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Capitolo 2

In tutte le cellule la sintesi delle proteine avviene nel citoplasma, che è separato dal DNA nel nucleo,
quindi deve esserci un intermedio tra i due.

Per valutare quanto tempo fosse necessario per sintetizzare il mrna si usano marcatori radioattivi
sulle cellule e si nota che in un’ora è uscito dal nucleo.

La sintesi va dall’estremità ammino terminale a quella carbossi terminale: esperimento di Pulse


Labeling dove fanno sintetizzare catene di globina e a un certo punto forniscono per pochi secondi
amminoacidi radiattivi. A questo punto stoppano la sintesi e tagliano il residuo proteico con tripsina.
Notano che i frammenti finali, che avevano incorporata più radioattività, avevano più radioattività
nei frammenti di medesima lunghezza terminanti con la sequenza carbossilica rispetto a quella
amminica, e trassero la loro conclusione.

Capitolo 3

I precursori degli acidi nucleici sono attivati dalla presenza di P-P. L’energia per la sintesi degli acidi
nucleici deriva dalla reazione della pirofosfatasi che idrolizza la molecola di P-P dove i due atomi
sono legati da un legame ad alta energia.

Capitolo 4

Il nucleotide che sta alla base del DNA ha un gruppo fosfato legato al un 2 deossiribosio.
I nucleotidi si legano tra di loro a formare i polimeri grazie alla reazione che lega tra di loro il 3’ del 2
deossiribosio e il 5’ di un altro nucleotide. Si tratta di un legame fosfodiesterico. Le coppie A-T hanno
due legami, mentre G-C ne ha tre. Tuttavia la struttura complessiva del DNA maschera questa
disposizione e fa sì che le coppie si mantengano all’incirca alla stessa distanza tra di loro. La
specificità delle basi è inoltre dettata proprio da questi legami a idrogeno che non si formano in
maniera corretta nel caso di appaiamenti sbagliati.

La stabilità della doppia elica è data in modesta parte dai legami a idrogeno presenti, mentre di
grande importanza è l’interazione delle nuvole elettroniche di basi azotate consecutive: questa si
dispongono perpendicolarmente all’asse maggiore e gli elettroni si sovrappongono anche a causa
della loro modesta insolubilità che le avvicina ancora di più. Le basi però si dispongono
preferibilmente all’interno della molecola, e in questo modo contribuiscono a darle stabilità.

Il dna è dotato di una grande flessibilità: molto spesso può avvenire una rotazione delle basi verso
l’esterno e questo può essere dovuto alla necessità di un enzima di rientrare nel suo sito catalitico, o
di qualche altra proteine che debba scandagliare l’elica. Il dispendio energetico è relativamente
basso in quanto viene flippata solo una base per volta.

L’angolo formato dalla protrusione dei due zuccheri delle coppie di basi è di 120 e 240 gradi,
contribuendo a fornire un solco maggiore e un solco minore all’elica.

Il solco maggiore fornisce numerose informazioni di tipo chimico:

A-T: due accettori legami a H, un donatore legami a H, una voluminosa superficie idrofobica.

G-C: due accettori, un donatore e un piccolo idrogeno non polare.

Il solco maggiore rappresenta quindi una importante fonte di specificità che permette il
riconoscimento anche senza la necessità di aprire la doppia elica, da parte soprattutto delle catene
laterali degli amminoacidi.
Il solco minore invece non è così ricco di informazioni, e soprattutto le piccoli dimensioni del solco
non permettono il riconoscimento da parte di catene laterali.

Inizialmente si pensava che tutte le molecole di DNA fossero lineari. Ora però sappiamo che alcune
sono circolari. La maggior parte ma non tutti dei cromosomi batterici è circolare. Inoltre, sempre i
batteri, possono contenere piccoli elementi capaci di replicarsi in modo autonomo detti plasmidi,
generalmente molecole circolari.

Il cccDNA è il dna circolare covalentemente chiuso.

Il linking numer rappresenta il numero di volte in cui un frammento deve essere fatto ruotare
attorno all’altro perché si possano separare.

Twist è il numero di volte in cui un filamento ruota attorno all’altro. Writhe è il numero di volte in cui
i doppi filamenti ruotano attorno a se stessi. Questo può avvenire o normalmente o come se fosse
avvolto attorno a un cilindro, come nel caso dei nucleosomi.

Le molecole di DNA circolare batteriche e eucariotiche sono normalmente superavvolte


negativamente.

Le topoisomerasi possono contrastare i superavvolgimenti. La I non necessita di ATP in quanto usa


l’energia del legame che ha rotto in uno dei filamenti. La II invece usa energia da ATP perché ne
rompe due alla volta.

Nei procarioti è presenta una particolare topoisomerasi detta DNA Girasi che introduce
superavvolgimenti negativi ed è quindi in grado di allentare la doppia elica per permettere
l’attivazione di diversi meccanismi, come per esempio la trascrizione o la traduzione.

