del ruolo paterno, ad indicare un bisogno di autorità
e forti riferimenti che nega alla radice ogni conquista di autonomia decisionale e
indipendenza di giudizio (che poi sono i requisiti  fondamentali  dell’età adulta).
 

VALUTAZIONE CRITICA
Quello di Korine è uno sguardo distaccato e freddo, privo di ogni giudizio morale, teso
all’osservazione fenomenologica di registri comportamentali che, pur nel loro estremismo,
aderiscono assai di più alla realtà del mondo giovanile statunitense contemporaneo rispetto a
tante edulcorate e insulse commediole cinematografiche e televisive.  

Nella prima parte la regia accumula immagini da videoclip, pop e kitsch, con il fine di farci
entrare da subito in quello che è l’immaginario delle ragazze protagoniste, le cui personalità e
mentalità sono andate strutturandosi sulla base di schemi e stereotipi precostituiti improntati ad
una narcisistica ricerca di trasgressività fine a se stessa e situazioni emozionali forti. Il
montaggio frenetico che ci bombarda di immagini , l’affastellarsi disordinato di suoni e parole
fanno sì che la forma del film aderisca pienamente al ritmo esistenziale e mentale delle
protagoniste.

Nella seconda parte si impone una dimensione narrativa più tradizionale, meno convulsa e
nevrotica, allineata sullo stile del genere gangsteristico , fatto di sfondi cupamente notturni ed
atmosfere opprimenti.  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia                               La California e la Florida

Lingua e letteratura inglese   L’on the road nella tradizione letteraria e cinematografica
anglosassone
 

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Amore tossico

Amore tossico
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Claudio Caligari
SOGGETTO E Guido Blumir, Claudio Caligari
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Dario Di Palma (colori)
MUSICA Mariano Detto
MONTAGGIO Enzo Miniconi
INTERPRETI Cesare Ferretti, Michela Mioni, Enzo Di Benedetto, Loredana Ferrara
PRODUZIONE Iter International
DURATA 96’
ORIGINE Italia, 1983
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Schermo tossico

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e Società

TRAMA
Un gruppo di tossicodipendenti di Ostia cerca di procurarsi la droga con tutti i mezzi possibili. Due di loro,
Cesare e Michela, decidono di uscire dal giro.

TRACCIA TEMATICA
Amore tossico costituisce la più realistica esplorazione del mondo della tossicodipendenza del Cinema
italiano. Gli attori non sono dei professionisti, ma degli autentici tossici e il film ci racconta la loro esistenza
riducendo al minimo la distanza fra fiction e verità, in una ricerca di massima adesione a quella che è la
dimensione esistenziale di questi giovani caduti nel baratro della droga. L’ambiente sociale è quello del
proletariato e sottoproletariato della periferia degradata ai margini della metropoli, di cui si mostra la mancanza di
riferimenti comunitari e luoghi di socializzazione.

Il film percorre tutte le tappe del calvario quotidiano di questi infelici: il ritualismo del buco, lo sfrontato
bullismo, le crisi di astinenza, la pulsione di morte, i piccoli furtarelli per procurarsi la dose. Lo spettatore ne
ricava un cupo senso di desolante vuoto umano che produce più pena e commiserazione che non
indignazione. Non c’è, però, da parte della regia l’intento di assumere un punto di vista morale che esprima un
qualche giudizio o partecipazione nei confronti di ciò che accade.

Se la pellicola abbandona la minuziosa e documentaristica osservazione della disperata dissipazione quotidiana dei
protagonisti, è nel tragico finale, dove la morte di Cesare assume quasi la connotazione sacrale di una liberatoria
e purificatrice scelta di morte.

VALUTAZIONE CRITICA
La scelta espressiva che caratterizza il film è la prevalenza dell’opzione documentaristica su quella di
finzione. Gli attori, in altre parole, interpretano se stessi e si offrono alla macchina da presa per ciò che realmente

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Amore tossico

sono e per quello che realmente vivono e il regista, da parte sua, lascia che le immagini parlino da sole facendosi
distaccato e analitico osservatore, quasi ai limiti di una cinica freddezza. Ma proprio nel momento in cui si riduce
al minimo l’effetto di ricostruzione e messinscena che ogni film a soggetto porta costituzionalmente con sé (con
quel tanto di artificiosità e convenzione drammaturgica che spesso smussa e affievolisce gli aspetti maggiormente
sgradevoli della realtà), cresce il forte impatto sullo spettatore posto brutalmente a contatto con una
fenomenologia comportamentale così   sconvolgente.

Un ruolo importante, nel determinare quest’effetto di forte realismo, esercitano l’uso del gergo giovanile (un vero
e proprio sottocodice popolaresco) e la frantumazione narrativa che trasmette quel senso di disordine e
precarietà insito nell’esistenza dei protagonisti.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze                                         Le sostanze stupefacenti.

Diritto                                          L’attuale legislazione italiana sulla tossicodipendenza.

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Christiane F.

Christiane F. noi i ragazzi dello zoo di Berlino


TITOLO ORIGINALE Christiane F. wir Kinder von Bahnof Zoo
REGIA Ulrich Edel
SCENEGGIATURA Hermann Weigel
FOTOGRAFIA Justus Pankae, Jurgen Jurges (colori)
MONTAGGIO Jane Seitz
INTERPRETI Nadja Brunkhorrst, Thomas Haustein
PRODUZIONE Bernd Eichinger e Hans Weth per Golden Harvest Group
DURATA 136'
ORIGINE Germania federale, 1981
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Schermo tossico

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Christiane è una quattordicenne berlinese. Inizia a frequentare, introdotta da un'amica, una famosa discoteca
per giovani, nella quale circola droga di ogni tipo. Qui Christiane si avvicina all'acido e inizia a sniffare eroina.
Le sue quotidiane frequentazioni di ragazzi eroinomani la inducono ad iniettarsi eroina e ben presto viene
trascinata nella spirale della dipendenza. Attraverserà tutte le tappe della degradazione, dalla prostituzione al
furto, prima di sottoporsi ad una terapia disintossicante.

TRACCIA TEMATICA
Christiane F. (l'anonimato del cognome svincola il personaggio da una precisa identificazione e lo rende un caso
esemplare: la sua vicenda potrebbe essere quella di tanti altri giovani) compie il percorso canonico di chi
precipita nella tossicodipendenza. Dall'illusione di poter controllare il rapporto con la droga (posso smettere
quando voglio) evitando la dipendenza alla degradazione estrema. Una volta entrati nel tunnel
dell'autodistruzione (significativa l'immagine di Christiane che dopo il primo buco entra in macchina in una galleria
senza che se ne veda l'uscita) l'esistenza diventa un'ossessiva e costante ricerca della dose, unico scopo della vita.

Dietro a Christiane c'è il vuoto: la famiglia praticamente non esiste, la scuola nemmeno, non c'è traccia di
riferimento umano ed istituzionale, la protagonista e con lei i disperati coetanei che popolano la stazione di Berlino
sono irrimediabilmente soli.

 VALUTAZIONE CRITICA

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Christiane F.

Basato su una storia vera, Christiane F. noi i ragazzi dello zoo di Berlino assume un andamento
documentarista da Cinema-verità, quello per intenderci che cerca di ridurre al massimo la distanza tra la finzione
e la realtà attraverso uno stile freddo e asettico, che registra con apparente distacco i passaggi più crudi e
degradanti del calvario della tossicodipendenza.

La regia non si fa però imprigionare del tutto da questa oggettività didascalica (funzionale cioè a mettere in
guardia i giovani, cui il film è diretto, sui pericoli della droga attraverso un linguaggio chiaro ed efficace con
evidenti finalità dissuasive), ma elabora un proprio sistema espressivo incentrato sulla preferenza accordata ad
un'ambientazione notturna dai toni cupi e oppressivi, ad interni angusti squallidi e claustrofobici (pensiamo alle
toilette della stazione e al fatiscente monolocale dell'amico di Christiane), ad una fotografia a colori sgranata e
sporca, assai vicina al bianconero, sino alla liberatoria fuoriuscita finale su un arioso paesaggio innevato, che dopo
la discesa all'inferno sembra aprire sul film uno spiraglio di speranza.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze    La tossicodipendenza: tipologia delle sostanze stupefacenti e loro conseguenze.

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Radiofreccia

Radiofreccia
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luciano Ligabue
SOGGETTO Dal libro "Fuori e dentro il borgo" di Luciano Ligabue
SCENEGGIATURA Antonio Leotti, Luciano Ligabue
FOTOGRAFIA Arnaldo Catinari (colori)
MUSICA Luciano Ligabue
MONTAGGIO Angelo Nicolini
INTERPRETI Stefano Accorsi, Luciano Federico, Alessio Modica, Enrico Salimbeni
PRODUZIONE Domenico Procacci per Fandango
DURATA 112’
ORIGINE Italia, 1998
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d’ombra/Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Schermo tossico

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Radio-Days

Radio/Mass-Media/Uomo e Società

 
TRAMA
1993. Radiofreccia chiude il giorno del suo diciottesimo compleanno e Bruno, il deejay che l’ha creata,
commemora in diretta la storia dell’emittente.

Correggio, fine anni settanta. Bruno fonda una radio libera, fatta di pochi mezzi e di tanto entusiasmo e
passione. Si chiama Radio Raptus e trasmette soprattutto musica e dibattiti sulla condizione giovanile. Attorno
ad essa ruotano gli amici di Bruno: Tito, Jena, Boris e Freccia.Quest’ultimo è il più sbandato e disperato e dopo
una giovinezza problematica ed inquieta muore di overdose. Da quel momento la radio prende il nome di
Radiofreccia.

TRACCIA TEMATICA
Radiofreccia intreccia due piani: quello dell’evocazione di un microcosmo provinciale alla metà degli anni
settanta e quello della biografia di Freccia, il più emblematico e significativo dei personaggi.

Si può dire che il primo fornisca la cornice per le tormentate vicende del giovane protagonista. Il caffè con il
barista burbero ma comprensivo, ritrovo dei perdigiorno del paese, le strade notturne che fanno da sfondo al vagare
senza meta, le figure pittoresche dei tanti scemi del villaggio e dei tanti balordi, le stanze spoglie della radio,

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Radiofreccia

rifugio sicuro nei momenti difficili. E poi gli anni settanta, con la voglia di protagonismo giovanile e di
anticonformismo, la droga e la musica.

Su questo scenario si stacca la figura di Freccia, che sembra sintetizzare nel travagliato percorso personale
tutte le pulsioni di quel periodo e della giovinezza: la conflittualità con la famiglia, la ribellistica e anarchica
ansia di libertà, l’instabilità sentimentale, l’istinto di autodistruzione, la malinconica consapevolezza della
precarietà della propria condizione. Nulla di strano che la radio a lui intitolata chiuda prima della maggiore
età, al di qua della linea d’ombra che separa dall’età adulta.

VALUTAZIONE CRITICA
Opera prima di Ligabue, famoso cantautore emiliano, Radiofreccia non è certamente un film esente da difetti
(la delineazione dei personaggi secondari è approssimativa e schematica, il flusso narrativo si disperde spesso nel
gusto dell’aneddotico e non risulta sempre fluido, accusando qualche lungaggine, alcuni momenti sono risolti in
modo un po’ goffo e la vicenda della radio libera, con quel che ha significato per i protagonisti ed il loro paese,
rimane troppo sullo sfondo), ma trova i suoi punti di forza nella presenza di Stefano Accorsi, vero volto nuovo
del Cinema italiano, in grado di mettere al servizio del personaggio di Freccia una grande intensità interpretativa,
nella felice gestione di alcune sequenze (come l’angoscioso sogno di Freccia che rivede i propri amici bambini
giocare con le palline, il dramma della sua intossicazione e l’incalzante crescendo della sua ultima folle notte) e nei
simpatici siparietti che scandiscono i capitoli della storia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano    A) Confronto fra il film e il romanzo dello stesso regista da cui è tratto. B) La realtà giovanile degli anni
settanta.

Educazione musicale   Il fenomeno delle radio libere e la musica giovanile degli anni settanta.

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Ritorno dal nulla

Ritorno dal nulla


TITOLO ORIGINALE The Basketball Diaries
REGIA Scott Kalvert
SOGGETTO Dal romanzo di Jim Carroll "Jim entra nel campo di basket"
SCENEGGIATURA Bryan Goluboff
FOTOGRAFIA David Phillis (colori)
MUSICA Greame Revelle
MONTAGGIO Dana Consdon
INTERPRETI Leonardo Di Caprio, Lorraine Bracco, Bruno Kirby
PRODUZIONE Produzione Island Pictures per la Polygram Film International
DURATA 70'
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Lo schermo tossico

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Ispirato all'autobiografia di Jim Carroll, il film racconta la sua discesa nell'inferno della droga prima della
disintossicazione e dell' affermazione come ammirato poeta e scrittore. Da promessa della pallacanestro e da
studente irrequieto e indisciplinato, ma vitale nella sua ansia di esperienze e nella sua intelligenza vivace, Jim si
trasforma in relitto umano alla deriva completamente schiavo dell'eroina, attraversando tutte le tappe della
degradazione.

TRACCIA TEMATICA
Jim è inserito in quello che si chiama un contesto a rischio: vive in un ambiente urbano degradato, è privo di un
riferimento paterno, frequenta una scuola cattolica ispirata a metodi educativi autoritari e repressivi, coltiva
amicizie contigue al mondo della microcriminalità, inoltre Bob, il leader carismatico del gruppo e che si direbbe
provvisto di maggior maturità, muore di leucemia.

Per quanto dotato di sensibilità e creatività, che si esprimono in un diario poetico che già mette in evidenza il suo
talento letterario, finisce nel tunnel della droga e questo ci viene presentato come l'esito quasi obbligato di un
destino segnato. Jim attraversa così tutti i luoghi canonici dell'autodistruzione, sempre immerso in una cupa
atmosfera notturna.

Il suo riscatto finale assume la forma di una redenzione dopo un drammatico percorso di dannazione, che i
numerosi riferimenti cattolici del film sembrano collegare alla passione del Cristo.

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Ritorno dal nulla

VALUTAZIONE CRITICA
Scott Kalvert, alla sua opera prima, proviene da un rilevante lavoro come autore di video musicali e questa
esperienza si riversa nello stile conciso e dinamico con cui usa il montaggio e nell'utilizzo di pezzi vocali come
colonna sonora.

Ben condotta appare la prima parte, impegnata a delineare il territorio sociale e umano nel quale si
muovono Jim e i suoi amici: notevole la sequenza della punizione corporale a scuola, la descrizione del rapporto
di Jim col sofferente amico Bob, il ritmo incalzante della partita di basket e l'intensa scena della confessione, che si
conclude con lo stupore per l'esiguità della penitenza, a suggerire l'assenza di un solido riferimento morale in grado
di alimentare un necessario senso di colpa.

La seconda parte del film, per quanto sconvolgente per il crudo realismo di tante situazioni, si adegua agli
stereotipi ormai consolidati del genere Cinema sulla tossicodipendenza, facendosi un po' ripetitiva e scontata.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze   La tossicodipendenza: tipologia delle sostanze stupefacenti e loro effetti sull'organismo.

Lingua inglese    Le opere letterarie di Jim Carroll.

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Trainspotting

Trainspotting
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Danny Boyle
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Irvine Welsh
SCENEGGIATURA John Hodge
FOTOGRAFIA Brian Tufano (colori)
MONTAGGIO Masahiro Hirakubo
MUSICA Iggy Pop, David Bowie, Sleeper, New Order, Blur, Lou Reed, Underwold, Ice MC,
Bedrook, Elastica, Ewen Brenner, Damon Albarn, Geoges Bizet, J. S. Bach
INTERPRETI Ewan McGregor, Robert Carlyle
PRODUZIONE Andrew McDonald per Figment Film
DURATA 93'
ORIGINE Gran Bretagna, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Lo schermo tossico

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Edimburgo. Mark Renton, un giovane eroinomane, divide uno squallido appartamento con i suoi amici, come
lui tossicodipendenti o in procinto di diventarlo. Privi di un'occupazione fissa, sopravvivono malamente di
furtarelli ed espedienti per procurarsi la dose. Mark si sottopone a periodiche fasi di disintossicazione, ma senza
successo, finché tenta di dare una svolta alla sua vita recandosi a Londra a fare l'agente immobiliare.
Risucchiato dai vecchi amici, viene coinvolto in un affare di droga che procura al gruppo una bella somma: a
questo punto Mark prende una decisione inaspettata.

TRACCIA TEMATICA
Mark e i suoi amici hanno scelto il rifiuto della vita, per loro la droga è un'esperienza totalizzante che non
lascia spazio a nient'altro. Ogni tentativo di uscirne è frustrato, anzi chi non ne è ancora coinvolto finisce per
esserlo e quando alla fine Mark decide di cambiare vita lo fa tradendo gli amici e dichiarandosi pronto a subire
l'intossicazione di un'altra droga, quella del consumismo sfrenato fatto dall'accumulo di status symbol
(compact disc, telefonino, automobile, televisore, lavoro, carriera ed altro ancora). Il film insomma suggerisce l'idea
che tra la tossicodipendenza e l'integrazione in una società mercificata non esista una grande differenza.

Trainspotting non è un film immorale (come è stato detto da certa critica che l' ha condannato scandalizzata), ma
amorale, rimane cioè al di qua di un giudizio di valore, non condanna e non assolve l'uso degli stupefacenti, non
indica vie d'uscita in positivo, osserva il fenomeno dell'autodistruzione con distacco e freddezza.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm140.htm[12/07/2017 19:03:27]
Trainspotting

VALUTAZIONE CRITICA
Trainspotting è un termine gergale scozzese che più o meno significa contare i treni, più in particolare per i tossici
di Edimburgo contare i treni che passano in vena e l'elencazione è un aspetto fondamentale del film: il
protagonista si presenta proprio enumerando a mitraglia le cose che riempiono il percorso esistenziale della
normalità, mentre le immagini sottolineano la sua anormalità. Un esordio straordinario per ritmo ed efficacia che
esprime da subito la totale estraneità di Mark alla dimensione della normalità. In seguito enumera una serie di
oggetti e l'equivalente in termini di droghe, passate in rassegna con un elenco dettagliatissimo: una concezione
quantitativa della realtà che ha nella droga il suo metro di misura.

Enumerativa è poi la struttura narrativa che, sostanzialmente priva di intreccio, si risolve in un accostamento di
situazioni distinte e relativamente autonome.

Ma la caratteristica più singolare del film è di natura formale e riguarda la quasi totale e costante focalizzazione
sul personaggio di Mark. Tramite il cui commento siamo condotti nei meandri della sua psiche stravolta
visualizzata attraverso il suo sguardo deformante: Trainspotting è insomma un film visto attraverso gli occhi di
un allucinato.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze   Caratteristiche delle sostanze stupefacenti citate dal film.

Educazione musicale    La colonna sonora musicale del film.

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agorà

Bling Ring
TITOLO ORIGINALE The Bling Ring
REGIA Sofia Coppola
SOGGETTO E Dall’articolo “The Suspect Wore Louboutins” di Nancy Jo Sales
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Christopher Blauvelt, Harris Savides
MONTAGGIO Sarah Flack
MUSICA Daniel Lopatin
INTERPRETI Katie Chang (Rebecca), Israel Broussard (Marc), Emma Watson (Nicki), Claire
Julien (Chloe), Taissa Farmiga (Sam), Georgia Rock (Emily), Leslie Mann
(Laurie), Carlos Miranda (Bob)
PRODUZIONE Roman Coppola , Sofia Coppola, Youree Henley per American Zoetrope/NALA
Films/Pathé Distribution/StudioCanal/TOBIS  Film/Tohokushinsha Film
DURATA 90'
ORIGINE USA-Gran Bretagna-Francia-Germania-Giappone, 2013
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe Quinta

PERCORSI                        L’età acerba Il disagio/La condizione adolescenziale e


giovanile/Uomo e società                    

  

TRAMA
Un gruppo di adolescenti attratto dallo sfarzo di cui si circondano i vip di Los Angeles si
introduce nelle loro lussuose ville per svaligiarle e impossessarsi di vestiti firmati e oggetti
preziosi, per poi mostrarli sul web vantandosi del bottino.

TRACCIA TEMATICA
Il film si ispira ad un reale fatto di cronaca e mette in luce la dimensione di vuoto esistenziale e
morale di un gruppo di adolescenti (fino a che punto specchio della cosiddetta “generazione
Web”?) che subisce in modo totalizzante il riflesso della vita dei personaggi famosi e in
particolare  il fascino degli oggetti di cui essi si circondano

in un rapporto quasi di tipo feticistico. Le cose finiscono per sovrastare le persone, l’avere
l’essere, l’apparenza l’essenza, ma soprattutto la virtualità (intesa come riproduzione digitale
a disposizione di tutti) la realtà.  

I protagonisti del jet set a loro volta costruiscono la loro immagine e la loro fama in un
vertiginoso cortocircuito tra pubblico e privato, che consacra un rituale del successo che si
autoalimenta (compaio quindi sono famoso e ammirato-sono famoso e ammirato quindi
compaio), indipendentemente dalle reali capacità e dagli effettivi meriti di chi se ne fa portatore.

Fondamentale in questo contesto diventa la rete, come canale di trasmissione privilegiato di


questo trionfo dell’immagine, di questa compulsiva e ossessionata pulsione ad un attivismo
partecipativo falso e mistificato che provoca il distacco dal mondo reale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm006.htm[12/07/2017 19:03:31]
agorà

VALUTAZIONE CRITICA
Lo stile freddo e oggettivo del film ben si adatta ad una scelta registica di distacco emotivo
dalla materia trattata, dal momento che lo spettatore è in grado di pervenire alle sue
conclusioni senza alcuna sottolineatura.

L’aspetto più interessante della regia va individuato nel frenetico susseguirsi di immagini “reali”
e immagini della rete a suggerire l’intreccio inestricabile  tra reale e virtuale che sta alla
base dell’esistenza dei protagonisti. Ne deriva un rimbalzo continuo fra chi guarda e chi è
guardato all’insegna di uno sguardo totalizzante (tutti guardano e sono a loro volta guardati), che
annulla ogni barlume di umanità trasformando chiunque in pura immagine. Non esiste nel film
un punto di vista narrativo privilegiato, ma una coralità imprigionata negli schermi dei
tablet.

L’unico momento in cui la regia si fa sentire è nella sequenza finale di Nicki che fuori
dall’aula giudiziaria incede in ralenti circondata dai flash dei fotografi, ad enfatizzare il
compiacimento della ragazza che, come una diva sul red carpet, è finalmente al centro
dell’attenzione. Il presenzialismo mediatico assolve da ogni senso di colpa.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Inglese            L’articolo da cui il film è tratto.

Geografia       La città di Los Angeles.

 
 

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Fucking Amal

Fucking Amal-Il coraggio di amare


TITOLO ORIGINALE Fucking Amal
REGIA Lucas Moodysson
SOGGETTO E Lucas Moodysson
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ulf Brantas (colore)
MUSICA Robyn, Lars Gullin, Brotder Daniel e altri
MONTAGGIO Michal Leszczylowski, Bernard Winkler
INTERPRETI Alexandra Dahlstrom, Rebecca Liljeberg, Erica Carlson
PRODUZIONE Lars Jonsson per Memfis Films
DURATA 89'
ORIGINE Svezia, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Primi amori

Amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Agnes è una ragazzina di sedici anni che vive nella sonnacchiosa cittadina svedese di Amal, alle prese con i
problemi tipici dell'adolescenza, a cominciare dalla preoccupazione di non essere accettata dai coetanei. In
particolare Agnes si sente attratta da Elin, una quattordicenne procace che ha fama di disinvoltura in fatto di
costumi sessuali. Tra le due adolescenti nasce una tenera amicizia con spiccate implicazioni omosessuali, ma
Elin, preoccupata per le reazioni di un ambiente impregnato di pregiudizi nei confronti dell'amore lesbico, non
si abbandona al suo sentimento nei confronti dell'amica. Nemmeno l'essersi messa insieme con il timido e
sensibile Johan, però, fa dimenticare a Elin la sempre più malinconica e solitaria Agnes. Alla fine Elin decide di
abbandonarsi completamente e pubblicamente all'amore che prova per la ragazza.

TRACCIA TEMATICA

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Fucking Amal

Fucking Amal è solo ad un primo esame un film sull'omosessualità femminile e sul giusto diritto di questa di
esprimersi in piena libertà contro i pregiudizi e le preclusioni moralistiche. Esso è, su di un piano più profondo,
soprattutto una riflessione sul disagio adolescenziale nell'ambito di una società fortemente omologante e
conformista, ben rappresentata dall'ovattata e soffocante atmosfera provinciale del piccolo paese di Amal.

Attorno ad Agnes e a Elin c'è il nulla, costituito da una monotona ripetitività di abitudini e da una piatta banalità
di modelli, che sembra accomunare genitori e figli (la serata davanti al televisore, gli stereotipi giovanili, le
festine noiose, ecc…) costringendoli in ruoli prestabiliti (la ragazzina disinibita che va con tutti, il macho che
ostenta il suo disprezzo per le ragazze, il padre comprensivo che sa capire i giovani, ecc..) destinati a mostrare
tutta la loro falsità e inadeguatezza.

In questo contesto così frustrante e penalizzante per una dimensione adolescenziale che vive le inquietudini tipiche
di un'età tremendamente difficile (la paura di non piacere, la difficoltà ad essere accettati da genitori e coetanei, i
primi turbamenti sessuali, ecc..) l'omosessualità di Agnes e Elin diventa lo strumento-simbolo di una spinta
liberatoria (e necessariamente provocatoria) contro lo stolido conformismo di Amal (microcosmo generalizzabile
su scala universale) in nome dell'autenticità dei sentimenti (significativamente il titolo del film, Fucking Amal,
significa Vai a farti fottere Amal!).

VALUTAZIONE CRITICA
Nel 1998 Fucking Amal è stato in Svezia uno dei più grandi successi della storia del Cinema nazionale,
contendendo nello stesso anno il primato degli incassi addirittura a Titanic. E va detto che il film di Moodysson
merita questa affermazione, per la sua capacità di affrontare con intelligenza e originalità un tema (la
condizione adolescenziale) su cui è facile fare della retorica o ricorrere a schemi usurati o, peggio, imbastire un
imbarazzante tripudio di spensierata idiozia (pensiamo ad un film uscito in Italia nel medesimo periodo come
American Pie).

Il regista è riuscito ad evitare le trappole del facile buonismo e di un consolatorio sentimentalismo


immettendo nel film la necessaria dose di cattiveria (le insulse figure dei genitori di Agnes, l'handicappata
odiosa e chiacchierona, l'insopportabile stupidità della sorella di Elin e del suo boy-friend, la strabordante antipatia
delle compagne di scuola di entrambe, ecc..) per non dipingere in modo edulcorato e conciliante (e quindi
falso) quella vera e propria zona d'ombra che è l'adolescenza. Ne sortiscono dialoghi credibili ed efficaci
(anche e soprattutto in ciò che hanno di gergale e stereotipato) e situazioni e ambienti che trasudano con efficacia
noia e oppressione, mentre l'analisi psicologica delle due protagoniste risulta calibrata con sorvegliata e attenta
sensibilità.

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Fuga dalla scuola media

Fuga dalla scuola media


TITOLO ORIGINALE Welcome to the Dollhouse
REGIA Todd Solondz
SOGGETTO E Todd Solondz
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Randy Drummond (colori)
MUSICA Jill Wisoff
MONTAGGIO Alan Oxman
INTERPRETI Heather Matarazzo, Brendan Sexton Jr.,
PRODUZIONE Todd Solondz
DURATA 87'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e società

 
TRAMA
Dawn Wiener ha dodici anni, è bruttina e grassottella, i suoi compagni di scuola la prendono in giro e i genitori
le preferiscono la sorellina e il fratello maggiore. Solo il teppistello della classe, Brandon, mostra interesse nei
suoi confronti, ma Dawn non risponde più di tanto alle sue avances perché s'innamora di Steve, un amico del
fratello più grande di lei che suona la chitarra e sogna di sfondare nel mondo della musica. Delusa da Steve
cerca di recuperare il rapporto con Brandon, ma ormai è tardi: l'unico compagno che le ha dato un po' d'affetto
scappa da casa perché accusato di essere uno spacciatore. Dawn rimane sempre più sola.

TRACCIA TEMATICA
Dawn si contrappone nettamente alle consuete modalità con cui il Cinema americano raffigura l'infanzia o,
come in questo caso, la preadolescenza, vale a dire proponendoci ragazzini supersimpatici e guastafeste oppure
precoci e intellettualmente dotati al limite della genialità o, ancora, talmente saggi e maturi da essere d'aiuto ai
genitori nel far chiarezza nella loro vita. L'infanzia insomma viene vista da Hollywood come età sostanzialmente
felice e beata, nella quale, se esistono problemi, alla fine si risolvono per il meglio.

La protagonista di Fuga dalla scuola media invece vive la propria adolescenza come età del dolore,
contrassegnata da una pesante frustrazione per le quotidiane umiliazioni cui è sottoposta, senza trovare nei
genitori l'affetto di cui avrebbe tanto bisogno, anzi anche in famiglia subisce una dolorosa emarginazione.

Dawn non è simpatica e intelligente, una specie di brutto anatroccolo destinato alla redenzione finale, ma
una ragazza irrimediabilmente goffa e complessata, lei stessa portatrice dei pregiudizi di cui è vittima (si sfoga
sul debole amico Ralphy dandogli del frocio) e incapace di autentica rivolta (al contrario di Brandon che sceglie di
fuggire), ma solo di episodici sfoghi di rabbia (come quando distrugge la cassetta della festa).

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Fuga dalla scuola media

VALUTAZIONE CRITICA
Fuga dalla scuola media è un film coraggioso e sincero, che esplora la condizione della prima adolescenza con
l'amara consapevolezza di quanto il mondo possa essere spietato nei confronti di chi, fragile e indifeso, non è
adeguatamente sostenuto dall'amore dei genitori. Il film di Solondz colpisce e affonda il diffuso luogo comune
della spensieratezza di un'età, che può invece trasformarsi in un inferno.

Situazioni e personaggi non sono, o non sono più di tanto, caricaturati ed esagerati, ma appaiono tutto
sommato piuttosto credibili e verosimili e quindi sufficientemente emblematici di una condizione di infelicità e
nevrosi spesso connaturata all' adolescenza (Dawn) e di una banale e diffusa mediocrità (tutti gli altri). Il regista ha
appunto il merito di non forzare mai la narrazione, né in senso drammatico, né in senso grottesco, ma di cercare
una medietà di tono, ideale per comunicare l'assoluta normalità di questa crudeltà quotidiana.

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Gioventù bruciata

Gioventù bruciata
TITOLO ORIGINALE Rebel without a Cause
REGIA Nicholas Ray
SOGGETTO Irving Shulman
SCENEGGIATURA Stewart Stern
FOTOGRAFIA Ernest Haller (colori)
MUSICA Leonard Rosenman
MONTAGGIO William Ziegler
INTERPRETI James Dean, Natalie Wood
PRODUZIONE David Weisbart per Warner Bros
DURATA 111'
ORIGINE USA, 1955
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'età acerba

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Jim è un giovane inquieto e tormentato, che vive un difficile rapporto con i genitori. In una situazione analoga
si trova Judy, una ragazza che passa il proprio tempo con una banda di teppistelli. Plato, il più giovane e
indifeso dei tre, praticamente non ha famiglia, essendo i suoi separati e lontani. Jim, sopravvissuto ad una sfida
in automobile con il capobanda Buzz, che è perito nella gara, è inseguito dagli amici del ragazzo morto e con
Judy, che ama, e Plato, che l'ha eletto a suo miglior amico, si rifugia in una villa abbandonata. Quando i
prepotenti compagni di Buzz lo trovano, si scatena una rissa nella quale Plato usa la pistola uccidendo un
membro della banda. Sopraggiunta la polizia, Plato viene ucciso per errore.

 
TRACCIA TEMATICA
Il film va inserito nel contesto degli anni cinquanta, allorché i mass-media e i sociologi americani
cominciavano ad occuparsi del fenomeno del disagio giovanile, che spesso si manifestava in forme violente.
La trasformazione dei costumi, il crescere del benessere e l'allentarsi del controllo familiare venivano individuati
come le cause principali di questo malessere.

Gioventù bruciata individua nella incompiutezza e insoddisfazione dei rapporti con i genitori la radice di un
disorientamento morale, determinato da carenza affettiva e da mancanza di saldi e autorevoli riferimenti.
Jim non stima il padre per il suo pavido e sottomesso temperamento, Judy non riceve dal padre il necessario amore
e infine Plato cerca in Jim una supplenza di un padre assente. E' la latitanza genitoriale insomma ciò che
impedisce ai giovani protagonisti una crescita serena ed armonica.

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Gioventù bruciata

VALUTAZIONE CRITICA
Film famoso per aver consacrato nel firmamento del divismo hollywoodiano il giovane attore emergente
James Dean, che di lì a poco sarebbe morto consegnandosi al mito, Gioventù bruciata è ormai un cult-movie
del Cinema giovanilistico. Tuttavia a distanza di tanto tempo appare decisamente anacronistico se lo si giudica dal
versante sociologico (ben altri appaiono oggi i problemi dei giovani, ma a ben vedere anche in quegli anni
esistevano forme di disagio più gravi e preoccupanti di quelle espresse da questi tre figli della media borghesia
americana) e piuttosto approssimativo e superficiale se lo si considera da quello psicologico (il contrasto tra Jim e
Judy e i rispettivi padri appare risolto in modo un po' affrettato).

Resta da sottolineare, invece, la ricerca cromatica in chiave espressionista di Ray (il color rosso vivo delle
giacche dei due protagonisti a segnarne la sofferta esperienza), le angolazioni e inclinazioni ardite (Jim che vede
la madre rovesciata mentre scende le scale del salotto, a simboleggiare un rapporto distorto, bisognoso di essere
riassestato), l'atmosfera onirica che avvolge parecchie sequenze del film (pensiamo soprattutto a quella
all'interno della villa abbandonata), accentuata da una musica d'accompagnamento appena avvertibile sullo sfondo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese   La vita, il costume e la mentalità nell'America degli anni cinquanta.

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Quattrocento colpi

I quattrocento colpi
TITOLO ORIGINALE Les quatre-cents coups
REGIA Francois Truffaut
SOGGETTO Francois Truffaut
SCENEGGIATURA Francois Truffaut, Marcel Moussy
FOTOGRAFIA Henri Decae (bianconero)
MONTAGGIO Marie-Josèphe Yoyotte
MUSICA Jean Constantin
INTERPRETI Jean-Pierre Léaud
PRODUZIONE Les Films du Carrosse
DURATA 101'
ORIGINE Francia, 1959
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Antoine Doinel è quello che si dice un ragazzo difficile: i genitori non lo capiscono, gli insegnanti ne
mortificano la creatività e lo puniscono, la società tutta sembra essergli ostile. Antoine risponde con una
ribellione fatta di piccole marachelle, finché alla fine commette un furto e viene affidato ad un riformatorio. Qui
tenterà un'impossibile fuga.

TRACCIA TEMATICA
Il titolo è un'espressione idiomatica che andrebbe tradotta non in modo letterale, bensì come fare il diavolo a
quattro, che è appunto ciò che fa Antoine, afflitto da un'evidente carenza affettiva, per richiamare su di sé
l'attenzione.

Il mondo degli adulti e delle istituzioni educative (scuola e riformatorio) è presentato in modo negativo, come
incapace, non solo di dare valide risposte all'inquietudine degli adolescenti, ma addirittura di apprezzare e
valorizzare le inclinazioni positive (pensiamo alla passione di Antoine per Balzac). Verso il personaggio di
Doinel si rivolge quindi la simpatia del regista, che da ragazzo visse esperienze analoghe.

VALUTAZIONE CRITICA
Opera prima di Truffaut, uno dei maggiori registi della Nouvelle Vague francese, il film ne mette in risalto il
grande talento nell'invenzione linguistica: le immagini non sono mai banali o convenzionali, ma sempre al

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Quattrocento colpi

servizio di un preciso disegno espressivo.

Alcuni esempi: all'inizio l'estrema mobilità della macchina da presa ci conduce attraverso suggestivi paesaggi
parigini, gli stessi che Antoine contempla con malinconia mentre sul cellulare viene condotto al riformatorio;
durante l'interrogatorio della psichiatra quest'ultima non compare mai (la fredda distanza delle istituzioni) mentre il
volto del protagonista è continuamente indagato (un soliloquio più che un vero dialogo); infine la splendida
carrellata che riprende la corsa finale verso il mare e che si arresta sul volto di Antoine, che impossibilitato a
proseguire guarda in macchina quasi invocando aiuto da noi spettatori.

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Io la conoscevo bene

Io la conoscevo bene
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Antonio Pietrangeli
SOGGETTO E Ruggero Maccari, Ettore Scola, Antonio Pietrangeli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Armando Nannuzzi (bianconero)
MONTAGGIO Franco Fraticelli
MUSICA Piero Piccioni
INTERPRETI Stefania Sandrelli, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Enrico Maria Salerno
PRODUZIONE Turi Vasile per Ultra Film/Les Films du Siécle/Roxy Film
DURATA 122’
ORIGINE Italia-Francia-Germania occidentale, 1965
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI L’età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Adriana, una ragazza di campagna un po’ ingenua e sprovveduta, lascia la famiglia e se ne va a Roma in cerca
di fortuna. Il suo sogno è di diventare attrice, ma nel frattempo si adegua a svolgere i mestieri più umili e passa
da una relazione sentimentale all’altra, ritrovandosi sempre più irrealizzata e insoddisfatta. Un giorno, dopo
essere rientrata all’alba da una delle tante notti inutili, intuisce il vuoto della sua esistenza.

TRACCIA TEMATICA
Adriana è incapace di dare senso e ordine alla propria vita, vive in un torpore esistenziale privo di motivazioni e
valori autentici, dominato com’è dal richiamo dell’effimero e del superficiale. Potrebbe essere assunta a
simbolo dell’Italia moralmente prostrata dal miracolo economico, che proprio nel periodo del film cominciava
a dare i primi segni di stanchezza.

Eppure il regista esprime nei suoi confronti un sincero atteggiamento di affetto e pietà, quale si riserva alle
vittime, mentre diventa aspramente pungente nei confronti dei maschi e del mondo dello spettacolo in
particolare, di cui coglie con feroce sarcasmo il cinismo e l’aridità.

VALUTAZIONE CRITICA

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Io la conoscevo bene

Pietrangeli ribadisce la sua fama di regista delle donne, cioè dotato di una sensibilità particolarmente acuta nel
saper tradurre i risvolti più autentici e profondi dell’universo femminile, colto soprattutto nella sua dimensione di
infelicità e sofferenza.

Assai nuova e originale per l’epoca risulta la struttura narrativa del film, frantumata in tanti episodi che
scandiscono la deriva esistenziale della protagonista, mentre l’uso dei successi discografici di quel periodo
come sottofondo sonoro anticipa uno degli stilemi fondamentali del nuovo Cinema americano degli anni
settanta.

Più che ai dialoghi e alle scene madri il regista ha il merito di affidare alle immagini dei tempi morti i significati
più pregnanti: è il caso della spiaggia deserta dell’inizio, delle annoiate occupazioni domestiche della protagonista
e del suo muoversi in automobile per le strade di Roma, sequenze tutte che ne sottolineano l'insanabile
solitudine.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   Il miracolo economico italiano degli anni cinquanta e sessanta.

Educazione musicale   La musica leggera italiana nei primi anni sessanta.

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Jack Frusciante

Jack Frusciante è uscito dal gruppo


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Enza Negroni
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Enrico Brizzi
SCENEGGIATURA Enrico Brizzi, Enza Negroni
FOTOGRAFIA Alessio Gelsini (colori)
MUSICA Umberto Palazzo
MONTAGGIO Roberto Missiroli
INTERPRETI Stefano Accorsi, Violante Placido, Alessandro Zamatio
PRODUZIONE Romano Cardarelli per Bros Film
DURATA 100’
ORIGINE Italia 1996
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Primi amori

L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

L’età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Alex frequenta il liceo, canta in un complesso rock e attraversa Bologna rapido sulla sua bicicletta. Si innamora
di una coetanea compagna di scuola, Aidi, ma lei dovrà passare un anno negli Stati Uniti e quindi non è molto
disponibile ad intrecciare un rapporto impegnativo. I due si lasciano e dopo si rivedono rimettendosi insieme,
proprio mentre Martino, il più caro amico di Alex, muore di droga. Prima che Aidi parta per l’America passa
con Alex l’ultima notte.

 
TRACCIA TEMATICA
Alex è un adolescente piuttosto normale, con le passioni e i sogni tipici della sua età, e come la maggior parte
dei suoi coetanei si innamora. Egli vorrebbe vivere il rapporto con Aidi sino in fondo, come un vera storia
d’amore, ma la ragazza, che sa che deve partire, mantiene le distanze trattenendo il loro legame su un piano di
amicizia profonda e niente di più. Alex vuole vivere la stagione dell’adolescenza con intensità e immediatezza
senza pensare al domani, mentre Aidi, condizionata dalle prospettive future, si pone dei limiti. Si può quasi dire
che si capovolgano i ruoli tradizionali che vedono la donna sempre più incline del maschio ad investire
romanticamente sui sentimenti.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm077.htm[12/07/2017 19:03:34]
Jack Frusciante

VALUTAZIONE CRITICA
Jack Frusciante è uscito dal gruppo è un film leggero che scivola via come il suo protagonista in bicicletta, le
asprezze sono ridotte al minimo (bisogna ricorrere all’arciabusata figura dell’amico tossico perché si abbia qualche
sussulto drammatico) e lo stile narrativo è ellittico e stringato (sembra più per mancanza di idee che per autentica
scelta). Finché Alex sguscia rapido fra gli stupendi vicoli di Bologna o arranca sui pendii dell’Appennino, il tutto
può anche essere piacevole, ma quando iniziano i dialoghi il film stenta a nascondere il vuoto che l’avvolge,
ancor più evidente quanto più ambiziose sono le sue pretese di profondità (come le insopportabili citazioni di
Aidi). Il fatto è che ciò che soprattutto sembra mancare è una vera e propria storia con quel tanto di
tensione narrativa (anche minima), in grado di tener desta l’attenzione.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Italiano    Confronto fra il romanzo di Brizzi e il film.

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juno

Juno
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Jason Reitman
SOGGETTO E Diablo Cody
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Eric Steelberg (colori)
MONTAGGIO Dana E. Glauberman
MUSICA Matt Messina
INTERPRETI Ellen Page, Michael Cera, Allison Janney, J. K. Simmons, Jennifer Gardner,
Jason Bateman
PRODUZIONE Liane Halfon, Kelli Konop, John Malkovich, Mason Novick, Russell Smith per Mr.
Mudd/Mandate Pictures/Fox Searchlight Pictures
DURATA 96’
ORIGINE Usa-Canadà, 2007
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI L’età acerba


Il disagio/Condizione giovanile e adolescenziale/Uomo e Società

TRAMA
 La sedicenne Juno MacGuff scopre di essere incinta di un suo compagno di scuola. Inizialmente decide di
affidare in adozione il nascituro ad una coppia di coniugi adulti. In seguito, però, le cose cambiano….

TRACCIA TEMATICA
 Solitamente prima ci si innamora e successivamente si fa un figlio. Non è questo la successione vissuta dalla
protagonista Juno, che inverte quest’ordine, forse non così naturale e scontato come si pensa.

Juno (cioè Giunone, la divinità greca del matrimonio e del parto) è una ragazza anticonformista e dall’esistenza
un po’ caotica e per questo è attratta dalla solidità della coppia Mark-Vanessa, paradigma (quasi da pubblicità
televisiva) di un matrimonio felice e riuscito e di un approccio al ruolo di genitori dettato dalla più aggiornata
bibliografia sull’argomento. Si direbbe che Juno abbia trovato in questa unione quella rassicurante normalità che
nella vita quotidiana ella sembra respingere.

Il punto di svolta per la protagonista è il trauma che le procura la rivelazione del fallimento matrimoniale
della coppia di adulti che al suo sguardo ingenuo aveva comunicato una sensazione di perfezione (assai più
serena e matura risulta la sua famiglia , per quanto frutto di separazioni e divorzi).

Juno non è un film antiaborista (come superficialmente e strumentalmente qualcuno ha sostenuto), bensì una
sottolineatura della centralità della libera scelta della donna e del suo diritto all’autodeterminazione. Il film
non formula giudizi o condanne, ma esprime una complice e solidale partecipazione al difficile percorso umano
della protagonista.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2010-11/10framefilm005.htm[12/07/2017 19:03:35]
juno

 Juno ha vinto il secondo festival del Cinema di Roma e l’ex spogliarellista Diablo Cody, ha ottenuto l’Oscar come
miglior sceneggiatrice. Negli Stati Uniti il film ha superato i 100 milioni di dollari d’incasso ed è risultato la vera
rivelazione della stagione cinematografica 2007.

Le ragioni del successo vanno rintracciate soprattutto in due fattori: la coinvolgente tematica e la leggerezza con
cui viene trattata. Nonostante la drammaticità della situazione al centro della vicenda, il film non abbandona mai
i toni della commedia puntando su dialoghi vivaci e brillanti. In particolare la sceneggiatura è incentrata su un
gergo giovanile, che se può risultare un po’ criptico, è di sicuro effetto e conferisce una dimensione di
autenticità ed aderenza alla piccola porzione di realtà adolescenziale che viene ritratta.

Originale e gustosa la rielaborazione  in chiave cartoon dei titoli di testa, quasi a voler suggerire un riferimento
alla tradizione dei fumetti americani, molti dei quali propongono personaggi complessati (pensiamo a personaggi
fortemente caricaturali come il ragazzo di Juno, Bleeker) e dialoghi brevi con battute fulminanti simili  quelli del
film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Diritto                                La legislazione sull’aborto in Italia

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2010-11/10framefilm005.htm[12/07/2017 19:03:35]
agorà

L’onda
TITOLO ORIGINALE Die Welle
REGIA Dennis Gansel
SOGGETTO E Dal romanzo “Il segno dell’onda” di Morton Ruhe
SCENEGGIATURA
Dennis Gansel, Peter Thorwarth
FOTOGRAFIA Torsten Breuer
MONTAGGIO Ueli Christen
MUSICA Heiko Maile
INTERPRETI Jurgen Vogel (Rainer Wenger), Frederick  Lau (Tim Stoltefuss), Max
Riemelt (Marco), Jennifer Ulrich (Karo)
PRODUZIONE Nina Maag  per Rat Pack Filproduktion   mbH/Costantin Film
Produktion
DURATA 107'
ORIGINE Germania, 2008
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI L’età acerba  

Momenti di Gioventù/La condizione adolescenziale e


giovanile/Uomo e società                                       
 

  

TRAMA
Rainer Wenger insegna in un liceo di una città di provincia nella Germania contemporanea.
Costretto a svolgere un seminario sull’ autocrazia, per far comprendere ai suoi allievi, scettici
in proposito, la facilità con cui una società può scivolare nel totalitarismo decide di attuare un
esperimento che coinvolge se stesso e i suoi alunni oltre le sue intenzioni e aspettative. 
 

TRACCIA TEMATICA
Il professor Wenger intende dimostrare come la genesi delle dittature si colleghi
strettamente ad un primordiale bisogno di reagire al disagio sociale ed alla precarietà
dell’esistenza. Premessa all’avvento di un regime autoritario è l’identificazione dell’individuo
anonimo e frustrato in una comunità in grado di offrire senso di appartenenza, spirito di
sacrificio e convinta motivazione all’azione. Il culto del capo, le divise, le parole d’ordine, i riti
collettivi e la simbologia rafforzano il legame con il gruppo e accentuano la dinamica
inclusione-esclusione destinata a tradursi in fanatismo e violenza e capace di influenzare
soprattutto giovani ed adolescenti.  La forza d’attrazione di questo meccanismo è tale che lo

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0027.htm[12/07/2017 19:03:36]
agorà

stesso professor Wenger fatica a mantenere le distanze e se ne fa coinvolgere.

Il film intende analizzare i percorsi psicologici che conducono alla formazione dei gruppi
neonazisti e razzisti in Europa, ma non si può fare a meno di pensare anche a certe bande
giovanili intrise di bullismo e di disprezzo verso il diverso e alla tifoseria ultrà incline alla
violenza. 
 

VALUTAZIONE CRITICA
La necessità di dimostrare una tesi (il nazismo non è un reperto del passato, ma può rinascere
anche ai nostri giorni) appesantisce lo sviluppo del film, impoverendo soprattutto la
delineazione psicologica dei personaggi costretti in una dimensione eccessivamente schematica e
stereotipata. Tutto sembra consumarsi troppo in fretta (una settimana di tempo per tutti gli
eventi raccontati sembra un po’ poco) e la regia si fa prendere dall’ansia di enfatizzare
attraverso un eccesso di concitazione i colpi di scena. Si direbbe che dopo un discreto avvio,
ben graduato nei tempi della narrazione, la pellicola risolva rapidamente i significati che vuole
comunicare, perdendo d’efficacia.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua straniera (tedesco)       Il romanzo “Il segno dell’onda” di Morton Ruhe.

Storia                                       I gruppi paramilitari nazisti e neonazisti.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0027.htm[12/07/2017 19:03:36]
Vita sognata degli angeli, La

La vita sognata degli angeli


TITOLO ORIGINALE La vie revée des anges
REGIA Erick Zonca
SOGGETTO E Erick Zonca, Roger Bohbot
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Agnès Godard (colori)
MUSICA Yann Thiersen
MONTAGGIO Yannick Kergoat
INTERPRETI Elodie Bouchez, Natacha Régnier
PRODUZIONE Francois Marquis per Bagheera/Diaphana/France3 Cinéma
DURATA 113'
ORIGINE Francia, 1988
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Isa, una ragazza senza fissa dimora che gira la Francia con un sacco a pelo, arriva a Lilla e fa la conoscenza di
Marie, con la quale va a vivere nell'appartamento di una donna morta in un incidente, la cui figlia, Sandrine, è
in coma all'ospedale. Mentre Isa va a trovare quotidianamente Sandrine priva di conoscenza, Marie intreccia
una tormentata relazione con il ricco Chriss, proprietario di un locale di lusso. Questo rapporto mette in crisi
l'amicizia fra le due ragazze e Isa decide di lasciare la casa proprio nel momento in cui Marie, disperata per
l'abbandono di Chriss, si getta dalla finestra.

TRACCIA TEMATICA
Isa e Marie vivono in modo differente un identico stato di marginalità e disagio: la prima è solare e vitale,
aperta alla vita e alle relazioni, ansiosa di nuove esperienze e per questo istintivamente nomadica, la seconda è
cupa e introversa, ribelle e insofferente, astiosa verso un benessere borghese che detesta perché non lo possiede,
gelosa della propria nicchia di isolamento e quindi stanziale.

Isa non cerca l'amore (rifiuta legami sentimentali, il suo aspetto fisico ha un che di asessuato, potrebbe essere
anche un maschio), ma un rapporto d'amicizia che le faccia superare la solitudine, un radicamento che renda
meno volatile la sua identità (si appropria quasi della vita di Sandrine attraverso il suo diario), Marie, invece,
contro ogni evidenza intravede nell'amore impossibile con il fatuo Chriss la possibilità di un riscatto sociale,
il suo suicidio non è che la logica conseguenza di una vocazione all'annullamento di sé, che fin dall'inizio la
caratterizza.

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Vita sognata degli angeli, La

Il pessimista finale ci mostra Isa tornata al punto di partenza, alle prese con un lavoro ripetitivo e alienante, la
macchina da presa si sposta e ci mostra i volti di altre operaie: quante Isa e Marie ci sono tra loro?

VALUTAZIONE CRITICA
Zonca mette lo spettatore a ridosso delle due protagoniste sia narrativamente (siamo focalizzati internamente
su di loro), sia visivamente (le seguiamo alle spalle nei loro movimenti e penetriamo nei loro volti con prolungati
primi e primissimi piani), facendoci scorrere davanti tramite il loro sguardo un paesaggio urbano ed umano, reso
con una fotografia sporca e realistica, che porta in sé i segni delle divisioni sociali (i borghesi che entrano al
locale notturno, Chriss che porta Marie in un albergo a quattro stelle, il disprezzo per lei della ragazza altolocata,
ecc..) e della precarietà (lavori instabili, famiglie distrutte, abitazioni provvisorie, ecc..).

Le due attrici protagoniste sono bravissime nel reggere l'insistita centralità che assumono nell'inquadratura,
esibendo una straordinaria capacità di aderire ai loro personaggi attraverso l'intensità delle loro espressioni:
cangiante e intensa Bouchez-Isa, angosciosa e spersa Régnier-Marie.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    La città di Lilla e il nord della Francia.

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Nozze di Muriel

Le nozze di Muriel
TITOLO ORIGINALE Muriel’s Wedding
REGIA Paul J. Hogan
SCENEGGIATURA Paul J. Hogan, Jocelyn Moorhouse
FOTOGRAFIA Martin McGrath (colori)
MUSICA Peter Best
MONTAGGIO Jill Bilcock
INTERPRETI Toni Collette, Bill Hunter, Rachel Griffith
PRODUZIONE Linda House, Jocelyn Moorhouse per CiBy 2000 in associazione con Australian
Film Corporation A House e Moorhouse Films Productions
DURATA 105’
ORIGINE Australia, 1994
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L’età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Linea d’ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e società

 
TRAMA
Muriel è una ragazza con una difficile situazione familiare: il padre è un politico truffaldino che intasca
tangenti e tradisce una moglie psicolabile, i quattro fratelli sono ritardati. Ella stessa, brutta, grassa e goffa,
accusa seri problemi psicologici, continuamente derisa e umiliata dalle coetanee più belle che si vergognano ad
accompagnarsi con lei. Bloccata com’è in uno stadio di eterna adolescenza, Muriel vive coltivando il sogno del
matrimonio e questo sembra finalmente concretizzarsi, quando accetta di sposare un aitante nuotatore
sudafricano che l’impalma per acquisire la cittadinanza australiana. Il suicidio della madre determina in lei un
salutare trauma, facendola maturare sul piano umano e sentimentale e portandola a lasciare un marito tanto
desiderato per andare a vivere con un’amica handicappata che ha molto bisogno del suo aiuto.

TRACCIA TEMATICA
Da sempre una delle più diffuse aspirazioni femminili è il matrimonio, visto come auspicato coronamento di
un’esistenza che solo in esso trova una sua piena autenticità e realizzazione (la stessa religione cattolica, oltre che
un ancor solido senso comune, esprime questa posizione). Il fatto che sino a non molto tempo fa’ il termine zitella
fosse usato con intonazione fra il derisorio e dispregiativo deve pur significare qualcosa.

Per Muriel il matrimonio è qualcosa di più: cioè la sanzione della propria normalità, dell’avvenuto

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Nozze di Muriel

inserimento nel mondo dei grandi, del superamento di un complesso d’inferiorità nutrito da anni di insulti e
mortificazioni. Muriel non si ama, si disistima profondamente e per questo arriva all’assurdo di sposarsi,
non per amore, ma per acquisire una legittimazione sociale (quel che conta per lei, infatti, è soprattutto la
cerimonia, la solennità del rito, nel quale può esibire finalmente un abito bianco verso cui nutre un trasporto a dir
poco feticista).

La constatazione di essere simile, in questa sua ricerca di approvazione, al padre arido e vanesio e il rimorso per
aver abbandonato la madre fragile e indifesa, determina una presa di coscienza della vacuità del suo
investimento matrimoniale e una maturazione che la porta ad accettare pienamente se stessa: torna a essere
Muriel e non Mariel, un’entità artificiosa su cui aveva proiettato il desiderio di un’identità alternativa.

VALUTAZIONE CRITICA
Il registro con cui Hogan ci propone il mondo di Muriel è prevalentemente quello grottesco, dove la
caricatura e la deformazione prendono il sopravvento sul resto (a cominciare dalla verosimiglianza psicologica
e sociologica dei personaggi). Il riferimento più immediato sembra essere quello del comico, più che della
commedia, o se vogliamo, per uscire da un ambito cinematografico, quello dei cartoon. Il padre, i fratelli, le sorelle
e le amiche antipatiche di Muriel sono decisamente filtrate attraverso questo gusto dell’eccesso caricaturale, a
suggerire l’idea che i veri mostri siano loro.

A questa chiave di humour, se non proprio nero, perlomeno amaro, se ne accosta un’altra di intonazione più
seria e drammatica, legata alla tragedia della madre ed alla malattia dell’amica Rhonda.

Hogan riesce a padroneggiare con intelligenza e misura questa molteplicità e variabilità di registri, trovando
sempre il ritmo e il dosaggio giusto, regalandoci un film che sa essere nel contempo divertente e
commovente, tenero ed ironico.

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Eau froide

L'eau froide

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Olivier Assayas
SOGGETTO E Olivier Assayas
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Denis Lenoir (colori)
MUSICA Canzoni di Leonard Cohen, Bob Dylan, Uriah Heep, Donovan ecc..
MONTAGGIO Luc Barnier
INTERPRETI Virginie Ledoyen, Cyprien Fouquet
PRODUZIONE George Benayoun e Paul Rozenberg, IMA Films
DURATA 92'
ORIGINE Francia, 1994
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
1972. Gilles e Christine sono due adolescenti figli di coppie separate. Il primo ruba nei supermercati, traffica in
dinamite e viene espulso dalla scuola, la seconda va e viene da una casa di cura e disprezza il padre cui è stata
affidata. Tra i due ragazzi nasce un rapporto di solidale complicità a metà tra amicizia e amore. Quando
Christine fugge dalla casa di cura dove è stata ricoverata per l'ennesima volta, raggiunge un gruppo di amici
impegnato in una festa notturna presso un casolare abbandonato. Qui arriva anche  Gilles e insieme decidono
di andare da  un'amica di Christine nel sud della Francia.

TRACCIA TEMATICA
Amara riflessione su un radicale blocco di comunicazione tra adolescenti e adulti, inserito nello sfondo degli
anni settanta, quelli della rivolta antiautoritaria e della crisi dei valori tradizionali e sfociati, cadute le speranze di
rinnovamento sociale, nel tunnel della tossicodipendenza e dell'emarginazione.

Ogni possibilità di dialogo tra genitori e figli appare irrimediabilmente compromesso: i primi, incapaci di
esprimere affetto e comprensione, brillano per il loro assenteismo, i secondi sono chiusi autisticamente in una
disperata solitudine, che si manifesta con gesti distruttivi e autolesionisti.

La famiglia è ormai precipitata in un'agonia terminale e anche le altre istituzioni risultano assolutamente
incapaci di fornire qualche alternativa, anzi rispondono con assurda brutalità (la scuola) o fredda indifferenza (la

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Eau froide

polizia).

I giovani si rifugiano in un isolamento che esclude ogni contatto con il mondo (il convegno notturno presso il
casolare abbandonato) e celebra attraverso un ritualismo paganeggiante (i fuochi osservati con incantato
rapimento) la propria autosufficiente estraneità a ogni ipotesi di integrazione nella società.

Christine, che nella sua follia sembra vedere più lucidamente degli altri, intravede nella fuga l'unica possibilità
di salvezza e celebra nelle gelide acque di un ruscello la cerimonia iniziatica di un battesimo che allude ad una
nuova nascita. Poi sparisce. Per andare dove?

VALUTAZIONE CRITICA
Assayas colloca la macchina da presa a ridosso del volto dei giovani protagonisti, con primissimi piani
prolungati che vanno ad esplorare l'affiorare di un sentimento d'angoscia e inquietudine in un candore che cela
malamente i segni di una fanciullesca ingenuità ed esprimono, nella loro insistenza, che esclude spesso lo sfondo
nel quale agiscono i ragazzi, la solitudine della loro condizione.

Le tonalità di luce e di colore, fredde e livide, sottolineano a dovere il gelo di un'atmosfera invernale che
simboleggia il congelarsi dei sentimenti e dei rapporti umani e le carrellate che attraversano la festa notturna
sembrano suggerire il senso di un movimento nel vuoto, ripetitivo e sterile.

Il regista evita ogni intromissione e valutazione, optando per un'osservazione cruda e impietosa, ma discreta e
rispettosa del dramma che si va consumando, e consegnandoci un film aspro e disturbante, capace come pochi
di parlarci con i silenzi e con gli sguardi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    Gli anni settanta dalla militanza politica al riflusso.

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Estate di Davide, L'

L'estate di Davide
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Carlo Mazzacurati
SOGGETTO E Carlo Mazzacurati, Claudio Piersanti
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Alessandro Pesci (colori)
MUSICA Ivano Fossati
MONTAGGIO Paolo Cottignola
INTERPRETI Stefano Campi, Patrizia Piccinini, Tony Bertorelli, Semsudin Mujic
PRODUZIONE Roberto e Matteo Levi per Tangram Film
DURATA 92'
ORIGINE Italia, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile /Uomo e Società

TRAMA
Davide, fresco del diploma di maturità, si reca nel Polesine nella cascina degli zii a passare le vacanze estive.
Qui si innamora di Patrizia, un'operaia del posto, e stringe amicizia con Alem, un ragazzo bosniaco che spaccia
droga. Quando Davide scopre che Patrizia è una tossicodipendente che ha una relazione con un industrialotto
locale che le fornisce l'eroina, rompe il legame con lei e insieme con Alem si reca nello stabilimento del suo
amante per distruggerne i macchinari. Inaspettatamente, però, i due amici scoprono un'enorme quantità
d'eroina nascosta nella fabbrica. Il giorno dopo partono per la Puglia intenzionati a smerciare la droga per
rifarsi una vita in un'isola greca.

TRACCIA TEMATICA
Davide si trova, privo di saldi riferimenti e di precise aspirazioni in un momento cruciale della propria vita,
quello della fine dell'adolescenza e dell'inizio della giovinezza (simboleggiato dal superamento dell'esame di
maturità). Con la vacanza-fuga nel Polesine intende lasciare una condizione esistenziale insoddisfacente e
soffocante, cercando stimoli in un luogo carico di ricordi infantili e che sembra promettere una dimensione più a
misura d'uomo.

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Estate di Davide, L'

L'impatto con il nuovo ambiente è però deludente: lo zio è duro e insensibile, Patrizia nasconde una doppia vita,
i giovani del paese lo snobbano. Davide si sente sempre più estraneo ad un microcosmo che lo respinge e per
questo finisce per legarsi ad Alem, un immigrato che coltiva il sogno di aprire un bar in un'isola greca. Facendosi
coinvolgere dal progetto del ragazzo bosniaco Davide non fa che spostare ancor più lontano la meta utopica
del proprio allontanamento da Torino.

La morte violenta di Alem (cui assiste in una specie di inebetita paralisi) segna il trauma decisivo della suo
percorso iniziatico e ne accelera il processo di maturazione: Davide ritorna a Torino convinto della necessità di
accettare realisticamente la collocazione che il destino gli ha riservato e deciso a ricominciare da dove era
partito (il lavoro di lavamacchine). Gli extracomunitari che lo attorniano nel pullman sottolineano la precarietà
della sua condizione, il suo essere comunque straniero pur nella propria terra, il suo dover ricostruirsi una vita.

VALUTAZIONE CRITICA
Mazzacurati trasforma lo scenario del Polesine nel vero protagonista del film. Il regista assegna ai paesaggi,
agli scorci, alle atmosfere, alle case, alle persone vibrazioni misteriose che immergono il racconto in una
dimensione astratta e sfuggente. Lo sfondo che circonda Davide costruisce una trama che attrae e respinge nel
contempo il ragazzo, irretito da un'ambiguità difficile da decifrare: in questo angolo di provincia, che la
macchina da presa vuole esplorare nelle sue numerose possibilità, tutto sembra presentarsi con una duplice valenza,
dietro una realtà se ne nasconde un'altra.

L'estate di Davide offre il meglio di sè proprio in questa capacità di esprimere gli stati d'animo più attraverso
i silenzi, le atmosfere e le immagini che le azioni e i dialoghi. Lo stesso personaggio di Davide parla poco, si
preferisce affidare al suo volto perennemente turbato ed imbronciato il compito di trasmettere il senso di un
perplesso stupore di fronte al mondo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     L'ambiente del Polesine.

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Sarà perchè ti amo

Sarà perché ti amo


TITOLO ORIGINALE L'effrontée
REGIA Claude Miller
SOGGETTO E Claude Miller, Luc Berand, Bernard Stora, Annie Miller
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Dominique Chapus (colori)
MUSICA Brani di musica classica di Mendelssohn-Bartholdy e Mozart, I Ricchi e Poveri
MONTAGGIO Albert Jurgenson
INTERPRETI Charlotte Gainsbourg, Bernadette Lafont, Jean-Claude Brialy
PRODUZIONE Oliane Productions/Films A2/Telema/Monthyon Films con la partecipazione del
Ministero della Cultura
DURATA 96'
ORIGINE Francia/Svizzera, 1985
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Charlotte è un'adolescente scontrosa e senza amici, ad esclusione della piccola Lulù, una bambina malata che
la venera. Alla fine della scuola per Charlotte si prospetta un'estate noiosa e solitaria, se non fosse per
l'incontro con Clara, una pianista prodigio sua coetanea. Charlotte riesce a farsi invitare nella sua lussuosa
villa e dal quel momento coltiva il sogno di seguirla nelle sue tournée.

TRACCIA TEMATICA
Charlotte subisce i complessi che segnano la vita di tanti adolescenti. Il suo è soprattutto un problema di scarsa
autostima: non bella e impacciata è (auto)esclusa da discoteche, amori e vacanze e sfoga la sua frustrazione in
aggressività nei confronti dei familiari e della remissiva Lulù.

La comparsa di Clara, nei confronti della quale realizza un processo di devota e adorante identificazione (la
pianista rappresenta ai suoi occhi ciò che lei non è e non potrà mai essere), le dischiude l'illusoria prospettiva di
fuoriuscire finalmente dalla sua sconsolante condizione esistenziale. Charlotte vive ormai nel riflesso della
perfezione della giovane pianista.

Alla fine deve accettare la realtà: Clara non ha affatto bisogno di lei, a differenza della fragile Lulù, cui decide
di dedicarsi.

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Sarà perchè ti amo

VALUTAZIONE CRITICA
Sarà perché ti amo? (fuorviante titolo imposto dalla furbastra distribuzione italiana) è un ritratto incisivo e
penetrante dei turbamenti adolescenziali di una ragazzina senza qualità, probabilmente rappresentativa di una
condizione piuttosto diffusa in questa fascia d'età. Attorno a Charlotte il regista fa ruotare un repertorio di
personaggi delineati con affettuosa simpatia (la domestica Léone, Lulù, il padre, l'impresario di Clara) e con
malinconica comprensione (il giovane marinaio Jean), sfruttando al meglio gli ambienti per ricreare le atmosfere
della pigra estate di provincia e contrapporre i dimessi interni della casa della protagonista alla dorata dimora di
Clara.

Di rilievo il montaggio iniziale, che accosta le immagini di Clara che vince la gara con il motoscafo a quelle di
Charlotte che non trova il coraggio di tuffarsi, e quello finale che inserisce la mesta partenza di Jean alla stazione
nel piccolo dramma vissuto a teatro da Charlotte.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm110.htm[12/07/2017 19:03:39]
Sciuscià

Sciuscià
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Vittorio De Sica
SOGGETTO Cesare Zavattini
SCENEGGIATURA Cesare Zavattini, Sergio Amidei, Adolfo Franci, Vittorio De Sica
FOTOGRAFIA Anchise Brizzi (bianconero)
MUSICA Alessandro Cicognini
MONTAGGIO Nicolò Lazzari
INTERPRETI Aniello Mele, Bruno Ortensi, Emilio Cigoli, Franco Interlenghi
PRODUZIONE Paolo William Tamburella per Società Cooperativa Alfa Cinematografica
DURATA 95'
ORIGINE Italia, 1946
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Dopoguerra amaro

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Roma, immediato dopoguerra. Giuseppe e Pasquale sono due sciuscià (dall'americano Shoeshiner,
lustrascarpe) che vivono di piccoli traffici, coltivando il sogno di poter acquistare un cavallo bianco. Coinvolti in
un furto, finiscono in riformatorio. Fuggiti, viene riacciuffato Pasquale, che conduce la polizia nella stalla dove
si trova Giuseppe insieme al cavallo bianco. Tra i due amici nasce una colluttazione e Giuseppe muore
incidentalmente.

TRACCIA TEMATICA
Il film è prima di tutto uno sdegnato atto di denuncia nei confronti della società italiana del dopoguerra e
delle sue miserevoli condizioni di vita, che costringono due adolescenti a delinquere. Secondo i dettami del
neorealismo si cerca di risalire alle radici sociali della devianza giovanile, sottolineando la natura di vittime dei
protagonisti.

Pesante è il giudizio sulle istituzioni, a cominciare dal riformatorio e dal sistema di carcerazione dei minori,
incapaci di dare risposte adeguate al disagio e al disadattamento dei giovani, colpevolmente insensibili, o
addirittura crudeli, nei confronti dei soggetti loro affidati.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm123.htm[12/07/2017 19:03:40]
Sciuscià

Di spessore poetico la figura del cavallo bianco, che simboleggia l'ansia di purificazione e libertà dalle brutture
del mondo dei due ragazzi.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film è considerato uno dei grandi capolavori del neorealismo, della cui poetica mette in atto alcuni canoni
fondamentali: l'uso prevalente di attori non professionisti, l'opzione per scenari reali e degradati e la cosiddetta
tecnica del pedinamento, cioè l'attenzione particolare rivolta agli aspetti marginali e quotidiani della realtà.

Su queste opzioni di fondo s'innesta l'acuta sensibilità desichiana nel tradurre i molteplici risvolti di una
condizione adolescenziale offesa e umiliata e nel dare alla pellicola un vigore drammatico di grande intensità. Al di
là del principio neorealista di impassibile registrazione degli eventi, il giudizio morale del regista attraversa
l'intera vicenda e la sua pietà e solidarietà non abbandonano mai gli sfortunati protagonisti.

Sciuscià in Italia fu un fiasco commerciale (come del resto quasi tutti i film neorealisti), negli USA invece
ottenne l'Oscar come miglior film straniero e un ampio successo di pubblico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia  Le condizioni della società italiana nell'immediato dopoguerra.

Italiano  Confronto fra il Neorealismo cinematografico e il contemporaneo Neorealismo letterario con riferimento
al Verismo ottocentesco.

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Senza tetto nè legge

Senza tetto né legge


TITOLO ORIGINALE Sans toit ni loi

REGIA Agnès Varda

SOGGETTO E Agnès Varda


SCENEGGIATURA

FOTOGRAFIA Patrick Blossier (colori)

MUSICA Joanna Bruzdowicz

MONTAGGIO Agnès Varda, Patricia Mazuy

INTERPRETI Sandrine Bonnair

PRODUZIONE Ciné-Tamaris, in partecipazione con Antenne 2 e ministero della Cultura

DURATA 105'

ORIGINE Francia, 1985

REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE Triennio

PERCORSI L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm126.htm[12/07/2017 19:03:40]
Senza tetto nè legge

 
TRAMA
Francia del sud. Mona è una ragazza senza dimora, che si sposta senza meta in autostop. Nel suo errabondo
vagare s'imbatte in tante persone diverse, che le danno la possibilità di avere un tetto per la notte e a volte un
lavoro e una sistemazione provvisoria. Ma Mona non riesce a fermarsi in un posto per tanto tempo e quasi
subito riprende il suo girovagare, finchè una mattina viene ritrovata morta lungo la strada.

TRACCIA TEMATICA
Mona non è un'emarginata per necessità, ma per scelta. Il suo rifiuto di una vita normale è totale e allo
spettatore non è dato sapere quali motivi (se ne esistono) l'hanno indotta a ciò. A differenza di tanti esclusi
cinematografici (pensiamo al genere road movie) è antipatica e scostante, nemmeno si fa portatrice di un'idea
alternativa di esistenza, come gli hippies di vent'anni prima.

Forse non ha nemmeno un passato, è un personaggio astratto e simbolico, come sembra suggerire l'immagine che
ce la mostra uscire dal mare, quasi comparisse in quel momento nel mondo a esprimere l'idea di una ricerca di
libertà assoluta (libera cioè da ogni limitazione e condizionamento), che, però, come le dice il filosofo-capraio,
non può non avere come esito finale che la solitudine e la morte.

VALUTAZIONE CRITICA
La Varda sceglie una cifra stilistica fenomenologica, vicina al documentarismo (vale a dire interessata
esclusivamente all'osservazione distaccata dei comportamenti e all'oggettiva registrazione delle testimonianze,
senza cercare assolutamente di guidare lo spettatore verso un'interpretazione e, tantomeno, un giudizio dei fatti) e
per questo il linguaggio del film appare scarno ed essenziale, come la personalità enigmatica di Mona e il
monotono paesaggio invernale della Francia meridionale. Non c'è partecipazione al dramma della
protagonista (ammesso che come tale sia da lei avvertito) e nemmeno simpatia nei suoi confronti, Senza tetto
né legge è un film che interroga e che non dà risposte.

Unica invenzione formale è il carrello orizzontale, che si sposta da destra verso sinistra a separare una sequenza
da un'altra e mettendo così anche la macchina da presa on the road, cioè sulla strada, con un movimento contrario
a quello della lettura (che va da sinistra a destra), che crea disagio e disorientamento nello spettatore, di cui
mette in crisi le normali modalità di percezione, così come Mona, con la sua presenza aliena e disturbante, turba
coloro che entrano in contatto con lei.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm126.htm[12/07/2017 19:03:40]
SweetSixteen

Sweet Sixteen
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ken Loach
SOGGETTO E Paul Laverty
SCENEGGAITURA
FOTOGRAFIA Barry Ackroyd (colori)
MUSICA Gorge Fenton
MONTAGGIO Jonathan Morris
INTERPRETI Martin Compston, Annmarie Fulton, William Ruane, Gary Mc Cormack
PRODUZIONE Rebecca O’ Brien per Sixteen Films Ltd./Road Movies Filmproduktion/Tornasol
Films S.A./Alta Films S.A.
DURATA 106’
ORIGINE Gran Bretagna-Germania-Spagna, 2002
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI L’età acerba

Il disagio/Condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e società

  

TRAMA
In una cittadina nei sobborghi di Glasgow il quindicenne Liam spaccia droga per trovare la somma necessaria
all’acquisto di una casa accogliente per la madre tossicodipendente che sta per uscire di prigione. Quando
finalmente quest’ultima torna in libertà una grossa delusione attende Liam.

  

TRACCIA TEMATICA
 Nonostante un’esistenza vissuta ai margini della società, dedita allo spaccio di eroina a contatto con incalliti e
pericolosi delinquenti, Liam è un adolescente sensibile e fondamentalmente buono, in grado di provare
sentimenti profondi ed autentici, come una sincera amicizia verso il coetaneo Pinball e l’amore filiale nei
confronti della madre. Quest’ultima, in particolare, verso cui nutre un attaccamento dai risvolti quasi morbosi,
diventa il simbolo di un legame familiare cui il giovane protagonista si protende come un approdo salvifico in
grado di ridare un significato alla sua vita disperata. Liam in fondo, benché la spietata legge della malavita di
borgata lo abbia ormai rotto ad ogni esperienza (arriva quasi sul punto di commettere un omicidio su commissione),
è rimasto un bambino che non può fare a meno dell’affetto di una madre e di un focolare domestico (miticamente
rappresentato dalla roulotte-villetta che acquista a picco sul mare).
La sostanziale immaturità di Liam risalta ancor di più nel confronto con la concretezza della sorella Chantelle (che
cerca di rendersi indipendente attraverso il lavoro e l’accettazione di una normale quotidianità) e con la
disinteressata fedeltà dell’amico Pinball (che lo mette in guardia nei confronti dello spietato cinismo del boss del
quartiere). 
Sullo sfondo si staglia lo squallore delle periferie britanniche devastate dalla disoccupazione e dalla
mancanza di prospettive, dove non esiste un futuro per una gioventù abbandonata a se stessa e priva di riferimenti
positivi. Di questa realtà di degrado ed emarginazione Liam (e non solo) è una vittima, cui non sono date
possibilità di fuga e riscatto (significativa l’ultima sequenza che ce lo mostra rassegnato e impotente di fronte al
mare).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm019.htm[12/07/2017 19:03:41]
SweetSixteen

VALUTAZIONE CRITICA
 La forza del film va ricercata nell’aspra rappresentazione della desolata periferia scozzese, immersa in un
irrimediabile grigiore che fa da cornice ad un degrado umano e sociale che si percepisce in ogni inquadratura e
situazione narrativa; nella recitazione nervosa e intensa di quasi tutti gli attori non professionisti per molti dei
quali si fa sottile il limite fra finzione cinematografica e vita vissuta (nella versione italiana doppiata si perde la
forza espressiva del dialetto locale); nel realismo psicologico dell’introspezione dei personaggi che il regista
gestisce con grande sapienza e sensibilità, mostrando tutto il suo affetto nei loro confronti (struggente l’immagine
finale di Liam sulla spiaggia, un probabile omaggio al celeberrimo epilogo dei Quattrocento colpi di Truffaut).
Ancora una volta il Cinema di Loach rivela la sua grande capacità di accostarsi con penetrante intelligenza
al disagio morale e al dramma esistenziale del proletariato britannico devastato dalla crisi economica degli
ultimi anni (la critica al modello sociale neoliberale, inaugurato dalla Signora Thatcher e mai del tutto rinnegato
dal pallido laburismo di Blair resta, seppur implicitamente, una delle costanti del Cinema del regista inglese). 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                      La politica sociale ed economica del governo Thatcher

                                                 e del governo Blair

 Geografia                               La Scozia e la città di Glasgow

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm019.htm[12/07/2017 19:03:41]
Vorrei che tu fossi qui

Vorrei che tu fossi qui


TITOLO ORIGINALE Wish You Were Here
REGIA David Leland
SOGGETTO E David Leland
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ian Wilson (colori)
MUSICA Stanley Myers
MONTAGGIO George Akers
INTERPRETI Emily Loyd, Tom Bell, Jesse Birdsall, Geoffrey Durham
PRODUZIONE Sarah Radclyffe
DURATA 90'
ORIGINE Gran Bretagna, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI L'età acerba

Il disagio/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Gran Bretagna, anni cinquanta. Lynda ha sedici anni, è orfana di madre e vive con una sorella che non
sopporta e con un padre che non la capisce e che per lei sogna un futuro di parrucchiera. Lynda è una ragazza
esuberante e insofferente di ogni disciplina, che usa le parolacce a profusione e litiga con tutti. Cerca l'amore
con coetanei immaturi e impacciati ed alla fine si mette con un attempato amico del padre, uomo gretto e
meschino. Quando aspetterà un figlio da lui si troverà di fronte ad una difficile scelta.

TRACCIA TEMATICA
Lynda non ha superato il trauma della morte della madre e il vuoto affettivo che questa perdita ha causato.
Il suo atteggiamento scandalosamente ribelle, a cominciare dall'incontenibile turpiloquio, va interpretato come
reazione distorta a questo insoddisfatto bisogno d'amore. L'esibizione del proprio corpo è pure una manifestazione
di un disagio profondo che la porta a rifiutare l'ipocrita perbenismo che la circonda. Il bambino, che contro ogni
buon senso decide di tenere, è il simbolo di una raggiunta maturità affettiva, che trova nel figlio il suo oggetto e
veicolo. La sua è una sfida alle rigide convenzioni e all'untuoso bigottismo della società del suo tempo.

In questo doloroso percorso di formazione Lynda è totalmente sola, nessuno costituisce per lei un valido
riferimento: non il padre, ottuso e rigido, incapace di vero amore, non i fugaci innamorati, o troppo acerbi o troppo
maturi, sino ad essere ormai marci, non le istituzioni mediche (pensiamo alla ridicola figura dello psicanalista), non
la zia che, per quanto ben disposta nei suoi confronti, non le offre nient'altro che un arido e opportunistico realismo
(tenere il bambino potrebbe significare essere un'emarginata).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm151.htm[12/07/2017 19:03:41]
Vorrei che tu fossi qui

VALUTAZIONE CRITICA
Già all'inizio, mentre scorrono i titoli di testa, il regista fornisce la chiave di lettura del film: un'immagine
fotografica (in uno sbiadito bianconero) di Lynda bambina con la maschera antigas (una situazione che tornerà altre
due volte) a significare il soffocamento cui si sente sottoposta da una società gretta e meschina, una panoramica
dal lungomare su un paesaggio grigio e triste come l'umanità che su di esso si affaccia, l'entrata in scena della
protagonista sulla sua bicicletta, già contrapposta nell'atteggiamento sorridente alla freddezza cui allude il plumbeo
sfondo, e infine una buffa figura femminile che canta su un palchetto una canzone d'altri tempi, che sposta indietro
cronologicamente l'ambientazione agli anni cinquanta. In questa folgorante sintesi è racchiuso il significato del
film: la lotta solitaria di una giovane contro un mondo ostile per affermare la propria personalità.

Ma i pregi del lavoro di Leland non finiscono qui, il regista riesce infatti a popolare la storia di personaggi di
contorno assai ben caratterizzati nella loro angusta visione del mondo, a ricostruire interni e squarci urbani che
comunicano un oppressivo senso di costrizione, a ritagliare, nel contesto di un film così parlato (ed urlato) come
questo, momenti di intenso e toccante silenzio, come quelli di Lynda sola nella sua muta disperazione di fronte alla
finestra.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese    La vita quotidiana, il costume e la mentalità nella Gran Bretagna degli anni cinquanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm151.htm[12/07/2017 19:03:41]
American Graffiti

American Graffiti

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA George Lucas
SOGGETTO E George Lucas, Gloria Katz, Killard Huyck
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ron Eveslage, Jan D'Alquen (colori)
MONTAGGIO Verna Fields, Marcia Lucas
MUSICA Kim Fowley Philips
INTERPRETI Ronnie Howard, Richard Dreyfuss
PRODUZIONE Francis Ford Coppola e Gary Kurtz per la Lucasfilm
DURATA 110'
ORIGINE USA, 1973
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Linea d'ombra/Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
1962: una piccola cittadina degli Usa. Un gruppo di ragazzi, terminato il liceo, deve passare l'ultima sera  prima
di compiere delle importanti scelte per il  futuro. La notte trascorre tra fugaci innamoramenti, sfide di velocità,
prove di coraggio e grottesche disavventure.

TRACCIA TEMATICA
Il film è incentrato su un momento cruciale del percorso giovanile: la fine della scuola superiore e la conseguente
scelta che si impone relativamente al proprio futuro. Giunge a termine insomma la fase più spensierata e
protetta della vita, quella più segnata da speranze ed illusioni.

Tutti i protagonisti del film sembrano avvertire con inquietudine la solennità del momento e si rapportano ad
esso con l'intenzione più o meno consapevole di affrontare la svolta tramite una prova di iniziazione.

Il finale in cui si ricapitola il triste destino della maggior parte di loro sottolinea lo scarto esistente fra
l'irripetibile magia della giovinezza e l'impatto tremendo della vita reale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm005.htm[12/07/2017 19:03:50]
American Graffiti

VALUTAZIONE CRITICA
Vero e proprio Cult movie giovanile degli anni settanta American Graffiti inaugura la moda del Cinema della
nostalgia per il decennio precedente, avvertito, in modo un po' mitico e superficiale, come una stagione di
innocenza prima della tragedia della guerra del Vietnam.

Il film propone una narrazione frantumata in più percorsi individuali che si sviluppano autonomamente
intersecandosi solo casualmente. Si tratta di una struttura decentrata all'epoca piuttosto rara per il Cinema
americano (in quello italiano era stata invece consacrata almeno vent'anni prima dalla commedia di costume) e che
tende ad uniformarsi alle storie frastagliate proposte all'epoca dagli sceneggiati televisivi.

Fondamentale risulta il ruolo della colonna sonora, costituita dai maggiori successi dei primi anni sessanta e
diffusa praticamente come sottofondo per tutta la durata della pellicola (altra importante novità), nell'incentivare
in chiave nostalgica l'atmosfera del film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   La guerra del Vietnam.

Educazione musicale   La musica rock e pop degli anni sessanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm005.htm[12/07/2017 19:03:50]
Cinque giorni di tempesta

Cinque giorni di tempesta


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesco Calogero
SCENEGGIATURA Giovanni Veronesi, Sandro Veronesi, Francesco Calogero
FOTOGRAFIA Giulio Pietromarchi (colori)
MONTAGGIO Davide Azzigana
MUSICA Mario Tronco
INTERPRETI Roberto De Francesco, Amanda Sandrelli, Chiara Caselli
PRODUZIONE Digital Film
DURATA 96'
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Giovanni lascia la Sicilia per raggiungere Bolzano, dove dovrà prestare il servizio militare. Arrivato con cinque
giorni d'anticipo per ambientarsi si vede rifiutare una visita in caserma e successivamente perde tutti i soldi.
Inizia così un errare senza meta che lo porta in giro per l'Italia fino alla decisione finale di emigrare in
Australia.

TRACCIA TEMATICA
Giovanni si trova stretto fra il richiamo del passato e la tentazione di nuove esperienze e di nuovi incontri: il
suo ramingare con tanti mezzi così diversi simboleggia bene questa ansia di ricerca di significati e persone che
motivino la sua vita.

Gli amici e i luoghi di un tempo gli sembrano però ormai irreparabilmente diversi e lontani e quelli nuovi, che va
incontrando nel suo zigzagante percorso, troppo indecifrabili e indisponibili per essere rassicuranti. Nell'
intercapedine temporale che divide la sua adolescenza dalla caserma (considerato luogo classico di passaggio
all'età adulta: da sempre si dice che a militare si diventa uomini), Giovanni matura la convinzione che solo una
fuga all'altro capo del mondo possa salvarlo da un futuro mediocre. Il mito della frontiera, che ha alimentato
l'epopea del western, rivive nell'ansia di rigenerazione del protagonista.

Il suo, più che un viaggio iniziatico, è un movimento in caduta libera nel vuoto morale e ideale dell'Italia
degli anni novanta.

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Cinque giorni di tempesta

VALUTAZIONE CRITICA
Francesco Calogero è un regista dal tocco leggero e delicato, abituato a suggerire le cose piuttosto che
urlarle (dote questa non trascurabile nell'attuale panorama del Cinema italiano), attraverso uno stile classico,
composto e sobrio, alieno da virtuosismi tecnici e preziosismi linguistici.

Cinque giorni di tempesta vive soprattutto di questa capacità di allusione, della tendenza a lasciare parlare le
cose, caricandole di atmosfere ambigue, per cui anche i luoghi più comuni (come una strada, un ponte, una camera
d'albergo, ecc..) assumono risonanze vagamente irreali e misteriose, accentuando il senso di estraneità del
protagonista nei confronti di una realtà che sembra respingerlo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm032.htm[12/07/2017 19:03:50]
Fandango

Fandango
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Kevin Reynolds
SOGGETTO E Kevin Reynolds
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Thomas Del Ruth (colori)
MONTAGGIO Arthur Schmidt
MUSICA Alan Silvestri
INTERPRETI Kevin Costner
PRODUZIONE Ambin Entertainement per Warner Bros.
DURATA 91'
ORIGINE USA, 1985
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Texas, 1971. Un gruppo di amici, alle soglie del matrimonio e dell'arruolamento per il Vietnam, decide di
passare un ultimo week-end di libertà dirigendosi, senza una meta precisa, verso il Messico. Durante il viaggio
su di una sgangherata Cadillac ne accadono di tutti i colori.

TRACCIA TEMATICA
Il film celebra un momento fondamentale dell'esistenza: il passaggio dalla prima giovinezza all'età delle
responsabilità e dei doveri. I protagonisti si affacciano con ansia e preoccupazione a questa soglia, che con il loro
viaggio vorrebbero rimandare all'infinito: non esiste una meta, ma si fugge da un futuro che per alcuni
significa la guerra del Vietnam.

La picaresca cavalcata on the road diventa occasione per un'iniziazione alla vita con cui chiudere i conti con il
passato e superare definitivamente le proprie paure.

VALUTAZIONE CRITICA
Nonostante la maggior parte degli episodi siano all'insegna di un'esilarante e trascinante comicità (su tutte la
sequenza del lancio con il paracadute e dell'aggancio dell'auto al treno) il film risulta pervaso da un'atmosfera di
malinconia, in sintonia con l'assunto crepuscolare di un progetto cinematografico che in pieni anni ottanta rievoca
l'inizio dei settanta, cioè una stagione mitica e dolorosa nella memoria della generazione (cui il regista

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm051.htm[12/07/2017 19:03:51]
Fandango

appartiene) della contestazione e della guerra del Vietnam.

Raggelante ed angosciante è l'apparizione delle lapidi dei soldati morti in Vietnam mentre intorno esplodono i
fuochi d'artificio e dal retrogusto amarognolo la bella sequenza finale del ballo.

Reynolds, pur volendo dire forse troppo cose, riesce a tenere in giusto equilibrio i diversi registri del film,
sfuggendo al rischio, sempre in agguato in questi casi, di indulgere ad un compiaciuto e scontato revival del buon
tempo andato.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   La guerra del Vietnam.

Educazione musicale  La musica giovanile anglosassone degli anni sessanta-settanta.

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Fragole e sangue

Fragole e Sangue
TITOLO ORIGINALE The Strawberry Statement
REGIA Stuart Hagman
SOGGETTO Da un diario di James Simon Kunen
SCENEGGIATURA Israel Horovitz
FOTOGRAFIA Ralph Woosley (colori)
MUSICA Buffy Saintemarie, Thunderclap Newman, Crosby, Stills, Nash & Young, Neil
Young, Big Cats & Little Pussies e altri
INTERPRETI Bruce Davison, Kim Darby
PRODUZIONE MGM
DURATA 105'
ORIGINE USA, 1971
REPERIBILITA' Homevideo /Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Simon è un giovane universitario che pensa solo allo sport e alle ragazze, della contestazione studentesca che
imperversa nel suo campus non gliene importa molto e se decide di partecipare all'occupazione dell'università è
perché sta flirtando con un'occupante politicizzata. Gradualmente però acquista coscienza delle ragioni che
sorreggono la protesta studentesca e la sua adesione all'occupazione si fa sempre più convinta. Quando la
polizia interviene con brutalità per sgomberare l'università, Simon è in prima fila ad opporre resistenza.

TRACCIA TEMATICA
Il contesto storico del film va ricercato nella grande ondata contestataria che investe la società statunitense (ma
anche l'Europa) alla fine degli anni sessanta, alimentata soprattutto dalla guerra del Vietnam e più in generale da
un'ansia di radicale trasformazione.

Simon simboleggia il percorso di molti giovani di quel periodo: il passaggio da uno stato di indifferenza e
distacco a un'adesione motivata e consapevole all'impegno politico contro l'ingiustizia, il razzismo, il
militarismo e le disuguaglianze sociali.

Più che le buone ragioni degli studenti, tuttavia, Fragole e sangue vuole evidenziare l'appassionato slancio
morale e ideale che guida le loro azioni, un entusiasmo che è irripetibile privilegio della giovinezza.

VALUTAZIONE CRITICA
Tipico prodotto giovanilistico delle major hollywoodiane, solerti nel cavalcare l'onda lunga della contestazione

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm059.htm[12/07/2017 19:03:51]
Fragole e sangue

sessantottesca dopo il successo di Easy Rider.

L'esordiente Hagman rivela una collaudata abilità nel mettere a frutto i canoni stilistici della New Hollywood anni
settanta: insistito intreccio musica-immagini, colonna sonora composta da canzoni recenti in grande voga
presso i giovani, disinvolto uso della macchina da presa e del linguaggio (zoom, rapide carrellate, montaggio
nervoso), predilezione per gli esterni e per un'ambientazione realistica, ricorso a dialoghi assai vicini al
parlato (con tanto di parolacce), più libertà nel rappresentare il sesso. Il regista insomma tenta di coniugare la
forma del suo film al contenuto rivoluzionario che lo caratterizza.

Anche se a distanza di anni il risultato può sembrare decisamente manierato e privo di vera originalità, è tuttavia
innegabile che Fragole e Sangue conservi ancora un notevole potere di suggestione e coinvolgimento emotivo,
specie nell'intensa e vibrante sequenza finale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La contestazione del '68 e il movimento studentesco in Europa e negli Stati Uniti.

Educazione musicale    La musica pop statunitense anni '60 e '70.

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Garofano rosso

Il garofano rosso
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luigi Faccini
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Elio Vittorini
SCENEGGIATURA Luigi Faccini
FOTOGRAFIA Arturo Zavattini (colore)
MUSICA Banco Mutuo Soccorso
MONTAGGIO Luciano Benedetti
INTERPRETI Miguel Bosè, Elsa Martinelli, Marina Berti, Isa Barsizza
PRODUZIONE Filmcoop
DURATA 115'
ORIGINE Italia, 1976
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Fascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Siracusa, 1924. Alessio Mainardi, figlio di ricchi possidenti dell'entroterra, studia al liceo di Siracusa e vive
nella pensione familiare della signora Formica insieme al compagno di camera Tarquinio. Entrambi sono
fascisti e il più anziano Tarquinio ha partecipato alla Marcia su Roma. A due anni di distanza dalla conquista
del potere il regime sta attraversando un momento difficile a causa del rapimento dell'onorevole socialista
Matteotti e anche le piazze della città siciliana vivono momenti di scontro e di tensione per le reazioni degli
antifascisti alle violenze del regime. Alessio crede di essere innamorato della coetanea Giovanna, ma si sente
attratto soprattutto dalla prostituta Zobeide, che finisce per frequentare con sempre maggiore assiduità. Intanto
il contatto con un gruppo di giovani antifascisti che hanno sostituito Tarquinio alla pensione Formica lo
costringe a rivedere le proprie posizioni inducendo il lui un graduale distacco dal fascismo.

TRACCIA TEMATICA
Alessio (alter-ego autobiografico dell'autore del romanzo da cui il film è tratto) è il protagonista di un percorso
iniziatico (ci troviamo di fronte al classico racconto di formazione) che lo porta se non al pieno superamento
della sua adesione al fascismo a porre le basi morali ed esistenziali perché questa svolta si verifichi. L'essere
fascista per Alessio (come per molti giovani intellettuali dell'epoca) scaturisce da un'esigenza di ribellione al

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/71.htm[12/07/2017 19:03:52]
Garofano rosso

conformismo borghese e da un'inquietudine giovanile che trova nell'originario ribellismo del movimento fascista
(poi ampiamente rinnegato una volta consolidatosi in regime) suggestive risposte (la posizione defilata e
autoemarginata di Alessio rispetto al gruppo di camerati della locale sezione del Fascio è, però, già evidente sin
dall'inizio).

Nella sua tensione al superamento dell'adolescenza Alessio sembra avere due ordini di riferimenti, tra cui si
muove con tormentata e dubbiosa oscillazione. Uno è rappresentato dalla figura dell'amico Tarquinio,
apparentemente più vissuto e maturo di lui, sia sul piano delle scelte ideologiche sia su quello sessuale, e della
prostituta Zobeide, richiamo erotico adulto e supplenza materna insieme (antitesi all'infatuazione romantica e
platonica per l'inarrivabile Giovanna), l'altro, più confuso e latente, ma sempre più emergente alla sua coscienza, è
simboleggiato dal collegamento con le proprie radici rurali e con la cultura contadina, oltreché con la crescente
attrazione che su di lui esercita il Tripolino (altra proiezione di sé in chiave antitetica a Tarquinio), espressione di
una tensione e integrità morale che non può non tradursi in aperta opposizione al fascismo.

VALUTAZIONE CRITICA
La regia tende ad un’esplicita stilizzazione tesa ad assottigliare la resa realistica della rappresentazione per
incentivarne la dimensione onirica e surreale, che toglie verosimiglianza alla dinamica narrativa e spessore
psicologico ai personaggi caricando il film di risonanze simboliche mai pienamente definite. Sulla ricostruzione
storica, pure chiaramente evocata da precisi riferimenti al delitto Matteotti e agli scontri politici tra fascisti e
socialisti (con aggiunta di flashback in bianconero ed incipit con fotografie d’epoca), prevale un’atmosfera
sospesa e rarefatta che tende a disperdere la concretezza di cose e situazioni prosciugando sino alla secchezza
la pellicola di ogni tensione drammatica. Esemplari di questa opzione antirealistica e straniante (che tende cioè a
ridurre il coinvolgimento emotivo dello spettatore e il suo processo d’identificazione con i personaggi) la scelta di
un’illuminazione all’insegna di una pervasiva solarità negli esterni e della penombra degli interni, l’eccesso di
pittoricismo con cui è ritratta la campagna siciliana (sembra di trovarsi dentro un quadro), la fotografia sfuocata che
riprende la sequenza visionaria del funerale, la recitazione sottotono e trattenuta degli attori, il procedere ellittico e
frammentario della narrazione, che riduce il rapporto causa-effetto (tipico di una narratività tradizionale) a favore
di un procedimento fatto di accostamenti che rispondono più a tempi e spazi interiori e spirituali che reali.

La pellicola di Faccini si apre forse a troppe suggestioni (visive, psicanalitiche, simboliche, politiche, ecc..),
lasciandosi trascinare da un eccesso di compiacimento formale e da un gusto per la costruzione metaforica un
po’intellettualistico, ma non si può negare che abbia un fascino particolare e che, soprattutto, riesca ad
evitare i numerosi stereotipi che frequentemente il Cinema ci ha inflitto quando ci sono di messo fascismo,
giovinezza e primi turbamenti amorosi e sessuali.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) Il fascismo: dalla marcia su Roma al delitto Matteotti.

                       B) Gli elementi antiborghesi del fascismo delle origini.

Italiano         A) Elio Vittorini

                      B) Confronto tra il romanzo e il film.

Geografia         La Sicilia e la provincia di Siracusa.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/71.htm[12/07/2017 19:03:52]
Grande Blek

Il grande Blek
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giuseppe Piccioni
SOGGETTO E Maura Nuccetelli, Giuseppe Piccioni
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Alessio Gelsini (colori)
MONTAGGIO Angelo Nicolini
MUSICA Lele Marchitelli e Danilo Rea
INTERPRETI Roberto De Francesco, Sergio Rubini
PRODUZIONE Domenico Procacci per la Vertigo Film
DURATA 106'
ORIGINE Italia, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Ascoli, anni sessanta-settanta. Yuri è un bambino che legge fumetti, colleziona le figurine Panini, fa giri in
vespa col fratello maggiore e compie marachelle con i compagni di scuola. Yuri diventa un adolescente che
ascolta musica, bighellona al bar, fa le vacanze in autostop, s'impegna politicamente e ha le prime esperienze
d'amore, finché un giorno decide di lasciare tutto e parte per Roma.

TRACCIA TEMATICA
Il film crea uno sfondo d'epoca fortemente caratterizzato: canzoni, eventi politici e sportivi, trasmissioni
televisive, mode e letture, tutto è cronologicamente sintonizzato sugli anni sessanta-settanta.

Il panorama psicologico ed esistenziale dei giovani protagonisti, per quanto insistentemente inserito in questo
preciso contesto storico, acquista connotazioni universali ed extratemporali: l'irrequieta ansia di novità, il gusto
dell'anticonformismo, il grande valore attribuito all'amicizia, i primi approcci amorosi e soprattutto la paura di
crescere, di invecchiare e di morire.

Dopo la morte dell'amico Razzo, Yuri decide di partire, di superare la linea d'ombra che separa la prima
giovinezza dall'età adulta: è una scelta dolorosa ma avvertita come necessaria.

VALUTAZIONE CRITICA
Regista formatosi attraverso il linguaggio pubblicitario, Piccioni riversa nel suo film, di evidente matrice

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm069.htm[12/07/2017 19:03:52]
Grande Blek

autobiografica, gli stilemi tipici dei moderni video-clip: rapidità di montaggio, assenza di dialoghi per far spazio
alla musica, molteplicità di inquadrature diverse. Quando Il grande Blek ricorre a questi procedimenti propone il
meglio di sé: pensiamo alla bella sequenza a episodi che in breve ma efficace sintesi racconta la quotidianità dei
protagonisti.

Il film risulta invece un po' schematico e prevedibile nella caratterizzazione dei personaggi e nella rievocazione
ambientale, afflitta da eccessi di stereotipo e da una troppo scoperta indulgenza alla retorica del come eravamo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia, Storia dell'arte, Educazione musicale   Gli eventi, la moda, la musica degli anni sessanta e sessanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm069.htm[12/07/2017 19:03:52]
Laureato

Il laureato
TITOLO ORIGINALE The Graduate
REGIA Mike Nichols
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Charles Webb
SCENEGGIATURA Calder Willingham, Buck Henry
FOTOGRAFIA Robert Surtees (colori)
MONTAGGIO Sam O'Steen
MUSICA Dave Grusin, Paul Simon
INTERPRETI Dustin Hoffman, Anne Bancroft
PRODUZIONE Mike Nichols, Lawrence Turman per Avco Embassy
DURATA 108'
ORIGINE USA, 1967
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile /Uomo e Società

TRAMA
Benjamin si è appena laureato e la sua famiglia ha organizzato una festa per celebrare l'evento. In questa
occasione fa la conoscenza della signora Robinson, una bella donna di mezza età infelicemente sposata, che lo
seduce. Per Benjamin inizia una relazione sempre più stanca e insoddisfacente e quando conosce la giovane
figlia dei Robinson, Elaine, se ne innamora ricambiato. La famiglia di lei si oppone al loro rapporto e combina
per Elaine un matrimonio di convenienza, ma Benjamin per nulla rassegnato gioca il tutto per tutto per
riconquistare la ragazza.

TRACCIA TEMATICA
Benjamin è un ragazzo ingenuo ed inesperto, vittima di un traumatico impatto con il mondo degli adulti. La
perdita dell'innocenza lo condanna ad un'inerzia esistenziale che gli provoca infelicità e insoddisfazione: per lui
il fresco candore di Elaine rappresenta l'unica possibilità di sfuggire dal baratro nel quale è precipitato.

La signora Robinson, che coinvolge cinicamente il timido giovane appena conosciuto nel disastro della propria
vita, simboleggia il vuoto morale ed ideale di una generazione.

VALUTAZIONE CRITICA
Vero e proprio cult movie degli anni sessanta, Il laureato sembra profeticamente anticipare la rivolta giovanile

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Laureato

del sessantotto, che individuò nell'ipocrita perbenismo della generazione precedente uno dei bersagli privilegiati.

La scarsa credibilità sul piano della verosimiglianza trova una sua motivazione in un impianto narrativo di
ispirazione fiabesca che si richiama esplicitamente al tradizionale happy-end della commedia anni trenta.

Nichols (che non realizzerà mai più un'opera di simile livello) riesce a calibrare con rara maestria tempi e
dialoghi costruendo un film nel suo genere quasi perfetto e intuendo le possibilità di enorme suggestione e
coinvolgimento offerte dall'utilizzazione di pezzi vocali (le belle canzoni di Simon e Garfunkel) come colonna
sonora over in grado di costituire una specie di coro commentativo della storia. Gran parte del Cinema
americano della new Hollywood degli anni settanta metterà a frutto questa lezione.

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Posto, Il

Il posto
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ermanno Olmi
SOGGETTO E Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Lamberto Caimi (bianconero)
MONTAGGIO Ermanno Olmi
MUSICA Pier Emilio Bassi
INTERPRETI Sandro Panzeri, Loredana Detto
PRODUZIONE The 24 Horses
DURATA 90'
ORIGINE Italia, 1961
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI La linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Domenico, un timido giovane della provincia milanese, supera le prove di assunzione in una grande azienda ed
inizia a lavorare come usciere. Nello stesso complesso lavora Antonietta, una ragazza che Domenico comincia a
frequentare tra un turno e l'altro. I due si danno appuntamento per la festa aziendale di Capodanno, ma
Antonietta inaspettatamente non si presenta. Il giorno dopo, per l'improvvisa morte di un dipendente, Domenico
è promosso impiegato.

TRACCIA TEMATICA
Domenico esprime un'umanità ingenua e ritrosa, profondamente provinciale nella mescolanza di stupita
curiosità e istintiva diffidenza con cui guarda il mondo della città.

In poco tempo passa da una delusione sentimentale (vera) ad un'affermazione professionale (solo apparente),
iniziando una nuova fase della propria vita che, si intuisce chiaramente, non sarà migliore della precedente.

Egli ci appare come una vittima di una trasformazione epocale (il passaggio da una società contadina ad una
società industriale) che sostituisce a valori tradizionali e consolidati incerte aspirazioni di promozione sociale.
Sullo sfondo i chiari indizi dell'impetuoso processo di crescita dei primi anni sessanta (il famoso miracolo
economico italiano).

La simpatia del regista va tutta al personaggio di Domenico.

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Posto, Il

VALUTAZIONE CRITICA
Olmi esprime a pieno in questo film le coordinate fondamentali del sua poetica cinematografica: la preferenza per
il mondo degli umili e per pezzi di realtà appartata, l'attenta e minuta osservazione della quotidianità, la
sensibilità nei confronti dei più sommessi risvolti psicologici, lo sguardo ironico e delicato nel contempo,
l'analisi sociologica compiuta con pochi e efficaci tratti, l'uso di attori non professionisti (emblematica per il
convergere di più d'uno di questi aspetti la splendida sequenza finale che abbandona il protagonista al suo destino
di alienazione).

Un cinema il suo dichiaratamente antispettacolare, tanto da far parlare di stile neorealista, e assolutamente
lontano dai clamori e gli alti budget dell'industria cinematografica.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    Il miracolo economico italiano degli anni cinquanta e sessanta.

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Impiegati

Impiegati
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Pupi Avati
SOGGETTO Pupi Avati
SCENEGGIATURA Pupi Avati, Antonio Avati, Cesare Bornazzini
FOTOGRAFIA Pasquale Rachini (colori)
MUSICA Riz Ortolani
MONTAGGIO Amedeo Salfa
INTERPRETI Claudio Botosso, Dario Parisini, Elena Sofia Ricci, Luca Barbaraschi
PRODUZIONE Antonio Avati per la Duea Film, Dania Film, Filmes National
DURATA 98'
ORIGINE Italia, 1985
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Luigi Stanziani è un neolaureato di venticinque anni. Dalla provincia modenese si trasferisce a Bologna per
affrontare il suo primo impiego come bancario. Alloggia in una villetta insieme con Dario, un coetaneo riminese
che si è iscritto all'università. Tra i due i rapporti non sono idilliaci, sia per la differenza di carattere, sia perché
Dario ha una relazione con Annalisa, la moglie di un collega di Luigi, che di lei è innamorato. Intanto il
giovane bancario si confronta quotidianamente con la grettezza e la meschinità dell'ambiente di lavoro, venendo
a contatto con le miserie morali dei colleghi. Alla fine, dopo che Dario è morto in un incidente automobilistico,
proprio quando il rapporto con lui si stava ricucendo, Luigi sente che le esperienze di questi primi mesi di lavoro
lo hanno reso più maturo e consapevole.

TRACCIA TEMATICA
L'ambiente della banca viene rappresentato in modo severo: un'umanità moralmente deteriorata si dibatte
in un inferno di cinismo, meschinità, invidia e frustrante insoddisfazione. Siamo nel periodo dello yuppismo
anni ottanta, una filosofia di vita dominata dall'ansia di successo e di apparenza.

Luigi, ragazzo ingenuo e un po' goffo, ma sincero e spontaneo, pur nella sua provinciale mediocrità, compie
il proprio percorso di formazione misurandosi, dotato inizialmente di esigue difese, con questo mondo
artefatto incapace di esprimere sentimenti e valori autentici. Solo alla fine, temprato dalle delusioni e di fronte
all'ennesima conferma della sua emarginazione, mostra di aver acquisito la necessaria maturità per accettare la sua
definitiva integrazione. L'approdo della sua difficile iniziazione è la rassegnazione ad un grigio destino, con la
consapevolezza che nel bene (poco) e nel male (tanto) negli uffici della banca c'è la sua famiglia del futuro.

Dario invece rappresenta il rifiuto ad accettare il mondo degli adulti, il diverso che si sottrae ad ogni
compromesso, restio a staccarsi da una dimensione di eterna giovinezza. Nato in un Cinema, studente d'arte

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Impiegati

perennemente fuori corso, sembra esprimere una visione più poetica che pratica della vita. Si direbbe che pur di
non piegarsi di fronte alle brutture del mondo, preferisca morire mentre cerca di ritornare al suo passato, incapace
di varcare la linea d'ombra oltre la quale bisogna fare i conti con la realtà.

VALUTAZIONE CRITICA
Il Cinema di Avati, per quanto possa confrontarsi con tematiche cosiddette di attualità (in questo caso lo Yuppismo
imperversante), difficilmente si lascia del tutto assorbire dall'analisi sociologica e fenomenologica (l'osservazione,
cioè, fredda e distaccata degli ambienti e dei comportamenti), ma si apre sempre alla dimensione poetica e
morale, intesa come tentativo di cogliere, aldilà dei crudi accadimenti, una verità più profonda e intima, un
significato mai urlato ed esplicitato, ma suggerito da simboli e allusioni.

Ecco allora la giacca di Luigi troppo larga per Dario (è ancora un bambino, rispetto all'amico più adulto), la luce
calda e avvolgente che filtra dai vetri del loro appartamento e che si contrappone alla fredda e lattiginosa
illuminazione dell'ufficio, le inquadrature angolate dal basso prevalenti all'interno del luogo di lavoro (dove il
livello morale scade all'altezza del pavimento), l'improvviso squarcio sulla spiaggia riminese con il fratello down di
Dario (a sottolineare una radicale diversità di questo personaggio), il sogno americano del fattorino Nick (che alla
fine si rassegna, come Luigi e a differenza di Dario, ad accettare la realtà nella quale gli è toccato di vivere),
l'abbraccio sincero di Luigi alla collega Valeria (commovente parentesi di umanità in un ambiente spietato), il
dolore straziante del padre di Dario che vuole dormire nel letto del figlio, l'enigmatico gioco della sintesi
cronometrata della propria vita che Dario lascia in eredità a Luigi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     Il fenomeno dello yuppismo degli anni ottanta.

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io non ho paura

Io non ho paura
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gabriele Salvatores
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Niccolò Ammaniti
SCENEGGIATURA Nicolò Ammaniti
FOTOGRAFIA Italo Petriccione (colori)
MONTAGGIO Massimo Fiocchi
MUSICA Ezio Bosso, Pepo Scherman
INTERPRETI Giuseppe Cristiano, Mattia Di Pierro, Diego Abatantuono, Aitina Sanchez
PRODUZIONE Marco Chimenz, Giovanni Stabilini, Maurizio Totti, Riccardo Tozzi per
Colorado/Cattleya/Alquimia/The Producers Films (Not Scared)
DURATA 108’
ORIGINE Italia-Gran Bretagna-Spagna, 2002
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Linea d’ombra


Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
 Puglia, Altopiano delle Murge, 1978. Il piccolo Michele trova in campagna una botola dentro cui è tenuto
sequestrato Filippo, che ha la sua stessa età. Michele gli diventa amico e ne fa il suo compagno di giochi.
Spiando una conversazione tra i suoi genitori ed un estraneo alla sua famiglia proveniente dal norditalia, scopre
che suo padre fa parte della banda criminale che ha rapito a fini di riscatto il piccolo Filippo.

  

TRACCIA TEMATICA
 Io non ho paura è soprattutto un racconto di formazione. Michele perde la propria innocenza infantile
scoprendo la realtà adulta nella sua versione peggiore, quella della violenza brutale nei confronti dei bambini.
Prima d’allora, l’inserimento nel gruppo dei coetanei vissuto nell’abbandono ad una dimensione ludica, inserita in
una natura maternamente solare ed accogliente aveva come protetto il piccolo protagonista dall’impatto traumatico
con una dimensione dominata da un feroce spirito di sopraffazione.

Nella scoperta del diverso (lo sfortunato Filippo) Michele percorre le dolorose tappe della propria
maturazione, instaurando con il coetaneo un rapporto di solidarietà e sostegno che lo pone contro i propri genitori.
In pochi giorni egli compie un tragitto morale ed esistenziale che altri impiegano anni a completare
misurandosi con il dilemma del tradimento dei legami familiari e dell’assunzione di responsabilità personali.  

VALUTAZIONE CRITICA
 Salvatores mantiene il film in bilico tra il realismo e la fascinazione, quasi fiabesca, di una campagna
pugliese rivissuta e riproposta con un’evidente (forse anche troppo) sottolineatura delle suggestioni
paesaggistiche che essa è in grado di suscitare, specie se collocata, come il taglio fotografico cerca di fare, in
un’atemporale dimensione mitica.

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io non ho paura

Le cose migliori del film vanno ricercate nel contrasto tra il cinico mondo degli adulti e l’incanto dell’età
infantile, che trova nello spazioso e misterioso scenario agreste lo sfondo ideale per attivare le proprie fantasie,
nella continuità con cui il regista si mantiene a livello dei piccoli protagonisti, privilegiando costantemente il
loro punto di vista, e nell’abilità e nel mestiere con cui intreccia diversi piani narrativi, a cominciare
dall’accostamento delle modalità del thriller classico con lo scavo psicologico e l’evocazione d’ambiente e
d’atmosfera. 

  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Italiano                                             Il romanzo omonimo di Niccolò Ammaniti 

Geografia                                         Le Murge               

Storia                                                L’Italia degli anni Settanta

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lascia perdere johnny

Lascia perdere, Johnny!


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Fabrizio Bentivoglio
SOGGETTO E Fabrizio Bentivoglio, Umberto Contarello, Filippo Gravino, Guido Luculiano,
SCENEGGIATURA Valia Santella
FOTOGRAFIA Luca Bigazzi (colori)
MONTAGGIO Esmaralda Calabria
MUSICA Fausto Mesolella
INTERPRETI Antonio Merolillo, Ernesto Mahieux, Peppe Servillo, Toni Servillo, Fabrizio
Bentivoglio, Valeria Golino, Lina Sastri
PRODUZIONE Domenico Procacci per Fandango
DURATA 104’
ORIGINE Italia, 2007
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Linea d’ombra


Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e
Società

  

TRAMA
 Caserta, 1976. Il diciottenne Faustino, aspirante chitarrista professionista, viene incaricato dall’impresario
Raffaele di badare ad Augusto Reverberi, famoso compositore del nord che si farà accompagnare dalla band di
cui fa parte lo stesso Faustino, nella sua tournée in Campania. La tournée al sud dell’improvvisato gruppo
sembra avere un buon successo, sennonché l’impresario se ne va con i soldi senza farsi più vedere

TRACCIA TEMATICA
Il film è la storia dell’iniziazione alla vita del giovane Faustino che attraversa con l’ingenua innocenza
dell’età la  linea che lo separa dal mondo degli adulti , senza perdere la speranza di poter sfondare come
musicista. Il contatto con il freddo settentrionale, così diverso dalla solarità della sua terra, e probabilmente la
presa d’atto di un probabile bidone, lo fa, forse, maturare, rendendolo consapevole della vacuità delle sue
fragili speranze.

Ma il vero protagonista della pellicola è lo squarcio di umanità borderline che ci si squaderna davanti. Un
microcosmo variopinto dei lontani anni Settanta cui fa da cornice un meridione di provincia povero, ma dignitoso,
sgangheratamente chiassoso e cialtrone, ma dopotutto simpatico e vitale.

VALUTAZIONE CRITICA
 Lo sguardo che il regista rivolge al suo piccolo mondo di orchestrali strampalati, musicisti in declino e impresari
imbroglioni non è di condanna, bensì affettuosamente appassionato e malinconico, come di chi si rivolge ad un
passato che in un qualche modo si è vissuto e nei confronti del quale non si può che essere indulgenti.

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lascia perdere johnny

Lascia perdere Johnny! risulta un film gradevole e gustoso nella sua stralunata ironia, un’opera senza grandi
pretese che riesce a divertire e anche ad avvincere chi (forse anche per ragioni d’età) si lascia coinvolgere dalle
suggestioni nostalgiche che affiorano in abbondanza.

L’opera prima di Bentivoglio si avvale dell’essenziale contributo degli Avion Travel (il crooner del film è il
membro del gruppo Peppe Servillo), i cui racconti hanno costituito la base che ha ispirato la storia.  Per quanto
deformate da evidente intento caricaturale le atmosfere, i locali e i personaggi evocati hanno un preciso
riferimento reale.   

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                            Gli anni Settanta in Italia

Storia della musica                       La musica nell’Italia degli anni Settanta     

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Età acerba

L’età acerba
TITOLO ORIGINALE Les roseaux sauvages
REGIA André Techiné
SOGGETTO André Techiné
SCENEGGIATURA André Techiné, Gilles Tuarand, Olivier Massart
FOTOGRAFIA Jeanne Lapoirie (colori)
MUSICA Strauss, Beach Boys, Del Shannon, ecc..
MONTAGGIO Martine Giordano
INTERPRETI Elodie Bouchez, Gael Morel, Frédéric Gonry, Stephane Rideau
PRODUZIONE La sept/arte, Ima, Sfp, Les Films Alain Sarde
DURATA 110’
ORIGINE Francia, 1994
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Primi amori

L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Linea d’ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Francia, 1962. Con gli accordi di Evian il governo francese riconosce l’indipendenza dell’Algeria, l’OAS,
un’organizzazione di estrema destra contraria a liberare la colonia e che esprime gli interessi dei francesi
residenti in Algeria costretti a tornare in patria (i cosiddetti pied-noir), attua azioni terroristiche. La situazione è
tesa e sulla Francia incombe il pericolo di una guerra civile. Gli echi di questa drammatica situazione arrivano
anche in una cittadina della Francia meridionale, dove si trova il liceo nel quale studiano i protagonisti della
storia. Serge proviene da una famiglia contadina e il fratello muore in Algeria pochi giorni prima degli esami,
François nasconde con la timidezza e l’introversione la propria omosessualità, Henry è un pied-noir e vive con
grande apprensione le notizie che giungono dall’Algeria, infine Maité, figlia dell’insegnante di francese degli
altri tre, milita con passione e convinzione nel partito comunista. François è amico di Maité ed è innamorato di
Serge, il quale, a sua volta, ama Maité. A un certo punto entra in scena Henry, che recatosi alla sezione del
partito comunista per bruciarla vi trova Maité e se ne innamora. L’ultimo giorno di scuola i quattro ragazzi si
ritrovano in campagna dove questa intricata situazione sentimentale si chiarisce.

TRACCIA TEMATICA
Ognuno dei quattro protagonisti appare bloccato in un ruolo imposto dall’esterno. Maité, nasconde la propria
femminilità dietro un impegno politico e una serietà forse troppo precoci, François, educato all’insegna del

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Età acerba

rigorismo cattolico, vive con senso di colpa e frustrazione la propria omosessualità, Serge si sente sopraffatto dalla
responsabilità di doversi fare carico della famiglia dopo la morte del fratello maggiore, Henry rinuncia a vivere la
giovinezza ossessionato com’è dal ricordo della morte violenta del padre e dal destino dei francesi d’Algeria. Le
differenze politiche, di cultura e di temperamento sembrano dividere questi adolescenti, o comunque rendere
problematici i rapporti reciproci. L’attaccamento totale e incondizionato alle proprie idee e la ritrosia ad
esprimere i sentimenti più intimi sono una caratteristica dell’adolescenza.

E’ nel rigoglioso e accogliente scenario di una campagna complice e ammiccante che si compie una specie di
rito iniziatico che traghetterà i protagonisti dall’età acerba all’età adulta: l’amore supera ogni barriera (è
significativo che siano proprio i più politicamente distanti a rivelarsi la reciproca attrazione) e cadono le ultime
inibizioni (François, che ha superato una tachicardia molto psicosomatica, accetta la sua omosessualità e confessa
il suo amore a Serge, che abbandona, in nome della libertà, l’intenzione di sposare la cognata per mandare avanti la
famiglia).

VALUTAZIONE CRITICA
Téchiné lavora assai bene su una strategia espressiva incentrata sulla contrapposizione interni-esterni o per
meglio dire tra spazi istituzionali (scuola, cimitero, sezione di partito, ecc..) e spazi naturali (una campagna non
priva di suggestioni pittoriche alla Renoir), i primi deputati alla costrizione dei protagonisti entro gli obblighi
che la vita e le circostanze sembrano aver assegnato loro e quindi fortemente condizionanti e costrittivi, i
secondi destinati a sciogliere le inibizioni e a favorire una comunicazione più sincera e spontanea. Così la
stessa sessualità, tanto importante e decisiva nella fase adolescenziale, si esprime senza ritrosie e censure nella
solitudine della campagna (pensiamo all’erezione di Serge, che segue significativamente la sua fuga
dall’insopportabile retorica patriottica del funerale del fratello, o al primo rapporto sessuale di Maité, altrettanto
significativamente consumato all’aperto e non, come sarebbe stato possibile, nella sua abitazione la sera prima).

La natura insomma libera le pulsioni vitali e positive di un’adolescenza ingabbiata da ruoli e ideologie
troppo prematuramente acquisite e proprio per questo nell’inquadratura finale la macchina da presa con una
stupenda panoramica circolare riempie di verde lo schermo prima di salutare i protagonisti che scompaiono in
lontananza.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) La guerra d’Algeria e la lotta di liberazione del popolo algerino. B) Il contesto europeo e
internazionale, con particolare riferimento alla Francia, nel 1962.

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Ovosodo

Ovosodo
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Paolo Virzì
SOGGETTO E Paolo Virzì, Francesco Bruni, Furio Scarpelli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Italo Petriccione (colori)
MONTAGGIO Iacopo Quadri
MUSICA Battista Lena e Snaporaz
INTERPRETI Edoardo Gabbriellini, Marco Cocci, Regina Orioli, Nicoletta Braschi, Claudia
Pandolfi
PRODUZIONE Vittorio e Rita Cecchi Gori per C.G.G. Tiger Cinematografica
DURATA 100’
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Linea d’ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Piero Mansani nasce alla metà degli anni settanta a Livorno nel quartiere popolare Ovosodo. Rimasto presto
orfano di madre, vive con il fratello handicappato e un padre balordo che ben presto finisce in galera, lasciando
la cura dei figli alla sua nuova compagna. Piero stabilisce un forte legame d’affetto con la sua exdocente delle
medie Giovanna, che intuendone le potenzialità nelle materie umanistiche lo induce ad iscriversi al Liceo
classico. Qui fa la conoscenza di Tommaso, ragazzo anticonformista e ribelle, che tiene nascosto al suo nuovo
amico il fatto di essere figlio del più ricco industriale di Livorno. L’incontro con Tommaso apre nuovi orizzonti
a Piero, sia sul piano degli interessi culturali, sia su quello delle conoscenze. S’innamora infatti della viziata e
volubile cugina dell’amico, ricavandone solo delusioni e una bocciatura all’esame di maturità. Alla fine sposa
una vicina di casa e va a lavorare nella fabbrica del padre di Tommaso.

TRACCIA TEMATICA
Ovosodo è quello che con un termine tedesco di origine letteraria si chiama Bildungsroman, cioè un racconto di
formazione incentrato sul passaggio da una fase ad un’altra dell’esistenza tramite esperienze fondamentali per la
costruzione della personalità e del punto di vista sul mondo e le cose.

Piero è un personaggio di estrazione proletaria (se non addirittura sottoproletaria, se pensiamo alla precarietà del
suo contesto familiare), che attraverso la professoressa Giovanna e lo spregiudicato Tommaso accede ad un
ambiente sociale (il liceo e le altolocate relazioni dell’amico) che non gli appartiene, collocandosi in una zona
intermedia tra una sanguigna e schietta cultura popolare che ha segnato la sua infanzia e una dimensione
borghese ricca di stimoli e contraddizioni, nella quale stenta ad inserirsi (una posizione di confine tra due
realtà distanti, ben espressa dall’opera di divulgazione dei classici letterari che svolge in fabbrica).

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Ovosodo

Di fronte al duplice tradimento dell’amico Tommaso e di Lisa, Piero torna alle radici, rappresentate da
Susy, spontanea e autentica quanto Lisa è artefatta e inaffidabile. Una scelta più subita che meditata e che non
lo convince completamente (un uovo sodo che non va né su né giù), forse come niente l’ha mai veramente convinto
sino in fondo.

VALUTAZIONE CRITICA
Virzì si mantiene fedele al modello della Commedia all’italiana, di cui rappresenta uno dei più originali e
convincenti continuatori. In Ovosodo ritroviamo di questo genere centrale nella tradizione cinematografica
italiana alcuni elementi fondamentali: il localismo (in questo caso la Toscana) con la conseguente accentuata
connotazione linguistica in chiave dialettale, l’umorismo (qui basato soprattutto sull’ironico commento off  del
protagonista), la tendenza caricaturale nella delineazione dei personaggi di contorno (sia di quelli antipatici,
pensiamo ai compagni di scuola del liceo e ai genitori di Tommaso, sia di quelli simpatici, pensiamo agli operai
della fabbrica, agli abitanti del quartiere e perfino al padre di Piero), la vena antiborghese di stampo populista (il
mondo dei ricchi è moralmente corrotto, quello dei poveri sano. Antitesi ben espressa dal dualismo Lisa-Susy), il
retrogusto amaro che segue al sorriso, il tentativo di offrire uno spaccato (anche solo limitato e parziale) di un
pezzo di società (in questo caso il mondo dei giovani e l’universo di quartiere).

Il merito di Virzì va ricercato negli sprazzi di novità che innesta su questa tradizione che sembrava ormai
logora e fossilizzata: l’uso di attori sconosciuti o quasi (anziché di grandi nomi, magari d’origine televisiva),
assai in parte e credibili, la mancanza di volgarità, la simpatia per i luoghi e i personaggi (di contro alla
compiaciuta cattiveria di tanti maestri del genere, come D. Risi e M. Monicelli), il felice equilibrio di una
sceneggiatura che non vive solo di trovate isolate (magari anche divertenti o carine), ma riesce a costruire una
storia solida e coerente.

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Ragazze

Ragazze
TITOLO ORIGINALE Career Girls
REGIA Mike Leigh
SCENEGGIATURA Mike Leigh
FOTOGRAFIA Dick Pope (colori)
MONTAGGIO Robin Sales
MUSICA Marianne Jean-Baptiste, Tony Rémy
INTERPRETI Katrin Cartlidge, Lynda Steadman
PRODUZIONE Simon Channing-Williams per Channel Four/Thin Man Films Ltd/Matrix Film
Partnership
DURATA 87'
ORIGINE Gran Bretagna, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d'ombra/Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Annie e Hannan si ritrovano a Londra per passare una giornata insieme dopo sei anni senza essersi viste. Si
dedicano soprattutto alla rievocazione dei vecchi tempi, quando, studentesse universitarie, condividevano lo
stesso appartamento: riaffiorano i ricordi dei momenti che hanno cementato la loro amicizia e delle conoscenze
e frequentazioni di quel periodo.

TRACCIA TEMATICA
Dal confronto tra passato e presente emergono due persone che da ragazze sono diventate donne, senza per
questo aver risolto i nodi di fondo della loro esistenza (un'identità non pienamente definita, il difficile rapporto
con i genitori, una vita sentimentale insoddisfacente): hanno superato i tic e le nevrosi di un tempo, ma sono ancora
in una fase di ricerca e provano un po' di nostalgia per il periodo inquieto e confuso, ma vitale, dell'università.

Amicizie ed amori di quella stagione lontana riaffiorano come fantasmi nella stessa giornata: tutti sono
profondamente cambiati, sino a diventare irriconoscibili, tranne Dick, un povero disadattato sempre più sprofondato
nel proprio delirio interiore. Annie e Hannan sembrano collocarsi nello spazio stretto tra una completa
integrazione sociale (ben simboleggiata dall'ex-amante di Hannah diventato marito e agente immobiliare e dalla
loro ex-convivente impegnata nel jogging tanto da non riconoscere le amiche) e la regressione psichica del
povero Dick.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm113.htm[12/07/2017 19:03:57]
Ragazze

Alla fine acquisiscono entrambe la piena consapevolezza dell'importanza del valore dell'amicizia, come
sentimento che, se autentico, è in grado di resistere nel tempo.

VALUTAZIONE CRITICA
Mike Leigh si conferma con questo film regista attento a sondare territori umani segnati da situazioni di
marginalità sociale e difficoltà psicologica, cosa che sa fare con misurata e acuta capacità di penetrazione di
caratteri e temperamenti, accompagnata da una sincera simpatia per i suoi personaggi.

Sostenuto da una bella prova recitativa delle due attrici protagoniste, Ragazze vive dal punto di vista formale
soprattutto sull'intreccio passato-presente, gestito, nonostante ormai costituisca una modalità narrativa tipica di
tanto Cinema contemporaneo, con abile senso del ritmo tramite repentini stacchi di montaggio che creano
spiazzanti cortocircuiti tra una dimensione temporale e l'altra.

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Scalciando e strillando

Scalciando e strillando
TITOLO ORIGINALE Kicking and Screaming
REGIA Noah Baumbach
SOGGETTO Noah Baumbach, Oliver Berkman.
SCENEGGIATURA Noah Baumbach
FOTOGRAFIA Steven Bernstein (colori)
MUSICA Phil Marshall
MONTAGGIO J. Kathleen Gibson
INTERPRETI Josh Hamilton, Olivia d'Abo, Carlos Jacott, Chris Eigeman, Eric Stoltz, Jason
Wiles, Cara Buono, Elliot Gould
PRODUZIONE Joel Castleberg per Trimark
DURATA 96'
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Un gruppo di amici ha terminato l'Università e festeggia il conseguimento della laurea. Progetti, previsioni,
perplessità, rotture con la ragazza si intrecciano in questa serata più malinconica che festosa. I mesi successivi
trascorrono all'insegna di giorni noiosi, regressioni infantili, amori fugaci, velleità letterarie, nostalgia per il
passato, senza che nessuno riesca veramente a superare il momento dell'attesa per aprire un nuovo capitolo
della propria esistenza.

TRACCIA TEMATICA
Il film esplora uno dei momenti topici dell'esperienza giovanile, la fine dell'Università e l'attesa
dell'immissione nel mondo degli adulti, vissuto dai protagonisti come fase di stallo che, tra paure e ansie di varia
natura, si vorrebbe (più o meno consapevolmente) prolungare in eterno. Scalciando e strillando ci parla insomma
del rifiuto di crescere e del senso di vertigine che provoca il venir meno del periodo più spensierato della
giovinezza, cui si reagisce aggrappandosi ad un rapporto amicale ormai sfibrato e sempre più insoddisfacente.

Un ruolo privilegiato spetta al dilemmatico personaggio di Grover, emblematico, nel suo nostalgico
vagheggiamento della ragazza che ha perduto e nelle sue disordinate avventure sentimentali, dello stato
confusionale di tutto il gruppo. Quando alla fine vuole raggiungere Jane a Praga, seguendo un'istintiva pulsione
liberatoria dal blocco esistenziale nel quale è immerso, non ha il passaporto, simbolo di un'identità ancora da
raggiungere.

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Scalciando e strillando

VALUTAZIONE CRITICA
Con ogni probabilità il venticinquenne Noah Baumbach ha trasferito sullo schermo parte di un microcosmo
giovanile che deve conoscere bene per esperienza diretta. Tuttavia, il probabile substrato autobiografico del
film non impedisce al regista di assegnare a situazioni e personaggi una valenza di rappresentatività
sufficiente perché molti giovani possano identificarsi, se non proprio in tutto ciò che sullo schermo i loro
coetanei fanno e dicono, almeno in quello stato di perplesso torpore esistenziale che li prende quando si tratta
di decidere cosa fare della propria vita.

Scalciando e strillando sconta un certo eccesso di verbalismo e di artificioso compiacimento (da troppo esibita
cultura della inquietudine giovanile del tipo: come siamo tormentati e infelici noi giovani, ma anche simpatici e
intelligenti con le nostre battute e il nostro retroterra culturale), ma lavora bene su di una struttura ad
accumulo (scarsa l'azione e inesistente l'intreccio) di situazioni e stati d'animo sempre più insostenibili e
frustranti.

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Stand by me

Stand By Me
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Rob Reiner
SOGGETTO Dall'omonimo romanzo di Stephen King
SCENEGGIATURA Raynold Gideon, Bruce A. Evans
FOTOGRAFIA Thomas Del Ruth (colori)
MUSICA Jack Nitzsche
MONTAGGIO Robert Leighton
INTERPRETI Will Wheaton, River Phoenix, Corey Feldman, Jerry O' Connell, Richard
Dreyfuss
PRODUZIONE Bruce A. Evans, Raynold Gideon e Andrew Scheiman per la ActIII
DURATA 89'
ORIGINE USA, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio/Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
1959. In un paesino dell'Oregon quattro amici vengono a sapere che lungo i binari della ferrovia è stato
avvistato il cadavere di un ragazzo del luogo. Decidono subito di partire alla ricerca del corpo. Dopo una serie di
prove da superare, i protagonisti raggiungono l'obiettivo prefissato e quando tornano al loro paese avvertono di
aver vissuto un'esperienza irripetibile e che da quel momento non saranno più come prima.

TRACCIA TEMATICA
Il film sposta la cosiddetta linea d'ombra, quella che segna il passaggio dalla giovinezza all'età adulta,
all'indietro, collocandola nel momento di trapasso dall'infanzia all'adolescenza. Stand by me è la storia di un
viaggio iniziatico, superato il quale i quattro protagonisti acquisiscono una più matura consapevolezza della propria
capacità di superare le difficoltà e affrontare la vita: non sono ancora adulti, ma nemmeno più bambini e sono scesi
definitivamente dalla casa sull'albero per scontrarsi e confrontarsi con il mondo.

Le prove che devono superare, al pari degli eroi delle fiabe, per accedere all'autostima sono essenzialmente
cinque. La prima è quella della discarica, luogo temuto in quanto avvolto da una fama sinistra: l'incontro con un
piccolo bastardo e un grassone imbranato fa misurare loro tutta la distanza fra mito e realtà. La seconda è costituita
dall'attraversamento del ponte, sfida ad alto rischio con la morte e quindi affermazione di coraggio. La terza è il
bosco di notte, luogo tipico delle paure dell'infanzia. La quarta è una prova di dolore fisico: il bagno nel laghetto e i
corpi che si riempiono di sanguisughe. La quinta e ultima è l'incontro con il cadavere, e quindi con la realtà della
morte e della nostra vulnerabilità, idea assente nella dimensione infantile, ma è anche e soprattutto lo scontro
vincente con i più grandi per la conquista di un povero corpo che appartiene ai quattro amici in quanto aveva la

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Stand by me

stessa età, era della stessa generazione.

VALUTAZIONE CRITICA
Assegnando ad uno dei quattro amici, ormai adulto e scrittore di professione, il compito di raccontare molti anni
dopo la vicenda, il regista ottiene il risultato di avvolgere la storia in un alone mitico e nostalgico, come
meritano quegli eventi reputati centrali per la nostra formazione e nel cui ricordo realtà e fantasia finiscono spesso
per confondersi in una mescolanza che la stessa ricostruzione romanzesca autorizza.

Proprio questa riuscita ricerca d'equilibrio fra la dimensione realistica di verosimiglianza da una parte e
quella crepuscolare sul filo della memoria dall'altra, fortemente orientata sul piano dell'immaginazione (e anche
dell'invenzione fantastica, se pensiamo al racconto di uno degli amici attorno al fuoco), risulta uno dei pregi
maggiori del film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese   Confronto fra il romanzo di Stephen King e il film.

Geografia   L'ambiente naturale dell'Oregon.

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stella

Stella
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Sylvie Verheyde
SOGGETTO E Sylvie Verheyde
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Nicolas Gaurin (colori)
MONTAGGIO Christel Dewynter
MUSICA NosDeux the Band
INTERPRETI Lèora Barbara, Mélissa Rodrigues,Laetitia Guerard, Karole Rocher, Benjamin
Biolay, Guillaume Depardieu
PRODUZIONE Bruno Berthémy per Les Films du Veyrier/Arte France Cinéma/Wdr-Arte
DURATA 103’
ORIGINE Francia, 2008
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Linea d’ombra


Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
 Parigi, 1977. Stella, pur provenendo da una famiglia di estrazione popolare, frequenta un liceo prestigioso.
Naturalmente si trova a disagio in un ambiente tanto diverso dal suo e all’inizio i risultati scolastici sono
negativi. L’amicizia con una compagna di classe con genitori intellettuali cambierà la sua vita.

TRACCIA TEMATICA
 Stella è la storia di un percorso d’iniziazione incentrato sul passaggio dall’infanzia all’adolescenza.

La protagonista si congeda progressivamente da un microcosmo in cui si riduceva l’intera sua esistenza e che era
costituito da un miserabile caffè-albergo popolato da un’umanità alla deriva per approdare al gusto della lettura e
più in generale della conoscenza.

Il rapporto con la compagna Gladys, che la introduce in un territorio umano e culturale per lei del tutto
estraneo, ha per Stella un’importanza cruciale, tale da farle maturare la consapevolezza della ristrettezza
mentale e dell’angustia umana della sua famiglia e dell’ambiente nella quale è stata fino ad allora inserita.    

La promozione scolastica rappresenta per Stella una vittoria su se stessa e sulla sua sventurata origine e
sancisce un distacco, probabilmente definitivo, con dei genitori che poco hanno saputo darle e la sua adozione
simbolica da parte della famiglia di Gladys (la telefonata finale con cui annuncia alla madre il felice esito
scolastico coincide significativamente con la richiesta di passare la notte con l’amica).

VALUTAZIONE CRITICA
 Con Stella la Verheyde rievoca in parte la sua stessa infanzia. La regista ha dichiarato: "Come Stella sono
cresciuta in un caffè operaio. Come Stella sono entrata in una scuola che ha cambiato la mia esistenza. Io vivevo
in un deserto culturale: i miei genitori non leggevano, la mamma sapeva appena scrivere, non si andava al
cinema, non si vedeva insieme la televisione perché essi lavoravano quattordici ore al giorno. In quella scuola ho

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stella

capito, confusamente, che la cultura era un’occasione. La scuola era per me l’unico punto di ancoraggio e
orientamento".

Il diretto collegamento tra la vicenda narrata e la sua origine autobiografia non ha impedito alla regista di
conservare un atteggiamento di relativa distanza emotiva con la protagonista sua alter-ego, mantenendo un
registro piuttosto oggettivo e leggero alla narrazione ed evitando ogni forma di facile mitizzazione nostalgica
del passato. La stessa voce fuori campo non sottolinea in modo ripetitivo gli eventi, ma sviluppa considerazioni
che ci introducono nel processo di crescita di Stella e finiscono per accrescere la nostra  visuale sul suo itinerario di
formazione.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione musicale                          La musica degli anni settanta.

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tutta la vita davanti

Tutta la vita davanti


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Paolo Virzì
SOGGETTO Dal romanzo “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia
SCENEGGIATURA Francesco Bruni, Paolo Virzì
FOTOGRAFIA Nicola Pecorini (colori)
MONTAGGIO Esmeralda Calabria
INTERPRETI Isabella Ragonese, Michaela Ramazzotti, Valerio Mastrandea, Sabrina Ferilli,
Massimo Ghini, Elio Germano
PRODUZIONE Paolo Virzì per Motorino Amaranto/Medusa
DURATA 90’
ORIGINE Italia, 2008
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Linea d’ombra


Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
La venticinquenne Marta è laureata con lode in filosofia, ma non trova di meglio che impiegarsi in un call-
center che sfrutta senza scrupoli e al riparo da ogni tutela sindacale le giovani dipendenti. Marta si mette in
evidenza per le sue capacità persuasive nei confronti dei clienti, ma ben presto si rende conto del cinismo e
dell’immoralità che domina nel suo ambiente di lavoro.

TRACCIA TEMATICA
Il film tematizza uno dei principali problemi della nostra società: la disoccupazione giovanile e il lavoro precario
e instabile cui spesso ci si deve adattare per sopravvivere. In particolare Tutta la vita davanti (luogo comune
continuamente ripetuto e che acquista un evidente sapore ironico) si concentra sugli aspetti più estremi ed
aberranti di questa svalorizzazione del lavoro, ben sintetizzati dal call-center al centro della storia, dove  vige
una spietata competitività, malamente mascherata da una finta allegria e da un’artificiosa euforia. Della natura
disumanizzante ed umiliante di questo tipo di occupazione, priva di ogni forma di tutela sindacale, acquista
coscienza Marta, la sensibile e colta protagonista, che qui simboleggia il sempre più folto popolo di giovani
laureati costretti a svolgere lavori di basso profilo professionale e lontani dal loro titolo di studio.  

VALUTAZIONE CRITICA
Il film ha il merito di denunciare uno dei fenomeni peggiori (e relativamente nuovi) della contemporaneità: il
lavoro precario e supersfruttato, privo di tutele sindacali. Lo fa con i modi della commedia, riallacciandosi alla
grande tradizione della commedia all’italiana degli anni Sessanta, che criticava con corrosivo  senso del grottesco
e dell’umorismo i mali della nostra società.

Tra le cose migliori lo sguardo morale della giovane protagonista, che svolge il suo percorso d’iniziazione nella
realtà di un mondo spietato cercando di conservare la propria dignità, e i personaggi della bambina Lara e
dell’anziana che soffre di solitudine (delicate figurine dell’emarginazione contemporanea). Tra le cose peggiori

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tutta la vita davanti

la voce fuori campo (inutilmente ridondante nel suo eccesso di didascalismo), la riduzione a macchiette di alcuni
personaggi secondari (come l’adrenalinico Lucio, i bacucchi docenti universitari, gli amici disillusi e piazzati,
l’improbabile sindacalista) e lo sforzo di voler rintracciare una dimensione umana anche nei due antipatici
principali.

Ma è più in generale la propensione all’ approssimazione da bignamino di sociologia e alle soluzioni narrative
facili e scontate (la caduta in disgrazia di Lucio, la morte della madre, il prostituirsi di Sonia) che abbassano la
qualità della pellicola.     

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto                                                La legislazione relativa al lavoro a tempo determinato in Italia 

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Tutto l'amore che c'è

Tutto l’amore che c’è


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Sergio Rubini
SOGGETTO E Domenico Starnone, Sergio Rubini
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Paolo Carnera (colori)
MUSICA Michele Fazio
MONTAGGIO Angelo Nicolini
INTERPRETI Sergio Rubini, Margherita Buy, Damiano Russo, Michele Venitucci, Francesco
Cannito, Pierluigi Ferrandini, Marcello Introna, Antonio Lanera, Vittoria Puccini,
Alessandra Riveda, Teresa Saponangelo, Gérard Depardieu
PRODUZIONE Vittorio Cecchi Gori per CGG
DURATA 95’
ORIGINE Italia, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Come eravamo/Linea d’ombra

Momenti di gioventù/Condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e Società

Primi amori

Amore/Condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e Società

TRAMA
Provincia pugliese, metà anni Settanta. Un gruppo di giovani vive le esperienze tipiche dell’età e di quegli anni:
la musica rock, la radio libera, gli studi universitari, la passione politica, gli amori e soprattutto tanto tempo al
bar e tante vasche nelle vie del paese. Tra di essi assume un ruolo particolare Carlo, ancora sedicenne e
studente al liceo, alle prese con la prima grande cotta e con un padre che lo coinvolge in dilettantesche
rappresentazioni teatrali. La tranquillità di questo angolo di provincia viene rotta dall’arrivo delle tre figlie
disinibite e anticonformiste di un ingegnere milanese, dipendente di un’impresa che dovrebbe aprire una nuova
fabbrica nella zona. Le tre ragazze sono destinate a sconvolgere l’esistenza dei giovani del paese.     

TRACCIA TEMATICA
Il film affronta molteplici tematiche. Quella ambientale-sociologica, incentrata sulla dimensione di un
microcosmo provinciale meridionale ripiegato in se stesso. Quella epocale, che rievoca gli anni Settanta, segnati da
atteggiamenti anticonformisti nel costume e nella morale (incarnati soprattutto nelle tre ragazze venute dal nord).
Quella della condizione giovanile, proposta  in quel groviglio di insoddisfazione, inquietudine e voglia di nuove
esperienze che la caratterizza. Quella del conflitto genitori-figli, improntato ad una radicale mancanza di dialogo e
comunicazione. Quella politica, resa attraverso la patetica figura del vecchio comunista Molotov e il riferimento al
mancato decollo industriale del sud.

Ciò su cui, però, il film insiste in modo particolare è nella delineazione dell’universo mentale e
comportamentale dei protagonisti (improntato al maschilismo e ad una sostanziale arretratezza culturale)
sconvolto dall’apertura su nuovi orizzonti di libertà e sessualità imposta dall’arrivo delle ragazze settentrionali.

Carlo (attraverso il cui sguardo viviamo quasi tutta la vicenda) è l’unico personaggio positivo che, nel candore
della propria adolescenza, non vive le laceranti contraddizioni degli amici più grandi, stretti fra l’aspirazione a
sottrarsi ad un’esistenza falsa e già programmata e la difficoltà a farlo. Alla sua fuga dal paese con Lena, il film

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Tutto l'amore che c'è

sembra affidare il proprio messaggio di speranza e di ottimismo.

VALUTAZIONE CRITICA
Ciò che impedisce a Tutto l’amore che c’è di essere un bel film, o anche soltanto un film discreto o piacevole, è
l’ambizione del progetto, che insegue troppe strade nel tentativo di offrire un quadro il più possibile
onnicomprensivo di un contesto sociale ed umano che appartiene al passato prossimo. Di qui il mettere troppa
carne al fuoco, appesantendo il nucleo narrativo centrale (lo sconvolgimento determinato dall’arrivo delle ragazze
del nord) con troppe deviazioni, quasi a voler abbracciare tutta la realtà che c’era attorno ai giovani protagonisti. Il
personaggio del padre di Carlo con la sua passione teatrale e i suoi conflitti con la moglie non riesce a inserirsi in
modo convincente nella storia, così come alcuni dei componenti del gruppo di giovani amici e Molotov, sbozzati
con troppa superficialità e gusto macchiettistico. I riferimenti politici e alle mode giovanili degli anni Settanta
risultano, poi, superficiali e affrettati, destinati rimanere un elemento di sfondo incapace di inserirsi in modo
efficace nella dinamica del racconto. Ne esce una sensazione di discontinuità narrativa e di giustapposizione di
elementi che non si integrano fra di loro.     

Rimane la lodevole intenzione di affrontare un tema (la condizione giovanile nella realtà depressa del nostro
meridione) in genere poco esplorato dal nostro Cinema.  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                               Gli anni Settanta in Italia

Educazione musicale                     La musica pop degli anni Settanta

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Mercoledì da leoni

Un mercoledì da leoni
TITOLO ORIGINALE The Big Wednesday
REGIA John Milius
SOGGETTO John Milius, Dennis Aaberg
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Bruce Surtees (colori)
MUSICA Basil Poledouris
MONTAGGIO Robert J. Wolfe
INTERPRETI Jean-Michel Vincent, William Katt, Gary Busey
PRODUZIONE Buzz Feitshams per la A Team production/Warner Bros.
DURATA 120'
ORIGINE USA, 1978
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Linea d'ombra/Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
1962. Matt, Jack e Leroy, tre giovani amici appassionati di surf, oltre la passione per questo sport condividono
gran parte del loro tempo libero occupato da amori, sbronze, scazzottate e puntate in Messico. Negli anni
successivi il loro rapporto tende ad allentarsi: Jack parte militare per il Vietnam, Matt intristisce sempre più,
schiacciato dal ricordo nostalgico del suo passato di campione del surf, Leroy rimane solo e indipendente.

1974. Arriva una grande mareggiata, ideale per le esibizioni di surf, e i tre amici, che non si vedevano da anni,
si ritrovano spontaneamente per dare spettacolo di fronte a una folla entusiasta.

TRACCIA TEMATICA
Quella tra i tre protagonisti è la classica amicizia virile, incentrata sulla condivisione di doti di coraggio e
abilità. Il surf diventa elemento fondamentale di identità e consacrazione dell'amicizia, ben più di altri riti tipici
dell'età, quali le risse e le ubriacature.

La fine della giovinezza coincide con il venir meno del surf, che rimane tuttavia l'unico momento autentico di unità
e riconoscibilità del gruppo: solo affrontando le onde i tre amici si sentono veramente se stessi, in un rapporto
diretto con la natura che azzera tutte le delusioni e frustrazioni accumulate nella vita. Alla presenza
incombente della morte (indimenticabile nella sua agghiacciante malinconia la sequenza della riunione notturna
nello sterminato cimitero di guerra) si contrappone il vitalismo che spinge i protagonisti ad affrontare il mare in
tempesta.

La mareggiata del 1974 diventa l'ultima possibilità di affermare la propria vocazione all'eroismo, di
consegnarsi al mito, la prova iniziatica, differita per anni per paura di crescere e del tempo che passa, per
accedere definitivamente all'età adulta. Per questo Matt, quello fra i tre più lacerato dalle responsabilità e dalla

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Mercoledì da leoni

nostalgia, consegna la sua tavola ad un giovane chiudendo finalmente i conti con la giovinezza e accettando con
serenità il succedersi delle stagioni e delle generazioni.

VALUTAZIONE CRITICA
Milius lavora su più modelli narrativi: nella prima parte assegna al racconto della fase più spensierata e frenetica
della giovinezza il registro leggero della commedia giovanile, aneddotico-umoristica (i flirt, le risse e la
messinscena alla visita di leva) e avventuroso da road-movie (la gita in Messico), nella seconda quello
drammatico-esistenziale (la crisi di Matt e di Bear, la morte di Waxer, l'abbandono di Jack da parte della
fidanzata) e riflessivo-crepuscolare (l'omaggio notturno all'amico morto, il colloquio tra Matt e Bear), sino ad
arrivare alla splendida apertura epica del finale che, nell'incedere in spiaggia dei tre amici ritrovati, che ricorda
l'avanzare intrepido degli eroi del western verso il duello finale, ripropone uno dei momenti topici del genere
cinematografico statunitense per eccellenza.

Al di là di questa grande capacità di assemblare suggestioni filmiche di diversa provenienza, Milius scandisce
temporalmente il racconto con immagini delle mareggiate, assegnando alle onde dell'oceano una risonanza tra il
trascendente e il religioso, quasi il mare fosse una divinità che racchiude in sé il mistero della vita.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione fisica   Lo sport del Surf.

Storia    La guerra del Vietnam.

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Aventura terribilmente complicata

Un'avventura terribilmente complicata


TITOLO ORIGINALE An Awfully Big Adventure
REGIA Mike Newell
SOGGETTO Dal romanzo di Beryl Bainbridge
SCENEGGIATURA Charles Wood
FOTOGRAFIA Dick Pope (colori)
MONTAGGIO Jon Gregory
MUSICA Richard Hartley
INTERPRETI Alan Rickman, Hugh Grant, Georgina Cates
PRODUZIONE Portman/Wolfhound Production, Advance House
DURATA 112'
ORIGINE Gran Bretagna, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e


Società

 
TRAMA
Liverpool, 1947. Stella è una sedicenne che coltiva la passione di diventare attrice teatrale. Trova impiego come
assistente di scena in un teatro della città e qui s'innamora subito del regista Potter, della cui evidente
omosessualità non si accorge. E' decisivo per lei l'arrivo nella compagnia dell'attore O'Hara, donnaiolo
impenitente, che inizia con lei una relazione conclusa dal suicidio dell'uomo che scopre una sconvolgente verità.

 
TRACCIA TEMATICA
Stella è una ragazza ingenua e timida, affascinata dal mondo del teatro al quale attribuisce connotati mitici,
incapace di coglierne le piccole e grandi meschinità quotidiane. Vittima del fascino del carismatico regista
Potter, coltiva il sogno romantico di poter coronare il suo amore per lui, senza coglierne né l'omosessualità, né
l'insopportabile narcisismo. In un ambiente teatrale impregnato di gelosie, ripicche e nevrosi, Stella
rappresenta una dimensione di purezza che la deprecabile umanità che la circonda può ormai solo
vagheggiare. Forse non è un caso che al teatro si rappresenti Peter Pan, la storia dell'ostinato rifiuto di crescere e
diventare adulti.

Il corrotto e vanesio O'Hara, che toglie a Stella verginità e innocenza assieme, sembra però l'unico, tra la
discutibile fauna che circonda la ragazza, ad avere qualche scrupolo morale, sino ad essere travolto dal peso di
una tremenda rivelazione.

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Aventura terribilmente complicata

  VALUTAZIONE CRITICA
Un'avventura terribilmente complicata parte dalla puntigliosa applicazione di alcuni dei canoni tipici del
Cinema britannico, quali l'accurata ricostruzione d'epoca, spinta ai limiti del manierismo e l'attenzione nel
tratteggiare le figure di contorno, che qui sconfina però nella caricatura (il personaggio del regista Potter, che poi
tanto secondario non è, viene risolto in pura macchietta). Piuttosto brusco appare poi il passaggio da una
dimensione che riecheggia la commedia alla fosca atmosfera da tragedia del finale (decisamente stonata nel
suo eccesso la morte subacquea di O' Hara), con una rivelazione di sapore melodrammatico, che carica la
vicenda di torbidi risvolti edipico-incestuosi.

La cosa migliore del film va ricercata nel personaggio di Stella (bravissima l'esordiente Georgina Cates), che
con l'intensità dei suoi sguardi  sul mondo, ora turbati, ora incantati, esprime con grande aderenza la fragile
innocenza dell'adolescenza.

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese   A) La Gran Bretagna nell'immediato secondo dopoguerra. 

                           B) Peter Pan di James Barrie.

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Will Hunting genio ribelle

Will Hunting, Genio ribelle


TITOLO ORIGINALE Good Will Hunting
REGIA Gus Van Sant
SOGGETTO Matt Damon
SCENEGGIATURA Ben Affleck, Matt Damon
FOTOGRAFIA Jean Yves Escoffier (colori)
MUSICA Danny Elfman
MONTAGGIO Pietro Scalia
INTERPRETI Matt Damon, Robin Williams, Ben Afflick
PRODUZIONE Lawrence Bender per Lawrence Bender Production
DURATA 126'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Linea d'ombra

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Will Hunting vive nei quartieri poveri di Boston, frequenta un gruppo di amici teppisti e lavora come inserviente
al prestigioso Massachusetts Institute of Technology. E' qui che un giorno risolve per caso un difficilissimo
problema matematico rivelandosi un genio. Il professor Lambeau, colpito dalle sue doti, cerca di strappare Will
alla sua esistenza dissipata e lo affida allo psicanalista Sean, che col tempo riesce a guadagnarsi la fiducia del
ragazzo convincendolo a dare una svolta alla sua vita. Will, che intanto si è innamorato di Skylar, una sua
coetanea studentessa universitaria, decide alla fine di lasciare amici scapestrati e vantaggiose offerte di lavoro
per raggiungere la ragazza in California.

TRACCIA TEMATICA
Will ha subìto un grave trauma infantile, la sua ragazza Skylar accusa problemi affettivi legati alla condizione di
orfana e i suoi amici non sembrano avere alle spalle una famiglia. Tutti i giovani protagonisti hanno in comune
questa assenza di un sicuro riferimento genitoriale e faticano a dare un senso preciso alla propria esistenza.

Il personaggio di Will esprime una doppia diversità, quella legata alla sua emarginazione sociale e quella derivata
dalla sua genialità, che lo fa sentire estraneo sia all'ambiente popolare, che pur frequenta, sia al richiamo di una
luminosa carriera che può renderlo ricco e affermato. Egli si è chiuso in un guscio resistente che gli inibisce
rapporti autentici e compiuti per il timore di rimanere ferito nei sentimenti.

Solo Sean, che ha vissuto un'esperienza di violenza infantile simile a quella del suo paziente, riesce a far breccia in
lui e a convincerlo a raggiungere Skylar. Will trova in Sean un sostituto del padre e dopo l'iniziale resistenza
accetta il ruolo di supplenza della figura paterna.

Non la genialità, per Will compensazione maniacale di un vuoto affettivo e veicolo di isolamento dagli altri e da se

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Will Hunting genio ribelle

stesso, gli darà la forza di rinnovare la sua vita, ma l'amore da cui trae la convinzione e il coraggio per uscire
dalla zona d'ombra di un'eterna adolescenza.

VALUTAZIONE CRITICA
Gus Van Sant è regista legato ai temi dell'emarginazione e della diversità giovanile (Drugstore Cowboy, Belli
e dannati), di cui propone con particolare sensibilità la dimensione psicologicamente più nevrotica unita ad
un'ambientazione che, sia negli esterni urbani, sia negli interni spogli e dimessi, comunica quel senso di oppressivo
squallore e irrimediabile isolamento che spesso segna l'esistenza di giovani bruciati dalla droga e dall'eccesso. I due
sceneggiatori-attori Damon e Affleck sono stati sicuramente ben serviti da una regia così attenta nel cogliere i
travagli e le inquietudini di un universo giovanile segnato dal rifiuto dell'integrazione e da un rapporto
conflittuale con il mondo.

Van Sant lavora soprattutto sui dialoghi, spesso incentrati sul gusto dell'invenzione affabulatoria (per tutto il
film i personaggi si raccontano storie e barzellette) quasi a non voler parlare di se stessi, e sugli squarci
metropolitani di Boston che sembrano schiacciare le persone annullandone identità e ansia di libertà.

 RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese    La Massachusetts Institute of technology.

Geografia   La città di Boston.

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Scuola

La scuola
TITOLO ORIGINALE Idem

REGIA Daniele Luchetti

SOGGETTO Dai romanzi "Ex cattedra", "Fuori registro" e "Sotto banco" di Domenico
Starnone

SCENEGGIATURA Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Domenico Starnone, Daniele Luchetti

FOTOGRAFIA Alessio Gelsini (colori)

MUSICA Bill Frisell

MONTAGGIO Mirco Garrone

INTERPRETI Silvio Orlando, Anna Galiena, Fabrizio Bentivoglio

PRODUZIONE Cecchi Gori Group-Tiger Cinematografica/Les films Alain Sarde

DURATA 102’

ORIGINE Italia, 1995

REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Sui banchi di scuola

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

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Scuola

TRAMA
Ultimo giorno di scuola. Classe IV A: ultime interrogazioni prima dello scrutinio finale che si svolgerà nel
pomeriggio. E’ soprattutto l’insegnante di lettere Vivaldi ad impegnarsi nel tentativo di fare arrivare tutti alla
sufficienza. Sua collega, di cui è segretamente innamorato, è la professoressa di matematica Majello, che
Vivaldi sospetta se l’intenda con Sperone, vicepreside spauracchio degli studenti e carrierista. Durante gli
scrutini Vivaldi cerca di difendere gli alunni che rischiano la bocciatura, scontrandosi con docenti meschini e
cinici. Quando lo scrutinio termina è già sera e la Majello confessa ad un sorpreso Vivaldi che è lui l’oggetto
del suo interesse e di aver fatto di tutto sin dall’inizio dell’anno scolastico per farglielo capire. Ormai però è
tardi e la Majello deve partire con il marito per le vacanze.

TRACCIA TEMATICA
L’immagine che il film offre della scuola è decisamente negativa: viene raffigurata come un’istituzione che
rasenta lo sfascio, non solo nel senso letterale del termine (soffitti crollati, scrutini svolti nella palestra, strutture
fatiscenti e decrepite), ma soprattutto per quel che riguarda l’incapacità del corpo docente a svolgere con serietà e
competenza il proprio lavoro. Il panorama è impietoso: insensibilità nei confronti degli alunni più svantaggiati,
severità scambiata per professionalità, volgare cialtronaggine, fragilità psicologica, addirittura assenza fisica.
Si salva solo il professor Viviani, che pur con i suoi difetti di buonismo e idealismo, interpreta con autentica
passione e convinzione il ruolo di insegnante umano e democratico, vicino agli alunni e fermamente convinto del
valore dell’istruzione. La scuola viene poi presentata come isolata e staccata dalla società, una specie di fortezza
incapace di capire i giovani perché distante dai loro problemi (significativo lo scavalcamento del muro, simbolo di
separazione, da parte di Viviani per andare a recuperare una sua alunna che sta amoreggiando con il bullo del
quartiere).

Piuttosto sullo sfondo restano gli studenti, di cui si sottolinea in particolare l’apatia e il disinteresse, se non il
vero e proprio assenteismo, come nel caso di Cardini, l’alunno difficile, quasi sempre assente (nel film non si
vede mai, se non di spalle), noto per la perfetta imitazione della mosca e come essa avvertito come un fastidio dalla
maggior parte degli insegnanti.

VALUTAZIONE CRITICA
Tratto dai racconti di Domenico Starnone, La scuola ripropone il gusto grottesco e caricaturale delle pagine
di questo insegnante (lavora proprio nell’istituto tecnico dove è stato girato il film), improvvisatosi scrittore (con
ottimi risultati) per trasfigurare in chiave amaramente umoristica quella realtà scolastica di cui è testimone
quotidiano. Tuttavia, anche se per questa aderenza allo spirito della pagina di Starnone (che figura anche tra gli
sceneggiatori) i personaggi del film, soprattutto quelli di contorno, sembrano vere e proprie macchiette, esagerate
nell’esprimere quell’aspetto negativo di cui sono portatori, è comunque indubbio che la pellicola di Luchetti
colga un indiscutibile grumo di verità riguardo al degrado della scuola italiana e all’inadeguatezza del
personale docente che vi opera.

Dal punto di vista registico La scuola cerca di ricreare l’atmosfera un po’ claustrofobica e allucinata che spesso
incombe sulla cerimonia degli scrutini di fine anno, gestendo i locali dell’edificio scolastico con l' intento di
trasmettere un senso di angustia spaziale che non può non alludere ad una più generale ristrettezza di orizzonti
umani e culturali. Il registro surreale si sovrappone spesso al resoconto obiettivo dei fatti, ma anche questo
non sembra fuori luogo in una realtà, come quella scolastica, dove capita sovente che la realtà superi la
fantasia.

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Scuola

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano    Confronto tra il film e le opere di Domenico Starnone.

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Attimo fuggente

L'attimo fuggente

TITOLO ORIGINALE Dead Poets Society


REGIA Peter Weir
SOGGETTO E Thomas Schulman
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA John Seale (colori)
MONTAGGIO William Anderson, Lee Smith, Priscilla Nedd, Ethan Hawke
MUSICA Maurice Jarre
INTERPRETI Robin Williams
PRODUZIONE Touchstone Pictures/Silver Screen Partners IV/ Witt-Thomas Productions
DURATA 129'
ORIGINE USA, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Sui banchi di scuola

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Vermont, 1959. Nel severo collegio di Welton fa irruzione il professor Keating: è anticonformista, non crede nei
tradizionali metodi d'insegnamento e propone agli alunni una filosofia d'apprendimento completamente nuova.
I ragazzi sono entusiasti e il compassato stile di vita del collegio ne risulta sconvolto. Il preside e i genitori non
approvano però questi cambiamenti e vi si oppongono, costringendo Keating alle dimissioni.

TRACCIA TEMATICA
Ribellarsi ad antiquati e anacronistici sistemi educativi è giusto: questa è la morale che si impone con evidenza.
Keating si guadagna la fiducia degli studenti perché contrappone ad una cultura accademica e sclerotica una
pedagogia basata sullo sviluppo della creatività e della vitalità individuale.

Ambientato nel 1959, a ridosso degli anni sessanta, il film sembra anticipare la radicale spinta al cambiamento
che animò la contestazione giovanile di quel periodo e che prese di mira soprattutto l'istituzione scolastica.

 
VALUTAZIONE CRITICA

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Attimo fuggente

Anche se il messaggio antitradizionalista e vagamente libertario del film è condivisibile, molti critici hanno
sottolineato l'ingenua superficialità di una cultura incentrata su un ribellismo facile e in po' approssimativo.
L'attimo fuggente sarebbe insomma un prodotto furbo e demagogico, che con il suo dolciastro sentimentalismo
ricatta lo spettatore, costringendolo a schierarsi con il carismatico professor Keating.

Anche se indubbiamente c'è del vero in questi giudizi, non si può negare che l'opera di Weir ci regali momenti di
grande intensità emotiva (come la finale manifestazione di solidarietà degli studenti a Keating) e sappia costruire
atmosfere magiche e sospese (come il clima fortemente evocativo dei riti notturni nella grotta).

Più che sviluppare una tesi pedagogica il regista appare impegnato a scrivere una delle sue tante riflessioni sul
contrasto tra l'integrazione in una società fatta di regole e abitudini più o meno imposte e la pulsione a
seguire il richiamo di una primitiva purezza perduta (si pensi in proposito ad un suo film lontano come Picnic a
Hanging Rock e al più recente The Truman Show).

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Letteratura latina   La poesia di Orazio.

Lingua straniera   A) La poesia di Whitman. B) Il teatro di Shakespeare.

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Pensieri pericolosi

Pensieri pericolosi
TITOLO ORIGINALE Dangerous Minds
REGIA John N. Smith
SOGGETTO Dal romanzo "My Posse Don't Do Homework" di LouAnne Johnson
SCENEGGIATURA Ronald Bass
FOTOGRAFIA Pierre Letarte (colori)
MUSICA Wendy & Lisa
MONTAGGIO Tom Rolf
INTERPRETI Michelle Pfeiffer
PRODUZIONE Don Simpson, Jerry Bruckheimer per Hollywood Pictures
DURATA 100'
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Sui banchi di Scuola

Momenti di Gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Lou Anne Johnson riesce a realizzare il sogno della sua vita: insegnare in un liceo. La classe che le affidano è
la peggiore dell'istituto, essendo costituita da alunni totalmente demotivati, indisciplinati e aggressivi verso gli
insegnanti. I primi approcci sono disastrosi e la professoressa Johnson sta per scoraggiarsi, col tempo però
riesce a trovare il metodo giusto per conquistare la fiducia e l'attenzione dei suoi studenti. Alla fine la classe di
piccoli teppisti si è trasformata in un gruppo di giovani seri e maturi.

TRACCIA TEMATICA
La professoressa Johnson intuisce che di fronte a una classe speciale bisogna usare un metodo speciale e non
seguire il programma ufficiale, come vorrebbe lo stolido preside.

Cerca così con successo di appassionarli alla poesia partendo da Bob Dylan e più in generale dagli interessi più
immediati degli alunni, ma soprattutto capisce che il comportamento problematico dei suoi ragazzi si lega ad
un disagio che è radicato nelle condizioni sociali e materiali di emarginazione e degrado che essi vivono
quotidianamente. Per loro quindi non può esser solo una semplice insegnante che trasmette conoscenze, ma deve
diventare anche un'amica e una confidente in grado di seguirli e consigliarli.

VALUTAZIONE CRITICA
Per quanto non paragonabile ai grandi generi classici, esiste nel panorama del Cinema americano quello che

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Pensieri pericolosi

potremmo definire un vero e proprio genere scolastico con uno schema narrativo costante: un insegnante alla
prima esperienza capita in una classe difficile e tra lo scetticismo generale riesce a conquistarla. Pensieri pericolosi
non solo non sfugge a questo stereotipo, ma lo ripropone in modo pedissequo, senza inventiva e originalità.

Il film appare ispirato al tradizionale ottimismo con cui Hollywood affronta le tematiche sociali, un
superficiale miscuglio di piccola genialità individuale e di buoni sentimenti. La realtà purtroppo (o per fortuna?) è
un'altra cosa.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese    

A) L'organizzazione scolastica superiore negli USA.

B) Le canzoni di Bob Dylan e la poesia di Dylan Thomas.

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Come te nessuno mai

Come te nessuno mai


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gabriele Muccino
SOGGETTO Marco Valerio Fusco
SCENEGGIATURA Gabriele Muccino, Silvio Muccino
FOTOGRAFIA Arnaldo Catinari (colori)
MUSICA Paolo Buonvino
MONTAGGIO Claudio Di Mauro
INTERPRETI Silvio Muccino, Giulia Steigerwalt, Anna Galiena, Luca De Filippo
PRODUZIONE Domenico Procacci per Fandango/Mikado/RaiCinema
DURATA 88'
ORIGINE Italia, 1999
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Primi amori

Amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Sui banchi di scuola

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Silvio è un sedicenne liceale romano che, come quasi tutti i suoi coetanei, pensa soprattutto alle ragazze.
L'occupazione della scuola, però, incalza e Silvio, nonostante l'opposizione dei genitori, non vuole rinunciare a
questo appuntamento. Quando gli studenti irrompono nell'istituto e ne prendono possesso, c'è anche lui. Il
giorno successivo i problemi relativi alla gestione politica dell'occupazione si intrecciano con quelli di cuore
degli occupanti e Silvio viene coinvolto in un fugace flirt con Valentina, la ragazza di un suo compagno.
Quando, alla fine, la polizia pone fine all'occupazione, una sua compagna di classe, Claudia, gli confessa il suo
amore.

TRACCIA TEMATICA
Il film instaura un evidente legame fra l'occupazione della scuola e la prima esperienza sessuale. Iniziazione
politica ed educazione sentimentale sembrano procedere di pari passo, se non fosse che la prima finisce per essere
propedeutica alla seconda, una specie di apprendistato per dimostrare a sé e agli altri di essere maturi per l'esordio
sessuale. Per i giovani d'oggi, insomma, l'amore è più importante della politica, anche se per molti questa
rimane un passaggio ineludibile.

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Come te nessuno mai

Altro tema è quello del conflitto generazionale che oppone a Silvio genitori exsessantottini invecchiati male, che
si ritrovano a fare i conti con il loro perbenismo piccolo-borghese, esibendo probabilmente gli stessi argomenti che
trent'anni prima si sentivano propinare dai loro papà. A ruoli invertiti, sembra bonariamente considerare il film, la
storia finisce sempre per ripetersi.

VALUTAZIONE CRITICA
Muccino collega con l'incipit gli accadimenti del film al sessantotto (visto come evento-mito originario, dopo il
quale nulla è più stato come prima), ripercorrendo da lì (attraverso documenti visivi e sonori autentici) trent'anni di
storia italiana. È certamente un'invenzione suggestiva, che congiunge idealmente il presente al passato e cerca di
colmare il vuoto di memoria che spesso sembra affliggere giovani e meno giovani. Originale anche l'uso
dell'interpellazione per illustrare la tipologia antropologica dei giovani d'oggi ed accurato il lavoro condotto
attorno al linguaggio (per il quale il regista si è avvalso per la sceneggiatura della collaborazione del fratello,
attore-protagonista) che aderisce con credibilità alla gergalità della contemporanea gioventù metropolitana. Di
notevole impatto, inoltre, per il ritmo serrato e incalzante (da film americano) la sequenza dell'occupazione.

Ma il merito principale di Muccino va individuato nell' aver gestito con leggero ed ironico tono da commedia
e con una sapiente delineazione dei personaggi una vicenda che poteva prestarsi a facili moralismi e
schematismi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) Le lotte studentesche degli anni sessanta e settanta.

              B) Il movimento degli studenti degli anni novanta.

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Auguri professore

Auguri Professore
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Riccardo Milani
SOGGETTO Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Domenico Starnone dal libro Solo se
interrogato di Domenico Starnone
SCENEGGIATURA Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Domenico Starnone, Riccardo Milani
FOTOGRAFIA Alessandro Pesci (colori)
MUSICA Claudio Guidetti
MONTAGGIO Enzo Meniconi
INTERPRETI Silvio Orlando, Claudia Pandolfi, Duilio Del Prete
PRODUZIONE Vittorio e Rita Cecchi Gori per CGG/Tiger Cinematografica
DURATA 95'
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Sui banchi di scuola

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Vincenzo Lipari è un insegnante delle scuole superiori sulla quarantina che ha esaurito da tempo entusiasmo e
motivazioni nei confronti della sua professione. Quando nel suo istituto arriva, per una supplenza, Anna, una
sua exalunna dei primi anni di insegnamento, rimane profondamente turbato. La giovane insegnante, infatti, si
rivela capace di instaurare un ottimo rapporto con alunni e colleghi, facendosi benvolere da tutti. E' proprio ciò
che Lipari non riesce a fare più da tanto tempo e per questo non sopporta la presenza di Luisa, che lo costringe
ad interrogarsi su quello che è diventato e su quello che era.

TRACCIA TEMATICA
Lipari è un insegnante in crisi d'identità che ha perso la speranza di incidere con il proprio lavoro sul
destino dei suoi alunni e della società. Una perdita di senso e finalità ben espressa sul piano simbolico
dall'incapacità a redigere il piano di lavoro. Lipari, insomma, non ha più un'idea di insegnamento che lo sostenga, è
un insegnante da rottamare (come ben si allude nelle sequenze che lo riprendono al cimitero delle automobili e
dentro l'armadio da inviare alla discarica).

L'arrivo di Luisa lo costringe ad interrogarsi e a passare in rassegna il suo passato. Rivive così i primi anni di
insegnamento, quand'era un docente impegnato e combattivo, che credeva nella sua missione al servizio degli
studenti (specie di quelli più svantaggiati, come Triglia), e il suo percorso scolastico come alunno, sempre alle

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm017.htm[12/07/2017 19:04:07]
Auguri professore

prese con un'istituzione scolastica decrepita e sclerotica, che aveva imparato a detestare e che aveva sperato di
cambiare.

Alla fine, grazie a Luisa, prova vivente di quanto utile sia stata un tempo la sua influenza sui giovani, riacquista
fiducia in se stesso e un po' di grinta in più per superare passività e scoraggiamento (il ricordo del faticoso
sorpasso del camion con la cinquecento sotto l' incitamento dei suoi alunni).

VALUTAZIONE CRITICA
Come spesso accade nel Cinema italiano quando si vuole affrontare un tema di attualità, anche Auguri Professore
si muove in due direzioni che attingono a differenti approcci all'argomento: da una parte quella incentrata sulla
crisi esistenzial-professionale di Lipari, mossa da un serio intento di indagare la dimensione psicologica e morale
di un personaggio emblematico di uno stato di disagio che molti insegnanti vivono quotidianamente nella scuola
odierna; dall'altra il repertorio umano che fa da sfondo alla vicenda (i colleghi di oggi e di ieri, il preside, gli
alunni, i genitori), riprodotto secondo un gusto caricaturale deformante, che sconfina nel macchiettismo e che segue
i canoni consolidati della commedia all'italiana.

Il film, comunque, riesce nei suoi momenti migliori a garantire un buon equilibrio fra queste due modalità di
svolgimento, senza mai eccedere e risultando piacevole e garbato, anche se un maggior approfondimento degli
aspetti più problematici della scuola italiana (l'abbandono scolastico, il disagio giovanile, il burocratismo, ecc..) ed
un minor ottimismo di maniera (la finale riconciliazione fra alunni e professore) non avrebbero guastato.

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Conrack

Conrack
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Martin Ritt
SOGGETTO Dal romanzo The Water is Wide di Pat Conroy
SCENEGGIATURA Harriet Frank jr., Irvin Ravetch
FOTOGRAFIA John A. Alonzo (colore)
MUSICA John Williams
MONTAGGIO Frank Bracht
INTERPRETI Jon Voight
PRODUZIONE Fox/Ritt/ Ravecht-Harriet jr.
DURATA 107'
ORIGINE USA, 1974
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Sui banchi di scuola

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica

TRAMA
Carolina del sud. Pat Conroy, giovane maestro contestatore, assume un incarico di supplenza in una scuola di
bambini di colore presso un'isola sperduta sull'oceano Atlantico. I suoi alunni sono praticamente analfabeti e
completamente apatici nei confronti della scuola. Conroy riuscirà a stabilire con loro un profondo rapporto
umano, avviandoli al gusto per l'apprendimento. I suoi metodi poco ortodossi suscitano, però, l'opposizione del
sovrintendente scolastico che lo licenzia.

TRACCIA TEMATICA
Pat Conroy simboleggia la generazione di giovani che ha partecipato alle lotte della fine degli anni Sessanta
contro la guerra del Vietnam (nel film si vedono delle immagini televisive di una manifestazione pacifista), il
razzismo e le tante ingiustizie diffuse nella società americana. Egli concepisce, quindi, il proprio lavoro di
maestro come una missione connotata in senso democratico-progressista e quindi finalizzata all'affermazione di
principi di uguaglianza e dignità umana.

Di fronte a lui si trova una classe di soli neri ai quali la direttrice della scuola vorrebbe che si inculcassero
rassegnazione ed assuefazione al ruolo di subalternità e servilismo cui la società dei bianchi li condanna (la stessa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/45.htm[12/07/2017 19:04:07]
Conrack

isola sperduta in cui si svolge la vicenda sembra simboleggiare con efficacia la condizione di isolamento ed
emarginazione cui i neri sono condannati). Conroy ne vince l'iniziale diffidenza e proponendosi nei loro
confronti più come amico che come insegnante li conquista con i suoi metodi didattici controcorrente.

Contro di lui non si schiera soltanto l'incomprensione della direttrice che vorrebbe mantenere nell'ignoranza i
bambini dell'isola, ma anche l'ottuso conservatorismo del dirigente scolastico distrettuale (espressione del
razzismo bianco che si oppone ad una reale integrazione) che impone il suo licenziamento.

VALUTAZIONE CRITICA
Solido prodotto del filone politico e civile, Conrack uscì negli anni Settanta, il periodo cioè nel quale il
Cinema statunitense si è confrontato nel modo più radicale e critico con il passato e il presente della nazione
americana, cercando di denunciarne storture ed ingiustizie. Una stagione breve, ma feconda e, soprattutto, ricca di
un entusiasmo, che il personaggio del maestro Pat Conroy sembra efficacemente rappresentare..

Tra i pregi del film bisogna annoverare l'ambientazione naturale in quest'isola della Carolina del sud, che
col proprio paesaggio selvaggio e incontaminato comunica bene la sensazione di immobilità di un tempo sospeso,
non toccato dai cambiamenti della storia, di un'atmosfera ristagnante che intorpidisce la mente e lo spirito. Lo
spazio acquoreo che separa questo microcosmo dal resto del mondo diventa così il simbolo di un recinto
invalicabile che condanna alla degradazione (per questo il suo attraversamento per la festa di Halloween assume un
forte significato liberatorio, cui non a caso si oppone il reazionario sovrintendente scolastico). Da considerare
positivamente, poi, il finale, che con il malinconico congedo di Conroy dai suoi ragazzi (la cui natura luttuosa, di
disastro irreparabile, è ben sottolineata dalla quinta di Beethoven che proprio il maestro aveva abbinato all'idea di
morte) nega un esito consolatorio e pacificatorio che avrebbe fatto forse dimenticare agli spettatori che quella del
razzismo e della miseria materiale e culturale della popolazione di colore restava ancora una ferita aperta e un
problema irrisolto nella società americana.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) I problemi dell'integrazione e dei diritti civili dei neri nella società americana degli anni Sessanta.

                       B) Il movimento di contestazione alla guerra del Vietnam e il Sessantotto americano.

Geografia         La Carolina del sud.

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Il club degli imperatori

Il Club degli imperatori


TITOLO ORIGINALE The Emperor's Club
REGIA Michael Hoffman
SOGGETTO Dal racconto di Ethan Canin The Palace Thief
SCENEGGIATURA Neil Tolkin
FOTOGRAFIA Lajos Koltaj (colori)
MUSICA James Newton Howard
MONTAGGIO Harvey Rosenstock
INTERPRETI Kevin Kline, Emile Hirsch, Embeth Davidtz, Rob Morrow, Harris Yulin
PRODUZIONE Marc Abraham, Andrew S. Karsch per Beacon Pictures/Sidney Kimmel
Entertainment/ Liveplanet/Longfellow Pictures/Horsepower Films/Fine
LineFeatures/Universal Pictures
DURATA 109’
ORIGINE Stati Uniti, 2002
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Sui banchi di scuola

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e


Società

TRAMA
1972. William Hundert, insegnante di storia antica nell’esclusivo Istituto St. Benedict, si trova alle prese con
Bell, figlio di un ricco senatore, un alunno che si mostra insofferente di ogni disciplina e diventa ben presto un
trascinatore in negativo per i suoi compagni. William cerca di praticare una strategia di conquista del ragazzo
ribelle facendo sì che possa arrivare all’ambita finale della gara di erudizione storica della scuola, ma si accorge
che nel corso della sfida Bell ha barato.

Nostri giorni. William è convocato insieme agli altri alunni del 1972 in una lussuosa villa da Bell per ripetere la
gara di tanti anni prima.

TRACCIA TEMATICA
Il professor William Hundert incarna e diffonde una concezione della storia antica perfettamente adeguata
all’idea che di essa ha voluto trasmettere l’establishment statunitense per fornire di un nobile antecedente la
propria politica interna e estera. Roma e Atene antiche come scenari di virtù civiche e democratiche che hanno
poi trovato la loro sintesi nella Costituzione americana e la loro incarnazione nei più grandi statisti del paese. Non a
caso il St. Benedict è una scuola d’élite, finalizzata alla formazione della futura classe dirigente del paese, e il
professor William crede fermamente e orgogliosamente a questo ruolo altamente educativo della materia che
insegna.

Bell, invece, esprime la spregiudicatezza e l’immoralità di una ricca borghesia che, se anche può aver
momentaneamente flirtato con il ribellismo sessantottino, alla fine ha pienamente sposato il cinico arrivismo
e la mancanza di scrupoli dei padri: è il senatore Bell che ha veramente plasmato il figlio e non, come si era
ingenuamente illuso, l’idealista professor Hundert.  

Resta, poi, motivo di dibattito storiografico stabilire se l’immagine edificante della antica storia greco-romana
trasmessa da Hundert sia credibile oppure se gli uomini di potere di quel tempo non differissero granché dagli

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2004-05/6framefilm006.htm[12/07/2017 19:04:08]
Il club degli imperatori

attuali.

VALUTAZIONE CRITICA
La cosa migliore del film è offerta dal conflitto tra due mentalità opposte , assai ben incarnate dai due attori
protagonisti, il veterano Kevin Kline, che consegna al personaggio del professor Hundert il proprio volto da
americano integro e incorruttibile (se non a fin di bene, o presunto tale), e il giovane Emile Hirsch, perfetto nel suo
ruolo da faccia da schiaffi, sfrontato e incorreggibile.

Per il resto una regia dignitosa e professionale, priva di invenzioni e sussulti e piuttosto piatta, si incanala
verso una direzione segnata dai tanti stereotipi che la tradizione cinematografica statunitense ci ha
consegnato sull’argomento: la solennità del ritualismo dei collegi esclusivi di modello britannico, il ribellismo in
essi aleggiante, gli intrighi del corpo docente per conquistare posizioni di prestigio, lo scontro di carattere e
temperamento fra gli alunni e, in particolare, il finale edificante e consolatorio (che in questo caso risulta piuttosto
posticcio, dopo che il film stesso ha pessimisticamente disvelato quanto distante e diverso sia il mondo reale). 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Inglese                                       Il sistema scolastico anglosassone

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notte prima degli esami

Notte prima degli esami


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Fausto Brizzi
SOGGETTO Giannandrea Pecorelli, Fausto Brizzi, Marco Martini, Massimiliano Brullo 
SCENEGGIATURA Fausto Brizzi, Marco Martani, Massimiliano Brullo
FOTOGRAFIA Marcello Montarsi (colore)
MONTAGGIO Luciana Pandolfelli
INTERPRETI Giorgio Faletti, Cristiana Capotondi, Nicolas Vaporidis, Valeria Fabrizi, Ric
PRODUZIONE Fulvia e Federica Lucidano, Giannandrea Pecorelli per Iif Italian International
Film/Rai Cinema/Aurora Film
DURATA 100’
ORIGINE Italia, 2006
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Sui banchi di scuola


Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e
Società

TRAMA
Estate 1989. Siamo ormai alla vigilia degli esami di maturità e un gruppo di studenti dell’ultimo anno delle
superiori attende , tra paure, ansie, amori e disastri più o meno seri, il fatale appuntamento.

TRACCIA TEMATICA
L’esame di maturità è un fondamentale momento di passaggio nella vita di un adolescente, che smette di essere
tale per varcare  la fatidica soglia della giovinezza avviandosi così verso l’età delle scelte e delle responsabilità.
Chi , però, cercasse in Notte prima degli esami una qualsiasi riflessione su questo cruciale passaggio,
rimarrebbe deluso. Il film, infatti, non intende andare oltre l’intreccio di tante vicende adolescenziali tenute
insieme proprio dall’avvicinarsi della scadenza scolastica, cui si collegano anche percorsi esistenziali di persone
adulte e mature che con questi giovani protagonisti sono uniti da rapporti di parentela.

Tra i personaggi spiccano le figure dello studente Luca e del professore Martinelli, che esprimono in un
qualche modo  il primo un’idea di percorso iniziatico (la delusione d’amore come confronto con il dolore dei
sentimenti accompagnato dalla consapevolezza acquisita che l’importante è lottare fortemente per ciò che si vuole)
e il secondo l’amarezza dell’adulto che non ha visto realizzarsi i propri ideali giovanili. 

VALUTAZIONE CRITICA
Tipico esempio dell’ultima generazione di commedia giovanile, dove si intrecciano le vicende più o meno
tragicomiche di adolescenti alle prese con i più consueti problemi dell’età. Il successo che questa formula ha
riscosso negli ultimi anni va messa in relazione con la sempre più significativa presenza di un pubblico
adolescenzial-giovanile in sale cinematografiche disertate da altre fasce d’età. Si offre, insomma, secondo una
ricetta antica, ciò che gli spettatori vogliono e questo, ovviamente, coincide con storie e personaggi che

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notte prima degli esami

garantiscono il massimo di identificazione  e divertimento.

Ne discende una struttura narrativa che frammenta la vicenda in più storie parallele sempre sul punto di
incontrarsi, il concentrarsi più sul singolo aneddoto che sulla visione d’insieme con l’effetto-collage di tante
sequenze-barzalletta autonome che devono necessariamente chiudersi con una battuta o una trovata inattesa
(pensiamo come già l’incontro-scontro iniziale tra Luca e il professor Martinelli assuma questa caratteristica), la
mancanza di spessore e approfondimento psicologico dei personaggi, abbozzati secondo il gusto della
caricatura, quasi maschere della commedia dell’arte ognuna delle quali segnata da una caratteristica che li
contraddistingue in modo definitivo e riduttivo (lo studente timido e romantico, quello sbruffone e pieno di sé, lo
sciupafemmine superficiale, il macho dalla testa vuota, il professore burbero ma in fondo buono, la nonna saggia e
comprensiva, ecc…), il tono nostalgico per  una stagione lontana  evocata soltanto attraverso le canzonette e
qualche riferimento storico (Venditti e l’imminente caduta del muro di Berlino)  e per il resto assolutamente
indistinguibile dall’oggi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                            Gli eventi dell’anno 1989                                       

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seme della violenza

Il seme della violenza


TITOLO ORIGINALE The Blackboard Jungle
REGIA Richard Brooks
SOGGETTO Da un racconto di Evan Hunter
SCENEGGIATURA Richard Brooks
FOTOGRAFIA Russel Harlan (bianconero)
MONTAGGIO Ferris Webster
INTERPRETI Glenn Ford, Sidney Poitier, Anne Francis, Margaret Hayes, John Hoyt
PRODUZIONE Pandro S. Berman per la MGM
DURATA 94’
ORIGINE Stati Uniti, 1955
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Sui banchi di scuola


Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Richard Dadier è un giovane insegnante che finisce in una scuola di avviamento al lavoro nei sobborghi più
poveri di New York. Una scolaresca turbolenta e violenta (neri, irlandesi, italiani, ebrei, portoricani, ecc.) mette
a dura prova il suo iniziale entusiasmo. Dopo mesi molto difficili, Dadier riesce a conquistare la stima e il
rispetto dei suoi alunni.

TRACCIA TEMATICA
Negli Stati Uniti a fianco di scuole d’elite per la ricca borghesia wasp (se ne coglie un fuggente riflesso quando
Dadier si reca in visita al suo professore del liceo) esistono da sempre o quasi degli istituti–ghetto che raccolgono il
disagio giovanile delle tante comunità etniche che popolano le povere periferie delle metropoli. Il seme della
violenza è forse il primo film americano che affronta questo argomento con evidenti intenti di denuncia nei
confronti di un degrado sociale e morale che contrastava apertamente con l’immagine degli USA come paese
del benessere e delle opportunità.

Pur essendo ormai passato un mezzo secolo  il film di Brooks va a toccare problemi che ancor oggi attanagliano la
società americana (le vistose differenze sociali e l’esclusione di interi settori della popolazione) e il suo sistema
scolastico (le scuole pattumiera esistono ancor oggi).

Il classico ottimismo cinematografico americano, poi, ci mette molto del suo per appiccicare un lieto fine 
(molto forzato e artificioso) ad uno scenario che sembra decretare un’ irrimediabile condanna di tanti
giovani all’emarginazione sociale e alla delinquenza. Le metodologie didattico-pedagogiche utilizzate dal
professor Dadier nel tentativo di carpire un po’ di interesse ai propri alunni risultano poco credibili e non stupisce
così che alla fine tutto si risolva (molto all’americana) con una prova di coraggio e forza fisica (nel pieno rispetto
dell’altrettanto molto americano mito dell’individuo eccezionale che grazie alle sue doti fisico-morali conquista le
masse e ne diventa leader). 

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seme della violenza

VALUTAZIONE CRITICA
Il seme della violenza si colloca pienamente nell’ambito della produzione statunitense d’argomento sociale e
d’impegno civile degli anni Quaranta-Cinquanta, strettamente legata al clima del dopoguerra e alla ventata di
rinnovamento che attraversa Hollywood  sulla spinta di un maggior interesse da parte del pubblico nei confronti
delle tematiche sociali.

Elementi fondamentali di questo filone sono l’ambientazione marcatamente realistica (gli interni sono sovente
spogli e dimessi) e metropolitana (e spesso dei quartieri più marginali), lontano dai falsi scenari degli studios, la
vicinanza allo stile documentarista, l’uso di un bianconero destinato ad accentuare il registro realistico,
l’attenzione rivolta a situazioni di disagio sociale e difficoltà esistenziale, la condanna del razzismo e una
sceneggiatura che da spazio ad un linguaggio non privo di espressioni legate alla lingua parlata.   

Brooks riesce, poi, a garantire una perfetta tenuta narrativa portando all’estremo della tensione dialoghi e
situazioni, sfruttando al meglio gli spazi ristretti e claustrofobici della scuola e conferendo ai personaggi (se si
escludono gli studenti ridotti a schematiche macchiette) una credibile dimensione psicologica (pensiamo alla
frustrazione e al senso di impotenza che emerge dai discorsi di molti insegnanti).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                           Gli Stati Uniti negli anni Cinquanta

Educazione civica                        Il sistema scolastico americano

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agorà

Il rosso e il blu
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giuseppe Piccioni
SOGGETTO E Dal libro omonimo di Marco Lodoli
SCENEGGIATURA
Giuseppe Piccioni, Francesca Manieri
FOTOGRAFIA Roberto Cimatti
MONTAGGIO Esmeralda Calabria
MUSICA Ratchev & Carratello
INTERPRETI Margherita Buy (La preside Giuliana), Riccardo Scamarcio (Il professor Giovanni
prezioso), Roberto Herlitzka (Il professor Fiorito), Silvia D’Amico (Angela
Mordini), Davide Giordano (Enrico Brugnoli)
PRODUZIONE Donatella Botti, Giorgio Gasparini per Bianca Film/Rai Cinema/Cinecittà Studios
DURATA 98'
ORIGINE Italia, 2012
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI               Sui banchi di scuola  


Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e società
 

  

TRAMA
La storia di un anno scolastico in un istituto superiore di Roma. C’è la preside apprensiva alla
prese con un budget limitato, l’anziano professore disincantato e il giovane supplente pieno di
buona volontà. Poi ci sono i ragazzi con tutte le loro problematiche esistenziali che la scuola
fatica a comprendere
 

TRACCIA TEMATICA
“Nella scuola c’è un dentro e c’è un fuori. Noi dobbiamo occuparci solo del dentro”.

Questa frase della preside viene smentita nel corso del film e sarà la stessa preside a
contraddire questo assunto con il rapporto “materno” che instaurerà con l’alunno abbandonato
dalla madre. “Il rosso e il blu”, partendo dall’assunto di una radicale incomunicabilità tra
insegnanti e studenti, divisi da uno scarto generazionale e culturale incolmabile, insinua l’idea
che proprio il confronto e la compromissione con la condizione che gli adolescenti vivono al
di fuori della scuola può indicare una via d’uscita all’immobilismo di un’istituzione che
risulta sempre più estranea ai bisogni di chi la frequenta.  Un fuori con cui impara a
confrontarsi il giovane supplente Prezioso (un nome denso di significato), che partito per
interessare i suoi alunni alla bellezza della poesia, si accorge del disagio che affligge i suoi
ragazzi all’esterno della scuola. Un fuori che può ridare un senso anche ad un professore
disincantato e cinico come Fiorito, rianimato e rimotivato dall’incontro con una ex studentessa ,

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0019.htm[12/07/2017 19:04:09]
agorà

che gli esprime la sua gratitudine per ciò che il suo insegnamento le ha dato.  

VALUTAZIONE CRITICA
Al film la critica ha rimproverato la tendenza a perdere la visione d’insieme per sfilacciarsi
in una serie di vicende singole, alcune delle quali piuttosto faticose e mal risolte (in particolare
quella del ragazzo romeno, primo della classe, che compie una rapina ai danni del padre). Ciò
che sembra venir meno (e comunque viene lasciato sullo sfondo e mai approfondito)  è
proprio quella quotidianità del vissuto scolastico nel contesto dell’aula e del rapporto
diretto docente-alunni, che in un film “sulla scuola” dovrebbe essere privilegiato. Le stesse
storie individuali dei giovani che si dipanano nel corso del film stentano ad assumere un valore
esemplare del disagio e delle problematiche adolescenziali, risultando poco credibili nella loro
eccezionalità.

Lo stesso corpo docente fatica ad affrancarsi da un tratteggio all’insegna dello stereotipo,


se non della macchietta (pensiamo all’insegnante di biologia che non capisce la fotosintesi), con
l’inevitabile supplente indomito e perseverante e il professore totalmente disamorato che
schernisce colleghi, alunni e genitori.

Sempre meglio, comunque, di tanto cinema “scolastico” statunitense, all’insegna di un ottimismo


autoconsolatorio incentrato dalla figura (eroica) dell’insegnante che conosce il segreto per
conquistare alunni inizialmente “indemoniati” e immancabilmente ci riesce.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano             Il romanzo omonimo da cui è tratto il film
 

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Storia di ragazzi e ragazze

Storia di ragazzi e ragazze


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Pupi Avati
SOGGETTO E Pupi Avati
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Pasquale Rachini (bianconero)
MUSICA Riz Ortolani
MONTAGGIO Amedeo Salfa
INTERPRETI Alessandro Haber, Lucrezia Lante della Rovere, Davide Bechini, Valeria Bruni
Tedeschi
PRODUZIONE Antonio Avati per la Duea Film e l'Unione Cinematografica in collaborazione
con RAIUNO, la Provincia di Bologna e le Terme di Porretta
DURATA 90'
ORIGINE Italia, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
1936, Appennino bolognese. Silvia e Angelo si sono fidanzati e le rispettive famiglie hanno deciso di celebrare
l'evento con un pranzo nella cascina di campagna dei genitori di lei, dopo aver superato l'iniziale disappunto per
la distanza sociale che divide i due giovani: la ragazza infatti è di origini contadine, mentre il suo fidanzato
appartiene alla piccola borghesia urbana. Partecipano all'incontro ben ventisei commensali, imparentati o
variamente legati alle due famiglie. Nel corso del pranzo s'intrecciano rudezze e cortesie, imbarazzi e
confessioni, tensioni e slanci.

TRACCIA TEMATICA
Diversamente da quanto accade oggi, negli anni trenta le differenze di classe avevano un peso notevole, nel
senso di inibire addirittura i rapporti personali, influenzando amicizie ed anche scelte matrimoniali. Tutto
insomma doveva avvenire all'interno del proprio ceto sociale, la cui riconoscibilità esteriore si giocava su
un'identità costruita su un certo modo di vestire e di mangiare e su un certo mondo da frequentare. L'omologazione
fatta di jeans e consumi di massa era di là da venire.

I giovani fidanzati del film rappresentano in questo contesto una scelta moderna e trasgressiva, la forza dell'amore
che, se autentico, resiste all'assalto delle convenzioni e delle convenienze. La giovinezza diventa un momento
irripetibile perché si rivela in grado di attraversare le meschinità dell'umanità restandone immune.

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Storia di ragazzi e ragazze

VALUTAZIONE CRITICA
Il regista ha preso spunto dalle memorie legate al fidanzamento dei suoi genitori. Di qui quel tono di bonaria
ironia che avvolge la rievocazione, privandola di ogni asprezza o inflessione drammatica e pervadendola di
una morbida malinconia. La lontananza temporale (ben sottolineata dal crepuscolare bianconero) e la sacralità
degli affetti familiari finiscono per assumere un ruolo assolutorio nei confronti delle tante rudezze e debolezze dei
protagonisti.

Una ricostruzione più mitica che realistica, quindi, dove il grottesco e l'elegiaco si alternano per lasciare
spazio nel finale ad una magica apertura sulle incantate fantasticherie dell'infanzia con la gara di corsa dei bambini
nei campi, momento liberatorio e disintossicante dai tanti problematici impacci del mondo adulto.

Avati si conferma regista in grado di ottenere il massimo dagli attori, costruendo un film corale e polifonico,
dove tuttavia trovano spazio straordinari assoli, come quello dell'anziano Domenico o il tenero approccio dello
stalliere alla sorella maggiore di Angelo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La vita quotidiana in Italia negli anni trenta.

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Radio days

Radio Days
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Woody Allen
SOGGETTO E Woody Allen
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Carlo Di Palma (colori)
MONTAGGIO Susan E. Morse
MUSICA Dick Hyman
INTERPRETI Mia Farrow, Dianne West
PRODUZIONE Robert Greenhut, Jack Rollins, Charles H. Joffe per la Orion Pictures
DURATA 88'
ORIGINE USA, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Radio Days

Radio/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Un adulto ricorda la sua adolescenza da bambino ebreo americano trascorsa a cavallo fra gli anni trenta e
quaranta e segnata dalla costante presenza della radio che dispensava fatti ed emozioni. Da una parte la
memoria rievoca momenti di vita della famiglia del protagonista, dall'altra immagina aneddoti, di dubbia
veridicità, legati ai personaggi radiofonici.

TRACCIA TEMATICA
Classico film di memoria, di evidente matrice autobiografica, Radio Days si struttura su due piani:
l'ambiente familiare, allegramente vitale pur nella sua povertà, e l'immaginario radiofonico i cui divi ed eroi
forniscono al narratore e ai suoi genitori e parenti ampio materiale per discutere e sognare. La mancanza di
immagini (allora non esisteva ancora la televisione) alimenta e autorizza il lavoro della fantasia.

La radio diventa anche l'unico vero strumento di coesione nazionale: al suo ascolto, specie di notizie tragiche e
dolorose, il popolo americano si ritrova unito e solidale.

VALUTAZIONE CRITICA

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Radio days

La forte sollecitazione autobiografica che sta alla base del film non si esaurisce in una chiusa dimensione
personale, ma si esalta nello splendido affresco di un'intera epoca: mirabile è l'equilibrio che Allen riesce a
creare fra la realtà di cui è diretto testimone e quella mediata dalle trasmissioni radiofoniche.

Lo sguardo che il regista rivolge a questa massa di ricordi, che sembrano affastellarsi in modo disordinato, è
tenero e delicato, come si addice ad un tempo perduto avvolto da un alone mitico: non c'è derisione di un mondo
per molti versi ridicolo e grottesco, ma un elegiaco atteggiamento di nostalgico rimpianto.

Per questo Radio days, che per un'ora e passa ci ha divertito con i suoi esilaranti aneddoti, ci lascia con la
malinconica riflessione sull'inarrestabile affievolirsi della memoria dell'ultima struggente sequenza.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   Gli Stati Uniti tra la depressione e la seconda guerra mondiale.

Italiano    Ruolo e importanza della radio prima dell'avvento della televisione.

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Dichiarazioni d'amore

Dichiarazioni d'amore

TITOLO Idem
ORIGINALE
REGIA Pupi Avati
SOGGETTO E Pupi Avati
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Cesare Bastelli (colori)
MONTAGGIO Amedeo Salfa
MUSICA Stefano Caprioli
INTERPRETI Alessio Modica, Angiola Baggi, Valeria Fabrizi, Delia
Boccardo, Carlo Delle Piane
PRODUZIONE Antonio Avati e Aurelio De Laurentiis per Duea
Film/Filmauro
DURATA 90'
ORIGINE Italia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e


giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Bologna, 1948. Dado Ansaloni è un quindicenne timido e impacciato, frequenta la prima liceo scientifico e ha i
primi turbamenti d'amore. Intorno a lui si muovono gli amici, i familiari e i vicini di casa. Tra canzoni della
radio, baruffe di condominio e passioni politiche la vita fluisce piuttosto tranquilla. A questi scenari del passato
si intreccia l'amara vicenda odierna di Sandra, la giovane di cui Dado era innamorato quarant'anni prima,
attesa da un tragico destino.

TRACCIA TEMATICA
Dichiarazioni d'amore (il titolo è ambivalente: si riferisce sia agli impacciati approcci amorosi del protagonista, sia
alla dichiarazione d'amore che il regista intende fare con questo film alla sua città) non si limita a rievocare in tono
teneramente nostalgico un mondo lontano, ma lo confronta con il presente attraverso la vicenda di Sandra, che
sembra farsi emblematica di un disagio esistenziale intrinseco all'odierna società del benessere e invece
assente nell'Italia povera del dopoguerra.

L'idea che Avati vuole proporci di quegli anni ormai lontani è quella di un mondo diviso da contrapposizioni

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm039.htm[12/07/2017 19:04:11]
Dichiarazioni d'amore

ideologiche nette, ma contrassegnato da un'onestà e da una semplicità non più riscontrabili nell'Italia di oggi.

Il personaggio di Dado è chiaramente autobiografico e nella sua candida goffaggine vive alcune delle tappe di
crescita fondamentali dell'adolescenza d'ogni epoca.

VALUTAZIONE CRITICA
Avati fa riaffiorare alla memoria i ricordi della Bologna della propria adolescenza con toni morbidi e crepuscolari,
avvolgendo le immagini di quegli anni di una luce calda e accogliente, mentre riserva colori freddi e grigi per
la parte contemporanea.

Come in tutte le operazioni nostalgiche il passato tende a perdere parte della sua concretezza storica e
sociologica per lasciarsi contaminare dal mito (non importa tanto ciò che è accaduto veramente, quanto come si
vuol ricordare che sia accaduto). Considerare quindi Dichiarazioni d'amore un film reazionario (cioè all'insegna del
come ci si voleva più bene tanti anni fa) sarebbe sbagliato, perché questo atteggiamento di rimpianto per la
stagione dell'adolescenza, oltreché umanissimo, è fondamentale e pienamente consapevole nell'ispirazione
poetica di Avati, un regista che affida il senso del suo Cinema migliore proprio all'espandersi del libero
meccanismo evocativo della memoria.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La vita quotidiana in Italia negli anni del secondo dopoguerra.

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Anni 40

Anni '40

TITOLO ORIGINALE Hope and Glory


REGIA John Boorman
SCENEGGIATURA John Boorman
FOTOGRAFIA Philippe Rousselot (colori)
MUSICA Peter Martin
MONTAGGIO Jan Crafford
INTERPRETI Sarah Miles, David Hayman, Sammy Davis, Sebastian Rice-Edward
PRODUZIONE Columbia, in ass. con Nelson Ent. E Goldcrest
DURATA 109'
ORIGINE Gran Bretagna, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio/Triennio
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e


Società

TRAMA
Londra, seconda guerra mondiale. Le bombe tedesche cadono copiosamente sulla capitale inglese, dove abita la
famiglia Rohan: il padre in guerra, la mamma Grace e i figli Dawn, Bill e Sue. Dawn si innamora di un soldato
canadese e Grace riscopre il proprio amore per una vecchia fiamma, mentre Bill si lega ad una banda di
ragazzini che imperversa tra le macerie. Quando un incendio distrugge la loro abitazione, i Rohan si recano in
campagna dai nonni materni: Bill vive, a contatto del nuovo ambiente, una grande stagione di giochi e
avventure.

 
TRACCIA TEMATICA
Il regista rievoca gli anni della propria infanzia trascorsa nella Londra bersagliata dai bombardieri tedeschi e fatti
e persone sono filtrate dalla percezione infantile di Bill, sua proiezione autobiografica.

Non tanto quindi la Storia (con la maiuscola) del popolo britannico impegnato nello sforzo bellico, quanto la
storia (con la minuscola) della famiglia Rohan alle prese con i problemi della sopravvivenza quotidiana. E la
guerra è vista, più che come un'immane catastrofe, come una situazione nuova cui adattarsi riconvertendo giochi e
abitudini per Bill, scoprendo l'amore per la giovane Dawn e riscoprendo sentimenti assopiti per la madre Grace.

In Bill in particolare è del tutto assente la consapevolezza della dimensione drammatica dell'evento in cui si
trova scaraventato: il conflitto diventa per lui una novità apportatrice di inedite possibilità ludiche (le macerie

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm010.htm[12/07/2017 19:04:11]
Anni 40

come spazio in grado di liberare la creatività) e della scoperta di un appagante rapporto con la natura (il paesaggio
fluviale come luogo deputato al dispiegarsi della fantasia).

Paradossalmente insomma ciò che per la collettività è una grande tragedia può trasformarsi per un bambino
in una grande e piacevole vacanza (molto gustosa in proposito la sequenza della gioia degli scolari di fronte alla
distruzione della scuola).

 
VALUTAZIONE CRITICA
Boorman compie un'operazione di rievocazione autobiografica lontana dai pericoli che spesso insidiano
questo tipo di film, come il sentimentalistico eccesso di nostalgia con l'inevitabile malinconico indulgere sul tempo
che passa o come il volere costruire un affresco complessivo che voglia tener conto di tutti gli aspetti, individuali e
storico-sociali, del periodo considerato. Anni '40 restringe invece la propria ottica sul microcosmo familiare di
Bill, accostandosi ad esso con affetto ed ironia e ricordando quel tempo lontano non sul filo dei grandi eventi,
ma di una quotidianità descritta anche negli aspetti più dimessi e minuti. Una ricostruzione giocata più sul
piano antropologico (attento cioè ad usi, costumi e mentalità della gente comune) che sul piano storico (concentrato
invece sugli avvenimenti che la gente comune subisce).

Ma ciò che rende quanto mai piacevole la visione della pellicola è il tocco leggero e distaccato con cui Boorman
guarda alle persone e alle cose, cercando la dimensione divertente anche nelle situazioni apparentemente più
drammatiche e rifuggendo da ogni enfasi e retorica, confinando queste ultime nei cinegiornali e nelle trasmissioni
radiofoniche, cui gli stessi londinesi mostrano di non credere.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La seconda guerra mondiale: la battaglia d'Inghilterra.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm010.htm[12/07/2017 19:04:11]
Lungo giorno finisce

Il lungo giorno finisce


TITOLO ORIGINALE The Long Day Closes
REGIA Terence Davis
SOGGETTO E Terence Davis
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Michael Coulter (colori)
MUSICA Le canzoni d'epoca di cui è riccamente dotato il testo
MONTAGGIO William Diver
INTERPRETI Marjori Yates, Leigh McCormack
PRODUZIONE British Film Institut e Film Four International
DURATA
ORIGINE Gran Bretagna, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Liverpool, metà anni cinquanta. Bud ha undici anni, vive con la madre, un fratello e una sorella, è cattolico e
partecipa alle funzioni sacre, frequenta una scuola dai metodi antiquati e repressivi e soprattutto ha la passione
del Cinema, dove si reca appena possibile. Tra momenti di solitudine, feste di famiglia e di quartiere, canzoni
collettive, sogni ad occhi aperti, film e messe trascorre la sua adolescenza.

TRACCIA TEMATICA
Il film allinea una serie di ricordi visivi e sonori che alternandosi e intrecciandosi costruiscono un mosaico da cui
emergono gli elementi fondamentali di cui si compone l'adolescenza del protagonista: la figura materna (il
padre è morto da tempo), tenera e protettiva, circonfusa d'un alone di sacralità (i riferimenti alla statua della chiesa
che raffigura la Pietà e la stessa esibita cattolicità, con la sua centralità del culto mariano, vanno in questa
direzione), il microcosmo della famiglia e degli amici e vicini di quartiere, una comunità che esprime affetti e
solidarietà, le canzoni (del momento o tramandate di generazione in generazione), come patrimonio evocativo di
memorie ed emozioni e fattore aggregante dei momenti collettivi, la fede cattolica (siamo nella Gran Bretagna a
maggioranza protestante) che fornisce un'identità forte e in contraddizione con quest'ultima l'affiorante
omosessualità, vissuta con un turbato senso di colpa, un'istituzione scolastica ottusamente autoritaria e avvertita
come lontana, le derisioni dei compagni che approfondiscono il suo senso di solitudine e di diversità, la pioggia
continua e monotona che accentua la claustrofilia (il senso di sicurezza che si prova all'interno di un'abitazione),
la passione per il Cinema.

Ad insinuare nel film una struggente nota di malinconia c'è il ricorso alla parola-chiave erosione,
continuamente evocata ed espressa dalle immagini iniziali che si soffermano sul quartiere di Bud ormai
abbandonato e fatiscente, una sottolineatura dell'amara consapevolezza del tempo che scorre inesorabilmente.

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Lungo giorno finisce

VALUTAZIONE CRITICA
Se è vero che noi non abbiamo del passato un ricordo preciso ed esauriente, ma un accavallarsi, spesso disordinato
e inesplicabile, di immagini, persone, luoghi e suoni, senza sapere sino in fondo perché ci sono cose che affiorano
dal tempo perduto ed altre destinate a rimanere per sempre sepolte, Davis cerca di dare forma cinematografica a
questo magma, sistemando ciò che la memoria ha selezionato in un'organizzazione visivo-sonora tanto
complessa e articolata, quanto compatta ed unitaria.

Il lungo giorno finisce tiene cioè in felice equilibrio diverse dimensioni che nel testo cinematografico si
scambiano e si intrecciano in un gioco di continui scivolamenti da un codice ad un altro: la dimensione visiva
che tende apertamente all'immobilità pittorica (la figura morta dei titoli di testa preannuncia questa scelta
figurativa), regalandoci immagini di grande intensità e concentrazione (Bud e la madre fissi come in un ritratto), la
dimensione sonora, incentrata sulle canzoni e la loro forza evocativa, che spesso finisce per acquisire una sua
autonomia, riducendo le immagini a supporto della musica (in un capovolgimento del tradizionale rapporto
musica-immagini vigente nel Cinema), la dimensione della citazione cinematografica (anch'essa puramente
sonora), che dissemina nel film numerosi riferimenti ai testi verbali (non vediamo mai le immagini) di famose
pellicole degli anni cinquanta, la dimensione visionaria-allucinatoria, che materializza le paure e le ossessioni di
Bud (terrificante e ai limiti del blasfemo la sequenza della crocifissione del muratore).

Queste diverse istanze a volte prevalgono sulle altre, acquisendo una momentanea centralità, a volte convivono,
come nella splendida carrellata  riassuntiva che vede scorrere dall'alto i momenti e i luoghi fondamentali
dell'adolescenza di Bud, in un suggestivo sovrapporsi di musica, parola e immagini.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese   La vita quotidiana nella Gran Bretagna degli anni cinquanta.

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Ultimo spettacolo

L'ultimo spettacolo
TITOLO ORIGINALE The Last Picture Show
REGIA Peter Bogdanovich
SOGGETTO Dal racconto "Thalia" di Larry Mc Murtry
SCENEGGIATURA Peter Bogdanovich, Larry Mc Murtry
FOTOGRAFIA Robert Surtees (bianconero)
MUSICA Canzoni di Hank Williams, Bob Wills, Eddie Fischer, Lefty Frizzel, Pee Wee
King, Frankie Laine, Jo Stafford, Hank Snow, Johnnie Ray
MONTAGGIO Donn Cameron
INTERPRETI Timothy Bottoms, Jeff Bridges, Cybill Sheperd, Ben Johnson, Ellen Burstyn
PRODUZIONE BBS
DURATA 120'
ORIGINE USA, 1971
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Texas, 1951. Anarene è un piccolo paese sperduto dove del mondo arrivano echi lontani attraverso la radio e il
cinema è l'unico luogo di divertimento. Sonny e Duane vivono gli ultimi palpiti di adolescenza prima di partire
per la guerra di Corea. Sonny, timido e sensibile, vive una relazione con una donna sposata di molto più anziana
di lui, Duane si innamora della ricca e capricciosa Jacy. Entrambi si ritrovano al cinema per vedere l'ultima
proiezione prima che il locale chiuda per la morte del proprietario.

