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Prima di introdurre i diversi metodi di valutazione delle aziende si ritiene utile

riprendere le nozioni base dell'analisi di bilancio, nozioni necessarie per quantificare


le grandezze che verranno poi utilizzate nei diversi metodi di valutazione.

Analisi di bilancio
SCOPO DELL’ANALISI DI BILANCIO: Informativo. L’analisi di bilancio fornisce delle
informazioni circa l’andamento dell’impresa e il suo equilibrio
economico/finanziario. Informazioni che, in realtà, possono essere utilizzate per
diversi scopi e non soltanto per la stima del valore dell’impresa.

SOGGETTI INTERESSATI (STAKEHOLDERS) A TALI INFORMAZIONI: oltre al


management (che in dottrina non è ritenuto un vero e proprio stakeholders) che
utilizza le informazioni desunte dall’analisi di bilancio per valutare le possibili
strategie future e controllare l’effetto delle strategie passate, sono interessati
all’analisi di bilancio:

a) Azionisti, ossia la proprietà che sarà interessata a controllare l’operato del


management
b) Finanziatori esterni, come le banche che possono essere interessate alle
informazioni desunte dall’analisi di bilancio per due motivi:
o stabilire il corretto costo del capitale di debito a fronte di una richiesta
di finanziamento dell’impresa
o controllare l’operato del management nell’impresa in cui già si è
investito e, quindi, per tutelare il proprio investimento
c) Stato
d) Gli analisti, nel caso delle società quotate
e) Clienti
f) Fornitori, al fine di valutare la possibilità di concedere dilazioni di pagamento
di un certo periodo
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Tipi di analisi di bilancio
COME SVOLGERE LA SUDDETTA ATTIVITÀ DI ANALISI E SU QUALI DOCUMENTI CI SI
BASERÀ PER SVOLGERLA?

Dipende. Soggetti diversi avranno informazioni diverse sull’attività dell’impresa. In


generale possiamo classificare due diversi tipi di analisi di bilancio:

1. Interna: attuata dal management che avrà informazioni sull’attività


dell’impresa più dettagliate e, di conseguenza, ha la possibilità di svolgere una
analisi più approfondita.
2. Esterna: attuata dagli stakeholders che si rifaranno ai documenti resi
disponibili dall’azienda, primo fra tutti il bilancio costituito dal Conto
Economico, lo Stato Patrimoniale e la Nota Integrativa.

Nel corso ci occuperemo di quest’ultimo tipo di analisi che non può prescindere
dalla riclassificazione dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico.

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Lo Stato Patrimoniale secondo i dettami dell’art. 2424 c.c.
Il codice civile nell’art. 2424 impone di redigere lo stato patrimoniale secondo il
criterio della destinazione. Per cui:

STATO PATRIMONIALE
(ART. 2424 C.C.)

ATTIVO (IMPIEGHI) PASSIVO (FONTI)

A) Crediti verso soci per versamenti A) Patrimonio netto


ancora dovuti con separata indicazione I) capitale proprio
della parte già richiamata
II - VIII) riserve di utile
B) Immobilizzazioni IX) utile di esercizio
I) immateriali
B) Fondi per rischi ed oneri
II) materiali
III) finanziarie
C) T.F.R.
C) Attivo Circolante D) Debiti con separata indicazione della
parte esigibile oltre l'esercizio
I) rimanenze
I) obbligazioni
II) crediti (commerciali) con separata
indicazione della parte esigibile oltre IV) vs banche
l'esercizio VII) vs fornitori
III) attività finanziarie diverse da imm. fin. XII) tributari
IV) disponibilità liquide XIV) altri debiti
D) Ratei e Risconti con separata E) Ratei e Risconti con separata
indicazione del disaggio su prestiti indicazione dell'aggio su prestiti

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Lo S.P. esposto secondo i dettami dell’art. 2424 del c.c. non permette di cogliere
molte informazioni rilevanti circa l’equilibrio finanziario dell’impresa e, quindi,
indirettamente non permette una corretta valutazione del valore dell’azienda1. Per
questo l’attività di analisi di bilancio, finalizzata alla stima del valore d’impresa,
necessita di una previa riclassificazione dello Stato Patrimoniale che avverrà in base
al criterio finanziario a liquidità crescente. In particolare:

 le voci dello S.P. verranno riclassificate sulla base del criterio finanziario
 le voci così ottenute verranno reimmesse all’interno dello S.P. sulla base del
criterio della liquidità crescente.