La topoisomerasi agisce introducendo il taglio, facendo passare il filamento attraverso il taglio e


richiudendo il DNA; il tutto avviene in maniera altamente coordinata.

I diversi topoisomeri che si possono ottenere da una medesima molecola di DNA sono separabili
mediante l’utilizzo di una elettroforesi, tramite la quale quello che accade è la separazione tra le
forme più superavvolte, che sono più compatte e si muovono quindi più velocemente, e quelle meno
compatte che invece sono più lente a migrare.

Si può utilizzare l’etidio come intercalante del DNA, in quanto si infila nella doppia elica, causando
anche un allentamento del twist, portando ad un dna più rilassato: il LK deve essere mantenuto
costante, quindi una diminuzione del Tw provoca un aumento del Wr, e se di solito il DNA è avvolto
negativamente, quello che accade è una diminuzione della sua compattezza.

Capitolo 5

La timina è un 5 metil uracile.

La citosina invece è un ammina-uracile, che può dare uracile a causa di deaminazione spontanea, ma
in questo caso sarebbe riconosciuto come una base non facente parte del DNA e quindi riparato.

Rispetto al DNA che è depositario dell’informazione genica, l’RNA rappresenta sia l’intermediario con
le proteine, sia un elemento biologico che può svolgere funzione di regolazione, e in alcuni casi può
agire anche da catalizzatore.

L’RNA che si dispone a singolo filamento può presentare anse interne, stem-loop o gemme.

Pseudonodi: fra filamenti non contigui IMMAGINE


Alcune coppie particolari che si possono formare quando l’RNA si dispone a doppio filamento sono:
G-U e G-A, le più abbondanti, ma ne sono presenti anche altre.

La forma che viene preferita è la forma A a causa di ingombro sterico. Questo la rende meno adatta
alle interazioni con le proteine. Tuttavia ce ne sono alcune che permettono l’interazione proteina-
RNA tramite il riconoscimento di gemme, forcine eccetera.

La struttura degli RNA può essere regolata anche tramite la temperatura, che la modifica.

L’RNA può formare strutture terziarie, anche grazie all’ausilio di alcune proteine. Un esempio di RNA
con importante struttura terziaria sono i ribosomi.

La struttura terziaria assunta non è statica, ma può passare da un forma all’altra in base alle
condizioni e alle funzioni che deve svolgere.

La struttura terziaria di un RNA è parzialmente prevedibile tramite l’utilizzo di una tecnica muta e
mappa.

Gli aptameri sono le varie forme di un medesimo RNA con diverso grado di affinità per molecole
specifiche o proteine.

Per ribozima si intende una molecola di Rna con capacità enzimatica. Uno dei primi scoperti fu
l’RNASI P in grado di partecipare alla formazione dei tRNA.

Capitolo 6

Le proteine sono influenzate nella disposizione tridimensionale dall’ambiente acquoso in cui si


possono trovare.

Le catene polipeptidiche possono essere molto lunghe e in questo caso ripiegarsi in strutture
discrete dette domini.

Gran parte delle catene laterali delle proteine è immersa all’interno di essere, mentre le catene
polari si trovano all’esterno. Inoltre gruppi in grado di formare legami a idrogeno si mantengono
vicini, per evitare di formarli con l’acqua. I segmenti di connessioni tra i vari domini possono essere
più o meno lunghi, a seconda di come debbano essere posizionati per interagire con una
determinata proteina.

Dopo la emersione di una proteina dal ribosoma, questa va incontro a numerose modificazioni post
traduzionali:

o glicosilazione con aggiunta di glicani all’asparagina, serina o treonina (reticolo


endoplasmatico)
o fosforilazione di serina, treonina, tirosina, istidina (quest’ultima più comune nei procarioti)

La struttura tridimensionale della proteina è specificata dalla sua sequenza amminoacidica, e non
necessita obbligatoriamente di un enzima per il suo ripiegamento.

La perdita della struttura tridimensionale può essere causata per denaturazione.

La modellazione per omologia è una tecnica informatica per cercare di prevedere la struttura
tridimensionale di una proteina in base alla sua struttura primaria, se essa è simile a quella di una
proteina che già conosciamo.
La struttura in cui la proteina si dispone è quella a minore energia libera possibile, quindi
cambiamenti all’ambiente, drastici come l’aggiunta di urea, o più lievi come la disponibilità di
glucosio per la esocinasi, possono permette una modificazione della struttura terziaria e quaternaria,
in maniera più o meno drastica.

A volta una porzione proteica può diventare ordinata solo quando entra in contatto con il suo
partner.

Si conosce la funzione specifica di alcuni domini proteici:

zinc finger: è il più comune metodo di riconoscimento delle proteine per il DNA. Lo zinco si trova
stabilizzato dal legame con due istidine e due cisteine, e generalmente interagisce un dito ogni tre
coppie di basi.

Le interazioni proteina- proteina sono più complesse di quelle con il DNA, in quanto queste
necessitano di interazioni polari e in un ambiente acquoso come quello cellulare non è difficile. Il
riconoscimento tra proteine può essere alla base per esempio della formazione della struttura
quaternaria di un complesso come quello dell’emoglobina.

