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Mons. Dott.

PIETRO VEN
I
N
O
R
E

MANUALE
DI LITURGIA
Ot t ava Edi zi one
completamente riveduta e corretta da
Mons. Maiocchi - Vic. Gen. di Pavia

Vo l u me Q u a r t o

Dei Sacramenti e Sacramentali


Funzioni particolari

EDITRICE "ÀNCORA,,
S e d e di P a v i a
Proprietà letteraria riservata a termine di legge.

Scuola T ipografica Istituto Pav. A rtigianelli - Pavia - 1940-XVIII


Introduzione
CAPO I.

Libri Rituali

1. Antichi libri che contengono il rito dei Sa


menti e Sacramentali.
I più antichi libri che contengono i riti dei Sacra­
menti e Sacramentali sono i Sacramentarti, essi for­
mano come la raccolta ufficiale della liturgia romana,
del loro tempo. Da essi derivano gli Ordines, raccolti
e pubblicati dal Mabillon (1), ed in parte dal Mura­
tori (2). Di questi il settimo, secondo la classificazio­
ne mabilloniana (3), contiene il rito degli scrutinii
precedenti il Battesimo, conforme al Sacramentario
gelasiano ; Vottavo edj il' nono contengono il rito delle
ordinazioni (4) ; il decimo parla del Battesimo nella
sua triplice forma, e della confessione dei peccati,
della SS. Comunione, delFEstrema Unzione, ecc.
Altri poi contengono il Cerimoniale papaie, da
cui trasse origine il Vescovile. Altri libri conteneva­
no il rito particolare di qualche Sacramento o Sa­
cramentale, da cui prendevano il nome e) così si a-

(1) Mabillon, «Museum Italicum» 'II. Paris, 1689.1724.


(2) Muratori, Opera omnia, Arezzo 1778. Il, 973 seg.
(3) Da Mabillon ebbero l’ordine e la numerazione che ordi­
nariamente si cita.
(4) Da alcuni ritenuti più antichi dello stesso Sacramentario
gelasiano. In essi il Suddiaconato è tra gli ordini minori. Tha-
Ihofer, «Handbuch tler Katholifc Litargik» Freiburg, 1884, Voi. I.
pag. 48.
8 Capo I

veva il Baptisterium, il Poenitentiale, .il Precessiona-


le, ecc., anche per le diocesi particolari, le quali, nel­
l’amministrazione dei Sacramenti, ancor più che
nella Messa, avevano pratiche particolari (1).

2. Rituale e pontificale romano.


Dopo il secolo decimo, nei Sinodi particolari, si
trova fatto cenno d’un libro proprio dei Sacerdoti e
di un altro pei Vescovi; il che fa supporre che a
questo tempo, le funzioni sacerdotali fossero già,
per carattere liturgico del rito, distinte dalle vesco­
vili
Il libro proprio dei sacerdoti si chiamò: Manua­
le sacerdotum, Agenda; Liber obsequiorum, Obse•
quiale, Parochiale, Pastorale, Sacramentale; e più
tardi; Liber ritualis, Rituale. Quello proprio dei Ve*
scovi si disse: Ordo, Liber Episcopalis, Liber Pon­
tificalis, Pontificale.
La moltitudine però di tali libri in uso nelle chie­
se, spesso poco curati, fece sentire il bisogno di aver*
ne uno tipico che conformasse alla pratica della
Chiesa romana, anche in questa parte, le chiese par*
ticolari. Ed il Rituale Pontificale romano, elaborato,
accresciuto anche di pratiche lodevoli delle diocesi
particolari, fatte comuni, fu quello che servì ad ot­
tenere tale unità. Nel 1573 uscì una prima elabora­
zione del Rituale romano col titolo: «Sacerdotale
ad consuetudinem S. Romanae Ecclesiae aliarumque

(1) Zaccaria, Bibliotheca Ritualis.


Libri Rituali 9

ecclesiarum, juxtd\ Concilii Tridentini sanctiones»


opera di Alberto Castellani.
Il Pontefice Paolo V. nominò una commissione
di Cardinali che dovevano studiare gli1antichi riti ro­
mani e quelli in uso nelle varie chiese principali,
per comporre un breve ed ordinato Rituale. L’ope­
ra apparve col titolo di Rituale Romanumt conte­
nente i riti accettati ed approvati dalla Chiesa Cat­
tolica. Aveva per fine di mettere in mano ai Sacer­
doti una norma che potessero seguire con sicurezza
ed uniformità (1). Benedetto XIV ne fece fare, più
tardi, una nuova correzione ed aggiunta e la pubbli­
cò colla Bolla «Quam ardenti» del 25 marzo 1752.
Ma dopo quest’epoca la S. C. dei Riti aveva compo­
ste ed approvate parecchie formule di benedizioni
da usarsi pubblicamente e perciò si sentì il bisogno
di averle raccolte nello stesso Rituale, quindi nel
1872 apparve in Roma l’edizione del Rituale che in
apposita appendice contiene tali formule. Finalmen­
te l’anno 1884 apparve in Ratisbona, edito dalla
Tip. Pustet, una edizione tìpica. Più tardi, P II Giu­
gno 1913 comparve una nuova edizione e finalmen­
te, dopo la riforma del) Breviario e dell Messale, il
IO giugno 1925 apparve la edizione tipica ufficiale
edita dalla Tip. Vaticana, alla quale tutte le edizio­
ni dovranno^ conformarsi.
Il Pontificale romano apparve, per cura di Cle­
mente Vili, colla Bolla «Ex quo in Ecclesia» del1101

(1) Bolla «Apostolicae Sedis» di Paolo V premessa al Ritu


le romano.
10 Capo 1

febbraio 1596. Venne riveduto ed emendato sotto


Urbano VIU (Bolla «Quamvis alias» 17 giugno
1644) e sotto Benedetto XTV (Bolla «Quam arden­
ti» sopra citata); e sotto Leone XIII apparve l’edi­
zione tipica/ di Ratisbona, l’anno 1888.

3. Autorità liturgica ed obbligo del Rituale.


Che il Rituale romano abbia grande autorità ed
eccellenza, è fuori di dubbio. E’ libro liturgico, re­
datto ed approvato dalla suprema autorità della
Chiesa, del quale la Chiesa stessa fa uso nella so­
lenne amministrazione dei Sacramenti; contiene non
solo regole rituali, ma insegnamenti dogmatici, mo­
rali ed istruzioni importanti per la cura pastorale.
Circa l’obbligo di adoperarlo si osserva: a) Paolo
V. pubblicandolo ufficialmente la prima volta dopo il
Concilio di Trento, non fece obbligo rigoroso Ji ac­
cettarlo a quelle diocesi che già fin da quel tempo ne
avevano uno proprio e particolare, tale Rituale par­
ticolare si poteva allora e lo si può ancora ritenere;
b) E’ certo che i Vescovi (di rito romano) possono a-
brogare i Rituali particolari anche in uso* prima del
Concilio ed imporre alla loro Diocesi il Rituale ro­
mano; c) Introdotto il Rituale romano non si paò p>ù
ritornare al particolare diocesano ; d) Qualunque Ri­
tuale o Rito introdotto dopo il Concilio di Trento
è a dirsi corruttela, quindi il suo uso è illegittimo,
nè può formare consuetudine; e) Ili Pontefice desi­
dera che anche dove vi è Rituale particolare, legittimo,
Libri Rituali 11

si abbia da introdurre il romano (1); /) Nei luoghi


delle missioni non si può introdurre altro Rituale ehe
il Romano ; g) Invece del Rituale nella solenne ammi­
nistrazione dei Sacramenti e benedizioni! si possono
usare anche altri, libri da esso estratti, purché siano
legalmente riconosciuti conformi al Rituale (2) ; h)
Nessun sacerdote può usare il Pontificale, esso è ri­
servato al Vescovo.
Fu pure decretato che il sacerdote di rito romano
che amministra il Sacramento in una Casa religiosa
che ha rito proprio, deve usare il Rituale romano (3).
Quanto poi alYobbligo intrinseco è certo: —' 1.
Che le preci e le rubriche che si trovano nella solen­
ne amministrazione dei Sacramenti si devono osser­
vare ,dif precetto, nè si possono omettere o commuta­
re, se altrimenti non lo indica Io stesso Rituale; chi
insegnasse diversamente incorrerebbe la scomunica
(4) ; — 2. Che le altre rubriche per sè sono diretti­
ve, quantunque possano divenire precettive per al­
tre ragioni (5).

4. Contenuto del Rituale e del Pontificale romano.


Il Rituale Romano contiene per ordine istruzioni
relative al Battesimo e rito di amministrarlo ai bam­
bini ed' agli adulti, il* rito di assolvere i penitenti, gli

(1) Ibid. Gfr. De Herdt, Sacrae Liturg. Praxis, Voi. Ili n. 141.
Fornici «Institutiones Liturgicae» P. ILI, cap. II; Catalani, «Rituale
Ronvtnum... perpetuis commentariis exornatum» Patavii 1760.
(2) S. C. R. 7 aprile 1832, n. 2690.
(3) S- C. R. 8 maggio 1896, n. 3901, 1.
(4) Cone. Trid. Sess. 7, can. 13.
(5) Cfr. Fighi «Liturgia Sacramentorum» Veronae, 1889.
12 Capo 1

scomunicati, i sospesi, ecc., istruzioni sul Sacramen­


to della SS. Eucaristia e modo di distribuirla ni fe­
deli, il Rito delFEstrema Unzione, a cui fa seguito
il modo di curare gli infermi e le esequie dei defun­
ti. infine il rito di amministrare! il! Matrimonio. In se­
guito vengono le Benedizioni proprie dei Sacerdoti,
e quelle riservate al Vescovo od ai Regolari, il rito
generale’e particolare' delle' processioni e degli esorci­
smi. — L’Appendice tratta ancora di alcuni Sacra­
menti e poi contiene una; raccolta di Benedizioni ed
istruzioni approvate dalla Santa Sede.
Il) Pontificale si divide in tre parti: la prima par­
te contiene il rito della Cresima, dell’Ordine e le be­
nedizioni e Coronazioni più solenni; la seconda parte
contiene il rito che riguarda la dedicazione dei sacri
edilizi (chiese, altari, cimiteri) e le altre benedizioni
o consacrazioni di rito più semplice; l'a terza parte
contiene la liturgia che riguarda i pubblici! peniten­
ti, la benedizione dei Sacri Olii, il Sinodo, le degra­
dazioni dagli'Ordini, la Visita pastorale e processioni
di ricevimento^ di persone di dignità. Alle tre parti
s’aggiunge nell’edizione tipica, una Appendice che
contiene i riti principali dell Rituale eseguiti dal Ve­
scovo (Battesimo, Matrimonio), il rito di conferire
gli Ordini ad un/solo, la Consacrazione di più Ve­
scovi, la formula della Benedizione dopo l’Omelia
e della Benedizione papale. Il Supplemento contiene
il rito di consacrazione della Chiesa con più altari,
e quello di consacrare più altari in una volta.
CAPO II.

Liturgia dei Sacramenti in generale.

5. Disposizioni che riguardano il ministro.


Due cose si devono distinguere nella amministra-
zione dei Sacramenti, cioè quello che è diritto divino
e spetta alla natura e sostanza dei Sacramenti e ciò
che è di istituzione1ecclesiastica, consacrata dalla tra­
dizione antichissima, approvata, ed appartiene alita lo­
ro solennità (1). Della prima tratta la teologia dog­
matica, della seconda la liturgia.
Che per altro anche le cose che spettano alla so­
lennità siano importanti, quindi da imparare, da os­
servare e custodire con diligenza, appare dail noto Ca­
none tridentino che lancia la scomunica a chi insegna
potersi tali riti disprezzare, omettere o mutare (2).
Chi è chiamato ad amministrare un Sacramento d<?-
ve ricordare; che tratta le cose sante,; i mezzi preziosi,
istituiti da G. C. per la salvezza delle anime. Quindi :
1. dev’essere pronto ad ogni momento a prestare il
suo ministero, massime se si trovaV in cura d'anime
(3) ; di questo suo dovere è tenuto anzi a rendere i-
struito il popolo, perchè a llui ricorra ogni volta che
ha bisogno, massime per i Sacramenti più necessarii123

(1) Fornici, P. XIL cap. III.


(2) Conc. Trid. Sess. VII, can. 13. Vedi Codice c- 733.
(3) Rit. Rom. Tit. I, cap. I, n. 3.
14 Capo LI

alla salvezza (1) ; 2. deve conservare pura la vita e la


coscienza, poiché, quantunque l’efficacia dei Sacra­
menti non dipenda dallo (stato di coscienza di chi li
amministra, ma. da G. C. che li istituì e per essi ope­
ra nelle anime (2), tuttavia chi li tratta impuramen­
te si rende reo di grave colpa e trova la'morte presso
i' canali della vita (3). A questo fine il Rituale sug­
gerisce tre cose, cioè la preghiera, la meditazione deb
la cosa, che si sta per (fare e la lettura o ricordanza
del tritò e delle cerimonie da compiere (4) ; 3. deve
conoscere a chi può amministrare il Sacramenti, fuori
del caso! dif necessità' (5), secondo il prescritto del di­
ritto canonico, e della legittima consuetudine (6).

6. Vesti sacre - Inservienti.


Nell’amministrare i Sacramenti il sacerdote deve u-
sare, oltre la veste talare (7), la cotta e la stola del
colore conveniente. Chi ha 31 diritto di usare il roc­
chetto, non lo può usare, senza la cotta, nell’ammi*1234567

(1) Rit. Rom. 1. c. n. 5. Molte regole pratiche ed importan­


tissime circa questo punto vennero date da S. Carlo nei Concilii
di Milano «De Sacramentorum administratione».
(2) Rit Rom. I, c. n. 4. Ed il Catechismo Romano: «Sancti­
tatem sacrarum rerum Ministri in primis sectentur; puri ad Sacra­
menta ministranda accedant: atque ita se ad pietatem exerceant, ut
ex frequenti eorum tractatione et usu, uberiorem in dies gratiam,
adiuvante Deo, consequantur». Cath. Rom. Concilii Trident. De
Sacram. 23 Cod. c. 731. 1.
(3) Cone. Trid. Sess. VII. can. 12; Cath. Rom. P. H, de Sa­
cram* 23.
(4) Rit. Rom. 1. c. n. 12.
(5) Rit. Rom. 1. c. n. 14; Cone. Trid. Sess. 24 cap. 13.
(6) De Herdt, III. n. 144: Quarti p. 2, tit. 10 &. 3, dub. I.
(7) De Herdt, 10, 146.
Liturgia dei Sacramenti in generale 15

strazione dei Sacramenti, nè nelle benedizioni (1), e


non si può usare l’abito prelatizio/ col rocchetto nem­
meno dai Protonotarii Apostolici (2). I canonici, tan.
to nella Cattedrale, come fuori di essa, sono tenuti
a deporré la cappa e assumere la cotta e la stola (3),
e non si può far valere la consuetudine in contrario
(4). — Però si può sul rocchetto usare la cotta (5),
almeno nella propria chiesa (6). — Nell’indossare la
cotta si può convenientemente recitare l’orazione:
Dealba me, Domine, etc. od Indue me, Domine, etc.
(7); per la stola: Redde rrtihi, Domine, stolam im­
mortalitatis, etc. (8).
Secondo la natura del Sacramento, il sacerdote de­
v’essere accompagnato da uno o più. chierici inservien­
ti (eccetto, s’intende, il Sacramento della Penitenza).
Questi devono essere^ di buoni costumi, ben istruiti
nel loro ufficio, e vestiti di abiti decenti, cioè colla
veste e colla cotta (9).
Si deve procurare che tutte le cose che servono
alPamministrazione dei Sacramenti, come le vesti, gli
ornamenti, la biancheria, i vasi, ecc., siano integre, ni­
tide e monde (10). Quando occorre l’occasione, deve

(1) S. C. R. 23 die. 1662 n. 1249; 17 nov. 1674 n. 1529.


(2) S. C. R. 17 sett. 1822 il 2622; 16 apr. 1831 n. 2680.
(3) S. C. R. 23 giugno 1892 n. 3779, IX; 31 maggio 1817 n.
2578, Dub. addit, ad 1; 12 luglio 1892 n. 3784, IL
(4) S. C R. 23 marzo 1782 n. 3542, L
(5) S. C. R. 12 nov. 1881 n. 2684, 22.
(6) S. C. R. 12 luglio 1892 n. 3784, II.
(7) Formula della tradizione della cotta nella sacra Tonsura.
(8) De Herdr, 1. c.
(9) Rit. Rom. 1. c. n. 8.
Ìt0) Rit. Rom. n. 9. — Istruz. de 'Sacram. S. Caroli 1. c.
ir> Capo 11

inoltre il1parroco spiegare ai fedeli non solo la natura


e l’efficacia dei Sacramenti, ma il significato delle ce-
cerimonie che la Chiesa ha ordinato per la loro ammi­
nistrazione (1).

7. Ciò che il Ministro deve osservare.


Chi è chiamato ad amministrare un Sacramento,
deve prima, se vj è tempo, fare un po’ di preghiera
per poter partecipare alile grazie del Sacramento, e
ricordare o leggere il rito, e le cerimonie, con cui si
amministra. Deve lavare le mani ogni volta che am­
ministra la SS. Eucaristia od un Sacramento che ri­
chiede unzioni coll’Olio santo. Nel recarsi al luogo
d’amministrazione «rei quam tractaturus est sit inten­
tus, nec de iis quae ad ipsam non pertinent, quid­
quam cum) alio colloquatur» (2).
Deve formare Vintenzione, almeno virtuale, di fa­
re in esso quello che fa la Chiesa (3). Onde S. Car­
lo : «Sacramenti administrationem cum aggreditur mi­
nister, id intendat, id sibi agere proponat, quod Chri­
stus Dóminus instituit, et S. Mdter Ecclesia intendit
atque agit» (4).
Deve aver seco il Rituale od almeno un estratto
ufficialmente approvato. Infine deve procurare che1234

(1) Rit. Rom. 1. c. n. 10 Conc- Trid. Sess. 24. de ref. cap. 7,


Conc. Prov. Mediol. Cap. Il «De ifa quae ad Sacram, admin. perti­
nent».
(2) Rit. Rom. 1. c.;n. 12.
(3) Rit. Rom. L c.; Conc. Florent. Pro instruet. Armenor.;
Concil. Trident. Sess. 7, cap. XL
(4) De Sacram, admin. 1. c.
Liturgia dei Sacramenti in generale 17

coloro che li devono ricevere o vi devono assistere lo


facciano con riverenza e devozione (1).
Nell’atto di amministrare i Sacramenti deve pro­
curare: a) di pronunziare le parole, che spettano alla
forma od amministrazione, distintamente, con atten­
zione, pietà e voce chiara. Onde S. Carlo: «Sacra-
mentum aliquod cum ministrat, ut id magna cum re­
ligione praestet,<singula verba qìiae ad illius formami
rationemque pertinent, omni animi attentione ac pie­
tate distincte pronundabit et clara voce, 'ut ab ilUs au­
diri possit, quibus ministratur»; b) deve recitare le
preci con divozione e religione, leggendole dal libro,
nè fidandosi della memoria. «Sacram item precatio­
nem sancte, graviterque dicet»; c) deve eseguire i
riti e le cerimonie con tale gravità e decenza che gli
astanti1siano innalzati' alla contemplazione delle1co­
se celesti e siano attenti al rito stesso. Ciò richiede
che tutta la persona e le azioni del Sacerdote spirino
fede, pietà e religione (2) ; d) deve infine evitare e
far evitare ogni vano colloquio.
Dopo Vamministrazione deve : 1. Ringraziar Dio
e non esigere emolumenti (Cod. i. c. 736), se non
portati dalla consuetudine (quali sono per le esequie,
i battesimi, i matrimoni) ed anche in questo caso far
conoscere, che l’emolumento che si riceve non è pro­
priamente per il Sacramento amministrato, ma per
le solennità, il consumo dei paramenti, Fincemodo,
ecc. 3. Descrivere negli atti parrocchiali i nomi di12

(1) Rit. Rom. 1. c. n. 1S.16.


(2) Rit. Rom. 1. c„ n. 11.
18 Capo t l

coloro che hanno ricevuto il battesimo, la cresima, il


matrimonio ed il nome dei defunti. Sulla qual cosa
osserva sapientemente il De Herdt: «Haec cela de­
scribenda esse in ipso registro, et abusum esse, haec
scribere in charta aliqua volante etsi pautio post in ip­
sum registrum referenda» (1). Tali atti parrocchia-
li descritti sui registri devono inoltre essere sottoscrit­
ti dal Parroco.
E’ inutile avvertire la grande cura che si deve por­
re nella scrittura che sia chiara, fatta con buon inchio­
stro, ed esatta riguardo ai nomi e cognomi.1

(1) De Herdt, HI,,/148.


PARTE I.

Dei Sa c r a me nt i
CAPO I.

De l B a t t e s i m o .

§ I. - ANTICA DISCIPLINA CIRCA IL BATTESIMO

8. Materia e forma.
Da G. C. stesso venne designata la materia e la
forma di questo Sacramento. E la Chiesa ha sempre
usato come materia l’acqua, sulla quale però, fino
dai tempi apostolici, usò fare speciali preghiere con­
sacratone, 'infondendovi anche Olio consacrato. Di
questa pratica parlano S: Cipriano (1), l’autore del
libro de Sacramentis (2), S. Agostino (3) ed altri
Tale consacrazione delFacqua nel fonte battesimale
si faceva alla Pasqua e Pentecoste, e Tertulliano' ne
spiega la convenienza (4).
Anche la formula presso le chiese unite alla1cat­
tolica, nella parte sostanziale, rimase sempre quella1234

(1) «Opórtet mundari et sanctificari aquam prius a sacerdote,


ut possit baptismo suo peccata hominis, qui baptizatur, abluere».
(Ep. 70 ad lan.).
(2) «Formam baptismi et usum hoc habere ut Fons consecretur
et tunc descendat qui baptizandus est» (Lib. I, cap. V.) E altrove
«venit sacérdos, precem dicit ad Fontem, invocat nomen Patris etc>»
(Lib. H, cap. V.
(3) «Quia baptismus idest salutis aqua non est salutis nisi Giri*
sti nomine consecrata^ qui pro nobis sanguinem fudit, cruce ipsius
aqua signatur» (San Aug. Lib. VI De Bapt contra Donatistas). Al­
tre citazioni numerose vedi presso NataL Aler. Theol. dogm.
et moraL lib. II. De Baptismo, C. I., art 2, regula 3.
(4) De Bctptismo, Cap. XIX.
22 Capo l

dettata da G. C. quantunque qua e là si aggiungesse


qualche parola/ a spiegazione degli effetti del Battesi­
mo. Così il Messale gotico ha la forinola: «Baptizo
te N. in nomine Patris et Filii et Sp. S. in remissio­
nem peccatórum, ut habeas vitam aetemam». Nel gal­
licano antico: «Baptizo te credentem aeterna saecu­
la saeculorum». I greci usano ancora una formula
dichiarativa: «Baptizatur servus Dei AL. in nomine
Patris, et Filii et Sp. S. Amen». (1). Gli eretici anche
nella formula del battesimo cercarono sempre di in­
nestare i loro errori e spesso la alterarono total­
mente (2).
11 modo poi di applicare la materia al soggetto an­
che presso gli antichi fu triplice, cioè per immersio­
ne, per effusione, per aspersione. Il primo è certo il
più antico ed anticamente il più comune. Lo ricordano
Tertulliano (3), Fautore della celeste Gerarchia (4),
S. Gregorio Nazianzeno (5) e S. Gerolamo, il quale
ultimo contro i Luciferiani ricorda la immersione
che si fa nel battesimo come pratica apostolica (6).
Quantunque ili rito d’immersione sia il più antico e
generale, fu spesso però anche adoperato Veffusione;
così per gli infermi o clinici ed in caso di necessità,
o mancando la necessaria quantità d'acqua. Onde
Strabone scriveva: «Notandum autem non solum123456

(1) Apud Catalanum, 0. c. Comment. in TU. II. n. 8.


(2) Catalanus, I. c. Cfr. pure Martene, De Antiquis Ecclésiae
ritibus. Lib. I. oap. I, art Cfr. Manuale Voi. I, n. 30.
(3) Tertull. adv. Praxeam. Cap. XXVI; de coron. mil. Cap. Ili
(4) De coelésti hierarch., cap. 0 .
(5) Orat• catech., cap. XXXV.
(6) Cfr. Catech. Come. Trid. P. II. De Sacram n. 17.
Del Battesimo 23

mergendo, verum ethm desuper fundendo multos


fuisse baptizatos, et adhuc posse ita baptizari, si ne­
cessitas sit, sicut in passione B. Laurenti quemdam,
urceo allato, legimus bapùzatum. Hoc etiam sidet e-
venire cuni provectiorum granditas corporum in mi­
noribus vasis hominem tingi non patitur» (1). Talo­
ra si usava l’immersione e l’effusione insieme, come
si pratica presso i Greci (2). Nella Chiesa latina do­
po ili secolo decimo andò! scomparendo il rito dell’im­
mersione e prevalse quello dell’effusione, come quel­
lo che pei bambini è) più comodo e fors’anche piùi si­
curo (3) e per gli adulti provvede meglio alla mo­
destia. La terza forma non fu mai adoperata nella so­
lennità della Chiesa, ma solo in caso di necessità.
In qualunque modo si facesse l’abluzione, questa
era trina, ossia si bagnava il corpo del battezzando
tre volte e gli stessi testimoni! che si recano per l’an­
tichità delFimmersione valgono a provare che
si faceva tre volte all’invocazionei delle tre persone
della SS. Trinità. I primi ad introdurre Tunica a*
bluzione pare siano stati gli eretici eunomiani, onde il
can. 50 apostolico deponei il ministro che la usa (4).
Però S. Gregorio Magno (5) la permise agli Spagnuo-
li, per ragione degli ariani che dalla trina abluzione
usata dalla Chiesa, pretendevano trovare appoggio ai12345

(1) Walfr- Strabone, De Rebus Ecdes. cap. XXVI.


(2) Qfr. S. Thom. p. IH. q. 66 a 7.
(3) Anche dove ancora è in uso l’mimersione dei bambini non
si fa che far loro toccar l’àcqua del sacro fonte col capo.
(4) Presso S. Thom. p. IH. p. 66. q. a. 8-
(5) Gpist. a S. Leandro.
24 Capo 1

loro errori, e fu approvata dal Cone. IV di Toledo


(i).

9. Ministro e Padrini.
1) Nei primi secoli, quando specialmente vigeva
il costume di battezzare solennemente gli adulti in
tempi determinati, al solo Vescovo spettava il diritto
di amministrare il Battesimo. Ce ne fanno testimo­
nianza Tertulliano (2), S. Ignazio M. (3), S. Gero­
lamo (4) e San Paolino nell’elogio1che fa di S. Am­
brogio. Aiutavano il Vescovo nel sacro rito i sacerdo­
ti ed i diaconi, in occasioni straordinarie. Quando la
cura d’anime venne demandata ai parroci, cd alle
chiese parrocchiali venne concesso! il fonte battesima­
le, ad essi passò pure il diritto di amministrare il Bat­
tesimo. l'diaconi non poterono mai battezzare senza
speciale delegazione del Vescovo o dei Parroci. Talo­
ra fu anche permesso ai chierici inferiori, non mai
alle diaconesse (5).
2) Fino dai tempi apostolici nel Battesimo furono12345

(1) Il Can. conciliare è riferito e spiegato da S. Tom. L c.


(2) «Dandi' quidem ihabet ius summus Sacérdos, qui est Epi­
scopus» Tertull. d. Rapt. c. XVII.
(3) «Non esse licitum sine Episcopo baptizare, neque agapes
facere» S. Ignat. Antioch. ad Smimen. Epist.
(4) «Unde venit ut sine Episcopi jussione neque presbyter ne­
que diaconus ius habeat baptizandi» S. Heronym. adv. Lucifer.
(5) Non permittitur mulieri in Ecclesia loqui, nec tingere»
De Vel. Virgin. Così Tertulliano, il quale altrove riprende quelle
procaci che «audent docere, contendere, exorcimus agere, curatio­
nes repromittere, forsitan et tingere». De praescrip. c. 4)0. S’inten­
de sempre il battesimo dato in Chiesa in forma solenne.
Del Battesimo 25

adoperati i padrini, chiamati: Susceptores, Sponso-


res, Fidejussores, Offerentes, Patres (spirituales)
Compatres, nomi che abbastanza rivelano il loro uf­
ficio. Dopo il secolo ottavo si chiamavano comune­
mente patrini, così, detti la prima volta nel Concilio
di Calcutta. Di questa istituzione ecclesiastica parla­
no Tertulliano (1), S. Cirillo Alessandrino (2), e
l’autore della Gerarchia (3). I loro doveri sono già
ricordati da S. Agostino in una Omelia ai neofiti:
«Vosi ante omnes tam mulieres quam viros, qui filios
in baptismo suscepisti, moneo ut cognoscatis fidejus­
sores apud Deum extiUsse pro illis, quos visi estis de
sacro fonte suscipere, ideoque semper eos admonete,
ut castitatem^ custodiant, justitiam diligant, caritatem
teneant, etc». Per le donne a questo ufficio erano as­
sunte le diaconesse o altre donne (4). Quanto al nu­
mero anticamente era uno solo (diacono o diacones­
sa), come appare dal libro delle Costituzioni apostoli­
che. Nel secolo ottavo e nono ne troviamo già pa­
recchi, riprovati però dei Concilii (5). Nel secolo de.
cimoterzo si permise che tre padrini assistessero a
ciascun battezzato, purché due fossero del medesi­
mo sesso' del battezzato. D Concilio di Trento pre-12345

(1) De baptismo c. 18.


(2) In Iob. cap. XH.
(3) Presso S. Tommaso p. IH. q. 68. a 7.
(4) ConciL Niceno can. 32.
(5) Conc. di Metz a. 888. Cap. VI.
26 Capo l

scrisse che si usasse un padrino od una madrina per


ciascuno, od al più un padrino ed una madrina in*
sieme (1).
10. Tempo e luogo in cui si amministrava.
Due erano i tempi dell’anno nei quali si ammini­
strava solennemente il Battesimo'nella Chiesa roma­
na, cioè la vigilia di Pasqua e/ quella di Pentecoste.
Ne fanno chiarissima prova gli scrittori ecclesiastici
Tertulliano (2), S. Gerolamo (3), i decreti dei SS.
Pontefici Siricio (4),( S. Leone M. (5), Gelasio (6),
e di molti Concilii (7). I greci io conferivano anche
nell’Epifania, a ricordanza del Battesimo di G. C. Li i-
mitarono i vescovi) dell’Asia e di Sicilia, ripresi poi,
questi ultimi, dal Pontefice S. Leone I. Nella Gallia
lo si amministrò, oltre ai tre predetti giorni, anche
nella festa di S. Giovanni Battista e del S. Natale.
Dilatatasi in tutto il mondo la religione cattolica,
distrutto il paganesimo, santificata la famiglia, dive­
nuto per conseguenza, più raro il caso del Battesimo
degli adulti, quasi ordinario quello dei bambini, quel-1234567
(1) La ragione è data dal Catech. Rom.: «tum quia disciplinae
atque istitutionis ordo a multitudine magistrorum perturbari poterat
tum quia oportebat ne inter plures huiusmodi affinillates coniungen-
tur, quae impedirent quominus legitimo matrimonii vinculo, homi*
num inter hómines societates latius diffunderetur» (De bapt 30).
(2) De Baptismo. Gap. XIX.
(3) Epist. ad Painmachium.
(4) 'Lettera ad Imerio di Terragona, nella quale il Santo- rim*
proverà il costume di battezzare anche al Natale e all’Epifania.
(5) Lettera ai Vescovi di Sicilia che battezzavano anche allT-
pifania contro l’uso Romano.
(6) Ai vescovi di Lucania raccomanda di attenersi alla pratica
di Roma, tranne nei casi di necessità.
(7) Più di undici concili ne parlarono dai primi secoli fino
al secolo XI.
Del Battesimo 27

la pratica gradatamente scomparve e dopo il secolo


decimoterzo non fu più osservata; anzi si trovano
Concilii che ordinano che i bambini siano portati al
più presto alla Chiesa, per ricevere il Battesimo. Un
avanzo di essa si ha nella benedizione del sacro Fon
te che si fa al Sabato santo ed alla Vigilia di Penteco­
ste, defila quale fa parte, quando occorre, l’ammini­
strazione del Battesimo.
Nei tempi apostolici quando numerosi popoli si
convertivano alla fede, come non si aveva epoca fis­
sa così non vi era luogo determinato per* il Battesi­
mo; si battezzavano ove si trovava acqua (1). Il Gior­
dano era il fiume! prediletto per il Battesimo* e ad eg­
eo traevano numerosi i popoli per essere hattezzati
in quelle onde santificate da G. C. Ivi, a detta di S.
Gerolamo,, vi era un luogo detto Bethabaara, ove nel
fiume era piantata una croce e nel' dì delFEpifania
il Vescovo, benedetta l’acqua battezzava. Durante le
persecuzioni si battezzava anche nelle carceri, nelle
case private. — Data le pace alla Chiesa da Costan­
tino, si incominciò a costituire in diversi luoghi de­
gli edifici speciali detti Baptisteria, Illuminatoria, spe­
cialmente destinati all*amministrazione del Battesi­
mo. Sorgevano essi fuori della chiesa, od entro di es ­
sa, e avevano nel centro la vasca a cui si discendeva1

(1) S. Giustino M. Apoi. 2. ad Antonium: Tertull. de Ba


cap. IX.
28 Capo I

e da cui si risaliva per gradini (1). In origine sola­


mente la cattedrali aveva il battisterio ; più tardi ven­
ne concesso anche ad altre chiese. Ma rimase sem­
pre regola stabile che solamente in chiesa, al sacro
Fonte, si dovesse amministrare solennemente il Bat­
tesimo.

11. Riti che precedevano, accompagnavano e


seguivano l’amministrazione del Battesimo.
A) Riti che precedevano. Coloro che nei primi se­
coli si convertivano, dal giudaismo o dal paganesimo,
alla religione cristiana, prima di ricevere i Sacramen­
ti, dovevano istruirsi nella fede e disporsi a ricevere
il Battesimo, quindi si chiamavano catecumeni, cioè
discepoli uditori. Questi generalmente si dividevano
in due classi : audienti e competenti (2) ; i primi era­
no ammessi alla prima parte del sacrificio della Mes­
sa (detta dei Catecumeni), ascoltavano la parola del
Vescovo, la illettura della S. Scrittura nella chiesa,
quindi venivano congedati (3) ; i secondi, detti anche
eletti, erano quelli già designati dal1Vescovo e rico­
nosciuti idonei a ricevere il Battesimo (4). Prima1234

(1) Di essi si tratta ampiamente nel Manuale p e r lo studio d e l­


l ’A rte Sacra del Can. lacob. tradotto in italiano e stampato dalla
Tip. Artigianelli di Pavia.
(2) S. Isidoro, d e diy- O ffic . c. 20, 1; Trombelli, T ract. d e
bapt. dis- 5. C. V.
(3) Const. Apost Lib. 8, cap. V. S. Leand. Lugdun. ad Caro,
lum Imp. opnd- Marlene-
(4) 'Dai greci' detti illum inandi , baptizandi , spesso erano anche
detti fid eles o christiam-, S. Aug. Sem. 228 «jam materna viscera, ut
nascerentur, pulsabant».
Del Battesimo 29

adunque di essere ammessi al Battesimo venivano de­


signati col segno di crocei sulla fronte e sul nuore,
si imponevano ad essi le mani, quindi entravano fra i
catecumeni (1). Allora venivano affidati! ad un mae­
stro che li istruissi nella religione cristiana; ed in
queste parti si resero celebri' le scuole di Alessandria,
di Eraclea ed altre. Ai catecumeni però non veniva­
no rivelati i più alti Misteri della fede, per timore
che alcuno, tornando al paganesimo, li svelasse agli
infedeli; ciò costituiva in parte la disciplina delVar­
cano (2 ).
La durata del catecumenato non era determinata
da leggi generali; essa'era lasciata all giudizio del Ve­
scovo e si poteva^ estendere ad anni o restringere a
pochi mesi. Alcuni poi protraevano questo tempo per
meglio prepararsi al Battesimo. Durante questo, era­
no loro imposti doveri da compiere in casa ed in chie­
sa. Nella casa dovevano attendere alla; preghiera, alla
mortificazione, alle opere di misericordia. Doveva­
no intervenire assidui alle sacre funzioni, alle lezioni
scritturali, all’omelia del Vescovo dopo la quale, ri­
cevuta la benedizione, all’invito del Diacono: «Ite,
Cathecumeni, in pace», uscivano dalla chiesa. Avvi­
cinandosi il tempo del Battesimo dovevano accresce­
re le buone opere, davano il nome con cui volevano
essere chiamati, che veniva iscritto nelle tavole (3).123

(1) S. Aug. Tract. XI in J o a n n d e catechiz. rud c. 26.


(2) Cfr. Schelstnite, Dissert, de disciplina. Romae 1685.
(3) Epi9t. Siricii ad Himer. Tarracon.
30 Capo I

Alcuni facevano anche la confessione dei peccati (1).


Quindi si facevano gli scrutimi, per scegliere i degni
del Battesimo: seguivano esorcismi ed insufflazioni
(2) con cui si liberavano- dalla potestà di satana. In
alcuni luoghi! si dava anche ad essi da gustare il sale,
s’aspergevano di cenere,, si toccavano colla saliva. Al­
lora venivano istruiti anche nei misteri della fede,
si insegnava ^Orazione domenicale ed il Simbolo, che
veniva ad essi consegnato con rito solenne (3) ma non
potevano recitarlo pubblicamente.
B) Riti che accompagnavano iì Battesimo. Alla v
gilia del giorno solenne in cui dovevano ricevere il
Battesimo, i competenti si raccoglievano nel baptiste~
rium, assistevano alla solenne benedizione del 6acro
Fonte, quindi, alle richieste dei ministri, facevano le
rinuncie, stando rivolti verso occidente (4). Rivoltisi
quindi verso oriente, facevano^ solenne promessa di
servire a Gesù Cristo, e recitavano il Simbolo o per
essi (impotenti) si recitava dai padrini (5). Si unge­
vano col sacro Olio sulle spalle e sul petto. Dopo ciò
scendevano nel sacro Fonte, il Vescovo od altro mi­
nistro del Battesimo,} li immergeva tre volte nell’ac-12345

(1) Tertull. de Bapt. c. XX; S. Greg. Nazian. Sera». 40; S.


CyriÙ. Hierosol. Catech. 1; Eusebiu®, Vita Costantini M. lib. IV
c. 61; S. Jo. Chrisost. hom. X in Matth.
(2) S. Aug. lib. Il de Symb. ad Cathecumen. cap. 1; Cfr. S.
Tommaso, p. IIL q. VH, a 2.
(3) Nella domenica di' Passione, delle Palme, al venerdì santo,
secondo il costume delle chiese particolari.
(4) S. Cyrill. Hierosol. Catech. Mystagog. I; Tertullianus, de
corona c. Ili; S. Basilius, de Sp. S. cap. XXVTL
(5) S. August. lib. 7, de bapt. cap. XXIV.
Del Battesimo 31

qua. Usciti dal Fonte, erano ricevuti] gli uomini dai


diaconi, le donne dalle diaconesse, che lì asciugavano
con panni.
C) Riti che seguivano. Usciti dal Sacro Fonte, il Mi­
nistro del Battesimo ungeva loro i piedi ed il' vertice
del capo ; il Vescovo li segnava; in fronte, dando loro
immediatamente il Sacramento della Confermazione.
Quindi si vestivano di bianche vesti, simbolo dell’in­
nocenza ricuperata, che portavano per tutta l’ottava.
Si dava loro in mano una candela accesa : in alcuni
luoghi si dava loro a gustare latte e miele, a significa­
re ch’erano stati introdotti nella mistica Terra pro­
messa. Quindi il Vescovo, concludeva la funzione col­
la celebrazione della 'Messa solenne, nella quale co-
municava i neofiti (1). Questi per otto giorni succes­
sivi al Battesimo, dovevano astenersi dagli spettacoli
e dai piaceri mondani, intervenire alla chiesa, assi­
stere alle omelie del Vescovo, che spiegava loro le ce­
rimonie del Battesimo, i doveri della vita cristiana e
svelava1gli arcani fino all'ora tenuti nascosti, e final­
mente all’ottavo giorno, deposta la bianca veste, ve­
nivano annumerati trai i fedeli (2).
Di questo antico e glorioso rito, molte costì si pos­
sono facilmente riscontrar© nell’ordine del Battesimo12

(1) S. Jo. Crisost. hom. 6 in Colossens.


(2) Tale rimase fino al secolo XII e lo stesso Rituale, sulla
fine del Battesimo degli adulti, osserva che se si può celebrare
la Messa dopo l’amministrazione del Battesimo, in essa si comu­
nica il neofita.
32 Capo 1

dei bambini e specialmente degli adulti, quali ce lì


presenta, anche attualmente, il Rituale (1).

§ II. - ATTUALE DISCIPLINA CIRCA IL BATTESIMO.

12. Materia del Battesimo • Formula ■ Ministro.


Materia del Battesimo solenne (ossia conferito in
chiesa dal ministro sacro), è Inacqua solennemente be-
nedetta nella vigilia) di Pasqua e di Pentecoste (c.
757). Anche quando si amministrasse il' Battesimo,
in caso di necessità, fuori della chiesa, il ministro sa­
cro (sacerdote, diacono) deve usare (se può) Facqua
del sacro fonte, la quale) poi dev’essere riportata alla
chiesa e versata nel sacrario (2). L’acqua del sacro
Fonte sh deve conservare nitida e pura, per rispetto
al Sacramento e perchè non rechi danno al battezza­
to e nausea agli astanti (3). Quindi: a) ogni volta che
si benedice nuovamente il sacro1Fonte si deve toglie­
re l’antica, versarla nel sacrario, quindi lavare e ri­
pulire bene la vasca (4) e versarvi nuova acqua lim­
pida e pura,; da benedirsi; b) quando alla superflue
della nuova acqua consacrata, o’in aderenza alla va­

ti) Per uno studilo più profondo del rito antico del Battesi­
mo si possono consultare le recenti opere: Corblit «Histoire dog-
matique, liturgique el archéologique dn Sacrament du Baptème»
Paris, 1881-1883; Chris. Mayer. Kempten, 1887; G. ProbsL Breslau,
1384.
(2) Rit. Rom. Il, cap. I, n. 3-4; Baruffaldi, Commenti al Ri­
tuale, tit. II, n. 61.
(3) De Herdit, III, n. 149: Baruffaldi, tit. IV, n. 61.
(4) Questa operazione, non occorre dirlo, spetta ad un Sacer­
dote o ad altro ministro in sacris.
Del Battesimo 33

sca, vi fossero delle goccie d’olio raggrumato e spe­


cialmente mescolate a polvere, conviene filtrare to­
sto} l’acqua con apposito staccio e versare le materie
corrotte nel sacrario; c) quando venisse a diminuire,
se ne può aggiùngere altra non consacrata, in minor
quantità; d) l’acqua che si versa sul capo del bambi­
no non va versata nuovamente nel sacro Fonte, ma
nel Sacrario ; e) qualora fosse corrotta, la si versa nel
sacrario; si benedice altra acqua con la formula
speciale che si trova nel Rituale ; /) quando d’inverno
è gelata bisogna farla liquefare; se troppo fredda si
deve far riscaldare altra non consacrata mescolarla
in piccola quantità a quella della fonte, entro un vaso
a ciò preparato, e così* intiepidita, usarla pel Batte­
simo (1) (Cfr. Can. 757).
La formula del Battesimo è a tutti nota; ad essa
non si deve aggiungere 1^Amen, perchè manca nel Ri­
tuale romano, nè si trova nell’Istruzione di Eugenio
IX per gli Armeni e nel Tridentino, e la S. C. dei
Riti prescrisse' di osservare il Rituale (2). Tale for­
mula si deve pronunciare nello stesso tempo in cui si
versa l’acqua per tre volte sul capo in forma di cro­
ce: «semel tantum, distincte et attente» e precisa-
mente al primo versar l’acqua si dice : /V. Ego te ba­
ptizo in nomine Patris» alla seconda volta in cui si
versa l’acqua «et FiUi» alla terza «et Spiritus Sancti».
— Quando si dovesse battezzare sotto condizione, os­
sia quando, fatta una diligente investigazione, rimane12

(1) Rit. Rom. 1. c. n. 5-7.


(2) S. C. R. 9 giugno 1853 n. 5188-3014, 2.
84 Capo l

dubbio se alcuno sia stato battezzato veramente, ed in


caso d| necessità, si battezza colla formula condizio­
nata, come nota il Rituale (1).
Il Ministro ordinario del Battesimo solenne è il
Parroco o altro sacerdote che ha licenza dal Parroco
o dairOrdinario, la quale licenza in caso di ne­
cessità si presume (Cod. c. 738).
Ministro straordinario del Battesimo solenne è il
Diacono, con licenza del Parroco o dell’Ordinario,
la quale si deve dare per giusta causa, e in■ caso di
urgente necessità 6Ì presume (c. 741) ; ma il Diacono
non può benedire il sale (2).
11 Battesimo non solenne (can. 759, 1) si può am­
ministrare da chiunque, servata debita materia, for­
ma et intentione. Se è possibile si devono aver presen­
ti due testimoni o almeno uno per poter provare il
conferimento del Battesimo.
Se vi è presente un Sacerdote si preferisce al Dia­
cono, questo al Suddiacono, un chierico ad un laico,
un uomo ad una donna, nisi pudoris gratia deceat fe­
minam potius, quam virum baptizare, nisi vel femi­
na noverit melius formam et modum baptizandi (c.
742, 1, 2).
Soggetto capace del Battesimo è ogni uomo non
ancora battezzato. Il' Codice tratta distesamente que­
sto punto e ad esso rimandiamo (can. 745-756).12

(1) Nei oasi poi più dubbi converrà interrogare i Superiori.


Di qui la necessità di istruire la levatrice circa il modo di dare il
battesimo ai bambini e di fare ad essa un accurato esame Ogni voi.
ta che lo ha dato privatamente. Rit Rom. 1. c. n. 13 (can. 743).
(2) S. C. R. n. 3648.
Del Battesimo 35

13. Padrini
Prima del Battesimo il Parroco deve sapere chi
fa in esso da padrino o da madrina, per non ammet­
terne oltre il numero ed escludere gli indegni od in­
capaci. Pel Battesimo si deve usare un solo padrino,
uomo o donna, od al più due, cioè un uomo ed una
donna; non si possono ammettere due uomini o due
donne (can. 764).
Se si può si usa il Padrino anche nel Battesimo
privato e se non si ebbe lo si procura quando si
suppliscono le solenni cerimonie in chiesa; in que­
sto caso non si contrae cognazione spirituale (c. 762).
Se è possibile si usa il medesimo padrino nel suppli­
re le cerimonie che 6Ì è usato nel battesimo privato.
Nel battesimo condizionato, eccetto il caso suddetto,
il Padrino non è necessario (c. 763).
Perchè uno sia padrino è necessario: che a) sia
battezzato, abbia l’uso della ragione e l’intenzione di
compiere tallej ufficio; b) non sia eretico, scomunica'
to, infame o chierico deposto ; c) non padre, o madre
o coniuge del battezzando) d) designato dal battezan-
do, dai parenti o dal Ministro ; che per sè o per pro­
curatore tenga fisicamente, o tocchi o levi il battez­
zando dal sacro fonte, almeno toccandogli le mani.
Perchè sia ammesso lecitamente deve: a) aver
compiuto il 14.o anno d’età, se altrimenti non si giu­
dica dal Ministro per giusta causa) b) che non sia
per delitto notorio scomunicato od escluso dagli atti
legittimi, o giuridicamente infame, interdetto, crimi­
noso o infame di fatto ; c) conosca i rudimenti della
36 Capo l

fede; d) non novizio o professo religioso senza licen­


za del suo superiore ; e) non iniziato negliii Ordini sa­
cri,'senza licenza del proprio Ordinario (c. 765-
766).

14. Tempo e luogo di amministrarlo.


Quantunque il Battesimo si possa amministrare
in ogni tempo, specialmente quando urge la necessi­
tà' due sono specialmente le occasioni solenni di am­
ministrarlo, cioè la vigilia di Pasqua e di Pentecoste,
nelle quali si consacra solennemente il sacro Fonte,
ciò che si deve possibilmente osservare nel Battesimo
degli adulti (1). Anche il Cerimoniale dei Vescovi
vuole che nella settimana precedente la Pasqua e la
Pentecoste non si amministri il Battesimo, fuori di
necessità, per riservarlo alle vigilie (2). Fuori que­
sti' due tempi è desiderio della1Chiesa che i bambini
vengano battezzati al più presto (can. 770), per
pericolo della vita e perchè più presto abbiano da
partecipare alla grazia ed| ai diritti dei figli di Dio.
Il luogo del Battesimo solenne è la Chiesa od o-
ratorio pubblico, ove è il Fonte battesimale o nel
Battistero vicino alla Chiesa* Quindi, tranne il caso
di necessità, non è lecito amministrare il Battesimo
in luoghi privati, per poi recarsi alla Chiesa a sup­
plire le cerimonie (3). Il luogo prossimo poi è il123

(1) Rit Rom. 27 (Can. 772).


(2) Caerem -Ep. lih. II. cap. 27 n. 18.
(3) Tale necessità vi è nei luoghi di missioni, ove è anche per*
messo di battezzare nelle case col rito solenne. S. C. 4 febbr. 1871,
Del Battesimo 37

battistero, in cui è il sacro Fonte. Tutte le chiese par­


rocchiali (salvo diritto cumulativo con altre Chie­
se) possono avere il sacro Fonte (1). Il Vescovo lo
può concederei anche alle chiese filiali (2) : se la
cattedrale non è anche parrocchia per sè non può
avere il sacro Fonte (3). Esso deve essere costruito
vicino alla porta della chiesa, mondo, ed ornato del­
l’immagine di San Giovanni Battista, o della colom­
ba, simbolo dello Spirito Santo. Il sacro Fonte o
bacino dev’essere di materia solida (Marmo o cemen­
to), impermeabile; se è di rame o di metallo facile
ad irrugginire, deve essere stagnato all’interno. La va­
sca può essere divisa in due parti, delle quali una ser­
ve per contenere l’acqua, l’altra è vuota ed ha sul
fondo un orifizio per condur via l’acqua usata pel
Battesimo. La parte che contiene, l’acqua deve essere
coperta con unaì lastra metallica che si adatti bene al
labbro e da una parte fissa a cerniera od anche con
linguette metalliche onde impedire che vi penetri la
polvere. La vasca può essere anche doppia, una su-

n. 3469-3231 ad 3. Si fa ancora eccezione pei principi quoties ipsi


id rite depoposcerint (ab Ordinario) dummodo id fiat in sacello
domus aut alio decenti loco, et acqua bapti&mali de more benedic­
ta» (Rit. Rem. 1. c. n. 44). In caso che vi sia pericolo nel portar­
lo alla chiesa, il Vescovo in via straordinaria può permettere che
si battezzi solennemente in ca6a dal Parroco o da altro Sacerdote
(S. C. de discipl. Sacr., 22 lugl. 1925).12
(1) Acta S. Sedis, Voi. XI, foL 241, V; Can. 774, I.
(2) Ibid. Voi. VII, fol. 560 e seq.; Can. 774, 2.
(a) S. C. R. 31 agosto 1872 n. 3272: Cfr. De Herdt, DI, 151.
Se non ai può portare il bambino alla Chiesa parrocchiale ove
vi c il fonte, il Parroco può amministrare il Battesimo anche in
oratori ove non è 0 sacro Fonte (can. 775).
38 Capo I

periore che contiene l’acqua e l’altra inferiore più


ampia,; libera a raccogliere l’acqua che scorre sul ca­
po del bambino. Sulla vasca si innalza il tamburo di
legno ben' fisso, sormontato da una croce. Esso si a-
pre nella parte anteriore e nell’interno può essere
diviso da un diaframma su cui si ponno collocare le
cose che occorrono nel Battesimo. Tutto Finteriao de­
v’essere rivestito di seta o di altra stoffa
/ bianca ed
all’esterno addobbato di tendine bianche, pulite. TI
tamburo dev’essere chiuso a chiave, custodita dal par­
roco; e lo spazio che contiene il sacro Fonte mu­
nito da forti cancelli, pure chiusi a chiave. Se la va­
sca non è doppia e non contiene già il sacrario, que­
sto si deve praticare in una parete o nel pavimento
del battistero ; anche il sacrario praticato nella pare­
te dev’essere chiuso da porticina con chiave.
L’amministrazione del Battesimo fuori del Santo
Fonte a Battistero od a un altare ornato a festa e
dedicato ad un santo a cui si ha devozione, si lascia
al prudente giudizio del Vescovo (1).

15. Olii sacri e sale.


Nel Battesimo occorrono diverse unzioni coi sacri
Olii e precisamente coll’OZio dei Catecumeni e col
sacro Crisma. Questi devono essere benedetti dal Ve­
scovo il Giovedì santo: quindi dev’essere cura del
Parroco il procurarsi il nuovo Olio prima della be­
nedizione del sacro Fonte da farsi al Sabato santo.1

(1) S. C. R. n. 2625, I.
Del Battesimo 39

«Parochus curet, ut Presbyter vel Clericus si possibi­


le sit in sacris constitutus, nova Olea sacra recipiat.
Quod si aliquod adhuc extat impedimentum, Hem Pa­
rochus vel per se vel per alium sacerdotem benedicat
Fontem sine sacrorum Oleorum infusione, quae pri­
vatim opportuno1tempore fiet: nisi aliquem baptiza­
re debeat : tunc enim in ipsa benedictione solemni ve­
tera Olea infundat» (1). Avuti i nuovi si devono bru­
ciare nella lampada del SS. Sacramento quelli vecchi
che sono nelle ampolle; quelli dei vasetti si abbrucia­
no colla bambagia, e la cenere si versa nel sacrario.
Qualóra l’Olio benedetto venisse a mancare e non se
ne potesse avere, se ne può aggiungere altro uon be­
nedetto, ma in quantità minore (2).
Il sale che s’usa nel Battesimo dev’essere benedet­
to colla formula speciale che si trova nel rituale (ri­
to di amministrare il Battesimo), nè può servire il
sale esorcizzato per l’acqua benedetta. *

16. Cose da prepararsi.


Per l’amministrazione del Battesimo si devono pre­
parare :
a) i vasi contenenti l’Olio dei Catecumeni ed il
S. Crisma;
b) il vaso col sale da benedirsi o già benedetto;
c) il vaso (cucchiaio, tazza, orciuolo) d’argento o>12

(1) S. C. R. 31 gennaio 1896 num. 3872. Cfr. Cod. 734*735.


(2) Rom. Tic V. cap. I, n. I, n. 3. S. C. R. 7 die. 1844,
n. 2883, 3.
40 Capo I

d’altro metallo nitido, per versar l’acqua sul capo del


battezzando ;
d) un catino d’acqua o bacile per ricevere l’acqua
che scorre del capo, se pure non c’è il sacrario unito
al Fonte;
e) la bambagia, o altra materia simile, per astergere
le dita del ministro e i luoghi unti del battezzando ;
/) due stole, una bianca e l’altra violacea, od anche
una stola bicolore, cioè violacea1da una parte e bian­
ca dell’altra, da voltarsi quando lo vuole il rito ( 1 ) ;
gf, alcune fettuccie di pane e il vaso per lavar le
mani dopo il Battesimo, un manutergio per asciugar­
le;
h) una veste bianca, conveniente e pulita, da mette­
re sul battezzato od almeno un pannolino bianco,
se questo non è portato dai parenti;
i) una candela da consegnare accesa al neofito ;
l) il libro Rituale.
Tutte queste cose si possono preparare su di una
mensa o credenza, entro o> fuori del luogo, ove tro­
vasi il sacro Fonte, che può essere anche ornato con
lumi accesi (2) e fiori.

17. Rito con cui si amministra ai bambini.


R rito del Battesimo dei bambini è ampliamente
esposto dal Rituale e non occorre qui ripeterlo : solo12

(1) S. C R 28 marzo 1859 n. 3086, VII.


(2) S. C. R 16 luglio 1757, n. 2445, 7.
Del Battesimo 41

accenneremo alcune osservazioni pratiche circa il mo­


do di fare ciò che il Rituale prescrive.
1. Il nome da imporsi dev’essere quello di un San­
to, e quando si vogliono! altri nomi si deve aggiunse*
re anche quello di uri Santo da scriversi cogli altri
nei registri (c. 777). I nomi delle persone pubblica­
mente nemiche alla chiesa non 6Ì devono imporre nel
Battesimo.
Se son parecchi nomi si pronunciano tutti la pri ­
ma volta; per le altre volte bastdf ripetere il primo
od uno di essi (1).
2. Secondo il sesso del bambino si cambia il gene­
re degli aggettivi, pronomi ecc. in tutte le preghiere
ed esorcismi, come accenna il Rituale al n. 3 Exi ab
eo (vel ab ea) (2).
3. Le interrogazioni che si fanno, ed alle quali ri­
spondono i padrini, si devono fare in latino, non in
lingua volgare, dove non vi è consuetudine (3).
4. Le insufflazioni si devono fare a labbra alquan­
to chiuse e non quasi alitando ; non è prescritto che
si facciano in modo di croce.
5. Il sale si mette in bocca al bambino in piccolis­
sima quantità, basta anche un minimo granello (4).
Quando uri diacono dà il Battesimo il sale deve es­
sere benedetto da un Sacerdote.1234

(1) Martinucci, Manual. SS. Caeremon. libro 4, cap. 1.


(2) S. C. R. 13 luglio 1883 n. 3582.
(3) S. R. Inquisii 23 agosto 1880.
(4) Baruffaldi n. 20.
42 Capo I

7. Si impone la parte sinistra della stola in modo


che il sacerdote che si muove sia alla destra.
8. Il Simbolo ed il Pater noster si devono recitare
dal ministro in latino, gli altri li possono recitare in
lingua volgare (1).
9. Toccando colla saliva le orecchie, le narici, si
usa il pollice della mano destra, senza fare segni di
croce (2).
Le unzioni coll’olio dei catecumeni si fanno col
pollice, sul petto e tra le scapole, in modo di croce
recitando un’unica formula ; quindi si astergono colila
bambagia il luoghi unti ; non si può per le unzioni u-
sare uno strumento tranne il caso di necessità (3).
11. I padrini devono toccare fisicamente il bambi­
no nell’atto in cui1viene battezzato : devono pure re­
citare il Credo e il Pater noster in latino o in volgare.
12. Il bambino si tiene nell’atto in cui viene battez­
zato, colla faccia rivolta al basso sul vaso (che de­
ve raccogliere l’acqua) sostenuto da un ministro.
. 13. La formola del Battesimo si deve recitare co­
me sta nel Rituale, senza aggiungervi Amen, che nel
Rituale non si trova (4). Se il capo del bambino è
coperto di capelli, il sacerdote colla sinistra li divi­
de in modo che l’acqua tocchi la testa o scorra sulla
fronte; quindi gli asciuga leggermente il capo con
pannolino a ciò' specialmente destinato.1234

(1) S. C. R. 30 die. 1881, n. 3535, X.


(2) Id. sett. 1875 n. 3366, HI.
(3) S. C. R. 12 luglio ÌDOI, VHI.
(4) S. C. R. n. 3014, 2.
Del Battesimo 4S

14. L’unzione col Crisma si deve fare in forma di


croce sul vertice o sommità del capo, non sulla fron*
te e dopo di essa si deve astergere il pollice e il luo­
go unto.
15. La veste bianca si métte sul corpo del bambino,
la candela accesa si dà in mano al padrino od alla
madrina.
16. In‘ fine il sacerdote lava le mani e versa l’ac­
qua nel sacrario. Abbrucia pure la bambagia adopera
ta e versa le ceneri nel sacrario.
Occorrendo di battezzare più bambini insieme si
mettono i maschi alla destra e le femmine alla sini­
stra. Si recitano le orazioni ed esorcismi in numero
plurale. Però la prima interrogazione, la insuffla­
zione, la designazione colle croci, il contatto colla sa-
liva, le rinuncie, le unzioni, le interrogazioni sulla
fede ed il Battesimo stesso, la unzione col Crisma,
rimposizione della veste e la tradizione della cande­
la accesa si devono fare singolarmente, per ciascuno,
prima ai maschi e poi alle femmine.
Qualora il bambino versasse in imminente perico­
lo di morte se esso trovasi già in chiesa si omettono tilt,
te le cerimonie precedenti l’abluzione si fa tosto que­
sta e le cerimonie susseguenti se il bambino vive an­
cora (1). Se invece tale pericolo sopravviene in casa
e vi è il sacerdote che battezza, omette tutte ie ceri­
monie che precedono l’abluzione (2), usa l’acqua del12

(1) S. C R. 23 gemi. 1914.


(2) & C. R. 23 sett. 1820 n. 2607.
44 Capo 1

sacro fonte, se si può avere, altrimenti quella comune,


quindi le cerimonie che seguono l’abluzione (1). Se
però nel primo e nel secondo caso il bambino soprav­
vive, si deve portare alla chiesa e supplire le ceri­
monie omesse (Can. 759).
Il modo di supplire le cerimonie omesse nel Batte­
simo amministrato in pericolo di morte è descritto
dal Rituale al capo V. Si osserva cioè tutto il rito
del Battesimo (tranne l’abluzione) e mutando alcune
cerimonie ed esorcismi come si è detto. Tutte que­
ste cerimonie per altro si devono supplire in chiesa
e non mai fuori di essa (2). Quando si ripete) il Bat­
tesimo sub conditione si suppliscono le cerimonie o-
messe nel primo, se in esso si sono fatte si possono
anche tralasciare nel secondo (c. 760).

18* Battesimo degli adulti.


Per il Battesimo degli adulti, il cui rito è pure e-
sposto ampiamente dal Rituale noteremo:
1. Per adulti s’intendono coloro che hanno rag­
giunto l’età della ragione, cioè che hanno compiuto i
sette anni (3).
2. L’adulto dev’essere ben istruito ed esercitato nel­
le opere di pietà.
3. E Battesimo agli adulti non si conferisce senza
prima av.er interrogato il Vescovo, il quale lo jmmi-123

(1) De Herdt, DI, p. 226-227.


(2) S. C .R. 23 sett 1820, n. 2607, Can. 759.
(3) Baruffaldi Tit. XII n. 9eq.
Del Battesimo 45

nistra egli stesso o delega un Sacerdote (Can. 774).


4. L’adulto risponde egli stesso alle interrogazioni
che fa il ministro, è conveniente sia digiuno e dopo
il Battesimo assista) alla Messa e riceva la SS. Comu­
nione (Can. 753).
5. Circa il rito del Battesimo da usarsi per gli adul­
ti che si convertono al Cristianesimo dalla religione
ebraica o dal paganesimo, si deve adoperare Po:di.-re
del Battesimo degli adulti, quale si trova nel Bitualv
colle varianti segnate al n. 10 e 19 per ebrei e pa­
gani, e non si può usare quello dei bambini (2).
Per gli adulti nati in paese e da parenti cattolici
e per trascuratezza non battezzati* ma che non pro-
fessano alcuna religione si fa questione dai liturgisti,
se si debba adoperare il rito dei bambini o quello
per gli adulti. Quasi’ generalmente però, ed a ragio­
ne si ritiene, doversi usare quest’ultimo (3).
Quando si devono supplire le cerimonie, con un
adulto cattolico, validamente battezzato, ma senza il
rito solenne, si suppliscono col rito del battesimo dei
bambini (4).
Quando invece un adulto si converte dalla eresia
alla fede cattolica, si battezza sub conditione, quan­
do vi è un dubbio fondato circa la validità del Bat-1234

(1) Baruffateli. Tit. XII. n. seq.


(2) S. C .R. 9 maggio 1857 n. 3051, Tifil.
(3) Interrogata in proposito la S. C. dei Riti rispose: «Recurrat
ad S. U. Inquisitionem» (31 agosto 1057 n. 3158). La S. Inquisizio­
ne non ha ancora dato norme generali. In questi casi si ricorre
al Vescovo, che può permettere il rito dei bambini (c. 775. 1).
(4) S. C. R. 27 agosto 1836 n. 743, 3.
46 Capo I

tesimo dato da un ministro eretico e «quatenus stop-


plendae sint caerimoniae vel supplendae credantur,
ut in dubio, illae supplendae sunt, quae pro adulto-
rum baptismo sunt praescriptae». (1).

19. Spiegazione delle cerimonie del Battesimo.


Le cerimonie che la Chiesa usa nella solenne am­
ministrazione del Battesimo hanno un profondissimo
significato, e mentre eccitano il rispetto verso ili Sa­
cramento^ ne accrescono l’efficacia, disponendo l’a-
nimo a ben riceverlo frenando la potenza dei demo­
nio, istruiscono ancora in modo sensibile circa la spi­
rituale operazione che il Sacramento compie nell’ani­
ma (2). Perciò .il Tridentino vuole che i Parroci ne
conoscano e spieghino il significato ai fedeli. Accen­
neremo qui le principali cerimonie ed esporremo il
significato dato dai Padri e specialmente dal Catechi­
smo romano.
a) Il battezzando si ferma alla porta della chiesa.
perchè gravato ancora dal giogo di Satana, non gli
è permesso di entrare nella casa dei figli di Dio;
b) il sacerdote gli va incontro colla stola violacea,
quasi in segno di lutto davanti a chi è morto spiri­
tualmente;
c) gli si domanda il nome e deve essere di un San­
to perchè il neofito trovi un protettore ed avvocato
in cielo ed un modello da imitare nella vita;
d) gli si soffia tre volte in faccia, per cacciare il de­

ci) S. C. R. Decis. cit. n. 4.