TRACCIA TEMATICA
L'umanità che popola il film, pur nella diversità di età e collocazione sociale, appare segnata da un'
inquietudine che il ristagnante ambiente di provincia non fa che amplificare. Frustrazione, insoddisfazione,
rimpianti e carenze affettive assillano i protagonisti, che sembrano usciti dall'amara letteratura sudista del
Novecento (Faulkner, Williams). Il riavvicinamento finale tra Sonny e la signora Leachman, esprime, nell'esterno
infuriare del vento nel deserto, un disperato bisogno di calore e presenza umana.

In questo desolato contesto il cinema diventa luogo privilegiato adibito alla gestione dei sogni e
dell'immaginario, l'unica reale possibilità di evasione da un ambiente opprimente. E il genere western (cui
appartiene Il fiume rosso di H.Hawks proiettato al cinema del paese) in particolare si incarica di alimentare tramite
il mito della frontiera (la corsa verso terre vergini per iniziare una nuova vita) un sogno americano (la convinzione
cioè che tutti possano accedere volendo al successo e alla felicità) che le brucianti delusioni dell'esistenza hanno
però minato alla radice. La chiusura dell'unica sala del paese acquista così un amaro sapore metaforico, alludendo
alla fine di un'epoca pretelevisiva in cui la fabbrica dei sogni hollywoodiana aveva egemonizzato l'universo
mentale di almeno due generazioni di americani, così come l'incombente guerra di Corea rimanda a quella del
Vietnam (in corso durante le riprese del film), evento-trauma che ha segnato la fine dell'innocenza di tutta una

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Ultimo spettacolo

nazione.

VALUTAZIONE CRITICA
Peter Bogdanovich, proveniente dalle fila della critica cinematografica, è stato il regista che ha inaugurato il
cosiddetto filone della nostalgia, intendendo con questo termine un atteggiamento di grande amore nei
confronti del Cinema classico americano (quello degli anni trenta e quaranta), che è poi stato il Cinema della
sua giovinezza. Un filone questo, che si è espresso agli inizi degli anni settanta, impegnato a proporre film
improntati a scelte stilistiche che a quella stagione si riferiscono.

Se non fosse per l'argomento e per qualche audacia impensabile anni prima (i nudi e la scabrosa storia d'amore di
Sonny), guardando L'ultimo spettacolo si potrebbe pensare di trovarsi di fronte ad un film di un'epoca
passata, soprattutto a causa dell'uso di un bianconero mimetico, che cerca cioè di riprodurre gli effetti di luce e la
profondità di campo tipici appunto dell'età d'oro del Cinema americano.

Non è però quella di Bogdanovich una semplice operazione di gusto nostalgico, un commosso
vagheggiamento di un passato cinematografico oggetto di culto, ma una rivisitazione alla luce di una
coscienza critica che tende a inficiare i presupposti ottimistici che reggevano quello stesso Cinema.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La società americana all'inizio degli anni cinquanta.

Geografia    Il deserto del Texas.

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Gita scolastica, Una

Una gita scolastica


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Pupi Avati
SOGGETTO E Pupi Avati, Antonio Avati
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Pasquale Rachini (colori)
MUSICA Riz Ortolani
MONTAGGIO Amedeo Salfa
INTERPRETI Carlo Delle Piane, Tiziana Pini, Lidia Broccolino
PRODUZIONE A.M.A. Film, con la collaborazione do RAI 1, Città di Porretta Terme, Provincia
di Bologna, Credito Romagnolo, Roberto Celletti
DURATA 86'
ORIGINE Italia, 1983
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Laura, una donna ormai ottantenne, rievoca un episodio della sua giovinezza, una gita scolastica con i
compagni di liceo di Bologna e due insegnanti nella primavera del 1914. Meta della gita è Firenze, da
raggiungere a piedi attraversando l'Appennino. Questa esperienza diventa per molti ragazzi e ragazze
l'occasione tanto attesa per realizzare qualche desiderio segreto, in particolare Laura è innamorata del bello
della classe e riesce, seppur per poco, a conquistarlo. Anche al timido e impacciato professor Balla la gita offre
la possibilità di corteggiare la bella collega Serena, decisa a tradire il marito adultero per vendetta. Quando però
l'avvenente insegnante si concede ad un suo studente, la cosa viene risaputa e al liceo scoppia un vero scandalo.

TRACCIA TEMATICA
Laura ha vissuto durante la gita scolastica il momento più bello e importante della sua vita e si spegne serenamente,
ultima depositaria vivente del ricordo di quei giorni straordinari. La coppia dei due fidanzati morti prima delle
nozze, fatta resuscitare da Laura come prologo alla rievocazione, ci ricorda che stiamo per assistere ad una
storia di fantasmi evocati dalla memoria di una sopravvissuta, che si appresta a rivivere il passato in chiave
mitica.

La gita fornisce la cornice magica all'interno della quale tutto diventa possibile, ma anche irripetibile, la
natura accoglie e protegge con la sua complicità le confidenze e le aspirazioni della giovinezza, la liberazione
di pulsioni a lungo trattenute.

La collocazione temporale nel 1914, l'anno dello scoppio della prima guerra mondiale e l'ultimo di pace per
l'Italia, incentiva la dimensione metaforica dell'evento, che si fa simbolo dell'ultima primavera d'innocenza di
un'Europa destinata a precipitare nelle tragedie del Novecento. L'allegra scolaresca del film diventa l'umanità

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Gita scolastica, Una

ingenua della Belle Époque che danza inconsapevole sul baratro.

VALUTAZIONE CRITICA
Con Una gita scolastica, suo primo film di successo, Avati mette a punto gli stilemi fondamentali del suo Cinema,
in particolare di quello incentrato sul tema del ricordo, che è tanta parte della sua filmografia. La memoria
avatiana non ricerca la ricostruzione verosimile del passato, ma lo filtra palesemente attraverso il mito (e
cioè le sovrapposizioni che la nostalgia e la fantasia operano sulla realtà dei fatti) e l'invenzione poetica. Il registro
emotivo dominante diventa così quello dell'incanto pervaso di tenerezza e sentimentalismo, attenuato però da un
sottofondo di crepuscolare malinconia che avvolge tutta la storia e non risparmia visioni rivelatrici (come il
funerale dei due giovani contadini che mette la festante comitiva di fronte all'immagine della morte e il gruppo di
soldati che preannuncia la catastrofe bellica che di lì a poco inghiottirà la generazione di giovani della gita).

Collocandola in un territorio sospeso tra la fiaba e il Musical, tra Storia e Mito, Avati sottrae il ricordo di
Laura (che incarna una zia del regista che aveva vissuto quest'esperienza da giovane) all'oblio del tempo
(nessuno era rimasto indietro a ricordare, così quella loro gita poteva essere dimenticata per sempre recita il
narratore esterno del film) consegnandolo per sempre all'immaginario cinematografico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    1914: l'Italia sull'orlo della guerra.

Geografia   L'Appennino tosco-emiliano.

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Amarcord

Amarcord

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Federico Fellini
SOGGETTO E Federico Fellini, Tonino Guerra
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Giuseppe Rotunno (colori)
MUSICA Nino Rota
INTERPRETI Bruno Zanin, Pupella Maggio, Magali Noel
PRODUZIONE Franco Cristaldi
DURATA 123'
ORIGINE Italia, 1973
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Come eravamo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Titta è un adolescente che vive in un piccolo paese romagnolo degli anni trenta. Insieme ai suoi amici partecipa
alle spensierate avventure tipiche dell'età, condividendo con loro un immaginario erotico concentrato soprattutto
su Gradisca, prosperosa bellezza locale. Sullo sfondo la sua chiassosa famiglia e la pittoresca fauna del posto,
che esprime la propria identità collettiva in memorabili momenti di aggregazione, come il passaggio delle Mille
Miglia e della nave Rex.

TRACCIA TEMATICA
Con Amarcord, cioè mi ricordo, Fellini scrive un'altra pagina di quella grande autobiografia che è la sua
filmografia: dietro il personaggio di Titta si cela il regista e il microcosmo provinciale che lo circonda allude
chiaramente alla sua Rimini.

Il film ne costituisce un affresco umoristico e commosso insieme, filtrato da una memoria necessariamente
deformata e infedele, che di quegli anni non vuole cogliere tanto la verità storica, quanto una verità poetica e
sentimentale che solo il lungo periodo di tempo trascorso permette di fare emergere.

Eventi divertenti e grotteschi si succedono ad episodi dolorosi, atmosfere malinconiche o magiche a riti chiassosi e
festanti oppure tutto questo si fonde e intreccia in un solo momento, seguendo un alternarsi che è tipico della vita.

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Amarcord

VALUTAZIONE CRITICA
Fellini lavora in Amarcord su alcune figure tipiche del suo Cinema: l'iperbole (cioè l'esagerazione), qui giocata
soprattutto nella chiave caricaturale con cui viene proposta la maggior parte dei personaggi e delle situazioni (si
pensi ai ricordi scolastici, alle cerimonie fasciste e alla sovrabbondante nevicata), l'esibizione della finzione,
evidente in tutta la messa in scena (dalla Rimini ricostruita negli studi di Cinecittà, al mare di cellophane solcato
dalla sagoma di cartone del Rex), la frantumazione narrativa che impedisce l'imporsi di un nucleo centrale
attorno cui far ruotare gli episodi secondari, il prevalere di una dimensione mitica a scapito della resa realistica
(si pensi alla già citata sequenza epifanica del Rex), il gusto per l'evocazione crepuscolare e malinconica (la
sequenza della nebbia e il matrimonio di Gradisca che chiude il film).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     La vita quotidiana durante il Fascismo.

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Amico ritrovato, L'

L'amico ritrovato
TITOLO ORIGINALE Reunion
REGIA Jerry Schatzberg
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Fred Uhlman
SCENEGGIATURA Harold Pinter
FOTOGRAFIA Bruno di Keyzer (colori)
MUSICA Philippe Sarde
MONTAGGIO Martine Barraque
INTERPRETI Jason Robards, Christien Anholt, Samuel West
PRODUZIONE Ann Francois per Les Films Ariane, FR3, CLG Film, Nef Filmproduktion
DURATA 110'
ORIGINE Gran Bretagna/Francia/Germania Federale, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

Nazismo

Novecento/Cinema e Storia

 
TRAMA
Strauss è un anziano signore americano che dopo sessant'anni decide di tornare a Stoccarda, in Germania, sua
terra d'origine. Qui vorrebbe avere notizie di un suo amico dell'epoca del liceo, il nobile Von Lohenburg, di cui
ha perso le tracce. Nel clima ferocemente antisemita del Nazismo trionfante tra i due si era intrecciata nel 1932
un'amicizia sempre più stretta e intima e poi interrotta per il fatto che Strauss era ebreo e Von Lohenburg
simpatizzante di Hitler. Dopo qualche giorno di ricerca Strauss scopre, tornando nella sua vecchia scuola, che
Von Lohenburg è stato giustiziato per aver partecipato al fallito attentato contro Hitler del 1944.

 
TRACCIA TEMATICA
L'amicizia tra i due giovani protagonisti si basa sulla stima reciproca e su comuni passioni e interessi, è
insomma un legame autentico, che supera le differenze di ceto: Strauss infatti appartiene alla borghesia ebraica

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Amico ritrovato, L'

delle professioni (il padre è medico), mentre Von Lohenburg è un rampollo dell'alta aristocrazia germanica (prima
diffidente nei confronti del parvenu Hitler, successivamente sua sostenitrice in nome della difesa dei propri
privilegi). E' significativo della solidità di questa amicizia il fatto che Von Lohenburg approdi ad essa dopo aver
ripetutamente rifiutato le profferte dell'élite della classe, desiderosa di annoverare tra le sue fila un esponente di
sangue blu.

Von Lohenburg rompe il rapporto con l'amico a malincuore, subendo una scelta dettata più
dall'appartenenza alla propria classe sociale che da profondi convincimenti, Strauss vive questo distacco
come un trauma terribile che si inserisce nella più grande tragedia della sua famiglia e del suo popolo.

Quando alla fine scopre dopo anni che l'amico ha ripudiato il Nazismo, sacrificandosi in prima persona, che
insomma ha riconosciuto con i fatti l'errore commesso e quindi indirettamente il torto nei suoi confronti, si realizza
la riunione (che è poi il significativo titolo originale del film) con lui. L'amico, insomma, non è ritrovato
solamente nel senso etimologico del termine, ma anche nel senso morale.

VALUTAZIONE CRITICA
La regia ha scelto di muoversi su quattro piani: il primo è quello del tempo presente, che vede il protagonista
anziano alla ricerca dell'amico, girato con colori asettici e realistici; il secondo è quello della rievocazione
dell'amicizia, accompagnato da una duplice scelta cromatica, fredda e uniforme (vicina al bianconero) nelle
sequenze scolastiche e cittadine, calda e luminosa in quelle dedicate alle vacanze in Baviera (un Eden presto
perduto); il terzo propone immagini ricostruite del processo ai congiurati antihitleriani, immerse in un cupo
bianconero documentaristico; infine il quarto si basa su autentici filmati rubati a qualche cinegiornale degli anni
trenta. Si tratta di una discontinuità linguistica che intreccia con suggestiva efficacia realtà e finzione, vicende
personali e momenti di Storia collettiva.

Schatzberg accompagna questo composito procedimento visivo con uno stile narrativo asciutto e conciso, capace
di ricreare con rapidi tratti il clima di un'epoca e il senso di un'esperienza sofferta e dolorosa.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) L'avvento del Nazismo. 

             B) L'antisemitismo nazista. 

             C) La congiura antihitleriana del 1944.

Italiano   Confronto fra il romanzo e il film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm007.htm[12/07/2017 19:04:14]
Anni spezzati

Gli anni spezzati

TITOLO ORIGINALE Gallipoli


REGIA Peter Weir
SOGGETTO E Peter Weir, David Williamson
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Russel Boyd (colori)
MUSICA T. Albinoni, Jean-Michel Jarre, Johann Strauss, Paganini, Judge e Williams,
Skipper Francis
MONTAGGIO William Anderson
INTERPRETI Mel Gibson, Mark Lee
PRODUZIONE Paramount
DURATA 110'
ORIGINE USA, 1981
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Prima Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Australia, anni Dieci. Archy e Frank si conoscono durante una gara di corsa a piedi per dilettanti e diventano
subito grandi amici. Quando scoppia la prima guerra mondiale, Archy si arruola con entusiasmo e Frank,
nonostante il suo scetticismo, fa lo stesso per non abbandonare l'amico. Si ritrovano così a combattere contro
l'Impero ottomano in Turchia, nella penisola di Gallipoli.

 
TRACCIA TEMATICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm011.htm[12/07/2017 19:04:14]
Anni spezzati

La prima parte del film si concentra sull'amicizia virile (basata cioè sulla stima e il rispetto per doti tipicamente
maschili, nel caso in questione l'abilità nella corsa), che trova nell'arso e solare paesaggio australiano il proprio
sfondo ideale. L'adesione alla guerra di Archy e Frank non è dettata da spirito bellicista, ma dal richiamo
dell'avventura e di nuovi orizzonti da esplorare, in sintonia con lo spirito più autentico dell'originario pionierismo
australiano.

La seconda parte è dedicata all'esperienza bellica dei due protagonisti e conduce al tipico approdo di tanto
Cinema bellico antimilitarista: la denuncia dell'irresponsabilità degli alti comandi, che con cinica indifferenza nei
confronti della vita dei soldati, li lanciano in folli attacchi contro un baluardo inespugnabile condannandoli a morte
sicura.

 
VALUTAZIONE CRITICA
Peter Weir sa usare al meglio le risorse del suggestivo paesaggio australiano, facendone quasi, nella prima
parte,  il vero protagonista del film: dagli aridi scenari che fanno da sfondo all'amicizia dei protagonisti emana il
fascino di un'immensità illimitata, di una natura selvaggia e incontaminata che sembra racchiudere in sé un
primordiale mistero. Anche lo sfondo egiziano e turco si inseriscono in una costante del Cinema weiriano:
l'ingresso in una dimensione ambientale sconosciuta, che attrae e respinge nel contempo e che impone a chi
l'affronta una sfida di tipo iniziatico.

Di notevole coinvolgimento emotivo la sequenza conclusiva, girata in montaggio alternato esibendo una
grande padronanza tecnica nell'uso di questo tradizionale luogo linguistico, e l'immagine finale in frame-stop che
blocca il crescendo di drammaticità nel momento culminante.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia      A) La prima guerra mondiale sul fronte mediorientale. 

                B) L'organizzazione dell'Impero britannico all'inizio del XX secolo.

Geografia    L'ambiente geografico australiano.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm011.htm[12/07/2017 19:04:14]
Arrivederci ragazzi

Arrivederci ragazzi

TITOLO ORIGINALE Au revoir les enfants


REGIA Louis Malle
SOGGETTO E Louis Malle
SCENAGGIATURA
FOTOGRAFIA Renato Berta (colori)
MONTAGGIO Emanuelle Castro
MUSICA Schubert, Saint-Saens, Ami Flammer
INTERPRETI Gaspard Mannesse, Raphael Fejto
PRODUZIONE Nouvelles Editions de Films/Marin Karmitz-MK2 Productions/Stella Film/ NEF
con la partecipazione di Raiuno
DURATA 103'
ORIGINE Francia/Germania Occidentale, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Amici per la pelle

Momenti di Gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Il valore della diversità

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Francia, 1944. Julien, un dodicenne appartenente alla buona borghesia francese, frequenta insieme al fratello il
collegio del Bambin Gesù vicino a Parigi. Siamo in piena seconda guerra mondiale, ma il convento che lo ospita
sembra essere relativamente protetto dai pericoli del conflitto. Un giorno arriva  Jean Bonnet, un ragazzo
riservato e portato per lo studio, nei confronti del quale il priore ha un atteggiamento protettivo. In realtà il suo
vero nome è Kippelstein ed è ebreo. Julien è attratto dal nuovo compagno e tra i due s'instaura un'amicizia
sempre più profonda, finchè, a causa di una spiata del garzone del collegio, i tedeschi vi irrompono ed arrestano
Jean, due suoi amici ebrei e il priore che ha cercato di nasconderli. Sapremo alla fine che moriranno tutti nei
lager.

 
TRACCIA TEMATICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm014.htm[12/07/2017 19:04:15]
Arrivederci ragazzi

La voce fuori campo del protagonista ormai adulto ci informa in chiusura con poche parole sul tragico epilogo
della vicenda: a distanza di anni la scomparsa così traumatica dell'amico e del priore assume il significato di una
dolorosa perdita dell'innocenza.

Il collegio diventa lo spazio protetto dell'adolescenza su cui incombe minacciosa la realtà del mondo degli
adulti: basta allontanarsi un po' e ci si imbatte nei tedeschi oppure passare la domenica in paese per assistere ad
un'inquietante manifestazione di antisemitismo da parte dei collaborazionisti francesi.

L'amicizia tra Julien e Jean appare preziosa perché è il risultato di un lento e circospetto processo di
avvicinamento suggellato dalla stima reciproca e cementato da passioni comuni.

Il garzone sciancato che denuncia i ragazzi ebrei diventa il simbolo di un atteggiamento assai diffuso e da alcuni
studiosi evidenziato come importante nel determinare il consenso nei confronti di regimi autoritari: la frustrazione
e il senso di inferiorità trovano illusoria compensazione nello schierarsi dalla parte del più forte contro le
minoranze oppresse.

 
VALUTAZIONE CRITICA
Ispirato ad un episodio autobiografico, Arrivederci ragazzi lo rievoca con tono sommesso e commosso e con un
andamento piano e sobrio lontano da quella ricerca linguistica che caratterizza i film d'esordio di Malle,
quasi che la ferita non rimarginata del ricordo imponga uno sforzo di autocontrollo stilistico.

I momenti migliori del film sono quelli legati all' innestarsi della dimensione dell'immaginario fantastico tipico
dell'adolescenza sull'ordinaria quotidianità della vita del collegio: è il caso della caccia al tesoro nel bosco e
della lettura notturna delle Mille e una notte.

La fotografia propende per tonalità cromatiche piuttosto scure e fredde, adatte ad esprimere il senso di oppressione
invernale che si coniuga con la cupa atmosfera della Francia occupata.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) La persecuzione antisemita nell'Europa degli anni trenta e quaranta. B) La Francia occupata dai Nazisti
(1940-1944).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm014.htm[12/07/2017 19:04:15]
Ragazze di piazza di Spagna

Le ragazze di Piazza di Spagna


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luciano Emmer
SOGGETTO E Sergio Amidei
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Rodolfo Morandi (bianconero)
MONTAGGIO Jolanda Benvenuti
MUSICA Carlo Innocenzi
INTERPRETI Lucia Bosè, Cosetta Greco, Eduardo De Filippo, Marcello Mastroianni, Ave
Ninchi, Giorgio Bassani
PRODUZIONE Astoria Film
DURATA 98'
ORIGINE Italia, 1952
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Amore e altre catastrofi

L'amore /La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Tra Marisa, Elena e Lucia, tre ragazze che lavorano in una sartoria di piazza di Spagna, esiste una solida
amicizia. Tutte hanno problemi d'amore e vivono rapporti difficili con i relativi fidanzati. Alla fine le cose si
sistemano per il meglio e le tre amiche convoleranno a giuste nozze.

TRACCIA TEMATICA
Amicizia e amore sono i temi privilegiati attorno cui ruotano le vicende delle protagoniste: la prima vissuta
come riferimento irrinunciabile e sicuro, il secondo come esperienza insidiosa e non sempre facile da gestire,
entrambi visti come momenti fondamentali della vicenda giovanile. Solo in questa fase della vita amicizia e
amore sono vissuti con tanta partecipazione ed ansia.

Il film sottolinea proprio l'irripetibilità di questi momenti e lo fa svuotandoli di ogni vera drammaticità: un
lieve ottimismo aleggia sulle vicissitudini delle tre ragazze e induce nello spettatore la sensazione che alla fine tutto
si sistemerà per il meglio.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm112.htm[12/07/2017 19:04:15]
Ragazze di piazza di Spagna

VALUTAZIONE CRITICA
Emmer è stato uno degli interpreti più rappresentativi del cosiddetto neorealismo rosa, un filone in auge negli anni
cinquanta e che prendendo le mosse dal neorealismo del decennio precedente ne ribadiva l'attenzione per ambienti
e ceti popolari, visti però non più come vittime di un degrado morale e materiale causato da ingiustizie sociali, ma
come portatori di saldi principi e di un'umanità ingenua e spontanea (di qui l'accusa rivolta al regista di
populismo).

Si deve tuttavia riconoscere ad Emmer delicatezza di tocco, indulgente ironia e sincera e autentica adesione
sentimentale al mondo che rappresenta.

Da notare la partecipazione nel ruolo di narratore dello scrittore Giorgio Bassani, che impreziosisce il film
fornendo ad esso una cornice letteraria un po' forzata e manierata.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    L'Italia degli anni cinquanta.

Italiano    Giorgio Bassani.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm112.htm[12/07/2017 19:04:15]
Due amiche

Due amiche
TITOLO ORIGINALE Two Friends
REGIA Jane Campion
SOGGETTO E Helen Garner
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Julian Penney (colori)
MUSICA Madrigal Group from Kambala of England Girl's School, direzione musicale di
Martin Armiger
MONTAGGIO Bill Russo
INTERPRETI Kris Bidenko, Emma Coles
PRODUZIONE Jan Chapman per Australian Broadcasting Corporation
DURATA 76'
ORIGINE Austarlia, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e


Società

TRAMA
Kelly e Louise sono due amiche. La prima è estroversa e irrequieta, la seconda timida e conformista. Compagne
di scuola, coltivano il sogno di poter frequentare insieme un istituto particolarmente stimolante chiamato la
Città delle Ragazze, ma solo Louise potrà accedervi, poiché il patrigno di Kelly si opporrà all'iscrizione della
figliastra. E' un momento di svolta: le due amiche prendono strade diverse e la loro frequentazione si attenua,
anche perché Kelly nel frattempo ha deciso di lasciare la famiglia per andare a vivere da sola. E' a questo punto
che inizia il racconto.

TRACCIA TEMATICA
Kelly e Louise hanno caratteri e temperamenti diversi: la prima vive con precocità le prime esperienze sessuali
ed è assai più disinvolta e vitale dell'amica, che invece interpreta in modo più tradizionale la propria adolescenza.

La storia delle due amiche viene inserita in un ciclo stagionale che va dall'inizio della primavera australe
sino all'inverno che incornicia mestamente l'affievolirsi del loro rapporto, sottolineando il contrasto climatico
la differenza fra il grigiore del presente e le speranze del passato.

Emergono i temi del disagio esistenziale legato all' aperta conflittualità con i genitori per Kelly e alla insofferenza
per l'eccesso di normalità subito dalla più remissiva Louise, il tutto sullo sfondo di un'angosciosa nevrosi

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm043.htm[12/07/2017 19:04:16]
Due amiche

familiare e di un irrisolto conflitto generazionale.

VALUTAZIONE CRITICA
La regista neozelandese conferma, sin da questa prova d'esordio, la sua spiccata sensibilità nei confronti dei
temi dell'adolescenza e dei relativi turbamenti. Le due protagoniste sono delineate con credibilità e aderenza e
soprattutto di Kelly è messa in evidenza la trasgressiva e perturbante presenza, simbolo di un vitalismo cui si
sottrae la più trattenuta Louise.

Assolutamente insolita e singolare la struttura narrativa disposta in senso retrospettivo in successione


cronologica invertita, quanto mai efficace nel comunicare il senso del graduale deteriorarsi di un'amicizia di cui si
lascia nello spettatore il ricordo proprio del momento culminante, quello più felice, alla fine del film.

Sempre del finale ci appaiono straordinarie le invenzioni visive che accompagnano la lettura della lettera di
Kelly, le cui fantasticherie si visualizzano in una serie di immagini irrealisticamente manipolate dalla regista, nelle
quali realtà e immaginario si confondono in una specie di sogno infantile, che sembra rivendicare il diritto alla
felicità e alla fantasia da parte di un'adolescenza offesa.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm043.htm[12/07/2017 19:04:16]
Giovinezza Giovinezza

Giovinezza, Giovinezza
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Franco Rossi
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Luigi Preti
SCENEGGIATURA Vittorio Bonicelli, Franco Rossi
FOTOGRAFIA Vittorio Storaro (bianconero)
MONTAGGIO Giorgio Serralonga
MUSICA Piero Piccioni
INTERPRETI Alain Noury, Katia Moguy, Roberto Lande
PRODUZIONE Elio Scardamaglia e Ugo Guerra
DURATA 108'
ORIGINE Italia, 1969
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Ferrara, 1936-1941. Giordano e Mariuccia, fratello e sorella, formano con Giulio un consolidato trio d'amici. I
primi due appartengono alla media borghesia agraria, mentre il terzo è di origini più umili. Quando il Fascismo
imperversa con la proclamazione dell'Impero e la guerra di Spagna, si trovano ad avere all'incirca vent'anni.
Dietro la loro apparente spensieratezza, si cela una crescente inquietudine: Giordano, in contrasto con il padre,
convinto assertore del regime, matura una convinta coscienza antifascista, Giulio aderisce al Fascismo in modo
sempre più critico e nel contempo concepisce un amore impossibile per Mariuccia. Alla fine lo scoppio della
seconda guerra mondiale divide definitivamente i destini dei tre giovani.

TRACCIA TEMATICA
Il film cerca di evocare l'atmosfera della provincia italiana negli anni del Fascismo: Ferrara diventa così, con i
suoi antichi portici, i caffè pieni di fumo, i vicoli brumosi, i pioppeti lungo il Po un microcosmo accogliente e
rassicurante, ricostruito più sul filo di una memoria affettuosa e indulgente che di una pur presente e attendibile
verosimiglianza storica.

Giordano rappresenta la coscienza inquieta di un borghese che vive con senso di colpa i privilegi che il regime
gli garantisce e riverbera nel proprio antifascismo le ansie di una ribellione generazionale alla figura paterna.

Giulio simboleggia l'adesione entusiastica e ingenua di parte dei ceti popolari al Fascismo, salvo poi
sperimentare l'impossibilità di una riformabilità in senso democratico di un Regime che sta precipitando nel baratro
dell'alleanza con il Nazismo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm066.htm[12/07/2017 19:04:16]
Giovinezza Giovinezza

Mariuccia, figura eterea ed inafferrabile, soffusa da un alone di impenetrabile mistero, sospesa in una dimensione
di sogno, accetta alla fine con coraggio un destino di dolore e infelicità.

 
VALUTAZIONE CRITICA
Il titolo del film è evidentemente ambivalente: da una parte fa riferimento all'inno fascista e quindi al contesto
storico in cui si inserisce la vicenda, dall'altra invece allude alla stagione della giovinezza vissuta dai protagonisti e
raffigurata come età di slanci e inquietudini, di illusioni e ansie.

L'opera di Rossi, pur riuscendo in più di un momento a tradurre i caratteristici incanti e turbamenti dei vent'anni,
come pure a trasmettere con una certa efficacia le atmosfere degli anni trenta, stenta nel dare unità e
compattezza al tutto, sovraccaricando il testo di significati e rimandi e finendo un po' schiacciata
dall'ambizione di voler dire troppe cose.

Più apprezzabile invece la scelta stilistica, ispirata alla nouvelle vague francese di quegli anni, di ricorrere ad un
montaggio asincronico e frammentario, contaminato da immagini documentaristiche e nervoso e irrequieto come
l'esistenza dei protagonisti.

Da sottolineare infine la splendida fotografia in bianconero di Vittorio Storaro alla sua prova d'esordio.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) Il Fascismo negli anni del maggior consenso: dalla proclamazione dell'Impero alle leggi antisemite.

   B) La vita quotidiana negli anni del Fascismo.

   C) I Littoriali della cultura.

Italiano   Confronto tra il romanzo di Preti e il film.

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Amici per la pelle

Amici per la pelle


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Franco Rossi
SOGGETTO Ottavio Alessi, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Ugo Guerra, Franco Rossi
SCENEGGIATURA Ottavio Alessi, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Ugo Guerra, Franco Rossi,
Giandomenico Zagni
FOTOGRAFIA Gabor Pogany (bianconero)
MUSICA Nino Rota
MONTAGGIO Otello Colangeli
INTERPRETI Geronimo Meynier, Andrea Scirè
PRODUZIONE ENIC
DURATA 94'
ORIGINE Italia, 1955
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Amici per la pelle

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Mario e Franco frequentano la III D delle scuole medie G. Mazzini di Roma. Mario appartiene ad una famiglia
medio-borghese, mentre Franco, figlio di un diplomatico, è benestante e i suoi modi sono tipici di un ceto
altolocato. Dopo un primo approccio difficile, i due adolescenti fanno amicizia e diventano inseparabili. Proprio
quando il loro legame sembra più forte che mai, un litigio li separa per sempre.

TRACCIA TEMATICA
Mario e Franco hanno due temperamenti diversi: il primo è estroverso e spontaneo, irruente ed impulsivo, il
secondo è chiuso e misurato, sensibile e riflessivo. Si tratta, insomma, dell'incontro tra due caratteri
decisamente differenti e che forse per questo si attraggono reciprocamente. Anche le classi sociali di
appartenenza sono diverse, proponendo Franco uno stile di vita e un tenore di abitudini di stampo quasi
aristocratico, e comunque ispirate ad una condizione di prestigio (l'autista, la residenza in un hotel di lusso, l'ex-
residenza è una bella villa sulla via Appia Antica, il posto in tribuna al concorso ippico di Piazza di Siena, ecc..),
laddove Mario, pur non essendo certo povero, esprime modi decisamente più popolari. Ma le differenze non
finiscono qui: se Mario ha alle spalle una solida famiglia e un sicuro riferimento affettivo-domestico, Franco vive
nel doloroso ricordo della madre scomparsa e stenta a superare il tremendo trauma della sua morte.

La loro amicizia si presenta con quella dimensione totalizzante e disinteressata tipica dell'adolescenza, tale
da fare il vuoto attorno a sé (l'interesse nei confronti delle ragazze passa in seconda linea e Mario è tutt'altro che
amareggiato quando scopre che la sua innamorata flirta con un altro) in nome di una solidarietà e complicità
assolute. In questo senso Franco avverte il tradimento dell'amico come una ferita insanabile (la peggiore della sua

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Amici per la pelle

adolescenza dopo la tragedia che ha segnato la sua infanzia) e stenta a perdonargli un comprensibile momento di
debolezza.

VALUTAZIONE CRITICA
Amici per la pelle si segnala come uno dei migliori film italiani per e sull'adolescenza e questo in un
panorama produttivo storicamente povero di film validi su un argomento che, per la sua particolare natura,
si è prestato sovente a banali moralismi e patetismi. E', insomma, quello che si dice un classico per ragazzi sul
tema dell'amicizia, che conserva ancor oggi, a distanza di tanti anni, e in un contesto sociale e antropologico
profondamente mutato, una sua indubbia forza ed efficacia. Il merito di questa mirabile longevità va attribuito
alla regia discreta e sensibile di Rossi, che riesce a cogliere la misura giusta per raccontarci una storia abilmente
trattenuta su un tono medio, che evita eccessi drammatici e facili sdolcinature (pensiamo al tocco delicato con cui
viene descritto il dramma interiore di Franco per la morte della madre o all'intensità emotiva creata dalla sequenza
finale dell'addio), attenta a penetrare nei risvolti più intimi e veri della condizione adolescenziale per consegnarci
personaggi assai ben tratteggiati dal punto di vista umano e psicologico.

La sceneggiatura, poi, toglie al film una precisa contestualizzazione storica (è ambientato nella
contemporaneità, che all'epoca era quella degli anni Cinquanta, ma potrebbe adattarsi anche a sfondi storici d'ogni
periodo o quasi), trasformando opportunamente la storia dell'amicizia di Mario e Franco in una vicenda
senza tempo, perché i sentimenti di cui tratta sono universali.

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cacciatore di aquiloni

Il cacciatore di aquiloni
TITOLO ORIGINALE The Kite Runner
REGIA Marc Forster
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Khaled Hosseini
SCENEGGIATURA David Benioff
FOTOGRAFIA Roberto Schaefer (colori)
MONTAGGIO Matt Chesse
INTERPRETI Khalid Abdalla, Homayon Ershadi, Shaun Toub, Atossa Leoni, Said Tahmaoui,
Zekeria Ebrahimi, Khan Mahmidzada
PRODUZIONE Walter F. Parkes, William Horberg, E. Bennett Walsh, Rebecca Yeldham per
DreamWorks  SKG/MacDonald-Parkes Productions/Neal
Street Productions/Participant Productions/Sidney Kimmel
Entertainement/Wonderrland Films
DURATA 128’
ORIGINE Stati Uniti, 2007
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Amici per la pelle


Momenti di gioventù/La condizione giovanile e adolescenziale/Individuo e
Società
  
Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, Problemi del sottosviluppo
Novecento/Cinema e storia

TRAMA
 Nell’Afghanistan del 1978 Amir e Hassan sono due amici. Il primo appartiene alla comunità dominante
Pashtun, il secondo a quella emarginata e sottomessa Hazara. Hassan viene pestato brutalmente da un gruppo
di teppisti e Amir per paura non interviene. Da quel momento l’amicizia tra i due entra in crisi e per molti anni
non si rivedranno più. Un certo giorno nel 2000 Amir riceve una telefonata che lo riporta nel paese natale per
riabilitarsi dalla vigliaccheria del passato.

TRACCIA TEMATICA
 Il film è ricco di temi. In primo luogo quello dell’amicizia e del suo tradimento.

Si affronta pure la questione interetnica e classista: Amir ed Hassan appartengono a due diverse etnie e a due
differenti classi sociali. Se ciò crea problemi alle rispettive famiglie, i due protagonisti adolescenti vivono la loro
amicizia senza inibizioni.

Il trasferimento negli Usa di Amir ci immerge nella dimensione problematica dell’inserimento di un profugo in
un contesto estraneo. Il successo editoriale dello stesso Amir sottolinea l’utilità  della confessione autobiografica
tramite la letteratura come una forma di terapia per affrontare i buchi neri del proprio passato.

Di notevole importanza poi lo sfondo storico della vicenda, con l’invasione sovietica prima e il regime dei
talebani dopo, giungendo il film a ridosso dell’occupazione statunitense del 2001. 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm007.htm[12/07/2017 19:04:17]
cacciatore di aquiloni

Infine il film si conclude con la sottolineatura del riscatto di Amir che , adottando il figlio dell’amico, non solo
salda il debito con Hassan, ma realizza una specie di ideale continuità tra passato e presente.

VALUTAZIONE CRITICA
 La parte migliore del film è sicuramente la prima, quella incentrata sull’amicizia tra i due protagonisti,
raccontata con sobria ed efficace semplicità e non priva di momenti di intensa poeticità (come la gara di aquiloni).
Qualcuno ha citato a questo proposito il cinema del neorealismo italiano per l’identica capacità di tratteggiare con
misura e sensibilità la dimensione adolescenziale sullo sfondo di un contesto sociale tormentato.

Meno incisive, invece, la parte “americana” e quella finale del ritorno di Amir in Afghanistan, appesantita la
prima da una certa scontatezza di dialoghi e situazioni e considerata la seconda (nella sua strillata drammaticità da
thriller) troppo distante dal registro dominante del film, quasi a diventare una specie di concessione spettacolare
estranea al resto dell’opera. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
   Storia                                   a) Storia dell’Afghanistan

                                                b) L’attentato alle Torri Gemelle e l’invasione dell’Afghanistan                    

  Inglese                                  Il romanzo omonimo di Khaled Hosseini

 Geografia                              L’Afghanistan

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm007.htm[12/07/2017 19:04:17]
Dirty dancing

Dirty Dancing - Balli proibiti

TITOLO ORIGINALE Dirty Dancing


REGIA Emile Ardolino
SCENEGGIATURA Eleanor Bergstein
FOTOGRAFIA Jeff Jur (colori)
MONTAGGIO Peter C. Frank
MUSICA John Morris
INTERPRETI Jennifere Grey, Patrick Swayze
PRODUZIONE Linda Gottlieb, Eleanor Bergstein
DURATA 100'
ORIGINE USA, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Ballando, Ballando

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Anni 60. In una località di villeggiatura lacustre trascorre le vacanze la famiglia Houseman: marito e moglie e
due giovani figlie. Una di queste, Baby, ragazza simpatica e vitale, ma non certo bella, ama il ballo e si rivolge a
Johnny, provetto ballerino e soprattutto ambito rubacuori locale, perché le dia delle lezioni di danza. Tra
opposizioni e difficoltà tra i due sboccia l'inevitabile amore.

TRACCIA TEMATICA
Gli anni sessanta, secondo un cliché ormai consolidato, vengono presentati come un periodo di scontro
generazionale, che mette in crisi i canoni di perbenismo conformista dei genitori e sprigiona la frenesia vitale e il
desiderio di libertà sessuale dei figli.

Il ballo, in particolare quello sensuale e ricco di allusioni erotiche del film, diventa il simbolo di questa ribellione
giovanile, ma soprattutto un fondamentale veicolo di comunicazione che esalta trasgressività e creatività e permette
alla bruttina Baby di conquistare il playboy Johnny.

VALUTAZIONE CRITICA
Dirty Dancing si dispone su tre piani: il primo cerca di fornire un contesto storico al film risalendo ai mitici anni

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm041.htm[12/07/2017 19:04:20]
Dirty dancing

sessanta con esiti a dir poco superficiali e banali, tanto che a ben pensare poco cambierebbe se la vicenda fosse
ambientata ai nostri giorni, i richiami ad eventi dell'epoca rimangono un corpo estraneo al tessuto narrativo; il
secondo concerne l'intreccio e la delineazione dei personaggi e delle loro psicologie e anche qui lo stereotipo e lo
scontato la fanno da padroni; infine il terzo, incentrato sul ballo e le esibizioni danzanti dei protagonisti, appare
decisamente il più convincente e coinvolgente, rievocando la gloriosa stagione del musical d'altri tempi.

Testo e contesto risultano insomma puri pretesti per permettere al film di dispiegare la suggestiva dirompenza di
balli stupendamente eseguiti e filmati.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm041.htm[12/07/2017 19:04:20]
Ballroom

Ballroom - Gara di ballo


TITOLO ORIGINALE Ballroom
REGIA Baz Luhrmann
SCENEGGIATURA Baz Luhrman, Craig Pearce
FOTOGRAFIA Steve Mason (colori)
MUSICA David Hirschfelder
MONTAGGIO Jill Billcock
INTERPRETI Paul Mercurio,Tara Morice
PRODUZIONE Tristram Miall, Antoinette Albert
DURATA 94'
ORIGINE Australia, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Ballando, Ballando

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e


Società

 
TRAMA
Scott è un giovane ballerino di grandi qualità, ma eccessivamente inventivo e individualista per poter vincere
l'ambito Gran Premio del Pacifico, dominato da una giuria troppo tradizionalista per apprezzare la sua
creatività. Abbandonato per questo dalla sua partner abituale, sceglie come compagna di ballo Fran, una specie
di Cenerentola che lavora come inserviente nella scuola di danza della famiglia di Scott. Alla fine, dopo tante
ore di esercizio e dopo aver superato le opposizioni e le macchinazioni di genitori, parenti, amici e organizzatori
e soprattutto dopo essersi innamorati, trionfano acclamati da una folla entusiasta al Gran Premio del Pacifico.

 
TRACCIA TEMATICA
La contrapposizione che divide Scott dalla madre e dai rappresentanti della federazione di ballo può essere
letta come rinnovata versione dell'eterno scontro generazionale che vede i giovani rivendicare il proprio
bisogno di novità di fronte all'immobilismo tradizionalista degli adulti.

Solo il padre di Scott si discosta dal grigio conformismo dei suoi coetanei, rifugiandosi in un nostalgico e solitario
vagheggiamento del passato e ammirando di nascosto le trasgressioni antiaccademiche del figlio.

In una storia chiaramente ispirata al modello favolistico la figura di Fran ripropone il paradigma di
Cenerentola, cui l'origine sudamericana della ragazza assegna anche concrete connotazioni sociali riferite
all'Australia contemporanea con i suoi problemi di convivenza fra diverse etnie.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm018.htm[12/07/2017 19:04:21]
Ballroom

 
VALUTAZIONE CRITICA
Il pregio maggiore del film non va ricercato nella trama, piuttosto scontata e prevedibile, ma nella
messinscena, ispirata ad un gusto barocco, variopinto e visionario, che esplicita la finzione e orienta la pellicola
sul versante dei generi irrealistici per eccellenza, quali il musical e il fantastico (esemplare in questo senso la
sequenza del flashback dedicato al padre di Scott, all'insegna del kitsch più esibito) e nel montaggio, frenetico e
incontenibile, scandito sul ritmo delle evoluzioni di danza dei protagonisti.

Luhrman infonde nel film una vena ironica, a volte apertamente umoristica, e surreale, che chiede la
complicità dello spettatore, che solo se partecipa al gioco, sospendendo ogni giudizio di credibilità e
verosimiglianza, ne viene avvinto e coinvolto.

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    Australia, una nazione multietnica.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm018.htm[12/07/2017 19:04:21]
Flashdance

  Flashdance
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Adrian Lyne
SOGGETTO Tom Hedley
SCENEGGIATURA Tom Hedley, Joe Eszterhas
FOTOGRAFIA Don Peterman (colori)
MUSICA Giorgio Moroder
INTERPRETI Jennifer Beals, Michael Nouri
PRODUZIONE Don Simpson e Jerry Bruckheimer per Polygram Pictures Production
DURATA 91'
ORIGINE USA, 1983
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Ballando, Ballando

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Alex ha diciotto anni e la passione del ballo, il suo sogno è essere ammessa al conservatorio di danza di
Pittsburg. Nel frattempo lavora come operaia e arrotonda esibendosi la sera in balli frenetici in un Nightclub.
Proprio in questo locale viene notata dal suo padrone di fabbrica, ricco e bello, che si innamora subito di lei.
Dopo qualche titubanza iniziale, Alex cede alle sue avances e tra i due inizia una relazione piuttosto tempestosa,
che arriva alla rottura quando lei scopre di essere stata raccomandata dal suo uomo per entrare in
conservatorio. Alla fine però Alex vince il proprio orgoglio e si presenta alla selezione, dove stupisce la
commissione per la sua bravura.

TRACCIA TEMATICA
Flashdance ripropone adattandola ai tempi la fiaba di Cenerentola. Alex è una ragazza povera, che si
sottopone ad un lavoro faticoso e maschile pur di realizzare il suo sogno. E' generosa e sincera, crede nell'amicizia
e nella spontaneità, ma soprattutto nell'impegno tenace e costante. Ha un profondo senso morale (è credente e si
confessa) e un'ammirevole dignità (vuole affermarsi coi suoi soli mezzi).

Il suo principe azzurro è un industriale che al posto della carrozza ha la Porsche (che contrasta vistosamente
con la proletaria bicicletta di Alex) e che non comprende del tutto la spiccata personalità della ragazza,
pensando di facilitarle il futuro con le sue relazioni e conoscenze. In fondo è un personaggio piuttosto scialbo e
incolore rispetto ad Alex, che lo sovrasta in tutto, pura funzione narrativa di un film che in verità non vuole
approfondire veramente niente, ma solo affascinare il pubblico con le portentose piroette di Jennifer Beals e
il suo dolce sorriso.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm055.htm[12/07/2017 19:04:21]
Flashdance

Flashdance è uno di quei film dove la trama è un puro pretesto per garantire uno sfondo narrativo ad altro:
in questo caso al corpo, al volto e alle movenze di Jennifer Beals (diva emergente che negli anni successivi non
confermerà le promesse). La sua fisicità riempie lo schermo e accentra l'attenzione (straordinario il suo
balletto iniziale), il resto è puro contorno.

Adrian Lyne, con il suo gusto estetizzante e patinato che guarda più al corto respiro dello spot pubblicitario
e del videoclip (controluce, montaggio veloce, rapidi mutamenti di inquadratura, primissimi piani e dettagli,
musica accattivante) che non alla coerenza e continuità della dimensione narrativa cinematografica, si rivela
regista particolarmente adatto per questa superficiale operazione di pura confezione.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione artistica    Il linguaggio della pubblicità televisiva e del videoclip.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm055.htm[12/07/2017 19:04:21]
Febbre del sabato sera

La febbre del sabato sera


TITOLO ORIGINALE Saturday Night Fever
REGIA John Badham
SOGGETTO E Norman Wexler
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ralf D. Bode (colori)
MUSICA Barry, Maurice. Robbin Gibb, Leo Green, Ron Kersey, Charles Heardon, R. Bell,
David Shire, Walter Murphy, Kooland, The Sang, Rich Dees, H. W. Carey, R.
Finch
MONTAGGIO David Rawlins
INTERPRETI John Travolta, Karen Lynn Gorney
PRODUZIONE Robert Stigwood per Paramount
DURATA 123'
ORIGINE USA, 1977
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Ballando, Ballando

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Tony Manero vive nella Little Italy e lavora come commesso in un negozio di vernici. Passa il tempo libero con
gli amici proletari del quartiere tra sbronze e risse, ma il luogo preferito è la discoteca, dove Tony può sfogare
alla fine della settimana il suo talento per il ballo. Qui fa la conoscenza di Stephanie, ottima ballerina, ma
piuttosto distante da lui per gusti e ambizioni. Nonostante i frequenti battibecchi i due decidono di allenarsi per
partecipare alla gara di ballo della discoteca che frequentano. Vinceranno immeritatamente il primo premio e
questo sarà per Tony l'inizio di una presa di coscienza che lo porterà a mettere in discussione il proprio stile di
vita.

TRACCIA TEMATICA
Tony sembra essere soddisfatto del ruolo di leader della sua banda giovanile e di primo ballerino della discoteca
del quartiere italiano di Brooklyn, ma questo appagamento si rivela come una patina fragile che mal nasconde
la frustrazione latente per la scarsa considerazione di cui è oggetto in famiglia e per l'inconsistenza dei suoi
rapporti umani e sentimentali (il ponte di Verrazzano diventa il simbolo di un possibile passaggio ad un'altra
scelta di vita fuori dal suo quartiere). Solo ballando riesce ad essere veramente apprezzato ed ammirato e il ballo
diventa l'unico strumento con cui è in grado di comunicare con l'altera (apparentemente) Stephanie.

In realtà quest'ultima è insoddisfatta e si maschera dandosi arie di donna vissuta ed in carriera, frequentatrice di
celebrità, intellettualmente superiore a Tony e ai suoi amici perdigiorno. Anche Stephanie, come il suo partner,
sconta una pesante situazione di solitudine e di disistima.

Alla fine entrambi si ritrovano, consapevoli dei propri limiti e del reciproco bisogno di consolidare tra loro

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm052.htm[12/07/2017 19:04:22]
Febbre del sabato sera

un'intesa autentica e profonda (non necessariamente sentimentale), che possa aiutarli a maturare e a crescere.

VALUTAZIONE CRITICA
La febbre del sabato ha riscosso un grande successo di pubblico, specialmente fra i giovani, attratti dalle
musiche della colonna sonora e dai frenetici balli dei protagonisti.

La trama rischia di diventare un semplice pretesto narrativo per fare da cornice ad una specie di moderno
musical sulle note della disco-music. Le musiche e le performance danzanti insomma non si fondono e integrano
in modo convincente con il resto della pellicola, che tende ad assumere un suo autonomo sviluppo.

Il film riesce tuttavia a dare spessore (anche se solo in parte, a causa del modo un po' manierato con cui
rappresenta l'ambiente familiare di Tony e quello della gioventù proletaria della Little Italy) alla dimensione
umana della storia grazie alla buona capacità di approfondimento psicologico dell'inquietudine dei due
protagonisti, gli unici che riescono a sfuggire ai cliché scontati appiccicati ai personaggi di contorno
(irrimediabilmente scontato il destino di morte dell'amico più indifeso di Tony che precipita dal ponte).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione musicale     La disco-music.

Geografia      Brooklyn: un quartiere multietnico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm052.htm[12/07/2017 19:04:22]
Footloose

Footloose
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Herbert Ross
SOGGETTO E Dean Pictchford
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ric Waite (colori)
MONTAGGIO Paul Hirsch
MUSICA Becky Shargo
INTERPRETI Kevin Bacon, Lori Singer, Dianne Wiest, John Lithgow
PRODUZIONE Daniel Melnick per la Paramount Pictures
DURATA 107’
ORIGINE USA, 1984
REPEREBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Ballando, Ballando

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Un ragazzo di Chicago, Ren, si trasferisce con la madre in una piccola cittadina di provincia, dominata dalla
presenza del reverendo Moore, che con le sue prediche tuona contro il ballo, causa, a suo dire, della corruzione
della gioventù, tanto che la comunità del paese l’ha addirittura vietato. La prima a non adattarsi all’ottuso
rigorismo del religioso è proprio sua figlia Ariel, ragazza disinibita e irrequieta, che adora la musica e la danza.
Ma è soprattutto il nuovo arrivato Ren che si ribella alle leggi del posto, fomentando una rivolta che alla fine
trionfa contro tutte le resistenze.

TRACCIA TEMATICA
Il film può essere considerato una specie di apologo morale, tendente a dimostrare che non solo i divieti e le
proibizioni contro bisogni giusti e legittimi, come certo devono essere considerati il ballo e la musica per i
giovani, non servono a niente, ma anche che sono dannosi, ingenerando comportamenti ribellistici spesso
autodistruttivi, come quello di Ariel. L’inquieta personalità della ragazza, che ha assunto un atteggiamento di
sfida aperta nei confronti di un padre rigido e insensibile, simboleggia in modo estremo il grave rischio di
incomunicabilità tra generazioni, che incombe qualora, invece del dialogo e della comprensione, prevalgano i
pregiudizi e i tabù.

Le stesse chiusure mentali degli adulti, a cominciare proprio dal reverendo, nascondono poi irrisolti traumi
personali e un difficile rapporto con la sessualità.

Centrale, nel sostenere l’assunto del film, l’appassionato intervento in consiglio comunale di Ren, che, citando la
Bibbia, esalta la virtù liberatoria e la dimensione socializzante del ballo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm057.htm[12/07/2017 19:04:22]
Footloose

VALUTAZIONE CRITICA
E’ difficile sfuggire alla sensazione, di fronte ad un film come Footloose, che la trama altro non sia che un
semplice pretesto per costruire un musical incentrato sul ballo giovanile in voga nei primi anni ottanta, sulla
scia del successo di film come Grease (1979) e Flashdance (1983). L’improbabilità del soggetto (una specie di
fiaba contemporanea) va quindi visto alla luce dell’appartenenza della pellicola ad un genere, il musical appunto,
costitutivamente antirealista, se non apertamente fantastico. Non è certo la lezioncina sociologica sul conflitto
generazionale e sui danni del bigottismo la cosa da ricordare di Footloose, ma certamente la felice originalità dei
titoli di testa e il travolgente ritmo del ballo finale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm057.htm[12/07/2017 19:04:22]
Billy Elliott

 Billy Elliot
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Stephen Daldry
SOGGETTO E Lee Hall
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Brian Tufano (colore)
MUSICA Stephen Warbeck
MONTAGGIO John Wilson
INTERPRETI Jamie Bell, Julie Waltres, Jamie Draven, Gary Lewis
PRODUZIONE Greg Brenman, Jonathan Finn per Tiger Aspect/Working Title Films/WT2/Arts
Council of England/Bbc/Studio Canal+
DURATA 110’
ORIGINE Gran Bretagna-Francia, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Ballando Ballando

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e


Società

TRAMA
 Contea di Durham, nord Inghilterra, 1984. L’undicenne Billy Elliot, orfano di madre, vive con il padre, il
fratello e la nonna in un quartiere operaio vicino alle miniere di carbone. Avviato dal padre al pugilato,
frequenta la palestra della città, ma ad un certo punto viene attratto dalla danza classica. Seguito con attenzione
dalla maestra che crede in lui e sfidando l’opposizione della famiglia, Billy si dedica completamente alla sua
nuova passione fino a convincere il padre ad accettare di  fargli tentare l’esame per l’ammissione alla Royal
Dance Accademy.  

TRACCIA TEMATICA
L’ambiente che fa da sfondo alla vicenda di Billy Elliot è quello di un centro minerario degli anni Ottanta
segnato dalla politica di deindustrializzazione della signora Thatcher, che portò alla liquidazione del settore
carbonifero britannico con tanto di dramma umano legato al dilagare della disoccupazione. Si tratta di un contesto
sociale degradato e incattivito dalla crisi che sta subendo e che proprio per questo sembra attaccarsi ancora
di più alle poche certezze rimaste, a cominciare da una distorta concezione maschilista secondo cui la virilità e
una salda identità sessuale si esprimono attraverso la pratica di sport di forza come il pugilato.

La passione di Billy per la danza si carica quindi anche di una precisa connotazione di rifiuto nei confronti del
mondo che lo circonda e in particolare del futuro di squallida e stentata esistenza che sembra incombere su
di lui. La finale accettazione da parte del padre della vocazione del figlio assume il carattere dell’acquisita
consapevolezza che solo sfuggendo al destino della miniera e della provincia angusta e meschina Billy potrà
costruirsi una vita migliore. 

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm013.htm[12/07/2017 19:04:23]
Billy Elliott

Billy Elliot abbina due differenti filoni narrativi: da una parte il dramma sociale realista incentrato sui problemi
della crisi economica nell’Inghilterra degli anni Ottanta e sulle pesanti conseguenze che essa determinò sulle
condizioni della classe operaia (sottolineate con efficacia negli squarci di desolazione umana e ambientale che il
film ci mostra), dall’altra il percorso di formazione del protagonista, che secondo uno schema di sapore fiabesco
riesce a coronare il suo sogno (chiara allusione fiabesca appare il finale travestimento scenico di Billy: il brutto
anatroccolo si è trasformato in cigno).

A questi luoghi narrativi se ne affiancano altri, non meno consolidati dalla tradizione, come quello del
rapporto conflittuale padre-figlio (il figlio non vuole seguire le orme del padre e nemmeno ne condivide la
mentalità) e maestro-allievo (il maestro vuole realizzare le proprie aspirazioni frustrate tramite un discepolo
promettente capace di affermarsi), senza dimenticare gli affondi nel genere musical (fra i più suggestivi e
trascinanti del film).

Non sempre la pellicola riesce ad armonizzare con equilibrio i tanti (troppi?) percorsi narrativi che attiva,
rischiando spesso l’incomunicabilità fra registri troppo differenti e la mancanza di approfondimento di situazioni e
personaggi. Nel complesso, tuttavia, Billy Elliot risulta un film piacevole, ben diretto (brillante il montaggio) e
ben recitato (a volte non servono i grandi attori, ma la capacità di trovare volti credibili per il ruolo che devono
interpretare), un prodotto medio che trova la chiave del successo (ottima l’accoglienza del pubblico) soprattutto
nella capacità di offrire agli spettatori una storia dal chiaro senso morale e dei personaggi in cui identificarsi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                  A) Gli anni Ottanta in Gran Bretagna

                                             B) La politica della Signora Tatcher

Geografia economica          L’industria mineraria inglese

Educazione musicale           La danza classica

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm013.htm[12/07/2017 19:04:23]
http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/6-Immagini/EMAIL_1.GIF[12/07/2017 19:04:33]
Amore e altre catastrofi

Amore e altre catastrofi


TITOLO ORIGINALE Love and Other Catastrophes
REGIA Emma-Kate Croghan
SOGGETTO Stavros Andonis Efthymiou
SCENEGGIATURA Yael Bergman, Emma-Kate Croghan, Helen Bandis
FOTOGRAFIA Justin Brickle (colori)
MONTAGGIO Ken Sallows
MUSICA Oleh Witer
INTERPRETI Francis O’Connor, Alice Garner, Matthew Dyktynsky, Matt Day
PRODUZIONE Stavros Andonis Efthymiou per Screwball Five Pity
DURATA 85’
ORIGINE Australia, 1996
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amore e altre catastrofi

L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Università di Melbourne. Mia e Alice, due studentesse universitarie che condividono l’appartamento, sono alla
ricerca di un terzo inquilino. Mia vuole passare ad un altro corso di laurea, perchè vi insegna un docente che
l’attrae, mentre Alice si è innamorata di Ari, il Dongiovanni dell’Università. In una sola giornata si decidono i
destini sentimentali di entrambe: Mia riannoda la relazione lesbica con Danni, da cui si era allontanata pur
continuando ad amarla, mentre Alice, proprio quando aveva fatto innamorare di sè il bel Ari, scopre nel timido
ed impacciato Michael la propria anima gemella.

TRACCIA TEMATICA
Come in un romanzo cavalleresco rinascimentale le vicende dei singoli personaggi si intersecano in una serie di
incontri più o meno casuali,   sullo sfondo del campus universitario, al pari di una foresta ariostesca popolata da
castelli da espugnare (lo studio del nevrotico Professor Leach) e da mostri da evitare (il relatore della tesi di Alice).
Ognuno è alla ricerca di qualcosa che a causa di una qualche catastrofe sembra sul punto di sfuggire
irreparabilmente: Mia insegue il permesso di trasferimento al corso dove insegna un giovane docente da cui si
sente attratta, per poi scoprire che l’oggetto del suo desiderio sta per partire per Parigi; Alice si è invaghita di Ari,
apparentemente irraggiungibile, e quando finalmente riesce ad averlo scopre l’esistenza dell’uomo ideale in
Michael, da tempo innamorato segretamente di lei e che vedendola con Ari aveva perso ogni speranza; Danni fa di
tutto per fare ingelosire Mia e alla fine riesce a riconquistarla quando sembrava tutto perduto. Solo il tenebroso
Ari appare privo di una precisa aspirazione sentimentale, gioca a fare l’esistenzialista, scettico e insensibile, si
dà arie di superiorità e sentenzia su tutto, salvo poi mandare a quel paese con un solenne ma vaffanculo! il
registratore su cui esprime la propria inclinazione per la solitudine e l’apatia. Forse anch’egli ha superato quella

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm008.htm[12/07/2017 19:05:26]
Amore e altre catastrofi

catastrofe di compiaciuto autoisolamento che si è costruito intorno.

 VALUTAZIONE CRITICA
Già con i titoli di testa (attimi di vita rubati con un’amatoriale macchina da presa) il film esplicita la struttura
frammentaria che adotta per raccontarci la giornata di un gruppo di universitari alle prese con i problemi
tipici della loro condizione: l’amore, la tesi da finire, l’appartamento da trovare, ecc..Niente di particolarmente
nuovo e di inedito, anzi il tutto sembra piuttosto ripetitivo rispetto agli stereotipi consolidati della commedia
giovanile anni novanta. La giovanissima Croghan (24 anni all’epoca della realizzazione del film), riesce tuttavia
ad essere originale ed inventiva, oltre   a consegnarci una pellicola briosa e decisamente gradevole, almeno
con quattro soluzioni di rilievo e di indubbia novità: le citazioni, che scandiscono i vari passaggi narrativi, di
personalità importanti e solennizzate dal fondale nero, che giocano sull’effetto ironico di innalzare banali traversie
giovanili a così elevati livelli, l’omosessualità di Mia e Danni, vissuta come assolutamente normale e assai
improbabile negli stessi termini in una corrispondente commedia americana (solitamente più perbenista dietro
un’apparente patina di spregiudicatezza), la surreale trovata finale dell’anima gemella di Alice che elenca i suoi
stessi titoli cinematografici e la cinefilia che pervade l’intero film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm008.htm[12/07/2017 19:05:26]
Donne senza trucco

Donne senza trucco


TITOLO ORIGINALE Abgeschminkt
REGIA Katja von Garnier
SOGGETTO E Benjamin Taylor, Hannes Jaenicke, Katja von Garnier
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Torsten Breuer (colori)
MUSICA Peter Wenke
MONTAGGIO Katja von Garnier
INTERPRETI Katja Riemann, Nina Kronjager
PRODUZIONE Ewa Karlstroem per Vela-X Filmproduktion e Hff
DURATA 60'
ORIGINE Germania, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amore e altre catastrofi

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo Società

(Al film è abbinato il cortometraggio Emilie Muller)

 TRAMA

Frenzy è autrice di un fumetto che ha come protagonista una donna zanzara e nel realizzarlo s'ispira alle
delusioni sentimentali dell'amica Maischa. Una sera entrambe si recano ad una festa e qui Maischa s'innamora
a prima vista del bel René e fa di tutto per conquistarlo. Quando finalmente esce con lui, Frenzy deve
intrattenere Mark, amico di René. Alla fine della giornata Maischa rimane delusa dal narcisismo di René,
mentre inaspettatamente Frenzy è rimasta conquistata dalla simpatia di Mark.

 TRACCIA TEMATICA
Le protagoniste vivono una condizione di marcata precarietà sentimentale, accompagnata da insicurezze e
complessi relativi alla propria inadeguatezza di fronte all'altro sesso. Maischa, in particolare, coltiva il mito
romantico del colpo di fulmine e sogna il grande amore, ma il suo principe azzurro si rivela inadeguato a ricoprire
questo ruolo. Frenzy sembra più concreta e meno sognatrice, ma si lascia coinvolgere sino alla nevrosi da un
rapporto dall'incerto futuro. Alla fine entrambe concordano sul fatto che la solitudine e l'instabilità sono
sicuramente meglio di un legame insoddisfacente con un uomo noioso e privo di fascino.

 
VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm042.htm[12/07/2017 19:05:26]
Donne senza trucco

Katja von Garnier trova nella leggerezza e nell'ironia le chiavi vincenti per rendere quella che altrimenti
sarebbe un'esile commediola un piccolo gioiello d' intelligenza e buon gusto.

I dialoghi sono piacevoli e arguti, adeguati alla ricerca di un abbassamento di tono che esclude ogni tentazione
melodrammatica e sentimentalistica e soprattutto il montaggio (curato dalla stessa regista), manipolato con una
padronanza e disinvoltura da spot, detta al film un ritmo quanto mai spigliato e trova quasi sempre la
soluzione migliore per snellire e vivacizzare al massimo la narrazione.

La brevità della pellicola, piuttosto inconsueta, diventa una conseguenza di uno stile conciso ed essenziale (che
forse ha proprio nel fumetto a strisce il riferimento privilegiato), in grado di trasmettere con efficacia, senza
lungaggini e prolissità, quel nucleo di verità (piccolo o grande) che ogni film pensa di poter comunicare.

Premio Oscar 1994, come miglior opera prima straniera.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm042.htm[12/07/2017 19:05:26]
Giovani, carini e disoccupati

Giovani, carini e disoccupati


TITOLO ORIGINALE Reality Bites
REGIA Ben Stiller
SCENEGGIATURA Helen Childress
FOTOGRAFIA Emmanuel Lubezki (colori)
MUSICA Karl Wallinger
MONTAGGIO Lisa Churgin
INTERPRETI Winona Ryder, Ethan Hawke
PRODUZIONE Danny De Vito e Michael Shamberg per Jersey Films Production
DURATA 98'
ORIGINE USA, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amore e altre catastrofi

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Lelaina fa l'assistente di studio presso una televisione per famiglie, Vickie fa la commessa in un negozio, Troy
non fa niente e va a vivere con loro, Sammy cerca di trovare il modo di dire ai suoi che è gay. Sono tutti giovani
e hanno appena terminato l'università. Lelaina, che ama Troy, ma non lo dice, riprende tutto con la
videocamera con la speranza di farne un film per il pubblico. Vickie va a letto con mezzo mondo e vive nel
terrore di contrarre l'aids. Troy, che ama Lelaina, ma non lo dice, filosofeggia e si dà arie d'esistenzialista. Alla
fine Lelaina e Troy si confessano il reciproco amore.

TRACCIA TEMATICA
Del gruppo di giovani Lelaina è quella che sembra maggiormente dotata di creatività e aspirazioni,
intenzionata a non adattarsi ad un'anonima esistenza borghese (è il proposito espresso nel suo discorso
all'Università). Cerca di far conoscere il filmato che ha girato e che fotografa con immediatezza e spontaneità le
speranze e le incertezze dei vent'anni, senza tollerare che venga manomesso. Non ama veramente lo yuppie
Michael, ma questi le dà l'accesso ad una dimensione di rassicurante protezione.

Troy non riesce a piegare la propria indole meditabonda e il proprio spirito anarchico alla disciplina del
lavoro e nasconde il bisogno di affetto e stabilità sentimentale dietro una patina di superiore distacco. La
morte del padre ce lo fa trovare in giacca e cravatta, a voler simboleggiare una svolta che coincide con il rapporto
con Lelaina.

Sullo sfondo di questo panorama di precarietà occupazionale e fragilità psicologica si intravede la mancanza di
saldi riferimenti da parte delle rispettive famiglie, sfasciate da tempo, per non parlare della sconfortante
insensibilità del mondo adulto, incapace di apprezzare il talento di Lelaina.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm064.htm[12/07/2017 19:05:27]
Giovani, carini e disoccupati

VALUTAZIONE CRITICA
Ben Stiller (che nel film interpreta il personaggio dello yuppie Michael) riesce a dare originalità espressiva ad
una trama piuttosto esile attraverso l'idea di interrompere la continuità narrativa con le dilettantesche
riprese della videocamera di Lelaina, che nell'immagine sgranata e traballante rendono bene il senso di
disorientamento degli intervistati alle prese con le proprie ansie per il futuro, contrapponendosi alle rassicuranti
trasmissioni televisive che spesso scorrono sullo schermo. Il film insomma acquisisce una frammentarietà e
disomogeneità che diventa metafora dell'irrequietezza giovanile.

Più scontata e priva di inventiva la parte dedicata alla storia d'amore tra Troy e Lelaina (ma anche il flirt tra lei e
Michael non appare molto convincente), risolta con concessioni ad un registro melodrammatico che mal si
addice ad un film che sino a quel momento aveva fatto dell'ironia e della leggerezza la sua carta vincente.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm064.htm[12/07/2017 19:05:27]
Parlando e sparlando

Parlando e sparlando
TITOLO ORIGINALE Walking and Talking
REGIA Nicole Holofcener
SOGGETTO E Nicole Holofcener
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Michael Spiller (colori)
MUSICA Billy Bragg
MONTAGGIO Alisa Lepselter
INTERPRETI Catherine Keener, Anna Heche, Liev Schreiber, Todd Field
PRODUZIONE Ted Hope e James Schaumas per Good Machine/Zenith Productions in
associazione con Channel Fuor Films, Team, Pandora, Mikado e Electric
DURATA 94’
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amore e altre catastrofi

L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Amelia e Laura sono amiche intime sin dall’infanzia. Il loro rapporto entra in crisi, quando Laura decide di
sposare Frank. Amelia lo avverte come un tradimento, temendo che l’amica possa trascurarla in un momento
difficile della sua vita sentimentale: infatti, ha appena rotto con Andrew e vede sfumare anche il nuovo rapporto
con Bill. Ad un certo punto anche il matrimonio di Laura con Frank sembra sfumare, mentre Amelia si rimette
con Andrew. Alla fine, però, Laura si sposa con Frank e si rappacifica con Amelia.

TRACCIA TEMATICA
La contrapposizione tra amicizia e amore è un dilemma tipico della giovinezza, con tanto di gelosie, litigi,
rancori e sensi di colpa. Spesso risulta difficile trovare un equilibrio fra queste due esperienze, specie se
vengono vissute in modo totale ed esclusivo.

A questo si aggiungono, per le due protagoniste, i problemi legati ad un sostanziale senso di insicurezza nei
rapporti con l’altro sesso. Amelia, in particolare, vive con frustrazione e disistima l’incapacità a dare continuità
alle proprie relazioni amorose e considera come l’ennesima sconfitta l’essere stata abbandonata da Billy, proprio
quando questo si stava rivelando assai più sensibile e delicato di quanto avesse immaginato. Laura (cui
ironicamente vien fatto svolgere il mestiere di psicanalista), da parte sua, non sente un travolgente trasporto per
l’uomo che ha deciso di sposare e già l’esperienza della convivenza con lui mostra qualche segno di stanchezza e
logoramento, per non parlare dell’attrazione che prova per un suo paziente.

Sia un rapporto fisso, sia la sua mancanza sembrano ugualmente essere fonte di ansia e nevrosi, di dubbi e
dissidi interiori, o forse si tratta semplicemente della paura a superare la soglia della giovinezza per
immettersi definitivamente nella dimensione adulta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm099.htm[12/07/2017 19:05:27]
Parlando e sparlando

VALUTAZIONE CRITICA
Parlando e sparlando è un esemplare piuttosto significativo della cosiddetta commedia giovanile degli anni
novanta, popolata di ragazzi e ragazze alle prese con problemi di cuore e quant’altro può rendere complicata, ma
mai drammatica, la giovinezza. Si discute, si piange, ci si lascia, ci si riprende, a volte ci si lascia di nuovo, alla
fine tutto si sistema o quasi. La struttura narrativa è esile e sembra un puro pretesto per proporre un
andamento che ricalca le brevi strisce dei comics (alla Linus per intenderci), con sequenze dialogate che si
concludono con una battuta e con personaggi che rappresentano precisi tipi esistenziali.

Il film dell’esordiente Holofcener segue decisamente questo schema, attestandosi su un piano di dignitosa
medietà, privo com’è di grandi impennate ed invenzioni, come pure di cadute clamorose. Una considerazione
a parte merita tuttavia il finale con Laura in abito bianco: la felice realizzazione di un sogno o la rassegnata
accettazione del proprio destino? Un’ambiguità che (forse inconsapevole) semina un po’ di inquietudine in un
epilogo zuccheroso.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm099.htm[12/07/2017 19:05:27]
Singles

Singles-L’amore è un gioco
TITOLO ORIGINALE Singles
REGIA Cameron Crowe
SCENEGGIATURA Cameron Crowe
FOTOGRAFIA Ueli Steiger (colori)
MONTAGGIO Richard Chew
MUSICA Paul Westerberg
INTERPRETI Bridget Fonda, Campbell Scott, Kyra Sedgwick, Matt Dillon
PRODUZIONE Atkinson/Knickerbocker per Warner Bros
DURATA 100’
ORIGINE USA, 1992
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amore e altre catastrofi

L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Steve, Cliff, Janet, Linda , Debbie, sono tutti giovani singles, nel senso che abitano da soli. Alcuni di loro sono
anche soli, nel senso che non hanno o non hanno più un’anima gemella, altri sono accoppiati, ma con mille
problemi e dubbi. Steve, un brillante urbanista, si innamora di Linda, restia però a impegnarsi troppo con un
uomo essendo passata da alcune cocenti delusioni, Janet ama il cantante rock Cliff, donnaiolo e narcisista, che
la trascura, Debbie cerca invano l’uomo ideale attraverso gli annunci televisivi. Proprio quando tutto sembra
andare per il peggio, le cose si sistemano per il meglio.

TRACCIA TEMATICA
Per i protagonisti del film lo stato di singles sembra essere più una condizione provvisoria, vissuta con
disagio e insoddisfazione, piuttosto che una scelta di vita imperniata sulla rinuncia ad un rapporto
sentimentale stabile. Non c’è una teorizzazione dei vantaggi della solitudine, ma il timore di rimanere scottati da
una nuova storia, una particolare circospezione nei confronti dell’esperienza amorosa, vista come indispensabile,
ma temuta come foriera di delusioni. Almeno questo è l’orizzonte in cui si muove la relazione fra Steve e Linda,
mentre gli altri personaggi si segnalano per un sovrappiù di paranoia, come i complessi di Janet (ossessionata da un
seno giudicato troppo piccolo), le frustrate ambizioni musicali di Cliff e l’ansia nevrotica di accasamento di
Debbie.

VALUTAZIONE CRITICA
Ciò che rende vivace e piacevole un film come Singles, piuttosto banale e scontato nella sua esile sceneggiatura

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm128.htm[12/07/2017 19:05:28]
Singles

di commedia giovanile alla moda, sono alcune originali idee di regia. E’il caso del transitare del punto di vista
narrativo da un personaggio all’altro che conferisce al film un particolare effetto di coralità, dell’interpellazione
con cui questi stessi personaggi guardano in macchina rivolgendosi allo spettatore, delle scritte che scandiscono i
capitoli della storia e delle numerose interferenze della dimensione grottesco-umoristico (pensiamo al personaggio
di Debbie e a quello di Cliff) su quella seria. Un provvidenziale alleggerimento in chiave ironica di un film
troppo sbilanciato sulla vicenda Steve-Linda, risolta in modo un po’ melenso e melodrammatico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm128.htm[12/07/2017 19:05:28]
Sliding doors

Sliding Doors
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Peter Howitt
SCENEGGIATURA Peter Howitt
FOTOGRAFIA Remi Adefarasin (colori)
MONTAGGIO John Smith
MUSICA David Hirschfelder
INTERPRETI Gwyneth Paltrow, John Hannah, John Lynch
PRODUZIONE Sydney Pollack, Philippa Braithwaite, William Horberg per Mirage prod.
DURATA 99'
ORIGINE Gran Bretagna/USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Amore e altre catastrofi

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Helen, appena licenziata, è avvilita e disperata, corre per prendere il metrò e a questo punto la storia si sdoppia
in due percorsi che procedono parallelamente. In uno la ragazza perde il metrò e non si accorge che il fidanzato
la tradisce, proseguendo così una relazione per lei sempre più deludente e fallimentare; nell'altro prende il
metrò e scopre il tradimento del suo uomo, che lascia immediatamente: incontra subito dopo James, che ha le
carte in regola per poterla rendere felice.

TRACCIA TEMATICA
Sliding Doors vuol essere un'ironica e paradossale riflessione sull'importanza del caso nella nostra vita: basta
un banale imprevisto e il corso dell'esistenza può subire una virata decisiva. Accade a volte che grandi o piccole
disgrazie si rivelino alla lunga circostanze provvidenziali e viceversa.

Forse non c'è la necessaria profondità nell'affrontare un tema così controverso e impegnativo come il
rapporto tra il caso e la necessità nelle vicende umane, ma probabilmente e più semplicemente il film (nella
miglior tradizione della commedia cinematografica) ci consegna l'ottimistica e bonaria morale che non bisogna mai
scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, tanto prima o poi le cose si sistemano.

VALUTAZIONE CRITICA
Le ragioni della fortuna presso il pubblico di Sliding Doors (uno dei maggiori successi della stagione 1997/98)
vanno indubbiamente ricercate nello sdoppiamento della struttura narrativa, che direziona il film in due sensi

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm129.htm[12/07/2017 19:05:28]
Sliding doors

opposti, il melodramma e la commedia, salvo poi garantire ad entrambi un esito felice. Si tratta di una soluzione
non nuovissima, ma originale e gestita con garbo e sapiente calibratura degli incastri narrativi. Una specie di
offerta speciale alla paghi uno e compri due, destinata forse a fare storcere la bocca ai buongustai, ma vicina alle
abitudini televisive di uno spettatore che le soap-opera hanno assuefatto al più imprevedibile proliferare e
intrecciarsi di percorsi narrativi.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm129.htm[12/07/2017 19:05:28]
Swingers

Swingers
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Doug Liman
SCENEGGIATURA Jon Favreau
FOTOGRAFIA Doug Liman (colori)
MUSICA Justin Reinhardt
MONTAGGIO Stephen Mirrione
INTERPRETI Jon Favreau, Vince Vaughn
PRODUZIONE Victor Simpkin, Nicole Shay LaLoggia per Miramax International
DURATA 96'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amori e altre catastrofi

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Mike vive a Los Angeles e fa il comico disoccupato, la sua ragazza l'ha lasciato dopo sei anni di fidanzamento e
non riesce a darsi pace. Gli amici tentano di tirarlo su di morale, cercando di distrarlo con serate a Las Vegas o
in qualche locale notturno, ma senza esito: Mike sprofonda sempre più nella propria cupa desolazione
esistenziale, costantemente in attesa di una telefonata della sua ex che non arriva. Una sera incontra finalmente
una ragazza in un bar, molto ben disposta nei suoi confronti. Ci sono tutte le premesse perché possa iniziare
una storia.

TRACCIA TEMATICA
Swinger significa, in una traduzione un po' approssimativa, oscillante, dondolante, volendo meglio aderire ai
protagonisti del film, forse si adatta di più l'espressione di ciondolone, ad indicare un'esistenza inconcludente e
annoiata, che si trascina da un locale ad un altro alla ricerca di qualcosa che non si trova mai.

E' il tipo di vita che conduce Mike, che più che essere un comico, è comico (involontariamente), nella nevrotica
trepidazione con cui aspetta la telefonata della sua ex-fidanzata, nella ridicola goffaggine con cui finge di essere un
professionista al tavolo da gioco, negli approcci impacciati con l'altro sesso, nella cocciuta ostinazione con cui
vuole affermare ed ostentare la propria infelicità.

Attorno a lui i suoi amici, tutti più o meno legati alla folta schiera degli aspiranti attori a spasso, in quella che
dovrebbe essere la mecca dello spettacolo (Quando sono arrivato a Los Angeles, dice Mike, pensavo che
all'aeroporto distribuissero ingaggi per film), una cerchia di perdigiorno che si crogiola fra regressioni infantili
(i videogiochi) e la ricerca di fugaci avventure erotiche .

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Swingers

VALUTAZIONE CRITICA
Swingers è un felice esempio di quel genere, relativamente recente, che potremmo definire di commedia
giovanile. Se gli ingredienti fondamentali di questo tipo di Cinema sono la gustosa scioltezza dei dialoghi e l'acuto
senso dell'umorismo di più di una situazione (indimenticabile nel suo crescendo il succedersi di telefonate di Mike
alla segreteria telefonica di Nikki) unitamente alla capacità di cogliere, anche se in modo sempre un po'
approssimativo, qualche brandello di verità socio-antropologica sulla condizione giovanile negli Usa di fine secolo,
non c'è dubbio che il film di Liman sia pienamente riuscito.

Un altro aspetto di Swingers, destinato probabilmente a sfuggire a chi non ha un po' di passione per il Cinema, è il
frequente ricorso a trasparenti citazioni da famosi film americani degli ultimi anni (e non solo degli ultimi
anni, se è giusta la sensazione che la scenetta dell'inconsolabile dolore di Mike che intenerisce le due ragazze
rimorchiate a Las Vegas si rifà a La strana coppia del duo Lemmon-Matthau del lontano 1968), tra cui risaltano
l'omaggio a Le jene di Tarantino e a Quei bravi Ragazzi di Scorsese.

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Tutti giù per terra

Tutti giù per terra


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Davide Ferrario
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Giuseppe Culicchia
SCENEGGIATURA Davide Ferrario
FOTOGRAFIA Giovanni Cavallini (colori)
MUSICA CSI (Consorzio Suonatori Indipendenti)
MONTAGGIO Luca Gasparini, Claudio Cormio
INTERPRETI Valerio Mastrandea, Carlo Monni, Caterina Caselli, Benedetta Mazzini
PRODUZIONE Gianfranco Piccioli per Hera Intl Film
DURATA 85'
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Amore e altre catastrofi

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Walter Verra è un ventiduenne disoccupato che non ha ancora deciso cosa farà da grande e si prende tutto il
tempo necessario. Più che vivere si lascia vivere, passando da un'esperienza ad un'altra mai molto convinto
delle sue scelte. Frequenta l'Università, ma perché non ha di meglio da fare, opta per l'obiezione di coscienza,
ma solo per evitare il militare, è corteggiato dalle ragazze, ma è ancora vergine, scrive racconti, ma non riscuote
un grande successo.

TRACCIA TEMATICA
Tutti giù per terra non deve esser preso come un saggio sociologico del tipo: tutti i giovani d'oggi sono così.
Occorre invece riconoscere al personaggio di Walter la sua specificità, l'esser semplicemente espressione di un
modo particolare di vivere la propria giovinezza, forse non unico, ma certamente non generalizzabile, anche se
indubbiamente dalla sua condizione si possono evincere alcune costanti dell'esperienza esistenziale giovanile:
il disorientamento di fronte alle tante sollecitazioni, la tendenza a rinviare le decisioni importanti, la precarietà di
ogni scelta, un disagio indefinito, ma acuto. E' probabile che il personaggio di Walter, intento a prolungare
all'infinito la linea d'ombra che lo separa dalla maturità, estremizzi queste tipicità sino ad apparire un caso
limite e quindi poco esemplare.

Il protagonista del film è il classico antieroe (si potrebbe tirare in ballo la figura dell'inetto a vivere di tanta
letteratura decadente di inizio secolo), che ha un rapporto conflittuale con la realtà, nella quale non vuole
inserirsi, temendo quasi di esserne contaminato e così afferma la propria estraneità nei confronti di un mondo che

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm142.htm[12/07/2017 19:05:29]
Tutti giù per terra

non gli appartiene.

VALUTAZIONE CRITICA
Davide Ferrario (regista proveniente dalla critica cinematografica) opta per una struttura narrativa
frammentata e centrifuga, che trova il suo fattore unitario nella voce fuori campo del protagonista,
particolarmente indicata ad esprimere l'andamento tutt'altro che lineare dell'esistenza di Walter, verso la quale il
regista assume un atteggiamento di ironica complicità, lontano da ogni facile moralismo.

Le scelte linguistiche appaiono improntate ad un'accentuata stilizzazione, con il ricorso a procedimenti


tendenti a creare una precisa discontinuità espressiva in chiave antirealista: il registro grottesco preso in
prestito dal surrealismo francese (il funerale della zia che è una citazione da Entr'acte di Réné Clair), il ricorso  a
inquadrature eccentriche e il parossistico uso del montaggio, la visualizzazione delle fantasie del protagonista che
spesso collidono col piano della realtà (l'irreale scena d'amore costruita sulla base di un patinato immaginario
cinematografico).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano    Confronto tra il romanzo di Giuseppe Culicchia e il film.

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agorà

Amore 14
TITOLO ORIGINALE idem
REGIA Federico Moccia
SOGGETTO E Dal romanzo omonimo di Federico Moccia
SCENEGGIATURA
Federico Moccia, Luca Infascelli, Chiara Barzini
FOTOGRAFIA Marcello Montarsi
MONTAGGIO Fabrizio Bondi
MUSICA Fabrizio Bondi
INTERPRETI Veronica Olivier (Carolina detta "Caro"), Giuseppe Maggio (Massimiliano detto
"Massi"), Beatrice Flammini (Alice detta "Alis"), Flavia Roberto (Claudia detta
"Clod"), Raniero Monaco di Lapio (Giovanni detto "Rusty James"), Pamela
Villoresi (Silvia, la madre di Carolina), Pietro De Silva (Dario, il padre di
Carolina), Emiliana Franzone (Lucilla, nonna di Carolina), Riccardo Garrone
(Tommaso, nonno di Carolina)
PRODUZIONE Marco Belardi per Medusa Film
DURATA 95'
ORIGINE Italia, 2009
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Primi amori  

L’amore/La condizione giovanile e adolescenziale/Uomo e società


 

  

TRAMA
Carolina Bolla, detta Caro, ha quattordici anni ed è entrata nell'adolescenza. In questo periodo conosce
molti ragazzi, ma quello più significativo per lei è Massimiliano, detto "Massi", conosciuto in un
negozio di dischi. Infatti se ne innamora subito e non si dimenticherà mai di lui per il resto della
storia.

TRACCIA TEMATICA
Quella del primo amore è un’esperienza fondamentale dell’adolescenza (periodo della vita
complesso e difficile), quasi sempre vissuta con un enorme investimento emotivo e passionale,
alimentato dall’estrema fragilità tipica dell’età . In particolare nell’universo sentimentale
femminile assume una particolare centralità l’attesa del “principe azzurro” (che nel film si
incarna nel personaggio di Massi). “Amore 14” esplora le dinamiche psicologiche e
comportamentali del desiderio adolescenziale alle prese con l’esperienza amorosa.  La
constatazione amara che non sempre la realtà coincide con i sogni provoca tremende delusioni
destinate ad aprire ferite profonde difficili da rimarginare.  
 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm004.htm[12/07/2017 19:05:30]
agorà

VALUTAZIONE CRITICA
Il film denuncia una pronunciata superficialità e schematicità nell’approccio ad una
dimensione (quella adolescenziale) di cui non riesce a cogliere la complessità. Più che
sull’approfondimento psicologico e la problematizzazione, Moccia punta sull’aderenza alle mode
e all’immaginario infantile (specie femminile) degli adolescenti infarcendo la colonna sonora di
canzoni in classifica che ammiccano ai loro gusti. Il suo stile è quello degli spot pubblicitari
rivolti ad un pubblico giovanile.

Lo stesso mondo degli adulti non sfugge a questa rappresentazione convenzionale e stereotipata
(pensiamo all’eccesso di sentimentalismo sdolcinato con cui sono rappresentati i nonni). Come
nei suoi romanzi (di cui i suoi film sono le versioni cinematografiche) Moccia si mostra
consumato conoscitore di una sicura formula di successo.  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano   Il romanzo di Federico Moccia da cui è tratto il film- Il fotoromanzo e la letteratura
sentimentale popolare
 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm004.htm[12/07/2017 19:05:30]
Prima dell'alba

Prima dell'alba
TITOLO ORIGINALE Before Sunrise
REGIA Richard Linklater
SCENEGGIATURA Richard Linklater, Kim Krizan
FOTOGRAFIA Lee Daniel (colori)
MUSICA Arlene Fishbach
MONTAGGIO Sandra Adair
INTERPRETI Ethan Hawke, Julie Delpy
PRODUZIONE Anne Walker-McBay per Castl Rock/Filmhaus Wien
DURATA 100'
ORIGINE USA/Austria, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Primi Amori

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Céline e Jesse si incontrano a Vienna, sono entrambi turisti e attendono di partire rispettivamente per Parigi e
Los Angeles. Passano un' intera giornata passeggiando e parlando per le strade della capitale austriaca e giunta
la sera capiscono di amarsi. All'alba però decidono di partire ognuno per la propria città, lasciandosi con una
vaga promessa di rincontrarsi a Vienna. Chissà se si rivedranno?

TRACCIA TEMATICA
Céline e Jesse sono due giovani normali, che girano il mondo con tanto entusiasmo e pochi soldi in tasca.
Spontanei, sinceri e sensibili, con tanta voglia di confidare le proprie aspirazioni e i propri sogni (ma anche
le delusioni) ad un'anima che si rivela sempre più gemella.

Vienna, suggestiva città mitteleuropea entrata nell'immaginario come simbolo di romantici amori impossibili,
costituisce lo scenario ideale per questo breve incontro.

Affidare il loro amore alla memoria perché lo conservi come oggetto di culto, quando l'incanto della
giovinezza sarà finito e affiorerà la noia di un qualche matrimonio sbagliato, o dare continuità a quello che
sembra un rapporto felice e promettente?

Il film lascia la risposta in sospeso: al pubblico decidere se l'incontro avverrà o meno.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm105.htm[12/07/2017 19:05:31]
Prima dell'alba

Prima dell'alba è quello che si dice un film di sceneggiatura, dove cioè i dialoghi acquistano un ruolo
fondamentale rispetto all'intreccio narrativo, in questo caso per altro assente. Linklater costruisce infatti il suo
lavoro sull'accumulo di dati e indizi che gradatamente disvelano la personalità dei due giovani protagonisti,
motivandone la reciproca attrazione. Frasi, silenzi, espressioni e sguardi diventano così elementi decisivi che
scandiscono un percorso dall'esito scontato (lo sbocciare dell'amore), ma in grado di aprirsi sull'incertezza per quel
che riguarda il futuro (e questo è sicuramente un merito della pellicola).

Riuscire a mantenere questo tipo di Cinema parlato su un accettabile livello di credibilità e piacevolezza
(senza scadere nel banale e nello stereotipato) è una sfida che tutto sommato Linklater vince, pur con qualche
eccesso di verbosità e artificiosità.

RIFERMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia dell'arte    Vienna città d'arte.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm105.htm[12/07/2017 19:05:31]
Amiche

Amiche
TITOLO ORIGINALE Circle of Friends
REGIA Pat O' Connor
SOGGETTO Dal romanzo di Maeve Binchy
SCENEGGIATURA Andrew Davis
FOTOGRAFIA Ken McMillan (colori)
MUSICA Michael Kamen
MONTAGGIO Jim Jympson
INTERPRETI Chris O'Donnel, Minnie Driver
PRODUZIONE Price Entertainment, Lantana, Savoy Pictures, Irish Film Board
DURATA 102'
ORIGINE Eire/USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Primi Amori

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Irlanda, 1957. Benny, Eve e Nan sono tre giovani amiche che affrontano il primo anno di università a Dublino,
provenienti da un piccolo paese di provincia. L'incontro con i coetanei universitari determina i primi
innamoramenti con conseguenti turbamenti e conflitti legati ad un' educazione cattolica fortemente repressiva e
sessuofobica. Benny e Eve non si concedono totalmente ai rispettivi ragazzi, mentre la più disinibita Nan aspetta
un figlio dal nobile signorotto Simon, che però si sottrae alle sue responsabilità. Disperata Nan ruba a Benny il
fidanzato, facendogli credere di essere il padre del bambino che aspetta. L'amicizia tra Benny e Nan è distrutta,
ma alla fine tutto si sistema.

TRACCIA TEMATICA
Negli anni cinquanta, e specialmente nella cattolicissima Irlanda, l'approccio alle prime esperienze sessuali
era decisamente problematico. La morale religiosa (efficacemente espressa dalle prediche dal pulpito e dalle
confessioni di Benny) imponeva rigidi divieti che inibivano il desiderio di vivere pienamente la propria sessualità.

Delle tre amiche Benny è quella che attraversa in modo più problematico questo difficile passaggio, mentre
Eve sembra sopportare con più serenità la natura platonica del suo rapporto e Nan, più spregiudicata, e anche più
cinica delle amiche, si mette ben presto nei guai. Alla fine Benny vince il tabù della verginità e il primo rapporto
acquista il significato di un vero e proprio rito iniziatico di accesso alla maturità e di superamento definitivo
dell'adolescenza.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm006.htm[12/07/2017 19:05:31]
Amiche

VALUTAZIONE CRITICA
O' Connor si muove in due direzioni: da una parte racconta con credibilità e affetto il tormentato percorso
morale delle tre protagoniste, accostandosi con pudore e sensibilità alle loro psicologie fortemente condizionate
dalla mentalità puritana dominante, anche se la preferenza accordata al personaggio di Benny mette un po' in ombra
le sue amiche; dall'altra sfrutta al meglio le possibilità offerte dal suggestivo paesaggio irlandese, la cui
malinconica campagna ben si presta a diventare scenario di tormenti amorosi, e ci offre una ricostruzione d'epoca,
forse un po' convenzionale e scontata, ma che riesce a tradurre il clima complessivo di quegli anni lontani.

Meno convincente diventa il film quando si tratta di dare consistenza narrativa alla storia, con scene madri
risolte in modo decisamente infelice e incongruenze ed oscurità (lo smascheramento della macchinazione di Nan ha
l'incedere goffo di una telenovela e non viene adeguatamente spiegato come Eve intuisca la verità).

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    L'Irlanda.

Religione    L'importanza della religione cattolica nella storia e nella cultura irlandese.

Storia   La vita quotidiana nell'Europa della fine degli anni cinquanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm006.htm[12/07/2017 19:05:31]
Mignon è partita

Mignon è partita
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesca Archibugi
SOGGETTO E Francesca Archibugi, Claudia Sbarigia, Gloria Malatesta
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Luigi Verga (colori)
MUSICA Roberto Gatto, Battista Lena
MONTAGGIO Alfredo Muschietti
INTERPRETI Stefania Sandrelli, Jean Pierre Duriez, Massimo Dapporto, Celine Beauvallet,
Leonardo Ruta
PRODUZIONE Leo Pescarolo e Guido De Laurentis per la Ellepi film-Crysalide Film-Rai Tre
DURATA 94’
ORIGINE Italia, 1988
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Primi amori

L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Roma, quartiere Flaminio. La famiglia Forbicioni è costituita da madre e padre, quasi sempre assente e con
tanto di amante, e cinque figli, che vanno da un anno a sedici. Un giorno giunge ospite in famiglia, proveniente
da Parigi, la cugina quindicenne Mignon, il cui padre, un ricco affarista è finito in prigione. Mignon, abituata
ad uno stile di vita agiato, stenta ad adeguarsi alla modestia piccolo-borghese della famiglia Forbicioni e non
perde occasione per esprimere il proprio fastidio con modi scostanti. L’unico membro della famiglia che riesce a
comunicare con lei è il timido e sensibile Giorgio, che ben presto se ne innamora perdutamente. Mignon, più per
disperazione che per convinzione, si mette insieme con un rozzo amico di casa, sino a provocare per questo il
tentato suicidio di Giorgio. Rimessosi quest’ultimo, Mignon si inventa di essere incinta pur di essere rimandata a
casa a Parigi.

TRACCIA TEMATICA
Giorgio vive la sua prima importante esperienza d’innamoramento con l’appassionato e totale
coinvolgimento tipico della sua età. Mignon è sì altezzosa e superba, ma anche colta e raffinata quanto basta
perché il vulnerabile Giorgio se ne senta fortemente attratto. Troppa è la diversità fra lei e l’ambiente di
giovani che ruota attorno alla famiglia, certo più spontanei e genuini, ma certamente noiosi e scontati nella loro
ristrettezza mentale. La notizia dell’arresto del padre costituisce per Mignon un trauma tremendo, una specie di
caduta da un piedistallo di prestigio sociale su cui aveva costruito la sua immagine e il suo senso di superiorità e
per questo si vuole come degradare mettendosi con il vissuto Cacio. In fondo sia Giorgio che Mignon sono,
seppur in modo differente, dei diversi, dei disadattati che stentato ad inserirsi nella realtà circostante.

Ma il dolore dei sentimenti non è solo loro, accomuna quasi tutti i personaggi, dalla madre di Giorgio che deve
soffocare il proprio trasporto per il cognato, che l’ama vanamente, allo stesso Cacio che maschera dietro un
apparente cinismo il dolore per l’abbandono di Mignon, e alla professoressa di Giorgio che cerca nel ragazzo una

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm088.htm[12/07/2017 19:05:32]
Mignon è partita

compensazione affettiva per il figlio handicappato. E su tutti si stende l’ombra della mancanza di una forte
figura maschile di riferimento, sia essa un padre o un marito, sia perché morto o perché assente.

VALUTAZIONE CRITICA
L’Archibugi inserisce nel film dei riferimenti cinematografici (Germania anno zero di Rossellini) e letterari
(Grandi speranze di Dickens) che richiamano alla centralità dell’infanzia e dell’adolescenza, quasi a voler porsi in
linea di continuità con una tradizione narrativa in grado di scrutare nei tormentati percorsi morali di queste difficili
età. La regista, secondo la sua sensibilità, intreccia modi della commedia (ci sono situazioni che vogliono
essere divertenti e sequenze che si chiudono con una battuta), con affondi drammatici (il suicidio di Giorgio, le
liti fra Mignon e la sorella), abbandoni malinconici (la professoressa malata) e toni crepuscolari (il rimpianto di
Giorgio sul bacio non dato a Mignon), senza però riuscire sino in fondo ad armonizzare questi diversi registri,
ognuno dei quali rischia un po’ di andare per la sua strada, senza collegarsi agli altri, da cui una certa
sensazione di dispersione e discontinuità.

La cosa migliore del film va senz’altro ricercata nello sforzo di realismo, perseguito soprattutto attraverso la
rinuncia ad ogni scenografia artificiale in cambio di ambienti reali (a cominciare dall’appartamento dei
Forbicioni), dove, come ha sostenuto la regista, Le pareti trasudano vita vissuta, trasmettendo allo spettatore una
sensazione di autenticità e verità, che non sempre la sceneggiatura riesce ad offrire.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm088.htm[12/07/2017 19:05:32]
Ragazza con la valigia

La ragazza con la valigia


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Valerio Zurlini
SOGGETTO E Leo Benvenuti, Enrico Medioli, Giuseppe Patroni Griffi, Valerio Zurlini
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Tino Santoni (bianconero)
MONTAGGIO Mario Serandrei
MUSICA Mario Nascimbene
INTERPRETI Claudia Cardinale, Jacques Perrin, Romolo Valli, Gian Maria Volonté, Corrado
Pani
PRODUZIONE Maurizio Lodi-Fé per Titanus-SGC
DURATA 113'
ORIGINE Italia/Francia, 1961
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio/Triennio
PERCORSI Primi amori

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Lorenzo è un sedicenne che vive a Parma in un signorile palazzo insieme alla zia e al fratello maggiore
Marcello. Da quest'ultimo riceve l'incarico di allontanare dalla città Aida, una giovane ragazza attratta dal mito
del successo con cui Marcello ha avuto una fugace relazione. Lorenzo però è prima impietosito da Aida e poi se
ne sente attratto, arrivando a proteggerla con ogni espediente pur di trattenerla a Parma e poterla frequentare.
Alla fine la ragazza decide di recarsi a Rimini per cercare lavoro e interrompere il rapporto con Lorenzo, che
disperato la raggiunge per convincersi subito dopo a lasciarla definitivamente.

TRACCIA TEMATICA
La ragazza con la valigia è soprattutto la storia dell'iniziazione sentimentale di un sedicenne sognatore e
romantico. Lorenzo esprime un'innocenza e un candore che è privilegio della sua età e di cui si colgono ancora
tracce in Aida, giovane ingenua e schietta, per quanto già provata dalla vita.

Verso questi personaggi s'indirizza la simpatia del regista che contrappone la tenerezza del loro incontro alla
meschinità di un angusto ambiente provinciale.

Ricco di risvolti protofemministi (che anticipano di qualche anno l'affermarsi delle tematiche femministe) appare
la figura di Aida, vittima di un universo maschile umanamente e moralmente degradato, uno dei personaggi

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm111.htm[12/07/2017 19:05:32]
Ragazza con la valigia

femminili meglio tratteggiati del Cinema italiano di quegli anni.

VALUTAZIONE CRITICA
La ragazza con la valigia consacra Zurlini  regista di rara sensibilità nel comunicare i turbamenti e i risvolti
più intimi e intensi dell'esperienza amorosa.

Il suo sguardo complice e delicato accompagna le figure di Lorenzo e Aida in un difficile percorso sentimentale il
cui dolente sbocco sembra preannunciare ad entrambi un amaro destino esistenziale di solitudine ed infelicità.

Zurlini si rivela inoltre capace di costruire uno sfondo ambientale (quello della sonnolenta e tradizionalista
provincia italiana dei primi anni sessanta) ricco di acute notazioni sociologiche e attento a cogliere gli echi
dell'incipiente consumismo (pensiamo all'uso delle canzonette contrapposte alla romanza Celeste Aida).

Notevole infine sul piano stilistico il gusto figurativo esibito dal regista, costantemente impegnato nel garantire
alle inquadrature una preziosa raffinatezza di composizione.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   L'Italia negli anni del Miracolo Economico.

Educazione musicale   A) La musica leggera italiana nei primi anni sessanta. 

                                      B) L'opera lirica di Verdi Aida.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm111.htm[12/07/2017 19:05:32]
Boys

Boys
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Stacy Cochran
SOGGETTO Dal racconto Twenty Minutes di James Salter
SCENEGGIATURA Stacy Cochran
FOTOGRAFIA Robert Elswit (colori)
MUSICA Stewart Copeland
MONTAGGIO Camilla Toniolo
INTERPRETI Winona Ryder, Lukas Haas
PRODUZIONE Peter Frankfurt, Paul Feldsher, Erica Huggins per la Interscope
Communications Poligram Filmed Entertainment
DURATA 96'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Primi amori

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
John Baker è prossimo a concludere le superiori presso il prestigioso collegio Sherwood School, per poi
intraprendere la carriera di manager industriale che il padre ha già stabilito per lui. Un giorno soccorre Patty,
una ragazza di ricca famiglia, che è rimasta svenuta in un campo dopo una caduta da cavallo. Contro ogni
proibizione la porta nella sua stanza al college, suscitando l'aggressiva curiosità dei compagni. John s'innamora
istantaneamente di lei, ma Patty si trova ad essere ancora sconvolta da un episodio traumatico avvenuto il
giorno prima e, quando si accorge della presenza della polizia al luna park dove si era recata con John, scappa
lasciando solo il ragazzo. Alla fine Patty gli confessa di essere scampata ad un incidente stradale, nel quale ha
perso la vita un suo amico che aveva rubato l'auto del sinistro. Dopo aver confessato tutto alla polizia, sembra
che per i due giovani non ci siano più speranze di coronare il loro amore.

TRACCIA TEMATICA
Da parecchi indizi (la villa lussuosa, il cavallo, la Porsche) si intuisce che Patty è una ragazza della buona
società, un po' viziata e abbandonata, o poco seguita, dai genitori (alla fine la sua famiglia è costituita solo da
un fratello e una sorella), insoddisfatta dal punto di vista sentimentale, sostanzialmente annoiata. Il tragico
epilogo della serata precedente l'ha sconvolta e forse le ha insinuato più di un dubbio sul tipo di vita che conduce e
sulle persone che frequenta, potrebbe essere stato quello che si dice un trauma salutare.

John è uno studente che non si sente adeguatamente valorizzato dalla scuola e non ingrana con compagni

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm021.htm[12/07/2017 19:05:33]
Boys

grossolani. Il futuro che il padre gli va predisponendo lo atterrisce e sembra provare tutte le ansie e i turbamenti
che la fine dell'adolescenza porta con sé.

Patty vede nella purezza di John una possibile via di fuga da una realtà che la schiaccia e John trova nel
fascino misterioso di Patty un'alternativa all'incubo dell'esistenza grigia che lo aspetta dopo il diploma.

 VALUTAZIONE CRITICA
Boys è certamente un prodotto anomalo nell'attuale panorama del cosiddetto Cinema giovanilistico americano, tutto
preso dall' intento di piacere al pubblico con dialoghi arguti e sentenziosi e situazioni da commedia intrise d'ironia.
Nel film della Cochran si parla poco (ma i silenzi imbarazzati e gli sguardi teneri e attoniti dei due protagonisti
sono molto eloquenti, relativamente al loro stato d'animo e all'insorgere dell'amore reciproco) e in fondo si dice
altrettanto poco sulla vita e il passato dei personaggi, preferendo delineare la loro personalità attraverso una
graduale disseminazione di indizi e suggerimenti (ad esempio tutti i giovani del college si chiamano John, a
significare un valore generalizzabile all'età giovanile del disagio del protagonista).

Una regia, quindi, che lavora sulla sottrazione e il tono misurato, aliena dai facili effettismi che la dimensione
vagamente gialla della trama poteva autorizzare, che sa ben calibrare, tramite il continuo differimento della
rivelazione finale, l'inquietante atmosfera di ambiguità e mistero che aleggia su buona parte della vicenda.

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Guendalina

Guendalina
TITOLO ORIGINALE Idem

REGIA Alberto Lattuada

SOGGETTO Valerio Zurlini

SCENEGGIATURA Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Jean Blondel, Alberto Lattuada

FOTOGRAFIA Otello Martelli (bianconero)

MONTAGGIO Leo Catozzo

MUSICA Piero Piccioni

INTERPRETI Jacquelene Sassard, Raf Vallone, Sylva Koscina

PRODUZIONE Carlo Ponti Cinematografica/Les Films Marceau

DURATA 103'

ORIGINE Italia, 1957

REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Primi amori

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

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Guendalina

TRAMA
Guendalina, adolescente ricca e viziata, si trova a prolungare le vacanze estive a Viareggio quando ormai la
stagione è terminata e tutti i suoi amici se ne sono andati. Fa la conoscenza di Oberdan, uno studente del posto,
e dopo i primi approcci un po' tempestosi tra i due nasce un amore profondo e sincero. I genitori di Guendalina
decidono però di partire e i due giovani innamorati si devono lasciare.

TRACCIA TEMATICA
Guendalina attraverso il rapporto con un coetaneo concreto ed equilibrato supera gradualmente le asprezze di un
carattere difficile, dovuto in gran parte a carenze affettive da latitanza genitoriale, accostandosi ad una
dimensione morale e sentimentale più consapevole e matura.

Il legame fra i due adolescenti, così innocente ed autentico, si contrappone al faticoso ménage sentimentale tra i
genitori di Guendalina e assume i contorni di un'esperienza irripetibile da ricordare con nostalgico rimpianto. E'
questo il senso della malinconica sequenza finale, nella quale una Guendalina piangente sul suo amore perduto
viene risucchiata dal buio di un tunnel che non può non richiamare il futuro d'infelicità che l'attende.

VALUTAZIONE CRITICA
Con Guendalina Lattuada affronta un tema, l'amore tra adolescenti, piuttosto trascurato o banalizzato dal cinema
di quel periodo (nell'Italia bigotta e perbenista degli anni cinquanta l'argomento veniva considerato troppo audace)
e lo fa con grande sensibilità e rispetto verso la dimensione sentimentale e psicologica vissuta dai
protagonisti.

Attento a cogliere risonanze di crepuscolare malinconia, risulta poi il lavoro del regista sul paesaggio di una
Viareggio in pieno riflusso da fine stagione balneare; adeguatamente valorizzata inoltre la flessuosa sensualità
del corpo dell'esordiente Jacqueline Sassard.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   Aspetti della vita quotidiana, del costume e della cultura nell'Italia degli anni cinquanta.

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Dolci inganni

I dolci inganni
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Alberto Lattuada
SOGGETTO Francesco Ghedini, Alberto Lattuada
SCENEGGIATURA Francesco Ghedini, Franco Brusati, Claude Brule
FOTOGRAFIA Gabor Pogany
MUSICA Piero Piccioni (bianconero)
MONTAGGIO Leo Catozzo
INTERPRETI Catherine Spaak, Christian Marquand, Jean Sorel
PRODUZIONE Titanus-Laetitia Film (Roma)/Les Films Marceau-Cocinor-Société Générale de
Cinèmatographie (Parigi)
DURATA 95'
ORIGINE Italia-Francia, 1960
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Primi amori

Amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Francesca è una sedicenne di famiglia benestante alle prese con i primi turbamenti amorosi. Innamorata di un
architetto quarantenne, lo raggiunge nella sua villa di campagna e con lui ha la prima esperienza sessuale. Al
ritorno a casa ripensa, turbata e perplessa, a questo importante momento della sua esistenza.

TRACCIA TEMATICA
Francesca vive l'attesa dell'amore con un senso di incantato turbamento e ansiosa impazienza, è come se
fosse in un limbo: non è più una bambina, ma non è ancora una donna. Appartenente ad una ricca famiglia della
borghesia romana, ne frequenta gli ambienti e i rappresentanti, tutti segnati, seppur in modi diversi, da un senso di
aridità esistenziale e vuoto morale.

Nell'arco di una sola giornata affronta una specie di accelerata educazione sentimentale, venendo a contatto
con vari aspetti e concezioni dell'amore (da quello puro e innocente dell'amica a quello cinico e mercenario di
Renato), per approdare alla fine nel letto di Enrico, un uomo maturo verso cui pensa di provare un trasporto intenso
e totale.

Rientrata a casa guarda in macchina, quasi a voler comunicare allo spettatore il profondo senso di disagio e
incertezza che prova: forse si è resa conto di non amare veramente Enrico, ma di averlo idealizzato come sostituto

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Dolci inganni

di una figura paterna sostanzialmente assente (del vero padre si coglie significativamente la sola voce all'inizio del
film), forse è rimasta delusa da un'esperienza che immaginava diversa (e che il senso comune tende a caricare di
grandi valenze simboliche), forse ha capito che il primo rapporto sessuale non è un punto d'arrivo risolutivo, ma
solo un punto di partenza per un futuro carico d'interrogativi.

VALUTAZIONE CRITICA
I dolci inganni esce all'inizio degli anni sessanta, in un periodo in cui il Cinema mostrava un particolare interesse
per le tematiche legate alle prime esperienze sentimentali degli adolescenti. Le istituzioni non si rivelarono
preparate di fronte a questo filone, ritenuto troppo spregiudicato, e il film di Lattuada venne massacrato
dalla censura che impose circa una trentina di tagli. Assolto dall'accusa di oscenità qualche anno dopo, fu
ricomposto nella versione originaria.

L'accanimento censorio appare ingiustificato, soprattutto considerando la delicata e partecipe sensibilità con
cui il regista cerca di aderire ai risvolti più intimi del percorso iniziatico di Francesca (una Catherine Spaak
all'esordio), proposto col misurato pudore di chi non vuole fare scandalo, ma indagare con serietà sulla dimensione
psicologica di un passaggio cruciale nella vita di ogni giovane (la morbosità va semmai cercata nella mente dei
censori).

Se I dolci inganni denuncia un inevitabile invecchiamento nei dialoghi (forse troppo letterari e poco naturali), ha i
propri momenti migliori nei silenzi e negli sguardi iniziali e finali della protagonista, su cui indugia il regista
quasi a volerne ricavare il massimo di intensità, per suggerire con le sole immagini allusioni e significati che non si
possono esprimere con le parole.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   L'Italia all'inizio degli anni sessanta.

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Al posto del cuore

Al posto del cuore


TITOLO ORIGINALE A' la place du cœur
REGIA Robert Guédiguian
SOGGETTO Dal romanzo di James Baldwin If Beale Street Could Talk
SCENEGGIATURA Jean-Louis Milesi, Robert Guédiguian
FOTOGRAFIA Bernard Cavalié (colori)
MONTAGGIO Bernard Sasia
INTERPRETI Laure Raoust, Alexandre Ogou, Ariane Ascaride, Christine Brucher, Jean-Pierre
Daroussin, Gèrard Meylan
PRODUZIONE Gilles Sandoz per Agat Films
DURATA 112'
ORIGINE Francia, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Primi amori

Amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica

TRAMA
Marsiglia. La bianca Clim e il nero Bébé si amano da quando erano piccoli. Ora Bébé è in prigione,
ingiustamente accusato di aver violentato una profuga bosniaca, e Clim aspetta un figlio da lui. Adottato da una
famiglia bianca, Bébé ha alle spalle dei genitori inadeguati: la madre, vittima di una crisi mistica, ha
dimenticato il figlio e il padre si rifugia nell'alcool.Clim, invece, può contare su genitori uniti e completamente
solidali con lei, tanto che sarà sua madre a recarsi a Sarajevo per convincere la donna che accusa Bébé ha
ritrattare la denuncia.

TRACCIA TEMATICA
Al posto del cuore ribalta completamente la prospettiva con cui il Cinema ci ha abituati a guardare alla dimensione
dei quartieri proletari, e cioè come luoghi di degrado materiale e morale, propedeutici alla criminalità e alla
tossicodipendenza. Guédiguian ci propone, invece, un microcosmo depurato da ogni contaminazione
disgregativa e caratterizzato da un' orgogliosa e consolidata identità all'interno della quale crescono i valori
della solidarietà e dell'amicizia.

L'amore di Clim e Bébé si origina in questo contesto, nel quale l'isolamento e l'autosufficienza possono diventare

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Al posto del cuore

una risorsa, soprattutto quando l'influenza esterna porta con sé il segno del razzismo e dell'intolleranza (il poliziotto
che perseguita Bébé) o dell'infatuazione religiosa che indurisce il cuore (la madre di Bébé, afflitta da un molto
simbolico mal di cuore).

E' significativo non solo come il rapporto fra i due adolescenti sia germogliato sullo sfondo del quartiere popolare
dove abitano, ma anche come venga da loro concepito solo in una prospettiva di vita tutta interna ad esso (il
modesto appartamento che deve diventare il loro nido d'amore) e legata ad un'attività (la scultura) libera, che non
obbliga ad alcun vincolo. Alla crisi del lavoro subordinato e di fabbrica (ben simboleggiato dai problemi
occupazionali dei genitori) i due ragazzi contrappongono uno stile di vita indipendente e autogestito.

Da Guédiguian (e dalla sua Marsiglia, roccaforte del razzismo di Le Pen, e dalla lontana Sarajevo, simbolo della
tragedia dell'odio interetnico) ci giunge un messaggio di speranza e di fiducia nella possibilità dell'uomo di
costruirsi, tramite la reciproca comprensione e l'amore, un futuro migliore.

VALUTAZIONE CRITICA
Il regista cerca di far coincidere con la purezza dei sentimenti espressi dai due innamorati (ma anche dai
genitori di Clim) la purezza delle immagini, quasi sempre avvolte in una tersa luminosità, e delle inquadrature,
prevalentemente fissate su un'essenziale frontalità. Si direbbe che la semplicità delle scelte formali si adegui alla
semplicità (nel senso di genuinità e autenticità) evidenziata dal contenuto.

Semplicità non significa, però, semplicismo e banalità, anzi Guédiguian lavora con grande sensibilità fugurativa
sui corpi di Clim e di Bébé, la cui fresca fisicità riempie lo schermo della loro voglia di vivere e di amarsi
(difficilmente oggi al Cinema la nudità è mostrata con tanta discreta misura e la sessualità adolescenziale è
espressa con tanta delicatezza). Anche lo scenario urbano del ghetto proletario di Marsiglia ci viene proposto in
una visuale inedita, che sfrutta le sue contorte architetture e le vecchie abitazioni per consegnarcele con un tratto
non privo di suggestioni (pensiamo agli spazi adibiti al gioco dei bambini o ai viadotti che possono diventare luogo
di agguato ai danni della macchina della polizia) e di serena vivibilità (l'interno dimesso, ma ospitale e più che
dignitoso dell'appartamento della famiglia di Clim). Assai efficace, inoltre, la sequenza del ballo collettivo al
ristorante arabo, dove acutamente si coglie (e si rispetta) l'istintiva naturalità di questa specie di liberatorio slancio
fisico (giustamente Clim considera come esso provenga dai testicoli).

Aldilà di qualche perdonabile cedimento ad un buonismo di maniera e a qualche stereotipo di troppo, Guédiguian
ha fatto un film intenso e vitale, che rappresenta uno dei pochi tentativi del Cinema contemporaneo di
affrontare i temi dell'amore giovanile e della società multietnica fuori dagli schemi abituali.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia   A) La Francia: una società multietnica

B) Marsiglia

C) Sarajevo

Storia     La guerra civile nell'ex-Jugoslavia.

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tre metri sopra il cielo

Tre metri sopra il cielo


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luca Lucini
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Federico Moccia
SCENEGGIATURA Teresa Ciabatti, Federico Moccia
FOTOGRAFIA Manfredo Archinto (colori)
MONTAGGIO Fabrizio Rossetti
INTERPRETI Riccardo Scamarcio, Katy Louise Saunders, Mauro Meconi, Maria Chiara
Augenti, Claudio Bigagli, Galatea Ranzi
PRODUZIONE Marco Chimenz, Giovanni Stabilini, Riccardo Tozzi per Cattleya
DURATA 101’
ORIGINE Italia, 2004
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Primi amori


Amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Individuo e Società

TRAMA
Step è un teppistello che vive di corse in moto clandestine e atti di violenza. Babi è una ragazza modello figlia di
papà. Tra i due nasce l’amore, ma tutto sembra contrastare il loro rapporto.

TRACCIA TEMATICA
Step e Babi sono due adolescenti assai differenti, se non opposti. Il primo è un piccolo delinquente perdigiorno,
la seconda la rampolla un po’ viziata di una ricca famiglia della Roma-bene. La scintilla fatale scatta anche dalla
reciproca attrazione tra questi mondi così differenti.    

Attorno a loro il panorama è sconfortante: il fratello di Step è uno yuppie insopportabile, la madre di Babi una
borghese perbenista e la sua insegnante è odiosa. Meglio cercare per il proprio amore scenari lontani , come il
castello fiabesco sul mare. Del resto il motivo della fuga dal mondo così com’è (e cioè non un granché)
attraversa l’intero film, sino al finale con la corsa in moto dei due fratelli riconciliati verso non si sa bene dove.
 E forse anche la morte di Pollo , a suo modo, è una personalissima scelta di fuga.    

Quello tra Step e Babi, in fondo, è l’ennesima versione dell’amore romantico che vince ogni cosa, ponendosi
come esperienza totalizzante e assolutamente autoreferenziale, se non fosse che alla fine Babi non ce la fa più e
prende atto dell’incolmabile distanza che la separa da Step. Il gippone borghese batte la moto anarchica o ci sono
storie d’amore così intense che non si possono vivere troppo a lungo, anche se sono destinate ad essere ricordate
per sempre?

VALUTAZIONE CRITICA
Tre metri sopra il cielo applica l’antico schema dell’amore contrastato (e impossibile) su di un contesto
moderno, che è quello dell’adolescenza dell’ultima generazione, sfiorando senza mai assumerlo in pieno il registro
melodrammatico (la morte colpisce solo un personaggio marginale) e tentando anche l’approccio sociologico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm038.htm[12/07/2017 19:05:35]
tre metri sopra il cielo

Ed è soprattutto qui che il film mostra i suoi limiti, stentando a fuoriuscire dal sostanziale stereotipo: i
personaggi non hanno un credibile spessore umano e psicologico, ma sono schematici e funzionali allo sviluppo del
racconto (pensiamo solo alla madre di Babi, alla sua insegnante, al fratello di  Step e al seguito di compagni di
teppismo). La stessa dinamica narrativa tende a buttar lì le situazioni più che a risolverle o ad approfondirle
(pensiamo all’accenno di reciproca complicità tra Step e il padre di Babi, che non trova alcun seguito successivo,
per non parlare della fin troppo rapida conversione del fratello di Step).

Lucini, regista formatosi alla scuola del videoclip e della pubblicità, sembra essere decisamente più a suo
agio nel mescolare (con quel tanto di ruffianeria accattivante che in questo tipo di film rivolto ad un pubblico
adolescenziale è quasi necessaria) sequenze dolciastre di baci e amplessi su spiagge al tramonto a suon di
canzoni che a porre degli interrogativi sul perché il mondo d’oggi fa talmente schifo che l’unica soluzione
sembra essere la fuga.

L’idea di accompagnare la vicenda con gli inserimenti del DJ radiofonico di Radio Caos (termine con cui forse si
allude all’odierna condizione giovanile?), che pure non è male, sembra un po’ troppo copiata da Radiofreccia di
Ligabue.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Letteratura italiana                                     a) Il melodramma nella cultura italiana

                                                                      b) Il romanzo omonimo di Federico Moccia

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm038.htm[12/07/2017 19:05:35]
scusa ma ti chiamo amore

Scusa ma ti chiamo amore


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Federico Moccia
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Federico Moccia
SCENEGGIATURA Federico Moccia
FOTOGRAFIA Marcello Montarsi (colori)
MONTAGGIO Patrizio Marone
MUSICA Claudio Guidetti
INTERPRETI Raoul Bova, Michela Quattrociocche, Cecilia Dazzi, Pino Quartullo
PRODUZIONE Vittorio Cecchi Gori, Rita Rusic per New Fair/Medusa
DURATA 110’
ORIGINE Italia, 2008
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Primi amori


L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società
 
Donne in amore
La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Niki, una ragazza diciottenne, incontra casualmente Alex, un affermato e ricco professionista di trentasette
anni, e se ne innamora. Alex, ancora innamorato della sua excompagna, per quanto attratto da Niki, non
sembra intenzionato ad avere con lei una relazione.

  

TRACCIA TEMATICA
 Lo scarto d’età tra uomo e donna costituisce ancor oggi (quando sembrerebbe che ormai tutti i tabù, o quasi, siano
ormai caduti) un ostacolo non da poco al rapporto d’amore. Convenzioni radicate e moralismi consolidati
negano legittimità a queste unioni (ancor più, a dire il vero, quando è la donna ad essere più avanti con gli anni).
Insieme alla distanza di condizione sociale o alla presenza di legami precedenti, è questa una situazione
sentimentale che immette in una dimensione melodrammatica. “Scusa ma ti chiamo amore” si tiene a debita
distanza da ogni precipitazione drammatica, esplorando, invece, il retroterra sociale ed esistenziale dei
protagonisti. Il mondo degli adulti non ne esce certo meglio di quello adolescenziale (anzi!). Amore impossibile,
dunque? Neanche per idea. Il lieto fine sembra cancellare in un attimo tutta una tradizione di secolari pregiudizi e
perplessità. Ottimismo esagerato. Chissà?!

VALUTAZIONE CRITICA
 Federico Moccia è senza dubbio il fenomeno letterario degli ultimi anni. Autore di romanzi di grande successo
(“Tre metri sopra il cielo”, “Ho voglia di te”, puntualmente trasportati sullo schermo), questa volta si è voluto
cimentare per la prima volta dietro la macchina da presa, assumendo in prima persona la regia di un altro suo
racconto, ispirato come i  precedenti  al mondo giovanile contemporaneo ed alle sue pene d’amore. Mimesi nei

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2010-11/10framefilm013.htm[12/07/2017 19:05:35]
scusa ma ti chiamo amore

confronti del linguaggio gergale degli adolescenti, adesione ai loro orizzonti esistenziali (o presunti tali),
approssimazione nella tipologia comportamentale e nei riferimenti sociologici e, soprattutto, tanta
superficialità costituiscono gli ingredienti della sua narrativa e di conseguenza anche del suo Cinema. “La gente
ama le cose semplici”, dice ad un certo punto il pubblicitario Alex e questa semplicità (o meglio semplificazione)
sembra essere la formula vincente del film di Moccia, abile nell’offrire ad un pubblico (specie giovanile, ma non
solo) ciò che esso desidera.    

  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Italiano                                   a) I romanzi di Federico Moccia

                                                 b) La comunicazione pubblicitaria

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Love story

Love Story
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Arthur Hiller
SOGGETTO Dall'omonimo romanzo di Erich Segal
SCENEGGIATURA Erich Segal
FOTOGRAFIA Dick Kratina (colori)
MUSICA Francis Lai
MONTAGGIO Robert C. Jones
INTERPRETI Ryan O'Neal, Ali McGraw, Ray Milland
PRODUZIONE Howard G. Minsky per Paramount Pictures
DURATA 100'
ORIGINE USA, 1970
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mélo

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Due studenti universitari si innamorano e decidono di sposarsi. Lui, Oliver, appartiene ad una ricca famiglia,
lei, Jenny, è invece di umile estrazione. La famiglia di Oliver si oppone all'unione e il ragazzo rompe
definitivamente con i suoi. Per i due novelli sposi la vita è difficile, dovendo vivere in grandi ristrettezze, ma
felice. Un crudele destino attende però Jenny.

TRACCIA TEMATICA
Love Story propone due elementi tipici del melodramma: l'amore contrastato e la morte di uno dei protagonisti.
Da una parte un fattore sociale, l'opposizione al matrimonio dei genitori di Oliver è dettata dalle umili origini di
Jenny, dall'altra il destino, entità imperscrutabile che sovrasta le vicende umane.

Questa somma di impedimenti, tipica della narrativa romantica dell'Ottocento, viene collocata in pieno
Novecento (probabilmente è una formula destinata a non tramontare mai: il diffondersi delle telenovelas negli
ultimi anni ne conferma la solidità) e aggiornata con qualche riferimento al ribellismo giovanile degli anni sessanta
(la rottura di Oliver con la famiglia).

VALUTAZIONE CRITICA
Love Story si presenta come un'operazione tipicamente commerciale, tesa a sfruttare il grande successo del
romanzo best-seller di Segal, confezionando un prodotto ben curato e calcolato nei minimi dettagli: la

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Love story

musica, diventata ben presto famosa, dominata da movenze sdolcinate in sintonia con l'accentuato sentimentalismo
del film, l'impiego di due giovani attori emergenti (piuttosto che ricorrere a divi famosi dall'immagine già
consumata) e di mostri sacri (il grande Ray Milland nel ruolo del padre), l'attenzione, nella scenografia e nei
costumi studiatamente casual, alla moda dell'epoca, lo struggente crescendo finale, che con il suo esibito patetismo,
si rivela un perfetto congegno strappalacrime e infine la direzione affidata ad Hiller, regista non eccelso, ma
certamente capace di mantenere su un piano di dignità professionale e di buon gusto un'opera così esplicitamente
orientata nel senso del facile consumo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese    Confronto fra il romanzo di Segal e il film.

Italiano   A) La letteratura rosa e popolare nel nostro paese. B) Il melodramma ottocentesco.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm082.htm[12/07/2017 19:05:40]
Storia d'amore

Storia d'amore
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesco Maselli
SOGGETTO E Francesco Maselli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Maurizio Dell'Orco (colori)
MUSICA Giovanna Salviucci Marini
MONTAGGIO Carla Simoncelli
INTERPRETI Valeria Golino, Blas Roca-Rey, Livio Panieri, Luigi Diberti
PRODUZIONE Carlo Tuzii per Pont Royal Film Tv, Istituto Luce Italnoleggio e Rai 3
DURATA 109'
ORIGINE Italia, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Mélo

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Bruna si sveglia in piena notte per andare a lavorare in un'impresa di pulizie e Sergio, che lavora ai mercati
generali, ha gli stessi orari. Si incontrano, si innamorano e progettano di andare a vivere insieme. Qualche
tempo dopo, però, Bruna incontra Mario, un sedicenne che fa il cameriere in una latteria, e se ne innamora
istantaneamente. Lasciato Sergio, va a vivere in una casa abbandonata con Mario. Il suo ex-ragazzo non riesce
a dimenticarla e la va a trovare e Bruna decide di ospitarlo. Inizia così un sodalizio a tre, nel quale l'amicizia fra
Mario e Sergio diventa sempre più esclusiva, sino ad emarginare Bruna, che inaspettatamente si uccide.

TRACCIA TEMATICA
Il film è un' esplorazione dell'universo giovanile di borgata a metà degli anni ottanta, nel tentativo di
decifrare novità e cambiamenti rispetto al passato da parte di un regista impegnato politicamente e da
sempre attento a ciò che si muove nella società.

Maselli ha voluto occuparsi di giovani proletari che lavorano (duramente) non delinquono e non si drogano (in
polemica con un sociologismo allora imperante interessato solo alla devianza), ma che nemmeno si occupano di
politica (come i giovani degli anni settanta).

Emerge prima di tutto la soluzione nettamente anticonformista (certamente non borghese) che Bruna
realizza dando vita ad una strana famiglia a tre, in questo entrando in conflitto con la tradizionale mentalità
paterna, incapace, nonostante le intenzioni, di accettare la scelta della figlia.

E' indubbio che Bruna emerge come il personaggio centrale del film, con la sua carica di vitalità, la sua
intelligenza e il suo coraggio. Incapace di riservare a sé sola la felicità raggiunta ne fa partecipe anche Sergio,
perché tale è la sua carica di umanità che sarebbe uno spreco riservarla a una sola persona.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm134.htm[12/07/2017 19:05:41]
Storia d'amore

Forse schiacciata dal peso di un'utopia troppo in anticipo sui tempi e incapace di gestire le implicazioni sui rapporti
interpersonali che essa comporta, turbata da un'intesa tra maschi che tende ad escluderla, sceglie un suicidio sulle
cui motivazioni profonde non viene data risposta.

VALUTAZIONE CRITICA
Maselli è un regista politicamente schierato a sinistra e questa sua appartenenza si è spesso riversata nelle sue
opere, se non attraverso temi di immediato spessore politico, tramite l'esplorazione della condizione borghese
impietosamente denudata nella sua meschinità e nel suo vuoto morale.

Con Storia d'amore si misura con la realtà giovanile e proletaria delle borgate romane degli anni ottanta, cioè
con un universo distante dalla sua formazione e dalle sue esperienze e lo fa sospendendo ogni giudizio. Ci
racconta una storia (non solo d'amore) che ci lascia più interrogativi che risposte. Il suo bagaglio di appassionato
militante della sinistra storica gli serve a poco di fronte ad un orizzonte mentale e comportamentale che sfugge alle
classificazioni e alle categorie cui la teoria politica lo ha abituato.

Il film si orienta su due diversi piani stilistici, uno realista tramite il quale si delinea la dimensione sociale e
antropologica della vicenda (il lavoro, il quartiere, la famiglia di Bruna), teso soprattutto a sottolineare la quotidiana
fatica lavorativa e lo scarto generazionale che complica i rapporti fra genitori e figli, l'altro per così dire
espressionista, che cerca cioè di deformare la realtà per creare atmosfere sospese o indecifrabili (è il caso
dell'apparizione in controluce di Mario e dell'enigmatico suicidio finale).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia      A) La condizione giovanile nelle borgate proletarie di Roma negli anni ottanta.

                B) Dall'impegno politico degli anni sessanta e settanta al riflusso degli anni ottanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm134.htm[12/07/2017 19:05:41]
Titanic

Titanic
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA James Cameron
SCENEGGIATURA James Cameron
FOTOGRAFIA Russell Carpenter (colori)
MONTAGGIO Conrad Buff, James Cameron, Richard A. Harris
MUSICA James Horner
INTERPRETI Leonardo Di Caprio, Kate Winslet, Billy Zane, Kathy Bates
PRODUZIONE James Cameron, John Landau per Lightstorm Entertainment/20th Century
Fox/Paramount
DURATA 196'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mélo

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
1912. Jack Dawson, un giovane pittore squattrinato, si imbarca con un amico sul Titanic, grande transatlantico
che sta per compiere il suo viaggio inaugurale. Pur viaggiando in terza classe fa la conoscenza con Rose, una
giovane dell'alta società che la madre ha indotto a fidanzarsi con Cal, tanto ricco quanto antipatico. Ben presto
tra i due ragazzi nasce l'amore, tra l'insofferenza e l'irritazione crescente della madre e soprattutto del fidanzato
di lei. Mentre il Titanic, speronato da un iceberg, sta affondando Jack e Rose restano insieme e quando la nave
è stata ormai inghiottita dai flutti si ritrovano a galleggiare su un relitto nelle gelide acque dell'oceano. Jack
non resiste e si inabissa assiderato.

TRACCIA TEMATICA
Il Titanic, inteso come nave, è il simbolo del Novecento, secolo iniziato all'insegna delle grandi speranze aperte
dal progresso scientifico e tecnologico e travolto successivamente dalle immani tragedie delle guerre mondiali.

Ma il transatlantico con la sua rigida divisione in classi (la prima, lussuosa e sfarzosa, per i ricchi, la terza, dimessa
e affollata, per i poveri emigranti) propone anche il dramma di un'abissale diseguaglianza sociale che il
Novecento ha ereditato dal passato e che non vuole e non può superare.

Il Titanic, inteso come film, inserisce in questo contesto, storicamente ben determinato, una romantica storia
d'amore frutto di pura fantasia. L'amore, vissuto con quella totale e incondizionata adesione che solo la
giovinezza garantisce, diventa l'unica forza salvifica in grado di superare le differenze di classe e di assicurare
pochi attimi di breve, ma autentica, felicità.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm139.htm[12/07/2017 19:05:41]
Titanic

VALUTAZIONE CRITICA
Grande superproduzione hollywoodiana il Titanic è stato uno dei film che più hanno incassato nella storia del
Cinema, sino a diventare un caso di costume che ha scatenato l'interesse di sociologi, giornalisti, massmediologi e
tuttologi vari. Sicuramente una delle ragioni del successo va ricercata sia nell'alto tasso di spettacolarità esibito
dalla ricostruzione dettagliata della grande nave, grazia anche all'uso di moderni effetti computerizzati, sia
nell'amplificazione pubblicitaria che ha enfatizzato l'evento. 

Di grande impatto visivo-sonoro e di totale coinvolgimento emozionale risultano poi la drammatica fase
dell'affondamento e le grandiose immagini dell'inaugurazione.

Ma più che dalla dimensione catastrofica del film (per altro ricostruita narrativamente in modo anomalo, cioè senza
quella frammentazione in tante piccole storie private che costituisce da sempre la struttura prediletta del genere
catastrofico) è probabile che il grande pubblico (specie giovanile) sia rimasto conquistato dalla love story tra i
due protagonisti, attorno cui ruota buona parte della pellicola, vissuta come sfida alle convenzioni sociali e alle
imposizioni degli adulti. Una vicenda affascinante e commovente che offre un buon margine d'identificazione alle
giovani generazioni e che Cameron manipola facendola aderire ora ai toni della commedia, ora a quelli del mélo,
con incursioni nel territorio del soft-core nella sequenza dell'amplesso in macchina (che sembra anticipare
ironicamente uno dei luoghi deputati per gli amori giovanili del ventesimo secolo), per condurla infine verso
l'atmosfera elegiaca che pervade la consegna al mare da parte della vecchia Rose del Cuore dell'Oceano.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    L'affondamento del Titanic.

Geografia    Il fenomeno degli iceberg.

Scienze   I moderni mezzi di rilevamento sottomarini e le tecniche di recupero dei relitti.

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Diavolo in corpo

Il diavolo in corpo

TITOLO ORIGINALE Le diable au corps


REGIA Claude Autant Lara
SOGETTO Dal romanzo omonimo di Raymond Radiguet
SCENEGGIATURA Pierre Bost, Jean Auranche
FOTOGRAFIA Michel Kelber (bianconero)
MONTAGGIO Madeleine Gug
MUSICA René Cloérec
INTERPRETI Gèrard Philipe, Micheline Presle
PRODUZIONE Transcontinental/Universl Films
DURATA 110'
ORIGINE Francia, 1947
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Mélo

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
François, sedicenne studente di liceo in un paese della provincia francese, conosce fugacemente Marta, una
donna che ha qualche anno più di lui e se ne innamora perdutamente. Siamo negli anni della prima guerra
mondiale e Marta si sposa con il suo fidanzato, che subito dopo deve partire per il fronte. Quando Marta in
qualità di crocerossina va a svolgere il suo servizio presso il liceo di François, questi la rincontra e comincia a
corteggiarla. Tra i due inizia una relazione sempre più appassionata e coinvolgente, lontano com'è dai fragori
della guerra. Ma la guerra c'è e sta per finire, riportando a casa il marito di Marta in tempo per vedere la
moglie morire nel partorire il figlio di François.

TRACCIA TEMATICA
Tipica storia romantica di amore e morte, Il diavolo in corpo esplora le fasi di sviluppo e i momenti culminanti
di un rapporto anomalo, non solo in quanto adulterino, ma soprattutto perché vissuto con totale adesione da un
adolescente alla sua prima esperienza amorosa e da una donna di lui maggiore d'età.

Lo scandalo che il film suscitò (rimase proibito in Francia per parecchi anni e in Italia uscì in versione accorciata di
15' per imposizione della censura) non va però soltanto collegato con questa dimensione doppiamente peccaminosa,
in base ai canoni del moralismo borghese, del rapporto tra François e Marta, ma va messo soprattutto in relazione
con l'antimilitarismo che pervade l'opera e che ne determinò la condanna. Mentre la Francia conduce il suo
grande sforzo bellico, c'è una debole traccia nel film del fronte interno, i due innamorati pensano solo a vivere la
loro avventura sentimentale tenendo lontano il più possibile gli echi della guerra e sperando nell'intimo che questa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm038.htm[12/07/2017 19:05:42]
Diavolo in corpo

non termini mai, perché ciò significherebbe il ritorno del marito. Il giorno della vittoria nel novembre del 1918
coincide per François con la morte di Marta e quindi con il giorno più triste della sua vita.

Per il tronfio e permaloso nazionalismo francese dell'epoca era veramente troppo.

VALUTAZIONE CRITICA
Il diavolo in corpo è un film che denuncia dalla prima all'ultima sequenza l'appartenenza a quella scuola
cinematografica francese degli anni trenta-quaranta, caratterizzata da grande professionismo, da un tradizionale
collegamento con la letteratura e da un gusto raffinato sul piano formale. Si tratta di quel Cinema che i giovani
della Nouvelle Vague definiranno il Cinema di papà, condannandone l'accademismo e la progressiva
fossilizzazione in formule ripetitive.

E' comunque indubbio, al di là del ribellismo delle giovani generazioni di registi, che il film di Autant Lara, per
quanto non sia invecchiato benissimo, conserva ancora un indiscutibile fascino evocativo, ricostruendo con
maestria atmosfere degli anni dieci e comunicando con morbide dissolvenze incrociate il senso di mesta elegia
sull'amore perduto che forse, più del tanto scandaloso antimilitarismo, costituisce l'ispirazione più autentica del
film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La Francia nella prima guerra mondiale.

Lingua francese   Confronto fra il film e il romanzo omonimo cui è ispirato.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm038.htm[12/07/2017 19:05:42]
China girl

China Girl
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Abel Ferrara
SOGGETTO E Nicholas St. John
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Bojan Bazelli (colori)
MUSICA Joe Delia
INTERPRETI Sari Chang, Richard Panebianco, James Russo, David Caruso
PRODUZIONE A Vestron Pictures in Association With Great American Films Limited Partnership
DURATA 90’
ORIGINE Stati Uniti, 1987
REPEREBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mélo

L’amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

 
TRAMA
A New York il quartiere cinese e quello italiano confinano. Tra le due comunità esiste un’aperta ostilità e i
contatti sono limitati il più possibile. In questo clima di aperta conflittualità, che a stento i grandi boss delle due
etnie cercano di frenare e controllare, sboccia l’amore fra la cinese Tye e l’italiano Tony. La relazione è
contrastata dalle rispettive famiglie, rigidamente legate ad un’arcaica mentalità che respinge ogni
contaminazione con etnie differenti. Il crescendo di violenza e uccisioni che segna i rapporti tra le mafie dei
rispettivi quartieri non scoraggia i due giovani dal frequentarsi, sino al tragico epilogo.

TRACCIA TEMATICA
China Girl ripropone l’ormai classica vicenda di due innamorati, che, appartenendo a famiglie ostili, vedono il loro
rapporto contrastato (è lo schema di Romeo e Giulietta di Sheakespeare). E’, insomma, l’immortale connubio
amore-morte rivisitato alla luce dei conflitti etnici che affliggono le moderne metropoli multirazziali.

Se è vero che il razzismo nasce da un senso di rancore e ostilità che si rivolge verso un bersaglio sbagliato, allora
Yung e suo cugino, severi tutori della giovane Tye, sfogano contro gli italiani la rabbia per la posizione di
predominio del loro padrino (fa bene a parlare, lui che è ricco, mentre noi mangiamo sempre riso, dice esasperato
uno della banda cinese), e pure gli italiani cercano, aggrappandosi all’identità etnica, una rivalsa per la loro povertà
e per vedersi sopravanzare numericamente dalla comunità cinese.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm029.htm[12/07/2017 19:05:43]
China girl

Ma China Girl vuole anche essere un film sulla difficoltà a sfuggire al proprio destino, a scegliere
liberamente la propria strada (come vorrebbero fare Tye e Tony), ad affrancarsi dal peso della Storia e della
tradizione.

VALUTAZIONE CRITICA
Già nella sequenza d’apertura è inscritto il senso della storia cui stiamo per assistere: Alby, fratello di Tony,
guarda dalla sua pizzeria con espressione contrariata l’apertura di un ristorante cinese dove una volta sorgeva una
panetteria italiana, alle sue spalle uno sfondo nero. Successivamente vediamo Tony sbucare dall’oscurità della notte
per entrare in una discoteca cinese, dove incontra Tye e se innamora a prima vista. La tragedia è già
preannunciata in questo folgorante inizio dai fondali cupi e oppressivi. Il resto del film non fa che riproporre
questa scelta di schiacciare e avvolgere i personaggi in soffocanti e claustrofobici ambienti tenebrosi e angusti, che
incombono su di loro come un destino avverso. Anche gli esterni labirintici e bui del quartiere comunicano questo
senso di soffocante imprigionamento che esclude ogni via di fuga.

Ferrara crea attraverso questa scenografia e illuminazione ai limiti dell’espressionismo lo scenario ideale
per calarvi la sua pessimistica concezione di un mondo dominato dalla pulsione al Male e dall’istinto di
morte, ben simboleggiati dalla statua della Madonna che cade in frantumi sull’asfalto umido di Little Italy.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    New York: una metropoli multietnica.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm029.htm[12/07/2017 19:05:43]
Scelta d'amore

Scelta d'amore
TITOLO ORIGINALE Dying Young
REGIA Joel Schumacher
SOGGETTO Dal romanzo di Marti Leimbach
SCENEGGIATURA Richard Friedenberg
FOTOGRAFIA Juan Ruiz Anchia (colori)
MUSICA James Newton Howard
MONTAGGIO Robert Brown
INTERPRETI Julia Robert, Campbell Scott
PRODUZIONE Sally Field, Kevin McCormick per la Twentieth Century Fox
DURATA 106'
ORIGINE USA, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mélo

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

 
TRAMA
Victor è un giovane malato di leucemia. Di famiglia ricca può permettersi di scegliersi un'infermiera che lo
assista durante i cicli di chemioterapia cui si sottopone. Accetta quest'incarico Hilary, una ragazza molto bella e
indipendente, di cui ben presto Victor si innamora. Deciso a trascorrere con lei un periodo di vacanza, la
convince a seguirlo in una villa sul mare appositamente affittata. Il magnifico scenario naturale e il
miglioramento delle condizioni di salute di Victor, garantiscono al giovane un periodo di felicità coronato dallo
sbocciare dell'amore anche in Hilary. Tutto sembra andare per il meglio, quando le condizioni di Victor
peggiorano: confessa a Hilary che per poter partire con lei non ha terminato il ciclo di chemioterapia. La
ragazza è contrariata e decide di lasciare il giovane, ma ci ripensa, intenzionata ad assisterlo sino in fondo nella
sua lotta contro il male.

TRACCIA TEMATICA
Victor è un giovane colto e sensibile, che a causa della malattia da anni non assapora più le gioie della vita.
L'incontro con Hilary, poco istruita ma vitale, lo rigenera, inducendolo a preferire un breve periodo di
sicura felicità alla prolungata sofferenza di una cura dagli esiti incerti.

Il film suggerisce l'idea che l'amore sia la migliore terapia, perché regala quella voglia di vivere indispensabile per
poter sperare di sconfiggere la più tremenda delle malattie. Alla fine Hilary capisce quanto la sua presenza sia
indispensabile a Victor per motivarlo nell'affrontare di nuovo la lotta per la sopravvivenza.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm122.htm[12/07/2017 19:05:43]
Scelta d'amore

Il film nasconde a fatica il vizio d'origine d'essere un'operazione commerciale ritagliata su misura per la
diva del momento Julia Roberts (reduce dal grande successo di Pretty Woman), che sfoggia una serie di mise da
fotomodella (ma l'abito da sera che indossa nella festa finale dove l'ha preso?). Il resto rientra nei canoni
consolidati del genere lacrimevole (il prototipo è Love Story), con qualche pretesa intellettuale, come l'esibizione
di figure femminili preraffaelite e di Klimt e la sequenza del labirinto (citazione del mito di Orfeo e Euridice
capovolto?) nella quale Julia Robert conduce fuori il suo innamorato da un simbolico aldilà, anticipazione augurale
di quello che potrebbe essere l'epilogo del film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze   La chemioterapia.

Storia dell'arte   La pittura di Gustav Klimt e dei Preraffaeliti.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm122.htm[12/07/2017 19:05:43]
Romeo & Giulietta

Romeo & Giulietta


TITOLO ORIGINALE William Shakespeare's Romeo & Juliet
REGIA Baz Luhrmann
SOGGETTO Dalla tragedia di William Shakespeare
SCENEGGIATURA Craig Pearce, Baz Luhrmann
FOTOGRAFIA Donald M. McAlpine (colori)
MONTAGGIO Jill Billcock
MUSICA Nellee Hooper
INTERPRETI Leonardo Di Caprio, Claire Danes
PRODUZIONE Gabriella Martinelli, Baz Lurhmann per Bazmark Prod./20 th Century Fox
DURATA 120'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Mélo

L'amore/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
La storia di Romeo e Giulietta è riproposta, in assoluta fedeltà al testo shakespeariano, in un contesto urbano
contemporaneo ispano-americano, dove tuttavia si conservano i nomi di Verona e di Mantova. Le modificazioni
alla versione originaria sono ovviamente collegate a questa ambientazione moderna, cosicché ci sono le pistole
al posto delle spade, i Capuleti e i Montecchi si muovono su delle automobili e il ruolo del coro che introduce e
chiude la storia è assolto dalla televisione.

TRACCIA TEMATICA
L'ambientazione della tragedia ai giorni nostri (o meglio in una modernità indefinita) sembra alluderne al valore
universale in grado di trasmigrare da un'epoca all'altra senza perdere di forza e intensità. L'amore è visto come
valore eterno che supera ogni barriera e divisione e purifica il cuore da bassezze e meschinità.

Nel film l'elemento acquoreo assume il ruolo metaforico della rigenerazione (un nuovo battesimo) dei due
protagonisti attraverso l'amore: entrambi ci sono mostrati con la testa dentro l'acqua e addirittura in una piscina,
il loro incontro avviene poi attraverso un acquario. Una pulsione purificatrice che risalta ancor più se confrontata
con l'orgia di cattivo gusto che caratterizza scenografie e costumi, per non parlare dell'ossessiva presenza di
immagini sacre che appartengono al peggio della tradizione iconografica cattolica.

Un mondo, quello allucinato e nevrotico evocato dal film, nel quale forse non vale proprio la pena di vivere,
destinato com'è a schiacciare sul nascere ogni ansia d'amore e felicità.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm117.htm[12/07/2017 19:05:44]
Romeo & Giulietta

VALUTAZIONE CRITICA
Luhrmann ci propone una rivisitazione barocca e visionaria dell'opera di Shakespeare, filtrandola
attraverso il linguaggio (che sembra aver assimilato bene) dello spot e del musical e scegliendo il registro
dell'eccesso e dello strabordante. Se nel testo teatrale ciò che conta è soprattutto la parola, qui l'immagine, il
montaggio e la musica acquisiscono un ruolo fondamentale.

La collocazione anacronistica della tragedia non cancella però l'importanza delle parole, anzi fa risaltare
ancor di più la loro forza poetica (i versi di Shakespeare sono rispettati alla lettera) proprio perché inserite in
un contesto di modernità volgare e fracassona che sembra espellere da sé ogni presenza estranea.

Al di là di qualche compiacimento stilistico di troppo (si cerca di stupire lo spettatore con virtuosismi tecnici e
trovate spiazzanti) Romeo e Giulietta di Lurhmann costituisce una delle più originali e sconvolgenti proposte di
traduzione cinematografica dei classici teatrali, lontano dal calligrafismo accademico di tante versioni
precedenti.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese   Confronto fra il film e il testo teatrale di Shakespeare.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm117.htm[12/07/2017 19:05:44]
Folle stagione d'amore

Una folle stagione d'amore


TITOLO ORIGINALE Mad Love
REGIA Antonia Bird
SCENEGGIATURA Paula Milne
FOTOGRAFIA Fred Tammes (colori)
MUSICA Andt Roberts
INTERPRETI Chris O'Donnel, Drew Barrymore
PRODUZIONE David Manson Production per Touchstone Pictures
DURATA 93'
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mélo

Momenti di gioventù/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Matt è un giovane studente con l'hobby dell'astronomia. Una notte invece di guardare le stelle, con il suo
binocolo osserva le evoluzioni sull'acqua di una ragazza che abita dall'altra parte del lago di fronte alla sua
abitazione. Scopre qualche giorno dopo che frequenta lo stesso college e fa la sua conoscenza: si chiama Casey
e viene da Chicago. I due si innamorano e sulle prime tutto sembra funzionare al meglio, ma ben presto
emergono le turbe psichiche della giovane, afflitta da tendenze suicide. I genitori di Casey pensano che Matt
abbia un'influenza negativa sulla figlia e le proibiscono di vedere il ragazzo. Questi però organizza la fuga di
Casey dall'ospedale psichiatrico nel quale è stata ricoverata e insieme a lei cerca di raggiungere il Messico.
Accortosi però che la sua compagna manifesta chiari segni di squilibrio mentale decide di riportarla a casa
perché possa essere curata.

TRACCIA TEMATICA
Casey è una ragazza diversa non solo per i suoi gravi problemi psichici affrontati senza la necessaria
sensibilità dai genitori, ma anche perché introduce nella sua vita di tutti i giorni un particolare gusto per la
trasgressione e la bizzarria, che, se da una parte sconcerta Matt, dall'altra lo attrae.

Egli si presenta invece con caratteristiche di concretezza e serietà che lo allontanano dalla volatile
personalità della giovane donna, che alterna incontrollabili regressioni ludiche a pulsioni autodistruttive (a volte
queste tendenze finiscono per fondersi, come quando costringe Matt a guidare senza guardare).

Quella dei due ragazzi si rivela una delle tante fughe impossibili del Cinema americano, di cui ripercorre
l'itinerario più abusato, quello che conduce verso il mitico Messico. Un'evasione prematura e sbagliata perché
evita ai due giovani di fare i conti con se stessi.

Il finale è malinconico, ma lascia aperta la speranza che un giorno, guarita Casey dalle sue turbe, i due ragazzi

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm056.htm[12/07/2017 19:05:44]
Folle stagione d'amore

possano ritrovarsi, diventati entrambi più maturi e consapevoli.

VALUTAZIONE CRITICA
Una folle stagione d'amore è un film per certi versi spiazzante. Primo perché l'incedere iniziale sembra
introdurci in una delle tante commediole giovanili ambientate in college e dintorni (simile a quelle che si vedono
in televisione) con ragazzi che giocano a fare gli spiritosi e ragazze carine che pensano solo a flirtare. Secondo
perché il film prende a un certo punto una strada talmente drammatica da lasciar prevedere un tragico finale,
laddove al contrario l'esito risulta meno scontato e definitivo del previsto.

Il merito della Bird è certamente quello di essere sfuggita ad alcuni stereotipi del genere Love Story,
trovando il giusto equilibrio tra la dimensione sentimentale e quella psicologica, sfruttando al meglio le risorse
del paesaggio e creando con Casey una figura femminile inquietante e affascinante insieme, misurata e credibile
anche negli eccessi, la cui tormentata personalità non è esibita a fini spettacolari, ma raccontata poco a poco per
successive rivelazioni. La regista insomma dà l'impressione di amare e rispettare i suoi personaggi.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm056.htm[12/07/2017 19:05:44]
Dietro la maschera

Dietro la maschera
TITOLO ORIGINALE Mask
REGIA Peter Bogdanovich
SOGGETTO Dalla storia autentica di Rocky Dennis
SCENEGGIATURA Anna Hamilton Phelan
FOTOGRAFIA Laszlo Kovacs (colori)
MUSICA A.A. V.V.
MONTAGGIO Eva Gardos, Barbara Ford
INTERPRETI Cher, Eric Stoltz
PRODUZIONE Martin Starger
DURATA 116'
ORIGINE USA, 1985
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Dietro la maschera

Handicap/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Rocky Dennis è un ragazzo di quindici anni che soffre di una malattia estremamente rara che gli deforma il
volto in modo da renderlo mostruoso e che gli procura terribili mal di testa. In contrasto con l'aspetto Rocky è
dotato di una grande intelligenza e sensibilità, a scuola è il primo della classe e tutti lo stimano e gli vogliono
bene. La madre, Rusty, cerca di stargli vicino, ma paga lo sforzo psicologico di dover gestire un figlio diverso
che vorrebbe essere normale drogandosi e andando a letto con il primo che capita. Rocky vive con particolare
inquietudine i primi turbamenti sentimentali, temendo che gli sia precluso ogni rapporto con l'altro sesso.
Quando finalmente s'innamora, riamato,  di una dolcissima ragazza cieca, nonostante l'opposizione della
famiglia di lei, Rocky fa di tutto per vederla. Il tempo che il suo tremendo destino gli ha concesso sta giungendo
però al termine.

TRACCIA TEMATICA
Il vero dramma di Rocky non è tanto costituito dall'atteggiamento di ribrezzo e scherno che i normali gli riservano,
anche perché esso dura poco, lasciando presto il posto a sentimenti di sincera stima e ammirazione (egli stesso
ormai è abituato a questo traumatico approccio iniziale e riesce addirittura a scherzarci), ma nella difficoltà ad
avere un'esistenza veramente normale al di fuori dell'ambito protettivo della sua famiglia adottiva, formata
dalla variopinta umanità della banda degli Hell's Angels e della stessa scuola, dove la sua bravura lo salvaguarda
da ogni offesa.

E' soprattutto sul piano del bisogno di avere rapporti sentimentali e sessuali come tutti gli altri suoi coetanei
che la sua anormalità diventa un problema reale, determinando una non-accettazione del proprio aspetto

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm040.htm[12/07/2017 19:05:49]
Dietro la maschera

(vorrebbe fare al più presto una plastica).

Non solo Rocky, ma anche la madre è schiacciata da questa tragica contraddizione tra l'assoluta normalità
interiore del figlio e la sua incancellabile anormalità esteriore (che tende a rimuovere o a risolvere con
scorciatoie, come quando gli procura una prostituta) e spesso soccombe al senso d'impotenza che ne deriva
rifugiandosi nella droga.

VALUTAZIONE CRITICA
Bogdanovich riesce ad affrontare un argomento insidioso (il rischio in questi casi è quello del facile pietismo
e patetismo) con sufficiente distacco emotivo, evitando così l'effetto-melassa. Per quanto il coinvolgimento e la
commozione siano inevitabili, il film lavora con efficacia sulle psicologie, rinunciando ad ogni semplificazione
consolatoria. Così Rocky è certamente simpatico e straordinario per la sua grande umanità, ma sa essere anche
iracondo e severo (pensiamo alla sfuriata nei confronti dell'amico che lo abbandona e alle liti con la madre), Rusty
poi è assai lontana dalle tante mamme-sante cui il Cinema ci ha abituato in queste circostanze.

Esemplare di questo procedimento di raffreddamento sono il trattamento cui il regista sottopone la storia
d'amore con la cieca Diana (priva di smancerie pseudoromantiche) e la sequenza della morte di Rocky, risolta con
grande sobrietà, lontano da una facile enfasi strappalacrime.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm040.htm[12/07/2017 19:05:49]
Elephant man

The Elephant Man


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA David Lynch
SOGGETTO Da The Elephant Man and Other Reminiscens di Sir Frederick Treves e The
Elephant Man: a Study in Human Dignity di Ashley Montague
SCENEGGIATURA Christopher De vore, Eric Bergren, David Linch
FOTOGRAFIA Freddie Francis (bianconero)
MONTAGGIO Anne V. Coates
MUSICA John Morris, Samuel Barber
INTERPRETI Anthony Hopkins, John Hurt, John Gielgud, Anne Bancroft
PRODUZIONE Brooksfilm
DURATA 124'
ORIGINE USA, 1980
REPERIBILITA' Homevideo/ Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Dietro la Maschera

Handicap/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Il dottor Treves trova tra i baracconi di una fiera londinese un "uomo elefante", cioè un ragazzo affetto da
neurofibromatosi, una rarissima malattia che deforma mostruosamente i lineamenti. Sottrattolo ai
maltrattamenti dell'interessato impresario Bytes che lo esibisce come un fenomeno da circo, Treves lo fa
ricoverare in un ospedale, dove, studiandolo, scopre che il giovane possiede un animo nobile ed un' acuta
sensibilità.

TRACCIA TEMATICA
Spesso dietro un aspetto fisico ripugnante si cela una personalità ricca di umanità e intelligenza, anzi la
stessa condizione di emarginazione che ne deriva non fa che accrescere a volte sensibilità e nobiltà d'animo.

E' necessario che le persone più attente e dotate diano tutto il loro sostegno a questi infelici, cominciando a
proteggerli soprattutto dalla morbosa curiosità dei cosiddetti normali e dal crudele sfruttamento di speculatori
senza scrupoli che approfittano della disgrazia altrui.

Lo stesso interesse scientifico, per quanto legittimo, deve lasciare il posto in questi casi ad un atteggiamento di
grande disponibilità all'aiuto e alla comprensione. Anche in questo caso la terapia migliore è l'amore.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm046.htm[12/07/2017 19:05:50]
Elephant man

VALUTAZIONE CRITICA
Lynch costruisce il film sullo sguardo: lo sguardo innanzitutto di coloro che con ripugnanza e disgusto guardano
Merrick e la cui cinica volgarità viene evidenziata con disprezzo (sono loro, sembra suggerire il regista, i veri
mostri: nell'osservare inorriditi la mostruosità dell'uomo-elefante, in realtà si specchiano nella loro deformità
mentale) e lo sguardo infine dello stesso Merrick, del quale noi ci appropriamo per la prima volta nella sequenza
dell'applauso che gli viene tributato a teatro (la nostra identificazione con lui, sul piano della solidarietà e
dell'umana partecipazione al suo dramma, si è fatta totale).

Il regista inoltre ribalta completamente un canone fondamentale del genere horror: non è più il mostro a
spaventare i cosiddetti normali, ma sono questi ultimi con la loro morbosa e aggressiva curiosità a terrorizzare il
malcapitato mostro: Elephant Man non è tanto un film sulla mostruosità dell'anormale, ma provocatoriamente sulla
mostruosità insita nella normalità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze   La Neurofibromatosi.

Storia    La società britannica alla fine dell'epoca vittoriana.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm046.htm[12/07/2017 19:05:50]
Uomo senza volto

L'uomo senza volto


TITOLO ORIGINALE The Man Without a Face
REGIA Mel Gibson
SOGGETTO Dal romanzo di Isabelle Holland
SCENEGGIATURA Malcom MacRury
FOTOGRAFIA Don McAlpine (colori)
MUSICA James Horner
MONTAGGIO Tony Gibbs
INTERPRETI Mel Gibson, Nick Stahl
PRODUZIONE Bruce Davey per Warner Bros.
DURATA 116'
ORIGINE USA, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Dietro la maschera

Handicap/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Maine, 1968. Chuck, un ragazzino dodicenne, vive con la madre e le due sorellastre e sogna di superare l'esame
d'ammissione all'accademia militare. Avendo bisogno di lezioni private si rivolge a McLeod, un ex-insegnante
rimosso dall'insegnamento per un incidente automobilistico che ha causato la morte di un suo allievo e dal
quale egli stesso è uscito con il volto orrendamente deturpato. McLeod è un misantropo che si è isolato in una
villa sulla costa e quando gli si presenta l'impacciato Chuck lo tratta in modo molto brusco. Col tempo però tra i
due nasce un sentimento d'amicizia sempre più solido e profondo, destinato a durare a distanza negli anni
successivi quando McLeod, ingiustamente accusato di abusi sessuali mai commessi, non potrà più frequentare
Chuck.

TRACCIA TEMATICA
E' tipico della mentalità comune abbinare alla deformità fisica l'idea della perversione morale, se poi la
persona in questione conduce un'esistenza appartata la morbosa curiosità della gente lavora con più accanimento.
La denuncia che il film conduce di questa deleteria psicosi collettiva è netta.

Chuck vive nel rimpianto di una figura paterna assente e per questo mitizzata: è quindi comprensibile che
accetti il ruolo di McLeod come sostituto del padre, l'uomo senza volto diventa per il ragazzo l'artefice di una
maturazione e consapevolezza che lo traghetta verso l'adolescenza, lontano dall'infanzia e dalle paure tipiche di
quest'età.

Per McLeod infine l'incontro con il ragazzo costituisce l'occasione per uscire dall'isolamento e riscoprire la
propria vocazione all'insegnamento.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm146.htm[12/07/2017 19:05:50]
Uomo senza volto

VALUTAZIONE CRITICA
Esordio alla regia del divo Mel Gibson (che si nega come attor bello rendendosi ripugnante), L'uomo senza volto
è un film dignitoso, che offre il meglio nel tratteggiare l'aprirsi alla comunicazione con l'altro del
protagonista, la cui fuoriuscita dall'autismo iniziale è descritta con sobria misura e gradualità.

Meno felice la delineazione dei personaggi di contorno, tutti più o meno risolti nel senso della caricatura un po'
forzata (a suggerire l'idea che i veri mostri sono loro) e l'ambientazione d'epoca (il 68 e il Vietnam) che, se non
fosse per qualche accenno, si tende a dimenticare, tanto risulta sostanzialmente ininfluente.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    Il sessantotto e la guerra del Vietnam.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm146.htm[12/07/2017 19:05:50]
Passione d'amore

Passione d'amore
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ettore Scola
SOGGETTO Dal Romanzo "Fosca" di Iginio Ugo Tarchetti
SCENEGGIATURA Ruggero Maccari, Ettore Scola
FOTOGRAFIA Claudio Ragona (colori)
MONTAGGIO Raimondo Crociani
MUSICA Armando Trovajoli
INTERPRETI Bernard Giraudeau, Valeria D'Obici, Jean Louis Trintignant, Laura Antonelli,
Bernard Blier
PRODUZIONE Franco Committeri per la Massfilm (Roma) / Les Films Marceau / Cocinor
(Parigi)
DURATA 118'
ORIGINE Italia-Francia, 1981
REPERIBILITA' Homevideo
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Dietro la maschera

Handicap/Diversità/Uomo e Società

 TRAMA
Giorgio, un giovane ufficiale di cavalleria, raggiunge uno sperduto presidio di frontiera nell'Italia postunitaria
del 1863. Qui incontra Fosca, cugina del comandante della guarnigione, donna di mostruosa bruttezza e di
estrema sensibilità, che si innamora di lui. Giorgio, dapprima freddo e imbarazzato nei confronti di Fosca, si
lascia sempre più coinvolgere in una passione dagli esiti tragici.

TRACCIA TEMATICA
L'irruzione della deformità in un contesto di ordinata (e apparente) normalità può avere effetti deflagranti,
mettendo in crisi tranquille certezze: la forza dei sentimenti (anche se chi se ne fa portatore è un essere
ripugnante) non lascia mai indifferenti. Il connubio romantico amore-morte, al centro di tanta letteratura e tanto
cinema, viene qui portato alle estreme conseguenze: tale è la passione d'amore di Fosca, che essa non solo
travolge Giorgio (la sua relazione con una bella signora della città è solo un passatempo), ma che, proprio nel
momento della realizzazione del desiderio, conduce alla morte (sembra quasi che il titolo del film, diverso dal
romanzo da cui è tratto, recuperi il significato etimologico e cristiano del termine passione, inteso come sofferenza
sfociante, in questo caso, nell'estremo sacrificio).

Ma Passione d'amore esplora soprattutto l'esile confine fra anormalità e normalità, tra razionalità e
irrazionalità e i possibili devastanti scivolamenti reciproci: la normalità di Giorgio è inghiottita gradatamente
dalla anormalità di Fosca e questa a sua volta non regge all'impatto con la normalità del primo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm100.htm[12/07/2017 19:05:51]
Passione d'amore

VALUTAZIONE CRITICA
Scola affronta il tema a lui caro dell'incontro tra due diversità con accuratezza di scavo psicologico e misurato
pudore, lontano dai facili effettismi e dagli altrettanto facili pietismi cui il tema della bruttezza fisica potrebbe
indurre.

Il film si gioca in gran parte sull'intreccio del registro realista con quello fantastico di matrice orrifica, le cui
atmosfere e suggestioni increspano la superficie di verosimiglianza della vicenda: il delirio febbrile di Giorgio e il
suo urlo licantropico dopo il duello finale sono esempi significativi di questa commistione. La stessa ambientazione
in un'isolata caserma avvolta nei colori autunnali crea un'atmosfera sospesa e un po' astratta, carica di premonizioni
e mistero.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano   A) Confronto tra il romanzo di Tarchetti e il film.

                B) Il movimento crepuscolare e il gusto per il "deforme e il perverso".

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm100.htm[12/07/2017 19:05:51]
Buon compleanno Mr.Grape

Buon compleanno Mr.Grape


TITOLO ORIGINALE What's Eating Gilbert Grape?
REGIA Lasse Hallstrom
SCENEGGIATURA Peter Hedges dal suo romanzo What's Eating Gilbert Grape?
FOTOGRAFIA Sven Nikvist (colori)
MUSICA Alan Parker, Bjorn Isfalt
MONTAGGIO Andrew Mondshein
INTERPRETI Johnny Depp, Leonardo Di Caprio, Juliette Lewis, Mary Steenburgen, Darlene
Cates
PRODUZIONE David Matalon, Meir Teper, Bertil Ohlson per Paramount
DURATA 118'
ORIGINE USA, 1993
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il corpo negato

Handicap/Diversità/Uomo e società

 
TRAMA
Siamo a Endora, nello Iowa, un posto dimenticato da Dio, ma dove vive la famiglia di Arnie. E' Gilbert che fa il
padre, da quando questo è scomparso all'improvviso; si è ucciso impiccandosi e da allora la madre ha sfogato il
suo dolore nel cibo, diventando enormemente grassa. Larry, un fratello, se ne è andato, mentre, delle sorelle,
Amy, svolge di fatto un ruolo di madre. Ma è Arnie il problema: è minorato ed è riuscito a compiere
diciott'anni, malgrado le previsioni pessimistiche dei medici. La sua festa di compleanno è il simbolo di tante
cose…

TRACCIA TEMATICA
La famiglia è spesso un concentrato di relazioni complesse, storie un po' speciali, responsabilità e ripetitività di
vario tipo, soprattutto se manca un padre.

Si può, poi, si deve,  forse, gettare uno sguardo anche sull'America povera e ancora innocente, quella fatta di
personaggi che non riescono tanto facilmente a fuggire da una quotidianità in cui è difficile coltivare i sogni,
ma in cui è possibile comunque incontrarsi, magari amarsi e provare tanta simpatia per un diverso come il minorato
Arnie.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm023B.htm[12/07/2017 19:05:51]
Buon compleanno Mr.Grape

Il regista svedese Lasse Hallstrom aveva acquistato notorietà internazionale con il film del 1985 La mia vita a
quattro zampe, che aveva vinto un Oscar come miglior film straniero. Anche in quel caso era un adolescente il
protagonista principale. Buon compleanno Mr. Grape è un bel film , straordinariamente interpretato da un
giovanissimo Leonardo di Caprio, perfettamente credibile nella parte, al punto da guadagnarsi una nomination
all'Oscar. Da segnalare anche altre due star: Johnny Depp, bravissimo a fare il fratello maggiore che ha sulle spalle
il peso della famiglia e Juliette Lewis, efficace nel rappresentare l'amore e la comprensione.  "Descrivere Endora è
come ballare senza musica", ci annuncia subito la voce di Gilbert, "è un posto dove non succede mai niente e non
succederà mai niente", un pugno di case in un paesaggio piatto, senza storia, quasi senza colori, efficacemente
descritto dalla fotografia di Sven Nikvist, che ce ne offre un'immagine tutta giocata su toni spenti, che
sembrano confermare la piatta ripetitività dell'esistenza dei personaggi: non a caso il nascere dell'amore di
Gilbert per Becky sarà sottolineato da un tramonto infuocato, quasi a illuminare con l'intensità di un sentimento  il
grigiore quotidiano.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm023B.htm[12/07/2017 19:05:51]
Edward mani di forbice

Edward mani di forbice


TITOLO ORIGINALE Edward Scissorhands
REGIA Tim Burton
SOGGETTO Tim Burton
SCENEGGIATURA Caroline Thompson
FOTOGRAFIA Stefan Czapsky (colori)
MUSICA Danny Elfman
MONTAGGIO Richard Halsey
INTERPRETI Johnny Depp, Dianne Wiest, Winona Rider
PRODUZIONE 20th Century Fox
DURATA 100'
ORIGINE USA, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il corpo negato

Handicap/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Edward è una creatura che il suo costruttore non ha potuto terminare, essendo morto prima di applicargli le
mani, al posto delle quali lo strano essere dispone di taglienti forbici. Una rappresentante dell'Avon lo trova solo
e abbandonato nel castello in rovina dove abita da sempre e impietosita lo porta a casa sua. Edward diventa ben
presto il beniamino del paese, dove si distingue per la sua eccezionale abilità di giardiniere e parrucchiere, sino
a diventare un personaggio televisivo protagonista di talk-show. Innamoratosi della figlia della donna che lo
ospita, suscita la gelosia del suo fidanzato, che alla fine tenta addirittura di ucciderlo. Edward capisce che il
mondo degli uomini non è più il suo posto e ritorna a vivere in solitudine nel suo castello.

TRACCIA TEMATICA
Edward è chiaramente un essere inverosimile, la sua deformità non esiste, e anche le persone che lo circondano
sono delle caricature, ritratte in modo da risultare ben più mostruose di lui, tutta la vicenda insomma è destituita di
ogni fondamento realista. Questo non attenua però il sottofondo di verità che il film ci consegna e cioè la
condizione di dolorosa incomprensione ed emarginazione cui spesso sono destinati i diversi, nella migliore
delle ipotesi oggetto di paternalistica protezione e nella peggiore di interessata strumentalizzazione, se non di
aperto rifiuto.

Edward è un essere fisicamente incompleto, ma dotato di una sensibilità e di un talento creativo non comuni. Ciò di
cui ha bisogno è calore e affetto, invece finisce per essere vittima dell'aggressiva curiosità di una società che
accetta il diverso solo come fenomeno da esibire e sfruttare.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm045.htm[12/07/2017 19:05:52]
Edward mani di forbice

VALUTAZIONE CRITICA
Tim Burton è un regista totalmente ancorato ad un'idea di Cinema antirealista e astratta, che, rifiutando
ogni confronto con la realtà, assume come riferimento il repertorio dell'immaginario cinematografico. Per
dirla in altri termini Burton costruisce i suoi film utilizzando materiali filmici (e non solo, se pensiamo al gusto
pop-art cui sono ispirate le scenografie del film) preesistenti, che hanno nutrito la fantasia infantile e
adolescenziale della sua generazione.

In Edward mani di forbice convergono così molteplici suggestioni: quella fiabesca (tutta la storia è raccontata,
come una fiaba, da Kim ormai nonna, mentre la neve avvolge il paesaggio), quella orrifica (il lugubre castello in
rovine che sovrasta la città e il personaggio dello scienziato interpretato da un attore mitico del genere horror come
Vincent Price. Inoltre il modello lontano della trama è il Frankenstein di Mary Shelley), quella fantastica (le mani-
forbici di Edward non suscitano più di tanto meraviglia).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione artistica   La Pop-Art e l'iperrealismo pittorico come riferimento delle scenografie , dei costumi e
degli arredamenti del film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm045.htm[12/07/2017 19:05:52]
Go now

Go Now
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Michael Winterbottom
SCENEGGIATURA Paul Henry Powell, Jimmy McGovern
FOTOGRAFIA Daf Hobson (colori)
MONTAGGIO Trevor Wait
MUSICA Alastair Gavin
INTERPRETI Robert Carlyle, Juliet Aubrey
PRODUZIONE Andrew Eaton per revolution Films/Bbc Television
DURATA 81'
ORIGINE Gran Bretagna, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Il corpo negato

Handicap/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Nick, un operaio, un giorno si imbatte in Karen, impiegata in un albergo. I due si innamorano e trascorrono
giorni felici, finché Nick si ammala di sclerosi multipla: comincia un periodo di grande difficoltà per entrambi
che termina con la decisione di sposarsi.

TRACCIA TEMATICA
Un rapporto d'amore che sembrava solido viene messo a dura prova dall'infermità fisica di lui. La sua
compagna non regge le difficoltà psicologiche che la nuova situazione comporta ed è tentata di abbandonarlo,
anche perché da parte dell'uomo non si manifesta la necessaria forza d'animo per combattere il male, ma ci si
abbandona alla disperazione.

La decisione finale di Karen di sposare Nick chiude il film su un'ottimistica nota di speranza: il vero amore, che si
misura dalla capacità di sacrificio e di dedizione, è forse l'unico rimedio per cercare di convivere con
tremende malattie.

VALUTAZIONE CRITICA
Merito del film è indubbiamente quello di sfuggire alla tentazione di mettere in atto facili meccanismi
lacrimogeni, come spesso accade al Cinema quando ci sono di mezze malattie incurabili. Gli stessi protagonisti
non sono presentati come eroi impavidi, ma come esseri umani con tutte le loro debolezze.

Go now risulta insomma un film non eccelso, ma ben calibrato ed equilibrato, in grado di maneggiare con
padronanza e sicurezza diversi registri: divertito e giocoso all'inizio (si pensi alla partita di calcio), sentimentale

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm068.htm[12/07/2017 19:05:52]
Go now

nella parte centrale e infine drammatico (ma non melodrammatico).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze    La sclerosi multipla.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm068.htm[12/07/2017 19:05:52]
Mio piede sinistro

Il mio piede sinistro


TITOLO ORIGINALE My Left Foot
REGIA Jim Sheridan
SOGGETTO Dal romanzo di Christy Brown
SCENEGGIATURA Shane Connaughton
FOTOGRAFIA Jack Conroy (colori)
MUSICA Elmer Bernstein
MONTAGGIO J. Patrick Duffner
INTERPRETI Daniel Day-Lewis, Ray McAnally, Brenda Fricker
PRODUZIONE Noel Pearson per Ferndale Films/Granada Television International in
associazione con Radio Telefis Eireann
DURATA 103'
ORIGINE Gran Bretagna, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il corpo negato

Handicap/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Christy Brown, tredicesimo figlio di una famiglia operaia di Dublino, è paraplegico dalla nascita e solo il suo
piede sinistro è libero dalla paralisi che attanaglia il resto del suo corpo. Passa buona parte del suo tempo in
strada con i ragazzi del quartiere a giocare a pallone, ma si addestra anche a dipingere e scrivere con il suo
piede sinistro. L'incontro con una dottoressa che si interessa del suo caso, se da una parte gli provoca acuti
turbamenti sentimentali, dall'altra lo aiuta a prendere sempre più coscienza delle proprie possibilità. Alla fine lo
troviamo pittore e scrittore affermato (Il film è tratto dalla sua autobiografia) e marito felice della sua
infermiera.

TRACCIA TEMATICA
Christy, nonostante il grave handicap, è pienamente accettato dai ragazzi del quartiere, che lo trattano come se
fosse uno di loro, scherzi e iniziazione ai misteri del sesso compresi. Semmai i problemi nascono quando
Christy esce da questo contesto, a suo modo protettivo, per essere sbalzato in un ambiente molto diverso, nel
quale stenta a riconoscersi e ad inserirsi, anche perché viene considerato come un fenomeno da guardare con
un atteggiamento tra la meraviglia e la compassione.

Christy, a differenza di tanti suoi predecessori cinematografici, non è un simpatico, ma esprime tutta la
nevrosi e l'intrattabilità di chi, mentalmente lucido, si trova a subire una tremenda menomazione fisica. Il
suo talento artistico evidentemente non è sufficiente a colmare quello che è un naturale bisogno di amare e essere
amato ed è quindi normale che il suo equilibrio affettivo e la sua maturazione umana possano giovarsi dall'unione
con una donna.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm089.htm[12/07/2017 19:05:53]
Mio piede sinistro

VALUTAZIONE CRITICA
Punto di forza del film sono innanzitutto la grande interpretazione di Daniel Day-Lewis, che sa aderire con
grande efficacia al personaggio di Christy (meritatissimo l'Oscar guadagnato), e inoltre la capacità
dell'esordiente Sheridan di mantenere il registro dominante su un binario di giusto equilibrio tra un
misurato pietismo, lontano da quegli eccessi sempre incombenti quando si affronta questo tipo di tematiche, e un
tono da commedia, che sa evitare il miracolismo di facili guarigioni e l'accattivante simpatia forzata del portatore
di handicap (all'americana, per intenderci).

Un prodotto insomma non eccelso, se vogliamo un po' manierato, privo di grandi idee e sussulti di regia, ma nel
complesso piacevole e dignitoso e soprattutto rispettoso del profondo dramma umano di cui tratta.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze    La paraplegia: caratteristiche e possibili terapie riabilitative.

Lingua inglese   Confronto fra il film e il libro omonimo di Christy Brown.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm089.htm[12/07/2017 19:05:53]
Perdiamoci di vista

Perdiamoci di vista
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Carlo Verdone
SOGGETTO E Carlo Verdone, Francesca Marciano
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Danilo Desideri (colori)
MUSICA Fabio Liberatori
MONTAGGIO Antonio Siciliano
INTERPRETI Carlo Verdone, Asia Argento, Aldo Maccione
PRODUZIONE Cecchi Gori Group Tiger/Pentafilm
DURATA 115'
ORIGINE Italia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo /Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI La grande sorella

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

Il corpo negato

Handicap/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Gepy Fuxas è l' affermato conduttore televisivo di Terrazza italiana, talk show del dolore e della lacrima.
Durante una puntata del suo programma, è attaccato a causa del suo cinico sciacallaggio da Arianna, una
giovane paraplegica condannata alla sedia a rotelle. Travolto dalle proteste degli spettatori, Fuxas viene
licenziato, ma ritrova poco dopo Arianna. Tra i due nasce un rapporto che col tempo si trasforma in amore.

TRACCIA TEMATICA
Gepy Fuxas è una persona mediocre e superficiale, tutta intenta a gestire con esasperato narcisismo la propria
immagine di conduttore televisivo idolo delle casalinghe teledipendenti. La sua trasmissione è un tipico esempio
di cosiddetta tv-spazzatura, cioè di esposizione pubblica di fatti privati, di cinico sfruttamento del dolore altrui a
fini spettacolari. Finchè l'audience è alta e il pubblico consenziente tutto procede bene, ma quando un imprevisto
(l'irruzione di Arianna) smaschera la mancanza di scrupoli su cui il programma è costruito, allora i dirigenti della
televisione (sino a quel momento complici di tanto degrado morale) liquidano l'idolatrato conduttore.

A questo punto Fuxas riacquista una dimensione più umana, passando dal delirio di onnipotenza da overdose
di successo al confronto con i propri limiti e le proprie debolezze, aiutato in questo dall'approfondirsi del rapporto
con Arianna. Quest'ultima, da parte sua, maschera dietro un'apparente sicurezza di sé e una raggiunta
autonomia un forte bisogno di affetto e un'affiorante nevrosi. Fuxas e Arianna, insomma, si completano a
vicenda, aiutandosi reciprocamente a mettere ordine morale e sentimentale nella propria vita.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm089.htm[12/07/2017 19:05:54]
Perdiamoci di vista

VALUTAZIONE CRITICA
Il film mescola due temi: quello della critica alla televisione d'infimo livello e quello del rapporto tra due persone
molto diverse che, come dice Fuxas, vivono in due emisferi opposti. A quest'ultimo aspetto si collega la tematica
dell'handicap e della difficoltà a convivere con esso, sia per chi se ne fa portatrice, sia per chi viene a contatto con
persone disabili. Il primo argomento è affrontato ricorrendo all'allusione a vere trasmissioni televisive (quanto poi
questi spettacoli reali siano tanto o poco distanti dalla caricatura che ne viene proposta nel film, sarà lo spettatore a
giudicare), ed è la parte più facile e scontata; il secondo argomento, invece, chiama in causa la dimensione
psicologica dell'incontro tra diversi e risulta sviluppato in modo più problematico ed originale.

Resta comunque il fatto che Verdone è regista di commedie e attore a maschera fissa (il romanaccio un po'
cialtrone e sbruffone, ma fondamentalmente buono e simpatico) e questo fa sì che la sceneggiatura resti sempre
al di qua di un surplus di approfondimento e complessità, ancorata alle scene ad effetto e alla battuta facile.
Verdone del resto non è ambizioso e non ha la pretesa di fare grande cinema, ma vuole soprattutto divertire il
pubblico che gli è affezionato, con storie all'insegna della semplicità e della chiarezza.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano     La televisione spazzatura: la spettacolarizzazione del dolore e della lacrima.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm089.htm[12/07/2017 19:05:54]
Tic Code

Tic Code
TITOLO ORIGINALE The Tic Code
REGIA Gary Winick
SOGGETTO E Polly Draper
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Wolfgang Held (colori)
MUSICA Michael Wolff
MONTAGGIO Bill Pankow, Kate Sanford, Henk van Eeghen
INTERPRETI Gregory Hines, Polly Draper, Christopher George Marquette
PRODUZIONE Giovanni Di Clemente per Overseas Filmgroup in associazione con Gun For Hire
Film
DURATA 85'
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il corpo negato

Handicap/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Miles è un bambino che ha una grande passione e uno spiccato talento per il pianoforte e il jazz. Purtroppo,
però, soffre della sindrome di Tourette e questo gli crea innumerevoli problemi di natura pratica e psicologica.
La sua vita cambia quando incontra Tyrone, un affermato sassofonista di colore afflitto dalla sua stessa
patologia. Tra Tyrone e Laura, la madre divorziata di Miles, inizia una difficile relazione, che il bambino
incoraggia nella speranza di trovare un vero padre. Quando questo legame entra in crisi Miles si lascia andare
allo sconforto.

TRACCIA TEMATICA
Per il piccolo Miles la ricaduta psicologica provocata dalla sua patologia è pesante, perché si lega al trauma
subito a causa della separazione tra i suoi genitori, della quale si sente responsabile. Inoltre la mancanza di una
forte presenza paterna, insieme con la convinzione (decisamente fondata) di essere rifiutato dal padre, accentua il
suo stato di disagio. Anche la madre non vive con serenità la malattia del figlio, che nel proprio intimo non ha
mai accettato, e ciò influisce negativamente sul suo rapporto con Tyrone.

Quest'ultimo, invece, rappresenta la polarità positiva del film, come esempio della capacità di superare ogni
complesso di inferiorità attraverso l'affermazione della propria personalità.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm124.htm[12/07/2017 19:05:54]
Tic Code

Tic Code segue una struttura narrativa convenzionale e ormai consolidata per questo tipo di filone
cinematografico minore incentrato sul tema dell'handicap: situazione di partenza di difficoltà, inserimento di un
personaggio estraneo dotato di particolari doti, processo di cambiamento, crisi del processo di cambiamento,
superamento della crisi e avvio di una nuova fase all'insegna dell'ottimismo.

Il film di Winick, da quel dignitoso prodotto medio standardizzato che è, ripercorre piuttosto
pedissequamente questo scontato schema di funzioni narrative, senza riuscire più di tanto a dare la necessaria
intensità drammatica e problematicità psicologica agli snodi decisivi della storia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze     La sindrome di Tourette.

Educazione musicale      Il Jazz.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm124.htm[12/07/2017 19:05:54]
Tornando a casa

Tornando a casa
TITOLO ORIGINALE Coming Home
REGIA Hal Ashby
SOGGETTO Nancy Dowd
SCENEGGIATURA Waldo Salt, Robert C. Jones
FOTOGRAFIA Haskell Wexler (colori)
MUSICA Canzoni degli anni Sessanta
MONTAGGIO Don Zimmerman
INTERPRETI Jane Fonda, Jon Voight, Bruce Dern
PRODUZIONE Jerome Hellman Enterprises/Jayne Productions
DURATA 128'
ORIGINE USA, 1978
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Il corpo negato

Handicap/Diversità/Uomo e società

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Guerra del Vietnam

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
California, 1968. Sally è sposata con il capitano dei marines Bob, ufficiale convinto della propria missione
patriottica e in procinto di partire per il Vietnam. Rimasta sola, Sally decide di lavorare come volontaria
nell'ospedale della base militare dove abita. Qui sono ricoverati reduci dal Vietnam rimasti paralizzati agli arti
per le ferite riportate in combattimento. Fra di loro c'è Luke, costretto su una sedia a rotelle, che è stato
compagno di scuola di Sally. Tra i due nasce un'amicizia che con il tempo si trasforma in amore, mentre Bob in
Vietnam vede crollare le sue illusioni. Al suo ritorno a casa l'FBI lo mette al corrente della relazione della
moglie con Luke e tra i tre si svolge un drammatico confronto.

TRACCIA TEMATICA
Tornando a casa ci parla, attraverso i percorsi individuali di tre protagonisti, della profonda crisi di

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/182.htm[12/07/2017 19:05:55]
Tornando a casa

coscienza e identità che investì la società americana durante la guerra del Vietnam, spingendo una parte
sempre più numerosa di essa ad una rivolta politico-etica in chiave pacifista e antimilitarista. Realizzato nel
1978, a pochi anni dalla fine del conflitto, il film di Ashby (fortemente voluto da Jane Fonda, allora impegnata nei
movimenti pacifisti) è uno dei primi ad analizzare le conseguenze di questo trauma, senza mostrarci una sola scena
bellica, ma esplorando i risvolti psicologici e umani causati dal dramma vietnamita negli Stati Uniti.

Al marine Bob, patriota convinto e ansioso di mostrare il proprio valor militare in Vietnam (proprio come quegli
eroi cinematografici citati, nel suo intervento finale di fronte agli studenti, da Luke) si contrappone il reduce
paralizzato Luke, che grazie all'amore per Sally passa dal suo cinico rifiuto del mondo e del prossimo al gusto per
la vita e per l'impegno a favore della pace. In mezzo c'è Sally che, da moglie modello di un ufficiale modello,
approda alla consapevolezza della propria insoddisfazione esistenziale e della falsità dell'ambiente che
frequenta e dei suoi valori di riferimento.

VALUTAZIONE CRITICA
Tornando a casa si segnala per l'attenta esplorazione psicologica e caratteriale dei personaggi,di cui delinea il
tormentato travaglio interiore: tutti e tre i protagonisti vivono una drammatica esperienza di trasformazione che
li porta ad una radicale revisione della propria vita precedente (particolarmente significativo il finale che in
montaggio alternato ci mostra il punto di svolta di Luke, che inaugura il suo impegno civile contro la guerra del
Vietnam, e il radicale rifiuto da parte di Bob della sua identità di soldato per cercare nell'acqua dell'oceano o la
morte o la rigenerazione purificatrice per ricominciare una nuova esistenza).

Più che sul messaggio pacifista e antimilitarista, pure espresso in modo chiaro ed efficace, il film punta sulla
grande prova recitativa degli attori (Oscar a Fonda e Voight, ma molto bravo anche Bruce Dern), sulla forte
intensità melodrammatica di alcune sequenze, come il confronto in casa di Sally tra i protagonisti della vicenda
e il suicidio di Bill, sulla delicata e sensibile descrizione della storia d'amore tra Sally e Luke e sulla realistica
rappresentazione dell'ambiente ospedaliero e dell'universo umano e mentale della base militare.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Guerra del Vietnam.

B) Il movimento di opposizione alla guerra del Vietnam e il Sessantotto negli USA.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/182.htm[12/07/2017 19:05:55]
Grande cocomero, Il

Il grande cocomero
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesca Archibugi
SOGGETTO E Francesca Archibugi (ispirandosi alle esperienze dello scomparso
SCENEGGIATURA neuropsichiatra infantile Marco Lombardo Radice)
FOTOGRAFIA Paolo Carnera (colori)
MUSICA Roberto Gatto, Battista Lena
MONTAGGIO Roberto Missiroli
INTERPRETI Sergio Castellitto, Alessia Fugardi, Anna Galiena
PRODUZIONE Leo Pescarolo, Guido De Laurentis e Fulvio Lucisano per Ellepi Film/Chrysalide
Films/Moonlight/Raiuno
DURATA 102'
ORIGINE Italia, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Matti da slegare

Handicap/La diversità/Uomo e Società

TRAMA
Roma. Nel reparto di neuropsichiatria infantile di un grande ospedale viene ricoverata Pippi, una ragazzina
afflitta da periodici attacchi di epilessia. Il giovane psichiatra Arturo prende in cura la bambina, che si rivela
una paziente difficile, per la sua scontrosità e la tendenza alle bugie. Con il tempo però Arturo intuisce che la
malattia di Pippi affonda le radici nel difficile rapporto con i genitori ed avvia con lei un rapporto basato
sull'affetto e la fiducia. Lentamente Pippi dà qualche segno di miglioramento.

TRACCIA TEMATICA
La solitudine di Arturo, lasciato dalla moglie, contrastato e isolato nella professione, incontra l'isolamento di
Pippi, la cui malattia non ha cause fisiologiche, ma si lega al degrado morale di genitori arricchiti e volgari.
Pippi ha somatizzato con l'epilessia la carenza affettiva accusata in famiglia.

Occupandosi con successo della bambina cerebrolesa ed ottenendo la possibilità di uscire la sera per conoscere
coetanei, essa acquisisce e rafforza il senso d'autostima, mentre da parte sua Arturo fa chiarezza in se stesso,
avviando un nuovo rapporto sentimentale e confrontandosi con i nodi irrisolti della propria esistenza. In particolare
intuisce che non esiste una soluzione miracolosa dei problemi (il grande cocomero che aspettava di vedere da
bambino), ma che un modo per affrontare la propria sofferenza può essere quello di cercare di capire e
guarire la sofferenza altrui.

Sullo sfondo lo sfascio del sistema sanitario pubblico, con la mancanza di tutto e i medici che fuggono verso il
privato, e l'atterrita e sgomenta constatazione dell'impossibilità di dare un senso al dolore del mondo (la
disperata domanda dovstojeskiana di Don Annibale: perché i bambini muoiono?).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm052.htm[12/07/2017 19:05:55]
Grande cocomero, Il

VALUTAZIONE CRITICA
L'Archibugi  ha il merito di evitare la facile scorciatoia di un consolatorio lieto fine (non c'è una vera e
propria guarigione, semmai l'individuazione di un possibile percorso di guarigione) e di un ricattatorio
coinvolgimento emotivo (lo spettatore costretto a identificarsi con personaggi simpatici o a piangere per le loro
sofferenze), optando per uno stile secco e rigoroso, spoglio di ogni ricercatezza ed estetismo, con un suono sporco
in presa diretta che accentua la sensazione di realismo e una messinscena immersa in luoghi vissuti, dei quali
trasmette con efficacia il disagio.

Notevole la capacità di comunicare la continuità tra il claustrofobico senso di oppressione degli interni
ospedalieri e abitativi e gli esterni plumbei e notturni delle strade della capitale, dove sembra manifestarsi una
nevrosi non molto dissimile dalle patologie del reparto neurologico (viviamo in una società malata, sembra dirci la
regista) e di caricare di valenza simbolica cose e situazioni (pensiamo al muro martellato da Arturo, una
reazione all'incomunicabilità che mina i rapporti umani, e all'insistenza sulle finestre, limite da cui si può osservare
la realtà, ma che può essere anche superato per cercare un contatto con l'altro).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze    A) L'epilessia.

                 B) Le teorie psichiatriche di Marco Lombardo Radice.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm052.htm[12/07/2017 19:05:55]
le chiavi di casa

Le chiavi di casa
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gianni Amelio
SOGGETTO Dal romanzo “Nati due volte” di Giuseppe Pontiggia
SCENEGGIATURA Gianni Amelio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
FOTOGRAFIA Luca Bigazzi (colori)
MONTAGGIO Simona Paggi
MUSICA Franco Piersanti
INTERPRETI Kim Rossi Stuart, Charlotte Rampling, Andrea Rossi, Pierfrancesco Favino
PRODUZIONE Enzo Porcelli, Karl Baumgartner, Bruno Pesery per Achab/Rai
Cinema/Pandora/Arena
DURATA 105’
ORIGINE Italia-Germania-Francia, 2004
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Matti da slegare


Handicap/Diversità/Individuo e Società

TRAMA
Il trentenne Gianni, che vive a Milano con moglie e figli, non ha mai visto Paolo, un figlio gravemente
handicappato avuto in gioventù, avuto da una morte morta di parto. A distanza di molti lo accompagna a
Berlino per sottoporlo alle terapie di una clinica specializzata.

TRACCIA TEMATICA  
Il figlio handicappato Paolo costituisce per il fragile Gianni il rimosso-rimorso (praticamente l’aveva
abbandonato agli zii materni) e in questo l’impaccio del padre sembra quasi riflettere addosso al pubblico il
prevalente atteggiamento di rimozione (a volte malamente sostituito dal pietismo) che la società spesso mostra nei
confronti delle diversità estreme.

Il figlio ritrovato rappresenta per il padre improvvisato un vero e proprio enigma, un universo di difficile e
sconcertante esplorazione, che scompagina continuamente i suoi parametri interpretativi. Il dialogo fra i due è
aspro e impervio e Gianni misura tutta la sua impotenza ed inadeguatezza, confrontandosi con l’esplicita
stanchezza della madre di Nadine. Quella di Gianni è un’assunzione di responsabilità dalla quale sembra
sempre sul punto di ritrarsi per poi riprendere di nuovo il filo di un discorso che sembrava interrotto.
Probabilmente le terapie, pur avanzatissime, della clinica di Berlino, servono a poco, perché ciò di cui Paolo ha
  bisogno è soprattutto amore ed affetto. E’ questo l’estremo limite cui occorre pervenire (simboleggiato dalla
Norvegia  all’estremo nord dell’Europa, dove significativamente si conclude il film), disposti a rimettersi
continuamente in discussione.

Il film non ci concede facili consolazioni all’americana con attori famosi nelle vesti di ritardati mentali che gettano
in faccia all’universo dei normali la loro straordinaria umanità e sottolineano che è il mondo circostante ad essere
anormale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm013.htm[12/07/2017 19:05:56]
le chiavi di casa

VALUTAZIONE CRITICA  
La sfida di Amelio è forse senza precedenti e consiste nell’utilizzare nel suo film un vero handicappato,
sintonizzando il suo lavoro registico quasi al livello di quello del personaggio del padre e pervenendo così alla
realizzazione di una specie di work in progress, nel quale la finzione si mescola con il documentarismo e la realtà
esterna fa sentire tutto il suo peso sull’invenzione filmica. Amelio non è regista di certezze e messaggi
preconfezionati, ma autore destabilizzante e  a suo modo provocatorio, che ama mettere lo spettatore di fronte a
conflitti irrisolti e irrisolvibili, a equilibri precari e fragili.  

Ne esce un film di estrema asciuttezza espressiva ed essenzialità narrativa, scarno e rarefatto, che si rifiuta ad
ogni scorciatoia melodrammatica o, peggio, consolatoria (una guarigione finale o la nascita di un consolidato
rapporto d’intesa e complicità tra padre e figlio), tanto da far dire  alla critica che la diversità “non è il tema del
film, ma il film stesso”.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Diritto                                      a) La tutela legislativa nei confronti delle malattie mentali

                                                  b) La normativa relativa all’inserimento dei soggetti diversamente abili nel sistema


dell’istruzione italiano

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm013.htm[12/07/2017 19:05:56]
Ottavo giorno

L'Ottavo giorno
TITOLO ORIGINALE Le huitième jour
REGIA Jaco Van Dormael
SOGGETTO E Jaco Van Dormael
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Walter Vanden Ende (colori)
MONTAGGIO Susana Rossberg
MUSICA Pierre Van Dormael
INTERPRETI Daniel Auteuil, Pascal Duquenne, Miou-Miou
PRODUZIONE Philippe Godeau per Pan-Européenne Production, HomeMade Films, TF1 Films
Production, RTL-TVI, Workng Title, D.A. Films.
DURATA 118’
ORIGINE Belgio/Francia, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Matti da slegare

Handicap/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Harry è un affermato professionista troppo dedito al proprio lavoro, tanto da essere stato lasciato dalla moglie e
dalla figlia. Un giorno si imbatte in Georges, un ragazzo down appena fuggito dall’istituto in cui è ricoverato
per tornare da una madre, della cui morte è consapevole solo in alcuni momenti di lucidità. Dopo aver superato
il senso di fastidio che inizialmente Georges gli procura per i guai che combina, Harry si affeziona
all’handicappato e se lo porta dietro in un peregrinare senza meta che si conclude a casa della moglie e della
figlia da lui separate. Ormai Harry non può più fare a meno di Georges, ma quest’ultimo è costretto a ritornare
nell’istituto di provenienza.

  

TRACCIA TEMATICA
La vita monotona e ingessata di Harry, alla cui affermazione sul piano professionale corrisponde una profonda
insoddisfazione su quello esistenziale, viene rivoluzionata dall’irruzione di Georges, che sconvolgendogli tutti i
parametri di riferimento lo riconsegna ad un dimenticato (o mai posseduto) gusto per la trasgressione e i
piaceri più semplici.

Georges è il più classico dei matti da slegare, nel senso che risulta in grado di innervare di nuove energie la vita
appannata dei normali: quanto preziosi sono i risultati di questa contaminazione, tanto assurda e nefasta ci appare
la segregazione e l’isolamento dei diversi.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm095.htm[12/07/2017 19:05:56]
Ottavo giorno

Alla mostra del Cinema di Cannes del 1996 Pascal Duquenne, l’attore down che nel film interpreta il ruolo di
Georges, ha vinto la Palma d’oro per la migliore interpretazione maschile. E’ stato il meritato premio alla scelta del
regista di utilizzare un vero down e non un attore affermato e conosciuto (come il Dustin Hoffman di Rain
Man).

Van Dormael, regista abituato a muoversi su diversi moduli stilistici facendo riferimento alla pluralità dei
linguaggi audiovisivi, pur disciplinando la sua esuberanza espressiva rispetto ad un film strabordante come Toto le
héros, non rinuncia alla sua vena visionaria, come le apparizioni kitsch del cantante Luis Mariano o l’autoironica
visione dei Mongoli, gustose invenzioni che alleggeriscono il film dall’incombente rischio di scivolare in un
facile sentimentalismo lacrimevole.

  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze   La sindrome Down.

Diritto   La legislazione italiana sui manicomi.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm095.htm[12/07/2017 19:05:56]
Mi chiamo Sam

Mi chiamo Sam
TITOLO ORIGINALE I Am Sam
REGIA Jessie Nelson
SOGGETTO E Kristine Johnson, Jessie Nelson
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Elliot Davis (colori)
MUSICA John Powell
MONTAGGIO Richard Crew
INTERPRETI Sean Penn, Michelle Pfeiffer, Dakota Fanning, Diane West, Laura Dern
PRODUZIONE Marshall Herskovitz, Jessie Nelson, Richard Solomon, Edward Zwick per Bedford
Falls Co./Red Fish, Blue Fish Films
DURATA 132’
ORIGINE USA, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Matti da slegare

Handicap/Diversità/Individuo e Società

TRAMA
Sam Dawson è un ritardato mentale, il cui sviluppo intellettivo, nonostante sia già un uomo, è fermo a quello di
un bambino. Sam ha una figlia, Lucy, una bambina di sette anni, in molte cose intellettualmente più sviluppata
del padre. I servizi sociali decidono di togliere Lucy al padre per affidarla ad un’altra famiglia. L’uomo non si
dà pace e si rivolge a Rita, un’avvocatessa di grido.

TRACCIA TEMATICA
Ha diritto un padre amorevole e affettuosissimo, che ama profondamente la propria bambina, a vedersi confermato
nel ruolo paterno nonostante un grave handicap mentale? Il film risponde di sì. L’amore deve essere anteposto ad
ogni altra considerazione, specie quando ci sono di mezzo i bambini. Quando le leggi della società
confliggono con quelle del cuore, alla fine è giusto che vincano queste ultime.

Sam è un individuo ritardato, ma dotato di una grande umanità, che gli permette di entrare in sintonia con
la figlioletta ed instaurare con lei un rapporto intenso ed autentico. E’ proprio questa sua indifesa fragilità che
spinge l’avvocatessa Harrison, un’affermata donna in carriera, a superare l’iniziale ritrosia per sostenere con
appassionata convinzione la causa di Sam.

Come spesso avviene nel Cinema americano chi parte perdente all’inizio, riesce vincente alla fine e i diritti
fondamentali della persona, se trovano chi si prende a cuore disinteressatamente di essi (e la tradizione filmica
hollywoodiana affida spesso agli avvocati questo ruolo) trionfano contro ogni evidenza e articolo di legge.

VALUTAZIONE CRITICA
 E’ tipico della carriera dei grandi attori americani cimentarsi prima o poi con il ruolo di handicappato,
quasi questo fosse una specie di pass-partout per il premio Oscar. Sean Penn, uno degli attori più dotati
dell’attuale cinema statunitense, non si sottrae a questa regola ed esibisce nel ruolo del ritardato Sam

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2003/5framefilm006.htm[12/07/2017 19:05:57]
Mi chiamo Sam

un’interpretazione all’Actor’s Studio (tutta movimenti del volto e del corpo) che gli ha procurato una prevedibile
nomination all’Oscar.

Va detto che la sua immedesimazione nel personaggio di Sam costituisce la cosa migliore e più convincente
del film, che per il resto segue in modo piuttosto convenzionale gli stereotipi lacrimevoli e ricattatori nei
confronti dello spettatore (come si fa a non rimanere emotivamente coinvolti da un caso come questo?) di un
genere cinematografico , quello appunto sull’handicap, che da Hollywood viene quasi sempre sfruttato nella
sua versione più accattivante e superficiale, quella che ci presenta la diversità, emarginata od oppressa,
sottoforma di casi incarnati da personaggi simpatici se non seducenti (chi si ricorda la bella protagonista sordomuta
di Figli di un dio minore o il colto e intelligentissimo Rocky di Dietro la maschera),  assai lontani da quelle
asprezze e deformazioni di carattere e personalità (di difficile gestione anche per gli specialisti del settore) che
spesso l’handicap porta con sé. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Scienze                          La sindrome dell’autismo
 Diritto                            La legislazione italiana sulle adozioni e la patria potestà

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2003/5framefilm006.htm[12/07/2017 19:05:57]
Qualcuno volò sul nido del cuculo

Qualcuno volò sul nido del cuculo


TITOLO ORIGINALE One Flew over the Cuckoo's Nest
REGIA Milos Forman
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Ken Kesey
SCENEGGIATURA Lawrence Hauben, Bo Goldman
FOTOGRAFIA William Fraker, Bill Butler (colori)
MONTAGGIO Richard Chew
MUSICA Jack Nitzsche
INTERPRETI Jack Nicholson, Louise Fletcher, Danny De Vito, Cristopher Lloyd
PRODUZIONE Saul Zaenz e Michael Douglas per Fantasy Film
DURATA 134'
ORIGINE USA, 1975
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Matti da slegare

Handicap/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
I duri ed autoritari metodi terapeutici usati in un manicomio vengono messi a dura prova da un nuovo arrivato,
un malavitoso che simula la pazzia per evitare il carcere. Per gli internati inizia un fruttuoso periodo di
liberatoria trasgressione, che sarà bruscamente interrotto dalle autorità dell'ospedale psichiatrico.

TRACCIA TEMATICA
Il film costituisce una denuncia di un'istituzione psichiatrica antiquata e repressiva ed un' affermazione
dell'utilità terapeutica della trasgressione. La diversità , anziché essere considerata un'anomalia da reprimere,
diventa una risorsa ed è significativo che sia il nuovo arrivato, persona che la società definirebbe un deviante, con
la sua chiassosa esuberanza e vitalità a condurre il gruppo di internati verso pratiche terapeutiche, forse non
ortodosse, ma sicuramente efficaci.

Forman, fuggito dalla Cecoslovacchia post-invasione sovietica del '68, ritrova nella società statunitense, di cui
la clinica è metafora, alcuni tratti illiberali ed autoritari tipici della patria che ha lasciato.

Solo il discendente dei pellirosse, rappresentante di un popolo sterminato per fare spazio alla civilizzazione
bianca, incarna con la sua fuga un'utopica speranza di liberazione.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm107.htm[12/07/2017 19:05:57]
Qualcuno volò sul nido del cuculo

Film di sicuro impatto emotivo, grazie ad un congegno narrativo perfettamente padroneggiato, che sa alternare
moduli brillanti da commedia a momenti di intensa drammaticità (ottima la sceneggiatura), Qualcuno volò sul
nido del cuculo mette insieme un eccezionale cast di attori, a partire dall'istrionico Jack Nicholson, allora al
culmine della fama, per arrivare a Danny De Vito e Christopher Lloyd, appena agli inizi di una grande carriera.

L'ambientazione in interni trasmette una sensazione claustrofobia, cui fa da contrappunto la liberatoria gita in
pullman e la splendida sequenza finale, centellinata al rallentatore, della fuga del pellerossa.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto  La legislazione relativa agli ospedali psichiatrici in Italia.

Storia   L'invasione della Cecoslovacchia del 1968; lo sterminio dei pellerossa d'America; le teorie della cosiddetta
"antipsichiatria".

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm107.htm[12/07/2017 19:05:57]
Rain man

Rain Man- L'uomo della pioggia


TITOLO ORIGINALE Rain Man
REGIA Barry Levinson
SOGGETTO Barry Morrow
SCENEGGIATURA Ronald Bass, Barry Morrow
FOTOGRAFIA John Seale (colori)
MONTAGGIO Stu Linder
MUSICA Hans Zimmer
INTERPRETI Dustin Hoffman, Tom Cruise, Valeria Golino
PRODUZIONE Guber-Peters Co. Prod.
DURATA 130'
ORIGINE USA, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Matti da slegare

Handicap/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Charly, importatore di auto di lusso, è oppresso dai debiti. Quando scopre che l'enorme eredità paterna è andata
al fratello maggiore Raymond, uno psicopatico affetto da autismo e di cui ignorava l'esistenza, cerca di farsi
nominare suo tutore per poter disporre del cospicuo patrimonio. Tra i due fratelli nasce però un legame
profondo, che impedisce a Charly di mettere in pratica il suo disegno.

TRACCIA TEMATICA
Più che il problema psichiatrico il tema centrale del film è l'incontro tra due esseri umani completamente
diversi, le cui strade si incrociano in modo casuale e scorrono parallelamente solo perché uno dei due pensa
di trarre profitto dalla situazione.

La conoscenza di persone ritenute anormali può far subentrare alla sopportazione per calcolo e convenienza un
autentico affetto. Non è Raymond a cambiare (e tantomeno a guarire) secondo uno stereotipo consolidato del
modo con cui tradizionalmente Hollywood ha affrontato il tema della malattia mentale, ma Charly, quasi a
suggerire l'idea che il malato fosse lui (di egoismo e insensibilità).

Alla fine sembra che sia il protagonista, bello, giovane e brillante, ad aver bisogno del fratello pasticcione e
malato e non viceversa.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm115.htm[12/07/2017 19:05:58]
Rain man

Grande performance recitativa dei due protagonisti (Oscar a Hoffman).

Più che al genere psicologico il film sembra appartenere al road movie con tanto di dimensione avventurosa
(la sequenza della vittoria al casinò).

Particolarmente intensa per l'atmosfera crepuscolare la sequenza del flash-back infantile di Charly e per la
tonalità malinconica quella finale del distacco tra i due fratelli.

Il film dimostra come l'industria cinematografica statunitense anteponga quasi sempre le ragioni dello
spettacolo all'approfondimento problematico di personaggi e situazioni.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze    La patologia autistica.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm115.htm[12/07/2017 19:05:58]
Ulomini e topi

Uomini e topi
TITOLO ORIGINALE Of Mice and Men
REGIA Gary Sinise
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di John Steinbeck
SCENEGGIATURA Horton Foote
FOTOGRAFIA Kenneth Mac Mullan (colori)
MUSICA Mark Isham
INTERPRETI Gary Sinise, John Malkovich
PRODUZIONE Russ Smith/Gary Sinise Production
DURATA 111'
ORIGINE USA, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Matti da slegare

Handicap/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Durante la grande depressione degli anni trenta George lavora in un'azienda agricola insieme al fratello
minorato mentale Lennie. Il loro sogno è quello di poter comprare una piccola fattoria, ma Lennie, provocato
dalla figlia del fattore, la uccide in modo del tutto involontario. Ai due fratelli non resta che fuggire dall'ira di
una folla inferocita.

TRACCIA TEMATICA
Nel 1929 inizia negli Stati Uniti una grande crisi economica che provoca milioni di disoccupati: una folla di
disperati comincia a spostarsi da un punto all'altro del paese alla ricerca di un lavoro, servendosi spesso dei treni
merci come mezzo gratuito di trasporto. Lo scrittore John Steinbeck, da cui è tratta la storia del film, è stato il
grande cantore di questa immensa tragedia collettiva.

I fratelli protagonisti coltivano il più classico tra i sogni americani: ricostruirsi un'esistenza acquistando una
fattoria. E' la persistenza del mito western della frontiera. Si capisce subito tuttavia che il sogno è destinato a
non realizzarsi, come i piccoli animali che Lennie soffoca per troppo amore.

L'umanità che fa da sfondo alla vicenda è segnata dal cinismo e dalla brutalità e la scelta dolorosa di George di
uccidere il fratello assume il valore di uno straziante atto d'amore per sottrarlo alla crudeltà di un mondo
impietoso e insensibile di fronte alla diversità.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm144.htm[12/07/2017 19:05:58]
Ulomini e topi

La struttura circolare del racconto (il film inizia a vicenda conclusa, con George che fugge sul vagone merci)
sottolinea l'ineluttabilità del destino di solitudine e morte che incombe sui protagonisti. I latrati dei cani degli
inseguitori costituiscono un angosciante sfondo sonoro che ribadisce l'implacabile incalzare di questo destino
avverso.

Sinise regista ci offre un buon prodotto medio, all'insegna di una sobria e robusta capacità narrativa e di una
grande performance interpretativa di John Malkovich.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La grande crisi del 1929.

Lingua Inglese   Confronto fra il film e il romanzo omonimo di J. Steinbeck.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm144.htm[12/07/2017 19:05:58]
Giornata particolare

Una giornata particolare


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ettore Scola
SOGGETTO E Ruggero Maccari, Maurizio Costanzo
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Pasqualino De Santis (colori)
MONTAGGIO Raimondo Crociani
MUSICA Armando Trovajoli
INTERPRETI Sophia Loren, Marcello Mastroianni
PRODUZIONE Carlo Ponti per la Compagnia Cinematografica /Champion Canafox Films
DURATA 105'
ORIGINE Italia-Canadà, 1977
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

Fascismo

Novecento/Cinema e Storia

 
TRAMA
Il 6 maggio 1938 Hitler arriva in visita ufficiale a Roma: città, autorità e organizzazioni del Partito sono
entusiasticamente mobilitate. Una casalinga, madre di sei figli, ideologicamente inquadrata, incontra
casualmente un vicino di casa, un ex annunciatore radiofonico omosessuale perseguitato dal regime. Dopo
l'iniziale diffidenza tra i due si manifesta un tenero affetto.

TRACCIA TEMATICA
Omosessualità e condizione femminile: alla repressione ufficiale dell'omosessualità da parte del regime fascista si
abbina quella non ufficiale, ma altrettanto reale, della donna, relegata ad un ruolo subalterno di casalinga sfruttata e
prolifica riproduttrice.

Due solitudini diverse, ma ugualmente oppresse, uniscono per un attimo i loro tristi destini.

L'emarginazione di donne e omosessuali è collocabile solo nel passato contesto fascista o ancor oggi esiste

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm063.htm[12/07/2017 19:06:06]
Giornata particolare

una mentalità maschilista e virilista che produce esiti analoghi?

La radiocronaca della visita del Führer esprime la vacua e magniloquente retorica del Fascismo e le immagini
documentaristiche autentiche del cinegiornale d'epoca il tronfio gigantismo scenografico del medesimo.

VALUTAZIONE CRITICA
Appare felice l’idea di scegliere come sottofondo sonoro alla vicenda la radiocronaca della visita di Hitler, che
isola i due protagonisti sottolineandone l’emarginazione. La scenografia condominiale e degli interni risulta
ricostruita all'insegna di una precisa aderenza ad una dimessa e anonima dimensione popolare.

La scelta del bianconero accentua l’effetto realista, adeguandosi ad un immaginario collettivo che visualizza gli
anni trenta senza colori, così come ci sono stati consegnati dai cinegiornali d'epoca.

Mastroianni e la Loren offrono un’ottima prova recitativa, il primo in particolare si misura con un ruolo
contrastante la sua immagine di sex-symbol mediterraneo, mentre la seconda si cala in un personaggio di
popolana schietta e sofferente per lei non nuovo e che le permette di dare il meglio delle sue possibilità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia  A) Il Fascismo (La legislazione del periodo fascista relativa all’omosessualità). 

            B) La campagna demografica; l’alleanza tedesco-italiana. 

            C) I movimenti politici e le correnti d’opinione degli anni sessanta-settanta (Il Femminismo).

