You are on page 1of 20

Antonio di Padova

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


« Qui, in terra, l'occhio dell'anima è l'amore, il solo valido Sant'Antonio di Padova
a superare ogni velo. Dove l'intelletto s'arresta, procede
l'amore che con il suo calore porta all'unione con Dio »

(Antonio di Padova, Sermones)


Antonio di[1] Padova, noto in Portogallo come Antonio da
Lisbona (in portoghese António de Lisboa), al secolo
Fernando Martins de Bulhões (Lisbona, 15 agosto 1195 –
Padova, 13 giugno 1231), è stato un religioso e presbitero portoghese
appartenente all'Ordine francescano, proclamato santo da papa
Gregorio IX nel 1232 e dichiarato dottore della Chiesa nel 1946[2].

Da principio canonico regolare a Coimbra dal 1210, poi dal 1220


frate francescano. Viaggiò molto, vivendo prima in Portogallo
quindi in Italia e in Francia. Nel 1221 si recò al Capitolo Generale ad
Assisi, dove vide e ascoltò di persona san Francesco d'Assisi.
Terminato il capitolo, Antonio fu inviato a Montepaolo di Dovadola, Guercino: Sant'Antonio di Padova con
nei pressi di Forlì. Fu dotato di grande umiltà, ma anche di grande il Bambino.
sapienza e cultura, per le sue valenti doti di predicatore, mostrate
per la prima volta proprio a Forlì nel 1222. Religioso e dottore della Chiesa

Antonio fu incaricato dell'insegnamento della teologia e inviato


Nascita Lisbona,
dallo stesso san Francesco a contrastare in Francia la diffusione del
Portogallo,
movimento dei catari, che la Chiesa di Roma giudicava eretico. Fu
15 agosto 1195
poi trasferito a Bologna e quindi a Padova. Morì all'età di 36 anni.
Rapidamente canonizzato (in meno di un anno) il suo culto è fra i Morte Padova, 13 giugno
più diffusi del cattolicesimo. 1231
Venerato da Chiesa cattolica
Canonizzazione Spoleto, 30 maggio
Indice 1232, da papa
Gregorio IX
Biografia
Il contesto storico Santuario Basilica di
I primi anni principale Sant'Antonio,
I difficili inizi Padova
Il primo incontro con il francescanesimo Ricorrenza 13 giugno
L'incontro con Francesco di Assisi
Ortodossia e teologia: il martello degli eretici
Attributi Libro, pesce, giglio
La predicazione francese contro gli eretici candido, Bambin
L'arrivo a Padova Gesù, pane,
Lo stile di vita fiamma, cuore
Il rientro a Padova
Patrono di Brasile, Portogallo,
Antonio e Gregorio IX: Antonio "arca del Testamento"
Il primo viaggio a Roma poveri, oppressi,
Il secondo viaggio a Roma orfani, prigionieri,
Ritorno alle origini: la predicazione naufraghi, bambini
Il testamento di Antonio: la quaresima del 1231 malati, vetrai,
La morte reclute, donne
La disputa per la sepoltura incinte, affamati,
Il culto viaggiatori, animali,
La canonizzazione oggetti smarriti,
La denominazione pescatori, cavalli,
Reliquie marinai, nativi
Sant'Antonio di Padova patrono
americani, sterilità,
Albania
Argentina fidanzati,
Brasile matrimonio, vedi
Italia patronati
Portogallo
Spagna
Stati Uniti d'America
Canti in onore di Sant'Antonio
Note
Bibliografia
Filmografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni

Biografia

Il contesto storico
Gli anni in cui visse Antonio di Padova si collocano intorno alla fine del Medioevo. Tutta l'Europa era scossa da
profondi cambiamenti: la nascita della società urbana e dei Comuni; l'aumento della produzione agricola e la
conseguente maggior mobilità delle persone con la ripresa di ampi commerci. Artigiani e commercianti, notai e
medici, mercanti e banchieri iniziavano a dar vita ad una nuova classe sociale: la borghesia, che andava ad aggiungersi
ai cavalieri, al clero e ai nobili.

In questo quadro di grandi cambiamenti, la Chiesa visse mutamenti significativi:

Il fiorire delle cattedrali, monumento tipico della città che rinasceva: dopo l'XI secolo, la cattedrale divenne (così
come lo erano stati i monasteri nei secoli precedenti) il centro della vita religiosa.
l'epoca delle Crociate, in tutto otto (o, in base ad altri calcoli, nove): la prima nel 1096, l'ultima nel 1270 (o 1271-
72, se se ne contano nove).
l'epoca dei Papi Innocenzo III e suo nipote Gregorio IX, difensori del potere papale e soprattutto papi che si
inserirono nella grande riforma spirituale dei secoli XI-XII; entrambi avvertirono l'esigenza di rinnovare anche le
istituzioni ecclesiastiche. Questo impeto di rinnovamento spirituale si espresse nella nascita di alcuni ordini
religiosi sia contemplativi cistercensi sia più inseriti nella realtà sociale, come i cosiddetti Ordini mendicanti:
francescani e domenicani.

I primi anni
Dell'infanzia di Antonio di Padova si conoscono poche cose con certezza:
il nome di battesimo Fernando, la città natale Lisbona e l'origine
benestante e aristocratica. Già sulla data di nascita gli storici disputano,
anche se la maggior parte concorda per il 15 agosto 1195; l'anno di nascita
è calcolato sottraendo dalla data della morte, 13 giugno 1231, gli anni
citati dal Liber miraculorum, scritto verso la metà del XIV secolo.

La biografia più antica fu compilata da un frate anonimo nel 1232 sulla


base di informazioni ricevute dal vescovo Soeiro II Viegas, vescovo di
Lisbona dal 1210 al 1232. Quest'opera, nota come Vita prima o Assidua,
riporta le poche notizie a disposizione sui suoi primi anni.

« I fortunati genitori di Antonio possedevano, dirimpetto al


fianco ovest di questo tempio, un'abitazione degna del loro La Chiesa di Sant'Antonio in Lisbona
stato, la cui soglia era situata proprio vicino all'ingresso della (Portogallo).
chiesa. Erano essi nel primo fiore della giovinezza allorché
misero al mondo questo felice figlio; e al fonte battesimale gli
posero nome Fernando. E fu ancora a questa chiesa, dedicata
alla santa Madre di Dio, che lo affidarono affinché apprendesse
le lettere sacre e, come guidati da un presagio, incaricarono i
ministri di Cristo dell'educazione del futuro araldo di Cristo. »

(Anonimo del XIII secolo, Vita prima o Assidua)


Antonio di Padova nacque dunque a Lisbona, primogenito in una nobile famiglia. Sua madre si chiamava Maria
Tarasia Taveira e suo padre Martino Alfonso de' Buglioni (Martinho Afonso de Bulhões), cavaliere del re e, secondo
alcuni, discendente di Goffredo di Buglione[3]. La residenza della nobile famiglia era nei pressi della cattedrale di
Lisbona, dove egli fu infatti battezzato. Presso questo luogo egli ebbe la prima educazione spirituale dai canonici della
cattedrale. Si ritiene, ma è incerto, che il padre lo abbia indirizzato al mestiere delle armi.

