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ALGEBRA MULTILINEARE
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essendo δji il simbolo di Kronecker (ossia, δji = 0 se i = j, δji = 1 se i=j). Dato che
n
per ogni elemento µ ∈ M ∗ sussiste l’ovvia identità µ(ek ) = i=1 µ(ei )e
∗i
(ek ), µ si
scrive nella forma:
n
µ(ei )e∗i .
i=1
∗i
Poiché gli elementi e , i ∈ {1, . . . , n}, sono linearmente indipendenti [verificare],
ciò prova che essi costituiscono una base di M ∗ , che viene usualmente denominata
la base duale della base (ei ). Si osservi che, pur essendo il duale M ∗ isomorfo a M ,
non esiste alcun isomorfismo canonico fra i due A-moduli (tranne nei casi banali in
cui M = 0 o M = A). Sarà invece possibile identificare canonicamente M e il doppio
duale M ∗ ∗ .
L’azione di M ∗ su M viene descritta mediante la cosiddetta forma bilineare canon-
ica (denominata anche pairing)
·, · : M × M ∗ → A
f : M1 × · · · × M r → N
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t(v1 , . . . , vr ), w∗ = t̂(v1 , . . . , vr , w∗ ) ;
m
in particolare si ha t(v1 , . . . , vr ) = i=1 t̂(v1 , . . . , vr , f ∗i )fi , essendo (fi )i∈{1,...,m} una
base di W . Da ciò si deduce [] che Lrk (V1 , . . . , Vr ; W ) ha dimensione n1 · · · nr · m. Si
osservi che, se W1 , . . . , Wr sono k-spazi vettoriali, si può definire un prodotto ⊗ di
applicazioni lineari t ∈ LrA (V1 , . . . , Vr ; k), s ∈ LrA (W1 , . . . , Wr ; k) nel modo seguente:
t ⊗ s(v1 , . . . , vr , w1 , . . . , wr ) =: t(v1 , . . . , vr ) · s(w1 , . . . , wr ) ∈ k.
Nel caso di moduli su un anello commutativo le cose non sono cosı́ semplici
come per gli spazi vettoriali. La definizione di prodotto tensoriale fa ricorso a una
“costruzione universale”.
2.2. Definizione. Si dice prodotto tensoriale di due A-moduli M ed N la coppia
(M ⊗A N, ψ) costituita da un A-modulo M ⊗A N e da un’applicazione bilineare
ψ : M × N → M ⊗A N
che risolve il seguente problema universale: per ogni A-modulo C e per ogni appli-
cazione bilineare f : M × N → C, esiste un unico A-omomorfismo f : M ⊗A N → C
tale che f = f ◦ ψ.
È ora necessario dimostrare che questa definizione non è sprovvista di senso, os-
sia che i prodotti tensoriali esistono e sono univocamente determinati (a meno di
isomorfismi).
In primo luogo, procediamo a dimostrarne l’esistenza. Sia A(M ×N ) l’A-modulo
generato dall’insieme M ×N : ogni suo elemento si scrive pertanto come somma
libero
finita i ξi (xi , yi ). Si consideri il sottomodulo H(M × N ) ⊂ A(M ×N ) generato dagli
elementi di tipo seguente:
(x1 + x2 , y) − (x1 , y) − (x2 , y) ; (ξx, y) − ξ(x, y)
(x, y1 + y2 ) − (x, y1 ) − (x, y2 ) ; (x, ξy) − ξ(x, y) ,
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e l’applicazione
ψ : M × N → M ⊗A N
(x, y) → ψ(x, y) ≡ x ⊗ y
(x1 + x2 ) ⊗ y = x1 ⊗ y + x2 ⊗ y x ⊗ (y1 + y2 ) = x ⊗ y1 + x ⊗ y2 ) ;
ξ(x ⊗ y) = ξx ⊗ y = x ⊗ ξy .