Anche le interazioni con l’RNA risultano essere piuttosto complesse.

CAPITOLO 7 DA FARE

Capitolo 8

I cromosomi eucariotici sono sempre lineari, mentre quelli procariotici risultano essere nella maggior
parte dei casi circolari, ma in alcuni casi lineari, al contrario di quanto si pensasse prima.

Nel caso di un genoma circolare il problema principale è dato dalla necessità di usare topoisomerasi
per separare i frammenti figli, mentre per quanto riguarda il cromosoma lineare bisogna proteggere
l’estremità dall’azione enzimatica.

Nei procarioti il dna si organizza in una struttura condensata detta nucleodi. Oltre ai cromosomi
inoltre, in copie multiple possono essere presenti molecole circolari di DNA dette plasmidi che
contengono geni per rendere il batterio resistente per esempio agli anticorpi.

I cromosomi eucariotici sono invece organizzati in un organello detto nucleo.

Caratteristica che contraddistingue gli organismi meno complessi è quella di avere un DNA molto più
denso in geni, rispetto a quelli più complessi.

Negli eucarioti infatti sono presenti sequenze non codificanti all’interno di geni dette introni, in
aggiunta a quelle intergeniche. Il 95% del dna di un gene è non codificante, mentre il 5% codifica.

Sembra che numerose sequenze uniche intergeniche abbiano la funzione di fare da sequenze
regolatrici. Queste regioni sembrano essere frutto dell’azione di trascrittasi inversa e
dell’inserimento di pseudogeni provenienti da RNA all’interno del genoma. Alcune sequenze
codificano per i miRNA che sono microRNA in grado di regolare la traduzione di mRNA.

Il DNA microsatellite è formato da sequenze molto corte, che si ripetono in tandem e che derivano
dalla difficoltà nel replicarle in maniera corretta  3% genoma umano.

Le sequenze altamente ripetute rappresentano invece delle sequenze lunghe da 100 a 1000 bp
arrivate al 45% del DNA totale genomico umano a causa della trasposizione.
La coesina è un complesso proteico che ha come funzione quella di connettere molecole di DNA
duplicate.

Per verificare di quali modificazioni strutturali le code istoniche si rendano partecipi è necessario
sfruttare l’azione enzimatica della tripsina per degradarle e vedere cosa cambia. Le code ammino
terminali dei nucleosomi comprendono serina, lisina, arginina.

La costituzione degli istoni comprende l’iniziale assemblamento di H2a e H2B, seguito dall’unione
con la coppia H3 – H4.

L’associazione del DNA al nucleosoma è mediata da un grande numero di legami idrogeno, circa 40.

La carica negativa dei gruppi fosfati schermerebbe la curvatura del DNA, che è invece permessa dalla
mascheratura da parte degli istoni.

I nucleosomi sono dei ricettacoli di superelicità negativa, infatti in questo modo quando vengono
tolti permettono lo svolgimento del DNA.

La compattazione del DNA basata solo sull’ausilio delle proteine istoniche non è sufficiente per
garantire una giusta misura. È stato quindi proposto il modello dello scaffold proteico.

Le proteine istoniche sono tra le più conservate tra i vari organismi eucarioti nel corso
dell’evoluzione, ma sono comunque presenti delle eccezioni e un certo grado di variabilità.

Alcune proteine CENP, cioè che partecipano alla condensazione del DNA per formare il centromero
sono delle varianti particolari.

Grazie alla dinamicità degli istoni, qualsiasi zona di DNA può perdere con esse la propria interazione.
Più la regione con cui la proteina deve interagire è interna al nucleosoma, più troverà difficoltà nel
farlo.

I complessi di rimodellamento dei cromosomi rappresentano complessi multiproteici che sfruttano


l’energia proveniente dall’idrolisi dell’ATP per garantire lo spostamento o l’eliminazione dei
nucleosomi. Tutti i complessi possono permettere lo scivolamento, mentre alcuni possono
addirittura spostare un ottamero da un filamento all’altro. Lo spostamento non richiede che tutte le
interazioni tra il DNA e l’ottamero istonico vengano rotte, ma semplicemente che esso compia un
processo di traslazione.

Il posizionamento dei nucleosomi può invece essere regolato dalla necessità di mantenere un sito
fruibile da parte di complessi di rimodellamento, oppure ancora dei nucleosomi non possono essere
inseriti a causa della vicinanza tra due proteine lungo il filamento nudo.

Altra caratteristica è che, a causa della loro disposizione, filamenti ricchi in A-T hanno la tendenza a
mantenere esposto verso gli istoni il solco minore, mentre i siti ricchi in G-C hanno tendenza a
mantenere interno il solco maggiore.

Una volta che il dna è stato duplicato, ad esso si lega la coppia H3 – H4, poi la H2a – H2b e poi la H1.
Circa metà degli istoni sono persi, mentre la rimanente parte è di nuova sintesi. Inoltre, nei
cromosomi figli viene mantenuto, almeno parzialmente, il posizionamento degli istoni rispetto al dna
parentale.