Storia dell’arte   Architettura (L’architettura italiana degli anni venti- trenta).

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Fragola e cioccolato

Fragola e cioccolato
TITOLO ORIGINALE Fresa y chocolate
REGIA Tomàs Gutiérrez Alea, Juan Carlos Tabio
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Senel Paz
SCENEGGIATURA Senel Paz, Tomàs Gutiérrez Alea
FOTOGRAFIA Mario Garcia Joya (colori)
MONTAGGIO Miriam Talavera, Osvaldo Donatién
MUSICA José Maria Vitier
INTERPRETI Jorge Perugorria, Vladimir Cruz
PRODUZIONE Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematogràficos in coll. Con
Imcine/Tabasco Films/Telemadrid/Sgae
DURATA 110'
ORIGINE Cuba/Messico/Spagna, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

Comunismo, Stalinismo, Socialismo reale

Novecento/Cinema e Storia

 
TRAMA
Cuba, anni '70. David è un giovane cubano perfettamente allineato con la linea ufficiale del partito comunista,
ma fondamentalmente ingenuo e poco esperto del mondo. Diego è un omosessuale dai raffinati gusti artistici e
insofferente delle restrizioni che il regime castrista pone alla libertà d'espressione. I due si incontrano e non
sarà facile per David superare tutti i suoi radicati pregiudizi per stringere una sincera e profonda amicizia con
Diego.

TRACCIA TEMATICA
Anche un'ideologia fondata su presupposti di liberazione ed emancipazione dell'uomo da secolari tabù e
condizionamenti può trasformarsi nel suo contrario, rafforzando i pregiudizi e cristallizzandosi in un moralismo
bigotto e intransigente. Questo ci fa riflettere su quanto radicati siano questi pregiudizi nell'animo umano, tanto da
risultare addirittura trasversali a posizioni politiche opposte, se è vero che l'intolleranza verso l'omosessualità
dovrebbe essere patrimonio tradizionale della destra.

Come molti pregiudizi anche quello omofobico è destinato a scomparire qualora al rifiuto e alla diffidenza
precostituita si sostituisca la conoscenza diretta e la frequentazione.

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Fragola e cioccolato

VALUTAZIONE CRITICA
Pregio principale del film è il suo sforzo di sincerità e il rispetto per la complessità dell'argomento
affrontato: non ci sono banalizzazioni e facili patetismi, ma una costante ricerca di introspezione e pacatezza nel
tentativo di capire le ragioni di tutti. Partendo dal rifiuto di ogni facile effettismo e di un'altrettanta facile
sentenziosità, Fragola e Cioccolato si mantiene su un tono di grande equilibrio garantendo ai personaggi e ai
loro dialoghi spessore psicologico e credibilità realistica.

  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     

A. La rivoluzione cubana e i problemi e le prospettive attuali dello Stato cubano.

B. Le dottrine politiche contemporanee di fronte al tema dell'omosessualità.

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Maurice

Maurice
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA James Ivory
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di E.M.Forster
SCENEGGIATURA Kit Hesketh-Harvey, James Ivory
FOTOGRAFIA Pierre Lhomme (colori)
MONTAGGIO Katherine Wenning
MUSICA Richard Robbins
INTERPRETI James Wilby, Hugh Grant
PRODUZIONE Ismail Merchant per Merchant/Ivory Production
DURATA 140'
ORIGINE Gran Bretagna, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Maurice conosce a Cambridge Clive e tra i due nasce una relazione tanto platonica quanto appassionata. Il
primo precipita in una profonda depressione quando il secondo, non riuscendo a superare senso di colpa e
frustrazione, decide di sposarsi. L'incontro con un guardiacaccia indurrà Maurice ad accettare pienamente la
propria identità omosessuale.

TRACCIA TEMATICA
Sullo sfondo della repressione sessuale nell'Inghilterra edoardiana (l'omosessualità, oltre che un vizio immondo
e degradante, era considerato un crimine severamente punito) due omosessuali giungono a dare opposti esiti alla
propria diversità. Uno dopo aver tentato invano di trovare un rimedio alla sua malattia, finisce per accettarla
pienamente, l'altro la rimuove nascondendo la propria natura dietro la rispettabile e rassicurante facciata di un
matrimonio di convenienza. Al primo spetterà una vita difficile ma felice, al secondo una vita facile ma infelice.

VALUTAZIONE CRITICA
Già nel prologo iniziale Maurice offre una chiave interpretativa: il disegno dell'apparato riproduttivo femminile,
tracciato con didascalico fervore dal reverendo che accompagna il protagonista ancora bambino, viene cancellato
dalle onde del mare: natura e cultura (questa intesa in senso lato, quindi anche come bagaglio di convenzioni e
valori etici) si contrappongono da subito.

Attraverso una scrupolosa e precisa ricostruzione ambientale (che ha provocato ad Ivory l'ingiusta accusa di

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Maurice

calligrafismo) il film sottolinea l'esasperato formalismo della società britannica d'inizio secolo. Gli interni,
accuratamente arredati, simboleggiano la repressiva negazione degli istinti, gli esterni notturni e boschivi
richiamano la liberatoria affermazione della propria natura (e non è un caso che l'appassionato amante di
Maurice diventi l'incolto stalliere dell'amico, a esprimere il contrasto tra istintività e cultura). Significativa di questa
simbolica gestione degli spazi risulta l'ultima sequenza, con Maurice che saluta dall'esterno l'amico che,
imprigionato nella sua lussuosa abitazione, chiude definitivamente le finestre al suo desiderio represso.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto    La legislazione contro l'omosessualità nell'Europa del Novecento.

Lingua straniera: inglese   A) Confronto tra il romanzo omonimo di Forster e il film.   B) L'elitarismo classista nel
sistema scolastico britannico oggi e all'inizio del secolo.

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Scelta

La scelta
TITOLO ORIGINALE Another Country
REGIA Marek Kaniewska
SOGGETTO Dalla novella originale di Julian Mitchell
SCENEGGIATURA Julian Mitchell
FOTOGRAFIA Peter Biziou (colori)
MUSICA Michael Storey
INTERPRETI Rupert Everett, Colin Firth
PRODUZIONE Goldcrest in association with The National Film Finance Corporation
DURATA 90'
ORIGINE Gran Bretagna, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/La condizione adolescenziale e giovanile/Uomo e Società

TRAMA
Gran Bretagna, anni trenta, una prestigiosa università per i rampolli dell'aristocrazia inglese. Guy Burgess è un
allievo omosessuale che non nasconde né le sue propensioni sessuali, né l'aspirazione di conquistare un posto di
comando nella gerarchia studentesca. Donald Maclean, comunista e anticonformista, è l'unico studente del
college amico di Guy. Burgess, umiliato dai compagni e frustrato nelle sue ambizioni di affermazione sociale,
finisce i suoi giorni in Unione Sovietica come spia del KGB; Maclean muore qualche tempo dopo i fatti
raccontati combattendo in Spagna contro i Franchisti.

TRACCIA TEMATICA
Il film cerca di dare risposte al perché della scelta di Guy, radicale e assolutamente inaspettata per un membro
dell'aristocrazia inglese degli anni trenta, di diventare una spia dei Sovietici, cioè di coloro che all'epoca erano i
principali avversari di quel sistema sociale che garantiva al suo giovane rampollo ricchezza e privilegi. Ne propone
essenzialmente due: la prima si collega alla crescente insofferenza di Guy per un ambiente ipocrita e
omofobico che, se gli concede vantaggi, poi gli nega, in quanto omosessuale, le stesse possibilità dei suoi coetanei;
la seconda va ricercata nell'ammirazione che prova nei confronti di Donald, che in quanto marxista da una
parte subisce un'emarginazione analoga alla sua e dall'altra condanna con lucida razionalità quello stesso mondo
che anche Guy disprezza.

VALUTAZIONE CRITICA
Già nei titoli di testa il film con un montaggio alternato confronta due mondi opposti, il punto di partenza e il
punto d'arrivo di Guy: da una parte l'ameno e accogliente paesaggio del college, dall'altra le severe linee di un

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Scelta

palazzone sovietico e il sobrio arredamento dell'interno. Subito dopo una severa cerimonia militaresca e il suicidio
di un giovane omosessuale scoperto da un superiore durante un rapporto con un compagno ci introducono
immediatamente nel clima di soffocante conservatorismo e repressione che domina nel college, smentendo la
rassicurante sensazione di tranquilla serenità da oasi felice delle immagini iniziali.

Girato nel momento culminante della cosiddetta Rinascita del Cinema inglese della prima metà degli anni ottanta,
La scelta sembra confermarne i pregi: la dissacrazione delle più vetuste istituzioni britanniche; e i difetti: un
eccesso di manierismo nel rappresentare comportamenti e luoghi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) Il grande spionaggio internazionale nel ventesimo secolo. B) La guerra di Spagna.

Filosofia   Il marxismo.

Lingua inglese     L'elitarismo classista nel sistema scolastico britannico oggi e negli anni trenta.

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Stonewall

Stonewall
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Nigel Finch
SOGGETTO Dal libro omonimo di Martin Duberman
SCENEGGIATURA Rikki Beadle-Blair
FOTOGRAFIA Christopher Seager (colori)
MONTAGGIO John Richards
MUSICA Michael Kamen, Randall Poster
INTERPRETI Guillermo Diaz, Frederick Weler
PRODUZIONE Christine Vachon, Ruth Caleb e Matthew Hamilton per il BBC Films Television
Centre
DURATA 98'
ORIGINE Gran Bretagna, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta/V.M. 18 anni
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
New York, 1969. Matty Dean è un giovane omosessuale di buona famiglia che arriva nella metropoli dalla
provincia deciso a vivere sino in fondo la propria omosessualità. S'imbatte in LaMiranda, un transessuale che si
esibisce allo Stonewall, un locale notturno per gay spesso oggetto di irruzioni della polizia, e con lei/lui inizia
una relazione sentimentale. Contemporaneamente frequenta un gruppo di omosessuali che lotta per i diritti
civili in un periodo in cui l'omosessualità è ancora illegale. Alla fine le forze dell'ordine compiono l'ennesima
irruzione allo Stonewall e gay e travestiti oppongono una strenua resistenza.

TRACCIA TEMATICA
Il film è ambientato alla fine degli anni sessanta, durante l'esplosione nel mondo occidentale della grande
contestazione: l'omosessualità negli Stati Uniti era ancora soggetta a forti restrizioni e discriminazioni e la
lotta dei gay solo all'inizio.

Stonewall ci mostra due diverse modi di vivere questa condizione: da una parte la disinibita e provocatoria
trasgressività dei travestiti del locale notturno, forse privi di consapevolezza politica, ma assolutamente decisi ad
affermare senza ritrosie e ipocrisie la propria identità alla faccia del perbenismo dominante; dall'altra il
moderatismo pieno di prudenza di chi ha deciso di lottare per i propri diritti affermando la propria uguaglianza con
i cittadini normali. Orgoglio della diversità (e quindi rifiuto di un intervento chirurgico che l'annullerebbe) e
disagio per la medesima (e quindi si manifesta in cravatta per apparire come tutti gli altri) e in mezzo il
protagonista incerto tra le due opzioni.

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Stonewall

VALUTAZIONE CRITICA
Il regista Nigel Finch è morto di aids poco tempo dopo la fine delle riprese.

Anche se ormai l'omosessualità al Cinema non è più un argomento tabù, almeno se la consideriamo come tema
centrale del film (per anni gli schermi sono stati popolati da omosessuali macchiette con pronuncia effeminata e
mano pendula, figure di contorno giusto per suscitare la risata del pubblico), non c'è dubbio che Stonewall si
distingua per originalità e ricchezza d'approfondimento.

Viene meno innanzitutto quello schematismo rovesciato che ribalta i parametri di valore dominanti (gli
omosessuali non sono pericolosi pervertiti da emarginare e condannare, anzi sono migliori e più simpatici degli
altri), forse doveroso dopo anni di discriminazioni , ma ormai un po' scontato e troppo consolatorio, per far
posto a un universo gay contraddittorio e frastagliato, estremamente differenziato e lontano dai logori cliché ,
positivi o negativi che siano, cui eravamo abituati.

Il film di Finch esplora, con crudezza di sguardo e ironico affetto insieme, un tema complesso e difficile,
alternando registri diversi, dalla commedia al mélo (pensiamo alla divertente odissea degli omosessuali organizzati
alla ricerca di un bar che li discrimini e di contro alla scioccante scena del suicidio di Vito), dal documentario al
musical (pensiamo ai titoli di testa, alla digressione sulla morte di Judy Garland e agli intermezzi canori allo
Stonewall), assumendo così nel suo stesso corpo cinematografico quella discontinuità di umori e situazioni
che è propria del vissuto quotidiano.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La lotta degli omosessuali per i diritti civili.

Diritto    Esistono ancora forme di discriminazione verso gli omosessuali nelle legislazioni moderne?

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Che mi dici di Willy

Che mi dici di Willy?

TITOLO ORIGINALE Longtime Companion


REGIA Norman René
SOGGETTO E Graig Lucas
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Tony Jannelli (colori)
MUSICA Greg DeBelles
MONTAGGIO Katherine Wenning
INTERPRETI Stephen Caffrey, Patrick Cassidy, Brian Cousins, Bruce Davison
PRODUZIONE Lydia Dean Pilcher per Companion Productions, Inc.
DURATA 96'
ORIGINE USA, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Primi anni ottanta: proprio poco tempo dopo che Willy e Fuzzy si sono messi insieme il New York Times
pubblica un articolo che parla di una nuova tremenda malattia che sta mietendo vittime specie tra gli
omosessuali, l'aids. Un anno dopo il migliore amico di Willy, John, si ammala e muore. Fine anni ottanta: tanti
scrittori, attori, professionisti omosessuali sono morti di aids, si tratta ormai di una vera e propria epidemia. Al
sopravvissuto Willy non resta che vedere scomparire quasi tutti i suoi amici e aspettare con ansia e
rassegnazione il suo momento.

 TRACCIA TEMATICA

L'aids è una tragedia che si abbatte su un'intera generazione di omosessuali, proprio negli anni in cui essi
cominciano a far valere i propri diritti, affermando senza complessi e vergogne la loro identità. L'ambiente
considerato è quello colto e relativamente agiato di una media borghesia intellettuale che più di altri soggetti ha
avuto a disposizione gli strumenti e la consapevolezza per uscire dalla clandestinità.

Il film è incentrato sulla terribile progressione della malattia che inesorabilmente colpisce quasi tutti i
protagonisti, insinuando nella comunità gay una specie di rassegnata e dolorosa psicosi da attesa dell'ineluttabile.

Che mi dici di Willy? è schierato dalla parte degli omosessuali di cui condivide il dramma con commossa
partecipazione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm025.htm[12/07/2017 19:06:09]
Che mi dici di Willy

VALUTAZIONE CRITICA
Film non eccezionale, Che mi dici di Willy? ha certamente il merito di parlare della tragedia dell'aids e della
condizione degli omosessuali senza morbosità o pietistica commiserazione, o peggio con sottintesi di
condanna (del tipo se la sono voluta peggio per loro!), ma con sincera adesione e solidarietà nei confronti del
loro doloroso destino.

Il regista René, forse consapevole del pericolo di uniformità narrativa che incombe sulla storia (dopo la fase
iniziale tutto diventa tremendamente prevedibile), cerca di vivacizzare la pellicola inserendo qualche momento
sorridente che spezza la plumbea atmosfera dominante e inventandosi un fantasioso finale strappalacrime,
forse un po' fuori luogo in un film sino a quel momento condotto su un piano di un' anonima e un po' incolore, ma
dignitosa e efficace, aderenza alla realtà.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze   L'aids: origini e caratteristiche di una patologia.

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Wilde

Wilde
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Brian Gilbert
SOGGETTO Da un libro di Richard Elman
SCENEGGIATURA Julian Mitchell
FOTOGRAFIA Martin Fuhrer (colori)
MONTAGGIO Michael Bradsell
MUSICA Debbie Wiseman
INTERPRETI Stephen Fry, Vanessa Redgrave
PRODUZIONE Marc e Peter Samuelson per Samuelson Entertainment Ltd/NDF International Ltd.
DURATA 116'
ORIGINE Gran Bretagna/USA/Giappone/Germania, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
S i tratta della biografia dello scrittore Oscar Wilde ispirata al lavoro di Richard Ellman. Si racconta della sua
genialità ed eccentricità, del suo ruolo di marito affettuoso e di padre premuroso, ma soprattutto delle sue
passioni omosessuali che lo trascinano in tribunale ed alla condanna ai lavori forzati.

TRACCIA TEMATICA
Wilde appare come un tipico rappresentante del Decadentismo europeo di fine '800, di cui propone il mito
del genio maledetto, cioè dell'artista che coniuga sino alle estreme conseguenze la propria creatività con uno
stile di vita assolutamente sciolto da ogni condizionamento morale.

L'omosessualità, cui Wilde aderisce senza pentimenti e sensi di colpa, diventa così il simbolo di un' affermazione
di radicale inconciliabilità con una società ipocrita e omofobica, il cui culto per le formalità e le apparenze lo
scrittore aveva messo in ridicolo con le sue opere.

VALUTAZIONE CRITICA
Risulta difficile non riferire un film come Wilde al calligrafismo di scuola britannica, cioè di una pratica
cinematografica pignola e scrupolosa nella ricostruzione ambientale e nella perfezione formale (l'Inghilterra
vittoriana riprodotta con impeccabile fedeltà di costumi e arredamenti e incorniciata in belle e studiate
inquadrature), ma destinata ad ingessare in una frigida confezione anche gli argomenti più scabrosi e
dirompenti.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm152.htm[12/07/2017 19:06:09]
Wilde

Gilbert stenta ad uscire da un' impostazione di regia puramente espositiva, priva di sussulti e originalità, che
disperde il film nell'aneddoto e nella citazione senza tentare di offrire una sua chiave di interpretazione del
fenomeno Wilde o anche solo di far vibrare nello spettatore qualche corda emotiva che gli eviti la noia incombente.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano     Il Decadentismo in Italia e in Europa.

Lingua straniera: Inglese   Oscar Wilde: la vita e le opere.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm152.htm[12/07/2017 19:06:09]
Amore & morte a Long Island

Amore & morte a Long Island


TITOLO ORIGINALE Love and Death on Long Island
REGIA Richard Kwietniowski
SOGGETTO Dal romanzo di Gilbert Adair
SCENEGGIATURA Richard Kwietniowski
FOTOGRAFIA Oliver Curtis (colori)
MUSICA The Insect,. Richard Grassby-Lewis
MONTAGGIO Susan Shipton
INTERPRETI John Hurt, Jason Priestley, Fiona Loewi
PRODUZIONE Christopher Zimmer, Steve Clark-Hall per Skyline Films/Imagex
DURATA 93'
ORIGINE Gran Bretagna/Canadà, 1997
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Giles De' Ath è un anziano scrittore inglese che vive un po' fuori del mondo. Un giorno vede per sbaglio in un
cinema il film per adolescenti Hotpants College II con il giovane attore Ronnie Bostock. Giles se ne innamora a
prima vista e da quel momento non ha più pace finchè non riesce, recandosi a Long Island negli USA, a fare la
conoscenza di Ronnie.

TRACCIA TEMATICA
Più che un film sull'omosessualità (che l'attempato professor Morte scopre in se stesso sottoforma di una
travolgente rivelazione dopo una vita che si presume moralmente irreprensibile) Amore & morte a Long Island
risulta incentrato sull'incontro-scontro tra due diversità apparentemente inconciliabili: da una parte il
misurato stile di vita di Giles e la sua solida cultura umanistica, dall'altra la spontanea vitalità di un incolto divetto
di B-movies che si circonda dei simboli più appariscenti del consumismo.

Per avvicinare la sua fiamma, Giles deve scendere a compromessi con una modernità che sino a quel momento
è rimasta al di fuori della sua esistenza (significativa di questa sintesi fra tradizionalismo e nuove tecnologie la
lunga lettera-confessione che lo scrittore invia a Ronnie via fax), mentre l'attore da parte sua è attratto dall'idea
di fare un salto qualitativo nella sua carriera (è stanco di girare filmetti per teen-agers della cui grossolanità è
sempre più consapevole).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm009.htm[12/07/2017 19:06:10]
Amore & morte a Long Island

Al termine del loro incontro nessuno dei due ha risolto i propri problemi, ma entrambi hanno dovuto fare i conti
con una parte di se stessi che prima ignoravano o rimuovevano.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film offre il meglio nella delineazione della personalità del protagonista (di rilievo l'interpretazione di John
Hurt), che ci è svelata con rapidi tratti rivelatori attraverso un montaggio di efficace sintetismo (il colpo di fulmine
nella sala cinematografica, la raccolta delle foto di Ronnie, il suo impacciato accostarsi al videoregistratore).

Più in generale va riconosciuta alla regia di Kwietniowski il merito di non tentare in alcun modo di sfruttare in
chiave sentimentalistica o melodrammatica una materia narrativa che poteva prestarsi a questo registro, mantenendo
sempre, invece, un tono discreto e misurato (in sintonia con il compassato fair-play britannico di Giles) e
impreziosito da gustosi tocchi di ironia (pensiamo al titolo falsamente tragico-romantico del film, che gioca
sull'omofonia Death-De'Ath o alla improbabile sequenza di un Ronnie Bostock attore impegnato che recita
Withman).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Letteratura anglo-americana   La poesia di W. Withman e la figura di E. M. Forster.

Geografia   Long Island.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm009.htm[12/07/2017 19:06:10]
Fire

Fire
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Deepa Mehta
SOGGETTO E Deepa Metha
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Giles Nuttgens (colori)
MUSICA A. R. Rahman
MONTAGGIO Barry Farell
INTERPRETI Shabana Azmi, Nandita Das
PRODUZIONE Bobby Bedi, Deepa Metha per Trial by Fire Films
DURATA 104'
ORIGINE Canada, 1996
REPERIBILITA' Homevidoe/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Nuova Dehli, India. La giovane Sita e la cognata Rahda sono mogli infelici: la prima è stata sposata senza
amore da Jatin, che ha un'amante ufficiale, e la seconda, sterile, subisce da quindici anni il voto di castità del
marito Ashok, che cerca in un esasperato misticismo una compensazione per la mancanza di figli. Vivono tutti
sotto lo stesso tetto e gestiscono un videonoleggio con annesso fast-food. Tra Sita e la cognata, entrambe
trascurate e umiliate dai rispettivi mariti, nasce una profondo legame che con il tempo si trasforma in amore.

TRACCIA TEMATICA
Al centro del film è posto il contrasto fra una morale superiore, che affonda le radici in una secolare tradizione
culturale e religiosa, incentrata sulla contrapposizione del dovere al piacere e sul relegamento della donna ad un
puro ruolo riproduttivo e di subalternità al marito, e la pulsione verso la realizzazione dei propri desideri. Lo
stesso libertinaggio di Jatin (ha un'amante, smercia cassette porno, non segue i precetti religiosi), che potrebbe
sembrare più moderno rispetto al tradizionalismo del fratello, condanna la moglie ad un'umiliante emarginazione.
Becero maschilismo (Jatin) e fanatico ascetismo (Ashok) convergono, insomma, nel determinare infelicità e
insoddisfazione nelle due donne.

Prima ancora che un'attrazione sessuale, tra Sita e Radha si crea un canale di comunicazione cementato dalla
reciproca solidarietà: entrambe acquistano consapevolezza che la loro oppressione può trovare una fuoriuscita
solo nel rifiuto del modello familiare e mentale nel quale sono inserite.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm045.htm[12/07/2017 19:06:10]
Fire

Il fuoco che nel finale sembra avvolgere Radha e dal quale si libera per raggiungere l'amata, ribalta il significato
dell'antica leggenda sacra, simboleggiando il raggiungimento da parte della donna di una purificazione che passa
attraverso l'affermazione dei desideri più autentici e non attraverso la repressione di essi.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film si organizza attorno alla necessità di veicolare con il massimo di chiarezza ed efficacia il messaggio
femminista di cui si fa portatore. L'urgenza di denunciare la cultura maschilista che domina nella società indiana
impone alla regista (donna e indiana) di rinunciare alle sfumature costringendo i personaggi entro precisi ruoli
simbolici (i maschi oppressori e le donne vittime) che ne attenuano lo spessore psicologico e umano. Per dirla in
altre parole: la necessità di dimostrare una tesi (didascalismo) prevale su quella di mostrare una situazione in
tutta la sua problematica complessità.

Fire non è però un film privo di discrete soluzioni espressive: gli angusti interni dell'abitazione trasmettono un
forte senso di soffocante claustrofobia, cui si contrappone il suggestivo plein-air nel campo di fiori del flashback
di Radha, la colorata e ironica visualizzazione della leggenda del digiuno esalta la fantasia creatrice delle due
donne in contrasto con la goffa rappresentazione sacra della parabola del fuoco interpretata da soli maschi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia   L'India

Religione     L'Induismo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm045.htm[12/07/2017 19:06:10]
Go Fish

Go Fish
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Rose Troche
SOGGETTO E Rose Troche, Guinevere Turner
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ann T. Rossetti (bianconero)
MONTAGGIO Rose Troche
MUSICA Brendan Dolan, Jennifer Sharpe, Scott Aldrich
INTERPRETI V.S. Brodie, Guinevere Turner, T. Wendy Mc Millan, Migdalia Melendez,
Anastasia Sharp
PRODUZIONE Rose Troche, Guinevere Turner per Can I Wacth Pictures, in coproduzione con
Kalin-Vachon Productions
DURATA 85'
ORIGINE USA, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Il film segue la vita di cinque donne lesbiche: amori, dubbi, incertezze, timidezze, timori, slanci, ritrosie,
speranze, ambizioni, riflessioni e quanto altro va a riempire giorno per giorno l'esistenza di ragazze che vivono
intensamente la loro gioventù.

TRACCIA TEMATICA
Go Fish non è un film sull'omosessualità, ma un film che ha come protagoniste delle ragazze omosessuali. La
differenza è importante, nel senso che non troviamo il tema della difficoltà a vedere accettata dalla società
l'anomalia omosessuale con relativa denuncia della repressione omofobica (tipico di gran parte delle pellicole
sull'argomento), l'omosessualità, invece, è presentata e vissuta come una condizione di assoluta e scontata
normalità, semmai è l'eterosessualità ad essere considerata come una grave colpa (pensiamo all'ironicamente
paradossale sequenza del processo a Daria, colpevole di essere andata con un uomo).

Non solo, sembra dirci il film, essere lesbiche non significa essere diverse, ma i comportamenti, i problemi
sentimentali e le aspirazioni di queste giovani donne sono in tutto analoghi alle loro coetanee normali, anzi
per intelligenza, cultura, arguzia e sensibilità, costituiscono una specie di piccola élite felice e orgogliosa della
propria identità.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm050bis.htm[12/07/2017 19:06:11]
Go Fish

VALUTAZIONE CRITICA
Se si prescinde dalla dimensione scandalosa di Go Fish, il film trova il proprio naturale inserimento nel genere
della commedia giovanile statunitense anni ottanta-novanta di produzione indipendente, di cui propone
alcune caratteristiche al limite del manierismo: dialogato fittissimo e brillante, intrecciarsi e sovrapporsi di itinerari
amoroso-sentimentali, leggerezza di toni, aggiungendo di suo stilemi che ne sottolineano la natura povera e
amatoriale: bianconero sporco e sgranato, macchina a mano a ridosso degli attori, senza rinunciare a soluzioni da
Cinema sperimentale e d'avanguardia come un montaggio frammentato e nervoso con inserti enigmatici che fanno
riferimento ad altri mondi e realtà, interrompendo la continuità narrativa del film.

Nato come film di nicchia (riservato cioè ad una ristretta cerchia di spettatori) e realizzato in estrema economia, Go
Fish è stato uno dei maggiori successi di critica e di pubblico (negli USA ha incassato oltre 2 milioni di dollari)
della stagione cinematografica 1993-94.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua straniera: inglese    Le comunità omosessuali negli USA.

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Occhiali d'oro, Gli

Gli occhiali d'oro


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giuliano Montaldo
SOGGETTO Dal racconto omonimo di Giorgio Bassani
SCENEGGIATURA Nicola Badalucco, Antonella Grassi, Giuliano Montaldo
FOTOGRAFIA Armando Nannuzzi (colori)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Alfredo Muschietti
INTERPRETI Philippe Noiret, Rupert Everett, Valeria Golino
PRODUZIONE Leo Pescarolo per L.P. Film
DURATA 110'
ORIGINE Italia, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

La difesa della razza

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Ferrara, 1938. Davide Lattes è un giovane universitario ebreo della buona borghesia, il dottor Fadigati è il
dentista più stimato e prestigioso della città. Quest'ultimo è omosessuale, ma è sempre riuscito a tenere nascosta
questa sua diversità. Quando, però, incontra Eraldo, un giovane spregiudicato, perde la testa per lui e scopre
senza più ritrosie la sua vera natura, suscitando scandalo nella Ferrara-bene. Intanto il governo fascista emana
la legislazione antisemita e anche per Davide inizia un periodo difficile, segnato dall'espulsione dall'università e
dalla perdita della fidanzata. Davide e Fadigati, entrambi condannati ad una condizione di umiliante
emarginazione, iniziano a frequentarsi e tra loro nasce un sincero rapporto d'amicizia.

TRACCIA TEMATICA
Il legame che s'instaura tra Davide e Fadigati poggia sulla condivisione di una medesima condizione di
emarginazione e persecuzione, da cui scaturisce un sentimento di reciproca solidarietà e di sincera amicizia.

Omofobia perbenista e razzismo antisemita appaiono come facce diverse di una stessa grettezza morale e
culturale, insofferente nei confronti di tutto ciò che non si uniforma al proprio modello di normalità e che ha
storicamente trovato nel fascismo il proprio corrispettivo politico.

Gli omosessuali condivideranno nei lager nazisti lo stesso destino di sterminio del popolo ebraico e degli zingari.
Diversità sessuale, religiosa ed etnica restano, purtroppo, ancor oggi i principali pretesti dello scatenarsi
dell'intolleranza nel mondo.

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Occhiali d'oro, Gli

VALUTAZIONE CRITICA
Ispirato all'omonimo romanzo di Bassani, in realtà il film di Montaldo introduce nella sceneggiatura reminiscenze
provenienti da altri romanzi e novelle dello scrittore ferrarese nel tentativo di dare maggior spessore al personaggio
di Davide (la sua storia d'amore, le vicissitudini create dalla persecuzione), che nel testo letterario assume il ruolo
di semplice narratore.

Il giudizio negativo sulla pellicola non nasce, tuttavia, dalla non fedeltà al soggetto di partenza (è giusto
rivendicare per il film una piena autonomia dal modello letterario), ma dalla mancanza di un minimo di rigore
necessario ad approfondire i sofferti itinerari esistenziali dei due protagonisti. Montaldo sembra, invece,
perseguire la strada del prodotto di facile consumo e di destinazione televisiva, con conseguente abbassamento di
tutti i parametri stilistici ed espressivi per rendere il film appetibile ad un pubblico medio. La narrazione si
disperde così in più direzioni che finiscono per rubare spazio al tema centrale (pensiamo alla stucchevole
storia d'amore di Davide con Nora), scivola nel macchiettismo (la pettegola signora Lavezzoni), nel manierismo
delle scenografie e dei costumi (più ispirate alle riviste di arredamento e di moda d'epoca che alla realtà degli anni
trenta), in situazioni drammatiche che risultano goffe (le manifestazioni antisemite all'università). Si direbbe,
insomma, che Gli occhiali d'oro appartenga a quella categoria di film che per voler piacere a tutti finiscono per non
piacere a nessuno.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) L'antisemitismo nella storia europea.

               B) La legislazione antisemita del 1938 in Italia.

               C) la persecuzione degli omosessuali nel Terzo Reich.

Italiano     Confronto tra il racconto di Bassani e il film.

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Demoni e dei

Demoni e dei
TITOLO ORIGINALE Gods and Monsters
REGIA Bill Condon
SOGGETTO Dal romanzo Father of Frankenstein di Christopher Bram
SCENEGGIATURA Bill Condon
FOTOGRAFIA Stephen M. Katz (colori)
MUSICA Cartel Burwell
INTERPRETI Ian McKellen, Brendan Fraser
PRODUZIONE Paul Colichman, Gregg Fienberg, Mark R. Harris per Regent Entertainment
DURATA 105'
ORIGINE USA/Gran Bretagna, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Hollywood, 1957. James Whale, famoso regista di film horror degli anni trenta, vive in una villa con parco e
piscina, lontano da anni dal set cinematografico e in precarie condizioni di salute. Omosessuale dichiarato, è
stato dimenticato ed emarginato dal mondo del cinema. L'ex-regista, dilettandosi di pittura, convince lo
scultoreo giardiniere Clay a posare per lui. Dopo una serie di incomprensioni e diffidenze da parte di Clay, tra i
due nasce una singolare amicizia che trasforma il giardiniere nel destinatario delle confidenze e dei ricordi di
Whale. Quest'ultimo, però, sempre più oppresso dai tremendi fantasmi del passato e dalle sue precarie
condizioni fisiche, desidera ormai porre fine alla propria vita.

TRACCIA TEMATICA
James Whale (1889-1957) ha legato il suo nome alla regia del ciclo tratto dal personaggio ideato da Mary Shelley
(Frankenstein, 1931, e La moglie di Frankenstein, 1935), due classici del genere horror degli anni trenta che
hanno consacrato nell'immaginario del Novecento l'immagine del mostro di Frankenstein, disegnato dal regista
stesso. Per la sua proclamata omosessualità fu costretto a rinunciare all'attività, finendo per autoesiliarsi in una
lussuosa villa di Hollywood.

Whale, a causa di un'emorragia cerebrale, soffre di allucinazioni visive legate ai tremendi ricordi della sua
esperienza di soldato nelle trincee della prima guerra mondiale. Il vero orrore del ventesimo secolo non è stato
quello cinematografico, ma quello vissuto da milioni di uomini al fronte. Il genere horror è interpretato dal film
come la proiezione in chiave fantastica dell'agghiacciante trauma provocato dalla tragedia bellica (è

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Demoni e dei

significativo che Whale, appena arrivato a Hollywood dall'Inghilterra nel 1930, abbia girato un film bellico
Journey's End).

Il regista, incapace di liberarsi dai fantasmi del passato che gli invadono la mente, s'identifica con l'amico morto
in guerra e la sua immagine sospesa nella piscina sembra riecheggiare proprio quella del commilitone
rimasto appeso al filo spinato.

Il giardiniere Clay, ingenuo e incolto, supera l'istintiva diffidenza che l'omosessualità di Whale gli suscita,
pervenendo ad un sincero affetto per l'anziano artista che lo affascina con la sua raffinata cultura. Alla fine
Clay ci viene proposto come la duplicazione del mostro di Frankenstein, come lui mite e inoffensivo gigante alle
prese con l'insensibilità del mondo.

VALUTAZIONE CRITICA
Condon costruisce il suo film sul felice intrecciarsi di due piani: il rapporto fra Whale e Clay, affidato ad una
sceneggiatura ben calibrata ed una grande prova di recitazione dei due attori, e la dimensione visionaria-
allucinatoria che trova i suoi momenti migliori nella riemersione dei ricordi di guerra, a cominciare dalla
commovente panoramica dall'alto della trincea nella quale lo straziato regista, prima del suicidio, immagina di
adagiarsi per un sonno definitivo in compagnia dei fantasmi del passato, e nell'analogia tra il cielo plumbeo che fa
da sfondo agli scenari del fronte come alle passeggiate notturne del mostro di Frankenstein, a suggerire il legame
tra le suggestioni visive dell'horror e le persistenti reminiscenze dell'incubo bellico.

Demoni e dei è una pellicola che ci parla di temi scabrosi (l'omosessualità) e tragici (la morte) con garbo e
discrezione, senza mai alzare i toni e ricorrere a facili effetti e senza rinunciare all'ironia (pensiamo alla
trovata finale di Clay che sotto la pioggia imita il mostro di Frankenstein), mostrando soprattutto rispetto per il
dramma di solitudine e sofferenza dell'anziano regista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia del cinema     Il regista James Whale.

Storia     La prima guerra mondiale.

Lingua straniera: inglese     Frankenstein di Mary Shelley.

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Women

Women
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA 1961: Jane Anderson

1972: Martha Coolidge

2000: Anne Heche


SOGGETTO E 1961: Jane Anderson
SCENEGGIATURA
1972: Sylvia Sichel & Alex Sichel

2000: Anne Heche


FOTOGRAFIA 1961: Paul Elliott (colori)

1972: Robbie Greenberg (colori)

2000: Peter Dening (colori)


MUSICA Basil Poledouris
INTERPRETI 1961: Vanessa Redgrave, Marian Seldes

1972: Michelle Williams, Chloe Sevigny

2000: Sharon Stone, Ellen DeGeneres


PRODUZIONE A Team Todd Production per HBO Films
DURATA 92'
ORIGINE USA, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Il film si articola in tre distinti episodi ambientati in anni diversi e accomunati dal fatto di svolgersi nella stessa
abitazione.

1961. Due anziane donne omosessuali vivono da anni nella stessa villetta monofamiliare. Quando una delle due
muore, l'altra si vede portare via la casa dai parenti prossimi della sua ex-convivente, nonostante avesse
anch'ella contribuito all'acquisto dell'immobile.

1972. Un gruppo di lesbiche politicizzate vive con rabbiosa amarezza la propria esclusione dal collettivo
femminista dell'università. Allo stesso modo, quando al suo interno una componente si innamora di una ragazza
che si veste da uomo, cosa questa ritenuta inaccettabile secondo i canoni di una corretta ortodossia lesbica,
subisce una medesima emarginazione.

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Women

2000. Due giovani lesbiche riescono a coronare il sogno di avere un figlio tramite l'inseminazione artificiale.

TRACCIA TEMATICA
Ognuno dei tre episodi inserisce la condizione lesbica in un preciso contesto storico (gli stessi titoli di testa
propongono immagine reali di epoche diverse), che orienta la singola vicenda in base a problematiche
strettamente dipendenti dallo sfondo considerato.

Nel 1961 l'impossibilità di dare veste giuridica alle unioni omosessuali (di renderle, cioè, legalmente simili ad un
legame di tipo coniugale, con conseguenti diritti-doveri) poteva creare palesi ingiustizie (problema questo, per
altro, ancora di attualità in Italia ed in altri paesi).

Nel 1972 l'esplosione della contestazione studentesca e di una conseguente critica al conformismo bigotto ed
ipocrita della morale borghese sembra non mettere in crisi il pregiudizio omofobico. A dimostrazione di quanto sia
difficile superare un atteggiamento di ostilità preconcetta verso la diversità, anche le lesbiche, che vivono la
discriminazione sulla propria pelle, non trovano di meglio che comportarsi allo stesso modo delle femministe tanto
(e giustamente) criticate.

Nel 2000, infine, i tempi sono cambiati (almeno negli USA) e per una coppia omosessuale diventa addirittura
possibile avere un figlio.

VALUTAZIONE CRITICA
Dei tre episodi quello di gran lunga migliore è il primo e non solo per l'intensa recitazione della Redgrave, ma
per la sensazione di autenticità che caratterizza la vicenda e il tono misurato con cui viene raccontata. Di rilievo
l'inizio con il riferimento al film Quelle due (W. Wyler, 1961), un classico sull'argomento, che mise a suo tempo in
evidenza l'atteggiamento di insensato pregiudizio di cui può essere fatto oggetto il rapporto omosessuale (vero o
presunto) e l'ultima immagine che indugia malinconicamente sulle stanze vuote della casa che è stata testimone
della tenera e delicata unione tra le due donne.

Più didascalica, nel suo programmatico schematismo, la seconda storia, che stenta a dare il necessario spessore
umano e psicologico ai suoi personaggi, rigidamente ingessati nei tipi che devono rappresentare.

Assolutamente modesto l'ultimo episodio, che diventa un puro pretesto per permettere a una diva come la Stone
ed a un personaggio come la DeGeneres (che ha reso da tempo nota la propria omosessualità) di gigioneggiare
dall'inizio alla fine tirando per le lunghe una storia priva di costrutto.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto         A)Le rivendicazioni del movimento omosessuale in materia di riconoscimento giuridico delle unioni di
fatto.

B) La legislazione italiana in materia di fecondazione artificiale.

Scienze        La fecondazione artificiale.

Storia          Il movimento femminista e omosessuale negli anni Settanta.

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Le fate ignoranti

Le fate ignoranti
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ferzan Ozpetek
SOGGETTO E Ferzan Ozpetek, Gianni Romoli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Pasquale Mari (colori)
MUSICA Andrea Guerra
MONTAGGIO Patrizio Maroni
INTERPRETI Margherita Buy, Stafano Accorsi, Gabriel Garko, Erika Blanc
PRODUZIONE Tilde Corsi, Gianni Romoli, per R&C Produzioni/Les Films Balenciaga
DURATA 106’
ORIGINE Italia-Francia, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Individuo e Società

TRAMA
Massimo e Antonia sembrano una coppia felice. Quando Massimo muore in un incidente stradale, Antonia
scopre che il marito intratteneva da anni una relazione sentimentale con Michele. Questi vive in una specie di
comune gay, con la quale Antonia entra in contatto diventandone parte.

TRACCIA TEMATICA
Antonia scopre, e noi con lei, una dimensione esistenziale e morale che le era totalmente estranea: quella di
una specie di comunità allargata omosessuale. In un primo momento il suo orizzonte mentale perbenista di
borghese agiata ne risulta turbato e fatica ad accettare lo stile di vita con cui è entrata in contatto, ma con il tempo
finisce per esserne coinvolta apprezzandone lo spessore umano e la simpatica trasgressività.

Un microcosmo unito da uno spirito di fraterna solidarietà, in grado di proteggere i propri membri dalle insidie
del mondo esterno, che meno si conosce e si frequenta e meglio è (non a caso Massimo muore travolto da una
macchina). Le fate ignoranti ci consegna così un messaggio chiaro e immediato: i gay sono meglio dei cosiddetti
normali, perché sanno vivere in modo più felice e sereno (la contrapposizione fra la bella, ma asettica e fredda,
dimora di Antonio e Massimo e la colorata e caotica casa di Michele e compagnia è emblematica in questo senso).
I fotogrammi che chiudono il film propongono alcune immagini del Gay-Pride tenutosi a Roma nel 2001:
comunicano tutta la gioia di una condizione omosessuale vissuta con orgoglio e senza complessi e paure.

Più complesso e problematico il rapporto fra Antonia e Michele, denso com’è di implicazioni e complicazioni.
In esso attrazione e rifiuto si mescolano per sfociare in un finale aperto e interlocutorio, che lascia spazio a
possibili sviluppi.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film di Ozpetek propone tre piani narrativi distinti e contigui. Quello iniziale, che potremmo definire come
una specie di giallo, incentrato sul tentativo di Antonia di far luce sulla doppia vita del marito. Avvolto in un

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Le fate ignoranti

intrigante alone di mistero e ben scandito tramite una saggia progressione, risulta la parte migliore della
pellicola. Quello dedicato alla varia umanità che popola l’appartamento di Michele, tutto giocato sulla complice
armonia che regna fra questi stravaganti gay che vivono con allegria e senza inibizione la loro identità
omosessuale. Certamente godibile dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi, pecca forse di una
certa compiaciuta intenzione di voler renderli simpatici e farli piacere a tutti i costi, di voler dimostrare
quanto la diversità possa essere migliore della normalità. Infine quello dedicato al rapporto tra Antonia e Michele,
di sicuro la dimensione del racconto più difficile da sviluppare e infatti è proprio su questo versante che Le fate
ignoranti mostra una certa difficoltà, non riuscendo a tratteggiare con la necessaria credibilità psicologica questa
storia di quasi-amore.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                          A) Le persecuzioni degli omosessuali nel corso dei secoli e oggi

                                    B)  Il Gay-Pride e le lotte degli omosessuali per i loro diritti

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BrokebackMountains

 I segreti di Brokeback Mountain


TITOLO ORIGINALE Brokeback Mountain
REGIA Ang Lee
SOGGETTO Dal racconto Gente del Wyoming di E. Annie Proulx
SCENEGGIATURA Larry McMurtry, Diana Ossana
FOTOGRAFIA Rodrigo Prieto (colori)
MUSICA Gustavo Santaolalla, Marcello Zarvos
MONTAGGIO Geraldine Peroni
INTERPRETI Heath Ledger, Jake Gyllenhaal, Randy Quaid, Anne Hathaway, Michelle Williams
PRODUZIONE Diana Ossana, James Schamus per Alberta Filmworks Inc./Focus Features/Good
Machine/Paramount Pictures/River Road Entertainment/This Is Thart Productions
DURATA 134’
ORIGINE Stati Uniti, 2005
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI La diversità omosessuale

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
 Wyoming, 1963. Ennis e Jack svolgono il loro lavoro di mandriani nei pressi di Brokeback Mountain, isolati
dal resto del mondo. Tra i due giovani nasce un profondo legame con implicazioni di natura omosessuale. Al
termine dell’impiego stagionale si separano e ciascuno inizia una propria esistenza, trovando un lavoro e
mettendo su famiglia. Ma il sentimento che si è creato è più forte di qualunque altra cosa e per vent’anni Ennis
e Jack continueranno clandestinamente la propria relazione.

 TRACCIA TEMATICA
 Il rapporto d’amore fra Ennis e Jack nasce in un contesto di isolamento e di assoluta libertà, in una
dimensione di contatto diretto ed esclusivo con la natura, lontano da ogni condizionamento culturale e
sociale. E i due protagonisti collocano la prosecuzione del loro legame all’interno di uno scenario di primitiva
naturalità (e non solo per essere lontani da occhi indiscreti). La prima questione che il film pone è la seguente:
l’amore tra due persone dello stesso sesso è una perversione contronatura o al contrario è una pulsione che
scaturisce dalla natura stessa? E non sono proprio la civiltà e le convenzioni morali e sociali (cioè l’esatto opposto
della natura) a penalizzare questa pratica della sessualità?
La contrapposizione civiltà-natura diventa così la chiave di lettura dominante del film, dove la prima polarità
si connota nel senso della costrizione e dell’infelicità (pensiamo al fallimento esistenziale di Ennis o all’asfittico
coté familiare di Jack) e la seconda, dove si può trovare consolazione e sollievo al male del vivere nel mondo
civile, si ammanta di un mitico alone liberatorio.
In questo senso il film di Lee travalica la specificità tematica dell’omosessualità (e del rifiuto fobico con cui
generalmente ad essa si risponde nella nostra società) per diventare metafora del secolare conflitto tra libertà
individuale e conformismo sociale. 

  

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm016.htm[12/07/2017 19:06:13]
BrokebackMountains

 Brokeback Mountain intreccia in un felice e fertile equilibrio espressivo e narrativo suggestioni di diversa
provenienza cinematografica. E’ evidente il richiamo al genere western, dove tradizionalmente l’amicizia virile
(spesso escludente la donna, vista come minaccia alla libertà maschile) si è caricata di implicite venature
omosessuali, e nel quale inoltre lo spirito della frontiera si incentra sul rifiuto individualistico e anarchico di farsi
ingabbiare dalle regole e dagli obblighi comunitari. Non è certo casuale che l’eroe del western non sia mai sposato
e non abbia fissa dimora.
Il genere melodrammatico si esprime attraverso la centralità del tema dell’amore impossibile (omo od
eterosessuale poco importa) perché impedito dalla mentalità dominante e dalla morale corrente e della conseguente
romantica condanna all’infelicità e al dolore.
Infine Brokeback Mountain è anche un bel film d’amore (pensiamo alla toccante sequenza finale), sulla forza
dei sentimenti e sull’impossibilità a rinunciare ad essi, sulla loro autenticità e sul prezzo che bisogna pagare per
rimanervi fedeli.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Letteratura inglese              La novella “Gente del Wyoming” di E. Annie Proulx

 Storia                                     L’omosessualità nella storia

 Geografia                              Il Wyoming

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm016.htm[12/07/2017 19:06:13]
milk

Milk
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gus Van Sant
SOGGETTO E Dustin Kance Black
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Harris Savides (colori)
MONTAGGIO Elliot Graham
MUSICA Danny Elfman
INTERPRETI Sean Penn, Emile Hirsch, Josh Brolin, James Franco
PRODUZIONE Bruce Cohen, Dan Jinks, Michael London per Groudswell Productions/Jinks-
Cohen Company/Session Paryroll Management
DURATA 128’
ORIGINE Stati Uniti, 2008
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI La diversità omosessuale


Omosessualità/Diversità/Individuo e Società

TRAMA
Il film racconta la storia vera dell’omosessuale Harvey Milk e della sua lotta negli anni Settanta per farsi
eleggere alla carica di consigliere comunale a S. Francisco, primo caso nella storia statunitense di un uomo
politico eletto in quanto dichiaratamente omosessuale.

TRACCIA TEMATICA
Negli USA Milk è un vero proprio mito omosessuale. Egli rappresenta una svolta epocale nella storia
dell’omosessualità, essendo stato il primo uomo politico negli States (ma probabilmente in tutto il mondo) ad
uscire allo scoperto in quanto gay per finalizzare la sua presenza nelle istituzioni alla difesa dei diritti civili
della minoranza sessuale cui apparteneva. Il suo impegno politico va inserito nel contesto di una nazione
dominata da una cultura puritana e omofobica che imponeva una legislazione vergognosamente discriminatoria nei
confronti degli omosessuali.

Nonostante l’ostilità dell’ America bigotta e benpensante, nel suo trasferirsi da New York (dove viveva la propria
condizione clandestinamente) a S.Francisco Milk ripercorre il tragitto dei pionieri della frontiera dell’Ottocento
finendo così per incarnare quell’ansia di libertà e rinnovamento che costituisce l’essenza più profonda del
cosiddetto “sogno americano”. Come un eroe del west (paradossalmente figura machista per eccellenza) Milk
irrompe in una realtà dominata dalla violenza e dalla intolleranza per imporre la legge della democrazia e
del riconoscimento delle minoranze.    

VALUTAZIONE CRITICA
Van Sant isola da subito il protagonista del suo film, collocandolo in una cucina semibuia dove inizia a
raccontarci la sua storia, come presago dell’imminente destino di morte, riproponendo così il tema tipico del suo

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm015.htm[12/07/2017 19:06:14]
milk

cinema dell’abbinamento solitudine-morte. E Milk , per quanto circondato da molti seguaci, sembra innalzarsi di
molto al di sopra di tutti per la sua forte personalità.

La regia conferisce al film un andamento incalzante tramite un montaggio nervoso e serrato, inframmezzato
da parecchi spezzoni documentaristici che aiutano a calare lo spettatore nel contesto storico-politico in cui si
inseriscono le vicende narrate. Anche la scelta fotografica (in più sequenze è stata usata una cinepresa in super8
di piccole dimensioni) tende a conferire alle immagini una tonalità documentaristica, comunicando un senso
di instabilità e improvvisazione.

Di grande livello l’interpretazione di Sean Penn (Premio Oscar 2009 come miglior attore) che si cala con
mirabile mimetismo in un ruolo difficile e impegnativo.    

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                a)  La lotta del movimento omosessuale negli USA

                                                         b) Gli anni Settanta negli USA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm015.htm[12/07/2017 19:06:14]
saturno contro

Saturno contro
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ferzan Ozpetek
SOGGETTO  E Gianni Romoli, Ferzan Ozpetek
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Gianfilippo Corticelli (colori)
MONTAGGIO Patrizio Marone
INTERPRETI Stefano Accorsi, Margherita Buy, Pierfrancesco Favino, Ennio Fantastichini,
Ambra Angiolini, Luca Argentero, Serra Yilmaz, Filippo Timi, Luigi Diberti,
Lunetta Savino, Milena Vukotic
PRODUZIONE Tilde Corsi, Gianni Romoli per R&C Produzioni
DURATA 110’
ORIGINE Italia, 2006
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI La diversità omosessuale


Omosessualità/Diversità/Individuo e Società

TRAMA
Davide e Lorenzo sono due amanti. La loro abitazione e la loro relazione diventano il fulcro di una rete di
legami e amicizie che comprende persone dai trenta  ai quaranta anni, ciascuno con i propri problemi
sentimentali ed esistenziali. L’improvvisa morte di Lorenzo sconvolge il gruppo.

TRACCIA TEMATICA
Saturno contro è soprattutto un film sulla perdita della persona amata e sul doloroso senso di vuoto che essa
produce, costringendo a misurarsi con la fragilità della nostra esistenza, dove nulla (purtroppo) è “per sempre”. La
scomparsa di Lorenzo, forse il più solare tra i membri di quella specie di famiglia-allargata che è al centro della
storia, così assolutamente inaccettabile nella sua imprevedibile repentinità, non sconvolge soltanto il suo partner
Davide, ma destabilizza l’equilibrio psicologico ed esistenziale (a suo modo e problematico, anche se
sostanzialmente solido) di tutti i membri di quella specie di famiglia-allargata che è la vera protagonista del
racconto.  Una comunità in cui si mescolano, all’insegna dell’accoglienza e dell’apertura mentale, diverse identità
sessuali e differenti percorsi umani (alcuni dei quali sofferti e travagliati).

L’omosessualità non è vissuta come condizione di emarginazione e clandestinità, ma accettata senza


complessi e inibizioni (gli omosessuali del film sono tutti colti e intelligenti) e le complicazioni sentimentali sono
in tutto identiche a quelle vissute dagli eterosessuali (forse tramite questo microcosmo il regista immagina un
auspicabile modello  di società finalmente libera da ogni discriminazione e ipocrisia).

Tenera la figura del padre di Lorenzo, che di fronte alla constatazione della felice realizzazione del figlio ne
accetta, seppure in ritardo, la natura condividendo il suo dolore con quello di Davide. Solo accennate le tematiche
(oggi di grande attualità) del testamento biologico e dei diritti dei conviventi.

VALUTAZIONE CRITICA

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saturno contro

Ozpetek è un regista dai toni misurati e sommessi, che predilige affrontare temi esistenziali di forte
drammaticità, come il trauma della scomparsa delle persone amate, con discrezione e rispetto per i sentimenti e il
dolore, mai urlato nei suoi film ma spesso trattenuto e affidato a silenzi e sospensioni esplorate ed analizzate
più dei discorsi. Si direbbe che Ozpetek ami i suoi personaggi (con i loro limiti e difetti)  e li rispetti, lasciando
sempre in loro qualcosa di inespresso e misterioso, se non di apertamente sfuggente.

Film corale Saturno contro trova la sua dimensione più specifica in una specie di work in progress che fa
penetrare gradatamente lo spettatore in una dimensione di gestione collettiva del quotidiano e dei
sentimenti che contrasta con l’atteggiamento di rispetto e riservatezza che il regista mostra nei confronti dei suoi
personaggi.

Nuoce forse alla pellicola l’eccesso di personaggi e conseguenti tracciati esistenziali da seguire (e dai quali farsi
coinvolgere), per cui alcune vicende individuali risultano poco sviluppate (o peggio superficialmente trattate).    

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Diritto                                                   a) Le rivendicazioni degli omosessuali in Italia

                                                               b) Il testamento biologico   

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agorà

Pride
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Matthew Warchus
SOGGETTO E Stephen Beresford
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Tat Radcliffe
MONTAGGIO Melanie Oliver
MUSICA Christopher Nightingale
INTERPRETI Bill Nighy, Imelda Staunton, Dominic West, Andrew Scott, George MacKay, Ben
Schnetzer, Joseph Gilgun
PRODUZIONE Calamity Films
DURATA 120'
ORIGINE Gran Bretagna
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI                La diversità omosessuale  


Omosessualità/Diversità/Uomo e Società                          
 

  

TRAMA
Il film tratta sostanzialmente di una storia vera.
In occasione del Pride di Londra del 1984 Mark Ashton, giovane attivista gay e membro della Young
Communist League, ha l'idea di raccogliere fondi per sostenere la lotta e il lungo sciopero dei
minatori vessati dalle scelte politiche della premier Margaret Thatcher. Mark nota infatti come i gay e
le lesbiche siano vittime dello stesso sistema e punta a costruire un legame di solidarietà con i
lavoratori in lotta. Preso dall'entusiasmo propone la sua idea nel corso di una riunione e, nonostante i
molti scetticismi, ottiene il supporto di sei compagni (cinque uomini e una donna) per la creazione del
gruppo "Lesbians and Gays Support the Miners" (LGSM) il cui scopo è quello di raccogliere
donazioni nella comunità gay e lesbica londinese in sostegno dei minatori.
 

TRACCIA TEMATICA
L’intuizione che il film propone e che viene incarnata dal personaggio di Mark Ashton è che nel
nostro sistema politico-economico (basato sulle ingiustizie sociali e sul pregiudizio omofobico)
esiste una trasversalità nella condizione di oppressione e marginalità che investe classi e
componenti sociali diverse e distanti tra di loro.

La comunità gay subisce il rifiuto e l’ostilità dell’opinione pubblica benpensante e conformista,


come il movimento dei minatori è vittima delle misure neoliberiste del governo Thatcher, che
vuole chiudere le miniere gettando sul lastrico migliaia di famiglie. Agli uni sono negati alcuni

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agorà

fondamentali diritti di cittadinanza, agli altri la possibilità di un’esistenza dignitosa.

L’unione e la reciproca solidarietà non possono che rendere più forte ed efficacia la lotta di
entrambi. Ma l’incontro tra soggetti diversi può creare soprattutto i presupposti per un processo
di reciproca comprensione ed accettazione, liberando le menti da incrostazioni secolari e
preconcetti massici. In particolare l’omofobia della classe operaia (tradizionalmente legati ad una
visione maschilista e virilista) finisce per sfaldarsi con l’incontro con i gay per tramutarsi in
profondo rispetto e salda amicizia.  
 

VALUTAZIONE CRITICA
Il film riesce a calibrare con accortezza registri diversi (la dimensione politico-sociale, i
drammi esistenziali individuali, il tono leggero da commedia e da musical) inserendoli in una
solida struttura narrativa di stampo tradizionale, incentrata su una situazione di partenza
segnata da difficoltà che sembrano insuperabili per sfociare in un finale trionfalistico e
consolatorio (quanto in realtà  ancora ai nostri giorni resta da fare per superare i preconcetti e le
paranoie che il film giustamente condanna?).  

La tessitura corale (che può sembrare a tratti un po’ dispersiva) è sicuramente uno dei punti
di forza del film, che pur scontando le semplificazioni e gli schematismi tipici di questo tipo di
rievocazioni cinematografiche, ha il merito di far conoscere una pagina di storia britannica poco
nota al di fuori dell’isola.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia       Il governo Thatcher in Gran Bretagna e la lotta dei minatori

Storia       Le lotte del movimento omosessuale in Gran Bretagna e nel mondo

 
 

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Piume di struzzo

Piume di struzzo
TITOLO ORIGINALE The Birdcage
REGIA Mike Nichols
SOGGETTO Dal lavoro teatrale "La cage aux folles" di Jean Poiret e dalla sceneggiatura del
film omonimo di Francis Veber, Eduard Molinaro, Marcello Danon, Jean Poiret
SCENEGGIATURA Elaine May
FOTOGRAFIA Emmanuel Lubezki (colori)
MONTAGGIO Arthur Schmdt
MUSICA Jonathan Tunick
INTERPRETI Robin Williams, Gene Hackman, Nathan Lane, Dianne Wiest
PRODUZIONE Mike Nichos per United Artists
DURATA 119'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Gay è bello

Omossessualità/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Val è il giovane figlio di Armand, un omosessuale che convive con l'amante Albert, un travestito che si esibisce
nel locale che Armand gestisce e al di sopra del quale entrambi risiedono. Val si è fidanzato con la figlia del
reazionario e benpensante senatore Keeley e vuole presentare il padre e il suo compagno, che considera una
vera e propria madre, alla famiglia della sua ragazza.

  

TRACCIA TEMATICA
Il film stabilisce un ribaltamento delle modalità con cui a livello di senso comune (anche cinematografico)
viene gestito il rapporto normalità-diversità omosessuale: qui sono gli omosessuali (e noi spettatori con loro) a
prendersi gioco dei normali, caricaturati ancor più degli omosessuali stessi in tutta la loro mostruosità reazionaria
(il senatore Keeley è vittima dei peggiori pregiudizi, è un moralista e politicamente è contrario ad ogni progresso e
mutamento).

In una società puritana e pruriginosa (e conseguentemente anche un po' ipocrita), come quella statunitense, lo
sberleffo contro il perbenismo bigotto che anima Piume di struzzo acquista una dirompenza maggiore di quanto
ormai forse non accadrebbe in Europa, dove lo stesso soggetto è stato portato sugli schermi quasi vent'anni fa.

  

VALUTAZIONE CRITICA
Il film costituisce la versione cinematografica di una pièce teatrale (oltre che il remake del film italo-francese Il

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Piume di struzzo

Vizietto di E. Molinaro, 1979) e di impianto teatrale risulta la parte migliore, e cioè più spassosa e divertente:
quella della cena, tutta giocata sulle battute, i tempi delle entrate e le uscite, il ritmo e le sorprese ecc.. nella
migliore tradizione della pochade francese, meglio nota come commedia degli equivoci.

Numerose poi le battute legate all'attualità politica statunitense, con l'evidente scopo di americanizzare un
prodotto di notoria origine europea.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Francese    A) Confronto tra il testo teatrale La cage aux folles e il film. B) La Pochade e la commedia degli
equivoci.

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In & Out

In & Out
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Frank Oz
SCENEGGIATURA Paul Rudnick
FOTOGRAFIA Rob Hahn (colori)
MONTAGGIO Dan Hanley, John Jympson
MUSICA Marc Shaiman
INTERPRETI Kevin Kline, Joan Cusak, Tom Selleck
PRODUZIONE Scott Rudin per Spelling Film/Paramount
DURATA 90'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Gay è bello

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Il professor Brackett è uno stimato docente di letteratura in un college. Proprio pochi giorni prima del suo
matrimonio un suo ex-alunno, diventato un famoso attore, durante la cerimonia degli Oscar dichiara in
mondovisione che il suo ex-professore è un gay. Da quel momento la vita di Brackett è sconvolta.

TRACCIA TEMATICA
L'assunto centrale del film è: qualunque essa sia è necessario accettare la propria identità. E questo non vale
solo per il protagonista gay, ma anche per gli altri personaggi, a cominciare dalla fidanzata che si riconcilia con la
propria pinguedine, che tanto aveva fatto per superare, per finire con il giovane divo hollywoodiano che riscopre
l'amore per l'obesa professoressa della sua adolescenza dopo aver frequentato modelle anoressiche.

Lo sfondo è quello di un ambiente provinciale dove predomina il pregiudizio nei confronti dell'omosessualità.

VALUTAZIONE CRITICA
Scopo della commedia è innanzitutto quello di divertire filtrando la realtà attraverso il grottesco e
l'improbabile e per realtà si intende (e questo capita spesso nel Cinema americano) anche un aspetto serio o
addirittura scabroso.

In & Out riesce solo in parte a perseguire questa finalità e quasi esclusivamente grazie alla bravura dell'attore
protagonista Kevin Kline, per il resto il film stenta ad uscire da un umorismo un po' banale e scontato,
scivolando nel finale in un buonismo troppo dolciastro.

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Priscilla

Priscilla, la regina del deserto


TITOLO ORIGINALE The Aventures of Priscilla, Queen of the Desert
REGIA Stephan Elliot
SCENEGGIATURA Stephan Elliot
FOTOGRAFIA Brian J. Breheny (colori)
MONTAGGIO Sue Blaney
MUSICA Guy Gross
INTERPRETI Terence Stamp, Hugo Weaving, Guy Pearce
PRODUZIONE Al Clark, Micheal Hamlin per Latent Image-Specific Films
DURATA 102'
ORIGINE Australia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Gay è bello

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Priscilla è il nome dell'autobus su cui viaggiano i travestiti Felicia, Mitzi e il transessuale Bernadette:
destinazione un cabaret di Alice Springs. Durante il viaggio si esibiscono con alterna fortuna nei locali che
incontrano.

TRACCIA TEMATICA
L'omosessualità non sempre viene vissuta con difficoltà e sensi di colpa, qualche volta può anche essere esibita
con orgogliosa strafottenza nei confronti di ogni perbenismo. E' il caso di questo film tutto dalla parte di una
diversità estrema e scandalosa e che non vuole tanto denunciare discriminazioni o intolleranze (pure presenti nella
vicenda) per far riflettere lo spettatore, quanto divertirlo con il grottesco delle situazioni e il kitsch di
abbigliamenti e arredi.

VALUTAZIONE CRITICA
Per voler essere un film sostanzialmente divertente, se non proprio comico, va detto che non appare del tutto
convincente, risultando parecchie battute e situazioni non particolarmente spassose ed efficaci e forse perché
a metà anni novanta non risulta più tanto irriverente e dissacrante mettere lo spettatore nelle condizioni di
simpatizzare per degli omosessuali. Sorge anzi il sospetto che questo possa costituire una nuova forma di
ghettizzazione.

Di grande suggestione l'ambientazione nel deserto australiano, che offre uno scenario ideale per le carrellate

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Priscilla

aeree che riprendono le estetizzanti e variopinte evoluzioni dei travestiti sul tetto dell'autobus.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    Il deserto australiano.

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Belle al bar

Belle al bar

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Alessandro Benvenuti
SCENEGGIATURA Alessandro Benvenuti, Ugo Chiti, Nicola Zavagli
FOTOGRAFIA Blasco Giurato (colori)
MONTAGGIO Carla Simoncelli
MUSICA Patrizio Fariselli
INTERPRETI Alessandro Benvenuti, Eva Robin's
PRODUZIONE Giorgio Leopardi per Union P.N.
DURATA 110'
ORIGINE Italia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Gay è bello

Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Leo, un apprezzato restauratore, riceve un incarico di lavoro a Piacenza. Nella città emiliana incontra Giulia,
ma ben presto viene a sapere che si tratta di Giulio, un suo cugino che si è scoperto ermafrodito e che vive
dedicandosi alla prostituzione. Giulia sottopone Leo ad un'assidua corte finché improvvisamente arriva sua
moglie. Mentre sta per partire con la consorte Leo decide di tornare da Giulia.

  

TRACCIA TEMATICA
Il film svolge una provocatoria e divertita riflessione sull'ambiguità e relatività del concetto di diversità: i
diversi sembrano normali (Giulia è una bella ragazza, dolce e tenera) e i normali sembrano diversi (Leo è chiuso in
un'impacciata introversione ai limite della goffaggine e il suo amico antiquario è un sessuomane ossessivo). E
ancora: la coppia Leo-Simona sarà anche normale, ma risulta irrimediabilmente compromessa dalla noia. E infine:
non sarà che la vera normalità consista nel dare e ricevere calore ed affetto indipendentemente dalla propria
identità sessuale?

VALUTAZIONE CRITICA
Benvenuti ha il merito di dare spessore ad una storia piuttosto fragile grazie alla garbata e intelligente
delineazione dei personaggi (e non solo di quelli principali visto che anche le figure di contorno possiedono una

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Belle al bar

loro autonoma vitalità).

Interessante poi è la capacità del regista di mantenere il film in equilibrio fra contesto realistico e atmosfere
oniriche, seguendo quell'ispirazione di moderato e discreto surrealismo (non a caso si fa riferimento alla pittura
metafisica di Carrà e De Chirico) che sembra caratterizzare la sua filmografia.

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diverso da chi

Diverso da chi?
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Umberto Carteni
SOGGETTO E Fabio Bonifacci
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Marcello Montarsi (colori)
MONTAGGIO Consuelo Catucci
MUSICA Massimo Nunzi
INTERPRETI Luca Argentero, Claudia Gerini, Filippo Nigro, Antonio Catania, Giuseppe
Cederna
PRODUZIONE Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimenz per Cattleya
DURATA 102’
ORIGINE Italia, 2008
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Gay è bello


Omosessualità/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
 Piero, gay dichiarato e consigliere comunale del Partito Democratico, si trova per una serie di circostante
fortuite ad essere il candidato sindaco per il centrosinistra in una città del nordest. Come vicesindaco gli viene
affiancata Adele, centrista cattolica e tradizionalista. Dopo un’iniziale ostilità e antipatia tra i due nasce
l’amore. Come dirlo al terzo incomodo Remo, il convivente di Piero?

TRACCIA TEMATICA
 La dimensione della diversità investe Piero in modo raddoppiato: in quanto omosessuale incarna la diversità
per eccellenza (almeno sul versante del senso comune più conformista), in quanto vittima di incontrollate pulsioni
etero esprime una diversità per lui estremamente destabilizzante (che lo mette in conflitto con il suo contesto
familiare) . La tematica dell’identità sessuale subisce in questo film una bizzarra torsione  che sfocia nella più
tradizionali situazioni da commedia: il tradimento e la difficoltà della sua accettazione. L’epilogo (il triangolo
con tanto di doppia paternità) rimane una specie di protesi utopico-ottimistica (ben simboleggiata dall’immagine
finale della distruzione del muro), un affrettato lieto fine, che allo stato attuale appare di improbabile realizzazione.

L’altro percorso intrapreso dal film è quello della (bonaria e piuttosto superficiale) critica politica che ha come
bersaglio, più che la destra razzista e retrograda che governa nel nordest, il Partito Democratico, di cui si satireggia
la difficoltà a conciliare le sue due anime, quella progressista e quella cattolica tradizionalista.   

VALUTAZIONE CRITICA
 Diverso da chi? è senza dubbio un esemplare di quella che una volta si chiamava commedia all’italiana (che
aveva la propria principale inclinazione nella caustica e feroce critica di costume) e di cui il film di Carteni
costituisce una pallida copia: troppo inoffensiva e prudente per accedere a quella cattiveria programmatica che
animava i film di Risi, Monicelli, Pietrangeli e Scola.

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diverso da chi

Va, tuttavia, riconosciuto che ci troviamo di fronte ad un prodotto piacevole e abbastanza riuscito, proprio
per il registro garbato e leggero su cui si assesta, evitando soprattutto le volgarità dei cosiddetti cinepanettoni ed
affrontando una tematica considerata ancora scabrosa con delicatezza e sensibilità.

Completano la buona riuscita del film un cast di ottimi attori (forse ancora un po’ acerbo proprio il protagonista
Luca Argentero), che riesce ad entrare in personaggi non facili da rendere. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 

Diritto                                     a)  La legislazione sulle coppie omosessuali nel mondo e in Italia

                                                b) La normativa delle elezioni amministrative in Italia

 Storia                                        Dal partito DS al PD   

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Central do Brasil

Central do Brasil
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Walter Salles
SOGGETTO Walter Salles
SCENEGGIATURA Joao Emanuel Carneiro, Marcos Bernstein
FOTOGRAFIA Walter Carvalho (colore)
MUSICA Antonio Pinto, Jacques Morelembuam
MONTAGGIO Isabelle Rathery, Felipe Lacerda
INTERPRETI Fernardo Montenegro, Marilia Pera, Vinicius de Oliveira
PRODUZIONE Arthur Chon, Martine de Clermont-Tonnere per Video Filmes/Riofilme/Canal Plus
DURATA 110'
ORIGINE Brasile/Francia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'uomo e il bambino

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Dora è un'insegnante in pensione che sbarca il lunario scrivendo lettere per gli analfabeti nella stazione
centrale di Rio de Janeiro. Un giorno scrive una lettera per Ana, una donna che si presenta da lei con il
figlioletto Josué di nove anni. La donna scrive al marito lontano mai conosciuto dal padre. Uscita dalla
stazione, Ana è investita da un autobus e muore. Dora si sente moralmente obbligata ad accompagnare Josué
alla ricerca del padre nello sperduto interno del Brasile. Alla fine del viaggio Josué non trova il padre, ma i due
fratelli, che hanno impiantato un'attività artigianale e riescono a fare a meno del genitore. Josué rimane con
loro, mentre Dora rientra a Rio.

TRACCIA TEMATICA
Il viaggio di Dora e Josué si conclude per entrambi con una trasformazione interiore speculare e opposta.
L'adolescente Josué avverte l'assenza di una figura paterna mitizzata perché mai conosciuta, la matura Dora proietta
nella sua memoria il ricordo negativo di un padre ubriacone e inadeguato, oggetto di continua denigrazione da
parte sua. Alla fine del percorso attraverso il Certao brasiliano Josué si rende conto dell'inconsistenza della figura
del padre (che probabilmente non incontrerà mai) e comprende che la sua nuova famiglia è costituita dai fratelli
ritrovati, Dora, invece, recupera il legame con il padre scomparso (si direbbe che giunge a compimento la

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Central do Brasil

rielaborazione del lutto) e, perdonandone le gravi manchevolezze, ne riabilita la figura (come dimostra l'affiorare
del ricordo di un felice momento d'infanzia vissuto con il genitore).

Ma soprattutto fra l'egoista e inacidita Dora e Josué che mal la sopporta, perché non ha mai inviato la lettera
al padre e perché in un primo momento l'ha venduto, si instaura un profondo rapporto affettivo che fa sì che il
loro distacco, per quanto inevitabile, sia avvertito da entrambi come una dolorosa lacerazione.

Central do Brasil è anche un film sulla difficoltà ad esprimere e comunicare i propri sentimenti e a
riconoscerli nella loro necessità (pensiamo alla resistenza che Dora oppone ad aprirsi affettivamente a Josué e al
proprio padre, proteggendosi dietro una spessa corazza di insensibilità o alla ritrosa timidezza del camionista a cui
la donna offre il suo bisogno d'amore).

Infine la pellicola di Salles ci offre un piccolo, ma significativo, spaccato della drammatica situazione sociale
del Brasile contemporaneo, afflitto da gravi problemi quali l'analfabetismo, la miseria, gli squadroni della morte,
lo sfruttamento dei minori, ecc..

VALUTAZIONE CRITICA
Salles ricorre a moduli espressivi diversi. L'approccio principale è di stampo rigorosamente realista
(neorealista, volendo ricollegarci ad un illustre precedente), sia nell'estrema adesione ad uno sfondo ambientale
assolutamente autentico (la stazione di Rio, i condomini popolari dove abita Dora, i villaggi dell'interno), sia nel
ricorso ad attori non professionisti (alcuni degli analfabeti che dettano le lettere alla stazione sono veri,
inconsapevolmente ripresi dalla macchina da presa nascosta). Ma lo stile del film si arricchisce di registri
differenti, che attraverso i modi leggeri e brillanti della commedia (pensiamo ai dialoghi tra Dora e la vicina
Irene) arrivano alla visionarietà deformante (pensiamo alla lunga sequenza dedicata alla devozione religiosa, dove
la fede cattolica sembra sconfinare nella superstizione e nell'idolatria) e alla suggestione figurativa del paesaggio
rurale, che ci fa conoscere un Brasile sconfinato e solare (così diverso dalla metropoli caotica e congestionata),
dove tutto sembra possibile, anche costruirsi una nuova esistenza (come fa Josué) o riconsiderare in una diversa
ottica la propria vita (come fa Dora).

Acuta e delicata, poi, la delineazione delle personalità e delle psicologie dei personaggi, sia dei due
protagonisti, sia dei comprimari (pensiamo alla tenera figura del camionista, alla fresca vitalità dei due fratelli e
alla spontanea umanità di Irene), mentre le ferite sociali s'infiltrano nel film con riferimenti fugaci, ma di
intensa efficacia (pensiamo su tutte alla brutale eliminazione del povero ladruncolo da parte dei vigilantes).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia           A) Il Brasile

                            B) I problemi economico-sociali del Brasile contemporaneo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/37.htm[12/07/2017 19:06:25]
Ladro di bambini

Il ladro di bambini
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gianni Amelio
SOGGETTO E Gianni Amelio, Sandro Petraglia
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Tonino Nardi (colori)
MONTAGGIO Simona Paggi
MUSICA Franco Piersanti
INTERPRETI Enrico Lo Verso
PRODUZIONE Angelo Rizzoli per erre Produzioni/ Alia Film/ Raidue/ Arena Films/ Vega film
DURATA 112'
ORIGINE Italia, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'uomo e il bambino

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Un carabiniere, Antonio, deve accompagnare l'undicenne Rosetta, costretta a prostituirsi dalla madre, e il
fratellino Luciano, di nove anni, in un istituto correzionale a Civitavecchia, ma quando arriva a destinazione il
direttore si rifiuta di accogliere i bambini per ragioni burocratiche: dovranno andare in Sicilia. Si inizia così
una specie di odissea attraverso l'Italia che si conclude in un commissariato, dove Antonio viene accusato di
avere sequestrato i bambini per non essere stato solerte nel condurli a destinazione.

TRACCIA TEMATICA
Lo squallore di un paesaggio italiano devastato dal traffico e dalla speculazione edilizia fa da sfondo al lento
maturare di un profondo sentimento di affetto e solidarietà fra i bambini e il carabiniere.

L'infanzia offesa ed umiliata dalla brutalità degli adulti viene respinta anche da istituzioni sorde ed insensibili,
del tutto incapaci di offrire un valido riferimento per i più deboli. L'imputazione fatta al carabiniere di aver
sequestrato i bambini a lui affidati appare grottesca, espressione di un'ottusa burocrazia che frappone tra sé e la
realtà l'aridità di leggi astratte.

Il film coglie e sottolinea il degrado e la volgarità generalizzata di una società italiana contemporanea (si
percorre un itinerario da nord a sud che attraversa quasi tutta l'Italia) immersa in un inquietante torpore morale.

VALUTAZIONE CRITICA
Amelio ci propone una storia di vinti cara alla sua filmografia e in sintonia con momenti alti del nostro Cinema

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Ladro di bambini

(il neorealismo) e della nostra letteratura (il Verismo ottocentesco), proponendo di queste correnti lo stesso stile
scarno ed essenziale, teso a spegnere i toni accesi e drammatici tramite un'osservazione distaccata ed
impersonale: in casi come questi si può parlare di Cinema antispettacolare ed antiretorico.

Di rilievo la parte ambientata nella siciliana Noto, per l'uso espressivo in chiave rasserenante del paesaggio
urbano e della calda luminosità solare (un utopistico e magico spazio alternativo, un paradiso destinato a durare
poco) e l'angosciante immagine finale della solitudine dei due bambini.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano  A) Il Neorealismo cinematografico. B) Il Verismo letterario.

Storia dell'arte  L'architettura barocca siciliana .

Diritto   La legislazione relativa alla custodia dei minori sottratti a genitori responsabili di gravi reati.

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Kolia

Kolia
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Jan Sverak
SOGGETTO Pavel Taussig
SCENEGGIATURA Zdenek Sverak
FOTOGRAFIA Vladimir Smutny (colori)
MONTAGGIO Alois Fisarek
MUSICA Ondrej Soukup
INTERPRETI Zdenek Sverak, Andrej Chalimon
PRODUZIONE Eric Abraham, Jan Sverak per Portobello Pict./Biograf/ Ceaka Televize/Pandora
Cinema
DURATA 105'
ORIGINE Repubblica Ceca/Gran Bretagna/Francia, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'uomo e il bambino

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Praga, 1988. Louka è un violoncellista oberato dai debiti che vive d'espedienti. Per riassestare le sue precarie
finanze accetta, dietro lauto compenso, di sposare una russa desiderosa di acquisire la cittadinanza ceca. Ad un
certo punto la novella moglie raggiunge l'amante in Germania, lasciando il figlio, il piccolo Kolia di cinque
anni, a Louka. All'inizio la trasandata esistenza di quest'ultimo ne esce sconvolta, col tempo però impara ad
affezionarsi al bambino.

 TRACCIA TEMATICA
Louka è uno scapolo irriducibile, insofferente nei confronti di ogni vincolo e legame sentimentale. Kolia, che
non parla nemmeno la sua lingua, lo costringe a confrontarsi con una diversità che mette in discussione
abitudini consolidate da anni.

L'incontro con Kolia porta Louka a maturare, forse per la prima volta nella sua esistenza, un autentico e forte
sentimento d'amore, portandolo a dare una svolta radicale alla propria vita attraverso il matrimonio e la paternità.

Questa rigenerazione morale si coniuga con la fine del regime comunista cecoslovacco, uno dei più repressivi del
blocco sovietico, e quindi con un nuovo inizio anche sul versante storico e politico.

VALUTAZIONE CRITICA

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Kolia

Kolia, pur restando nei recinti della verosimiglianza realistica, propone un suggestivo sistema simbolico proteso
all'identificazione angelica del bambino protagonista, il quale rappresenterebbe un intervento soprannaturale,
sottoforma appunto di angelo, in grado di indurre lo scapestrato Louka a un netto ripensamento della propria
esistenza: la sottolineatura visiva della statua dell'angelo al cimitero e le ultime immagini di Olia fra le nuvole
sostengono questa ipotesi interpretativa.

Merito del film è anche la capacità di mantenersi su un tono garbato e contenuto, in alcuni momenti di vera e
propria commedia, evitando risolutamente asprezze drammatiche e soprattutto, dato il tema, indulgenze patetico-
sentimentalistiche.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La crisi del Socialismo reale e il crollo dei regimi comunisti nell'Europa orientale.

Storia dell'arte    Praga città d'arte.

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Léon

Léon
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luc Besson
SCENEGGIATURA Luc Besson
FOTOGRAFIA Thierry Arbogast (colori)
MUSICA Eric Serra
MONTAGGIO Sylvie Landra
INTERPRETI Jean Reno, Gary Oldman, Natalie Portman, Danny Aiello
PRODUZIONE Luc Besson per Gaumont/Les Films du Dauphin
DURATA 110'
ORIGINE Francia/USA, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'uomo e il bambino

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Léon fa di professione il killer, è analfabeta e vive solo in uno spoglio appartamento. Un giorno la famiglia
dirimpettaia viene sterminata da una banda di poliziotti corrotti della narcotici. Si salva solo la dodicenne
Mathilda, che Lèon finisce per prendere con sé e proteggere: lui le insegna ad usare le armi e lei a leggere e a
scrivere. Tra l'uomo e la bambina matura un tenero rapporto, ma la polizia corrotta è sulle loro tracce e fa
irruzione nell'appartamento dove vivono. Léon si sacrifica per mettere in salvo Mathilda.

TRACCIA TEMATICA
Léon è un solitario, che vive in una dimensione monastica e coltiva abitudini e passioni infantili (beve
continuamente latte, ha come amico un maialino di pezza e va matto per i musical): il suo analfabetismo esprime
bene la sua regressione psicologica. La pianta che coltiva con cura simboleggia il suo sradicamento e il suo
unico investimento affettivo.

Mathilda è una bambina triste e infelice, priva di solidi riferimenti familiari, ansiosa di crescere e per questo
incline ad assumere atteggiamenti adulti in contrasto con la sua età.

Tra Léon e Mathilda nasce un rapporto che attiva in modo simmetrico e complementare canali di
comunicazione e affetto da sempre bloccati: nell'uomo emerge uno spirito paterno e protettivo prima sopito e
nella bambina il sostituto di un padre, mai veramente presente nella sua vita. L'amore che si dichiarano
reciprocamente non va inteso nel senso di coinvolgimento passionale e attrazione sessuale, ma della piena
assunzione da parte di entrambi rispettivamente di un ruolo genitoriale e filiale.

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Léon

VALUTAZIONE CRITICA
Besson abbandona in parte i suoi raffinati e suggestivi virtuosismi visivi (molto bella però la carrellata iniziale
che dal Central Park di New York ci trasporta in un locale della Little Italy) per concentrarsi con risultati
convincenti sullo studio dei caratteri e delle personalità dei protagonisti, la cui storia d'amore ci viene
raccontata con finezza psicologica e delicata attenzione. Il regista lavora per lenta accumulazione di dati e indizi
comportamentali che prima segnalano la diversità fra Léon e Mathilda per poi dare credibilità alla loro reciproca
attrazione.

Ma Léon è anche un thriller palpitante e coinvolgente con sequenze d'azione costruite con consumata abilità e
dotate di un vibrante tasso di drammaticità. Si ha la sensazione che questo regista francese sia riuscito a fondere
la capacità d'introspezione tipica del Cinema europeo con il forte senso della narrazione tipico del Cinema
americano.

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Estate di Kikujiro

L’estate di Kikujiro
TITOLO ORIGINALE Kikujiro
REGIA Takeshi Kitano
SOGGETTO E Takeshi Kitano
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Yanagishima Katsumi (colore)
MUSICA Joe Hisaishi
MONTAGGIO Ota Yoshinori
INTERPRETI Takeshi Kitano, Sekiguchi Yusuke
PRODUZIONE Kitano Takeshi, Mori Masayuki, Yoshida Takio per Bandai Visual/Tokio
Fm/Nippon Herald/Office Kitano
DURATA 116’
ORIGINE Giappone, 1999
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L’uomo e il bambino

Incontro con l’altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Masao vive in un sobborgo di Tokio insieme alla vecchia nonna, senza conoscere il padre e con la madre
lontana da tempo. Le scuole ormai sono finite e Masao, abbandonato dai suoi amici che vanno in vacanza con i
genitori, si ritrova solo nella città estiva. Un’amica della nonna incarica il marito Kikujiro, uno strano
perdigiorno, di accompagnare Masao dalla madre. Inizia così il viaggio dell’uomo e del bambino alla ricerca
della madre di quest’ultimo. Arrivati a destinazione scoprono, però, che la donna si è rifatta un’esistenza
creandosi una nuova famiglia.

Di fronte al pianto disperato del piccolo Masao, Kikujiro cerca in tutti i modi di allietare la vacanza del
bambino, mettendo insieme un gruppo di bizzarri individui con i quali inventa giochi e divertimenti d’ogni
genere.

TRACCIA TEMATICA
L’incontro tra Masao e Kikujiro non si risolve, come spesso accade nei film che propongono una situazione
analoga (un adulto egoista e insensibile che si trova a dover forzatamente convivere con un bambino), in un
radicale mutamento di atteggiamento segnato dal passaggio da un’ostile diffidenza ad un sincero affetto (della serie
la tenerezza dell’infanzia scioglie la dura scorza di una persona solo apparentemente cinica).

In L’estate di Kikujiro i due protagonisti rimangono sostanzialmente quello che erano all’inizio, la comune
esperienza non li ha trasformati, inducendo in loro un profondo rinnovamento interiore, ma li ha semmai
confermati negli aspetti più autentici della loro personalità. Questo vale soprattutto per l’uomo, il cui

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Estate di Kikujiro

incorreggibile infantilismo, affrancato dalla presenza repressiva della moglie e dagli inevitabili vincoli della
quotidianità urbana, trova modo di manifestarsi in tutta la sua felice, e un po’ strampalata, creatività. Kikujiro,
insomma, è un bambino come e più di Masao e come lui anch’egli si trova nella condizione di dover
superare una specie di trauma d’abbandono materno (la visita all’anziana madre ricoverata in una clinica fa
riemergere il dolore di un’assenza rimossa). Le sue stesse modalità di comportamento, caratterizzate da
un’aggressività verso il prossimo priva di mediazione comunicativa (pensiamo solo a quando vuole ottenere il
possesso delle cose) rimanda ad un livello di maturazione fermo allo stadio infantile. E’ proprio questo suo ritardo
di sviluppo che lo mette in sintonia con Masao e che permette al bambino e a lui stesso di estraniarsi
completamente dal mondo per costruirsi in un angolo sperduto di campagna una dimensione protetta da influenze
esterne (ed adulte).

Il ritorno alla realtà è inevitabile (non c’è un finale consolatorio, ognuno riprende la sua vita), ma il film ci
consegna la consapevolezza che solo la fantasia e il gioco possono garantirci momenti di autentica felicità.

VALUTAZIONE CRITICA
Già l’inizio del film colloca i suoi personaggi in uno spazio costrittivo ed obbligato (il ponte più volte
attraversato da Masao) o troppo vasto per non incutere un senso di disorientante solitudine (il campo da calcio
deserto nel quale il bambino è ripreso dall’alto in campo lungo), anche il velodromo, dove Kikujiro si affida alle
intuizioni numeriche di Masao, comunica l’idea di una circolarità cogente e ripetitiva (e quindi frustrante, come le
ripetute scommesse di Kikujiro che non lo fanno mai vincere).

Nemmeno le strade che i due percorrono sembrano approdare a qualcosa (se non ad una simmetrica dolorosa
delusione della scoperta di un’assenza materna): solo l’immissione in uno spazio naturale privo di limiti e
contorni, come la campagna e la spiaggia, può liberare la fantasia e il desiderio ludico (è significativo che
l’ingresso nella radura agreste sia sottolineato da una suggestiva soggettiva di una farfalla che moltiplicando i
punti di vista allude ad un nuovo modo di guardare alle cose). All’altrove fisico si abbina anche un altrove
stilistico-espressivo, che visualizza con tonalità surreali un altrove mentale e dell’inconscio, che è quello dei
sogni di Masao, e un altrove fiabesco dell’angelo che si sovrappone alle immagini del reale.

Kitano procede in base ad una narrazione ellittica che, nel lasciare all’ultima inquadratura della sequenza il
compito di dare un senso (spesso comico) al segmento di storia, si avvicina alla struttura delle strisce dei fumetti
umoristici. La stessa caricaturale fisicità del regista-attore, ma anche di alcuni personaggi di contorno,
richiama la tipizzazione fisiognomica dei cartoni animati.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia             A) Il Giappone

                              B) La città di Tokio.

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Mondo perfetto

Un mondo perfetto
TITOLO ORIGINALE A Perfect World

REGIA Clint Eastwood

SCENEGGIATURA John Lee Hancock

FOTOGRAFIA Jack N. Green (colori)

MONTAGGIO Joel Cox

MUSICA Lennie Niiehaus

INTERPRETI Kevin Costner, Clint Eastwood,, Laura Dern

PRODUZIONE Malpaso

DURATA 138'

ORIGINE USA, 1993

REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI L'uomo e il bambino

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

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Mondo perfetto

TRAMA
Novembre 1963, dalle parti di Dallas. Butch evade dalla prigione e prende in ostaggio un bambino, Philip. A
caccia dell'uomo si pone il ranger Red, intenzionato ad evitare un epilogo tragico della vicenda. Tra Butch, che
vorrebbe raggiungere l'Alaska, e il bambino si crea intanto amicizia e complicità. Raggiunti dagli inseguitori,
Butch viene ucciso dagli agenti federali,nonostante l'opposizione di Red.

TRACCIA TEMATICA
Il film ripropone un tema tradizionale di tanto Cinema americano di genere carcerario, cioè quello della fuga
impossibile verso un'utopica isola felice (in questo caso l'Alaska, in altri si trattava del Messico o dei mari del
sud).

Tra il fuggiasco e il bambino nasce un'inconsueta amicizia legata alla proiezione nel fanciullo dei propri traumi
infantili da parte del malvivente e nel malvivente il fanciullo vede una specie di supplente del padre, con cui
poter coronare il proprio desiderio di lasciare un opprimente ambiente familiare.

Tormentato il personaggio del ranger, interpretato dal regista Eastwood, che esprime la sua sincera volontà di
salvare la vita al suo antagonista del cui triste destino si sente parzialmente responsabile, come rappresentante
di un sistema poliziesco incapace di prevenire il crimine. Nulla potrà contro la brutale e insensata volontà di
uccidere dell'agente federale.

L'ambientazione nel novembre del 1963 permette di operare un preciso riferimento all'assassinio del presidente
Kennedy, avvenuto proprio in quei giorni e cui allude il tragico epilogo del film, attribuendo ad esso il valore
simbolico della fine dell'illusione della Nuova Frontiera.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film intreccia con sapienza ed equilibrio il registro drammatico con la dimensione dell'analisi psicologica. Il
legame tra il comportamento e gli orizzonti morali dei personaggi si delinea sempre più chiaro col progredire
dell'azione.

L'ambientazione prevalentemente agreste sembra alludere al genere western (particolarmente caro al regista), cui
richiama il parallelo allusivo tra il moderno caravan argentato e la carovana dei pionieri che attraversarono
un secolo prima la stessa prateria diretti verso la Frontiera (quella cui si richiamava lo stesso presidente
Kennedy nel suo programma politico). E sempre al western riporta il bivacco notturno come momento privilegiato
in cui ritrovare una dimensione più umana e confidenziale.

Eccezionale per l'intensità emotiva che produce la sequenza finale, collegata alla misteriosa immagine iniziale,
che solo ora assume un chiaro valore anticipatorio nel segno dell'inesorabilità di un destino di sconfitta.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    L'assassinio del presidente Kennedy e il suo programma di Nuova Frontiera.

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Tempo si è fermato

Il tempo si è fermato
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ermanno Olmi
SOGGETTO E Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Carlo Bellero (bianconero)
MUSICA Pier Emilio Bassi
INTERPRETI Natale Rossi, Roberto Seveso
PRODUZIONE Sezione Cinematografica della Edison-Volta
DURATA 90'
ORIGINE Italia, 1959
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il valore della diversità

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e società

 
TRAMA
Sul massiccio dell'Adamello durante l'inverno viene abbandonato un cantiere per la costruzione di una diga.
Rimane a far la guardia un custode veterano del mestiere. A Natale è affiancato da un nuovo arrivo: un giovane
studente universitario che vuole approfittare della solitudine per preparare gli esami. L'intesa fra i due è difficile
e la convivenza è vissuta con disagio. Col passare del tempo nasce però tra l'uomo e il ragazzo stima reciproca e
un forte senso d'amicizia.

TRACCIA TEMATICA
La distanza tra i due protagonisti ci appare totale, tutto li divide: il modo di fare, di lavorare, le letture e la
musica. Il ghiacciato paesaggio invernale sembra farsi metafora di questa freddezza di rapporti.

La bufera che imperversa fuori del rifugio accentua il senso di fragile precarietà degli esseri umani di fronte allo
scatenarsi della natura e attiva un canale di comunicazione fra le due persone che cancella ogni diffidenza. L'uomo
assume un atteggiamento paterno nei confronti del ragazzo e questo si affida con filiale fiducia alle cure del
maturo guardiano.

La solida chiesetta nella quale entrambi si rifugiano diventa simbolo dell'affermarsi di una dimensione
umana nutrita di solidarietà e affetto, del recupero del senso più autentico e profondo del Cristianesimo.

VALUTAZIONE CRITICA
Nato come documentario commissionato al regista dalla Edison-Volta per illustrare il lavoro di vigilanza delle
dighe, il film nelle mani di Olmi si trasforma nel suo primo lungometraggio a soggetto, esprimendo assai bene
quell'intreccio tra aderenza alla realtà e invenzione artistica che sarà poi alla base del suo miglior Cinema.

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Tempo si è fermato

Girato con attori non professionisti che praticamente interpretano se stessi, Il tempo si è fermato rivela la capacità
di Olmi di riuscire senza fronzoli e compiacenze, attraverso uno stile di esemplare rigore e sobrietà, a far emergere
con pochi essenziali tocchi e osservazioni la dimensione più umana delle persone e a trasmettere allo
spettatore un messaggio di eticità e fratellanza.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    La catena dell'Adamello.

Costruzioni     L'edificazione di una diga in alta montagna.

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Albero di Antonia, L'

L’albero di Antonia
TITOLO ORIGINALE Antonia’s Line
REGIA Marleen Gorris
SCENEGGIATURA Marleen Gorris
FOTOGRAFIA Willy Stassen (colori)
MUSICA Ilona Sekasz
MONTAGGIO Michiel Reihwein, Win Louwrier
INTERPRETI Willeke Van Ammelrooy, Els Dottermans, Jan Decleir, Marina De Graaf, Mil
Seghers, Michael Pas, Verlee Van Overloop
PRODUZIONE Hans De Weers
DURATA 93’
ORIGINE Olanda/Belgio/Gran Bretagna, 1995
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il valore della diversità

Incontro con l’altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Siamo nel 1945. Antonia torna nel paese natale in Olanda con la figlia ventenne in tempo per assistere alla
morte della madre. Nonostante il piccolo borgo nel quale ha deciso di stabilirsi sia tutt’altro che ospitale nei suoi
confronti, bigotto e benpensante com’è, Antonia si adatta a vivere nella vecchia fattoria di famiglia, sfidando la
diffidenza generale con i suoi atteggiamenti anticonformisti. Ben presto la sua dimora comincia ad ospitare
disadattati e handicappati d’ogni tipo, o semplicemente persone un po’ strambe o invise ai cosiddetti normali.
Passano gli anni e la fattoria di Antonia diventa una vera e propria comunità alternativa i cui membri possono
esprimere senza freni ed inibizione la loro personalità. 

Ai giorni nostri. Antonia ormai vecchia e stanca si prepara ad accogliere con serenità la morte circondata
dall’affetto di tutti i membri della sua famiglia allargata.

TRACCIA TEMATICA
Scopo dell’esistenza di Antonia è dare un senso alla vita degli esclusi. L’anormalità è un requisito
fondamentale per accedere alla sua bizzarra comunità. Isolati e protetti da un mondo ostile, che non è in
grado di integrarli e tantomeno di comprenderli, i diversi della fattoria di Antonia riescono a trovare la loro
giusta dimensione e valorizzazione. Ognuno dà ciò che è capace di dare e riceve il necessario per vivere, non
ci sono gerarchie e privilegi. Un progetto che sembra riproporre, anche se in chiave evidentemente favolistica, le
grandi utopie egualitarie del secondo millennio, dal francescanesimo medioevale alle eresie anabattiste del XVI
secolo, dalle fattorie collettive degli indigeni sudamericani agli ideali socialisti del nostro secolo sino alle comuni
del sessantotto.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm003.htm[12/07/2017 19:06:29]
Albero di Antonia, L'

Il tempo che passa, il succedersi delle stagioni e la stessa morte non sono vissuti con ansia e angoscia, ma come
necessità ineluttabili da accettare con animo sereno e gioiosa rassegnazione. Quel che conta è che lo spirito
d’Antonia si tramandi alle generazioni successive e come gli alberi robusti sia sempre in grado di fruttificare.

 VALUTAZIONE CRITICA
Il segreto del successo di L’albero di Antonia (Oscar 1996 come miglior film straniero) va ricercato nella
semplicità e immediatezza con cui comunica il proprio messaggio di fratellanza e accoglienza, tanto da farlo
sembrare un po’ troppo banale e semplicistico. Nuoce, infatti, una certa ambizione enciclopedica, o più
semplicemente da Bignami della diversità (si cerca di farci star dentro, anche solo per una fugace citazione, tutta la
tipologia dell’anormalità), e anche un’insistita sottolineatura della filosofia del film (nulla muore, tutto si
trasforma).

La pellicola della Gorris riesce tuttavia a sottrarsi ad una ripetitività e piattezza incombente (dopo circa
mezzora abbiamo già capito tutto o quasi) grazie alle invenzioni visionarie e surreali (crocifissi e angeli che si
animano, morti che risorgono, ecc..) e al tono leggero ed ironico, da realismo magico, che lo pervade.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) Utopie ed esperienze comunitarie ed egualitarie nella storia. B) Le esperienze delle comuni negli anni
sessanta e settanta.

Religione   Il Comunismo anabattista e l’esperienza delle comuni agricole dei gesuiti in Sudamerica nel XVIII
secolo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm003.htm[12/07/2017 19:06:29]
Philadelphia

Philadelphia
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Jonathan Demme
SCENEGGIATURA Ron Nyswaner
FOTOGRAFIA Tak Fujimoto (colori)
MONTAGGIO Craig McKay
MUSICA Howard Shore
INTERPRETI Tom Hanks, Denzel Washington
PRODUZIONE Clinica Estetico/Tristar
DURATA 125'
ORIGINE USA, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Il valore della diversità

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Il giovane e brillante avvocato Andrew Davis viene licenziato dallo studio legale di cui è uno dei collaboratori
perché ha contratto l'aids. Intenzionato a far valere i propri diritti si rivolge a diversi affermati avvocati senza
successo, finchè s'imbatte in Joe Miller, celebre penalista nero, benpensante e impaurito dalla malattia di cui
Beckett è portatore. Dopo un primo rifiuto Miller accetta la causa, approfondendo la conoscenza del suo cliente.

TRACCIA TEMATICA
Il film capovolge una situazione consolidata da tanto Cinema di impegno civile statunitense: il bianco di successo e
perfettamente integrato che accetta e difende l'uomo di colore oggetto di secolare discriminazione. Qui invece è il
bianco arrivato che precipita nella condizione di reietto ed inizialmente è guardato con diffidenza dal nero.

Quest'ultimo non cambia il proprio atteggiamento perplesso, che gli impone di mantenere le distanze, ma accetta di
difendere il malato di aids in nome di superiori principi di moralità e solidarietà.

Nasce un rapporto che non potrà mai essere di amicizia vera, ma di reciproca stima e comprensione in nome dei
valori democratici e di civiltà di cui Philadelphia (città della dichiarazione dei diritti dell'uomo) è storicamente
simbolo.

VALUTAZIONE CRITICA
Merito del film è quello di aver rinunziato ai facili richiami sentimentalistici e buonisti che insidiavano un
soggetto del genere, delineando con attenta precisione e senza indulgenze le difficoltà psicologiche che
l'avvocato di colore si trova ad affrontare nel contatto con una persona che non disprezza, ma verso cui

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm102.htm[12/07/2017 19:06:30]
Philadelphia

nutre una più che naturale diffidenza e paura.

Significativa a questo riguardo la sequenza del primo incontro tra i due protagonisti che è una sintesi delle
reazioni fobiche dell'avvocato timoroso di un'eventuale contaminazione.

Centrale per la sua intensità e concentrazione la scena-madre costituita dal confronto tra i due sull'aria
dell'Andrea Chénier: l'avvocato, sommerso dalla disperazione del sieropositivo e omosessuale Beckett,  intuisce
tutta la distanza che lo separa da lui, preferendo allontanarsi per guadagnare presso la moglie e i figli la sua
rassicurante dimensione di normalità.

Di grande impatto la sequenza iniziale che fa da sfondo ai titoli di testa, nella quale Streets of Philadelphia di
Bruce Springsteen accompagna desolanti immagini di miseria ed emarginazione nella città dove è nato il sogno
americano.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   La dichiarazione di Philadelphia.

Diritto     I diritti dei sieropositivi nella nostra legislazione.

Scienza   L'aids: origine, natura, problematiche.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm102.htm[12/07/2017 19:06:30]
Verso il sole

Verso il sole
TITOLO ORIGINALE The Sunchaser
REGIA Michael Cimino
SCENEGGIATURA Charles Leavitt
FOTOGRAFIA Doung Milsome (colori)
MONTAGGIO Joe D'Augustine
MUSICA Maurice Jarre
INTERPRETI Woody Harrelson, Jon Seda
PRODUZIONE ArnonMilchan, Michael Cimino, Larry Spiegel, Judy Goldstein, Joseph S. Vecchio
per Monarchy Enterprises/Regency Entertaiment/Appledown Prod.
DURATA 122'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il valore della diversità

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Michael Reynolds è un medico di successo con grandi ambizioni. Un giorno viene sequestrato da Brandon, un
sedicenne di origini pellerossa affetto da un cancro e intenzionato a farsi portare presso una montagna sacra al
suo popolo per incontrare uno sciamano che potrebbe guarirlo dal suo male. Il viaggio si svolge fra tante
difficoltà e tensioni, ma quando termina con l'arrivo a destinazione Reynolds è profondamente cambiato.

TRACCIA TEMATICA
Dopo l'iniziale ostilità Michael matura affetto e comprensione per il proprio sequestratore, che fa riemergere il
rimosso del medico, sia sul piano del passato (il traumatico ricordo della morte del fratello), sia sul piano del
presente e del futuro (la vacuità della sua esistenza e della sua ansia di successo).

Il viaggio verso le Montagne Rocciose diventa simbolo di un'aspirazione alla rigenerazione, di una nuova
frontiera che non può non richiamare quella verso cui si muovevano i pionieri del Cinema western.

La meta agognata è però illusoria, l'altrove sognato non permette la fondazione di una nuova esistenza, il suo
vuoto e la sua vastità confondono e spaventano: non resta che il ritorno alle rassicuranti certezze della
quotidianità.

VALUTAZIONE CRITICA
Verso il sole ripropone il motivo ispiratore di tanto cinema di Cimino: il vagheggiamento crepuscolare di un
mondo che non esiste più e che è soprattutto quello cinematografico del genere western e di John Ford in

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Verso il sole

particolare, il regista che più di altri ha fondato il western classico conferendo ad esso una vera e propria epica e
mitologia. Il viaggio dei due protagonisti diventa così il riflesso della frustrante nostalgia del regista per un
mondo reale (la storica migrazione pionieristica verso l'ovest) e ideale (la mitica ricostruzione di questo evento
storico da parte del Cinema) ormai scomparso.

Il film lavora con acuta progressione nella costruzione delle opposte personalità dei personaggi centrali e
nella contrapposizione fra l'inferno metropolitano e il paradiso perduto delle Montagne Rocciose, fra il cui
scenario ricco di risonanze e suggestioni della memoria si svolge lo splendido finale dove il meticcio Blue si
dissolve nel paesaggio come fosse stato una proiezione del fratello di Michael o di lui stesso.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    Storia degli Stati Uniti: la conquista dell'Ovest e lo sterminio degli Indiani d'America.

Geografia    Le Montagne Rocciose: la Monument Valley.

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Come eravamo

Come eravamo

TITOLO ORIGINALE The Way We Were


REGIA Sydney Pollack
SOGGETTO E Arthur Laurents, da un suo romanzo
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Harry Stranding jr. (colori)
MUSICA Marvin Hamlisch
MONTAGGIO Margaret Booth
INTERPRETI Robert Redford, Barbra Streisand
PRODUZIONE Ray Stark per Columbia/Warner Bros.
DURATA 118'
ORIGINE USA, 1973
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

Guerra fredda, terrore nucleare, Maccartismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Katie e Hubbel frequentano l'Università alla fine degli anni trenta. Lei è ebrea, piuttosto bruttina, e milita nella
gioventù comunista, lui è bello, sportivo e non si occupa di politica. Tra i due sono frequenti i battibecchi, ma
quando Katie intuisce il talento letterario di Hubbel se ne innamora. Finiscono gli studi, scoppia la guerra e i
due si perdono di vista. Si rincontrano a guerra finita e iniziano a convivere. Intanto siamo alla fine degli anni
quaranta e in America inizia una pesante persecuzione anticomunista cui Kate cerca di opporsi. Col tempo la
sua marcata diversità con Hubbel prende il sopravvento e decidono di lasciarsi proprio mentre lei aspetta un
bambino.

TRACCIA TEMATICA
Il film abbraccia un periodo storico che va dagli anni del rooseveltismo sino all'inizio della guerra fredda con in
mezzo la seconda guerra mondiale. Su questo sfondo di grande Storia si inserisce la piccola storia dei
protagonisti e del loro amore reso difficile dalle diverse concezioni della vita che esprimono: Katie, impegnata
politicamente, ritiene fondamentale dedicare la propria esistenza alla causa in cui crede e sollecita Hubbel a

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Come eravamo

valorizzare al massimo il proprio talento letterario, mostrando insofferenza nei confronti delle sue amicizie frivole
e altolocate; Hubbel invece non ha precise convinzioni politiche, se non una generica inclinazione democratico-
progressista, e vorrebbe che la sua compagna vivesse con meno serietà ed esclusivismo la propria fede politica
dedicandosi un po' di più, come lui, ai piaceri della vita.

Il regista non prende posizione né per l'una, né per l'altro limitandosi ad evidenziare le profonde differenze
caratteriali che minano alla radice il loro rapporto e suggerendo l'idea di una sostanziale incompletezza di
entrambi.

Preme forse di più a Pollack rievocare gli anni bui del maccartismo in un momento (siamo negli anni settanta) in
cui il Cinema americano si volgeva al passato con occhi critici per denunciare i limiti di democrazia della società
statunitense.

VALUTAZIONE CRITICA
La vita di questo film non è stata delle più facili, avendo imposto la produzione tagli per circa 45 minuti, che
suscitarono così le proteste di Pollack, che si vide eliminare soprattutto le parti maggiormente dedicate ai
riferimenti politici.

Va però detto che Come eravamo (forse anche a causa di questa forzata manipolazione) denuncia un certo
squilibrio narrativo, che ne inficia in parte la fluidità e compattezza determinando un senso di scarsa
armonizzazione tra la dimensione storico-politica e quella sentimentale e tra queste e l'ispirazione nostalgico-
crepuscolare e le accensioni melodrammatiche che attraversano parecchi momenti del film. Si direbbe insomma
che il regista abbia voluto muoversi su tanti registri diversi senza riuscire ad amalgamarli in modo
convincente.

Piuttosto riuscito invece il tratteggio psicologico dei protagonisti e la gestione espressionista


dell'illuminazione e del colore, morbido e leggermente sfuocato negli anni dell'Università, più corposo e realistico
nel periodo del dopoguerra.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) Gli anni di Roosevelt e del New Deal. B) Gli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale. C) Gli anni del
Maccartismo e le sue conseguenze sul mondo del Cinema americano.

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Guardia del corpo

Guardia del corpo


TITOLO ORIGINALE The Bodyguard
REGIA Mick Jackson
SOGGETTO E Lawrence Kasdan
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Andrew Dunn (colori)
MUSICA Alan Silvestri
MONTAGGIO Ladd Skinner
INTERPRETI Kevin Costner, Whitney Houston
PRODUZIONE Lawrence, Jim Wilson, Kevin Costner per la Tig Production in associazione con
la Kasdan Pictures
DURATA 129'
ORIGINE USA, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Il gorilla Frank Farmer viene ingaggiato per proteggere la cantante di colore Rachel Marron da un maniaco
che la minaccia. Dopo un periodo di litigi e incomprensioni i due si innamorano. Alla fine Frank riesce ad
eliminare il maniaco e così la sua presenza non è più necessaria. A Frank e Rachel non resta che separarsi.

TRACCIA TEMATICA
La diversità tra i due protagonisti non si pone tanto in termini razziali, quanto professionali e di status
sociale. Rachel è una cantante di successo, ricca e famosa, Frank una guardia del corpo anonima, il cui cognome,
Farmer, sembra alludere a modeste origini contadine e quindi rimarcare ulteriormente la distanza esistente tra i
due. Per lui innamorarsi della donna che deve proteggere è una complicazione, un imprevisto che interferisce
con la fredda determinazione che la sua professione richiede.

Se l'abbraccio tra i due all'aeroporto potrebbe lasciare qualche dubbio sull'esito del loro rapporto, la sequenza
finale li separa invece in modo definitivo, consegnando Rachel alle luci della ribalta e Frank al suo ruolo di uomo
destinato a rimanere dietro le quinte.

VALUTAZIONE CRITICA
Guardia del corpo è quello che si dice un prodotto sicuro, confezionato per imporsi sul mercato: in questo
senso non gioca tanto sulla storia, piuttosto banale e convenzionale, quanto sulla presenza della rockstar Whitney
Huston, per la prima volta sugli schermi, e del divo Kevin Kostner, all'epoca all'apice del successo dopo il trionfo

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Guardia del corpo

di Balla coi lupi. Un'operazione, insomma, scopertamente commerciale, che tuttavia sa offrire qualche momento
di buon Cinema, come le riprese delle canzoni della Houston e la suspense delle scene d'azione che impegnano
Frank alla caccia del maniaco.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione musicale   Le canzoni di Whitney Houston.

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Viaggio della sposa

Il viaggio della sposa


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Sergio Rubini
SOGGETTO Umberto Marino, Sergio Rubini
SCENEGGIATURA Umberto Marino, Filippo Ascione, Raffaele Nigro, Sergio Rubini
FOTOGRAFIA Italo Petraccione (colori)
MONTAGGIO Angelo Nicolini
MUSICA Germano Mazzocchetti
INTERPRETI Sergio Rubini, Giovanna Mezzogiorno, Umberto Orsini
PRODUZIONE Vittorio e Rita Cecchi Gori, Luciano Luna per Tiger Cinematografica/Thunder
Film
DURATA 104'
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro /Diversità/Uomo e Società

Seicento

Cinema e Storia

TRAMA
Nella Puglia della prima metà del Seicento, Porzia Maria Colonna lascia il convento nel quale ha vissuto per
raggiungere il suo promesso sposo, un potente signore feudale. Il viaggio si presenta molto pericoloso e infatti i
briganti che infestano la zona sterminano l'intera scorta. Si salva solo Porzia insieme allo stalliere Bartolo, un
popolano rozzo ed ignorante, ma ansioso di apprendere. Dopo i primi litigi e tante avventure e disavventure tra i
due sboccia l'amore.

TRACCIA TEMATICA
I due protagonisti si completano a vicenda: Porzia è colta, ma assolutamente incapace di fronteggiare la minima
emergenza, Bartolo è ignorante, ma dotato di grande esperienza e senso pratico. Alla fine la conoscenza reciproca
determina un miglioramento d'entrambi.

Il film propone un quadro fosco e inquietante del Seicento come età di miseria, pestilenze, soprusi e di abissali
differenze sociali. In un contesto così cupo il personaggio di Bartolo incarna l'unica possibilità di redenzione:
quello della cultura e della conoscenza.

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Viaggio della sposa

VALUTAZIONE CRITICA
Rubini ci ripropone, ambientandola secoli prima, la stessa situazione della sua prova d'esordio La stazione:
l'incontro tra un giovane semplice e incolto, ma autentico e immediato e una ragazza bene destinata ad un
matrimonio infelice, che è poi lo schema classico della commedia cinematografica hollywoodiana, qui però
privato del lieto fine.

I meriti del film vanno ricercati, più che nell'intreccio , piuttosto scontato, nel brioso ritmo narrativo, nella
creazione di un impasto dialettale, forse poco credibile filologicamente, ma certamente efficace nell'esprimere
la lingua degli umili e infine nella ricostruzione ambientale, lontana da ogni manierismo calligrafico e attenta
a restituire tramite l'attenzione al particolare un Seicento antropologicamente concreto e attendibile.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    Il Seicento: un secolo di crisi e decadenza?

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Jungle Fever

Jungle Fever
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Spike Lee
SOGGETTO E Spike Lee
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ernest Dickerson (colori)
MUSICA Terence Blanchard
MONTAGGIO Sam Pollard
INTERPRETI Wesley Snipes, Annabella Sciorra, Spike Lee, Ossie Davis, Ruby Dee, Samuel L.
Jackson, Anthony Quinn, John Turturro
PRODUZIONE Forty Acres and a Mule Production (Spike Lee)
DURATA 120'
ORIGINE USA, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Afroamericani

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

Amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Flipper Purify è un architetto di colore, capace ed intraprendente. Sposato con una figlia, appartiene alla
benestante borghesia nera. Angela Tucci, bianca di origini italiane, proviene da un ceto inferiore a quello di
Flipper. Assunta, quest'ultima, come segretaria di Flipper, ne diventa amante. Quando la moglie di lui e la
famiglia di lei vengono a sapere della relazione cacciano di casa i due adulteri, che vanno a vivere insieme. Non
solo le rispettive famiglie, ma anche le comunità d'appartenenza non accettano questo rapporto interetnico e per
Flipper ed Angela diventa sempre più problematica e difficile la convivenza.

TRACCIA TEMATICA
Jungle Fever è la storia, amara e dolorosa, del fallimento di una relazione d'amore interetnica a causa del
disagio psicologico derivante da un rapporto così scandalosamente anomalo. E' soprattutto il colto ed
emancipato Flipper che riconosce di aver ceduto ad una semplice attrazione sessuale nei confronti di una bianca e
di non poter accettare l'idea di avere un figlio mulatto; prende cioè atto della propria difficoltà ad affrancarsi dal
pregiudizio razzista, laddove la sensibile ed intelligente Angela aveva aderito con più autentico e sincero trasporto
al loro storia d'amore.

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Jungle Fever

Le sovrastrutture mentali razziste condizionano pesantemente gli ambienti di provenienza dei due
protagonisti, dove l'intolleranza verso il diverso (intrisa dei più gretti e volgari luoghi comuni) appare con tutta
evidenza il canale di sfogo di frustrazioni accumulate altrove (eloquente in proposito il meschino scambio di accuse
tra italo-americani nel negozio di Paulie) e il supporto di un arcaico privilegio patriarcale (i padri di Angela e di
Paulie che sfruttano i figli).

Sullo sfondo il problema della tossicodipendenza e del disfacimento fisico e morale da essa provocato nei
quartieri neri di New York. Flipper vive questo dramma con un senso di impotente angoscia, che sfocia nel suo
disperato urlo finale.

Il film è dedicato a Yussef Hawkins (la cui foto appare prima dei titoli di testa), un giovane nero ucciso nel
quartiere italo-americano perché erroneamente sospettato di andare a trovare una bianca.

VALUTAZIONE CRITICA
Come sempre il Cinema di Lee ha il suo punto di forza nella capacità di inserire i percorsi esistenziali
individuali in un multiforme contesto collettivo, di cui il regista sottolinea con vigore ed efficacia le aberrazioni
mentali e comportamentali destinate a confluire nella deriva razzista. Il film, insomma, costituisce una lucida
riflessione antropologica sulle radici psicopatologiche del razzismo, interpretato come alibi e pretesto dietro cui
si nascondono contraddizioni che hanno altrove la loro genesi.

Diventa così prezioso il lavoro che Lee compie sul retroterra familiare dei protagonisti, per indagarne
relazioni, linguaggi, punti di tensione (dei quali coglie puntualmente le analogie trasversali alle diverse
appartenenze etniche), ponendo pure grande attenzione alla caratterizzazione degli ambienti, degli abbigliamenti e
delle musiche (sempre collegate all'etnia di appartenenza: Wonder e Jackson per i neri e Frank Sinatra per i
bianchi). Di grande acutezza, poi, risultano alcune scelte formali, come quella di avvolgere nella penombra i
volti di Flipper e di Angela in modo che non si distingua più il colore della pelle quando sono sul punto di fare
l'amore per la prima volta, a sottolineare come nella dimensione del desiderio scompaiano le differenze razziali o
come la loro dimora lasciata spoglia, simbolo della difficoltà ad uscire dal senso di precarietà che caratterizza il
loro rapporto.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     New York: una città multietnica.

Storia    La formazione della società multietnica statunitense.

Educazione musicale     Le canzoni non originali della colonna sonora.

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Canzone di Carla

La canzone di Carla
TITOLO ORIGINALE Carla's Song
REGIA Ken Loach
SOGGETTO Ken Loach
SCENEGGIATURA Paul Laverty
FOTOGRAFIA Barry Acroyd (colori)
MONTAGGIO Jonathan Morris
MUSICA George Fenton
INTERPRETI Robert Carlyle, Oyanka Cabezas
PRODUZIONE Sally Hibbin per Parallax Pict./Road Movies Dritte Produktionen/Tornasol
Films S.A.
DURATA 127'
ORIGINE Gran Bretagna/Germania/Spagna, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/ Uomo e Società

I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

 
TRAMA
Glasgow, anni'80. George, un autista di autobus, aiuta Carla, una giovane profuga nicaraguense trovata senza
biglietto, a scappare. Qualche giorno dopo la rincontra e se ne innamora: partirà con lei per il Nicaragua. Qui,
mentre imperversa la guerra civile fra Sandinisti e Contras, Carla ritrova Antonio, un innamorato che le inviava
testi di canzone e che si trova immobilizzato a letto per le torture inflittegli. George capisce quanto profondo sia
il legame tra i due e decide di far ritorno in Gran Bretagna.

 
TRACCIA TEMATICA
Un'autista indisciplinato ed irrequieto incontra una profuga intristita dalla lontananza dal suo paese: in fondo
anche George è un esule in patria, incapace di inserirsi in una realtà che avverte ostile ed alla quale è a sua volta

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Canzone di Carla

ostile. Il personaggio di Carla sembra incarnare la sua ansia di evasione e costituire una risposta alla sua
insoddisfazione. Lo stesso viaggio in Nicaragua (paese così diverso dalla Scozia) va inquadrato in quest'ottica, in
cui il richiamo della diversità assume la dimensione dell'esotismo (in questo rifacendosi a un tradizionale filone
della cultura britannica).

Alla fine George misura tutta la distanza che lo separa da Carla e intuisce la propria estraneità nei confronti di
un mondo e di una guerra che non gli appartengono.

VALUTAZIONE CRITICA
Ken Loach è il più importante regista politico inglese, ma è pure un autore in grado di sondare come pochi i
risvolti e le sfumature di un rapporto sentimentale, cosa che fa in questo film , dove la politica rimane sullo
sfondo.

Più che Carla, personaggio che rimane piuttosto astratto, e la guerra in Nicaragua, su cui nulla si dice che già non
si sapesse, il vero e solo protagonista è George insieme alla sua città Glasgow, il cui grigiore e squallore
costituiscono uno scenario ideale per la sua nevrosi. E il film trova senz'altro i suoi momenti migliori quando si
cala nelle strade affollate e nei pub fumosi e proletari della metropoli scozzese fino alla splendida sequenza in
plein air della fuga al lago.

Nella parte latino-americana, invece, si assiste ad un calo di intensità e ispirazione, quasi che il regista fosse
vittima dello stesso spaesamento che colpisce il suo personaggio George.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   La rivoluzione sandinista e la guerra civile in Nicaragua.

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Stazione

La stazione
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Sergio Rubini
SOGGETTO Dall'omonima commedia di Umberto Marino
SCENEGGIATURA Umberto Marino, Gianfranco Ascione, Sergio Rubini
FOTOGRAFIA Alessio Gelsini (colori)
MONTAGGIO Angelo Nicolini
MUSICA
INTERPRETI Sergio Rubini, Margherita Buy, Ennio Fantastichini
PRODUZIONE Fandango Srl
DURATA 92'
ORIGINE Italia, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Domenico è il pignolo e metodico capostazione di un piccolo paese pugliese. Durante una notte di pioggia si
presenta alla stazione Flavia, una bella ragazza che ha appena lasciato il rozzo fidanzato Danilo, di cui ha
scoperto l'interessato opportunismo. Quando Danilo giunge alla stazione tenta di trascinare violentemente con
sé Flavia, ma incontra la decisa opposizione di Domenico. Tra quest'ultimo e la ragazza è nato intanto un
tenero sentimento.

TRACCIA TEMATICA
Domenico esprime una dimensione esistenziale modesta ed appartata, caratterizzata da un'umanità ingenua e
spontanea, simbolo di un'Italia provinciale e paesana, ma dai saldi principi morali. Flavia è un rampollo della
ricca borghesia che grazie all'incontro con Domenico acquista coscienza della vacuità ed inautenticità del mondo
cui appartiene. Il carattere schietto e i modi timidi e discreti del capostazione attraggono la giovane, stanca della
volgarità e brutalità del fidanzato, mentre la sua raffinatezza di modi e la sua tenera fragilità conquistano il
sensibile Domenico. Il loro è destinato ad essere un breve incontro senza futuro, troppa è la distanza che li
separa. Flavia va incontro ad un futuro di infelicità e insoddisfazione, mentre Domenico, con ogni probabilità,
passerà il resto della propria esistenza in stazione. La felicità intravista per un attimo si allontana subito.

Danilo rappresenta il rampantismo cinico ed immorale del cosiddetto yuppismo degli anni Ottanta, che proprio al
momento della realizzazione del film cominciava ad entrare in crisi.

VALUTAZIONE CRITICA

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Stazione

Ben interpretato da tre bravi attori e felicemente diretto da un Sergio Rubini (qui alla sua prova d'esordio) in
stato di grazia, che costruisce un film in perfetto equilibrio tra la commedia e il thriller, saldando con sapienza
l'origine teatrale del soggetto con le possibilità linguistiche del Cinema.

Il rumore della pioggia, che fa da ininterrotto sfondo sonoro, accentua la claustrofilia dell'ambientazione:
l'interno della stazione diventa spazio protetto dalla malvagità del mondo esterno.

Di grande suspense la sequenza della lotta fra Domenico e Danilo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano    I rapporti tra il linguaggio teatrale e quello cinematografico.

Storia   Approfondimento del termine yuppismo nel contesto sociale degli anni ottanta.

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Uomo che sussurrava ai cavalli

L'uomo che sussurrava ai cavalli


TITOLO ORIGINALE The Horse Whisperer

REGIA Robert Redford

SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Nicholas Evans

SCENEGGIATURA Eric Roth, Richard LaGravanese

FOTOGRAFIA Robert Richardson (colori)

MONTAGGIO Tom Rolf, Freeman Davies, Hank Corwin

MUSICA Thomas Newman

INTERPRETI Robert Redford, Kristin Scott Thomas, Sam Neill, Dianne West

PRODUZIONE Robert Redford,, Patrick Markey per Wilwood Enterprises

DURATA 169'

ORIGINE USA, 1998

REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli

INDICAZIONE Triennio

PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm145.htm[12/07/2017 19:06:34]
Uomo che sussurrava ai cavalli

TRAMA
Grace, figlia di una ricca coppia di professionisti, rimane vittima di un grave incidente con il suo cavallo
Pilgrim. Subirà l'amputazione di una gamba, mentre l'animale ne esce semiimpazzito e deturpato. La madre di
Grace, Annie, lanciata direttrice di una rivista di successo, di fronte alla depressione in cui precipita la figlia si
convince che solo il recupero del cavallo potrà ridare a Grace il gusto per la vita. Si decide così a passare un
lungo periodo di tempo insieme a Grace presso la fattoria di Tom, un allevatore del Montana esperto di cavalli.
Mentre Tom si prende cura di Pilgrim e gradatamente lo guarisce, tra lui e Annie nasce l'amore. L'arrivo di suo
marito la mette nelle condizioni di dover scegliere e alla fine torna in città con la propria famiglia.

TRACCIA TEMATICA
La contrapposizione fra due mondi non poteva essere più netta: da una parte Annie, con la sua alienante e
logorante attività giornalistica a suon di telefonino, dall'altra Tom, totalmente immerso in un'appagante rapporto
con una natura incontaminata. Vivendo a fianco del farmer la donna in carriera acquisisce la consapevolezza
dell'inautenticità del suo precedente stile di vita e di quanto si fosse allontanata dai propri doveri familiari.

Smussate le durezze del carattere e addolcita dalla rasserenante atmosfera domestica della fattoria di Tom, Annie
fa innamorare di sè quest'ultimo, che a sua volta intuisce quanto la sua esistenza, pur realizzata per molti
aspetti, sia carente dal punto di vista affettivo.

La scelta finale di Annie è certamente dolorosa, ma il ritorno in famiglia consegna a marito e figlia una donna
certamente più matura e riappacificata con se stessa.

VALUTAZIONE CRITICA
Robert Redford, attore-regista liberal-ecologista che si batte da anni in difesa della natura e dei diritti delle
minoranze indiane d'America, ha realizzato il film forse più vicino alla sua sensibilità: L'uomo che sussurrava
ai cavalli è soprattutto una grande dichiarazione d'amore verso lo splendido paesaggio naturale del Vermont
(le critiche di chi ha liquidato il film come un patinato manifesto turistico non hanno colto il sincero trasporto con
cui il regista ha cercato di comunicare il senso di un Eden perduto).

Redford si rivela inoltre capace di rendere con misura e verosimiglianza psicologica il dramma sentimentale
dei protagonisti, in particolare nella struggente sequenza del ballo e della partenza finale, dove la lacerante
sofferenza per l'imminente distacco trova nel silenzio degli sguardi un'eloquenza più efficace di qualunque parola.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     L'ambiente del Vermont e i parchi naturali negli USA.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm145.htm[12/07/2017 19:06:34]
Mondo senza pietà

Un mondo senza pietà


TITOLO ORIGINALE Un monde sans pitié
REGIA Eric Rochant
SCENEGGIATURA Eric Rochant
FOTOGRAFIA Pierre Novion (colori)
MONTAGGIO Michèle Darmon
MUSICA Gérard Torikian
INTERPRETI Hippolyte Girardot, Mireille Perrier
PRODUZIONE Alain Rocca per Les Production Lazennec
DURATA 85'
ORIGINE Francia, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Hippo è uno sbandato che vive alla giornata, facendosi mantenere dal fratello minore piccolo spacciatore.
Quando incontra Nathalie, un'interprete in carriera, volitiva ed ambiziosa, ne è attratto e tra i due inizia un
legame precario e difficile, ma all'insegna di un amore tenero e sincero. Quando Nathalie vince una borsa di
studio negli Stati Uniti, Hippo non la segue, non volendo rinunciare alla sua esistenza randagia e anarchica.

TRACCIA TEMATICA
Hippo rappresenta il rifiuto di ogni progetto e ambizione, dell' integrazione in una società dominata dalla
smania di successo e dal principio di prestazione.

Solo l'amore costituisce per lui una motivazione forte per tornare ad appassionarsi alla vita ed uscire dal suo
torpore. Egli potrebbe rappresentare il tracollo ideale ed ideologico della generazione post-68.

Nathalie è il suo opposto: ama Hippo, ma non investe totalmente in questo rapporto, non vuole che
interferisca con la sua carriera. In un certo senso si può parlare di un ribaltamento dei tradizionali ruoli
presenti nella coppia.

Il distacco finale risulta doloroso per entrambi, ma anche una scelta inevitabile e necessaria.

VALUTAZIONE CRITICA
Personaggio centrale è Hippo, ben più di una Nathalie tutto sommato piuttosto scialba. Egli nasconde, dietro una

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm091.htm[12/07/2017 19:06:34]
Mondo senza pietà

superficie di cinismo e disincanto, una vena poetica e romantica, da cui scaturiscono i momenti magici del film:
la sequenza dell'accensione delle luci della torre Eiffel prima di tutte, ma anche quella dell'incursione all'ufficio
universitario per avere informazioni su Nathalie.

Affiora pure un'ispirazione di crepuscolare malinconia, quando Hippo guarda alla televisione con assorta
tristezza immagini rievocanti le manifestazioni del maggio parigino del '68 (nostalgia per una stagione di grandi
ideali? Hippo è un orfano della fine delle ideologie?).

Bello, nella lucida consapevolezza di una distanza incolmabile, il finale: con Nathalie se ne fugge per Hippo
l'ultima speranza, in un mondo senza pietà non c'è più spazio per i sogni.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    Il maggio francese del '68.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm091.htm[12/07/2017 19:06:34]
Anima divisa in due

Un'anima divisa in due

TITOLO ORIGINALE Idem


REGIA Silvio Soldini
SOGGETTO E Silvio Soldini, Roberto Tiraboschi
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Luca Bigazzi (colori)
MONTAGGIO Claudio Cormo
MUSICA Giovanni Venosta
INTERPRETI Fabrizio Bentivoglio, Maria Bakò, Felice Andreasi
DURATA 127'
PRODUZIONE Aran s.r.l. /Pic Film/ MOD Film
ORIGINE Italia-Francia, 1992
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione,


società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Pietro, impiegato in un grande magazzino milanese, sorprende una zingara impegnata a rubare. Anziché
denunciarla decide di farne la sua compagna e parte con lei con l'obiettivo di costruirsi un'altra vita. Approdato
ad Ancona da un amico, trova un lavoro per sé e la zingara, la quale però stenta ad adattarsi alle difficoltà della
nuova situazione e alla fine decide di tornare nella propria comunità.

 
TRACCIA TEMATICA
Storia di un fallito tentativo di integrazione e inserimento (la zingara Pibe) e di un altrettanto fallito tentativo
di evasione dall'opprimente quotidianità borghese (Pietro). L'irrequietezza di Pibe non riesce ad adattarsi alle
regole e ai ritmi della società industriale: tra il mondo dei nomadi e la civiltà non è possibile alcun
compromesso. Pietro ha forse più bisogno di Pibe di quanto la zingara di lui e stenta a capire sino in fondo il
dramma vissuto dalla compagna che si è scelto. Nell'uomo il desiderio di rompere con il proprio passato è reale,
anche se un po' velleitario, nella ragazza sembra più dettato dalle circostanze che autenticamente avvertito.

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Anima divisa in due

Come va interpretato il concetto di integrazione? Il film risponde che essa non può significare sradicamento e
allontanamento dalla propria cultura originaria, con conseguente traumatica perdita della propria identità.
Forse va intesa come incontro paritario e reciproco scambio fra diversità serenamente accettate.

VALUTAZIONE CRITICA
Il regista dimostra un'incisiva e penetrante capacità di esplorazione psicologica dei suoi personaggi.

Il film comunica con efficacia nella parte iniziale il senso di alienazione e di oppressione vissuto dal protagonista
maschile in una Milano plumbea e livida, sfondo coerente con il suo frustrante spaesamento.

Nella seconda parte racconta con maggior distacco del graduale venir meno dell'illusione di Pietro di ricostruire per sé e
per Pibe un'esistenza alternativa.

Notevole la valenza simbolica (la modernità che minaccia forti e secolari identità etniche) della sequenza finale.

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La cultura dei Rom.

Italiano    Pregiudizi e intolleranza nei confronti degli zingari; la problematica dell'integrazione.

Filosofia    L'esistenzialismo.

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Estranea tra noi

Un'estranea fra noi

TITOLO ORIGINALE A Stranger Among Us


REGIA Sidney Lumet
SCENEGGIATURA Robert Aurech
FOTOGRAFIA Andrew Bartkowiak (colori)
MONTAGGIO Andrew Mondshein
MUSICA Jerry Block
INTERPRETI Melanie Griffith, Eric Thal
PRODUZIONE Propaganda Films
DURATA 112'
ORIGINE USA, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio/Triennio
PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

 
TRAMA
La poliziotta Emily viene mandata presso la comunità chassidica di New York, una setta ebraica dai costumi
molto rigorosi, per indagare sulla scomparsa di un membro del gruppo. Qui incontra Ariel, il futuro capo della
comunità: è giovane, bello e intelligente ed Emily si innamora contraccambiata di lui. Risolto il caso, però, se ne
torna alla sua vita.

TRACCIA TEMATICA
Emily e Ariel rappresentano due mondi inconciliabili: la donna è immersa nella modernità metropolitana, fatta
di emancipazione femminile, violenza, ritmi di vita frenetici, materialismo ecc.., mentre l'uomo esprime una
tensione fortemente spirituale ed è inserito in una dimensione di vita tradizionalista e conservatrice.

Entrambi hanno qualcosa d'apprendere dall'altro e la loro reciproca attrazione potrebbe simboleggiare la necessità
per ciascuno di noi di confrontarsi con il diverso, di uscire da schemi troppo rigidi di vita e di
comportamento.

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Estranea tra noi

VALUTAZIONE CRITICA
Pur appartenendo al genere giallo, di cui ripropone i cliché più consolidati, il film relega la dimensione poliziesca
sullo sfondo, riducendola a puro pretesto per parlare d'altro e in particolare dell'amore nascente tra i due
protagonisti.

Va detto tuttavia che questa love story risulta abbastanza scontata nel suo procedere e nel suo epilogo, mentre la
parte più interessante finisce per essere quella dedicata alla descrizione della mentalità e dei costumi
chassidici e dei loro riti, un esempio di come anche il Cinema commerciale possa diventare utile strumento di
conoscenza di specificità etnico-religiose ai più sconosciute.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Religione    La religione ebraica e la comunità chassidica.

Geografia   New York: città dalle tante etnie e religioni.

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Witness

Witness-il testimone
TITOLO ORIGINALE Witness
REGIA Peter Weir
SOGGETTO E Earl W. Wallace
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA John Seale (colori)
MONTAGGIO Thom Noble
MUSICA Maurice Jarre
INTERPRETI Harrison Ford, Kelly McGillis
PRODUZIONE Edward S. Feldman e David Bombyk per Paramount
DURATA 112'
ORIGINE USA, 1985
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI L'amore impossibile

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

 
TRAMA
Samuel, un bambino appartenente alla comunità Amish, mentre si trova con la madre Rachel a Baltimora
assiste per caso ad un omicidio, riconoscendo in uno degli assassini un appartenente alle forze di polizia.
L'ispettore Book, che raccoglie la testimonianza del ragazzo alla centrale, la comunica al suo capo senza sapere
che insieme all'autore dell'omicidio anch'egli è coinvolto in un losco giro di droga. Ferito e inseguito dai
poliziotti corrotti, trova rifugio nella comunità Amish dove, dopo l'iniziale diffidenza, viene accolto con simpatia.

TRACCIA TEMATICA
Più che con una persona l'incontro con la diversità avviene sottoforma di inserimento in una comunità dallo
stile di vita totalmente anacronistico: gli Amish, una setta di anabattisti svizzeri che nel 700 emigrarono in
America.

Il protagonista, un poliziotto rotto ad ogni esperienza ed abituato a districarsi in un mondo di sopraffazione e


violenza, viene attratto da usanze e mentalità improntate al pacifismo integrale e al rifiuto del progresso
tecnologico e l'amore nascente per Rachel esprime questa inclinazione. La coscienza di appartenere ad un altro
mondo gli impone tuttavia di lasciare la comunità.

VALUTAZIONE CRITICA
Peter Weir, al suo primo film americano, si adatta alle regole del Cinema spettacolare hollywoodiano rifacendosi a
generi classici quali il thriller e il western con tanto di inevitabile love story. Non rinuncia tuttavia al suo tema

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Witness

prediletto: l'impatto con una dimensione umana e naturale profondamente diversa da quella di provenienza:
e proprio nella descrizione di momenti di vita della comunità anabattista (si pensi al febbrile e gioioso attivismo
degli Amish impegnati nel lavoro) il film trova i momenti più intensi e suggestivi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Religione    Storia dell'Anabattismo.

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Chi non salta

Chi non salta bianco è


TITOLO ORIGINALE White Men Can’t Jump

REGIA Ron Shelton


SOGGETTO E Ron Shelton
SCENEGGIATURA

FOTOGRAFIA Russell Boyd (colori)


MUSICA Bennie Wallace
MONTAGGIO Paul Seydor
INTERPRETI Wesley Snipes, Woody Harrelson
PRODUZIONE Ron Miller, David Lester per la Warner Bros.
DURATA 95’
ORIGINE USA, 1992
REPERIBILITA’ Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Diversità e commedia

Incontro con l’altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Billy è un buon giocatore di pallacanestro che vive di scommesse: si reca nei quartieri neri dove si gioca per
denaro a basket, si finge un principiante, viene invitato a giocare e fa sua la posta beffando gli incauti sfidanti.
Un giorno si imbatte in Sidney, un altro incallito giocatore di colore, e dopo averlo fregato finisce per mettersi
in società con lui, tirando bidoni ai danni di ingenui malcapitati. La ragazza di Billy vorrebbe che il suo uomo
trovasse un’occupazione meno precaria e anche la moglie di Sidney aspira a migliorare lo status della famiglia,
ma i due amici cestisti stentano ad abbandonare i canestri delle periferie con le relative scommesse.

TRACCIA TEMATICA
A ben vedere l’unica vera differenza tra Billy e Sidney è il colore della pelle. Differenza non da poco, se
consideriamo come il primo si approfitta del razzismo innato del secondo per turlupinarlo all’inizio del film.
Imparata la lezione Sidney si mette in società con Billy e insieme sfruttano il loro diverso colore, vera e propria
risorsa per gabbare il prossimo. Il fatto è che i due protagonisti sono profondamente uguali, presi entrambi
dalla passione del gioco e delle scommesse. Billy in particolare sembra posseduto da un demone che lo spinge a
rigiocare subito ciò che ha appena vinto, mettendo a repentaglio anche il proprio legame sentimentale. Sidney
apparentemente è più sbruffone e aggressivo, ma dei due si rivela il più maturo e responsabile.

Chi non salta bianco è sembra essere l’ennesima variazione sul tema dell’amicizia virile (cioè di un legame tra
due uomini che si salda e cementa sulla base di una comune abilità che alimenta la stima reciproca), che può
essere conflittuale e burrascosa, ma che alla fine si dimostra quanto mai solida e duratura.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm027.htm[12/07/2017 19:06:40]
Chi non salta

VALUTAZIONE CRITICA
Chi non salta bianco è accentua quell’elemento centrale della commedia che è il dialogo, portandolo alle
estreme conseguenze di un verbalismo frenetico e debordante, che trova in un aggressivo turpiloquio la
connotazione dominante. Si potrebbe dire che alla violenza fisica del thriller o del cinema d’azione si sostituisca
una violenza verbale nutrita di una pittoresca gergalità che perviene ad un vero e proprio virtuosismo dell'osceno.
Non è un caso che il film termini (come del resto era iniziato) sfumando sull’ennesimo dialogo fluviale tra Billy e
Sidney. Qualcosa di lontano dal giovanilese studentesco (più controllato e studiato) di tante commedie giovanili
anni novanta, per non parlare del linguaggio forbito e allusivo della commedia classica, ma forse più autentico e
vicino a certa creatività linguistica delle nuove generazioni.

Il film di Shelton non è però tutto qua (pur se non sfugge ad un eccesso di compiacimento da sfrenata logorrea),
ma anche nella capacità di saperci catturare con travolgenti momenti di basket di alta spettacolarità, punto
di forza di una pellicola che non sempre riesce a nascondere una certa esilità della struttura narrativa.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione fisica   Il basket da strada nei quartieri delle metropoli americane.

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Chiamami aquila

Chiamami Aquila

TITOLO ORIGINALE Continental Divide


REGIA Michael Apted
SCENEGGIATURA Lawrence Kasdan
FOTOGRAFIA John Bailey (colori)
MUSICA Michael Small
INTERPRETI John Belushi, Blair Brown
PRODUZIONE Bob Larson per An Amblin Production
DURATA 98'
ORIGINE USA, 1982
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Diversità e commedia

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Ernie Souchac, giornalista scomodo e accanito fumatore, deve lasciare in tutta fretta Chicago, dove è
minacciato dalla malavita locale cui ha dato fastidio con i suoi articoli. Il direttore del giornale lo manda sulle
Montagne Rocciose per fare un servizio su Nell Porter, una famosa ornitologa che vive isolata dal mondo. A
contatto con l'ambiente naturale e lontano dalle comodità della civiltà, Ernie entra in una grave crisi di
adattamento, finchè, approfondendo la conoscenza di Nell, si innamora di lei e alla fine tutto si sistema.

TRACCIA TEMATICA
Ernie rappresenta l'uomo totalmente integrato nella cosiddetta civiltà, la metropoli è il suo habitat naturale, la
rinuncia alle abitudini di una vita comoda gli costa molto, salvo poi scoprire che anche la sua amata Chicago può
trasformarsi in una giungla pericolosa.

L'impatto con l'incontaminato, ma impervio, ambiente naturale della Montagne Rocciose è per lui disastroso: in un
certo senso Ernie diventa il simbolo dell'uomo della società tecnologica che, immerso in una realtà
profondamente trasformata dall'uomo, ha perso completamente il contatto con la natura.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film di Apted cerca di sfruttare il grande talento umoristico di John Belushi, in quel momento al culmine della

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Chiamami aquila

fama e che doveva morire proprio poco tempo dopo la fine delle riprese, e indubbiamente l'attore dei Blues
Brothers appare quanto mai in parte nel ruolo del goffo cittadino alle prese con le insidie dell'alta montagna. La sua
sagoma adiposa e il suo aspetto trasandato si adattano perfettamente ad entrare in collisione con l'ecologismo
integralista di Nell. Chiamami Aquila appare insomma il tipico film costruito quasi interamente sulle
caratteristiche dell'attore protagonista.

Va detto anche che la sceneggiatura risulta brillante e briosa, in linea con la grande tradizione della commedia
americana, che ha nell'incontro a lieto fine di caratteri e personalità opposte il luogo narrativo più frequentato.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    L'ambiente naturale delle Montagne Rocciose.

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Ma papà ti manda sola?

Ma papà ti manda sola?


TITOLO ORIGINALE What's up, Doc?
REGIA Peter Bogdanovich
SOGGETTO Peter Bogdanovich
SCENEGGIATURA Buck Henry, David Newman, Robert Benton
FOTOGRAFIA Laszlo Kovacs (colori)
MUSICA Artie Butler
INTERPRETI Barbra Streisand, Ryan O'Neal, Madeline Kahn
PRODUZIONE Peter Bogdanovich Production per Warner Bros.
DURATA 93'
ORIGINE USA, 1972
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Diversità e commedia

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Il compassato musicologo Howard si reca a San Francisco con la petulante fidanzata per vincere una borsa di
studio. Si imbatte però in Judy una ragazza svitata e combinaguai che lo trascina in una serie di travolgenti
peripezie. Alla fine Howard ha perso la borsa di studio e la fidanzata, ma capisce di essersi innamorato di Judy.

TRACCIA TEMATICA
Judy rappresenta un personaggio tipico della commedia americana: l'esuberante ragazza di buona famiglia cui
manca qualche rotella e che innamoratasi di chi possiede un temperamento opposto al suo, lo conquista dopo un
tenace e un po' bizzarro corteggiamento. Si tratta di una specie di scheggia impazzita dell'educazione puritana e
perbenista impartita nelle famiglie della middle-class americana, che esprime un sotterraneo desiderio di
sovversione dell'ordine conformista, una bomba che fa deflagrare le attese e le certezze del quieto vivere.

VALUTAZIONE CRITICA
Ma papà ti manda sola? è soprattutto un omaggio al genere della commedia brillante degli anni trenta, quella
tutta battute e gag divertenti, una via di mezzo tra le comiche del muto e la commedia sofisticata. Bogdanovich,
regista scopertamente cinefilo della Hollywood anni settanta, vi esprime tutto il suo amore per un Cinema del
passato che non esiste più. E come i modelli di riferimento il film sprizza ritmo e vivacità, consacrandosi come
esempio pressoché insuperato di Cinema della nostalgia e della citazione.

Gustoso il pungente omaggio finale al film Love Story, interpretato dallo stesso O'Neal l'anno prima con un grande

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm084.htm[12/07/2017 19:06:41]
Ma papà ti manda sola?

successo di pubblico.

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Romuald e Juliette

Romuald e Juliette
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Coline Serreau
SOGGETTO E Coline Serreau
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Jean-Noel Ferragut (colori)
MONTAGGIO Catherine Renault
INTERPRETI Daniel Auteuil, Firmine Richard
PRODUZIONE Philippe Carcassone, Jean-Louis Piel per Cinea Enicol FR3 Films Production
DURATA 100'
ORIGINE Francia, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Diversità e Commedia

Incontro con l'altro/Diversità/Uomo e Società

TRAMA
Un affermato dirigente industriale parigino è travolto dal complotto ordito ai suoi danni da alcuni colleghi del
consiglio di amministrazione. Per sua fortuna la donna delle pulizie dell'azienda, una quarantenne di colore con
cinque figli avuti da cinque diversi uomini, scopre tutto e lo aiuta a sgominare i suoi nemici e a riprendere il
potere perduto. L'esperienza vissuta ha messo però l'uomo di fronte alla vacuità della propria esistenza e così
decide di sposare la donna delle pulizie.

TRACCIA TEMATICA
L'assunto di fondo è vecchio quanto il mondo: i soldi non danno la felicità, anzi a volte ci condannano ad una
vita inautentica ed alienante.

Una volta però che, come il protagonista, siamo riusciti a trovare la compagna giusta bisogna riconoscere che
nemmeno la povertà dà la felicità e allora meglio lasciare un minuscolo appartamento per stabilirsi in una bella
villa di campagna per vivere felici e contenti.

Ma la vera morale non è questa: il film vuole essere una favola moderna, ispirata al classico modello di
Cenerentola, che invita alla contaminazione interrazziale nella Francia del Fronte nazionale di Le Pen.

Romuald e Juliette non pretende di essere preso sul serio, ma va considerato come una fantasticheria utopica e
ironica su una società senza più razzismo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm118.htm[12/07/2017 19:06:41]
Romuald e Juliette

VALUTAZIONE CRITICA
Romuald e Juliette appartiene decisamente al genere della commedia, di cui porta alle estreme conseguenze una
sua caratteristica fondamentale, l'improbabilità sul piano della verosimiglianza: non siamo completamente nel
territorio della fiaba, ma il modello alla fine è proprio quello. Quel che conta del resto anche in questo caso è la
morale.

Al di là dell'esito scontato della storia, il film ha il grande merito di evitare toni predicatori e didascalici, non
prendendosi troppo sul serio e sostenendosi con una dose di leggerezza ed autoironia tale da renderci tutto
accettabile, a cominciare dalla coraggiosa scelta di assegnare alla mascolina e brutta Firmine Richard il ruolo della
Cenerentola che fa innamorare di sè il bel Daniel Auteuil. A Hollywood avrebbero messo Naomi Campbell o Julia
Roberts colorata di nero.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    La società multietnica nell'Europa di oggi.

Economia    Le società per azioni e la Borsa.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm118.htm[12/07/2017 19:06:41]
Frances

Frances
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Graeme Clifford
SOGGETTO E Eric Bergren, Christopher Devore, Nicholas Kazan
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Laszlo Kovacs (colori)
MUSICA John Barry
MONTAGGIO John Wright
INTERPRETI Jessica Lange, Kim Stanley, Sam Shepard, Bart Burns
PRODUZIONE Jonathan Sanger per Brooksfilms
DURATA 140'
ORIGINE USA, 1982
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Il film racconta la storia di un'attrice realmente esistita, Frances Farmer. Promettente interprete teatrale,
orientata politicamente a sinistra, ansiosa di misurarsi con testi impegnati socialmente, approda a Hollywood, a
contatto con un ambiente che disprezza e che non la valorizza. Per Frances inizia un'esistenza travagliata e
infelice, segnata dall'alcool e dalla droga. Finisce in prigione, poi in una clinica psichiatrica, infine in un
manicomio-lager. Alla fine viene lobotomizzata e si trasforma in quella persona mansueta e accondiscendente
che nella vita non era mai stata.

TRACCIA TEMATICA
Frances è una donna dalla personalità indipendente e dall'indole anticonformista, insofferente nei confronti
dell'ipocrisia e del perbenismo bigotto che la circonda (fin da ragazza entra in conflitto con la comunità della
sua città sbandierando il proprio ateismo). La sua aspirazione è diventare un'attrice di teatro a contatto con gli
ambienti della intellettualità progressista newyorchese.

Malamente frustrata in questo desiderio, finisce inghiottita dallo stritolante meccanismo dell'industria
cinematografica hollywoodiana, implacabile contro chi non s'adegua alle proprie leggi e ai propri riti. Per la ribelle
Frances si apre il baratro dell'emarginazione e della criminalizzazione.

La famiglia svolge un decisivo ruolo di complicità nel processo di distruzione di Frances. La madre, in
particolare, oppone al bisogno d'affetto della figlia il proprio egoistico sogno di successo mondano per interposta
persona.

La lobotomia diventa il simbolo dell'appiattimento delle coscienze praticata da una società (quella statunitense
degli anni quaranta e cinquanta) formalmente libera, ma in realtà intollerante nei confronti di ogni diversità.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm046.htm[12/07/2017 19:06:46]
Frances

VALUTAZIONE CRITICA
I titoli di testa scorrono su immagini di Frances adolescente che già coltiva il proprio spirito indipendente e vive un
armonico rapporto con la natura e la famiglia (le vigorose bracciate in mare, il rifugio sull'albero, la lettura alla
madre del suo diario), un preludio rasserenante destinato ad essere ben presto contraddetto dalla sequenza
successiva (i suoi concittadini inveiscono contro di lei). Il senso del film è già tutto racchiuso in questo sintetico
inizio.

Frances è completamente schierato dalla parte della protagonista e quindi intriso di sdegno nei confronti di
ambienti e persone che si oppongono alla sua esuberante ansia di indipendenza. Le istituzioni della società
americana vengono sottoposte a critica spietata (le immagini dei presidenti Washington e Roosevelt appaiono
sarcasticamente sullo sfondo mentre il giudice emette la sua sentenza contro Frances, il sistema psichiatrico è
finalizzato alla distruzione della persona, la famiglia è raffigurata come una prigione soffocante, ecc..). Più che
intento a delineare ed approfondire la complessa personalità di Frances (che il film tende a schiacciare su un piano
di ribellismo fine a se stesso), la pellicola di Clifford risulta, insomma, più impegnata sul piano della denuncia delle
ingiustizie compiute nei suoi confronti. Un proponimento comprensibile ed onesto, ma che conferisce al film un
tono un po' uniforme e ripetitivo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     Gli Stati Uniti dalla grande depressione alla fine della seconda guerra mondiale.

Scienze     Elettroshock e lobotomia.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm046.htm[12/07/2017 19:06:46]
Il cerchio

Il Cerchio
TITOLO ORIGINALE Dayereh
REGIA Jafar Pagai
SOGGETTO Jafar Panahi
SCENEGGIATURA Kambozia Partovi
FOTOGRAFIA Bahram Badakhshani (colori)
MONTAGGIO Jafar Panahi
INTERPRETI Fareshteh Sadr Orafai, Maryiam Parvin Almani, Nargess Mamizadeh, Elham
Saboktakin
PRODUZIONE Jafar Panahi per Jafar Panahi Film Production/Mikado/Lumière & Company
DURATA 91’
ORIGINE Iran-Italia, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Individuo e Società

TRAMA
 Teheran, Iran, ai nostri giorni. Alcune donne, appena liberate dopo un periodo di carcere, cercano di affrontare
la nuova realtà. La vita per loro non è facile: una è incinta e così viene respinta dalla famiglia, un’altra cerca
disperatamente di tornare al villaggio natio, ma, non essendo accompagnata da un uomo, non può viaggiare da
sola, un’altra ancora cerca di abbandonare la figlia perché possa trovare una migliore collocazione presso una
nuova famiglia. Alla fine si ritroveranno tutte in carcere.

 
TRACCIA TEMATICA
Il film denuncia la condizione di inferiorità cui le donne sono soggette nelle Repubblica Islamica dell’Iran,
dove l’integralismo religioso e la legge coranica impongono a loro una pesante sottomissione al dominio
maschile. Uno stato di soggezione che le costringe nel ruolo di madri (preferibilmente di maschi, come si
ricava dalla sequenza iniziale del film) e mogli fedeli e che punisce ogni infrazione alla morale comune con
un' umiliante emarginazione.

Il cerchio, che da il titolo al film, allude metaforicamente a due aspetti: a) alla struttura narrativa, incentrata su
di un movimento circolare che vede ogni donna del film lasciare una specie di simbolico testimone 
dell’oppressione subìta al personaggio femminile successivo; b) alla situazione di costrizione reclusiva da cui esse
provengono e alla quale ritornano in base ad una dinamica ancora una volta circolare (l’immagine iniziale di una
porta d’ospedale diventa quella finale della porta del carcere, in una replicazione conclusiva del punto di partenza
che ben suggerisce l’idea di una circolarità senza speranza); c) la figura del cerchio è quella che con più efficacia
richiama la dimensione della costrizione (non a caso nel linguaggio comune si usa il termine di accerchiamento).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm003.htm[12/07/2017 19:06:46]
Il cerchio

Nell’Iran integralista per le donne la separazione fra spazio carcerario e spazio sociale è minimo, se non
impercettibile: è la società iraniana ad essere per loro una prigione a cielo aperto (è significativo che la
pellicola sia stata proibita in patria).

Il fatto che anche nella progredita Europa la condizione femminile non fosse poi tanto differente soltanto un secolo
fa non può non indurre alla riflessione. 

VALUTAZIONE CRITICA
 Il Cerchio (meritato Leone d’Oro alla Mostra di Venezia del 2000) è la dimostrazione della grande vitalità del
cinema iraniano contemporaneo che, come molte cinematografie del Terzo Mondo, riesce ad affrontare i più
drammatici temi dell’attualità civile e sociale con grande forza ed incisività, con pochi mezzi e molte idee (in
questo c’è qualcosa che richiama alla nostra stagione del neorealismo). Panahi gira nelle strade con la macchina
da presa spesso nascosta alla folla, immerge le sue storie nella quotidianità formicolante e chiassosa della capitale
del suo paese, ricavandone storie di intensa umanità e lasciando che siano le cose e i fatti a parlare (non c’è in lui
traccia di retorica ed enfasi e sono banditi gli eccessi drammatici).  

Il regista sembra inseguire secondo un criterio di pura casualità le sue protagoniste nel loro angosciante
peregrinare in un mondo ostile, trasformando lo scenario urbano in un protagonista del film (una specie di
intricato labirinto senza via d’uscita) e trasmettendo alla spettatore un acuto senso di disagio ed
inquietudine, sino alla fulminante conclusione, nella quale l’apparente frammentarietà dello svolgimento
narrativo si risolve nella simbolica sintesi finale che ci mostra un universo femminile umiliato e segregato.

   

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                   A) La rivoluzione islamica del 1979

                                             B) La Repubblica Islamica oggi

Geografia                             L’Iran

Religione                             La religione islamica

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Colore viola, Il

Il colore viola
TITOLO ORIGINALE The Colore Purple
REGIA Steven Spielberg
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Alice Walker
SCENEGGIATURA Menno Meyjes
FOTOGRAFIA Allen Daviau (colori)
MUSICA Quincy Jones
MONTAGGIO Michael Kahn
INTERPRETI Whoopi Goldberg, Akosua Busia, Danny Clover
PRODUZIONE Spielberg-Kennedy-Marshall per la Warner
DURATA 155'
ORIGINE USA, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Umiliate e offese/Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Georgia, 1908-1937. Celie e Nittie sono due sorelle di colore che vivono con un patrigno che abusa della prima,
la maggiore, dalla quale ha avuto due figli da lui affidati ad altre famiglie. Celie è poi costretta ad andare a
vivere con un uomo brutale, da lei chiamato Mister, che la tratta come una sguattera e che nasconde le lettere
che Nittie le invia. Dopo anni di umiliazioni e sofferenze Celie fa la conoscenza di Shug, una cantante diventata
l'amante del Mister. Si tratta di una donna dalla burrascosa vita sentimentale, ma dal carattere forte e
determinato, che aiuta Celie a reagire e a trovare le lettere nascoste di Nittie. Quando quest'ultima, tornata
dall'Africa, si ricongiunge con l'amata sorella, Celie si è ricostruita una nuova vita.

TRACCIA TEMATICA
Il colore viola non è un film sul razzismo (il pestaggio di Sofia resta un episodio piuttosto marginale), bensì sulla
condizione femminile, vista attraverso il percorso di oppressione e riscatto della protagonista Celie. Anche le
altre donne della vicenda incarnano, anche se in misura e in modi diversi, il ruolo di vittima del maschio (non ci
sono uomini positivi nella pellicola di Spielberg). Una condizione di sottomissione che riecheggia la soppressa
schiavitù delle piantagioni (lo sfondo della Georgia del resto è quello del meridione schiavista) e che dimostra la
persistenza dello sfruttamento della donna nella Storia al di là del (presunto) progresso dell'umanità.

Nittie rappresenta la riscoperta delle radici etniche della razza nera, la riappropriazione di un'identità che

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Colore viola, Il

permette l'accesso ad una dimensione di rinnovata dignità e questo nonostante l'Africa che noi vediamo sia quella
immaginata da Celie attraverso le lettere della sorella, cioè un continente mitico filtrato da una fantasia addestrata
dalle letture romanzesche.

In fondo Il colore viola è anche un film sulla risorsa dell'immaginazione (i libri avventurosi di Celie, cui la
sorella ha regalato il bene prezioso della lettura) come strumento per resistere allo squallore di una
quotidianità mortificante

VALUTAZIONE CRITICA
Spielberg esprime un'idea di Cinema tesa a privilegiarne la natura di spettacolo in grado di conquistare le
platee. Due sono gli strumenti di questa progettualità: una storia che produca, tramite immediati processi di
identificazione con personaggi positivi, un quasi ininterrotto coinvolgimento emotivo e un apparato visivo-sonoro
funzionale a questa estrema partecipazione spettatoriale. Il colore viola (non a caso tratto da un romanzo) ha la
complessa e articolata struttura narrativa di una saga ottocentesca (vedi il riferimento all'opera di Dickens) e
un gusto formale ricco di suggestioni figurative del fantastico e dei cartoni animati e cioè di due generi
deputati all'intrattenimento dei bambini e comunque sicuramente popolari. Del resto la schematica
caratterizzazione dei personaggi (buoni e cattivi), l'edificante moralismo (il cattivo Mister che diventa buono, il
pastore che accoglie in chiesa Shug) e l'epilogo fiabesco, con un happy end enfaticamente consolatorio,
confermano questa lettura del Cinema spielberghiano come magico prolungamento dell'infanzia, come
rivalsa della logica della fantasia sulla logica della realtà.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese   Confronto tra il romanzo di Alice Walker e il film.

Storia   La schiavitù negli Stati Uniti e la condizione della gente di colore dopo la sua abolizione.

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segreto di vera drake

Il segreto di Vera Drake


TITOLO ORIGINALE Vera Drake
REGIA Mike Leigh
SOGGETTO  E Mike Leigh
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Dick Pope (colore)
MONTAGGIO Jim Clark
MUSICA Andrew Dickson
INTERPRETI Imelda Staunton, Richard Graham, Eddie Marsan, Anna Keaveney, Alex Kelly,
Daniel Mays
PRODUZIONE Simon Channing-Williams per This Man Folms/Film Council/Studio Canal/The
Inside Track
DURATA 125’
ORIGINE Gran Bretagna-Francia-Nuova Zelanda, 2004
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Umiliate e offese


Condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
 Londra, anni Cinquanta. Vera Drake offre il proprio contributo alla sua famiglia lavorando come cameriera in
ricche case. In forma praticamente gratuita pratica anche aborti per togliere dai pasticci giovani ragazze rimaste
incinta. Nella Gran Bretagna di quel periodo l’aborto è illegale e Vera viene arresta. Dopo aver subito un
processo è condannata al carcere tra il dolore e la costernazione della sua famiglia.

TRACCIA TEMATICA
Nonostante il titolo italiano, Vera Drake non ha nessun segreto, è una donna buona e altruista, di disarmante
ingenuità. Troppo generosa per non soccorrere chi ne ha bisogno, pratica aborti gratuitamente senza rendersi conto
di infrangere la legge (l’interruzione della gravidanza è legale nel Regno Unito dal 1967). Quando viene arrestata
non riesce assolutamente ad acquisire la consapevolezza di aver commesso un reato, la sua coscienza non avverte
nessun senso di colpa: per lei la solidarietà nei confronti di donne in difficoltà costituisce l’unico codice etico
di riferimento.

Di fronte a questa dimensione di limpida umanità si staglia l’insensibile disumanità di una legge distante e
repressiva nel contesto di una società dove le divisione di classe hanno ancora un’enorme incidenza (la
giovane ricca di buona famiglia abortisce clandestinamente in una clinica privata senza conseguenze).

Alla fine del film lo spettatore rimane con la netta sensazione che sia stata commessa una grande ingiustizia
contro una famiglia umile e semplice, che faceva della solidità dei propri legami di amore  il punto di forza della
propria esistenza.  

VALUTAZIONE CRITICA

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segreto di vera drake

 Il segreto di Vera Drake è un ottimo film, che riesce ad attingere ad elevati livelli praticamente in tutti gli
ambiti del linguaggio cinematografico. Di pregevolissima fattura è la ricostruzione d’ambiente, precisa e
puntigliosa, filologicamente perfetta, che ci immerge in una credibilissima  Londra postbellica, fatta di poveri
caseggiati e squallidi cortili, per quanto dignitosi; la fotografia ci propone una tonalità all’insegna di una
realistica cupezza incentrata su di una  dominante grigio-marrone,  che rende oppressivi gli angusti interni
delle abitazioni; la recitazione risulta di straordinario livello (non solo la protagonista si cala con sorprendente
bravura nella personalità del personaggio, ma anche i comprimari comunicano un profondo senso  di autenticità); la
sceneggiatura conferisce il massimo di credibilità e verosimiglianza alle situazioni e infine lo stile secco ed
essenziale della narrazione rifiuta ogni eccesso melodrammatico o caduta in un facile e patetico sentimentalismo
e si tiene distante anche da ogni intento polemico o di denuncia (come l’argomento dell’aborto avrebbe forse
suggerito), privilegiando l’osservazione attenta e rispettosa della sofferente umanità dei propri personaggi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto                                                 La legislazione sull’aborto in Europa

Storia                                                 Il Regno Unito nell’immediato dopoguerra            

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Scelta di Sophie, La

La scelta di Sophie
TITOLO ORIGINALE Sophie's Choice
REGIA Alan J. Pakula
SOGGETTO Dal romanzo di William Styron
SCENEGGIATURA Alan J. Pakula
FOTOGRAFIA Nestor Almendros (colori-bianconero)
MUSICA Brani di musica classica di Mozart, Beethoven, Handel, Mendelssohn, Schumann,
Strauss.
MONTAGGIO Evan Lottman
INTERPRETI Meryl Streep, Kevin Kline, Peter Mac Nicol
PRODUZIONE Keith Barish per ITC Entertainment
DURATA 151'
ORIGINE USA, 1982
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

Dopo l'Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
New York, 1947. Sophie, Nathan e Stingo alloggiano in una pensione. I primi due convivono come amanti nello
stesso appartamento, il terzo occupa da solo una piccola stanza. Sophie, una bella donna di origini polacche, è
reduce dalla tremenda esperienza dei lager nazisti, Nathan, mentalmente instabile, è ebreo ed è ossessionato dal
ricordo dell'olocausto, Stingo proviene dal sonnolento sud e aspira a diventare scrittore. Tra i tre nasce un
sodalizio d'affetto e d'amicizia, ben presto turbato dalle crisi nervose di Nathan. Stingo, innamorato di Sophie,
vorrebbe portarla con sé al suo paese, ma la ragazza gli rivela il tragico segreto che ha impresso su di lei un
trauma indelebile.

TRACCIA TEMATICA
Sophie è lacerata dal conflitto tra rimozione del dramma che ha vissuto e ricordo indelebile delle sofferenze
subite. Idealizza la figura del padre (in realtà un teorico filonazista della soluzione finale), mentendo agli altri e
soprattutto a se stessa, e si affida totalmente al rapporto d'amore con Nathan, sforzandosi di dimenticare la
psicopatologia che lo affligge, ma la memoria della tragedia affiora implacabile. Non riesce a rielaborare il
lutto, subisce l'angoscia della sindrome dei sopravvissuti (un irrisolto senso di colpa per essere scampata al lager),
accentuata dalla terribile scelta cui è stata costretta, e si nega alla possibilità di altre maternità. In lei e nel suo
compagno Nathan si fronteggiano istinto di vita e istinto di morte, con il prevalere finale di quest'ultimo.

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Scelta di Sophie, La

Sophie simboleggia l'umanità debole e innocente ferita dall'apocalisse della guerra e dello sterminio: per essa
nulla potrà più essere come prima, per chi ha visto il volto del demonio, esiste solo il passato, non c'è più il futuro.

VALUTAZIONE CRITICA
Il regista sceglie di collocare lo spettatore nel punto di vista narrativo del giovane Stingo, simbolo di
un'innocenza ignara del baratro da cui il mondo è appena uscito. E' con il suo sguardo stupefatto che noi
andiamo scoprendo la verità su Sophie e Nathan. E' l'America fanciulla e ingenua delle campagne che si misura
con la rivelazione del Male. Anche senza conoscerlo a fondo, di Stingo sappiamo tutto, mentre gli altri due
protagonisti ci appaiono segnati dall'ambiguità e dal mistero quasi sino alla fine.

Sta in questo graduale disvelamento, rigorosamente incentrato sul personaggio del giovane aspirante scrittore, il
punto di forza del film, oltreché nella grande interpretazione di Meryl Streep, che adatta il proprio volto a tutte
le possibili variazioni del dolore e della sofferenza.

Decisamente debole invece l'impianto narrativo, afflitto da un andamento troppo discontinuo e dispersivo, a
causa soprattutto dell'eccessiva lunghezza ed autonomia che assumono i capitoli dedicati ai flashback rievocativi di
Sophie. Sembra quasi di trovarsi di fronte a due diversi film che stentano ad integrarsi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) L'olocausto del popolo ebraico.

               B) L'antisemitismo in Polonia.

               C) La caccia ai colpevoli dello sterminio nell'immediato dopoguerra.

               D) Il processo di Norimberga.

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Ladybird, Ladybird

Ladybird, Ladybird
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ken Loach
SOGGETTO E Ken Loach
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Barry Ackroyd (colori)
MUSICA George Fenton
MONTAGGIO Jonathan Morris
INTERPRETI Crissy Rock, Vladimir Vega
PRODUZIONE Sally Hibbin per Parallax Pictures/Channel Four
DURATA 102'
ORIGINE Gran Bretagna, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Maggie ha quattro figli, ciascuno dei quali avuto da un uomo diverso. Due sono bianchi e due neri. Una sera
incontra al pub Jorge, un rifugiato politico sudamericano, ed inizia con lui una relazione. Un giorno però capita
una disgrazia: mentre Maggie non è in casa, scoppia un incendio nella sua abitazione e uno dei suoi figli
rimane ustionato. A questo punto l'assistenza sociale, ritenendo che la donna non sia una madre affidabile, le
toglie i bambini. Anche i due figli che avrà da Jorge le saranno sottratti. Il film è ispirato ad una storia vera:
all'epoca delle riprese a Maggie erano stati restituiti i figli avuti da Jorge, ma non gli altri.

TRACCIA TEMATICA
Ladybird, Ladybird contrappone l'insensibilità della burocrazia statale al diritto morale (se non legale) di
Maggie di continuare ad essere madre, nonostante le quotidiane difficoltà nel crescere i figli. Per quanto la
preoccupazione delle istituzioni di tutelare i diritti dei minori, garantendo loro un'esistenza dignitosa, sia legittima e
doverosa, resta da chiedersi chi e in base a quali criteri giudica l'idoneità di una madre a svolgere i propri
compiti e se dietro lo zelo dei servizi sociali non si nasconda il pregiudizio nei confronti di chi, come Maggie,
sfugge ai parametri che definiscono la normalità.

Sullo sfondo del dramma di Maggie l'Inghilterra popolare dei nostri giorni, con gli squallidi quartieri proletari,
i pub fumosi, la povertà e gli irrisolti problemi di convivenza multietnica (vien da chiedersi se l'atteggiamento delle
autorità sarebbe stato lo stesso se Jorge non fosse stato un immigrato).

VALUTAZIONE CRITICA

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Ladybird, Ladybird

Ladybird, Ladybird è uno dei film più cupi e struggenti di Loach, regista non certo alieno dal confrontarsi con
la drammaticità che emerge dal vissuto di tante esistenze proletarie dell'Inghilterra contemporanea, ma che in
questa occasione sembra cancellare, insieme ai divertenti tocchi da commedia che spesso alleggeriscono l'aspro
realismo delle sue pellicole, anche ogni segno di speranza.

Il film si concentra sul personaggio di Maggie, cercando di comunicare attraverso l'intensità espressiva dei piani
ravvicinati e dei convulsi movimenti di macchina tutto lo sconvolgimento emozionale che su di lei provoca
l'accanimento delle autorità. Il regista lavora non tanto sullo sviluppo di una trama che si snoda in base a
passaggi narrativi in grado di articolare una storia, ma per accumulo e saturazione: al primo tremendo trauma se
ne aggiunge un altro e poi un altro ancora, in una progressione che potrebbe non aver fine se il film non terminasse.

Anziché i volti avviliti di una classe operaia provata, ma ancora orgogliosamente in piedi, di tanta sua filmografia,
Loach ci consegna la disperazione inconsolabile di una donna sola e umiliata, priva di coscienza politica e di
riferimenti sociali, vittima di un'ingiustizia che sembra provocare indignazione solo in noi spettatori.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     I quartieri popolari delle metropoli inglesi.

Diritto     La legislazione italiana relativa alle adozioni e alla sottrazione dei figli ai genitori.

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Lanterne rosse

Lanterne rosse
TITOLO ORIGINALE Dahong denglong gaogao gua
REGIA Zhang Yimou
SOGGETTO Dal romanzo Qigie chengqun di Su Tong
SCENEGGIATURA Zhang Yimou
FOTOGRAFIA Zhao Fei (colori)
MUSICA Zhao Jiping
MONTAGGIO Qao Jiping, Dong Huamiao
INTERPRETI Gong Li, Ma Jungwu, He Caifei, Cao Qifen, Jin Shuyuan
PRODUZIONE Chiu Fu-Sheng peer Era International (Hong Kong) in associazione con China
Film Co-Production Corporation
DURATA 125'
ORIGINE Hong Kong/Cina, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Cina, anni '20. Songlian lascia la madre per diventare una concubina di un ricco possidente. Sarà la quarta
signora del padrone, che, come si usava nella Cina dell'epoca, può permettersi di avere più donne sotto il suo
tetto. Ben presto Songlian si trova irretita nel clima di rivalità e gelosia che domina nella dimora, dove ciascuna
delle concubine ambisce a diventare la preferita a scapito delle altre. Sempre più sprofondata in questa spietata
lotta per la sopravvivenza finisce per provocare la morte della serva e della terza signora.

TRACCIA TEMATICA
Songlian è vittima di una legge spietata e implacabile, quella che il privilegio della ricchezza imponeva sulle
necessità della povertà nella Cina semifeudale d'inizio novecento. Il padrone non ha volto, perché è il simbolo di
un dominio secolare che sopravvive sempre uguale a se stesso, è più un principio astratto che una persona
concreta, lo stesso contesto storico-sociale è praticamente assente, tanto da collocare la vicenda in una dimensione
quasi atemporale. Più che una precisa ricostruzione di una specifica modalità di oppressione femminile nella Cina
degli anni venti, Lanterne rosse risulta un apologo di valore universale sui complessi rapporti servo-padrone e
sulla conseguente logica di potere che si sprigiona.

Le concubine hanno interiorizzato il loro ruolo di vittime predestinate e lo subiscono con spirito competitivo,
privo di ogni solidarietà e dignità. In questo luogo dannato Songlian vede reciso ogni legame con il passato e si
avvia alla totale perdita di sé nella follia. Quando arriva la nuova concubina noi conosciamo già il destino
implacabile che la inghiottirà.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm063.htm[12/07/2017 19:06:49]
Lanterne rosse

VALUTAZIONE CRITICA
Si può considerare Lanterne rosse una vera e propria tragedia greca. Di essa ripropone il senso di una rovina
incombente cui non ci si può sottrarre e le tre unità classiche. L'unità d'azione: la storia è incentrata sulla
parabola di Songlian; l'unità di luogo: l'intera vicenda è ambientata nel palazzo padronale, i personaggi inoltre
sono costretti in un ristretto spazio claustrofobico dominato da tonalità di colore scure che intensificano l'effetto di
imprigionamento; l'unità di tempo: anche se non c'è una vera continuità (numerose ellissi comprimono in due ore
una durata ben più lunga), si impone una specie di incubo ininterrotto, una progressione drammatica che sembra
annullare ogni salto temporale.

Yimou ha costruito un meccanismo narrativo di geometrica precisione, un capolavoro di grande compattezza


e di raro vigore.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     La condizione femminile nella Cina imperiale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm063.htm[12/07/2017 19:06:49]
Magdalene

Magdalene (*)
TITOLO ORIGINALE The Magdalene Sisters
REGIA Peter Mullan
SOGGETTO E Peter Mullan
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Nigel Willoughby (colori)
MUSICA Craig Armstrong
MONTAGGIO Colin Monie
INTERPRETI Geraldine McEwan, Anne-Marie Duff, Nora-Jane Noone, Dorothy Duffy, Eileen
Walsh
PRODUZIONE Frances Higson per Pfp/Element
DURATA 119’
ORIGINE Gran Bretagna, 2002
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Individuo e Società

(*) Il film è abbinato al documentario Sex in Cold Climate (1995) di Steve Humphries, cui si è ispirata la
sceneggiatura.

TRAMA
Irlanda, 1964-1968. Tre giovani ragazze che per diversi motivi, secondo i parametri della sessuofobica società
irlandese di qualche anno fa, sono considerate colpevoli di comportamento scandaloso vengono rinchiuse in
una comunità religiosa dove ci si dovrebbe purificare lavando panni in una lavanderia. Ben presto esse si
rendono conto di essere finite in un vero e proprio carcere gestito da suore che si rivelano delle sadiche
aguzzine.

TRACCIA TEMATICA
Fondati nell’Ottocento e chiusi soltanto da pochi anni i conventi Magdalene avevano lo scopo di redimere
prostitute e più in generale peccatrici con la preghiera e soprattutto il lavoro (non pagato) in lavanderie che
rendevano cospicui guadagni alle Sorelle della Misericordia che gestivano queste istituzioni.

Attraverso l’itinerario personale di quattro di loro il film intende denunciare il trattamento disumano cui per
quasi un secolo migliaia di giovani malcapitate sono state sottoposte in nome di un malinteso senso di peccato
ed espiazione.

In particolare ci si sofferma sul ruolo di carceriere sadiche e morbose delle suore che gestiscono la Magdalene
House e che mettono in atto una spietata tecnica di annientamento della personalità, tipica di ogni istituzione
totale e concentrazionaria.

Sullo sfondo, come premessa antropologicamente esplicativa, la società irlandese intrisa di un cattolicesimo bigotto,
sessuofobico e farisaico, che umilia la libertà e la dignità della donna.

Premiato con il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 2002, Magdalene ha suscitato la stizzosa
reazione delle gerarchie ecclesiastiche. Non si è capito bene se perché ritenuto non veritiero o perché di certe cose
non bisogna parlare.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2004-05/6framefilm016.htm[12/07/2017 19:06:50]
Magdalene

VALUTAZIONE CRITICA
Assolutamente straordinario l’inizio del film, che racconta, senza l’ausilio di parole, ma con il solo sottofondo
musicale, la violenza di cui è vittima Duff: si tratta di un crescendo drammatico, che segmentato in un montaggio
rapido dominato da primi e primissimi piani comunica allo spettatore il senso dell’inarrestabilità di un
meccanismo implacabile cui partecipa un’intera comunità che si riconosce in una mentalità di natura quasi tribale.
Straziante la sequenza della ragazza-madre (le cui implorazioni echeggiano nel silenzio di una fredda corsia
d’ospedale) cui si sottrae il figlio perchè ritenuta indegna dai genitori. Di grande impatto il momento in cui Duff,
inginocchiata di fronte alla madre superiora recita il Padre Nostro (espressione di una religiosità semplice e
immediata, assai più autentica del fanatico moralismo delle suore). Sono tre delle scene di maggior pregio di un
film che Mullan dirige con grande sapienza narrativa, padroneggiando con assoluta abilità la forte dimensione
emotiva della pellicola, costruita come un vero e proprio thriller, nel quale confluiscono tutte le situazioni
estreme e le atmosfere claustrofobiche tipiche del genere carcerario d’origine americana.

Magdalene è un film crudo e spietato, che non risparmia niente allo spettatore, coinvolgendolo in una specie di
discesa agli inferi che lo prende allo stomaco spingendolo ad una totale identificazione con le protagoniste. Forse
c’è qualche compiacimento di troppo nel mostrare l’abiezione, ma Magdalene è un film necessario e doveroso, che
soprattutto ha il merito di far conoscere al mondo una pagina di crudeltà e persecuzione da tutti ignorata.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Religione                     a. Il cattolicesimo irlandese

                                     b. Le Magdalene Houses

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2004-05/6framefilm016.htm[12/07/2017 19:06:50]
Martha

Martha
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Rainer Werner Fassbinder
SOGGETTO Dal racconto For the Rest of Her Life di Cornell Woolrich
SCENEGGIATURA Rainer Werner Fassbinder
FOTOGRAFIA Michael Ballhaus (colori)
MUSICA Brani d'archivio
INTERPRETI Margit Carstensen, Karlheinz Boehm
PRODUZIONE WDR
DURATA 112'
ORIGINE Germania Federale, 1973
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Martha, rimasta orfana del padre durante una vacanza in Italia, sposa Helmut, un affermato ingegnere di mezza
età, elegante e distinto. Ben presto per Martha la convivenza diventa angosciante: il marito le impone un vero e
proprio regime di reclusione, recidendo ogni rapporto di lei con il mondo esterno. Intanto Martha inizia ad
incontrare di nascosto Kaiser, un suo excollega, e con lui mette in atto un progetto di fuga.

TRACCIA TEMATICA
Martha intende disvelare, tramite un caso limite, la natura sadomasochista del rapporto matrimoniale
secondo Fassbinder. Helmut pretende di fare di Martha una creatura totalmente soggetta a lui sulla base di
un preciso programma educativo finalizzato all'azzeramento dell'indipendenza della donna per farla aderire ad un
modello di moglie ideale che egli concepisce come succube e sottomessa al marito (significativa l'allusione al suo
vampirismo).

Martha è un essere incapace di crearsi uno spazio autonomo di esistenza (passa dall'autorità paterna a quella
maritale), subisce la reclusione che il marito le impone e le sue anormali effusioni e quando finalmente decide di
lasciarlo lo fa affidandosi ancora una volta ad un uomo. Essa è sostanzialmente complice della propria
oppressione, perché accetta il presupposto su cui si regge il matrimonio borghese: il ruolo subordinato al
marito della moglie, angelo del focolare.

Martha scambia come minaccia reale (la sua uccisione da parte del marito), ciò che invece è solo una minaccia
simbolica: non viene eliminata fisicamente, ma si realizza, come esito predeterminato della sua unione
coniugale, il totale annullamento di sé come persona e la trasformazione in pura appendice del marito.
L'immagine che chiude il film esprime con raggelante efficacia il compimento finale del processo di annientamento
della protagonista.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm072.htm[12/07/2017 19:06:50]
Martha

VALUTAZIONE CRITICA
Fassbinder costruisce il film come un teorema (il matrimonio come una confortevole prigione) che cerca di
dimostrare attraverso un percorso narrativo che procede con geometrica precisione verso un epilogo
scontato. Quello del thriller si rivela come una specie di depistaggio, che nasconde la reale natura di melodramma
(dove cioè l'esito tragico della vicenda è scritto dall'inizio) della pellicola.

All'interno di questo percorso obbligato il regista dispone alcuni suoi tipici stilemi: la claustrofobia degli
interni prodotta dall'illuminazione quasi esclusivamente artificiale e dall'arredamento sovrabbondante, il vorticoso
carrello circolare che avvolge i due protagonisti durante l'incontro all'ambasciata come espressione del loro
abbandonarsi alla passione, così come il prevalere successivo di inquadrature fisse ne sottolinea il rapido deperire
in monotoni riti coniugali, la moltiplicazione degli specchi in cui si riflette Martha, quasi ad interrogarsi sulla
propria identità, la recitazione fredda e distaccata di Helmut, più simbolo astratto dell'autorità maritale che
concreto esser umano.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese     Confronto tra il romanzo di Cornell Woolrich e il film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm072.htm[12/07/2017 19:06:50]
Mobbing

Mi piace lavorare - Mobbing


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesca Comencini
SOGGETTO Assunta Cestaro, Francesca Comencini, Daniele Ranieri
SCENEGGIATURA Francesca Comencini
FOTOGRAFIA Luca Bigazzi (colore)
MUSICA Gianni Coscia, Gianluigi Trovasi
MONTAGGIO Massimo Fiocchi
INTERPRETI Nicoletta Braschi
PRODUZIONE Donatella Botti per Bianca Film
DURATA 89’
ORIGINE Italia, 2004
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Individuo e Società

TRAMA
Anna, impiegata in un’azienda multinazionale, inizia a subire una persecuzione da parte della direzione per
indurla a licenziarsi. Dopo aver subito passivamente per mesi svariate umiliazioni, capisce le reali intenzioni dei
suoi superiori e le denuncia al sindacato.

TRACCIA TEMATICA
Il film racconta una vicenda esemplare di un fenomeno che a quanto pare si sta diffondendo nel mondo del lavoro
dipendente e che viene chiamato mobbing. La scelta degli sceneggiatori è stata quella di avvolgere la vicenda in
un’atmosfera un po’ kafkiana, nel senso di non dare motivazioni alla decisione della direzione aziendale di
indurre Anna a licenziarsi. E questo per comunicare con efficacia l’idea che ciò che sta capitando a lei potrebbe
accadere a chiunque.

Quel che interessa raccontare è da una parte il dramma umano della protagonista (volutamente tratteggiata
come un’impiegata modello, affezionata all’azienda e professionalmente valida e per questo incapace di intuire con
solerzia ciò che si sta macchinando contro di lei) e dall’altra la brutalità del meccanismo che viene attivato, tale
da coinvolgere l’intero personale in un’azione di isolamento della lavoratrice.

Ma il film ci dice che a questa ingiustizia c’è rimedio ed essa sta nel non accettare passivamente la legge del
più forte, facendo valere i propri diritti in sede legale. Resta il trauma del licenziamento e la necessità di trovare
una nuova occupazione, ma si può riacquistare la dignità offesa e il rispetto per se stessi.

VALUTAZIONE CRITICA
Mi piace lavorare si fa apprezzare per lo stile sobrio e stringato con cui sceglie di raccontare la vicenda, che
procede con sequenze brevi che conferiscono al film un andamento di secco sintetismo. Il meccanismo
narrativo messo in atto è quello del crescendo, che per quanto scandito con ritmo lento produce una coinvolgente
sensazione di progressivo soffocamento di Anna, sempre più destabilizzata nelle proprie sicurezze dall’implacabile

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Mobbing

strategia messa in atto dall’azienda, e quello della totale focalizzazione sulla protagonista, che impedisce allo
spettatore, al pari del personaggio, di comprendere le ragioni reali della persecuzione e quindi di vivere con
maggior intensità e immedesimazione il suo dramma.

Meno convincenti, invece, le parti dedicate all’apporto del sindacato, nel senso che il film diventa in queste
circostanze troppo spiegato, e quindi eccessivamente didascalico, laddove la scelta privilegiata era stata quella
dell’assoluta inesplicabilità per Anna di ciò che sta accadendo, quella cioè di una lenta presa di coscienza. 

Buona la recitazione di Nicoletta Braschi per la misura e la credibilità con cui riesce a esprimere tutto
l’attonito disagio interiore che su di lei scatenano le umilianti esperienze di emarginazione cui è sottoposta.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto         La legislazione del lavoro relativa ai licenziamenti e alla pratica                                           del mobbing
nel nostro paese

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persepolis

Persepolis
 
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Marjane Satrapi & Vincent Paronnaud
SCENEGGIATURA Marjane Satrapi & Vincent Paronnaud
SOGGETTO Dall’omonima graphic novel di Marjane Satrapi
MONTAGGIO Stéphane Roche
MUSICA Olivier Berbet
INTERPRETI (Voci) Paola Cortellesi, Licia Maglietta, Sergio Castellitto
PRODUZIONE Xavier Rigualt, Marc-Antoine Robert per 2.4.7. Films
DURATA 95’
ORIGINE Francia-Stati Uniti, 2007
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Umiliate e offese
La condizione femminile/Uomo e Società
 
Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo
Novecento/Cinema e Storia
 
 TRAMA
 
La giovane Marjane Satrapi attraversa i cambiamenti della società iraniana di fine Novecento, assistendo da
bambina ai soprusi ed alle repressioni del governo dello Scià e subendo , una volta cresciuta e diventata
adolescente e poi donna, i rigidi divieti e le umiliazioni che la teocrazia islamica iraniana infligge al sesso
femminile.
 
TRACCIA TEMATICA
 
 La protagonista del film d’animazione è Marjane Satrapi, che è la stessa autrice del fumetto da cui la pellicola è
stata tratta e che vive realmente da anni in esilio in Francia.
Persepolis è un’autobiografia dove le vicende personali della protagonista si intrecciano indissolubilmente
con gli sviluppi della rivoluzione iraniana del 1979, che, se all’inizio aveva suscitato la speranza di una maggior
libertà rispetto agli anni del nefasto autoritarismo dello Scià Reza Palavi, successivamente è andata involvendosi nel
dominio politico dei religiosi e della loro retrograda e illiberale ideologia.
In particolare il regime teocratico iraniano si è accanito contro una concezione moderna e laica della società,
sottoponendo le donne a soffocanti misure di controllo e negando, più in generale, ogni reale forma di pluralismo e
libertà. In questo clima la protagonista ha scelto la via dell’esilio, senza tuttavia riuscire a dimenticare il proprio
paese originario e continuando a provare per esso un senso di struggente nostalgia. La sua stessa attività di
grafica che racconta il mondo che ha lasciato in chiave di critica e di denuncia (suscitando profonda irritazione da
parte delle autorità iraniane) costituisce una forma di resistenza al regime teocratico e di amore per la sua terra.
 
VALUTAZIONE CRITICA
 
 In un periodo in cui il Cinema d’animazione sta sfruttando le nuove frontiere della tecnologia digitale,
imponendosi con spettacolari prodotti di largo consumo (pensiamo alla nuova fase aperta con l’uso del 3D),
Persepolis si muove in direzione opposta riproducendo  in chiave cinematografica la semplicità ed
essenzialità grafica del tratto fumettistico. La scelta del film d’animazione si collega, per altro, anche alla
sempre maggiore difficoltà che i cineasti iraniani incontrano nella realizzazione di film che affrontano tematiche
sgradite al regime.
Il punto di forza del film va ricercato nella rielaborazione fantastica e poetica con cui il materiale realistico

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persepolis

viene trasfigurato, conferendo così ad un prodotto che non può certo nascondere il proprio esplicito intento di
denuncia (si tratta di un film di indiscutibile valenza politica) una leggerezza ed un’ironia solitamente insoliti per
questo tipo di proposta cinematografica (solitamente più seriosa e spesso tarata su un registro di assai maggior
drammaticità). Il fatto è che non ci troviamo di fronte ad un’adesione astratta e solo ideale ad una giusta causa, ma
a pezzi di esistenza autentica, vissuta sulla propria pelle, dolorosa e sofferta (e quindi estremamente vera ed
autentica).   
   
 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 
Storia                                                              a) La rivolta contro lo Scià
                                                                        b) La rivoluzione iraniana del 1979
Geografia                                                       La Persia

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agorà

Philomena
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Stephen Frears
SOGGETTO E Dal libro omonimo di Martin Sixsmith
SCENEGGIATURA
Steve Coogan, Jeff Pope
FOTOGRAFIA Robbie Ryan
MONTAGGIO Valerio Bonelli
MUSICA Alexandre Desplat
INTERPRETI Judi Dench (Philomena Lee), Steve Coogan Martin Sixsmith), Sophie Kennedy
Clark (Philomena da giovane)
PRODUZIONE Gabrielle Tana, Steve Coogan, Tracy Seaward per Pathé/Magnolia Mae
Films/BBC Films/Baby Cow Productions/British Film Institute
DURATA 98'
ORIGINE Gran Bretagna-Stati Uniti-Francia, 2013
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Umiliate e offese  


La condizione femminile /Uomo e società
 

  

TRAMA
Philomena Lee confida a sua figlia che, in Irlanda, 50 anni prima, molto giovane, ha concepito
un bambino, che ha poi partorito nel convento al quale era stata data in affidamento e dove si
troverà costretta in uno stato di segregazione e prigionia, che la porterà fino alla privazione del
figlio, dato in adozione.

La figlia di Philomena convince il giornalista Martin Sixsmith ad aiutare la madre nella ricerca
del figlio perduto tanti anni prima. Insieme a Philomena Martin parte per gli Stati Uniti, dove il
figlio della donna era stato portato dalla famiglia d’adozione.
 

TRACCIA TEMATICA
Sino a non tanti anni fa la chiesa irlandese esprimeva un cattolicesimo repressivo e
sessuofobo, che costringeva le ragazze-madri ripudiate dalle famiglie alla reclusione in conventi-
prigioni (le tristemente famose “Case Magdalene”, intitolate alla peccatrice per eccellenza
dell’immaginario cattolico) per far loro scontare la colpa di cui si erano macchiate. Nonostante
l’ingiustizia subita, Philomena conserva una genuina fede religiosa, temprata dalle rinunce e
dalle sofferenze di tutta una vita, aliena da ogni spirito di vendetta ed incline ad un sincero
perdono. Le si  si contrappone lo scettico Martin, che passa dall’iniziale freddezza ad un
autentico affetto.  Quest’ultimo accetta di affrontare la ricerca del figlio di Philomena, come
una specie di ripiego,  sperando di risollevare la propria immagine professionale grazie ad uno

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agorà

scoop giornalistico, ma il rapporto con l’anziana donna, portatrice di un’umanità ingenua ed


elementare, lo coinvolge nel profondo facendogli abbandonare l’iniziale distacco e
coinvolgendolo emotivamente.  
 

VALUTAZIONE CRITICA
“Philomena” è un film di ottima fattura, che trova il suo punto di forza in una sceneggiatura
ben scritta, in grado di offrirci dialoghi intensi e di delineare le psicologie dei personaggi con
verosimiglianza ed acutezza di introspezione, riuscendo a mantenere la giusta distanza emotiva
da una materia incandescente. Lo sviluppo narrativo non sfugge mai ad un’attenta
calibratura e il film si mantiene mirabilmente in equilibrio fra il registro drammatico e quello
più leggero da commedia, controllando ogni eccessivo sconfinamento in un senso o nell’altro (e
questo maneggiando una vicenda che per la sua natura si prestava a calcare la mano sia in chiave
patetico-sentimentale, sia in chiave di denuncia morale). Lo stile narrativo (all’insegna di un
classicismo scevro da ogni invenzione ed originalità) risulta fluido ed essenziale, senza
lungaggini o semplificazioni.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua e letteratura inglese        Il libro da cui è tratto il film.

Religione                                     Il cattolicesimo irlandese e le “Case Magdalene”.

Diritto                                          La legislazione italiana sulle adozioni.

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Punto di rottura

Punto di rottura
TITOLO ORIGINALE Break up
REGIA Paul Marcus
SOGGETTO E Anne Amanda Opotowsky
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Hubert Taczanowski
MUSICA Kevin Laffey
INTERPRETI Bridget Fonda, Kiefer Sutherland, Steven Weber, Penelope Ann-Miller
PRODUZIONE A Water Street Pictures per Millenium Films
DURATA 95'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Jimmy è sposata a Frank, ma il suo non è un matrimonio felice: il marito non fa che picchiarla brutalmente e
tradirla, finché, dopo l'ennesimo pestaggio, la donna sviene, risvegliandosi all'ospedale sorda. Qualche giorno
dopo viene ritrovato un corpo carbonizzato nell'auto del marito e la polizia sospetta che sia il cadavere di Frank
e che questo sia stato ucciso da Jimmy. Questa fugge dall'ospedale, ma Frank non è morto e ben presto si mette
sulle tracce della moglie con intenzioni minacciose.

TRACCIA TEMATICA
Il destino di indesiderata di Jimmy si direbbe segnato dal nome maschile che le è stato affibbiato dai genitori
che volevano un maschio. Vittima della violenza del marito e ignara degli innumerevoli tradimenti di lui, sembra
subire il suo ruolo di moglie sottomessa e rassegnata, ma scopriamo che ha accumulato di nascosto un piccolo
gruzzolo per andarsene via. La situazione di Jimmy, per quanto romanzata per evidenti esigenze filmiche, non è
un'eccezione, ma emblematica del dramma di molte donne che, maltrattate e picchiate dai mariti, non
trovano la forza e il coraggio di denunciare il coniuge.

Significativa l'immagine finale della donna solitaria in un ambiente notturno e sconosciuto, dopo che ha rinunciato
alla compagnia dell'agente che si direbbe attratto da lei: Jimmy è maturata e vuole ricostruirsi una nuova vita,
senza uomini, contando esclusivamente sulle proprie forze.

VALUTAZIONE CRITICA

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Punto di rottura

Dignitoso esempio di prodotto cinematografico medio, Punto di rottura cerca di coniugare il dramma umano
della protagonista con le esigenze narrative tipiche del film d'azione, senza riuscire a raggiungere un convincente
equilibrio tra le due istanze, risultando la dimensione thriller di gran lunga prevalente. Peccato, perché le
sequenze iniziali, con l'irruente amplesso d'apertura subito contraddetto dai sotterfugi di Jimmy che ruba i soldi dal
portafoglio del marito, lasciavano presagire un' interessante esplorazione dell'inferno domestico vissuto dalla
donna. Il punto di rottura insomma arriva troppo presto.

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Quarto comandamento

Quarto comandamento
TITOLO ORIGINALE La passion Béatrice
REGIA Bertrand Tavernier
SOGGETTO Bertrand Tavernier
SCENEGGIATURA Colo Tavernier O'Hagan
FOTOGRAFIA Bruno De Keyzer (colori)
MUSICA Ron Carter
MONTAGGIO Armand Psenny
INTERPRETI Bernard-Pierre Donnadieu, Julie Delpy, Nils Tavernier, Monique Chaumette
PRODUZIONE Adolphe Viezzi per Cléa Productions, AMLF, TF 1 Films Production, Les Films de
la Tour, Little Bear (Parigi) e Scena Film (Roma) con la partecipazione del
Centre National de la Cinématographie e il concorso delle società Sofica Image
Investissement e Sofica
DURATA 131'
ORIGINE Francia, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta, V.M. 18
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

Medioevo

Cinema e Storia

TRAMA
Francia meridionale, XIV secolo, durante la guerra dei Cento Anni. Il piccolo Francois uccide l'amante della
madre con il pugnale che il padre gli aveva lasciato prima di partire per la guerra affinchè egli difendesse
l'onore della famiglia. Quando anni dopo Francois va alla guerra, viene fatto prigioniero dagli inglesi insieme
al figlio e sua figlia sedicenne Béatrice, che vive al castello insieme alla madre che fu adultera anni prima, è
costretta a vendere quasi tutto il patrimonio familiare per riscattare il padre e il fratello. Tornato a casa,
Francois si dimostra un essere perfido e abbruttito, che umilia il figlio, violenta la figlia e saccheggia i villaggi
dei dintorni. Béatrice, rimasta incinta , decide di uccidere il padre e fa voto di recarsi a Gerusalemme.

TRACCIA TEMATICA
Pur raccontando una vicenda immaginaria il film evidenzia alcuni aspetti fondamentali della civiltà
medioevale (qui ritratta sullo sfondo di un secolo di crisi: il Trecento della guerra dei Cento Anni, della peste, della

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Quarto comandamento

crisi economica, ecc..): la concezione primitiva e barbarica dell'onore familiare (l'uccisione da parte di Francois
bambino dell'amante della madre), il dominio patriarcale del capo-famiglia (i familiari sono considerati proprietà
di cui disporre a piacimento), un'idea animalesca della sessualità (il figlio Arnaud viene costretto dal padre ad
accoppiarsi con prostitute per dimostrare la propria virilità), la violenza del più forte sul più debole (i poveri
contadini del feudo che subiscono le ruberie di Francois), il dominio maschilista (la condizione delle donne è di
totale sottomissione all'uomo), l'imporsi del potere economico di una borghesia emergente (i commercianti che
approfittano del bisogno di denaro dei Cortemare).

I personaggi sembrano comportarsi in base all'accettazione di un destino predeterminato e cogente che


annulla il libero arbitrio (la consapevolezza con cui Francois accetta il ruolo di vittima predestinata della figlia e
quella con cui questa assume la responsabilità di carnefice) e li schiaccia sotto il peso di un contesto storico
segnato inesorabilmente dalla sopraffazione e dalla deprivazione (della personalità e libertà individuali).

Il personaggio di Béatrice assume, inoltre, ambigue risonanze religiose e profetiche (il titolo originale del film
è La passione di Beatrice e il riferimento a Gerusalemme e l'immagine finale della Vergine sembrano proporre un
ardito parallelismo con il sacrificio salvifico di Cristo) configurandosi il suo parricidio come un simbolico
superamento del Medioevo in nome di una nuova visione del mondo (il Rinascimento?, l'Illuminismo?, la società
moderna?), più umana e rispettosa dei diritti individuali.

VALUTAZIONE CRITICA
Quarto comandamento propone una ricostruzione dell'ambiente medioevale di grande precisione e autenticità
(il grande storico medioevale Jacques Le Goff ha lodato la fedeltà delle scenografie e dei costumi all'epoca storica
considerata), orientata in direzione di offrire un'immagine di quegli anni contrastante con i sontuosi scenari di tanti
kolossal hollywoodiani sul Medioevo.Il Trecento di Tavernier appare privato di ogni fascinazione spettacolar-
romantica e di ogni intonazione eroico-epica, immerso com'è in interni spogli e disadorni, che comunicano con
efficacia i disagi e gli stenti materiali dei tempi e ben si coniugano con il dissesto psicologico e morale dominante,
e in esterni prevalentemente plumbei e raggelati. I costumi colorati su tonalità scure accentuano la cupa atmosfera
di degrado che avvolge il film, la musica dissonante e antiretorica risulta ansiogena, i racconti di guerra
sottolineano grotteschi episodi di viltà anziché nobili imprese guerresche.

Su questo sfondo storiograficamente realistico si innestano le allusioni simboliche che, unitamente allo stile
asciutto e scarno con cui è condotta la narrazione, tendono a rendere astratto e concettuale il film, raffreddando
la tensione affiorante da una storia drammatica e determinando nello spettatore un atteggiamento di straniamento
(si riduce il tasso di partecipazione emotiva derivante all'identificazione con i personaggi e lo si induce a riflettere
su ciò che sta vedendo: un meccanismo esattamente opposto al coinvolgimento totale del Cinema spettacolare
hollywoodiano).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) Il Trecento

B) La guerra dei Cento Anni.

C) La vita quotidiana nel Trecento e la storiografia di Jacques Le Goff.

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Sotto accusa

Sotto accusa
TITOLO ORIGINALE The Accused
REGIA Jonathan Kaplan
SOGGETTO E Tom Topor
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ralf Bode (colori)
MUSICA Brad Fiedel
INTERPRETI Jodie Foster, Kelly McGillis
PRODUZIONE Stanley R. Jaffe e Sherry Lansing per la Paramount Picture
DURATA 106'
ORIGINE USA, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta VM 18 anni
PERCORSI Umiliate e offese

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Sarah ha litigato con il suo compagno e per distrarsi si reca in un bar vestita in modo provocante e con tanta
voglia di rimorchiare qualche giovanotto. Il suo atteggiamento attira ben presto l'attenzione degli uomini del
locale e Sarah finisce per essere brutalmente violentata da tre di loro, incitati da un gruppo di avventori. La
ragazza sporge denuncia e un magistrato donna prende a cuore il suo caso, facendo condannare non solo gli
stupratori, ma anche coloro che hanno spinto i colpevoli a commettere il reato.

TRACCIA TEMATICA
Il film evidenzia l'umiliante trafila processuale che si abbatte su una donna che denuncia i propri
violentatori: la burocratica esplorazione del suo corpo alla ricerca delle tracce dell'aggressione, la messa in dubbio
della sua parola e l'invadente intromissione nella sua vita privata al fine di screditarla, la pesante insinuazione che
se lo sia cercato (come se abiti succinti e stato di ebbrezza giustificassero la violenza).

La richiesta di giustizia non è diretta solo contro chi ha materialmente commesso lo stupro, ma anche contro chi l'
ha incoraggiato con delirante entusiasmo e patologico voyeurismo (comportamento forse ancora più esecrabile),
espressione di una perversa mentalità maschilista che vede nella violenza sessuale una prova di virilità.

Il rapporto tra Sarah e l'avvocatessa è inizialmente ostacolato dalla diversità culturale e sociale che separa le due
donne (basta confrontare la differenza d'abbigliamento e di abitazione o l'ingenua fiducia di Sarah nell'astrologia),
ma successivamente si instaura un sincero sentimento di solidarietà.

VALUTAZIONE CRITICA

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Sotto accusa

Va detto innanzitutto che Sotto accusa propone un lieto fine consolatorio, secondo i canoni consolidati del genere
giudiziario, che contraddice purtroppo una realtà dove spesso prevale l'indulgenza, se non l'aperta impunità,
nei confronti di simili reati.

Di grande impatto la sequenza dello stupro, sgradevole e sconvolgente quanto basta per scioccare uno spettatore
lasciato sapientemente in attesa di sapere come si sono svolti i fatti per quasi tutto il film (chissà quanti si saranno
posti delle domande sull'attendibilità della versione di Sarah?) e che giunge come un pugno nello stomaco a
provocare una giusta indignazione nei confronti di un reato abbietto (e come dice la didascalia finale diffusissimo).

Interessante anche il frequente ricorso alla soggettiva (pensiamo alla sequenza di Sarah che aspetta fuori
dell'ufficio la fine della deposizione dell'amica, a suggerire il frustrante senso di esclusione e isolamento imposto
dalla procedura giudiziaria, o agli sguardi furtivi che le lanciano nella stessa occasione la segretaria e il procuratore
capo, a sottolineare la morbosa curiosità di cui è oggetto).

Notevole infine l'interpretazione di Jodie Foster (premiata con l'Oscar), perfetta nell' entrare anima e corpo nel
personaggio nel contempo navigato e fragile di Sarah. Da dimenticare, invece, l'opaca prestazione della McGillis
nel ruolo, molto approssimativamente delineato, del magistrato in carriera che rischia tutto in un processo dagli esiti
incerti.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto     La legislazione italiana relativa al reato di violenza carnale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm117.htm[12/07/2017 19:06:53]
viaggio a kandahar

Viaggio a Kandahar
TITOLO ORIGINALE Safar è Kandahar
REGIA Mohsen Makhmalbaf
SOGGETTO E Mohsen Makhmalbaf
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ebrahim Ghafori (colori)
MONTAGGIO Mohsen Makhmalbaf
INTERPRETI Niloufar Pazira, Hassan Tantai
PRODUZIONE Mohsen Makhmalbaf per Makhmalbaf Productions/Bac Films
DURATA 85’
ORIGINE Iran-Francia, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Umiliate e offese


La condizione femminile/Individuo e Società
 
Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del      
sottosviluppo
Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Estate 1999. Nafass è una donna afghana fuoriuscita dal suo paese e rifugiatasi nel vicino Iran. Quando viene
a sapere che la sorella rimasta in Afghanistan è andata in sposa ad un uomo che la umilia, decide di partire  per
Kandahar. Il suo viaggio si trasformerà presto in una travagliata odissea. 

TRACCIA TEMATICA
 Il regista iraniano Makhmalbaf svolge una denuncia del regime talebano dominante in Afghanistan prima
dell’invasione anglo-americana del 2001 (il film è stato girato prima dell’attentato alle due torri di New York). Gli
aspetti più retrivi e disumani della società creata dai talebani sono mostrati in tutta la loro cruda
drammaticità: l’indottrinamento dei bambini nelle scuole coraniche e soprattutto l’umiliante condizione delle
donne, ridotte ad una condizione paraschiavista di cui il famoso burqua è ormai diventato un simbolo  (il film ci
informa su tante alte forme di vessazione contro le donne generalmente ignorate in occidente).

Ma la realtà che più colpisce e sconvolge è quello dei tanti mutilati (causati da uno stato di guerra ventennale e
soprattutto dall’uso di micidiali mine-antiuomo fornite ai combattenti afghani dagli occidentali), un popolo
sofferente cui è dedicata la sequenza più struggente e intensa del film (le protesi paracadutate dagli aerei
dell’ONU).

Carico di valenza simbolica l’immagine dell’eclisse finale che si aggiunge al buio indotto dal burqua:
l’integralismo fanatico dei talebani come oscuramento della ragione. Un’accusa ferma e spietata , tanto più
significativa in quanto proveniente da un regista di formazione e cultura islamica.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm040.htm[12/07/2017 19:06:54]
viaggio a kandahar

VALUTAZIONE CRITICA
Viaggio a Kandahar si muove tra due estremi. Da una parte la dimensione documentaristica, da inchiesta
giornalistica, che intende consegnare allo spettatore la realtà così come essa si presenta, con il minimo di
alterazioni (ricordiamoci della lezione del neorealismo italiano), dall’altra la dimensione visionaria, frutto di
creatività ed invenzione, che modifica palesemente la realtà piegandola a precise esigenze espressive (pensiamo
alle sequenze del lancio delle protesi e a quella dell’eclisse su tutte). Il pregio del film consiste nella capacità del
regista di tenere in equilibrio queste due ispirazioni, dimostrando anzi che forse la finzione (addirittura
sottoforma visionaria) assume una maggiore efficacia del semplice documento nel penetrare a fondo nella
realtà delle cose, nel comunicare in senso più autentico di ciò che accade (e giustamente è stato detto come lo
spettatore occidentale ha imparato assai di più sulla situazione afghana da questo film che da tanti servizi
giornalistici e televisivi, che partono dal presupposto che per far capire le cose basta semplicemente mostrarle).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                     a) Storia dell’Afghanistan

                                                               b) L’attentato alle Torri gemelle

                                                               c) L’invasione anglo-americana dell’Afghanistan

                                                               d) Il movimento di Al Qaeda e Osama Bin Laden

Religione                                                   La religione mussulmana e l’integralismo islamico dei talebani

Geografia                                                  L’Afghanistan

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm040.htm[12/07/2017 19:06:54]
agorà

 Agorà
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Alejandro Amenàbar
SOGGETTO E Alejandro Amenàbar, Mateo Gil
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Xavi Giménez (colori)
MONTAGGIO Nacho Ruìz Capillas
MUSICA Dario Marianelli
INTERPRETI Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhoum, Michael Lonsdale,
Rupert Evans, Homayon Ershadi, Sami Samir
PRODUZIONE Fernando Bovaira, Alvaro Augustin per Himenòptero, Mod Producciones,
Telecinco Cinema, Cinebiss, con la collaborazione di Canal+Espana
DURATA 126’
ORIGINE Usa-Spagna, 2009
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Età antica


Cinema e Storia
 
Donne contro
Donne tutte sole/La condizione femminile/Uomo e Società

  

TRAMA
 Alessandria d’Egitto, V° secolo D.C.. La filosofa e astrologa Ipazia insegna alla scuola  della città, essendosi
guadagnata la stima e il rispetto di tutti per la sua grande cultura. Il diffondersi del cristianesimo all’interno
dell’impero determina un acuirsi dei conflitti interreligiosi tra cattolici, ebrei e pagani.

TRACCIA TEMATICA
 Agorà è un film che travalica per il significato che intende assumere l’età in cui è ambientato e gli eventi
specifici di cui tratta per farsi atto d’accusa contro i fondamentalismi religiosi (e non solo religiosi) di ogni
epoca. Si parla, insomma, del passato per lanciare un forte messaggio di tolleranza e libertà ad un presente che con
ogni evidenza ne ha bisogno.  Non quindi (come è stato erroneamente osservato) una pellicola anticristiana, ma un
appello perché sia superata ogni forma di fanatismo violento ed irrazionale.

Più in particolare Ipazia diventa il simbolo del pensiero laico e razionale, antidogmatico e scientifico in
continua ricerca della verità. Uno slancio di conoscenza che nella storia è stato sovente soffocato dall’ignoranza e
dalla superstizione di cui spesso le religioni si sono fatte tramite.

Ma Ipazia è anche una donna e come tale portatrice di una diversità da sempre discriminata ed emarginata
e relegata dal potere maschile ad un ruolo subalterno. Non è un caso che Ipazia venga accusata di stregoneria,
accusa anacronistica per l’età antica, ma che trova una sua comprensibile collocazione nel film in quanto
anticipazione di una persecuzione che segnerà i secoli futuri.

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agorà

VALUTAZIONE CRITICA
 Agorà si riallaccia al filone del grande kolossal storico, ponendo però al centro (e questo costituisce un
indubbio elemento di novità) non un eroe maschile (prevalentemente un grande condottiero o comunque un
personaggio che emerge sul piano del coraggio e della forza fisica), ma una figura di intellettuale e, quel che
forse più conta, una donna che si segnala per la propria indipendenza di vita e di pensiero.

La scenografia crea, tramite l’apporto digitale, uno sfondo storico di grande suggestione, che richiama il gusto
per il gigantismo e la monumentalità che caratterizzava le superproduzioni storiche cui il film si richiama
esplicitamente.   

Curiosa nella sua novità l’invenzione di slanciare spesso il punto di vista verso l’alto in direzione della volta
stellata, quasi a figurativizzare la tensione verso il cielo dell’astronoma Ipazia e il suo anelito ad una
dimensione di conoscenza in grado di elevarsi al di sopra delle contingenti miserie terrene.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Filosofia                                                   La figura di Ipazia

 Storia                                                       L’impero romano nel V secolo D.C.

Geografia                                                L’Egitto e la città di Alessandria

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Alice

Alice
TITOLO ORIGINALE Idem
SOGGETTO E Woody Allen
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Carlo Di Palma (colori)
MUSICA AA. VV. scelti da Woody Allen
MONTAGGIO Susane Morse
INTERPRETI Mia Farrow, William Hurt, Joe Mantegna, Alec Baldwin
PRODUZIONE Jack Rollins e Charles H. Joffe per la Orion
DURATA 110'
ORIGINE USA, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Alice sembra una donna felice e appagata: è sposata ad un uomo bello e ricco, ha due bambine e vive in una
casa all'ultima moda. In realtà attraversa un periodo di crisi e profondo ripensamento: il marito le sembra
lontano ed estraneo e soprattutto è ben lungi dal sentirsi realizzata. Intreccia così una relazione con un uomo
divorziato e ingurgita le pozioni del dottor Yang, che hanno su di lei un forte influsso disinibitore e addirittura
provocano una magia in grado di renderla invisibile. E' proprio approfittando del suo stato di invisibilità che
scopre il tradimento del marito e trova la forza di lasciarlo. A questo punto la vita di Alice si trova di fronte ad
un bivio.