Gli elementi del tipo x ⊗ y costituiscono un insieme di generatori additivo per l’A-
M ⊗A N , nel senso che ogni suo elemento si scrive come somma finita del
modulo
tipo i ξi (xi ⊗ yi ).
Passiamo ora a dimostrare che l’applicazione ψ è universale nel senso precisato
nella Definizione 2.2. Sia C un A-modulo ed f : M × N → C un’applicazione
bilineare; se ne consideri l’estensione fˆ : A(M ×N ) → C definita da:
fˆ( ξi (xi , yi )) = ξi f (xi , yi ) .
i i
che ψ = ψ ◦ ψ. D’altra parte — avendo fatto l’ipotesi che ψ stessa sia universale
— sussiste anche la fattorizzazione ψ = ψ ◦ ψ . Se ne deduce che
T (f, g) : M ⊗A N → M ⊗A N
x ⊗ y → T (f, g)(x ⊗ y) = f (x) ⊗ g(y)
f ×g
M × N −−−−→ M × N
ψ
ψ
M ⊗A N −−−−→ M ⊗A N
T (f,g)
T (f , g ) ◦ T (f, g) = T (f ◦ f, g ◦ g) .
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(M ⊗A N )∗ LA (M, N ∗ )
r
∗
M LrA (M (r) ; A) .
i=1
Dimostrazione. Sia (ei )i∈I una base di M ed (e∗i )i∈I la corrispondente base duale di
M ∗ . L’applicazione (2.1) è un A-omomorfismo ed è iniettiva; se x, µy = x,
µ y∗i
x ∈ M , ciò vale in particolare per gli elementi della base: posto µ = µi e
per ogni
e µ = µi e∗i si deve quindi
avere, per ogni indice i ∈ I, µi y = µi y; ma ciò
implica (e∗i ⊗ µi y) = (e∗i ⊗ µi y), ossia µ ⊗ y = µ ⊗ y. Per dimostrare la
surgettività è sufficiente scrivere esplicitamente l’inverso
dell’omomorfismo (2.1): per
ogni f ∈ LA (M, N ) questo inverso è dato dall’elemento e∗i ⊗ f (ei ). Le necessarie
verifiche sono lasciate al lettore.
2.10. Corollario. Siano M , N due A-moduli liberi. Sussistono gli isomorfismi
naturali:
M ∗ ⊗A N ∗ (M ⊗A N )∗
e
LA (M ; M ) ⊗A LA (N ; N ) → LA (M ⊗A N ; M ⊗A N )
f ⊗ g → T (f, g)
λ(m ⊗ n) = m, µ n, ν , ∀m ∈ M, n ∈ N .
2.11. Esercizio.
Si applichino la Proposizione 2.7 e i Corollari 2.9 e 2.10 al caso descritto nell’Esempio
2.1.
Dato un A-modulo libero M , adotteremo le notazioni seguenti:
r
s
r,s
T (M ) = M ⊗A M ∗ ; T 0,0 (M ) = A ;
i=1 i=1
∞
r,s
T (M ) = T (M ) .
r,s=0
3. Algebra esterna
Siano M ed N A-moduli. Un’applicazione r-A-multilineare
f : M × · · · × M = M (r) → N
viene detta alternante (o completamente antisimmetrica) se f (x1 , . . . , xr ) = 0 ogni-
qualvolta xi = xj per una qualche coppia di indici i, j in {1, . . . , r}, i = j.
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Esercizio 2.
Verificare che un’applicazione r-multilineare f è completamente antisimmetrica se
e solo se, per ogni permutazione σ degli indici 1, . . . , r,
f (xσ(1) , . . . , xσ(r) ) = (sgn σ)f (x1 , . . . , xr ) ,
dove sgn σ vale 1 se la permutazione è pari e −1 se è dispari (una permutazione è
pari se si può ottenere permutando fra loro un numero pari di indici).