L’assemblaggio degli istoni sembra necessitare della giusta concentrazione di NaCl e di proteine
chaperoni degli istoni.
Capitolo 9

La rottura del pirofosfato fornisce l’energia per continuare la sintesi degli acidi nucleici.

Il replicatore rappresenta la sequenza nucleotidica sufficienti per dirigere l’inizio della


trascrizione.L’iniziatore è una proteina che si lega ad un elemento del DNA che si trova nel
replicatore e gli permette di attivare l’inizio della trascrizione.

I replicatori sono quindi caratterizzati da siti di legame per l’iniziatore, e da sequenze ricchi in A-T per
garantire una facilità di apertura al doppio legame.

L’iniziatore ha invece anche la funzione di garantire il mantenimento del singolo filamento e il


reclutamento di altre proteine.

Nelle cellule eucariotiche l’iniziatore è un complesso proteico esamerico chiamato ORC. Pag 299

Il caricamento dell’elicasi negli eucarioti avviene solo in fase S, mentre la sua attivazione, così come
quella del replicatore avviene in fase S. In questo modo è possibile regolare la quantità di DNA che si
forma, e quindi garantire la lettura di un solo replicatore per ciclo di replicazione. Durante la fase S è
infatti inibita la capacità di reclutare altre elicasi. L’attivazione delle elicasi e l’inibizione del loro
caricamento avviene tramite le proteine CDK. Le CDK sono proteine a concentrazione ciclicamente
variabile, e aumentano durante la fase S. Al termine del ciclo le elicasi vengono scaricate.

Le analogie nella replicazione sono numerose tra procarioti ed eucarioti, con l’importante differenza
che nei primi le origini di replicazione possono essere attivate più di una volta per ciclo cellulare.
Inoltre, negli eucarioti il passaggio più importante è dato dall’associazione delle elicasi, mentre nei
procarioti sul legame della proteina iniziatore DNA A con il DNA.

Nella replicazione di cromosomi circolari le topoisomerasi II permettono di formare un lag e


garantiscono il passaggio di un filamento nell’altro, ma sono molto importanti anche per i
cromosomi lineari.

Capitolo 10

Alcuni siti del cromosoma rappresentano degli hot spots per le mutazioni, ovvero hanno una
possibilità di mutare molto più alta di altri siti.

Alcuni enzimi che si occupano della rimozione di basi mutate sono le glicosilasi.

Riparazione accoppiata alla trascrizione permette di recuperare anche le RNA polimerasi che sono
state bloccate a causa dell’inserimento della mutazione.

Capitolo 11

La ricombinazione omologa permette alle cellule di recuperare sequenze perse in seguito a danni al
DNA, rimpiazzando la regione danneggiata cn un ffilamento integro ottenuto dal cromosoma
omologo.

Oltre a riparare le rottura a doppio filamento, la ricombinazione omologa nei batteri favorisce anche
lo scambio genetico che avviene tra il cromosoma di una cellula e il DNA che entra nella stessa
cellula mediante la trasduzione fagica o la coniugazione tra due cellule. Il DNA entra nella cellula e
fornisce l’estremità rotta per avviare la ricombinazione.
Durante la meiosi la ricombinazione è essenziale per l’appaiamento dei cromosomi.

Il processo di riparazione di una DSB cioè di una rottura del doppio filamento può essere risolta
tramite l’ausilio di una ricombinazione omologa: quello che accade è che il DSB provoca la
formazione di estremità protrudenti a singolo filamento, che basandosi sulla doppia elica omologa
vengono ripristinate.

Il principale sistema di riparazione DSB è noto come sistema RecBCD.

Il complesso recBCD lega i singoli filamenti, e favorisce il caricamento della proteina recA che
scambiatrice dei filamenti omologhi.

Nei batteri la ricombinazione omologa è richiesta per riparare nel DNA i DSB , per permettere alle
forche di replicazione bloccate di ripartire e per dare la possibilità a un cromosoma cellulare di
ricombinare con il DNA che entra tramite un’infezione fagica o un evento di coniugazione.

Negli eucarioti inoltre la ricombinazione omologa è fondamentale nella meiosi, nell’appaiamento dei
cromosomi. Questa ricombinazione ridistribuisce i geni tra i cromosomi parentali, garantendo una
certa variabilità nella composizione genica tramandata alla generazione successiva.

Capitolo 12

La ricombinazione conservativa sito specifica può permettere l’inserzione di un segmento di DNA in


un sito specifico, la delezione di un tratto di DNA o l’inversione di un pezzo della doppia elica.
La trasposizione è una forma specifica di ricombinazione genetica che sposta alcuni elementi
genetici da un sito a un altro. Questi elementi genetici mobili sono detti elementi trasponibili o
trasposoni. Lo spostamento avviene tramite un evento di ricombinazione tra sequenze di DNA poste
alle estremità dell’elemento trasponibile e una sequenza presenta sul DNA della cellula ospite, con
avvenimento o meno di duplicazione dell’elemento.