Nel 1210, all'età di quindici anni, egli decise di entrare a far parte dei Canonici regolari della Santa Croce dell'Abbazia
di San Vincenzo di Lisbona. Più avanti negli anni, nei suoi Sermoni scriverà:

« Chi si ascrive a un ordine religioso per farvi penitenza, è simile alle pie donne che, la mattina di Pasqua,
si recarono al sepolcro di Cristo. Considerando la mole della pietra che ne chiudeva l'imboccatura,
dicevano: chi ci rotolerà la pietra? Grande è la pietra, cioè l'asprezza della vita di convento: il difficile
ingresso, le lunghe veglie, la frequenza dei digiuni, la parsimonia dei cibi, la rozzezza delle vesti, la
disciplina dura, la povertà volontaria, l'obbedienza pronta… Chi ci rotolerà questa pietra dall'entrata del
sepolcro? Un angelo sceso dal cielo, narra l'evangelista, ha fatto rotolare la pietra e vi si è seduto sopra.
Ecco: l'angelo è la grazia dello Spirito Santo, che irrobustisce la fragilità, ogni asperità ammorbidisce, ogni
amarezza rende dolce con il suo amore. »

(Antonio di Padova, Sermoni)


Rimase nell'abbazia di San Vincenzo per circa due anni. Poi, preferendo un maggior raccoglimento, ostacolato dalle
frequenti visite di amici e parenti, chiese ed ottenne il trasferimento presso il convento di Santa Croce a Coimbra, città
allora capitale del Portogallo e distante circa 230 km da Lisbona. Non vi è notizia che riporta un suo pur breve
passaggio o successivo ritorno nei luoghi nativi. Fernando giunse a Coimbra nel 1212, all'età di circa 17 anni. Il
convento era molto grande ed aveva una settantina di monaci. Qui probabilmente fu ordinato sacerdote ed essendo
versato nelle Sacre Scritture e nella predicazione, gli si prospettò una carriera all'interno dell'Ordine; ma due
avvenimenti contribuirono a scrivere una storia diversa.

I difficili inizi
Al re Alfonso I succedette, sul trono del Portogallo, il figlio Sancho I ed
alla morte di questi (1211) il nipote Alfonso II. Alfonso II è descritto come
un re devoto e rispettoso delle prerogative dei religiosi; i suoi successori,
tuttavia, si dimostrarono insofferenti nei confronti delle autonomie del
clero. Alfonso II nominò come priore dell'abbazia dei canonici di Santa
Croce in Lisbona una persona che fosse a lui legata e fidata, anche a
scapito della sua modesta vita ascetica e spirituale e della sua scarsa
attitudine a gestire il monastero. Costui dilapidò le ingenti risorse del
convento in breve tempo, con uno stile di vita molto mondano e poco
consono ad un convento. I frati si divisero in suoi sostenitori e contrari
mentre le sue gesta si diffusero ampiamente giungendo fino a Roma dove
il papa Onorio III promulgò nel 1220 una scomunica. Il priore forte
dell'appoggio reale e per la distanza dalla Santa Sede, se ne poté Sant'Antonio al momento dell'uscita
disinteressare completamente. Fernando rimase nel convento per circa in processione il 13 giugno, Chiesa
otto anni ed essendo questo dotato di una grande biblioteca, si impegnò Maria SS. Immacolata di
nello studio teologico in modo assiduo, gettando le solide basi della sua Catenanuova (EN).
vasta e notoria cultura.

Il primo incontro con il francescanesimo


Nel 1219 Francesco d'Assisi approntò una spedizione missionaria alla volta del Marocco, con l'intento di convertire i
musulmani dell'Africa. I membri della spedizione erano Berardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto, i primi tre
sacerdoti e gli altri due fratelli laici; essi forse transitarono anche a Coimbra e forse fecero una forte impressione su
Fernando.

Giunti in Africa, i cinque furono uccisi per decapitazione, poco dopo l'inizio della loro missione di evangelizzazione. I
loro corpi furono riportati a Coimbra pochi mesi dopo. Antonio riferì in seguito che il martirio di questi fratelli
francescani costituì per lui la spinta decisiva all'ingresso nell'ordine del santo d'Assisi, nel settembre 1220. Quindi la
missione e la totale disponibilità fino alla morte furono probabilmente le spinte interiori che lo portarono al
francescanesimo. Egli, volendo sottolineare maggiormente questo netto mutamento di vita, decise di cambiare il suo
nome di battesimo: da Fernando in Antonio, in onore del monaco orientale a cui era dedicato il romitorio di Olivais di
Coimbra dove vivevano i primi francescani portoghesi e che Fernando aveva da poco tempo conosciuto.

Non appena ebbe superato le opposizioni dei confratelli ed ottenuto comunque il permesso dal priore, si unì al
romitorio dei francescani e di lì a poco chiese a Giovanni Parenti, suo nuovo superiore, il permesso di partire come
missionario. Nell'autunno del 1220 s'imbarcò con un confratello, Filippino di Castiglia, alla volta del Marocco.
Tuttavia, giunto in Africa, contrasse una non meglio specificata malattia tropicale e dopo alcuni mesi perdurando il
male venne convinto da Filippino a tornare a Coimbra. I due frati si imbarcarono diretti verso la Spagna, ma la nave si
imbatté in una tempesta e fu spinta naufragando sulle coste della Sicilia orientale, nei pressi di capo Milazzo, ove è
presente in ricordo il Santuario di Sant'Antonio di Padova. Soccorsi dai pescatori, i due vennero portati nel vicino
convento francescano della città siciliana. Qui i due frati furono informati che a maggio, in occasione della Pentecoste,
Francesco d'Assisi aveva radunato tutti i suoi frati per il Capitolo Generale. L'invito a parteciparvi era esteso a tutti e
nella primavera del 1221 Antonio, con i frati di Messina, cominciò a risalire l'Italia a piedi.

L'incontro con Francesco di Assisi


Il viaggio durò parecchie settimane. Per Antonio il Capitolo Generale si
rivelò un'occasione fondamentale per incontrare direttamente Francesco
d'Assisi, poiché aveva conosciuto il suo insegnamento solo attraverso le
testimonianze indirette. Il capitolo, presieduto dal cardinale cistercense
Rainiero Capocci, ebbe luogo nella valle attorno alla Porziuncola dove si
raccolsero più di tremila frati; si costruirono delle capanne di stuoie e per
tale motivo fu ricordato come il Capitolo delle Stuoie. Il frate Giordano da
Giano descrisse l'avvenimento:

« Un Capitolo così, sia per la moltitudine dei religiosi come per


la solennità delle cerimonie, io non vidi mai più nel nostro
Ordine. E benché tanto fosse il numero dei frati, tuttavia con
tale abbondanza la popolazione vi provvedeva, che dopo sette
giorni i frati furono costretti a chiudere la porta e a non
accettare più niente; anzi restarono altri due giorni per
San Francesco d'Assisi e consumare le vivande già offerte e accettate. »
sant'Antonio di Padova in un affresco
di Simone Martini
Il Capitolo durò per tutta l'Ottava di Pentecoste dal 30 maggio all'8
giugno 1221 e si analizzarono molti problemi: lo stato dell'Ordine, la
richiesta di novanta missionari per la Germania, la discussione sulla nuova Regola.

Le richieste di modifica della Regola primitiva furono per Francesco un considerevole problema. Lassisti e Spiritualisti
rischiavano di spaccare l'Ordine in due tronconi. L'Ordine s'era troppo ingrandito e ai giovani accorsi con entusiasmo
mancava un'uguale adesione alla disciplina, mentre ai dotti risultavano strette le disposizioni sulla povertà assoluta.
Con la mediazione del cardinale Capocci si giunse ad un compromesso che cercava di salvaguardare ad un tempo
l'autorità morale di Francesco e l'integrità dell'Ordine. La nuova Regola verrà poi approvata da Papa Onorio III il 29
novembre 1223.

L'Assidua riporta che:

« Concluso il Capitolo nel modo consueto, quando i ministri provinciali ebbero inviato i fratelli loro affidati
alla propria destinazione, solo Antonio restò abbandonato nelle mani del ministro generale, non essendo
stato chiesto da nessun provinciale in quanto, essendo sconosciuto, pareva un novellino buono a nulla.
Finalmente, chiamato in disparte frate Graziano, che allora governava i frati della Romagna, Antonio prese
a supplicarlo che, chiedendolo al ministro generale, lo conducesse con sé in Romagna e là l'impartisse i
primi rudimenti della formazione spirituale. Nessun accenno fece ai suoi studi, nessun vanto per il ministero
ecclesiastico esercitato, ma nascondendo la sua cultura e intelligenza per amor di Cristo, dichiarava di non
voler conoscere, amare e abbracciare altri che Gesù crocifisso. »
Quando quasi tutti erano partiti per tornare ai loro luoghi di provenienza, Antonio fu notato da frate Graziano, che
apprezzando soprattutto l'umiltà e la profonda spiritualità di Antonio, decise di prenderlo con sé e lo assegnò
all'eremo di Montepaolo, non lontano da Forlì, dove già vivevano sei frati.