Indicheremo con ArA (M (r) ; N ) l’A-modulo costituito da tutte le applicazioni r-
multilineari completamente antisimmetriche f : M (r) → N ; è questo un sottomodulo
di LrA (M (r) ; N ).
3.1. Esercizio.
Consideriamo un A-modulo libero M di dimensione n. Fissata una base (ei )i∈{1,...,n}
di M , ogni applicazione bilineare s ∈ L2 (M (2) ; A) è determinata da una matrice
n × n M (s) con elementi in A. Si dimostri che s è antisimmetrica se e solo se
t
M (s) = −M (s).
Sussiste un legame fondamentale fra la teoria delle applicazioni completamente
antisimmetriche e la teoria dei determinanti (che supporremo nota al lettore, almeno
nelle sue linee generali). In effetti data una matrice n × n (aij ) con elementi in
A, il determinante det(aij ) ∈ A è l’unica applicazione n-multilineare completamente
antisimmetrica rispetto alle righe (o alle colonne) di (aij ) tale che det(δij ) = 1. Si
ricava quindi il risultato seguente.
3.2. Proposizione. Sia M un A-modulo libero di dimensione n, e si fissi una
base (ei )i∈{1,...,n} di M . Per ogni A-modulo N e per ogni y ∈ N , esiste un’unica
applicazione n-multilineare completamente antisimmetrica
∆y : M × · · · × M → N
tale che ∆y (e1 , . . . , en ) = y.
Dimostrazione. Senza ledere la generalità, possiamo suppore che M = A(n) ; fissata
una base (ei )i∈{1,...n} di A(n) , ogni n-upla di elementi di A(n) — immaginati come n
vettori colonna — determina univocamente una matrice n × n (aij ) con elementi in
A; poniamo infine:
∆y (aij ) = det(aij )y .
Si verifica facilmente che l’applicazione ∆y gode di tutte le proprietà richieste.
3.3. Corollario. Sia M un A-modulo libero di dimensione n. L’A-modulo AnA (M (n) ; A),
costituito da tutte le applicazioni n-multilineari f : M (n) → A completamente anti-
simmetriche, è libero di dimensione 1 su A.
Si fissi una base (ei )i∈{1,...n} di M . Se ∆1 è l’unica applicazione completamente
antisimmetrica tale che ∆(e1 , . . . , en ) = 1, allora ogni altra f : M (n) → A completa-
mente antisimmetrica si scrive nella forma a∆1 essendo a = f (e1 , . . . , en ).
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3.6. Esercizio.
Dimostrare che, effettivamente, il prodotto cosı̀ definito rende (M ) una A-algebra
graduata.
r
s
Verificare che per ogni x ∈ (M ) e ogni y ∈ (M ) si ha x ∧ y = (−1)rs y ∧ x
(suggerimento: dimostrare il risultato per r = s = 1 usando la Proposizione 3.4 e
l’Esercizio 3.1; quindi procedere per induzione su s e r).
Anche il prodotto esterno gode di proprietà funtoriali analoghe a quelle del prodotto
tensoriale. Per ogni A-omomorfismo f : M → N , si ottiene un’applicazione di A-
algebra graduate:
∧(f ) : (M ) → (N ) ,
definita in modo tale che per ogni r-upla di elementi x1 , . . . , xr risulti
3.7.
r Proposizione. Sia M un A-modulo libero di dimensione n. Se r > n,
allora r
(M ) = 0. Si fissi una base (ei )i∈{1,...,n} di M . Se 1 ≤ r ≤ n, l’A-modulo (M )
è libero di dimensione:
r n n!
dimA (M ) = = ;
r r!(n − r)!
Dimostrazione. Ogni elemento di M si scrive nella forma m = i mi ei ; dato che,
per ogni coppia di indici i e j, ei ∧ ej = −ej ∧ ei , è ovvio che
gli elementi ei1 ∧ · · · ∧ eir ,
r
i1 < · · · < ir , costituiscono un insieme di generatori per (M ). Cominciamo col
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n
dimostrare il nostro asserto nel caso r = n: l’elemento
ne 1 ∧ · · · ∧ en genera (M ).