Quando gli elementi trasponibili si muovono, non raramente si possono disporre all’interno di un
gene, spesso distruggendone completamente la funzione.

Ci sono tre famiglie principali di elementi trasponibili: trasposoni a DNA, Retrotrasposoni simili ai
virus, e retrotrasposoni poli-A non virali.

I trasposoni a DNA portano sia delle sequenze di DNA che servono come siti per la ricombinazione
sia geni che codificano proteine che partecipano alla ricombinazione. Le ricombinasi che si occupano
della trasposizione sono dette trasposasi. I trasposoni a DNA hanno un gene per codificare la propria
trasposasi. Le sequenze di DNA di questo tipo molto spesso possono contenere anche informazioni
per la resistenza a uno o più antibiotici.

I trasposoni autonomi sono quelli che contengono tutti gli elementi per garantire la propria
trasposizione, ovvero sequenze invertite e ripetute e sequenze per le trasposasi, mentre i trasposoni
non autonomi non contengono l’informazione per la trasposasi.

I retrotrasposoni simili ai virus (retrovirus) contengono invece informazioni per due elementi
fondamentali: integrasi (trasposasi) e la retrotrascrittasi.

I retrotrasposoni poli A invece ricordano dei egeni, infatti hanno un’estremità 5’ UTR e una 3’ UTR,
seguita da una serie di coppie di basi del tipo A-T, che rappresenta la sequenza di Poli – A. Possono
esistere anch’essi in forma autonoma o non autonoma.

Il meccanismo base con cui avviene la trasposizione è un meccanismo taglia e incolla.


Elementi LINE e SINE

Ricombinazione VDJ

Capitolo 13

I batteri hanno una solo RNA polimerasi, mentre le cellule eucariotiche ne hanno 3, I , II e III.

La pol II è la più importante. Sono state scoperte di recente anche la Pol IV e la Pol V ma solo nelle
piante.

Il core enzimatico della polimerasi batterica è formato dalle subunità alfa x 2, beta, beta I e omega.

L’inizio della trascrizione è caratterizzato dal legame della polimerasi al promotore, seguendo la
trascrizione e leggendo in ordine 5’ – 3’, solo uno dei due filamenti e con un orientamento prefissato
dal promotore stesso. A questo punto avviene l’apertura del doppio filamento producendo una bolla
di trascrizione.

A questo punto dopo aver sintetizzato un frammento di RNA della lunghezza di circa 10 basi quello
che fa è aprire man mano il doppio filamento, leggerne uno dei due, e chiudere la doppia elica,
svolgendo peraltro anche la funzione di correttore di bozze.

Tutto questo è poi seguito dalla terminazione.

Durante l’inizio prima si forma il complesso chiuso, poi la doppia elica viene aperta nella formazione
del complesso apero per una lunghezza di circa 13 bp dal promotore, e poi avviene la sintesi poco
efficiente di un frammento lungo 10 bp, seguito poi dalla continuazione vera e propria della
trascrizione.

Nei batteri il complesso alfa beta beta’ e omega si attiva in forma di oloenzima solo in presenza del
fattore sigma.

Sono presenti delle sequenze a -10 e -35.

Gli elementi UP sono delle sequenze che inducono il l’aumento dell’efficienza dell’rna polimerasi, in
associazione a un legame più duraturo con quella.

Se da una parte la formazione della forma attiva dell’enzima in seguito all’aggiunta del fattore sigma
è un processo irreversibile formatosi solo per necessità di creare la forma energeticamente più
stabile, d’altra parte la formazione del complesso chiuso è un processo irreversibile.

Durante la sintesi dell’RNA, solo 8 o 9 nucleotidi rimangono legati allo stampo in ogni momento,
mentre il resto della catena di RNA si stacca e viene portato fuori dall’enzima attraverso il canale di
uscita dell’RNA. Durante questo processo, la RNA polimerasi può eliminare i nucleotidi appaiati
erroneamente e aggiungere il nucleotidi corretti. Potenzialmente questo potrebbe portare alla
eliminazione di nucleotidi corretti, ma questi impiegano molto meno tempo a essere staccati, quindi
quelli errati vengono rimossi più frequentemente. In altre occasioni la polimerasi può indietreggiare
di un po’ di nucleotidi e tagliare tutto un pezzo di RNA.

I terminatori rho dipendenti necessitano di una proteina che sfrutta l’idrolisi dell’ATP per separare le
molecole. Rho non si lega a nessun trascritto in fase di traduzione.

I terminatori intrinseci sono invece formati da una sequenza palindromica invertita a cui segue un
segmento di 8 A:T. Si forma quindi uno stem loop durante la trascrizione che induce il distaccamento
della polimerasi.
Negli eucarioti la trascrizione non necessita, come nei procarioti, di un fattore sigma, ma di più
fattori trascrizionali. Negli eucarioti il promotore comprende: l’elemento riconosciuto dal TFIIB, la
TATA box, l’iniziatore, gli elementi a valle del promotore. Inoltre, sono anche presenti, non facenti
però parte del core del promotore, della sequenze regolatrici a monte o valle.

