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MARKET-DRIVEN MANAGEMENT

Marketing Strategico e Operativo

CAPITOLO 1

Il ruolo del marketing nell’impresa e nell’economia sociale di mercato p3


1.1. I fondamenti ideologici del processo di marketing
Nel linguaggio corrente esistono tre definizioni di marketing:
1. Il marketing è un insieme di mezzi di vendita aggressivi (pubblicità e promozione), utilizzati per conquistare i mercati. Come
tale, esso troverebbe principalmente applicazione nei mercati dei beni di largo consumo e molto meno nei settori più nobili
(prodotti tecnologici, servizi finanziari, servizi sociali e culturali).
2. Il marketing è un insieme di strumenti di analisi (modelli di previsione delle vendite, modelli di simulazione, ricerche di
mercato) allestiti allo scopo di sviluppare un quadro previsionale dei bisogni e della domanda. A causa del loro costo, questi
strumenti sarebbero riservati alle grandi imprese, ma la loro utilità sarebbe dubbia.
3. Il marketing è l’architetto della società dei consumi, il seduttore che, creando di continuo nuovi bisogni, aiuta a vendere. Per
quanto affascinante e diffuso, questo dell’onnipotenza del marketing non è altro che un mito, la cui fragilità è dimostrata dal tasso
molto elevato di insuccesso che colpisce nuove marche e prodotti che si affacciano sul mercato.

Dietro a queste concezioni troviamo tre dimensioni caratteristiche del concetto di orientamento al mercato:
1. una dimensione di cultura cioè una filosofia di gestione (Direzione Generale CEO);
2. una dimensione di analisi cioè la mente strategica (responsabile della Strategic Business Unit SBU);
3. una dimensione di azione cioè il braccio operativo commerciale (La funzione marketing).
La tendenza più frequente consiste nel ridurre il processo di marketing alla dimensione di azione, cioè a un insieme di metodi di
vendita chiamati marketing operativo, sottovalutando la dimensione di analisi cioè il marketing strategico e la dimensione di cultura
cioè la filosofia di gestione. Queste tre dimensioni, nel loro insieme, sono parte di un processo gestionale orientato al mercato (market-
oriented management). Quindi quando ci riferiamo a queste tre dimensioni, parliamo di processo di marketing e/o di market-
driven management.

1.1.1. Principio della sovranità del cliente


La filosofia di business sottesa al processo di marketing si basa su una teoria delle scelte individuali fondata sul principio della sovranità
del cliente. Tale principio enunciato da Adam Smith 1776, che si pone alla base dell’economia di mercato, può essere riassunto come
segue: il benessere sociale non dipende dall’altruismo ma deriva dall’unione degli impulsi egoistici dei produttori e dei consumatori,
attraverso lo scambio volontario e concorrenziale. Questo principio di base è stato corretto, nelle economie moderne, con
considerazioni di carattere sociale come solidarietà, beni collettivi, ruolo dello Stato ma resta il principio guida che orienta l’attività
economica di ogni impresa operante in un mercato di libera concorrenza. (approfondimento 1.1p6)
Alla base dell’economia di mercato troviamo quattro idee centrali:
a) La ricerca di un interesse personale spinge gli individui a produrre e lavorare. Questa ricerca è il motore dello sviluppo e
determina il benessere generale.
b) Ciò che è gratificante per gli individui dipende dalle scelte individuali, che sono ovviamente variabili in base ai gusti, valori,
cultura;
c) Attraverso lo scambio concorrenziale gli individui e le organizzazioni realizzeranno al meglio i propri obiettivi;
d) I meccanismi dell’economia di mercato si fondano sul principio della libertà individuale e, in particolare, sul principio della
sovranità del cliente. Il fondamento morale del sistema risiede nel fatto che gli individui sono responsabili delle loro azioni e sono
quasi sempre in grado di decidere ciò che è bene o male per loro stessi.
Concetto di Cultura organizzativa che lega in maniera coordinata il marketing strategico con quello operativo

Marketing Strategico Marketing Operativo

Analisi dei bisogni Prodotto


Segmentazione del mercato Distribuzione
Analisi attrattività Prezzo
Analisi di competitività Comunicazione
Scelta di un posizionamento Programma di Marketing

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1.1.2. I campi d’azione del processo di marketing p6
Il processo di marketing trova i suoi fondamenti nei quattro principi citati, mentre gli
ambiti di azione del marketing possono essere suddivisi in tre grandi categorie:
1. La prima categoria comprende il marketing dei beni e dei servizi di consumo
, o marketing business-to-consumer (B2C), che gestisce gli scambi tra l’impresa
e i consumatori finali (singoli o famiglie).
2. La seconda categoria include il marketing industriale, detto anche
marketing business-to-business (B2B) o marketing organizzativo, nel quale le parti
coinvolte nel processo di scambio sono rappresentate da organizzazioni.
3. La terza categoria include il marketing sociale, che riguarda le organizzazioni
senza fini di lucro musei, università ecc.
In ciascuno di questi ambiti, il processo di marketing implica che la soddisfazione dei bisogni del cliente rappresenti l’obiettivo
principale di tutta l’attività dell’organizzazione, non per spirito altruistico, ma per un interesse preciso, poiché questo è il modo
migliore per raggiungere i propri obiettivi di crescita e redditività.

1.1.3. I due aspetti del processo di marketing


L’applicazione di questa filosofia di business implica che l’impresa segua due approcci distinti:
1. Il primo approccio, definito marketing strategico (analisi) , prevede che l’impresa svolga un analisi sistematica e
continuativa dei bisogni del mercato e che sviluppi nuovi concetti di prodotto competitivi. È importante che questi siano
destinati a gruppi di clienti specifici e che presentino caratteristiche che li differenzino dai concorrenti diretti: solo in questo
modo, infatti, l’impresa può assicurarsi un vantaggio competitivo duraturo e difendibile.
2. Il secondo approccio, detto di marketing operativo (azione), comprende l’organizzazione di strategie di distribuzione,
vendita e comunicazione. L’obiettivo, in questo caso, è di far conoscere e valorizzare presso i clienti potenziali le qualità
distintive vantate dai prodotti offerti, riducendo i costi di ricerca della clientela.
Queste due fasi del processo sono strettamente complementari e si concretizzano all’interno dell’impresa nell’elaborazione delle
politiche di marca, che rappresentano uno strumento chiave di applicazione operativa del concetto di orientamento al mercato. Ne
deriva la seguente definizione del processo di marketing: in un economia di mercato, il ruolo del market-driven management
è quello di concepire e promuovere, in modo redditizio per l’impresa, soluzioni di valore superiore ai problemi dei clienti. Il termine
“concepire” rinvia al marketing strategico, mentre il termine “promuovere” rinvia al marketing operativo; per soluzioni di valore
superiore, infine, si intendono prodotti o servizi che soddisfino i bisogni dei clienti in modo migliore rispetto all’offerta dei concorrenti
diretti.

1.1.4 Polisemia del Marketing


Il termine Marketing (letteralmente “mette nel mercato” può avere vari significati; Definiamo il Market-driven management l’insieme
delle operazioni messe in atto da una azienda (marketing strategico ed operativo) per assicurarsi la preferenza del cliente e quindi
ottenere introiti maggiori.

1.2. L’implementazione del processo di marketing nell’impresa p8


1.2.1. Il marketing strategico
Il marketing strategico si basa innanzi tutto sull’analisi dei bisogni degli individui e delle organizzazioni. Il suo ruolo consiste nel
seguire l’evoluzione del mercato di riferimento e di identificare i differenti prodotti-mercati e segmenti attuali o potenziali, in
base all’analisi dei diversi bisogni da soddisfare. I prodotti-mercato identificati rappresentano un opportunità economica di cui
occorre valutare l’attrattività; il successo dipende dalla sua competitività cioè dalla capacità di soddisfare la domanda dei clienti
meglio dei concorrenti. Il ruolo del marketing strategico riguarda dunque la risposta alle opportunità esistenti o la creazione di nuove
opportunità interessanti per l’impresa, cioè che ben si adattino alle sue risorse e capacità, e che offrano un potenziale di crescita e
redditività. Il marketing strategico si colloca in un orizzonte temporale di medio-lungo termine; il suo scopo consiste nel precisare la
missione dell’impresa, nel definirne gli obiettivi, nell’elaborare una strategia di sviluppo e nel riuscire a mantenere una struttura
equilibrata nel portafoglio prodotti.
Fig.1.2

Marketing Strategico Marketing operativo


(processo orientato all’analisi) (processo orientato all’azione)
Analisi dei Bisogni: definizione del mercato di riferimento Prodotto: soluzione multi-attributo
Segmentazione del Mercato: individuazione del Target dei Distribuzione: buona accessibilità alla soluzione
consumatori
Analisi di attrattività: Mercato Potenziale e ciclo di vita del Prezzo: Costi monetarie e non
prodotto
Analisi di competitività: Vantaggio competitivo sostenibile Comunicazione: Pubblicità, vendita e promozioni
Scelta di un posizionamento e/o sviluppo della strategia Programma di marketing: Obiettivi e Budget

1.2.2. Il marketing operativo


Il marketing operativo rappresenta la dimensione di azione del concetto di orientamento al mercato e il suo orizzonte temporale è il
breve-medio termine. Si tratta del classico approccio commerciale incentrato sulla realizzazione di un obiettivo di quote di mercato e
basato sui mezzi derivanti dalle politiche di prodotto, distribuzione, prezzo e comunicazione, vale a dire le 4 P del marketing mix.
Pianificare il marketing operativo significa definire gli obiettivi, il posizionamento ricercato, la tattica da adottare e definire il budget per
marca o attività in un determinato periodo e in una determinata zona. Il ruolo primario del marketing operativo consiste nel creare
fatturato, utilizzando a tale scopo gli strumenti di vendita più efficaci e minimizzando i costi. L‘obiettivo di fatturato da realizzare si
traduce poi in programmi di fabbricazione per la funzione produzione e in programmi di stoccaggio e distribuzione fisica per i servizi
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commerciali. Il marketing operativo è quindi un elemento determinante, che influenza in modo diretto la redditività a breve termine
dell’impresa. L’incisività del marketing operativo costituisce un fattore decisivo nella performance dell’impresa, in particolare nei mercati
dove la concorrenza è molto forte. Il marketing operativo è dunque il braccio commerciale dell’impresa, senza il quale il migliore piano
strategico non potrebbe fornire risultati soddisfacenti. Al tempo stesso, è evidente che non ci potrebbe essere un marketing operativo
profittevole senza una solida scelta strategica.

Confronto Tabella 1.2


Marketing Strategico Marketing operativo
Orientamento all’analisi Orientamento all’azione
Nuove opportunità Opportunità esistenti
Strumenti: scelta di prodotto o Mercati Strumenti: Prezzo, distribuzione, comunicazione, produzione
Ambiente Dinamico Ambiente stabile
Comportamento Proattivo Comportamento reattivo
Orizzonte a Medio lungo termine Orizzonte a breve termine
Responsabilità interfunzionale Responsabilità della funzione di marketing

1.2.3. Il piano di Marketing


Il processo connesso alla riflessione ed alla pianificazione strategica è molto diverso rispetto a quello operativo ed implica l’esistenza di
capacità diverse negli individui che esercitano tali funzioni
Il M.O. mette in rilievo le variabili non legate direttamente al prodotto: prezzo, distribuzione, pubblicità e promozione, mentre il M.S.
mette l’accento sulla capacità di fornire un prodotto di qualità superiore ad un prezzo competitivo, quindi conduce alla scelta dei
prodotti-mercati da sfruttare in ordine di priorità e a una previsione della domanda primaria in ciascuno dei prodotti-mercati di
riferimento; Il MO proporrà un obiettivo di quota di mercato, tenendo conto dell’ambizione strategica dell’impresa nonché dei budget di
M. necessari per la realizzazione dell’obiettivo.

1.2.4. Marketing strategico di risposta e di creazione dell’offerta p12


Le idee di nuovi prodotti possono avere due origini distinte: il mercato o l’impresa. Se l’esigenza di un nuovo prodotto proviene dal
mercato (ad esempio in seguito ad un’indagine di mercato), si dice che l’innovazione è tratta dal mercato (market-pull). Questa
indicazione derivante dal mercato viene trasmessa alla funzione R&S (Ricerca & Sviluppo), che cercherà di dare una risposta adeguata
a tale bisogno insoddisfatto. Sarà poi compito del MO promuovere la nuova soluzione nel segmento target identificato dall’indagine di
mercato. Un’altra fonte di innovazione è la funzione di R&S, che in seguito ad una ricerca di base o applicata scopre un nuovo
processo, un nuovo prodotto o una nuova modalità organizzativa che consente di soddisfare meglio un bisogno latente o di anticipare
una domanda di cui non vi è consapevolezza nel mercato. Sono molte le aziende che aumentano la loro concorrenzialità e scavalcano
gli avversari creando innovazioni di rottura: si tratta di aziende trainate dalla tecnologia più che orientate ai bisogni del consumatore.
In questo caso l’innovazione è spinta dall’impresa (technology-push).
Pertanto, nell’ambito del MS è necessario distinguere due approcci complementari: il MS di risposta o reattivo e il MS di creazione
dell’offerta o proattivo. Il MS di risposta si propone di individuare bisogni o desideri espressi e di soddisfarli. In questo caso
l’innovazione è market-pull. Il MS guidato dall’offerta, invece, è finalizzato all’identificazione di bisogni non espressi o alla ricerca di
soluzioni nuove a necessità o desideri già conosciuti. L’obiettivo, in questo caso, è quello di creare nuovi mercati servendosi della
tecnologia e/o della creatività interna all’impresa (Schendler 1992: il nostro progetto consiste nel guidare le persone verso nuovi prodotti anziché
chiedere loro quali prodotti desiderano, il pubblico non sa che cosa è possibile fare oggi, ma noi si. Quindi, invece di svolgere numerosi studi di mercato,
perfezioniamo l’analisi dei nostri prodotti e del loro utilizzo e cerchiamo di creare dei mercati per tale prodotto educando il pubblico e comunicando con
esso MSProattivo)

1.3. Il ruolo del processo di marketing nell’economia sociale di mercato p13


Il ruolo del processo di marketing nell’economia è quello di organizzare lo scambio volontario e concorrenziale in modo da assicurare
un incontro efficiente tra domanda ed offerta di beni e servizi attraverso l’organizzazione materiale dello scambio e
l’organizzazione della comunicazione tra produttori e consumatori.

1.3.1 L’organizzazione dello Scambio p14


L’OdS di beni e servizi costituisce una responsabilità specifica del processo di Distribuzione che ha il compito di far passare i beni
dallo stato di produzione a quello del consumo, che si esplica in 3 tipi di utilità che costituiscono il valore aggiunto della D. permettendo
così l’incontro tra domanda ed offerta:
a. Utilità di stato: trasformazioni materiali tese a porre in beni in condizione dei essere consumati: confezionamento
assortimento, frazionamento ecc.
b. Utilità di luogo: sono le trasformazioni spaziali come il trasporto e la suddivisione geografica che consentono di mettere i beni
a disposizione degli utenti nei luoghi di utilizzo e consumo
c. Utilità di tempo: trasformazioni temporali come lo stoccaggio che rendono i beni disponibili nel tempo richiesto
Il Valore Aggiunto della D. si misura in termini margine di D. cioè la differenza tra il prezzo pagato dal primo acquirente e il prezzo
pagato dal cliente finale del prodotto. Tale margine può includere margini di uno o + distributori quindi remunera le funzioni esercitate
dai diversi intermediari.

1.3.2 L’organizzazione dei flussi di comunicazione p15


Il riconoscimento delle condizioni materiali di scambio non è sufficiente ad assicurare un incontro efficiente tra domanda e offerta.
Lo scambio dei beni, per poter avvenire, implica anche che i clienti potenziali siano consapevoli ed informati circa l’esistenza di beni in
grado di soddisfare i propri bisogni. Le attività di comunicazione si propongono di generare conoscenza nei produttori, nei distributori e
nei clienti.
3
1.3.3 Altri Modelli di Business p15
Secondo la visione tradizionale del marketing, produttori, distributori e consumatori sono i 3 attori principali del M. stesso, ciascuno
con ruoli specifici. Per cominciare, la produzione e la creazione del valore, attraverso le offerte proposte al mercato, avvengono per
iniziativa dei produttori. Sono poi i distributori ad organizzare il processo di scambio dei valori nel luogo deputato allo scambio. Infine
intervengono i segmenti target di clienti, i quali estraggono il valore dalle offerte dell’azienda. Questa visione, molto tradizionale,
pone l’azienda al centro del processo di marketing e sono i produttori a controllare quasi per intero i flussi di comunicazione
diretti ai potenziali clienti. Con l’evoluzione dell’equilibrio di potere tra gli attori del mercato, però, muta pure la natura della relazione
che intercorre tra loro. Si può allora ulteriormente distinguere tra due modelli aziendali, quello dominato dal produttore e quello
dominato dal distributore. Nel primo, il produttore rafforza il suo dominio sul processo di marketing evitando i distributori,
controllando il processo di scambio del valore e/o ottenendo la preferenza, l’esclusività e la fedeltà del cliente grazie ad una efficace
politica di marca esempi Geox, Zara e Nespresso Fig.6 ; nel secondo, è il distributore a diventare il principale protagonista del mercato
Fig.7 Si tratta di una situazione che prevale nel settore dei beni di largo consumo in Europa e negli USA, dove il ruolo dei dettaglianti si
è evoluto da intermediari passivi a protagonisti del M., in grado di elaborare nuove tipologie di negozio e lanciare gamme di prodotti
con la propria marca in competizione diretta con le marche dei produttori es: Discount Tedesco Aldi e L’americana Wal-Mart la più
grande azienda al mondo.

1.3.4. Il marketing come fattore di democrazia economica e circolo virtuoso


Il processo di marketing riveste un ruolo economico di rilievo in un’economia di mercato, non solo perché assicura un collegamento
efficiente tra la domanda e l’offerta, ma anche perché dà vita a una sorta di circolo virtuoso di sviluppo economico. Le 6 tappe di
questo processo di sviluppo sono le seguenti:
o Il marketing strategico identifica i bisogni insoddisfatti o mal soddisfatti dei clienti e sviluppa nuovi prodotti adeguati a
soddisfare tali bisogni;
o Il marketing operativo delinea un piano di attività di M. che crea e/o sviluppa la domanda di questi nuovi prodotti;
o Questo aumento della domanda provoca un calo dei costi,
o che rendono a loro volta possibili riduzioni di prezzo, grazie alle quali entrano nel mercato nuovi gruppi di clienti;
o Questo ampliamento del mercato
o stimola nuovi investimenti in capacità produttiva, che generano economie di scala e sollecitano un impegno maggiore da
parte del settore R&S per dare vita a prodotti di nuova generazione.
Il marketing strategico è un fattore di democrazia economica soprattutto perché realizza un sistema che:
a) parte dall’analisi delle aspettative dei clienti;
b) orienta gli investimenti e la produzione in funzione dei bisogni previsti dal mercato;
c) rispetta la diversità dei gusti e delle preferenze tramite la segmentazione dei mercati e l’elaborazione di prodotti ad essi adeguati
d) stimola l’innovazione e l’imprenditorialità.
(approfondimento 1.2 elogio al mercantilismo)

1.4. L’evoluzione del ruolo del processo di marketing p20


In tale evoluzione, si possono distinguere tre fasi, ciascuna caratterizzata da diverse priorità negli obiettivi di marketing:
a. passivo orientamento al prodotto
b. operativo orientato alla vendita
c. strategico orientato al cliente
Fig. 1.9 concorrenza/maturità di mercato.

1.4.1. Il marketing passivo: l’orientamento al prodotto a.


Quella del marketing passivo o dell’orientamento al prodotto è una modalità che prevale in un ambiente economico caratterizzato
dall’esistenza di un mercato potenzialmente importante, in cui tuttavia c’è scarsità di offerta, poiché le capacità produttive non sono in
grado di soddisfare le richieste del mercato. In un contesto del genere, il marketing non ha molto spazio: il marketing strategico si
sviluppa spontaneamente, dal momento che i bisogni sono conosciuti, quello operativo si riduce allo smercio dei prodotti fabbricati,
mentre le attività promozionali diventano superflue. Le imprese orientate al prodotto si distinguono per uno squilibrio sul piano delle
funzioni, cioè il punto di vista del mercato non è sullo stesso livello gerarchico delle funzioni di produzione, amministrazione o risorse
umane. In tale situazione la prospettiva è orientata all’interno e si focalizza su limiti e problematiche interne all’azienda anziché sulle
richieste ed sulle aspettative dei clienti
Il marketing serve solo a vendere ciò che è stato prodotto. Questo tipo di organizzazione favorisce lo sviluppo di un ottica di prodotto,
che si basa sull’ipotesi che l’impresa sappia ciò che è buono per il cliente e che quest’ultimo condivida tale convincimento.
Limiti: questa modalità di organizzazione non conviene più è rimasta per alcune imprese industriali che commercializzaziono prodotti
standardizzati, materie prime o High-tech

1.4.2. Il marketing operativo: l’orientamento alla vendita b. p22


Il marketing operativo mette l’accento sulla dimensione azione del concetto di orientamento al mercato. Adottato dalle economie
occidentali dai primi anni 50 da parte delle imprese produttrici di beni di consumo. La funzione principale del marketing consiste
nell’organizzare una distribuzione efficiente dei prodotti e nel gestire tutti i compiti che ricadono in questa attività.
Riequilibrio delle funzioni e creazione di un direttore delle vendite. L’ottica di vendita è una caratteristica ben presente nel marketing
organizzativo, spesso con il ricorso a tecniche commerciali aggressive che racchiudono al loro interno il rischio dell’adozione di un
marketing manipolatorio e selvaggio, il cui obiettivo è plasmare la domanda alle esigenze dell’offerta, anziché quello di adattare
l’offerta alle attese della domanda.
La chiave del successo per una azienda orientata alle vendite è la capacità di persuadere il potenziale cliente a comprare beni e servizi
servendosi della pubblicità, della vendita diretta e di altri mezzi. I potenziali clienti vanno informati e convinti dei vantaggi del prodotto.
L’ottica di vendita si fonda sull’ipotesi che il mercato sia in grado di assorbire tutto, esercitando una pressione adeguata. Secondo Levitt
4
1960 “la vendita è orientata verso i bisogni del venditore, il marketing verso quelli dell’acquirente; la prima è animata dai bisogni del
venditore di convertire il suo prodotto in denaro mentre il M ha l’obiettivo di soddisfare i bisogni del cliente per mezzo del prodotto e di
tutto ciò che al prodotto si associa nel concepirlo, consegnarlo e consumarlo. Si tratta di un’impostazione autodistruttiva, che va nella
direzione opposta rispetto agli interessi a lungo termine dell’impresa o della marca.

1.4.3. Il marketing strategico: l’orientamento al cliente c. p24


La tentazione di ridurre il marketing al solo aspetto operativo è forte nei settori in fase di rapida espansione e quando il mercato
potenziale da conquistare è ampio. La necessità di integrare la dimensione strategica del concetto di orientamento al mercato viene
percepita invece quanto i mercati raggiungono la maturità e le strategie di posizionamento diventano fondamentali, la concorrenza si
intensifica e il ritmo d’innovazione accelera. In un contesto del genere, gli obiettivi prioritari diventano l’identificazione di
segmenti o nicchie di mercato in grado di produrre crescita, lo sviluppo di prodotti nuovi, la diversificazione del portafoglio di
prodotti, l’individuazione di una strategia di marketing per ogni unità di attività strategica. La fase di rinforzo dell’orientamento al
mercato è caratterizzata all’interno dell’azienda dallo sviluppo del ruolo del marketing strategico e dall’adozione di un orientamento al
consumatore. 2 sono i fattori che stanno alla base di questo tipo di evoluzione:
1. da una parte, la progressiva saturazione dei bisogni nel nucleo centrale del mercato;
2. dall’altra, la crescente velocità di diffusione del progresso tecnologico.
Nel primo caso p24, quando i bisogni corrispondenti alle preferenze del nucleo centrale del mercato (che è in grado di
minimizzare l’insoddisfazione totale e di rispondere così alle aspettative della maggioranza fig. 1.12) si saturano soprattutto a causa di
un numero elevato di concorrenti che presentano offerte simili, diventa importante concentrarsi sui segmenti minoritari e sulle diversità
che essi esprimono, sviluppando prodotti appositamente concepiti per soddisfarne i bisogni quindi nascerà il MS. L’impresa praticherà
quindi una strategia di segmentazione del mercato. Naturalmente, trovare segmenti non sfruttati non è un compito facile e richiede
una profonda conoscenza dei mercati, dei bisogni degli utenti e delle modalità di utilizzo dei prodotti. Tale conoscenza può essere
ottenuta solo tramite un rafforzamento della dimensione di analisi del processo di marketing, vale a dire utilizzando il MS e adottando
un orientamento al cliente. Es caso aperitivo prima livello 4 centrale dopo la saturazione dove sono concentrate le marche concorrenti
livello 2 e 6 + dolce + amaro per sperare in quote di mercato maggiori.
Nel secondo caso p26, la crescente velocità di diffusione del progresso tecnologico richiede un’attenzione al rinnovamento dei
prodotti maggiore che in passato.
La diffusione del progresso tecnologico è il risultato:
1. di una accelerazione relativa all’innovazione, all’accorciamento dei tempi di sviluppo del prodotto e allo sfruttamento
commerciale su larga scale
2. di una generalizzazione dei settori, delle imprese e dei paesi
3. di una sistemazione scientifica cioè si passa da una ricerca quasi individuale ed isolata ad una istituzionalizza all’interno di
imprese, università, enti pubblici e privati
L’innovazione tecnologica non dipende dalla casualità delle invenzioni, ma è il risultato di uno sforzo pianificato.
L’organizzazione della funzione di M. p27
I 3 fattori di cambiamento citati implicano tutti un rafforzamento del marketing strategico nell’impresa, con un crescente
orientamento non alla vendita, ma al cliente. L’ipotesi che sta alla base dell’orientamento al cliente e che è il segreto del succeso è
dunque la seguente: la soddisfazione dei bisogni del cliente è l’obiettivo prioritario dell’impresa, non per altruismo, ma perché proprio
questo è il modo migliore per l’impresa per raggiungere i propri obiettivi di redditività e/o di crescita. Questo è quello che viene
chiamato il concetto tradizionale di marketing. L’azienda dovrebbe individuare i benefici richiesti dal cliente e fornirglieli sotto forma di
beni e servizi. (Lo scopo del M e rendere la vendita superflua Drucker)
Naturalmente, come per l’orientamento al prodotto e alla vendita, anche l’orientamento al cliente presenta dei limiti, che si possono
ben sintetizzare nei tre interrogativi che seguono:
1) Il M. si deve preoccupare del benessere dei clienti? E la soddisfazione deve essere a breve o a lungo termine?
2) Il M. tende a trascurare il costo sociale a favore della soddisfazione dei bisogni individuali?
3) Un’adozione troppo entusiastica dell’orientamento al cliente non rischia di spingere l’impresa a porre troppo l’accento sui prodotti
richiesti dal mercato, a scapito di quelli sconosciuti ma tecnologicamente innovativi?

1.4.4. L’orientamento al mercato: il market-driven management p29


L’orientamento al mercato e il market-driven management costituiscono il tentativo di rispondere ai tre cruciali quesiti posti alla fine del
paragrafo precedente. Si tratta di un’evoluzione della filosofia aziendale che è il risultato di tre cambiamenti in corso nell’ambiente del
macro-marketing:
1. la globalizzazione dell’economia mondiale
2. la rivoluzione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) con il conseguente sviluppo del commercio
elettronico
3. l’emergere di nuovi valori che promuovono un’economia sociale di mercato orientata ad uno sviluppo sostenibile.
Tali cambiamenti richiedono un’evoluzione del ruolo e della struttura della funzione di M. all’interno delle imprese. All’inizio del nuovo
millennio, nelle imprese più attente si è già registrato uno spostamento dall’orientamento al cliente ad una visione a più ampio spettro,
in cui il mercato è visto come un ecosistema complesso, al quale accostarsi con una cultura di base che deve pervadere ogni livello e
ogni funzione all’interno dell’azienda.

Fig. 1.3. il cambiamento del ruolo del processo di M.


Il processo di Marketing nella pratica Il processo di Marketing nella teoria
Azione Analisi Cultura
M. passivo or. prodotto - - -
M. operativo or. vendita si - -
M. strategico or. clienti si si -
Market-driven Management or. mercato si si si
5
4 elementi che distinguono il M. tradizionale orientato al cliente dall’orientamento al mercato:
a. Il 1° orientato solo ai clienti, il 2° a tutti gli attori interessati clienti, concorrenti, distributori ecc.
b. Il 1° si basa sul market-pull cioè MS di risposta, il 2° sulle richieste di mercato ma anche su modelli innovativi legati alla spinta
tecnologica cioè MS proattivo.
c. Il 1° orientato all’azione in base al paradigma delle 4P, il 2° sul paradigma formato da cultura-analisi-azione.
d. Il 1° di solito è confinato alla funzione di M., il 2° è considerato una cultura di base che pervade ogni livello e ogni funzione
all’interno dell’azienda.

RIASSUNTO:
Il M. è al tempo stesso un sistema di pensiero ed un sistema di orientamento all’azione. Possiamo identificare 3 dimensione nel
concetto di M. cultura, analisi ed azione. Nell’impresa il M. svolge un duplice ruolo:
1. orientare l’impresa verso opportunità di mercato adeguate alle sue risorse e al suo Know-How e che presentino un potenziale di
crescita e di profitto (MS)
2. essere il braccio commerciale dell’impresa, responsabile del conseguimento degli obiettivi di quota di mercato, attraverso il ricorso ai
mezzi tattici relativi al prodotto, alla distribuzione, al prezzo e alla comunicazione (MO)
Il ruolo della pratica di M. in una economia sociale di mercato consiste nell’organizzare gli scambi e la comunicazione tra i venditori e i
potenziali clienti, allo scopo di assicurare un incontro ottimale tra domanda e offerta. Tale ruolo diventa sempre più complesso nelle
economie globalizzate ed è decisivo nel determinare l’efficacia produttiva nell’intero sistema economico. L’organizzazione della
funzione di M. nell’impresa si è evoluta insieme alla complessità degli ambienti economico, tecnologico e concorrenziale.
Si osservano 4 diversi concetti di M. ognuno con i propri limiti:
a. L’orientamento al prodotto ed il M. passivo
b. L’orientamento alla Vendita ed il M. operativo
c. L’orientamento ai clienti ed il M. strategico
d. L’orientamento al mercato ed il Market-driven Management

CAPITOLO 2
Il market driven management nel mercato globale p31
2.1. L’impatto della globalizzazione
Negli ultimi due decenni, la maggior parte delle imprese internazionali ha adottato un approccio di marketing globale. Si tratta del
fenomeno della globalizzazione, che ha investito tutti i settori dell’economia e che si riferisce all’insieme dei processi che contribuiscono
all’eliminazione delle barriere regionali, che facilitano il movimento dei capitali, dei prodotti e delle informazioni su scala planetaria,
diffondendo la convinzione che il mondo funzioni come un sistema unico e integrato.
Per esempio le 5 marche globali più importanti in termini di valutazione finanziaria sono in miliardi di dollari sono Coca-cola, Microsoft,
IBM, General Electrics e Intel, tutte marche Statunitensi.

2.1.1. Tipologia di ambienti internazionali p32


La necessità per l’impresa di adottare un approccio globale di M. dipende dalle caratteristiche del suo ambiente di mercato.
Goshal e Nohria consigliano di analizzare l’ambiente internazionale con riferimento a due dimensioni:
1. costituita dalle forze Locali cioè dalle preferenze e dalle abitudini di acquisto dei clienti e delle amministrazioni locali
2. costituita dalle forze Globali rappresentata da economie di scala, esigenze comuni dei clienti, competizione mondiale e
uniformità dei prodotti. In questo caso si tratta di elementi che rappresentano potenti incentivi all’integrazione e alla
standardizzazione globale.
Per entrambe le dimensioni si possono identificare 2 livelli forte e debole in modo da identificare 4 condizioni Fig. 2.1
Analisi dell’ambiente internazionale
Forze di standardizzazione globale
Forte Ambienti Globali Ambienti Transazionali
Debole Ambienti Internazionali Ambienti Multidomestici
Tranquilli o Multinazionale
Debole Forte
Forze di responsabilità locali
- L’ambiente è globale quando le forze d’integrazione globale sono forti e la sensibilità locale è invece scarsa; si tende alla
standardizzazione e centralizzazione delle responsabilità.
- Nell’ambiente multinazionale al contrario, gli elementi di sensibilità nazionale sono forti e quelli di integrazione globale sono
deboli; l’adattamento alle condizioni locali rappresenta un fattore chiave di successo e le società tendono ad adottare diverse
modalità di gestione per conformarsi a ciascun contesto locale
- Nell’ambiente internazionale tranquillo entrambe le forze son deboli (es. mercato del cemento)
- Nell’ambiente transazionale entrambe le forze svolgono un ruolo importante; è la situazione più complessa nella quale è
necessario un certo livello di standardizzazione e di centralizzazione ma occorre rispondere anche alla situazioni locali.

2.1.2. I vantaggi della globalizzazione del marketing p33 (lettura es: 2.1 McDonald’s)
Un approccio globale al marketing può produrre diversi vantaggi:
o Il primo e più importante è rappresentato dalla possibilità di realizzare notevoli economie di scala, le quali forniscono ad un
impresa un vantaggio competitivo fondamentale;

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o Il secondo è rappresentato dalla velocità di introduzione nel mercato. Un’impresa globalizzata è molto più centralizzata delle altre,
come tale è in grado di contenere i costi e di pianificare e organizzare a livello centrale il lancio di nuovi prodotti in tempi rapidi;
o Il terzo è costituito dall’opportunità di creare un’unica marca e un'unica identità di marca a livello globale; notevoli risparmi sulla
comunicazione

2.1.3. Gli svantaggi della globalizzazione del marketing p34


Tra questi svantaggi, occorre considerare che:
o La centralizzazione può rallentare la velocità complessiva della macchina aziendale e la sua capacità di rispondere in tempi rapidi
alle sollecitazioni provenienti dal mercato quindi rallentare le decisioni di M. anche se può accelerare il processo di lancio come
descritto prima;
o Una minore capacità di risposta alle esigenze che si manifestano a livello locale;
o Il rischio di sviluppare prodotti eccessivamente standardizzati e indifferenziati, tali da risultare insoddisfacenti per i consumatori;
o Una maggiore vulnerabilità nella gestione del rischio. Se un prodotto è globale ed è universalmente conosciuto come tale, un
problema che sorge nel Paese X può rapidamente trasformarsi in una crisi a livello globale e in un’autentica catastrofe
comunicativa.
Non bisogna infine dimenticare che in molti Paesi del mondo è in atto una crescente contestazione nei riguardi della globalizzazione dei
mercati, accompagnata da una polemica nei riguardi delle marche globale e da una riscoperta e rivalorizzazione delle marche locali.

2.1.4. I fattori principali della globalizzazione dei settori tradizionali p35


Una strategia globale tende ad essere guidata da fattori legati all’offerta piuttosto che alla domanda e viene sviluppata a spese di una
strategia più vicina al mercato o al cliente, al fine di acquisire i vantaggi della globalizzazione precedentemente descritti
Per garantirsi i vantaggi della G., i manager devono capire quando il settore attraversa una fase positiva; è necessario analizzare 4
fattori di G. Industriale Tab. 2.1:
1. Fattori di mercato: Omogeneità dei bisogni dei clienti , Clienti globali, Canali globali di distribuzione, Trasferibilità del
marketing operativo
2. Fattori di costo: Economie di scala, apprendimento ed esperienza, efficienza logistica e nell’approvvigionamento, differenze di
costi e competenze nel Paese, costi di sviluppo dei prodotti
3. Fattori governativi: politiche commerciali efficienti, standard tecnici compatibili, norme comuni di marketing operativo
4. Fattori competitivi: interdipendenza dei paesi, competitor globalizzati

2.1.5. I fattori emergenti della globalizzazione dei mercati p35


La G. è arrivata ad un punto di svolta:
- Il processo di G. troppo accelerato danneggia il successo delle imprese e le rende vulnerabili es: Coca-cola e il caso Vioxx
farmaco
- I cambiamenti socio-economici e culturali stanno modificando gli equilibri di potere tra le imprese internazionali e i loro clienti.

I Fattori emergenti della globalizzazione dei mercati: p37


Fattori di mercato tradizionali Fattori di Mercato emergenti
Singoli consumatori isolati Potenti movimenti di consumatori
Consumatori passivi e docili Acquirenti preparati ed astuti
Interesse verso i prezzi contenuti Ricerca di una maggiore valorizzazione del denaro
Omogeneità dei bisogni dei clienti Molteplicità di segmenti sovranazionali
Prestigio delle marche globali Nostalgia per le marche locali
Potere indiscusso delle marche globali Sviluppo delle marche dei distributori (private label)
Scarsa sensibilità alle questioni etiche Sensibilità crescente per le questioni etiche
Scarso interesse per la compatibilità ambientale del prodotto Consumatori eco-compatibili
Nessun interesse per l’origine del prodotto Tracciabilità internazionale

2.2. La nuova complessità del mercato globale p37


Lo sviluppo di Internet e dell’economia globale sta definendo due tipologie di mercati:
o i mercati globali tradizionali (GTM, Global Traditional Markets);
o i mercati globali elettronici (GEM, Global Electronic Markets).

2.2.1. Il mercato come ecosistema di consumatori


Per ecosistema si intende un complesso raggruppamento di società e clienti, fornitori, concorrenti, distributori, che dall’interazione
ottengono vantaggi reciproci. In un ecosistema di consumatori, le attività di mercato sono controllate dal consumatore invece che dal
fornitore. L’ecosistema di consumatori è costituito da diversi attori di mercato, i quali vanno a costituire una supply chain industriale
che abbraccia tutti gli stadi della produzione, dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, dall’assemblaggio alla
distribuzione al cliente finale. Tali attività hanno luogo nei due mercati globali (GTM e GEM).

2.2.2. Gli attori di mercato nell’ecosistema di consumatori p39


Il mercato, in linea generale, può essere definito in riferimento a 5 attori: Clienti, Partner, Distributori, Concorrenti e Prescrittori. A
questi partecipanti tradizionali si aggiungono nuovi attori provenienti dal GEM, il cui ruolo riveste un’importanza crescente.
o Clienti diretti e finali: appartengono al mercato tradizionale o primario dell’impresa ed esprimono una domanda diretta di
beni e servizi. L’impresa li conosce e sa come soddisfarli; Possono essere vicini o lontani dall’impresa in base al tipo di mercato
B2B o B2C; hanno un accesso sempre maggiore al GEM ed effettuano i loro ordini su scala internazionale; si aspettano prezzi +
bassi, servizi su misura e selezione più ampia.
o Partner e domanda indiretta: in molti settori, oltre quelli diretti, esistono gruppi supplementari di clienti che rappresentano una
domanda potenziale spesso ignorata, in quanto le aziende sono incapaci di raggiungerli in modo diretto. Il partner è colui che
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riesce a sfruttare la domanda indiretta; tali P. Tradizionali sono i grossisti ed i dettaglianti, ma anche agenti, integratori, educatori
ed i garanti, tra i servizi richiesti oltre la semplice ubicazione anche l’assortimento. p39 Sugg.2.1
o Distributori e rivenditori del GTM: non devono essere considerati come partner, ma come clienti a pieno titolo. Né può essere
sottovalutata l’importanza oggi assunta dai facilitatori del mercato on line
In continua lotta per il controllo del mercato finale con i produttori; il livello di concorrenza o di collaborazione è influenzato dalla
struttura di mercato, ad eccezione in cui entrambi i livelli di concentrazione sono deboli, i produttori devono definire esplicitamente
i rapporti con i distributori con riferimento alla strategia di marketing:
Tasso di concentrazione Tab. 2.3:
Elevato Distributore Dominio Distributore Interdipendenza reciproca
Basso Distributore Interdipendenza relativa Dominio Produttore
Basso Produttore Elevato Produttore
Per orientamento al distributore si intende l’applicazione del concetto di orientamento al mercato a quest’ultimo, trattandolo non più
come partner, bensì come cliente a pieno titolo; e si esplica con la libertà di fissare i prezzi dei prodotti in linea con i propri obiettivi,
libertà dalle pressioni e/o promozioni del fornitore, Protezione dalla concorrenza indebita, margini commerciali di vendita dal prezzo
suggerito dal produttore, sostegno dai fornitori a livello di formazione, pubblicità, promozioni, valido assortimento ed efficiente
evasione da parte del produttore per minimizzare i costi relativi alle scorte.
o Facilitatori del mercato online: sono un gruppo speciale di fornitori di servizi, operanti sia nei mercati GTM (banche, dogane
uffici tributari) che GEM (fornitori di servizi internet, servizi finanziari on line, sevizi legali, sicurezza, che hanno il compito di
fornire infrastrutture ai mercati e garantirne il funzionamento.
Nei mercati caratterizzati da un orientamento all’e-commerce, sta emergendo una nuova forma di intermediari: gli infomediari
che si occupano di gestire le informazioni per conto del cliente (es: Siti Web con aste on line); da questi i vantaggi: informazioni
celeri ed obiettive, qualità certificata dai fornitori ed agevolazioni delle transazioni. (Appr. 2.1 Netchising o Franchising)
o Concorrenti diretti e produttori di beni sostitutivi: p42 il concetto tradizionale di marketing si concentra unicamente sulle
esigenze dei clienti e ignora gli effetti della concorrenza, offrendo così una visione incompleta del mercato. I concorrenti, per
contro, sono attori fondamentali del mercato e l’atteggiamento adottato nei riguardi della concorrenza è cruciale per la
formulazione di qualsiasi strategia, in quanto fungerà da base per definire il vantaggio competitivo. Per Orientamento ai
concorrenti si intendono tutte le attività concernenti l’acquisizione e la diffusione di informazioni su di essi nel mercato di
riferimento. Occorre tuttavia mantenere un corretto bilanciamento tra l’orientamento ai clienti e quello ai concorrenti.
L’autonomia dell’impresa viene influenzata da due ordini di fattori: la struttura competitiva del settore e l’importanza del valore del
prodotto percepito dai clienti:
Ambienti competitivi e autonomia nella formulazione della strategia Tab. 2.4
Elevato valore percepito del Monopoli o Oligopolio Concorrenza Monopolistica
prodotto: potere di mercato differenziato
Basso valore percepito del Oligopolio indifferenziato Concorrenza perfetta
prodotto: potere di mercato
Basso numero di concorrenti Elevato numero di concorrenti

o Marketplace online: p43 Un numero crescente di imprese sta sperimentando la compravendita di beni attraverso i cosiddetti e-
Marketplace online che acquisiscono un’importanza crescente nei mercati B2B per l’organizzazione di attività di
approvvigionamento e vendite. Possiamo definirlo come un sistema informativo interno all’organizzazione, che consente agli
acquirenti e ai fornitori che vi prendono parte lo scambio di informazioni su prezzi e offerte di prodotti, eliminando in tal modo le
inefficienze della catena di approvvigionamento.
o Prescrittori e influenzatori: p44 In molti mercati, oltre agli attori tradizionalmente presenti clienti, distributori e concorrenti vi
sono altri individui e altre organizzazioni in grado di svolgere un ruolo importante nel consigliare e prescrivere le marche, le
società, i beni e i servizi a clienti e distributori. L’esempio più ovvio è quello del mercato farmaceutico, dove i medici svolgono un
ruolo fondamentale nel successo di un farmaco. Ne consegue che l’orientamento al prescrittore comporta, da parte dell’impresa,
l’individuazione dei principali influenzatori od opinion leader, la valutazione della natura del loro ruolo, nonché lo sviluppo di un
programma di comunicazione specifico volto ad ottenere il loro sostegno.
o Altri Stakeholder: si intende qualsiasi gruppo o individuo in grado di influenzare (o di essere influenzato) dagli obiettivi
dell’impresa; es: Dipendenti, sindacati, organizzazioni non governative ONG, comunità locali, movimenti di consumatori e non
ultimo l’ambiente.

2.2.3. Livelli di orientamento al mercato: In linea generale, quando i 4 attori principali di mercato sono attivi, l’impresa deve
essere pienamente orientata al mercato e integrare nella sua pratica aziendale i 4 orientamenti; tuttavia possono verificarsi situazioni
meno complesse dove i produttori trattano direttamente con i clienti finali saltando i distributori o creando una propria rete di
distribuzione esclusiva

2.2.4. Un nuovo modello manageriale: l’approccio alla soluzione del problema del cliente p45
Con la crescente integrazione industriale della filosofia aziendale orientata al mercato, molti produttori hanno tentato di allearsi con i
propri clienti e con altri attori del mercato al fine di diventare fornitori di soluzioni, cioè di combinazioni di prodotti e servizi, invece
che di semplici prodotti, in grado di risolvere il problema di un cliente. In termini generali, una soluzione è una combinazione di
prodotti e servizi che creano un valore superiore alla somma delle rispettive parti. Es: Al fastfood McMenù + economico
rispetto ai prodotti presi singolarmente .Non si tratta però di una scelta facile.
Fig. 2.3 fornitori di soluzioni contro integratori ed accorpatori
Sugg. 2.3 Come riuscire a diventare fornitori di soluzioni: l’impresa deve essere capace di offrire combinazioni di beni e servizi che siano rilevanti per il
consumatore; 5 sono i fattori di successo:
- Profonda comprensione dei bisogno del cliente

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- Aumentare le sue capacità interne attraverso l’individuazione di partner
- Creazione di un team di soluzione interfunzionale composto da persone provenienti da unità diverse di produzione
- L’approccio di vendita deve essere inteso come vendita di relazioni quindi non solo vendita di prodotti ma vendita di soluzioni
- L’impresa deve creare un’organizzazione basata sulle soluzioni che richiede un nuovo insieme di competenze, + flessibili, perché il processo di
vendita è meno prevedibile rispetto alle vendite di un prodotto.

2.3. Orientamento al mercato e performance d’impresa p46


La teoria dell’orientamento al mercato indica la presenza di una relazione tra l’intensità dell’orientamento al mercato OM e la
performance economica PE. Un’impresa che aumenta il proprio orientamento al mercato è destinata, nel lungo periodo, a migliorare la
sua performance economica e concorrenziale. Affermazioni empiriche:
- I clienti soddisfatti sono in genere più esclusivi e fedeli
- Le imprese che hanno sviluppato un sistema di monitoraggio della concorrenza sono maggiormente consapevoli dei punti di
forza e di debolezza dei propri competitor e della loro capacità di intervento e reazione
- Le imprese che hanno stretto alleanze con i propri distributori sono in grado di ridurre i costi di gestione e migliorare il livello
di collaborazione

2.3.1. Complessità del rapporto tra l’orientamento al mercato e la performance economica p47
Il rapporto tra l’orientamento al mercato dell’impresa (OM) e la sua performance economica (PE) non è semplice. Per misurare tale
relazione, è necessario individuare altre due variabili: l’effetto moderatore del contesto macro-marketing e l’effetto mediatore
dell’organizzazione interna all’impresa.

2.3.2. L’effetto moderatore del contesto macro-marketing p48


All’interno di ogni mercato di riferimento, le tendenze macro-ambientali (demografiche, economiche, politiche, tecnologiche e socio-
culturali) incidono sul futuro sviluppo del mercato stesso. Poiché questi fattori esterni possono offrire significative opportunità
produttive o porre notevoli limitazioni alle stesse, la società orientata al mercato deve sviluppare un sistema di monitoraggio che la
aiuti a prevedere tali cambiamenti. Sugg. 2.4 pag. 49
Tali componenti sono Tab. 2.6:
1. Fattori socio-culturali
2. Economia
3. Tecnologia
4. Ecologia
5. Fattori politico-legali

2.3.3. L’effetto mediatore del coordinamento interfunzionale


L’orientamento al mercato deve essere considerato come un’attività che coinvolge chiunque e non soltanto chi opera nel marketing.
Quindi il C.I. è inteso come un fattore organizzativo che agevola il coinvolgimento di tutti i livelli dell’organizzazione d’impresa e che
crea la cultura di orientamento al mercato; consente la comunicazione e lo scambio tra i diversi reparti che si rapportano o che hanno
a che fare con una parte o con la totalità degli stakeholder di mercato.

2.4. Reinventare l’organizzazione di marketing p49


L’analisi dei mercati attuali rivela un’esplosione di segmenti di clienti, prodotti, veicoli mediatici e canali di distribuzione che hanno reso
la gestione orientata al mercato molto più complessa e costosa, oltre che meno efficiente. L’insieme di tutti questi fattori ha
drasticamente aumentato la complessità e i costi di programmazione e gestione di un programma di marketing. Ne consegue che, per
vincere questa nuova sfida, è necessario sviluppare un nuovo modello di gestione del marketing.
Es: il moltiplicarsi delle sottomarche, canali di distribuzione + diffusi come internet, grandi dettaglianti ed i Marketplace

2.4.1. Organizzazione tradizionale della funzione marketing p50


In termini organizzativi, l’attuazione del concetto di marketing tradizionale è stata raggiunta con la creazione di potenti divisioni di
marketing, responsabili tanto del marketing strategico quanto di quello operativo. Questo sistema, adottato dalla maggior parte delle
imprese che vendono beni di largo consumo, come pure da molte imprese industriali, ha contribuito ad instaurare il dominio delle
marche dei produttori nel mercato. Il Brand Manager si occupa di questioni strategiche, come R&S e l’innovazione del prodotto, di
politiche di comunicazione, dell’analisi e delle previsioni aziendali e anche dell’organizzazione di un dialogo tra le funzioni e del
coordinamento e del controllo delle attività legate alla marca. Tab. 2.7 le responsabilità dei Brand Manager (il sistema di gestione della
marca). L’organizzazione basata sulla gestione del prodotto o della marca offre diversi vantaggi, i più rilevanti dei quali sono la
concentrazione sulla marca/prodotto e la flessibilità delle risposte agli stimoli che provengono dal mercato. Tuttavia, si tratta anche di
un sistema complesso, costoso e che richiede una forte convergenza sugli obiettivi, che spesso sono di corto respiro, più che a lungo
termine. A ciò si aggiunga il fatto che difficilmente le piccole e medie imprese (PMI) possono permettersi un’organizzazione del genere.

