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b) Il capital Asset Pricing Model (CAPM)

Il modello del CAPM è stato elaborato agli inizi degli anni ‘60 da tre studiosi
americani: Sharpe, Lintner e Mossin. Le ipotesi semplificatrici alla base del modello
sono:

- Perfetta trasparenza e concorrenza dei mercati;


- l'infinita divisibilità degli investimenti;
- la mancanza di: costi di intermediazione, oneri accessori, imposte societarie e
personali;
- la possibilità di vendere allo scoperto;
- l'omogeneità delle aspettative degli investitori;
- la possibilità di contrarre tutti gli investimenti sul mercato;
- distribuzione normale dei rendimenti.

In termini di rischio le conclusioni a cui giunge il modello possono riassumersi nelle


seguenti proposizioni:

1. il rischio totale di un'impresa è scindibile in 2 componenti:


a. il rischio specifico: è il rischio che deriva dall’attività caratteristica svolta
dall’impresa. Tale tipologia di rischio e eliminabile mediante la
diversificazione.
ESEMPIO: il rischio associato al settore nel quale l’impresa opera, al
rapporto d’indebitamento dell’impresa e alla struttura dei costi della
stessa.
b. il rischio sistematico: è il rischio legato all’andamento macroeconomico
dell’economia e colpisce indistintamente tutte le imprese
indipendentemente dal settore nel quale operano.
ESEMPIO: l’aumento del tasso di interesse.
𝑅𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 = 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑓𝑖𝑐𝑜 + 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜 𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑚𝑎𝑡𝑖𝑐𝑜

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2. in un processo di stima d'azienda il rischio specifico in quanto eliminabile
mediante il processo di diversificazione può essere tralasciato;
3. il rischio sistematico è misurabile mediante due indici: il coefficiente beta (β) e
il premio per il rischio di mercato. In particolare:
a. il coefficiente beta è pari a:
𝐶𝑜𝑣(𝑅𝐴 ; 𝑅𝑚 )
𝛽=
𝜎 2 (𝑅𝑚 )

Dove: RA rappresenta i rendimenti dell’impresa analizzata, Rm indica i


rendimento del portafoglio di mercato (il portafoglio che include tutti i
titoli del mercato), ossia il rendimento medio di tutti i titoli quotati.

Tale coefficiente indica quanto il titolo (o il portafoglio di titoli)


considerato è più rischioso del portafoglio di mercato.

Il premio per il rischio è pari a:

(𝑅𝑚 − 𝑖1 )
Dove i simboli assumono i significati noti. Quindi, il premio per il rischio
azionario (o del mercato azionario) indica il premio aggiuntivo che, in
media, un investitore richiede per investire in un titolo azionario
piuttosto che in una attività priva di rischio (un titolo di Stato).

Adottando l’approccio del CAPM il premio per il rischio i2 sarà:

𝑖2 = 𝛽 ∙ (𝑅𝑚 − 𝑖𝑖 )

E, quindi, complessivamente il saggio di sconto sarà:

𝑖 = 𝑖1 + 𝛽 ∙ (𝑅𝑚 − 𝑖𝑖 )

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Calcolo del premio per il rischio (articolo pubblicato da Damodaran sul premio a rischio)
nei paesi emergenti
Normalmente il premio per il rischio di mercato viene stimato rifacendosi ai dati
storici, andando a calcolare la media (aritmetica o geometrica) delle differenze tra i
rendimenti effettivi annuali del mercato azionario del paese considerato - o di un
indice rappresentativo del mercato azionario come, in America, lo S&P500 – e il
saggio annuale pagato dai titoli di Stato dello stesso.

In realtà, afferma Damodaran, se tale approccio è applicabile negli USA dove vi è un


mercato azionario grande e diversificato e dove, inoltre, vi è ampia disponibilità di
dati storici sia relativamente alle azioni che ai titoli di Stato, si possono ottenere
delle stime errate nei paesi in via di sviluppo dove i dati storici a disposizione sono
pochi e, a volte, imprecisi.

Tali considerazioni portano l’economista a elaborare delle metodologie alternative


per determinare il premio per il rischio di mercato dei paesi emergenti. In
particolare Damodaran suggerisce due diversi metodi in cui si parte sempre dal
premio per il rischio di mercato americano.