Il complesso della polimerasi con i suoi fattori trascrizionali prende il nome di complesso di preinizio.
Il componente di TFIID che lega la tata box è detto TBP, mentre gli altri vengono detti TAF, cioè
fattori associati a TBP.

Se nei procarioti l’inizio necessita la formazioni di numerosi trascritti di RNA corti, negli eucarioti
necessita invece l’idrolisi di ATP (una molecola in più, sommata a quella necessaria per separare il
doppio filamento), e la fosforilazione della coda della polimerasi.

Rispetto ai procarioti, probabilmente a causa dell’impacchettamento in cromatina, negli eucarioti è


molto importante anche il complesso del mediatore.

Il capping avviene appena l’RNA esce dal canale della polimerasi, cioè nel punto in cui si passa dalla
fase di inizio a quella di allungamento.
La poliadenilazione avviene tramite la lettura di segnali specifici che richiamano la poli-A-polimerasi
che, come la polimerasi, ma senza uno stampo, aggiunge man mano i vari residui di A.

Capitolo 14

Le sequenze all’interno dell’RNA determinano dove avviene lo splicing. È infatti possibile individuare
un sito di splicing 3’ e 5’ a delimitare l’esone, e una sequenza detta punto di ramificazione posta
nell’introne e caratterizzata dalla presenza di una polipirimidina.

All’estremità 5’ viene rotto il legame tra introne e esone l’introne si lega al punto di ramificazione.
Questo provoca il distacco dell’altra estremità, la 3’, l’unione dei due esoni adiacenti e l’eliminazione
dell’introne sotto forma di cappio.

Lo spliceosoma è il macchinario fondamentale per permettere lo splicing. Presenta 5 snRNA, ovvero


small nuclear RNA, in grado di legarsi a proteine e in questo caso catalizzare il riconoscimento dei siti
d’interesse del complesso esone introne, e catalizzare la rottura-risaldatura del DNA.

Splicing in trans quanto due esoni di due molecole di RNA diverse vengono unite.

Capitolo 15

Molte ORF porcariotiche contengono una breve sequenza a monte detta sito di legame per il
ribosoma, o sequenza di shine dalgarno. Questa sequenza si trova da tre a nove basi dal codone di
inizio e contiene una sequenza complementare all’RNA ribosomiale in modo da poterlo legare.

Negli eucarioti quello che accade è il riconoscimento del cap al 5’. Altri elementi di riconoscimento
sono la presenza di una purina a monte e di una guanina a valle del codone di inizio. Questa
sequenza è detta di Kozak e sebbene alcuni rna non la abbiano, è importante nel garantire
l’efficienza laddove presente. Sembra che questo elemento favorisca il riconoscimento da parte dei
tRNA. Altro elemento è la coda di poli A.

Lo stelo accettore è così denominato perché è il sito di aggancio per l’amminoacido. Presenta una
struttura protrudente CCA.

L’ansa psi-u è così chiamata per la presenza di una pseudouridina.


L’ansa D contiene di idrouridine.

Nel caricamento dell’amminoacido all’estremità CCA dello stelo accettore si forma un legame acilico
con la A di questa protrusione, e in questo modo quello che accade è che si forma un legame ad alta
energia che può essere utilizzata per partecipare alla formazione del legame peptidico
nell’amminoacido in allungamento.

Le amminoacil trna sintetasi attaccano un amminoacido a un rna tramite due passaggi: il primo è
l’adenililazione cioè il trasferimento di amp e la perdita di pirofosfato. Il pirofosfato viene poi
idrolizzato. In seguito avviene il rilascio sull’estremità 3’ del trna e il simultaneo rilascio di amp.

Riguardo alla amminoacil trna sintetasi, ne esistono di diversi tipi, ma ogni tipo può legare uno e un
solo tipo di amminoacido, però a più trna diversi e idonei per esso.

C’è una bassa percentuale di errore. Il riconoscimento dell’amminoacido avviene tramite


l’anticodone, con un certo grado di dialogo ovviamento anche con lo stelo accettore, che in questo
caso determina la specificità di un trna da una sintetasi all’altra. Ci sono però ovviamento anche altri
fattori per garantire una possibilità di errore così bassa. Inoltre, considerando il funzionamento del
ribosoma, questo prende a scatola chiusa l’anticodone corretto, sperando che il trna abbia legato il
corretto amminoacido, però non c’è nessun sistema di riconoscimento diretto.

Il ribosoma è composto da almeno tre molecole di rna e circa 50 proteine, per un totale di 2,5
megadalton di dimensione. Se la replicazione del DNA avviene a 200-1000 nucleotidi al secondo, la
traduzione avviene a una velocità di 2-20 amminoacidi al secondo nei procarioti, e 2-4 amminoacidi
al secondo negli eucarioti, dove peraltro la traduzione e la trascrizine sono due processi separati, e
forse anche per questo la velocità è diversa.