Qui arrivò nel giugno 1221 con gli altri confratelli e vi rimase un anno dedicandosi ad una vita semplice, a lavori umili,
alla preghiera e alla penitenza.

Nella seconda metà del 1222 la comunità francescana scese a valle per assistere alle ordinazioni sacerdotali nella
cattedrale di Forlì. L'Assidua racconta che

« venuta l'ora della conferenza spirituale il Vescovo ebbe bisogno di un buon predicatore che rivolgesse un
discorso di esortazione e di augurio ai nuovi sacerdoti. Tutti i presenti però si schermirono dicendo che non
era loro possibile né lecito improvvisare. Il superiore si spazientì e rivoltosi ad Antonio gli impose di mettere
da parte ogni timidezza o modestia e di annunciare ai convenuti quanto gli venisse suggerito dallo Spirito.
Questi dovette obbedire suo malgrado e "La sua lingua, mossa dallo Spirito Santo, prese a ragionare di
molti argomenti con ponderatezza, in maniera chiara e concisa »

Della predica di Antonio giunse notizia ai superiori ad Assisi, che lo richiamarono alla predicazione. Antonio cominciò
a viaggiare ed a predicare, ormai conosciuto col nome di Antonio da Forlì, città che peraltro si è sempre distinta per la
venerazione verso Antonio[4].

Ortodossia e teologia: il martello degli eretici


Scendendo da Montepaolo, cominciò il suo nuovo incarico predicando nei villaggi e nelle città della Romagna allora
funestata da continue guerriglie civili, che sembrano endemiche in tale regione. Diffusi erano gli scontri tra clan
familiari e le vendette reciproche, e se non bastasse l'eresia catara trovava ampio seguito. Antonio senza sosta vagava
esortando alla pace e alla mitezza. Trattava con particolare rigore quelli che chiamava "cani muti": i potenti e i notabili
che avrebbero avuto l'incarico di guidare e proteggere le popolazioni, ma di cui si disinteressavano per inseguire il
proprio tornaconto economico. Nei Sermoni scriverà:

« La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell'odio degli ascoltatori, velano la bocca con
il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente
impone, essi incorrerebbero nell'odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro
ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non
si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo »

Insieme alle istanze morali Antonio si dedicò alla predicazione contro i cristiani eterodossi, gli eretici. A quel tempo i
movimenti considerati ereticali più importanti erano i Catari (significa i puri), detti anche Albigesi, dal nome dalla
città di Albi nella Francia meridionale, e i patarini diffusi in Lombardia.

Tutti i movimenti si caratterizzavano per un profondo desiderio di rinnovamento spirituale, per una visione del Cristo
come creatura più divina che umana, per un'aperta ostilità nei confronti di tutto ciò che era materiale e terreno. In tal
senso l'ostilità verso la Chiesa, che esse identificavano prevalentemente nel potere temporale del papa, era
estremamente netta. Il Francescanesimo stesso si iscrisse in questa corrente di rinnovamento, collocandosi però fin
dall'inizio dentro la Chiesa con l'intento di modificarla dall'interno.
Contro le eresie anticattoliche Antonio, dotato di vasta cultura teologica, si sentì naturalmente portato. Ebbe modo
così di evidenziare come la riflessione teologica e antieretica era impossibile senza solide basi dottrinali. Per questo
insistette per ottenere, tra l'altro, la fondazione nel 1223 del primo studentato teologico francescano a Bologna, presso
il convento di Santa Maria della Pugliola. Francesco stesso, che pure aveva sperato che la preghiera e la dedizione
potessero bastare, si trovò ad approvare l'iniziativa di Antonio:

« A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute. Mi piace che tu insegni teologia ai nostri
fratelli, a condizione però che, a causa di tale studio, non si spenga in esso lo spirito di santa orazione e
devozione, com'è prescritto nella regola. »

L'operato di Antonio contribuì, in questo senso, a cambiare il volto del Francescanesimo che in quegli anni si costruiva
una regola e un'identità.
Ricevette l'incarico di predicare nell'autunno del 1222 e il territorio affidatogli comprendeva, oltre alla Romagna,
l'Emilia, la Marca Trevigiana, la Lombardia e la Liguria. Il territorio assegnatogli era molto vasto ma egli non si
scoraggiò. Fonti tardive inseriscono qui la leggenda della predicazione ai pesci. Antonio si trovava probabilmente a
Rimini dove era una forte comunità catara. Al disprezzo ricevuto per la sua predicazione egli si rivolse ai pesci che
miracolosamente si affollarono verso di lui come per ascoltarlo. Alla fine del 1223 o all'inizio del 1224 Antonio si recò a
Bologna già all'epoca città universitaria inferiore solo a Parigi. Qui San Francesco lo incaricò dello studio della
teologia. Verso la fine del 1224 quando papa Onorio III chiese a Francesco di Assisi di inviare qualcuno dei suoi come
missionario nella Francia meridionale per convertire i catari e gli albigesi, questi inviò Antonio. Questa sua intensa
attività di predicatore antieretico, gli valse il famoso appellativo di "martello degli eretici (malleus hereticorum)".

La predicazione francese contro gli eretici


In terra francese, Antonio giunse nel tardo autunno del 1224 e vi rimase
un paio d'anni, fino alla morte di Francesco d'Assisi. La Provenza, la
Linguadoca, la Guascogna sono le regioni dove maggiormente predicò.
Non è conosciuto l'esatto itinerario seguito da Antonio in Francia.
Sembra che inizialmente si recasse a Montpellier, città universitaria
baluardo dell'ortodossia cattolica, dove la leggenda narra che Antonio
ebbe il fenomeno della bilocazione poiché predicò contemporaneamente
in due siti distanti della città. Successivamente andò ad Arles dove
partecipò al capitolo provinciale della Provenza; qui narra la leggenda che
mentre Antonio predicava ci fu l'apparizione di Francesco d'Assisi
benedicente la folla; tale evento particolare creò un alone di
soprannaturalità su Antonio. Poco tempo dopo a Tolosa affrontò
direttamente gli albigesi con la profonda dialettica basata su argomenti
chiari e semplici; alcune fonti riportano che fu in questa città francese che
si verificò il miracolo del mulo che, nonostante il digiuno, trascurò la
biada per inginocchiarsi di fronte al Santissimo Sacramento. In realtà il
Tempietto del Bramante, edificato a miracolo eucaristico della mula si verificò a Rimini nel 1223[5].
Rimini tra il 1575-1578, dedicato alla
memoria del Miracolo eucaristico Riguardo alla sua oratoria e al suo approccio umano, un cronista
della mula che la tradizione vuole lì dell'epoca, il francese Giovanni Rigauldt, dice che
avvenuto per opera di Sant'Antonio
« gli uomini di lettere ammiravano in lui l'acutezza dell'ingegno
e la bella eloquenza (…) Calibrava il suo dire a seconda delle
persone, così che l'errante abbandonava la strada sbagliata, il
peccatore si sentiva pentito e mutato, il buono era stimolato a
migliorare, nessuno, insomma, si allontanava malcontento. »

Nel novembre del 1225 Antonio partecipò al Sinodo di Bourges,


convocato dal primate d'Aquitania per valutare la situazione della Chiesa
francese e per pacificare le regioni meridionali. All'arcivescovo Simone de
Sully, che si lamentava degli eretici, Antonio, invitato quel giorno a
predicare, disse: «Adesso ho da dire una parola a te, che siedi mitrato in
questa cattedrale... L'esempio della vita dev'essere l'arma di
persuasione; getta la rete con successo solo chi vive secondo ciò che
insegna...».

Interno del Tempietto

Lo stesso arcivescovo, riportano le cronache, chiese ad


Antonio che lo confessasse per trovare la forza di
mettere in pratica ciò che gli aveva ricordato. Il
Provinciale della Provenza, Giovanni Bonelli da
Firenze, lo nominò prima Guardiano del convento di
Le Puy-en-Velay e poi Custode, cioè superiore, di un
gruppo di conventi attorno a Limoges. Qui, vicino a Domenico Beccafumi, Sant'Antonio e il miracolo della
mula, 1537, Museo del Louvre
Brive-la-Gaillarde, Antonio trovò una grotta che gli
ricordava gli anni passati nel romitorio di Montepaolo,
e lì «amava ritirarsi, da solo, in una grande austerità di
vita, applicandosi alla contemplazione e alla preghiera.»
L'esperienza francese si concluse nell'arco di un biennio:
il 3 ottobre 1226, in una cella della Porziuncola morì a 44
anni Francesco d'Assisi. Frate Elia, vicario generale
dell'Ordine, fissò per la Pentecoste dell'anno seguente il
Capitolo Generale per la nomina del successore,
estendendo l'invito anche ad Antonio, superiore dei
conventi di Limoges.