Procedendo per gradi.

Utilizzando il criterio finanziario (o della realizzabilità) le poste dello S.P. vengono


distinte in base alla loro capacità di trasformarsi in denaro in un periodo inferiore o
superiore all’anno. In particolare:

 Le poste del passivo verranno distinte sulla base alla loro capacità di richiedere
un esborso di denaro in un periodo superiore o inferiore all’anno;
 Le poste dell’attivo verranno distinte sulla base alla loro capacità di generare una
entrata in un periodo superiore o inferiore a un anno.

Una volta che le poste dello stato patrimoniale sono state riclassificate secondo il
criterio finanziario, esse saranno reimmesse all’interno dello SP. Tale operazione
può esser eseguita rifacendosi a due diversi criteri:

a. Il criterio della destinazione dell’investimento o dell’origine della fonte. In tal


caso l’attivo dello S.P. viene suddiviso in Immobilizzazioni e Disponibilità mentre
il passivo in Mezzi Propri e Mezzi Di Terzi;

1
Proprio sulla base del presupposto che l’equilibrio economico e finanziario dell’impresa sia una delle componenti che
determina il valore della stessa

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b. Il criterio del grado di liquidità secondo il periodo convenzionale di 12 mesi. In tal
caso l'attivo viene distinto tra Attivo Fisso e Attivo Circolante ed il passivo in
Capitale Permanente, Passività consolidate e Passività Correnti. Il criterio della
liquidità può esser applicato in due modi differenti potendo così distinguere il
criterio della liquidità:
I. crescente: in cui gli aggregati e le poste vengono ordinati dal meno
“liquido” al più “liquido”
II. decrescente: in cui gli aggregati e le poste vengono ordinati dal più
“liquido” al meno “liquido”.

In particolare avremo:
SP SP

Capitale
Attivo Fisso Attivo Passività
permanente
Circolante correnti

Passività 12 mesi

consolidate Passività
Attivo Fisso
consolidate
12 mesi
Attivo Passività
Capitale
Circolante correnti
permanente

Criterio della liquidità crescente Criterio della liquidità decrescente

Noi utilizzeremo il criterio finanziario a liquidità crescente.

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ATTIVO
Utilizzando tale criterio andremo a suddividere l’attivo dello S.P. nelle seguenti fasce
o zone:

1. Attivo fisso o immobilizzato: che è a sua volta suddivisibile in tre sub-aree:


 Immobilizzazioni immateriali: che coincide con la sottoclasse B.I. dello S.P.
redatto secondo l’art. 2424 del c.c.
 Immobilizzazioni materiali: che coincide con sottoclasse B.II dello S.P.
redatto secondo l’art. 2424 del c.c.
 Immobilizzazioni finanziarie: che, differentemente dalle precedenti, non
coincide con l’omologa sottoclasse B.III. dello S.P. “classico” ma contiene:
i. Le partecipazioni (in imprese controllate, collegate ecc.), le azioni
proprie e gli altri titoli che dalla Nota Integrativa si evince non
saranno liquidate entro il prossimo esercizio;
ii. Crediti da richiamare per versamenti ancora dovuti. Si fa riferimento
alla prima posta dell’attivo dello SP nella quale, secondo quanto
stabilito dall’art. 2424 del c.c., si deve sempre specificare la parte dei
versamenti dovuti dai soci:
1. Richiamata che come vedremo andrà nell’attivo corrente
2. Da richiamare: tale porzione va nelle Imm. finanziarie perché
si presume che tali crediti non saranno riscossi a breve
iii. Crediti di natura finanziaria – individuabili nella voce B.III.2. dello SP
art. “classico” – o commerciale – individuabili nella sottoclasse C.2
dello SP art. 2424 del c.c. – esigibili oltre il prossimo esercizio;
iv. Disaggio di emissione.
2. Attivo circolante o capitale circolante che a sua volta è costituito da tre sub-aree:
 Rimanenze o diponibilità, in cui andremo inserire tutti i tipi di rimanenze –
individuabili nella sottoclasse C.I. dello SP art. 2424

