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- Professor Bodei, è possibile una definizione del "bello"? E come è nata la trinità bello-
buono-vero e perché oggi sembra a noi far parte quasi di una sorta di archeologia concettuale?
(1)
- Noi, però, invece di guardare all’indietro, siamo costretti a guardare in avanti e a dedicarci,
quindi, dopo aver contestualizzato il bello all’interno di un universo di valori più ampio, al bello.
Ritorniamo alla disciplina che specificamente se ne è occupata, che è naturalmente l’estetica e
partiamo da una premessa, ossia dal significato etimologico di "estetica". Estetica ha a che
vedere, appunto, con sensazione, con "aísthesis". Ma è sempre stato così? (2)
- Soffermiamoci quindi su questi due aspetti e ritorniamo ancora al bello intelligibile.
Introduciamo un altro concetto importante, quello di "canone estetico". Il bello intelligibile
presuppone che vi siano, in qualche modo, dei canoni oggettivi di bellezza, che essa quindi,
come Lei già sottolineava, sia riconoscibile da tutti in base a misure o a calcoli. Questa
concezione è rimasta a lungo dominante, in teoria se non in pratica, sino all’inizio dell’età
moderna, quando è stata sostituita da un’idea di bellezza più vaga. Quali sono state, in
particolare, le conseguenze di questo atteggiamento? (3)
- Nell’ambito di questa riflessione non possiamo non introdurre un altro concetto, antico,
collegato naturalmente a quello di bello: il concetto di sublime. In che senso questo concetto si
sviluppa nella cultura antica e cosa lo distingue nella cultura antica dalla sua concezione
moderna? (4)
- Abbiamo introdotto il concetto di sublime all’interno di questa riflessione sul bello. È il
momento, a questo punto, di comprendere quando effettivamente sia stato distinto, il concetto
di sublime, da quello di bello, proprio nella tradizione filosofica. Quando è avvenuta nettamente
questa distinzione? (5)
- Kant ed Hegel hanno atteggiamenti opposti rispetto al concetto di sublime. In che senso sono
in opposizione e soprattutto in che modo questa loro opposizione ha segnato il dibattito
contemporaneo sul sublime e sul bello? (6)
- Recentemente però, possiamo dire, l’ideale della bellezza ha ripreso in qualche modo la sua
autonomia - in parte, almeno - e la sua superiorità rispetto al concetto di sublime. Quali sono
allora, schematicamente, le tendenze attuali a questo proposito? (7)
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Noi abbiamo per tanto tempo costruito questo modello, che poi si
è fissato in una forma precisa nel Medioevo durante la Scolastica;
abbiamo creato questi valori che a noi sembrano desueti, perché
ormai ne abbiamo perduto il significato. Però se riusciamo,
guardando indietro, a ricostruire cos’è stato questo rapporto tra
vero, bello e buono, questa trinità perde quei caratteri un po’
patetici, se vogliamo, un po’ ridicoli, che conserva per la nostra
cultura che se ne è sbarazzata.
No. Direi che, per quanto a noi sembri assurdo, giacché ogni
opera d’arte è fatta di qualcosa di sensibile - ad esempio i suoni
in musica, i colori e le linee in pittura, qualcosa di sensibilmente
ancor più materiale e pesante in architettura - tutta l’estetica
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Abstract
Secondo Remo Bodei non si può dare una definizione unica del
bello, mentre si possono collegare tra loro le diverse definizioni
che ne sono state date nel corso della storia. Nella cultura greca
il concetto di bello entra in rapporto con i concetti di bene e di
vero, e nasce così una sorta di trinità: bello-bene-vero; sempre
per i Greci il bello sensibile è solo una porta verso la bellezza
intellegibile. Per Baumgarten, che è l’inventore del termine,
l’estetica ha a che fare con il mondo del sensibile, e l’opera
d’arte, non più legata alla riproduzione di un’idea,
s’individualizza. Bodei chiarisce le nozioni di canone estetico e di
gusto; definisce poi il concetto di sublime, distinguendolo da
quello di bello, e ne abbozza una storia. Oggi l’arte tende a
recuperare il senso del bello; si rileva anche la tendenza alla
globalizzazione, come pure il desiderio d’incarnare di nuovo
quella sacralità perduta già a partire dal Seicento.
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IL sublime
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