TRACCIA TEMATICA
Alice acquista gradatamente la consapevolezza del proprio vuoto esistenziale e della propria profonda
infelicità: l'avventura extraconiugale non è veramente ciò che vuole, ma solo la spia e la conseguenza della sua
crisi, non è di un altro uomo che ha bisogno, bensì di rivedere criticamente la propria vita per mettervi ordine e
capire soprattutto quale per lei ne sia il senso. Il riaffiorare dei fantasmi del passato è un momento importante di un
processo di autocoscienza, che la porta ad individuare i molteplici condizionamenti che su di lei ha esercitato
un'educazione cattolica rigida e perbenista. Il dottor Yang non è altro che l'incarnazione di quella parte di se
stessa fino a quel momento soffocata e repressa, un alter-ego lucido e trasgressivo che le permette di superare
le tante inibizioni che l'affliggono.

La scelta di dedicare la propria vita ai bambini poveri, rinunciando ai privilegi garantiti dall'agiatezza borghese e
avendo come modello-mito Madre Teresa di Calcutta, forse non è per lei quella risolutiva, probabilmente non è che

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Alice

una fase di una ricerca destinata a proseguire, ma quel che veramente conta è che finalmente si tratta di una
scelta soltanto sua, libera e consapevole.

VALUTAZIONE CRITICA
Allen ci ripropone una delle tante storie di alienazione e nevrosi che popolano la sua filmografia, vivacizzando
una vicenda di preminente dimensione psicologico-intimista attraverso l'inserimento di trovate divertenti e gustose
mutuate dal genere fantastico. Situazioni irreali (evidentemente ispirate all'Alice fiabesca di Lewis Carroll) che
non sono però fini a se stesse, ma che si fanno metafora di alcuni processi mentali risolutivi dello scacco
esistenziale della protagonista (assistendo invisibile al tradimento del marito diventa consapevole di quello che in
cuor suo aveva sempre sospettato, la musa che le appare non è che la materializzazione della sua coscienza e delle
verità con cui non si vuole confrontare, il volo su New York con l'exfidanzato morto esprime una pulsione alla
liberazione dal claustrofobico ambiente domestico).

Come sempre Allen ha voluto raccontarci una storia piuttosto banale (un adulterio mancato per mancanza di
coraggio e convinzione), sottoponendola al trattamento della sua inventiva e creatività, che si nutre del mondo
dello spettacolo (Cinema, teatro, letteratura, musica, ecc..) e di un'immaginazione fertile ed inesauribile (la trovata
dell'invisibilità è spassosa), e rendendola così assolutamente eccezionale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Letteratura inglese     Alice nel paese delle meraviglie di L.Carroll.

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Angie, una donna tutta sola

Angie, una donna tutta sola


TITOLO ORIGINALE Angie
REGIA Martha Coolidge
SOGGETTO Dal romanzo Angie, I Says di Avra Wing
SCENEGGIATURA Todd Graff
FOTOGRAFIA Johnny E. Jensen (colori)
MUSICA Jerry Goldsmith
MONTAGGIO Steven Cohen
INTERPRETI Geena Davis, Stephen Rea, James Gandolfini
PRODUZIONE Larry Brezner, Patrick McCormick per Hollywood Pictures
DURATA 98'
ORIGINE USA, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Angie Scacciapensieri, rimasta incinta, sta per sposarsi con il fidanzato Vinnie Dopodomani, un idraulico che
appartiene alla stessa comunità italiana di Brooklyn. All'improvviso però cambia idea, lascia Vinnie e si mette
con uno stravagante avvocato irlandese. Quando partorisce, il suo nuovo compagno l'abbandona e Angie,
amareggiata e delusa, decide di andare alla ricerca della madre che l'ha abbandonata quand'era ancora
bambina.

TRACCIA TEMATICA
Angie non è soddisfatta della sua vita: non è veramente innamorata del fidanzato Vinnie, un bonaccione
simpatico, ma privo della necessaria attrattiva nei confronti di una donna dalla forte personalità come lei, detesta la
matrigna Kathy perché ha occupato il posto di una madre mitizzata, simbolo ai suoi occhi della capacità di lasciare
l'angusto ambiente della Little Italy per rifarsi un'esistenza migliore. La relazione con l'avvocato Noel si spiega
alla luce di questa esigenza di una dimensione affettiva più appagante.

Quando scopre che Noel è un frivolo donnaiolo dalla doppia vita e che la madre ritrovata è una povera
schizofrenica che non può darle niente, Angie torna dal figlio malato e recupera il rapporto con la matrigna,
consegnandoci la morale un po' abborracciata del film: solo aiutando chi ha bisogno di noi possiamo trovare la
nostra giusta dimensione.

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Angie, una donna tutta sola

VALUTAZIONE CRITICA
Se non fosse per la bravura della protagonista Geena Davis, che mette la sua fresca vitalità recitativa al servizio
di un personaggio spontaneo come Angie, che sembra ritagliato su misura per lei, il film sarebbe poca cosa.
Nuoce ad esso infatti l' approssimazione con cui vengono delineati caratteri e personalità dei comprimari (Vinnie
rasenta la macchietta, Noel non convince con i suoi sdoppiamenti di identità e anche le altre figure, come il padre e
la matrigna, sono superficialmente abbozzate) e la stessa figura di Angie ci propone un travaglio psicologico che
non sembra adeguatamente approfondito.

Angie, una donna tutta sola non riesce inoltre a trovare un giusto equilibrio tra i due registri che mette in
atto, quello da commedia e quello drammatico (o addirittura melodrammatico), e sfocia in un finale viziato da un
eccesso di patetismo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     New York: una città multietnica.

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Bruttina stagionata, La

La bruttina stagionata
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Anna Di Francisca
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Carmen Covito
SCENEGGIATURA Anna Di Francesca, Patrizia Pistagnesi, Giovanni Robbiano
FOTOGRAFIA Luigi Verga (colori)
MUSICA Pasquale Filasto
MONTAGGIO Simona Paggi
INTERPRETI Carla Signoris, Edi Angelillo, Milena Vukotic, Fabrizio Gifuni
PRODUZIONE Gabriella Buontempo per Goodtime Enterprise
DURATA 90'
ORIGINE Italia, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Marilina, una donna sui quarant'anni, si guadagna da vivere scrivendo tesi di laurea. Non si può dire che sia
brutta, ma mortifica la propria femminilità dietro un aspetto anonimo e dimesso. Oppressa da una madre che
non accetta di invecchiare con dignità e poco sostenuta da un'amica vanesia che passa da un'avventura
all'altra, Marilina sogna di avere una storia d'amore. L'incontro con più uomini che si dimostrano attratti da
lei, le farà acquisire fiducia in se stessa.

TRACCIA TEMATICA
La morale del film si potrebbe riassumere così: goffaggine ed età in amore possono rivelarsi pure opinioni, anzi
timidezza ed impaccio a volte si trasformano in magnetico sex-appeal, aprendo la strada ad una disinibita
gestione della propria vita sentimentale e sessuale. La bellezza diventa così uno stato d'animo più che uno stato
fisico, meglio quindi risparmiarsi costose e defatiganti cure di bellezza, che promettono improbabili
ringiovanimenti, per cercare di raggiungere serenità interiore e sicurezza nei propri mezzi.

La brutta Marilina, che alla fine, come in una fiaba, si trasforma nella bella Marilyn (Monroe), ribaltando in
positivo il significato involontariamente ironico del suo nome, supera il ruolo di eterna zitella in attesa del
principe azzurro (categoria in via di estinzione, a giudicare dalla fauna maschile che popola il film) e considera la
solitudine non più come una condizione indesiderata da subire, ma una risorsa per accedere a un più libero e

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Bruttina stagionata, La

maturo rapporto con gli altri.

VALUTAZIONE CRITICA
La bruttina stagionata sceglie il registro da commedia dai toni grotteschi e dal gusto caricaturale, con il risultato
negativo di risolvere un tema (il superamento delle proprie frustrazioni da parte di una zitella frustrata) che
avrebbe meritato una più attenta riflessione in un collage di scenette a sipario (tipo strisce da comics per
adulti o sketch da sit-com televisiva), che talora risultano anche divertenti, ma alleggeriscono talmente la
sceneggiatura da farla svaporare per troppa superficialità e approssimazione. Per dirla in altre parole il film non
riesce a dare il minimo di spessore umano ai personaggi riducendoli tutti a macchiette di vizi e difetti
contemporanei (come le maschere della commedia dell'arte) e finisce per togliere anche credibilità psicologica
alla metamorfosi della protagonista (che per altro sembra decisamente troppo poco brutta e stagionata per
reggere l'assunto del film).

Da salvare il talento comico di Fabrizio Ginufi nel ruolo del mammone Nicky e l'atmosfera vagamente
surreale che la regia riesce a ricavare da luoghi reali (pensiamo al condominio dove abita Marilina, al salone di
bellezza e agli spazi urbani).

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Parmigiana, La

La parmigiana
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Antonio Pietrangeli
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Bruna Piatti
SCENEGGIATURA Stefano Strucchi, Ruggero Maccari, Ettore Scola, Bruna Piatti, Antonio
Pietrangeli
FOTOGRAFIA Armando Nannuzzi (bianconero)
MUSICA Piero Piccioni
MONTAGGIO Eraldo da Roma
INTERPRETI Catherine Spaak, Nino Manfredi, Didi Perego, Lando Buzzanca, Salvo Randone
PRODUZIONE Gianni Hecht-Lucari per la Documento Film
DURATA 110'
ORIGINE Italia, 1963
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
La giovane Dora, dopo aver accumulato numerose esperienze amorose con i più diversi uomini, approda a
Parma da un'amica della sua famiglia. Proveniente da Roma, cerca in provincia un po' di pace e tranquillità,
ma la sua bellezza non la fa certo passare inosservata e diventa anche qui oggetto del desiderio maschile.
Fidanzatasi con un agente di pubblica sicurezza siciliano, ben presto non ne sopporta più la gelosia e decide così
di tornare nella capitale.

TRACCIA TEMATICA
Dora è certamente una ragazza spregiudicata, più istintiva che riflessiva, ingenua e smaliziata insieme.
Bisognosa più di affetto e tutela che di vero amore e alle prese con il problema della sopravvivenza quotidiana, si
lega ad un fotografo fallito e poi alla materna infermiera di Parma. Ella esprime però un crescente disagio nei
confronti di un universo maschile che si rivela ai suoi occhi meschino e mediocre e di una ristretta mentalità
piccolo borghese che relega la donna al ruolo di moglie sottomessa. Alla fine, l'ennesima delusione propinatale
dagli uomini affretta la sua maturazione: si accinge così ad accettare una condizione di solitudine piena di
incognite e rischi, ma che sola può fare di lei una donna libera e indipendente.

Sullo sfondo l'Italia del boom economico primi anni sessanta, attraversata quasi per intero: dalla campagna
sonnolenta e bigotta alle soffitte degli aspiranti miracolati della capitale, dalla gaudente riviera romagnola alla
provincia tradizionalista e pettegola.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm086.htm[12/07/2017 19:07:00]
Parmigiana, La

VALUTAZIONE CRITICA
Pietrangeli frantuma la storia di Dora in tanti flashback che si incastonano nel suo soggiorno parmigiano,
sottolineando così, con arguzia ed ironia, il contrasto fra l'immagine di adolescente candida ed illibata che
trasmette alla provincia credulona e il suo passato di ragazza vissuta. Un procedimento linguistico oggi più che
normale, ma all'epoca abbastanza innovativo, specie nella modalità di innestare la retrospezione con una
carrellata laterale che cambia l'inquadratura.

Oltre all'affettuoso e riuscito ritratto di Dora, uno dei tanti del ricco repertorio di indimenticabili personaggi
femminili alle prese con una realtà ostile consegnataci della filmografia di Pietrangeli, La parmigiana ci regala
una gustosa galleria di comprimari, grandi e piccoli, tratteggiati con graffiante acutezza, una tipologia forse un
po' estrema, ma certo rappresentativa, di un campionario umano moralmente discutibile.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     L'Italia del miracolo economico.

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Marianna Ucria

Marianna Ucrìa
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Roberto Faenza
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Dacia Maraini
SCENEGGIATURA Sandro Petraglia, Roberto Faenza
FOTOGRAFIA Tonino Delli Colli (colori)
MUSICA Franco Piersanti
MONTAGGIO Roberto Perpignani
INTERPRETI Emmannuelle Laborit, Roberto Herlitzka, Philippe Noiret, Laura Morante,
Bernard Giraudeau
PRODUZIONE Rita e Vittorio Cecchi Gori per C.G.G. Tiger Cinematografica/Arcturus
Prod./Fabrica de Images
DURATA 108'
ORIGINE Italia/Francia/Portogallo, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

Seicento

Cinema e Storia

TRAMA
Palermo, prima metà del Settecento. Marianna Ucrìa appartiene ad una famiglia nobile. Muta fin dai primi anni
di vita, viene data in moglie appena tredicenne allo zio, l'anziano duca Pietro. Unica consolazione di un'
esistenza monotona l'incontro con il precettore delle figlie, che stimola in lei il desiderio di conoscenza. Quando
le viene svelato il tremendo mistero che sta dietro al suo mutismo, decide di lasciare la Sicilia per visitare
l'Europa e acquisire una piena autonomia.

TRACCIA TEMATICA
Marianna Ucrìa è vittima delle arcaiche leggi che regolano la vita dell'aristocrazia siciliana del Settecento e
che condannano la donna ad un destino di pesante sottomissione. Il suo mutismo, conseguenza del violento
trauma subito in tenera età, è simbolico del rifiuto inconscio di mettersi in comunicazione con un mondo decrepito
e ipocrita che la mortifica ed umilia. Solo nella solitudine della lettura e nel contatto con la cultura più viva del suo
tempo (il gentiluomo inglese Grass) riesce a trovare una dimensione più consona alla sua personalità. Partendo
dalla Sicilia dimostra di essere pervenuta all'autostima necessaria per accedere ad un'autentica liberazione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm071.htm[12/07/2017 19:07:00]
Marianna Ucria

Anche gli altri personaggi, pur assumendo un ruolo di oppressori nei confronti di Marianna, risultano vittime,
dal lato umano, dello stesso mondo arido e borioso che garantisce loro onori e privilegi. E' il caso del duca
zio, che non ha mai rielaborato la ferita del disamore materno (il ricordo della capretta sgozzata), e del nonno che
cerca nel postribolo un affetto e un calore che nessuno ha mai saputo dargli.

VALUTAZIONE CRITICA
Il regista più che al percorso umano e morale della protagonista, raccontato in modo un po' banale e
superficiale (tutta la dimensione psicanalitica dell'affiorare, tramite il ricordo della cantilena, della violenza subita
da bambina è trattata senza un adeguato approfondimento e risolta affrettatamente), sembra interessato ad
evocare con didascalico intento storico-antropologico il clima retrogrado che affligge la vicenda, dal macabro
gusto necrofilo (la cripta con le mummie degli antenati) all'ottuso oscurantismo clericale, dal crudele sadismo della
giustizia (l'esecuzione iniziale che dovrebbe aiutare Marianna bambina a riacquistare la voce) alla riduzione della
donna a pura fattrice nell'ansiosa attesa dell'erede maschio.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La Sicilia nel Settecento. B) Il ruolo dell'aristocrazia e del clero nella società siciliana del Settecento.

Filosofia     L'illuminismo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm071.htm[12/07/2017 19:07:00]
Ritratto di signora

Ritratto di signora
TITOLO ORIGINALE Portrait of a Lady
REGIA Jane Campion
SOGGETTO Dal romanzo di Henry James
SCENEGGIATURA Laura Jones
FOTOGRAFIA Stuart Dryburg (colori)
MUSICA Woiciech Kilar
MONTAGGIO Veronika Jenet
INTERPRETI Nicole Kidman, John Malkovich, Barbara Hershey, John Guilguid, Shelley
Winters, Shelley Duvall
PRODUZIONE Propaganda Films
DURATA 137'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Inghilterra, Italia, 1872-1876. Isabel Archer è una ricca ereditiera, giovane e bella. Proveniente dagli Stati Uniti
arriva in Europa intenzionata a conoscere il mondo senza impegni e legami sentimentali e per questo respinge le
proposte matrimoniali di numerosi corteggiatori altolocati. Fa però la conoscenza di Madame Merle, una
signora di quarant'anni ancora affascinante, che pilota subdolamente l'incontro della ragazza con Gilbert
Osmond, un americano dai gusti raffinati che vive a Firenze, ex-amante della Merle, da cui ha avuto una figlia,
e interessato alla ricca dote di Isabel. La giovane, che ignora questi retroscena, rimane vittima del fascino di
Osmond e accetta di sposarlo. Col tempo si rende conto dell'indole prevaricatrice e autoritaria del marito e della
trama in cui è caduta.

TRACCIA TEMATICA
Isabel Archer è vittima della contraddizione che affligge la classe sociale cui appartiene: quella tra l'aspirazione a
uno stile di vita raffinato all'insegna di un elevato gusto artistico ed estetico e la necessità di disporre di
molto denaro per sostenere questa esigenza (con il conseguente ricorso a mezzi tutt'altro che nobili per
procurarselo). E' significativo che all'origine dell'inganno nel quale rimane irretita ci sia il richiamo della musica
(Madame Merle l'attrae suonando il piano) e il fascino intellettuale di Osmond (meno giovane e piacente dei suoi
pretendenti) nel contesto accattivante della suggestiva Firenze. Isabel è vulnerabile perché subisce fortemente il
richiamo di una mitologia romantica (l'esotismo del viaggio in Africa e il gusto squisito di cui fa sfoggio
Osmond) che la porta alla rimozione dei suoi desideri più autentici (la sequenza dell'affiorare dei fantasmi
erotici).

L'ultima immagine la blocca emblematicamente su una soglia. Isabel deve scegliere se assolvere ai propri

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm107.htm[12/07/2017 19:07:01]
Ritratto di signora

doveri coniugali e tornare dal marito (l'ingresso in casa come simbolo di rassegnata accettazione del vincolo
matrimoniale) o cedere al richiamo della riconquistata libertà (il giardino innevato come simbolo di una dimensione
naturale libera da costrizioni sociali).

VALUTAZIONE CRITICA
La Campion dissemina la superficie apparentemente calligrafica del film (la ricostruzione d'epoca è accurata e
minuziosa nell'attenzione al dettaglio e al particolare) di segnali e indizi destinati a mettere in crisi la
compostezza della messinscena e la fedeltà al modello letterario. Inquadrature angolate e inclinate,
movimenti di macchina inusuali (a contraddire la rigida e un po' stucchevole perfezione degli arredamenti e dei
comportamenti), illuminazione che contrappone tenebrosi interni claustrofobici a solarità accecanti
(l'inautenticità delle convenzioni e l'ariosità della natura), fantasie visive anacronistiche (la sintesi del viaggio in
Africa di Isabel ricalcato sugli albori di un cinematografo non ancora inventato), la visualizzazione dei desideri
nascosti della ragazza (le carezze dei suoi pretendenti), il prologo con l'immagine di tante adolescenti dei nostri
giorni (un voler sottolineare la distanza fra il presente e la materia trattata, ma forse anche un domandarsi quante
Isabel ipotetiche ci siano fra di loro) sono tutte invenzioni trasgressive destinate a turbare e stupire lo
spettatore, ridestandolo da una visione troppo pigra e passiva. La regista, insomma, ha adeguato la forma del
film al conflitto vissuto dalla protagonista tra la sottomissione al puritano moralismo dell'epoca e la pulsione
a seguire i propri istinti.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese     Confronto tra il film e il romanzo di James.

Storia dell'arte     L'arte italiana e il mondo anglosassone.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm107.htm[12/07/2017 19:07:01]
Speriamo che sia femmina

Speriamo che sia femmina


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Mario Monicelli
SOGGETTO Tullio Pinelli
SCENEGGIATURA Mario Monicelli, Tullio Pinelli, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Suso Cecchi
D'Amico
FOTOGRAFIA Camillo Bazzoni (colori)
MUSICA Nicola Piovani
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Liv Ulmann, Catherine Deneuve, Philippe Noiret, Giuliana De Sio, Stefania
Sandrelli, Bernard Blier, Giuliano Gemma, Athina Cenci, Paolo Hendel
PRODUZIONE Giovanni Di Clemente per Clemi Cinematografica/Producteurs Associés
DURATA 120'
ORIGINE Italia, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Elena è una donna di mezza età che vive con le due figlie e un vecchio zio rimbambito in una cascina in
Toscana. Sua sorella Claudia fa l'attrice e risiede a Roma. Un giorno arriva suo marito Leonardo, dal quale è
ormai separata da anni, per proporle un affare che lei, consultatasi con il suo amministratore e amante
Nardoni, non accetta. Leonardo, economicamente rovinato, ha appena il tempo di disperarsi prima di morire in
un incidente automobilistico. Al funerale si fa viva Lolli, l'amante di Leonardo, cui ha prestato una forte
somma. Elena decide di vendere la tenuta per andare a stabilirsi a Roma, ma proprio nel momento in cui sta per
concludersi l'affare la cascina si popola. Arrivano la figlia Franca, incinta di un fidanzato che ha deciso di
lasciare, la sorella Claudia, abbandonata dal suo uomo, Lolli, sull'orlo della bancarotta, lo zio pazzo, scappato
dalla casa di cura. Elena non vuol più disfarsi della cascina: anzi essa diventerà la nuova casa di tutte queste
donne deluse dalla vita e dagli uomini.

TRACCIA TEMATICA
Il film ci offre una galleria di donne diverse per età, personalità e carattere, ma accomunate da un medesimo
bilancio negativo alla voce rapporti con gli uomini. Il repertorio maschile del film è desolante: si va dal
debosciato Leonardo al glottologo un po' idiota Giovannini, dal troppo zelante Nardoni all'insopportabile
intellettuale Cesare, passando attraverso le figure marginali del petulante istruttore della palestra di Lolli e del
marito traditore di Fosca. Nessuno si salva, se non lo zio Gugo, che in quanto scemo non conta.

Lo spontaneo aggregarsi finale di una specie di comunità di sole donne sta a significare il riconciliarsi definitivo
con una dimensione di vita appartata ed austera, lontana dalle lusinghe cittadine (il residence per Elena, la

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm118.htm[12/07/2017 19:07:01]
Speriamo che sia femmina

carriera per Claudia, la palestra per Lolli) e da illusorie scorciatoie (il matrimonio per Franca, l'Australia per
Fosca), e l'opzione per un rinnovamento esistenziale che prescinda dalla presenza maschile per intraprendere
il percorso di un'autogestione del proprio destino tutta al femminile.

VALUTAZIONE CRITICA
La cosa migliore del film si rintraccia nell'accurata calibratura della sceneggiatura, che riesce ad intrecciare
con sapiente equilibrio i numerosi percorsi individuali che si intersecano nella storia, convogliandoli in un perfetto
epilogo da commedia che ricompatta i fili dispersi della trama all'insegna di un consolatorio ottimismo.

Monicelli riesce insomma a padroneggiare la narrazione con misura e garbo, riconducendola ad unità e
costruendo una tonalità media che smussa ogni eccesso di dramma e di grottesco.

La cosa peggiore, invece, va ricercata nel frequente scivolamento verso lo stereotipo e il luogo comune,
soprattutto per quel che riguarda la definizione dei personaggi maschili, tutti, senza eccezioni, ridotti al ruolo di
caricature. Si direbbe che sul film pesi l'ipoteca (dura ad estinguersi) del macchiettismo (a sua volta derivazione
delle maschere della commedia dell'arte) tipico della stagione della commedia all'italiana, di cui Monicelli è stato
uno dei massimi interpreti.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia    A) Il paesaggio rurale della Toscana meridionale.

                     B) La tipica fattoria agricola toscana.

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Angelo alla mia tavola, Un

Un angelo alla mia tavola


TITOLO ORIGINALE An Angel at My Table
REGIA Jane Campion
SOGGETTO Dall'autobiografia di Janet Frame
SCENEGGIATURA Laura Jones
FOTOGRAFIA Stuart Dryburgh (colori)
MUSICA Don McGlashan
MONTAGGIO Veronica Haussler
INTERPRETI Kerry Fox, Iris Churn, K.J. Wilson
PRODUZIONE Hibiscus Films Prod. Co.
DURATA 156'
ORIGINE Nuova Zelanda-Australia, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Il film è l'autobiografia della poetessa neozelandese Janet Frame (1925). Figlia di contadini, cresce in una
famiglia numerosa e colpita dalle disgrazie. Seguendo la sua vocazione letteraria va all'università, ma qui è
vittima della depressione che la porta ad un tentativo di suicidio. Ricoverata in manicomio, subisce ben 200
elettroshock e rischia di essere lobotomizzata. Intanto le sue pubblicazioni hanno successo ed ottiene una borsa
di studio per l'Europa, dove vive una stagione d'amore con un poeta americano. Richiamata in patria dalla
morte del padre, si dedica completamente, ormai famosa, alla letteratura.

TRACCIA TEMATICA
A partire dall'infanzia sino all'età adulta Janet Frame appare segnata da una marcata inconciliabilità con le
persone che la circondano e da un complesso di inferiorità che le rende difficile fronteggiare le situazioni più
normali. Solitaria ed introversa, sensibile e sognatrice, stenta a mettersi in comunicazione con gli altri e trova nella
letteratura l'unico sfogo alle sua inquietudine interiore. Janet matura la convinzione di una propria sostanziale
inadeguatezza ad affrontare la vita, con conseguente approccio ansiogeno alla sessualità.

La risposta psichiatrica ai disturbi che la bloccano simboleggia l'assoluta incapacità della società di farsi
carico in modo positivo del disagio e della diversità che si manifesta al suo interno. Privilegiando lo strumento
della repressione e dell'annullamento (elettroshock), l'istituzione medica sanziona con il marchio della follia quanto

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Angelo alla mia tavola, Un

non rientra negli schemi del conformismo vigente.

Alla fine Janet, dopo aver allargato l'orizzonte delle proprie esperienze (il viaggio in Europa, il primo legame
sentimentale, l'apprezzamento degli ambienti intellettuali) approda al pieno riconoscimento di se stessa e della
propria vocazione letteraria, accettando con serena consapevolezza la condizione di solitudine che spesso si
abbina alla creazione artistica (la bella immagine finale di Janet sulla roulotte che scrive mentre intorno il mondo
dorme).

VALUTAZIONE CRITICA
La versione cinematografica di Un angelo alla mia tavola (titolo di un libro di Janet Frame) è frutto della riduzione
di circa 50' minuti dell'originaria edizione in 3 puntate per la televisione neozelandese.

Più che costruire la biografia della poetessa in base ad una struttura narrativa a sviluppo tradizionale
(sequenze strettamente collegate da un rapporto causa-effetto), la Campion preferisce lavorare sull'accumulo di
momenti di vita piuttosto scollegati, ma che nella loro relativa autonomia contribuiscono efficacemente a delineare
il mondo interiore della protagonista. La regista, più che mostrare o dimostrare, vuole suggerire ed alludere, lo
spettatore dovrà riempire gli spazi lasciati vuoti dalla narrazione. Ne consegue un film ricco di ellissi e privo di
eccessi e sottolineature drammatiche, che affida gran parte del suo fascino all'intensità delle espressioni che i volti
delle tre attrici che interpretano Janet in fasi diverse della sua esistenza riescono a raggiungere ed alla capacità di
caricare di risonanze magiche e suggestioni figurative lo splendido paesaggio della campagna neozelandese,
affidandosi al quale la tormentata protagonista sembra riconciliarsi con il mondo e con la vita.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua straniera: inglese     L'opera letteraria di Janet Frame.

Geografia     La Nuova Zelanda.

Scienze     La schizofrenia e l'elettroshock.

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Donna tutta sola

Una donna tutta sola


TITOLO ORIGINALE An Unmarried Woman
REGIA Paul Mazursky
SOGGETTO E Paul Mazursky
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Arthur J. Ornitz (colore)
MUSICA Bill Conti
MONTAGGIO Stuart H. Pappé
INTERPRETI Jill Clayburgh, Alan Bates, Michael Murphy
PRODUZIONE Mazursky Ray per la 20th Century Fox
DURATA 124'
ORIGINE USA, 1977
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Donne tutte sole

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Dopo 17 anni di matrimonio Erika viene abbandonata dal marito, che si è invaghito di una donna molto più
giovane. Erika non si dà pace e cade in un lungo periodo di depressione, nel corso del quale si sottopone alla
psicanalisi e cerca qualche fugace avventura amorosa. Proprio quando intreccia una relazione con un uomo
intelligente e sensibile, che l'ama sinceramente, capisce che la scelta migliore per lei è l'indipendenza.

TRACCIA TEMATICA
Per anni Erika ha concepito la propria esistenza in funzione del ruolo di moglie e di madre. Il suo matrimonio
sembra un'unione felice e riuscita, specie se confrontato con le burrascose vicissitudini sentimentali delle amiche. Il
marito Martin ci appare, però, in tutta la sua nevrotica e frustrante insicurezza di uomo ossessionato dalla paura di
invecchiare e così non stupisce più di tanto quando rivela alla moglie di essersi innamorato di una donna più
giovane e di voler lasciare per lei la famiglia. Il rapporto di Erika con Martin si rivela così in tutta la sua
fragilità, per altro già manifestatasi nelle difficoltà di gestione dei rapporti con una figlia adolescente che vive
l'inquietudine tipica dell'età.

Quello di Erika diventa un percorso tormentato ma fruttuoso che, dopo le prime difficoltà a superare il trauma
dell'abbandono con tanto di rancorosa stizza nei confronti del marito, la porta ad una revisione critica del suo
modo d'essere e della sua dipendenza dagli uomini: si rende conto, in particolare, che sono loro ad avere
bisogno di lei e non viceversa e che solo recuperando un'autentica autonomia e libertà potrà rifondare su più solide
basi la propria esistenza. Alla fine Erika è una donna diversa, più matura e consapevole, e quindi
perfettamente in grado di reggere il fardello della propria solitudine nel flusso convulso ma necessario della

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/51.htm[12/07/2017 19:07:02]
Donna tutta sola

vita (come suggerisce la bella immagine conclusiva del film).

VALUTAZIONE CRITICA
Una donna tutta sola è insieme dramma psicologico e commedia (attinente al primo il versante matrimoniale
della vita di Erika, incentrato sulla sua disperazione per l'abbandono subito, legata ai toni più lievi della seconda la
parte extraconiugale, con le conversazioni fra amiche e il nuovo rapporto con il pittore Saul), che Mazursky riesce
a gestire con sapiente equilibrio e misurata arguzia, senza mai eccedere né in una direzione né nell'altra. Ne
risulta una pellicola gradevole e spigliata, ben sceneggiata (i dialoghi sono piacevoli e brillanti) e ancor meglio
recitata (la Clayburgh è bravissima), aliena da ogni esasperazione melodrammatica o scorciatoia sentimental-
patetica, capace di ironia e notazioni divertenti e priva di ogni sentenziosità.

Molte le sequenze da ricordare, su tutte quella della rivelazione da parte del marito Martin della sua relazione
(intensa e incisiva), del maldestro approccio di un corteggiatore nel taxi (dove diverte l'inaspettata repentinità del
suo slancio), del fugace flirt con il macho Charly (ripagato con la medesima moneta della sua cinica dottrina di
vita), dell'ultima scena di jogging con un marito ansimante (che ben simboleggia la differenza di energia vitale tra i
due).

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Anni di piombo

Anni di piombo
TITOLO ORIGINALE Die Bleierne Zeit
REGIA Margarethe von Trotta
SOGGETTO E Margarethe von Trotta
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Franz Rath (colori)
MUSICA Nicolas Economou
MONTAGGIO Dagmar Hirtz
INTERPRETI Jutta Lampe, Barbara Sukowa, Rudiger Vogler
PRODUZIONE Bioskop-Film-Munchen
DURATA 109'
ORIGINE Germania Federale, 1981
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e Società

Terrorismo-Lotta armata

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Germania Federale, anni settanta. Juliane Klein e sua sorella Marianne hanno maturato scelte molto diverse: la
prima è giornalista di un periodico femminista e crede nella possibilità di cambiare le cose in modo pacifico e
con metodi democratici, la seconda fa parte di un gruppo terrorista di sinistra e vive in clandestinità. Quando
Marianne finisce in carcere Juliane cerca di ricostruire con la sorella un rapporto che sembrava perduto. Il
dubbio suicidio di Marianne imporrà a Juliane di indagare sulle circostanze della sua morte.

Il film è ispirato alla vicenda reale della terrorista Gudrun Esslin, morta in carcere nel 1977 in circostanze mai
del tutto chiarite, e di sua sorella Christiane.

TRACCIA TEMATICA
Il rapporto fra le sorelle protagoniste mette a confronto due scelte diverse: quella femminista di Juliane,
convinta della necessità di un lavoro oscuro e tenace di diffusione delle idee e di cambiamento delle coscienze, e
quella rivoluzionaria di Marianne, più clamorosa e appariscente, ma che si rivela rovinosamente perdente. Juliane,
pur criticando aspramente le scelte di Marianne, cerca di riaprire con la sorella reclusa un canale di comunicazione,

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Anni di piombo

recuperando un legame basato sull'affetto e la comprensione. Alla sospetta morte di Marianne sente che per lei
s'impone il dovere morale non solo di cercare la verità sulle oscure circostanze della sua scomparsa, ma
soprattutto di chiarire a se stessa e alle generazioni future (rappresentate dal figlio di Marianne) le ragioni
profonde e intime della scelta sbagliata della sorella.

Il film denuncia sia la strategia terroristica dell'estremismo rivoluzionario, sia le disumane condizioni di
internamento vigenti nelle carceri di massima sicurezza della Germania federale negli anni settanta, ma cerca
pure di risalire al plumbeo clima (anche gli anni dell'immediato dopoguerra tedesco furono, a loro modo, di
piombo) vissuto in famiglia dalle due sorelle vent'anni prima, a contatto con un gelido e autoritario padre, pastore
protestante, che cerca di alimentare con le traumatiche immagini dell'Olocausto il senso di colpa dei fedeli.

VALUTAZIONE CRITICA
Anni di piombo riesce con efficacia ad esprimere la tesa drammaticità del contenuto tramite un montaggio
secco ed ellittico, che seleziona i momenti essenziali della narrazione, e una ricostruzione ambientale che
privilegia interni dimessi e quotidiani e tonalità di luce e di colore livide e pallide, in sintonia con l'atmosfera
oppressiva e inquietante che sovrasta la storia (esemplari di questo cupo clima dominante i paesaggi invernali e
autunnali e soprattutto i colloqui in carcere fra le due sorelle). Più colorati invece i ricordi dell'infanzia e
dell'adolescenza, segnati da un nostalgico ripiegamento verso un periodo non facile, ma certo più sereno del
presente, o deformati in chiave espressionistica a suggerire l'idea di un incubo ossessionante (la dominante rossa
nella sequenza visionaria del padre che incombe minaccioso dal pulpito).

Il film riesce inoltre a trovare un giusto equilibrio tra la dimensione politica (la concretezza quotidiana
dell'impegno femminista di Juliene ben sintetizzato dalla manifestazione filoabortista e il difficile rapporto della
generazione postbellica con il passato nazista) e quella introspettiva e psicologica (il sovrapporsi dei volti delle
due sorelle sul vetro della prigione, a suggerire l'idea dell'inscindibilità delle loro storie e dei loro destini).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) La Germania nella seconda guerra mondiale.

              B) L'Olocausto.

              C) Il terrorismo di sinistra in Germania e in Italia negli anni settanta.

              D) La banda Baader-Meinhof.

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Bagdad Café

Bagdad Café
TITOLO ORIGINALE Out of Rosenheim
REGIA Percy Adlon
SOGGETTO E Percy Adlon, Eleonore Adlon
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Bernd Heinis (colori)
MUSICA Bob Telson
MONTAGGIO Norbert Herzner
INTERPRETI Marianne Sagenbrecht, CCH Pounder, Jack Palance
PRODUZIONE Pelemene Film, Monaco, in collaborazione con Project Filmproduktion,
Monaco
DURATA 108'
ORIGINE Germania Federale, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Dopo l'ennesimo litigio con il marito, Jasmin Munchgstettner, una tedesca in vacanza negli Stati Uniti, si
rifugia in un cadente motel nel deserto tra Disneyland e Las Vegas, gestito da Brenda, una donna di colore,
aggressiva e nevrotica, e popolato da un fauna umana decisamente bizzarra. Accolta inizialmente dalla
diffidenza di Brenda, Jasmin conquista a poco a poco, con la sua umanità e fantasia, tutta la sua famiglia e alla
fine Brenda stessa, con cui organizza spettacoli di varietà per i camionisti di passaggio.

TRACCIA TEMATICA
Che cosa può accomunare una florida e bonaria cittadina tedesca con un'ossuta e scontrosa barista nera?
Apparentemente proprio niente, ma se il motel si chiama Bagdad e la nuova arrivata Jasmin (nomi che richiamano
Le mille e una notte, e quindi propongono un riferimento, cui si accenna anche nel sottotitolo, ad una dimensione
fiabesca), allora può anche accadere che il posto più squallido e sperduto d'America si trasformi in un
laboratorio artistico e in una comunità armonica che produce felicità e intesa fra le persone e che tra due donne
così diverse nasca un legame profondo e autentico. Jasmin introduce al motel Bagdad un bisogno di affetto e
comunicazione che contagia l'umanità depressa ed emarginata che lo abita, stimolandone creatività e vitalità.

La solitudine delle due protagoniste, che nasce da una più o meno forzata rinuncia alla presenza maschile,
diventa una risorsa da cui partire per ristrutturare la loro esistenza. E' significativo che la diffidenza di Brenda
si sciolga di fronte alla tristezza di Jasmin per il suo frustrato bisogno di maternità e che l'inizio della loro intesa si

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm018.htm[12/07/2017 19:07:03]
Bagdad Café

riconosca proprio in questa specificità femminile.

VALUTAZIONE CRITICA
Bagdad Café tende a capovolgere il significato di spazio illimitato, simbolo di libertà, che il deserto
tradizionalmente assume nel Cinema americano (pensiamo al road-movie, di cui questo film costituisce l'esatto
contrario: per Jasmin non conta il movimento, ma il bisogno di fissarsi in un gruppo stabile), trasformandolo in
luogo ristretto e oppressivo che deprime i rapporti umani (i filtri colorati che ce lo propongono in campo
lungo tendono ad uniformarne l'immagine nel senso di uno schiacciamento soffocante). Il motel assume così una
valenza claustofilica, diventa un interno protettivo, che anziché isolare aggrega, un contenitore che restituisce a
cose e persone il loro colore autentico, un polo centripeto che attira e compatta l'umanità dispersa che transita nei
suoi paraggi.

La regia riesce a tradurre bene in scelte di linguaggio disorientanti nella loro anomalia il senso di inquieto
spaesamento delle due protagoniste prima della svolta nei loro rapporti (le inquadrature inclinate che
incorniciano le liti di Jasmin con il marito e le entrate e uscite irregolari in e dal campo di Brenda nevrotizzata nel
piazzale del motel).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     L'ambiente del deserto del Nevada negli Stati Uniti d'America.

Educazione musicale     La musica J. S. Bach.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm018.htm[12/07/2017 19:07:03]
Julia

Giulia
TITOLO ORIGINALE Julia
REGIA Fred Zinnemann
SOGGETTO Dal racconto Pentimento di Lillian Hellman
SCENEGGIATURA Alvin Sargent
FOTOGRAFIA Douglas Slocombe (colori)
MUSICA Georges Delerue
MONTAGGIO Walter Murch, Marcel Durham
INTERPRETI Jane Fonda, Vanessa Redgrave, Jason Robards
PRODUZIONE Richard Roth per 20th Century-Fox
DURATA 117'
ORIGINE USA, 1977
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Sorellanza/Donne contro

La condizione femminile/uomo e Società

Nazismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Anni trenta. La scrittrice Lillian Hellman vive con il compagno Dashiell Hammett in un'isolata villa sul mare
negli Stati Uniti, cercando di trovare la concentrazione per scrivere una commedia. Non riesce però a
dimenticare la grande amica dell' adolescenza, Giulia, una ricca ereditiera che in Europa sta impegnando le
proprie risorse umane ed economiche contro il nascente nazismo. Lillian si reca a Parigi per avere sue notizie:
Giulia si mette in contatto con lei e la incarica di una difficile missione. Lillian rivede l'amica a Berlino poco
prima della morte di questa per mano di sicari nazisti.

TRACCIA TEMATICA
Il film è ispirato ad un racconto della scrittrice e commediografa americana Lillian Hellman (1905-1984), una
delle intellettuali più rappresentative della sinistra americana negli anni trenta e quaranta, e con ogni
probabilità fa riferimento ad una vicenda autobiografica.

Il personaggio della protagonista, oltre ad un forte sentimento d'amicizia, nutre nei confronti dell'amica, una
profonda stima e ammirazione: Giulia, capace di rinnegare le proprie origini altolocate e i privilegi connessi, più
forte e coraggiosa, politicamente più consapevole, più disposta all'azione e al sacrificio, rappresenta per lei una
specie di modello ideale che incarna quelle qualità che tanto vorrebbe possedere.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm057.htm[12/07/2017 19:07:04]
Julia

Sullo sfondo i drammatici anni trenta, con il nazismo trionfante e la necessità morale, ancor prima che
politica, di schierarsi contro di esso, come fa Lillian quando, superando le proprie paure, accetta di compiere la
pericolosa missione a Berlino, lasciando il bel mondo parigino, simbolo di un'intellettualità (pensiamo ai frivoli
suoi amici) cieca e indifferente.

VALUTAZIONE CRITICA
Secondo la tradizione del Cinema politico americano Zinnemann intreccia con abile professionismo passione
civile e solidità narrativa (Giulia propone per un buon tratto la suspense tipica del Thriller), scegliendo come
interpreti due attrici fortemente schierate negli anni settanta sul fronte dell' impegno politico di sinistra, Jane
Fonda e Vanessa Redgrave.

Il film si struttura sul piano temporale sulla base dell'interferenza sul presente di Lillian (che poi, a ben vedere,
è passato, visto che tutta la storia è rivissuta in focalizzazione interna dalla scrittrice ormai anziana) dei ricordi
adolescenziali e giovanili che rievocano alcuni momenti della sua amicizia con Giulia, circonfusi da un alone di
nostalgico rimpianto e sullo sfondo di una suggestiva ambientazione naturale (afflitta in verità da un gusto un po'
patinato) e sul piano spaziale sulla contrapposizione fra la sperduta dimora sul mare della protagonista (la
torre d'avorio dell'intellettuale che rifiuta di confrontarsi con la realtà?) e gli affollati scenari urbani (Parigi,
Vienna, Berlino) nei quali si consuma la tragedia della Storia europea.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese     A) L'opera di Lillian Hellman e Dashiell Hammett.

                             B) Confronto fra la novella Pentimento e il film.

Storia     L'avvento del nazismo in Europa.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm057.htm[12/07/2017 19:07:04]
Pomodori verdi fritti

Pomodori verdi fritti alla fermata del treno


TITOLO ORIGINALE Fried Green Tomatoes at the Whistle Stop Café
REGIA Jon Avnet
SOGGETTO Dall'omonimo romanzo di Fannie Flagg
SCENEGGIATURA Fannie Flagg, Jon Avnet
FOTOGRAFIA Geoffrey Simpson (colori)
MUSICA Thomas Newman
INTERPRETI Mary Stuart Masterson, Marie Louise Parker, Kathy Bates
PRODUZIONE J. Kerner e J. Avnet
DURATA 128'
ORIGINE USA, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Alabama, anni trenta. Idgy è una ragazza ribelle e insofferente nei confronti di ogni imposizione, la sua amica
Ruth, più fragile e remissiva, è sposata con un uomo che la picchia. Quando Ruth non ne può più, va a vivere
con Idgy e insieme aprono un caffè in cui si ritrovano neri, barboni e diseredati d'ogni tipo. Qualche tempo dopo
Idgy viene incolpata dell'uccisione del marito di Ruth, un violento membro del Ku Klux Klan che ha
ripetutamente cercato di impadronirsi del figlio portato con sé dalla moglie, e deve affrontare un processo da cui
esce assolta. Frattanto Ruth si è gravemente ammalata.

TRACCIA TEMATICA
Nel profondo sud razzista e maschilista degli anni trenta non solo non è facile esseri neri, ma nemmeno essere
donne. L'amicizia (il regista-sceneggiatore Avnet non ha avuto il coraggio di esplicitare nel film il rapporto
omosessuale cui si allude più chiaramente nel romanzo) tra Idgy e Ruth, nata a contatto con la natura e con
l'umanità chiassosa che frequenta una bettola di dubbia fama, si consolida sulla base della necessità di
fronteggiare un mondo ostile che preme minaccioso all'esterno del locale che gestiscono. Idgy è una ragazza
vitale e piena d'umanità, il cui amore per la libertà contagia la più posata Ruth, che nei piani dei suoi genitori
avrebbe dovuto far mettere la testa apposto all'amica.

Anche la grassa Evelyn, cui ai nostri giorni viene raccontata la storia, rimane influenzata dall'esempio di Idgy e
trova la forza di reagire ad un'avvilente sottomissione al marito.

Tra i ruderi della stazione ferroviaria dove un tempo sorgeva il caffè sembra ancora aleggiare lo spirito di
Idgy (è ancora viva? è la vecchia Ninny? non è mai esistita, se non nella fantasia di Ninny?..).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm091.htm[12/07/2017 19:07:04]
Pomodori verdi fritti

VALUTAZIONE CRITICA
Il film si sdoppia in due storie che scorrono parallele: quella di Idgy e Ruth, la principale e di gran lunga la più
interessante e vivace, e quella di Evelyn e Ninny, che fa da cornice all'altra e che appare risolta in modo banale e
superficiale (la ribellione di Evelyn si riduce a ben poca cosa se paragonata con la determinazione femminista
dell'eroina Idgy).

Pur senza approfondire più di tanto la psicologia dei personaggi e peccando di un certo manierismo nella
ricostruzione d'epoca anni trenta, Avnet ci racconta l'amicizia tra le due donne con sapienza narrativa (colpi di
scena, squarci poetici e buoni sentimenti risultano ben dosati) e con buona padronanza degli effetti (dramma e
commedia si alternano nella misura giusta).

Pomodori verdi freddi è un piacevole film medio senza grandi pretese e che proprio per questo funziona bene
(costato 10 milioni di dollari, ne ha incassati 65 nei soli Stati Uniti).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) Il razzismo nel sud degli Stati Uniti. B) Il Ku Klux Klan.

Lingua inglese     Confronto fra il romanzo omonimo e il film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm091.htm[12/07/2017 19:07:04]
Thelma e Louise

Thelma e Louise
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ridley Scott
SOGGETTO E Callie Khouri
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Adrian Biddle (colori)
MUSICA Hans Zimmer
MONTAGGIO Thom Noble
INTERPRETI Susan Sarandon, Geena Davis, Harvey Keitel
PRODUZIONE Ridley Scott e Mimi Polk, coproduttori Dean O'brien e Callie Khouri, per Pathé
Entertainment
DURATA 124'
ORIGINE USA, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne contro/Sorellanza

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Louise fa la cameriera in una tavola calda e la più giovane Thelma è sposata con un uomo gretto. Sono amiche
e decidono di passare un weekend in montagna per godersi un po' di libertà dai rispettivi obblighi. Si fermano in
un locale nel quale conoscono un bruto che cerca di violentare Thelma: Louise gli spara uccidendolo. Da quel
momento le due donne sono delle fuorilegge costrette a fuggire di fronte alla polizia. Decidono di espatriare in
Messico, ma quando sono ormai vicino al confine le forze dell'ordine, messe sulle loro tracce da un'incauta
telefonata di Louise, riescono a circondarle.

TRACCIA TEMATICA
Thelma e Louise vivono un'esistenza frustrante e insoddisfacente, penalizzate da compagni inadeguati e
mediocri. La loro amicizia costituisce per entrambe l'unica fuoriuscita da una quotidianità insopportabile.

Il viaggio delle due donne si trasforma in un' odissea attraverso l'inferno dell'aggressività e volgarità
maschilista, contro cui assumono un ruolo di angeli vendicatori. L'uccisione del violentatore da parte di Louise può
risultare moralmente discutibile, ma appare umanamente comprensibile e comunque acquista un forte
significato simbolico (in un singolo stupratore si puniscono tutti gli stupratori). La loro vuole essere una fuga verso
un mondo libero dal dominio maschile: un'ansia di utopica libertà che non può che concludersi con la morte.

In questo universo macho così evidentemente contro le donne qual è il ruolo del poliziotto Hal? Un risarcimento
per lo spettatore maschio che può dire che almeno un uomo del film si salva? L'incarnazione del regista che vuole
esprimere la propria solidarietà alle protagoniste? L'esperto in sociologia che ci spiega le ragioni della rivolta di
Thelma e Louise?

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm123.htm[12/07/2017 19:07:05]
Thelma e Louise

VALUTAZIONE CRITICA
Thelma e Louise è un avvincente e palpitante road-movie stile anni settanta, che sembra sintetizzare alcuni dei
luoghi canonici di questo genere: dalla fuga in Messico (destinazione designata di tante evasioni impossibili del
Cinema americano) ai Canyon dell'Arizona (sfondo delle carovane dei pionieri western: e forse che Thelma e
Louise non cercano una loro personale frontiera?), dai motel sperduti nel deserto alle colonne delle auto della
polizia che inseguono i fuggiaschi a sirena spiegata.

Scott rielabora questo repertorio consolidato con uno spiccato senso della spettacolarità e del ritmo
narrativo, coniugandolo in chiave femminista ed esercitando il suo talento figurativo sulle risorse di un paesaggio
sospeso tra realtà e immaginario cinematografico hollywoodiano.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     L'ambiente delle Montagne Rocciose.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm123.htm[12/07/2017 19:07:05]
Del perduto amore

Del perduto amore


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Michele Placido
SOGGETTO E Michele Placido, Domenico Starnone
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Blasco Giurato (colori)
MUSICA Carlo Crivelli
MONTAGGIO Francesca Calvelli
INTERPRETI Giovanna Mezzogiorno, Piero Pischedda, Fabrizio Bentivoglio, Enrico Lo
Verso, Sergio Rubini.
PRODUZIONE Giovanni Di Clemente per Clemi Cinematografica
DURATA 95'
ORIGINE Italia, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne contro

La condizione femminile/Uomo e Società

Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Italia meridionale, 1958. Il quattordicenne Gerardo è stato espulso dal seminario perché sospettato di
omosessualità. Suo padre, per non fargli interrompere gli studi, lo mette al servizio di Don Vincenzo, influente
notabile locale che controlla la vita pubblica in paese. Intanto suscita scandalo la figura di Liliana Tito, una
giovane militante del partito comunista che ha organizzato una scuola per alfabetizzare le ragazze del posto.
L'indipendenza e la forte personalità di Liliana suscitano l'ostilità degli ambienti conservatori e degli stessi
compagni di partito, ma l'ammirazione e l'amore di Gerardo. Quando la coraggiosa militante muore per un
attacco cardiaco, le donne del paese le rendono un commosso omaggio.

TRACCIA TEMATICA
Liliana è una femminista antelitteram (che anticipa cioè il movimento femminista di almeno dieci anni), convinta
che il riscatto della donna da una secolare condizione di sudditanza nei confronti dell'uomo (nel meridione

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Del perduto amore

d'Italia degli anni '50 ancora più forte perché radicata in una mentalità patriarcale di matrice contadina) debba
necessariamente passare attraverso l'istruzione e la cultura. E' una donna coraggiosa ed eccezionale, perché
conduce la propria difficile lotta in solitudine: non solo la Chiesa, i democristiani e le destre le sono ostili
(troppa la distanza tra la loro concezione reazionaria della società e le prospettive di progresso che l'agire della
giovane comunista dischiude), ma anche all'interno del suo stesso partito non trova il necessario sostegno, a
dimostrazione di come il maschilismo sia trasversale alle ideologie.

Gerardo vive con tormento l'attrazione (un intreccio di amore e stima) che prova verso Liliana, imponendogli
la sua educazione e la sua appartenenza cattolica di condividere la condanna nei confronti della giovane donna,
mentre la sua delicata sensibilità e una fede profonda, che assume come riferimento la figura di Don Bosco, lo
portano inesorabilmente verso di lei, verso quello che intravede come un qualcosa di molto vicino alla santità.
Emblematica di questo lacerante dissidio interiore è la sua partecipazione alla distruzione della scuola. Per il
sacerdote Gerardo le rovine di questa stessa scuola costituiscono, a distanza di tanti anni, una specie di
sacrario cui attingere forza e speranza.

VALUTAZIONE CRITICA
Placido dispone il suo film su due assi: da una parte la ricostruzione del contesto ambientale del meridione
anni '50, antropologicamente ben precisato (l'uso coraggioso di un dialetto spesso di difficile comprensione
accentua la credibilità della rievocazione) nella sua arcaica arretratezza che trova nell'egemonia culturale della
Chiesa preconciliare e nelle nostalgie fasciste il naturale corrispettivo e dall'altra il percorso umano e morale di
Gerardo adolescente, di cui il regista riesce a comunicare con efficacia il travaglio psicologico concentrandosi
soprattutto sul suo sguardo ombroso e interrogante (di grande impatto visivo l'immagine iniziale del ragazzo
silenzioso che appare a Gerardo adulto a simboleggiare il ricordo fondamentale e decisivo della sua esistenza).

Lo stile del film risulta scarno e secco (a parte qualche eccesso di enfasi didascalica nella sequenza del
comizio), in sintonia con l'aspro e desolato ambiente naturale (ottima la fotografia del paesaggio), che con il suo
plumbeo grigiore sembra esprimere l'oppressione che schiaccia gli abitanti di questa sperduta plaga del nostro sud.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) L'Italia meridionale negli anni cinquanta.

              B) Lo scontro politico in Italia negli anni cinquanta: guerra fredda e contrapposizione ideologica.

Religione     La figura di San Giovanni Bosco.

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Erin Brockovich

Erin Brockovich
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Steven Soderbergh
SOGGETTO E Susannah Grant
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ed Lachman (colori)
MUSICA Thomas Newman
MONTAGGIO Anne V. Coates
INTERPRETI Julia Roberts, Albert Finney
PRODUZIONE Danny De Vito, Michael Schamberg, Stacey Sher per Jersey Films
DURATA 131’
ORIGINE USA, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Donne contro

Condizione femminile/Individuo e Società

TRAMA
 Erin è una donna divorziata che deve mantenere due figli. Alla disperata ricerca di un lavoro, riesce a farsi
assumere dall’avvocato Ed, titolare di uno studio legale. Lavorando ad una pratica scopre che una grande
impresa locale inquina le falde acquifere della zona, provocando gravi danni alla salute della popolazione.
Insieme ad Ed, che si è convinto di avere per le mani un grosso caso, Erin mette insieme un numero sempre
maggiore di vittime causate dall’avvelenamento e li organizza al fine di portare in giudizio l’azienda colpevole di
simile disastro. 

TRACCIA TEMATICA
Erin Brockovich assomma in sé due elementi fondamentali nella tradizione cinematografica americana. Il
primo, assai radicato nella parte più progressista e democratica della cultura statunitense, consiste nella
contrapposizione allo strapotere e all’arroganza delle grandi compagnie industriali qualora mettano a rischio la
salute e gli interessi della comunità; il secondo è basato sulla convinzione che anche il più oscuro dei cittadini,
purché dotato di coraggio e spirito d’iniziativa, possa avere ragione dei potenti facendo trionfare i diritti dei
cittadini. Quest’ultima, in fondo, non è altro che l’ennesima variazione sul tema del cosiddetto sogno americano,
vale a dire la possibilità nella società  statunitense da parte di chiunque di affermarsi e avere successo. Una
suggestione che alimenta da sempre l’immaginario collettivo del popolo americano e che sta alla base di una
concezione saldamente individualistica della democrazia: non le collettività unite e organizzate ottengono i loro
obiettivi, ma solo il singolo in grado di guidare e capeggiare quelle stesse masse che se lasciate a se stesse non
possono fare altro che danni o rassegnarsi alla passività. La combattiva e aggressiva Erin è, appunto, una di queste
figure.  

Quanto di fondato e reale e, invece, quanto di mitico e illusorio ci sia in questa convinzione è tutto da discutere.

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Erin Brockovich

Resta il fatto che il film è tratto da una storia vera.

VALUTAZIONE CRITICA
 Una delle cose più curiose del film è rappresentata dal fatto che nella prima volta nella sua carriera la diva Julia
Roberts non recita sulla base di un personaggio ritagliato su misura per lei, ma è l’attrice che si adatta ad assumere
le caratteristiche della vera Erin Brockovich, che ha collaborato alla sceneggiatura del film. La star hollywoodiana
ha dovuto così rinunciare alla propria immagine  abituale di brava ragazza dalla porta accanto per indossare i
panni (anche nel senso letterale del termine) un po’ volgarotti e ruspanti della combattiva cittadina americana di cui
il film racconta la storia. Va riconosciuto all’attrice di essersela cavata molto bene, meravigliosamente
fiancheggiata da Albert Finney, mostro sacro del cinema britannico.

Sapiente la regia di Soderbergh (la cui carriera prima di questa pellicola era rimasta lontana dalla frequentazione
del genere civile), che riesce ad imprimere al suo film il ritmo narrativo giusto, facendo in modo che la storia
(pur ricca di colpi di scena e produttrice di coinvolgimento emotivo) non prevalga mai sulla delineazione dei
personaggi e dei loro reciproci rapporti (su tutti il legame tra la giovane Erin e l’anziano avvocato Ed). Ben
calibrati e credibili i dialoghi, ricchi di spunti arguti e anche di momenti tesi ed intensi, anche qui all’insegna
dell’equilibrio fra registri diversi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Scienze             A) Le problematiche dell’inquinamento nelle moderne società  industriali
                           B) L’industria chimica

                           C) Il caso italiano di Porto Marghera

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Lettera scarlatta, La

La lettera scarlatta
TITOLO ORIGINALE The Scarlett Letter
REGIA Roland Joffé
SOGGETTO Dal romanzo di Nathaniel Hawthorne
SCENEGGIATURA Douglas Day Stewart
FOTOGRAFIA Alex Thomson (colori)
MUSICA John Barry
MONTAGGIO Tom Noble
INTERPRETI Demi Moore, Gary Oldman, Robert Duvall
PRODUZIONE Andrew G. Vajna, Roland Joffé, Tova Laiter per Hollywood Pictures
DURATA 135'
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne in amore/Donne contro

La condizione femminile/Uomo e Società

Seicento

Cinema e Storia

TRAMA
Nel 1660 Hester Prynne giunge dall'Inghilterra nella colonia del Massachusetts, in attesa di essere raggiunta
dal marito. Qui incontra il reverendo Arthur e se ne innamora ricambiata. Quando rivela di aspettare un
bambino senza fare il nome del padre, la comunità puritana nella quale vive la condanna a portare la lettera A
(adultera) sul petto. Nonostante questa umiliazione che la pone ai margini della società, Hester continua a
mantenere il segreto sul nome del suo amante, specie quando arriva suo marito, intenzionato a vendicarsi del
tradimento subito. Accusata di essere una strega la donna viene condannata a morte, ma a questo punto Arthur
rivela di essere il padre della bambina.

TRACCIA TEMATICA
Il film vuole essere innanzitutto un atto d'accusa contro il fanatismo settario del puritanesimo anglosassone
del Seicento e più in generale contro ogni forma di intolleranza e integralismo (religioso e non) che soffochi
la libertà della persona, degenerando nella violenza e nella crudeltà.

All'ipocrita perbenismo che contraddistingue i membri della comunità dei coloni si contrappone la più autentica
umanità dei pellirosse (il mito del buon selvaggio?), che alla fine assumono il ruolo di liberatori, ribaltando
clamorosamente il significato del binomio Civiltà-Inciviltà sulla base del quale si è giustificato il colonialismo
europeo dell'età moderna.

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Lettera scarlatta, La

Su questo cupo sfondo di superstizione e ignoranza si staglia la figura di Hester che difende il proprio diritto
all'amore rivendicando una personale concezione della fede basata su un rapporto diretto con Dio senza
mediazione di terzi.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film cerca di coniugare tematiche alte ed impegnate con la necessità di dare alla storia un respiro
spettacolare che sia allettante per il grande pubblico cui si rivolge (la principale preoccupazione di una
produzione tipicamente hollywoodiana come questa è ovviamente di natura economica). La lettera scarlatta
finisce così per intraprendere più direzioni (troppe), senza approfondirne seriamente alcuna: la dimensione
storico-sociale è trascurata a scapito di quella romanzesca, quella antropologica si riduce a qualche fugace accenno
di colore agli indiani e alla caccia alle streghe, la storia d'amore è narrata in modo convenzionale e troppo
melodrammatico, scivolando nella sequenza dell'amore tra i due amanti in un gusto patinato da soft-core, il
tormento psicologico-spirituale di Arthur ossessionato dal senso di peccato è risolto con affrettata superficialità,
come pure le riflessioni religiose ereticali della protagonista, su tutto sembra prevalere l'enfasi (la voce
riecheggiante del reverendo durante la predica) e la retorica figurativa (i bei paesaggi naturali e le ricostruzioni
d'epoca) e declamatoria (le dichiarazioni di Hester di fronte ai giudici e i suoi dialoghi con Arthur).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese     Confronto fra il romanzo omonimo di Hawthorne e il film.

Storia     A) La colonizzazione inglese dell'America del nord e la creazione della colonia del Massachusetts.

               B) I Pellerossa.

Religione    A) Le sette protestanti dei Puritani e dei Quaccheri.

                     B) La Chiesa e la caccia alle streghe.

                     C) L'integralismo religioso nel mondo contemporaneo.

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Libera

Libera, amore mio


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Mauro Bolognini
SOGGETTO Luciano Vincenzoni
SCENEGGIATURA Luciano Vincenzoni, Nicola Badalucco
FOTOGRAFIA Franco Di Giacomo (Colori)
MUSICA Ennio Morricone
INTERPRETI Claudia Cardinale, Bruno Cirino, Adolfo Celi, Philippe Leroy, Bekim Fehmiu
PRODUZIONE Roberto Loyola per Roberto Loyola Cinematografica
DURATA 110'
ORIGINE Italia, 1975
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne contro

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Il film racconta la storia di Libera, figlia di un anarchico condannato al confino, dalla metà degli anni trenta
sino alla Liberazione del '45. Negli anni bui del fascismo Libera, che ha ereditato gli ideali del padre, esprime
pubblicamente la propria intransigente opposizione al regime e questo causa a lei e alla sua famiglia seri
problemi, compromettendo il rapporto con un marito amante del quieto vivere, che non sopporta le esternazioni
antifasciste della moglie. Perseguitata dalle autorità e condannata al confino, Libera accentua con gli anni il
proprio impegno politico sino a diventare partigiana. Una pallottola di un franco tiratore la uccide a Liberazione
avvenuta.

TRACCIA TEMATICA
L'antifascismo di Libera è più passionale ed istintivo che frutto di consapevolezza politica e affonda le radici
nel legame affettivo con il padre anarchico. Coraggiosa ed impulsiva non riesce a controllare la propria
indignazione per le malefatte del regime e rifiuta di aderire al modello di casalinga remissiva cui la società
vorrebbe costringerla (sono gli anni della campagna demografica e dell'esaltazione del ruolo riproduttivo della
donna), proponendosi come esempio di un protagonismo femminile assolutamente eccezionale per quegli anni
e difficile da accettare anche dai suoi stessi compagni di lotta (pensiamo al discorso che le fa il dirigente del CLN).
Di fronte all'eroismo della moglie il marito rappresenta la docile passività cui molti italiani, pur non essendo
fascisti, si adattarono durante la dittatura.

Amaro e polemico il finale, che allude in modo trasparente ai limiti e ai compromessi con cui si procedette
nell'immediato dopoguerra all'epurazione dalla pubblica amministrazione di chi era stato fascista.

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Libera

VALUTAZIONE CRITICA
Per quanto condivisibili possano essere le intenzioni del film e le idealità che lo sostengono, gli esiti
cinematografici sono modesti e deludenti. Tutto appare tremendamente superficiale ed approssimativo: i
personaggi sono privi di spessore psicologico e sono schiacciati dai valori (o disvalori) che devono simboleggiare,
troppo eroi o troppo macchiette, la tonalità da commedia si regge su battute spesso grevi e volgari e quella
drammatica su un facile sentimentalismo, la stessa ricostruzione storica e coerenza narrativa sembrano discutibili (
ad esempio il cinegiornale che mostra le immagini della ritirata di Russia risulta in quel preciso periodo poco
credibile e poi: dov'è Sandro Poggi durante la perquisizione della polizia fascista, quando e come Libera viene
catturata dai tedeschi e che fine fa il padre anarchico?).

In questo contesto di enfasi e pressappochismo si distingue in positivo, per la lugubre freddezza e per gli
inquietanti interrogativi che pone sulle ambiguità del dopo-Liberazione, la sequenza finale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) Il movimento anarchico.

              B) Il regime fascista.

              C) La Resistenza.

               D) L'epurazione antifascista nel dopoguerra.

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Norma Rae

Norma Rae
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Martin Ritt
SOGGETTO E Irving Eavetch, Harrier Frank Jr.
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA John A. Alonzo (colori)
MUSICA David Shire
MONTAGGIO Sidney Levin
INTERPRETI Sally Field, Ron Leibmen, Beau Bridges
PRODUZIONE 20th Century Fox
DURATA 114'
ORIGINE USA, 1979
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne contro

La condizione femminile/Uomo e Società

Catena di montaggio, classe operaia

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Alabama, 1978. Norma Rae è operaia di un'azienda tessile dove lavorano anche i suoi genitori e quasi tutti gli
abitanti del paese da più generazioni. Il lavoro è duro, l'ambiente della fabbrica malsano e assordante, la paga è
scarsa e la proprietà spadroneggia nella totale mancanza di diritti degli operai. L'arrivo di Reuben, un
sindacalista di New York intenzionato a creare anche nel sud conservatore e bigotto il sindacato dei tessili,
capovolge la rassegnata passività delle maestranze in una sempre più convinta volontà di lottare e di
organizzarsi sino alla costituzione del sindacato all'interno della fabbrica. Accanto a Reuben c'è sin dal primo
momento Norma, conquistata dalla forte personalità del sindacalista: sarà lei a trascinare con la sua energia e
passione i compagni di lavoro alla vittoria.

TRACCIA TEMATICA
Norma Rae è vedova, ha due figli da due uomini diversi, sente il peso di un lavoro alienante e ripetitivo, passa da
un'avventura all'altra senza amore e con poca convinzione: insomma è una donna profondamente insoddisfatta
di sé e della vita che conduce.

Il matrimonio con Sonny e l'incontro con il sindacalista Reuben segnano un punto di svolta nella sua
disordinata esistenza: il primo le garantisce sicurezza affettiva e il secondo le fa acquisire consapevolezza del

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Norma Rae

pesante sfruttamento che subisce in fabbrica. Norma è una donna trasformata: con combattività e determinazione
mette tutta se stessa in una lotta sindacale dalla quale sa che dipende anche il destino dei suoi figli. In lei la voglia
di dare ordine alla propria vita si manifesta contemporaneamente sia sul piano privato, sia su quello
pubblico: creazione di una nuova famiglia e coscienza politica vanno di pari passo.

Sullo sfondo la provincia del sud degli USA, retriva e razzista, nella quale la fabbrica tessile chiusa con il lucchetto
come una prigione sembra quasi un prolungamento delle piantagioni di cotone su cui lavoravano gli schiavi
neri.

VALUTAZIONE CRITICA
Norma Rae è un buon esempio di Cinema politico, o se vogliamo di impegno civile, capace di superare
semplificazioni e schematismi, tipici di questo genere, grazie ad una salda padronanza narrativa e ad un
credibile realismo di ambienti, situazioni e psicologie. Ritt sa fondere con felice equilibrio il tema delle lotte
operaie, il retroterra sociale del profondo sud e la dimensione umana e morale dei personaggi, costruendo sequenze
di rara intensità, come il sopralluogo del sindacalista in fabbrica e il muto incitamento di Norma all'unità e alla lotta
dopo il licenziamento.

Eccezionale nel ruolo di Norma l'interpretazione di Sally Field, che rende con straordinaria efficacia le
molteplici sfumature di una donna dal temperamento irruente e riflessivo insieme. Meno convincente il personaggio
del sindacalista Reuben, troppo perfetto e puntuale nel saper dire e fare sempre la cosa giusta.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) Il movimento sindacale negli USA.

               B) Confronto fra il sindacalismo statunitense e quello europeo ed italiano.

Geografia    Lo stato dell'Alabama.

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Silkwood

Silkwood
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Mike Nichols
SOGGETTO E Nora Ephron, Alice Arlen
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Miroslav Ondricek (colori)
MUSICA Georges Delerue
MONTAGGIO Sam O' Steen
INTERPRETI Meryl Streep, Kurt Russell, Cher
PRODUZIONE Mike Nichols e Michael Hausman per la ABC Motion Pictures
DURATA 128'
ORIGINE USA, 1884
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne contro

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Arizona, 1974. Karen Silkwood lavora in una fabbrica di uranio e plutonio, dove per i dipendenti è alto il
rischio di essere contaminati dalle radiazioni, con gravissime conseguenze sulla salute. Karen è divorziata dal
marito, che vive in Texas con i bambini nati dal loro matrimonio, e convive con il compagno Drew e con l'amica
lesbica Dolly. Sempre più preoccupata per le sue condizioni fisiche, dopo che per ben due volte è stata trovata
contaminata, diventa una rappresentante sindacale e si dedica con grande passione al suo nuovo impegno, tanto
da trascurare Drew e non andare più a trovare i figli. Più Karen indaga sulle numerose trasgressioni delle
regole di sicurezza della fabbrica, più incontra l'ostilità dei colleghi e della direzione. Lasciata da Drew e sempre
più sola, continua tuttavia la sua lotta per trovare le prove di una criminale contraffazione che ha scoperto nella
produzione delle barre radioattive di carburante.

TRACCIA TEMATICA
Silkwood (ispirato a un fatto realmente accaduto) è certamente un film di denuncia dei gravi rischi cui sono
sottoposti i lavoratori dell'industria di materiale radioattivo e dell'incuria e trascuratezza di una dirigenza aziendale
che mette a repentaglio la salute dei propri dipendenti.

Ma è anche (e soprattutto) il ritratto di una donna che lotta contro la solitudine e la depressione. Separata dai
figli, osteggiata in fabbrica, emarginata dai colleghi di lavoro, usata dal sindacato, cacciata dalla sua abitazione,
Karen investe tutto nell'impegno contro l'azienda, con una determinazione che si colora di rivalsa personale contro
le delusioni della vita.

Si direbbe che la fabbrica inquinante assurga a simbolo di un'esistenza frustrante e insoddisfacente che
contamina in senso metaforico (morale e spirituale) con il germe dell'infelicità e che Karen (la più contaminata
perché la più consapevole) si ribelli contro la passiva accettazione di questa deriva.

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Silkwood

VALUTAZIONE CRITICA
A Nichols non interessa tanto il versante giallo-investigativo, quanto quella umano e ambientale: apprezzabile in
questo senso la continuità che suggerisce fra lo spazio fabbrica-lavoro e quello casa-tempo libero, assegnando
a quest'ultimo una monotona dimensione fatta di liti, bevute e incomprensioni non molto diversa da quella vissuta
all'interno dell'azienda (pensiamo ad esempio alla piccola cerimonia di compleanno nel reparto, alla socializzazione
in mensa al momento del pranzo, alla conflittualità dei rapporti interpersonali di chi si frequenta dentro e fuori il
posto di lavoro, ecc..). E' come se la fabbrica avesse contaminato anche l'esterno e le coscienze delle persone
che vi abitano (significativa in proposito la sequenza della scoperta della radioattività nella casa di Karen).

Gli interni domestici squallidi e stretti, la ripetitività con cui si accumulano le situazioni di scontro e tensione,
l'attenzione dedicata agli aspetti minuti del quotidiano (il cibo avariato da buttare, la birra da comprare, ecc..), un
andamento narrativo piuttosto uniforme, privo di impennate e colpi di scena, contribuiscono efficacemente a
trasmettere un senso di disagio e oppressione che parte dalla fabbrica per estendersi al di fuori fino ad
arrivare a noi spettatori.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Scienze     A) L'industria del nucleare e delle sostanze radioattive.

                  B) I pericoli per la salute e l'ambiente connessi a questo tipo di lavorazioni.

Geografia     L'Arizona e il Texas.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm115.htm[12/07/2017 19:07:33]
Soldato jane

Soldato Jane
TITOLO ORIGINALE G.I. Jane
REGIA Ridley Scott
SOGGETTO Danielle Alexandra
SCENEGGIATURA Danielle Alexandra, David Twohy
FOTOGRAFIA Hugh Johnson (colori)
MUSICA Trevor Jones
MONTAGGIO Pietro Scalia
INTERPRETI Demi Moore, Anne Bancroft
PRODUZIONE Ridley Scott, Demi Moore, Roger Birnbaum, Suzanne Todd per Roger
Birnbaum/Scott Free/Moving Pictures
DURATA 125'
ORIGINE USA/Gran Bratagna, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne contro

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
La senatrice DeHaven è intenzionata a por fine alla discriminazione che l'esercito americano impone nei
confronti delle donne. Ottiene così che una rappresentante del sesso femminile sia ammessa alla selezione per
entrare nel corpo dei Marines. La scelta ricade su Jane. La giovane donna si trova così ad affrontare il
tremendo addestramento del corpo più selettivo dell'esercito, sottoponendosi a massacranti prove e subendo lo
scherno e il sadismo dei colleghi maschi. Jane si mostra però pienamente all'altezza della situazione,
guadagnando la stima dei camerati e distinguendosi in una pericolosa azione bellica.

TRACCIA TEMATICA
Soldato Jane è un film femminista? Se per femminismo si intende un semplice emancipazionismo, cioè la
rivendicazione che alle donne siano concesse le stesse opportunità degli uomini nell'accesso ai lavori e alle
professioni, forse sì. Se invece per femminismo si intende la contrapposizione di un sentire ed agire della donna ad
un universo maschile segnato dalla pratica della sopraffazione e dal mito della forza fisica, decisamente no. E se è
quest'ultimo il femminismo più autentico, allora, nel suo voler parificare una donna al peggio della cultura
maschilista (il machismo da caserma) Soldato Jane ne rappresenta la negazione. E' significativo che per
riuscire nell'impresa Jane giunga persino al taglio dei capelli (sacrificio dal chiaro valore iniziatico) proprio per
essere il più possibile simile all'uomo: non solo non rivendica la propria femminilità, ma la mortifica.

La morale finale sembra essere che non solo Jane è degna di entrare nell'elitario corpo dei Seals, ma che
addirittura è meglio degli uomini, visto che si distingue eroicamente nella battaglia finale, e che i militari,
nonostante le cattive maniere e il linguaggio non proprio raffinato, sono pur sempre meglio dei politici (anche se
donne), infidi e corrotti.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm116.htm[12/07/2017 19:07:34]
Soldato jane

VALUTAZIONE CRITICA
Da Ridley Scott, regista che ha al proprio attivo pellicole giustamente celebrate come Blade Runner, Alien e
Thelma & Louise, ci si aspettava decisamente di più e non tanto sul piano dei contenuti (come si afferma sopra,
piuttosto discutibili), quanto su quello della pura regia, intesa in un film come questo come capacità di saper gestire
con sapienza ed equilibrio la forte tensione che dovrebbe scaturire dalle situazioni estreme e dallo scontro di
caratteri. Soldato Jane invece non gradua e controlla gli effetti drammatici, ma li spara a tutto volume contro
lo spettatore, più che un film raccontato, è un film urlato, modellato sul gusto estetizzante di uno spot
pubblicitario (primissimi piani, montaggio e sonoro aggressivi). Si direbbe quasi che il regista, anziché mettere
tra sé e la materia trattata il necessario distacco, si sia fatto coinvolgere dalla concitazione adrenalinica tipica
della caserma, adeguando ad essa il registro del film e perdendo il controllo della narrazione.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) Il corpo dei Marines.

              B) Il movimento femminista.

Educazione civica     L'attuale legislazione italiana in riferimento al servizio militare femminile.

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Artemisia, passione estrema

Artemisia - Passione estrema


TITOLO ORIGINALE Artemisia
REGIA Agnès Merlet
SOGGETTO E Agnès Merlet, Christine Miller, Patrick Amos
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Benoit Delhomme (colori)
MUSICA Krishna Levy
MONTAGGIO Guy Lecorne
INTERPRETI Valentina Cervi, Michel Serrault, Miki Manojlovic
PRODUZIONE Patrice Haddad, per Primière Heure/France 3 Cinéma/Schlemmer Film/3
Emme Cinematografica
DURATA 98'
ORIGINE Francia/Germania/Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Inizio 1600. Artemisia, figlia dell'affermato pittore Orazio Gentileschi, ha diciassette anni e uno spiccato talento
pittorico. Il padre intuisce le possibilità della ragazza e la manda alla scuola di Agostino Tassi, anch'egli celebre
pittore dell'epoca. Tra Artemisia e il maturo artista nasce una grande passione d'amore. Venuto a conoscenza
del legame, il padre Orazio denuncia Tassi per violenza sessuale. Condannato quest'ultimo a due anni di
carcere, Artemisia decide di lasciare la casa paterna.

TRACCIA TEMATICA
Artemisia Gentileschi è considerata una delle maggiori pittrici del XVII secolo, tuttavia il film non
approfondisce i caratteri della sua arte scegliendo di concentrarsi sul suo apprendistato pittorico e amoroso con
Agostino Tassi. Tra i due si verifica uno scambio: Artemisia conquista il dissoluto artista con la propria purezza
e ne è conquistata dalla rivelazione di una pittura che si nutre della capacità di reinventare la realtà tramite
abbandoni estatico-estetici. Dal traumatico distacco con l'uomo amato Artemisia trae la forza per affrancarsi
definitivamente dalla tutela paterna e da una tradizione pittorica ancorata al chiuso degli studi e delle
accademie.

Lo sfondo storico è quello dell'Italia della Controriforma, oppressa dal ferreo controllo della Chiesa sull'arte e
la cultura e da un'ossessione sessuofobica che ha nella donna e nel suo corpo la vittima principale.

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Artemisia, passione estrema

VALUTAZIONE CRITICA
Artemisia percorre contemporaneamente tre direzioni: la rievocazione della passione d'amore interpretata
come connubio artistico-sentimentale che immette ad una parallela iniziazione (alla deflorazione di lei si associa
la simbolica penetrazione che con la spada compie la Giuditta-Artemisia sul corpo di Oloferne-Tassi), la
ricostruzione di un plumbeo clima di oscurantismo antifemminile (la non ammissione di Artemisia
all'Accademia e l'umiliante esplorazione del suo corpo durante il processo), un gusto figurativo ispirato alla
pittura secentesca e che alterna interni oscuri e opprimenti con esterni dominati da una luce tersa e dorata (alla
pittura mercenaria di Orazio Gentileschi, che lavora su commissione, si contrappone la concezione di un'arte libera
e disinteressata). Delle tre la prima appare risolta in modo un po' approssimativo e superficiale, la seconda
risulta piuttosto convenzionale e scontata, solo la terza riesce a trasmettere qualche autentica suggestione
visiva.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia dell'arte    La pittura di Artemisia e Orazio Gentileschi, di Agostino Tassi e l'arte del Seicento.

Storia    L'Italia della Controriforma.

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Betty Love

Betty Love
TITOLO ORIGINALE Nurse Betty
REGIA Neil LaBute
SOGGETTO John C. Richards
SCENEGGIATURA John C. Richards, James Flamberg
FOTOGRAFIA Jean-Yves Escoffier(colori)
MUSICA Rolfe Kent
MONTAGGIO Joel Plotch, Steven Weisberg
INTERPRETI Renée Zellweger, Morgan Freeman, Chris Rock, Greg Kinnear, Aaron Eckhart
PRODUZIONE Gail Mutrux, Steve Golin per Propaganda Films/ab’strakt pictures/Imf.
DURATA 110’
ORIGINE Stati Uniti, 1999
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Soap-Opera

Televisione-Mass-media-Individuo e Società

Donne in amore

La condizione femminile-Individuo e Società

TRAMA
Betty Sizemore vive in una piccola cittadina del Kansas. Lavora come cameriera in un fast-food e la sua grande
passione è una  soap-opera d’ambiente ospedaliero, tra i cui personaggi c’è un medico giovane e bello di cui
Betty è pazzamente innamorata.  Un giorno dopo aver assistito all’omicidio del marito, sconvolta, fugge a Los
Angeles, dove lo sceneggiato televisivo è ambientato inseguita dai sicari del coniuge. Qui farà la conoscenza
dell’attore che ama e tutta una serie di incredibili avventure predisporrà un finale inaspettato.

TRACCIA TEMATICA
Betty a forza di immedesimarsi con la sua soap–opera preferita non distingue più la realtà dalla finzione,
anzi scambia quest’ultima con la prima finendo per diventare parte di essa. E visto che cosa riserva il mondo
reale, crimini, violenza, corruzione e quant’altro, forse è meglio trovare una via di fuga che ci consegni ad un
universo fantastico, in cui i desideri più riposti si realizzano (in questo senso Betty compie il percorso opposto a
quello di Audrey Hepburn nel citato film Vacanze romane (1953) di William Wyler, in cui una principessa stanca
del suo mondo fastoso e falso vorrebbe mescolarsi con una dimensione di vita più autentica). Betty Love, quindi,
come una fiaba moderna, in cui la Cenerentola di turno trova alla fine il suo principe azzurro, che ai nostri giorni
non può essere altro che un eroe televisivo (o come qualche critico ha osservato, Betty Love come esempio di una
regressiva fuga di una società americana scossa dalla tragedia dell’11 settembre).

Ma si può proporre anche una chiave di lettura opposta a suddetta consolatoria interpretazione, nel senso di
considerare il film come un’ironica riflessione sull’alienazione da televisione cui milioni di telespettatori sono
condannati, perdendo così ogni legame con la realtà per rifugiarsi in

in una dimensione artificiosa, sino a chiudere gli occhi sui drammi che  l’umanità vive quotidianamente.

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Betty Love

Per concludere: elogio della fuga nel sogno tramite la finzione (più o meno artistica) o critica della cultura di massa
televisiva che ci condanna ad una stolida passività?  

VALUTAZIONE CRITICA
In Betty Love s’intrecciano e confondono più generi cinematografici. Dalla commedia sentimentale al thriller,
dal noir al melodramma, dal comico al fantastico con i conseguenti (spesso bruschi) cambi di registro. Si direbbe
che il film costruisca una specie di confronto fra il linguaggio televisivo (la soap-opera), piatto e banale,
rassicurante nei melensi intrighi amoroso-sentimentali che propina ad un pubblico di bocca buona, e il linguaggio
cinematografico, più vivace ed inventivo, più realistico e traumatizzante, rivolto a spettatori più smaliziati ed
esigenti.  E’ proprio questa commistione che conferisce alla pellicola quella vivacità di ritmo e mutevolezza
repentina di situazioni che costituisce sicuramente uno dei suoi pregi, rendendolo un prodotto gradevole. Si
direbbe che Betty Love non si prenda mai veramente sul serio assumendo un tono leggero e brioso, intriso di sottile
e divertita ironia e privo di eccessi e cadute. 

Se è vero che Betty Love è stato commissionato al regista per lanciare l’attrice Renée Zellweger in vista del
successivo Il diario di Bridget Jones (2001, S. Maguire), non c’è da concludere altro che il film di LaBute è
decisamente migliore rispetto al campione d’incassi che ha promosso.

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Diario di Bridget Jones

Il diario di Bridget Jones


TITOLO ORIGINALE Bridget Jones' Diary
REGIA Sharon Maguire
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Helen Fielding
SCENEGGIATURA Helen Fielding, Andrew Davis, Richard Curtis
FOTOGRAFIA Stuart Dryburgh (colori)
MUSICA Patrick Doyle
MONTAGGIO Martin Walsh
INTERPRETI Renée Zellweger, Colin Firth, Hugh Grant
PRODUZIONE Tim Bevan, Eric Fellner, Jonathan Cavendish per Working Title
DURATA 92’
ORIGINE Gran Bretagna-Francia- Stati Uniti, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Bridget Jones è una donna trentenne che vive con crescente frustrazione la propria condizione di single
londinese sovrappeso  e ossessionata dall’idea di rimanere zitella .Una relazione con il suo fatuo capoufficio la
delude profondamente. Quando tutto sembra perduto per l’impacciata Bridget arriva la felicità.

TRACCIA TEMATICA
Il personaggio di Bridget Jones rappresenta il paradigma della donna  impacciata  e insoddisfatta , afflitta da una
permanente disistima di se stessa alimentata dalla lontananza nella quale la crescente pinguedine delle proprie
forme la situa rispetto ai modelli dominanti di bellezza femminile (tremendo , in questo senso, il confronto con
l’anoressica stangona con cui quel donnaiolo impenitente del suo capoufficio se la intende di nascosto).

Alla luce dell’happy end Il diario di Bridget Jones non fa che riproporre, sul piano della commedia sentimentale, il
modello della fiaba del brutto anatroccolo e in questo senso si spiega l’enorme successo del film presso il pubblico
femminile, che con ogni probabilità si è identificato con la protagonista, consolandosi almeno per un po’ delle
tante inibizioni e insicurezze che ancora accompagnano la condizione femminile in una società in gran parte basata
sul culto della bellezza.

La morale della pellicola, in fondo, è molto semplice (e forse anche un po’ semplicistica): una donna, anche se non
è bella, qualora possieda doti di spontaneità e autenticità, è in grado di conquistare uomini colti e affascinanti.

VALUTAZIONE CRITICA
Il diario di Bridget Jones ricalca il modulo fortunato della commedia sentimentale inglese degli ultimi anni
(Quattro matrimoni e un funerale costituisce il precedente più significativo) e delle soap-opera televisive. Gli
ingredienti essenziali sono costituiti da una trama di tradizionalissima solidità e appetibilità (una lei e un lui che

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Diario di Bridget Jones

si amano vengono divisi da equivoci e malignità finché alla fine l’amore trionfa e i cattivi si ritirano con le pive nel
sacco), da dialoghi (e in questo caso anche monologhi che coincidono con le confidenze al diario) brillanti e da
situazioni divertenti (pensiamo ai travestimenti, o meglio agli svestimenti, di Bridget alla festa di famiglia e nella
sequenza conclusiva in mezzo alla neve), da un ritmo brioso e da una leggerezza che abolisce qualsiasi forma
di tensione drammatica.

L’effetto d’insieme risulta piacevole, anche se è difficile sfuggire ad una sensazione di banalità e prevedibilità,
accompagnata dalla convinzione che la realtà della vita vera e delle persone che la vivono con tutti i loro problemi
non abitano decisamente da queste parti.

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Mia Africa, La

La mia Africa
TITOLO ORIGINALE Out of Africa
REGIA Sydney Pollack
SOGGETTO Da Out of Africa e altri scritti di Isak Denisen, Isak Denisen: The Life of a
Storyteller di Judit Thuram e Silence Will Speak di Errol Trzebinski
SCENEGGIATURA Kurt Luedtke
FOTOGRAFIA David Watkin (colori)
MUSICA John Barry
MONTAGGIO Frederic Steinkamp, William Steinkamp, Pembroke Herring, Sheldon Kahn
INTERPRETI Meryl Streep, Robert Redford, Klaus Maria Brandauer
PRODUZIONE Sydney Pollack per la Mirage Enterprises
DURATA 150'
ORIGINE USA, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
1913-1919. Karen, una ricca donna danese, accetta l'offerta di matrimonio del barone Bror. La coppia si reca in
Kenya dove ha acquistato una fattoria. La loro unione si rivela, però, deludente per Karen, trascurata da un
marito assente e donnaiolo e che per giunta le trasmette la sifilide. Quando la donna ritorna guarita dalla
Danimarca, dove si è recata per curarsi, si separa da Bror e approfondisce la conoscenza di Denys, un
cacciatore esperto dell'Africa. Tra i due inizia un legame d'amore all'insegna della scoperta da parte di Karen
del grande fascino del territorio africano.

TRACCIA TEMATICA
La mia Africa è soprattutto la storia del rapporto di una donna con una terra, l'Africa, che per lei finisce per
assumere i contorni del Mito, cioè di una dimensione che affascina e conquista e che si contrappone alla
Realtà e alla Storia (simboleggiate queste dal barone, la guerra, la Danimarca, la malattia e lo stesso scorrere del
tempo). L'amore nei confronti di Denys è per Karen il tramite di un percorso iniziatico. Il cacciatore la
introduce nell'immutabilità di un eterno presente: la natura e i Masai sono impermeabili alla civiltà e alle
trasformazioni. Denys appartiene a questo mondo, lo decifra e lo capisce, lo sa guardare attraverso l'occhio di Dio.

Quando Karen pretende un rapporto ufficiale, che duri nel tempo, sfida il Mito, che non tollera discipline e
programmi, e Denys muore. Un Masai, sbucato dal nulla, assiste al suo funerale, perché Denys era uno di loro,
libero e inafferrabile come l'Africa.

Molto meglio quindi il titolo originale Out of Africa, che, non solo esclude ogni possesso della protagonista nei
confronti del continente, ma sembra alludere ad una specie di cacciata dal paradiso terrestre di una Karen

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Mia Africa, La

maturata che, tornata anni dopo nella sua (questa sì) Danimarca, affida alla scrittura la memoria consolatoria della
sua irripetibile esperienza di felicità.

VALUTAZIONE CRITICA
La mia Africa è uno dei migliori film di Pollack. Il regista ci propone alcune interessanti soluzioni linguistiche.
L'elegiaca ed evocativa sequenza iniziale che ripercorre in sintesi alcune immagini della storia cui stiamo per
assistere, allontanandola nel tempo e avvolgendola in un alone mitico, la sequenza centrale, dove la voce off della
protagonista assente scivola sul succedersi dei giorni nella sua residenza africana, a suggerire la struggente
nostalgia procurata dalla lontananza, la visionaria apparizione dei Masai in corsa, ad esprimere la loro assoluta
estraneità rispetto a ciò che non appartiene al loro ambiente, le suggestive carrellate aeree che si distendono
sull'immensa bellezza del paesaggio. Una strategia espressiva che contribuisce a quel procedimento di
mitizzazione di un'Africa che attraverso il filtro della memoria perde le sue connotazioni reali per
trasformarsi in un luogo dell'anima e del cuore.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese     A) Confronto fra le opere da cui è stata tratta la sceneggiatura e il film.

                              B) Karen Blixen.

Geografia     Il Kenya.

Storia     La prima guerra mondiale in territorio africano.

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Ragazza di Bube, La

La ragazza di Bube
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luigi Comencini
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Carlo Cassola
SCENEGGIATURA Luigi Comencini, Marcello Fondato
FOTOGRAFIA Gianni Di Venanzo (bianconero)
MUSICA Carlo Rustichelli
MONTAGGIO Nino Baragli
INTERPRETI Claudia Cardinale, George Chakiris
PRODUZIONE Lux Film/Ultra Film/Vides/Lux-CCF
DURATA 106'
ORIGINE Italia-Francia, 1963
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne in Amore

La condizione femminile/Uomo e Società

Dopoguerra amaro

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Toscana, 1945. I tedeschi scappano e i partigiani tornano a casa. Tra questi c'è anche Bube che incontra la
ventenne Mara. I due si innamorano, ma proprio quando cominciano a progettare il loro futuro Bube si rende
responsabile di un grave delitto politico. I due innamorati devono nascondersi, finché l'ex-partigiano è costretto
a rifugiarsi all'estero per sfuggire alla cattura. Durante la sua assenza Mara intreccia una relazione con
Stefano, un operaio tipografico che vorrebbe sposarla. La ragazza sembra aver dimenticato Bube, che però è
costretto a rimpatriare e ad affrontare un processo che si conclude con la sua condanna a quattordici anni di
prigione. A questo punto Mara scopre di amarlo ancora e decide di dedicarsi completamente a lui aspettando la
sua liberazione.

TRACCIA TEMATICA
Mara è una ragazza spontanea e forte che crede talmente nell'amore da investire in esso tutta la sua vita.
Nella scelta di stare vicino a Bube, proprio quando la giustizia lo condanna in modo troppo severo e i compagni di
partito sembrano abbandonarlo, ella assume le dimensioni di una vera e propria eroina romantica del sacrificio e
della fedeltà.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm101.htm[12/07/2017 19:07:37]
Ragazza di Bube, La

Sullo sfondo gli anni tumultuosi del dopoguerra, con i conti da saldare con i fascisti, le speranze rivoluzionarie
deluse, la restaurazione dei poteri tradizionali. Bube è coraggioso e generoso, ma, travolto da eventi forse più
grandi di lui, mostra tutta la sua fragilità. Egli potrebbe simboleggiare l'amara delusione di tanti giovani che
hanno creduto in radicali cambiamenti che non si sono realizzati, mentre Stefano, concreto e realista (ha smesso
di scrivere poesie), rappresenta una classe operaia ormai in via di integrazione in un sistema capitalistico alla
vigilia del miracolo economico.

VALUTAZIONE CRITICA
La ragazza di Bube trova la risorsa principale nella intensa interpretazione di una Cardinale al meglio delle
possibilità (indimenticabile nella sua insostenibilità emotiva la deposizione al processo), che si cala con grande
aderenza nella schietta umanità del personaggio di Mara. Deludente invece la prova recitativa dell'irrigidito ed
inespressivo Chakiris (meteora hollywoodiana in voga in quegli anni).

La regia di Comencini è sobria e misurata, ma stenta a sottrarsi alla subalternità al testo letterario, non
provando a rischiare un'autonoma rilettura del romanzo in chiave cinematografica. La ricostruzione del contesto
storico-politico risulta onesta, ma piuttosto approssimativa e schematica.

Di rilievo invece la sequenza dell'incontro in carcere tra Mara e Bube, tutta giocata sul crescendo dei piani
(dal totale al primissimo piano), che esprime il graduale riavvicinamento dei due personaggi, e su una fotografia
fortemente contrastata che ben si adegua alla tesa drammaticità del momento.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano   Confronto fra il romanzo di Cassola e il film.

Storia   A) La Resistenza.

              B) Gli anni dell'immediato dopoguerra.

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Onde del destino, Le

Le onde del destino


TITOLO ORIGINALE Breaking the Waves
REGIA Lars von Trier
SOGGETTO E Lars Von Trier
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Robby Muller (colori)
MUSICA Joachim Holbek
MONTAGGIO Anders Refn
INTERPRETI Emily Watson, Stellan Skarsgard, Katrin Cartlidge
PRODUZIONE Zentropa Entertainments
DURATA 158'
ORIGINE Danimarca, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Scozia, primi anni settanta. Bess si innamora di Jan, che lavora su una piattaforma petrolifera. Malgrado
l'opposizione degli anziani della comunità religiosa cui la giovane donna appartiene, i due si sposano. Un grave
incidente costringe però Jan all'immobilità totale, condannandolo a vivere in un letto. Bess rimane sconvolta e
incoraggiata dal marito inizia a darsi agli uomini, tanto da subire ogni sorta di umiliazione e insulto dai suoi
compaesani. Intanto Jan comincia sorprendentemente a migliorare, sino a riacquistare, con la morte finale di
Bess, il pieno controllo del suo corpo.

TRACCIA TEMATICA
Le onde del destino è ispirato in modo trasparente al paradigma evangelico della passione di Cristo (von
Trier  ci (ri)propone la storia più antica dell'umanità): anche Bess vive la sua passione, segnata dal sacrificio e
culminante nella resurrezione. La salvezza di Jan è l'esito miracoloso dell'atto d'amore della sua donna. Bess
accetta l'umiliazione e la morte in modo assolutamente consapevole, perché è assolutamente innocente e pura come
Cristo che, assolutamente perfetto, si è contaminato facendosi uomo. Nel suo agire tutto insomma è assoluto e
niente relativo, è in questo estremismo che va cercato il segno dell'eccezionalità della protagonista, della sua
scandalosa santità.

Bess è una perfetta eroina romantica che interpreta in modo totalizzante il proprio amore e lo realizza
nell'abbinamento (tipicamente romantico) con la morte. Parenti e amici (e con loro noi spettatori) non capiamo,
anzi rimaniamo perplessi e sconcertati, turbati dalla sua pazzia, ma Le onde del destino si nega ad una
comprensione razionale misurata sulle categorie del realismo e del verosimile, come del resto il sacro e il divino
chiamano in causa la fede e non la ragione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm083.htm[12/07/2017 19:07:37]
Onde del destino, Le

Il film di Von Trier è difficile da spiegare, non ci comunica tanto concetti ed idee, quanto continue, e spesso
insostenibili, provocazioni visive ed emotive.

VALUTAZIONE CRITICA
Le onde del destino è dominato dalla interpretazione di Emily Watson, che si cala con tutta se stessa nel
personaggio di Bess, donandogli un' espressività di straordinaria intensità. Il regista la incalza con piani
ravvicinati che grazie alla macchina a mano danno la sensazione che i bordi dello schermo mal trattengano il suo
volto e il suo corpo, a sottolineare la continua frizione della protagonista con la realtà del mondo.

Ed è proprio la mobilità dell'inquadratura, incessante e nervosa, ipnotizzante e stordente, la cifra stilistica


dominante del film. Un'instabilità visiva che disorienta e inquieta, ma che accentua gli effetti di drammaticità e di
immediatezza, quasi che la vicenda venga riprodotta nel suo farsi, senza mediazioni e ripensamenti. Un'apparente
trascuratezza formale che diventa metafora della spontanea irrazionalità di Bess, del suo essere
incontrollabile e trasgressiva.

I campi lunghissimi, che scandiscono i passaggi narrativi dividendoli in capitoli, permangono immobili e solenni
sullo schermo, in contrasto con la frenesia motoria con cui viene mostrata la storia, conferendo un' enfasi che
introduce il film in una dimensione quasi epica, così come il grande formato della pellicola, anch'esso in
stridente opposizione con l'impronta amatoriale della macchina a mano, richiama i kolossal biblico-religiosi che
Hollywood girava sulla vita di Gesù.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione musicale     I pezzi che accompagnano i sipari paesaggistici: una compilation della musica leggera
anni sessanta-settanta più un testo classico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm083.htm[12/07/2017 19:07:37]
Lezioni di piano

Lezioni di piano
TITOLO ORIGINALE The Piano
REGIA Jane Campion
SOGGETTO E Jane Campion
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Stuart Dryburgh (colori)
MUSICA Michael Nyman
MONTAGGIO Veronika Jenet
INTERPRETI Holly Hunter, Harvey Keitel, Sam Neill
PRODUZIONE Jan Chapman per Ciby 2000
DURATA 120'
ORIGINE Australia, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Donne in Amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
1850. Ada, una vedova con una figlia di nove anni, ha smesso di parlare da quando era bambina. Il padre ha
combinato il suo matrimonio per procura con un piccolo possidente neozelandese e Ada è così costretta a
lasciare la natìa Scozia per raggiungere la lontana isola dell'Oceania, portandosi dietro il pianoforte, unica
passione della sua vita. Al suo arrivo il prezioso strumento deve però essere abbandonato sulla spiaggia con suo
grande dolore. Di fronte all'indifferenza del marito Stewart, la donna si rivolge a Baines, un possidente inglese
suo vicino di casa che vive insieme con i Maori e che accetta di recuperare il piano. Da quel momento con la
scusa di prendere delle lezioni di piano, Baines inizia un assiduo corteggiamento di Ada, che finisce per
innamorarsi di lui. Quando Stewart scopre la relazione reagisce con violenza tagliando un dito alla moglie, ma
alla fine accetta che essa vada a vivere con Baines.

TRACCIA TEMATICA
Il piano rappresenta una specie di alter-ego di Ada, una protesi che esprime la sua sensibilità e creatività,
permettendole di comunicare in sostituzione della voce. Ma il piano è anche lo strumento del suo isolamento
e del rifiuto a confrontarsi con l'altro. Solo districandosi dal piano che la sta trascinando in fondo al mare, Ada
rinasce ad una nuova vita, aprendosi ad una dimensione esistenziale depurata dalle inibizioni puritane.

Baines, Maori d'elezione e quindi più distante dei suoi connazionali britannici dalla rigida mentalità vittoriana,
intuisce il rapporto simbolico Ada=piano e comprende che una volta in possesso del piano avrà la donna, che
viene conquistata da una strategia di progressivo avvicinamento al possesso totale, tanto diversa dai brutali
approcci di Stewart. Solo quando quest'ultimo subisce le stesse tenere esplorazioni corporali cui Ada è stata

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm066.htm[12/07/2017 19:07:38]
Lezioni di piano

sottoposta da Baines, attraverso questa comunicazione erotica (da cui è attratto e spaventato al contempo) entra
finalmente in contatto con la moglie (dice di averne sentito la voce), misurando tutta la lontananza da lei e
lasciandola libera.

Stewart, possidente tutto preso dall'ansia di accumulare terreni, è vittima di una razionalità economica che
penalizza la fantasia (pensa che Ada sia pazza solo perché usa il tavolo come piano) e non è in grado di reggere
alla destabilizzazione introdotta nella sua vita dalla moglie.

VALUTAZIONE CRITICA
Jane Campion incrina la fluidità narrativa classica attraverso un montaggio ellittico e nervoso che può anche
disturbare lo spettatore, comunicandogli così lo stesso disagio vissuto dalla protagonista. Ma il disegno
espressivo della regista si affida alla magistrale capacità di conferire valenza simbolica ad inquadrature e
sequenze.

A cominciare dal ruolo del paesaggio che con la sua impervia asprezza e suggestiva sensualità sembra attrarre e
respingere insieme. La luce livida e il frastuono assordante del mare agitato che accolgono Ada all'arrivo nell'isola
esprimono assai bene tutta la difficoltà dell'accesso in uno spazio inedito che sconvolge i suoi parametri
interpretativi; l'immagine del piano sulla spiaggia deserta è emblematica dell'iniziale solitudine della donna; così
come la successiva sequenza di lei che suona sulla riva di fronte ad un conquistato Baines allude all'avviarsi di
un percorso iniziatico che culmina nella scoperta dell'amore. Di grande impatto la sequenza del suo inabissarsi,
nella quale l'acqua e la corda potrebbero simboleggiare il liquido amniotico e il cordone ombelicale di una
metaforica rinascita; così come altrettanto significativo nella stessa direzione è il gesto di Baines che libera il suo
volto dal velo; mentre l'immagine conclusiva del sogno di Ada ci consegna la funerea memoria dell'abito nero
che mortificava la sua personalità e dal quale si è definitivamente liberata

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     A) La Nuova Zelanda. B) La civiltà dei Maori.

Storia     La colonizzazione inglese dell'Oceania.

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Madame Bovary

Madame Bovary
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Claude Chabrol
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Gustave Flaubert
SCENEGGIATURA Claude Chabrol
FOTOGRAFIA Jean Rabier (colori)
MUSICA Mathieu Chabrol
MONTAGGIO Monique Fardoulis
INTERPRETI Isabelle Huppert, Jean-Francois Balmer, Christophe Malavoy
PRODUZIONE Marin Karmitz per MK2, CED Productions e FR3
DURATA 140'
ORIGINE Francia, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Francia, metà Ottocento. Emma, moglie di un grigio medico condotto, si sente oppressa dalla monotona vita di
provincia che le offre il mediocre marito, sogna il grande amore e avverte il richiamo della mondanità. Diventa
l'amante di Rodolphe, un signorotto libertino che la scarica piuttosto che fuggire con lei, e poi di Léon, un
timido avvocatuccio che l'abbandona di fronte alla richiesta di denaro. Oberata dai debiti e delusa dai suoi
amori Emma finisce con il suicidarsi.

TRACCIA TEMATICA
Emma Bovary è una donna insoddisfatta, che si sente soffocata dall'angusta personalità del marito (è privo
di ambizioni e irrimediabilmente mediocre) e dalla ristrettezza mentale dell'ambiente di provincia (il farmacista
vanaglorioso, il parroco gretto, il bottegaio viscido, ecc..). Costretta entro gli obblighi che la società borghese
ottocentesca le impone, Emma trasgredisce le regole del dovere cercando di sfuggire al suo opaco destino di
moglie e di madre. Incapace (e per l'epoca non poteva essere che così) di contestare alla radice la logica di potere
maschile che le impone questo ruolo malsopportato, esprime la sua ribellione attraverso l'abbandono all'amore,
romanticamente vissuto come esperienza totale e autosufficiente, e al lusso, visto come requisito fondamentale di
quel bel mondo da lei idealizzato (il ballo dell'alta società diventa il giorno più bello della sua vita).

Di fronte alla meschinità degli uomini con cui ha consumato i suoi adulteri, Emma acquisisce la consapevolezza
dell'illusorietà dell'ipotesi romantica come via di fuga dall'oppressione dell'universo borghese e provinciale e
si abbandona alla disperazione. Il suicidio rappresenta l'estremo gesto di rifiuto di una realtà che non ha mai
accettato.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm069.htm[12/07/2017 19:07:38]
Madame Bovary

VALUTAZIONE CRITICA
Terza versione cinematografica del capolavoro di Flaubert (i precedenti omonimi sono del 1933, di J. Renoir, e del
1949, di V. Minnelli), il film di Chabrol opta per l'estrema fedeltà al testo del romanzo, attraverso una
narrazione agile ed ellittica, priva di invenzioni particolari e tentativi di reinterpretazione.

Maestro nell'esplorazione di malsane atmosfere di provincia, che costituiscono lo sfondo di tanti suoi gialli, il
regista riversa questa predilezione nel film ritraendo con analitica precisione la ristrettezza dell'ambiente di
paese cui è costretta a vivere Emma. Meno convincente, invece, la soluzione di risolvere in considerazioni ad
alta voce gli splendidi monologhi interiori del romanzo flaubertiano.

Di grande efficacia la sequenza a montaggio alternato della seduzione di Rodolphe nell'aula consiliare durante i
comizi agricoli: ai prosaici discorsi degli oratori si contrappongono le frasi solennemente romantiche dei due
amanti, che misurano tutta la loro distanza dalla dimessa realtà che li circonda.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua francese     Confronto fra il romanzo di Flaubert e il film.

Storia     La vita quotidiana nella Francia della prima metà dell'Ottocento.

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Pane e tulipani

Pane e tulipani
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Silvio Soldini
SOGGETTO E Silvio Soldini
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Luca Bigazzi (colori)
MUSICA Giovanni Venosta
MONTAGGIO Carlotta Cristiani
INTERPRETI Licia Maglietta, Bruno Ganz, Marina Massironi, Giuseppe Battiston, Felice
Andreasi, Antonio Catania
PRODUZIONE Daniele Maggioni per Monogatari/Istituto Luce/Rai/Amka/Televisione Svizzera
Italiana
DURATA 110’
ORIGINE Italia-Svizzera, 1999
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI La condizione femminile

Donne in amore/Individuo e Società

TRAMA
Rosalba, casalinga di Pescara, è dimenticata dal marito in un autogrill sull’autostrada. Approdata a Venezia
dopo aver fatto l’autostop, viene ospitata da Fernando, uno strano cameriere di origini islandesi, e fa amicizia
con Grazia, una massaggiatrice in cerca dell’anima gemella. Ormai dimentica della famiglia, Rosalba non dà
più notizie di sé a casa e si affeziona sempre di più ai suoi nuovi amici. Preoccupata per le sorti del figlio,
decide però di ritornare, lasciando nella più viva costernazione Fernando, che nel frattempo si è innamorato di
lei. Ma la storia non è ancora finita…

TRACCIA TEMATICA
Rosalba è una casalinga frustrata, per nulla soddisfatta di un mediocre ménage familiare all’insegna della difficoltà
di rapporto con figli distanti e con un marito volgare e insensibile.

Anche se in lei apparentemente non sembra affiorare alcuna consapevolezza del disastro esistenziale in cui è
precipitata, le sue azioni la portano, invece, al compimento di una netta rottura con il proprio passato.
Nell’atmosfera magica di una Venezia gioiosamente surreale e complice (lontana, una volta tanto, da quella
malinconia di maniera con cui spesso il Cinema ha amato raffigurarla) la protagonista si reinventa una nuova
vita, in grado di rispecchiare la natura delicata e romantica della sua personalità.

Gli altri personaggi del film sono tutti accomunati dal medesimo rifiuto di una dimensione di borghese e
conformista normalità e sembrano coltivare il proprio isolamento dal mondo rifugiandosi nella bizzarra nicchia
esistenziale che si sono costruiti.

Pane e tulipani è un invito alla fuga per riscoprire il gusto della vita e dell’amore e recuperare un approccio al
quotidiano che anteponga la sincerità dei sentimenti e il piacere della creatività alla grigia monotonia della
nostra convulsa e alienante modernità.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2003/5framefilm007.htm[12/07/2017 19:07:39]
Pane e tulipani

VALUTAZIONE CRITICA
Soldini riaffronta il tema centrale del suo Cinema: la solitudine e la pulsione all’evasione da una quotidianità
avvertita come prigione di una vitalità individuale inespressa. La novità di Pane e tulipani è che qui abbandona
il registro drammatico e il cupo pessimismo delle sue opere precedenti per aprirsi alla rasserenante tonalità
della commedia romantica dai risvolti fiabeschi e a lieto fine. E lo fa con leggerezza soave e tocco aggraziato,
creando personaggi improbabili ed enigmatici che ci affascinano con la loro stralunata umanità. Figure che portano
con sé il ricordo di qualche piccolo o grande fallimento, ma che riescono a trovare nella loro volontaria
emarginazione le ragioni per rifondare la propria esistenza.

Altro merito del regista è quello di inventare una Venezia del tutto nuova, marginale e discosta dai tradizionali
percorsi turistici, che diventa una specie di labirinto in cui fuggire a qualcuno o inseguire qualcun altro come fosse
una selva incantata ariostesca. Non a caso Fernando cita a memoria l’Orlando furioso e sfoggia un linguaggio colto
e ricco di vetuste risonanze poetiche.    

Si direbbe quasi che Soldini abbia voluto riproporre in chiave cinematografica, riadattandola ai tempi nostri,
quell’ansia di rifugiarsi in una dimensione favolosa ed irreale, dove tutto diventa possibile, della tradizione
letteraria rinascimentale italiana quale si espresse nel genere epico-cavalleresco.  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Letteratura italiana                      L’Orlando furioso

Storia dell’arte                              A) Paestum

                                                       B) Venezia

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Rosa Scompiglio

Rosa Scompiglio e i suoi amanti


TITOLO ORIGINALE Rambling Rose
REGIA Martha Coolidge
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Calder Willingham
SCENEGGIATURA Calder Willingham
FOTOGRAFIA Johnny Jensen (colori)
MUSICA Elmer Bernstein
INTERPRETI Laura Dern, Diane Ladd, Robert Duvall, Lukas Haas
PRODUZIONE Renny Harlin per Midnight Sun Pictures
DURATA 113'
ORIGINE USA, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Georgia, Sud degli Stati Uniti, anni trenta. Rosa è una bella ragazza che è cresciuta in un ambiente degradato e
che ha subito violenza sessuale. Trova ospitalità come cameriera presso una generosa famiglia bene, composta
da un direttore d'albergo, una moglie intellettuale e tre figli. Ben presto Rosa getta lo scompiglio in famiglia e in
paese: si innamora del capofamiglia, che stenta a frenarne l'irruenza, e il maggiore dei figli è attratto da lei, ma
soprattutto sono i giovani del posto a susseguirsi nel suo letto. Quando alla fine Rosa si sposa e se ne va, lascia
un grande vuoto nella famiglia.

TRACCIA TEMATICA
I titoli di testa, che scorrono sull'immagine di una rosa sbocciante, alludono apertamente a quella mescolanza di
candore e bellezza che costituisce l'essenza del personaggio di Rosa. La ragazza esibisce con gioiosa
sfacciataggine la flessuosa avvenenza del suo corpo, facendosi oggetto di desiderio e causa di turbamento. Ma non
è il sesso ciò che cerca, come lo stuolo di corteggiatori che la incalzano, bensì l'amore e l'uomo della sua vita.
Rosa, insomma, ragazza di tenera ingenuità e innocente umanità, si serve del suo sex-appeal come strumento per
soddisfare un bisogno d'affetto e comprensione uscito insoddisfatto dalla sua traumatica adolescenza.

La padrona di casa è l'unica a capire i risvolti più profondi della personalità della giovane e a difenderla con
materna protezione dal crudele progetto di castrazione concepito per annullarne l'esuberanza sessuale e dietro cui si
intravede l'ansia del medico e del marito di rimuovere le loro voglie peccaminose. La ninfomania che le viene
diagnosticata non esiste, è solo una proiezione dell'immaginario erotico maschile che teme e desidera nel contempo
una donna che esprima in piena libertà la propria sessualità.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm109.htm[12/07/2017 19:07:39]
Rosa Scompiglio

VALUTAZIONE CRITICA
Il film si avvale della bravura recitativa di Laura Dern (nomination all'Oscar per questa interpretazione),
perfetta nell'esprimere la schietta vitalità del suo personaggio, e di Robert Duvall, altrettanto bravo nel delineare i
contorni di un patriarca del sud solenne e un po' trombonesco. Per il resto la regia sceglie la strada di
un'esposizione piuttosto piatta e accademica, intrisa di calligrafismo (l'accurata scenografia d'epoca degli
interni e il gusto pittoresco dell'ambientazione fluviale) e incapace di comunicare emozioni profonde, a parte la
tonalità di malinconica elegia che emana dal finale.

Si distinguono nell'uniforme monotonia alcune discrete sequenze: l'arrivo di Rose sudata e stravolta alla villa,
giocata in termini di apparizione mitica; lo sconquasso che determina in paese alla sua prima uscita, girata con
spigliato senso del ritmo; il dialogo tra il medico e il capofamiglia sull'ipotesi di intervento chirurgico, da cui
trasuda con efficacia l'insana morbosità dei due uomini.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia     La Georgia e il sud degli Stati Uniti.

Lingua inglese     Confronto fra il romanzo di Willingham e il film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm109.htm[12/07/2017 19:07:39]
Storia di una capinera

Storia di una capinera


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Franco Zeffirelli
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Giovanni Verga
SCENEGGIATURA Franco Zeffirelli, Alain Baken
FOTOGRAFIA Ennio Guarnieri (colori)
MUSICA Claudio Cappani
MONTAGGIO Richard Marden
INTERPRETI Angela Bettis, Jonathon Schaech, Sinéad Cusak, Vanessa Redgrave
PRODUZIONE Mario e Vittorio Cecchi Gori per Officina Cinematografica, in collaborazione con
Nippon Film Development & Finance Inc.
DURATA 114'
ORIGINE Italia, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Catania, 1854. Il colera infuria mietendo centinaia di morti. Le novizie di un convento lasciano il monastero per
raggiungere la più salubre campagna. Fra loro c'è Maria che si riunisce alla famiglia in una villa ai piedi
dell'Etna. Qui incontra Nino e se ne innamora riamata. Tornata in convento non dimentica il giovane e alla
notizia che questo si è sposato con la sorellastra Giuditta, si abbandona a una disperazione che rasenta la follia.
Alla fine accetta il suo triste destino.

TRACCIA TEMATICA
Maria è la vittima della disumana e secolare consuetudine delle famiglie nobili di destinare al convento
almeno una delle figlie femmine per non dover provvedere ai pesanti oneri della dote nuziale (basti ricordare
in proposito l'esempio della monaca di Monza). Lo stesso matrimonio di Nino non è dettato da un autentico
sentimento d'amore, ma dalla convenienza, secondo l'usanza dell'epoca (Giuditta era da tempo destinata a lui).

In questo contesto di rigidi obblighi e convenzioni, la dolorosa vicenda di Maria diventa emblematica
dell'ottocentesca concezione romantica dell'amore, concepito come esperienza estrema che contrappone
l'individuo alla società condannandolo alla sconfitta e alla morte (cui chiaramente si allude nell'immagine finale di
Maria coperta da un nero sudario).

Il convento non è visto come luogo di serena e pacificante spiritualità, ma come reclusorio claustrofobico
all'insegna di un opprimente sadomasochismo penitenziale e ad esso è contrapposta la vertiginosa spazialità
dell'Etna, che simboleggia l'irrefrenabile erompere della passione amorosa.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm120.htm[12/07/2017 19:07:40]
Storia di una capinera

VALUTAZIONE CRITICA
Zeffirelli conferma la propria inclinazione per il decorativismo calligrafico (più che la storia raccontata e il
modo con cui è raccontata conta la capacità di ricreare accurate atmosfere e scenografie d'epoca, così da soddisfare
lo spettatore sul piano delle suggestioni figurative), raggiungendo in questo ambito buoni risultati: di grande
intensità evocativa l'iniziale successione di immagini che rievocano la tragedia del colera (più vicino al Manzoni
che al Verga, come è stato acutamente osservato) e certi pittorici squarci paesaggistici.

Il regista tenta poi, con esiti meno convincenti, di intrecciare tonalità di chiaro stampo melodrammatico,
specie nel trattamento dei passaggi narrativi relativi alla passione d'amore della protagonista, con incursioni nel
territorio dell'horror (il clima malsano del convento, il febbricitante delirio di Maria, i temporali notturni e la
figura della monaca pazza), più direttamente collegate queste ultime al gusto decadente e torbido che caratterizza il
romanzo del Verga.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano    A) Confronto fra il romanzo omonimo del Verga e il film.

                 B) Confronto tra la vicenda manzoniana della monaca di Monza e quella verghiana di Maria.

Storia   La Sicilia alla metà dell'Ottocento.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm120.htm[12/07/2017 19:07:40]
Va' dove ti porta il cuore

Va' dove ti porta il cuore


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Cristina Comencini
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Susanna Tamaro
SCENEGGIATURA Roberta Mazzoni, Cristina Comencini
FOTOGRAFIA Roberto Forza (colori)
MUSICA Alessio Vlad, Claudio Capponi
MONTAGGIO Nino Baragli
INTERPRETI Virna Lisi, Margherita Buy, Galatea Ranzi, Massimo Ghini, Tcheky Karyo
PRODUZIONE Sandro Parenzo per Videa/GMT Production/Project Film-produktions
DURATA 102'
ORIGINE Italia/Francia/Germania, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Donne in amore

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
L'anziana Olga muore nella sua villa di Trieste e la nipote Marta ritorna dagli Stati Uniti per l'occasione. La
nonna le ha lasciato un quaderno su cui sono rievocate le tappe decisive della propria esistenza, dall'adulterio
con un medico bolognese, vero padre di sua figlia, alla morte di quest'ultima sconvolta da questa rivelazione.
Finalmente per Marta si dissipa l'alone di mistero che da sempre aleggiava sulla sua famiglia.

TRACCIA TEMATICA
Educata secondo i canoni di un compìto decoro borghese, cui ha adeguato i suoi comportamenti per tutta la vita,
Olga ha sposato senza amore l'uomo impostole dai genitori, scontando il peso di un matrimonio segnato dalla
noia e dall'insoddisfazione. La grande storia d'amore con Ernesto le ha consegnato l'unico ricordo di felicità
autentica di un'esistenza successivamente segnata dal difficile rapporto con una figlia ribelle, ipercritica nei suoi
confronti e mai veramente amata.

Nella forzata solitudine della vecchiaia Maria avverte la necessità di consegnare alla sua confessione
autobiografica verità tenute per troppo tempo nascoste, affidando alla nipote Maria un testamento spirituale che
scaturisce dalla dolorosa consapevolezza del suo sofferto fallimento esistenziale: non bisogna farsi condizionare
da niente se non da ciò che ci detta il nostro cuore.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm129.htm[12/07/2017 19:07:40]
Va' dove ti porta il cuore

La parte migliore del film è quella dedicata all'introspezione intimistica del personaggio di Olga anziana,
tormentata dal peso della memoria, in una villa troppo grande e troppo carica di ricordi.

Bella l'apertura in piano sequenza con il vento che scuote l'abitazione: le finestre dell'anima si sono aperte
finalmente al soffio della verità in coincidenza con l'irrompere della morte.

Meno convincente il flashback che risale alla giovinezza di Olga, dove tutto, dall'angustia dell'universo familiare
borghese alla sua passione extraconiugale, è risolto secondo modalità convenzionali e calligrafiche. Si direbbe
che nel film coesistano due storie diverse, gestite con differente sensibilità registica, che stentano ad
amalgamarsi in una visione unitaria.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano    Confronto fra il film e il romanzo omonimo di Susanna Tamaro.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm129.htm[12/07/2017 19:07:40]
Kapò

Kapò
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gillo Pontecorvo
SOGGETTO E Gillo Pontecorvo, Franco Solinas
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Alexander Sekulovic, Goffredo Bellisario (bianconero)
MUSICA Carlo Rustichelli
INTERPRETI Susan Strasberg, Laurent Terzieff, Emmanuelle Riva
PRODUZIONE Vides-Zebra Film-Cineriz
DURATA 118'
ORIGINE Italia, 1960
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne in guerra

La condizione femminile/Uomo e Società

Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e società

TRAMA
Seconda guerra mondiale. A Parigi i nazisti rastrellano gli ebrei per deportarli nei lager. Anche la famiglia
dell'adolescente Edith è vittima della deportazione e come arriva al campo di sterminio i genitori della ragazza
vengono uccisi. Anche Edith subirebbe la stessa sorte, se non venisse aiutata dal medico del lager che le fa
assumere l'identità di un'ariana appena morta. Dal quel momento Edith si trasforma in Nicole e viene indotta
dalla fame e dalla disperazione a diventare una Kapò, cioè una guardiana delle internate, da queste odiata come
strumento dei loro carnefici. Quando però alla fine scoppia una rivolta, Edith, che si è innamorata di un
prigioniero russo, si riscatta con un gesto eroico.

TRACCIA TEMATICA
Edith è tre volte vittima: in primo luogo come ebrea, in secondo luogo come adolescente (e Kapò è soprattutto un
film sulla traumatica fine dell'innocenza), in terzo luogo perché indotta a diventare aguzzino. La sua scelta di
accettare il ruolo di Kapò è la conseguenza di un comprensibile istinto di sopravvivenza, acuito all'estremo
dalle tremende condizioni di vita del lager, dove risulta assai difficile difendere la propria dignità. Già l'iniziale
assunzione di un'altra identità per evitare l'immediata eliminazione esprime bene il processo di spersonalizzazione
cui gli internati sono sottoposti.

L'incontro con Sascia rianima, tramite l'amore, il residuo di umanità ancora presente in Edith-Nicole, ma
nell'immane tragedia della guerra non c'è spazio per i sentimenti individuali e si impone la necessità del sacrificio
(la morte di una persona può salvare la vita di tanti). La giovane si riscatta dal baratro nel quale era precipitata
immolandosi per la salvezza dei suoi compagni di prigionia e riassume con la finale preghiera ebraica

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm059.htm[12/07/2017 19:07:41]
Kapò

l'identità che aveva rinnegato.

VALUTAZIONE CRITICA
Kapò è stato all'epoca in cui uscì, a quindici anni dalla fine della seconda guerra mondiale, un film di grande
impatto, essendo una delle prime rievocazioni cinematografiche dell'olocausto e della vita nei lager nazisti rivolta
ad un pubblico ancora non del tutto consapevole delle dimensioni dello sterminio che si era consumato pochi anni
prima.

Pur essendo la vicenda del film frutto d'invenzione, Pontecorvo si preoccupa con buoni risultati di inserirla in
un contesto di assoluta verosimiglianza storica. Il regista insegue un ipotetico destino individuale sullo sfondo di
una tragedia collettiva, cercando nella degradazione umana cui è costretta Edith le motivazioni del suo percorso
umano. Quel che interessa è l' emersione di una profonda verità morale (la non colpevolezza della ragazza)
dalle drammatiche vicende che travolgono la giovane protagonista.

Meno convincente, invece, nella sua banale convenzionalità la parte più romanzata del film, quella dedicata alla
storia d'amore tra Edith e Sascia, e piuttosto didascalico (nella troppo lucida razionalità) il discorso dell'ufficiale
sovietico per giustificare il sacrificio di Edith.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) La seconda guerra mondiale.

              B) Lo sterminio degli ebrei.

              C) Il lager nazista, fabbrica di morte.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm059.htm[12/07/2017 19:07:41]
Agnese va a morire, L'

L'Agnese va a morire
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giuliano Montaldo
SOGGETTO Dal romanzo di Renata Viganò
SCENEGGIATURA Nicola Badalucco, Giuliano Montaldo
FOTOGRAFIA Giulio Albonico (colori)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Franco Fraticelli
INTERPRETI Ingrid Thulin, Stefano Satta Flores, Michele Placido, Massimo Girotti
PRODUZIONE Palamo Film
DURATA 130'
ORIGINE Italia, 1976
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne in guerra

Condizione femminile/Uomo e Società

Resistenza

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Valli di Comacchio, 1943-1945. Agnese è una contadina analfabeta che insieme al marito antifascista partecipa
alla lotta partigiana contro i tedeschi. Deportato il marito in Germania, rimane sola, ma, anziché scoraggiarsi,
diventa una staffetta partigiana, dando un importante contributo alle azioni della resistenza nel Polesine.

TRACCIA TEMATICA
Agnese è una donna analfabeta e incolta, la sua adesione alla lotta partigiana si basa sulla fedeltà alla memoria del
marito antifascista e su un rifiuto istintivo dell'ingiustizia. In lei, azione dopo azione, matura la consapevolezza
che la sua emancipazione passa attraverso il ruolo insostituibile che ricopre nella lotta contro l'occupante
tedesco e l'orgoglio per l'audacia e la determinazione che rivela nell'affrontare missioni pericolose. Rimasta
senza una famiglia sua, diventa una specie di madre adottiva del gruppo di partigiani che agisce nelle valli. Il film
vuole essere anche un omaggio a tutte le donne che hanno dato il loro contributo alla resistenza.

Sullo sfondo il clima cupo e oppressivo del settentrione sotto il tallone tedesco, con le rappresaglie, le

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm005.htm[12/07/2017 19:07:41]
Agnese va a morire, L'

deportazioni, le fucilazioni e le delazioni di chi non sopporta, come dice un personaggio del film, l'esempio di
coloro che hanno il coraggio di ribellarsi.

VALUTAZIONE CRITICA
L'Agnese va a morire, uno dei pochi film sulla guerra partigiana che ha come protagonista una donna, si inserisce
nell'ambito della riscoperta delle tematiche resistenziali del Cinema politico italiano degli anni settanta. A
Montaldo va riconosciuto il merito di aver affrontato l'argomento con uno stile spoglio e asciutto, senza la
retorica celebrativa che spesso ha appesantito questo genere di rievocazioni.

Manca, tuttavia, la capacità di ricondurre ad unità la narrazione concentrandola sulla figura della
protagonista e sul suo percorso morale: la vicenda, infatti, tende a disperdersi in più rivoli secondari piuttosto
scollegati fra di loro, con conseguente senso di staticità e mancanza di un'efficace progressione drammatica.

Forse la regia si compiace troppo di lavorare sulle suggestioni figurative offerte dallo scarno paesaggio del
Polesine (per altro la cosa migliore del film), dimenticandosi di dare sufficiente organicità e coerenza alla storia
che il film ci racconta.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La seconda guerra mondiale.

               B) La resistenza in Italia.

               C) il ruolo delle donne nella resistenza.

Italiano   Confronto fra il film e il romanzo della Viganò.

Geografia   Le valli di Comacchio.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm005.htm[12/07/2017 19:07:41]
Paradise Road

Paradise Road
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Bruce Beresford
SOGGETTO David Giles, Martin Meader
SCENEGGIATURA Bruce Beresford
FOTOGRAFIA Peter James (colori)
MUSICA Ross Edward
MONTAGGIO Tim Wellburn
INTERPRETI Glenn Close, Frances McDormand, Pauline Collins, Cate Blanchett
PRODUZIONE Sue Milliken, Greg Coote per Village Roadshow Pictures
DURATA 112'
ORIGINE Australia/USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Donne in guerra

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Seconda guerra mondiale. In seguito all'occupazione della colonia inglese di Singapore da parte dei giapponesi,
un gruppo di donne britanniche viene internato in un campo di prigionia in Indonesia. Le condizioni di vita
sono dure e le donne sopravvivono a stento in mezzo alla malaria e alla sadica crudeltà dei giapponesi. La
costituzione di un coro vocale aiuta molte di loro a resistere con dignità alle sofferenze sino alla fine del
conflitto.

TRACCIA TEMATICA
Anche nelle condizioni più umilianti è necessario conservare un barlume di coscienza morale per affermare
la dignità umana contro l'abbrutimento. Per le donne del campo il coro assolve a questa funzione di
sopravvivenza, oltre a voler simboleggiare il perdurare di un patrimonio culturale (i motivi di musica classica
rielaborati vocalmente) anche nella difficile temperie della guerra.

La tenace determinazione delle donne più consapevoli si scontra con la debolezza e la meschinità delle
internate più deboli, pronte a cedere ai tanti ricatti cui costringono la fame e la disperazione. Nella tremenda
situazione di disagio e privazione del campo il nemico non è più il giapponese oppressore, ma può diventare la
vicina di branda o chi, pur condividendo la stessa misera sorte, parla un'altra lingua.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm085.htm[12/07/2017 19:07:42]
Paradise Road

VALUTAZIONE CRITICA
La correttezza del messaggio morale del film non lo salva dal sembrare un'operazione cinematografica dall'
esito deludente. Nonostante, infatti, la materia ne offra l'occasione, Paradise Road non riesce a coinvolgere più di
tanto lo spettatore, non conferendo alle tante situazioni drammatiche che si succedono la necessaria forza emotiva:
dal feroce sadismo dei giapponesi all'eroica forza di carattere delle protagoniste, dalle psicosi delle internate più
deboli all'arte dell'arrangiarsi quotidiano, tutto sembra abbondantemente già visto in tanti film assai più belli di
questo (pensiamo solo a Kapò e a Schindler's List o a Il ponte sul fiume Kwai).

Ma è soprattutto la struttura complessiva del racconto a risultare debole, frammentata com'è in troppi percorsi
personali che stentano ad integrarsi in un quadro compatto ed organico: il film si disperde cioè in tanti aneddoti (di
cui il solo exploit canoro del soldato giapponese di fronte alla signora Adrienne è destinato ad essere ricordato)
privi di sufficiente vigore e proposti in modo svogliato, a cominciare dalla stessa vicenda del coro, che stenta ad
imporsi nella sua centralità narrativa e nel suo valore simbolico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La seconda guerra mondiale nello scenario del Pacifico.

               B) Il dominio coloniale in Estremo oriente delle Gran Bretagna e del Giappone.

Geografia     L'ambiente dell'Indonesia.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm085.htm[12/07/2017 19:07:42]
Rescuers 1

Rescuers 1-Storie di donne coraggio


TITOLO ORIGINALE Rescuers-Stories of Courage: Two Women
REGIA Peter Bogdanovich
SOGGETTO Dal romanzo Rescuers: Portrait of Moral Courage in the Holocaust di Gay Block
SCENEGGIATURA Per Mamusha Saran Nanus; per Woman on a Bicycle Ernest Kinoy
FOTOGRAFIA Miroslaw Baszak (colori)
MUSICA Hummie Mann
INTERPRETI Mamusha Elizabeth Perkins, Woman on a Bicycle Sele Ward
PRODUZIONE Barbra Streisand e Cis Corman per Berwood Films Production
DURATA 102'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

Donne in guerra

La condizione femminile/Uomo e Società

TRAMA
Mamusha. Nella Polonia occupata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, Gertrude Babiluska,
istitutrice cattolica in una famiglia ebraica, riesce a salvare dalla deportazione il figlio dei suoi padroni
fingendosi madre del bambino.

Woman on a Bicycle. Nella Francia occupata dai nazisti Marie-Rose Gineste, segretaria di un vescovo
impegnato a salvare il maggior numero possibile di ebrei, collabora, a rischio della vita, col suo superiore
falsificando documenti.

TRACCIA TEMATICA
Il film, ispirandosi a storie realmente accadute, rende omaggio a due donne coraggiose (cui è andata la
riconoscenza solenne ed ufficiale dello Stato d'Israele), che hanno messo a repentaglio la propria vita per
salvare quella di molti ebrei perseguitati. Sono solo due esempi di eroismo tra i tanti che si verificarono nel
corso della seconda guerra mondiale in difesa del popolo ebraico da parte di persone cristiane, che per la loro
condizione avrebbero potuto condurre un'esistenza relativamente tranquilla.

Le due protagoniste non sono spinte all'azione da convinzioni politiche o ideali, ma da una grande umanità e da
un profondo senso morale; ma soprattutto si tratta di donne, cioè di soggetti cui la mentalità comune tende ad
attribuire (erroneamente) meno coraggio e determinazione rispetto agli uomini.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm104.htm[12/07/2017 19:07:42]
Rescuers 1

VALUTAZIONE CRITICA
Rescuers-Storie di donne coraggio è un film televisivo, parte di un progetto più ampio che ha come scopo quello di
far conoscere atti di eroismo compiuti per salvare la vita ad ebrei durante gli anni dell'olocausto.

La destinazione televisiva ne influenza negativamente lo stile, nel senso di appiattirlo su di un didascalismo


celebrativo che toglie al racconto incisività narrativa e profondità analitica, riducendo la stessa partecipazione
emotiva dello spettatore (e questo non è un difetto da poco per un film che dovrebbe suscitare soprattutto
ammirazione ed indignazione). Le storie fluiscono come puro resoconto cronachistico, prive di reale drammaticità,
e i personaggi sono svuotati di ogni spessore psicologico, ridotti a puri simboli positivi o negativi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) La seconda guerra mondiale (con particolare riferimento alla Polonia e alla Francia).

              B) Le radici dell'antisemitismo.

              C) Lo sterminio del popolo ebraico.

Geografia     La Polonia e la Francia

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Mad City

Mad City-Assalto alla notizia


TITOLO ORIGINALE Mad City
REGIA Costantin Costa Gavras
SOGGETTO Tom Matthews, Eric Williams
SCENEGGIATURA Tom Matthews
FOTOGRAFIA Patrick Blossier (colori)
MUSICA Thomas Newman
MONTAGGIO Francoise Bonnot
INTERPRETI Dustin Hoffman, John Travolta
PRODUZIONE Anne e Arnold Kopelson per Kopelson Prod./Punch Prods.
DURATA 114'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI La grande sorella

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Sam Bailey, licenziato dal museo nel quale faceva la guardia, s'introduce in esso con armi ed esplosivo per farsi
ascoltare dalla direttrice. Imprevedibilmente si trovano nell'edificio una scolaresca e, soprattutto, Max Brackett,
uno scafato giornalista televisivo che fiuta immediatamente lo scoop. Sarà Brackett a prendere in mano la
situazione, suggerendo le mosse ad un Sam sempre più confuso e montando un caso nazionale che inchioda
milioni di spettatori davanti al televisore.

TRACCIA TEMATICA
Brackett incarna lo spregiudicato cinismo di un giornalismo televisivo che insegue senza scrupoli etici un
sensazionalismo che esso stesso crea con smaliziata abilità: l'evento che viene somministrato allo spettatore non
è autentico, ma ampiamente manipolato ai fini di indurre nell'opinione pubblica reazioni ed emozioni calcolate in
anticipo.

La mefistofelica abilità persuasiva di Brackett (ammaestrato da una consumata esperienza a conoscere i risvolti
psicologici più profondi della natura umana) trova un terreno fertile nell'ingenuità del povero Sam e nella vanità di
chi ambisce al suo piccolo momento di gloria televisiva (la direttrice del museo, il tenente di polizia).

La sfrontata invadenza dell'apparato massmediatico e l'enorme capacità di mistificazione della realtà e di


condizionamento delle persone che si porta con sé costituiscono una minaccia al diritto all' informazione del
cittadino ed alla stessa democrazia.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm068.htm[12/07/2017 19:09:11]
Mad City

VALUTAZIONE CRITICA
Costa Gavras intreccia con efficacia la chiarezza del messaggio civile e morale (la critica all'incontrollabile
potere dei mezzi di informazione) con la dimensione fortemente coinvolgente di un thriller palpitante che
lascia con il fiato sospeso. Intento spettacolare e sottofondo ideologico trovano insomma un convincente
equilibrio, in sintonia con la tradizione migliore del Cinema politico.

Di rilievo, sul piano simbolico, l'equiparazione tra telecamera e arma (all'inizio Brackett, appostato di fronte ad
una banca, sembra prepararsi per una rapina; i bambini finalmente liberati indietreggiano impauriti davanti alla
minacciosa massa di cameramen che avanza verso di loro) e l'esplosione finale del museo che travolge il
giornalista con una pioggia di vetri che sembra alludere ad uno schermo televisivo in frantumi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese     Il sistema televisivo negli Stati Uniti.

Italiano    La cosiddetta televisione spazzatura o della lacrima in Italia.

Educazione civica    La legislazione relativa alla regolamentazione dell'informazione televisiva nel nostro paese.

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Magnificat

Magnificat
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Pupi Avati
SOGGETTO E Pupi Avati
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Cesare Bastelli (colori)
MUSICA Riz Ortolani
MONTAGGIO Amedeo Salfa
INTERPRETI Arnaldo Ninchi, Massimo Bellinzoni, Luigi Diliberti, Marcello Cesena, Dalia
Lahav, Lorella Morlotti, Vincenzo Crocitti, Massimo Sacchielli, Brizio Montanaro
PRODUZIONE Duea Film
DURATA 95'
ORIGINE Italia, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Medioevo

Cinema e Storia

TRAMA
Settimana santa del 926, Italia, Appennino centrale. Il boia Folco trova nel giovane Baino il suo nuovo aiutante,
che inizia l' apprendistato assistendo a due terribili esecuzioni.Una ragazza che si reca al convento dove
diventerà suora di clausura si porta dietro la bara per quando sarà morta.Una concubina spera di partorire un
maschio che le assicuri la successione al trono, ma avrà una femmina. Il signore di Malfole va a morire accanto
alla tomba della moglie. Un feudatario esercita solo simbolicamente lo jus primae noctis. Un fraticello gira da
un convento all'altro prendendo nota dei defunti, per poi morire in solitudine.

TRACCIA TEMATICA
In Magnificat alla grande Storia dei re e dei potenti si sostituisce la microstoria costruita su tanti tasselli di
quotidianità che nel loro insieme vanno a costituire un affresco della società altomedioevale
cinematograficamente piuttosto inedito. Avati rievoca una civiltà remota, dominata da un contraddittorio
intreccio di religiosità e superstizione, di misticismo e violenza, popolata da un'umanità di sentimenti semplici ed
elementari, serenamente rassegnata al dolore e alla sofferenza, adusa al contempo alla crudeltà e alla solennità del
ritualismo simbolico, che convive con assoluta disinvoltura con la permanente presenza della morte (senza
l'angosciosa rimozione di noi contemporanei).

Sullo sfondo di questo arcaico scenario antropologico riproposto in base alla lezione della storiografia della scuola
braudeliana (attenta alla dimensione del vivere quotidiano e non al grande evento) si inserisce la suggestione
tipicamente avatiana del magico e del mistero (l'inatteso prodigio finale) e l'elegia mesta sulla solitudine

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/102.htm[12/07/2017 19:09:11]
Magnificat

umana (la morte del fraticello), ma soprattutto s'impone il tema (anch'esso centrale nella poetica del regista)
dell'impatto della giovinezza (e dell'innocenza) con la cruda realtà del mondo (l'assistente del boia Baino e la
fanciulla avviata al convento).

VALUTAZIONE CRITICA
Avati rivisita il Medioevo sottoponendolo al filtro della propria sensibilità poetico-espressiva, improntata ad
un tocco tenero e delicato e sempre rispettosa della specificità della nutrita tipologia dei personaggi (quasi
sempre dolenti, marginali, solitari, bizzarri). L'umanità, apparentemente così distante da noi per consuetudine e
mentalità, di Magnificat ci viene così restituita in una dimensione umana e morale che ce l'avvicina, generando un
senso di compassionevole partecipazione alle sofferenze di cui è vittima.

La verità storica (pure presente) si trasfigura, così, nelle scelte stilistiche con cui Avati ritrae quel periodo
oscuro: la centralità del paesaggio rurale, dolce e severo insieme, che fa da sfondo a quasi tutti gli episodi, il gusto
pittorico (il riferimento è all'elementarità dell'arte figurativa del primo Medioevo) che ispira la composizione
interna delle inquadrature, il dilatarsi temporale delle immagini (specie dei primi piani) quasi a voler carpire da
esse un qualche significato nuovo, l'atmosfera di magica sospensione che avvolge più di una situazione, la
narrazione minimalista ed ellittica, il trapelare attraverso uno sguardo apparentemente impassibile e distaccato
rivolto alla realtà di un atteggiamento di affetto e simpatia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 L'Italia nell'Altomedioevo.

Religione             A) La religiosità medioevale.

                             B) Gli ordini monastici.

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Malcom X

Malcolm X
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Spike Lee
SOGGETTO Dall'autobiografia di Malcolm X
SCENEGGIATURA Spike Lee, Arnold Perl
FOTOGRAFIA Ernest Dickerson (colori)
MUSICA Terence Blanchard
MONTAGGIO Barry Alexander Brown
INTERPRETI Denzel Washington, Angela Bassett, Roy Lindo, Albert Hall, Spike Lee, Matt
Dillon, Christopher Plummer, Ossie Davis
PRODUZIONE Martin Worth e Spike Lee per la 40 Acres & a Mule Filmworks
DURATA 201'
ORIGINE USA, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Afroamericani/Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

Stati Uniti

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Stati Uniti, anni quaranta. Malcolm X si chiama ancora Malcolm Little e perde il suo tempo nel ghetto insieme
ai suoi coetanei. Anni prima il padre è stato ucciso dal Ku-Klux-Klan e Malcolm ha dovuto passare l'infanzia
negli orfanotrofi. Finito a New York con l'amico Shorty, entra nella malavita e nel 1946 viene arrestato e
condannato a 10 anni di lavori forzati. In carcere, sotto l'influenza di Elijah Muhammad, membro dei
mussulmani neri, si converte all'Islamismo e tornato in libertà diventa il leader dell'Islam Nation. Ormai
Malcolm X è un personaggio famoso, noto in tutto il mondo. All'interno dell'Islam Nation, però, c'è chi trama
contro di lui e nel 1965 viene assassinato da due sicari.

TRACCIA TEMATICA
Nell'X (cioè un' incognita) che segue il nome Malcolm è espresso il rifiuto del cognome originario imposto ai neri
liberati dalla schiavitù dai loro ex-padroni. La X simboleggia, così, il rifiuto dell'integrazione nella società dei
bianchi e l'affermazione di un separatismo e di un antagonismo nei loro confronti, che passi per
l'acquisizione di un'orgogliosa identità etnico-culturale estranea alla civiltà anglosassone. Questa identità è
cercata da Malcolm X nell'Islamismo e più in generale in un'appassionata riscoperta e rivalutazione di quanto nel
terzo mondo rappresenti la lotta degli oppressi (i viaggi all'estero di Malcolm X, la presenza di Nelson Mandela).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm070.htm[12/07/2017 19:09:12]
Malcom X

La cultura dei bianchi, però, non va ignorata, ma studiata e conosciuta, perché l'istruzione è fondamentale
per chiunque voglia incidere sulla realtà e cambiare il mondo (in prigione Malcolm X studia il vocabolario): un
nero ignorante sarà sempre succube dei bianchi e ne subirà passivamente le mode (la fase giovanile, precarceraria,
della vita di Malcolm X).

Malcolm X è stato un personaggio scomodo, che rompeva schemi, abitudini mentali e assetti di potere, e per
questo avversato dai bianchi (CIA e FBI) e dai suoi stessi compagni mussulmani, che alla fine ne decretano la
condanna a morte. A questo punto la figura di Malcolm X è diventata un simbolo e un mito per la popolazione di
colore.

Il film cerca di attualizzare le tematiche che tratta mostrando le immagini autentiche del famoso pestaggio del nero
Rodney King da parte della polizia di Los Angeles, mentre ascoltiamo la voce del leader che accusa la brutale
violenza dei bianchi. Sono passati tanti anni dalla morte di Malcolm X, ma le ragioni della sua lotta sono
ancora tutte presenti.

VALUTAZIONE CRITICA
Malcolm X è un film composito e multiforme attraversato al suo interno da intenti e modalità stilistiche
differenti. C'è, anzitutto l'intenzione celebrativa ed esaltatoria secondo il modello della classica biografia
hollywoodiana, che sa mescolare con abile alternarsi i diversi momenti (divertenti e drammatici) della vita del
protagonista mettendone in risalto l'eccezionalità e configurando il paradigma narrativo dell'ascesa e della caduta,
dove il nesso tra storia e leggenda si risolve a favore di quest'ultima; c'è la dimensione del genere gangster e
dello spionistico, incentrata sui più consolidati stereotipi; c'è la passione oratoria ed ideologica che si serve del
film come tribuna per denunciare il razzismo presente nella società (il videotape del pestaggio di Rodney King);
c'è, infine, l'apertura alla contaminazione documentaristica (pensiamo all'apparizione di Nelson Mandela).

Lee è abile nel mescolare queste diverse suggestioni, mettendo in atto (forse in questa occasione in modo meno
convincente e compiuto rispetto ad altri suoi film) la sua notevole capacità di parlarci della realtà e (in questo caso)
della storia giostrando le molteplici possibilità offerte dal linguaggio cinematografico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La figura di Malcolm X. B) Il razzismo negli USA e la lotta dei neri dallo schiavismo ai nostri giorni.
C) La figura di Nelson Mandela.

Lingua straniera: inglese     Confronto fra la biografia di Malcolm X e il film.

Religione   L'Islamismo e la sua diffusione nei paesi occidentali.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm070.htm[12/07/2017 19:09:12]
Il mandolino del capitano Corelli

Il mandolino del capitano Corelli


TITOLO ORIGINALE Captain Corelli’s Mandolin
REGIA John Madden
SOGGETTO Dall’omonimo romanzo di Louis de Berniéres
SCENEGGIATURA Shawn Slovo
FOTOGRAFIA John Toll (colori)
MUSICA Stephen Warbeck
MONTAGGIO Mick Audsley
INTERPRETI Nicolas Cage, Penélope Cruz, John Hurt, Irene Papas, Christian Bale, Roberto
Citran
PRODUZIONE Tim Bevan, Eric Fellner, Kevin Loader, Mark Huffman per Working Title
DURATA 126’
ORIGINE USA-Francia-Gran Bretagna, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Cefalonia, Mar Egeo, 1941-43. Le truppe italiane hanno occupato la Grecia e un distaccamento prende possesso
delle isole dell’arcipelago  dell’Egeo. Il capitano Corelli è di stanza a Cefalonia, dove italiani e tedeschi
occupano insieme l’isola. Tra l’ufficiale italiano ed una bella ragazza indigena, Pelagia, nasce l’amore. Dopo l’8
settembre i tedeschi intimano agli italiani la resa, ma quest’ultimi si rifiutano di consegnarsi agli exalleati ed
anzi si preparano a contrastarli in armi. Travolti dalla superiorità militare dell’esercito germanico gli italiani
vengono sconfitti e passati per le armi in quanto considerati traditori. Il capitano Corelli riesce, però, a salvarsi
dalla carneficina e qualche anno dopo ritorna nell’isola per ricongiungersi con l’amata Pelagia.

TRACCIA TEMATICA
Il film ci propone un messaggio di bonario e innocuo pacifismo: l’amore e la fratellanza si impongono sulla
brutalità della guerra, le barriere nazionali e etniche si infrangono di fronte alla passione e ai buoni
sentimenti. Il mite capitano Corelli esprime gioia di vivere e carattere gioviale con la musica e il canto, che
diventano una specie di linguaggio universale in grado di facilitare la comunicazione e la fratellanza tra popoli
divisi dalla guerra.  

Ma il protagonista Corelli diventa anche qualcosa di più e cioè il simbolo di un’italianità vista dall’immaginario
anglosassone (il film è di produzione americana) come sintesi di irrefrenabile vitalità e generosità d’animo,
espressione di un’indole mediterranea e contadina distante dal crudele fanatismo che contraddistingue l’animus
tedesco.

Si tratta evidentemente di un modello idealizzato che ha trovato sostenitori anche in Italia attraverso lo
stereotipo autoconsolatorio degli “Italiani brava gente”, che spesso ha costituito un alibi che ha incentivato la
rimozione dalla memoria di stragi ed atrocità che i nostri eserciti hanno commesso durante il secondo conflitto
mondiale (in modo particolare nella penisola balcanica) e ancora prima nel corso delle conquiste coloniali.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2003/5framefilm004.htm[12/07/2017 19:09:12]
Il mandolino del capitano Corelli

VALUTAZIONE CRITICA
Il giudizio della critica nei confronti del film è stato quasi unanimemente negativo. Ad esso non si è perdonato la
faciloneria con cui alimenta l’abusata immagine dell’italiano-macchietta tutto musica e spaghetti che corre
dietro alle donne. Oltre a ciò ha infastidito l’approssimazione storica della ricostruzione di un evento tanto
tragico della storia nazionale come quello della strage di migliaia d’italiani a Cefalonia, qui ridotto a pretesto
per una storiella d’amore che ha il respiro di un fotoromanzo e per infarcire la pellicola di squarci paesaggistici da
cartolina illustrata (i critici più feroci hanno parlato addirittura di film commissionato dall’azienda del turismo delle
isole greche).

Il mandolino del capitano Corelli dimostra uno dei limiti storici del Cinema americano e cioè la difficoltà ad
accostarsi a realtà umane ed ambientali distanti dalla loro senza scivolare (in questo caso piuttosto
pesantemente) nel pittoresco preconfezionato e nel fasullo.  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 A) La Seconda Guerra Mondiale

                           B) Il fronte greco-balcanico

                           C) La strage di Cefalonia

                           D) I crimini di guerra degli italiani

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2003/5framefilm004.htm[12/07/2017 19:09:12]
Mani sulla città

Le mani sulla città


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesco Rosi
SOGGETTO Francesco Rosi, Raffaele La Capria
SCENEGGIATURA Francesco Rosi, Raffaele La Capria, Enzo Forcella, Enzo Provenzano
FOTOGRAFIA Gianni Di Venanzo (bianconero)
MUSICA Piero Piccioni
MONTAGGIO Mario Serandrei
INTERPRETI Rod Steiger, Salvo Randone, Guido Alberti, Carlo Fermariello
PRODUZIONE Lionello Santi per la Galatea Film
DURATA 105'
ORIGINE Italia, 1963
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Napoli, anni Sessanta. Eduardo Nottola è uno spregiudicato impresario edile che fa affari d'oro con la
complicità di una giunta comunale corrotta. Per assicurarsi il ricco appalto di un nuovo quartiere alla periferia
della città, si pone l'obiettivo di diventare assessore all'edilizia. Il crollo di un palazzo fatiscente provocato dai
lavori della sua impresa in un vicolo popolare provoca morti e feriti e, a causa del clamore scandalistico e
dell'inchiesta che ne sono derivati, la maggioranza di destra del consiglio comunale in vista delle imminenti
elezioni amministrative non lo vuole candidare nelle proprie liste. Nottola, che controlla grazie alle sue clientele
un cospicuo pacchetto di voti, passa con il centro in cambio della promessa dell'assessorato cui
aspira.Nonostante l'indignata protesta dell'opposizione di sinistra, che denuncia in aula il mercanteggiamento di
voti su cui si basa la nuova giunta, e la dissociazione di alcuni esponenti dello stesso centro, Nottola diventa
assessore e la sua sfrenata speculazione edilizia si dispiega senza ostacoli.

TRACCIA TEMATICA
Le mani sulla città affronta il tema della speculazione edilizia che, a cavallo degli anni Sessanta, ha determinato la
devastante e disordinata espansione urbana della città di Napoli, svelando le collusioni fra potere politico e
interesse privato che l'hanno resa possibile e hanno conferito una facciata legale ed onesta ad un'operazione
di grave malcostume e corruzione.

La denuncia del film è circostanziata e di vasta portata, appuntandosi su una classe politica moralmente
impresentabile, disposta ad ogni intrallazzo e compromesso pur di conservare il potere, arricchita da traffici
speculativi sulla vendita dei terreni fabbricabili che ben simboleggiano la vocazione parassitaria e improduttiva

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/103.htm[12/07/2017 19:09:13]
Mani sulla città

della borghesia meridionale, incline ad un'oratoria spudoratamente furbesca e demagogica che ammanta la propria
spregiudicatezza di benefica filantropia.

L'epilogo del film è amaramente pessimista, con la cerimonia inaugurale del nuovo quartiere alla presenza delle
autorità governative e religiose, quasi a voler suggerire l'amara convinzione dell'immodificabilità di una società
irrecuperabile ai valori di legalità e giustizia. Poco prima, tuttavia, il regista ha voluto disseminare qualche
germe di speranza con il discorso dell'esponente dell'opposizione di sinistra e con la dissociazione della
componente più sana e avveduta del centro, espressione entrambi di una politica onesta che non si piega alla
logica del malaffare e del potere fine a se stesso.

VALUTAZIONE CRITICA
Rosi ha costruito un robusto e vigoroso film di impegno politico e civile, in sintonia con la sua concezione di
un Cinema parte attiva nella lotta per la trasformazione del paese e con una più generale ripresa dell'interesse
per i temi sociali da parte di registi e intellettuali nel contesto dei cambiamenti degli equilibri politici con i primi
governi di centro-sinistra all'inizio degli anni Sessanta.

Il regista non cerca un'impossibile obiettività e distanza nei confronti della materia trattata, ma si schiera con
convinzione e nettezza per una tesi esplicitamente di parte ed è proprio questo a conferire alla sua
intransigente requisitoria una straordinaria forza ed incisività.

La scelta stilistica privilegiata è quella del film-inchiesta, ai confini con il documentarismo (cui spesso si ricorre
apertamente, come nella sequenza relativa alla campagna elettorale) e sorretto da un piglio giornalistico incalzante
ed aggressivo, anche se poi la narrazione sa concedersi splendidi affondi, quasi da tragedia scespiriana, nella
descrizione dei giochi di potere e negli accordi di sottobanco suggellati da abbracci al vetriolo. La fotografia
propone un bianconero ricco di contrasti chiaroscurali (di grande efficacia espressiva la sequenza di Nottola che
riflette solitario nel suo studio avvolto dal buio e circondato da topografie e miniature inondate dalla luce
artificiale) e una dominante sul grigio sporco negli esterni dei vicoli che ben trasmette il senso del degrado, mentre
i campi ravvicinati, che illustrano un film prevalentemente di dialoghi, si allargano nella prepotente carrellata
aerea sui quartieri devastati dalla speculazione edilizia che apre e chiude la pellicola, splendida intuizione visiva
che vale con la sua imperiosa eloquenza mille discorsi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) La speculazione edilizia nella città di Napoli negli anni Cinquanta e Sessanta.

    B) L'Italia all'inizio degli anni Sessanta.

    C) Storia dei partiti politici italiani: il Partito Democratico di Unità     Monarchica, la Democrazia
Cristiana, il Partito Comunista.

    D) La tangentopoli degli anni Novanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/103.htm[12/07/2017 19:09:13]
Marcia su Roma, La

La marcia su Roma
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Dino Risi
SOGGETTO E Age e Scarpelli, Ruggero Maccari, Ettore Scola, Sandro Continenza, Ghigo De
SCENEGGIATURA Chiara
FOTOGRAFIA Alfio Contini (bianconero)
MUSICA Marcello Giobini
MONTAGGIO Alberto Gallitti
INTERPRETI Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi
PRODUZIONE Fair Film, Orsay Film
DURATA 94'
ORIGINE Italia, 1962
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Fascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Milano, 1919. Il disoccupato Rocchetti, reduce dalla Grande Guerra, incontra per caso il proprio capitano che
lo convince ad aderire al nascente movimento fascista. Fuggendo da un comizio finito male, Rocchetti si rifugia
nella campagna bergamasca, dove incontra l'ex commilitone Gavazza. Entrambi indossano la camicia nera del
Fascio e compiono azioni punitive e di crumiraggio.

Ottobre 1922. Rocchetti e Gavazzi partecipano alla Marcia su Roma, ma ad un certo punto, indignati per
l'eccesso di violenza di un loro caporione, disertano le schiere degli squadristi fascisti e qualche giorno dopo
assistono tra la folla alla nomina di Mussolini Presidente del Consiglio da parte del re.

TRACCIA TEMATICA
L'ottica storico-politica del film è incentrata sullo smascheramento del Programma di San Sepolcro, che
contiene gli articoli del neonato movimento fascista (23 marzo 1919). In esso emergeva un'impostazione
d'ispirazione rivoluzionaria, contraria al capitalismo e ai privilegi di classe, antimonarchica ed anticlericale, tale da
indurre a pensare ad una natura popolare e progressista del nuovo partito. E' l'illusione di cui è vittima il contadino
Gavazzi, costretto a cancellare uno dopo l'altro i punti del Programma nei quali aveva creduto e che avevano
motivato la sua ingenua adesione al fascismo. Rocchetti e Gavazzi rappresentano quegli ampi strati di
popolazione sbandata e disoccupata a causa della crisi del primo dopoguerra che, almeno inizialmente,
avevano intravisto nel populismo fascista una risposta alla propria precarietà.

La Marcia su Roma non solo dimostra la natura violenta e brutale dello squadrismo nero, ma evidenzia le
connivenze con esso degli agrari del nord che lo finanziarono e la sostanziale complicità del sovrano e degli

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/104.htm[12/07/2017 19:09:13]
Marcia su Roma, La

apparati dello Stato, che avrebbero potuto facilmente impedirne l'ascesa.

VALUTAZIONE CRITICA
Nel pieno della stagione della commedia all'italiana un suo maestro indiscusso come Risi ripropone la stessa
fortunata formula che aveva garantito pochi anni prima l'enorme successo di La Grande Guerra di Monicelli: due
scalcagnati antieroi, che si presentano come un miscuglio di furbizia popolare e bonaria cialtroneria,
involontariamente proiettati in eventi storici di intensa drammaticità rivissuti in chiave tragicomica.Una
formula in grado di funzionare quando (ed è il caso di questi due film) al divertimento garantito dalle capacità
comico-istrionesche di grandi attori si abbina la capacità di ricostruire con credibile realismo il quadro storico di
riferimento. Si tratta della via commerciale e spettacolare del Cinema italiano alla rivisitazione della storia
dell'Italia del Novecento.

Va detto che il film di Risi, a differenza di altre pellicole storiograficamente più attendibili e accurate (pensiamo al
cosiddetto Cinema politico degli stessi anni), ha il merito di evitare cadute nello schematico didascalismo e
questo perché la tesi di fondo che pur propone (la demistificazione del Programma di San Sepolcro, il fascismo
come reazione delle classi dominanti e della monarchia all'avanzata delle forze di sinistra) non viene dimostrata
con la calcolata correttezza di una lezione di storia, ma si fonde con le vicissitudini dei due protagonisti,
restituendo alla storia una dimensione umana ed antiretorica all'altezza dell'uomo della strada (non ci sono
le grandi personalità storiche) e riuscendo nel contempo a far sorridere lo spettatore.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) L'avvento del fascismo.

B) Il Programma di San Sepolcro

C) L'Italia nell'immediato primo dopoguerra.

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Maria Stuarda

Maria Stuarda, regina di Scozia


TITOLO ORIGINALE Mary Queen of Scots
REGIA Charles Jarrott
SOGGETTO E John Hale
SCENGGIATURA
FOTOGRAFIA Christopher Challis (colori)
MUSICA John Barry
MONTAGGIO Richard Marden
INTERPRETI Vanessa Redgrave, Glenda Jackson, Ian Holm, Trevor Howard, Timothy Dalton
PRODUZIONE Hal Wallis
DURATA 118’
ORIGINE Gran Bretagna, 1971
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Cinquecento

Cinema e Storia

TRAMA
Inghilterra, XVI secolo. Maria Stuarda prende possesso del regno di Scozia provocando la contrarietà della
regina d’Inghilterra Elisabetta, che della giovane sovrana teme le legittime pretese alla sua corona. La vita per
Maria alla corte scozzese non è facile, dovendo ella fronteggiare l’ostilità dei potenti del regno che mal
sopportano il suo cattolicesimo e che tramano contro di lei. Sempre più sola e indifesa, trova aiuto e sostegno
nel nobile Bothwell, che diventa suo marito e che la protegge dagli intrighi dei suoi nemici. Di fronte ad una
nuova congiura dei feudatari scozzesi a Maria non resta che abbandonare il fedele Bothwell ed accettare la
protezione interessata di Elisabetta. Dopo un fallito tentativo di attentare alla vita della regina d’Inghilterra,
Maria viene accusata di aver partecipato al complotto e condannata a morte.     

TRACCIA TEMATICA
Il film non aggiunge niente di nuovo a quanto la tradizione drammaturgica e cinematografica è andata costruendo
sul personaggio di Maria Stuarda, dipinta sempre come una specie di eroina romantica che lotta per difendere
il proprio regno e il proprio amore dalle insidie dell’infida corte scozzese e dagli intrighi della regina
Elisabetta (il mito ottocentesco della donna ardente e appassionata che soccombe sul piano politico, ma trionfa su
quello morale). Fedele allo stereotipo classico anche l’immagine di quest’ultima, ritratta come politica fredda e
calcolatrice, anche se non priva, in questa versione, di qualche scrupolo di coscienza (cerca di evitare il
patibolo a Maria, temendo che la morte della rivale possa nuocere alla sua fama di governante aliena da eccessi
sanguinari).

Nel complesso Maria Stuarda, regina di Scozia non fa che allinearsi alle tante pellicole del genere (anche se va
detto che la verosimiglianza storiografica del film è scarsa), dominate dall’idea che siano le grandi personalità,
con le loro doti e i loro difetti, a determinare gli eventi della Storia. Una concezione individualistica che ben si
adatta alla ricostruzione del passato in chiave romanzata e spettacolare.

VALUTAZIONE CRITICA
Da sempre il Cinema storico britannico risulta più attento alla perfezione della ricostruzione ambientale

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Maria Stuarda

(scenografie e costumi d’epoca) e alla professionalità degli attori che non all’attendibilità storica (assolutamente
inventato, tanto per citare proprio questo film, l’incontro nel bosco tra le due regine). Maria Stuarda, regina di
Scozia non sfugge alla regola, anzi ne offre un’esemplificazione piuttosto scontata e convenzionale, dove tutto
risulta allineato ai canoni previsti, dalla caratterizzazione dei personaggi (simboli ora di forza e coraggio, ora di
perfidia e depravazione) all’impostazione teatrale (la centralità dei dialoghi). Non c’è la voglia di mettere in crisi
certezze o di rivisitare in una nuova chiave di lettura fatti e figure storiche su cui già tanto è stato detto
(quasi sempre nello stesso modo).

Non si può, tuttavia, trascurare di citare, come punti di forza del film, l’utilizzazione del paesaggio britannico,
chiamato a fare da sfondo nella sua solenne e severa vastità al tragico destino di Maria, e della bella prova
recitativa della Redgrave e della Jackson.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                               a)  L’Inghilterra elisabettiana

                                          b)  Le figure di Maria Stuarda e di Elisabetta d’Inghilterra

Letterature straniere       La figura di Maria Stuarda nella letteratura

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marie antoinette

Marie Antoinette
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Sofia Coppola
SOGGETTO  Basato sulla biografia Maria Antonietta- La solitudine di una regina di
Antonia Fraser
SCENAGGIATURA Sofia Coppola
FOTOGRAFIA Lance Acord (colori)
MONTAGGIO Sarah Flack
MUSICA Musica d’epoca e motivi moderni di Cure, Air, New Order, Bow Wow Wow,
Phoenix
INTERPRETI Kirsten Dunst, Jason Schwartzman, Rip Torn, Judy Davis, Asia Argento,
Marianne Faithfull
PRODUZIONE Ross Katz, Sofia Coppola, Callum Greene per American
Zoetrope/Pricel/Tohokushinsha Film Corp./Columbia Pictures Corporation
DURATA 123’
ORIGINE Stati Uniti-Giappone-Francia, 2006
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Settecento
Cinema e Storia

  

TRAMA
 Francia, Corte di Versailles, 1768-1789. Per suggellare l’alleanza tra Francia e Austria Maria Antonietta, figlia
della sovrana asburgica Maria Teresa, viene data in sposa al delfino di Francia,  futuro Luigi XVI. Ancora
adolescente impacciata e insicura, Maria Antonietta si adatta a vivere in un ambiente che avverte inizialmente,
se non ostile, tanto distante dalla propria sensibilità. Con il passare degli anni si adatterà alla vita di corte
ritagliandosi una personale dimensione di svaghi, divertimenti, amicizie e amori.

TRACCIA TEMATICA
 Marie Antoinette è un film al femminile: una donna ci racconta di una protagonista donna e lo fa attraverso una
totale identificazione umana e morale (la Coppola, come la regina di Francia, appartiene, in un certo senso,
all’aristocrazia del Cinema, in quanto figlia del grande maestro F. F. Coppola).

La regista non ci propone tanto una rievocazione storica, quanto un percorso d’iniziazione di un’adolescente
ingenua e spontanea che fatica ad adattarsi ad un mondo (la corte di Versailles) edificato sul formalismo e
l’esteriorità. In questo senso la figura di Maria Antonietta (connotata negativamente da una memoria storica
che ce l’ha consegnata come una sovrana fatua e spendacciona, sorda e sprezzante nei confronti della miseria del
suo popolo) risulta riabilitata, assegnando alla sua vicenda una valenza universale (quindi valida per tutte le
epoche, e così si spiega l’uso di un’anacronistica musica moderna) che fa riferimento a come le regole, spesso
assurde e ridicole, della realtà adulta tendano a soffocare la naturale vitalità della giovinezza. Versailles
(gabbia dorata lontana dal mondo) diventa un luogo claustrofobico, se non fosse per gli spazi di svago e le
deviazioni nella campagna circostante vissute con  i coetanei. Lo stesso abbandonarsi ai piaceri del lusso e alle
stravaganze della moda assume il significato di un volontario sprofondare in una dimensione d’alienante
obnubilamento mentale per sconfiggere il senso di noia, infelicità e solitudine (come fanno oggi i tanti giovani
che si rifugiano nella totale subordinazione alla moda del momento, nel clima stordente delle discoteche o, peggio,

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marie antoinette

nella droga).

Nella sequenza finale con Maria Antonietta (non a caso dopo vent’anni sempre giovane come al suo arrivo a
corte), che insieme al marito lascia Versailles costretta dal precipitare d’eventi storici che la condurranno alla
ghigliottina, c’è tutta la triste consapevolezza della fine dell’innocenza.      

VALUTAZIONE CRITICA
 Ambientato nella vera reggia di Versailles il film della Coppola è innanzitutto una delle sontuose e
suggestive ricostruzioni storiche che mai sia stata data da vedere al Cinema (i magnifici costumi sono di
Milena Canonero , che ha conquistato per essi l’Oscar 2006). Altissima la fascinazione figurativa di immagini di
gusto pittorico (ed evidentemente ispirate alla pittura celebrativa della vita di corte di epoca settecentesca) e il
fantasioso estro cromatico che riempie molte inquadrature e sequenze di una sfolgorante girandola di colori (per
la quale la regista sembra ispirarsi al gusto pop degli anni Sessanta e Settanta).

L’aspetto più originale del film va, tuttavia, ricercato nella scelta di trasfigurare una vicenda storica
abusata, come quella di Maria Antonietta, in chiave giovanilistica e moderna, non solo tramite un uso
spregiudicato della colonna sonora (in alcuni momenti il film assume la cadenza di un musical), ma filtrando
l’intera storia attraverso gli occhi e i sentimenti della protagonista (prevale l’uso della soggettiva con cui si
privilegia il punto di vista di Maria Antonietta), sempre in scena, cosicché lo spettatore penetra nell’universo
della corte di Versailles strettamente collegato allo sguardo (ora stupefatto, ora perplesso, spesso timoroso) di
questa regina perenne adolescente, condividendone così gioie e dolori.    

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                                                  A) La società Settecentesca

                              B) La corte di Versailles

                              C) I Borboni e gli Asburgo 

                              D) La Rivoluzione francese 

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Marsigliese

La marsigliese
TITOLO ORIGINALE La marseillaise
REGIA Jean Renoir
SOGGETTO E Jean Renoir
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Jean Bourgoin, Jean Dourianou, Mallols, Jean-Pierre Alphen (bianconero)
MUSICA Brani di Lalande Gretry, Rameau, Mozart, Bach, Rouget de L’Isle
MONTAGGIO Marguerite Renoir
INTERPRETI Pierre Renoir, William Aguet, Louis Jouvet, Lise Delamare, Germaine Lefébure
PRODUZIONE Société de production et d’Exploitation du Film La Maseillaise
DURATA 100’
ORIGINE Francia, 1937
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Settecento

Cinema e Storia

TRAMA
1789. Re Luigi XVI viene svegliato per essere informato che a Parigi il popolo ha preso d’assalto la Bastiglia: è
la rivoluzione.

1790. Dopo un anno le condizioni di miseria e oppressione delle masse popolari non sono cambiate e gli
aristocratici continuano a spadroneggiare. In Provenza il popolano Bomber, il borghese Arnaud e il contadino
Cabri lasciano l’esilio nelle montagne, dove si erano rifugiati come oppositori e si recano a Marsiglia per
partecipare alla conquista di un forte.

1792. La situazione politica diventa sempre più incandescente e i giacobini acquistano un’influenza crescente,
mentre sono sempre più evidenti le trame della famiglia reale con i nobili esiliati e i sovrani europei. Da
Marsiglia parte un contingente di 500 uomini per andare a Parigi a difendere la rivoluzione. Durante il viaggio
per raggiungere la capitale si canta una canzone patriottica che diventerà poi La marsigliese. A Parigi si è
ormai alla vigilia dello scontro decisivo con il sovrano, che ha sfidato la nazione alleandosi di fatto con i paesi in
guerra con la Francia. I marsigliesi insieme al popolo rivoluzionario di Parigi danno l’assalto al palazzo reale e
nel corso dello scontro che segue Bomier viene ucciso. Alla fine la famiglia reale è fatta prigioniera e il sovrano
viene dichiarato destituito: la strada verso la proclamazione della repubblica e la vittoria contro lo straniero è
aperta.

TRACCIA TEMATICA
La marsigliese va inserito nel clima politico seguito alla vittoria in Francia del Fronte Popolare (un’alleanza
fra Partito Socialista, Partito Comunista e Partito Radicale in aperta chiave antifascista), affermazione che aveva

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Marsigliese

suscitato grandi entusiasmi e speranze fra le masse e gli intellettuali, soprattutto come risposta democratica e
progressista all’aggressiva avanzata in Europa dei fascismi. Renoir, regista di sinistra, si schiera apertamente a
fianco del nuovo governo, impegnandosi a sostenerlo con il suo Cinema.

Rievocazione storica della rivoluzione repubblicana del 1792, che spostò radicalmente a sinistra gli equilibri
politici della rivoluzione francese del 1789, La marsigliese è anche e soprattutto un film sul presente, nel quale
intende inserirsi sulla base di un’evidente analogia fra l’unità di popolani, contadini, piccola borghesia e clero
progressista (incarnata dai quattro personaggi che s’incontrano all’inizio sulle montagne della Provenza), che portò
all’abbattimento della monarchia nella Francia di fine Settecento, e la coalizione tra classe operaia e settori avanzati
del ceto medio su cui si reggeva il Fronte Popolare e il suo progetto di trasformazione riformista della Francia degli
anni Trenta. Lo spirito di giustizia e riscatto che anima i marsigliesi che marciano verso Parigi, il solido senso di
solidarietà, la spontanea umanità che li unisce e la serena consapevolezza di lottare per una causa giusta è la stessa
(o dovrebbe essere la stessa) che anima il proletariato e il popolo francese sotto le bandiere del Fronte
Popolare, erede e continuatore degli ideali più autentici della Rivoluzione francese.

Ma il Renoir politico influenza il Renoir regista anche sul piano narrativo e della struttura dei personaggi,
determinando una ricostruzione storica incentrata totalmente (se si esclude l’incipit al palazzo reale e il
siparietto dedicato agli aristocratici in esilio) sul protagonismo delle masse popolari, vere artefici del processo
rivoluzionario e riferimento morale ed ideale per chiunque voglia cambiare il mondo.

VALUTAZIONE CRITICA
La grande qualità di un film come La Marsigliese, nato con esplicite intenzioni di pedagogia politica (rinforzare nei
francesi il consenso nei confronti del governo di sinistra educandone la coscienza politica), è di non lasciarsi
sopraffare dalla tentazione retorica sempre incombente su operazioni del genere. Renoir, al contrario, riesce a
infondere vita e anima a personaggi che hanno pur sempre una funzione simbolica, tratteggiandoli con estrema
vivacità e vigore: non puri strumenti di una Storia che li sovrasta, ma esseri umani con una precisa
dimensione umana e psicologica. Lungi dal regista, inoltre, la demonizzazione del nemico, anzi la figura del re
e quella dei nobili in esilio sono resi senza acrimonia, ma con l’intenzione di dare conto anche delle loro ragioni e
dei loro sentimenti (indimenticabile il quasi bonario ritratto di un sovrano debosciato che se ne sta a letto a
mangiare mentre il suo paese è in preda alla rivoluzione e toccante il quadretto degli aristocratici che soffrono per
la lontananza dalla Francia).

Il film trapassa poi con estrema leggerezza e disinvoltura dal tono ironico a quello drammatico, da quello corale
a quello contemplativo-romantico (pensiamo all’amore di Bomber per Luison), da quello lirico a quello epico
(pensiamo alla sequenza incalzante della presa delle Tuileries), sempre impreziosito da una grande raffinatezza
figurativa e accompagnato da un’accurata scelta di brani musicali.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) La Rivoluzione Francese.

   B) Il Fronte Popolare francese (1936-1938).

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Il massacro di Attica

Il massacro di Attica
TITOLO ORIGINALE The Killing Yard   (film per la TV)
REGIA Euzhan Palcy
SOGGETTO E Benita Garvin
SCENEGGIATURA
MUSICA Patrice Rushen
INTERPRETI Alan Alda, Morris Chestnut
PRODUZIONE Benita Garvin
DURATA 110’
ORIGINE USA, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Individuo e Società

TRAMA
Il 13 settembre 1971 nel carcere di Attica mille detenuti, prevalentemente neri e portoricani, avevano preso in
ostaggio trentotto persone, tra secondini e impiegati. Chiedevano un miglioramento delle invivibili condizioni di
vita del penitenziario. Il quinto giorno dell’occupazione del carcere vennero uccisi due secondini. Questo diede
alla direzione della prigione il pretesto per scatenare una violenta repressione che si concluderà con ben
quaranta morti tra i detenuti. Uno dei capi della rivolta, il nero Shango, è accusato del duplice omicidio. Nel
processo che si svolge qualche anno dopo lo difende l’avvocato bianco Ernie Goodman.

TRACCIA TEMATICA
L’avvocato Ernie Goodman impersona la tipica figura dell’avvocato liberal (termine che negli Stati Uniti si
riferisce ai settori politici più sensibili alla difesa dei diritti civili e dei principi maggiormente democratici della
Costituzione americana) che abbraccia la causa di una minoranza oppressa, quella nera. E’ significativo che
Goodman sia a sua volta ebreo (la comunità ebraica, specie nei settori dell’intellettualità, è nota in America per le
posizioni progressiste e radicali).

Il film si regge, oltre che sulla dimensione processuale (genere prediletto dal Cinema hollywoodiano), anche sul
confronto-scontro proprio tra l’avvocato, colto esponente della middle class, e il sanguigno Shango, di origini
proletarie e che, come molti neri, ha provato pesantemente sulla sua pelle cosa significa la brutalità del razzismo.

Ma sullo sfondo della vicenda giudiziaria raccontata dal film si staglia il tremendo ricordo della sanguinosa
rivolta di Attica, una degli episodi più tragici di un sistema carcerario che nella sua storia ha conosciuto molte
pagine oscure.

VALUTAZIONE CRITICA
Film di denuncia e di impegno civile, realizzato per la televisione americana, Il massacro di Attica, che rievoca una
storia vera, non si discosta da quanto sullo stesso argomento è stato sin qui prodotto intrecciando il genere
carcerario con quello processuale, in una mescolanza a dire il vero un po’ ibrida, dal momento che il film

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Il massacro di Attica

accusa una certa mancanza di compattezza e continuità. 

Se la parte dedicata alle vicende giudiziarie che coinvolgono come imputato e come difensore i due protagonisti
appare scorrere decisamente sui binari della prevedibilità ed è girata in uno stile privo di sussulti ed originalità
(secondo una medietà tipicamente televisiva), la ricostruzione per flashback di alcuni momenti della rivolta
proposta in un bel bianconero documentarista riesce a produrre qualche sprazzo di originalità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                          A) Il problema razziale negli USA

                                                    B) La rivolta di Attica del settembre del 1971

Diritto                                         La condizione carceraria negli USA.

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masseria delle allodole

La masseria delle allodole


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Paolo e Vittorio Taviani
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Antonia Arslan
SCENEGGIATURA Paolo e Vittorio Taviani
FOTOGRAFIA Giuseppe Lanci ( colori)
MONTAGGIO Roberto Perpignani
INTERPRETI Paz Vega, Moritz Bleibtreu, Arsinée Khanjian, Alessandro
Preziosi, Angela Molina,Tchéchy Karyo, André Dussollier
PRODUZIONEDPROPRODUPPPPRODUZZZ Grazia Volpi per Eagle/Ager 3/Flach/Nimar/Sagreta
DDDD  
ORIGINE Italia-Francia-Bulgaria-Spagna-Gran Bretagna, 2007
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Conflitti etnici


Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Turchia, Prima Guerra Mondiale, 1915. Una ricca famiglia armena decide di andare a vivere in una masseria
di campagna. L’esercito turco inizia la persecuzione contro l’etnia armena. Tutti i maschi della masseria
vengono uccisi e le donne della famiglia sono costrette a subire una lunga deportazione verso la Siria.

TRACCIA TEMATICA
La masseria delle allodole è il primo film sul massacro degli Armeni (una minoranza cristiana all’interno
dell’Impero Ottomano) eseguito nel biennio 1915-17 dal governo turco con il pretesto che il popolo armeno potesse
costituire una specie di quinta colonna filorussa nel corso della prima Guerra Mondiale, che vedeva i Turchi alleati
con gli imperi centrali. Quello armeno viene considerato dagli storici come il primo genocidio del Novecento
(si parla di un numero di vittime che varia da 700 mila a un milione e mezzo) e ancor oggi lo Stato turco vieta
ogni riferimento a quanto accaduto.

Il film narra in particolare delle tragiche marce di trasferimento cui furono costretti gli Armeni, nel corso delle
quali moriranno quasi tutti di privazioni, maltrattamenti e sevizie (episodio questo che anticipa le cosiddette “marce
della morte” cui saranno costretti gli ebrei deportati nei campi di sterminio durante la Seconda Guerra Mondiale). 

Come è avvenuto per quasi tutti i genocidi della storia, anche quello armeno ha coinvolto persone di diverse
etnia che per anni hanno vissuto a stretto contatto, imparando a conoscersi e a rispettarsi reciprocamente, e
come per il caso di Ninuk e dell’ufficiale turco ad innamorarsi.

VALUTAZIONE CRITICA
La critica principale che molti hanno rivolto al film dei Taviani è quella di aver dato scarso spazio alle cause
del massacro e aver trascurato lo scenario storico che fa da sfondo agli eventi, privilegiando invece lo sviluppo
narrativo legato alle vicende dei singoli personaggi. Nel film prevale la dimensione letteraria e romanzesca a
scapito di un approfondimento storico, che data la rimozione cui i fatti narrati sono stati sottoposti (e lo sono

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masseria delle allodole

ancora nell’odierna Turchia) non aiuta gli spettatori meno informati a capire più di tanto il contesto politico e
storico da cui scaturisce la tragedia.

Anche dal punto di vista cinematografico nuoce un’impostazione televisiva che toglie spessore e profondità in
favore di un superficiale schematismo. E’ questo il limite delle coproduzioni finalizzate allo sfruttamento nel
piccolo schermo, condizionate dalla necessità di essere adeguate ad un pubblico vasto ed indifferenziato, di cultura
medio-bassa e che si presume desideri soprattutto emozioni forti e coinvolgenti, come appunto quelle che La
masseria delle allodole è disposto ad offrire in abbondanza.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                                 a) La Prima Guerra Mondiale

                                                            b) Storia della Turchia

                                                            c) Il massacro degli Armeni

Religione                                            Il cristianesimo degli Armeni

Geografia                                            Armenia

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Memphis Belle

Memphis Belle
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Michael Caton-Jones
SOGGETTO E Monte Merrick
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA David Watkin (colore)
MUSICA George Fenton
MONTAGGIO Jim Clark
INTERPRETI Matthew Modine, Eric Stoltz, Tate Donovan, D. B. Sweeney, Billy Zane, Sean
Astin, Harry Connick jr., Reed Diamond, Courtney Gains, John Lithgow
PRODUZIONE David Puttnam e Catherine Wyler per Enigma Production
DURATA 107'
ORIGINE Gran Bretagna, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Inghilterra, maggio 1943. Memphis Belle è il nome di un bombardiere B17, una fortezza volante americana, che
ha compiuto già numerose missioni sui cieli della Germania nazista. Si prepara a compiere la sua 25a e ultima
azione in territorio nemico, dopodiché si consegnerà alla fama e ai festeggiamenti rientrando in patria. Obiettivo
della spedizione è la città di Brema. Per l'affiatato equipaggio che pilota il Memphis Belle si tratterà della
missione più difficile.

TRACCIA TEMATICA
Ispirato ad una storia vera, Memphis Belle è uno dei rari film bellici che si occupa delle imprese di un
bombardiere, cioè di un'arma vista sempre con poca simpatia per il carico di morte che riversa su popolazioni
inermi (gli episodi di massacri di civili provocati nel corso del secondo conflitto mondiale da bombardamenti aerei
su città affollate sono numerosi).E forse per questo più che la finalità della missione (la distruzione di un'industria
bellica a Brema) l'accento viene posto sui pericoli che essa comporta e, quindi, sulle battaglie aeree che
l'equipaggio ingaggia con i caccia tedeschi e, inoltre, sull'umanitaria preoccupazione del comandante Dennis di
non arrecare danni alla popolazione (mettendo così a repentaglio l'incolumità dei suoi uomini). Condurre un
bombardiere, insomma, non è una cosa facile e tantomeno esente da rischi (come ci viene subito mostrato con
l'esplosione del B17 che atterra senza carrello al ritorno dalla missione).

Memphis Belle è un film pacifista o militarista? Né l'uno né l'altro, anche se una morale che si può ricavare è che
l'esperienza bellica in situazioni estreme può costituire un fattore di maturazione (Phil supera la paura che lo

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Memphis Belle

paralizzava, Val si assume le sue responsabilità di fronte all'amico ferito anche se non è medico, Danny confessa di
aver copiato la sua poesia, ecc…). Ciò che, tuttavia, sembra interessare più di ogni altra cosa non è l'esaltazione del
valore e dell'eroismo, ma la sottolineatura della dimensione avventurosa della guerra e la possibilità che essa
offre ad un gruppo di giovani di conoscersi meglio e di cementare un forte legame di amicizia e solidarietà.

VALUTAZIONE CRITICA
Caton-Jones struttura il film secondo una consolidata scansione classica: la presentazione dei personaggi (una
voce over ci introduce alla conoscenza dei membri dell'equipaggio con piglio letterario arguto e accattivante), la
preparazione della missione, che ci permette di penetrare nelle psicologie dei singoli e di immergerci nelle
dinamiche interpersonali sullo sfondo dell'ambiente militare (netta la contrapposizione tra il frivolo cinismo del
Colonnello Derringer e la sincera preoccupazione del comandante della base per la sorte dei suoi uomini), il
racconto della missione, dove prevale il dinamismo dell'azione e la drammaticità delle situazioni che mettono
costantemente i protagonisti a rischio di morte (suspense e massimo coinvolgimento emotivo dello spettatore sono
gli ingredienti fondamentali di questa parte).

Nulla di veramente nuovo e straordinario, ma sicuramente Memphis Belle fa risaltare la capacità registica di
spremere il massimo di seduzione spettacolare dai luoghi tradizionali della cinematografia di genere di
scuola hollywoodiana (e sotto questo profilo il Cinema britannico è debitore di quello americano): il crescendo
narrativo, il contrasto di caratteri, la coralità, l'introspezione psicologica, le aperture divertenti alla dimensione da
commedia, il soffio della tragedia con il confronto con la morte, il lieto fine rasserenante.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) La Seconda Guerra Mondiale.

                       B) L'arma aerea nella Seconda Guerra Mondiale.

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mestiere delle armi

Il mestiere delle armi


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ermanno Olmi
SOGGETTO E Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Fabio Olmi(colori)
MONTAGGIO Paolo Cottignola
MUSICA Fabio Vacchi
INTERPRETI Hristo Jivkov, Sergio Grammatico, Dimitar Ratchkov, Fabio Giubbani, Sasa
Vulicevic, Dessy Tanekedjieva, Sandra Ceccarelli
PRODUZIONE Luigi Musini, Roberto Cicutto per Cinema Undici/Rai Cinema/Studio
Canal/Taurusproduktion
DURATA 105’
ORIGINE Italia-Francia-Germania, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Cinquecento
Cinema  e storia

  

TRAMA
 Novembre, 1926. Giovanni de’ Medici chiamato Giovanni dalle bande nere è il più famoso capitano di ventura
italiano. Al servizio di Papa Clemente VII° ha il compito di fermare, prima che attraversi il Po, l’esercito di
mercenari tedeschi al servizio dell’Imperatore Carlo V° e guidato dal generale Frundsberg. Giovanni affronta il
suo avversario tedesco in battaglia, ma, tradito dai suoi stessi alleati, i signori di Mantova e di Ferrara, viene
gravemente ferito da un colpo sparato da  un falconetto affustato su ruote, nuova arma da fuoco messa a
disposizione del Frundsberg, e si ritira a Mantova per trascorrere i suoi ultimi giorni prima di morire per
cancrena alla gamba quattro giorni dopo lo scontro.

TRACCIA TEMATICA
Alle soglie dell’età moderna Giovanni de’ Medici simboleggia un insieme di virtù umane e militari , quali il
coraggio, l’onestà e la fedeltà all’eticità  della propria  professione, che appartengono ad un mondo cavalleresco-
guerresco che l’avvento delle armi da fuoco e di una spregiudicata concezione della politica (evocata dalle
citazioni del Machiavelli e che contempla la disinvolta pratica del tradimento) sta ormai facendo tramontare.

In Il mestiere delle armi Olmi ripropone la figura a lui cara del giovane d’animo puro e nobile   sconfitto da
una realtà disumana e disumanizzante. La morte prematura del protagonista è presentata come l’ovvio epilogo di
una fatale predestinazione che contorna il personaggio di un alone di eroico romanticismo.

Nella struggente agonia di Giovanni riaffiorano i ricordi della sua vita, legati ai momenti dell’infanzia e ai suoi
amori: s’impone un’umile dimensione di  rievocazione di affetti autentici, rivissuti con la pudica distanza di
chi ormai sente vicina la morte e richiama a sé gli attimi più significativi della propria esistenza (che non
possono essere certamente quelli legati all’attività guerresca).

Ciò che al regista veramente interessa è l’emergere dal tessuto cupo e desolante della Storia di un substrato di
sentimenti e valori di assoluta e immediata umanità, che si coniughi con la sua profonda sensibilità morale e
cristiana.          

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2007-08/8framefilm009.htm[12/07/2017 19:09:17]
mestiere delle armi

VALUTAZIONE CRITICA
 Olmi si cala totalmente nell’epoca rinascimentale che intende rievocare prestando estrema attenzione all’esattezza
filologica della ricostruzione (le armature sono state rifatte su disegni d’epoca), rinunciando ad ogni artificio
scenografico ed optando per un’ambientazione in luoghi autentici. Ne esce una messinscena di austera
essenzialità, lontana da ogni tentazione spettacolare ed estetizzante (quale può indurre un film storico in
costume), in sintonia con la parsimonia con cui tratteggia il protagonista Giovanni, più icona affascinante di un
ideale paradigma di giovinezza offesa dalla brutalità dei tempi e della guerra, che personaggio articolato e
complesso a tutto tondo. Fondamentale, poi, il ruolo che assume il paesaggio padano, freddo, congelato, notturno,
perfettamente intonato con la mesta e sofferta vicenda che il film ci racconta. 

Regista degli umili e degli ultimi, Olmi non si smentisce nemmeno in questa opera di grande impegno produttivo e
tematico, nella quale sembra seguire la lezione manzoniana  di ricercare aldilà di un’ esteriore  verità storica, una
ben più profonda verità interiore e morale, quella che si trova nell’animo umano di fronte al dolore e alla
morte.   

  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                    a) Il Cinquecento in Italia

                                                              b) Giovanni de’ Medici e le compagnie di Ventura  

Letteratura italiana                              a) Nicolò Machiavelli

                                                               b) Pietro l’Aretino

Storia dell’arte                                       Mantova , città d’arte  

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Metello

Metello
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Mauro Bolognini
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Vasco Pratolini
SCENEGGIATURA Luigi Buzzoni, Mauro Bolognini, Suso Cecchi D’Amico, Ugo Pirro
FOTOGRAFIA Ennio Guarnieri (colore)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Nono Baragli
INTERPRETI Massimo Ranieri, Tina Aumont,Ottavia Piccolo, Lucia Bosé, Renzo Montagnani,
Pino Colizzi, Luigi Diberti, Gabriele Lavia
PRODUZIONE Gianni Hecht Lucari per Documento Film
DURATA 111’
ORIGINE Italia, 1970
REPERIBILITA' Homevideo /Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Questione sociale

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Firenze, fine Ottocento. Metello, rimasto orfano, lavora come muratore presso un cantiere dove gli operai sono
sottoposti ad un pesante sfruttamento. Sposato ad Ersilia, da anarchico che era, in nome della fedeltà agli ideali
paterni, Metello diventa socialista e partecipa alle lotte operaie per ottenere migliori condizioni di vita. Durante
un grande sciopero affronta i gendarmi per impedire ai crumiri di sostituire gli scioperanti: un operaio rimane
ucciso negli scontri e Metello finisce in carcere, ma arriva la notizia che i lavoratori hanno vinto la loro
battaglia sindacale.

TRACCIA TEMATICA
Metello è la storia dell’educazione politica e sentimentale di un giovane proletario al tramonto dell’età
umbertina di fine Ottocento, quella delle prime lotte sindacali e della crescita organizzativa del movimento
operaio. Entrambi i percorsi esistenziali del protagonista risultano difficili e tormentati: sul versante privato si
lascia trasportare dalla sua indole di donnaiolo, intrecciando una relazione adulterina con una vicina di casa, sul
versante politico matura il passaggio al socialismo dopo l’abbandono dell’ anarchismo trasmessogli dal padre.
Metello è, soprattutto, un istintivo e un generoso, incapace di controllare il suo temperamento combattivo ed
irruente, che si espone in prima persona per l’affermazione delle idee in cui crede. Per questo la sua promessa
finale alla moglie Ersilia di non lasciarsi più coinvolgere in situazioni turbolente non è molto credibile: rimane la
convinzione che Metello sarà alla testa delle prossime lotte operaie.

Lo sfondo storico del film è quello dell’Italia agli albori del XX secolo, con la crisi dell’anarchismo e il

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Metello

consolidarsi dell’egemonia socialista presso una classe operaia in pieno sviluppo e dove all’autoritarismo
reazionario e antipopolare del crispismo si va sostituendo la linea riformista e liberale di Giolitti.

VALUTAZIONE CRITICA
L’approccio di Bolognini al romanzo di Pratolini tende a privilegiare la dimensione evocativa in chiave
crepuscolare, facendo prevalere un gusto decorativo e calligrafico che sembra filtrato dalla pittura italiana di fine
Ottocento (e cioè del periodo contemporaneo agli anni in cui è ambientata la vicenda), riproposta sullo schermo in
termini di luce e colore. Una raffinatezza illustrativa ricercata e preziosa, che costituisce la cifra stilistica più
riconoscibile del film (e che Bolognini ha replicato in altre pellicole ottocentesche della sua filmografia), quella
su cui si misura il talento di un regista che ha sempre dato il meglio di sé nelle ricostruzioni ambientali d’epoca.

Il Metello di Bolognini non può, tuttavia, ridursi a pura suggestione estetizzante e figurativa, segnalandosi
pure per l’attento lavoro sulle psicologie dei personaggi, per l’efficace vigore drammatico delle sequenze di massa,
per il tono epico e lirico insieme che assumono i ricordi dedicati al padre del protagonista, per le accensioni
melodrammatiche del tema musicale di Ennio Morricone.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) L’Italia di fine Ottocento e la nascita del movimento operaio.

B) Il movimento anarchico e quello socialista.

C) L’età giolittiana.

Letteratura italiana         Confronto fra il romanzo di Pratolini e il film.

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Mia generazione

La mia generazione
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Wilma Labate
SOGGETTO Paolo Lapponi, Andrea Leoni, Francesca Marciano, Giuseppina Mancini
SCENEGGIATURA Wilma Labate, Paolo Lapponi, Andrea Leoni, Sandro Petraglia
FOTOGRAFIA Alessandro Pesci (colore)
MUSICA Nicola Piovani
MONTAGGIO Enzo Meniconi
INTERPRETI Silvio Orlando, Claudio Amendola, Francesca Neri
PRODUZIONE Compact srl in collaborazione con Rai e Dania Film
DURATA 95’
ORIGINE Italia, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Terrorismo-Lotta armata

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Italia, 1983. Braccio, un detenuto politico che sta scontando una lunga pena per terrorismo, affronta un lungo
viaggio di trasferimento dalla Sicilia a Milano per un colloquio con Giulia, la sua compagna che non vede da tre
anni. E’ scortato da un capitano dei carabinieri, che è in realtà un agente dell’antiterrorismo con il compito di
carpirgli durante il tragitto delle rivelazioni sui suoi complici. Concilio, un pregiudicato comune che si è
aggiunto al convoglio, consegna a Braccio una pistola: l’exterrorista non sa se usarla o consegnarla.

TRACCIA TEMATICA
Il film si basa su un soggetto scritto in carcere da due detenuti terroristi condannati ad una lunga pena senza aver
commesso fatti di sangue e quindi nel personaggio di Braccio confluiscono sentimenti ed atteggiamenti maturati
nel corso di una reale detenzione. Per questo La mia generazione (titolo che allude alla coetaneità della regista
con i protagonisti del terrorismo) è un film che scaturisce da un travaglio autentico, che Labate cerca di tradurre
in termini di narrazione cinematografica, senza prendere posizione a favore o contro il terrorismo o le leggi speciali
che furono emanate per combatterlo, ma tentando di comunicare la sostanza del dramma umano e morale di
chi l’ha vissuto.

Nel 1983 il terrorismo di sinistra è ormai sconfitto e si impone per chi militò in esso una qualche forma di
bilancio. Per ribadire la giustezza della scelta della lotta armata e considerarsi anche in carcere parte attiva e
militante del movimento (il cosiddetto irriducibile) o, invece, per prenderne radicalmente le distanze, facendo i
nomi dei propri excompagni (il cosiddetto pentito). Braccio non si identifica in nessuna di queste posizioni (e,
infatti, né farà delle confessioni, come vorrebbe il capitano che lo scorta, né si servirà della pistola che la sorte gli
ha messo nelle mani),

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Mia generazione

ma vive un travaglio che, se da una parte lo porta a rivedere criticamente l’opzione violenta praticata anni
prima, dall’altra non lo induce a rinnegare la spinta ideale e le ragioni che stavano alla base della sua scelta.

La tragedia del terrorismo non ha coinvolto solo chi ne ha preso parte direttamente, ma anche i loro congiunti ed
amici ed in questo caso spetta alla malinconica Giulia, compagna di Braccio, esprimere il profondo disagio
esistenziale di chi è stato vicino ai terroristi incarcerati, condividendone a distanza la difficile condizione.

VALULUTAZIONE CRITICA
Il film di Labate ha il merito di affrontare un tema scottante e insidioso come il terrorismo (o meglio la
condizione psicologica ed umana dei terroristi in carcere) senza retorica e facili schematismi morali e politici,
ma con attenzione e rispetto (soprattutto nei confronti di chi, come il protagonista Braccio, vive con travaglio ed
incertezza il proprio rapporto con la passata esperienza di lotta armata), senza approdare a giudizi definitivi e
disseminando dubbi e interrogativi destinati a rimanere tali oltre la conclusione della storia.

Una lezione di modestia e misura che si esprime anche sul piano dello stile, che cerca di mantenersi su una
tonalità controllata e sobria che privilegia il tratteggio dei personaggi e l’analisi delle loro psicologie (quando
ci si allontana da questa cifra contenuta, cercando di accentuare i toni drammatici, il film si scompone e si disperde,
come nella troppo lunga sequenza della manifestazione organizzata nel paesino per il passaggio del cellulare o
come per l’inserimento del personaggio di Concilio, che impone alla pellicola una poco riuscita forzatura thriller).
La mia generazione, insomma, sembra offrire il meglio di sé non quando vuole coinvolgere emotivamente lo
spettatore sul piano dell’azione e della suspense, ma quando lo invita alla riflessione sui risvolti più intimi e
profondi dei casi umani che propone.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

 
Storia         A) Il terrorismo di sinistra in Italia negli anni Settanta e Ottanta.

B) Le Leggi Speciali antiterrorismo.

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Mia regina

La mia regina
TITOLO ORIGINALE Mrs Brown
REGIA John Madden
SOGGETTO George Rosie
SCENEGGIATURA Jeremy Brock
FOTOGRAFIA Richard Greatrex (colori)
MUSICA Stephen Warbeck
MONTAGGIO Robin Sales
INTERPRETI Judi Dench, Billy Connolly
PRODUZIONE Sarah Curtis per Ecosse
DURATA 102’
ORIGINE Gran Bretagna, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Teste coronate

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Gran Bretagna, seconda metà dell’Ottocento. Nel 1864 la regina Vittoria, che attraversa un periodo di
depressione a causa della scomparsa del marito Albert, decide di far entrare nella cerchia di corte lo scozzese
John Brown, che fu fedele stalliere del marito. L’uomo, con i suoi modi schietti e immediati, riesce ad influire
positivamente sull’umore della sovrana, inducendola ad uscire dalla propria passività per riassaporare il gusto
della vita. Tale è l’influsso che lo stalliere riesce ad esercitare sulla regina, che il loro rapporto di amicizia dà
adito a diffusi pettegolezzi che addolorano entrambi, inducendo in più occasioni Brown a meditare la rottura del
legame. Nonostante le difficoltà, egli rimarrà sino alla morte a fianco della regina, che lo assisterà affranta
durante l’agonia.

TRACCIA TEMATICA
Il rapporto fra la regina Vittoria e John Brown assume un carattere molto particolare, situandosi a metà
strada fra il legame coniugale (con malignità, ma non senza un qualche elemento di verità, la sovrana viene
soprannominata dai cortigiani Mrs Brown) e l’amicizia fondata sulla reciproca stima e su un solido rispetto. Nel
clima di ossequioso servilismo della corte, Brown rappresenta per la regina una delle poche persone che le ispirano
una fiducia e una sicurezza quasi totale. Con la sua franca spontaneità e la sua rude immediatezza, lo stalliere
scozzese riesce a parlare direttamente al cuore della donna, facendone emergere la dimensione più umana e
rivitalizzandone le energie assopite dal dolore provato per la morte del marito.

La mia regina costituisce anche una riflessione sul rapporto sovrano-servitore e sulla natura ambigua e
complessa che a volte tende ad assumere, sino a rendere bidirezionale la dinamica di sottomissione (la regina è

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Mia regina

sovente condizionata dallo stalliere, subendone la forte personalità), ma anche un’ulteriore esemplificazione
dell’eterno conflitto tra ragion di Stato e sentimenti (l’inconciliabilità tra gli obblighi e le rinunce insite nella
gestione del potere e la sfera dei sentimenti e degli affetti).

VALUTAZIONE CRITICA
Una delle grandi passioni del Cinema britannico è rappresentata dalle biografie dei reali, specie se in esse si
concede un ampio spazio al versante privato della loro immagine, andando ad esplorare quel patrimonio di
memorialistica, aneddoti, retroscena, pettegolezzi, ecc…che nel corso degli anni si è andato sedimentando a fianco
della storiografia. I sovrani (e più in generale i grandi della Storia) vengono così calati dal loro piedistallo e,
perdendo quell’aurea di mitica impenetrabilità di cui spesso si ammantano, ci vengono mostrati da vicino, anche
nei risvolti più intimi della loro personalità e della loro esistenza quotidiana.

La mia regina assolve con dignità e scrupolo a questo intento, restituendoci in una chiave insolita un monumento
nazionale come la regina Vittoria. Lungi dal pervenire ad esiti di spiccata originalità e muovendosi nell’alveo di
uno schema narrativo assai consolidato ed ovvio (la diffidenza iniziale-il suo superamento-il consolidarsi del
rapporto-la crisi-la riaffermazione finale), Madden ci offre una ricostruzione ambientale accurata e precisa
nelle scenografie ed efficace nel tratteggio dei personaggi secondari (pensiamo al gustoso ritratto del ministro
Disraeli).

Il disegno espressivo che sembra prevalere risulta incentrato sulla contrapposizione fra l’atmosfera cupa e
claustrofobica degli interni (luoghi dell’invidia e della maldicenza) e i suggestivi paesaggi della campagna inglese
(spazio di chiara valenza liberatoria), ben valorizzata da una preziosa fotografia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La regina Vittoria.

B) La Gran Bretagna nell’età vittoriana.

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Michael Collins

Michael Collins
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Neil Jordan
SOGGETTO E Neil Jordan
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Chris Menges (colori)
MUSICA Elliot Goldenthal
MONTAGGIO J. Patrick Duffner
INTERPRETI Liam Neeson, Stephen Rea, Ian Hart, Aidan Quinn, Julia Roberts, Alan Rickman
PRODUZIONE Stephen Woolley, Redmond Morris per Geffen Pictures
DURATA 132’
ORIGINE Gran Bretagna-USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La questione irlandese

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Irlanda, 1916-1922. Nel maggio 1918 Michael Collins e Harry Boland, imprigionati due anni prima a causa
della fallita Insurrezione di Pasqua, escono dal carcere e riprendono l’attività politica per l’indipendenza
dell’Irlanda. Ben presto la lotta contro gli inglesi assume un carattere di sanguinoso scontro militare senza
esclusione di colpi. Nel 1921 gli inglesi si dichiarano disposti a trattare e Collins riesce a strappare la creazione
di uno Stato Libero d’Irlanda con giuramento di fedeltà alla corona britannica e la separazione dell’Ulster, che
rimane sotto la sovranità del Regno Unito. Benché l’accordo sia approvato dal voto popolare il 7 giugno del
1922, De Valera, altro leader del movimento indipendentista irlandese e compagno di lotta di Collins, non lo
riconosce e continua la lotta armata per la piena indipendenza. Scoppia una guerra civile fra le opposte fazioni
e Collins rimane ucciso in un’imboscata.

TRACCIA TEMATICA
Per quanto ricco di personaggi, più o meno rilevanti nelle vicende storiche che portarono alla nascita dello Stato
irlandese, il film è dominato totalmente dalla figura di Collins, dipinto come indomito eroe romantico che
dedica la propria vita alla causa del suo popolo. La stessa morte finale per mano dei suoi stessi connazionali
sembra sottolineare la solitudine titanica del personaggio. Il legame sentimentale con Kitty (con tanto di rivalità
con il compagno di lotta Boland) è destinato a rimanere sullo sfondo, messo in ombra dalla dimensione storico-
politica, cui il film si dedica prevalentemente, a significare l’inevitabile sacrificio dell’ambito privato rispetto
all’impegno patriottico da parte di Collins.

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Michael Collins

La pellicola, tuttavia, pur rievocando eventi di ottanta anni fa, non può fare a meno di ripercuotersi sul
presente: la contrapposizione tra il moderato Collins (indomito combattente, ma capace anche di compromessi) e
l’estremista De Valera (che per altro anni dopo riconoscerà i meriti del suo avversario) si riflette, infatti, sull’attuale
difficile situazione irlandese, ancora dominata dalla divaricazione fra l’opzione per la trattativa e la pacificazione e
quella oltranzista contraria ad ogni accordo.

Michael Collins vuole essere anche una commossa e partecipata celebrazione dell’artefice della libertà
irlandese e di tutti coloro che lottarono per essa a rischio della vita da parte di un regista pure irlandese (come
irlandesi, anche solo per lontana origine, sono la maggior parte degli attori), che usa lo strumento che gli è
congeniale per rendere omaggio alla propria terra.

VALUTAZIONE CRITICA
La forza maggiore del film va ricercata nell’altisonante dimensione spettacolare con cui ricostruisce i
momenti di storia collettiva, come la battaglia del Parlamento durante l’Insurrezione di Pasqua e la domenica di
sangue, portando all’estremo le tonalità epico-tragiche e costringendo lo spettatore al massimo del coinvolgimento
emotivo. Di grande impatto le sequenze dedicate alle azioni di guerriglia anti-inglese (l’eliminazione fisica dei
responsabili britannici della repressione), per il ritmo incalzante e l’uso del montaggio alternato.

Si direbbe che Jordan riesca meglio laddove si affida ai meccanismi tipici e ben collaudati del Cinema
d’azione americano, mentre non risulta del tutto efficace nel delineare l’identità ideologica dei protagonisti e
il retroterra storico: la dinamica dei rapporti tra i dirigenti del movimento indipendentista e la natura delle
rispettive scelte politiche destinate a coinvolgere il destino di una nazione restano piuttosto oscure o comunque
spiegate in modo affrettato e un po’ confuso (che cosa divide Collins, De Valera e Boland? quali le responsabilità
dell’uccisione di Collins?).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Storia della questione irlandese.

B) La figura storica di Michael Collins.

Geografia             La Repubblica d’Irlanda e l’Ulster.

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Migliori anni della nostra vita

I migliori anni della nostra vita


TITOLO ORIGINALE The Best Years of Our Lives
REGIA William Wyler
SOGGETTO Dal romanzo in versi Glory for me di Kantor Mac Kinlay
SCENEGGIATURA Robert E. Sherwood
FOTOGRAFIA Gregg Toland (bianconero)
MUSICA Hugo Friedhofer
MONTAGGIO Daniel Mandell
INTERPRETI Frederic March, Myrna Loy, Dana Andrews, Teresa Wright, Virginia Mayo,
Harold Russell
PRODUZIONE Samuel Goldwyn/RKO
DURATA 172’
ORIGINE USA, 1946
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Dopoguerra amaro

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Fred Derry, Al Stephenson e Homer Parrish sono tre reduci americani che tornano in patria alla fine della
Seconda Guerra Mondiale. Il primo è stato pilota di bombardiere, ma ora si ritrova disoccupato e tradito dalla
moglie, il secondo recupera la serenità dell’ambiente familiare, ma non riesce a sensibilizzare i suoi superiori al
problema del reducismo nella banca in cui lavora, il terzo, rimasto mutilato di entrambe le mani, è sull’orlo del
suicidio. Alla fine Fred si fidanza con la figlia di Al e Homer si sposa.

TRACCIA TEMATICA
Il film affronta il problema, molto sentito nella società americana del secondo dopoguerra, dei reduci che,
tornati dai fronti di guerra, stentano a reinserirsi nella società e ad adattarsi nella vita civile. La
disoccupazione e l’indifferenza delle persone sono solo alcuni dei problemi con cui essi si devono confrontare:
Fred ha perso i propri riferimenti familiari (la vacua moglie lo tradisce e suo padre è ormai un uomo alla deriva),
Al cerca nell’alcool una consolazione all’incomprensione che trova sul posto di lavoro, dove si prodiga per aiutare i
reduci, Homer (vero mutilato e attore non professionista) ritiene di non essere più accettato dalla fidanzata e non
vuole essere oggetto di pietà. L’immagine apparentemente rassicurante e serena di Boone City, piccolo paese
di provincia in cui è ambientata la vicenda, si trasforma per i tre reduci in una realtà distante, se non ostile,
nella quale stentano a ritrovarsi, tanto che in Fred si insinua la nostalgia dei tempi andati, di quando nonostante
la guerra la sua vita aveva un senso e un ruolo preciso (l’intensa sequenza del cimitero degli aerei suggerisce un
malinconico parallelismo fra il sentirsi rifiutato dalla società del personaggio e i rottami da cui è circondato).

L’inclinazione decisamente pessimista del film viene stemperata nel finale, nel quale la produzione (contro la

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Migliori anni della nostra vita

volontà di Wyler) volle aggiungere il matrimonio di Homer e la riconciliazione fra Fred e Peggy. Probabilmente
nella realtà le cose sarebbero andate meno bene, ma gli americani, si sa, detestano i finali negativi.

VALUTAZIONE CRITICA
Film di impegno civile, in anni in cui il Cinema americano si indirizzava verso il realismo sotto la spinta delle
grandi questioni sociali aperte dalla conclusione della guerra (Wyler disse di essersi ispirato anche al neorealismo
italiano di quel periodo), I migliori anni della nostra vita si cala con puntigliosa attenzione nella dimensione più
quotidiana e vera della provincia americana per inserire in questo contesto di solida credibilità e
verosimiglianza il dramma dei protagonisti (negli anni Trenta ad Hollywood avevano dominato l’artificio e il
gigantismo). L’uso della profondità di campo (che permette di equiparare, mettendo a fuoco tutti gli oggetti e le
persone presenti in una stessa inquadratura, la visione cinematografica alle possibilità visive dell’occhio umano)
risponde a questa esigenza di realismo, riducendo l’importanza del montaggio e rendendo, inoltre, lo spettatore
più attivo e partecipe, in grado di scegliere su dove accentrare l’attenzione tra i vari elementi che compongono
l’immagine (ci fu all’epoca chi parlò di una concezione democratica del linguaggio cinematografico). Anche lo
stile sobrio ed essenziale del regista, che rifugge da ogni eccesso melodrammatico (in una storia che pure si
presterebbe a calcare i toni del sentimentalismo) e rivolge una particolare attenzione alle sfumature umane e
psicologiche della vicenda senza cadere in schematismi e facili moralismi e ricercando un costante tono medio,
contribuisce a comunicare quel senso di equilibrio e linearità per cui il film va famoso.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) Il secondo dopoguerra negli Stati Uniti.

                       B) Il problema sociale dei reduci.

Lingua straniera: inglese         Confronto fra il film e il romanzo di K. Mac Kinley.

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1860

1860
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Alessandro Blasetti
SOGGETTO Da un racconto di Gino Mazzucchi
SCENEGGIATURA Alessandro Blasetti, Gino Mazzucchi, Emilio Cecchi
FOTOGRAFIA Anchise Brizzi, Giulio De Luca (bianconero)
MUSICA Nino Medin
MONTAGGIO Ignazio Ferronetti, Alessandro Blasetti
INTERPRETI Giuseppe Gulino, Aida Belia, Gianfranco Giachetti, Maria Denis, Andrea Checchi
PRODUZIONE Cines
DURATA 75'
ORIGINE Italia, 1934
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Risorgimento

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Sicilia 1860. I patrioti siciliani combattono sulle montagne contro l'esercito borbonico in attesa dell'arrivo di
Garibaldi. Carmeliddu, giovane marito di Gesuzza, viene inviato a Genova per prendere contatti con Garibaldi.
Al suo sbarco in Sicilia Carmeliddu è con lui e può finalmente riabbracciare Gesuzza. Nella battaglia di
Calatafimi i garibaldini sconfiggono i borbonici e si aprono la strada per il continente.

TRACCIA TEMATICA
Blasetti propone una rilettura in chiave populista (nel popolo umile e semplice si ritrovano forte tempra umana
e solide virtù morali: le classi povere costituiscono la parte migliore della società) del Risorgimento italiano. Di
contro alle interpretazioni storiograficamente più accreditate che hanno tutte (indipendentemente dal loro indirizzo
ideologico) individuato un forte limite di partecipazione dei ceti subalterni nel moto risorgimentale, il regista
esalta il ruolo di protagonismo delle masse contadine nell'impresa dei Mille.

Si potrebbe sostenere che la visione del Risorgimento blasettiana combaci in parte con la versione che del
processo di unificazione nazionale offriva all'epoca il fascismo: un sollevamento popolare guidato da un
carismatico condottiero come Garibaldi, che anticipa la grande mobilitazione della Marcia su Roma diretta da un
altro grande capo come Mussolini (e l'alone mitico con cui il film circonfonde le fugaci apparizioni di Garibaldi
sembra confermare quest'ottica).