∗ (n)
D’altra parte, in base alla Proposizione 3.4, si ha (M ) A ((M )
; A) ma
n
∗ (n) n
A ((M ) ; A) è libero di dimensione 1 su A (vedi Corollario 3.3), sicché
n
(M ) è
libero di dimensione 1 su A e e1 ∧ · · · ∧ en è una sua base.
0
Esaminiamo ora il caso 1 ≤ r < n (il caso r = 0 è banale, dato che (M ) A
e l’elemento 1 è una sua base). Indichiamo con (i) il multi-indice (i1 , . . . , ir ), i1 <
· · · < ir ; supponiamo che esistano degli elementi a(i) ∈ A, non tutti nulli, tali che:
0= a(i) ei1 ∧ · · · ∧ eir .
(i)
giacché tutti gli altri addendi si annullano in quanto contengono almeno un indice
ripetuto. È possibile effettuare una permutazione σ : {j1 , . . . , jn } → {1, . . . , n}, di
modo che
0 = a(j) ej1 ∧ · · · ∧ ejn = (sgn σ)a(j) e1 ∧ · · · ∧ en ;
pertanto a(j) = 0. Poiché ciò vale per ogni multi-indice (j) = (j1 , . . . , jr ), j1 <
· · · < jr , abbiamo dimostrato che ei1 ∧ · · · ∧ eir ,
i1 < · · · < ir , sono linearmente
r
indipendenti
r e costituiscono
n dunque una base di (M ); ne consegue, inoltre, che
dimA ( (M )) = r , dato che esiste una corrispondenza biunivoca fra gli elementi
della
r base e le combinazioni di n elementi a r a r. La dimostrazione del fatto che
(M ) = 0 per ogni r > n viene lasciata al lettore come facile esercizio.
3.8. Osservazione-Esercizio.
Della prima parte del teorema appena enunciato è possibile fornire una dimostrazione
alternativa, che prescinda dalla teoria dei determinanti. A tale scopo è sufficiente
verificare che l’insieme {t ∈ T r,0 |t = an } è un sottomodulo libero di T r,0 di di-
mensione 1. Il lettore provi a dimostrare questo fatto nel caso in cui A sia un
corpo k. Si osservi che questa impostazione più diretta consente di rovesciare
la logica che abbiamo seguito nella nostra impostazione, ricavando l’esistenza e
le proprietà universali dei determinanti come conseguenza delle proprietà delle
algebre esterne.
3.9. Proposizione. Siano M1 ed M2 A-moduli liberi di dimensione n1 ed n2 ; si
hanno isomorfismi naturali
r
p
q
(M1 ⊕ M2 ) (M1 ) ⊗A (M2 ) .
p+q=r
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La verifica di questa formula si lascia al lettore [è sufficiente lavorare con le basi; si
veda anche l’Esempio 3.12]; si osservi che nel caso r = 1 tale applicazione bilineare
si riduce al pairing naturale fra M e M ∗ .
Per concludere, definiamo l’operazione
r di prodotto interno. Consideriamo
un A-
modulo libero M ; ogni elemento x ∈ (M ) determina un endomorfismo di (M )
di grado r:
s
s+r
ε(x) : (M ) → (M )
u → x ∧ u
L’aggiunto di ε(x) determina quindi un endomorfismo i(x) di ( (M ))∗ di grado
−r. Poiché
M è∗ un
modulo libero, in virtú del Corollario
1 8 possiamo identificare le
∗
algebre ( (M )) e (M ); nel caso in cui x ∈ M ≡ (M ) resta quindi definito un
A-omomorfismo:
s
s−1
i(x) : (M ∗ ) → (M ∗ )
dato da:
s
s−1
i(x)α, v = α, x ∧ v per ogni α ∈ (M ∗ ) e v ∈ (M ) .