2.4.2. Il gap di credibilità per i responsabili del marketing p52


Oggi un numero crescente di imprese ritiene che la funzione del marketing debba reinventarsi in modo da rafforzare l’orientamento
complessivo al mercato dell’impresa. Il problema non è quindi il marketing in sé, ma piuttosto la funzione che esso svolge. Nel nuovo
ambiente competitivo, la gestione market-driven è diventata troppo importante per essere affidata esclusivamente alla funzione
marketing. Per questo motivo, oggi i responsabili di marketing devono:
o possedere una notevole preparazione e molta esperienza nell’analisi dei mercati internazionali
o comprendere le differenze culturali
o tener conto dei giudizi espressi dai consumatori di tutto il mondo

2.4.3. Il costo di uno scarso orientamento al mercato p53

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L’assenza di una solida cultura di orientamento al mercato può avere un impatto significativo sulla competitività dell’impresa. Possono
insorgere infatti diversi problemi potenziali legati a:
1. Monitoraggio ambientale
2. I legami tra R&S e le innovazioni
3. Il processo di sviluppo dei nuovi prodotti
4. Vantaggio competitivo e catena del valore
5. Implicazioni finanziarie delle promozioni commerciali
6. Vendite di tipo transazionale rispetto a quelle di tipo relazionale
CEO è l’amministratore delegato. Tab.2.8 attributi positivi e negativi dei responsabili del marketing

2.4.4. Le caratteristiche di un organizzazione market-driven p54


L’adozione di un orientamento al mercato in tutti i livelli aziendali ha prodotto una serie di implicazioni per la funzione marketing.
In primo luogo, il sistema di gestione della marca adottato con successo da molte imprese nel corso dell’ultimo quarantennio non
sembra in grado di affrontare le sfide del presente.
In secondo luogo, con la crescente applicazione del concetto di orientamento al mercato in tutte le funzioni dell’ impresa, il ruolo del
marketing come funzione distinta viene messo in discussione e deve essere riconsiderato. Le caratteristiche di un’impresa market-
driven si possono sintetizzare in questo modo:
1. Deve avere una cultura orientata verso l’esterno, che metta in primo piano l’importanza della creazione del valore per il cliente
e la continua ricerca di nuove fonti di vantaggi competitivi.
2. Deve possedere particolari capacità di percezione del mercato, relazione con il mercato e riflessione strategica preventiva.
3. Deve possedere una configurazione che consente all’intera organizzazione di prevedere costantemente le richieste dei clienti e
le condizioni di mercato, nonché di reagirvi.
La sfida per un’impresa Market-driven consiste nel concepire una struttura che combini l’intensità delle conoscenze riscontrate in una
gerarchia verticale con la sensibilità dei team orizzontali: Fig. 2.5 illustra lo schema organizzativo di un’impresa orientata al mercato

2.4.5. Verso forme di organizzazione interfunzionali p56


Le strutture di base a matrice presentano 2 dimensioni: una funzione ed un progetto specifico per es. il lancio di un nuovo prodotto da
parte di un team interfunzionale che prende anche il nome di organizzazioni di venture marketing VMO, la matrice consente alle
imprese di incrementare le risorse mantenendo dimensioni limitate e orientate all’obiettivo; tale approccio del team interfunzionale
permette di rispondere alle opportunità ad alta priorità + rapidamente
Secondo McKinsey, le attuali organizzazioni di mercato si fondano su due ruoli, gli integratori e gli specialisti, collegati da team e
processi invece che mediante strutture funzionali o unità aziendali.
o Gli integratori (o process manager): sono i responsabili delle attività nella catena del valore aziendale; essi identificano i
segmenti del mercato nei quali competere e quali risorse bisogna sfruttare per massimizzare la redditività di lungo periodo. Gli
integratori sono incaricati di abbattere i muri che separano le diverse funzioni. Di norma gli integratori sono responsabili dello
sviluppo della strategia di marketing.
o Gli specialisti, forniscono le competenze tecniche richieste per attuare con successo la strategia di marketing nelle diverse
discipline (come la ricerca di marketing, la business intelligence, la strategia di pricing, la pubblicità, la promozione, etc.).
Nel nuovo contesto organizzativo, il coordinamento interfunzionale assume un’importanza particolare, in quanto implica il
coinvolgimento di tutti i livelli dell’organizzazione aziendale. L’idea di base consiste nel considerare l’orientamento al mercato un attività
che coinvolge chiunque e non solo chi opera nel marketing. I responsabili del marketing, tuttavia, devono svolgere un ruolo chiave
nella diffusione della cultura di orientamento al mercato all’interno dell’organizzazione.

Riassunto p57
La globalizzazione dell’economia mondiale, combinata con lo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche e per le telecomunicazioni
TICS ha considerevolmente aumentato la complessità dei mercati. Per essere concorrenziali le imprese dovranno abbandonare
l’orientamento al cliente per una nuova cultura orientata al mercato. Nell’attuale contesto turbolento l’orientamento al mercato è
troppo importante per essere affidato esclusivamente alla funzione di marketing; la cultura del mercato deve diffondersi a tutti i livelli
interni all’organizzazione, attraverso un coordinamento interfunzionale. In questo contesto la gestione Market-driven è + importante
che mai, ma il marketing come funzione distinta è stato messo duramente in discussione e deve reinventarsi. La gestione Market-
Driven va considerata come un processo che integra le diverse funzioni e non come entità separata all’interno dell’organizzazione.
Nell’attuale ambiente Macro-Marketing emergono nuove priorità per l’impresa.
SBU: Strategic Business Unit

CAPITOLO 3 L’analisi dei bisogni del cliente p63


3.1. La nozione di bisogno generico
3.1.1. La stabilità dei bisogni generici
Il bisogno è un esigenza della natura o della vita sociale. Questa definizione permette di distinguere due tipi di bisogni:
o i bisogni assoluti o innati, che sono inerenti alla natura umana (bere);
o i bisogni relativi, che sono culturali e sociali.
Nell’ambito del quadro concettuale del market-driven management, è utile considerare i bisogni generici sia assoluti sia relativi
come problemi dei clienti potenziali, che cercano di risolverli acquistando prodotti o servizi diversi. Adottando questo approccio,
teorizzato da Abbott, si arriva a considerare come bisogno derivato una particolare risposta tecnologica (il bene o il servizio) a un
bisogno generico e, allo stesso tempo, l’oggetto del desiderio. Occorre perciò rivedere la diffusa convinzione per cui sarebbe l’attività di
marketing d’impresa a creare i bisogni. In verità, il marketing non è in grado di dare vita a nuovi bisogni, può soltanto stimolare la
domanda per i bisogni derivati, cioè quella domanda che si indirizza ad una specifica risposta tecnologica. La saturazione, a sua volta,
non riguarda il bisogno generico, che è stabile, ma soltanto il bisogno derivato, cioè la risposta tecnologica dominante del momento.
Sotto l’impulso del progresso tecnologico, il bisogno generico evolve semplicemente verso livelli superiori a seguito dell’introduzione nel
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mercato di prodotti migliorati e, quindi, della comparsa di nuovi bisogni derivati. L’evoluzione stimolerà senza sosta la produzione dei
beni destinati a soddisfare bisogni generici; tenderanno perciò ad apparire sul mercato nuovi beni, più adatti a soddisfare il nuovo
livello raggiunto dal bisogno. A loro volta, dunque, i bisogni derivati saranno saturati e sostituiti da nuovi bisogni derivati, che si
riferiscono a beni più evoluti. Questo fenomeno di saturazione relativa provocato dal progresso tecnologico che si pone alla base del
modello del ciclo di vita del prodotto è osservabile nella maggior parte dei beni, tanto a livello di miglioramento della performance
tecnologica dei prodotti stessi, quanto a livello di sostituzione pura e semplice di una risposta tecnologica particolare con un altra
migliore (il CD sostituisce il disco in vinile, la posta elettronica sostituisce il fax, etc.). La distinzione tra bisogno generico e bisogno
derivato mette dunque in evidenza il fatto che, anche se non può esserci saturazione generale, è possibile rilevare saturazioni settoriali
di natura tecnologica. Un ruolo importante del marketing strategico consisterà quindi nel favorire l’adattamento dell’impresa
all’evoluzione osservata nella soddisfazione dei bisogni. In questa prospettiva, l’impresa ha dunque interesse a definire la propria
mission facendo riferimento al bisogno generico piuttosto che al bisogno derivato, visto che il secondo è variabile e soggetto
all’influenza costante della tecnologia, a differenza del primo.

3.1.2. L’impossibilità di saturare i bisogni generici relativi p65


A differenza dei bisogni assoluti, i bisogni relativi non sono saturabili (o meglio sono insaziabili), in quanto, più sale il livello generale,
più essi andranno oltre. Questo perché i bisogni di origine socio-psicologica possono essere sentiti tanto quanto i bisogni più
elementari, e forse anche di più.
I bisogni assoluti sono quelli che noi sentiamo qualunque sia la condizione altrui, mentre i bisogni relativi sono quelle la cui
soddisfazione ci porta la di sopra dei nostri simili, donandoci una sensazione di superiorità nei loro confronti (Keynes)

3.1.3. Bisogni latenti e bisogni espressi: Comprendere i bisogni dei clienti non è un compito facile ed è utile, a tal fine, stabilire
una distinzione tra i bisogni latenti e i bisogni espressi.
o I bisogni consapevoli: che sono quelli di cui il potenziale cliente è consapevole.
1. espressi (quelli che il cliente dice)
2. non espressi (quelli che il cliente si aspetta)
3. immaginari (i sogni del cliente)
o I bisogni latenti o non consapevoli, sono quelli di cui il potenziale cliente non è consapevole. Il ruolo del marketing strategico
proattivo è quello di scoprirli e di analizzare il loro potenziale di redditività.
1. bisogni effettivi (il benessere del cliente)
2. bisogni inconsci (ciò che motiva inconsciamente il cliente)
Es. il caso GEOX bisogno latente: la sudorazione dei piedi

I bisogni consapevoli e non consapevoli


Bisogni di cui non si è consapevoli Opportunità non sfruttate Opportunità non sfruttate
(non articolati)
Bisogni di cui si è consapevoli Opportunità sfruttate Opportunità non sfruttate
(articolati)
Clienti già serviti Clienti non ancora serviti

3.1.4. Bisogni falsi e bisogni veri p67


La critica mossa più di frequente nei riguardi del marketing moderno è quella di aver fatto del mercato un meccanismo di creazione di
bisogni anziché di soddisfazione dei bisogni. È implicita, in questo approccio, l’idea che esistano bisogni veri e bisogni falsi, e che quelli
falsi siano creati dalla società e dal produttore. A detta di Lambin non è così, poiché il fatto che il tasso di insuccesso dei nuovi prodotti
sia molto elevato (circa 50%) sta a dimostrare che il potere discrezionale del consumatore è in realtà molto forte.

3.2. La motivazione del cliente finale p68 Le motivazioni del cliente finale economista, non fanno alcuna distinzione fra ciò che il
cliente sceglie e ciò che gli conviene, né il cliente s’interroga sul processo di formazione dei bisogni
3.2.1 Teoria Stimolo-risposta: Una preoccupazione della teoria della motivazione è rappresentata dallo studio delle ragioni del
passaggio da una stato di inerzia ad uno stadio di attività, da parte dell’organismo, quindi motivazioni in termini di mobilizzazione di
energia. Tale Schema viene detto Teoria Stimolo-Risposta S-R, lo stimolo è considerato come punto di partenza attivo della reazione
dell’organismo.
3.2.2 La nozione di risveglio p69
I teorici della motivazione tendono attualmente a spiegare i comportamenti in modo nuovo, soprattutto in ragione del fatto che i
neurofisiologici hanno sensibilmente migliorato le proprie conoscenze riguardo al funzionamento del cervello e sono giunti a conclusioni
innovative. Contrariamente a come si pensava prima il cervello non ha bisogno, per essere attivo, di una eccitazione dall’esterno quindi
conviene identificare lo stato generale di motivazione con la funzione di risveglio o di attivazione derivante dalla formazione reticolare
del tronco celebrale. L’elevazione del livello del risveglio aumenta lo stato di attività dell’organismo e fornisce allo stesso tempo terreno
favorevole al funzionamento rapido e diretto del meccanismo celebrale stimolo-risposta
3.2.3 Il benessere e il livello ottimale del risveglio
È facile capire come il livello del risveglio abbia una grande influenza sulla sensazione di benessere o malessere che l’uomo prova in
generale e come influisca sul suo comportamento. Uno stimolo eccessivo provoca tensione, nervosismo e panico, al contrario uno
stimolo troppo debole o nullo provoca noia, insoddisfazione e fa nascere la voglia di uno stimolo maggiore
3.2.4 Il bisogno di stimolo
Berlyne ha dimostrato che ogni novità (nel senso di sorpresa, di diversità rispetto al passato o a ciò che ci si aspettava) attira
l’attenzione e possiede un effetto stimolante. Precisando che il nuovo o l’insolito, se usati sempre, attirano solo fino ad un certo punto
al di là del quale infastidiscono o spaventano addirittura. La forza attrattiva prima aumenta, quindi diminuisce in corrispondenza con

11
l’aumentare delle novità e della sorpresa. Questo rapporto si traduce un una curva a forma di U rovesciata, nota come curva di
Wundt; ciò che non è abbastanza nuovo né sorprendente annoia, ciò che lo è troppo disorienta.

3.2.5 Il Bisogno di piacere p71


Le sensazioni di confort e di malessere sono legate al livello di risveglio e dipendono dallo stato di quest’ultimo rispetto al livello
ottimale. Si possono identificare 2 fonti di piacere:
1. quella che deriva dal processo di soddisfazione di un bisogno e dalla riduzione di tensione che procura
2. quella che deriva dallo stesso stimolo

3.2.6 Le determinanti del benessere individuale p72


Eravamo partiti dal punto di vista degli economisti , per i quali il bisogno è essenzialmente uno “stato di mancanza” rilevato dal
comportamento d’acquisto, senza precisare l’origine e la natura delle motivazioni alla base di questo stato di carenza
I contributi della psicologia sperimentale allo studio della motivazione umana rendono possibile descrivere le tre forze motivazionali
che determinano il benessere individuale nel modo che segue (la relazione fra confort, piacere e stimolazione e le relazioni che li
legano al benessere individuale costituiscono il diagramma delle determinanti del benessere Fig. 3.3):
o La ricerca di comfort, che deriva da due tipologie di comportamento: una che riduce le tensioni per mezzo della soddisfazione
dei bisogni omeostatici; l’altra che lotta contro la noia con stimoli legati a novità, cambiamento, incertezza, rischio, etc.;
o La ricerca di piacere, anch’essa derivante da due fonti: il piacere derivante dalla riduzione delle tensioni e quello derivante dalla
stimolazione;
o La ricerca di stimolazione, non solo come mezzo per combattere la noia, ma anche come obiettivo in sé, senza altro fine che la
tensione che genera, la quale a sua volta da piacere e crea opportunità di sviluppo e di realizzazione per l’individuo.

3.3. no
3.4. La motivazione del cliente industriale p80
L’analisi compiuta sinora riguarda i bisogni e le motivazioni dell’individuo in quanto consumatore finale, ma in realtà esistono
transazioni tra organizzazioni ed imprese Business to Business che riguardano vendite di attrezzature, merci, semilavorati, materie
prime ecc.
3.4.1. Specificità dei mercati business-to-business (B2B)
Le principali differenze tra il marketing B2C e quello B2B possono essere raggruppate in tre categorie, a seconda che interessino la
domanda, il profilo del cliente industriale o infine le caratteristiche dei prodotti o servizi industriali. La domanda
industriale, o organizzativa, è una domanda derivata, espressa cioè da un’organizzazione che utilizza i prodotti acquistati all’interno
del suo sistema di produzione per poter rispondere alla domanda sia di altre organizzazioni, sia del consumatore finale. Ne consegue
che la domanda industriale di inserisce in una filiera industriale che dipende da una domanda che sta a valle e che a sua volta deriva
dalla richiesta di beni di consumo. L’impresa industriale, a sua volta, si trova di fronte a clienti multipli: i suoi clienti diretti e i clienti
dei suoi clienti diretti che fanno parte della filiera industriale. Il cliente industriale è un cliente professionale tecnicamente
competente, per cui l’atto di acquisto implica un livello di standardizzazione non rintracciabile nel processo di acquisto del consumatore
finale. Il prodotto industriale ricercato viene in genere indicato con precisione dal cliente industriale, che sa bene ciò che vuole, le
prestazioni sono chiaramente specificate e vuole solo quello.

3.4.2. Il cliente industriale (B2B) come centro decisionale d’acquisto Fig. 3.6
In un’impresa industriale, le più importanti decisioni di acquisto sono prese dal centro decisionale di acquisto o gruppo di acquisto,
composto in genere da cinque ruoli, ciascuno dei quali può essere ricoperto da una o più persone:
o L’acquirente, ovvero colui che all’interno dell’organizzazione ha il compito di definire le condizioni di acquisto, selezionare i
fornitori e le marche, negoziare i contratti. Di solito questo ruolo è svolto dalla direzione acquisti.
o L’utente, cioè colui che utilizza il prodotto (ad es.: gli operai). Di norma è colui che si trova nella posizione migliore per valutare
le prestazioni dei prodotti e servizi acquistati.
o Il prescrittore, vale a dire colui (coloro) che non ha necessariamente il potere di acquistare, ma è in grado di influenzare la
decisione finale, definendo i criteri che restringono le scelte possibili. A questa categoria appartengono i progettisti, il personale
della R&S, i consulenti.
o Il decisore, cioè la persona che è responsabile della scelta finale delle marche e dei venditori.
o I filtri, vale a dire i membri che controllano il flusso di informazioni all’interno del gruppo stesso e che possono influenzare
direttamente il processo di acquisto.

3.4.3. Bisogni generici del cliente industriale p82


Il bisogno generico del cliente industriale deve essere definito in riferimento ad almeno cinque dimensioni:
o Dimensione tecnologica: specifiche del prodotto, tecnologia d’avanguardia, qualità costante del prodotto, consegna just-in-time
(appena in tempo), etc.
o Dimensione finanziaria: competitività del prezzo; costo del trasporto, dell’installazione e della manutenzione; condizioni e
termini di pagamento; puntualità nelle consegne, etc.

12
o Dimensione di assistenza: servizio post-vendita di assistenza per l’installazione e la messa in opera, assistenza tecnica e di
servizio, etc.
o Dimensione d’informazione: comunicazione, qualificazione del personale di vendita, accesso prioritario all‘innovazione,
formazione, business intelligence, etc.
o Dimensione strategica: rapporti reciproci, compatibilità delle modalità di organizzazione, reputazione della marca o dell’
impresa, etc.
Da quanto si è visto fin qui è facile constatare come la struttura delle motivazioni del cliente industriale sia al tempo stesso più
complessa e più semplice di quella del consumatore finale:
o più complessa perché: chiama in causa un’organizzazione;
o più semplice perché le motivazioni principali sono più oggettive e dunque più facili da identificare.
Malgrado le differenze esistenti tra i due campi, tuttavia, l’approccio di marketing resta il medesimo, cioè quello di adattare l’offerta alla
multidimensionalità del bisogno espresso dal cliente.

Riassunto p83
La soddisfazione dei bisogni del cliente è al centro dell’economia di mercato, ciò nonostante si sente dire che il marketing crea bisogni.
Il concetto di bisogno è controverso poiché comporta un giudizio di valore fondato sulla morale o su un’ideologia. Fatta salva
l’osservanza delle regole morali e sociali il M. è pluralista e rispetta le diversità dei gusti e delle preferenze. La differenza tra bisogni
generici e bisogni derivati sottolinea l’esistenza di una dialettica dei bisogni relativi, da cui consegue una generale impossibilità di
saturazione. Analogamente, la distinzione tra bisogni generici e bisogni relativi (derivati) porta a concludere che la saturazione non
riguarda la prima categoria, ma solo la seconda, e coincide con la risposta tecnologica di volta in volta dominante. Particolarmente utili
sono i quadri concettuali proposti dalla teoria stimolo-risposta
I principi generali del M. strategico nel mercato dei prodotti di consumo valgono anche nel campo del M. B2B, ma esistono delle
differenze importanti: il clienti industriale è rappresentato da un gruppo di individui, chiamato centro d’acquisto in cui ognuno esercita
una funzione diversa e ha diverse motivazioni.

CAPITOLO 4 Il comportamento d’acquisto del cliente


4.1. I diversi ruoli del cliente p85
Ogni transazione commerciale richiede che il cliente realizzi tre tipi di azione:
a) l’acquisto, cioè la scelta di un prodotto o servizio;
b) il pagamento del prodotto o servizio acquistato;
c) il suo utilizzo o consumo.
Ne consegue che il cliente può esercitare tre ruoli: acquirente, pagante e utente consumatore. Tutti questi ruoli possono essere
esercitati da una stessa persona (ad es. una casalinga) o da una stessa unità organizzativa (ad es. l’ufficio acquisti di un’impresa),
oppure, al contrario, da diverse persone e istituzioni.
Ognuno di questi tre ruoli attribuisce a una persona la qualifica di cliente. Ne consegue che è importante conoscere, a seconda delle
situazioni di mercato, il modo in cui i clienti si spartiscono tra loro questi ruoli, al fine di adattare gli sforzi di marketing in base al ruolo
ricoperto. È possibile identificare quattro suddivisioni di ruoli:
o L’utente è anche acquirente e pagante: la maggior parte dei prodotti che acquistiamo per uso personale appartiene a questa
categoria, per cui, in tale caso, un’unica persona ricopre i tre ruoli. Nel marketing industriale si può riscontrare la medesima
concentrazione di ruoli nelle piccole imprese.
o L’utente non è acquirente né pagante: nel mercato dei beni di consumo, questa è la situazione tipica dei prodotti acquistati
dalle casalinghe per uso domestico o per i bambini; nei mercati B2B, il servizio acquisti di un’impresa compra e paga molti prodotti
(mobili per ufficio, cancelleria, etc.) che vengono utilizzati dal personale dell’ impresa, che tuttavia non è coinvolto nella decisione
d’acquisto.
o L’utente è anche acquirente, ma non pagante: tutte le decisioni relative ad acquisti effettuati su conti spese rientrano in
questa categoria, in quanto l’utente è l’acquirente, ma non è colui che paga il prodotto o servizio;
o L’utente è il pagante, ma non l’acquirente: nei mercati B2B, ad es., capita spesso che si ricorra ad un intermediario esterno
che paga, ma acquista un attrezzatura o delle materie prime per conto terzi. Es. Agente incaricato dell’acquisto o i Broker che
fungono da agenti per i loro clienti
È del tutto evidente che, quando un solo consumatore ricopre tutti e tre i ruoli testé citati, l’impresa adotterà una strategia diversa
rispetto ai casi in cui a essere utenti sono persone diverse, paganti a acquirenti.
Approfondimento 4.1 p87

Figura 4.1
I diversi Ruoli del cliente nei mercati B2C e B2B:
1. Acquirente-prescrittore
2. Utilizzatore-consumatore
Cliente finale B2C 3. Pagante

Cliente
Cliente Industriale 1. Acquirente
B2B 2. Utilizzatore
3. Prescrittore
4. Decisore
5. 5. Filtri

4.2. Il processo d’acquisto nei mercati B2C


Il comportamento d’acquisto è l’insieme delle attività che precedono, accompagnano e seguono le decisioni d’acquisto, e durante le
quali l’individuo interviene attivamente al fine di compiere scelte con cognizione di causa e non in modo casuale

13
4.2.1. Fasi del processo di acquisto p88
Il processo di acquisto si articola in cinque fasi:
a) individuazione del problema;
b) ricerca di informazioni
c) valutazione delle possibili soluzioni alternative
d) decisione di acquisto;
e) comportamento dopo l’acquisto.

4.2.2 il principio di razionalità limitata


Il comportamento d’acquisto non è casuale o condizionato dal contesto, ma piuttosto razionale, nel senso indicato dal principio di
razionalità limitata, cioè nei limiti delle capacità cognitive e di apprendimento degli individui. Tale principio si basa su delle ipotesi: le
scelte siano oggetto di una riflessione preliminare da parte del cliente, che le scelte si effettuino sulla base della previsione di dati
futuri (non solo di osservazioni di breve periodo) e che le scelte siano guidate dal principio delle scarsità generalizzata secondo cui ogni
atto umano, ogni decisione, comporta un costo-opportunità

4.2.3 i diversi approcci risolutori p89


Si possono distinguere tre tipi di comportamenti risolutori dei problemi posti dal processo di acquisto: comportamento risolutorio
estensivo, comportamento risolutorio limitato e comportamento risolutorio di routine. Il comportamento risolutorio estensivo sarà
adottato laddove il valore delle informazioni e/o il rischio percepito siano elevati. Si tratterà, ad es. di situazioni in cui il cliente-
acquirente sia posto di fronte a nuove marche, magari in una classe di prodotti per lui ignota. La scelta sarà dunque difficile e potrà
richiedere una ricerca approfondita. Il comportamento risolutorio limitato si osserverà invece quando l’acquirente si trovi di fronte
ad una marca nuova e sconosciuta all’interno di una classe di prodotti nota. In questo caso i criteri di scelta sono già definiti, ma
l’acquisto richiederà comunque una preliminare ricerca di informazioni e alcune valutazioni. Il comportamento risolutorio di routine,
invece, si osserverà quando il cliente avrà accumulato esperienze e informazioni adeguate su una o più marche in una categoria di
prodotti nota. In tal caso il processo di scelta sarà ripetitivo e quasi senza ricerca di informazioni.

4.2.4. L’importanza del rischio percepito


Non tutte le decisioni di acquisto richiedono una ricerca sistematica delle informazioni. La complessità della condotta risolutoria
dipenderà anche dall’importanza del rischio percepito associato all’acquisto, vale a dire all’incertezza sulla portata delle conseguenze
derivanti dalla scelta da compiere. 6 sono i tipi di rischi di fronte ai quali si trova in genere l’acquirente:
a) un rischio funzionale, quando le caratteristiche del prodotto non corrispondono alle attese;
b) un rischio finanziario, in caso di oneri da sostenere se il prodotto acquistato è difettoso sostituzione e riparazione;
c) un rischio di perdita di tempo imputabile all’esigenza di ripianare una situazione: resi., reclami e riparazioni;
d) un rischio fisico, causato da prodotti il cui consumo o utilizzo possa nuocere alla salute o all’ ambiente;
e) un rischio sociale, se il prodotto acquistato trasmette un immagine sociale non conforme alla personalità del cliente;
f) un rischio psicologico, causato da varie forme di insoddisfazione legate ad un cattivo acquisto.
Per ridurre questo tipo di rischi, in genere il cliente ricorre a fonti di informazione diverse.

4.2.5 I costi dell’informazione p90


Le attività di ricerca di informazioni intraprese per far fronte ad un problema di scelta hanno sostanzialmente l’obiettivo di ridurre
l’incertezza legata alle alternative possibili, al valore da assegnare a ciascuna di esse, nonché ai termini e alle condizioni d’acquisto
È possibile raggruppare i costi di questa indagine in 3 categorie:
1. Costi di ricerca: sostenuti per conoscere i mercati e delimitare l’insieme delle opportunità che il cliente può inserire
nell’insieme delle alternative possibili
2. Costi di percezione: sostenuti al fine di identificare le caratteristiche dei beni (luogo, prezzo e garanzia)
3. Costi di valutazione: che permettono di valutare la presenza delle caratteristiche percepite e di verificare l’autenticità dei
segnali inviati dal mercato sulla qualità dei beni.

4.2.6 Le fonti di informazione


I costi percepiti degli attributi e dei benefici dei prodotti variano a seconda della loro osservabilità, Nelson li suddivide in:
a. beni con qualità esterne o visibili – search goods le caratteristiche possono essere facilmente controllate prima
dell’acquisto: abiti, giocattoli e mobili (criteri di scelta a costi contenuti)
b. beni con qualità interne verificabili – experience goods le caratteristiche + importanti si rivelano solo durante l’utilizzo,
dopo l’acquisto: farmaci, computer, auto e libri (i costi di percezione possono essere elevati per il singolo)
c. beni con qualità interne non verificabili – credence goods (costi ancor + alti) es: servizi professionali
3 categorie delle fonti di informazione:
a. Fonti dominate dai produttori: pubblicità, espositori, brochure (vantaggi: gratuita, svantaggi; incompleta e di parte
b. Fonti personali: amici, vicini il cosiddetto passaparola (l’affidabilità dipende dalla fonte)
c. Fonti neutre: articoli di giornali, rapporti ufficiali e resoconti di agenzie specializzate (costi ridotti, obiettività e competenza)

4.3. Il processo d’acquisto nei mercati B2B p91


L’analisi del processo di acquisto del cliente industriale consiste essenzialmente nell’identificare il ruolo specifico di ciascun membro del
centro d’acquisto nelle diverse fasi del processo decisionale, i loro criteri di scelta, le percezioni delle prestazioni dei prodotti, i diversi
punti di vista ecc.

4.3.1 Fasi del processo di acquisto


Come per la decisione d’acquisto del consumatore individuale, il processo d’acquisto del cliente industriale può suddividersi in diverse
fasi ed i ruoli:
14
1) Identificazione dei bisogni; Utente e filtri
2) Determinazione delle specifiche e programmazione dell’acquisto; Utente, prescrittore e filtri
3) Identificazione delle alternative d’acquisto; Acquirente e filtri
4) Valutazione delle attività alternative d’acquisto; Utente, prescrittore, acquirente, decisore e filtri
5) Scelta dei fornitori; Acquirente, decisore e filtri
6) Controllo e valutazione della performance. Utente

4.3.2. La filiera industriale p93


Concetto centrale dei mercati B2B è quello di filiera industriale, che rende obsoleta la classica ripartizione dei settori economici in
primario, secondario e terziario, e che comprende tutte le fasi del processo produttivo che porta delle materie prime a soddisfare il
bisogno dell’utente finale (bene o servizio)

4.3.3 Struttura Tipica della filiera industriale


Struttura tipo semplificate della domanda industriale:
a) Prima trasformazione; La domanda riguarda materie prime che vengono trasformate in prodotti semilavorati; barre d’acciaio,
lamiere, pelle ecc.
b) Trasformazione finale: La domanda riguarda prodotti grezzi che saranno trasformati in prodotti più complessi; lamiere grezze in
lamiere inossidabili
c) Primo assemblaggio: La domanda riguarda prodotti finiti che vengono utilizzati per fabbricare prodotti più complessi, i quali, a
loro volta, rappresentano componenti di altri prodotti; es. le lamiere pre-verniciate verranno usate per fabbricare radiatori
d) Assemblaggio finale: La domanda riguarda prodotti finiti che vengono assemblati in prodotti destinati alla domanda finale;
batterie, tubi catodici, pneumatici ecc.
e) Assemblatori: La domanda riguarda una grande varietà di prodotti che vengono assemblati per creare sistemi o grandi complessi.
Es: i radiatori in impianti di climatizzazione oppure una metropolitana che raggruppa una varietà considerevole di prodotti diversi.
A questa successione di domande devono essere aggiunte le domande collaterali, che riguardano i beni d’investimento, i
materiali di consumo (imballaggi, combustibile ecc.) e i servizi (manutenzione, riparazione e aziendali e professionali). L’impresa
industriale posizionata all’inizio di una filiera è messa dunque a confronto con una serie di domande interdipendenti, che in definitiva
determinano la sua domanda. L’impresa deve confrontarsi con due categorie di clienti: i suoi clienti diretti ed i suoi clienti indiretti
cioè i clienti dei suoi clienti diretti. Per sviluppare un marketing di tipo attivo, è quindi necessario considerare i bisogni specifici dei
clienti diretti, di quelli intermedi e di quelli che esprimono la domanda finale.

4.4. Il prodotto come paniere di attributi p95


Dal punto di vista del cliente, il prodotto può essere definito come un paniere di attributi , che fornisce al cliente stesso il valore
funzionale specifico di quella classe di prodotti. Nel paniere è compreso anche un insieme di valori e caratteristiche secondarie cioè
benefici o servizi, che possono a loro volta essere necessari o aggiunti. Sono proprio i benefici o i servizi a differenziare le marche e a
influenzare in maniera determinante le preferenze del cliente. Fig. 4.5 il prodotto di marca come un insieme di attributi e benefici

4.4.1. Il servizio o beneficio di base


Il servizio di base offerto da un prodotto o da una marca corrisponde al valore funzionale della categoria di prodotto; costituisce il
vantaggio di base, o generico, fornito da ciascuna delle marche che fanno parte della categoria di prodotto. Tutte le marche
appartenenti allo stesso mercato di riferimento offrono al cliente il medesimo servizio di base, con modalità che tendono ad
uniformarsi, in quanto le performance tecnologiche si equilibrano per effetto della concorrenza e della diffusione del progresso
tecnologico. Di conseguenza, per un numero elevato di mercati, il servizio di base è spesso in sé un criterio di scelta poco
determinante. Più discriminante, invece, sarà il modo in cui il servizio di base viene offerto.
Differenze tra:
a. Caratteristica: tecnica o fisica del prodotto: una padella rivestita di teflon
b. Attributo: il vantaggio apportato al cliente dalla caratteristica: una cottura che non fa attaccare la pietanza
c. Valore: la rappresentazione mentale del bisogno soddisfatto: il piacere di una esperienza culinaria senza problemi
Se di per sé la caratteristica del prodotto non costituisce un criterio di scelta determinante per il cliente, diverso è il caso del valore
fornito che invece può svolgere un ruolo fondamentale nel processo d’acquisto; caratteristiche simili possono generare un valore
complessivo differente.
Paniere di attributi es. Automobile: potenza, consumo, comfort, sicurezza, prestigio oppure dentifricio: alito fresco, bianchezza dei
denti, protezione delle gengive e dalle carie.

4.4.2. I servizi supplementari p97


Oltre all’utilità funzionale di base, la marca offre un insieme di altre utilità o servizi supplementari, secondari rispetto al servizio di base,
ma la cui importanza può essere decisiva quando le prestazioni di marche diverse si equivalgono
I servizi supplementari si distinguono in servizi necessari e servizi aggiunti. Per servizi supplementari necessari si intendono le
modalità di produzione del servizio di base e tutto ciò che accompagna di norma il servizio di base (confezione, consegna, termini di
pagamento, servizio post-vendita, rumorosità, efficienza del carburante). I servizi supplementari aggiunti sono utilità non legate al
servizio di base, offerti in più dalla marca e che, di conseguenza, rappresentano un importante fattore di distinzione. Questi servizi
supplementari, necessari o aggiunti, danno vita agli attributi che generano soddisfazione per il cliente. Possono essere molto diversi a
seconda delle marche e possono quindi essere utilizzati come criteri di scelta. È evidente, inoltre, come clienti diversi possano attribuire
differenti gradi di importanza alla presenza (o meno) di alcuni attributi. È quindi possibile definire una marca come un paniere di
attributi che genera il servizio di base e alcuni servizi supplementari, necessari o aggiunti, la cui importanza e utilità possono essere
percepite in modo diverso dai potenziali clienti. Ogni marca possiede di solito almeno una caratteristica unica (ma di solito più di una).
La percezione globale di una marca da parte del cliente costituisce quella che viene comunemente definita l’immagine di marca.
Valutazione di un fornitore in base al paniere di attributi Tab. 4.4
15
4.5. Il Customer Relationship Management (CRM) p100
La soddisfazione del cliente è al centro nel processo di M. , ma solo negli anni 80 le imprese hanno cominciato a monitorare e valutare
il grado di soddisfazione dei clienti anche dopo l’uso ed il consumo.

4.5.1. Definizione di Customer Relationship Management


Il concetto di CRM, cioè di management incentrato sulla gestione dei rapporti con i clienti, è relativamente recente ed è stato favorito
dallo sviluppo delle ICT Information and Communication Technology. Queste tecnologie consentono infatti di gestire relazioni
individuali con un numero potenzialmente enorme di clienti, in un contesto di mercato globale. L’obiettivo è quello di aumentare
l’acquisizione e il mantenimento di clienti redditizi. Mentre il Marketing relazionale si RM si propone di sviluppare relazioni reciproche e
a lungo termine non solo con i clienti + redditizi, ma anche con i soggetti portatori di interesse
Fig. 4.6 tipologia di clienti in una prospettiva CRM
4.5.2. La gestione della relazione client-fornitore nei mercati B2B

4.6. Il comportamento del cliente dopo l’acquisto


L’obiettivo del CRM è quello di costruire rapporti redditizi, durevoli e reciproci, con buoni clienti. Per farlo, è necessario:
a) monitorare il grado di soddisfazione del cliente;
b) gestire correttamente i reclami dei clienti insoddisfatti;
c) trovare soluzioni appropriate ai loro problemi;
d) ricompensare i clienti fedeli.

4.6.1 il comportamento del consumatore insoddisfatto


I clienti che pongono dei problemi sono:
a. Quelli che sono scontenti ma non si lamentano
b. Quelli che si lamentano ma non sono soddisfatti dal modo in cui il loro reclamo è stato accolto e trattato dall’impresa
La gestione dei reclami è solo un aspetto necessario ma non sufficiente di un programma di qualità totale e mirato alla soddisfazione
del cliente

4.6.2 Metodi di misurazione della soddisfazione e insoddisfazione p102


Il modello è lo stesso del paniere di attributi
La procedura di indagine si articola in 3 fasi:
1. Stabilire il livello generale di soddisfazione dell’intervistato
2. Gli viene chiesto di attribuire un punteggio (generalmente da 1 a 10) all’importanza e alle performance di ciascun attributo
3. Misurare le intenzioni volte a una ripetizione dell’acquisto

4.6.3 Analisi della soddisfazione del cliente


1. calcolare il punteggio medio di performance e la deviazione standard relativa ciascun attributo
2. i valori vengono messi a confronto con valori medi del settore o dei concorrenti
3. dal confronto si potrà ottenere una fotografia credibile della qualità percepita del prodotto, visto come panieri di attributi, sul
mercato
4. i punteggi vengono distribuiti lungo 2 assi; su quello orizzontale i valori delle performance medie e su quello verticale le deviazioni
standard
Matrice soddisfazione/insoddisfazione:
Insoddisfazione Soddisfazione
Distribuita Distribuita
Punteggio Medio X

Insoddisfazione Soddisfazione
Omogenea Omogenea

Devianza Standard Y

Se la deviazione è alta, pochi tra gli intervistati hanno espresso la stessa opinione, se bassa la maggior parte dei clienti condivide la
stessa opinione
a. Quadrante basso destro: gli attributi dell’impresa o della marca hanno un punteggio medio superiore a quello del settore ed
una deviazione standard inferiore alla media, quindi i clienti sono generalmente sodisfatti e concordano nell’affermarlo:
soddisfazione omogenea
b. Quadrante alto destro: gli attributi sono superiori alla media ma la deviazione standard è alta ciò indica opinioni diverse dei
clienti: soddisfazione distribuita es: la qualità del servizio fornito non è costante
c. Quadrante alto sinistro: la soddisfazione è bassa (sotto la media) e la deviazione è alta quindi insoddisfazione distribuita, la
maggior parte dei clienti è insoddisfatta, ma alcuni lo sono meno di altri
d. Quadrante basso sinistro: i consumatori sono insoddisfatti e lo dicono; è la situazioni peggiore detta insoddisfazione
omogenea

4.6.4 Stili di risposta legati alla soddisfazione e all’insoddisfazione p103


I clienti esprimono reazioni diverse di fronte alla soddisfazione e all’insoddisfazione
Jones e Sasser distinguono 6 profili del comportamento di fedeltà:
1. L’apostolo: cliente molto soddisfatto che parla della sua esperienza ad altri potenziali clienti
16
2. Il fedele: soddisfatto che non parla con altre persone del suo stato d’animo
3. Il disertore: insoddisfatto che se ne sta zitto
4. Il terrorista: insoddisfatto che parla troppo
5. Il mercenario: tendenzialmente soddisfatto, che farebbe, però, qualsiasi cosa per migliorare il suo trattamento
6. L’ostaggio: il cliente che a prescindere dal fatto che sia soddisfatto o meno, non ha altra scelta

4.7 il rapporto soddisfazione-fedeltà


Se il livello di soddisfazione del cliente è alto , la sua fedeltà crescerà, diventando il principale motore della performance finanziaria a
lungo termine; Jones e Sasser: il rapporto tra soddisfazione e fedeltà Fig. 4.9 p104

4.7.1 il concetto di fedeltà della marca


Esistono diversi modi per definire la fedeltà alla marca; i 6 criteri esposti da Jacoby e Kyner sono considerati necessari per poter
parlare di fedeltà alla marca:
- La risposta comportamentale
- Premeditata non casuale
- Espressa nel tempo
- Da una unità decisionale (utente, acquirente o prescrittore, uno o + individui come la famiglia)
- Con rispetto ad una o + marche alternative (un soggetto può essere fedele a + marche)
- Dipendente da un processo psicologico decisionale e valutativo
Il concetto di fedeltà alla marca è importante alla luce della relazione esistente tra fedeltà e soddisfazione; tanto + il cliente è fedele
tanto + contribuisce alla redditività.

4.7.2 il rapporto soddisfazione-fedeltà p105


Si tenderebbe a pensare che il rapporto tra soddisfazione e fedeltà sia di tipo lineare cioè con l’aumento della soddisfazione dovrebbe
aumentare anche la fedeltà ma non è così:
- Nei mercati non competitivi, (alto – sinistro) il grado di soddisfazione ha un impatto limitato sulla fedeltà; sono mercati
tendenzialmente monopolistici regolamentati es: telecomunicazioni, energia elettrica, trasporti, quindi clienti vincolati, ma se
la fonte del monopolio scompare la situazione può cambiare rapidamente.
- Nei mercati competitivi, (basso – destro) in cui esistono beni succedanei, con costi di trasferimento bassi vi sono molte
differenze di fedeltà tra i clienti soddisfatti e quelli pienamente soddisfatti

Riassunto p107
Un cliente può essere acquirente, pagante o utente consumatore quindi è necessario conoscere bene i ruoli per poter adattare il M.
Nei mercati B2C spesso un unico individuo a svolgere tutti i ruoli; Nei mercati B2B ogni ruolo è assunto da persone diverse.
Il comportamento del consumatore non è casuale e non è condizionato dall’ambiente, ma razionale in base al principio di razionalità
limitata. Una filiera industriale comprende tutti gli stadi della produzione, dal materiale grezzo alla soddisfazione dei bisogni finale del
consumatore (beni o servizi)
Dal punto di vista del cliente, un prodotto può essere considerato come un paniere di attributi, che gli da il valore funzionale insieme
ad una serie di altri valori e utilità secondari, che possono essere a loro volta necessari o aggiunti. Sono proprio i servizi aggiunti a
differenziare le marche, ed essi possono risultare determinanti nell’influenzare le preferenze del cliente.
Ciò che distingue l’odierna gestione dei rapporti con i clienti CRM è il fatto che possono utilizzare la tecnologia e gestire un numero
potenziale di clienti enorme, in un contesto di mercato globale. L’obiettivo è quindi aumentare in modo efficiente ed efficace
l’acquisizione ed il mantenimento dei clienti redditizi.
La risposta del cliente include tutte le attività fisiche o mentali causate da uno stimolo di marketing. I diversi livelli di risposta del
cliente possono essere raggruppati in tre categorie:
risposta cognitiva, che riguarda le informazioni e le conoscenze acquisite;
risposta affettiva, che ha a che fare con le attitudini e le valutazioni;
risposta comportamentale, che descrive le azioni intraprese, non solo al momento dell’acquisto ma anche dopo l’atto di acquisto.
L’analisi del comportamento dopo il consumo si basa sulle misure di soddisfazione/insoddisfazione del cliente. Un buon indicatore della
soddisfazione del cliente è rappresentato dal suo tasso di fedeltà.

CAPITOLO 5 La misurazione della risposta del cliente p111


5.1. Struttura del sistema informativo di marketing (MIS) Marketing information System
Un’impresa orientata al mercato deve attivare un sistema di informazioni di marketing che le consenta di seguire l’evoluzione del
proprio ambiente macro-marketing. È una struttura stabile e interattiva formata da persone, procedure e attrezzature che si propone di
raccogliere e selezionare, analizzare, valutare e distribuire in tempo utile informazioni pertinenti ed accurate, destinate a fungere da
supporto ai decisori di marketing nella pianificazione, implementazione e controllo del processo di marketing. Il ruolo del sistema
informativo di marketing consiste nell’analizzare rigorosamente le necessità informative esistenti, strutturare un sistema informativo
che le soddisfi, centralizzare le informazioni disponibili e predisporne la diffusione all’interno dell’organizzazione. I flussi di informazione
provenienti da tale contesto vengono captati e analizzati da tre sottosistemi:
o il sistema di contabilità interna
o il sistema di business intelligence
o il sistema di ricerca di marketing
Un quarto sottosistema è rappresentato dal sistema analitico di mercato, che si occupa dell’elaborazione dei dati e del
trasferimento delle informazioni al management come supporto per la comprensione, la decisione e il controllo.