Alcuni elementi della pellicola, tuttavia, contraddicono in parte questa presunta consonanza con la cultura
ufficiale del regime. Il rifiuto della retorica magniloquente (non c'è né trionfalismo patriottico, né culto della
personalità eroica) e l'insistenza sulla pluralità dei dialetti presenti nel nostro paese contraddicono palesemente

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1860

l'uniformità linguistica di un italiano neutro e senza caratterizzazioni regionali che il fascismo impose al Cinema
italiano.

Certamente è poco per assegnare a 1860 una patente di antifascismo (del resto l'adesione al regime di Blasetti, pur
nella specificità di una sua personalissima posizione e nella progressiva dissociazione a cominciare dalla fine degli
anni Trenta, è un dato di fatto), ma certamente è sufficiente perché il film si segnali per la sua estrema
originalità nel panorama del Cinema storico del ventennio.

VALUTAZIONE CRITICA
Il discostarsi del film di Blasetti dall'enfasi nazionalista imperante in quegli anni appare evidente nello stile
scarno e asciutto che predomina nella pellicola, nel programmatico rifiuto di ogni facile spettacolarità. A
questa assenza di toni grandiosi e della centralità del ruolo dell'eroe-demiurgo (che costò al film uno scarso
successo di pubblico) si accompagna un raffinato gusto figurativo e plastico (evidente l'influenza della scuola
sovietica e del Cinema di Ejzenstejn in particolare, molto apprezzato da Blasetti), che utilizza con grande
sensibilità e ricercatezza le risorse del paesaggio, le sequenze di battaglia, l'intensità espressiva dei primi piani e la
capacità di sfruttare al meglio le possibilità offerte dalla novità del sonoro, che crea suggestivi effetti di polifonia
dialettale.

Ma l'importanza di un film come 1860 si misura, soprattutto, sullo sfondo della storia del Cinema italiano, nel
senso che sembra sintetizzare la tradizione verista della letteratura italiana dell'Ottocento e di certa
cinematografia nazionale degli anni Dieci con le istanze espressive del neorealismo del Secondo Dopoguerra
(pensiamo soltanto all'uso di attori non professionisti come Carmeliddu e Gesuzza, che in un certo senso
rappresentano il proprio essere popolani autentici, e più in generale all'attenzione per gli aspetti dimessi e prosaici
della quotidianità). Si direbbe quasi che in 1860 si incontrino passato e futuro del nostro Cinema.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Seconda Guerra d'Indipendenza.

B) L'impresa dei Mille.

C) Giuseppe Garibaldi

Italiano         Noterelle di uno dei Mille di G. C. Abba

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1492

1492 - La conquista del paradiso


TITOLO ORIGINALE 1492
REGIA Ridley Scott
SOGGETTO E Roselyne Bosch
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Adrian Biddle (colori)
MUSICA Vangelis
MONTAGGIO William Anderson
INTERPRETI Gérard Depardieu, Sigourney Weaver, Fernando Rey, Tcheky Kario
PRODUZIONE Ridley Scott, Alain Goldmann, Mimi Polk Sotela, Iain Smith
DURATA 150’
ORIGINE Gran Bretagna-Francia, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Medioevo

Cinema e Storia

TRAMA
1491. Dopo aver visto rifiutato il suo progetto di raggiungere le Indie viaggiando verso occidente dall’Università
di Salamanca, Colombo riesce a farlo approvare dalla Regina Isabella in persona. Il 3 agosto 1492 salpa da
Palos e il 12 ottobre dello stesso anno raggiunge l’isola di Guanahani. Tornato in Spagna da trionfatore, ottiene
onori e riconoscimenti dai reali che lo nominano governatore del Nuovo Mondo. Colombo fa ritorno nelle Indie
occidentali con una seconda spedizione con lo scopo di costruirvi una città e trovare l’oro. L’ostilità verso di lui
della nobiltà e degli ecclesiastici al suo seguito porterà al suo arresto e al suo imprigionamento.

La gloria per la scoperta del nuovo continente verrà attribuita ad Amerigo Vespucci.

TRACCIA TEMATICA
La figura di Cristoforo Colombo è esaltata nella sua dimensione di tenace sostenitore di teorie geografiche che
contraddicevano i dogmi del tempo e di coraggioso navigatore disposto a tutto pur di realizzare la propria
aspirazione (è franco sino alla spavalderia con la regina e arriva a mentire sui rischi dell’impresa). In particolare il
film ci consegna il protagonista nella luce di un utopista e visionario che persegue l’ideale di creare nel
nuovo mondo una società inedita, una specie di paradiso terrestre in cui europei e indigeni possano
convivere in armonia.

L’avidità di ricchezze della nobiltà spagnola (Moxica) e gli intrighi politici della corte spagnola (Sanchez)
distruggono il sogno di Colombo, trasformando i nuovi territori in riserve di saccheggio indiscriminato e di
sfruttamento della popolazione locale. All’audace navigatore genovese non resta che prendere atto che non può
esistere un paradiso disgiunto dall’inferno, perché questi due aspetti convivono nella natura umana.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/229.htm[12/07/2017 19:09:51]
1492

Nel ricordare l’amaro epilogo dell’esistenza del protagonista (a Colombo vivente è negata anche la soddisfazione
del riconoscimento dei propri meriti nella scoperta del nuovo continente, attribuita ingiustamente ad altri) il film
ripropone la figura classica e tradizionale della parabola dell’eroe che precipita nell’oblio e nell’umiliazione
dopo essere asceso ai vertici della fama e della gloria.

VALUTAZIONE CRITICA
Realizzato nel cinquantenario della scoperta dell’America 1492 La conquista del paradiso si propone anzitutto
come un kolossal (45 milioni di dollari) e come tale tende a privilegiare la dimensione spettacolare tramite una
messinscena grandiosa e fastosa, che insieme all’enfasi della colonna musicale e al tono spesso declamatorio ed
ostentatamente retorico dei dialoghi, conferisce alla pellicola un registro di solenne magniloquenza.

Se per il raffinato gusto figurativo (l’uso del controluce, le suggestioni cromatiche, il ralenti), la potenza
scenografica delle immagini (i campi lunghi sul mare, l’ambiente esotico, gli interni dei palazzi) e la forza
coinvolgente degli effetti speciali (l’uragano che si abbatte sulla città di Colombo) il film prende e affascina, più
debole risulta sul versante della sceneggiatura, troppo dispersiva e sfilacciata, incapace di dare unità e
compattezza alla trama, subalterna all’esigenza di inseguire moduli narrativi appartenenti a generi diversi (lo
storico, l’avventuroso, il catastrofico, il biografico, il sentimentale, ecc..), forse per soddisfare fasce di pubblico
differenziate (vecchio difetto, questo, di tante coproduzioni europee e prodotti televisivi).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) La figura di Cristoforo Colombo e le grandi esplorazioni dell’età moderna.

                       B) L’Europa alla fine del XV secolo.

   C) Il regno di Spagna nell’età della Riconquista.

Religione       La Santa Inquisizione

Geografia      A) L’ambiente dell’America centrale

   B) Storia delle teorie geografiche

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Missing

Missing-Scomparso
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Costantin Costa-Gavras
SOGGETTO Dal libro di Thomas Hauser
SOGGETTO Costantin Costa-Gavras, Donald Stewart
FOTOGRAFIA Ricardo Aronovitch (colore)
MUSICA Vangelis
MONTAGGIO Francois Bonnot
INTERPRETI Jack Lemmon, Sissy Spacek
PRODUZIONE Polygram per Universal
DURATA 122'
ORIGINE USA, 1982
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Ed Horman, uomo d’affari di New York, si reca a Santiago del Cile per cercare il figlio Charles, di cui da tempo
non si hanno più notizie. Qui, insieme alla nuora Beth, inizia ad indagare, ma né l’ambasciata americana e il
consolato né le autorità militari cilene gli sono d’aiuto. Intanto si fa strada la verità: Charles, che probabilmente
aveva scoperto il coinvolgimento degli americani nel golpe, è stato ucciso dai militari. Tornato negli Stati Uniti
denuncerà le autorità del suo paese.

TRACCIA TEMATICA
Il film racconta la vera storia di Ed Horman e il fatto di rifarsi a vicende reali rese particolarmente
sconvolgente l'impatto di Missing per il pubblico americano, messo per la prima volta davanti alle
responsabilità del proprio paese nel sanguinoso colpo di Stato dei generali cileni guidati da Pinochet. Costa Gavras
denuncia, infatti, la complicità dei servizi segreti statunitensi nella preparazione del golpe che nel 1973
rovesciò in Cile il governo democraticamente eletto di Salvador Allende.

Lo spettatore americano, insomma, si trova in un certo senso nelle stesse condizioni del protagonista Ed, che scopre
ciò che lui, tranquillo uomo d'affari fiducioso nelle istituzioni e convinto che il suo paese non possa fare niente di
illecito in giro per il mondo o comunque di contrario ai principi democratici cui è ispirata la Costituzione, non
avrebbe mai immaginato: e cioè la fattiva collaborazione del governo statunitense in una carneficina che ha
tra le vittime anche suo figlio.

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Missing

Ma al tema, per così dire, pubblico, il film aggiunge anche la dimensione privata del rapporto genitore-figlio,
incentrata su un sofferto riavvicinamento post-mortem di Ed al proprio figlio, di cui comincia ad approfondire la
conoscenza proprio in questa dolorosa circostanza.

VALUTAZIONE CRITICA
Costa-Gavras riesce a gestire con sicurezza le tre direttrici che sostengono il film, sfruttando al meglio i
mezzi di cui dispone: innanzittutto, la struttura gialla del racconto, dominata dal classico luogo narrativo della
ricerca in un contesto sostanzialmente ostile, che rinchiude gelosamente dentro di sé il mistero che si vuol cercare
di dipanare, successivamente il giudizio di condanna delle pesanti responsabilità politiche e morali di quello che
all’epoca si definiva l’imperialismo americano (e cioè la tendenza al controllo politico ed economico dei paesi del
Terzo Mondo, in particolare l’America Latina, anche attraverso il sostegno ad oppressive dittature militari), infine
il lavoro di scavo psicologico che sostiene la delineazione del personaggio di Ed (magistralmente interpretato da
Jack Lemmon).

Ben dosati ed equilibrati fra di loro, questi ingredienti (starà, poi, allo spettatore decidere da quale di essi
lasciarsi maggiormente sedurre ed interessare) vanno a costruire una pellicola di saldo impianto narrativo e di
intenso coinvolgimento emotivo, secondo la miglior tradizione del Cinema politico americano in grado di
coniugare spettacolo e impegno.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A) Il governo di Unidad Popular di Salvator Allende in Cile.

B) Il colpo di Stato militare di Augusto Pinochet.

C) Il ruolo degli Stati Uniti nella politica dell’America Latina negli anni della

Guerra Fredda.

D) La recente vicenda processuale di Pinochet.

E) I desaparecidos nella storia dell’America Latina.

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Mission

Mission
TITOLO ORIGINALE The Mission
REGIA Roland Joffé
SOGGETTO E Robert Bolt
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Chris Menges (colori)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Jim Clark
INTERPRETI Robert De Niro, Jeremy Irons, Liam Neeson, Aidan Quinn, Ray McAnally
PRODUZIONE Fernando Ghia e David Puttnam per Enigma/Goldcrest
DURATA 125'
ORIGINE Gran Bretagna, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Settecento

Cinema e Storia

TRAMA
Territorio di confine tra Argentina, Brasile e Paraguay, 1750. Un gruppo di missionari gesuiti si è recato presso
le tribù indios che vivono isolate all'interno della foresta amazzonica. Qui ha contribuito a migliorare le
condizioni di vita degli indigeni attraverso la creazione di comuni agricole e elevando il livello d'istruzione.
L'esperimento è, però, avversato dalle autorità coloniali, che temono l'estensione di questa esperienza, ed
ecclesiastiche, ostili ad un'interpretazione in chiave egualitaria del Vangelo. L'esercito spagnolo, in accordo con
la Compagnia di Gesù, verrà inviato a distruggere la comunità indigena.

TRACCIA TEMATICA
Tra l'inizio del XVII secolo e la metà del XVIII circa quattrocento missionari gesuiti realizzarono nei
territori dell'America meridionale colonizzati da Spagna e Portogallo una delle più grandi e dimenticate
utopie della Storia: essi crearono per gli indigeni indios, che altrimenti sarebbero stati vittime dello schiavismo e
del brutale sfruttamento dei bianchi, delle comunità agricole (reducciones), organizzate secondo rigidi piani
regolatori (la popolazione non doveva superare i cinque-seimila abitanti) e identici sistemi amministrativi
(autogestiti dagli indigeni). Esse erano basate sulla proprietà collettiva della terra e delle macchine e, soprattutto,
tenute separate dal mondo dei colonizzatori, onde proteggerne l'identità dall'invadenza degli invasori europei. Si
trattò, insomma, di un'esperienza improntata all'ideale di un comunitarismo egualitario che risaliva al
cristianesimo primitivo. Nel 1732 si contavano una trentina di reducciones per un totale di circa 150.000 abitanti.
Alla metà del secolo (cioè nel periodo in cui è ambientato il film) le autorità coloniali, preoccupate per il significato
sociale fortemente trasgressivo dell' ordine esistente che le reducciones andavano assumendo e per il potere
alternativo che i gesuiti vi avevano costruito (sono gli anni che precedono la soppressione dell'ordine), posero fine

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Mission

con la forza all'esperimento.

Le vicende che il film racconta risalgono al 1758, otto anni dopo, e sono dettate dal cardinale Altamirano, legato
pontificio, che sta redigendo una relazione per il Papa. Da essa emergono dubbi sulla giustezza delle decisioni
assunte (il legato risponde all'ambasciatore portoghese, che dice che così va il mondo: No, noi lo abbiamo fatto
così). Le titubanze del cardinal Altamirano non attenuano certamente le gravi responsabilità storiche della Chiesa
cattolica, che legittimando la distruzione delle reducciones ha impedito che la sua presenza nell'America
Latina assumesse un significato diverso da quello di istituzione complice e fiancheggiatrice del devastante e
famelico colonialismo bianco.La netta sconfessione papale che ai nostri giorni pesa sull'esperienza della Teologia
della liberazione dimostra come, a distanza di due secoli, di fronte al problema della povertà e dell'ingiustizia nel
Terzo Mondo la comunità cattolica non abbia ancora raggiunto una posizione unitaria.

VALUTAZIONE CRITICA
Mission cerca e trova un suo equilibrio tra le esigenze dello spettacolo e quelle del messaggio. Le prime
vengono sostenute dalla presenza di grandi attori in grado di richiamare il pubblico, dalla grandiosità scenografica
delle cascate dell'Iguazù, dalle suggestioni esotiche della foresta amazzonica, da un impianto narrativo che si
concede numerose deviazioni in chiave melodrammatica (la vendetta passionale di Mendoza), western (le cavalcate
nelle strade di Asunciòn e la battaglia finale) e da film d'esplorazione (l'inoltrarsi in un territorio insidioso dei
missionari); le seconde si reggono sulla denuncia vibrante e risentita delle responsabilità del colonialismo europeo
e sulla altisonante sottolineatura della dimensione eroica del sacrificio dei missionari e dell'autenticità cristiana
della loro esperienza (che non deve lasciare incertezze allo spettatore su quale sia la parte giusta con cui
identificarsi).

Se ciò giustifica la critica mossa al film di eccesso di schematismo didascalico, ben più radicali sono state le
accuse di eurocentrismo (anche se espresso probabilmente a livello inconscio): in fin dei conti i missionari gesuiti,
contestando solo le conseguenze negative, ma non la logica della colonizzazione, impongono pur sempre agli
indigeni un'identità culturale e religiosa ad essi estranea; è solo attraverso il protagonismo e la mediazione dei
bianchi (anche se buoni) che può derivare agli indios (che rimangono comparse sullo sfondo) qualche speranza di
riscatto parziale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                   A) Il dominio coloniale spagnolo e portoghese nell'America Latina.

B) L'ordine della Compagnia di Gesù.

C) L'esperienza delle reducciones.

D) L'Europa e il mondo alla metà del XVIII secolo.

Geografia.             A) Le cascate di Iguazù e la foresta amazzonica.

                               B) L'etnia degli indios sudamericani.

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Mississippi Burning

Mississippi Burning- Le radici dell'odio


TITOLO ORIGINALE Mississippi Burning
REGIA Alan Parker
SOGGETTO E Chris Gerolmo
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Peter Biziou (colori)
MUSICA Trevor Jones
MONTAGGIO Gerry Hambling
INTERPRETI Gene Hackman, Willem Dafoe, Frances McDormand, Brad Dourif
PRODUZIONE Frederick Zollo, Robert Colesberry
DURATA 125'
ORIGINE USA, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Stato del Mississippi, 1964. Due bianchi e un nero, appartenenti al movimento dei diritti civili, vengono uccisi da
un gruppo di razzisti del Ku Klux Klan. Due agenti dell'FBI, il laureato ma inesperto Ward e il più
spregiudicato Anderson, indagano in un clima di aperta guerra alla gente di colore. Per fronteggiare l'offensiva
razzista Ward mobilita addirittura l'esercito, mentre Anderson conduce una più efficace inchiesta parallela e
sotterranea. Alla fine saranno i suoi metodi spicci e illegali a risolvere il caso e ad assicurare alla giustizia i
colpevoli.

TRACCIA TEMATICA
All'inizio degli anni sessanta la presidenza Kennedy inaugura una politica di abrogazione della legislazione
segregazionista contro la gente di colore ancora in vigore in alcuni stati del sud. Questi cambiamenti incontrano la
feroce opposizione dei settori più razzisti della popolazione bianca. In quest'area del paese, quella dove
storicamente si è sviluppata l'economia schiavista di piantagione, il razzismo è un atteggiamento diffuso e
radicato (assimilato fin dalla più tenera età, come dice amaramente consapevole la moglie del vicesceriffo e come
si evince dalle interviste televisive alla gente del posto), di cui si fanno fanatici portatori gli stessi
rappresentanti della legge e della magistratura.

Ward incarna un tipo di approccio idealista e legalitario, che si affida ad una gigantesca mobilitazione delle
forze dell'ordine, tale da suscitare la terribile escalation di violenza da parte del Ku Klux Klan; Anderson, invece,
uomo del sud, conoscitore della psicologia e mentalità del luogo, capisce che è necessario adottare metodi non
ortodossi per infrangere il muro di omertà che protegge i colpevoli. Alla fine Ward, ingenuo paladino dei diritti
umani, riconosce le ragioni di Anderson e cioè come di fronte ad una situazione eccezionale occorre usare
mezzi eccezionali (significativo in proposito l'invito finale che gli rivolge di condurre l'automobile).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm074.htm[12/07/2017 19:09:53]
Mississippi Burning

VALUTAZIONE CRITICA
Tardo esempio di film appartenente al filone antirazzista, Mississippi Burning si attirò le critiche di Coretta
King (vedova del famoso reverendo premio Nobel Martin Luther King), che lo accusò di aver relegato in una
posizione marginale i neri per esaltare il protagonismo dei bianchi, rievocando eventi (la lotta antisegregazionista
degli anni sessanta) che, invece, videro la mobilitazione organizzata della popolazione di colore per i propri diritti.

Al di là di questo giudizio ideologico (condivisibile o meno), il film di Parker denuncia una certa discontinuità,
non trovando il giusto equilibrio narrativo e drammatico fra le varie componenti della storia, in particolare
fra quella investigativa e cronachistica (troppo effettistica e concitata) e quella introspettiva  (meglio riuscita nel
tono sommesso con cui riesce ad esplorare le radici psicologiche dell'odio razziale).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) Lo schiavismo negli Stati Uniti.

               B) Il razzismo negli Stati del sud e il Ku Klux Klan.

               C) La lotta per i diritti civili della popolazione di colore negli anni sessanta.

               D) La presidenza Kennedy.

Geografia     Lo Stato del Mississippi.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm074.htm[12/07/2017 19:09:53]
Mississippi Masala

Mississippi Masala
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Mira Nair
SOGGETTO E Sooni Taraporevala
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ed Lachman (colori)
MUSICA L. Subramaniam
MONTAGGIO Roberto Silvi
INTERPRETI Denzel Washington, Sarita Choudhhury, Roshan Seth, Sharmila Tagore
PRODUZIONE Michael Nozik e Mira Nair per SOS Film Inc., Mirabi Films Productions
DURATA 118'
ORIGINE India/USA, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/CinetecaPacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza,


immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Mina è ancora una bambina, quando nel 1972 la sua famiglia indiana, da anni residente in Uganda, è costretta
a lasciare lo Stato africano a causa delle persecuzioni contro la popolazione di origine asiatica scatenata dal
dittatore Idi Amin Dada. Mina e i genitori emigrano negli Stati Uniti, dove li ritroviamo nel 1990. Sono inseriti
nella comunità indiana del Mississippi, ma il padre di Mina, Jay, vive nella speranza di poter tornare in Uganda
e non riesce ad accettare la sua nuova patria. Quando Mina s'innamora di un ragazzo di colore, Demetrius,
emerge l'antagonismo etnico tra la comunità indiana e quella nera e per i due giovani diventa difficile
continuare il loro rapporto.

TRACCIA TEMATICA
Mina si definisce Miss Masala (letteralmente miscuglio di spezie di vari colori) per il fatto di sentire confluire
in sé molte radici: quella indiana, quella nera e quella americana. Questa identità multietnica costituisce una
ricchezza, che la predispone a rapportarsi liberamente e senza pregiudizi con chi è diverso da lei. Naturale,
quindi, che avverta con fastidio la chiusura etnocentrica che la sua comunità indiana oppone nei confronti
delle altre razze in nome di una gelosa difesa della propria tradizione culturale che sconfina con il razzismo.
Al conflitto interetnico, insomma, si sovrappone, non meno dirompente, quello generazionale, che contrappone i
giovani alle chiusure mentali dei genitori.

Alla fine i nodi si sciolgono: Mina e Demetrius si ritrovano in nome dell'amore e Jay supera, con il ritorno in
Uganda, il suo rancoroso razzismo, riconciliandosi definitivamente con la gente di colore con cui aveva trascorso
buona parte della vita.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm075.htm[12/07/2017 19:09:54]
Mississippi Masala

VALUTAZIONE CRITICA
Mississippi Masala gestisce con misura una storia che, in mani meno sensibili della Nair, avrebbe forse preso una
direzione di concitazione drammatica (com'è nella tradizione del Cinema d'argomento antirazzista) lontana dal
calibrato equilibrio della regista. Il film, infatti, riesce ad intrecciare nella giusta proporzione i diversi piani
della narrazione: quello psicologico, incentrato sulla difficoltà di Jay a rielaborare il trauma della partenza
dall'Africa; quello sentimentale dell'innamoramento tra Mina e Demetrius; e quello antropologico-sociologico,
condotto con un rispetto nei confronti delle singole identità etniche che non rinuncia ai toni di una garbata ironia.

Mississippi Masala è un esempio positivo di come anche un tema scottante possa essere filtrato attraverso il
registro della commedia, senza intenti predicatori e facili moralismi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) L'Impero britannico: la deportazione degli indiani in Africa.

               B) Storia della decolonizzazione africana. C) Storia dell'Uganda; la figura di Idi Amin Dada.

Geografia     A) L'Uganda.

                      B) Lo Stato del Mississippi.

                      C) Gli Stati Uniti: una società multietnica.

Religione     La religione induista.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm075.htm[12/07/2017 19:09:54]
mongol

Mongol
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Sergei Bodrov
SOGGETTO E Arif Aliyev, Sergei Bodrov
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Sergei Trofimov, Rogier Stoffers (colori)
MONTAGGIO Zach Staenberg
MUSICA Tuomas Kantelinen
INTERPRETI Tadanobu Asano, Khulan Chuluun, Sun Honglei, Aliya, Bao Di
PRODUZIONE Sergei Bodrov, Anton Melnik, Sergei Selyanov, Manuela Stehr per Andreevsky
Flag Film Company/Kinofabrika/Kinokompaniya  Ctb/X-Filme Creative Pool
DURATA 126’
ORIGINE Mongolia-Germania-Kazakhistan-Russia, 2007
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI I Mongoli

Medioevo/Cinema e Storia

TRAMA
 Infanzia, adolescenza e ascesa al potere di Temugin, passato alla storia come Gengis Kahn. La narrazione si
arresta nel momento in cui il condottiero si appresta ad assumere il comando delle irrequiete ed anarchiche
tribù della Mongolia.

TRACCIA TEMATICA
 Pur nell’ambito di una biografia storica, la vita di Gengis Kahn è ricostruita sulla base dello sviluppo narrativo
del racconto fiabesco, seguendo lo schema dei conflitti tra eroe ed antagonisti vari e del percorso irto di ostacoli
da superare (le prove iniziatiche) per meritare grazie al coraggio e all’abilità dimostrata  la consacrazione finale. 

La dimensione dell’avventura, a stretto contatto di una morte incombente e sorretta da un destino privilegiato che
preserva il protagonista in vista di una missione storica, sembra prevalere sull’esattezza filologica e sul rigore
storiografico. Il personaggio di Gengis Kahn ci è consegnato così circonfuso da un’aurea mitica, che ne enfatizza
la  predestinazione alla grandezza e le virtù guerresche di cui dà ripetutamente prova. Più che Storia, creazione
mitologica.

VALUTAZIONE CRITICA
 Bodrov opta decisamente per la dimensione del kolossal, giovandosi dell’ausilio degli sterminati paesaggi
mongolici, che offrono uno scenario ideale per i campi lunghi e le panoramiche che si susseguono nel film. La
valorizzazione cinematografica degli spazi della steppa diventa la cifra stilistica fondamentale della pellicola, che
privilegia una spettacolarità magniloquente e continuamente esibita e si affida ad un collaudato registro narrativo
melodrammatico e da action-movie (molto statunitense ed hollywoodiano, lontano dalla tradizionale sobrietà
espressiva del cinema orientale). La destinazione occidentale del film ha indiscutibilmente condizionato le scelte
linguistiche, imponendo una modalità stereotipata e convenzionale di filmare.     

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2010-11/10framefilm011.htm[12/07/2017 19:09:54]
mongol

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                            a) Gengis Kahn e la civiltà mongola

                                                      b) L’Europa ai tempi di Gengis Kahn

Geografia                                        La Mongolia

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2010-11/10framefilm011.htm[12/07/2017 19:09:54]
agorà

Monsieur Batignole
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gérard Jugnot
SOGGETTO E Gérard Jugnot, Philippe Lopes-Curval
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Gérard Simon
MONTAGGIO Catherine Kelber
MUSICA Khalil Chahine
INTERPRETI Gérard Jugnot (Edmond Batignole), Jules Sitruk (Simon Bernstein), Michèle
Garcia  (Marguerita, moglie di Batignole), Jean-Paul Rouve (Jean Pierre Lamour,
collaborazionista), Alexia Portal (Micheline, figlia di Batignole), Violette
Blankaert (Sara Cohen, bambina), Daphné Baiwir (Guila Choen, altra bambina),
Goetz Burger (Spreicht, Colonnello delle SS), Marie Gaelle Cals (Edwige),
Elisabeth Commelin (Irène, contadina, madre di Martin), Damien Joullerot
(Martin, suo figlio piccolo)
PRODUZIONE Dominique Farrugia, Olivier Granier, Gérad Jugnot  per Novo Arturo
Films/Turkhoise/Rf2k Productions/Tf1 Films Productions
DURATA 100'
ORIGINE Francia, 2002
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Biennio-triennio

PERCORSI Olocausto
Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e
Società
 

  

TRAMA
Parigi, 1942; Edmond Batignole è un macellaio che, durante l'occupazione tedesca
della Francia, si cura solo dei propri affari. Un giorno degli abitanti del quartiere - la famiglia
ebrea Bernstein - vengono arrestati e deportati. Sua moglie chiede a Jean Pierre, fidanzato della
figlia Micheline e fervente filo nazista, di intercedere presso le autorità tedesche affinché venga
loro assegnato il prestigioso appartamento che è rimasto vuoto dopo l'arresto. Grazie alle
entrature del collaborazionista la casa viene loro assegnata. Ma proprio nel giorno in cui la
famiglia Batignole si trasferisce nell'appartamento e festeggia l'evento assieme agli ufficiali
tedeschi, suona alla porta Simon, uno dei bambini della famiglia Bernstein, che è riuscito a
fuggire prima di essere deportato in Germania. Edmond dapprima lo vuole mandar via, ma poi
si fa sempre più coinvolgere nel tentativo di salvare il ragazzino, al quale si aggiungono due sue
cugine sfuggite alla deportazione della loro famiglia.
 

TRACCIA TEMATICA
Batignole è un piccolo-borghese, mediocre e insignificante, tutto compreso dal proprio lavoro

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agorà

e preoccupato soltanto di schivare ogni noia in un momento difficile e rischioso. Tuttavia, messo
di fronte alla necessità di salvare la vita a degli esseri innocenti si riscatta dalla sua anonima
passività dando voce alla propria coscienza. La riscoperta del proprio senso di umana
solidarietà prevale sulla piccineria meschina ed egoistica del cosiddetto uomo “qualunque”,
quello che sta alla larga da tutto ciò che potrebbe turbare la sua grigia esistenza quotidiana.

Nel film non si può non cogliere anche un pesante giudizio critico nei confronti di quei tanti
francesi che durante l’occupazione tedesca collaborarono con i tedeschi in vista di vantaggi
personali (pensiamo al disgustoso fidanzato della figlia di Batignole) e più in generale di quella
parte di nazione che diede il proprio sostegno alla Repubblica di Vichy.    
 

VALUTAZIONE CRITICA
Al film è stata contestato un difetto di discontinuità: ad una prima parte piuttosto vivace e
costruita con un discreto tratteggio die personaggi e un registro orientato col giusto equilibrio
sull’intreccio tra la tonalità  drammatica e quella di commedia segue una seconda parte
troppo frettolosa e superficiale esclusivamente funzionale al lieto fine. Se nella prima parte
appaiono di buona fattura la ricostruzione d’ambiente e del clima del tempo (pur qualche
eccesso di macchiettismo e banalizzazione nella delineazione di alcune figure), nella seconda  lo
sfondo rurale e provinciale (anche se l’intenzione era probabilmente quella di ritagliare una
pausa rasserenante in un paesaggio agreste immune dalle tragedie della storia)  perde parte
della credibilità storica del contesto parigino e comunica una sensazione di falsità e
artificio.  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         La seconda guerra mondiale-Lo sterminio degli ebrei d’Europa- La repubblica di
Vichy r il collaborazionismo francese
 

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Mr.Klein

Mr. Klein
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Joseph Losey
SOGGETTO E Franco Solinas
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Gerry Fisher (colori)
MUSICA Egisto Macchi e Pierre Porte
MONTAGGIO Henry Lanoe
INTERPRETI Alain Delon, Jeanne Moreau, Michel Lonsdale
PRODUZIONE Raymond Danon, Ralph Baum, Alain Delon, Robert Kupferberg, Jean Pierre
Labrande per la Lira Films, Adel Productions, Nova Films (Parigi) e Mondial Te-
Fi (Roma)
DURATA 123'
ORIGINE Italia/Francia, 1976
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e


Società

TRAMA
Parigi, 1942. Da due anni i Tedeschi occupano la Francia. Per gli ebrei iniziano le discriminazioni e le
persecuzioni. Robert Klein, un ricco mercante d'arte, scopre che un suo omonimo israelita, ricercato dalla
polizia, è scomparso facendo in modo di essere scambiato per lui. Da quel momento Klein cerca ostinatamente
di scoprire lo sconosciuto che, facendogli assumere la sua identità, lo ha reso sospetto alle autorità,
sconvolgendo la sua tranquilla vita di agiato borghese.

TRACCIA TEMATICA
Storicamente inserito sullo sfondo della Parigi occupata e della cosiddetta grande rafle du Vélodrome d'Hiver, cioè
della grande deportazione di ebrei parigini avvenuta nel 1942 (e della quale il film ci mostra in brevi sequenze i
preparativi), Mr. Klein assume il carattere di una riflessione di valore universale sull'indifferenza (e la sua
messa in crisi) dell'Uomo di fronte alla persecuzione perpetrata nei confronti dei suoi simili.

Robert Klein non solo è insensibile al destino degli ebrei, ma ne approfitta facendo affari sulle loro disgrazie: egli è
il paradigma esemplare del ricco borghese, soddisfatto di sé e rispettoso delle autorità e del Potere, qualunque esso
sia. Ad un certo punto la sua identità entra pericolosamente in contatto con la condizione degli oppressi, sino
alla finale condivisione della loro sorte.

Sarebbe fuorviante chiedersi chi veramente sia e cosa voglia dal protagonista il suo misterioso omonimo, o
addirittura se esista o meno, mentre risulta più utile ai fini della comprensione dei significati più profondi del
film azzardare un' interpretazione in chiave simbolica: egli potrebbe rappresentare così la personificazione

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Mr.Klein

della coscienza morale e politica di Klein, il suo alter-ego che si ribella all'ingiustizia e che lo porta ad
identificarsi con chi è perseguitato, del doppio che è in ciascuno di noi (assai diverso dalla nostra immagine
ufficiale) e che esprime pulsioni e ansie di cui non siamo pienamente consapevoli.

VALUTAZIONE CRITICA
Nonostante Losey ricostruisca un contesto ambientale e scenografico di rigoroso realismo, attraverso una
fotografia dai toni freddi e grigi (vicina al bianconero) e la quasi totale mancanza di colonna sonora musicale,
crea di fatto un'atmosfera onirica e surreale, che ben si presta a fare da sfondo ad una vicenda che assume i
toni dell'incubo e dell'ossessione. Giustamente si è citato Kafka, il grande romanziere boemo che ci ha raccontato
come possa accadere che nulla sia più reale dell'assurdo e dell'impossibile, specie quando l'individuo si trova di
fronte al Potere e alla Burocrazia.

In un film incentrato sul tema del doppio la regia ci propone in continuazione lo sdoppiamento della figura
del protagonista, riflesso in specchi e vetri o dimezzato dal contrasto luce-ombra. La stessa struttura narrativa
appare divisa in due dimensioni: quella individuale (e immaginaria) di Klein e quella collettiva e storica, che si
rivela gradatamente attraverso l'agghiacciante sequenza d'apertura della visita medica e le immagini che ci
mostrano i preparativi per la grande deportazione. Due piani che, apparentemente distanti e incomunicabili, alla
fine si saldano ineluttabilmente nel vagone piombato che conduce ad Auschwitz Robert Klein, che si era illuso di
isolarsi dalla Storia e dalle sue tragedie.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) La persecuzione degli ebrei in Europa e l'antisemitismo.

              B) La seconda guerra mondiale: l'occupazione nazista della Francia e la grande rafle du Vélodrome
d'Hiver.

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Mulino del Po

Il mulino del Po
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Alberto Lattuada
SOGGETTO Dal secondo volume del romanzo omonimo di Riccardo Bacchelli
SCENEGGIATURA Federico Fellini, Tullio Pinelli
FOTOGRAFIA Aldo Tonti (bianconero)
MUSICA Idebrando Pizzetti
MONTAGGIO Mario Bonotti
INTERPRETI Carla Del Poggio, Jacques Sernas, Isabelle Riva, Leda Gloria, Giacomo Giuradei
PRODUZIONE Carlo Ponti per Lux Film (Roma)
DURATA 107'
ORIGINE Italia, 1949
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Questione sociale

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Seconda metà dell'Ottocento, campagna emiliana lungo il Po. La famiglia Scacerni gestisce un mulino lungo il
Po, frodando la tassa sul macinato attraverso la manomissione dei contatori. Durante un'ispezione notturna il
giovane Princivalle, figlio della capofamiglia Cecilia Scacerni, dà fuoco al mulino e viene arrestato. Per la
famiglia Scacerni significa la rovina economica e Berta, un'altra figlia di Cecilia, non può così sposare il suo
fidanzato Urbino, appartenente alla famiglia Verginesi. Quest'ultima, intanto, minacciata di sfratto da parte del
padrone del fondo su cui lavora da più generazioni, aderisce alla lega contadina promossa dai socialisti, che per
impedire che i Verginesi siano cacciati organizza uno sciopero generale. Gli Scacerni, che hanno ricostruito il
mulino, fanno i crumiri e questo genera l'ostilità nei loro confronti degli scioperanti, che insultano
pubblicamente Berta. Quando Princivalle esce di prigione, indotto da una calunnia, crede che Urbino abbia
disonorato la sorella Berta e lo uccide.

TRACCIA TEMATICA
Affresco storico e saga melodrammatica al contempo, Il mulino del Po si apre sullo scenario delle profonde
lacerazioni sociali che caratterizzano la campagna italiana dopo l'unità d'Italia. La tassa sul macinato (e cioè
sul pane, e quindi sui poveri) ha aggravato le condizioni di un proletariato rurale già oppresso da una secolare
miseria e in balia di proprietari terrieri che sfrattano e introducono la modernizzazione nel lavoro agricolo, le prime
leghe socialiste organizzano la lotta contadina, mentre il governo risponde con la repressione.

Il film non prende posizioni nette, ma cerca di capire le ragioni di tutti (se si esclude la figura del padrone e
quella ridicolizzata della libera pensatrice) e di tutti indica pure i limiti e le colpe (il cinismo del sindacalista
capolega, l'individualismo degli Scacerni, l'ingenuità di Urbino, ecc…), cercando di proporre, in sintonia con il

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Mulino del Po

messaggio del romanzo del Bacchelli, un saldo ancoraggio morale nell'umanitarismo cristiano espresso dal
parroco.

Su tutto e tutti sembra incombere un ineluttabile destino di dolore e sofferenza cui l'uomo tenta invano di
opporsi, simboleggiato dalla solenne grandiosità del Po e dal suo perenne scorrere (pensiamo all'immagine finale
del corpo di Urbino restituito dalla corrente del fiume).

VALUTAZIONE CRITICA
Lattuada cerca di trasporre nel suo film molti dei temi e degli stimoli provenienti dal romanzo di Bacchelli.
Alcuni sono tradotti con convincente efficacia, come la dimensione epica, che il regista esprime con grande
vigore figurativo e narrativo (pensiamo soltanto all'intensa drammaticità della sequenza delle donne che lungo gli
argini del Po sfidano l'esercito), il senso della natura e del suo partecipare alle vicende umane (pensiamo all'
incombere del temporale in sintonia con il precipitare degli eventi), lo spessore antropologico (pensiamo alla festa
agreste sull'aia) e lo sfondo storico-sociale (i conflitti di classe, il nascente movimento socialista, la
meccanizzazione in agricoltura). Altri, invece, vengono risolti in modo un po' affrettato, come il riferimento ai
valori della tradizione cristiana (rappresentato dagli appelli del parroco all'amore e alla comprensione verso il
prossimo), che rimane piuttosto estraneo al corpo del film, e le vicende sentimental-amorose dei protagonisti, non
approfondite nella giusta misura.

Il fatto è che, come spesso accade nei casi di traduzioni filmiche da romanzi, il regista ha dovuto concentrare nei
limiti del tempo cinematografico l'ampia articolazione di un testo letterario che può disporre di ben altro respiro
narrativo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La questione sociale nell'Italia nei primi decenni successivi all'unità.

                    B) Le prime leghe sindacali e il movimento socialista.

Letteratura italiana         A) Confronto fra il film e il romanzo di R. Bacchelli.

                                         B) La figura di Riccardo Bacchelli.

Geografia             Il delta del Po.

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Muro di gomma

Il muro di gomma
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Marco Risi
SOGGETTO E Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Andrea Purgatori
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Mauro Marchetti (colore)
MUSICA Francesco De Gregori
MONTAGGIO Claudio Di Mauro
INTERPRETI Corso Salani, Angela Finocchiaro, Ivo Garrani
PRODUZIONE Maurizio Tedesco, Mario e Vittorio Cecchi Gori per Trio Cinema e Televisione
DURATA 120'
ORIGINE Italia, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Il film è la storia dell'indagine condotta da un giornalista del Corriere della sera sulla sciagura di Ustica,
avvenuta il 27 giugno 1980. Parallelamente all'inchiesta ufficiale il giornalista porta avanti per ben dieci anni le
sue ricerche personali. Da esse emerge che la versione ufficiale è priva di credibilità e che è stata concordata
per nascondere le gravi responsabilità dell'aeronautica militare del nostro paese e forse di paesi alleati, sulle
quali a tuttoggi non si è riusciti a fare completa ed esauriente chiarezza.

TRACCIA TEMATICA
Il titolo del film allude all'omertà di Stato che, in base a quanto si evince dall'inchiesta giornalistica condotta
dal protagonista, avrebbe coperto per anni le vere responsabilità della strage di Ustica. Il DC 9 non sarebbe
caduto a causa di un cedimento strutturale e tantomeno di una bomba (era partito da Bologna con due ore di
ritardo!), ma perché abbattuto per sbaglio da un missile di un aereo della Nato, impegnato in un'esercitazione o in
un combattimento con uno o più aerei di incerta nazionalità (forse libica). Nel corso degli anni successivi la nostra
aeronautica militare e i servizi segreti (italiani e dei paesi alleati) si sarebbero impegnati a nascondere le vere
cause della sciagura tentando in vario modo di depistare le indagini e opponendo bugie, reticenze e rifiuti a
collaborare nei confronti della magistratura inquirente. L'incriminazione di alcuni esponenti delle alte
gerarchie militari con l'accusa di aver nascosto la verità avverrà negli anni successivi l'uscita del film.

Il muro di gomma è anche un riconoscimento dell'importante ruolo che la stampa può (e dovrebbe) assolvere
in un paese democratico, soprattutto qualora le istituzioni si mostrino latitanti o poco sollecite, se non addirittura
complici. Il giornalista che nella realtà ha condotto l'inchiesta è Andrea Purgatori, che ha partecipato alla

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Muro di gomma

sceneggiatura del film.

VALUTAZIONE CRITICA
L'esigenza di costruire un cosiddetto film-inchiesta, rigidamente scandito sulla successione di eventi che mostrano
la progressione delle indagini e il comporsi, tassello dopo tassello, di un inquietante mosaico di occultamenti e
depistaggi, riduce la possibilità di invenzioni registiche, schiacciando inevitabilmente il film sulla cronaca.

Ciononostante Risi riesce ad inserire nel percorso obbligato della sua pellicola-denuncia alcune felici
intuizioni metaforiche: il giornalista Rocco è spesso impegnato ad inseguire, correndo o quasi, i suoi interlocutori
(prevalentemente militari) per sottolineare quanto la verità sia sfuggente e vada continuamente rincorsa, le
architetture fredde e retoriche del Palazzo di Giustizia di Roma alludono alla distanza delle istituzioni, al loro
imperturbabile immobilismo di fronte all'esigenza di verità dell'opinione pubblica, i generali che durante un pranzo
al ristorante cantano in coro il Nessun dorma della Turandot con il celebre passaggio Ma il mio mistero è chiuso in
me…, che sembra un suggello ironico-sarcastico quanto mai adeguato di un film che indaga su uno dei tanti enigmi
irrisolti (e crimini impuniti) della vita nazionale.

Ma su tutto emerge e si impone, per la forte emozione che suscita, l'incipit con l'elenco dei nomi delle vittime
della tragedia di Ustica: uno dei momenti più intensi del Cinema italiano di impegno civile del dopoguerra.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La tragedia di Ustica.

B) Le vicende dell'istruttoria negli anni successivi l'uscita del film.

C) Le altre stragi impunite della storia nazionale.

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Music Box

Music Box-Prova d'accusa


TITOLO ORIGINALE Music Box
REGIA Constantin Costa-Gavras
SOGGETTO E Joe Eszterhas
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Patrick Blosser (colori)
MUSICA Philippe Sarde
MONTAGGIO Joele Van Effenterre
INTERPRETI Jessica Lange, Armin Mueller-Stahl, Frederic Forrest
PRODUZIONE Tri-Star Pict./Carolco Pict./Irwin Winker Prod.
DURATA 123'
ORIGINE USA, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Dopo l'Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e


Società

TRAMA
Ann Talbot è un'affermata avvocatessa di New York. Suo padre, un profugo ungherese che vive negli USA dalla
fine della seconda guerra mondiale, viene accusato di aver commesso orrendi crimini contro gli ebrei all'epoca
dell'occupazione tedesca del suo paese. Ann, convinta dell'innocenza del padre, persona mite e che ha dedicato
la vita alla famiglia, prende le sue difese al processo, riuscendo a smontare le prove dell'accusa e a farlo
assolvere. Un inaspettato colpo di scena fornirà, però, ad Ann la certezza della sua colpevolezza.

TRACCIA TEMATICA
A proposito del suo film ha detto il regista Costa-Gavras: "E' un film sulla memoria e per la memoria. La
memoria è una facoltà preziosissima e fragilissima. Ha bisogno di essere coltivata affinché non si affievolisca
l'indignazione per l'ingiustizia e per i grandi drammi della storia".

Music Box è anche un film sulla capacità di rimozione del passato portata all'estremo limite della
schizofrenia dalla figura del padre di Ann, aguzzino sanguinario in gioventù ed affettuoso e inappuntabile
capofamiglia negli anni seguenti. Vale forse ricorrere alla formula della cosiddetta banalità del male, per cui la
mostruosità non si incarna necessariamente in persone straordinarie e fuori dal comune, ma spesso convive con
comportamenti di quotidiana e rassicurante normalità.

Sullo sfondo il richiamo al contesto storico della guerra fredda dell'immediato dopoguerra, quando i servizi
segreti statunitensi non si fecero scrupolo di utilizzare per i loro fini numerosi nazisti coinvolti nello sterminio degli
ebrei.

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Music Box

VALUTAZIONE CRITICA
Il Cinema politico-civile di Gavras offre il meglio di sé quando la componente ideale e morale e quella
spettacolare legata ai solidi meccanismi narrativi dei generi classici riescono a trovare il giusto equilibrio. E'
il caso di Music Box, dove le intenzioni critico-polemiche (espresse per altro in un tono misurato lontano da ogni
enfasi) si intrecciano con le modalità del giudiziario, del giallo e del dramma familiare in modo da creare un
insieme piuttosto unitario e compatto, in grado di catturare lo spettatore e coinvolgerlo. Questa compromissione
con le esigenze commerciali dell'industria cinematografica (che da alcuni è stata rimproverata al regista) risulta
per Gavras essenziale per raggiungere il grande pubblico e dare, quindi, il massimo di estensione al suo
intento di denuncia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) L'antisemitismo nella storia d'Europa.

              B) Lo sterminio degli ebrei nel Terzo Reich.

              C) La seconda guerra mondiale.

              D) Il regime collaborazionista ungherese durante la seconda guerra mondiale.

              E) La guerra fredda e i criminali di guerra nazisti.

              F) Il regime comunista ungherese.

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Mussolini ultimo atto

Mussolini ultimo atto


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Carlo Lizzani
SOGGETTO Fabio Pittorru
SCENEGGIATURA Carlo Lizzani, Fabio Pittorru
FOTOGRAFIA Roberto Gerardi (colore)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Franco Fraticelli
INTERPRETI Rod Steiger, Lisa Gastoni, Franco Nero, Henry Fonda
PRODUZIONE Enzo Peri per l'Aquila Cinematografica
DURATA 125'
ORIGINE Italia, 1974
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Fascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Milano, aprile 1945. La guerra in Italia sta ormai per finire ed è imminente la resa dei tedeschi sul nostro
territorio. Mussolini si trova a Milano insieme all'amante Petacci e ai suoi fedelissimi. Dopo aver rifiutato le
trattative di resa proposte dal vescovo di Milano, cardinale Schuster, decide di partire verso la Svizzera nascosto
in una colonna tedesca. Un tragico epilogo attende lui e la sua donna..

TRACCIA TEMATICA
L'attenzione del film si concentra sulle ultime ore di Mussolini, nel cui affannoso stato d'animo cerca di
penetrare: egli è ormai un uomo sfiduciato e sempre più sprofondato in una mortificante depressione che incrina
la volontà e alimenta la rassegnazione. Quello che pochi anni prima era un Duce osannato ed esaltato, si trova
costretto a fare un bilancio impietoso della propria vita: è soprattutto in questa affiorante memoria di passate
illusioni di trionfo e potenza, che riecheggiano lugubremente sulle macerie di un'Italia che il fascismo ha portato
alla rovina, che Lizzani ci consegna Mussolini. Il contrasto tra l’irriducibile fanatismo disposto alla bella morte del
residuo manipolo di fedelissimi che circonda il Capo e l' afflosciarsi dell'uomo in una mediocre e sfiduciata ricerca
di salvezza personale fa da sfondo a questo psicodramma. Le malefatte del regime e i suoi crimini non sono
l'oggetto del film, sono dati per scontati e presupposti: al regista interessa l'estrema agonia di quel regime
attraverso il disfacimento del suo fondatore. Al suo fianco Claretta Petacci è una donna invasata e visionaria,
che straparla di improbabili soluzioni salvifiche dell'ultima ora, ma che rimane vicina al suo uomo sino alla fine,
condividendone la sorte.

Sullo sfondo il contrasto tra alleati e partigiani per impossessarsi della persona di Mussolini: per il CLN la

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Mussolini ultimo atto

fucilazione dell'ex-dittatore assume un decisivo valore simbolico, rappresentando il necessario esito e


suggello della lotta di Liberazione.

VALUTAZIONE CRITICA
Il meglio di sé il film lo offre nella delineazione del dramma morale del protagonista, inserito in una cupa
atmosfera di disfacimento e di morte incombente. Il trafelato dibattersi dei suoi accoliti è presentato in una luce
quasi tragicomica e nella concitazione della Petacci c'è il patetico dell'affannarsi inutile e carico di tragici
presentimenti. La Milano e il lago dell'aprile del 1945 vengono ingrigiti e illividiti (sintonizzati più sull'autunno
che sulla primavera), in funzione di intonare anche il paesaggio esterno alla desolazione interiore di Mussolini e al
penoso sgonfiarsi del suo cipiglio guerriero.

Più scontata, invece, e priva di momenti veramente significativi, la parte specificatamente storica del film,
che ricostruisce con diligenza e mestiere quanto già fissato dalla storiografia, facendo ricorso a grandi star
straniere, come Steiger e Fonda, in vista dell’immissione nel mercato internazionale. Anche la ricostruzione
proposta dalla pellicola della fucilazione di Mussolini e della Petacci non aggiunge niente di nuovo, accettando la
versione ufficiale su uno degli episodi più indagati e controversi della biografia di capo del fascismo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Benito Mussolini e il fascismo.

B) La Seconda Guerra Mondiale.

C) La Resistenza italiana e il 25 aprile 1945.

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Napoleon

Napoléon (*)
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Yves Simoneau
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Max Gallo
SCENEGGIATURA Didier Decon
FOTOGRAFIA Guy Dufaux (colori)
MUSICA Richard Grégoire
MONTAGGIO Yves Langlois
INTERPRETI Christian Clavier, Isabella Rossellini, Gérard Dépardieu, John Malcovich, Anouk
Aimée, Ennio Fantastichini, Julian Sand, Claudio Amendola
PRODUZIONE France 2-GMT Productions-Rai Fiction-Kirchmedia-Transfilm-Spice Factory-
ASP-DD Productions
DURATA 360’ circa
ORIGINE Francia-Germania-Italia-Gran Bretagna, 2002
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Età napoleonica

Ottocento/Cinema e Storia

(*) Film per la TV in quattro puntate di circa 90’ciascuna.

TRAMA
Il film narra la biografia di Napoleone Bonaparte dal 1795 fino alla morte, attraverso l’innamoramento e il
matrimonio con Josephine, la vittoriosa campagna d’Italia, il colpo di Stato del 18 Brumaio, la proclamazione
dell’Impero, le grandi battaglie contro le coalizioni nemiche e la sconfitta definitiva di Waterloo.

TRACCIA TEMATICA
La biografia di Napoleone ci è proposta attraverso l’ottica privilegiata dell’antitesi fra polarità
apparentemente inconciliabili, il cui contrasto tormenta l’animo del grande corso praticamente per tutta
l’esistenza. L’antagonismo fra opposti (e il difficoltoso tentativo di conciliarli) diventa così la costante esistenziale
del protagonista.

Il sincero trasporto per la conturbante Josephine convive con un’assillante quanto giustificata gelosia e con uno
spiccato dongiovannismo, l’ansia di potere e gloria con la più modesta passione per gli studi e la cultura, i
sentimenti più intimi con la ragion di Stato, l’ambizione personale con i destini della Francia, l’attaccamento alla
famiglia con il fastidio per le inesauste pretese di fratelli e sorelle, l’acuminata intelligenza con l’iracondia
incontenibile.

Oltre a questo ritratto a tutto tonto, che sottolinea la complessità umana e morale del personaggio, il film si
sofferma anche nel richiamare le sue grandi qualità politiche e militari (a cominciare dalla risolutezza
d’iniziativa che tanto spiazzava i nemici) e il fascino emanante dalla sua ricca personalità. 

VALUTAZIONE CRITICA
Coproduzione internazionale all’insegna dell’impiego di grandi attori e di grandi mezzi, Napolèon si allinea

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Napoleon

ai cliché tradizionali del genere storico-popolare destinato al pubblico televisivo. Estrema semplificazione
della complessità storiografica, didascalismo da manuale di testo scolastico, personaggi che parlano per sentenze,
ampio spazio riservato alla dimensione privata dei protagonisti, scelta dei ruoli dettata dall’esigenza di trovare una
collocazione per le star mobilitate (improbabili in particolare gli abbinamenti Rossellini-Giuseppina, Malcovich-
Tayllerand e Fouché-Dépardieu), scenografie troppo perfette e patinate, piattezza di stile e mancanza di originalità
e coraggio.

Questo Napoléon, insomma, non aggiunge nulla di nuovo a quanto già si sapeva sul personaggio e sulla sua
vita e soprattutto a quanto l’immaginario cinematografico già ci aveva proposto in un secolo di Cinema. Ne
risulta così un dignitoso prodotto di divulgazione (e con i tempi che corrono non è poco), allestito con lodevole
professionismo e buon tasso di spettacolarità (alcune battaglie sono dotate di un indubbia potenza visiva), non privo
di sequenze coinvolgenti (l’ingresso a cavallo nel palazzo degli zar, il ricordo del collegio di Brielle, il colpo di
stato del 18 Brumaio, ecc..), ma troppo legato al gusto medio televisivo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                              A) La Rivoluzione Francese

                                        B)  Napoleone Bonaparte e il suo tempo

                                        C)  La Restaurazione

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Nato il 4 luglio

Nato il quattro luglio


TITOLO ORIGINALE Born on the Fourth of July
REGIA Oliver Stone
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Ron Kovic
SCENEGGIATURA Oliver Stone, Ron Kovic
FOTOGRAFIA Robert Richardson (colore)
MUSICA John Williams
INTERPRETI Tom Cruise, Caroline Kava, Willem Dafoe, Tom Berenger
PRODUZIONE A. Kitman Ho & Ixtlan per Universal
DURATA 136'
ORIGINE USA, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Guerra del Vietnam

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
1967. Ron Kovic, figlio di una famiglia di operai cattolici di sentimenti patriottici, parte per il Vietnam. Durante
un'azione di combattimento è ferito alla schiena e diventa paraplegico. Al suo ritorno in patria è ricoverato in
uno squallido ospedale dove più che curato è angariato e mortificato. Sempre più depresso Ron si lascia andare
alla deriva, degradandosi in vario modo, finché non diventa un militante del movimento dei reduci contro la
guerra. Nel 1976 Ron scrive un libro autobiografico da cui è stato tratto il film.

TRACCIA TEMATICA
L'educazione di Ron, fin dalla più tenera età, è ispirata ai valori della tradizione, a cominciare dal culto della
famiglia, della religione e della patria. Ad esso si affiancano in uno stretto rapporto di integrazione e reciproca
dipendenza il mito della forza fisica e del coraggio (alimentato in chiave patriottica e militarista dalle stesse
istituzioni scolastiche), un anticomunismo viscerale e un puritanesimo moralistico generatore di repressione
sessuale (la madre inorridisce di fronte ad una copia di Playboy trovata nella camera del ragazzo). Nulla di strano
se il giovane Ron concepisce il suo arruolamento nei marines come una logica prosecuzione dei suoi guerreschi
giochi infantili (l'essere, poi, nato il 4 luglio, festa nazionale degli americani, conferisce al suo entusiasmo
patriottico una dimensione fatale).

Nelle risaie del Vietnam misura immediatamente la differenza fra la realtà e ciò che aveva immaginato: il

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Nato il 4 luglio

nemico è sfuggente ed inafferrabile e gli americani uccidono donne e bambine, egli stesso, anziché compiere il
tanto atteso e sperato atto di eroismo, finisce per ammazzare un suo commilitone (a significare che forse gli
americani combattono contro se stessi). Con il ritorno a casa inizia per Ron un travagliato ripensamento della
giustezza delle motivazioni della guerra parallelamente al crescere in seno alla società civile della contestazione
all'intervento in Vietnam. La tragedia della guerra vietnamita diventa per lui e la sua generazione
un'esperienza di radicale rifiuto dell'ideologia precedentemente assimilata (Ti sei bevuto tutte quelle cazzate
gli dice l'amico hippy e Ron Rinuncerei a tutti i miei ideali pur di riavere il mio corpo tutto intero) per approdare
ad una piena presa di coscienza pacifista e antimilitarista e per l'opinione pubblica americana di quegli anni la
prima traumatica messa in discussione dell'immagine che degli Stati Uniti era stata acriticamente e
fanaticamente costruita (cioè di una grande potenza incaricata di difendere nel mondo gli ideali di giustizia e
libertà).

VALUTAZIONE CRITICA
Esponente di punta del Cinema americano democratico di impegno civile, egli stesso soldato in Vietnam, Stone
dirige il suo secondo film sull'argomento (il primo era stato nel 1986 Platoon), confermando il medesimo
intreccio tra spiccata dimensione spettacolare e intento didascalico.

Le parti migliori risultano quelle dedicate alla rievocazione dell'ambiente che fa da sfondo alla formazione di
Ron bambino e adolescente (girate con un vecchio sistema in Technicolor per riprodurre i colori e le atmosfere
degli anni Cinquanta), dove con efficace sintetismo il regista riesce a delineare il sostrato antropologico e culturale
dell'ingenua innocenza del protagonista, e le sequenze belliche tradotte in termini di allucinatoria visionarietà e
nelle quali l'uso del controluce riduce le immagini ad ombre e profili (non si sa più chi sia il nemico e l'amico),
conferendo loro una dimensione surreale che ben esprime il senso di un incubo pauroso. Troppo sbilanciate,
invece, nel senso del facile effettismo, ricercato con l'ostentata esibizione della degradazione morale, le parti
dedicate alla pulsione autodistruttiva di Ron, e dell'enfasi retorica, quelle che raccontano la sua maturazione
e il seguente impegno pacifista.

Come spesso accade nei suoi film, anche in questa pellicola Stone accusa una certa difficoltà a dominare con
misura ed equilibrio una materia narrativa incandescente per densità di temi e vastità di implicazioni.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Guerra del Vietnam.

B) Il movimento di opposizione alla guerra negli USA.

C) La figura reale di Ron Kovic.

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Nel nome del padre

Nel nome del padre


TITOLO ORIGINALE In the Name of the Father
REGIA Jim Sheridan
SOGGETTO Dal romanzo di Gerry Conlon Proved Innocent
SCENEGGIATURA Terry George, Jim Sheridan
FOTOGRAFIA Peter Biziou (colore)
MUSICA Trevor Jones
MONTAGGIO Gerry Hambling
INTERPRETI Daniel Day Lewis, Pete Postlethwaite, Emma Thompson
PRODUZIONE Jim Sheridan, Arthur Lappin
DURATA 132'
ORIGINE Irlanda-USA, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Questione irlandese

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Il film racconta la storia vera di Gerry e di suo padre Giuseppe. Nel 1974, insieme all'amico Paul Hill, Gerry fu
ingiustamente accusato di aver compiuto un attentato in un pub di Guildford che provocò cinque morti. Nel
pieno della guerra civile tra cattolici e protestanti nell'Irlanda del Nord e delle leggi antiterrorismo che
concedevano ampi poteri alle forze dell'ordine, ai due sospetti vengono estorte false confessioni con sevizie e
torture. Il processo si conclude con pesanti condanne detentive, estese anche ad amici e parenti, fra cui il padre
di Gerry. Solo 15 anni dopo verranno tutti riconosciuti innocenti e scarcerati.

TRACCIA TEMATICA
Il film costituisce una sdegnata denuncia dell'oscena macchinazione giudiziaria che portò nel 1974 alla
condanna di un gruppo di innocenti per la sola ragione che erano irlandesi e l'opinione pubblica inglese
voleva un capro espiatorio per l'atroce strage di Guildford. La questione irlandese rimane sullo sfondo (gli
sfortunati protagonisti di questa vicenda giudiziaria non sono militanti dell'IRA), a Sheridan interessa, soprattutto,
cogliere il valore di esemplarità universale (potrebbe ripetersi ovunque, perché l'odio offusca la ragione) della
terribile ingiustizia subita da Gerry e dai suoi amici e parenti in uno Stato tradizionalmente indicato come esempio
di democrazia.

Un altro tema che la pellicola affronta è quello del rapporto padre-figlio: per il vanesio e psicologicamente
labile Gerry il trauma della detenzione si trasforma in una specie di esperienza di formazione che lo porta a
recuperare il rapporto con il padre e a percorrere, grazie al forte temperamento e alla tenacia mostrata dal genitore,

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Nel nome del padre

un profondo processo di crescita e maturazione. Quando esce dal carcere è, ormai, un uomo trasformato.

VALUTAZIONE CRITICA
Nel nome del padre paga un tributo forse inevitabile (e comunque giustificato e comprensibile se consideriamo il
fatto che Sheridan è irlandese e quindi direttamente ed emotivamente coinvolto in questa drammatica vicenda) al
fatto di porsi in modo esplicito come film di impegno politico e civile, nel senso che ne deriva una
semplificazione manichea (la contrapposizione Bene-Male è svolta in termini piuttosto schematici) che sfocia in
passaggi di eccessivo didascalismo e di trionfalistica retorica (pensiamo alle manifestazioni di giubilo del finale).
La scansione, poi, in capitoli nettamente distinti fra di loro incide negativamente sul ritmo e sulla fluidità narrativa,
conferendo alla pellicola un andamento che richiama in parte l'impostazione da film-inchiesta televisivo.

Più interessante nella sua ricchezza di implicazioni, invece, la dimensione affettiva incentrata sul rapporto
padre-figlio, ricca di risvolti psicologici ed umani (ed anche simbolici in chiave religiosa: non è certo un caso che
il nome del padre sia Giuseppe, quasi a suggerire un parallelo tra la passione del Cristo e la Via Crucis carceraria di
Gerry, che approda alla sua rigenerazione morale).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 La questione irlandese

Geografia          L'Irlanda del Nord (Ulster).

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Nell'anno del signore

Nell'anno del Signore


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luigi Magni
SOGGETTO E Luigi Magni
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Silvano Ippoliti (colore)
MUSICA Armando Trovatoli
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Nono Manfredi, Enrico Maria Salerno, Claudia Cardinale, Robert Hossein,
Renaud Verlay, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi,
PRODUZIONE San Marco Cinematografica (Roma), Les Films Corona e Francos Film (Paris)
DURATA 124'
ORIGINE Italia, 1969
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Risorgimento

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Roma, Stato della Chiesa, 1825. I carbonari Montanari e Targhini vengono condannati a morte per la tentata
uccisione di una spia. Il calzolaio Cornacchia, che in segreto veste i panni di Pasquino, sbeffeggiatore del
governo romano con manifesti notturni sui muri della città, ama l'ebrea Giuditta, a sua volta innamorata di
Montanari, e per questo cerca di scambiare la sua vita con quella dei due condannati. Le autorità romane
rimangono, però, ferme nella loro decisione e i due carbonari vengono giustiziati.

TRACCIA TEMATICA
Nell'anno del Signore vuole essere un affresco bonario e satirico, tra Storia e invenzione romanzesca, della
Roma papalina d'inizio Ottocento, orientato più a fare emergere il clima di inerziale immobilità conservatrice che
gravava sulla città, turbato soltanto dai pungenti epigrammi di Pasquino, che non a rievocare con toni celebrativi
uno dei primi episodi del nostro Risorgimento. Più che impegnato sul piano della ricostruzione storiografica,
insomma, il regista sembra intento a dare consistenza alla convinzione (che si ricollega ad una tradizione di
romanità che è ben rappresentata dal poeta Gioacchino Belli) di un'immutabile essenza sovrastorica della
natura umana pur nel variare dei governi e dei sistemi politici.

In questo senso lo stesso evidente anticlericalismo (con relativa denuncia dell'assolutismo papalino), come pure l'
omaggio in chiave patriottica al sacrificio di Montanari e Targhini (fatto storico reale) finiscono quasi per
svaporare e diluirsi in una concezione antistoricistica (l'affannarsi degli uomini per trasformare il mondo non
serve a nulla perché le cose non cambiano mai veramente), cui preme solamente sferzare con graffiante ironia e
pungente sarcasmo vizi e difetti umani.

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Nell'anno del signore

VALUTAZIONE CRITICA
Magni si dimostra abilissimo costruttore di perfetti congegni narrativi che fondono lo scenario storico della
Roma ottocentesca e papalina con i collaudati moduli della commedia affidati ai maggiori interpreti
nazionali del genere, che più che adeguarsi al personaggio piegano questo al proprio stile recitativo e alla loro
maschera (il popolano dal cuore d'oro e dalla battuta tagliente Manfredi-Pasquino, il frate logorroico e fracassone
Sordi, il funzionario cinico Salerno-commissario Nardoni, il prelato insinuante Tognazzi-cardinale Rivarola),
proponendo una tipologia di personaggi delineati più col gusto della caricatura che dell'analisi psicologica.

Il registro dominante del film si attesta su un tono dimesso e antiretorico che svuota la vicenda di ogni enfasi
drammatica, privilegiando anzi il grottesco e l'improbabile (pensiamo alla veglia di Nardoni nella piazza dove
agonizza la vittima dell'accoltellamento, che assume coloriture quasi surreali) e orientando dialoghi e situazioni
nel senso di indurre il sorriso complice e indulgente dello spettatore. La sonnolenta e apatica Roma pontificia che il
film ci presenta, più che caratterizzata in senso politico-sociale, sembra riemergere da una collezione di stampe
d'epoca sfogliate con smaliziata e affettuosa nostalgia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 A) L'Italia dopo la Restaurazione e lo Stato Pontificio.

                           B) La Carboneria italiana e le figure di Montanari e Targhini.

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Nemico alle porte

Il nemico alle porte


TITOLO ORIGINALE Enemy at the Gates
REGIA Jean-Jacques Annaud
SOGGETTO E Jean-Jacques Annaud, Alain Godard
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Robert Fraisse (colori)
MUSICA James Horner
MONTAGGIO Noelle Boisson
INTERPRETI Jude Law, Joseph Fiennes, Bob Hoskins, Ed Harris
PRODUZIONE Jean-Jacques Annaud, John D. Schofield per KC Medien Ag/MP Film
Management/Paramount Pictures/Mandalay Pictures/Little Bird Ltd./Swandorf
Films/Dos/reperage
DURATA 133’
ORIGINE Germania-USA-Gran Bretagna-Irlanda, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Battaglia di Stalingrado, inverno 1942. Il commissario politico sovietico Danilov scopre il grande talento di
tiratore del soldato semplice Vassili Zaitsev e lo trasforma in un eroe, rendendolo famoso in tutta l’Unione
Sovietica ed indicandolo ad esempio per incitare alla lotta in un momento decisivo per i destini della nazione. I
tedeschi cercano di contrapporre a Vassili il maggiore Konig, infallibile tiratore della Wermacht, con il compito
di stanare il giovane soldato russo ed eliminarlo, minando così il morale dei difensori di Stalingrado. Intanto
Danilov e Vassili si sono innamorati della stessa donna, la soldatessa Tania. Quest’ultima sceglie il tiratore eroe
e Danilov ne rimane profondamente deluso, tanto da meditare l’idea di screditare Danilov attraverso l’organo di
propaganda che dirige. Successivamente pentitosi, il commissario politico aiuta Vassili a stanare Konig nel
duello finale.

TRACCIA TEMATICA
La battaglia di Stalingrado è stata uno scontro decisivo della Seconda Guerra Mondiale, segnando la prima grande
sconfitta tedesca nel conflitto e l’inizio della fine per il Terzo Reich. Nell’immaginario collettivo essa ha assunto
connotazioni di epica grandiosità. Nel film di Annaud, tuttavia, essa rimane sullo sfondo (se si esclude l’assalto
iniziale dei sovietici contro gli avamposti tedeschi), offrendo la pellicola di questo grande evento storico soltanto il
desolato scenario di distruzioni in cui si svolge la sfida all’ultimo sangue tra i tiratori scelti dei due eserciti. C’è
poca Storia, quindi, in Il nemico alle porte (la vicenda di Vassili Zaitsev è però reale e la sua figura è ancor oggi
onorata come eroe di guerra) e tanta suspence e tensione, unitamente ad una trama in cui si intrecciano i temi
più classici del romanzesco tradizionale: amore, amicizia, rivalità, tradimento, sacrificio, ecc.. con tanto di
consolatorio lieto fine.

Seppur collocato in posizione secondaria emerge anche un preciso intento polemico nei confronti del regime
sovietico, indirizzato in particolare nei confronti del disumano cinismo con cui venivano avviati al massacro i
soldati dell’Armata Rossa (non tutti armati e con i loro commilitoni che li uccidevano in caso di ritirata) e del
grottesco culto della personalità rivolto verso Stalin.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm020.htm[12/07/2017 19:10:06]
Nemico alle porte

VALUTAZIONE CRITICA
La principale preoccupazione del film sembra essere quella di garantire una forte dimensione spettacolare
attraverso l’avvincente scontro fra i due tiratori campioni dei rispettivi eserciti, senza trascurare di inserire
scene di massa sufficientemente grandiose e drammatiche (anche se il riferimento a Salvate il soldato Ryan
dell’iniziale sbarco al porto di Stalingrado è forse troppo scoperto). Le peculiarità del genere bellico e storico ne
escono così attenuate, puntando la pellicola più sui canoni del thriller, dello spionistico (pensiamo alla
diramazione narrativa che vede come protagonista il ragazzino Sasha) e addirittura del western (pensiamo al
duello finale tra i due cecchini).

Il film appare così segnato da una certa discontinuità, per cui a momenti piuttosto irrisolti e ripetitivi, se non
apertamente noiosi o ridicoli (fra quest’ultimo possiamo inserire anche il melodrammatico sacrificio di Danilov a
favore dell’amico Vassili), succedono sequenze di indubbia incisività e coinvolgimento (su tutte il confronto fra il
russo e il tedesco nella fabbrica distrutta, con il primo rimasto senza fucile sotto il fuoco del secondo). Resta,
tuttavia, la sensazione che la sceneggiatura abbia dilatato oltre misura la vicenda, inserendovi troppi
personaggi e troppe situazioni, rendendo così difficile alla regia ricondurre ad un centro unificatore la strabordante
materia narrativa. Notevole, invece, l’effetto scenografico creato dalla Stalingrado devastata, proposta come
una specie di inferno labirintico e claustrofobico (pensiamo ai sotterranei stretti e soffocanti dove abitano i civili
e i soldati).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia              A) La Seconda Guerra Mondiale

                        B) La battaglia di Stalingrado

                        C) Lo stalinismo in Unione Sovietica

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm020.htm[12/07/2017 19:10:06]
Niente di personale

Niente di personale
TITOLO ORIGINALE Nothing Personal
REGIA Thaddeus O’ Sullivan
SOGGETTO Dal Romanzo All Our Fault di Daniel Mornin
SCENEGGIATURA Daniel Mornin
FOTOGRAFIA Dick Pope (colori)
MUSICA Philip Appleby
MONTAGGIO Michael Parker
INTERPRETI John Lynch, James Frain, Ian Hart
PRODUZIONE Johathan Cavendish, Tracey Seaward per Little Bird production, Londra
DURATA 85’
ORIGINE Gran Bretagna, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Questione irlandese

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Irlanda del nord, Belfast 1975.In piena guerra civile tra cattolici e protestanti una bomba dell’IRA fa strage in
un bar. Kenny, un capetto protestante che capisce solo la legge della violenza e si circonda di compagni come lui
fanaticamente esaltati e pronti a tutto, come Ginger, decide di vendicarsi a modo suo. Ignorando la tregua
stipulata fra le due fazioni religiose, Kenny e Ginger rapiscono e torturano Liam, un cattolico amico d’infanzia
del primo. Tutto finisce con la morte dell’incolpevole figlia di Liam e l’uccisione di Kenny e Ginger da parte
della polizia.

TRACCIA TEMATICA
Niente di personale è un titolo amaramente ironico che vuole sottolineare come, quando il fanatismo prende il
sopravvento sulla ragione, la violenza si abbatte furiosamente sugli esseri umani non in quanto tali, ma per
quello che rappresentano (trasformando così l’amico di ieri nel nemico di oggi).

Kenny e Ginger (sono protestanti, ma le loro caratteristiche appartengono ad una tipologia di individui accecati
dall’odio trasversale ad ogni credo religioso e politico) hanno trovato nella violenza l’unico scopo di
un’esistenza altrimenti fallimentare (Kenny non ha veri affetti e vive fugaci relazioni amorose che soddisfano
soltanto il suo machismo, Ginger è un individuo ai margini della società, un fallito che vive con il sussidio di
disoccupazione), entrambi sfogano tramite la contrapposizione al nemico cattolico un sadismo che si alimenta di
una nevrotica pulsione (auto) distruttiva. La militanza protestante offre loro un forte senso d’identità e
d’appartenenza che supplisce ad una condizione di sostanziale solitudine ed insoddisfazione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/217.htm[12/07/2017 19:10:07]
Niente di personale

Il film cerca così di andare alle radici psicopatologiche (ma non sociali e storiche) dello scontro etnico-religioso
che ha insanguinato l’Irlanda, mostrandoci come anche il vicino di casa possa trasformarsi in una persona da
distruggere e come l’onda montante e irrefrenabile dell’odio abbia come inevitabile epilogo la morte (nel funerale
finale tutti, cattolici e protestanti, si trovano sullo stesso piano).

VALUTAZIONE CRITICA
Il film di O’ Sullivan venne accusata di essere troppo schematico nel definire i personaggi dal punto di vista
morale, dipingendo i protestanti in modo particolarmente negativo e riservando, invece, un occhio di riguardo per i
cattolici. Per quanto la critica appaia fondata, questo non modifica la sostanza di verità che Niente di Personale
individua (la violenza come risposta sbagliata ad un malessere esistenziale reale) e poco cambierebbe a ruoli
invertiti o con una verosimilmente più equa attribuzione di perversione e malvagità fra le parti in causa (del resto il
film inizia con un sanguinoso attentato della cattolica IRA).

Pur con qualche eccesso nella sottolineatura della demente deriva di violenza che caratterizza i protagonisti e
l’accentuazione moralistica del finale (la morte della piccola figlia di Liam come punizione biblica per il prevalere
del male in una comunità di peccatori), la pellicola esprime una sua particolare efficacia sprigionando
un’indubbia tensione e provocando un intenso coinvolgimento emotivo. Notevole anche la capacità di dare
piena rilevanza allo sfondo ambientale di una Belfast, che nelle ferite della guerra ben visibili nel paesaggio
urbano e nella plumbea atmosfera che la sovrasta, si impone come coprotagonista della storia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A. L’Irlanda: dal dominio britannico all’indipendenza.

B. La guerra civile irlandese

Geografia      L’Irlanda e l’Ulster

Religione       La religione protestante.

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nobildonna e il duca

La nobildonna e il duca
TITOLO ORIGINALE L’anglaise et le duc
REGIA Eric Rohmer
SOGGETTO Dalle memorie di Lady  Grace Dalrymple Elliott Diario della mia vita sotto la
Rivoluzione francese
SCENEGGIATURA Eric Rohmer
FOTOGRAFIA Diane Baratier (colori)
MONTAGGIO Mary Stephen
INTERPRETI Lucy Russell, Jean-Claude Dreyfus, Francois Marthouret, Lèonard Cobiant,
Caroline Morin 
PRODUZIONE Francoise Etchegaray per Compagnie Eric Rohmer/Pathé Image Production
DURATA 128’
ORIGINE Francia, 2001
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Settecento
Cinema e storia

TRAMA
Lady Grace Elliott è una nobildonna inglese che trovatasi  a vivere in Francia durante il periodo della
Rivoluzione francese scrisse anni dopo un libro di memorie dedicato ai drammatici eventi di cui fu testimone. Di
sentimenti monarchici e legittimisti ed ex-amante del duca di Orléans, rimane profondamente sconvolta quando
viene a sapere che quest’ultimo ha votato a favore della condanna a morte del sovrano Luigi XVI. Quando, però,
la situazione politica si radicalizza con l’inizio del periodo del Terrore giacobino e lo stesso duca d’Orléans sarà
imprigionato rischiando la vita, saprà perdonarlo. 

TRACCIA TEMATICA
Che cosa è la vera nobiltà? Una condizione sociale che si acquisisce con la nascita  e che in tempi lontani, come
quelli della Rivoluzione francese, dava adito a ricchezze e privilegi o una condizione dello spirito, un’attitudine
morale che rifiuta ogni  grettezza e meschinità e coltiva purezza d’animo e predisposizione alla pietà e al perdono.
Rohmer propende per la seconda versione facendo di Grace Elliott (non a caso di origini ignobili e nobilitatasi
solo grazie ad un matrimonio)  

l’eroina di un film , che solo superficialmente può esser considerato come un’opera reazionaria o filomonarchica
(accusa che puntualmente si è abbattuta in Francia sull’anziano regista), perché in realtà essa vuole essere una
celebrazione dell’eterno valore del sentimento di pietà e della piena legittimità della reazione di orrore
suscitata dalla violenza estrema.

Lady Elliott non inorridisce di fronte alla condanna a morte del sovrano tanto per ragioni politiche (in fondo la
nobildonna, nonostante il suo status, esprime anglosassoni posizioni di moderato progressismo) quanto perché ha
una concezione quasi sacrale del sentimento dell’amicizia e non riesce a farsi una ragione dello schierarsi
opportunistico del duca d’Orléans a favore della condanna del re di Francia.

Il fatto che Rohmer inserisca la vicenda nel contesto della fase più spietata e sanguinosa della Rivoluzione francese
può essere secondario: al regista interessava sostenere la causa dell’umana indignazione di fronte alla violenza

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm030.htm[12/07/2017 19:10:07]
nobildonna e il duca

cieca e sopraffattrice della Storia in generale (e dovrebbe far pensare semmai il fatto che di questo alto slancio di
profonda commozione  si faccia portatrice una donna, laddove la Storia da sempre è fatta dagli uomini).

VALUTAZIONE CRITICA
Girato interamente con video-camera digitale il film ha potuto giovarsi degli effetti speciali computerizzati che
hanno dato vita, attraverso la tecnica del cosiddetto tableau vivant, a scorci  della Parigi settecentesca tratti da
autentiche raffigurazioni d’epoca. Più che ad un effetto di realismo questa tecnica tende al contrario a
sottolineare l’evidente falsità degli scenari urbani concepiti a suo tempo per rimandare un quadro idealizzato
della capitale francese, come di una città armoniosa e serena, ed ora invasa da una folla accecata dall’odio e dalla
violenza (quasi a voler sottolineare il contrasto tra l’immagine autocelebrativa che le classi dominanti tramite
l’iconografia ufficiale vogliono rimandare alle generazioni successive e la realtà delle lotte e delle tragedie di cui la
Storia è intessuta).

Ma Rohmer trova come sempre la dimensione più confacente alla propria sensibilità artistica nei dialoghi in
interni (bellissime le scenografie a base di arredamenti d’epoca), splendidi nella loro perfetta calibratura e
nell’equilibrato dosaggio, e nella profondità dell’analisi psicologica dei personaggi (la nobildonna su tutti
naturalmente) tratteggiati con una misura che esclude ogni grossolano schematismo e facile condanna.

Quello di Rohmer è un Cinema di solenne classicità (esso stesso nobile, in quanto assolutamente distante da ogni
volgarità o eccesso), capace di concentrarsi con rara intensità sull’essenza più intima del concetto di moralità
umana.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                        a) La Rivoluzione francese                  

                                                                  b)  La figura del duca d’Orléans

Lingua e letteratura inglese                    Il libro di memorie da cui è tratto il film

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm030.htm[12/07/2017 19:10:07]
agorà

Noi credevamo
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Mario Martone
SOGGETTO E Dal romanzo omonimo di Anna Banti
SCENEGGIATURA
Mario Martone, Giancarlo De Cataldo
FOTOGRAFIA Renato Berta
MONTAGGIO Jacopo Quadri
MUSICA Hubert Westkemper
INTERPRETI Luigi Lo Cascio (Domenico), Valerio Binasco (Angelo), Francesca Inaudi (Cristina
di Belgioioso da giovane), Edoardo Natoli (Domenico da giovane), Luigi Pisani
(Salvatore), Toni Servillo (Giuseppe Mazzini), Luca Barbareschi (Antonio
Gallenga), Luca Zingaretti (Francesco Crispi) , Renato Carpentieri (Carlo Poerio) ,
Guido Caprino (Felice Orsini), Anna Bonaiuto (Cristina Belgioioso), Fiona Shaw
(Emilie Ashurst Venturi)
PRODUZIONE Carlo Degli Esposti, Conchita Airoldi, Giorgio Magliulo, Patrizia Massa per
Palomar/Les Films d’Ici
DURATA 170'
ORIGINE Italia-Francia, 2010
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe Quinta

PERCORSI Risorgimento  
Ottocento/Cinema e storia
 

  

TRAMA
La storia del Risorgimento italiano dal 1828 al 1862 vista attraverso le vicende di tre
ragazzi del sud affiliati alla Giovine Italia e fedeli all’ideale repubblicano, i cui percorsi
politici ed esistenziali si incrociano con quelle dei grandi protagonisti della storia. Alla
fine domina un senso di sconfitta e disillusione perché gli sforzi, le sofferenze e le morti
non hanno creato un’Italia migliore. 

TRACCIA TEMATICA
Il Risorgimento italiano è il frutto dell’azione ora congiunta ora contrastante di due distinte
correnti: la liberale monarchica (moderata e conservatrice) e la democratica repubblicana
(radicale e rivoluzionaria). “Noi credevamo” si occupa della seconda e svolge una riflessione
sul contrasto fra le speranze di rinnovamento sociale e politico di chi ha aderito ad essa 
(cui fa riferimento il titolo) e l’esito deludente del moto risorgimentale, che a loro giudizio
(espresso dal personaggio di Domenico) ha creato uno Stato classista, dominato dall’ingiustizia,
dalla corruzione e dal trasformismo parlamentare. Un fallimento storico il cui retaggio, viene
suggerito, si  trascina fino all’Italia dei nostri giorni (pensiamo all’immagine anacronistica  dello
scheletro di un moderno edificio del meridione in pieno Ottocento, simbolo  di incompiutezza e

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agorà

malgoverno perdurante)

Ma il film non idealizza la fazione repubblicana e ne mostra i limiti, soprattutto nel voler
testardamente perseguire l’opzione  insurrezionale e terroristica, nei laceranti e insanabili
personalismi e settarismi e nel sostanziale distacco dalle masse popolari.
 

VALUTAZIONE CRITICA
Il registro stilistico prescelto è quello dello straniamento antiretorico (non c’è esaltazione
celebrativa, ma distacco critico dai personaggi e dai fatti) per alimentare un atteggiamento di
riflessione da parte dello spettatore e non di coinvolgimento emotivo. Lo svolgimento della
narrazione è frammentato e composito e le grandi figure della storia, come Mazzini e Garibaldi,
pur presenti, svolgono un ruolo marginale o rimangono sullo sfondo.

La scenografia evita ogni forma di grandiosità spettacolare e si fa sobria ed essenziale, la musica


d’epoca (Verdi, Beethoven, Rossini) sceglie brani poco noti e le canzoni politiche fuoriescono
dal repertorio più noto ed abusato, il dialogo è fitto e la recitazione teatrale, ma antienfatica.

“Noi credevamo” costituisce uno dei migliori esempi di un cinema storico sul nostro
Risorgimento in chiave di dolente ed amara revisione critica rispetto alle versioni ufficiali.  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia        Il Risorgimento italiano e in particolare la corrente mazziniana e    garibaldina.

                  I primi decenni postunitari e la questione meridionale

Italiano     Il romanzo omonimo di Anna Banti

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Il nome della rosa

Il nome della rosa


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Jean-Jacques Annaud
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Umberto Eco
SCENEGGIATURA Andrew Birkin, Gérard Brach, Howard Franklin, Alain Godard
FOTOGRAFIA Tonino Delli Colli (colori)
MUSICA James Horner
MONTAGGIO Jane Seitz
INTERPRETI Sean Connery, F. Murray Abraham, Christian Slater
PRODUZIONE Cristaldifilm/Neue Constantin Film/Films Ariane
DURATA 132'
ORIGINE Italia-Francia-Germania Federale, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Medioevo

Cinema e Storia

TRAMA
Italia settentrionale, 1327. Il francescano Guglielmo di Baskerville, accompagnato dal suo assistente Adso di
Melk, giunge in un' abbazia per dirimere una controversia teologica sul potere temporale del Papa. Una serie di
delitti misteriosi che coinvolgono i monaci del convento, trasforma, però, Guglielmo in investigatore. Il
francescano intuisce che la risposta agli omicidi va cercata nell'enorme biblioteca dell'abbazia ed indagando al
suo interno scopre la verità.

TRACCIA TEMATICA
Il film ci offre, innanzitutto, un affresco della società medioevale vista dal lato della Chiesa e dell'enorme
potere che in quel periodo deteneva. Ne esce un'immagine cupa, dominata da un greve clima di corruzione e
sospetto, che soffoca la libertà di ricerca e riflessione e tradisce lo spirito più autentico del messaggio evangelico.

La Poetica di Aristotele (testo che tratta del comico) diventa per la rigida ortodossia cattolica simbolo della
comicità, vista nel suo potenziale eversivo di possibile strumento d' irrisione e di critica del potere costituito,
e più in generale ancora della cultura classica e del patrimonio di sapere accumulato nel corso dei secoli,
considerati come una minaccia per chi vigilava con rigido intento censorio sulla quantità e qualità delle conoscenze
lecite e ammesse (di qui il significativo incendio della biblioteca, un rogo di libri che ci riporta alla mente macabri
falò d'altri tempi). Anche la sessualità è fatta oggetto di (auto)repressione o, addirittura, di demonizzazione,
temendone le autorità ecclesiastiche, al pari della comicità, la trasgressiva dimensione di liberatoria affermazione di
piacere, in contrasto con l'esaltazione dominante della mortificazione del corpo e spirito.

In questo contesto Guglielmo di Baskerville assume i connotati di portatore di una visione laica ed illuministica

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Il nome della rosa

(anacronistica per l'epoca), che richiama il razionalismo positivista di fine Ottocento (trasparente risulta il
riferimento a Sherlock Holmes). Una specie di incarnazione del libero pensiero nel bel mezzo dell'età
dell'intolleranza e dell'Inquisizione (ma siamo poi sicuri che quei tempi siano finiti per sempre o il messaggio
antiautoritario ed antidogmatico del film non ha forse un valore universale?).

VALUTAZIONE CRITICA
Il nome della rosa cerca di sfruttare il grande successo del libro omonimo di Eco, traducendone sullo
schermo gli aspetti più spettacolari ed appetibili per il vasto pubblico (gran parte del quale non aveva
certamente letto il romanzo, decisamente ostico per chi manca del necessario substrato di conoscenze storico-
filosofiche), dalla grandiosa ricostruzione dell'abbazia e dell'annessa biblioteca allo sfruttamento di quel tanto di
giallo, misto thriller e horror, che il testo letterario originale conserva, dall'ambientazione in un pittoresco
medioevo di maniera all'inserimento di una quasi storia d'amore. Il risultato è quello di un prodotto decisamente
superficiale, dove quella complessa e vertiginosa ricchezza di riferimenti e livelli di lettura che
caratterizzano lo scritto di Eco va dispersa e di essa rimane solo qualche risonanza, giusto per dare la
necessaria patina di impegno intellettuale alla pellicola.

La stessa dimensione di intrigo e mistero, inoltre, non risulta adeguatamente sfruttata e il film appare fiacco anche
sotto questo aspetto, privo del necessario vigore narrativo e di una giusta calibratura della suspense e dei
colpi di scena. Prevale la concitazione e l'eccesso di effettismi, con relativo senso di spreco di grandi attori e di un
grande budget.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) L' Italia nella prima metà del Trecento.

B) Storia della Chiesa: le eresie medioevali e l'ordine dei francescani.

Italiano                 Confronto fra il libro di Eco e il film.

Filosofia                La Poetica di Aristotele

Religione              Le questioni teologiche accennate dal film.

Letteratura inglese             Il personaggio di Sherlock Holmes di Conan Doyle.

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No man's land

No Man’s Land
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Danis Tanovic
SOGGETTO E Danis Tanovic
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Walther Vanden Ende (colori)
MUSICA Danis Tanovic
MONTAGGIO Francesca Calvelli
INTERPRETI Branko Djuric, Rene Bitorajac, Katrin Cartlidge
PRODUZIONE Marc Baschet, Frédérique Dumas-Zajdela, Marion Hansel, Cédomir Kolar, Marco
Muller per Man’s Films/Studio Maj-Casablanca/Noé Productions/Counihan 
Villiers  Productions/Frabica
DURATA 98’
ORIGINE Bosnia-Slovenia-Francia-Belgio-Gran Bretagna-Italia, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

TRAMA
Bosnia-Erzegovina, 1993. Nel pieno della guerra civile nella ex-Jugoslavia due pattuglie, l’una bosniaca e
l’altra serba, vengono inviate dai rispettivi schieramenti in una trincea abbandonata. Esse entrano in contatto e
ne nasce una sparatoria nella quale muore un soldato serbo e ne rimane ferito uno bosniaco. Quest’ultimo  
finisce su una mina che esploderebbe nel momento in cui il suo corpo fosse rimosso. Rimangono nella trincea il
serbo Nino e il bosniaco Ciki a fronteggiarsi e a fraternizzare allo stesso tempo. Intanto nella speranza di
disinnescare la mina su cui giace lo sventurato ferito vengono mobilitati i soldati dell’ONU che si trovano sul
posto.

TRACCIA TEMATICA
La morale del film si evidenzia nell’angosciante metafora con cui si conclude: una volta innescato, il meccanismo
della guerra non si può più arrestare. Lo sventurato soldato bosniaco che viene abbandonato su di una mina
simboleggia questa agghiacciante constatazione. Particolarmente calzante proprio per il conflitto interetnico che ha
insanguinato per anni l’ex-Jugoslavia, di cui pochi ricordano le cause scatenanti, ma tutti le tragiche conseguenze.
Non sappiamo se esistano o meno questi crudeli strumenti di morte e la storia che ci è raccontata è chiaramente
immaginaria, ma la verità che il film ci consegna non ne viene minimamente diminuita.

L’incontro-scontro tra i due combattenti abbandonati nella terra di nessuno mette in risalto l’assurdità di un
macello tra uomini che finiscono per scoprire che le cose che li uniscono superano quelle che li dividono e che più
parlano insieme più stentano a comprendere le ragioni del loro antagonismo. Se ci si ascoltasse maggiormente
accantonando pregiudizi e odi prefabbricati, sembra dirci il film, forse non ci sarebbero più guerre.  

Sarcastica è l’immagine che viene offerta del contingente ONU (i cui caschi blu sono spregiativamente
denominati puffi), di cui si denuncia l’incapacità ed inutilità, e degli organi d’informazione, avidi di scoop
clamorosi e intenti a trasformare la sofferenza e il dolore in merce da vendere a spettatori destinati a percepire solo
una piccola parte di ciò che realmente accade.

Dopo il frastornante carosello mediatico scende il tramonto sul corpo minato del povero bosniaco Cera, un morto
che respira ormai abbandonato da tutti. Tra poco scenderà il buio e il silenzio della notte, la notte della ragione
in cui sembra precipitato il mondo nel quale viviamo.  

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No man's land

VALUTAZIONE CRITICA
Opera prima del trentatreenne di Sarajevo Danis Tanovic, che è stato testimone della guerra civile jugoslava come
documentarista, No Man’s Land ha vinto la Palma d’Oro al festival di Cannes nel 2001 come miglior
sceneggiatura e l’Oscar come Miglior Film Straniero nello stesso anno.

Riconoscimenti entrambi meritati, soprattutto il primo, essendo certamente i dialoghi la cosa più pregevole
del film, incentrati come sono su una struttura binaria (a botta e risposta) dal ritmo incalzante, efficace nel fare
emergere la dimensione di ordinaria umanità dei due protagonisti, più coinvolti che convinti, più vittime che
carnefici. Anche le figure di contorno sono ritagliate con incisiva caratterizzazione: tipi e maschere piuttosto
che psicologie, costruiscono un coro chiassoso e pittoresco che ben si addice a fare da sfondo ad una farsa tragica
qual è No Man’s Land.

Ma Tanovic è anche bravo nel riuscire ad attraversare registri diversi, trapassando con disinvolta leggerezza dal
drammatico al grottesco, dal tragico al comico, dal realistico al surreale, e nel costringere l’azione scenica nel
ristretto spazio di una trincea della quale riesce quasi a farci sentire il tanfo di cadavere e l’odore acre di sudore dei
protagonisti. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                               A)  La Jugoslavia dall’Impero asburgico a Tito

B)     La guerra civile nella ex-Jugoslavia

C)    L’ONU e il ruolo dei Caschi Blu

Geografia                         Le nuove repubbliche sorte dalla fine della Jugoslavia

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Not in this town

Not in this town


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Donald Wrye
SOGGETTO E Adam Gilad
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Reed Smoot (colori)
MUSICA Don Davis
INTERPRETI Kathy Baker, Adam Arkin
PRODUZIONE Scott White per Universal
DURATA 90'
ORIGINE Usa, 1997
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Dopo l'Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e


Società

TRAMA
La tranquilla vita di un piccolo paese di provincia è turbata dalla presenza di un gruppo neonazista che compie
azioni intimidatorie nei confronti dei membri della comunità ebraica. Dopo il primo disorientamento le vittime
degli attentati, guidati dalla combattiva signora Schnitzer, si organizzano e, nonostante lo scetticismo da cui
inizialmente sono circondate, riescono a conquistare la solidarietà di tutto il paese, facendo recedere i neonazisti
dai loro propositi.

TRACCIA TEMATICA
Negli Stati Uniti agiscono da anni dei piccoli, ma temibili, gruppi neonazisti, che basano il loro credo politico sui
principi razzisti e sull'uso della violenza. Vittime designate della loro propaganda e aggressività sono tutte le
minoranze etniche (che a loro dire inquinano l'originaria purezza anglosassone dei discendenti dei pionieri che
colonizzarono l'America), a cominciare dai neri e, naturalmente, dagli ebrei.

Not in this Town racconta una storia realmente accaduta e vuole dimostrare quanto sia sbagliato subire
passivamente la violenza razzista, sperando che si esaurisca spontaneamente o semplicemente perché non ci
riguarda direttamente, e come invece sia necessario organizzare una risposta ferma e decisa senza lasciarsi
intimidire. Soprattutto è decisivo che le vittime della violenza non siano lasciate sole, ma attorno a loro si
raccolgano la solidarietà e il sostegno del maggior numero di cittadini, indipendentemente dalla loro razza e
religione. Difendendo la libertà delle minoranze si difende la libertà di tutti.

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Not in this town

VALUTAZIONE CRITICA
Fin dalle prime due sequenze il film riassume con efficacia la contrapposizione su cui è incentrato. Da una
parte due tranquille e rassicuranti famigliole trascorrono uno spensierato e sereno giorno di vacanza fra splendidi
scenari montani, ignare di quanto si sta preparando ai loro danni; dall'altra una lugubre cerimonia nazista fa
riemergere i fantasmi del passato. Quel che soprattutto si ricava da questo accostamento è il contrasto fra il
perfetto inserimento degli ebrei americani in una terra nella quale sono perfettamente integrati e la stridente
estraneità della cupa adunata nazista all'accogliente bellezza di questo stesso territorio.

Il resto del film ripropone, secondo il consolidato meccanismo narrativo del crescendo drammatico, lo scontro
fra la forza morale e la lucida ragionevolezza della signora Schnitzer e il delirio di violenza della demente
schiera di razzisti locali.

Not in this Town non è un capolavoro, ma un onesto film d'impegno civile e politico, di solido impianto
narrativo e di facile e immediata lettura, come si conviene quando l'intento prioritario è tener vivi precisi valori ed
ideali.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La persecuzione antisemita in Europa.

               B) Lo sterminio degli ebrei durante il Terzo Reich.

               C) La dottrina del nazismo.

               D) I gruppi neonazisti negli Stati Uniti.

Storia delle religioni    L'ebraismo.

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Notte delle matite spezzate

La notte delle matite spezzate


TITOLO ORIGINALE La noche del los lapices
REGIA Hector Olivera
SOGGETTO E Daniel Kon, Hector Olivera
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Leonardo Rodriguez (colori)
MUSICA José Luis Castineira de Dios
MONTAGGIO Miguel Mario Lopez
INTERPRETI Garcia Pintos, Pablo Navarro, Leonardo Sbaraglia, Vita Escardo
PRODUZIONE Fernando Ayala
DURATA 95’
ORIGINE Argentina, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Colonialismo, Decolonizzazione, Terzo Mondo, Problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Argentina, 1975-1976. Un gruppo di studenti liceali guida con passione ed entusiasmo le lotte studentesche. Il
26 marzo 1976 i militari conquistano il potere con un colpo di Stato che abolisce in Argentina la democrazia e il
governo di Isabelita Peron. Per il paese latinoamericano inizia una stagione tragica, segnata dalle criminali
azioni degli squadroni della morte, gruppi paramilitari coperti e sostenuti dall’esercito e dalle autorità ufficiali.
Tutti i capi del movimento studentesco vengono illegalmente sequestrati da questi squadroni e sottoposti a
tremende torture fisiche e psicologiche. Solo uno di loro uscirà di prigione qualche anno dopo, degli altri non si
saprà mai niente. Andranno ad ingrossare le fila dei cosiddetti desaparecidos.

TRACCIA TEMATICA
La notte delle matite spezzate (titolo che fa riferimento alla notte del 16 settembre 1976, quando i golpisti argentini
effettuarono una grande retata contro gli studenti delle Belle Arti che avevano guidato il movimento di protesta di
qualche mese prima) è un film di denuncia delle atrocità commesse dalla giunta militare andata al potere in
Argentina nel 1976. Si trattò di un sanguinario regime fascista che ha tristemente legato il proprio nome al
fenomeno dei desaparecidos, cioè dei numerosi oppositori illegalmente sequestrati e successivamente soppressi
senza nemmeno riconoscere loro il diritto al proprio cadavere.

L’entusiasmo dei protagonisti, felici per il successo ottenuto nella lotta per i loro diritti, segna la prima parte del
film, che sembra un inno alla giovinezza spesa per la realizzazione degli ideali di giustizia, senza trascurare la
dimensione tipicamente adolescenziale dei primi amori. Il passaggio da questo gioioso slancio giovanile

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/218.htm[12/07/2017 19:10:10]
Notte delle matite spezzate

all’inferno delle carceri segrete del regime avviene con traumatica repentinità e sconvolge le menti di persone
che nemmeno potevano pensare all’esistenza di qualcosa di simile.

A questa tragedia si aggiunge l’angoscioso peregrinare delle madri delle vittime da un’istituzione all’altra
(Chiesa compresa, la cui sostanziale complicità con il regime è sottolineata dal film) nella speranza di avere
notizie dei loro cari. Sono il primo nucleo di quelle che diventeranno famose come le madri di Plaza di Mayo, che
per anni continueranno a chiedere al governo notizie dei loro figli scomparsi.

VALUTAZIONE CRITICA
Non è certo in film come questi che si devono trovare grandi qualità artistiche ed estetiche. Tanto importante risulta
la necessità di privilegiare sopra ogni altra cosa l’intento politico di commemorare i martiri della democrazia
argentina e denunciare i loro assassini, che una pellicola siffatta acquisisce meriti solo per il fatto di essere stata
realizzata (nel 1988 in Argentina la giunta militare era appena caduta e il ritorno alla democrazia era ancora
piuttosto incerto, inoltre molti responsabili delle atrocità commesse continuavano a godere di una sostanziale
libertà) e aver così contribuito a diffondere nel paese e nel mondo la conoscenza della tragedia dei
desaparecidos.

Non si può, tuttavia, fare a meno di notare una certa piattezza narrativa, una recitazione un po’ approssimativa e
l’incapacità di costruire un adeguato retroterra psicologico e morale ai giovani protagonisti (perché sono così, cosa
li spinge a fare ciò che fanno, correndo così gravi rischi?). Il fatto è che il film rinuncia da subito ad offrire un
minimo di contesto storico-sociale di riferimento in cui inserire i fatti (cos’era l’Argentina a metà degli anni
Settanta, quali erano i principali problemi del paese, quali le principali contraddizioni economico-politiche che lo
laceravano?). C’è solo la pura cronaca di un golpe e dell’incubo in cui precipita le sue vittime. Non è poco, ma
forse non basta per fare un bel film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) L’Argentina nel XX secolo

B) Il golpe del marzo del 1976

C) I desaparecidos e le madri di Plaza di Mayo

D) Il ritorno alla democrazia

Geografia     L’Argentina.

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Notte di San Lorenzo

La notte di S. Lorenzo
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Paolo e Vittorio Taviani
SOGGETTO Paolo e Vittorio Taviani
SCENEGGIATURA Paolo e Vittorio Taviani e Giuliani con la collaborazione di Tonino Guerra
FOTOGRAFIA Franco Di Giacomo (colore)
MUSICA Nicola Piovani
MONTAGGIO Roberto Perpignani
INTERPRETI Omero Antoniutti, Margarita Lozano, Claudio Bigagli, Massimo Bonetti
PRODUZIONE Giuliani G. De Negri per la RAI 1/Ager Cinematografica
DURATA 105'
ORIGINE Italia, 1982
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Italia in guerra

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Toscana, luglio 1944. I tedeschi annunciano di aver minato tutte le case del paese di S. Martino e che avrà
salva la vita solo chi si rifugerà in chiesa. La maggior parte degli abitanti del paese, però, non si fida e decide di
raggiungere le linee americane attraverso i campi. Poco dopo la chiesa viene fatta saltare con tutti coloro che la
occupavano. Il gruppo di fuggiaschi incontra dei partigiani e viene coinvolto in una cruenta battaglia con i
fascisti in un campo di frumento. Gli scampati si rifugiano in un vicino cascinale, dove giunge la notizia che
l'arrivo delle truppe americane è imminente.

TRACCIA TEMATICA
Per quanto il film prenda le mosse da un fatto realmente accaduto, esso è pur sempre basato su un racconto di una
madre alla sua bambina in una incantata cornice notturna e quindi la storia acquista i connotati di una fiaba. Il
filtro della memoria che risale all'età infantile sottopone gli avvenimenti ad una rielaborazione in chiave
epica e fantastica consegnando il ricordo di quell'esperienza in uno spazio intermedio fra mito e realtà
(l'anziano che recita fin dall'inizio dei versi omerici introduce in questa atmosfera destituita di credibilità storica,
ma ricca di suggestioni ricavate dall'immaginario collettivo).

Ai registi non importa la ricostruzione in termini storiografici di un tragico episodio di cui furono testimoni durante
l'infanzia, ma immaginarne la trasfigurazione leggendaria per sottolineare alcuni valori per loro
fondamentali: la tensione verso l'utopia (espressa dalla decisione di Galvano di raggiungere le linee alleate), il
coraggio di sfidare le opinioni comuni e il peso della tradizione (il dissidio tra chi vuol rimanere in paese e chi
vuole andarsene), la trasmissione della cultura popolare ai fine della conservazione di un'identità collettiva (la
filastrocca che si tramanda di madre in figlia) e la conseguente capacità di affabulazione ai fini della preservazione

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/121.htm[12/07/2017 19:10:10]
Notte di San Lorenzo

della memoria (lo stesso racconto narrato dalla testimone ormai adulta alla figlia).

La notte di S.Lorenzo costituisce anche per i Taviani un modo di trarre ispirazione dal passato per parlare al
presente, nel senso di ribadire la necessità, in ogni epoca storica, della spinta al cambiamento e alla scoperta.

VALUTAZIONE CRITICA
La notte di S.Lorenzo è uno dei film migliori dei fratelli Taviani, che in esso mettono in atto i loro più
importanti procedimenti stilistici: la coralità della narrazione (non c'è un protagonista principale, ma tutti i
personaggi partecipano quasi in egual misura alla costruzione della vicenda), la dislocazione nella stessa
inquadratura di masse di persone in dinamica tensione fra di loro (la battaglia nel campo di frumento, ma anche il
drammatico confronto nella cantina dell'avvocato), il ruolo dialettico svolto dalla musica over (non semplice
accompagnamento e ornamento ridondante, ma commento che si confronta-scontra con le immagini), la recitazione
straniata e la gestualità meccanica degli attori, che tende a ridurre il coinvolgimento emotivo dello spettatore per
incentivarne la riflessione, i frequenti e spiazzanti trapassi di registro che conducono dal tragico al fiabesco, dal
melodrammatico all'elegiaco, dal leggendario allo storico, l'assegnazione al paesaggio di risonanze antirealistiche e
misteriose (assolutamente straordinaria la fascinazione figurativa prodotta dalla campagna toscana).

Ma la qualità maggiore del film va ricercata nella capacità di fondere tutte queste diverse istanze espressive
in un perfetto equilibrio compositivo che sospende la narrazione in una dimensione magica e suggestiva nella
quale realtà e fantasia si contaminano (e arricchiscono) a vicenda.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 A) La Seconda Guerra Mondiale.

                           B) La Resistenza in Italia e le stragi naziste nel nostro paese.

Geografia           La Toscana

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/121.htm[12/07/2017 19:10:10]
Novecento

Novecento-Atto I e Atto II
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Bernardo Bertolucci
SOGGETTO E Bernardo Bertolucci, Giuseppe Bertolucci, Franco Arcalli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Vittorio Storaro (colore)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Franco Arcalli
INTERPRETI Burt Lancaster, Sterling Hayden, Robert De Niro, Gérard Depardieu, Donald
Sutherland, Laura Betti, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Alida Valli, Romolo
Valli
PRODUZIONE PEA Cinematografica (Roma), Artistes Associés (Paris), Artemis Film (Berlin)
DURATA 315'
ORIGINE Italia, 1976
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Campagna emiliana. All'inizio del '900 nascono lo stesso giorno Alfredo e Olmo: il primo è il figlio del ricco
proprietario terriero di una vasta azienda agricola della bassa padana, il secondo di una contadina che lavora in
questo stesso possedimento. I due, nonostante la differenza di classe che li divide, diventano amici inseparabili
per tutto il periodo dell'infanzia. Dopo la Prima Guerra Mondiale Alfredo si sposa con Ada e Olmo con Anita,
una fervente socialista. Intanto il fascismo avanza e gli agrari emiliani cominciano a finanziare le squadracce in
camicia nera, che in provincia sono guidate dal feroce Attila. Alfredo inizialmente si oppone all'alleanza dei
padroni con i fascisti, ma, divenuto a sua volta proprietario del fondo, fa sempre più fatica a contenere
l'invadenza di Attila e dei suoi uomini. Olmo, intanto, diventa un antifascista e durante la Resistenza un
valoroso capo partigiano. Il 25 aprile 1945 è lui che guida i contadini alla resa dei conti contro Attila e il
padrone Alfredo: Attila viene giustiziato, mentre Alfredo è simbolicamente condannato a morte.

TRACCIA TEMATICA
La storia del Novecento è rivisitata dalla visuale dello scontro di classe tra contadini e agrari nella pianura
padana della prima metà del secolo. Un microcosmo rurale certo limitato, ma dal quale si aprono continui squarci
su alcuni momenti storici fondamentali del nostro paese: la meccanizzazione del lavoro agricolo, i primi grandi
scioperi rurali, la Prima Guerra Mondiale, l'avvento del fascismo, la Resistenza.

Alfredo e Olmo rappresentano in chiave simbolica rispettivamente la borghesia e il proletariato e secondo

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Novecento

uno schema interpretativo di derivazione marxista risultano destinati ad un inevitabile conflitto, la cui
conclusione non può che essere l'affermazione della classe oppressa e la scomparsa di quella dominante, anche se
questo esito non è ancora possibile nel XX secolo, ma utopisticamente rinviato in un futuro indeterminato ma certo
(il padrone resta vivo, ma è storicamente morto, e per questo si intravede nel finale del film la marxiana vecchia
talpa, che scava ai margini dei binari, cioè della Storia).

Anche se la polarità moralmente e politicamente positiva del film è, quindi, il proletariato (quel quarto stato
evocato con enfasi nel quadro di Pelizza Da Volpedo con cui si apre il film e più specificatamente un mondo
contadino verso cui va tutto l'affetto e l'amore di Bertolucci) e quella negativa, decadente e predestinata alla
sconfitta, è la borghesia, il regista (che ideologicamente si schiera con il proletariato) si identifica, tuttavia,
culturalmente e socialmente con quest'ultima (e non potrebbe essere che così) e quindi con il personaggio di
Alfredo, dal cui punto di vista è ripercorsa tutta la storia (il lungo flashback si innesta sul suo volto di uomo
sconfitto e depresso il 25 aprile 1945 e l'ultima immagine del film è la sua da bambino su cui passa il treno della
Storia).

VALUTAZIONE CRITICA
Sarebbe sbagliato sottoporre il film ad un vaglio per riscontrarne la veridicità storica e la coerenza narrativa
(Alfredo ed Olmo, tanto per ricordare l'incongruenza più evidente, non possono avere l'età per partecipare alla
Prima Guerra Mondiale) e questo perché Bertolucci filtra gli eventi attraverso una memoria che non può essere
diretta e personale (egli non ha vissuto la prima metà del secolo essendo nato dopo), ma necessariamente mediata
da quanto la memoria collettiva è andata stratificando. Novecento non è quindi la ricostruzione fedele di fatti
storici, ma la rievocazione di come la cultura (il Cinema, la letteratura, la pittura, la tradizione orale popolare) ci
ha consegnato quei fatti, con tanto di trasfigurazione artistica e mitologica. In altre parole, il regista falsifica,
deforma, manipola la Storia perché la sua non vuole essere un'opera storiografica, bensì una reivenzione soggettiva
ed arbitraria, un'idea personale del Novecento in cui egli va alla ricerca di una sua verità e interpretazione.

La discontinuità formale e la varietà di soluzioni linguistiche del film, quindi, non costituiscono un difetto
(come molti hanno gli hanno rimproverato), ma la consapevole scelta stilistica su cui si regge l'intera pellicola,
che utilizza i materiali espressivi ed artistici del secolo per riviverne i passaggi: il melodramma verdiano (che fa da
tramite tra Ottocento e Novecento), la pittura realista (i solari paesaggi agresti della prima parte), il cinema
d'avanguardia sovietico, il realismo poetico francese e quello socialista, il kolossal hollywoodiano, il cinema
politico cinese (il quasi balletto della festa della Liberazione), il teatro brechtiano e quello popolare, tradizione
colta e tradizione bassa. E su un piano più specificatamente cinematografico: rispecchiamento realista e
deformazione visionaria, documentarismo e dimensione onirica, cronaca storica ed epica, didascalismo e
spettacolarizzazione

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Storia d'Italia dal 1900 al 1945.

B) L'agricoltura emiliana all'inizio del secolo e le successive trasformazioni.

C) La vita nelle campagne padane all'inizio del secolo.

Educazione musicale             Giuseppe Verdi

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nuovo mondo

Nuovomondo - Golden Door


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Emanuele Crialese
SOGGETTO E Emanuele Crialese
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Agnés Godard (colore)
MONTAGGIO Maryline Monthieux
MUSICA Antonio Castrignanò
INTERPRETI Charlotte Gainsbourg, Vincenzo Amato, Aurora Quattrocchi, Francesco Casisa,
Filippo Pupillo, Federica de Cola, Isabella Ragonese
PRODUZIONE Fabrizio Mosca, Alexandre Mallet-GUy, Emanuele Crialese per RaiCinema/Titti 
Film/Memento  Films/Respiro
DURATA 120’
ORIGINE Italia-Francia, 2006
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Lamerica, Leuropa, Litalia


Problemi  dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza,
immigrazione, società multietnica/Uomo e società
 
Momenti di un secolo italiano
Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Inizio del Novecento, Sicilia. Il miraggio delle mirabolanti ricchezze dell’America attira Salvatore Mancuso, che
con i suoi due figli e l’anziana madre decide di emigrare nel nuovo continente per sfuggire al destino di miseria
che gli riserva la sua terra d’origine. Una volta giunto negli Stati Uniti, dopo una tormentata traversata
oceanica, insieme ad una massa di altri immigrati Salvatore viene sottoposto ad una serie di controlli ed esami
umilianti per poter ottenere libero accesso nel paese.

TRACCIA TEMATICA
Per i miserabili contadini siciliani l’America assume i lineamenti di un mondo mitico e favoloso che alimenta
sogni di benessere e prosperità, in sintonia con un approccio magico-superstizioso alla realtà. L’antropologia dei
protagonisti esprime una dimensione agreste statica e ultratradizionalista, lontana da una modernità ancora remota,
ma che esercita un forte richiamo.

Il viaggio sul bastimento transoceanico colloca la storia di Salvatore e della sua famiglia su di uno sfondo da 
tragedia collettiva di massa, segnata dal trauma del distacco (probabilmente definitivo) con la propria terra e con
la propria gente.

Lucy (le cui motivazioni al viaggio rimangono misteriose) rappresenta con la sua alterità una specie di anticipo, al
contempo fascinoso e perturbante, del nuovo mondo che attende questa massa di diseredati. La tempesta
sembra simboleggiare un’atroce prova iniziatica a fini selettivi-punitivi inviata da una divinità ostile allo
sradicamento dalle  proprie origini.     

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nuovo mondo

Altra prova iniziatica attende gli immigrati all’arrivo a Ellis Island, dove l’impatto con la nuova realtà si
manifesta sottoforma di un umiliante filtraggio psicofisico all’insegna di uno pseudo- scientismo
grossolanamente razzista.

Il contrasto tra l’arcaico ambiente rurale lasciato alle spalle e la freddezza asettica delle architetture del centro di
raccolta (prologo della modernità ben più invasiva che attende i protagonisti) è stridente e ansiogeno. 

Sorge spontaneo il collegamento tra il dramma dell’immigrazione italiana nelle Americhe di inizio Novecento
con l’attuale fenomeno migratorio verso l’Europa. Adesso siamo noi il nuovo mondo per masse sterminate di
dannati della terra.

VALUTAZIONE CRITICA
Nuovomondo affronta il tema dell’immigrazione sfuggendo al richiamo (che in un  caso come questo
apparirebbe quasi scontato) del realismo. Il regista opta, infatti, per un registro antinaturalista che attraversa
modalità espressive differenti. L’onirismo visionario e fantastico traduce le modalità visive con cui l’ingenua
immaginazione dei contadini siciliani configura iperbolicamente l’universo edenico verso cui tende; l’epicità
grandiosa di una tragedia popolare scandisce le sequenze dell’attraversata oceanica; le atmosfere surreali e
kafkiane predominano nell’ambientazione newyorkese di Ellis Island.

La rinuncia ad una piatta verosimiglianza (pensiamo alla facile sequela di banali e semplificanti stereotipi cui
spesso ricorre la fiction televisiva quando si tratta di affrontare tematiche di rilevanza morale e sociale) non solo
non impoverisce l’efficacia comunicativa del film, ma lo arricchisce di molteplici  risonanze poetiche e
simboliche.

Crialese si rivela regista di spiccata creatività, che cerca di fornire le immagini di grande forza espressiva
(pensiamo su tutte all’inquadratura dall’alto della nave che si stacca dalla banchina spaccando in due la folla ed
enfatizzando con estrema sagacia visiva il momento della separazione di familiari e parenti) e di affascinare lo
spettatore non solo per le cose che dice, ma anche (e soprattutto) per il modo (personalissimo e inventivo) con
cui le dice.     

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                A) L’Italia all’inizio del Novecento

                                            B) L’immigrazione italiana in America e nel mondo

                                            C) la legislazione statunitense sull’immigrazione nel corso del Novecento

Geografia                            Ellis Island e la città di New York

Diritto                                  L’attuale legislazione italiana sull’immigrazione extracomunitaria

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Odio implacabile

Odio implacabile
TITOLO ORIGINALE Crossfire
REGIA Edward Dmytrik
SOGGETTO Dal romanzo The Brick Foxhole di Richard Brooks
SCENEGGIATURA John Paxton
FOTOGRAFIA J. Roy Hunt (bianconero)
MUSICA Roy Webb
MONTAGGIO Harry Gerstad
INTERPRETI Robert Mitchum, Robert Ryan, Robert Young
PRODUZIONE Adrian Scott per la RKO Radio Pictures
DURATA 85’
ORIGINE USA, 1947
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Dopo l’Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

Dopoguerra amaro

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
San Francisco, 1945. Un ebreo, Samuels, viene ucciso e i sospetti della polizia ricadono sul soldato Mitchell, che
si era recato nell’abitazione della vittima insieme a dei commilitoni. Fra quest’ultimi c’è il soldato Montgomery,
fanaticamente antisemita: è lui il responsabile dell’omicidio.

TRACCIA TEMATICA
Odio implacabile è un vibrante atto d’accusa contro il razzismo all’indomani della conclusione della Seconda
Guerra Mondiale e della sconfitta del nazismo responsabile della tragedia dell’ Olocausto. Il film si occupa di
un caso di antisemitismo (atteggiamento all’epoca assai diffuso negli Stati Uniti), ma la riflessione che impone
riguarda il fenomeno dell’ostilità nei confronti della diversità in ogni sua forma (nel romanzo di Brooks da cui il
film è tratto la vittima, anziché un ebreo, è un omosessuale). Fondamentale, per comprendere l’assunto centrale
della pellicola, il discorso che l’ispettore Finlay fa al timido soldato che viene dalla compagna: una chiara ed
efficace esposizione della radice psicologica del razzismo (la gente ha paura di ciò che non conosce e reagisce
con paura e astio).

Sullo sfondo si profila il dramma del reducismo, cioè delle difficoltà di reinserimento (o semplicemente di
ritorno alla normalità) di molti soldati americani tornati dal fronte di guerra. Disorientamento, senso d’inutilità,

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Odio implacabile

carenza affettiva, demotivazione, fragilità nervosa sono alcuni dei sintomi di una vera e propria patologia,
che nel film trova il personaggio-simbolo nell’infelice soldato Mitchell e nello sventurato Samuels un interprete in
grado di analizzarla (la mancanza di motivazioni forti dopo il venir meno dell’impegno bellico).

VALUTAZIONE CRITICA
Odio implacabile rappresenta uno degli esemplari più significativi del Cinema realista americano a sfondo
sociale del secondo dopoguerra (nel quale alcuni, non senza forzature, videro una specie di versione oltreoceano
del neorealismo italiano). Tra le caratteristiche di questa importante stagione cinematografica, che venne stroncata
di lì a poco dal nascente maccartismo (il regista Dmytrik finirà sotto processo di fronte alla Commissione per le
Attività Antiamericane e sarà costretto a lasciare gli Stati Uniti), troviamo la ricerca di scenari e ambienti legati
al vissuto quotidiano, meglio se piuttosto disadorni e spogli, se non apertamente squallidi (pensiamo
all’appartamento della prostituta Ginny o a quello dove si rifugia Floyd), e l’attenzione per tematiche che
riflettessero forme di disagio e malessere sociale.

L’altro riferimento stilistico è quello al genere thriller-noir anni quaranta, incentrato su un’illuminazione che
tende (in parziale contraddizione con l’assunto realista del film) a creare effetti chiaroscurali contrastati di scuola
espressionista, funzionali a comunicare il senso di angoscia ed oppressione che aleggia sulla vicenda e segna
indelebilmente le atmosfere notturne del film, che in alcune sequenze e situazioni assumono addirittura
risonanze oniriche e vagamente surreali (pensiamo alle soggettive di Mitchell che vaga stravolto per le vie della
città e al suo incontro nell’abitazione di Ginny con l’ambigua e inquietante figura del suo sedicente marito).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) L’antisemitismo e lo sterminio degli ebrei nel Terzo Reich.

                       B) Gli Stati Uniti e il problema del reducismo dopo la Seconda Guerra Mondiale.

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Odio razziale

Odio razziale
TITOLO ORIGINALE For Us the Living
REGIA Michael Schultz
SOGGETTO Dal libro di Mrs. Medgar Evers e William Peters
SCENEGGIATURA Ossie Davis, Kenneth Rotcop
FOTOGRAFIA Alan J. Kozlowski (colori)
MUSICA Gerald Fried
MONTAGGIO Harry Keramidas
INTERPRETI Howard E. Rollins Jr., Irene Cara, Margaret Avery, Larry Fishburne
PRODUZIONE Charles Fries Productions, Inc.
DURATA 84'
ORIGINE USA, 1983
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Il film racconta la storia vera di Medgar Evers, il capo della sede nel Mississippi dell'Associazione per la
Parificazione delle Persone di colore negli anni cinquanta e sessanta, all'epoca delle lotte contro la segregazione
razziale. Attraverso dimostrazioni e boicottaggi e sempre fedele ai metodi della non-violenza, Evers guida i neri
per la conquista dei loro diritti, circondato dall'ostilità e dalla violenza dei bianchi razzisti nel sud degli USA.

TRACCIA TEMATICA
Il film celebra la figura di Medgar Evers, eroe della lotta della gente di colore per la parificazione dei diritti.
Accanto a lui la moglie, che dopo le prime comprensibili esitazioni per i rischi connessi al ruolo che il marito ha
assunto, resta saldamente al suo fianco, sostenendolo nei momenti difficili, e i giovani studenti neri del Mississippi,
che con il loro coraggio e la loro determinazione tendono a travalicare la sua propensione al gradualismo e alla
prudenza.

La perseveranza e la tenacia nel perseguimento degli ideali di giustizia è destinata a trionfare, anche se per
questo a volte è necessario il sacrificio della vita. Il discorso del presidente J.F. Kennedy che apre il film sancisce
la finale affermazione dei principi di uguaglianza per i quali Evers si è battuto.

VALUTAZIONE CRITICA

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Odio razziale

Tipico esempio di biografia agiografica e celebrativa, Odio razziale, ne ripercorre tutti gli stereotipi: dagli
inizi difficili e stentati del protagonista (le incomprensioni della moglie, la solitudine, le difficoltà ambientali) ai
primi difficili successi (la raccolta di firme per l'integrazione nelle scuole), dai dubbi e i contrasti interni al
movimento (il conflitto con l'audace strategia degli studenti), alla vittoria finale, con una morte violenta che lo
consegna per sempre al culto dei posteri.

Il lavoro di Schultz attraversa questi passaggi obbligati in modo schematico e scontato, senza fantasia e con
scarso vigore narrativo (si sente la destinazione televisiva del prodotto). Non sempre l'onestà degli intenti e la
chiarezza del messaggio bastano per fare un bel film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La schiavitù negli Stati Uniti.

               B) La lotta per i diritti civili dei neri negli anni Cinquanta e sessanta.

               C) Il ruolo del Presidente J.F. Kennedy.

Diritto     La legislazione razzista degli Stati del sud degli Usa prima della fine del segregazionismo.

Geografia     Lo Stato del Mississippi.

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ogni cosa è illuminata

Ogni cosa è illuminata


TITOLO ORIGINALE Everything is Illuminated
REGIA Liev Schreiber
SOGGETTO   Jonathan Safran Foer dal suo romanzo
SCENEGGIATURA Liev Schreiber
FOTOGRAFIA Matthew Libatique (colori)
MONTAGGIO Andrew Marcus, Craig McKay
MUSICA Paul Cantelon
INTERPRETI Elijah Wood, Eugene Hutz, Larissa Lauret
PRODUZIONE Warner Indipendent Pictures, Telegraph Films, Stillking Films
DURATA 102’
ORIGINE Stati Uniti, 2005
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Olocausto
Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica

TRAMA
Alex, un ragazzo americano d’origine ebraica, decide di partire per l’Ucraina per cercare l’uomo che
sessant’anni prima ha salvato la vita a suo nonno durante una strage di ebrei compiuta dai nazisti nell’allora
territorio sovietico.

TRACCIA TEMATICA
Ogni cosa è illuminata intende sottolineare il fondamentale valore della memoria (specie se tragicamente
dolorosa come quella dell’Olocausto) e della sua conservazione in opposizione ad ogni oblio e rimozione. E
questo vitale rapporto con il proprio passato acquista ancor più importanza se le vicende della Storia e delle singole
esistenze hanno scavato un profondo baratro tra il tempo che ci sta alle spalle e il nostro presente (come è il caso
del giovane Jonathan, che, tuttavia, nella sua mania collezionistica di raccogliere oggetti di ogni tipo sembra avere,
più o meno inconsciamente, introiettato l’importanza della memoria che le cose racchiudono in sé).

Quello di Jonathan (e questo vale non solo per lui, se pensiamo al personaggio del nonno) diventa anche un
viaggio alla ricerca delle proprie radici e quindi di una più precisa identità in un contesto, come quello degli Stati
Uniti, dominato dalla mescolanza di tante tradizioni ed etnie.

Ma il film sembra suggerire anche un’altra verità: la ricerca stessa (qui ben metaforizzata dal tipico luogo
narrativo del viaggio), per quel tanto che comporta di sovvertimento delle nostre abitudini e certezze e nel suo
imporci il contatto con mondi e umanità tanto distanti dalle nostre, può rivelarsi un percorso di arricchimento
personale intessuto di preziose conoscenze e fondamentali acquisizioni.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film dell’esordiente Schreiber attraversa in modo efficace e convincente più generi. Il road-movie, tipico
prodotto della cultura cinematografica americana (Jonathan compie addirittura un viaggio nel viaggio, inserendo

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ogni cosa è illuminata

nello spostamento Stati Uniti-Ucraina un ulteriore e decisivo tour all’interno del territorio ex-sovietico), attraverso
il quale si esprime quasi sempre un percorso di crescita e maturazione dall’evidente sapore iniziatico; la
commedia dei caratteri incentrata sull’incontro-scontro tra personalità assai differenti, che dopo un’iniziale
diffidenza e antipatia si apprezzano e stimano a vicenda, e vivacizzata da dialoghi brillanti e gustosi; il giallo, in
questo caso collegato con il lavoro di detection alla ricerca di un  villaggio e di una verità che sembra inghiottita
nel nulla; infine il genere storico-rievocativo, che attraverso lo strumento del bianconero per sottolineare lo scarto
temporale, ci immerge nel dramma dell’Olocausto.     

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                             A) Storia degli ebrei d’Europa

                                                       B) L’antisemitismo

                                                       C) Il nazismo 

                                                       D) Lo sterminio degli ebrei d’Europa

Lingua e letteratura inglese          Il romanzo omonimo di Jonathan  Safran Foer

Geografia                                       L’Ucraina

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ogro

Ogro
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gillo Pontecorvo
SOGGETTO Julien Aguirre
SCENEGGIATURA Gillo Pontecorvo, Ugo Pirro, Giorgio Arlorio
FOTOGRAFIA Marcello Gatti (colori)
MONTAGGIO Mario Morra
INTERPRETI Gian Maria Volonté, Saverio Marconi, José Sacristàn, Eusebio Ponceia, Angela
Molina
PRODUZIONE Franco Cristaldi e Nicola Carraro per Vides Cinematografica (Roma), Sabre Film
(Madrid), Action Film (Parigi)
DURATA 121’
ORIGINE Francia-Italia-Spagna, 1979
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Terrorismo-Lotta armata


Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Spagna, 1973. L’ETA, gruppo armato clandestino basco, organizza un attentato per eliminare l’ammiraglio
Carrero Blanco, che il dittatore spagnolo Franco ha appena nominato come proprio successore. I guerriglieri
dell’ETA scavano un tunnel sotto il percorso che ogni giorno Blanco percorre in automobile e lo riempiono di
esplosivo per farlo esplodere al passaggio dell’ammiraglio.

TRACCIA TEMATICA
Al centro del film si colloca la contrapposizione tra due diverse concezioni di lotta politica rivoluzionaria. Da
una parte quella incarnata da Txabi, che nonostante la Spagna sia ormai diventata una democrazia (per quanto
ancora giovane e quindi fragile) rimane fedele alla pratica della lotta armata (ancor oggi l’ETA rivendica,
seppur a fasi alterne e con lunghi periodi di sospensione nell’uso della violenza, l’indipendenza dei Paesi baschi
attraverso l’uso di azioni terroristiche) e dall’altra Ezarra, che propugna l’adesione ad un metodo di lotta
pacifico inteso a sfruttare gli spazi aperti dalla fine della dittatura spagnola. Non un rifiuto aprioristico, quello di
Ezarra, all’uso della forza, ma una sua relativizzazione  a specifici contesti in cui non è concessa alcuna
alternativa democratica.

La morte di Txabi nel corso di un attentato sembra confermare quanto già emerge dalle discussioni di cui il film è
intessuto: l’adesione del regista alle tesi di Ezarra.

VALUTAZIONE CRITICA
Ogro (da Orco, il soprannome appioppato a Carrero Blanco) doveva essere una ricostruzione dell’attentato che nel
1973 (ancora in piena dittatura franchista) portò all’uccisione del delfino di Franco. Se il film di Pontecorvo non si
limita a questo è perché durante la sua lavorazione (nella primavera del 1978) avvenne in Italia il rapimento e

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ogro

l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse e questo impose al regista di rivedere la sceneggiatura
perché il suo film non solo non apparisse come una specie di giustificazione del terrorismo, ma contenesse al
suo interno anche una specie di dibattito sulla legittimità o meno dell’uso della violenza come strumento di
lotta politica. E questo con l’evidente scopo di esprimere una netta presa di distanza dalle azioni delle Brigate
Rosse. Insomma, si parla della Spagna, ma il pensiero è rivolto all’Italia.

Questa specie di immissione dell’attualità italiana in un’opera che doveva occuparsi di altro non ha giovato 
alla pellicola, che appare appesantita da un eccesso di verbosità (più adatta ad una polemica giornalistica o ad un
dibattito televisivo) che ne rallenta il ritmo e l’efficacia narrativa e che mal si concilia con un film d’azione che
vuole essere una specie di Thriller-politico (quale in parte, quella migliore, resta Ogro).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                  a) La guerra civile spagnola 1936-39

                                            b) la dittatura franchista in Spagna

                                            c) La nascita della Spagna democratica

                                            d) Il movimento dell’ETA e la lotta  per l’indipendenza nei Paesi baschi

Geografia                              I paesi baschi

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Okinawa

Okinawa
TITOLO ORIGINALE Halls of Montezuma
REGIA Lewis Milestone
SOGGETTO E Michael Blankfort
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Winton C. Hoch, Harry Jackson (colore)
MUSICA Sol Kaplan
INTERPRETI Richard Widmark, Jack Palace, Reginald Gardiner, Karl Malden
PRODUZIONE Robert Bassler per 20th Century Fox
DURATA 110'
ORIGINE USA, 1951
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Isola di Okinawa tra Formosa e il Giappone, 1945. Gli americani si apprestano a sferrare l'attacco decisivo al
Giappone agonizzante. La conquista dell'isola di Okinawa è molto importante dal punto di vista strategico e gli
Stati Uniti vi preparano un massiccio sbarco. I giapponesi la difendono strenuamente contando sul lancio di
missili le cui basi di lancio gli americani non riescono ad individuare. Quest'ultimi resterebbero bloccati sulla
spiaggia, se un manipolo di soldati coraggiosi non catturasse un gruppo di prigionieri dai quali verrà la
soluzione del mistero della postazione missilistica giapponese.

TRACCIA TEMATICA
Okinawa, girato non durante o immediatamente dopo la fine della guerra ma nel 1951, si discosta in modo
visibile, anche se non totale, dall'impostazione esclusivamente propagandistica e celebrativa che il genere
bellico aveva assunto durante il conflitto.

Questo film, infatti, pur dando spazio al valore dell'eroismo individuale e dello spirito di sacrificio del combattente
per l'affermazione dei principi di libertà e democrazia, sottolinea maggiormente l'aspetto di insensatezza della
guerra e la sofferenza morale e psicologica che essa provoca sul soldato. Vi troviamo, così, alcuni elementi che
diventeranno tipici dello sviluppo in senso apertamente antimilitarista del genere stesso: il senso di stanchezza
spinto quasi sino al rifiuto nei confronti della guerra, lo stato di crescente nevrosi, la paura, l'incombere ineluttabile
della morte e la straziante sofferenza dell'agonia, l'allucinato fanatismo degli ufficiali giapponesi, l'insensibilità
degli alti comandi per il fattore umano.

Dopo che Milestone (regista non nuovo a confrontarsi con il Cinema antimilitarista: suo il famoso classico del
genere All'Ovest niente di nuovo del 1931) ha privilegiato ampiamente per tutto il film questa inquietante
dimensione di angoscia, l'enfasi trionfalistica del finale appare piuttosto posticcia, più un omaggio dovuto e

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Okinawa

obbligato che una convinta adesione all'esaltazione patriottica.

VALUTAZIONE CRITICA
Okinawa propone alcune caratteristiche tipiche del bellico americano dell'immediato dopoguerra (quando
esso era un genere che riscuoteva notevole fortuna presso il pubblico e quindi ne venivano prodotti parecchi
esemplari), a cominciare dall'uso di spezzoni filmati presi da documentari preesistenti (che supplivano
all'impossibilità, per questi film prevalentemente a basso costo, di realizzare grandi scenografie belliche), sino
all'utilizzazione di attori non famosissimi (anche se alcuni poi lo sarebbero diventati, come Richard Widmark e
Karl Malden), dalla declamazione retorica alla demonizzazione del nemico (qui in particolare descritto in una
duplice chiave: il fanatico da una parte, il guitto senza dignità dall'altra).

Ma i pregi del film vanno ricercati nella sua capacità di proporsi con alcune scelte espressive e narrative di
indubbia originalità, capaci (come detto sopra) di mettere parzialmente in crisi il modello cinematografico di
riferimento: l'insistenza a circoscrivere l'azione in spazi ristretti (gli angusti interni della nave, il mezzo da sbarco,
il comando dei marines squassato in continuazione dai missili, le buche dove si accalcano i soldati) che
comunicano un senso di oppressiva claustrofobia, l'uso di colori marcati che conferiscono tonalità surreali alle
immagini, le circostanze in cui muoiono alcuni personaggi, più frutto di un destino inesorabile che di una motivata
dinamica di causa-effetto (pensiamo su tutte alla morte dell'ex-studente del capitano), le situazioni di frustrazione e
disagio esistenziale che alcuni militari vivevano nella precedente vita civile.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                  A) La Seconda Guerra Mondiale.

                            B) La Battaglia del Pacifico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/124.htm[12/07/2017 19:10:14]
Oltre Rangoon

Oltre Rangoon
TITOLO ORIGINALE Beyond Rangoon
REGIA John Boorman
SOGGETTO John Boorman, Alex Lasker, Bill Rubenstein
FOTOGRAFIA John Seale (colori)
MUSICA Hans Zimmer
MONTAGGIO Ron Davis
INTERPRETI Patricia Arquette, Frances McDormand
PRODUZIONE Barry Spikings, Eric Pleskow, John Boorman
DURATA 97’
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
La dottoressa Laura Bowman è reduce da una tremenda esperienza: il marito e il figlio sono stati uccisi da un
rapinatore. Nel 1988 la sorella Andy la convince a fare un viaggio turistico in Birmania. Qui Laura assiste ad
una manifestazione popolare contro il regime militare al potere nel paese asiatico. I dimostranti sono guidati
dalla coraggiosa leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, che sfida inerme i soldati schierati contro il corteo.
Il giorno dopo fa la conoscenza di U Aung Ko, un anziano birmano, che lavora come conducente di taxi per
sbarcare il lunario. Insieme a lui compie un lungo giro del paese, scoprendo che il suo accompagnatore è un
docente universitario allontanato dall’insegnamento in quanto oppositore del regime. Laura entra in contatto
con i suoi exalunni che si oppongono ai militari, fra i quali spicca la figura di Sein Htoo e quando questo viene
ucciso da un soldato e il professore U Aung Ko rimane ferito, si prodiga per trarre in salvo quest’ultimo
,affrontando ogni genere di pericoli. Una volta giunta a Rangoon, trova rifugio con il professore U Aung Ko su
un camion, con il quale prosegue sino ai confini della Thailandia, dove riesce a fuggire con il suo amico ed altri
profughi.

TRACCIA TEMATICA
Ispirato ad una storia realmente accaduta, Oltre Rangoon vuole essere una denuncia del regime militare
birmano, attraverso la vicenda personale di una turista americana. Le vicissitudini personali della dottoressa
Bowman ci introducono nella drammatica realtà di un paese martoriato, oppresso da una feroce dittatura e dove
sono negati i più elementari diritti umani.

Laura è protagonista di un percorso iniziatico (rappresentato, secondo uno schema narrativo classico,
dall’esperienza del viaggio), inaugurato con la visione del futuro premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi (che
il regista ci descrive come una specie di apparizione magica e rivelatrice, vero momento di svolta nell’esistenza
della dottoressa) e concluso con la diretta partecipazione agli eventi dalla parte degli oppositori al regime e la
decisione di rimanere in Thailandia per lavorare in un ospedale da campo che assiste i reduci dalla Birmania. La
dottoressa americana supera il trauma per la morte dei suoi cari rifiutando il ruolo di turista (quindi di passiva

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/219.htm[12/07/2017 19:10:14]
Oltre Rangoon

osservatrice della realtà) per calarsi completamente in un’assunzione di responsabilità che le restituisce interesse
per la vita e una forte motivazione a riprendere il proprio lavoro di medico al servizio degli altri. Il sentimento di
solidarietà e condivisione nei confronti dello sventurato popolo birmano determina una specie di
rigenerazione della protagonista, che matura il senso della necessità morale di lottare (e rischiare) in prima
persona contro l’oppressione e l’ingiustizia.

VALUTAZIONE CRITICA
Boorman dirige il suo primo film direttamente politico, ricorrendo ad uno dei luoghi comuni più sfruttati da
questo tipo di genere: il cittadino americano o di cultura anglosassone inconsapevole che in viaggio in un paese
del Terzo Mondo scopre la violenza e le atrocità di un regime liberticida e ne esce profondamente trasformato (film
come Missing, Salvador, Un anno vissuto pericolosamente seguono questo schema).

Sotto questo punto di vista Oltre Rangoon, pur essendo una pellicola dignitosa e meritoria per l’impegno civile e
democratico (pochi conoscono la situazione interna della Birmania e la figura eroica del premio Nobel Aung San
Suu Kyi), ripropone senza originalità uno schema narrativo piuttosto abusato e scontato e lo fa con meno
vigore e tensione rispetto ai più illustri precedenti citati. Ciò non impedisce ,tuttavia, a Boorman di inserire
nel film alcuni temi e suggestioni tipiche del suo Cinema, come il motivo dell’incontro fra civiltà diverse e
l’elemento acquoreo (visto come entità primordiale in grado di assicurare all’uomo protezione e rifugio).
Certamente di grande intensità emotiva la sequenza della manifestazione notturna nelle vie della capitale rivissuta
attraverso la visionarietà allucinata della protagonista, a dimostrazione che il film offre il meglio di sé più nel
creare atmosfere alterate ed estreme che non sul piano del rispecchiamento realista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          a) La Birmania: dal colonialismo alla dittatura militare.

                    b) La figura di Aung San Suu Kyi

Geografia     La Birmania.

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Opera al nero

L'opera al nero
TITOLO ORIGINALE L’œuvre au noir
REGIA André Delvaux
SOGGETTO Dal romanzo di Marguerite Yourcenar
SCENEGGIATURA André Delvaux
FOTOGRAFIA Charlie Van Damme (colore)
MUSICA Frederic Depresse
MONTAGGIO Albert Jurgenson
INTERPRETI Gian Maria Volontè, Samy Frey, Anna Karina, Philippe Leotard, Marie Christine
Barrault
PRODUZIONE Philippe Dussart, La Sept, Films A2, Paris-La Nouvelle Imaginerie, Bruxelles
DURATA 110'
ORIGINE Belgio-Francia, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Cinquecento

Cinema e storia

TRAMA
Fiandre, XVI secolo, periodo dell'Inquisizione. Zenone Ligre, un alchimista dedito alle scienze mediche e
naturali, autore di numerosi scritti messi all'indice per eresia e bruciati pubblicamente, dopo anni di
peregrinazione per sfuggire alla persecuzione della Chiesa nei suoi confronti, ritorna a Bruges, suo paese
natale, mentre infuria l'insurrezione popolare contro il dominio spagnolo. Ospitato da un vecchio conoscente,
Zenone svolge l'attività di medico presso il convento dei Cordiglieri, il cui priore è suo amico. L'arresto di alcuni
monaci del convento che si dedicavano ad orge notturne nei sotterranei dell'edificio, trascina anche Zenone di
fronte al tribunale dell'Inquisizione per rispondere di stregoneria e omicidio. Per sfuggire ad una sicura
condanna al rogo, Zenone si lascia morire dissanguato.

TRACCIA TEMATICA
Zenone è un personaggio di fantasia, anche se alcuni dei suoi tratti sembrano ricollegarlo a figure insigni della sua
epoca, come Erasmo da Rotterdam e Leonardo da Vinci per la vastità degli interessi e la sua versatilità. Quel che
soprattutto al film preme sottolineare è la forte personalità di un uomo libero, che pensa con la sua testa e
mostra fastidio e insofferenza verso ogni forma di dogmatismo e costrizione. Zenone, insomma, è uno spirito
indipendente che ama indagare l'uomo e la natura per scoprirne le leggi di funzionamento e che ha in dispregio
l'ipocrisia e tutto ciò che reprime la ricerca del piacere e della verità. Assolutamente ossessionato dall'idea del
dolore fisico, provoca agli altri e a se stesso la morte pur di sfuggire al supplizio del rogo o ad altre forme di
sofferenza (il film ce lo mostra all'inizio nell'atto di sopprimere una donna pur di farne cessare l'agonia).

Intorno a lui si stringe il cerchio soffocante dell'Europa della Controriforma con il suo carico di intolleranza

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/125.htm[12/07/2017 19:10:20]
Opera al nero

ed oscurantismo. Zenone potrebbe fuggire nella vicina Inghilterra, ma alla fine decide di affrontare l'arresto e un
tribunale che sa a lui ostile, quasi stanco di vivere in un mondo dominato dall'ingiustizia e dal male, scegliendo di
essere padrone sino in fondo del proprio destino.

VALUTAZIONE CRITICA
Delvaux traduce il libro della Yourcenar in termini di austera concisione narrativa e di rigore espressivo,
negandosi ad ogni tentazione spettacolare. Ne esce un film secco e freddo (fin troppo, secondo qualche critico
che lo ha accusato di esasperato accademismo), che cerca il distacco emotivo dalla vicenda narrata puntando
soprattutto sulla recitazione trattenuta e controllata di Gian Maria Volontè e su suggestioni figurative legate ai
rimandi alla pittura fiamminga del Rinascimento.

Più che sulla dinamica degli eventi o sui dialoghi, la regia punta sull'imporsi di atmosfere dense di un ambiguo
senso di sortilegio ai limiti dell'esoterico (pensiamo alla scoperta, tra il sogno e la realtà, dell'orgia notturna al
convento dei Cordiglieri da parte di Zenone) e sull’addensarsi di tonalità cupe che comunicano un senso di
Male aleggiante e di soffocante oppressione, con la soluzione di continuità dell’evocazione di reminiscenze
infantili avvolte in una luce sfumata e lattiginosa, che le consegna ad una lontananza mitica, che si addice ad un
irrecuperabile passato di serenità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Il Cinquecento e la Riforma Protestante.

B) La Controriforma e il Tribunale dell’Inquisizione.

C) Umanesimo e Rinascimento.

D) La Guerra d’Indipendenza delle Fiandre contro gli spagnoli.

Lingua straniera: francese         Confronto fra il romanzo di M. Yourcenar e il film.

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operazione valchiria

Operazione Valchiria
TITOLO ORIGINALE Valkyrie
REGIA Bryan Singer
SOGGETTO Dal libro omonimo di Ian Kershaw
SCENEGGIATURA Christopher McQuarrie, Nathan Alexander
FOTOGRAFIA Newton Thomas Siegel (colori)
MONTAGGIO John Ottman
MUSICA John Ottman
INTERPRETI Tom Cruise, Kenneth Branagh, Bill Nighy, Tom Wilkinson, Carice van Houten,
Terence Stamp
PRODUZIONE Gilbert Adler, Christopher McQuarrie, Bryan Singer per United Artists/Achte
Babelsberg Film/Bad Hat Harry Productions
DURATA 121’
ORIGINE Stati Uniti-Germania, 2008
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Nazismo-Antinazismo
Novecento/Cinema e Storia
 

TRAMA
Germania, 1944. Il colonnello Von Stauffenberg insieme con altri congiurati  prepara un complotto per uccidere
Hitler e sostituirlo con un nuovo governo tedesco che porti alla pace immediata con gli alleati ed alla
conseguente fine di un conflitto che per la Germania è ormai irreparabilmente perso. L’attentato al dittatore,
però, fallisce.

TRACCIA TEMATICA
Il film rievoca una vicenda realmente accaduta e che è entrata nella memoria collettiva come di uno dei rari
sussulti di ribellione al nazismo manifestatosi all’interno della Germania nel corso del secondo conflitto
mondiale (un altro episodio molto significativo è ricordato nel film Sophie Scholl-La rosa bianca). Gli alti
ufficiali dell’esercito tedesco non sono dei traditori (lo stesso Stauffenberg ha mostrato il suo valore al fronte
portandone i segni nel corpo), anzi essi si considerano degli autentici patrioti decisi ad evitare al popolo
tedesco altri lutti e sofferenze in caso di prosecuzione del conflitto e a riabilitarsi di fronte alla Storia per la
colpevole acquiescenza del passato. Ed è proprio il coraggio e la determinazione non comuni, anche se alla fine
sfortunata, dei congiurati (di Stauffenberg in particolare) che il film mette in evidenza, quasi a volere restituire a
questa piccola parte di Germania un onore ed una rispettabilità, che il resto della nazione aveva
completamente perso. 

VALUTAZIONE CRITICA
Bryan Singer, non nuovo alle tematiche implicanti il nazismo (vedi L’allievo), questa volta si cala direttamente
nella Storia, senza rinunciare, però, alla sua principale caratteristica e cioè la piena adesione ai moduli narrativi

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2008-09/9framefilm017.htm[12/07/2017 19:10:21]
operazione valchiria

del thriller. Pur nel rispetto (per altro accurato alla veridicità storica), infatti, il regista costruisce un perfetto
congegno ad orologeria, che tiene con il fiato sospeso lo spettatore che pure conosce già l’esito della vicenda.
Il centro narrativo del film è costituito dalla lotta contro il tempo dei congiurati, ricostruita con le risorse tipiche del
genere thriller, a cominciare soprattutto dall’uso di un montaggio sempre più accelerato con l’avvicinarsi
dell’azione al suo tragico epilogo. Si potrebbe quasi sostenere che Operazione Valchiria si collochi all’interno
di un nuovo paragenere, quello del thriller storico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                           a) La Seconda Guerra Mondiale

                                                      b) Il nazismo

                                                      c) La figura di Von Stauffenberg e la congiura del 20 luglio 1944

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Orizzonti di gloria

Orizzonti di gloria
TITOLO ORIGINALE Paths of Glory
REGIA Stanley Kubrick
SOGGETTO Dall'omonimo romanzo di Humphrey Cobb
SCENEGGIATURA Stanley Kubrick, Calder Willingham, Jim Thompson
FOTOGRAFIA George Krause (bianconero)
MUSICA Gerald Fried
MONTAGGIO Eva Kroll
INTERPRETI Kirk Douglas, Ralph Meeker, Adolphe Menjou, George Macready, Wayne Morris,
Richard Anderson, Joseph Turkel, Timothy Carey
PRODUZIONE Harris-Kubrick Productions/Bryna Productions
DURATA 86'
ORIGINE USA, 1957
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Prima guerra mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Prima Guerra Mondiale, fronte occidentale, 1916. Il generale Broulard incarica il generale Mireau di prendere
il formicaio, inespugnabile postazione tedesca. Mireau affida l'attacco al colonnello Dax. Questi guida i suoi
uomini verso le trincee nemiche, ma i soldati vengono decimati e l'attacco fallisce. Mireau getta la responsabilità
del mancato successo sulla codardia dei soldati ed esige, come punizione esemplare, la fucilazione di tre uomini
della compagnia. Il colonnello Dax si assume l'incarico di difendere al processo i tre imputati. L'esito del
procedimento è, però, già deciso.

TRACCIA TEMATICA
Orizzonti di gloria costituisce una delle più spietate denunce antimilitariste della storia del Cinema. I soldati
diventano carne da cannone per soddisfare l'ambizione degli alti comandi, ansiosi di successi e promozioni. Ogni
considerazione strategica (il formicaio è con tutta evidenza un baluardo inespugnabile) passa in seconda linea
rispetto all'ansia di protagonismo dei generali, preoccupati solo di conquistare qualche brandello di gloria. I tre
poveri disgraziati condannati a morte non sono che il capro espiatorio dell'irresponsabile inettitudine dei

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/126.htm[12/07/2017 19:10:21]
Orizzonti di gloria

loro comandanti.

Ma la riflessione del film va oltre, dilatandosi a sottolineare come le differenze di classe fra le gerarchie e i soldati
semplici (l'aristocrazia e l'alta borghesia da una parte e il popolo dall'altra) si concretizzano nell'abissale distanza
fra le lussuose dimore dei detentori del Potere e le fangose e malsane trincee dei subalterni.

Inoltre il sontuoso palazzo settecentesco dove si svolge il processo diventa simbolo della convinzione illuministica
di realizzare una società più giusta sulle ceneri dell'oscurantismo medioevale. Kubrick celebra, così, la sarcastica
irrisione dell'illusione progressista e razionalistica che con il sostegno della ragione l'umanità potesse
superare la barbarie e l'inciviltà.

VALUTAZIONE CRITICA
La regia di Kubrick mette in atto una serie di procedimenti linguistici funzionali ad esprimere sul piano
formale il suo punto di vista morale e ideologico sulla vicenda narrata. Il frequente uso della carrellata
frontale e laterale (la visita di Mireau alle trincee, l'attacco al formicaio, il rituale della fucilazione) realizza la
figura ossimorica del movimento immobile (la storia e con essa l'umanità sembra muoversi, ma in realtà è un
movimento a vuoto che condanna a non spostarsi dal punto di partenza di un primitivo e preistorico istinto di
distruzione), l'uso del grandangolo (la sala del processo, la sequenza della fucilazione) restituisce un'immagine
allucinata e deformata della realtà in sintonia con la folle ottica militarista che guida il destino dei protagonisti, la
costrizione dei personaggi in spazi ristretti e oscuri (la prigione dei condannati a morte e i cunicoli delle trincee)
comunica un soffocante senso di claustrofobica assenza di vie d'uscita, la simmetrica ed equilibrata costruzione
delle inquadrature si sintonizza sull'ossessione ritualistica di un mondo (quello militare) dominato in realtà dal
caotico disordine della legge del più forte.

L'ostinato divieto opposto per lungo tempo dalla censura francese (solo negli anni settanta il pubblico transalpino
poté vederlo) e l'ostilità degli americani alla distribuzione negli USA dimostrano quanto il film sia andato a colpire
un nervo scoperto della mentalità militarista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Prima Guerra Mondiale.

B) La Francia nel conflitto.

C) La guerra di trincea.

D) La corte marziale e i processi per codardia e diserzione nel corso della Prima Guerra
Mondiale.

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Oro di Roma, L'

L'oro di Roma
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Carlo Lizzani
SOGGETTO E Lucio Battistrada, Gaetano Giuliano De Negri, Carlo Lizzani, con la
SCENEGGIATURA collaborazione di Alberto Lecco
FOTOGRAFIA Enrico Menczer (bianconero)
MUSICA Giovanni Fusco
MONTAGGIO Franco Fraticelli
INTERPRETI Gérard Blain, Anna Maria Ferrero, Jean Sorel, Andrea Checchi
PRODUZIONE Ager Film-Sancro Film-CIRAC Roma-Contact Organisation, Paris
DURATA 115'
ORIGINE Italia-Francia, 1961
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, Società multietnica/Uomo


e Società

TRAMA
Roma, 1943. I tedeschi occupano la capitale e impongono alla comunità ebraica della città di consegnare 50
chili d'oro, pena la deportazione in Germania. Gli ebrei romani, tra contrasti e dissidi, iniziano la raccolta e pur
con grande fatica riescono a raggiungere il quantitativo richiesto. Sarà tutto inutile, perché i tedeschi li
deporteranno, ugualmente. Su questo sfondo storicamente reale si inseriscono le vicende personali dei singoli.
Soprattutto dell'ebrea Giulia che, pur potendo salvarsi, decide di condividere la sorte del suo popolo, e dell'ebreo
Davide, che sceglie la via della lotta partigiana.

TRACCIA TEMATICA
Il film si ispira a fatti realmente accaduti nell'ottobre del 1943, quando il famigerato maggiore Kappler, che poi
avrà parte nell'eccidio delle Fosse Ardeatine, si rese responsabile di questo ignobile inganno ai danni degli ebrei
romani.

L'incerto esito della raccolta dell'oro e la scarsa fiducia nell'affidabilità dei tedeschi alimentano presso la
comunità ebraica diverse reazioni, dal cupo pessimismo (il suicidio dell'ex-panettiere) ad una caparbia volontà di
realizzare un' impresa che sembra disperata (il capo della comunità), dalla speranza di una via d'uscita individuale
(sul punto di rinunciare alla propria identità ebraica, Giulia non trova la forza di abbandonare la sua gente) alla
scelta della lotta armata (di un Davide che scopre quanto sia difficile, anche se necessario, uccidere un uomo).

Non mancano accenni all'atteggiamento degli Italiani non ebrei: dal dileggio delle camicie nere fasciste (che
collaborarono con i nazisti nella persecuzione antisemita) al generoso slancio di Massimo (più dettato dall'amore

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm084.htm[12/07/2017 19:10:22]
Oro di Roma, L'

per Giulia, che da un reale sentimento di solidarietà), dalla meschina chiusura dei suoi genitori (simbolo di
un'agiata borghesia timorosa di compromettersi) al banchiere che ha rinnegato per opportunismo la propria fede
(ma che riesce a trovare la via del riscatto).

VALUTAZIONE CRITICA
Girato a meno di vent'anni dai tragici eventi che racconta, L'oro di Roma sconta un'inevitabile (e a quei
tempi probabilmente necessaria) esigenza didascalica: la sceneggiatura si sente impegnata, cioè, a fornire agli
spettatori il massimo possibile di elementi di conoscenza e di giudizio relativi alle parti in causa e ai sentimenti e
alle pulsioni che in esse si agitano, dettando con chiarezza la lettura morale e politica di questa pagina di
Storia. Ne esce una rievocazione certamente commossa e accorata che coinvolge e scuote emotivamente lo
spettatore, ma che forse ha il limite di voler seguire troppi percorsi e troppe sollecitazioni senza riuscire ad
approfondire tutto come si dovrebbe.

Non mancano, tuttavia, momenti risolti con efficacia espressiva e vigore narrativo, come l' incipit alla
sinagoga con l'arrivo degli agenti tedeschi che fa precipitare la funzione religiosa nel silenzio, il suicidio dell'ebreo
di fronte ai tedeschi e, soprattutto, la tesa sequenza della sofferta indecisione di Davide che non riesce a sparare.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La seconda guerra mondiale.

               B) L'occupazione di Roma e le responsabilità del maggiore Kappler.

               C) Le comunità ebraiche in Italia e il ghetto di Roma.

               D) L'antisemitismo in Italia e le leggi antiebraiche del 1938.

               E) Lo sterminio degli ebrei nel Terzo Reich.

Italiano     Confronto fra il film e la novella 16 Ottobre 1943 di Giacomo Debenedetti.

Storia delle religioni     La religione israelita.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm084.htm[12/07/2017 19:10:22]
Ottobre

Ottobre
TITOLO ORIGINALE Oktjabr'
REGIA Sergej M. Ejzenstejn
SOGGETTO Dal romanzo I dieci giorni che sconvolsero il mondo di John Reed
SCENEGGIATURA Sergej M. Ejzenstejn, Grigorij Aleksandrov
FOTOGRAFIA Eduard Tissè (bianconero)
MONTAGGIO Sergej M. Ejzenstein
INTERPRETI V. Nikandrov, N. Popov
PRODUZIONE Sovkino
DURATA 102'
ORIGINE URSS, 1927
REPERIBILITA' Homevideo /Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Rivoluzione russa

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Febbraio, 1917. Per iniziativa di contadini e soldati crolla la secolare monarchia degli zar. Sale al potere
Kerenskij a capo di un governo provvisorio, che decide di continuare la guerra a fianco delle potenze
dell'Intesa. In aprile torna in Russia dall'esilio Lenin, capo del partito bolscevico: il suo programma è abbattere
il governo provvisorio e instaurare il potere rivoluzionario dei soviet (consigli degli operai e dei soldati) con
l'immediata uscita della Russia dal conflitto mondiale. Intanto le forze filozariste tramano e preparano un
attacco al governo provvisorio di Kerenskij, il quale in difficoltà è costretto a servirsi dell'aiuto dei bolscevichi.
Sventato il colpo dei controrivoluzionari monarchici, i bolscevichi si preparano alla conquista del potere.

Ottobre, 1917. Lenin, lanciando al congresso dei soviet la parola d'ordine Tutto il potere ai soviet, dà l'avvio
alla rivoluzione che inizia con la conquista del Palazzo d'Inverno, sede del governo provvisorio.

TRACCIA TEMATICA
Commissionato ad Ejzenstejn dal governo sovietico in occasione del decennale della Rivoluzione Sovietica,
Ottobre celebra le storiche giornate dell'Ottobre 1917 in una duplice chiave: una di rievocazione storica del
succedersi degli eventi che portarono alla conquista del potere da parte dei bolscevichi, l'altra di interpretazione
politico-ideologica di questi stessi eventi attraverso lo strumento del simbolismo.

Questa, in breve, la lettura che il regista propone: con la rivoluzione di febbraio il popolo russo abbatte la
monarchia autocratica (la distruzione della statua dello zar Alessandro III), ma Kerenskij tradisce la spinta
rivoluzionaria delle masse con le sue ambizioni politiche che mirano alla restaurazione di un potere autoritario e
antipopolare (la statua si ricompone); Lenin torna in patria e si prepara alla rivoluzione basandosi sull'unità fra

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/127.htm[12/07/2017 19:10:22]
Ottobre

contadini e soldati (le falci e i fucili insieme); il tentativo insurrezionale di luglio fallisce a causa della sua
immaturità e per l'eccesso di disorganizzazione (la carcassa del cavallo bianco che penzola dal ponte sulla Neva);
Kerenskij, intanto, nel Palazzo d'Inverno, si abbandona a velleitari sogni di gloria personali (il pavone, la statua di
Napoleone, le quattro bottiglie unite da una corona, ecc..); al congresso dei soviet i menscevichi cercano di opporsi
alle parole d'ordine rivoluzionarie di Lenin con discorsi infarciti da suadente retorica (le arpe che suonano); la
direzione politica di Lenin e del partito bolscevico sulle masse porta all'esito vittorioso dell'insurrezione e alla
conquista del potere.

Se questa è la ricostruzione storica in termini di correttezza interpretativa ufficiale, Ejzenstejn ci mette del suo nel
ridurre al minimo il ruolo delle grandi personalità (a Lenin sono riservate apparizioni limitate, Stalin, all'epoca
del film già saldamente a capo del partito e dello Stato, non viene nemmeno mostrato) e nell'esaltare, invece, il
protagonismo delle masse popolari nel determinare la vittoria della rivoluzione.

VALUTAZIONE CRITICA
Ottobre costituisce un mirabile esempio di Cinema concettuale, cioè di un testo filmico che oltre e più che
raccontare una storia (e nel caso specifico la Storia) vuole comunicare dei concetti e delle idee, sulla natura
narrativa del film finisce, insomma, per prevale l'intento argomentativo. Lo strumento linguistico privilegiato
per realizzare questa finalità persuasiva è il montaggio che permette di giocare sull'alternarsi di immagini
appartenenti ad aree semantiche diverse (esempio: Kerenskij e il pavone, il menscevico che parte e l'arpa che
suona, ecc..) per esprimere in modo diretto, attraverso il meccanismo dell'analogia simbolica, tesi e considerazione
e non soltanto, come solitamente avviene nel Cinema tradizionale, una successione cronologica (alla quale si
affianca in un ruolo privilegiato una successione logica). Il regista cerca, insomma, di forzare al massimo la
vocazione narrativa del Cinema di finzione (vedi Avanguardia Sovietica) nel tentativo di avvicinare il più
possibile il suo linguaggio alle possibilità del codice verbale, per altro presente sottoforma di didascalie che
interagiscono anch'esse con le immagini.

Questo sperimentalismo linguistico, per quegli anni di estrema novità e di non facilissima decodificazione e
comprensione (specie se si considera il fatto che Ottobre era destinato ad essere proiettato di fronte ad un pubblico
proletario e di scarsa cultura) attirò addosso al regista pesanti accuse di formalismo ed estetismo, che ne
pregiudicarono per un po' l'attività in patria. Sotto lo stalinismo ormai vincente si chiudevano ormai gli spazi di
libertà espressiva per le avanguardie artistiche e sul mondo della cultura scendeva la pesante cappa del Realismo
Socialista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) La Rivoluzione Russa

                       B) Confronto fra il film e il libro di John Reed.

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Padre Daens

Padre Daens
TITOLO ORIGINALE Daens
REGIA Stijn Coninx
SOGGETTO Dal romanzo Pietr Daens di Louis Paul Boon
SCENEGGIATURA Claude Steenman
FOTOGRAFIA Walther van den Ende (colore)
MUSICA Dork Brosse
MONTAGGIO Ludo Troch
INTERPRETI Jan Decleir, Gérard Desarthe, Antje Boeck, Michael Pas, Johan Leysen
PRODUZIONE Dirk Impens per Favourite Films (Bruxelles), Films Dérivès (Liége). Titane
(Paris), Shooting Star Film Company (Amsterdam)
DURATA 138'
ORIGINE Belgio, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Questione sociale

Ottocento/Cinema e storia

TRAMA
Belgio, fine Ottocento. Nel 1888 padre Daens (figura realmente esistita) torna nel suo paese natale Aalst,
importante centro dell'industria tessile. Di fronte alle miserabili condizioni di vita degli operai, in gran parte
donne e bambini, e allo spietato sfruttamento cui sono sottoposti da parte di un padronato chiuso ad ogni
cambiamento, padre Daens prende decisamente posizione a favore delle classi subalterne e delle loro
rivendicazioni. Quando, nel 1892, viene concesso il suffragio universale, Daens fonda il Partito Popolare
Cristiano, alternativo sia al conservatorismo del tradizionale Partito Cattolico, sia al Partito socialista, e si
presenta alle elezioni ottenendo un seggio al Parlamento di Bruxelles, grazie al massiccio sostegno della
popolazione di Aalst. Sconfessato dal Papa e dalla Chiesa ufficiale, lascia la guida del movimento cattolico e si
ritira in convento, dove muore nel 1907

TRACCIA TEMATICA
Il film traccia con scrupoloso e attento realismo una descrizione delle tremende condizioni di vita delle masse
operaie nel Belgio di fine secolo (ma negli altri paesi europei la situazione non era molto differente): in fabbrica
subiscono uno sfruttamento disumano che si accanisce contro i più deboli, donne e bambini, e fuori conducono
un'esistenza degradata e degradante, ammucchiate in miseri e malsani tuguri. Dall'altra parte ci sono un padronato
gretto e reazionario, che concepisce la religione come strumento di controllo sociale, e classi dirigenti distanti e
insensibili, che negano il suffragio universale e usano il bilinguismo come mezzo di potere.

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Padre Daens

E' in questo contesto di ingiustizia che padre Daens matura la convinzione che è suo preciso dovere di
cristiano e sacerdote intervenire a favore dei diseredati, contrapponendo al rigido conservatorismo sociale
delle gerarchie cattoliche un'interpretazione progressista e democratica del messaggio evangelico. La
contemporanea pubblicazione dell'enciclica papale Rerum Novarum (che parla di giusto salario per gli operai e
condanna l'egoismo padronale) sembra dargli ragione. Il Partito Popolare Cristiano fondato da Padre Daens nasce
per superare la contiguità della Chiesa cattolica alla classe borghese e per offrire al proletariato un'alternativa
rispetto al Socialismo.

Il prevalere in seno ai vertici della Chiesa di una posizione di sostanziale subalternità ai ceti dominanti, con
relativo spegnersi delle speranze di rinnovamento suscitate dalla Rerum Novarum, e il ricorso padronale
all'intimidazione violenza (la distruzione della tipografia della famiglia Daens) inducono Daens a rinunciare
all'impegno politico a favore dei diseredati.

VALUTAZIONE CRITICA
Girato con un notevole impegno finanziario, Padre Daens ha, innanzittutto, il non piccolo merito di offrire
allo spettatore un quadro della condizione operaia di fine Ottocento di grande efficacia, ricostruendo con
scrupolo filologico e antropologico gli scenari della fabbrica (già l'incipit del film immerge in questa dimensione di
pesante sfruttamento quotidiano) e dei quartieri proletari, a cui contrappone le lussuose abitazioni della borghesia
di Aalst e la severa e fredda classicità dell'anticamera vaticana, dove Daens subisce l'umiliazione di
un'interminabile attesa di un incontro con il Papa che non avrà luogo.

I difetti di didascalismo e schematismo (piuttosto inevitabili in un film programmaticamente celebrativo come


questo) vengono assorbiti da una narrazione solida e avvincente da cui emergono numerose sequenze di
rilievo, che fanno vibrare le corde dell'emozione: tra queste ricordiamo il sopralluogo in fabbrica della
commissione d'indagine governativa, per la tensione psicologica che riesce a creare, il corteo funebre che attraversa
il paese con il cadavere del bambino morto sul lavoro, per il respiro epico, il discorso di Padre Daens che suscita la
stizzita indignazione della borghesia di Aalst, per il grande impatto emotivo che lo caratterizza, la mesta
malinconia della scena finale nel cimitero del paese.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) Il Belgio alla fine dell'Ottocento.

B) La condizione del proletariato nell'Europa di fine Ottocento.

C) La figura storica di Padre Daens e il cattolicesimo sociale e democratico in Belgio e in


Europa.

D) L'enciclica papale Rerum Novarum.

Lingua Straniera: francese         La situazione di bilinguismo in Belgio.

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Paisà

Paisà
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Roberto Rossellini
SOGGETTO Victor Haines, Marcello Pagliero, Sergio Amidei, Federico Fellini, Roberto
Rossellini, Vasco Pratolini
SCENEGGIATURA Sergio Amidei, Roberto Rossellini, Federico Fellini
FOTOGRAFIA Otello Martelli (bianconero)
MUSICA Renzo Rossellini
MONTAGGIO Eraldo da Roma
INTERPRETI 1° episodio: Carmela Sazio, Robert van Loon

2° episodio: Dots M. Johnson, Alfonsino Pasqua

3° episodio: Gar Moore, Maria Michi

4° episodio: Harriet White, Renzo Avanzo

5° episodio: Williams Tubbs, Newell Jones

6° episodio: Dale Edmonds, Robert Van Loel


PRODUZIONE Rossellini per OFI/Foreign Film Production Inc./Capitani Film
DURATA 124'
ORIGINE Italia, 1946
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Italia in guerra

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
1°episodio. Sicilia, 1943. Gli americani sono sbarcati in Sicilia. Carmela e il soldato Joe si trovano di notte in un
torrione abbandonato: mentre Joe confessa la sua nostalgia per la propria famiglia viene colpito da un cecchino
tedesco. Quando arriva una pattuglia tedesca uccide anche la ragazza.

2°episodio. Napoli, 1943. Uno scugnizzo ruba un paio di scarpe ad un soldato americano di colore. Questi lo
insegue fin nel tugurio nel quale abita e qui, di fronte alla squallida miseria della sua abitazione, gli lascia le
scarpe.

3°episodio. Roma, 1944. Francesca, una prostituta, passa la notte con un soldato americano ubriaco che non
ricorda di essere già stato con lei tempo prima.

4°episodio. Firenze, 1944. Una giovane infermiera inglese attraversa con un amico la città spaccata in due dal
fronte alla ricerca dell'uomo che ama.

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Paisà

5° episodio. Appennino tosco-emiliano, 1944. Tre cappellani militari si fermano in un monastero: uno è
cattolico, l'altro protestante, il terzo ebreo.

6° episodio. Polesine, 1944. Un gruppo di partigiani e paracadutisti alleati vengono braccati dalle pattuglie
tedesche.

TRACCIA TEMATICA
Il film risale geograficamente l'Italia al seguito delle truppe americane (Paisà, cioè compaesano, è il nome con cui i
siciliani indicavano i soldati americani di origine italiana e per estensione tutti i militari alleati), illustrando le fasi
dell'avanzata alleata con immagini documentaristiche e quindi autentiche. Questo è il versante più propriamente
storico del film, che storico (nel senso di appartenenza al genere omonimo) non può essere considerato. La storia,
infatti, rimane sullo sfondo e l'attenzione del regista si sposta su una cronaca incentrata su episodi
marginali, ininfluenti sugli sviluppi del conflitto. E' il risvolto umano e morale di questi piccoli eventi segnati
dal dolore e dalla sofferenza (fa eccezione l'episodio appenninico del convento, rasserenante parentesi di pace) ad
interessare il regista, che ricerca nel particolare un significato che tende a sfuggire di fronte al generale. Rossellini,
insomma, tralascia le grandi ideologie e i grandi ideali che, pure, hanno avuto un ruolo importante nello
svolgimento della Guerra Mondiale, per far emergere attraverso più storie individuali quel tanto di angoscia,
disperazione, morte, amore, tristezza, che sempre si colloca nelle pieghe della grande Storia.

Quella grande tragedia collettiva che è stata la Seconda Guerra Mondiale (e di cui le immagini dei cinegiornali ci
offrono la dimensione pubblica) si trasforma in Paisà in tragedia quotidiana e privata, fatta di gente comune che
cerca di rivendicare la propria umanità offesa dalla catastrofe della guerra.

VALUTAZIONE CRITICA
Paisà è uno dei vertici del Cinema neorealista. Girato a ridosso degli avvenimenti di cui parla, con mezzi di
fortuna ed attori non professionisti, sullo sfondo di scenari assolutamente reali (pensiamo al valore di documento
che per l'epoca potevano assumere le miserabili grotte di Napoli), in uno stile asciutto ed essenziale, il film cerca di
ridurre al minimo lo scarto tra finzione e realtà (pensiamo al trapassare, a volte non ben percettibile, dalle immagini
documentarie del cinegiornale a quelle del set).

A differenza della maggior parte delle altre pellicole neorealiste dell'epoca, però, Paisà non è un film di denuncia,
che si inserisce nel presente per incidere in chiave riformista sulle condizioni sociali del paese evidenziando i gravi
problemi del dopoguerra. Se proprio in esso si vuole individuare un significato superiore che travalichi la pura
cronaca dei fatti e che li inserisca in un'unitaria visione del mondo, occorre rifarsi alla sensibilità religiosa
del regista, che avverte la necessità di manifestare la propria fede in una trascendenza che dia all'umanità
una rinnovata speranza di amore e di pace. Lo sguardo che Rossellini rivolge al mondo sofferente non è freddo
e distaccato (nonostante la dichiarata oggettività della poetica neorealista), ma ispirato ad un sentimento di
profonda pietà e partecipazione che vuole riscoprire nella cronaca quotidiana il riproporsi dell'itinerario cristiano di
morte e redenzione. Alla morte dei singoli protagonisti (sia anche una morte morale come quella della prostituta
Francesca, o civile, come quella dello scugnizzo napoletano) si contrappone una qualche forma di riscatto, che
può essere rappresentato dall'avanzata degli alleati che accelera la fine del conflitto, dalla comprensione
compassionevole del soldato americano, dal dolore di un'innamorata che piange sul corpo esanime dell'uomo amato
(in una posa in cui qualcuno ha visto un'allusione alla Pietà di Michelangelo), dall'americano che ha voluto
condividere la sorte dei partigiani massacrati mentre avrebbe potuto salvarsi come prigioniero di guerra (forse un
riferimento al sacrificio di Cristo, che si è fatto uomo per condividerne la condizione e salvarlo).

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Paisà

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Seconda Guerra Mondiale.

B) La campagna d'Italia e la Resistenza.

C) L'Italia meridionale e centrale dopo la Liberazione.

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Pane e cioccolata

Pane e cioccolata
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Franco Brusati
SOGGETTO Franco Brusati
SCENEGGIATURA Franco Brusati, Jaja Fiastri, Nino Manfredi
FOTOGRAFIA Luciano Tovoli (colori)
MUSICA Daniele Patucchi
MONTAGGIO Mario Morra
INTERPRETI Nino Manfredi, Johnny Dorelli, Anna Karina
PRODUZIONE Verona Cinematografica
DURATA 115’
ORIGINE Italia, 1974
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Lamerica, Leuropa, Litalia

Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza,


immigrazione, società multietnica/Individuo e Società

TRAMA
Nino è un italiano che lavora in Svizzera come cameriere in un albergo. Per aver orinato all’aperto perde il
lavoro e il permesso di soggiorno. Per non abbandonare la Svizzera deve affrontare tutta una serie di
disavventure e peripezie.

TRACCIA TEMATICA
La condizione dell’immigrante italiano in Svizzera è difficile e umiliante. Ad entrare in crisi è la stessa identità
nazionale, tanto da spingere il protagonista a fingersi cittadino elvetico (salvo poi tradirsi di fronte ad un gol della
nazionale italiana: è il calcio l’unico elemento di forte riconoscibilità identitaria italiana?).

Il film ci propone un attraversamento nella dolorosa condizione dell’emigrante italiano in un territorio


sostanzialmente ostile, con il suo oscillare fra un depresso senso di inferiorità (la sequenza dei clandestini nel
pollaio che osservano estasiati, come fossero degli dei, i corpi dei loro padroni nudi) e una nostalgia fatta di
folklore strapaesano all’insegna del sole e del mandolino (proprio quella che il protagonista detesta, tanto da
spingerlo a scendere dal treno e ritornare in Svizzera).

Girato nel 1974, quando ancora gli unici immigrati di cui si parlava erano i nostri connazionali sparsi nei più ricchi
Stati europei, Pane e cioccolata ha ormai inevitabilmente perso d’attualità, sennonché la recente immigrazione
extracomunitaria nel nostro paese, con quel tanto di sofferenze umane che si porta addietro, può farci recuperare
il film come strumento di riflessione su questo problema e di recupero della memoria.

VALUTAZIONE CRITICA
E’ stato osservato in sede critica come nuoccia al film l’eccesso di protagonismo interpretativo di Nino
Manfredi, che impone alla pellicola i modi e vezzi (tra narcisismo e gigionismo) della commedia all’italiana
(quella in particolare imperniata sulla centralità dell’attore mattatore che ruba la scena) e, in effetti, non si può

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Pane e cioccolata

negare che il grande attore romano tenda un po’ a strafare, accentrando forse troppo su di sé l’attenzione del
pubblico e oscurando così in parte le tematiche che vengono affrontate.

Il punto di forza, invece, a parere quasi unanime, va individuato nella capacità del film di trovare un suo
vitale equilibrio fra più registri, passando da tonalità grottesco-surreali (la già citata bella sequenza del pollaio e
il balletto degli operai al cantiere), ad atmosfere intimistico-sentimentali ben calibrate (il rapporto fra Nino ed
Elena) e a ritratti sferzanti e impregnati di indignazione morale (l’industriale italiano evasore fiscale).  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 a) L’immigrazione italiana dall’unità d’Italia ai nostri giorni.

                           b) La condizione dell’immigrato italiano in Svizzera.

Diritto                a) L’attuale legislazione italiana sull’immigrazione extracomunitaria.

                           b) Il fenomeno dell’evasione fiscale nel nostro paese e l’esportazione                                 di


capitali all’estero.

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la papessa

La papessa
TITOLO ORIGINALE Die Papstin
REGIA Sonke Wortmann
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Donna Woolfolk Cross
SCENEGGIATURA Sonke Wortmann, Heinrich Hadding
FOTOGRAFIA Tom Fahrmann (colori)
MONTAGGIO Hans Funck
MUSICA Marcel Barsotti
INTERPRETI Johanna Wokalek, David Wenham, John Goodman
PRODUZIONE Constantin Film, Ard Degeto Film, Dune Films, Ikiru Films, Medusa Film, Ufa
International Film & TV production GMBH, Universum Film (Ufa)
DURATA 148’
ORIGINE Germania- Italia- Spagna, 2009
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Chiesa- Religione


Medioevo/Cinema e Storia

TRAMA
 Germania, 814 D.C.. Figlia del prete di uno sperduto villaggio della foresta germanica, Johanna impara a
leggere e scrivere contro la volontà paterna.  Acuta e intelligente frequenta la scuola vescovile. Fuggita alla
razzia distruttrice dei Normanni, prima entra in convento spacciandosi per maschio e successivamente si
trasferisce a Roma nascondendo sempre la propria identità femminile. Qui verrà eletta Papa dal popolo romano.

TRACCIA TEMATICA
Che sia veramente esistita una donna Papa non è affatto confermato dalla storiografia ed al momento
attuale  la figura della Papessa  Giovanna  appartiene più alla leggenda che non alla realtà.  L’epilogo stesso
del film ci offre un’ipotesi di nascondimento della verità (del tutto fantasioso) in sintonia con il contesto
dell’altomedioevo che fa da sfondo alla vicenda: tale risultava all’epoca lo scandalo di un pontefice donna che le
autorità della Chiesa si affrettarono ad insabbiare tutto. 

Il film si fa portatore di una rivisitazione della leggenda in chiave femminista, facendo della giovane
protagonista un’eroina dell’emancipazione femminile in un’età estremamente penalizzante per le donne,
considerate esseri impuri ed inferiori, indegni di ricevere un’ istruzione e destinate ad un ruolo di totale
sottomissione all’uomo (una visione maschilista  e patriarcale ampiamente condivisa dalla Chiesa cristiana
medioevale, simboleggiata dal prete del villaggio).

La simulazione di Giovanna assume, così, il senso di una rivolta (evidentemente anacronistica per quei secoli)
contro un ordine ingiusto oltre che una modalità di sopravvivenza in un mondo ostile (la pellicola delinea con
efficacia i contorni di un’età dominata dalla violenza  e dalla sopraffazione)

VALUTAZIONE CRITICA

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la papessa

 Pur seguendo la moda di riproporre il passato lontano improntandolo ai canoni interpretativi del nostro tempo,
quindi operando un’inevitabile forzatura (pensiamo ad un film come “Agorà” uscito quasi in contemporanea con 
“La Papessa”) e  privilegiando oltremodo la dimensione romanzesca e sentimentale, il film di Wortmann riesce a
comunicare un’idea piuttosto vicina alla realtà storico-antropologica dell’Altomedioevo con quel corredo di
oscurantismo, violenza  e miseria materiale e morale che lo caratterizzava (intensa, in questo senso la prima
parte  ambientata nel villaggio natale di Giovanna) e a suo modo verosimile risulta anche la ricostruzione della
corte papale di Roma , non tanto per la narrazione di fatti privi di ogni serio supporto storiografico, quanto per  la
credibilità con cui rievoca la cupa atmosfera di intrigo e sotterfugio in essa dominante.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                      a) L’Altomedioevo in Europa

                                                b) Il papato e la Chiesa nell’Altomedioevo

Inglese                                    Il romanzo omonimo di Donna Woolfolk Cross

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paradise now

Paradise Now
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Hany Abu-Assad
SOGGETTO E Bero Beyer, Hany Abu-Assad
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Antoine Hèberlé (colori)
MONTAGGIO Sander Vos
INTERPRETI Kais Nashef, Alì Suleiman, Lubna Azabal, Amer Hlehel
PRODUZIONE Augustus Film, Razor Film, Lumen Film
DURATA 90’
ORIGINE Francia-Germania-Olanda, 2005
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Questione arabo-israeliana


Novecento-Cinema e storia

TRAMA
Territori palestinesi occupati. Khaled e Said, due giovani palestinesi, si apprestano a compiere un attentato come
kamikaze a Tel Aviv in Israele. Una volta giunti sul luogo dell’attentato qualcosa non funziona e i due amici si
trovano isolati in un paese straniero senza saper bene cosa fare. A questo punto Khaled cambia idea e decide di
non rinunciare più alla vita, mentre Said sembra rimanere fedele al suo proposito iniziale.

TRACCIA TEMATICA
Paradise Now è il primo film completamente incentrato sulla figura del martire mussulmano (il cosiddetto
kamikaze), di cui molto si parla, ma poco si sa. E il film di Abu-Assad ci introduce proprio nella vita
quotidiana e nella più riposta dimensione psicologica di questa figura di combattente, dai rapporti in famiglia
sino al cerimoniale che precede l’azione suicida.

Emergono così i tratti più squisitamente umani di questi martiri (per noi figure più astratte che reali), con le
loro paure, i loro dubbi, i loro ripensamenti e alla fine (almeno per Khaled) il rifiuto di morire. Ci troviamo di
fronte non certo a dei superuomini determinati senza tentennamenti al sacrificio, ma a dei poveri giovani
attanagliati in un meccanismo (auto)distruttivo che sembrano subire più che accettare (per Said si tratta
addirittura di un doppio obbligo, aggiungendosi al dovere politico-religioso la necessità di riabilitare la memoria del
padre collaborazionista).

Suha rappresenta, invece, la polarità positiva del film: figlia di un eroe della resistenza palestinese pre-
fondamentalismo islamico, simboleggia l’alternativa laica e razionale alla deriva terroristica.  

VALUTAZIONE CRITICA
Paradise Now si presenta forte di un marcato impatto realista, quasi ai limiti del documentarismo, per il fatto di
essere girato direttamente nei luoghi reali del conflitto, utilizzando attori palestinesi assolutamente sconosciuti in

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paradise now

occidente (se si esclude Lubna Azabal nel ruolo di Suha). Ci troviamo così immersi nei poveri quartieri delle città
della Palestina occupata con la loro povertà e la loro brulicante umanità.

Lo stile sobrio ed essenziale della regia conferisce alla vicenda una tonalità di asciutto sintetismo, per cui
bastano pochi tratti e stralci di dialogo perchè lo spettatore possa calarsi nella vicenda ed esserne coinvolto
(pensiamo solo all’inizio del film che con la sequenza del posto di blocco che ci immerge immediatamente
nell’atmosfera di controlli polizieschi in cui si vive oggi nella Palestina occupata  o alla scena finale, che ci mostra
Said su un autobus in Israele pochi istanti prima che si compia il suo suicidio-attentato). Notevole, poi, l’effetto
suspense (quasi da thriller) che scaturisce dalla lunga sequenza di Khaled che cerca disperatamente l’amico Said.

Paradise Now è un film che con pochi mezzi e senza prendere un’esplicita posizione ci parla di una delle più
grandi tragedie nel nostro mondo e lo fa con ammirevole equilibrio, intelligenza e maturità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                         a) Il conflitto arabo-israeliano     

                                                                    b) La questione palestinese                                    

                                                                    c) Il terrorismo islamico

Geografia                                                   I territori arabi occupati da Israele                                           

Religione                                                    Il fondamentalismo islamico                                                 

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Partigiano Johnny

Il partigiano Johnny
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Guido Chiesa
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Beppe Fenoglio
SCENEGGIATURA Guido Chiesa, Antonio Leotti
FOTOGRAFIA Gherardo Gossi (colori)
MUSICA Alexander Balanescu
MONTAGGIO Luca Gasparini
INTERPRETI Stefano Dionisi, Andrea Podran, Fabrizio Gifuni, Claudio Amendola, Giuseppe
Cederna, Umberto Orsini, Felice Andreasi
PRODUZIONE Procacci per Fandango
DURATA 135’
ORIGINE Italia, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Resistenza

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Johnny, uno studente di letteratura inglese, vive nascosto in una villetta nelle Langhe come disertore.
All’indomani dell’8 settembre 1943decide di entrare nelle schiere dei partigiani che combattono i
nazifascisti.Passando da una formazione partigiana all’altra, Johnny si trova ad attraversare tutti pericoli e i
disagi della dura vita del combattente alla macchia. Sopravvissuto al duro inverno del 1944, riprende la lotta
armata. La storia si interrompe proprio nel momento in cui sta per essere colpito da un colpo di fucile nemico. 

TRACCIA TEMATICA
Per Johnny la scelta di aderire alla lotta partigiana non risponde ad una lucida visione politica (si arruola nelle
formazioni azzurre badogliane piuttosto che in quelle comuniste più per caso che sulla base di salde convinzioni
ideologiche) e in fondo nemmeno morale (lo scontro tra bene e male), ma ad una specie di imperativo
esistenziale che lo obbliga ad uscire dal proprio isolamento (il rifugio nelle colline) per partecipare ai fatti del
mondo abbandonando uno stato di torpore frustrante ed insoddisfacente. L’opzione resistenziale sembra
rispondere più ad uno slancio istintivo della volontà e ad un richiamo primordiale della coscienza che non ad una
motivazione razionale. Più che un film sulla Resistenza Il partigiano Johnny diventa così una storia di
formazione, un percorso iniziatico che permette al protagonista di diventare un uomo. Non importa se
l’itinerario di Johnny si conclude forse con la morte, quel che conta è che l’ultima immagine del film ce lo
consegni per sempre giovane in un gesto di spirito combattivo e quindi di vitale affermazione di sé.  

Il partigiano Johnny è anche un film antiretorico ed anticelebrativo sulla Resistenza, di cui certo non vuole
sminuire e men che meno rinnegare i valori, ma che intende rievocare nella sua dimensione meno appagante e più
faticosa e dolorosa di lotta per la sopravvivenza quotidiana, di fame, freddo e solitudine e di contiguità alla morte.

VALUTAZIONE CRITICA
Tratto dal romanzo incompiuto di Beppe Fenoglio, che in esso riversò una specie di autobiografia reale e ideale
insieme, il film di Chiesa non poteva non porsi il problema del rapporto con un testo letterario certamente poco

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Partigiano Johnny

traducibile in immagini a causa della sua frammentarietà narrativa e della scarsità di dialoghi, per non parlare del
particolare impasto linguistico messo in atto dallo scrittore piemontese che realizza un originalissimo miscuglio di
italiano, gergo popolare e inglese. La soluzione proposta dal regista è quella di tradurre in chiave
cinematografica quel senso di disorganicità e discontinuità comunicata dal romanzo, attraverso il frequente
ricorso all’ellissi, all’episodico, all’incompleto, tanto che lo spettatore matura la sensazione di essere
continuamente deviato da una situazione ad un altro prima ancora che un percorso narrativo abbia espresso tutte le
proprie potenzialità (che è poi un po’ quello che accade al protagonista, continuamente strappato da un qualche
ambito nel quale aveva iniziato a sistemarsi). Più che la concatenazione causale a Chiesa interessa esprimere il
senso di un’inesauribile instabilità e del perenne movimento che ne consegue (Johnny è quasi sempre intento a
scappare o ad inseguire) sullo sfondo di un paesaggio umido e nebbioso, anch’esso dai contorni indefiniti e dalla
geografia inafferrabile. Lo sforzo sembra (anche questo in sintonia con le scelte del romanzo di riferimento) quello
di svuotare il più possibile gli accadimenti e le immagini di concretezza storica e sociale per avvolgerle in una
dimensione vagamente surreale e simbolica in grado di esprimere l’irrequietezza e il tormento interiori del
protagonista Johnny.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                     A) La Seconda Guerra Mondiale

                               B) La Resistenza

Letteratura italiana          A) Confronto fra il romanzo di B. Fenoglio e il film

                                           B)  La letteratura resistenziale

Geografia                            Il paesaggio delle Langhe

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Partita per la libertà, Una

Una partita per la libertà


TITOLO ORIGINALE Passing Glory
REGIA Steve James
SOGGETTO E Harold Sylvester
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Bill Butler (colori)
MUSICA Stephen James Taylor
INTERPRETI Andre Braugher, Rip Torn, Ruby Dee, Sean Squire
PRODUZIONE Magic Johnson Entertainment, Quincy Jones/David Salzman Entertainment
Production in association Rosemont Productions International
DURATA 93’
ORIGINE USA, 1999
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica

TRAMA
Louisiana, 1965. Il S. Augustine College è frequentato unicamente da studenti di colore a causa del permanere
della legislazione segregazionista. Vanto della scuola è la forte squadra di pallacanestro dei Purple, che tuttavia
è esclusa dal campionato più importante e prestigioso, riservato ai soli bianchi, nel quale primeggia la squadra
del Jesuit College. Il nuovo insegnante di storia, il reverendo Verret, diventa allenatore dei Purple e li guida alla
vittoriosa sfida contro i Jesuit, ma soprattutto ad una nuova consapevolezza dei propri diritti.

TRACCIA TEMATICA
La vicenda del film si inserisce nel contesto della lotta della popolazione di colore per la rivendicazione dei propri
diritti contro la segregazione razziale ancora in atto negli anni sessanta nel sud degli Usa.

Il reverendo Verret, sacerdote scomodo a causa della determinazione con cui porta avanti la lotta per i principi in
cui crede, intuisce che per l’affermazione dei diritti dei neri è necessario che questi acquisiscano la piena
coscienza delle proprie capacità derivandone l’orgoglio e la fierezza necessari per superare ogni complesso di
inferiorità. Solo chi è fermamente convinto di non essere secondo a nessuno è in grado di trarre il coraggio
necessario ad affrontare le più aspre battaglie.

Anche una partita di basket può diventare così lo strumento di questa crescita collettiva, caricandosi di forti
connotazioni simboliche che travalicano l’evento sportivo.

VALUTAZIONE CRITICA
Una partita per la libertà persegue prima di ogni altra cosa l’obiettivo di comunicare in modo chiaro ed

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Partita per la libertà, Una

efficace un preciso messaggio politico e morale, seguendo un consolidato schema narrativo ed un altrettanto
scontato sistema di personaggi: un individuo eccezionale per coraggio e intelligenza approda in un ambiente
segnato dalla rassegnazione all’ingiustizia e pone le basi, nonostante le tante difficoltà e il generale scetticismo, per
una stagione di conquiste e riscatto.

Si direbbe che anche la cultura nera (il film di James è un tipico esempio di produzione cinematografica a
dominanza di colore: cinema nero rivolto ai neri) abbia assorbito quell’ideologia individualistica (solo se guidata
da personalità fuori dal comune la collettività può lottare per i propri diritti) che è centrale nella storia della
società statunitense e del Cinema bianco.

Siamo poi sicuri che il modo migliore di emanciparsi per chi è stato oppresso da secoli sia dimostrare di essere in
grado di saper fare meglio le stesse cose che fanno i suoi oppressori? E’ probabile che non tutti i neri che hanno
lottato negli ultimi decenni contro il razzismo la pensino così.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) Storia dello schiavismo negli USA.

               B) La lotta contro la segregazione razziale negli USA negli anni sessanta.

Geografia     Lo stato della Louisiana.

Educazione fisica    Il Basket.

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Passaggio in India

Passaggio in India
TITOLO ORIGINALE A Passage to India
REGIA David Lean
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Edward Morgan Forster e dall'adattamento teatrale di
Santha Rama Rau
SCENEGGIATURA David Lean
FOTOGRAFIA Ernst Day (colore)
MUSICA Maurice Jarre
INTERPRETI Judy Davis, Peggy Ashcroft, Victor Banerjee, James Fox, Alec Guinness, Nigel
Havers
PRODUZIONE John Brabourne e Richard Wilson, in associazione con John Heyman, Edward
Sands e la Home Box Office Inc.
DURATA 163'
ORIGINE Gran Bretagna, 1985
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
India, anni Venti. Miss Adela Quested raggiunge dall'Inghilterra Chandrapore, presidio indiano del dominio
coloniale britannico, dove si trova il fidanzato Mr. Heaslop, con cui si deve sposare. L' accompagna Mrs.
Moore, madre del promesso sposo. Giunte a destinazione, le due donne frequentano la buona società locale. In
particolare fanno la conoscenza di Aziz, un medico indiano di religione mussulmana, e di Cyril Fielding,
direttore del locale college e critico nei confronti del razzismo della comunità bianca. Durante una gita alle
grotte di Marabar, Aziz e Miss Quested rimangono soli in una delle caverne e ad un certo punto la giovane
donna fugge spaventata, accusando il medico indiano d'averla violentata. Si apre il processo contro Aziz, nel
corso del quale Miss Quested ritratta ogni accusa e l'indiano viene assolto.

TRACCIA TEMATICA
Il film contrappone la rigida moralità anglosassone, ispirata alla pratica dell'autocontrollo delle pulsioni e
delle passioni, alla fascinazione sensuale che emana dal paesaggio indiano e dalla sua millenaria cultura. Il
mondo britannico dei colonizzatori, abbarbicato ad un ideale di disciplinata razionalità, decoro e pudore che
dovrebbe caratterizzare il ruolo di dominatori portatori di una civiltà superiore, si confronta con il messaggio di
naturalità liberatoria proveniente dal mondo indiano.

Miss Quested, a contatto con questa dimensione così distante dalla sua educazione perbenista di stampo vittoriano,
vive un profondo smarrimento, confrontandosi con la propria componente istintiva, sino a quel momento

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Passaggio in India

repressa e rimossa (pensiamo al suo turbamento di fronte alle sculture erotiche in cui s'imbatte nella foresta).
All'interno delle grotte di Marabar si libera il suo inconscio e l'accusa (falsa) di violenza rivolta ad Aziz è la
risultante del desiderio sessuale che prova nei confronti dell'indiano e del perdurante tabù etnico-razzista che le
impedisce di confessarlo a se stessa. Attraverso questa traumatica esperienza Miss Quested compie un
percorso di maturazione che la porta a far chiarezza in se stessa con il riconoscimento di aver mentito e di
non amare Mr. Heaslop.

Aziz simboleggia l'ansia di una parte della borghesia indiana di essere accettata e stimata dai padroni britannici e
per questo manifesta un'ossequiosità perfino eccessiva nei confronti dei colonizzatori, salvo poi prendere
coscienza dell'impossibilità della sua aspirazione all'integrazione ed accettare la propria identità indiana. Da
parte loro Fielding e Godbole rappresentano i personaggi intellettualmente più dotati delle due comunità: il primo
intravede con lucidità il futuro d'indipendenza che spetta all'India, mentre il secondo esprime l'irriducibilità della
spiritualità indiana ai parametri occidentali.

VALUTAZIONE CRITICA
Lean conferma le sue spiccate doti di solido narratore e, soprattutto, la sua attitudine a sfruttare al meglio le
possibilità offerte dai paesaggi esotici. L'ambiente naturale indiano viene gestito dal regista inglese nel senso di
portarlo al massimo di espressività perché da esso emani un'intensa suggestione disinibitoria e istintuale.
L'atmosfera, densa di conturbante e misteriosa diversità, che avvolge gli squarci indiani con cui la repressa Miss
Quested e la vecchia Mrs. Moore vengono in contatto (le rovine archeologiche e le grotte di Marabar per la prima,
l'incanto panico del cielo stellato per la seconda) è una delle cose migliori del film e comunque delle più legate
alle capacità registiche in una pellicola ampiamente debitrice del romanzo di riferimento.

Va detto, altresì, come, anche attraverso le modalità linguistiche del kolossal (estrema attenzione alla resa
spettacolare, solennità dell'incedere narrativo, grandiosità delle scenografie, dilatazione della durata) Lean riesca a
riproporre la tematica da lui prediletta (fin dai tempi delle prime piccole produzioni inglesi) di eroi ed eroine
che, limitati e schiacciati dalla società cui appartengono, ambiscono a liberarsi (attraverso l'amore o altro) da una
realtà insoddisfacente.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La dominazione britannica in India.

B) La lotta per l'indipendenza dell'India.

Religione             La religione mussulmana e indù.

Lingua straniera: inglese         Confronto fra il romanzo di E.W. Forster e il film.

Geografia             L'India

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Patriota

Il patriota
TITOLO ORIGINALE The Patriot
REGIA Roland Emmerich
SOGGETTO E Robert Rodat
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Caleb Deschanel (colori)
MUSICA John Williams
MONTAGGIO David Brenner
INTERPRETI Mel Gibson, Heath Ledger, Joely Richardson, Tchéky Karyo, Jason Isaacs, Chris
Cooper
PRODUZIONE Dean Devlin, Mark Gordon, Gary Levinsohn per Mutual Film
Company/Centropolis Entertainment
DURATA 165'
ORIGINE USA, 2000
REPERIBILITA' Homevideo /Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Settecento

Cinema e Storia

TRAMA
Sud Carolina, 1776. Allo scoppio della Guerra d'Indipendenza Americana contro gli inglesi, Benjamin Martin,
proprietario terriero vedovo e padre di sette figli, non vuole arruolarsi perché pensa che sia suo dovere
proteggere la numerosa famiglia. Quando, però, uno dei suoi figli viene barbaramente ucciso dagli inglesi,
rompe ogni indugio ed inizia una sua guerra personale che lo porterà a diventare Lo spettro, inafferrabile capo
di una banda di volontari che semina morte e distruzione fra i nemici.

TRACCIA TEMATICA
Benjamin Martin rappresenta il paradigma perfetto del classico americano integro ed eroico che ha edificato
la nazione statunitense conquistandone l'indipendenza: proprietario terriero laborioso e attaccato alla sua terra,
esemplare padre di famiglia, pacifico per indole e vocazione, ma pronto a trasformarsi in valoroso combattente
qualora la situazione lo richieda.

Si tratta, naturalmente, di un modello ideale, prodotto di un immaginario patriottico collettivo che non ha
alcun riscontro storico, anche se è fondamentale nell'alimentare un'identità condivisa (l'americanità si
sostanzia, insomma, delle virtù incarnate dal personaggio di Martin).

Il patriota sostituisce così al rigore storico la mitologia di un'epopea nazionale in cui prevale la chiave epica e
l'esaltazione della figura dell'eroe in cui rispecchiarsi senza residui (è lo stesso meccanismo da cui sono
scaturiti il genere western e nell'Europa medioevale il romanzo cavalleresco).

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Patriota

All'esatta rievocazione degli eventi storici si sostituisce la semplificazione schematica che riduce la
complessità del reale alla contrapposizione dualistica Bene-Male, denotati in base al repertorio consacrato dalla
tradizione avventurosa, fiabesca e anche fumettistica (Martin e il suo perfido antagonista, il colonnello Tavington,
simboleggiano valore assoluto e malvagità assoluta senza analisi e approfondimento psicologici).

Un discorso a parte, infine, meriterebbe il modo, a dir poco paternalista, con cui è affrontato il tema della schiavitù
(l'unica possibilità di redenzione per i neri consiste nel combattere per i bianchi: solo mostrando il loro valore
possono diventare degni della libertà).

VALUTAZIONE CRITICA
La progettualità apertamente mistificante di un film come Il patriota è tipica della strategia hollywoodiana
degli anni Novanta, che finalizzata esclusivamente alla ricaduta commerciale del prodotto cinematografico è
andata riproponendo la confezione del kolossal rievocativo prescindendo quasi completamente da ogni
preoccupazione di verosimiglianza e credibilità storica, alimentando invece un'ideologia fortemente intrisa di
connotazioni nazionalistiche.

Ogni intento critico ed ogni pur timido accenno problematizzante scompaiono di fronte all'imperativo
spettacolare, incentrato sulle grandi scene di massa (le battaglie in particolare) e sulle suggestioni tutte esteriori di
un Settecento ricostruito puntando più sui costumi e sulle parrucche che sul tentativo di evocare, anche solo per
approssimazione, lo spirito di un'epoca.

Enfasi e retorica a piene mani e coinvolgimento emotivo suscitato da un intreccio romanzesco accuratamente
predisposto al ricatto sentimentale finiscono per stringere lo spettatore in una morsa che lo attanaglia
totalmente, impedendogli ogni riflessione e distanziazione dalla materia (che pur dovrebbero essere alcune delle
caratteristiche dei film storici migliori).

Siamo molto lontano dalla New Hollywood degli anni Settanta, quando la cinematografia americana seppe
confrontarsi con coraggio e spregiudicatezza con una spietata rivisitazione critica della Storia nazionale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 La Guerra d'Indipendenza Americana.

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Patton generale d'acciaio

Patton, generale d'acciaio


TITOLO ORIGINALE Patton
REGIA Franklin J. Schaffner
SOGGETTO Da Patton: Ordeal and Triumph di Ladislas Farago e A soldier's Story del
generale Omar N. Bradley
SCENEGGIATURA Francis Ford Coppola, Edmund North
FOTOGRAFIA Fred Koenekamp (colori)
MUSICA Jerry Goldsmith
MONTAGGIO Hugh S. Fowler
INTERPRETI George C. Scott, Karl Malden
PRODUZIONE Twentieth Century Fox
DURATA 170'
ORIGINE USA; 1970
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Seconda guerra mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Seconda Guerra Mondiale.Il generale Patton, dopo le vittorie ottenute nel Nordafrica contro le truppe tedesche
di Rommel, partecipa all'invasione della Sicilia occupando con brillanti manovre Palermo e Messina. Caduto in
disgrazia per aver schiaffeggiato un soldato con l'esaurimento nervoso, Patton viene emarginato dalle
operazioni militari più importanti a cominciare dallo sbarco in Normandia. Il generale Bradley lo mette al
comando della Terza Armata, affidandogli compiti di particolare difficoltà nella battaglia delle Ardenne. Patton
ottiene successi clamorosi e diventa ben presto una specie di leggenda vivente. Il suo forsennato anticomunismo
lo spinge, però, a caldeggiare un attacco all'URSS insieme ai tedeschi, cosicché viene immediatamente destituito
dal comando.

TRACCIA TEMATICA
Il generale Patton è quello che si dice un uomo tutto d'un pezzo, tenacemente legato alle proprie idee e
indisponibile ai compromessi e tantomeno ai cedimenti. Il suo credo si esprime in un militarismo eroico e
titanico, nutrito dall'ammirazione dei grandi condottieri del passato ed esaltato dal richiamo della vittoria.
Patton ama la guerra (sa concepirsi al comando di un'armata impegnata in prima linea) e detesta lo XX secolo, che
con il progresso tecnologico (vale più la potenza dell'apparato industriale che la genialità dei comandanti, laddove
Patton avrebbe voluto risolvere tutto con un duello tipo western con Rommel) ha ridotto il ruolo della gran
personalità nella storia e negli eventi bellici (la sua malinconica uscita di scena in campo lungo sullo sfondo di un
paesaggio privo di presenze umane sottolinea la solitudine di quest'anacronistico eroe d'altri tempi).

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Patton generale d'acciaio

C'è anche qualcosa di mistico nel modo con cui il protagonista vive la dimensione guerresca (pensiamo alla
sequenza nella quale rivive con assorto trasporto l'assedio di Cartagine sul luogo stesso dello scontro),
nell'irrazionale pulsione che lo spinge verso la gloria (il suo insensato piano per proseguire la guerra contro i
sovietici sembra più dettato dal desiderio di trovare un nuovo nemico contro cui indirizzare la propria innata
bellicosità che da motivato anticomunismo).

Il film evidenzia l'insanabile contraddizione fra la lucida consapevolezza da parte di Patton del proprio
smisurato e testardo narcisismo e l'insopprimibile e spesso irrazionale tensione al protagonismo, alimentato
dall'intenso desiderio di erigere attorno alla propria persona ancora vivente un alone di leggenda.

VALUTAZIONE CRITICA
Uscito nel bel mezzo della contestazione globale del sessantotto, Patton, generale d'acciaio subì l'accusa di
essere un film militarista (qualcuno disse addirittura fascista) che esaltava la guerra e il fascino della vittoria
in quanto tali, alimentando nel pubblico una discutibile identificazione col tronfio bellicismo del protagonismo. E'
indubbiamente legittimo e comprensibile che per una coscienza nutrita agli ideali del pacifismo il film di Schaffner
susciti una reazione di rigetto, ma sarebbe sbagliato ridurre la pellicola esclusivamente a quest'ottica.

La figura di Patton, infatti, non ci viene presentata esclusivamente contornata da una luce di gloria e
ardimento, ma è interpretata soprattutto in chiave romantico-crepuscolare, vista come esempio tipico di
eroe solitario incompreso dal tempo nel quale gli è toccato di vivere. In questo senso il film ripropone il
paradigma tipicamente hollywoodiano del personaggio eccezionale in conflitto con la società (pensiamo all'eroe del
western, che mette coraggio e abilità al servizio di una comunità nella quale non può e non vuole integrarsi). Non è
tanto il militarismo di Patton che il film vuole evidenziare (e tantomeno esaltare), ma il suo individualismo
irriconciliato con la contemporaneità, secondo i canoni tradizionali di una cinematografia da sempre
sensibile al mito del genio e della sregolatezza.

Questo aspetto è ben evidenziato dalla visionaria ed astratta sequenza d'apertura che ci consegna da subito il
protagonista in una dimensione di grandiosa solitudine dietro un'enorme bandiera americana (si direbbe che Patton
non parli a nessuno, se non a se stesso), dalla pistola con il calcio d'avorio in vista che richiama i pistoleri del West
(a suggerire l'idea che Patton ha forse sbagliato film), al suo inquieto vagare in spaziose stanze di vecchi castelli
(l'inazione lo rende insofferente), alla sua sagoma impettita a bordo di un cingolato (ma un cavallo bianco sarebbe
più indicato alla sua personalità: ed, infatti, lo vediamo a guerra finita cavalcare in un maneggio a guisa di
monumento equestre).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                     A) La Seconda Guerra Mondiale.

 B) La figura del generale Patton.

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Pattuglia perduta

La pattuglia sperduta
TITOLO ORIGINALE Pattuglia sperduta-Vecchio regno
REGIA Piero Nelli
SOGGETTO E Franco Cristalli, Ivon De Begnac, Oscar Navarro, Piero Nelli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Alfieri Canavero (bianconero)
MUSICA Goffredo Detrassi
MONTAGGIO Enzo Alfonsi
INTERPRETI Oscar Navarro, Giuseppe Raumer, Annibale Biglione, Filippo Posca
PRODUZIONE Vides
DURATA 97’
ORIGINE Italia, 1952
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Risorgimento

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Marzo 1849, tra il Piemonte e la Lombardia. La prima Guerra d’Indipendenza è giunta al suo epilogo, a Novara
l’esercito piemontese è prossimo allo scontro decisivo con l’armata austriaca che ha ricacciato dalla Lombardia
le truppe sabaude che l’anno prima vi erano entrate sull’onda delle Cinque Giornate di Milano. Una pattuglia
di soldati piemontesi si mette in marcia per raggiungere il grosso dell’esercito a Novara, ma ben presto si sperde
tra le nebbie della pianura padana, incalzata dagli austriaci in netta superiorità numerica. Quando i pochi
superstiti arrivano sul campo di battaglia di Novara, lo scontro si è già concluso con la vittoria austriaca.

TRACCIA TEMATICA
In La Pattuglia sperduta convergono molteplici intenzioni, tutte in controtendenza rispetto alle modalità con
cui il Cinema italiano aveva sino a quel momento rappresentato il Risorgimento (se escludiamo in parte 1860
di Blasetti). Alla centralità di mitiche e grandiose figure storiche esaltate (quasi sempre in modo acritico) dalla
tradizione, qui si contrappongono personaggi anonimi e semplici, consacrati ad un oscuro eroismo, che nella
eterogeneità della loro collocazione sociale (si va dal ricco borghese al contadino) dovrebbero essere
rappresentativi dell’intera comunità nazionale; la retorica celebrazione di grandi vittorie è sostituita dall’affannoso
vagare di una piccola pattuglia in una campagna umida e fangosa che si conclude con la desolata constatazione
di una drammatica sconfitta (cosa rara, se non unica, nella nostra cinematografia storica, almeno a tutti gli anni
Cinquanta e oltre); l’enfasi nazionalistico-patriottica presente nelle pellicole risorgimentali del passato (all’epoca
del ventennio in chiave funzionale alla tesi: fascismo= realizzazione degli ideali del Risorgimento) lascia il posto
ad una visione più dimessa e umanizzata, più aderente alla realtà e alla dimensione morale e psicologica della
gente comune e semmai si coglie qualche riferimento politico-storico anacronistico questo sembra diretto alla
Resistenza antinazista appena conclusasi (la distruzione della cascina e la fucilazione dei contadini rimanda alle
stragi tedesche della Seconda Guerra Mondiale).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/220.htm[12/07/2017 19:10:28]
Pattuglia perduta

VALUTAZIONE CRITICA
Il Risorgimento italiano viene rivisitato sulla base della nuova sensibilità neorealista, sbocciata nel nostro
paese nell’immediato secondo dopoguerra, chiaramente rinvenibile nell’uso di attori non-professionisti, dai volti
apertamente antidivistici e dal parlato di stampo dialettale, nell’attenzione per i dettagli minuti della quotidianità e
l’attenzione nei confronti della componente più povera della società (in questo caso i contadini), nella prevalenza
degli esterni (un paesaggio rurale fotografato con grande sensibilità figurativa), nella scarsità dei mezzi a
disposizione (è un film bellico-storico, ma l’impostazione generale è antispettacolare e dimessa, l’attenzione non si
concentra tanto sulle sequenze d’azione quanto sulla dimensione umana dei personaggi e sulle conseguenze
negative sui civili provocate dalla guerra), nel rifiuto di ogni intonazione trionfalistica a favore di un’ incombente
atmosfera di sconfitta che sembra avvolgere uomini e cose, nella ricerca di un effetto di coralità che impedisce
l’imporsi di una singolo personaggio.

Il risultato di questo tentativo di innestare i nuovi orizzonti linguistici e morali del neorealismo sul tessuto
della storia patria è nel complesso interessante e lodevole, anche se il film appare appesantito da qualche
eccesso retorico in chiave didascalica (il discorso dell’ufficiale ai suoi soldati sulla necessità di realizzare gli
ideali unitari e nazionali) e da una certa difficoltà ad amalgamare le numerose suggestioni contenutistiche ed
espressive che si affollano nella pellicola.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Il Risorgimento italiano.

B) La Prima Guerra d’Indipendenza.

C) L’Italia all’inizio degli anni Cinquanta del XX secolo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/220.htm[12/07/2017 19:10:28]
Pazzi in Alabama

Pazzi in Alabama
TITOLO ORIGINALE Crazy in Alabama
REGIA Antonio Banderas
SOGGETTO Dal romanzo Tutti pazzi in Alabama di Mark Childress
SCENEGGIATURA Mark Childress
FOTOGRAFIA Julio Macat (colori)
MUSICA Mark Snow
MONTAGGIO Maysie Hoy, Robert C. Jones
INTERPRETI Melanie Griffith, David Morse, Lucas Black, Rod Steger, Robert Wagner
PRODUZIONE Meir Teper, Linda Goldstein Knowlton per Green Moon
DURATA 109’
ORIGINE USA, 1999
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Alabama, 1965. L’adolescente Peejoe, orfano di entrambi i genitori, vive con il fratello dalla nonna. Un giorno
l’amatissima zia Lucille decapita il marito violento e fugge in California decisa a sfondare come attrice. Intanto
nella cittadina dove Peejoe è mandato a soggiornare con lo zio Dove, impresario di pompe funebri, si scatenano
violenti scontri razziali, ai quali il ragazzo partecipa dalla parte della popolazione di colore che rivendica i propri
diritti. Quando zia Lucille è arrestata si svolge il processo, al quale Peejoe testimonia denunciando le
responsabilità dello sceriffo razzista del paese, che ha ucciso un ragazzo di colore.