(2) S. Thom. p. II. q. 66, art. 8
Del Battesimo 47

monio colla stessa potenza di Dio che usa i minimi


mezzi ad ottenere i più grandi effetti, e a simboleg­
giare la nuova vita che viene ad infondersi nelF’ani-
ma;
e) gli si fa il segna di croce sulla fronte e sul cuo
re, ad indicare che Gesù Cristo prende possesso del­
la mente e del cuore, e quindi si deve a Gesù Cristo
portar amore e per lui agire francamente; gli altri
segni di croce che si fanno sui sensi indicano che
questi si aprono e si rinforzano, per ricevere ed os­
servare i divini precetti;
/) la imposizione detta mano significa la comuni­
cazione dei doni dello Spirito Santo, la preghiera del­
la Chiesa,i il giogo soave di Gesù Cristo ed il suo do­
minio, con cui protegge il cristiano per mezzo della
Chiesa ;
g) il sale benedetto rappresenta la grazia e le sue
operazioni nell’anima. Questa infatti, come il sale,
dà ili sapore celeste^ alle buone opere, dissecca, distrug
ge i peccati e frena le passioni, monda Fanima e la
preserva dalla putredine del vizio, sana le umane in­
fermità;
h) gli esorcismi sono una professione di fede e
impetrazione che fa la Chiesa a rimuovere gli impe­
dimenti della grazia, poiché si consacra l’anima,
tempio di Dio, e si impone al demonio di non vio­
larlo ;
i) si leniscono colta saliva le orecchie e' le nari
sull’esempio di G. C., perchè si aprano ad ascolta­
48 Capo l

re la dottrina celeste, è la fragranza delle cose divi­


ne;
j) si impone la stola che è la vesto' dell’autorità,
colla quale si introduce in Chiesa;
k) si fanno rinuncie a Satana, alle sue opere, al­
le sue pompe, e si aggiunge una professione di fede,
perchè nell’evitare i peccati e nel credere con viva
fede in G. C. sta tutta là vita cristiana;
l) Yunzione sul petto coll’Olio dei Catecumeni si-
significa che la grazia guarisce le spirituali infermi­
tà e corrobora la mente e la volontà; e quella fra
le scapole indica la grazia che si riceve per resistere
ai nemici del cristiano, contro ij quali si prepara a
lottare, come forte atleta di Cristo;
m) il sacerdote indossa la stola bianca in segno
della gioia che prova la Chiesa davanti all’anima
che sta per risuscitare alla vita divina;
n) si domanda se vuol essere battezzato perchè
come l’uomo, ubbidendo volontariamente al demo­
nio, venne condannato, così volontariamente deve
rinascere alla vita;
o) nel battesimo si usa Yacqua che significa la
grazia la quale tempera il bollore delle passioni,
monda l’anima ed è principio di vita;
p) s’infonde l’acqua in forma di croce e si nomi­
nano le tre persone della SS. Trinità, perchè dalla
croce trae efficacia il battesimo e tutte e tre le divi­
ne persone concorrono alla salvezza dell’anima;
q) si unge col crisma il vèrtice del capo, a signi­
Del Battesimo 49

ficare che il cristiano è unito come membro, al capo


che è G. C,; che lo Sp. S. è disceso in lui e gli ha
comunicato i suoi doni :i che il Battesimo costituisce
il cristiano re e sacerdote, perciò deve dominare le
passioni e i nemici, ed immolarsi a Dio come ostia
pura e vivente;
r) la veste bianca significa la risurrezione spiri­
tuale operata nelFanima col Battesimo, la sua inti­
ma innocenza e bellezza, ed è ammonimento di con­
durre una vita pura dal peccato;
s) la candela accesa simboleggia la fede e la viva
carità, accesa pel Battesimo e che sempre deve arde­
re nel cristiano, nutrita dalle buone opere ; è la fiac­
cola che l’anima deve portare incontro a G. C., suo
divino sposo, per entrare con lui alle mistiche noz­
ze della sua gloria;
t) nel Battesimo si usano ij padrini che rispondono
a nome del bambino; col Battesimo Puomo nasce
spiritualmente, onde come nella vita naturale l’uomo
abbisogna di nutrice e di maestro, così è convenien­
te che colui il quale rinasce per il Battesimo, ab­
bia chi si prende cura e lo istruisca nella vita cri­
stiana (1).

20. Registrazioni.
Il Parroco deve registrare il nome dei battezzati,
fatta menzione del Ministro, parenti e padrini, luo-1

(1) Vedi S. Thom. 1. c. Cattiech. Rom. de bapt„ n. 60. Gra


colas. Comment. histor. in Brav. lib. II, cap. 69; Guillois. Spiegaz.
dogm. moral. misft. sul Battesimo, Catalanu9 0. c.
50 Capo I

go e data del Battesimo, e porre la firma. Trattan­


dosi di illegittimi si deve inserire il nome della ma­
dre se è pubblicamente nota o essa lo dichiarò in iscrit­
to o davanti a due testi; e anche il nome dei padre,
se il!padre lo richiede in iscritto o davanti a due. te­
sti. Altrimenti il nato si ritiene come figlio di ignoti
(c. 777).
CAPO II.

Della Confermazione»

21. Vari nomi di questo Sacramento. - Discipl


antica.
Il Sacramento della Confermazione è chiamato
dagli antichi: manuum impositio, consignatio, spi­
rituale signaculum, chrisma, Sacramentum chrisma­
tis; generalmente Confirmatio, nome che esprime gli
effetti del( Sacramento stesso.
Dalle testimonianze della S. Scrittura e dei Pa­
dri più antichi risulta che, fin dai tempi apostolici,
questo Sacramento era conferito per mezzo di una
orazione, della imposizione delle mani e della un­
zione, colle quali si conferisce lo Spirito Santo (I).
L’olio veniva benedetto solennemente dal Vescovo,
e dopo il sesto secolio s’incominciò ad unirvi anche
il balsamo e materie aromatiche (’2). L’unzione
dai latini, si faceva in fronte; i Greci, gli Armeni,
gli Etiopici ungevano, ed ungono ancora, gli occhi, le
mani, Ea bocca e le orecchie.12

(1) AjCC XIII, 14*18; S. Epiphanius, Haeres. 21 n. 1; S. Hie­


ronymus* Adv. Luciferianos, 9; S. Leo I Epist. 169, 7; Liber de
Sacramentis III, 2; Tertull. 3 de baipt. 7. — D e resurrectione 9;
S. Cyrill. HierosoL Cathech. M ystagogia.
(2) Sacram. Gregoriani.; Constit. Apost, lib. IH. 16; Tertull.
de bapt. c. 7; S. Cyprian. Epist. 78; S. Basii, de Sp. S. 26; Concili.
Cart. HI. (a. 367) c. 36.
52 Capo II

La forma attuale in uso nella Chiesa latina, pro­


viene dal secolo decimoterzo (1).
Il tempo in cui si’ amministrava, finché rimase la
disciplina del Battesimo solenne in alcune solennità
deiranno era dopo ili Battesimo stesso o nella do­
menica successiva (in Albis), e specialmente nel­
la festa di Pentecoste.
Quando venne separato dal Battesimo si usarono
talora per questo Sacramento distinti Padrini; i con­
fermati assumevano anche qualche nuovo nome (2).
Ministro di questo Sacramento fu sempre il Vesco­
vo, ed anche quando si chiamarono sacerdoti e dia­
coni ad amministrare il Battesimo solenne, fu sempre
riservato al Vescovo di segnare i neofèti (3). Solo
presso i greci incominciarono per/ tempo i sacerdoti
a conferire la Cresima ed ancora la conferiscono, col
tacito consenso della Chiesa.
Pei bambini Fantica disciplina' voleva che venis­
sero confermati entro- l’anno, od al più entro il trien­
nio dal battesimo, e vi erano qua e là minacciate se-123

(1) De Papi, Liturgia P. Il, cap. 8 § 69.


(2) S. Greg. TurOn. (Histor. Francor; lib. V. 38) parla di S.
Ermenegildo re dei Visigoti in Spagna che alla Cresima assunse il
nome di Giovanni.
(3) Cfr. De Papi. 0. c. L Binterim. Denkwiirdigheiten I, 248:
Durando, de div, off. lib. VI. e. 84. «Hanc esse ecclesiarum con­
suetudinem ut ad eos qui longe in minoribus urbibus per presby-
teros et diaconos baptizali sunt, Episcopus ad invocationem Spiri­
tus Santi manum impositurus excurrat». S. Hieron. Adv. Luciferia-
nos. — Su questo punto vedi ancora i Concilii citati dal Mortene
tra i quali quelli di Pavia a. 855). Fra i moderni autori cfr. M.
Heimbucher, «Dit hi. Firmung. das Sacrament des hi. Geìstes in
dogmatÌ9cher, historÌ9cher, und li'turgfscher Beziehung fiir den pra-
Della Confermazione 53

vere pene ai genitori che non osservavano tali leggi.


Altrove lo spazio di tempo era esteso ai cinque anni ;
finche, dopo il Concilio di Colonia, celebrato l’anno
1280, invalse il comune costume di aspettare fino al­
l’uso della ragione.

22. Disciplina attuale - Età del cresimando - Di­


sposizioni.
Attualmente questo Sacramento viene conferito
quando i fanciulli hanno raggiunto l’età di sette an­
ni (Can. 787), sia perchè possano meglio conoscere
ciò che ricevono e conservarne memoria, sia perchè
questa è l’età in cui cominciano le tentazioni, quindi
il bisogno di essere muniti della fortezza dello Spiri­
to Santo per vincerle.
Ciò però! non toglie che quando vi è pericolo di
morte non la si possa amministrare anche prima di
questa età, anche subito dopo il Battesimo, se vi è
comodità ; ai bambini in pericolo di morte : «hoc Sa­
craméntum dandum est, ut in resurrectione perfecti
appareant» (1).
Un’altra ragione per cui si può anticipare l’am­
ministrazione della Cresima è quando si prevede che
passata Foccasione non si potrà piu riceverla che do­
po parecchi anni (2).
cktischem Seelsorger dargestellt». Ausburg. 1889; Luurent O. S. B.
«La confirmatiori epxisee dogmatique, historique et liturgique»
Lille 1888. Probst «Sacramente und Sacramentalien in den drei
ersten kirchlichcn Jahrunderten» Tubingen, 1862.
(1) S. Thomast, p. Ufi. q. 72, art 8, 4 (Can. 787).
(2) Bened. XIV, in lib. VII. cap. 10, n. 5, 6 e 7, de Synodo
Diocesana.
54 Capo II

Questo Sacramento si può amministrare dal Ve­


scovo in ogni tempo dell*anno, ma è convenientissimo
amministrarlo nella settimana di Pentecoste (Can.
790).
I confermandi che hanno raggiunto l’uso della ra­
gione devono :
a) essere in grazia di Dio e quindi premettere, se
occorre, la confessione sacramentale (1).
b) essere digiuni, giusta l’antica consuetudine, se
appena è possibile (2).
c) essere istruiti in generale sulle principali verità
della fede, cioè sapere i Misteri principali, il decalo­
go e precetti della Chiesa, gli atti delle1virtù teologa­
li, l’Orazione domenicale ed'il Simbolo apostolico; in
particolare devono conoscere la natura, la dignità,
gli effetti di questo Sacramento e le disposizioni nc~
cesarie per ben riceverlo (3).
d) avere ben pulita la fronte, libera dai capelli, e
presentarsi in abiti decenti e modesti (4).

23. Il ministro della Cresima.


Ministro ordinario di questo Sacramento è il Vesco­
vo; ministro straordinario, per delegazione della San­
ta Sede, può essere anche un semplice sacerdote.
In) questo caso il Sacerdote indossa amitto, cami­

ti) Instruet. Emin. Almae Urbis Vicarili a. 1773 ('Can. 786).


(2) Rubr. Pontif. Catech. Rom. De Sacr. Confimi.
(3) Rubr. Rftual. Rom. «Instructio pro simplici sacerdote Sa­
cram. Confir. ex sedis Apostol. delegatione administrante» (Can. 786
(4) Rit. Rom. 1. c.
Della Confermazione 55

ce, cingolo, stola e piviale, e dall’altare prima deve


ammonire i fedeli che Pamministrazione di questo
Sacramento spetta solo al Vescovo e far leggere le
lettere di delegatone in lingua volgare. Quindi pro­
cede all’amministrazione del Sacramento, secondo il
rito che si trova nel Rituale.

24. Padrini.
Circa il padrino della Cresima il Codice prescrive :
Per antichissimo costume della Chiesa, come nel Bat­
tesimo, così nella Cresima si deve avere il padrino, -e
si può.
Ogni padrino, deve avere un solo confermando,
però per una giusta causa riconosciuta tale dal Mi­
nistro potrebbe un solo padrino presentare due con-
fermandi (C. 794).
Perchè uno sia padrino conviene che: 1. egli
stesso abbia ricevuto la Confermazione, ed abbia in­
tenzione di compiere tale ufficio; 2. non sia ascritto
ad alcuna setta eretica o scismatica o notato di pena;
come si è detto pel Battesimo; 3. non sia padre,
madre Oi coniuge del confermando; 4. sia designato
dal confermando o dai parenti o tutori, al ministro
o al Parroco ; 5. tocchi fisicamente per sè o per pro­
curatore il confermando nell’atto della Cresima (C.
795).
Per la liceità è necessario che : a) sia diverso dal
padrino del Battesimo, sei altrimenti non esige una
causa ragionevole, a giudizio del ministro, ovvero la
Cresima si amministra subito dopo il' Battesimo (C.
56 Capo II

796) ; b) sia del medesimo sesso del confermando, se


altrimenti non giudica nei casi particolari il mini­
stro; c) si osservino le altre norme prescritte per la
liceità del padrino; nel Battesimo (Can. 766) ; d) co­
nosca che dalla valida confermazione tra il confer­
mato e il padrino nasce la cognazione spirituaèe, per
cui questi è obbligato ad aver cura del confermato e
procurargli una cristiana educazione (Can. 797).
Ufficio dei padrini si è di tenere i fanciulli ben
composti ed1in silènzio, di suggerir loro qualche di­
vota invocazione, di presentarli al Vescovo per la
Cresima. Nell’atto poi della Cresima i padrini devo­
no mettere la mano destra sulla spalla destra del' cre­
simando. La rubrica vuole che il padrino metta an­
che il proprio piede destro sul piede destro del Cre­
simando, ma ciò non è necessario e basta la mano sul­
la spalla (1).

25. Rito con cui si amministra.


Quando si deve amministrare la Cresima sono da
prepararsi :
a) suiti altare il piviale, colla stola di color bianco,
Pamitto, la mitra di tela d’oro ed il pastorale accanto
all’altare, dal lato delI’Episola ;
b} nel presbiterio, davanti all’altare, il faldistorio ;

(1) S. C. R. 20 sett. 1749 n. 2406. n. 5. I cresimandi possono


assumere altro nome diverso da quello del Battesimo. S. C. R.
decr. citato n. 7.
Della Confermazione 37

c) sull’abaco il vasetto del S. Crisma, la brocca


sul bacile ed un manutergio pure su un bacile, alcu­
ne fettuccie di mollica di pane e di limone su di un
altro piatto o bacile, per la purificazione delle mani
del Vescovo, e un manutergio e bambagia, per aster­
gere la fronte dei cresimati.
Preparate tutte queste cose, accese sull’altare sei
candele il Vescovo, fatta al trono la lavanda delle
mani, si veste pontificalmente, va all’altare ove, rivol­
to verso i cresimandi, recita le orazioni che sono sul
Pontificale e fa la generale imposizione) delle mani.
Ordinariamente prima della funzione si canta il Ve­
ni Creator, si fanno ancora recitare gli atti delle ver­
ta teologali, e perchè nessuno abbia ed entrare dopo
la imposizione delle mani^ nè da partire prima del­
la benedizione, si chiudono le porte. I cresimandi si
dispongono in ordine in chiesa, ovvero si conducono
ad uno ad uno dal Vescovo in Presbiterio. Però il
primo modo è il più conveniente, perchè reca meno
disturbo alla sacra funzione, specialmente se i cre­
simandi sono numerosi. Nella amministrazione della
Cresima il Vescovo assume la mitra e il pastorale; al­
la destra gli sta un ministro portando il bacile col va­
setto del S. Crisma, il Parroco che riferisce al Vesco­
vo il nome del cresimando ritirandone la scheda, che
poi serve per la registrazione nell’archivio. Seguono
il Vescovo due ministri in sacris che astergono la
fronte dei cresimandi.
I cresimandi devono essere tutti presenti alla pri­
ma imposizione delle mani fatta dal Vescovo e non
partire prima che sia terminato il- rito (Can. 789).
58 Capo II

E’ lodevole pratica assai antica nella Chiesa e sug­


gerita ancora dall Pontificale, di legare, dopo fatta la
Cresima, intorno l!ai fronte dei cresimandi un nastro
di color bianco, in segno di Sacramento ricevuto e
per rispetto al medesimo.
E9 pure lecita la pratica, introdotta col consenso del
Vescovo o dietro suo ordine, di far tenere in mano
ai cresimandi una candela accesa, protestativa della
fede (1).
Cresimati tutti i presenti, il Vescovo torna alPalta-
re mentre si recitai o si canta l’antifona Confirma hoc,
Deus, e recitata! o cantata un’orazione si volge ai cre­
simandi e li benedice.
Questi prima di partire dalla chiesa recitano, ordi­
nariamente il Pater, Ave, Gloria9 Credo.

26- Annotazione sui registri.


Su proprio e* particolare registro il Parroco deve
scrivere i nomi del Ministro, dei confermati, parenti
e padrini, il giorno e il luogo ove avvenne la Cresi­
ma. Sul libro poi dei battesimi si deve fare nota del­
la Cresima fatta. Se la Cresima si è fatta fuori della
propria parrocchia e non vi fu presente il Parroco, bi­
sogna mandargliene notizia. A provare il fatto della
Cresima ricevuta basta la testimonianza di un teste
«omni exceptione major» o il giuramento del confer­
mato, se non ricevette la Cresima in età ancora in­
fantile (Can. 798-800).1

(1) S. C. R. 15 maggio 1745 n. 1205.


Della Confermazione 59

27. Spiegazione delle cerimonie.


— 1. La Cresima si amministra colla imposizione
delle mani che significa Fadombrazione dello Spirito
Santo, sotto il cui presidio viene a mettersi il cresi­
mando, affinchè possa riportare il trionfo su nemici
spirituali.
— 2. L'unzione indica la fortezza dello Spirito San­
to che il Sacramento conferisce per ritenere* c pro­
fessare la fede di G. C.
— 3. Tale unzione si fa sulla fronte ed in forma
di croce. Sulla fronte si manifestano il timore ed il
coraggio, perciò segnando colla croce la fronte si vuol
indicare, il» dovere del cresimato di non arrossire del­
la croce di G. C., e di professare con coraggio la reli­
gione.
— 4. L’unzione si fa coll’oiio mescolato al balsa­
mo, il quale per la sua fragranza significa che il cri­
stiano deve condurre una vita virtuosa,; onde spirare
la fragranza di Cristo ; e per la sua qualità di preser­
vare dalla corruzione, indica l’efficacia della grazia
dei Sacramento, che è ordinata a preservare dai pec­
cati.
— 5. Il leggero schiaffo che il Vescovo dà al cresi­
mando dicendogli : Pax tecum, significa che il cristia­
no deve essere disposto a sopportare tutto per la fe­
de di G. C. (1).1

(1) 'Cfr. S. Tomaso, Summa Theol. IH. q. 72; art. 2 4, 9; C


tech. Rom. De Sacr. Conf. e seg.; De Papi, Liturgia § 72,
CAPO III.

Della SS. E u c a r e s t i a

§ I. - ANTICA DISCIPLINA

28. Luogo e modo di conservazione - Rinno


zione delle sacre Specie.
Nei primi tempi cristiani, massime durante le per­
secuzioni, la; SS. Eucaristia si conservava anche dai
fedeli nelle case private, perchè potessero comunicar­
si, in caso di pericolo di morte od anche per divozio­
ne. Vi erano per ciò speciali vasi o stipi, ornati e con­
venienti. Sopratutto non v*è dubbio che si conservas­
se nelle chiese, per la provvisione degli infermi e mo­
ribondi, ed il Card. Bona ce ne dà le prove (1). 'An­
che le Costituzioni apostoliche ricordano le leggi che
prescrivevano ai diaconi di raccogliere e conservare
ciò che rimaneva delle sacre Specie nei pastofori, cioè
in quei luoghi che erano destinati alla custodia delle
cose sacre. Si trovavano essi nella sacrestia attigua al­
la chiesa, od in una nicchia scavata nelle pareti del
presbiterio o sull’altar maggiore, nel ciborio. I vasi
che la contenevano erano generalmente in forma di
colomba o di torre, e molti' di essi arrivarono fino a
noi. Essi pendevano* dal1ciborio che sovrastava l’alta­
re, ovvero erano rinchiusi nel proprio armadietto.1
(1) Rer. Liturgie, lib. II. cap. XVII.
Della SS. Eucarestia Ó!

Anche circa la rinnovazione delle SS. Specie tro­


viamo prescrizioni conciliari anteriori al secolo deci­
mo, e l’uso comune della Chiesa latina fu di rinno­
vare le sacre Specie ogni settimana.

29. Comunione dei fedeli.


I fedeli dei primi secoli erano perseveranti, come
nell’or azione, così nella frazione del pane. S. Gero­
lamo dice che molti dei romani' e degli spagnuoli, si
accostavano quotidianamente alla S. Comunione (1).
Al tempo di S. Basilìo i buoni fedeli solevano acco-
starvisi più volte la settimana (2). Giovanni Crisosto­
mo1diceva che « frustra fit oblatio quotidiana, cum
nemo sit qui communicet» (3). A poco a poco il fer­
vore andò scemando, onde il Concilio Lateranense
IV (a. 1215) volle che almeno alla Pasqua dovessero
tutti ricevere la SS. Eucaristia. Il Concilio di Trento
scomunica chi nega essere ogni fedele tenuto a riceve­
re la S. Comunione alla Pasqua e fa voto che : «Pa­
nem illum supersubstantialem frequenter suscipere
possint» (4); desidera anzi che:, «in singulis Missis
fideles adstantes non solum spirituali affectu, sed
sacramentali etiam Eucharistiae perceptione commu­
nicarent» (5).12345

(1) Ep. 50 ad Pammachium. Cfr. S. Justinus M. A p o lo g S.


Cyprianus Libr, de orat.; Const. Apotst. Lib. Vili.
(2) Ep. ad Caesariam Patrie.
(3) Homil. Ili, in Cap. I, ad Ephe9.
(4) Ses9. XIII, Cap. 8.
(5) Sess. XXII, Cap. 6.
62 Capo III

Anticamente! la Comunione si faceva sotto le due


specie e tale costume perseverò fino dopo il secolo
decimo. Col dodicesimo cessa affatto in occidente, ma
persevera ancora nella chiesa greca, ove si intingono
le Specie consacrate del pane nel calice, prima di
porgerle ai fedeli. La comunione sotto l’unica Specie
del pane venne conciliarmente stabilita a Costanza
(sec. XV) e poi a Trento.
Le ragioni di tale mutazione sono evidenti e note:
il pericolo di irriverenza, gli errori degli eretici che
conveniva ribattere, la naturale ritrosia di alcuni ad
assumere le specie del vino dallo stesso calice. D’altra
parte se la prescrizione fece generale e legale tale pra­
tica, non la creò affatto; già prima del secolo deci­
mo si faceva spesso/la comunione sotto la sola specie
del pane. Ciò avveniva in tempo delle persecuzioni,
nelle case private e nelle carceri, quando si comuni­
cavano gli infermi, quando si portava nei viaggio
il SS. Sacramento e quando lo si conservava in Chie­
sa (1). — Il modo di ricevere la comunione nei pri­
mi secoli differiva però alquanto dall’odierno : allo­
ra cioè le sacre Specie del pane si davano in mano
ai fedeli, i quali poi si cibavano di esse. Tale rito è e-
sposto dal Cardinali Bona (2).

30. Diverso uso che si fece di essa.


La fede dei cristiani fece servire la SS. Eucaristia
a diversi usi. Così la si portava in viaggio a tutela e12
(1) Su questo punto confronta Martirol. Rom. 15 agosto; Bo-
na-Martene.
(2) Luogo citato n. 2*3.
Della SS. Eucarestia 63

presidio (Viatico) ; si mandava scambievolmeute dai


Vescovi,'in segno di comunione ed unità nella Chie­
sa; si sottoscrissero le condanne degli eretici e i trat­
tati di pace colla penna intinta nel preziosissimo San­
gue; la si usò per ottenere la guarigione degli ammala­
ti e liberare gli energumeni. Si arrivò a seppellire le
sacre Specie1coi defunti, a gettarle fra 1&fiamme per
sedare gli incendi o rinchiuderle negli altari alla loro
dedicazione. Questi ultimi usi però non furono,' mai
coltivati od approvati dalla Chiesa, anzi essa li vietò
più volte (1).
Tra questi usi non si trova ancora quello di impar­
tire la Benedizione al popolo, di esporla alla adora­
zione pubblica e dì recarla in trionfali processioni.
La Chiesa possedeva il tesoro eucaristico e l’adorava
nella tranquillità della sua fede, non ancora contrad­
detta ; ma quando l’eretico Berengario, per primo mi­
se in dubbio la reale presenza, allora tale fede, che
erai vivida nel cuore della Chiesa, si manifestò vitto­
riosa' e splendida anche all’esterno, e la manifesta­
zione andò crescendo di secolo in secolo fino al no­
stro che è il preludio del regno eucaristico del divin
Redentore (2).12

(1) Cfr. Martène, O. c. Lib. I, cap. V, art. IV.


(2) Cfr. tra le opere recenti: Probst, Werwaltung der Eucha-
ritftie etc. Tubingen, 1857; Hoffmann, Geschichte der Laiencom-
munion etc. Speier. 1891.
64 Capo III

§ II. - DISCIPLINA ATTUALE

31* Conservazione della SS. Eucarestia.


I. Luogo - Circa questo punto il nuovo Codice
prescrive : La SS. Eucaristia, purché vi sia chi ne ab­
bia cura,' e un sacerdote che celebri in luogo sacro
la Messa almeno una volta la settimana:
1. Si deve custodire nelle cattedrali, nella chiesa
principale dell’Abazia o prelatura nullius, del Vi­
cariato o prefettura apostolica, in ogni chiesa parroc­
chiale o quasi parrocchiale e in quella annessa alle
case dei religiosi esenti di uomini o di donne.
2. Con licenza dell1Ordinario del luogo, nella chie­
sa collegiata e nell’Oratorio principale pubblico o se­
mipubblico di una casa pia o religiosa, d’un collegio
ecclesiastico di chierici secolari e regolari.
Per poterla custodire in altre chiese od oratori è
necessaria l’Indulto apostolico; l’ordihario del luogo
può dare la licenza solo per causa giusta e per mo~
dum actus.
Nessuno può ritenere presso di sè o portare in
viaggio la SS. Eucaristia (Can. 1265).
Le chiese ove si custodisce la SS. Eucaristia devono
restar aperte ai fedeli, ogni; giorno almeno per qualche
ora (Can. 1266).
Revocato qualsiasi privilegio, in ogni casa religio­
sa o pia, la SS. Eucaristia non si può custodire che
nella chiesa e nel principale oratorio; le monache
non possono tenerla in coro o nel recinto del mona­
stero (Can. 1267).
Della SS. Eucarestìa 63

II. Altare ove si conserva. - La SS. Eucaristia


non si può conservare in modo continuo e abituale
che in un solò altare della medesima chiesa.
Si deve custodire nel luogo più eccellente e nobi­
le quindi' regolarmente nell’Altare maggiore, se altri­
menti non si giudica più comodo o decente alla ve­
nerazione e al culto1di tanto Sacramento, osservando
le prescrizioni liturgiche del triduo ultimo della set­
timana maggiore.
I Rettori delle chiese devono curare che l’altare o-
ve si conserva il SS. Sacramento, sia piu ornato degli
altri, in modo che collo stesso suo apparato muova
maggiormente i fedeli alla pietà e alla devozione
(Can. 1268).
IIL Tabernacolo. - La SS. Eucaristia si deve con­
servare in un tabernacolo immovibile, posto in mez­
zo all’altare. Essa dev’essere costruito in modo eie-
! •' V.

gante, chiuso solidamente in ogni parte, ornato de­


centemente secondo le norme liturgiche, libero da o-
gni altra cosa, e custodito con tale sollecitudine: da
togliere ogni pericolo di qualsiasi profanazione sacri-
lega.
Per causa grave approvata dall’Ordinario non è
vietato custodire il SS. Sacramento di notte fuori del­
l’altare, sul corporale in luogo sicuro e decente, os­
servato il prescritto del Can. 1271.
La chiave del tabernacolo in cui si conserva il SS.
Sacramento, dev’essere custodita con ogni diligenza,
onerata là coscienza del sacerdote che ha cura della
chiesa e delPoratorio (Can 1269)..
II tabernacolo dev’essere rivestito internamente
66 Capo III

di legno, onde allontanare l’umidità (1). Dev’essere


alquanto più alto della mensa onde lo si possa a-
prire comodamente, e di conveniente ampiezza per
poter contenere la pisside ed anche la teca. L’inter­
no dev’essere ornato con doratura o con drappi di
seta bianca e si possono usare anche lastre d’argen­
to, di bronzo dorato ecc., od anche legno dorato (2) ;
nella partii interna della porticina si può collocare
qualche ornato simbolico. Sul fondo piano si mette
convenientemente un cartone od assicella adattata al
fondo stesso. Le regole per la costruzione e la sicurez­
za del tabernacolo pel SS. Sacramento sono riservate
al Vescovo, e quando si cercò di fare approvare spe­
ciali congegni di serratura, la S. C. rimise le cose al
Vescovo, pur lodando le intenzioni (3). Prima di a-
doperarsi il tabernacolo dev’essere benedetto colla
formula che si trova nel Rituale (4). L’esterno, e
specialmente la fronte, dev’essere ornata del conopeo,
cioè! da un velo in forma di tenda, formato di seta,
lino, canapa o lana del colore conveniente all’ufficio
del giorno, tranne il nero, invece del quale si usa il
violaceo. Ciò vale specialmente per i giorni in cui si
funziona solennemente alPaltare, perchè d’altronde
si può anche conservarlo sempre bianco o di tela
d’oro (5). Sulla porticina si possono! mettere ornati12345

(1) Per la qualità del legno di questo rivestimento San Carlo


consiglia il pioppo, come quello che più resiste all’umidità.
(2) S. C. R. 7 agosto 1871 n. 3254, 5 ghigno 1889 n. 3709;
20 ginugno 1889 n. 4035. IV.
(3) S. G R. 18 maggio 1871 i». 3254 VII, 1. marzo 1893 n. 3987.
(4) S. C. R. 20 giugno 1889 n. 4035, IV.
(5) S. G R. 21 luglio 1855 n. 3036, 10; 28 aprile 1866 n. 3150.
Della SS. Eucarestia 67

simbolici od il crocifisso ; non è conveniente metter­


vi le parole della consacrazione. Dev’essere chiuso
con serratura forte e robusta onde evitare le profana­
zioni; si devono aver due chiavi d’argento o di altro
metallo argentato o nichelato, da custodirsi dal su­
periore della chiesa. Davanti alla porta del taberna­
colo non si possono mettere vasi di fiori o Reliquie
che ne impediscano la vista (1) e sopra di esso non
si possono collocare! vasi di fiori, candelieri, Reliquie
dei santi, della Passione di G. C. od immagini o sta­
tue in modo che esso serva di base (2). Accanto al
Tabernacolo, dall lato dell’Epistola, vi deve essere un
piccolo vaso contenente l’acqua per la purificazione
delle dita ed un purificatolo.
IV. Lampada. - Davanti al tabernacolo in cui si
conserva il SS. Sacramento, deve star accesa di conti­
nuo almeno una lampada, da nutrirsi con olio di oli­
va o con cera di api; dove però non si può avere o-
110 di oliva, l’Ordinario può permettere l’uso di’ altri
0111 (Can. 1271).
V. Pisside. - Le particole consacrate, si devono con­
servare sempre in una pisside di materia decente e
solida, monda e con coperchio che la chiude bene,
coperta di velo di seta bianca e per quanto è possi­
bile ornata (Can. 1270).12

(1) S. C. R. 2 gennaio 1701; n. 2067, 10.


(2) S. G. R. 12 marzo 1836 n. 2750. L
68 Capo III

32. Rinnovazione delle sacre Specie - Purif


zione dei vasi sacri.
Circa la rinnovazione il Codice prescrive: Le o-
stie consacrate sia per la Comunione dei fedeli che
per la esposizione del SS. Sacramento, devono essere
recenti e da rinnovarsi frequentemente consumate
prima le precedenti in modo che non vi sia alcun pe­
ricolo di corruzione, osservando con diligenza le i-
struzioni che darà su ciò FOrdinario del luogo (Can.
1272).
Su questo punto importante ritornò ancora la S.
C. dei Riti la quale ordinò che detto Canone venisse
promulgato e religiosamente osservato in tutte le Dio­
cesi (7 dicembre 1918).
Per l’osservanza di) detta prescrizione conviene os­
servare che essa contiene due cose cioè: 1. Che le
particole e l’Ostia grande che si consacrano siano
recenti; 2. Che non si conservino consacrate troppo
lungo tempo, ma che si consumino regolarmente pre­
sto e si sostituiscano con altre. — Sul primo punto
San Carlo Borromeo vuole che le ostie non siano sta­
te preparate più di venti giorni prima della consacra­
zione (Cone. Med. IV). Circa la rinnovazione il Ce­
rimoniale dei Vescovi (I, cap., VI, 2) dice che «sal­
tem in ebdomada mutetur et renovetur SS. Euchari­
stia».
La rinnovazione delle SS. Specie richiede la pu­
rificazione dei sacri vasi, perchè le nuove particole
non si devono mescolare colle antiche consacrate. La
purificazione dei sacri vasi si fa sempre nella Messa
Della SS. Eucarestìa 69

dopo la Comunione. — Il modo di purificare !a lu-


netta è per sè evidente; circa la purificazione della
pisside i liturgisti ci insegnano parecchi modi, ma il
più conveniente, ed in pratica quello da tenersi, si è
di raccogliere i frammenti oolPindice mettendoli nel
calice e, dopo la prima purificazione del calice, fare
sulla pisside la purificazione; delle dita, versare il li­
quido nel calice, assumerlo e astergere prima il cali­
ce e poi la pisside stessa. Quando nella pisside vi fos­
sero particole da consumare, assunte le sacre Specie
del vino, il Celebrante .fa la comunione ai fedeli, se
occorre, poi assume le rimanenti particole
La pisside purificata non si ripone più nei taber­
nacolo, ma sull’altare, fuori del corporale, per ripor­
tarla poi in sacrestia (1).

33. Distribuzione della SS. Eucarestia.


Nota il Codice :
1. La SS. Eucaristia si può distribuire ogni giorno:
2. La feria VI della settimana santa è lecito soltan­
to portarla per viatico agli infermi;
3. Il Sabato santo non si può amministrare la S. Co­
munione ai fedeli se non «inter Missarum solemnia
vel continuo ac statim ab iis expletis» ;
4. Si può distribuire soltanto nelle ore nelle qua­
li si può celebrare la Messa, se altrimenti non per­
suade una causa ragionevole;1

(1) De Herdt, I, n. 242,


70 Capo 111

5. Il S. Viatico si può ministrare in qualunque o-


ra del giorno e della notte (Can. 868) ;
6. Si può distribuire dovunque si può celebrare la
Messa, anche negli oratori privati, se per giusta cau­
sa non lo proibisce l’Ordinario del luogo Can. 869).
E’ però vietata la distribuzione :
a) Prima e dopo la Messa solenne, cantata e con­
ventuale dal Celebrante parato; ma se occorre, deve
farsi da un altro sacerdote (1).
b) All’altare ove sta esposto pubblicamente il SS,
Sacramento senza speciale indulto o causa grave (2).
c) Dopo la Messa del Giovedì santo fino a quella
del Sabato santo.
La SS. Comunione si può distribuire entro la Mes­
sa, il| che è desiderato dal Tridentino (3), fuori di
essa o indipendentemente da essa.
A. Entro la Messa la SS. Comunione si distribu
sce dal Celebrante dopo assunte Ita sacre Specie del
vino. Collocato prima il calice coperto colla palla, dal
lato del Vangelo. S’incomincia a comunicare i mini­
stri della Messa (4y. anche se si devono comunicare
le Monache, perchè essi si preferiscono non ratione di
gnitàtis, sed ministerii (5). Durante le cerimonie re­
lative alla Comunione il Celebrante non deve mai di­
sgiungere il pollice e l’indice della sinistra, anche por­

ti) S. G. R. 27 giugno 1868, n. 4177, 3, 19 gennaio 1906.


(2) & C. R. 11 maggio 1878 n. 3448, I; 23 nov. 18®0 n. 3225,
IV; 2 maggio 1919.
(3) S. Conc. Trid. Ses6. XXII, cap. VI, de SS. Sacr. Mis9ae.
(4) Rit. Rom. tit. IV, c. EOI, n. 11.
(5) S. C. R. 30 gennaio 1915.
Della SS. Eucarestia 71

tando la pisside, e quelli della destra li usa per di­


stribuire la Comunione, prima e dopo la quale E tie­
ne pure sempre congiunti. Quando però occorresse
di fare comunioni generali numerose, si potrebbe pu­
rificare le dita della sinistra nell’apposito vaso onde
portare più comodamente la pisside, durante la Co­
munione. Ritornato all’altare dopo la Comunione non
dice alcuna orazione nè dà la benedizione.
B. Immediatamente prima della Messa e dopo di es­
sa, la Comunione si distribuisce cogli stessi paramenti
della Messa. Il Celebrante, collocato il calice coperto
col velo dal lato del Vangelo, estrae dalla borsa e sten­
de il corporale, quindi estrae la pisside e fa la Comu­
nione col rito che si dirà più avanti in fine dà la be­
nedizione.
Nel rito di amministrare la Comunione prima e do­
po la Messa da Morto si deve omettere la benedizio­
ne finale, e nel Tempo Pasquale anche gli Alleluja
all’Antifona e al Versetto, si deve però dire l’Ore-
mus Spiritum., Quando si celebra ad un altare diver­
so da quello in cui si conserva la SS. Eucaristia si può
prima e dopo passare all’altare del SS. Sacramento e
distribuire la S. Comunione (1).
C. Fuori della Messa ed indipendentemente da es­
sa la SS. Comunione si fa con cotta e stola del colo­
re dell9ufficio del giorno; si può anche adoperare
sempre quella di color bianco (2).12

(1) S. C. R. 12 marzo 1836 n. 2741; 5 marzo 1904.


(2) S. C. R. 12 marzo 1836 n. 2740, 12 «An stola prò ministrali,
da SS. Eucharistia extra Missam esse debeat coloris Ufficio illius
diéi convenientis ut praescribit Rituale R.; vel etiam esse possit
72 Capo III

Nel giorno della Commemorazione di tutti i Fedeli


defunti si usa la stola bianca o violacea (1).
C. Rito di amministrare la SS. Comunione. Prima
di uscire dalla sacrestia il Sacerdote purifica le mani,
indossa la cotta e\ la stola quindi, coperto il capo col
berretto, tenendo in mano la borsa contenente il cor­
porale e la chiave del tabernacolo (2) va all’altare
si scopre il capo, genuflette in piano, sale, stende il
corporale e colloca la borsa dal lato del Vangelo. —
Sull’altare devono essere accese almeno due candele
(3).
Il ministro recita il Confiteor (4) intanto il Sacer­
dote apre il tabernacolo, genuflette,;estrae la pisside
e la colloca sul corporale, toglie dalla pisside il velo,
collocandolo fuori del corporale, e il coperchio, collo­
candolo sul' corporale dal lato dell’Epistola e ge­
nuflette.
Terminato il Confiteor, il Sacerdote si volge verso
il popolo per la sua destra, ritirandosi alquanto ver­
so il lato del Vangelo, per non volgere le spalle al
SS. Sacramento, e con le mani giunta recita il Mi­
sereatur vestri, senza alterazione, qualunque sia il

alba, prout valde conveniens Sacramento Eucharistiae, sicut multi


censent Doctores R. Affirmative ad utrumque.
(1) S. C. R. 19 aprile 1912, X.
(2) Id. 24 seti. 1842 n. 2850, 30. ET conveniente che la borsa
eia del colore della stola. S. C. R. 11 giugno 1880 n. 3815, I. Cfr.
5. C. R. 9 luglio 1879 n. 3499, L
(3) S. C. R. 20 nov. 1682 n. 482, I.
(4) Mancando il Ministro il Confiteor lo recita il Sacerdote
stesso inginocchiato .sull’infimo gradino; omette le parole di
tibi Pater, te Pater.
Della SS. Eucarestìa 73

numero dei comunicandi (1); il ministro risponde:


Amen. Dicendo l’orazione Indulgentiam (pure senza
cambiamenti) stesa la sinistra sul petto, colla destra
fa un segno di croce sui comunicandi : anche a que­
sta orazione il ministro risponde: Amen. Quindi si
rivolge all’altare, e genuflette davanti al SS. Sacra­
mento, si alza, prende la pisside pel nodo colla sini­
stra, e col pollice e l’indice della destra p r e n d e u n a
particola, e tenendola sulla pisside alquanto sollevata
dal labbro, si volge al popolo, stando nel mezzo del­
l’altare e dice una sola volta: Ecce Agnus Dei, etc.
quindi tre volte il| Domine, non sum dignus etc. Ter­
minata questa preghiera, comunica prima, se ci sono,
quelli del clero ed anche i chierici della Messa che
indossano la cotta, inginocchiati sul gradino superio­
re dell’altare, quindi il popolo alla balaustra, inco-
cominciando dal lato dell’Epistola. Durante la distri­
buzione della SS. Comunione, nessun Sacerdote può
porgere la mano da baciare ai fedeli (2), ciò spetta
solo al Vescovo (3); nè si può dai Sacerdoti portare
l’anello; si possono cantare inni sacri e salmi. Se la
Comunione si distribuisce fuori della Messa si possono
cantare anche devote canzoni in lingua volgare, col
consenso del Vescovo. Un’istruzione della S. Congre­
gazione dei Riti in data 27 marzo 1929 rende obbli­
gatoria la tabella metallica che i fedeli devono sotto­
porre al mento nel ricevere la SS. Comunione. Sulla123

(1) S. C. R. Decr. c£t.


(2) a C .R. 22 nov. 1659, 1134.
(3) Gaerem. Ep. lib. li, cap. XXIX, 5.
7*1 Capo HI

balaustra ove si fa la SS. Comunione si stende con­


venientemente una tovaglia di lino (1).
Nel distribuire la SS. Comunione si deve avvertire :
a) dii non andare troppo precipitosamente, ma con
gravità e devozione ed in modo da evitare anche la
caduta dei frammenti;
b) di tenere l'e trei dita inferiori della destra ripie­
gate in modo da non toccare la' faccia dei fedeli ;
c) di non bagnarsi le dita nel mettere la sacra par­
ticola sulla lingua, ciò che si evita prendendo la sa­
cra particola pel lembo inferiore, adagiandola sulla
lingua dei fedeli, comprimendola alquanto col polli­
ce;
d) quando si' fossero bagnate le dita, si possono a-
sciugare col purificatore che si può portare colla si­
nistra ;
e) non si devono infrangere le particole e le ostie
senza necessità (’2) ;
/) per ogni persona il Sacerdote deve dire l’intera
forinola colTAmen che nel rito romano non si deve
rispondere da altri.
Terminata la distribuzione, il Sacerdote ritorna
all’altare, tenendo sempre la destra, col pollice e l’in­
dice congiunti, sulla pisside. Depone la pisside sul cor­
porale e genuflette, quindi asterge le dita e la tabel­
la metallica, raccoglie i frammenti che vi posso-12

(1) E questa sia sempre pulita e decorosa. Quindi è bene le­


varla quando al mattino non occorre più di distribuire la Comu­
nione per non lasciarla coprire di polvere od altro.
(2) Rit. S. C. R. 16 marzo 1833 n. 2704, 1.
Della SS. Eucarestìa 75

no essere e copre la pisside col coperchio e velo, pu­


rifica le dita nel vaso della purificazione, asciugan­
dole poi col purificatoio. Mentre raccoglie i fram­
menti dalla tabella e purifica le dita (1), ecc. recita
l’Antifona O sacrum convivium col versicolo Panem
de coelo, etc. come trovasi' nel Rituale, i versetti Do­
mine exaudi etc. coll’orazione seguente (2). La con­
clusione delPOremus Deus qui nobis è: Qui vivìs et
regnas cum Deo Patre in unitate Spiritus Sancti Deus,
per omnia etc. come nel Rituale (3). Nel tempo pa­
squale alla Antifona ed al Versetto Panem de coelo,
si aggiunge YAUeluja (4) e si dice l’Orazione: Spiri­
tum nobis, la cui conclusione è lunga : Per Dominum
nostrum... ejusdem (5). Finite queste preci, ili Sacer­
dote colloca la pisside nel tabernacolo, genuflette
(6), si alza tosto e chiude il tabernacolo. Quindi e-
levati gli occhi, estendendo, elevando, congiungendo
le mani, inchinando il capo all'a croce, dice Benedi­
ctio Dei omnipotentis (7) stando rivolto all’altare:
rivoltosi poi sulla destra totalmente verso il popolo,
fa su di esso il segno della croce colla destra, tenen­
do stesa sul petto la sinistra, dicendo: Patris et Fi­
lii etc.1234567

(1) S. C. R. 14 genn. 1898 n. 3975, IH.


(2) S. C. R. 30 agosto 1802 n. 3792, X,.
(3) S. C. R. 11 giugno 1880 n. 3515, II.
(4) Cfr. Rit. Rom. ediz. tip. 1925.
(5) S. C. R. 1 giugno 1883 n. 3576. XI.
(6) S. C. R. 23 dicembre 1862 n. 3116: 14 gennaio 1898 n.
3985, HI.
(7) Rituale R. Tit. IV, cap, II, n. 7. Edizione tipica 1925.
76 Capo IH

Si noti : a) Prima di dare la benedizione non si de­


ve baciare l’altare (1). b) Si dà sempre colla fui mula
in plurale : anche quando si comunica una sola per­
sona. Poi il Sacerdote ripiega il corporale, lo ripone
nella borsa, discende el fatta genuflessione in piano
si copre il capo e ritorna alla sacrestia.
Quando il Vescovo distribuisce la S. Comunione
dà la Benedizione nel modo solito del Vescovo ossia
col Sit nomen Domini benedictum etc. e triplice se­
gno di croce (2).
Le Comunioni generali e solenni è conveniente
che si facciano nella Messa, dopo assunte le Santis­
sime Specie. In esse un Diacono od un Sacerdote, sen­
za stola, può portare una patena, diversa però da
quella che si è usata nella Messa, da sottoporre al
mento dei fedeli. Si può distribuire la SS. Comunio­
ne alla balaustra, ovvero anche lungo la chiesa, pre­
parate prima, in questo caso, due file di genuflessori,
coperti da tovaglie; è pure conveniente che accompa­
gnino il SS. Sacramento due chierici o confratelli, con
torce accese, od almeno si collochino due candelie­
ri con candele accese ai capi delle balaustre (3).
Quando il numero dei fedeli fosse straordinario, due
o più Sacerdoti potrebbero distribuire la S.Comunio-
ne; ih questo caso solamente il Celebrante recita le
preci prima della Comunione. Prima della distribu­
zione della S. Comunione si può tenere un fervorino123

(1) S. C. R. 16 marzo 1833 n. 2764, VI.


(2) S. C. R. 20 maggio 1890 n. 3771, 5; 3 nov. 1906.
(3) S. C. R. 26 marzo 1859 n. 3086, Q.
Della SS. Eucarestia 77

al popolo (1). Se s<i fa fuori della Messa, un solo Sa*


serdote dice le orazioni prima e dopo la Comunione.

34. Comunione degli infermi.


Circa la Comunione degli infermi il Rituale ed i li­
turgisti osservano in generale :
a) Si può portare agli infermi di grave malattia
per* modum viatici, ed agli infermi comuni impediti
di recarsi alla chiesa devotionis causa. La differenza
sta solo nella forinola che si usa nel comunicare Fin-
fermo; nel rèsto si osserva, in entrambi i casi (2), il»
medesimo rito.
b) Si può portare la pisside con più particole, ov­
vero una piccola pisside con tante particole quanti so­
no gli infermi, nel qual ultimo caso la funzione «i
compie colPultimo comunicato e non si ritorna pro-
cessionalmente alla chiesa;
c) La SS. Eucaristia si deve sempre portare in modo
pubblico, se non persuade altrimenti una causa giu­
sta e ragionevole
d) Il diritto di portare pubblicamente la S. Co­
munione agli infermi, anche non parrocchiani che si
trovano nei confini della sua parrocchia, spetta al
Parroco. Gli altri sacerdoti possono solo in caso di
necessità'o con licenza almeno presunta del Parroco
o dell’Ordinario (Can. 848).12

(1) S. C. R. 12 Sett. 1857 n. 3059, X; 23 marzo 1881 n.


3529.
(2) S. C. R. 13 febbraio 1892 n. 3767. Ad. Dub. addit. UT;
19 febbraio 1892 n. 3769, H.
78 Capo III

e) La Comunione in modo pricato può portarsi a


gli infermi da qualunque sacerdote, col permesso, al­
meno presunto, del sacerdote a cui è commessa la
custodia della SS. Eucaristia.
Quando si porta in modo privato bisogna farlo in
modo da conservare la riverenza e la decenza verso
tanto Sacramento, osservando le norme prescritte dal­
la Sede Apostolica (Can. 849). Cioè si deve indossare
sotto il soprabito cotta e stola e portare la piccola pis­
side con la particola consacrata in una piccola bor­
sa appesa al collo,, ed! essere accompagnati almeno da
una persona anche laica. Tanto il Sacerdote che colui
che lo accompagna procedono a capo coperto e in
modo grave ef silenzioso.
/) Quando si porta pubblicamente, il Sacerdote de­
ve essere sempre a capo scoperto, e non può usare il
pileolo senza speciale indulto (1).
g) L’ombrello, i lumi e il campanello si devono
portare da uomini. Se le donne, in mancanza di' altri
portano i lumi] devono stare di dietro del Sacerdo­
te (2).
h) Durante il triduo della Settimana santa, nel tem­
po in cui è vietata in chiesa la Comunione, è permes­
so di portare il SS. Sacramento solo per modo di Via­
tico, si devono recitare a bassa voce i salmi, ai quali
si può aggiungere il Gloria Patri; si usano i paramen­
ti bianchi ed in Chiesa non si dà la benedizione al po-12

(1) S. €. R. 23 maggio 184*6 n. 2908; 22-27 apr. 1871 n.


3246. I. Tale indulto la S. C. spesso lo rilascia da applicarsi a
giudizione del Vescovo (Cfr. 12 sett. 18S6 n. 3059, XIX).
(2) S. C. R. 2 die. 1903.
Della SS. Eucarestia 79

polo, nè si suona il campanello per la strada; nella


camera delPinfermo* però si dà la benedizione.
In chiesa si devono preparare per ciò : la pisside o
il piccolo vaso per portare la SS. Eucaristia, che in
caso di lungo cammino, si appende al collo entro la
borsetta di seta: la cotta colla stola color bianco, col
velo omerale,i la borsa col corporale e il purificatore,
le lanterne o le torce, l’ombrello di colore bianco o
baldacchino (1) il Rituale, un campanello, il vaso
colPacqua benedetta e Faspergillo. Nella camera, del­
l’infermo si deve preparare: una tavola o mensa ri­
coperta di tovaglia monda due candele almeno, che
si devono accendere, un vasetto con acqua per la pu­
rificazione delle dita, e relativo purificatoio (2). Si
deve inoltre procurare che la casa dell’infermo sia
pulita e il meglio che si può ornata.
La SS. Eucaristia si porta agli infermi col seguente
rito : Il Sacerdote, lavate le mani, indossa in sacrestia
la cotta colla stola di color bianco, va all’altare, ove,12

(1) Uombrello per Paccompagnamento del SS. Viatico come


pure, dove si usa, il baldacchino, devono essere nell’interno almeno
ricorpeti di seta bianca. Essi devono servire anche a riparare il
sacerdote in caso di pioggia o neve; perciò la parte superiore
viene ricoperta di pelle o di altra materia.
(2) In pochi luoghi si usa portare dalla chiesa nella ca9a deb
l’infermo il così detto tabernacolo pel SS. Viatico. Esso è di le­
gno o metallo in forma di piccolo tabernacolo, si apre nel da­
vanti per mezzo di due porticine, alla ctui parte inferiore stanno
due bracciuoli che portano candele; nell’interno su di apposito
sostegno si mette un’anitnetta e su di esso si colloca la pisside.
Sotto tale sostegno un piccolo cassetto contiene il purificatore. Que­
sto è certo, quanto sia mantenuto col devuto decoro, lo strumento
più cenvenicnte per l’onore del SS. Sacramento, in questa occa­
sione. Finita la funzione esso vien riportato alla chiesa.
80 Capo i l i

fatta debita riverenza e breve orazione sale, stende il


corporale, apre il tabernacolo, genuflette, estrae la
pisside, ricoperta del suo velo.1Riceve il velo omerale
che si lega davanti coi nastri, quindi prende colla de­
stra la pisside e colla sinistra la ricopre col velo ome­
rale (1) e la sostiene al piede, in modo che il velo o-
merale copra la pisside, pure coperta dal proprio ve­
lo, e le mani. Volgendosi al popolo per la destra, par­
te dall’altare, preceduto da un ministro che suona il
campanello per eccitare il popolo alla riverenza, ed
accompagnato da coloro che portano le lanterne o
torcie, il baldacchino o l’ombrello, e seguito dai fe­
deli divoti. Le donne devono seguire il Sacerdote.
Nell’andata1alla casa deM’infermo si recita il Miserere
ed altri salmi o cantici od anche orazioni (v. g. Pa­
ter noéter, Ave Maria, Rosario, Litanie alle quali si
può rispondere: Ora prò eo-ea). All’entrare nella ca­
mera dell’infermo il sacerdote dice : Pax huic domui
etc. a cui si risponde : Et omnibus habitantibus in ea.
Steso sulla mensa il corporale, ovvero aperto e prepa­
rato dal ministro il tabernacolo, deponei la pisside e
genuflette. Deposto- il velo omerale, asperge coll’acqua
benedetta l’infermo e la camera dicendo: Asperges
me etc. coi Versetti e l’Orazione relativa, stando in
piedi davanti al SS. Sacramento. Recitatosi il Con­
fiteor dall’infermo) o da altri, il Sacerdote dice, a
mani giunte, il Misereatur etc. quindi Indulgentiam
etc. facendo durante quest’ùltuna orazione, sulil’in­

(1) S. c. R. 21 febbraio 1699 n. 2017.


Della SS. Eucarestia 31

fermo, colla destra, il segno della croce. Queste! 0-


razioni, se si comunica un solo infermo, si dicono in
numero singolare: Misereatur tui etc. (1), quindi,
fatta nuova genuflessione al SS. Sacramento, prende
colla sinistra la pisside, e col pollice e l’indice della
destra una particola, la solleva alquanto, e rivoltosi
verso l’infermo, dice : Ecce Agitus Dei etc. e tre volte
il Domine non sum dignus. Accostandosi quindi al­
l’infermo, mentre il ministro sottopone al di lui men­
to la tabella metallica, lo comunica nel solito modo.
Se la Comunione si fa per viatico si dice la formu­
la Accipe frater (soror) Viaticum etc., se per divo­
zione, dice : Corpus Domini nostri etc. come il solito.
Se vi è pericolo di morte, omesse in tutto od in parte
le dette preci, comunica tosto.
Fatta la Comunione, colloca la pisside sul corpora­
le, genuflette,j raccoglie i frammenti) dal bacile e dal­
le dita, mettendole nella pisside, poi purifica le dita
nel vaso apposito, chiude la pisside e la ricopre col
suo velo. (L’acqua della purificazione si può dare da
bere all’infermo, ovvero la si può portare alla chiesa
o mettere sul fuoco nella casa dell’infermo).
Quindi il1sacerdote recita, a mani giunte e stando
in piedi, il Dóminus vobiscum coll’Orazione Domine
sancte etc. dopo la quale genuflette, assume il velo
omerale, prende in mano, come si è detto prima, la

(1) S. C. R. 16 nov. 1906. Se si celebrasse la Messa vic


all’infermo e questo si comunicasse infra Missam si deve dire Mi­
sereatur vestri, etc. ossia in plurale. Questa foratola si dice al*
l’altare e non al letto dell’infermo S. C. R. 1. c.
82 Capo IH

pisside e fa con essa un segno di croce, benedicendo,


in silenzio, Finfermo ; e ritorna alla chiesa, come da
essa è partito, recitando! il Laudate Dóminum de coe~
lis od altri salmi ed orazioni. In chiesa depone la pis­
side sull’altare, genuflette e discende in piano, e reci­
ta il versetto : Panem de coelo etc. coll’Orazione del
SS. Sacramento Deus qui nobis, che non si muta e
nel tempo pasquale e fra l’Ottava del Corpus Domini
si aggiunge Alleluja all’Antifona! e al Versetto (1).
Annuncia al popolo le indulgenze che hanno acqui­
stato coloro che accompagnarono il santissimo Sacra­
mento. Quindi sale all’Altare ed impairte al} popolo
la benedizione colla pisside coperta col proprio velo
e coll’omerale, senza nulla dire; poi la pone nel ta­
bernacolo, genuflette, lo chiude e ritorna in sacrestia.
Quando un Diacono, per comando del Vescovo, o
per necessità portasse il SS. Viatico, compie tutto
quello che farebbe il sacerdote (2).
Quando per lunghezza e difficoltà del viaggio si
porta una sola particola o tante quanti sonoi gli in­
fermi, fatta la comunione alFinfermo, od all’ultimo,
se sono più, il Sacerdote dopo la purificazione delle
dita dà la benedizione colla) destra, facendo un segno
di croce, dicendo: Benedictio Dei etc. come nella
chiesa dopo la comunione dei fedeli, quindi depone
le sacre vesti, si spengono i lumi e si ritorna priva­
tamente alla chiesa (3).12

(1) Tit. IV c. 4. or. 21. Rit. Rom. ed. tip. 1913.


(2) S. C. R. 14 agosto 1858 n. 3074, 1.
(8) De Herdt, II, n. 194. Cfr. SynodL Dioeces. Papien. pag.
74,376, 377, 235, 302.
Della SS. Eucarestìe 83

Dovendosi comunicare piu infermi, come avviene


negli)1ospedali, si fa una sola aspersione là dove si
depone la pisside e recitato 1'Ecce Agnus Dei etc. si co­
municano tutti gli infermi; in fine si recita una sola
volta Fultima Orazione e si dà la benedizione.
In! tempo di malattie contagiose vedi quanto è pre­
scritto da S. Carlo nel Conc. Prov.
Circa la comunione degli infermi negli oratorii del­
le comunità o negli ospedali si noti: a) si possono co­
municare gli infermi nella Messa dopo assunte le sa­
cre Specie, ma il celebrante nelPandare al letto de­
gli infermi deve vedere l’altare, altrimenti si devono
comunicare fuori della Messa (1). Nell’andare al
letto degli infermi non si recitano preghiere (2), Se
però nel1luogo ove stanno gli infermi si possono udi­
re le parole1del Celebrante, si può andare a comuni­
carli durante la Messa (dopo la consumazione), ma
si deve usar l’ombrello e gli astanti possono anche re­
citare delle preghiere (3).

35. Esposizione della SS. Eucarestia.


U Esposizione della SS. Eucaristia può essere pri­
vata o pubblica. La prima è quella che si fa aprendo il
tabernacolo è. ritirando il conopeo in modo che sia
visibile la pisside coperta del suo velo, senza estrarla ;
la seconda si fa collocando l’Ostia grande nell’Osten­
sorio ed esponendo questo sul trono.123

(1) S. C. R. 19 die. 1829 n. 2672; 1 die. 1844, n. 2885.


(2) S. C. R. Decr. cit
(3) S C. R. 7 febr. 1874 n. 3322.
84 Capo JII

Per l’una e per l’altra! si richiede una causai per


l'esposizione pubblica si richiede una causa pubblica
e grave approvata dall’Ordinario (1) od altra causa
legittima, come la festa e l’ottava del Corpus Domini,
la consuetudine, la funzione della terza (o prima) do­
menica del mese ad onore del SS. Sacramento. Nei ca­
si straordinari si richiede il consenso del Vescovo, an­
che pei regolari esenti dalla giurisdizione vescovile
(2) e per le Confraternite laicali (3), e per le SS.
Quarantore (4);. non è richiesta quella del parroco,
se si fa nelle chiese pure poste nella parrocchia (5).
Per Vesposizione privata non si richiede causa pubbli­
ca nè facoltà vescovile, ma basta una causa privata,
come l’infermità di una persona, ecc.
L’esposizione pubblica e privata del SS. Sacramen­
to è vietata dalla mattinai del giovedì santo alla mat­
tina del sabato santo, finché non sia terminata la
Messa (6), nella notte di Natale perchè contraria al­
la consuetudine della Chiesa (7).
1274, 2).
Fu chiesto: «An liceat Sacerdoti, prò sua privata
devotione, sacrum tabernaculum aperire, pro adorane1234567

(1) S. C. R. 31 maggio 1642 n. 800; 7 agosto 1655 n. 988,


1. Cod. 1274.
(2) S. C. R. 8 giugno 1669 n. 1388; 24 mov. 1691 n. 1860,
2; 14 marzo 1861 n. 3104, XIV.
(3) S. C. R. 13 sett. 1642 n. 814; 29 marzo 1645 n. 882.
(4) S. £ .R. 4 giugno 1614 n. 869.
(5) S. C„ R. 9 giugno 1657 n. 1026 ; 7 sett. 1658 n. 1090;
4. sett. 1751 n. 2416; 1.3 maggio 1719 n. 2263, L 2, 3.
(6) S. G. R. 12 marzo 1661, n. 1190.
(7) S .C. R. 17 sett. 1785 n. 2528. 4 .
Della SS. Eucarestìa 85

do Sacramento, praecibus ad Ubituniì fundendis, ac


postea illud claudere?» — E si risponde: «Negative»
(i).
Il ministro dell’esposizione e riposizione'» del San­
tissimo Sacramento è il Sacerdote o il Diacono (Can).
A. —: Il rito dell esposizione privata é esposto d
Benedetto XIV, nella sua Istruzione. Il Sacerdote,
lavate le mani in sacrestia, indossa la cotta e la sto­
la di color bianco e, se si vuole, anche il piviale, met­
te il berretto, va all’altare, sul quale devono essere
accese almeno sei candele (2) ; si scopre e, fatta genti,
flessione in piano, sale all’altare, stende il corporale,
apre il tabernacolo, genuflette: ritrae il conopeo in
modo che la pisside possa essere veduta, senza però
estrarla dal tabernacolo (3) nè esporla sul trono (4),
fatta semplice genuflessione, discende, s’inginocchia
sull’infimo gradino, fa profondo inchino; quindi si
alza, infonde/ incenso nel turibolo (5) e, inginocchia­
to, incensa il SS.mo Sacramento facendo profondo in­
chino prima e dopo. Indi si possono recitare preghie­
re relative al fine dell’esposizione! privata; esse devo­
no però esser approvate dalla S. Sede o dall’Ordinario
(6). Si conclude col canto del Pange lingua od alme-123456

(1) S ,C. R. 17 luglio 1894 n. 3832. IL


(2) S. G. R. 15 marzo 1698 n. 1992.
(3) S. C. R. 26 agosto 1886, n. 3666.
(4) S. C. R. 23 maggio 1835, n. 2725, 4; 16 febbr. 1906.
(5) Quando è esposto il SS. Sacramento, il celebrante infonde
l’incenso nel turibolo stando in piedi ed in piano, non genu­
flesso sui gradini. Non si dicono le parole Ab illo benedicaris, flè
si bacia la mano al sacerdote.
(6) S .C. R. 31 agosto 1867 n. 3107, VII.
86 Capo III

no delle due ultime strofe. Cantata la strofa Tantum


ergo ai alza, mette l’incenso nel turibolo, ed incensa,
come si è detto il SS. Sacramento. L’uso dell?incenso
però non è obbligatorio anzi Pometterlo è più confor­
me aliai prassi della Chiesa (1); però se l’Ufficcan­
te usa il piviale, tutti i liturgisti dicono che si deve
usare l’incenso. Quindi si canta il versetto Panem de
coelo (a cui, nel tempo pasquale e fra l’Ottava del
Corpus Domini, si aggiunge 1’Alleluja) e l’Orazione
del SS. Sacramento, che ha sempre la conclusione
breve : Qui vivis et regnas in saeóula saeculorum.
'L’esposizione privata si può terminare colla bene­
dizione, ma questa non è di obbligo.
B. — Per Vesposizione pubblica del SS. Sacramen­
to si deve preparare, in mezzo alPaltare o sul taber-
colo, il trono- ornato di drappi di seta di oolor bian­
co, nella cui sommità vi deve essere una corona, an­
che se l’altare è già sormontato da trono marmoreo
(2). Alia base del trono vi dev’essere un sostegno su
cui si colloca l’ostensorio e sul quale deve stare una
palla monda dell’ampiezza del sostegno stesso. Sul-
l’altaire, devono ardere, per tutto il tempo dell’esposi­
zione almeno dodici candele, che non si posson sosti­
tuire con lumi ad olio (3), tra i candelieri si possono
mettere fiori naturali.
Non vi devono essere Reliquie o statue di Santi;
anzi si deve ricoprire la stessa immagine ò statua del-123

(1) Decr 2957 e 4202, 1.


(2) S. C. R. 27 maggio 1911, IV.
(3) S. C. R. 27 giugno 1860, n. 3237; 8 feh n. 3480.
Della SS. Eucarestia 87

Faltare maggiore (1). Sono permesse solamente le


figure di angeli che stanno in adorazione o portanti
in mano le candele (2). Neppure è conveniente stia­
no esposte in chiesa le statue dei Santi, ciò che è espli­
citamente proibito durante Pesposizione per le SS.
Quarant’Ore (3), od almeno davanti ad esse non si
accendano lumi. Il pallio delPaltare, se si usa, ed il
conopeo, devono essere di color bianco, e si devono
togliere le cartegloria. All’altare ove è esposto il SS.
Sacramento non si può celebrare la Messa se non per
necessità o causa ragionevole (4), è pure vietato di
distribuire la SS. Comunione (5). L’Altare dell’e­
sposizione è il maggiore della chiesa, come il luogo
principale (6), l’esposizione non si può fare in più al­
tari contemporaneamente. Quando durante l’esposi­
zione si tiene predica, il sacerdote che predica tiene
scoperto il capo : anche durante i divini uffici (v. gr.
il Vespro in canto) si sta in piedi (7) ciò che é più
conveniente, od anche seduti, a capo scoperto (8).
Durante l’esposizione del SS. Sacramento non si12345678

(1) S. C. R. 11 marzo 1861 n. 3241, IV.


(2) S. C .R. 12 luglio 1892 n. 3780. IV.
(3) S. C. R. 27 seu. 1828 n. 3780, IV.
(4) Caerem. Ep. I, c. XII, 9.
(5) S. C. R. 11 mag. 1868 n. 3448, 8 febbr. 178<> n. 3482.
Però data una causa ragionevole e col consenso del Vescovo 9Ì
può fare anche ad un altare minore (S. C. R. apr. 1873 n.
3293).
(6) Istr. Clem. § III, n. 2; S. C. R. 21 apr. 1879
(7) Gaerem. Ep. II. XXXIII, 33.
(8) S. C. R. 10 sett. 1796 n. 2552». I. Qui sci parla del cle­
ro obblogato al coro; per il celebrante ed assistenti che stanno
in presbiterio per il canto del Vespro, come aiusa in molti luo­
ghi, possono stare in piedi o seduti, ma sempre a capo scoperto.
88 Capo HI

può cantare o) recitare in coro l’ufficio dei defunti


(1). In tutte Tei Messe che si celebrano nella chiesa
ove è esposto il SS. Sacramento per causa pubblica' e
per le Quarant’Ore, è obbligatoria la colletta del SS.
Sacramento, per tutto il tempo che sta esposto (2) ;
tranne nelle Messe del medesimo mistero. Devesi pro­
curare che durante l’esposizione vi sia) sempre qual­
che persona che stia in adorazione: il clero può sta­
re in presbiterioi vestito di cotta (3) in genuflessori
coperti di panno decente; i laici fuori della balaustra
(4). Nessun laico si deve accostare all’altare per re­
golare le candele, che non sia vestito di veste e di
cotta.
Esposto il SS. Sacramento per causa pubblica non
si può cantare la Messa esequiale, ma si deve ripor­
re il Sacramento; ovvero, se non si può come nelle
SS. Quarant’Ore, la Messa esequiale bisogna antici­
parla o differirla (5). Tanto Pesposizione pubblica
quanto la privata è vietata nel triduo- della passione.
Sij possono recitare orazioni approvate in lingua
volgare (6) che però- non siano orazioni liturgiche le
quali si devono recitare in latino (7).
Rito delVesposizione pubblica del SS. Sacramento.
Essa1può farsi: da un solo sacerdote: dal sacerdote1234567

(1) S. C R. 8 febbr. 1879 n. 3479, li.