3.10. Esercizio.
p
Generalizzando
p la formula (3.4), si dimostri che per ogni α ∈ (M ∗ ) e ogni
β∈ (M ∗ ), vale la relazione seguente:
i(x)(α ∧ β) = (i(x)α) ∧ β + (−1)p α ∧ i(x)β) .
[Si proceda per induzione su p, considerando elementi decomponibili.]
Riassumendo, abbiamo dimostrato il risultato seguente.
1
3.11. Proposizione. Se x ∈ M ≡ (M ), allora l’endomorfismo
∗
i(x) : (M ) → (M ∗ )
è un’antiderivazione di grado −1.
3.12. Esempio. Si consideri un k-spazio vettoriale V di dimensione n, con k = R
oppure k = C (potremmo scegliere qualunque campo k di caratteristica zero). Fissata
una base (ei )i∈{1,...,n} , ogni permutazione σ : {1, . . . , r} → {1, . . . , r} induce un
isomorfismo:
σ : T r,0 (V ) → T r,0 (V )
ei1 ⊗ · · · ⊗ eir → eσ(i1 ) ⊗ · · · ⊗ eσ(ir )
Questo isomorfismo è inrealtà indipendente dalla base scelta []. Scrivendo t ∈
T r,0 (V ) nella forma t = ti1 ,...,ir ei1 ⊗ · · · ⊗ eir , si ha
−1 −1
σ(t) = tσ (i1 ),...,σ (ir ) ei1 ⊗ · · · ⊗ eir .
Il tensore t è dunque completamente antisimmetrico se e solo σ(t) = (sgn σ)t per
ogni permutazione σ ∈ Sr . In questo modo, è possibile definire [verificare] una
proiezione naturale
r
4 : T r,0 (V ) → (V )
1
t → (sgn σ)σ(t)
r!
σ∈Sr
Questa proiezione permette
r di descrivere esplicitamente
r la proiezione naturale π :
T r,0 (V ) → T r,0 (V )/ar = (V ) e di realizzare (V ) come sottospazio vettoriale di
T r,0 (V ). Consideriamo ora il pairing naturale
·, · : T r,0 (V ) × T r,0 (V ∗ ) → k ;
assegnati elementi decomponibili x1 ⊗ · · · ⊗ xr e e y1∗ ⊗ · · · ⊗ yr∗ , si ha:
4(x1 ⊗ · · · ⊗ xr ), 4(y1∗ ⊗ · · · ⊗ yr∗ ) = x1 ⊗ · · · ⊗ xr , 4(y1∗ ⊗ · · · ⊗ yr∗ ) =
1
= (sgn σ) x1 ⊗ · · · ⊗ xr , σ(y1∗ ⊗ · · · ⊗ yr∗ ) =
r!
σ∈Sr
1 ∗ ∗
= (sgn σ) x1 , yσ(1) · · · xr , yσ(r) =
r!
σ∈Sr
1
= det( xi , yj∗ ) ;
r!
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l’isomorfismo nella prima riga è dovuto al fatto che “basta antisimmetrizzare una
volta sola” in un
rpairing
[], i successivi sono banali identità algebriche. Se definiamo
(V ∗ ) come restrizione del pairing naturale su T r,0 × T r,)
r
un pairing su (V ) ×
otteniamo una forma bilineare che differisce da quella definita nell’eq. (3.2) solo per
un fattoriale. D’altra parte, la definizione adottata nelle eqq. (3.1), (3.2) sembra
quella piú naturale (anche se può
r ingenerare
r ∗ quale confusione notazionale), perché
stabilisce la corretta dualità fra (V ) (V ) in termini di basi canoniche, come si
può facilmente verificare:
δij11 ··· δij1r
ei1 ∧ · · · ∧ eir , e∗j1 ∧ · · · ∧ e∗jr = det · · · ··· ··· ,
δijr1 ··· δijrr