TRACCIA TEMATICA
Il collegamento tra il gesto omicida della svitata zia Lucille e la lotta dei neri per i propri diritti va ricercato
nella medesima tensione verso la libertà. L’estate del 1965 (Martin Luther King guida la lotta per i diritti civili, la
cultura pop impazza, la contestazione giovanile è dietro l’angolo, la guerra del Vietnam sta per iniziare) diventa
così per Peejoe il momento cruciale della propria crescita e maturazione in direzione dell’ingresso nel mondo degli
adulti. Antirazzismo e femminismo si intrecciano, dunque, in un film che vuole essere soprattutto una storia
di formazione di un adolescente a contatto con l’orrore del mondo e con la forza salvifica della pazzia (che
non è solo quella di zia Lucille, ma anche il coraggio e la determinazione dei ragazzi neri che occupano la piscina)

La testa del marito che zia Lucille si porta dietro e la benda che copre l’occhio pesto di Peejoe diventano
rispettivamente i segni tangibili e simbolici della difficoltà a liberarsi completamente della sudditanza mentale dal
marito-padrone e di quanto traumatico possa essere l’impatto con la realtà per un adolescente abituato agli spazi
rassicuranti e accoglienti della campagna (le immagini iniziali di Peejoe insieme con il fratello).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm088.htm[12/07/2017 19:10:29]
Pazzi in Alabama

VALUTAZIONE CRITICA
Pazzi in Alabama si muove su due piani narrativi, la tensione razziale nella piccola cittadina dove abita Peejoe e
l’omicidio e fuga di zia Lucille, che stentano a fondersi in modo convincente, rimanendo piuttosto estranei
uno all’altro. La vicenda della lotta dei neri per i diritti civili è condotta secondo i tradizionali canoni realistici del
Cinema politico-sociale americano (si direbbe quasi che lo spagnolo Banderas, esordiente regista a Hollywood,
abbia voluto ancorarsi ad un solido retroterra di genere), scontando un accentuato manierismo, mentre la storia
del viaggio di Lucille verso Hollywood (pur ripercorrendo anche in questo caso qualche stereotipo da road-movie)
risulta più originale ed inventiva, molto giocata su una vena visionaria e moderatamente surreale e su una
divertita esibizione di gusto kitsch (e qui è probabile che abbiano giocato i trascorsi almodovariani del regista).

Si può dire che il tono grottesco ed ironico di questa metà del film alleggerisca la seriosità dell’altra metà,
incentrata su funerali, lacrime e scene madri già viste tante altre volte.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La lotta dei neri per i diritti civili.

               B) La figura di Martin Luther King.

Geografia     Lo stato dell’Alabama.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm088.htm[12/07/2017 19:10:29]
Pazzia di re Giorgio

La pazzia di re Giorgio
TITOLO ORIGINALE The madness of King George
REGIA Nicholas Hytner
SOGGETTO E Alan Bennet dal suo lavoro teatrale The madness of King George III
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Andrew Dunn (colore)
MUSICA George Fenton
MONTAGGIO Tariq Anwar
INTERPRETI Nigel Hawthorne, Helen Mirren, Rupert Everett, Ian Holm
PRODUZIONE David Parfitt
DURATA 109'
ORIGINE Gran Bretagna, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Settecento

Cinema e Storia

TRAMA
Inghilterra, 1788. Il re Giorgio III comincia a dare chiari segni di squilibrio mentale. Il figlio maggiore,
Principe di Galles, trama per essere nominato reggente. Il cancelliere Pitt, consapevole che la destituzione del
sovrano implicherebbe la sua caduta in disgrazia, assolda uno sconosciuto guaritore di campagna col compito di
guarire il re. Quando sta per essere votata dal Parlamento la sua destituzione, il monarca migliora sino al punto
di presentarsi di fronte ai deputati in stato di riacquistata lucidità mentale. I Pari del regno lo acclamano e il
Principe di Galles ritorna con la coda fra le gambe a ricoprire il suo ruolo di erede all'ombra del padre.

TRACCIA TEMATICA
Quali sono le ragioni precise che scatenano l'impazzimento del sovrano? La perdita delle colonie d'America o la
diminuzione di potere a favore della Camera dei Lord o l'inettitudine del debosciato Principe di Galles, desideroso
che il padre muoia per prenderne il posto? Chissà, forse tutto ciò o niente di questo.

Il film sembra, invece, reinterpretare a modo suo l'episodio storico suggerendo l'idea che re Giorgio voglia liberarsi
delle responsabilità annesse ai suoi doveri di sovrano e degli innumerevoli obblighi di etichetta e di cerimoniale
che ne scandiscono la giornata, obbligandolo a soffocare il suo estroverso temperamento. In altre parole il
monarca esprime con la follia l'insofferenza nei confronti dell'ipocrisia e del forzato autocontrollo cui il suo
ruolo lo obbliga. E questo finisce per renderlo l'eroe positivo del film, il dissacratore irridente di un
ambiente di corte dominato da una sin troppo lucida e cinica freddezza calcolatrice orientata esclusivamente
al mantenimento e alla conquista di posizioni di potere e di privilegio. Una fauna umana (se si esclude
l'affettuosa e amorevole regina Carlotta e l'ingenuo capitano Greville) assolutamente incapace di esprimere il
minimo barlume di umanità e moralmente corrotta, la cui frequentazione (come giustamente dice il re) farebbe

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Pazzia di re Giorgio

impazzire ogni persona dabbene.

La pazzia di re Giorgio è, insomma, una riflessione sul potenziale liberatorio della follia (le tante verità
pronunciate dal sovrano nel suo delirio mentale) e sull' autorepressione inibitoria della propria autentica
personalità che s'accompagna alla gestione del potere (dove il sembrare deve prevalere sull'essere).

VALUTAZIONE CRITICA
Hytner si muove tra due estremi stilistici in connessione con il contenuto. Fastosamente accurato, illustrativo e
teatrale, nella rappresentazione dei cerimoniali della monarchia e prevalentemente disteso e controllato nel ritmo
quando ci si muove all'interno dell'ufficialità e degli intrighi di palazzo (cioè di quella che era la norma nella vita di
corte), il film diventa convulso e irrefrenabile (montaggio nervoso, inquadrature eccentriche, grandangoli
deformanti, carrelli veloci e spasmodici) quando ci mostra le incontenibili evoluzioni fisiche e verbali del sovrano
impazzito. Un dualismo che si riversa anche sul piano degli ambienti, dove gli interni cupi e claustrofobici
fanno da sfondo alle trame subdole dei cortigiani e dei politici o sono i fondali di una prigione da cui re Giorgio
brama di fuggire, mentre gli esterni soleggiati ed erbosi diventano lo spazio verso cui si protende questa ansia di
fuga.

Ben recitato da bravi attori teatrali (gli stessi che hanno portato la commedia sul palcoscenico) e ben servito da una
sceneggiatura che mescola con intelligenza battute altisonanti e solenni con il gusto (tutto britannico) per l'ironia e
l'umorismo, La pazzia di re Giorgio costituisce, per quel tanto di antiaccademico e anticonvenzionale riesce ad
offrire, una novità nel panorama sempre un po' troppo ingessato e calligrafico del cinema storico britannico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia              A) L'Impero britannico alla fine del XVIII secolo.

                        B) La figura di Giorgio III d'Inghilterra.

Lingua straniera: inglese             Re Lear di W. Shakespeare.

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Pearl Harbour

Pearl Harbour
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Michael Bay
SOGGETTO E Randall Wallace
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA John Schwartzman (colori)
MUSICA Hans Zimmer
MONTAGGIO Chris Lebenzon, Steven Rosenblum, Mark Goldblatt, Roger Barton
INTERPRETI Ben Afflick, Josh Hartnett, Kate Beckinsale, Cuba Gooding jr, Tom Sizemore, Alec
Baldwin, John Voight
PRODUZIONE Jerry Bruckheimer, Michael Bay per Touchstone Pictures/Jerry Bruckheimer
Films
DURATA 182’
ORIGINE Stati Uniti, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Rafe e Danny sono amici d’infanzia  e condividono la passione del volo. Nel 1941 Rafe parte per Londra, dove
si arruolai nella RAF per partecipare alla battaglia d’Inghilterra. Mentre Rafe combatte in Europa, Danny
viene assegnato alla base di Pearl Harbor nelle Hawaii e qui conosce Evelyn, la fidanzata del suo amico.Un
giorno arriva la notizia che Rafe è deceduto in una missione di volo e Danny ed Evelyn iniziano una relazione
amorosa. Ma Rafe non è morto e, trasferito proprio alle Hawaii, si trova di fronte al suo miglior amico
innamorato della sua donna. Intanto il 7 dicembre del 1941 i giapponesi attaccano la base di Pearl Harbor
dando inizio alle ostilità con gli Stati Uniti. Per Rafe e eDanny è giunto il momento di mettere da parte le
questioni personali per correre in difesa della patria.

TRACCIA TEMATICA
Pearl Harbor propone due piani narrativi ben distinti. Il primo è costituito dal triangolo amoroso tra i
protagonisti, gestito secondo i canoni della tradizione melodrammatica. Amore e amicizia si intrecciano e
confliggono trascinando i personaggi in un fatale susseguirsi di eventi e passioni travolgenti. Il secondo è dominato
dall’irrompere nella sfera dei drammi privati della guerra, che costringe tutti a dimenticare il personale per mettersi
al servizio della nazione.

Alla ricostruzione dell’episodio bellico dell’attacco giapponese a Pearl Harbor il film aggiunge una protesi che
travalica quelli che dovrebbero essere i limiti cronologici suggeriti dal titolo. L’incursione aerea statunitense sulla
città di Tokio con bombe incendiarie, che provocò numerose vittime tra la popolazione civile, viene proposta
come una legittima ritorsione dopo la proditoria azione contro la flotta americana alle Hawaii. Forse che con
questo finale piuttosto fuori tema si voglia andare oltre, giustificando le tragedie di Hiroshima e Nagasaki? Oppure
si intende dare una legittimazione morale all’attuale interventismo statunitense nel mondo in nome della lotta
contro il terrorismo?  

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2003/5framefilm008.htm[12/07/2017 19:10:30]
Pearl Harbour

VALUTAZIONE CRITICA
Pur nella differenziazione dei registri narrativi, ciò che fornisce unità stilistica ad un film come Pearl Harbour è
sicuramente la ricerca di un ritmo all’insegna di un’accentuata velocità, scandito da un montaggio di estrema
rapidità costituito da inquadrature brevissime, che quasi impediscono all’occhio di fissarsi sull’immagine. Ne
consegue un affievolirsi dell’intensità della pellicola, che proprio in quanto assume riferimenti narrativi legati a
dinamiche di forte coinvolgimento emotivo dello spettatore (come il melò) non permette a quest’ultimo di vedere la
propria partecipazione sedimentarsi in un graduale e calibrato snodarsi della vicenda e dei colpi di scena. La
convulsa mobilità produce, insomma, un’esagitazione che va a scapito della concentrazione drammatica
trasformando il film in un esemplare dell’estetica imperante nella Hollywood degli ultimi anni, dominata
dall’imperativo di travolgere lo spettatore con un flusso stordente di inquadrature. Quest’impostazione è
particolarmente evidente nella seconda parte del film, quella bellica, dove il modello sembra diventare la play-
station e dove la rielaborazione elettronica delle immagini mette in crisi lo stesso statuto del kolossal tradizionale,
che era tale nella misura in cui mobilitava tanti di quei mezzi per costruire grandiose scenografie quali solo la
potenza economica del Cinema hollywoodiano poteva permettersi.

La ricchezza di soluzioni tecnologiche computerizzate (la stessa sceneggiatura nel suo accostare piani narrativi
incomunicanti tra di loro sembra frutto di un’indagine di mercato tesa a soddisfare i gusti di un pubblico
eterogeneo) finisce per tramutarsi in una sostanziale povertà che fa rimpiangere la lenta e solenne costruzione
narrativa di un altro film di trent’anni fa sullo stesso argomento, Tora, Tora, Tora di R. Fleischer.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                              A) La seconda Guerra Mondiale

                                        B) La battaglia del Pacifico

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Per chi suona la campana

Per chi suona la campana


TITOLO ORIGINALE For Whom the Bell Tolls
REGIA Sam Wood
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Ernest Hemingway
SCENEGGIATURA Dudley Nichols
FOTOGRAFIA Rey Rennahan (colore)
MUSICA Victor Young
MONTAGGIO Sherman Todd, John Link
INTERPRETI Gary Cooper, Ingrid Bergman, Akim Tamiroff, Katina Paxinou
PRODUZIONE Sam Wood per Paramount Pictures
DURATA 130'
ORIGINE USA, 1943
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Guerra di Spagna

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Spagna, 1937. L'americano Robert Jordan viene incaricato dallo stato maggiore repubblicano di far saltare un
ponte presidiato dai falangisti. Accompagnato dal vecchio Anselmo, Robert raggiunge sui monti la banda dello
zingaro Pablo e della sua compagna Pilar. Nel rifugio dove Robert si sistema c'è anche Maria, una ragazza
orfana violentata dai falangisti. I due si innamorano. Il ponte viene fatto saltare, ma Robert è ferito gravemente
e convince i compagni ad abbandonarlo: proteggerà la loro ritirata appostato tra le rocce con la mitragliatrice.

TRACCIA TEMATICA
Girato nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, nella quale gli Stati Uniti erano impegnati, Per chi suona la
campana (che prima di essere portato sullo schermo era stato un grande successo letterario del premio Nobel
Hemingway, che per altro non gradì molto la trasposizione cinematografica di Wood) assume anche una precisa
connotazione propagandistica in chiave antifascista (anche se la Spagna franchista non partecipava al conflitto,
svolge nell'economia simbolica del film il ruolo di supplenza del nazismo). Il film, infatti, struttura con chiarezza
il proprio sistema di valori: il Bene è rappresentato da Robert e i suoi compagni, che incarnano gli ideali di
libertà e democrazia, il Male dai falangisti, privati di individualità riconoscibili e ridotti a pure presenze ostili (o
evocati nelle loro atrocità dalla triste esperienza di Maria).

Per il resto la pellicola gioca sull'intrecciarsi e sovrapporsi fra dimensione umana e psicologica dei
personaggi e dimensione storica. Le necessità inderogabili del conflitto costringono così Robert a forzare la
propria natura uccidendo l'amico ferito e al sacrificio finale, episodi questi che sottolineano l'alto prezzo da
pagare nella lotta contro la tirannide. Di fronte alla necessità suprema anche il carattere difficile dell'anarchico
Pablo finisce per piegarsi, mentre la sua donna Pilar esprime quelle doti di energia e volontà, temperate da solida
umanità, fondamentali per non lasciarsi travolgere da dubbi e incertezze.

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Per chi suona la campana

VALUTAZIONE CRITICA
Per chi suona la campana rappresenta un tipico esempio della modalità del Cinema hollywoodiano del
periodo classico (anni Trenta e Quaranta) di accostarsi a tematiche di impegno civile e politico (e tale deve
essere considerato questo film, più che storico in senso stretto, a causa della vicinanza temporale degli eventi
trattati e dell'evidente finalizzazione in senso propagandistico). Si tende, cioè, a privilegiare l'aspetto romanzesco
(e qui anche romantico) della storia, cercando di adattarla ai canoni narrativi dei generi più consolidati (in
questo caso il western, soprattutto se pensiamo alla cornice paesaggistica), lasciando sullo sfondo il contesto più
specificatamente politico. La presenza, poi, di grandi divi come Cooper e la Bergman accentua l'approfondimento
del versante sentimentale e amoroso a scapito del resto e l'uso del colore (all'epoca agli inizi e ancora poco usato)
determina una particolare sottolineatura delle suggestioni esotiche dell'ambiente (il film venne girato in Messico
sulla Sierra Nevada, anche se gran parte delle riprese furono effettuate in studio con la tecnica del trasparente).

Nonostante questi condizionamenti spettacolari e la tendenza all'enfatizzazione declamatoria e melodrammatica, la


pellicola conserva un suo vigore narrativo e qualcosa dello spirito più autenticamente hemingwayiano nella
figura del protagonista Robert, eroe tormentato in costante contatto con la morte.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 La Guerra Civile Spagnola

Lingua straniera: inglese     A) Confronto fra Il romanzo di E. Hemingway e il film.

                                               B) Hemingway giornalista alla Guerra di Spagna.

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Per il re e per la patria

Per il re e per la patria


TITOLO ORIGINALE King and Country
REGIA Joseph Losey
SOGGETTO Dal dramma Hamp di John Wilson, ispirato da un capitolo di Return to the wood
e dal dramma radiofonico The Case of Private Hamp di James Lonsdale Hodson
SCENEGGIATURA Evan Jones
FOTOGRAFIA Denys Coop (bianconero)
MUSICA Larry Adler
INTERPRETI Dirk Bogarde, Tom Courtenay
PRODUZIONE Joseph Losey, Norman Priggen e Daniel M. Angel per la British Home
Entertainment
DURATA 86'
ORIGINE Gran Bretagna, 1964
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Prima guerra mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Prima Guerra Mondiale, fronte occidentale, 1917. Un soldato inglese di nome Hamp fugge di fronte al nemico a
causa del trauma provocatogli da una bomba esplosa a distanza ravvicinata. Processato davanti alla corte
marziale, viene difeso dal capitano Hargreaves, che cerca di sottolineare le condizioni di precarietà psicologica
che hanno determinato l'allontanamento dal fronte di Hamp. Nonostante l'impegno del capitano il soldato è
condannato a morte come disertore.

TRACCIA TEMATICA
Per il re e per la patria costituisce un atto d'accusa contro il militarismo, incarnato dalle alte gerarchie
dell'esercito, che non si fanno scrupolo di sacrificare la vita di un uomo per dare un esempio alla truppa prima di un
attacco.

Il soldato Hamp, nella sua disarmante ingenuità, esprime un'umanità innocente e candida, incapace di menzogne e
sotterfugi (ed è stato giustamente affermato che verità e innocenza sono le prime vittime di ogni guerra). Il povero

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Per il re e per la patria

militare non è un codardo, ma un essere umano che ha intuito per un attimo l'assurda inutilità della guerra
e se ne è ritratto inorridito.

Il capitano Hargreaves, dapprima contrariato dall'incarico che gli è stato assegnato, si fa sempre più coinvolgere dal
ruolo assunto, provando una sincera indignazione per l'ingiustizia di cui Hamp è vittima e per il disumano
meccanismo di Potere che la determina. Nel suo insistente richiamo finale al senso del dovere si può cogliere
l'incipiente insinuarsi in lui del dubbio sul significato ultimo del principio dell'obbedienza e della gerarchia. Con il
colpo di pistola ad Hamp forse rimuove simbolicamente l'affiorare di questa inquietante consapevolezza.

VALUTAZIONE CRITICA
Losey racchiude il suo film fra immagini reali di fotografie d'epoca: allo scheletro del soldato si sovrappone il
profilo di Hamp, in un' evidente anticipazione del destino ineluttabile che lo attende. Ancor prima l'enfasi
marmorea di un imponente monumento londinese è destinata ad essere contraddetta dal degrado umano e morale
che sta per emergere dal fango delle trincee.

La profondità di campo e l'angustia di una trincea ricostruita in studio assegnano al film una dimensione teatrale
che accentua la sensazione claustrofobica di costrizione in uno spazio ristretto (non si va quasi mai oltre la
figura interna), un senso di soffocante oppressione (incentivata dalla pioggia continua, dallo sprofondare nel fango
e dalle ininterrotte esplosioni di sottofondo) che suggerisce l'idea di un' impossibile fuoriuscita, di un copione
dall'esito scontato.

In questo luogo di abbrutimento e spersonalizzazione uomini e animali si confondono sino


all'identificazione: al processo reale a Hamp si abbina la parodia del processo al topo inscenata dai suoi
commilitoni ed al suo corpo esanime succede l'immagine fotografica di un cavallo morto nel fango (con un
procedimento simmetrico e speculare al montaggio d'apertura).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Prima Guerra Mondiale.

B) L'Inghilterra nel conflitto.

C) La guerra di trincea.

D) La corte marziale e i processi per codardia e diserzione nel corso della


Prima Guerra Mondiale.

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Il pianista

Il pianista
TITOLO ORIGINALE The Pianist/Le pianiste
REGIA Roman Polanski
SOGGETTO Dall’autobiografia di Wladyslaw Szpilman
SCENEGGIATURA Ronald Harwood
FOTOGRAFIA Pawel Edelman (colori)
MUSICA Wojciech Kilar
MONTAGGIO Hervé de Luze
INTERPRETI Adrien Brody, Daniel Caltagirone, Thomas Kretschmann, Emilia Fox, Michal
Zebrowski, Ed Stoppard, Maureen Lipman, Frank Finlay
PRODUZIONE Robert Benmussa, Roman Polanski, Alain Sarde per Beverly Detroit/Interscope
Communication/Mainstream S. A. Meespierson FilmCv/R.P. Productions/Studio
Canal
DURATA 148’
ORIGINE Gran Bretagna-Francia-Germania-Polonia-Olanda, 2002
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, Intolleranza, Immigrazione, Società


multietnica/Individuo e Società

TRAMA
 Polonia, 1939-45. Il pianista ebreo Wladislaw Szpilman riesce a sfuggire, unico della sua famiglia, alla
deportazione nei lager. Si ritrova a dover sopravvivere nella Varsavia occupata dai nazisti, passando da un
nascondiglio ad un altro e correndo sempre il rischio di essere arrestato. Tra privazioni e sofferenze d’ogni tipo
riuscirà a vedere la fine della guerra.

TRACCIA TEMATICA
Il pianista si offre a due livelli di lettura successivi e concentrici. Il primo e più immediato inserisce la vicenda
dell’ebreo Szpilman nel contesto storico determinato dell’occupazione nazista della Polonia e dello sterminio
del popolo ebraico: il protagonista si pone così nel duplice ruolo di vittima e spettatore insieme dell’Olocausto,
misurando tutta l’angoscia che deriva dallo scontare la sopravvivenza con la terribile sorte di assistere come
impotente testimone all’erompere della tragedia (di grande impatto la sequenza nella quale guarda atterrito alle
agghiaccianti scene della rivolta del ghetto).E’ più tremenda la sorte del deportato o quella di chi è costretto a stare
(letteralmente) alla finestra? Inoltre, la sua condizione di perenne fuggiasco, di animale braccato che si sposta da
un rifugio all’altro diventa metafora della condizione dell’ebreo errante nella Storia, ovunque perseguitato e sempre
alla ricerca di una terra più ospitale.

Il secondo livello di lettura consegna il calvario di Szpilman ad una dimensione simbolica più ampia, che
sfugge alla referenzialità storica per suggerire quello che è il destino di disperante solitudine riservato
all’uomo in quanto tale in questo mondo (indipendentemente da tempi e luoghi specifici): una vittima
predestinata dal Male trionfante nell’umanità e sull’umanità, condannata all’isolamento e alla persecuzione
(significative in questo le sequenze della vicina di casa che lo mette in fuga e della mitragliata sparata contro il
protagonista dai russi).

In questa prospettiva di desolante pessimismo l’arte (in questo caso la musica) assume un ruolo salvifico
(l’unico possibile), capace di offrire una ragione di vita anche nelle condizioni più difficile e di diventare anche
strumento di comunicazione con i nostri stessi persecutori.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2004-05/6framefilm19.htm[12/07/2017 19:10:35]
Il pianista

VALUTAZIONE CRITICA
Polanski è sempre stato considerato come un maestro del genere orrifico. Se questa valutazione è senz’altro
corretta, va però precisato che una delle caratteristiche del regista è quella di avere allargato i confini del genere,
assumendosi il compito attraverso i suoi numerosi film di espandere il concetto di orrore ben aldilà di quel che
comunemente si intende con questo termine nella storia del Cinema. Polanski ha cioè voluto indagare le
molteplici dimensioni con cui il Male è dominante nella nostra esistenza, anche quella apparentemente più
quotidiana e tranquillizzante, traendo da questa concezione pessimistica del destino umano l’ossessione che
domina tutta la sua opera cinematografica.

Il pianista si inserisce perfettamente in questo percorso artistico, nel quale la biografia del vero pianista Szpilman
(1911-2000) e la sua personale (il regista visse direttamente da bambino l’esperienza del ghetto di Varsavia) si
fondono per andare, ormai giunto Polanski alla settantina, alle lontane origini di quella sua acuta sensibilità alla
presenza del Male nel mondo.

Questa premessa serve a spiegare lo stile dominante nella pellicola che, dopo una prima parte di chiara impronta
realistica, assume nella seconda, nella quale alla tragedia di un popolo e di una nazione si sostituisce l’oppressione
claustrofobica e allucinatoria del protagonista, una coloritura narrativa e figurativa decisamente orientata in
senso surreale ed astratto.

Non si può, infine, non sottolineare la capacità registica di mantenere un registro di narrazione alquanto sobrio e
misurato, rifuggendo da facili spettacolarizzazione e truculenze (cosa non sempre facile quando ci sono di mezzo
certi argomenti).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) La Seconda Guerra Mondiale

                        B)     Lo sterminio degli ebrei in Europa

                       C)    Il nazismo e l’antisemitismo nella storia d’Europa

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2004-05/6framefilm19.htm[12/07/2017 19:10:35]
Piazza delle cinque lune

Piazza delle Cinque Lune


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Renzo Martinelli
SOGGETTO E Renzo Martinelli, Fabio Campus
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Blasco Giurato (colori)
MUSICA Paolo Buonvino
MONTAGGIO Massimo Quaglia
INTERPRETI Donald Sutherland, Giancarlo Giannini, Stefania Rocca, F. Murray Abraham
PRODUZIONE Martinelli Film Company Int./Istituto Luce/Spice Blue Star Ltd./box! Film
DURATA 129’
ORIGINE Italia-Gran Bretagna-Germania, 2002
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
 Un giudice in pensione riceve da un ex-brigatista rosso materiale scottante su sequestro e uccisione
dell’onorevole Aldo Moro avvenuta nel 1978. Coadiuvato da alcuni suoi collaboratori inizia a indagare
seguendo le tracce che via via gli sono fornite dal suo misterioso informatore fino ad accostarsi a clamorose
verità.

  

TRACCIA TEMATICA
 Piazza delle cinque lune è un classico film a tesi, che vuole dimostrare il seguente assunto: a distanza di quasi
trent’anni la verità sul caso Moro è ancora da fare e questo perché poteri occulti e forze oscure hanno impedito (e il
film ci dice che impediscono ancora) che si facesse luce sul più grave delitto politico della storia della nostra
repubblica; si tratta di quelle stesse entità (i servizi segreti italiani infiltrati dalla loggia segreta P2, l’organizzazione
clandestina Gladio e i servizi statunitensi) che hanno avuto un ruolo decisivo nell’organizzazione e nella gestione
del sequestro dell’esponente politico democristiano, servendosi delle brigate rosse come inconsapevole strumento di
un disegno che le travalicava e di cui non avevano consapevolezza. Scopo di questo complesso e articolato
complotto impedire l’entrata del PCI (il più forte partito comunista dell’Europa occidentale) nell’orbita del
governo, secondo quanto era nelle prospettive strategiche di Moro (che venne rapito proprio il giorno in cui in
Parlamento si doveva inaugurare il nuovo governo di unità nazionale incentrato sull’alleanza DC-PCI). Il quadro
politico internazionale, dominato dalla divisione del mondo tra USA e URSS in rigide sfere di influenza, non
poteva tollerare questa infrazione della logica spartitoria di Yalta.
Approvato dalla famiglia dello statista scomparso (il nipote Luca canta alla chitarra nel finale del film), che è
sempre stata molto polemica nei confronti della versione ufficiale, il film di Martinelli ripropone con grande
convinzione un’ipotesi ripetutamente riaffiorante e che, aldilà della sua credibilità, ha sempre trovato sostegno e
alimento nelle numerose contraddizioni e reticenze che hanno costellato le tante ricostruzioni e indagini che si sono
succedute in questi anni.    

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm012.htm[12/07/2017 19:10:36]
Piazza delle cinque lune

 Martinelli sceglie la strada del giallo thriller per filtrare la sua verità sul caso Moro, non rinunciando ad
alcuno dei luoghi tipici del genere (ripetuti assassini, atmosfere misteriose e minacciose, inseguimenti, ecc..) ed
optando per un linguaggio aggressivo e incalzante (montaggio a strappi improvvisi, musica sparata,
inquadrature oblique e deformanti, effetti digitali) coniugato con la tradizione del film-inchiesta politico
(filmati originali, ricostruzioni documentaristiche in bianconero). Ne esce una mescolanza eterogenea e
composita, che tende a sfuggire un po’ di mano al regista, privo della capacità di riportare il procedere della
narrazione ad un filo conduttore unitario (le esigenze della spettacolarizzazione dilatano la parte più banalmente
commerciale).
Anche la tesi che sorregge il film finisce per essere urlata con eccessiva irruenza più che esposta con lineare
progressione, più alla ricerca della clamorosa ed effettistica rivelazione che della lucida e precisa ricostruzione. Si
ha un effetto di affastellamento congestionante di dati e informazioni che non aiuta lo spettatore ad
orientarsi. Si ha la sensazione che il regista assuma come modello il cinema politico alla Oliver Stone (pensiamo
in particolare ad un film come JFK) senza averne la medesima forza e incisività.     

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

 Storia                                    A) Gli anni Settanta e la politica di unità nazionale


                                               B) Il terrorismo in Italia e la strategia della tensione

                                               C) La figura di Aldo Moro

                                               D) Il libro “La tela del ragno” di Sergio Flamigni

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm012.htm[12/07/2017 19:10:36]
Piccoli maestri

I piccoli maestri
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Daniele Luchetti
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Luigi Meneghello
SCENEGGIATURA Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Domenico Starnone, Daniele Luchetti
FOTOGRAFIA Giuseppe Lanci (colore)
MUSICA Dario Lucantoni
MONTAGGIO Patrizio Marone
INTERPRETI Stefano Accorsi, Stefania Montorsi, Giorgio Pasotti, Marco Paolini
PRODUZIONE Vittorio e Rita Cecchi Gori per Cecchi Gori
DURATA 116'
ORIGINE Italia, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Resistenza

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Padova e Altopiano d'Asiago, 1943-1945. Un gruppo di studenti universitari, perlopiù appartenenti al Partito
d'Azione, decide di raggiungere le montagne per iniziare la lotta partigiana. Sono tutti molto motivati ed
entusiasti, ma anche molto inesperti e questo fa sì che all'inizio compiano alcune azioni sbagliate. Con l'arrivo
dell'inverno decidono di disperdersi. Due di loro, Gigi e Marietto, si stabiliscono a Padova, dove mettono in atto
un'azione per eliminare un gerarca fascista, ma l'agguato fallisce e il secondo viene catturato dai repubblichini.
La liberazione è, però, questione di giorni.

TRACCIA TEMATICA
I giovani partigiani del film sono spinti in montagna da solide motivazioni ideali e morali più che politiche in
senso stretto. Studenti universitari, ritengono loro preciso dovere combattere contro l'ingiustizia e l'oppressione,
introducendo già nelle modalità di lotta e organizzazione i principi democratici e umanitari cui dovrà essere
improntata l'Italia del domani. Tutti o quasi si riconoscono nel Partito d'Azione e in un certo senso finiscono per
manifestare quelli che furono i suoi pregi e limiti: da una parte l'esprimere il meglio della tradizione progressista e
riformatrice della borghesia intellettuale italiana, dall'altra un certo astrattismo ed una genericità d'intenti e finalità.

Ma ciò che sembra interessare maggiormente al film è mettere in risalto la forte spinta motivazionale e il fresco
ardore di questi ventenni che, con innocente e vitalissima infatuazione, affrontano il loro nuovo impegno di
combattenti come se fosse una specie di gita scolastica o di scampagnata (come suggerisce l'inizio del film e gli
splendidi paesaggi montani). Si direbbe che questi giovani esorcizzino il pericolo che incombe quotidianamente su
di loro con la pratica dell'ironia e il gusto dell'avventura (il bando della retorica e la ricerca di azioni eclatanti e

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Piccoli maestri

dimostrative), unitamente ad uno spiccato senso d'umanità che fa loro misurare tutta la difficoltà dell'uccidere
guardando negli occhi la propria vittima.

Alla fine di questa esperienza bruciante e sconvolgente rimane la sensazione che la fase più bella della giovinezza
sia ormai alle spalle e che il futuro non possa riservare niente di più entusiasmante. E' in questa amareggiata
considerazione finale di Marietto che trasforma già il presente in un passato da ricordare con nostalgia che sembra
riassumersi il messaggio del film: privilegio della gioventù è poter buttarsi con ingenua e incosciente coerenza
in ciò in cui si crede.

VALUTAZIONE CRITICA
In sintonia con lo spirito che anima la banda partigiana protagonista del film, I piccoli maestri rifiuta ogni
impostazione retorica ed ogni cedimento all'enfasi celebrativa, optando per un registro orientato sul tono ora
dell'umoristico e del grottesco, ora di una drammaticità sempre stemperata e attenuata dal meccanismo
dell'anticlimax (una battuta o una situazione leggera diluisce subito la tensione che si è accumulata) e della
reticenza (la morte e la violenza vengono mostrate con ritegno o nascoste, come per l'esecuzione del soldato-spia
tedesco).

Altra cifra stilistica fondamentale è quella che si esprime con la scelta di destituire in parte il film di
credibilità realistica a favore di una dimensione tra il visionario e il magico (pensiamo all'immagine notturna
delle luci del rastrellamento e dell'apparizione dei carri armati alleati, alla fantasia di Gigi che trasforma una frivola
pellicola dei telefoni bianchi in un film neorealista sulla morte dei suoi compagni, alla mancata esecuzione del
dottore fascista, al presentimento del partigiano che sente che è arrivato il suo ultimo giorno, alle circostanze del
ritrovamento inaspettato di Marietto in una Padova notturna e piovosa).

Infine si segnala l'opzione per un andamento corale e frammentato della narrazione, che si disperde e
disarticola in continuazione (e questo in analogia con quella che doveva essere la vita del partigiano, incerta e in
balìa degli eventi).

Il limite del film è da ricercarsi nella difficoltà che accusa nel riuscire ad armonizzare e unificare con
convincente omogeneità le molteplici suggestioni cui si abbandona.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Seconda Guerra Mondiale.

B) La Resistenza in Italia.

C) Il Partito d'Azione.

Italiano                     Confronto fra il libro di L. Meneghello e il film.

Geografia                 L'Altopiano di Asiago.

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Piccoo grande uomo

Il piccolo grande uomo


TITOLO ORIGINALE Little Big Man
REGIA Arthur Penn
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Thomas Berger
SCENEGGIATURA Calder Willingham
FOTOGRAFIA Harry Stradling (colore)
MUSICA John Hammond
MONTAGGIO Dede Allen
INTERPRETI Dustin Hoffman, Faye Dunaway, Martin Balsam
PRODUZIONE Stockbridge-Hiller
DURATA 142'
ORIGINE USA, 1970
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Civiltà pellerossa

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Ottocento, territori del west. Jack Crabb, figlio di pionieri trucidati dagli indiani, è allevato in una tribù di
pellirosse, dai quali viene chiamato Piccolo grande uomo per la sua bassa statura unita ad un grande coraggio.
Proprio quando è ormai perfettamente integrato nella comunità indiana, viene catturato in uno scontro ed è
affidato ad una famiglia di bianchi, dalla quale fugge per diventare di volta in volta commerciante, pistolero,
truffatore, ubriacone. Infine si arruola nell'esercito del generale Custer e partecipa alla battaglia di Little Big
Horn.

TRACCIA TEMATICA
Il film rivisita l'epopea del West in chiave demistificatoria, denunciando la natura di genocidio ai danni dei
pellirosse della colonizzazione bianca, di cui inoltre sottolinea gli elementi di corruzione morale e gretto
egoismo sociale. Al mondo violento ed ipocrita dei bianchi il regista contrappone la civiltà indiana, cementata da
un solido spirito comunitario (senza tralasciare riferimenti all'attualità: in particolare alle stragi americane in
Vietnam, di cui la sconfitta di Little Big Horn è scoperta metafora, che proprio in quel periodo sconvolgevano
l'opinione pubblica americana).

Ma Piccolo grande uomo è anche un racconto di formazione (c'è chi ha citato, a ragione, il Candido di Voltaire
e più in generale il romanzo filosofico settecentesco) incentrato sul protagonista Jack e il suo difficile tentativo di
dare un significato alla propria esistenza attraverso l'assunzione di tanti ruoli diversi destinati tutti a lasciarlo
insoddisfatto e rendere stridente la differenza con l'adolescenza felice trascorsa presso la tribù indiana. Jack,
insomma, simboleggia più in generale la precarietà dell'identità nazionale del popolo americano, lacerata tra

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Piccoo grande uomo

la memoria nostalgica dello spirito pionieristico che avrebbe dovuto colonizzare il west nel rispetto di una natura
incontaminata e della cultura indiana e la consapevolezza dei guasti che ne sono derivati e della grande ingiustizia
che sta alla base della nascita della nazione statunitense.

VALUTAZIONE CRITICA
Oltre che una rievocazione storica della colonizzazione bianca del west in chiave antiufficiale e smitizzante
(si disvela la reale natura di rapace e brutale conquista ai danni degli indiani), il che rappresenta l'aspetto che
collega il film al fertile filone dell'impegno politico e civile degli anni settanta, Piccolo grande uomo vuole essere
un attraversamento dei principali luoghi narrativi della tradizione del western cinematografico. La carovana,
la cavalleria, la formicolante città dei pionieri, il pistolero, il saloon, l'etica del lavoro, il sentimento religioso dei
colonizzatori, ecc.. vanno a costituire un grande affresco della civiltà della Frontiera così come c'è stata tramandata
dall'immaginario filmico, senonché Penn ne cambia il segno, capovolgendone la valenza positiva nel suo contrario
tramite il meccanismo dell'ironia e della deformazione caricaturale (pensiamo all'impacciato Hoffman nei panni di
un improbabile pistolero o alle voglie tutt'altro che puritane della moglie del reverendo).

Un apprezzamento a parte merita, poi, la rievocazione della civiltà indiana (per anni demonizzata dal Cinema
americano), inserita sullo sfondo di paesaggi naturali di cui il film tende a sfruttare al meglio le possibilità di
fascinazione ed evocazione, sottolineando il rapporto di profonda comunione con la natura e i suoi ritmi si cui si
basava la società pellerossa (ma qui vien da chiedersi sino a che punto non agisca la suggestione utopistica,
anch'essa di origine settecentesca, del mito del buon selvaggio).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia           A) La civiltà pellerossa.

                     B) La colonizzazione dell'ovest e la civiltà della frontiera.

C) Le guerre indiane e la battaglia di Little Big Horn.

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Più grande avventura

La più grande avventura


TITOLO ORIGINALE Drums Along the Mohawk
REGIA John Ford
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Walter D. Edmonds
SCENEGGIATURA Lamar Trotti, Sonya Levien
FOTOGRAFIA Bert Glennon, Ray Rennahan (colore)
MUSICA Alfred Newman
MONTAGGIO Robert Simpson
INTERPRETI Henry Fonda, Claudette Colbert, Edna May, John Carradine, Ward Bond
PRODUZIONE 20th Century Fox
DURATA 103'
ORIGINE USA, 1939
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Settecento

Cinema e Storia

TRAMA
Colonie inglesi d'America, 1776. Il colono Gil Martin conduce la moglie Lana a vivere nella valle dei Mohawks,
dove la donna si adatta alla dura vita rurale. Quando scoppia la Guerra d'Indipendenza, gli indiani della valle,
sobillati dagli inglesi, attaccano i coloni e Martin e sua moglie, insieme agli altri agricoltori della zona sono
costretti a rifugiarsi nel forte di German Flats. Allorché la capitolazione del forte assediato sembra imminente,
Martin corre a chiedere rinforzi.

TRACCIA TEMATICA
Celebrazione della Guerra d'Indipendenza americana, La più grande avventura non ci mostra tanto la dimensione
bellica e politica di quel grande evento storico (che resta sullo sfondo), quanto il retroterra ideale e morale che
costituì il presupposto e il fondamento di quella lotta, legittimandola di fronte alla Storia e all'umanità. In
altre parole, la ribellione dei coloni americani contro la madrepatria inglese è stata giusta e doverosa perché
affondava le radici nel diritto di un popolo di agricoltori laboriosi e dai saldi principi di vivere in pace godendo dei
frutti del proprio lavoro. La comunità di villaggio del film, con i suoi sani e solidi valori e con il suo austero stile di
vita, diventa il simbolo dell'intera nazione americana e dei principi di libertà e giustizia che stanno alla base
(o dovrebbero stare alla base) della sua Costituzione.

Ford non si preoccupa di ricostruire in termini di veridicità storica le vicende fondative dello Stato americano
(senza per altro compiere alcuna operazione di falsificazione), ma di reinterpretarle attraverso il filtro
narrativo, a lui più congeniale, dei generi avventuroso e western, ammantandole di un alone mitico e
leggendario.

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Più grande avventura

VALUTAZIONE CRITICA
Nel film si fondono in unità armonica i temi e le suggestioni fondamentali della poetica fordiana della
Frontiera, della cui mitologia il regista è sicuramente uno dei più grandi cantori (in tutto degno di essere
accostato sul piano cinematografico ad un Omero o ad un Virgilio). Attraverso un incedere narrativo di vigoroso
respiro epico e di suggestiva trasfigurazione lirica Ford riesce a conciliare con estrema maestria la dimensione
storica e collettiva della vicenda e quella individuale e privata, per cui i problemi della famiglia Martin
diventano quelli del villaggio e viceversa, e la vita del villaggio, a sua volta, si staglia sullo sfondo di quella di una
nazione che nasce (memorabili, per il forte senso di appartenenza e di identificazione con la comunità, le sequenze
corali di lavoro agreste e di festa).

Usando per la prima volta il colore, il regista infonde alte qualità figurative e pittoriche alle immagini e comunica
attraverso le scene di massa e i campi lunghi del paesaggio agreste il senso di una profonda comunione
dell’uomo con la natura e di una grandiosa epopea bucolica.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 La Guerra d’Indipendenza Americana.

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Platoon

Platoon
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Oliver Stone
SOGGETTO E Oliver Stone
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Robert Richardson (colore)
MUSICA Georges Delerue
MONTAGGIO Claire Simpson
INTERPRETI Tom Berenger, Willem Dafoe, Charlie Sheen, Forest Whitaker
PRODUZIONE Hemdale Film Corporation
DURATA 120'
ORIGINE USA, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Guerra del Vietnam

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Vietnam, 1967-68. Lo studente diciannovenne Chris Taylor parte volontario. Si trova immediatamente di fronte
alla crudeltà del sergente Barnes, che compie atrocità contro i civili vietnamiti, senza che il ragionevole sergente
Elias riesca ad indurlo a cambiare i suoi brutali metodi. Quando Elias muore, sarà Chris ad assumersi il
compito di fronteggiare Barnes. Durante una sanguinosa battaglia tra i due avviene la resa dei conti.

TRACCIA TEMATICA
Chris Taylor è un volontario (come lo fu a suo tempo il regista, che militò nello stesso reggimento di cui si parla
nel film) ed è quindi animato dalla sincera (e ingenua) convinzione che sia suo dovere di buon cittadino combattere
per il proprio paese. Questo giovanile entusiasmo è messo immediatamente a dura prova dall'impatto con gli
orrori della guerra e la constatazione del degrado morale e umano in cui sono precipitati i soldati americani.

Chris si rende immediatamente conto di essere precipitato in un inferno dove si annulla ogni motivazione ideale (la
difesa della libertà e della democrazia con cui gli Usa giustificavano il loro intervento in Vietnam), risucchiata da
una pulsione sadico-omicida che trova la propria demoniaca incarnazione nel sergente Barnes. La scoperta da
parte di Chris dell'assurda crudeltà della guerra ne accelera la maturazione (il film può essere interpretato
anche come un racconto di formazione) sino a fargli assumere il ruolo (avvertito quasi come un dovere morale) di

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Platoon

uccisore del folle Barnes (non un omicidio e tantomeno un tradimento, ma un atto di giustizia). Non c'è nel
personaggio di Chris (e nemmeno nel film) una presa di coscienza politica ed ideologica della natura imperialistica
dell'impegno statunitense in Vietnam (che all'epoca veniva denunciato soprattutto dalle sinistre europee), ma una
rivolta etica ed istintiva alla disumana e insensata crudeltà di una guerra avvertita come inutile e
ingiustificata.

Più che un film antimilitarista Platoon sembra essere una metafora della tragica disillusione di un'intera
generazione di giovani americani (cui Stone appartiene), che dall'iniziale adesione alle ragioni della guerra passò
ad una netta e radicale opposizione ad essa.

VALUTAZIONE CRITICA
Stone sottopone la materia del film, già di per sé incandescente e traumatica, al trattamento del suo stile
debordante e congestionato, che trova nella figura dell'eccesso stordente l'essenza della propria cifra.
L'esperienza bellica di Chris si trasforma così in un incubo allucinato all'insegna dell'esasperazione visiva e sonora,
al servizio della quale si pongono i toni accesi della fotografia e della musica e i nervosi e convulsi movimenti di
macchina che incalzano i personaggi (primi e primissimi piani, dettagli) e che scaraventano lo spettatore nel
pieno dell'azione. Stone non sollecita la riflessione, ma colpisce allo stomaco con l'impatto insostenibile di
situazioni estreme e sconvolgenti: più che un Cinema politico il suo è un Cinema adrenalinico.

Platoon non inventa niente di nuovo, ma riutilizza gli stereotipi classici del genere bellico della tradizione
hollywoodiana, dalla tipologia dei combattenti (il sergente cattivo, il novellino inesperto, il soldato umanitario,
quello nevrotico, ecc..) al repertorio narrativo (litigi fra i soldati, imboscate, errori di artiglieria, difesa disperata
delle posizioni, arrivo provvidenziale dei rinforzi, ecc..), per ribaltarne la valenza ideale: non più la celebrazione
dell'eroismo e del valore militare, bensì la sottolineatura della natura perversa e orripilante della guerra.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 A) La guerra del Vietnam.

                           B) Il movimento di opposizione alla guerra negli USA.

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Pleasantville

Pleasantville
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gary Ross
SOGGETTO E Gary Ross
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA John Lindley (bianconero-colori)
MUSICA Randy Newman
MONTAGGIO William Goldenberg
INTERPRETI Tobey Maguire, Reese Witherspoon, Jeff Daniels, Joan Allen, William H. Macy
PRODUZIONE Jon Kilik, Robert J. Degus, Steven Soderberg, Gary Ross per Larger Than Life
prod.
DURATA 124'
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Soap-opera

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Pleasantville è il titolo di una serie televisiva degli anni '50 ed è anche il nome del paesino dove è ambientata la
vicenda. Ai nostri giorni David è un fanatico di questa soap-opera e si sta preparando ad affrontare un
concorso a premi sull'argomento. Una sera uno strano riparatore di televisioni entra nella sua casa e con un
telecomando magico proietta David e la sorella Jennifer nel mondo in bianconero di Pleasantville, dove si
trovano a recitare i ruoli dei due figli della famiglia modello protagonista. Per il piccolo paese immaginario è
l'inizio di una rivoluzione che ne sconvolgerà la falsa pace dorata.

TRACCIA TEMATICA
L'apparente armonia del mondo di Pleasantville (Pleasant in inglese significa amabile, piacevole) si basa
sull'illusione che la chiave della felicità consista nella sicurezza garantita dalla tranquillizzante ripetitività di
un'esistenza depurata da ogni passione e contrasto. A Pleasantville non piove mai, la temperatura è sempre a
25°, non esistono incendi, sesso, odio, violenza e i libri hanno le pagine bianche. Un paradiso virtuale al riparo da
ogni contraddizione e turbamento che fa sognare l'ingenuo pubblico televisivo degli anni '50, che vede in questa
zuccherosa soap-opera un modello ideale di perfezione cui aspirare. In questo senso Pleasantville rappresenta una
critica al potere del media televisivo di convogliare la psicologia degli spettatori verso artificiosi ed
improbabili stereotipi esistenziali (pensiamo solo, a questo proposito, al potere persuasivo dell' universo patinato
della pubblicità).

Ma la riflessione è più ampia. Il bianconero (caratteristico della televisione di quegli anni) diventa nella strategia
simbolica del film la figura del conformismo e del grigio appiattimento entro cui la vita di ciascuno di noi può
essere ingabbiata e di contro il colore è il segno della salutare trasgressione introdotta dall'emergere degli
istinti e della creatività individuale. Vivere, insomma, significa fare quotidianamente i conti i propri limiti e

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Pleasantville

le proprie incertezze sul futuro, senza rifugiarsi in facili utopie. Inoltre la reazione contro la diversità che si
scatena nel paesino si carica di espliciti riferimenti al razzismo (la persecuzione dei colorati) e al nazismo (il
rogo dei libri), visti come effetti collaterali di un'acritica chiusura nelle proprie granitiche certezze.

VALUTAZIONE CRITICA
Non c'è dubbio che l'idea vincente del film sia costituita dalla contrapposizione colore-bianconero e dalle
invenzioni che da essa scaturiscono. Un dualismo vitale non solo per l'economia espressiva e simbolica del film,
ma anche per i suggestivi esiti figurativi che permette. Inoltre Ross ha il merito di graduare con sapiente e
misurato crescendo narrativo questa felice intuizione (dall'isolata apparizione di una rosa colorata
all'ipervitaminizzato capitano della squadra di basket che ha appena scoperto l'amore al prevalere finale del colore
che avvolge l'intera Pleasantville), irrorando il film di una gustosa e sagace ironia (i canestri falliti come segnale
di una prima incrinatura, l'energia incendiaria della signora Parker che scopre la propria sessualità).

Peccato che questa leggerezza venga in parte inficiata dalla tentazione didascalica e predicatoria che aleggia
qua e là e che raggiunge il culmine nella sequenza del processo e del dialogo finale di Bud con la madre
piangente. La morale del film diventa troppo spiegata e incanalata, laddove una maggiore allusività non avrebbe
guastato.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano     I serial televisivi: soap-opere, telenovelas, ecc..

Lingua straniera: inglese     La vita quotidiana nell'America degli anni cinquanta.

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Ponte sul fiume Kwai

Il ponte sul fiume Kwai


TITOLO ORIGINALE The Bridge on the River Kwai
REGIA David Lean
SOGGETTO Da un romanzo di Pierre Boulle
SCENEGGIATURA Pierre Boulle
FOTOGRAFIA Jack Hildyard (colori)
MUSICA M. Arnold
INTERPRETI Alec Guinness, William Holden, Jack Hawkins, Sessue Hayakawa
MONTAGGIO P. Taylor
PRODUZIONE Sam Spiegel/Horizon Pictures
DURATA 165'
ORIGINE Gran Bretagna, 1957
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Seconda guerra mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Seconda Guerra Mondiale, Birmania. Un gruppo di prigionieri inglesi è internato in un campo di
concentramento giapponese. Sono comandati dal colonnello Nicholson, che, dopo un iniziale dissidio con il
comandante del campo Saito sulle condizioni di trattamento dei suoi uomini irrispettose delle Convenzioni di
Ginevra, decide di dare ai giapponesi una dimostrazione delle capacità di organizzazione e disciplina
britanniche nella costruzione del ponte cui i prigionieri sono adibiti. Sempre più preso dall'intento di umiliare i
carcerieri nipponici con l'efficienza dei propri uomini, Nicholson dimentica di lavorare per il nemico e quando
arriva un commando per distruggere il ponte si oppone all'operazione.

TRACCIA TEMATICA
Il colonnello Nicholson è vittima di una concezione distorta dell'onore militare. Invasato di egocentrismo (è
intenzionato a lasciare testimonianza di sé negli anni a venire) e di orgoglio nazionalista venato di razzismo (la
superiore civiltà britannica che dà una lezione ai barbari giapponesi) trasforma la collaborazione nella costruzione
del ponte in collaborazionismo, se non in aperto tradimento. Dimentico del conflitto generale di cui è parte
conduce una guerra personale dettata da un'assurda questione di principio.

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Ponte sul fiume Kwai

La valorosa sopportazione della tortura della lamiera, che tanta ammirazione suscita nei suoi uomini, definisce il
personaggio nel senso di una ferrea ostinazione che ben presto si rivolgerà contro i suoi stessi soldati. Forse che il
confine tra eroismo e follia sia assai più indistinto di quel che si crede?

Al colonnello Nichols si oppone l'americano Shears, molto umanamente preoccupato della propria pelle (una
contrapposizione fra la stolida alterigia inglese e la ragionevolezza statunitense?) e che interpreta correttamente il
proprio ruolo di prigioniero di guerra intento solo a preparare la fuga.

VALUTAZIONE CRITICA
Il ponte sul fiume Kwai ha i propri punti di forza nel solido vigore romanzesco della narrazione, nella
spiccata dimensione spettacolare (il film è ascrivibile alla categoria del kolossal e fu premiato con numerosi
Oscar) e nella notevole prova di recitazione di grandi attori (a cominciare dall'interpretazione di Alec Guinness).
Grande formato dello schermo, colori, grandiosità della messinscena (pensiamo solo al ponte), scenari esotici,
lunga durata sono gli ingredienti forti di una miscela che sta alla base delle superproduzioni hollywoodiane in un
momento in cui (siamo negli anni cinquanta) il Cinema si trova impegnato ad affrontare la concorrenza di una
televisione ancora in bianconero.

Lean padroneggia con talento e professionalità quest'abbondanza di mezzi, rivelandosi abile sia nel tratteggio
delle psicologie dei personaggi, sia nella gestione delle scene d'azione e di massa. Indimenticabili per l'eccezionale
crescendo drammatico la sequenza finale e le suggestioni scenografiche create dal sapiente sfruttamento del
paesaggio tropicale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Seconda Guerra Mondiale.

B) La guerra in estremo oriente.

C) Le Convenzioni di Ginevra.

Geografia         Il fiume Kwai e il paesaggio dell'Asia tropicale (Birmania e Ceylon).

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Portaborse

Il portaborse
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Daniele Luchetti
SOGGETTO Franco Bernini, Angelo Pasquini
SCENEGGIATURA Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Daniele Luchetti
FOTOGRAFIA Alessandro Pesci (colore)
MUSICA Dario Lucantoni
MONTAGGIO Mirco Garroni
INTERPRETI Silvio Orlando, Nanni Moretti, Giulio Brogi, Angela Finocchiaro
PRODUZIONE Nanni Moretti, e Angelo Barbagallo per Sacher Film e Eidoscope Productions,
Roma/Banfilm, Parigi
DURATA 90'
ORIGINE Italia, 1991
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Anni Ottanta. Luciano Sandulli, professore di lettere in un liceo classico, viene assunto dal ministro delle
Partecipazioni Statali Cesare Botero perché svolga il compito di suo uomo di fiducia e, soprattutto, di estensore
dei suoi discorsi e interventi pubblici. Da questo nuovo incarico derivano a Luciano tutta una serie di privilegi e
di aiuti, ma quando capisce che dietro l'attività politica del ministro si nasconde una diffusa pratica di
corruzione e illegalità, che non si ferma nemmeno di fronte ai brogli elettorali, si ribella e denuncia il malaffare
di cui è stato testimone.

TRACCIA TEMATICA
Il portaborse, pur raccontando una storia immaginaria, propone un trasparente riferimento all'allarmante
livello di corruzione e illegalità che affiorava nella politica italiana negli anni Ottanta. La denuncia del film si
accentra sul caso individuale di Botero e del suo staff, ma la torva figura del ministro assume, evidentemente, i
connotati emblematici di un malcostume generalizzabile a larghi settori della classe politica italiana (le infastidite
reazioni che la pellicola suscitò da parte di qualche partito dell’epoca sono la prova di quanto avesse colto nel
segno). L'esplosione di Tangentopoli confermerà clamorosamente di lì a poco la veridicità dell'analisi del film
(semmai carente per difetto).

Il professor Luciano esprime una atteggiamento esistenziale ingenuo e schivo (tutto il contrario del
rampantismo aggressivo che andava di moda negli anni Ottanta), ben simboleggiato dall'appartata e cadente villa
nella quale vive, circondato da (per lui preziose) reliquie storiche. Momentaneamente traviato dai privilegi e dagli

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Portaborse

agi che gli vengono concessi, una volta consapevole del baratro nel quale è precipitato si riscatta denunciando
il protervo ministro (la demolizione dell'auto fiammante a colpi di mazzate è sin troppo esplicita nel
simboleggiare il rifiuto della mitologia del possesso e dell'apparenza). Insieme al giornalista Sanna, Luciano
rappresenta un perdente (Botero alla fine vince le elezioni), ma nel pessimismo che segna il film costituisce
l'unica polarità positiva cui affidare la speranza d' una reazione morale e di un sussulto di dignità.

VALUTAZIONE CRITICA
Luchetti propone il tema a lui caro dell'esperienza iniziatica in una realtà sconosciuta da decifrare compiuta
da un personaggio ingenuo ed innocente, destinato ad approdare ad un più maturo livello di consapevolezza
(il paradigma di riferimento è costituito dal personaggio volteriano di Candido). Orlando offre una maschera ideale
per il timido professor Sandulli alle prese con gli intrallazzi e le macchinazioni del mondo politico e la regia
predispone sapientemente fin dall'inizio una serie di indizi rivelatori della sua indole riservata e passatista (la
televisione diffonde un Dadaumpa d'altri tempi nelle stanze di un'isolata villa avita), disorientata e irretita da un
mondo estraneo alla sua sensibilità, troppo cinico e immorale per conciliarsi con la sua natura.

La parte migliore del film è la prima, tenuta in sospeso sul filo di atmosfere di inquietante ambiguità, quasi
surreali (davanti agli occhi di Luciano si presenta una realtà dai contorni enigmatici e confusi, di cui stenta a
cogliere i contorni precisi e le più gravi implicazioni), mentre nella seconda la storia vira sul versante giallo e lo
sviluppo narrativo assume un andamento più tradizionale e scontato, preoccupato di garantire un esito
rassicurante sul piano morale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La politica italiana negli anni Ottanta.

B) La vicenda di Tangentopoli.

C) Le polemiche che hanno accompagnato l'uscita del film.

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Porzus

Porzus
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Renzo Martinelli
SOGGETTO E Renzo Martinelli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Giuliano Giustini (colore)
MUSICA Flavio Colusso
MONTAGGIO Osvaldo Bargero
INTERPRETI Gastone Moschin, Gabriele Ferzetti, Lorenzo Crespi, Lino Capolicchio, Gianni
Cavina, Massimo Bonetti, Giulia Boschi
PRODUZIONE Video Maura in collaborazione con Progetto Immagine e Martinelli Film Co.
DURATA 110'
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Resistenza

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Venezia Giulia, 1945. Il 7 febbraio un centinaio di partigiani della brigata Garibaldi e dei Gap comunisti arriva
a Porzus, cattura un gruppo di partigiani della brigata Osoppo, di ispirazione cattolica, lo accusa di collusione
con il nemico e lo stermina. Tre scampano all'eccidio e fra di loro c'è Umberto Pautassi (Storno), che molti anni
dopo si reca in Slovenia a trovare Carlo Tofano (Giacca), il famigerato capo della brigata Garibaldi che
perpetrò la strage. Fra i due sopravvissuti avviene un drammatico confronto sull'onda della rievocazione dei
tragici eventi di quel tempo ormai lontano.

TRACCIA TEMATICA
Porzus rievoca un episodio quasi del tutto sconosciuto della Resistenza (almeno a livello di Storia ufficiale e di
opinione pubblica, ché sul versante giuridico all'inizio degli anni Cinquanta si svolse un processo contro gli
esecutori della strage, che si concluse con la condanna, fra gli altri, di Mario Toffanin-Giacca, e Martinelli si è
basato soprattutto sugli atti di questo dibattimento), denunciando le gravi responsabilità di quei gruppi
partigiani comunisti che nel Friuli-Venezia Giulia si contrapposero con mezzi brutali alle omologhe
formazioni cattoliche (come quella guidata da Storno), falsamente accusate di intesa con il nemico nazifascista
(sul reale svolgimento dei fatti esistono, però, differenti versioni, alcune profondamente divergenti dalla
ricostruzione proposta dal film).

Sullo sfondo l'esplosiva situazione geopolitica del territorio giuliano, su cui incombevano le mire
annessionistiche dei partigiani jugoslavi di Tito, la cui ansia di vendetta nei confronti degli italiani (nel corso della
Seconda Guerra Mondiale l'Italia fascista aveva attuato una sanguinosa occupazione militare in Slovenia e Croazia)

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Porzus

culminerà nella tragedia delle Foibe.

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 1997, il film di Martinelli ha suscitato accese polemiche,
collocandosi nel pieno del dibattito sulla rivisitazione critica della Resistenza italiana in chiave anticomunista
(anche se il regista si è dichiarato estraneo a questo intento) propugnata da storici e forze politiche di destra.

VALUTAZIONE CRITICA
I meriti di Porzus sono in gran parte rinvenibili su di un piano extrafilmico e consistono essenzialmente
nell'aver riesumato un episodio dimenticato, o comunque poco conosciuto, della Resistenza italiana (spesso
rievocata, nel Cinema e fuori, in una chiave retorica e celebrativa tale da rimuovere i contrasti e le contraddizioni
che in essa si manifestarono anche in termini laceranti e violenti), facendo luce su una delle pagine più oscure e
inquietanti di quella stagione.

Dal punto di vista strettamente cinematografico va detto che Porzus fatica a gestire e dominare con misura
l'incandescente materia di cui tratta, perdendosi in ridondanze e prolissità ed eccedendo nei toni urlati e negli
effetti sopra le righe (assolutamente kitsch la trovata da horror della metamorfosi dei volti di Storno e Giacca).

Nuoce, inoltre, al film, il tentativo di controbilanciare la dimensione più spiccatamente rievocativa in senso
narrativo e drammatico con lo spazio (statico e quasi esclusivamente verbale) dedicato al confronto tra i due
capi partigiani invecchiati, che sostengono le rispettive tesi e posizioni (più che a un film sembra di trovarsi di
fronte ad un dibattito televisivo all'insegna della par condicio), come pure appaiono troppo calcolate alcune
soluzioni di sceneggiatura (poco credibili dal punto di vista storico) ispirate alla Storia del senno del poi, come il
discorso del comunista Spaccaossi che prima di essere fucilato accusa i suoi di tradire gli ideali per cui hanno
combattuto.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Seconda Guerra mondiale.

B) La Resistenza nel Friuli-Venezia Giulia.

C) L'occupazione di Trieste dei partigiani jugoslavi e le stragi delle Foibe.

D) L'occupazione italiana della Jugoslavia.

E) Il revisionismo storiografico.

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Power

Power
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Sidney Lumet
SOGGETTO E David Himmelstein
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Andrzej Bartkowiak (colori)
MUSICA Cy Coleman
MONTAGGIO Andrew Mondshein
INTERPRETI Richard Gere, Julie Christie, Gene Hackman, Kate Capshaw, Denzel Washington
PRODUZIONE Reene Schisgal e Mark Tarlov per la Polar Film
DURATA 111’
ORIGINE USA, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI For President

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Pete St. John è un professionista di grande successo, il cui compito consiste nel curare l’immagine dei candidati
politici durante le campagne elettorali. Pete accetta di fare il consulente dell’inetto Wallace Furman, cercando
di renderlo piacevole presso l’elettorato. Intanto, scopre che un vecchio amico, il senatore Sam Hasting, da lui
ammirato per il suo coraggio e la sua onestà e che si è ritirato a sorpresa dalla politica, è vittima di un ricatto
dovuto alle manovre di potentati arabi legati agli interessi petroliferi. Profondamente toccato da questa
rivelazione e deluso dal comportamento cinico e spietato delle persone del suo staff, abbandona il cliente di
turno, un corrotto e ricco uomo d’affari, per mettersi al servizio del suo giovane avversario, un professore di
storia con pochi soldi ma tante idee e soprattutto ingenuo e leale.

TRACCIA TEMATICA
Power è un indignato e risentito atto d’accusa contro il potere di manipolazione del sistema delle
comunicazioni in ambito politico, più in particolare in quel che concerne un nodo fondamentale della vita
democratica di una nazione, la scelta da parte degli elettori del proprio candidato. Quest’ultimo, nel sistema politico
americano (ma ormai questa situazione si può estendere alle campagne elettorali di quasi tutti i paesi), non si
presenta agli elettori per quello che è e contando sulle sue autentiche capacità e proposte, ma tramite l’immagine
che su di lui costruiscono intere équipe di esperti del settore, che adottando gli stessi metodi della pubblicità
lo preparano ad affrontare il mercato della politica.

Si tratta di un’ operazione di falsificazione che distorce la realtà, presentando spesso come personalità dotate
e competenti vere e proprie nullità, e che sottolinea il forte condizionamento che il denaro esercita sulla politica
statunitense, corrompendola alla radice e inquinandone la sostanza democratica.

Pete, che pure è un maestro di quest’arte mistificatoria, è in realtà un falso cinico e nel profondo avverte un
senso di disagio per la spregiudicata immoralità che caratterizza la sua professione e l’ambiente che la

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Power

circonda (la nevrosi che coltiva e che si esprime nella frenesia motoria che sfoga nelle sue performance
percussionistiche è significativa in proposito). Nella sua decisione finale si riconcilia con la parte migliore di sé
(nel film si allude ad un passato con simpatie progressiste e di sinistra), con quella tensione idealista ed etica che
più che rinnegato aveva rimosso, consegnandola alla figura integerrima e carismatica del senatore Hastings.

VALUTAZIONE CRITICA
Con questo film Lumet prosegue quella denuncia degli aspetti degenerativi della società americana che
caratterizza buona parte della sua filmografia e che lo ha reso celebre come uno dei maggiori registi politici del
Cinema statunitense. Power rappresenta assai bene quell’intreccio tra robusto senso della narrazione e dello
spettacolo (che del resto è una caratteristica del Cinema americano da sempre) e vigile coscienza civile e morale da
cui sono scaturite le sue migliori pellicole.

Il montaggio teso e nervoso garantisce un ritmo incalzante e un forte coinvolgimento emotivo, i dialoghi
serrati e ben scritti delineano con efficacia i personaggi e le loro personalità (anche se forse su questo versante
si eccede un po’ in schematismo, nel senso che alcune figure sono un troppo soverchiate dal ciò che, in positivo o
in negativo, devono simboleggiare). Interessante il lavoro registico anche sul piano figurativo, dove troviamo
spesso delle soluzioni ricercate (inquadrature inclinate, illuminazione espressionista, piani ravvicinati, ecc..)
che tendono ad incentivare una certa sensazione di oppressione e inquietudine psicologica e di prevalenza di
un’atmosfera malsana (qual è certamente quella che si respira frequentando una fauna umana di politici
impresentabili e di volgari manipolatori di opinione pubblica).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto             Il sistema elettorale degli USA.

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Prefetto di ferro

Il prefetto di ferro
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Pasquale Squitieri
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Arrigo Petacco
SCENEGGIATURA Ugo Pirro, Arrigo Petacco
FOTOGRAFIA Silvano Ippoliti (colori)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Giuliano Gemma, Claudia Cardinale, Stefano Satta Flores, Francisco Rabal
PRODUZIONE Gianni Hecht Lucari per Rizzoli Film
DURATA 110’
ORIGINE Italia, 1977
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Mafia

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Anni Venti, Sicilia. Il fascismo si sta consolidando in Italia e il nuovo regime decide di inviare il prefetto Cesare
Mori in Sicilia per debellare la mafia e il banditismo. Ricorrendo a metodi particolarmente duri e spietati, Mori
ottiene dei significativi successi contro briganti locali e capimafia minori. Quando, però, inizia ad indagare sui
collegamenti esistenti tra l’organizzazione mafiosa e gli interessi di importanti gerarchi fascisti del posto, a
Roma si decide di nominarlo senatore per allontanarlo dall’isola.

TRACCIA TEMATICA
Mori è l’indiscusso eroe del film. Di lui si evidenziano le grandi doti di integrità morale e coraggio. Contro un
nemico tradizionalmente radicato nel territorio come il banditismo (retaggio atavico delle genti siciliane) ed un
altro avversario, più insidioso e moderno, oltreché più mimetico e colluso con i poteri dello Stato, come la mafia, il
prefetto di ferro scende con spregiudicatezza sul terreno dello scontro diretto, sordo ad ogni richiamo alla
moderazione (che gli viene anche dal pur fido maggiore Spano). Se tutti i responsabili delle forze dell’ordine,
che in epoche diverse si sono succeduti contro la malavita organizzata, avessero adottato la stessa inflessibile
intransigenza (sembra suggerci il film), forse la mafia sarebbe stata da tempo sconfitta. La sua adesione al
fascismo va più interpretata come una convinzione che il nuovo regime potesse portare ad una riaffermazione dei
poteri dello Stato che non una condivisione della sua natura antipopolare ed antidemocratica.

La pellicola, tuttavia, pur nella celebrazione del personaggio Mori, non dimentica di sottolineare le radici
economico-sociali del fenomeno mafioso, individuandole nel secolare sottosviluppo materiale e culturale
dell’isola, dove la miseria e la degradazione di immense masse di diseredati diventano terreno di coltura per
l’omertà e il consenso nei confronti della mafia (è il personaggio di Anna che si fa interprete di questa esigenza).
Senza affrontare, insomma, il problema dell’arretratezza storica dell’isola (aspetto del tutto trascurato da Mori)
difficilmente si può sconfiggere in modo definitivo la criminalità che l’opprime.

VALUTAZIONE CRITICA
Il prefetto di ferro è certamente uno dei migliori film di Squitieri, per come il regista riesce a raggiungere un

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Prefetto di ferro

consistente spessore spettacolare (ritmo incalzante, incisiva costruzione narrativa, forte concentrazione
drammatica, suggestive scenografie e ambientazioni, belle sequenze di massa), tale da ricordare i film d’azione
hollywoodiani. Le analogie con il genere western appaiono evidenti (i cavalli, le sparatorie, i banditi, ecc…) ed
anche il personaggio del prefetto Mori sembra ritagliato, nella totale mancanza di complessità psicologica,
sul modello dell’eroe tutto d’un pezzo del cinema americano. Le cose migliori vanno ricercate su questo
versante, a cominciare dall’intensa sequenza dell’assedio alla cittadella dove si nasconde il bandito Albanese.

Più debole, invece, la parte dedicata all’analisi storico-sociologica. Troppo spiegata e parlata (ed esposta anche
in modo un po’superficiale ed affrettato), essa mal si integra nel tessuto di un film essenzialmente dominato da altre
esigenze. Il registro epico-avventuroso, insomma, sembra più consono alle corde di Squitieri, che non quello
politico e civile.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia              A) Il brigantaggio in Sicilia

                        B) La mafia nella storia della Sicilia

                        C) Il fascismo nel meridione d’Italia

                        D) La figura del prefetto Mori

                        E) La mafia oggi

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Presa di potere di Luigi XIV

La presa di potere da parte di Luigi XIV


TITOLO ORIGINALE La prise du pouvoir par Louis XIV
REGIA Roberto Rossellini
SOGGETTO E Philippe Erlanger
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Georges Leclerc (colore)
MUSICA Betty Willemetz
MONTAGGIO Armand Ridel
INTERPRETI Jean-Marie Patte, Raymond Jourdan, Katharina Renn. Pierre Barrat
PRODUZIONE ORTF
DURATA 83'
ORIGINE Francia, 1966
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Seicento

Cinema e Storia

TRAMA
Francia, 1661. Muore il cardinale Mazzarino e Luigi XIV, ancora molto giovane, assume personalmente il
potere. Sfidando lo scetticismo generale nei suoi confronti, con grande carattere e determinazione e con
l'appoggio del ministro Colbert riorganizza l'intera struttura dello Stato francese intorno alla sua persona,
portando all'apogeo la pratica dell'assolutismo monarchico.

TRACCIA TEMATICA
Il film racconta della progressiva azione del giovane re Luigi per porre lo Stato francese sotto il proprio
totale controllo, riducendo sino all'annullamento il potere dei grandi notabili del regno (come l'intendente Fouquet),
della consorteria di corte (legata all'intrigante regina madre Anna d'Austria) e soprattutto dell'aristocrazia (per
controllare la quale il sovrano fa costruire la sontuosa reggia di Versailles).

La figura del protagonista, goffa e poco imperiosa nell'aspetto, rifulge per forza di personalità e capacità
decisionista. Luigi XIV intuisce lo stretto collegamento fra la gestione del potere e l'immagine esteriore del
potere stesso, tra la concentrazione del comando e la simbologia che la esprime con minuzioso formalismo.
La grandiosità magniloquente (pensiamo solo alla maestosità delle palazzo di Versailles) e l'esasperante
cerimoniale di corte cui il sovrano impronta il suo regno (pensiamo al solenne ritualismo che ispira ogni suo gesto
quotidiano) risultano, cioè, funzionali al suo progetto di consolidamento di un potere assoluto. Inteso quest'ultimo,
non nel senso di tirannico o dispotico, ma di svincolato completamente da ogni limitazione (in particolare quella
rappresentata dagli interessi della feudalità e dalle pressioni dei circoli di corte) e quindi in grado di esprimere
nel modo più efficace per la nazione il ruolo di governo che gli compete.

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Presa di potere di Luigi XIV

VALUTAZIONE CRITICA
La presa di potere da parte di Luigi XIV costituisce il miglior esemplare della serie di film divulgativi realizzati da
Rossellini per la televisione, progetto che occupò l'ultima parte della sua carriera.

L'intento predominante è quello didascalico ed esso emerge chiaramente dalla natura dei dialoghi (selezionati
per offrire allo spettatore le informazioni necessarie per impadronirsi delle dinamiche di potere e degli interessi
politici e sociali che si confrontano) e dall'estrema attenzione per il dettaglio, in grado di garantire il massimo di
autenticità alla ricostruzione storica.

Il grande merito del regista va ricercato nella capacità di saldare il particolare quotidiano e apparentemente
marginale con il quadro generale in modo che quest'ultimo sia illuminato dalla sua presenza e viceversa
(pensiamo alle accurate indicazioni del re ai sarti per rendere il più sontuosi, e costosi, possibile gli abiti dei
cortigiani o alla cerimonia del pranzo reale che diventa uno spettacolo cui deve assiste tutta la corte), nello
stringente sintetismo con cui procede nella delineazione delle forze in gioco e delle decisioni del sovrano,
nell'osservazione fredda e distaccata (come si conviene all'intento didascalico che ispira la pellicola) della materia,
che imprime alla messinscena uno stile all'insegna di una rigorosa neutralità registica (la macchina da presa rimane
immobile o opera impercettibili movimenti assolutamente funzionali all'imperativo illustrativo).

Una scelta di impersonalità e distacco rispettoso della veridicità storica, che è la risposta di Rossellini al
problema se sia possibile attraverso il Cinema (che solitamente ha reinterpretato il fatto storico in chiave
spettacolare e romanzesca) fare utile opera di divulgazione e istruzione.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Francia nel XVII secolo.

B) La figura storica di Luigi XIV

C) Le monarchie assolute.

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Prestanome

Il prestanome
TITOLO ORIGINALE The Front
REGIA Martin Ritt
SOGGETTO E Walter Bernstein
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Michael Chapman (colore)
MUSICA Dave Grusin
MONTAGGIO Sidney Levin
INTERPRETI Woody Allen, Zero Mostel, Michael Hurphy, Herschel Bernardi
PRODUZIONE Martin Ritt-Rollins-Joffe per Columbia
DURATA 95’
ORIGINE USA, 1976
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Guerra Fredda, terrore nucleare, Maccartismo

Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Anni Cinquanta, New York. Howard Prince, modesto cassiere, è un individuo mediocre e privo di cultura, senza
alcun interesse ad esclusione delle scommesse clandestine, a causa delle quali è sempre sul lastrico. Un giorno
gli si presenta un amico di vecchia data, lo sceneggiatore televisivo Alfred Miller, che gli propone di diventare
suo prestanome, firmando, dietro congrua percentuale, i suoi lavori per il piccolo schermo, visto che lui è finito
sulla Lista Nera come comunista e gli sono chiuse tutte le porte. Per l’oscuro cassiere Howard inizia una nuova
fase della propria esistenza all’insegna della fama e del benessere, finchè, sospettato dall’FBI in quanto amico di
Miller, finisce di fronte alla commissione per le attività antiamericane. Potrebbe fare qualche nome per salvarsi,
ma in un sussulto di dignità e sdegno manda a quel paese i membri della commissione.

TRACCIA TEMATICA
Il Prestanome è insieme un film di denuncia del Maccartismo e una rievocazione di sapore autobiografico
degli anni in cui esso imperversò nel mondo dello spettacolo, creandovi un pesante clima di paura e sospetto
(il regista Martin Ritt, gli attori Zero Mostel e Herschel Bernardi, lo sceneggiatore Walter Bernstein finirono tutti
all’epoca sulla cosiddetta Lista Nera, subendo un ostracismo che stroncò la loro carriera). I filmati documentaristici
in bianconero che aprono la pellicola (e che ci mostrano importanti personalità dell’epoca, Da Truman a
Eisenhower, da Joe Di Maggio a Marylin Monroe, e immagini della Guerra Fredda, come i rifugi antiatomici e il
conflitto di Corea ecc…) hanno lo scopo di introdurre lo spettatore in una stagione ormai lontana della storia
americana.

Il protagonista del film, Howard, personaggio anonimo e mediocre, è l’opposto per personalità e cultura di quegli
intellettuali impegnati che furono le principali vittime della Caccia alle streghe, tuttavia, scosso dalle sollecitazioni
della donna che ama e dal suicidio dell’amico Hecky, trova la forza di riscattarsi dal suo atteggiamento di

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Prestanome

opportunistica apatia, non piegandosi con coraggiosa dignità alle pressioni della commissione e andando così
incontro ad una condanna sicura.

VALUTAZIONE CRITICA
Ritt propone l’oscura pagina del Maccartismo attraverso il modulo della commedia, affidandosi ad un Woody
Allen allora agli inizi di una carriera che l’avrebbe consacrato come il più grande attore-regista comico vivente. E
sono proprio la maschera e la mimica inconfondibile di Allen, che già ricopre quel ruolo di simpatico perdente
che lo caratterizzerà negli anni successivi, a costituire gli elementi vincenti di un film quasi esclusivamente
incentrato su di lui e sul gioco di equivoci e imbarazzi che la sua usurpata qualifica di scrittore determina
(pensiamo a quando lo vediamo in panico di fronte ad una macchina da scrivere con cui deve improvvisare una
scena da rimaneggiare sull’istante).

Se la dimensione drammatica del Maccartismo (la cui isteria inquisitoria all’epoca distrusse carriere e spezzò
esistenze) non viene, però, del tutto offuscata dal prevalente registro leggero e sorridente, lo si deve al personaggio
di Hecky, grazie al quale il film trova le sue note più struggenti e commosse (di grande efficacia la sequenza
che lo mostra nell’umiliante condizione di dover ricevere pochi spiccioli da un impresario sciacallo e quella secca e
bruciante del suo suicidio).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 A) Il Secondo Dopoguerra e la Guerra Fredda.

                           B) Il Maccartismo e l’America dei primi anni Cinquanta.

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Un prete da uccidere

 Un prete da uccidere


TITOLO ORIGINALE To Kill a Priest
REGIA Agnieszka Holland
SOGGETTO Agnieszka Holland
SCENEGGIATURA Agnieszka Holland, Yves Pitoun
FOTOGRAFIA Adam Holender (colori)
MUSICA Georges Delerue
MONTAGGIO Herve de Luze
INTERPRETI Christopher Lambert, Ed Harris
PRODUZIONE J.P. Productions
DURATA 115’
ORIGINE Francia-Stati Uniti, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Comunismo, stalinismo, socialismo reale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
 Polonia, 1984. La Polonia vive lo scontro fra il sindacato Solidarnosc e il regime comunista ormai prossimo
alla fine.  Il sacerdote Jerzy Popieluszko, rappresentante di Solidarnosc, viene rapito da alcuni scagnozzi della
polizia politica per ordine del capitano Grzegorz Piotrowski ed assassinato. La sollevazione popolare che
l’omicidio suscita costringe il governo a processare e condannare i responsabili dell’uccisione.

TRACCIA TEMATICA
 Girato quando ormai si profilava la crisi finale del regime comunista ed il ritorno alla democrazia della Polonia Un
prete da uccidere costituisce un indignato atto d’accusa contro la feroce barbarie di cui gli apparati
polizieschi di quello stesso regime si sono abbandonati, tanto da indurre il governo a punire i responsabili di
simile ignobile crudeltà.
Nel film si confrontano due figure. Da una parte il mite e coraggioso sacerdote,  martire moderno che lotta in nome
dei principi in cui crede, dall’altra il capitano della polizia segreta, che con il suo fanatismo ideologico rasenta la
psicopatologia.
Sullo sfondo di questo scontro drammatico vittima-carnefice si profila la vigorosa e vitale società civile polacca,
sempre più insofferente dell’oppressione che subisce e che trova nella chiesa nazionale e nella carismatica
figura di Papa Wojtila i propri riferimenti principali.

VALUTAZIONE CRITICA
 Come tutti i film di denuncia anche in Un prete da uccidere urge e prevale l’esigenza di schierare personaggi
e simboli in un chiaro schema Bene-Male. Necessità questa giustificata dal contesto storico-politico (il film è
stato girato quando ancora in Polonia si lottava per l’affermazione della democrazia) e dal desiderio di rendere
omaggio alla figura di padre Popieluszko, eroe dell’opposizione al regime negli anni di Solidarnosc. Questa
premessa spiega (e giustifica) l’eccesso di didascalismo che caratterizza il film, che privilegia la
contrapposizione morale e ideologica all’analisi sociale e storica e all’introspezione psicologica dei

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm013.htm[12/07/2017 19:10:43]
Un prete da uccidere

personaggi (soprattutto il personaggio del prete ne risulta un po’ sacrificato, congelato in una specie di inerte
santino privo di complessità e travaglio interiore). 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                        A) La Polonia moderna

                                                   B) La crisi dei regimi comunisti nell’Europa orientale

                                                   C) Il movimento di Solidarnosc

 Religione                                   La figura di Papa Wojtila e il cattolicesimo polacco

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm013.htm[12/07/2017 19:10:43]
Prima della pioggia

Prima della pioggia


TITOLO ORIGINALE Before the Rain
REGIA Milcho Manchevski
SOGGETTO E Milcho Manchevski
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Manuel Teran (colori)
MUSICA Anastasia
MONTAGGIO Nicholas Gaster
INTERPRETI Rade Serbedzija, Katrin Cartlidge
PRODUZIONE Aim Rain Ltd., Noè Productions, Vardar Film
DURATA 115'
ORIGINE Macedonia/Gran Bretagna/Francia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

Conflitti etnici

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Il film è suddiviso in tre episodi.

Voci. Macedonia. Il giovane monaco Kiril vive in un convento, dove si rifugia una ragazza albanese sfuggita ad
una faida etnica del proprio villaggio. Quando giungono al convento alcuni macedoni che cercano la ragazza,
Kiril abbandona con lei il convento nella speranza di poterla salvare. I due, però, vengono raggiunti dai parenti
albanesi di lei che la uccidono con l'accusa di essersi concessa ai macedoni.

Volti. Londra. Aleksandar è un fotografo di successo che vive a Londra, ma che sente il desiderio di tornare
nella sua terra.

Immagini. Macedonia. Aleksandar torna nel suo villaggio d'origine ormai preda degli scontri etnici tra
macedoni e albanesi. Vorrebbe rivedere la donna di cui è stato innamorato anni prima, ma lei è un' albanese e
scopriamo pure che sua figlia è la ragazza che all'inizio abbiamo visto rifugiarsi nel convento. Aleksandar cerca
di salvarla dall'odio dei macedoni, ma viene ucciso, mentre la ragazza scappa verso il convento dove troverà il
monaco Kiril. Chi non avesse colto la fugace immagine di Aleksandar composto in una bara nel primo episodio,
scopre ora che gli episodi Volti e Immagini si collocano cronologicamente prima di Voci.

TRACCIA TEMATICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm092.htm[12/07/2017 19:10:43]
Prima della pioggia

Girato nel pieno dell'infuriare della guerra civile nell'exYugoslavia, Prima della pioggia costituisce una riflessione
su questa immane tragedia contemporanea.

Sul piano tematico il film fa emergere l'assurda follia dello scontro etnico in un contesto socio-culturale in cui
si intrecciano le parentele e i legami (lo stesso macedone Aleksandar ha amato una donna albanese). Non hanno
importanza le razze, in cui molti erroneamente (e disastrosamente) si riconoscono e investono tutta la propria
identità, ma la patria in cui si è nati, che ha formato il nostro mondo affettivo e che è costituita da un intreccio
inestricabile di legami e componenti che attraversano ogni differenza etnica (è questa la dimensione di cui l'esule
Aleksandar, nonostante il successo professionale, ha nostalgia).

Sul piano della struttura narrativa circolare (il film finisce dove inizia) può essere interessante citare quello
che lo stesso regista ha detto (Secondo me il film è ottimista perché la ragazza alla fine si salva) per
confrontarlo con la frase Il cerchio non è rotondo. La storia, insomma, non è destinata ineluttabilmente a ripetersi
e questa volta la ragazza potrebbe salvarsi. Sta a noi evitare il diluvio prima della pioggia, rompere il cerchio
dell'odio e del fanatismo. E questo è certamente un messaggio di speranza.

VALUTAZIONE CRITICA
Il ruolo che il regista assume in questo film è quello del narratore onnisciente della focalizzazione zero (in
grado di dominare la vicenda e di mostrarcela a suo piacimento trasgredendo ogni regola di continuità cronologica),
proprio per assegnare alla struttura della narrazione un ben preciso significato: non sono importanti solo gli eventi
per capire il senso del film, ma anche la disposizione con cui si presentano. Prima della pioggia costituisce,
insomma, un esempio di come le scelte linguistiche e i contenuti tematici possano fondersi in un tutto indivisibile.

Manchevski ha lavorato nel cinema pubblicitario statunitense ed ha girato molti videoclip. Qualcosa di questa
formazione si coglie nell'uso di un montaggio rapido e nella vasta gamma delle inquadrature che propone (dal
primissimo piano al campo lunghissimo); anche l'uso di una colonna sonora sovrabbondante, in cui si
mescolano e si sovrappongono lingue diverse (macedone, albanese, inglese, francese) e molteplici apporti musicali,
sembra ribadire questo riferimento ad una pratica filmica (quella appunto di derivazione pubblicitaria) che
tende a mescolare riferimenti stilistici di diversa provenienza.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) la nascita della Repubblica Federale Yugoslava. B) La guerra civile nell'exYugoslavia. C) La nascita
dello Stato indipendente di Macedonia.

Geografia     La Macedonia e la sua composizione etnica.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm092.htm[12/07/2017 19:10:43]
Prima pagina

Prima pagina
TITOLO ORIGINALE Front Page
REGIA Billy Wilder
SOGGETTO Dalla commedia omonima di Ben Hecht e Charles McArthur
SCENEGGIATURA Billy Wilder, I.A.L. Diamond
FOTOGRAFIA Jordan Cronenweth (colori)
MUSICA Billy May
INTERPRETI Walter Matthau, Jack Lemmon, Susan Sarandon, Vincent Gardenia
PRODUZIONE Universal International
DURATA 105'
ORIGINE USA, 1974
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Quarto Potere

Stampa-Giornalismo/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Chicago, 1929. Nella sala stampa del tribunale si attende l'esecuzione dell'anarchico Earl Williams, accusato
dell'omicidio di un poliziotto. Tra i giornalisti presenti c'è Hildy Johnson, che si trova lì solo per ritirare la sua
roba, visto che l'attende la moglie per il viaggio di nozze. Stanco di tanti anni di attività giornalistica ha deciso
di abbandonare il mestiere senza rimpianti, lasciando nella costernazione più nera il direttore del suo giornale,
Walter Burns. Proprio mentre Hildy si trova casualmente solo nella sala stampa, vi fa irruzione Williams
fuggiasco e ferito. Hildy lo nasconde dentro un mobile e, attirato dalla possibilità di un grande scoop, avverte il
suo direttore, facendosi di nuovo coinvolgere in quel giornalismo che intendeva abbandonare.

TRACCIA TEMATICA
Attraverso le modalità della commedia farsesca Prima pagina prende di mira un obiettivo reale: il cinismo
manipolatorio e falsificatore della stampa e più in generale dell'universo della comunicazione di massa
(l'ambientazione negli anni venti non deve trarre in inganno: la corrosiva critica di Wilder è valida anche ai nostri
giorni). Un giornalismo privo di qualunque scrupolo etico non solo strumentalizza a suo piacimento l'evento,
ma addirittura lo crea, per poterlo meglio controllare e plasmare in base alle proprie esigenze.

Hildy e Walter sono intossicati di giornalismo, hanno un rapporto morboso e patologico con la loro
professione e questo li spinge ad una spasmodica ricerca del colpo sensazionale e clamoroso. Non è una questione
di denaro, ma di vera e propria dipendenza psicologica.

Sullo sfondo la nevrotica società americana della fine anni venti (la grande crisi economica è alle porte),
terrorizzata dalla paura del comunismo e governata da politici inetti e corrotti. Earl Williams, che ci appare in tutta
la sua disarmante innocuità, è il capro espiatorio e la vittima sacrificale di una psicosi collettiva alimentata da un
giornalismo cialtrone e sfrontato.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm093.htm[12/07/2017 19:10:44]
Prima pagina

VALUTAZIONE CRITICA
Wilder ripropone con modalità comico-grottesche la stessa spietata polemica antigiornalistica che aveva già
affrontato in chiave drammatica vent'anni prima con L'asso nella manica (1951). La differenza di genere non
attenua la forza della denuncia (che qui si trasforma in satira feroce), anche perché il regista si dimostra assai
abile nel gestire il registro farsesco da commedia degli equivoci. Assolutamente straordinaria risulta, infatti, la
quasi perfetta calibratura di colpi di scena e battute, che conferisce al film un ritmo incalzante e trascinante e
che trova nella unità teatrale di luogo e tempo una risorsa anziché un limite (la sala stampa si rivela, con le sue
porte, le sue finestre e il suo mobilio uno spazio centripeto ideale in cui far giostrare quel meccanismo di entrate-
uscite che costituisce il fulcro della narrazione).

Fondamentale per la riuscita del film la magistrale interpretazione di Matthau e Lemmon (ma anche le figure
di contorno offrono ottime caratterizzazioni), coppia di attori che assume un ruolo centrale nella filmografia di
Wilder.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) Il movimento anarchico.

               B) Gli Stati Uniti negli anni venti, con particolare riferimento al caso Sacco-Vanzetti.

Lingua inglese     Confronto tra la commedia omonima e il film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm093.htm[12/07/2017 19:10:44]
Principe guerriero

Il principe guerriero
TITOLO ORIGINALE The War Lord
REGIA Franklin J. Schaffner
SOGGETTO Dal lavoro teatrale The Lovers di Leslie Stevens
SCENEGGIATURA John Collier, Millard Kaufman
FOTOGRAFIA Russel Metty (colori)
MUSICA Jerome Moross
MONTAGGIO Folmar Blangsted
INTERPRETI Charlton Heston, Rosemary Forsyth, Richard Boone
PRODUZIONE Court Production per la Universal
DURATA 120’
ORIGINE USA, 1965
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Medioevo

Cinema e Storia

TRAMA
Francia del nord, XI secolo. Un principe normanno è inviato dal duca di cui è vassallo nelle terre paludose
sulla costa della Normandia per difenderle dalla continue incursioni dei pirati frisoni. I celti che abitano il
territorio di cui il principe è stato investito sono una popolazione arretrata, ancora dedita a riti magici e pratiche
paganeggianti. Il principe difende i contadini del suo feudo da un attacco dei frisoni, ai quali sottrae il piccolo
figlio del re, ma essendosi poi innamorato di una giovane ragazza del villaggio la sottrae al legittimo sposo
portandola al castello. I suoi sudditi, offesi da questo gesto, chiedono l’aiuto dei frisoni, che assediano la
fortezza del principe pretendendo la consegna del piccolo figlio del loro re. Tra normanni e frisoni inizia un
duro scontro militare.

TRACCIA TEMATICA
Il film si muove contemporaneamente in due direzioni: da una parte offre un quadro della società medioevale
come si presentava in quel suo microcosmo fondamentale che era il feudo (in questo caso si tratta di una realtà
economica e civile particolarmente arretrata, ancora ferma ad un primordiale livello di sviluppo), dall’altra ci
racconta una storia d’amore dai connotati romantici (e quindi chiaramente anacronistici per l’epoca), caratterizzata
cioè dalla contrapposizione tra forza del sentimento e convenzioni sociali che ad esso si oppongono.

La ricostruzione storica, pur con qualche approssimazione, rispecchia in modo piuttosto fedele la realtà dei
rapporti di potere e di sudditanza fra ordini sociali e le condizioni economiche e culturali esistenti nel
Medioevo, con il signore che svolge il duplice ruolo di capo onnipotente e prepotente (che esige il jus primae
noctis) e nel contempo di difensore degli abitanti del villaggio dai saccheggiatori frisoni, il frate che rappresenta la
temperanza e la morale di cui la Chiesa si faceva portatrice nei confronti degli eccessi e dei residui di barbarie

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/145.htm[12/07/2017 19:10:45]
Principe guerriero

insiti nel sistema feudale, il fratello cadetto escluso dal potere che vive con frustrazione la sua inferiorità (questa
categoria alimentò in quel periodo ogni genere di avventurismo e banditismo), la tecnica di battaglia dell’assedio al
castello con i rudimentali ma efficaci espedienti cui ricorrono assediati e assedianti, il popolo ancora ripiegato su
costumanze e credenze di natura pagana infarcite di superstizione.

VALUTAZIONE CRITICA
La parte migliore del film è certamente quella dedicata a sottolineare alcune caratteristiche sociali e
antropologiche fondamentali del mondo che evoca, sfuggendo alla tentazione del gigantismo tipica del Cinema
storico americano per proporci un Medioevo non di maniera, ma credibilmente povero e sofferente, adattato alle
ridotte dimensioni di un feudo miserabile con un torrione sobrio e dimesso che domina un territorio spoglio e
paludoso. Lo stesso principe guerriero (pur emergendo come un personaggio positivo, per il suo valore guerresco e
il forte senso di fedeltà e lealtà verso il suo superiore) non è un eroe tutto d’un pezzo, ma un uomo che vive le
contraddizioni del suo ruolo e il travaglio psicologico provocato dal suo amore per una contadina.

Decisamente avvincente la parte dedicata all’assedio dei frisoni, nel descrivere il quale il film raggiungere
palpitanti livelli di tensione e una resa spettacolare di apprezzabile rilievo (e questo senza far ricorso a grandi
dispiegamenti di uomini e mezzi o ad effetti speciali). Interessante anche la ricerca di immergere alcuni momenti
della narrazione in un’atmosfera sospesa e irreale intrisa di mistero e magia (pensiamo all’improvviso volo
d’uccelli che conclude il secondo incontro fra il principe e la fanciulla).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A ) Il sistema feudale.

B) I Normanni e i Frisoni.

C) Il ruolo della Chiesa nel sistema feudale.

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Private

Private
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Saverio Costanzo
SOGGETTO Saverio Costanzo
SCENEGGIATURA Saverio Costanzo, Camilla Costanzo, Alessio Cremonini
FOTOGRAFIA Luigi Martinucci (colore)
MUSICA Alter Ego
MONTAGGIO Francesca Calvelli
INTERPRETI Mohammad Bakri, Lior Miller, Areen Omari, Tomer Russo, Hend Ayoub, Karem
Emad
PRODUZIONE Mario Gianani per Offside/Istituto Luce/Cysonia/Rai Cinema
DURATA 125’
ORIGINE Italia, 2004
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Questione arabo-palestinese

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
 Territori occupati in Palestina. La famiglia di Mohammad abita in una casa isolata in Cisgiordania, in una
zona esposta ai combattimenti fra l’esercito israeliano e i guerriglieri palestinesi. L’abitazione viene occupata
dalle truppe israeliane ed inizia così un drammatico periodo di convivenza fra la famiglia araba e i suoi
occupanti.

  

TRACCIA TEMATICA
 Per la famiglia palestinese protagonista la dimensione privata si scioglie drammaticamente nella dimensione
pubblica della realtà dell’occupazione israeliana e dell’intifada armata che la contrasta. Il film si incarica di
penetrare proprio nello sconvolgimento psicoemotivo che questo tremendo trauma impone alla numerosa famiglia
di Mohammad, già lacerata al proprio interno da forti tensioni.
Un ruolo centrale assume il personaggio del capofamiglia, impegnato nel difficile compito di tenere unito il
gruppo all’insegna della scelta della resistenza passiva e non-violenta, incentrata sull’imperativo categorico
di non abbandonare la propria terra (la baracca continuamente distrutta e continuamente ricostruita è il simbolo
di questa tenace linea di condotta). Un’opzione difficile, di grande dignità e orgoglio, che contrasta con
l’insofferente stanchezza della moglie e con l’impazienza dei figli, che vorrebbero abbracciare la linea della lotta
armata (non esclusa la scelta terroristica alla kamikaze.
Miriam, che nascosta in un armadio, spia la vita quotidiana degli occupanti israeliani, scopre nei propri coetanei in
divisa caratteri e personalità molteplici e differenti, un po’ come nella sua famiglia. Forse lo spunto più
autenticamente ottimistico e pacifista del film va ricercato proprio nella simpatia che la ragazza prova per il
più impacciato dei militari israeliani.   

VALUTAZIONE CRITICA
 Il fatto che Private sia un film italiano, per altro di un giovane regista esordiente, costituisce di per sé già un fatto

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm014.htm[12/07/2017 19:10:45]
Private

di grande rilevanza e questo perché dimostra un lodevole interesse per realtà lontane, quasi sempre ignorate dal
nostro Cinema (e non solo). Ma i meriti del film non finiscono qui, la pellicola di Costanzo, infatti, si fa
apprezzare per più motivi. Innanzitutto la povertà dei mezzi, che potrebbe sembrare un limite, si trasforma in
una risorsa e la macchina a mano e la fotografia sgranata, elementi tipici del documentarismo e
dell’improvvisazione giornalistica, conferiscono alle immagini un notevole impatto realistico alimentando
l’intensità drammatica della narrazione. L’unità di luogo (tutto si svolge praticamente in una casa), che
restringe l’azione in uno spazio molto ristretto e asfissiante, incentiva la dimensione claustrofobia che incastona
al proprio interno la vicenda. L’utilizzo di attori quasi tutti non professionisti (fa eccezione Mohammad Bakri,
forse il più popolare attore palestinese esistente, che ricopre il ruolo del padre) assegna alla recitazione una forza
di autenticità e credibilità che altrimenti con volti famosi sarebbe andata persa.
Private è anche un bel thriller politico (se proprio lo si vuole inserire in qualche schema tradizionale), in grado di
catturare l’attenzione dello spettatore con una progressione narrativa di intenso coinvolgimento emotivo e di
indurlo nel contempo a riflettere, senza pregiudizi e formule preconfezionate, sul dramma del Medio
Oriente.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                          A)  La questione palestinese

B)     La questione ebraica e la nascita dello Stato d’Israele

Geografia                                    La Palestina e la Cisgiordania

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Private Parts

Private Parts
TITOLO ORIGINALE Howard Stern's Private Parts
REGIA Betty Thomas
SOGGETTO Dall'autobiografia di Howard Stern
SCENEGGIATURA Len Blum, Michael Kalesniko
FOTOGRAFIA Walt Lloyd (colori)
MUSICA Van Dyke Parks
MONTAGGIO Peter Teschner
INTERPRETI Howard Stern, Mary McCormack, Kelly Bishop, Richard Portnow
PRODUZIONE Ivan Reitman per Paramount/Rysher Entertainment/Northern Lights Entertainment
DURATA 109'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Radio Days

Radio/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Il film racconta la biografia di Howard Stern, il più famoso disc-jockey d'America, dall'infanzia fino al 1985,
quando ha ormai raggiunto il culmine del successo. Bambino introverso e complessato, viene considerato dai
genitori un idiota e la situazione non migliora al college, dove le ragazze lo evitano e i suoi esordi radiofonici
sono disastrosi. Sposatosi con Allison, si trasferisce a Washington per lavorare come dj in un emittente locale e
qui scopre il suo talento di show-man senza peli sulla lingua, che parla con estrema franchezza di tutto, ma in
particolare di sesso. Gli indici d'ascolto schizzano verso l'alto e Howard approda alla WNBC, grande network di
New York. Il suo programma si fa sempre più spregiudicato e imprevedibilmente osceno, senza che i dirigenti
riescano minimamente a frenarlo o a moderarlo. Inizia così una lotta spietata fra Howard e i suoi capi, che il dj
vincerà grazie alla stratosferica crescita dei suoi indici d'ascolto.

TRACCIA TEMATICA
Più una società è puritana e repressa sessualmente (e questo è certamente il caso degli Stati Uniti), più
l'ostentazione, specie se sboccata, della sessualità crea interesse e curiosità. Più crea proibizioni e divieti, più
forte è la tentazione ad infrangerli in modo ostentato (le parole oscene sparate alla radio). Essendo poi lo stesso
scandalo un'altra faccia della curiosità, in questo caso con un'aggiunta di morbosità, il numero degli ascoltatori di
Howard cresce in continuazione (sia chi lo ama, sia chi lo odia lo sente per sapere cosa dirà dopo). Egli ha capito
fin da ragazzo (la sequenza dello spettacolino per gli anziani, che si rianimano soltanto quando mima un amplesso
con i pupazzi) quanto grande possa essere nel mondo della comunicazione la forza d'attrazione della trasgressione e
della volgarità, ma soprattutto ha intuito molto bene come il segreto del successo sia legato alla totale
sottomissione dei mass-media contemporanei alla legge dell'audience. Con il ricatto degli indici d'ascolto (le
emittenti vivono di pubblicità) Howard riesce ad ottenere tutto ciò che vuole e vincere le opposizioni più pugnaci

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm094.htm[12/07/2017 19:10:50]
Private Parts

al suo stile scurrile.

VALUTAZIONE CRITICA
Private Parts costituisce uno dei rari esempi di cinebiografia interpretata dalla stessa persona cui si riferisce,
che quindi impersona se stessa: insomma L'Howard Stern del film è il vero Howard Stern della realtà (e questo
vale anche per i due suoi fedeli collaboratori). Il film avrebbe potuto così trasformarsi in una specie di
autocelebrazione del protagonista e della sua incredibile carriera, riproposizione del mito del sogno americano
(chiunque, anche partendo da posizioni di svantaggio, può arrivare al successo e alla ricchezza), ma così non è
stato.

Come antidoto al pericolo di un'acritica esaltazione delle virtù di geniale comunicatore di Howard (certo discutibili
dal punto di vista estetico e del buon gusto) Private Parts opta per abbondanti iniezioni di autoironia,
scegliendo il tono della commedia leggera e vagamente surreale nella prima parte (quella dedicata ad un
Howard imbranato, che ricorda un po' Woody Allen, e nei siparietti demenziali che dividono i capitoli del finto
film-documentario) e concentrando tutto il divertimento della seconda, più che sulle trasmissioni-scandalo del dj,
sui suoi quotidiani scontri con il direttore dei programmi vomito di maiale, che con la sua mesta uscita di scena (il
film va visto per intero sino alla fine dei titoli di coda!) sembra simboleggiare la sconfitta di una concezione
inamidata e perbenista della comunicazione di massa .

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua straniera: inglese     L'attività di disc-jockey di Howard Stern.

Italiano     Il fenomeno della tv-radio-stampa spazzatura nel nostro paese.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm094.htm[12/07/2017 19:10:50]
Processo di Verona

Il processo di Verona
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Carlo Lizzani
SOGGETTO Sergio Amidei, Luigi Somma
SCENEGGIATURA Ugo Pirro
FOTOGRAFIA Leonida Barboni (bianconero)
MUSICA Mario Nascimbene
MONTAGGIO Franco Fraticelli
INTERPRETI Silvana Mangano, Frank Wolff, Francoise Prévost, Claudio Gora, Giorgio De
Lullo, Salvo Randone, Ivo Garrani
PRODUZIONE Dino De Laurentiis Cinematografica, Orsay Film
DURATA 100'
ORIGINE Italia, 1963
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Fascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
25 luglio 1943. Pochi giorni dopo lo sbarco alleato in sicilia, il Gran Consiglio del fascismo sfiducia Mussolini,
provocando la caduta del regime. Tra coloro che hanno votato contro il duce c'è Galeazzo Ciano, ministro degli
esteri e marito della figlia del duce, Edda.

Gennaio 1944. A Verona un tribunale speciale dell'appena costituita Repubblica Sociale processa con l'accusa
di tradimento Ciano ed altri cinque membri del Gran Consiglio. Nonostante il prodigarsi di Edda Mussolini per
salvare il marito, Ciano e gli altri imputati sono condannati a morte.

TRACCIA TEMATICA
Nella decisione di votare contro il duce nella storica riunione del 25 luglio 1943 convergono diverse motivazioni:
l'opportunistico calcolo politico di chi cerca di dissociarsi da un regime che sta crollando (Grandi), l'ingenua
buonafede ai limiti dell'ottusità (Gottardi), la convinzione di salvare il salvabile (De Bono). Nell'adesione di Ciano
sembrano come sintetizzarsi in modo confuso tutti questi atteggiamenti. E il film privilegia proprio il dramma di
questo personaggio e di sua moglie, analizzandone i risvolti più intimi e personali. Edda, che vive una
sventura familiare che la coinvolge nel duplice ruolo di moglie e figlia, campeggia come l'unica figura positiva,
capace di elevarsi al di sopra di ogni doppiezza e meschinità pur di salvare la vita al marito. E' lei, forse,
l'unico personaggio in grado di leggere con lucido realismo gli eventi, pronta a sacrificare ogni residuo di pudore e
dignità (il ricatto nei confronti del padre) per raggiungere il suo scopo.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/146.htm[12/07/2017 19:10:51]
Processo di Verona

Nel castello di Verona sembra celebrarsi un macabro rito, finalizzato a dare un'esile parvenza di legittimità
al consumarsi di una squallida vendetta politica, intesa come lavacro di sangue rigeneratore di un fascismo
agonizzante. Torve figure come Pavolini, Farinacci e il pubblico accusatore Fortunato (indimenticabile la sua
immagine nera su fondo nero) incarnano entità quasi demoniache, degne di una tragedia shakespeariana.

VALUTAZIONE CRITICA
Il processo di Verona è il prodotto di quella spinta alla rivisitazione in chiave democratica della recente storia
nazionale che caratterizza la cinematografia italiana agli inizi degli anni sessanta.

Già nei titoli di testa, che alternano immagini fotografiche autentiche di vita privata della coppia Ciano-Edda con
altre di carattere pubblico che riprendono il ministro degli esteri italiano in occasioni ufficiali con Hitler e
Mussolini, si allude alla scelta del film di inserire il percorso individuale dei protagonisti sullo sfondo della
tragedia collettiva che si sta consumando (anche le riprese documentaristiche inserite nella pellicola rispondono
a questa finalità).

In verità lo sfondo storico rimane piuttosto sfuocato rispetto alla centralità che nel film assume la storia
individuale di Ciano-Edda (a suo tempo ci fu chi insinuò che questo eccesso di spazio fosse dovuto al fatto che
l’attrice Silvana Mangano era la moglie del produttore De Laurentiis), con tanto di insistenza sulla questione dei
diari (che autorizzano persino deviazioni nel thriller e nella spy story, come l’inseguimento in automobile per le
vie di Verona, che non è certo la cosa migliore del film).

Resta al regista il merito di essere riuscito a calare la vicenda in un’atmosfera cupa e malefica, che ben si
addice al clima torbido della Repubblica di Salò e alla descrizione dell’implacabile meccanismo di Potere che
si stringe intorno agli imputati.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) Il fascismo.

B) L’Italia nella seconda guerra mondiale.

C) Il 25 luglio 1943 e il processo di Verona.

D) L’Italia all’inizio degli anni Sessanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/146.htm[12/07/2017 19:10:51]
Il proiezionista

Il proiezionista
TITOLO ORIGINALE The Inner Circle
REGIA Andrej Konchalovsky
SOGGETTO E Andrej Konchalovsky, Anatoli Usov
SSCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ennio Guarnieri (colori)
MUSICA Eduard Artemyev
MONTAGGIO Henry Richardson
INTERPRETI Tom Hulce, Lolita Davidovich, Bob Hoskins
PRODUZIONE Numero Uno International (Roma) e Mosfilm (Mosca)
DURATA 137’
ORIGINE Italia-Russia, 1992
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Comunismo, Stalinismo, Socialismo reale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Mosca, 1939-1953. Ivan Sanshin fa di mestiere il proiezionista presso il quartier generale del KGB. Poco dopo il
suo matrimonio con Anastasia, viene convocato al Cremlino: sarà il nuovo proiezionista di Stalin e della sua
ristretta cerchia. Sanshin, che ha per il dittatore russo una vera venerazione, è particolarmente fiero del suo
nuovo incarico che lo mette quotidianamente a contatto con il suo idolo e i più importanti dirigenti dello Stato
sovietico e rimprovera severamente la moglie per il suo interessamento nei confronti della piccola Katia, la figlia
dei loro vicini imprigionati e probabilmente giustiziati con l’accusa di essere nemici del popolo. Nel 1941 La
Germania invade l’URSS e per un po’ Sashin e la moglie si trasferiscono negli Urali al seguito dei vertici dello
Stato ed è qui che Anastasia diventa l’amante del capo della polizia politica Beria. Tornato nel frattempo a
Mosca, Sashin per anni non ha più notizie della moglie, finchè la donna non gli si ripresenta in cinta. Sashin
decide di riaccoglierla, ma Anastasia psicologicamente distrutta si suicida. Anni dopo la fine della guerra Katia,
ormai adolescente, si rifà viva presso Sashin, che l’accoglie in nome del grande affetto che per lei nutriva la
moglie. Le loro strade si separano il giorno dopo. Nel 1953 si rincontrano in occasione dei funerali di Stalin,
dove Katia rischia di essere travolta dalla folla che cerca di rendere omaggio al feretro del dittatore. Sashin la
salva e decide che da quel momento in poi si occuperà di lei come di una figlia. La vicenda è ispirata alla storia
vera di Aleksander Ganshin, il proiezionista di Stalin.

TRACCIA TEMATICA
Tramite il personaggio del proiezionista Sashin il film intende simboleggiare la fanatica devozione di cui fu
oggetto Stalin da parte del popolo sovietico nel momento culminante del suo immenso potere (dalla seconda
metà degli anni Trenta sino alla sua morte). Come è possibile che un despota che commise crimini efferati abbia

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/222.htm[12/07/2017 19:10:51]
Il proiezionista

potuto godere di un’adorazione dai risvolti idolatrici da parte anche delle sue stesse vittime (pensiamo all’amore
nei suoi confronti della piccola Katia, i cui genitori sono stati vittime delle tremende purghe staliniane)? La risposta
va ricercata nel sistematico culto della personalità e nella forzata organizzazione del consenso attorno alla figura
del dittatore (la propaganda martellante del regime, di cui il Cinema era uno dei principali veicoli, la repressione di
ogni voce di dissenso, il terrore di massa, il prestigio acquisito dal capo con la vittoria contro la Germania nazista
che aveva invaso il paese, ecc..). Ma il film va oltre e sostiene la tesi (cui dà voce l’anziano professore vicino di
casa di Ivan) che l’indole ingenua del popolo russo (ben rappresentata dal buon Ivan) l’abbia sempre indotto a
schierarsi con Dio e con Satana e quindi esso abbia adorato Stalin come una divinità senza accorgersi che
egli era l’incarnazione del male.

Aldilà delle risposte (condivisibili o meno) che si possono dare del fenomeno dello stalinismo e del consenso di cui
godettero i regimi totalitari del Novecento, Il proiezionista offre un efficace quadro degli aspetti più angoscianti
di quegli anni, come il carattere di supplenza della religione tradizionale svolto dal culto di Stalin, il paranoico
clima di sospetto, l’acritica e delirante fiducia nell’infallibilità del capo, l’incontrollato arbitrio degli apparati di
potere, la paura di essere arrestati da un momento all’altro.

VALUTAZIONE CRITICA
Realizzato poco prima del crollo dell’URSS (in era gorbacioviana) il film di Konchalovsky ripropone un tema che
fu presente anche in tanto Cinema sovietico degli anni successivi la morte di Stalin (la critica al culto della
personalità e più in generale alla figura e alla politica del dittatore), ma lo fa con una radicalità di denuncia
estranea a quella pur coraggiosa stagione della cinematografia russa (negli anni cinquanta non esistevano quei
margini di libertà che caratterizzeranno l’ultimo periodo del governo di Gorbaciov).

Il regista si muove essenzialmente su due tonalità dominanti: il grottesco e il melodrammatico. Il primo


registro domina soprattutto la prima parte del film e alcuni scampoli della seconda (pensiamo all’immaginario
dialogo notturno tra Stalin e Sashin), laddove le vicende che capitano a Sanshin sono filtrate da un gusto
vagamente deformante e surreale, tra l’incubo e l’estasi (la paura e la gioiosa incredulità si mescolano nel suo
animo mentre vive la sua incredibile avventura); il secondo prevale, invece, nella parte conclusiva della pellicola,
quando la storia inclina verso il suo tragico epilogo (sono soprattutto il personaggio di Katia e il suicidio della
moglie ad introdurre una dimensione accentuatamente patetica). Tra le due opzioni espressive la più incisiva, per
la sua originalità e capacità inventiva, risulta decisamente la prima (pensiamo soltanto ad alcune soluzioni: le
mucche che si intravedono dalle finestre dello scantinato di Sashin che alludono metaforicamente alle vittime dello
stalinismo mandate letteralmente al macello, l’icona del dittatore che quasi sempre appare sullo sfondo dei primi
piani del proiezionista nella sua abitazione come presenza incombente e condizionante, l’immagine del
protagonista con la maschera a gas a significare l’irrespirabilità del clima che lo circonda, i funerali di Stalin
proposti in uno scenario di follia collettiva).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La rivoluzione sovietica: da Lenin a Stalin.

                    B) Lo stalinismo

C) Il XX congresso del PCUS e la destalinizzazione

D) Crisi e crollo dell’URSS.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/222.htm[12/07/2017 19:10:51]
Pummarò

Pummarò
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Michele Placido
SOGGETTO E Michele Placido, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Vilko Filac (colori)
MUSICA Lucio Dalla, Mauro Malavisi
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Thywill A K Amenya, Pamela Villoresi
PRODUZIONE Numero Uno Internapoli/Rai Due/Cineuropa 92
DURATA 100’
ORIGINE Italia, 1990
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Lamerica Leuropa Litalia

Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza,


immigrazione, società multietnica/Individuo e società

TRAMA
Kwaku, un laureato del Ghana desideroso di andare a perfezionarsi in medicina nel Canadà, arriva in Italia per
mettersi alla ricerca del fratello Giobbe, detto Pummarò, che lavora già da qualche anno nel casertano nella
raccolta dei pomodori. Kwaku, però, non trova il fratello che, coinvolto in una rissa con il suo datore di lavoro,
è fuggito a Roma. Ma nemmeno giunto nella capitale Kwaku incontra Giobbe, che nel frattempo si è trasferito a
Verona. Approdato nella città veneta, Kwaku non rintraccia il fratello, ma riesce a trovare una sistemazione più
stabile rispetto alle precedenti esperienze nella penisola: egli, infatti, viene assunto con un lavoro regolare in
una fonderia e intreccia una relazione sentimentale con Eleonora, maestra volontaria degli extracomunitari.
Quando, però, arriva da Francoforte una cartolina di Giobbè, decide di partire per la Germania.

TRACCIA TEMATICA
Pummarò è un viaggio attraverso il razzismo presente in Italia all’inizio degli anni Novanta, quando il
fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria, pur non avendo assunto ancora le dimensioni attuali, si andava
diffondendo su vasta scala.

Lo sfruttamento degli immigrati da parte di datori di lavoro senza scrupoli (la raccolta dei pomodori in nero nel
casertano) o di squallide figure di schiavisti della prostituzione (a Roma) è solo uno degli aspetti della mortificante
condizione di oppressione e di disagio che l’extracomunitario vive in Italia. Ad esso si aggiunge anche il rifiuto
xenofobo diffuso nella popolazione, che si manifesta in atteggiamenti di diffidenza e ostilità preconcetta (l’ex
operaio metalmeccanico che Kwaku incontra al bar), se non di aperta violenza (l’aggressione subita da Kwaku ed
Eleonora a Verona).

La figura di Eleonora e la sua storia d’amore con il giovane ghanese alludono ad una possibilità di incontro tra
mondi diversi, oltre alla presenza nel nostro paese di una realtà di volontariato generosamente impegnata sul piano
dell’assistenza nei confronti degli extracomunitari (ma spesso, sembra anche dirci il film, nella solitudine e nel
disorientamento degli stranieri si rispecchia la difficile condizione esistenziale dei locali. Anche il professore che lo

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm024.htm[12/07/2017 19:10:52]
Pummarò

aiuta nel casertano si direbbe compensi attraverso il sostegno agli extracomunitari il fallimentare vuoto della
propria vita).

Il finale è tragico ed amaro, ma nello scomparire di Kwaku e Nanù, che aspetta un figlio da Giobbe, tra l’anonima
folla di Francoforte si intravede la speranza che possano ricostruirsi una vita migliore in Canadà con il
gruzzolo lasciato loro da Pummarò (il continente americano come nuova Terra Promessa).

VALUTAZIONE CRITICA
Pummarò non solo è l’opera prima di Michele Placido, attore-regista che dietro la macchina da presa avrebbe
offerto altre buone prove nel decennio che allora si apriva, ma è anche il primo film a soggetto di una certa
rilevanza sul tema dell’immigrazione extracomunitaria nel nostro paese.

L’impegno civile del film costituisce già un merito non irrilevante, specie se consideriamo come all’inizio degli
anni Novanta il nostro Cinema avesse ormai da tempo abbandonato le tematiche di più stringente e drammatica
attualità (il Cinema politico degli anni Sessanta-Settanta era un ricordo del passato).

Aldilà di questa benemerenza di natura extrafilmica, la valutazione complessiva del film risulta moderatamente
positiva. E’ vero che nuoce all’opera un’evidente tendenza all’eccesso (sia per quel che riguarda le troppe
situazioni evocate, quasi a voler raccontare tutte le possibili varianti e implicazioni della condizione degli
extracomunitari in Italia, sia per quel che riguarda il tenore forse troppo esagitato e melodrammatico di alcuni snodi
narrativi), ma è altrettanto vero che il film riesce in quello che era il proprio intendimento principale: essere un
efficace ed onesto veicolo d’informazione su un problema di scottante attualità. Inoltre, più che la storia in sé
(piuttosto scontata nel suo evolversi), lasciano il segno alcuni squarci umani e ambientali all’insegna del degrado e
della disperazione (pensiamo al centro di prima accoglienza di Caserta, ai loculi cimiteriali dove dormono gli
immigrati, alle stamberghe e agli scompartimenti ferroviari che li ospitano a Roma).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             L’immigrazione nel Novecento

Diritto             La legislazione italiana sull’immigrazione extracomunitaria

Geografia        Il Ghana

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm024.htm[12/07/2017 19:10:52]
Qualcosa di personale

Qualcosa di personale
TITOLO ORIGINALE Up Close and Personal
REGIA Jon Avnet
SOGGETTO Da un romanzo di Alanna Nash
SCENEGGIATURA Joan Didion, John Gregory Dunne
FOTOGRAFIA Karl Walter Lindenlaub (colori)
MUSICA Thomas Newman
MONTAGGIO Debra Neil-Fisher
INTERPRETI Robert Redford, Michelle Pfeiffer
PRODUZIONE Jon Avnet, David Nicksay, Jordan Kerner per Cinergy Prods
DURATA 124'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La grande sorella

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Sally Atwater ha l'ambizione di sfondare nel mondo del giornalismo televisivo. Warren Justice, direttore
d'un'emittente privata di Miami, s'innamora di lei ricambiato e la trasforma in una star del piccolo schermo
televisione. Mentre il successo di Sally è inarrestabile, Warren, professionista serio e integro, stenta ad accettare
i nuovi metodi del network e per recuperare l'entusiasmo delle origini parte per una corrispondenza di guerra
dal fronte del Nicaragua.

TRACCIA TEMATICA
Il punto di vista ideale e morale del film è incarnato dalla figura di Warren, giornalista all'antica il cui
modello di professionalità è sempre più distante dalle esigenze della televisione moderna, superficiale e
spregiudicata, spietata e audience-dipendente. Warren crede in un'informazione in grado di esprimere i valori
della democrazia americana e che si impegni ad affrontare con obiettività i problemi del mondo e della
società. La sua eroica morte sul campo, lontano dal frastuono degli studi televisivi, simboleggia forse il tramonto di
questa sua concezione di giornalismo.

VALUTAZIONE CRITICA
Qualcosa di personale si inscrive nella tradizione del Cinema democratico americano (quello cui si suole
applicare l'etichetta di politicamente corretto) d'ambiente giornalistico, teso a condannare gli eccessi e le
degenerazioni del sistema dell'informazione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm097.htm[12/07/2017 19:10:52]
Qualcosa di personale

Film non eccelso, non sempre fluido nell'incedere narrativo, piuttosto scontato nell'assunto ideologico (la polemica
di cui si fa portare non è certo una novità nella cultura statunitense) e con un finale troppo sbilanciato sul piano del
sentimentalismo, la pellicola di Avnet rappresenta comunque un dignitoso esempio di prodotto medio che
punta, più che sulla rilevanza del tema trattato, sulla presenza di due indiscussi divi hollywoodiani come Redford e
Pfeiffer.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua inglese     Il sistema televisivo negli Stati Uniti.

Educazione civica     La legislazione italiana relativa alla regolamentazione del sistema televisivo.

Storia     La guerra civile in Nicaragua.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm097.htm[12/07/2017 19:10:52]
quando sei nato non puoi più nasconderti

Quando sei nato non puoi più nasconderti


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Marco Tullio Giordana
SOGGETTO Dall’omonimo libro di Maria Pace Ottieri
SCENEGGIATURA Marco Tullio Giordana, Stefano Rulli, Sandro Petraglia
FOTOGRAFIA Roberto Forza (colore)
MUSICA  
MONTAGGIO Roberto Missiroli
INTERPRETI Matteo Gadola, Alessio Boni, Michela Cescon, Rodolfo Corsato, Esther Hazan,
Vlad Alexandru
PRODUZIONE Riccardo Tozzi, Marco Chimenz, Giovanni Stabilini per
Cattleya/RaiCinema/Babe/Once You Are Born Films
DURATA 115’
ORIGINE Italia, 2005
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Lamerica, Leuropa, Litalia


Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza,
immigrazione, società multietnica/Uomo e società

TRAMA
 Il dodicenne Sandro durante un viaggio in barca con il padre finisce accidentalmente in mare e viene ripescato
da un’imbarcazione di clandestini. Qui conosce Alina e Radu, due ragazzi rumeni, con i quali viene tradotto in
un centro di prima accoglienza. Quando arrivano i genitori di Sandro, questi li convince ad adottare entrambi i
suoi nuovi amici, che saranno ospitati nella villa del padre a Brescia. Una notte Radu e Alina fuggono
derubando la famiglia di denaro e gioielli.

TRACCIA TEMATICA
 Al centro del film non c’è tanto il problema dell’immigrazione nel nostro paese, ma la scoperta traumatica  da
parte di un adolescente dell’altro che l’immigrato rappresenta  e della sopraffazione che il mondo degli
adulti porta con sé. Protagonista della storia è Sandro e il suo sguardo, attraverso cui passano le immagini di una
realtà infelice e ingiusta, segnata dalla solitudine (non solo lui è solo, ma anche i suoi genitori e il prete del centro,
per non palare dei due ragazzi immigrati).     

Per Sandro si tratta di una specie di percorso di formazione dalla fanciullezza all’età adulta (la cui premessa
è la rinascita simboleggiata dall’immersione-emersione nei flutti), che lo porta a contatto con una dimensione di
sofferenza  (l’umanità disperata degli immigrati, così lontana dal protettivo involucro della sua famiglia altolocata)
che culmina nella scoperta del tragico destino di Alina, precocemente avviata alla prostituzione.

Nell’immagine finale si concentra e nel contempo si scioglie la tensione del film, nell’assenza di risposta sul
futuro, a anche sul presente,  che sembra sospesa sui due ragazzi seduti sul ciglio della strada.     

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2007-08/8framefilm012.htm[12/07/2017 19:10:53]
quando sei nato non puoi più nasconderti

 L’opzione stilistica prevalente del film appare quella per i toni freddi e smorzati, lontano dalle facili
schematizzazioni sociologiche che il tema dell’immigrazione extracomunitaria nell’Italia razzista di oggi potrebbe
suggerire. Manca la denuncia tipica del Cinema politico e civile, con relativa discriminazione tra ciò che è bene e
ciò che è male e forte coinvolgimento emotivo-emozionale dello spettatore.

La narrazione procede con sobrio sintetismo, evitando l’enfasi del colpo di scena  e della facile
drammatizzazione, mentre i personaggi sono delineati nella loro complessità umana e psicologica, senza
eccessi e caricature (sarebbe stato facile infierire sul retroterra di vuoto morale e culturale di certa borghesia
lombarda, allettata dalle sirene del leghismo). Non c’è nulla di consolatorio e gratificante, che possa supportare un
messaggio di speranza (i due ragazzi rumeni non si integrano e Radu se ne va con i gioielli di famiglia, quasi a
voler confermare l’immagine negativa che nell’immaginario collettiva assume l’extracomunitario) e il film pone
più domande di quanto non offra risposte.

  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Diritto                                 A) L’attuale legislazione sull’immigrazione extracomunitaria In Italia.     

                                             B) I centri di raccolta temporanei

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2007-08/8framefilm012.htm[12/07/2017 19:10:53]
Quanto è bello lu muriri anciso

Quanto è bello lu murire acciso


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ennio Lorenzini
SOGGETTO E Stefano Calanchi, Aldo De Jaco, Ennio Lorenzini, Gianni Toti
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Gualtiero Manozzi (colore)
MUSICA Roberto De Simone
MONTAGGIO Roberto Perpignani
INTERPRETI Stefano Satta Flores, Giulio Brogi, Angela Goodwin
PRODUZIONE Autori Attori Tecnici Associati
DURATA 85'
ORIGINE Italia, 1976
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Risorgimento

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
1857. Carlo Pisacane, exmazziniano di idee socialiste, insieme ad un manipolo di seguaci prepara una
spedizione nel regno borbonico con l'intento di provocare una rivoluzione popolare. Liberati dal carcere di
Ponza trecento detenuti, sbarca a Sapri e marcia all'interno cercando di far proseliti tra la popolazione locale. Il
suo tentativo, però, fallisce e Pisacane viene ucciso con tutti i suoi uomini dai soldati borbonici e dai contadini
locali aizzati dagli ecclesiastici e dai latifondisti.

TRACCIA TEMATICA
Lorenzini rivisita un episodio risorgimentale che la tradizione ha avvolto di un alone romantico (pensiamo
alla poesia di Luigi Mercantini) alla luce di una consapevolezza storica posteriore. Di Pisacane vengono
evidenziati gli ideali egualitari e la grande passione rivoluzionaria che li sorregge unitamente alla coscienza dei
limiti sociali e storici che ancora si frappongono alla loro piena realizzazione e, quindi, del forte valore simbolico e
d'esempio che comunque assumerebbe il sacrificio della vita che l'eroe prevede (eloquente, in questo senso,
l'immagine finale del bracciante che si allontana con uno dei fucili dei patrioti caduti: la loro morte non è stata
vana, gli ideali di libertà e giustizia saranno portati avanti da altri negli anni a venire).

Nella vicenda di Pisacane si può anche cogliere un'allusione alla guerriglia del Che Guevara in Bolivia,
anch'essa conclusasi con il fallimento dell'ipotesi insurrezionale per mancanza di sostegno popolare e con
l'uccisione del rivoluzionario sudamericano (il corpo di Pisacane disteso all'obitorio non può non evocare nella
postura quello del Che cadavere).

Il film, inoltre, andrebbe inserito nell'incandescente contesto politico degli anni Settanta, caratterizzato da

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/147.htm[12/07/2017 19:10:53]
Quanto è bello lu muriri anciso

un'accesa dialettica tra la sinistra rivoluzionaria (minoritaria e propensa a forme di lotta estreme) e la sinistra
riformista (maggioritaria e moderata): Pisacane e i suoi adombrerebbero la prima (verso cui sembra orientarsi la
simpatia del regista), mentre la prudente e salottiera borghesia napoletana la seconda (nei cui confronti il giudizio
appare piuttosto negativo).

VALUTAZIONE CRITICA
Il film attua una serie di procedimenti differenti che non sempre (e questo è un limite della pellicola) riescono
a fondersi in modo armonico. La colonna sonora costituita dall'incalzante ritmo delle canzoni della Compagnia
di Canto Popolare diretta da Roberto De Simone (tra cui quella che dà il titolo al film e che allude alla gioiosa
accettazione dell'estremo sacrificio per indicare la via alle generazioni future) infonde alla storia l'incedere di una
ballata popolare (più mito e leggenda che realtà), prodotto della cultura di quelle classi subalterne che Pisacane si
proponeva di riscattare; le sequenze dialogiche che vedono Pisacane impegnato ad esporre le sue convinzioni a
diversi interlocutori risultano forse necessarie alla comprensione del personaggio e della sua strategia politica, ma
piattamente didascaliche; la figura del maggiore De Liguoro appare infelice nella sua improbabile lucidità
d'analisi storico-sociale (parla come un libro di storia scritto un secolo dopo); il solare paesaggio meridionale è
ben sfruttato nell'esprimere l' impassibilità della natura (e del popolo) di fronte alla tragedia che si consuma sul
suo sfondo; alcune sequenze d'azione possiedono, infine, un'aspra e vigorosa eloquenza (pensiamo al massacro
iniziale dei briganti , che ci immerge da subito nel clima di feroce predominio latifondista del meridione d'Italia, e
alle crude immagini finali delle donne e dei bambini che depredano cadaveri).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La figura storica di Carlo Pisacane.

B) La figura di Ernesto Che Guevara.

C) Quadro politico-sociale dell'Italia degli anni Settanta.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/147.htm[12/07/2017 19:10:53]
Quattro giornate di Napoli

Le quattro giornate di Napoli


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Nanni Loy
SOGGETTO Vasco Pratolini
SCENEGGIATURA Massimo Franciosa, Pasquale Festa Campanile, Nanni Loy, Carlo Bernari
FOTOGRAFIA Marcello Gatti (bianconero)
MUSICA Carlo Rustichelli
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Domenico Formato, Regina Bianchi, Frank Wolff, Jean Sorel, Lea Massari, Gian
Maria Volonté, Aldo Giuffré
PRODUZIONE Titanus
DURATA 116'
ORIGINE Italia, 1962
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Resistenza

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Il 28 settembre1943 il popolo napoletano insorge contro l'occupante tedesco e si batte per quattro giorni con
armi improvvisate e senza alcuna organizzazione. I tedeschi, sopraffatti da una rivolta che non avevano previsto
e che costituisce il primo episodio di resistenza alla loro presenza sul suolo italiano, il 1°ottobre sono costretti
alla resa e alla ritirata.

TRACCIA TEMATICA
All'inizio degli anni Sessanta un gruppo di registi formatisi alla scuola della commedia all'italiana (Monicelli,
Comencini, Loy, Risi) decide di riproporre pagine della storia nazionale secondo un'ottica democratica e
progressista. Sullo sfondo il contemporaneo spostamento a sinistra degli equilibri politici del paese (avvento del
centro-sinistra). Fu una stagione intensa e ricca di titoli interessanti, che ebbe soprattutto il merito di far conoscere
alle nuove generazioni fatti di rilievo della nostra storia nazionale. Le quattro giornate di Napoli si muove
esemplarmente in questa direzione, raccontando quello che forse rimane l'unico episodio di resistenza nel
meridione d'Italia.

Lungi dall'essere guidata da un preciso disegno politico e da una lucida consapevolezza ideologica (come la
Resistenza nel nord d'Italia), la rivolta napoletana scaturisce da un istintivo e spontaneo rifiuto dei soprusi e
delle prepotenze dell'occupante. Le motivazioni di chi partecipa alla lotta possono essere le più svariate (evitare
la deportazione, vendicare un amico, salvare qualche conoscente ostaggio dei tedeschi, giocare alla guerra, ecc..),
ma ciò che unifica questo moto di popolo è il desiderio diffuso di farla finita con la guerra e con la violenza

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/149.htm[12/07/2017 19:10:54]
Quattro giornate di Napoli

pur usandone occasionalmente gli strumenti (il tutto ben sintetizzato dal A noi la guerra non ci piace che il
popolano rivolge allo sprezzante ufficiale tedesco costretto ad arrendersi a degli straccioni e dal capitano che
abbandona il mitra e scompare tra la folla).

Il film induce a pensare cosa sarebbe potuto essere il futuro del Mezzogiorno se le riserve di sane energie delle
popolazioni meridionali fossero state utilizzate in direzione di una serie politica di sviluppo.

VALUTAZIONE CRITICA
Le quattro giornate di Napoli, uno dei più bei film italiani sulla Resistenza, è un toccante e palpitante affresco
corale e polifonico, nel quale si intrecciano tante storie individuali senza che nessuna prevalga sulle altre, per cui
si può veramente sostenere che sia l’intero popolo napoletano, finalmente affrancato dal pittoresco folclore cui
tanto Cinema nostrano l’aveva inchiodato, il vero protagonista del film. I casi singoli e la cornice storica che ne
costituisce lo sfondo si integrano a vicenda in un mirabile equilibrio che alterna sapientemente dimensione privata
ed evento collettivo che la sconvolge.

La pellicola, condotta all’insegna di un saldo vigore narrativo e di una straordinaria capacità di gestione
delle masse e delle emozioni, regala momenti di grande Cinema: pensiamo alla dolorosa drammaticità della
fucilazione pubblica del marinaio toscano, alla concentrata intensità dell’assedio allo stadio del Vomero, alla
trascinante enfasi della sequenza dell’automobile che attraversa una Napoli deserta chiamando il popolo alla
rivolta, al commovente e sommesso riconoscimento dei corpi delle prime vittime, al tono epicizzante delle scene di
battaglia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A) La Seconda Guerra Mondiale.

B) L’Italia nel conflitto.

C) le quattro giornate di Napoli.

D) La Resistenza.

E) L’Italia nei primi anni sessanta.

Geografia         Napoli

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/149.htm[12/07/2017 19:10:54]
Queimada

Queimada
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gillo Pontecorvo
SOGGETTO E Franco Solinas, Giorgio Arlorio
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Marcello Gatti, Giuseppe Rizzolini (colori)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Mario Morra
INTERPRETI Marlon Brando, Evaristo Marques, Renato salvatori
PRODUZIONE Alberto Grimaldi per la PEA
DURATA 113'
ORIGINE Italia-Francia, 1969
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Colonialismo, imperialismo, paesi extraeuropei

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Prima metà dell'Ottocento.Queimada è un'isola delle Antille, da secoli colonia portoghese. Vi sbarca l'agente
britannico William Walker con il disegno di provocare una rivolta anticoloniale della popolazione di colore
ridotta in stato di schiavitù. A questo scopo Walker trasforma un facchino locale, Josè, in un rivoluzionario.
Conquistata l'indipendenza, per l'isola iniziano i problemi: la nuova classe dirigente bianca pensa
esclusivamente ai propri interessi ed esclude Josè e gli indigeni che hanno combattuto per la libertà dalla
gestione del potere. Intanto al dominio portoghese si sostituisce quello inglese tramite la compagnia delle
Antille, che sfrutta le risorse del paese con una determinazione superiore a quella dei vecchi dominatori. Josè
riprende le armi contro il nuovo governo, corrotto e asservito agli interessi britannici, e conduce una sanguinosa
guerriglia sulle montagne dell'isola. La Compagnia delle Antille richiama a Queimada Walker.

TRACCIA TEMATICA
Queimada è un'isola immaginaria e la vicenda raccontata è frutto d'invenzione. Il film vuole essere una specie di
saggio storico sulla natura dell'imperialismo e del neocolonialismo nell'Ottocento e, forse ancor più, nel
Novecento. Quel che interessa al regista e agli sceneggiatori non è la veridicità storica dei fatti narrati, ma la loro
esemplarità ai fini di sviluppare una riflessione in chiave marxista sulle radici economiche e politiche del
colonialismo.

Al vecchio e improduttivo dominio portoghese basato sulla schiavitù si sostituisce quello britannico,
espressione di un capitalismo moderno ed efficiente, in grado di sfruttare al meglio le risorse locali, senza doversi
addossare la gestione diretta del governo, assegnata ad un'inetta e famelica borghesia locale totalmente succube dei

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/150.htm[12/07/2017 19:10:54]
Queimada

nuovi padroni. L'indigeno si trasforma da schiavo in salariato, ma la sua condizione di miseria non cambia, anzi
peggiora, visto che viene a mancare anche quel minimo di sicurezza e assistenza che la condizione servile pur
sempre garantiva.

E' trasparente il riferimento a ciò che è avvenuto nell'America Latina con il trapasso dal colonialismo
spagnolo e portoghese all'imperialismo statunitense, veicolo dello strapotere economico delle grandi
multinazionali (ma, in parte, anche a ciò che si è verificato in Indocina alla metà del Novecento, dove gli USA
sono subentrati alla Francia nella repressione dei movimenti di liberazione nazionale).

Girato a ridosso del '68 Queimada risente vistosamente del clima di lotta e di impegno politico che investì il
Cinema europeo in quegli anni, esprimendo in particolare la versione terzomondista ed antimperialista di quella
tensione ideale.

VALUTAZIONE CRITICA
La sua natura di film a tesi conferisce a Queimada un andamento schematico e forzato, che convoglia e
irrigidisce lo sviluppo narrativo secondo le linee di una precisa interpretazione ideologico-simbolica. A
Pontecorvo interessa più dimostrare che mostrare, costruire una ben argomentata denuncia politica dello spietato
sfruttamento cui l'imperialismo aveva sottoposto e sottoponeva i paesi poveri. Questo scoperto e insistito intento
didascalico impoverisce la dimensione drammatica del film e lo spessore umano e psicologico dei personaggi,
ridotti a sentenziosi e troppo consapevoli commentatori degli eventi nei quali sono coinvolti (Walker, in
particolare, appare teorizzare il proprio comportamento con una lucidità improbabile per quell'epoca).

Ciò non toglie che il film si segnali per un discreto taglio spettacolare, che sa sfruttare al meglio le possibilità
paesaggistiche e le suggestioni esotiche dei tropici e lavorare piuttosto bene con la gestione delle masse, tentando
di dare intensità espressiva ai primi piani degli anonimi volti indigeni (una caratteristica questa tipica del miglior
Pontecorvo: pensiamo al suo capolavoro La battaglia d'Algeri).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A) Il colonialismo nel XIX secolo e il neocolonialismo nel XX secolo.

B) Le multinazionali e il controllo economico e politico dei paesi del Terzo Mondo.

C) Le lotte di liberazione anticoloniali nel XIX e XX secolo.

D) Le condizioni dei paesi poveri nel mondo globalizzato. Il ruolo del FMI e della Banca
mondiale e l'indebitamento.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/150.htm[12/07/2017 19:10:54]
Quell'ultimo ponte

Quell’ultimo ponte
TITOLO ORIGINALE A Bridge Too Far
REGIA Richard Attenborough
SOGGETTO Tratto dal libro di Cornelius Ryan
SCENEGGIATURA William Goldman
FOTOGRAFIA Geoffrey Unsworth (colori)
MUSICA John Addison
MONTAGGIO Anthony Gibbs
INTERPRETI Dirk Bogarde, James Caan, Michael Caine, Sean Connery, Elliot Gould, Gene
Hackman, Anthony Hopkins, Ryan O’Neil, Laurence Olivier, Robert Redford,
Maximilian Schell, Liv Ulmann
PRODUZIONE Joseph E. Levine, Richard P. Levine
DURATA 150’
ORIGINE Gran Bretagna-Olanda-Stati Uniti, 1977
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
 Settembre, 1944. Dopo lo sbarco in Normandia lo stato maggiore alleato decide di inviare un corpo di
spedizione oltre le linee tedesche in Olanda con lo scopo di conquistare alcuni ponti fluviali strategicamente
importanti. Solo il ponte di Arnhem non viene conquistato e attorno ad esso si svolge un sanguinoso
combattimento.

TRACCIA TEMATICA
Per quanto può sembrare strano questo kolossal inglese rievoca una sconfitta anziché una vittoria. I 35.000
paracadutisti alleati impiegati nella missione Market-Garden non riescono ad impadronirsi del ponte di Arnhem e
subiscono numerose perdite. Lo spirito della rievocazione è comunque quello di esaltare il coraggio,
l’abnegazione e gli atti di eroismo che sempre costellano eventi militari di così grandi proporzioni. Fosse
stato vittorioso per gli alleati l’esito dello scontro, il senso del film non sarebbe cambiato. Su tutto prevale il gusto
per la dimensione spettacolare che la guerra porta inevitabilmente in sé e che il Cinema, come in questo
caso, sa sfruttare sapientemente

Non manca qualche spunto antimilitarista improntato alla riflessione sull’assurdità della guerra, ma, come
giustamente dice il critico Morandini ..in un colosso bellico è più patetico che simpatico.

VALUTAZIONE CRITICA
Il modello di riferimento è Il giorno più lungo, kolossal bellico del 1962 dedicato allo sbarco in Normandia.
Di questo film Quell’ultimo ponte ripropone praticamente tutto: un cast costituito da grandi attori (alcuni dei quali
usati anche per pochi minuti), la struttura narrativa articolata su più vicende parallele e soprattutto l’altissimo
budget produttivo (25 milioni di dollari del 1977). Contrariamente al modello di riferimento l’esito commerciale,
però, fu deludente e il film non rientrò nelle spese.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2003/5framefilm009.htm[12/07/2017 19:10:55]
Quell'ultimo ponte

Ma le differenze non finiscono qui, per quanto entrambi i film siano tratti da libri dello stesso autore Cornelius
Ryan, manca alla pellicola di Attenborough quella dimensione epica e quella capacità di alleggerire la
tensione drammatica con episodi ironici e divertenti che caratterizzano, invece, Il giorno più lungo. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                            A) La seconda guerra mondiale

                                      B) Lo sbarco in Normandia

Geografia                       L’Olanda

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Quinto potere

Quinto potere
TITOLO ORIGINALE Network
REGIA Sidney Lumet
SOGGETTO E Paddy Chayefsky
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Owen Roizman (colori)
MUSICA Elliot Lawrence
MONTAGGIO Alan Heim
INTERPRETI Faye Dunaway, William Holden, Peter Finch, Robert Duvall
PRODUZIONE Howard Gottfried e Fred Caruso per United Artists
DURATA 120'
ORIGINE USA, 1976
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La grande sorella

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Howard Beale, anziano commentatore di un grande network, sta per essere licenziato a causa dell'abbassamento
degli indici di ascolto del suo programma. Imprevedibilmente annuncia in diretta il suo imminente suicidio e
questa trovata fa scattare verso l'alto la sua popolarità. Diana Christenson, una programmista spregiudicata e
ambiziosa, convince i dirigenti della televisione a sfruttare il personaggio Beale e questo ottiene un suo show nel
quale invita i cittadini ad esprimere apertamente la loro esasperazione per le cose che non vanno. Beale è ormai
un capopopolo carismatico ed influente e gli affari del network grazie a lui si risollevano. Quando, però, il
telepredicatore denuncia pubblicamente la vendita della televisione in cui lavora agli arabi, il presidente
generale lo convoca inducendolo a cambiare l'oggetto della sua polemica. Gli indici di ascolto iniziano a
scendere fino a crollare. A questo punto i dirigenti del network prendono una decisione estrema: Beale verrà
ucciso in diretta davanti a milioni di telespettatori.

TRACCIA TEMATICA
Quinto potere è uno spietato e furente atto d'accusa contro le aberrazioni dei mass-media e la nefasta
influenza che esercitano sul pubblico. Il network UBS diventa il paradigma generalizzabile di una pratica
televisiva immorale e degradata, che sostituisce alla realtà vera una falsa realtà virtuale. Etica e scrupolo
professionali vengono cancellati di fronte all'imperativo dell'audience che domina incontrastato nelle
televisioni commerciali.

Tale è la potenza manipolatoria del mezzo massmediologico che può servirsi per i propri fini di un predicatore che
tuona contro i condizionamenti cui la televisione stessa sottopone il pubblico. La rabbia e l'indignazione dei
cittadini, suscitate dalle concitate denunce di Beale, non diventano democratico strumento di partecipazione, ma si

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Quinto potere

riducono a puro spettacolo inoffensivo e sterilizzato che si autoalimenta del proprio clamore
sensazionalistico.

Il discorso con cui il presidente Jensen catechizza Beale, indicandogli i limiti oltre i quali non può spingersi,
esplicita con cinica lucidità una spregiudicata concezione del mondo all'insegna dell'imperativo del business,
vera e propria divinità cui tutto e tutti si devono sottomettere, e sembra preannunciare con vent'anni d'anticipo il
processo di globalizzazione dei nostri giorni.

VALUTAZIONE CRITICA
Se l'accusa mossa al film, al momento dell'uscita nel 1976, di lasciarsi troppo prendere la mano dai polemici intenti
antitelevisivi, esasperando i toni accusatori e moralistici, caricaturando all'eccesso i personaggi e portando
all'estremo la critica, tanto da inventarsi un finale esagerato ed improbabile, risulta sostanzialmente condivisibile,
bisogna tuttavia riconoscere che a distanza di anni il proliferare nel nostro paese delle emittenti e lo scadimento
della qualità dei programmi ingenerato dalla rincorsa all'audience (pensiamo alla cosiddetta tv-spazzatura o della
lacrima) ci inducono a riconsiderare una certa dimensione profetica di Quinto potere, forse all'epoca
sottovalutata.

Una felice intuizione stilistica della regia di Lumet è quella di aver imprigionato i suoi personaggi in una
messa in scena claustrofobica e soffocante, incentrata su interni stretti, scarsamente illuminati dalla luce
artificiale o dal debole fluido luminescente del video, avvolti nella penombra, a significare il loro isolamento dal
mondo esterno, il venir meno di vie di comunicazione con la realtà.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua straniera: inglese     Il sistema dei network negli Stati Uniti.

Italiano     A) Il sistema televisivo italiano.

                  B) La rincorsa all'audience: la cosiddetta tv-spazzatura.

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Quiz Show

Quiz Show
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Robert Redford
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Richard N. Goodwin
SCENEGGIATURA Paul Attanasio
FOTOGRAFIA Michael Ballhaus (colori)
MUSICA Mark Isham
MONTAGGIO Stu Linder
INTERPRETI John Turturro, Ralph Fiennes, Rob Morrow, Paul Scofield
PRODUZIONE Robert Redford, Michael Jacobs, Julian Krainin, Michael Nozik per Wildwood
Enterprises/Baltimore Pictures
DURATA 132'
ORIGINE Stati Uniti, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La vita è tutto un quiz

Televisione/Mass-Media/Uomo e societa

TRAMA
New York, 1958. In televisione riscuote un grande successo una trasmissione a quiz chiamata Twenty-One. Da
mesi il campione è l'ebreo di Brooklyn, Stempel. I sondaggi lo danno sempre meno popolare e così gli
organizzatori lo costringono a rispondere in modo errato alle domande. Il nuovo campione diventa il giovane
professore universitario Charles Van Doren, appartenente ad una famiglia altolocata di intellettuali, protestante
e di origini anglosassoni. Ormai consacrato come il nuovo idolo degli spettatori, Van Doren non può perdere e
così la direzione dello show gli passa in anticipo le domande. Stempel, però, che sa bene come funzionano le
cose al Twenty-One, non ci sta e denuncia tutto alla magistratura. Indaga sul caso il giovane procuratore
Goodwin (che è il personaggio reale che poi scriverà il libro da cui è tratto il film), che finisce per scoprire come
la manomissione delle regole sia assolutamente normale nella trasmissione a quiz e come la pratica illegale sia
voluta direttamente dai dirigenti e dallo sponsor. Si arriva così in un'aula di tribunale dove Van Doren confessa
di fronte ai giudici le sue colpe.

TRACCIA TEMATICA
Questo film è tratto da una storia vera. Siamo nel 1958, ma l'industria televisiva americana è già organizzata in
conformità a rigidi criteri commerciali che la fanno dipendere dal finanziamento degli sponsor. Ne deriva la
centralità dell'audience come unico criterio sanzionatorio del destino di una trasmissione. E gli indici di
ascolto dipendono dal gradimento che il campione riesce ad aggregare attorno alla sua persona, dal livello di
identificazione che attiva nel pubblico. Nulla di strano, dunque, se il quiz è truccato.

Ma Quiz Show è soprattutto un film sulle contraddizioni della società americana di quarant'anni fa', afflitta
da divisioni e rivalità etniche (l'ebreo Stempel viene accantonato per far posto all'anglosassone Van Doren,

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm100.htm[12/07/2017 19:10:56]
Quiz Show

rappresentante della middle class intellettuale newyorchese, l'altro ebreo Goodwin ambisce ad un riconoscimento
sociale che lo legittimi ad accostarsi ai ceti alti, è di origini armene l'unico commissario che non si fa commuovere
dal contrito pentimento di Van Doren), dalla psicosi del pericolo sovietico (lo Sputnik ricorda la superiorità
spaziale dei russi) e da un avanzato processo di spettacolarizzazione (la studiata confessione di Van Doren) che
toglie verità e spontaneità a cose e persone.

La constatazione più amara è, però, riservata alla sostanziale impunità di cui gode il potere (in questo caso
quello informativo ed economico), che non solo esce praticamente indenne dallo scandalo del quiz falsato, ma che
saprà riciclarsi con grande disinvoltura (Dan diventerà miliardario con un altro programma televisivo di lì a dieci
anni).

VALUTAZIONE CRITICA
La canzone di Kurt Weill tratta da L'opera da tre soldi di Bertold Brecht apre e chiude il film. L'opera da tre
soldi è una commedia teatrale che parla di un criminale che diventa famoso e stimato: come non cogliere
un'allusione alle fortune future che attendono il personaggio di Dan? e l'immagine rallentata di un pubblico
sorridente e felice su cui echeggiano le note della canzone non vuole forse suggerirci l'idea che, qualunque cosa
accada, la gente sarà sempre disposta a farsi ingannare?

A dire il vero l'incipit del film, che precede i titoli di testa accompagnati dalla canzone di Weill, è ancor più
efficace nel farci entrare nel clima psicologico dell'America di quegli anni: una fiammante auto di lusso
simboleggia il benessere raggiunto da una società che potrebbe essere ben soddisfatta di sé, se non fosse per le
notizie radiofoniche dei successi spaziali sovietici. I cittadini hanno bisogno così di riconoscersi in un vincente
bianco, bello e intelligente, che esprima la superiorità di tutta una civiltà.

Redford, inoltre, inserisce, con grande attenzione e cura per il dettaglio, ogni personaggio nel microcosmo
sociale di provenienza (lo squallido appartamento di Stempel e la lussuosa villa di Van Doren, le rispettive
differenze di abbigliamento e di linguaggio) e individua acutamente nella cura dell'immagine e nella scelta
delle parole giuste al momento giusto (c'è in tutto il film sempre qualcuno che dice a qualcun altro quello che
dovrebbe dire) gli strumenti con cui prolungare la manipolazione e i privilegi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La guerra fredda e la sfida spaziale negli anni cinquanta. B) Gli Stati Uniti negli anni cinquanta.

Geografia     Gli Stati Uniti: una società multietnica.

Lingua straniera: tedesco     L'opera da tre soldi di B. Brecht.

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Ragtime

Ragtime
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Milos Forman
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di E. L. Doctorow
SCENEGGIATURA Michael Weller
FOTOGRAFIA Miroslav Ondricek (colori)
MUSICA Randy Newman
INTERPRETI Howard Rollins, James Cagney, Pat O' Brien, Elizabeth McGovern, Brad Dourif,
Mary Steenburgen
PRODUZIONE Dino De Laurentis
DURATA 155'
ORIGINE USA, 1981
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Stati Uniti, anni dieci. Walker Coalhouse è un pianista di colore che ha raggiunto una discreta agiatezza
economica, tanto da potersi permettere un'automobile. Un giorno un gruppo di pompieri bianchi, per prendersi
gioco di lui, gli imbratta la macchina. Walker non si dà pace e costituisce una banda armata per ottenere
soddisfazione per il torto subito. Evelyn Nesbytt è una frivola ballerina di varietà che ha posato nuda per una
statua, cosa che suscita l'indignazione del marito, che finisce per uccidere lo scultore dell'opera. Si invaghisce
di lei un giovane ideatore di fuochi d'artificio, che, deluso per essere stato abbandonato, si unisce alla banda di
Walker come esperto in esplosivi. Il proprietario della fabbrica di fuochi è suo cognato, idealista e integerrimo,
ma troppo freddo e controllato, tanto che alla fine la moglie lo lascia per un regista cinematografico.

TRACCIA TEMATICA
Il film ci mostra le molteplici sfaccettature dell' America nel primo decennio del secolo, attraverso una
commistione tra realtà (il presidente Theodor Roosevelt e il mago Houdini) e fantasia (la vicenda del marito di
Evelyn Nesbytt e quella del nero Walker).

Emerge il quadro di una società contraddittoria, attraversata da spinte al cambiamento e pulsioni regressive.
Da una parte il desiderio di assaporare i piaceri della vita e dell'amore (l'orgia iniziale, gli spettacoli al Madison
Square Garden, l'infatuazione del cognato dell'imprenditore per Evelyn, il cinema nascente, la moglie e madre
modello che lascia il marito), dall'altra la cupa ombra del razzismo e della violenza (l'umiliazione subita da Walker
e la sua eliminazione da parte di uno sceriffo razzista e assassino).

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Ragtime

L'amara ironia del regista si esercita nei confronti dei personaggi che, come l'imprenditore e il leader nero
Washington, hanno fiducia nelle istituzioni e nei valori democratici e umanitari. Per Forman la società,
qualunque tipo di società, è fondamentalmente repressiva e autoritaria ed alimenta così reazioni ribellistiche
e trasgressive.

VALUTAZIONE CRITICA
Ragtime è il primo kolossal di Forman e va detto che la dimensione della superproduzione non ha giovato alla
piena riuscita del film. Il regista stenta a dare sufficiente unità e compattezza al sovrapporsi delle tante storie
che si intrecciano nella pellicola. Forse intendeva modellare la struttura narrativa sul ragtime, musica nera
sincopata d'inizio secolo (basata su un andamento frammentario che spezzetta la melodia classica), ma il tentativo
non è del tutto riuscito e la sensazione che rimane è quella della dispersione e dello sfilacciamento. La stessa
ambizione di offrire un affresco della società americana di inizio secolo risulta alla fine frustrata.

Rimangono, tuttavia, alcuni momenti di buon cinema, come la sequenza del pranzo domenicale a casa del
fabbricante di fuochi d'artificio, che illustra con sapiente sintesi i caratteri dei personaggi, la sequenza dell'offesa
dei pompieri a Walker e delle trattative tra questo e lo sceriffo, dotate di una tensione narrativa che manca al resto
del film e l'evocazione della magia del cinema nella figura del ritrattista, e poi regista, ebreo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La società statunitense all'inizio del secolo.

               B) La figura del Presidente T. Roosevelt.

Educazione musicale     Il ragtime.

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rappresaglia

Rappresaglia
TITOLO ORIGINALE Massacre in Rome
REGIA George P. Cosmatos
SOGGETTO Dal libro Morte a Roma di Robert Katz
SCENEGGIATURA Robert Katz, George P. Cosmatos, Lucio De Caro
FOTOGRAFIA Marcello Gatti (colori)
MONTAGGIO Francois Bonnot, Roberto Silvi
INTERPRETI Richard Burton, Marcello Mastroianni, Leo McKern, Renzo Montagnani
PRODUZIONE Carlo Ponti per Compagnia Cinematografica Champion (Roma), Les Films
Concordia (Parigi), Mandala Films
DURATA 107’
ORIGINE Italia, 1973
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Resistenza/Italia in Guerra


Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Roma, marzo 1944, durante l’occupazione tedesca. Una trentina di soldati tedeschi rimane uccisa a causa di
un’azione partigiana nella centrale via Rasella. Da Hitler in persona arriva l’ordine al comando tedesco della
capitale di attuare una rappresaglia: dieci italiani per ogni tedesco ucciso. L’incarico di eseguire l’ordine viene
affidato al tenente  colonnello delle SS Herbert  Kappler. Più di trecento italiani sono trucidati alle Fosse
Ardeatine.

TRACCIA TEMATICA
Oltre la denuncia d’obbligo della ferocia nazista, della necessità politico-morale dell’azione dei partigiani e delle
responsabilità di Papa Pio XII (questione per altro ancora controversa in sede storiografica) il film concentra
l’attenzione sulle due figure  centrali di Kappler e di padre Antonelli (personaggio quest’ultimo fittizio, almeno
per quel che riguarda il ruolo che assume nella vicenda).

Kappler ci viene presentato come attanagliato da una profonda lacerazione tra ciò che avverte come il dovere
d’ufficiale di eseguire gli ordini e un residuo non del tutto spento di ragionevolezza che gli fa vedere tutta la
brutalità e inopportunità della strage di cui è stato incaricato (il film ce lo mostra assai preoccupato, insieme al
collega Dollmann, di entrare nella lista dei criminali di guerra che gli alleati stanno preparando in vista
dell’imminente vittoria).

Padre Antonelli, invece, vive il dramma di un sacerdote obbligato ad assistere impotente agli orrori della
guerra e all’atteggiamento di passività del Pontefice che non esperisce alcun tentativo per fermare il
massacro. Alla fine sceglie di condividere il martirio delle vittime alle Fosse Ardeatine, ma il colpo di scena finale
sembra funzionale ad un preciso disegno simbolico: sparando al sacerdote (che in più d’una occasione aveva
cercato inutilmente di risvegliare il suo senso d’umanità) Kappler    sopprime definitivamente la propria coscienza
morale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm034.htm[12/07/2017 19:11:02]
rappresaglia

VALUTAZIONE CRITICA
Il film si trova a gestire in delicato equilibrio ricostruzione storica, dimensione psicologica e  valutazione
morale. Vengono privilegiati gli ultimi due aspetti, quelli che permettono di lavorare maggiormente sul piano
dell’invenzione e dell’immaginazione, addentrandosi in uno scavo interiore dei protagonisti che come tale non
può essere altro che ipotetico (che cosa abbia veramente pensato e provato nel profondo del proprio animo
Kappler in quei tremendi momenti non è dato sapere). Lo stesso personaggio di padre Antonelli si carica quasi
esclusivamente di valenze simboliche (polarità di carità cristiana e di grande senso d’umanità, in contrasto sia con
la ferocia nazista, sia con la determinazione partigiana e l’opportunismo papale).

Va detto che l’ottima interpretazione di Burton e Mastroianni (specialmente il primo aderisce con misurata
sensibilità ad esprimere tutte le sfumature di un soldato che avrebbe voluto combattere a diretto contatto con il
nemico e invece si trova a dover fare il carnefice) rende apprezzabile la parte del film incentrata proprio su
questi personaggi e il loro confronto-scontro etico-umano.

Più deludente, invece, il lato più squisitamente storico, risolto in modo piuttosto sbrigativo  e schematico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                     a) La Seconda Guerra Mondiale

                                               b) Roma sotto l’occupazione tedesca

                                               c) La Resistenza a Roma e le polemiche  sull’attentato di via Rasella

                                               d) la fuga di Kappler dall’ospedale del Celio

Diritto                                      Le convenzioni dell’Aja

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Re per una notte

Re per una notte


TITOLO ORIGINALE The King of Comedy
REGIA Martin Scorsese
SOGGETTO E Paul Zimmermann
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Fred Schuler (colori)
MONTAGGIO Thelma Schoonmaker
INTERPRETI Robert De Niro, Jerry Lewis
PRODUZIONE Arnold Milchan per la MGM
DURATA 108'
ORIGINE Stati Uniti, 1982
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Voglia di apparire

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Rupert Pupkin, aspirante comico, sogna di esibirsi nello show di Jerry Langford, conduttore televisivo di
successo e suo idolo. Fallito il tentativo attraverso la normale trafila dell'audizione da parte dello staff di
Langford della registrazione dei suoi monologhi comici, Rupert passa alle vie di fatto e sequestra Jerry. Come
riscatto ottiene la messa in onda del suo numero. Viene arrestato e finisce in prigione, ma ormai si è assicurato
la notorietà.

TRACCIA TEMATICA
Re per una notte è un film sull'ossessiva ricerca del successo e della celebrità, sul mito americano che
promette a tutti fama e ricchezza. Rupert vive esclusivamente in funzione della consacrazione televisiva, che
diventa la sua idea fissa, per la quale è pronto a pagare qualunque prezzo, anche il carcere.

L'epilogo risulta aperto a due interpretazioni: o esprime l'ironica accettazione della paradossale morale della
storia per cui un guitto come Rupert, privo di talento (i suoi sketch sono di disarmante mediocrità), riesce
comunque ad accedere alla notorietà proprio grazie al discutibile gesto di cui si è reso protagonista o il finale
trionfo massmediatico del protagonista non è che un' ulteriore proiezione immaginaria dei suoi desideri, a ribadire
l'instabilità mentale di un personaggio allucinato, ormai totalmente incapace di distinguere tra sogno e realtà.

Qualunque sia il significato da attribuire alla sequenza conclusiva, il film risulta una delle più amare riflessioni
sul potere alienante del mezzo televisivo e sulla corruzione morale che esso induce.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm103.htm[12/07/2017 19:11:02]
Re per una notte

Scorsese, inizialmente restio ad accettare la regia di questo film, ne orienta la sceneggiatura verso il tema a lui
caro dell'ossessiva tensione alla realizzazione di un preciso progetto di vita che caratterizza buona parte dei
personaggi della sua filmografia.

De Niro offre alla figura di Rupert la giusta gradazione di nevrotica lucidità (c'è del metodo nella sua follia),
mentre Lewis, grande attore comico degli anni cinquanta, stravolge completamente la sua immagine paciosa,
raggelandosi in una funebre espressione di infastidita malinconia che sembra farci misurare tutta la distanza fra
dimensione pubblica (creata dai Mass-Media) e dimensione privata, spesso beffardamente antitetica alla prima.

Oltre a smorzare le tonalità da commedia (il film non è affatto divertente, nonostante il grottesco di parecchie
situazioni) e da thriller (nonostante il sequestro non c'è vera suspense) in uno stile freddo e distaccato, adeguato
all'impietosa analisi della psicopatologia del protagonista, un altro dei meriti della regia è certamente quello di
inchiodare lo spettatore al punto di vista di Rupert (focalizzazione interna) costringendolo a rivivere, tramite
lui, quella confusione tra reale e virtuale cui ci obbliga quotidianamente la televisione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm103.htm[12/07/2017 19:11:02]
agorà

Reality
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Matteo Garrone
SOGGETTO E Matteo Garrone, Massimo Gaudioso
SCENEGGIATURA
Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso
FOTOGRAFIA Marco Onorato
MONTAGGIO Marco Spoletini
MUSICA Alexandre Desplat
INTERPRETI Aniello Arena (Luciano), Loredana Simioli (Maria), Nado Paone (Michele),
Graziella Marina (La mamma di Luciano),  Nello Iorio (Massimone)
PRODUZIONE Domenico Procacci , Matteo Garrone per Archimede Film/Fandango/Le Pacte-
Garance Capital/Rai Cinema
DURATA 115'
ORIGINE Italia-Francia, 2012
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI La grande sorella  


Televisione/Mass-Media/Uomo e società                           
 

  

TRAMA
Luciano è un pescivendolo napoletano che aspira a partecipare al Grande Fratello. Convintosi di
essere spiato da agenti della trasmissione in incognito, cambia completamente il suo stile di vita per
creare un’immagine di sé tale da poter essere ammesso nella casa del popolare reality.

TRACCIA TEMATICA
Attraverso la deriva paranoica di Luciano che approda ad uno stato allucinatorio, il regista
svolge una riflessione sul potere alienante  del mass-media televisivo all’epoca dei reality
(mai termine si è rivelato più inappropriato, data la spiccata tendenza di questo genere di
intrattenimento ad allontanare dalla realtà ). L’ossessione psicotica che s’impossessa del
protagonista diventa metafora dell’ipnosi di massa esercitata da una trasmissione televisiva che
sembra rendere possibile il sogno coltivato da tanti: uscire dall’anonimato di un’esistenza
“normale” per accedere alla dimensione della celebrità (per quanto effimera).

Una fama tutta mondana che si presume di meritare attraverso una conversione ad un “altruismo”
solidaristico di stampo francescano (donare ai poveri i propri averi) paradossalmente finalizzato
ad accedere ad un premio quanto mai terreno (la partecipazione al reality vista come
l’equivalente dell’ingresso in paradiso).

Nella società dello spettacolo il diaframma tra spazio privato e spazio pubblico si assottiglia
e il secondo finisce per prevalere sul primo con invadente aggressività.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0031.htm[12/07/2017 19:11:03]
agorà

Il “Grande Fratello” non è che un esempio (altri se ne potrebbero fare: dai quiz alla “tv della
lacrima”, dalla competizione fra esordienti ai litigi familiari, ecc..) di questo meccanismo  di
alienazione collettiva creato dall’universo televisivo.  

VALUTAZIONE CRITICA
“Reality” non è una banale satira del rincretinimento collettivo indotto dai reality televisivi, ma
un’acuta analisi della degenerazione mentale che essi possono provocare su psicologie
suggestionabili ed indifese. La scelta stilistica del regista è quindi quella della deformazione
surreale che gioca sulla dimensione simbolico-metaforica e non su quella realistica
(nonostante il contesto ambientale della Napoli popolare sia estremamente aderente alla realtà) .
Per meglio dire, il valore del film consiste nella capacità di Garrone di filtrare il reale
attraverso una rilettura  in chiave fiabesco-grottesca che se toglie verosimiglianza alla
storia narrata ne accentua la sostanza di verità. Non a caso la pellicola si trova delimitata da
due sequenze (l’iniziale e la finale) che ci immergono in spazi non-reali, segnati dall’artificio e
dalla finzione, e i momenti più incisivi sono quelli in cui prevale la percezione alterata della
realtà da parte di Luciano ormai precipitato nella paranoia.  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano         La televisione “popolare”.

                     La narrazione fiabesca

Inglese        “Il grande fratello” di G. Orwell.


 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0031.htm[12/07/2017 19:11:03]
Reds

Reds
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Warren Beatty
SOGGETTO E Warren Beatty, Trevor Griffiths
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Vittorio Storaro (colore)
MUSICA Stephen Sondheim
INTERPRETI Warren Beatty, Diane Keaton, Jack Nicholson
PRODUZIONE Warren Beatty per la Paramount Pictures
DURATA 195'
ORIGINE USA,1981
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Rivoluzione Russa

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
La biografia di John Reed e della sua compagna Louise Bryant dal 1915 al 1920. Reed, scrittore e giornalista di
sinistra, fu testimone prima della Rivoluzione messicana e successivamente di quella russa, scrivendo su questi
eventi avvincenti resoconti. Frequentatore dell'élite intellettuale newyorkese che ruotava attorno all'ambiente
bohémienne del Greenwich Village, fu uno dei fondatori del Partito Comunista Statunitense, che rappresentò in
seno all'Internazionale Comunista a Mosca. Morto di colera in Unione Sovietica, è l'unico americano sepolto al
Cremlino.

TRACCIA TEMATICA
Il film offre un ritratto articolato della figura di Reed, che ci viene raccontato nell'intrecciarsi e scontrarsi della
dimensione pubblica e politica con quella privata. La prima è caratterizzata, a sua volta, dalla compresenza del
ruolo di testimone dei grandi eventi del suo tempo tramite l’attività giornalistica e di quello di protagonista diretto
tramite l’impegno politico, prima sul fronte del movimento pacifista e poi come militante comunista; la seconda è
quasi interamente assorbita dal tempestoso rapporto d'amore con la scrittrice femminista Louise, donna
indipendente e di grande temperamento, sullo sfondo degli ambienti anticonformisti e progressisti degli anni dieci.

L'adesione di Reed al comunismo sovietico nasce dalla speranza (poi andata delusa e il film ci mostra
l'involuzione autoritaria e illiberale degli anni successivi alla Rivoluzione del '17) che questo rivolgimento
epocale possa essere l'inizio di un grande sommovimento destinato ad instaurare un nuovo ordine mondiale,
più giusto ed umano. A differenza di Louise (più lucida e razionale nel valutare l'irrealizzabilità dell’ipotesi
rivoluzionaria nel contesto sociale occidentale), egli vive questa speranza con lo stesso entusiasmo con cui i
pionieri statunitensi crearono la loro nazione: in questo senso il personaggio Reed ci viene proposto nella sua
essenza, profondamente americana, di romantico continuatore ed interprete nel Novecento dell'avventuroso
spirito Ottocentesco della Frontiera (pensiamo al treno della rivoluzione che attraversa pianure non molto

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Reds

dissimili da quelle del West americano), più uomo d'azione e di passioni che intellettuale (pensiamo alla sua
corsa contro il nemico in una delle sequenze più intense e trascinanti del film, nella quale si esprime il suo
irrefrenabile slancio utopico aldilà dei limiti ed delle difficoltà della realtà).

VALUTAZIONE CRITICA
In Reds Beatty mette in atto diversi procedimenti stilistici, riuscendo a padroneggiarli e mescolarli con
sapiente equilibrio, in modo da garantire la compattezza di una pellicola che affronta svariati aspetti della
biografia e della personalità di Reed, come pure dello sfondo storico e culturale nel quale questa singolare
personalità di giornalista e militante per la causa del socialismo e per l’emancipazione della classe operaia
americana operò (si tratta, probabilmente, dell’unica figura di rivoluzionario comunista proposto in una luce
positiva in tutta la storia del Cinema americano). All’andamento fittamente dialogato e denso di implicazioni
psicologiche e sentimentali con cui viene raccontato il difficile rapporto tra John e Louise (coppia aperta o
coppia chiusa ? prevalenza dell’ambito privato o di quello pubblico? subalternità della donna all’uomo o sua piena
autonomia?) si affianca il registro epico che rievoca con enfatiche risonanze i grandi eventi collettivi
(pensiamo alla sequenza in crescendo del trionfo della Rivoluzione Russa accompagnata dal canto
dell’Internazionale), al documentarismo delle autentiche testimonianze degli anziani sopravvissuti a quella
stagione lontana (le loro parole aprono e chiudono spesso le sequenze di finzione, secondo un meccanismo di
montaggio che rende particolarmente fluido e quasi inavvertito il trapasso da modalità narrative così differenti) si
abbinano le scene corali che ricostruiscono l’atmosfera di concitato fervore e di febbrile irrequietezza che
segnò le avanguardie politiche e culturali statunitensi degli anni dieci.

Di particolare rilievo il lavoro sulla fotografia svolto dall’italiano Storaro, che passa dai toni realistici (vicino
al bianconero) degli esterni americani alle suggestioni chiaroscurali e coloristiche (con prevalente uso della luce
artificiale) che avvolgono in un alone mitico le trascinanti fasi della Rivoluzione Russa.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La figura reale di John Reed.

B) La Prima Guerra Mondiale e l’entrata in guerra degli Stati Uniti.

C) La Rivoluzione Russa e il libro di J. Reed I dieci giorni che sconvolsero il mondo.

D) La Guerra Civile Russa, i primi passi dell’Unione Sovietica e la Terza

Internazionale.

E) Il movimento operaio e sindacale e la nascita del Partito Comunista Statunitense.

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Regeneration

Regeneration
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gillies MacKinnon
SOGGETTO Da un romanzo di Pat Barker
SCENEGGIATURA Allan Scott
FOTOGRAFIA Glen MacPherson (colori)
MUSICA Mychael Danna
MONTAGGIO Pia Di Ciarla
INTERPRETI Jonathan Pryce, James Wilby, Johnny Lee Miller, Tanya Allen
PRODUZIONE Allan Scott, Peter R. Simpson
DURATA 114'
ORIGINE Gran Bretagna, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Prima Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

TRAMA
Gran Bretagna, 1917. Nell'ospedale militare di Craiglockart, in Scozia, si accolgono i soldati malati di mente
reduci dal fronte. Qui troviamo Siegfried Sassoon, poeta e già eroe di guerra, che denuncia l'inutile massacro
del conflitto, Wilfred Owen, che viene avviato alla poesia da Sigfried, Billy Prior, chiuso nel mutismo per il
trauma subito in guerra. Sono affidati al dottor Rivers, che non accetta l'idea di dover curare i suoi pazienti per
poi rimandarli al fronte. Wilfred, considerato guarito, viene rispedito sui campi di battaglia dove muore,
provocando il grande dolore di Rivers e di Siegfried.

TRACCIA TEMATICA
Il film è ispirato alle figure di due poeti realmente esistiti, Siegfried Sassoon e Wilfred Owen, quest'ultimo caduto
pochi giorni prima della fine del conflitto e autore dell'opera poetica Poems (1920).

Siegfried rappresenta la figura del valoroso combattente che di fronte alle atrocità della guerra ha acquisito
la consapevolezza della sua inutilità e assurdità, oltreché della sua funzionalità a precisi e inconfessabili
interessi economico-politici, tanto da affermare che la guerra venga volontariamente prolungata da coloro che
avrebbero il potere di porle termine. Una presa di coscienza pacifista che lo porta ad un passo dalla corte marziale,

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Regeneration

per evitare la quale l'amico Graves lo fa ricoverare in manicomio, dove la sua estrema lucidità può essere
considerata come follia. Se alla fine torna al fronte, non è tanto perché si è ricreduto riguardo alle sue
posizioni antibelliche, ma per una specie di obbligo morale che lo spinge a condividere il destino della sua
generazione (anche se su questa scelta rimane un'ambiguità di fondo e il sospetto che il film voglia introdurre l'idea
della necessità della guerra, inficiando così il presupposto pacifista da cui aveva preso le mosse).

Più drammatici i casi di Wilfred e Billy, la cui psiche è uscita sconvolta dall'esperienza bellica e la cui mente è
turbata dal continuo riaffiorare dei ricordi. Il dottor Rivers, invece, vive con umana partecipazione la sofferenza
dei pazienti che ha in cura e fatica ad accettare con serenità il ruolo di chi deve guarire dai guasti provocati
dalla guerra per poi rispedire al fronte coloro che è riuscito a guarire.

VALUTAZIONE CRITICA
Il film cerca di trovare la propria misura nell'intrecciare realtà e visionarietà, incentrata quest'ultima nelle
modalità con cui vengono proposte le immagini relative alla guerra. Già in apertura lo spettatore è posto di fronte
ad agghiaccianti scenari bellici, nei quali il dato di verosimiglianza storica si trasfigura in chiave allucinatoria,
comunicando la sensazione di un tremendo incubo, lo stesso che ha traumatizzato i ricoverati dell'ospedale di
Craiglockart: la guerra ci viene mostrata così come essa è ricordata dalle menti stravolte di chi ne è rimasto
sconvolto. Questo riemergere continuo della memoria visualizzato in termini di accentuazione espressionista
giocata su tonalità di luce cupe e livide, di fatto un bianconero onirico e quasi astratto, costituisce la cosa
migliore del film (anche se insorge il sospetto di effettismo truculento).

Un'invenzione visiva che irrompe con efficacia nella componente narrativa principale, piuttosto monotona e
ridondante ed eccessivamente verbosa, dedicata al rapporto tra il dottor Rivers e i suoi pazienti. E' su questo
versante che la regia stenta ad uscire da un'impostazione accademica e raffreddata, all'insegna di un'
accuratezza di ricostruzione d'epoca caratteristica del Cinema britannico, ma che risulta un po' ingessata e
manierata.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia              La Prima Guerra Mondiale.

Lingua straniera: inglese             L'opera poetica di Wilfred Owen.

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Regina Margot

La regina Margot
TITOLO ORIGINALE La reine Margot
REGIA Patrice Chéreau
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Alexandre Dumas
SCENEGGIATURA Danièle Thompson, Patrice Chéreau
FOTOGRAFIA Philippe Rousselot (colori)
MUSICA Goran Bregovic
MONTAGGIO Francois Gedigier, Hélène Viard
INTERPRETI Isabelle Adjani, Daniel Auteuil, Jean-Hughes Anglade, Vincent Perez, Virna Lisi,
Claudio Amendola, Miguel Bosé, Asia Argento, Jean Claude Brialy
PRODUZIONE Claude Berri per Renn Prods./France 2 Cinema/D.A. Films/Nef
Filmproduktions/Vegeto pour Ard.
DURATA 161’
ORIGINE Francia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Cinquecento

Cinema e Storia

TRAMA
Francia, 1572. Nel pieno delle lotte di religione tra cattolici e protestanti ugonotti Caterina dei Medici, madre
del re di Francia Carlo IX e di fatto governante reale della nazione, organizza il matrimonio della figlia Margot
con l’ugonotto Enrico di Navarra nel tentativo di porre fine ai contrasti tra le due fazioni. Poco tempo dopo,
però, sempre più preoccupata dell’influenza sul figlio del capo degli ugonotti Coligny, ordina la strage dei
protestanti nella Notte di S. Bartolomeo (24 agosto). Enrico di Navarra sopravvive abiurando, mentre Margot
salva il giovane ugonotto La Mòle, di cui si innamora. Questi si reca nelle Fiandre per riorganizzare la riscossa
protestante e la liberazione dell’amata Margot e del marito Enrico, tenuti prigionieri presso il Louvre. Intanto,
decisa a sbarazzarsi di Enrico, Caterina provoca involontariamente la morte del figlio Carlo IX. Enrico torna
nella sua Navarra, dove ritrova i propri amici ugonotti e La Mòle, che decide di ritornare a Parigi per liberare
Margot: la spedizione, però, fallisce e il giovane amante di Margot viene giustiziato. A Margot non resta che
lasciare la capitale per la Navarra portando con sè la testa del La Mòle.

TRACCIA TEMATICA
Il film ricostruisce uno degli episodi più cruenti ed efferati delle guerre di religione dell’età moderna, la strage di
S.Bartolomeo, utilizzando il filtro narrativo del romanzo di Dumas, che privilegia all’interno della complessa
vicenda storica di riferimento il personaggio di Margot e del suo amore per l’ugonotto La Mòle, di cui si offre una
versione in chiave romantica alla luce della quale il loro legame diventa il simbolo della forza della passione che
supera le differenze religiose e politiche (grazie a questo sentimento, inoltre, Margot si redime da un passato di
morbosa dissolutezza). Lo stesso, in un certo senso, potrebbe dirsi dell’amicizia che sorge fra il re Carlo IX e il
cognato Enrico di Navarra e tra il rude Coconnas e La Mòle, il saldo e sincero legame fra i quali si oppone alla
spietata logica di odio e violenza che impronta lo sviluppo degli eventi.

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Regina Margot

Per il resto La regina Margot disvela con esplicita crudezza la realtà di una spietata lotta per il potere che
oscura ogni senso d’umana tolleranza travolto da una perversa e patologica ossessione di dominio (cui si abbina
anche il degrado morale che non si arresta nemmeno di fronte all’incesto) che nulla ha a che fare con i principi più
autentici del Cristianesimo in nome del quale si combatte.

La Storia ci viene presentata come un susseguirsi di perfidi intrighi e atroci delitti dominato da poche
grandiose (più nel male che nel bene) figure che sembrano agire in preda ad una tragica pulsione
(auto)distruttiva.

VALUTAZIONE CRITICA
La scelta espressivo-stilistica prevalente del film è quella di improntare le immagini ad un gusto plastico-
figurativo dominato da una fisicità aggressiva e strabordante intrisa di sangue e sudore (l’orgia sanguinolenta
della Strage di S. Bartolomeo, il corpo maciullato di La Mòle ferito, le contorsioni di Carlo IX avvelenato) o
pervasa da un’irrefrenabile mobilità corporea e verbale (la sequenza corale del matrimonio, delle riunioni della
famiglia reale e dei gruppi di ugonotti, degli amplessi fra Margot e La Mòle, della battuta di caccia). La frenetica
mobilità della macchina da presa (carrelli d’ogni tipo, panoramiche) ed una recitazione in sovratono
accentuano il senso di eccesso che il film comunica, investendo lo spettatore con l’onda d’urto di un incontrollato
crescendo di violenza e crudeltà (lo stesso incipit del film ci immerge da subito in un’atmosfera di nevrotica
aggressività).

La critica mossa al film da più parti di non riuscire a controllare l’incandescente materiale drammatico e
storico di cui dispone, finendo così per privilegiare il gusto estetizzante e barocco delle immagini e dei
virtuosismi tecnico-scenografici senza offrire la necessaria solidità narrativa alla storia e l’indispensabile
approfondimento psicologico dei personaggi, appare giustificata. E’ altresì indiscutibile che la regia sia
comunque riuscita a creare un efficace clima di funerea cupezza e di ineluttabilità del male e della morte che
incombe ossessivamente su tutti e tutto.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A) La riforma protestante

B) Le guerre di religione nell’Europa del XVI secolo.

C) La Francia alla fine del XVI secolo.

D) La notte di S. Bartolomeo

Francese    Alexandre Dumas.

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Rescuers 2

Rescuers 2-Due coppie


TITOLO ORIGINALE Rescuers-Two Couples
REGIA Tim Hunter, Lynne Littman
SOGGETTO Dal racconto Rescuers: Portraits of Moral Courage in the Holocaust di Gay Block,
Malka Drucker
SCENEGGIATURA Malka Drucker, Cy Chermak, Francine Carroll
FOTOGRAFIA Miroslav Baszak (colori)
MUSICA Pino Donaggio
INTERPRETI Dana Delany, Martin Donovan, Linda Hamilton, Alfred Molina
PRODUZIONE Barbra Streisand, Cis Corman
DURATA 104'
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e


Società

TRAMA
Aart e Johtie Vos. Olanda, durante l'occupazione nazista. La famiglia Vos comincia a dare ospitalità nella
propria villetta di campagna a qualche famiglia ebrea. Con l'accentuarsi delle deportazioni il numero degli ebrei
rifugiati aumenta a dismisura. Nonostante le SS abbiano forti sospetti e compiano ripetute perquisizioni nella
dimora dei due coniugi, non riescono mai a trovare ciò che cercano, perché i Vos hanno creato un ingegnoso
sistema di nascondigli. A guerra finita i Vos avranno salvato una cinquantina di ebrei.

Marie Taquet. Belgio, durante l'occupazione nazista. Marie Taquet dirige insieme con il marito un collegio
cattolico per i figli dei militari belgi prigionieri in Germania. Ben presto comincia ad ospitare molti bambini
ebrei, cui viene affidata una falsa identità di cristiani. I tedeschi tengono costantemente in apprensione i due
coniugi, che, tuttavia, con sprezzo del pericolo proseguono la loro attività di copertura nei confronti di un
numero crescente di piccoli ebrei sino alla sospirata conclusione del conflitto.

TRACCIA TEMATICA
I due episodi del film rievocano personaggi e fatti reali, celebrando atti di coraggio compiuti nel corso della
seconda guerra mondiale da persone che hanno messo a repentaglio la loro vita pur di salvare quella di numerosi
ebrei, meritandosi l'eterna riconoscenza del popolo ebraico e dello Stato di Israele che oggi le onora
solennemente.

Una generosità che va apprezzata soprattutto perché proveniente non da eroi temerari sprezzanti del pericolo, ma
da esseri umani assolutamente normali, con le loro paure e debolezze, strappati alla tranquilla quotidianità delle
loro esistenze dall'urgere di un cogente obbligo morale. Essi non esprimono tanto una motivata e consapevole
opposizione politica al nazismo, quanto piuttosto l'adesione ad universali principi di umana solidarietà.

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Rescuers 2

VALUTAZIONE CRITICA
Il film propone la medesima struttura narrativa per entrambi gli episodi: richieste di aiuto, accettazione della
richiesta, attuazione di una strategia di nascondimento, minacciose ma vane incursioni naziste, conclusione
positiva. Questo schema procede senza scosse e deviazioni, e quando ci sono risultano troppo marginali, se non
estranee, al tessuto della storia (pensiamo alla desiderata gravidanza di Johtie e al suo conflitto con la figlia
nell'episodio olandese e all'insofferenza del collegiale Patrick per gli ospiti ebrei che si tramuta nel suo contrario in
quello belga) e con uno studio psicologico dei personaggi appena accennato. Si privilegia quasi esclusivamente
l'esposizione dei fatti, allineati con una certa piattezza e monotonia, cauterizzando ogni affiorante increspatura
drammatica. Un tipico esempio di Cinema didascalico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La seconda guerra mondiale.

               B) L'antisemitismo nella storia d'Europa.

               C) Lo sterminio degli ebrei nel Terzo Reich.

Geografia    Olanda e Belgio.

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Rescuers 3

Rescuers 3-Due famiglie


TITOLO ORIGINALE Rescuers-Two Families
REGIA Tim Hunter, Tony Bill
SOGGETTO Rescuers: Portraits of Moral Courage in the Holocaust di Gay Block e Malka
Drucker
SCENEGGIATURA Adam Rodman, John Pielmeier
FOTOGRAFIA Miroslaw Baszak (colori)
MUSICA Pino Donaggio
INTERPRETI Michael Rapaport, Robin Tunney, Daryl Hannah, Tim Matheson
PRODUZIONE Barbra Streisand, Cis Corman
DURATA 100'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e


Società

TRAMA
Malka Csizmadia. Ungheria, 1944. In un paese vicino a Budapest i tedeschi creano un ghetto per raccogliere
gli ebrei ungheresi in attesa della deportazione. Fra loro c'è il giovane Szarany che diventa amico di Malka
Csizmadia, residente con le sue tre sorelle in una casa a ridosso del ghetto. Ben presto Malka e la sua famiglia
iniziano ad aiutare Szarany a mantenere i contatti con la resistenza antinazista che agisce nel paese, fino a
partecipare al suo tentativo di fuga, insieme con altri ebrei, verso la Slovacchia liberata dai partigiani.

We Are Circus. Germania, 1942-1945. Mentre la guerra infuria, i coniugi Althoff continuano a gestire il loro
circo, portandolo in giro per la Germania. Nonostante i sistematici controlli cui le SS sottopongono i membri
della compagnia, gli Althoff tengono nascosti nella carovana una famiglia di ebrei per tutta la durata della
guerra.

TRACCIA TEMATICA
Il film rende omaggio al coraggio mostrato da semplici cittadini che, a repentaglio della vita, hanno protetto ed
aiutato degli ebrei, sottraendoli alla deportazione ed a morte certa. Sono persone qualunque, che avrebbero potuto
attendere senza eccessivi rischi la fine del conflitto e che, invece, hanno deciso di dare il proprio sostegno a chi ne
aveva estremo bisogno, spinti da un forte senso di umanità e solidarietà e da un'istintiva rivolta morale contro
l'ingiustizia.

E' significativa la sottolineatura dei timori e delle titubanze iniziali di queste figure, che ce le consegna in una
dimensione profondamente umana e di assoluta normalità, lontano da ogni retorica esaltazione.

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Rescuers 3

VALUTAZIONE CRITICA
Il ciclo di Rescuers è ispirato a persone e fatti reali, come si coglie alla fine di We Are Circus, quando scorrono
immagini dell'autentica famiglia Althoff. Questo intento di rievocazione di storie vere, dalle quali possano
emergere con chiarezza le doti umane dei protagonisti, conferisce al film un andamento piattamente
cronachistico che finisce per attutire ogni sussulto drammatico e svuotare di tensione le scene-madri. Gli
stessi tentativi di movimentare la narrazione con deviazioni sentimentali, come nel primo episodio la vicenda
d'amore di Szarany con Olga, sono proposti in modo opaco ed affrettato e lo stesso dicasi, per il secondo
episodio, dell'approssimazione psicologica che caratterizza il tradimento di uno dei membri della compagnia
circense.

Non sempre le buone intenzioni e la nobiltà delle azioni raccontate sono sufficienti per fare un buon film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La seconda guerra mondiale.

               B) L'antisemitismo nella storia d'Europa.

               C) Lo sterminio degli ebrei nel Terzo Reich.

Geografia    L'Ungheria e la Germania.

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Revolution

Revolution
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Hugh Hudson
SOGGETTO E Robert Dillon
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Bernard Lutic (colori)
MUSICA John Corigliano
MONTAGGIO Stuart Baird
INTERPRETI Al Pacino, Donald Sutherland, Nastassja Kinski
PRODUZIONE Irwin Winkler/Goldcrest e Viking
DURATA 125’
ORIGINE Gran Bretagna-Norvegia, 1985
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Settecento

Cinema e Storia

TRAMA
New England, colonie britanniche d’America, 1776. E’ iniziata la rivolta dei coloni americani contro gli inglesi
e i ribelli stanno arruolando soldati per i combattimenti imminenti. Il pescatore Tom Dobb si trova casualmente
nel mezzo di questa eccitazione collettiva e non riesce ad impedire che il figlio Ned venga arruolato e che la sua
barca sia sequestrata. A Tom non resta che entrare a far parte dei rivoluzionari per restare accanto al figlio.
Inizia così una serie di drammatiche peripezie che portano Tom a perdere il figlio, per poi ritrovarlo e riperderlo
di nuovo, sullo sfondo di una conflitto che si fa sempre più sanguinoso e crudele. A guerra conclusa Ned si
sposerà e partirà con la moglie verso l’ovest, mentre Tom deciderà di imparare a leggere e scrivere per essere
pronto ad inserirsi nella nuova società.

TRACCIA TEMATICA
Revolution intende essere la storia, non tanto della Guerra d’indipendenza americana del 1776, ma della presa di
coscienza degli ideali di libertà e giustizia per i quali essa è stata combattuta da parte di una persona
qualunque (il pescatore analfabeta Tom), che inizialmente si sente e vuole rimanere estranea ad un conflitto che
avverte come distante dai suoi bisogni.

Alla boria aristocratica degli inglesi si contrappone la democrazia interclassista dei rivoluzionari americani
simboleggiata dall’amore repentino che nasce fra il proletario Tom e la ricca borghese Daisy, anticipazione di una
nuova concezione dei rapporti sociali.

Il film mostra chiaramente come la Guerra d’indipendenza americana abbia prodotto immani sofferenze e
distruzioni, ma in un finale speculare all’inizio recupera l’entusiasmo che ha portato gli americani a combattere

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/224.htm[12/07/2017 19:11:06]
Revolution

contro l’oppressione spostandolo ora sulla loro determinazione a costruire una grande nazione (Ned parte con la
moglie per rifarsi una vita nell’ovest e Tom

decide di imparare a leggere e scrivere per dare il suo contributo alla nuova società che sta per sorgere, mentre
ritrova la rediviva Daisy, simbolo immortale dei valori per i quali ha lottato).

VALUTAZIONE CRITICA
La caratteristica più singolare di Revolution va ricercata nel fatto che, pur presentando il film tutti i requisiti del
kolossal, riesce a sfuggire al richiamo di una facile spettacolarità ricercata attraverso il fasto scenografico e
la retorica celebrativa (non ci sono grandi figure storiche avvolte in un’aureola di gloria). Anzi, si insiste sulla
sottolineatura della dimensione più dolorosa del conflitto (morte, sangue, ferocia, atrocità., ecc..), immergendo le
immagini in una luce grigia e sporca e in un’atmosfera fredda e umida e avvolgendo i personaggi con pioggia e
con fango (lontano dalla tentazione del patinato e dal lindore fotografico di un prodotto come il recente Il
patriota).

Il limite principale del film va ricercato, invece, nello scarso dinamismo narrativo della sceneggiatura che
non riesce a coinvolgere lo spettatore: alcuni passaggi risultano un po’ troppo bruschi e molte sequenze stentano
ad integrarsi nel contesto complessivo del film, che finisce per essere eccessivamente incentrato sul personaggio di
Tom e sull’attore (Al Pacino) che l’interpreta, al quale la macchina da presa rimane troppo insistentemente
attaccata sino a perdere la prospettiva generale. Inoltre la vicenda d’amore tra lui e la bella Daisy (che dovrebbe
svolgere un ruolo centrale nella vicenda) appare poco giustificata psicologicamente e non decolla mai.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Guerra d’Indipendenza americana

B) L’Europa e il mondo alla fine del XVIII secolo.

Diritto         La Costituzione americana.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/224.htm[12/07/2017 19:11:06]
Ridicule

Ridicule
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Patrice Leconte
SOGGETTO Remi Waterhouse, Michel Fessler, EricVicault
SCENEGGIATURA Remi Waterhouse
FOTOGRAFIA Thierry Arbogast (colori)
MUSICA Antoine Duhamel
MONTAGGIO Joelle Hache
INTERPRETI Charles Berling, Jean Rochefort, Fanny Ardent, Judith Godreche, Bernard
Giraudeau
PRODUZIONE Gilles Legrand, Frédéric Brillion, Philippe Carcassonne per Epithete
Production/Cinea
DURATA 102’
ORIGINE Francia, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Settecento

Cinema e Storia

TRAMA
Francia, XVIII secolo, poco prima della Rivoluzione. Pocéludon de Malavoy, giovane idrografo di provincia, si
reca alla corte di Versailles nella speranza di poter sottoporre a re Luigi XVI il suo progetto di bonifica delle
paludi della sua regione. A corte viene preso in simpatia dal Marchese de Bellegarde, della cui bellissima figlia,
Mathilde, si innamora. La sua spiccata attitudine al motto di spirito gli facilita l’ingresso a corte, nei cui
ambienti l’arguzia è particolarmente apprezzata. Pur di farsi ricevere dal sovrano intreccia una relazione con la
contessa di Blayac, una cortigiana senza scrupoli, che quando scopre di essere stata abbandonata per Mathilde
ordisce la vendetta.

TRACCIA TEMATICA
Ridicule è, innanzittutto, un ritratto dell’ambiente di corte di Versailles pochi anni prima della Rivoluzione:
la nobiltà che vi dimora appare in tutta la sua arrogante vacuità, una classe moralmente fradicia, oziosa e viziosa,
assolutamente insensibile di fronte alle sofferenze del popolo, intenta all’autocelebrazione di una presunta
raffinatezza di gusto e di cultura, che si esprime in grottesche elucubrazioni filosofiche (la dimostrazione
dell’esistenza di Dio da parte dell’abate di Vilecourt) e giochi di società truccati (la disfida in rime tra Pocéludon e
l’abate). L‘apprezzamento per l’arguzia e i motti di spirito è più apparente che reale, vista l’altera
permalosità e il borioso spirito di casta che la caratterizza (la cacciata del sordomuto servitore di Mathilde da
parte della contessa di Blayac e il dileggio cui è sottoposta l’esibizione dell’abate de l’Epée a corte), ma visto
soprattutto la reazione di fronte alla battuta dell’abate di Vilecourt che disvela la natura di puro artificio delle sue
dotte esibizioni filosofiche. Lo stesso sovrano Luigi XVI, che si vanta della propria capacità di dilettarsi di facezie,

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/153.htm[12/07/2017 19:11:06]
Ridicule

non capisce il gioco di parole di Pocéludon (Il re non è un soggetto).

In antitesi con questa aristocrazia decrepita e ormai condannata dalla storia troviamo la passione scientifica della
bella Mathilde e l’ansia di giustizia di Pocéludon, entrambi espressione dello spirito illuminista del secolo e di
una nuova concezione del mondo.

VALUTAZIONE CRITICA
Ridicule attua una precisa strategia espressiva che cerca di riprodurre la contrapposizione tra il corrotto
ambiente di corte e l’autenticità di passioni e sentimenti della coppia Pocéludon-Mathilde (polarità positiva
del film) sul piano del contrasto ambientale: da una parte gli interni asfittici di corte (illuminati dalla fioca luce
delle candele o avvolti da un’oppressiva penombra, come i polverosi uffici dei corrotti funzionari o l’oscura dimora
del vecchio conte di Blayac moribondo innaffiato dall’orina di un rivale), dall’altra gli ariosi spazi naturali che
fanno da sfondo all’innamoramento tra i due giovani (pensiamo al valore catartico del bagno di Pocéludon nello
stagno o all’accogliente luminosità degli squarci di bosco che frequentano). Anche l’aspetto fisico partecipa alla
delineazione di questo dualismo: la cipria è un patina di ipocrisia che si addice alla messinscena della vita di
corte (il corpo della contessa di Blayac è completamente irrorato dalle sue serve), cui si contrappongono il viso
pulito dell’angelica Mathilde (la semplicità del suo vestito in contrasto con la sontuosa mise della contessa, quando
le fa visita per perorare invano la causa del suo servitore) e di Pocéludon in versione bravo ragazzo.

Questa accurata attenzione rivolta a definire con efficacia e chiarezza in termini scenografici e di costume
un’inconciliabile opposizione di idee e mentalità è la cosa migliore del film, mentre piuttosto scontato e banale
risultano sia lo sfondo sociale (il riferimento alla miseria dei contadini di La Dombes è affrettato e risolto in modo
eccessivamente patetico con la morte del ragazzo amico di Pocéludon), sia l’intreccio narrativo (il modello
vorrebbe essere quello del romanzo di formazione sette-ottocentesco), che non riesce mai a coinvolgere ed
appassionare, essendo Leconte più impegnato a creare atmosfere e scenari che a raccontare una storia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Francia alla vigilia della Rivoluzione.

B) La vita alla corte di Luigi XVI.

C) L’illuminismo in Francia.

D) La Rivoluzione francese.

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Risorse umane

Risorse umane
TITOLO ORIGINALE Ressources humaines
REGIA Laurent Cantet
SOGGETTO E Laurent Cantet, Gilles Marchand
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Matthieu Poirot Delpech, Claire Caroff (colore)
MONTAGGIO Robin Campillo
INTERPRETI Jalil Lespert, Jean-Claude Vallod, Chantal Barré, Lucien Longueville, Danielle
Mélador
PRODUZIONE Caroline Benjo, Carole Scotta per La Sept Arte/Haut et Court
DURATA 103'
ORIGINE Francia, 1999
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Catena di montaggio-Classe operaia

Novecento/ Cinema e Storia

TRAMA
Franck, studente di economia aziendale a Parigi, torna nel paese d'origine per svolgere uno stage
sull'applicazione della legge delle 35 ore nell'azienda dove lavora da trent'anni il padre. Qui s'impegna con
competenza e passione al fine di introdurre in fabbrica nel modo più funzionale possibile la nuova normativa,
ma si scontra con la duplice diffidenza dei sindacati e della direzione. Quando scopre che esiste un piano di
ristrutturazione che comporta il licenziamento di parecchi dipendenti, fra cui anche suo padre, si sente tradito
dal capo dell'azienda e capeggia la mobilitazione operaia contro i licenziamenti.

TRACCIA TEMATICA
Per Franck l'esperienza come stagista nella fabbrica paterna equivale ad un percorso di formazione che lo
porta a superare l' ingenua illusione che sia possibile instaurare nell'azienda rapporti collaborativi tra
direzione e dipendenti (da lui chiamati risorse umane, contro l'evidenza contraria del protervo atteggiamento
padronale che continua a considerare i lavoratori come pura forza-lavoro da gestire a piacimento). Il film disvela
la natura irrimediabilmente conflittuale dei rapporti in fabbrica, dopo averci fatto credere (insieme al
protagonista) che l'ostacolo al cambiamento fosse costituito dalle rigidità di un sindacato aprioristicamente ostile
all'innovazione (ma anche dopo aver disseminato indizi inquietanti relativamente alle intenzioni dei superiori, come
l'esclusione di Franck dagli incontri decisionali e la melliflua cordialità del direttore).

Ma il tema centrale del film è la dolorosa e lacerante rottura di Franck con il padre, operaio che ha sempre
interpretato con sottomessa ossequiosità alle gerarchie aziendali il proprio ruolo d’operaio docile e rassegnato e per
il quale la carriera del figlio rappresentava la possibilità di un'ascesa sociale in grado di ripagarlo di una vita
d’oscuro lavoro e di sacrifici (pensiamo alla sua soddisfazione quando vede Franck tornare a casa accompagnata
dal padrone o la sollecitazione a che il figlio non si mescoli in mensa coi sottoposti, ma condivida la tavola con i

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Risorse umane

dirigenti).

Più che un film che sulle 35 ore (e sulle problematiche connesse alla nuova legge del governo francese) Risorse
umane è un film sulla ribellione al padre (come momento ineludibile del processo di maturazione), sullo scontro
generazionale, sulla collisione di due mentalità inconciliabili.

VALUTAZIONE CRITICA
Risorse umane affronta con efficacia ed incisività una storia che si situa tra il melodramma familiare e
l'inchiesta sociale sulla realtà della fabbrica contemporanea (e già questo costituisce un indubbio merito per un
Cinema che in questi ultimi anni sembra aver dimenticato quasi del tutto la classe operaia e le sue problematiche).
Il film procede con una narrazione lucida e compatta, essenziale e priva di fronzoli e facili concessioni
(manca l'accompagnamento musicale over e inquadrature e movimenti di macchina sono tutti rigorosamente
funzionali alla storia) che rifiuta ogni facile didascalismo o semplificazione e che comunica un senso di verità
sulla condizione dei lavoratori nella società di oggi.

Sia la figura di Franck, sia quella del padre (ma lo stesso vale per i comprimari) sono rese con grande
precisione e sensibilità, così da cogliere le molteplici implicazioni umane e psicologiche delle rispettive
personalità, cercando di capire le radici profonde (antropologiche e culturali) del loro dissidio e rinunciando ad
approdare a conclusioni consolatorie o moralistiche (il film ci offre un intelligente ed opportuno finale aperto, che
lascia i due personaggi ognuno chiuso nel proprio mutismo a misurare una distanza che sembra incolmabile).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto         A) Le legge francese sulla riduzione di orario a 35 ore.

                    B) La questione delle 35 ore in Italia: proposte di leggi, dibattiti e discussioni.

Storia             La conquista delle 40 ore.

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Rob Roy

Rob Roy
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Michael Caton-Jones
SOGGETTO Basato sul testo di Walter Scott
SCENEGGIATURA Alan Sharp
FOTOGRAFIA Karl Walter Lindenlaub (colore)
MUSICA Carter Burwell
MONTAGGIO Peter Honess
INTERPRETI Liam Neeson, Jessica Lange, John Hurt, Tim Roth, Eric Stoltz
PRODUZIONE Peter Broughan, Richard Jackson per Talisman Prod.
DURATA 139’
ORIGINE USA, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Settecento

Cinema e Storia

TRAMA
Scozia, 1713. Rob Roy, capo clan, per recuperare le mandrie di bestiame rubate per ordine dell'inglese marchese
di Montrose, è costretto a chiedere in prestito al marchese 1000 sterline. Il fattore di quest'ultimo, in combutta
con il perfido Cunningham, ordisce un complotto contro Rob per sottrargli le sterline. Ritenuto responsabile del
debito e non potendo pagare, Rob si dà alla macchia per sottrarsi all'arresto, mentre Cunningham gli incendia
la casa e violenta la moglie. Rob viene catturato e condannato all'impiccagione, ma riesce a fuggire
fortunosamente e a sfidare a duello Cunningham.

TRACCIA TEMATICA
Rievocazione delle gesta della figura storica di Robert Roy McGregor, detto Rob Roy, eroe del nazionalismo
scozzese trasfigurato in mito leggendario, il film s’incarica di celebrarne con acritico tono esaltatorio le doti di
coraggio e lealtà e l’indomita lotta contro i soprusi degli inglesi. Più che al genere storico (che richiederebbe
quel minimo di rigore e di complessità, che qui sembra latitare) Rob Roy occhieggia all’avventuroso e al cappa e
spada e allo schematismo morale che sostiene questi filoni: il Bene, sintetizzato dai valori (attribuiti alla piccola
borghesia possidente) della giustizia, dell’onestà, dell’onore, dell’amicizia e dell’amore, della famiglia e del lavoro,
contro il Male, espresso dai disvalori (riferiti prevalentemente alla classe aristocratica) della prepotenza, dell’avidità
e dell’arroganza del potere (incarnati dalla satanica figura dell’antagonista Cunningham).

Diretto e sceneggiato da due scozzesi, il film partecipa (insieme ad altre pellicole dello stesso periodo come
Bravehart e Michael Collins) del clima di riscoperta e valorizzazione di gloriosi personaggi che appartengono

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Rob Roy

alla storia e alla memoria collettiva di etnie piuttosto marginalizzate nel contesto europeo, come quella
scozzese e irlandese.

VALUTAZIONE CRITICA
L’esplicita dimensione epica e spettacolare del film costringe a restringere l’approfondimento psicologico e
l’analisi del contesto sociale della Scozia settecentesca, per privilegiare una dinamica narrativa improntata
sull’azione e la tipizzazione dei personaggi in base alla funzione cui assolvono. Caratteri e comportamenti sono,
cioè, determinati una volta per tutte ed escludono ogni possibilità trasformativa e la vicenda segue uno sviluppo
scontato e prevedibile, per quanto appassionante ed avvincente.

Il film vive in gran parte sulle risorse del suggestivo e pittoresco paesaggio scozzese e della presenza scenica
di attori che sanno rendere con grande efficacia le caratteristiche specularmente opposte dei rispettivi
personaggi (perfetto Liam Neeson nell’esprimere l’integrità morale e la vigoria fisica, altrettanto convincente Tim
Roth nei panni del cattivo di turno).

Da segnalare per il forte impatto visivo ed emotivo le belle sequenze dell’omicidio di McDonald, costruita con
un montaggio alternato e il duello finale con il tipico spadone scozzese.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                      A) La figura storica di Robert Roy Mc Gregor.

                                B) La Scozia all’inizio del Settecento.

Geografia                 La Scozia.

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Rocco e i suoi fratelli

Rocco e i suoi fratelli


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luchino Visconti
SOGGETTO Luchino Visconti, Vasco Pratolini, Suso Cecchi D'Amico da Il ponte della Ghisolfa
di Giovanni Testori
SCENEGGIATURA Luchino Visconti, Suso Cecchi D'Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo
Franciosa, Enrico Medioli
FOTOGRAFIA Giuseppe Rotunno (bianconero)
MUSICA Nino Rota
MONTAGGIO Mario Serandrei
INTERPRETI Alain Delon, Renato Salvatori, Katina Paxinou, Annie Girardot, Paolo Stoppa,
Claudia Cardinale
PRODUZIONE Titanus/Les Films Marceau
DURATA 180'
ORIGINE Italia, 1960
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Lamerica Leuropa Litalia

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza,


immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
La famiglia lucana Parondi, madre e cinque figli, si trasferisce nella Milano del boom economico e trova una
prima sistemazione in un seminterrato. Ognuno dei figli intraprende una strada diversa. Vincenzo, emigrato da
tempo, è già sposato con prole. Simone diventa pugile e inizia una relazione con la prostituta Nadia. Ciro entra
in fabbrica e si fidanza con una milanese. Luca è ancora troppo piccolo. Rocco deve iniziare la carriera di
pugile per ripagare i debiti fatti da Simone, che, lasciato da Nadia, diventa un relitto umano. Quando Simone
viene a sapere che Rocco si è messo con Nadia, aggredisce il fratello e violenta la sua excompagna. A questo
punto la situazione precipita: Rocco lascia Nadia perché questa torni con il fratello e Simone, sempre più
abbrutito, uccide la donna che lo aveva abbandonato di nuovo.

TRACCIA TEMATICA
Il film colloca la disgregazione della famiglia Parondi nel contesto della grande migrazione di massa dal sud
rurale al nord industrializzato, avvenuta nel nostro paese nella seconda metà degli anni cinquanta e nella
prima dei sessanta. Un fenomeno segnato spesso dal dramma della crisi d'identità causata dall'adattamento ad una
dimensione antropologica molto diversa da quella originaria (la distruzione fisica e morale di Simone simboleggia
su un piano estremo questa difficoltà di inserimento).

La famiglia Parondi proviene da una cultura contadina ed arcaica e non regge l'impatto con la realtà della
metropoli moderna. Rocco è il depositario del valore dell'unità familiare: egli coltiva l'utopia nostalgica del ritorno

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Rocco e i suoi fratelli

alla terra d'origine per ricostituire l'armonia infranta; campione di pugilato, è l'eroe popolare e romantico che si
consegna alla dimensione astorica del mito. Ciro è, all'opposto, il personaggio che incarna la realistica accettazione
di un'ormai irreversibile trasformazione sociale, la definitiva integrazione delle masse contadine nella classe
operaia secondo il corso della Storia. In questo lacerante confronto tra passato e futuro il regista sta
razionalmente con Ciro, ma sentimentalmente con Rocco (nel finale Luca capisce le ragioni di Ciro, ma
accarezza l'immagine di Rocco affissa ai muri).

VALUTAZIONE CRITICA
Rocco e i suoi fratelli intreccia le due ispirazioni che attraversano la filmografia viscontiana: la
consapevolezza (legata alla formazione politica marxista del regista) dell'ineluttabile disfacimento del mondo del
passato sotto l'incalzare del moderno capitalismo e l'elegiaco rimpianto di questo stesso mondo (legato alla sua
identità aristocratica e alla coscienza dolorosa della decadenza della propria classe d'appartenenza).

Questo conflitto si esprime a livello espressivo tramite la fusione-contrapposizione di modalità stilistiche sia
di derivazione realistica (il cinema come rispecchiamento il più fedele possibile della realtà, specie di quella
sociale, con il minimo di artificio e manipolazioni), sia di ispirazione teatrale-letteraria (e quindi fortemente
orientate in direzione dell'invenzione e dell'immaginazione), strettamente collegata alla tradizione del
melodramma (forti contrapposizioni morali, laceranti dilemmi, esito tragico, ruolo fondamentale della musica). Ad
un'illuminazione realistica e neutra e ad una scelta di piani e campi moderati (figura intera, campo medio) si
contrappone un'opzione espressionistica giocata sull'uso del chiaroscuro contrastato e di piani ravvicinati
(soprattutto il primissimo piano), che tende a creare atmosfere ambigue e a penetrare nell'intimità dei personaggi.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia    A) Il miracolo economico italiano.

              B) Il fenomeno migratorio interno nell'Italia del secondo dopoguerra.

              C) La vita quotidiana nell'Italia della seconda metà degli anni cinquanta.

Geografia     Milano.

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Roma città aperta

Roma città aperta


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Roberto Rossellini
SOGGETTO Sergio Amidei, Alberto Consiglio
SCENEGGIATURA Sergio Amidei, Federico Fellini, Roberto Rossellini
FOTOGRAFIA Ubaldo Arata (bianconero)
MUSICA Renzo Rossellini
MONTAGGIO Eraldo Da Roma
INTERPRETI Marcello Pagliero, Aldo Fabrizi, Anna Magnani
PRODUZIONE F. De Martino per la Excelsa Film
DURATA 100'
ORIGINE Italia, 1945
REPERIBILITA' Homevideo/Pacioli Cinema
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Resistenza

Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Roma, 1944. Ricercato dai tedeschi, il comunista Manfredi, che milita nella Resistenza, si rifugia presso Pina,
una vedova che sta per sposare il tipografo Francesco. Il figlio di Pina, Marcello, mette Manfredi in contatto
con don Pietro, parroco di periferia, perché questi consegni del denaro ai partigiani. Un rastrellamento operato
dai tedeschi nel condominio dove si nasconde Marcello provoca la cattura di Francesco e l’uccisione di Pina. A
Marcello non resta che rifugiarsi a casa di Marina, un’attricetta morfinomane con cui ha una relazione, senza
sapere che è ricattata dalla Gestapo. Marina denuncia Marcello consegnandolo ai tedeschi, che intanto hanno
catturato anche don Pietro. Il partigiano muore sotto tortura senza parlare e il sacerdote viene fucilato.

TRACCIA TEMATICA
Roma città aperta, girato con materiale di fortuna e in ristrettezze di mezzi quando la guerra non era ancora
finita, rappresenta una specie di manifesto antifascista del nuovo Cinema italiano. In esso si ricorda la figura
reale del sacerdote don Luigi Morosini, fucilato dai tedeschi a Roma nel 1944 in quanto collaboratore dei
partigiani.

La recente memoria dell’oppressione subita e la passione militante, in un momento in cui era fondamentale
sostenere una lotta di liberazione ancora in corso nel nord del paese, conferisce al film un tono celebrativo
che schiera con nettezza i personaggi: da una parte chi combatte per la libertà, Manfredi e don Pietro, figure
adamantine nel loro eroismo, dall’altra i nazisti, incarnazione del Male assoluto e inclini al vizio (la droga e
l’allusione alle inclinazioni omosessuali di Ingrid). Una contrapposizione frontale che coinvolge anche gli ambienti
e le scenografie che circondano le due parti: l’umile e familiare dimora popolare di Pina e il lussuoso interno della

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Roma città aperta

Gestapo, dietro cui si nasconde la camera di tortura (che richiama gli orrori veri di via Tasso).

Il comunista Manfredi e il prete don Pietro incarnano, inoltre, due delle componenti fondamentali della
Resistenza italiana, quella di derivazione marxista ed operaia e quella di ispirazione cattolica. Il film rende
così omaggio alle due correnti politiche che all’epoca si pensava sarebbero state protagoniste della rinascita del
paese dopo il ventennio fascista.