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 Liquidità differite, in cui andremo a inserire:
i. tutti i crediti di natura finanziaria – individuabili nella voce B.III.2.
dello SP art. 2424 c.c. – o commerciale – individuabili nella
sottoclasse C.II. dello SP art. 2424 c.c. – esigibili entro il prossimo
esercizio;
ii. I crediti verso soci per versamenti ancora dovuti già richiamati
iii. Partecipazioni, altri titoli e azioni proprie che l’impresa intende
liquidare entro il prossimo esercizio (info rinvenibili nella Nota
Integrativa);
 Liquidita Immediate: in tale aggregato andranno le disponibilità liquide –
sottoclasse C.IV. dello SP art. 2424 del c.c.

ATTENZIONE!!! Particolare attenzione deve esser posta ad alcune grandezze, prime


fra tutte i ratei e risconti:

 i risconti e i ratei attivi vanno collocati nelle liquidità differite dell’attivo


circolante, se relativi a costi comuni a due soli esercizi, mentre si inseriscono
nelle immobilizzazioni, se si riferiscono a costi comuni a più esercizi. Così, ad
esempio, i risconti attivi su canoni di leasing andranno nelle immobilizzazioni
immateriali come i ratei attivi su interessi andranno nelle immobilizzazioni
finanziarie;

Altre grandezze su cui occorre porre particolare attenzione sono:

 Crediti vs soci per versamenti ancora dovuti. In tal caso, si ribadisce:


 La parte richiamata va tra le liquidità differite
 La parte da richiamare va tra le immobilizzazioni finanziarie
 Crediti immobilizzati per i quali:
 La parte esigibile entro il prossimo esercizio va tra le liquidità differite
 La parte esigibile oltre il prossimo esercizio va tra le immob. fin.

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 Crediti che non costituiscono immobilizzazioni, per i quali:
 La parte esigibile entro il prossimo esercizio va tra le liquidità differite
 La parte esigibile oltre il prossimo esercizio va tra le immob. fin.

PASSIVO
Mentre il passivo sarà costituito da:

1) Capitale netto o Patrimonio netto o Capitale Proprio, in cui andremo a inserire:


 il capitale sociale che rappresenta la risorsa finanziaria più durevolmente
legata all’impresa per definizione
 le riserve
 l’utile o la perdita di esercizio
2) Passività consolidate o Redimibilità: in cui inseriremo tutti i debiti con scadenza
posta oltre il prossimo esercizio, indipendentemente dalla loro natura
commerciale – debiti vs fornitori - o finanziaria – obbligazioni e l’aggio su prestiti
- o di altra natura – T.F.R. o debiti tributari. Ne deriva che nelle redimibilità
troveremo anche il T.F.R. Alla luce di quanto detto in realtà non tutto il T.F.R.
dovrebbe esser incluso in tale aggregato: la parte del trattamento di fine
rapporto che si presume dovrà esser restituita ai dipendenti entro il prossimo
esercizio andrà nelle passività correnti. Se non si hanno informazioni in tal senso
allora il T.F.R. andrà tutto nelle passività consolidate.
Non vi sono invece problemi nel caso dell’aggio su prestiti che andrà totalmente
in tale aggregato.
3) Passività correnti o Esigibilità: in cui inseriremo tutti i debiti a breve sia di natura
commerciale che finanziaria.

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ATTENZIONE!!! Particolare attenzione deve esser posta ad alcune poste, prime fra
tutte i risconti e ratei passivi:

 I risconti e i ratei passivi vanno nelle passività correnti se riguardanti ricavi


comuni a due esercizi mentre andranno nelle passività consolidate se relativi a
ricavi comuni a più esercizi

Altre grandezze su cui bisogna porre attenzione sono:

 I fondi rischi e oneri, che saranno suddivisi in due parti:


 quella esigibile entro il prossimo esercizio, che andrà nelle passività
correnti;
 quella esigibile oltre il prossimo esercizio, che andrà nelle passività
consolidate.
 Utile d’esercizio, che sarà suddiviso in due parti:
 La parte da distribuire (come delibera dall’assemblea degli azionisti entro
120 giorni dalla chiusura dell’esercizio) che andrà nelle passività correnti
 La parte che andrà ad autofinanziamento che andrà nel Capitale
Permanente
 T.F.R., prestiti obbligazioni e mutui passivi: per la parte che nella nota integrativa
risulta esigibile entro il prossimo esercizio (quota di rimborso del mutuo o del
prestito obbligazionario, indennità liquidazione maturata in esercizi precedenti
ma pagata nell’esercizio in esame per cessazione del rapporto di lavoro) viene
inserita fra le passività correnti.