L'arrivo a Padova
Le fonti sono incerte sul periodo del viaggio di ritorno di Colonnina venerata all'interno del Tempietto riminese
su cui, secondo la leggenda, Sant'Antonio avrebbe
Antonio in Italia dalla Francia; un'antica tradizione
compiuto il Miracolo eucaristico della mula.
riporta che imbarcatosi per mare naufragò nuovamente in
Sicilia, dove sono conservate numerose reliquie a lui
attribuite. Raggiunse comunque Assisi il 30 maggio 1227, festa di Pentecoste e giorno d'apertura del Capitolo
Generale, nel quale si doveva eleggere il successore di Francesco. Molti prevedevano l'elezione di frate Elia, vicario
generale di Francesco e suo compagno di missione in Oriente. Le cronache riportano che frate Elia fosse geniale
organizzatore ma di temperamento piuttosto focoso. I superiori dell'Ordine gli preferirono il più prudente frate
Giovanni Parenti, ex magistrato, nativo di Civita Castellana e Provinciale della Spagna.

Questi, che aveva accolto Antonio nell'Ordine francescano alcuni anni prima, lo nominò ministro provinciale per
l'Italia settentrionale; in pratica, la seconda carica per importanza dopo la sua. Antonio aveva 32 anni. I successivi
quattro, gli ultimi della sua vita, saranno i più importanti per la sua eredità spirituale. Nonostante l'incarico
comportasse per Antonio la visita degli ormai numerosi conventi dell'Italia settentrionale; Milano, Venezia, Vicenza,
Verona, Ferrara (dove avvenne il miracolo dell'infante che proclama l'innocenza della madre); ma anche Trento,
Brescia, Cremona e Varese. Fra tutte queste città Antonio scelse però il convento di Padova come sua residenza fissa
quando non era in viaggio.

La città aveva circa quindicimila abitanti ed era un grande centro di commerci e industrie. Qui Antonio decise di
portare a termine la sua più importante opera scritta "I Sermoni", un'opera dottrinaria di profonda teologia, che lo
farà proclamare Dottore della Chiesa. La predicazione però non gli lasciò il tempo di finire quest'opera. Una folla
notevole lo seguiva nelle sue prediche tanto che si riempivano le chiese e le piazze, e tanto che a Padova Antonio era
divenuto estremamente famoso e ricercato. Tra predicazioni instancabili e lunghe ore dedicate al confessionale spesso
Antonio compiva lunghi digiuni.

Lo stile di vita
Le cronache e le agiografie riferite a quegli anni riportano
come Antonio sapesse far convivere grande rigore e
dolcezza d'animo. Riporta la Benignitas: «Resse con lode
per più anni il servizio dei frati, e sebbene per eloquenza
e dottrina si può dire superasse ogni uomo d'Italia,
tuttavia nell'ufficio di prelato si mostrava cortese in
modo mirabile e governava i suoi frati con clemenza e
benignità.» Giovanni Rigauld, suo biografo francese, dirà
che nonostante la carica di Guardiano: «non sembrava
affatto superiore, ma compagno dei frati; voleva essere
considerato uno di loro, anzi inferiore a tutti. Quando
era in viaggio, lasciava la precedenza al suo compagno…
La statua di Sant'Antonio da Padova venerata nella
E pensando che Cristo lavò i piedi ai suoi discepoli,
Chiesa della Santissima Pietà a Teggiano.
lavava anche lui i piedi ai frati e si adoperava a tenere
puliti gli utensili della cucina,,.»

Antonio stesso nei sermoni scrisse:

« La vita del prelato deve splendere d'intima purezza, dev'essere pacifica con i sudditi, che il superiore ha
da riconciliare con Dio e tra loro; modesta, cioè di costumi irreprensibili; colma di bontà verso i bisognosi.
Invero, i beni di cui egli dispone, fatta eccezione del necessario, appartengono ai poveri, e se non li dona
generosamente è un rapinatore, e come rapinatore sarà giudicato. Deve governare senza doppiezza, cioè
senza parzialità, e caricare sé stesso della penitenza che toccherebbe agli altri… Inargèntino i prelati le loro
parole con l'umiltà di Cristo, comandando con benignità e affabilità, con previdenza e comprensione. Ché
non nel vento gagliardo, non nel sussulto del terremoto, non nell'incendio è il Signore, ma nel sussurro di
una brezza soave ivi è il Signore. »
In un'altra predicazione scrisse: «Assai più vi piaccia
essere amati che temuti. L'amore rende dolci le cose
aspre e leggere le cose pesanti; il timore, invece, rende
insopportabili anche le cose più lievi.»

A differenza di quanto accadeva in altri contesti religiosi,


la Regola francescana imponeva ai Ministri Provinciali di
visitare i conventi e i religiosi affidati alle loro cure:

« I frati, che sono ministri e servi degli altri frati,


vìsitino e ammonìscano i loro fratelli e li La statua di Sant'Antonio da Padova venerata a
corrèggano con umiltà e carità (...) Benché sia Palmi.
permesso di provvedersi un buon corredo di
cultura, pur si ricordi più di ogni altro di essere
semplice nei costumi e nel contegno, favorendo
così la virtù. Abbia in orrore il denaro, rovina
principale della nostra professione e
perfezione; sapendo di essere capo di un
Ordine povero e di dover dare il buon esempio
agli altri, non si permetta alcun abuso in fatto di
denaro. Non sia appassionato raccoglitore di
libri e non sia troppo intento allo studio e
all'insegnamento, per non sottrarre all'ufficio ciò
che dedica allo studio. Sia un uomo capace di
consolare gli afflitti, perché è l'ultimo rifugio dei
tribolati, onde evitare che, venendo a mancare i
rimedi per guarire, gli infermi non cadano nella
disperazione. Per piegare i protervi alla
mansuetudine non si vergogni di umiliare e
abbassare sé stesso rinunciando in parte al
suo diritto per guadagnare l'anima. »

La provincia di Padova allora ricopriva un ampio territorio. Accompagnato dal giovane padovano Luca Belludi,
cominciò dall'estremità orientale, da Trieste; di lì sconfinò in Istria e Dalmazia. Nuovi conventi vennero fondati a
Pola, Muggia e Parenzo; rientrato in Friuli, passò per Udine, Cividale, Gorizia, Gemona. Da lì a Conegliano, Treviso,
Venezia per poi tornare a Padova, prima di proseguire per i conventi dell'Emilia, della Lombardia e della Liguria.

Il rientro a Padova
Nella quaresima del 1228 Antonio rientrò a Padova dove coltivò legami e relazioni anche con gli esponenti di altri
ordini. Divenne amico del superiore dei benedettini, l'abate Giordano Forzatè, e del conte Tiso VI da Camposampiero,
facoltoso e generoso verso i francescani. Nel giardino dei conti Papafava e dei Carraresi la tradizione colloca la pietra
sulla quale Antonio saliva per predicare. Tra le persone conosciute e più fidate Antonio fondò una sorta di
confraternita, così com'era in uso nel Medioevo. Dal nome della chiesa di Santa Maria della Colomba, dov'erano soliti
ritrovarsi, presero il nome di "Colombini". Avevano per divisa un saio grigio e si dedicavano ad opere caritative.
Antonio soggiornò a Padova per pochi mesi, ma decise, una volta scaduto il mandato di Ministro Provinciale nel 1230,
di tornarvi definitivamente.

Nei Sermoni tracciò il profilo del superiore che deve «eccellere per purezza di vita», avere «larga cognizione delle
Sacre Scritture», possedere doti di eloquenza, disciplina e fermezza.