Riguardo le due subunità del ribosoma, la subunità maggiore è depositaria del centro
peptidiltransferasico, mentre quella minore del centro di decifrazione, in cui i tRNA scarichi leggono
o decifrano i codoni dell’mRNA.

Il motivo della presenza di solo 5% in mrna nella cellula sul totale è che un solo filamento può essere
letto da più ribosomi. L’aspetto negativo è che di solito i ribosomi sono contemporaneamente
impegnati.

Gli rna ribosomiali sono determinanti sia struatturali che catalitici del ribosoma. RNA è quindi
associato sia a funzione sia a struttura. Per esempio il sito peptidil transferasico è formato quasi
esclusivamente da RNA.

La metionina, primo amminoacido che si forma durante la traduzione, viene metilata a formare n
formil metionina, ma spesso questa viene deformilata durante o dopo la sintesi della catena
polipeptidica.

I fattori di trascrizione procariotici comprendono:

IF1: evita che i TRNA si leghino alla zone della subunità minore che diventerà parte del sito A

IF2: è una gtpasi che interagisce con subunità minore, IF1 e il tRNA iniziatore carico. Interagendo con
questi tre elementi facilita la successiva associazione formil metiona- trna con il sito accettore sulla
subunità minore, ed evita l’ingresso al suo posto di altri trna carichi

IF3: si lega alla subunità minore e evita la associazione alla subunità maggiore, e quindi è
fondamentale nelle fasi in cui la subunità minore deve associarsi all’mrna senza l’intromissione della
subunità maggiore.
Quando tutti e tre i fattori d’inizio sono legati, la subunità minore è pronta a legare sia l’mrna che il
trna iniziatore.

Da pagina 544 a pagina 580

Capitolo 18

Nei procarioti una trascrizione basale è quella in cui debolmente la polimerasi si lega e trascrive in
modo costitutivo. Se però un repressore si lega al promotore, sovrapponendosi, blocca la
trascrizione. Un attivatore invece può aiutare il legame della polimerasi tramite reclutamento, e si
tratta di un legame cooperativo, cioè l’interazione sia con il DNA sia con la proteina. Il meccanismo
principale su cui agiscono gli attivatori è il passaggio da complesso chiuso a complesso aperto. Si
tratta di una modificazione allosterica che agisce sul DNA e l’RNA. Un tipo particolare di interazione
è quella a distanza con la formazione di un’ansa, avvicinando due estremità.

Operone lac: repressone lac e attivatore CAP (catabolite activator protein). Il CaP attiva l’operone
lattosio solo in assenza di glucosio.

Il sito legato dal repressore lac si chiama operatore lac.

Anche quando il lattosio non è presente, in maniera basale viene comunque sintetizzata
dall’operone una minima quantità di beta galattosidasi che trasforma il lattosio in allolattosio.
L’allolatossio si lega al repressore lac e gli impedisce il legame con il promotore. CaP lega io dna solo
quando i livello di glucosio sono bassi, e il livello basso di glucosio influenza il camp, che è l’effettore
allosterico del cap.

Jacob e Monod che hanno fatto.

Repressore lambda  da fare?

Capitolo 19

Gene reporter consiste di siti di legame per attivatori di lievito. Inseriti a monte del promotore di un
gene il cui livello di espressione è facilmente rilevabile.

Le proteine di riconoscimento si basano spesso su un motivo elica giro elica, con la prima elica che
prende contatto con le basi del dna e l’altra che invece prende contatto con lo scheletro,
posizionando l’elica di riconoscimento in modo corretto e aumentando la forza di legame.

Oltre all’elica-giro-elica si trova anche la leucine zipper, con due grandi alfa elica che formano una
pinza che stringe il dna, con una regione coiled coil dove le due eliche sono tenute insieme da
interazioni idrofobiche che si formano fra le leucine.

Imprinting è la repressione di uno dei due alleli di un medesimo gene su uno dei due cromosomi.

Capitolo 20

I siRNA e i miRNA sono piccoli rna interferenti che derivano da molecole di RNA di maggiori
dimensioni, che grazie all’attività dell’enzima dicer vengono digerite. La loro azione è quella di
determinare la distruzione dell’mRNA bersaglio silenziando la sua trascrizione, formando il
complesso RISC. I miRNA a differenza dei siRNA agiscono in trans, ovvero sono coficati da un gene
che agisce in posizione diversa dal filamento di origine. I siRNA invece di solito agiscono in cis.

Il mirna si forma a partire da primirna poi premirna e poi mirna. Gli enzimi che si occupano di questi
tagli sono in ordine dicer e drosha.
06/12 GENETICA FORENSE

Utilizzo della genetica in ambito forense: analisi della traccia e nuove prospettive per la
caratterizzazione fenotipica e tissutale. Lo scopo del sopralluogo è quello di cristallizzare la scena del
crimine e di raccogliere il materiale che potrà portare a dei risultati, tenendo sempre in
considerazione l’ipotesi investigativa.