Rifacendoci al criterio della liquidità crescente tali poste verranno inserite all’interno
dello S.P. riclassificato ponendole dalla meno liquida alla più liquida.

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Il nostro S.P. riclassificato apparirà quindi in tal modo:

STATO PATRIMONIALE
RICLASSIFICATO

ATTIVO (IMPIEGHI) PASSIVO (FONTI)

ATTIVO FISSO: PATRIMONIO NETTO

1) imm. immateriali 1) capitale sociale

2) imm. materiali 2) riserve

3) imm. finanziarie 3) utile

ATTIVO CIRCOLANTE: PASSIVO CONSOLIDATO


(REDIMIBILITÀ)
1) rimanenze (disponibilità)
2) liquidità differite
PASSIVO CORRENTE
3) liquidità immediate
(ESIGIBILITÀ)

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Analisi per indici e per margini
Una volta riclassificato lo S.P. secondo il criterio finanziario a liquidità crescente è
possibile valutare l’equilibrio finanziario dell’impresa. A tal riguardo una impresa è
solida finanziariamente quando è in grado di perdurare nel tempo adattandosi ai
mutevoli cambiamenti esterni ed interni.

Ciò avviene quando vi è:

1) una razionale correlazione fra fonti e impieghi. Ciò avviene quando:


 Le attività immobilizzate sono coperte da fonti di finanziamento di natura
permanente e da debiti a medio lungo termine
 Le attività correnti sono coperte da passività di breve termine
2) un ragionevole grado di indipendenza dai terzi.

Al fine di verificare l’esistenza di queste 2 condizioni è possibile calcolare i seguenti


indici (o margini):

 Indici di composizione
 Indici (margini) di struttura
 Indici (margini) di liquidità
 Indici di indebitamento

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Indici di composizione
Sono espressi in termini percentuali e derivano dal rapporto tra le diverse classi di
attivo/passivo e il totale degli impieghi/fonti. I principali indici di composizione sono
i seguenti:

𝐼𝑀𝑀𝑂𝐵𝐼𝐿𝐼𝑍𝑍𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐼
INDICE DI RIGIDITÀ
𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝐼𝑇𝑂
Indicano la capacità
dell’impresa di modificare la
propria struttura produttiva.

𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝑂 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐸
INDICE DI ELASTICITÀ
𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝑂

Tanto più è alto l’indice di rigidità quanto maggiore è la difficoltà dell’impresa di


adattarsi ai cambiamenti. Anche se, l’indice di rigidità va sempre interpretato con
riferimento al settore nel quale l’impresa opera. Vi sono settori dove i processi
produttivi svolti sono ad alta intensità di capitale ossia richiedono un ampio ricorso
ad impianti altamente automatizzati. In tali casi il maggiore impatto delle
immobilizzazioni sul totale delle attività comporta degli indici di rigidità elevati. In
conclusione, molte imprese proprio perché operano in determinati settori, come
quello farmaceutico, presenteranno un indice di rigidità elevato. Ciò comporta che
tali indici come metro di confronto possono essere utilizzati per confrontare le
imprese che operano nello stesso settore ma non quando le aziende operano in
settori differenti o molto diversi.

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PERCHÉ È IMPORTANTE TALE INDICE? Per quanto si è detto, una impresa è
equilibrata finanziariamente (solida) se riesce ad adattarsi alle mutevoli condizioni
esterne ed interne. Ecco allora che una impresa è maggiormente equilibrata da un
punto di vista finanziario se presenta un indice di rigidità (elasticità) minore
(maggiore).