Antonio e Gregorio IX: Antonio "arca del


Testamento"
Durante il suo mandato di Superiore dell'Italia
settentrionale, Antonio lasciò la Provincia soltanto in due
occasioni, nel 1228 e nel 1230: entrambe le volte – per
diversi mesi – le mete furono Roma e Assisi.

A marzo 1228 il Ministro Generale, fra Giovanni Parenti,


lo mandò a chiamare «per un'urgente necessità della sua
famiglia religiosa»: si era nuovamente infiammata la
disputa tra l'ala conservatrice e quella riformatrice
dell'Ordine ed era necessario trovare un accordo che
salvaguardasse tanto l'unità dell'ordine quanto l'integrità
del messaggio di Francesco. Antonio fu scelto anche in
virtù del suo passato: s'era battuto per aprire ai frati la via La Basilica di Sant'Antonio di Padova.
dello studio, ma aveva saputo mantenere viva la povertà
francescana. Dava ampie garanzie d'imparzialità ad
entrambi gli schieramenti contrapposti di un ordine che si era ingigantito in pochissimi anni e non poteva più trovare
conforto nella guida di Francesco.

Vanno inoltre ricordate le difficoltà logistiche legate al governo di decine di migliaia di frati disseminati per tutta
l'Europa in un tempo dove la maggior parte dei viaggi veniva intrapresa a piedi, su strade insicure e dove i mezzi di
comunicazione erano pressoché inesistenti.

La vertenza gravava attorno a punti diversi: c'era chi spingeva ad un maggior impegno negli studi, privilegiando il
frate sacerdote a discapito del frate laico; altri volevano mitigare la rigida povertà di Francesco con una
regolamentazione più consona ad una comunità che da "girovaga" stava trasformandosi in "residenziale". La
questione aveva ormai raggiunto posizioni radicali e apertamente polemiche trasformandosi in uno sgradevole: o con
Francesco o contro Francesco.

L'Ordine decise che la disputa aveva travalicato la sua stessa autorità e che era giunto il momento di sottoporre la
questione al Papa. Antonio venne incaricato in tutta fretta di prepararsi per andare a Roma e sottoporre al papa
Gregorio IX i termini della questione.

Il primo viaggio a Roma

Le cronache non riportano i particolari di come Antonio portò a termine questo suo incarico, tuttavia pare che al papa
Gregorio IX il giovane frate piacque molto e anziché congedarlo, lo trattenne con sé perché predicasse a lui e ai
cardinali le meditazioni quaresimali. Quelle prediche furono un tale successo che l'ottuagenario Pontefice, rompendo
ogni protocollo, lo chiamò «arca del Testamento», «peritissimo esegeta», «esimio teologo». Quattro anni più tardi,
canonizzandolo, ricorderà quei giorni di quaresima: «personalmente sperimentammo la santità e l'ammirevole vita
di lui, quando ebbe a dimorare con grande lode presso di noi.» L'impressione fu molto forte anche tra i cardinali e i
prelati della curia, i quali – scrive ancora l'Assidua – «l'ascoltarono con devozione ardentissima» e qualcuno di loro
lo invitò a predicare al popolo.

Erano i giorni della Settimana santa e a Roma confluivano pellegrini da


ogni parte. Antonio, sebbene conoscesse alcune di quelle lingue, iniziò a
predicare nella volgata del popolo di Roma[6]. Da lì a pochi mesi Antonio
ebbe modo di incontrarsi nuovamente con il Pontefice, che giunse in
Assisi per canonizzare Francesco, dichiararlo santo e benedire la prima
pietra della Basilica dove avrebbe riposato il suo corpo.

Il secondo viaggio a Roma

La basilica di cui Gregorio IX


aveva benedetto la prima
pietra venne completata in
due anni. L'ordine scelse la
Pentecoste per fissare il
Capitolo Generale e per
Cappella di Sant'Antonio di Padova traslare il corpo di Francesco
nel Santuario della Verna nel luogo
dalla chiesa di San Giorgio
dove il Santo dimorò per qualche
alla cripta del nuovo edificio.
mese nel 1230
La basilica venne inaugurata
il 25 giugno 1230. Ancora
una volta i frati erano accorsi a migliaia da ogni parte d'Europa, e con loro
sfilarono in processione autorità di ogni grado, prelati, vescovi e i tre
Cardinali Legati inviati per l'occasione da papa Gregorio IX. La folla fu
tale che travolse il servizio d'ordine e si temette per le spoglie di
Francesco. Frate Elia, si vide costretto a sbarrare le porte e «mettere in
salvo» il corpo sotto lastre di marmo. Lì rimase, nonostante le critiche di Visione di Sant'Antonio da Padova di
cui Elia fu fatto oggetto per la decisione, sino al 1818 quando papa Pio VII Gaetano Lapis
ne autorizzò la rimozione.

La folla non gradì affatto la piega che gli avvenimenti avevano preso e la situazione degenerò tristemente in una rissa
collettiva, con grande scandalo e maggiori proteste, che misero in imbarazzo l'Ordine Francescano giungendo sino alle
orecchie del Papa.

Se nel periodo di costruzione della Basilica la disputa interna all'Ordine si era sopita, con l'apertura del nuovo Capitolo
essa però si riacutizzò. Il testamento di Francesco infatti ribadiva la necessità della povertà assoluta e una parte dei
Francescani voleva inserirlo come parte integrante della Regola dell'Ordine. Nell'impossibilità di dirimere la questione
si decise di nominare una commissione di sette frati per riportare a papa Gregorio IX la questione. Antonio, chiamato
a farne parte dovette partire nuovamente per Roma. Gregorio IX prese la sua decisione da lì a pochi mesi,
promulgando il 28 settembre la bolla Quo elongati.

Tornato ad Assisi, Antonio accusò diversi disturbi: chiese ed ottenne d'essere sollevato dall'incarico di ministro
provinciale. Si ritirò a Padova, dove gli succedette come superiore provinciale il pisano fra Alberto.
Ritorno alle origini: la predicazione
Terminò la stesura del secondo volume dei Sermoni che gli era stato commissionato dal cardinale Rinaldo Conti che
diverrà Alessandro IV. Privilegiò poi la predicazione e il confessionale; in questo senso la quaresima del 1231 fu il suo
testamento spirituale.

Antonio predicò in favore dei poveri e delle vittime dell'usura:

« Razza maledetta, sono cresciuti forti e innumerevoli sulla terra, e hanno denti di leone. L'usuraio non
rispetta né il Signore, né gli uomini; ha i denti sempre in moto, intento a rapinare, maciullare e inghiottire i
beni dei poveri, degli orfani e delle vedove… E guarda che mani osano fare elemosina, mani grondanti del
sangue dei poveri. Vi sono usurai che esercitano la loro professione di nascosto; altri apertamente, ma non
in grande stile, onde sembrare misericordiosi; altri, infine, perfidi, disperati, lo sono apertissimamente e
fanno il loro mestiere alla luce del sole. »

Il linguaggio della sua predicazione, che in buona parte ci è stata tramandata, era semplice e diretto: «La natura ci
genera poveri, nudi si viene al mondo, nudi si muore. È stata la malizia che ha creato i ricchi, e chi brama diventare
ricco inciampa nella trappola tesa dal demonio.»

Il testamento di Antonio: la quaresima del 1231


Durante la Quaresima dal 6 febbraio al 23 marzo 1231, la sua
predicazione fu una novità per quei tempi; secondo l'Assidua gli venne
assegnato un gruppo di guardie del corpo, che formassero un cordone di
sicurezza tra lui e la folla.

Il 15 marzo 1231 fu modificata la legge sui debiti: «su istanza del


venerabile fratello il beato Antonio, confessore dell'ordine dei frati
minori» il podestà di Padova Stefano Badoer stabilì che il debitore
insolvente senza colpa, una volta ceduti in contropartita i propri beni, non
venisse più imprigionato né esiliato.