VALUTAZIONE CRITICA
Roma città aperta è ormai considerato come il film iniziatore del movimento neorealista e per questo è stato
fatto oggetto di encomi ed esaltazioni che ne hanno sopravvalutato meriti e pregi, confondendone la portata
simbolica che assume nella storia del nostro Cinema (il superamento dell’artificioso e retorico Cinema di regime,
che aggirava ogni confronto con la realtà) con il valore artistico.

Pur offrendo, infatti, momenti di intensa tragicità (l’uccisione di Pina e la fucilazione di don Pietro) ed una fresca
immediatezza di sguardo sulla realtà della Roma popolare, l’opera di Rossellini sembra ancora frenata proprio
sulla via di quel profondo rinnovamento introdotto dal neorealismo (e di cui lo stesso regista si farà portatore
nei suoi film appena successivi). La struttura narrativa è ispirata a canoni romanzeschi tradizionali (la fuga, il
nascondiglio, l’amore, il tradimento, la crudeltà, l’eroismo, la morte, ecc…), il sistema dei personaggi è schematico
e non alieno dal macchiettismo, la colonna sonora musicale enfatica, i dialoghi risultano spesso retorici. Roma
città aperta appare, insomma, ancora troppo legato a moduli che lo stesso neorealismo di lì a poco sovvertirà
(pensiamo al ricorso ad attori non professionisti, all’uso di un parlato meno letterario, alla ricerca del fatto
esemplare e non eccezionale, come scelte del neorealismo maturo).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Seconda Guerra Mondiale.

B) L’occupazione tedesca di Roma e l’eccidio delle Fosse Ardeatine.

C) La figura di don Morosini.

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Romero

Romero
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA John Duigan
SOGGETTO E John Sacret Young
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Geoff Burton (colori)
MUSICA Gabriel Yared
INTERPRETI Raul Julia, Richard Jordan, Ana Alicia, Eddie Velez, Tony Plana
PRODUZIONE Ellwood E. Kieser C.S.P. per Paulist Picture
DURATA 104'
ORIGINE USA, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Salvador, America Latina. Nel 1977 padre Oscar Romero è nominato arcivescovo di El Salvador. Il paese
centroamericano è in preda a forti tensioni politico-sociali, causate dal sanguinario regime militare che opprime
la misera popolazione india e impedisce ogni trasformazione in senso democratico, mentre la Chiesa cattolica
nazionale è divisa tra le alte gerarchie, che sostengono la dittatura e l'aristocrazia terriera creola di cui è
espressione, e numerosi sacerdoti di base che hanno fatta propria la causa del popolo salvadoregno. Dopo un
primo periodo nel quale Romero assume un atteggiamento di prudenza e moderazione, di fronte all'abissale
povertà della sua gente e alla crudeltà dei militari che governano il paese con l'uso sistematico dell'assassinio e
della tortura, si schiera apertamente contro il governo e il complice silenzio dei suoi colleghi ecclesiastici.
Pagherà questa scelta con la morte.

TRACCIA TEMATICA
Padre Romero si forma più nelle biblioteche che a contatto con la disperata miseria della sua gente: l’iniziale
disinteresse per la questione sociale, che nel suo paese si pone in termini di stridente disuguaglianza e abissale
povertà, affonda le proprie radici in questa carenza di conoscenza e informazione. Basta, tuttavia, questa sincera
neutralità a distinguerlo dal resto della gerarchia ecclesiastica salvadoregna, che nella sua maggioranza sostiene
con determinata consapevolezza le malefatte della giunta militare: la Chiesa cattolica che Romero si appresta a
guidare nel tormentato paese latinoamericano si presenta, insomma, come instrumentum regni nelle mani
della rapace e reazionaria borghesia agraria.

Il contatto con la tragica realtà che lo circonda e che nel nuovo ruolo di arcivescovo non può più ignorare induce
in lui il maturare della piena coscienza delle gravi responsabilità del potere politico e della sostanziale
complicità della Chiesa ufficiale con esso. Pur senza approvare l’opzione per la lotta armata, propugnata dai
religiosi che si riconoscono nelle teorie della cosiddetta Teologia della liberazione, Romero afferma con parole e

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Romero

fatti che il dovere primario della missione sacerdotale consiste nell’intransigente sostegno alla causa dei
poveri e dei diseredati, a cominciare dall’affermazione dei diritti umani e dalla richiesta di migliori condizioni
materiali di vita.

Il suo assassinio mentre sta celebrando la messa ce lo consegna contornato da un alone di martirio che richiama
alla memoria il sacrificio dei primi cristiani in nome della fede.

Romero è il primo film ufficialmente finanziato dalla Chiesa Cattolica statunitense.

VALUTAZIONE CRITICA
Quello di Romero si può considerare come una specie di percorso di formazione, che porta il protagonista a
penetrare gradatamente nell’inferno quotidiano in cui è immerso il suo popolo, distaccandolo in modo sempre più
netto dall’iniziale atteggiamento di prudenza e passività. La convincente prova recitativa di Raul Julia (nei panni
dell’arcivescovo) rende estremamente credibile ed efficace la descrizione di questo sofferto processo psicologico e
spirituale, caricandolo di tutte le implicazioni e sfumature del caso.

Lo stile che il film adotta è quello di un resoconto il più fedele possibile ai fatti, aderente in modo quasi
documentarista alla realtà sociale e politica centroamericana, con quel tanto di rigidezza schematica e
didascalica che inevitabilmente il Cinema d’impegno civile porta con sé.

Ciò non toglie, tuttavia, che la pellicola offra alcune sequenze di forte intensità drammatica, come quella di
Romero che riesce a celebrare la messa nella chiesa presidiata dai militari e quella, di grande impatto emotivo, di
quando in prigione sente le urla dei detenuti.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) Il Salvador: dalla dominazione spagnola alla dittatura militare.

                       B) La situazione politico-sociale dell’America centrale.

Religione            A) Il ruolo della Chiesa Cattolica nelle società latinoamericane.

                            B) La Teologia della Liberazione.

Geografia             L'America centrale

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Rommel

Rommel, la volpe del deserto


TITOLO ORIGINALE Rommel Desert Fox
REGIA Henry Hathaway
SOGGETTO Basato sul testo di Desmond Young
SCENEGGIATURA Nunnally Johnson
FOTOGRAFIA Norbert Brodine (bianconero)
MUSICA Daniele Amfitheatrof
INTERPRETI James Mason, Jessica Tandy
PRODUZIONE Twenty Century Fox
DURATA 84'
ORIGINE USA, 1951
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe terza
PERCORSI Nazismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Il film racconta gli ultimi anni di vita del feldmaresciallo dell'esercito tedesco Irwin Rommel, che durante la
Seconda Guerra Mondiale riportò grandi vittorie contro gli inglesi nella battaglia del deserto in Africa
settentrionale, rivelandosi per la sua abilità manovriera uno dei più grandi condottieri della storia. Una volta
sconfitto in modo definitivo dagli inglesi ad El Alamein nel 1942, viene incaricato di predisporre le difese
tedesche in Francia per fronteggiare l'imminente sbarco alleato. Il rapido arretramento delle forze germaniche
su tutti i fronti convince Rommel ad aderire al complotto antihitleriano che una parte dell'esercito tedesco sta
preparando. Il 20 luglio 1944 l'attentato al Führer fallisce e si scatena la tremenda vendetta nazista contro gli
oppositori del regime. A Rommel non resta che la scelta del suicidio.

TRACCIA TEMATICA
Rommel, La volpe del deserto ha la particolarità di essere stato nel 1951 il primo film americano a mostrare con
una certa simpatia quello che era stato il nemico tedesco. La vicinanza temporale con la guerra spiega come mai,
nonostante il titolo, non si consideri nella pellicola (se non evocandolo attraverso il rispetto-timore che gli inglesi
avevano di lui) il genio militare del feldmaresciallo tedesco, accennando solo indirettamente alle straordinarie
vittorie riportate nella guerra d'Africa in inferiorità di uomini e mezzi (Hitler trascurò il fronte africano e non si
preoccupò più di tanto di rifornire adeguatamente il suo corpo di spedizione). Probabilmente i tempi non erano
ancora maturi perché il Cinema potesse assumere il distacco necessario per mostrare sullo schermo
l'esercito tedesco vittorioso.

La figura di Rommel viene, invece, presa in considerazione alla luce del lento ma inesorabile maturare della
sua scelta antinazista. Il film lavora soprattutto sulla profonda crisi di coscienza da cui il feldmaresciallo è
tormentato: da una parte il forte senso di lealtà che gli deriva dal giuramento prestato e dall'altra la consapevolezza

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Rommel

del baratro nel quale il nazismo sta precipitando la Germania. La grandezza del personaggio, così, non si lega tanto
alle sue grandi capacità di condottiero, ma alla forte tempra morale che rivela e alla grande dignità con cui
affronta la morte.

VALUTAZIONE CRITICA
Hathaway struttura il film in modo decisamente depistante: una sequenza d'azione dal ritmo frenetico precede
i titoli di testa (è forse la prima volta che questo succede nel Cinema: che i famosi prologhi mozzafiato della serie
James Bond abbiamo tratto ispirazione da questo film?), immagini di guerra ricostruite ed autentiche (viene usato
parecchio materiale documentaristico di repertorio) seguono subito dopo, in modo da ingenerare nello spettatore
l'idea di trovarsi di fronte alla più classica delle pellicole belliche. Successivamente il film prende una strada
completamente diversa concentrandosi sulla preparazione dell'attentato a Hitler e sul travaglio interiore di
Rommel, usando il registro del quasi thriller (pensiamo alla sequenza dell'attentato) e del serrato confronto
dialogato con i suoi amici o avversari (straordinario quello con un Hitler assolutamente credibile), sino ad
approdare alla sommessa intensità drammatica del finale congedo con la moglie.

Se questa discontinuità formale e contenutistica può essere considerata da una parte come un limite ed un difetto,
dall'altra imprime al film un andamento stringato e sintetico da film-inchiesta (pensiamo alla sequenza
dell'ufficiale inglese che compie le sue ricerche), vicino al documentarismo o a certo Cinema giornalistico (alla
Rosi), assai nuovo e moderno per quell'epoca.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Seconda Guerra Mondiale.

B) La Guerra d'Africa e la figura di Rommel.

C) L'attentato a Hitler e il complotto antinazista del luglio del 1944.

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la rosa bianca

 La rosa bianca - Sophie Scholl


TITOLO ORIGINALE Sophie Scholl-Die letzten Tage
REGIA Marc Rothemund
SOGGETTO E Fred Breinersdorfer
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Martin Langer (colori)
MUSICA Johnny Klimek, Reinhold Heil
MONTAGGIO Hans Funck
INTERPRETI Julia Jentsch, Fabian Hinrichs, Gerald Alexander Held, Johanna Gastdorf
PRODUZIONE Fred Breinersdorfer, Sven Burgmeister, Christoph Muller, Marc Rothemund per
Goldkind Filmproduktion/Broth Film
DURATA 117’
ORIGINE Germania, 2005
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli  
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Nazismo
Novecento - Cinema e Storia

  

TRAMA
 Monaco di Baviera, inverno 1942-43. Un piccolo gruppo di studenti universitari antinazisti, che ha preso il
nome di “Rosa bianca”, organizza un volantinaggio all’interno dell’università per denunciare i misfatti del
regime hitleriano. La coraggiosa azione viene però scoperta e i due fratelli Scholl che l’hanno concretamente
compiuta, insieme al complice Cristoph che li ha aiutati nella preparazione, vengono arrestati e processati. La
sentenza è già scritta e tutti gli imputati saranno ghigliottinati il 22 febbraio 1943 dopo un processo-farsa. 

TRACCIA TEMATICA
 A differenza di altri paesi europei (tra cui anche l’Italia) la Germania nazista nel corso del secondo conflitto
mondiale non ha conosciuto estesi e agguerriti movimenti di resistenza  (va ricordato che migliaia di oppositori
politici erano stati eliminati dal regime negli anni precedenti la guerra, a cominciare dal 1933). La “Rosa
bianca”costituisce l’unica manifestazione di grande rilievo di opposizione al nazismo e alla guerra che stava
conducendo e in questo consiste il suo grande valore politico e ideale nella memoria storica della Germania
postbellica.

La dimensione eroica di questo episodio resistenziale risulta accresciuta se si considera la giovinezza dei
protagonisti e la loro pura e incontaminata fede negli ideali di pace e di libertà. Il gruppo della  “Rosa bianca”
non presenta nessuna identità politico-ideologica precisa e vincolante, ma nasce da un’ insopprimibile esigenza
morale e religiosa (gli Scholl era protestanti evangelici) di schierarsi contro l’ingiustizia e la barbarie. E questo
attraverso il rifiuto della violenza e la fiducia nella forza di persuasione della parola nei confronti dei propri
concittadini, a cominciare dalla parte più colta e istruita della popolazione (i volantini all’università).

Al centro del film è posta la figura di Sophie (sempre presente in ogni sequenza), che emerge certamente per
l’estrema forza di carattere e per la saldezza della sua fede religiosa, ma ci viene mostrata anche nelle
sfaccettature di un’ umanissima personalità, incline alle passioni, alle ansie, alle debolezze e ai sogni tipici della
sua giovane età.       

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la rosa bianca

VALUTAZIONE CRITICA
 I principali punti di forza del film vanno ricercati nella sobrietà del linguaggio e nella compressa  tensione
drammatica di alcune situazioni narrative.

Interni ed esterni risultano essenziali (pensiamo alle nude pareti del carcere, alle severe geometrie dell’università e
al monumentale grigiore dei pochi palazzi che si intravedono sullo sfondo), i movimenti di macchina optano per
una parsimonia che rifiuta ogni ricercata sottolineatura enfatica, il montaggio è secco, la colonna sonora musicale
quasi assente (se si esclude l’incalzante accompagnamento del volantinaggio all’università).

Di grande impatto almeno tre sequenze. Il rapporto tra Sophie e il suo inquisitore Mohr (figura che pur nel suo
ruolo negativo riesce ad assumere qualche risonanza di umanità), condotto con sapiente gradazione dei tempi del
dialogo; la distribuzione dei volantini all’università, di fremente coinvolgimento emotivo; gli attimi che precedono
l’esecuzione, austeramente concentrati sulla grande dignità umana e morale dei giovani protagonisti .

  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                         A) Storia del Terzo Reich

                                                    B) La Seconda Guerra Mondiale

                                                    C) La Rosa bianca e la resistenza nella Germania nazista

Religione                                     La chiesa protestante evangelica                                                  

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le rose del deserto

Le rose del deserto


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Mario Monicelli
SOGGETTO Dal romanzo Il deserto della Libia di Mario Tobino e dal brano Il soldato Sanna 
contenuto nel libro Guerra d’Albania di Giancarlo Fusco
SCENEGGIATURA Mario Monicelli, Alessandro Bencivenni, Domenico Saverni
FOTOGRAFIA Saverio Guarna (colori)
MONTAGGIO Bruno Sarandrea
MUSICA Paolo Dossena, Mino Freda
INTERPRETI Michele Placido, Giorgio Pasotti, Alessandro Haber, Fulvio Falzarano, Claudio
Bigagli, Tatti Sanguineti
PRODUZIONE Mauro Berardi, Vittorio Zeviani per Luna Rossa Cinematografica
DURATA 102’
ORIGINE Italia, 2006
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Seconda Guerra Mondiale


Novecento/Cinema e Storia
 
Italiani in guerra
Novecento/Cinema e Storia

  

TRAMA
 Estate del 1940. A Sorman, in una sperduta oasi del deserto della Libia, è accampata una sezione sanitaria
dell’esercito italiano. La guerra è lontana e i membri del reparto medico possono dedicarsi all’assistenza alla
popolazione locale e alle rispettive passioni personali. Quando, però, gli inglesi scatenano l’offensiva, la
tranquilla vita del campo è stravolta e la guerra, con le sue brutture e atrocità, irrompe nell’esistenza fino ad
allora relativamente tranquilla dei soldati italiani.

TRACCIA TEMATICA
 Per il terzo reparto della 31a sezione sanità del corpo di spedizione italiano in Africa  i primi mesi di guerra
trascorrono in un clima di indolente tranquillità, quasi una specie di singolare vacanza esotica con tanto di
relazioni con la popolazione indigena e conoscenza del suggestivo paesaggio locale.

Manca completamente ogni traccia di ardore  militaresco (ridicolizzato nella figura del tronfio generale senza
nome interpretato da Tatti Sanguineti) e in particolare quella superiore italianità che il nostro esercito
dovrebbe affermare in queste desolate lande africane appare fortemente inficiata dall’eterogeneità linguistica
(i soldati parlano tutti i più vari dialetti) e  antropologica (la tipologia umana è quanto mai differenziata) che
caratterizza questo piccolo angolo d’Italia in suolo straniero. L’unica cosa che sembra accomunare questa specie di
Armata Brancaleone (per citare un famoso film dello stesso Monicelli) è l’assenza di ogni spirito guerresco e
l’ansia di tornarsene a casa a rivedere i propri cari.

Incompetenza e impreparazione sono i segni distintivi di questo questa malcombinata   accozzaglia di

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le rose del deserto

retrovia, che vuole simboleggiare quella che fu l’inadeguatezza di mezzi e strutture dell’apparato militare italiano
nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

In Le rose del deserto non c’è l’antimilitarismo classico ( che nasce dalla consapevolezza dell’inutile assurdità
della guerra), non l’abusata retorica degli Italiani brava gente (che vuole riproporre un’alterità in positivo dei nostri
soldati rispetto  alla malvagità dei tedeschi), ma una multiforme umanità istintivamente e geneticamente
estranea a tutto ciò che di disumano ogni conflitto bellico reca con sé.

VALUTAZIONE CRITICA
 Maestro della commedia all’italiana (la sua sterminata filmografia assomma circa sessanta titoli) Monicelli
trasferisce il sorridente (ed anche un po’ cinico e beffardo) sguardo di questo genere cinematografico nel contesto
del cinema bellico (l’aveva già fatto con ottimi esiti in La grande guerra). L’attraversamento della storia patria
filtrato dal punto di vista degli ultimi e cioè di coloro che la storia non la fanno, ma la subiscono (pagandone
spesso le peggiori conseguenze sino alla morte), è uno degli aspetti qualificanti della sensibilità del regista.

Supportato da memorie di guerra altrui (ma anche dalle proprie, avendo egli partecipato al corpo di spedizione
italiano nella guerra d’Africa), il novantenne Monicelli ricostruisce frammenti di racconto piuttosto disorganici, ma
unificati da un registro corale vivificato dall’attenzione alla precisa delineazione delle singole personalità,
tratteggiate con il complice e assolutorio affetto di chi è stato parte di questa grande sventura collettiva.  

Girato in ristrettezze produttive e in condizioni climatiche sfavorevoli, il film ha risentito di una certa fretta e
approssimazione in fase di lavorazione. Ma si può dire che queste difficoltà, anziché nuocere alla pellicola, le
abbiano giovato, nel senso di sintonizzarla con quella situazione di improvvisata disorganizzazione che ha
segnato la guerra italiana su tutti gli scenari del conflitto.   

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                         A)    Il colonialismo italiano in Libia

                                                     B)   Il fascismo e la sua politica coloniale

                                                     C)   La Seconda Guerra Mondiale

                                                     D)   L’Italia nella Seconda Guerra Mondiale

                                                     E)   La guerra d’Africa

Letteratura italiana                     Confronto tra il film e le opere narrative cui la sceneggiatura si ispira 

Geografia                                     La Libia

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rosenstrasse

Rosenstrasse
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Margarethe von Trotta
SOGGETTO  E Margarethe von Trotta, Pamela Katz
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Franz Rath (colore)
MONTAGGIO Corinna Dietz
MUSICA Loek Dikker
INTERPRETI Katja Riemann, Maria Schrader, Jutta Lampe, Fedja Van Huet, Dors Schade,
Carola Regnier
PRODUZIONE Henrik Meyer, Richard Shops, Markus Zimmer per Studio Hamburg Letterbox
Filmproductions/Tele-Munchen GmbH/Get Reel Productions
DURATA 136’
ORIGINE Germania-Olanda, 2003
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Olocausto
Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo
e Società
 

TRAMA
Berlino, 1943. Un centinaio di donne tedesche “ariane”, che hanno sposato degli ebrei, si raccolgono in
Rosenstrasse, dove in un palazzo della polizia sono detenuti i rispettivi mariti in attesa di essere deportati. Dopo
arresti, minacce e ricatti di ogni genere, le donne riescono ad ottenere la liberazione dei loro mariti.

TRACCIA TEMATICA
Il film racconta un episodio realmente accaduto, anche se ancora poco conosciuto e dimostra come anche un
regime feroce come quello nazista di fronte alla determinata protesta dei propri cittadini in alcune occasioni
possa fare marcia indietro (un altro esempio di questa rara cedevolezza ci è offerta dal film Amen , che rievoca
come la netta ostilità della chiesa cattolica tedesca costrinse i nazisti ad abbandonare il piano di eliminazione fisica
dei cittadini handicappati).

L’attenzione della regista si concentra in modo particolare sulla dimensione di intensa solidarietà femminile da
cui scaturisce la forza e l’energia che sorregge le donne protagoniste in questa disperata lotta per la salvezza
dei loro mariti. Tanto più ammirevole e valoroso appare l’impegno di queste donne, se confrontato con
l’atteggiamento di coloro che, per fanatismo, ignavia od opportunismo, scelsero il ripudio dei figli (i genitori di
Lena)  o dei coniugi (il marito della madre di Ruth).

Infine è presente nel film il tema della memoria e dell’importanza della sua conservazione per poterla
trasmettere alle generazioni future (specie per episodi come questo ignorati dai libri di storia).

VALUTAZIONE CRITICA
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rosenstrasse

Rosenstrasse vanta un’efficace ricostruzione d’ambiente (la via berlinese è stata totalmente ricostruita, cosi
com’era prima che i bombardamenti alleati che la distruggessero completamente), una buona capacità di gestire i
continui spostamenti presente-passato, anche grazie alla scelta di optare per una fotografia desaturata (cioè dalle
tonalità poco vivaci e marcate, vicino la bianconero e in questo senso con un valore aggiunto di realismo
documentaristico) per la parte dedicata agli anni 40  ed un’attenta e sensibile delineazione umana e psicologica
dei personaggi (tutti credibili nella loro dimensione morale e sentimentale e nelle motivazioni dei loro
comportamenti).

Il merito del film, inoltre, è quello di riuscire a creare un buon equilibrio tra gli aspetti sopra elencati, rifuggendo
da ogni eccesso e spettacolarizzazione pur affrontando un tema caldo

(che poteva anche indurre in questa direzione)  ed offrendo così un prodotto di discreto valore cinematografico e
testimoniale, che ha il merito “storico” e civile di aver sottratto all’oblio un episodio così drammatico del nostro
passato.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                         a) L’antisemitismo nella storia europea                                        

                                                                   b) Il nazismo

                                                                   c) Lo sterminio degli ebrei d’Europea

                                                                   d) La Seconda Guerra Mondiale

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Sacco e Vanzetti

Sacco e Vanzetti
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giuliano Montaldo
SOGGETTO Giuliano Montaldo, Fabrizio Onofri, Mino Roli
SCENEGGIATURA Fabrizio Onofri, Giuliano Montaldo
FOTOGRAFIA Silvano Ippoliti (colori)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Nino Baragli
INTERPRETI Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciolla, Cyril Cusak, Geoffrey Keen
PRODUZIONE Jolly Film/Unidis/Théatre Le Rex
DURATA 111'
ORIGINE Italia-Francia, 1971
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Lamerica Leuropa Litalia

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

Stati Uniti

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Boston, 1920. Due immigrati italiani, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, vengono accusati di rapina a mano
armato e di omicidio. Ben presto appare evidente che i due imputati sono innocenti, ma che la giustizia
americana li vuole condannare soltanto perché anarchici ed italiani. A nulla valgono gli sforzi della difesa per
smontare il fragile castello accusatorio e Sacco e Vanzetti sono così condannati a morte. Nonostante la
mobilitazione a favore dei due immigrati italiani si estenda a tutto il mondo e diventi sempre più intensa, Sacco
e Vanzetti sono giustiziati nell'agosto del 1927.

TRACCIA TEMATICA
Il film inizia sottolineando il clima di repressione della comunità di immigrati italiani a Boston nel 1920. La
rapida politicizzazione a sinistra (anarchici e socialisti) e la sindacalizzazione di larghe masse di lavoratori di
recente immigrazione unitamente allo spauracchio della Rivoluzione Bolscevica avevano spaventato la
borghesia americana e ingenerato nei ceti ricchi della società la psicosi di imminenti rivolgimenti sociali.

Sacco e Vanzetti sono le vittime di questa isteria collettiva che si era impossessata dell'opinione pubblica

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Sacco e Vanzetti

conservatrice e delle istituzioni giudiziarie (il ministro della giustizia Palmer appare all'inizio del film a straparlare
di complotti dei rossi). Per quanto l'innocenza dei due imputati risulti presto evidente, l'America razzista e
reazionaria li vuole morti in quanto italiani e anarchici: la condanna di Sacco e Vanzetti non fu un errore
giudiziario, ma un omicidio legale lucidamente e consapevolmente perpetrato (Il delitto più atroce compiuto in
questo secolo dalla giustizia umana, Franklin Delano Roosevelt).

Realizzato nel 1971, quando in Italia era ancora vivo l'eco della strage di Piazza Fontana a Milano di due anni
prima, nel film ci sono trasparenti allusioni alla vicenda giudiziaria relativa (falsa pista anarchica, oscura morte
dell'anarchico Pinelli precipitato dalla questura di Milano). Questa dimensione di attualizzazione appare oggi
decisamente datata (e probabilmente destinata a sfuggire ai più giovani), mentre risulta ancora di stringente
attualità la denuncia della fobia xenofoba e dell'intolleranza da cui scaturì questa nera pagina della storia
degli Stati Uniti.

VALUTAZIONE CRITICA
Sacco e Vanzetti è un prodotto illustre e felice di quel vero e proprio filone di Cinema politico che si affermò
in Italia alla fine degli anni Sessanta e proseguì nella prima metà del decennio successivo. Il film ne esemplifica la
caratteristica migliore: l'efficace e penetrante comunicazione di una precisa tesi attraverso una narrazione
incisiva e vigorosa. La necessità di fornire una chiara chiave di lettura degli eventi, insomma, non va a scapito
della costruzione drammatica, in questo caso orientata verso una commistione di generi tradizionali, quali il giallo,
il giudiziario, il carcerario (solo il fatto di sapere con anticipo quale sarà l'esito della vicenda attenua il fattore
incertezza che accompagnerebbe l'abile gestione della fase processuale), che vengono padroneggiati con consumata
abilità americana.

I difetti pur evidenti di enfatizzazione retorica e melodrammatica di alcuni passaggi e di una certa ridondanza nella
parte finale si scusano alla luce della necessità di assicurare il massimo di forza argomentativa e di impatto
emotivo nei confronti di uno spettatore che più che informato doveva essere convinto (questa era, del resto, la
finalità principale del Cinema politico di quegli anni). Questa impostazione marcatamente popolare del film fu
sicuramente uno dei motivi del suo grande successo internazionale, tanto che la sua visione negli Stati Uniti
contribuì non poco a determinare la revisione del processo e la riabilitazione ufficiale di Sacco e Vanzetti nel 1977.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A) La situazione economico-sociale degli USA all'inizio degli anni venti.

B) L'emigrazione italiana negli USA.

C) Il movimento anarchico.

D) La strage di Piazza Fontana del 1969 e la Strategia della tensione.

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saimir

Saimir
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesco Munzi
SOGGETTO Francesco Munzi
SCENEGGIATURA Francesco Munzi, Serena Brugnolo, Dino Gentili
FOTOGRAFIA Vladan Radovic (colore)
MUSICA Giuliano Taviani
MONTAGGIO Roberto Missiroli
INTERPRETI Mishel Manoku, Xhevdet Feri, Lavinia Guglielman, Anna Ferruzzo
PRODUZIONE Cristiano Bortone, Daniele Mazzocca Gianluca Arcopinto per Orisa
Produzioni/Pablo Produzioni
DURATA 88’
ORIGINE Italia, 2004
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Lamerica, Leuropa, Litalia


Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza,
immigrazione, società multietnica/Uomo e società

TRAMA
Saimir è un giovane albanese che vive sul litorale di Ostia, aiutando il padre nel traffico e nello sfruttamento
degli immigrati. Una notte, insieme al padre, trasporta una quindicenne dell’est, che poi verrà violentata per
essere avviata alla prostituzione. Saimir si ribella e denuncia la banda degli sfruttatori e il padre. 

TRACCIA TEMATICA
 Ciò che il personaggio di Saimir rappresenta è l’emergere in un adolescente immigrato di un profondo
disagio morale che lo porta a rifiutare (o meglio a cercare di rifiutare ) il proprio destino  (inteso come
un’esistenza vissuta nell’illegalità e nella marginalità). Il suo gesto finale esprime una rivolta soprattutto nei
confronti del padre ( che la sottomissione a questo destino di manovali della criminalità teorizza apertamente) ed
un’affermazione di umana solidarietà verso una coetanea vittima del racket della prostituzione. Nel giovane
protagonista non prevale tanto un’astratta affermazione di legalità, ma una reazione emotiva e passionale al
senso di ingiusta condanna ad una condizione di umiliante degradazione.

In Saimir c’è la consapevolezza che l’esistenza che conduce non è vita e per questo in lui si afferma il
desiderio di essere accettato in una dimensione di normalità (il breve incontro con l’italiana  Simona, il
rapporto con la quale naufraga proprio quando si passa da un vissuto di spontanea naturalezza a confrontarsi con il
baratro sociale che divide i due adolescenti).

Non sappiamo che cosa ne sarà di Saimir, ma è probabile che per lui l’Italia continui a rimanere un paese lontano
(nel senso di un’impossibile integrazione e serena convivenza), come gli chiedeva all’inizio (“Ma l’Italia è
lontana?”) quel bambino kosovaro che ora lo guarda allontanarsi sull’auto della polizia.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2007-08/8framefilm016.htm[12/07/2017 19:11:16]
saimir

 Il film ci mette immediatamente di fronte alla realtà che fa da scenario alla vicenda. Si tratta del territorio del
litorale laziale, il cui degrado ambientale è ottimamente reso da una fotografia grigia e fredda, di stampo
documentarista, che ben si adatta alle atmosfere cupe di questa anonima periferia romana, dove si consuma il
dramma quotidiano di un’umanità degradata quanto i luoghi che la ospitano. La luce livida del mattino e
l’oscurità notturna diventano così gli sfondi più adeguati a nascondere una microsocietà invisibile che occupa
gli interstizi depressi e abbandonati del nostro benessere.

Questo rapporto fra individuo e ambiente sociale, che il regista riesce ad esprimere con aspro e asciutto
realismo, costituisce una dei punti di forza del film, insieme ad uso di attori non-professionisti, estremamente
credibili ed efficaci nell’interpretare praticamente se stessi e nel parlare la propria lingua d’origine (felice la scelta
di non ricorrere al doppiaggio), conferendo così  ai personaggi  un’accentuata configurazione di difficoltà
comunicativa nelle relazioni interpersonali e con il contesto che li circonda.        

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto                                  L’attuale legislazione sull’immigrazione extracomunitaria In Italia.       

Geografia                            Il litorale laziale  

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Salvador

Salvador
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Oliver Stone
SOGGETTO E Oliver Stone, Richard Boyle
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Robert Richardson, Leo Sanchez Ruiz (colore)
MUSICA Georges Delerue
MONTAGGIO Claire Simpson
INTERPRETI James Woods, James Belushi, John Savage
PRODUZIONE Gerald Green, Oliver Stone per la Hemdale
DURATA 106'
ORIGINE USA, 1986
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Salvador, 1980-81. Il giornalista Richard Boyle, abbandonato dalla moglie, in bolletta e in piena crisi
professionale, decide di partire per il Salvador, dove è in atto la guerra civile, per realizzare qualche servizio
giornalistico che lo rimetta economicamente in sesto. Si porta dietro l'amico Rock, un fallito come lui, e nel
paese latino-americano si rende conto che il governo statunitense appoggia la brutale dittatura militare che
opprime il popolo e che è suo dovere di giornalista e di cittadino democratico denunciare tutto questo. Ormai
inviso alle autorità e ai gruppi paramilitari che spadroneggiano nel paese e che lo vogliono morto, Richard
tenta di tornare negli Usa portando con sé una giovane salvadoregna che ama e che vorrebbe sposare.

TRACCIA TEMATICA
Salvador costituisce una delle più esplicite e indignate denunce delle complicità statunitensi con la politica di
sanguinaria repressione del governo salvadoregno degli anni Ottanta. In particolare il film critica l'aperto
sostegno dell'amministrazione Reagan nel rifornire di armi ed aiuti di ogni genere il corrotto e criminale regime
centroamericano, che si serviva di gruppi paramilitari fascisti (i famigerati squadroni della morte) per reprimere le
opposizioni e seminare il terrore tra la popolazione (a loro si deve l'assassinio del cardinale Romero e di quattro
suore americane).

L'esperienza di Richard nell'inferno salvadoregno assume per lui anche una valenza iniziatico-esistenziale: la
sua partenza per il Salvador è una fuga dal disastro in cui la sua vita era precipitata e la meta del viaggio gli appare
come una specie di paradiso in cui dare sfogo alla sue poco edificanti inclinazioni di donnaiolo ubriacone. Qui
trova, invece, nuove motivazioni professionali e sentimentali (vuole costruire una famiglia con Maria) e
acquisisce la consapevolezza politica delle responsabilità del suo paese nella tragedia salvadoregna. Alla fine

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Salvador

è diventato un uomo maturo, disposto a rischiare la vita per sostenere gli ideali di libertà e democrazia che
sostanziano la Costituzione americana e che vede palesemente traditi.

L'amaro pessimismo dell'epilogo (Maria viene rispedita indietro in quanto immigrata clandestina) ribadisce su
un altro terreno la polemica del film contro il governo statunitense: l'ingiustizia che domina in Salvador sembra
dilatarsi ben oltre i suoi confini.

VALUTAZIONE CRITICA
Stone filtra le vicende salvadoregne attraverso il suo stile spasmodico e concitato, incentrato su un incedere
narrativo convulso e incalzante che trascina lo spettatore in un vortice di eventi ad elevato tasso di
coinvolgimento emotivo. La denuncia politica che sostanzia il film, più che argomentata e spiegata (quando questo
avviene la pellicola perde ritmo e diventa piattamente didascalica: pensiamo alla denuncia di Richard delle
responsabilità statunitensi di fronte ai due consiglieri americani del governo salvadoregno), viene mostrata in
sequenze di tesa e sconvolgente drammaticità (l'assassinio di Romero nella cattedrale, il massacro delle suore, la
battaglia tra esercito e guerriglieri, la distesa di cadaveri nella discarica dei rifiuti, l'arresto di Maria in territorio
americano).

Si può rimproverare al regista di operare un eccessivo addensamento di temi e scene madri e di congestionare di
dialoghi e personaggi la sceneggiatura, così da correre il rischio di disorientare lo spettatore, ma non si può
negargli la capacità di conferire alla materia trattata un vigore narrativo e una forza dimostrativa di grande
impatto ed efficacia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) Il Salvador dalla dominazione spagnola alla dittatura militare.

B) La situazione politico-sociale dell'America centrale.

C) La politica centroamericana della presidenza Reagan.

Geografia         L'America centrale.

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Salvate il soldato Ryan

Salvate il soldato Ryan


TITOLO ORIGINALE Saving Private Ryan
REGIA Steven Spielberg
SOGGETTO E Robert Rodat
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Janusz Kaminski (colori)
MUSICA John Williams
MONTAGGIO Michael Kahn
INTERPRETI Tom Hanks, Tom Sizemore, Edward Burns, Barry Pepper, Adam Goldberg, Vin
Diesel, Giovanni Ribisi, Jeremy Davis, Matt Demon
PRODUZIONE Steven Spielberg, Ian Bruce, Mark Gordon, Gary Levinsohn per Dream
Works/Paramount/Amblin Entertainment
DURATA 170'
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Seconda guerra mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
6 giugno 1944, sbarco alleato in Normandia. Al capitano americano Miller, reduce dallo sbarco a Omaha
Beach, dove la maggior parte dei suoi soldati sono caduti sotto il micidiale fuoco tedesco, viene affidata una
missione: insieme a pochi uomini dovrà trarre in salvo il soldato James Francis Ryan, unico superstite di
quattro fratelli morti in guerra e paracadutato in Normandia. Gli alti comandi hanno deciso di risparmiare alla
madre la morte dell'unico figlio rimastole. Le ricerche della pattuglia di Miller si concludono a Ramelle, dove si
trova il soldato Ryan, impegnato con i suoi commilitoni nella difesa di un ponte. Arrivano i tedeschi: sono in
superiorità di uomini e mezzi, gli americani, però, si difendono strenuamente. Alla fine della cruenta battaglia
Miller e quasi tutti i suoi uomini muoiono, ma il soldato Ryan è salvo.

TRACCIA TEMATICA
E' giusto sacrificare la vita di molti uomini per salvarne quella di uno solo? Sì, se questo serve a risparmiare
ulteriore dolore ad una madre che ha già perso tutti gli altri figli. Sì, perché ciò che dà un senso all'assurda brutalità
della guerra è la convinzione di combattere per una causa giusta. Sì, se la morte di un singolo (o di tanti) può
determinare l'obbligo morale di essersi meritato di essere stato salvato (in questo senso Ryan diventa Miller, ne
eredita la tempra e le doti di buon americano bravo padre di famiglia: non a caso, con finale effetto spiazzante,
scopriamo che il reduce al cimitero militare non è Miller ma Ryan). Sì, perché una guerra va combattuta anche con
il fine che i sopravvissuti perpetuino quei valori in cui s'identifica una nazione.

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Salvate il soldato Ryan

Ma Salvate il soldato Ryan non comunica solo certezze: nel vivo degli orrori di una guerra di cui non
nasconde certo le atrocità e che lascia poco spazio alla serena riflessione, ci consegna degli interrogativi cui
non vuole o non sa rispondere: è giusto risparmiare il nemico che si è arreso (contro le Convenzioni di Ginevra),
quando poi questo stesso nemico può essere causa della nostra morte (è quello che accade con il tedesco che
pugnala Mellish e spara a Miller, e non a caso viene eliminato proprio da quel caporale Upham che si era opposto
alla sua immediata esecuzione)? Non è la guerra, nonostante tutto, uno spettacolo grandioso che affascina ed
emoziona (causa non ultima del successo cinematografico del genere bellico), come constata amaramente lo stesso
capitano Miller? Cosa rappresenta la scolorita bandiera americana che apre e chiude il film (come un sipario
teatrale) nel suo grigiore che l'avvicina al bianconero: il simbolo della giustizia e della libertà per cui sono morti i
soldati sepolti nel cimitero o lo sbiadimento di questi stessi valori a causa delle tante guerre ingiuste (pensiamo
solo al Vietnam) seguite al conflitto mondiale?

VALUTAZIONE CRITICA
Con Salvate il soldato Ryan Spielberg affronta un tema, la seconda guerra mondiale, ritornante con diverse
modalità nella sua filmografia (Lo squalo, Hollywood 1941, I predatori dell'arca perduta, L'impero del sole,
L'ultima crociata, Schindler's List), dove era sempre rimasto sullo sfondo, come evento più evocato e sottinteso
che mostrato.

Un grande manipolatore dell'immaginario cinematografico come Spielberg non poteva descrivere una
guerra cui non ha partecipato se non attingendo a piene mani dal repertorio visivo del Cinema e del
documentarismo bellico. La sequenza dello sbarco, in particolare, intreccia procedimenti sofisticati del Cinema
moderno (il rallentatore) con l'uso artigianale della macchina a mano usata dai cineoperatori di guerra che,
insieme alla fotografia sporca e sgranata, crea un effetto di improvvisazione e immediatezza che accresce la
sensazione di realismo, mentre la storia della missione suicida di un pugno di uomini in territorio nemico
riecheggia lo schema narrativo del bellico americano anni quaranta-cinquanta.

Frequente nel film il mutamento del punto di vista: oltre alla storia rivissuta da Ryan e non da Miller,
ricordiamo la contrapposizione fra l'oggettiva irreale che percorre dall'alto la spiaggia di Omaha Beach cosparsa
di cadaveri per soffermarsi su uno dei fratelli Ryan (da quel momento la vicenda seguirà un percorso individuale),
espressione di un narratore onnisciente che domina dall'alto la storia e lo sguardo (ristretto e soggettivo) del
caporale Upham che osserva col visore del fucile lo scontro con la postazione tedesca (e che in fondo simboleggia
il ruolo di puri osservatori cui il film costringe noi spettatori, che siamo legati al personaggio di Upham, con la sua
imbelle pavidità, più di quanto crediamo: anche noi del resto avremmo lasciato andare il soldato tedesco per poi
ucciderlo senza pietà anche se disarmato).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La seconda guerra mondiale.

B) Lo sbarco alleato in Normandia.

C) Le Convenzioni di Ginevra.

Geografia             La Normandia e i luoghi dello sbarco.

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Salvatore Giuliano

Salvatore Giuliano
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesco Rosi
SOGGETTO E Francesco Rosi, Suso Cecchi D'Amico, Enzo Provenzale, Franco Solinas
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Gianni Di Venanzo (bianconero)
MUSICA Piero Piccioni
MONTAGGIO Mario Serandrei
INTERPRETI Frank Wolff, Salvo Randone
PRODUZIONE Franco Cristaldi e Lionello Santi per Lux/Vides/Galatea
DURATA 107'
ORIGINE Italia, 1961
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Mafia

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Sicilia, immediato dopoguerra. Salvatore Giuliano, che da qualche anno comanda una piccola banda di
fuorilegge che opera nella Sicilia occidentale, viene reclutato dal movimento indipendentista e conduce una
serie di azioni militari contro le forze dell' esercito italiano. Venuto meno il tentativo indipendentista, Giuliano
riprende la sua attività banditesca e dopo la vittoria delle sinistre nelle elezioni amministrative del 1947, spara
sui lavoratori che festeggiano il 1° maggio nella piana di Portella delle Ginestre. A questo punto contro il
bandito si scatena l'offensiva dello Stato, ma, soprattutto, Giuliano diventa scomodo e pericoloso per coloro che
se ne sono serviti per i loro scopi. Attraverso una serie di ambigue e oscure manovre settori delle forze
dell'ordine, in collusione con la mafia, spingono il luogotenente di Giuliano, Pisciotta, ad uccidere il suo capo,
per poi poter inscenare con il cadavere una maldestra messinscena che avvalori la versione ufficiale dello
scontro armato tra il bandito e i carabinieri.

TRACCIA TEMATICA
Il film non è tanto incentrato sulla figura di Giuliano (che per altro da vivo è più evocato che mostrato), quanto
sulle manovre politiche e i giochi di potere che si muovono dietro la figura del bandito. Il movimento
indipendentista siciliano, espressione degli interessi latifondisti che mirano a distaccare l'isola dall'Italia per meglio
difendere i privilegi del ceto possidente, se ne serve come braccio armato; esauritosi il tentativo indipendentista gli
stessi interessi lo usano come risposta violenta all'avanzata del movimento contadino che rivendica la riforma
agraria (la strage di Portella delle Ginestre); la mafia (che non va confusa con il fenomeno del banditismo) lo
utilizza cone strumento di scambio con lo Stato per consolidare il proprio controllo criminale sull'isola in

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Salvatore Giuliano

collusione con un potere politico corrotto (situazione questa destinata a protrarsi sino ai nostri giorni).

In questo contesto la figura di Giuliano (e l'alone mitico di eroe popolare amico della povera gente che lo
circonfuse) sbiadisce fino a ritrarsi ai margini di uno sfondo dominato da un torbido e complesso intreccio di
arretratezza economico-sociale, interessi economici, complicità istituzionali e intrighi politici. Una trama
rimasta ancora in gran parte irrisolta e misteriosa (chi ha ordinato il massacro di Portella delle Ginestre? Chi è il
mandante dell'avvelenamento di Pisciotta?).

L'unica cosa certa è il perpetuarsi della violenza criminosa, come suggerisce l'immagine finale del corpo del
delatore assassinato al mercato che assume la stessa posizione bocconi del cadavere di Giuliano con cui si apre il
film, in una tremenda sottolineatura della continuità del potere mafioso sulla società siciliana. Sono passati dieci
anni, ma nulla è cambiato.

VALUTAZIONE CRITICA
Salvatore Giuliano destruttura la tradizionale linearità narrativa manipolandola in base ad un andamento a
flashback e flashforward che sostituisce al filo della continuità cronologica una continuità logica, che intende
collegare, per meglio chiarire il quadro d'insieme, i tasselli di un mosaico complicato e disperso, che senza un'entità
ordinatrice (che ci si appalesa anche come voce narrante per saldare e rendere comprensibili le varie fasi della
narrazione) risulterebbe di ardua intelligibilità.

Le componenti e le implicazioni chiamate in causa sono tante perché a Rosi non interessa la dimensione
individuale del personaggio Giuliano, ma il contesto storico-sociale in cui la parabola del bandito si è
radicata e si è conclusa. Al regista, insomma, non preme coinvolgere lo spettatore sul piano della partecipazione
emozionale e dell'identificazione con i personaggi, ma fornirgli i necessari strumenti di lettura e interpretazione di
una realtà complessa e sfuggente. Non l'indignazione urlata o l'enfasi di certezze sbandierate, ma un distacco freddo
e analitico, che lascia aperti dubbi e interrogativi. Il meglio del Cinema politico italiano degli anni sessanta.

La discontinuità stilistica del film non va considerata un difetto, ma il segno della capacità di adattare il
linguaggio adottato alla multiforme dimensione della realtà cui ci si accosta: da qui l'alternarsi di un registro
oggettivo e documentaristico da inchiesta giornalista (i rilevamenti sul corpo di Giuliano, i commenti della voce
over) con tonalità epico-corali (le sequenze di battaglia, la strage di Portella delle Ginestre, il rastrellamento di
Montelepre), di intense inflessioni tragiche (la disperazione della madre di Giuliano di fronte al cadavere del figlio)
con la cupa e sinistra atmosfera dell'uccisione di Giuliano e dell'avvelenamento di Pisciotta (quasi uno
sconfinamento nel thriller) e con l'incalzare dei colpi di scena del processo di Viterbo (reso con un piglio degno
del miglior Cinema processuale americano).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia              A) L'Italia e la Sicilia nel secondo dopoguerra.


 B) Banditismo e mafia in Sicilia.

 C) La figura di Salvatore Giuliano.

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Sam Michele aveva un gallo

San Michele aveva un gallo


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Paolo e Vittorio Taviani
SOGGETTO Dalla novella Il divino e l'umano di Lev Tolstoj
SCENEGGIATURA Paolo e Vittorio Taviani
FOTOGRAFIA Mario Masini (colore)
MUSICA Benedetto Ghiglia
MONTAGGIO Roberto Perpignani
INTERPRETI Giulio Brogi
PRODUZIONE Giuliani G. De Negri Per la RAI
DURATA 90'
ORIGINE Italia, 1971
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Questione sociale

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Intorno al 1870, Italia. Un anarchico internazionalista di estrazione borghese, Giulio Manieri, tenta di
provocare un'insurrezione in un paese dell'Italia centrale. La popolazione, però, anziché sostenere i rivoltosi li
respinge e gli anarchici vengono sopraffatti dall'esercito. Manieri è condannato a morte per essere poi graziato
di fronte al plotone d'esecuzione. La sua pena è tramutata in ergastolo e per l’anarchico inizia una lunga
prigionia che trascorre da solo in una minuscola cella. Durante un trasferimento in barca nella laguna verso
un’altra prigione, s'imbatte in un'imbarcazione che trasporta alcuni detenuti socialisti. Intreccia con loro una
lunga discussione nel corso della quale si rende conto che l'anarchismo sta per essere soppiantato da nuove
teorie e metodi di lotta. Sconfortato da questa consapevolezza, decide di morire.

TRACCIA TEMATICA
Sotto forma di un apologo (personaggi e fatti non sono reali, ma soltanto storicamente verosimili) il film mette a
confronto due diverse concezioni di lotta politica in vista della realizzazione di una società più giusta. Giulio
Manieri incarna il socialismo anarchico, insofferente di ogni forma di gerarchia e di progetto a lunga scadenza e
proteso all'immediata conquista del potere attraverso l'insurrezione armata: si tratta di una visione spontaneistica e
fortemente volontaristica della lotta di classe, incentrata sulla pratica clandestina e lo scontro frontale con lo Stato;
il gruppo di prigionieri politici dell'altra barca simboleggia, invece, il socialismo scientifico d'ispirazione marxista
che, sulla base di una visione gradualista del divenire storico, assume tempi più lunghi per la rottura rivoluzionaria
ed indica nella lotta legalitaria per le riforme e nel partito politico fortemente organizzato gli strumenti privilegiati
d'azione. Nella sua solitudine ed isolamento Manieri esprime la crisi irreversibile del movimento anarchico
nella società italiana di fine secolo, mentre i giovani socialisti rappresentano la parallela crescita di un
movimento operaio ormai svincolato dalle perdenti illusioni del passato.

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Sam Michele aveva un gallo

In quale delle due barche stanno i registi? Apparentemente in quella dei nuovi socialisti, più razionali e concreti
dell'idealista Manieri, più di lui al passo coi tempi e con le nuove esigenze della modernità industriale che avanza,
ma probabilmente essi indicano la necessità di una terza barca nella quale la generosa tensione verso l'utopia
dell'anarchico possa fondersi con il lucido realismo dei socialisti.

VALUTAZIONE CRITICA
I fratelli Taviani propongono la loro idea di Cinema dialettico (basato cioè sulla contrapposizione di elementi
di difficile conciliazione) sia dal punto di vista dei contenuti, sia della forma. Da una parte la vicenda ci propone
la figura dominante del conflitto (anarchici-Stato, certezze-dubbi, realtà-fantasia, oggettività-soggettività, maturità-
regressione infantile, passato- presente, ideologia anarchica-ideologia socialista), dall'altra lo stile realizza il
sovrapporsi e lo scontrarsi di codici e registri espressivi assai lontani tra di loro (contrasto immagine-musica,
realismo-teatralità, interni-esterni, monologo-dialogo, staticità-movimento). Ne esce un film asciutto e nudo, che
fa della povertà produttiva una risorsa, dalle scenografie di scarna e disadorna essenzialità, dalle brusche
ellissi e che non concede niente all'identificazione emotiva dello spettatore. E questo perché l'obiettivo dei
Taviani non è quello di porgere al pubblico una pedagogica e didascalica lezione di Storia che individui con
chiarezza dove stanno la ragione e il torto, la giustizia e l'ingiustizia (secondo quello che era il modello prevalente
del Cinema politico e civile degli anni Settanta), bensì quello di provocare crisi e di far riflettere, senza dare
risposte definitive e rassicuranti.

Un film forse aspro e difficile, indubbiamente legato al vivace dibattito politico degli anni in cui fu realizzato, ma
di spiccata originalità artistica e di grande pregio intellettuale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                      A) L'Italia nella seconda metà dell'Ottocento.

                                B) Il movimento anarchico e socialista.

Letteratura straniera                 Confronto fra la novella di Tolstoj e il film.

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Gli sbandati

Gli sbandati
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesco Maselli
SOGGETTO Prandino Visconti
SCENEGGIATURA Francesco Maselli, Aggeo Salvioli, Prandino Visconti
FOTOGRAFIA Gianni Di Venanzo (bianconero)
MUSICA Giovanni Fusco
MONTAGGIO Antonietta Zita
INTERPRETI Lucia Bosè, Isa Mirando, Jean-Pierre Mocky
PRODUZIONE CVC
DURATA 102’
ORIGINE Italia, 1955
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Resistenza

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Italia settentrionale, nei pressi di Milano, 1943. Per sfuggire ai bombardamenti sulle città la contessa Luisa, suo
figlio Andrea, il nipote Carlo e Ferruccio, un amico di famiglia, si sono rifugiati in una villa non lontana da
Milano. Dopo L’8 settembre 1943 vengono accolti anche un gruppo di soldati sbandati e Lucia, un’operaia
sfollata. Tra Andrea e Lucia nasce l’amore, ma Ferruccio fa la spia ai tedeschi. I soldati, informati
dell’accaduto, decidono di fuggire in montagna servendosi di un camion sul quale dovrebbero prendere posto
anche Lucia e Andrea, ma all’ultimo momento arriva la contessa Lucia e suo figlio, subendo l’influsso della
madre, rinuncia. Andrà in Svizzera con la madre su di un’auto del comando tedesco.

TRACCIA TEMATICA
Il film è il racconto del traumatico e doloroso impatto di un rampollo della dorata borghesia lombarda con il
dilemmatico problema del proprio ruolo personale di fronte all’urgenza della Storia. Anche l’amore per
l’operaia Lucia assume per Andrea una precisa connotazione di scelta esistenziale, rappresentando la bella ragazza
che ha fatto irruzione nella sua vita il richiamo della rigenerazione morale e ideale simboleggiata dalla
Resistenza di contro al corrotto mondo cui il giovane appartiene (ben incarnato dall’infido personaggio di
Ferruccio). Costretto ad una scelta crudele e spietata fra una piena assunzione di responsabilità e il perfido ricatto
affettivo della madre, Andrea sceglie quest’ultima, ma ne esce distrutto e lacerato, incapace di compiere quel
distacco totale dalla sua classe di appartenenza troppo impegnativo per la sua ancor debole tempra.

Con la regressiva fuga di Andrea si allude all’atteggiamento tenuto durante la Resistenza dalla borghesia
italiana, visto come un misto di opportunismo e attendismo, dominato dalla preoccupazione di conservare intatti
nel grande rivolgimento della guerra potere e privilegi.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/225.htm[12/07/2017 19:11:18]
Gli sbandati

Per l’Italia conservatrice e moderata degli anni Cinquanta (che verso la Resistenza aveva assunto un atteggiamento
di sostanziale rimozione) era decisamente troppo e le polemiche intorno a Gli sbandati non mancarono.

VALUTAZIONE CRITICA
Opera prima del giovane Maselli, regista rappresentativo delle nuove leve di un Cinema italiano che, pur ancora
ancorato alla scuola del Neorealismo e al suo alto messaggio etico, andava tentando, tuttavia, di esplorare nuovi
territori. In particolare Maselli abbandona la centralità neorealista delle classi povere e diseredate per
rivolgere la propria attenzione alla borghesia (e se vogliamo anche alla classe operaia, cui appartiene il
personaggio di Lucia, ma il collegamento rimane decisamente in superficie, più un riferimento simbolico che un
reale protagonismo), di cui indaga con felice penetrazione psicologica e risentita tensione civile l’universo umano e
morale, prima ancora di quello sociale e politico.

Le cose migliori del film vanno ricercate nella capacità di gestire l’azione in spazi ristretti, utilizzando piani
ravvicinati e comprimendo gli attori sullo sfondo di interni cupi e claustrofobici, che alimentano il senso di
angosciosa attesa che segna l’atmosfera della villa. Di grande impatto drammatico (un vero piccolo gioiello per
un regista esordiente) la sequenza finale del distacco di Andrea da Lucia, nella quale il gioco dei primi piani
alternati e il carrello in avanti che si protende verso la ragazza (quasi a suggerire ciò che il giovane vorrebbe fare,
senza poterlo) è sicuramente uno dei momenti più alti del film.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Seconda Guerra Mondiale

B) La Resistenza

C) L’Italia negli anni Cinquanta.

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Sbatti il mostro

Sbatti il mostro in prima pagina


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Marco Bellocchio
SOGGETTO Sergio Donati
SCENEGGIATURA Sergio Donati in collaborazione con Goffredo Fofi
FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller, Enrico Menczer (colori)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Gian Maria Volonté, Laura Betti, Carla Tatò, Fabio Garriba, Corrado Solari,
Jacques Herlin
PRODUZIONE Ugo Tucci per la Juppiter Generale Cinematografica-UTI Produzioni Associate
(Roma) -Labrador Films (Paris)
DURATA 93’
ORIGINE Italia, 1972
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Quarto Potere

Stampa-Giornalismo/Mass Media/Individuo e Società

TRAMA
Milano, primavera 1972. Alla vigilia delle elezioni, in un periodo di grande tensione politica, la quindicenne
Maria Grazia, figlia del noto professor Italo Martini, viene trovata violentata e strozzata in un prato alla perizia
della città. Il redattore capo di un quotidiano cittadino, Bizanti, incarica il giornalista Roveda di seguire il caso.
Bizanti costruisce un falso colpevole da dare in pasto all’opinione pubblica: si tratta di Mario Boni, un
extraparlamentare di sinistra. Roveda, però, continua le indagini e scopre che l’assassino non è il Boni. Quando
lo rivela a Bizanti, questi lo licenzia, tenendo la notizia pronta per essere sfruttata secondo l’esito delle elezioni.

TRACCIA TEMATICA
Oggetto della denuncia del film è il potere manipolatorio e falsificatore della stampa, in particolare di quella
conservatrice (dietro la testata Il giornale, nel 1972 ancora inesistente, si adombra l’autorevole Corriere della sera,
che in quell’inizio anni Settanta si collocava in una posizione politica di centro-destra). Bizanti incarna in modo
quasi luciferino la lucida e spietata consapevolezza di questo ruolo mistificatorio, per cui il giornalismo si fa
strumento di lotta politica, rimuovendo ogni scrupolo professionale e soprattutto sequestrando la verità ai lettori di
cui si tende, invece, ad alimentare l’ingenua credulità, se non i peggiori istinti. La stampa, che dovrebbe essere
un’istituzione garante della democrazia, gelosa della propria indipendenza dal potere politico ed economico, tesa ad
informare con il massimo di obiettività il cittadino (è forse a questo modello che s’ispira il dignitoso personaggio di
Roveda), si trasforma nell’esatto opposto.

Sullo sfondo l’incandescente scenario italiano dei primi anni Settanta, dominato da un aspro scontro sociale,
dall’estrema radicalizzazione politica dei gruppi extraparlamentari di sinistra e dall’incombere della strategia della
tensione alimentata da oscure forze (la strage di Piazza Fontana del 1969 e il capro espiatorio trovato all’epoca
nell’anarchico Pietro Valpreda sono sicuramente fra le fonti d’ispirazione del film).      

VALUTAZIONE CRITICA
Film politico di sinistra, gettato nella mischia di uno scontro che divideva il paese e creava un clima di forte
contrapposizione ideologica, assolve a quella che allora si definiva una funzione di controinformazione (alla

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm025.htm[12/07/2017 19:11:19]
Sbatti il mostro

versione ufficiale dei mass-media si contrapponeva la verità delle forze di opposizione), in questo caso non tanto
legata ad un episodio reale (la vicenda raccontata è immaginaria), quanto al disvelamento dei meccanismi di
costruzione del consenso attivati dal giornalismo conformista e allineato al potere (o, come si diceva allora,
borghese). Il regista Bellocchio, incline a ben altre tematiche, subentrò alla direzione del film in un secondo
tempo, a sceneggiatura già scritta e più per condivisione politica che per reale convinzione (lo definì come un film
d’emergenza, legato ad una precisa necessità del momento).

L’esplicita finalità politica condiziona ovviamente la qualità della pellicola, che risulta marcatamente
schiacciata sul versante polemico e didascalico (si privilegia l’intento persuasivo a favore della dimostrazione di
una tesi), con conseguente tendenza allo schematismo e all’approssimazione dei personaggi, poveri di spessore e
complessità psicologica e ridotti a puri simboli di ciò che sono destinati a rappresentare, e all’improbabilità dei
dialoghi, troppo orientati a rendere chiaro ciò che invece si dovrebbe dedurre dallo svolgimento dei fatti (pensiamo
alle lezioni di cinica spregiudicatezza che Bizanti impartisce a Roveda e alla moglie).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                            A)  L’Italia all’inizio degli anni Settanta

                                      B)   La strage di Piazza Fontana e la strategia della tensione

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Schindler's List

Schindler's List
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Steven Spielberg
SOGGETTO Basato sul libro La lista di Thomas Keneally
SCENEGGIATURA Steven Zaillian
FOTOGRAFIA Janusz Kaminski (bianconero/colori)
MUSICA John Williams
MONTAGGIO Michael Kahn
INTERPRETI Liam Neeson, Ben Kingsley, Ralph Fiennes
PRODUZIONE Steven Spielberg, Gerald R. Molen, Branko Lustig per Amblin Entertainment
DURATA 194'
ORIGINE USA, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e


Società

TRAMA
Polonia, 1939-1945. Oskar Schindler è un imprenditore intraprendente e spregiudicato, intenzionato a trarre il
massimo profitto dalla situazione bellica. Riesce, grazie ai suoi abili intrallazzi, a stringere solidi rapporti d'affari
con i nazisti che occupano la Polonia e a farsi così assegnare la proprietà di una fabbrica confiscata agli ebrei.
Per la produzione utilizza manodopera ebrea non retribuita e con il passare del tempo e il crescere delle
persecuzioni la sua fabbrica dà rifugio ad un numero crescente di ebrei, che così sfuggono alla deportazione nei
lager e a morte sicura. L'industriale finisce per trovarsi sempre più coinvolto in un sistematico impegno
umanitario teso a salvare vite umane, ricorrendo a questo scopo anche alla corruzione dei gerarchi nazisti ed
all'imbonimento di Goeth, crudele comandante del campo di sterminio di Cracovia, al quale riesce a sottrarre
parecchi internati. A guerra finita Schindler ha esaurito completamente il suo patrimonio, ma ha salvato più di
mille ebrei e a lui andrà per sempre la loro riconoscenza e quella dei loro discendenti.

TRACCIA TEMATICA
Spielberg, regista d'origine ebraica (il bambino della cerimonia religiosa iniziale potrebbe essere lui), avverte la
necessità di mantenere viva la memoria dell'Olocausto che con il passare degli anni rischia di consumarsi (la
fiamma della candela che nella stessa sequenza del prologo sta per spegnersi). Il suo film intende così essere una
testimonianza del genocidio perpetrato dai nazisti da affidare alle generazioni future ed un omaggio alla
figura di Oskar Schindler, che da volgare approfittatore si trasforma in eroico salvatore di ebrei senza
trarne alcun vantaggio e a rischio personale.

Il percorso morale di Schindler (che non è certo un superuomo, ma un individuo normale con debolezze e difetti)
è additato ad esempio ed implicitamente confrontato con quanti (potenti ed influenti più di lui), pur avendo la

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm112.htm[12/07/2017 19:11:20]
Schindler's List

possibilità di fare qualcosa, assistettero passivi alla tragedia dello sterminio, per non parlare di coloro che si
esaltarono felici alle deportazioni (l'isterico andate via giudei di un polacco tra la folla).

Se Schindler's List è la storia di un gruppo ristretto di ebrei che è riuscito a sopravvivere al massacro (ma, come
dice una massima ebraica, chi salva un essere umano salva l'umanità), Spielberg non dimentica i meno fortunati
(mentre gli ebrei della lista lasciano Auschwitz, una colonna appena arrivata si avvia verso il lager), che forse sono
i veri protagonisti del film.

VALUTAZIONE CRITICA
Spielberg mette in atto una serie di opzioni di regia di grande rilevanza: la coraggiosa scelta del bianconero
(che sul piano commerciale implica pur sempre un rischio), finalizzata a recuperare un realismo che per le
generazioni che non hanno partecipato a quegli eventi si lega ai documenti autentici, filmati e fotografie,
sull'Olocausto (nell'immaginario visivo collettivo, insomma, il colore della seconda guerra mondiale è il
bianconero), l'invenzione poetica del colore rosso del cappottino della bambina che ci permette di seguirne la
sorte individuale inserita nella tragedia collettiva, la minuziosa ricostruzione d'epoca, frutto di un lungo ed
accurato lavoro di ricerca iconografica, la capacità di far muovere sul set grandi masse di persone esaltando la
misura epica della narrazione, la quasi perfetta alternanza fra sequenze sintetiche drammatiche (risolte con un
montaggio serrato e mozzafiato) e analitiche dedicate alla caratterizzazione dei personaggi (dal ritmo più riposato
e dai tempi più dilatati), il calcolato dosaggio delle emozioni e delle commozioni.

Schindler' s List costituisce un esempio magistrale di come il Cinema hollywoodiano sappia comunicare temi di
grande spessore attraverso una forte dimensione spettacolare.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La seconda guerra mondiale.

               B) L'occupazione nazista della Polonia.

               C) L'antisemitismo e lo sterminio degli ebrei.

               D) La figura storica di Oskar Schindler.

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Scipione l'africano

Scipione l'Africano
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Carmine Gallone
SOGGETTO E Carmine Gallone, Camillo Mariani Dell'Anguillara, Sebastiano A. Luciani
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ubaldo Arata, Anchise Brizzi (bianconero)
MUSICA Ildebrando Pizzetti
MONTAGGIO Osvaldo Hafenrichter
INTERPRETI Annibale Ninchi, Carlo Lombardi, Carlo Ninchi, Fosco Giachetti, Camillo
Pinotto, Lamberto Picasso, Marcello Giorda, Francesca Braggiotti, Memo
Benassi, Isa Miranda
PRODUZIONE Consorzio Scipione-ENIC
DURATA 115'
ORIGINE Italia, 1937
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Età antica

Cinema e Storia

TRAMA
207-202 A.C. Dopo la battaglia di Canne Annibale è padrone dell'Italia, ma non trova la determinazione per
marciare su Roma. Questa si riorganizza ed affida a Scipione un esercito con il compito di sbarcare in Africa
per portare la guerra in territorio cartaginese e costringere così Annibale a fare ritorno in patria. A Zama ha
luogo la battaglia decisiva fra romani e cartaginesi.

TRACCIA TEMATICA
Tipico esempio di kolossal di regime e quindi di un tipo di Cinema asservito al potere politico, Scipione
l'Africano intende celebrare la conquista italiana dell' Etiopia nella Seconda Guerra d'Africa (1935-36),
evidenziandone in particolare due aspetti: la vendetta che con essa si consuma della terribile sconfitta di Adua
risalente alla Prima Guerra d'Africa (1896); la vocazione rurale del popolo italiano che avrebbe dovuto esprimersi
nella messa a coltivazione da parte dei nostri coloni delle terre africane conquistate (Buon grano, e fra poco, con
l'aiuto degli dei, ci sarà la semina, sono le parole di Scipione che chiudono il film). Insomma, Canne come Adua,
Scipione come Mussolini (di cui l'attore Ninchi imita ridicolmente lo stile oratorio nel discorso ai soldati che
precede la battaglia) e, soprattutto, l'Italia fascista come l'antica Roma, entrambe protese ad affermare il proprio
dominio sul Mediterraneo.

Un rigido schematismo manicheo (buoni e cattivi nettamente divisi e immediatamente riconoscibili) ispira la
delineazione dei personaggi: i romani sono sintesi di virtù, i non romani espressione di malvagità e perversione

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Scipione l'africano

(pensiamo ad Annibale e Sofonisba).

VALUTAZIONE CRITICA
Girato nei nuovi stabilimenti di Cinecittà a Roma (fortemente voluti da Mussolini come strumento per il
potenziamento e la crescita della cinematografia di regime) Scipione l'Africano costituisce il maggior sforzo
produttivo del Cinema italiano degli anni Trenta.

Se si sfronda il film dall'abbondante zavorra di retorica e magniloquenza che lo appesantisce (e che dipende
strettamente dal progetto politico-ideologico che sta alla base della sua realizzazione) si possono apprezzare la
notevole forza spettacolare della battaglia di Zama (il cui esito è tenuto in sospeso sino alla lenta e ampia
panoramica su una distesa di cadaveri che si conclude con il grido di Vittoria: Canne è vendicata! che si collega
simmetricamente con la stessa immagine all'inizio del film) e la cupa tonalità da tragedia con cui il regista
Gallone (più a suo agio con la dimensione melodrammatica che con quella storico-bellica) avvolge il triangolo
Sofonisba-Siface-Massinissa.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A) La Seconda Guerra Punica.

B) La figura storica di Scipione l'Africano e di Annibale.

C) La conquista fascista dell'Etiopia (1935-36) e la politica coloniale del regime.

D) Gli stabilimenti di Cinecittà

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Seconda guerra civile americana

La seconda guerra civile americana


TITOLO ORIGINALE The Second Civil War
REGIA Joe Dante
SOGGETTO E Martyn Burke
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Mac Ahlberg (colori)
MUSICA Hummie Man
MONTAGGIO Marshall Harvey
INTERPRETI Beau Bridges, Joanna Cassidy, James Coburn, James Earl Jones
PRODUZIONE Barry Levinson, Chip Diggins, Guy Riedel per HBO Pictures
DURATA 100'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La grande sorella

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Un carico di profughi pakistani sta per giungere nell'Idaho, l' arrivo è seguito dalla rete televisiva Newsnet, che
si è gettata sull'avvenimento. Il governatore dell'Idaho Farley decide però di chiudere agli stranieri i confini
dello Stato in nome della difesa dell'ordine e della stabilità. Il presidente degli Stati Uniti si oppone a questa
decisione e invia un ultimatum all'Idaho, ma, per non ostacolare la messa in onda di una soap-opera molto
seguita dagli americani, ne fissa a 67 ore e mezza la scadenza. Improvvisamente il governatore Farley,
innamorato di una giornalista d'origini messicane, dichiara la sua successione, ma c'è chi capisce secessione e
così la situazione precipita.

TRACCIA TEMATICA
Attraverso lo strumento della satira mordace e tagliente il film concentra l'attenzione su due aspetti cruciali
della società contemporanea: i profughi che chiedono ospitalità ai paesi ricchi e che determinano reazioni
xenofobe di rigetto, tali da alimentare nazionalismi fanatici ed esasperati, e il cinico sfruttamento televisivo di
qualunque fenomeno possa fare audience, che non garantisce un'informazione seria e attendibile, ma deforma e
mistifica la realtà (esemplare la sequenza del dialogo fra i due generali falsificato in chiave di enfatico patriottismo
dal commento televisivo).

Sullo sfondo una fauna umana poco raccomandabile di governatori che mentre preparano secessioni faticano a
mettere ordine nella propria vita sentimentale, presidenti della repubblica inetti e un po' idioti, giornalisti imbecilli,
organizzazioni umanitarie presenzialiste, un popolo americano ipnotizzato da una soap-opera e soprattutto un
mastodontico apparato informativo che prendendo una parola per un'altra alla fine provoca il disastro (o
l'errore nasconde un inconscio desiderio di vedere scoppiare una guerra tanto telegenica?).

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Seconda guerra civile americana

VALUTAZIONE CRITICA
Il fatto che Joe Dante allinei nella propria filmografia soprattutto titoli horror non deve indurci a pensare ad un
improvviso cambiamento di genere e questo perché, pur nell'opzione per il registro comico, La seconda guerra
civile americana è, a suo modo, un horror, allineando una galleria di mostri forse più inquietanti di zombi e
vampiri. Lo stesso terrificante finale catastrofico induce ad un cupo pessimismo sui destini di un'umanità votata
all'autodistruzione, laddove nell'horror tradizionale la minaccia aliena viene respinta.

Il grottesco si rivela la chiave di lettura più efficace di una realtà sociale e politica di cui fa emergere verità
innegabili (non è necessario essere cittadini americani: e ben lo sappiamo noi italiani, alle prese con isterie
razziste, leghe varie, proclami secessionisti e assalti armati di serenissimi ai campanili): la deformazione
caricaturale, propostaci con grande maestria da Dante, ci aiuta forse a capire di più sui meccanismi perversi
dell'informazione e della psicologia di massa di qualunque drammatizzazione o inchiesta giornalistica.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Geografia   Lo stato dell'Idaho.

Lingua inglese    L'ordinamento federale degli Stati Uniti.

Storia     A) La guerra civile americana, 1861-1865.

               B) I movimenti federalisti e secessionisti in Italia.

               C) Il fenomeno dell'immigrazione extracomunitaria in Europa e la figura del profugo.

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Seduzione del male

La seduzione del male


TITOLO ORIGINALE The Cruciale
REGIA Nicholas Hytner
SOGGETTO E Arthur Miller dalla sua opera Il crogiolo
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Andrew Dunn (colore)
MUSICA George Fenton
MONTAGGIO Tariq Anwar
INTERPRETI Daniel Day Lewis, Winona Rider, Paul Scofield, Joan Allen, Bruce Davison
PRODUZIONE Robert A. Miller e David V. Picker per Twentieth Century Fox
DURATA 124'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Seicento

Cinema e Storia

TRAMA
Massachusetts, 1692. Un gruppo di ragazze si dedica a delle riunioni notturne nel bosco, evocando il demonio e
trangugiando intrugli. Tra di esse Abigail Williams, che tempo prima ha avuto una relazione con il fattore John
Proctor, che, sposato, l'ha respinta. Quando le ragazze vengono accusate di stregoneria e inizia il processo,
Abigail accusa Proctor di rapporti con il demonio e le sue compagne fanno altrettanto nei confronti di molti
concittadini. Il processo si conclude con la condanna a morte di quasi tutti gli imputati.

TRACCIA TEMATICA
Ispirato ad un fatto realmente accaduto, quando Arthur Miller ha scritto il testo teatrale negli anni Cinquanta
pensava alla caccia alle streghe del senatore McCarthy e alla nevrosi anticomunista che provocò nella società
americana con gravi conseguenze per le libertà dei cittadini. Come nei processi secenteschi contro le streghe
anche i procedimenti giudiziari allestiti contro le vittime del maccartismo si proponevano la confessione di
imputati sottoposti a pesanti pressioni psicologiche e ricatti morali (molti ammisero colpe di cui erano
completamente innocenti). Lo scandalo e le violente proteste che lo spettacolo di Miller suscitò presso gli ambienti
conservatori e reazionari statunitensi confermano quanto egli avesse colto nel segno e la forte valenza allusiva del
suo dramma teatrale.

Aldilà di questo preciso riferimento storico (che per altro è destinato a sfuggire agli spettatori che non conoscano il
contesto nel quale si colloca l'opera di Miller), La seduzione del male può fornire interessanti elementi di
riflessione di carattere generale sulle funeste conseguenze dell'intolleranza e del fanatismo in qualunque
tempo e in qualunque società (del resto non dovrebbe essere difficile cogliere nella realtà in cui viviamo precisi
esempi in questo senso).

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Seduzione del male

VALUTAZIONE CRITICA
Per quanto condivisibile risulti il messaggio di condanna dell'intolleranza del film, tuttavia, gli esiti estetici
appaiono deludenti. Manca, innanzittutto, una calibrata gradazione del crescendo drammatico, è assente in
particolare la capacità di costruire un'adeguata atmosfera (pensiamo al clima di repressione sessuale e bigottismo
puritano nel quale matura la vicenda) che accolga e spieghi l'esplosione di nevrosi collettiva che travolge la
comunità di coloni. Il film si immerge da subito nel pieno di un incubo dai toni congestionati e deliranti,
risultando più urlato che spiegato e sempre sul punto di disperdere e impoverire la tensione narrativa in ridondanze
e prolissità e senza riuscire a dare sufficiente spessore umano e psicologico ai personaggi, che sembrano
condizionati da eventi già accaduti e dei quali sfugge la vera dimensione sentimentale e morale (pensiamo alla
relazione tra John e Abigail e alle tensioni tra il primo e la moglie).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia              A) La stregoneria e la Caccia alle Streghe nella civiltà Cristiana.

                        B) La colonia americana del Massachusetts nel XVII secolo.

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Segreti di stato

Segreti di Stato
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Alessandro Benvenuti
SOGGETTO E Paola Baroni, Paolo Benvenuti, Mario J. Cereghino
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Gianni Marras
MONTAGGIO Cesar Augusto Meneghetti
INTERPRETI David Coco, Antonio Catania, Sergio Graziani, Aldo Pugliesi
PRODUZIONE Domenico procacci per Fandango
DURATA 85’
ORIGINE Italia, 2003
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Mafia

Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e storia

TRAMA
 Il primo maggio del 1947 a Portella della Ginestra in Sicilia il bandito Giuliano fa sparare su un corteo che
festeggiava la festa dei lavoratori. Qualche anno dopo al processo di Viterbo Pisciotta, braccio destro di
Giuliano, minaccia di fare clamorose rivelazioni sui mandanti della strage, mentre il suo avvocato inizia
un’indagine personale che lo porta a scoprire una verità assai diversa da quella ufficiale. Pisciotta verrà
assassinato con il veleno in carcere senza aver avuto il tempo di dire tutto ciò che sapeva.

TRACCIA TEMATICA
Segreti di Stato ribalta completamente la verità ufficiale sull’eccidio di Portella della Ginestra, secondo cui
essa fu causata dagli uomini del bandito Giuliano. L’avvocato di Pisciotta, guidato da quest’ultimo, inizia una lunga
serie di sopralluoghi, ricerche, incontri e interviste, che lo portano a conclusioni ben diverse e assai più scottanti e
clamorose della versione ufficiale che addossava al solo Giuliano ogni responsabilità.
La strage di Portella sarebbe sta voluta e organizzata dai servizi segreti americani in associazione con quelli
italiani e con le forze politiche democristiane e monarchiche con l’obbiettivo di uccidere Li Causi, il
segretario regionale del Partito Comunista, uscito vincitore dalle elezioni siciliane, con lo scopo di intimidire le
sinistre ed impedirne la conquista del potere nell’imminenza delle elezioni politiche del 1948.
In quest’ottica il massacro di Portella non sarebbe altro che la prima manifestazione di quella strategia della
tensione, messa in campo nel nostro paese durante la Guerra Fredda dai servizi segreti e dai poteri occulti
spaventati dall’idea di una possibile vittoria elettorale del Pci, o semplicemente da una sua avanzata.
Benvenuti, insomma, fa risalire uno dei periodi più neri della nazione (le stragi e il terrorismo) ai primordi
della storia della Repubblica, chiamando in causa esponenti di primissimo piano del potere politico e religioso
dell’epoca, tutti più o meno coinvolti nello stragismo in nome dell’anticomunismo.
Quella del regista resta comunque un’ipotesi. Si saprà mai la verità? Il refolo di vento che disperde questo castello
di indizi e la morte senza colpevoli di Pisciotta inducono a dare una risposta negativa.  

  

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Segreti di stato

VALUTAZIONE CRITICA
 Presentato alla Mostra di Venia del 2003, Segreti di Stato ha suscitato pesanti reazioni da parte delle destre, che
hanno ritenuto il film come un insieme di falsità che offendono la memoria di alcune grandi personalità di quegli
anni (pensiamo soltanto a De Gasperi e a Papa Pacelli).
Aldilà del giudizio che si può esprimere sulla versione proposta e sull’audace dietrologica che la sorregge, è
indiscutibile che il film si distingua per una grande incisività, accumulando una serie di elementi e riferimenti non
completamente privi di credibilità (in particolare per quel che riguarda la ricostruzione della dinamica della strage).
Ciò che va maggiormente sottolineato a livello linguistico è l’opzione registica per uno stile di asciutta e secca
sobrietà, tagliente e preciso, tutto concentrato sull’essenzialità della tesi da comunicare (inquadrature frontali,
illuminazione realistica, tonalità della voce monocorde, assenza di colonna sonora musicale, uso di filmati
d’epoca), con l’utilizzo ostentatamente povero di disegni da fumetto popolare (che sembrano richiamare la
tradizione dei cantastorie).
Una strategia espressiva che nella sua programmatica ed esibita freddezza e oggettività si distanzia nettamente
dalla tradizione del Cinema politico italiano degli anni Settanta (anch’esso a tesi, schierato, impegnato,
appassionato nella denuncia), ma spesso subalterno ad una narratività fortemente modellata sugli stereotipi
hollywoodiani privilegianti la dimensione spettacolare e il coinvolgimento emotivo dello spettatore.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                   A) L’Italia e la Sicilia  nell’immediato secondo dopoguerra

                                              B) Il banditismo e la mafia in Sicilia

                                              C) La Guerra Fredda

                                              D) La strategia della tensione

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Segreti segreti

Segreti Segreti
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giuseppe Bertolucci
SOGGETTO Giuseppe Bertolucci
SCENEGGIATURA Giuseppe Bertolucci, Vincenzo Cerami
FOTOGRAFIA Renato Tafuri (colori)
MUSICA Nicola Piovani
MONTAGGIO Nono Baragli
INTERPRETI Lina Sastri, Rossana Podestà, Giulia Boschi, Alida Valli, Stefania Sandrelli, Lea
Massari, Mariangela Melato
PRODUZIONE Gianni Minervini per la A.M.A.
DURATA 92'
ORIGINE Italia, 1985
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Terrorismo/Lotta armata

Novecento /Cinema e Storia

TRAMA
A Venezia tre terroristi tendono un agguato ad un giudice: tra di loro c'è Laura, che di fronte al panico che
coglie uno dei suoi compagni nel momento culminante dell'azione lo uccide insieme al magistrato. Nei giorni
successivi Laura si rifugia prima nella sua villa di campagna per poi tornare in città dalla madre. Rosa, la
sorella del terrorista che ha perso la vita nell'attentato a Venezia, prima di ritornare nella sua Irpinia ancora
segnata del terremoto, cerca di capire qualcosa di più sulla vita del fratello e finisce per imbattersi in Laura.
Marta, la madre di Laura, dopo aver annunciato alla figlia l'intenzione di risposarsi, ritorna alla sua abitazione,
dove è attesa dalla polizia che le rivela che Laura è una terrorista. Sconvolta dalla rivelazione Marta si suicida.
Laura, catturata e sottoposta ad interrogatorio, rivela i nomi dei suoi compagni.

TRACCIA TEMATICA
Segreti Segreti non ci parla tanto di terrorismo (di cui non analizza cause e motivazioni e su cui non esprime
giudizi), quanto dell'effetto dirompente e lacerante che il tramutarsi del segreto in rivelazione produce
sull'esistenza delle donne protagoniste. Marta non regge alla scoperta che la figlia è una terrorista e si uccide,
Gina legge negli occhi di Laura la verità e lascia la casa dove ha vissuto per anni, Rosa riscopre il legame con il
fratello dopo la sua morte, Giuliana assiste alla delazione di Laura ancora sconvolta dalla scoperta del tradimento
del marito.

Certezze e sicurezze si sfaldano mettendo a nudo la precarietà dei rapporti umani e l'instabile identità dei
personaggi sullo sfondo di una trama di rapporti familiari e generazionali all'insegna dell'assenza e della
lontananza (le figure maschili sono inesistenti o marginali, le madri si rivelano immature e alla ricerca di

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Segreti segreti

risarcimenti sentimentali o di attenzioni tramite suicidi falliti, le figlie cercano altrove compensazioni e riferimenti).

Un discorso a parte merita il personaggio di Laura, per la quale la lotta armata non è altro che un
prolungamento con altri mezzi dei giochi di un'infanzia (significativo l'abbinamento armi-giocattoli nel suo
zaino) vagheggiata nostalgicamente e irreparabilmente persa (la tata Rosa che ha intuito tutto chiude la villa e
scaccia simbolicamente Laura dall'Eden dei ricordi).

VALUTAZIONE CRITICA
Bertolucci rinuncia al tentativo di proporre un'analisi sociopolitica del fenomeno terrorista (tentando semmai
un approccio psicanalitico, incentrato sul personaggio di Laura, nel quale scelta terroristica e regressione infantile
sembrano intrecciarsi in un ambiguo groviglio) per addentrarsi in un'esplorazione di un universo femminile (la
predilezione del regista per le storie di donne è una costante del suo Cinema) ricco di risvolti e implicazioni.

Gli aspetti linguistici più interessanti sono costituiti dalla sottolineatura del motivo del viaggio e dello
spostamento (vaporetti, automobili, treni, roulotte, valige, prenotazioni aeree per Parigi, stazioni, tante abitazioni
diverse, pedinamenti, ecc..), che allude al tema centrale della precarietà e della mancanza di sicuri riferimenti
morali e sentimentali (ed anche ideologici, visto la disinvolta facilità con cui Laura tradisce i propri compagni e
rinnega la propria scelta politica), e dalla particolare manipolazione temporale cui è sottoposta la vicenda, che
non scorre in base ad una linearità cronologica, ma secondo un arbitrario e libero collegamento (rivelatoci da una
trasmissione radiofonica: Lo sapevate che sono le 7, 38? Lo sapevate che oggi è San Leopoldo?) con lo scopo di
concentrare nel finale un drammatico accumulo di tensioni (il suicidio di Marta, la cattura e la confessione di
Laura, la rivelazione della figlia di Giuliana).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                     Il terrorismo in Italia negli anni Settanta e Ottanta.

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600 di Balaclava

I Seicento di Balaklava
TITOLO ORIGINALE The Charge of the Light Brigade
REGIA Tony Richardson
SOGGETTO Charles Wood, Lord Alfred Tennyson
SCENEGGIATURA Charles Wood
FOTOGRAFIA David Watkin (colore)
MUSICA John Addison
MONTAGGIO Hugh Raggett
INTERPRETI Vanessa Redgrave, David Hemmings, Trevor Howard, John Gielgud
PRODUZIONE Neil Hartley per la United Artists
DURATA 123’
ORIGINE Gran Bretagna, 1968
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Inghilterra, Impero britannico

Ottocento/Cinema e storia

  

TRAMA
 1854. L’Inghilterra partecipa ad una spedizione militare antirussa in Crimea. L’obiettivo prestigioso è la
distruzione della fortezza zarista di Sebastopoli. Lord Cardigan comanda col pugno di ferro l’11° Ussari e
intende distinguersi a tutti i costi mandando i propri uomini a morte certa contro la potente artiglieria russa.

  

TRACCIA TEMATICA
  Il film rievoca in chiave antimperialista e antimilitarista il fatto d’armi di Balaklava, che la retorica
nazionalista britannica aveva trasformato in una grande manifestazione dell’eroismo della gloriosa cavalleria
imperiale, circonfondendolo di un alone di retorica patriottica. Anche il Cinema hollywoodiano aveva offerto una
versione ad alto tasso di enfasi trionfalistica sullo stesso episodio (La carica dei seicento di Michael Curtiz,
1936). Siamo alla fine degli anni Sessanta e il radicalismo politico dell’epoca (la contestazione giovanile, la
rivolta antirazzista, il movimento pacifista contro la guerra del Vietnam) influenza ed ispira le tematiche
cinematografiche, specie se il regista è Tony Richardson, che si è formato nella stagione del Free Cinema
britannico, movimento denso di umori anticonvenzionali e critici nei confronti della sclerotizzata società britannica.

I Seicento di Balaklava è una caustica e irriverente polemica contro le mistificazioni della storiografia
ufficiale inglese e la mentalità militarista (quella incarnata nel personaggio di Lord Cardigan).  In particolare è la
stolida protervia e la spocchiosa vanità della società vittoriana ad essere l’oggetto dell’aggressiva satira di
Richardson, che con sferzante ironia e sdegnato risentimento morale ne traccia uno dei ritratti più impietosi e feroci
della storia del Cinema.   

  

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm018.htm[12/07/2017 19:11:23]
600 di Balaclava

VALUTAZIONE CRITICA
I Seicento di Balaklava partecipa decisamente a più generi cinematografici, attraversando con la sua
struttura narrativa un po’ discontinua (difetto questo che venne rimproverato al film) il bellico, lo storico, il
dramma sentimentale, la commedia e la satira, ed anche il cartone animato   se consideriamo gli splendidi
titoli di testa (una divertente ed efficace lezione di storia). Anche i registri utilizzati si differenziano sulla base di
questa molteplicità, spesso con passaggi bruschi dall’uno all’altro. Sicuramente il meglio di sé il film lo offre sul
piano dell’acida contestazione della versione ufficiale di eventi storici ricostruiti allo scopo di denunciare
l’assurdità di un’avventura coloniale gestita con colpevole imperizia e impreparazione.
Ma I Seicento di Balaklava costituisce anche il primo esempio di collegamento tra due dimensioni del Cinema
di quegli anni che sembravano inconciliabili: da una parte il gigantismo produttivo hollywoodiano (la United
Artists americana mise a disposizione ingenti capitali), ben testimoniato dall’esibizione di un cast eccezionale e di
mezzi straordinari, dall’altra l’irriverente e anarchica foga contestataria e anticonformista dei giovani registi inglesi
provenienti dall’esperienza di rinnovamento tematico e linguistico del Free Cinema.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                          A) La guerra di Crimea

                                                     B) La Gran Bretagna nell’Ottocento

                                                     C) Il regno di Sardegna nella guerra di Crimea     

Geografia                                     La Crimea 

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agorà

Selma
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ava DuVernay
SOGGETTO E Paul Webb
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Bradford Young
MONTAGGIO Spencer Averick
   
INTERPRETI David Oyelowo, Tom Wilkinson, Tim Roth, Common, Carmen Ejogo, Lorraine
Toussaint, Cuba Gooding Jr., Oprah Winfrey
PRODUZIONE Cloud Eight Films, Celabor Films, Harpo Films, Pathé, Plan B Entertainment
DURATA 128'
ORIGINE Stati Uniti, 2014
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Il colore nero  


Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società
multietnica/Uomo e Società                               
 

  

TRAMA
Nel 1964 Martin Luther King, per merito del suo movimento pacifico per il riconoscimento dei diritti
in favore degli afroamericani, vince il premio Nobel per la pace a Oslo.
Martin viene ricevuto dal presidente Lyndon Johnson, a cui chiede di garantire il pieno diritto di voto
ai cittadini neri. Tale diritto è essenziale in quanto ai neri è negato negli Stati del sud, poiché essi non
hanno alcun rappresentante nei seggi e nei tribunali; per questa ragione subiscono attentati, pestaggi e
minacce a sfondo razziale. Il presidente spiega a King che la sua richiesta è sì giusta ma scomoda, e
creerebbe dissenso con gli Stati del sud.
A Selma, in Alabama, stato governato dal razzista George Wallace, a seguito di una spedizione
punitiva voluta dal governatore in risposta a una marcia non violenta, il giovane Jimmie Lee Jackson
viene ucciso a sangue freddo da un poliziotto mentre tentava di difendere il nonno. Questo
avvenimento induce King ad organizzare una marcia di protesta che passerà alla storia.

TRACCIA TEMATICA
I fatti di Selma costituiscono un momento fondamentale nella battaglia per i diritti civili
negli Stati Uniti. Una lotta difficile e drammatica attraversata da episodi di violenza omicida in
un contesto di odio razziale estremo e radicato nella popolazione bianca del sud degli USA.

La figura di Martin Luther King ci viene restituita in una dimensione profondamente


umana (soffermandosi pure sulle difficoltà nel rapporto coniugale) senza alcuna tentazione
 agiografica e celebrativa, bensì delineata con i dubbi, i cedimenti, le sconfitte, che
inevitabilmente accompagnano il suo ruolo di leader di un movimento impegnato in una lotta
aspra e complessa.  E questo nel rispetto della sua statura etica e politica e della sua capacità

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agorà

di mantenere la lotta del suo popolo nell’ambito della pratica della nonviolenza. In
particolare il film si concentra sulla sua determinazione a perseguire l’obiettivo finale (il pieno
riconoscimento istituzionale dei diritti civili, a cominciare da quello di voto, per i neri
statunitensi) senza accontentarsi di successi parziali.
 

VALUTAZIONE CRITICA
Il film trova la sua cifra espressiva dominante nell’intrecciare la dimensione storico-
documentaristica (molto intenso e coinvolgente il filmato originale della marcia di Washington
del 1963) con il racconto dei travagli personali dei protagonisti (grandi e piccoli). La storia
individuale (con i suoi dilemmi morali ed esistenziali) si mescola con la grande Storia che ha
cambiato il volto di una nazione.

Ed è proprio questa attenzione nei confronti delle fragilità umana alle prese con decisioni
non facili, risolta con indubbia capacità di analisi psicologica, che rappresenta l’aspetto più
interessante del film. Inoltre pur nell’ambito di un impianto narrativo classico e di un’evidente
parzialità di giudizio la DuVernay riesce a sfuggire a quello schematismo morale (Bene vs Male)
e a quell’imperativo didascalico (estrema semplificazione di interpretazione e comprensione da
proporre allo spettatore) che affligge tanti film di impegno politico e rievocazione storica.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         La lotta dei neri d’America per i diritti civili-La figura di Martin Luther King- I fatti
di Selma

Diritto        Il sistema federale degli Stati Uniti


 

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Senso

Senso
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luchino Visconti
SOGGETTO Dal racconto omonimo di Arrigo Boito
SCENEGGIATURA Luchino Visconti, Suso Cecchi D’Amico
FOTOGRAFIA G.R. Aldo e Robert Krasker (colori)
MUSICA Anton Bruckner (Sinfonia n. 7 in me maggiore), Giuseppe Verdi (Il Trovatore)
MONTAGGIO Mario Serandrei
INTERPRETI Alida Valli, Farley Granger, Massimo Girotti,
PRODUZIONE Lux Film
DURATA 115’
ORIGINE Italia, 1954
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Risorgimento

Ottocento/Cinema e storia

TRAMA
Terza Guerra d’Indipendenza, 1866. La contessa Serpieri fa la conoscenza al teatro Fenice di Venezia
dell’ufficiale austriaco Franz Mahler e ne diventa l’amante. Allo scoppio della guerra la famiglia Serpieri si
trasferisce nella sua tenuta di campagna ad Aldeno. Qui la contessa è raggiunta dall’amante, che le chiede del
denaro per farsi riformare: la donna gli consegna dei soldi destinati ai patrioti. La contessa raggiunge
successivamente Franz a Verona e lo trova in compagnia di una prostituta, completamente dimentico di lei e del
loro amore. Per vendicarsi lo denuncia come disertore alle autorità austriache, che lo fucilano la sera stessa
della vittoria di Custoza.

TRACCIA TEMATICA
In Senso la vicenda principale della relazione d’amore fra la contessa Serpieri e l’austriaco Mahler si situa sullo
sfondo storico della Terza Guerra d’Indipendenza. Ciò che collega questi due ambiti apparentemente così
distanti è il tema del tradimento. Nella storia personale (e romanzesca) dei due amanti la contessa tradisce i
patrioti che le hanno affidato il denaro, oltrechè naturalmente il marito, mentre Mahler l’amante e i suoi doveri
d’ufficiale; sul piano (reale) della Storia sono traditi, invece, gli ideali del Risorgimento, non moto di
liberazione popolare e democratico, ma guerra di eserciti all’insegna del calcolo politico e degli interessi
dinastici (il rifiuto dello Stato Maggiore italiano di fare entrare nelle battaglia i patrioti civili e l’ immagine delle
masse contadine, che lavorano i campi mentre si svolge la battaglia di Custoza, esprimono l’esclusione-estranietà
di queste componenti nei confronti del processo storico dell’unificazione italiana).

Più che all’analisi storico-politica, però, la sensibilità decadente dell’aristocratico Visconti si rivolge al

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Senso

torbido percorso di perdizione e sfacelo dei due nobili protagonisti (i quali, per il ceto d’appartenenza,
sarebbero dovuti essere esempio di virtù morali e militari), rappresentanti di un mondo ormai al tramonto
perché travolto dalle rivoluzioni borghesi del XIX secolo. Nelle amare, ma lucide, considerazioni finali del
disertore Mahler si avverte tutta la sconsolata consapevolezza della prossima fine dell’Impero asburgico e
dell’inesorabile declino della sua classe sociale.

VALUTAZIONE CRITICA
Sin dalla prima sequenza, nella quale lo spazio del palcoscenico e della finzione scenica (si sta rappresentando
l’opera lirica Il Trovatore di Giuseppe Verdi) sembra riversarsi con un improvviso movimento di macchina sulla
platea e i palchi del teatro, congiungendosi con esso in un’unità indistinta, il regista allude chiaramente
all’accentuata dimensione melodrammatica (il melodramma costituisce la forma di spettacolo per eccellenza
dell’Ottocento) attraverso la quale sta per essere filtrata la vicenda cui stiamo per assistere. Non, quindi, una
storia raccontata secondo i canoni di un’assoluta aderenza alla realtà (il neorealismo, cui Visconti aveva aderito, si
andava ormai esaurendo), ma un melodramma che ricorre ai materiali narrativi ad esso congeniali: l’amore,
la passione, il tradimento, la morte.

Questa ipoteca teatrale e melodrammatica impregna di sé l’intera impostazione scenografica e musicale del
film: le stanze della villa di Aldeno con le loro tende e cortine, i campielli e le facciate delle case di Venezia, la
sinfonia di Bruckner e le note verdiane diventano gli elementi di un apparato scenico di natura essenzialmente
antirealista. Allo stesso modo il repertorio pittorico ottocentesco (Fattori e i macchiaioli fiorentini per la battaglia di
Custoza, Hayez per gli abbracci dei due amanti) influenza visibilmente le scelte figurative.

In questo contesto linguistico, dove le suggestioni attinte dal patrimonio culturale dell’autore (Visconti si è
formato intellettualmente sul lascito della tradizione ottocentesca) la fanno da padrone, si riduce lo spazio per la
riflessione storica, che, infatti, tende ad essere sacrificata rispetto all’intreccio romanzesco (non bisogna
dimenticare, però, che su alcune sequenze di importante valenza storica si accanì con tagli la censura dell’epoca).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         La Terza Guerra per l’Indipendenza e il conflitto austro-prussiano del 1866.

Italiano      Confronto fra il film e il racconto di A. Boito.

Educazione artistica         La pittura di Fattori, dei Macchiaioli e di Hayez.

Educazione musicale        Il melodramma italiano dell’Ottocento e Bruckner.

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Sesso e potere

Sesso e potere
TITOLO ORIGINALE Wag the Dog
REGIA Barry Levinson
SOGGETTO Dal romanzo American Hero di Larry Beinhart
SCENEGGIATURA Hilary Henkin, David Mamet
FOTOGRAFIA Robert Richardson (colori)
MUSICA Mark Knopfler
MONTAGGIO Stu Linder
INTERPRETI Robert De Niro, Dustin Hoffman, Anne Heche
PRODUZIONE Jane Rosenthal, Robert De Niro, Barry Levinson per Tribeca/Baltimore
Pictures/Punch
DURATA 97'
ORIGINE USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI La grande sorella

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
A undici giorni dal voto per le presidenziali il Presidente degli Stati Uniti in carica viene accusato di aver
abusato sessualmente di una girl scout in visita alla Casa Bianca. Lo staff del Presidente è in allarme: questa
notizia costerebbe certamente al primo cittadino la rielezione. Per salvarlo da una sicura sconfitta elettorale è
convocato a Washington l'esperto in comunicazione massmediatica Conrad Brean. Questi propone di trovare
immediatamente un diversivo per l'opinione pubblica e si inventa una guerra con l'Albania. Insieme alla
segretaria del presidente Winifred si reca a Los Angeles per coinvolgere nel progetto il produttore
cinematografico Stanley Motts, che dall'alto della sua esperienza di fiction costruisce la simulazione della falsa
guerra con l'Albania in modo da renderla credibile per i cittadini americani. Alla fine il Presidente sarà rieletto
con una maggioranza schiacciante.

TRACCIA TEMATICA
Sesso e potere è un atto d'accusa contro la pratica mistificatoria dell'apparato massmediologico asservito al
potere politico. L'informazione nella società contemporanea non si limita più soltanto a manipolare i fatti,
amplificandoli o distorcendoli o tacendoli, in base a convenienze che poco hanno a che fare con la deontologia
della professione giornalistica, ma addirittura costruisce notizie assolutamente false, cioè dei non-fatti,
partendo dal presupposto che ormai per l'opinione pubblica la verità coincida con ciò che viene mostrato
dalla televisione. La virtualità ormai ha soppiantato la realtà. Per questo la gestione dell'informazione trova il
proprio interprete ideale non più nel giornalista, ma nel produttore cinematografico, deputato alla creazione della
fiction ed esperto manipolatore delle emozioni del pubblico.

In questo contesto le nuove tecnologie, il cui progresso dovrebbe teoricamente accrescere la rapidità e la qualità

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Sesso e potere

dell'informazione, aumentano invece le capacità di controllo e di organizzazione del consenso nei confronti
dell'opinione pubblica e da potenziali strumenti di diffusione e allargamento della democrazia si trasformano
nel loro esatto contrario.

VALUTAZIONE CRITICA
Il cinema politico americano, qualora sia un prodotto tipicamente hollywoodiano, destinato cioè a guadagnarsi il
gradimento del grande pubblico, ricorre tradizionalmente a due ingredienti fondamentali: la presenza di grandi
attori e una storia avvincente. Sesso e potere non sfugge a questa regola, anzi la applica in modo esemplare, forse
troppo, visto lo spazio che mattatori navigati del cinema americano come Hoffman e De Niro finiscono per
prendersi a scapito del quadro d'insieme (avvalendosi delle ottime battute della brillante sceneggiatura) e come il
ritmo forse troppo frenetico impresso al film (finalizzato a privilegiare l'effetto sorpresa dei numerosi colpi di
scena) attenui l'efficacia degli spunti di riflessione di cui pure la pellicola è disseminata.

C'è da chiedersi, tuttavia, se, dopo quanto l'attualità ci ha offerto in questi ultimi anni (sexgate di Clinton e guerra
del Kosovo), non sia ormai il caso di affrontare il tema dello strapotere manipolatorio dell'informazione
televisiva in termini meno grotteschi e fantasiosi (pensiamo anche ad un film come La seconda guerra civile
americana) e più aderenti ad una realtà che ormai ha sopravanzato la fantasia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia   A) Il rapporto informazione-potere politico ed economico.

              B) L'informazione dei mass-media relativa alla guerra del Kosovo.

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I sette fratelli Cervi

I sette fratelli Cervi


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Gianni Puccini
SOGGETTO Gianni Puccini
SCENEGGIATURA Gianni Puccini, Cesare Zavattini, Bruno Baratti
FOTOGRAFIA Mario Montuosi (colori)
MUSICA Carlo Rustichelli
MONTAGGIO Amedeo Giomini
INTERPRETI Gian Maria Volontè, Lisa Gastoni, Carla Gravina, Serge Reggiani, Riccardo
Cucciola, Andrea Checchi
PRODUZIONE Roberto Moretti per Centro Film
DURATA 90’
ORIGINE Italia, 1967
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Resistenza

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
 Alcide Cervi è il patriarca di una numerosa famiglia contadina che vive nella campagna emiliana nei pressi di
Reggio Emilia. Dei sette figli il più autorevole e seguito è Aldo, che è diventato comunista in carcere e che
conquista alle sue idee gli altri sei fratelli. Da sempre antifascista, quando scoppia la guerra, la famiglia Cervi si
impegna nella lotta partigiana. Mentre i sette figli combattono sulle montagne, papà Cervi offre ospitalità nella
sua cascina a numerosi sbandati ed exprigionieri alleati. Nel corso di un’incursione fascista alla cascina tutti
sette i fratelli sono catturati.Vengono fucilati al poligono di Reggio Emilia nel dicembre del 1943.

TRACCIA TEMATICA
Tra le tante vicende di eroismo che hanno segnato la storia della Resistenza al nazifascismo nel nostro paese, il
sacrificio dei sette fratelli Cervi occupa certamente un posto di grande rilievo, assumendo quasi contorni epico-
leggendari.

Il film intende, tuttavia, ridimensionare l’alone mitico che circonda queste figure, restituendole all’originaria
dimensione rurale che ne segna fortemente l’identità. Il duro lavoro dei campi, l’amore per la terra, il forte
senso dell’unità della famiglia diventano gli elementi fondanti di una solida e antica cultura contadina su cui si
innestano gli ideali di giustizia e riscatto sociale del socialismo novecentesco.

I fratelli Cervi non vengono così idealizzati come granitici eroi della Resistenza, ma descritti nella loro
autentica umanità, fatta di slanci spontanei e generosi, ma anche di paure, incertezze ed errori. Impazienti ed
impulsivi, mal si adattano alla disciplina imposta loro dal Comitato di Liberazione Nazionale e vorrebbero sempre

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I sette fratelli Cervi

accorciare i tempi dell’attesa, insofferenti nei confronti di ogni prudenza e convenienza tattica. Sarà proprio
l’inesausta disponibilità verso tutti coloro che cercavano rifugio nella cascina a causarne il tragico destino.

VALUTAZIONE CRITICA
L’intento prevalente della regia di Puccini sembra essere quello di impedire ogni scivolamento in senso
retorico, evitando quelle tonalità celebrative ed enfatiche che spesso insidiano operazioni rievocative di fatti e
persone che attengono più all’ambito del mito che della Storia. Ne deriva un regime espressivo dimesso e
controllato, teso a registrare più la quotidianità e l’intimità della famiglia Cervi, che non l’impronta eroica che essa
ha lasciato nell’immaginario collettivo delle genti emiliane. A questo servono in particolare i frequenti
flashback in bianconero (che spesso nel Cinema è il colore della memoria), destinati a sottolineare sia il forte
radicamento in una secolare tradizione contadina, sia la specificità di una mentalità aperta e coraggiosa innervata
dal gusto per la vita (l’acquisto del trattore, la formazione politica di Aldo in carcere, il rito del lavoro nei campi,
gli approcci amorosi con le future mogli, l’accoglienza affettuosa della compagna di Aldo). Ne esce un affresco
tanto efficace, quanto sobrio e sintetico.

Meno riuscita, invece, la parte dedicata agli anni della guerra e della Resistenza (quella a colori), più
convenzionale e scontata nello stile narrativo ed esposta anche a qualche eccesso di didascalismo (la radio che
all’inizio del film inquadra il contesto cronologico, i contrasti tra i Cervi e il commissario politico e le discussioni
politiche in genere, la figura del prete partigiano). 

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                        A) Il Fascismo

                                                  B) La Seconda Guerra Mondiale

                                                  C) La Resistenza nel reggiano

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sette giorni a maggio

Sette giorni a maggio


TITOLO ORIGINALE Seven Days in May
REGIA John Frankenheimer
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Fletcher Knebel e Charles W. Bailey
SCENEGGIATURA Rod Serling
FOTOGRAFIA Ellesworts Fredricks (bianconero)
MONTAGGIO Ferris Webster
INTERPRETI Burt Lancaster, Kirk Douglas, Fredric March, Ava Gardner, Martin Balsam
PRODUZIONE John Frankenheimer/Ioel Productions/Seven Arts
DURATA 120’
ORIGINE Stati Uniti, 1964
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Guerra fredda, terrore nucleare, maccartismo


Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Negli Stati uniti degli anni Sessanta la politica di distensione fra USA e URSS non convince alcuni generali
guerrafondai, che decidono di ordire un complotto contro il presidente della repubblica per bloccare un
imminente accordo sul disarmo. La congiura viene, però, scoperta e il presidente della repubblica costringe gli
ufficiali ammutinati alle dimissioni.

TRACCIA TEMATICA
Pur attraverso il genere della fantapolitica, il film rispecchia le reali tensioni politiche create negli USA dagli
sviluppi della politica di distensione con l’URSS avviata dal Presidente John Kennedy (che all’epoca della
lavorazione della pellicola era stato ucciso da appena un anno). L’accordo con la superpotenza rivale era
avvertito da settori non marginali delle forze armate americane con una resa al nemico e come tale veniva
apertamente osteggiato.

Per quel che se ne sa non ci furono mai tentativi di colpi di Stato come quello evocato dal film, ma l’impegno di
Sette giorni a maggio è comunque di sostenere la politica di disarmo del governo e di mettere in guardia
l’opinione pubblica sui pericoli che la democrazia americana correva a causa dell’ostinata opposizione di
potenti lobby annidate nell’amministrazione.

Un film, quindi, di chiara lettura ideologica: la pace e la coesistenza pacifica vanno difesi , non foss’altro perché
non ci sono alternative, ma ciò che soprattutto va salvaguardato è il valore supremo della democrazia, che si
esprime attraverso la delega della sovranità popolare al presidente della repubblica. 

L’aspetto storicamente più significativo (e inquietante ) del film è come in quegli anni ci fosse così bisogno di
ricordarlo ai cittadini statunitensi.

VALUTAZIONE CRITICA

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sette giorni a maggio

Tipico e riuscito esempio di thriller politico con tutti gli ingredienti giusti: ritmo incalzante con tanto di
suspense, narrazione vigorosa, ottimo tratteggio psicologico dei personaggi (anche di quelli minori), notevoli prove
recitative. Negli USA la denuncia politica deve necessariamente  passare attraverso i meccanismi della
spettacolarizzazione e le regole del Cinema di genere (altrimenti il grande pubblico non apprezzerebbe). La
solida professionalità della regia, l’abilità degli sceneggiatori (forse giova ricordare come lo sceneggiatore Rod
Serling ha scritto molti episodi della serie “Ai confini della realtà”), la bravura degli attori e l’ottima fotografia in
bianconero supportano egregiamente il progetto.

Nuoce in parte un certo eccesso di verbalismo e di teatralità (alcuni dialoghi sono forse un po’troppo lunghi), ma
nonostante gli anni trascorsi la pellicola dimostra di avere retto molto bene e di riuscire ancora ad avvincere ed
appassionare molto più di prodotti cinematografici recenti.  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                 La Guerra fredda

Diritto                                                La Costituzione degli Stati Uniti 

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Shakespeare in love

Shakespeare in Love
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA John Madden
SOGGETTO E Tom Stoppard, Marc Normann
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Richard Greatrex (colori)
MUSICA Stephen Warbeck
MONTAGGIO David Gamble
INTERPRETI Joseph Fiennes, Gwyneth Paltrow, Geoffrey Rush,
PRODUZIONE David Parfitt, Donna Gigliotti, Harvey Weinstein, Edward Zwick, Marc Norman
per Bedford Falls
DURATA 122’
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Cinquecento

Cinema e Storia

TRAMA
Londra, 1593. Shakespeare deve consegnare un nuovo lavoro ad un impresario teatrale oppresso dai debiti, ma
non riesce a trovare l’ispirazione. Intanto incontra Viola, una ragazza appassionata di teatro che si presenta alle
prove in abiti maschili e sotto la falsa identità di Thomas Kent, dal momento che all’epoca era proibito alle
donne di recitare. Shakespeare se ne innamora e la insegue fino nel suo sontuoso palazzo, dove scopre che la
ragazza è fidanzata con Lord Wessex, nobile spiantato che intende risollevare le finanze sposando la ricca
ereditiera. Tra Shakespeare e Viola nasce l’amore e il commediografo trae ispirazione proprio da questa
esperienza personale per scrivere la sua nuova opera Romeo e Giulietta. Viola, ormai solennemente promessa
davanti alla regina Elisabetta a corte, è costretta a sposare Lord Wessex, ma quando viene a sapere che il
dramma che sta per essere rappresentato si trova di fronte alla difficoltà di trovare un attore maschio che possa
interpretare con credibilità il ruolo di Giulietta, fugge dallo sposo e raggiunge il palcoscenico per recitare nei
panni di questo personaggio. La tragedia ha un grande successo e quando Viola sta per essere arrestata dalle
autorità, che hanno scoperto la su identità di donna, interviene in prima persona la regina Elisabetta, che ha
assistito in incognito allo spettacolo, per permettere che Viola parta con il marito per la Virginia e per
commissionare a Shakespeare un nuovo dramma.
 

TRACCIA TEMATICA
Si potrebbe definire Shakespeare in Love come una specie di fantabiografia, che unisce alcuni dati di verità
storica e letteraria (pochi) con invenzioni (molte) frutto della fantasia degli sceneggiatori. Un meccanismo di
fusione realtà-fantasia non molto diverso da quello da cui scaturisce il cosiddetto romanzo storico e che può trovare
una parziale legittimazione nelle scarse notizie che si possiedono relativamente alle vicende reali della vita del
bardo inglese (di cui alcuni studiosi hanno a suo tempo messo addirittura in discussione l’esistenza, ipotizzando che

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Shakespeare in love

Shakespeare altri non sia stato che uno pseudonimo usato dal filosofo Francesco Bacone).

Ciò non toglie che il film di Madden costituisca un’interessante ricostruzione d’epoca dell’Inghilterra
elisabettiana di fine Cinquecento, con le sue miserie morali, le sue ricchezze e le sue povertà e soprattutto con
una rigida divisione in classi sociali che riduceva al minimo la possibilità di comunicazione reciproca impedendo
ogni commistione, in primis di natura matrimoniale.

E’ in questo contesto di rigoroso classismo che si colloca la storia dell’amore impossibile fra Will e Viola,
condannata all’irrealizzabilità da cause oggettive (le differenze sociali) e non soggettive (come la rivalità fra
famiglie appartenenti allo stesso ceto, come nella tragedia che il film fantastica sia scaturita da questa avventura
biografica di Shakespeare). L’invenzione artistica diventa così l’unico strumento a disposizione per
contrapporre alla cruda realtà di una società ingiusta un mondo irreale da reinventare (e in cui rifugiarsi e
trovare sollievo) secondo i propri sogni e la propria immaginazione (nella nuova opera che Shakespeare si avvia
a scrivere, La dodicesima notte, la protagonista sarà Viola, che lontana da lui nella vita continuerà ad essergli
vicina tramite l’arte).

VALUTAZIONE CRITICA
Gustosa e disinvolta fantasticheria sulla vita di Shakespeare, il film ha la leggerezza e disinvoltura di una
commedia (di cui per altro ripropone uno dei luoghi narrativi fondamentali: il travestitismo e il gioco degli
equivoci e degli scambi), il cui vivace intreccio alleggerisce il cinismo e la meschinità che si intravedono sullo
sfondo, come portati di una società essenzialmente ingiusta.

La contrapposizione arte-vita innerva il film non solo sul piano narrativo, ma anche su quello delle scelte
espressive e in particolare delle diverse opzioni scenografiche attivate dalla regia. Alla descrizione crudamente
realistica dei vicoli londinesi fatiscenti e maleodoranti e delle osterie sordide e malfamate, come pure dell’umile
abitazione di Shakespeare e dei miseri teatri all’aperto dell’epoca, si contrappongono le immagini fiabesche del
ballo nel palazzo di Viola, la romantica atmosfera notturna del Tamigi, gli incontri amorosi tra i due giovani
protagonisti e ancor più il campo lungo finale che inquadra un esotico paesaggio tropicale (visionaria
visualizzazione delle scenario tropicale di La dodicesima notte), così diverso nella sua solarità dalle umide brume
britanniche. Quando su di esso scorrono i titoli di coda, comprendiamo che nel film la dimensione della realtà,
così deludente e penalizzante per i protagonisti, è ancora una volta sostituita, tramite la genialità
shakespeariana, da un territorio della fantasia, in cui spostare l’inesausto desiderio di una vita alternativa
accessibile esclusivamente tramite l’immaginazione. Di qui anche l’insistenza del dettaglio della penna dello
scrittore che solca il foglio, a rimarcare la solennità del momento della creazione artistica, come ambito nel quale
meglio si esprime, nella sua totale libertà, la personalità di un uomo altrimenti alle prese con i tanti problemi
(e le tante frustrazioni) di un’esistenza difficile, costellata da tanti compromessi e delusioni.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 L’Inghilterra nell’età elisabettiana

Lingua straniera: inglese        A) La figura di William Shakespeare.

B) Romeo e Giulietta e La dodicesima notte.

C) Il teatro elisabettiano.

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Sinuhe

Sinuhe l’egiziano
TITOLO ORIGINALE The Egyptian
REGIA Michael Curtiz
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Mika Waltari
SCENEGGIATURA Philippe Dune, Casey Robinso
FOTOGRAFIA Leon Shamroy (colori)
MUSICA Bernard Hermann, Alfred Newman
MONTAGGIO Barbara McLean
INTERPRETI Edmund Purdom, Jean Simmons, Victor Mature, Gene Tierney, Peter Ustinov
PRODUZIONE Darryl F. Zanuck per la Twenty Century Fox
DURATA 139’
ORIGINE Stati Uniti, 1954
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Età antica

Cinema e Storia

TRAMA
Abbandonato alla corrente del Nilo quando era ancora in fasce, Sinuhe viene trovato e cresciuto dal vecchio
medico Senmut, da cui apprenderà il mestiere. Diventato il medico di corte del faraone Akenaton, che aveva
imposto il monoteismo in Egitto, perde la testa per la prostituta Nefer e precipita nell’abisso del male. Andato in
esilio lontano dalla sua terra, vi torna per assistere alla congiura contro Akenaton.

TRACCIA TEMATICA
La vicenda di Sinuhe propone il paradigma consolidato dello schema perdizione-redenzione (tipica
contrapposizione mitologico-religiosa), con allegata polarità femminile bene-male (la sensuale Nefer e la devota
Merit).  Sinuhe rivive già vecchio e prossimo alla morte il suo doloroso percorso esistenziale segnato dal venir
meno delle aspettative giovanili e dai fallimenti sentimentali. L’intera rievocazione della sua vita è attraversata da
un cupo umore pessimistico e da un senso di rassegnazione ad un destino di dolore e infelicità, che può
trovare un’alternativa solo in una prospettiva ultraterrena.

Risulta evidente come il film, pur essendo ambientato in epoca precristiana, attinga abbondantemente a
suggestioni tipiche del cristianesimo, a cominciare dal contrasto tra la vanità delle cose terrene (potere, ricchezza,
successo) e la tensione verso la dimensione spirituale (il monoteismo sostenuto dal faraone Akenaton e il suo
messianesimo).

VALUTAZIONE CRITICA
Le avventure di Sinuhe sono un racconto egiziano dell’età di Sesostri (1950 A.C. circa). Si tratta di uno dei
prodotti più alti della letteratura egiziana antica. Su una trama autobiografica si innestano elementi storici (le
lotte di successione, l’espansione dell’Egitto), topografici e geografici. Nel 1945 esce il romanzo dello scrittore
finlandese Mika Waltari, da cui il film è tratto.

Il kolossal hollywoodiano di Curtiz costituisce così il terzo rimaneggiamento dell’antico testo originario.
Tipica superproduzione degli anni Cinquanta (la concorrenza della televisione spingeva le major a grossi
investimenti in pellicole di maestosa grandiosità, a colori e in formato a 70 mm.). Del cinema storico americano di
quegli anni Sinuhe l’egiziano ha tutte le caratteristiche: l’approssimazione del dato storiografico, l’attualizzazione

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Sinuhe

del passato, il gusto del romanzesco, il barocchismo scenografico, lo scivolamento nel ridicolo inconsapevole.  Lo
scopo non è certo la veridicità della ricostruzione storica, ma suggestionare l’immaginario dello spettatore e il
suo gusto per paesaggi e ambientazioni esotiche in un ‘epoca in cui il flusso massmediatico e comunicativo era
enormemente inferiore all’odierno bombardamento audiovisivo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                  A) L’antico Egitto

                                             B) La letteratura dell’antico Egitto

Letterature straniere          Il romanzo omonimo di Mika Waltari

 Geografia                            L’Egitto

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2004-05/6framefilm20.htm[12/07/2017 19:11:30]
Soldati a cavallo

Soldati a cavallo
TITOLO ORIGINALE The Horse Soldier
REGIA John Ford
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Harold Sinclair
SCENEGGIATURA John Lee Mahin, Martin Rackin
FOTOGRAFIA William H. Clothier (colore)
MUSICA David Buttolph
MONTAGGIO Jack Murray
INTERPRETI John Wayne, William Holden
PRODUZIONE Mirish Company-United Artists
DURATA 120’
ORIGINE USA, 1959
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Guerra di Secessione americana

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Nel 1863, durante la Guerra di Secessione, il colonnello nordista John Marlowe è incaricato dallo Stato
Maggiore confederale di penetrare con la sua compagnia al di là delle linee sudiste per sabotare le ferrovie. Alla
truppa è stato assegnato, in qualità di dottore, il maggiore Hank Kendall, che si scontra con il colonnello per
l’insensibilità che questo, fortemente determinato a portare a termine con successo la missione, tratta i feriti. Ai
due militari si unisce anche una signora sudista, forzatamente condotta con loro per evitare che dia
informazioni al nemico. Tra i tre si susseguono gli scontri e le incomprensioni, finche gli orrori della guerra
finiranno per metterli d’accordo, unendoli in un sentimento di reciproca solidarietà.

TRACCIA TEMATICA
Ricostruzione di fatti realmente accaduti, è l’unico film che Ford ha girato sulla Guerra di Secessione,
argomento a lui poco congeniale per la sua distanza dall’epopea della Frontiera, che prediligeva e che meglio
si prestava per la sua dimensione leggendaria a costruire una mitologia della nascita della nazione americana di
quanto non potesse fare un evento preminentemente storico come il conflitto fra nordisti e sudisti. Una ferita
dolorosa nella memoria della collettività e come tale avvertita dalla coscienza di un regista tenacemente impegnato
ad esaltare i valori comuni ed unificanti della civiltà e della democrazia americane.

Ne deriva che Ford non prende posizione per nessuna delle parti in causa, e questo nonostante la vicenda sia
vissuta dal punto di vista dei nordisti (anche se, proprio volendo individuare il trasparire di una simpatia, essa si
rivolga alla dimensione contadina e comunitaria del sud): gli interessa soprattutto mettere in risalto la crudele
assurdità della guerra (ancor più difficile da accettare trattandosi di scontro fratricida) secondo un’ ottica, se non
rigorosamente pacifista, profondamente umanitaria.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/169.htm[12/07/2017 19:11:31]
Soldati a cavallo

Il colonnello Marlowe non è un militarista, ma un soldato che vive con sincero tormento il conflitto fra ciò che gli
impone il dovere e ciò che gli suggerisce la coscienza, il dottor Hank rappresenta lo sdegnato risentimento morale
nei confronti delle atrocità di cui è impotente testimone. Entrambi simboleggiano alcune delle virtù
fondamentali che secondo Ford caratterizzano il più autentico carattere del pionierismo americano.

VALUTAZIONE CRITICA
Se il tono prevalente del film è dato dalla denuncia della follia bellica (assolutamente indimenticabili in questo
senso la sequenza della marcia dei cadetti sudisti, tremendo atto d’accusa per le gerarchie militari che mandano
allo sbaraglio degli adolescenti, e le altre scene di scontri militari, intente a sottolineare il tributo di sangue e
sofferenza che la guerra reca con sé), non mancano momenti di inflessione epica (la cavalleria che si muove
schierata in campo lungo è sempre per Ford elemento di fascinazione da celebrare in chiave di solennità) e lirica
(pensiamo al parto della schiava di colore: la nascita di un nuovo essere è evento che merita nel Cinema fordiano
una sottolineatura di commossa partecipazione).

Di grande forza e vigore, come sempre nei suoi film, la narrazione, nella quale il prevalere dell’azione non
cancella la dimensione psicologica dei personaggi, anzi quest’ultima non si pone come autonoma e distinta dagli
sviluppi degli eventi, ma entra in stretta relazione con essi venendone influenzata e modificata.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia       A) La Guerra di Secessione Americana.

                 B) Lo schiavismo nella società statunitense prima della Guerra di di Secessione.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/169.htm[12/07/2017 19:11:31]
Soldato blu

Soldato blu
TITOLO ORIGINALE Soldier Blue
REGIA Ralph Nelson
SOGGETTO Dal romanzo Arrow in the Sun di Theodore V. Olsen
SCENEGGIATURA John Gay
FOTOGRAFIA Robert Hauser (colore)
MUSICA Roy Budd
MONTAGGIO Alex Beaton
INTERPRETI Candice Bergen, Peter Strauss, Donald Pleasence
PRODUZIONE Gabriel Katzka e Harold Loeb per AVCO Embassy
DURATA 114'
ORIGINE USA, 1970
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Civiltà pellerossa

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Ketty ha vissuto per anni presso la tribù di cheyenne di Lupo Pezzato, imparando a conoscere i pellirosse e ad
apprezzarli. Liberata da un drappello di cavalleggeri dell'esercito degli Stati Uniti, sta per tornare tra la sua
gente, quando gli indiani attaccano i soldati e li massacrano. Sopravvivono alla strage solo Kitty e un giovane
soldato, insieme al quale la giovane donna cerca di raggiungere il più vicino forte attraversando il deserto. Dopo
un'iniziale tensione di rapporti, dovuti soprattutto al fatto che Kitty difende i pellirosse dalle accuse del soldato,
che li considera degli incivili, i due si innamorano. Quando finalmente giungono al forte, apprendono che è
imminente un attacco all'accampamento cheyenne. Nonostante Lupo Pezzato esca dal campo con la bandiera
bianca per parlamentare, il comandante delle truppe ordina di aprire il fuoco. I soldati vanno alla carica e
massacrano donne e bambini.

TRACCIA TEMATICA
Il film vuole essere una rievocazione (alquanto libera, se si eccettua il sanguinoso bilancio di sangue) del
massacro di Sand Creek del 1864, compiuto dall'esercito federale e nel quale morirono cinquecento indiani
fra cui donne e bambini. A molti parve naturale cogliere all'epoca (gli anni Settanta della grande mobilitazione
dell’opinione pubblica americana contro la guerra del Vietnam) anche un preciso riferimento alle stragi di cui
vennero accusati alcuni ufficiali statunitensi in Indocina e che scossero notevolmente l'opinione pubblica.

Aldilà di questa plausibile attualizzazione, Soldato Blu va inserito a pieno titolo nel filone della rivisitazione
in chiave critica della storia nazionale operata dal Cinema della New Hollywood. In particolare il film di
Nelson ribalta il modo con cui il western tradizionale aveva generalmente rappresentato i pellirosse, cioè come dei
selvaggi barbari e incivili, sottolineando invece le responsabilità del governo americano e dei coloni bianchi

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/170.htm[12/07/2017 19:11:31]
Soldato blu

nel genocidio del popolo indiano.

VALUTAZIONE CRITICA
Tipico prodotto hollywoodiano in sintonia con il mutare dei tempi e della sensibilità degli spettatori (all'inizio degli
anni Settanta potevano essere dette cose che qualche tempo prima avrebbero suscitato feroci e scandalizzate
reazioni e che certamente la grande industria cinematografica avrebbe rifiutato) Soldato blu cerca di coniugare il
nobile intento di risarcire (anche se ormai fuori tempo massimo, ma non sul piano della memoria e
dell'immaginario collettivo) i pellirosse della demonizzazione loro riservata per anni dal Cinema americano
con una solida e avvincente dimensione spettacolare e narrativa, incentrata sull'avventurosa storia di Kitty e di
Honus (che permette pure l'immancabile inserimento di una love story) e sulle sequenze d'azione e di massa.

Va ricordato, però, come proprio a quest'ultimo proposito la critica dell'epoca espresse valutazioni negative
relativamente a quella che venne giudicata come un'eccessiva e gratuita ostentazione di violenza (si parlò di
morboso compiacimento) delle scene del massacro finale, nelle quali il regista si sofferma con dovizia di
particolari sulle atrocità commesse dai soldati federali.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La colonizzazione dell'ovest nell'Ottocento.

B) Le Guerre Indiane

C) Cultura e civiltà dei pellirosse.

D) La Guerra del Vietnam e i movimenti di contestazione negli USA.

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Soldato molto semplice ivan Chonkin

Il soldato molto semplice Ivan Chonkin


TITOLO ORIGINALE The Life and Extraordinar Adventures of Private Ivan Chonkin
REGIA Jiri Menzel
SOGGETTO Dal romanzo Zizn'i neobyknovennye priklijucenija soldata Ivana Chonkina di
Vladimir Vojnovic
SCENEGGIATURA Zdenek Zverak
FOTOGRAFIA Jaromir Sofr (colore)
MUSICA Jiri Sust
MONTAGGIO Jiri Brozek
INTERPRETI Gennadij Nazarov, Zora Burijak, Vladimir Ilyn, Valerij Zolotuchin, Sergej Garmas
PRODUZIONE Erc Abraham, Katya Krausova per Portobello Pictures, in collaborazione con
MK2 Productions/European Coproduction Fund/Channel Four7Fandango7Studio
89/Kratky Film/Canal+/Tri Te
DURATA 106'
ORIGINE Gran Bretagna/Francia/Italia/Russia, 1994
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Comunismo, stalinismo, socialismo reale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Unione sovietica, 1941. Il soldato semplice Chonkin è mandato per punizione a fare la guardia ad un biplano in
uno sperduto villaggio agricolo. Qui diventa amante e convivente della postina ed è guardato con sospetto dal
presidente del kolchoz, che pensa sia un agente del governo inviato per controllare il modo con cui adempie al
suo incarico. Quando la Germania invade l’URSS nel piccolo paesino ne accadono di tutti i colori.

TRACCIA TEMATICA
Tratto da un romanzo dello scrittore russo Vojnovic, che proprio a causa di esso fu costretto a lasciare l'Unione
Sovietica dell'epoca brezhneviana, il film del regista cecoslovacco (ora cittadino della Repubblica Ceca) vuole
essere, a tre anni dalla fine dell' Urss, una satira grottesca e caricaturale del regime sovietico negli anni della
dittatura staliniana.

Il villaggio in cui finisce l'ingenuo e un po' tonto soldato Chonkin ( il molto semplice del titolo assume un' evidente
ambivalenza: si fa riferimento al suo infimo grado nella gerarchia militare, ma si allude pure alla sua innata
predisposizione alla semplicità) diventa un simbolico microcosmo che riproduce in miniatura le brutture di
un' intera società: l'ottusità della burocrazia, la tronfia arroganza del potere, la corruzione diffusa, la retorica sul
Socialismo che nasconde le miserie di una grigia quotidianità, l'opportunismo di chi non esita a passare con il
nemico.

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Soldato molto semplice ivan Chonkin

La favolistica fuga finale di Chonkin con la sua postina esprime un legittimo (e purtroppo irrealizzabile) desiderio
di lasciare questa realtà squallida e meschina e più in generale la dimensione terrena e tremendamente
prosaica della Storia.

VALUTAZIONE CRITICA
Abituato nella sua Cecoslovacchia ad esprimere critiche e dissenso nei confronti di un regime autoritario ed
oppressivo attraverso l'arma dell'allusione e dell'implicito, Menzel può finalmente scaricare in piena libertà
tutta la sua ansia polemica.

Lo fa scegliendo la strada della commedia grottesca, dove a spunti di comicità divertenti e felici (l'uscita
irriverente di Chonkin su Stalin all'inizio che introduce inaspettatamente al registro comico del film, la figura del
botanico fuori di testa, le conseguenze esilaranti dell'idiozia burocratica nel bel mezzo dell'attacco tedesco)
s'intrecciano situazioni e personaggi un po' scontati e stereotipati (il capo del villaggio, il sadismo dei
torturatori del KGB), ma sempre all'insegna di un ritmo narrativo e di una sceneggiatura di sostenuta e briosa
vivacità e di suggestioni visive che si rifanno al repertorio del Cinema sovietico degli stessi anni in cui è
ambientata la storia (pensiamo alla struttura figurativa di certe inquadrature dei contadini al lavoro sullo sfondo
della vasta campagna russa).

Che poi (come qualche critico ha notato) fosse meglio il primo Menzel (quello del povero, ma inventivo e vitale
Cinema ceco dei primi anni Sessanta), piuttosto che questa versione ricca sul piano produttivo e quindi, anche,
resa più accessibile ed attraente (ma anche un po' più banale) per il grande pubblico internazionale, è cosa
probabile.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Il regime stalinista in Unione Sovietica.

B) La guerra tra la Germania nazista e l'Urss.

C) Il crollo dei regimi comunisti dell'est europeo.

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Sole ingannatore

Sole ingannatore
TITOLO ORIGINALE Outomlionnye solntsem/Soleil trompeur
REGIA Nikita Michalkov
SOGGETTO Nikita Michalkov
SCENEGGIATURA Nikita Michalkov, Rustam Ibragimbekov
FOTOGRAFIA Vilen Kaluta (colore)
MUSICA Eduard Artemiev
MONTAGGIO Enzo Meniconi
INTERPRETI Oleg Mensikov, Nikita Michalkov, Ingeborga Dapkunaite
PRODUZIONE Nikita Michalkov e Jerome Sydoux
DURATA 125'
ORIGINE Francia /Russia
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Comunismo, stalinismo, socialismo reale

Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Unione Sovietica, 1936. Il colonnello eroe della Rivoluzione Kotov si trova nella sua dacia di campagna insieme
alla famiglia. Da Mosca arriva Mitja, agente della polizia segreta, con l'incarico di arrestare Kotov, caduto in
disgrazia presso Stalin e condannato a morte.

TRACCIA TEMATICA
Il colonnello Kotov rappresenta la vecchia guardia della Rivoluzione Bolscevica del 1917, che negli anni
Trenta venne sterminata quasi completamente dal regime staliniano (il sole ingannatore del titolo è appunto il
dittatore sovietico, la cui enorme gigantografia oscura il sole proprio dopo che Kotov è stato orrendamente
percosso: il mito del grande capo giusto e infallibile ha ingannato per decenni il popolo russo). Il cinico Mitja
simboleggia, invece, una nuova generazione di funzionari privi di ogni riferimento ideale e convinzione
ideologica, puro strumento di repressione della sanguinaria dittatura stalinista. Nella sua drammatica parabola
personale Kotov, uomo fondamentalmente onesto e sincero, misura tutta la distanza tra le grandi speranze di
trasformazione della rivoluzione cui ha dedicato tutta la sua vita e la tragedia in cui è precipitata quella
società sovietica che egli ha contribuito a creare.

La dacia di campagna, immersa in un’immobile atmosfera bucolica, in cui sprofonda la pigra esistenza del
microcosmo familiare raccontato dal film, sembra situarsi in uno spazio irreale, fuori dalla Storia, quasi a voler
esprimere un desiderio di isolamento e di fuga da una realtà tremenda che incalza dall'esterno, un
ripiegamento nostalgico verso un passato ottocentesco che non tornerà più.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/172.htm[12/07/2017 19:11:32]
Sole ingannatore

VALUTAZIONE CRITICA
Sole ingannatore è uno dei più significativi prodotti cinematografici della nuova era postsovietica iniziata nel 1991
(anno della disgregazione dell’Urss), diretto da uno dei maggiori registi del periodo sovietico (e anche uno dei più
conosciuti ed apprezzati in occidente), che tenta di rivisitare uno dei momenti più drammatici della storia
nazionale, ormai libero da ogni forma di (auto) censura (una stagione di cinematografia particolarmente critica
nei confronti dello stalinismo si era, del resto, già manifestata in Urss nei primi anni di Krusciov).

La dimensione storica del film s’innesta su di un’ambientazione agreste ricca di suggestioni paesaggistiche (i
colori rasserenanti della pianura russa immersa nell’indolenza estiva) e di riferimenti cechoviani (l’impostazione
teatrale e letteraria di buona parte delle sequenze e dei dialoghi e il tema della difficoltà ad instaurare un rapporto
soddisfacente ed appagante con la realtà e con il mondo), che Michalkov gestisce con solida padronanza, dalla
quale, tuttavia, traspare un’ironica ed affettuosa partecipazione, in chiave crepuscolare, alla malinconica deriva
esistenziale dei suoi personaggi.

Non appaiono, tuttavia, del tutto prive di fondamento le critiche di eccesso di compiacimento calligrafico e di
ridondante appesantimento del ritmo narrativo, cui si aggiunge uno stile di recitazione un po’ lezioso e
manierato.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Rivoluzione Russa.

B) Il regime staliniano e le grandi purghe degli anni ’30.

C) La fine dell’Urss.

Letteratura Russa         Anton Cechov.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/172.htm[12/07/2017 19:11:32]
Sostiene Pereira

Sostiene Pereira
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Roberto Faenza
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Antonio Tabucchi
SCENEGGIATURA Roberto Faenza, Sergio Vecchio
FOTOGRAFIA Blasco Giurato (colore)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Marcello Mastroianni, Stefano Dionisi, Nicoletta Braschi, Daniel Auteuil, Joaquin
De Almeida
PRODUZIONE Elda Ferri per Jean Vigo International/K.G. Production in collaborazione con
Mikado Film e Fabbrica de Imagens
DURATA 104’
ORIGINE Italia, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Quarto Potere

Stampa-Giornalismo/Mass Media/Uomo e Società

Antifascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Portogallo, 1938. Il dottor Pereira dirige la pagina letteraria del quotidiano di Lisbona Lisboa. Colpito da un
articolo del giovane saggista Monteiro Rossi, lo contatta e lo fa ingaggiare come praticante al giornale.
Monteiro e la sua ragazza sono ostili al regime fascista di Salazar e cercano di indurre Pereira a prendere
posizione contro il regime. Un giorno il giovane si presenta a casa sua stravolto, chiedendogli rifugio, ma la
polizia di Salazar irrompe nell’appartamento e uccide Monteiro. Pereira con uno stratagemma fa pubblicare dal
suo giornale un articolo sull’episodio: da quel momento lotterà anche lui contro il regime.

TRACCIA TEMATICA
Pereira vive trincerato dietro la propria apoliticità, senza dare segni di turbamento di fronte alla realtà di un
regime autoritario e liberticida. La sua passione letteraria, che lo relega ad un ruolo marginale all’interno del
giornale in cui scrive, sembra esaurire ogni sua passione ed interesse, se si esclude una smodata bulimia che lo fa
aumentare di peso a vista d’occhio. Nulla, insomma, riesce a far breccia nel suo quieto vivere, finché non è
testimone diretto della brutalità omicida della polizia salazarista. Con la pubblicazione in prima pagina del

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/174.htm[12/07/2017 19:11:33]
Sostiene Pereira

necrologio del giovane assassinato Pereira si riscatta della sua precedente ignavia e imprima una svolta alla
sua sonnolenta esistenza: forse per lui sono in arrivo guai e persecuzioni, ma finalmente può camminare a testa
alta in mezzo alla gente, con cui condividerà d’ora in poi speranze e delusioni collettive.

Il film di Faenza vuole essere una riflessione sulla necessità che l’intellettuale non si isoli dal resto della
società, rimanendo indifferente a ciò che in essa si agita, specie quando si tratta di questioni che riguardano la
libertà e la giustizia, ma si assuma le proprie responsabilità, che sono ancora più pesanti rispetto ad una persona
qualunque, meno colta e preparata di lui. Di fronte ad un regime feroce e tirannico, in particolare, la pretesa di
rimanere equidistanti e neutrali diventa moralmente esecrabile, se addirittura non si tinge dei caratteri della
complicità.

VALUTAZIONE CRITICA
Si direbbe che la preoccupazione principale di Faenza nel trasporre sullo schermo il libro di Tabucchi sia stata
quella di essere il più possibile fedele ad esso, il che nel Cinema non sempre è un merito, dal momento che
quest’ultimo possiede pur sempre una propria specificità, che certo non si esaurisce nel solo codice verbale.
Sostiene Pereira fatica a liberarsi dalla subalternità al testo letterario, affidandosi quasi esclusivamente ai
dialoghi, senza cercare di attivare e caricare di significato altri elementi del linguaggio filmico, come le
scenografie, i colori, la musica, il montaggio, le inquadrature, ecc. Tutto, insomma, è supinamente e
piattamente al servizio della priorità didascalica del cosiddetto messaggio morale-politico, che per quanto
possa essere condivisibile non è sufficiente a fare un bel film. Ciò di cui soprattutto si sente la mancanza è una
tensione narrativa in grado di avvincere e catturare l’attenzione e una delineazione psicologica e umana dei
personaggi più complessa e articolata, meno approssimativa ed esclusivamente funzionale alla pura dimensione
simbolica di cui ognuno si fa portatore.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia              A) Il Portogallo di Salazar.

                        B) La Guerra Civile Spagnola.

Italiano           Confronto fra il romanzo di Tabucchi e il film.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/174.htm[12/07/2017 19:11:33]
Sottile linea rossa

La sottile linea rossa


TITOLO ORIGINALE The Thin Red Line
REGIA Terrence Malick
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di James Jones
SCENEGGIATURA Terrence Malick
FOTOGRAFIA John Toll (colori)
MUSICA Hans Zimmer
MONTAGGIO Billy Weber,, Leslie Jones, Saar Klein
INTERPRETI Sean Pean, Adrien Brody, James Caviezel, Ben Chaplin, George Clooney, John
Cusak, Woody Harrelson, Elias Koteas, Nick Nolte
PRODUZIONE Robert Michael Geisler, John Roberdeau prod.
DURATA 171’
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Individuo e Società

Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Seconda Guerra Mondiale, Fronte del pacifico. Gli americani si apprestano ad attaccare l’isola di Guadalcanal
per dare una spallata decisiva alla strenua resistenza giapponese. Fra i soldati che partecipano allo sbarco c’è
anche Witt, strappato alla pace di un’isoletta del Pacifico dove viveva dimentico della guerra insieme agli
indigeni. Lo scontro con i giapponesi, ben asserragliati su di un’altura, è duro e sanguinoso e gli americani
hanno ragione dei loro nemici solo dopo lunghi combattimenti. Dopo un breve periodo di riposo nelle retrovie, i
soldati tornano in prima linea. Durante una perlustrazione Witt si lascia uccidere dai giapponesi per permettere
al suo commilitone di informare il plotone della vicinanza del nemico.

TRACCIA TEMATICA
La guerra, per quanto i riferimenti storici e l’aspetto bellico-militare siano fedeli alla realtà e accuratamente
ricostruiti, non è che un pretesto per svolgere una riflessione sulla presenza del male (e quindi anche dell’uomo
che se ne fa portatore) nel mondo. Sullo sfondo di uno scenario dominato da un ordine nel quale animali e cose
trovano il loro armonico equilibrio (pur alla presenza della lotta per la sopravvivenza, cui allude la scena iniziale
del coccodrillo alla caccia di una preda), l’uomo irrompe con l’assordante frastuono della guerra, cioè di una

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/226.htm[12/07/2017 19:11:34]
Sottile linea rossa

furia distruttrice che si pone come totalmente altra rispetto alla natura (mai il termine innaturale riferito alla guerra
ha trovato un’espressione sonoro-figurativa così efficace e convincente). Lo stesso pensiero verbalizzato in una
colonna sonora che diventa il coro che accompagna lo svolgersi della vicenda e attraverso cui si manifesta un
sentire al tempo stesso individuale e collettivo rappresenta il vano sforzo dell’uomo di chiarire a se stesso il
significato della tragedia cui partecipa e assiste e che non riesce a comprendere (di qui gli angosciosi
interrogativi che ripetutamente irrompono sulla scena, espressione di una razionalità impotente a darsi ragione di
ciò che accade).

Witt è forse il personaggio che più di altri incarna la traumatica lacerazione causata dall’essere stati sottratti ad
una condizione di felice comunione con la natura e con un’umanità primitiva (l’Eden incantato in cui si trova
all’inizio del film) per essere scagliati nell’apocalisse. Nella sua scelta di morte si coglie la pulsione a
ricongiungersi con quel ciclo universale di eterna rinascita che caratterizza il creato (eloquente in proposito il
motivo, ritornante nel film, della sepoltura, come simbolizzazione di un rigermogliare dopo la morte, come le
piante e i vegetali che si nutrono della linfa della terra e che ignorano l’assillo tormentoso del ragionamento
razionale).

VALUTAZIONE CRITICA
La sottile linea rossa è un’opera di grande originalità e valore estetico, anche se non ricorre a nessuna
invenzione rivoluzionaria, ma si limita a mescolare in un intreccio complesso ed articolato aspetti ormai consolidati
del linguaggio cinematografico. Figurativamente affascinante nel prezioso impasto di luce e colori (stupendo il
gusto cromatico che impronta il film), struggente e ipnotico nell’incessante inseguirsi di voci fuori campo che
cercano invano di penetrare una verità sempre sfuggente o di dare un senso alle cose, la pellicola di Malick si
oppone ad ogni facile classificazione e definizione (parlare di genere bellico sarebbe certamente riduttivo),
collocandosi in quel territorio che segna il confine tra il già visto (la guerra con la consueta tipologia di situazioni e
personaggi) e la tensione verso nuove forme d’espressività.Il film è dominato dalla contrapposizione di entità
opposte che riescono a trovare nella colonna visiva e sonora una loro coesistenza: il silenzio e i rumori della
natura/l’assordante rimbombo delle armi (agghiacciante lo squarcio sonoro che la prima esplosione provoca nel
contesto di un paesaggio incontaminato!), coralità/solitudine, la nudità degli indigeni (e di Witt prima di tornare al
fronte) / il grigio verde delle divise, la vita/la morte, il presente/il passato, il parlato/ il pensato, l’eterno/l’effimero,
il cielo/la terra, l’acqua /il fuoco, l’immobilità/il continuo trapassare (l’uso insistito della dissolvenza incrociata sia
a livello visivo che sonoro), l’uomo/’animale e la vegetazione. Questa pluralità di elementi a volte si
sovrappone, altre volte coesiste, in una tessitura di grande suggestione che tende a frantumare i tradizionali
dispositivi cronologico-narrativi per lasciare il posto ad accostamenti e connessioni che sembrano
richiamarsi ad sensibilità mistico-poetica.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A.  La Seconda Guerra Mondiale

B.  La guerra nel Pacifico

C.  La battaglia di Guadalcanal

Geografia     Le isole del Pacifico.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/226.htm[12/07/2017 19:11:34]
Sotto tiro

Sotto tiro
TITOLO ORIGINALE Under Fire
REGIA Roger Spottiswoode
SOGGETTO Clayton Frohman
SCENEGGIATURA Clayton Frohman, Ron Shelton
FOTOGRAFIA John Alcott (colori)
MUSICA Jerry Goldsmith
MONTAGGIO John Bloom
INTERPRETI Nick Nolte, Gene Hackman, Joanna Cassidy, Ed Harris, Jean-Louis Trintignant
PRODUZIONE Johnathan Taplin
DURATA 126’
ORIGINE USA, 1983
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Nicaragua, 1979. Russell Price, un celebre fotografo americano, è impegnato in un reportage in Nicaragua nel
corso della guerra civile tra i sandinisti e l’esercito del dittatore Somoza. Il suo intento è quello di mantenersi al
di sopra delle parti in conflitto rimanendo fedele ad un’etica professionale che gli impone distacco ed obiettività.
Di fronte alle atrocità commesse dai somozisti con la complicità dei servizi segreti americani e soprattutto della
brutale uccisione di un amico collega finisce, però, per schierarsi dalla parte dei ribelli.

Il film è ispirato ad un fatto realmente accaduto in Nicaragua: un giornalista statunitense venne falciato a
freddo dalla mitragliatrice di un soldato sandinista e le immagini dell’esecuzione furono filmate e mostrate in
tutto il mondo.

TRACCIA TEMATICA
Il dilemma che il film tematizza è il seguente: in che misura è moralmente lecito per un giornalista che si
ripromette di essere testimone imparziale di un conflitto mantenere un atteggiamento di neutralità? La risposta è
improntata ad uno spirito di impegno civile e democratico ed è che il limite si deve collocare nel punto in cui
l’equidistanza professionale rischia di tramutarsi in complicità con l’ingiustizia. Nella coscienza del
protagonista Russell s’innesta un sentimento di avversione verso la ferocia repressiva del regime di Somoza che lo
induce a schierarsi con la guerriglia sandinista, nonostante che il governo del proprio paese, gli Stati Uniti,
sostengano apertamente il dittatore centro americano. Una presa di posizione dolorosamente maturata, che lo
spinge all’estremo di rinnegare un caposaldo etico del proprio mestiere (quello che impone di mostrare e dire
sempre la verità) attraverso una messinscena (la fotografia al cadavere del capo sandinista) finalizzata a diffondere
una falsa informazione. 

Parallelamente a questo dramma interiore Russell vive anche il dissidio fra il sentimento d’attrazione che prova
verso la collega Claire e il senso di lealtà nei confronti di Alex, cinico e senza ideali quanto si vuole, ma al
quale è comunque legato da amicizia.

Sullo sfondo il subcontinente latino-americano devastato dalla miseria e dalla tirannide di pochi ricchi, una
delle tante tragedie del Terzo Mondo che l’Occidente preferisce vedere attraverso le foto di asettici servizi
fotografici di riviste patinate.

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Sotto tiro

VALUTAZIONE CRITICA
Sotto tiro è tenuto in equilibrio fra avventura, politica e amore sulla base di una sapiente ed efficace
mescolanza che imprime alla pellicola una vibrante tensione drammatica. Il merito principale del film è quello
di calare il messaggio politico-morale improntato alla denuncia del regime somozista e della complicità con esso
del governo statunitense in una dimensione narrativa di forte impatto e coinvolgimento emozionale, attenta alla
complessità dei risvolti psicologici dei personaggi ed alla ricca e contraddittoria articolazione delle forze in gioco.

La dimensione spettacolare (fondamentale nella produzione hollywoodiana) e le situazioni immaginarie non


vanno a scapito della resa realistica del film, che sebbene girato in Messico ci propone un Nicaragua credibile,
soprattutto nell’atmosfera agitata e febbrile degli ultimi giorni del regime di Somoza. E questo senso di crollo
imminente con quel tanto di angosciosa attesa che l’accompagna, e che ben si coniuga con il ritmo teso e
incalzante che caratterizza le sequenze più riuscite, è certamente la cosa migliore di un film che resta uno dei
prodotti più significativi del Cinema americano di impegno politico degli anni Ottanta.   

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A) L’America Latina dal colonialismo spagnolo al neocolonialismo americano

                   B)  Il regime di Somoza in Nicaragua

                   C) La rivoluzione sandinista in Nicaragua 

                   D) Il Nicaragua oggi

Geografia        Il Nicaragua

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Spartacus

Spartacus
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Stanley Kubrick
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Howard Fast
SCENEGGIATURA Dalton Trumbo
FOTOGRAFIA Russell Metty (colori)
MUSICA Alex North
MONTAGGIO Robert Lawrence
INTERPRETI Kirk Douglas, Lawrence Olivier, Jean Simmons, Charles Laughton, Peter Ustinov,
John Gavin, Tony Curtis
PRODUZIONE Bryna Productions
DURATA 196'
ORIGINE USA, 1960
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio/Triennio
PERCORSI Età antica

Cinema e Storia

TRAMA
Roma, I secolo A.C.. Lo schiavo tracio Spartaco arriva alla scuola per gladiatori di Capua, dove decine di suoi
simili vengono addestrati per combattere negli spettacoli del circo. Provocati dalla richiesta del generale Licinio
Crasso di assistere ad un duello improvvisato per soddisfare la curiosità sua e del suo corteggio, i gladiatori si
ribellano guidati da Spartaco. La rivolta si allarga a macchia d'olio e migliaia di schiavi di tutta Italia si
uniscono a lui nella speranza di lasciare la penisola e riconquistare la libertà. Le navi dei pirati che avrebbero
dovuto trasportarli in oriente, però, non arrivano e ai ribelli non resta che affrontare le poderose legioni
romane. Gli schiavi vengono sconfitti e Spartaco viene crocifisso sulla via Appia insieme ai suoi seguaci
catturati.

TRACCIA TEMATICA
La figura di Spartaco è stata assunta dal movimento operaio e marxista di inizio secolo come uno dei primi
esempi di lotta di classe nella storia dell'umanità e soprattutto come simbolo dell'ansia di libertà dei poveri e
diseredati di tutto il mondo e di tutte le epoche. Non a caso lo sceneggiatore Dalton Trumbo venne condannato
per le sue simpatie di sinistra durante il Maccartismo e dopo anni di pseudonimi poté finalmente firmare con il suo
nome questo film.

Lo schema proposto ricalca queste premesse ideologiche e divide nettamente i personaggi in oppressi
(positivi) e oppressori (negativi). I primi esprimono ideali di giustizia, libertà, amore, solidarietà (riecheggiando

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Spartacus

quello che di lì a poco sarà lo spirito del cristianesimo: di qui l'allusione suggerita dalla crocifissione finale di
Spartaco), i secondi rappresentano il brutale dominio del Potere (uguale a se stesso in tutte le età), qui incarnato
soprattutto dalla figura di Crasso, miscuglio di sadismo e raffinata mollezza.

L'attore-produttore Kirk Douglas sovrappose a questa interpretazione classista un’ulteriore contrapposizione, di


natura extratestuale in quanto basata sull'assegnazione dei ruoli dei romani ad attori inglesi e di quelli degli schiavi
ad attori americani, che allude alla Guerra Civile Americana.

Come si vede ogni intento di rigorosa ricostruzione storica della guerra servile del I secolo A.C. viene
sopraffatto da ben altre esigenze.

VALUTAZIONE CRITICA
Spartacus non può essere considerato del tutto un film di Kubrick, anzi lo è solo in minima parte, visto che il
egli non partecipò alla stesura della sceneggiatura e intervenne solo dopo che il regista designato Anthony Mann
abbandonò il set a causa di dissapori con Kirk Douglas.

Se si esclude la sequenza della battaglia (stupenda nei geometrici movimenti che le truppe romane disegnano sul
terreno) e le scenografie degli interni romani (che nella loro fredda e marmorea monumentalità richiamano il
distaccato cinismo del Potere), ben poco rimane dell'inconfondibile stile kubrickiano.

Per il resto nel film prevale una concezione spettacolare che rientra pienamente nella tradizione del kolossal
hollywoodiano, proteso a rivisitare la storia esaltandone la dimensione epica e romanzesca e trasferendo
anacronisticamente nel passato modi di pensare e di parlare dell'epoca moderna.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La guerra servile.

B) La figura di Spartaco nella tradizione del movimento marxista.

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Squadrone bianco

Squadrone bianco
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Augusto Genina
SOGGETTO Dal romanzo L'escardon blanc di Joseph Peyré
SCENEGGIATURA Augusto Genina, Gino Valori, Gino Rocca
FOTOGRAFIA Anchise Brizzi (bianconero)
MUSICA Antonio Veretti
MONTAGGIO Fernando Tropea
INTERPRETI Antonio Centa, Fosco Giachetti, Fulvia Lanzi
PRODUZIONE Roma Film
DURATA 100'
ORIGINE Italia, 1936
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Il fascismo visto dal fascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Libia, anni Trenta. Il tenente di cavalleria Mario Ludovici, deluso in amore, si fa trasferire nella colonia italiana
di Libia, dove viene destinato a uno squadrone di meharisti, i soldati indigeni delle truppe coloniali. La piccola
guarnigione è guidata dal capitano Santelia, che considera Mario un giovane viziato inadatto alla dura vita
militare in colonia. Nel corso, però, del combattimento con il nemico, Mario si comporta valorosamente
guadagnandosi la stima di Santelia. Quando nello scontro con i ribelli il capitano muore, Mario assume il
comando dello squadrone e lo riconduce alla base.

TRACCIA TEMATICA
Squadrone bianco venne finanziato direttamente dal governo perché esaltasse la colonizzazione italiana in
Libia e la conseguente missione di civilizzazione che l'Italia vi avrebbe svolto, in coincidenza con la conquista
dell'Etiopia e con la proclamazione dell'Impero.

Il tema centrale del film è la maturazione del personaggio di Mario, che, abbandonando il mondo dorato e
viziato della ricca borghesia urbana (il populismo con la conseguente polemica contro le molli agiatezze dei ceti
benestanti è un elemento fondamentale dell'ideologia fascista), diventa un vero uomo e soldato a contatto con
l’energico capitano Santelia e l'aspro ambiente del deserto.

La vita militare, il sano e virile cameratismo e il carisma di comandanti fermi e decisi trasformano Mario (le cui
pene d'amore esprimono una fragilità psicologica che mal si concilia che il severo impegno che richiede il suo
ruolo), nel perfetto paradigma del valoroso italiano, dominatore e guida delle inferiori popolazioni africane,
idealizzato dal fascismo.

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Squadrone bianco

Mitologia imperialista e coloniale (che, a dire il vero, furono già un portato dell'Italia umbertina e prefascista),
paternalismo autoritario, razzismo, maschilismo, misoginia, esotismo confluiscono, seppur con gradazioni diverse,
in questo tipico prodotto di propaganda.

VALUTAZIONE CRITICA
Si potrebbe dire che Squadrone bianco sintetizzi due dei principali filoni del Cinema italiano del ventennio:
la commedia sentimentale d'ambiente sofisticato (pensiamo, in particolare, al filone cosiddetto dei telefoni
bianchi) e il bellico-avventuroso con esplicite finalità propagandistiche. Anzi, in un certo senso, si può dire che il
film operi un trapasso dalla prima alla seconda che non è solo narrativo, ma che esprime anche una precisa presa di
posizione a favore di un Cinema che sappia allinearsi agli imperativi morali e politici del regime,
abbandonando le ambigue seduzioni dei salotti borghesi (non va dimenticata, tuttavia, la funzionalità della
commedia d'ambiente socialmente alto alla creazione del consenso nei confronti dell'ordine sociale esistente, per
sostenere e difendere il quale il fascismo era sorto).

Dal punto di vista cinematografico Squadrone bianco si segnala positivamente per la capacità registica di
conferire un notevole spessore scenografico al paesaggio naturale del deserto, la cui severa e imponente vastità
alimenta l'effetto suggestivo di immagini che sembrano acquisire una documentaristica autonomia, e per il ritmo
solenne e riposato che scandisce la narrazione

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 A) Il regime fascista.

                           B) Il dominio coloniale italiano e la conquista dell'Etiopia.

Geografia           La Libia

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Stella solitaria

Stella solitaria
TITOLO ORIGINALE Lone Star
REGIA John Sayles
SOGGETTO E John Sayles
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Stuart Drysburgh (colori)
MUSICA Mason Daring
MONTAGGIO John Sayles
INTERPRETI Chris Cooper, Khris Khristofferson, Elizabeth Pena
PRODUZIONE Maggie Renzi, Paul Miller, John Sayles per Rio Dulce Prod.
DURATA 134'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza,


immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Texas, 1995. Ci troviamo a Frontera, una cittadina statunitense vicino al confine messicano. Due poliziotti
scoprono in un poligono di tiro abbandonato le tracce di un cadavere e una stella da sceriffo. Sceriffo di
Frontera è Sam Deeds, figlio e successore del defunto Buddy Deeds, leggendaria figura di sceriffo di
quarant'anni prima. Sam inizia le indagini intorno al cadavere ritrovato e alla fine scopre che si tratta di
Charlie Wade, prepotente e corrotto sceriffo scomparso nel 1957 dopo una lite con il suo assistente Buddy
Deeds. E' stato quest'ultimo ad ucciderlo e a seppellirlo nel poligono. Per Sam è una scoperta che incrina
profondamente ai suoi occhi l'immagine del padre. Un'altra scoperta, però, ben più traumatica, che riguarda
Pilar, la donna con cui ha intrapreso una relazione, attende lo sceriffo Sam.

TRACCIA TEMATICA
Per Sam il ricordo del padre è una memoria ingombrante: non solo lo sceriffo Buddy è la leggenda del paese e
con lui ogni confronto è perso in partenza, ma in più c'è il ricordo doloroso del modo brusco con cui egli pose fine
anni prima al suo idillio con Pilar. La scoperta che questa è in realtà la sua sorellastra, perché il padre aveva una
relazione con la madre di Pilar, tende a suggerire l'idea dell'assurdità dei pregiudizi e delle divisioni razziali.
Nell'invito di Pilar a dimenticare Alamo (grande battaglia del conflitto ottocentesco tra Stati Uniti e Messico e
memoria-simbolo, anch'esso molto ingombrante, dell'antagonismo fra le comunità che convivono a Frontera) si
racchiude il messaggio antirazzista di tolleranza e riconciliazione del film.

Stella solitaria è una riflessione sul rapporto leggenda e realtà e su come spesso la prima prevalga sulla
seconda per rimuovere gli aspetti più dolorosi di quest'ultima. Da qui la critica al perverso bisogno da parte di
ogni gruppo etnico di manipolare il passato al fine di rafforzare la propria identità in contrapposizione a quella
altrui (la polemica tra insegnanti e genitori sul modo di insegnare la storia). Accade così che il mito finisca per

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Stella solitaria

prevalere sulla verità, congelando e fissando i rapporti interetnici sul piano della diffidenza e della divisione (e non
solo i rapporti interetnici, visto come il personaggio di Sam vive il peso del mito paterno).

VALUTAZIONE CRITICA
Quella del giallo è solo una patina superficiale di un'analisi in profondità delle radici culturali e
antropologiche delle tensioni interetniche in un angolo marginale d'America. Merito di Sayles è quello di
affrontare un tema scottante e controverso con un grande rispetto per la complessità di una realtà
contraddittoria. Non troviamo, quindi, nel film quelle semplificazioni e quelle contrapposizioni schematiche (per
intenderci buoni e cattivi nettamente distinti) tipiche di tanto Cinema americano (e non solo) sull'argomento.

Il regista sembra prendersi tutto il tempo necessario per penetrare con la distanza e il rispetto necessari nei conflitti
individuali e collettivi di un contesto socioculturale difficile, cercando di spaziare nelle implicazioni che essi
trascinano con sé. Il quadro d'insieme si costruisce lentamente di fronte a noi, rimane il sospetto che manchi
sempre qualche tassello, che il non-detto finisca per prevalere. Alla fine, tuttavia, abbiamo la sensazione che il
film sia riuscito a comunicarci, senza prediche e facili moralismi, un pezzo di verità (sulla difficoltà di
coesistenza fra etnie diverse) che ricorderemo a lungo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     La guerra tra Stati Uniti e Messico del 1846-1848.

Geografia     A) Il Texas.

                      B) La dimensione multietnica delle zone di confine con il Messico.

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agorà

Storia di una ladra di libri


TITOLO ORIGINALE The Book Thief
REGIA Brian Percival
SOGGETTO E Dal romanzo “La bambina che salvava i libri”di Markus Zusak
SCENEGGIATURA
Michael Petroni
FOTOGRAFIA Florian Ballhaus
MONTAGGIO John Wilson
MUSICA John Williams
INTERPRETI Sophie Nélisse (Liesel), Geoffrey Rush (Hans Hubermann), Emily Watson (Rosa
Hubermann), Ben Schnetzer (Max)  
PRODUZIONE Ken Blancato, Karen Rosenfelt, Christoph Fisser, Henning Molfenter, Charlie
Woebcken per Sunswept Entertainment/Studio Babelsberg
DURATA 131'
ORIGINE USA-Germania, 2014
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Olocausto  
Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e
società
 

  

TRAMA
L’adolescente ebrea Liesel, dopo la morte della madre e del fratellino, è affidata ad una
famiglia tedesca. Tra nuove amicizie e difficoltà d’inserimento nel nuovo ambiente matura una
grande passione per la lettura dei romanzi e la scrittura, mentre intorno i nazisti bruciano i libri
sgraditi. Lo scoppio della guerra sconvolgerà la sua vita e quella della sua famiglia adottiva. 

TRACCIA TEMATICA
Alla barbarie nazista si contrappone il valore dell’amicizia, degli affetti familiari, della
solidarietà e soprattutto della cultura, qui simboleggiata dai libri, di cui la protagonista si
nutre sottraendoli anche ai roghi del regime. Al gusto per la lettura si abbina, sempre in chiave di
evasione da una realtà oppressiva, la creatività fantastica che alimenta le fantasie di Liesel e
del recluso Max.

Sulla vicenda incombe sin dall’inizio la morte, la cui voce off conferisce un sottofondo di
lugubre predestinazione alla storia.

VALUTAZIONE CRITICA
La critica ha quasi unanimemente espresso un giudizio negativo sul film. Ad esso viene
rimproverato soprattutto di indulgere sulle soluzioni di più facile presa sul pubblico,

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0034.htm[12/07/2017 19:11:40]
agorà

rinunciando a conferire profondità umana e morale alla storia e adattandosi ad un linguaggio


medio paratelevisivo. Ci si riferisce in particolare ai seguenti aspetti: l’eccesso di patetismo e
sentimentalismo gestito con effetti strappalacrime piuttosto banali e scontati, la facile
“carineria” sprigionata  dall’evocazione dell’innocenza adolescenziale,  il sovrapporsi in modo
confuso di temi diversi (la cornice storica riferita al nazismo ed all’olocausto, il difficile
inserimento dell’orfana ebrea in una famiglia tedesca, l’emergere della passione per la lettura e
la scrittura, il rischio legato al nascondimento del giovane ebreo, le sofferenze  provocate dalla
guerra), la costruzione stereotipata del carattere dei personaggi.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia      Il nazismo e la persecuzione degli ebrei.

Inglese    Il romanzo “La bambina che salvava i libri” di Markus Zusak.

 
 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0034.htm[12/07/2017 19:11:40]
Strategia del ragno

La strategia del ragno


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Bernardo Bertolucci
SOGGETTO Liberamente ispirato a Tema del traditore e dell'eroe di Jorge Luis Borges
SCENEGGIATURA Bernardo Bertolucci, Edoardo De Gregorio, Marilù Parolini
FOTOGRAFIA Vittorio Storaro (colore)
MUSICA Estratti da Rigoletto di Giuseppe Verdi, Il conformista di Mina e A. Martelli
MONTAGGIO Roberto Perpignani
INTERPRETI Giulio Brogi, Alida Valli, Pippo Campanini, Tino Scotti
PRODUZIONE Giovanni Bertolucci per la RAI/Red Film
DURATA 110'
ORIGINE Italia, 1970
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Antifascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Athos Magnani, morto nel 1936, è l'eroe dell'antifascismo del piccolo paese della bassa padana Tara. Trent'anni
dopo Athos Magnani figlio torna a Tara per scoprire le circostanze esatte della morte del padre, ufficialmente
ucciso dai fascisti perché colpevole di aver preparato un attentato a Mussolini. Qui incontra l'ostilità dei
paesani, che vorrebbero che se ne andasse, e i tre vecchi amici del padre, che collaborarono con lui nel fallito
attentato. Sarà da loro che alla fine verrà a sapere la verità.

TRACCIA TEMATICA
La strategia del ragno è un film particolarmente complesso e ricco di risvolti, che si offre a più livelli di
interpretazione. Ne citiamo i due che si impongono con maggiore evidenza.

Il primo fa riferimento alla funzione che il mito (più che la storia) assume nel creare e consolidare la cultura
di un popolo: il sacrificio di Athos Magnani diventa così più importante della morte dello stesso tiranno, se serve
ad alimentare con il suo esempio l'odio per il fascismo e il culto per l'eroe antifascista. La mitologia che si è
costruita sulla figura di Athos padre è un elemento costitutivo e fondativo della memoria collettiva di Tara e
dell'identità morale e ideale del piccolo paesino emiliano. Athos figlio comprende alla fine (e in questo senso il
film è anche una storia di formazione) questa funzione fortemente identitaria del mito e rinuncia a rivelare una
verità che nessuno vuol sentire.

Il secondo trasferisce la dimensione pubblica del personaggio Magnani su di un piano privato, che concerne il
rapporto padre-figlio e in particolare la difficoltà di quest'ultimo ad affrancarsi dall'ingombrante figura del

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/177.htm[12/07/2017 19:11:41]
Strategia del ragno

genitore-eroe che schiaccia la sua personalità (è significativo che ad interpretare entrambi i ruoli sia lo stesso
attore). Alla luce di questa lettura Tara diventa simbolo dell'inconscio (e quindi del rimosso), di quella fitta
ragnatela di condizionamenti e complessi che ci limita psicologicamente e ci fa sentire il peso del passato,
impedendoci di essere veramente noi stessi. Quando alla fine Athos figlio torna alla stazione per ripartire scopre
che i binari sono coperti dalle erbacce e che da lì non parte più nessun treno da anni: e cioè (fuor di metafora) che
dovrà fare i conti, probabilmente per sempre, con il ricordo della gloria paterna e con la difficile ricerca di
una propria identità.

VALUTAZIONE CRITICA
Bertolucci non propone lo scenario padano di Tara (che è il nome della tenuta di Rossella O'Hara nel film Via
col vento e quindi allude chiaramente ad un universo di finzione, oltre che rimandare all'idea di un forte legame
con la propria terra d'origine) in termini realistici, ma deformandolo in chiave surreale in modo da renderlo
adatto ad accogliere una storia dalle evidenti connotazioni simboliche e psicanalitiche. Così come il percorso
di Athos-figlio ha la cadenza del sogno, allo stesso modo il microcosmo rurale in cui esso si inserisce è reiventato
nel senso di caricarlo di connotazioni ora fantastiche e visionarie, ora ambigue e misteriose, e immergerlo in
atmosfere magiche e sospese, a creare le quali contribuisce la preziosa ricerca fotografica di Storaro che sfrutta al
meglio le possibilità cromatiche del luogo e il sottofondo sonoro in presa diretta sovrabbondante di rumori della
campagna (il ronzio delle mosche, il gracidare delle rane. ecc..). Si può quasi dire che il regista, con un piccolo
budget, ci offra un saggio di come si possa girare un film a suo modo fantastico, senza plateali deformazioni
ed effetti speciali, ma reinventando uno spazio reale preesistente (la località di Sabbioneta nel mantovano e la
campagna circostante).

Da notare, inoltre, il lavoro di Bertolucci con la macchina da presa, con la quale disegna prolungati carrelli laterali
e circolari attorno ad Athos, a suggerire l'idea (centrale nell'economia espressiva del film) del progressivo
irretimento del personaggio in un reticolato da cui non riuscirà più a districarsi. Esempio stupendo di
compenetrazione di forma e contenuto.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                         Storia dell'antifascismo negli anni del regime.

Storia dell'arte             Sabbioneta, l'Atene dei Gonzaga.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/177.htm[12/07/2017 19:11:41]
Swing Kids

Swing Kids-Giovani ribelli


TITOLO ORIGINALE Swing Kids
REGIA Thomas Carter
SOGGETTO E Jonathan Marc Feldman
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Jerzy Zielinski (colori)
MUSICA James Corner
MONTAGGIO Michael R. Miller
INTERPRETI Robert Sean Leonard, Christian Bale, Frank Whaley, Barbara Hershey, Kenneth
Branagh (non omologato nel cast)
PRODUZIONE John Bard Manelius e Mark Gordon per Hollywood Pictures
DURATA 114’
ORIGINE USA, 1993
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Nazismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Amburgo, 1939. Nel pieno del nazismo imperversante e nell’imminenza della guerra tre giovani tedeschi si
rifiutano di far parte dell’Hitlerjugend e coltivano la passione per la musica da ballo americana, trascorrendo le
serate al Café Bismark. Guardati con sospetto dalle autorità, i tre amici stentano sempre di più a mantenersi
fedeli ai propri gusti e al loro ingenuo ribellismo e uno dopo l’altro finiscono per essere stritolati dalla spietata
macchina repressiva del regime.

TRACCIA TEMATICA
Quella dei tre giovani ribelli del film non può essere considerata come una e vera propria opposizione politica al
nazismo, ma certamente gli atteggiamenti, il vestiario e le musiche che essi sbandierano con quasi irresponsabile
spavalderia contraddicono nettamente la cultura di cui il regime hitleriano si nutre e il paradigma ideale
giovanile che esso propaganda.

La mancanza di consapevolezza politica (trattandosi di adolescenti cresciuti sotto il totalitarismo non può essere
altrimenti) e la suggestionabilità tipica dell’età (la pressione manipolatoria e persuasiva allestita nei loro confronti è
massiccia) li spingono ad aderire al nazismo e ad entrare nell’Hitlerjugend (con fanatico entusiasmo Thomas, quasi
con fatalistica rassegnazione Peter) oppure a farsi comprensibilmente travolgere da un destino avvertito ormai
come inesorabilmente avverso (l’ebreo Arvid).

In un certo senso si può considerare Giovani ribelli come una specie di romanzo di formazione nel quale la fine
della giovinezza e l’approdo all’età adulta coincidono con la scoperta dell’orrore presente nella realtà e nella
storia.

VALUTAZIONE CRITICA
Giovani ribelli è un film lodevole negli intenti di denuncia dell’oppressione nazista, certamente originale (quasi
mai il Cinema si era occupato degli anni trenta in Germania da questa ottica così particolare), in grado di pervenire
anche a momenti di intensa drammaticità (pensiamo soltanto alla macabra scoperta di Peter, quando apre una delle

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm027.htm[12/07/2017 19:11:41]
Swing Kids

cassette che stava consegnando alle vedove degli oppositori), capace anche di coinvolgere lo spettatore sul piano
emotivo (la sequenza finale su tutte le altre), ma irrimediabilmente afflitto da un senso di artificiosità ed
improbabilità. La ricostruzione d’epoca risulta approssimativa, le psicologie affrettatamente ritagliate (il passaggio
dal jazz al nazismo e viceversa non sempre appare ben motivato), i giovani protagonisti sembrano forse un po’
troppo vicini ai comportamenti e alla mentalità dei giorni nostri, la sceneggiatura risente di una certa tendenza alla
ripetitività e alla ridondanza e il film dura decisamente troppo in relazione al fatto che ancor prima della metà
ha già espresso quasi tutte le sue potenzialità narrative e morali.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                              A) Il nazismo

                                        B) Lo sterminio degli ebrei

Educazione musicale      Il jazz, lo swing e le altre musiche e canzoni americane del film

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Talk radio

Talk Radio
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Oliver Stone
SOGGETTO Dalla commedia di Eric Bogosian e Tad Savinar e dal libro Talked to Death: the
Life and Murder of Alan Berg di Stephen Singular
SCENEGGIATURA Eric Bogosian, Oliver Stone
FOTOGRAFIA Robert Richardson (colori)
MUSICA Stewart Copeland
INTERPRETI Eric Bogosian, Ellen Greene, Alec Baldwin, Leslie Hope
PRODUZIONE Edward R. Pressman per Cineplex Odeon Films
DURATA 110'
ORIGINE USA, 1988
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Radio Days

Radio/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Il film, ispirandosi ad una vicenda vera, ci racconta la storia dell'ascesa e della tragica fine di Barry
Champlaine, popolare star radiofonica d'una emittente locale di Dallas nel Texas, per la quale conduce il
programma d'intrattenimento notturno Voci della notte, dialogando con estrema franchezza e provocatoria
brutalità di modi e di linguaggio con gli ascoltatori che telefonano, intrattenendoli sugli argomenti più vari, dai
problemi intimi e personali alle opinioni politiche. La sua è una trasmissione di notevole successo, che ha
attirato l'attenzione di un grande network, che vorrebbe mandare Barry in onda su scala nazionale. Proprio
quando il suo talk show sembra apprestarsi ad un radioso futuro accade l'irreparabile.

TRACCIA TEMATICA
Il rapporto che Barry intrattiene con il suo pubblico è all'insegna del sadomasochismo: chi si mette in contatto
con lui confida le frustrazioni e debolezze più profonde e inconfessabili o dà sfogo ad un livore reazionario nutrito
di razzismo e intolleranza (pensiamo alle insistenti minacce del neonazista) per riceverne in cambio duri giudizi, se
non insulti. Barry (sostituto dello psicanalista o del confessore) non è una voce amica e accondiscendente, non
offre sostegno e comprensione, ma cerca di mettere in crisi con verità spesso impietose, i suoi interlocutori.
Niente di strano se alla fine il gioco vittima-carnefice si ribalta e Barry fa le spese di quell'immondizia morale di
cui si è nutrita la sua trasmissione.

Dietro la protezione dell'anonimato emerge tutta l'aggressività e la psicopatologia che, trattenuta nella
quotidianità dalle occupazioni diurne, straborda nella solitudine notturna. Si direbbe che il buio della notte
favorisca il bisogno di comunicazione di un'umanità sofferente e alienata, assolutamente incapace di avere un
rapporto minimamente sereno con sé e con gli altri.

Talk Show è anche un'amara riflessione su come la comunicazione massmediologica strumentalizzi a fini di

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Talk radio

audience le miserie umane scoperchiandole senza scrupoli in una specie di confessionale a cielo aperto (basti
pensare a tante nostre trasmissioni teleradiofoniche che si compiacciono della lacrima e del caso penoso).

VALUTAZIONE CRITICA
Stone crede in un Cinema intenso e adrenalinico, in grado di realizzare cioè il massimo di coinvolgimento
emotivo del pubblico, che deve essere investito da immagini e parole di grande impatto. La raffica di sfoghi
verbali di Voci della notte conosce poche soluzioni di continuità e diventa una colonna sonora ampiamente
prevalente, che conferisce al film una tonalità dominante sul concitato e il nevrotico che alla lunga può
portare lo spettatore ad un senso di fastidio e nausea. Lo stesso che s' impossessa di Barry, che sembra
sprofondare sempre più nel malsano meccanismo di dipendenza psicologica da lui stesso creato.

Assai appropriati in questo senso gli insistiti movimenti di macchina circolari che avvolgono il conduttore, a
suggerire l'idea del suo crescente intrappolamento-isolamento e la sequenza della sua risposta radiofonica alla
moglie, che dimostra quanto ormai il protagonista faccia fatica ad uscire dal suo ruolo, confondendo la dimensione
pubblica con quella privata.

Molto eloquente la carrellata finale sui grattacieli di una Dallas notturna, la cui snella modernità sembra
contrastare con le tante telefonate delle persone che li occupano, voci disperate della notte, ormai libere di
esprimere le loro distorte e bizzarre idee sul mondo e la vita senza più essere contraddette dalle brusche risposte di
Barry.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano     A) L'avvento delle radio libere a metà degli anni settanta.

                  B) Le attuali trasmissioni radiofonico-televisive di dialogo con gli ascoltatori-telespettatori: il talk-show,


la tv della lacrima, ecc..

Storia     I movimenti neonazisti negli USA.

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Telefonata per ricordare, Una

Una telefonata per ricordare


TITOLO ORIGINALE A Call To Remember
REGIA Jack Bender
SOGGETTO E Max Eisenberg
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA David Geddes (colori)
MUSICA Lee Holdridge
INTERPRETI Blythe Danner, Joe Mantegna, David Lascher
PRODUZIONE John V. Stuckmeyer per Universal
DURATA 106'
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Dopo l'Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, Società multietnica/Uomo


e Società

TRAMA
Spring, 1967. Paula e David Tobias sono due coniugi ebrei che si sono sposati subito dopo essere sopravvissuti
all'orrore dei lager nazisti, dove entrambi hanno perso le famiglie precedenti. Hanno due figli, di cui il
maggiore Jack, che frequenta l'università, ambisce da tempo ad andare a vivere da solo, sempre più insofferente
della possessività materna. Improvvisamente giunge la notizia che uno dei figli di Paula, creduto morto ai tempi
della guerra, è vivo e sta per ricongiungersi con la madre. La vita della famiglia è sconvolta.

TRACCIA TEMATICA
La condizione del sopravvissuto all'Olocausto è spesso segnata dalla difficoltà a rapportarsi con la tragica
esperienza che ha vissuto. Se poi si sono perse persone care, l'elaborazione del lutto risulta travagliata. Il tremendo
ricordo affiora continuamente, spesso mescolandosi con un tormentoso senso di colpa per essere scampato fra tanti
morti o per la convinzione di non aver fatto tutto il possibile per salvare i propri familiari.

E' lo stato d'animo della signora Paula, per la quale l'essersi creata una nuova famiglia non è stato sufficiente per
superare i fantasmi del passato, e anche del marito, che reagisce attraverso uno sforzo di rimozione (non parla mai
della morte dei figli) che sortisce l'esito opposto.

A pagare le conseguenze di questa sindrome sono i figli, schiacciati dalla pesante responsabilità di essere in un
qualche modo dei sostituti di chi non c'è più e oggetto di un meccanismo affettivo che non ha trovato ancora una
sua sistemazione.

Quando la notizia del ritorno del figlio creduto morto si rivela un falso, il fragile equilibrio su cui si è retta
sino a quel momento la famiglia Tobias sembra rompersi in modo definitivo.

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Telefonata per ricordare, Una

VALUTAZIONE CRITICA
Una telefonata per ricordare ci appare come un film troppo esile per riuscire a gestire in modo convincente
l'impegnativa problematica che affronta. I personaggi risultano delineati con affrettata superficialità e faticano a
comunicare compiutamente il tenore delle contraddizioni che li assillano. La finale guarigione di Paula dalla
depressione che la sta annientando è più miracolosa che psicologicamente motivata, le intemperanze del figlio Jack
sembrano troppo sopra le righe e il personaggio del padre Davide rimane irrisolto.

Tutto scivola troppo precipitosamente verso un consolatorio lieto fine per il quale, nel corso del film, non
sono stati posti credibili presupposti.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La persecuzione antisemita in Europa. B) Lo sterminio del popolo ebraico.

Geografia   La comunità ebraica negli USA.

Storia delle religioni   La religione ebraica.

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Tempi moderni

Tempi moderni
TITOLO ORIGINALE Modern Times
REGIA Charlie Chaplin
SOGGETTO E Charlie Chaplin
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Rollie Totheroh (bianconero)
MUSICA Charlie Chaplin
MONTAGGIO Charlie Chaplin
INTERPRETI Charlie Chaplin, Paulette Godard
PRODUZIONE United Artists
DURATA 85'
ORIGINE USA, 1936
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI La Grande Depressione/Catena di Montaggio-Classe operaia

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
America, anni trenta. Charlot lavora in una grande fabbrica, dove avvita bulloni alla catena di montaggio.
Impazzito a causa del ritmo accelerato della catena, finisce in manicomio. Quando ne esce, viene scambiato per
un agitatore politico e finisce in prigione. Uscito anche dalla prigione, incontra una ragazza che vive in una
cadente baracca di legno e ne diventa amico. Successivamente si fa assumere come guardiano notturno in un
grande magazzino, di nuovo in fabbrica e infine come cameriere in un ristorante. Rimasto di nuovo senza
lavoro si incammina fiducioso con la ragazza lungo una strada dritta che si perde all'orizzonte.

TRACCIA TEMATICA
Della modernità cui accenna il titolo Chaplin critica la crescente disumanizzazione imposta
dall'asservimento dell'operaio alle macchine nella civiltà industriale (ben espresso nella sequenza della catena
di montaggio, dove l'operaio è ridotto a puro ingranaggio costretto a ripetere ossessivamente gli stessi gesti) e da
una società basata sulla diseguaglianza e l'ingiustizia che calpesta la dignità umana. L'unica alternativa a
questo destino di sfruttamento e alienazione va ricercata nella fantasia e nella creatività (il balletto sui pattini
sull'orlo dell'abisso e la canzone che improvvisa al ristorante) e, soprattutto, la capacità di saper guardare sempre
con rinnovato ottimismo al futuro (lo splendido finale).

Uscito nel 1936 in piena Grande Crisi (e quindi in un periodo di forti tensioni sociali) il film venne osteggiato negli
Stati Uniti e nella Germania nazista sotto l'accusa di sovversivismo e comunismo (e questo, nonostante la critica
all'industrialismo taylorista potrebbe riguardare anche il contemporaneo Stakanovismo sovietico). Sicuramente
acuta l'osservazione di chi ha intravisto, invece, nel film di Chaplin una specie di anticipazione dell'ideologia
giovanilistica del movimento hippy degli anni Sessanta, basata sul rifiuto del lavoro salariato e della

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Tempi moderni

dipendenza dalla tecnologia.

VALUTAZIONE CRITICA
Film sonoro ma non parlato (se si esclude qualche borbottio indistinto) testimonia della ritrosia di Chaplin ad
adattarsi all'avvento del Cinema sonoro sin a tutto il 1936 (si direbbe che il suo rifiuto delle innovazioni della
modernità si estenda dal contenuto del film alle scelte formali).

La mancanza delle parole non solo non costituisce un limite, ma accentua la forza espressiva del film,
interamente affidato alla gestualità e all'azione come all'epoca del muto, nel senso dell'immediatezza e dell'efficacia
comunicativa. Tempi moderni è la prova mirabile di come si possa affrontare una tematica di grande rilievo
sociale, come l'alienazione del lavoro di fabbrica e la disoccupazione, con lo strumento dell'umorismo e del
grottesco, pervenendo agli stessi esiti di denuncia di tanti drammi sociali a tinte forti o piattamente didascalici.

Il miracolo dell'arte chapliniana non si esaurisce, però, in questa leggerezza di tocco  che caratterizza il suo sguardo
sulla realtà del suo tempo, ma raggiunge il culmine nella capacità di innestare sullo sfondo prosaico della
civiltà contemporanea momenti di autentica tensione poetica che riescono ancora a commuovere lo
spettatore.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La catena di montaggio e il taylorismo.

B) La Grande Depressione degli anni Trenta.

C) Lo Stakanovismo in Unione Sovietica.

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Terra e libertà

Terra e libertà
TITOLO ORIGINALE Land and Freedom
REGIA Ken Loach
SOGGETTO E Jim Allen
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Barry Ackroyd (colori)
MUSICA George Fenton
MONTAGGIO Jonathan Morris
INTERPRETI Ian Hart, Rosana Pastor, Iciar Bollain, Tom Gilroy, Marc Martinez, Frederic
Pierrot
PRODUZIONE Parallax Pictures, Messidor Films, Road Movies Dritte
DURATA 110'
ORIGINE Gran Bretagna, 1995
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Guerra di Spagna

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Guerra di Spagna, 1936-1939. David, membro del partito comunista inglese, arriva in Spagna come volontario
per arruolarsi nelle brigate del Partito Operaio Unificato Marxista (POUM) di tendenza anarchica. Ben presto si
rende conto che i brigatisti del POUM, oltre a combattere contro i franchisti, devono vedersela con un altro
nemico, cioè con gli stalinisti fedeli a Mosca, formalmente loro alleati, di fatto ostili a qualunque organizzazione
politica che sfugga al loro controllo. Alla fine il POUM viene sciolta con la forza delle armi dall'esercito
repubblicano.

TRACCIA TEMATICA
Terra e libertà intende essere, innanzittutto, un omaggio a coloro che hanno combattuto nella Guerra Civile
Spagnola contro il fascismo di Franco. In particolare i volontari delle Brigate Internazionali provenienti da tutto
il mondo, che in nome di ideali di giustizia e libertà sono accorsi in aiuto della Repubblica Spagnola. Il fatto che
l'intera storia sia rivissuta dalla giovane nipote di David, attraverso i ricordi lasciati dal nonno, sottolinea la
necessità e l'augurio che la memoria di questa lotta sia tramandata alle generazioni future.

Il film di Loach è anche, però, un vibrante e sdegnato atto d'accusa contro lo stalinismo che egemonizzava
negli anni trenta il movimento comunista e che in Spagna cercava di imporre con la repressione e la violenza la
propria linea all'intero del fronte antifascista, indebolendo così l'unità d'azione e di lotta contro il nemico franchista.

A far le spese di questo sciagurato conflitto intestino furono soprattutto gli anarchici, che propugnavano una
linea di radicale rivoluzione sociale (pensiamo al progetto di collettivizzazione delle terre di cui i miliziani del

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Terra e libertà

POUM discutono con i contadini) in contrasto con le più moderate riforme introdotte dal governo repubblicano, e
tutti quei comunisti e socialisti non allineati con le posizioni ufficiali dell'Internazionale comunista di stretta
fedeltà sovietica.

Sullo sfondo di questa insensata guerra fratricida si staglia il sanguinoso conflitto tra repubblicani e franchisti
(condotto con estrema ferocia, come testimoniano le immagini della conquista del villaggio da parte del POUM),
rievocato nel suo carattere di una terribile lotta di classe tra il proletariato spagnolo (specie contadino) e i
ceti ricchi e privilegiati (specie la proprietà fondiaria) sostenuti dalla Chiesa cattolica.

VALUTAZIONE CRITICA
Loach intreccia la dimensione storica del film, quella pervasa dall'urgenza di svolgere l'appassionata denuncia
della criminale repressione stalinista di quei settori della sinistra rivoluzionaria ai quali egli stesso si sente più
vicino (il regista è politicamente orientato verso la sinistra libertaria ed anarchica britannica), con quella
sentimentale e lirica, che si esprime in particolare nella storia d'amore fra David e Blanca e nel commosso
commiato della nipote Kim al funerale del nonno.

Questa diversità di ispirazione che attraversa il film determina un'indubbia discontinuità

di toni e registri, nella quale alcuni critici hanno individuato un preciso limite della pellicola incapace di pervenire
alla necessaria compattezza stilistica, per cui i sommessi momenti di analisi psicologica (la crisi politica di David)
e di abbandono poetico (il pugno di terra spagnola che passa da David alla nipote) stridono con le immagini
crudamente realistiche e di troppo esibita drammaticità con cui vengono descritti gli scontri armati e i massacri.
Altri critici, al contrario, hanno visto in positivo questa mancanza di unità espressiva, come il giusto riflesso della
lacerazione presente nell'animo del regista fra le ragioni del cuore che lo spingono ad identificarsi con il dramma
esistenziale e morale di David e con gli ideali che il personaggio incarna e le ragioni dell'intelletto (freddamente
determinato a riaprire ferite mai rimarginate della stessa parte politica cui egli stesso appartiene), che lo inducono
ad un resoconto oggettivo e documentaristico della tragica sconfitta subita in Spagna dal movimento operaio e
democratico.

Aldilà di questa difformità di giudizio va, comunque, riconosciuto a Loach il merito di aver affrontato una
pagina di storia poco frequentata dal Cinema, contribuendo a tenere viva la memoria su vicende cruciali del
secolo che stiamo per lasciare alle spalle.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                   A) La Guerra Civile Spagnola.

B) Composizione e articolazione politica del governo repubblicano.

C) Le Brigate Internazionali.

D) La Terza Internazionale e lo stalinismo.

E) Il movimento anarchico.

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agorà

Terraferma
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Emanuele Crialese
SOGGETTO E Emanuele Crialese, Vittorio Moroni
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Fabio Cianchetti
MONTAGGIO Simona Paggi
MUSICA Franco Piersanti
INTERPRETI Donatella Finocchiaro (Giulietta), Filippo Pucillo (Filippo), Beppe Fiorello
(Nino), Mimmo Cuticchio (Ernesto), Tiziana Lodato (Maria), Martina Codecasa
(Maura),  Claudio Santamaria (Il finanziere), Timnit T. (Sara)
PRODUZIONE Riccardo Tozzi, Marco Chimenz, Giovanni Stabilini, Fabio Conversi per
Cattleya/Babe Films/France 2 Cinéma
DURATA 88'
ORIGINE Italia-Francia, 2011
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Lamerica Leuropa litalia  


Problemi dell’immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza,
immigrazione, società multietnica/Uomo e società
 

  

TRAMA
Il vecchio Ernesto e il giovane nipote Filippo vivono un’isola siciliana e fanno i pescatori, entrambi
affettivamente legati al loro lavoro e alla loro terra. Giulietta, la madre di Filippo, è rimasta vedova
e vorrebbe trasferirsi col figlio nel continente alla ricerca di una vita migliore. Nino, l’altro figlio di
Ernesto, fa l’animatore turistico sull’isola e guadagna bene.    

L’arrivo sul posto di un gruppo di profughi africani sconvolge la stagione turistica e la vita di molti
isolani.

TRACCIA TEMATICA
“Terraferma” è un film di aspre contrapposizioni. Alla legge del mare, che impone il
soccorso ai naufraghi si oppone la legge dello Stato, che ordina i respingimenti; all’ostile
indifferenza verso la sofferenza dell’”altro” si oppone l’umana solidarietà; all’attaccamento di
Ernesto alla propria terra natale con la sua cultura e le sue tradizioni si oppone l’inquieta
insofferenza di Giulietta , che vorrebbe trasferirsi per realizzare migliori condizioni di vita; alla
tragedia dell’immigrazione si oppone la spensieratezza vacanziera dei turisti; al desiderio di Sara
di ricongiungersi col marito a Torino si oppone la crudele legge tribale della sua famiglia; infine
il personaggio di Filippo consuma in sé stesso il dissidio tra la pulsione alla fuga e il richiamo
degli affetti che lo tengono legato all’isola.

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agorà

Giulietta e Filippo rispecchiano il loro desiderio di svolta esistenziale nel personaggio di


Sara, che simboleggia nel modo più lacerante lo scontro tra il peso del passato e la voglia di
futuro. La scelta finale di Filippo scioglie la drammatica tensione in un gesto d’aiuto che si
fa necessità morale: salvando Sara, Filippo  probabilmente salva anche sé stesso conquistando
la maturità e la consapevolezza dell’età adulta.
 

VALUTAZIONE CRITICA
Il regime registico è dominato da un intrecciarsi di registro realistico e registro surreale, in
sintonia con la centralità della contrapposizione dualistica che sta alla base della storia.

Di notevole impatto le sequenze visionarie che contrappuntano lo scorrimento


prevalentemente realistico-documentarista del film e che sottolineano la partecipazione
morale del regista: in particolare i volgari rituali vacanzieri dei turisti, ispirati ad una subcultura
esibizionistica di derivazione televisiva; poi l’assalto dei profughi alla barca di Filippo, momento
trasfigurato in un’atmosfera allucinatoria  da incubo (è impossibile rimuovere l’invocazione di
aiuto che proviene da un’umanità disperata); e infine la ripresa dall’alto del peschereccio con cui
Filippo raggiunge la terraferma con a bordo Sara, circonfusa da un magico e fiabesco alone di
definitiva liberazione.  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto           Le leggi italiane sull’immigrazione.

Geografia     L’isola di Linosa.

 
 

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agorà

The Conspirator
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Robert Redford
SOGGETTO E James D. Solomon
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Newton Thomas
MONTAGGIO Craig McKay
MUSICA Mark Isham
INTERPRETI James McAvoy (Frederick Aiken), Robin Wright (Mary Surratt), Kevin Kline
(Edwin Stanton), Tom Wilkinson (Reverdy Johnson), Evan Rachel Wood (Anna
Seurat), Justin Long (Nicholas Baker), Danny Huston (Joseph Holt)
PRODUZIONE Bill Holderman,  Robert Redford, Greg Shapiro, Robert Stone, Webster Stone per
The American Film Company
DURATA 122’
ORIGINE Stati Uniti, 2010
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Guerra di secessione americana  


Ottocento/Cinema e storia
 

  

TRAMA
Dopo l'assassinio di Abraham Lincoln, un gruppo di sette uomini e una donna viene arrestato
con l'accusa di aver cospirato per uccidere il Presidente, il Vice Presidente e Segretario di
Stato. L'unica donna accusata è la quarantaduenne Mary Surratt, proprietaria di una casa
dove John Wilkes Booth e gli altri pianificarono l'assassinio. Il ventisettenne Frederick Aiken,
valoroso soldato nella Guerra Civile diventato avvocato, viene incaricato controvoglia di
difendere Mary di fronte ad un tribunale militare.
 

TRACCIA TEMATICA
Uno Stato che vuol essere democratico non deve mai venir meno al rispetto della giustizia e
dei diritti civili anche di fronte ai più feroci dei delitti, pena la negazione della sua stessa
natura. Questo vale in particolare per gli Stati Uniti, che dovrebbero essere un riferimento
riconosciuto a livello mondiale per il rispetto delle libertà e delle garanzie individuali.

Redford (da sempre regista impegnato sul fronte democratico-progressista) rievoca (sulla base di
un’accurata ricerca condotta su libri, documenti, trascrizioni di udienze) lo svolgimento di un
processo iniquo che portò ad un’ingiusta condanna a morte di un’innocente,  per affermare la
validità di questi principi in un’America contemporanea sempre tentata di violarli nel
clima di lotta al terrorismo.

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agorà

E’ significativo in questo contesto che a difendere l’imputata sia un avvocato che ha combattuto
dalla parte del nord e del Presidente Lincoln, a dimostrazione che l’affermazione di certi principi,
che dovrebbero essere universalmente condivisi, travalica ogni collocazione di parte.
 

VALUTAZIONE CRITICA
Il cinema di Redford è certamente da annoverare fra gli esempi migliori del genere di
impegno politico-civile statunitense (che negli States, per altro, ha una significativa tradizione,
tra cui la stagione della New Hollywood degli anni Sessanta-Settanta, che ebbe nel Redford
attore uno dei suoi simboli).

Il film riesce a fondere il contenuto assertivo (la denuncia di una deriva emergenziale
all’insegna di una nefasta ragion di Stato) con una pregevole dimensione formale che sa
ricostruire con estrema precisione e rispetto filologico gli scenari d’epoca ottocentesca
(l’uso dei colori sbiaditi e dell’effetto “autochrome”, adottato alle origini del cinema dai fratelli
Lumière per colorare artificialmente i fotogrammi,  fa assumere alle immagine un surplus di
suggestione realistica) e che sa conferire  alla gestione dell’illuminazione una incisiva valenza
connotativa (il buio e la penombra del carcere, come spazio da esplorare per essere rischiarato
col tempo  dalla luce della verità, la nebbia che avvolge Mary e Frederick nell’aula del processo,
come metafora del dubbio contrapposto alla netta, ma ingannevole, luminosità della postazione
dei testimoni mendaci).
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia      La guerra di secessione americana-L’uccisione di Lincoln e il processo ai presunti
colpevoli.

Diritto     La legislazione emergenziale statunitense all’indomani degli attentati dell’11 settembre


2001.
 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0036.htm[12/07/2017 19:11:45]
Thirteen Days

Thirteen Days
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Roger Donaldson
SOGGETTO Dal Libro The Kennedy Tapes. Inside the White House During the Cuban Missile
Crisis di Ernest R. May e Philip D. Zelikow
SCENEGGIATURA David Self
FOTOGRAFIA Andrzej Bartkowiak (colori)
MUSICA Trevor Jones
MONTAGGIO Conrad Buff IV
INTERPRETI Kevin Costner, Bruce Greenwood, Steven Culp, Dylan Baker, Henry Strozier
PRODUZIONE Marc Abraham, Peter O. Donald, Armyan Bernstein, Kevin Costner, Kevin
O’Donnel
DURATA 145’
ORIGINE USA, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Guerra Fredda/Terrore nucleare/Maccartismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Ottobre 1962. I sovietici preparano l’installazione di missili a testata nucleare sull’isola di Cuba. Gli Stati Uniti,
ritenendosi minacciati, intimano all’Urss di non portare a compimento il progetto. Mentre le navi sovietiche con
a bordo i missili destinati a Cuba stanno navigando sull’isola, il presidente americano John Kennedy, insieme al
suo staff di collaboratori, vive dei giorni di grande tensione cercando di evitare che il mondo precipiti in un
conflitto nucleare. 

TRACCIA TEMATICA
Al centro della rievocazione di questi tredici giorni del 1962, nel corso dei quali si profilò sul nostro pianeta
l’ombra della terza guerra mondiale, è collocata la figura del presidente statunitense John Kennedy (il più amato
dagli americani), investito della pesante responsabilità di gestire una crisi drammatica. L’eroe del film è lui,
personaggio rappresentato a tutto tondo, costretto a districarsi fra pulsioni e sollecitazioni opposte e in
particolare a contrastare le frenesie belliciste delle alte sfere militari, propense all’uso della forza, cercando di
raggiungere un accordo con i sovietici e di salvare la pace.

Appare evidente, in questa caratterizzazione positiva del personaggio Kennedy, l’anima democratica ed
antimilitarista del film, autorevolmente rappresentata dall’attore Kevin Costner (notoriamente collocato su
posizioni progressiste ed anche produttore della pellicola) che interpreta il ruolo del consigliere più autorevole del
presidente, insieme a lui impegnato a contrastare ogni irresponsabile avventurismo. Di quest’ultimo personaggio
si vuole sottolineare   soprattutto la spiccata identità patriottica e nazionale espressa in modo esemplare dal
cittadino medio statunitense, i cui valori (attaccamento alla famiglia, solido senso etico, fedeltà alla nazione,
spirito di sacrificio) Costner simboleggia degnamente sin dall’inizio del film durante il rito (molto americano) del
Breakfast che riunisce tutta la famiglia.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm028.htm[12/07/2017 19:11:45]
Thirteen Days

VALUTAZIONE CRITICA
Thirteen Days non può non rimandare al film di O. Stone JFK e proprio l’attore Costner, che lì interpretava il
ruolo del procuratore Garrison, grande ammiratore del defunto Kennedy e intenzionato ad imporre la verità sul suo
assassinio, costituisce l’elemento d’unione fra le due pellicole. Come nel film di Stone, anche qui si opta per un
montaggio dinamico e incalzante, che alterna immagini in bianconero con immagini a colori, inserendo anche
molti documenti d’epoca, e per l’uso di attori che assumono il volto di uomini celebri (operazione questa
sempre in bilico sul kitsch). La struttura spazio-temporale appare, tuttavia, semplificata rispetto al ben più
complesso e frammentato modello citato, concentrandosi su pochi giorni e basandosi sull’alternanza interno (la
sala del consiglio di difesa della Casa Bianca a Washington) -esterno (l’isola di Cuba e il Mar dei Carabi che la
circonda) e, sul primo versante (l’interno), sulla contrapposizione fra colombe (Kennedy e i suoi più stretti
collaboratori) e falchi (i generali impazienti di attaccare) e, sul secondo (esterno), sul confronto-scontro tra le
due superpotenze USA-URSS.  

Ne consegue un impianto narrativo che produce tensione e alimenta il coinvolgimento dello spettatore. La
fedeltà storica (continuamente richiamata da riferimenti precisi e puntuali) si mescola all’incidere incalzante e
ansiogeno del thriller, in un connubio di indubbia efficacia spettacolare. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI

Storia                     A) La Guerra Fredda


B)   La crisi dei missili del 1962

C)  La rivoluzione cubana   

D)  La presidenza Kennedy

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Tiro al bersaglio

Tiro al bersaglio
TITOLO ORIGINALE Shot Throught the Heart
REGIA David Attwood
SOGGETTO Basato sull’articolo Antisniper di John Falk
SCENEGGIATURA Guy Hibbert
FOTOGRAFIA Gabor Szabò (colori)
MUSICA Edward Sheamur
INTERPRETI Linus Roache, Vincent Perez, Lia Williams, Adam Kotz
PRODUZIONE Alliance Communications, Company Pictures and Transatlantic Media Associates
Production
DURATA 107’
ORIGINE Canadà/Gran Bretagna/Ungheria, 1998
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e società

Conflitti etnici

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Sarajevo, 1992. Vlado e Slavo, oltre ad essere due campioni nazionali del tiro al bersaglio, sono grandi amici,
nonostante il primo sia mussulmano e il secondo serbo. Allo scoppio della guerra civile le due comunità cui i
due amici appartengono iniziano a combattersi sanguinosamente. Slavo si arruola entusiasta nelle file serbe ed
anche Vlado, che inizialmente aveva rifiutato l’idea dello scontro fra etnie, si vede costretto ad imbracciare il
fucile per difendere la propria casa e la vita dei familiari. Alla fine il destino metterà i due amici l’uno di fronte
all’altro.

TRACCIA TEMATICA
Sarajevo ha rappresentato per molto tempo un esempio di pacifica coesistenza fra etnie diverse. Per anni
mussulmani, croati e serbi hanno vissuto a stretto contatto, sposandosi fra di loro e coltivando rapporti di amicizia.
L’inizio del film sottolinea questa atmosfera di fraterna convivenza, proponendo immagini di serena vita quotidiana
di una comunità che sembra voler unicamente vivere in pace.

Lo scoppio della guerra nel 1992 ha frantumato questo equilibrio, portando l’odio e la divisione all’interno
dello stesso quartiere, condominio e, a volte, della stessa famiglia. Una tragedia tanto più assurda e insensata
quanto più inaspettata e incontrollabile.

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Tiro al bersaglio

Vlado, che pur rappresenta le istanze della ragionevolezza e del buonsenso, non può a fare a meno di essere
coinvolto suo malgrado nei combattimenti, mentre il suo amico Slavo aderisce con convinzione al richiamo
dell’appartenenza etnica, che si illude di poter mantenere separata dalla dimensione affettiva salvando il miglior
amico e la sua famiglia. Quando, però, il demone perverso dell’odio etnico finisce per prevalere esso travolge
tutto in un baratro di morte e distruzione.

VALUTAZIONE CRITICA
Tiro al bersaglio (girato a Sarajevo pochi anni dopo la fine della guerra e ispirato ad una storia vera) ha il merito
di trattare il tema della guerra civile yugoslava dall’interno della comunità interetnica di Sarajevo,
penetrando nel profondo delle lacerazioni che il conflitto ha prodotto. Il film non si occupa delle grande storia,
ma delle conseguenze che il conflitto provoca sulla vita quotidiana e la sfera umana e psicologica di chi ne è
coinvolto, focalizzandosi con incisiva progressione drammatica sulle contrapposizioni che si scavano tra persone
sino al giorno prima legate da solidi vincoli d’amore e d’amicizia.

Tiro al bersaglio riesce, inoltre, a inserire con efficacia l’ambito individuale e privato nel dramma collettivo
della città bosniaca: pensiamo alle agghiaccianti immagini dell’ospedale e alla intensa sequenza finale del
cimitero della città, le cui dimensioni vanno lievitando progressivamente sotto i nostri occhi a darci l’idea delle
immani dimensioni della tragedia che si sta consumando.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La guerra civile Yugoslava e la fine della Federazione di Yugoslavia.

               B) La guerra di Bosnia con particolare riferimento alla città di Sarajevo.

Geografia     La città di Sarajevo e la composizione etnica della Bosnia.

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Tiro al piccione

Tiro al piccione
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giuliano Montaldo
SOGGETTO Dal romanzo di Gioise Rimanelli
SCENEGGIATURA Ennio De Concini, Fabrizio Onofri, Luciano Martino, Giuliano Montaldo

FOTOGRAFIA Carlo Di Palma (bianconero)


MUSICA Carlo Rustichelli
MONTAGGIO Nono Baragli
INTERPRETI Jacques Charrier, Sergio Fantoni, Eleonora Rossi Drago, Gastone Moschin,
Francisco Rabal
PRODUZIONE Ajace-Euro Int.
DURATA 114’
ORIGINE Italia, 1961
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Fascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Settembre 1943.Il giovane Marco Laudato si arruola nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana.
Insieme ai commilitoni partecipa ad un’operazione bellica nel corso della quale rimane ferito. Trattato come un
eroe, trascorre un periodo di convalescenza in ospedale, dove conosce Anna, una signora della quale
s’innamora. La parentesi sentimentale è, però, breve, perché Marco torna al suo reparto. Per la Repubblica di
Salò la situazione è diventata ormai insostenibile e il crollo del fascismo e del suo alleato nazista è prossimo.
Dopo aver visto i suoi commilitoni morire uno dopo l’altro oppure disertare ignominiosamente, Marco perde
ogni speranza e il desiderio di combattere.

TRACCIA TEMATICA
Le motivazioni che spingono Marco ad arruolarsi nelle Brigate Nere della Repubblica di Salò appaiono esili
e confuse (un istintivo patriottismo, uno slancio di generoso combattentismo, un desiderio di un gruppo in grado di
fornire un forte senso di appartenenza piuttosto che una convinta adesione all’ideologia fascista). In questo senso
il film offre una sua risposta al perché molti giovani abbiano aderito nel 1943 ad un progetto politico sin
dall’inizio votato al fallimento come quello della Repubblica Sociale Italiana, propaggine collaborazionista e
subalterna del nazismo agonizzante.

L’ingenuo entusiasmo di Marco e il suo temperamento franco e spontaneo contrastano con l’ambiente
squadristico in cui è inserito, segnato da un militarismo velleitario e fanatico, dietro cui spesso si nascondono
ipocrisia e cinismo (l’eterna contrapposizione fra l’idealismo dei giovani e il vile opportunismo degli adulti).

Nella materna Anna e nell’amicizia virile con il vissuto Elia il giovane soldato trova forse un surrogato di figure
familiari assenti. L’amara constatazione del tradimento proprio da parte di coloro nei quali aveva riposto il maggior
investimento affettivo provoca in Marco una traumatica disillusione che lo lascia in una disperata
solitudine.     

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Tiro al piccione

VALUTAZIONE CRITICA
Opera prima di Montaldo, Tiro al piccione propone un’ottica per l’epoca (siamo all’inizio degli anni Sessanta)
decisamente inedita e indubbiamente anticonformista, e cioè quella della guerra civile 1943-45 vissuta dal
punto di vista di un fascista repubblichino (e non, com’era allora consueto e prevedibile, di un combattente
antifascista).

Per il resto il film si ispira allo schema narrativo consolidato dalla tradizione letteraria del romanzo di formazione,
incentrato su un percorso esistenziale di un giovane personaggio che sconta la fine delle illusioni e l’approdo
alla maturazione dell’età adulta. La qualità migliore della pellicola va ricercata proprio nell’efficace
delineazione del sofferto itinerario morale del protagonista, esplorato con particolare attenzione alla dimensione
psicologica. In sintonia con la triste parabola umana di Marco si colloca l’ambientazione, che passa dalla
solarità estiva dell’inizio (l’arrivo in una caserma immersa nella febbrile atmosfera del reclutamento) al cupo
grigiore autunnale delle brumose città padane per concludersi con il raggelante paesaggio invernale che incornicia
il desolante epilogo della vicenda.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia              a)  Il fascismo

                        b)  L’Italia nella Seconda Guerra Mondiale

c)       La Repubblica Sociale Italiana

d)       Il dibattito storiografico sui Ragazzi di Salò negli anni Novanta

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Tobruk

Tobruk
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Arthur Hiller
SOGGETTO E Leo V. Gordon
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Russell Harlan (colori)
MUSICA Bronislaw Kaper
MONTAGGIO Robert C. Jones
INTERPRETI Rock Hudson, Nigel Green, George Peppard
PRODUZIONE Gibralter
DURATA 107'
ORIGINE USA, 1967
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Africa settentrionale, 1943. Una spedizione britannica capeggiata dal colonnello Harcher e guidata tra le insidie
del deserto dall'esperto maggiore Craig si camuffa da colonna motorizzata tedesca con prigionieri inglesi grazie
all'apporto di un gruppo di ebrei d'origine germanica. L'obiettivo è Tobruk, in territorio libico controllato
dall'Asse, dove i tedeschi hanno concentrato dei depositi di carburante, che il colonnello Harcher intende
distruggere. Dopo un lungo attraversamento del deserto, nel corso del quale la colonna si imbatte in ogni genere
di pericoli, i falsi tedeschi arrivano a Tobruk, dove si scatena uno scontro sanguinoso con i nemici.

TRACCIA TEMATICA
Tobruk propone uno dei luoghi più frequentati dal Cinema bellico: l'impresa disperata portata avanti da un
manipolo di uomini. La dimensione epico-avventurosa finisce così per prevalere su quella storica, che diventa un
puro pretesto per imbastire avvincenti sequenze d'azione. In questo contesto l'inserimento della tematica della
persecuzione antisemita sembra assolvere al compito di un richiamo doveroso ai giusti valori per i quali i
protagonisti combattono per poi rimanere un corpo estraneo nel tessuto narrativo di un film che si muove in altra
direzione.

La riflessione sul rapporto tra il rifiuto dell'azione temeraria e ad alto tasso di rischio e lo slancio eroico al
sacrificio (che si sintetizza nel personaggio del maggiore Craig) rimane tutto in superficie, appena abbozzato,
senza dotarsi della spinta necessaria per diventare tematica viva del film.

A vent'anni e più dalla fine della guerra il Cinema si sentiva ormai padrone di riandare al conflitto mondiale quasi
del tutto svincolato dalla necessità di insistere più di tanto sulla contrapposizione ideologico-etica tra nazismo e

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Tobruk

libertà, per spremere il massimo dalle opportunità spettacolari del genere bellico.

VALUTAZIONE CRITICA
Tipica produzione spettacolare hollywoodiana, Tobruk offre il meglio nelle scene di battaglia, ricostruite con
grandiosa spettacolarità e ingente impiego di mezzi. Il paesaggio del deserto viene poi sfruttato nella sua
valenza scenografica di esotica suggestione, mettendo in campo le convenzioni consolidate, come i campi lunghi,
le carrellate aeree e gli orizzonti fiammeggianti al tramonto, e di discreta resa appaiono anche alcune sequenze di
tesa suspense (come la ricerca delle mine da parte di Craig).

Assai meno convincenti, invece, la delineazione dei personaggi, le cui psicologie sono descritte in modo
approssimativo, e i conflitti interpersonali, che non sempre riescono a trovare una solida motivazione narrativa
(troppo scontato e fiacco il contrasto fra la rigida determinazione britannica del colonnello Hacher e il distaccato
scetticismo del quasi americano Craig).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                        A) La Seconda Guerra Mondiale.

                                  B) La Battaglia del deserto.

Geografia                 Il deserto del Sahara e Tobruk.

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Tora Tora

Tora! Tora! Tora!


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Richard Fleischer
SOGGETTO Dall'omonimo romanzo di Gordon A. Prange
SCENEGGIATURA Larry Forrester, Hideo Oguni, Ryuzo Kikushima
FOTOGRAFIA Sinsaku Himeda, Masamichi Satoh, Osami Furuya, Charles F. Wheeler (colore)
MUSICA Jerry Goldsmith
INTERPRETI Martin Balsam, Joseph Cotten, E. G. Marshall, Jason Robards, Sou Yamamura,
Tatsuya Mihashi, Takahiro Tamura, Eijiro Tono
PRODUZIONE An Elmo Williams-Richard Fleischer Production per Twentieth Century Fox
DURATA 137'
ORIGINE USA, 1970
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
1941. Il Giappone, alleato della Germania, sta preparando l'attacco a sorpresa alla base navale americana di
Pearl Harbour. Gli Stati Uniti prevedono l’imminenza dell'azione, ma sottovalutano colpevolmente numerosi
segnali che la preannunciano. Quando i giapponesi, il 7 dicembre 1941, sferrano il loro micidiale attacco alle
Hawai, colgono completamente impreparata la difesa statunitense e riescono a distruggere buona parte della
flotta militare nemica.