(2) Instruet. Clement § XII.
(3) S. C. R. 17 ag. 1833 n. 2809 2.
(4) S. C. R. 22 genn. 187^6 n. 3388. HI.
(5) S. C. R. 22 genn. 1875 n. 3357.
(6) S. C. R. 31 ag. 1367, Vili n. 3157.
(7) n. 3537, 3.
Della SS. Eucarestia 89

assistito da altro sacerdote (prete o diacono), da un


sacerdote coi sacri ministri parati; dal sacerdote coi
ministri od altri preti o diaconi assistenti. Nel primo
caso l’esposizione si fa dal Celebrante stesso, nel se­
condo dal ministro sacro assistente, nei terzo dal dia­
cono, e nel quarto ancora dal ministro assistente.
Chi deve fare esposizione, lavate le mani in sacri-
stia, esce portando con ambe le mani davanti al pet­
to la borsa, contenente il corporale, colla chiave del
tabernacolo. Può anche portare Postensorio coperto
da un velo. All’altare, fatta genuflessione in piano,
sale, stende il corporale collocando la borsa dal lato
del Vangelo, apre il tabernacolo e genuflette, estrae
la teca e la scopre dal velo. Colloca Postensorio sul
corporale, dal lato del Vangelo, ne apre la capsula,
quindi estrae l’Ostia dalla teca, la mette, ferma nella
sua lunetta, entro Postensorio, chiudendo la capsula.
Colloca la teca in disparte dal lato dell’Epistola e lo-
stensorio scoperto' nel mezzo del corporale o sul trono.
Discende in modo da non voltare le spalle al SS. Sa­
cramento, e s’inginocchia sull’infimo- gradino fa in­
chino al SS., si alza, infonde incenso nel turibolo
e incensa il SS. ; poi inchina ancora.
E’ bene qui ricordare il Decreto n. 4179, 3 riguar­
dante le riverenze nell’esposizione del SS. Sacramen­
to:
(Nulla5reverentia facienda est a Celebrante ante­
quam surgat recitaturus orationes coram SS.mo Sa­
cramento, vel ascensurus ad altare ut populo bene-
90 Capo III

dicat; itemque postquam genua flexit in infimo gra­


du sive post recitatas orationes, sive post eius descen­
sum ab altari benedictione impertita (farebbe inchi'
no invece appena disceso dall'altare prima; di ammi­
nistrare Pincenso, se egli stesso facesse da espo­
sitore) : itemque nulla reverentia facienda est sive ab
Expositore antequam surgat ascensurus ad al­
tare ad deponendum e throno SS.mum Sacramen­
tum sive ab acolyto antequam surgat vel ad imponen­
dum vel ad recipiendum velum humerale, sive ab u-
troque postquam iterum in loco suo génua1flexerunt.
At si acolytus transeat ante altare genuflectat in me­
dio».
A. II Celebrante, lavate le mani in sacristia indo
sa la cotta, stola e piviale di color bianco (1); se vi
sono i sacri Ministri parati, indossa: amitto, camice,
cingolo, stola incrociata sul petto e il piviale di co­
lor bianco. Preceduto dai chierici recanti i cerofe­
rari, il turibolo, ed accompagnato dai sacri ministri,
se vi sono, coperto il capo, va alPaltare, si scopre e
consegna il beretto ad un ministro, genuflette e, se
non deve fare egli stesso l’esposizione* vi rimane fin­
ché è disceso colui che fa Pesposizione. Esposto Fo-
stensorio, scoperto, sulla mensa dell’altare o sul trono
il Celebrante fa profondo inchino del capo, si alza
e rivolto verso il lato delPEpistola, stando in piano,
infonde incenso nel turibolo; non dice però la rela­
tiva orazione, non benedice Pincenso, nè porge la

(1) DI piviale non è prescritto quando l’esposizione ai /a


uno solo, cioè dal solo celebrante senza assitenti.
Della SS. Eucarestia 91

mano a baciare. Inginocchiato riceve il turibolo dal


Diacono o da altro assistente o chierico e incensa, a
tre tratti, in linea retta, il Santissimo Sacramento (1).
Quando s$, è collocato l’Ostensorio sul trono si può
cantare, dove vi è costume, il Pangé lingua, chiuden­
do col versetto Panem de coelo e la relativa Orazione.
Quindi, fatta breve adorazionei al SS. Sacramento
si alza, e genuflette duplici genu in piano, si alza,
e quando è fuori dal cospetto del Sacramento si co­
pre il capo e preceduto dai chierici, va alla sacristia.
B. Il Sacerdote o Diacono assistente; quando si
fatta l'abluzione delle mani in sacristia, indossa la cot­
ta e colla stola del colore dei paramenti del Celebran­
te e dei ministri (2) ripiegata sul braccio sinistro esce
di sacristia col capo coperto, dove vi è costume, al la­
to del Celebrante o davanti a lui, se vi sono i sacri Mi­
nistri parati. All’altare, scoperto il capo, fatta genu­
flessione col Celebrante, indossa la stola, sale all’al­
tare, colloca l’Ostia nell’ostensorio e questo sul mez­
zo del corporale o lo porta sul trono, e fatta genufles­
sione alquanto in disparte, dal lato dell’Epistola di­
scende, e si mette in ginocchio sull’infimo gradino.
Quindi leva la stola, la bacia, se v’e la consuetudine,
e se la mette, ripiegata, sul braccio sinistro, ovvero
la consegna a un chierico. Se non vi sono i sacri Mi­
nistri parati, porge egli stesso la navicella, senza baci,12

(1) S. C. R. 26 marzo 1859 n. 3086. IL Tale rito 9i deve


sempre O'seervare incensando il SS. Sacramento anche nelle be­
nedizioni. __
(2) S. C. R. 27 maggio 1911, VIHL
92 Capo III

al Celebrante, e dopo l’infusione delFincenso gli pre­


senta il turibolo, e da lui lo riceve, fatta l’incensa­
zione, senza baci.
C. Il Diacono e ili Suddiacono indossano i paramen­
ti sacri della Messa, ossia amitto, camice, cingolo (2),
e rispettivamente dalmatica e tunicella, il Diacono
anche la stola. Escono di sacristia, coperto il capo,
ai lati del Celebrante sostenendo i lembi del piviale.
Arrivati davanti all’infimo gradino dell’altare, si sco­
prono, genuflettono e si mettono in ginocchio sull’in­
fimo gradino col Celebrante. Il Diacono presenta la
navicella e il turibolo, senza baci: durante l’incen­
sazione e le Orazioni i Ministri sostengono il piviale
stando- in ginocchio. Fatta l’esposizione, ritornano
alla sacrestia, non coprendosi il capo se non quando
sono fuori del' cospetto del Sacramento. Mancando il
prete assistente o altro diacono parato* fa egli stesso,
col rito suddescritto, l’esposizione del SS. Sacra­
mento.
Per la riposizìone si va> all’altare come per l’espo­
sizione, scoprendosi tutti il capo appena arrivati al
cospetto del SS. Sacramento. Fatta doppia genufles­
sione in piano davanti all’infimo gradino, tutti 6Ì in­
ginocchiano a fare breve adorazione, quindi si canta il
Pange lingua o altro salmo, col Tantum ergo, e dopo
l’Orazione del SS. Sacramento si dà la benedizione
la quale dopo la esposizione pubblica, non si può mai
omettere (2).12

(1) S. C. R. 12 maggio 1893, n. 2799, I.


(2) S. C. R. 12 luglio 1889 n. 3713.
Delta SS, Eucarestìa 93

36. Benedizione col SS. Sacramento.


Questa, può essere privata e pubblica : la prima è
quella: che si dà per causa privata e colla pisside, la
seconda per causa pubblica o per consuetudine e si
usa l’ostensorio. Che si possa impartire la benedizio­
ne privata, dove vi è la' consuetudine od il consenso
del Vescovo, è fuori di dubbio (1); essa si può dare
anche quando nel medesimo giorno, in diverso tempo
si dà la benedizione pubblica.
A. La benedizione privata si alò col seguente rito :
Il Celebrante indossa cotta, stola ed anche il piviale
di color bianco. All’altare, su cui devono essere acce­
se almeno sei candele, fatta genuflessione in piano,
sale, stende il corporale, apre il tabernacolo, rimuo­
vendo il conopeo in modo che si possa veder la pis­
side.
Questa non si deve estrarre dal tabernacolo, nè
porre sul trono, ma la si lascia in esso avanti gli al­
tri vasi* sacri e coperta col suo velo (2). Genuflette
e discende senza voltare le spalle al SS. Sacramento
quindi recita o canta preghiere (approvate) partico­
lari o qualche salmo od inno relativo al fine per cui
si imparte la benedizione.
Dopo il canto del Tantum ergo colla relativa ora­
zione, assunto il velo omerale, sale l’altare, genuflet­
te, estrae la pisside, collocandola sul corporale, chiu­
de la porticina del tabernacolo, quindi presa la pis­

ci) S. C. R. 11 sett. 1847 n. 2957; 16 marzo 1876 n. 3394.


(2) S. C. R. 16 febbr. 1906.
94 Capo 111

side, coperta dal suo velo, colla sinistra, e, ricoperta­


la totalmente colle estremità del velo omerale (1) ei
volge al popolo ed imparte la benedizione, facendo
colla pisside un segno di croce, senza nulla dire o can­
tare. Rivoltosi quindi all’altare può cantare l’O salur
taris hostia od altra Orazione relativa al SS. Sacra­
mento, e deposto il velo omerale, e collocata la pis­
side nel tabernacolo, genuflette, chiude la porticina,
piega il corporale, lo mette nella; borsa, discende* dal­
l’altare, genuflette in piano, e coperto il capo ritor­
na in sacristia.
Non si può dare la benedizione privata senza nul­
la cantare prima e dopo.
Quando si impartisce subito dopo la Messa privata
si può usare la continenza sulla pianeta della Messa,
eccetto, s’intende, quella da morto (2),
Dove vi è consuetudine di adoperare l’incenso an­
che nelle benedizioni private, si può usarlo, quantun­
que: «omissio incensationis conformior est Ecclesiae
praxi in benedictione cum sacra Pixide» (3).
B. La benedizione pubblica o solenne col SS. Sa­
cramento nell’Ostensorio non si può impartire più di
una volta al giorno, eccetto la domenica terza (o pri­
ma) del mese, in cui si fa la relativa funzione. Si deve
dare all’altare maggiore, su cui si devono accendere
almeno dodici candele, nè trasferire facilmente il SS.
Sacramento ad altro altare, almeno senza il consenso123

(1) S. C. R. 23 febbr. 1836 tu 2786, 1; luglio 1883 n. 3582,


I: 12 luglio 1892 n. 3786, I; 21 febbr. 1896 n. 3888, HI.
(2) S. C. R. 20 luglio 1894 n. 3833. ITI.
(3) S. C. R. 11 seu. 1847 n. 2847 e 2957.
Della SS. Eucarestia 95

del Vescovo (1). E* vietata nel triduo della Passione


ossia dal mercoledì santo dopo il mattutino fino al
sabato santo dopo la Messa. E’ vietata anche all Saba­
to Santo, per chi non abbia uno speciale indulto.
Quando si imparte la benedizione immediatamen­
te dopo la Messa solenne senza ritornare alla sacre­
stia* il Celebrante assume il piviale del colore della
Messa, e gli assistenti tengono le tunicelle del co­
lore della Messa, deposto però il manipolo ; si eccet­
tua il caso in cui la Messa fosse de requie, dopo la
quale si devono assumere i1paramenti bianchi; il ve­
lo omerale dev’essere però sempre di color bianco.
Quando si imparte dopo i Vespri od una processione
gli assistenti devono tenere il piviale. Ini questo ca­
so però occorre un altro sacerdote che faccia l’espo­
sizione e la riposizione in cotta e stola (2).
a) Quando si impartisce la benedizione dopo un’a
tra funzione (Messa, Vespri, ecc.) si può cantare! il
solo Tantum ergo. 6) Se si dà dopo la Messa de requie
e l’assoluzione, si spengono i lumi intorno al feretro,
e si può cantare convenientemente il De profundis
terminato col Gloria Patri od anche Requiem aetér­
nam., se vi è la consuetudine (3), coll’orazione pro vi­
vis atque defunctis, c) Alla sera dei giorni in cui 8?
fa l’esposizione pubblica del SS. Sacramento si can­
ta convenientemente» il Miserere od altro salmo od123

(1) E quando ai dovesse trasportare ad altro altare l’Ostia,


si trasporta entro la teca, coperta col velo omerale, non entro
l’Ostensorio, S. C. R. 2 giugno 1883 n. 3576, XIL
(2) S. C. R. 16 febbr. 1986.
(3) S. C. R. 12 agosto 1884 n. 3616.
96 Capo '///

Inno, secondo le particolari leggi diocesane e le con­


suetudini. d) Nelle novene o tridui si possono cantare
gli inni relativi o le litanie della B. V., se si fanno
in di Lei onore, e) Nelle principali solennità si can­
ta convenientemente l’inno dei secondi Vespri. /)
Nelle benedizioni comuni si possono sempre cantare
il Miserere, o le litanie della Beata Vergine, o anche
il solo Tantum ergo.
Quando prima del Tantum ergo si cantano inni
od antifone il Celebrante e i Ministri, se vi sono, stan­
no in piedi (1).
Per i Versetti e le Orazioni : Quando prima del
Tantum ergo, si canta un inno o salmo, il primo ver­
setto è relativo a ciò che si è cantato, il secondo
è della B. V., il terzo del titolare dove è prescritto
o vi è la consuetudine. Quando si cantano le litanie
od un inno della B.V., il primo o della B. V. (secon­
do i tempi), il secondo del Titolare. Ai versetti, nel
tempo pasquale si aggiunge Alleluia, eccetto al Ver­
setto Ora pro nobis e al Benedicamus Patrem etc. do­
po il Te Deum (2).
Dopo i versetti si canta il Domine exaudi orationem
meam, quindi la parola Oremus e le Orazioni, nello
stesso ordine in cui si cantarono i Versetti. Ad esse si
aggiungono le orazioni imperate e per ultima si can­
ta, giusta la consuetudine, il Deus refugium nostrum.
Nelle principali solennità dopo l’inno proprio si
dice il relativo versetto ed: una .sola orazione. Se però12

(1) S. C. R. 6 nov. 1908 n. 4824.


(2) S. C. R* 6 febbr. 1892, 18, n. 3764.
Della SS. Eucarestìa 97

la benedizione va unita al canto deli Vespro si omette


l’inno e l’orazione.
Quando si canta il Te Deum senza la Processione
si conclude coi Versetti Benedicamus... e Benedictus
es, Domine exaudi Oratiónem meam. Dominus vobi­
scum e l’unica Orazione Deus cuius misericordiae
(1), quindi il Tantum ergo (2).
Qualunque sia il numero delle orazioni, esse han­
no sempre un’unica conclusione, conforme all’ultima
orazione e sempre breve.
Dopo l’Orazione del SS. Sacramento Deus qui no-
bis non se ne può aggiungere altra (3).
Cantato il Tantum ergo (e la strofa seguente) si
canta il versetto Panem de coelo etc. (a cui nel tem­
po pasquale, nella festa del Corpus Domini e fra l!a
sua ottava si aggiunge Alleluia) si dice immediata­
mente Oremus, l’Orazione Deus qui nobis, colla sua
conclusione breve : Qui vivis et regnas in saecula etc.
(4). Immediatamente prima della benedizione non si
possono cantare o recitare preci in lingua volgare (5)
si potrebbe però tener un fervorino (6) od anche
cantare il Dio sia benedetto (7). Durante il canto del­
le orazioni, i Ministri rimangono in ginocchio e so­
stengono il libro al Celebrante.1234567

(1) S. C. R. 11 sett. 1847, 3 n. 2956.


(2) S. C. R. 2 febbr. 1907, X, n. 4198.
(3) S. C. R. 24 genn. 1908, II n. 4213 : 26 aprile 1918, II.
(4) S. C R. 10 sett. 1718 a. 2252.
(5) S. C. R. n. 3530, 2.
(6) S. C. R. n. 3599, 2.
(7) S. 0. R. n. 3227, 1.
98 Capo '///

Le orazioni si recitano : stando in piedi ed a mani


giunte se non si tiene in mano il libro : prima di' al­
zarsi si fa inchino del capo- al SS. Sacramento (1).
Nell’orazione Deus qui nobis etc. non si fa alcun in­
chino alle parole corporis et sanguinis.
Circa le incensazioni si osservi: Appena esposto il
SS. Sacramento si fa l’infusione dell’incenso e l’in­
censazione anche se si canta il solo Tantum ergo.
Quindi si fa nuova infusione e incensazione al Geni-
tori (2).
Durante la benedizione un chierico può incensare
il SS. Sacramento, se vi è consuetudine, ma non è
prescritto. Nulla si può cantare nell’atto della Bene­
dizione (3).
Riguardo al modo cPimpartire la benedizione dice
FA. Carpo : «Sacerdos stans elevat Obstensorium U-
sque ad superiorem pectoris partem, et exinde ad sini-
strum komerum ducit : quin pedes dimoveat, ac redu­
cit ad desterum; quo facto per cornu Evangelii con­
vertit se ad Altare et Obstensorium ibi reponit u t
prius» (4).
Si noti che : 1. Prima di salire l’altare per dare la
benedizione e dopo d’essa disceso nel! gradino infimo
non si fa alcuna riverenza (5) ; 2. Le mani si devono
ricoprire col velo; i movimenti dell’ostensorio si de-12345

(1) S. C. R. 16 febbr. 1906.


(2) Cardellini l9tr. Qem. § 36 n. 10, 10 seg. S. C. R. 5 lu­
glio 1907, 2, n. 4262.
(3) S. C. R. n. 3058, 2.
(4) A. Carpo, Caerem.
(5) S. C. R. 16 Febbr. 1906.
Della SS. Eucarestia 99

vono fare in linea retta ed in modo grave e devoto;


3. Si volge verso il popolo dal lato dell’Epistola, al
cospetto del popolo si alza l’ostensorio e lo si abbas­
sa facendo il segno verticale della croce, e alzatolo
poi si compie il circolo ritornando dal lato del Van­
gelo ; 4. Si deve tener il capo ed il corpo eretto e fa­
cendo il segno di croce non muovere i piedi; 5. Non si
può dare la benedizione al versetto Sit et benedictio,
ma la si deve dare dopo l’Orazione Deus qiii nobis;
6. L’organo si può suonare durante Sa benedizione,
ma con suono grave, come all’elevazione nella Messa;
7. Prima e dopa si può dare un suono di campanello
per avvertire il popolo; 8. Solo il Vescovo dà la bene­
dizione col triplice segno di croce: i sacerdoti di qua­
lunque dignità siano devono usarne uno solo (1) ; 9.
Durante l’atto della Benedizione il Celebrante non
dice alcuna formula; è pure proibito qualsiasi canto.
Dopo la benedizione si1ripone nel tabernacolo il SS.
Sacramento e si può cantare FO salutaris hostia ovve­
ro Dio sia benedetto etc. (2).
La riposizione si fa dal prete assistente se vi è o dal
Diacono o dal Celebrante stesso, e quando altro sacer­
dote lo compie, il Celebrante si china secondo la con­
suetudine del luogo, quando chi ripone il SS. Sacra­
mento genuflette (3).123

(1) De Herdt, II, n. 310; III, n. 190.


(2) S. C. R. n. 2698, 2791, 2.
(3) Decr. 4179, 2.
100 Capo III

37. Delle SS. Quarant’Ore.


L’esposizione-pubblica e più solenne? che si fa del
SS. Sacramento è quella per l’adorazione delle SS.
Quarant’Ore. Essa è regolata dalla notissima Istruzio­
ne clementina, la quale ha bensì vigore di legge sola­
mente in Roma ed in quella diocesi ove è applicata
dalla ecclesiastica autorità, ma contiene norme gene­
rali a cui tutti devono conformarsi, salve sempre le
particolari disposizioni diocesane (1).
Nelle chiese in cui si fa l’Esposizione delle Qua­
rant’Ore nel giorno della! Commemorazione dei fede­
li defunti, l’Esposizione si fa lopo la Messa! cantata
de requie e la riposizione prima d’e6sa (2).
Il Codice vuole che si facciano ogni anno in tutte
le chiese parrocchiali e nelle altre in cui abitualmen­
te si conserva il SS. Sacramento, colla maggiore pos­
sibile solennità, in giorni da stabilirsi col consenso
dell’Ordinario e se ciò non si può l’Ordinario deve
provvedere perchè si faccia! in dati giorni Pesposizio-
ne, almeno per qualche ora (a. 1275).
Tale adorazione si può fare in due modi; per qua­
ranta ore di seguito, senza interruzione nella notte
(3) ovvero in modo interrotto riponendo cioè sempre
il Sacramento alla sera, per esporlo alla mattina; en­
trambi i modi sono approvati e legittimi.
L’apparato all’altare è quello che si è detto più so-123

(1) S. C. R. 12 luglio 1749 n. 2403.


(2) S. C. R. 26 febbr. 1919.
(3) Per questa forma ai richiede il permesso del Vescovo dio­
cesano e la osservanza delle nonne che vengono date in proposito.
Della SS. Eucarestia 101

pra, parlando della pubblica esposizione del SS. Sa­


cramento. Qui tratteremo particolarmente : a) del ri­
to della esposizione del SS. Sacramento per l’adora­
zione delle SS. Quarant’Ore; b) di quelle cose che si
devono osservare durante l’esposizione; c) del rito
della riposizione.
A. —>Rito dell9esposizione. Questa si apre sempr
colla Messa votiva solenne del SS. Sacramento quan­
do è permessa dalle rubriche, altrimenti colla Messa
solenne del tempo o della festa colia commemorazio­
ne del SS. Sacramento sub unica conclusione coll’o­
razione della Messa. In essa si consacrano due ostie,
una pel sacrificio, Faltra per la esposizione. Dopo che
il Celebrante ha assunto le sacre Specie del vino, il
Diacono colloca l’Ostia per l’esposizione nell’O­
stensorio, mette questo sul corporale davanti al taber­
nacolo, senza coprirlo col velo (1) quindi si osserva­
no tutte le cerimonie che ei devono fare celebrando
all’altare ove è esposto il SS. Sacramento. Finita la
Messa, il Celebrante colf ministri fatta sul soppeda­
neo genuflessione semplice al SS. Sacramento, per
viam breviorem, si ritirano dal lato dell’Epistola. La
pratica1però delle chiese di Roma e; di discendere in
piano dove si fa la genuflessione doppia, quindi, si
va dal lato dell’Epistola.
I Ministri depongono il manipolo ed il 'Celebrante,
deposta la pianeta ed il manipolo, assume il! piviale

(1) S. C. R. 29 marzo 1861 n, 2990, 2.


102 Capo III

del colore della Messa (1). Vicino agli scanni il Ce­


lebrante infonde incenso (senza benedirlo nè recitar
la relativa forma) in due turiboli, quindi va all’alta­
re e in piano fa coi ministri genuflessione doppia. In­
ginocchiato, sull’infimo gradino incensa il SS. Sacra­
mento, come altrove si è detto per l’esposizione. Do­
po di ciò riceve da un ministro il velo omerale che
dev’essere sempre di color bianco (2). Il Diacono sa­
le il soppedaneo : fatta genuflessione nel mezzo pren­
de l’ostensorio con ambe le mani e lo consegna al Ce­
lebrante che sta genuflesso sul gradino superiore. Il
Celebrante ricevuto! l’ostensorio, tenendolo in modo
che la parte ornata di esso sia rivolta all’infuori, Ile
mani ricoperte col velo, si alza, sale il soppedaneo,
si volge al popolo e intanto si intona il Pange lìngua.
Quindi si fa la processione nel modo consueto delle
altre processioni'col SS. Sacramento. Finita la proces­
sione il Celebrante genuflette sull’infimo gradino con­
segna l’Ostensorio'al Diacono o ad altro prete o dia­
cono assistente, che colloca l’Ostensorio sul trono ■del­
l’altare; ed intanto si termina il canto delle ultime
strofe del Pange lingua. Alla strofa Tantunt ergo, il
Celebrante si alza ed infonde l’incenso in un turibolo
e incensa il SS. Sacramento. Finito Finno senza can­

ti) S. C. R. 9 luglio 1687 n. 1015 ad 6. Il decreto dice:


etiam posse in processione (se. nti paramenti coloris Missae); ma
si è obbligati ad usarli, ovvero si possono cambiare ed usare i
paramenti bianchi? Alcuni liturgisti (Miatteucci, Fumagalli) lo af­
fermano ; ma tale precetto non esiste, quindi si possono anche
cambiare i paramenti della Messa ed assumere quelli di color
bianco.
(2) S. C. R. Decr. 90pra citato.
Della SS. Eucarestìa. 103

tar il Versetto e la Orazione relativa all SS. Sacramen­


to, si incomincia subito il canto delle Litanie dei San­
ti, seguite dal salmo, versetti ed orazioni, come si tro­
vano nel Rituale Romano (1). Poi, fatta breve ado­
razione1al SS. Sacramento, il Celebrante coi Ministri
e il clero sorgono e fatta doppia genuflessione, ritor­
nano alla sacrestia.
B. — Durante l’esposizione, giusta la sopra calata
Istruzione, nel secondo giorno si canta la Messa Pro
pace quando lo permettono le rubriche, ma ad altro
altare, non a quello ove sta esposto il SS. Sacramen­
to. La benedizione col SS. Sacramento si può dare
ogni sera, quando lo si ripone alla sera, ma è proibi­
to deporlo dal trono per dare la benedizione lungo la
giornata e poi esporlo ancora (2).
Durante l’esposizione devono ardere continuamen­
te sull’altare almeno dodici candele (3). Non si può
recitare o cantare in coro l’Ufficio dei defunti (4).
C. — Rito della riposizione. La riposizione, giusta
l’Istruzione'Clementina, si fa col canto della Messa
votiva, solenne del SS. Sacramento, dopo la quale
si cantano, oome per la esposizione, le Litanie fino al
versicolo Domine exaudi orationem meam, incluso,
quindi il Celebrante infonde incenso in due turiboli e
si fa la processione. Ritornati all’altare, consegnato al
Diacono l’Ostensorio, che si colloca sulla mensa del-1234

(1) Ediz. tipica 1925, tip. Vaticana.


(2) S. C. R. 11 maggio 1878 n. 3448, IH; 25 sett. 1882,
n. 3558, II.
(3) S. C R. 8 febbr. 1879, n. 3480.
(4) S. C. R. 8 febbr. 1879, 2, 3479.
104 Capo III

l’altare sul corporale, il Celebrante depone 'il velo


omerale. Finita la strofa Tantum ergo, il'Celebrante
infonde incenso in un turibolo ed incensa SI SS. Sa­
cramento. Finito l’inno, canta il Panem de coelo9
le orazioni, come nel Rituale, dopo le quali, ri­
cevuto il velo omerale, di color bianco, imparte la be­
nedizione col SS. Sacramento, che poi si ripone dal
diacono o da altro sacerdote nel tabernacolo (1).
Quando la riposizione si facesse la sera ed indipen­
dentemente dalla Messa 6Ì può fare ancora la proces­
sione, ma si diranno le litanie o no, giusta le par­
ticolari norme diocesane o la consuetudine. — Appe­
na arrivati! alFaltare non si incensa il SS. Sacramen-
t0 (2)
1 3*
Primà di impartire la Benedizione si può tenere
un fervorino al popolo (3).

(1) Islr. Clem. § XXX, XXXI.


(2) S. C. R. 5 luglio 1907.
(3) S. C. R. 14 die. 1883. n. 3599, IL
CAPO IV.

Della Penitenza

§ I. - ANTICA DISCIPLINA CIRCA LA PENITENZA

38. Doppia accusa dei peccati: privata, pubblica.


Nei primi secoli troviamo ni uso una doppia accu­
sa dei peccati « una privata fatta dal penitente al mi­
nistro in secreto, Paltra pubblica, che consisteva nella
manifestazione delle colpe; fatta in chiesa, davanti al
popolo ed al clero. L’accusa secreta fu prima per or­
dine e quella sempre praticata ; Paltra, più che un re­
quisito pel Sacramento, era una penitenza ingiunta
nella confessione privata, in pena di qualche pubbli­
co ed enorme delitto1commesso con pubblico scanda­
lo, ed era ordinata «In vindictam suorum scelerum,
et in sui humiliationem ob aliorum item exémplum,
et ob Ecclésiae, offensae aedificationem» (1). I prin­
cipali delitti pei quali era ingiunta tale accusa pubbli­
ca erano l’idolatria, Vomicidio, Padulterio, nei primi
tre secoli, mentre nel quarto e nel quinto la si ingiun­
se anche per altri delitti (2). Essa però non fu mai
comandata con una legge assoluta dalla Chiesa, era
lasciata alFarbitrio del confessore ed alla pinti del12

(1) Conc. Trid. Sess. 14, cap. 5; Cfr. Morin. de Poenitenti;!,


lib. |X , capo 6, 14-17.
(2) Mortene, de antiq. Eccles. ritibus. Lib. I, Cap. VI, a. 2.
100 Capo IV

penitente (1). E quando nel secolo quinto, il timore


di tale pena incominciava ad allontanare molti dalla
confessione auricolare, il Pontefice S. Leone M. abro­
gò tale pubblica accusa dei peccati (2).

39. Ministro - Tempo - Luogo e Modo.


Ministro della Penitenza era ordinariamente il Ve­
scovo, ilv quale riceveva le confessioni, imponeva la
penitenza e riconciliava quelli che avevano compiuta
la soddisfazione. Ma, cresciuto il numero di cristiani
e durante la persecuzione di Decio, molti essendo i
lapsi, a ciascuna chiesa venne deputato un sacerdote
a ricevere la confessione ed a fare le loro riconcilia­
zioni (3). Tale costume, da Nectario abolito poi a
Costantinopoli, persevero nell’occidente, ove il Ve­
scovo si riservò sempre il diritto di imporre la peni­
tenza pubblica e di assolvere dopo di essa, come pure
assolvere dai più gravi peccati. Anzi l’assoluzione
di delitti gravissimi veniva spesso demandata al Som­
mo Pontefice (4).
Sebbene fino dai primi secoli in ogni tempo, in
ogni giorno, potessero i fedeli presentarsi al ministro
per fare) l’accusa dei peccati e per riceverne la peni­

ci) Il Martène lo prova citando la lettera 163 di S. Leone


Papa. Vedi il luogo citato,. Origene Oniel. 3 in Levit. «Si is (me­
dicus spiritualis scii. Episcopus vel Sacérdos) intellexerit Ecclesiae
exponi debeat et curari; ex quo fortassis et caeteri aedificari po­
terunt et ipse facile sanari etc.».
(2) S. Leone M. presso Martène 1. c.
(3) Socrates, Lib. V cap. 19.
(4) Martène 1. c. act. IV nn. 2, 5, 6.
Della Penitenza 107

tenza e l’assoluzione, tuttavia troviamo fino dal secolo


ottavo, prescritto generalmente che i fedeli si con­
fessassero in principio delle quaresima o durante es­
sa. Lo provano gli antichi Pontificali e Rituali che an­
cora esistono, i Canoni di parecchi Concili e le pre­
scrizioni pontificie (1). Perciò a ragione il Concilio
Tridentino potè osservare : «Jam in universa Eccle­
sia cum ingenti animarum fidelium fructu observatur
mos ille salutaris confitendi sacro illo et maxime ac-
ceptabili tempore quadragesimae, quem morem haec
Sancta Synodus maxime probat et amplectitur tam­
quam pium et merito retinendum» (2). In molte Dio­
cesi anzi era prescritto che i fedeli si dovessero con­
fessare tre o quattro volte l’anno e i Concilii provin­
ciali, i sinodi particolari, le regole monastiche estese­
ro a quasi tutte le chiese} la legge di confessarsi tre,
quattro ed anche più volte l’anno (3). Vi erano poi
speciali circostanze, nelle quali i fedeli si accostavano
a questo sacramento, cioè ogni volta che volevano
ricevere la SS. Eucaristia e si trovavano rei di grave
colpa, quando si trovavano in pericolo di vita, prima
di incominciare un pellegrinaggio od' altra opera im­
portante (4). Perciò quando Innocenzo IH nel Conc.
Lateranese ordinò che tutti si dovessero accostare a
questo Sacramento almeno una volta all’anno, non1234

(1) Sono citali dal Martene, O. c. Lib. I cap„ VI art. 1 n. 6.


(2) Conc. Trid. Sese. XV cap. 5.
(3) Martene, L c. n. 7-10.
(4) Martene, L c. n. 11-17: Martigny, «Diction des antiqui tes
crétiénnes», «Exomologés».
108 Cupo IV

fece che restringere l’obbligo della legge che, sebbe­


ne particolare delle diverse diocesi di confessarsi* pu­
re universalmente obbligava i fedeli più volte al-
Panno.
Il luogo dove si ricevevano dai Ministri le confes­
sioni massime delle donne, era pubblico e visibile a
tutti, e se ne trovai traccia nelle catacombe. I Concilii,
i Vescovi nei Sinodi particolari hanno severe leggi in
proposito e minacciano pene ai trasgressori (1). An­
che Si. Carlo voleva che i confessionali per le donne
fossero in luogo pubblico ed il confessore dovesse
stare in esso in modo da essere veduto. Altre circo­
stanze, facili ad intendersi, persuasero molti Vescovi
a/ prescrivere che i confessionali per donne fossero
chiusi, con porticina alta, anche nella parte anteriore.
Il modo con cui il penitente faceva privatamente
l’accusa dei proprii peccati ci è lasciato dall’ordine Ro­
mano; egli cioè doveva deporre il bastone, lej armi,
e prostrato a terra, ai piedi del confessore, chiedere la
penitenza. Il confessore, recitate alcune preghiere, in­
terrogava il penitente sugli articoli principali della fe­
de e sui principali peccati. Il penitente faceva l’accu­
sa stando seduto accanto al confessore, come si usa
ancora presso il greci. Solo dopo il secolo XIII nella
chiesa latina si incominciò a fare l’accusa stando in
ginocchio. I Concilii poi prescrissero anche i sacri abi­
ti/ al confessore, cioè la berretta, la cotta e la. stola
(2).12

(1) Marlene, 1. c. art. 3 n. 8-1].


(2) Vedi rOrdine delle Confessioni nelle varie diocesi,
tolte dagli Ordini, presso Martene, 0. c. art. 7.
Della Penitenza 109

40. Imposizione della penitenza pubblica.


Circa Vimposizione della penitenza pubblica neQa
Chiesa si' distinguono generalmente due periodi: il
primo si estende dall’epoca apostolica fino alla fine
del secolo terzo, e l’altro da questo secolo si protrae
fino alla cessazione di questa disciplina penitenziaria.
A. — Nel primo periodo la penitenza esterna,
pubblica, che si imponeva, consisteva nej privare i
fedeli del diritto di fare l’oblazione dei doni all’altare
durante il S. Sacrificio (1), e quindi della partecipa­
zione della, S. Comunione, spesso nella separazione
dal ceto dei fedeli, pena detta segregazione. E quando
essi perduravano nella mala vita, erano espulsi dalla
comunione della Chiesa colla scomunica (2). La pe­
na era imposta dal Vescovo e nella Messa si facevan
già pubbliche preghiere pei penitenti i qual!* «cili­
cio et sacco se induebant, cinere aspersi, non modo ad
Pontificis atque cleri pedes se suppUces abjiciebant,
sed et laicorum etiam advoluti pedes,, ad fratrum ge­
nua se protendebant» (3). L’estensione della pena
era proporzionata al delitto, ma i penitenti non era­
no ancora divisi per classi, per le quali dovessero pas­
sare prima di venire riconciliati.
B. — Alla fine del secolo terzo sii trova organizzata
una perfetta disciplina penitenziaria.. I penitenti era-123

(1) Vedi Martène, Val. IH a 478.


(2) Costil, Apost. 16 c. 57-38.
(3) Tertull., de Poenit., cap. 18; S. Greg. Thaumat-, Epist.
Canon., cap. 11; S. Basilius, Epist. ad Amphiloch., cap. 22, 56-58,
61, 75-83.
no Capo IV

no divisi ordinariamente in 4 classi che si chiamava­


no, dalle azioni che dovevano compiere, Flentes, Aur
dientes^ Substrati, Consistentes. I primi erano così
detti perchè stavano alla porta della chiesa e pregava­
no i fedeli che avessero a ricordarli nelle orazioni.
Essi piuttosto che penitenti, erano candidati che
aspettavano l’imposizione delle opere soddisfatene.
La seconda classe, ossia gli Audientes potevano en­
trare nella Chiesa ascoltare la lezione^ scritturale e
Fomelia del Vescovo, ma dovevano uscire coi catecu­
meni, prima che cominciassero le preghiere pubbli­
che della Messa. Da questa si passava alla terza sta­
zione o grado di penitenti, detta dei Substrati, cHe
potevano, nella nave della chiesa fino alPambone, as­
sistere alla Messa dei catecumeni ed all’omelia, dopo
la quale s’inginocchiavano e ricevevano la benedizio­
ne del Vescovo, che faceva su di essi speciali pre­
ghiere. Anche essi erano congedati prima di incomin­
ciare la Messa dei fedeli. L’ultima classe, ossia i Con-
sistentes, potevano assistere, coi fedeli, alla Messa e
con essi pregare,, non potevano però partecipare al­
l’oblazione ed alla comunione (1). Gli Esercizi che
i pubblici penitenti dovevano fare erano eoddisfa-
torii. La seconda classe, ossia gli Audientes eis oportet
impensius^ diem luctu transigere; vigiliis noctes ac fle­
tibus ducere; strato solo adhaerere cineri; }in cilicio et1

(1) Martene, o. c. art. 4; Paleotim, lib. XVTU c. 1. Tale pe­


nitenza pubblica nei primi secoli non era imposta che agli uo­
mini, non alle donne «ne a viris vexarentur»; più tardi fu appli­
cala anche alle vedove. Cfr. Bona, Rer. Liturg., Lib. I cap- XVII.
Della Penitenza 111

sordibus volutari (1) post indumentum Christi per­


ditum nullum jam velle {sài. sumptuosis vestibus)
vestitum eleemosynis insistere. Inoltre dovevano aste­
nersi, per tutto il tempo della penitenza, dai conviti,
dai bagni, e talora dovevano fare pellegrinaggi ai luo­
ghi santi In qualche luogo i pubblici delittuosi veni­
vano anche incarcerati rinchiusi nei monasteri. Più
tardi abbiamo anche i libri o canoni penitenziali che
prescrivevano la penitenza da imporsi ai rei più gravi.

41. Durata della penitenza pubblica. - Libelli


Martiri - Indulgenze.
La durata della pubblica penitenza ed il passaggio
per le quattro stazioni accennate era diverso secondo
la diversa gravità della colpa commessa e lo zelo, che
dimostrava il penitente. Così per Pomicidio la pubbli­
ca penitenza doveva per sè durare venti anni (2).
Tuttavia era riservato al giudizio del Vescovo, abbre­
viare tale penitenza canonica.
Ed infatti la abbreviava: in vista delle preghiere
che gli faceva un Martire od applicando indulgenze.
Quelli Cioè che dovevano scontare la pubblica peni­
tenza nei primi secoli, durante le persecuzioni, si're­
cavano dai Martiri che soffrivano per la fede, e ri­
chiedevano lettere (libelli) per il Vescovo onde in­
durlo, in vista dei loro meriti presso la Chiesa, a con-12

(1) Cilicio in origine era una veste spregevole e ruvida che


serviva ai marinai, e si crede inventato dai popoli della Cilicia.
Cfr. Tompa, de Sacr. Christ. ritib., p. 343.
(2) S. Rasilius, Epist. ad Amphil., 3, 76.
112 Cupo IV

donare la penitenza (1). Il Vescovo riconosciuta per


mezzo del Diacono che spediva al martire stesso, la
verità, quando questi aveva raggiunto la corona del
martirio, rimetteva la penitenza a chi aveva ricevuto
da lui il libello.
Talora si condonava liberamente dalla Chiesa la
stessa pena (Indulgenza), come fece S. Paolo coll’in­
cestuoso di Corinto (2), e si praticò per tutti i secoli.
Spesso tale indulgenza era generale per tutti e per
tutta quanta la penitenza, e da esso ebbe origine il
Giubileo che la Chiesa usò di" promulgare in certi
tempi (3).

42. Riconciliazione dei penitenti.


Mentre la penitenza canonica si imponeva con rito
solenne al principio della quaresima, la riconciliazio­
ne dei penitenti si faceva ordinariamente, pure con ri­
to solenne, nella chiesa romana, la feria quinta della
Settimana Santa; nell’ambrosiana e spagnuola la fe­
ria sesta. E precisamente in alcune chiese prima del-
l’offertorio. In altre chiese nella feria quarta si dice­
vano tre Messe, delle quali la prima era dei peni­
tenti (4).
Il rito di tale assoluzione era quasi comune presso1234

(1) S. Ciprianus, Ep. XI; Martigni, Diction, etc. «Libelle» de»


Martyra».
(2) Il Corint. U Cfr. S. Ambro»., lib. I de poenit., 17: S.
August., Enchirid., c. 65.
(3) Cfr. Schwetz, Theol. dogm. cathol., Voi. 'HI pag. 445.
(4) Cfr. Manuale, VoL IH n.
Della Penitenza 113

le Chiese: il Vescovo saliva l’ambone, faceva sui pe­


nitenti alcune preghiere, quindi li assolveva (1). Il
Pontificale Romano nella parte terza, contiene anco­
ra il rito di imporre la pubblica penitenza nella feria
quarta delle ceneri, e quello della riconciliazione dei
penitenti nella feria quinta della Settimana santa.

43. Quando cessò l'antica disciplina penitenziaria.


L’antica disciplina della penitenza canonica perse­
verò, nell’uso quasi generale, fino al secolo decimo;
col secolo duodecimo s(i trova totalmente in disuso. In
luogo della penitenza canonica s’imponevano ai fede­
li pellegrinaggi,1erogazioni di elemosine, specialmen­
te per i luoghi e le opere di carità. Però la Chiesa non
rinunciò mai al diritto di imporre, anche in seguito,
delle pubbliche penitenze ai peccatori. Anzi nel Con­
cilio; di Trento comandò ai sacerdoti' che' «condignam
pro modo culpae poenitentiam publicam injungant» a
coloro che si trovano rei di colpa pubblica, commessa
con scandalo; solo lascia ai Vescovi! di! commutare ta­
le penitenza in altra secreta «quando ita magis judi­
caverint expedire» (2).
Ed anche da tale pratica si manifesta la sapienza
con cui agisce sempre la Chiesa cattolica. La Chiesa
si trovava di fronte al paganesimo, la cui voluttà
trionfante aveva corrotto i pubblicS1costumi e si era12

(1) Il Mortene nell’App. al citato Cap. VII riferisce varii or­


dini di riconciliare i penitenti. Cfr. pure Martigny, «Penitence
canonique».
(2) Conc. Trid. Sess. 24 de ref. capo 8.
114 Capo IV

profondamente radicata nella vita dei popoli. Era ne­


cessario una potente reazione per arrestare la deca­
denza del mondo che scendeva alla morale rovina ;
una' reazione contro la carne che dominava lo spirito.
Tale reazione si operò colla pubblica penitenza cano­
nica, dettata dalla Chiesa, assunta poi volontariamen­
te dai Santi e tramandata alle anime più generose at­
traverso i secoli (1).

§ II. - DISCIPLINA ATTUALE CIRCA LA PENITENZA.

44. Luogo e tempo in cui si ricevono le conf


sioni
Il Sacramento della Penitenza, giusta l’attuale di­
sciplina, si deve amministrare in Chiesa, negli orato­
ri pubblici o semipubblici (Can. 908).
Ili luogo prossimo è il' confessionale. Le regole che
il Rituale dà circa il confessionale valgono in modo
speciale per quello delle donne.
Gli uomini si possono confessare anche nelle case
private.
Il confessionale degli uomini può essere posto in
chiesa, in sacrestia od in altro luogo, non però trop-1

(1) Cfr. Monsabrè, Espos. del Dogma cattol., Quaresim


1885, Conf. 77, / penitenti; Cfr. inoltre circa la materia di questo
paragrafo: Encres «Das Sacram, der Busse geschicht. dergestellt»
Aachen, 1847; Kinkel, «Die Beicht in den ereten christll, Jahrli.»
Mainz 1879; Franck, «Die Bussdisciplin der Kirche in den Apo-
stelzeiten bis zum 7 Jharh» Mainz 1867; Fink, «Die Katechume-
natsklassen in den altchristl. Bussdisciplin» XI 1887. (Zeitscrift
fiir kathol. Theol. Innsbruck).
Della Penitenza 115

po appartato ; è conveniente sia in forma dy piccola


e decente cameretta, fornito di soppedaneo di legno
e di porta, ed ampio abbastanza da poter contenere il
genuflessorio pel penitente col, sedile del confessore;
o meglio due camerette separate da un assito cori gra­
ta. Davanti al genuflessorio si deve appendere la im­
magine del Crocifisso ed in disparte la tabella dei ca­
si riservati. Questi confessionali si devono tenere libe­
ri da ogni alitra cosa estranea,, e possibilmente chiusi
a chiave (1).
Le donne non si possono confessare) fuori della se­
de confessionale «nisi causa infirmitatis aliave verae
necessitatis, et cautelis quas Ordinarius loci opportu­
nas judicaverit». (Can. 910).
I confessionali per le donne : a) Quanto al nume-
ro, devono essere sufficienti per ascoltare le confes­
sioni, anche nei giorni di maggior concorso, b) Quan­
to al{ posto, devono essere in chiesa in luogo- pubblico
ed aperto, sicché possano essere veduti (Can. 909),
lontano alquanto dagli altari; quindi non in sacrestia,
eccettochè per le persone sorde od inferme, c) Quan­
to alila forma, devono avere ai lati (o da un lato) una
finestrella munita di grata con piccoli fori (Can.
909). Le finestrelle devono anche avere una portici­
na da potersi chiudere quando si ascoltano le confes­
sioni della parte opposta ; sulla porticina, nella parte
che sta contro Ila grata, si può mettere qualche devo­
ta immagine. Devono essere abbastanza ampi e co­

ti) Synod. Papien., pag. 87.


116 Capo IV

modi, provvisti di soppedaneo di legno, di sedile'nel-


rinterno' e di due mensole laterali più basse della gra­
ta ; tali' mensole si possono convenientemente costrui­
re movibili, da potersi alzare e abbassare, a comodo
del confessore. Devono essere provvisti di porte, se­
condo S. Carlo, basse, onde il confessore possa essere
veduto, secondo1;alcuni Sinodi' particolari invece alte
da impedire la vista del confessore stesso; ciò che
oggi è più conveniente; ad ogni modo si devono sem­
pre tener chiusi a chiave (1). All’esterno, dalla parte
ove sta il penitente, devono aver un genuflessorio co­
modo ed al disopra della grata l’immagine del croci­
fisso. Sul confessionale si mette( convenientemente
una piccola croce di\ legno e nell’interno si appendo­
no le tabelle dei casi riservati al Vescovo e al Papa.
I cosidetti mezzi confessionali consistenti in una
sola tavola con grata nel mezzo* portatili sono proi­
biti (2), od almeno non sono da usarsi che in caso di
necessità e a giudizio del Vescovov
II tempo nel quale si possono ascoltare le confes­
sioni, specialmente delle donne, è dall’aurora al tra­
monto) del solfe,, ossia dal segno deWAve Maria mattu­
tina a quello della vespertina. Perciò senza licenza
vescovile non è lecito, ordinariamente, ascoltare le
confessioni delle donne prima o\ dopo questo tempo.
E quando pure vi è tale licenza, ili luogo del confes­
sionale, specialmente delle donne, deve essere bene
illuminato.12

(1) Bend. Xill, Method. visit, episcopalis, p. I lit. 4,


(2) Editto Card. Barocchi 3 febbr. 1898.
Della Penitenza 117

45. Ministro - Vesti sacre.


Ministro della Penitenza è il sacerdote approvato
dal Vescovo, nella propria diocesi. Deve indossare,
oltre la veste talare* lai cotta e la stollo di color viola­
ceo; però, come indica lo stesso Rituale (1), da tale
rubrica può scusare la consuetudine contraria, l’oc­
casione, come quando si ascoltano le confessioni fuo­
ri di chiesa. Certo però, anche data la consuetudine
contraria, è conveniente che in chiesi si usino tali
vesti (2) e nelle case almeno la stola, purché questa
sia decente.

46. Rito con cui si amministra.


Il rito di questo Sacramento, perciò stesso che si
amministra di frequente, è breve e semplice.
Il penitente si deve accostare, umile, modesto, in
abito decente (i militari devono deporre le armi),
stare in ginocchio, colle mani giunte e rivolto al cro­
cifìsso. Prima della confessione si fa il segno della
croce e si può recitare il Confiteor ovvero dire sem­
plicemente: Beneditemi, padre, perchè ho pecca­
to (3).
Il confessore siede col capo coperto, senza volgere
la faccia direttamente al penitente. Ascoltata; l’accu­
sa, fatta secondo le regole della morale e del Ritua­
le stesso il sacerdote data la soddisfazione, dice il123

(1) R it.. Rom. Tit. Ili, c. I n. 9.


(2) S. C. R. 31 agosto 1866 n. 3158, III.
(3) Rit. Rom. I. c. n. 14.
118 Capo IV

Misereatur tui, quindi',, alzata la destra verso il peni­


tente dice Indulgentiam etc., Dóminus etc., facendo
il segno di croce sul penitente- alle parole : In nomine
Patris etc. Quindi! recita l’ultima orazione: Passio
Domini nostri etc. (Can. 885).
E’ da notarsi: 1) Secondo alcuni Rituali ed autori
di liturgia il confessore,, prima della confessione di­
ce Dominus sit in corde tuo, etc., ciò che lodevolmen­
te può osservarsi. 2) Le preci Misereatur, Indulgen-
tiani etc., si possono tralasciare per una giusta causa
e basta dire Dóminus noster etc., fino all’orazione
Passio Domini nostri etc. come nota il Rituale (1).
3) L’elevazione della destra (rubrica probabilmente
direttiva) si protrae fino al segno di croce nella for­
mula dell’assoluzione ed è avanzo dell’antica imposi­
zione delle mani (2). 4) Le preci si devono pronun­
ciare non a voce alta,; ma mediocre, chiara e distinta,
specialmente l’assoluzione. 5) Urgendo la necessità,
in pericolo di morte,- basterà dire: Ego te absolvo
ab omnibus censuris et peccatis in nomine Patris etc.
(3). 6) Quando non si dovesse assolvere il penitente
si possono recitar le preci Misereatur e Indulgentiam,
facendo su di lui il segno di croce «sine qua elevatio­
ne manus ea benedictione nullus poenitens, quantum­
vis indispositus dimitti potest». 7) Nelle' confessioni
dei laici si omette la parola suspensionis (4) ; si deve

(1 ) Rituale Romano, Tit. HI cap. 2 n. 4 (Can. 885).


(2) Fornici, o. c., parte III, c. XI.
(3) RiL Rom., 1. c. n. 5.
(4) De Herdt, III, n. 173 sull’autorità di Baruffaldi e Ca­
talano.
Della Penitenza 119

prinunciare anche la parola deinde (1), la quale nel-


la edizione tipica non è più stampata in corsivo e
quindi fa parte della formula.

47. Assoluzione della scomunica - Sospension


Interdetto.
Per assolvere dalla scomunica è necessaria la fa­
coltà del Superiore ecclesiastico. Se nella concessione
di tale facoltà è prescritta una forma, determinata, la
si deve osservare ; se si dice soltanto : In forma Eccle­
siae consueta9 si usa quella deL Rituale. Si fa ancora
pubblicamente per colpa pubblica, ed occultamente
senza cerimonie se è occulta. La formula del Rituale
che si trova in apposito capo è quella che si usa in
foro esterno e pubblico il che raramente avviene.
Anche l’assoluzione della sospensione o irregolarità si
può fare in foro esterno od interno ed ordinariamen­
te si usa per essa la formula del Rituale (2).12

(1) S. C. R. 11 marzo 1837 n. 2264 disse nihil innovandum...


(2) Rit., Rom., 1. c. cap. V.
CAPO V.

D e l l ’E s t r e m a Unzione

§ I. ANTICA DISCIPLINA

48. Soggetto del Sacramento - Tempo in cui


si conferiva.
La pratica costante della Chiesa cattolica fu di dare
questo sacramento agli infermi, non ai sani, nè ai
condannati alla pena capitale, nè ai fanciulli inno­
centi che non hanno ancora raggiunto l’età della ra­
gione (1).
Il tempo in cui si amministrava non fu, per regola,
il momento estremo della vita, ma quando si scor­
geva che la malattia era pericolosa. Su questo punto
abbiamo gravi ammonizioni di Concilii che vogliono
che questo Sacramento sia dato quando Pinfermo ha
ancora l’uso dei sensi: «ree mors unctionem praeve­
niat, vel morbo invalescente semimortuus non sen*
tiat» (2). Anzi ordinariamente si doveva dare prima
del SS. Viatico, come lo dimostra il dottissimo Marle­
ne con numerose testimonianze (3).123

(1) Martene, 0. c., Lib. I, I, cap. VHI, ort. I.


(2) Cone. Remense a. 1583 apud Marlene, I. c. art. II.
(3) Martene, I. c.
Dall’Estrema Unzione 121

49. Ministro.
Ministro di questo Sacramento fu sempre ricono­
sciuto anche il sacerdote, e ne fa fede la lettera di
Innocenzo I a Decenzio. Presso i greci' invalse la con­
suetudine che si amministrasse da più sacerdoti (ordi­
nariamente da sette), e FAllazio ne espone il Rito:
Septem Sacerdotes varus [invocationibus oleo bene­
dicunt : recitantur septem evangelia, septem Episto*
lae, ex variis novi' testamenti libris, septem evangelia,
septem item orationes, non tantum animae, sed cor­
poris etiam salutem atque incolumitatem exorantes, tt
singulis sacerdotibus post Evangelium et oratiónem,
ungitur ut septies ungatur. Post unctionem imponunt
capiti illius librum^ evangeUorum et manus; et cum
deosculatum fuerit evangelium unctus, veniam pecca­
torum a sacerdotibus postulat : ei ea impetrata, Deo
gratias agit (1). Mancando peraltro questo numero di
sacerdoti Ia Estrema Unzione si amministra anche da
tre, ma non meno. In occidente si amministra talora
da più sacerdoti, ma anche da uno solo, il quale «sa­
cramentum hoc perficit virtute totius! Ecclesiae cujus
personam gerit» (2).
Fu sempre desiderio ché dove è possibile parecchi
sacerdoti avessero da prendervi parte. «Sacramentum
hoc perfectae curationis effectum habet, et in eo re-
peritur gratia, et ideo competit illi ut multi sacerdotes
intersint, ut eo oratio totiuè Ecclesiae effectum hujus12

(1) Apud. Martene, 1. c. art. 111 n. 2.


(2) S. Thom., Contra G e n t IV, cap. 73.
122 Capo V

sacramenti coadiuvet; unde Jacobus dicit: Inducet


presbyteros Ecclésiae, etì oratio fidei salvabit in fir­
mum» (1).

50. Materia - Formula - Unzione.


Per materia fu sempre usato l’olio benedetto solen­
nemente dal Vescovo ,(e presso i greci dai sacerdoti).
La formula talora fu assoluta od indicativa, talora
invece in parte deprecatoria, come si può vedere ne­
gli antichi rituali riferiti dal Martene. L’amministra­
zione fu sempre preceduta e seguita da altre orazioni,
spesso assai lunghe, nelle quali si domandava a Dio la
salute >dell’anima e del corpo, e la prima che si trova
anche attualmente nel Rituale v’era gi^ nel Sacra­
mentario di S. Gregorio M. In qualche chiesa si reci­
tavano anche specie di Litanie dei Santi coi salmi pe­
nitenziali.
Il numero delle sacre unzioni non fu sempre ugua­
le nei diversi tempi e luoghi. Il decreto del Papa Eu­
genio IV per l’istruzione degli Armeni fissò stabil­
mente il numero delle unzioni che si usano anche at­
tualmente nella Chiesa latina, cioè sette, che sono:
sugli occhi, sulle orecchie, alle nari, alla bocca, alle
mani, ai piedi, alle reni e conseguentemente la ripe­
tizione di sette, volte la forinola relativa (2).12

(1) S. Thomae. 0. c. 1. c.; Cfr. Menardus, Not. 909 ad Sa­


cram., S. Gregorii M.
(2) Cfr. sull’antica disciplina di questo Sacramento; Pclllic-
cia, De christ. Ecd. Politica., Lib. VI sect. II, cap. 3, § 2; Heim-
burcher, Die hl. Oelung. Regenshurg 1887.
Dell’Estrema Unzione 123

§ li. DISCIPLINA ATTUALE.

51• Ministro e materia di questo Sacramento.


Ministro di questo Sacramento è ogni sacerdote e
soltanto il sacerdote. La prima dignità del Capitolo lo
amministra al Vescovo, (Can. 397-2) il Superiore ai
Religiosi, il' Confessore ordinario alle Monache (Can.
514). Il ministro ordinario di questo sacramento, an­
che per le religioni laicali (Can. 524-3), è il Parroco
del luogo ove trovasi l’infermo ; in caso di necessità o
con licenza anche presunta ragionevolmente dell’Or-
dinario o del1Parroco, è qualsiasi sacerdote} (Can.
938). Il ministro ordinario è obbligato per giustizia
ad amministrarlo per se o per altri, e in caso di necessi.
tà qualunque sacerdote è tenuto ad amministrarlo per
carità (Can. 939).
Materia. Il Sacramento dell’Estrema Unzione si
conferisce colle sacre unzioni, usando olio d’oliva be­
nedetto, e colile parole prescritte nei Rituali approva­
ti dalla Chiesa (Can. 937)* L’olio si deve conservare
dal Parroco in luogo nitido e decentemente ornato, in
vaso d’argento o ’di stagno diligentemente custodito e
non in casa (Can. 946) se non per necessità o altra
causa ragionevole, con licenza dell’Ordinario (Can.
735) e osservando quello che prescrive il Rituale cir­
ca il luogo onesto, decente e sicuro (1). Si deve te­
nere'in. due vasi distinti, uno cioè per la conservazione

(1) S. C. R. 16 dicembre 1826 n. 2650, III.


124 Capo V

e l’altro per ramministrazione, ed entrambi devono


portare le relative iniziali. Il vasetto che serve per
Tamministrazione deve essere di metallo e contenere
convenientemente un altro vasetto di vetro in cui si
mette l’olio con della bambagia che si imbeve, onde
evitare il pericolo di versarlo. E’ conveniente che sia
munito del suo astuccio di pelle o di altra materia, e
fatto in modo che si possa ben chiudere. Tale vaso si
chiude in una borsa di color violaceo munita di cordi­
celle! da poter appendere al collo nel portarla.

52. Soggetto.
Questo Sacramento non si può amministrare se
non ai fedeli che (dopo raggiunto Fuso della ragione)
per infermità o per vecchiaia si trovano in pericolo
di morte. Nella medesima infermità non si può ripe­
tere eccetto che Finfermo ricevuto il sacramento fosse
guarito e poi ricaduto in altro pericolo di vita (Can.
940).
Nel dubbio sull’uso della ragione, nel pericolo o
nella morte si dà sotto condizione (Can. 941).
Si deve negare agli impenitenti che con contumacia
perseverano in peccato mortale manifesto, se ciò è
ancora dubbio si amministra sotto condizione (Can.
942).
A coloro che hanno perduto i sensi o Fuso di ra­
gione, é nella piena conoscenza lo domandarono im­
plicitamente o lo avrebbero domandato si dà in forma
assoluta (Can. 943).
Sebbene non necessario alla salvezza per necessità
DelTEstrema Unzione 125

di mezzo, non si deve trascurare questo Sacramento,


ma si deve procurare con ogni studio e diligenza che
gli infermi lo ricevano mentre sono ancora in piena
avvertenza (Can. 944).
53. Unzioni.
Materia prossima di questo Sacramento è l’applica-
zione delPOlio santo al corpo delPinfermo ossia la
stessa unzione. All’essenza del Sacramento si richiede
almeno una unzione. Circa le unzioni si noti: a) Si
fanno col pollice! della destra, il quale dev’essere in­
tinto alquanto nell’olio per ciascuna unzione, eccetto
quando si ungono gli organi doppi (occhi, nari, orec­
chie, mani e piedi) : le altre dita si tengono stese ed
unite. Non si può invece del pollice usare uno stru­
mento, fuor dei casi di necessità (Can. 9471-4; b) Le
unzioni si fanno in modo di croce, ciò che non è di
necessità pel Sacramento; c) Quando si ungono gli
organi doppi si fanno le unzioni sotto Punica forino­
la in modo che la formola si' cominci colla prima un­
zione e non termini prima d’aver fatta la seconda sul­
l’altro membro; d) Se l’infermo è mutilato in qualche
membro, si unge la parte più prossima ad esso; e) Le
parti che si devono ungere secondo il Rituale, sono
gli occhi, le orecchie, le nari, la bocca, le mani, i
piedi; gli occhi si ungono sulle palpebre chiuse le
orecchie nel loro mezzo, non nell’alveolo ; le nari nel­
la sommità del/ naso con unica unzione; la bocca si
unge con segno di croce sulle labbra compresse; le
mani dei laici e chierici non sacerdoti si ungono sul
palmo ; ai sacerdoti si unge il dorso delle mani ; i piedi
126 Capo V

si ungono nella) parte superiore od inferiore secondo


la consuetudine e sii può omettere l’unzione dei piedi
per qualche causa ragionevole (Can.’ 947-3) ; f) La
unzione delle reni o lombi si deve sempre omettere,
come prescrive il codice (Can. 947-2); e) Fatta l’un­
zione si astergono i luoghi unti prima di intingere di
nuovo il dito nel vaso; /) Quando si ungono due
membri, si astergono dopo la unzione del secondo
membro usando un globulo particolare di bambagia.

54. Cose da prepararsi nella casa deirinfermo.


Il Rituale indica ciò che si deve preparare nella ca­
sa dell’infermo, ossia : un tavolo coperto di tovaglia,
un vaso (bacile o piatto) con bambagia od altra ma­
teria simile, diviso in sette globuli per astergere le
parti unte, un po’ di mollica di pane per l’astersione
delle dita, un vaso con acqua per Fabluzione ed un
asciugatoio per asciugare le mani, almeno una can­
delai da accendersi durante l’amministrazione del Sa­
cramento. Quindi si deve procurare di amministrare
questo Sacramento «quanta poterit munditia ac ni­
tore» (1)'

55. Come si porta l’Olio santo - Quando con esso


si porta il SS. Viatico.
Il modo< di portare agli infermi FOIio santo è pure
descritto dal Rituale ed esposto dai liturgisti. Esso si1

(1) Rituale Rem. Tit. V, capo II, 1.


DéU’Estrema Unzione 127

deve portare dal parroco o da altro sacerdote che de­


ve amministrare il Sacramento, non da laici, se non
nel caso di urgente necessità, ed in questo caso in mo­
do occulto' e riverente. Lo si porta entro la borsetta di
seta di colore violaceo che può appendersi al collo, ed
in modo da non versarlo. Non si può usare la cotta e
la stola ne ili velo omerale nè si puoi suonare il cam­
panello ne usare i lumi, come si fa nel SS. Viatico (1)
11 Sacerdote deve essere accompagnato almeno da un
ministro che porta la croce senza asta, l’acqua bene­
detta coll’aspersorio, il Rituale, la cotta e la stola di
color violaceo per il sacerdote. Tali vestì si devono
sempre usare (2), quando non urge il caso di neces­
sità.
L’Estrema Unzione si deve dare ordinariamente
dopo che l’infermo si èì confessato ed ha ricevuto il
S'S. Viatico (3). Può peraltro occorrere il caso di do*
ver portare insieme il SS, Viatico e l’Olio scolto. In
questo caso si osservano tutte le cose che si richiedo­
no per il trasporto del SS. Viatico agli infermi, e l’O­
lio santo si porta da altro sacerdote o diacono, se vi è,
vestito di cotta. In mancanza d’altri si porta dal me­
desimo sacerdote che porta il Viatico, sempre però in
modo occulto, ossia al colio o sotto la cotta. Nella ca-123

(1) S. C. R. 28 gennaio 1.606 n. 196.


(2) An saltem Sacramentum Extremae Unctionis, «cum stola
tantum administrari possit?» k) «Negative: et eliminata Consue­
tudine, servetur Ritualis Romani praescriptum». (S. C. R. 16 dic.
1826 n. 2650, II).
(3) Rituale Romano, Tit. V, Cap. I, n. 2.
128 Capo V

sa delPinfermo l’Olio santo'1 si colloca, in disparte,


sulla stessa mensa ove si pone la pisside (1).

56. Rito con cui si amministra.


11 rito di amministrare questo Sacramento, si può
considerare indipendentemente dal SS. Viatico, ed in
relazione con esso. Nel primo caso, arrivato il sacer­
dote alla casa delPinfermo, all’entrare dice : Pax huic
domui etc.; depone il vasetto dell’Olio santo sulla
mensa, indossa la cotta e la stola d'i1 color violaceo
(non appena la stola) (2), e porge all’infermo la cro­
ce da baciare. Quindi asperge, in modo di croce, Fin­
fermo, la stanza e le persone, dicendo! Asperges me,
etc.; stanto in piedi. Recita le tre Orazioni che
si trovano nel Rituale che se urge il tempo si pos­
sono tralasciare. Prima di passare alla unzione invita,
se occorre, i circostanti alla preghiera; quindi ammi­
nistra il Sacramento in quelle parti del corpo ed in
quelPordine che è descritto dall Rituale, assistito dal
ministro che tiene la candela accesa ed il bacile col
vasetto dell’Olio santo.
Terminate le sacre unzioni, e astersi i luoghi unti,
si recitano i versetti e le orazioni segnate nel Rituale,
mutando in essi i nomi ed i pronomi secondo il sesso
delPinfermo., Quindi il Sacerdote fa l’abluzione delle
dita ; la materia che serve per la purificazione si può
riportare alla chiesa insieme ai globuli di bambagia12

(1) S. c. R. 14 agosto 1859 n. 3073: Cone. Prov. Mediolanum.