Altro indice di composizione è l’indice di patrimonializzazione o indice di autonomia


finanziaria:

INDICE DI
Indica il grado di
PATRIMONIALIZZAZIONE 𝑃𝐴𝑇𝑅𝐼𝑀𝑂𝑁𝐼𝑂 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂
capitalizzazione dell’impresa a
𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝑂
valore di libro.
PRIMARIO

Tanto più elevato è il valore dell’indice di patrimonializzazione, tanto più l’impresa


ricorre all’autofinanziamento limitando fonti esterne di finanziamento.

E’ considerato normale un rapporto compreso tra il 30% e il 60%, buono se


superiore al 60% e critico se inferiore al 30% . In quest’ultimo caso si ha una
situazione di sottocapitalizzazione che potrebbe causare delle difficoltà nell’accesso
al credito e, quindi nello sviluppo. Al fine di uscire da tale situazione di impasse
l’impresa può aumentare il patrimonio netto agendo su due possibili fronti:

 Aumento di capitale
 Liquidare qualche investimento poco remunerativo

La situazione opposta è quella della sovracapitalizzazione che si ha quando il


suddetto indice è intorno all’80%. In tal caso il management può:

 Rimborsare parte del capitale apportato dalla proprietà


 Avviare nuove attività

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In realtà anche in tal caso occorre considerare la situazione della singola impresa.
L’entità del capitale proprio va commisurato alla rischiosità aziendale, rinvenibile
nella massima perdita che l’impresa potrebbe registrare, e al costo
dell’indebitamento praticato dai creditori.

Indici e margini di struttura

Sono espressi in termini percentuali e derivano dal rapporto classi di attivo/passivo


contrapposte nello SP. Tali indici permettono di verificare se vi è una razionale
correlazione tra impieghi e fonti di finanziamento degli stessi. I principali indici (e
margini) di struttura sono i seguenti:

INDICI DI STRUTTRA PRIMARIO


𝑃. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂
𝐼𝑀𝑀𝑂𝐵.

MARGINE DI STRUTTURA PRIMARIO 𝑃. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂 − 𝐼𝑀𝑀𝑂𝐵.

Se tale indice assume un valore uguale o maggiore di 1 significa che il capitale


proprio finanzia completamente gli investimenti immobilizzati; se assume un valore
inferiore a 1 allora l’impresa ha fatto ricorso anche a fonti esterne. Questo ultimo
caso non necessariamente riflette una situazione negativa, purché ciò sia avvenuto
con indebitamento a medio-lungo termine.

Al fine di verificare tale circostanza si utilizza l’indice di struttura secondario:

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𝑃𝑁 + 𝑃. 𝐶𝑂𝑁𝑆.
INDICE DI STRUTTURA SECONDARIO
𝐼𝑀𝑀.

MARGINE DI STRUTTURA SECONDARIO (𝑃𝑁 + 𝑃. 𝐶𝑂𝑁𝑆) − 𝐼𝑀𝑀.

Se tale indice assume un valore uguale o maggiore di 1 significa che gli investimenti
immobilizzati sono stati finanziati da capitale proprio e di terzi a medio-lungo
termine; se assume un valore inferiore a 1 allora l’impresa ha contratto anche debiti
a breve (passività circolanti) creando un squilibrio temporale nella liquidità
dell’impresa. Pertanto, in una situazione di equilibrio le immobilizzazioni devono
trovare copertura finanziaria con risorse durevoli, vale a dire principalmente con il
capitale proprio e, in caso di insufficienza di questo, con finanziamenti a medio-
lungo termine.

Indici (e margini) di liquidità


Permettono di valutare la capacità dell’impresa di far fronte ai debiti in scadenza ( a
breve termine) utilizzando il capitale circolante, ossia i crediti che l’impresa
riscuoterà nel breve termine, i ricavi derivanti dalla vendita della merce in
magazzino e la cassa.

Uno degli indici di liquidità più utilizzati è l’indice di disponibilità, pari a:

INDICE DI DISPONIBILITÀ
𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼
(CURRENT RATIO) 𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼

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CAPITALE CIRCOLANTE NETTO 𝐶𝐶𝑁 = 𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅. −𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅.