La morte
La Quaresima e la predicazione avevano fiaccato Antonio, che in diverse
occasioni aveva dovuto farsi portare a braccia sul pulpito. Afflitto
dall'idropisia e dall'asma forse sintomi di cardiopatia, trovava a volte Statua di Sant'Antonio di Padova
venerato in Montefalcione (Avellino).
difficile anche il solo camminare. Acconsentì a ritirarsi per una
convalescenza nel convento di Santa Maria Mater Domini. Questo suo
breve riposo, tuttavia, si interruppe bruscamente. Spadroneggiava in quel tempo, tra Verona e Vicenza, Ezzelino III da
Romano, emissario dell'imperatore Federico II contro i liberi Comuni. Riuscito a farsi eleggere Podestà di Verona,
città guidata dai conti di Sambonifacio, aveva intrecciato con loro un doppio matrimonio: lui con Zilia, sorella del
conte Rizzardo, e questi con sua sorella Cunizza. Una volta ottenuto il potere, passò sopra i legami di parentela e
ruppe l'alleanza coi Sambonifacio, mandando in carcere il cognato. Alcuni cavalieri del conte Rizzardo ripararono a
Padova e da lì cercarono di organizzarne la liberazione. Verso la fine di maggio Antonio partì alla volta di Verona per
chiedere a Ezzelino di concedere la grazia al conte Rizzardo, ma non riuscì a ottenere nulla. Ezzelino fu veramente
irremovibile, e anzi risparmiò ad Antonio la stessa sorte del conte Rizzardo soltanto per rispetto dell'abito che portava.
Nel giugno 1231, pochi giorni prima della sua morte, Antonio soggiornò a Camposampiero, invitato dal conte Tiso per
un periodo di meditazione e riposo nel piccolo romitorio nei pressi del castello. La tradizione narra che qui si ebbe la
famosa predica del Noce e sempre qui si ebbe la visione di Antonio con in braccio il Bambino Gesù, nella celletta dove
si ritirava per la preghiera e il riposo. Venerdì 13 giugno 1231[7] si sentì mancare e, avendo compreso che non gli
restava molto da vivere, chiese di essere riportato a Padova dove desiderava morire. Fu trasportato verso Padova su un
carro agricolo trainato da buoi (i venti chilometri della strada romana oggi sono chiamati "via del Santo"). In vista
delle mura la comitiva incontrò frate Vinotto che, viste le sue gravi condizioni, consigliò di fermarsi all'Arcella,
nell'ospizio accanto al monastero delle Clarisse dove sarebbe stato al sicuro dalle "sante intemperanze" della folla
quando si fosse sparsa la notizia della morte. I confratelli temevano che la folla si precipitasse sul carro per toccare il
corpo del Santo.

Al convento di Arcella i confratelli adagiarono Antonio per terra. Ricevuta l'unzione degli infermi, ascoltò i confratelli
cantare l'inno mariano da lui prediletto,"O gloriosa Domina"; quindi, pronunciate, secondo quanto riferito
dall'Assidua, le parole Video Dominum meum (Vedo il mio Signore), morì. Aveva 36 anni.

La disputa per la sepoltura


La notizia della morte di Antonio si diffuse rapidamente e quel che temeva padre Vinotto s'avverò. Le reliquie di un
Santo erano viste come portatrici, oltre che di vantaggi spirituali e miracoli, di prosperità sicura in tempi di
pellegrinaggi e di fede diffusa. Gli abitanti di Capodiponte, nella cui giurisdizione si trovava Arcella, arrivarono per
primi: «Qui è morto e qui resta»; spalleggiati dalle clarisse: «Non lo abbiamo potuto vedere da vivo, che ci resti
almeno da morto». L'indomani giunsero all'Arcella i frati di Santa Maria Mater Domini per traslare la salma, ma
furono affrontati, armi in pugno, dagli uomini più giovani di Capodiponte. Ogni forma di dialogo pacato risultò
inutile, sicché i frati rientrarono a Padova dove si rivolsero al Vescovo. Questi, saputo che Antonio aveva espresso
precisa volontà di morire in città, nel suo convento, diede loro ragione e incaricò il Podestà di sedare gli animi, anche
con la forza, se necessario. L'uso della forza non si rese necessario e il 17 giugno, all'Arcella, si svolse la cerimonia
funebre. La sera dello stesso giorno, la salma del Santo fu trasportata al convento di Santa Maria Mater Domini a
Padova.

Il culto

La canonizzazione
La Chiesa, nella persona del papa Gregorio IX, in considerazione della
mole di miracoli attribuitagli, lo canonizzò dopo solo un anno dalla
morte. Pio XII, che nel 1946 ha innalzato sant'Antonio tra i Dottori della
Chiesa cattolica, gli ha conferito il titolo di Doctor Evangelicus, in quanto
Arca del Santo
nei suoi scritti e nelle prediche che ci sono giunte era solito sostenere le
sue affermazioni con citazioni del Vangelo.

Gli fu dedicata la grande Basilica di Padova; sia la basilica che Sant'Antonio vengono comunemente chiamati in città
"il Santo". La sua data di nascita ci è stata tramandata dalla tradizione, e la sua festa cade il 13 giugno, giorno della sua
morte; a Padova, in occasione della ricorrenza, si svolge un'imponente celebrazione con una grande e sentita
processione.
Fin dal giorno dei funerali la tomba di Antonio divenne meta di pellegrinaggi che durarono per giorni. Devoti di ogni
condizione sociale sfilavano davanti alla sua tomba toccando il sarcofago
e chiedendo miracoli, grazie e guarigioni. A causa della folla le autorità
decisero di disciplinare il flusso e tutta Padova — si legge nell'Assidua —
«nei giorni prefissati veniva in processione a piedi nudi», anche di notte.

In quel periodo furono attribuiti alla sua intercessione molti miracoli e,


«a furor di popolo», il vescovo e il podestà li sottoposero al giudizio del
Papa.

Papa Gregorio IX, che conosceva Antonio, avendo assistito alle sue
prediche, accolse gli ambasciatori padovani e nominò una commissione
di periti, presieduta dal vescovo di Padova, per raccogliere le
testimonianze e le prove documentarie utili al processo di canonizzazione.

Secondo l'Assidua la commissione fu sommersa a Padova «da una gran


folla, accorsa per deporre con le prove della verità, di essere stata liberata
da svariate sciagure grazie ai meriti gloriosi del beato Antonio». Il
Vescovo ascoltò «le deposizioni confermate con giuramento», mise per
iscritto i «miracoli» approvati e promosse le indagini necessarie.
Completato l'esame diocesano, inviò al Papa una seconda delegazione. A
Roma l'istruttoria fu assegnata al cardinale Giovanni d'Abbeville, che in
Sant'Antonio col Bambin Gesù in pochi mesi esaurì il compito assegnatogli.
un'immaginetta devozionale
Fu Gregorio IX stesso che pose fine al processo quando tagliò ogni
ritrosia rimasta fissando al 30 maggio, festa di Pentecoste, la cerimonia
ufficiale di canonizzazione e che inviò per questo una Bolla ai fedeli e al podestà di Padova. Nel Duomo di Spoleto,
Gregorio IX ascoltò la lettura dei cinquantatré miracoli approvati e, dopo il canto del Te Deum, proclamò
solennemente e ufficialmente santo frate Antonio, fissandone la festa liturgica nel giorno anniversario della sua
nascita in cielo, il 13 giugno. I fedeli poterono festeggiare Antonio come santo esattamente un anno dopo la sua morte.
Completato dopo soli 352 giorni, il suo processo di canonizzazione è da sempre considerato il più veloce della storia
della Chiesa Cattolica (più veloce di soli due giorni rispetto a quello di Pietro da Verona, avvenuto dopo soli 354 giorni
dalla morte).

Per l'afflusso di pellegrini che affluiva a Padova sulla tomba, si iniziò la costruzione di una chiesa più capiente che fu
terminata nel 1240. Nel 1263 il Ministro Generale dei francescani, Bonaventura da Bagnoregio, fece traslare la salma
di Antonio di Padova nella nuova basilica. Si narra che, durante l'ispezione prima del trasporto dei resti mortali,
sarebbe stata rinvenuta la lingua intatta e rosea come fosse viva. Ogni anno, ancora oggi, i frati Antoniani di Padova
ricordano quel ritrovamento.

Ancora oggi sono milioni le persone che annualmente visitano la sua tomba nella Basilica di Padova, e la maggior
parte di queste persone porta nell'animo una profonda venerazione per questo grande frate francescano.