5.1.1 Il sistema di contabilità interna è presente in ogni azienda, anche se spesso non è sufficientemente approfondito e riguarda
i dati relativi alle vendite e acquisti, ordini e spedizioni, costi, rappresentanti (dati secondari interni) ecc. ma non la ricerca. L’uso dei
17
computer ha agevolato lo sviluppo di internal accounting dai quali si puà strutturare un sistema di report basato su dei requisiti da
tener presente:
a. Tempestività delle informazioni
b. Flessibilità delle stesse cioè in formati diversi + o – dettagliati
c. Inclusività cioè includere tutte le esigenze senza eccedere nelle quantità
d. Accuratezza cioè livello di precisione deve essere adeguato alle necessità dell’ambito decisionale
e. Comodità cioè facilità di accesso alle informazioni
I dati che provengono dall’IA costituiscono il fondamento del MIS

5.1.2 Il sistema di business intelligence, p114 dal canto suo, ha il compito di raccogliere informazioni sull’evoluzione del contesto,
per consentire al management di tenere costantemente sotto controllo forze e debolezze della posizione competitiva dell’impresa nel
mercato di riferimento. Esistono vari metodi:
a. Casuale, svolta dai manager da info su quotidiani, dialogo svolto con i fornitori, distributori e clienti, fiere, pubbl. commerciali ecc.
b. Forza Vendita
c. Centri informativi dove ci sono persone esperte sulle ricerche
d. Ricerca commissionate da clienti ed associazioni su argomenti specifici

5.1.3 Il sistema della ricerca di marketing consiste nel fornire dati e informazioni relativi al mercato, utili al management per
realizzare l’orientamento al mercato, nonché per prendere le decisioni strategiche ed operative.
Tale ricerca deve assolvere a 4 funzioni:
1. Diagnosticare l’esigenza delle informazioni
2. Selezionare le variabili da misurare
3. Assumersi la responsabilità della validità interna ed esterna delle informazioni raccolte
4. Trasmettere le il formazioni al management
Si possono identificare tre obiettivi della ricerca di mercato: supporto alla comprensione, supporto alla decisione e supporto al
controllo.
o supporto alla comprensione cioè descrivere, analizzare, misurare e prevedere i fattori di mercato e la domanda.
o supporto alla decisione cioè individuare le strategie e gli strumenti di marketing più appropriati a determinare il livello ottimale
d intervento.
o supporto al controllo in cui si propone di valutare la performance e i risultati dei programmi di marketing.
Avviare o meno una ricerca di marketing specifica prevede la necessità di tener conto di alcuni fattori:
1. vincoli temporali, le ricerche richiedono tempo ma le decisioni devono essere prese rapidamente
2. disponibilità dei dati, spesso il management ha informazioni sufficienti, in altri casi può ricorrere a ricerche aggiuntive
3. valore per l’impresa, che dipenderà dalle decisioni da prendere

5.2. Ricerca di marketing e metodo scientifico p116


La ricerca di marketing deve fornire dati la cui validità certificata (sia interna che esterna). Questa è la ragione per cui tale ricerca deve
adottare un metodo scientifico.
5.2.1 Le caratteristiche della conoscenza scientifica:
a. La scienza va oltre i semplici fatti
b. La conoscenza scientifica è verificabile
c. La scienza è analitica
d. la conoscenza scientifica è chiara e precisa
e. la conoscenza scientifica è comunicabile
f. la conoscenza scientifica ha valore generale
5.2.2 L’interfaccia manager-ricercatore: L’importanza della ricerca di M. per il management è in gran parte dovuta alla qualità
dell’interfaccia tra l’analista di mercato responsabile del progetto di ricerca ed il manager incaricato della decisione, che deve ricorrere
ai risultati della ricerca stessa.
5.2.3 Fasi del processo di ricerca p117
Come ogni altro genere di ricerca scientifica, anche la ricerca di marketing si compone di una sequenza di attività tra loro correlate:
1) definizione del problema; da parte del manager e dell’analista di mercato
2) disegno della ricerca; cioè un piano di azione che specifica metodi e processi di raccolta ed analisi dei dati richiesti
3) raccolta di informazioni; gli intervistati
4) elaborazione e analisi dei dati; per dare una risposta agli interrogativi del manager
5) presentazione del rapporto di ricerca. Interpretare le informazioni e trarre delle conclusioni utili per il manager

5.2.4 Tipi di ricerca di mercato: p118 Le principali tipologie di ricerca di mercato sono tre:
a) 5.3 la ricerca esplorativa, che è volta a chiarire la natura di un problema a comprendere più a fondo una situazione di mercato.
Non deve fornire prove definitive che influenzano scelte precise. I metodi usati sono la ricerca documentale e gli studi qualitativi.
Essa si basa sullo studio dei dati secondari, le indagini presso informatori chiave, l’analisi dei casi selezionati e le ricerche qualitative
con l’ausilio dei focus group ecc.
Obiettivi: esaminare rapidamente il problema o la minaccia
Sviluppo delle ipotesi verificabili basandosi su 4 fonti:
1. Teorie economiche, marketing, psicologiche ecc..
2. Esperienza dei manager con casi simili
3. Utilizzo dei dati secondari interni ed esterni
4. Indagine presso informatori chiave
5. Nuova ricerca esplorativa
18
L’uso dei dati secondari interni ed esterni (che presentano anche degli svantaggi come dati non aggiornati, unità di misura non
coerenti, difformità nei termini). Quindi dati sempre dalla fonte originale.
Indagine presso informatori chiave: discussioni con persone: operatori (fornitori, consumatori, personale dell’impresa ecc.) e
esperti (quelli che hanno informazioni privilegiate come economisti, funzionari statali, personale di ricerca e sviluppo ecc.)
L’analisi dei casi Selezionati: casi simili al fenomeno studiato (terzo modo della ricerca esplorativa), alla ricerca di spiegazioni o per
decidere come comportarsi.
Discussioni all’interno del Focus group: altro caso di ricerca esplorativa, non è strutturata e si sviluppa all’interno di un piccolo
gruppo di 8-12 individui a discussione libera su una marca, su una pubblicità o nuovo prodotto. Vantaggi rapidità e facilità di
esecuzione, costi contenuti e flessibilità rispetto ad uno schema fisso e rigido di domande come il sondaggio e non da escludere lo
stimolo a vicenda tra gli intervistati
Tecniche di proiezione vengono utilizzate per sottoporre le domande agli intervistati in modalità indiretta visto che spesso gli stessi
sono restii o imbarazzati quando devono esporre i propri sentimenti.
Limiti della ricerca esplorativa non può sostituire quella quantitativa e conclusiva. Malgrado ciò, molti manager tendono ad
accettare risultati esplorativi ricavati sulla base di campioni ridotti e ritenerli sufficienti per i propri obiettivi di ricerca. Costa poco,
veloce, flessibile e da spazio alla creatività e alla generazione di idee

b) 5.4 la ricerca descrittiva, p126 tende a rispondere alle domande chi, cosa, quando, dove e come; si propone di determinare la
frequenza con cui qualcosa si verifica o la relazione tra 2 variabili. Può essere utile precisare che la maggior parte delle ricerche di
mercato rientra in questa categoria e ha come obiettivo l’ambizione di fotografare una situazione di mercato in un dato momento o di
controllare l’andamento di una determinata attività nel tempo ma anche descrivere l’organizzazione, prevedere il livello di domanda,
descrivere un comportamento d’acquisto, descrivere i consumatori, descrivere l’evoluzione degli stili di vita ecc.
Prima di iniziare la ricerca:
1. Formulare una o + ipotesi
2. Specificare chiaramente chi, che cosa, quando, dove, come e perché della ricerca
3. Specificare il metodo di comunicazione o osservazione
Metodi di raccolta dei dati primari: osservazioni, ricerche e sperimentazioni
Metodi di osservazione: l’osservazione scientifica è il processo sistematico di registrazione degli schemi comportamentali di persone,
oggetti e avvenimenti senza interrogarli o cominciare con loro. Vantaggio è dato dal carattere non invasivo (es. rilevatori del traffico e i
CUP codice universale prodotto e i panel di consumatori)
Limite grave: non sono utili nello studio di motivazioni , attitudini, preferenze e intenzioni, quindi un uso limitato
Metodi di Ricerca: Prevedono delle domande per l’intervistato mediante uno strumento di raccolta dati chiamato questionario con
domande scritto o orali. La forma di ricerca descrittiva più diffusa è il sondaggio (nella forma di interviste personali, interviste
telefoniche, questionari postali e sondaggi online). Nel campo dei sondaggi, una buona strutturazione dei questionari è la chiave
che consente di ottenere risultati soddisfacenti. Molto importante è anche la selezione dei soggetti da intervistare (metodi di
campionamento) , tramite campioni statistici (con + tempo e + risorse) o non statistici. Ognuno di questi due metodi presenta
vantaggi e svantaggi, con la possibilità sia di errori nella ricerca: di campionamento statistico (che si può ridurre aumentando il
campione) sia di errori non statistici (es. insufficiente preparazione degli intervistatori o scarsità del questionario). Per minimizzare il
rischio di errori non statistici, l’analista di mercato deve esercitare un controllo molto severo sul processo di raccolta dei dati.
Dalla raccolta dei dati all’acquisizione delle conoscenze Ancora più importante, infine, è l’analisi dei dati, che forse è la fase
più difficile; tramutare i dati grezzi in informazioni che contribuiscono a rispondere alla domande del decisore, composto in diverse fasi:
- Conversione dei dati: classificazione e schematizzazione
- Analisi descrittiva: fornisce un’idea iniziale sulla natura dei dati, concentrazione e dispersione per ogni variabile
- Analisi inferenziale: analizzare la portata e la natura delle possibili associazioni tra coppie di variabili, verifica delle ipotesi ed
esaminare la rilevanza statica delle differenze.
A differenza della ricerca esplorativa, gli studi descrittivi presuppongono una preliminare comprensione della natura del problema di
ricerca.

c) la ricerca causale, che è la forma più ambiziosa di ricerca di mercato e si propone di trovare relazioni di tipo causa/effetto fra una
variabile di azione e una variabile di risposta. La sperimentazione è un metodo di ricerca scientifica nel quale l’analista gestisce e
controlla una o più variabili di azione e osserva l’evoluzione della variabile di risposta in concomitanza alla manipolazione della variabile
di azione. Esistono diversi tipi di piani sperimentali, che si differenziano per il grado di controllo esercitato dall’analista sui fattori
esterni. PS 5.5 da saltare

Riassunto p140
Un’impresa orientata al mercato deve attivare un sistema di informazioni di M. che le consenta di seguire l’evoluzione del proprio
ambiente macro-marketing; Il ruolo della ricerca di M. è quello di fornire informazioni di mercato (dati certificati) basati su
metodo scientifico, che il Management possa utilizzare per applicare strategie orientate la mercato. Lo sviluppo di un processo di
ricerca implica una serie di fasi tra loro collegate, che si traducono in un processo di ricerca & analisi.
Identifichiamo 3 tipi di ricerca:
1. Esplorativa il cui obiettivo è formulare ipotesi e tradurre il problema in obiettivi di ricerca; i metodi utilizzati sono: l’analisi dei
dati secondari, le indagini verso informatori chiave, lo studio dei casi simili e le interviste con i focus group. Le discussioni
all’interno dei focus group, dette anche ricerche qualitative, sono molto utili, ma i risultati ottenuti vanno utilizzati solo come
spunto per altri studi, non come prove definitive.
2. Nella ricerca Descrittiva l’analista si sforza di ottenere una descrizione completa, precisa e quantitativa di una data
situazione e per far questo è tenuto a seguire una metodologia precisa. Le tecniche utilizzate sono l’osservazione e la
comunicazione. Il metodo di comunicazione + popolare è il sondaggio, condotto tramite intervista diretta, telefonica o postale.
L’elaborazione di un buon questionario è fattore chiave di successo nell’indagine e si basa su una procedure in 7 fasi. I metodi
di campionamento possono essere suddivisi in 2 gruppi: statistici e non statistici entrambi con vantaggi e possibili fonti di
19
errore: errori di campionamento statistico e non statistico. Per minimizzare i non statistici l’analista di mercato deve esercitare
un controllo molto severo sul sistema di raccolta dei dati. (errore totale nella ricerca Fig. 5.9 p132)
3. La ricerca Casuale si propone di identificare una relazione causa-effetto tra una variabile d’azione e una variabile di risposta
Ps Per la raccolta dei dati primari si possono utilizzare osservazioni, ricerche e sperimentazioni; I dati secondari sono quelli che già
esistono, possono essere raccolti sia da fonti interne che da esterne (Appr. 5.3 p 138 e Fig.5.7 p122)

CAPITOLO 6 L’analisi dei mercati attraverso la segmentazione p143


Una delle prime decisioni strategiche che l’impresa deve prendere riguarda l’identificazione del mercato di riferimento è la scelta dei
segmenti dei clienti target. Questa scelta comporta innanzitutto la scomposizione del mercato totale in sottoinsiemi di clienti omogenei
in termini di bisogni, comportamenti e motivazioni di acquisto, nonché in grado di costituire mercati potenziali a sé stanti. L’impresa
può scegliere di rivolgersi al mercato nel suo complesso o di concentrarsi su uno o più segmenti del mercato di riferimento. Il tipico
risultato dell’analisi di segmentazione è una griglia che descrive il profilo qualitativo e quantitativo dei segmenti principali (di norma
quattro o cinque).

6.1. Fasi del processo di segmentazione strategica


L’applicazione del processo di segmentazione strategica si compone di quattro fasi fondamentali:
o LA PRIMA FASE è costituita dall’analisi di segmentazione, ossia dalla suddivisione dei prodotti-mercati in gruppi di potenziali
acquirenti aventi le stesse aspettative o richieste (condizione di omogeneità), che devono essere diverse da quelle dei consumatori
di altri segmenti (condizione di eterogeneità). Essa viene a sua volta suddivisa in due momenti, che corrispondono a diversi livelli
della disgregazione del mercato totale. I due momenti sono:
o macrosegmentazione, che mira all’identificazione dei prodotti-mercati;
o microsegmentazione, che porta a distinguere i segmenti dei clienti all’interno di ciascun prodotto mercato preso in esame.
o LA SECONDA FASE riguarda l’individuazione del mercato target oppure la selezione di uno o più segmenti ai quali rivolgersi, a
seconda dell’ambizione strategica dell’impresa e delle sue capacità distintive. Si tratta di una decisione basata sui risultati
dell’analisi di attrattività (Capitolo 7) e competitività (Capitolo 8).
o LA TERZA FASE consiste nel posizionamento sul mercato, in cui si decide come l’azienda intenda essere percepita dal potenziale
cliente, in base alle qualità distintive del prodotto e alle posizioni già occupate dai concorrenti (Capitolo 9).
o LA QUARTA FASE, infine, prevede la programmazione del marketing mirato ai segmenti target. Quest’ultima fase implica lo
sviluppo e la messa in opera di specifici programmi di marketing elaborati appositamente per conquistare il posizionamento
desiderato nei segmenti (o nel segmento) target (Capitolo 10).

Analisi di segmentazione Posizionamento sul mercato

Identificare i bisogni dei clienti Valutare le posizioni competitive

Raggruppare in base al segmento Costruire un vantaggio competitivo distinto

Descrivere il profilo di ciascun segmento Sviluppare una proposta di valore

Identificazione del segmento target Posizionamento sul mercato

Misurare l’attività del segmento Sviluppare un programma di marketing

Valutare la propria competitività Valutare la redditività di ciascun segmento

Selezionare i segmenti targhet Adattare l’organizzazione di marketing

6.2. L’analisi di macro-segmentazione p144 (identificazione mercato-prodotto)


Nella maggior parte dei mercati è praticamente impossibile soddisfare tutti i clienti con un unico prodotto o servizio, in quanto clienti
diversi hanno interessi e desideri diversi. Le imprese sono perciò sempre più indotte ad abbandonare le strategie di marketing di massa
per evolvere verso strategie di marketing mirate a uno o più gruppi di clienti. Quando si identificano i consumatori target, di fatto
si realizza la segmentazione del mercato, ossia la disaggregazione in sistemi omogenei dal punto di vista delle aspettative e dei
comportamenti di acquisto. Saper come segmentare un mercato è uno dei più importanti requisiti, per un’impresa. La segmentazione,
infatti, definisce il campo di attività dell’impresa e guida lo sviluppo della sua strategia.

6.2.1. Definizione del mercato di riferimento in termini di soluzione


La realizzazione di una strategia di segmentazione del mercato presuppone innanzitutto la definizione della missione dell’impresa, sulla
base di tre domande fondamentali. Qual è o quali sono i nostri settori? In quale settore dovremmo operare? e in quale settore non
dovremmo operare? La risposta a queste domande va cercata in una prospettiva orientata ai bisogni del cliente, da un punto di vista
generico, cioè in termini di soluzione cercata dal cliente. La definizione del business costituisce il punto di partenza per lo sviluppo della
strategia, in quanto aiuta ad identificare i clienti da servire, i concorrenti da superare, i fattori di successo da controllare, le tecnologie
a disposizione per la produzione del servizio. (ES: LEGO Danese “educazione e divertimento”, GEOX Confort nelle situazioni di
traspirazione, IBM “creiamo valore offrendo ai nostri clienti soluzioni, prodotti e servizi che li aiutano ad avere successo nelle loro
attività attraverso le tecnologie informatiche, Dainese “protezione totale”)

20
La logica dell’approccio “soluzione ad un problema” si fonda sull’idea che il cliente identifichi il prodotto con la soluzione che offre:
infatti nessuno compra il prodotto per ciò che è, in quanto ciò che si cerca è la soluzione ad un problema. Inoltre tecnologie diverse
possono svolgere la stessa funzione, tuttavia mentre le tecnologie evolvono rapidamente, i bisogno generici restano costanti.

6.2.2. La concettualizzazione del mercato di riferimento (variabili di segmentazione) p146


L’obiettivo consiste perciò nel definire il mercato di riferimento dal punto di vista del cliente e non da quello del produttore, come
spesso accade. Un mercato di riferimento si può definire in base a tre dimensioni:
o i clienti cioè chi occorre soddisfare; i gruppi di clienti possono essere classificati con i seguenti criteri: privato o azienda, classe
socio-economica, dimensione dell’azienda, tipo di attività ecc.
o le tecnologie utilizzate per soddisfare i bisogni; si tratta dei modi alternativi in cui può essere realizzata una particolare funzione
per un cliente
o il modo in cui i bisogni vengono soddisfatti.

I bisogni che il prodotto o il servizio deve soddisfare le funzioni cioè un pacchetto di benefici ricercati da diversi gruppi di clienti

Struttura tridimensionale del mercato di riferimento:

Bisogni o funzioni
Quali bisogni soddisfare?

Tecnologie
Come soddisfare i clienti?

Gruppi di clienti
Chi soddisfare?

6.2.3. La definizione dei confini del mercato p148


In riferimento al quadro concettuale precedentemente descritto, possiamo distinguere tre strutture: il prodotto-mercato , il mercato-
soluzione e l’industria. Fig. 6.4
o Nel prodotto-mercato, un gruppo specifico di clienti che cerca una determinata funzione o un assortimento di funzioni basate
su una singola tecnologia definisce un prodotto-mercato.
o Nel mercato-soluzione, invece, si è di fronte ad un mercato definito dall’esecuzione di determinate funzioni in un gruppo di
clienti determinati, comprese tutte le tecnologie sostitutive che possono eseguire la medesima funzione. “soluzione ad un
problema”: dalla vendita di congegni alla fornitura di servizi. Appr. 6.2 p150
o Nell’industria, infine, si ha un’industria (o settore) che viene definita da una particolare tecnologia ma include diversi business,
cioè molte funzioni o assortimenti di funzioni e numerosi gruppi di clienti.
Abbiamo dunque tre diverse definizioni di confini che corrispondono a diverse strategie di copertura del mercato, ciascuna con i suoi
pregi e difetti. La nozione di industria (o settore) è la più classica ma anche la meno soddisfacente, perché poggia su caratteristiche
dell’offerta (è orientata al produttore) e quindi non favorisce l’adozione di un orientamento al mercato. La nozione di mercato-
soluzione si avvicina molto al concetto di bisogno generico e presenta il vantaggio di enfatizzare l’esistenza di prodotti o tecnologie
sostitutive per realizzare la stessa funzione. Il suo inconveniente principale riguarda la grande eterogeneità degli ambiti tecnologici
considerati. La nozione di prodotto-mercato aderisce da vicino alla realtà del mercato e corrisponde alla definizione di SBU. Si tratta
di una definizione che suggerisce automaticamente quattro elementi fondamentali per la formulazione della strategia d’impresa:
o i clienti, da servire;
o il pacchetto di benefici, da fornire;
o i concorrenti diretti, da superare;
o le tecnologie sostitutive e i concorrenti, da tenere sotto controllo;
o i principali attori del mercato, con cui rapportarsi.

6.3. La costruzione di una griglia di macro-segmentazione p150


Una volta identificate le variabili di segmentazione rilevanti, il compito successivo consiste nell’individuare le combinazioni pertinenti e
costruire una griglia di segmentazione. Per arrivare alla definizione di una griglia di segmentazione operativa è necessario isolare le
variabili che rivestono un’importanza strategica. Alcune variabili di segmentazione sono di immediata percezione, ma l’individuazione di
segmentazioni innovative del mercato può fornire all’impresa un vantaggio competitivo nei riguardi dei concorrenti. Tab 6.1
6.3.1 L’analisi della pertinenza: per arrivare alla griglia di segmentazione operativa, è necessario rispettare le seguenti regole:
1. analisi di tutte le variabili pertinenti
2. isolare quelle di importanza strategica
3. raggruppare le variabili correlate
4. eliminare le combinazioni impossibili tra le variabili
5. raggruppare i segmenti con differenze trascurabili
6. la griglia deve comprendere non solo i segmenti esistenti ma anche quelli potenziali
6.3.2 il test della griglia di Macro-segmentazione: per verificare l’utilità della griglia è necessario collocare i clienti dell’impresa ed
i suoi concorrenti principali, nei segmenti considerati, con l’obiettivo di valutare il potenziale di ciascun segmento in termini di
dimensioni e di crescita, e misurare la quota di mercato dell’impresa in ciascun segmento

21
6.3.3 La ricerca di nuovi segmenti L’analisi di macro-segmentazione offre l’occasione per scoprire nuovi modi di segmentare il
mercato, l’individuazione di queste segmentazioni innovative del mercato può fornire all’impresa un vantaggio competitivo nei confronti
dei concorrenti. Sugg. 6.2 p152
6.3.4 Cambiamenti nei confini di mercato sottoposta alla pressione del progresso tecnologico e dei cambiamenti nelle abitudini di
consumo, la definizione dei confini del mercato non rimane stabile, ma viene interessata da processi evolutivi lungo 3 dimensioni: le
funzioni, le tecnologie ed i clienti.

6.4. L’analisi di micro-segmentazione nei mercati di consumo


Obiettivo della micro-segmentazione è l’analisi della diversità delle richieste dei vari gruppi di clienti all’interno dei prodotti-mercati (o
macro-segmenti) identificati tramite l’analisi di macro-segmentazione. Tenendo presente il concetto di prodotto come paniere di
attributi, possono esserci delle differenze nelle modalità di erogazione del servizio di base o nei servizi supplementari che
accompagnano il servizio di base. La micro-segmentazione si propone quindi di individuare gruppi di clienti che cercano nel prodotto lo
stesso paniere di attributi. Si può così arrivare a una strategia di differenziazione che, tramite il miglioramento del servizio o la
soddisfazione delle richieste del cliente, fornisca un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. Fig. 6.5
6.4.1. La segmentazione socio-demografica o descrittiva p153
Questo metodo di segmentazione dei clienti si basa sul presupposto che sono le diversità dei profili socio-demografici a
determinare le differenze nei bisogni e nelle aspettative nei riguardi di prodotti e servizi. Le variabili utilizzate sono il sesso, l’età, il
reddito, la provenienza geografica, le dimensioni del nucleo familiare, il livello di istruzione, il tipo di occupazione, le dimensioni della
famiglia e la classe sociale. Sono tutte variabili che riflettono dati statistici facilmente rilevabili e misurabili nelle economie
industrializzate. (Utilità) I vantaggi di questo metodo di segmentazione sono il costo ridotto e la facilità di applicazione, nonché la
disponibilità di molte informazioni con il semplice ricorso alla consultazione delle fonti ufficiali. Le principali applicazioni della
segmentazione socio-demografica nell’ambito degli studi di mercato sono:
o una migliore definizione e comprensione del profilo dei clienti attuali;
o la definizione del profilo di un segmento target;
o identificazione dei clienti potenziali di un nuovo prodotto.
Limiti: la segmentazione socio-demografica rappresenta un analisi a posteriori del tipo di persone che compongono uno specifico
segmento. Essa pone l’accento sulla descrizione delle caratteristiche del segmento, piuttosto che sull’analisi dei fattori che spiegano
la formazione del segmento stesso. Un altro difetto è dato dal fatto che il suo valore previsionale tende a diminuire nelle economie
industrializzate, perché sempre + persone adottano lo stesso comportamento d’acquisto in seguito alla crescente standardizzazione
delle modalità di consumo nelle diverse classi sociali. Ecco perché si parla anche di segmentazione descrittiva. La segmentazione
socio-demografica deve quindi essere completata con altri metodi di analisi, per poter spiegare e prevedere i comportamenti
d’acquisto dei consumatori.

6.4.2. La segmentazione in base ai vantaggi perseguiti p155


In questo tipo di segmentazione non ci si concentra più sulle differenze socio demografiche dei clienti, bensì sulle differenze all’interno
del loro sistema di valori, nell’intento di spiegare le differenze nelle preferenze. Due individui con lo stesso profilo socio-demografico
possono presentare sistemi di valori molto diversi. (Dati di mercato necessari) La realizzazione di una segmentazione in base ai
vantaggi perseguiti richiede la conoscenza del sistema di valori dei clienti. Ciò che fa la differenza è l’importanza assegnata ai singoli
attributi. Il modello comportamentale su cui poggia la segmentazione basata sui vantaggi perseguiti è il modello del prodotto visto
come paniere di attributi. L’applicazione della segmentazione in base ai vantaggi perseguiti presuppone la raccolta di una serie di
informazioni cioè:
o la lista degli attributi o dei vantaggi associati alla categoria dei prodotti presi in esame;
o una valutazione dell’importanza relativa assegnata a ciascun attributo;
o un raggruppamento dei clienti che esprimano valutazioni simili;
o una valutazione delle dimensioni e del profitto di ciascun segmento identificato.
L’analisi della segmentazione in base ai vantaggi perseguiti presenta importanti implicazioni per la definizione della politica di prodotto.
Una volta che il marketing ha compreso le aspettative di un determinato gruppo di consumatori, l’impresa può sviluppare prodotti
nuovi o modificati indirizzati a un gruppo di clienti potenziali che ricerca una determinata combinazione di vantaggi. (limiti) La
maggiore difficoltà di un metodo di questo tipo riguarda l’identificazione degli attributi da privilegiare, specialmente nel mercato dei
beni di consumo. Un’analisi di segmentazione in base ai vantaggi perseguiti implica la raccolta di dati primari, che è un operazione
costosa. Inoltre è necessario ricorrere a sofisticati metodi di analisi statistica per individuare i vari sottogruppi di clienti.
(analisi congiunta) L’obiettivo è misurare le preferenze dei clienti e dei benefici da essi generati, l’analisi che rileva una eterogeneità
nelle preferenze può tentare di formare segmenti raggruppando individui che assegnano la stessa utilità agli attributi.

6.4.3. La segmentazione comportamentale p160


La segmentazione in base all’uso si propone di classificare i consumatori rispetto al loro comportamento d’acquisto al momento della
transazione. I criteri più usati per questo tipo di segmentazione sono:
o l’utilizzo del prodotto; quindi utilizzatori, non ut., ut. al 1° acquisto, regolari, occasionali, potenziali ecc.
o il volume di acquisto; piccoli, medi e grandi utilizzatori
o il tipo di fedeltà; clienti a fedeltà incondizionata, non esclusiva e non fedeli
Occorre ricordare che la segmentazione comportamentale, come quella sociodemografica, è un metodo di segmentazione a posteriori,
basato sul sistema informativo interno dell’azienda e su banche dati dei clienti. Questo sistema di segmentazione è alla base del
Customer Relationship Management (CRM). Una forma particolare di segmentazione comportamentale è la segmentazione tribale, vale
a dire quella che porta gli individui stessi a raggrupparsi in base a caratteristiche comuni (ad esempio un prodotto, una marca, un
hobby, etc.).
Nella segmentazione tribale sono gli individui stessi a raggrupparsi spontaneamente in base a caratteristiche comuni come per
esempio un prodotto, un hobby (pattini) un problema, una marca (ducati) o una passione ecc. al contrario della segmentazione, tipico

22
approccio intellettuale dell’analista di marketing che tenta attraverso l’osservazione dei mercati, di costituire gruppi di individui nei quali
spera di veder confermata la sua previsione di comportamenti affini, con gradi diversi di pertinenza e di affidabilità.
La specificità della tribù p162 le tribù si differenziano fondamentalmente dai seguenti aspetti:
1- emergono in modo spontaneo avviate dagli stessi individui che si affiliano
2- il raggruppamento in tribù è una realtà mentre la segmentazione è un artefatto intellettuale
3- l’affiliazione a una tribù può essere plurima ed effimera; un individuo può appartenere a tutte le tribù che vuole; può entrare e
uscirne a suo piacimento
Utilità: si ritiene che essa possa contribuire a tre livelli all’orientamento del processo di marketing nelle imprese nei mercati di largo
consumo:
a. A livello di ricerca differenziazione del prodotto o del servizio
b. A livello della ricerca di fidelizzazione dei clienti
c. A livello di ricerca dell’immagine, attraverso l’iscrizione della marca e dell’impresa nella tendenza socio-economica della cultura
tribale

6.4.4. La segmentazione socio-culturale o per stili di vita p162


Si tratta di un tipo di segmentazione, detta anche per stili di vita o psicologica, che viene in sostegno di quella demografica, alla quale
aggiunge elementi come attività, attitudini, interessi, opinioni, percezioni e preferenze, allo scopo di ottenere un profilo più completo
del consumatore. Lo scopo consiste nel mettere in relazione il comportamento di acquisto ed una serie di variabili della personalità. Lo
stile di vita è quindi il risultato globale del sistema di valori di un individuo, dei suoi atteggiamenti, dei suoi interessi e delle sue
opinioni, oltre che del suo tipo di consumo. Esso descrive il modo di essere di un individuo e lo distingue dagli altri. Lo stile di vita si
può misurare attraverso 3 metodi:
1. A livello più stabile: i valori individuali
2. A livello intermedio: l’insieme di attività, interessi e opinioni propri dell’individuo
3. A livello superficiale: l’insieme dei servizi e prodotti acquistati ed il modo in cui li consuma o utilizza
(limiti) Le ricerche sugli stili di vita forniscono una descrizione ampia e generica dei consumatori, un ritratto dal vivo che va oltre le
semplici descrizioni sociodemografiche e aiuta a comprendere il loro reale comportamento d’acquisto. In questo campo, è possibile
effettuare due tipi di analisi:
o analisi generale dello stile di vita in cui si identificano le tendenze presenti le minacce e le opportunità delle tendenze future;
o analisi specifiche di una categoria di prodotto in cui è possibile determinare se un dato sottogruppo è in anticipo o in ritardo
rispetto ad una corrente socio-culturale.
Approfondimento 6.2: forze del cambiamento sociale.

6.5. La micro-segmentazione nei mercati dei beni industriali p165


Concettualmente non esistono differenze di rilievo tra la segmentazione dei mercati B2B e quella dei mercati dei beni di consumo,
anche se i criteri utilizzati sono molto diversi. Le differenze maggiori emergono a livello di micro-segmentazione. Come per i beni di
consumo, la segmentazione in base ai vantaggi perseguiti è il metodo più naturale. Essa poggia direttamente sui bisogni specifici del
cliente industriale, che nella maggior parte dei casi sono definiti con grande chiarezza. Le funzioni esercitate da un prodotto industriale
e la loro importanza nel processo produttivo del cliente industriale variano a seconda che si tratti di:
o beni strumentali principali o secondari;
o prodotti intermedi semilavorati o componenti;
o prodotti di consumo;
o materie prime grezze;
o servizi.
La segmentazione comportamentale, dal canto suo, è assai importante nei mercati industriali. Il suo obiettivo consiste nell’adattare
le strategie di approccio ai clienti industriali in funzione delle strutture e delle caratteristiche di funzionamento del centro decisionale.
La segmentazione per vantaggi perseguiti è più facile da realizzare, rispetto a quella per mercati dei beni di consumo, perché gli utenti
sono dei professionisti che hanno meno difficoltà ad esprimere i bisogni e a qualificare l’importanza relativa degli attributi di un
prodotto.
La segmentazione descrittiva è la più semplice per segmentare un mercato industriale, che consiste nell’utilizzare le caratteristiche
aziendali che descrivono il profilo del cliente b2b, come il settore industriale ecc..

6.6. I requisiti per una segmentazione efficace p168


Per essere efficace e utile, la segmentazione deve identificare gruppi di clienti che rispettino 5 condizioni: risposta differenziata,
dimensione sufficiente, misurabilità, accessibilità e attivabilità.
o La risposta differenziata è la condizione più importante quando si deve scegliere una strategia di segmentazione. I segmenti
identificati devono essere diversi dal punto di vista della loro sensibilità a una o più variabili di marketing controllate dall’impresa.
Occorre quindi che il sistema di differenziazione applicato massimizzi le differenze tra i segmenti (condizione di eterogeneità) e
minimizzi quelle tra clienti nell’ambito di uno stesso segmento (condizione di omogeneità).
o La dimensione sufficiente, è chiaro che i segmenti identificati devono rappresentare un mercato di dimensioni tali da
giustificare l’elaborazione di una specifica strategia di marketing. Questa condizione non riguarda soltanto la dimensione del
segmento in termini di volume o frequenza degli acquisti, ma anche la sua durata nel tempo. Infine, il requisito legato alla
dimensione implica anche che il valore aggiunto del prodotto, a causa della sua specificità, sia conveniente dal punto di vista
economico. Relativamente alla . . .
o Misurabilità, prima di scegliere un segmento target occorre stabilire le sue dimensioni e valutare il potere d’acquisto dei
segmenti identificati. Per quanto attiene infine all’ . . .
o Accessibilità, essa indica la misura in cui un segmento di mercato è raggiungibile utilizzando un unico programma di marketing.
Esistono due modi per arrivare ai potenziali clienti: uno consiste nell’ auto-selezione dei clienti, per cui i consumatori si
selezionano da soli in base all’attenzione che riservano alla pubblicità del prodotto; l’altro, invece, consiste nella copertura
23
controllata dei segmenti, si tratta di un modo molto efficace per arrivare ai clienti, poiché l’azienda raggiunge quasi
esclusivamente i clienti target, evitando di sprecare risorse.
o Attivabilità, per raggiungere i segmenti è possibile elaborare programmi di M- specifici

6.7. L’emergere di segmenti transnazionali di mercato p170


Negli ultimi tempi, l’interdipendenza dei mercati ha dato luogo ad una convergenza culturale, creando segmenti transnazionali di
mercato. Nascono dunque, in Paesi diversi, gruppi di consumatori dal profilo simile, cui rivolgersi utilizzando le stesse campagne
pubblicitarie e le stesse marche. Con la globalizzazione dell’economia mondiale, stanno aumentando le opportunità di creare domanda
per prodotti universali: la segmentazione internazionale rappresenta un approccio globale alla vendita di prodotti fisicamente simili in
tutto il mondo.

Riassunto p172
In una impresa orientata al mercato, la scelta del mercato target viene effettuata dal punto di vista del cliente, ovvero facendo
riferimento alla “soluzione al suo problema” e non in una prospettiva tecnologica. Data la diversità delle attese dei clienti, la scelta di
un mercato target implica la divisione del mercato in sottoinsiemi di potenziali clienti, omogenei sul piano delle aspettative e dei
comportamenti.
Un primo livello è detto di macro-segmentazione, suddivide il mercato in 3 criteri:
- Soluzioni o funzioni proposte
- Gruppi di clienti
- Tecnologie
Da cui scaturisce la griglia di segmentazione utile per l’analisi delle decisioni di copertura del mercato, come anche per scoprire i nuovi
segmenti potenziali.
L’obiettivo della micro-segmentazione è un’analisi + approfondita delle diversità dei profili dei potenziali clienti all’interno di ognuno dei
macro-segmenti individuati precedentemente. Esistono 4 tipi di micro-segmentazione ognuna con vantaggi e svantaggi:
- Socio-demografica
- Per vantaggi perseguiti
- Per stili di vita
- Comportamentale
È possibile adottare diverse strategie di copertura del mercato:
1- Marketing indifferenziato o standardizzato
2- Marketing differenziato o concentrato
Per essere efficace una strategia di segmentazione deve rispettare 4 criteri:
1. Una risposta differenziata per segmento
2. Una dimensione adeguata
3. Condizioni di misurabilità
4. Condizioni di accessibilità
La segmentazione internazionale è un problema di importanza strategica in una economia mondiale interconnessa. L’obiettivo
consiste nell’identificare segmenti sovranazionali o universali, ai quali è possibile rivolgersi adottando una strategia di marketing
standardizzata.

CAPITOLO 7 L’analisi di attrattività del mercato p173


7.1. I fondamenti dell’analisi della domanda
Per iniziare, occorre distinguere fra due livelli di domanda: la domanda primaria (o domanda globale di mercato) e la domanda relativa
all’impresa (o domanda selettiva).
o La domanda primaria di un determinato prodotto rappresenta il volume delle vendite realizzate presso un dato gruppo di
clienti, in un luogo e in un periodo specifico, e in un determinato contesto economico e di macro-marketing.
o La domanda relativa all’impresa, rappresenta la quota della domanda primaria detenuta dalla marca o dall’impresa in una
determinata categoria di prodotto e in un determinato segmento o prodotto-mercato.

7.1.1. La domanda primaria espandibile e non espandibile p176


Si possono osservare due situazioni di mercato ben distinte: i mercati in cui la domanda primaria è espandibile e quelli in cui non lo è.
o ESPANDIBILE: La domanda primaria viene detta espandibile quando il livello delle vendite è influenzato da fattori del contesto
macro-marketing, nonché dalla dimensione e intensità degli sforzi di marketing. (Illy caffè) Il marketing ha gli elementi per farla
variare
o NON ESPANDIBILE: Per contro, la domanda primaria viene detta non espandibile quando il livello totale delle vendite non è più
influenzato dal contesto macro-marketing in cui è inserito e dagli sforzi di marketing delle aziende concorrenti, in quanto i mercati
sono stagnanti o maturi. L’unico modo per crescere è aumentare la quota di mercato togliendola ai concorrenti.

7.1.2. La domanda primaria come funzione di risposta p176


La domanda primaria non è rappresentata da una quantità fissa ma da una funzione, che mette in relazione il livello delle vendite alle
cause che lo determinano. A determinare il livello di vendite vi sono due categorie di fattori: i fattori non controllabili, legati al
contesto macro-marketing, e i fattori controllabili, rappresentati dagli sforzi totali di marketing realizzati dalle imprese concorrenti
nel mercato. Il livello della domanda primaria è influenzato non solo dalla pressione di marketing totale delle imprese operanti in un
determinato segmento, ma anche da fattori relativi al contesto socio-economico. Fig. 7.1 da verificare il grafico: domanda primaria
quale funzione delle pressione totale di marketing: fattori ed effetto contesto (mercato potenziale attuale)

7.1.3. Il mercato potenziale attuale e assoluto p178


Si può distinguere il mercato potenziale attuale, illustrato in precedenza, dal mercato potenziale assoluto.
24
Il mercato potenziale attuale è rappresentato graficamente dal limite verso il quale tende la domanda primaria per una pressione
di marketing totale del settore tendente all’infinito, in un dato contesto e in un determinato periodo di tempo.
Il mercato potenziale assoluto, può essere definito come il limite massimo della dimensione del mercato, nell’ipotesi fittizia di una
copertura ottimale del mercato di riferimento. Il mercato potenziale assoluto corrisponde dunque al livello di vendite totali (in termini di
volume o di valore) osservabili in concomitanza con i tre prerequisiti elencati di seguito:
o Tutti gli utilizzatori potenziali di un prodotto sono anche utilizzatori effettivi;
o Ciascun utilizzatore impiega il prodotto in ogni occasione d’uso;
o Ciascun utilizzo del prodotto avviene nella misura ottimale.
Il concetto risulta utile per determinare l’entità di un’opportunità economica e per stimare la possibilità di crescita in un determinato
mercato, a partire dal livello della domanda primaria. Il mercato potenziale assoluto dipende dal tempo e il suo valore evolve nel tempo
sotto l’influenza di fattori di diffusione e contagio o a causa di fattori esogeni (come i cambiamenti nel livello dei prezzi, la legislazione,
etc.). L’impresa non ha alcun controllo diretto su questi fattori, che tuttavia influiscono in modo decisivo sull’evoluzione del mercato. In
alcuni casi le imprese possono riuscire a influenzare le cause esogene (ad es. mediante azioni di lobbying), ma il loro potere rimane
limitato. Gran parte degli sforzi dell’azienda, quindi, sono diretti a cercare di prevedere i cambiamenti di contesto.
Fig. 7.2 il mercato potenziale assoluto è dipendente dal tempo:

Domanda Primaria Mercato potenziale assoluto

Qm = potenziale
Attuale in t1

Q0

t1 Tempo

7.2. Analisi delle opportunità di business nel mercato virtuale p179


L’evoluzione di Internet e del commercio elettronico ha ampliato notevolmente le dimensioni del mercato potenziale, aprendo alle
aziende l’accesso ai mercati virtuali. Mentre i mercati, in generale, ruotano intorno alla fornitura di prodotti e servizi, il processo di
acquisto del consumatore nel mercato virtuale è strutturato in relazione alle attività connesse al suo spazio cognitivo. Fig. 7.3

7.2.1. Lo spazio cognitivo del cliente


Un mercato virtuale rappresenta una sequenza temporale completa di attività logicamente correlate nello spazio cognitivo dei clienti.
Con premesse di questo genere, la sfida per l’impresa consiste nel passare dal concetto abbastanza astratto di mercato virtuale a
quello di metamercato, fatto di un’offerta o di un assortimento di offerte definite in base a tutti gli elementi (attività e servizi) che
rientrano nello spazio cognitivo del cliente. In altre parole un metamercato si crea quando il mercato fisico riproduce perfettamente le
associazioni mentali fra attività diversamente correlate, in modo da ottimizzare le attività del cliente e fornendole con la stessa
apparente esperienza

7.2.2. Come si costruisce un metamercato p180


Il concetto di mercato virtuale è alla base dell’approccio “soluzione a un problema”. Le imprese orientate al mercato mirano sempre più
a collaborare con i loro clienti e a diventare fornitori di soluzioni combinando in modo originale prodotti e servizi che possano risolvere
un problema del cliente; internet facilita l’accesso a questo approccio.
Benefici del concetto di metamercato:
- Facilita la comunicazione
- Il fatturato potenziale è sempre maggiore rispetto al singolo prodotto-mercato
- Il metamercato permette di fornire al cliente una soluzione totale quindi + fedeltà e fiducia
- Il metamercato permette di identificare eventuali opportunità di crescita
- Il metamercato aiuta a identificare i concorrenti diretti e indiretti
Esempio caso Kodak nel mercato della fotografia digitale servizi a 360 gradi o IBM prima solo HW

7.2.3. Il concetto di catena di attività del cliente


Quando cerca di ottenere un risultato, il cliente intraprende attività che possono essere schematizzate nella cosiddetta catena di attività
del cliente. Questa catena descrive una sequenza di attività, correlate tra loro in modo diretto o indiretto, poste in essere dal cliente
prima, durante o dopo la decisione di acquisto.

Prima
Il cliente sta decidendo cosa fare
Il ciclo di attività del cliente:

Ciclo di
Dopo Durante
Il cliente sta continuando a farlo attività del Il cliente lo sta facendo 25
Cliente
7.3. La struttura della domanda primaria di beni di consumo
L’analisi, la misurazione e la previsione della domanda costituiscono la prima responsabilità di una ricerca di mercato. L’obiettivo è
quello di arrivare a stime quantitative del mercato potenziale e del livello attuale raggiunto dalla domanda, oltre che di formulare
ipotesi sul suo sviluppo negli anni successivi. La domanda è strutturata in modo diverso a seconda che si tratti di domanda di beni di
consumo (durevoli o meno), di beni industriali o di servizi.

7.3.1. La domanda di beni di consumo p183


Le stime sulla domanda si basano essenzialmente su due fattori: il numero di unità potenziali di consumo (n) e la quantità acquistata
da ciascuna unità (q). Si ha quindi:
Q = n x q dove Q indica la domanda totale in unità. Alla stessa stregua, il volume di affari totale si determina nel modo che segue:
R = n x q x p dove R indica il volume d affari totale e P il prezzo medio per unità.

7.3.2. La domanda di beni deperibili


La domanda totale di un bene di consumo deperibile si può determinare ricorrendo ai dati che seguono:
o Numero di unità di consumo potenziali; N
o Tasso di clienti che utilizzano il prodotto (tasso di occupazione del mercato); h
o Dimensione o frequenza degli acquisti (o tasso di penetrazione del mercato). q
Quindi Q= N x h x q (es. domanda primaria di pannolini)
La distinzione fra tasso di occupazione e di penetrazione è necessaria per poter identificare gli obiettivi prioritari di una strategia di
sviluppo del mercato: aumentare il numero di utenti o aumentare la quantità consumata da ogni utente. Il mercato
potenziale assoluto si determina ipotizzando un presunto tasso di occupazione del 100% e un tasso di penetrazione ottimale per
occasione di utilizzo. Si dovrà quindi disporre di dati sui comportamenti di consumo per determinare il livello attuale della domanda
primaria. Quando invece il bene di consumo è legato all’utilizzo di un bene durevole, occorre considerare il numero di unità di consumo
dotate del bene durevole e la frequenza del suo impiego. Si hanno allora le seguenti relazioni:
o Numero di unità di consumo potenziali;
o Tasso di dotazione di queste unità;
o Tasso di utilizzo del bene di investimento;
o Consumo per occasione di utilizzo del bene d’investimento.
Anche in questo caso, il mercato potenziale assoluto può essere determinato presupponendo un tasso di dotazione delle unità di
consumo pari al 100%, un tasso d’impiego medio e un tasso di consumo medio.

7.3.3. La domanda di beni di consumo durevoli p184


Quando il bene di consumo è un prodotto durevole, si deve fare una distinzione importante tra domanda di primo acquisto e la
domanda di sostituzione. La domanda di primo acquisto chiama in causa il numero delle unità di consumo esistenti e l’aumento del
loro tasso di dotazione, nonché il numero delle nuove unità di consumo e il loro tasso di dotazione. La domanda di sostituzione è più
complessa da valutare e chiama in causa le seguenti componenti di riutilizzo, che devono essere identificate e stimate:
o Dimensioni del parco esistente;
o Distribuzione dell’età del parco;
o Distribuzione della durata di vita;
o Tasso di scarto del prodotto;
o Eventuale effetto di sostituzione (nuove tecnologie)
o Effetto di scomparsa di unità di consumo.
La domanda di sostituzione dipende direttamente dal ritmo con cui gli utenti si sbarazzano di un prodotto in quanto consumato o
considerato obsoleto. Tale domanda dipende inoltre direttamente dalle dimensioni del parco e dalla longevità del bene durevole.
7.4. La domanda di servizi nei mercati di consumo p185
La domanda di servizi si determina esattamente come la domanda di beni di consumo, quindi numero di unità di consumo potenziali e
sul tasso o sulla frequenza di utilizzo del servizio. Tuttavia, poiché i servizi sono immateriali e deperibili, le loro caratteristiche distintive
influenzano notevolmente la gestione del marketing.
7.4.1 I servizi possono essere classificati in cinque categorie:
o Servizi alla persona non specializzati; lavori domestici, pulizia strade ecc.
o Servizi alla persona specializzati; servizi per la gestione e riparazione dei bisogni + specialisti e grossisti
o Servizi professionali; giuristi, contabili, consulenti e ricercatori
o Servizi al consumatore di massa; trasporti, ospitalità, noleggio auto ecc.
o Servizi hi-tech; riparazioni informatiche, prodotti elettronici e telecomunicazioni

7.4.2. Caratteristiche tipiche dei servizi p186


Intangibilità dei servizi
I servizi sono immateriali, nel senso che non esistono, se non nella misura in cui sono prodotti o consumati. Il sevizio non si può
toccare, vedere o annusare. (deperibilità) I servizi, inoltre, non sono conservabili e questa caratteristica è data dalla loro intangibilità.
(inseparabilità) I servizi vengono prodotti nello stesso istante in cui vengono consumati ed il cliente partecipa direttamente al
processo di produzione. (variabilità della quantità) In genere si distingue tra
o beni o servizi a qualità esterna, valutabili prima dell’acquisto;
o beni a qualità interna, verificabili solo dopo l’utilizzo
o beni a qualità di fiducia, difficilmente valutabili anche dopo l’utilizzo del prodotto o del servizio.
I servizi tendono a rientrare nelle due ultime categorie, per cui la loro qualità è assai difficile da valutare es: avvocati, consulenti,
medici ecc.

7.4.3. Le implicazioni per la gestione dei servizi p188


26
Le caratteristiche della domanda di servizi descritte in precedenza hanno implicazioni dirette sulla gestione dei servizi. Le imprese di
servizi devono perciò cercare di conciliare:
o vincoli di produttività, che spingono alla standardizzazione e all’utilizzo massiccio delle tecnologie informatiche;
o obiettivi di controllo della qualità, che spingono a privilegiare le interazioni dirette con il cliente;
o obiettivi di differenziazione
È possibile descrivere le diverse attività di servizio in base a due dimensioni e su due livelli:
o da una parte il grado di intensità della manodopera richiesta per l’attività;
o dall’altra, il grado di interazione e adattamento al cliente.
Utilizzando queste due dimensioni si possono identificare quattro gruppi di attività di servizio:
1) Fabbriche di Servizi, cioè società di servizi con un intensità relativamente bassa di lavoro e d’interazione con il cliente (come le
linee aeree e gli hotel);
2) Negozi di Servizi, in cui il grado d’interazione con il cliente e di personalizzazione è maggiore (ospedali, autofficine, ristoranti);
3) Servizio di Massa, In questo caso l’intensità del lavoro è alta, ma è basso il livello di interazione e personalizzazione del servizio
(negozi al dettaglio, lavanderie, servizi di pulizia);
4) Servizio Professionale, quando il livello d interazione con il cliente aumenta e la parola d ordine diventa personalizzazione, i
servizi professionali sostituiscono quelli di massa (medici, avvocati, architetti).

Grado di interazione ed adattamento al cliente (matrice delle tipologie dei servizi)

“Fabbriche” di servizi “Negozi” di servizi


Compagnie aeree, trasporti Ospedali, meccanici e altri servizi
Basso terrestri hotel di riparazione
Grado di intensità
Della manodopera Servizio di massa Sevizio professionale
Dettaglianti, grossisti e Medici, avvocati e
Alto
scuole commercialisti

Basso Alto

7.5. La domanda di beni industriali


La domanda di beni industriali, è una domanda derivata dal mercato di consumo finale, quindi il responsabile del Marketing deve
conoscere non solo le condizioni del suo mercato ma anche conoscere le evoluzioni dei mercati dei suoi clienti e dei clienti dei suoi
clienti diretti. Tale domanda si struttura in modo diverso a seconda che si tratti di beni di consumo, componenti o attrezzature
industriali. I dati necessari alla valutazione della domanda sono praticamente gli stessi che vengono utilizzati per i beni destinati al
consumatore finale, con poche eccezioni.

7.5.1. La domanda di beni industriali di consumo p189 (Es. cartiera)


In questo caso si tratta di prodotti che l’impresa industriale utilizza nella sua attività produttiva e che non vengono incorporati nel
prodotto finito. Le componenti della domanda sono:
o Numero potenziale di imprese utenti (ripartite per dimensioni);
o Tasso di utenti effettivi (ripartiti per dimensioni);
o Livello di attività per utente effettivo;
o Tasso d impiego per occasione d’uso.

7.5.2. La domanda di componenti industriali


(Es. stima della domanda di sostituzione delle automobili in base alle aspettative di durata) + la supply chain Fig. 7.7
I componenti industriali vengono utilizzati nel prodotto fabbricato dal cliente industriale. In questo caso la domanda dipende
direttamente dalla quantità prodotta dall’impresa cliente. Si hanno quindi le seguenti componenti della domanda:
o Numero di potenziali utenti industriali (ripartiti per dimensioni);
o Tasso di utenti effettivi (ripartiti per dimensioni);
o Quantità prodotto per utente effettivo;
o Tasso d impiego per unità di prodotto.

7.5.3. La domanda di beni industriali strumentali p190


In questa categoria rientrano prodotti come le macchine utensili o i computer, che sono necessari all’attività produttiva. Si tratta di beni
durevoli ed è quindi importante distinguere fra la domanda di primo acquisto e quella di sostituzione. La domanda di primo
acquisto di beni strumentali si determina nel modo che segue:
o Numero di imprese dotate del bene durevole (ripartite per dimensioni);
o Incremento della capacità produttiva;
o Numero di nuove imprese utilizzatrici (ripartite per dimensioni);
o Capacità di produzione.
Allo stesso modo, per la domanda di sostituzione si avranno:
o Dimensione del parco esistente;
o Distribuzione dell’età e del livello tecnologico del parco;
o Distribuzione della durata di vita dei prodotti;
27
o Tasso di sostituzione;
o Effetto di sostituzione dei prodotti;
o Effetto della riduzione della capacità produttiva.