Un quoziente maggiore dell'unità indica che l'azienda nel breve periodo è in grado di
fronteggiare interamente i debiti correnti con le attività correnti. Il quoziente uguale
a due è ritenuto ottimale; è però da considerare che l'indice non è in effetti molto
significativo a causa del consistente peso che potrebbero avere le rimanenze di
magazzino fra le attività correnti. Infatti queste ultime, a seconda del settore nel
quale opera l’impresa, potrebbero avere delle difficoltà di realizzo.

Proprio tali considerazioni spingono ad affiancare al Current ratio altri indicatori,


come il Quick Ratio e l’Acid Test.

Per quanto riguarda il Quick ratio:

QUICK RATIO
𝐿𝐼𝑄𝑈𝐼𝐷𝐼𝑇À 𝐼𝑀𝑀𝐸𝐷𝐼𝐴𝑇𝐸 + 𝐿𝐼𝑄𝑈𝐼𝐷𝐼𝑇À 𝐷𝐼𝐹𝐹𝐸𝑅𝐼𝑇𝐸
(INDICE DI TESORERIA
𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼
SECONDARIO)

Il quick ratio isola l’effetto delle scorte permettendo di calcolare la capacità


dell’impresa di far fronte ai debiti a breve con gli elementi di maggiore liquidità,
come la cassa e i crediti. L’obiettivo che ci si pone è un indice maggiore o uguale a 1.

In realtà, anche il quick ratio potrebbe non rispecchiare il reale grado di liquidità
dell’impresa se le liquidità differite dell’impresa sono costituite da crediti che
difficilmente saranno riscossi dall’impresa.

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Ciò spinge a utilizzare un altro indice: l’Acid test.

ACID TEST
𝐿𝐼𝑄𝑈𝐼𝐷𝐼𝑇À 𝐼𝑀𝑀𝐸𝐷𝐼𝐴𝑇𝐸
(INDICE DI TESORERIA PRIMARIO) 𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼

L’Acid Test permette di isolare l’effetto dei crediti inesigibili calcolando la capacità
dell’impresa di far fronte ai debiti in scadenza con la liquidità disponibile.

Tra gli indici trattati per misurare il grado di liquidità dell’impresa è sicuramente il
più prudente. Proprio per questo molti analisti finanziari, soprattutto americani,
ritengono l’Acid test l’indice più importante da considerare al fine di determinare il
grado di liquidità dell’impresa. L’obiettivo che ci si pone, ovviamente, è che tale
indice sia vicino a 1. In Italia tale indicatore difficilmente sarà vicino a 1, ossia
raramente le imprese sono in grado di coprire solo con la cassa le passività correnti.
In America un importante analista finanziario (W.T.) ritiene l’acid test l’indice più
importante per valutare lo stato di salute di una impresa. Ciò sembra spingere a
considerare le imprese italiane poco liquide. In realtà anche il ruolo di tale indice va
valutato con riferimento al settore o al mercato nel quale l’impresa opera e al
contesto nel quale la stessa opera. A tal riguardo è possibile evidenziare come in
America la maggior parte delle imprese sono quotate e quindi potrebbe aver senso
attribuire molta importanza a tale indice; diversamente in Italia Capitalia ha
dimostrato che le imprese con un Acid Test molto elevato sono quelle prossime al
fallimento. Ciò accade perché le imprese prossime al fallimento tendono a liquidare
tutto alimentando la cassa per poi fallire e lasciare molti problemi ai fornitori e, in
generale, ai creditori.

ESEMPIO: ATTENZIONE AL SETTORE DI ATTIVITÀ

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Si considerino tre imprese: Alfa, Beta, Gamma:

beta gamma
alfa

Cassa PC Cassa PC Disp. PC

1000 800 500 800 1000 800

P. Corr crediti. P. Corr P. Corr

200 500 200 200

1000 1000 1000 1000 1000 1000

Anche se le imprese presentano lo stesso Current ratio esse non sono uguali.
L’impresa:

 Alfa ha un attivo composto solo da cassa, quindi è l’impresa con il più alto acid
test;
 Beta ha la stessa quantità di cassa e crediti;
 Gamma non ha cassa ma solo disponibilità, ossia rimanenze di magazzino, quindi
è l’impresa con il Quick test più basso.