JV: Rubi*. Hit. Roni. Cap. 1, § XHI.
(2) S. C. R. 16 die. 1826 n. 2 50 ad sec. factisp.
Dell’Estrema Unzione 129

adoperata, per abbruciarli e versar poi la cenere nel


sacrario, come osserva il Rituale, o, se la chiesa non
ha sacrario, nel fuoco. L’Olio santo si riporta quindi
alla chiesa nello stesso modo con cui lo si è portato
alla casa dell’infermo.
Quando si deve amministrare PEstrema Unzione
subito dopo il Viatico, si omette l’aspersione, perchè
si è fatta prima della amministrazione del SS. Viatico.
Tutte però le orazioni, col Confiteor, si devono sem­
pre recitare ancora, quantunque alcune di esse si sia­
no già recitate prima (1).
In caso di morte imminente, se prudentemente si
crede di essere in tempo, si recita il Confìteor etc. al­
trimenti, omesse tutte le preci si fanno le unzioni.
Anzi, se vi è pericolo che l’infermo abbia da morir pri­
ma di terminare tutte le unzioni, ne fa una sola sulla
fronte colla forinola complessiva : «Per istam unctio­
nem indulgeat tibi Dominus quidquid deliquisti, A-
men» (2). Cessato poi il pericolo, vi è l’obbligo di
supplire le singole unzioni (Can. 947-1) e quindi di
ripetere le preci e le formule omesse.
Se durante le unzioni l’infermo muore, si procede
oltre, appunto perchè accurati studi ci assicurano del­
la permanenza delPanima nel corpo per un determi­
nato tempo anche dopo l’ultimo respiro. Quando si
dubita se l’infermo sia vivo ancora o*morto, si usa la12

(1) S. C. Ind. 5 febbr. 1811 n. 506, 6, presso De Herdt, II,


n. 208.
(2) S. R. Inquisii. 25 aprile 1906; Rit. Rom. Tit. V, cap.
I, n. 20.
m Capo V

forma condizionale : Si vivis, per istam S. Unctionem


etc. (1).
In caso di< morbo contagioso, nulla si deve omette­
re di ciò che spetta all’amministrazione di questo Sa­
cramento, quando vi è grave pericolo di morte per
l’infermo. De Herdt dopo aver ricordato i vari; modi
con cui i liturgisti e i teologi dicono potersi ammi­
nistrare questo sacramento (per1es. con una laminet­
ta di legno o metallo con bambagia inzuppata d’olio
posta su di essa, ecc.) conclude «Optime ctutem re­
medium est administrare confidenter et intrepide:
saepius enim fit, ut quo plura adhibentur media, eo
magidi excitetur limor et eo majus detur periculum»
( 2 ).
57. Spiegazione delle cerimonie.
Nell’amministrazione di questo Sacramento:
1. Si adopera l’Olio Santo perchè «Ut oleum ed m
tigandos córporis dolores magnopere proficit : ita Sa­
cramenti hujus virtus animae tristitiam ac dolorem
minuit. Oleum praeterea sanitatem restituit hilarita­
tem adfert, et lumini tamquami pabulum praebet;
tum vero ad recreandas defatigati corporis vires maxi­
me accomodatum est. Quae omnia, quid in aegróto di-12

(1) Rituale Romane. Tit. V, cap. I, n. 10, 11, 12, 20. E’ opi­
nione di parecchi medici che dalFistante in cui sembra estinguer­
si la vita può passare non breve tempo durante il quale la vita
perduri nel corpo sebbene non si manifesta allo sguardo comune.
Quindi quando non si è arrivato a tempo a sacramentare l’indi­
viduo che sembra essere morto si dà l’Estrema Unzione sub con­
ditione.
(2) O. c. Voi. Ili, n. 207: S. C. R. 12 luglio 1901, VITI.
DeirEstrema Unzione 131

vina virtute per hujus Sacramenti administrationem


efficiatur declarant» (1).
2. Si' ungono coll'olio i sensi del corpo, perchè co­
me per i sensi l’anima riceve le impressioni che la al­
lettano al peccato, così per essi entra la grazia a can­
cellarlo.
3. Le unzioni si fanno in forma di croce, perchè
dalla croce trae questo sacramento, come gli altri, la
sua efficacia.
4. Le altre dita si tengono stese ed! unite come nel­
le imposizioni delle mani giusta il precetto di G. C.
«Super aegros manus imponent et bene habebunt», e
significa la podestà della Chiesa.
5. Si usa in esso la stola di color violaceo, a signifi­
care la mestizia della Chiesa davanti al cristiano che
soffre.
6. Le orazioni che precedono1il rito sono dispositi­
ve alla grazia sacramentale e quelleì che la seguono
sono confermative.

(1) Catech. Romanus, R II de Extrema Unctione; 5; Con»


■cil. Trid. Sesa. XIV, Cap. I et II.
CAPO VI.

D e l l ’Ordine

§ I. - ANTICA DISCIPLINA

58. Numero e distinzione degli Ordini - Interstizi.


Il Sacramento/ dell’Ordine, uno in sè, distinguesi,
quanto all’esercizio, in diversi gradi, detti pure a loro
volta, Ordini. Nei primi tempi della Chiesa eranvi so­
lamente tre Ordini: quello dei Vescovi, dei Preti e
dei Ministri, detti comunemente Diaconi. Ampliato il
divin culto, quelle potestà ed uffici che si trovavano
implicite nell’ordine diaconale vennero distribuite ad
altre persone (1).
Il numero degli Ordini inferiori' al diaconato pres­
so gli antichi era di nove, tra f quali si annoveravano
nelle chiese particolari, i psalmisti o cant°res, i fos­
sores, i Notarii, i Custodes Martyrum. Il primo elenco
degli Ordini ci è dato dal Conc. di Cartagine VI e dal
Conc. di Roma sotto S. Silvestro. Cessati questi spe­
ciali offici, cessò anche il rispettivo Ordine : attual­
mente nella Chiesa latina si numerano otto Ordini
che sono : VOsùariato, il Lettorato, PEsorcistato, 1Ac­
contato, il Suddiaconato, il Diaconato, il Presbiterato,
1'Episcopato (2). Presso i greci si ebbero fin dai tem­

ei) S. Thom. in Cap. I, Epist. ad Timoth.


(2) Alcuni però annoverano ancora nove Ordini compren­
dendo la Sacra Tonsura, ma evidentemente questa non è che una
iniziazione agli Ordini.
DeWOrdinc 13«

pi più remoti solamente cinque Ordini, cioè quello


dei Lettori, dei Suddiaconi, dei Diaconi, dei Preti e
dei Vescovi (1).
La distinzione degli Ordini in non sacri o minori
e sacri o maggiori è antica ; ma tra questi ultimi non
venne annoverato il Suddiaconato> non dopo il se­
colo decimo secondo (2). Nella Chiesa greca 9i ri­
tiene ancora fra i minori.
Oli Ordini sì ritennero sempre come sono ancora,
altrettanti gradi per i quali si ascende al sacerdozio.
Fino però dai primi secoli il passaggio da uno all’al­
tro Ordine superiore non si poteva fare se non dopo
trascorso un tempo determinato che servisse di pro­
va; tali tempi prescritti per leggi conciliari si dicono
interstizi. Questi tempi in antico erano assai più lun­
ghi che non al presente, spettava però alf Vescovo od
al Sommo Pontefice l’abbreviarli, come sappiamo es­
sere avvenuto per Sant’Ambrogio. Tali ordini poi si
dovevano ricevere gradatamente^ ossìa un dopo l’al­
tro e non per salti, cioè omettendone qualcuno (3).123

(1) La lettera di 3. Ignazio M. agli Antiocheni enumera un­


dici Ordini, ma si ha buona ragione di credere che tale lettera
sia spuria, mentre non è citata da S. Gerolamo che ci lasciò il
catalogo delle lettere del Santo.
(2) Innoc. Iti, cap. IX de act. et qual, praef. Durando. Ratio­
nate, Lib. II, cap. Vili. Il Tridentino dice in generale: Suddia-
conatus ad majores ordines a Patribus et a Sacris Conciliis refer­
tur» (Sess. 23, cap. 2).
(3) Cfr. Mariène, De Antiq. Eccles. rit., lib. I cap. VII art.
Ili, n. 3,10.
m Capo VJ

59. Soggetto degli Ordini.


S. Paolo avvertiva Timoteo di non esser facile a
imporre le mani e costituire nei sacri Ordini, e la
Chiesa voli© che per la dignità sacerdotale coloro che
venivano ordinati non avessero difetti di' corpo o di
anima e rifulgessero di virtù. Così erano esclusi i rei
dei più gravi delitti, gli eretici e scismatici, ì neofi­
ti, i clinici quelli che erano stati battezzati in viag­
gio e dei quali non si conosceva la vita, i chierici, fat­
ti da breve tempo, i servi o schiavi, gli ascritti alla
milizia, i pubblici ufficiali, gli analfabeti, gli igno­
ranti, i difettosi di corpo, i bigami' (1) e gli ille­
gittimi (2). Quanto all’età degli ordinandi non fu
sempre uniforme la disciplina delle varie chiese e
della stessa Chiesa Romana. Così gli Ordini minori
erano dati anche nell’età dell’infanzia e gioventù, e
S. Epifanio fu Lettore ad otto anni (3). Una novella
di Giustiniano vieta che il lettore sia ordinato prima
dell’età di ventidue anni (4). Per il suddiaconato nul­
la si? trova stabilito nei primi secoli, solo assai tardi il
Conciliò di Amalfi, celebrato l’anno 1089, permette
che lo si riceva a quattordici o quindici anni, finche1234

(1) Non solo i bigami, cioè quelli che avevano contempora­


neamente due mogli, il che sarebbe stato una esclusione dalla
Chiesa, ma anche coloro che avevano sposata, morta la prima, al­
tra donna. Di questo parla anche l’Apostolo.
(2) Miartene, 0. c. 'Capo Vili, art. II, dove si trovano nu­
merose citazioni di Concilii e Pontefici, ove si danno anche le
ragioni per cui :-Ono esclusi tutti costoro dai sacri' Ordini.
(3) Bolland, Vita di Epif., 21 gennaio.
(4) Novella 123.
Dell’Ordine 135

il Concilio di Trento determinò l’età di venticinque


anni (Cone. Tolet. IV, c. 20) e( pel presbiterato di
trenta. Gli Ordini erano preceduti dalla elezione e
dagli scutini (1).

60. Tempo e luogo delle ordinazioni.


Che per le sacre Ordinazioni fossero^ stabiliti dei
tempi speciali ci appare dalla lettera di Gelasio Papa
ai Vescovi degli Abruzzi e della Lucania, che vuole:
Ordinationes presbyteroruni et diaconorum nisi cortis
temporibus et diebus exerceri non debent, idest quarti
mensis jejunio, septimi et decimi; èftam quadratesi-
malis jejunii ac medianae hebdomadae 'die sabbati je~
junio circa vesperam noverint celebrandas» (2). Gre­
gorio II, ed il Cone, di Roma sotto il Papa Zaccaria
(a 745) riferiscono la stessa legge. Prima di S. Gela­
sio non si può accertare che vi fossero tempi legal­
mente stabiliti pei sacri Ordini. I Pontefici posterio­
ri vi aggiunsero anche; il sabato precedente la Dome­
nica di Passione, detto: Sitientes.
La lettera gelasiana indica anche il giorno delle or­
dinazioni cioè il sabato, e l’ora cioè ai Vespri. Si
incominciavano^ cioè,, come avveniva del Battesimo
solenne, alla sera del sabato in modo che si termina­
vano la mattina della domenica, onde) si trova spesso
affermato presso gli antichi che esse sì facevano la do­
menica. Tanto appare dalla lettera di S. Leone M.12

(1) Vedi Marìene, 1. c. Art. Vii


(2) Epist. XI, cap. XI apud Martène, 1. c. Art. IX.
136 Cupo VI

al Vescovo di Vienna e ad Anastasio di Tessalonica.


Questi giorni/ (sabati) delle ordinazioni, negli anti­
chi libri sacramentari si dicono In XII Lectionibus.
Tali lezioni ordinate alla istruzione degli ordinandi,
erano le lezioni dei sabati delle ordinazioni che anco­
ra in parte si conservano nel messale romano e si leg­
gevano in latino e in greco.
Il luogo ove si tenevano le Ordinazioni, appena la
chiesa ebbe la pace, fu la chiesa; e precisamente gli
Ordini maggiori si conferivano davanti all’altare, in
presbiterio, i minori fuori del presbiterio, nel diaco­
nico od alla porta della chiesa. Tale pratica si con­
serva ancora presso i greci: a Roma davanti all’alta­
re di S. Pietro in Vaticano, nessuno venne mai ordi­
nato, ma quando il 'Pontefice conferiva gli Ordini
scendeva all’altare di Sant’Andrea. I Vescovi doveva­
no venir ordinati nella propria chiesa o nella metro­
politana (1).

61* Ministro.
Ministro ordinario degli ordini fu sempre il Ve­
scovo. I canoni antichi però vietavano al Vescovo di
ordinare estranei alla sua giurisdizione, senza le lette­
re testimonali del proprio Superiore.. Quindi si repu­
tava colpa nel Vescovo l’aver tenuto Ordinazioni in
luoghi non di sua giurisdizione, come, i nemici di S.
Atanasio lo accusarono falsamente presso Costantino1

(1) Marlene. 0. c. 1. c.
Dell’Ordine 137

(1). Fu però permesso al Vescovo di Cartagine di te­


nere ordinazioni in tutta PAfrica, a quel di Toledo per
la Spagna. I Vescovi dovevano essere ordinati da pa­
recchi altri Vescovi, e nelle costituzioni apostoliche si
prescrive : «Episcopum mandamus ordinari a tribus
vel minus a duobus : non licere autem ab uno vobis
constitui» (2).

§ II. - DISCIPLINA ATTUALE

62. Tempo, Ministro, soggetto degli Ordini.


La rubrica che il Pontificale fa precedere al rito
per il conferimento degli Ordini riferisce in generale
Fattuale disciplina liturgica circa questo.' Sacramento.
I tempi, ordinari delle ordinazioni) sono il sabato del­
le Sacre Tempora che occorrono nell’anno, il sabato
santo; gli Ordini si devono conferiré entro la Messa
(Can. 1006-2). Ciò però si deve intendere, come già
in antico, per gli Ordini Sacri; perchè la Tonsura si
può conferire in qualunque giorno, ora e luogo : e gli
Ordini minori ogni domenica e giorno festivo e di
precetto ed in quelli che una volta erano di precetto12

(1) Sozomeno, lib. ITT, cap. 21; Socrate, libro II, c. 24, 2i6.
(2) Con&t. Apost, lib. UT. cap. 2ò. Ciò sempre s’intende in via
ordinaria;_perchè si trovano nella storia anche molti casi di un
solo Vescovo che ordinò altro Vescovo, col consenso del Sommo
Pontefice. Cfr. Martene, 1. c. a. V. Cfr. sull’Ordine: Schimiz, «Das
ewige Priesterhum», Mainz 1884; Zardetti, «Die Priesterveihe un ih-
re vorgereitende hi. Weihen». Ein&iedeln 1899: Seidl. «De Dia-
konat in der cath. Kirche», Regensburg 1884: Reuter, «Das Sub-
diaconat hostorisch-liturgiscb erklart», Augsburg 1890; Sthad, «Die
hi Weibe dea Bischofs», Wurzburg 1884.
138 Capo VI

(1), anche extra Missam, ma al mattino (Can. 1006-


2-4).
Nei sabati, in cui si fanno le ordinazioni generali
durante la Messa si conferisce lai prima Tonsura do­
po il Kyrie elisoti; dopo la prima lezione si ordinano
gli Ostiarii, dopo la seconda i Lettori, dopo l'a terza
gli Esorcisti, dopo la quarta gli Accoliti, dopo la quin­
ta i Suddiaconi; finita la Epistola i diaconi; e prima
dell’ultiino versetto del Tratto (e fra l’ottava di Pen­
tecoste prima dell’ultimo versetto della Sequenza) 6Ì
ordinano i Sacerdoti.
Quando si fanno le Ordinazioni generali nel sab­
bato precedente la domenica di Passione (sabato Si­
tientes), la cui messa ba una sola lezione, le sacre ton­
sure si danno subito dopo l’introito ; gli Ordini mino­
ri l’uno dopo l’altro dopo il Kyrie eleison; il sud-
diaconato subito dopo la colletta; il Diaconato dopo
l’Epistola; il Presbiterato prima dell’ultimo versetto
del' Tratto.
Tanto si osserva ancora quando per indulto ponti­
ficio si tengono le sacre ordinazioni extra tempora.
Se poi l’Ordinazione si tiene nel tempo che decor­
re dalla Pasqua alla Pentecoste i sacerdoti si ordinano
prima del Vers. Alleluia. Nel sabato santo si procede
nell’ufficio fino alle litanie inclusive, nelle quali detto
il Versetto Ut omnibus fidélibus etc., il Vescovo sor­
ge e rivolto agli ordinandi li benedice come nelle li­

ti) Ed anche gli Ordini maggiori quando se ne ha facoltà


dalla S. Sede (S. C. R. 12 novembre 1831 n. 2682, 1).
Dell’Ordine 139

tanie per l’ordinazione del Suddiaconato. Quindi nel­


la Messa dopo il Kyrie eleison, conferisce la prima
tonsura; dopo il Gloria in excelsis i quattro Ordini
minori; dopo la colletta (unita a quella pro ordinan­
dis) conferisce il Suddiaconato; dopo l’Epistola il
Diaconato. Quindi letto FAlleluia, il Verso colla pri­
ma parte del Tratto, si conferisce il Presbiterato. Nel
sabato* santo il Vescovo può conferire gli ordini nel
suo oratorio domestico ed incomincia la Messa dalle
Profezie (1).
Tutti gli Ordini sacri o maggiori sii devono conferi­
re infra Missam celebrata dal Vescovo, ed in caso di
infermità, il Vescovo non può far celebrare la Messa
da un altro ed egli conferire gli Ordini sacri perche
altrimenti «divideretur mysterium unitatis», come
dice Benedetto XIV, (Can. 1003). (2).
Riguardo al tempo si devono ancora osservare gli
interstizi, ossia lo spazio di tempo che deve decorre­
re tra un Ordine e l’altro (3) stabiliti per l’esercizio
dell’Ordine. Gli interstizi tra la prima Tonsura e l’O-
stiariato e tra i singoli Ordini; minori sono lascia­
ti al prudente giudizio del Vescovo; tra l’Accolitato
e il Suddiaconato, deve decorrere almeno un anno,
tra i! Suddiaconato ed il Diaconato almeno tre mesi,
e tra il Diaconato e il Presbiterato ancora tre mesi, se
altrimenti non esige la necessità o l’utilità della Chie­
sa secondo il giudizio del Vescovo.
(1) S. C. R. 21 marzo 1744 n. 2375; 31 luglio 1821 16,
2; 9 maggio 1857 n. 3044, I.
(2) S. C. R. 8 giugno 1658 n. 1071; 24 genu. 1660 n. 1150;
23 settembre 1837 n. 3772.
(3) Rubr. Pontif. Rom. (Can. 978 - I).
140 Capo VI

Senza speciale licenza del Sommo Pontefice, non


si possono conferire insieme nel medesimo giorno gli
Ordini minori col Suddiaconato, o due Ordini sacri
non ostante la contraria consuetudine, anzi nemmeno
la prima Tonsura cogli Ordini minori, o gli Ordini
minori insieme (C. 978).
Ministro ordinario della sacra ordinazione è il Ve­
scovo, straordinario chiunque, anche non Vescovo,
che ne ha ricevuto indulto dal Papa (Can. 951). Il
Vescovo non ordina che i suoi soggetti, nè può ordi­
nare altri senza lettere dimissionali del loro Ordina­
rio (Can. 955).
Quando il Vescovo conferisce gli Ordini inter Mis­
sarum solemnia nei sabati! dei quattro tempi, nel sa­
bato sitientes e nel sabato santo deve celebrare la
Messa de feria (1) coll’orazione pro ordinariis, sub
unica conclusione con quella del giorno, e senza com­
mem. del Santo che potesse occorrere in quel giorno
e di cui si fa l’Ufficio (2) ; e ciò anche quando si tie­
ne POrdinazione in Chiesa ove non vi è l’uso del coro
(3). Se conferisce gli Ordini extra tempora, celebra
la Messa corrispondente all’Ufficio del giorno colle
commemorazioni occorrenti e l’Orazione per gli Or­
dinandi (4). Quando il Vescovo conferisce la tonsu­
ra ej gli Ordini minori extra Missam indossa la stola1234

(1) S. C. R. 27 agosto 3797 n. 2179, 1; 30 genn. 1708 n. 229t,


J. 4; 11 febb. 1764 n. «2473, 1, 2.
(2) S jC. R. 26 senn. 1658 n. 1949, 3-4.
(3) S. C .R. li febbr. 1764 n. 1473, 1.
(4) S. C. R. 23 sett. 1885 n. 3642, HI.
Dell’Ordine 141

del colore del giorno sul rocchetto ed usa la mitra


semplice.
Da rubrica del Pontificale, la teologia morale ed
il nuovo Codice di .diritto canonico (1) trattano am­
piamente delle qualità che devono avere coloro» che
ricevono i sacri Ordini; ad essi rimandiamo.

63. Cose che si devono preparare»


Le cose che si devono preparare quando si tiene
Tordinazionq sono : 1. Sull’altare (maggiore) sette
candelieri con candele da accendersi durante la Mes­
sa anche celebrata senza canto e in mezzo la croce,
senza fiori quando l'a Messa è della feria : i paramen­
ti pontificali Vescovili (del colore conveniente alla
feria od alla festa). Nell’ordinazione privata1si posso­
no usare anche soltanto quattro candele (2). 2. Sul­
l’abaco, in presbiterio dal lato dell’Epistola, tutte le
cose che occorrono per la Messa del Vescovo, cioè:
il calice preparato, il messale, gli orciuoli col vino e
l’acqua la brocca col manutergio, il messale sul leggio,
la palmatoria, un piatellino per l’assistente di sacrestia
od altro Cappellano che deve assumere un po’ d$ vi­
no con acqua ed un’ostia prima dell’Offertorio, un ba­
cile coi sandali ecc. il libro Pontificale.
Per la Tonsurai si preparano le forbici per tagliare
i capelli, ed un bacile per riceverli; per VOstiariato
si preparano le chiavi, che! possono essere quelle del­
la chiesa od anche altre, od una sola, di argento, di

1) Can 968, 873 e seg.


(2) S. C. R. 12 1831 n. 2682, 8.
142 Capo VI

ferro o di altra materia; per il Lettorato un libro, che


può essere il Messale, il Breviario od un volume del­
la S. Scrittura (1) ; per YEsorcistato un libro, che può
essere il Messale, il Pontificale od il Rituale: per
YAccolitato un candeliere con candela spenta, ma non
può servire la palmatoria di cui fa uso il Vescovo
(2), ed un orciuolo vuoto; per il Suddiaconato un ca.
lice vuoto colla patena senza ostia, gli orciuoli con vi­
no ed acqua ed il manutergio, il libro dell’Epistola
o Messale; per il Diaconato il libro dei Vangeli od il
Messale ; per il Presbiterato il vasetto coll’olio dei Ca­
tecumeni, un calice contenente il vino con piccola
quantità di acqua» e sui di esso la patena coll’ostia. O-
gnuno di questi oggetti si presenta al Vescovo, nell’or-
dinazione su d’un bacile. 3. In presbiterio il faldistorio
pel Vescovo e, quando occorre l’ordinazione dei sacer­
doti, uno sgabello per ciascun' ordinando, sul quale col­
locare it messale per leggere la Messa insieme al Ve­
scovo. Per terra si stende il tappeto. 4. In Sacrestia,
dove devono indossare le vesti sacre gli ordinandi, si
preparano: una candela per ciascun ordinando e la
cotta per quelli della Tonsura e degli Ordini minori.
Per coloro che devono essere promossi al suddiaco­
nato l’amitto, il camice, il cingolo, il manipolo e la
tunicella, per i promovendi al diaconato oltre le
predette vesti, anche la stola e la dalmatica; per i can-12

(1) S. C. R. 27 seti. 1873 n. 3315. V.


(2) S. C. R. 8 giugno 1709 n. 2194, 4.
Dell’Ordine 143

dìdati al sacerdozio, anche la pianeta, tutti di color


bianco.
L’ordinazione incomincia sempre colla lettura del
decreto de inhibitione aiscedendi. Quando Fordina-
zioné è fatta da un Vescovo estraneo, il Decreto si
legge a nome dell’Ordinario di cui si enuncia anche il
nome (1)- Se la Diocesi è vacante si enuncia il nome
del Vicario Capitolare colla formola relativa (2).

64« Sacra Tonsura.


II' tonsurando si presenta al Vescovo colla cotta sul
braccio sinistro e colla candela accesa nella destra.
All’invito del Cancelliere risponde Adsum, ripete col
Vescovo le parole Dominus pars etc., e da lui riceve
la cotta che indossa. All’invito dell’Arcidiacono : ad
loca vestra, 'i promossi} alla sacra Tonsura ritornano
al loro posto assegnato dal1cerimoniere.
La sacra Tonsura significa: la corona di spine di
G. C., la santità e dignità clericale, ili regno di Dio e
la dedizione, che si fa di sè stesso a G. C. «Corona
haec quam in capite gestamus signum est, regalis sa­
cerdotii; simulque symbolum sacratissimae spinae co­
ronae Christi, per quod continue admonemur in cogi­
tatione, verbo eè opere fideles semper ministri esse
Regis nostri spinis pro nobis coronati, “ u t sic perci­
pere quondam mereamur imarcescibilem gloriae Co­

ii) S. C. R. 19 seti. 1883 n. 3593, I.


(2) Cozma de Papi, Liturgia, pag. 289 (Ratisbonae, Mainz,
1868).
144 Capo VI

ronam» (1). Conseguenza di questa dignità è il pri­


vilegio del foro e del canone. La cotta poi1che si in­
dossa ricorda la vita innocente e pura che deve con­
durre il chierico come la veste nera talare gli ricorda
la mortificazione. La tonsura e l’abito clericale si! de­
vono sempre portare.

65. Ordini minori.


Quelli che devono essere promossi agli Ordini mi­
nori devono indossare la cotta e tener nella destra una
candela accesa. — Il rito dell’ordinazione degli Ostia-
ri incomincia con un’ammonizione fatta dal Vescovo,
quindi succede la! tradizione delle chiavi colla relati­
va formola, e si conclude con due orazioni. Non è ne­
cessario che le chiavi si tocchino da ciascuno succes­
sivamente; si possono toccare da parecchi insieme
mentre il Vescovo recita la,•formola: Sic agite etc.
L’Arcidiacono deve accompagnare egli stesso alla por­
ta della Chiesa per farla chiudere ed aprire dagli O-
stiari e alla campana che si deve suonare ad essi (2).
Non è però strettamente necessario che la porta si
chiuda o si apra colla chiave (3) e se la chiesa od ora­
torio non ha campanile, ovvero è distante, basta suo­
nare alla porta della chiesa il campanello dell’altare
(4). Con questo rito si ricorda all’Ostiario «ut dum 1234

(1) Cfr. Amberger, Pastoraltheologie, 1, pag. 579-586 (Regen-


sburg, Fr. Pustet, 1883).
(2) S. G. R. 14 novembre 1676 n. 15 83, 4.
(3) S. G R. 12 novembre 1831 n. p862, 5.
(4) S. C. R. 27 settembre. 1873 n. 3315, 4.
Dell’Ordine 145

gratia Dei factus fuerit sacerdos, cultum, publicum


suo semper tempore accurati peragat; invigiletque cu­
ra fidelissima; u t in ecclesia omnia secundum ordi­
nem fiant, nec quidquam depereat eórum quae in do­
mo Dei suntt quin, potius faciet, ut tota supellex sa­
cra in bonOf pulchro et nitido Statu conservetur» (1).
II rito d’ordinazione dei Lettori risulta, come il
precedente, da una ammonizione del Vescovo, dalla
tradizione del libro e da due orazioni. — Con esso
s’inculca lo studio? della Sacra Scrittura e la vita con­
forme alla celeste dottrina che vi è contenuta e che si
legge ai fedeli (2).
Anche il rito d’ordinazione degli Esorcisti incomin­
cia con una ammonizione, quindi contiene la tradizio­
ne del libro1colla'relativa formola e termina con due
orazioni. La potestà di compiere gli esorcismi cioè
«imponendo manus super energumenos, sive baptiza-
WS, sive catecumenos», nella attuale disciplina della
Chiesa non si può esercitare dagli Esorcisti e neppu­
re dai Sacerdoti senza speciale licenza del Vescovo.
Solò nel rito di amministrare il battesimo! vi hanno
esorcismi che si compiono dal ministro del rito stesso.
— Si ammoniscono gli Esorcisti di tener libera la
mente e il corpo da ogni immondezza, perchè non ab­
biano a servire essi al demonio, mentre hanno la po­
testà di espellerlo dagli altri.
Il rito dell’ordinazione degli Accoliti è alquanto
più solenne. Risulta dalla ammonizione del Vescovo,12

(1) De Papi, O. c. pag. 269-270; Axnberger, 0. c. pag. 587-591.


(2) Pontif. Rom. Admonitio ad Lectores.
146 Cupo VI

dalla tradizione del candeliere- e dell’orciuolo e da


quattro orazioni. L'Amen che è in fine della duplice
forinola di tradizione! degli oggetti si deve rispondere
dall’ordinando giusta la consuetudine comune (1). —
Mentre l’orciuolo ricorda l’Ufficio che' l’accolito com­
pie in chiesa ed all’altare, il' candeliere gli ricorda an­
cora la luce delle buone opere per le quali deve ri­
splendere nella vita.

66. Ordini maggiori - Suddiaconato.


Quelli che devono essere promossi al Suddiaconato
indossano amitto (non legandolo stretto al' collo, ma
lasciandolo alquanto rallentato, onde si possa poi dal
Vescovo imporre sul capo) camice, cingolo. Tengono
il manipolo e la tunicella ripiegati sul braccio sinistro
e la candela nella idestra. Chiamati' dall’Arcidiacono,
gli Ordinandi si/ presentano genuflessi* davanti* al Ve-
scovo che fa loro una breve ammonizione, quindi in­
sieme ai promovendi al Diaconato' ed al Sacerdozio si
prostrano per terra, mentre il Vescovo recita col cle­
ro le Litanie dei Santi. Dopo la recita delle Litanie
gli ordinandi si alzano e quelli che devono essere or­
dinati Suddiaconi si mettono in ginocchio intorno al
Vescovo, mentre i promovendi al Diaconato ed al
Sacerdozio ritornano al loro posto. H Vescovo fa una
nuova esortazione ai Suddiaconi nella quale ricorda
i loro doveri e la condotta che devono tenere; quindi
fa la tradizione del calice vuoto e della patena senza1

(1) S. C. R. 12 novembre 1831 n. 2862. 6.


Dell’Ordine 147

ostia, dicendo la relativa formula. L’Arcidiacono con»


segna gli orciuoli con vino ed acqua e il manutergio,
senza nulla dire. Seguono due orazioni dopo le quali
il Vescovo pone sul capo Pamitto che ciascuno porta
al1collo, e consegna il manipolo, la tunicella, il libro
dell’Epistole, con cui si chiude il rito dell’ordinazio­
ne. L’amitto non si' tiene in capo fino alla fine della
Ordinazione, ma si rimette sulle scapole ed attorno
al collo dopo che il Vescovo lo ha imposto sul capo
(1). In seguito uno dei Suddiaconi ordinati legge PE-
pistola insieme al Vescovo o la canta se la messa è
cantata (2) ma dopo di essa non bacia la mano al
Vescovo (3).

67. Diaconato.
I promovendi al Diaconato indossano : amitto, ca­
mice, cingolo, e portano ripiegati sul braccio sinistro
la stola e la dalmatica ; colla mano destra tengono la
candela. Il rito d’Ordin azione è molto più solenne
di quello del Suddiaconato. Incomincia con una peti­
zione fatta! dall’Arcidiacono al Vescovo perchè voglia
promuovere gli eletti al Diaconato, e dà la sua testi­
monianza circa la loro, idoneità. Il Vescovo chiede la
testimonianza anche del popolo, giusta Pantichissimo
costume che si trova nel sacramentario gelasiano ; do­
po fatta breve pausa fa agli eletti una lunga ammoni-123

(1) S. C. R. 11 novembre 1847 n. 2682, 2^


(2) S. C. R. 12 novembre 1831 n. 2682, 9.
(3) Vedi ampia spiegazione morale del rito «presso Amber-
ger, O. c. pag* 605 e seg.
148 Cupo VI

zione, si recitano le Litanie dei Santi, se non si sono


già' recitate prima, durante le quali gli ordinandi 6tan
no prostesi a terra. Seguono due orazioni ed una so­
lenne invocazione a modo del prefazio della Messa;
il Vescovo impone sul capo di ciascuno la destra, re­
citando la relativa forinola che viene proseguita men­
tre tiene stesa la destra su tutti gli ordinandi. Conclu­
sa l’orazione, indossa a ciascuno la stola e la dalmatica
e fa! la tradizione del libro dei Vangeli o del Messale
(1), recitando la formola relativa. Il rito si conclude
con due orazioni. Uno dei diaconi ordinati legge o
canta (se la Messa è cantata) ilf Vangelo (2). Se la
Messa non è cantata, il Diacono che legge il Vangelo,
dice il Munda cor meum, ma non domanda la bene­
dizione al Vescovo (3).

68. Presbiterato.
Coloro che devono essere ordinati Sacerdoti indos­
sano l’amitto, il camice, il cingolo, il manipolo, la sto­
la a modo dei diaconi e tengono la pianeta ripiegata
sul braccio sinistro, un fazzoletto bianco, ed una can­
dela nella destra. — Il rito del presbiterato è assai
più solenne degli altri Ordini inferiori ed ha colla
Messa pontificale del Vescovo una> più intima rela­
zione. Incomincia, come quello del Diaconato, colla
petizione delPArcidiacono e colla buona testimonian-123

(1) a C. R. 27 settembre 1873 n. 3315, VII.


(2) S. C. R. novembre 1832 n. 3*682, 9.
(3) S. C. R. 2$eett. 1852 n. 3005, 5. Cfr. Amberger, O. c. p.
613 seg.
DelFOrdine 149

za che dal clero e dal popolo ricerca il Vescovo. Se­


gue un sermone che il Vescovo fa agli ordinandi e la
recita delle Litanie dei Santi (se pure non sono già
state dette prima di ordinare i Suddiaconi od i Diaco­
ni), durante le quali gli ordinandi Sacerdoti stan pro­
stesi a terra. Quindi sorgono e si presentano al Vesco­
vo che impone a ciascuno le mani sul capo; anche isa
cerdoti presenti all’ordinazione, vestiti di stola^ im­
pongono1a ciascun ordinando le mani sul capo (1).
Tenendo tutti col Vescovo la destra stesa sugli ordi­
nandi, il Vescovo recita una orazione con cui invita
gli astanti; alla preghiera (2); segue quindi un’altra
orazione sugli1ordinandi ed un prefazio. Dopo ciò il
Vescovo impone la stola al collo degli ordinandi colla
relativa forinola e indossa loro la pianeta, che rimane
ripiegata verso l’interno, nella parte posteriore, sulle
spalle degli ordinandi. Fakta nuova orazione, intona
il Veni Creator, e dopo cantatosi il primo versetto, il
Vescovo, deposto i guanti e riassunto l’anello, unge
le mani degli ordinandi colFolio dei Catecumeni, e
le benedice. Gli ordinandi congiungono le mani con­
sacrate che vengono legate col fazzoletto, quindi si
presentano al Vescovo che fa la tradizione! del calice
con vino ed acqua e della patena coll’Ostia che si de-12

(1) Verba (Pontificalis Romani): Item faciunt, post eum (E*


piscopum) omnes sacerdotes, Qui adsunt: intelligi posse moraliter:
iuxta tamen locorum consuetudinem, servata rubrica quoad para-
menta et stolas. (S. C JL 31 luglio 1821 n. 1616, 6).
(2) S. C. R, 31 agosto 1872 n. 3274. 1. La destra si tiene stesa
solamente durante la prima orazione. (S. C. R. 18 febbr. n.1843
n. 2815).
150 Capo VI

ve toccare da ciascun ordinando. Quindi mentre


il Vescovo procede nella Messa fino alPOffertorio del­
l’ostia, ì novelli ordinati si ritirano a purificare le ma­
ni in sacrestia od in altro luogo conveniente. Lettasi
dal Vescovo Fantifona offertorium, gli ordinati si pre­
sentano a fare l’offerta delle candele al Vescovo (1).
Quindi i novelli sacerdoti si collocano in presbiterio
genuflessi' davanti al messale posto su di uno sgabello,
per recitare la Messa ool Vescovo. Questa incomincia
colFoffertorium dell’ostia e comprende tutte quante
le secrete, il canone, i postcommunii, eccetto l’antifo­
na: Jam non dicam vos servos etc. e la benedizione
della Messa che si dà unicamente dal Vescovo (2).
Dopo la prima Orazione avanti la Comunione ciascu­
no che venne promosso agli Ordini maggiori, per ordi­
ne, (cioè prima i Sacerdoti, quindi i Diaconi e i Sud-
diaconi) si presenta al Vescovo a ricevere la pace. Do­
po che il Vescovo ha assunto le sacre specie' dell’ostia
e del calice, gli Ordinati al sacerdozio si presentano
tosto al Vescovo per ricevere la Comunione e termina­
ta questa (3) i Diaconi e i Suddiaconi recitano il Con­
fiteor e il Vescovo, dette le solite preci Misereatur etc.
Indulgentiam etc. comunica i Diaconi e Suddiaconi123

(1) Basta che uno per ciascun ordine presenti al Vescovo la


candela accesa, gli altri la possono presentare estinta, giusta la con­
suetudine. (S. CI R. 7 dicembre 1844 n. 2883, 4).
(2) Non fanno però nessuna azione relativa come croci, ge­
nuflessioni ecc. (S .C. R. 29 90tt. 1749 n. 2404- 1-3). Se il Ve­
scovo celebra in canto il prefazio e tutte le altre parti cantate,
si recitano non si cantano dagli Ordinati. (S. C. R. 12 novembre
1931 n. 2682, 11).
(3) S. C. R. Decr. cit. n. 10! 17 gennaio 1890 n. 3721, II.
DeITOrdine 151

colla forinola : Corpus Domini... custodiat te in vitam


aeternam. Amen, quindi gli altri colla forinola con­
sueta (1). Recitatosi dal Vescovo solo il Jam non
dicam vos servos etc. i novelli sacerdoti, stanno in
piedi davanti al Vescovo, recitano insieme il Simbolo
apostolico; quindi il Vescovo fa a ciascuno l’imposi-
zione delle mani colla relativa forinola: Accipe
Sp. S. etc. e spiega la pianeta che stava ripiegata sul
le loro spalle recitando la forinola relativa. Riceve da
ciascuno la promessa di obbedienza e li bacia sulla
guancia destra (2); fa loro nuova esortazione perchè
apprendano bene a celebrar la Messa, indi li benedi­
ce. Quindi prosegue nella Messa fino alla benedkio-
ne, data la quale recita agli ordinati una allocuzione
e impone la penitenza ad essi,- recita coi novelli sa­
cerdoti Fultimo Vangelo di S. Giovanni, e così si con­
clude la sacra Ordinazione (3).
Il Vescovo al termine della ordinazione impone ai
Suddiaconi e Diaconi di recitare il Nocturnum talis
diéi, e ai Sacerdoti tre Messe votive.
Per Notturno s’intende il feriale se Fordinazione si
fa in giorno feriale, ed il primo della festa o domeni­
ca, se si fa in giorno festivo o di domenica. Ossia è
il notturno dell’ Ufficio portato dal Calendario123

(1) S. G. R. Decr. cit. n. 16. Dopo la Comunione si porge


ai novelli sacerdoti un calice con vino ; non è necessario ohe si
usi quello che hanno toccato durante FOrdinazione.
(2) S. C, R. 12 novembre 1831 n. 2682, 17.
(3) Il Vangelo di S. Giovanni 9Ì deve recitare dagli ordina­
ti col Vescovo, anche se il Vescovo lo recita nell’andare al trono.
(S. C. R. Decr. cit. n, 12) ■ Cfr. Amberger, D. c. pag. 624 e seg.
152 Capo VI

della Chiesa ove si fa l’ordinazione. Quindi se nel sa­


bato dei Quattro Tempi il Vescovo celebra la Messa
della feria e’in tal giorno nella chiesa1si fa Ufficio di
un Santo o di un Mistero, gli Ordinati devono dire il
Notturno di questo Ufficio, se il Vescovo non cambiò
le parole talis diéi e precisamente i Salmi del primo
Notturno (o dell’unico se feriale) colle Antifone sen­
za il Venite adoremus e l’Inno. H Vescovo però! ne
potrebbe assegnare un altro (1).
Le Messe votive ingiunte dal Vescovo si devono
celebrare quando loi permette la rubrica (2).12

(1) S. C. R. 21 giugno n. 4042 I e II.


(2) S. C R. 11 aprile 1840 n. 2802, 4.
CAPO VII.

De l Matrimonio

§ 1. - ANTICA DISCIPLINA

69. Persone contraenti il matrimonio.


Fino al secolo quarto non troviamo nella Chiesa
alcuna legge che vieti il matrimonio fra cugini; quan­
tunque essa abbia sempre aborrito il matrimonio fra
i consanguinei. S. Agostino attesta che nessuna legge
divina od umana, fino al suo tempo, li vietava : «nec
divina prohibuit, et nondum prohibuerat lex huma-
na... Verumtamen factum etiam lecitum propter vici­
nitatem horrebantur illiciti; et cpiod fiebat cum con­
sobrina pene cum sorore fieri videbatur» (1). II pri­
mo a vietarlo fu Teodosio Magno, come ci riferisce
S. Ambrogio (2) ; e la Chiesa, che fece suo tale divie­
to, lo estese dapprima fino al settimo grado di con­
sanguineità, più tardi lo ridusse al quarto (3).
E come la Chiesa desidera che il matrimonio non
si contragga fra i parenti e non dispensa dalle sue sa­
vie leggi se non per motivi proporzionatamente gra­
vi, così non vide mal di buon occhio il matrimonio
ddi vedovi. «Non prohibemus secundas (nuptias), sed123

(1) De Civitate, lib. XV cap. 16.


(2) S. Ambrosii, Epist. 60.
(3) Concil. Lateranense sotto Innoc. IU. c. 50.
154 Capo VII

non probamus saepe repetitas (1). Ed anzi non po­


chi degli antichi Padri ascrivono le seconde nozze tra
le colpe di libidine, ciò che peraltro va inteso con
molto riserbo; e la Chiesa fino dai tempi', apostolici
escluse quelli che erano passati a seconde nozze, dal
sacerdozio,; giusta il precetto apostolico che tra essi
non si poneva eleggere alcuno* all’episcopato (2).
E9 questa la ragione per la quale le seconde nozze
vennero dalla Chiesa limitate con leggi e condizioni
speciali. La prima era che i vedovi' non potevano
contrarre matrimonio se non trascorso un anno di
vedovanza. Si richiedeva ancora il consenso del sacer­
dote e del popolo. Erano privi della solenne benedi­
zione nuziale (quest’ultima legge sofferse;, ben presto
eccezione riguardo alla sposa cui si conferiva la bene­
dizione quando, essendo essa vergine* si univa in
matrimonio con un vedovo, eccezione che dura an­
cor oggidì’ quasi generalmente). In quarto luogo sui
vedovi non si imponeva la corona, nè erano soccorsi
in via ordinaria dalle elemosine della Chiesa. In fine
venivano spesso sottoposti a penitenze, anche pubbli­
che, e private per alcun tempo dalla comunione eccle­
siastica*

70* Tempo e luogo in cui si contraeva.


Le ecclesiastiche prescrizioni riflettono ancora il
tempo e il luogo nel quale si doveva contrarre il ma­

li) S. Ambre., de viduis cap. XI.


(2) Ad Timotheum III.
Del Matrimonio 155

•trimonio. Quei tempi speciali deiranno che la Chiesa


aveva consacrato alla penitenza, come la Quaresima
e l’Avvento, e quelli sacri alle principali solennità
cristiane dal Natale alPEpifania, dalla Pasqua alla
Domenica in Alhis, furono sempre ritenuti come fè-
riali, ed in essi vietate le nozze. Ed anche quando per
speciali ragioni si permettevano, non si dovevano be­
nedire solennemente. Questa sapiente disciplina vige
tutt’ora nella Chiesa. Le nozze si dovevano celebrare
di mattino : «mane et non a prandio, nec vero un­
quam noctu» (1).
Il luogo in cui si celebravano doveva essere pubbli­
co ed ordinariamente la chiesa; davanti ai testimoni
ed al Sacerdote; i matrimoni clandestini non furono
mai ritenuti leciti dalla Chiesa. «Decet, scriveva S. I-
gnazio e Policarpo, ducentes et ductas cum sentén­
tia Episcopi unionem facere, ut sit secundum Domi­
num et non secundum concupiscentiam» (2). E Ter­
tulliano : «Unde sufficiam ad enarrandam felicitatem
ejus matrimonii quod Ecclesia conciliat et confirmat
oblatio et obsignatu Angeli renuntiant, Pdter ratum
habeat nec in terris filii sine consensu patrum rite ac
jure nubunt» (3). Onde il decreto del Papa Ormi­
sda : «Nullus fidélis cuiuscumque conditionis occulte
nuptias faciat,, sed, benedictione a Sacerdote accepta
pubblice nubat in Domino (4). Nel Brev. Rom. nella1234

(1) Acta EccL Mediolanen., p. II.


(2) Apud Martene, 0. c. lib. I cap. IX art. 3.
(3) Tertull., ad Uxorem lib. H; Cfr. Libr. de Pudicitia de Mo­
nogamia.
(4) Decr. Gratiani 30 q. 5.
156 Capo VII

lezione di S. Evaristo si legge : «constituit ex traditio­


ne apostolica, ut matrimonium publice celebretur et
sacerdotis benedictio adhibeatur» (26 oct.).

71. Riti.
Gli antichi riti della Chiesa romana nella celebra­
zione delle nozze sono esposti da Papa Nicolò I, in
una lettera ai Bulgari. Da essa, come dalle testimo­
nianze degli antichi appare :
1. Che alle nozze si premettevano spesso i solenn
sponsali (1) e per escludere i matrimoni clandestini,
e perchè i nubendi meglio si preparassero alle nozze,
ed ancora perchè si potessero scoprire gli impedimen­
ti. Per gli sponsali si esigevano) anche i testimoni (2)
e si solevano promulgare pubblicamente in chiesa
(3).
2- Prima delle nozze si scrivevano le tavole matri­
moniali, cioè i patti e le condizioni che pure si pro­
mulgavano; di esse parici anche S. Agostino (4).
3. Si faceva la tradizione dell’anelo, che dovev
pur essere benedetto dal Sacerdote, detto da Tertul­
liano anulum pronobum (5), e talora anche di alcu-12345

(1) Epist. S. Sirìcii ad Himer. Tarraconens. Episc., Cap.


(2) Martene, O. c. cap. IX art. IH. n. IH.
(3) Cap. Reg. Frane. Lib. VIH, c. 179. Legge richiamata
poi dal Cone. Lateranense IV (a. 1215) c. 51 confermata dal
Tridentino Sess. 14, Cap. L de Reform. Matrini.
(4) S. AuguSt., Serro. 51, 9, 278. Vedi presso Martene 1. c.
(5) Nel libro de cultu foeminarum; S. Gregor. Turon., de
Vitis Patrum, cap. 20.
Del Matrimonio 157

ne monete coniate a questo scopo (1) e di, doni detti


arrhae (2).
4. Per la celebrazione delle nozze gli sposi, accom­
pagnati dai paraninfi' si recavano alla chiesa ed erano
ricevuti alla porta dal sacerdote che, fatte loro alcune
interrogazioni, riceveva SI loro consenso, congiungeva
loro'le destre (3), li benediceva, metteva Panello in
dito alla sposa e fatte nuove preghiere, li conduceva
all’altare, ove celebrava la S. Messa e prima della co­
munione dava la solenne benedizione agli sposi (4).
5. In questa benedizione si stendeva un velo di co­
lor porporino su gli sposi in segno di pudore, pratica
che è riferita in più luoghi da S. Ambrogio (5). Que­
sto velo non si imponeva ai vedovi.
6. Durante la Messa si distribuiva! la SS. Eucaristia
agli sposi, come ce ne fa testimonianza, pei greci, una
lettera di Teodoro Studita a Neucrazio, pei latini il
sacramentario gelasiano (6).
Nel partire dalla Chiesa si ponevano in capo agli
sposi delle corone che si conservavano in chiesa a si-123456

(1) Cfr. Martene 1. c. n. IV che ricorda quesito costume vigen­


te in Francia, e di cui fa cenno Plinio stesso (Hist. nat. lib. 33
cap. I) parlando degli antichi popoli della Gallia.
(2) Tertull. in Lib. cit de cultu foemìnanan.
(3) Matfene, 1. c. n. 6; Tertullianus, de velandis Virginibus,
cap. XI; S. Greg. NaziaiL, Epist. 57.
(4) Martène, 1. c. n. 7, 8; Tertull. ad Uxorem, Lib. II, cap.
9; S. Ambr. Epist. 9 ad Virgil.
(5) De Virginit., cap. 15; Exortat ad Virgin., cap. 6; Epist.
19. Cfr. pure S. Isidoro, lib. 2 de diviìx. Of. cap. 19, e Durando,
Rationale ecc. Lib. I. cap. 9, n. 9.
(6) Martene, G. c. 1. . . 1 , 12.
iì j
158 Capo VII

gnificare la vittoria sulle passioni e sui corrotti costu­


mi del mondo (1).

§11.- DISCIPLINA ATTUALE

72. Tempo e luogo della celebrazione del Ma


monio. - Assistenza del Parroco e dei testimoni.
11 Matrimonio si può per sè contrarre in ogni tem­
po dell’anno (Can. 1108-1). La Chiesa però vieta
che si abbia da dare la Benedizione solenne dalla
prima Domenica di Avvento alla festa del Natale in­
clusive e! dalla feria quarta delle Ceneri fino aliai Do­
menica di Pasqua inclusive (Can. 1108-2).
lì Vescovo però, salve le leggi liturgiche (che ri­
guardano la facoltà di celebrare la Messa pro spon­
sis) può' dispensare da questo tempo feriato'per giu­
ste cause, avvertendo gli sposi che si astengano da
soverchia pompa (Can. 1108-3). Il Matrimonio per
esser valido si deve contrarre davanti al Parroco o al­
l’Ordinario del luogo, o ad un sacerdote dall’uno o
dall’altro delegato, e alla presenza di almeno due te­
stimoni (Can. 1094) salve le eccezioni citate dal Co­
dice e che non interessano la liturgia (Can. 1098-
1099).1

(1) Vedi Tertull., lib. de corona, cap. 13; S. Greg. Turon.


Lib. I, cap. 42; S. Joan Chryso&L, llomil. Ili in 1 ad Tirnot., Cap.
3; Martene, 0. c. n. 9, IO. Fra gli autori moderni che studiano
la storia-critica di questo Sacramento nell’antica liturgia, vedi:
Probst. «Sacramente und Sacramentalien in den drei esten christl.
Jahrh.», Tubingen 1872; Klee, «Die Ehe, enne dogmatisch-archàolo-
gisch Abkandlung», Mainz 1835.
Del Matrimonio 159

Il Parroco che presenzia il Matrimonio è per con­


suetudine quello della sposa, però qualunque Parro­
co può unire in matrimonio quelli che si presentano
nella sua chiesa.
Il luogo è indicato dal Rituale quando dice : «Ma­
trimonium in Ecclesia maxime celebrari decet»; ciò
che diventa un precetto per le leggi sinodali diocesa­
ne, che generalmente esigono che i matrimoni si con­
traggano in chiesa. Il Vescovo può permettere che si
contraggano negli oratori privati, ove si può celebra­
re la Messa (1). Il luogo prossimo poi è l’altare, che
può anche essere uno dei minori della chiesa.

73. Ciò che si richiede prima di contrarlo.


Il Rituale, nella rubrica che precede il rito di que­
sto Sacramento, espone ciò che si deve esigere dagli
sposi e fare dal Parroco prima di celebrare il Matri­
monio.
Deve il Parroco in primo luogo accertarsi che gli
sposi conoscano le cose principali della fede, e la na­
tura e i doveri del Matrimonio, dovendo collo stato
matrimoniale assumere l’obbligo'di istruire nella fede
i figliuoli; che essi si determinino liberamente di sce­
gliere quellqr stato; indagare se tra di loro vi fosse
qualche impedimento di consanguineità, di affinità o
cognazione ed in qual1grado (Can. 1020).

(1) S. C. R. 31 agosto 1872 n. 3265, I.


Sui Sacramenti poi in generale rimandiamo alle opere vere-
mente classiche di Bacuiez, Boucarut, Brenner, Frank, Heimbucher,
Kaffman, Janssens, Schenz, Sehmitz, Seidi, Weiiss, ecc.
160 Capo VII

Qualora gli sposi fossero nati in altra parrocchia


da quella nella quale vengono a contrarre il matrimo­
nio, devono portare la fede dét battesimo e autenti­
cata dalla Curia del Parroco che la rilascia, ogni vol­
ta che proviene 'da una diocesi estranea a quella del
Parroco che la deve usare e custodire in Archivio. Se
non avessero ancora ricevuta la Cresima, bisogna
procurare che la ricevano se lo possono senza jp*ave
incomodo (Canon. 1021-2)- Basterà peraltro la loro
testimonianza (Can. 800).
Nel caso in cui la sposa e lo sposo dalla loro puber­
tà (e pei vedovi dall’epoca della morte del coniuge)
fino al tempo del matrimonio avessero dimorato, per
lo spazio non inferiore a sei mesi, in altra diocesi, di­
versa da quella nella (piale vengono a contrarre Patto
matrimoniale, devono essere muniti del certificato di
Stato libero, rilasciato dalle rispettive Curie. Anche
per il tempo che lo sposo avesse passato alla milizia
occorre lo stato libero, rilasciato dalla Curia del suo
domicilio o della sua permanenza sotto la milizia (1).
Pubblicazioni — Prima di contrarre il matrimo­
nio, i nomi dei nubendi devono essere pubblicati in
chiesa, intra Missarum solemnia o durante quei divi­
ni Uffici che sono frequentati dal popolo (Can.
1024), e dal proprio parroco per tre giorni festivi,
usando la forinola di Rituale od altra che fosse pre­
scritta dall’Autorità ecclesiastica. L’Ordinario, nel
suo territorio, alle pubblicazioni può sostituire l’af-1

(1) Il Codice non parla di questo documento però esso è an*


cora richiesto da disposizioni diocesane.
Del Matrimonio 161

fissione dei nomi dei nubendi alle porte della chiesa


per lo spazio di otto giorni, nei quali però vi siano
due feste di precetto (Can. 1025).
Se uno dei nubendi abitò per lo spazio di almeno
sei mesi dopo la pubertà in altri luoghi, si deve con­
sultare l’Ordinario il quale potrà indire le pubblica­
zioni in quei luoghi, o con altri mezzi, procurare di
conoscere se il nubendo è libero di contrarre matri­
monio.
Non si fanno pubblicazioni di matrimoni che 6Ì
contraggono con la dispensa dell’impedimento dispa-
ritatis cultus, a meno che lo consenta l’Ordinario, e
senza far menzione della parte non cattolica (Can.
1026).
Il Parroco deve avere i documenti necessari.
Se. il matrimonio non si contrae entro sei mesi, si
devono ripetere le pubblicazioni se l’Ordinario non
giudica altrimenti (Can. 1030-2).

74. Dispense.
Se non vi sono cause ragionevoli il Matrimonio si
può celebrare dopo decorsi tre giorni dalV ultima pub­
blicazione.
In seguito al Concordato tra la S. Sede e lo Stato
italiano (1929) in Italia il matrimonio celebrato da­
vanti a un Ministro di: culto cattolico1secondo le nor­
me del diritto canonico produce gli stessi effetti del
matrimonio civile quando sia trascritto nei registri
dello Stato Civile.
Perciò l’art. 34 del Concordato prescrive che le
162 Capo VII

pubblicazioni siano effettuate oltre che nella Chiesa


parrocchiale anche nella Casa comunale del luogo do­
ve gli sposi hanno la residenza. La richiesta di queste
deve essere fatta anche dal Parroco davanti al quale
sarà celebrato il Matrimonio.
Il Parroco non farà' la richiesta delle pubblicazioni
civili prima di aver adempiute tutte le prescrizioni
canoniche e ottenuti i permessi e le dispense richieste.
Prima di procedere alla celebrazione del Matrimo­
nio il Parroco deve avere in mano anche*il nulla osta
delPUfficiale di Stato Civile.

75. Rito e forma di celebrazione.


Qualora dalla attestazione degli sposi o dei loro pa­
renti, dalla pubblica fama, ovvero dalla deposizione
di qualche persona si venisse a scoprire qualche im­
pedimento, il parroco deve prima accertarsi della sua
esistenza e qualità (Can. 1031-1). Se esso è tale per
cui si può ottenere la dispensa dall’Autorità ecclesia­
stica, il parroco, a nome degli sposi, chiede tale di­
spensa alla S. Sede, per mezzo della propria Curia.
Nell’istanza che inoltra deve allegare i documenti
comprovanti l’impedimento stessso (per gli impedi­
menti di consanguineità tutte le fedi di battesimo dei
due rami fino al capo stipite escluso ; per gli altri gli
attestati di morte, di matrimonio, ecc.). In tale istan­
za bisogna riferire i motivi veri e reali per i quali
s’invoca la dispensa stessa. Ottenutala, il parrocò la
Del Matrimonio 163

comunica ai nubendi colla forinola che ordinaria­


mente si aggiunge alla dispensa (1).
Quando si volesse omettere qualche pubblicazione
per accelerare, il parroco non può senza speciale fa­
coltà vescovile, procedere al matrimonio, ma deve ri­
volgere istanza al Superiore ecclesiastico per ottene­
re tale facoltà, adducendo i motivi per i quali la si
domanda.
In Regime concordatario la dispensa concessa dal­
l’Autorità ecclesiastica ha anche valore civile.
Il Parroco, od altro sacerdote delegato indossa la
cotta e la stola bianca, e se deve subito dopo celebra­
re la Messa, tutti i sacri indumenti della Messa tran­
ne il manipolo (2) ; lo accompagna almeno un chie­
rico che indossa’ la veste e la cotta, e porta il Rituale
col vaso dell’acqua santa e Paspersorio. Il parroco si
volge agli sposi genuflessi in proprio luogo ovvero ai
gradini dell’altare (3) e, in presenza dei testimoni li
interroga, uno per uno, in lingua volgare, per cono­
scere il loro consenso, ed avutolo, fa loro congiunge­
re le destre, che è conveniente siano nude, senza
guanti (4) e recita la formola: Ego coniungo vos etc.
facendo su di loro colla destra un segno di croce.
Quindi li asperge coll’acqua benedetta con un tratto
di aspersorio nel mezzo, poi alla loro destra ed alla
sinistra senza far segni di croce, nè pronunciar paro^1234

(1) Cfr. Codice a. 1031. Vedi inoltre come agire coi nubendi
minorenni (Can. 1034).
(2) S. C. R. 31 agosto 1867 n. 3150, 3.
(3) Martinucci, Kb. IV cap. XII n. 4, 5.
(4) De Herdt HI, n. 272, 4.
164 Capo VII

la (1). E* bene chei gli sposi ricevano la SS. Comu­


nione nella Messa ed i parroci devono curare che ciò
si faccia (2) ; peraltro non è necessario (3).
Nella celebrazione del matrimonio si' deve sempre
bendire Fanello (possono essere anche più di uno)
anche nelle seconde nozze (4)’ e nel tempo feriato:
tale benedizione si omette solo quando esso fosse già
stato benedetto in ordine al matrimonio (5). E la S.
C. raccomanda che: eiusmodi ritus benedictionis a-
nuli unquam omittatur, vel praecipiendo Parochis
ut suum semper secum teneant, qui sponsis eo deficien­
tibus pro tali benedictione riti explendd tradatur $ vel
eosdem sponsos monendo ut illum saltem ex metallo
infimi valoris sibi provideant. (6). La materia dell’a­
nello non è determinata dalle rubriche, quindi può
esser oro, argento* o rame, ecc. secondo la facoltà de­
gli sposi. Mentre lo si benedice si può tenere su di
un bacile posto sulla mensa dell’altare o sostenuto da
un chierico, detta l’orazione della benedizione dell’a­
nello, lo si asperge coll’acqua benedetta nel mezzo, a
destra ed a sinistra. Il parroco consegna l’anello be­
nedetto alio sposo, che lo mette nel dito anulare della
mano sinistra della sposa, e dice intanto : In nomine
Patris etc., facendo colla destra un 6egno di croce su­
gli sposi, quindi conclude il rito coi versetti e l’ora­
zione come nel Rituale.123456

(1) Martinucci, IV cap. XII, 7.


(2) S. C. R. 21 marzo 1874 n. 3329.
(3) S. C. R. 14 seti. 1881 n. 3531, VII.
(4) S. C .R. 27 agosto 1836 n. 2743, 2.
(5) De Herdt, 1. c. n. 273.
(6) S. C. R. 4 maggio n. 3548.
Del Matrimonio 165

Anche quando non si benedice l’anello, perchè già


stato benedetto in ordine al matrimonio, non si deve
omettere la sua tradizione agli sposi nè mai si devono
tralasciare le ultime preci: Confirma hoc Deus, etc.
(1). Quindi gli, sposi ritornano ali loro luogo, stabili­
to dalle leggi!, sinodali o dalla consuetudine, per assi-
stere alla Messa.
La tradizione della destra che; si fa nel rito sacra­
mentale significa l’unione dei loro animi ed è desunta
dal libro di Tobia, a somiglianza di quanto fece Fan-
gelo per unirlo in matrimonio colla sposai (2). L’a­
nello è benedetto per modum intercessionis,, perchè
gli sposi si conservino fedeli, ed è ancora simbolo del­
la perpetua unione dei cuori, dell’unità, ed indissolu­
bilità del matrimonio (3).

76. Benedizione solenne nuziale nella Messa.


Attualmente in Italia dopo la celebrazione del Ma­
trimonio il Parroco, o il sacerdote legittimamente de­
legato, deve dar lettura davanti agli sposi e ai testimo­
ni del matrimonio degli articoli 141-142-143 del Cod.
Civile.
Tale lettura si farà in Chiesa prima della Messa, se
questa avrà luogo.
La solenne benedizione nuziale, di diritto parroc­
chiale (Can. 462-4), si deve dare in tutti i matrimo-12

(1) S. C. R. 4 maggio 1882 a. 3548 I, IL


(2) Tobiae, VII, 15,
(3 ) Vedi altre ragioni mistiche presso Bartiffaldi CommenL
Rii. Rom., Tit. XLII, § 6; Durando, Rationale, Lib. I Cap. 9.
166 Capo VII

nii, purché la sposa non la abbia già ricevuta in altre


nozze: «Quoties mulier benedicta non fuerit, sem­
per est benedicenda in secundis vel etiam in tertiis
nuptiis post matrimonium rite celebrandum» (1)»
Quindi : 1. Se la sposa nelle nozze precedenti non ri­
cevette tale benedizione (p. e. perchè contrasse il
matrimonio in tempo feriato e poi rimase vedova pri­
ma di ricevere la solenne benedizione), la si deve
benedire (2). 2. Non importa se la sposa sia vergine
o vedova,, quando non fu benedetta nelle precedenti
nozze la si deve benedire. 3. Quando le prime nozze
furono invalide non si deve iterare la benedizione,
perchè questa cade sulle persone, non sulle nozze. 4.
La benedizione si riferisce in modo speciale alla don­
na, a sostegno della sua fragilità, quindi si benedice
il matrimonio di un vedovo il quale sposa una donna
che non ha ancora ricevuta la benedizione.
La benedizione solenne nuziale si deve dare sem­
pre, eccetto nel tempo chiuso o feriato. Si deve im­
partire entro la Messa che si celebra presenti gli spo­
si, sia essa votiva o della festa (3). Si deve impartire
da chi celebra la Messa e non da altri, essendo il rito
colla benedizione stessa inseparabile da quello della
Messa (4). Il modo di dare tale benedizione nella
Messa fu già esposto altrove parlando della Messa prò
sponsis (5).23451
(1) S. C. Inquiait. 31 agosto 1381. In Act. S. Sedis XIV, 531.
(2) De Herdt, L c. n. 275 (Can. 1143).
(3) S. C. R. 31 agosto 1839 n. 2797; 23 giugno 1853 n. 3026,
1, 2, 3, (Can. 1101).
(4) Decreti sopra citati.
(5) Vedi Manuale, VoL III. n. 619.
Del Matrimonio 167

77. Matrimonio celebrato in tempo fenato.


Già abbiamo- detto i tempi nei quali la Chiesa vieta
la solennità delle nozze. In essi però il Vescovo, data
una causa ragionevole, può permettere che si celebri
il matrimonio colle solennità nuziali, ossia colla so~
lenne benedizione delle nozze nella Messa prò spon#
sis, se lò permettono le leggi liturgiche (1). Quindi
ottenuta la facoltà di celebrare il Matrimonio nei
tempi proibiti si dà la Benedizione solenne nella Mes­
sa e questa può essere quella pro sponsis se le leggi li­
turgiche lo permettono.
Che se non si può impartire la solenne benedizio­
ne nuziale perchè la sposa è vedova, il matrimonio
si può celebrare in ogni tempo e non- vi è più la ragio­
ne del tempo fenato, il quale, nelPattuale disciplina
vige sokanto riguardo alla solenne benedizione nuzia­
le (Canone 1108) (2).

78. Registrazione dell'atto.


Celebrato il Matrimonio, il Parroco stesso descrive
quanto prima in apposito registro, i nomi dei coniu­
gi, dei testi colla data e luogo di celebrazione secondo
la forma approvata dairOrdinario* anche quando al­
la celebrazione del Matrimonio avesse assistito un al­
tro sacerdote da lui o dall’Ordinario delegato. Si de­

ci) Cfr. Voi. DEI, n. 616.


(2) Nota la rubrica del Messale posta in fine alla Messa vO>
tiva pro sponsis che il parroco deve con grave sermone ricordare
i doveri assunti dagli sposi. I Sinodi particolari della Diocesi ri-
chiamano pure questo dovere dei parroci.
168 Capo VII

ve inoltre far nota del Matrimonio/sul libro dei bat­


tezzati in margine all’atto di Battesimo, (Canone
1103), e quindi darne notizia!' al Parroco della Par­
rocchia, ove trovasi registrato Fatto di Battesimo, se
gli sposi furono battezzati in altra Parrocchia.
In conformità al 'Concordato il Parroco dovrà tosto
trasmettere copia integrale dell’atto di Matrimonio al
Comune affinchè venga trascritto nei registri di Stato
Civile e non oltre cinque giorni dallai celebrazione.
Entro ventiquattro giorni dal ricevimento dell’Atto
matrimoniale l’Ufficale di Stato Civ. dovrà comuni­
care al Parroco l’awenuta trascrizione (Art. 34).
Nel nuovo Rituale romano (ed. tip. 1925) si trova
una formula di Benedizione nuziale che si può dare,
fuori della Messa, quando si è ottenuto il permesso
dalla S. Sede. (Appendice I).
Si trovano ancora delle preci da recitarsi sui coniu­
gi quando non è permessa la Benedizione nuziale spe­
cialmente se la sposa è vedova ed ha già ricevuta tale
benedizione. Per usarla ci vuole speciale facoltà. (Ap­
pendice II).
PARTE II.