7.5.4 L’effetto accelerazione


La domanda di beni industriali strumentali dipende direttamente dalla capacità produttiva delle imprese clienti e quindi una variazione
anche minima della domanda finale può tradursi in un cambiamento sostanziale nella domanda di beni strumentali. Questo fenomeno
prende il nome di effetto di accelerazione.
Es: supponiamo il ciclo di vita di un parco macchine sia 10 anni, se la domanda dei beni di consumo realizzate da queste macchine
cresce del 10% sarà necessario oltre sostituire il 10% del parco esistente, aumentare la capacità produttiva del 10% quindi l domanda
raddoppia dei beni strumentali; viceversa se la domanda dei beni di consumo diminuisce del 10% la capacità produttiva necessaria
sarà 90% dunque non sarà necessario sostituire le quote perdute del 10%, la domanda dei beni strumentali crollerà a zero.
La volatilità della domanda dei beni strumentali implica un’accurata analisi non solo della propria domanda ma anche della domanda
finale che si rivolge alle organizzazioni che essi forniscono.

7.6. L’analisi delle opportunità di crescita nel mercato esistente p192


Lo scarto fra il livello attuale e il livello assoluto della domanda primaria rappresenta un indicatore del grado di sviluppo o di
sottosviluppo di un prodotto mercato. Maggiore è lo scarto, più il potenziale di crescita della domanda primaria sarà elevato; viceversa,
minore è lo scarto, più si sarà vicini al livello di saturazione. Weber ha elaborato uno schema Gap Analisys per studiare lo scarto tra il
mercato potenziale assoluto e le vendite attuali dell’impresa identificando 4 opportunità di crescita:
1. Carenze nell’utilizzo > stimolare gli impieghi B
2. C. nella distribuzione > estendere A
3. C. nell’offerta di prodotti > completare la linea dei prodotti C
4. C. nella concorrenzialità > gap competitivo…. Attaccare le posizioni dei concorrenti e difendere le proprie

7.6.1. I problemi della rete distributiva A p193


Le carenze nella distribuzione sono dovute a un’assenza o a un inadeguatezza della rete di distribuzione del prodotto mercato. Si
possono verificare tre situazioni:
o Una copertura insufficiente, quando la linea di prodotto rilevante non è distribuita in tutte le aree geografiche desiderate;
o Un’intensità di distribuzione insufficiente, quando il prodotto è presente nell’area geografica di copertura, ma in un numero
troppo basso di punti vendita;
o Un esposizione insufficiente, quando le linee di prodotto dell’impresa sono mal presentate all’interno dei punti vendita che lo
distribuiscono.

7.6.2. I problemi nell’utilizzo del prodotto B


Una seconda causa dello scarto osservato può risiedere in un livello insufficiente di impiego del prodotto, causato da tre situazioni:
o Una carenza nel numero di utenti, quando molti utenti potenziali sono dei non utenti;
o Una carenza nelle occasioni di utilizzo del prodotto, quando gli utenti effettivi non utilizzano il prodotto in tutte le possibili
occasioni d impiego;
o Una carenza d’impiego, quando gli utenti effettivi utilizzano una quantità ridotta di prodotto a ogni impiego.

7.6.3. Inadeguatezza nelle linee di prodotto C


Tale inadeguatezza può essere dovuta alla mancanza di un intera linea di prodotti, frutto di sette situazioni diverse legate:
1. all’inadeguatezza delle dimensioni del prodotto
2. inadeguatezza delle opzioni disponibili nelle linee di prodotto,
3. inadeguatezze stilistiche o cromatiche
4. inadeguatezza della forma
5. inadeguatezza della qualità
6. inadeguatezza della distribuzione
7. Carenze nelle linee di prodotti relative ad un determinato segmento.

Indicatori di attrattività del mercato:


Attrattività del mercato

Forze del mercato Intensità competitiva Accessibilità del mercato

- Dimensione del mercato - Numero di concorrenti - Accessibilità ai canali


- Tasso di crescita - Concorrenza di prezzo distributivi
- Potere d’acquisto - Prodotti sostitutivi - Formazione
- Ciclo di vita - Forze concorrenziali - Tecnologia
- Media

28
7.7. Il modello del ciclo di vita del prodotto (CVP)
Il modello CVP ritrae la storia delle vendite di un prodotto dotato di una determinata tecnologia, che costituisce una soluzione specifica
a un bisogno di mercato per un gruppo specifico di acquirenti.

maturità
declino
Turbolenza
Domanda Primaria

crescita

Introduzione

Ricerca e sviluppo Tempo

7.7.1 Fattori determinanti p197


L’analisi più utile del ciclo di vita si riferisce al prodotto-mercato, prodotto visto come un insieme specifico di attributi, destinato a un
gruppo determinato di clienti.
Ad ogni prodotto-mercato può corrispondere un ciclo di vita distinto
Il ciclo di vita del prodotto CVP non coincide con il ciclo di vita della marca CVM
7.7.2 il modello del ciclo di vita di un prodotto mercato
Nel caso di un prodotto-mercato è in gioco soprattutto la domanda primaria e i fattori più importanti della sua evoluzione sono, da una
parte le variabili di contesto fuori controllo dell’impresa, e dall’altra, le variabili di marketing totalmente sotto controllo.
7.7.3 le implicazioni strategiche del C.V. prodotto
La strategia di M. deve evolvere di pari passo ai cambiamenti dei comportamenti dei consumatori e della concorrenza che intervengono
nelle fasi di vita del prodotto-mercato. Affermare che un prodotto ha un ciclo di vita significa che:
o L’ambiente economico e competitivo è diverso in ogni fase;
o L’obiettivo strategico prioritario deve essere ridefinito in ogni fase;
o La struttura dei costi e dei profitti è diversa in ogni fase;
o Il programma di marketing deve essere adattato in ogni fase del CVP.

7.7.4 La fase d’introduzione p198


Nella fase d’introduzione, il mercato è spesso (ma non sempre) caratterizzato da una crescita lenta delle vendite, dovuta a fattori tipici
del contesto come l’incertezza tecnologica, la riluttanza della distribuzione (poco incline a spingere un prodotto nuovo), il
conservatorismo dei clienti, la concorrenza. Ciò sta a significare che, quanto più il prodotto sarà realmente innovativo, tanto maggiori
saranno le sue incertezze iniziali. La durata della fase di introduzione dipende dalla velocità con cui i potenziali clienti meno ricettivi
all’innovazione adotteranno il prodotto. Per ottenere tale risultato, l’obiettivo strategico primario dell’impresa consiste nel creare il più
rapidamente possibile la domanda primaria, puntando su una strategia di marketing che si preoccupi di far conoscere il nuovo prodotto
e di educare il mercato a tale conoscenza.

Riepilogo dei fattori tipici: Obiettivi di educazione del mercato:


- Incertezza tecnologica - Rendere nota l’esistenza del prodotto
- Distribuzione - Informare il mercato sui vantaggi del prodotto
- Clienti potenziali lenti a modificare le proprie abitudini - Incoraggiare i clienti potenziali a testare il p.
- Concorrenza - Assicurarsi canali di distribuzione nel presente e per il futuro

Programma di Marketing caratteristiche:


- una concezione di base del prodotto
- distribuzione selettiva ed esclusiva
- situazione di scarsa sensibilità ai prezzi
- un programma di comunicazione d tipo informativo

7.7.5. La fase di crescita p199


Se il prodotto supera con successo il test dell’introduzione sul mercato, entra nella fase di crescita, caratterizzata da un rapido
sviluppo delle vendite.
Le cause di tale crescita sono dovute al fatto che si ampliano gli acquisti da parte dei clienti soddisfatti, mentre la maggiore
visibilità di mercato del prodotto ne aumenta le possibilità di diffusione. Una caratteristica importante di questa fase è la
diminuzione costante dei costi di produzione, mentre i prezzi tendono a ridursi e il mercato risulta coperto nella sua totalità (o
quasi). Per far fronte a questa nuova situazione, cambiano anche gli obiettivi prioritari del marketing strategico, che diventano:
o Estendere la dimensione del mercato totale;
o Massimizzare il tasso di occupazione del mercato;
o Costruire una forte immagine di marca;
o Creare la fedeltà alla marca.
29
Per raggiungere questi obiettivi, il programma di marketing dovrà essere migliorato grazie al perfezionamento del prodotto, al
miglioramento della distribuzione, alla riduzione dei prezzi e all’adozione di una strategia comunicativa mirata alla costruzione d
immagine.
Programma di Marketing caratteristiche:
- Miglioramento del prodotto
- Adozione di un sistema di distribuzione
- Riduzione dei prezzi per penetrare il mercato
- Adozione di una strategia comunicativa per l’immagine

7.7.6. La fase di turbolenza p200


Questa fase rappresenta un periodo di transizione, durante il quale il tasso di crescita delle vendite subisce una decelerazione. In
sostanza, il quadro generale si complica e diventa importante, per l’azienda, identificare i segmenti target prioritari e creare e
mantenere la fedeltà alla marca.
- La domanda aumenta a tassi decrescenti
- Il target è rappresentato dalla maggioranza del mercato
- I concorrenti più deboli abbandonano i mercato
- I settore aumenta il grado di concentrazione
Obiettivi prioritari:
1. Segmentare il mercato e identificare i segmenti target prioritari
2. Massimizzare la quota di mercato in questi segmenti
3. Posizionare chiaramente la marca nella mente dei clienti
4. Creare e mantenere la fedeltà alla marca

Programma di Marketing caratteristiche:


- Differenziazione dei prodotti guidata dalla segmentazione del mercato
- Espansione della distribuzione per avere una copertura massima
- Politiche di prezzi basati sulle caratteristiche distintive delle marche
- Pubblicità che mira a comunicare al mercato il posizionamento rivendicato

7.7.7. La fase di maturità p201


La crescita della domanda primaria continua a rallentare e il prodotto entra in una fase di stagnazione legata al fatto che è difficile
ampliare ulteriormente la sua quota di mercato, né è possibile innovarlo tecnologicamente in misura significativa. In un contesto del
genere, l’obiettivo strategico prioritario consiste nel mantenere la quota di mercato e cercare di ritagliarsi un vantaggio competitivo
significativo sui concorrenti diretti.
Cause della stagnazione della domanda:
- Tassi di occupazione e penetrazione sono alti e non suscettibili ad aumenti
- La distribuzione è intensiva e non può essere aumentata ulteriormente
- La tecnologia si è stabilizzata e si aspettano solo variazioni secondarie
Caratteristiche:
- La domanda non è + espandibile
- I mercati sono ipersegmentati
- Le tecnologie sono standardizzate
- La domanda di beni durevoli è determinata dalla domanda sostitutiva
- Il mercato è dominato da pochi concorrenti forti la struttura di mercato è l’oligopolio
Obiettivo prioritario: mantenere e se possibile aumentare la quota di mercato e ritagliarsi un vantaggio competitivo attraverso:
- Differenziare i prodotti migliorando qualità, caratteristiche e stile
- Addentrarsi in nuove nicchie o segmenti di mercato
- Ricercare un vantaggio competitivo basato sulle variabili non legate al prodotto del mix di marketing
- Evitare la guerra dei prezzi

Programma di Marketing caratteristiche:


- Differenziare i prodotti migliorando qualità, caratteristiche e stile
- Addentrarsi in nuove nicchie o segmenti di mercato
- Ricercare un vantaggio competitivo basato sulle variabili non legate al prodotto del mix di marketing
- Evitare la guerra dei prezzi

7.7.5. La fase di declino p202


La fase di declino si traduce in un decremento strutturale della domanda primaria a seguito:
o della comparsa di nuovi prodotti, tecnologicamente più avanzati, che sostituiscono i prodotti esistenti svolgendo la medesima
funzione;
o del mutamento dei gusti e delle abitudini di consumo;
o dei cambiamenti dell’ambiente sociale, economico e giuridico, che rendono i prodotti obsoleti o addirittura vietati.
Sintesi tabella 7.3 p203 Ambiente – obiettivi –programma di Marketing
30
7.8. Il modello del ciclo di vita di un prodotto come quadro concettuale
Più che uno strumento di pianificazione, il modello del ciclo di vita è prima di tutto un quadro concettuale da utilizzare per analizzare le
forze che determinano l’attività di un prodotto-mercato e ne provocano l’evoluzione.

7.8.1 La diversità dei profili del CVP


Esistono vari profili figura 7.16:
1. Apprendimento rapido
2. Apprendimento Lento
3. Fuoco di paglia
4. Fuoco di paglia con mercato residuo
5. Fiasco
6. Ciclo lungo
7. Riprese successive
8. Introduzione mancata
9. Moda

7.8.2 Strategia di ringiovanimento del prodotto


Le imprese possono agire sull’andamento della curva CVP, innovando, riposizionando il prodotto, favorendo la sua diffusione presso
altri gruppi di clienti o modificandolo in vari modi.
In ogni fase del CVP, l’impresa dinamica tenterà di perseguire i seguenti obiettivi:
o abbreviare la fase di introduzione;
o accelerare la fase di sviluppo,
o prolungare il più possibile la fase di maturità
o rallentare la fase di declino.
Profilo ideale del CVP: fasi di sviluppo ed introduzione brevi, fase di crescita rapida, fase di maturità lunga e un declino lento e
progressivo. Alcuni settori economici, considerati in un determinato momento nella fase di declino o di stagnazione, all’improvviso sono
rinati a nuova vita grazie ad un’innovazione di ringiovanimento del prodotto adottata da un produttore o da un distributore Es: l’IKEA
per l’arredamento. Ciò che è importante capire se il prodotto mercato è in declino o se è l’approccio usato dalle imprese concorrenti ad
essere obsoleto o fornire un valore limitato ai propri clienti

7.8.3 Come conciliare obiettivi di crescita e di redditività p207


I flussi finanziari sono ripartiti in modo estremamente disomogeneo tra le vari fasi del CVP
Nell’introduzione e nella crescita i costi sono elevati (investimenti passati e spese di marketing per lanciare il prodotto)
Nelle fasi di turbolenza e maturità l’impresa entra nella redditività, recupera le perdite, realizza margini + elevati e una riduzione
dovuta alle economie di scala

Riassunto
I concetti chiave dell’analisi della domanda sono:
1- d. primaria o globale e domanda dell’impresa
2- mercato potenziale attuale e assoluto
3- d. finale e d. derivata
4- d. di primo acquisto e di sostituzione per i beni durevoli
L’obiettivo di una analisi della domanda consiste nel dare un contenuto empirico a questi concetti con uno studio di mercato al fine di
determinare l’attrattività di ogni segmento del mercato di riferimento e identificare le principali determinanti della domanda.
Mercati Virtuali: questi concetti sono utili per individuare opportunità di crescita all’interno del mercato di riferimento, ricorrendo
all’analisi del Gap (scarto). Il modello CVP rappresenta un quadro concettuale che descrive la domanda primaria in prospettiva
dinamica. L’esistenza di vari profili è spiegata dall’evoluzione del processo tecnologico, dai cambiamenti delle abitudini di consumo e
dalla pressione di marketing esercitata sul settore. La situazione concorrenziale e la struttura finanziaria (fatturato ed utili) variano in
ogni fase del CVP; pertanto gli obiettivi strategici e il programma di M. devono essere adattati di conseguenza.

CAPITOLO 8 L’analisi di competitività dell’impresa p209


8.1 La crescente interdipendenza competitiva
Uno degli effetti della globalizzazione è interdipendenza tra i mercati, non è + possibile considerare i mercati nazionali come entità a se
stanti, vanni visti come parte di un mercato di riferimento regionale o mondiale (es. Coca-Cola problemi di tossicità in Belgio)
Un’economia ad alto livello di integrazione nella rete globale diventa + vulnerabile a traumi esterni, quali svalutazione, un improvviso
aumento del prezzo del petrolio, una crisi finanziaria o la possibilità di una guerra.

8.2 La nozione di vantaggio competitivo p210


Per vantaggio competitivo si intende l’insieme delle caratteristiche o attributi detenuti da un prodotto (o da una marca) che gli
conferiscono un certo grado di superiorità nei confronti dei concorrenti diretti. Tali caratteristiche o attributi possono essere di varia
natura e riguardare il prodotto stesso (la funzione di base), i servizi necessari o aggiunti che accompagnano la funzione di base o le
modalità di produzione, distribuzione o vendita proprie del prodotto o dell’impresa. Questa superiorità, se è presente, è dunque una
superiorità relativa, stabilita in rapporto al concorrente (detto concorrente prioritario) che occupa la posizione migliore nel prodotto-
mercato o nel segmento. La superiorità relativa di un concorrente può essere il risultato di una molteplicità di fattori, che possono
essere suddivisi in base all’origine del vantaggio competitivo che procurano.

8.2.1. Il vantaggio competitivo di qualità (o esterno)


31
Tale vantaggio si basa su alcune qualità distintive del prodotto che rappresentano un valore per il cliente e permettono di stabilire un
prezzo di vendita superiore a quello della concorrenza. Per il successo di una strategia fondata sul vantaggio competitivo esterno, il
supplemento di prezzo (premium price) che il cliente è disposto a pagare deve essere superiore al costo supplementare necessario a
conferire il valore aggiuntivo.

8.2.2. Il vantaggio competitivo di costo (o interno)


Tale vantaggio si basa sulla superiorità dell’impresa nel controllo dei costi di produzione, amministrazione e gestione del prodotto. Una
strategia basata su un vantaggio competitivo interno è una strategia di dominio tramite i costi che chiama in causa soprattutto il know-
how organizzativo e tecnologico dell’impresa. L’impresa ha una maggiore redditività e capacità di resistere a una diminuzione del
prezzo di vendita imposta dal mercato o dalla concorrenza.

8.2.3. La ricerca di un posizionamento competitivo difendibile


Questi due tipi di vantaggio competitivo sono spesso incompatibili, perché comportano abilità e culture molto diverse. Le due
dimensioni del vantaggio competitivo, riprese nella Figura 8.1. [p. 212 del testo] possono essere espresse sotto forma di domande. Per
quanto concerne il potere di mercato, ci si può chiedere fino a che punto il cliente è disposto a pagare un prezzo più alto di quello del
nostro principale concorrente, mentre, per quanto riguarda la produttività, la domanda da porsi è: come si rapporta il nostro costo
unitario con quello del nostro principale concorrente? Sull’asse orizzontale della Figura è rappresentato il prezzo di vendita massimo
accettabile, mentre l’asse verticale indica il costo unitario: entrambi sono espressi in termini percentuali rispetto al concorrente
principale. Più in dettaglio, l’asse verticale della produttività permette all’impresa di posizionarsi rispetto al concorrente principale in
termini di vantaggio o svantaggio di costo: un posizionamento nella parte superiore del grafico denota uno svantaggio di costo, mentre
un posizionamento nella sua parte inferiore indica un vantaggio. L’asse orizzontale del potere di mercato , invece, permette di
posizionare l’impresa in termini di prezzo di vendita massimo accettabile dal cliente rispetto al concorrente principale. Un
posizionamento nella parte destra denota un elevata forza dell’impresa e una capacità di far accettare al mercato un prezzo superiore
(premium price), mentre un posizionamento nella parte sinistra indica che l’impresa ha un potere di mercato limitato e deve praticare
prezzi notevolmente inferiori rispetto al concorrente principale per essere accettata dal mercato. L’obiettivo di un analisi della
competitività è quello di permettere all’impresa di posizionarsi su questi assi e ricavarne indicazioni strategiche e obiettivi prioritari per
ognuno dei prodotti facenti parte del suo portafoglio di attività.

Produttività: Costo unitario in % rispetto al concorrente principale

1
4
ZONA DI 1.3
INVESTIMENTO
1.2
Potere di mercato: prezzo massimo accettabile in % rispetto al
Svantaggio di costo 1.1 concorrente principale

Vantaggio di costo 0.7 0.8 0.9 1.1 1.2 1.3


0.9
ZONA IDEALE
3 0.8 2

Basso potere di Mercato Alto potere di Mercato

8.2.4. Il vantaggio competitivo basato sulle competenze chiave


Si definisce competenza chiave una capacità o tecnologia particolare, che crea un valore unico per il cliente. Queste competenze chiave
possono essere considerate il fondamento del vantaggio competitivo dell’impresa. Es: Canon che da leader mondiale per la fotografia è
passata con il suo Know-how tecnologico anche ad altri settori stampanti, videocamere, fotocopiatrici e fax

8.2.5. La ricerca del vantaggio competitivo strategico e operativo p214


La ricerca di un vantaggio competitivo sostenibile è centrale nel processo di elaborazione di una strategia e rappresenta una delle
principali responsabilità del marketing strategico. Un’impresa può dominare i suoi concorrenti in modo duraturo nella misura in cui crea
un differenziale difendibile. In questa prospettiva, è possibile stabilire una distinzione tra vantaggio competitivo strategico e
vantaggio competitivo operativo. Ottenere un vantaggio competitivo operativo in un dato mercato comporta lo svolgimento delle
stesse attività dei concorrenti, ma in modo più efficace di quanto facciano questi ultimi in termini di qualità, prezzi, assistenza e
rapidità. Non è un compito facile da assolvere, poiché anche i concorrenti migliorano di continuo. Per contro, ottenere un vantaggio
competitivo strategico comporta un elemento di differenziazione che può essere di due tipi:
a) esercitare nel mercato di riferimento attività diverse da quelle dei concorrenti;
b) esercitare attività simili, ma in modo diverso, con l’obiettivo di proporre al mercato un insieme di valori unici (come hanno fatto
Ikea nel campo dei mobili o Ryanair in quello delle linee aeree).
Nella ricerca di un vantaggio competitivo è importante stabilire una distinzione chiara tra questi due tipi di vantaggi, poiché il
posizionamento strategico è più sostenibile, a lungo termine, di quello operativo.

32
Vantaggio competitivo Operativo Fig. 8.2

Vantaggio di differenziazione Vantaggio di differenziazione Vantaggio di differenziazione

- Qualità del prodotto - Costo unitario - Quota di mercato


- Qualità della consegna - Spese di Marketing - Notorietà
- Immagine di Marca - Spese generali - Distribuzione
- Rete di vendita

8.3. Le forze che guidano la concorrenza nel settore p215


La nozione di concorrenza allargata si basa sull’idea che la capacità di un’impresa di sfruttare il vantaggio competitivo, all’interno del
suo mercato di riferimento, non dipende soltanto dalla concorrenza diretta, ma anche dal ruolo esercitato da forze come i potenziali
entranti nel mercato, i prodotti sostitutivi (minacce dirette), i clienti e i fornitori (minacce indirette derivante dal potere di
contrattazione). Le quattro forze competitive esterne testé citate, cui bisogna aggiungere la concorrenza diretta tra imprese (5°
forza) all’interno dello stesso prodotto-mercato, determinano la redditività e la capacità potenziale di mercato dell’impresa. Risulta
molto importante, tuttavia, anche identificare con precisione le principali tipologie di concorrenti, che sono: i concorrenti diretti, quelli
potenziali, i produttori di beni sostitutivi (che servono i medesimi bisogni del mercato, utilizzando però risorse o tecnologie diverse) e
infine i concorrenti dormienti.
Forze che guidano la Concorrenza industriale

Potenziali entranti
Minaccia dei concorrenti potenziali

Concorrenti del settore

Fornitori Clienti
Potere di contrattazione dei fornitori Rivalità tra imprese Potere di contrattazione dei clienti

Minaccia dei prodotti sostitutivi


Prodotti sostitutivi

8.3.1 la minaccia dei nuovi entranti p216


I potenziali concorrenti in grado di entrare in mercato costituiscono una minaccia che l’impresa deve circoscrivere e contro la quale
deve proteggersi creando delle barriere all’entrata:
- economie di scala che costringono l’entrante a muoversi in larga scala per non incorrere in svantaggi di costo
- brevetti che proteggono le differenze tra i prodotti
- differenziazione del prodotto e dell’immagine
- l’accesso ai canali di distribuzione
- l’effetto esperienza ed il vantaggio di costo di cui gode un produttore affermato
- trasferimento di costi reali e psicologici del cliente per passare da un fornitore noto ad uno nuovo
8.3.2 la minaccia dei prodotti sostitutivi
I prodotti si definiscono sostitutivi quando svolgono una funzione simile per lo stesso gruppo di clienti, basandosi però su tecnologie
diverse. Ps il prezzo dei prodotti sostitutivi impone un tetto al prezzo che le imprese possono praticare nel prodotto-mercato. I prodotti
S. da tenere sotto controllo sono quelli che sono soggetti a un miglioramento del rapporto qualità/prezzo rispetto al prodotto del
settore di riferimento. Quindi è necessario un sistema di monitoraggio permanente delle principali scoperte tecnologiche che permette
l’adozione di un comportamento proattivo e non solo reattivo.

8.3.3 Il potere di contrattazione dei clienti p217


I clienti detengono un potere di contrattazione nei confronti dei fornitori. Possono influenzare la redditività potenziale di un’attività
costringendo l’impresa a concedere riduzioni di prezzo, chiedendo servizi più estesi e condizioni di pagamento più favorevoli o ancora
giocando sulla rivalità tra concorrenti.
Condizioni: Gruppi di clienti acquistano grandi quantità, i prodotti sono standardizzati e poco differenziati, i costi di trasferimento ad un
altro fornitore sono contenuti ecc..

8.3.4 il potere di contrattazione dei fornitori


Il potere dei fornitori nei confronti dei propri clienti deriva dalla possibilità, per i primi, di aumentare i prezzi delle forniture, di ridurre la
qualità dei prodotti o di limitare le quantità vendute a un dato cliente, Fornitori influenti possono così mettere a repentaglio la
redditività di un settore se i clienti non sono in grado di scaricare sui loro prezzi di vendita gli aumenti imposti nei costi
Condizioni: Fornitore in situazione di monopolio, l’impresa non è un cliente importante ecc.

33
8.3.5 L’identificazione dei concorrenti p219
Il modello delle 5 forze concorrenziali permette di esaminare in profondità il contesto competitivo globale del mercato di riferimento,
ma non di identificare i concorrenti + pericolosi. Nella figura l’asse delle ordinate misura le somiglianza di un determinato
concorrente con l’impresa in esame in termini di bisogni soddisfatti dei clienti; l’asse orizzontale si riferisce alla somiglianza delle risorse
e capacità strategiche comparabili a quelle dell’impresa.

Matrice di identificazione dei concorrenti:

Produttori di beni
Alta Concorrenti diretti
sostitutivi

Somiglianza dei bisogni di Target

Basso livello di minaccia


Concorrenti potenziali
Bassa (concorrenti dormienti)

Bassa Alta
Somiglianza della piattaforma tecnologica

• Concorrenti diretti: ossia aziende che registrano, nel confronto, un punteggio alto sia nella soddisfazione dei bisogni del
cliente sia nella dotazione tecnologica
• Concorrenti potenziali: che hanno un punteggio alto nella dotazione tecnologica ma che non soddisfano gli stessi bisogni a
cui si rivolge l’impresa in esame
• I produttori di beni sostitutivi: che servono i medesimi bisogni di mercato, utilizzando però tecnologie e risorse diverse
rispetto all’azienda in esame
• I concorrenti dormienti: che per ora rappresentano una minaccia minima, avendo un target diverso e utilizzando diverse
tecnologie.
Tale matrice ci permette di comprendere le sfaccettature dello scenario competitivo e di seguire i movimenti dei potenziali concorrenti
nel tempo.

8.5. Il vantaggio competitivo basato sul costo p230


Il vantaggio competitivo di un impresa dipende non solo dal potere di mercato acquisito grazie a un elemento di differenziazione ma
anche dall’eventuale presenza di una differenza nei costi, rispetto ai concorrenti diretti, dovuta ad una maggiore produttività e al
controllo dei costi. È possibile ottenere una riduzione dei costi in vari modi:
- Effetto esperienza
- Economie di scala
- Abbassamento del costo dei fattori produttivi
- Migliore tecniche di produzione, o capacità produttiva
- Miglior design
- Maggior efficienza organizzativa

8.5.1 L’enunciato della legge (statistica) di esperienza


L’importanza strategica della legge di esperienza deriva dal fatto che essa permette di prevedere l’evoluzione del costo non solo dei
propri prodotti, ma anche di quelli dei concorrenti diretti.
Enunciato: il costo unitario del valore aggiunto di un prodotto standard, misurato in unità monetarie costanti (cioè aggiustati in base
all’inflazione), diminuisce di una percentuale fissa, ogni volta che la produzione totale cumulata raddoppia.
Esperienza: designa il volume complessivo di produzione e non il numero di anni nei quali l’impresa ha fabbricato il prodotto
In pratica si usa la nozione di costo unitario totale come base di osservazione dell’effetto di esperienza, perché + accessibile rispetto al
costo del valore aggiunto.
Curva di Esperienza (Pendenza della curva Lambda=0.70)
100 100
Costo Unitario
70
60 49
34.3

20

2 4 8
Esperienza (produzione cumulata)

8.5.2 Cause dell’effetto di esperienza p231


L’effetto di esperienza ha cause diverse, tra cui:
1. l’efficienza del lavoro manuale, i lavoratori diventano sempre + abili

34
2. la specializzazione del lavoro e il miglioramento dei metodi, sempre + efficienza
3. nuovi processi di fabbricazione, es. la robotica ed i pc possono essere un fattore importante di riduzione dei costi
4. migliori prestazioni delle attrezzature di produzione, attrezzature sempre + efficienti
5. il mutamento delle risorse impiegate, es. risorse + economiche
6. una nuova concezione del prodotto. Es. nuovi materiali + economici
Tutti questi fattori sono sotto il controllo diretto dell’impresa e fanno parte della politica generale di miglioramento della produttività.

8.5.4. Le implicazioni strategiche della legge di esperienza


Ci permette di comprendere come si crea un vantaggio competitivo basato sulla disparità dei costi tra società concorrenti che operano
sullo stesso mercato e impiegano gli stessi mezzi di produzione:
1- l’impresa che raggiunge il maggior volume di produzione avrà i costi + bassi, a condizione che sappia valorizzare l’effetto di
apprendimento
2- l’impresa aggressiva proverà a scendere il + rapidamente possibile sula curva di esperienza, in modo da accumulare un
vantaggio di costo sui concorrenti diretti
3- l’obiettivo è quello di crescere + velocemente dei concorrenti
4- obiettivo crescita fin dal lancio dell’attività, quando gli incrementi di esperienza sono + consistenti
5- il mezzo + efficace per aumentare la quota di mercato consiste nell’adottare un prezzo di penetrazione, fissando i listini a un
livello che anticipa la futura riduzione dei costi Vedere Fig. 8.8 strategie legate alla determinazione del prezzo di penetrazione
6- questa strategia darà all’azienda una performance di profitto normale
La valutazione delle disparità di costo p 233
Se la produzione cumulata determina la riduzione prevista dei costi e se l’impresa dominante è in grado di difendere il beneficio
dell’esperienza acquisita, l’effetto di esperienza porta alla creazione di un ostacolo all’entrata di nuovi concorrenti e produce un
vantaggio di costo per l’impresa leader. Le imprese con una bassa quota di mercato avranno costi inevitabilmente + alti e subiranno
pesanti perdite se fisseranno gli stessi livelli di prezzo dell’impresa dominante. Inoltre l’impresa che detiene la quota di mercato +
elevata beneficerà di una maggiore liquidità, che porterà ad investire in nuove attrezzature o in nuovi processi, rafforzando il suo
vantaggio.
La curva di esperienza come indicatore previsionale
Il principale vantaggio è quello di consentire il confronto dei costi dei concorrenti operanti in uno stesso mercato di riferimento, e
quindi risulta uno strumento di analisi che consente all’impresa di individuare in tempo utile le modifiche che è necessario apportare
alla sua strategia. Verificare fig. 8.9 pag. 235

8.5.5 i limiti della legge di esperienza p236


Le situazioni in cui la legge di e. ha un effetto limitato:
1. potenziale di apprendimento ridotto
2. un concorrente può accedere ad una fornitura particolare, indipendentemente dalla quota di mercato
3. i vantaggi di costo dati dalle differenze in fatto di esperienza vengono rapidamente annullati da rapidi cambiamenti tecnologici
4. scarsa sensibilità al prezzo da parte del mercato
5. esiste un ampio potenziale di differenziazione del prodotti

8.6 il vantaggio competitivo internazionale


Tradizionalmente, la teoria del commercio internazionale considera il vantaggio competitivo delle nazioni, quali risorse naturali, la
manodopera, il valore della moneta, come fonti principali della competitività del paese. Più recentemente gli economisti hanno cercato
di capire in che modo un paese, un governo o un’industria fossero in grado di modificare le condizioni di lavoro del loro Paese per
creare o rafforzare la competitività.
Secondo Porter esistono 4 caratteristiche che descrivono l’ambiente in cui le aziende competono a livello locale e ciascuna promuove o
impedisce la creazione di un vantaggio competitivo:
1. Posizione dei Fattori produttivi
2. La natura della Domanda interna
3. Industrie a monte e collegate
4. La strategia, la struttura e la rivalità delle imprese
Porter: 3 situazioni che favoriscono la conquista di un vantaggio competitivo nazionale nell’analizzare la domanda interna:
1. Alta percentuale di domanda locale
2. Acquirenti sofisticati ed esigenti
3. Bisogni anticipatori degli acquirenti
L’esperienza in sé non produce una riduzione dei costi, tuttavia fornisce occasioni affinché ciò si verifichi: spetta poi alla direzione
dell’impresa cogliere tali opportunità. Nell’ottica di una strategia basata sulla legge di esperienza, accrescere la propria quota di
mercato e adottare una politica di prezzo di penetrazione sono fattori chiave per ottenere un vantaggio competitivo basato sul dominio
dei costi. L’importanza strategica della legge di esperienza deriva dal fatto che è possibile prevedere l’evoluzione non soltanto dei
propri costi, ma anche di quelli dei concorrenti diretti.

Riassunto p237 Il concetto di vantaggio competitivo fa riferimento alla superiorità del prodotto di un’impresa rispetto ai
concorrenti diretti. È possibile distinguere due tipi di vantaggio competitivo:
1. Vantaggio esterno, basato su un potere di mercato dovuto a un valore superiore per il cliente
2. Vantaggio interno, fondato sulla produttività che genera un vantaggio di costo
La capacità dell’impresa di sfruttare il proprio vantaggio competitivo non dipende solo dalla forza dei suoi concorrenti diretti, ma
anche da altre forze, come i clienti potenziali entranti, i prodotti sostitutivi, i clienti e i fornitori.
L’intensità della concorrenza diretta varia a seconda del potere di mercato di ogni concorrente.

35
Il risultato della differenziazione consiste nel dare all’impresa un certo potere di mercato, creare fedeltà alla marca e ridurre la
sensibilità al prezzo. È questo il tipo di situazione concorrenziale ricercata dal M. strategico.
Un metodo per conquistarsi un vantaggio competitivo consiste nel realizzare l’obiettivo di predominio attraverso i costi, grazie
all’aumento della produttività e a un maggior controllo dei costi. In molti settori, le opportunità di riduzione dei costi si presentano
quando aumenta l’esperienza nella produzione. L’importanza strategica della legge di esperienza deriva dal fatto che è possibile
prevedere l’evoluzione non soltanto dei propri costi, ma anche dei concorrenti diretti. Porter ha identificato 4 determinanti del
vantaggio competitivo di un Paese, ai quali le autorità statali possono fare riferimento per creare un clima competitivo favorevole.

CAPITOLO 9 Il mercato target e le strategie di posizionamento p239


9.1. Strategie di copertura del mercato di riferimento
L’impresa ha a disposizione diverse strategie di copertura del mercato, che vanno dall’approccio di massa alla customizzazione di
massa. Tra questi due poli esistono comunque moltissime possibilità intermedie. Fig. 9.1

Approccio di Per segmenti Per segmenti Multisegmentata Per piccoli Per segmenti di Customizzazione
massa ampi adiacenti segmenti nicchia di massa

Seg. A1
Segmento Segmento Segmento Seg. A2
A A A Seg. A3
Seg. A4
Segmento Segmento Seg. B1
B B Seg. B2
Seg. C1
Segmento Segmento Seg. C2
C C
Seg. C3 Seg. C3

9.1.1 La focalizzazione del marketing permette all’impresa di raccogliere i frutti della strategia di specializzazione e di utilizzare più
efficientemente le risorse interne. L’applicabilità di questo tipo di strategie dipende dalle dimensioni del segmento e dalla forza del
vantaggio competitivo conquistato dall’azienda proprio grazie alla specializzazione. La specializzazione può riguardare una funzione
(specialisti di funzione) o di un determinato gruppo di clienti (specialisti di clienti) fig. 9.2

9.1.2 Copertura totale del mercato p240


I confini del mercato sono ampi sia dal punto di vista della funzione sia da quello dei gruppi dei clienti: l’impresa si rivolge all’intero
mercato (es. acciaierie). L’azienda che adotta una strategia di copertura totale del mercato può scegliere tra la strategia di M.
indifferenziato o differenziato:
o Se l’impresa adotta una strategia di marketing indifferenziato (o di massa), ignora le diversità presenti all’interno del
segmento e decide di rivolgersi al mercato come a un insieme, senza servirsi dell’analisi di segmentazione. Si concentra sui punti
in comune nei bisogni dei clienti, tralasciandone le differenze. Vantaggi: risparmi a livello di produzione, stoccaggio, distribuzione e
promozione. Nella società del benessere è difficilmente applicabile.
o Se invece adotta una strategia di marketing differenziato, o di personalizzazione (customizzazione) di massa,
l’impresa si rivolge sempre all’intero mercato, ma con programmi su misura per ciascun segmento. L’impresa può operare in
diversi segmenti adottando prezzi, sistemi distributivi e di comunicazione ad hoc (General Motors: un’auto per ogni portafoglio, per
ogni scopo, per ogni personalità). Tale strategia non implica necessariamente la copertura integrale del mercato.

9.1.3 Strategia mista p241


Naturalmente è anche possibile adottare una strategia mista
L’impresa identifica le sue attività in termini di funzioni e/o gruppi di clienti.
La scelta di una di queste strategie di copertura del mercato dipenderà da:
- Il numero dei segmenti identificabili e potenzialmente redditizi nel mercato di riferimento
- Dalle risorse dell’impresa

9.1.4 L’ipersegmentazione e la controsegmentazione sono le politiche estreme alle quali si può arrivare applicando una strategia
di segmentazione:
o la politica di ipersegmentazione dà vita a prodotti su commissione realizzati per soddisfare i bisogni individuali, il tutto a costi
elevati; quindi l’impresa offre oltre la funzione di base, una vasta gamma di funzioni secondarie.
o La politica di controsegmentazione, invece, l’impresa offre un prodotto base, senza fronzoli né extra, con poche opzioni ma a
un prezzo molto più ridotto.
È questo il dilemma tra standardizzazione e adattamento che affrontano le aziende quando progettano una strategia globale o
comunque transnazionale.
La prima è guidata da una logica market-driven che richiede il massimo grado di adattamento a bisogni diversi e che porta alla
commercializzazione di prodotti personalizzati in base alle preferenze individuali dei clienti; la seconda da una logica supply-driven
logica basata sulla fornitura o produzione, cerca piuttosto di incrementare la produttività attraverso la massima standardizzazione del
prodotto.
9.1.5 Selezione dei segmenti prioritari p243
36
La decisione sui segmenti da privilegiare è compatibile sia con una copertura ampia del mercato sia con una selezione di uno o più
segmenti, in cui l’impresa investirà di più. La regola d’oro consiste nel rivolgere la propria attenzione in particolare ai gruppi di clienti
che danno maggior valore al prodotto e non come si sarebbe tentati di fare a quelli che rivestono maggiore interesse per l’impresa.

Valore per il venditore


Perde*- Vince Vince*- Vince

Media dei Margini di profitto

Perde*- Perde Vince*- Perde

Valore per il cliente


*: cliente
Media dei punteggi di soddisfazione
Ogni individuo ha 2 valori alto e basso e si possono identificare 4 target diversi: in alto a destra è quello ideale in cui entrambi i
soggetti guadagnano, il peggiore è quello in basso a sinistra
L’impresa con un orientamento al prodotto sarà incline a privilegiare la situazione riportata nel quadrante in alto a sinistra dato che è
un target + redditizio. Al contrario un’impresa orientata al cliente concentrerà i propri sforzi di marketing sui due target a destra.

9.2. Le decisioni di posizionamento strategico


Dopo aver deciso a quale tipo di copertura del mercato mirare, il passo successivo sarà rappresentato dalla scelta della strategia di
posizionamento da adottare all’interno di ciascuno dei segmenti target. Si tratta di un momento critico nel processo di applicazione del
marketing strategico, poiché l’impresa deve decidere come differenziare al meglio la sua marca rispetto a quelle dei concorrenti.

9.2.1 Definizione del posizionamento Il posizionamento è la decisione dell’impresa relativa alla scelta dei benefici della marca che
possono farle guadagnare un posto distintivo nel mercato. La strategia di posizionamento è la modalità operativa adottata per
introdurre una strategia di differenziazione e si basa:
a) sull’analisi interna dei punti di forza e debolezza dell’impresa;
b) sul contesto competitivo;
c) sul tipo di beneficio distintivo e unico che la marca può fornire al cliente.
L’obiettivo dell’impresa è quello di comunicare questo elemento di differenziazione ai potenziali clienti, in modo che sia chiaramente
delineato nella loro mente. La percezione mentale che il consumatore ha della marca è detta immagine di marca. Il posizionamento
costituisce la base del programma di marketing operativo, che deve essere coerente al posizionamento di marca (Es dove c’è Barilla c’è
casa).
9.2.2 Condizioni per lo sviluppo del posizionamento p244
1. Avere una buona conoscenza del posizionamento attuale della marca o dell’impresa nella mente dei consumatori
2. Conoscere il posizionamento attuale dei concorrenti
3. Selezionare un posizionamento e identificale le motivazioni + importanti
4. Valutare le dimensioni del profitto potenziale
5. Verificare se il posizionamento indicato è distintivo e specifico
6. Verificare se la marca ha il potenziale di personalità necessario a raggiungere il posizionamento desiderato
7. Verificare se il posizionamento giustifica o meno l’applicazione di un premium price
8. Quantificare il grado di vulnerabilità del posizionamento
9. Garantire la consistenza del posizionamento con gli strumenti di marketing mix: prezzo, distribuzione, confezione, servizi ecc.
Non tutte le differenziazioni che caratterizzano la marca o un prodotto sono ritenute importanti dal cliente, la differenziazione deve
essere: unica, importante, sostenibile, comunicabile e accessibile.

9.2.3. Modalità di posizionamento della marca rispetto ai concorrenti


Esistono diversi modi di posizionare una marca nei riguardi dei concorrenti ed essenzialmente si possono distinguere tre tipi di strategia
di differenziazione:
1. del prodotto, es. far leva sui benefici del prodotto es. Duracell durata estrema
2. del prezzo, per distinguersi dai concorrenti es. prezzo basso Ryanair, prezzo alto Gucci profumi e Cartier gioielli
3. dell’immagine, in molti settori le marche non sono distinguibili per della caratteristiche tangibili es: Marlboro per i tabacchi

9.2.4 credibilità del posizionamento scelto p245


Nel posizionamento occorre evitare quattro errori fondamentali, che sono:
- sotto posizionamento, cioè i clienti hanno un’idea vaga di quale sia il fattore distintivo rivendicato dalla marca quindi nulla di
speciale,
- sovra posizionamento, i clienti hanno un’immagine troppo ristretta della marca, perché la percepiscono troppo specialistica e
inaccessibile,
- posizionamento confuso, perché l’impresa avanza troppe rivendicazioni sul suo prodotto, oppure cambia troppo spesso
posizionamento
- posizionamento ambiguo, i clienti potenziali non credono ai vantaggi promessi dalla marca alla luce dei trascorsi, del prezzo o
del produttore; errore, quest’ultimo, che probabilmente è il più diffuso es. caso Bata calzature in India posizionamento
ambiguo.

9.3. Il comportamento di risposta del cliente al posizionamento d’impresa


37
9.3.1 la gerarchia dell’apprendimento
I diversi livelli di risposta (e per risposta s’intende ogni attività mentale e fisica provocata nel cliente da uno stimolo) del cliente
potenziale possono essere raggruppati in tre categorie:
la risposta cognitiva, che chiama in causa le informazioni possedute e la conoscenza;
la risposta affettiva, che analizza l’atteggiamento e il sistema di valutazione;
la risposta comportamentale, che descrive l’azione, intesa non soltanto come atto d’acquisto ma anche come comportamento post-
acquisto. Tabella 9.1 Misure chiave di risposta del cliente.
Gli esperti di comunicazione sostengono che questi tre livelli di risposta sono posti in una scala gerarchica e che l’individuo, o
l’organizzazione, li attraversa in sequenza, secondo quest’ordine: cognitivo, affettivo, comportamentale (learn, feel, do). Sebbene le
ipotesi sul processo di apprendimento non siano sempre applicabili, il modello learn, feel, do rimane valido per la strutturazione delle
informazioni raccolte sui comportamenti d’acquisto, in particolar modo se usato insieme ai concetti di rischio percepito e di
coinvolgimento dell’acquirente.

9.3.2 il modello di coinvolgimento di Foote, Cone e Belding FCB p247


Vaughn, per ottenere uno schema concettuale che integrasse il modello gerarchico learn, feel, do , il grado di coinvolgimento del
consumatore e la teoria della specializzazione del cervello (secondo cui l’emisfero sinistro presiede agli aspetti intellettuali e quello
destro agli aspetti affettivi o sensoriali), ha elaborato una griglia in cui il processo della decisione di acquisto viene analizzato in base a
due dimensioni: un coinvolgimento alto-basso e una percezione della realtà basata su pensare-sentire. L’incrocio tra il grado di
coinvolgimento e la modalità di apprendimento della realtà porta alla matrice della Figura 9.5. (p. 248), nella quale è possibile
identificare quattro percorsi diversi del processo di risposta.

9.3.3 Mappa percettiva basata sugli attributi p248


Nel giudicare la rilevanza degli attributi rimane il problema della ridondanza. Due attributi sono ridondanti quando il loro grado di
significatività è identico. L’analista dovrebbe definire una lista degli attributi rilevanti ma non ridondanti. Mappa percettiva pag. 249

9.3.4 Strategie per cambiare il posizionamento


Infine, 6 sono le strategie cui si può fare ricorso per modificare un posizionamento sfavorevole. Esse consistono:
1. nel modificare il prodotto,
2. modificare il peso degli attributi,
3. modificare le convinzioni relative alla marca,
4. modificare le convinzioni relative alle marche concorrenti,
5. attirare l’attenzione verso gli attributi fino a quel momento ignorati,
6. modificare il livello degli attributi richiesti.
Il vantaggio principale dei modelli basati sul paniere di attributi rispetto alle misurazioni dell’attitudine generale è la possibilità che
offrono di comprendere la struttura attitudinale del segmento in esame, necessaria a identificare le strategie più appropriate di
posizionamento e comunicazione.

9.4. La catena del valore nell’analisi di differenziazione p250


Nella ricerca di un elemento di unicità su cui fondare una strategia di differenziazione, è necessario da una parte individuare
l’elemento di unicità apprezzato dai clienti, ma che l’impresa non è in grado di offrire; dall’altra, identificare un elemento di
unicità che l’impresa è in grado di offrire, ma che non è apprezzato dai clienti. A tale riguardo si dimostra particolarmente utile il
modello della catena del valore messo a punto da Porter. Qualunque impresa può essere descritta come un insieme di attività
volte a ideare, produrre, commercializzare, distribuire e sostenere i propri prodotti. Come illustrato nella Figura 9.7 queste
attività possono essere raggruppate in due grandi categorie: attività primarie e attività di supporto. Si costruisce una catena del valore
per una particolare impresa tenendo conto dell’importanza e della separabilità di ogni attività, ma anche della capacità di ogni attività
di rappresentare una fonte di differenziazione per l’impresa. A titolo di spiegazione, le possibili fonti di differenziazione per le attività di
base potrebbero riguardare gli acquisti, la produzione, l’immagazzinaggio e la distribuzione, il marketing e le vendite, l’assistenza ai
clienti. Per le attività di supporto, le potenziali fonti di differenziazione riguardano le risorse umane, la R&S, l’infrastruttura. L’obiettivo
consiste nell’individuare i fattori di unicità di ogni attività, ovvero le variabili e/o le azioni che l’impresa può controllare per
offrire qualcosa di unico, che la differenzi dai concorrenti e rappresenti un valore per il cliente. Lo scopo del modello della catena del
valore è quello di mettere in evidenza che la ricerca di un vantaggio competitivo sostenibile interessa ogni funzione dell’organizzazione
e non solo la funzione di marketing.