La denominazione
Sebbene "il Santo" venga comunemente chiamato "Sant'Antonio da Padova", questa denominazione non indica la sua
originaria provenienza poiché egli era nato e cresciuto nel Portogallo. Il suo nome viene affiancato alla città di Padova
perché qui ha avuto luogo la sua attività più significativa. Tra l'altro è usanza che i frati prendano il nome di
provenienza dal convento a cui appartengono, quindi in questo senso è corretto riferirsi a Sant'Antonio di Padova (nel
senso di appartenenza) ma non da Padova. Soltanto in Portogallo egli è chiamato comunemente Santo António de
Lisboa, ovvero "Sant'Antonio da Lisbona", sua città natale.

Reliquie
La reliquia più importante è evidentemente custodita nella Cappella dell'Arca in Basilica del Santo: all'interno
dell'altare si trova la quasi totalità dei resti mortali di sant'Antonio. Qui infatti sostano quotidianamente in preghiera
numerosi pellegrini e devoti, posando la mano o il capo sulla lastra di marmo verde, nell'ormai classico "gesto del
pellegrino".

Alcune reliquie, data la straordinarietà della loro conservazione, sono state isolate ed oggi sono esposte alla
venerazione dei fedeli nella Cappella delle Reliquie. Si tratta, in particolare:

della lingua, ritrovata incorrotta da san Bonaventura nella prima ricognizione del 1263;
e delle corde vocali, individuate ancora incorrotte nella cassa del 1263, nella ricognizione del 1982 dai medici
dell'Università di Padova.
Questi resti, particolarmente e inspiegabilmente ben conservati, sono custoditi in preziosi reliquiari.

Accanto ad essi, nella Cappella si possono trovare anche il mento e il dito indice destro (il dito del predicatore) del
Santo. Queste ultime reliquie ossee vengono portate in processione ogni anno nell'ambito della festa del 13 giugno. Il
reliquiario, a forma di busto, contenente il mento fu oggetto di un clamoroso furto il 10 ottobre 1991; venne ritrovato a
Fiumicino poco più di due mesi dopo[8].

Negli antichi armadi della cappella sono esposte altre reliquie e oggetti cultuali di pregio donati al Santo e alla Basilica
nel corso dei secoli.

Una reliquia di Sant'Antonio di Padova si trova anche a Zugliano (VI), dove si può visitare la chiesa di San Zenone,
santuario antoniano. Subito dopo l'entrata a destra si trova l'Arca del Santo, all'altare che custodisce, per singolare
privilegio, alcuni frammenti dell'osso radio, preziosissime reliquie date in dono alla parrocchia nel lontano 1656.

Una insigne Reliquia del Santo è custodita, dal febbraio 1995, presso la Basilica-Santuario di Afragola (NA), il secondo
luogo di culto (per importanza) in Italia dedicato al Santo. Donando la Reliquia della massa muscolare toracica (di
circa 6 cm) i Frati Conventuali di Padova hanno confermato al luogo il titolo puramente onorifico di "Padova del Sud".

Molto significativo è il "pellegrinaggio delle Reliquie" del Santo, che i Frati della Basilica di Padova si impegnano a
svolgere in Italia e in molti paesi del mondo, per consentire ai numerosissimi devoti e figli spirituali di sant'Antonio di
poterlo incontrare con maggiore intensità anche nell'impossibilità di recarsi a Padova per venerare il suo corpo e la
lingua incorrotta. In queste "missioni antoniane" generalmente un frate della Basilica accompagna una consistente
reliquia, tratta dalla cosiddetta massa corporis e custodita in un artistico busto-reliquiario di legno dorato, che
rappresenta il Santo portoghese.

Una piccola reliquia del Santo è custodita anche nel Santuario di Sant' Antonio di Roccalumera, in provincia di
Messina.

Sant'Antonio di Padova patrono


Sant'Antonio di Padova è festeggiato dalla Chiesa Cattolica il 13 giugno; è patrono del Portogallo, del Brasile e della
Custodia di Terra Santa.
È inoltre patrono di numerose città:

Albania

Laç

Argentina

Chaco: Santa Sylvina

Brasile

Minas Gerais: Ewbank da Câmara


San Paolo: Caraguatatuba
Santa Catarina: Sombrio

Italia

Abruzzo: Acciano (AQ) (compatrono), Borrello (CH), Capistrello


(AQ), Fara San Martino (CH), Giuliano Teatino (CH), Montesilvano
(PE), Scurcola Marsicana (AQ), Tagliacozzo (AQ);
Basilicata: Balvano (PZ), Castelsaraceno (PZ), Fardella (PZ),
Gorgoglione (MT), Oppido Lucano (PZ), Palazzo San Gervasio (PZ),
Rotonda (PZ), Rotondella (MT), Sarconi (PZ), Stigliano (MT);
Calabria: Amantea (CS), Castiglione Cosentino (CS), Cleto (CS),
Fabrizia (VV), Grisolia (CS), Montegiordano (CS), Petrizzi (CZ),
Scala Coeli (CS);
Campania: Afragola (NA), Anacapri (NA), Andretta (AV), Bisaccia
(AV), Caggiano (SA), Casola di Napoli (NA), Castello del Matese
(CE), Cerreto Sannita (BN), Conca dei Marini (SA), Fragneto l'Abate
(BN), Giano Vetusto (CE), Mignano Monte Lungo (CE),
Montecorvino Pugliano (SA), Montefalcione (AV), Pago del Vallo di
Lauro (AV), Paupisi (BN), Poggiomarino (NA), Pontelandolfo (BN),
Tramonti (SA), Reino (BN), Roccamonfina (CE), Teano (CE),
Torrecuso (BN);
Emilia-Romagna: Migliaro (FE), Ravarino (MO), Vigarano Mainarda
(FE), Voghiera (FE), Voltana (RA);
Processione di Sant'Antonio da
Friuli-Venezia Giulia: Gemona del Friuli (UD), Palazzolo dello Stella
(UD); Padova patrono di Ceglie Messapica
Lazio: Anzio (RM), Collegiove (RI), Villa Latina (FR); (BR)
Liguria: Olivetta San Michele (IM), Roccavignale (SV);
Lombardia: Brembilla (BG), Peia (BG), Porto Mantovano (MN),
Schilpario (BG), Loveno Grumello (BS).
Marche: Carpegna (PU), Santa Maria Nuova (AN);
Molise: Conca Casale (IS), Ferrazzano (CB), Miranda (IS), Montefalcone nel Sannio (CB), Roccasicura (IS),
Santa Croce di Magliano (CB);
Piemonte: Anzino (VB), Costigliole Saluzzo (CN), Isola Sant'Antonio (AL);
Puglia: Borgagne (LE), Carpignano Salentino (LE), Castrignano de' Greci (LE), Ceglie Messapica (BR),
Cerfignano (LE), Cutrofiano (LE), Fragagnano (TA), Melissano (LE), Minervino di Lecce (LE), Monteroni di Lecce
(LE), Montesardo (LE), Nociglia (LE), Orta Nova (FG), Poggiardo (LE), Ruffano (LE), San Paolo di Civitate (FG),
Seclì (LE), Soleto (LE), Vieste (FG), Zollino (LE);
Sardegna: Austis (NU), Busachi (OR), Fluminimaggiore (CA), Lodè (NU);
Sicilia: Bolognetta (PA), Camporeale (PA), Cianciana (AG), Favara (AG), Furnari (ME), Gravina di Catania (CT),
Maletto (CT), Menfi (AG), Nicolosi (CT), Poggioreale (TP), Valledolmo (PA);
Toscana: Stazzema (LU), Terranuova Bracciolini (AR);
Umbria: Castel Viscardo (TR), Poggiodomo (PG);
Veneto: Badoere (TV), Camposampiero (PD), Padova, Sarmede (TV).