Dei Sacramentali
Dei Sacramentali
I Sacramenti, istituiti da G. C. ed amministrati
dalla Chiesa, comunicano alle anime la vita della gra­
zia. Ma la Chiesa, arricchita dai tesori dei meriti di
G. C., mentre assiste l’umanità per porgerle tutto ciò
che è necessario a raggiungere il fine, non può stare
indifferente sui bisogni particolari che essa può ave­
re; essa leva pure le 6ue mani al cielo per benedire i
suoi figliuoli e tutto ciò che ad essi serve, purché sia
santo ed apportatore di grazie. Il Vescovo consacran­
do il Sacerdote dice: «Consecrare et sanctificare di­
gnéris, Domine, manus istas, per istam sanctam tin­
ctionem et nostram benedictionem : ut quaecumque
benedixerint, benedicantur, in nomine Domini nostri
Jesu Christi». Tali riti si chiamano in generale Sa­
cramentali ; di essi parla la teologia dogmatica, inse­
gnandone la natura, la origine, la divisione, gli effet­
ti. La liturgia insegna il modo di compierli (1). Trat­
teremo quindi in questa! parte. 1. Delle principali
Consacrazioni; 2. Delle Benedizioni; 3. Delle proces­
sioni; 4. Dei Funerali e delle Esequie.1

(1) Cfr, il Codice ecc. 1144-1153. Il Codice fa una divisione


dei sacramentali diversa e si comprende perchè esso riguarda in
modo quasi esclusivo il diritto. Si è censervato qui la divisione
già adottata perchè meglio, a parere dell.A., corrisponde alla li'
turgia.
Sui Sacramentali in genere ed in particolare si possono vedere:
«Die Sacramentalien der Kath. Kirche» (Munchen Kath. Biicher*
verein 1884); Chiliwitlzer, «Die Segnungen und Oeihungen der
Kat. Kirche nach ihrem Geist und Inhalt» 1847; Bischofberger,
SEZIONE I.

Delle Consacrazioni*

CAPO I.

Consacrazione o Dedicazione
delle Chiese.

79* Antico costume di consacrare i templi dedi­


cati al divin culto.
1. Il costume di dedicare a Dio, con rito special
di consacrazione, i sacri templi risale all’Antico Te­
stamento. Il tabernacolo dell’Alleanza, l’Altare dèi
sacrifici (1), il tempio di Salomone e di' Zorobabele
(2) vennero solennemente consacrati. Nè si può più
dubitare che fino dal tempo degli Apostoli si sia! in­
cominciato a consacrare, con speciali riti, i sacri tem­
pli cristiani (3). Data la pace alla Chiesa da Costan-

«De benedictionibus et exorcismis Eccl. cathol.». 1854; Probat,


«Die Kirch]. Benedictione», Tubingen 1856. Spiegazioni delle ru­
briche se ne trovano ampiissimamente presso Baruffaldi, Cavalieri,
Quarti, Fornici e De Herdt Un eccellente Trattatello sui' Sacra­
menti pubblicò il Fighi Sac. e Professore nel Seminario di Verona**
«Liturgia Sacramentalium», Verona, Cinquetti 1891.
(1) Exodo XL: Levit. Vili.
(2) 3M Reg. Vili ; Parai. V. VI, VH,; I. Esdr. VI.
(8) Vedi Bona, Brev. Liturg. Lib. I cap. XX; Ciampini;
Vetera Monumenta , Tom. 'I, Cap. AV'ili.
Consacrazione o Dedicazione della Chiesa 173

tino, tale rito assunse la più grande solennità. Euse­


bio di Cesarea, coevo di Costantino, scrive : Instaura­
tis ecclesiis... votivum nobis et desideratum spectacu­
lum praebebatur; dedicationum scilicet festivitas per
singulas iurbes et Oratorium recens structorum conse­
crationes» (1). Il fatto poi che i nemici di S. Atanasio
lo calunniarono di aver celebrato in una chiesa non
consacrata, presuppone fin da quel tempo una legge
che ordinava la consacrazione (2). U rito di cui fa
uso la Chiesa romana nella dedicazione delle chiese
venne istituito per la prima volta dal Pontefice S. Sil­
vestro, come si legge nelle lezioni del secondo Nottur­
no nella festa della Dedicazione delPArcibasilica del
Ss. Salvatore (9 novembre).
Ministro‘ della consacrazione delle chiese è il Ve­
scovo.

80. Chiese che si possono consacrare.


Omesse le prescrizioni circa il diritto di edificare le
Chiese, per la partei liturgica ricordiamo i sacri edi­
fici che si possono consacrare. 1. Sono da consacrare
le chiese cattedrali e se è possibile le collegiate, con­
ventuali e parrocchiali (Can. 1165-1). 2. Non si pos­
sono consacrare quelle chiese che si prevede saranno
convertite in uso profano (Can. 1165-2). 3. Nè si con­
sacrano quelle costruite In legno, ferro od altro me­
tallo (Can. 1165-4). 4. Quelle costruite in cemento12

(1) Eu&eb. Caeser. Historiar. Lib. X cap. IH.


(2) S. Atanas. Apoi. I ad Constant.
174 Capo 1.

armato si possono consacrare, ma i luoghi ove si fan­


no le dodici croci e gli stipiti della porta principale
devono essere di pietra (1).

81. Cose che precedono la consacrazione.


Il Pontificale romano enumera le cose che si devo­
no preparare in chiesa e fuori. Circa tale rubrica ge­
nerale si noti:
1. Quantunque la consacrazione delle chiese si pos­
sa fare in qualunque giorno, è più conveniente si fac­
cia in domenica o in altra festa di precetto (Can.
1166-1).
2. 11 digiuno prescritto dal Pontefice da indirsi e
da osservarsi nella vigilia della consacrazione è di
obbligo stretto, locale e personale e si deve osservare
dal Vescovo consacrante e da quelli che chiedono la
consacrazione (2);
3. Se la consacrazione si fa in giorno feriale i par­
rocchiani sono obbligati di astenersi dal lavoro e di
ascoltar la messa (3);
4. Prima della consacrazione, alla mattina del gior­
no stesso, non si può celebrare la messa nella chiesa
da consacrarsi, se però non vi è altra chiesa ed urge
per il popolo il precetto di ascoltar la messa, questa si
può celebrare anche nella chiesa da consacrarsi, ma
conforme all’Ufficio del giorno e non della dedica­
zione (4).1234

(1) S. a R. 12 nov. 1909 n. 4340.


(2) S. C. R. 29 lugl. 1780, 25 19 1, 2; seti. 1840, Cod. c. 1106,2.
(3) S. C, R. Decreto cit. n. 3.
(4) S. C. R. Decreto cit. n. 6.
Consacrazione o Dedicazione della Chiesa 175

5. Nel luogo ove stanno esposte, almeno fra due


candele accese, le sacre Relìquie da rinchiudersi nel"
l’altare, si devono celebrare le vigilie per tutta la not­
te, cioè recitare,, dall clero addetto alla chiesa, il Mat­
tutino e le Lodi del Commune plurim. Martyr, non
del Salterio, coll’Orazione del III luogo, Deus qui no-
bis, omessa la parola annua ed esprimendo i nomi dei
Santi1le cui Reliquie si ripongono nel sepolcreto (1).
6. L’aspersorio, formato di erba di issopo, o di al­
tra consimile, si deve usare in tutte le aspersioni che
occorrono nel rito, tanto fuori di chiesa che den­
tro (2).
7. Il Pontificale romano non prescrive nella fun­
zione la croce astata se non nella processione colle sa­
cre Reliquie. Per una lodevole consuetudine, da os­
servarsi, essa procede fra i due chierici che portano
le torce accese, davanti ai Vescovo (3);
8. Nella Chiesa si accendono tosto in principio del­
la funzione, e vi rimangono accese fin dopo la mes­
sa, dodici candele, una per ciascuna croce che sta alle
pareti della chiesa;; la chiesa però dev’essere spoglia
delle panche e di tutto ciò che si può rimuovere dal
mezzo e dalle pareti, e rimane chiusa;
9. Le croci consacrate vi devono sempre rimanere ;
se fossero abrase si dipingono ancora o si rimettono,
senza ripetere la sacra unzione (4).1234

(1) S. C. R, 18 agosto 1913.


(2) S. C. R. 7 agosto 1875 n. 3364 5.
(3) S. C. R. Decreto cit. n. 6.
(4) S. C. R. 21 agosto n. 3157 IV.
17-6 Capo l.

82- Rito - Messa - Indulgenze.


II! rito della consacrazione della Chiesa è ampia­
mente esposto dal Pontificale romano, e ad esso ri­
mandiamo.
Col rito della dedicazione della Chiesa va intima­
mente connessa la celebrazione della S. Messa. Quan­
do è celebrata dal Vescovo, essa può essere anche so­
lenne.
La Messa è quella del Messale in Dedicazione ool-
la orazione Deus qui invisibiliter e colle commemo­
razioni delPUfficio ; la Messa si deve celebrare, anche
quando si deve trasferire PUfficio. Essa è impedita
nei doppi di prima classe del Signore della Chiesa U-
niversale, nelle domeniche di prima classe, nelle Vi­
gilie di Natale e Pentecoste e nel triduo ultimo della
Settim. Santa; e in questi casi (eccetto nel triduo del­
la Settimana S.) si fa sempre commemorazione della
Dedicazione e del Titolare sotto unica conclusione
(1). Le altre messe che si celebrano in seguito nel
giorno della dedicazione devono essere della dedica­
zione stessa, eccetto i giorni suddetti. Infine della
Messa, il Vescovo, data la benedizione, fa pubblicare
la indulgenza di un anno a chi visita la chiesa nel
giorno della consacrazione, e di cinquanta giorni nel
dì anniversario della dedicazione, se è Arcivescovo
cento, se è cardinale duecento (Can. 1166-3).
Dell'anniversario della dedicazione! della Chiesa si
è parlato altrove.1

(1) S. C. R. 23 febbr. 1884 n. 5907, 3.


CAPO IL

Consacrazione degli Altari*

83. Osservazioni sulla Rubrìca generale - R


• Messa - Indulgenze.
Il Pontificale romano premette una rubrica gene­
rale alla consacrazione che si fa dell’Altare, senza la
dedicazione della chiesa, e nota le cose che devono
prepararsi per la funzione. Circa tale rubrica si pon­
gono qui alcune osservazioni :
1. Per consacrare un altare non si richiede che si
faccia insieme la consacrazione della chiesa; in una
chiesa solamente benedetta si possono consacrare gli
altari (1).
2. L’altare dev’essere fisso in senso stretto per
poter essere consacrato.
3. Non si può in un altare dissacrato aggiungere
nuove Reliquie autentiche e suggellare il sepolcreto,
ma bisogna ripetere la consacrazione (2).
4. Il Pontificale vuole si prepari una mezza libra
dì incenso : basta sia in quantità sufficiente alla turi­
ficazione ed alle combustioni sull’altare colle crocette
di cera.
5. Nella vigilia della consacrazione si devono recita,
re il Mattutino e le Lodi dei Martiri, come nella con­
sacrazione delle chiese; non è però prescritto il di­
giuno.12

(1) Cfr. Codice c. 1165. 5.


(2) S. C. R. 5 dicembre 1851 n. 2901, 2.
178 Capo HI.

6. Le Sacre Reliquie si possono preparare in chiesa


sulla mensa di un altare decentemente ornato. Queste
devono essere almeno di due martiri (1).
La Messa nella consacrazione delFaltare può essere
letta dal Vescovo; se invece celebra un sacerdote de­
ve cantarsi solennemente. Si dice la Messa de Dedi­
catione coll’orazione propria della dedicazione del­
l’altare: Deus, qui ex omni coaptatione SanctoT*um
etc. senza alcuna commemorazione. All’Oremus pro­
prio, della Dedicazione dell’Altare si deve aggiunge­
re, sub unica conclusione, quello del Santo al cui ono­
re è intitolato. Al termine della Messa il Vescovo dà
la benedizione episcopale e pubblica le indulgenze.
Nel giorno della dedicazione dell’altare non si deve
recitare l’Ufficio della dedicazione, nè di essa si fa la
commemorazione nell’Ufficio e nelle altre Messe.
Quando la festa o il tempo esclude la Messa della
dedicazióne, si dice la messa della festa, colla comme­
morazione della dedicazione delFaltare sub 'unica
conclusione.
Anche Fanniversario della dedicazione delFaltare
non si celebra, nè di essa si fa commemorazione.

84. Consacrazione degli altari portatili - Pietre


sacre - Messa.
Fin qui abbiamo veduto il rito della consacrazione
delFaltare fisso ; ma è necessaria la consacrazione de­
gli altari mobili o pietre sacre che si inseriscono poi
nella mensa delFaltare di muro o di legno. Il rito è1
(1) S. C. R. 16 febbraio 1906.
Consacrazione degli Altari 179

assai semplice. Quando si fa la consacrazione in


luogo privato il Vescovo può usare anche solo la stola
col rocchetto e la mitra semplice. Non vi è la recita
delPUfficio, dei salmi penitenziali e delle Litanie. Su
questo rito si osservi :
1. In principio si dice tre volte ii' Deus in adiu­
torium;
2. I segni di croce col pollice e la successiva bene­
dizione colla mano si ripetono ogni volta che con es­
si si deve ripetere la forinola, ossia prima in mezzo
della pietra, poi ai lati di ciascuna.
3. Basta incensare tre volte intorno al tavolo su cui
stanno le pietre, e si dice una sola volta l’antifona,
coli salmo Miserere,
4. L’ultima incensazione prima dell’orazione: De­
scendat., quaesumus, Domine etc. si deve fare su cia­
scuna pietra ; così dicasi delle aspersioni.
Finita la consacrazione si celebra l'a Messa dal Ve­
scovo o da un sacerdote su una pietra consacrata. La
Messa è quella della Dedicazione coll’orazione della
consacrazione dell’altare. Quando tale Messa è im­
pedita si fa commemorazione della dedicazione del­
l’altare sub unica conclusione.
La Messa si può celebrare anche da un sacerdote
privatamente, senza canto.
Nell’Appendice del nuovo Rituale si trova una for­
inola più breve per la consacrazione dell’altare im­
mobile quando ha perduta la consacrazione per sepa­
razione della tavola dallo stipite. E altra formola pei
casi di apertura o infrazione del sepolcreto o della ta­
vola.
CAPO III.

C o n s a c r a z i o n e dei Ca l i c i
P a t e n e e Campane»

85. Antico uso di consacrare i vasi sacri - Ministro.


Il costume di consacrare con rito speciale vasi che
servono al divino culto risale all’Antico Testamento.
Si legge infatti che Dio ordinò a Mosè: «assumpto
unctionis oleo, unges tabernaculum cum vasis suis ut
sanctificentur; Altare holocausti et omnia vasa eius;
Labrum cum basi sua omnia unctionis oleo consecra­
bis ut sancta sanctorum» (1). Non si può quindi du­
bitare che la legge che prescrive la consacrazione dei
calici e delle patene, quantunque emanata da S. Sil­
vestro Papa, risalga all’epoca apostolica. S. Silvestro
confermò e rese generale la sua osservanza (2).
La< ragione per cui si consacrano questi vasi sacri
è pur quella per cui si consacra l’altare: «consacrado-
nes alhibentur his rebus quae veniunt in usum hu­
jus sacramenti (Eucharistiae), tum propter sacramen­
ti reverentiam, tum ad raepraesentandum effectum
illud ebr, ult. 12 : Jesus ut santificaret per suum san­
guinem populum etc.» (3).123

(1) Exod. XXX 22 ss.


(2) Bona, Rer. Liturg., Lib. I, cap. XXFV. Vedi Cap. Unico
§ 8, de Sacra Unctione.
(3) S. Thom. IH. q. LXXXIU, a. HI.
Consacrazione dei Calici, Patene e Campane 181

Ministro di questa consacrazione è solo il Vescovo;


non possono compierla i sacerdoti di qualunque di­
gnità, anche aventi la facoltà pontificale di ammini­
strare la Cresima, senza speciale delegazione del Som­
mo Pontefice (1).
Qui sorge la questione se si debba consacrare il ca­
lice e la patena quando per errore prima della loro
consacrazione fossero stati adoperati per la Messa.
Bisogna farli consacrare, quantunque adoperati.
Perciò il sacerdote che avvertitamente celebra con
calice e patena non consacrati : consecrat quidem in
rei ventate Corpus Christi; peccat tamen graviter, ri-
tum Ecclesiae non servans (2).
II calice e Ia patena non perdono la consacrazione
quando perdono la doratura o si fanno nuovamente
dorare. E* grave l’obbligo della doratura quando sta
scomparendo per l’uso (Can. 1305, § 2).

86. Rito di consacrazione dei calici e patene.


Il rito della consacrazione dei calici e delle pate­
ne è esposto dal Pontificale romano, a cui si riman­
da; Esso è assai1semplice.
I calici e le patene così consacrati si astergono da
un sacerdote o altro ministro in sacris, con bambagia,
mollica di pane od anche con un pannolino da get­
tarsi poi sul fuoco o nel sacrario.12

(1) Cap. Un. § de Sacr. Unet. S. C. 16 maggio 1744 n. 2377, 1.


(2) S. Thoma., I. c.
1812 Capo III.

87. Campane - Loro uso e consacrazione - M


nistro.
Durante i primi secoli della Chiesa i fedeli veni­
vano convocati nel tempio per mezzo dei cursores
(1) od erano avvertiti in chiesa del1 tempo in cui
dovevano intervenire alle funzioni (2). Il primo
cenno delle campane, come strumento per convocare
i fedeli, non lo si trova che sulla fine del sesto se­
colo, nella vita cioè di San Colombano (3) ed è cer­
to che al secolo ottavo o nono erano di' uso universa­
le in occidente. Anche nelle chiese di oriente, nel
secolo nono, sono di uso comune (4).
Da questo stesso tempo, cioè dal secolo ottavo e
nono pare siasi introdotto lo stesso ritoi di consacra­
re o di battezzare le campane (5) e gli Ordines ro­
mani da questo tempo in poi contengono le formule
delle loro benedizioni.
Ministro della consacrazione è il Vescovo; il qua­
le quando abbia dalla S. Sede la facoltà può suddele-
gare un sacerdote per tale consacrazione, e questi de­
ve osservare la forma ed il rito del Pontificale e fa­
re le sacre unzioni, non omettendo nè orazioni, nè12345

(1) Vedi lettera di S. Ignazio ad Heron. presso Baronio a- 58.


(2) Menardo, Note al Sacrant, di S. Gregorio p. 208.
(3) Miabillon, Annales : S. Benedicti, Saec. I, X.
Secondo W. Strabone le campane furono così chiamate perchè
ebbero origine nella Campania, e si dicono anche nolae perchè in
Nola, città della Campania, per la prima volta vennero costruite.
Lib. de reb. Eccles. Gap. V. Cfr. pure Selvaggio, Antichità crist.;
Durando, Rationale, lib. I. cap. 4.
(4) Martigny, «Dictionnaire des AntiquiJlès chrètiennes «Cloches
(5) Bona, 0. c. Lib. I. cap. XXII; Pelliccia, L I.
Consacrazione dei Calici, Patene e Campane 183

salmi, nè l’aspersione, nè l’incensazione. Il sacerdo­


te così delegato può fare questa funzione anche so­
lennemente, ossia col diacono parato delle sacre ve­
sti che canta in fine il Vangelo (1). — Per essa si
può usare anche una formula più breve che è ap­
provata (2).
Se le campane senza benedizione furono già poste
sulla torre, non è conveniente che vi salga il Vesco­
vo in abiti pontificali, ma un sacerdote le può asper­
gere con acqua benedetta (3). Le campane che non
servono alla chiesa ma ad :usi solamente profani co­
me per gli orologi, ecc. non possono essere benedet­
te con questa benedizione solenne : «Non videtur pos­
se benedici solemnè ritu campanae, quae solum de­
serviunt profanis usibus; nam ut ex ipsa benedictio­
ne quae habetur in Pontificali, colligi potest. Campa­
nae benedicentur in usum tantum ecclesiasticum, ut
caetera vasa sacra : et ideo inunguntur variisque cae­
rimoniis consecrantur, fere ad eum modum, quo con­
secrantur Altaria» (4).

88. Rito della consacrazione - Significato.


Il Rito per la benedizione delle campane, quale
trovasi nel Pontificale, è preceduto da una rubrica
generale in cui si enumerano le cose da prepararsi
per tale funzione. Le campane devono essere sospe-1234

(1) S. C. R. 23 giugno 1853 n. 3015,1, 6.


(2) S. C. R. 22 gennaio 1908 n. 42111.
(3) S. C. R. 16 luglio 1594 n. 52, 3.
(4) S. C. R. Decreto citato, n. 1; S. G. R. 4 marzo 1892.
184 Capo IH.

se in modo da potervi girare attorno e andare sotto.


Vicino ad esse si prepara il faldistorio per il1Vescovo,
un vaso con acqua da benedire, l’aspersorio, un vaso
col sale, pannolini mondi, il vasetto dell’olio degli
infermi e quello del Crisma, l’incenso e il turibolo
e tanti vasi cof fuoco, quante sono le campane. Un
diacono si veste con amitto, camice, cingolo e stola
in traverso e dalmatica. Il Vescovo indossa il pivia­
le sul camice e la stola ed usa la mitra semplice e il
pastorale. Seduto sul faldistorio, dice coi ministri al­
cuni salmi, quindi benedice l’acqua col sale e con
essa incomincia a lavare ciascuna campana e i sa­
cerdoti proseguono/ a lavarla dentro e fuori mentre il
Vescovo seduto recita alcuni salmi cogli altri ministri.
Quindi si astergono con un panno le campane, e il
Vescovo fa su ciascuna di esse all’esterno una croce
coll’Olio degli infermi e recita un’orazione. Mentre
si canta un salmo il Vescovo fa sette croci coll’Olio
degli infermi all’esterno di ciascuna campana e quat­
tro nell’interno col Crisma, a pari distanza recitando
la relativa formola. Dopo la recita di una orazione
pone l’incenso nei turiboli o in altri vasi e se ne met­
te uno sotto siascuna campana intanto si canta un
Salmo, dopo il quale il Vescovo soggiunge un’ora­
zione. Il diacono vestito come si è detto, canta il
Vangelo il Vescovo bacia il libro e così finisce la fun­
zione.
La consacrazione delle campane s’incomincia col­
la recita dell’Antifona Vox Domini e del Salmo ‘23
che esalta la maestà di Dio fra gli uomini dell’uni­
verso, della quale vuol essere espressione e simbolo
Consacrazione dei Calici, Patene e Campane 185

il suono della campana. Si lavano coll’acqua bene­


detta a simboleggiare la purezza colla quale dobbia­
mo entrare nella Chiesa/invitati dalla campana. Le
sette unzioni che si fanno all’esterno possono signi­
ficare l’ufficio della campana che è di invitar alla
preghiera pubblica, giusta le parole del Salmista:
septies in die laudem dixi tibi. Le quattro unzioni
interne possono esprimere che la campana chiama
da ogni parte del mondo i popoli alla vera Chiesa e
i fedeli al tempio. Si dà alla campana il nome di un
Santo sotto la cui tutela e protezione il popolo è con­
vocato alla preghiera; si profumano di incenso, che
è simbolo della preghiera e della divina benedizione.
Infine si legge il Vangelo che ricorda il fatto di Mar­
ta e Maria, la quale ultima, sedens secus pedes Do­
mini audiebat verbum illius, per farci intendere co­
me all’invito della campana si deve essere solleciti
di accorrere ed ascoltare la divina parola.
Le virtù e gli effetti della campana benedetta so­
no raccolti in due versi:
Laudo Deum verum, plebem voco, congrego clerum,
Defunctos ploro, pestem fugo, festa decoro.
SEZIONE II.

Delle Benedizioni*

CAPO I.

Nozione * Divisione
Requisiti generali*

89. Cosa sono le benedizioni - Loro efficacia.


La parola benedire, benedizione, si può intende­
re in molti sensi (1); parlando delle benedizioni del­
la sacra liturgia si definiscono : «ritus, formulae, cae­
remoniae quae nomine Ecclesiae, et ex auctoritate ei
a Deo concessa, per invocationem divini nominis, pe­
raguntur veb ad postulandum pro hominibus aliquid
boni vel ad conferendum aliquod esse rei quae bene-
dicitur, ut fiat intrumentum salutis, sive animarum,
sive corporum, ad quod pertinet illud Apostoli Ep. I.
ad Tim i Omnis creatura sanctificatur per verbum Dei
et orationem» (2). Ovvero più brevemente : «Benedi'
etto estt caeremonia ecclesiastica, qua per invocatio-
nem divini nominis aliquod boni confertur vel po­
stulatur» (3). Quindi, come osserva S. Pietro Danna­

ti) S. Thom., in Ep. ad Romanos, XII, Lecl. III.


(2) Fornici, 0. c. pag. 291.
(3) Quarti, D e Benedici., Tot. 1; De Herdt, II a. 290.
Nozione - Divisione • Requisiti generali 187

ni, nelle benedizioni sacre il ministro invoca Dio su­


gli uomini, sui luoghi o sulle cose : ed i loro effetti da
parte della Chiesa, sono infallibili perchè essa è san­
ta, domanda a Dio le cose sante e le chiede in modo
santo.

90. Antichità.
Che il costume di benedire le persone, oose e luo­
ghi sia antichissimo nella Chiesa, appare dalle Costi­
tuzioni Apostoliche, nelle quali si trovano alcune for­
inole di benedizioni; appare ancora dai più antichi
Sacramentari che contengono numerose benedizio­
ni, alcune delle quali passarono al Messale, in cui si
trovano ancora attualmente. Così per esempio, la be­
nedizione degli Olii, delPacqua battesimale, dei frut­
ti, delle Chiese, sono certo le più antiche.
Altre poi, come la benedizione delle case, delle
navi, delle Immagini, dei pellegrini ecc. vennero in­
trodotte nel' medio evo, come appare dai libri Bene-
dizionali.
In fine alcune hanno origine dalla creazione de’
nuovi oggetti, ovvero dalla introduzione di nuove pra­
tiche nella vita religiosa dei popoli. Tali sono le* be­
nedizioni dei vessilli processionali, della ferrovia, del
telegrafo, degli abiti sacri, della Via Crucis ecc.

91. Formulari • Dove si trovano.


I formulari delle Benedizioni sono contenuti nel
Rituale, nel Pontificale e nel Messale.
Nel Rituale romano le Benedizioni si trovano in
188 Capo 1.

due luoghi cioè al Titolo Ottavo del Rituale stesso


e nell’appendice e sono distinte in due specie cioè,
quelle non riservate ©quelle riservate alj Vescovo od
agli Ordini regolari.
Nel Pontificale le Benedizioni delle persone si
trovano in fine della prima parte, quelle dei luoghi
e delle cose (e consacrazioni) si trovano nella secon­
da parte.
Nel Messale si trovano dopo le messe votive dei de­
funti, e sono pure distinte in Benedizioni non riser­
vate e riservate al Vescovo.

92. Come si dividono.


La divisione delle Benedizioni è molteplice, cioè
da parte del ministro, del soggetto e dell’e//e«o.
I. Per riguardo al Ministro 1© benedizioni si div
dono in papali, vescovili e sacerdotali.
1. Le papali son quelle riservate al Papa, delle
quali alcune si sogliono delegare anche ai Vescovi
ed ai semplici sacerdoti, come la benedizione papale
sul popolo ; la benedizione della Rosa d’oro, degli A-
gnus Dei ecc.
2. Le episcopali hanno per ministro ordinario il
Vescovo e sono di tre classi, cioè: a) le benedizioni
di quelle' cose che sono ordinate a decoro e alVuso
del S. Sacrificio della Messa, come i corporali, le to­
vaglie, i sacri paramenti, ecc. e quelle che non sono
strettamente annesse all’ordine vescovile onde il Ve­
scovo può concedere ai sacerdoti, almeno col privi­
legio della S. Sede, la facoltà di conferire e ora sono
Nozione - Divisione - Requisiti generati 189

concesse dal Codice; b) le benedizioni; delle cose che


sono ordinate a diventare materia di Un Sacramento
0 che servono alla consacrazione della materia, come
1 sacri Olii, e queste sono strettamente unite all’ordi­
ne episcopale e non si delegano ad altri; c) le bene­
dizioni in cui si fanno sacre unzioni, come la consa­
crazione degli altari, calici, e queste pure non si pos­
sono delegare ad altri.
3. Le benedizioni sacerdotali sono pure di tre spe­
cie: a) alcune sono proprie di alcuni ordini religio­
si, a loro ordinariamente concesse dal Sommo Ponte­
fice, e queste non si possono usare senza facoltà ot­
tenuta dalla S. Sede o dai superiori degli Ordini. Ta­
le è la benedizione delle? stazione della Via Crucis,
delle corone del Rosario, ecc. 6) Altre sono di dirit­
to parrocchiale e non si possono dare senza delega­
zione del Parroco, come p. es. la benedizione solenne
delle nozze, quella del S. Fonte Battesimale, ecc. c)
Infine quelle che si possono dare dai semplici sacer­
doti, quali sono tutte le altre.
Le benedizioni quindi, per riguardo al ministro si
possono dividere generalmente in riservate e non ri­
servate. La ragione di tale riserva è esposta dal For­
nici: «Quamvis Presbyteri ex vi sui Órdinis faculta­
tem habeant benedicendi res et personas : hoc tamen
intelligendum est intra limites ab Ecclesia praescrip-
tos, d qua iuxta diversos ordines Sacramentalium et
sacrarum functionum, diversorum ordinimi ministri
designantur. Siquidem hierarchia militantis Ecclesiae
hierarchiam coelestem suo modo imitatur, siculi testa­
tur S. Dionysius de coelesti hierarchia. Quae siculi
190 Capo '1.

in coelis iuxta varios Angelorum ordines, vario, sunt


munera singulorum atque Angeli inferiorum ordinum
minima nuntiant, Arcangeli vero suprema; ita pro-
portionaliter in Ecclesia militanti simplices Sacerdo­
tes, veluti angeli inferioris órdinis, ad conficiedas
simplices benedictiones destinati ; Episcopi vero veluti
superioris ordinis, facultatem habent conficiendi be­
nedictiones sacratiores*et magis solemnes» (1).
Di qui ancora l’avvertenza del Rituale: «Noverit
sacerdos quarum rerum benedictiones ad ipsumj et
quae ad Episcopos suo jure pertineant, ne majoris
dignitatis munera, temere aut imperite unquam usur­
pet propria auctoritate» (2).
IL Per riguardo al soggetto od oggetto a cui sii ap­
plicano, le benedizioni si dividono in personali, reali
e locali. Le prime sono quelle cbe si danno alle per­
sone, come ammalati, puerpere, popolo, ecc.; le se­
conde si danno alle cose come sarebbero oggetti di
divozione, animali, cibi, campi, ecc. ; le ultime si dan­
no ai luoghi, come oratorii, case, cimiteri, ecc.
HI. Per riguardo alla forma si dividono in inerbali
e reali; le verbali consistono in parole e segni di cro­
ce ; le reali si danno coll’intervento d’un altro sacra­
mentale, come l’Olio santo, l’acqua benedetta. Di
quest’ultima specie è la benedizione o consacrazione
delle campane, la benedizione delle Palme, ecc.
IV. Per riguardo al rito sono solenni e private, se-
condochè si fanno con pompa, coll’intervento di mi­

ti) Fornici, 0. c. 1. c.
(2) Tir. Vili, I, Regulae generale$t n. 1.
Nozione - Divisione • Requisiti generali 191

nistri, con canto^ ecc., ovvero senza alcun apparato


esterno, con un solo ministro od anche senza.
V. Per riguardo al fine od all*effetto si dividono in
invocative e co stitu tiveSono invocative quelle colle
quali si invoca la divina benignità sulle persone, sul­
le cose e sui luoghi, affinchè per esse gli uomini ot­
tengano qualche bene temporale o spirituale, pur ri­
manendo l’oggetto della benedizione nel suo ordine
primitivo e nell’uso comune. Tali sono le benedizioni
degli ammalati, dei cibi, dei frutti, delle abitazioni ecc.
Le benedizioni costitutive, invece sono quelle per le
quali le persone e le cose ordinate al divin culto,, di­
ventano sacre sottratte all’uso profano. E precisamen­
te alcune passano a significare ed esprimere qualche
cosa di sacro, come il cero pasquale, le candele che
si benedicono nel dì della Purificazione della B. V.,
le ceneri, l'e palme o i rami d’ulivo ; altre servono al
culto come altari, calici, paramenti, chiese, ecc. ; altre
infine sono ordinate come materia per benedire o con­
sacrare altre cose, persone o luoghi come Pacqua lu­
strale e battesimale, gli Olii sacri ecc. (1).

93. Requisiti per le benedizioni.


Quattro cose si richiedono .per dare una benedizio­
ne valida e lecita, cioè: il ministro competente, Sog­
getto capace della benedizione, la materia d la forma
prescritta, e Vapplicazione del rito alVoggetto.1

(1) Fornici O. c. 1. c.; Pighi Liturgia Sacramentalium, pa


22*26. Qfr. Codice c.
192 Capo 'I.

1. Il ministro delle benedizioni è proprio o dele­


gato da chi ha la facoltà. Circa le benedizioni sempli­
ci, che si possono dare da qualsiasi sacerdote, è da no­
tare che: a) non si devono dare nelle altrui chiese
od oratori annessi, control la volontà del parroco o
rettore di esse; b) non si devono dare pubblicamente
e solennemente in luoghi d’altrui giurisdizione; c)
bisogna osservare le prescrizioni sinodali e le consue­
tudini immemorabili (1). — Il Ministro deve indos­
sare (nelle benedizioni extra Missam) la cotta e la
stola, che generalmente, è quella di color bianco, «co-
lor enim albus designat puritatem communicandam
rebus benedicendis» (2). Per le benedizioni che si
fanno con esorcismi 9Ì adopera la stola di color vio­
laceo. Si può peraltro, quando nella rubrica partico­
lare della benedizione non si nota diversamente, a-
doperare la stola del colore dell’Ufficio del giorno
(3). Quando le benedizioni si danno selennemente
all’altare, prima della messa o dopo, si indossa amit­
to, camice, cingolo, stola e il piviale (4).
2. L'Oggetto capace di benedizineì può essere una
persona (eh 2 si dice soggetto), un luogo od una cosa.
La persona dev’essere generalmente un fedele catto­
lico, anche un catecumeno, anzi, se non vi è la proi­
bizione della Chiesa, anche un acattolico perchè ot­
tenga la luce della fede e con essa la sanità del cor­
po (Can. 1149).1234

(1) De Herdt, 0. c. Voi. MI, n. 292.


(2) Gravanto, in Rubr. Missal. Rom. p. IV, TiL 19 n. 5.
(3) Gravanto, ibid.
(4) Rubr. Miss. Tit. XlA, 3, 4.
Nozione . Divisione - Requisiti generali 193

La cosa dev’essere solida e decente (1).


3. Materia remota dellaf benedizione è l’acqua be­
nedetta ; materia prossima l’aspersione. La forma con­
siste nelle parole e nel segno di croce. Talora la mate­
ria e lai forma consistono nel semplice segno di croce.
4. Circa l’applicazione della forma all’oggetto è a
notare: a) che Soggetto, o soggetto, da benedire deve
essere presente fisicamente o moralmente. Ciò è vo­
luto dalle parole delle orazioni, che suppongono la
presenza della cosa, e dai segni che si fanno su di es­
sa ; ma non convengono i liturgisti nello stabilire qua­
le sia o debba essere la presenza morale ; b) che il mi­
nistro intenda di applicare la benedizione all’oggetto ;
c) che si osservi il rito e le cerimonia volute dalla
Chiesa.
5. La formolo che si usa per la benedizione dev’es-
ser quella del Rituale o degli altri libri liturgici ad esso
conformi; sono quindi proibite tutte quelle non ap­
provate dalla S. Sede. Le forinole proprie degli Or­
dini religiosi non si possono adoperare dal Vescovo
o dai Sacerdoti senza/ indulto apostolico.
Se non si usa la formola approvata dalla Chiesa
sono invalide (Can. 1148).

94. Modo di benedire.


Le benedizioni si danno sempre a capo scoperto e
stando in piedi, con le mani giunte, se non si tiene
il libro. In principio vi è sempre l’invocazione Adju-1

(1) Pigbi, O. c. pag. 18.


194 Capo I.

torium nostrum etc. e il Dóminus vobiscum. Con ta­


le invocazione il Ministro professa che ogni benedi­
zione viene da Dio ed a lui vuol elevare le menti de­
gli astanti. Se le benedizioni sì danno alFaltare il Mi­
nistro sta dal lato dell’Epistola e mentre benedice col­
la destra le cose, pone la sinistra sull’altare (1); in
altri luoghi stende la sinistra, quando è libera, sul
petto. L’osservanza del rito esige : «quod nec omittan­
tur, nec addantur, nec mutentur ritus, verba et signa
quae sunt ab Ecclesia praescripta, tamquam formae
ad res benedicendas. Etenim si dum res benedicitur
vel omittantur vel aàdantur vel mutentur a Ministro
integrae orationes aut exorcismi, vel tot verba et signa9
ut destruatur significatio principalis quoad praeci­
puos effectus ab Ecclesia intentos; tunc nullum erit
sacramenta.de, quia cum tota vis benedictionis in signi-
ficdtione consistat, destructa significatione, ut nulla
benedictio sit consequens est» (2).
Quando si fa Yaspersione della cosa o persona col­
l’acqua benedetta si fa tre volte, cioè nel mezzo,, alla
destra e alla sinistra, senza segni di croce, e senza
pronunciar parola. Altrettanto si deve dire dell’in­
censazione, quando è prescritta.12

(1) De Herdt, 1. c. n. 285: Bauldry, P. II c. 20 n. 7 Cfr.


c. 1148 • 2.
(2) Fornici, O. c. pag. 286.
CAPO IL

Benedizione delle cose (r eal i) .

95. Benedizione deiracqua - Suo uso - Effetti.


La benedizione dell’acqua lustrale si deve fare in
ogni chiesa parrocchiale in tutte le domeniche, ma si
deve ripetere ogni volta occorra, per conservarla mon­
da ed incorrotta nelle pile della chiesa, e nelle\ ca­
se, al pio uso dei fedeli. E’ conveniente che tale be­
nedizione si faccia in chiesa, ma, data una causa ra­
gionevole, si può fare anche nelle case private ed in
qualsiasi luogo.
Ministro è il sacerdote, non il diacono (1), ed in­
dossa, sulla veste talare, la cotta e la stola di> colore
violaceo.
Il rito consta di quattro parti: si premette l’esor­
cismo o benedizione del sale, che risulta, di due ora­
zioni; in secondo luogo viene l’esorcismo dell’acqua,
che consta pure di due orazioni; ih terzo luogo vi è
la mescolanza; in fine si recita un’orazione sull’ac­
qua così mescolata col sale.
Circa il quale rito si osservi :
a) che tanto il sale quanto l’acqua devono essere
naturali e mondi, come Io esige il rispetto al sacra­
mentale che da essi si produce ;
b) il sale una volta benedetto in quantità sufficien-1

(1) Rubr. Rit. Rom.- Tit. VlJJl Cap. I. n. 1.


196 Capo IL

te, i può conservare per adoperarlo in altre benedi­


zioni dell’acaua. ed in questo caso si omette l’esorci­
smo del sale;
c) il quale si mette nell’acqua in modo di croce,
ossia facendo tre segni di croce con esso, mentre lo si
mette nell’acqua, ed a ciascun segno invocando una
Persona della SS. Trinità;
d) si possono benedire contemporaneamente più va­
si d’acqua, moralmente presenti, ripetendo su ciascu­
no la mescolanza del sale, colla debita formola (1).
Tale rito è pieno di profondo significato.
1. L’acqua benedetta, con cui esternamente si a-
spergono i fedeli, insegna come essi si devano purifica­
re internamente (2). L’acqua monda, rinfresca, dis­
seta, vivifica, feconda e muove; il sale monda dalle
sordidezze, fuga la putredine, preserva! dalla corru­
zione. Perciò i fedeli sono invitati a mondare e far
rivivere le loro anime ed a preservarsi dalla corru­
zione del secolo (3).
2. Si benedice il sale e poi l’acqua, quindi si me­
scolano: «quia per sal intelUgitur amaritudo poeni­
tentiae, per aquam vero gratta sanctificans et emun­
dant animam sive in Baptismo sive in sacramento
Poenitentiae» (4).
3. L’acqua significa i popoli e il sale rappresenta
la sapienza e la dottrina evangelica; quindi la loro1234

(1) De Herdt, 111. n, 130.


(2) Quarti Traci, de sere. B enedict., Tit. IH eect. L
(3) Raba. Maur. D e inst. d e r ic . lib. I l c. 55.
(4) Durando, Rattonale, lib. IV cap. 4.
Benedizione delle cose (reali) 197

unione può rappresentare il mistero dell’Incarnazio­


ne e Punionei dei popoli con G. C. (1).
4. Aqua significat poenitentiam de delictis praeter
ritis : sai vero discretionem et cautelam in posterum;
quae duo, si misceantur simul amara conscientiae in
dulcedine vertuntur» (2).
5. Si mette l’acqua benedetta alle porte delle chie­
se per indicare la purezza di coscienza o la contrizio­
ne dei peccati, con cui si deve entrare nel tempio
(3).
L’uso dell’acqua lustrale è quasi universale nelle
benedizioni' liturgiche: la chiesa non benedice cose,
persone o luoghi, senza aspergerli coll’acqua bene­
detta. Desidera “anzi che gli stessi fedeli la portino
alle loro case per aspergere gli ammalati, le case, i
campi, le vigne; e la conservino nella propria abita­
zione per farne uso quotidiano (4). E che tale condot­
ta della Chiesa, che tale suo desiderio sia retto e san­
to, appare degli effetti che produce l’acqua benedet­
ta, usata nel debito modo. «Primus effectus est remis­
sio (se. ex opere operantis) peccatorum venialium et
poenae temporalis pro praedictis debitae» (5). Se­
cundus effectus consistit. in gratiis praevenientibus,
quibus, aspersione aquae lustralis et intuitu merito­
rum Ecclesiae, excitamur a Deo ad actus contritionis
et devotionis sicut colligitur ex orationibus quibus fit12345

(1) Durando. O. c. lib . J cap. 7.


(2) Hugo Victor. Libr. de Sacram.
(3) R it. Rom. I c. n. 5.
(4) S. H iom . Summa th., II. q. a. 1.; q. 83 a. 5 da 3.
(5) Vigueriiis, lib. de crist. inst., c. 46 e 57.
198 Capo II.

haec benedictio. Tertius effectus est compressio et fu­


ga daemonii, et quidem super omnia sacramentalia
magnam vim habet contra insultus daemonum usus
aquad, lustralis; sicut probant quam plura exempla,
quae leguntur in historiis Eccles. apud auctores, et
praesertim videri possunt nonnulla insigna in vita S.
Therésiae (1). Quartus effectus est sanitas corporum
et liberatio ab infirmitatibus et languoribus; de quo
etiam referuntur innumera exempla apud Duran­
dum. Tandem valet; aqua lustralis ad evertendas pro­
cellas et grandines, contra sterilitatem ei similia irae
divinae» (2).

96. Benedizione dei paramenti e vasi sacri (risere.)


La forinola della benedizione dei sacri paramenti
si trova nel Messale e nel Rituale ed è triplice. La
prima è la benedizione degli indumenti sacerdotali
in genere e si adopera per qualsiasi sacro indumen­
to che si deve benedire, anche se è uno solo,) come
una stola ; la seconda è propria per tovaglie dell’alta­
re, la terza dei corporali. Le/ orazioni si dicono co­
me stanno, senza alterazione quando anche si bene-12

(1) «Ho esperimentato assai volte non v’esser cosa che valga
dei pari a porre in fuga i demonii e impedirli di ritornare quan­
to l’acqua benedetta. Fuggono essi pure all’aspetto della crOc'e ma
ritornano. La virtù di tale acqua dev’essere a99ai grande» (S. Te­
resa, Vita, cap. XXXI). E il Lacordaire: «L’acqua è idrogeno com­
binato colPossdgeno, ma quando il genio dell’uomo vi entra, essa
diventa vapore, celerità, commercio potenza, incivilimento. Che
sarà quando Dio vi si mette? Gloria a Dio, che è rimasto ogno­
ra con grande con sì deboli mezzi!»
(2) Quarti, 1. c.
Benedizione delle cose (reali) 199

dice un solo oggetto (1). Fra i sacri vasi si devono be­


nedire la pisside, la teca e l’ostensorio (2) ; la for­
inola trovasi dopo quella pei sacri paramenti ed è
assai più semplice. Il sacerdote delegato a benedire
i paramenti si intende delegato a benedire anche i vasi
sacri per i quali non occorra la sacra unzione.
Tanto i paramenti sacerdotali come le tovaglie
e i vasi sacri da benedire, si mettono conveniente­
mente sulla mensa dell’altare, dal lato dell’Epistola.
Il sacerdote usa la cotta e la stola bianca o* quella del
colore dell’ufficio del giorno; in fin© li asperge col­
l’acqua benedetta come si è detto (3).
Circa la facoltà di benedire i sacri paramenti il
Codice (Can. 1304) osserva che la possiedono i Car­
dinali e tutti i Vescovi; gli Ordinari dei luoghi, che
non sono Vescovi, per le chiese ed oratori del proprio
territorio; il parroco per le chiese poste nel territo­
rio della sua parocchia, e i rettori delle chiese per le
loro chiese; i Sacerdoti delegati,123*5dall’Ordinario nei
confini della giurisdizione e della delegazione del de­
legante; i Superiori religiosi e i Sacerdoti da essi de­
legati per proprie^ chiese ed oratorii e per le chiese
delle monache a Doro soggette.

(1) S. C. R. 4 gett. 1880 n. 3524, H. Nel Pontificale, dopo


la formula della Benedizione dei sacri indumenti in genere, se
ne trova una particolare «Benedictio cuiuslibet indumenti». Que­
sta non essendovi nel Rituale, non può usarsi da un semplice sa­
cerdote delegato. (S. C. R. 16 marzo 1876 n. 3392 ; 2 die. 1881
n. 3533, I).
(2) S. C. R. 2 die. 1881 n. 3533. IL
(3) La palla od ani’metta nuova sii deve benedire anche quan­
do non va unita al corporale, e della benedizione di questo. (5.
C. R. 4 sete. 1880 n. 3524, IH).
200 Capo IL

97. Benedizione di nuove croci.


La benedizione pubblica d’una nuova croce che de­
ve servirei ad uso pubblico in Chiesa, nel cimitero od
in altro luogo, è pure riservata al Vescovo. Nel Ritua­
le si trova una doppia forinola : una al Capo 25 del
Titolo ottavo, l’altra nell’Appendice; per la prima si
usa la stola' bianca o quella del colore dell’Ufficio e
si dicono le due orazioni (1), per la seconda il sacer­
dote indossa la cotta, la stola e il piviale di color ros­
so ed usa anche l’incenso. Dopo la! benedizione della
croce il sacerdote genuflesso l’adora e la bacia.
Per le piccole croci si usa la formola come per le
Immagini.

98. Benedizione ed erezione della Via Crucis —


(Risero, ai Minor Ossero. di S. Francesco).
Per l’erezione della Via Crucis si richiede nei
singoli casi il Decreto delFOrdinario (2). Oggetto di
queste benedizioni sono le quattordici croci, che de­
vono essere di legno, esclusa qualsiasi altra materia,
e visibili al popolo. Le tavole od i quadri dipinti, rap­
presentanti i diversi momenti della Passione non sono
per se necessarii alla sostanza dell’erezione ed eser­
cizio della Via Crucis; sono però voluti dal rito del­
la erezione pubblica e talmente consacrati dalla tradi­
zione che non si possono omettere. Il sacerdote dele­
gato indossa la cotta1e la stola violacea ed è accompa-

(.1) S. C. R. Decr. cit. VI.


(2) S. C. R. 21 febbr. 1898. Analecta Eccles. 1898 p. 107.
Benedizione delle cose {reali) 201

to da un chierico o meglio da due chierici che gli por­


gono a suo tempo l’aspersorio e la navicella col turi­
bolo per incensare le croci.
Il Rito è descritto nell’Appendice del Rituale. Il
sacerdote ascende l’altare e tiene un breve e grave
sermone sull’eccellenza e utilità del pio esercizio della
Via Crucis (rub. direttiva), quindi genuflette sull’in­
fimo gradino, canta o recita il Veni Creator, colle tre
orazioni indicate nel Rituale. Quindi benedice le im­
magini o tavole dipinte, le asperge e le incensa ; negli
oratori privati si può ometter l’incensazione. In segui­
to benedice le croci, che si possono mettere sull’altare
o su di una mensa separata dai quadri,! ovvero posso­
no stare sui relativi quadri (1). Benedette le croci e
asperse di acqua santa, si fa il pio esercizio della
Via Crucis dal sacerdote stesso. Prima il sacerdote
bacia la croce e il quadro ; quindi lo appende al suo
luogo o lo fa\ appendere da altri, e poi legge la medi­
tazione e le preghiere relative alla stazione e così per
ordine fino alla fine. Terminato il pio esercizio, si
canta il Te Deum e si benedice il popolo colla croce.
Fatta l’erezione, il sacerdote ne rilascia l’attestato se­
condo la forma del Rituale.
L’Ordine nel quale le stazioni devono disporsi in
Chiesa, non è prescritto : però la pratica più comune
della Chiesa, e specialmente di Roma, è che la prima
stazione sia posta dal lato del Vangelo e le altre sia­
no disposte in chiesa per ordine, sette per parte,1

(1) S. G. Indulg. 21 giugno 1&79.


202 Capo il.

in modo che l’ultima termini dal lato dell’Epistola


(i).
La benedizione non si perde se si cambiano anche
tutti i quadri, conservando però le croci, nè, se si
cambia la minor parte di queste ; e neppure se i qua­
dri e le croci si rimuovono per un tempo, ovvero se
si muovono per disporli in miglior simmetria, purché
si conservino sempre nella medesima chiesa. Perdo­
no indulgenza o benedizione se si trasferiscono defi­
nitivamente ad altra chiesa od oratorio (2).
Per fare il pio esercizio della Via Crucis due cose
sono richieste, cioè: la meditazione della Passione di
G. C., ed il transito locale da una stazione all’altra.
Per la prima non vi è prescritta nessuna forinola
e basta meditare particolarmente i misteri corrispon­
denti a ciascuna stazione, e probabilmente anche la
Passione in generale. Per la seconda non è necessario
che tutto il popolo si muova, ma basta che partecipi
moralmente al movimento del sacerdote che coi chie­
rici si porta dall’una all’altra stazione. Quindi non
si lucrano le indulgenze leggendo le meditazioni dal
pulpito (3).
Alla erezione e benedizione della Via Crucis va
connessa la Benedizione dei crocifissi colle Indulgen­
ze della Via Crucis stessa. Per decreto del 26 gen­
naio 1772 di Clemente XIV, coloro che in qualche123

(1) S. C. Indulg. 13 maggio 1837.


(2) Rumati no, «Instr. de station. Viae Crucis»; Fighi, O. c.
p. 70-76.
(3) S. C. Indulg. 30' gennaio 1830.
Benedizione delle cose (reali) 203

maniera sono impediti* di recarsi alla chiesa e desi­


derano di acquistare l’indulgenza della Via Crucis, lo
possono, facendo uso di un crocifisso benedetto con
questa facoltà. Le [condizioni, giusta il citato decreto,
sono tre cioè : o) che il crocefisso, sia di metallo o di
altra materia solida: b) che chi vuol fare la Via Cru­
cis sia legittimamente impedito di recarsi alla chiesa;
c) che col cuore contrito si recitino venti Pater, Ave,
Gloria, tenendol il crocifisso in mano, cioè uno per
ciascuna staz. e cinque in mem. delle piaghe di N. S.
e uno secondo l’intenzione del Sommo Pontefice. Se
sono parecchie persone insieme basta che il Crocifis­
so sia tenuto da una di esse. Anzi per gli infermi, im­
potenti a recitar lunghe orazioni, basta facciano una
unica invocazione al Crocifisso, come per es. «Te er­
go quaesumius tuis famulis subveni, quos praetioso
sanguine redemisti» (1). — Non essendovi prescritto
alcun rito' per la benedizione di un tal Crocifisso, ba­
sta che il sacerdote che ha la facoltà faccia su. di esso
un segno di croce, intendendo di applicare le Indul­
genze della Via Crucis.

99. Benedizione delle Immagini di culto pubblico.


.
(Risero al Vescovo).

Nel Pontificale r. ad uso esclusivo del Vescovo,


trovasi una solenne benedizione per le immagini del­
ia B. V. per la quale egli usa il rocchetto, l’amitto, la
stola, il piviale di color bianco e la mitra semplice.1

(1) Fighi, 0. c. 77-78.


204 Capo IL

Vi hanno antifone, orazioni, salmi: si adopera l’in­


censo e l’acqua benedetta.
Vi è poi una seconda benedizione, assai più sem­
plice, che è pure quella del Rituale, per qualsiasi Im­
magine di G. C. o della B. V. o dei Santi, e questa
si può usare dal Vescovo, quando benedice meno so­
lennemente, e si deve sempre usare dai Sacerdoti che
hanno la debita facoltà, in qualunque occasione be­
nedicano pubblicamente un’immagine, massime se de­
ve servire alla chiesa, al culto. — Si indossa la cotta
e la stola bianca o quella del colore dell’Ufficio del
giorno.

100. Benedizione di oggetti di divozione - Cr


fissi - Medaglie • Statue. (Riservata al Papa).Il
Il Rituale, riferisce una istruzione ufficiale per i
sacerdoti ai quali è concessa dal Sommo Pontefice la
facoltà di benedire i predetti oggetti. Essa riguarda:
la materia di cui devono essere formati tali', oggetti;
l’immagine che portano; le indulgenze che si acqui­
stano col loro uso; la loro distribuzione. L’istruzione
non parla della forinola e del rito, con cui debbano
benedire, quindi, assolutamente parlando, basta fare
su di essi un segno di croce, senza aspergerli di acqua
benedetta; ma sarà molto megbo usare le formole
poste nel Rituale stesso. Si fa solo eccezione per le co­
rone colle indulgenze del Rosario domenicano e quel­
le dei sette dolori della B. V., per le quali si deve,
Benedizione delle cose (reali) 205

per precetto, usare la forinola peculiarmente prescrit­


ta, sotto pena di nullità (1).
La materia degli oggetti deve essere conveniente
e solida. Sono quindi esclusi dalle benedizioni e dal­
le annesse indulgenze : le immagini di carta, le statuet­
te di gesso o di altra materia fragile ; le statue, le cro­
ci, le medaglie di stagno o di piombo, le corone di
vetro. Non sono escluse le corone di acciaio, di cri­
stallo solido e compatto e di pietra (2).
Le medaglie, le immagini devono rappresentare i
Santi già canonizzati o descritti nel Martirologio,
quindi non si possono benedire le immagini e meda­
glie dei beati. Ciò però non esclude che si possano be­
nedire le medaglie che da una parte riferiscono l’im­
magine di un Santo e dall’altra una semplice iscri­
zione ovvero l’immagine di un Beato o del Sommo
Pontefice (3).
Delle Indulgenze che sono annesse a simili oggetti
il Rituale, nella citata istruzione fa un’ampia enu­
merazione ed accenna pure le istruzioni pel loro ac­
quisto.
In fine si determinano savissime norme circa la
distribuzione di tali oggetti benedetti. Gli oggetti in-
dulgenziati non perdono l’indulgenza «si tales res ab
aliis adhibeantur, etiam indulgentias Idcrandi causa»
(S. Penit. 18-2-1921). Le messe celebrate all’altare123

(1) S. C. Indui g. 29 febbr. 1864; Constit. de Rosario , ottobre


1839.
(2) S. C. Indulg. 29 febbr. 1820; 22 marzo 1829.
(3) S. C. Indulg. 22 dic. 1710. '
206 Capo JI.

dove stanno tali oggetti o dal sacerdote che li porta


indosso non hanno alcun privilegio, particolare. Nes­
suno con dette immagini o crocifissi p u ò benedire
gli infermi in articulo mortis, colPapplicaz;lne del-
rindulgenza plenaria, senza speciale facoltà ottenuta.
Quindi, in virtù della benedizione delle medaglie e
crocifissi, chi ne fa uso può acquistare l’indulgenza
plenaria in articulo mortis, quando siasi confessato e
comunicato, ed almeno sia contrito se non può riceve­
re i Sacramenti ; ma nessun sacerdote, che non abbia
già la facoltà di dare la benedizione papale in artico­
lo mortis, può impartirla facendo uso di tali oggetti
benedetti (1).
Benedizioni e imposizione degli Scapolari. (Ri-
servate agli Ordini Religiosi). Per essa si richiede: 1.
Che il sacerdote abbia la facoltà di imporre lo Scapo­
lare. Il Rituale nota per ciascuno in particolare pres­
so quale Ordine religioso si trova tale facoltà. 2. Che
lo scapolare risulti della materia e forma convenien­
te. come trovasi nella regola di ciascuna devozione.
3. Che si adoperi la debita forinola per la benedizione
ed imposizione alle persone che ne fanno richiesta.
Una persona può portare anche più scapolari : quan­
do gli Scapolari benedetti si cambiano non c’è biso­
gno che si benedicano i nuovi che si assumono. Il sa­
cerdote indossa la cotta e la stola del colore indicato
dal Rituale, ovvero, quando non vi è determinato,
del colore dell’Ufficio.1

(1) Dalla precitata Istruzione dèi Rituale Romano (Can.


924-2).
Benedizione delle cose {reali) 207

Per l’iscrizione dei fedeli nel Terz’Ordine di S.


Francesco vi è un proprio cerimoniale; in esso sono
notati anche i giorni nei quali ai terziari si impartisce
(con facoltà delegata) la benedizione coll’Indulgenza.

101. Altre Benedizioni reali


Altre numerose benedizioni reali trovansi npl Ri­
tuale, che si possono dare da qualsiasi sacerdote.
Nell’appendice, sotto il titolo De benedictionibus
vi hanno benedizioni non riservate che si possono da­
re da qualunque sacerdote, altre riservate al Vesco­
vo come quella del telefono, della ferrovia e dell’a­
bito clericale, contro gli animali nocivi; ed altre an­
cora novissime che riguardano specialmente oggetti
che si benedicono invocando la protezione di un San­
to. Esse sono per lo più semplici e non presentano
difficoltà ne! rito.
CAPO III.

Benedizione delle persone.

102. Benedizione papale, (super populum).

II Sacerdote non potrebbe benedire pubblicamen­


te, col segno di croce fatto colla destra, il popolo, ec-
cettochè nella Messa e dopo la SS. Comunione. Dove
per altro vi è la consuetudine anche un semplice sa­
cerdote, dopo i Vespri o altre preci, come Litanie,
Rosario e simili, può benedire colla cotta e stola, il
popolo : «nuda manu per verba : Benedictio Dei Omni­
poténtis, uti paescribitur a Rituali post Communio-
nem extra Missam» (1).
Colla facoltà pontificia però, (o vescovile se il Ve­
scovo ha la potestà di delegarla) (2), può anche un
semplice sacerdote, in date circostanze, impartire
al popolo la Benedizione papale con annessa indul­
genza plenaria.
Il Sommo Pontefice può delegare tale facoltà ai sa­
cerdoti regolari'e secolari, da usarsi in giorni determi­
nati dell’anno ed ai predicatori dopo un corso di
prediche.
Nel} primo caso, quando cioè si ha la facoltà di im­
partire la benedizione statis diebus, si deve osservare12

(1) S. C. R. 27 agosto 1836 n. 2745; 4; 20 agosto 1901 i nu


Vicent. I.
(2) S. C. Indul g. 9 gennaio 1770 n. 344.
Benedizione delle persone 209

tanto dai sacerdoti regolari che dai secolari, il metodo


che trovasi nel Rituale. Ossia :
1) Indossare la cotta e la stola e dare la benedizio­
ne non dal pulpito, ma dalPaltare ;
2) Quando nel Breve si fa menzione della Messa
solenne 9i deve dare dopo la Messa solenne, cantata
dallo stesso sacerdote delegato;
3) Essa non può darsi più di due volte all’anno e
non mai nel giorno e nel luogo, nel quale la imparti­
sce il Vescovo (i).
4) Si deve dare in nome del Sommo Pontefice,
quindi si fa precedere la lettura del breve in lingua
volgare o latina, e si avvisa il popolo della facoltà
Pontificia, ricevuta, invitando pure a detestare i pro­
pri peccati ;
3) Non si possono usare assistenti o ministri;
6) Recitati o cantati i Versetti (secondo il Rituale)
in ginocchio sull’infimo gradino dell’altare, il Sacer­
dote si alza e recita ^Orazione. Quindi ascende l’al­
tare e stando sulla predella dal lato dell’Epistola, ri­
volto al popolo, stesa la sinistra sul petto fa colla de­
stra, sul popolo, un unico segno di croce, dicendo ad
alta voce : Benedicat vos omnipotens Deus etc.
7) Per l’acquisto di questa indulgenza non è pre­
scritta alcuna opera particolare, basta esser presente
in chiesa colle debite disposizioni.
La seconda specie di Benedizione papale super po­
pulum è quella che, con facoltà Pontificia, si vuol da­
re dai! Missionari apostolici dopo finito un corso di1
(1) Breve di Leone XHI Quo universi, 7 luglio 1882 n. 3550.
Formula comune nel Breve Pontificio.
210 Capo III.

predicazione. Il tempo in cui si può impartire, il rito,


le condizioni per l’acquisto delle annesse indulgenze
sono determinate dal Decreto Pontificio 21 aprile
1909.
Da esso appare:
1. Il tempo in cui chi ha tale facoltà può impartire
la Benedizione, è dopo la predicazione di Quaresima,
d’Avvento, di Missioni, di spirituali Esercizi, qualun­
que sia la durata di essi;
2. Si imparte! nell’ultima predica di ciascun corso
di predicazione, previa ammonizione al popolo;
3. E’ voluto dal Decreto che si impartisca colla cro­
ce, e facendo con, essa un semplice segno di croce. Si
può per essa usare la formola del Rituale (1).
4. Come non si è limitato il numero delle volte che
si può dare in un anno, non è neppure limitato il nu­
mero delle volte in un giorno, onde se un predicato­
re tenesse contemporaneamente due corsi di prediche
quaresimali o due corsi di esercizi a due distinti udi­
tori potrebbe, nello stesso, giorno e luogo, dare due
volte la benedizione papale. Non si può dare due
volte in un giorno alle stesse persone.
5. Da parte dei fedeli per l’acquisto di tale indul­
genza si esige : a) che assistano almeno a cinque pre­
diche; b) che durante il tempo della predicazione si
siano confessati e comunicati.

103. Benedizione papale. (In articulo mortis)


Questa benedizione era regolata dalla Costituzione1

(1) Rit. Rom. Tit. V ili n. 2,


Benedizione delle persone 211

Pia Mater di Benedetto XIV del 5 aprile 1747.


Ma ora il Codice (Can. 468-2) concede tale facoltà al
Parroco e a qualunque Sacerdote che assiste gli in­
fermi.
Soggetto di questa benedizione è qualunque fedele
capace dell’assoluzione e dell’Estrema Unzione (1).
In diverso pericolo di morte essa si può iterare, ma
non nello stesso pericolo, nè dal medesimo, nè da di­
verso sacerdote. Da parte però del soggetto, per l’ac­
quisto di tale indulgenza, si chiede :
a) Una grave infermità che rechi pericolo di mora­
te evidente ed imminente (2) ;
b) l’intenzione almeno abituale «Illis infirmis qui
vel, illam petierint, dum sana mente, et integris sensi-
bu£ erant, vel verisimiliter petiissent, vel dederint si­
gna contritionis impertienda est, etiamsi postea lin­
guae caeterorumque sensuum usu sint destituti, aut
in delirium vel amentiam inciderint. (3).
c) che faccia atti di contrizione e di amor di Dio
e accetti, rassegnato dalle mani di Dio la morte;
d) che sia M stato di grazia, quindi confessato e
comunicato, o, se non lo può almeno* con cuore con­
trito invochi il nome SS. di Gesù.
Il rito con cui si impartisce dal sacerdote delegato
è il seguente: Il sacerdote, vestito di cotta e di stola
violacea, entrando nella stanza dell’infermo, dice:
Pax huic domui etc., e quindi asperge l’infermo, la123

(1) S. C R. 16 dicembre 1826 n. 2650, in fine.


(2) S. G R. 19 dicembre 1885.
(3) S. C. Ind. 5 febbr. 1841 n. 289; cfr. Fighi O. c.
212 Capo III.

stanza e i circostanti, dicendo l’antifona: Asperges


me etc. Quindi recita i versetti, e l’antifona coll’Ora­
zione Clementissime Deus. Recitatosi da un chierico
il Confiteors il sacerdoté dice il Misereatur, 1'Indul­
gentiam, e le orazioni seguenti, in fine dà la Benedi­
zione colla formola stessa del Rituale e col semplice
segno di croce, fatto colla destra. Quando è imminen­
te il pericolo di morte e si dubita di poter compiere
tutto il rito, si dà tosto l’indulgenza plenaria colla for­
mola: Indulgentiam plenariam et remissionem om­
nium peccatorum tibi concedo in nomine Patris etc.,
formola che si può adoperare anche in tempo di mor­
bo contagioso (1).

104. Benedizione degli infermi.


Della visita e cura degli infermi tratta la teologia
pastorale propriamente detta; della loro benedizione
parla la liturgia. Nel rituale Romano (2) si trova
una benedizione che serve come di preambolo al mo­
do in cui si devono curare gli infermi. Per essa si
indossa la cotta e la stola violacea, se si può avere co­
modamente. Al primo entrar nella casa dell’infermo
si dice : Pax huic domui, e si asperge con acqua bene­
detta. Quindi si dà la benedizione coi versetti, le ora­
zioni e la formola del Rituale. Prima del Kyrie elei­
son o dopo la benedizione si può recitare uno o più12

(1) it. Rom. Tit V Capo 6 n. 1


p. 30 e seg. De Herdt. 0. c. 305-311.
(2) Rit Rom-, Tit. V Cap. 4.
Benedizione delle persone 215

salmi, oome nel Rituale stesso. Questa benedizione si


può ripetere anche più volte sul medesimo infermo^
Nell’Appendice al Rituale si trovano altre formolo
di benedizione degli infermi, cioè adulti aegrotantis;
mulieris praegnantis in periculis partus, puerorum ae­
grotantium. Per le due prime si usa la cotta e la stola
violacea.
Circa quest’ultima benedizione si noti: a) I fan­
ciulli arrivati all’età della ragione si devono benedire
come gli adulti, ossia colla stessa formola e rito; b)
i più giovani si benedicono con la formola speciale
dell’appendice del Rituale. Per questa si usa la cotta
e la stola bianca e si dicono le preci, come nel Ritua­
le, in fine si aspergono coll’acqua benedetta.