I° METODOLOGIA: Al premio per il rischio di mercato americano si aggiunge il


premio aggiuntivo che un investitore richiede per per investire nel mercato
azionario di un paese emergente piuttosto che in quello americano. Quindi:

(𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑝𝑎𝑒𝑠𝑒 𝑒𝑚𝑒𝑟𝑔𝑒𝑛𝑡𝑒 = (𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑈𝑆𝐴 + 𝑃𝑅𝑃

Dove,

(𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑝𝑎𝑒𝑠𝑒 𝑒𝑚𝑒𝑟𝑔𝑒𝑛𝑡𝑒 è il premio per il rischio di mercato del paese emergente.

(𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑈𝑆𝐴 è il premio per il rischio di mercato USA

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𝑃𝑅𝑃 è appunto il suddetto premio aggiuntivo che dipende da diverse variabili che
contraddistinguono il paese considerato, come:

- la stabilità politica;
- la trasparenza del sistema legale
- la bontà dei rapporti internazionali
- il bilancio statale
- la stabilità della valuta del paese.

COME DETERMINARE TALE COMPONENTE?

Innanzitutto si stima il credit default swap del paese emergente analizzato. Il credit
defaul spread è pari alla differenza tra il rendimento di un titolo di Stato del paese
considerato e il saggio pagato da un titolo di Stato americano. Indica, quindi, il
maggior premio richiesto dagli investitori per acquistare un titolo di Stato del paese
in via di sviluppo analizzato piuttosto che un titolo di Stato USA. Tale quantità, si
noti, non rappresenta quella ricercata: l’analisi, si ricorda, è volta a determinare il
premio aggiuntivo richiesto dagli investitori per acquisire un titolo “azionario” (e non
di Stato) del paese emergente considerato piuttosto che quello di una impresa
americana. In realtà per ottenere tale valore basta moltiplicare il credit default
spread così espresso per un indice in grado di tener conto della maggiore rischiosità
del mercato azionario rispetto a quello obbligazionario. Se il rischio di un titolo –
azionario o obbligazionario che sia - dipende dalla sua volatilità il suddetto indice
matematicamente sarà pari a:

𝜎𝑀𝐸𝑅𝐶𝐴𝑇𝑂 𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐴𝑅𝐼𝑂 𝐷𝐼 𝑋
𝜎𝑀𝐸𝑅𝐶𝐴𝑇𝑂 𝑂𝐵𝐵𝐿𝐼𝐺𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐴𝑅𝐼𝑂 𝐷𝐼 𝑋

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Complessivamente il premio per il rischio di mercato del paese emergente sarà:

𝜎𝑀𝐸𝑅𝐶𝐴𝑇𝑂 𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐴𝑅𝐼𝑂 𝐷𝐼 𝑋
𝑝𝑟𝑒𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜 𝑝𝑎𝑒𝑠𝑒 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 = 𝐶𝐷𝑆 ∙
𝜎𝑀𝐸𝑅𝐶𝐴𝑇𝑂 𝑂𝐵𝐵𝐿.𝐷𝐼 𝑋

Per cui il premio per il rischio del paese emergente sarà :

𝜎𝑀𝐸𝑅𝐶𝐴𝑇𝑂 𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐴𝑅𝐼𝑂 𝐷𝐼 𝑋
(𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑋 = (𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑈𝑆𝐴 + 𝐶𝐷𝑆 ∙
𝜎𝐵𝑂𝑁𝐷 𝑄𝑈𝑂𝑇𝐴𝑇𝐼 𝑆𝑈𝐿 𝑀𝐸𝑅𝐶𝐴𝑇𝑂 𝐷𝐼 𝑋

ESEMPIO: Si consideri il mercato Brasiliano. Dai dati forniti dalle riviste specializzate
sappiamo che:

- Il premio per il rischio di mercato americano è pari al 6,4%


- La volatilità annualizzata calcolata considerando gli ultimi tre anni del mercato
azionario basiliano è 23,39%
- La volatilità annualizzata considerando gli ultimi 3 anni dei titoli di stato brasiliani
è stata pari al 7,32%
- Il credit default spread dei titoli di stato americani e brasiliani è pari al 2%. Ossia i
titoli brasiliani sono il 2% più rischiosi di quelli americani

Per cui:

23,39%
(𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝐵𝑅𝐴𝑆𝐼𝐿𝐸 = 6,4% + 2% ∙ = 12,8%
7,32

II° METODOLOGIA: In tal caso l’economista americano suggerisce ancora di rifarsi al


premio per il rischio del mercato azionario americano che sarà rielaborato in
maniera tale da tener conto della maggiore rischiosità del mercato azionario del
paese emergente rispetto a quello americano. Dipendendo il rischio di un titolo
azionario dalla sua volatilità il quanto un mercato estero è più rischioso di quello
americano può esser espresso dalla relazione:

𝜎𝑋
𝑣𝑜𝑙𝑎𝑡𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 =
𝜎𝑈𝑆𝐴

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Detta volatilità relativa. Per cui:

(𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑋 = (𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑈𝑆𝐴 ∙ 𝑣𝑜𝑙𝑎𝑡𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎

ESEMPIO: Supponiamo di voler calcolare il premio per il rischio si mercato del


Brasile. Se quanto si è detto finora è giusto il risultato che si ottiene dovrebbe
essere minore del precedente perché non si andrebbe a tener conto del rischio
paese. Dai dati del Sole24Ore è possibile reperire i seguenti valori:

- il premio per il rischio di mercato americano è pari al 6,4% (desunto dalla media
aritmetica dei titoli di stato a lungo termine americani)
- la volatilità annualizzata degli ultimi tre anni dei titoli azionari brasiliani è stata
del 23,39.
- La volatilità annualizzata dello S&P500 nello stesso periodo è stata 21,28.

La volatilità relativa sarà

23,39
𝑣𝑜𝑙𝑎𝑡𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 = = 1,099
21.28

Per cui:

(𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝐵𝑅𝐴𝑆𝐼𝐿𝐸 = (𝑅𝑚 − 𝑖1 )𝑈𝑆𝐴 + 𝑣𝑜𝑙𝑎𝑡𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 = 6,04 ∙ 1,099 ≅ 7,5%

Il rischio paese in tal caso può essere misurato in tal modo:

𝑃𝑟𝑒𝑚𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜 𝑃𝑎𝑒𝑠𝑒𝐵𝑅𝐴𝑆𝐼𝐿𝐸 = 7,5 − 6,04 = 1,46

Più basso di quello stimato in precedenza.

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SIGNIFICATO E DETERMINAZIONE DEL BETA
Volendo porre attenzione al significato del coefficiente Beta. Tale indice indica
quanto varia il prezzo di un titolo al variare del mercato, ovvero al variare del prezzo
del portafoglio di mercato. A tal riguardo possiamo distinguere diverse ipotesi:

- 𝛽 > 1 il titolo o il portafoglio di titoli amplifica i movimenti del mercato. Se la


rischiosità di un titolo dipende dalla sua volatilità, ne deriviamo che il titolo (o il
portafoglio di titoli) analizzato è più rischioso del portafoglio di mercato.
- 0 < 𝛽 < 1 il titolo o il portafoglio di titoli tende a muoversi nella stessa direzione
del mercato ma con minore intensità. Quindi il titolo (o il portafoglio di titoli) è
meno rischioso del portafoglio di mercato.
- 𝛽 = 0 il titolo o il portafoglio di titoli sono indifferenti alle variazioni del
mercato. Si tratta delle cosiddette attività prive di rischio. Infatti se il beta è pari
a zero si ottiene:
𝑖 = 𝑖1 + 0 ∙ (𝑅𝑚 − 𝑖1 ) = 𝑖1
Che è appunto il premio richiesto per le attività prive di rischio.
- 𝛽 = 1 il titolo o il portafoglio di titoli si muove con la stessa intensità e direzione
del mercato. Quindi il titolo (o il portafoglio di titoli) coincide con portafoglio di
mercato e quindi anche il suo rendimento dovrà essere uguale a quello di
quest’ultimo. Se infatti il beta è pari a 1, si ottiene:
𝑖 = 𝑖1 + 1 ∙ ((𝑅𝑚 − 𝑖1 ) = 𝑅𝑚

Ossia il rendimento dell’intero mercato.

COME CALCOLARE TALE INDICE?

Matematicamente come si è visto tale indice è pari a:

𝐶𝑜𝑣(𝑅𝐴 ; 𝑅𝑚 )
𝛽=
𝜎 2 (𝑅𝑚 )

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Dove: RA rappresenta i rendimenti dell’impresa analizzata, Rm indica i rendimenti del
portafoglio di mercato (il portafoglio che include tutti i titoli del mercato).
Normalmente, però, non potendo considerare il rendimento di tutto il portafoglio di
mercato si considera quello di un indice di mercato come, negli USA, lo S&P500 o il
MIB.