Catena Generica del Valore


Margine

Infrastruttura
Attività di
supporto Ricerca, sviluppo e design

>>>> Gestione delle risorse umane

Attività Acquisti, Stoccaggio e Marketing e Servizi di


Produzione assistenza
logistica Distribuzione Vendite
primarie interna
>>>>

38
9.4.1. La misurazione del potere di mercato
Il grado di potere di mercato detenuto è misurato dalla capacità dell’impresa di far accettare al mercato un prezzo superiore
a quello praticato dai suoi diretti concorrenti. L’impresa, o la marca, che detiene un potere di mercato presenta una domanda
meno elastica rispetto a quella di un prodotto poco differenziato ed è pertanto in grado di far accettare un prezzo superiore ad un
gruppo di clienti sensibili all’elemento di differenziazione. La forza della marca dipende dal grado di attaccamento dei clienti alla marca
stessa o all’impresa. È possibile individuare 5 indicatori della forza di una marca:
1. più limitata sensibilità alle variazioni del prezzo
2. accettazione di premium price (prezzo + alto dei concorrenti)
3. tasso di esclusività legata ai maggiori requisiti rispetto alla concorrenza che porta ad una maggiore fedeltà
4. tasso di fedeltà dinamico nel tempo
5. misure attitudinali positive come qualità percepita, grado di stima e familiarità con la marca

9.5. Target: segmenti internazionali di mercato


La segmentazione internazionale può essere definita come un processo di identificazione di segmenti di clienti potenziali
(formati da gruppi nazionali o da singoli acquirenti) che abbiano attributi e comportamenti simili. Nella segmentazione globale si
possono adottare 3 approcci distinti:
9.5.1 a) identificazione cioè Target di gruppi di Paesi simili per condizioni climatiche, lingua religione, sviluppo economico, canali di
distribuzione, che richiedono prodotti simili. Questo è l’approccio più radicale, quello che dà all’impresa un vantaggio competitivo
significativo, in quanto il prodotto e la comunicazione possono essere standardizzati e trasferiti in Paesi diversi;
9.5.2 b) identificazione di segmenti universali presenti in più Paesi; Molti prodotti soddisfano bisogni e desideri che travalicano i
confini nazionali come per esempio le bevande, le automobili, moda o elettrodomestici.
9.5.3 c) scelta di segmenti target diversi in ciascun Paese, anche se i bisogni sono diversi si può vendere lo stesso prodotto, in
diversi segmenti adottando un posizionamento diverso basato sulle diverse variabili del prodotto come distribuzione, comunicazione e
vendita. Es. Black & Decker diversificazione potenza, design e colore Europa – Usa.
9.5.4 Il caso dei segmenti universali p255
L’approccio globale ai mercati ha l’obiettivo di individuare le similitudini tra i paesi, mentre l’approccio internazionale classico è
multinazionale e tenderebbe ad ignorare i punti di contatto. L’AG cerca l’omogeneità nei prodotti, nelle immagini, nel marketing e
nei messaggi pubblicitari, mentre l’AM ha l’effetto di mantenere e coltivare le differenze non sempre giustificate.
L’obiettivo non è quello di ottenere una gamma uniforme di prodotti in tutto il mondo, bensì quello di sviluppare una gamma di
prodotti più standardizzata possibile, riconoscendo nel contempo la necessità e l ‘auspicabilità di adattamenti locali.
Ricerca di un compromesso tra standardizzazione e adattamento: di seguito 4 strategie di adattamento secondo il grado di diversità
delle aspettative e della cultura in ognuno dei paesi considerati con 3 tipi di approccio:
1. il prodotto venduto è fisicamente identico in ogni paese eccezion fatta per l’etichetta e per la lingua dei manuali
2. il prodotto è lo stesso ma vengono apportate delle modifiche riguardanti: voltaggio, colore, accessori per rispondere
alle differenze locali relative a gusti, abitudini e situazioni climatiche
3. il prodotto è appositamente studiato per soddisfare i bisogni di un determinato paese
L’affermazione di una marca globale (es. Benetton) Non tutti i prodotti hanno necessariamente una vocazione universale e alcuni
si prestano meglio di altri ad una strategia di sviluppo internazionale. Tuttavia, il potenziale di globalizzazione su scala planetaria è più
facilmente realizzabile per i prodotti che si avvicinano maggiormente ai poli hi-tech/hi-touch. ( i primi rivolti a utenti specializzati che
condividono simboli e linguaggio tecnico: computer, attrezzature da sci, utensileria i secondi ricorrono + all’immagine che alle
caratteristiche tecniche e si basano su temi come l’amore, l’eroismo e la ricchezza: orologi, profumi, gioielli, abbigliamento).

Riassunto p256
Sono diverse le strategie di copertura di mercato che un’impresa può scegliere Fig. 9.1 i cui estremi sono “approcci di massa” e
“customizzazione di massa”. Selezionare la strategia di posizionamento è essenziale per ottenere un concetto unificatorio che permetta
l’elaborazione di un piano di marketing. Si tratta di una fase critica dell’applicazione del Marketing strategico, perché l’impresa si trova
a decidere le modalità di differenziazione della sua marca da quelle concorrenti. Anche in questo caso esistono strategie di
differenziazione diverse, raggruppabili in 3 tipologie principali: differenziazione del prodotto, del prezzo e dell’immagine.
L’effetto della differenziazione è quello di dare all’impresa un potere di mercato legato alla capacità di generare preferenza, fedeltà del
cliente e bassa sensibilità al prezzo. Nella scelta di una strategia di differenziazione, risulta utile il modello della catena del valore
(Porter)

CAPITOLO 10 La formulazione di una strategia di marketing p259


10.1. L’analisi del portafoglio prodotti
L’obiettivo di un’analisi del portafoglio prodotti è quello di aiutare un’impresa multi-business a distribuire risorse limitate tra i
diversi prodotti-mercati nei quali compete. In generale, la procedura adottata consiste nel classificare ciascuna attività in base a
due dimensioni indipendenti: l’attrattività del mercato di riferimento in cui l’impresa opera e la capacità dell’impresa stessa di
cogliere le opportunità offerte dal mercato. Sono stati sviluppati vari metodi di analisi di portafoglio, che prendono la forma di
rappresentazioni matriciali in cui vengono utilizzati indicatori diversi per misurare parametri di attrattività e competitività. Qui ci
concentreremo nella descrizione dei due metodi più usati: il metodo del Boston Consulting Group (BCG), detto della matrice crescita-
quota di mercato relativa, e il metodo del portafoglio multifattoriale attribuito a General Electric e McKinsey . Nonostante abbiano
obiettivi identici, i due metodi si basano su ipotesi di fondo diversissime e la scelta tra le diverse tecniche restituirà visioni diverse.

10.1.1. La matrice crescita-quota di mercato relativa del BCG p261


La matrice BCG è costruita sulla base di due criteri: il tasso di crescita del mercato di riferimento (corretto dall’effetto
dell’inflazione), che funge da indicatore di attrattività, e la quota di mercato relativa al concorrente più pericoloso, usata come
indicatore di competitività. Si ottiene così una tabella a doppia entrata, come mostra la Figura 10.1 (p. 260), dove è stata tracciata
una linea di demarcazione su ciascuno degli assi, in modo da creare una griglia a quattro quadranti. Tali quadranti definiscono
39
altrettante situazioni alquanto diverse in termini di esigenze finanziarie necessarie al loro funzionamento, situazioni che andranno
gestite distintamente sul piano degli obiettivi specifici e della strategia di marketing. Crescita ridotta se inferiore al 10% e forte crescita
superiori al 10% fino al 25% riferiti al tasso di crescita del prodotto nazionale lordo in termini reali o alla media semplice o ponderata
dei tassi di crescita dei vari mercati in cui il prodotto compete. Analogamente sulla dimensione “quota di mercato” la linea di
demarcazione si posiziona solitamente su 1 al si sopra di questo livello la quota relativa di mercato è alta al di sotto è bassa (rispetto al
concorrente + forte es: se l’impresa A ha 10 10% contro il 20% del concorrente + importante la quota di mercato relativa all’impresa
sarà 0.5 dato 10 si 20 quindi quota bassa).

25.0

Stars Problem children


Tasso di crescita del
10.0
mercato: Attrattività

Cash cows Dogs

0.0
10,0 1.0 0.10

Quota di mercato:
Competitività

Alla base dell’analisi del BCG vi sono due ipotesi fondamentali di fondo, di cui una verte sulla presenza dell’effetto di esperienza
e l’altra sul modello del ciclo di vita del prodotto (CVP). Queste due ipotesi possono essere riassunte come segue: grazie all’effetto
di esperienza, un’elevata quota di mercato relativa implica un vantaggio competitivo in termini di costi rispetto ai concorrenti.
Viceversa, una scarsa quota di mercato relativa implica uno svantaggio in termini di costi. La conseguenza diretta di questa prima
ipotesi è che il flusso di cassa derivante dai prodotti con un’alta quota di mercato relativa sarà superiore rispetto a quelli che detengono
una quota di mercato inferiore. D’altra parte, la collocazione in un mercato in rapida crescita implica un bisogno elevato di liquidità per
finanziare l’espansione. Per contro, sarà un prodotto operante in un mercato maturo a generare flussi di liquidità; in questo caso si fa
ricorso al modello del ciclo di vita del prodotto per evidenziare come sia importante distribuire le proprie attività in un portafoglio
bilanciato, con prodotti collocati in varie fasi del ciclo di vita. Questa seconda ipotesi implica che le necessità di liquidità per i prodotti
nei mercati in rapida crescita sono maggiori che per i prodotti nei mercati a lenta crescita. Partendo da tali presupposti, è possibile
identificare quattro gruppi di prodotti-mercati (Figura 10.2, p. 262) molto differenti per esigenze finanziarie e/o di contribuzione.

R&S 4 Generazione di liquidità 3

Alto
Stars Problem children
>>> investimento e >>> investimento e sviluppo
Tasso di crescita del
sfruttamento selettivo
mercato: Attrattività Bisogno di liquidità
rispetto alla crescita
del PIL
Cash Cows Dogs
Basso >>>Disinvestimento o basso
>>>Raccolta
profilo

1 2
Alto Basso

Traiettorie di successo:
Quota di mercato:
Innovatore Competitività rispetto
Cash Cows>R&S>Stars al concorrente leader
Imitatore
Cash Cows>Problem children>Stars

Traiettorie di insuccesso:

Disastro

Mediocrità

Il primo gruppo si situa nel quadrante bassa crescita/alta quota di mercato (cash Cows, cioè mucche da mungere ). Questi prodotti
dovrebbero generare una liquidità finanziaria molto superiore a quella necessaria per mantenere la propria posizione sul mercato
(mucche da mungere quindi raccolta). Il secondo gruppo si colloca nel quadrante bassa crescita/bassa quota di mercato (dogs, cani
). Sono prodotti la cui quota di mercato relativa è bassa in un settore a bassa crescita, dunque la posizione peggiore l’obiettivo migliore
è il disinvestimento o un atteggiamento di basso profilo . Il terzo gruppo si colloca nel quadrante alta crescita/bassa quota di mercato

40
(Problem children, dilemmi ). In questa categoria rientrano prodotti con una quota di mercato relativa modesta in un mercato in rapida
espansione. Senza un sostegno finanziario consistente, tali prodotti si trasformeranno progressivamente in dogs, con il progredire del
loro ciclo di vita e il rallentamento della crescita del mercato. L’obiettivo principale consiste pertanto, in questo caso, nell’accrescere la
quota di mercato (>Stars) o nel disinvestire (>dogs). Il quarto gruppo si posiziona nel quadrante alta crescita/alta quota di mercato
(Stars, stelle ). Si tratta di prodotti leader nel loro mercato, che attraversa una fase di rapida espansione. Richiedono anch’essi mezzi
finanziari notevoli che ne sostengano la crescita; tuttavia, grazie alla loro posizione competitiva, genereranno anche profitti notevoli da
reinvestire per mantenere la posizione di mercato. Con la maturazione del mercato, entreranno a far parte della categoria Cash Cows.
Analisi del portafoglio prodotti: (p263) Per applicare questo metodo è necessario definire bene il mercato di riferimento di un
attività. La quota di mercato relativa esprime le capacità competitive di un’impresa rispetto ai suoi concorrenti. La strategia adottabile
in generale è quindi mantenimento della leadership per le Stars, abbandono o basso profilo per i Dogs, investimento e sviluppo
selettivo per i Problem children e massimo sfruttamento della redditività per le cash Cows; La matrice permette di valutare le esigenze
finanziarie ed il potenziale di redditività e allocazione della redditività. A partire da questo tipo di diagnosi, l’impresa può individuare
diverse strategie volte a mantenere o ripristinare l’equilibrio del suo portafoglio prodotti.
Es. di traiettorie di successo e di insuccesso Fig.10.3
Limiti della matrice: Il merito principale del metodo sviluppato dal BCG risiede nella solidità del suo apparato teorico, che
stabilisce un legame rigoroso tra il posizionamento strategico e la performance finanziaria.
Esiste però una serie di limiti (p264) e difficoltà che consente il ricorso a questa tecnica di analisi solo nel caso in cui sussista
l’effetto di esperienza, cioè nelle industrie che operano sui grandi volumi. Ma l’effetto di esperienza si osserva solo in certi prodotti-
mercati e non in tutti quelli che fanno parte del portafoglio dell’impresa. Bisogna inoltre considerare che il metodo si basa
esclusivamente sulla nozione di vantaggio competitivo interno e non considera alcun tipo di vantaggio competitivo esterno di cui un
impresa o una marca possono beneficiare grazie al successo di una strategia di diversificazione.
Es. un prodotto definito come dogs potrebbe benissimo generare cash-flow nonostante lo svantaggio di costo, se il mercato accettasse
di pagare superiore per il prodotto, date le sue qualità distintive. Affermare che in un determinato prodotto-mercato si debba
procedere per una strategia di “raccolta” o di “basso profilo” non dice molto ed è insufficiente ad orientare in modo efficace le
politiche di prezzo, di distribuzione, di comunicazione ecc. L’obiettivo di un’analisi di portafoglio è tutt’al più quella di guidare una
riflessione strategica e in nessun caso di sostituirsi ad essa.
Esempi di portafoglio: equilibrato (distribuito con prevalenza Cash Cows e stars), obeso (concentrato su cash Cows), anemico
(concentrato su dogs e Problem children)
Questi limiti sono importanti e restringono notevolmente il campo di applicazione della matrice crescita-quota di mercato relativa, che
non è sempre valida allo stesso modo a prescindere dalle situazioni aziendali. Sono stati perciò elaborati altri metodi, che poggiano su
ipotesi meno restrittive.

10.1.2 La matrice di portafoglio multifattoriale (attrattività-competitività) (p266)


Il metodo BCG si basa su due indicatori: la quota di mercato relativa e il tasso di crescita del mercato di riferimento. Tuttavia, è
evidente che l’attrattività di un mercato e la forza di una posizione competitiva possono dipendere da molti altri fattori. Ad
esempio, il grado di attrattività di un mercato può dipendere anche dalla sua accessibilità, dalle sue dimensioni, dalla presenza di una
rete di distribuzione organizzata o di una legislazione favorevole, dalla struttura della concorrenza, etc. Alla stessa stregua, il vantaggio
competitivo di un’impresa può derivare da una forte immagine di marca, da una nuova tecnologia, da qualità uniche del prodotto o da
altri fattori, anche se la sua quota di mercato è bassa rispetto al concorrente principale. È chiaro che bisogna considerare altri fattori
per stimare correttamente il potenziale di attrattività e competitività di un’impresa. Invece che usare un solo indicatore per dimensione,
quindi, si ricorre ad un insieme di misure di attrattività e competitività per costruire un indice composito per ciascuna
dimensione.
Lo sviluppo di una griglia multicriteri e Interpretazione della griglia:
La Tabella 10.1 (p. 267) illustra lo sviluppo e le caratteristiche di una griglia multicriteri (vari indicatori di attrattività e di competitività,
che fornisce un sistema di classificazione a due dimensioni simile al modello BCG. Di norma si divide ciascuna dimensione in tre livelli
(basso, medio, elevato), il che conduce a definire nove casi, ciascuno corrispondente a una posizione strategica specifica; al contrario
di quanto accade con la BCG i giudizi di attrattività e competitività si basano su valutazioni soggettive, infatti talvolta si fa ricorso a
giudizi di esperti per avere maggiore obiettività. I 4 posizionamenti + chiari della griglia multicriteri sono quelli che si collocano ai 4
angoli della matrice Fig. 10.5: Ps tra le parentesi i corrispettivi BCD

B (pr.ch.) C (stars)
Elevata Sviluppo Crescita
Selettivo Aggressiva

Attrattività del
Mercato Media

A (dogs) D (c.cows)
Debole Disinvesti- Basso
mento Profilo

Debole Media Elevata


Forza della Marca o
competitività

La scelta di una strategia futura e La valutazione della matrice multicriteri p269


41
Si viene in tal modo a disporre di una rappresentazione visiva del potenziale di sviluppo dell’impresa (soggettiva). Proiettando la
prevista evoluzione di ogni attività (nell’ipotesi del mantenimento della strategia in corso), l’impresa sarà in grado di determinare la sua
posizione futura. Essa può scegliere fra strategie d’investimento, di riduzione degli investimenti e di disinvestimento. La matrice
multicriteri approda dunque ad analisi simili a quelle descritte in precedenza per il modello BCG, ma con una differenza: la
mancanza di collegamento tra competitività e performance finanziaria (ossia il flusso di liquidità). Il metodo che si è
appena presentato, tuttavia, offre un’applicazione più generale, in quanto non poggia su alcuna ipotesi particolare, supera i limiti della
matrice BCG ed è dotato di grande flessibilità, poiché gli indicatori vengono scelti in funzione di ciascuna impresa.
Ci sono però anche dei limiti nell’applicazione delle matrici di questo tipo. In primo luogo, i problemi di misura sono più delicati e il
rischio di soggettività è molto maggiore. In secondo luogo, quando il numero dei criteri considerati e il numero di attività da
valutare sono elevati, il procedimento diventa difficile, specie quando le informazioni disponibili sono scarse e imprecise. In terzo
luogo, il risultato varierà a seconda del metodo di valutazione e ponderazione adottato, al punto che, manipolando il peso relativo, si
può ottenere il posizionamento desiderato nella matrice. In quarto luogo, come per il modello BCG, le indicazioni che si traggono
dall’analisi rimangono molto generiche e devono essere precisate. Inoltre il rapporto con il livello finanziario è meno
chiaramente definito. I due metodi citati possono dare luogo a valutazioni molto diverse. Onde evitare problemi, è consigliabile
utilizzarli in parallelo e confrontare i risultati ottenuti.

10.1.3. L’analisi SWOT


L’analisi SWOT acronimo di Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats, ovvero punti forti e punti deboli dell’impresa, opportunità e
minacce (ambientali) è una soluzione molto usata per organizzare le informazioni raccolte dal sistema informativo aziendale e
dall’ambiente di macro-marketing elaborata da Andrews. Essa consiste in un analisi basata su più criteri, simili ai due modelli analizzati
precedentemente, ma con due differenze: è di tipo puramente qualitativo e non tenta di giungere a misure oggettive o dati
sensibili; definisce in modo diverso i concetti di attrattività (data da fattori esterni) e di competitività (data da fattori interni)
dell’azienda. Prendendo in esame opportunità e minacce di mercati diversi e misurando attentamente forze e debolezze interne, questo
metodo permette di elaborare strategie alternative per l’impresa. Es:
1. Punti di forza potenziali interni: Economie di scala, abbondanza di risorse, costi inferiori, qualità superiore del prodotto ecc.
2. Punti di debolezza potenziali interni: Scarsità di investimenti in R&S, linea prodotti ridotta, distribuzione limitata ecc.
3. Opportunità potenziali esterne: rapida crescita del mercato, variazioni demografiche, apertura di mercati esteri ecc.
4. Potenziali minacce esterne: ingresso di nuovi concorrenti, recessione, nuove tecnologie, barriere all’esportazione ecc.

10.1.4. Modelli pratici di portafogli p271


La pianificazione strategica e le analisi di portafoglio sono gli strumenti di gestione più utilizzati dalle aziende per studiare gli
strumenti e le tecniche di management. Un’analisi di portafoglio prodotti, quale che sia il metodo utilizzato, poggia sui seguenti
elementi:
1. la suddivisione precisa delle attività dell’impresa in prodotti-mercati o in segmenti;
2. gli indicatori di competitività e attrattività che permettono di valutare e confrontare il valore strategico delle diverse attività;
3. il legame tra posizione strategica e performance economica e finanziaria particolarmente nella BCG.
La loro elaborazione non è semplice e presuppone l’esistenza di informazioni complete e attendibili sul funzionamento dei mercati e sui
punti di forza e debolezza dell’impresa e dei suoi concorrenti. Questo tipo di analisi non è migliorabile e necessita dell’appoggio totale
della direzione generale. Questa stimola l’impresa a ragionare in termini di attrattività e competitività, inducendola a stabilire delle
priorità in materia di distribuzione delle risorse umane e finanziarie e suggerendo strategie di sviluppo differenziate per attività, ma
anche fissare obiettivi che rafforzino la motivazione ed il controllo.
Il principale punto debole dei metodi di analisi di portafoglio è il fatto di fornire un’immagine del presente o addirittura di un passato
recente, dedicando troppa poca attenzione alla valutazione dei cambiamenti futuri e delle strategie per affrontarli. Esiste anche il
rischio di un’applicazione meccanica di questi metodi.

10.2. Le opzioni strategiche di base 10.2.1. Due concezioni di strategia


Il primo passo da compiere nell’elaborare una strategia di sviluppo consiste nel determinare la natura del vantaggio competitivo
difendibile, (ricordando che il vantaggio competitivo può essere definito in base a due dimensioni, una di produttività cioè vantaggio
di costo e l’altra di potere di mercato cioè il vantaggio in termini di prezzo di vendita accettabile) che servirà da punto d’appoggio alle
successive attività strategiche e tattiche. È possibile adottare due visioni della strategia quella dei mercati esistenti e quella dei mercati
futuri o bisogni latenti:
o la prima, elaborata da Porter, consiste nella scelta di un mercato, o di un prodotto-mercato, sul quale l’impresa intende essere
presente e sul quale potrà differenziarsi dai concorrenti diretti, esercitando attività diverse o le stesse attività in modo diverso. In
altre parole, si tratta di ricercare un vantaggio difendibile in un dato prodotto-mercato, il che comporta un’approfondita analisi
della struttura competitiva. Questo tipo di ricerca sistematica di un vantaggio competitivo sostenibile sta alla base di una strategia
di differenziazione.
o La seconda visione della strategia ha un carattere più proattivo e in questo caso l’obiettivo è anticipare i possibili sviluppi di un
mercato grazie alla lungimiranza e conseguentemente sviluppare le previsioni necessarie a forgiare l’evoluzione del settore.
Per mettere in atto una strategia di valore o di rottura è necessario trovare soluzioni a problemi che i consumatori nemmeno sanno di
avere. Scoprire soluzioni innovative significa andare oltre quelle già in uso, mettendo alla prova le modalità tradizionali di
funzionamento del mercato e ridisegnando i confini segnati per creare mercati e settori nuovi.

10.2.2. Le strategie generiche nei mercati esistenti p274


Le strategie generiche variano a seconda del tipo di vantaggio competitivo ricercato, cioè in base al fatto che dipendano dalla
produttività (e quindi da un vantaggio di costo) o da un elemento di differenziazione (e quindi siano basate su un premium price
prezzo). Porter ipotizza che vi siano 4 strategie competitive generiche per superare la concorrenza delle altre aziende in un dato
settore: la differenziazione, il dominio di costo, la concentrazione con differenziazione e la focalizzazione sui costi.
42
Vantaggio competitivo

Unicità percepita dal cliente Vantaggio di costo

Intero settore
Differenziazione Dominio di costo

Obiettivo Strategico
Specialista Conc. Focalizzazione sui
Un segmento specifico differenziazione costi

La strategia di dominio attraverso i costi comporta un’attenzione costante a tutte le tipologie di costo si fonda sulla dimensione
della produttività ed è generalmente legata alla presenza di un effetto d’esperienza: l’esistenza di un vantaggio di costo rappresenta
una difesa efficace contro le 5 forze concorrenziali. La strategia di differenziazione si propone di conferire al prodotto caratteristiche
distintive importanti per il cliente, creando un offerta percepita come unica, cercherà di creare una situazione di concorrenza
monopolistica. Come si è già avuto modo di vedere, la differenziazione può assumere forme diverse (design o immagine di marca,
tecnologia, caratteristiche, servizio post-vendita, distribuzione, etc.). Rispetto ai concorrenti diretti, la differenziazione isola l’azienda
dalla rivalità competitiva, perché accresce la fedeltà alla marca, diminuisce la sensibilità al prezzo e migliora la redditività, rendendo
non indispensabile avere costi ridotti. Il successo della differenziazione permette quindi di realizzare profitti superiori a quelli dei
concorrenti, grazie al prezzo più elevato che il mercato è disposto ad accettare e malgrado i costi, generalmente più alti. Questo tipo di
strategia non sempre è compatibile con l’obiettivo di una quota di mercato elevata, in quanto non sempre la maggioranza dei clienti,
pur riconoscendo la superiorità del prodotto, è disposta a pagare un prezzo elevato per acquistarlo. Le strategie di differenziazione
comportano di norma investimenti consistenti nel marketing operativo, soprattutto in spese pubblicitarie, il cui obiettivo è far conoscere
al mercato le qualità distintive rivendicate dall’impresa. Una terza strategia (concentrazione) di base è quella dello specialista che si
concentra sui bisogni di un segmento, di un gruppo particolare di clienti o di un mercato geograficamente limitato, senza pretendere di
rivolgersi a tutto il mercato. L’obiettivo è quindi quello di scegliere un target ristretto e soddisfare i suoi bisogni specifici meglio dei
concorrenti che si rivolgono alla totalità del mercato.
I rischi delle strategie
La scelta tra 2 o + strategie comporta veri rischi e preoccupazioni:
a. Una strategia di dominio attraverso i costi prevede investimenti sostenuti, elevata competenza tecnica, prodotti standardizzati
e controllo costante dei costi (rischi: cambiamenti tecnologici che annullano il vantaggio di costo oppure incrementi di costo
non pianificati che riduce la capacità dell’azienda)
b. Una strategia di differenziazione richiede solide competenze di Marketing, competenze tecnologiche, capacità di prevedere ed
analizzare il mercato e il fondamentale coordinamento tra R&S, produzione e marketing. (il differenziale di prezzo rispetto ai
concorrenti è troppo alto per mantenere la fedeltà dei clienti, le imitazioni riducono la differenziazione percepita)
c. Una strategia di concentrazione presuppone tutte le caratteristiche precedenti nel segmento strategico di interesse ( i
concorrenti trovano dei sotto segmenti all’interno del target strategico che perde la sua caratteristica di specializzazione, le
differenze tra i prodotti desiderati nei target strategici e nel mercato globale si attenuano.

10.3. Le strategie di crescita p276


Un’impresa può definire un obiettivo di crescita a tre livelli diversi:
o crescita intensiva: nell’ambito del mercato di riferimento in cui opera;
o crescita integrata: nell’ambito della filiera industriale, attraverso un’estensione laterale, a monte o a valle della sua attività di
base;
o crescita per diversificazione: nell’ambito di opportunità esterne al suo campo di attività abituale.
A ciascuno di questi obiettivi di crescita corrisponde un certo numero di strategie possibili.

10.3.1. Le strategie di crescita intensiva


La strategia di crescita intensiva è giustificata per un’impresa che non ha ancora sfruttato completamente le opportunità offerte dai
prodotti di cui dispone nei suoi mercati naturali di riferimento. Ne sono possibili diverse versioni:
1. penetrazione del mercato,
2. sviluppo attraverso i mercati,
3. sviluppo attraverso i prodotti.
1. Una strategia di penetrazione del mercato consiste nel cercare d’incrementare o mantenere le vendite dei prodotti attuali nei
mercati esistenti. Per realizzarla, si possono seguire diverse vie:
o sviluppo della domanda primaria, allo scopo di aumentare la dimensione del mercato totale;
o aumento della quota di mercato, a scapito della concorrenza. Iniziative di questo tipo si osservano principalmente nei mercati
in cui la domanda non è più espandibile;
o acquisizione di mercati, che consiste nell’aumentare la quota di mercato con una strategia di acquisizioni o creando joint-
venture es. acquisizione impresa concorrente;
o difesa di una posizione di mercato mediante il rafforzamento del marketing operativo es. piccoli miglioramenti sui prodotti;
o razionalizzazione del mercato, al fine di ridurre i costi e aumentare l’efficacia del marketing operativo;
o organizzazione del mercato, consistente nell’influenzare il livello di competitività di un settore per cercare di migliorare la
redditività. Una strategia di sviluppo incentrata sui mercati si propone di aumentare le vendite introducendo i prodotti dell’impresa
su mercati nuovi o futuri.
43
Queste ultime 3 strategie hanno carattere difensivo, il loro obiettivo è quello di mantenere un livello costante di penetrazione del
mercato.
2. Le strategie di sviluppo dei mercati: consiste nell’aumentare le vendite introducendo i prodotti attuali dell’impresa su nuovi
mercati. Ci sono quattro approcci diversi per arrivare al medesimo risultato:
o Il primo approccio consiste nel proporre soluzioni a bisogni che i consumatori non hanno ancora percepito o espresso. In questo
caso l’obiettivo è attirare i consumatori con nuovi prodotti e creare mercati nuovi.
o Il secondo approccio prevede che l’impresa si rivolga a nuovi segmenti di clienti (non serviti) nello stesso mercato geografico.
o Il terzo approccio consiste nell’introdurre il prodotto in una rete di distribuzione diversa, complementare a quelle esistenti.
o Il quarto approccio si basa sull’espansione geografica in altre aree e altri Stati.
In genere le strategie di sviluppo incentrate sui mercati si basano essenzialmente sulle conoscenze distributive e sulla capacità di
marketing dell’impresa.
3. A sua volta, una strategia di sviluppo incentrata sui prodotti si propone di aumentare le vendite perfezionando i prodotti o
sviluppandone di nuovi per destinarli ai mercati già serviti dall’impresa. Le possibilità sono molteplici: innovazioni di rottura, aggiunta di
caratteristiche (in modo da ampliare il mercato), estensione della gamma dei prodotti, rinnovo di una linea di prodotti, miglioramento
della qualità, acquisizione di una gamma di prodotti, razionalizzazione di una gamma di prodotti. L’elemento su cui fa leva questa
strategia di crescita è quindi essenzialmente il settore della R&S. Queste strategie sono in genere più costose e rischiose delle
strategie di sviluppo incentrate sui mercati.
Es: Estensione di gamma di prodotti di Mulino Bianco da parte di Barilla

10.3.2. Le strategie di crescita integrata p279


Una strategia di crescita integrata ha una sua ragion d’essere in un’impresa che sia in grado di migliorare la propria redditività
controllando diverse attività d’importanza strategica, situate nella filiera industriale a cui appartiene. Si distinguono strategie
d’integrazione verticale (integrazione a monte e integrazione a valle es. Luxottica) e strategie d’integrazione orizzontale ( es-
Fujitsu Siemens). Una strategia d’integrazione a monte è generalmente alimentata dall’intento di consolidare, o difendere, una fonte
d’approvvigionamento d’importanza strategica. Un altro obiettivo può essere quello di assicurarsi l’accesso a una tecnologia nuova ed
essenziale al successo dell’attività di base. Una strategia d’integrazione a valle, dal canto suo, ha come motivazione di base quella di
garantire all’impresa il controllo degli sbocchi vitali per la sua stessa esistenza. Una strategia d’integrazione orizzontale, per contro,
si colloca in una prospettiva molto diversa. L’obiettivo è quello di rafforzare la posizione concorrenziale, assorbendo o controllando
determinati concorrenti. Una strategia di crescita incentrata sulla diversificazione, a sua volta, appare giustificata quando la filiera
industriale della quale l’impresa fa parte non presenta più alcuna opportunità di crescita o di redditività. Tale situazione si verifica
perché la concorrenza occupa una posizione troppo forte o perché il mercato di riferimento è in declino. Una strategia di
diversificazione comporta l’ingresso su prodotti-mercati nuovi per l’impresa. Come tale, questo tipo di strategia è più rischiosa, perché
implica un salto nel buio più marcato. Si distingue tra diversificazione concentrica (Es. Bic prodotti su tecnologia di iniezione di
plastica usa e getta rasoi penne accendini) e diversificazione pura. In una strategia di diversificazione concentrica, l’impresa esce
dalla sua filiera industriale e commerciale, e cerca di aggiungere attività nuove, complementari a quelle esistenti sul piano tecnologico
e/o commerciale. L’obiettivo è quello di beneficiare degli effetti sinergici dovuti alla complementarietà dell’attività, allargando così il
mercato di riferimento dell’impresa. In una strategia di diversificazione pura, l’impresa entra in attività nuove, che non hanno
collegamenti con le sue attività tradizionali, tanto sul piano tecnologico quanto su quello commerciale. Le strategie di diversificazione
pura sono sicuramente le più complesse e rischiose, poiché conducono l’impresa su terreni completamente nuovi, con notevole
dispendio di risorse umane e finanziarie.

10.3.3.Le logiche alla base di una strategia di diversificazione p282


Calori e Harvatopolulos hanno studiato le logiche di diversificazione osservate nell’industria francese e hanno individuato 2 dimensioni:
1. Legata alla natura dell’obiettivo strategico:
a. Difensiva, sostituzione di una attività che perde terreno
b. Aggressiva, conquista di nuove posizioni
2. Legata ai risultati previsti dalla diversificazione:
a. Alto valore economico, crescita e redditività
b. Forte coerenza o complementarietà con le attività esistenti, sfruttamento delle competenze
L’intersezione di queste due dimensioni delinea 4 logiche di diversificazione:
1. Per espansione, rafforza la sua attività (obiettivo aggressivo) valorizzando le sue competenze (coerenza)
2. Di scambio, tenta di sostituire l’attività in declino, (strategia difensiva) impiegando risorse umane di alto livello (coerenza)
3. Spiegamento, è di tipo aggressivo e mira all’ottenimento di un elevato valore economico
4. Nuovo spiegamento, persegue un obiettivo di tipo difensivo, ma va alla ricerca di nuovi canali di sviluppo
A queste si aggiungono diversificazioni legate a migliorare l’immagine (logica dell’immagine) e quelle ispirate al desiderio di controllare
l’evoluzione di una nuova tecnologia promettente (logica della finestra)
Strategia di diversificazione basata sulle competenze di base ovvero sulle risorse o sulle competenze che l’impresa giudica
fondamentali; tali competenze possono essere utilizzate in diversi ambiti di attività, purché si rispetti l’obiettivo di coerenza. Appr. 10.3

Risultato Atteso
Natura dell’obiettivo
Coerenza Valore economico

Offensivo Espansione (Salomon) Spiegamento (Taittinger)

10.3.4. L’impattoDifensivo
delle innovazioni tecnologiche di (Framatome)
Scambio rottura p283 Nuovo Spiegamento (Lafarge)
Sul fronte tecnologico, in parallelo con la globalizzazione, si osserva una convergenza dei mercati indotta da innovazioni tecnologiche di
rottura, che sconvolgono i tradizionali confini del mercato e cambiano la definizione stessa del settore. Per innovazioni di rottura si
44
intendono quelle che cambiano le regole del gioco competitivo, che sono diverse da quelle adottate dai leader di settore e in conflitto
con esse es: ING Direct innovazione di rottura con i suoi conti solo on-line o il VOIP per la telefonia precursore Skype). La rapida
innovazione tecnologica ha inoltre influenzato fortemente le strategie d’innovazione. Si distingue spesso tra un innovazione voluta dal
mercato (market-pull), che soddisfa bisogni articolati conosciuti, e un’innovazione proveniente dalla tecnologia o dall’impresa
(technology-push o company-push), che deriva dalla ricerca, dalla creatività, dalle opportunità tecnologiche, e che mira a
soddisfare bisogni latenti. Nel primo caso l’obiettivo consiste nel trovare dei desideri e soddisfarli: la domanda primaria è latente e il
compito dell’impresa è svilupparla e stimolarla attraverso il marketing operativo. In questo caso si parla di marketing strategico di
risposta. Nel secondo caso, quando si parla di innovazioni company-push, i prodotti o servizi proposti spesso anticipano i bisogni
espressi dal mercato. Con le innovazioni dette di rottura, i confini del mercato non sono ben definiti, i bisogni non sono articolati, lo
scenario competitivo è confuso e spesso l’innovazione sconvolge le normali pratiche operative. In questa situazione, la domanda
fondamentale è se esista la necessità, nel mercato di riferimento, di un’innovazione spinta dall’impresa. Nei Paesi industrializzati, è in
genere la seconda situazione a prevalere ed a generare la maggioranza delle opportunità di crescita. Il ruolo del marketing operativo in
questo caso è più rischioso, poiché la domanda primaria va creata da zero.

10.4. Scelta delle strategie competitive p284


Si distinguono secondo Kotler 4 diverse tipologie di strategie competitive, in base alla consistenza della quota di mercato detenuta:
o strategia del leader; 1
o strategia dello sfidante; 2
o strategia del follower; 3
o strategia dello specialista 4.

10.4.1. Le strategie del leader di mercato 1


L’impresa leader in un prodotto-mercato è quella che occupa la posizione dominante ed è riconosciuta come tale dai concorrenti. La
strategia che deriva in via più immediata dalla responsabilità di leader consiste nello sviluppo della domanda primaria: sforzarsi di
individuare nuovi utenti del prodotto, di promuovere nuove forme d’impiego dei prodotti esistenti. Questo tipo di strategia si osserva
soprattutto nelle prime fasi del ciclo di vita del prodotto, quando la domanda primaria è espandibile e la tensione competitiva è
conseguentemente bassa. Una seconda strategia tipica dell’impresa che detiene una quota di mercato elevata è di tipo difensivo: il
suo obiettivo è proteggere la quota di mercato, contrastando l’attività dei concorrenti più pericolosi. Spesso questa strategia viene
adottata dall’impresa innovatrice che, una volta aperto il mercato, si vede aggredita dai concorrenti che la imitano. Si possono adottare
diverse strategie di difesa:
o l’innovazione e il vantaggio tecnologico, in modo da scoraggiare la concorrenza;
o il consolidamento del mercato grazie a una distribuzione intensiva e ad una politica di gamma volta a coprire tutti i segmenti;
o il confronto diretto attraverso la guerra dei prezzi o la lotta pubblicitaria.
Es. Coca cola e Pepsi o Hertz e Avis
Una terza possibilità offerta all’impresa dominante risulta dall’ampliamento della propria quota di mercato mediante una
strategia aggressiva. L’obiettivo, in questo caso, è trarre il massimo beneficio dall’effetto di esperienza e migliorare così la
redditività. Questa strategia poggia sull’ipotesi dell’esistenza di una relazione tra la quota di mercato e la redditività. Se da un lato
l’impresa ha interesse ad accrescere la sua quota di mercato, dall’altro, tuttavia, esiste un limite al di là del quale il costo di un ulteriore
aumento della quota di mercato diventa proibitivo, anche a livello generale (interventi della pubblica autorità a tutela della libera
concorrenza). Una quarta strategia che l’impresa leader è talvolta portata a considerare è quella che comporta una riduzione
volontaria della sua quota di mercato, al fine di evitare le accuse di monopolio o quasi monopolio detta di demarketing.

10.4.2. Le strategie dello sfidante p286


L’impresa che non domina un prodotto-mercato può scegliere o di attaccare il leader ed essere il suo sfidante oppure di adottare un
comportamento da follower, allineandosi alle decisioni prese dall’impresa dominante. Lo sfidante adotta dunque strategie aggressive,
con l’obiettivo dichiarato di prendere il posto del leader. I due problemi chiave che lo sfidante deve affrontare sono la scelta del
campo di battaglia sul quale attaccare l’impresa leader e la valutazione della capacità di reazione di quest’ultima. Nella scelta del
campo di battaglia, lo sfidante ha due possibilità:
o l’attacco frontale, che però è molto rischioso e richiede un rapporto di forze nettamente a favore dell’attaccante
o l’attacco laterale, che consiste in genere nel tentativo di colpire il leader là dove è debole o impreparato.
La strategia classica di uno sfidante consiste nell’attaccare l’impresa leader sul piano del prezzo, offrendo lo stesso prodotto, ma a un
prezzo assai inferiore. Il rischio di una strategia imperniata esclusivamente su una guerra di marketing è quello di dedicare tutte le
proprie risorse a sconfiggere la concorrenza, con la possibilità di perdere di vista l’obiettivo di soddisfare i bisogni dei clienti. Occorre
dunque mantenere un giusto equilibrio tra queste due esigenze.

10.4.3. Le strategie del follower p288


Il follower come detto è il concorrente che, disponendo di una quota di mercato ridotta, assume un comportamento adattivo,
allineandosi alle decisioni prese dai concorrenti. Invece che attaccare il leader, queste imprese perseguono un obiettivo di coesistenza
pacifica, adottando un atteggiamento conforme a quello del leader riconosciuto dal mercato. Questo tipo di comportamento si osserva
principalmente nei mercati oligopolistici, in cui le possibilità di differenziazione sono scarse, al punto che nessun concorrente ha
interesse ad avviare una lotta che rischia di danneggiare la totalità delle imprese presenti. La decisione di adottare un comportamento
da follower non dispensa l’impresa dal possedere una strategia competitiva, anzi la rende ancora più importante, a condizione
ovviamente che non provochi rappresaglie da parte del leader del mercato.
Hamermesch: 4 caratteristiche principali attuate dalle imprese con basse quote di mercato, ma con elevate performance:
1. Segmentazione creativa del mercato
2. Efficiente utilizzo dell’attività di R&S
3. Pensare in piccolo
4. L’onnipresenza del dirigente
45
10.4.4. Le strategie delle nicchie di mercato dello specialista p289
Questa è una classica strategia di concentrazione, basata sullo specializzarsi in una nicchia. Una nicchia è redditizia e durevole
quando presenta cinque caratteristiche:
o presenta sufficienti potenzialità di profitto;
o possiede un potenziale di crescita;
o è poco attraente per la concorrenza;
o corrisponde alle competenze distintive dall’impresa;
o dispone di barriere difendibili all’entrata.
Per l’impresa che cerca di specializzarsi, il problema è quello di individuare la caratteristica su cui costruire la sua specializzazione.

10.5. Le strategie di sviluppo internazionale


Il processo di globalizzazione fa si che aumenti costantemente il numero delle imprese che operano all’interno di mercati in cui la
concorrenza è mondiale. Vari possono essere gli obiettivi perseguiti da una strategia di sviluppo a livello internazionale. Un’impresa, per
cominciare, può ambire ad ampliare il proprio mercato potenziale, oppure avere necessità di prolungare il ciclo di vita del prodotto, o di
diversificare il rischio commerciale.
10.5.1 Fasi dell’internalizzazione dei mercati p290
1. Golden Sixties tra 1960 e il 2000
2. In Europa con la creazione del Mercato Comunitario
3. a livello Mondiale con il GATT Accordo internazionale sulle tariffe doganali e sul commercio e la successiva liberalizzazione
I vari stadi di sviluppo internazionale vengono descritti da Keegan:
a. organizzazione domestica
b. organizzazione internazionale
c. organizzazione multi-domestica
d. organizzazione globale o transazionale
10.5.2 Gli obiettivi di sviluppo internazionale
Non solo per le grandi ma anche per le piccole imprese.
Obiettivi: allargare il mercato potenziale, prolungare il ciclo di vita di un prodotto, diversificare il rischio commerciale, obiettivo di
controllare la concorrenza, riduzione dei costi approvvigionandosi in altri paesi.

10.5.3 Le modalità di sviluppo internazionale p292


Il processo di internazionalizzazione di un’impresa non è breve, ma è suddiviso in varie tappe. La prima e più comune tappa consiste
nell’esportazione. La seconda tappa è quella contrattuale, in cui l’impresa va alla ricerca di accordi a lungo termine per stabilizzare i
suoi sbocchi. La terza è lo stadio partecipativo, che sfocia nella creazione di società commerciali e nella produzione in comproprietà. Da
qui si può passare e siamo così alla quarta tappa all’investimento diretto su una filiale controllata. Segue lo stadio della nascita di una
filiale autonoma. L’ultima fase è quella dell’impresa globale, che è quella che gestisce il mercato internazionale come se si trattasse di
un unico e solo mercato.

Riassunto
Le analisi di portafoglio hanno lo scopo di aiutare le imprese multi-prodotto nella loro riflessione strategica valutando ogni attività
attraverso degli indicatori di attrattività e competitività. La Matrice BCG, detta anche crescita-quota di mercato relativa, ha il vantaggio
dell’obiettività e della semplicità, ma le ipotesi implicite sulla quale si fonda sono ristrettive e ne riducono il campo di azione. La griglia
multicriteri ha un’applicazione più generale ed è più flessibile, poiché gli indicatori utilizzati sono propri di ogni impresa. D’altra parte, il
rischio di soggettività è maggiore e la procedura di elaborazione della griglia è + complessa ed esigente in termini di informazione.
Nel definire le proprie scelte strategiche, l’impresa deve definire il tipo di vantaggio competitivo che costituirà la base delle
successive azioni e tattiche strategiche. Esistono 2 visioni della strategia, una più adeguata ai mercati esistenti, l’altra più adatta allo
sviluppo della strategia nei mercati futuri. 3 sono le possibili opzioni strategiche nei mercati esistenti: l’acquisizione di un vantaggio di
costo, la differenziazione e la concentrazione. La scelta di una strategia di base non è neutra, bensì comporta la disponibilità di risorse,
Know-how e rischi specifici. Nel valutare le opportunità di sviluppo, gli obiettivi di crescita possono essere collocati a diversi
livelli: all’interno del mercato di riferimento (crescita intensiva), all’interno della catena industriale (crescita integrativa) o la di fuori del
settore tradizionale di attività (diversificazione). Per ciascuna di queste strategie di sviluppo esistono diversi percorsi, che una
riflessione strategica deve analizzare sistematicamente. Una strategia di sviluppo deve esplicitamente tener conto delle strategie e dei
comportamenti dei concorrenti, e questo in base a una valutazione oggettiva delle forze presenti.
E’ possibile distinguere 4 tipi di strategie competitive: strategie di Leader, di Sfidante, di Follower e dello Specialista.

CAPITOLO 11 Le decisioni di lancio di nuovi prodotti p295


11.1. Il ruolo strategico dell’innovazione
Le decisioni d’innovazione sono complesse e rischiose, ma di vitale importanza per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa. L’Italia
in Europa a 15 Stati si colloca nella media degli stati “non innovativi” dati relativi ai fatturati generati dalle innovazioni.

11.1.1. Componenti di un’innovazione


Un’innovazione può essere scomposta in tre elementi:
1. un bisogno da soddisfare o una funzione da espletare;
2. il concetto di un oggetto o di un entità che soddisfa il bisogno;
3. l’insieme degli input, comprendenti conoscenze esistenti, materiali e tecnologia disponibile, che danno modo al concetto di
diventare operativo. (es. il bisogno di ascoltare musica dal vinile > cassette > Cd > iPod cambiato il concetto e la tecnologia)

46
oppure es. lo skilift di risalita: il bisogno: evitare la lunga e faticosa salita, il concetto: trazione tramite un cavo con seggiolino,
la tecnologia: meccanica
Il grado di rischio associato all’innovazione dipende dunque da due fattori:
o da una parte, il grado di originalità e complessità del concetto, che determinerà la ricettività del mercato e i costi di trasferimento
a carico dell’utente (rischio di mercato);
o dall’altra, il grado di innovazione tecnologica legato al nuovo concetto, che determinerà la fattibilità tecnica dell’innovazione
(rischio tecnologico).
A questi fattori di rischio intrinseco deve essere aggiunto il grado di familiarità dell’impresa con il mercato e la tecnologia in questione
(rischio strategico). Una vera innovazione è rappresentata da un prodotto, un servizio o un concetto che fornisca una soluzione
nuova ai problemi del consumatore, sia migliorando le soluzioni esistenti proposte dai concorrenti sia aggiungendo una funzione nuova
o diversa.

11.1.2. Innovazioni market-pull o technology-push p297


Come già detto occorre distinguere tra innovazioni richieste dal mercato (market-pull), quelle cioè che rispondono direttamente ai
bisogni osservati, e innovazioni spinte dalla tecnologia (technology-push), che sono il risultato dell’impegno del reparto R&S e
soddisfano bisogni latenti. Si tratta di una distinzione importante, poiché tipologie d’innovazione diverse richiedono strategie di
marketing diverse: la prima implica infatti un marketing strategico di risposta (è fattibile?), mentre la seconda implica un
marketing strategico proattivo (c’è un bisogno?). Le innovazioni derivanti dalla tecnologia sono spesso innovazioni di rottura e
soddisfano bisogni non esplicitamente manifestati dai clienti potenziali anticipando quindi la domanda di mercato, creata ad hoc dal
marketing operativo. In ogni caso, è necessario un forte orientamento al mercato visto che si tratta di innovazioni generalmente
rischiose.

11.2. L’organizzazione del processo di sviluppo dei nuovi prodotti


Stando a quanto scritto nel paragrafo precedente, è chiaro che il lancio di una nuova attività è un’operazione ad alto rischio. Tuttavia,
questo rischio può essere notevolmente ridotto dall’impresa mediante la creazione di una procedura sistematica di valutazione e
sviluppo dei nuovi prodotti. In un’impresa orientata al mercato, il lancio di un prodotto rappresenta la situazione tipo in cui il
coordinamento interfunzionale assume la massima importanza, perché non coinvolge solo la funzione marketing, ma tutta
l’organizzazione. Occorre dunque prevedere la creazione di una struttura organizzativa ad hoc.

11.2.1. Le strutture organizzative interfunzionali p298


La formula organizzativa più semplice è quella dell’istituzione di un comitato “nuovi prodotti” incaricato di sviluppare un
progetto specifico, dalla nascita dell’idea fino alla fase di lancio. L’obiettivo è quello di istituzionalizzare nell’impresa l’attenzione verso i
nuovi prodotti, nel modo il più flessibile possibile, onde favorire al massimo un approccio imprenditoriale ai problemi. I possibili processi
di sviluppo di un nuovo progetto o prodotto adottati dalle imprese innovative sono due: il processo di sviluppo sequenziale e il
processo di sviluppo parallelo.