105 Benedizione delle puerpere.


Trovasi questa benedizione nel Rituale, al Tit.
VIL del Sacramento del Matrimonio a capo HI, cioè
dopo il rito del Sacramento stesso. Il costume per cui
le puerpere si recano, alcun tempo dopo il parto, alla
chiesa per ricevere la benedizione sacerdotale, quan­
tunque non fondato in un dovere od una legge che
obblighi, è però lodevolissimo e da insinuarsi e con­
servarsi per1il significato e la efficacia di una tale be­
nedizione ricevuta! ad esempio di Maria SS. Questa
benedizione non è di diritto strettamente parrocchiale
(1) è però di congruenza dell’Ufficio parrocchiale; e

(1) «An benedictiones mulierum, post partum, fontis bapti­


smatis, Ignis. Seminis, Ovorum sint de juribus mere parochialU
bus?» R* Negative; sed benedictionem Fontis fieri debere a Pa­
rochis» (S. C. R. 32 genn. 1704 n. 2123, 6).
214 Capo III.

quindi si presume di diritto parrocchiale fino a pro­


va contraria. Tale prova contraria può essere la con­
suetudine o particolari statuti (1). Onde, ordinaria­
mente parlando, nessun sacerdote può dare questa
benedizione, senza il permesso od il consenso almeno
presunto del parroco della puerpera.
Quanto al soggetto, questa benedizione si deve da­
re solamente alle puerpere unite in/ legittimo matri­
monio. Si dà anche quando la prole è morta appena
battezzata od anche senza battesimo ; e non si fa alcu­
na alterazione e si dice ancora «cum prole sua perve-
nire mereatur» (2).
Il'I luogo è esclusivamente la chiesa od un oratorio
e non si deve mai dare nelle case private, anche quan­
do la puerpera non fosse1in stato di recarsi alla chie­
sa : sia perchè ciò è! inconveniente, sia sopratutto per­
chè tale benedizione, data in casa privata, perde tutto
il suo significato e perciò: la sua ragione di essere.
Quanto al rito, questa benedizione si deve dare
con la stola bianca «quia color albus usurpatur in fe­
sto Purificationis B. V. Mariae, in cuius memoriam
haec benedictio suscipitur» (3), Con un ministro che
porta il Rituale e il vaso dell’acqua santa coll’asper­
sorio ed una candela, il sacerdote va alla porta della
chiesa o nell’atrio, dove si deve fermare la puerpera,
in segno di umiltà genuflessa. La puerpera tiene la123

(1) Ferrari, Summa Inst. Canon. Yol. I Tit XXI n. 346,


nota 3.
(2) S. C. R 12 sett. 1857 n. 3059, XVM; 19 maggio 1896
n. 3904.
(3) De Herdt, O. c. Ili 289.
Benedizione delle persone 215

candela accesa in mano durante tutto il rito. Il sacer»


dote la asperge primai colPacqua benedetta, nel modo
che si è detto, quindi recita il Versetto, PAntifona e
il Salmo che sono nel Rituale. Ripetuta l’antifona,
porge in mano all^ donna l’estremità sinistra della
stola e l'a introduce in chiesa dicendo: Ingredere in
templum Dei, conducendola' alla balaustra dell’altare
del Sacramento o della B. V. o ad altro altare.
Qui la puerpera genuflette e il sacerdote, salito il
soppedaneo, termina le preci, quindi l’asperge dicen­
do Pax et benedictio etc. (1).

106. Altre benedizioni personali del Pontificale


e del Rituale.
II Pontificale contiene altre benedizioni personali
solenni, come quella degli Abbati, delle Abbattesse,
delle Vergini nello stato religioso; la benedizione e
coronazione dei Ré e delle Regine, la benedizione dei
soldati ecc. che non occorrono piu attualmente o ben
di rado. Gli Ordini religiosi hanno una formola spe­
ciale per la benedizione degli abiti religiosi. La bene­
dizione dell’abito clericale è per sè riservata al Ve­
scovo.
Il Rituale sotto il titolo delle Benedizioni contiene
quella dèi pellegrini, che si differenzia dell’itinerario
dei chierici solamente per l’ultima orazione, per la be­
nedizione che si dà ai pellegrini e l’aspersione col-1

(1) De Herdt. I. c. n. 287-289; Fighi o. c. p. 54-27; For­


nici o. c. p. 300.
216 Capo HI.

l’acqua santa. Anche per il loro ritorno vi è nel Ritua­


le una speciale benedizione. La benedizione si può
dare non solo a quelli che vanno ai luoghi santi della
Palestina, ma anche a quelli che fanno pellegrinaggio,
ad altri santuari od a Roma.
La Benedizione dei Terziari secolari si deve dare
colla! stola di color violaceo (1).1

(1) S. C. R. 22 die. 1905.


CAPO IV.

Benedizione dei luoghi.

107. Posizione della prima pietra d’una Chiesa


fatta dal Vescovo o da un Sacerdote delegato.
Là posizione solenne della prima pietra d’una chie­
sa o di un pubblico oratorio è funzione vescovile;
quindi non può compiersi da un sacerdote, senza de­
legazione del Vescovo. La vigilia della funzione un
sacerdote, vestito di cotta e di stola bianca o violacea,
pone nel luogo ove si' erigerà l’altare maggiore, una
croce di legno di conveniente grandezza, onde sia fa­
cilmente veduta (1). La posizione di una prima pie­
tra deve farsi prima della dedicazione della chiesa
od anche dopo gettate le fondamenta; la prima pie­
tra però va posta nei fondamenti (2). La pietra de­
v’essere, secondo il pontificale, di marmo, quadran­
golare e con gli angoli e spigoli vivi, lavorata in mo­
do che le superfici siano piane; su ciascuna
di esse va scolpita una piccola croce. Accan­
to alla croce di legno si pone una tavola coperta
da tovaglia, su cui si mette un vaso d’acqua, un bacile
con sale, l’aspersorio, un manutergio; per terra si
stende un tappeto sul quale si mette il faldistorio. Il 12

(1) Rub. Ponti/. Rom. Pars. II cap. I: Rit. Rom., Tit. Vili,
cap. 26.
(2) Rubr. Pontif. Rom. ibid.
218 Capo IV.

Vescovo indossa, nel luogo stesso ove sta la croce, l’a-


mitto (sul rocchetto), il camice, il cingolo, e la stola
e il piviale di color bianco ed usa la mitra semplice ed
il pastorale. Il pontificale non fa menzione delle ve­
sti degli assistenti; ma essi possono indossare le loro
insegne ovvero anche l’amitto, il camice, e il cingolo,
e il diacono la stola, come nella consacrazione delle
chiese.
Il rito è esposto dal Pontificale romano. Finita la
funzione il Vescovo può celebrare nel luogo la Messa
come votiva solenne del Titolare (anche letta quando
è permesso dal rito, ovvero può farla celebrare da al­
tro sacerdote) (1).
Il Sacerdote delegato a; compiere il rito della posi­
zione della pietra usa il Rituale e non il Pontificale.
Il rito del sacerdote delegato, quale trovasi nel' Ritua­
le è! però- in tutto simile a quello del Pontificale, ec­
cetto alcune orazioni'e il Veni Creator che mancano.
L’aspersione dei fondamenti non si fa in tre volte ma
una solia volta cioè; «circuit (Sacerdos) aspergendo
fundamenta Ecclesia designata'» (2). Il sacerdote in­
dossa l’amitto camice, cingolo, stola, piviale bianco ed
è assistito da ministri in cotta.

108- Benedizione delle Chiese ed Oratori.


La benedizione d*una nuova chiesa o oratorio pub­
blico si può fare da un sacerdote, ma colla licenza del
Vescovo, perchè come senza il consenso del Vescovo12

(1) S. Ci. R. 23 febbr. 1884 n. 3605, I, II.


(2) Rub. Rii. om., 1. cit. n. 9.
Benedizione dei luoghi 219

non si può edificare un luogo di culto (Can. 1162-1)


così non si può consacrare o benedire (Can. 1157).
Il rito di questa benedizione si trova nel Rituale
e manca nel Pontificale. Intorno ad essa è a notarsi :
Si usa unicamente per le chiese od Oratori pubblici o
semipubblici e perpetuamente ordinati al culto divi-
no, non pei privati, ovvero per quelli che solo tempo­
raneamente, col consenso del Vescovo sono ordinati al
culto (1). Per questi ultimi si usa Benedictio domus
novae, e si fa privatamente (2). La chiesa dev’essere
spoglia^ senza quadri e banche ; gli altari senza orna­
menti. In essa non deve entrare il popolo che alt ter­
mine della- benedizione. Si deve provvedere in modo
da girare attorno ad essa, se è possibile.
Il sacerdote che benedice la nuova chiesa od ora­
torio indossa amitto, camice, cingolo, stola e piviale di
colore bianco, ed è accompagnato da due ministri in
cotta. Preceduto da un chierico colla croce astile, fra
due altri portanti i ceroferarii colle candele accese, da
un altro col' Rituale e col vaso dell’acqua santa e l’a­
spersorio fatto con erba di issopo (3), il sacerdote coi
ministri va processionalmente alla porta maggiore
della chiesa, ove, stando in piedi, scoperto il capo, re-123

(1) De Herdt, Op. cit. Voi. IH pag. 299. Circa la differenza


tra oratorio pubblico semipubblico e privato Vedi Codice, Indice
ad v. Oratorio .
(2) S. C. R. 5 giugno 1899 n. 4025, VI.
(3) Circa l’aspersorio di issopo osserva il De Herdt,: «si au­
tem haec inveniri nequeat, alia adhiberi potest herba, quae ta-
inen in sacris ritibus est admissa, cujusmodi sunì ruta, absyntium,
lactuca agrestis, origanus, serpyllum, verbena, ocymus» (O. c. III.
n. 299. 4).
220 Capo IV.

cita l’Orazione Actiones nostras etc. Quindi, incomin­


cia l’Antifona : Asperges me, gira intorno aila chiesa,
preceduto dalla croce coi ceroferarii, incominciando
dalla propria destra, e asperge le pareti nella parte
superiore e nei fondamenti, dicendo la detta Antifo­
na, intanto che il coro recita il salmo Miserere. Ri­
tornato alla porta, recita un’orazione, quindi entra in
chiesa e va all’altare maggiore, cantando le Litanie
dei Santi. All’Altar maggiore tutti si inginocchiano
fino al termine delle Litanie. Il sacerdote recita alcu­
ni versetti e un’orazione, e mentre il coro canta al­
cuni salmi, asperge la parte superiore ed inferiore
delle pareti interne della chiesa ripetendo l’antifona:
Asperges me etc. Ritornando! all’altare, recita un’ulti­
ma orazione e così conclude il rito.
Dopo ciò si para l’altare, in cui vi dev’essere la pie­
tra consacrata dal Vescovo e il sacerdote che ha com­
piuto il rito, od un altro, celebra la Messa. Questa
non può essere quella de dedicatione Ecclesiae, ma la
Messa votiva del Santo in nome del quale è benedet­
ta la chiesa (1), eccetto il caso in cui le rubriche non
permettono la Messa votiva pro re gravi, ovvero la
' chiesa fosse benedetta sotto it titolo di un Mistero di
cui non si può celebrare la Messa votiva.

109. Benedizione di un nuovo Cimitero.


lì costume di benedire con rito speciale il cimitero
risale all’epoca nella quale esso fu separato dalla1

(1) S. C. R. 23 febbr. 1884 n. 3*605, IL


Benedizione dei luoghi 221

chiesa. Poiché nei primi secoli: i cimiteri servivano


anche di chiese (catacombe) e più tardi le chiese o le
loro adiacenze servivano di cimitero; perciò il Ve­
scovo benedicendo la chiesa, benediceva anche il ci­
mitero. Oggidì questa benedizione è di diritto vesco­
vile e non si può compiere da un sacerdote senza de­
legazione del Vescovo. Il cimitero si benedice quan­
do viene costruito di nuovo; se viene ampliato si be­
nedice la parte nuova. Qui esporremo prima il rito
che osserva il Vescovo, quindi quello da osservarsi
dal sacerdote delegato dal Vescovo (Can. 1205).
Benedizione del cimitero fatta dal Vescovo. — Il
giorno precedente la benedizione si erigono nel cimi­
tero/ cinque croci di legno, cioè: una più alta delle
altre, nel mezzo, la seconda davanti a quella nel mez­
zo, cioè all’ingresso del cimitero, la terza nell’estre­
mità opposta, e le altre due ai lati della croce di mez­
zo, verso il muro di cinta: davanti' a ciascuna croce
si pianta in terra un legno, su cui si mettono tre can­
dele. Si prepara un vaso pieno d’acqua e il sale da
benedire; davanti alla croce di mezzo, su di un tap­
peto steso per terra, si prepara il faldistorio. Il Ve­
scovo, la mattina si para in chiesa e va processional-
mente al cimitero, ove si accendono le quindici can­
dele davanti alle croci. Recitate le Litanie dei Santi e
fatta la benedizione dell’acqua, il Vescovo asperge il
cimitero, recitandosi intanto il Miserére. Ritornato
alla croce che è davanti a quella di mezzo, recita
un’orazione, quindi la incensa e colloca sulla sua
sommità una candela accesa le altre due sui bracci.
Quindi asperge ancora il cimitero, andando alla ero-
222 Capo IV .

ce posta dietro a quella di mezzo, mentre si recitano


due salmi. Anche davanti a questa croce recita un’o­
razione, la incensa e vi pone le candele. Prende l’a­
spersorio, asperge ancora il cimitero e va alla croce
che è alla destra, quindi a quella alla sinistra ed in­
fine ritorna davanti! a quella che sta nel mezzo ; reci­
tando davanti a ciascuna un’orazione e collocandovi
sopra le candele accese. Davanti alla croce di mezzo
recita un’orazione seguita da un Prefazio; vi colloca
sopra, le candele : conclude il rito con un’orazione e
la benedizione del popolo, colla solita formola.
Ritornato quindi alla chiesa celebra o fa celebrare
da un sacerdote la Messa dell’Ufficio, nella quale sub
unica conclusione (quando non vi sono commemora­
zioni), si recita l’Orazione, la Secreta ed il Postcom­
munio che si trovano nel Pontificale romano.
Benedizione del cimitero fatta da un sacerdote de­
legato. — Il giorno precedente la benedizione si pian­
ta una sola croce di legno, di conveniente altezza nel
mezzo del cimitero. Al piede si colloca un legno che
deve sostenere le tre candele. Il sacerdote' delegato
indossa in sacrestia amitto, camice, cingolo, stola e
piviale bianco, e preceduto dalla croce processionale,
da chierici con ceroferarii accesi, dall turiferario e da
altro recante l’aspersorio ed il vaso dell’acqua bene­
detta, fra due ministri in cotta va al cimitero, ove
stando davanti alla croce recita un’orazione. Recitan-
si le Litanie dei Santi, finite le quali il sacerdote a-
sperge la croce coll’acqua benedetta, e tutto il cimi­
tero, mentre, si recita il Miserere. Ritornato davanti
alla croce recita un’orazione e colloca su di essa le tre
Benedizione dei luoghi 223

candele accese, cioè una all’estremità del braccio su­


periore verticale, e le altre due alle estremità dei
bracci trasversali. Quindi incensa la croce, l’asperge
coll’acqua benedetta e ritorna alla sacrestia.
La Croce che si' pianta nel cimitero è simbolo del­
la speranza nella risurrezione finale, avendo detto
G. C. Ego sum resurrectio et vita etc. Le candele acce­
se postè sulla croce, mentre col loro numero terna­
rio ricordano la SS. Trinità, colla luce ricordano l’e­
terna luce delle anime che riposano nel sonno della
pace; luce alla quale aspirano e che sperano di con­
seguire per i meriti di G. C. che è la vera luce. Le
candele, finita! la benedizione non si spengono, ma si
lasciano consumare da sè, per indicare che al cimite­
ro si deve sempre venerazione come a luogo sacro.

110. Riconciliazione d’una Chiesa o di un Cimitero.


Quando la Chiesa od il cimitero venissero violati
per uno di quei' fatti o delitti che sono enumerati dal
Codice (Can. 1172-1177), si devono riconciliare. Se
la Chiesa non era consacrata, la sua, riconciliazione
si può dal Vescovo delegare anche ad un semplice sa­
cerdote; se invece la chiesa violata o polluta era con­
sacrata si deve fare la riconciliazione dal Vescovo, il
quale senza speciale facoltà della S. Sede, non la può
delegare ad un altro Sacerdote. La riconciliazione in­
vece del cimitero si può sempre dal Vescovo delega­
re ad un Sacerdote. Mentre il Vescovo usa il rito del
Pontificale che è più solenne ; il Sacerdote delegato a
riconciliare Tina chiesa od un cimitero deve usare
quello che si trova nel Rituale.
224 Capo IV.

111. Benedizione delle case.


Nel rituale si trova una triplice forinola di Be'
riedizione delle case. La prima è la benedizione che
si dà nel Sabato santo, la seconda è la benedizione
di una casa nuova, la terza è quella della scuola, a
questa si aggiunge, la benedictio loci in genere. —
Ora la benedizione delle case nel Sabato santo è di
diritto parrocchiale (1). Il parroco la può delegare
ad altri, quantunque molti autori di liturgia e di pa­
storale sono d’avviso che ciò non debba farsi senza
necessità essendo questa occasione, nella quale il par­
roco può conoscere i fedeli a lui affidati, le loro ne­
cessità specialmente spirituali, e togliere tanti incon­
venienti. Il parroco che va a benedire le case al Sa­
bato santo è il padre che appare in mezzo ai figli, a
portare la pace e la benedizione di Dio.
Il tempo in cui si deve dare questa benedizione è
il Sabato santo, dopo la solenne benedizione dell’ac­
qua; si può peraltro anche dare fra l’ottava di Pa­
squa, quando al sabato non basta il tempo. Essa non
si può anticipare.
Fuori dell’ottava di Pasqua non si usa più la for­
inola speciale per questo tempo, ma altra, quale si
trova nel Rituale.
Le vesti sacre sono la cotta e la stola bianca.
La formolo è quella posta nel Rituale. Non si de­
vono benedire le case degli eretici, ebrei, scomunica­
ti, pubblici concubinari, ecc. Basta una benedizione1

(1) S. C. R. 7 marzo 1903. Cod. c. 462^6.


Benedizione dei luoghi 225

per ciascuna famiglia, qualunque sia il numero del*


le stanze. Si fa un’unica aspersione, al principio, en­
trando in casa, cioè in mezzo, alla destra del luogo
ed alla sinistra (1).
Le altre benedizioni di luoghi si possono dare da
qualunque sacerdote, specialmente in privato (2). Si
fa però eccezione della benedictio domus scholaris;
che trovasi nell’appendice del Rituale, la quale, rive­
stendo una speciale solennità, e richiedendo l’andata
processionale dalla chiesa alla casa ed al ritorno alla
chiesa, colla celebrazione in essa dèlia S. Messa è da
ritenersi di diritto parrocchiale.12

(1) Poghi, O. c. pag. 57.60.


(2) Cfr. Cod. c. 1158.59.
SEZIONE III.

Delle Processioni.

CAPO I.

Nozioni • Antichi tà
Regole generali.

112. Definizione.
«Nomine sacrarum processionum significantur
supplicationes quae a populo fideli, duce clero, fiunt
eundo ordinatius de loco sacro ad locum sacrum, ad
excitandam fidelium pietatem, ad commemoranda
Dei beneficia eique gratias agendas, ad divinum au­
xilium implorandum» (Cod. Can. 1290).
Come tali le processioni tornano di supremo ono­
re a Dio perchè: «Dominus publice et a pluribus
colitur et honoratur; ac caetus ecclesiasticarum certo
sub ordine in varias veluti castrorum acies distributi,
aeque fortem ac formosum componunt exercitum mi>
litantis Ecclesiae, quo Deo et angelis jucundum ex­
hibetur spectaculum, fidelibus ingend comparatur
utilitas et non modicum terroris malignis spiritibui
incutitur». (1).1

(1) Fornici, 0. c. Parte IV, Gap. X.


Nozioni - Antichità • Regole generali 227

113. Origine - Divisione - Cause • Ordine che si


osservava anticamente.
Prese in senso ampio, come atti cioè di culto a Dio
per ottenere un qualche beneficio o per ringraziar-
lo, le processioni sono di uso antichissimo e si trova­
no già nell’antico Testamento. Intorno alla città di
Gerico, i sacerdoti e i leviti portano l’Arca santa, se­
guiti dal popolo (1) ; ritornati dalla cattività di Babi­
lonia, Esdra ordina una solenne processione intorno
alle mura di Gerusalemme cornei pubblico ringrazia­
mento (2); ricuperata l’Arca santa dalle mani dei
nemici la si riconduce processionalmente in Gerusa­
lemme in mezzo al popolo festante. (3). I pagani stessi
avevano le loro processioni in onore delle false divi­
nità, specialmente di Diana e Cerere.
Ma nessun documento ci resta per determinare l’o­
rigine precisa delle processioni cristiane nella Chie­
sa cattolica. Onde si deve applicare qui la nota re­
gola di S. Agostino: ciò che la Chiesa tiene in uni­
versale e non si trova stabilito dai Concilii, ma fu
sempre ritenuto in ogni tempo, non può avere altra
origine che la tradizione apostolica, e come tale dev’es..
sere riguardato (4).
Non: già che con ciò si voglia affermare che, du­
rante i primi secoli di persecuzione, la Chiesa aves­
se le sue pubbliche processioni, bensì che dagli A-1234

(1) Jogue, Cap. VL


(2) Esdr., n , 12, 30.
(3) H, Reg. VI.
(4) Contra Donatisi. Lib. IV.
228 Capo 7.

postoli stessi provenissero le relative istruzioni, i prin­


cipii generali che poi vennero tosto tradotti in pra­
tica, appena la Chiesa ebbe la libertà. Ed anzi è cer­
to che in quei primi tempi alcune processioni si fa­
cevano nelile Catacombe, ai sepolcreti dei martiri.
Pei tempi posteriori ci rimangono numerose testi­
monianze presso Tertulliano (1), S. Girolamo (2),
Sidonio Apollinare (3), S. Ambrogio (4), Walfredo
Stabone (5), Ugo Vittorio (6) e numerosi Concilii
(V-
Le prime e più antiche processioni sono le Statio­
nes. Con questo nome s’indicava in origine una sacra
funzione liturgica che si compiva in dati giorni,{in
luogo sacro ; quindi dicevasi stationem habere in quel
luogo. Questa funzione nel medio evo ebbe special-
mente la sua consacrazione nell’uso comune, e la
troviamo nei Sacramentari antichi e ancora nei Mes­
sali attuali. E siccome, appena ottenuta la pace del­
la Chiesa, si poteva recarsi processionalmente, dal
Vescovo col clero e col popolo, alla chiesa designata
come stazione, per celebrarvi i sacri Misteri, così ne
venne che si chiamò indifferentemente tale funzio­
ne stazione o processione (8).12345678

(1) Ad Uxorem, lib. IL c. 4.


(2) Ad Eustoc., Spisi. XXII.
(3) Lib. IL Epist. 17.
(4) Seri». "Vili; Epist. XIX.
(5) .De reb. eecles., Cap. 28.
(6) Emdit. theol., Tilt. 14
(7) Prega© Baronio, Not. ad Martyrol. Rom. die 25 apriL j
(8) Pelicela, lib. II, Sect. B, c. UT. Di qui ancora Pespressio- j
ne di S. Agostino: Procedere ad populum (de Civit. Dei, lib. XXII ]
Nozioni - Antichità - Regole generali 229

Si dividevano anticamente le processioni in stati­


vae e indictae. Le prime erano quelle che si facevano
in determinati giorni e feste delPanno e tali furono,
fin dal secolo quinto le Litanie minori dei tre giorni
avanti la festa dell’Ascensione, e le Litanie maggiori
nella festa li S. Marco, dette generalmente Rogazio-
ni. Le seconde erano quelle che si facevano per qual­
che circostanza speciale, come nel trasporto delle sa­
cre Reliquie da una ad altra chiesa o città, nelle ere­
zioni duna chiesa o convento (1), in occasione di
qualche pubblica1calamità (2), o come pubblico rin­
graziamento a Dio per benefici ricevuti. Così si narra
della processione fatta sotto il Papa S. Marcello per
la traslazione delle Reliquie dei SS. Marcellino, Clau­
dio e Antonio; di quella fatta da S. Ambrogio per le
Reliquie dei SS. Gervasio e Protasio.
L'‘Ordine che si teneva, fin dal quarto secolo, e che
fu poi successivamente osservato, era il seguente: in
capo alla processione si portava la croce da! un dia­
cono o chierico (3) che a Roma si chiamava stauro-
phorus o più comunemente draconarius (4) ; seguiva
la croce un diacono ovvero l’Arcidiacono portante il
libro dei Vangeli1; quindi il popolo distribuito per

cap. 8). perchè il clero andava al luogo ove era radunato il popo­
lo, pure essendo accompagnato da molti del popolo Btesao. Cfr.
Martigny. O. c. «Stationis».1234
(1) Giustiniani, Novella 62,
(2) Niceforo, De Teodos. senior. Hist., lib. XIV, c. 49; S. Reg.
Turon., Hist. frane., XV, 5.
(3) Socrates, lib. VI, c. 28; Giustinian., Novell. 123, n. 32;
Concil. Uicaen. H, 4; S. Gareg. Thuron., V it. Patr. 1, 7.
(4) Gfr. Martigny, O. c. «Stauhophorus» «Draconarius».
230 Capo 1.

ordine; i chierici, i monaci, e laici; poi le religiose se


vi erano e la gioventù. Tuttti‘ camminavano a piedi
nudi, cantando salmi, senzar interruzione (1), e por*
tando ceri accesi (2). Tali ceri si mettevano talora
anche ai bracci trasversali della croce. Infine veniva,
coi sacerdoti il Vescovo che portava l’oggetto del cul­
to sacro, ad onore del quale si faceva la processione,
come Reliquia di Santo o della S. Croce (3).
Nel medio evo in oriente precedevano le processio­
ni i chierici con campanelli per invitare alla divozio­
ne il popolo, uso che passò anche in occidente. Nel
secondo secolo invalse pure il costume di procedere
a due a due, di cui parla S. Bernardo.

114. Divisione delle processioni nella disciplina


attuale.
NeW attuala disciplina le processioni si possono) di­
stinguere :
1. In ordinarie o generali e straordinarie o partico­
lari; le prime sono quelle che si fanno durante l’an­
no, giusta le norme dei libri liturgici o le consuetudi­
ni delle chiese (Can. 1290-2). Tali sono quella della
Purificazione, delle Palme, delle Rogazioni, del Cor­
pus Domini. Le seconde sono quelle che si fanno, per
altre cause pubbliche in altri giorni (Can. cit.).
2. In festive, lugubri, o tristi secondo la causa per
cui si fanno. Nelle festive si ornano le strade, si can-123

(1) S. Ambros., 1. c.
(2) Sozomen., VII, 8; S. Greg. Thuron., de gloria M a r t 1, 44.
(3) S. Greg. Thuron., de gloria Confess., LXX3X.
Nozioni - Antichità - Regole generaci *31

tano inni o salmi festivi. Le seconde sono ordinate


ad allontanare un flagello divino* o alla pubblica pe~
nitenza.
3. Per riguardo all’oggetto del culto vi sono pro
cessioni col SS. Sacramento, colle sacre Reliquie o
statue dei Santi etc.

115. Chi può indire e fare le processioni.


Le processioni ordinarie prescritte dal Messale o
dal Rituale come quella della1festa della Purificazio­
ne, delle Palme, delle Rogazioni ecc. si possono fare
dal clero e popolo delle chiese cattedrali, collegiate
e parrocchiali senza nuovo permesso del Vescovo;
perchè eretta La chiesa e la parrocchia con l’autorità
vescovile, s’intende ad essa concesso anche il diritto
e il dovere di fare le funzioni prescritte dal Messale
e dal Rituale. Le altre processioni di consuetudine,
non prescritte dal Messale e dal Rituale, si possono
fare senza nuovo^ permesso dal Vescovo, ma egli le
può proibire, non ostante le consuetudini (1). Non
si possono fare processioni straordinarie, non con­
template dal Messale o dal Rituale, senza licenza del
Vescovo (2). I Regolari e le Confraternite, possono
far le processioni nella loro chiesa o chiostro, odi an­
che intorno alla chiesa stessa, non fuori di questo12

(1) S. a R. 14 genn. 1617 n. 346, 2; 22 nov. 1681 n. 2970-1784,


31 marzo 1703 n. 2110.
(2) S. C. R. 22 ilov. 1681 n. 1684, 6. Questa è questione più di
diritto che di liturgia, e come tale regolata dai principii del Diritto
canonico. Cfr. Cod, Can. 1291-1292.
232 Copo 1.

ambito senza licenza del Vescovo o privilegio aposto­


lico (1).
H Parroco o chiunque altro non) può introdurre
nuove processioni, o tralasciare o abolire quelle con­
suete, senza licenza dell’Ordinario. — Alle, proces­
sioni proprie di ciascuna chiesa; devono intervenire
tutti i chierici ad essa ascritti (Can. 1294). L’Ordi­
nario deve procurare che le sacre processioni, estir­
pate le cattive usanze, siano fatte con modestia e ri­
verenza quali si convengono a questi atti pii e reli­
giosi (Can. 1295).

116. Ordine da osservarsi nelle processioni.


Circa Yordine da osservarsi nelle processioni è da
notarsi :
a) che la precedenza non si considera secondo il
posto materiale che si occupa nella processione, ri­
spetto alla croce che sta in capo ad essa, ma dalla
maggior vicinanza al Celebrante ; in modo che i meno
degni stanno più avanti e i più degni indietro e vici­
no al Celebrante stesso.
b) Nelle processioni formate di laici e di clero, di
uomini e di' donne, quali si fanno nelle parrocchie,
l’ordine di precedenza è sovente regolato dalle con­
suetudini particolari, le quali, dove non esiste legge
sinodale contraria, si possono osservare, e dall’altra
parte spesso tornerebbe difficile il mutarle.
In generate adunque Yordine delle processioni è

'(1) Gaerem. Ep. libr. Gap. XXXIH, n. 5. can. 1293.


Nozioni • Antichità - Regole generali 233

il seguente: Prima di tutti aprono la processione i


laici, seguiti dalle Confraternite (1), tra le quali ha
la precedenza quella del SS. Sacramento, nella pro­
cessione del SS. Sacramento (2). Nelle altre ha la
precedenza l’Associazione religiosa^ più antica nella
parrocchia (3).
Le donne non possono mettersi tra le Confraterni­
te e il clero (4). I Regolari del Terz’Ordine che van­
no collegialmente con proprio abito e croce hanno
sempre e dovunque il diritto di precedenza su qual­
siasi confraternita (5). In terzo luogo vengono quel­
li del Clero regolare, secondo l’ordine di antichità
della fondazione del Monastero nel luogo.
In quarto luogo gli ufficiali, i nobili ed i magistra­
ti, i quali peraltro,! secondo la consuetudine partico­
lare, possono incedere anche dopo il celebrante (6).
In quinto luogo sta il clero secolare, preceduto del­
la croce in mezzo a due ceroferarii. Seguono la cro­
ce del clero secolare per ordine: i chierici del semi­
nario, il clero delle chiese parrocchiali, il clero del­
la cattedrale (7) ed in fine il celebrante fra il Diaco­
no e il Suddiacono. Fra i Parroci la precedenza si de­
sume dalle prerogative della chiesa parrocchiale (8).
(Cfr. Can. 491).12345678

(1) S. C R. 12 genn, 187« n. 3388, 2.


(2) Caerem. Ep. L c.; S. C. R. 17 genn. 1887 n. 3668.
(3) S. C. R. 11 lug. 1588 n. 3; 6 lug. 1593 n. 33; 10 genn.
1597 n. 65.
(4) S. C. R. 28 nov. 1902 in u. Valven et Sulmonem.
(5) S. C. R. 18 febbr. 1899 n. 4012.
(6) Gaerem. Ep. L c.
(7) Gaerem. Ep. L c.
(8) S. C R. 23 nov. 1675 n. 1551, 1; 21 marzo 1676, 1565, 2.
234 Capo I.

I cantori leda, ed i musici stanno immediatamente


avanti alla croce ed al clero secolare e regolarei (1).
Se però la processione fosse lunga, essi potrebbero
stare in me^zo al clero, purché non dividano alcun
corpo morale. Se interviene la banda deve collocarsi
al luogo assegnato dal Vescovo, però sempre avanti
la croce del clero (2). Dietro al Celebrante seguono
i laici che non precedono la processione, separati gli
uomini dalle donne cioè prima gli uomini e poi le
donne (3).

117* Vesti sacre e oggetti.


Circa le sacre vesti che si usano nelle processioni
è a notarsi:
a) Il Celebrante indossa il piviale, che è assoluta­
mente richiesto per le processioni in cui si porta il
SS. Sacramento (4). Nelle processioni) in cui non si
porta il SS. Sacramento, se non si ha il piviale, si
può indossare amitto, cotta e stola od anche soltan­
to cotta e stola.
b) / Ministri, se vi sono, indossano amitto, cotta,
dalmatica e (rispettivamente) la tunicella, ogni vol­
ta che il celebrante porta il piviale e tali vesti sacre1234

(1) Caerem. Epscop. I, II, Gap. XVI, n. 15.


(2) S. C. R. 7 die. 1844 n. 2869.
(3) Rit. Rom. Tit. IX, Gap. I, n. 4; S. C. R. 31 maggio 1642
n. 797. Ove per altro la 'S. C. osserva: «Rituale requirere ut in
processionibus poSt Clerum viri a foeminis separarim incedant;
ceterum quoad locum et modum eundi nihil statuisse».
(4) S. C. R. 18 Dic. c. 2526, I; 29 nov. 1765 n. 3*089, 3;
6 dicembre 1888 n. 3697.
Nozioni - Antichità • Regole generaci 23S

non sono vietate dal carattere della processione, come


si dirà. Il camice è vietato per tutti (1), eccetto nel­
le processioni col SS. Sacramento, come si dirà.
c) II Suddiacono che porta la croce indossa le vesti
del suddiacono assister te al Celebrante.
d) Gli accoliti, anche laici o religiosi, che portano
i ceroferari, devono indossare la cotta, perchè stanno
vicino alla croce, la quale portata nella processione,
tien luogo dell’altare (2).
e) Il Clero regolare e secolare (eccetto i mendi­
canti e i monaci che usano abito proprio) indossa
la cotta.
/) La berretta ner* si usa da nessuno nelle pro ces­
sioni del SS. Sacramento o colle Reliquie della Pas­
sione, tanto in chiesa che fuori.__Nelle altre proces­
sioni in chiesa tutti procedono senza berretta e sen­
za pileolo, tranne il Celebrante, i ministri sacri e gli
altri parati; fuori di chiesa i chierici portano la- ber­
retta, i Regolari portano il cappuccino. Osserva !H De
Herdt: «Dum clerici caput detectum habent, non ir
deo tamen absque bireto incedere debent, sed illud
manu non impedita ante pectus deferre possunt». An­
che qui però vale la consuetudine. — Quando la pro­
cessione esce di chiesa, il Celebrante ooi ministri si
coprono il capo in chiesa, gli altri alla porta, all’u-
scir di chiesa. Il suddiacono o il chierico che porta
la croce, il turiferario, i vessilliferi (3), gli accoliti123

(1) S. C. R. 26 nov. 1678, 9 n. 1619.


(2) S. €. R. 1 febbr. 1907 XVI n. 4198.
(3) S. C. R. 10 giugno 1690 n. 1839.
236 Capo /.

coi ceroferari, il cerimoniere e il direttore della pro­


cessione vanno sempre a capo scoperto. Altrettanto si
deve dire dei cantori. Il1Corpo musicale della banda
può procedere sempre a capo coperto.
Strumento richiesto nella processione è la croce,
che tiene il luogo dell’altare. Si porta da un suddia­
cono parato o da un accolito vestito di cotta. Tutto
il clero procede sotto un’unica croce che sta in capo ;
però dove vi è consuetudine di portare più croci, il
clero particolare delle chiese (che prendono parte al­
la processione) può portare la propria croce (1) se
vi è la consuetudine immemorabile, cioè: quatenus
aliquando non fuerit admissa observatio Caeremonia■-
lis ut sub unica cruce, etiam in processionibus omnes
incedant (2) ; lei confraternite e pie associazioni sono
precedute dalla propria croce, i Regolari portano la
croce velata, in segno d’inferiorità al clero secolare
(3). Le croci processionali si devono portare in modo
che l’immagine! 'del crocifisso non sia rivolta verso
chi la porta, ma in avanti, quasi ad indicare che G.
C. va innanzi (4) ; a differenza della croce arcive­
scovile che si porta coll’immagme rivolta indietro,
verso l’Arcivescovo. Circa l’uso dei ceri, del turibolo,
del baldacchino ecc. si parlerà nelle processioni par­
ticolari.1234

(1) S. C. R. 8 marzo 1825 n. 2641, 1.


(2) S. C R. 2 luglio 1661 n. 1205, 2.
(3) S. C. R. 14 genn. 1617 n. 3444; Gavanto p. I, tit. 19, lift,
r. 'Di qui venne l’uso di portare i crocifissi con veli dalle Pie
Associazioni e dalle Confraternite; è un costarne da conservarsi.
(4) S. C R. 18 maggio 1675 n. 1538, L
Nozioni ~ Antichità • Regole generali 2,

118. Rito generale.


Quando la processione si fa entro la chiesa s’inco­
mincia regolarmente dal lato del Vangelo e si ritor­
na dall lato dell’Epistola od anche altrimenti, secon­
do la consuetudine e le circostanze particolari. Quan­
do non si porta il Santissimo Sacramento tutti devo­
no genuflettere passando davanti al tabernacolo ove
il SS.mo si contiene, non ostante la contraria consue­
tudine (1). Non genuflettono solamente quelli che
portano la croce* i ceroferari, le sacre Reliquie e le
statue. Se si fanno fuori di chiesa la via che si per­
corre non deve essere troppo lunga, ma decente, mon­
da e ornata. Secondo il carattere della processione
si suonano le campane in modo festivo, se tale è il ca­
rattere della funzione. I membri del clero ed i laici
procedono a due a due con; passo religioso e porta­
mento modesto. Quando si portano candele accese co­
loro che stanno alla destra le tengono colla destra e
quelli che stanno alla sinistra, colla sinistra, in mo­
do che le candele siano sempre àll’infuori.

119. Simbolismo.
Il Simbolismo delle sacre processioni, ampiamente
esposto dei liturgisti (2) è brevemente compendiato
dallfA. Carpo: «Sacra Processio est typus nostrae
peregrinationis ad patriam coelestem. Quapropter Ec­
clesia per illam monet fideles, ut serio cogitent se es-12

(1) Cfr. Quarti De Processionibus, Traci. I, Punct. 10.


(2) S. C. R. 14 dic. 1602 n. 116.
238 Capo I.

se viatores in hoc mundo, et peregrinari a Domino to-


tumque eórum negotium esse pergere ad coelestem
patriam. Processiones sunè quaedam breves peregri­
nationes: in ipsis corporis pedibus pergimus de loco
sacro ad sacrum locum, ut commoneamur, viventes
piis animi affectibus pergere de virtute in virtutem
donec videre mereamur Dominum Deum in Sion. Per
sacros cantus, qui in processionibus locum habenti
demonstratur omnium fidelium concordia ad laudane
dum Deum. Candelae accensae in supplicationibus de•
latae innuunt exemplum bonorum operum; iuxta il­
lud Gregorii M. om. 13 in Ev. Lucae «Lucernas ar­
dentes in manibus tenemus, cum per bona opera pro-
ximis\ nostris lucis exempla monstramus». Item Ec­
clesia in processionibus Utitur cereis ardentibus, ut
significet orationum et precum flammas. Praeterea eju­
smodi pio ritu Ecclesia retiam protestatur, se vera
fide et luce verae doctrinae esse illuminatam a Salva­
tore, qui est lux iUuminans omnem hominem venien­
tem in hunc mundum» (1).1

(1) Bibi. Liturgica P. V. n. 1271


CAPO. II

Benedizione delle candele


e processione.

(Festa della Purificazione della Beata Vergine)•

120. Origine della festa della purificazione di


V. e della benedizione delle candele.
La festa della Purificazione della B. V. venne
prima istituita nell’oriente col, nome di hypante od
hipapante, che vuol dire incontro, a ricordare rincon­
tro del Santo Simeone col divin Redentore portato
dalla sua madre, nel tempio di' Gerusalemme. Nel­
la chiesa romana si trova nel Sacramentario gregoria­
no e non nei più antichi; e ciò induce i critici a ri­
ferire la data della sua introduzione, non all’epoca
di S. Gelasio come da alcuni1si vorrebbe (1), ma a
quella dell’imperatore Giustiniano. La ragione di u-
na tale istituzione e principalmente della istituzione
del rito che vi è annesso, cioè della benedizione c.el­
le candele, non fu certo solamente per opporre al­
l’infame rito dei lupercali un rito cristiano, ma per
onorare G. C., vera luce del mondo, ed invocare sul
popolo e sui luoghi le divine benedizioni (2), per12

(1) Baronius, Ann. Eccl. ad Ann. 496 n. 3. Raronio è segui­


to dal Martene, de antiq. Eccl. discipl. XV. 2
(2) Vedi Bened. XIV De Fest. Purific. § 2. Il primo che fa
menzione di questa festa nella chiesa latina è S. Ddefonso di To-
240 Capo II.

intercessione di Maria apportatrice della luce della


Redenzione.

121. Traslazione della Festa.


Tale funzione si deve fare per obbligo in tutte le
chiese collegiali (1) e nelle parrocchiali, e si può fa­
re anche nelle chiese dei Regolari (2) e nelle altre
poste nei limiti di una parrocchia (3) nonché nelle
chiese di Confraternita (4); essa non è di diritto
strettamente parrocchiale (3).
Nelle chiese parrocchiali, in cui non v’è clero suf­
ficiente tale funzione non si può omettere, ma si deve
fare secondo il modo descritto nel piccolo Cerimonia­
le di Benedetto XIII (6).
Due cose si devono distinguere in questa Festa,
cioè : a) la festa stessa ; e ò) if rito della benedizione
e processione delle candele.1La benedizione e proces­
sione si fa sempre nel giorno 2 febbraio, in qualun-

ledo (m. a. 667). Egli ricorda il rito pagano e vi oppone il cri­


stiano: «Agitur autem haec festivitas mense februario, quem Ro­
mani adhuc pagani a Februo, idest Plutone sic vocaverunt: quem
potendssimum purgationis credebant; Februare enim purgare di-
cimus. Quo mense lustrabatur civitais, et diis Manibus offerebant
sacrificia, quorum auxilio et virtute totum orbem se subjugasse
putabant Quam lustrandi consuetudinem congrue et religione
Christiana mutavit religio; cum eodem mense, idest odierna die,
non solum clerus sed et omnis plebs ecclesiarum Ioca cum cereis
et diversis himnis lustrantibus circumeunt».123456
(1) S. C. R. 23 nov. 1893 n. 3813, I.
(2) S. C R. 8 aprile 1702 n. 2098.
(3) S. C. R. 9 maggio 1705 n. 2154, 3.
(4) S. C. R. 13 maggio 1719 n. 2263, 4.
(5) S. C. R. 12 genn. 1704 n. 2123, 2.
(6) S. O. R. 26 maggio 1846 n. 2915 1.
Benedizione delle candele e processione 241

que domenica o feria essa cada (1). La Festa invece,


coll’Ufficio e colla Messa, quando cade nella dome­
nica di Settuagesima. Sessagesima o Quinquagesi­
ma, si trasferisce nella feria seconda che segue imme­
diatamente e prevale a qualunque altra festa che in
essa occorre, anche di rito uguale (2).

122. Come si benedicono e si distribuiscono


candele.
Per questa funzione si prepara il vaso d’acqua be­
nedetta. All’altare si mette il pallio di color violaceo,
che va cambiato col bianco mentre si fa la processio­
ne, eccetto il caso in cui la funzione si facesse in
Domenica che porti il color violaceo nella Messa.
Le candele da benedirsi si possono collocare su di
un tavolo coperto di tovaglia, posto dal lato dell’Epi­
stola, vicino ai gradini della predella dell’altare. Il
Celebrante indossa amitto, camice, cingolo, stola e
piviale violaceo; i ministri sacri possono usare, le
pianete plicate (non le tunicelle) di color violaceo,
senza manipolo.
Premessa l’aspersione dell’altare e del popolo
(quando la Festa cade in domenica) il Celebrante coi
sacri ministri sale l’altare, bacia la mensa nel mezzo
e va dal lato dell’Epistola, ove canta le orazioni, in
tono feriale, come si trovano nel Messale, sempre col­
le mani giunte. Dicendo Dóminus vobiscum non si12

(1) S. C. R. 7 febbr. 1784 n. 3321.


(2) Rubr. Mfssal. Rom. in die festo.
242 Capo II.

volge al popolo ; quando colla destra benedice le can­


dele stende la sinistra sulla mensa delimitare; alla
parola Oremus fa inchino col capo alla croce.
Il diacono sta alla destra, alquanto indietro dal Ce­
lebrante, se le candele si trovano dal lato dell’episto­
la, e il Suddiacono sulla' predella, alla sinistra.
Finite le orazioni, il Celebrante deve recitare tutto
quello che viene cantato dal coro, e precisamente: pri­
ma della distribuzione reciterà l’antifona Lumen ad
revelationem con il cantico Nunc dimittis, e dopo re­
citerà l’Antifona Exurge e l’Oremus. (1).
Quindi il Celebrante, stando dal lato dell’Epistola
infonde incenso, nel turibulo, colla solita formola, il
Diacono gli presenta coi soliti baci, la navicella ; quin­
di riceve dal Diacono l’aspersorio, ed asperge tre vol­
te le candele, nel solito modo, dicendo l’Antifona A~
sperges me, senza canto e senza salmo, e poi le incen- ?
sa, nulla dicendo.
Quindi il Celebrante va nel mezzo dell’altare e si
rivolge verso il popolo, stando in mezzo ai ministri,
pure rivolti al popolo (2). Allora il sacerdote più de-
gno prende una candela, e, colle debite riverenze al-
l’altare, stando in piedi, la porge al Cele­
brante, baciandola prima egli stesso; il Cele­
brante, la bacia e la consegna a qualche chieri­
co1o sacerdote. Il Celebrante poi e non altri (3), a
capo scoperto, fa la distribuzione delle candele che123

(1) S. C. R. 1 febbr. 1907, 1, 4198.


(2) S. C. R. 10 sett. 1796 n. 2562, 2.
(3) S. C. R. 1 sett. 1838 n. 2788 2.
Benedizione delle candele e processione 243

riceve dalle mani del Diacono, il quale, perciò sta dal


lato dell’Epistola, alla sinistra.
Prima si danno ai Sacerdoti, al clero, ai ministri sa­
cri della Messa, secondo la loro dignità, poi per or­
dine ai membri delle Confraternite ecc.
Coloro che ricevono le candele si presentano a due
a due e fatta prima in piano la debita riverenza al­
l’altare, salgono, fanno inchino col capo al Celebran­
te, quindi si inginocchiano sul gradino superiore del­
la predella. Il più degno che ha consegnato la cande­
la al Celebrante (1) e i Canonici 9Ì inchinano e stan­
no in piedi (2).
Quando ricevono la candela baciano prima la can­
dela e poi la mano1del Celebrante (3); poi si alzano,
fanno inchino al Celebrante e discendono in piano,
ove fanno la debita riverenza all’altare e si ritirano.
I prelati e i Canonici baciano solamente la candela e
non la mano all Celebrante. Baciano però Panello al
Vescovo quando egli stesso distribuisce le candele.
Mentre si fa la distribuzione delle candele si canta
la Antifona Lumen ad revelationem, col Cantico Nunc
dimittis, ripetendo ad ogni verso l’Antifona stessa.
Finita la distribuzione, si canta dal coro l’Antifona
Exurge Domine etc. ed intanto il Celebrante si lava le
mani, stando sul soppedaneo, dal lato dell’Epistola.
Rivoltosi al messale, senza recitare le Antifone pre-123

(1) S. C .R. 30 agosto 1664 n. 1303.


(2) Caerem. Ep. Lib. Il, Cap. XVII. 3; S. C. R. 8 magg. 1700
n. 2052.
(3) S. C. R. 16 seti. 1865 n. 3139.
242 Capo II.

volge al popolo ; quando colla destra benedice le can­


dele stende la sinistra sulla mensa dell9altare; alla
parola Oremus fa inchino col capo alla croce.
Il diacono sta alla destra, alquanto indietro dal Ce­
lebrante, se le candele si trovano dal lato dell’episto­
la, e il Suddiacono sulla predella, alla sinistra.
Finite le orazioni, il Celebrante deve recitare tutto
quello che viene cantato dal coro, e precisamente: pri­
ma della distribuzione reciterà l’antifona Lumen ad
revelationem con il cantico Nunc dimittis, e dopo re­
citerà l’Antifona Exurge e VOremus. (1).
Quindi il Celebrante, stando dal lato dell’Epistola
ipfonde incensoi nel turibulo, colla solita formola, il
Diacono gli presenta coi soliti baci, la navicella ; quin­
di riceve dal Diacono l’aspersorio, ed asperge Ire vol­
te le candele, nel solito modo, dicendo l’Antifona A-
sperges me, senza canto e senza salmo, e poi le incen­
sa, nulla dicendo.
Quindi il Celebrante va nel mezzo dell’altare e si
rivolge verso il popolo, stando in mezzo ai ministri,
pure rivolti' al popolo (2). Allora il sacerdote più de­
gno prende una candela, e, colle debite riverenze al-
l’altare, stando in piedi, la porge al Cele­
brante, baciandola prima egli 6tesso ; il Cele­
brante, la bacia e la consegna a qualche chieri­
co/ o sacerdote. Il Celebrante poi e non altri (3), a
capo scoperto, fa la distribuzione delle candele che123

(1) S. C. R. 1 febbr. 1907, 1, 4198.


(2) S. G R. 10 seti. 1796 n. 2552, 2.
(3) S. C. R. 1 seft. 1838 n. 2788 2.
Benedizione delle candéle e processione 243

riceve dalle mani del Diacono, il quale, perciò sta dal


lato dell’Epistola, alla sinistra.
Prima si danno ai Sacerdoti, al clero, ai ministri sa­
cri della Messa, secondo la loro dignità, poi per or­
dine ai membri delle Confraternite ecc.
Coloro che ricevono le candele si presentano a due
a due e fatta prima in piano la debita riverenza al­
l’altare, salgono, fanno inchino col capo al Celebran­
te, quindi si inginocchiano sul gradino superiore del­
la predella. Il più degno che ha consegnato la cande­
la al Celebrante (1) e i Canonici si inchinano e stan­
no in piedi (2).
Quando ricevono la candela baciano prima la can­
dela e poi la mano del Celebrante (3); poi si alzano,
fanno inchino al Celebrante e discendono in piano,
ove fanno la debita riverenza all’altare e si ritirano.
I prelati e i Canonici baciano solamente la candela e
non la mano ali Celebrante. Baciano però l’anello al
Vescovo quando egli stesso distribuisce le candele.
Mentre si fa la distribuzione delle candele si canta
la Antifona Lumen ad revelatiónem, col Cantico Nunc
dimittis, ripetendo ad ogni verso l’Antifona stessa.
Finita la distribuzione, si canta dal coro l’Antifona
Exurge Domine etc. ed intanto il Celebrante si lava le
mani, stando sul soppedaneo, dal lato dell’Epistola.
Rivoltosi al messale, senza recitare le Antifone pre­

ti) S. C .R. 30 agosto 1664 n. 1303.


(2) iCaerem. Ep. Lib. Il, Cap. XVII. 3; S. C. R. 8 magg. 1700
n. 2052.
(3) S. C. R. 16 seti. 1865 n. 3139.
244 Capo II.

dette e il cantico, canta l’Orazione : Exaudi, quaesu­


mus, standogli ai lati i ministri.
Quando la festa della Purificazione cade^ dopo la
Settuagesima e non in giorno di Domenica, si deve
cantare il Flectamus génua : in questo caso i Ministri
si mettono dietro al Celebrante; il Diacono, dopo che
il Celebrante ha cantato la parola Oremus, canta il*
Flectamus génua e il Suddiacono: Levate. Il Cele­
brante non genuflette.

123. Ordine della processione.


Quindi si accendono le candele e si fa la processio­
ne. Il Celebrante infonde, nel modo consueto, l’in­
censo nel turibolo stando dal lato dell’Epistola; il
Diacono canta il Procedamus in pace e il coro rispon­
de : In nomine Ckristi, Àmen e la processione si avan­
za ; il Celebrante, disceso in piano, fa ila debita rive­
renza, insieme al Diacono, all’altare (1).
Procedono due a: due tenendo in mano la cande­
la accesa (2) eccetto il turiferario, il' crocifero e colo­
ro che portano i ceroferari. Precedono i laici, le Con­
fraternite, se vi sono, quindi il turifererio, il Sud-
diacono della Messa portante la crocei in mezzo a due
accoliti coi ceroferari, segue il clero per ordine in fine
il Celebrante col Diacono alla sinistra pure portanti
la candela accesa.12

(1) Rubr. Missal. in die festo; Rit. Rom. 1. c. Martinucci


Lib. Il, Cap. XIX.
(2) Caerem. Ep. Lib. II. Gap. XVII.
Benedizione delle candéle e processione 245

Durante la processione si cantano le relative Anti­


fone, come si trovano nel; Messale e nel Rituale, ri­
petendole se occorre, quando la Processione fosse
lunga.
La Processione deve uscire dalla chiesa giusta l’an­
tico costume e la rubrica attuale; e nel rientrare in
chiesa si canta l’antifona Obtulerunt.
Quando, per circostanze speciali, non si può uscire
dalla chiesa, questa Antifona si canta vicino alla por­
la, nel ritornare all’altare (1).
Finita la Processione il Celebrante ed i ministri as­
sumono i paramenti convenienti alla Messa, che nella
festa della Purificazione sono bianchi. Se invece que­
sta festa cade in una delle Domeniche sopra accenna­
te la Messa è dei Dominica con i paramenti violacei.
Quando in questa Domenica si celebrasse una festa
di prima classe, la Messa sarebbe della stessa festa.
Ritornati all’altare se vi è il Sacramento, si fa genu­
flessione sulPinfimo gradino (2).
La Messa deve essere cantata dal Sacerdote stesso
che ha fatta la funzione delle candele (3); ne per
ciò si può invocare una inveterata consutudine1con­
traria (4), se non quando le candele furono bene­
dette dal Vescovo.
Le candele si devono tenere in mano accese du­
rante il canto del Vangelo e dalla elevazione alla fine1234

(1) Concil. Prov. V. Quae ad Sacram, generat, pertment.


(2) S. C. R. 1 febbr. 1907, HI.
(3) Si. C. R. 23 marzo 1653. n. 946; 17 marzo 1663 n. 1852;
Rubr. Missal. in hoc festo; Rit. Rom. 1, 2.
(4) S. C. R. 1 Settembre; 1838 n. 2783.
246 Capo II.

della Comunione della Messa da tutti, eccetto il Cele­


brante ed i sacri Ministri della Messa (1). Quando
però si canta la Messa de Dominica non si accendono
le candele nè al Vangelo nè alla elevazione (2).

124. Come si fa tale funzione nelle chiese mino­


ri, mancando i Ministri sacri.
Nelle chiese minori, ove mancano i Ministri, il ce­
lebrante compie tutte le cerimonie che si sono dette
più sopra. Riceve le candele da qualche chierico, can­
ta egli stesso il Flectamus génua quando occorre, a cui
risponde uno dei chierici. Volgendosi al popolo can­
ta il Procedamus, a cui rispondono i ministri ed il
coro. La croce è portata pure da un chierico.

125. Significato del rito.


Il significato e Pimportanza di questa funzione so­
no descritte da S. Carlo Borromeo (3) ;j «Die sacro
purificationis B. M. V. usus ritusque benedictionis
candelarum plenus' mysteriorum est, tam salutarium.
Nam cum illius benedictionis precatio ad alia multa
referatur tum ad haec in primis, ut candelae valeant
ad sanitatem animae et corporis, terra marique ; ut de
locis ubi accenduntur daemon quidquid daemonis ars
moliturdepellatur: ut mentes et corda fidelium igne123

(1) Rubr. Missal. in die festo: Rit. Rom. 1. c.; Martinucci,


Lib. II, Cap. XIX.
(2) Caerem. Ep. Lib. EI, Cap. XVI n. 17.
(3) Concil. Prov. V. Quae ad Sacram, generat, pertinent.
Benedizione delle candele e processione 247

et splendore sancii spiritus accendantur et illustren-


tur, depulsis vitiorum tenebris, videant, quae sint Deo
grata et saluti utilia; ut ignis charitatis cum lumine
fidei in animis accendantur quia ad himen aeternum
vitae coeléstis perducamur. Haec sibi omnia a Chrir
sto Domino, qui est Deus Verus et splendor lucis aer
ternae, sibi concedi praecantur intercessione et san­
ctissimis meritis B. M. V. quicumque fidelis in illius
honorem candelas, quibus benedictione preces eo die
adhibitae sunt, devote gestant».
COPO III.

Benedizione delle Palme


e Processione.

126. Origine della benedizione delle Palme


Rito antico.
La Domenica delle Palme, per le diverse funzioni
che in essa, si fanno, ebbe diversi nomi. Si chiamò :
Hosanna, per le acclamazioni che in essa si fanno, in
memoria dell’ingresso trionfale di G. C. in Gerusa­
lemme; Dominica indulgentiae, perchè in essa si im­
partivano le sacre indulgenze : Pascha petitum o com­
petentium, perchè in essa si faceva la tradizione del
simbolo, in alcune chiese, ai competenti catecumeni
(1). Generalmente si chiamò dominica palmarum,
perchè in essa si fa la benedizione e distribuzione del­
le Palme o rami d’ulivo.
L'origine di questo rito, secondo Martene, non ri­
salirebbe oltre al secolo decimo affermando egli che
di esso non appare alcun vestigio presso gli autori del
secolo ottavo e nono. Ma di esso ne parla S. Isidoro (2)
ed il Merati recai validi argomenti che provano una
maggiore antichità ad ogni modo è certo che ebbe
sua prima origine nella Chiesa orientale, e di là pas­
sò nella occidentale.12

(1) Martene, De Antiq. EccL. discipl. in divinis celebrandis


Officiis, Cap. XX, n. 1.
(2) S. Isidorus, De Officiis Lib. I, Cap. XXVM.
Benedizione delle palme e processione 249

Il rito antico di questa Processione, giusta le con­


suetudini pairticolari delle chiese, era assai più solen­
ne che non l’attuale. Si usciva dalla chiesa e si per­
correva la città, le cui vie venivano spesso ornate
di tappeti, di rami e fiori. Ad un luogo, fuori! della
città, sui tappeti, si erigeva la croce e davanti ad essa
si benedicevano i rami ; si ritornava poi trionfalmente
alla chiesa con canti giulivi. Si portava in questa pro­
cessione il libro dei SS. Vangeli e ritornati alla chiesa
si celebrava la Messa solenne durante la quale si te­
nevano in mano le Palme (1).

127. Rito con cui attualmente si benedicono


distribuiscono.
Per la benedizione e Processione delle Palme (2)
Voltare si para con almeno sei candele, senza fiori e
col pallio violaceo. In disparte, dal latoi dell’Epistola,
si prepara un tavolo coperto di tappeto, su cui si met­
tono le palme o rami d’ulivo. Il sacerdote che bene­
dice le palme deve fare anche la processione e cele­
brare la Messa, eccetto che fosse presente il Vescovo;
in questo caso egli può far celebrare da altro sacerdo­
te la Messa. Il Celebrante indossa amitto, camice, cin­
golo, stola e piviale violaceo (senza manipolo) e i
sacri ministri, se vi sono, indossano amitto, camice,
cingolo, le pianate plicate: il diacono porta la stola.12

(1) Fornici, 0. c. pag. 320-321; Catalanua, Comment. in Rit.


Rom. in h. loc.
(2) Valgono qui i medesimi Decreti della S. C. dei Riti' ema­
nati per la funzione delle Candele.
250 Capo III.

Alla funzione si premette l’Aspersione delFaltare e


del popolo che si omette solo quando pontifica il Ve­
scovo.
Le Orazioni della benedizione delle Palme si reci­
tano all’altare stando rivolto al messale, dal lato del-
PEpistola e colle mani giunte. Le mani non si disgiun­
gono' nemmeno alla parola Oremus nella quale si fa
solo inchino col capo, nè al Dóminus vobiscum che si
dice senza volgersi al popolo. Il rito della Benedizio­
ne delle Palme è assai più solenne di quello delle
Candele nella festa della Purificazione, e per ragione
della: sua struttura fu da alcuni liturgisti chiamato
Missa sicca. Dopo un’Orazione che viene cantata dal
Celebrante in tono feriale, il Suddiacono o, nelle
chiese minori, il primo accolito, col solito tono del­
l’Epistola, canta la lezione che in caso di inabilità del
serviente viene letta con tono alto di voce dallo stesso
celebrante. Segue un Graduale cantato dal coro. In­
tanto' il Diacono, ricevuto il' Messale dal Suddiacono,
lo mette sulla mensa delFaltare; poi1presenta al Ce­
lebrante la navicella per l’infusione dell’incenso nel
turibolo dal lato dell’Epistola (1); quindi recita co­
me al solito il Munda cor meum, e ricevuta la bene­
dizione del Celebrante, che sta dal lato dell’Epistola,
in mezzo a due accoliti, o ai ceroferarii, nel modo so­
lito, canta il1Vangelo, colle solite incensazioni; il Ce­
lebrante bacia infine il libro e viene incensato.
Mancando i sacri Ministri il Celebrante stesso dice

(1) S. C. R. 1 febbr. 1907 n. 41 98, 1.


Benedizione delle palme e processione 251

il Munda cor meum in mezzo all’altare, come nella


Messa e canta il Vangelo dal lato dell’Epistola, ma
senza incenso. Quindi si benedicono i rami colle Ora­
zioni, Prefazio, ecc. del Messale. Finita la benedizio­
ne, il Celebrante infonde, stando dal lato dell’Episto­
la, l’incenso nel turibolo : ricevuto l’aspersorio, asper­
ge a tre tratti i rami e quindi li incensa pure a tre
tratti di turibolo.
Quando nel'l’altar maggiore fosse esposto il SS. Sa­
cramento la Benedizione delle Palme si deve fare ad
un altare minore e non si deve fare la processione.

128. Distribuzione e processione.


La distribuzione e processione delle Palme si fa
collo stesso ordine e cerimonie di quella delle cande­
le. Anche qui la processione deve uscire dalla chiesa ;
il Crocifisso, il Celebrante e Assistenti e clero, se vi è,
si fermano davanti alla porta chiusa. Alcuni cantori
in chiesa, cantano il Gloria, laus etc., che viene ripe­
tuto dal resto del clero che è fuori della porta. Quin­
di i cantori interni soggiungono uno o più Versetti,
a ciascuno dei quali il clero od i cantori esterni ripe­
tono il Gloria, laus etc. Il crocifero col piede dell’asta
della croce percuote la porta, che tosto viene aperta,
e la processione ritorna in chiesa e va all’altare mag­
giore mentre si canta il Responsorio Ingrediente Do­
mino.
Si celebra tosto la Messa (1)' solenne, cantata o1

(1) La Messa possibilmente deve cantarsi.


252 Capo 2IL

privata, secondo le circostanze, e durante il canto o la


recita del Passio e del Vangelo si tengono i rami d’u­
livo in mano, eccettuati solamente coloro che canta­
no; in fine della Messa si legge il Vangelo di S. Gio­
vanni.

129. Significato.
Il simbolismo e l’utilità spirituale che proviene
dall’uso dei rami d’ulivo benedetti è esposto da S.
Carlo Borromeo (1) : «Sicut ritus is, et insignem il­
lum Jesu Christi Domini ingressum ad urbem Jeroso-
lymam, et triumphum iUum commemorabilem signis
ficat, quem passione et morte sua, superatis hostibus,
idem Dominus resurgens reportavit, ita aliis etiam
mysteriis plenus... suntque hi praesertim : a) Ut ac-
cipicmt (fideles) mentis corporisque vim ad scdutis
opem, Deique gratiam implorandam; b) Ut quemad­
modum rami foliis virent, ita opera nostra, ep justi­
tia, et omni virtute sancta quam fiorentissima sint;
c) Ut sicut populus Hebraeus, Christo ramis obviam
factus, una cum eo Jerosolymam ingressus est, ita nos
sanctissimis officiis atque piis operibus Domino ob­
viam procedamus; illiusque vestigia secuti, in coele­
stem patriam eo auctoré et duce, recipiamur; d) Ut
voluti Christus Dominus de satana hoste ctuce suo.
triumphavit, ita nos quam saepissime id misericordiae
opus animo ita repetamus, ut Christi amore incenda­

ci) Cane. Prov. V. «Quae ad Sacramentalia generatim perti*


nenJ».
Benedizione delle palme e processione 263

mur ad pugnam et ad victóriam de daemone, carne et


mundo reportandam; e) Ut quoque hi rami introdu­
cunturJ ejus loci incolae benedictiónem Dei conse­
quantur, omnique re adversa propulsata virtute A l­
tissimi defendantur».
CAPO IV.

Pr o c e s s i o n e delle R o g a z i o n i .
Altre Processioni.

130. Rogazioni o Litanie - Divisione - Fine.


Quelle sacre preci che dai latini chiamansi comu­
nemente supplicationes, o rogationes, si dissero' dai
greci Litaniae, nome che si usava a dinotare qualun­
que pubblica preghiera. Così si narra dell’Imperato­
re Arcadio che proibì agli eretici di radunarsi di gior­
no e di notte «ad litaniam faciendam» (1). Più tar­
di il senso della parola venne ristretto a dinotare
quelle supplicazioni solenni che si fanno dalla Chie­
sa in due tempi dell’anno cioè nella festa di S. Marco
e nei tre giorni precedenti all’Ascensione di G. C. al
cielo. !
Quindi nell’attuale liturgia romana abbiamo due
specie di Rogazioni cioè le maggiori e sono quelle che
si fanno nella festa di S. Marco; e) le minori che si
fanno nei tre giorni' precedenti la festa dell’Ascensio­
ne (2).
Le ragioni di tale divisione consistono nella mag­
giore o minore solennità con cui si fanno.
Le rogazioni sono ordinate al fine di rendere Dio12

(1) Martigny, «Dictionaire des antiquités», «Litanie®».


(2) In Francia invece si conservò il nome di Litanie mag­
giori a quelle che si fanno nei giorni precedenti l’Ascensione e
minori quelle della Festa di S. Marco.
Processioni delle Rogazioni. Altre Processioni 255

propizio e perdonare i nostri peccati, per allontanare


il divini flagelli, provvedere alle necessità spirituali e
temporali dei fedeli. Si devono fare dal clero della
Cattedrale e urbano e nelle chiese parrocchiali fora­
nee, giusta le consuetudini.