Le critiche mosse al calcolo del Beta pervengono da diversi ambiti. La più rilevante,
espressa anche da Damodaran, deriva dal fatto che rappresenta una
approssimazione del mercato considerando esclusivamente il mercato azionario e
non altri mercati come quello immobiliare, dei quadri, dell’oro ecc.. Lo stesso D.
afferma che tale approssimazione può esser ragionevole negli USA dove il mercato
azionario è grande e ben diversificato ma probabilmente non è realistica in altri
paesi come quelli emergenti o quelli dove le imprese quotate sono poche, ad
esempio l’Italia.

In ogni caso, per le aziende quotate presso le borse valori esistono diverse
pubblicazioni specializzate che ne riportano i valori del beta (i cosiddetti beta book).
Lo stesso Damodaran pubblica periodicamente i Beta per settore di attività nel
mercato statunitense.

Maggiori difficoltà si hanno nel caso delle imprese non quotate. Per ovviare a tale
difficoltà in genere si approssima il valore del beta dell’azienda analizzata con quello
medio di un campione di imprese quotate operanti nel medesimo settore di quella
oggetto di valutazione. Tale beta è detto “levered di mercato” in quanto si suppone
esprima la rischiosità media del settore nel quale l’impresa opera, il quale avrà come
componenti :

- il rischio operativo medio del settore.


- il rischio finanziario medio del settore.

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A tal riguardo, se è ragionevole ipotizzare che l’azienda non quotata abbia un rischio
operativo simile a quello medio del settore, altrettanto non può dirsi per il rischio
finanziario nel caso in cui il rapporto di indebitamento dell’azienda si discosti da
quello medio del settore. Ecco allora che laddove vi sia uno scostamento tra i due
tassi di indebitamento è necessario correggere il beta medio calcolato. In
particolare si dovrà:
a) depurare il beta medio delle aziende campionarie (beta levered del mercato) del
rischio finanziario medio ad esse relativo ottenendo così il beta unlevered o beta
operativo;
b) aumentare il beta operativo del rischio finanziario specifico dell’’azienda oggetto
di valutazione. In questo modo si ottiene il beta levered dell’impresa non
quotata.
Per effettuare questi passaggi può essere utile utilizzare la nota formula di Hamada,
per cui:
𝛽𝐿
𝛽𝑈 =
𝐷
1 + [( ) ∙ (1 − 𝑡)]
𝐸 𝑐
Che permette di scorporare dal rischio medio campionario quello finanziario,
ottenendo così il rischio operativo medio del settore. Ipotizzando che l’impresa
abbia un rischio operativo coincidente con quello medio del settore, il complessivo
rischio d’impresa, indicato dal beta levered d’azienda, si otterrà aggiungendo al
rischio operativo medio precedentemente ottenuto quello finanziario dell’impresa
mediante la formula:
𝐷
𝛽𝐿 = 𝛽𝑈 ∙ {1 + [( ) ∙ (1 − 𝑡)]}
𝐸 𝐴
Dove complessivamente: βU è il beta unlevered o operativo; βL è il beta levered;
𝐷 𝐷
(𝐸 ) è il valore di mercato del leverage del campione; (𝐸 ) è il valore di mercato
𝑐 𝐴

del leverage aziendale; t è l’aliquota fiscale societaria.

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DIMOSTRAZIONE
Si consideri uno stato patrimoniale ad valorem:

STATO PATRIMONIALE AD VALOREM

E
(VALORE DI MERCATO DEL CAPITALE
PROPRIO)
A
(VALORE DI MERCATO DEGLI ASSETS) D
(VALORE DI MERCATO DEL CAPITALE
DI CREDITO)

Il beta di una impresa (beta asset o unlevered) è pari alla media ponderata del beta
(levered) del capitale proprio e del rischio associato al capitale di credito al netto
dell’effetto fiscale:

𝐸 𝐷(1 − 𝑡)
𝛽𝑈𝑁𝐿 = 𝛽𝐴𝑆𝑆𝐸𝑇 = 𝛽𝐿𝐸𝑉 ∙ + 𝛽𝐷𝐸𝐵 ∙
𝐸 + 𝐷(1 − 𝑡) 𝐸 + 𝐷(1 − 𝑡)

Dove ai simboli noti si aggiunge t che rappresenta l’aliquota d’imposta marginale del
paese considerato.