11.2.2. Il processo di sviluppo sequenziale – 11.2.3 la velocità come strategia


Esso consiste in una serie di stadi che compongono il progetto, il quale passa da uno stadio all’altro, dall‘elaborazione concettuale fino
alla produzione. Si tratta tuttavia di un processo lento. In effetti, alla base del processo di sviluppo sequenziale si pone una filosofia
della lentezza per evitare errori e fallimenti nell’introduzione di nuovi prodotti e posporre qualsiasi investimento di una certa entità fino
a quando il concetto di prodotto in esame non sia dimostrato vincente, tale situazione non è utile per ottenere un vantaggio
competitivo, mentre la velocità, per contro, lo è e Schnaarrs menziona 9 motivi per ritenere la velocità una fonte di vantaggio
competitivo. Invece il processo di sviluppo parallelo tenta di trarre il meglio dai due universi descritti combinando analisi sistematica e
velocità
Analizzare la fig. 11.1 p299
11.2.4. Il processo di sviluppo parallelo
Questo processo si propone di ovviare agli inconvenienti testé citati puntando sulle interazioni spontanee tra i vari componenti del team
di sviluppo. Mentre i progettisti sono ancora all’opera, gli ingegneri di produzione possono verificare se il progetto è compatibile o
meno con le economie di scala di produzione e i commerciali possono lavorare al posizionamento desiderato da comunicare al mercato.
In effetti, si tratta di un processo più interfunzionale, più rapido e maggiormente controllato.
Analizzare la fig. 11.2 p301

11.3. La generazione di idee di nuovi prodotti p301


Il processo di sviluppo delle innovazioni inizia dalla generazione delle idee di nuovi prodotti che siano coerenti con la strategia di
sviluppo. Il tasso di mortalità di queste idee è molto alto. Per creatività si intende l’esercizio intellettuale che consiste nel collegare delle
informazioni in maniera imprevedibile al fine di produrre nuove combinazioni. I metodi in grado di generare idee di nuovi prodotti
possono essere raggruppati in due ampie categorie:
a) i metodi di analisi funzionale, che studiano i prodotti al fine di individuarne i possibili miglioramenti;
b) i metodi che si rivolgono direttamente ai clienti, per scoprire bisogni insoddisfatti o mal soddisfatti dai prodotti esistenti.

11.3.1. I metodi di analisi funzionale p302


Questi metodi sono utili in quanto danno agli stessi utilizzatori di un prodotto la possibilità di suggerire come cambiarlo e migliorarlo.

11.3.2. Gruppi di creatività e brainstorming


I metodi che tendono a stimolare la creatività rientrano in due categorie principali: metodi strutturati e non strutturati. I primi si
basano essenzialmente su immaginazione e intuizione, e sono in genere adottati sotto forma di gruppi di creatività (come quelli di
brainstorming, seduta dedicata alla produzione di idee) o ricorrendo al metodo della sinettica che affronta il problema in modo indiretto

47
cioè per essere creativi a volte bisogna allontanarsi dal problema e compiere una “deviazione creativa” prima di tornarvi da un’altra
prospettiva..

11.3.3. La generazione di idee di nuovi prodotti da parte dei clienti p303


I metodi di ricerca di idee in precedenza descritti vedono come parte attiva il produttore, ma nei mercati industriali sono spesso i clienti
a sviluppare la genesi di nuove idee (quando questi sono consapevoli del problema e che è necessario un nuovo prodotto). Tab. 11.3

11.4. La selezione delle idee di nuovi prodotti


L’obiettivo di questa seconda fase del processo di sviluppo consiste nel valutare le idee generate per eliminare quelle incompatibili con
le risorse o con gli obiettivi dell’impresa, o semplicemente non interessanti. Il metodo più comunemente usato è quello della griglia di
valutazione, che prende in considerazione tutti i più importanti fattori di valutazione, senza privilegiarne alcuno, il tutto nel rispetto
degli obiettivi e vincoli propri dell’impresa. Verificare tabella 11.4 p306 griglia di valutazione di nuovi prodotti

11.5.1 Lo sviluppo del concetto del nuovo prodotto – definizione del concetto di prodotto p304
Il concetto di prodotto può essere definito come una descrizione scritta delle caratteristiche fisiche e percettive del prodotto stesso e
del paniere di attributi (la promessa) che rappresenta per un gruppo target di consumatori potenziali. Dal punto di vista
dell’impresa, la definizione del concetto descrive il posizionamento ricercato per il nuovo prodotto e precisa i mezzi da impiegare per
raggiungere il posizionamento atteso. Dal punto di vista del cliente, invece, la descrizione dei vantaggi offerti all’utente rappresenta
l’insieme delle specifiche tecniche per l’elaborazione delle medesime da parte dell’agenzia pubblicitaria incaricata di comunicare al
mercato l’identità e le caratteristiche distintive del nuovo prodotto. Il concetto di prodotto definisce quindi il prodotto-mercato di
riferimento o il segmento all’interno del quale posizionare il futuro prodotto.

11.5.2 Lo sviluppo di un concetto di prodotto “verde”


Il fattore legato al rispetto dell’ambiente rappresenta oggi un elemento indispensabile al successo e l’impresa deve valutare le
implicazioni di un nuovo prodotto in questo senso in ciascuna fase del ciclo di vita “dalla culla alla tomba”, quindi sviluppare prodotti
conformi alle norme ambientali e che rispondano alle aspettative dei consumatori. Nell’adozione del concetto di “prodotto verde” è
necessario agire con prudenza, assicurarsi la legittimità del posizionamento rivendicato ed essere in grado di provarlo scientificamente,
facendo riferimento al ciclo di vita completo del prodotto.

11.5.3. Il test del concetto del nuovo prodotto p307


È il primo investimento oltre al tempo di gestione che l’impresa compie nel processo di sviluppo. Esso consiste nel sottoporre la
descrizione del concetto del nuovo prodotto ad un gruppo di utenti target per misurarne il grado di accettazione. La descrizione del
concetto di prodotto può essere in forma neutra o in forma di annuncio pubblicitario fittizio, presentando il prodotto come se già
esistesse.
11.5.4 Il Valore predittivo delle intenzioni d’acquisto
I risultati di un test di concetto devono tuttavia essere interpretati con cautela, soprattutto quando l’idea è molto nuova. Si chiede ai
consumatori di esprimere il loro interesse per un prodotto che non hanno mai visto né usato. Le valutazioni basate sulle intenzioni
d’acquisto, ad esempio, devono essere interpretate con cautela, perché spesso la curiosità per qualcosa di nuovo tende a prevalere sul
reale tasso di accettazione. Più significativa, per contro, è la valutazione d’acquisto sostenuta dalla tesi che il nuovo prodotto risponda
ad un’esigenza insoddisfatta o risolva un problema.
11.5.5 Il ricorso all’analisi congiunta: p309
Si possono tuttavia adottare anche approcci più elaborati al test di concetto, tra cui l’analisi congiunta, che consiste nello studiare
l’influenza delle caratteristiche fisiche e percettive di un concetto di prodotto nuovo sulle preferenze dei consumatori. Si ottiene così un
informazione che un test tradizionale sul concetto di prodotto non fornisce. I dati raccolti sono semplici classifiche di preferenza delle
varie combinazioni di concetti, ciascuno dei quali formato da un diverso assortimento di caratteristiche.
Tale analisi permette di identificare il miglio concetto ossia le migliore combinazione tra quelle possibili e permette di costruire dei
segmenti basati sulle somiglianze delle reazioni degli intervistati ai concetti testati.
11.5.6 Esempi di test di concetto
Esempio lacca spray Fig. 11.3

11.6. Analisi di business e programmazione di marketing p310


Una volta sviluppato e accettato il concetto di prodotto da parte della direzione generale, è al marketing che spetta quantificare le
opportunità di mercato e lo sviluppo di programmi di marketing. Il primo problema che si pone, e che condizionerà tutto il seguito
dell’analisi, è quello di stimare il volume di vendite (11.6.1) che potrà essere realizzato nei primi tre anni dal lancio tenendo
presente la dimensione del mercato potenziale nel mercato target. Questa problematica può essere affrontata ricorrendo a metodi
soggettivi (frutto dell’esperienza e della capacità di giudizio), studi di fattibilità (frutto della raccolta di informazioni, interpellando
clienti, fornitori, distributori ecc.) e metodi basati su test o mercati di prova. Naturalmente un metodo non esclude l’altro.
11.6.2 I modelli tipici di vendite p311
L’evoluzione nel tempo della domanda di un prodotto nuovo sarà diversa a seconda che si tratti di beni strumentali che si acquistano
una volta sola, di un bene durevole o di prodotti soggetti ad acquisto ripetuto.
1. Per un bene strumentale acquistato una volta, inizialmente la curva delle vendite previste registra un aumento costante, poi
raggiunge il massimo e infine decresce progressivamente, finché non vengono a mancare i clienti potenziali.
2. La domanda di un bene durevole si suddivide in:
o domanda di primo acquisto dipende dal tempo ed è determinata da variabili legate al reddito;
o domanda di sostituzione. è invece determinata dall’obsolescenza (in senso tecnico, economico o di stile) del prodotto.
3. Infine, la domanda di prodotti ad acquisto ripetuto si può scomporre in due elementi: acquisto e riacquisto; di questi, il più
importante è il riacquisto, che rivela il tasso di soddisfazione dei clienti.

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11.6.3 Metodi di proiezione dei dati dei panel
Nel caso dei prodotti soggetti ad acquisto ripetuto si può applicare il teorema di Parfitt e Collins per scomporre la quota di mercato e
formulare una previsione sulla quota tendenziale di nuovo prodotto.

11.7. Il processo di adozione da parte del cliente p313


La progettazione del piano di lancio di un nuovo prodotto, per essere efficace, deve basarsi su una buona conoscenza del processo di
adozione dell’innovazione seguito dal gruppo target di consumatori. In generale, il processo di adozione si compone di sei fasi:
conoscenza, comprensione, atteggiamento, convinzione, prova e adozione. Nell’elaborazione del piano di lancio è dunque importante
selezionare le attività di marketing in funzione di queste fasi e seguire l’evoluzione del target lungo l’intero processo di adozione.
11.7.1 Durata del processo di diffusione
Il ritmo di diffusione dipenderà dalla natura dell’innovazione. Tale ritmo è influenzato da cinque fattori.
o Il primo fattore è costituito dal vantaggio relativo, cioè della misura in cui l’innovazione è considerata superiore alle
alternative esistenti.
o Il secondo fattore è costituito dalla complessità, intesa come grado di difficoltà associato all’idea o al prodotto nuovo.
o Il terzo fattore è la compatibilità, vale a dire il grado d’inserimento dell’innovazione nelle abitudini dei potenziali consumatori.
Se il prodotto è compatibile con le abitudini esistenti, potrà essere adottato in tempi molto rapidi; in caso contrario, ci sarà un
rallentamento nella diffusione del prodotto.
o Il quarto fattore è costituito dalla comunicabilità, intesa come la facilità con cui si riesce a trasmettere al potenziale
utilizzatore l’essenza dell’innovazione. Le innovazioni visibili sono quelle più facili da comunicare, mentre le innovazioni che
comportano vantaggi a lungo termine sono molto più difficili da promuovere e si diffondono più lentamente.
o Il quinto fattore è costituito dalla verificabilità, che si riferisce alla capacità dell’innovazione di essere provata su scala ridotta
prima dell’acquisto.
Un fattore di disturbo, infine, è rappresentato dall’incertezza: quella sulla reale consistenza dei vantaggi annunciati dall’innovatore,
specie se sono a lungo termine; quella sui costi di adozione legati all’introduzione dell’innovazione, che di fatto è una forma di
resistenza al cambiamento; quella sulle evoluzioni tecnologiche future e sulla durata del ciclo di vita dell’innovazione.

11.7.2 categorie di clienti che adottano un’innovazione p314


Rogers classifica coloro che adottano un’innovazione in 5 categorie in base al tempo necessario per all’adozione:
1. Innovatori: i primissimi ad acquistare l’innovazione
2. Adottatori precoci: adottano rapidamente le nuove idee ma con prudenza, si tratta di un gruppo ampio
3. Maggioranza precoce: adottano idee prima della persona media
4. Maggioranza tardiva: scettici, adottano l’innovazione dopo che la maggioranza l’ha testata
5. Ritardatari: consumatori legati alle tradizioni, sospettosi e resistenti al cambiamento

Maggioranza Maggioranza
precoce 34% tardiva 34%

Adattatori Ritardatari
precoci 13.5 16%
Innovatori
2.5%

Azione del prodotto nel tempo

11.8. Il prezzo dei nuovi prodotti – la strategia del prezzo di scrematura – la strategia del prezzo di penetrazione
Tanto più un prodotto è originale e innovativo, quanto più è sensibile al prezzo. Il prezzo di lancio è allora fondamentale e condiziona il
successo commerciale e finanziario dell’operazione. Dopo aver proceduto all’analisi dei costi, della domanda e della concorrenza,
l’impresa deve scegliere fra due strategie nettamente contrapposte:
un prezzo iniziale elevato, che scremi l’estremità superiore del mercato;
un prezzo iniziale ridotto, che consenta una penetrazione rapida e vigorosa del mercato.
La strategia del prezzo di scrematura consiste nel vendere il nuovo prodotto a un prezzo elevato, rivolgendosi volutamente
all’estremità superiore della curva di domanda, in modo da garantirsi rapidamente, dopo il lancio, rientri finanziari consistenti.
Un prezzo di lancio elevato consente di scremare i clienti poco sensibili al prezzo, mentre successive riduzioni consentono di
raggiungere segmenti in cui la domanda è più elastica. Per risultare efficace, l’introduzione di un nuovo prodotto richiede grandi
investimenti pubblicitari e promozionali: quando l’impresa non dispone della liquidità necessaria, applicare prezzi elevati costituisce una
forma di finanziamento che permette di generare le risorse necessarie alla strategia di lancio.
La strategia del prezzo di penetrazione consiste invece nel praticare prezzi bassi per occupare fin dall’inizio una quota di mercato
rilevante. Tale strategia presuppone di adottare un sistema di distribuzione intensivo, di sviluppare la ricettività del mercato
attraverso azioni pubblicitarie consistenti e, soprattutto, di predisporre un’adeguata capacità produttiva fin dal lancio del prodotto.
L’ottica, in questo caso, è più commerciale che finanziaria. Vi sono, peraltro, alcune condizioni generali da soddisfare: in primo luogo,
la domanda deve essere elastica al prezzo in tutta la curva della domanda. In questo caso non esiste un segmento da privilegiare e la
sola strategia da adottare consiste nel rivolgersi alla totalità del mercato con un prezzo sufficientemente basso da adattarsi al maggior
numero di clienti. La strategia del prezzo di penetrazione è più rischiosa della strategia di scrematura. Se l’impresa prevede che occorra
un lungo periodo di tempo per rendere redditizio il prodotto, è possibile che nel frattempo entrino nel mercato nuovi concorrenti, in
grado di conseguire, grazie a nuove tecniche di produzione, un vantaggio competitivo di costo sull’impresa innovatrice.
49
11.9. La valutazione del rischio finanziario p316
Il lancio di un nuovo prodotto è un processo di decisione strategica che chiama in causa tutte le funzioni dell’impresa, non solo quella
di marketing. Il suo successo dipende essenzialmente dalla sincronizzazione e dal coordinamento tra le attività dei diversi reparti
coinvolti, nonché dal tempo. Per garantire un buon coordinamento è necessario disporre di uno strumento di analisi che permetta di
seguire costantemente la realizzazione delle diverse fasi del progetto e di misurare la sua conformità agli obiettivi di redditività e tempo
stabiliti. Ogni volta che si lancia un prodotto, è importante stabilire il più precisamente possibile quando sarà eliminato il rischio. Come
si può vedere nella Figura 11.6 (p. 316), esistono tre livelli di rischio:
o il primo livello è il punto di pareggio semplice, cioè il momento in cui la nuova attività esce dalla fase di perdita ed entra in
quella di guadagno.
o Il secondo livello è il punto di equilibrio globale, cioè il momento in cui le entrate globali attualizzate coprono le spese globali
attualizzate: l’impresa ha recuperato il suo investimento.
o Il terzo livello, infine, è il punto di acquisizione del capitale produttivo, cioè il momento in cui la nuova attività genera un surplus
finanziario.
Per scegliere uno dei diversi progetti di nuovi prodotti si utilizza l’indice del periodo di recupero dell’investimento (payback, espresso in
anni), che permette di capire quando recupererò il denaro investito

Importo
Payback= costi di sviluppo e commerciali
Zona di guadagno (Vendite annue) (margini di profitto in
termini percentuali)
Punto di
pareggio
R&S Tempo
Punto di
Zona di perdita
lancio
Punto di Punto di
Equilibrio Acquisizione

Riassunto: p318
Il processo di sviluppo di un prodotto può essere suddiviso in 3 fasi:
1. L’idea (generazione e selezione)
2. Del concetto (sviluppo, test ed analisi economica)
3. La fase del Lancio
Nelle imprese orientate al mercato questo processo avviene in modo parallelo e non sequenziale, onde favorire un migliore
coordinamento interfunzionale. La fase di sviluppo del concetto è fondamentale ed è anche il momento in cui l’orientamento di mercato
assume tutta la sua importanza, soprattutto nella prospettiva di sviluppo di concetto di “prodotto verde”.
Nell’analisi di Business, la fattibilità economica di un nuovo prodotto va valutata in prospettiva dinamica, dopo aver analizzato i
programmi di marketing alternativi e il grado di rischio del progetto. L’azienda orientata al mercato cerca di mantenere un portafoglio
bilanciato di progetti, utile per identificare le priorità.

CAPITOLO 12 La gestione della marca p327


12.1. Il ruolo strategico della marca
Le marche sono da tempo considerate una risorsa strategica chiave nel mercato dei beni di largo consumo.
12.1.1 Che cos’è la Marca? P328
In base alle definizioni ufficiali, la marca è un nome, un termine, un simbolo, un design, o una combinazione di questi elementi, che
ha l’obiettivo di identificare beni e servizi di un venditore o gruppo di venditori, differenziandoli da quelli dei concorrenti. Un prodotto di
marca è formato da un insieme di attributi tangibili e intangibili, da un servizio di base e dai servizi supplementari, oltre a un insieme di
associazioni mentali. Con quest’ultimo termine si intendono gli attributi intangibili legati alla personalità, ai valori simbolici o emozionali,
tutte caratteristiche registrate dalla mente del consumatore e che formano quella che viene definita identità di marca. Le marche
sono ormai ovunque ed esistono perché generano una fiducia basata sulla stretta relazione sviluppata nel corso degli anni con i
consumatori.
12.1.2 l’importanza delle marche
Rapidamente dalla fine degli anni 80 si è diffusa l’idea che la marca potesse dare un vantaggio competitivo per l’impresa che la
possedeva, fonte di redditività e redditi costanti grazie all’alto grado di fedeltà dei clienti e una forte barriera all’ingresso di concorrenti
sul mercato. Per i mercati finanziari la fedeltà è la migliore garanzia per aumentare i dividendi degli azionisti; Ciò spiega l’ondata di
fusioni e acquisizioni.

12.2. Il prodotto di marca come paniere di attributi p329


Una marca è percepita dal cliente potenziale come un paniere di attributi e di associazioni mentali che, insieme, formano gli
elementi distintivi dell’identità di marca. I diversi elementi costitutivi del modello concettuale di una marca sono ripresi nella Tabella
12.1 p. 329.

12.2.1 Le caratteristiche oggettive sono quelle caratteristiche, molto spesso tecniche, che producono gli attributi o vantaggi
perseguiti e che costituiscono la scheda tecnica di una marca. Di solito intervengono diverse caratteristiche oggettive nella
determinazione del vantaggio ricercato.

50
12.2.2 La nozione di attributo Per attributo si intende invece il vantaggio o beneficio ricercato dal cliente e utilizzato come
criterio di selezione. In genere i clienti prendono in considerazione molteplici attributi per valutare una marca: attributi funzionali
e tangibili (potenza, comfort, etc.) o anche attributi intangibili (fiducia, affidabilità, etc.). Ogni marca costituisce un paniere
specifico di attributi, dato che essi sono presenti a livelli diversi in ciascun paniere. Gli attributi possono essere classificati in base
all’impatto che hanno sulla soddisfazione del consumatore. Utilizzando il diagramma di Kano, riportato nella Figura 12.1(p.
330), è possibile distinguere 3 tipologie di attributi: gli attributi di base, quelli di performance e quelli eccitanti/delizianti.
1. GLI ATTRIBUTI DI BASE sono i fattori irrinunciabili che un prodotto deve avere per essere accettato dai consumatori. Se ci sono,
vengono a malapena notati, ma, se mancano, possono causare problemi. (es. televisore in albergo) c’è comunque la saturazione che
porta quasi ad disagio (es. + di un posacenere in auto).
2. Se invece si aumentano gli ATTRIBUTI DI PERFORMANCE, la soddisfazione del consumatore aumenta sempre. Questi attributi
offrono grandi opportunità di differenziare il livello di valore. In genere il consumatore va alla ricerca di chi offre più attributi di
performance, non vi è saturazione (es. diminuzione del consumo di carburante).
3. Infine, gli ATTRIBUTI ECCITANTI E DELIZIANTI sono benefici inaspettati e molto apprezzati: se non ci sono, non aumentano
l’insoddisfazione; se ci sono favoriscono l’aumento della soddisfazione. Se questi attributi eccitanti sono tangibili, tendono ad avere vita
breve, poiché la concorrenza li adotta in fretta. Se si tratta invece di associazioni mentali generate dal prestigio di marca o dal suo
posizionamento, essi entrano a far parte dell’identità di marca e diventano assai importanti nei mercati B2C.
Verificare la figura 12.3 il diagramma di Kano

12.2.3 L’importanza degli attributi


Non tutti gli attributi assumono la stessa importanza agli occhi del cliente. Al tempo stesso, un attributo può essere ritenuto
fondamentale da un potenziale cliente, ma la sua presenza in una determinata marca può anche non essere ben percepita.

12.2.4 Performance il grado di presenza percepito


Un attributo può essere ritenuto fondamentale da un potenziale cliente, ma la sua presenza in una determinata marca può anche non
essere ben percepita. Le valutazioni relative all’importanza devono quindi essere completate da valutazioni relative al grado di
presenza percepito degli attributi. Le persone hanno in genere idee preconcette sugli attributi di performance nelle marche. Tali idee
possono anche non corrispondere alla realtà della marca, ma rappresentano le componenti dell’immagine di marca e quindi sono una
realtà per l’impresa.
12.2.5 Il valore di uno specifico attributo dipende dall’unione di due fattori: il punteggio d’importanza e il suo grado di
presenza percepito. Tale valore è detto utilità parziale dell’attributo ed è rappresentato dai valori soggettivi associati a ciascuno
dei livelli degli attributi. L’utilità totale di una marca, per un determinato cliente, è quindi considerata uguale alla somma, o al prodotto,
delle utilità parziali. L’utilità totale rivela l’atteggiamento di un determinato individuo nei confronti della marca ed è quindi un buon
indicatore previsionale delle probabilità d acquisto. Queste informazioni hanno una notevole importanza nell’elaborare una strategia di
marca.

12.3. Le funzioni della marca p332


La marca svolge un ruolo essenziale nelle economie di mercato, non solo per il consumatore ma anche per il produttore.

12.3.1. Le funzioni della marca per il cliente nei mercati B2C


Si possono identificare 5 funzioni di utilità diretta per il cliente e 4 funzioni di importanza strategica per il produttore
a) funzione di orientamento delle scelte del cliente; la marca è percepita dal potenziale acquirente come un messaggio che
annuncia l’esistenza di uno specifico assortimento di attributi, tangibili e intangibili; il cliente utilizza queste informazioni per orientare le
proprie scelte in funzione delle necessità o delle situazioni di consumo.
b) funzione di praticità, La marca per il cliente è un mezzo comodo e pratico per associare un nome a un determinato assortimento
di attributi. Facilmente memorizzabile e riconoscibile, la marca permette al cliente di adottare un comportamento di acquisto
abitudinario e di ridurre così il tempo dedicato all’attività d acquisto;
c) funzione di garanzia, la marca è una firma che identifica e responsabilizza il produttore in modo durevole, rappresenta un patto
stretto tra il suo proprietario e il consumatore: più una marca è conosciuta, più tale patto è vincolante, dato che il produttore non può
permettersi di deludere il suo mercato e di perdere il capitale di notorietà accumulato dalla sua marca;
d) funzione di personalizzazione, le marche consentono ai clienti di esprimere le loro diversità, di far conoscere la loro personalità
tramite le scelte effettuate. Vista in tale prospettiva, la marca è un mezzo di comunicazione sociale che permette ai clienti,
privilegiando determinati attributi nelle loro scelte, di far sapere chi sono e qual è il loro sistema di valori;
e) funzione ludica, nelle società opulente, dove i bisogni di base dei consumatori sono ben soddisfatti, il bisogno di novità, sorpresa
e di stimolo diventa una necessità vitale.

12.3.2. Le funzioni della marca per il produttore nei mercati B2C p333
A queste 5 funzioni utili per il cliente, si aggiungono altre funzioni della marca che permettono all’impresa di difendersi sul piano
concorrenziale a lungo termine:
a) Funzione di posizionamento, (simile all’orientamento) la marca dà all’impresa la possibilità di posizionarsi rispetto ai concorrenti
e di far conoscere al mercato le qualità distintive che essa rivendica per il suo prodotto;
b) Funzione di comunicazione, la marca è di rilevanza strategica per i produttori, giacché consente all’impresa di comunicare
direttamente con i consumatori finali;
c) Funzione di protezione, i diritti di proprietà (marchi registrati, brevetti e copyright) proteggono l’impresa contro eventuali
imitazioni e contraffazioni, il che consente all’impresa stessa di tutelarne la proprietà industriale;
d) Funzione di capitalizzazione, sulla marca, e in particolare sull’immagine di marca, si sedimenta tutta la storia dell’impresa.
Normale dunque che essa rappresenti, per il fabbricante, un capitale intangibile, frutto di svariati anni di investimenti.
e) Funzione di fedeltà, l’esistenza della marca permette di creare una relazione con i clienti, che vorranno riacquistarla. Per potersi
sviluppare a lungo termine, è essenziale che l’azienda abbia un gruppo di consumatori fedeli.
51
f) Funzione di barriera all’entrata, l’insieme delle funzioni elencate trasforma le marche in barriere all’ingresso di nuovi concorrenti
sul mercato.

12.3.3. Le funzioni della marca nei mercati B2B p334


Nel loro insieme, le funzioni della marca per l’impresa del settore B2B sono simili a quelle descritte per le marche dei prodotti di largo
consumo B2C, ad eccezione della funzione ludica. Esistono tuttavia altre differenze, dovute in particolare a 2 caratteristiche proprie
dei mercati industriali: l’acquistabilità e la visibilità. La marca industriale, che si rivolge agli interlocutori professionisti delle aziende
clienti, non è necessariamente visibile né talvolta acquistabile dal cliente finale. Più specificatamente, l’acquistabilità può essere
definita come la possibilità, per il grande pubblico, di acquistare o meno il prodotto industriale, considerandolo questo bene
isolatamente e non associato al prodotto finale (es. acquisto cuscino airbag). La visibilità globale della marca, invece, può essere
definita come la possibilità, per il grande pubblico, di conoscere la marca di un bene industriale, sia attraverso la visione diretta
della marca stessa sia attraverso un’azione di comunicazione (Brembo – Ferrari).
La funzione di rintracciabilità indica la possibilità di seguire le tracce del prodotto incorporato e identificare parti e componenti del
prodotto finale. La rintracciabilità è dunque una risposta della marca, da parte del fornitore, all’aspettativa di rassicurazione del cliente
industriale per se stesso e per i suoi clienti.
La funzione di facilitazione, (aspettative positive dei clienti industriali) dal canto suo, si articola in quattro categorie diverse:
o la prima riguarda la capacità della marca di migliorare il processo di produzione dell’impresa cliente tramite una
manutenzione di livello superiore o una migliore gestione della qualità;
o la seconda riguarda le performance di innovazioni, cioè la capacità della marca di un fornitore di migliorare la concezione del
prodotto finale dell’impresa cliente;
o la terza fa riferimento alla capacità della marca del fornitore di fornire una motivazione commerciale o un profilo distintivo
grazie alla sua fama;
o la quarta riguarda la capacità di aumentare il grado di accettazione dei cambiamenti concernenti processi o nuovi
materiali.

I timori nei confronti delle marche forti dei fornitori cioè i rischi percepiti associati all’adozione delle marche dei fornitori leader:
prezzo eccessivo, dipendenza del fornitore, influenza eccessiva ecc.
La sfida delle marche invisibili dei fornitori: Le funzioni specifiche della marca del fornitore descritte vengono principalmente
esercitate nei confronti di interlocutori professionali delle imprese clienti (cliente diretto) e non il grande pubblico (cliente finale).
Poiché tante marche non sono acquistabili, né visibili ai privati rimangono spesso sconosciute al grande pubblico, da qualche anno
invece le imprese industriali fanno ricorso a strategie di comunicazione per differenziare i propri prodotti e dotarli di un valore aggiunto
es. Bosch, Valeo, Grohe e Tetra Pak

12.4. Concetti chiave nella gestione della marca p336


Il concetto di marca non riguarda solo l’immagine e la comunicazione, ma anche prodotti e servizi di qualità superiore, che fanno di
tutto per rimanere al top. Una marca ben gestita può durare per sempre.

12.4.1. Il posizionamento della marca


L’azienda decide il posizionamento futuro della marca fin dalle prime fasi di elaborazione. La decisione viene presa dopo aver
attentamente analizzato il mercato, i consumatori e i concorrenti.

12.4.2. L’identità di marca p337


Il concetto di identità di marca si avvicina a quello di posizionamento ma è più completo, perché comunica altri elementi propri della
marca e strategicamente importanti per il suo sviluppo. Kapferer ha elaborato il prisma dell’identità di marca (Figura 12.2. p. 337), che
definisce l’identità di marca attraverso le sei facce di questa figura: (tra parentesi es. Porsche)
o Aspetto fisico: gli attributi tangibili della marca; (performance)
o Personalità; descritta e misurata usando i tratti tipici dei caratteri umani; (perfezionista)
o Cultura: l’insieme dei valori su cui la marca è costruita; (tecnologia tedesca)
o Relazione: lo stile della relazione tra la marca e i consumatori; (orientata all’individuo + che alla famiglia)
o Riflessione-immagine dell’acquirente: il modo con cui i consumatori che utilizzano la marca desiderano essere visti; (l’auto
dei vincenti)
o Immagine di sé: l’immagine che le persone hanno di sé quando utilizzano la marca. (superare se stessi)
Il concetto dell’identità di una marca viene utilizzato nell’elaborazione dei messaggi pubblicitari.
Verificare il prisma dell’identità della marca fig. 12.2 p337

12.4.3. L’immagine di marca p338


Il posizionamento e l’identità di marca sono concetti del produttore, sono stati creati dai venditori e non devono essere confusi
con l’immagine (consumatori) di marca, che è la percezione dell’identità di marca nella mente dei consumatori. L’identità di marca e
l’immagine di marca possono essere molto diverse. Conoscere a fondo l’immagine di marca, i suoi punti di forza e di debolezza così
come vengono percepiti dal mercato, è una premessa indispensabile per qualsiasi strategia di posizionamento e comunicazione. A tale
proposito, è utile stabilire una distinzione tra i tre livelli di analisi dell’immagine di marca.
o Il primo livello corrisponde all’immagine percepita, cioè al modo in cui il segmento di riferimento vede e percepisce la marca. Si
tratta di una prospettiva dall’esterno verso l’interno. (identificata dal mercato)
o Il secondo livello è una prospettiva del tutto interna e fa riferimento all’immagine reale, cioè all’immagine della marca, con i
suoi punti di forza e di debolezza. (identificata dall’impresa)
o Il terzo livello, infine, riguarda l’immagine desiderata della marca. Tale immagine deriva da una decisione di posizionamento o
da una scelta di identità.

52
12.4.4. Il concetto di brand equity p339
Il concetto in questione esprime la forza di una marca, che può essere molto diversa a seconda della marca considerata e che è
legata alla sua notorietà, alla qualità percepita, alla posizione, al valore di Borsa. Il concetto è stato creato perché i dati tradizionali
(quota di mercato o volume di vendita) non erano sufficienti a descrivere il valore di una marca e non prendevano in considerazione le
associazioni presenti nella mente del consumatore. Il concetto è bipolare: da un lato è una definizione economica utile a valutare il
valore finanziario della marca (brand equity finanziaria); dall’altro esso riguarda il valore della marca dal punto di vista dei
consumatori (brand equity del consumatore) ed è composto dall’insieme delle associazioni che vengono fatte dai consumatori, le
quali generano la forza della marca.
Sequenza Brand Equity

Attributi della marca Punti di forza della Valore della marca


marca

12.5. e 12.6 esclusi


Riassunto p352
Una marca è percepita dal cliente potenziale come un paniere di attributi e di associazioni mentali, che formeranno gli elementi
distintivi dell’identità di Marca. La composizione del paniere, importanza relativa e la presenza percepita degli attributi contribuisce a
influenzare la decisione di acquisto del potenziale cliente. Oggi le marche sono presenti in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Esistono
perché generano fiducia, basata sulla stretta relazione che le marche hanno costruito nel tempo con i consumatori. La marca gioca un
ruolo importante nell’economia di mercato, non solo per il cliente ma anche per il produttore; Le sue funzioni nei mercati B2B e B2C
sono state esaminate in questo capitolo. Dopo aver deciso quali/e segmenti/o target rivolgersi in via prioritaria, l’impresa deve decidere
come posizionare la propria offerta (marca); il posizionamento deve essere coerente con le aspettative dei clienti potenziali e diverso
da quello dei concorrenti, giacché fornisce una ragion d’essere al prodotto.
Kapferer ha sviluppato il prisma dell’identità della marca, che la definisce in base a 6 dimensioni.
Il posizionamento e l’identità della marca sono concetti costruiti dal produttore o dal venditore, che non devono essere confusi con
l’immagine della marca, che corrisponde alla percezione dell’identità della marca nella mente del consumatore.
In entrambe le definizioni si fa riferimento alla forza della marca, che può variare molto tra le diverse marche e che determina la sua
notorietà, personalità percepita, qualità, leadership e valore. Per riassumere gli elementi di forza di una marca si è creato il concetto di
Brand equity, in quanto i valori tradizionali di quota di mercato o di volumi venduti non sono adatti per riflettere il valore della marca,
poiché non tengono conto delle associazioni che esistono nella mente dei consumatori.

CAPITOLO 13 Le decisioni di distribuzione 13.1. Il ruolo economico dei canali di distribuzione p355
Un canale di distribuzione può essere definito come una struttura formata da partner interdipendenti che mettono beni e servizi a
disposizione dei consumatori o delle imprese industriali utenti. Questi partner sono i produttori, gli intermediari e i consumatori finali. I
canali di distribuzione sono strutture organizzate che assolvono le funzioni necessarie a facilitare gli scambi commerciali. Il loro ruolo in
un’economia di mercato consiste nel rendere disponibili i prodotti dove e quando ce ne sia bisogno.

13.1.1. I compiti della distribuzione


Le funzioni dei canali distributivi sono numerose e vanno a beneficio del produttore, del cliente o di entrambi. Per i produttori, i canali
distributivi realizzano sette tipi di funzioni, che sono:
1. trasporto, rendere i beni disponibili dove servono
2. frazionamento, .. disponibili in quantità e volumi desiderati
3. stoccaggio, ..disponibili nei momenti di consumo
4. assortimento, ..selezione di prodotti
5. contatto, ..relazione personalizzate con i clienti
6. informazione, raccogliere e distribuire info sui bisogni del mercato
7. promozione. Spingere le vendite dei prodotti con pubblicità e promozioni

13.1.2. I flussi di distribuzione p357


L’esercizio di questi compiti genera dei flussi commerciali fra partner nel processo di scambio, in un canale di distribuzione si possono
identificare cinque tipi di flussi:
a) il flusso del titolo di proprietà; cioè il passaggio del titolo di proprietà da un’organizzazione all’altra
b) il flusso fisico; descrive gli spostamenti fisici dal produttore al consumatore
c) il flusso degli ordini; gli ordini dei clienti e degli intermediari che risalgono verso il produttore
d) il flusso dei pagamenti; gli acquirenti che pagano i propri conti al venditori
e) il flusso delle informazioni. La diffusione delle info al mercato e/o al produttore.
Alcuni flussi sono orientati a valle della rete (distribuzione fisica, titolo di proprietà, promozione), altri sono orientati a monte (ordini,
pagamenti), altri ancora vanno in entrambi i sensi (informazioni). Nell’organizzare un canale, la questione fondamentale consiste nel
conoscere chi eserciterà tali funzioni, tra il produttore, l’intermediario e il cliente.

13.1.3. Le ragion d’essere dei canali distributivi


Le funzioni distributive non possono essere eliminate, ma più semplicemente trasferite ad altri membri del canale. Ogni innovazione nei
canali distributivi riflette in larga parte la scoperta di metodi più efficienti per gestire funzioni o flussi economici corrispondenti. Ci sono
diverse forme di efficienza che permettono agli intermediari di espletare le funzioni di distribuzione a costi inferiori rispetto a quanto
potrebbe fare il cliente o il produttore.
o La prima forma di efficienza richiesta è quella dell’efficienza dei contatti; la complessità del processo di scambi aumenta
considerevolmente quando aumentano il numero dei partner (principio della de-moltiplicazione dei contatti es. con i distributori).

53
o La seconda forma di efficienza richiesta è quella delle economie di scala; raggruppando i prodotti offerti da + produttori,
l’intermediario è in grado di esercitare una o + tra le funzioni di sua competenza con + efficienza rispetto ai produttori
o La terza forma di efficienza richiesta è quella delle disparità di funzionamento; Acquistando grandi Quantità presso i
produttori e assicurando lo stoccaggio e il frazionamento delle merci nelle Q. preferite dal consumatore, il grossista e i dettagliante
consentono sia ai produttori sia ai clienti di operare nella dimensione per loro ottimale; i produttori quindi possono evitare di
scaglionare la produzione in base agli ordini dei clienti, beneficiando delle economie di scala. I clienti a loro volta possono
acquistare piccole quantità.
o La quarta forma di efficienza richiesta è quella del miglior assortimento offerto; l’assortimento offerto dal produttore è
determinato in gran parte da considerazioni di carattere tecnico, mentre quello desiderato dal cliente è dettato dal consumo. Il
ruolo degli intermediari consiste nel creare vasti assortimenti, che permettono ai clienti di acquistare una grande varietà di prodotti
dalla stessa fonte in un ‘unica operazione, contribuendo così a ridurre il tempo e gli sforzi necessari a trovare i prodotti di cui
necessitano.
o La quinta forma di efficienza richiesta è quella del miglior servizio; L’intermediario normalmente si trova più vicino all’utente
finale, pertanto conosce meglio le sue esigenze e i suoi desideri e adatta l’assortimento alla situazione locale.
La superiorità degli intermediari nel sistema di mercato, però, non è incontrastabile. Un intermediario sopravvive nel canale di
distribuzione solo finché gli altri soggetti del processo di scambio ritengono che non ci sia un modo più efficiente per svolgere quella
funzione.

13.2. Possibili strutture della rete di distribuzione p359


Progettare una rete di distribuzione significa decidere le responsabilità che i diversi partecipanti al processo di scambio dovranno
assumersi. Nell’ottica dell’impresa, la prima decisione consiste nella scelta di affidare o meno la distribuzione a terzi e, in caso di
risposta affermativa, in che misura farlo e a quali condizioni di scambio.

13.2.1. I vari tipi di intermediari p359


Ci sono quattro grandi categorie di intermediari che un’azienda può includere nelle liste di distribuzione dei suoi prodotti: i grossisti, i
dettaglianti, gli agenti e le società di servizi commerciali.
o I grossisti non vendono tanto ai singoli consumatori, ma ad altri rivenditori, come dettaglianti o clienti industriali. Acquisiscono il
diritto di proprietà, acquistano grandi Q. per poi rivendere il prodotto in quantità più piccole ai dettaglianti. Differenziati in 2
categorie “a consegna” o “cash & carry”
o I dettaglianti vendono beni e servizi direttamente ai clienti finali, che acquistano per proprio consumo e non per fini di vendita.
Acquisiscono il diritto di proprietà e guadagnano dalla differenza tra il presso di acquisto e quello di vendita. Tuttavia, lo sviluppo
dei sistemi di distribuzione integrata (dai grandi magazzini agli hard discount basata su politiche di prezzo es: Aldi e Lidl con la
maggior parte di prodotti “propri” o inscatolati per … e con gamma di prodotti Limitata) ha comportato negli ultimi anni un netto
calo del numero dei dettaglianti indipendenti.
o Gli agenti, dal canto loro, sono intermediari funzionali che non acquisiscono un diritto di proprietà delle merci che trattano, a
differenza delle due categorie precedenti, ma gestiscono la vendita o l’acquisto di prodotti per conto di un mandante. Il loro
guadagno è rappresentato da una provvigione, calcolata in base agli acquisti o alle vendite effettuate.
o Le società di servizi, infine, sono società commerciali che assistono le imprese nelle funzioni di distribuzione che esulano da
quelle di acquisto, vendita e trasferimento del titolo di proprietà. Per l’impresa si tratta di subappaltatori che svolgono alcuni
compiti di distribuzione in virtù della propria specializzazione ed esperienza. Tra esse troviamo le società di trasporto e stoccaggio,
le agenzie di pubblicità, gli istituti di ricerche di mercato, gli intermediari finanziari, etc. Guadagni rappresentati da provvigioni e
onorari fissi.
Si deve infine ricordare che, con lo sviluppo del commercio on line, sono emerse nuove tipologie di intermediari Cybermediari che
svolgono funzioni chiave nel facilitare gli scambi, tagliare i costi delle transazioni e migliorare la reattività delle aziende ai bisogni dei
consumatori. Alcune funzioni: Aggregazione, Fiducia, Semplificazione e Sovrapposizione.

13.2.2. La configurazione di un canale di distribuzione p362


Si possono distinguere sistemi di distribuzione diretti e indiretti. Nei primi non ci sono intermediari, dunque il produttore vende
direttamente all’utente finale. Nei secondi, vi sono uno o più intermediari, che partecipano e avvicinano il prodotto all’acquirente finale.
Un canale indiretto si dice lungo o breve a seconda della quantità di livelli intermedi che esistono fra produttore e utente finale. Nel
settore dei beni di consumo, i canali di distribuzione sono generalmente lunghi e implicano la partecipazione di diversi intermediari,
specialmente grossisti e dettaglianti. Nei mercati di beni industriali, invece, i canali sono più brevi. Dal punto di vista del produttore, più
il canale è lungo, più sarà difficile da controllare. Fattori che determinano le strutture dei canali distributivi. La scelta di una specifica
struttura del canale di distribuzione è determinata in gran parte da una serie di vincoli, propri del mercato considerato e delle abitudini
di acquisto, nonché delle caratteristiche del prodotto stesso e dell’impresa.
Verificare Fig. 13.3 Struttura di un sistema di Marketing verticale di tipo convenzionale.

13.2.3 Tipi di concorrenza fra distributori p363


1. orizzontale cioè intermediari dello stesso tipo che operano sullo stesso livello di distribuzione
2. orizzontale inter-tipo cioè intermediari diversi ma sullo stesso livello
3. verticale cioè intermediari su livelli diversi
4. fra sistemi di canali di distribuzione cioè vede la contrapposizione di intere reti che agiscono come unità
Verificare Fig. 13.4 Tipi di concorrenza tra distributori

13.3 Fattori che determinano le strutture nei canali distributivi p364


La scelta di una specifica struttura del canale di distribuzione è determinata in gran parte da una serie di vincoli, propri del mercato
considerato, delle abitudini di acquisto, del prodotto e dell’impresa. Le dimensioni del mercato sono determinate dal numero di clienti

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potenziali. Una regola che comunemente viene osservata: se il mercato è grande, è + probabile che ci sia bisogno degli intermediari; al
contrario l’impresa sarà in grado di provvedere con i propri mezzi evitando l’uso degli intermediari. Verificare Tab. 13.2

13.3.1 Le variabili legate al prodotto


Le caratteristiche dei prodotti incidono anch’esse sulla struttura del canale distributivo. I prodotti altamente deperibili, devono avere
una rete il più possibile breve, i prodotti pesanti e voluminosi hanno costi di movimentazione e di trasporto molto elevati. Un canale
corto è indicato per prodotti tecnicamente complessi che esigono un accurato servizio di post vendita, mentre un canale lungo è
adatto alla distribuzione di prodotti molto standardizzati e di basso valore unitario.

13.3.2 Le variabili legate all’impresa p365


Le variabili chiave sono rappresentate dalle dimensioni e dalle risorse del produttore. Normalmente le grandi imprese possiedono
risorse finanziarie notevoli e hanno la capacità di svolgere in modo autonomo molte funzioni legate alla distribuzione, riducendo la
dipendenza dagli intermediari, come il trasporto e lo stoccaggio.

13.4. I sistemi verticali di marketing p366


Quando viene adottato un canale di tipo indiretto, fra i partecipanti deve instaurarsi un certo grado di cooperazione e di coordinamento
Due tipi di organizzazione tendono a prevalere: le strutture verticali convenzionali e le strutture verticali coordinate, dette
sistemi verticali di marketing.
o Nella struttura verticale convenzionale, tutti i livelli del canale di distribuzione si comportano indipendentemente l’uno
dall’altro, come entità separate, e cercano di ottenere, ognuno per sé, il massimo profitto, anche se ciò dovesse incidere
negativamente sulla performance globale del canale distributivo. Al contrario, . . .
o Nella struttura verticale coordinata i soggetti che prendono parte al processo di scambio si comportano come partner e
coordinano le attività in maniera da realizzare economie di gestione e rafforzare il loro impatto sul mercato e la loro capacità di
negoziazione. In questo tipo di organizzazione verticale uno dei partner del canale si fa carico del coordinamento.
Molte e diverse sono le forme dei sistemi di M. verticali, in genere si distingue tra sistemi integrati, sistemi contrattuali e sistemi
controllati.
I sistemi verticali di marketing hanno assunto un’importanza crescente nell’ultimo ventennio nel campo del marketing al consumatore.
Si possono considerare come una nuova forma di concorrenza, la concorrenza del sistema di distribuzione, la quale contrappone interi
sistemi, a differenza di quanto accadeva nella concorrenza verticale tradizionale, in cui si fronteggiavano membri dello stesso sistema a
livelli diversi (dettaglianti contro grossisti, produttori contro grossisti, etc.). I sistemi di distribuzione verticale di questo tipo
contribuiscono dunque ad eliminare, o ridurre, le fonti di conflitto esistenti nelle strutture verticali convenzionali e a migliorare la
performance di mercato delle loro attività.

13.4.1 I Sistemi Verticali di Marketing d’impresa p367


In un S.V.M. integrato un’impresa ottiene il coordinamento ed il controllo attraverso una proprietà, appunto, integrata. L’impresa
proprietaria e attivatrice delle altre unità del canale può essere produttore, grossista o dettagliante

13.4.2 I sistemi di distribuzione verticali contrattuali


In questa struttura verticale imprese indipendenti coordinano, ai diversi livelli del canale, i propri programmi di azione sulla base di
contratti che definiscono i diritti e i doveri di ognuno. Distinguiamo:
1. Unioni volontarie patrocinate da un grossista
2. Cooperative di dettaglianti
3. Sistemi di franchising

13.4.3 I sistemi di distribuzione verticali controllati


In questo terzo sistema, le imprese partecipanti coordinano le loro attività sotto la guida informale o semplicemente l’influenza di uno
dei membri del canale, che non svolge questa funzione in forza di un contratto o di una proprietà vera e propria.

13.5. Le strategie di copertura del mercato p367


Se il produttore decide di utilizzare gli intermediari per organizzare la distribuzione dei suoi prodotti deve decidere quanti usarne per
ciascun livello per realizzare i suoi obiettivi di penetrazione. Le strategie di copertura del mercato sono tre:
o distribuzione intensiva (cioè vendita ovunque possibile Pocket Coffee);
o distribuzione selettiva (cioè vendita in punti vendita selezionati e specializzati es. Burberry);
o distribuzione esclusiva (cioè vendita tramite concessionari es. WAG).
La scelta della strategia migliore, per un dato prodotto, dipende dalle caratteristiche del prodotto stesso e dall’obiettivo perseguito
dall’impresa nell’ambiente competitivo in cui si trova ad operare.

13.5.1. La classificazione dei beni di consumo


Nel mercato dei beni di consumo, la scelta fra queste strategie di copertura del mercato è determinata in larga misura dalle abitudini di
acquisto dei clienti per diversi tipi di prodotto. Di solito si stabilisce una distinzione fra quattro sottogruppi:
1. prodotti di acquisto corrente;
2. prodotti di acquisto ragionato;
3. prodotti esclusivi;
4. prodotti non ricercati.
o I prodotti di acquisto corrente (convenience goods) sono i beni che in genere il consumatore acquista con il minimo sforzo
possibile, di frequente e in piccole quantità. Questa categoria può essere ulteriormente suddivisa in:
o prodotti di prima necessità (alimenti acquisto abitudinario)
o prodotti d’impulso (dolciumi, riviste acquisto senza premeditazione)
55
o prodotti d’urgenza (acquistati per soddisfare un bisogno inaspettato e urgente)
Per queste tipologie di prodotti l’impresa non ha alcuna possibilità di scelta: è necessaria la massima copertura del mercato
perché, se il cliente non trova il prodotto o la marca desiderata nel momento e nel luogo in cui intende acquistarla, sceglierà
sicuramente un altra marca.
o I prodotti di acquisto ragionato (shopping goods) sono prodotti per i quali si percepisce un elevato livello di rischio e per i
quali i consumatori investono tempo e impegno per fare confronti in termini di qualità, prezzo, stile, etc. Per questi prodotti la
massima copertura del mercato non è necessaria, mentre è del tutto indispensabile la distribuzione selettiva.
o I prodotti esclusivi (specialty goods) sono prodotti con caratteristiche esclusive, al cui acquisto il consumatore è pronto a
dedicare molti sforzi. Sono prodotti di lusso o con peculiarità molto specifiche. Il cliente vuole quelli e non altri. Occorre dunque
fare leva su una distribuzione selettiva o esclusiva.
o I prodotti non ricercati sono quelli che i clienti non conoscono o per il cui acquisto non c’è un interesse spontaneo. Venderli è
dunque molto difficile e richiede notevoli sforzi.