Il laboratorio di biologia forense si sviluppa in 5 fasi:

1. Ispezione (ricerca tracce, come sangue, saliva, sperma): avviene prima nel laboratorio con
luce bianca che permette di cercare tracce ematiche; consiste nella ricerca di residui
epiteliali dopo il sanguinamento
2. Estrazione
3. Quantificazione
4. Amplificazione
5. Tipizzazione

Partiamo all’ispezione: essa è caratterizzata dai test genetici e di specie. Test genetici e di specie:
sono utili nell’identificazione di fluido biologico.

I test genetici sono:

- Combur test: sangue (test colorimetrico)


- Amilasi: saliva (test colorimetrico)
- Psa test: sperma (immunocromatografico). In particolare è un test per diagnosi clinica del
tumore alla prostata, dell’iperplasia prostatica benigna. Non è un test specifico perché dà
spesso dei falsi positivi in caso di donne che assumono la pillola anticoncezionale in
particolari momenti del loro ciclo
I test di specie invece sono:

- Test per Ig
- Semelogemina
Può essere utilizzata anche la lampada con luce forense, una lampada con luce monocromatica a
lunghezza d’onda variabile. Il luminol è un reagente che viene utilizzato al buio. Sfrutta una reazione
di chemioluminescenza che avviene in una soluzione bianca generando un intermedio
energicamente ricco.

Estrazione del DNA, avviene mediante tre tipi di metodiche:

- Resine agli ossidi di silicio su colonna


- Resine agli ossidi di silicio su biglie magnetiche
- Resine sintetiche

Quantificazione Real Time:

- Valutazione di una eventuale inibizione attraversa l’amplificazione contemporanea di 2 DNA:


templato dell’estratto e IPC
- Possibilità di quantificare usando una sonda genetica umana ed una sonda umana maschile

Amplificazione: amplificare e tipizzare l’intero genoma sarebbe improponibile per costi e tempo.
Studi di popolazione hanno permesso di individuare marcatori con le seguenti caratteristiche:

- Polimorfici: anche in popolazioni isolate (lo stesso marcatore deve presentare diverse
varianti nella popolazione
- Stabili alle mutazioni: non posso amplificare dei marcatori che tra una generazione e l’altra
cambiano tipologia
- Equilibrio con la legge di Hardy-Wienberg: all’interno una popolazione questi marcatori
devono avvicinarsi il più possibile all’uno dell’equazione
- Indipendenti: l’ indice identificativo di un marcatore deve essere svincolato rispetto ad un
altro, in modo tale che una mutazione di un marcatore non vada ad influenzare un altro
marcatore
I marcatori che vengono utilizzati e che hanno queste proprietà sono gli STR. La loro struttura è data
da una ripetizione di una sequenza e proprio in base al numero di ripetizioni riesco a discriminare un
allele rispetto ad un altro, quindi un individuo rispetto ad un altro proprio in base a quella regione.
Nell’analisi ottenuta è possibile osservare un picco allelico, ovvero un segnale del livello di
fluorescenza del frammento di DNA, a specifica lunghezza d’onda. L’ altezza del picco è
proporzionale alla quantità di DNA.

Il DNA viene fatto correre per elettroforesi capillare, gli alleli che hanno lunghezze maggiori
correranno più lentamente, quelli più corti correranno più velocemente. Dopo un certo tempo si
fermano: davanti ci saranno gli alleli più corti. L’elettroferogramma mi fa vedere dove sono e il picco
mostra la quantità dell’allele considerato. Per esempio, in D21S11, il primo numero indica il numero
del cromosoma, quindi il 21. Più alleli ho in un marcatore, maggiore sarà il potere identificativo di
quel marcatore.

Dimostrazione d’identità: un profilo secondo gli standard FBI è formato da 13 marcatori. Poniamo
che ogni marcatore presenti alleli la cui frequenza è pari a 0,1 nella popolazione di riferimento.
Poniamo che ogni marcatore presenti lo stesso allele su entrambi i cromosomi (omozigosi). La
probabilità di ottenere la combinazione data per ogni marcatore è pari a 0,1 x 0,1 = 0,001. La
probabilità di ottenere la combinazione data per tutto il profilo è 0,01 x 0,01 x 0,01 = 1 x 10^-6. Si
moltiplica perché i loci dei geni considerati sono indipendenti. Se segregassero insieme, quel numero
si abbasserebbe.

Da qualche anno la genetica forense sfrutta le varianti presenti nel nostro genoma per predire il
fenotipo e i tratti somatici del soggetto. I geni coinvolti nella pigmentazione sono conosciuti. Le
differenze di colore scaturiscono dalla presenza di determinati STRs.

È possibile anche analizzare l’mRNA tramite RT PCR, infatti abbiamo una varia gamma di geni che ci
permettono di identificare un tessuto rispetto ad un altro. L’mRNA è facilmente degradabile, quindi
è difficile trovarlo nelle prove.

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