Dal momento che il beta del debito è molto piccolo, è accettabile l’ipotesi di
considerare il debito privo di rischio e, quindi, ipotizzare che il suo debito sia pari a
zero (βDEB = 0). In tal caso:

𝐸
𝛽𝑈𝑁𝐿 = 𝛽𝐴𝑆𝑆𝐸𝑇 = 𝛽𝐿𝐸𝑉 ∙
𝐸 + 𝐷(1 − 𝑡)

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Dividendo al numeratore e al denominatore per E, si ottiene:

1
𝛽𝑈𝑁𝐿 = 𝛽𝐴𝑆𝑆𝐸𝑇 = 𝛽𝐿𝐸𝑉 ∙
𝐷
1+ (1 − 𝑡)
𝐸

Viceversa il beta levered sarà:

𝐷
𝛽𝐿𝐸𝑉 = 𝛽𝑈𝑁𝐿 ∙ [1 + (1 − 𝑡)]
𝐸

ESEMPIO: Si vuol determinare il beta unlevered di una impresa (gamma) non


quotata sul mercato che opera nel settore manifatturiero.

Al tal fine si considerano tre diverse imprese: A, B e C. Tutte quotate sul mercato:

impresa D/E ΒLEV T ΒUNL

A 19% 0,8 0,4 0,71

B 14% 0,6 0,4 0,55

C 13% 0,7 0,4 0,65

Il grado di indebitamento dell’impresa gamma è del 1,2%

Rifacendosi alle formule di Hamada, il:

0,8
𝛽𝑈𝐴 = = 0,71
1 + (0,19)(0,6)

0,6
𝛽𝑈𝐵 = = 0,55
1 + (0,14)(0,6)

0,7
𝛽𝑈𝐶 = = 0,65
1 + (0,13)(0,6)

LA MEDIA È: 0,63 che rappresenterà il beta unlevered dell’impresa gamma.


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A questo punto andremo ad aggiungere al beta unlevered dell’impresa gamma il
rischio finanziario della stessa che, come noto, dipenderà dal suo grado di
indebitamento, per cui:

𝛽𝐿𝐸𝑉𝛾 = 0,63[1 + (1,2)(0,6) = 1,08

Si noti come l’impresa gamma presenta un elevato beta levered. Ciò è dovuto
dall’elevato tasso di indebitamento.

I Beta prospettici
Il calcolo del Beta mediante i dati storici è soggetta a molte critiche. Tra le più
rilevanti:

- la soggettività delle stime: chi effettua l’analisi nel selezionare i dati storici da
considerare dovrà scegliere se considerare le quotazioni giornaliere, mensili o
annuali di un determinato titolo o indice di mercato. In genere la dottrina ritiene
che si debba evitare di utilizzare le quotazioni giornaliere se si ritiene che queste
sono scambiate poco sul mercato. Normalmente si opta per le quotazioni
mensili.
Inoltre sempre il perito indipendente dovrà determinare l’arco temporale a cui
rifarsi per reperire i dati storici. Anche qui la dottrina suggerisce di non
considerare periodi troppo ampi se l’azienda molto tempo fa era molto diversa
da come si presenta attualmente. ESEMPIO: Apple. Tale azienda quando è nata
aveva un prezzo molto volatile e quindi appariva come rischiosa, oggi non è più
così.
- Il fatto che la valutazione d’azienda è un processo rivolto al futuro e non al
passato. Si intende stimare, infatti, il valore dell’impresa tenendo conto della sua
capacità oggi di generare redditi futuri e non di capire quale è stata la sua
capacità passata.
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Tali considerazioni hanno spinto molti studiosi a ideare dei modelli per stimare il
valore del beta non considerando esclusivamente i dati storici. Il beta così stimato è
detto prospettico.
Uno dei contributi più rilevanti per la stima dei beta prospettici è stato fornito senza
dubbio da Blume, negli anni 70 ha suddiviso il mercato azionario americano il 8
portafogli in base al coefficiente beta dei titoli quotati. Quindi, in ognuno degli 8
portafogli vi erano imprese con il medesimo beta. In particolare il portafoglio 1
comprendeva le imprese con il beta più basso, l’8 quelle con il beta più alto. Questi
sono i dati che rileva considerando tre diversi periodi:
Beta dei portafogli per diversi periodi di tempo
Portafoglio
1947-1954 1954-1961 1961-1968