Alla luce di quanto detto finora la terza impresa, quindi, sembrerebbe quella con
una situazione finanziaria peggiore pur presentando lo stesso current ratio delle
altre. In realtà ogni impresa va valutata con riferimento al settore a cui appartiene.
Se l’impresa gamma è una azienda petrolifera le elevate disponibilità potrebbero
non essere un problema dato che vi è una elevata domanda di petrolio che, proprio
per questo, vede ogni giorno rivalutarsi al rialzo. Differentemente se l’impresa
gamma opera nel settore dell’abbigliamento dove spesso le disponibilità si
traducono in invenduto allora quest’ultima si trova probabilmente in una situazione
critica.

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Indici di indebitamento (leverage o leva finanziaria)
Come è noto, l’indice di indebitamento di una impresa può esser calcolato come pari
a:

𝐶𝐴𝑃. 𝐶𝑅𝐸𝐷𝐼𝑇𝑂 𝑃𝐴𝑆𝑆. 𝐶𝑂𝑁𝑆 + 𝑃𝐴𝑆𝑆. 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼


𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟𝑎𝑔𝑒 = =
𝐶𝐴𝑃. 𝑃𝑅𝑂𝑃𝑅𝐼𝑂 𝑃𝐴𝑇𝑅𝐼𝑀𝑂𝑁𝐼𝑂 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂

Il grado di indebitamento (leva finanziaria) permette di definire quante volte il


capitale di terzi finanziatori è superiore rispetto ai mezzi propri. Attraverso questo
indice è possibile valutare quanto l’azienda è esposta al rischio di default: più
l’azienda è indebitata e più è esposta al rischio di non essere più in grado di far
fronte ai propri impegni

Un leverage compreso tra 0,5 e 0,8 rappresenta una struttura patrimoniale


favorevole ma comunque al limite. Valori superiori a 1 richiedono attenzione,
mentre valori superiori a 2 denotano una struttura finanziaria completamente
disequilibrata.

Come vedremo tale indice incide fortemente la redditività d’impresa.

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Esercizio sull’analisi dello Stato patrimoniale
Si consideri il seguente SP redatto secondo i dettami dell’art. 2424 c.c.

STATO PATRIMONIALE
(ART. 2424 C.C.)

ATTIVO (IMPIEGHI) PASSIVO (FONTI)

Immobilizzazioni Patrimonio netto


immateriali = 200 capitale sociale = 700
materiali = 1000 riserva legale = 200
finanziarie: 100 utile d'esercizio = 60
Attivo Circolante T.F.R. = 300
rimanenze = 300
Debiti
crediti vs clienti
debiti vs fornitori
esigibili entro l'anno = 200
esigibili entro l'anno = 320
esigibili oltre l'anno: 50
esigibili oltre l'anno = 0
crediti vs. controllate
debiti vs Banca
esigibili entro l'anno = 0
esigibili entro l'anno = 100
esigibili oltre l'anno = 100
esigibili oltre l'anno = 400
attività finanziarie diverse da imm. fin. = 100
disponibilità liquide = 50
Ratei e Risconti
risconti passivi = 30
Ratei e Risconti
rateo attivo = 10

TOTALE ATTIVO: 2110 TOTALE PASSIVO: 2110

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Vediamo prima l’attivo e, in particolare, l’attivo fisso. In tale aggregato andremo a
mettere:

 Imm. immat = 200


 Imm. mat. = 1000
 Imm. fin. = 100 + 50 ( rappresentati questi ultimi dai crediti esigibili oltre
l’anno rinvenibili nella voce C.III.2)

Nelle immobilizzazioni non andiamo a considerare i ratei passivi perché, a meno che
non venga diversamente specificato, si intendono a breve termine.

Il totale delle immobilizzazioni sarà: 1350.

Già è possibile calcolare l’indice di rigidità dell’impresa:

1350
𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑔𝑖𝑑𝑖𝑡à = = 64%
2110

La maggior parte delle attività è costituita da Immobilizzazioni e, di conseguenza,


l’azienda presenta una struttura abbastanza rigida.