13.5.2. La distribuzione intensiva p369


In un sistema di distribuzione intensiva l’impresa cerca il maggior numero possibile di punti vendita per il proprio prodotto e tende a
moltiplicare i centri di stoccaggio per assicurare la massima copertura dell’area di vendita e la massima esposizione per la marca.
Questa strategia di copertura si adatta ai prodotti di acquisto corrente, alle materie prime e ai servizi di facile esecuzione. Tuttavia, è
una strategia incompatibile con la tutela di un’immagine di marca coerente e con un posizionamento preciso di mercato. Si tende
perciò ad abbandonarla non appena possibile. (di facile esecuzione)

13.5.3. La distribuzione selettiva


Si parla di distribuzione selettiva quando il produttore ricorre, in una determinata area geografica, ad un numero di intermediari
inferiore rispetto a quelli disponibili. Essa è adatta soprattutto per i prodotti di acquisto ragionato e deve essere l’impresa a selezionare
i propri distributori in base al volume d’affari di questi ultimi, alla qualità del servizio offerto, alla competenza tecnica. Optando per una
distribuzione selettiva, il produttore accetta di limitare la disponibilità del prodotto, onde ridurre i costi di distribuzione e ottenere una
migliore collaborazione da parte dei distributori. Il rischio maggiore che si corre è quello di una insufficiente copertura del mercato.

13.5.4. La distribuzione esclusiva e i sistemi di franchising p370


In un sistema di distribuzione esclusiva in una zona predeterminata, un solo distributore ottiene il diritto esclusivo di vendere la marca
e si impegna, in cambio, a non vendere marche concorrenti della stessa categoria di prodotti. La strategia di copertura esclusiva è utile
quando il produttore vuole differenziare il proprio prodotto con una politica di alta qualità e prestigio. Una forma particolare di
distribuzione esclusiva è il franchising. Si tratta di una forma di marketing verticale contrattuale integrato che fa riferimento ad un
sistema completo di distribuzione dei beni e dei servizi. Implica una relazione contrattuale continua in cui l’impresa affiliante chiamata
franchisor dà ai suoi affiliati i franchisee il privilegio di vendere il proprio prodotto, offrendo loro un’assistenza continua
nell’organizzazione, nella formazione, nel merchandising e nella gestione, in cambio del fatto che il franchisee si impegna a versarle
una quota iniziale e delle percentuali sulle vendite realizzate.
Si distinguono quattro tipi di sistemi di franchising. Il primo è quello che unisce un produttore e un dettagliante, il secondo è
quello tra un produttore e un grossista, il terzo è quello tra un grossista e un dettagliante, e il quarto e ultimo è quello fra una
società di servizi e un distributore.
Le caratteristiche di un franchising efficace Per essere di successo, un franchising deve essere collaudato, deve riguardare un
prodotto di qualità e piuttosto richiesto, deve prevedere il trasferimento completo del know-how e assicurare all’affiliato una
formazione pratica sulle tecniche di commercio. Deve inoltre prevedere un’assistenza iniziale e continuativa all’affiliato.
Vantaggi: Il franchising rappresenta una soluzione interessante rispetto ai sistemi verticali di marketing totalmente integrati, poiché è
controllato dall’affiliante, ma finanziato dagli affiliati. In tal modo è possibile evitare gli elevati costi fissi imposti dalla creazione di un
sistema di distribuzione basato su negozi propri. Inoltre, il franchisor ha la possibilità di creare una nuova fonte di reddito basata sul
know-how tecnico e commerciale. Per parte sua, il franchisee è motivato principalmente dal vantaggio dato dalla reputazione di qualità
e dall’immagine aziendale dell’affiliante. Inoltre, può accingersi ad un’impresa che altrimenti gli sarebbe preclusa, in quanto impossibile
in termini di costi e anche di reputazione di mercato.

13.6. Le strategie di comunicazione nella rete distributiva p372


La collaborazione dei distributori nel perseguire gli scopi d’impresa è una condizione essenziale per conseguire gli obiettivi di marketing
dell’impresa stessa. Per ottenere tale impegno da parte degli intermediari, l’impresa può scegliere tra due possibili strategie
comunicative: una strategia push e una strategia pull, come pure una combinazione delle due.
o Una strategia push consiste nel concentrare in via prioritaria gli sforzi di comunicazione e promozione su grossisti e dettaglianti,
in modo da stimolarli a collaborare con l’azienda. L’obiettivo è quello di sollecitare forme di collaborazione volontaria del
distributore, sulla base di un preciso programma di incentivi. Per contro, più è elevata la forza contrattuale dei distributori, più sarà
ridotta la capacità dell’impresa di ottenerne il sostegno. Solo l’impresa che adotta un sistema di marketing diretto può fare
completamente a meno del sostegno della distribuzione, ma deve, di contro, farsi carico della totalità delle funzioni svolte dal
distributore, che comportano un costo elevato.
o Una strategia pull, dal canto suo, concentra gli sforzi di comunicazione sul consumatore finale, tagliando fuori gli intermediari.
Se questa strategia si rivela di successo, il produttore avrà il potere di influenzare i partecipanti al canale distributivo e di indurli a
prendere in carico la marca, al fine di raggiungere volumi significativi di vendita. Di fatto, una strategia pull deve essere
considerata un investimento a lungo termine: l’obiettivo dell’impresa è quello di creare un capitale di reputazione, la cosiddetta
brand equity, per l’impresa o la marca. Un’immagine di marca forte costituisce un patrimonio per l’azienda ed è la miglior garanzia
di supporto e collaborazione da parte degli intermediari. L’obiettivo strategico è quello di neutralizzare il potere contrattuale degli
intermediari che potrebbero bloccare l’accesso al mercato. Normalmente costosa per i costi relativi a campagne pubblicitarie che
promuovono l’immagine di marca.

56
13.7 L’analisi dei costi di distribuzione p374 – 13.7.1 margini di distribuzione p375
I costi di distribuzione sono misurati dalla differenza tra il prezzo unitario di vendita pagato dal consumatore finale e il prezzo pagato al
produttore dal primo acquirente. Il margine di distribuzione si identifica dunque con il concetto di valore aggiunto del canale
distributivo. Il margine di distribuzione (D) è uguale al prezzo di vendita (P) meno il costo di acquisto (C) e si esprime nella formula:
D=P-C
Tab. 13.4 definizione dei margini di distribuzione
13.7.2 Confronto tra prezzo di listino, di fattura e finale
Il prezzo di listino è il prezzo ufficiale pubblicato nel tariffario o nel listino dell’azienda
Il prezzo di fattura è il prezzo di listino al netto delle deduzioni “in fattura”
Il prezzo finale è il prezzo di fattura senza le deduzioni “aggiunta fuori fattura” come lo sconto per i pagamenti e le spese di
spedizione Verificare Tabella 13.5 lo sviluppo del prezzo

13.7.3 Confronto tra i costi di distribuzione


Il margine di distribuzione dipende dalla posizione occupata dall’intermediario (espresso in generale in %) remunera le funzioni e i
compiti della distribuzione assunti dagli intermediari. Quando un produttore decide di assumere una parte di queste funzioni, dovrà
incaricarsi in prima persona dell’organizzazione e dei costi relativi.
Due canali di distribuzione indiretti: corto ( in cui operano solo i dettaglianti ed è il produttore a volgere le funzioni del grossista) e
lungo (la maggior parte dei compiti fisici di distribuzione come stoccaggio e trasporto sono svolti quasi interamente da grossisti infatti i
due intermediari sono il grossista e il dettagliante). Tab. 13.6 confronto della struttura di due canali distributivi e fig. 13.6
Se esaminiamo ora la struttura dei costi tipica del canale indiretto breve constatiamo che la quota di spese fisse diventa preponderante
rispetto al costo totale di distribuzione. Il fabbricante deve sostenere le spese di distribuzione fisica e organizzare una rete di
magazzini e un’amministrazione delle vendite di ben altra entità
Indice di redditività: R= (Volume di affari – costi di distribuzione)/costi di distribuzione

Riepilogo p378
I canali di distribuzione sono delle strutture organizzate che consentono l’esercizio delle attività necessarie a favorire gli scambi
commerciali. La funzione dei canali distributivi consiste nel creare utilità di stato, di tempo e di luogo che costituiscono il valore
aggiunto della distribuzione. Gli interventi degli intermediati (grossisti, dettaglianti, agenti, mediatori) sono indispensabili, poiché i
produttori non sono in grado di esercitare da soli e a costo ragionevoli, l’insieme delle funzioni e delle attività necessarie ad un sistema
di scambio libero e soggetto alla concorrenza. La scelta di un canale di distribuzione dipende dai fattori tipici del mercato, dal
comportamento del cliente e dal profilo dell’impresa. Nel caso di un canale indiretto è necessario stabilire una collaborazione e un
coordinamento fra i partecipanti del sistema verticale di marketing. Per quanto riguarda il numero degli intermediari richiesti, sono
possibili 3 strategie di copertura del mercato: distribuzione intensiva, selettiva o esclusiva. I sistemi di distribuzione esclusiva in
franchising sono molto diffusi e si ritrovano in quasi tutti i settori. I margini di distribuzione remunerano i distributori a seconda dei
compiti e delle responsabilità che hanno esercitato nel canale.

CAPITOLO 14 escluso
CAPITOLO 15 Le decisioni di prezzo p395
15.1. La percezione del prezzo da parte del cliente
Il prezzo è l’espressione monetaria del valore e occupa un posto centrale nel processo di scambio concorrenziale.
Dal punto di vista del cliente, il prezzo che egli è disposto a pagare misura l’intensità del bisogno, nonché la quantità e la natura
delle soddisfazioni che si aspetta
Quanto al venditore il prezzo al quale è disposto a vendere misura il valore dei fattori che compongono il prodotto, a cui si aggiunge il
profitto che spera di realizzare.
15.1.1. Definizione del prezzo da parte del mercato – prezzo come misura del valore p396
Sotto il profilo formale, il prezzo monetario può essere definito come un rapporto (p=(Q. di denaro ceduto dal cliente/Q. di beni
ceduti dal venditore) che indica l’ammontare di moneta necessaria per acquistare una quantità data di beni e servizi. In realtà, il
concetto di prezzo è più ampio e va al di là della semplice combinazione di fattori puramente oggettivi e quantitativi. Il prezzo
rappresenta il valore che assume, agli occhi del cliente, l’insieme dei vantaggi offerti da un prodotto o servizio. Come la quantità
acquistata del bene misura solo parzialmente la quantità di soddisfazione ricevuta, così la quantità di denaro ceduta misura solo in
parte l’entità del sacrificio sostenuto. Quindi, dal punto di vista del cliente, la nozione di prezzo va ben oltre quella di prezzo
monetario e comprende tutto l’insieme dei vantaggi offerti dal prodotto, nonché l’insieme dei sacrifici (monetari e non
monetari) sostenuti dal cliente.
Il costo totale di acquisizione di un prodotto: Il prezzo in denaro che il venditore riceve non riflette per intero il sacrificio
sostenuto e i costi a carico del consumatore infatti le pratiche per il trasferimento del titolo, i termini di pagamento, modi e tempi di
consegna, costi di transazione o di trasferimento perché si trova in una zona geografica isolata. Tutti questi possono essere + elevati
per alcuni clienti e meno per altri; quando esistono i costi di trasferimento, il costo reale sostenuto dal cliente è ben + elevato del
prezzo monetario di vendita del prodotto.
Prezzo= Costo totale a carico del cliente (monetario e non) / vantaggi Totali forniti dal prodotto (tangibili e non)

15.1.2. L’importanza delle decisioni di prezzo p397


Nell’attuale contesto di macro-marketing, le decisioni riguardanti le strategie di prezzo rivelano tutta la loro importanza alla luce di
quanto segue:
o in primo luogo, il prezzo influenza direttamente il livello della domanda e determina, di conseguenza, il livello di attività, in
quanto un prezzo troppo alto o troppo basso può compromettere lo sviluppo del prodotto. La misurazione della sensibilità al
prezzo è pertanto un dato essenziale.
o In secondo luogo, il prezzo di vendita determina direttamente la redditività dell’attività.

57
o In terzo luogo, il prezzo di vendita stabilito dall’impresa influenza la percezione globale del prodotto o della marca e contribuisce
quindi al posizionamento della marca tra quelle note ai potenziali clienti.
o In quarto luogo, il prezzo si presta più facilmente delle altre variabili di marketing al confronto tra prodotti e marche concorrenti.
o In quinto luogo, la strategia di prezzo deve essere compatibile con le altre componenti del marketing operativo: il prezzo deve
consentire di finanziare la strategia pubblicitaria e promozionale; a un posizionamento di alta qualità e prezzo elevato deve
corrispondere un packaging adeguato; la strategia di prezzo deve rispettare la strategia di distribuzione e consentire di
raggiungere i margini di distribuzione necessari a centrare gli obiettivi di copertura del mercato.
L’evoluzione dell’ambiente economico e competitivo, cui si è accennato nel Cap. 2, ha contribuito ad accrescere notevolmente l
importanza e complessità delle strategie di prezzo. Esempio 15.1 Diesel l’impresa italiana che vende i jeans agli americani.

15.1.3. Gli obiettivi delle strategie di prezzo p399


Tutte le imprese, naturalmente, perseguono l’obiettivo di rendere redditizia la propria attività e di generare un surplus economico il +
possibile elevato. Ogni impresa ha interesse a chiarire gli obiettivi strategici che intende raggiungere con la fissazione dei prezzi. Tali
obiettivi sono classificabili in tre categorie: obiettivi orientati al profitto, al volume e alla concorrenza.
o Fra gli obiettivi orientati al profitto rientrano sia la massimizzazione del profitto stesso sia la realizzazione di un tasso di
redditività sufficiente sul capitale investito. Anche se suggerito dagli economisti, nella pratica questo modello è di difficile
applicazione, in quanto presuppone una stabilità dei fattori ambientali e competitivi che raramente si verifica nella realtà. Tale
tasso di redditività degli investimenti detto ROI si traduce in pratica nel calcolare un prezzo target o un prezzo sufficiente che
assicuri un ritorno “ragionevole “ sul capitale investito. (prassi semplice ma discutibile sul piano concettuale perché non tiene
presente che è il livello del prezzo a determinare il livello della domanda)
o Gli obiettivi incentrati sul volume, dal canto loro, mirano a massimizzare il volume d’affari o la quota di mercato o, più
semplicemente, ad assicurare un tasso di crescita sufficiente delle vendite. L’obiettivo di massimizzare la quota di mercato
comporta l’adozione di un prezzo di penetrazione, cioè di un prezzo relativamente basso, inferiore a quello della concorrenza, al
fine di incrementare il più rapidamente possibile il volume e, quindi, la quota di mercato. Una volta raggiunta una posizione di
leadership, l’obiettivo diventa quello di un tasso di redditività sufficiente.
o Gli obiettivi incentrati sulla concorrenza mirano alla stabilizzazione dei prezzi evitando fluttuazioni che potrebbero
compromettere la fiducia dei clienti o all’allineamento con i concorrenti quando l’impresa si rende conto di non poter esercitare
nessuna influenza sul mercato.
L’elaborazione di una strategia di prezzo richiede di prendere in considerazione tre gruppi di fattori: i costi, la domanda e la
concorrenza.

15.2. Strategie di prezzo basate sui costi p400


L’analisi dei costi come punto di partenza per l’elaborazione delle strategie di prezzo rappresenta certamente l’approccio più naturale e
immediato per le imprese; è normale che la prima preoccupazione sia determinare i livelli di prezzo compatibili con i vincoli di copertura
dei costi diretti e dei costi fissi e di realizzare un profitto ragionevole Verificare Fig. 15.2 Gli elementi del prezzo.

15.2.1. Concetti di prezzo basati sui costi


Si definiscono prezzi basati sui costi i prezzi calcolati in funzione dei costi e senza riferimento esplicito ai fattori di mercato. L’analisi dei
costi permette di identificare quattro tipi di prezzi basati sui costi, ciascuno dei quali corrisponde a esigenze specifiche di copertura dei
costi e redditività.
o Il prezzo soglia, o prezzo minimo, è il prezzo corrispondente ai costi diretti. Permette di recuperare il solo costo di sostituzione
del prodotto, con un margine lordo nullo. Prezzo soglia = Costo diretto variabile C Il prezzo base, detto anche prezzo
marginale, è la soglia minima al di sotto della quale l’impresa non può assolutamente scendere.
o Il prezzo tecnico (o break-even-price) è il prezzo corrispondente al punto di pareggio, cioè al prezzo che copre i costi diretti e
i costi fissi per un dato volume di vendite. BEP = C + F/E(Q) dove E(Q) indica le quantità attese nell’ipotesi di livello di attivitù
considerata.
o Il prezzo target, o prezzo sufficiente, comprende, oltre ai costi diretti e fissi, un vincolo di profitto, cioè un margine di profitto
determinato in genere considerando un “normale” tasso di redditività r sul capitale investito K.
Prezzo target=C+F/E(Q)+((r*K)/E(Q)) ; come il prezzo tecnico anche il prezzo target dipende dal volume di attività considerato.
o Il prezzo di ricarico (o mark-up price), infine, si calcola aggiungendo un ricarico standard al prezzo tecnico.
Prezzo target= prezzo tecnico/(1-margine atteso); grande semplicità ma ignora dl tutto la domanda e la concorrenza.
Il metodo del prezzo target e quello del prezzo di ricarico sono molto diffusi, specialmente per via della loro semplicità e della sicurezza
derivante dalla certezza (apparente) di garantirsi un margine, poiché promettono di conseguire l’obiettivo di profitto. L’inconveniente
principale di questi metodi è rappresentato dalla mancata considerazione del rapporto prezzo/volume.

15.2.2 Il rischio di ragionamento circolare p402


Il metodo del prezzo target e quello del prezzo di ricarico sono molto diffusi per la loro semplicità e per la certezza (apparente) di
garantirsi un margine; l’inconveniente principale di questi metodi è rappresentato dalla mancanza di considerazione del rapporto
prezzo/volume, in effetti questo metodi si basano su un ragionamento circolare implicito: il volume determina i costi, che determinano i
prezzo che a sua volta determina il livello della domanda…… niente assicura che il prezzo target o il ricarico adottato generi realmente
il volume di attività in base al quale è stato calcolato; cioè se il volume previsto non viene rispettato il margine scelto non è sufficiente
Tab. 15.1. L’analisi dei prezzi basata sui costi deve essere un punto di partenza, semplicemente perché le imprese hanno in genere info
attendibili sui costi e meno sulla domanda.

15.2.3 L’utilità dei prezzi basati sui costi


58
I prezzi orientati ai costi costituiscono solo un comodo punto di partenza nel processo di definizione dei prezzi di mercato: non possono
essere l’unica base per la determinazione del prezzo, perché non considerano la domanda, né il valore percepito del prodotto, né la
concorrenza. L’analisi dei costi è il primo passo necessario per inquadrare il problema, mettendo in evidenza le implicazioni economiche
e finanziarie delle diverse strategie di prezzo possibili per l’impresa.
Le strategie di riduzione dei prezzi Il ricorso a una riduzione di prezzo in un’ottica di stimolazione della domanda è opportuno solo
quando la domanda primaria è espandibile. In caso contrario, se l’impresa diminuisce i suoi prezzi e se tutti i concorrenti reagiscono
immediatamente allineandosi, diminuiranno i profitti di tutti e le rispettive quote di mercato resteranno identiche, in un mercato in
contrazione malgrado la riduzione dei prezzi. Esistono eccezioni in un mercato non espandibile come nel caso di concorrenti con costi +
alti che non permettono una riduzione del prezzo.
La valutazione del costo di una riduzione del prezzo È importante comprendere che il costo di una diminuzione di prezzo è
spesso molto alto, specie per un’impresa in cui l’incidenza dei costi variabili è molto elevata. Per contro, l’impresa che ha i costi variabili
più bassi ha interesse ad avviare una riduzione consistente di prezzo, poiché sa che le altre imprese non saranno in grado di seguirla.
Anche il ricorso ad un rialzo del prezzo rappresenta una decisione difficile. In linea generale, in corrispondenza di una diminuzione dei
prezzi, l’aumento delle vendite necessario a mantenere lo stesso livello di redditività sarà così determinato:

X
Incremento volume di vendite (%)= ----------- x 100 dove X è la variazione di prezzo espressa in decimali e M* la percentuale di
margine lordo sul prezzo di vendita M* - X prima della diminuzione di prezzo.

Il calcolo dell’elasticità della domanda implicita rispetto al prezzo:


elasticità=incremento di volume % / diminuzione del prezzo % (valore negativo)

Il prezzo in funzione della curva d’esperienze


Nei settori in cui la quota dei costi corrispondenti al valore aggiunto rappresenta una proporzione elevata dei costi totali unitari, sono
possibili riduzioni consistenti dei costi, in relazione all’aumento della quantità prodotta cumulata. Se in un simile mercato, i clienti sono
sensibili al prezzo, può essere positivo per l’impresa con + esperienza adottare una strategia di prezzo aggressiva, anche spingendosi
al di sotto del costo Fig. A ; questa strategia comporta dei vantaggi: le imprese + deboli saranno spinte ad abbandonare il mercato
riducendo così il numero dei concorrenti, con la riduzione del prezzo nuovi gruppi di clienti saranno incentivati ad entrare nel mercato
Ovviamente una strategia di prezzo inferiore al costo non è sostenibile a lungo, le diminuzioni del prezzo è parallela alle riduzioni del
costo, strategia meno aggressiva.

Costo Unitario Costo Unitario

Prezzo Prezzo

Costo Costo

A B
Esperienza Esperienza

Le strategie del rialzo dei prezzi


Anche queste strategie rappresenta una decisione difficile soprattutto in relazione a ciò che fa la concorrenza; anche in questo caso
bisogna valutare la riduzione di volume tollerabile che lascia invariato il precedente profitto:
X
Tasso di riduzione tollerabile (%) = ----------- x 100 dove X è la percentuale prevista di aumento del prezzo espressa in decimali
M* + X

15.3. Strategie di prezzo basate sulla domanda p406


La determinazione del prezzo in base alla domanda avviene in una prospettiva in cui la sensibilità del cliente rispetto al prezzo occupa
un ruolo centrale, superiore a quello delle sole considerazioni economico-finanziarie interne all’azienda.

15.3.1. Il concetto di elasticità al prezzo


La nozione di elasticità è fondamentale nell’analisi della domanda. L’elasticità misura in modo diretto la sensibilità dei clienti rispetto al
prezzo e, in teoria, permette di calcolare le quantità che saranno richieste a diversi livelli di prezzo; cioè la variazione delle quantità
unitarie vendute di un prodotto, determinata da una variazione di prezzo dell’1%:

% delle quantità vendute


Ɛ=--------------------------------
% variazione del prezzo

L’elasticità del prezzo è negativa, poiché all’aumento del prezzo generalmente corrisponde una diminuzione della quantità e viceversa.
I fattori che determinano la sensibilità al prezzo Nonostante tutti i clienti siano sensibili al prezzo, tale sensibilità può variare
notevolmente da una situazione all’altra, a seconda dell’importanza della soddisfazione offerta dal prodotto o, viceversa, in funzione dei
sacrifici (diversi dal prezzo) che il suo acquisto comporta. I fattori determinanti della sensibilità al prezzo si applicano sia alla decisione
di acquistare una particolare categoria di prodotti (sensibilità al prezzo della domanda primaria) sia alla decisione di scegliere una
marca all’interno di una classe di prodotti: i clienti sono meno sensibili al prezzo …
1. L’effetto del valore unico (prodotto con qualità uniche)
59
2. L’effetto delle notorietà dei sostituti (sostituti sconosciuti)
3. L’effetto delle difficoltà di confronto (le qualità dei sostituti non sono confrontabili)
4. L’effetto della spesa totale (prezzo piccola quota del reddito)
5. L’effetto del vantaggio finale (piccola differenza sul costo finale)
6. L’effetto del costo condiviso (costo condiviso con altri)
7. L’effetto dell’investimento passato (prodotto di complemento ad un altro)
8. L’effetto del rapporto qualità-prezzo (prodotto associato ad immagini di qualità, prestigio ed esclusività)
9. L’effetto scorta (quando non c’è l’opportunità di fare scorte)
Sensibilità a prezzo del cliente industriale
Nei mercati B2B i bisogni dei clienti sono ben definiti e le funzioni esercitate dai prodotti indicate chiaramente. In un contesto di questo
tipo è + facile determinare l’importanza del prezzo per il cliente industriale.
Porter elenca le motivazioni di non sensibilità al prezzo:
1. Il prezzo del prodotto rappresenta una minima parte del costo totale
2. La perdita subita a causa di un difetto è elevata rispetto al costo del prodotto venduto
3. Le performance del prodotto migliorano i risultati per il cliente
4. Il cliente adotta una strategia di qualità elevata
5. Il cliente ricerca un prodotto specifico ecc.

15.3.2. Il calcolo del prezzo ottimale basato sull’elasticità p409


La teoria economica sostiene che il prezzo ottimale, ovvero quello che massimizza gli utili, è inversamente proporzionale all’elasticità (in
valori assoluti) della domanda di un prodotto. Se l’elasticità rispetto al prezzo è nota, il prezzo ottimale si calcola nel modo che segue:
Prezzo ottimale = costo diretto unitario x ricarico (mark-up)
dove
Ricarico (mark-up) = elasticità al prezzo / (elasticità al prezzo + 1)
Si constata allora che il prezzo ottimale si ottiene aumentando il costo variabile unitario (o costo marginale) per una percentuale che è
funzione dell’elasticità al prezzo e non dipende dal costo. Si osserva che, quando l’elasticità al prezzo è elevata, come accade nei
mercati altamente competitivi con prodotti non differenziati, il coefficiente di maggiorazione è vicino all’unità; il potere di mercato
dell’impresa è perciò limitato e il prezzo accettato dal mercato si avvicinerà al costo unitario. Viceversa, quanto più l’elasticità si
avvicina all’unità, tanto più elevato sarà il prezzo accettato dal mercato.

15.3.3. I metodi di misurazione dell’elasticità al prezzo


I metodi che consentono di valutare la sensibilità dei clienti al prezzo possono essere raggruppati in quattro categorie principali:
o La prima categoria include il metodo del giudizio degli esperti, metodo che consiste nel chiedere ai responsabili di
marketing di formulare tre previsioni sulla curva di risposta ai prezzi, cioè le vendite attese nell’ordine, al prezzo più basso; al
prezzo più alto possibile; a un livello di prezzo intermedio.
o La seconda categoria comprende le indagini dirette e indirette presso i consumatori. Il metodo più usato è quello indiretto
dell’analisi congiunta.
o La terza categoria include le sperimentazioni di prezzo, sul campo o in laboratorio.
o La quarta categoria racchiude gli studi econometrici realizzati su dati presentati in ordine cronologico.
Conoscere l’ordine di grandezza dell’elasticità è utile: ci permette si sapere come agire sui prezzi per stimolare la domanda e
aumentare il volume d’affari, confrontando tali valori ci permette di sapere quali marche resistono meglio agli aumenti di prezzo e ci
premette di prevedere gli spostamenti della domanda da una marca all’altra.
La nozione di elasticità, tuttavia, presenta alcune difficoltà concettuali e operative che riducono la sua utilità pratica. In primo luogo,
essa è misurabile solo a posteriori. Inoltre, l’elasticità misura l’impatto del prezzo sulla quantità acquistata, ma non misura l’effetto del
prezzo sulla propensione a provare il prodotto, sull’acquisto ripetuto, sulla percentuale di esclusività. Infine, nella pratica è spesso assai
difficile ottenere stime di elasticità rispetto al prezzo abbastanza stabili e affidabili da consentire di calcolare un prezzo ottimale di
vendita su tale base.

15.3.4. L’approccio basato sul valore percepito p412


L’approccio basato sul valore percepito, che stabilisce il prezzo partendo dal consumatore, è una conseguenza del concetto di prodotto
come paniere di attributi. I clienti pesano benefici e costi di un acquisto e tendono ad acquistare il prodotto che offre il miglio rapporto
qualità-prezzo.
Il valore percepito del prodotto: L’idea di base è sempre la stessa: è il valore (del prodotto o della marca) percepito dal
consumatore che dovrebbe determinare il prezzo. Analizzando e misurando le percezioni dell’acquirente e le loro determinanti con un
metodo detto compositivo, si ottiene un punteggio del valore totale percepito che può essere utilizzato per determinare i prezzi. La
nozione di valore percepito è un’emanazione del modello di prodotto come paniere di attributi presentato nel Cap. 4. La misura del
valore percepito di ciascuna marca si ottiene moltiplicando le valutazioni espresse sugli attributi per il loro rispettivo peso e sommando i
punteggi ottenuti; i totali ottenuti vengono trasformati in indici in rapporto al concorrente diretto, valore + alto se gli attributi sono +
alti. Questo metodo, basato sull’approccio compositivo, si dimostra particolarmente adatto quando la sensibilità al prezzo è determinata
della presenza di fattori qualitativi, come gli effetti d’immagine.
Il calcolo del prezzo massimo accettabile, dal canto suo, risulta particolarmente utile quando si tratta di determinare il prezzo di
prodotti industriali, qualora il vantaggio principale per l’acquirente sia la riduzione dei costi. Per valutare quanto il cliente è disposto a
pagare, la procedura prevede d’identificare tutti i vantaggi o i servizi che il prodotto fornisce e i costi (diversi dal prezzo) che comporta.
Il prezzo massimo che il cliente è disposto a pagare si ottiene nel modo che segue:

vantaggi - costi diversi dal prezzo = prezzo massimo accettabile (MAP)

60
I vantaggi da prendere in considerazione possono essere funzionali (il servizio di base), finanziari, operativi o personali. Se il mercato di
riferimento è segmentato, quest’analisi deve essere condotta su diversi gruppi di clienti i cui comportamenti differiscono. Il confronto
tra prezzo massimo accettabile e i prezzi dei concorrenti permette di valutare il margine di manovra di cui l’impresa dispone.
I contributi dell’analisi congiunta Lo stesso risultato si ottiene applicando un’analisi decompositiva, o il metodo dell’analisi
congiunta (cap4).

15.3.5. Le strategie del prezzo flessibile p416


Si parla di prezzi flessibili quando uno stesso prodotto viene venduto a prezzi diversi a clienti diversi. La flessibilità in materia di prezzi
può essere ottenuta in cinque modi diversi, che sono:
a) gli sconti nei mercati secondari; Questo tipo di situazione si verifica quando l’impresa ha un eccesso di capacità produttiva e ha
l’opportunità di vendere in un nuovo mercato senza veder aumentare i propri costi fissi o variabili e senza correre il rischio di perdere
vendite sul mercato principale; dedicato a categorie di clienti tipo studenti e il prezzo comunque non deve scendere sotto quello soglia.
b) gli sconti stagionali; Saldi, riduzione di prezzo su prodotti destinati a potenziali clienti con una sensibilità al prezzo come i prodotti
di moda venduti fuori stagione o le tariffe di viaggio ridotte in bassa stagione.
c) gli sconti casuali (che consistono nell’applicazione di sconti a intervalli casuali alcune aziende con prezzi alti altre con prezzi bassi);
d) i prezzi promozionali; riduzioni momentanee dei prezzi per stimolare le vendite: promozioni, offerte speciali, finanziamenti a
basso tassi di interesse ecc.
e) la gestione dei prezzi (che si traduce in un adattamento dei prezzi di listino alle condizioni di realizzazione della vendita) esempio
il pagamento in contanti, sconti per quantità sono degli sconti o riduzione dei prezzi per ricompensare il cliente il cui comportamento di
acquisto permette all’impresa di risparmiare sui costi di transazione.

15.3.6 Il prezzo dei servizi e lo yield management (gestione delle capacità disponibili che ha come obiettivo la massimizzazione e
l'ottimizzazione del volume di affari.) p417
La pratica dei prezzi discriminatori è ampiamente diffusa nel ramo dei servizi. In particolare dove a capacità limitata o fissa, come nei
media, nelle compagnie aeree, industria alberghiera ecc. il servizio offerto non è immagazzinabile, il servizio può essere prenotato in
anticipo, la capacità produttiva è fissa e presenta un costo di accrescimento elevato.
Es. compagnie aeree 2 canali, i passeggeri che viaggiano per affari poco sensibili al prezzo ma che attribuiscono molta importanza agli
orari, al confort; e che prenotano con poco anticipo mentre in secondo segmento dei vacanzieri molto sensibili al prezzo quindi questa
eterogeneità della domanda permette alle compagnie di vendere i biglietti ordinari a prezzi elevati e sconti significativi a chi prenota
con largo anticipo per attirare i vacanzieri.

15.3.7 La flessibilità dei prezzi nel commercio on-line p418


Il commercio on-line favorisce le relazioni di tipo one-to-one, quindi facilita l’approccio della determinazione del prezzo su misura, cioè
in funzione della sensibilità al prezzo del cliente. Reinartz ha identificato 5 condizioni necessarie per il verificarsi di questa
discriminazione:
1. Clienti eterogenei nella loro sensibilità al presso
2. Il mercato deve essere segmentabile
3. Le possibilità di arbitraggio devono essere limitate
4. Il costo della segmentazione non deve superare il reddito derivato dalla personalizzazione della vendita
5. La percezione di equità (fair-ness) della transazione non può essere violata

15.4. Strategie di prezzo basate sulla concorrenza p419


Di fronte alla concorrenza, il grado di autonomia dell’impresa in materia di strategia di prezzo è molto influenzato da due categorie di
fattori: la situazione concorrenziale del settore di riferimento, caratterizzata dal numero di imprese concorrenti, e l’importanza
del valore percepito del prodotto da parte dei clienti.
È chiaro che, laddove l’impresa si trovi in una situazione di monopolio, essa ha una grande autonomia in fatto di prezzi, autonomia che
tende a diminuire se il numero di concorrenti aumenta. Ai due estremi vi sono perciò il monopolio e la concorrenza pura, mentre
l’oligopolio e il monopolio differenziato rappresentano situazioni intermedie.
Per quanto concerne il valore percepito del prodotto, invece, esso deriva dagli sforzi di differenziazione realizzati dall’impresa allo
scopo di ottenere un vantaggio sulla concorrenza esterna. Ove esista un elemento di differenziazione, percepito come un valore da
parte del cliente, quest’ultimo è in genere disposto a pagare un prezzo superiore a quello del prodotto concorrente. L’impresa, in
questo caso, dispone di una certa autonomia in materia di prezzo. Da queste due dimensioni vengono elaborate 4 situazioni distinte
vedi tabella 15.11:
1. Numero concorrenti basso e valore del prodotto percepito alto: monopolio o oligopolio differenziato
2. Numero concorrenti Alto e valore basso (beni di consumo): concorrenza pura
3. Numero concorrenti e Valore Bassi: Oligopolio indifferenziato
4. Numero concorrenti e Valore alti: Concorrenza monopolistica

15.4.1 Prevedere il comportamento dei concorrenti


In numerose situazioni di mercato l’interdipendenza fra i concorrenti è elevata ed esiste un prezzo di mercato che fa da riferimento
comune. Si tratta normalmente di situazioni di oligopolio indifferenziato, in cui la domanda primaria non è espandibile e i prodotti delle
imprese sono poco differenziabili, con il ciclo di vita dei prodotti sono nella fase di maturità. In questo caso l’impresa può:
1. Allinearsi ai prezzi dei concorrenti o del leader
2. Fissare un prezzo ad un livello superiore rischiando di perdere quote di mercato
3. Fissare un prezzo inferiore a quello di mercato creando un vantaggio competitivo rischiando di scatenare una guerra dei
prezzi.
L’obiettivo di un’analisi della concorrenza in materia di prezzi consiste soprattutto nel valutare la capacità d’azione e l’elasticità della
reazione della concorrenza in caso di aumento o diminuzione di prezzo.
61
15.4.2 Determinare i prezzi in un periodo di inflazione
In tale periodo tutti i costi aumentano e per mantenere il profitto a un livello accettabile è spesso necessario aumentare i prezzi
cercando i mantenere gli stessi livelli di redditività prima e dopo l’inflazione (invece che agire sul prezzo di vendita si potrebbe agire sui
costi ottimizzando la produzione)

15.4.3 La pratica della Price Leadership


A sua volta, intraprendere una campagna di aumenti di prezzo è il classico ruolo di un azienda leader sul mercato. Esistono tre tipi di
leadership: la leadership dell’impresa dominante, la leadership barometrica e infine quella tacita. La prima è quella tipica
dell’impresa che detiene la quota di mercato maggiore. Essa stabilisce un prezzo e lascia che gli altri vendano la loro produzione a quel
prezzo. La leadership barometrica consiste invece nell’avviare aumenti e diminuzioni di prezzo che si rivelino necessari, alla luce delle
variazioni dei costi di produzione e dell’andamento della domanda basandosi su un sistema informativo efficiente. La leadership tacita,
infine, è quella in cui un’azienda è tacitamente riconosciuta come leader, senza che vi sia un intesa o un accordo formale, cosa che
sarebbe del tutto illegale.
Secondo Corey per esercitare la Leadership in modo efficace bisogna:
1. Disporre di un sistema informativo di marketing molto efficace
2. Avere uno spiccato senso della strategia
3. Guidare il settore in modo responsabile

15.5. I prezzi di una gamma di prodotti p422


Il marketing strategico ha condotto le imprese a praticare strategie di segmentazione e diversificazione che hanno contribuito a
moltiplicare il numero di prodotti commercializzati della stessa azienda o con la stessa marca. Questa strategia di sviluppo ha
determinato la comparsa di legami d’interdipendenza tra i prodotti che si traducono in un effetto di sostituzione (o di cannibalizzazione)
o in un effetto di complementarietà. Nella determinazione dei prezzi è necessario tenere conto di questa interdipendenza, in quanto
l’obiettivo è quello di ottimizzare il risultato di tutte le attività dell’azienda. Quanto più un’azienda segmenta il proprio mercato, tanto
più si espone al rischio di cannibalizzazione. L’obiettivo da perseguire è pertanto quello di posizionare le diverse marche a portafoglio
non solo rispetto ai concorrenti diretti ma anche l’una rispetto all’altra.

15.5.1 Il rischi di cannibalizzazione


La Figura 15.6 descrive i diversi possibili scenari della “cannibalizzazione” tra due marche della stessa azienda, una già presente e una
di nuova introduzione. I cerchi rappresentano i clienti, le intersezioni rappresentano quelli che passano da una marca all’altra. Il
mercato potenziale è rappresentato dall’area esterna ai cerchi e la marca X rappresenta l’insieme delle marche concorrenti:

Marca X Vecchia Marca X Vecchia Nuova


Marca Marca Marca

N N.M

Caso1 Caso2

Marca X Vecchia Marca X Vecchia


Marca Marca
N.M
N.M
Caso3 Caso4

1. Caso: la situazione peggiore, la nuova marca non apporta nessun vantaggio e condivide le vendite con la vecchia marca
dell’azienda, tollerabile solo se il margine lordo della nuova è nettamente superiore alla vecchia.
2. Caso: la seconda marca ha contribuito ad estendere il mercato totale e la quota di mercato dell’impresa, senza tuttavia
intaccare la posizione del concorrente
3. Caso: la nuova marca fa presa sia sulla vecchia marca dell’impresa che sulla marca concorrente ed estende anche il mercato
4. Caso: è la situazione ideale senza cannibalizzazione, la nuova marca intacca le vendite della concorrenza ed espande il
mercato

15.5.2 La nozione di elasticità incrociata p423


Il concetto di elasticità incrociata permette di misurare il grado di interdipendenza fra i prodotti venduti della stessa marca, o da una
stessa impresa, e di osservare il tipo di interdipendenza laddove presente: complementarietà o sostituibilità
Elasticità incrociata di due prodotto A e B = (% di variazione delle quantità venduta di A) / (% di variazione del prezzo di B)
In caso di elasticità incrociata positiva fra i prodotti esiste un effetto di sostituzione, se è negativa vi è complementarietà, se invece è
nulla o vicina allo zero i prodotti sono indipendenti.

15.5.3 L’analisi di redditività di una gamma di prodotti


Determinare i prezzi di una gamma di prodotti può rivelarsi complesso perché spesso interviene un’interazione che agisce a livello dei
costi: per es. quando modifiche nei processi di fabbricazione di un prodotto influiscono sui costi di produzione degli altri.
Un modo agevole consiglia di ragionare in termini di variazione Delta: ∆(M)= ∆(P) - ∆(C)
Dove ∆(M) è la variazione del margine lordo unitario, e rispettivamente ∆ Prezzo e ∆ Costo

62
15.5.4. Le strategie di prezzo della gamma p424
Quando un’impresa vende una gamma di prodotti interdipendenti, il prezzo di vendita di ciascuno di essi deve essere fissato in modo
da massimizzare il profitto dell’intera gamma e non dei singoli prodotti. La scelta della politica di prezzo sarà diversa a seconda che i
prodotti siano tra loro complementari o concorrenti.
I prezzi collegati. Nel caso di prodotti complementari o indipendenti (ovvero prodotti tra loro collegati ma non sostituibili gli uni
agli altri), l’impresa può offrire l’opportunità di prezzi collegati, per cui i prodotti possono essere acquistati separatamente od oppure in
blocco, ad un prezzo sensibilmente inferiore alla somma dei prodotti individuali. Questa strategia di collegamento opzionale a
differenza dei collegamenti invisibili, lascia gli acquirenti la libertà di acquistare un solo prodotto o entrambi.
Questa politica di prezzo è molto allettante, perché l’impresa vende al cliente una soluzione e non solo un prodotto. La procedura dei
prezzi collegati permette inoltre al fornitore di mantenere un rapporto continuativo con il cliente, acquisendo così una buona
comprensione dei suoi bisogni.
Il premium price, dal canto suo, è una politica di prezzo che viene applicata quando per uno stesso prodotto si offrono più versioni o
modelli (un modello base o standard e un modello superiore). Normalmente i clienti potenziali del modello base sono sensibili al prezzo
diversamente da quelli che sono interessati al modello superiore. In presenza di economie di scala conviene rispondere all’eterogeneità
della domanda, rispondendo alle esigenze dei 2 segmenti con un prodotto di fascia bassa a un prezzo contenuto e un prodotto di fascia
alta ad un prezzo elevato.
Prezzo Immagine. Una variante della strategia precedente assegna il prezzo in base all’immagine del prodotto. L’obiettivo è il
medesimo: segnalare agli acquirenti poco informati la qualità del prodotto e utilizzare il guadagno ottenuto dalla versione più costosa
per abbassare il prezzo della versione economica. Il dato saliente è che non esiste differenza tra i prodotti o le marche, se non
nell’immagine e nel posizionamento percepito. Molto usata nei mercati dei cosmetici e dell’abbigliamento dove il consumatore assegna
grande importanza al fattore emotivo e sociale di un prodotto o di una marca.
I prezzi dei prodotti complementari. In questo caso il problema è determinare il prezzo dei prodotti complementari di un bene
principale, come gli accessori di prodotti durevoli o i prodotti deteriorabili necessari per l’utilizzo di un altro prodotto ( Automobili e i
ricambi) Nella misura in cui i clienti sono fedeli alla marca e vogliono acquistare gli articoli o gli accessori originali, l’impresa può
praticare prezzi contenuti per l’attrezzatura di base e un prezzo elevato per i prodotti complementari es. Kodak fotocamere Prezzo
basso e pellicole prezzo alto. Nel valutare la possibile variazione di prezzo di un prodotto complementare, sarà dunque necessario
analizzare l’effetto provocato non solo sulle vendite e i costi del prodotto direttamente coinvolto, ma anche su quelle degli altri prodotti
che ne risentono.

Riassunto p426
La scelta di una strategia di prezzo impone il rispetto di due tipi di coerenza: una interna, la quale esige che il prezzo applicato
rispetti i criteri di costo e di redditività e una esterna la quale esige un prezzo compatibile con la sensibilità dei clienti rispetto al
prezzo e con i prezzi praticati dalla concorrenza.
L’approccio al prezzo attraverso i costi (prezzo minimo, tecnico e target) è una prima fase necessaria che aiuta a identificare le
implicazioni finanziarie delle diverse strategie di prezzo. Tuttavia un approccio che si limiti solo agli obiettivi di redditività è inadeguato,
poiché in un’economia di mercato, in ultima istanza è il cliente a decidere quale prodotto acquistare e a quale prezzo.
L’approccio della domanda chiama in causa il concetto di elasticità rispetto al prezzo, elemento fondamentale ma difficile da
misurare nella pratica. L’analisi dei fattori che determinano la sensibilità al prezzo è utile per capire l’elasticità in termini qualitativi.
La determinazione del prezzo in base al valore o al vantaggio economico è un sistema basato sul concetto di prodotto come
paniere di attributi. Le strategie basate sui prezzi flessibili (sconti su mercati secondari, periodici e casuali) derivano dal fatto che
l’eterogeneità dei clienti presenta sensibilità diverse al prezzo. Due gruppi di fattori influenzano la determinazione del prezzo dal
punto di vista della concorrenza: la struttura competitiva del mercato e il valore percepito dal prodotto. Uno degli obiettivi
dell’analisi della concorrenza consiste nel determinare la capacità di azione e reazione dei competitor. Sorgono inoltre altri
problemi relativi al prezzo: determinare il prezzo di lancio di un nuovo prodotto (scrematura o penetrazione); stabilire il prezzo di una
gamma di prodotti (collegamento dei prezzi, prezzi di fasci alta o bassa, prezzi d’immagine e prezzi complementari)

CAPITOLO 16 Le decisioni di comunicazione di marketing p429


16.1. La natura e il ruolo della comunicazione di marketing Verificare Fig. 16.1
Per garantire un efficiente incontro tra i segmenti di offerta e di domanda è necessario organizzare i flussi di comunicazione fra i diversi
partecipanti allo scambio, in modo da favorire il processo. Spetta quindi al produttore dare avvio al flusso comunicativo e controllarlo ,
al fine di creare un’immagine di marca o d’impresa coerente con gli obiettivi strategici dell’impresa.
16.1.1. Il mix della comunicazione di marketing
Per comunicazione di marketing s’intende l’insieme dei segnali o dei messaggi emessi dall’impresa verso i diversi pubblici cui essa si
rivolge (clienti, distributori, fornitori, azionisti, istituzioni pubbliche, e anche il proprio personale). I quattro principali strumenti della
comunicazione di marketing (communication mix) comprendono:
1. la pubblicità, forma di comunicazione di massa impersonale, a pagamento, unilaterale utilizzata per avere un atteggiamento
favorevole nei confronti del prodotto pubblicizzato
2. la forza vendita, ha l’obiettivo di organizzare un dialogo con i clienti potenziali ed effettivi, fornendo un messaggio su
misura, con l’obiettivo a breve termine di vendere.
3. la promozione, l’insieme delle sollecitazioni a breve termine che, in modo non permanente e spesso a livello locale, vanno a
stimolare l’acquisto immediato e ad incrementare rapidamente le vendite.
4. Le relazioni pubbliche o esterne, sono una serie di azioni diverse mirate a creare un’immagine aziendale positiva e un
clima psicologico di comprensione e di fiducia reciproca tra un’organizzazione e i suoi diversi pubblici di riferimento.
In aggiunta a questi mezzi di comunicazione tradizionale bisogna considerare il mailing postale, la vendita per corrispondenza, le
fiere ed esposizioni, il telemarketing, vale a dire tutte le attività conosciute come pubblicità diretta , cui da qualche tempo si è
abbinata anche Internet. Pur essendo molto differenti, questi strumenti di comunicazione sono complementari, per cui il problema
consiste nel come ripartire al meglio il budget globale di comunicazione tra questi diversi elementi.

63
16.1.2. Il processo di comunicazione p431
Ogni tipo di comunicazione prevede uno scambio di segnali tra un emittente e un ricevente, e il ricorso ad un sistema di codifica e
decodifica che permette di esprimere ed interpretare i messaggi Figura 16.2.

Emittente Codifica Messaggio Decodifica Ricevente


Media

Rumore

Feedback Risposta

1- Emittente: chi invia il messaggio


2- Codifica: Il processo per mezzo del quale le informazioni contenute nel messaggio vengono trasformate in simboli, immagini,
linguaggio e suoni.
3- Messaggio: le informazioni o l’immagine da comunicare
4- Media: i canali attraverso i quali il messaggio viene veicolato dall’emittente al ricevente
5- Decodifica: Il processo attraverso il quale il ricevente attribuisce un significato ai simboli trasmessi
6- Ricevente: Il pubblico target a cui è destinato il messaggio
7- Risposta: L’insieme delle reazioni del ricevente all’arrivo del messaggio
8- Feedback: la parte di risposta del ricevente che viene comunicata all’emittente
9- Rumore: le distorsioni che disturbano il processo di comunicazione
Le condizioni di una comunicazione efficace sono quattro:
a) gli obiettivi, cioè identificare bene i destinatari che si vogliono raggiungere e il tipo di risposta che si intende ottenere;
b) l’esecuzione del messaggio, cioè il modo con cui il messaggio deve essere strutturato, al fine di ottenere gli obiettivi
comunicativi richiesti tenendo conto delle abitudini del pubblico dei destinatari nel processo di decodifica;
c) la scelta dei media, vale a dire la selezione dei media (cioè il mezzo di comunicazione) più adatti a raggiungere il più
efficacemente possibile il target di riferimento e la frequenza (calendario di inserzioni) delle campagne pubblicitarie. Tale compito è
affidato in genere alle agenzie pubblicitarie;
d) l’efficacia della comunicazione, cioè valutare la risposta del pubblico al messaggio e verificare in quale misura gli obiettivi della
comunicazione siano stati raggiunti.