1 0,36 0,57 0,72

2 0,61 0,71 0,79

3 0,78 0,88 0,88

4 0,91 0,96 0,92

5 1,01 1,03 1,04

6 1,13 1,13 1,02

7 1,26 1,24 1,08

8 1,47 1,32 1,15

Osservando le variazioni del beta che i singoli portafogli registravano tra un periodo
e il seguente Blume trova un algoritmo secondo lui in grado di spiegare di quanto
varia il beta da un periodo al successivo:
𝛽𝑡+1 = 0,35 + 0,65𝛽𝑡
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ESEMPIO: si consideri la figura precedente e, in particolare il primo portafoglio. Si
vuol stimare il valore che assumerà il beta tra il 1954 e il 1961 sapendo che, in
media, nel 1954 era pari a 0,36
𝛽54−61 = 0,35 + 0,36 ∙ 0,65 ≅ 0,58
Come si può vedere il valore realmente assunto è stato 0,57.
La società Bloomberg per determinare il beta prospettico ha elaborato un modello
che si rifà completamente alla logica suggerita da Blume, l’unica differenza sono i
coefficienti della formula, per cui:
𝛽𝑡+1 = 0,33 + 0,67𝛽𝑡

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Il beta contabile (Accaunting Beta)
Un ulterire metodo elaborato per calcolare i beta è quello basato sui dati contabili.
Tale metodo è detto Accounting Beta. In particolare il beta dell’impresa oggetto di
valutazione sarà:
𝑐𝑜𝑣(𝑅𝑂𝐸𝑆𝐼𝑁𝐺𝑂𝐿𝑂 𝑇𝐼𝑇𝑂𝐿𝑂 ; 𝑅𝑂𝐸𝐷𝐼 𝑀𝐸𝑅𝐶𝐴𝑇𝑂
𝛽𝐴𝐶𝐶𝑂𝑈𝑁𝑇𝐼𝑁𝐺 =
𝑣𝑎𝑟𝑅𝑂𝐸𝐷𝐼 𝑀𝐸𝑅𝐶𝐴𝑇𝑂

Problemi sorgono sia nel calcolo del ROE dell’impresa che in quello di mercato.
In particolare, il ROE di mercato deve esser stimato tenendo conto sia delle imprese
quotate che di quelle non quotate. Per questo motivo spesso in Italia ci si rifà ai
valori resi disponibili da Mediobanca che ogni anno considera 2.022 imprese
operanti in diversi settori per creare uno Stato Patrimoniale e un Conto Economico
“aggregato”. Da tali prospetti è possibile stimare il reddito netto medio delle
imprese italiane, il valore medio del patrimonio netto e, quindi, il ROE di mercato,
ossia il ROE medio delle imprese italiane.
Per quanto riguarda il ROE dell’impresa generalmente non si considera il ROE
dell’ultimo anno ma una media costruita sulla base dei dati storici. Di qui il
problema: se si considera un arco temporale molto ampio si rischia di includere
nella media valori del ROE registrati quando l’impresa era molto diversa da quella
attuale (si supponga ad esempio che l’impresa sia stata oggetto di una scissione o
fusione); viceversa se si considera un arco temporale poco ampio si rischio di dare
troppo peso ai dati recenti che potrebbero esser stati influenzati da una particolare
fase del ciclo economico e che quindi non rispecchiano il reale potenziale
dell’impresa.

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ESEMPIO ROE MIRATO S.p.a.:

Si vuol determinare il Beta della Mirato s.pa. mediante il metodo dell’Accaunting


Beta. Avvalendoci del sito Mediobanca sono note tali informazioni:

DATI AGGREGATI DI 2.022 AZIENDE

ANNO RN PN ROE

2007 28.245.265 346.251.857 8,16%

2008 31.304.703 355.767.190 8,8%

2009 26.263.412 360.735.380 7,28%

DATI MIRATO S.P.A.

ANNO RN PN ROE

2007 8.679.843 60.259.249 14,4%

2008 9.788.851 64.366.728 15,21%

2009 8.538.282 59.831.807 14,27%

Disponendo di tali dati è possibile andar a calcolare il beta della mirato. Infatti:

ANNO ROE MIRATO (Y) ROE MERCATO (X)

2007 14,4 8,16

2008 15,21 8,8

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2009 14,27 7,28

MEDIA ARITMETICA 14,63 8,08

ANNO 𝑆𝑌 = 𝑌 − 𝑌̅ 𝑆𝑋 = 𝑋 − 𝑋̅ SX*SY SX*SX

2007 -0,23 -0,08 -0,02 0,01

2008 0,58 0,72 0,42 0,52

2009 -0,36 -0,8 0,29 0,64

TOTALE 0 0 0,69 1,16

Il beta sarà:

∑ 𝑆𝑋𝑆𝑌 0,69
𝛽𝐴𝐶𝐶𝐴𝑈𝑁𝑇𝐼𝑁𝐺 = = = 0,59
∑ 𝑆𝑋 2 1,16

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