TRACCIA TEMATICA
Tora! Tora! Tora! intende ricostruire, in termini di fedeltà alla realtà storica ed affidandosi a troupe e cast dei due
paesi exbelligeranti, gli eventi che precedettero l’attacco giapponese alla base di Pearl Harbour, punto d’inizio della
guerra del Pacifico. Il film contrappone e alterna i differenti modi con cui americani e giapponesi vivono i
giorni che precedono l’attacco: i primi all’insegna di un colpevole atteggiamento di sottovalutazione del pericolo,
sostanzialmente scettici di fronte a tutta una serie di segnali e avvertimenti allarmanti, i secondi in uno stato di
crescente concentrazione ed eccitazione, intenti a preparare con scrupolosa meticolosità un’operazione che,
secondo le loro intenzioni, avrebbe dovuto dare loro sin dall’inizio una netta superiorità sui mari.

Ciò che in particolare preme al film, inoltre, è sottolineare l’atteggiamento di consapevolezza (forse eccessiva
e troppo lucida in quel particolare momento storico) dell’ammiraglio in capo della flotta giapponese Yamamoto
(che pure volle fortemente l’attacco a Pearl Harbour) della netta superiorità del nemico e, quindi,
dell’inevitabilità della vittoria finale degli USA. L’enfasi posta proprio nell’epilogo nel ricordare la pessimistica
previsione di Yamamoto sugli esiti della guerra per l’Impero del Sol Levante costituisce l’unica consolazione in

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Tora Tora

chiave nazionalistica per il pubblico americano che ha assistito alla rievocazione di una delle pagine più nere
della storia patria.

VALUTAZIONE CRITICA
Kolossal storico di grande impegno produttivo, Tora! Tora! Tora! si divide in due parti: la prima incentrata
sui giorni che precedono il proditorio attacco giapponese senza dichiarazione di guerra, dominata da una struttura
corale che articola l’azione in una pluralità di punti di vista parziali e di personaggi (di diverso peso e rilevanza
storica) che si rapportano in modo assai diverso all’attesa dell’evento chiave, secondo una modalità tipica del
Cinema hollywoodiano (pensiamo al filone catastrofico) di costruire una nutrita tipologia umana in grado di
coprire un ampio ventaglio di caratteri e di atteggiamenti (con quel tanto di gusto aneddotico che intende
alleggerire la tensione narrativa); la seconda è, invece, dominata dalla grandiosa sequenza dell’incursione a Pearl
Harbour, dove il film dispiega in tutta la sua ricchezza di mezzi la propria valenza spettacolare (anche qui
senza rinunciare alla deviazione gustosa, come la lezione di pilotaggio nel bel mezzo dell’attacco giapponese o il
volo radente del caccia nemico scambiato per una bravata durante l’alzabandiera).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Seconda Guerra Mondiale.

B) L’attacco giapponese a Pearl Harbour.

C) La battaglia del Pacifico.

Geografia              Le isole Hawai

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agorà

Torneranno i prati
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Ermanno Olmi
SOGGETTO E Dal racconto “La paura “ di Federico De Roberto
SCENEGGIATURA
Ermanno Olmi
FOTOGRAFIA Fabio Olmi
   
MUSICA Paolo Fresu
INTERPRETI Claudio Santamaria (il maggiore), Alessandro Sperduti (il tenente), Francesco
Formichetti (il capitano), Andrea Di Maria (il conducente di mulo), Camillo
Grassi (l’attendente), Niccolò Senni (Il dimenticato), Domenico Benetti (il
sergente), Andrea Frigo (il soldato comandato), Andrea Benetti (Il caporale)
PRODUZIONE Luigi Musini, Olivia Musini per Cinemaundici/Ipotesi Cinema/Rai Cinema
DURATA 80'
ORIGINE Italia, 2014
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Prima guerra mondiale  


Novecento e oltre/Cinema e storia
 

  

TRAMA
Il film si svolge sul fronte alpino Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917, ed è
ambientato nelle trincee degli Altipiani innevati. La vita dei soldati alterna lunghe ed interminabili
attese ed a improvvisi accadimenti imprevedibili. La pace della montagna diventa un luogo dove si
muore.

TRACCIA TEMATICA
La partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale e il suo esito vittorioso sono stati fin
dalla fine del conflitto motivo di esaltazione e retorica nazionalistica nelle celebrazioni
ufficiali e successivamente  nell'immaginario collettivo delle generazioni venute dopo. Una
dimensione epico-eroica consolidata dal fascismo e conservata intatta dalla repubblica
democratica e che si è materializzata nella monumentalistica presente in quasi tutte le località del
nostro paese. In quest'ottica patriottica morte, sofferenze e sacrifici acquistano l'aspetto di una
scelta consapevole del soldato italiano in nome di ideali superiori: l'unità della nazione, la
cacciata dello straniero, la grandezza della patria. La manualistica scolastica, la storiografia
ufficiale, il cinema e la letteratura hanno incentivato negli anni questa mitologia.

Negli ultimi quarant’anni, tuttavia, non sono state poche le opere che hanno invertito
radicalmente questa ottica “patriottica” . Una di queste, e certo non la meno significativa, è
“Torneranno i prati”. Dal film emerge con evidenza un giudizio netto: la prima guerra
mondiale come una strage insensata, l'estraneità dei soldati alle ragioni del conflitto,

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agorà

l'assurdità degli ordini degli alti comandi. La grande guerra, insomma, non è stata quello che
ci hanno raccontato.

Ma nel film di Olmi c’è di più. L’affronto della guerra non si rivolge esclusivamente nei
confronti degli uomini, ma anche della natura, qui ritratta nell’incantata e fiabesca bellezza del
paesaggio innevato e della luna che lo illumina.
 

VALUTAZIONE CRITICA
“Torneranno i prati” si distende su una strategia espressiva e stilistica che poggia su alcuni
elementi fondamentali:

a) l'utilizzo di attori non professionisti (ad eccezione di Claudio Santamaria), ognuno con
precise caratterizzazioni regionali, accentua la credibilità realista di personaggi comuni strappati
alle loro semplici esistenze per essere sprofondati nella fornace del conflitto. La scelta di uno
stile di recitazione distaccato e monocorde (senza enfatizzazioni drammatiche) rimarca la
rassegnata accettazione di un destino già stabilito.

b) tutta l'azione del film si concentra nella trincea, che diventa luogo-simbolo della prima
guerra mondiale, spazio reclusorio e ossessionante dominato dall'angosciosa attesa di una morte,
che alcuni soldati  anticipano con pulsione liberatoria. L'angustia spaziale della trincea diventa
metafora dell'annullamento di umanità che in essa si
consuma.                                                                                                         

 ) il prevalere dei toni scuri (la storia è ambientata  di notte) accentua l'atmosfera oppressiva in
cui la vicenda è calata. La fioca luce artificiale che illumina gli interni immerge in un’opacità
malsana che scolora uomini e cose. I confini tra ricostruzione storica e incubo si assottigliano.

 d la visione della sentinella  e il canto del soldato alla luna, entrambi intrisi di una struggente
nostalgia per la propria terra, introducono in un'atmosfera magico-surreale che contrasta con 
l'opprimente uniformità del reale. La capacità di immaginazione e la creatività artistica diventano
le uniche occasioni di fuoriuscita dalla propria triste condizione .     

 e) l'interpellazione (l'attore che si rivolge direttamente allo spettatore) dei militari nella parte
conclusiva infrange la finzione cinematografica e adotta una modalità documentaristica. Si 
instaura un canale diretto di comunicazione tra il pubblico di oggi e i soldati di un tempo, tra
presente e passato.

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agorà

f) lo scorrere di immagini di repertorio che mostrano  i festeggiamenti per la vittoria


contrastano quasi provocatoriamente con quanto appena visto e ci invitano a conservare e
tramandare una memoria diversa, che non può essere quella delle commemorazioni dei governi e
degli Stati, ma quella dell'umanità offesa  che si è rivolta direttamente a noi poco prima.
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Letteratura italiana     La novella “La paura” di Federico de Roberto

Storia                           L’Italia nella prima guerra mondiale

Geografia                     L’altopiano di Asiago


 

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Train de vie

Train de vie - Un treno per vivere


TITOLO ORIGINALE Train de vie
REGIA Radu Mihaileanu
SOGGETTO E Radu Mihaileanu
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Yorgos Arvanitis, Laurent Dailland (colori)
MUSICA Goran Bregovic
MONTAGGIO Monique Rysselinck
INTERPRETI Lionel Abelanski, Rufus, Clément Harari, Michel Muller, Bruno Abraham-Kremer,
Agathe de la Fontaine
PRODUZIONE Frédérique Dumas, Marc Baschet, Cedomir Kolar, Ludi Boe-Ken, Eric Dussart
per Noè Productions/Raphael Film/7IA/Hungry Eye Lowland
DURATA 101'
ORIGINE Francia/Belgio/Romania/Olanda, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, Intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo


e Società

TRAMA
Seconda guerra mondiale. Nell'imminenza dell'arrivo dei tedeschi e dell'inevitabile deportazione la comunità
ebraica di un villaggio dell'Europa dell'Est escogita un audace stratagemma: si inscenerà una falsa
deportazione dividendo la popolazione in prigionieri e nazisti, nel tentativo di raggiungere in treno il territorio
russo. Nel corso del viaggio si susseguono gli imprevisti e le difficoltà, ma proprio quando l'odissea sembra per
concludersi felicemente…

TRACCIA TEMATICA
Il villaggio del film non possiede una precisa connotazione geografia e deve essere considerato nella sua voluta
indeterminatezza come luogo simbolo della cultura ebraica in lingua yiddish (particolarmente diffusa
nell'Europa dell'Est prima dello sterminio nazista), che rappresenta l'espressione massima di conservazione di
una propria identità da parte dell'ebraismo europeo.

Una delle caratteristiche più rilevanti della cultura yiddish è certamente un acuto senso dell'umorismo, spesso
applicato alla dimensione tragica dell'esistenza come strumento di difesa e sopravvivenza nei confronti delle
sventure. In questa prospettiva fantasia e ironia diventano gli ingredienti fondamentali per reinventare
completamente la realtà insoddisfacente che ci circonda e per questo risulta indispensabile la nostra componente
irrazionale e creativa (non è un caso che l'idea della messinscena su cui si regge il film venga allo scemo, ma fino a
che punto?, del villaggio) più che quella raziocinante e riflessiva.

Che importa se tutto è falso e la realtà è quella tragica del lager? Per più d'un'ora abbiamo sognato ad occhi aperti

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Train de vie

e ci siamo divertiti: forse che il Cinema è qualcosa di veramente diverso da quell'autoinganno che il pazzo
Schlomo si (e ci) propina per non pensare ad altro?

VALUTAZIONE CRITICA
Radu Mihaileanu, giovane regista del film, ha dichiarato, a proposito delle critiche che qualcuno ha avanzato
riguardo al fatto di aver trattato in modo comico la tragedia dell'Olocausto, "Quando vedo certi programmi tv cupi
e noiosi sulla Shoah, quando sento i pianti e i lamenti, penso sempre: se Hitler fosse vivo e vedesse questa roba,
sarebbe felice. L'unica cosa con la quale possiamo umiliare i gerarchi nazisti, che sono ancora vivi in Sudamerica,
è farli imbestialire, è mostrar loro che siamo vivi, che non ci hanno distrutti, che il nostro umorismo non è stato
cancellato dalla loro barbarie".

La frase iniziale di Train de vie, c'era una volta.., che costituisce il classico incipit delle fiabe, preavvisa lo
spettatore che la storia che si accinge a vedere appartiene all'ambito del fantastico e ne propone quindi lo
statuto di inverosimiglianza. Ci troviamo, insomma, di fronte a una specie di genere narrativo particolare, che
potremmo definire del fiabesco storico (La vita è bella di Benigni potrebbe essere inserito in questa categoria).

Raggelante il ritorno alla realtà proposto dal finale, dove, però, ancora una frase, questa è la storia vera del mio
villaggio..anzi quasi vera, accompagnata dal trasformarsi del primissimo piano del narratore in un campo medio
che scopre lo sfondo del lager, sembra voler ribadire con quel quasi l'essenza più autentica (che è poi il forte
senso dell'autoironia) dell'umorismo yiddish anche nella più disperata delle situazioni.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) La persecuzione antisemita in Europa.

              B) Lo sterminio degli ebrei durante il Terzo Reich.

              C) La cultura yiddish nell'Europa orientale.

Storia delle religioni   La religione ebraica.

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300

300
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Zack Snyder
SOGGETTO   Dal romanzo a fumetti omonimo di Frank Miller e Lynn Varley
SCENEGGIATURA Zack Snyder, Kurt Johnstad, Michael Gordon
FOTOGRAFIA Larry Fong (colore)
MONTAGGIO William Hoy
MUSICA Tyler Bates
INTERPRETI Gerard Butler, Lena Headey, Dominic West, David Wenham, Michael Fassbender,
Rodrigo Santoro, Andrew Tiernan
PRODUZIONE Mark Canton, Jeffrey Silver per Hollywood Gang Pictures/Atmosphere
Entertainment MM/Legendary Pictures/Virtual Studios/Werner Bros.
DURATA 117’
ORIGINE Stati Uniti, 2006
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Età antica


Cinema e Storia

 TRAMA

 V secolo A. C. L’esercito del re persiano Serse è in procinto di invadere la Grecia. Il re di Sparta Leonida, in
contrasto con il parere del consiglio della sua città, decide di raccogliere un manipolo di valorosi guerrieri per
tentare di fermare l’avanzata del sovrano persiano. Alla gola delle Termopoli si svolge lo scontro decisivo fra i
due eserciti.

TRACCIA TEMATICA
 300 propone la netta contrapposizione tra la gloriosa figura di Leonida e l’eroico valore dei suoi guerrieri e
la protervia conquistatrice del re Serse, spingendosi fino al punto di delineare il primo con i tratti superomistici
di una specie di semidio concentrato delle virtù morali-guerresche più ammirate dall’antichità e l’altro come un
disgustoso debosciato aduso a tutti i vizi e attratto dalle peggiori perversioni.

La credibilità storica del film è, naturalmente, azzerata, non foss’altro perché la società spartana non era certo
un esempio di umanità e libertà, basandosi sulla totale schiavizzazione del popolo sottomesso dei Messeni e su di
un fanatico militarismo, mentre quella persiana diede dimostrazione di un elevato livello di civiltà e saggezza
amministrativa (i popoli conquistati godettero di un margine di autonomia  e tolleranza inusitato per quell’epoca).

Il confronto, insomma, tra la saldezza e integrità morale dell’Occidente da una parte e l’infida decadenza
d’Oriente dall’altra è privo di ogni rigore storiografico e ha fatto dire a qualche critico che il film vuole
trasferire nell’antichità un contrasto tra l’odierno mondo occidentale guidato dagli Usa e il minaccioso integralismo
islamico.

VALUTAZIONE CRITICA
 300 appare quasi totalmente dominato dalla tecnica della computer grafic, che permette di realizzare immagini

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2007-08/8framefilm001.htm[12/07/2017 19:11:49]
300

che sarebbe impossibile creare affidandosi alle tradizionali tecniche di ricostruzione scenografica. In questo senso il
film di Snyder si colloca in una tendenza ormai consolidata del Cinema hollywoodiano nel Terzo Millennio, che
ormai sta sostituendo alla pratica novecentesca del kolossal storico (per cui erano necessari budget giganteschi)
l’immagine virtuale in grado di dare libero sfogo alla creatività e all’immaginazione. La stessa origine del
film, il fumetto di Frank Miller e Lynn Varley, si presta bene a questo tripudio di visualità dominata dalle risorse
inesauribili della nuova tecnologia digitale (pensiamo ad altri titoli di questi ultimi anni come Il signore degli
anelli, Spider Man, Van Helsing e, soprattutto, Il gladiatore).

Lo spettatore viene così sottoposto ad un’esperienza visivo-acustica all’insegna dell’eccesso che lo coinvolge
quasi esclusivamente sul piano sensoriale portandolo ad un’eccitazione tutta incentrata sull’attraversamento
di un territorio percettivo per lui inedito , fatto di assordante dolby-stereo, di frenetici stacchi di montaggio (il
film ne contiene ben 1.500 per 117 minuti di pellicola), di ralenti e accelerazioni, di frame-jumping, di barocche
ricostruzioni di scenari che non hanno nulla di naturale e tutto di artificiale, immersi in una luce cupa e tenebrosa
che rimanda più alla pittura e al fumetto che non al Cinema.

Sono le nuove frontiere di un cinema adolescenziale e giovanilista, totalmente immerso in uno shock visionario
e allucinatorio, strettamente imparentato con l’estetica del videoclip e dello spot pubblicitario, affascinato dalla
violenza e dalla velocità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                                             1) La società spartana

                                                                        2) L’impero persiano   

                                                                        3) La Grecia nell’antichità

                                                                        4) Le guerre persiane

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Tregua, la

La tregua
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesco Rosi
SOGGETTO Francesco Rosi, Tonino Guerra dall'omonimo romanzo di Primo Levi
SCENEGGIATURA Francesco Rosi, Stefano Rulli, Sandro Petraglia
FOTOGRAFIA Pasqualino De Santis, Marco Pontecorvo (colori)
MUSICA Luis Bacalov
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni, Bruno Sarandrea
INTERPRETI John Turturro, Massimo Ghini, Rade Serbedzija, Stefano Dionisi, Claudio Bisio,
Andy Luotto
PRODUZIONE Leo Pescarolo, Guido De Laurentis per 3 Emme Cinematografica/Stephan
Films/UGC Images/DaZU Films/T&C Films AG
DURATA 126'
ORIGINE Italia/Francia/Germania/Svizzera, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, Società multietnica/Uomo


e Società

TRAMA
Inizio 1945. I sovietici arrivano ad Auschwitz e liberano gli internati nel campo. Fra di loro c'è Primo, che
insieme con alcuni sopravvissuti inizia il viaggio di ritorno verso l'Italia. Questo si trasforma in una vera odissea
attraverso l'Europa distrutta dalla guerra.

TRACCIA TEMATICA
Solo dopo la liberazione, non più a diretto contatto con l'orrore quotidiano e la lotta per la sopravvivenza, Primo
acquisisce la consapevolezza dell'abisso morale nel quale è precipitato e del trauma profondo e indelebile che
esso ha impresso sulla sua coscienza. Ne scaturisce una riflessione tormentata sulla presenza del Male nel
mondo (se c'è stata Auschwitz, non può esistere Dio), che costituisce per lui un nuovo assillo che non gli fa
assaporare del tutto la riconquistata libertà.

Questo acuto turbamento si traduce nell'ansia di lasciare una testimonianza della propria dolorosa esperienza
alle generazioni future (appena arrivato a Torino Primo si accinge a scrivere), perché il tempo non la cancelli e
possa così conservarsi il ricordo dell'Olocausto.

VALUTAZIONE CRITICA

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm127.htm[12/07/2017 19:11:49]
Tregua, la

Ciò che fa di La tregua un film non del tutto riuscito non è tanto il discostarsi in più punti dal romanzo
autobiografico di Primo Levi di cui è la traduzione cinematografica (è ormai pienamente riconosciuto il diritto
dell'opera cinematografica alla piena autonomia rispetto al testo letterario di riferimento), quanto l'incapacità ad
organizzare in modo organico ed unitario la narrazione attorno ad un'idea centrale.

In altre parole, eventi e dialoghi sembrano essere stati selezionati non per sostenere una linea interpretativa del
romanzo di Levi, che ne proponga una possibile rilettura a distanza di anni dall'uscita del libro, ma per assolvere
al compito di rispondere a precise esigenze spettacolari orientate nel senso del prodotto cinematografico
medio finalizzato a soddisfare un pubblico vasto e differenziato, come può essere quello televisivo cui il film è
destinato. Improbabili storie d'amore, aneddoti divertenti, personaggi-macchietta di contorno, balletti dell'Armata
Rossa avvicinano gli spettatori di poche pretese, mentre i travagliati monologhi di Primo dovrebbero coinvolgere
quelli più intellettuali.

Si salva per l'indubbia forza emotiva che da essa sprigiona la sequenza alla stazione di Monaco, dove il
soldato tedesco che si inginocchia di fronte al protagonista rievoca l'immagine dello stesso gesto compiuto dal
cancelliere Brandt che chiede perdono a Varsavia di fronte al monumento alle vittime del ghetto.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia      A) La seconda guerra mondiale.

                B) Lo sterminio degli ebrei nel Terzo Reich.

                C) Il campo di sterminio di Auschwitz.

                D) La visita del cancelliere Willy Brandt a Varsavia nel 1970.

Italiano     A) Confronto fra il romanzo omonimo di Primo Levi e il film.

                  B) Le altre opere di Levi sull'argomento dell'Olocausto.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm127.htm[12/07/2017 19:11:49]
Truman show

The Truman Show


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Peter Weir
SCENEGGIATURA Andrew Niccol
FOTOGRAFIA Peter Biziou (colori)
MONTAGGIO William Anderson
MUSICA Burkhard Dallwitz
INTERPRETI Jim Carrey, Natascha McElhone, Ed Harris
PRODUZIONE Scott Rudin, Andrew Niccol, Edward S.Feldman, Adam Schroeder per la Pramount
DURATA 103'
ORIGINE USA, 1998
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI La grande sorella/Soap-Opera

Televisione/Mass-Media/Uomo e Società

TRAMA
Truman Burbank è un assicuratore che vive una vita normale circondato da persone normali. Un giorno si
imbatte per caso nel padre che credeva morto e un altro giorno capta con la sua autoradio strani messaggi che
gli rivelano di essere controllato anche nei minimi movimenti. Da quel momento non avrà più pace finché non
scoprirà la verità: adottato dalla nascita da una grande rete televisiva è da sempre l’inconsapevole protagonista
di una telenovela vista da milioni di telespettatori.

TRACCIA TEMATICA
Il film costituisce una paradossale e grottesca metafora sull’enorme potere raggiunto ai nostri giorni dal
mezzo televisivo, che con la sua invadenza e pervasività occupa uno spazio sempre maggiore nella vita
quotidianità.

Truman (che in inglese significa uomo vero) è pure il simbolo di un’umanità alienata e costantemente
controllata, incapace di vivere in modo autentico e veramente libero la propria esistenza, e le persone che lo
circondano rappresentano i molteplici e sofisticati meccanismi repressivi della società, ingranaggi perfettamente
sincronizzati al fine di annullare la libertà individuale.

Più in generale The Truman Show si offre a noi abitanti di un mondo profondamente condizionato dalla tecnologia
e dagli interessi economici, come un’inquietante apologo sulla difficoltà della ricerca dell’identità e
dell’autonomia personale in una realtà che rischia di diventare sempre più finta e manipolata.

Meglio il rischio della libertà, potrebbe essere la morale finale, che la rassicurante protezione di una prigione,
per quanto dorata.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/framefilm141.htm[12/07/2017 19:11:54]
Truman show

VALUTAZIONE CRITICA
The Truman Show risulta difficilmente inseribile in un solo filone o genere cinematografico tradizionale; sembra
piuttosto risentire di diversi influssi e suggestioni a cominciare dalla fantascienza e dal giallo per arrivare ,
attraverso il fantastico e il dramma psicologico e sentimentale, al fantafilosofico ( specie nel finale , quando
Truman si trova ad affrontare il dialogo-sfida con il suo creatore, allusione al rapporto Uomo-Dio, o se vogliamo
Libero Arbitrio-Destino).

Merito del film è indubbiamente quello di riuscire ad intrecciare ed alternare in felice equilibrio questi
molteplici registri padroneggiandoli con sapienza e disinvoltura e soprattutto senza mai venir meno al senso del
ritmo e dell’abile costruzione narrativa (pensiamo a come vengono ben calibrati indizi e segnali rivelatori
dell’inganno di cui Truman è vittima e al successivo crescendo di emozioni e colpi di scena).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Italiano    Struttura e caratteristiche della Soap-Opera.

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Tutti a casa

Tutti a casa
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Luigi Comencini
SOGGETTO Age e Scarpelli
SCENEGGIATURA Age, Scarpelli, Luigi Comencini, Marcello Fondato
FOTOGRAFIA Carlo Carlini (bianconero)
MUSICA Angelo Francesco Lavagnino
MONTAGGIO Nino Baragli
INTERPRETI Alberto Sordi, Serge Reggiani, Martin Balsam, Carla Gravina, Eduardo De
Filippo
PRODUZIONE Dino De Laurentiis/ Orsay Films
DURATA 120'
ORIGINE Italia-Francia, 1960
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Italia in guerra

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
8 settembre 1943. Il sottotenente Alberto Innocenzi è travolto insieme all'esercito italiano dalla proclamazione
dell'armistizio. Egli vorrebbe presentarsi al suo comando di reggimento, ma le autorità militari non esistono più:
ormai tutti cercano di darsela a gambe per tornare a casa. Seppur a malincuore anche Innocenzi si adatta al
generale clima di smobilitazione ed insieme ad alcuni suoi sottoposti intraprende la via del ritorno. Per lui e i
suoi ormai ex-soldati inizia un'odissea attraverso un'Italia sconvolta dalla guerra. Il loro peregrinare si
conclude a Napoli, dove è scoppiata la rivolta contro l'occupante tedesco.

TRACCIA TEMATICA
L'inizio degli anni sessanta apporta una svolta importante nelle tematiche affrontate dal cinema
commerciale italiano: l'attenzione di registi e produttori si concentra sul passato prossimo della storia nazionale,
specialmente sugli anni della Seconda Guerra Mondiale. In particolare è il valore della Resistenza contro il
nazifascismo ad essere esaltato nel suo significato di evento fondativo della nuova Repubblica italiana. In
sintonia con il clima politico del paese, che tende ormai al superamento della fase conservatrice degli anni
cinquanta per spostarsi verso nuovi equilibri (il cosiddetto centro-sinistra).

La rivisitazione che Tutti a casa propone della tragica pagina dell'8 settembre (la prima del Cinema italiano) è
filtrata da un'ottica democratica e antifascista e incentrata su una tesi precisa: ci sono situazioni in cui si impone il
dovere morale di prendere posizione, laddove la scelta più comoda (non scegliere, rifugiarsi nel privato) è

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/183.htm[12/07/2017 19:11:55]
Tutti a casa

anche quella più sbagliata.

Per il sottotenente Innocenzi il difficile ritorno a casa diventa una specie di viaggio di formazione che lo
conduce alla consapevolezza di quanto ingenua e superficiale fosse la sua adesione al fascismo e di quanto
necessaria sia nel presente l'opzione per la lotta partigiana contro l'invasore (Non si può sempre stare a guardare!
dice nel finale il protagonista).

VALUTAZIONE CRITICA
Tutti a casa sfugge al rischio che gli stilemi della commedia all'italiana prevalgano sugli intenti realistici,
conservando così la forte partecipazione emotiva che il film provoca e di conseguenza anche l'efficacia del
messaggio civile di cui si fa portatore. E questo, in anni in cui il cinema italiano tendeva a contaminare anche gli
argomenti più seri con l'inclinazione ilare della commedia all'italiana (si pensava che il pubblico apprezzasse in
modo particolare questa dimensione), è già un buon risultato.

Certo gli spunti comico-grotteschi non mancano, ma risultano misurati e ben trattenuti, sapientemente disseminati
in una narrazione che non smarrisce mai il senso della tragedia collettiva che descrive e riesce a renderla con
toni equilibrati, lontano da ogni eccesso.

Così a spunti divertenti e gustosi (la convinzione di Innocenzi che i tedeschi si siano alleati con gli americani,
l'attraversamento della galleria all'uscita della quale il sottotenente attende invano i suoi soldati) si mescolano senza
vistosi strappi episodi di intensa drammaticità (l'uccisione della giovane ebrea e di Ceccarelli).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Seconda Guerra Mondiale.

B) L'Italia nel conflitto.

C) La Resistenza e le quattro giornate di Napoli.

D) L'Italia all'inizio degli anni sessanta.

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U Boot 96

U-Boot 96 (Director's Cut)


TITOLO ORIGINALE Das Boot-The Director's Cut
REGIA Wolfgang Petersen
SOGGETTO Da un libro di Lotar G. Buchneim
SCENEGGIATURA Wolfgang Petersen
FOTOGRAFIA Jost Vacano (colore)
MUSICA Klaus Doldinger
MONTAGGIO Hannes Nikel
INTERPRETI Jurgen Prochnow, Herbert Gronemeyer, Klaus Wenneman
PRODUZIONE Bavaria Films/Twin Bros. Productions
DURATA 199'
ORIGINE RFT, 1981- USA, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Autunno, 1941. Il sottomarino tedesco U-Boot 96 parte dalla base francese di La Rochelle per una missione
nell'Atlantico. Dopo una serie di azioni contro il nemico, nel corso delle quali il sommergibile rischia
l'affondamento, l'equipaggio fa ritorno a La Rochelle, dove s'imbatte in un violento bombardamento inglese.

TRACCIA TEMATICA
Nel film cogliamo due intenzioni prevalenti: da una parte assume un ruolo fondamentale l'intento descrittivo
relativo alle difficili condizioni di vita all'interno del sommergibile, la cui ristrettezza spaziale obbliga i membri
dell'equipaggio ad una contiguità fisica forzata che mette a dura prova la tenuta nervosa; dall'altra il messaggio
antimilitarista, che si esprime nella sottolineatura della crudeltà della guerra (l'affondamento della nave-cisterna
inglese e l'abbandono dei naufraghi, il bombardamento finale che distrugge uomini che erano sopravvissuti ad
imprese pericolosissime), dei sentimenti antinazisti del capitano (le sue battute contro i gerarchi del Reich, la sua
freddezza nei confronti degli alti ufficiali imboscati che lo accolgono a Vigo, le sue preferenze musicali per le
canzoni sentimentali, ecc…) e degli atteggiamenti poco marziali dei marinai (si abbandonano a scherzi osceni e ad
orge dissolute a La Rochelle per dimenticare gli orrori del conflitto, detestano il pivello fanatico nazista, pensano
solo alle donne e non vedono l'ora di far ritorno a casa).

L'intento principale del film sembra, tuttavia, essere quello di sfruttare al massimo le possibilità di forte
coinvolgimento emotivo dello spettatore sul versante del genere azione-avventura, trasformando la guerra in un
pretesto per giocare con il tradizionale binomio impresa disperata-coraggio e abilità straordinarie. Ma questa
spettacolarizzazione della guerra non finisce forse per contraddire, o comunque attenuare, l'assunto
antimilitarista del film?

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/184.htm[12/07/2017 19:11:55]
U Boot 96

VALUTAZIONE CRITICA
La qualità migliore del film va ricercata nella capacità di ricreare l'atmosfera claustrofobica e opprimente
del sommergibile, lavorando in spazi ristretti che costringono la macchina da presa a ridosso dei personaggi per
coglierne lo sguardo contratto e allucinato e il respiro affannoso della paura nel momento del pericolo, ma per
esibire anche (forse troppo) il sudore e la sporcizia, la nevrosi e l'isteria della normalità quotidiana vissuta in una
dimensione di ossessiva promiscuità.

Su questo contesto di sfondo reso con efficacia e quasi maniacale cura del particolare si innesta la capacità
registica di costruire momenti narrativi all'insegna di una suspense tesa e concentrata, magistralmente
alimentata dai rapidi carrelli negli stretti corridoi del sommergibile e da un montaggio frenetico e mozzafiato
(pensiamo soltanto alla sequenza dell'allagamento della sala-macchine).

Uscito nella Germania Federale nel 1981 in un formato di 150' minuti, il film riscosse un tale successo di
pubblico che venne esportato in decine di paesi, entusiasmando soprattutto il pubblico americano. Questa
edizione è quella successiva del 1997 di produzione statunitense (Director's Cut, come si è soliti dire, in quanto il
regista Petersen ripristinò la versione originaria in base alla sua volontà), allungata di circa un'ora rispetto a quella
del 1981 e basata su una pellicola restaurata e risonorizzata.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 A) La Seconda Guerra Mondiale.

                           B) La battaglia dell'Atlantico e la guerra dei convogli.

Scienze               Il sottomarino

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/184.htm[12/07/2017 19:11:55]
U571

U-571
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Jonathan Mostow
SOGGETTO Jonathan Mostow
SCENEGGIATURA Jonathan Mostow, Sam Montgomery, David Ayer
FOTOGRAFIA Oliver Wood (colori)
MUSICA Richard Marvin
MONTAGGIO Wayne Wahrman
INTERPRETI Matthew McConaughey, Bill Paxton, Harvey Keitel,
Jon Bon Jovi, Jake Weber
PRODUZIONE Dino De Laurentiis, Martha De Laurentiis per Studio
Canal + Image International/Universal Pictures
DURATA 116’
ORIGINE USA, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Seconda Guerra Mondiale. Nell’oceano Atlantico un sommergibile tedesco modello U-Boot-571 è rimasto
bloccato in mare aperto dopo aver subito l’attacco di un cacciatorpediniere americano. I servizi segreti della
marina da guerra statunitense architettano un audace piano per impadronirsi dello strumento di decodifica
delle comunicazioni militari tedesche. Un sommergibile americano, camuffato da mezzo tedesco, si presenta
all’equipaggio dell’U-Boot sotto le spoglie di missione di soccorso.  

TRACCIA TEMATICA
Film inseribile nella gloriosa tradizione del genere bellico americano, che negli anni Quaranta-Cinquanta dedicò
parecchie pellicole alla guerra sui mari, U-571, a differenza dei suoi lontani capostipiti, affievolisce, quasi sino a
farlo scomparire del tutto, l’empito patriottico-propagandistico ben presente in quel modello di Cinema (la
vicinanza temporale con la guerra imponeva la sottolineatura dei valori e degli ideali per cui si combatteva) e si
concentra in modo pressoché esclusivo sulla dimensione avventurosa e di suspence (forse più da thriller che
da bellico).

In questo senso la guerra diventa una semplice cornice al cui interno inserire personaggi che danno il meglio di sé
alle prese con un’impresa impossibile ad alto rischio, mettendo in evidenza eccezionali doti di coraggio e
determinazione e riuscendo a superare nel fuoco dell’azione le divisioni interpersonali e le incompatibilità
caratteriali. Il film ripropone così alcuni degli elementi fondamentali della cultura cinematografica americana,
quali l’esaltazione dell’amicizia virile (basata, cioè, sul rispetto reciproco legato al possesso di qualità eccezionale)
e l’idea che affrontare il pericolo e sfidare se stessi sia il modo migliore per migliorarsi e maturare.   

VALUTAZIONE CRITICA
Pur inserendosi nell’ambito del revival hollywoodiano del genere bellico affermatosi in questi ultimi anni e
incentrato sulla Seconda Guerra Mondiale, U-571 si impone per la sua classicità: non si affida agli effetti speciali

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm031.htm[12/07/2017 19:11:56]
U571

e alle immagini computerizzate (secondo l’ultima moda), ma si serve dei mezzi consacrati dalla tradizione del
genere di riferimento, a cominciare dalla creazione di atmosfere claustrofobiche che costringono i personaggi in
ansiogeni spazi ristretti (caratteristica questa del più recente precedente del film, U-Boot 96 di Petersen)
alimentando la tensione a livelli insostenibili (anche e soprattutto per lo spettatore).

E proprio l’abilissima gestione di sequenze d’azione ad elevato tasso spettacolare e quindi emozionale
(pensiamo soltanto all’avvicinamento dei marinai americani camuffati da tedeschi al sommergibile nemico e alla
capacità di quest’ultimo di reggere alla pressione dei fondali durante il bombardamento con gli ordigni di
profondità) risulta la qualità migliore del film. Nulla di tecnologicamente avanzato o elaborato, ma il consolidato
repertorio dell’unità di luogo e d’azione, della rapidità del montaggio e dell’insistita alternanza interno-esterno del
sommergibile. Di fronte a contemporanei kolossal bellici sconclusionati e dispersivi (il superpubblicizzato Pearl
Harbour su tutte), Mostow ci propone un film di buon vigore narrativo, solido e compatto come quelle
pellicole d’una volta cui apertamente s’ispira.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                       A) La Seconda Guerra Mondiale

B)     La battaglia dell’Atlantico

C)     La guerra dei codici cifrati

Scienze                                   Il sommergibile

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Ultimi dieci giorni di Hitler

Gli ultimi dieci giorni di Hitler


TITOLO ORIGINALE Hitler: The Last Ten Days
REGIA Ennio De Concini
SOGGETTO Tratto da Gli ultimi giorni della cancelleria di Gerhard Boldt

SCENEGGIATURA Ennio De Concini, Maria Pia Fusco, Wolfgang Reinhardt

FOTOGRAFIA Ennio Guarnieri (colori-bianconero)


MUSICA Mischa Spoliansky
MONTAGGIO Kevin Condor
INTERPRETI Alec Guinness, Adolfo Celi, Gabriele Ferzetti, Joss Ackland. John Bennet, John
Barron

PRODUZIONE Wolfgang Reinhardt


DURATA 107’
ORIGINE Gran Bretagna-Italia, 1973
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Nazismo/Seconda Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Il film rievoca gli ultimi giorni di Hitler e della sua cerchia nel bunker sotterraneo della cancelleria del Reich
dal 20 aprile 1945 al 29 dello stesso mese, quando il dittatore si suicidò insieme alla compagna Eva Braun, da
poco diventata sua moglie.

TRACCIA TEMATICA
Il film ci rivela un fuhrer paranoico e delirante, che a rari momenti di lucidità nei quali intravede l’imminenza
della sua fine e del crollo della sua costruzione politica alterna crisi visionarie che lo inducono a ritenere ancora
possibile una riscossa dell’esercito tedesco. Nevrotico e collerico colpevolizza con sfoghi rabbiosi i generali
dello Stato Maggiore e predispone su di un immaginario campo di battaglia truppe e divisioni che ormai non
esistono più.

La cerimonia del suo compleanno assume i risvolti di una lugubre farsa da grottesco crepuscolo degli dei, che
coinvolge anche la multiforme umanità che lo accompagna verso la fine. Una schiera di cortigiani all’interno della
quale si distinguono esempi di fedeltà sincera ed assoluta (la compagna Eva Braun, che subisce docilmente
l’impietoso maschilismo del Fuhrer e lo segue sino alla morte; la moglie del ministro Goebbels che non riesce

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm032.htm[12/07/2017 19:11:56]
Ultimi dieci giorni di Hitler

nemmeno a concepire un mondo senza Hitler; l’aviatore Von Greim, che atterra audacemente in una Berlino
occupata dai sovietici), di opportunismi fuori tempo massimo (il tradimento di Goering e di Himmler) e di semplici
comparse (che anziché ingerire il cianuro appositamente distribuito, alla morte del capo si portano alla bocca quella
sigaretta che Hitler aveva sempre proibito loro di fumare).  

VALUTAZIONE CRITICA
A fare di Gli ultimi dieci giorni di Hitler un film degno di essere ricordato è la straordinaria interpretazione
di Alec Guinness nei panni dell’esaltato dittatore. Lo sguardo febbricitante e allucinato, la gestualità nevrotica e
la rabbiosa esagitazione con cui l’attore inglese interpreta il demoniaco capo del nazismo difficilmente si possono
dimenticare  e sono certamente il frutto di un attento tirocinio di osservazione di filmati d’epoca.

Rigorosamente fedele a quanto è stato documentato sugli ultimi giorni di Hitler dalla ricerca storica, il film di De
Concini (uno sceneggiatore alle prese con la sua prima regia) predispone eventi, situazioni ed ambienti (e muove
la macchina da presa) con scolastica attendibilità e precisione, negando forse al film quella atmosfera di
tragica e cupa grandiosità che ne avrebbe intensificato il pathos drammatico. Gli ultimi giorni di Hitler,
insomma, sfrutta poco le risorse del linguaggio cinematografico appiattendosi sulle banali modalità espositive di
uno sceneggiato televisivo con finalità didascaliche.

Originale, invece, per l’epoca la scelta di alternare il colore dell’interno del bunker con il bianconero
documentaristico dell’esterno che si carica così di forti connotazioni realistiche.     

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                          A) Il nazismo

                                    B) La Seconda Guerra Mondiale

                                    C) Biografia di Hitler  

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm032.htm[12/07/2017 19:11:56]
Ultimo imperatore

L’ultimo imperatore
TITOLO ORIGINALE The Last Emperor
REGIA Bernardo Bertolucci
SOGGETTO Dall’autobiografia Da imperatore a cittadino di Aisin Gioro Pu Yi
SCENEGGIATURA Bernardo Bertolucci, Mark Peploe, Enzo Ungari
FOTOGRAFIA Vittorio Storaro (colore)
MUSICA Ryuichi Sakamoto
MONTAGGIO Gabriella Cristiani
INTERPRETI John Lone, Joan Chen, Peter O’Toole
PRODUZIONE Jeremy Thomas per Recorded Picture Company (Londra) /Tao Film (Roma), in
collaborazione con la China Film Coproduction Corporation
DURATA 160’
ORIGINE Gran Bretagna –Italia, 1987
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
E’ la storia vera di PuYi, ultimo imperatore cinese. Seduto sul trono all’età di tre anni, vive nella Città Proibita
di Pechino, divinizzato come Figlio del Cielo. Quando in Cina è instaurata la Repubblica, a Pu Yi è imposto di
non uscire mai dalla Città Proibita. Un precettore fatto appositamente arrivare dall’Inghilterra lo istruisce e gli
racconta dell’occidente, ma la vita per il giovane Pu Yi, imprigionato nella sua residenza dorata, si fa sempre
più insopportabile e cresce il desiderio di poter uscire a conoscere il mondo. Nel 1924 Viene prelevato dai
repubblicani e scortato fuori dalla Città Proibita a Tien Tsin, dove prende il nome di Harry e conduce una vita
da playboy. Quando i Giapponesi nel 1934 invadono la Cina e occupano la Manciuria, Pu Yi è nominato
sovrano dello Stato fantoccio del Manchukuo, docile strumento del potere nipponico. Quando i comunisti di
Mao conquistano il potere, Pu Yi è condotto in un campo di prigionia e sottoposto ad un processo per
collaborazionismo con gli invasori giapponesi. Scontati dieci anni di prigione, torna in libertà, ma ormai nella
Repubblica Popolare Cinese è un semplice cittadino, che per vivere svolge il lavoro di custode dell’orto botanico.
Muore nel 1967, mentre in Cina infuria la Rivoluzione Culturale.

TRACCIA TEMATICA
Cinquant’anni di Storia cinese sono rivissuti attraverso il filtro della memoria di Pu Yi, che compie il tragitto da
imperatore divinizzato a semplice cittadino, e dei ricordi del suo precettore scozzese Johnstone. Nel personaggio di
Pu Yi si rispecchiano i grandi cambiamenti della Cina del XX secolo, passata da nazione arretrata e feudale a
Repubblica Popolare attraverso la rivoluzione comunista di Mao. Poco, tuttavia, dei grandi e drammatici
rivolgimenti che hanno investito il più grande paese asiatico emerge direttamente dal film, che accentra la propria
attenzione sul percorso psicologico ed umano del protagonista, lasciando gli eventi storici piuttosto sullo

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Ultimo imperatore

sfondo.

In particolare si sottolinea il destino di eterno recluso di Pu Yi, prima come imperatore costretto ad abitare nella
Città Proibita, poi come playboy che recita una parte ispirata a mode occidentali, in seguito come ostaggio dei
giapponesi che si servono di lui come sovrano-fantoccio del Manchukuo, prigioniero nel vero senso del termine nel
campo di rieducazione della Repubblica Popolare, infine giardiniere nell’orto botanico al riparo dagli
sconvolgimenti della società: egli non è mai stato un protagonista della Storia, ma l’ha vista passare sotto il
suo sguardo subendola.

Pu Yi accusa una sostanziale mancanza d’identità e autonomia, sempre circondato com’è da persone che gli
dicono quello che deve fare, sempre impossibilitato a varcare qualche porta (la porta della Città Proibita come
metafora di un’ostruzione più profonda ed esistenziale) per entrare in contatto reale ed autentico con il mondo e
con gli uomini.

VALUTAZIONE CRITICA
Bertolucci sottopone i diversi contesti ambientali e temporali del film a differenti trattamenti espressivi,
abbinando alle varie fasi della vita del protagonista diverse opzioni stilistiche: la rievocazione dell’infanzia di
PuYi nella Città Proibita è immersa in un marcato cromatismo tendente al rosso (introdotto dal sangue dell’ultimo
imperatore che tenta il suicidio) e al giallo (un’allusione all’oro di cui è circondato nelle sontuose stanze reali?) e
in scenografie che sospendono questo periodo in un’atmosfera favolosa ed irreale (pensiamo soltanto alla
cerimonia dell’insediamento al trono), gli anni del Manchukuo sono resi con una luce fredda e livida, intonata con
il clima di disfacimento morale e corruzione da cui sono segnati, la Cina maoista è proposta secondo i canoni
realistici senza artifici e manipolazioni di illuminazione.

Più che al versante storico e biografico il regista sembra assai più interessato a trasfigurare la vita di PuYi
tramite le suggestioni tipiche del suo Cinema: la psicanalisi (l’interrogatorio di Pu Yi da parte del suo carceriere
potrebbe essere una specie di seduta psicanalitica), il cordone ombelicale che lega all’infanzia, la difficoltà ad
uscire dalle proprie ossessioni interiori, l’essere schiacciati dal ruolo che la società ci ha assegnato, la presenza
incombente della morte. Come spesso accade, parlando dell’ultimo imperatore, Bertolucci ha parlato di se
stesso e del suo mondo poetico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Storia dell’Impero cinese.

B) La figura storica di Pu Yi.

C) La Cina da Pu Yi a Mao Tse Tung.

D) La Rivoluzione Culturale Cinese.

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ultimo inquisitore

L’ultimo inquisitore
TITOLO ORIGINALE Goya’s Ghosts
REGIA Milos Forman
SOGGETTO E Milos Forman, Jean-Claude Carrière
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Javier Aguirresarrobe (colore)
MONTAGGIO Adam Boome
MUSICA José Nieto, Varhan Orchestrovich
INTERPRETI Stallan Skarsgard, Javier Bardem, Natalie Portman, Randy Quaid, Michael
Londsale,
PRODUZIONE Saul Zaenz per KanZaman S.A./The Saul Zaenz Company/Xuxa  Producoes
DURATA 114’
ORIGINE Spagna, 2006
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Ottocento
Cinema e Storia

 TRAMA
Spagna, fine Settecento-inizio Ottocento. Il pittore di corte Francisco Goya (1746-1828) intrattiene amichevoli
rapporti con frate Lorenzo , uno dei più importanti membri dell’ Inquisizione cattolica,  e si rivolge a lui nel
tentativo di liberare dal tremendo carcere del tribunale religioso la giovane e  innocente Ines, ingiustamente
accusata di essere ebrea. Il frate visita in prigione la bella Ines e ne approfitta , mettendola in cinta. Quindici
anni dopo, quando l’esercito francese di Napoleone invade la Spagna, Goya ritrova Lorenzo trasformato in un
fanatico funzionario napoleonico, giacobino e anticlericale, mentre Ines, liberata dalla prigione è ridotta ad una
larva umana. 

TRACCIA TEMATICA
 L’ultimo inquisitore non è la biografia di Goya, anzi il grande pittore spagnolo è solo uno dei protagonisti di un
film che vuole soprattutto essere un’amara e pessimistica riflessione sulla natura perversa e crudele del
Potere in tutte le sue incarnazioni e temperie storiche. In questo senso la retriva e oscurantista Inquisizione
spagnola dell’Ancièn Règime agisce con la stessa disumana violenza delle laiche e progressiste autorità francesi
che dovrebbero incarnare gli ideali di libertà e fraternità della Rivoluzione francese e la figura (immaginaria) di
Lorenzo rappresenta il cinico trasformismo dei tanti opportunisti che privi di autentici ideali hanno venduto
l’anima al potere di turno in cambio di vantaggi e privilegi (più specificatamente c’è chi ha visto nel film un
riferimento allo stalinismo degli anni Trenta-Cinquanta con i suoi processi farsa con false confessioni strappate con
la tortura e alle recenti guerre di Bush che in nome della democrazia hanno devastato intere nazioni).

In questo contesto di desolante prevalere del Male, la figura di Goya ripropone il tema del rapporto tra l’artista
e il Potere e soprattutto fra la sua libertà creativa e i condizionamenti e i compromessi cui è costretto per la
sua sopravvivenza. Sordo (e non solo fisicamente) ai soprusi e alle ingiustizie di cui è testimone e accomodante e
servile nel suo ruolo di adulante celebratore pittorico della casa regnante, tuttavia Goya esprime la propria sofferta
angoscia per la realtà che lo circonda nei disegni allucinati e inquietanti che significativamente aprono e chiudono
il film.

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ultimo inquisitore

VALUTAZIONE CRITICA
Regista attratto dalla vita dei grandi artisti del passato (ricordiamo su tutti lo splendido Amadeus, sulla vita di
Mozart), Forman si conferma particolarmente dotato nella ricostruzioni scenografiche a sfondo storico e
nella delineazione dei personaggi, cercando di penetrarne con acuta sensibilità la personalità (nel caso dei geni del
passato, non solo le grandi virtù creative, ma anche i limiti e le debolezze delle loro personalità).

Ben condotto nella prima parte, dove la narrazione procede con la giusta cadenza e dove tutto è ravvivato da un
surplus di pungente sarcasmo per introdurre lo spettatore nel clima di soffocante oppressione inquisitoriale in cui
era sprofondata la Spagna del Settecento (molto efficace la sequenza iniziale con i membri dell’Inquisizione
scandalizzati di fronte ai disegni di Goya e quella che descrive le fasi della lavorazione di un’acquaforte da parte
dell’artista), nella seconda parte (dall’arrivo dei francesi in poi) il film perde la tesa concentrazione iniziale e gli
eventi sembrano affastellarsi in modo un po’ affrettato (come troppo schematica appare a quel punto la
configurazione psicologico-comportamentale dei personaggi, a cominciare da Lorenzo, ormai simbolo quasi
macchiettistico del trasformismo) con discutibili sconfinamenti nel melodrammatico e nel romanzesco (la figura di
Ines e della figlia).   

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                                A) Il tribunale dell’Inquisizione spagnola

                                                           B)  Storia della Spagna Moderna

                                                           C)  La Rivoluzione francese e l’Impero napoleonico

Storia dell’arte                                  Francisco Goya

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L'ultimo treno

L’ultimo treno
TITOLO ORIGINALE Edges of the Lord
REGIA Yurek Bogayevicz
SOGGETTO E Yurek Bogayevicz
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Pawel Edelman (colori)
MUSICA Jan A. P. Kaczmarek
MONTAGGIO Dennis Hill
INTERPRETI Haley Joel Osment, Willem Dafoe, Liam Hess, Richard Banel, Olaf Lubaszenko,
Andrzej Grabowski
PRODUZIONE Zev Braun, Philip Krupp, Avi Lener
DURATA 95’
ORIGINE USA, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Individuo e Società

TRAMA
Nell’autunno del 1943, mentre le truppe naziste stanno rastrellando il ghetto ebraico della città, un bambino
ebraico di 11 anni di nome Romek viene aiutato a scappare dalla sua famiglia che lo affida ad un contadino di
nome Gniecio. Romek vivrà sino alla fine del conflitto e delle persecuzioni in uno sperduto villaggio della
campagna polacca ospite nella famiglia di Gniecio che lo accoglie e protegge generosamente dal costante
pericolo di essere scoperto dai tedeschi.

TRACCIA TEMATICA
Il tema fondamentale di L’ultimo treno è quello della perdita dell’innocenza a conclusione di un percorso
iniziatico durante il quale il piccolo Romek, e con lui i suoi coetanei, entrano in contatto con la malvagità
umana incarnata dai nazisti e con il dolore e le sofferenze che essa provoca, simboleggiate dai treni diretti nei
lager che attraversano il bosco. Ma l’oppressione imposta dall’occupazione tedesca finisce per avere un influsso
funesto anche su parte della popolazione rurale che abita questo piccolo villaggio della Polonia contadina e così
meschinità, invidie e rancori d’ogni genere affiorano quotidianamente in questo microcosmo sperduto nella vasta
pianura polacca. Alcuni degli stessi adolescenti con cui Romek s’accompagna nella sua esistenza quotidiana
sembrano condividere questo aleggiante clima di aggressività e violenza. Meglio rifugiarsi in una dimensione
ideale come quella fornita dal racconto evangelico che da una specie di gioco adolescenziale si trasforma per il
piccolo Tolo in una totale immedesimazione nella figura del Cristo tanto da scegliere il proprio sacrificio per la
salvezza dell’umanità. Proprio in questo suggerire l’idea che se il figlio di Dio si fosse reincarnato nei tremendi
anni della Seconda Guerra mondiale non avrebbe potuto fare altro che unire il proprio destino a quello del
popolo ebraico che va individuata l’intuizione più significativa (e provocatoria) del film.

VALUTAZIONE CRITICA
L’ultimo treno è un film di produzione americana realizzato in Polonia con un cast misto polacco-americano (gli
attori più famosi, da spendersi sul mercato europeo, sono ovviamente solo quelli statunitensi, a cominciare da Joel
Osment, già un piccolo divo famosissimo in patria).

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L'ultimo treno

Si potrebbe dire che il film tende ad intrecciare alcune delle caratteristiche fondamentali della tradizione
cinematografica degli Stati Uniti e della Polonia (e del Cinema slavo in generale). Americano è certamente la
tendenza al coinvolgimento emotivo dello spettatore, alla creazione di situazioni narrative all’insegna della
massima drammaticità e all’ottimismo consolatorio del finale (secondo gli insegnamenti dell’industria
cinematografica hollywoodiana), polacco il gusto per il simbolismo, le atmosfere vagamente surreali ed oniriche,
la frammentazione narrativa (la storia che sembra disperdersi in tanti episodi autonomi e a se stanti scollegati tra
essi), il senso di malinconia esistenziale. Questi due riferimenti stilistici non si combinano in modo equilibrato
e felice e il film ne risente negativamente, risultando piuttosto discontinuo e prolisso nell’andamento
narrativo, incerto e confuso sulle direzioni da prendere e soprattutto banale e scontato in moltissime
situazioni e parecchi personaggi. L’ultimo treno, insomma, sembra ricalcare in modo fiacco e stereotipato quanto
nella sua storia il Cinema ha proposto sulla condizione adolescenziale e infantile e sulla fine dell’innocenza.  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                       A) La Seconda Guerra Mondiale

                                                 B) Lo sterminio degli ebrei d’Europa

                                                 C) L’ebraismo in Polonia

 Religione                                 A) La religione ebraica

                                                 B ) La chiesa e l’antisemitismo

Geografia                                 La Polonia

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Umberto D

Umberto D.
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Vittorio De Sica
SOGGETTO E Cesare Zavattini
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA G. R. Aldo (bianconero)
MUSICA Alessandro Cicognini
MONTAGGIO Eraldo da Roma
INTERPRETI Carlo Battisti, Maria Pia Casilio, Lina Gennari, Alberto Albani e attori non
professionisti
PRODUZIONE Giuseppe Amato per Rizzoli/De Sica/Amato
DURATA 91'
ORIGINE Italia, 1952
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Dopoguerra amaro

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Roma, secondo dopoguerra. Umberto Domenico Ferrari è un povero pensionato che fatica a tirare avanti. La
sua solitudine è attenuata dalla servetta della pensione dove abita, che si confida con lui, e dalla sua cagnetta
Flaik, cui è molto affezionato. Un giorno viene sfrattato dalla padrona di casa e disperato medita il suicidio.

TRACCIA TEMATICA
L'anziano protagonista (la non indicazione del cognome nel titolo assegna alla sua vicenda un che di
generalizzabile) rappresenta la desolante e umiliante condizione in cui nell'Italia dell'epoca si trovavano a
vivere numerosi pensionati.

La denuncia di una situazione inaccettabile per un paese civile e della sordità delle istituzioni (la repressione
della manifestazione dei pensionati) è esplicita, ma ad essa si accompagna un quadro d'insieme che configura una
società indifferente ed insensibile al dramma incarnato dal povero vecchio (pensiamo alla figura della padrona di
casa). Quello di Umberto D., insomma, non è solo un problema sociale di miseria e degradazione materiale, ma
anche e soprattutto un dramma umano di solitudine ed emarginazione (che è ancora rinvenibile in forme non
del tutto dissimili nella ricca società contemporanea).

Può essere significativo, a proposito del suddetto atteggiamento d'indifferenza, ricordare l'infastidita accoglienza
che il pubblico riservò al film (fu un clamoroso fiasco al botteghino) e addirittura l'aperta ostilità delle autorità di
governo.

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Umberto D

VALUTAZIONE CRITICA
Umberto D. è considerato l'estremo capolavoro del neorealismo (che all'inizio degli anni Cinquanta aveva già
imboccato la parabola discendente). In esso le opzioni estetico-linguistiche tendono ad accentuarsi rispetto alle
opere precedenti: lo stile scarno e sobrio che sconfina con il documentarismo, nell'intento di conferire un senso di
oggettività distante e indifferente alle immagini (nascondimento del ruolo della regia), la cosiddetta tecnica del
pedinamento (teorizzata come essenza del neorealismo dallo sceneggiatore Zavattini) che induce ad accostarsi agli
aspetti più quotidiani e materiali dell'esistenza dei personaggi, il rifiuto di una struttura narrativa ispirata alla
tradizione romanzesca e melodrammatica (manca una vera trama o intreccio, prevale il succedersi di fatti autonomi
e indipendenti fra loro), l'uso di attori non professionisti (il personaggio di Umberto D. è interpretato da un
glottologo docente all'Università di Firenze alla sua prima e ultima esperienza cinematografica).

L'adesione a queste opzioni stilistiche non impedisce, tuttavia, a De Sica di esprimere la consueta affettuosa e
partecipe attenzione alla dimensione umana e psicologica dei suoi personaggi (tra i quali trova anche il modo
di affiorare qualche elemento di bozzettismo ironico nella figura del vicino di letto d'ospedale di Umberto D.), che
si trasforma in commossa pietà di fronte al dolente e sofferto percorso umano del protagonista.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) L'Italia nell'immediato Secondo Dopoguerra.

B) Le reazioni al film da parte del governo dell'epoca.

C) Il problema dell'emarginazione degli anziani nella società contemporanea.

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agorà

Una lunga domenica di passioni


TITOLO ORIGINALE Un long dimanche de fiancailles
REGIA Jean Pierre Jeunet
SOGGETTO E Dal romanzo omonimo di Sébastien Japrisot
SCENEGGIATURA
Jean-Pierre Jeunet
FOTOGRAFIA Bruno Delbonnel
MONTAGGIO Hervé Schneid
MUSICA Angelo Badalamenti
INTERPRETI Audrey Tautou (Mathilde), Gaspard Ulliel (Manech Langonnet), Jean-Pierre
Becker (Il tenente Esperanza), Dominique Bettenfeld (Ange Bassignano), Clovis
Cornillac (Benoit Notre-Dame), Marion Cotillard (Tina Lombardi), Jodie Foster
(Elodie)
PRODUZIONE Francis Boespflug, Jean-Louis Monthieux, Jean Pierre Jeunet per 003
Productions/Warner Bros. France/Tapioca Films/Tf1 Films Production
DURATA 134'
ORIGINE Francia-Stati Uniti, 2004
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Prima Guerra Mondiale  


Novecento e oltre/Cinema e Storia
 

  

TRAMA
1917,  Prima guerra mondiale.  Sul fronte occidentale cinque soldati francesi sono condannati a
morte sotto l’accusa di essersi mutilati una mano per ottenere il congedo. Scompaiono tutti nella
terra di nessuno tra la trincea francese e quella tedesca. Uno di loro, Manech, ha una fidanzata,
Mathilde, che non si rassegna all’idea della sua morte e con l’ausilio di un investigatore inizia
un’indagine per ritrovarlo.

TRACCIA TEMATICA
La prima guerra mondiale è stata un’immane carneficina che ha ingoiato milioni di uomini
morti per ragioni politico-economiche del tutto estranee alle loro esistenze. Su uno sfondo
infernale di trincee fangose e maleodoranti, di gallerie, reticolati si staglia la ferocia degli alti
comandi e degli ufficiali privi di ogni umanità ed indifferenti alla sorte dei loro sottoposti. La
condanna della guerra e dei suoi orrori che il film ci offre è certamente una delle più nette e
toccanti che la cinematografia sul primo conflitto mondiale ci ha consegnato.

Denso di significato l’assegnazione a due donne (estranee ad ogni logica bellica: la guerra è da
sempre un evento esclusivamente maschile) di un ruolo di “angeli vendicatori” che si connota
positivamente in contrasto con la crudeltà sanguinaria di cui si fanno portatori gli uomini. Il
fatto, poi, che le due “eroine” siano rispettivamente una disabile ed una prostituta (condizioni
che occupano una posizione sociale di emarginazione ed esclusione) arricchisce di ulteriore

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agorà

significato i loro personaggi


 

VALUTAZIONE CRITICA
Jeunet è regista dal talento fantasioso e visionario, ottimo cesellatore ai limiti del barocco di
scenografie e costumi e capace di conferire alle immagini un alone fiabesco e surreale, anche
quando, come in questo caso, tratta di eventi realistici e storicamente fondati. La sua stessa vena
narrativa appare caratterizzata dal   gusto   per l’intreccio folto e complesso, sovrabbondante di
personaggi e di eventi.

“Una lunga domenica di passioni” risulta nettamente diviso, sul piano figurativo e stilistico,  in
due registri quasi opposti. La parte ambientata durante la guerra è dominata dall’attenta ed
efficace creazione di un’atmosfera claustrofobica e di uno spazio oppressivo (pioggia, fango,
paesaggi desolati, luce plumbea e tonalità di squallido grigiore) che ben s’adattano ad esprimere 
l’inferno della trincea; la parte che racconta il dopoguerra, invece, presenta un timbro differente
all’insegna di una luminosità rasserenante da idillio bucolico (tramonti, campi di grano, scogliere
battute dal mare) e si abbandona ad un sentimentalismo un po’ convenzionale.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Lingua e letteratura francese    Il romanzo omonimo

Storia                                         La Prima guerra mondiale

Diritto                                        I tribunali di guerra durante la Prima guerra mondiale e l’attuale


codice militare

 
 

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Università dell'odio

L'università dell'odio
TITOLO ORIGINALE Higher Learning
REGIA John Singleton
SOGGETTO E John Singleton
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Peter Lyons Collister (colore)
MUSICA Stanley Clarke
MONTAGGIO Bruce Cannon
INTERPRETI Jennifer Connelly, Ice Cube, Omar Epps, Michael Rapaport, Kristy Swanson
PRODUZIONE New Deal Production
DURATA 123'
ORIGINE USA, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Il colore nero

Razzismo contro i neri/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/ Uomo e Società

I vicini di casa

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/razzismo, intolleranza, immigrazione, società


multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Tre ragazzi iniziano la loro esperienza universitaria alla Columbia. Il nero Malik ritiene che il colore della sua
pelle lo condanni ad un ruolo di perenne discriminazione e inferiorità rispetto ai bianchi, Kristen fatica ad
inserirsi in un ambiente maschilista ed entra in un gruppo femminista, Remy, fragile di carattere e respinto da
tutti, finisce per essere reclutato dai naziskin.

TRACCIA TEMATICA
Aldilà dell'aspetto ameno ed accogliente, con i suoi giardini ben coltivati, le festicciole all'Happy Days e le
strutture che comunicano una sensazione di efficienza e modernità, il microcosmo della Columbia University
cova al proprio interno laceranti tensioni etniche. Queste ultime si rivelano con l'emersione in superficie di
frustrazioni e insicurezze che si addensano nel profondo di giovani personalità ancora in via di formazione e che
l'impatto con l'ambiente del college fa detonare in modi diversi, ma sempre difficili da controllare e gestire. Il forte
senso di appartenenza (ad un collettivo politico o ad un'identità etnica) costituisce una risposta umanamente
comprensibile al disagio che deriva dallo spaesamento da difficoltà di inserimento nella nuova realtà, ma alla
lunga finisce per rappresentare un'illusoria scorciatoia che ritarda un necessario processo di maturazione.

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Università dell'odio

Per l'ingenua Kristen si tratta di trovare una propria identità (non solo sessuale) che le permetta di acquisire più
sicurezza nel rapporto con gli altri, per l'arrabbiato Malik di abbandonare un frustrante atteggiamento di vittimismo
che ne paralizza le potenzialità, per Remy, invece, la lotta contro la debolezza del proprio carattere si tramuta in
furia (auto)distruttiva.

VALUTAZIONE CRITICA
La parte migliore del film è sicuramente la prima, dedicata ad un'attenta ed acuta delineazione della psicologia
dei personaggi, analizzati nei molteplici risvolti umani e caratteriali che il traumatico contatto con un universo
avvertito come ostile determina. Il regista attua una misurata esplorazione di una fase di transizione
esistenziale (il passaggio dall'adolescenza alla giovinezza) che è necessario comprendere ancor prima di
giudicare. Altro merito della pellicola risulta, inoltre, quello di rifiutare la consueta descrizione in chiave edulcorata
e farsesca (da commediola giovanilistica, per intenderci) del mondo universitario, spacciato come spazio isolato
dal resto della società, dominato da avventure sentimentali e scherzi goliardici di studenti gaudenti che si rifiutano
di crescere.

Nel finale, invece, il film abbandona la misura discreta e trattenuta della prima parte per scegliere la facile via di
una discutibile spettacolarizzazione ricercata attraverso il ricorso ad un effettismo truculento già tante volte
visto e tutto sommato banale e scontato.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             I movimenti neonazisti negli Usa.

Geografia             USA: una società multietnica.

Lingua straniera: inglese            Il sistema scolastico statunitense: le università.

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Uomini contro

Uomini contro
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Francesco Rosi
SOGGETTO Dal romanzo Un anno sull'altipiano di Emilio Lussu
SCENEGGIATURA Tonino Guerra, Raffaele La Capria, Francesco Rosi
FOTOGRAFIA Pasquale De Sanctis (colori)
MUSICA Piero Piccioni
MONTAGGIO Ruggero Mastroianni
INTERPRETI Mark Frechette, Alain Cuny, Gian Maria Volonté
PRODUZIONE Francesco Rosi, Luciano Perugia per la Prima Cinematografica (Roma)--Jadran
Film (Zagabria)
DURATA 100'
ORIGINE Italia, 1970
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, Pacifismo/Uomo e Società

Prima guerra mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Fronte italiano, 1916. Al comando del generale Leone i soldati italiani cercano disperatamente, con grande
dispendio di vite umane, di conquistare un fortilizio austriaco sul monte Fiore. Di fronte all'assurdità del
massacro molti militari disertano, altri si procurano volontariamente delle ferite, altri ancora, come il
sottotenente Ottolenghi, incitano la truppa alla disobbedienza o, come il tenente Sassu, rivedono criticamente il
proprio entusiasmo bellicista. Quando, al culmine dell'esasperazione i reparti si ribellano rifiutandosi di andare
a morte sicura, Sassu è con loro e cerca di impedire la decimazione della truppa.

TRACCIA TEMATICA
Uomini contro è un vibrante manifesto antimilitarista che, nel clima di polemica rivisitazione critica della storia
nazionale a ridosso dell'ondata di contestazione del Sessantotto, denuncia la natura di crudele e inutile massacro del
primo conflitto mondiale e la mistificazione di una retorica bellicista che l'ha sempre celebrata come evento
glorioso, fondativo della coscienza e dell'unità nazionale. L'atto d'accusa del film assume, però, un valore
universalistico, travalicando la specificità del singolo accadimento storico per estendersi alla guerra in sé e

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Uomini contro

alla mentalità militarista come sovrastruttura ideologica che la giustifica ed esalta (il mito dell'eroismo, la
bellezza della guerra, la mistica del sacrificio, ecc…).

I personaggi rappresentano una precisa tipologia: il generale Leone e il maggiore Malchiodi la tronfia
vanagloria intrisa di irresponsabilità e incompetenza, il sottotenente socialista Ottolenghi la consapevolezza politica
della natura di classe del conflitto che si risolve in massacro di poveri e sfruttati, il tenente Sassu (che anche nel
nome adombra lo scrittore Lussu) la bruciante disillusione di tanti interventisti che nel sangue e nel fango delle
trincee divennero consapevoli della folle inutilità di una guerra lontana dagli ideali del Risorgimento nei quali
credevano (e infatti muore in camicia bianca come un anacronistico eroe ottocentesco), la truppa la vittima
sacrificale del demente bellicismo degli alti comandi, estranea alle motivazioni del conflitto e sempre più
indisponibile a farsi ammazzare.

VALUTAZIONE CRITICA
L'urgenza del messaggio antimilitarista, certo efficace nello scuotere la coscienza dello spettatore e nel suscitarne
l'indignazione, determina la schematicità con cui vengono ritratti i personaggi, privi di sfumature e chiaroscuri,
distanti da ogni approfondimento psicologico, tutti ridotti a figure-simbolo di precise posizioni ideologiche e
condizioni umane. La tesi del film (la guerra disumana carneficina funzionale agli interessi delle classi dominanti),
più che dimostrata inserendola nella complessità di un preciso momento storico, come fu quello della Prima
Guerra Mondiale, viene urlata attraverso l'accumulo di situazioni estreme, insostenibili nella loro terrificante
crudezza (corpi maciullati, fughe impossibili per sfuggire alla fucilazione, processi sommari, ecc..). Quest'ansia
del film di evidenziare gli aspetti più agghiaccianti del conflitto finisce quasi per nuocere alla stessa causa
antimilitarista che propugna, nel senso che si potrebbe essere indotti a pensare che sarebbe sufficiente sostituire
al pazzo Leone un generale più umano e ragionevole ed evitare di porsi impossibili obiettivi strategici per rendere
accettabile la guerra.

Interessante, invece, il lavoro di Rosi sulla struttura narrativa (all'intreccio tradizionale si sostituisce la
giustapposizione di episodi ad effetto saturante: il concetto di fondo, cioè, viene ribadito ed amplificato in
continuazione attraverso il succedersi di situazioni-choc a se stanti), sulle immagini, dove le sagome dei soldati
che si muovono in una luce plumbea e nebbiosa incentiva la dimensione da incubo surreale della guerra, e sulla
gestione delle masse, ora schiacciate da inquadrature ravvicinate nello spazio claustrofobico della trincea, ora
lanciate al massacro in campo lungo nel paesaggio lunare e desolato dei campi di battaglia.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) Confronto fra il film e il romanzo di Emilio Lussu.

                       B) Interventisti e neutralisti in Italia.

   C) L'Italia nella Prima Guerra Mondiale.

    D) I tribunali militari nella Prima Guerra Mondiale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/188.htm[12/07/2017 19:12:00]
l'uomo che verrà

L’uomo che verrà


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Giorgio Diritti
SOGGETTO Giorgio Diritti
SCENEGGIATURA Giorgio Diritti, Giovanni Galavotti, Tania Pedroni
FOTOGRAFIA Roberto Cimatti (colori)
MONTAGGIO Giorgio Diritti, Paolo Marzoni
MUSICA Marco Biscarini, Daniele Furlati
INTERPRETI Alba Rohrwacher, Maya Sansa, Claudio Casadio, Greta Zuccheri Montanari
PRODUZIONE Simone Bachini, Giorgio Diritti per Aranciafilm/Rai Cinema
DURATA 117’
ORIGINE Italia, 2010
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Italia in guerra


Novecento/Cinema e Storia

 TRAMA
 Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nella zona di Monte Sole, sull’Appennino bolognese, i nazisti
trucidarono 770 civili, con lo scopo di fare terra bruciata attorno alle formazioni partigiane che operavano in
quel territorio. Una bambina, che non parla da quando è morto il suo fratellino in fasce, è testimone di quanto
accade.

TRACCIA TEMATICA
 Un microcosmo contadino che riproduce un secolare stile di vita profondamente collegato con i tempi del
lavoro agricolo e con i ritmi delle stagioni e della natura viene ad essere sconvolto dalla guerra e dalla sua
ferocia. La continuità della vita comunitaria con il suo ritualismo religioso, le sue usanze secolari, la sua rete di
relazioni interpersonali, la sua lingua specifica, la sua rassicurante immobilità entra in rotta di collisione con la
dinamica della storia e la sua distruttività. Sul tessuto di una solida identità culturale e morale si incide una
ferita devastante e indelebile. L’uomo che verrà è un film sulla guerra vista dal punto di vista di chi la subisce,
perché la tragica specificità dei conflitti moderni consiste proprio in questo coinvolgimento della popolazione
civile.

La figura della bambina Martina rappresenta l’infanzia negata di chi ha vissuto in quegli anni drammatici e il fatto
che quasi tutta la narrazione sia filtrata attraverso i suoi occhi costituisce una scelta precisa. Quella di accentuare
ancor più la dimensione di assurdità di ciò che accade, proprio perché  l’estraneità al male di una bambina
amplifica ancor più l’insensatezza della tragedia che si consuma sotto i nostri occhi.

Ma Martina è anche il simbolo della speranza che rinasce, perché è lei che salva il fratellino, riacquistando alla
fine la parola persa e confermandoci nella certezza di una continuità destinata a riprodursi nel futuro, nonostante e
contro la malvagità che è negli uomini  e nella storia che essi impongono agli umili.  

VALUTAZIONE CRITICA

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l'uomo che verrà

 La scelta del regista è certamente coraggiosa e contro corrente: proporre la rievocazione storica  senza
l’apporto (anche se solo parzialmente) di attori professionisti (e famosi) e rinunciando al ricorso ad un impianto
narrativo tradizionale, basato sulla netta contrapposizione tra una dimensione eroica (i partigiani) e una dimensione
demoniaca (l’occupante tedesco) con la popolazione civile relegata sullo sfondo in un ruolo di supporto, costituisce
una novità in un periodo nel quale la medierà televisiva impone un’idea di fiction incentrata sulla superficialità e la
banalizzazione. Altrettanto audace risulta, poi, la scelta di adottare il dialetto come lingua dominante,
arricchendo la pellicola di una fondamentale componente realistica, che forse ne costituisce la ricchezza
maggiore.

Il registro corale e l’esplorazione antropologica prevalgono, facendo sì che la vera protagonista della vicenda
(aldilà dello sguardo privilegiato di cui è portatore il personaggio di Martina) sia un’intera comunità contadina
ritratta non certo in modo apologetico e nostalgico (del tipo: com’era bello il mondo contadino di una volta!), ma
con estrema verosimiglianza accompagnata da un grande rispetto per il patrimonio umano e morale di cui essa era
portatrice.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                       a) La Seconda Guerra Mondiale

                                                 b) La Resistenza in Italia

                                                 c) Le stragi naziste in Italia

Geografia                                  L’Appennino bolognese

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2010-11/10framefilm010.htm[12/07/2017 19:12:00]
Uomo chiamato cavallo

Un uomo chiamato cavallo


TITOLO ORIGINALE A Man Called Horse
REGIA Elliot Silverstein
SOGGETTO Da un romanzo di Dorothy M. Johnson
SCENEGGIATURA Jack DeWitt
FOTOGRAFIA Robert Hauser (colori)
MUSICA Leonard Rosenman
MONTAGGIO Philip Anderson
INTERPRETI Richard Harris, Judith Anderson, Jean Gascon, Manu Topou
PRODUZIONE Sandy Howard per National General Pictures
DURATA 114’
ORIGINE USA
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Civiltà pellerossa

Ottocento/Cinema e storia

TRAMA
Sud Dakota, 1825. Un nobile inglese, John Morgan, ha lasciato la Gran Bretagna per visitare gli Stati Uniti.
Mentre è impegnato in una battuta di caccia in territorio indiano, viene catturato dai sioux, che lo portano come
prigioniero nel loro villaggio. Qui è adibito al ruolo di cavallo da lavoro al servizio della madre del capo del
villaggio. Quando due guerrieri shoshone si avvicinano in perlustrazione al villaggio, John li affronta
uccidendoli e conquistandosi così l’ammirazione dei sioux. Con il rito d’iniziazione entra a far parte della tribù
e sposa la sorella del capo. Dopo un attacco dei shoshone, nel corso del quale i sioux subiscono gravi perdite e
muoiono sua moglie e il capo tribù, John abbandona il villaggio per tornare in patria.

TRACCIA TEMATICA
Un uomo chiamato cavallo opera un rovesciamento dell’ottica con cui il western tradizionale aveva considerato i
pellirosse, cioè come dei selvaggi incivili, bellicosi ed ostili nei confronti dei coloni bianchi che si insediavano
all’ovest. Si tratta di una mistificazione storica che è servita per occultare la realtà del genocidio del popolo
indiano da parte della nazione americana.

Il film di Silverstein, prodotto durante quella stagione della New Hollywood che ha rivisitato criticamente buona
parte della storia statunitense, cerca di porre rimedio a quest’ingiustizia, rivalutando la cultura pellerossa, che
viene presentata non come inferiore o superiore a quella dei colonizzatori bianchi, ma semplicemente come
diversa e, come tale, degna di rispetto. Di qui la dimensione etnografica del film, proteso a descrivere in modo
attento ed accurato gli usi e costumi della società indiana (molti attori sono pellirosse autentici che usano la loro
lingua), senza esprimere alcun giudizio morale nei suoi confronti (pensiamo all’usanza di abbandonare a se stesse
le madri rimaste senza figlio).

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/189.htm[12/07/2017 19:12:01]
Uomo chiamato cavallo

L’altezzoso gentiluomo inglese John, inizialmente sprezzante nei confronti degli indiani, comincia ad apprezzarli e
ad amarli finendo per diventare uno di loro. Quando, alla fine, saluta la moglie morta rivolgendole un significativo
Addio, mia piccola libertà, sembra ribaltarsi il suo atteggiamento precedente. La libertà, cui tanto aspirava, non
si trova fuori dal villaggio, ma in esso, e capisce che, tornando fra i bianchi, la perderà definitivamente.

VALUTAZIONE CRITICA
Sin dall’inizio il film sottolinea l’aspetto di rumorosa e disturbante estraneità che l’intrusione bianca assume in un
paesaggio incontaminato, dove la natura domina sovrana, non ancora deturpata dall’arrivo della civiltà. E’ il
manifestarsi della vocazione ecologista presente nella New Hollywood degli anni settanta, espressa con quel
tanto di nostalgia per una specie di paradiso perduto che l’emergere delle prime problematiche ambientali
giustificava. L’accento posto sul succedersi delle stagioni e sull’ineluttabilità della lotta per la sopravvivenza con
suggestive immagini di squarci naturali e di vita animale è finalizzato alla sottolineatura dello stretto legame della
vita della comunità indiana con l’ambiente circostante.

Attraverso il meccanismo della focalizzazione interna lo spettatore è messo nelle condizioni di identificarsi
totalmente nel personaggio di John (come del resto risulta assolutamente naturale per dei bianchi di cultura
europea), di cui condividiamo la sorte e insieme al quale penetriamo gradualmente nel mondo dei sioux. La
mancanza di una traduzione in forma di didascalia della lingua dei pellirosse accentua questo posizionamento
spettatoriale a fianco del protagonista (per lui, come per lo spettatore, è tutto una rivelazione: pensiamo solo alla
suspense della prova di iniziazione).

Silverstein dimostra di saper coniugare con equilibrio l’esigenza spettacolare, giocata in chiave avventurosa,
con il contenuto antropologico-storico, secondo uno schema che verrà ripreso anni dopo da un altro grande film
filoindiano, Balla coi lupi (1990) di K. Costner.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Gli Stati Uniti nella prima metà del XIX secolo.

B) La civiltà dei pellirosse d’America.

C) Le guerre indiane e il genocidio del popolo pellerossa.

Geografia             Lo stato del Sud Dakota.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/189.htm[12/07/2017 19:12:01]
Uomo del Banco dei pegni

L'uomo del banco dei pegni


TITOLO ORIGINALE The Pawnbroker
REGIA Sidney Lumet
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Edward Lewis Wallant
SCENEGGIATURA David Friedkin, Morton Fine
FOTOGRAFIA Boris Kaufman (bianconero)
MUSICA Quincy Jones
MONTAGGIO Ralph Rosemblum
INTERPRETI Rod Steiger, Geraldine Fitzgerald, Jaime Sanchez, Thelma Oliver
PRODUZIONE The Landau Company
DURATA 110'
ORIGINE USA. 1965
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Dopo l'Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e


Società

TRAMA
New York. Sopravvissuto ai lager nazisti, dove ha perso tutta la sua famiglia, l'ebreo Nazerman gestisce un
banco dei pegni di proprietà del gangster del quartiere. Chiuso in se stesso, rifiuta completamente di aprirsi agli
altri. Solo di fronte alla morte del suo commesso Jesus, che si è sacrificato per lui, sembra ritrovare la capacità
di vivere.

TRACCIA TEMATICA
L'uomo del banco dei pegni è stato uno dei primi film che ha affrontato il tema dell'Olocausto come memoria
lacerante, occupandosi più dei sopravvissuti che delle vittime.

Nazerman non riesce ad elaborare il lutto della scomparsa della sua famiglia e il trauma impresso sulla sua
psiche dal lager nazista. Il ricordo della tremenda esperienza affiora continuamente nella sua mente
sovrapponendosi alla percezione della realtà che lo circonda.

Il trascinarsi di un irrisolto senso di colpa, tipico di molti sopravvissuti, opprime il suo animo e lo indurisce,
isolandolo in un tenebroso sentimento di ostilità nei confronti del genere umano. A contatto con il male
assoluto dell'Olocausto Nazerman si è trincerato in una visione cinica ed egoistica della vita.

Solo di fronte alla rivelazione dei sordidi traffici del gangster Rodriguez ed alla morte del suo commesso Jesus
subisce una scossa emotiva che fa riaffiorare in lui una coscienza morale e una dimensione umana che
sembravano perdute. La volontaria stigmatizzazione allude forse alla necessità di un sacrificio autopunitivo che lo
liberi finalmente dal peso insopportabile del passato.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm128.htm[12/07/2017 19:12:01]
Uomo del Banco dei pegni

VALUTAZIONE CRITICA
Lumet lavora con grande mestiere (più che con genio e originalità) su diverse opzioni stilistiche e linguistiche
che all'inizio degli anni sessanta si erano ormai consolidate. L'uso del bianconero fortemente contrastato (di
scuola realistica e documentaristica) che ben si adatta ad esprimere il cupo mondo interiore del protagonista e il
contesto di alienazione urbana che lo circonda; l'impostazione teatrale della maggior parte delle sequenze e dei
dialoghi (che si riallaccia alla tradizione del dramma psicologico teatrale statunitense); il montaggio nervoso, fatto
di fulminei inserti subliminali, che si collega allo sperimentalismo del contemporaneo Cinema europeo.

Va riconosciuto che il regista, nonostante qualche compiacimento e insistenza di troppo, in particolare una
recitazione incline ai toni alti e qualche soluzione eccessivamente melodrammatica, riesce a tenere in equilibrio le
differenti suggestioni espressive che confluiscono nel film, offrendo il meglio nella creazione di atmosfere
compresse e claustrofobiche.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) L'antisemitismo nella storia d'Europa.

               B) Lo sterminio degli ebrei nel Terzo Reich.

Lingua straniera: inglese     Confronto fra il romanzo di E. L. Wallant e il film.

Geografia     A) La comunità ebraica di New York.

                      B) New York: il quartiere di Haarlem.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2000/2framefilm128.htm[12/07/2017 19:12:01]
Uomo di ferro

L’uomo di ferro
TITOLO ORIGINALE Czelowiek z zelaza
REGIA Andrzej Wajda
SOGGETTO Aleksander Scibor Rylski
SCENEGGIATURA Aleksander Scibor Rylski, Andrzej Wajda
FOTOGRAFIA Edward Klosinski (colori)
MUSICA Andrzej Korzynski
MONTAGGIO Halina Prugar
INTERPRETI Marian Opania, Jerzy Radziwilowicz, Krystyna Janda
PRODUZIONE Ensemble X
DURATA 150’
ORIGINE Polonia, 1981
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Comunismo, Stalinismo, Socialismo reale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
L’uomo di ferro è la continuazione di L’uomo di marmo. Cinque anni sono trascorsi dalle vicende narrate nel
primo film e ora ci troviamo nell’estate del 1980. La Polonia è sconvolta dal grande sciopero dei cantieri navali
di Danzica, dove il sindacato Solidarnosc, guidato da Lech Walesa, rivendica aumenti salariali e, soprattutto,
più libertà e democrazia. Un giornalista della radio, Winkiel, viene incaricato di realizzare un servizio
sull’agitazione nella città baltica, ma in realtà egli dovrebbe mettere in cattiva luce Maciek, uno degli
organizzatori dello sciopero e figlio dell’operaio stakanovista Mateusz Birkut, su cui anni prima aveva indagato
la regista Agnieszka. Winkiel scopre che Maciek è uno dei dirigenti di Solidarnosc e che suo padre Mateusz è
morto nei moti operai del 1970, ucciso dalla polizia. Ritrova anche Agnieszka, finita in carcere per avere
sostenuto Maciek, che nel frattempo è diventato suo marito. Sempre più coinvolto dalla storia di Maciek e di suo
padre, Winkiel finisce per simpatizzare per gli scioperanti, rifiutandosi di svolgere il suo ruolo di spia.Quando
alla fine Solidarnosc vince la resistenza del governo costringendolo a riconoscere le sue richieste, anch’egli
partecipa con entusiasmo al trionfo degli operai di Danzica.

TRACCIA TEMATICA
Realizzato a ridosso degli scioperi di Danzica del 1980, L’uomo di ferro conclude il dittico sulla storia polacca dal
secondo dopoguerra all’oggi iniziato quattro anni prima con L’uomo di marmo. Gli interrogativi lasciati aperti dal
primo film (che ne sarà del documentario di Agnieszka? Che fine ha fatto Birkut? ..) si chiudono in questa seconda
opera nel fuoco di eventi decisivi per la società polacca (e, come si comprese successivamente, per tutti i paesi del
blocco sovietico).

Il personaggio di Winkiel (giornalista a suo tempo capace e coraggioso, ora ubriacone e codardo) sembra

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/227.htm[12/07/2017 19:12:02]
Uomo di ferro

incarnare in sé la parabola di un ceto intellettuale che aveva sperato in un cambiamento politico del
socialismo polacco (dieci anni prima aveva fatto un bel servizio sulla rivolta operaia del Baltico) e che delusa si è
rinchiusa in un cinico compromesso con l’esistente. Il figlio di Birkut e sua moglie Agnieszka esprimono,
invece, la forza e il coraggio di coloro (proprio quei lavoratori che le autorità avrebbe dovuto rappresentare e che
invece hanno trovato un riferimento nella chiesa cattolica) che non si piegano alle minacce e alla repressione e
che con la loro volontà di lotta realizzano quella speranza di libertà che animò anni prima l’uomo di marmo
Birkut.

La trionfalistica sequenza finale, con il richiamo ai valori del socialismo e con il profilo di Lenin che domina la
sala dove è stato firmato l’accordo, sembra far pensare che il regista coltivi la speranza che questa svolta
possa portare ad un rinnovamento democratico dall’interno del regime. Il colpo di Stato del dicembre del 1981
e la repressione di Solinarnosc che ne seguirà dimostreranno che lo sclerotizzato apparato burocratico comunista
era ormai incapace di riformarsi e che si avviava verso il tracollo finale.

VALUTAZIONE CRITICA
Tipico film d’emergenza, cioè strettamente collegato all’incalzare di una realtà che ci si ripropone di riprodurre
sullo schermo (come in L’uomo di marmo anche qui si fa ampio ricorso al documentarismo), L’uomo di ferro
denuncia in parte questo forte condizionamento dell’esterno sulla finzione cinematografica e l’esigenza di adattare
narrativamente la storia del film precedente alla nuova situazione crea squilibrio e forzature, oltreché
qualche lungaggine di troppo (la struttura narrativa di L’uomo di marmo era certamente più solida e meglio
studiata).

Ciò che, però, va apprezzato del film è il senso di sincera partecipazione morale ed emotiva agli avvenimenti
narrati, la forza drammatica di parecchie sequenze (pensiamo alle immagini dell’improvvisato funerale di un
operaio vittima della repressione poliziesca del 1970 nel clima livido e plumbeo dell’inverno polacco, a Maciek che
erige la croce in memoria del padre sul ponte dove Birkut cadde, alla sua visita all’obitorio al cadavere del
genitore) e la incisiva capacità di mescolare alla fiction pezzi di documentario (pensiamo alla folla che si
accalca ai cancelli dei cantieri navali, alle immagini inedite in occidente dei blindati per le vie di Danzica nel 1970,
all’annuncio dell’avvenuto accordo).

Si direbbe quasi che il film di Wajda tragga il suo fascino maggiore proprio nel sapere fare virtù del modo
un po’ improvvisato ed affrettato con cui è stato girato, a ridosso di eventi travolgenti e impensabili sino a
pochi anni prima.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) La Polonia dal secondo dopoguerra a Solidarnosc.

                       B) Crisi e crollo del comunismo nell’Europa orientale.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/227.htm[12/07/2017 19:12:02]
Uomo di marmo

L’uomo di marmo
TITOLO ORIGINALE Czlowiek z marmuru
REGIA Andrzej Wajda
SOGGETTO E Aleksander Scibor-Rylski
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Edward Klosinski
MUSICA Andrzej Korzynski
MONTAGGIO Halina Pugarowa
INTERPRETI Jerzy Radziwilowicz, Krystyna Janda
PRODUZIONE Zespoly Filmowe, Zespol X (Varsavia)
DURATA 160’
ORIGINE Polonia, 1976
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Comunismo, stalinismo, socialismo reale

Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Polonia, anni Settanta. La studentessa Agnieszka intende presentare per il suo diploma di regia un film su
Mateusz Birkut, eroe del lavoro negli anni Cinquanta. La giovane regista vuole ritrovare Birkut e soprattutto
intende capire le ragioni per cui il muratore stakanovista che fu un famoso muratore modello nella costruzione
della città di Nowa Huta sia poi caduto in disgrazia facendo perdere le proprie tracce. Tra filmati d’epoca,
testimonianze di persone che lo conobbero e il crescente fastidio dei responsabili televisivi che non vogliono che
venga dissepolta questa lontana storia, Agnieszka riesce a ricostruire le tappe della tormentata esistenza di
Birkut e alla fine a rintracciare suo figlio Maciek.

TRACCIA TEMATICA
Girato negli anni Settanta, quando il controllo censorio sulla cinematografia polacca da parte delle autorità era
ancora molto forte, L’uomo di marmo dovette subire alcuni tagli che verranno poi inseriti nel seguito L’uomo di
ferro, realizzato dopo i moti antigovernativi di Danzica, quando in Polonia si aprirono inediti spazi di libertà.

Il film di Wajda costituisce una rievocazione degli anni Cinquanta in chiave di denuncia dello stalinismo
allora imperante, che aveva imposto una pesante cappa repressiva e poliziesca, così da schiacciare ogni voce di
dissenso e autonomia. Birkut è prima vittima dell’ideologia di matrice sovietica dello Stakanovismo
(esaltazione della capacità dell’operaio di sottoporsi a sfiancanti ritmi di lavoro per diventare modello da imitare),
poi delle grandi epurazioni che si abbattono sulla società polacca e che prima di lui colpiscono il suo amico
Witek.

A vent’anni di distanza il clima politico è cambiato, il regime comunista si è fatto più tollerante e permissivo, ma la
burocrazia statale guarda con diffidenza la riesumazione da parte di Agnieszka di un passato ingombrante (gli

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/190.htm[12/07/2017 19:12:02]
Uomo di marmo

orrori dello stalinismo), mai veramente affrontato e rielaborato, sostanzialmente rimosso, se non nascosto
(pensiamo alle monumentali statue che riproducono in enfatiche pose Birkut ammassate in un ripostiglio di un
museo). La giovane regista rappresenta la volontà delle nuove generazioni di confrontarsi con la storia recente del
proprio paese per indagarne senza reticenze i lati più oscuri e ricostruire una memoria collettiva e una coscienza
politica indispensabili per contrastare un potere che rimane autoritario e illiberale. Siamo nel 1976 la rivolta
operaia di Danzica guidata dal sindacato Solidarnosc è dietro l’angolo.

VALUTAZIONE CRITICA
Wajda ha realizzato con L’uomo di marmo un film politico di grande forza e impatto, un ottimo esempio di
come il Cinema possa contribuire ad esprimere la coscienza civile e democratica di una società più di
qualunque altro mezzo (e questo in particolare in una realtà come quella polacca dell’epoca, ancora impedita a
manifestare una reale opposizione al regime).

Attraverso uno stile narrativo aggressivo ed energico (in sintonia con la quasi nevrosi della giovane
protagonista), che fa della contaminazione fra realtà e finzione (i documentari autentici si intrecciano con la
ricostruzione cinematografica spesso fondendosi con essa in modo indistinguibile. In questo senso si può dire che il
film anticipi il lavoro di Stone in JFK) la cifra espressiva dominante e un’invenzione di grande suggestione, una
musica incalzante e il montaggio nervoso che conferisce un ritmo fremente, la pellicola coinvolge lo spettatore,
preso in un trascinante gioco di rimbalzo passato-presente.

Di notevole impatto le sequenze che riprendono Birkut impegnato nelle sue performance stakanoviste e di grande
densità emotiva la fase della sua caduta in disgrazia, mentre l’immagine finale in rapido carrello a retrocedere
(l’inarrestabile forza della verità) di Agnieszka che con Maciek, sosia del padre, torna trionfante negli studi
televisivi, consegnando alla Polonia il simbolo vivente della memoria ritrovata, non si dimentica facilmente.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Polonia dallo stalinismo a Solidarnosc.

B) La Polonia dopo il crollo del comunismo.

C) Lo stakanovismo

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/190.htm[12/07/2017 19:12:02]
Uomo per tutte le stagioni

Un uomo per tutte le stagioni


TITOLO ORIGINALE A Man for All Season
REGIA Fred Zinneman
SOGGETTO E Robert Bolt dal suo dramma omonimo
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ted Moore (colore)
MUSICA Georges Delerue
MONTAGGIO Ralph Kemplein
INTERPRETI Paul Scofield, Robert Shaw, Orson Welles, Susannah York, John Hurt
PRODUZIONE Highland/Columbia
DURATA 120'
ORIGINE Gran Bretagna, 1966
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Cinquecento

Cinema e Storia

TRAMA
Regno d'Inghilterra, XVI secolo. Il Sovrano d'Inghilterra Enrico VIII vuole divorziare dalla moglie Caterina
d'Aragona, ma si scontra con l'opposizione del Papa. Il cancelliere Tommaso Moro (1478-1535) dovrebbe
difendere la causa del re, ma fedele alle sue convinzioni religiose vi si oppone. Enrico VIII, infuriato, lo fa
imprigionare e lo sottopone ad un processo che si conclude con la sua condanna a morte.

TRACCIA TEMATICA
Tommaso Moro è una fulgida e insigne figura di intellettuale umanista e valido statista, uno dei più famosi
del suo tempo, canonizzato nel 1935 da Papa Pio XI insieme al vescovo Giovanni Fisher, che condivise la stessa
sorte sul patibolo, dopo che per secoli il suo ricordo venne rimosso dalla Chiesa Anglicana britannica e dalla
memoria degli inglesi.

Il film ne esalta la tempra morale e l'austera fermezza, la cristallina coerenza ai propri principi che lo
consegna come fulgido esempio agli uomini di tutte le età (di tutte le stagioni, come recita il titolo): Moro
affronta con estrema e ammirevole dignità la morte per rimanere fedele a ciò che la propria coscienza gli impone,
convinto che esista una legge divina superiore a quella degli uomini e che sia dovere di ogni buon cristiano seguire
la prima. Nella sua tragica vicenda si ripropone il conflitto senza tempo tra la libertà dell'individuo (e le
scelte che ne derivano) e il potere dello Stato che sovente la conculca.

Di fronte alla solitaria e serena grandezza di Moro si rimpicciolisce ancor di più la meschinità dell'ambiente
di corte: il servilismo di Cromwell, l'arrivismo di Richard, la grossolanità del capo dei servi.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/191.htm[12/07/2017 19:12:03]
Uomo per tutte le stagioni

VALUTAZIONE CRITICA
La regia si impegna a dotare la rievocazione del martirio di Tommaso Moro di un sontuoso apparato
scenografico e ambientale, che esalta la dimensione spettacolare del film con un preziosismo figurativo di
smagliante cromatismo e denso di suggestioni pittoriche (del resto la pittura d'epoca risulta l'unica testimonianza
iconica del Cinquecento: pensiamo in particolare all'importanza della ritrattistica come riferimento per i
costumisti).

La recitazione di impianto marcatamente teatrale (sembra evidente l'influenza della scuola shakespeariana)
conferisce ai dialoghi una solennità declamatoria, che attenua l'effetto realistico, ma che rinforza il significato
universale del dramma cui stiamo assistendo, e il magniloquente commento musicale contribuisce ulteriormente
ad incentivare la sottolineatura enfatica che caratterizza la pellicola.

Accuratezza formale, grandiosità dei toni e grande professionalità attoriale che costituiscono da sempre le due
caratteristiche fondamentali e vincenti (a giudicare dagli incassi e dai riconoscimenti ufficiali, tipo Oscar) del
Cinema storico di scuola anglosassone.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) L'Inghilterra all'inizio del XVI secolo.

B) Enrico VIII e Tommaso Moro.

C) Lo Scisma Anglicano.

Lingua straniera: inglese             Le opere di Tommaso Moro.

Religione       La Chiesa Anglicana.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/191.htm[12/07/2017 19:12:03]
Uovo del serpente

L’uovo del serpente


TITOLO ORIGINALE Das Schalangenei-The Serpent’s Egg
REGIA Ingmar Bergman
SOGGETTO E Ingmar Bergman
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Sven Nykvist (colori)
MUSICA Rolf Wilhelm
MONTAGGIO Petra von Oelffen
INTERPRETI Liv Ulmann, David Carradine, Gert Frobe
PRODUZIONE Rialto Film (Berlino), Dino De Laurentiis Corp. (Los Angeles)
DURATA 120’
ORIGINE USA/Germania Federale, 1978
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Nazismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Berlino, novembre 1923. la Germania è sprofondata in una tremenda crisi economica e sociale sul cui sfondo
affiorano le prime manifestazioni di antisemitismo e di nazismo. Abel, un ebreo lettone spiantato e disoccupato,
che ha perso il posto nel circo dove lavorava come trapezista, vive a Berlino da qualche mese dopo il suicidio del
fratello Max. La polizia sospetta che possa essere lui l’assassino di una serie di persone ammazzate nel quartiere
dove abita.  Manuela, la vedova di Max, ospita nel suo appartamento Abel, che innamoratosi della cognata
inizia ad esserne geloso tanto da pedinarla e costringerla a confessare di lavorare in un bordello e di avere
avuto una relazione con Vergérus, un inquietante medico che lavora presso la clinica S. Anna. E’ in questo
ospedale che Abel e Manuela trovano un lavoro e un’abitazione.  Addentrandosi nei sotterranei dell’edificio,
Abel scopre il laboratorio del dottor Vergérus ed una tremenda verità.

TRACCIA TEMATICA
Mancano dieci anni all’avvento del nazismo al potere, tuttavia le pulsioni perverse da cui esso scaturirà
affiorano minacciose nella disastrata e confusa Germania del primo dopoguerra. L’antisemitismo alimenta la
violenza contro gli ebrei, le forze dell’ordine sembrano tollerare i pestaggi delle bande paramilitari e, soprattutto, il
farneticante dottor Vergérus pratica folli esperimenti in nome della creazione di una razza superumana liberata da
ogni impurità. Violenza, odio razziale, controllo totale sulla vita privata delle persone, criminali teorie
pseudoscientifiche: alcuni degli ingredienti fondamentali del nazismo stanno incubando (di qui il riferimento
all’uovo del serpente) sullo sfondo di una società che mostra i segni della dissoluzione. Non inganni il fallimento
del tentativo eversivo delle ancora sparute schiere nazionalsocialiste (che induce il commissario Bauer a
sopravvalutare le risorse di uno Stato democratico che proprio ora ha iniziato il proprio irreversibile declino), il
germe maligno da esse iniettato darà i suoi frutti tra meno di un decennio: chissà tra quante persone che
formano quella folla triste su cui si apre il film ne sono già portatori sani?  

A Bergman non interessa tanto indagare le origini socio-economiche e politiche del nazismo, quanto esplorare il
torbido sottofondo di disgregazione morale e desolazione umana che costituì il materiale psicologico e
mentale che lo nutrì. 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm033.htm[12/07/2017 19:12:03]
Uovo del serpente

VALUTAZIONE CRITICA
L’uovo del serpente è certamente un film anomalo nella filmografia del grande regista svedese, che prima di
quel momento si era sempre misurato con temi di tutt’altro genere. Va ricordato come questa pellicola nasca
dalla concomitanza fra il volontario esilio dalla sua Svezia e l’incontro con il produttore De Laurentiis, che gli
mise a disposizione un considerevole budget in modo da garantire un prodotto sufficientemente commerciale da
imporsi presso il grande pubblico mondiale. Bisogna altresì ricordare che, per quanto impegnato su corde lontane
dalla sua idea di Cinema, Bergman entra con questo a film a contatto, seppur indirettamente, con un momento
importante della sua biografia, quando ancora adolescente trascorse qualche anno in Germania simpatizzando per il
regime nazista. Una volta rinnegata in età adulta questa fugace esperienza, il regista ha forse avvertito il bisogno di
toccare in chiave fortemente critica questo argomento.

All’insuccesso di pubblico seguirono le valutazioni negative della critica, poco propensa ad accettare un Bergman
così inedito. Non si perdonarono al film una certa confusione e approssimazione nell’ analisi storico-sociale,
qualche lungaggine di troppo ed una ricerca un po’ gratuita di effetti (pensiamo alla sequenza del bordello e
del suicidio finale del dottor Vergérus), ma più in particolare l’avere sacrificato la solidità della struttura narrativa
(piuttosto sfilacciata e frammentaria) alla ricerca di un’ atmosfera cupa ed opprimente, costruita da tinte scure ed
interni claustrofobici. Si direbbe che la dimensione fortemente simbolica ed allusiva (che comunque del film
resta la cosa migliore) prevalga su tutto il resto penalizzandolo.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                 A) La Germania all’inizio degli anni Venti

                                           B) Genesi e avvento del nazismo

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Urla del silenzio

Urla del silenzio


TITOLO ORIGINALE The Killing Fields
REGIA Roland Joffé
SOGGETTO Dall'articolo Death and Life of Dith Pran di Sydney Schanberg
SCENEGGIATURA Bruce Robinson
FOTOGRAFIA Chris Menges (colore)
MUSICA Mike Oldfield
MONTAGGIO Jim Clark
INTERPRETI Sam Waterston, Haing S. Ngor, John Malkovich, Julian Sands
PRODUZIONE David Puttnam per Enigma Production
DURATA 143'
ORIGINE Gran Bretagna, 1984
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Colonialismo, decolonizzazione, Terzo Mondo, problemi del sottosviluppo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Il giornalista americano Sydney Schanberg, arrivato in Cambogia nel 1972 come corrispondente del New York
Times per seguire le vicende della guerra civile fra il governo filoamericano di Lon Nol e i Khmer rossi, assume
come guida e interprete Dith Pran. Il 17 aprile 1975 i Khmer entrano a Phnom Pehn: i giornalisti stranieri sono
costretti a lasciare il paese e Sydney, nonostante i suoi tentativi, non riesce a portare con sé Dith, i cui familiari
sono già negli Stati Uniti. Dith viene rinchiuso in un campo di rieducazione dal quale riesce a fuggire per poi
arrivare, dopo una drammatica odissea, in Thailandia, dove riabbraccia nel 1976 l'amico Sydney.

TRACCIA TEMATICA
La condanna del film è rivolta in una duplice direzione: da una parte verso il criminale genocidio perpetrato ai
danni del popolo cambogiano dal governo dei Khmer Rossi, che inseguendo con folle fanatismo l’utopia di una
società contadina improntata ad un primitivo comunismo rurale e totalmente depurata da ogni contaminazione
occidentale e borghese, infierirono con inaudita crudeltà su una popolazione già provata da anni di guerra; dall'altra
verso il governo statunitense dell'allora Presidente Nixon, che, estendendo il conflitto del Vietnam nella vicina
Cambogia (paese che per anni aveva goduto di una relativa pace), coinvolse anche questo paese nell'immane
tragedia indocinese per i propri discutibili interessi nazionali.

Altro tema della pellicola è quello dell'amicizia che resiste al tempo e alle avversità (ed anche al successo di
Sydney, che proprio grazie al contributo di Dith riesce a vincere il prestigioso Premio Pulitzer) e che viene
coronata dal ricongiungimento finale (oggi Dith Pran lavora insieme a Sydney al New York Times.

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2001/192.htm[12/07/2017 19:12:04]
Urla del silenzio

Infine Urla del silenzio vuole essere anche un sentito omaggio al difficile e pericoloso mestiere del
corrispondente giornalistico (o televisivo, come il regista stesso, che si è formato con il documentarismo), il cui
ruolo di informazione e testimonianza risulta fondamentale.

VALUTAZIONE CRITICA
Joffé riesce a conferire al suo film vigore narrativo e forza espressiva ricorrendo soprattutto allo strumento
di una sceneggiatura che calibra e distribuisce con grande efficacia l'alto tasso di drammaticità della storia e di un
montaggio che conferisce al film un ritmo intenso e coinvolgente nelle concitate sequenze della prima parte
(l'arrivo dei Khmer Rossi a Phnom Pehn e i disperati tentativi di Sydney per portare con sé l'amico ci catturano
emotivamente per l'incalzante crescendo) e che, nella seconda parte, mette a confronto l'asettico e ovattato
ambiente del giornalismo newyorchese con la tragedia che si consuma nella lontana Cambogia (quando la fuga di
Dith attraverso il suo paese devastato diventa una specie di discesa all'inferno).

Per questa sua capacità di rendere con incisiva chiarezza e grande immediatezza il senso della catastrofe di un
popolo attraverso una vicenda individuale (che ripropone un luogo narrativo classico come quello dell'amicizia) e
di esprimere una ferma denuncia delle responsabilità politiche che emergono da questo tremendo scenario, Urla del
silenzio è uno dei migliori film di impegno civile e politico degli anni Ottanta.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Guerra del Vietnam e di Cambogia.

B) I Khmer Rossi e gli anni del loro governo (1975-1979).

C) Il conflitto cambogiano-vietnamita del 1979.

D) L'attuale situazione della Cambogia.

Geografia             La Cambogia.

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vai e vivrai

Vai e vivrai
TITOLO ORIGINALE Va, vis et deviens
REGIA Radu Mihaileanu
SOGGETTO E Alain-Michel Blanc, Radu Mihaileanu
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Rèmy Chevrin (colori)
MONTAGGIO Ludo Troch
INTERPRETI Sirak M. Sabahat, Yael Abecassis, Roschdy Zem, Roni Hadar
PRODUZIONE Denis Carot, Marie Masmonteil, Radu Mihaileanu, Marek Rozenbaul, Itai Tamir
per Elzévir Films/Oi Oi Oi Productions
DURATA 140’
ORIGINE Francia-Belgio-Israele-Italia,2005
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Lamerica, Leuropa, litalia


Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo,intolleranza,
immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
1984. In un campo profughi tra il Sudan e l’Etiopia la comunità dei falasha , etiopi di religione ebraica,
sopravvissuta alla carestia e alle persecuzioni è trasportata in Israele da un ponte aereo organizzato  dal governo
israeliano. Un bambino cristiano di 9 anni viene spinto dalla madre a fingersi ebreo per salvarsi . Giunto in
Israele è adottato da una famiglia del posto. Passano molti anni e Schlomo, nome che gli è stato dato dai suoi
genitori adottivi, si trova spesso alle prese con i pregiudizi esistenti nei suoi confronti nella sua patria d’elezione.
Alla fine realizza il suo sogno di diventare medico per poter ritornare nel campo profughi da cui era partito e
ritrovare la madre ormai anziana.  

TRACCIA TEMATICA
Il tema principale del film è la difficoltà ad adattarsi ad una comunità estranea a quella d’origine  e ad essere
accettato da questa. Nel caso particolare di Schlomo l’estraneità è duplice: di natura etnica, essendo egli un
etiope, e di natura religiosa, non essendo di religione ebraica come tutti credono, bensì cristiana. Se questo è
l’assunto narrativo appare sicuramente curioso il fatto che Vai e vivrai è forse il primo film che non vede più gli
ebrei come oggetto di discriminazione e ostilità, ma viceversa, a dimostrazione che razzismo e xenofobia non sono
esclusività solo di alcuni popoli, ma elemento trasversale ad ogni società.

Altro tema di rilievo riguarda l’ansia che accompagna il protagonista di recuperare le proprie radici, mai
dimenticate e anzi coltivate nel corso degli anni (pensiamo alle lettere in amarico alla madre).

Schlomo, insomma, è uno sradicato che cerca disperatamente di trovare un equilibrio tra le due le due
identità che si contendono la sua personalità.

Alla fine la soluzione sarà quella di tornare alle origine (la madre), senza rinnegare la patria d’adozione, da cui
comunque molto si ha avuto (la moglie e  il figlio). 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm039.htm[12/07/2017 19:12:39]
vai e vivrai

VALUTAZIONE CRITICA
Diventato giustamente famoso con il delizioso Train de vie, il regista romeno d’origini ebraiche Mihaileanu ci
propone questa volta un film realista, lontano dal registro surreale e amaramente grottesco della prova d’esordio,
anche se ancora una volta dominato dal motivo del dramma del razzismo (sia pure presente in forme assai più
blanda).

L’esito risulta, però, inferiore rispetto a Train di vie. Mihaileanu dà la sensazione di avere qualche difficoltà
quando si tratta di abbandonare i toni della commedia per addentrarsi nel territorio del dramma (se non addirittura
del melodramma), rischiando spesso l’eccesso di enfasi e la ridondanza.

Ma il difetto maggiore si avverte nell’incapacità di sfuggire alla tentazione di mettere troppa carne al fuoco:
ne consegue un affastellarsi di temi (razzismo, integralismo religioso, limiti del progressismo israeliano, conflitti
familiari e generazionali,  dramma dei profughi, questione israelo-palestinese, ecc..) che la regia fatica a gestire
con disinvoltura senza appesantire la narrazione. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                            a) La questione ebraica           

                                                                      b) La nascita dello Stato d’Israele   

Religione                                                       a) Il cristianesimo in Etiopia

                                                                        b) La comunità falasha in Etiopia

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Vatel

Vatel
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Roland Joffé
SOGGETTO Jeanne La Brune
SCENEGGIATURA Tom Stoppard
FOTOGRAFIA Robert Fraissé (colori)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Noelle Boisson
INTERPRETI Gérard Depardieu, Uma Thurman, Tim Roth, Timothy Spall, Arselle Dombasle,
Hywel Bennet, Richard Griffiths, Julian Sands
PRODUZIONE Alain Goldman, Roland Joffé
DURATA 117’
ORIGINE Francia-Gran Bretagna, 2000
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Seicento

Cinema e storia

TRAMA
Francia, 1671. Il re Luigi XIV annuncia al principe di Condé che è intenzionato a fargli una visita presso il suo
palazzo di campagna con tutta la corte di Versailles. In rovina economica il principe di Condé affida le ultime
possibilità di ingraziarsi il sovrano e risollevare così la sua malferma situazione finanziaria al suo maestro di
cerimonie Vatel. Se questi saprà conquistare il re Sole con la sua riconosciuta maestria nel preparare pranzi
raffinati e spettacoli sontuosi, al principe di Condé arriderà di nuovo la fortuna.

TRACCIA TEMATICA
La dimensione simbolica rinvenibile in Vatel si dirama in più ipotesi interpretative.

1.  L’instancabile prodigarsi di Vatel e della servitù al servizio del principe di Condé con quel tanto di abnegazione,
esperienza o semplicemente disponibilità al sacrificio (fino alla vita, come è il caso del decesso sul lavoro di uno
dei tanti operai impegnati nell’allestimento degli scenari) richiama alla mente quella folla anonima e spesso
sofferente che nel corso dei secoli ha dato un contributo decisivo nella creazione di monumenti ed opere
d’arte che hanno reso celebri solamente artisti e governanti.

2.  Vatel, insieme alla massa dei suoi sottoposti e collaboratori, rappresenta il Terzo Stato (borghesia e popolo)
sottoposto alla nobiltà vacua e parassitaria. Intraprendente e creativo, dinamico e inventivo, il maestro di
cerimonie di Condé incarna le virtù della classe destinata di lì ad un secolo a conquistare il potere con la
rivoluzione francese. Essendo ancora prematura nel Seicento la piena consapevolezza del proprio ruolo storico, alla
rivoluzione contro la monarchia assolutista si possono sostituire solo manifestazioni di sterile rivolta e rifiuto, come
è ben rappresentato dal suicidio del protagonista.

3. Vatel come il regista cinematografico (come lo stesso Joffé, se vogliamo), impegnato allo spasimo nel
tentativo di stupire lo spettatore con le sue trovate e con i suoi giochi illusionistici, forse un po’pacchiani, ma
sempre di grande effetto visivo e scenografico. Il riferimento può essere inteso al film stesso, una produzione
europea finalizzata a competere sul piano della grandiosa spettacolarità con il Cinema hollywoodiano e con la sua
strapotenza economica (il principe di Condé=Cinema europeo; il re Sole-Versailles=Cinema hollywoodiano)

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2003/5framefilm011.htm[12/07/2017 19:12:39]
Vatel

VALUTAZIONE CRITICA
Vatel investe soprattutto sulla capacità di ricreare la magnificenza debordante e incontrollata del gusto
barocco-rococò del Seicento francese, improntato all’esaltazione estrema dell’effetto illusionistico e quindi al
trionfo dell’apparenza sulla realtà. Ne esce così un film dove le scenografie e i costumi acquistano un’assoluta
centralità, perché è soprattutto su di essi che si misura l’alto tasso di spettacolarità e di magniloquenza visiva e
decorativa cui questa coproduzione franco-britannica è improntata. Più che raccontare, quindi, la pellicola si
concentra sul mostrare, sulla sottolineatura dell’assoluta eccezionalità di ciò che lo spettatore sta guardando. Il
montaggio frenetico e l’inesausto movimento della macchina da presa risultano funzionali a questa strategia di
privilegiamento delle cose sugli attori e le loro vicende. Gli intrighi di corte, le psicologie dei personaggi e pure il
dramma esistenziale del protagonista Vatel finiscono per essere oscurati dalla fastosa evocazione d’epoca che
gronda da ogni inquadratura. “La cornice soffoca il quadro” (Morando Morandini).  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                         A) La Francia di Luigi XIV

                                   B) Il  principe di Condé

Storia dell’arte         Lo stile barocco e rococò

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Vajont

Vajont
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Renzo Martinelli
SOGGETTO E Renzo Martinelli, Pietro Calderoni
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Blasco Giurato (colori)
MUSICA Francesco Sartori
MONTAGGIO Massimo Quaglia
INTERPRETI Michel Serrault, Daniel Auteuil, Laura Morante, Jorge Perugorria, Leo Gullotta,
Philippe Leroy
PRODUZIONE Martinelli Film Company International
DURATA 116’
ORIGINE Italia, 2001
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
All’inizio degli anni Sessanta nella valle del Vajont nel bellunese si sta ultimando un’imponente diga (sarà la
più alta del mondo). La giornalista dell’Unità Tina Merlin, convinta che essa comporti gravi rischi per gli
abitanti del luogo a causa dell’instabilità geologica del monte su cui il manufatto poggia, conduce una tenace
campagna d’informazione scontrandosi con i poteri forti che sperano di ricavare grandi profitti dalla diga.
Anche tra alcuni dei responsabili dell’opera comincia a serpeggiare qualche dubbio sulle possibilità di tenuta
dell’ardita costruzione, ma ben presto viene tacitato da un gioco di intrighi, complicità politiche, palleggiamenti
e silenzi. La notte del 9 ottobre 1963, dopo una serie di preannunci, un’enorme frana piomba sul lago artificiale
della diga, sollevando una tremenda ondata che travolge le popolazioni sottostanti. Alla fine si conteranno oltre
2000 morti.

TRACCIA TEMATICA
L’intento che anima il film è la denuncia delle gravi (e diffuse) responsabilità umane che stanno alla base
della tragedia del Vajont (la più grande, per numero di vittime, dell’Italia repubblicana. La  maggiore catastrofe
del periodo postunitario fu il terremoto di Messina del 1908) e della sostanziale impunità garantita ai colpevoli
nei procedimenti giudiziari che seguirono negli anni successivi. Una vasta schiera di tecnici, ingegneri, geologi,
ma anche, amministratori locali, politici, finanzieri, ministri (qualcuno ha mosso al film l’accusa di non aver fatto
nomi e cognomi di quest’ultimi) aveva sospetti, se non proprio certezze, sui pericoli insiti nella costruzione della
diga, ma non esplicitò come avrebbe dovuto i propri dubbi o addirittura rimase in silenzio (un impasto di errori di
valutazione, di interessi economici e di intrallazzi politici  che purtroppo sarà causa anche di successivi disastri che
hanno funestato il nostro paese)

A questo sciagurato panorama umano si contrappone l’indomita figura dell’inascoltata giornalista Merlin,
con il suo esempio di inesausto impegno civile, e la gente del posto, ritratta con attenzione alla dimensione
antropologica di popolazione contadina che si affaccia ai miraggi del consumismo e del benessere (struggente
in questo senso la figura del geometra Olmo, ingenuamente convinto dei benefici del progresso). 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2002/4framefilm034.htm[12/07/2017 19:12:40]
Vajont

VALUTAZIONE CRITICA
Vajont è sicuramente un film di impegno civile, che organizza la ricostruzione degli eventi in base ad una precisa
finalità di denuncia, ma vuole anche proporsi come un prodotto commerciale, in grado   di soddisfare i gusti del
grande pubblico. Di qui il significativo investimento produttivo (17 miliardi di lire) ed un’impostazione
narrativa orientata verso il modello del genere catastrofico statunitense, incentrato su di una struttura a
raggiera, cioè con tante storie (pubbliche e private, eccezionali e quotidiane, drammatiche e banali, ecc..) che
procedono autonomamente l’una dall’altra per poi convergere nella tragedia finale.

Ne consegue una pluralità di riferimenti e suggestioni (il giallo, il thriller, il sentimental-lirico, il folcloristico,
l’inchiesta giornalistica di stampo documentarista) che non sempre riescono ad amalgamarsi in modo
convincente. Accade così che Vajont  a momenti piuttosto stereotipati nel segno di una scontatezza di stampo
televisivo (la storia d’amore tra Olmo e Lucilla e il pianto del primo sulla tomba della seconda molti anni dopo, i
successi canori d’epoca e lo scenario del piccolo paesino di montagna anni Cinquanta, il crocifisso che solca le
acque) alterna sequenze di grande impatto visivo (il funereo pranzo dei tecnici sulla diga, la valanga d’acqua che
precipita sulla valle, il paesaggio desolato dopo la tragedia).  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                 A)  L’Italia alla fine degli anni Cinquanta

                                           B) Le vicende processuali del caso Vajont

                                           C) La figura della giornalista Tina Merlin

Geografia                           Il territorio del Vajont 

Tecniche della costruzione               La diga

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valzer con bashir

Valzer con Bashir


TITOLO ORIGINALE Waltz with Bashir
REGIA Ari Folman
SOGGETTO E Ari Folman
SCENEGGIATURA
MONTAGGIO Nilli Feller
MUSICA Max Richter
PRODUZIONE Bridgit Folman Film Gang, Les Films D’Ici, Razor Film Produktion, Arte France,
Hot Telecommunication, ITVS, Israel Film Fund, Medienboard Berlin-
Brandenburg, New Israeli Foundation for Cinema and Televisione, Noga
Communication-Channel 8
DURATA 87’
ORIGINE Israele-Germania-Francia, 2008
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Questione arabo-israeliana


Novecento/Cinema e Storia

 TRAMA
 Ari Folman, un regista israeliano, ha partecipato all’invasione del Libano nel 1982 e ha rimosso quasi tutto ciò
di cui è stato testimone nel corso di questa esperienza bellica. Deciso a riappropriarsi della verità su quei fatti,
intervista alcuni dei suoi excommilitoni che erano al suo fianco in quel momento e che, come lui, sono rimasti
traumatizzati da quegli eventi.

TRACCIA TEMATICA
 Nel Luglio del 1982 a Beirut in Libano i soldati falangisti libanesi irruppero nel campo-profughi palestinese di
Sabra e Chatila uccidendone tutti gli abitanti, compresi donne e bambini, grazie alla complicità dell’esercito
israeliano che aveva invaso il paese mediorientale. Questa strage costituisce il rimosso del protagonista, e anche
della generazione che partecipò a quei fatti, come più in generale dell’intera società israeliana che con questo
buco nero della sua storia recente non ha mai fatto veramente i conti (il presunto responsabile della strage, Sharon,
è stato sino a pochi anni fa presidente del consiglio dello Stato di Israele). La fatica a ricostruire la sequenza di
eventi che si è conclusa con l’orrore del massacro occupa  il centro del film, nel corso del quale si assiste ad
una specie di seduta psicoanalitica collettiva, da cui emerge la difficoltà e la ritrosia a confrontarsi con un trauma
duraturo che ha segnato nel profondo le coscienze. 

Le autentiche immagini fotografiche della strage che scorrono a chiusura impongono una fuoriuscita
dall’animazione e immettono bruscamente nella sconvolgente dimensione reale di ciò che è accaduto. La ricerca
del tempo perduto, dolorosa e sofferta, si è forse conclusa con il ritrovamento della piena consapevolezza
dell’orrore.

VALUTAZIONE CRITICA
A proposito di questo film si è parlato di docanimation. Per la prima volta, infatti, l’animazione (solitamente
abbinata al libero fluire della fantasia e indirizzata ad un pubblico infantile) è posta al servizio di un’inchiesta
paragiornalistica (se non di quello che una volta si chiamava Cinema civile di denuncia) finalizzata alla

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2010-11/10framefilm016.htm[12/07/2017 19:12:40]
valzer con bashir

rievocazione di un drammatico evento del passato prossimo. E come per ogni indagine filmata che si rispetti il
regista fa ricorso alle interviste, che sono la fedele ricostruzione filmata delle testimonianze raccolte tra i reduci e i
protagonisti dell’epoca.

Valzer con Bashir è, però, anche l’evocazione autobiografica di ciò che lo stesso regista Folman ha vissuto tanti
anni prima. La realtà documentaristica si intreccia così con il personalissimo travaglio interiore da lui vissuto
e l’animazione sfrutta così le ampie possibilità insite nella natura di questo linguaggio per accedere al registro
della visionarietà  e dell’incubo, che meglio della verosimiglianza realista traduce in immagini i fantasmi che
popolano la coscienza non pacificata del protagonista e dei suoi commilitoni. Nascono da questa creatività
immaginifica le sequenze più memorabili, come l’iniziale corsa dei cani, il vorticoso balletto di Bashir nelle
strade di Beirut, l’apparizione della bellissima donna gigante sul cui grembo ci si abbandona all’oblio e più in
generale una scelta cromatica orientata verso le tonalità scure ad alimentare la cupezza di un’atmosfera funesta e
macabra.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                        a) La costituzione dello Stato d’Israele

                                                  b) Il conflitto arabo-israeliano

                                                  c) La guerra del Libano e il massacro di Sabra e Chatila

Geografia                                   Il Libano e il Medioriente

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2010-11/10framefilm016.htm[12/07/2017 19:12:40]
Vecchia guardia

Vecchia guardia
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Alessandro Blasetti
SOGGETTO Giuseppe Zucca, Camillo Apolloni
SCENEGGIATURA Giuseppe Zucca, Alessandro Blasetti, Leo Bomba, Guido Albertini
FOTOGRAFIA Otello Martelli (bianconero)
MONTAGGIO Ignazio Ferronetti
INTERPRETI Gianfranco Giachetti, Mino Doro, Franco Brambilla, Maria Puccini
PRODUZIONE Fauno Film
DURATA 88'
ORIGINE Italia, 1935
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Il fascismo visto dal fascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Italia, 1922. In una cittadina dell'Italia centrale il fascista Roberto partecipa alle spedizioni punitive contro i
lavoratori in sciopero. Suo padre Claudio dirige un ospedale paralizzato dalle continue agitazioni sindacali degli
infermieri e il fratello minore Mario, pur essendo un adolescente, sogna di poter partecipare ad un’azione delle
squadre fasciste. Quando viene indetto uno sciopero alla centrale elettrica e il paese rimane senza luce, i fascisti
si radunano per una spedizione contro i lavoratori della centrale. Mario, che si è nascosto in un camion, riesce a
partire insieme alle camicie nere: sarà ucciso da una fucilata partita dagli scioperanti. La morte di Mario
provoca nel paese una grande emozione e indignazione e anche gli oppositori che sembravano più convinti
vanno ad iscriversi al Fascio. Il giorno dopo i fascisti partono verso la capitale: è iniziata la Marcia su Roma.
Roberto e suo padre sono tra loro.

TRACCIA TEMATICA
Vecchia guardia è l'unico film veramente fascista di Blasetti e anche una delle poche pellicole esplicitamente
tali realizzate durante il ventennio. Questo potrebbe risultare strano, ma si spiega se si considera come la linea
ufficiale seguita dalla cinematografia del regime fosse quella di privilegiare contenuti apolitici ed evasivi, tali da
alimentare un immaginario collettivo fatto di buoni sentimenti e di accettazione della gerarchia sociale esistente
(pensiamo al filone dei telefoni bianchi, che spingeva lo spettatore a vagheggiare un improbabile mondo di
raffinatezze esclusive). Il fascismo, insomma, una volta fattosi strumento e garante dell'ordine borghese e
della sua ideologia conformista e perbenista, tende a rimuovere le proprie origini violente e rivoluzionarie.

Il film di Blasetti, così proteso all'esaltazione dei valori di arditismo e combattentismo del fascismo della prima ora
ed alla celebrazione enfatica dell'azione diretta che sfocerà in quella traumatica soluzione di continuità dell'ordine
politico che fu la Marcia su Roma (già il titolo Vecchia guardia sembra alludere ad un'originaria purezza e

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Vecchia guardia

integrità che poi si è dispersa negli anni successivi), per quanto avesse suscitato l'ammirazione del duce e di
altri gerarchi fascisti, finì per essere avversato dal regime e soprattutto dalla Direzione Generale di
Cinematografia.

VALUTAZIONE CRITICA
Se prescindiamo dai contenuti politici del film, Vecchia guardia è un'opera interessante dal punto di vista
cinematografico per alcune soluzioni stilistico-espressive per quegli anni di spiccata originalità, come l'uso di
un italiano non letterario e neutrale (com'era quello allora dominante nel nostro Cinema, anche perché il fascismo
propendeva per un'omogeneizzazione linguistica che annullasse ogni diversità regionale), ma fortemente orientato
in direzione di una lingua italiana fortemente intrisa di tonalità dialettali (i personaggi di bassa estrazione del film
parlano un italiano piuttosto grezzo e chiaramente approssimativo, ma indubbiamente spontaneo ed efficace) e
l'attenzione rivolta a un microcosmo essenzialmente popolare ritratto con realismo e attenzione per il dato
quotidiano. Un'inclinazione, questa a far filtrare, pur attraverso l'intenzionalità retorica e propagandistica della
pellicola, la concreta materialità di una condizione sociale lontana dai salotti dell'alta borghesia che il Cinema di
regime finirà per prediligere, nella quale qualche critico ha visto un'anticipazione del neorealismo.

E' stato poi osservato come Blasetti riesca a costruire il suo film su una precisa strategia simbolica incentrata
sul contrasto luce-ombra/giorno-notte, per cui l'oscurità che fa da sfondo a buona parte della vicenda (con l'uso
frequente di giochi chiaroscurali che richiamano all'espressionismo tedesco) rappresenta il buio dell'Italia oppressa
dai politicanti e dalla sovversione dei rossi, mentre la luce dell'alba che avvolge le spedizioni fasciste e la Marcia
su Roma alluderebbe all'inizio di una nuova era: una dicotomia Bene-Male, insomma, che si risolve in un dato
luministico.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) L'avvento del fascismo.

B) La politica culturale e cinematografica del regime fascista e la Direzione


Generale di Cinematografia.

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vento che accarezza l'erba

Il vento che accarezza l’erba


TITOLO ORIGINALE The Wind That Shakes the Barley
REGIA Ken Loach
SOGGETTO E Paul Laverty
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Barry Ackroyd (colori)
MUSICA George Fenton
MONTAGGIO Jonathan Morris
INTERPRETI Cillian Murphy, Padraic Delaney, Liam Cunningham, Gerard Kearney, William
Riane, Roger Allam, Kieran Aherne, Luarence Barry, Sabrina Barry
PRODUZIONE Rebecca O’Brien per Sixteen Films Ltd./Matador Pictures/Emc
Producktion/Element  Film/Film  Coop/Tornasol  Films S.A./Pathé
Distribution/Bim Distribution/Tv3 Television Network Ireland
DURATA 127’
ORIGINE Irlanda-Germania-Gran Bretagna-SpagnaFrancia-Italia, 2006
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Questione irlandese


Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Irlanda, 1920. Damien e Terry sono due fratelli che combattono nell’Ira, l’esercito nazionalista che lotta contro
gli inglesi per l’indipendenza dell’Irlanda. Dopo un conflitto aspro e sanguinoso nel 1921 si giunge ad un
accordo di pace che prevede la formazione di uno Stato libero irlandese, lasciando però fuori l’Irlanda del Nord
che resta possesso della corona britannica. Le forze dell’Ira si dividono tra chi vorrebbe accettare l’accordo e
chi invece vorrebbe continuare a combattere. I due fratelli, Damien e Terry si ritrovano su fronti opposti.

TRACCIA TEMATICA
La conquista dell’indipendenza dalla Gran Bretagna apre all’interno del movimento di lotta irlandese una
drammatica fase di divisione e contrasti interni. Da una parte i riformisti, soddisfatti di ciò che si è ottenuto,
dall’altra i rivoluzionari, desiderosi  di coniugare l’ideale nazionalista con un radicale mutamento dei rapporti
sociali orientato a ridimensionare il potere delle classi dominanti irlandesi (clero, proprietari terrieri e
commercianti), che erano state complici del dominio inglese. Una spaccatura tra utopisti e realisti che ha
caratterizzato molte rivoluzioni (pensiamo a quella francese e a quella russa ) e che ha lacerato legami e
amicizie che sembravano solidissime.     

Loach, che evidentemente parteggia per la causa nazionalista irlandese, che ritiene storicamente necessaria e
politicamente legittima, non si schiera, ma si limita ad offrire allo spettatore tutti gli elementi in gioco con un
distacco che non esclude un sentimento di amara e commossa partecipazione. E’ il suo desolato pessimismo
sulla possibilità da parte degli uomini di condurre lotte per la libertà e la giustizia senza riprodurre quella crudele
disumanità che si vorrebbe combattere a dare l’impronta decisiva al film.

VALUTAZIONE CRITICA

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vento che accarezza l'erba

Loach riesce ad aggredire i fatti della realtà e della storia con aspro realismo e con lucida e sorvegliata
partecipazione. Antispettacolare, antiretorico e anticonsolatorio il suo cinema s’incentra sulla figura del conflitto
(politico, morale, psicologico e interiore), che il regista sa gestire sempre in modo tale da emozionare lo spettatore,
facendolo nel contempo riflettere. Lo stile  secco ed essenziale esplora le variabili dello scontro (sia fisico sia
verbale), dove le posizioni contrapposte confliggono in un crescendo coinvolgente: una dialettica inconciliabile,
che non conosce la sintesi di un accordo e che si traduce in dialoghi incalzanti e spasmodici e in scelte nette e
laceranti.

La solidale adesione umana alla drammatica parabola dei protagonisti (e più in generale della rivoluzione irlandese)
non attenua mai nel regista la capacità di analizzare con asciutto distacco le ragioni delle parti in causa e il
loro retroterra sociopolitico. Non un film a tesi (che distingue nettamente tra bene e male, ma un esame
spassionato a cuore aperto delle derive  autoritarie ed autodistruttive  di ogni rivoluzione.

    

  RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                                 A)  La dominazione britannica in Irlanda

                                                           B)  La rivoluzione irlandese negli anni Venti

                                                           C)  La guerra civile nell’Irlanda del nord dagli anni Sessanta ad oggi

Geografia                                            L’Irlanda

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agorà

Vento di primavera
TITOLO ORIGINALE La rafle
REGIA Rose Bosch
SOGGETTO E Rose Bosch
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA David Ungaro
MONTAGGIO Yann Malcor
MUSICA Christian Henson
INTERPRETI Jean Reno (Dottor David Sheinbaum), Mélanie Laurent (Annette Monod), Gad
Elmaleh (Schmuel Weismann), Raphaëlle Agogué (Sura Weismann), Hugo
Leverdez (Jo Weismann), Mathieu Di Concerto e Romain Di Concerto (Nono
Zygler), Oliver Cywie (Simon Zygler)
 
PRODUZIONE Légende Films, Gaumont, Légende des Siècles, TF1 Films Production, France 3
Cinéma, SMTS, KS2 Cinéma, Alva Films, EOS Entertainment, Eurofilm Bis
DURATA 115'
ORIGINE Francia, 2010
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Olocausto  
Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e
Società
 

  

TRAMA
Parigi, estate del 1942. La Francia è sotto l'occupazione tedesca e gli ebrei sono tenuti ad
indossare la stella gialla. Nella notte fra il 15 e il 16 luglio, il loro destino subisce un repentino
cambiamento in seguito ad un accordo tra i nazisti e le autorità francesi per l'arresto e la
deportazione di 15.000 ebrei, che porta al rastrellamento del Velodromo d'Inverno (Vélodrome
d'Hiver) (operazione che venne chiamata in codice “vento di primavera”). La famiglia di Joseph
Weismann, un bambino ebreo di dieci anni, ed i loro vicini vengono arrestati dopo aver provato
a fuggire in diversi modi. A seguito di questo rastrellamento vengono portati al velodromo, dove
le condizioni sono precarie e malsane: non hanno acqua, sono ammassati e costretti a fare i
loro bisogni dove c'è spazio. Dopo due giorni, trascorsi al Velodrome d’Hiver i prigionieri sono
trasferiti in un campo di transito a Beaune-la-Rolande. Successivamente i genitori ed i bambini
più grandi vengono deportati nel campo di sterminio di Auschwitz.  Joseph ed un suo compagno
si danno alla fuga grazie all'aiuto dei loro compagni.  

TRACCIA TEMATICA
“Vento di primavera” (Ispirato alla testimonianza diretta del libro dell’ebrea superstite Annette
Muller “La petite fille di Vel’d’Hiv”) rievoca una delle pagine più tragiche del periodo di
occupazione tedesca della Francia: il rastrellamento di circa 12.000 ebrei parigini (di cui un

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agorà

terzo bambini) nella notte fra il 15 e il 16 luglio del 1942. Episodio che ancor oggi sembra
imbarazzare, se è vero che il produttore del film ha avuto difficoltà a reperire i finanziamenti
per la sua realizzazione a causa del disagio ancora esistente di fronte al riaffiorare alla memoria
delle complicità delle autorità collaborazioniste francesi e di molti semplici cittadini.

Il film si sofferma, in particolare, sul “lavaggio del cervello” in chiave antiebraica indotto
dai mezzi di comunicazione dell’epoca ai fini di manipolare l’opinione pubblica e prepararla
psicologicamente  alla deportazione di migliaia di persone che sino al giorno prima erano loro
vicini di casa. Non dimentica, però, di ricordare che l’operazione “vento di primavera” si risolse
in un mezzo fallimento, poiché ben la metà degli ebrei parigini furono messi in salvo dagli
amici francesi.   Il cinema francese non aveva mai affrontato in forma di fiction con tanta
precisione documentaria la retata del Vélodrome d’Hiver (va sottolineata l’attendibilità
storica dei riferimenti a Hitler e il generale Pétain, come principali responsabili della
deportazione).   

VALUTAZIONE CRITICA
Film ascrivibile al genere (si può ormai usare questo termine dato il proliferare negli ultimi anni
di prodotti cinematografici di questo tipo) di rievocazione storica dell’Olocausto, “Vento di
primavera” risulta un discreto  prodotto medio che di tanti esemplari analoghi ripropone
puntualmente limiti e pregi. Quest’ultimi vanno ricercati essenzialmente in aspetti esterni alla
qualità della pellicola, a cominciare dal merito di tener vivo nella memoria dei francesi una
vicenda del passato prossimo densa di chiaroscuri (ad ammirevoli gesti di solidarietà si
affiancarono vergognose complicità) ed accompagnata da una mai sopita propensione alla
rimozione. Non bisogna mai stancarsi di ricordare e il cinema costituisce uno die più efficaci
strumenti di conservazione della memoria.

Per quel che concerne la dimensione più strettamente cinematografica, il film non si
distacca da una dimensione didascalica che sconta superficialità e schematismo (l’Hitler
ridotto a caricatura ai limiti del kitsch risulta imbarazzante), ripiegandosi esclusivamente sul
richiamo emotivo di eventi estremamente toccanti per indurre indignazione e commozione nello
spettatore. Operazione moralmente e civicamente legittima, ma di scarsa valenza artistica.  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia       La seconda guerra mondiale- L’occupazione tedesca della Francia- Lo sterminio degli
ebrei d’Europa.

Francese  Il libro di Annette Muller “La petite fille du Vel’ d’Hiv”.


 

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verso l'eden

Verso l’Eden
TITOLO ORIGINALE Eden à l’Ouest
REGIA Costantin Costa-Gavras
SOGGETTO E Constantin Costa-Gavras, Jean-Claude Grumberg
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Patrick Blossier (colori)
MONTAGGIO Yannick Kergoat
MUSICA Armand Amar
INTERPRETI Riccardo Scamarcio, Juliane Kohler, Ulrich Tukur
PRODUZIONE Costantin Costa-Gavras, Manos Krezias, Jérome Seydoux per KG
Productions/Pathé/Odeon
DURATA 110’
ORIGINE Francia-Grecia-Italia, 2009
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio

PERCORSI Lamerica, Leuropa, Litalia


Problemi dell’immigrazione e del multietnicismo/Razzismo, intolleranza,
immigrazione,società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Elias, un immigrato clandestino, attraversa l’Europa nella speranza di rifarsi una vita a Parigi.

TRACCIA TEMATICA
La tematica dell’immigrazione è trattata attraverso l’errabonda esperienza di un singolo personaggio, Elias,
giovane.  in fuga dalla miseria (non è precisato il territorio di provenienza, facendone così una specie di
paradigma esemplare di tutti gli immigrati), la cui vicenda assume le caratteristiche di una specie di Odissea
contemporanea (il suo arrivo nella spiaggia dei nudisti rievoca l’approdo di Ulisse nell’isola dei Feaci). Ingenuo e
di buoni sentimenti (forse simboleggia un’ipotetica innocenza di popoli alieni dal consumismo corruttivo
dell’Occidente) è convinto infantilmente di trovare il paradiso (l’Eden appunto) nella terra in cui è approdato
(l’aspettativa che ripone nel  mago parigino esprime bene la fragilità fanciullesca ed illusoria su cui poggia la sua
speranza).

Lo stupore , tra il perplesso e lo spaventato, che si dipinge quasi costantemente sul suo volto scaturisce dalla
sua difficoltà a comprendere comportamenti, usi  e costumi di un universo a lui profondamente estraneo, che
ci viene mostrato in una vasta gamma di situazioni e esemplari umani che ci rimandano un miscuglio di
indifferenza,ostilità, paura del diverso, suo sfruttamento brutale,  repressione , ma anche di solitudine, nevrosi,
bisogno d’amore, solidarietà.

Nel triste finale, con Elias che si avvia sconsolato verso una Tour Eiffel luminosa (simbolo eloquente del mito
occidentale che i popoli poveri si sono costruiti nel loro immaginario) il film sembra abbandonare il 
protagonista al suo destino di solitudine e precarietà.

VALUTAZIONE CRITICA
Il registro dominante risulta quello del comico grottesco direttamente ispirato al repertorio del cinema muto

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verso l'eden

(pensiamo a grandi interpreti di questo genere come Chaplin e Keaton). Elias, in effetti, esprime tutto
l’imbarazzante disagio e la totale incapacità ad adeguarsi ad una realtà alla quale è estraneo e di cui stenta a capire
regole e riti che caratterizza le performance dei grandi comici di quella stagione cinematografica, quasi sempre alle
prese con una società industrializzata, iperproduttivistica e ipermoderna (quella americana degli anni Venti) che li
respingeva, obbligandoli a gaffe e fughe continue (ricordiamoci del Charlot di Tempi moderni) .

Il limite del film si riscontra proprio nell’evidente scarto tra il modello di riferimento e il tentativo di
riproporlo tramite lo strumento di una specie di fiaba metaforica sul dramma contemporaneo
dell’immigrazione. L’analisi sociale realistica in chiave di denuncia (pensiamo allo sfruttamento in nero nella
fabbrica di televisori) non sempre si amalgama con equilibrio con la dimensione trasognata e surreale (i tanti
personaggi dal comportamento enigmatico e le tante situazioni che si risolvono in gag).

 
RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto                                                   La legislazione sull’immigrazione in Italia e in Europa

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Vesna va veloce

Vesna va veloce
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Carlo Mazzacurati
SOGGETTO E Umberto Contarello,Carlo Mazzacurati, Sandro Petraglia, Claudio Piersanti,
SCENEGGIATURA Stefano Rulli
FOTOGRAFIA Alessandro Pesci (colori)
MUSICA Jan Garbarek
MONTAGGIO Mirco Garrone
INTERPRETI Teresa Zajickova, Antonio Albanese, Silvio Orlando, Roberto Citran, Ivano
Marescotti, Marco Messeri, Antonio Catania
PRODUZIONE Cecchi Gori Group, Tiger Cinematografica
DURATA 92'
ORIGINE Italia, 1996
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Lamerica Leuropa Litalia

Problemi dell'immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza,


immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Vesna, ventenne della Repubblica Ceca, giunge a Trieste con un gruppo di connazionali in gita turistica.
Quando la comitiva riparte Vesna non c'è: ha deciso di rimanere in Italia a tentare l'avventura. Inizia l'attività
di prostituta sulla riviera romagnola, ma, priva di un protettore, una sera viene aggredita dalla malavita e
accoltellata. La soccorre Antonio, un muratore immigrato a Rimini, che la ospita nella sua abitazione: tra i due
nasce un tenero affetto, che però non riesce a trasformarsi in vero amore. La situazione precipita allorché la
polizia scopre che Vesna è priva del regolare permesso di soggiorno e quindi passibile di rimpatrio.

TRACCIA TEMATICA
La caduta delle frontiere dopo il crollo dei regimi dell'est ha alimentato nelle popolazioni dell'Europa orientale la
speranza di accedere a migliori condizioni di vita con l'emigrazione nei paesi occidentali, il cui benessere e
consumismo viene spesso mitizzato. Vesna incarna quest'ansia di una vita migliore in modo estremo e
irragionevole e finisce per simboleggiare il drammatico fallimento di tanti emigrati. Costretta ad una
mortificante marginalità, pur di non prendere atto della dissoluzione del suo sogno, illude i familiari con lettere in
cui vanta la realizzazione del progetto di passaggio ad uno status superiore.

La sua solitudine si incontra con quella di Antonio, uno straniero in patria, un senza luogo come lei,
maggiormente a proprio agio con gli extracomunitari che con i connazionali. In lui si manifesta un bisogno di
accedere alla dimensione della stabilità affettiva e della solidità dei legami (non a caso fa di mestiere il
muratore), che non è condiviso da Vesna, incapace di superare il trauma del distacco dalla propria terra e della

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Vesna va veloce

distanza nei confronti di un mondo che avverte ostile. Tra i due prevale un'insuperabile incomunicabilità.

La corsa finale di Vesna può essere intesa o come una trasfigurazione purificatrice dopo la morte o come una
metafora del suo destino di eterna fuggiasca.

VALUTAZIONE CRITICA
Mazzacurati si dimostra più attento allo scavo dei personaggi che allo sviluppo narrativo, piuttosto frenato e
diluito (se si escludono alcune scene-madri, come l'accoltellamento di Vesna), e cerca di comunicare il loro disagio
interiore e la loro difficoltà a porsi in sintonia con la realtà non tanto attraverso i dialoghi (rarefatti e brevi), quanto
con l'insistito soffermarsi sul senso di estraneità all'ambiente circostante trasmesso con malinconiche e tese
espressioni dei volti.

Il regista lavora poi sulla disseminazione lungo il tracciato narrativo di segnali anticipatori del drammatico
scacco subito da Vesna: gli investimenti dell'immigrato slavo e del vitello (Vesna come vittima sacrificale?) e
l'insistenza sulla presenza del mare (che si erge sin dall'inizio di fronte alla protagonista), che suggerisce l'idea di
un limite estremo e invalicabile, dell'impossibilità di spingersi oltre nella ricerca del proprio riscatto, della fine
dell'illusione.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Educazione civica-Diritto    A) Il fenomeno dell'immigrazione extracomunitaria in Italia.

                                               B) La legislazione italiana relativa all'immigrazione


                                                            extracomunitaria.

Geografia     La Repubblica Ceca.

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Via col vento

Via col vento


TITOLO ORIGINALE Gone With the Wind
REGIA Victor Fleming
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Margaret Mitchell
SCENEGGIATURA Sidney Howard
FOTOGRAFIA Ernest Haller, Ray Rennahan (colori)
MUSICA Max Steiner
MONTAGGIO Hal C. Kern, James E. Newcom
INTERPRETI Clarke Gable, Vivien Leigh, Leslie Howard, Olivia De Havilland
PRODUZIONE Selznick International Pictures Production/Metro Goldwyn Mayer
DURATA 225’
ORIGINE USA, 1939
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Guerra di Secessione Americana

Ottocento/Cinema e storia

TRAMA
Georgia, 1860. Rossella, capricciosa figlia di un piantatore di cotone, vive con la famiglia nella bella tenuta di
Tara.Corteggiata da tutti, ama il cugino Ashley, che, però, si sposa con Melania. Per ripicca Rossella diventa la
moglie del fratello di Melania, che muore subito in battaglia nella Guerra di Secessione appena scoppiata. Ad
Atlanta, dove la vedova Rossella si è recata con Melania incinta, le due donne vengono messe in salvo dal
saccheggio nordista della città da Rhett, un avventuriero in cerca di fortuna. Finita la guerra Rossella si
addossa il compito di risollevare la proprietà di Tara, distrutta dai saccheggi e oberata dalle tasse, e per ottenere
i soldi di cui ha urgente bisognoso sposa per interesse Frank, ricco proprietario di una segheria. Ucciso
quest’ultimo da una spedizione del Ku Klux Klan, Rossella torna di nuovo vedova e, pur essendo ancora
innamorata di Ashley, questa volta sposa Rhett, arricchitosi con una serie di speculazioni nel corso della guerra.
Il matrimonio tra i due, però, non è felice e dopo la morte di una figlia e la fine di una seconda gravidanza,
Rhett, che non si è mai sentito amato, decide di abbandonare la moglie. Rossella è rimasta ancora una volta
sola, ma adesso è intenzionata a dare una svolta alla propria vita.

TRACCIA TEMATICA
Per il ricco ceto latifondista del sud, che traeva le proprie ricchezze dallo sfruttamento del lavoro schiavista delle
piantagioni, la Guerra di Secessione (1861-1865) ha un drammatico valore periodizzante, ponendo fine ad un’età
entrata nell’immaginario sudista come un mitico periodo di floridezza e serenità (l’inizio del film ci immerge
proprio in questa atmosfera di incantata beatitudine). Sul microcosmo dorato di Tara irrompe brutale la Storia
e per Rossella (che nella sua gioiosa e spensierata vitalità rappresenta assai bene questo angolo privilegiato di
mondo) finisce l’innocenza ed inizia un doloroso e traumatico impatto con la realtà. Il suo è un percorso
iniziatico che la trasforma da adolescente egocentrica e vanitosa in una donna matura e dalla forte tempra morale,

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Via col vento

consapevole e orgogliosa delle proprie radici rurali tanto da riscoprire in esse la ragione profonda dell’
esistenza.

Fortemente orientati in senso simbolico gli altri personaggi: Ashley, aristocratico nel portamento e nei modi,
incarna la perfetta figura del gentiluomo del sud, Melania, diafano contraltare di immacolata ingenuità e bontà della
vacuità di Rossella, le virtù muliebri dell’angelo del focolare, Rhett, dietro la spavalda sicurezza di sè e la
spregiudicatezza tutta nordista del suo senso degli affari, esprime una propensione molto americana per il rischio e
l’avventura (Ho un debole per le cause perse, dice quando decide di arruolarsi).

VALUTAZIONE CRITICA
Via col vento è il kolossal per eccellenza del Cinema americano e, forse, il film più famoso della storia del
Cinema. Massimo campione d’incassi fino agli anni settanta (ma c’è chi sostiene che a tuttoggi detenga il primo
posto), esso è stato oggetto di culto per più di una generazione (numerose le riedizioni nel corso degli anni) e per
molti studiosi rappresenta l’espressione più significativa dell’industria hollywoodiana dell’epoca d’oro. La storia
della sua lavorazione (il grande impegno del produttore Selznick, considerato come il vero autore, la scelta degli
attori, l’alternarsi di diversi registi, la complessa realizzazione degli scenari, ecc..) ha alimentato una sterminata
pubblicistica e un’aneddotica in bilico fra realtà e leggenda.

Le corde e i registri messi in atto dalla pellicola sono numerosi e tutti risolti all’insegna dell’eccesso e
dell’enfasi: si passa dall’elegia nostalgica per il vecchio sud destinato al tramonto (si pensi al clima felice di Tara
prima della guerra e al commovente tema musicale) al tono accentuatamente melodrammatico delle scene madri
sul versante sentimentale-amoroso, dall’uso marcatamente espressionista, ai limiti del kitsch, del colore (Via col
vento è uno dei primi film a colori della storia del Cinema e risente, quindi, della necessità di colpire e
suggestionare lo spettatore su questo piano di novità) all’altisonante ed epica magniloquenza delle sequenze
dedicate allo sfondo storico (pensiamo soltanto al movimento di macchina che partendo da Rossella sale a
scoprire una folla di feriti nella piazza di Atlanta o all’incendio della città).

Un gusto certo incline alla retorica ed alla grandiosità, ma che non impedisce al film di conservare, anche a
distanza di anni, un solido vigore narrativo e di esercitare quel fascino che è tipico delle opere che, pur non
essendo eccelse, hanno segnato un’epoca.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia            La Guerra di Secessione americana (1861-1865).

Letteratura inglese             Confronto fra il film e il romanzo omonimo di M.Mitchell.

Geografia                 La Georgia ed Atlanta.

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I vichinghi

I vichinghi
TITOLO ORIGINALE The Vikings
REGIA Richard Fleischer
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Edison Marshall
SCENEGGIATURA Dale Wasserman, Calder Willingham
FOTOGRAFIA Jack Cardiff (colore)
MUSICA Mario Nascimbene
MONTAGGIO Hugo Williams
INTERPRETI Kirk Douglas, Tony Curtis, Ernest Borgnine, Janet Leigh
PRODUZIONE Kirk Douglas per la United Artists
DURATA 114’
ORIGINE USA, 1958
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Medioevo

Cinema e Storia

TRAMA
X secolo. I Vichinghi provenienti dalla Scandinavia colpiscono ripetutamente le coste inglesi per saccheggiare e
distruggere. Durante una di queste incursioni il re vichingo Ragnar uccide il re di Northumbria e usa violenza
nei confronti della regina. Il figlio che nasce, Eric, finirà per fare lo schiavo nella terra dei Vichinghi,
inconsapevole fratellastro del figlio del re Ragnar, Einar. Quando al campo vichingo giunge la principessa
Morgana, figlia del re del Galles e promessa sposa all’usurpatore Aella, Eric fugge con lei verso L’Inghilterra.
Einar, furioso e ansioso di vendicarsi, parte con un esercito sulle loro tracce. Arrivati al castello di Aella i
Vichinghi lo sottopongono ad assedio. Alla fine si svolge il duello finale tra Einar e Eric.

TRACCIA TEMATICA
Il film esprime una doppia natura storico-avventurosa. La prima risulta piuttosto aderente ad alcuni aspetti
reali della civiltà dei Vichinghi, come le loro navi (i caratteristici drakkar sono ricostruiti con grande fedeltà e
verosimile è la tecnica di navigazione basata sul riferimento alle stelle), i costumi e i rituali cerimoniali, oltrechè le
efficaci tecniche di battaglia e assedio. Assai vicino alla veridicità storica, appare, inoltre, l’organizzazione della
società normanna, incentrata sul ruolo di comando dei maschi più valorosi (con la sottolineatura della centralità
decisionale dell’assemblea dei guerrieri) e sulla frammentazione in piccole tribù prive di una solida coesione
unitaria.

Se dallo sfondo storico ci trasferiamo, invece, alla dimensione avventurosa che permea l’intreccio costatiamo
come il repertorio di riferimento sia costituito dalla tradizione ottocentesca del romanzo d’appendice
(pensiamo ad autori come Dumas, Sue e il nostro Salgari, ma anche all’opera di uno Scott), filone di cui la
sconosciuta origine nobile di un trovatello, l’usurpazione di potere di un traditore, la dolce fanciulla destinata ad un

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I vichinghi

matrimonio infelice erano ingredienti quasi costanti, come la finale vittoria del bene e della giustizia sul male e la
prepotenza.

VALUTAZIONE CRITICA
Negli anni Cinquanta il diffondersi della televisione e i primi sintomi di un calo degli spettatori nelle sale
cinematografiche indussero le case di produzione americane a misurarsi con l’esigenza di contrastare la
concorrenza del piccolo schermo sul piano della spettacolarità, incentivato anche dall’uso ormai consolidato
del colore (non ancora disponibile negli apparecchi televisivi).

I Vichinghi è in parte il frutto di questo contesto, per così dire, di mercato e dell’innata tendenza hollywoodiana a
sfruttare la storia in chiave avventurosa e inevitabilmente deformante, soprattutto per quel che concerne la
ricostruzione delle dinamiche relazionali e della sfera umana e sentimentale dei personaggi, più vicine al modo
d’essere e di sentire della contemporaneità che non del passato remoto.

Le cose migliori del film vanno ricercate, come spesso accade in questo tipo di operazioni produttive, nelle
sequenze d’azione e di massa e nella ricostruzione scenografica (l’assedio al castello di Aella, il duello finale tra
Einar ed Eric, ma soprattutto le bellissime navi normanne che solcano i pittoreschi paesaggi dei fiordi norvegesi e il
suggestivo funerale vichingo di Einar).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia         A) Il popolo dei Vichinghi

B) La presenza dei Vichinghi in Italia

C) Le invasioni barbariche dell’Altomedioevo.

D) L’Europa alla fine del primo Millennio.

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vincere

Vincere
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA  Marco Bellocchio
SOGGETTO E Marco Bellocchio, Daniela Ceselli
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Daniele Ciprì
MONTAGGIO Francesca Calvelli
MUSICA Riccardo Giagni
INTERPRETI Giovanna Mezzogiorno, Filippo Timi
PRODUZIONE Mario Gainani per Offside/Rai Cinema/Celluloid Dreams
DURATA 128’
ORIGINE Italia-Francia, 2009
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Fascismo
Novecento/Cinema e Storia

 TRAMA
 All’inizio del Novecento Mussolini, importante leader socialista, ha una relazione con Ida Dalser. La donna,
innamoratissima, sacrifica tutto ciò che possiede per finanziare l’ascesa politica dell’amante, cui nel frattempo
ha dato un figlio, come capo del nascente movimento fascista. Quando Mussolini  diventa il Duce, ormai sposato
con Rachele , Ida cercherà di vedere riconosciuti i diritti del figlio Albino, ma il capo del governo la farà
rinchiudere in manicomio. 

TRACCIA TEMATICA
 Maschilismo, conformismo, bigottismo e familismo ipocrita come substrato ideologico del fascismo. Per le
donne c’è solo la sottomissione silente (anche la moglie Rachele accudisce le galline come Ida), un destino di
nascondimento nel quadro di una società che le relega ad un ruolo di mogli esemplari o amanti docili,
condannandole alla reclusione quando trascendono e rivendicano  i loro diritti.

Vincere non è tanto un film su Mussolini e un pezzo misconosciuto della sua biografia, quanto una riflessione
sul mito del Duce come pura icona carismatica, il suo corpo si trasforma in immagine fruibile solo attraverso il
cinema, in un mito, lontano ed inaccessibile, da idolatrare in un isterico processo di identificazione (il figlio Albino
che imita i discorsi del padre) o da scrutare incantati e affascinati (come Ida che ne misura attraverso  la
riproduzione agiografica dei cinegiornale le trasformazioni di un corpo di cui ha sperimentato tutta la fisicità, sia
nell’amplesso amoroso, sia nel sangue che usciva copiosamente dalla sua testa).

Il futuro Duce coltiva da subito un delirio di onnipotenza che  gli fa credere in un destino di predestinazione
alla fama e alla gloria del potere. Nel culmine del piacere sessuale transita sul balcone in preda ad un orgasmo
narcisistico che prelude al rapporto carismatico con la folla plaudente. Nell’opzione per la triade Dio-Patria-
Famiglia, cui allude la visione della passione del Cristo accompagnata dalla visita del Re e della moglie legittima,
si compie il definitivo rigetto della fase rivoluzionaria della esistenza di Mussolini. Ida e il figlio diventano un
passato scomodo da nascondere per un regime che colloca l’ordine e la famiglia al centro della propria
ideologia (il Concordato  con la Chiesa cattolica come espressione di un compromesso con una visione arcaica e
ipertradizionalista della società e del posto che in essa deve assumere la donna). 

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vincere

VALUTAZIONE CRITICA
 Vincere rifiuta i canoni della narrativa cinematografica tradizionale, costruendo un’opera a suo modo
multimediale, dove si intersecano linguaggi audiovisivi differenziati (oltre alla fiction, cinegiornali  e film
d’epoca), sulla base di una consequenzialità dettata, non solo dalla dinamica del racconto, ma anche da relazioni
simbolico-concettuali che scaturiscono dall’uso di un repertorio iconico-comunicativo estraneo alla ricostruzione
cinematografica del film e attinto dalla storia del cinema e dai magazzini documentaristici. In particolare il regista
accompagna la fase esistenziale rivoluzionaria del futuro Duce con immagini di repertorio ricavate dalle
avanguardie artistiche di inizio Novecento (il futurismo, il cinema di montaggio degli anni Venti) e quella
dell’apogeo della sua ascesa politica con i convenzionali e retorici cinegiornali di regime (da un certo momento in
poi l’attore che interpreta Mussolini lascia il campo alla sua immagine  reale consegnataci dai massmedia 
propagandistici). E l’immaginario cinematografico gioca un ruolo importante anche nel percorso umano di Ida, che
rivive il suo dramma personale nei film di Chaplin.    

Una modalità di regia di grande originalità e creatività (che certamente costituisce il pregio più rilevante, dal
punto di vista estetico, della pellicola), assolutamente spiazzante, se non destabilizzante per lo spettatore,
specie se assuefatto alle stereotipate biografie televisive.  

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                          a) Vita di Benito Mussolini

                                                     b) L’Italia all’inizio del secolo e il movimento Socialista

                                                     c) L’Italia nella Prima Guerra Mondiale

                                                     d) Storia del fascismo

Storia dell’arte                             Le avanguardie artistiche del  Primo Novecent

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Vincitori e vinti

Vincitori e vinti
TITOLO ORIGINALE Judgement at Nuremberg
REGIA Stanley Kramer
SOGGETTO E Abby Mann
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Ernest Laszlo (bianconero)
MUSICA Ernest Gold
MONTAGGIO Frederic Knutdson
INTERPRETI Spencer Tracy, Burt Lancaster, Richard Widmark, Marlene Dietrich, Maximilian
Schell, Judy Garland, Montgomery Clift
PRODUZIONE United Artists/Stanley Kramer
DURATA 190’
ORIGINE USA, 1961
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Nazismo

Novecento/Cinema e Storia

Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

TRAMA
Norimberga, 1948. L’anziano giudice americano Dan Haywood è nominato presidente di una corte di giustizia
che deve giudicare quattro magistrati tedeschi accusati di essere stati complici degli orrendi crimini del regime
nazista. Le prove contro di loro sono schiaccianti e suffragate dalle drammatiche testimonianze di alcune
vittime. Uno degli imputati, il giurista Ernst Janning, mostra di essersi pentito e riconosce le proprie colpe.
Nonostante le pressioni di cui Haywood è fatto oggetto nel clima dell’incipiente Guerra Fredda, alla fine
condanna all’ergastolo tutti gli imputati.

TRACCIA TEMATICA
Il processo (inventato) del film non va confuso (nonostante il titolo originale) con quello (vero) di
Norimberga, dove venne giudicata la classe dirigente del nazismo. Qui ci si trova di fronte ad un processo
minore, dove sono alla sbarra quattro giudici assai meno importanti dei grandi gerarchi del Terzo Reich, le cui
responsabilità, tuttavia, sono gravi, avendo essi dato legittimazione giuridica alla politica di discriminazione
razziale e sterminio del nazismo. Essi sono il simbolo dell’asservimento al regime, se non di tutta, di buona
parte dell’intelligenza tedesca e più in generale della responsabilità collettiva di un popolo che nei confronti

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Vincitori e vinti

di questo stesso regime mostrò una complicità e un consenso quasi generalizzato. Il richiamo al dovere
dell’obbedienza e alla necessità di dimenticare (la signora Bertholt) e l’ignoranza riguardo alla realtà dei lager (il
giudice Janning) secondo Haywood non assolvono dalle colpe del passato e per questo egli comminerà il massimo
della pena.

Nemmeno le preoccupazioni legate allo sfondo politico della Guerra Fredda, dominato dallo scontro politico-
ideologico fra le due superpotenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, USA e URSS, (in questo clima c’è
chi vorrebbe adottare una linea di maggiore indulgenza per non irritare il popolo tedesco) fanno arretrare
Haywood dalla propria ferma intransigenza.

VALUTAZIONE CRITICA
Il Cinema politico americano di credo democratico ha trovato in Kramer uno dei suoi maggiori interpreti, un
regista capace di coniugare le esigenze dello spettacolo con l’alto profilo etico e ideale dei contenuti. In Vincitori
e vinti alla necessità di ribadire senza mezzi termini la condanna del nazismo, si unisce l’urgenza, a quindici
anni dalla fine della guerra, di tenere viva per le generazioni future la memoria dell’Olocausto.

A questo scopo Kramer mette in campo gli ingredienti tipici del suo cinema: grandi attori impiegati al meglio
delle loro possibilità (qui sono tutti bravi, ma Montgomery Clift, nella parte della vittima della sterilizzazione, è
assolutamente straordinario), vigorosa e solida struttura narrativa (si vede la grande tradizione americana del filone
processuale), particolare cura nei dialoghi e soprattutto una dimensione ideologica (quello che qualcuno chiama il
messaggio) di didascalico schematismo e, quindi, chiara ed efficacia nelle premesse, nelle conclusioni e nei valori
morali e civili di riferimento (ben incarnati dal giudice Haywood), tale da non lasciare dubbi su dove stia il torto e
la ragione.

Le immagini autentiche dei lager nazisti (tra le prime viste dal pubblico di quegli anni dalla fine della guerra),
che costituiscono certamente uno dei momenti più sconvolgenti del film, sono funzionali a questa ricerca del
massimo di efficacia persuasiva.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) Il Terzo Reich e lo sterminio degli ebrei.

B) Il Processo di Norimberga.

C) La Guerra Fredda e il blocco di Berlino.

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Vita difficile

Una vita difficile


TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Dino Risi
SOGGETTO E Rodolfo Sonego
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Leonida Barboni (bianconero)
MUSICA Carlo Savina
MONTAGGIO Tatiana Casini
INTERPRETI Alberto Sordi, Lea Massari, Lina Volonghi, Claudio Gora, Franco Fabrizi
PRODUZIONE Dino De Laurentiis
DURATA 120'
ORIGINE Italia, 1961
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Momenti di un secolo italiano

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Silvio Magnozzi è un partigiano: nel 1944 sta per essere fucilato da un soldato tedesco, ma gli salva la vita
Elena, una ragazza che gestisce con la madre una pensione sul Lago di Como. Silvio va a vivere con lei in un
vecchio mulino, per poi tornare a combattere con i partigiani senza farsi più vivo. Nel 1946, a guerra finita,
ritorna nel comasco ed Elena decide si seguirlo a Roma, dove Silvio risiede praticando l'attività di giornalista
per un giornale di sinistra. I due si sposano, ma la loro esistenza è stentata a causa della mancanza di soldi e la
situazione peggiora quando lui finisce in carcere per aver denunciato i traffici di valuta del commendatore
Bracci. Uscito dalla prigione, Silvio si trova a dover mantenere una famiglia accresciuta dall'arrivo di un figlio
e così tenta senza convinzione di prendere la laurea in architettura: egli, però, si rende conto di non essere fatto
per una vita normale e non riesce ad abbandonare il giornalismo e le sue velleità da scrittore. Quando la moglie
lo lascia, nel tentativo di riconquistarla accetta di tradire i propri ideali mettendosi alle dipendenze del
commendatore Bracci.

TRACCIA TEMATICA
Sullo sfondo del personale itinerario di Silvio Magnozzi si stagliano alcuni passaggi importanti della storia
nazionale del secondo dopoguerra: il referendum istituzionale Monarchia-Repubblica, l'attentato a Togliatti, la
morte di Stalin, il consumismo dell'inizio degli anni Sessanta. L'assunto di fondo è quello di un tradimento degli
ideali della Resistenza da parte di un' Italia opportunistica e dimentica (l'amico Simonini) o intenta ad un grigio
quieto vivere (la suocera di Silvio), dove si sono ricostruiti equilibri politici moderati ed un plumbeo conformismo
culturale (il controllo della censura) e dove una rozza e spregiudicata borghesia ha restaurato il proprio potere (il

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Vita difficile

commendatore Bracci).

In questo contesto Silvio Magnozzi assume i connotati dell'intellettuale controcorrente (incrocia il gregge che
va in direzione opposta), coerente con se stesso e con le proprie idee, incapace di adattarsi ad un' esistenza piatta e
incolore. E' un perdente e in lui c'è anche una spiccata componente di cialtroneria, ma il finale sussulto di dignità
(lo schiaffo al commendatore) lo consacra come l'unico riferimento moralmente positivo del film.

Girato nel 1961, quando a livello politico si profilava l'avvento del centrosinistra (l'ingresso dei socialisti al
governo), Una vita difficile è il primo film italiano che traccia un bilancio della storia del nostro paese, dal 1945 al
Miracolo Economico, da un punto di vista esplicitamente di sinistra. In questo senso lo schiaffo finale di Magnozzi
può essere interpretato come l'espressione di una precisa volontà di riscatto dopo le sconfitte e le umiliazioni del
decennio precedente.

VALUTAZIONE CRITICA
Grande merito di Risi è quello di aver trattato una materia per quegli anni bruciante (si entrava nella
valutazione del modello di società che si era imposto nell'Italia del dopoguerra) senza cadere nel moralismo
predicatorio e nella retorica della denuncia e dell'invettiva (per la quale, pure, esistevano i presupposti). Il film,
invece, scioglie e diluisce gli intenti critici e polemici (che pur ci sono) nella vicenda specifica di un personaggio a
suo modo esemplare (quanti Magnozzi ci sono stati nell'Italia del dopoguerra?), nella personalità del quale pregi e
virtù, grandezza e meschinità si mescolano in un groviglio contraddittorio che rende credibile il suo tormentato
percorso umano. E' proprio in questa capacità di imporre al pubblico stimolanti elementi di riflessione sulla
storia nazionale e sui mali della società, porgendoglieli in modo piacevole ed accattivante, che va ricercata
una delle caratteristiche della commedia all'italiana.

Le cose migliori del film vanno rintracciate nella capacità di alleggerire la rievocazione di eventi solenni e
drammatici rivisitandoli con sorridenti tonalità da commedia (pensiamo alla sequenza delle cena monarchica in
occasione della vittoria referendaria della Repubblica o alla reclusione di Magnozzi in carcere) o, al contrario, di
condensare in intense ed eloquenti immagini l' amara malinconia che attraversa l'intero film (pensiamo alla
solitudine di Silvio nelle albe che seguono le sbronze nella campagna romana e a Viareggio).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                 A) La Resistenza.

                           B) Storia d'Italia dal 1945 all'inizio degli anni Sessanta.

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Vita è bella, La

La vita è bella
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Roberto Benigni
SOGGETTO E Vincenzo Cerami, Roberto Benigni
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Tonino Delli Colli (colori)
MUSICA Nicola Piovani
MONTAGGIO Simona Paggi
INTERPRETI Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Giorgio Cantarini
PRODUZIONE Elda Ferri, Gianluigi Braschi per Melampo Cinematografica
DURATA 126'
ORIGINE Italia, 1997
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio
PERCORSI Olocausto

Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e


Società

TRAMA
Anni trenta, un paese della Toscana. L'ebreo Guido è innamorato di Dora, che però sta per sposarsi con un suo
compagno di scuola. Durante la cerimonia nuziale Guido riesce a mandare a monte il matrimonio: Dora sposerà
lui.

Seconda guerra mondiale. Guido e Dora hanno avuto un figlio, Giosuè, che adesso ha cinque anni, e vivono nel
clima di persecuzione antisemita imposto anche al nostro paese. L'intera famiglia viene deportata in un lager
nazista e qui Guido, sostenendo un'ingegnosa messinscena, riesce a far credere al piccolo Giosuè che sta
partecipando ad un gioco a premi con in palio un carro armato.

TRACCIA TEMATICA
La vita è bella non è un film realista: le vicende che racconta si situano con evidenza al di fuori di ogni
verosimiglianza (e questo non solo nella seconda parte, ma sin dall'inizio), anche se lo scenario di sfondo assume
una precisa riconoscibilità storica. Il genere di riferimento più immediato potrebbe essere quello della favola:
una favola dai risvolti tragici, ma caratterizzata comunque dal lieto fine e da un limpido messaggio di umanità e
speranza.

L'ambientazione in un campo di sterminio nazista risulta così puramente pretestuosa, diventando il lager il
simbolo della malvagità distruttiva dell'uomo (che nel corso delle diverse epoche ha conosciuto purtroppo tante
altre incarnazioni) e l'espediente escogitato da Guido quello dell'amore paterno preoccupato di preservare
l'innocenza del figlio dalle atrocità del mondo degli adulti.

Il film di Benigni costituisce una delle più commosse e intense rivendicazioni del diritto dell'infanzia al

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Vita è bella, La

privilegio effimero dell'inconsapevolezza e uno dei più vibranti atti d'accusa contro la guerra e il razzismo,
di cui i bambini sono le prime vittime.

VALUTAZIONE CRITICA
L'opzione registica principale di Benigni sembra quella di destituire il film di ogni credibilità realistica,
avvolgendolo in un'atmosfera magica e surreale attraverso un'illuminazione e una scenografia che per tono e
colori trasformano gli scenari (soprattutto nella prima parte) in uno spazio sospeso fra sogno e realtà, dove ogni
cosa può accadere e ogni desiderio avverarsi. Nonostante i riferimenti storici al periodo fascista e alla seconda
guerra mondiale, la storia sembra lievitare su un piano di atemporalità, che ben si addice a quella dimensione di
apologo universale che costituisce l'essenza più autentica del film.

La vita è bella è un film tragico? Certamente, considerando il forte impatto visionario dell'agghiacciante montagna
di corpi martoriati che sbuca dalla nebbia a ricordare allo spettatore dove ci troviamo e cos'è stato l'olocausto.

La vita è bella è un film comico? Senza dubbio, perché si ride e si ride anche di gusto (pensiamo alle irresistibili
sequenze del matrimonio di Dora e della falsa traduzione delle istruzioni dell'ufficiale tedesco) e poi perché
Benigni è uno dei più grandi comici del mondo. Di più: La vita è bella può anche essere considerato come un film
teorico sul ruolo stesso della comicità, indicando come suo obiettivo principale proprio quello di garantire la
conservazione di una vitale disposizione (ir)ridente nei confronti della tremenda serietà del mondo e delle
cose.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia     A) la persecuzione antisemita in Europa.

               B) Lo sterminio degli ebrei durante il Terzo Reich.

               C) Le leggi razziali antisemite in Italia.

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Vita e nient'altro

La vita e niente altro


TITOLO ORIGINALE La vie et rien d'autre
REGIA Bertrand Tavernier
SOGGETTO E Jean Cosmos, Bertrand Tavernier
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Bruno De Keyzer (colore)
MUSICA Oswald D'Andrea
MONTAGGIO Armand Psenny
INTERPRETI Philippe Noiret, Sabine Azéma
PRODUZIONE Claude Albouze per Hachett Première
DURATA 134'
ORIGINE Francia, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Prima Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Ottobre, 1920. Due anni dopo la fine della guerra il comandante Dellaplane dirige una sezione incaricata di dare
un nome alle migliaia di soldati francesi dispersi sui campi di battaglia. Nella zona dove lavora convergono
numerosi famigliari di militari dispersi, che sperano di aver qualche notizia sui loro cari, mentre le autorità
militari francesi stanno riesumando alcune bare per celebrare la cerimonia della scelta del Milite Ignoto. Un
giorno arriva Irène, una signora dell'alta borghesia, che cerca il marito disperso con la speranza che possa
trovarsi in uno dei tanti ospedali militari in stato di amnesia. Fa la conoscenza di Alice, una giovane maestra
che, come lei, vive nell'attesa di poter ricongiungersi con il fidanzato disperso. Dopo un'iniziale tensione, i
rapporti tra Irène e Dellaplane si approfondiscono e tra i due nasce qualcosa di molto simile all'amore. La
donna vorrebbe che l'ufficiale le confessasse il suo sentimento, ma questo indugia frenato dalla differenza d'età.
Intanto Dellaplane scopre che Irène e Alice stanno cercando lo stesso uomo e che la prima non è realmente
innamorata del marito, ma è lì per volontà del suocero industriale, che durante la guerra era in affari con i
tedeschi. Due anni dopo Dellaplane scrive ad Irène, che nel frattempo si è trasferita in America, confessandole il
suo amore ed invitandola a tornare.

TRACCIA TEMATICA
In La vita e niente altro ambito pubblico e privato si intrecciano e condizionano reciprocamente. La grande

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Vita e nient'altro

tragedia storica che si è appena conclusa ha lasciato una traccia profondo sui personaggi della storia:
Dellaplane, consapevole della mistificazione patriottica che si è consumata (e si consuma, se pensiamo
all'operazione Milite Ignoto) sulla pelle dei soldati morti per gli interessi della grande industria (le spregevoli
convenienze del suocero di Irène) e per l'ambizione delle gerarchie militari, ritiene che sia suo dovere morale
dedicarsi al riconoscimento dei dispersi, in contrasto con la fretta delle autorità di azzerare e rimuovere con una
sola tomba ad un soldato senza identità (ma rigorosamente francese) l'orrore di un milione e mezzo di morti; in
Irène (il cui nome significa, non a caso, pace) emerge, invece, col tempo un forte desiderio di dimenticare e
spera che un nuovo rapporto d'amore con Dellaplane l'aiuti ad uscire dalla sempre meno sopportata condizione di
inconsolabile vedova di guerra (non amava un marito che, per altro, la tradiva ed è lì per soddisfare la volontà del
suocero di risolvere al più presto per tornaconto affaristico la questione del figlio). E' la non coincidenza dei
tempi con cui i due protagonisti riescono a metabolizzare il trauma spaventoso della guerra che rende
impossibile il loro rapporto: diventerà, forse, praticabile due anni dopo, quando Dellaplane ha lasciato l'esercito
ed è tornato nella sua campagna che non porta più i segni della guerra e della morte. Solo adesso l'uomo sente di
aver rielaborato il lutto e di poter veramente pensare soltanto alla vita e a nient'altro.

VALUTAZIONE CRITICA
La pellicola di Tavernier è una delle poche nella storia del Cinema d'ispirazione antimilitarista che riesca a
parlarci della guerra e del suo orrore dopo che essa è già conclusa e quindi senza mostrarci immagini più o
meno sconvolgenti ed agghiaccianti. Il raccapriccio nasce dagli scenari di un paesaggio desolato e livido, che
porta ancora chiaramente impressi i segni del conflitto (i cimiteri di guerra, le case distrutte, le armi che affiorano
dalla terra, i militari mutilati, i tanti resti ispezionati dai parenti dei caduti) e dallo sgomento che s'impossessa degli
animi (l'indignazione e la pietà di Dellaplane, lo svenimento del soldato di fronte al cadavere del commilitone, il
rifiuto dei militari coloniali a toccare le bare) e trova la propria eloquente sintesi simbolica nella galleria dalla quale
riemergono corpi maciullati e che continua ancora ad uccidere (metafora della difficoltà a liberarsi dalla memoria
del massacro che si è appena concluso). Il freddo autunnale, messo in evidenza dalla campagna spoglia e dalla
condensa del fiato, suggerisce bene l'idea di una specie di congelarsi dei sentimenti e di un accantonamento
delle passioni della vita in nome di un senso di fedeltà e del dovere che rasenta la necrofilia (e questo non
riguarda solo Dellaplane ed Irène, ma anche Alice).

Il regista, inoltre, lavora sul sottotono evitando ogni accentuazione retorica (esiste anche una retorica
dell'antimilitarismo) e lasciando che siano le immagini e le atmosfere a comunicare un senso di sconcerto e
turbamento (pensiamo come già l'incipit del film con il soldato mutilato a cavallo sulla spiaggia ci introduca nella
dimensione di un paesaggio contaminato dall'orrore), ma soprattutto riesce con misurata sensibilità e acuta
penetrazione psicologica a delineare il dramma umano e morale dei protagonisti.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia          A) La Prima Guerra Mondiale.

B) Il Fronte occidentale.

C) Il Milite Ignoto.

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le vite degli altri

Le vite degli altri


TITOLO ORIGINALE Das leben der Anderen
REGIA Florian Henckel von Donnersmarck
SOGGETTO  E Florian Henckel von Donnersmarck
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Hagen Bogdanski (colore)
MONTAGGIO Patricia Rommel
INTERPRETI Ulrich Muhe, Sebastian Koch, Martina Gedeck
PRODUZIONE Quirin Berg, Max Wiedemann per Wiedemann & Berg
Filmproduktion/Creado Film/Bayerischer Rundfunk/arte
DURATA 137’
ORIGINE Germania, 2006
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta

PERCORSI Comunismo, stalinismo, socialismo reale


Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
 Berlino Est, 1984. Il capitano Gerd Wiesler è un abile agente della Stasi (la polizia di Stato della Germania Est).
Viene incaricato di spiare il drammaturgo Georg Dreyman, su cui il regime nutre dei sospetti, anche se in realtà
è il ministro della cultura Bruno Hempf che, invaghitosi della moglie dell’intellettuale, vorrebbe sbarazzarsi del
marito per avere campo libero. Il capitano Gerd Wiesler inizia a svolgere con puntigliosa serietà il proprio
compito, poi qualcosa all’improvviso cambia……

TRACCIA TEMATICA
Il film racconta la trasformazione di un perfetto esecutore di un regime poliziesco, freddo e determinato nel
perseguire le sue vittime, nell’intuire le bugie delle quali dimostra di avere un intuito particolare (pensiamo
all’interrogatorio che apre la pellicola), in una persona dotata di una profonda coscienza morale e di una
grande  sensibilità umana, che tradisce il proprio dovere professionale per salvare quella vita degli altri nella
quale si è sempre più immedesimato e a cui si sente ormai indissolubilmente legato.   

Gerd non acquista soltanto la consapevolezza della natura ingiusta ed oppressiva dello Stato di cui è solerte
funzionario (in contrasto anche con gli stessi ideali che questo sbandiera e nei quali egli sembra essere uno dei
pochi a credere ancora) e delle torbide finalità che la sua missione persegue (il ministro della cultura vuole
sbarazzarsi di un rivale in amore), ma misura tutta la distanza tra la sua grigia e squallida esistenza (pensiamo
al fugace rapporto con una sfatta prostituta) e la ricca dimensione umana e intellettuale che conduce la famiglia
che sta spiando e così finisce per schierarsi con essa  e proteggerla dalle insidie che la sovrastano
(emblematica a riguardo la sua ispezione fuori ordinanza nella casa dei coniugi Dreyman, nel corso della quale
sembra respirare con il contatto con i soli oggetti dell’appartamento un calore ed un’affettività che a lui è preclusa).

VALUTAZIONE CRITICA
Le vite degli altri intreccia più generi cinematografici con grande abilità e sapienza narrativa. E’ una spy-

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le vite degli altri

story (non certo nel senso bondiano del termine), che pone l’accento sulla dimensione di spersonalizzazione e
solitudine che è strettamente connesso a questa alienante professione; è un film storico-politico che rievoca con
grande efficacia il clima di sospetto e paura che  dominava nella DDR; è un film sentimental-psicologico che
analizza con acuta sensibilità l’intimo travaglio del protagonista e sottolinea la centralità di alcuni valori; è un film
thriller che coinvolge emotivamente lo spettatore attanagliando sul piano della tensione e della suspense.

Ma è anche un film che riesce ad esprimersi attraverso adeguate scelte linguistico-stilistiche, a cominciare
dalla fotografia impostata su di una dominante scura nero-marrone e dall’illuminazione dai toni cupi, adatte a
comunicare il clima ristagnante e soffocante della società  della Germania Est e il conseguente senso di
claustrofobia per finire con la notevole prova di recitazione degli attori e in particolare del protagonista, l’attore
Ulrich Muhe, purtroppo scomparso qualche tempo dopo la realizzazione del film. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                                         A) La  Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda

                                                   B) La Germania dell’Est (DDR) e i regimi comunisti del blocco sovietico

                                                   C) La caduta del Muro di Berlino e la riunificazione tedesca

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Vittime di guerra

Vittime di guerra
TITOLO ORIGINALE Casualties of War
REGIA Brian De Palma
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Daniel Lang
SCENEGGIATURA David Rabe
FOTOGRAFIA Stephen H. Burum (colore)
MUSICA Ennio Morricone
MONTAGGIO Bill Pankow
INTERPRETI Michael Fox, Sean Penn, Don Harvey, John Leguizamo, John C. Reilly
PRODUZIONE Art Linson e Fred Caruso per Columbia Pictures
DURATA 108'
ORIGINE USA, 1989
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Guerra del Vietnam

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Vietnam, 1966. Il soldato Eriksson fa parte di una pattuglia di cinque uomini guidata dal sergente Meserve. Nel
corso di una ricognizione Meserve decide di rapire una giovane vietnamita e di trascinarla con i suoi uomini
nella giungla. Giunti ad una capanna sperduta, tutti i componenti la pattuglia, ad eccezione di un indignato
Eriksson, partecipano allo stupro della ragazza. Quando iniziano i combattimenti, Meserve ordina che la
giovane vietnamita sia uccisa e, nonostante l'opposizione di Eriksson, l'ordine viene eseguito. Tornati al campo
Meserve e gli altri soldati del gruppo tentano di intimorire Eriksson, ma questo è deciso ad andare sino in fondo
nel denunciare l'omicidio commesso dai suoi commilitoni.

TRACCIA TEMATICA
Vittime di guerra è certamente un film sul Vietnam, ma anche e soprattutto una riflessione sugli orrori che ogni
guerra porta con sé e su come questi possano ricadere su degli innocenti. Nella vicenda (si tratta di una storia
vera, denunciata in un famoso articolo del giornalista Daniel Lang sul New Yorker del 1969) si contrappongono
due mentalità: da una parte il sergente Meserve (e, da lui trascinati, i suoi uomini) che, pur nella sua evidente
psicopatologia, esprime un'idea piuttosto diffusa della tradizione militarista e cioè che sullo sfondo della brutalità
della guerra ogni codice morale sia sospeso e che uno stupro diventi legittimo in base ad una primitiva concessione
dei diritti del guerriero sulla sua preda, dall'altra Eriksson (volto pulito e ingenuo dell'America democratica) che
ritiene che, proprio perché compiuto da soldati, il cui comportamento verso la popolazione civile dovrebbe essere
irreprensibile ed esemplare, il barbaro gesto dei suoi compagni sia ancor più grave che se commesso da persone
qualunque.

In altre parole, De Palma mette a confronto l'America candida e perbene che pensava che l'intervento
americano in Vietnam fosse giustificato come difesa di ideali di giustizia e libertà con quella che si rivelò la

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Vittime di guerra

reale natura aggressiva ed imperialista di quella guerra, con l'inevitabile corollario di sadismo folle e
criminale alla Meserve e di cinismo degli alti comandi.

Nel volto sofferto di Eriksson sul metrò si stampa tutta la difficoltà a rimuovere un trauma continuamente
affiorante (nonostante gli inviti a dimenticare) e che ha segnato per l'opinione pubblica americana la fine
dell'innocenza (significativo alle spalle di Eriksson il titolo di giornale sullo scandalo Watergate che portò alle
dimissioni del presidente Nixon).

VALUTAZIONE CRITICA
De Palma costruisce un film che ha l'andamento di un thriller (ed anche di un horror: in fondo Meserve e
Clark hanno i tratti di una mostruosità non-umana), accumulando il massimo di tensione possibile e trascinando
lo spettatore sul piano emotivo. Il suo stile è aggressivo e stringente, la progressione narrativa e la scansione dei
colpi di scena perfettamente calcolata e accuratamente ansiogena, la macchina da presa sta a ridosso dei personaggi
(la maggior parte delle inquadrature sono ravvicinate e questo per un film bellico è piuttosto insolito) per
costringerli dentro un'angustia spaziale che diventa simbolo della situazione di forte costrizione psicologica cui
sono obbligati.

Se il regista voleva comunicarci l'equazione Vietnam=Inferno, c'è pienamente riuscito (sin dalla spasmodica
sequenza iniziale dove sotto i piedi dei soldati si aprono le viscere di un pauroso mondo sotterraneo nel quale si
sempre sul punto di sprofondare) conferendo al racconto le tonalità visionarie dell'incubo (il brutto sogno di
Eriksson in metrò) e comunicando un senso di inquietudine e turbamento che nemmeno il consolatorio finale (la
condanna dei responsabili) riesce a dissolvere del tutto (nel volto duro di Meserve che pronuncia parole che non
udiamo all'orecchio di Eriksson alla fine del processo c'è il senso di una minaccia che continuerà ad aleggiare sul
sonno e la memoria del giovane protagonista).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) La Guerra del Vietnam.

                       B) Il caso Watergate.

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Viva l'Italia

Viva l'Italia
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Roberto Rossellini
SOGGETTO Sergio Amidei, Antonio Petrucci, Carlo Alianello, Luigi Chiarini.
SCENEGGIATURA Sergio Amidei, Antonio Petrucci, Diego Fabbri, Antonello Trombadori, Roberto
Rossellini
FOTOGRAFIA Luciano Trasatti (colore)
MUSICA Renzo Rossellini
MONTAGGIO Roberto Cinquini
INTERPRETI Renzo Ricci, Paolo Stoppa, Franco Interlenghi
PRODUZIONE Oscar Brazzi per Cineriz/Tempo Film/Galatea/Francinex
DURATA 106'
ORIGINE Italia, 1960
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Risorgimento

Ottocento/Cinema e Storia

TRAMA
Sicilia, 1860. Garibaldi sbarca a Marsala e a Calatafimi sconfigge l'esercito borbonico. Con il sostegno della
popolazione locale i garibaldini superano lo stretto e avanzano verso Napoli, capitale del Regno delle Due
Sicilie. Sul Volturno Garibaldi infligge alle forze regie la sconfitta definitiva. A questo punto i suoi uomini
vorrebbero dirigersi verso Roma, ma Garibaldi sa che bisogna scendere a patti con Vittorio Emanuele II. A
Teano i due si incontrano e Garibaldi consegna nelle mani del sovrano i frutti del suo operato.

TRACCIA TEMATICA
Intento esplicito di Rossellini è quello di capovolgere la genesi celebrativa del film (Viva l'Italia venne concepito
come pellicola commemorativa del centenario della spedizione dei Mille). In altre parole il regista intende
contrapporre alla retorica agiografica con cui tradizionalmente la cultura italiana aveva trattato il tema del
Risorgimento (esaltazione del ruolo eroico dei grandi personaggi storici), ingessandolo in una dimensione epico-
mitologica, una ricostruzione in termini di rigorosa oggettività didascalico-divulgativa (il più possibile fedele
alla verità storica), dove la Storia perde il suo alone di solennità per farsi cronaca realistica a partire
dall'osservazione del particolare e del quotidiano. Rossellini cerca di approdare al grande affresco storico
frequentando più la cronaca che la Storia o, per meglio dire, mostrando come attraverso la cronaca si arrivi
alla Storia.

Il Garibaldi acciaccato che fatica a montare a cavallo, il sovrano Vittorio Emanuele II che parla con un forte
accento piemontese, il generale Landi che presentisce con rassegnazione la sconfitta, re Ferdinando II che lascia
mestamente la sua reggia vogliono disegnare dei ritratti antieroici che evidenziano il lato umano di questi

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Viva l'Italia

monumenti storici; i soldati che mangiano tra i boschetti, i frati francescani che portano il fucile, le immagini
concitate di battaglia nelle quali si affrontano anonimi combattenti contribuiscono a dare pari dignità, rispetto a
coloro che la Storia la fanno, anche a quelli che la Storia la vivono e che non avranno nomi sulle lapidi
celebrative.

VALUTAZIONE CRITICA
La maggior parte dei critici concordano nell'osservare come Rossellini non sia riuscito (o non sia riuscito del tutto)
ad essere fedele alle intenzioni che si era proposto, assumendo di frequente proprio quel tono celebrativo che si
era ripromesso di evitare ed allontanandosi pure dal proclamato intendimento di assoluto rispetto del puro
dato storico. Si dice che troppi abbiano messo le mani nella sceneggiatura e che tra questi ci fosse chi volesse
attualizzare in chiave contemporanea la Storia, contrapponendo così una finalità pedagogico-didascalica (il film
sostiene una tesi, una visione parziale della realtà che deve essere assimilata dallo spettatore) all'originario
proponimento di distaccata oggettività (il film deve esclusivamente esporre ed illustrare dei fatti senza influenzare
il giudizio dello spettatore).

Viva l'Italia risente indubbiamente della mancanza di omogeneità del progetto che sostiene il film e questo si
riversa in una certa discontinuità, dove a momenti di spoglia e incisiva concretezza narrativa e descrittiva (il
sacrificio di Rosa, la battaglia del Volturno mostrata come una scampagnata, la presa di Palermo) si succedono
sequenze nelle quali il regista fatica a sfuggire ad un'impostazione troppo convenzionale e solenne, che sembra
mutuata dall'iconografia ufficiale sull'argomento (pittura, stampe d'epoca, ecc..), finendo prigioniero del suo stesso
intendimento di essere puro illustratore di fatti (e non commentatore).

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Seconda Guerra d'Indipendenza.

B) L'impresa dei Mille e Garibaldi.

C) Partiti e correnti politiche del Risorgimento,

D) Vittorio Emanuele II e la casa dei Savoia.

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welcome

Welcome
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Philippe Lioret
SOGGETTO E Philippe Lioret, Emmanuel Courcol,Olivier Adam
SCENEGGIATURA
FOTOGRAFIA Laurent Dailland (colori)
MONTAGGIO Andrea Sédlackova
MUSICA Nicola Piovani, Wojciech Kilar, Armand Amar
INTERPRETI Vincent London, Firat Ayverdi, Audrey Dana
PRODUZIONE Nord-Ouest Productions, Studio 37, France 3 Cinéma, Mars Films, Fin Aout
Productions, Canal +, Cinecinema, Artemis Productions, Cofinova 5, Uni Etoile 5,
Cinemage 3, Banque Populaire Images 9, Soficinema
DURATA 110’
ORIGINE Francia, 2009
REPERIBILITA' Homevideo-Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Lamerica, Leuropa, Litalia


Problemi dell’immigrazione e della multietnicità/Razzismo, intolleranza,
immigrazione, società multietnica/Uomo e Società

 TRAMA
 Bilal, un ragazzo curdo di 17 anni, lascia l’Iraq per ritrovare la fidanzata emigrata con la famiglia a Londra.
Quando arriva in Francia si trova di fronte la Manica e una legislazione francese particolarmente punitiva nei
confronti dei clandestini. A questo punto decide che attraverserà la Manica a nuoto per raggiungere
l’Inghilterra.

TRACCIA TEMATICA
 

Welcome è un titolo ironico (lo spunto è la scritta su uno zerbino di un cittadino xenofobo) per un film che
denuncia esattamente l’opposto della capacità di accoglienza e solidarietà, cioè il cupo razzismo che si è
impossessato delle società europee. Particolarmente severa è la legge francese che sanziona i cittadini che aiutano
o danno ospitalità ai clandestini con il carcere e con multe pesanti. Calais si trasforma così in una specie di
prigione a cielo aperto dove si accumulano speranze e drammi e l’Europa benestante e civilizzata mostra il
suo aspetto peggiore. Da parte loro le famiglie emigrate e già integrate si abbarbicano ad un tenace legame con la
propria identità etnica, imponendo alle nuove generazioni usi e costumi insensati (il maturo marito predestinato per
la giovane Mina)

Simon e Bilal hanno più cose in comune di quanto si possa immaginare. Entrambi sognano di ricongiungersi
con la donna che amano ed entrambi pensano che ciò possa realizzarsi con un’azione ritenuta impossibile:
l’attraversamento della Manica per il profugo curdo e un forte gesto d’aiuto nei confronti di un immigrato per
Simon, che spera così di riabilitarsi agli occhi di una moglie che l’ha lasciato anche per la sua insensibilità nei
confronti di questo problema. Nonostante tutte le differenze i due sono, seppur in modo diverso, profughi e
infelici, insoddisfatti di ciò che offre loro l’esistenza. Simon, in particolare, trova in Bilal una ragione di vita ed
anche un surrogato di un ruolo paterno che la mancanza di figli gli nega.

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welcome

VALUTAZIONE CRITICA
 I pregi maggiori del film vanno ricercati nell’andamento secco della narrazione, che scandisce con i tempi
giusti e senza ridondanze ed eccessi una vicenda che progredisce con saggia e accurata distribuzione delle
emozioni e dei colpi di scena, e nella precisa delineazione umana e psicologica dei personaggi, ritagliati con
estrema sensibilità e credibilità e serviti da dialoghi di grande incisività.

Di notevole spessore risulta, poi, il quadro d’insieme e cioè il contesto ambientale in cui si inserisce l’azione,
descritto con efficacia in brevi e taglienti pennellate che ci rimandano spazi urbani punitivi ed escludenti per gli
immigrati (gli scenari notturni e la pioggia e il grigiore diurno intensificano una generale atmosfera oppressiva e
soffocante) ed una fauna umana assai discutibile nel suo becero razzismo. Il film comunica, insomma (aldilà della
storia centrale piuttosto eccezionale, anche se la disperata impresa dell’attraversamento della Manica è stata
realmente tentata) una forte sensazione di verità e aderenza alla realtà di una società ormai intossicata dalla
xenofobia e dimentica dei valori di solidarietà e umanità.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Diritto                                              La legislazione francese e quella italiana sull’immigrazione

Geografia                                        a) L’Iraq e il Kurdistan

                                                         b) Calais e la Manica

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Westfront

Westfront 1918
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Georg Wilhelm Pabst
SOGGETTO Dal romanzo Vier von Infanterie di Ernst Johannsen
SCENEGGIATURA Laszlo Vajda, Peter Martin Lampel
FOTOGRAFIA Fritz Arno Wagner, Charles Métain (bianconero)
MONTAGGIO Hans Oser
INTERPRETI Gustav Diesse, Hans Joachim, Moebis, Fritz Kampers, Claus Clausen, Jackie
Monnier, Hanna Hoessrich
PRODUZIONE Nero Film
DURATA 96’
ORIGINE Germania, 1930
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Classe quinta
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Uomo e Società

Prima Guerra Mondiale

Novecento/Cinema e storia

TRAMA
Fronte occidentale, 1918. Gli ultimi giorni di guerra di alcuni soldati tedeschi. Tra di loro uno studente e Karl:
il primo approfitta di una missione assegnatagli per passare una notte d’amore con la francese Yvette, il secondo
va in licenza e trova la moglie a letto con un altro uomo e la mattina dopo riparte per il fronte. Lo studente
viene ucciso durante un attacco improvviso e Karl si offre volontario per un’azione di perlustrazione. Viene
colpito da una cannonata e si risveglia all’ospedale: mentre muore, un francese ferito gli tende la mano in
segno di fraternizzazione.

TRACCIA TEMATICA
Westfront 1918 costituisce una delle più crude e sconvolgenti denuncie degli orrori e della follia della guerra.
Il suo limpido messaggio pacifista culmina nella toccante sequenza finale che affratella il soldato tedesco morto
con quello francese ferito (ma già prima c’era stata la tenera e fugace storia d’amore fra lo studente tedesco e la
ragazza francese), all’insegna di un internazionalismo umanitario che costituisce l’alto e nobile sottofondo
ideologico del film (che all’epoca venne accusato di non indagare le cause economiche e politiche del conflitto) e
che lo riscatta solo in parte dal cupo e angosciante pessimismo senza speranza che incombe su di esso.

Oltre alla realtà agghiacciante della trincea dove si consumano e si annullano le esistenze dei protagonisti, il film
esplora il desolante scenario delle retrovie civili in preda ad una disgregazione che non è solo materiale e

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Westfront

sociale, ma anche morale (le code davanti ai negozi, la scoperta del tradimento della moglie da parte di Karl).

Uscito nelle sale nel maggio del 1930, Westfront 1918 verrà proibito dalle autorità naziste nell’aprile del 1933.

VALUTAZIONE CRITICA
Westfront 1918 è certamente uno dei migliori film pacifisti di tutti i tempi e questo per l’intensità
drammatica che riesce a raggiungere attraverso uno stile asciutto ed essenziale (qualcuno parlò a suo tempo di
freddezza) che rifugge da ogni retorica ed enfasi.

L’adozione dei canoni della Neue Sachlickeit (Nuova Oggettività) da parte di Pabst (la fotografia rifiuta ogni
artificio d’illuminazione e riproduce la realtà così com’è, la scenografia si muove nella stessa direzione, ponendo
particolare attenzione al dettaglio realistico e privilegiando ambienti preesistenti, la colonna sonora rifiuta la
musica di sottofondo e si limita a registrare i rumori e le battute del dialogo, il montaggio riduce al massimo i tagli
e si affida prevalentemente ai movimenti di macchina) conferisce alle immagini del film un incisivo senso di
autenticità e verosimiglianza con relativa durezza e accentuazione dell’effetto di verità.

Ma dove il film perviene al culmine della forza espressiva è nelle sequenze in cui i personaggi sono costretti negli
spazi angusti e claustrofobici delle trincee e delle buche, a contatto con il fango e la carne maciullata dei soldati
morti, ormai compenetrata nella terra, nell’immagine insostenibile del soldato francese che urla ferito e del tenente
impazzito che lancia grida di vittoria prima di essere falciato: non c’è un vero e proprio sviluppo narrativo, ma
un processo di accumulazione di episodi singoli che saturano lo spettatore di orrore e raccapriccio.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia             A) La Prima Guerra Mondiale.

                       B) La Germania della Repubblica di Weimar.

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agorà

Women in Gold
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Simon Curtis
SOGGETTO E E. Randol Schoenberg
SCENEGGIATURA
Alexi Kaye Campbell
FOTOGRAFIA Ross Emery
MONTAGGIO Peter Lambert
MUSICA Martin Phipps, Hans Zimmer
INTERPRETI Helen Mirren (Maria Altmann), Ryan Reynolds (Randol Schoenberg), Daniel
Brühl (Hubertus Czernin), Katie Holmes (Pam Schoenberg),Tatiana Maslany
(Maria Altmann giovane), Max Irons (Fredrick "Fritz" Altmann), Charles Dance
(Sherman), Elizabeth McGovern (Florence-Marie Cooper), Jonathan Pryce
(William Rehnquist),
PRODUZIONE David M. Thompson, Kris Thykier, Christine Langan, Ernst Mican, Ed Rubin,
Harvey Weistein per Origin Pictures, 2nd District Filmproduktion, BBC Film, The
Weinstein Company
DURATA 110'
ORIGINE Gran Bretagna, 2015
REPERIBILITA' Cineteca Pacioli/Homevideo
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Dopo l'Olocausto  


Antisemitismo/Razzismo, intolleranza, immigrazione, società multietnica/Uomo e
Società
 

  

TRAMA
Uno dei dipinti più famosi d'Austria, il ritratto di Adele Bloch-Bauer di Gustav Klimt, è detenuto
indebitamente dallo Stato  austriaco in seguito al sequestro operato dai nazisti ai danni dei
legittimi proprietari, una famiglia ebrea. Alla fine degli anni '90 Maria Altmann, l’ultima erede
della stirpe, ingaggia una lotta per riavere il quadro, proprio in coincidenza con la decisione del
governo austriaco di inaugurare una politica di restituzione delle opere d'arte rubate dai
nazisti.  Determinata a riavere il quadro appartenuto alla sua famiglia, si reca in loco con un
avvocato e scopre che in realtà lo Stato non vuole assolutamente privarsi di un’opera d’arte
così prestigiosa..
 

TRACCIA TEMATICA
La razzia di opere d’arte è un aspetto della storia del nazismo meno noto rispetto all’Olocausto.
In “Women in Gold” le due vicende si intrecciano, unificate nella persona di Maria Altmann
che persegue, attraverso il riconoscimento ufficiale dei propri diritti sulla proprietà di un
prezioso dipinto appartenuto alla sua famiglia, un risarcimento dal marcato valore simbolico

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0040.htm[12/07/2017 19:12:54]
agorà

nei confronti delle sofferenze subite da lei e dai suoi cari durante le persecuzioni antisemite
del Terzo Reich. La determinazione della protagonista è esente da ogni intento economico, ma
risponde ad una precisa volontà di affermare un principio di giustizia.

Emerge, inoltre, l’intento del film di sottolineare l’entusiastica adesione al nazismo di vaste
masse del popolo austriaco, il cui odio nei confronti degli ebrei non era inferiore a quello
nazista. Un’ombra del passato che nella tenace opposizione delle autorità austriache alla
restituzione del maltolto sembra riaffiorare sottoforma di una rimozione delle proprie
responsabilità storiche.
 

VALUTAZIONE CRITICA
“Women in Gold” si colloca, senza sussulti ed originalità, ma con sicuro mestiere nel consolidato
genere statunitense del film “legal-giudiziario”, sovente incentrato sulla coppia formata da un
cittadino testardamente convinto delle proprie ragioni e un avvocato inizialmente scettico e
successivamente conquistato  ad una causa che sembrava persa.  E l’incontro-scontro tra due
personalità diverse (destinate ad un approdo di reciproca stima e affetto) e di diverse
generazioni costituisce uno dei motivi su cui maggiormente insiste la sceneggiatura, oltre
alla ricostruzione  ora dolorosamente lacerante, ora teneramente nostalgica (sempre di intensa
presa emotiva sullo spettatore) del passato austriaco della protagonista. Ma il punto di forza del
film va indubbiamente ricercato nella interpretazione della veterana Hellen Mirren , che
conferisce al proprio personaggio una notevole varietà di sfumature psicologiche e di stati
d’animo.  
 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                  Il nazismo e l’Olocausto-L’Austria durante il terzo Reich.

Diritto                 La controversia giudiziaria tra Maria Altmann e il governo austriaco.

Storia dell’arte    Gustav Klimt.

 
 

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/film2016/11framefilm0040.htm[12/07/2017 19:12:54]
Z l'orgia del potere

Z, l'orgia del potere


TITOLO ORIGINALE Z
REGIA Kostantin Costa-Gavras
SOGGETTO Dal romanzo omonimo di Vassili Vassilikos
SCENEGGIATURA Jorge Semprum, Costa-Gavras
FOTOGRAFIA Raoul Coutard (colore)
MUSICA Mikis Theodorakis, Bernard Gérard
MONTAGGIO Francois Bonnot
INTERPRETI Yves Montand, Irene Papas, Jacques Perrin, Charles Denner, Francois Périer,
Georges Geret, Bernard Fresson, Renato Salvadori, Marcel Bozzufi, Pierre Dux
PRODUZIONE Jacques Perrin e Hamed Rachedi per Reggane Film
DURATA 126'
ORIGINE Francia-Algeria, 1969
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Triennio
PERCORSI Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Antimilitarismo, pacifismo/Storia e Società

Fascismo

Novecento/Cinema e Storia

TRAMA
Un paese mediterraneo, anni Sessanta. Un deputato dell'opposizione di sinistra si reca in una città per tenervi
un comizio pacifista. Contro di lui gli alti vertici della polizia e dell'esercito locali organizzano un attentato
mortale servendosi di manovalanza assoldata e della collaborazione di un gruppo estremista di destra. Un
giovane giudice istruttore conduce le indagini tra difficoltà, intimidazioni ai testimoni e tentativi di depistaggio,
ma alla fine incrimina i generali e gli ufficiali mandanti che finiscono sotto processo. Un colpo di Stato militare,
poco tempo dopo, impedisce che i colpevoli siano puniti e mette fine alla democrazia nel paese.

TRACCIA TEMATICA
Alla fine dei titoli di testi appare una scritta Ogni somiglianza con avvenimenti reali, e con persone vive o morte,
non è affatto casuale. E' voluta. Questa premessa è importante per collegare eventi e personaggi che il film lascia
vaghi e indeterminati (non vengono indicati nomi e nemmeno la città e lo Stato dove si svolge l'azione) ad una
vicenda precisa. Il riferimento più che trasparente è all' assassinio, avvenuto a Salonicco in Grecia il 22
maggio 1963, del deputato pacifista Gregorios Lambrakis, professore di medicina all'Università di Atene, e alle
successive indagine del coraggioso giudice istruttore Sartzètakis.

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Z l'orgia del potere

Il film denuncia il movente politico dell'uccisione del deputato dell'opposizione, causata da un ramificato e
vasto complotto diretto dai vertici dell'esercito e delle forze dell'ordine con la collaborazione di
un'organizzazione dell'estrema destra fascista, che si serviva di sottoproletari ignoranti e ricattabili.

Girato nel 1968 ad un anno dal colpo di Stato militare che pose fine alla democrazia greca, Z, l'orgia del potere
intende anche offrire un quadro del clima politico da cui il cosiddetto regime dei colonnelli è scaturito. Ne esce un
contesto caratterizzato da un grave inquinamento all'interno delle forze armate e della magistratura,
ampiamente dominate da forti pulsioni reazionarie e fascisteggianti, che configura per la Grecia una
preesistente condizione di semidemocrazia o, se si preferisce, di libertà vigilata, che rendeva difficile e rischiosa
l'attività politica delle opposizioni.

VALUTAZIONE CRITICA
Realizzato alla fine degli anni Sessanta, nel pieno della stagione più fiorente e felice del Cinema politico, Z, l'orgia
del potere ne costituisce uno degli esempi più significativi e famosi. In questo tipo di Cinema l'obiettivo
privilegiato è fare arrivare allo spettatore con chiarezza il contenuto di denuncia e il messaggio ideologico di cui il
film si fa portatore, assolvendo così ad un preciso impegno civile e democratico che viene considerato prioritario
rispetto ad ogni altro intento.

Va detto, però, che Costa-Gavras, pur rendendo estremamente efficace questa esplicita intenzionalità politica, non
rinuncia a fare del buon Cinema, conferendo alla pellicola un vigore narrativo di tutto rilievo, attraverso un
ritmo serrato e un'abile scansione degli eventi all'insegna della figura dominante del climax (cioè del
crescendo di intensità drammatica), che permea l'intera struttura del film come quella delle singole sequenze.
Pensiamo alla graduale presa di coscienza del giudice istruttore di trovarsi di fronte ad un complotto ordito dall'alto
(che culmina con l'uso da parte sua del termine assassinio prima recisamente censurato negli altri), all'abile
strategia con cui costringe il sicario Vago a confessare la sua appartenenza ad un'organizzazione eversiva di
estrema destra e alla travolgente (e per qualche aspetto anche divertente) sequenza dell'incriminazione degli
ufficiali responsabili del delitto.

E' questa capacità di imprimere al film una dinamica emotiva e una dimensione spettacolare, che non fanno
rimpiangere lo stile asciutto e stringato del meglio del Cinema americano d'azione, che lo rende piacevole
anche a distanza di anni e questo nonostante gli evidenti difetti di schematismo didascalico e l'irrisolta digressione
narrativa del rapporto coniugale del deputato assassinato.

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
Storia                    A) La Grecia negli anni Sessanta.

B) Il caso Lambrakis.

C) Il colpo di Stato dei colonnelli del 21 aprile 1967.

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Zulu

Zulu
TITOLO ORIGINALE Idem
REGIA Cy Endfield
SOGGETTO John Prebble
SCENEGGIATURA John Prebble, Cy Endfield
FOTOGRAFIA Stephen Dade (colori)
MUSICA John Barry
MONTAGGIO John Jympson
INTERPRETI Stanley Baker, Michael Caine, Jack Hawkins, Ulla Jacobson
PRODUZIONE Diamone Films
DURATA 130’
ORIGINE Gran Bretagna, 1963
REPERIBILITA' Homevideo/Cineteca Pacioli
INDICAZIONE Biennio-Triennio

PERCORSI Colonialismo, imperialismo, paesi extraeuropei

Ottocento/Cinema e Storia

Inghilterra, Impero Britannico

Ottocento/Cinema e Storia

 TRAMA
 1879, Natal, provincia del Sudafrica. Il missionario Otto Witt e sua figlia si rifugiano in un presidio
dell’esercito britannico per sfuggire alla rivolta degli indigeni zulu. Quest’ultimi attaccano in forze anche il
piccolo presidio, ma i soldati inglesi lo difendono con molte vittime e molto valore, tanto che alla fine gli zulu
rinunciano a conquistare il fortilizio riconoscendo l’eroismo degli assediati.

TRACCIA TEMATICA
 Zulu ricostruisce un fatto realmente accaduto, che destò all’epoca un certo clamore rappresentando un momento di
grave crisi del dominio britannico nell’Africa meridionale, come fu la grande rivolta degli zulu (un gruppo bantu),
scoppiata proprio all’apogeo del colonialismo inglese (e più in generale europeo). Come spesso accade (o meglio
accadeva prima degli anni Settanta) nella cinematografia d’argomento storico un episodio negativo viene
trasfigurato in un alone circonfuso di glorioso eroismo, quando a produrre il film è la parte che ha subito lo
smacco.
Zulu diventa così l’epica esaltazione della impavida combattività mostrata da un manipolo di valorosi soldati
britannici che non si lasciano intimidire dalla grande superiorità di forze del nemico, riscattando la patria da una
sconfitta.
Va, però, sottolineato come il film introduca due elementi che si discostano in parte da questo programmatico
nazionalismo. Da una parte l’enfasi è attenuata dalla sottolineatura della dimensione umana dei soldati, più
eroi per caso che per scelta (l’istinto di sopravvivenza sembra sopravanzare ogni altra motivazione ideale) e
dall’altra emerge un evidente rispetto per gli zulu (molto suggestiva la danza propiziatoria che apre il film), visti
non come barbari incivili, ma come un popolo fiero e combattivo, geloso della propria indipendenza e capace
di ammirare il valore altrui  

http://pacioli.crw.it/ftp/cinema2000-2016/3-Film/Film2006-07/7framefilm020.htm[12/07/2017 19:12:55]
Zulu

VALUTAZIONE CRITICA
 La forte dimensione spettacolare di Zulu è indiscutibile. Il grande dispiegamento di mezzi e l’esotismo legato a
coreografici riti tribali e ad un paesaggio di grande suggestione scenografica incidono con grande efficacia
nella fantasia e si imprimono in profondità nello sguardo (e questo a dispetto dei tanti anni ormai trascorsi
dall’uscita della pellicola).

L’efficacia del film va anche ricercata nell’impianto narrativo che ripropone il classicissimo tema dell’assedio
(consolidatissimo dall’Iliade in poi), con tonalità di suspense che quasi sconfinano nel thriller e che catturano
l’attenzione dello spettatore che rimane attanagliato dall’appassionante incalzare degli eventi per più di due ore.

Zulu certo non è una lezione di storia sul colonialismo ottocentesco inglese, ma è certamente una lezione di buon
cinema d’azione e avventura, quello che si faceva una volta e che oggi spesso risulta soffocato da troppi effetti
speciali. 

RIFERIMENTI INTERDISCIPLINARI
 Storia                                                   A) Il colonialismo europeo in Africa

                                                              B) La rivolta degli zulu

                                                              C) La Gran Bretagna nell’Ottocento

                                                              D) Il Sudafrica dall’Apertheid alla libertà

 Geografia                                             Il Sudafrica

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