131. Rogazioni maggiori - Autori.


Autore delle Rogazioni maggiori, secondo alcuni
antichi liturgisti sarebbe stato il Pontefice S. Grego­
rio Magno (1). Ma è a dirsi che sotto S. Gregorio Ma­
gno venne bensì ordinata una straordinaria rogazione
per la cessazione della peste nell’anno 590 : ma quel­
la che dicesi maggiore risale certo ad epoca anteriore
al Santo Pontefice, mentre di essa fa menzione ne’
suoi scritti come di cosa già ordinata in Romani So~
lemriltas annuae devotionis nos, fratres dilectissimi,
admonet ut Litaniam, quae major ab omnibus appel­
latur, sollicitis aè devotis debeamus, auxiliante Deo,
mentibus celebrare (2).
Altri vogliono che S. Gregorio abbia stabilito che
queste rogazioni si facessero solennemente il 25 apri­
le movendo dalla basilica S. Lorenzo a quella di S.
Pietro Apostolo, onde commemorare la venuta di S.
Pietro a Roma che sarebbe accaduta precisamente in
detto giorno (3). Ma, a parte il fatto della venuta di123
(1) Beleth, Durando, Valfr. Strabone ed altri molti.
(2) S. Greg. M. Lib. H in App. ad Eipist. N. 3. Questa lettera
peraltro non presenta tutti i caratteri di autenticità. I Maurini' al*
meno la mettono in dubbio.
(3) Moretti, «De Festo in honorem principiis Apostol. Romae
ad diem XXV aprilis istituto», Romae 1742: Guèrranges, «Année
Liturgique, le temp. pascal.» S. Marc. EvangelÌ9te.
256 Capo IV.

San Pietro a Roma che è suffragata da tali e tanti do­


cumenti che non ha bisogno di questa prova, sembra
affatto inverosimile che si ordinasse una processione
di penitenza a commemorare un fatto di tanta letizia.
Perciò sembra di poter concludere che S. Gregorio M.
può aver organizzato meglio tale funzione, forse può
averla fissata in questi giorni, ma essa è certo anterio.
re di tempo al santo Pontefice.

132. Festa di S. Marco e Rogazioni.


Le rogazioni maggiori sono fissate nella Festa di S.
Marco, o meglio il giorno '25 aprile, ma esse non han­
no alcuna relazione con detta Festa. Quando la festa
di S. Marco è impedita viene trasferita; ma la proces­
sione o le Litanie non si trasferiscono, eccetto che in
quel giorno 25 aprile cada la Pasqua, nel qual caso
le Rogazioni sì trasferiscono nella feria terza susse­
guente (1). Se la festa di S. Marco cade nella Feria
II dopo Pasqua, si celebra la Messa della feria colla
commemorazione delle Rogazioni, sub unica conclu-
sione (2).

133. Rito della processione - Messa.


Congregato II popolo e il clero in chiesa, di matti­
no, all’ora stabilita il celebrante indossa la cotta e la
stola col piviale violaceo, anche quando le Rogazio­
ni cadono durante POttava di Pasqua (3) ed i sacri123

(1) Rubr. Missal. Oic. 25 aprili»,


(2) S. C. R. 26 marzo 1859 n. 8088.
(3) S. C. R. 3 genn. 1657 n. 1017
Processioni delle Rogazioni. Altre Processioni 257

ministri, se vi sono, indossano dalmatica o tunicella,


il diacono porta la stola.
Preceduto dal crocifero colla croce tra due cerofe­
rari con candele accese, il Celebrante in mezzo ai mi­
nistri, fatta all’altare maggiore breve adorazione al
SS. Sacramento, si alza in piedi, mentre si canta l’An­
tifona Exurge Domine, col salmo e versetto come nel
Rituale. Ripetuta l’Antifona, tutti genuflettono e 6Ì
incomincia ili canto devoto delle Litanie dei Santi (1).
Le litanie delle rogazioni sono quelle cfie 6Ì trova­
no nel Rituale e nel Breviario dopo i Salmi peniten­
ziali. In esse non si può fare mutazione (2) od ag­
giunta di sorta (3) od abbreviature (4) nemmeno si
può introdurre il nome del Titolare o del Patrono (5).
Esse si recitano in ginocchio fino all’invocazione : San­

ti) Nella festa di S. Marco e nel triduo delle rogazioni avanti


l’Àsoensione le Litanie si devono recitare da tutto il clero obbli­
gato alla recita del divino Ufficio, de praecepto, anche se non in­
terviene alla processione (Rubr. Brev. Rom. in festo S. 'Marci et
in Trid. Rogat.). Esse non si possono anticipare col mattutino la
sera del giorno precedente, perchè sono fiose al giorno (S. G. R.
28 marzo 1775 n. 2503, 4). Nella recita privata si dicono le Lodi
e dopo l’Orazioni e il Benedicamus. L’Antifona finale della B. V.
non si recita dopo le lodi se immediatamente succedono le Lita­
nie; se invece si separono, si concludono le Lodi nel modo soli­
to. Dopo le Litanie si omette la detta Antifona. Privatamente le
litanie non si duplicano (S. C. R. 7 maggio 1853 n. 3011, 2),
e se è conveniente recitarle in ginocchio, non vi è però nessun
obbligo.
(2) S. C. R. 16 aprile 1831 n. 2681.
(3) S. G. R. 29 genn. 1656 n. 1002; 12 marzo 1836 n. 2749, 8.
(4) S. O. R. 3 marzo 1574 n. 1501.
(3) S. C .R. 20 luglio 1654 n. 957. 7. — Nelle processi
però che fanno per causa straordinaria si può aggiungere il no­
me del patrono, ove vi è la consuetudine. (S. C. R, 22 febr. 1888
n. 3689, 1).
258 Capo IV.

età Maria, detta la quale tutti sorgono e s*awia la


processione preceduta dalla croce e nell’ordine più
sopra accennato. Le invocazioni si devono duplicare,
ossia si devono dire dai cantori integralmente e ripe­
tere dal clero, anche quando si facesse la Processione
in chiesa, o per brevissima via (1). Qualora la Pro­
cessione fosse lunga, terminata la recita delle Litanie,
si possono ripetere, ovvero concluse le Litanie fino al
le preci escluse, si possono dire dei salmi penitenziali
o graduali. Non si devono cantare mni o cantici di
letizia, i quali non convengono al carattere penitenzia­
le della Processione (2).
Quando lungo la via percorsa la processione entra
in qualche chiesa, si suonano in modo festivo le cam­
pane di essa, se vi è la consuetudine (3). Il clero della
chiesa in cotta, 6enza stola va a ricevere la Processio­
ne, alle porte e il Superiore di essa senza stola (4),
porge l’acqua santa coll’aspersorio per contactum al
funzionante in piviale (5); gli altri anche Canonici
si aspergono man mano che entrano (6). All’ingresso
della chiesa si interrompono le Litanie se si suona
l’organo, altrimenti si continua il canto finché il Ce­
lebrante è giunto all’altar maggiore. Qui si canta l’An­
tifona del Titolare col versetto con rito pasquale, ed123456

(1) S. C. R. 3 marzo 1674 n. 1501.


(2) Rit. Rom. Tit. IX Cap. IV n. 4: S. C. R. 9 maggio 1857
n. 30 43 V.
(3) S. C. R. 9 maggio 1857 n. 3043. HI.
(4) S. C. R. 5 die. 1858 n. 3191, 1.
(5) Decr. 3043, IV.
(6) S. C. R. 12 sett. 1699 n. 2035, 1.
Processioni delle Rogazioni. Altre Processioni 259

uscendo si riassumono le Litanie od i salmi interrot­


ti (1). Arrivati alla chiesa ove termina la processione
si conclude il canto delle Litanie colle preci ed Ora­
zioni come nel Rituale, finite le quali si celebra la
Messa.
Quando non si potesse fare la Processione fuori
della chiesa la si deve fare entro la chiesa se essa è
capace (2).
Ordinariamente la Messa si celebra dopo la Pro­
cessione, ma si può anche, per la comodità del popo­
lo, celebrarla prima, e poi fare la processione (3).

134. Rogazioni o litanie minori - Origine.


Le Rogazioni minori vennero istituite secondo la
comune opinione da S. Mamerto Vescovo di Vienna
nelle Gallie, nella seconda metà del secolo quinto, af­
fine di placare Pira divina ed allontanare le tristi ca­
lamità che affligevano quelle regioni. Il suo succes­
sore S. Acimo attesta che quella pratica al 6uo tempo
era già consolidata, ed altrettano afferma S. Cesario
d’Arles nel secolo sesto. Esse vennero approvate nel
Concilio di Orleans, tenuto nel 511 ove si prescrive
anche il digiuno nel triduo precedente la festa del­
l’Ascensione. Si benedicevano anche} le Ceneri e si
imponevano sul capo ai fedeli, ciò che si osserva an­
cora nella chiesa ambrosiana. Presto queste Roga­

ci) S. C R. 9 maggio 1857 n. 3043, I-IV.


(2) S. C. R. 14 agosto 1858 n. 3069, 1.
(3^ S. C. R. 5 maggio 1736 n. 2319. Aliqla dubia n. 20 Sy-
nod. Dioeces. Papien. pag. 34<6.
260 Capo IV.

zioni‘ si estesero dalla Gallia in tutto l’occidente, e


Roma stessa le adottò sotto il Pontificato di Leone
IH dando ad essa il nome di rotazioni minori (1).
ff fine di queste è identico a quello delle maggiori
e tutti quelli che sono tenuti a celebrare le prime
sono ugualmente tenuti a celebrare anche queste.

135. Rito della processione delle Litanie minori.


11 rito delle Rogazioni minori non si differenzia
per nulla da quello delle Litanie maggiori.

136. Benedizione delle campagne.


La processione delle rogazioni nelle chiese rurali
va ordinariamente! unita alla benedizione dei campi
colla quale s’invoca 6U di essi la fecondità delle se­
menti e l’allontanamento dei divini flagelli. Si bene­
dicono le croci ih ciascuna fermata della processione,
sospeso il canto delle Litanie, si canta un tratto evan­
gelico seguito da Orazioni, quindi colla croce proces­
sionale del clero il celebrante fa un segno di croce a
ciascun punto cardinale, dicendo a ciascuno: Ut frìic-
tus terrae dare etc. Quindi col clero fa altrettanti se­
gni di croce dicendo: A fulgure et\ tempestàte etc.,
coll’aspersorio asperge gli astantii e la campagna. II
rito di questa benedizione è regolato dalle leggi! sino­
dali e dalle consuetudini.1

(1) Guèranger, Année Liturgique, Le temps paschal t. IL Le


laudi des rogatipns.
Processioni delle Rogazioni. Altre Processioni 261

137. Altre processioni lugubri e festive conten


nel Rituale.
Sul modello di queste! processioni sono regolate le
altre processioni che si trovano nel Rituale; come
quella ad petendam pluviam, ad postulandam sereni-
totem, ':ad repellandas tempestates : quella in tempo
di penuria e di fame, di peste e mortalità, in tempo
di guerra, e pro quacumque tribulatióne.
La processione pro gratiarum actione ha un carat­
tere proprio, festivo, quindi inni, salmi ed orazioni
speciali; ili color dei paramenti è-'ili bianco. Ritornati
in chiesa si canta il Te Deum coi versetti e le tre O-
razioni prescritte nel Rituale (1).1

(1) S. C. R. I l seti. 1847 n. 2956, 3; 1 fcbbr. 1907 XI, n. 4198.


CAPO V.

Processioni col S S . S a c r a m e n t o .

138. Quando si fa la processione col SS. Sac


mento.
La Processione col SS. Sacramento si può fare ci­
gni volta che vi è una causa pubblica e importante,
come sarebbe per fare pubblica riparazione delle of­
fese fatte al Sacramento stesso, per ringraziarlo o per
implorare qualche pubblico beneficio. — Essa è vie­
tata al giovedì santo, tanto alla mattina (eccetto quel­
la che si fa dopo la Messa, nella chiesa, alla cappel­
lai del Sepolcro) come alla sera (1); ed al Venerdì
Santo, quasi a portare nel sepolcro il SS. Sacramento
(2). Vi hanno poi delle speciali occasioni, nelle qua­
li la processione col SS. Sacramento fa parte del ri­
to. Tali sono specialmente :
A Nella solennità del Corpus Domini. Il diritto di
fare la processione in questa solennità, nella città
spetta alla Cattedrale, nella quale deve cominciare e
finire (3); le altre chiese di città la possono fare du­
rante l’ottava (4). Le chiese foranee la possono fare
nella solennità o nella Domenica fra l’ottava.
Si deve fare immediatamente dopo la Messa solen­
ne (5), e non è lecito, senza causa sufficiente, tra-12345

(1) S. C. R. 13 marzo 1632 n. 586 ; 30 nov. 2889 n. 1717.


(2) S. C. R. 11 febr. 1702 n. 2089, 1
(3) S. C. R. 19 ag. 1619 n. 375.
(4) C o i c. 1291
(5) S. C. R. 3 giugno 1662 n. 1232.
Processioni col SS. Sacramento 263

sferirla nelle ore pomeridiane, perchè essa fa parte


del rito della Messa con cui si onora il SS. Sacramen­
ta. Il Sacerdote che celebra la Messa deve fare anche
la processione^ (1), eccetto il caso in cui fosse pre­
sente il Vescovo diocesano e volesse egli stesso fare
la Processione (2), e ciò nonostante qualsiasi con­
suetudine contraria, essendo diritto intangibile del
Celebrante (3).
Quando si fa la funzione nella Domenica fra l’ot­
tava si celebra la Messa come nella festa senza alcun-
na commemorazione della Domenica, se si celebra al­
tra Messa per la quale si adopera il color verde, al­
trimenti si fa commemorazione della Domenica col
suo Vangelo in fine. Il celebrante deve portare col­
le proprie mani l’ostensorio (4).
Nelle chiese nelle quali non si può fare colla de­
bita pompa la processione del SS. Sacramento nella
festa o nella Domenica- fra l’ottava, il Vescovo può
a suo arbitrio assegnare per la funzione una delle al­
tre domeniche seguenti, nelle quali, cantata la Messa
solenne colla commemorazione deh SS. Sacramento,
si possa fare la processione (5).
I Sacerdoti, i Diaconi ed i Suddiaconi che inter­
vengono come parte del clero possono indossare i pa­

ti) S. C. R. 4 magg. 17-09 n. 2193, 3; 23 marzo 1709


n. 2188, 4.
(2) Caerem. Ep. lib. Gap. XXXIJJ n. 15 e seg.
(3) S. C. R. 3 agosto 1839 n. 2792, 1, 2.
(4) S. C. R. 2 giugno 1618 n. 365 ; 24 lugl. 1638 n. 652 ; 22
maggio 1841 n. 2835.
(5) S. C. R. 8 maggio 1749 n. 2402.
264 Capo V.

ramenti del proprio ordine, cioè altre Pamitto, il ca­


mice, il cingolo, rispettivamente la pianeta colla sto­
la o la tunicella (1); ed un suddiacono parato senza
manipolo può portare la croce (2), I Canonici e le di.
gnità della cattedrale devono indossare i sacri para­
menti anche quando in detta funzione non intervie­
ne il Vescovo (3). Si devono ripulire ed ornare il
meglio che si può le vie; si possono erigere archi
trionfali con iscrizioni relative al SS. Sacramento. Si
possono erigere anche altari decenti su cui deporre,
sul corporale, il SS. Sacramento. Se la processione
è lunga si può anche, se vi é la consuetudine, impar­
tire la Benedizione dai detti altari col canto del Tanr
tum ergo col versetto e POrazione relativa; la bene­
dizione non si può dare più di una od al più due vol­
te, lungo il tragitto (4).
B Nelle SS. Quarant’Ore la Processione si deve
fare dopo la Messa solenne/ dell’apertura, dal Cele­
brante stesso; e alla fine delle Quarant’Ore dopo la
Messa dal Celebrante stesso non da altri (5), ovve­
ro alla sera. In esse si possono usare i paramenti del­
la Messa, anche se sono violacei, ma la continenza
dev’essere bianca (6). Se si fa la riposizione dopo
il canto dei Vespri, si può fare la processione e dare123456

(1) Tali vesti però non si possono indossare in concorso colla


Cattedrale (S. C. R. 4 maggio 1686 n. 1766): altrimenti si può
(S. C. R. 26 aprile 1704 n. 2136: 20 maggio 1741 n. 2362, 1).
(2) 5. G. R. 20 maggio 1741 n. 2361, 1. 2.
(3) S. C. R. 12 sett. 1776 n. 2236.
(4) a C R. 23 sett. 1820 n. 2600; 12 sett. 1884 n. 3621, III.
(5) S. C. R. 18 luglio 1671 n. 1428.
(6) S. C. R. 8 luglio 1678 n. 1615, 6.
Processioni col SS. Sacramento 265

la Benedizione coi paramenti del colore conveniente


ai Vespri, qualora però il celebrante non receda dal
presbiterio, ma parato continui la processione ed as­
sista alla predica, se vi è. Se invece ritorna alla sa­
crestia, deve assumere i paramenti bianchi per la pro­
cessione e benedizione (1).
C Nella terza domenica del mese (ed in alcuni luo­
ghi la prima) s'j( fa pure la processione, subito dopo
la Messa cantata, col SS. Sacramento.

139. Rito delle processioni col SS. Sacramento.


Quando la processione si fa dopo la Messa, i mi­
nistri depongono il manipolo, il Celebrante depone
la pianeta ed il manipolo ed assume il piviale del co­
lore usato nella Messa solenne. I paramenti si depon­
gono e si assumono in presbiterio, dal lato dell’Epi­
stola, colle debite riverenze al SS. Sacramento ed ivi
si infonde incenso in due turiboli' (2). Quando la
processione si fa dopo il canto dei Vespri si posso­
no ritenere gli stessi indumenti sacri usati pel can­
to dei Vespri (3). Ma in ogni caso il Celebrante usa
sempre amitto, camice, cingoli, stola, piviale, il sud-
diacono la tunicella, e il diacono stola e dalmatica
(4).
Fatta la debita riverenza, in piano, al SS. Sacra­

ti) S. a R. 20 seti. 1806 n. 2562.


(2) Così Miartinucci. Altri peraltro insegnano di infondere in­
censo davanti all’altare, come nella benedizione.
(3) S. C. R. 27 maggio 1911 n. 4269, 13.
(4) S. C. R 15 giugno 1883 n. 3577.
266 Capo V.

mento, il Celebrante prende dal Diacono uno dei


due turiboli in cui ha infuso incenso ed incensa il
SS. Sacramento. Quindi riceve il velo omerale che
dev’essere sempre di color bianco, lo lega davanti
perchè non cada, sale coi ministri all’alitare e s’in­
ginocchia sul gradino superiore (1), ove riceve dal
Diacono l’ostensorio col SS. Sacramento, fatto prima
inchino col capo.
L’ostensorio si deve prendere colla continenza o
velo omerale e non colle mani nude.
Il Celebrante si alza e il diacono si mette alla de­
stra e il suddiacono alla sinistra, sul soppedaneo ri­
volti alla porta della chiesa.
Nella processione il Celebrante coi Ministri proce­
dono sotto il baldacchino portato dal clero o dai lai­
ci : si devono portare i lumi da tutto il clero. Intorno
al SS. Sacramento nelle processioni che si fanno
fuori di chiesa si devono portare almeno quattro lan­
terne astili, onde il vento non spenga le candele ne­
cessarie per l’onore del SS. Sacramento (2). Tutti
devono procedere a capo scoperto.
E’ proibito portare nella processione col SS. Sa­
cramento gli istrumenti della Passione, dei martiri12

(1) S. C. R. 1 febbraio 1907 n. .4198, XML


(2) Nei nostri paesi 9i portano in molte parrocchie tali lan­
terne astili ai lati delle croci delle Confraternite maschili e fem­
minili e si lascia il SS. Sacramento pressoché senza lumi. Occor*
re vedere alla sera del Corpus Domini o delle SS. Quarantene
una processione sfavillante di lumi e il SS. Sacramento quasi al
l’oscuro. E’ necessario richiamare la regola in pratica.
Processioni col SS. Sacramento 267

o dei Santi (1), Reliquie (2), immagini o statue dei


Santi (3).
Si canta il Pange lingua ed altri inni come indica
il Rituale che sono : il Sacris solemniis juncta sint
gaudia, Verbum supernum prodiens, Salutis huma­
nae sator, Aeterne Rex altissime; dei quali i primi
tre sono dell’Ufficio del SS. Sacramento e gli ultimi
due di quello della Ascensione.
Se la processione fosse lunga si potrebbe cantare
come indica lo stesso Rituale, if Te Deum, il Bene­
dictus, il Magnificat od ^nche la sequenza della Mes­
sa del Corpus Domini. Il Celebrante non canta, ma
può recitare a voce sommessa coi Ministri alcuni sal­
mi ed inni; nel portare il SS. Sacramento tiene in
esso fissi gli occhi e non li rimuove dall’Ostia se non
per bisogno (4); tutti gli altri procedono cogli occhi
bassi, portamento grave e modesto. I Ministri sosten­
gono i lembi del piviale del Celebrante e non porta­
no i lumi. Precedono il Celebrante i due turiferari
con cotta, che portano e muovano lentamente i tu­
riboli fumiganti.
140. Conclusione della processione.
Ritornata la processione alla chiesa, il crocifero
depone la croce, gli accoliti depongono i ceroferari1234
(1) S. C. IL 7 die. 1844 n. 2879.
(2) S. 0. F. 17 giugno 1684 n. 1731, 1.
(3) S. C. R. 29 maggio 1885 n. 3636, IH.
(4) Non adunque cogli ocelli bassi, volti a terra, che qui non
è proprio il caso! — Si usa in qualche luogo far spargere fiori
sulla strada da bambine vestite di bianco. E’ buon costume, quan­
do venga fatto con quella gravità elle conviene alla sacra funzio­
ne. Non devono stare troppo vicine al Celebrante.
268 Capo V.

sulla credenza e tutti genuflettono, il clero nel pre­


sbiterio, disposto ai due lati sull’infimo gradino del­
imitare, tenendo in mano la candela accesa. Il Cele­
brante coi Ministri inginocchiato sul gradino inferio­
re (1), consegna l’ostensorio al Diacono che lo riceve
stando in ginocchio in piano (2), e Do depone sulla
mensa. Quindi, fatta genuflessione sulla predella, di­
scende e s’inginocchia alla destra del Celebrante. S»
cantano le due ultime strofe del Pange lingua, ed a
suo tempo il Celebrante, nel modo che si è detto,
infonde incenso nel turibolo ed incensa il SS. Sacra­
mento. Finito il canto dell’ultima strofa si cantai il
versetto Panem de coeló\ a cui, nel tempo pasquale
e tra l’ottava del Corpus Domini, si aggiunge' Alle­
luja. Quindi il Celebrante sorge, rimanendo in gi­
nocchio i Ministri che tengono il libro.
Questi canta, senza dire il Dominus vobiscum, la
parola Oremus e l ’orazione Deus q u i-nobis colla con-,
clusione breve. Quindi riceve il velo omerale; sale
la predella e imparte la Benedizione come al solito
e riposto il SS. Sacramento nel tabernacolo o dopo
la sua esposizione sul trono (come nel giorno del
Corpus Domini) si ritorna, fatta la debita riverenza,
alla sacrestia.
Dopo la processione per l’apertura delle SS. Qua-
rant’ore non 6Ì imparte la benedizione.
Ricordiamo due Decreti (3225-4257) che dicono12

(1) S. C. R. 1 febbr. 1907 n. 4198; XIH. Caerem. Ep. H, cap.


23,13; cap. 24, 32; cap. 26, 16; cap. 32, 24.
(2) S. C. R. 1 febbr. 1907, n. 4198, XIV.
Processioni col SS. Sacramento 269

«Post processionem cum SS.mo Sacramento in Ia­


nua ecclesiae benedictionem impertiendi consuetudo
servari potest quando permulti Christi fideles SS.
Eucharistiae Sacramentum comitantes, ecclésiam,
peracta processione, ingredi nequeant propter an­
gustiam ipsius ecclesiae et sic benedictiónem, nisi in
Ianua ipsius impertiatur recipere non valeant».
CAPO VI.

P r o c e s s i o n e c o l l e SS. R e l i q u i e
e colle Statue.

141. Esposizione delle SS. Reliquie.


Le Reliquie dei Santi si possono esporre alla ve­
nerazione dei fedeli nella loro stessa custodia, te­
nendo accese per tutta la durata dell’esposizione al­
meno due candele (1). Le Reliquie dei Beati non si
possono esporre nè portare in processione, senza u-
no speciale indulto, eccetto che si celebri la loro Mes­
sa e il loro Ufficio (Can. 1287) per concessione della
S. Sede;
Le sacre Reliquie si devono esporre da un Sacerdo­
te o Diacono vestito di cotta e stola, accompagnato
da due chierici vestiti di cotta portanti in mano u-
na candela accesa. Non si può adoperare la conti­
nenza, eccettochè per le Reliquie della Passione.
Non si possono esporre sul tabernacolo in cui 6ta
il SS. Sacramento, in modo che il tabernacolo serva
di base (2), nè quando sta esposto il SS. Sacramento
sull’altare maggiore. In questo caso si potrebbero e-
sporre sugli altri altari minori, purché durante l’e­
sposizione del SS. Sacramento non si dia con esse la12

(1) S. C. R. 22 gennaio 1701 n. 2067, 9; 12 ag. 185-*


n. 3029, 13.
(2) S. C. R. 3 apr. 1821 n. 2613, 6; 12 marzo 1836 n. 2740, 1.
Processione colle SS. Reliquie e colle Statue 271

Benedizione nè si porgano a baciare ai fedeli (1). Se


è una sola Reliquia esposta a speciale venerazione
si deve mettere sulla mensa o sui gradini dell’altare
dal lato del Vangelo. Essa si può mettere su di una ba­
se di legno, senza la palla (2); ma non vi si può
mettere intorno corona, nè al di sopra un piccolo
baldacchino, ciò che è solo riservato alle Reliquie
della Passione, ove vi è la consuetudine (3).

142. Incensazione delle Reliquie e Statue.


Le Statue e le Reliquie dei Santi e della Vergine
devono essere incensate con due tiri doppi, facendo
prima e dopo inchino di capo e stando in piedi; l’ef-
fige del Signore si deve incensare con tre tiri doppi
con inchino di capo e stando in piedi ; le reliquie del­
la S. Croce e gli Strumenti della 'Passione devono
essere incensati con tre tiri doppi facendo genufles­
sione semplice prima e dopo, ma stando in piedi du­
rante l’incensazione.
La riposizione delle Reliquie si fa collo stesso rito
della esposizione. Durante la loro esposizione alle
Reliquie dei Santi 8Ì fa inchino, alle Reliquie della
Passione si deve fare genuflessione semplice. Le sa­
cre Reliquie si possono porgere ai fedeli da baciare
da un sacerdote o diacono vestito di cotta e stola con­
veniente alla sacra Reliquia. Nel porgerle a baciare123

(1) S . t R . 6 seti. 1845 n. 2906.


(2) S. C. R. 18 luglio 1900, IL Nonnulla Dub. in u. Laudem.
(3) S. C. R. 7 aprile 1832 n. 2689, 3.
272 Capo -HZ.

gì può dire la formula per merita et intercessionem


Sancti N. concedat tibi Dominus salutem et pacem :
o più breve: Per interce&ionem Sancito N. liberet te
Deus ab omni medo. Per le Reliquie della S. Croce
si può dire: Per signum crucis de inimicis nostris li­
bera nos Deus noster. Per quelle della Passione in ge­
nerale Per Passionem tuam etc. Le sacre Reliquie si
possono dare da baciare ai fedeli anche dal Celebran­
te immediatamente prima o dopo Messa, vestito) degli
abiti sacri della Messa (1); con la dovuta gravità
e devozione, alla balaustra della cappella in cui è e-
sposta la reliquia e non fuori di essa.

143* Processione e benedizione colle Reliquie dei


Santi.
Per sè le processioni colle Reliquie e Statue dei
Santi si possono fare in qualsiasi giorno; è però a-
lieno dallo spirito della Chiesa il farle in quelle so­
lennità^ principali che non hanno pei*, oggetto il loro
culto, ma altri Misteri. Le Reliquie e statue dei Bea­
ti non si possono portar in processione senza speciale
indulto (2), nel quale si prescrive anche il modo.
Per la Processione il Celebrante indossa cotta, stola
e piviale di color rosso per le Reliquie dei Martiri e
di color bianco per quelle dei Santi; i Ministri in­
dossano la cotta e le tunicelle, del color del piviale
del Celebrante.12

(1) S. C. R. 16 marzo 1833 n. 2784, 5.


(2) S. C. R. 27 seti. 1659, il 1130, 11; 1 lugl. 1898 n. 399?,
c. 1287.
Processione colle SS. Reliquie e colle Statue 273

Le Reliquie dei Santi si possono portare dal Ce­


lebrante; ma senza il velo omerale. In questo caso
il Celebrante ed i Ministri procedono a capo scoperto
(1). Si possono anche collocare su apposito portatile
e portare da sacerdoti coi sacri indumenti della Mes­
sa del colore conveniente alle Reliquie, o da chierici
vestiti di cotta; sempre a capo scoperto; il Cele­
brante coi Ministri procedono in questo caso a capo
coperto prima di coloro che portano le sacre Reli­
quie., Non si può usare il baldacchino (2), nè si pos­
sono condurre su carro. I laici ed ili clero, che fan­
no parte della' processione, almeno se si tratta di Re­
liquie insigni, possono portare lumi accesi; if clero
fuori di chiesa procede a capo coperto col berretto.
Durante le processioni si cantano le Litanie dei
Santi «cum invocatione Sanctorum, quorum Reli­
quiae deferuntur», come nota il Rituale; ciò che fa
supporre sia in questo caso lecito introdurre nelle Li­
tanie, in proprio luogo, il nome} del Santo di cui si
onorano le Reliquie, come si fa nel giorno della de­
dicazione della chiesa. Inoltre si può cantare il Te
Deum, il salmo Laudate Dominum de coetiis ed altri
salmi ed inni proprii o del Comune dei Santi. Pri­
ma di incominciare la processione il Celebrante in­
fonde incenso in un turibolo, e stando in piedi in
piano, incensa la Reliquia, facendo profondo inchino
del corpo prima e dopo. Quindi il Diacono ascende
la predella e prendendo ih Reliquiario, lo consegna12

(1) S. C. R. 1 dei. 1657 n. 1043 ; 2 apr. 1667 e 1352.


(2) S. C. R. 27 maggio 1826 n. 2647.
274 ■Capo Vi.

al Celebrante, il quale rivolto al popolo procede,


mentre incomincia il canto. Precede il turiferario, im­
mediatamente avanti alla sacra Reliquia, col turibolo
fumigante. Sè sì portano Reliquie insigni di Santi si
possono adoperare due turiboli (1).
Nel ritorno alla chiesa il clero si dispone in pre­
sbiterio, come si è detto della processione col SS.
Sacramento. H Celebrante, stando in piano, consegna
al Diacono la Reliquia che viene deposta in suo luo­
go sulla mensaj ovvero se è portata da altri, questi
la depongono a suo luogo. Cantatosi il versetto e l’o­
razione relativa al Santo, il Celebrante infuso l’in­
censo nel turibolo, incensa la sacra Reliquia, come si
è già detto.
La funzione si può concludere, ove vi 8 costume,
colla benedizione impartita colla sacra Reliquia, ma
non è obbligatoria per le Reliquie dei Santi (2). Es­
sa si dà' al Celebrante, senza velo omerale; durante
la benedizione tutti si devono inginocchiare «non
exceptis sacris Ministris neque ipsis etiam Praesuli­
bus, si adessent» (3), e i Canonici del Coro (4). Dopo
l’incensazione o dopo la Benedizione, il Celebrante
coi Ministri ritornano alla sacrestia. La funzione per
altro si potrebbe concludere colla benedizione col
SS. Sacramento, nel qual caso si deve omettere quel­
la colla Reliquia.1234

(1) Merati, p. Il, tib. 7 n. 73.


(2) S. C. R. 18 febbr. 1843 n. 2854.
(3) S. C. R. 28 giugno 1868, n. 31, 79.
(4) S. C. R. 16 die. 1909 n. 4243. 7.
Processione colle SS. Reliquie e colle Statue 275

144. Processione e Benedizione colle Reliquie


la Passione di G> C.
Riguardo a questo punto nel Decreto 18 febbraio
1843 n. 2854 della S. G. dei Riti si danno le norme
da seguire.
Dal decreto risulta che:
a) si deve benedire il popolo colla Reliquia d
Santa Croce dopo che si è portata in processione o
fu esposta alla pubblica venerazione come venne det­
to in u. Brixien. 15 sept. 1736 ad dub. 1; b) T J e
benedizione si deve sempre dare anche se il sacerdote
che fa la funzione non è Canonico ; c) Nell’atto della
benedizione è vietato il canto di qualsiasi versetto o
prece. Quanto alla processione :
1. E’ lecito portarle, anche sotto il baldacchino,
con due turiferarii che incensano, però solo in quei
luoghi ove vi è una immemorabile consuetudine.
2. Si procede a capo scoperto da tutti.
Quanto alYincensazione: Si deve fare dal Cele­
brante in piedi, anche nel Venerdì Santo. Quanto a-
gli atti di venerazione, se la Reliquia è riposta nella
sua custodia non 6Ì fa ad essa lia genuflessione, ma
solo inchino del capo; se è esposta sull’altare, passan­
do davanti ad essa si deve| fare da tutti genuflessione
semplice. Alla Reliquia di S. Croce esposta si fa dal
Celebrante e dagli ' assistenti genuflessione solamente
Dell’accesso all’altare ogni volta che si passa da un
lato all’altro dell’altare. Davanti alla S. Reliquia e-
sposta, il coro sta in piedi a capo scoperto.
Nella esposizione della Reliquia di S. Croce al Ve­
276 Capo VI.

nerdì Santo la S. C. dichiara : che si deve seguire la


consuetudine vigente tanto circa il colore del piviale,
quanto al modo di recitare l’orazione Respice quae­
sumus dal sacerdote genuflesso o stando in piedi e
quanto all’ammettere i fedeli al bacio della reliquia.
Non è necessario che i Ministri, (Diacono e Sud-
diacono) depongano le scarpe quando vanno all’ado­
razione della S. Croce.
Quanto alla conservazione, le reliquie della Pas­
sione e della Santa Croce debbono collocarsi in pro­
prie teche separatamente dalle reliquie dei santi (1).
Alle Reliquie delle Sacre Specie miracolose della
SS. Eucaristia, come corporali intrisi di sangue, ecc.
si dà lo stesso culto che agli strumenti della Passio­
ne (serv. servandis), purché siano approvate (2).

145. Esposizione e venerazione delle Statue.


La Chiesa ha speciale venerazione e| culto per le
Statue dei Santi; quando sono benedette. Esse si pos­
sono esporre in Chiesa e portare solennemente in prò.
cessione. Tale esposizione! naturalmente non si può
fare dal sacerdote, ma occorre l’aiuto dei laici. Peral­
tro tolta la statua dalla sua nicchia e collocata per o-
pera dei laici a suo luogo, il sacerdote interviene! col
rito solenne ordinato per il loro culto. Le statue dei
Santi e di N. Signore 'Gesù Cristo,, come, le Reliquie,
non si possono^ esporre sul tabernacolo in cui sta il12

(1) S. C. R. 18 febbr. 1843 n. 2854. Can. 1287, 2.


(2) S. C. R. 27 giugno 1868 n. 3186.
Processione colle SS. Reliquie e colle Statue 277

SS. Sacramento nè sulla mensa del detto altare. Non


è permesso scoprire né esporre in tempo di Passione,
nè nella chiesa ove sta esposto il SS. Sacramento,
nè sul trono, ove questo si suole esporre. Se però la
statua è esposta fuori dell’altare si può lasciare sco­
perta (1). Non si devono collocare in chiesa in modo
che volgano le spalle e tolgano la vista del taberna­
colo del SS. Sacramento, ciò che potrebbe avvenire
nelle chiese piccole quando si esponessero nel mezzo
di esse. Il loro posto conveniente è in qualche cappel­
la ovvero nella chiesa, vicino alla balaustra dell’aitar
maggiore, dal lato dell’epistola o del vangelo. Appe­
na la statua è collocata sul suo basamento si possono
suonare le campane solennemente, si accendono al­
meno due lumi e un sacerdote o diacono in cotta e
stola con due chierici va davanti ad essa, infonde in­
censo nel turibolo e la incensa a due tratti di turibo­
lo (2), facendo prima e dopo profondo inchino.
La statua della B. V. Addolorata! si può esporre
nella feria VI dopo la Domenica di Passione e si può
portare in processione colla statua di Gesù morto al
Venerdì Santo (3).
Le immagini che sono in grande venerazione pres­
so i fedeli si devon tener velate, quando non sono e-
sposte con ceri accesi (4).1234

(1) S. C. R. 11 maggio 1878 n. 3448, XI.


(2) S. C. R. 28 luglio 1789 n. 2535.
(3) S. C. R. 21 marzo 1744 in u. Bergom. 12 nov. 1831
2682, 52.
(4) S. C. R. 29 maggio 1885 n. 3636, IV.
278 Capo VX.

146. Processione colle Statue.


La Processione colle statue dei Santi, delia B. V.
o di N. S. G. C. si ordina come quella delle Reliquie.
In particolare si noti :
1. E’ vietato portare qualsiasi statua sotto il bal­
dacchino (1).
2. Il turiferario precede la croce durante la pro­
cessione.
3. Prima di muoversi la processione, il Celebrante
infonde incenso nel turibolo ed incensa la statua a due
tratti, facendo inchino davanti ad essa prima e dopo.
4. Durante la processione £1 Celebrante coi mini­
stri precedono la statua e vanno a capo coperto.
5. Si cantano salmi ed inni relativi all’ogggetto del
culto.
6. Circa l’uso dei lumi si deve stare alle particolari
leggi diocesane, ed in mancanza di queste, alle con­
suetudini locali.
7. Ritornata la processione in chiesa, collocata la
statua al proprio luogo ove sta esposta - si canta il ver­
setto e l’Orazione relativa, quindi si incensa come si
è detto. Fatto ad essa inchino, il Celebrante si reca
all’altar maggiore coi ministri ed il clero ove si può
concludere la funzione colla benedizione col SS. Sa­
cramento.
8. La processione colle Statue scoperte si può fare
anche in tempo di Passione (2).12

(1) S. C. R. 29 agosto 1744 n. 2379, 2.


(2) S. C R. 4 giugno 1874 n. 3332, IV.
Processione cotte SS. Reliquie e colle Stante 279

9. Non si può portare in processione la statua d


Gesù bambino col velo omerale e l’ombrello, ma si
deve portare senza questi oggetti (1).

147. Processione col Crocifìsso o colla statua del


Redentore morto nel Venerdì Santo.
Nel Venerdì santo, dopo i Vespri, si può portare
processionalmentei l’immagine del crocifisso, o la sta­
tua rappresentante il divino Redentore morto (2).
Nel primo caso ordinariamente ili sacerdote stesso
con cotta e stola nera porta il crocifisso e si canta il
Miserere, si usano lumi ecc. ; nel secondo il Celebran­
te precede la statua col piviale e stola di color nero
(3) sulla cotta. Si possono usare i sacri Ministri parati
con cotta, dalmatica e tunicella di oolor nero. Dietro
la statua di Gesù morto si può portare quella della
B. V. Maria Addolorata.
Anche qui si possono usare lumi, incenso e rifor­
nati alla chiesa si può benedire il popolo col crocifis­
so ovvero coni la reliquia della S. Croce.123

(1) S. C. R. 3 agosto 1901, IEL


(2) S. 'C. R. S maggio 1736 n. 23-20, 2.
(3) S. C. R. 1 febbr. 1907.
SEZIONE VI.

Dei Funerali e delle Esequie.

CAPO I.

Funerali degli adulti*

148. Andata alla casa del defunto.


Il Parroco può chiamare ai funerali quelli del
Clero che vuole, se i defunti non dispongono altri­
menti, perchè nel caso la loro volontà si deve rispetta­
re (1). Quelli che vi prendono parte devono radunar­
si in chiesa (2), e nessuno si deve aggiungere peri via
(3). — Il funzionante, Sacerdote o, (de Ordinarii
loci vel Parochi licentia gravi de causa concedenda)
il Diacono (4), indossa, in sacrestia la cotta colle pro­
prie insegne e la 6tola di color nero» o anche il pivia­
le (5). Gli altri possono usare su la ootta o rocchetto
le insegne del proprio grado, come' mozzetta/ e cappa
magna. — Nella processione funebre si deve usare
un’unica croce, che è quella della parrocchia in cui si12345

(1) S. c. R. 7 seti. 1613 n. 313.


(2) Rit. Rom. Cap. IH. 1; S. C. R. 28 febbr. 1680 il. 1643, 10.
(3) S. G. R. 4 agosto 1674 n. 1521.
(4) Rit. Rom. tit. IV, Cap. VH, n. 5.
(5) S. C. R. 12 agosto n. 3029, 4.
Funerali degli adulti 281

fanno i funerali (1) e sotto di essa devono andare


tutte le Associazioni ed il Clero; eccetto il caso in cui
interviene il Capitolo della Cattedrale che porta la
propria croce, sotto la quale tutti devono ordinarsi
anche il Parroco ed il clero del defunto, e ciò non o-
stante qualsiasi1consuetudine in contrario (2).
Se il defunto è portato alla propria parrocchia il
parroco fa gli uffici é porta la stola anche se inter*
viene il Capitolo della Cattedrale (3). Le pie Associa­
zioni e Confraternite possono portare i proprii sten­
dardi funebri..
Nell’andata alla casa nulla vi è prescritto di recita­
re, quindi si osserva in proposito la consuetudine o le
disposizioni diocesane.

149. Trasporto del cadavere alla chiesa.


Il feretro deve essere) coperto in lutto o col panno
nero (4) anche per i non maritati che abbiano rag­
giunto anni 7 e l’uso di’ ragione. Dove vi è costume
di coprire il feretro di bianco in signum virginitatis,
per i non maritati e si teme tumulto del popolo inter­
rompendo la pratica, convien ricorrere alla SS. Sede
che spesso concede di seguir il costume, purché si
metta sul feretro una fascia nera (5).12345

(1) S. O. R. 18 ag. 1629 n. 515 ; 13 marzo 1632 n. 585, 2;


17 giugno/1673 il. 1482; 23 aprile 1895 n. 3263.
(2) S. C. R. 16 luglio 1757 n. 2445, 3, 4; 28 apr. 1866
n. 3144, IH.
(3) S. a R. 23 apr. 1895 n. 3854, IL
(4) S. C. R. 21 luglio 1855 n. 3035, H.
(5) S. C. R. 31 agosto 1872 n. 3263.
282 Capo I.

Arrivati alla casa del defunto, il Celebrante si col­


loca ai piedi del defunto, ed accanto a lui il chierico
col vaso dell’acqua benedetta; in capo al feretro si
colloca il crocifero! colla croce. II Celebrante, scoper­
to il capo, come tutto il rimanente del clero, asperge
tre volte il feretro coll’acqua benedetta, senza far se­
gni di croce, cioè nel mezzo, alla propria sinistra,
quindi alla destra: poscia recita ad alta voce, senza
canto, l’Antifona Si iniquitates (1) col salmo De pro­
fundis, alternativamente col Clero e coi cantori. Det­
to il Requiem aetérnam dona ei Domine, et lux per­
petua luceat ei, e ripetuta l’Antifona, il clero si co­
pre ilj capo, e la processione ritorna alla chiesa, nello
stesso ordine in cui si è partita da essa. Il celebrante
precede immediatamente il feretro.
La banda musicale, se interviene, deve procedere il
corteo od almeno la croce del clero. Il Celebrante u-
scendo dalla casa del defunto preceduto' dalla croce,
con voce grave intona l’Antifona: Exultabunt Do.
mino; quindi si canta il salmo Miserere, e per la via
breve, eccetto il caso in cui la necessità di spiegare la
processione non esige altrimenti, si ritorna alla chie­
sa. Ai Salmo Miserere se occorre si può far seguire il
De profundis e ripeterli, fino all’ingresso della chiesa.
Il Corteo funebre può passare nei limiti delle al­
tre parrocchie, e i parroci non lo possono impedi­
re (2).12

(1) S. C. R. II aprile 1982 in una Augustana, 1.


(2) S. C. R. 17 nov. 1672 n. 1526. Can. 1232, 1.
Funerali degli adulti 283

Circa i Vessilli delle società che accompagnano il


corteo la S. Inquisizione decise : se si tratta di vessil­
li che portano emblèmi apertamente empi a perversi
contrari alla Religione il clero deve ritirarsi dal par­
tecipare alPaccompagnamento : se per forza si vo-
glion introdurre in chiesa, se non è ancora incomin­
ciata la messa il clero si ritira e se è già cominciata
la si prosegue, ma l’Autorità Ecclesiastica deve prote­
stare contro tale violazione (1). Se si tratta dei così
detti vessilli nazionali che non recano alcun emblema
vietato per sè si possono ammettere all’accompagna­
mento e si possono lasciar introdurre in chiesa anche
se non benedetti. Le società laicali, anche con vessilli
benedetti, devono seguire il feretro (2).

150, Ufficiatura - Messa ed esequie.


All’entrar del feretro in chiesa, il Celebrante ripe­
te l’Antifona: Exultabunt Domino ossa umiliata, ed
il clero si divide in due ali intorno al luogo dove si
deve deporre il feretro, in modo che i più degni siano
più vicini al Celebrante.
IL feretro si deve deorre in mezzo alla chiesa (3),
non entro il catafalco, ma sopra di qualsiasi opportu­
no sostegno, in modo che venga immediatamente co­
perto col panno nero, ed i piedi del defunto, se è
laico, siano verso l’altare (4). Intorno ad esso, quan-1234

(1) S. Inq. 3 ottobre 1887.


(2) S. C. R. 14 marzo 1903.
(3) Rit. Rom. 1. c. m. n. 4.
(4) Rit. Rom. 1. c.
284 Capo 'i.

do si deve celebrare la Messa, si collocano le torcie o


candele sui candelabri di ferro o di legno nero.
Il clebrante si colloca tra il feretro e l’altare al­
quanto in cornu Epistolae, ed il crocifero al capo del
defunto, cioè tra il feretro e,la porta, col crocifisso ri­
volto verso il feretro. Intanto il Clero ed i cantori can­
tano il Responsorio: «Subvenite Sancti Dei», dopo il
quale vanno al coro od anche siedono intorno al fere-
tro, per la» recita dell’Officio dei defunti. Anche la
croce vien portata in presbiterio se il clero va in coro,
se v’è consuetudine, si può lasciarla presso il feretro.
Premesso l’invitatorio (1) si canta o si recita alme­
no il primo notturno (2) duplicando le Antifone. Du­
rante POfficiatura non sì deve suonar Porgano e mol­
to meno si deve alternare col suono i versetti dei Sal­
mi o del Benedictus (3) ; si conclude col Pater noster
i Versetti è l’Orazione Absolve quaésumus, come nel
Rituale al n. 5 omettendo cioè il De profundis. Nel­
l’Officio non si fa mutazione alcuna (4).
La Messa, se vi è, può essere celebrata da un sacer­
dote diverso da quello che accompagnò il feretro alla
chiesa (5).
Durante la» Messa cantata de requie deve tacer l’or­
gano quando non si canta (6), si devono cantare per123456

(1) Vid. Gardell. in dee. n. 4536, 13i.


(2) S. C. R. 6 febbr. 1892 n. 3764, V.
(3) Caerern. Ep. 1. 1. c. XXV111, 13.
(4) S. C. R. 7 sett. 1816 n. 2572. 24.
(5) 6. C. R. 21 taglio 1855 n. 3035. 3l
(6) Caerem. Ep. 1. c.
Funerali degli adulti 285

intero l’Introito, il Graduale col Tratto, la Sequenza.


L’Offertorio ed il Communio, perchè «ve/ non cele-
brandas Missas defunctorum, vel cernendas esse omnia,
quae precationem suffragii respiciunt» (1).
Nel giorno della Commemorazione di' tutti i fedeli
defunti, si deve celebrare una delle tre messe prescrit­
te in tal giorno colPOrazione prò defuncto (in die
obitus) sub unica conclusione.
Finita la Messa, il Celebrante e non altri (2), coi
ministri, discende in piano, ove fatta la debita rive­
renza all’altare in cornu Epistolae, depone la pianeta
e il| manipolo, ed assume il piviale (3), i ministri de­
pongono il manipolo. Fatta la debita riverenza al­
l’altare, si va al feretro! per le esequie :i precede il tu­
riferario col chierico portante l’acqua benedetta ed il
Rituale, segue il Suddiacono colla croce in mezzo a
due accoliti coi ceroferari accesi, quindi il clero a due
a due, colle candele accese, ed a capo scoperto: in­
fine segue il Celebrante col Diacono, a sinistra,; en­
trambi a capo coperto. Il suddiacono coi ceroforarii si
colloca al capo del defunto, cioè tra il tumulo e la
porta : il Celebrante invece ai piedi, cioè tra il feretro
e l’altare, alquanto verso il lato dell’Epistola :>alla di
lui sinistra stanno il Diacono, il turiferario ed il chie-123

(1) S. C. R. 11 settembre 1846, n. 2959, 2.


(2) S. C. R. 12 agosto 1854 n. 3029, 10. Ecco il Decreto: Num
post Missam in die obitus alius Sacerdos a Celebrante diversus
accedere possit ab absolutionem peragendam? Resp. Negative- et
ex Decretis hoc jure gaudere tantum Episcopum loci Ordinarium.
(3) 11 piviale si deve sempre usare nelle esequie e nelle
soluzioni anche se la Messa non fu solenne (Rit. Rom.).
286 Capo i.

rico coll’acqua santa ed il libro (1) ; il clero si dispo­


ne intorno al feretro, in modo da lasciare però facile
il transito al Celebrante per girare intorno ed i più
degni stiano vicini al Celebrante (2). Dove manca il
diacono ed il suddiacono, un chierico porta la croce
ed un altro assiste il Celebrante.
Così disposti, scoperto il capo, il Celebrante, colle
mani giunte, recita immediatamente ^Orazione Non
intres, senza far mutazioni (3), in tono feriale delle
collette. Quindi si canta il Responsorio : Libera me
Domine. Alla fine del versicolo Requiem aetérnam, il
diacono passa alla destra del Celebrante e presenta la
navicella, senza baci, dicendo Benedicite, Pater reve­
rende. Il Celebrante alla ripetizione del Responsorio
Libera me Domine, colla forinola consueta: Ab ilio
benedicaris etc. infonde incenso nel turibolo e lo be­
nedice. Cantati dai cantori, i Kyrie eleison, il Cele­
brante a voce alta dice: Pater noster. Ricevuto dal
ministro l’aspersorio, il Celebrante col diacono e l’as­
sistente che sostengono i lembi del piviale, fatta debi­
ta riverenza prima all’altare e poi alla croce del Sud-
diacono (4), passa dalla parte del feretro che è verso
il Vangelo e lo asperge al lato tre volte, prima ai pie­
di del defunto, poi nel mezzo quindi al capo, senza
segno di croce, e sempre procedendo. Passando da-1234

(1) Miss. Rom. Ritns Celebr. 1. c.


(2) Rit. Rom. 1. c.; Caerem. Ep. 1. II. c. XI n. 15-14.
(3) S. C. R. 21 gemi. 1741 n. 2355; Martinucci 1. I, e. XIV
n. 485.
(4) Rit. Rom. 1. c. n. 60; e Miss. Rom. rit. cel. Miss. 1. c.
Funerali degli adulti 287

vanti alla croce del- Suddiacono, fa profondo inchino,


mentre il Diacono fa genuflessione, asperge l’altro la­
to del feretro prima al capo poi al mezzo, indi ai pie­
di. Consegnato l’aspersorio, il Celebrante riceve il tu­
ribolo ed incensa il feretro nello stesso ordine e mo­
do con cui lo asperse. Ritornato al luogo di prima,
cioè ai piedi del cadavere, di fronte alla croce del Sud-
diacono, e consegnato il turibolo al ministro, il Cele­
brante colle mani giunte e col libro aperto davanti,
sostenuto da un ministro, dice : Et ne nos inducas etc.
coi versetti seguenti e l’orazione Deus cui proprium
est. Quindi si canta il Responsorio : In Paradisum, ed
il Celebrante intona l’Antifona Ego sum ed il Bene-
dictus Dominus Deus Israel etc. Dopo il Cantico, ri­
petuta l’Antifona, il Celebrante canta il Kyrie elei­
son, e dice ad' alta voce Pater noster : durante la reci­
ta del quale asperge il feretro o tumulo nel mezzo, al­
la propria sinistra ed alla destra, rimanendo a suo po­
sto. Quindi recita il versetto Et nè nos inducas etc.
coi seguenti e l’Oremus : Fac quaésumus. Dicendo il
versicolo Requiem aeternam dona ei Domine, stesa la
sinistra sul petto,; fa colla destra un segno di' croce
sul tumulo. Fatta quindi conclusione col Responso­
rio Anima ejus etc., coperto il capo e preceduto dal
turiferario e dal crocifero in mezzo' ai ceroferari e
clero, ritorna alla Sacrestia recitando l’Antifona Si
iniquitates ed il Salmo De profundis, col Kyrie elei­
son, Pater noster, etc; ed infine l’Oremus Fidelium
Deus (1).1

(1) S. C. R. 11 marzo 1899 n. 4014.


288 Capo \I.

151. Trasporto del cadavere al cimitero.


H sacerdote che accompagna al cimitero il cadave­
re può recitare privatamente o col popolo il Rosario
e giunto al cimitero conchiude il rito colle preci che
sono nel Rituale dopo il Benedictus. 11 sepolcro si be­
nedice quando' fosse costruito di mattoni o di marmo
ed in luogo appartato dal cimitero, non quando la fos­
sa è scavata nel cimitero benedetto (1).

152. Funerali nelle ore vespertine - Nei giorni in


cui è vietata la Messa esequiale.
Se il funerale non va unito alla Messa, perchè si fa
nelle ore vespertine, finito l’Ufficio, il Celebrante in
piviale ed in stola, nera, ma senza sacri Ministri pa­
rati, preceduto dal crocifero e dal clero, accompagna­
to da due chierici che sostengono i lembi del piviale,
fa le esequie come si è detto.
In quei giorni in cui è proibito dal rito la Messa de
requie praesente cadavere, anche i funerali solenni
non si possono celebrare la mattina e molto meno
unire alla Messa letta o cantata del giorno, ma si de­
vono celebrare! dopo le funzioni del pomeriggio sen­
za pregiudizio dèille medesime (2). Nelle principali
solennità non si possono suonare le campane pei fu­
nerali e la contraria consuetudine è corruttela da to­
gliersi (3).123

(1) S. C. R. 27 maggio 1876 n. 3400. V.


(2) S. C. R. 27 genn. 1883 n. 3570, I; 9 giugno 1899
n. 4029, IV.
(3) S. C. R. 27 genn. 1883 n. 3570, I'; 15 gejin. 1897 n. 3946.
Funerali degli adulti 289

Non si possono neppure fare le esequie solenni nè


suonare le campane, quando tali feste fossero soppres­
se e la loro solennità non è trasferita alla domenica
seguente (1).
Si devono celebrare te esequie in modo privato nel
triduo della passione e durante l’Esposizione del SS.
Sacramento per le SS. Quarant’Ore.

153. Funerali dei Sacerdoti.


Il rito differisce in poche cose da quello dei laici:
qui noteremo solo queste differenze. Sul feretro, sem­
pre coperto di panno nero, si possono collocare i se­
gni distintivi della dignità del defunto, (2). Gli ec­
clesiastici parati non possono portare il feretro di un
sacerdote, nè} stare ai cordoni del panno mortuario
(3). Il feretro si colloca sempre in mezzo alla chiesa
in modo che il capo del defunto sia rivolto verso l’Al­
tare. Quindi il crocifero in mezzo ai ceroferari si col­
loca tra il feretro e l’Altare rivolto verso il feretro :
ed il Celebrante tra il feretro e la porta, in faccia alla
croce; il rimanente del Clero si dispone intorno al fe­
retro. Il Celebrante si colloca tra il feretro e' la porta,
nel mezzo, e legge o canta le preci, come per i làici.
Nell’Oremus al nome proprio del defunto aggiunge il
titolo Sacerdótis, e procede nel resto in tutto come
nei funerali dei laici123

(1) S. C. R. 1 die. 1905.


(2) Gardel. dee. 4536, 13.
(3) S. C R. 22 marzo 1862 n. 3110, XV.
CAPO II.

Funerale dei bambini.

154. Ornato del feretro.


Il feretro dei bambini che non hanno oltrepassata
l’età di sette anni può essere ornato di fiori,, di erbe
odorifere, in segno dell’integrità della carne e della
verginità (1), ed anche coperto d} panno bianco e
portato da giovani in abito festivo e bianco.

155. Andata alla casa del Defunto.


Per i funerali' degli infanti il clero si raduna nella
chiesa, indossa la cotta, ed il parroco o sacerdote ce­
lebrante la stola di color bianco,? od anche il piviale
bianco. Dalla chiesa, la processione muove in silen­
zio alla casa del defunto, preceduta dalla' croce senza
asta (2), portata da un chierico (3) mentre un altro
chierico porta il vaso dell’acqua santa, l’aspersorio ed
il rituale. Se il Celebrante è in piviale, due chierici
ne sostengono dai' lati ’i1lembi. Intorno alla croce ed
al feretro, dal clero si possono portare i lumi, e per
l’annuncio del funerale si possono suonar a festa! le
campane.123

(1) Kit. Rom. c. VH n. 1.


(2) Rit. 'Rom. L c. dioec. Papien. p. 487.
(3) 'Come si è detto pei funerali degli adulti.
Funerali dei bambini 291

156. Trasporto del cadavere alla Chiesa.


Arrivati alla casa del defunto* il crocifero 6Ì collo­
ca in capo al feretro, tenendo il crocifisso rivolto ver­
so il defunto. Il Celebrante, scopertosi il) capo, asper­
ge tre volte il feretro coll’acqua benedetta, senza far
segni di croce, cioè nel mezzo, alla propria sinistra ed
alla destra. Quindi incomincia l’Antifona Sii nomen
Domini e recita il Salmo Laudate pueri, come nel Ri­
tuale. Ripetuta l’antifona, il feretro vien levalo e s’in­
comincia la processione alla chiesa. Precedono le pie
Associazioni che prendono parte al funerale, quindi
il clero dietro la croce, infine ili Celebrante, seguito
dal feretro. Nell’andata alla Chiesa si recitano i Sal­
mi ordinati dal rituale col Glorici Patri in fine, che
si può omettere nel triduo della settimana santa (1).
All’ingresso della chiesa si conclude il Salmo.

157. Rito della Assoluzione.


Il feretro vien deposto in mezzo alla chiesa come
quello degli adulti ; il Celebrante si oolloca tra il fe­
retro e l’altare alquanto dal' lato dell’Epistola, il cro­
cifero tra il feretro e la porta col crocifisso! rivolto al
feretro. Il clero intorno al feretro, come nei funerali
per gli adulti. Il Celebrante, scoperto il capo,; recita
o canW il principio dell’Antifona Hic accipiet ed il
Salmo Domini est terra, alternando i versetti col cle­
ro, o recitandoli da solo, se non vi è clero. Ripetuta1

(1) S. C. R. 16 gemi. 1667 n. 1589, 4.


292 Capo II.

l’Antifona, dice) a voce alta od in canto il Kyrie elei­


son e Pater noster, e mentre recita in segreto il Pa­
ter noster, asperge tre volte il feretro, cioè nel mezzo,
alla propria sinistra ed alla destra, quindi recita i
versetti e POremus Omnipotens et mitissime Deus. Ci­
gni volta che il clero non accompagna il funerale al
cimitero, prosegue la recita del salmo e dell’Orazione
seguente, dopo la quale si asperge, come si è detto,
il feretro.
Non potendosi, presente il cadavere degli infanti,
cantar Messa de festo o votiva degli angeli (1), com­
piute queste cerimonie,>il Celebrante, preceduto dal
clero, ritorna all’altare maggiore, recitando il Benedi­
cite, che conclude colla orazione Deus qui miro ordi­
ne, davanti all’altare maggiore. Fatta quindi la de­
bita riverenza ritorna in sagrestia.
Chi accompagna il cadavere alla sepoltura recita
le preci come nel Rituale, ma non benedice mai il
sepolcro, perchè il Rituale non lo esige (2).12

(1) S. G. R. 16 genn. 1177 m. 1588, 5. — Però la consuetu


ne di cantar la Messa votiva degli Angeli, quando è permessa
dalle rubriche, venne approvata per la Diocesi di Parigi. (S. CL R.
8 febbr. 1879 n. 3481, II), e di Orleans (30 genn. 1880 n. 3510).
(2) S <C. R. 4 sett. 1880 n. 3524, 1.
PARTE III.

Funzioni particolari
CAPO I.

F u n z io n i
della settimana santa.

1 ■ GIOVEDÌ SANTO

158. Chiese nelle quali si possono fare le f


zioni del sacro trìduo.
Le funzioni del trìduo della settimana santa non so*
no di diritto puramente' parrocchiale (1) quantun­
que la celebrazione della messa solenne nella feria
V spetti ai parroci (2). Si possono quindi celebrare
anche nelle chiese sussidiarie e oratori pubblici (3)
e in quelle dei' regolari propriamente detti (4). Non
si possono celebrare senza speciale indulto della S.
Sede nelle chiese dii Confraternite (5), come pure
nelle diverse chiese dei Seminarii e delle Pie Comu­
nità (6). Il Vescovo le può permettere* senza il con­
senso del Parroco, alle chiese sussidiarie, purché si
facciano in ore diverse da quelle in cui si fanno nella
parrocchia ove si trovano (7).1234567

(1) S. C. R. 12 genn. 1704 n. 21 25, 7.


(2) S. C. R. lib. n. 8.
(3) a O. R. 18 luglio 1802; 22 ag. 1902.
(4) S. C. R. 12 seti. 1718 n. 22S4, 3.
(5) S. C. R. 31' ag. 1839/n. 2799.
(6) S. C R. 9 dic. 1899 n. 4049, L
(7) 9. S. R. 28 genn. 1712 n. 2260.
296 Capo 1.

Nelle chiese parrocchiali ove è il fonte battesi­


male si devono celebrare in conformità alle Rubri­
che del Messale e ai Decreti della) S. C. dei Riti, e se
manca il numero dei Ministri si devono fare secon­
d a il Manuale di Benedetto XIII. Nelle altre Chie­
se non parrocchiali, si può omettere la funzione del
Sabato Santo, non però quella del Venerdì, doman-
mandando la facoltà di usare detto Manuale, se man-
cano i Ministri (1).
Quindi ove non si fa La funzione del venerdì santo
non si può fare neppure quella- del Giovedì perchè
sono due funzioni unite, eccetto l’unica Messa (anche
letta) nelle cappelle delle Comunità religiose, nella
quale Messa si può anche distribuire la S. Comunio­
ne.
Nelle chiese nelle quali non si fa alcuna funzione
si può conservare la SS. Eucaristia nel tabernacoli
fino alla sera del Giovedì santo (2).
Quando il Giovedì Santo fosse festa di precetto,
ossia occorresse in essai la Festa di| S. Giuseppe, l’Or­
dinario deve provvedere a far celebrare un certo nu­
mero di Messe perchè il popolo possa adempire il
precetto, ma non si deve omettere la comunione del
clero nella Messa Pontificale (3). Nessuno però può
celebrare senza, l’Ordine del Vescovo (4).1234

(1) S. C. R. 9maggio 1884 n. 3608, 1.


(2) S. C. R. 1 febbr. 1895 n. 3842, 2.
(3) S. C. R. 1 febbr. 1895 n. 3842, HI.
(4) S. C. R. 12 e 27 sett. 1716 n. 2240.
Funzioni della Settimana Santa 297

159. Cose da prepararsi.


Per la: funzione del Giovedì santo si deve prepara­
re : 1. L'Aliare maggiore, ornata solennemente con
candelieri, fiori, conopeo e pallio se vi è, di color
bianco (1). 2. Sulla credenza od abaco : il calice del­
la messa, coperto- dal velo e borsa di color bianco, con
due ostie (2), un altro calice con patena, palla, velo
bianco da legarsi al nodo con una cordicella o nastro
dello stesso colore: la pisside colle particole da con­
sacrarsi per la Comunione del popolo e degli infermi;
il velo omerale di color bianco, gli orciuoli con manu-
tergio. Vicino alla credenza si collochi la croce pro­
cessionale, coperta dal velo violaceo. 3» In Sacrestia
i Sacri paramenti per il Celebrante e per i 6acri Mini­
stri, se vi sono, di color bianco: il piviale bianco;
una stola violacea; uno' o due turiboli colla navicella
e il fuoco, le torcie, ovvero le candele per la proces­
sione.

160- Cappella o sepolcro del SS. Sacramento.


Il luogo in cui in questo giorno si ripone solenne­
mente il SS. Sacramento chiamasi comunemente se­
polcro : «locus autem nonnisi abusive sepulchrum ap­
pellatur, et proprie diditur altare SS. Sacramenti vel12

(1) I veli delle altre croci sugli altari e per la processione


devono essere di color violaceo (S. C. R. 29 die. 1783 n. 2524, 4).
(2) Quando la messa però è cantata senza ministri e non vi
sono che chierici laici, il calice della messa vien portato dal Ce­
lebrante uscendo di sacristia per la messa ovvero si può da esso
collocare nel mezzo dell’altare prima della messa stessa.
298 Capo i.

expositionis est enim repraesentativum non sepulturae


Domini sed potius institutionis Sacramenti et Christus
ibidem non ut mortuus repraesentatur, sed ipsi quasi
thronus erigitur, ut a christianis honoretur et adoretur
iisdem diébus, quibus a Judaeis maximis affectus) est
opprobriis» (1). Dev’essere ornato: dal pallio, se vi
è, di color bianco, con candelieri e candele, fiori, sen­
za Reliquie od immagini dei Santi e nemmeno quelle
della passione o che la rappresentano (2) ; sulla men­
sa si deve stendere un corporale; sull’altare un’ele­
gante cassetta o tabernacolo, coperto da) bianco cono­
peo, da potersi chiudere a chiave per rinchiudervi
il calice coll’Ostia ; in essa vi deve essere un corporale
sul fondo. Se però vi è il tabernacolo, esso può servi­
re per collocarvi il SS. Sacramento. Non si metta la
crocei sull’altare. La cappella si deve ornare sontuo­
samente, con cortine, lumi, lampade e fiori, senza da-
re1ad essa l’aspetto di un giardino (3) ; nè si può de­
corare con panni che non convengono al SS. Sacra­
mento/ (4). Sul tabernacolo in cui si contiene il SS.
Sacramento non si devono mettere fiori od addobbi
che ne impediscano la vista.1234

(1) De Herdl, III 59; S. C. R. 7 die. 1844 n 2873 2. Quaa-


lunque si intendano dalla Chiesa onorare i due Misteri, quello
cioè della SS. Eucaristia e della sepoltura (S. C. R. 15 die. 1898
n 3939, I).
(2) S. C. R. 26 sett 1868 n. 5404; 3178, 1.
(3) S, C. R. 11 magg. 1887 n. 5986. I Vescovi devono vigilare
- ne novae consuetudines in hac re introducantur (15 dic. 1896
n. 3939, II).
(4) S. C. R. 21 gemi. 1661 n. 1223.
Funzioni della Settimana Santa 299

161. Messa.
'Nella Messa si suona Porgano dal principio fino
al Gloria. Si! può cessare al principio di esso, o pro­
trarre il suono fino alla fine delPinno secondo la
consuetudine, però si deve suonare in modo sommes­
so (1). Non si può assolutamente suonare dopo il
Gloria, e la consuetudine contraria si deve togliere
(2). Al principio del Gloria si suonano le campane;
quindi il loro suono è vietato fino al Gloria della
Messa del sabato santo. Per convocare il popolo si
usa la traccola. Si omette il salmo Judica me Deus e
il Gloria Patri all’Introito ed al Lavabo. All’offerto -
rio s’innalzano sulla patena le due Ostie, quindi si
collocano sul corporale, in modo che quella del sa­
crificio sia più vicina al celebrante, e l’altra tra quel­
la del sacrificio e il calice. Vi è il Prefazio della Cro­
ce. Comunicantes ed Hanc igitur e Qm pridie quam
pateretur proprio. In questa messa non si dà la pace.
Mentre il celebrante dice le orazioni innanzi la/ Co­
munione, un chierico porta dalla credenza sulla men­
sa dell’altare il calice vuoto, coperto dalla sua pa­
tena e palla col velo e legacciolo bianco. Il Celebran­
te assunto il preziosissimo sangue, coperto il calice
della Messa colla pallai lo ritira un poco> dal Iato del
Vangelo, e pone l’altro calice vuoto nei mezzo del
corporale; genuflette e ripone in esso l’altra Ostia12

(1) S. C. R. 11 giugno 1880 n. 3515, IV.