Per quanto riguarda l’attivo corrente. In tale aggregato si avrà:

 Magazzino = 300
 Liquidità differite
 Crediti vs clienti = 200
 Crediti vs controllate = 100
 Altri titoli = 100
 Ratei attivi = 10
 TOTALE = 410
b) Liquidità immediate = 50

Il totale dell’attivo circolante o corrente sarà pari a 760

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Quanto impatto le liquidità differite sul totale delle attività:

410
= 19%
2110

Essendo il 64% determinato dalle immobilizzazioni, le liquidità immediate e il


magazzino determinano insieme il 17% dell’attivo.

Passiamo al passivo. In tale aggregato avremo:

c) Patrimonio netto = 960


d) Passività consolidate o redimibilità:
 TFR = 300
 Debiti vs banche = 400
 TOTALE PASSIVITÀ CONSOLIDATE: 700
e) Passività correnti:
 Debiti vs fornitori = 320
 Debiti vs banche = 100
 Ratei passivi = 30
 TOTALE PASSIVITÀ CORRENTI = 450

A tal punto è possibile calcolare:

a) gli indici di struttura primario e secondario


b) indice di indebitamento
c) current ratio:
a. quick ratio
b. acid test

Procedendo per gradi. L’indice di struttura primario sarà:

𝑃. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂 960
𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡. 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎𝑟𝑖𝑜 = = = 71%
𝐼𝑀𝑀. 1350

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L’impresa presenta un buon indice di struttura primario dato che il 70% delle
immobilizzazioni è coperto attraverso il patrimonio netto.

Considerando anche le fonti di finanziamento esterne a medio-lungo termine si


ottiene l’indice di struttura secondario:

𝑃. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂 + 𝑃. 𝐶𝑂𝑁𝑆𝑂𝐿𝐼𝐷 960 + 700


𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡. 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎𝑟𝑖𝑜 = = = 1,22
𝐼𝑀𝑀. 1350

Quindi le fonti di finanziamento (interne e esterne) a medio lungo termine sono in


grado di coprire più che congruamente le immobilizzazioni. Ciò comporta che le
attività a lungo termine non sono minimamente finanziate tramite le passività a
breve termine.

Il livello di indebitamento dell’impresa sarà:

𝐶𝐴𝑃. 𝐶𝑅𝐸𝐷𝐼𝑇𝑂 𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑁𝑆 & 𝐶𝑂𝑅𝑅 700 + 450


𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟𝑎𝑔𝑒 = = = = 1,19%
𝐶𝐴𝑃. 𝑃𝑅𝑂𝑃𝑅𝐼𝑂 𝐶𝐴𝑃. 𝑃𝑅𝑂𝑃𝑅𝐼𝑂 960

Tale indice per esser ottimale dovrebbe esser minore di 1. Anche in tal caso però
una qualsiasi valutazione deve necessariamente esser contestualizzata al settore nel
quale l’impresa opera. Alcune imprese riescono a mantenere un livello di
indebitamento compensando con degli elevati flussi di cassa (autostrade).

Andiamo a vedere come sono finanziate le attività a breve termine:

𝐴𝑇𝑇. 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼 760


𝐶𝑢𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡 𝑟𝑎𝑡𝑖𝑜 = = = 1,68
𝑃𝐴𝑆𝑆. 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼 450

Tale Indice per esser ottimale dovrebbe essere maggiore o uguale a 2.

Al fine di verificare il ruolo che le rimanenze hanno nel comparto delle attività
correnti calcoliamo il quick ratio:

𝐿𝐼𝑄. 𝐼𝑀𝑀 + 𝐷𝐼𝐹𝐹 460


𝑄𝑢𝑖𝑐𝑘 𝑟𝑎𝑡𝑖𝑜 = = ≅1
𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅. 450

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Il current ratio dovrebbe essere maggiore di 1 e, come si può notare tale obiettivo
non è lontano. Inoltre, la differenza tra il current ratio e il quick ratio non è enorme
e, quindi, non vi erano tantissime scorte in magazzino.

Andiamo ora a calcolare l’Acid test:

𝐿𝐼𝑄. 𝐼𝑀𝑀. 50
= = 0,12
𝑃𝐴𝑆𝑆. 𝐶𝑂𝑅𝑅 450

L’impresa è molto lontana dal riuscire a coprire tutte le passività correnti con le
liquidità immediate.

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