Portogallo

Lisbona

Spagna

Andalusia: Pedrera (SE)


Castiglia e León: Almanza (LE), Cerecinos de Campos (ZA), El Tejado (SA), Fresneda de la Sierra Tirón (BU),
Fuenterrebollo (SG), Guardo (P), Pinedas (SA), Vadillo de la Guareña (ZA), Villanueva de la Condesa (VA)
Castiglia-La Mancia: Cedillo del Condado (TO), Valhermoso (GU), Yeles (TO)
Estremadura: Cedillo (CC)
La Rioja: Valgañón (LO)

Stati Uniti d'America

Texas: Beaumont

Canti in onore di Sant'Antonio


Si Quaeris – un responsorio antico per invocare il Santo, scritto dal suo confratello Giuliano da Spira per il primo
officio ritmico in onore di sant'Antonio, e recitato per ritrovare oggetti perduti (poiché Antonio, come sant'Onofrio il
Peloso e san Gaziano di Tours, è ritenuto protettore di chi cerca cose smarrite).

Note
1. ^ In passato (e, a livello popolare, tuttora) era usata impropriamente la preposizione da, come se il Santo
provenisse da Padova.
2. ^ Sant'Antonio di Padova, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it.
3. ^ Giuseppe Trombetta, Il taumaturgo di Dio
4. ^ "Né passerò pur sotto silenzio la tradizione, che da più di duecent'anni conserva nella sua nobil famiglia il
Signor Avvocato Filippo Palmeggiani Forlivese, a dimostrare quanto a quella Città dolce sempre sia stata la
memoria del nostro Santo..." Emmanuele de Azevedo, Vita di Sant'Antonio di Padova, Dissertazione XVIII. (http://
books.google.it/books?id=vqn6e6T5u1EC&pg=PA301&lpg=PA301&dq=emmanuele+de+azevedo+vita+di+antonio
+palmeggiani&source=bl&ots=szPybEm65X&sig=-8MrFcsArKpyp1NtnIDVmtzwNpY&hl=it&sa=X&ei=5EQZVKCs
EM_XaonygPgK&ved=0CCcQ6AEwAQ#v=onepage&q=emmanuele%20de%20azevedo%20vita%20di%20antoni
o%20palmeggiani&f=false)
5. ^ Renzo Allegri, Il sangue di Dio. Storia dei miracoli eucaristici, Ancora, 2005, pp. 56-58
6. ^ Nei verbali del processo di Canonizzazione è riportata la descrizione di un presunto miracolo secondo cui,
come nella Pentecoste degli apostoli, tutti «sentivano e capivano» esattamente come se egli si esprimesse
contemporaneamente nell'idioma nativo di ciascuno
7. ^ http://www.santantonio.org/it/content/domande-frequenti#4
8. ^ Gli zingari salvano S. Antonio, in La Stampa, 21 dicembre 1991.

Bibliografia
Pubblicazione in ordine cronologico.
Edoardo Luini. Sant'Antonio di Padova: maestro di vita cristiana: pagine dai suoi sermoni, Localizzazioni: FI0098
- Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
Giuseppe Trombetta. Il taumaturgo di Dio. La Gaia Scienza - Jubilaeum
Emanoel de Azevedo (1713-1798). Vita di Sant'Antonio di Padova taumaturgo portoghese dell'abate Emanuelle
de Azevedo di Coimbria. Edizione: Nuovamente prodotta alla luce dal p. Savino Bachechi, Firenze 1829
Breve racconto della vita, miracoli e morte del grande taumaturgo Sant'Antonio di Padova. Bologna 1873
Vita e miracoli di Sant'Antonio da Padova. Firenze 1880
Pio Ciuti. S. Antonio da Padova. Tredici conferenze intorno alla vita del santo e orazione panegirica, Giarre,
Libreria francescana. 1931
Antonio Cojazzi. Sant'Antonio da Padova nella testimonianza d'un suo contemporaneo. Torino 1931
Giacomo V. Sabatelli, Antonio da Padova, santo, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 3, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1961. URL consultato il 7 aprile 2016.
Giuseppe Fiocco. Il reliquiario della lingua del Santo. Padova 1963
Alfonso Salvini. Sant'Antonio di Padova. Cinisello Balsamo 1989
Piero Lazzarin. Un santo, una basilica, una città. Storia e segreti di un santuario notissimo e poco conosciuto.
Virtù e vizi di una piccola grande città. Padova 1990
Claudio Mazza. Un Santo per amico: agiografia di Sant'Antonio da Padova per gli amici del Beato Annibale.
Milano 1992
Enrico Camisani. L'evangelico dottore Sant'Antonio di Padova. Brescia 1992
Chiara Amata. Sant'Antonio di Padova. Milano 1997.
Aldo Sari. L'iconografia di S. Antonio di Padova dalle origini ai nostri giorni. "Biblioteca Francescana Sarda",
Anno IX, 2000, pp. 123–256.
Luciano Vaccaro, Giuseppe Chiesi, Fabrizio Panzera, Terre del Ticino. Diocesi di Lugano, Editrice La Scuola,
Brescia 2003, 119, 237, 238, 259nota, 443.
Emanuele Colombo. Convertire i musulmani. Milano 2007.
Alessandro Castagnaro, Toccare il divino, Edizioni Messaggero, Padova, 2012, EAN 978882501349.
Leo Andergassen, L´iconografia di Sant´Antonio di Padova dal XIII al XVI secolo in Italia, Centro Studi Antoniani
60, Padova 2016

Filmografia
Antonio da Padova, regia di Giulio Antamoro, film muto italiano del 1931
Antonio di Padova, regia di Pietro Francisci, con Aldo Fiorelli e Aldo Fabrizi (Italia, 1949)
Antonio guerriero di Dio (Anthony Warrior of God) di Antonello Belluco con Jordi Mollà, Paolo De Vita, Arnoldo
Foà, Mattia Sbragia, 01 Distribution/Amazon, USA, 2006

Voci correlate
Basilica di Sant'Antonio di Padova
Chiesa di Sant'Antonio da Padova
Pontificia Biblioteca Antoniana
Chiesa cattolica
Cristianesimo
Dottore della Chiesa
Ordine francescano
Francesco d'Assisi
Cammino di Sant'Antonio

Altri progetti
Wikisource contiene una pagina dedicata a Antonio di Padova
Wikiquote contiene citazioni di o su Antonio di Padova
Wikimedia Commons (https://commons.wikimedia.org/wiki/?uselang=it) contiene immagini o altri file su
Antonio di Padova (https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Saint_Anthony_of_Padua?uselang=it)

Collegamenti esterni
Sant'Antonio di Padova, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it.
La vita di Sant'Antonio, su santantonio.org.
La Basilica di Sant'Antonio a Padova, su basilicadelsanto.org.
Il sito della preghiera a Sant'Antonio di Padova, su carosantantonio.org.
Sant'Antonio, su liturgia.silvestrini.org.
(IT, LA) Il testo completo dei Sermoni di Sant'Antonio, su santantonio.org.
Trascrizione dei Sermoni domenicali, su iteadjmj.com.
Foto della Basilica del Santo - Padova, su digilander.libero.it.
Opera Omnia, su documentacatholicaomnia.eu.
Iconografia S. Antonio e Protomartiri Francescani (PDF), su assisiofm.it.
La festa di Sant'Antonio a Isola Fossara (PG) e il taglio e il trasporto del "maggio"., su catria.net.
VIAF: (EN) 51659098 (http://viaf.org/viaf/51659098) · ISNI: (EN) 0000 0001 2279
812X (http://isni.org/isni/000000012279812X) · LCCN: (EN) n50051888 (http://id.loc.g
ov/authorities/names/n50051888) · GND: (DE) 118503510 (http://d-nb.info/gnd/11850
Controllo di 3510) · BNF: (FR) cb12111694w (http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb12111694w)
autorità (data) (http://data.bnf.fr/ark:/12148/cb12111694w) · ULAN: (EN) 500342642 (https://w
ww.getty.edu/vow/ULANFullDisplay?find=&role=&nation=&subjectid=500342642) ·
NLA: (EN) 36461894 (https://nla.gov.au/anbd.aut-an36461894) · BAV:
ADV10233315 · CERL: cnp01259886 (http://thesaurus.cerl.org/record/cnp01259886)

Estratto da "https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Antonio_di_Padova&oldid=94423047"

Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 4 feb 2018 alle 00:56.

Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo; possono
applicarsi condizioni ulteriori. Vedi le condizioni d'uso per i dettagli.

You might also like