16.1.3. La comunicazione personale e impersonale p432


I due strumenti più importanti della comunicazione di marketing sono la comunicazione personale, realizzata dalla forza vendita,
e la comunicazione impersonale, garantita tramite le diverse forme di pubblicità sui mass media. Non c’è dubbio che la forza
vendita sia lo strumento di comunicazione di gran lunga più efficace. Tuttavia, essa è molto più costosa di un messaggio pubblicitario e
raggiunge un numero di persone decisamente inferiore, per cui è comprensibile che le imprese le preferiscano abitualmente la
pubblicità che incide sulla notorietà della marca ma gli effetti sono al lungo termine. Tuttavia, le recenti evoluzioni nel campo della
pubblicità tendono a conciliare i vantaggi delle due forme di comunicazione: questo è l’obiettivo della pubblicità interattiva o di risposta.

16.1.4 Il costo delle attività di comunicazione p433


È difficile da valutare, dato che le informazioni disponibili appaiono frammentarie, inoltre gli ordini di grandezza variano enormemente
a seconda dei settori di attività. In generale è stato dimostrato che le spese di comunicazione di tipo personale destinate alla forza
vendita sono nettamente superiori a quelle pubblicitarie, esse sono maggiori nei mercati industriali rispetto a quelle dei beni di
consumo. Da statistiche Europa e USA del 2001 si è dimostrato che le spese di comunicazione “non media” (below in line)
rappresentano mediamente il 60% delle spese totali di comunicazione di marketing. Il M. diretto 20% è il mezzo di comunicazione +
importante seguito dalla pubblicità su stampa 19%, le promozioni sulle vendite 18% e la televisione 16%. (In generale le spese
pubblicitarie crescono con un tasso annuo del 5%).

16.2. La forza vendita, ovvero la comunicazione personale p434


La vendita personale rappresenta, in determinate fasi del processo di acquisto, il mezzo di comunicazione + efficace, soprattutto
quando è necessario sviluppare le preferenze del cliente e stimolare la decisione d’acquisto. Verificare Fig. 16.3 efficacia della
comunicazione di M. nelle diverse fasi del processo di adozione

16.2.1 I compiti e gli obiettivi della forza vendita. Lo sviluppo di una strategia di comunicazione personale richiede, in primo
luogo, di definire quale ruolo debba svolgere il venditore nella strategia complessiva di marketing. Le mansioni abitualmente esercitate
dalla forza vendita possono essere raggruppate in tre tipi di attività.
o Le attività di vendita, per cominciare, comprendono la ricerca e l’avvicinamento dei potenziali clienti, la negoziazione delle
condizioni di vendita e la chiusura della transazione.
o Le attività di servizio, dal canto loro, includono la consegna, l’assistenza tecnica, il servizio post-vendita, le promozioni.
o Le attività di trasmissione delle informazioni, infine, comprendono le ricerche di marketing, i servizi di intelligence aziendali,
le informazioni concernenti, l’evoluzione dei bisogni, le attività della concorrenza.

64
Il venditore, quindi, non è solo il braccio commerciale dell’impresa, ma anche un elemento importante del suo sistema informativo di
marketing. Esistono varie tipologie di venditore:
1. il rappresentante-distributore, mansione principale consegna del prodotto
2. l’addetto alla vendita nel luogo di vendita, opera nel punto vendita e dietro al banco
3. il commesso viaggiatore, visita distributori e dettaglianti, raccoglie ordini e reclami e controlla l’inventario
4. il promotore-merchandiser, non si occupa della vendita ma di organizzare operazioni promozionali nei punti vendita e di
predisporre gli espositori
5. il responsabile dello sviluppo commerciale, si occupa di indirizzare ed informare il potenziale utente es: gli informatori medici
6. il venditore tecnico-commerciale, possiede competenze tecniche ed esercita il ruolo di consulente nei confronti del cliente
7. il rappresentante, è un venditore indipendente di prodotti tangibili dove la creatività nella vendita è importante
8. l’agente di vendita. Deve organizzare dal punto di vista finanziario operazioni industriali di alto livello. E’ responsabile dei
negoziati con le autorità governative e i partner industriali.
Una volta definita la mansione assegnata al venditore, il problema è sapere come organizzare il rapporto commerciale e come ripartire
i compiti fra venditori, rete di distribuzione e pubblicità. La concezione del ruolo del venditore sta evolvendo da qualche tempo verso
una sua maggiore partecipazione diretta al marketing strategico. Tab 16.1

16.2.2 il nuovo ruolo della forza vendita


Dal punto di vista dell’impresa la nuova efficienza dei venditori sarà legata principalmente all’abilità di raccolta e trasmissione delle
informazioni in modo da velocizzare l’adeguamento alle trasformazione del mercato, quindi verso una maggior partecipazione al
marketing strategico ed in oltre devono svolgere altre funzioni quali: fare accettare i nuovi prodotti, mantenere la fedeltà della clientela
acquisita, garantire l’assistenza tecnica per garantire la vendita, fornire informazioni sui prodotti.

16.2.3 Il confronto tra la vendita transazionale e la vendita relazionale p436


Molto spesso vi è assimilazione tra negoziazione commerciale e tecniche di vendita, in realtà le due attività sono completamente
diverse. Vendere consiste nel convincere un interlocutore che il prodotto risponda al meglio ai suoi bisogno, Negoziare consiste
nell’analizzare insieme una situazione in cui esiste un interesse comune di fatto, per raggiungere un accordo soddisfacente per
entrambi. Le differenze tra la singola transazione e la vendita di relazione sono numerose. La prima dà risalto alla vendita
individuale: la relazione tra acquirente e venditore termina con la conclusione della vendita. Al contrario, la seconda è orientata a
costruire una relazione forte e duratura, fondata su una solida base di clienti soddisfatti.
La vendita relazionale si differenzia da quella transazionale anche per altri versi, infatti la vendita transazionale si concentra
solamente sul prezzo, mentre quella relazionale sposta l’attenzione sui vantaggi non economici, come i servizi, il tempo di
consegna e la certezza di una fornitura continua. Tuttavia, ormai è chiaro che le tecniche di vendita transazionali (che sono anche
tecniche tradizionali) devono necessariamente evolvere verso la vendita relazionale in primo luogo perché la prima è un atto di
manipolazione, mentre la seconda di comunicazione; in secondo luogo perché le tecniche di vendita tradizionali incontrano sempre
più lo scetticismo dei clienti;
Infine, perché la vendita relazionale tiene conto di un fatto fondamentale, cioè che oggi vendere significa risolvere un problema del
cliente, non soltanto cedergli prodotti disponibili. La vendita relazionale, inoltre, favorisce la fidelizzazione dei clienti nel lungo periodo,
la cosiddetta customer retention, che oggi è sempre più difficile.
Questa nuova prospettiva coinvolge molti aspetti del processo di marketing, che favorisce lo sviluppo di un nuovo strumento
gestionale, il CRM (Customer Relationship Management). Quest’ultimo costituisce un’evoluzione naturale del movimento avviato dal
MDM (Market-Driven Management), con un’insistenza molto più esplicita sulla relazione stessa. Nella vendita relazionale, il centro di
profitto è il cliente, non il prodotto o la marca. Attirare nuovi clienti è considerato un obiettivo intermedio: è il mantenimento
dello stock di clienti esistenti a rappresentare l’obiettivo principale in vista della creazione di una relazione di lungo periodo
reciprocamente redditizia.
La vendita relazionale è orientata al cliente, in contrapposizione alla tradizione orientata al prodotto. La vendita consiste nella
risoluzione dei problemi del cliente e non semplicemente nella vendita dei prodotti disponibili

Criteri Vendita transazionale o negoziale Vendita relazionale


Missione Conquista Fidelizzazione
Obiettivo Transazione, quota di mercato Relazione, quota del cliente
Organizzazione Gestione della marca e del prodotto Gestione del cliente
Informazione Ricerca di Mercato Dialogo, database
Contesto Mercati non saturi Mercati Saturi
Settori privilegiati B2C e B2B B2B

Limiti della vendita relazionale In certe situazioni la relazione con il mercato è una situazione obbligata, specie quando i venditori
adottano costi di trasferimento che legano il consumatore, togliendogli ogni scelta possibile e rendendolo “prigioniero”. Si trovano in
questa situazione imprese che ricorrono a tecnologie o impianti protetti da brevetti
La vendita relazionale è particolarmente utile nei mercati B2B, in cui il legame tra venditore e acquirente è più stretto, duraturo e
importante per entrambi; tuttavia, essa è entrata progressivamente nella pratica dei mercati B2C grazie alle possibilità offerte dal
marketing diretto e dal marketing interattivo. L’attuazione del concetto della vendita relazionale si differenzia dalla vendita tradizionale
per l’importanza attribuita ai servizi pre- e post-vendita. Si possono identificare cinque fasi nella vendita relazionale:
a) la ricerca sistematica di informazioni; individuazione clienti potenziali
b) la selezione del target; ragionare come trasformare un cliente potenziale in cliente, cioè domandarsi come può essere utile la
nostra impresa al cliente?
c) la conquista di buoni clienti; seri e con potenziale che giustifichi gli sforzi e il tempo che verranno loro dedicati
d) la costruzione della relazione; conquistare la fiducia e garantirne la continuità, il venditore è un “risolutore” di problemi che non
vende un prodotto ma una soluzione offerta dal prodotto.
65
e) il mantenimento e consolidamento della relazione. Attraverso l’offerta di servizi personalizzati, basati sulla conoscenza dei
bisogni dei clienti, quindi fidelizzazione che impedisce l’entrata dei concorrenti.

16.2.4 L’organizzazione della forza vendita p439


L’impresa può organizzare la sua forza vendita in diversi modi:
o per settori geografici (che è la struttura più diffusa e più semplice);
Vantaggi: responsabilità del venditore definite, motiva il venditore sulla sua area, riduzione dei costi e spese di spostamento:
perfetta quando i prodotti sono poco numerosi o simili e dove i clienti presentano lo stesso tipo di esigenze.
o per prodotti (è la soluzione preferibile quando i prodotti sono complessi e richiedono competenze tecniche specifiche) In tal caso
il venditore sarà più specializzato e preparato per rispondere ai bisogni dei clienti e contrastare la concorrenza. Svantaggi:
Aumento dei costi, perché + venditori della stessa impresa sullo stesso cliente.
o per clienti (è la soluzione cui si ricorre quando i bisogni dei clienti sono molto diversificati e richiedono competenze specifiche) o
anche in base a un sistema misto. I clienti possono essere classificati per settore industriale, per dimensione o per processo
d’acquisto prescelto. Vantaggio: specializzazione del venditore, di contro i costi per gli spostamenti se la clientele è dispersa a
livello geografico.
Esistono anche formule complesse che combinano coppie di questi criteri. Alcuni venditori possono essere specializzati per prodotto-
territorio o anche per cliente-territorio-prodotto

16.2.5 Le decisioni relative alle dimensioni della forza vendita p440


La determinazione del numero di venditori è un problema facilmente misurabile dato che dipende dalla risposta del mercato. Esistono
diversi modi per affrontarlo ed il più semplice è quello basato sul carico di lavoro dei venditori, fondato sulla convinzione che i
consumatori + grandi vadano serviti in modo diverso da quelli medi e piccoli. Ecco le fasi:
1. Si parte suddividendo i potenziali clienti in categorie, in base al loro potenziale, ubicazione o settore di riferimento
2. Determinare la frequenza delle visite
3. Si determina il numero di visite che un venditore medio può effettuare in un anno
Dato il numero di visite che un venditore può effettuare per una determinata categoria di clienti, è possibile calcolare la dimensione
della forza di vendita FDV necessaria attraverso la seguente formula:

Numero di clienti potenziali X frequenza di visita


FDV = --------------------------------------------------------------
Numero medio di visite per venditore

16.3. Le decisioni di comunicazione pubblicitaria p441


La pubblicità è un mezzo di comunicazione che permette all’impresa di trasmettere un messaggio a potenziali clienti con i quali non ha
alcun contatto diretto. Ricorrendo alla pubblicità, l’impresa attua una strategia di comunicazione pull, il cui principale obiettivo è
creare un’immagine di marca e un capitale di notorietà, favorendo la collaborazione con i distributori.
Utilità: per l’impresa fornire informazioni ai clienti e stimolare la loro preferenza; per i clienti: conoscere le qualità distintive che il
produttore attribuisce al prodotto e ridurre il tempo di accesso a tali informazioni

16.3.1. Il valore dell’informazione pubblicitaria


Partendo dal presupposto che l’informazione pubblicitaria deriva da una fonte dominata dal produttore, è chiaro che agli occhi del
consumatore essa non può avere lo stesso valore di altre fonti informative. Si tratta di una sollecitazione all’acquisto, che genera quindi
un’informazione progettata per sottolineare gli aspetti positivi del prodotto. In ogni caso, è un informazione che svolge almeno due
funzioni a favore del consumatore: da una parte, gli permette di conoscere quali sono le caratteristiche distintive rivendicate
dal produttore e di verificare se le promesse corrispondono a ciò che cerca; dall’altro, lo aiuta a risparmiare tempo, dal momento
che le informazioni arrivano senza doverle cercare.

16.3.2. Le varie forme di comunicazione pubblicitaria p441


Si possono distinguere varie forme di pubblicità.
Per cominciare, la pubblicità d’immagine, è una comunicazione di tipo attitudinale: mira soprattutto a modificare l’atteggiamento del
cliente nei confronti della marca, inducendolo all’acquisto in una prospettiva di medio-lungo termine.
La pubblicità promozionale, di tipo comportamentale, dal canto suo, intende influenzare il comportamento d’acquisto anziché
l’atteggiamento del consumatore. L’obiettivo è di stimolare l’atto d’acquisto e la sua efficacia sarà quindi direttamente proporzionale
alle vendite realizzate. Il risultato ricercato è dunque a breve termine.
La pubblicità interattiva, messaggio pubblicitario personalizzato, ha l’obiettivo di instaurare un dialogo tra l’inserzionista e il
potenziale cliente, stimolando nel secondo una risposta in base alla quale l’impresa cercherà di costruire una relazione commerciale. La
pubblicità interattiva, pertanto, tenta di conciliare le caratteristiche dei due stili precedenti.
Le categorie dei contenuti dell’informazione pubblicitaria sono vari: prezzo, qualità, performance, offerte speciali, garanzie, sicurezza,
nuove idee, valore nutritivo ecc.

16.3.3. I presupposti della comunicazione pubblicitaria d’immagine p433


Troppe imprese hanno ancora la tendenza ad assimilare il marketing alla pubblicità e ad intraprendere le attività di M. partendo dalla
pubblicità. La pubblicità non è che il completamento, a volte (ma non sempre) indispensabile, di un processo più fondamentale, quello
del marketing strategico. La pubblicità può essere efficace solo quando operano gli altri elementi del M.: un prodotto differenziato e
posizionato in modo chiaro, venduto ad un prezzo competitivo da una rete di distribuzione adeguata. La pubblicità è utile per il cliente
quando egli si trova di fronte ad acquisto di prodotti complessi, con qualità che non emergono attraverso una semplice ispezione. È
dunque in riferimento agli experience goods (come i prodotti alimentari) e i credence good (olio per auto e servizi medici) che i clienti

66
possono trarre notevoli vantaggi da una pubblicità realmente informativa. Il posizionamento pubblicitario desiderato deve essere in
linea con il posizionamento di marketing adottato: la pubblicità, per funzionare, deve basarsi su un ragionamento strategico coerente

16.3.4. Gli obiettivi della comunicazione pubblicitaria p444


Per determinare gli obiettivi della comunicazione pubblicitaria si fa riferimento ai 3 livelli di risposta:
1. cognitivo, riguarda la notorietà e conoscenza delle caratteristiche del prodotto
2. affettivo, riguarda la valutazione della marca in termini di sensazioni, giudizi e preferenze
3. comportamentale, riguarda il comportamento d’acquisto e successivo all’acquisto ed altro.
Partendo da questi obiettivi si possono identificare gli effetti comunicativi utilizzabili dalla pubblicità:
Lo sviluppo della marca primaria L’essenza del bisogno è una condizione preliminare che determinerà l’efficacia di ogni attività di
comunicazione. Ciascun prodotto risponde a una categoria di bisogni la cui percezione da parte dei potenziali clienti può essere
stimolata attraverso la pubblicità, che contribuirà così a sviluppare la domanda primaria del mercato.
Il primo obiettivo consiste nel creare o mantenere la notorietà-riconoscimento, ovvero favorire il riconoscimento della marca,
per esempio sul luogo d’acquisto, e portare così il cliente a riconoscere l’esistenza della categoria di bisogni.
Il secondo obiettivo consiste nel creare o mantenere la notorietà-ricordo della marca, ovvero indurre l’acquirente a
selezionare la marca nel momento in cui si manifesta il bisogno.
Il terzo obiettivo, infine, consiste nel perseguire simultaneamente i due obiettivi precedenti.
Il quarto obiettivo, è quello di creare un atteggiamento favorevole rispetto alla marca, consiste nel creare, migliorare,
mantenere e modificare l’atteggiamento dei clienti nei confronti della marca. Interviene qui la risposta affettiva, mentre nei livelli
precedenti entrava in gioco quella cognitiva.
Il quinto obiettivo è quello di stimolare l’intenzione di acquisto, che si pone a metà strada tra la risposta affettiva e quella
comportamentale.
Il sesto obiettivo, è quello di facilitare l’acquisto. Quest’ultimo obiettivo della comunicazione pubblicitaria chiama in causa le altre
leve della pressione marketing, senza le quali l’acquisto stesso non potrebbe avere luogo: un prodotto che mantenga le sue promesse;
la disponibilità del medesimo nei punti vendita; un prezzo di vendita accettabile; la competenza e la disponibilità della forza vendita.

16.3.5. La pubblicità su Internet


Cresciuta esponenzialmente dal 1994 (anno della sua comparsa) ad oggi, la pubblicità sul Web ha come suo massimo vantaggio la
grande disponibilità di informazioni che mette a disposizione dei potenziali acquirente. All’inverso, essa è facilmente misurabile, almeno
in parte, grazie ai sistemi di controllo dei click ed è accessibile in ogni ora del giorno e in ogni momento dell’anno. Le imprese che
utilizzano internet possono anche ridurre i costi per la minor forza vendita ed aprire nuovi mercati nazionali ed internazionali. Altri
vantaggi della pubblicità on line: facilmente misurabile poiché permetti di misurare il numero di “hit” e di “click-through”, di interagire
immediatamente con i consumatori, ottenere feedback istantanei, inviare messaggi via web a gruppi di clienti target definiti in modo
preciso e tempi di accesso ai dati rapidi e 24 su 24.
Internet è un Medium cognitivo, mentre la TV emozionale, la tv è calda il web freddo, l’utente non è nel web per vivere un’esperienza,
ma per fare qualcosa, per un preciso motivo e non ama essere distratto dalla pubblicità, ragion per cui la percentuale dei click-through
è bassa.
La pubblicità in passato era legata solo ai banner, rettangoli contenenti teso e a volte immagini, oggi le evoluzioni sono sidebar
(simile al banner ma verticale), pop-up pubblicitario rappresenta un messaggio di dimensioni variabili che appare sopra la pagina
quando il visitatore vi entra, che oscura la pagina e deve essere rimosso per ri-visualizzarla, pop-up pubblicitario si pone sotto il
contenuto visto dall’utente (meno invasivo), “rich media” cioè varie esperienze su media pubblicitari on-line con animazione di alta
qualità; Sempre + i pubblicitari riconoscono l’efficacia della pubblicità on-line deriva dalla “view through” che si verifica quando un
utente visita un sito pubblicizzato dopo avervi visto la pubblicità on-line, senza avervi cliccato ma andando direttamente al sito
pubblicizzato.
Comunicazione personalizzata: Yahoo Progetto Panama – Google gestione dati clienti

16.3.6. Internet e la comunicazione diretta di marketing


L’adozione di Internet ha provocato profondi cambiamenti nel modo in cui le imprese si relazionano con i propri pubblici di riferimento,
sia interni sia esterni. In particolare il Web 2.0 ha abilitato nuove e più coinvolgenti forme di relazione e comunicazione tra imprese e
clienti. La comunicazione e la pubblicità online non possono essere intese come una versione virtuale della pubblicità tradizionale, in
quanto le caratteristiche del Web sono del tutto diverse da quelle dei media tradizionali e agiscono profondamente sui contenuti e gli
effetti del messaggio stesso. I principali strumenti per la comunicazione d’impresa, che si avvalgono del fatto di essere veicolati su
Internet, sono classificabili in due grandi categorie:
o ABOVE THE WEB: tra i primi figurano gli strumenti pubblicitari (banner , pop-up, interstitial (pagina dinamica con animazione e
musica che viene introdotta sezioni o pag. del sito), microsite (sito web in miniatura con poche pag. realizzato ad hoc per
promuovere un prodotto o un evento), rich media (forma di comunicazione costituita da banner audio e video e interstitial), i
motori di ricerca, i link a pagamento, le sponsorizzazioni (sponsorship di un sito web) e le public relation.
o BELOW THE WEB: tra i secondi figurano invece mailing list (che permettono di ottenere un risultato apprezzabile in termini di
comunicazione se gli iscritti sono numerosi), newsgroup (bacheche virtuali spesso monotematiche), newsletter (notiziario inviato
periodicamente a un certo numero di iscritti con iscrizione volontaria) e comunità virtuali chat e forum (luogo di incontro e di
scambio culturale, in cui gli iscritti condividono le proprie opinioni).
Cross media Advertising p453 Grazie all’utilizzo di Internet, la comunicazione tra impresa e cliente si sviluppa in un percorso a due
vie: i feedback che vengono via via acquisiti rappresentano preziose risorse informative che, se utilizzate adeguatamente,
permettono un rapido adeguamento dell’offerta. Gli effetti della comunicazione online possono essere inoltre amplificati tramite
l’integrazione con gli strumenti di comunicazione tradizionale. L’integrazione rappresenta la chiave di volta per amplificare l’efficacia
della comunicazione online e offline, dato che costituisce l ‘ssenza delle strategie di cross advertising. I due canali possono essere usati
contemporaneamente per veicolare lo stesso messaggio, oppure con un timing diverso, oppure ancora possono servirsi di messaggi
diversi nei diversi canali.
67
16.4. Le decisioni di promozione delle vendite p454
La promozione delle vendite comprende l’insieme degli stimoli che vengono usati dall’impresa per rafforzare l’azione della pubblicità e
della forza vendita, e per stimolare acquisti più rapidi e di dimensioni maggiori di un bene o di un servizio. La promozione delle vendite
si inserisce nella strategia complessiva di marketing e negli ultimi tempi ha assunto un’importanza crescente, che si traduce
annualmente in un aumento delle spese promozionali nel budget totale di comunicazione.
La promozione delle vendite è un’attività che combina una serie di tecniche e mezzi di comunicazione, implementati nell’ambito del
piano di marketing dell’impresa, allo scopo di stimolare, nel target prescelto, la nascita o l’evoluzione di un comportamento d’acquisto o
di consumo a breve o a lungo termine.

16.4.1. Gli obiettivi della promozione delle vendite


Gli obiettivi della promozione delle vendite dipendono dal tipo di promozione. Essa può essere considerata dal punto di vista di chi fa
l’offerta (produttore o distributore) o del target designato (consumatore, distributore o forza vendita). È possibile considerare quattro
tipi di promozione: la promozione al cliente, la promozione al distributore, la promozione commerciale e la promozione alla forza
vendita.
o la promozione al cliente consiste nel proporre al medesimo un vantaggio immediato, differito o ipotetico per stimolare
l’acquisto di un prodotto.
o La promozione al distributore propone alle imprese distributrici o ai grossisti vantaggi specifici, soprattutto di carattere
finanziario, per stimolarli ad:
1) adottare la marca;
2) aumentare le proprie scorte;
3) promuovere la marca esponendo pubblicità o riduzioni di prezzo;
4) promuovere il prodotto nei loro negozi.
o La promozione commerciale, comprende le operazioni promozionali organizzate dai distributori a vantaggio dei propri clienti,
che in parte utilizzano le risorse finanziarie messe a disposizione dai produttori.
o La promozione alla forza vendita o alla rete si propone di stimolare tutti i partner (forza vendita, grossisti, rivenditori)
interessati dalla vendita del prodotto, usando incentivi individuali.

16.4.2. Le diverse tecniche promozionali


Le tecniche promozionali sono numerose e molto eterogenee, e possono essere raggruppate in quattro grandi famiglie:
a) le riduzioni di prezzo;
b) le vendite con premi e omaggi;
c) le prove e i campioni; distribuzione gratuita di campioni o prove per far testare il prodotto
d) i giochi e i concorsi. Di tratta di competizioni a carattere ludico, che alimentano la speranza di vincite elevate.
Negli ultimi tempi carte fedeltà e buoni elettronici. Obiettivi Tab. 16.8 e tecniche promozionali Tab. 16.9
La proliferazione delle tecniche e delle attività promozionali provoca effetti perversi, dato che comporta un costo elevato sia per il
distributore sia per il produttore. Dal punto di vista concorrenziale, inoltre, gli effetti delle promozioni tendono a compensarsi, poiché
un’azione promozionale riuscita suscita immediatamente una reazione promozionale da parte del concorrente, che cercherà di
compensare la perdita subita. Inoltre, se da un lato questa escalation promozionale apporta un beneficio al cliente, dall’altro rende
permanenti le promozioni, compromettendone l’efficacia e generando comportamenti di attesa tra i clienti.

16.4.3. Gli effetti della promozione sulle vendite p457


Gli effetti delle promozioni sono complessi e superano il semplice risultato di vendita, anche se quello è il primo effetto ricercato. È
possibile fare una distinzione tra gli effetti immediati sui consumatori e quelli sulla distribuzione. Agli effetti immediati devono
poi essere aggiunti quelli a lungo termine, che possono essere negativi per una marca.
Gli effetti delle promozioni sui consumatori sono piuttosto complessi e possono manifestarsi prima e dopo la promozione:
o Gli effetti di trasferimento interno: si tratta degli acquisti di consumatori abituali, i quali approfittano dell’offerta speciale ma
avrebbero acquistato la marca anche in assenza di promozione;
o Gli effetti di anticipazione: si tratta del calo delle vendite che si registra nel periodo antecedente la promozione, perché i
consumatori attendono la promozione per acquistare. Maggiore è la regolarità delle promozioni, tanto più evidente sarà questo
effetto;
o Gli effetti di depressione: si tratta del calo degli acquisti conseguente all’accumulo di scorte effettuato dal consumatore durante
la promozione;
o Gli effetti di cannibalizzazione: si tratta dei trasferimenti di acquisti che possono essere effettuati tra diversi formati o varietà
all’interno della stessa gamma in occasione di un’attività promozionale;
o Gli effetti di sostituzione della marca: questo è l’effetto ricercato con la promozione. Si tratta delle vendite supplementari
realizzate in occasione della promozione, grazie ad un trasferimento dalla marca abituale alla marca in promozione;
o Gli effetti di prova: la tecnica promozionale utilizzata, quale che sia, può indurre i consumatori ad usare il prodotto, per cui sono
importanti specialmente per i nuovi prodotti;
o Gli effetti di rimanenza: sono gli effetti positivi che permangono dopo la promozione e che possono collocare la marca a un
livello di vendita superiore a quello osservato prima della promozione.
Questi effetti variano a seconda della fase del ciclo di vita del prodotto-mercato di riferimento: nelle fasi di introduzione e crescita, le
promozioni accelerano lo sviluppo della domanda primaria, favorendo la prima prova. Nella fase di maturità, i vantaggi generati da una
promozione vanno necessariamente a scapito delle marche concorrenti, il che rischia di innescare una dinamica di eccesso
promozionale. Verificare Fig. 16.5 gli effetti della promozione sulle vendite
Gli effetti delle promozioni sui distributori, se ne possono distinguere tre:
o Gli effetti di posticipazione: i distributori, che esigono di conoscere il programma di marketing operativo dei loro fornitori,
tendono a differire i propri acquisti per potersi rifornire in occasione di periodi promozionali;
68
o Gli effetti di sovrastoccaggio: negli ordini trasmessi nei periodi di promozione, i distributori tendono a rifornirsi per una durata
compatibile con le proprie capacità di stoccaggio, il che comporterà una riduzione degli ordini successivamente al periodo
promozionale;
o Gli effetti degli approvvigionamenti devianti: alcuni distributori si riforniscono esclusivamente in occasione di promozioni e
rifiutano di acquistare il prodotto a prezzo pieno.
Gli effetti negativi delle promozioni, è possibile identificarne quattro:
a) la spirale promozionale, cioè la creazione di una situazione promozionale quasi permanente;
b) la banalizzazione dell’immagine di marca (una marca troppo promossa si banalizza agli occhi dei clienti);
c) lo sviluppo di comportamenti speculativi, poiché, se le promozioni sono troppo frequenti, i clienti possono attendere
sistematicamente le offerte promozionali;
d) una difficoltà di confronto tra i prezzi, resa appunto difficile dal moltiplicarsi delle offerte promozionali.
La redditività delle azioni promozionali
La R. e l’efficacia delle promozioni sono misurabili tramite osservazione diretta con i nuovi metodi basati su panel con l’ausilio dello
scanner

16.4.4 Le promozioni paneuropee p459


Con la globalizzazione dei mercati, specie nell’economia europea, gli operatori si sono trovati di fronte alla necessità di utilizzare un
messaggio coerente a livello internazionale, per rafforzare la marca e creare economie di scala.

16.5. Le decisioni di relazioni pubbliche e quelle non legate ai media p461


La pubblicità istituzionale non si propone di parlare del prodotto, bensì di creare o consolidare un atteggiamento positivo nei confronti
dell’impresa per creare un clima di fiducia e comprensione. Si tratta perciò di un obiettivo di creazione d’immagine dell’impresa, che fa
riferimento all’atteggiamento generale del pubblico nei riguardi dell’impresa stessa.
Gli obiettivi delle relazioni pubbliche (comunicazioni) sono far conoscere l’attività, le finalità, il valore e sviluppare un’immagine
favorevole nella mente del pubblico in particolare degli attori principali: distributori, prescrittori, e interlocutori istituzionali e finanziari.
Le R.P. si differenziano dalle altre forme di comunicazione di M. per 3 aspetti:
1. Gli obiettivi, non la vendita
2. I target ai quali si rivolgono sono diversificati tutti gli stakeholder
3. Mezzi utilizzati diversificati e vanno dal giornale aziendale, al comunicato stampa, dalle sponsorizzazioni ai patrocini.
Gli strumenti utilizzati dalle relazioni pubbliche sono molteplici e possono essere raggruppati in quattro categorie:
o la prima categoria comprende tutte le informazioni relative all’impresa; prodotto, fusione, contratti ecc.
o la seconda categoria comprende le pubblicazioni (rapporti annuali, giornali aziendali, cataloghi ecc.);
o la terza categoria comprende gli eventi e le manifestazioni;
o la quarta categoria comprende i patrocini, ovvero la partecipazione dell’impresa a cause di interesse generale (umanitarie,
scientifiche, culturali).
Gli ultimi due strumenti delle relazioni pubbliche rientrano nella comunicazione istituzionale, tramite la quale l’impresa cerca di
valorizzarsi nei confronti dell’opinione pubblica, presentandosi come impresa socialmente responsabile.

16.5.3 la sponsorizzazione ed il patrocinio p462


Si tratta di due modalità particolari di pubblicità istituzionali (il rischio di tale pubblicità è di stancare il pubblico, infastidito
dall’autocelebrazione). L’obiettivo è quello di accrescere la notorietà dell’impresa e migliorarne l’immagine associandola a valori positivi
16.5.4 le spese di sponsorizzazione p463
Una particolare forma di sponsorizzazione è il sostegno fornito dalle imprese a cause di interesse generale che tende a sostituire la
pratica delle donazioni filantropiche o caritatevoli.

Riassunto p465
Il termine comunicazione di M. si riferisce all’insieme dei messaggi e dei segnali inviati dall’impresa ai suoi diversi pubblici. I 4
principali mezzi di comunicazione di M., definiti Mix di comunicazioni, sono: la forza vendita, la pubblicità sui media, la promozione e
le relazioni pubbliche. Nell’elaborare un programma di comunicazione le 4 attività principali sono: la definizione degli obiettivi,
l’esecuzione del messaggio, la scelta del piano media e la misurazione dell’efficacia della comunicazione.
Grazie soprattutto allo sviluppo delle tecnologie di informazione, il ruolo dei venditori sta subendo un mutamento considerevole e
sempre + spesso la negoziazione commerciale e la vendita relazionale tendono a sostituire le tecniche di vendita
tradizionali. Questa evoluzione segna ai venditori una funzione importante nel campo del M. strategico. Quando l’impresa ricorre alla
pubblicità sui media adotta una strategia di comunicazione pull il cui principale obiettivo è creare l’immagine di marca e il valore della
marca e garantire la collaborazione dei distributori. Gli obiettivi della pubblicità si differenziano a seconda dei livelli di risposta del
mercato: cognitiva, affettiva e comportamentale. Le spese destinate alla promozione delle vendite assorbono una fetta crescente del
budget totale di comunicazione, soprattutto a seguito dello sviluppo delle tecniche del M. diretto. Esiste una varietà di tecniche
promozionali, che generano effetti complessi, e che talvolta rischiano addirittura di avere un impatto negativo sull’immagine della
marca. Le relazioni pubbliche rappresentano una forma di comunicazione soft che sta acquistando popolarità, poiché si osserva un calo
dell’efficacia della pubblicità dei media. La sponsorizzazione ed il patrocinio sono due particolari modalità di pubblicità istituzionale che
si ritrovano soprattutto nei paesi industrializzati. CAPITOLO 17 escluso

CAPITOLO 18 Valori emergenti e nuove problematiche del market-driven management p501


18.1. L’affermazione del potere della società civile
Nel mondo industrializzato, i consumatori evoluti rappresentano una forza composita di cittadini-clienti che le aziende non possono più
permettersi di ignorare. Questi consumatori sono consapevoli della loro forza (senso del potere), hanno comportamenti
d’acquisto professionali, hanno superato le esigenze di consumo primario e sono alla ricerca di nuovi valori, sono
interessati primariamente a forme di consumo etico e politicamente corretto e sono rappresentati da organizzazioni
69
non governative ONG. Tutto ciò comporta un ulteriore fattore di difficoltà per le imprese, poiché richiede una comprensione più
profonda dei mercati e un’analisi più approfondita delle tendenze che si manifestano al loro interno.

18.2. L’integrazione delle nuove tecnologie di comunicazione p504


Nonostante la crisi della New Economy e il collasso sul Nasdaq di molte Internet start-up, il settore delle nuove tecnologie di
informazione e della comunicazione è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni, ad una velocità che ha messo in crisi le
imprese, generando un dibattito mirato a comprendere il futuro dell’organizzazione dei mercati e delle strategie di M.
18.2.1 Una nuova generazione del commercio elettronico Stiamo assistendo alla nascita della seconda generazione del
commercio elettronico che intendiamo: qualsiasi scambio di natura elettronica che contribuisca alle attività commerciali e di M. di
una azienda e che faciliti le relazioni tra consumatori, fornitori ecc. Le caratteristiche principali del C.E. sono: ubiquità virtuale di
domanda e offerta, la semplicità di accesso alle informazioni di qualità per un vasto pubblico, ovunque e in qualsiasi momento.
18.2.2 Il concetto virtuale del mercato Una delle principali cause di fallimento delle start-up della New Economy è stata la
mancanza di proposte che si differenziassero rispetto a quelle dei negozi non virtuali; la sfida è quella di riprogettare l’offerta
tradizionale rendendola globale o ponendo una combinazione innovativa di offerte, per dare al cliente un valore aggiunto.
L’analisi del valore aggiunto, basata sul concetto di metamercato, porta ad offrire un assortimento definito in relazione a tutti gli
elementi (attività e servizi) che rientrano nello spazio cognitivo del cliente.
18.2.3 Riconfigurazione dei Network distributivi Una volta identificate le potenziali applicazioni del commercio elettronico, è utile
verificare se ciascuna rappresenti un complemento o un sostituto delle operazioni che avvengono off-line. Le applicazioni on-line non
sempre rimpiazzano le attività tradizionali, in molti casi la soluzione migliore consta una combinazione tra le due, che approfitti della
loro complementarietà. Una seconda questione sollevata dal C.E. è la riprogettazione della rete distributiva: l’idea è di rimuovere gli
intermediari (Disintermediazione) comunicando direttamente con il consumatore attraverso un link che gli permetterà di ordinare e
spendere meno. (ma non è proprio così semplice) Infatti l’obiettivo dei Manager non è quello di emarginare i distributori ma di
ridistribuire compiti e funzioni tra i componenti della catena.
18.2.4 la copertura geografica p506
Se il commercio elettronico facilita la comunicazione, le consegne internazionali e la relativa logistica richiedono ancora una
competenza specifica in materia e implicano l’impiego di notevoli risorse economiche. Lo sviluppo delle nuove tecnologie d’informazione
e della comunicazione e la conseguente globalizzazione del mercato possono dare l’illusione che le distanze non contino più. In realtà
la distanza è un concetto multidimensionale e bisogna distinguere 4 dimensioni che la compongono:
1. geografica: distanza fisica
2. amministrativa: accordi commerciali
3. economica: differenze nello stile di vita
4. culturale: difficoltà linguistiche
Le nuove tecnologie hanno eliminato solo una di queste componenti: quella relativa alla comunicazione Appr. 18.1
18.2.5 La comunicazione elettronica e i nuovi strumenti di comunicazione e di marketing
Oltre a modificare le regole della vendita diretta e della pubblicità, l’evoluzione della comunicazione elettronica ha anche cambiato gli
obiettivi e il contenuto della comunicazione pubblicitaria, che ha assunto caratteristiche ormai note: è interattiva, + comunicativa e
pratica. Appr. 18.2

18.2.6 Il Web 2.0 e le nuove caratteristiche della comunicazione di marketing p507


Il Web 2.0 rappresenta al tempo stesso un mezzo di condivisione del sapere dell’informazione e un mezzo di comunicazione tra utenti.
Rappresenta quindi un nuovo utilizzo del Web, basato su una diversa concezione, focalizzata su contenuti generati dagli utenti,
sull’informazione sociale (social networking)
I contenuti generali dagli utenti (user generated content)
È l’elemento caratterizzante del Web 2.0, per cui gli utenti diventano i primi creatori dei contenuti della rete. Mediante attività di web
publishing, nei new media il materiale disponibile on-line è prodotto dagli utenti anziché da società specializzata nella produzione di
contenuti. Es. Video digitali, blog, podcast, foto e il wiki. I siti che si basano su questa filosofica sono Flickr, Wikipedia, YouTube e
second life. La generazione dei contenuti da parte degli utenti può coinvolgere le attività di progettazione del prodotto, di realizzazione
del packaging, o di comunicazione, come la realizzazione di campagne pubblicitarie. Il clienti si trasforma da consumer a prosumer.
Il podcasting e la nuova informazione p508
Il P. è un sistema che permette di scaricare in modo automatico documenti audio, video e testo utilizzando iTunes e Feedreader
L’utilizzo principale del P. è la condivisione con gli altri utenti iscritti al sito di contenuti; imprese forniscono podcast video delle proprie
conferenze; emittenti radiofoniche offrono podcast audio delle trasmissioni passate e così via.
Social network
Può essere inteso come un insieme di attori e di relazioni che li collegano. Gli attori possono essere rappresentati da persone,
computer, organismi, mentre le relazioni possono essere di amicizia, collaborazione, lavoro ecc. Facebook, Lonkedin e Myspace
Blog
È l’abbreviazione di Web Log, rappresenta a tutti gli effetti un Diario in Rete, che permetti di pubblicare storie, informazioni e opinioni
in completa autonomia. I lettori possono scrivere i propri commenti e lasciare commenti all’autore. (spazio di discussione aperto a tutti)
Wiki
Un Wiki è un sito web o una collezione di documenti ipertestuali che permette a ciascuno dei suoi utilizzatori di aggiungere contenuti,
come in un forum, ma anche di modificare i contenuti esistenti inseriti da altri utenti. (l’enciclopedia wikipedia)

18.2.7 la protezione della privacy su internet p510


Per la personalizzazione dell’offerta online è necessario disporre di dati relativi agli utenti. Ciò spiega lo sviluppo delle banche dati
personali e, di conseguenza, l’emergere del delicatissimo problema della protezione della privacy su internet. La direttiva UE del 1995
protegge tutti i dati personali e permette di raccoglierli solo a scopi specifici, espliciti e identificabili: tali dati non possono essere
elaborati per fini diversi. Chi raccoglie i dati questi dati è tenuto a informare la persona a cui appartengono sul motivo per cui li
raccoglie e vengono utilizzati per motivi diversi il titolare deve sempre essere avvertito
70
18.3. L’emergere di nuovi valori e 19.3.1 il dibattito tra azionisti e portatori di interesse 18.3.2 visione socio-
economica del consumo p510
Oggi l’obiettivo dell’impresa deve essere uno sviluppo sostenibile
L’approccio tradizionale agli obiettivi dell’impresa ritiene che questi ultimi consistano essenzialmente nell’aumentare i profitti e dunque
il valore delle azioni, in una logica puramente economica. L’approccio ai portatori di interesse (stakeholders), che è più recente,
sostiene invece che l’azienda è responsabile nei confronti dei portatori d’interesse , cioè su qualsiasi gruppo di persone che può influire
sugli obiettivi aziendali o subirne l’influenza: dipendenti, consumatori, fornitori, la comunità locale e l’ambiente. Non sembra, a prima
vista, che i due approcci citati possano facilmente convivere all’interno di un unico modello economico.
Tuttavia, se si pensa all’importanza che ha assunto, nel giro di pochi anni, la visione socio-ecologica del consumo collegata alla
crescente consapevolezza della scarsità delle risorse naturali, della crescita incontrollata dei rifiuti e del costo sociale del consumo – si
comprende come in realtà i due modelli già convivano. Questa nuova consapevolezza sulla scarsità delle risorse riflette un
cambiamento attitudinale nei confronti del consumo, che non è + visto solo come fine a se stesso, ma va considerato con tutte le
implicazioni a monte (costo di opportunità) e a valle (costo di riparazione e prevenzione). L’ecologista desidera soprattutto stabilire un
prezzo per l’utilizzo dell’ambiente, che finora era stato considerato un bene gratuito. Appr. 18.3 Ambiente

18.3.3 Gli obiettivi dell’eco-efficienza In una prospettiva socio-ecologica del consumo, le imprese tendono a migliorare la loro
eco-efficienza , aumentando il volume di produzione per unità di risorsa naturale utilizzata. Tutti gli studiosi concordano sul fatto che il
potenziale di miglioramento dell’eco-efficienza è, per la maggior parte dei prodotti, (fare di più utilizzando meno Henri Ford). Si tratta
di un miglioramento che non solo sarebbe benefico per l’ambiente, ma aumenterebbe la redditività dell’impresa, creando una
situazione caratterizzata da guadagni sia dal punto di vista ambientale sia da quello economico. Come ultimo aspetto, ma non minore,
c’è da considerare come l’immagine di un’impresa che gode di una buona reputazione in termini di rispetto per l’ambiente costituisca
sempre più un motivo di fedeltà per clienti, dipendenti e azionisti.

18.3.4 Verso una governance globale p514


La Globalizzazione dell’economia mondiale solleva la questione del ruolo dello Stato e della governance globale. Un’economia di
mercato necessita di un governo forte, che stabilisca le regole del gioco competitivo e le applichi. È compito dello Stato, bilanciare le
questioni macro-economiche (come la stabilità dei prezzi) e garantire un minimo di coesione e solidarietà sociale. Nel mondo di oggi, è
più forte che mai la necessità di mantenere e rivendicare la propria identità culturale, e negli anni a venire, sarà il principio di
sussidiarietà a guidare la decisione (ciò che si può gestire meglio a livello locale a tale livello deve essere gestito). Per le questioni
transnazionali, però (come l’ecologia, la sicurezza, la salute) sono necessarie delle forme di governo mondiale.

18.3.5 La responsabilità sociale dell’impresa p515


1. raggiungere gli obiettivi di sviluppo senza compromettere l’ambiente
2. non è ammissibile che metà dell’umanità è esclusa dal sistema economico globale
Un’azienda che abbraccia l’RSI (responsabilità sociale d’impresa) riconosce di essere responsabile non solo nei confronti degli azionisti,
ma dell’intera società.

18.3.6 Le potenzialità di una certificazione di responsabilità sociale


Certificazioni internazionali ISO14000 ed EMAS UE per uno sviluppo sostenibile a tutela dell’ambiente e SA8000 responsabilità sociale
dell’impresa di seguito gli standard: proibisce il lavoro minorile, il lavoro forzato, discriminazioni, stabilisce norme sulla salute, sicurezza
e sulla contrattazione collettiva.

18.3.7 Il Marketing e la povertà p517


La gestione della povertà nel mondo sarà una delle grandi sfide del XXI secolo. Oggigiorno è acclarato che la crescita economica di un
Paese è strettamente legata alla creazione di imprese, quindi, l’imprenditorialità può diventare un potente mezzo di riduzione della
povertà. (Appr. 18.6 Procter & Gamble prodotti a basso costo).

18.4. Implicazioni per il market-driven management p519


Nell’economia globalizzata, il marketing strategico continua ad avere un ruolo importantissimo, in quanto rimane il miglior sistema per
far incontrare domanda e offerta. Quali sono dunque, a livello manageriale, le implicazioni dei cambiamenti analizzati in questo
capitolo? Come si è detto, il paradigma dell’orientamento al mercato è complesso e si può definire facendo riferimento alle dimensioni
della cultura, dell’analisi e dell’azione. Per quanto concerne in primo luogo la cultura, la filosofia aziendale rientra nel sistema
dell’economia di mercato sociale. Creando valore per il cliente, l’impresa raggiunge i suoi obiettivi di profitto e crescita, e quindi crea
valore per gli azionisti. Nell’economia attuale, questo è un obiettivo assai complesso da raggiungere. Per quanto riguarda l’analisi,
l’obiettivo del marketing strategico è quello di proporre a un determinato segmento del mercato un valore che sia diverso da quello
offerto dalla concorrenza e che sia, al tempo stesso, sostenibile per l’impresa. Nell’economia attuale, anche questo obiettivo diventa più
difficile da raggiungere, poiché la complessità dei mercati mondiali è cresciuta in seguito all’entrata in gioco di nuovi soggetti (società
civile, consumatori, ONG, etc.). Tale complessità richiede un rafforzamento della mente strategica dell’azienda. Per quanto si riferisce
infine all’azione, il settore commerciale dell’impresa, stimolato e rafforzato dallo sviluppo delle ICT, ha raggiunto capacità impensabili,
riuscendo ad allontanarsi da una strategia di prodotto per andare verso una strategia di soluzione.

18.4.1. L’ampliamento del ruolo del marketing p520


La crescente complessità dei mercati globali deriva da fattori sempre nuovi e diversi. Per farvi fronte, le imprese devono ridefinire il
modo in cui la funzione marketing opera, ampliandone e qualificandone il ruolo, modificandone le priorità e sviluppando nuove
competenze. In particolare, devono essere rispettate le seguenti priorità:
a) rafforzare il marketing strategico, la cui importanza in uno scenario in continuo cambiamento cresce considerevolmente;
b) porre maggiore enfasi sull’innovazione; l’innovazione resta il modo migliore per costruire un solido vantaggio competitivo.
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c) rafforzare la collaborazione con le altre funzioni, poiché il market-driven management è troppo complesso per essere
confinato alla sola funzione marketing; la cultura di orientamento al mercato è responsabilità di ogni funzione all’interno dell’impresa.
d) vedere il mercato come un ambito commerciale a doppio uso, da un lato i mercati globali tradizionale GTM e dall’altro quello
elettronico GEM;
e) non sottostimare il ruolo dei media prodotti dagli utenti (user generated media);
f) sviluppare strategie per l’offerta di soluzioni ai clienti, che sono le strategie vincenti, perché creano rapporti più duraturi con i
clienti stessi e offrono margini di profitto più elevati;
g) considerare il budget di marketing come investimento a lungo termine e non come una spesa;
h) nei mercati B2C, trattare i grandi distributori come clienti B2B, stante la loro crescente importanza; Nei mercati B2C,
l’equilibrio di potere si sposta continuamente tra i due attori chiave di mercato, produttori e distributori, cambiando la natura del
rapporto da un modello dominato dal produttore a quello dominato dal distributore.
i) essere consapevoli della propria responsabilità sociale d’impresa, evitando di essere oggetto di critiche per comportamenti
socialmente scorretti, che potrebbero costare molto cari;
l) sviluppare nuove capacità e competenze, perché il compito delle imprese non è mai stato così difficile come oggi.

Riassunto p523
Nel mondo industrializzato i consumatori rappresentano una forza che non si può ignorare. La crisi della New Economy e il crollo del
Nasdaq di molte internet start-up sono stati causati, tra l’atro, dalla mancanza di proposte differenziate rispetto a quelle dei
negozi tradizionali. La sfida delle nuove forme di commercio elettronico è quella di riprogettare sia l’offerta tradizionale sia la rete
distributiva. Internet ha generato profondi cambiamenti nella comunicazione d’impresa e nel modo in cui le imprese si rapportano ai
propri pubblici di riferimento. In particolare con il Web 2.0 si sono abilitate nuove e + coinvolgenti forme di relazione e di
comunicazione tra imprese e clienti. La nuova consapevolezza circa la scarsità delle risorse naturali, della crescita incontrollata dei
rifiuti e del costo sociale del consumo obbligano le imprese a considerare la loro responsabilità nei confronti della società. La
globalizzazione dell’economia solleva la questione di una governance globale e del ruolo delle autorità nazionali e sovranazionali. Il
M. strategico ne riveste un ruolo importante generando un circolo virtuoso di sviluppo economico e sociale e contribuendo in
un’economia di mercato più democratica e trasparente. Il paradigma dell’orientamento al mercato, basato sulle 3 dimensioni di cultura,
analisi e azione, è particolarmente adatto a far fronte ai cambiamenti evolutivi dei mercati globali.

Rivedere obiettivi di inizio capitolo


Domande di fine capitolo
Schema inizio capitoli

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