(2) S. C. R. 30 die. 1881 n. 3535. VII; 4 marzo 1901 in u.
Sen. VHL
300 Capo 1.

consacrata, lo copre colla palla e sovr’essa la patena


al rovescio; stende il detto velo, che lega, (o fa le­
gare dal diacono) sotto al nodo col nastro e genuflet­
te nuovamente. Recitatosi il Confiteor, il Celebrante
fa la Comunione, nel modo solito alf clero ed al po­
polo, compiuta la quale ritorna all’altare, copre la
pisside e la ripone nel tabernacolo.
Dopo la Messa non si può più distribuire la S. Co­
munione.
Di poi, detto Quod ore sumpsimus, si purifica e
fatta la genuflessione, fai l’abluzione delle dita sopra
il calice secondo ilf solito, e ritornato nel mezzo ge­
nuflette ed assume l’abluzione.
Si porta il calice della messa alla credenza ed in­
tanto si accendono le candele nella cappella deli SS.
Sacramento, si prepara il baldacchino od almeno
l'ombrellino bianco, si distribuiscono le candele; si
preparano uno o due turiboli ed i ceroferarii.
Il celebrante prosegue nella Messa, nella quale os­
serva le seguenti cose: asterso e ricoperto' il calice,
genuflette e va dal lato dell’Epistola a leggere il Com­
munio. Ritorna nel mezzo, genuflette, bacia l’altare
e, ritirandosi dal lato del Vangelo, dice Dominus vo­
biscum. Ritorna nel mezzo, genuflette e va dal lato
dell’Epistola, ove legge l’orazione Postcommunio,
Quindi ritorna di nuovo nel mezzo dell’altare e lo
bacia genuflette, si volta come prima, dice il Domi­
nus vobiscum e Vite Missa est (se non vi sono i sa­
cri ministri). Ritorna di nuovo nel mezzo, genuflette,
e detto il Placeat ubi, sancta Trinitas, bacia l’altare,
genuflette e dice: Benedicat vos, etc., dà la benedi-
Funzioni della Settimana Santa 301

zione, non compiendo il circolo ma si volta per la


stessa parte del lato,* del Vangelo, senza ritornare nel
mezzo dell’altare. Al principio del Vangelo, di S.
Giovanni non fa il segno della croce sulla mensa,
ed al Verbum cara factum est genuflette verso il SS.
Sacramento. Quindi va nel mezzo, fa genuflessione
semplice, e per la via più breve discende dal lato
dell’Epistola, ove depone la pianeta e il manipolo
ed assume il piviale bianco. I Ministri sacri, se vi
sono, depongono il manipolo.

162. Processione.

Quindi il celebrante, in mezzo ai ministri, va al­


l’altare e arrivato davanti ad esso, fa genuflessione
doppia con inchino del capo in piano, sorge ed in*
fonde! incenso in due turiboli, od in uno solo se ve
n’è solo uno, senza benedizione. Chi presenta la navi­
cella omette i soliti baci. 11 Celebrante inginocchiato
sull’infimo gradino, incensa con un turibolo, come di
solito il SS. Sacramento, posto nel calice sulla mensa.
Riceve if velo omerale e se Io lega davanti coi nastri,
o lo assicura col fermaglio. Si alza, sale la predella e fa
genuflessione, prende il calice (portogli dal Diacono,
se v’è) colla mano sinistra, per il nodo, sottometten­
dola al velo e pone sopra il calice la destra, sulla
quale il Diacono o in sua mancanza unj chierico, e-
stende l’altra estremità del velio omerale, in modo
che si copra il calice e le mani Si volge al popolo
dalla parte dell’Epistola, come il solito, il diacono, se
302 Capo /.

v e, gli passa alla destra, il suddiacono alla/ sinistra,


s’incomincia il canto del Pange lingua e si dirigono
all’altare, detto del' sepolcro. Si procede col seguente
ordine. Prima il solito vessillo, i| confratelli o altri
laici coi lumi accesi; la croce processionale portata
da un/ chierico o un suddiacono parato ; i chierici a
due a due colle candele accese; il turiferario (o due)
col turibolo fumante, il Celebrante sotto il baldac­
chino, fra i due sacri ministri o fra due chierici che
sostengono i lembi del piviale, portante riverentemen.
te il SS. Sacramento elevato fino alla faccia. Giunto
alla cappella, tutti si1dispongono in due schiere,
cosicché, il turiferario e il Celebrante sotto il baldac­
chino possono passare liberamente in mezzo a lorcx
Quelli che portano il vessillo e la croce si; fermano di
fronte alila cappella. Il Celebrante ascende l’altare e
depone il calice in mezzo al corporale, genuflette e
discende in piano, genuflette sull’infimo gradinole
depone il velo omerale. Frattanto quelli che portano il
baldacchino lo trasportano in luogo conveniente, lon­
tano però dalla cappella del SS. Sacramento. Si can­
ta il Tantum ergo eet., e finita la strofa, ili Celebran­
te infonde incenso nel turibolo ed incensa il SS. Sa­
cramento: quindi sale e lo ripone nella custodia. Se
v’è il Diacono, questi riceve dal celebrante il calice
e lo pone sull’altare, e dopo l’incensazione lo ripone
nel Tabernacolo e lo chiude. Discende in piano, ge­
nuflette e, dopo breve preghiera sorge con tutto il
clero e, fatta con tutti'genuflessione doppia, si ritor­
na all’altare maggiore coi lumi spenti.
Si noti:
Funzioni detta Settimana Santa 303

a) Nella cappella del SS. Sacramento si devono


sempre tener accese almeno dodici candele, come
quando è esposto il SS. Sacramento, con due fiaccole
o lampade.
b) Passando davanti al SS. Sacramento riposto nel
calice, anchd rinchiuso nel tabernacolo,, si deve fare
da tutti genuflessione doppia.
c) In< alcuni luoghi si usa deporrei i ceroferari del­
la processione in questa cappella, ma) sono spesso un
inconveniente ingombro.
d) L’Ostia deve essere chiusa in modo che non si
possa vedere, entro! il tabernacolo (l).i La chiave de­
ve custodirsi dal Superiore della Chiesa e non conse­
gnarsi ad altri (2).
163. Trasporto della pisside.
Ritornato dalla cappella detta sepolcro9il Celebran­
te, od altro Sacerdote o Diacono, ascende Paltare mag­
giore, fatta prima genuflessione semplice in piano, a-
pre il tabernacolo, genuflette ed estrae la pisside, che
colloca sul corporale, disteso sulla mensa. Riceve, ge­
nuflesso il velo omerale e con essoi ricoprendo la pis­
side, la porta sotto l’ombrello, preceduto da alcuni
chierici con lumi accesi, a un luogo appositamente
preparato, che può essere lo scurolo della sacrestia,
ove arda di continuo una lampada. La pisside noni si
può mettere nel tabernacolo dell’altare detto sepolcro
insieme coll!Ostia (3).123

(1) S. C. R. 14 febbr. 1705 n. 21 48, 6; 30 nov. 1889 n. 3716.


(2) S. C. R 22 maggio 1841 n. 2830, 1; 7 die. 1844 n. 2837, *.
(3) S. C. R. 9 die. 1899 n. 4049, TV.
304 Capo J.

164. D enudazione degli a lta ri.


Sj spengono tutte le lampade della chiesa, eccetto
quelle davanti al SS. Sacramento. Il Sacerdote, de­
posto il piviale bianco, assunta sul camice la stola
violacea incrociata sul petto, coperto il capo, colle ma­
ni giunte, preceduto da chierici, va a spogliare) gli al­
tari. Se vi sono i ministri sacri procedono' in camice,
il diacono assume pure la stola violacea. Arrivato al­
l’altare maggiore il Sacerdote depone il berretto, fa la
debita riverenza, (inchino) alla croce e incomincia,
stando in piano, ad alta voce, l’Antifona : Diviserunt,
e quindi il Salmo Deus meus respice in me, che reci­
ta alternativamente coi chierici, ed infine ripete l’An­
tifona, mentre intanto procedono allo spogliamento
degli altari. Si tolgono le tovaglie, il conopeo* r fiori,
il tappeto, il pallio e si lasciano solamente al loro
posto la croce, i candelieri colle candele estinte e
si apre il tabernacolo. Tali ornamenti però non van­
no lasciati confusi sulla mensa dell’altare, ma i sacri­
sti provvedono a portarli1in sacrestia.
Denudato l’altare maggiore, si procede per ordine
alla denudazione degli altri, mentre si prosegue la
recita del Salmo alternativamente dal Celebrante e
dai Ministri. Il Salmo però non si ripete. Se gli altari
fossero molti, tale denudazione potrebbe farsi da più
Sacerdoti nello stesso tempo e collo stesso rito. Gb
altari restano nudi fino alla mattina del Sabato San­
to. Dove vi è la consuetudine di ripiegare solamente
le tovaglie, senza toglierle, in modo che resti denu-
Funzioni della Settimana Santa 305

data la maggior parte della mensa, si può seguire (1).


Dalle pile della Chiesa si toglie, secondo la consuetu*
dine, l’acqua santa e non vien rimessa che al Sabato
Santo, dopo fatta la benedizioni delPacqua al sacro
Fonte; dove non vi è il fonte l’acqua per la Chiesa
si benedice dopo la messa (2).

§ II. VENERDÌ SANTO

165. Cose da prepararsi.


1. Uditore maggiore dev’essere affatto nudo,, senza
tovaglia; su di esso sei candelieri con candele estin­
te, e nel mezzo la croce coperta di velo violaceo:
non si deve mettere il tappeto e gli scanni devono
essere nudi. Si prepara una croce di legno più; picco­
la, coperta di velo) violaceo (3), un cuscino violaceo
per il Celebrante, posto sul secondo) gradino dell’al­
tare e due altri pei sacri Ministri, se vi sono.
2. Sulla credenza : un manutergio di lino, una to­
vaglia per l’altare della misura della mensa, senza
frangie, piegata; il leggio col messale; lai borsa nera
col corporale e purificatore e il velò nero per il ca­
lice; un bacile cogli orciuoli e manutergio.
3. Accanto alla credenza : un tappeto e cuscino vio­
laceo con un velo bianco per l’adorazione della cro­

ci) S. C. R. 1 febbr. 1895 n. 3842, IV.


(2) S. C. R. 12 marzo 1831 n. 2682 ad 54.
(3) Così la maggior parte dei liturgisti. Il Martinucci lo
vuole nero. La S. C. dei Riti rispose: «Servetur rubrica» (n. 3535
Vili, e la rubrica non parla di velo nero).
m Capo i/.

ce; la croce astile per la processione coperta di velo


violaceo.
4. Nella cappella detta sepolcro. Il corporale di­
steso sulla mensa davanti al tabernacolo ; il velo ome­
rale bianco; il baldacchino od ombrellino bianco ; tor-
cie e ceri per la processione.
5. In sacrestia.
а) Pel il Celebrante : amitto, camice, cingolo, ma­
nipolo, stola e pianeta di color nero.
б) Per i sacri ministri, se vi sono : amitto, camice,
cingolo, manipolo e stola nera, per1il diacono. Nelle
chiese maggiori si possono usare le pianete plicate
nere.

166. Dal principio della funzione fino alla de


dazione della croce.
All’ora competente il Celebrante, lavate le mani
in sacrestia, indossa coi ministri' sacri, se vi sono, i
detti paramenti. Preceduto dai chierici senza cerofe-
rarii, a mani giunte va all’altare maggiore, ove, sco­
perto il capo, fatta riverenza alla croce (i Ministri' e
i chierici fanno genuflessione), si prostra in piano
sul pavimento, in modo da posare ili capo e le brac­
cia sul cuscino. Altrettanto fa il Diaoono e il Suddia­
cono, se vi sono. Tutti gli altri chierici genuflettono,
meditando la passione di G. C., e vi rimangono per lo
spazio circa di un Miserere. Non si accendono le can­
dele dell’altare.
Intanto due chierici, presa la tovaglia dalla creden­
za la stendono sulla mensa e pongono il leggio con il
Funzioni della Settimana Santa 30?

Messale dal lato dell’Epistola, Finita l’adorazione, il


Celebrante ascende l’altare e bacia la mensa nel mez­
zo, senza genuflettere, e va dal’ Iato dell’Epistola, ove
legge le Lezioni, i Tratti, come nella Messa. Il sud-
diacono, se v’è depone la pianeta plicata se l’usa, per
il canto dell’Epistolare la riassume dopo di essa, ma
non va a baciare la mano al Celebrante; non si ri­
sponde Deo gratias. Cantate le Lezioni e 1 Tratti 6Ì
canta il Passio.
Il Passio si deve cantare da tre Diaconi o sacerdoti
che servono da Diaconi, distinti da quelli della Mes­
sa od anche dal Celebrante, Diacono e suddiacono
(1). Se si canta da tre diaconi, vestono amitto, cami­
ce, cingolo e stola violacea (nel Venerdì santo nera)
in traverso : si collocano in linea retta, nel luogo ove
si canta il Vangelo; chi fa da storico più vicino al-
Palltare, chi canta le parole di G. C. nel mezzo, chi
fa la parte delle turbe alla sinistra. Il testo evangelico
non può cantarsi da un chierico o Suddiacono (2).
Non si può cantare il Passio coi tono del Vangelo (3).
Se canta il Celebrante deve far la parte di G. C. Al­
le parole Emisit spiiitum, tutti genuflettono.
Il Celebrante, nella Messa solenne, legge il Passio
dal lato dell’Epistola (4) a voce sommessa, assistito
dai sacri' Ministri e finita la lettura si volge verso i1234

(1) Caerem. Ep. lib. Ili c. XXI: 14; Decr. 3110, 10; 1588,
8: 4031, 1,
(2) ,S. C. R. 22 marzo 1862 n. 3110, X.
(3) S. C. R. 13 giugn. 1899 n. 4034, IL
(4) S. C. R. 12 marzo 1836 n. 2740, 3.
308 Capo 1.

cantanti, come nel canto del Vangelo. Alle parole E-


misit spiritum, se ha già genuflesso nella lettura che
fece del Passio, si' volge verso l’altare e s’inchina, al­
trimenti genuflette egli pure. Quando il Celebrante
canta la parte del Redentore, la canta dal lato del
Vangelo (1) e legge le altre parole; eccetto nel Ve­
nerdì Santo, in cui egli lo deve leggere o cantare; dal
lato dell’Epistola. — Nellei chiese minori ove manca­
no i ministri, il Passio lo legge il Celebrante, ma non
6i può mai cantare dai laici (2) ; nè le) monache pos­
sono cantare la parte delle turbe (3). Durante il can­
to deli Passio- tutti devonoi star in piedi anche il Ve­
scovo, se vi è presente, «et in causa impotentiae de­
bet abstinere ab interventu» (4).
Finito il Passio, il Celebrante, stando ancora dal
lato dell’Epistola e i ministri sacri se vi sono, dietro
a lui, canta le Orazioni, allargando e congiungendo
le mani alla parola Oremus e facendo inchino del
capo alla croce. Il diacono od il Celebrante stesso se
mancano i sacri ministri, dice Flectamus génua e il
Suddiacono o un chierico dice Levate. Si noti che l’o­
razione per l’Imperatore romano non si recita più
(5) quantunque si trovi nel messale: quella per il Re
qui manca affatto, nelle edizioni tipiche, e nessuno ve
la può aggiungere (6), se non/ consta positivamen-123456

(1) Decr. cit. n. 2.


(2) Merati, De Herdt, IU, 7; S. C. R. n. 403-1, 2, 3.
(3) S. C. R. 17 giugno 1706 n. 2169.
(4) S. C. R. 28 aprile 1708 n. 2134, 2.
(5) Decr. Urbis et Orbis 28 sett. 1860, 3103, III, che trovasi
in principio del Messale.
(6) S. C. R. 9 maggio 1884 n. 3606.
Funzioni dello Settimana Santa 309

te di uno speciale privilegio. Intanto che si cantano


le orazioni, si stende innanzi ai gradini dell'altare o
del presbiterio un tappeto, e sui primi gradini il cu­
scino violaceo ed il velo di seta bianca.

167. Denudazione della Croce.


Finite le Orazioni, il Celebrante coi ministri, se vi
sono, discende per i gradini laterali dalla parte del­
l’Epistola e depone la pianeta e il manipolo (1), i
ministri depongono il manipolo e la pianeta plicata.
Il Celebrante va nell’angolo inferiore! dell’altare dal­
la parta dell’Epistola e sta rivolto verso il popolo. Il
Diacono, se vi è, od un chierico, presenta la croce
coperta di velo violaceo che si trova sull’altare, da­
vanti al tabernacolo. Questa croce dev’essere di le­
gno : dove vi è la consuetudine si può usare anche di
metallo (2). Un chierico sostiene, davanti al Cele­
brante, il messale. Il Celebrante colla destra scopre
la sommità della croce sino al braccio trasversale di
essa, e tenendola con ambe le mani alquanto elevata,
comincia, con voce elevata: Ecce tignum crucis9 i
cantori proseguono: In quo est salus etc., genuflet­
tendo tutti verso la crocè eccetto il Celebrante, alle
parole: Venite adoremus. Alzatisi tutti, il Celebrante
sale la predella e sta rivolto al popolo, nei luogo ove
si legge1l’Introito della messa, e scopre il braccio de­
stro e il capo del! crocifisso: alza ancora la croce12

(1) S. C. R . 15 seu. 1886 n. 2326, 4.


(2) S. C. R. 12 nov. 1831 n. 2682, 52.
310 Capo 1.

con ambe le mani ed a voce più alta canta : Ecce li­


gnum crucis. Tutti genuflettono ancora alle parole:
Venite adoremus. Finalmente nel mezzo dell’altare
scoprendo tutta la croce* alzandola con ambe le mani
a voce più alta canta la terza volta : Ecce lignum etc.,
come sopra e consegna il velo a un chierico. Finito
il canto del* Venite adorémus, discende dal lato del
Vangelo, senza ministri, e senza far riverenza all’al­
tare, porta divotamente la croce, tenendola con am­
bedue le mani alzata, sulFapposito cuscino, prepara­
to sul secondo gradino della predella. Si alza, genu­
flette alla detta croce, e colle mani giunte va agli
scanni ove depone le scarpe. Mentre il Celebrante
compie queste azioni il Diacono, il Suddiacono e gli
altri del clero stanno in ginocchio rivolti verso la
croce. Quindi il Diacono e il Suddiacono si ritirano,
dal lato dell’Epistola a deporre le scarpe, se vi è la
consuetudine.
Uadorazione della croce si fa; col seguente rito :
a) Si tiene fra il clero lo stesso ordine che si è
notato nella distribuzione delle candele e delle palme.
b) Tutti dovrebbero deporre le scarpe, il messale pe­
rò lo prescrive solo per il Celebrante, onde) si può, a
riguardo degli altri del clero, seguire la consuetudine.
c) Quelli del clero procedono due a due ; prima ge­
nuflettono, alquanto distanti dalla croce, per breve
tempo, colle mani giunte, quindi si alzano e vanno a
genuflettere alquanto più vicino alla croce, infine ai
piedi della croce.
d) Qui bacia ilj crocifisso prima chi sta aliai destra,
quindi quello che sta alla sinistra : poi si alzano, in­
Funzioni della Settimana Santa 311

sieme, fanno genuflessione e si ritirano.


e) Il Celebrante precede gli altri* e va da solo, ec
cetto il Vescovo che è associato dai Canonici assisten­
ti al trono.
/) Si deve fare con ordine, in modo che quando si
alzano i due che precedono, si alzino pure quelli che
tengono loro dietro.
g) Finita l’adorazione del clero, si può collocare,
da un sacerdote in cotta e stola nera, una croce denu­
data in una cappella, per l’adorazione del popolo.
h) Denudata la croce dal Celebrante, si scoprono
quelle della chiesa da qualche chierico, compresa
quella astile che si usa per la processione.
Durante l’adorazione del clero, il Celebrante, al
lato dell’Epistola, vicino ai sedili, riprende le scarpe
e il manipolo. Anche i Ministri assumono il manipo­
lo, il suddiacono assume la pianeta plicata ; il Diaco­
no rimane collo stolone. Quindi il Celebrante cogli
assistenti legge gli improperii, stando seduto a capo
coperto; un chierico sostiene davanti a lui il messale.
Intanto si’ cantano! gli 'improperii, per tutto il tempo
che dura l’adorazione della croce. In mancanza dei
cantori e se la Messa, per mancanza di clero, è senza
canto si leggono gli improperii' dal Celebrante all’al­
tare (1).. — Dall principio dell’adorazione fino a No­
na inclusiva del sabato santo tutti devono genuftettere
alla croce (2).12

(1) Il Celebrante è tenuto a leggere gli Improperii (S. C. R.


1 febbraio 19-07, n. 4198, V).
(2) S. C. R. 9 maggio 1857 n. 3049, V.
312 Capo '1.

Verso la fine dell’adorazione della croce il Diacono


porta la borsa di color nero sulla mensa, stende il
corporale e mette accanto ad esso il purificatore. Si
accendono le candele dell9altare : un chierico porta il
messale dal lato del Vangelo. Finita l’adorazione del-
la Croce, il Celebrante, con le debite riverenze, va
a portar la Croce in mezzo all’altare assicurandola o
facendola assicurare, sul suo piedestallo (1); quindi,
ritornato, indossa la pianeta. — Quando vi sono i
sacri ministri, il Diacono riporta la Croce all’altare,
mentre i chierici rimuovono il tappeto ed i cuscini.

168. Processione.
Il Celebrante, coi ministri, va neli mezzo dell’alta*
re genuflette (2). Si dirige la processióne per la via
più breve, alla cappella dove si conserva il SS. Sa­
cramento, in questo ordine: Il vessillifero, le confra­
ternite, il turiferario, un Suddiacono parato con a-
mitto, camice, cingolo, senza manipolo e con pianeta
plicataì nera, se vi è; in sua mancanza un chierico,
porta la croce denudata, fra due ceroferarii, i chie­
rici in cotta, il Celebrante in mezzo ai sacri ministri,
vestiti, come si è detto, coperto il capo dal berretto.12

(1) Così la rubrica e il Manuale benedettino. Qui però si


suppone, come è evidente, che si sia scoperta la croce principale
delimitare maggiore ove si celebra. Quando si fosse adoperala
altra croce, scoperta a suo tempo quella delimitar maggiore, baste»
rà riportar questa in luogo conveniente; non sembra necessario
di rimetterla davanti al tabernacolo perchè vi sarebbero due croci
sul medesimo altare.
(2) In questo punto non si mette l’incen9o.
Funzioni della Settimana Santa 313

Nella cappella si devono accendere le candele, vi de­


ve essere preparato il baldacchino ed il velo omerale
di color bianco. Arrivati davanti alla cappella, il
Celebrante e i: ministri: si scoprono il capo, vi' entra­
no, fanno genuflessione doppia, in piano, davanti
ai gradini,’ e si mettono in ginocchio; sull’infimo’ gra­
dino a fare breve adorazione. Intanto si accendono
le torcie e le candele del clero e dei laici che forma­
no la processione. Quindi il celebrante, o| il Diaco­
no, se vi è, sale l’altare, apre il tabernacolo, fa ge­
nuflessione semplice e discende, senza volgere le
spalle al SS. Sacramento. Stando in. piano il Cele­
brante, infonde incenso in uno o due turiboli, senza
benedizione e senza baci, e genuflesso incensa il SS.
Sacramento. Sale la predella, estrae il calice, lo po­
ne sull’altare, genuflette, lascia' aperto il tabernacolo
e discende sul gradino superiore, ove riceve il velo
omerale. Il Diacono, se vi è, compie tutte queste azio­
ni; il Celebrante rimane genuflesso sui gradino supe­
riore, e riceve, a suo tempo, il velo omerale. Quindi
preso con ambe le mani ili calice contenente l’Ostia
consacrata, coperta dal velo, si fa la processione al-
l’altar maggiore, cantandosi il1Vexilla Regis prodeunt.
Arrivati all’altare maggiore, il crocifero depone la
croce, i chierici,^ depongono i ceroferari sulla creden­
za e tutti stanno genuflessi in piano, i laici fuori del
presbitero, ove tengono le candele accese fino al ter­
mine della messa.
Nella messa solenne il Celebrante stando genufles­
so sul gradino inferiore consegna il calice al Diacono,
314 Capo il.

che riceve il SS. Sacramento, fatta prima genuflessio­


ne doppia in piano (1).

169. Seguito della Messa.


Il Celebrante! se non vi sono i Ministri, depone il
calice sul corporale, genuflette e discende sul primo
gradino ove depone il velo, mette l’incenso nel turi­
bolo senza benedizione e senza baci e incensa nel so­
lito modo il SS.; Sacramento. Quindi sale la, predella
ove il Diacono, se vi è, altrimenti egli stesso, scioglie
il calice dal velo, che ripiega e consegna ad un chie­
rico: colloca la patena nel mezzo del corporale e su
di essa versa l’Ostia dal calice, senza toccarla,! quindi
la fa discendere sul corporale al luogo solito e mette
la patena sul corporale, dal Iato dell’Epistola. Il Dia­
cono infonde vino e il suddiacono alcune goccie d’ac­
qua nel calice senza benedizione. In loro mancanza, il
Celebrante fatta genuflessione al SS. Sacramento, va
dal lato dell’Epistola ed infonde vino ed acqua nel
calice, sostenendolo colla destra, senza appoggiarlo al­
l’altare e senza astergerlo dopo l’infusione; lo pone
sul corporale e colle mani giunte Va nel mezzo, genu­
flette e colloca il! calice in mezzo al corporale, senza
fare il segno di croce e lo copre colla palla. Il Suddia­
cono noii sostiene la patena, quindi, infusa l’acqua
passa alla sinistra del Celebrante, facendo genufles­
sione. Stando il Celebrante nel mezzo dell’altare in­
fonde incenso nel turibolo, senza baci, e benedizioni1

(1) S. C. R. 1 febbraio 1907 n. 4198, 13, 14.


Funzioni della Settimana Santa 315

nè orazioni e ricevuto il turibolo incensa nel modo


solito POblata, genuflettendo prima e dopo e recitan­
do la solita formula Incensum istud etc. Incensata la
Oblata, si incensa la croce dell’altare dicendo : Diriga­
tur etc. e genuflettendo prima e dopo ; quindi incensa
nel solito modo e proseguendo la detta forinola,/ la
mensa dell*altare, genuflettendo sempre quando pas­
sa nel mezzo. Finita l’incensazione dell’altare non si
incensa nessuna persona.'
Consegnato ri turibolo al turiferario, il Celebrante
discende alquanto per i gradini laterali dal lato del­
l’Epistola e senza volgere le spalle al SS. Sacramento,
lava le mani, nulla dicendo., Ritornato' al mezzo del­
l’altare, genuflette, recita l’orazione In spiritu humi­
litatis, con voce sommessa, ma intelliggibile. Bacia
quindi l’altare, si volge al popolo dicendo : Orate fra­
tres : e senza compiere il} circolo, si rivolge, per la
stessa parte, al SS. Sacramento e genuflette. Non si
risponde il Suscipiat. A mani giunte canta : Oremus,
Praeceptis salutaribus etc. e il Pater noster al cui prin­
cipio allarga le mani come al solito. Rispostosi Sed li­
bera nos a voce chiara, il Celebrante v’aggiunge A-
men a voce sommessa, e prosegue colle mani tese, la
recita del Libera1nos a voce chiara. Il Celebrante ge­
nuflette, si alza, scopre il calice e sottopone} all’Ostia
la patena, senza; prima astergerla e genuflette nuova­
mente, si alza e prende col pollice e l’indice della
destra l’Ostia, colla) sinistra la patena ed eleva l’Ostia
in modo che! possa essere veduta. La patena non si
eleva; l’Ostia non si incensa, nè si suona il campa­
nello. Il Celebrante, abbassata l’Ostia la declina sul
calice, la divide immediatamente/in tre parti, nulla
dicendo, e ne mette come il solito una parte nel cali­
ce, senza pronunciare parola, nè far segui di croce.
Copre il calice e genuflette. Alzatosi, dice inchinato,
in secreto, l’orazione Perceptio corporis tui etc. ed
omette le altre due orazioni. Genuflette, e presa P o­
stila; fra il pollice e l’indice della, sinistra, come il so­
lito dice il Panem coelestem, il Domine non sum di­
gnus e si comunica colla solita formola: Corpus Do­
mini etc. e facendo il segno della croce colle sacre
Specie. (Le parole ed Orazioni Incensum istud... Per­
ceptio Corporis... Panem coelestem... Corpus Domini
nostri... Quod ore sumpsimus... si dicono col tono di
voce consueto dellè Messe solenni) (1). Dopo breve
meditazione, scopre il calice, genuflette, raccoglie col­
la patena i frammenti nel modo solito, poi assume il
vino con la particella di Ostia consacrata. Fa tosto
sul calice l’abluzione delle dita con vino ed acqua,
che assume: a questo punto si spengono i lumi che
si tenevano nelle mani. D Celebrante presa, nel mez­
zo dell’altare l’abluzione, asterge, se non vi è il Sud­
diacono,. il calice nel solito modo, lo oopre col purifi­
catore, patena, palila, velo e borsa nera e lo colloca
nel mezzo della mensa. Se vi è il Suddiacono, questi
dopo averlo asterso e coperto, lo riporta alla credenza
Ciò fatto il celebrante inchinato, colle mani giunte
davanti al petto, recita 'l’orazione Quod Ore sumpsi­
mus, finita la quale chiude il messale, discende in pia­

ti) S. a R . 1 febbraio 1907 n. 4198, 18.


Funzioni della Settimana Santa 317

no, e fatta genuflessione colla croce, ritorna alla sa­


crestia, coi ministri e il clero.
Per tutto il Venerdì santo, alla croce dell’altare si
deve fare da tutti! genuflessione semplice, e si devo­
no rimuovere gli ornamenti dell’altare del S. Sepol­
cro (1).

§ III. - SABATO SANTO

170. Cose da prepararsi.


Per la funzione! del Sabato Santo si deve prepara­
re:
1. Voltare maggiore, ornato con gli arredi solenni
senza! fiori o Reliquie dei Santi e con cera bianca;' 6Ì
mette il pallio e ili conopeo violaceo a cui, a suo tem­
po si sostituirà il bianco; le lampade e le candele ri­
mangono spente fino al principio della Messa. Ac­
canto all’altare nel luogo ove si canta il Vangelo, si
prepara un leggio con piede coperto di velo bianco
e dietro ad esso, su proprio candelabro il cereo pa­
squale, accanto ad esso il1piedistallo che deve soste­
nere Yartindine.
Circa il cereo pasquale si noti:
a) Esso dovrebbe essere nuovo, non benedetto, od
almeno con una parte nuova aggiunta, per potersi
nuovamente benedire; non mancano però autori che
affermano potersi benedire nuovamente tutti gli an­
ni il medesimo cereo, ciò che si può osservare. La S.

(1) S. C. R. 20 agosto 1901, V I.


318 Capo I.

C. decise che si! deve rinnovare ogni volta che la par­


te da accendersi non basta per il tempo pasquale (1) ;
b) Dev’essere tutto cera, non di legno o di altra
materia dipinta con un’aggiunta di cera nella parte
superiore (2);
c) Dev’essere di cera bianca ed ornato di immagi-
ni, come del Titolare, di G. C. risorto etc. ;
d) Deve avere la croce con cinque fori, in cui in­
figgere i grani d’incenso;
e) Si deve collocare sopra un candelabro distinto,
posto in piano* dal lato del Vangelo; quindi non; si
può appendere alle pareti’ o dietro l’altare con men­
sole, bracci di ferro ecc. ;
/) I grani devono essere di incenso mescolati e te­
nuti insieme colla cera non si può usare altra mate­
ria. Per la benedizione del fonte si può usare un ce­
reo diverso da quello che sia all’altare, purché sia be­
nedetto e vi sia la consuetudine (3). Il cereo« significa
G. C. risorto; i grani d’incenso ricordano gli aromi
delle pie! donne.
H. Sulla credenza od abaco, coperta da una tova­
glia bianca: il messale per cantare YExultet, le Pro­
fezie e la messa; il1calice cogli ornamenti bian­
chi: gli orciuoli, il campanello, il manutergio; i ce-
roferarii (se nella chiesa vi è i fonte battesimale).
Accanto ad essa : un piccolo sgabello su cui collocare
il messale per le Litanie; il tappeto per i gradini del-123

(1) S. C. R. 27 marzo 1896 n. 3895, I.


(2) Decr. 4147.
(3) S. C. R. 19 giugno 1875 n. 3358.
Funzioni della Settimana Santa 319

l’altare da stendere a suo tempo; i cuscini per il Ce­


lebrante ed i Ministri, se vi sono.
III. In sacrestia i paramenti completi della messa
per il celebrante, cioè: amitto,( camice, cingolo, ma­
nipolo, stola e pianeta di color violaceo e sotto di
essi quelli di color bianco, inoltre! il piviale violaceo ;
i paramenti violacei per i Ministri, se vi sono, cioè:
amitto, camice, cingolo, manipoli, stola e pianete pli­
cate (nelle chiese maggiori) e tutti I paramenti di co­
lor bianco, cioè manipoli, stola, funicella e dalmatica.
IV. Nel battistero : una mensa coperta! da tovaglia
bianca: due manutergii, il vaso per Facqua santa
vuoto, coll’aspersorio; i vasetti del Sacro Crisma e
dell’Olio dei Catecumeni ; un vaso per purificarsi le
mani con mollica di pane e fettuccie di limone; la
bambagia per astergersi le dita. Noni lungi dal sacro
Fonte, un vaso' grande pieno d’acqua da benedire, se
non si benedice l’acqua nel sacro Fonte stesso (1).
V. Fuori della porta della Chiesa : un tavolino co­
perto di tovaglia bianca, un leggìo col messale; un
bacile con cinque grani di incenso; il turibolo colla
navicella, il vaso coll’acqua benedetta e' l’aspersorio
e una piccola candela (se però queste cose non si
portano dai chierici) ; si prepara il manipolo, la sto­
la, la dalmatica di color bianco. Vicino alla mensa
i carboni da accendersi, le molle di ferro e l’arun-
d'ine. 'Circa Varundine, si noti a) dev’essere una can­
na vera, (non un bastone qualunque), alta circa die­

d i & C. R. 7 aprile 1832 n. 2690, 1.


320 Capo !/.

ci palmi; b) si’ può ornare di fiori' od altrimenti, ma


si deve poter vedere una parte scoperta; c) sulla
sommità si devono collocare tre candele, in modo che
s’innestino in essa, riunite insieme, e si allarghino
all’alto, in modo\ di; triangolo. Essa significa la trinità
delle persone in Dio, nell’unità della natura.

171. Benedizione del fuoco fuori della porta.


Ad ora conveniente si prepara il fuoco acceso fuori
della porta. I sacri Ministri indossano in sacrestia i
paramenti violacei, senza manipolo il Celebrante in­
dossa il piviale violaceo sul camice. Procedono alla
porta maggior© in questo ordine: i chierici portanti
il vaso dell’acqua benedetta, coll’aspersorio, il turi­
bolo, senza fuoco, e la navicella, il bacile coi grani di
incenso. Se però queste cose son già preparate sulla
mensa essi procedono a mani giunte. Segue il crocifero
portando la croce senza ceroferarii, il clero per ordi­
ne, il Celebrante col capo coperto, fra i Sacri Ministri
o fra due chierici, che sostengono i lembi del piviale.
Fuori della porta della chiesa, il crocifero si dispone
colle spalle rivolte alla porta tenendo il crocifisso ri­
volto verso il celebrante, che, scoperto il capo, legge
(non canta) con le, mani giunte, dal messale, le ora­
zioni per la benedizione del1fuoco, e quella per i gra­
ni d’incenso. Un chierico pone i carboni di fuoco nel
turibolo' e il Celebrante riceve l’aspersorio dal diaco­
no o da un chiericoi coi soliti baci, ed asperge il fuo­
co e i grani d’incenso, e poi li incensa col turibolo.
Il turiferario, ricevuto il turibolo, vi pone entro i
rimanenti carboni accesi. A questo punto il Diacono
Funzioni della Settimana Santa 321

(se vi è), deposti gli indumenti violacei, assume la


dalmatica di color bianco. Un chierico accende una
candela al fuoco benedetto ; il Celebrante infonde in­
censo nel turibolo- nel solito modo (1), e la processio­
ne ritorna alla Chiesa. Procedono i chierici col baci­
le dei grani d’incenso, il turiferario, suddiacono con
la croce, il diacono o un chierico colla candela accesa
in mano, infine il Celebrante con alla sinistra un
chierico. Partito il clero si rimuove la mensa che era
fuori della porta e i) paramenti violacei si portano in
presbitero dal lato dell’Epistola. Appena entrati in
Chiesa, tutti si fermano ed un accolito accende una
delle tré candele deH’arundine, genuflettono, il Dia­
cono canta o dice: Lumen Christi a cui rispondono
tutti : Deo gratias. Altrettanto si fa in mezzo alla Chie­
sa e vicino al presbitero, alzando sempre più il tono
del canto, o della voce se non si canta. Dove man­
cano i sacri Ministri, il Celebrante stesso, benedetto
il fuoco1indossa il manipolo, la stola in traverso e la
dalmatica di color bianco, infonde incenso nel turi­
bolo e porta egli stesso l’arundine facendo le ceri­
monie' sopra notate per il diacono, ma a capo scoper-
to (2).

172. Benedizione del Cereo.


Arrivati all’altare maggiore, il Celebrante, deposto
il berretto, ascende all’altare, Io bacia nel mezzo, va12

(1) S. C. R. 1 febbraio 1907 n. 4-198, 17, Memoriale Tit. V,


Cap. II, § 4, n. 2-25.
(2) ,S. C. R. 1 febbraio ■ 1907 n. 4-198; 17. Memoriale I, t. V.
Cap. II. § 4, nn. 2*25.
322 Capo /.

dal lato dell’Epistola e vi si ferma rivolto all’altare.


Il diacono depone l’arundine, consegnandola ad un
chierico e ricevuto il messale va dal Celebrante e sen­
za dire il Munda cor meum domanda la benedizione
nel solito modo, senza poi baciargli la mano (1). Non
s’infonde incenso nel turibolo. Il diacono va a depor­
re il libro sul leggìo vicino al cereo; gli stanno al
fianco due chierici rivolti verso il libro; alla destra
del diacono Ila il suddiacono colla croce rivolta verso
il libro, alla destra del crocifero il turiferario ; alla si­
nistra del diacono, il chierico coll’arundine e vicino
ad esso un altro col bacile e i grani d’incenso. Il dia­
cono riceve prima il turibolo ed incensa il libro,
quindi canta VExultet rivolto a settentrione, come per
il canto del Vangelo (2). Tutto il clero sta in piedi,
rivolto al libro, il Celebrante, stando dal lato dell’E­
pistola, si volge pure verso il libro. Il cereo durante la
benedizione si tiene colla croce rivolta al popolo (3).
L’Exultet deve cantarsi dal diacono della Messa od in
sua mancanza dal Celebrante cogli indumenti diaco­
nali (4). Alle parole Curvat imperia, conficca I cin­
que grani d’incenso con quest’ordine :
1
4 2 5
31

(1) Caerem. Ep. I. II. cap. XXVII, n. 9.


(2) S. C. R. 29 maggio 1900, SII.
(3) S. C. R. 1 febbraio 1907 n. 4198, 7.
(4) 5. C. R. 30 marzo 1824 n. 2631, 2; 12 luglio 1848
n. 2965, 3.
Funzioni della Settimana Santa 323

Un chierico porta una candeletta vicino al diaco­


no, il quale, alle parole : rutilans ignis accendit, rice­
ve la candela, Faccende ad una dell’arundine e accen­
de con essa il Cereo. Alle parole : apis metter eduxit,
un chierico va ad accendere le lampade della chiesa.
Le parole che si riferiscono all’Imperatore ed al Re
si omettono come si e detto delle orazioni del Vener­
dì Santo.

173. Profezie.
Finito il Preconio, chiuso il libro, un chierico col­
loca l’arundine sul suo piedestallo ; si porta via il leg­
gìo col messale, il turiferario depone il turibolo, il
crocifero colloca la croce al lato del Vangelo. Il Sud-
diacono dal lato dell’Epistola assume il manipolo, il
diacono depone i paramenti bianchi ed assume i vio­
lacei e la pianeta plicata violacea, se si usa; il Cele­
brante, deposto il piviale^ ovvero se fece egli stesso,
in mancanza di ministri, la benedizione del cereo, de­
posti gli indumenti diaconali bianchi, assume i para­
menti violacei completi della Messa., Si mette il mes­
sale sull’altare e un altro su di un leggìo nudo, dal
lato dell’Epistola per il canto delle Profezie, se vi è
clero. Fatta la debita riverenza all’altare, il Cele­
brante coi ministri ascende, bacia la mensa nel mez­
zo e va dal lato dell’Epistola ; i sacri ministri stanno
intorno a lui come nella Messa/ Il Celebrante legge
le Profezie e i tratti come nell’Epistola della Messa.
Alle Profezie non si risponde Deo gratias. Quando vi
èf clero un accolito può cantare le Profezie, in loro
324 Capo I.

mancanza si leggono solamente dal Celebrante a voce


alta, nè è necessario che si cantino dal suddiacono.
Durante il canto di ciascuna il Celebrante, finita la
lettura, può andare a sedersi, ritornando all’altare, fi­
nito il canto di ciascuna, per la lettura del Tratto.
Compita la lettura delle Profezie il Celebrante, coi
Ministri, se vi sono, scende in piano dal lato dell’E­
pistola, depone la pianeta col manipolo, assume il pi­
viale violaceo; i Ministri sacri depongono il mani­
polo.

174. Benedizione del Sacro Fonte Battesimale.


Intanto un chierico (non il Suddiacono) prende la
Croce,! due altri) i ceroferari colle candele accese, un
altro porta il cereo pasquale acceso. Fatta da tutti (ec­
cetto che dal crocifero e dagli accoliti che portano il
cereo), la debita riverenza aMa croce dell’altare, di­
scendono al luogo ove sta il vaso pieno d’acqua da be­
nedire. Precede il! chierico portando ili cereo, segue il
crocifero fra i ceroferarii, poi il clero per ordine,
quindi il Celebrante fra i sacri Ministri ovvero fra
due1chierici che sostengono i lembi del piviale. Nel­
l’andata si canta! il Tratto Sicut cervus. Arrivati qua­
si al luogo ove si deve benedire l’acqua, il crocifero
fra i ceroferari' si mette di fronte e si volta al Cele­
brante, dal lato opposto al vaso pieno d’acqua, ovve­
ro, se si benedice immediatamente l’acqua nel Fonte,
ai cancelli del! Battistero. Il Celebrante, colla faccia
rivolta verso la, croce, finito il Tratto, scopre il capo,
dice Dominus vobiscum e l’orazione senza canto e a
Funzioni della Settimana Santa 32S

mani giunte. Quindi accostatosi al sacro fonte od al


vaso pieno d’acqua, a mani giunte, canta l’orazione e
prefazio, durante il quale fa queste cerimonie: a)
dopo le parole Gratiam de Spiritu Sancto, colla de­
stra divide l’acqua a modo di croce e si asciuga la ma­
no con un manutergio ; b) dopo le parole : Non infi­
ciendo corrumpat, tocca l’acqua colla mano e poi si
asciuga; c) dopo le parole: Indulgentiam consequatur,
colla destra fa tre segni di croce nell’acqua ; d) Dopo
le parole : Super te ferebatur, colla destra divide l’ac­
qua e ne sparge verso i quattro punti cardinali, cioè :
prima nella parte opposta del Fonte, poi verso la par­
te ove sta egli stesso, quindi alla sua sinistra, in fine
alla destra e) Dopo le parole : In nomine Patris, mu.
ta la voce è legge in forma di lezione; /) dopo le pa­
role: Tu benignus adspira, soffia tre volte nell’acqua
in modo di croce ; g) dopo le parole : purificandis men
tibus efficaces, aiutato da un chierico, se occorre, po­
ne alquanto il cereo nell’acqua e lo estrae, quindi lo
ripone alquanto più in basso la seconda volta, e la ter­
za fino al1fondo dicendo, con voce sempre più alta :
Descendat in hanc plenitudinem etc., e ve lo lascia.
h) Soffia tre volte nell’acqua nel modo ordinato dal
Messale; i) dopo le parole : Fecundet effectu, si estrae
il Cereo e lo si asciuga con un panno dal un chierico ;
l) prosegue il Prefazio, che si canta a voce più bassa :
Per Dominum etc^ e gli astanti rispondono: Amen.
Un chierico estrae dal Fonte, se si è benedetta in esso
l’acqua, un po’1d’acqua per le aspersioni; ovvero se si
è benedetta in altro vaso, se ne riporta quanto basta
al sacro Fonte. Il Celebrante, ricevuto l’aspersorio,
326 Capo 1.

asperge coll’acqua i fedeli ; se ne colloca nei vasi del­


la chiesa e si lascia che i1fedeli la portino alle proprie
case.
Nelle chiese ove non vi è il sacro Fonte si benedi­
ce, come il solito! Pacqua in sacrestia dal Celebrante
prima della funzione, o se vi è altro sacerdote, dopo
i( canto delle Profezie, e la si versa nei vasi della
chiesa prima della Messa (1).
Quindi' il celebrante va al Sacro Fonte e infonde
nella vasca, piena d acqua benedetta, l’Olio dei cate­
cumeni, in modol di croce,, dicendo Sanctificetur etc.,
■indi nello stesso modo, infonde il Crisma, dicendo:
Infusio Chrismatis etc. Finalmente infonde contempo­
raneamente tutti e due gli Olii, parimenti in modo di
croce, dicendo: Commixtio Chrismatis etc. Colla de­
stra mescola gli Olii infusi coIPacqua; quindi si aster­
ge le mani colla bambagia etc. ; preparata sulla men­
sa. Se occorre amministra tosto il Battesimo.
Nelle chiese ove manca il sacro Fonte, finite le
Profezie, si incominciano tosto le litanie dei Santi.
La benedizione del Sacro Fonte non si può riman­
dare al altro giorno ; dove non vi è, non si può bene­
dire solamente Pacqua lustrale. Dove ili Parroco aves­
se due chiese battesimali; benedice il Sacro fonte di
una, poi trasporta un po’ di acqua all’altro Fonte.

175* Litanie dei Santi - Messa e Vespri.


Finita la benedizione del Fonte si ritorna all’alta­
re maggiore, nell’ordine con cui si andò al sacro Fon-

(1) S. €. R. 1 febbraio 1907 n. 4198, 6.


Funzioni della Settimana Santa 327

te, e si incominciano tosto al prima muoversi le Li*


tanie (eccettochè sia presente il Vescovo). Arrivati
all’altare si depone il Cereo acceso sul candelabro, dal
lato del Vangelo, la croce dal lato dell’Epistola ; il
Celebrante depone il) piviale, i sacri Ministri depon­
gono le pianete plicate, se le usano. Intanto un chie­
rico colloca i cuscini sui gradini dell’altare per il
Celebrante e per i Ministri i quali, col Celebrante
in mezzo, si prostrano su di essi durante il canto del­
le Litanie. Essi però non recitano le Litanie, che si
cantano dai cantori e si devono duplicare.
Mancando i Ministri ed il clero, il Celebrante re­
cita egli stesso le Litanie e i chierici rispondono ri­
petendo tutto quello che dice il Celebrante. Al verset­
to : Peccatores si leva il pallio e il conopeo violaceo e si
mettono) bianchi, si mettono i fiori sull’altare fra i
candelieri e si accendono le candele. H Celebrante
coi Ministri sorgono, e fatta la debita riverenza, van­
no ad indossare i paramenti bianchi per la Messa. Se
mancano i sacri Ministri il Celebrante termina lai re­
cita delle Litanie. Non si può tener copertoi l’altar
maggiore con un velo generale) da togliersi al Gloria;
solo r'immagine dell’altare dev’essere coperta di velo
violaceo da calarsi al Gloria (1).
La Messa si celebra nel modo solito ; si omette però
l’Introito, ma fatta l’incensazione (se la Messa è so­
lenne o cantata) stando il Celebrante nel mezzo del­
l’altare, dice il Kyrie eleison, e intona o recita il Glo­
ria in excélsis, al quale si suonano le campane. Nelle1

(1) S. C. R. 22 Marzo 1862, n. 3110, XH.


328 Capo 1.

chiese urbane non. si devono suonare le campane pri­


ma della Cattedrale e nelle altre chiese filiali non
prima della matrice. Ciò peraltro si intende per le
campane della torre, perchè la funzione si puoi fare
anche prima della cattedrale e al Gloria in excelsis si
possono suonare i campanelli' della chiesa.
Si scoprono le sacre immagini della chiesa se si può
comodamente, altrimenti si aspetta dopo la Messa.
Non si dice il Credo, nè dopo il Dominus vobiscum
si dice l’Antifona offertorio; si omette YAgnus Dei e
non si dà la pace. Assunto il preziosissimo Sangue, si
cantano o si recitano i Vespri, come nel messale, che
fanno parte della Messa con la solita incensazione
delimitare al Magnificat, seguendo il! metodo di quel­
la dei Vespri solenni. In questo giorno la S. Comu­
nione ai fedeli si può distribuire soltanto nella Messa,
dopo ché il Celebrante ha assunte egli stesso le sacre
Specie.

176. Riposizione della pisside.


Quindi un sacerdote vestito di cotta e stola bianca,
accompagnato da due o più chierici con candele ac­
cese e da altro colFombrellino, fa, colla debita rive­
renza, il trasporto della pisside colle- Particole consa­
crate, all’altare ove si suole conservare il SS. Sa­
cramento.
177. Quando si accendono le candele dell’Arun­
dine e il Cereo pasquale.
Le candele dell’arundine si estingono appena fi­
nita la Messa e non si accendono più : anzi l’arundine
Funzioni della Settimana Santa 329

stessa si rimuove e la si ripone al suo luogo. Il cereo


pasquale si accende : «regulariter ad missas et vespe-
ras solemnes in tribus diebus paschae, sabbato in al­
bis in diebus dominicis usque ad festum Ascensio­
nis Domini, quo die, cantato evangelio extinguitur :
et in aliis diebus et sollemnitatibus etiam solemnitet
celebratis non accenditur, riisi adsit consuetudo quod
durante tempore\ pascali accendatur, quae servanda
esset» (1). Secondo alcuni si deve accendere anche
nelle feste del Signore e dei Santi, che sono di pre­
cetto. Si accende dtirante la Messa parrocchiale, cele­
brata anche privatamente, in domenica e nelle voti­
ve solenni. Non si accende nelle Messe celebrate in
paramenti violacei (e molto! meno in quelle de re­
quie) ; quindi non si deve accendere nelle Messe del­
le Rogazioni, nè alla Benedizione col SS. Sacramen­
to (2). Nel giorno dell’Ascensione si rimuove il cereo
e lo si ripone per usarlo poi nella benedizione del
Fonte la Vigilia di Pentecoste, non però nella Mes­
sa (3).'-123

(1) S. C. R. 19 maggio 1607 n. 251-2S3, 11.


(2) S. C. R. 8 febbraio 1829 n. 3479. ILI.
(3) S. C R. n. 4048, 11.
CAPO II.

Funzioni
della vigilia di Pentecoste.

178. Le Profezie e la benedizione del fonte.


Si preparano nel presbitero, sull’altare e nel batti­
stero tutte le cose come nel Sabato Santo, eccetto
l’arundine e il leggìo per la,' benedizione del cereo,
che non si fa. Il Celebrante indossa amitto, camice,
cingolo, manipolo, stola e pianeta' di color violaceo ; i
Ministri1assumono il manipolo, il' diacono la stola, e
si usano le pianete plicate. Si va all’altare, come il so>
lito ove rimangono estinte le candele fino al princi­
pio' della Messa. Il Celebrante fatta prima coi mini­
stri la debita riverenza, bacia la mensa nel mezzo e
va dal lato dell’Epistola ove legge, come per il Sabato
Santo,, le Profezie, coi Tratti e le Orazioni, come nel
Messale. Prima delle Orazioni non si dice Flectamus
génua. Durante l’ultima Profezia si accende il Cereo
e le candele dei ceroferari!. Il Celebrante deponé la
pianeta, dal lato del Vangelo e il manipolo e si di­
scende al Fonte, come si è detto nel Sabato Santo.
Il Fonte si benedice colle stesse cerimonie ed ora­
zioni del Sabato Santo e si ritorna all’altare a canta­
re le Litanie.
Funzioni della Vigilia di Pentecoste 331

179* Messa.
Sulla fine delle Litanie il Celebrante e; i sacri Mi­
nistri1indossano i paramenti della Messa, di oolor ros­
so. Non si dice l’introito, ma finita l’incensazione, e
recitato il Kyrie, nel mezzo dell’altare, si canta il Glo­
ria, e si suonano le campane. Durante il canto del
Vangelo, non si portano i ceroferarii, si usa però Fin-
censo. Non si dice il Credo; vi è il Prefazio, il Com­
municantes e VHanc igitur proprio.
Nelle Messe private si dice l’Introito, come si tro­
va nel Messale in fine del rito della Messa solenne,
e si omettono le Profezie e le Litanie.
CAPO III.

Benedizione delle ceneri.

Le ceneri da benedirsi nel' mercoledì, detto perciò


delle ceneri, devono essere formate coi rami d'ulivo
benedetti nella domenica delle Palme dell’anno pre­
cedente, abbruciati e ridotti in polvere. Le ceneri si
mettono sull’altare* dal lato dell’Epistola sii di un ba­
cile. Il 'Celebrante ed i Ministri, se vi sono, indossa­
no gli stessi paramenti, come si è detto della benedi­
zione delle Palme e delle Candele. Il Celebrante sta al
Messale dal lato dell’Epistola e mentre benedice le ce­
neri colla destra, stende sulla mensa dell’altare la si­
nistra. Finite le orazioni, il Celebrante infonde in­
censo nel turibolb ; asperge, incensa tre volte le cene­
ri. Quindi il più degno del clero impone le ceneri
sul capo al Celebrante e mancando altri se le impone
egli stesso. Si fa l’imposizione delle ceneri colla recita
della forinola: Memento homo quia pulvis es et in
pulverem reverteris, collo stesso ordine con cui si fa
la distribuzione delle palme e delle candele. Finita la
distribuzione delle ceneri, il celebrante recita l’ora­
zione: Concede nobis, e celebra la Messa. Le ceneri
che sopravanzano si gettano nel sacrario della chiesa.

A. M. D. G.
I N D I C E

INTRODUZIONE

Capo I. Libri Rituali pa(> 7


1. Antichi libri che contengono il rito dei Sacra*
menti e Sacramentali — 2. Rituale e Pontificale
romano — 3. Autorità liturgica ed obbligo del
Rituale — 4. Contenuto del Rituale e Pontificale
romano.
Capo II. Liturgia dei Sacramenti in generale » 13
5. Disposizioni che riguardano il Ministro — 6.
Vesti sacre — Inservienti — 7. Ciò che il mini*
stro deve osservare.

P A R T E I.
D ei S a c r a m e n t i
Capo 1. Del Battesimo § L A n tica disciplina circa il
B attesim o » 21
8. Materia e forma — 9. Ministro e Padrini — 10.
Tempo e luogo in cui si amministrava — 11. Ri*
ti che precedevano, accompagnavano e seguivano
l'amministrazione del battesimo.
§ II. A ttu ale disciplina circa il B attesim o. » 32
12. Materia del Battesimo — Formula — Mini*
stro — 13. Padrini — 14. Tempo e luogo di am*
ministrarlo — 15. Olii sacri e sale — 16. Cose
da prepararsi — 17. Rito con cui si amministra
ai bambini — 18. Battesimo degli adulti — 19.
Spiegazione delle cerimonie del Battesimo — 20.
Registrazioni.
Capo li. Della Confermazione » 51
21. Vari nomi di questo Sacramento — Disciplina
antica — 22, Disciplina attuale — Età del cresi*
mando — Disposizioni — 23. Il ministro della
334 INDIGE

Cresima — 24. Padrini — 25. Rito con cui si am.


ministra — 26. Annotazione sni registri — 27.
Spiegazione delle cerimonie.
Capo 111. Della Santissima Eucaristia § 1. A n tica disciplin a pag. 60
28. Luogo e modo di conservazione — Rinnovazione
delle sacre Specie — 29. Comunione dei fedeli —
30. Diverso uso che si fece di essa.
§ II. D isciplina fattu ale > 64
31. Conservazione della SS. Eucaristia — 32. Rin­
novazione delle sacre Specie — Purificazione dei
vasi sacri — 33. Distribuzione della SS. Eucari­
stia — 34. Comunione degli Infermi— 35. Espo-
sizione della SS. Eucaristia — 36. Benedizione
col SS. Sacramento — 37. Delle SS. Quarant'Ore.
Capo IV. Della Penitenza § I. A ntica D isciplina circa la
Penitenza » 105
38. Doppia accusa dei peccati: privata, pubblica —
39. Ministro — Tempo — Luogo e modo — 40.
Imposizione della penitenza pubblica fino al se­
colo IV —41. La penitenza pubblica dopo l’ere­
sia dei Novaziani — Gradi ed esercizi — 42. Du­
rata della penitenza pubblica — Libelli dei Mar.
tiri — Indulgenze — 43. Riconciliazione dei pe­
nitenti — 44. Quando cessò l’antica disciplina pe­
nitenziaria.
§ II. D isciplina attu ale circa la P enitenza » 114
45. Luogo e tempo in cui si ricevono le Confes­
sioni — 46. Ministro — Vesti Sacre — 47. Rito con
cui si amministra — 48. Assoluzione dalla scomu­
nica — Sospensione — Interdetto.
Capo V. Dell’Estrema Unzione § I. A n tica disciplina » 120
49. Soggetto del Sacramento — Tempo in cui lo si
conferiva — 50. Ministro — 51. Materia — For­
mula — Unzione
§ II. D isciplina a ttu a le » 123
52. Ministro e materia di questo Sacramento —
53. Soggetto — 54. Unzioni — 55. Cose da pre-
INDICE 335

pararsi nella casa dell’Infermo — 56. Come si porta


l’Olio santo — Quando con esso si porta il SS.
Viatico — 57. Rito con cni si amministra — 58.
Spiegazione delle cerimonie.
Capo VI. Dell’Ordine § I. A n tica disciplina pag. 132
59. Numero e distinzione degli Ordini — Interstizi
— 60. Soggetto degli Ordini — 61. Tempo e luo­
go delle ordinazioni — 62. Ministro.
§ II. D isciplina a ttu a le » 137
63. Tempo, Ministro, Soggetto degli Ordini —
64. Cose che si devono preparare — 65. Sacra
Tonsura — 66 . Ordini minori — 67 Ordini maggio­
ri — Suddiaconato — 68 . Diaconato — 69. Presbi­
terato.
Capo VII. Del Matrimonio § I. A n tica disciplina » 153
70. Persone contraenti il Matrimonio — 71. Tempo
in cui si contraeva — 72 Riti.
§ II. D isciplina attu ale > 158
73. Tempo e luogo della celebrazione del Matri­
monio — Assistenza del Parroco e dei Testimoni
— 74. Ciò che si richiede prima di contrarlo —
75. Dispense — 76. Rito e forma di celebrazio­
ne — 77. Benedizione solenne nuziale nella Mes­
sa — 78. Matrimonio celebrato in tempo fenato
— 79. Registrazioni dell’atto.

P A R T E II.
D ei S a c r a m e n t a l i
SEZIONE I.
DELLE CONSACRAZIONI
Capo I. Consacrazione o Dedicazione delle Chiese > 172
80. Antico costume di consacrare i templi dedicati
al divin culto — 81, Chiese che si possono con­
sacrare — 82. Cose che precedono la consacrazio­
ne — 83. Rito — Messe — Indulgenze.
336 UNDICE

Capo U. Consacrazione degli Altari pag. 177


84. Osservazioni sulla Rubrica generale — Rito —
Messa — Indulgenze — 85. Consacrazione degli
Altari portatili — Pietre sacre — Messa.
Capo 111. Consacrazione dei Calici, Patene e Campane > 180
86 . Antico uso di consacrare i Vasi sacri — Mini,
atro — 87. Rito di consacrazione dei calici e pa­
tene — 88 . Campane — Loro uso e consacrazio-
ne — Ministro — 89. Rito della Consacrazione
— Significato.

SEZIONE II.
DELLE BENEDIZIONI
Capo 1, Nozione - Divisione - Requisiti generali > 186
90. Cosa sono le Benedizioni — Loro efficacia —
91. Antichità — 92. Formulari — Dove si trova­
no — 93. Come si dividono — 94. Requisiti per
le benedizioni — 95. Modo di benedire.
Capo II. Benedizione delle cose (reali) * 195
96. Benedizione dell’acqua — Suo uso — Effetti
— 97. Benedizione dei Paramenti e Vasi sacri (ri­
servata) — 98. Benedizione di nuove Croci — 99.
Benedizione ed erezione della cVia Crucis» (riserv.
ai Min. OBserv, di S. Francesco) — 100. Benedi­
zione delle immagini di culto pubblico (riserv.
al Vescovo) — 10). Benedizione di oggetti di devo­
zione — Crocifissi — Medaglie — Statue (riserv.
al Papa) — 102. Altre Benedizioni reali.
Capo 111. Benedizione delle persone » 208
103. Benedizione papale (super populum) — 104.
Benedizione papale (in articulo mortis) — 105.
Benedizione degli infermi — 106. Benedizione
delle puerpere — 107. Altre benedizioni personali
del Pontificale e del Rituale.
Capo IV. Benedizione dei luoghi > 217
108. Posizione della prima pietra d’una Chiesa fat-
INDIQE 137

ta dal Vescovo o da un sacerdote delegato — 109.


Benedizione delle Chiese ed Oratori — 110. Be­
nedizione d’un nuovo Cimitero — 111, Riconci­
liazione d’una Chiesa o d’un Cimitero — 112.
Benedizione delle case.

SEZIONE IH.
DELLE PROCESSIONI
Capo 1. Nozioni • Antichità - regole generali pag. 226
113. Definizione — 114. Origine — divisione —
cause — ordine che si osservava anticamente —
115. Divisione delle processioni nella Disciplina
attuale — 116. Chi può indire e fare le proces­
sioni — 117. Ordine da osservarsi nelle proces­
sioni — 118. Vesti sacre e oggetti — 119. Rito
generale — 120, Simbolismo.
Capo 11. Benedizione delle candele — Processione » 239
121. Origine della Festa della Purificazione di M. V.
e della Benedizione delle candele — 122. Trasla­
zione della Festa — 123. Come si benedicono e
si distribuiscono le candele — 124. Ordine della
processione — 125. Come si fa tale funzione nel­
le Chiese minori, mancando i M inistri sacri —
126. Significato del rito.
Capo 111. Benedizione delle Palme e Processione > 248
127. Origine della Benedizione delle Palme — Ri -
to antico — 128. Rito con cuFattualmente si bene­
dicono e si distribuiscono — 129. Distribuzione
e processione — 130. Significato...
Capo IV. Processione delle Rogazioni - A ltre processioni » 254
131. Rogazioni o Litanie - Divisione - F in e — 132.
Rogazioni Maggiori • A utorità — 133. Festa di
S. Marco e Rogazioni — 134. Rito della Proces­
sione - Messa — 135. Rogazione o Litanie Mino­
ri - Origine — 136. Rito della Processione delle
Litanie Minori — 137. Benedizione delle campagne
338 iENXUiCiE

• Altre processioni lugubri e festive contenute


nel Rituale.
Capo V. Processioni col SS. Sacramento pag. 262
139. Quando si fa la Processione col SS. Sacra*
mento — 140. Rito delle processioni col SS. Sa*
cramento — 141. Conclusione delle processioni.
Capo VI. Processione con le SS. Reliquie e con le Statue > 270
142. Esposizione delle SS. Reliquie — 143. Incen­
sazione delle Reliquie e delle Statue — 144. P ro­
cessione e Benedizione con le Reliquie dei Santi
— 145. Processione e benedizione con le Reliquie
della Passione di G. C. — 146. Esposizione e ve­
nerazione delle Statue — 147. Processione delle
Statue — 148. Processione col Crocifisso o con
la statua del Redentore morto nel Venerdì Santo.

SEZIONE IV.
DEI FUNERALI E DELLE ESEQUIE
Capo 1. Funerali degli adulti > 280
149, Andata alla casa del defunto — 150, Trasporto
del cadavere alla Chiesa — 151. Ufficiatura - Mes­
sa ed Esequie — 152. Trasporto del cadavere al
Cimitero — 153. Funerali nelle ;ore vespertine
nei giorni in cui è vietata la Messa esequiale —
154. Funerali dei Sacerdoti.
Capo U. Funerali dei bambini > 290
155. Ornato del feretro — 156. Andata alla casa
del defunto — 157. Trasporto del cadavere alla
Chiesa — 158. Rito della assoluzione.

PARTE III .
Funzioni Particolari
Capo 1. Funzioni della Settimana Santa — /.] G io ve d ì S a n to » 295
159. Chiese nelle quali si possono fare le funzioni
del sacro triduo — 160. Cose da prepararsi — 161.
INDIGE 339

Cappella o Sepolcro del SS, Sacramento — 162.


Messa — 163. Processione — 164. Trasporto della
pisside — 165. Denudazione degli Altari.
II. Venerdì Santo pag* 305
166. Cose da prepararsi — 167. Dal principio del­
la funzione fino alla denudazione della Croce _
168. Denudazione della Croce — 169. Processio­
ne — 170. Seguito della Messa.
III. Sabato Santo > 317
171. Cose da prepararsi — 172. Benedizione del
fuoco fuori della porta — 173. Benedizione del
Cereo — 174. Profezie — 175. Benedizione del
S. Fonte Battesimale — 176. Litanie dei Santi
- Messa - Vespri — 177. Riposizione della Pis­
side — 178. Quando si accendono le candele del-
1’Arundine e il Cereo pasquale.
Capo 11. Funzioni della vigilia di Pentecoste » 330
179. Le Profezie e la Benedizione del Fonte — 180.
La Messa.
Capo 111. Benedizioni delle Ceneri. > 332
REI MPRI MATUR
D. Carlo Maiocchi V. G.
Pavia, 20 Settembre 1939

Finito di stampare
coi tipi della Scuola Tipografica Artigianelli - Pavia
il 30 settembre 1939-XVII

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