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Il motore a corrente continua

Introduzione
Il motore a corrente continua è stato largamente usato negli azionamenti elettrici
industriali. L’affermazione di tali azionamenti è dovuta principalmente alla semplicità del
controllo. Infatti si stabilisce una relazione di proporzionalità tra la velocità angolare e
tensione di armatura e tra coppia motrice e corrente di armatura. Per via di questa
caratteristica, il motore a corrente continua aveva ricoperto la quasi totalità delle applicazioni
in cui era necessario poter variare la velocità in un range di valori più o meno ampio. Prima
dell’avvento dei convertitori statici, il controllo dei motori in continua era realizzato
mediante amplificatori rotanti. Naturalmente la presenza di più macchine rotanti rendeva
poco versatile un azionamento realizzato in questo modo. La diffusione di convertitori
AC/DC a semiconduttore ha permesso la realizzazione di controlli in velocità posizione e
coppia versatili ed efficienti.
A fronte di una estrema semplicità di controllo, il motore a corrente continua presenta
una serie di problematiche legate principalmente alla sua struttura meccanica. La presenza di
un commutatore meccanico e di contatti striscianti (collettore) comporta una usura alquanto
rapida, riducendo quindi la vita meccanica del motore e richiedendo una periodica
manutenzione. La presenza di tale commutatore comporta un fenomeno di scintillazione che
logora il motore e ne rende pericoloso l’uso in ambienti con particolari caratteristiche di
pericolosità (ad esempio ambienti con presenza di gas o materiali infiammabili).
Queste problematiche, unite alla diffusione di convertitori statici capaci di controllare
efficientemente motori in alternata, hanno decretato l’inizio della decadenza del motore in
continua. Riveste però ancora interesse, sia per le numerosissime applicazioni in essere, sia
dal punto di vista didattico in quanto il suo comportamento molto si avvicina a quello di una
macchina ideale.

Cenni costruttivi

Il motore a corrente continua si compone di uno statore, che costituisce la parte


esterna, e di un rotore, che è la parte effettivamente rotante. Lo statore ha la funzione di
sostegno del sistema e ad esso sono solidali gli elementi finalizzati alla generazione del
campo di eccitazione. Questi possono essere magneti permanenti o avvolgimenti conduttori.
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Il motore con avvolgimenti di eccitazione ha generalmente lo statore a poli salienti, esso è


costituito di materiale ferromagnetico laminato ed intorno ai poli sono disposti gli
avvolgimenti statorici. Questi, quando sono percorsi da corrente continua, danno origine al
campo induttore. Se tale corrente è costante, lo sarà anche il campo di eccitazione. Anche il
rotore è costituito con materiale ferromagnetico laminato. È di forma cilindrica e sulla sua
superficie esterna sono ricavate delle cave in cui viene alloggiato l’avvolgimento rotorico o
di armatura.

Quando gli avvolgimenti rotorici vengono percorsi da corrente si genera un campo di


induzione magnetica la cui interazione elettrodinamica con il campo generato dagli
avvolgimenti di eccitazione determina la coppia motrice applicata all’asse del motore. Se le
correnti di eccitazione e di armatura sono continue e costanti, danno origine ad una coppia
che a regime sarà costante.
L’alimentazione dall’esterno delle spire costituenti l’avvolgimento d’armatura è resa
possibile dalla presenza del collettore. Questo è calettato sull’asse del rotore, è costituito da
una serie di lamelle metalliche disposte parallelamente alla direttrice dell’asse e permette
l’alimentazione delle spire costituenti l’avvolgimento rotorico tramite una coppia di spazzole
che vi premono consentendo l’applicazione della tensione d’armatura alle spire e quindi la
circolazione della corrente di armatura. Del funzionamento del collettore si parlerà nel
paragrafo che segue.

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A quanto detto vanno aggiunti, per una macchina compensata, poli ausiliari e gli
avvolgimenti di compensazione, realizzati sulle scarpe polari, che hanno lo scopo di ridurre
le deformazioni del campo induttore dovute al campo rotorico.

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Modello matematico del motore


In generale il funzionamento delle macchine elettriche è legato alla interazione di
campi elettromagnetici o di un campo elettromagnetico ed una corrente (forze di Lorenz). In
particolare, nel caso del motore a corrente continua, l’interazione di un campo magnetico
generato dallo statore con la corrente rotorica genera una coppia meccanica applicata all’asse
del rotore e quindi la sua rotazione. Come già detto, il campo statorico è generato dalla
corrente che circola negli avvolgimenti posti sulla carcassa del motore (statore). Il fenomeno
è sinteticamente descritto nella seguente figura in cui l’interazione tra il campo statorico e la
corrente rotorica è descritta sulla base del comportamento di una sola spira immersa in tale
campo statorico:

Φs Φr
α

Con il passaggio della corrente i nell’avvolgimento statorico viene a generarsi un


campo magnetico caratterizzato dal flusso Φs; si supponga che le linee del campo statorico
siano quello in figura. Se si immerge in tale campo una spira e la si fa percorrere da corrente,
sui suoi conduttori si genera una forza il cui verso e direzione sono sintetizzate con la regola
della mano destra. Si denoti con α l’angolo compreso tra il flusso ed il piano della spira. La
forza di Lorenz vale f = k L ⋅ Φ s ⋅ ir ed è diretta sempre ortogonalmente al flusso, pertanto la

coppia generata sarà funzione dell’angolo α, secondo la relazione:

q = k ⋅ Φ ⋅ i ⋅ sen α
m s r

Si osserva che essa è massima quando α=90° ed è nulla quando α=0°. La spira rotorica, per
portare il sistema complessivo in uno stato stabile, ruota fino a quando le forze di Lorenz
hanno direzione passante per il centro della spira stessa, cioè per α=0° annullando la coppia

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meccanica. Allo scopo di generare una coppia meccanica costante, è fondamentale fare in
modo che la forza sia sempre ortogonale al piano della spira anche quando questa ruota. Per
far ciò si deve ottenere un flusso di direzione radiale, il che è possibile realizzando un
interspazio tra rotore e statore, detto traferro, molto piccolo (frazioni di millimetro). Si
ricorda infatti che passando attraverso l’interfaccia tra due mezzi, la componente del campo
magnetico che si mantiene è quella normale. Nel passaggio dal metallo all’aria, la
componente tangenziale all’interfaccia è fortemente attenuata, per cui si può considerare il
campo radiale. Questo fenomeno si può anche spiegare semplicemente dicendo che il campo,
passando dallo statore al rotore segue il percorso a riluttanza minore. Tale percorso è quello
caratterizzato dal minore salto in aria, quindi quello ortogonale all’interfaccia tra i due
mezzi.
Per ottenere una elevata coppia è necessario avere un elevato numero di conduttori
disposti su tutta la periferia del rotore, con un sistema di correnti che al ruotare del rotore
rimanga fisso nello spazio come nell’esempio riportato in figura:

Per mantenere fisso il sistema di correnti rotoriche rispetto allo statore, è necessario un
dispositivo che consenta di commutare l’alimentazione delle spire quando queste ruotano.
Tale dispositivo è il collettore. Si è già detto che è costituito da una serie di lamelle calettate
sull’asse, parallele alla direttrice di questo e separate le une dalle altre da uno strato isolante,
come si può vedere nella seguente figura:

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Ad ogni spira è collegata una coppia di lamelle contrapposte. Una coppia di spazzole porta la
tensione alle lamelle del collettore interessate. In realtà non viene mai alimentata una sola
spira, ma tutte quante in modo da avere il contributo di tutte le spire alla generazione della
coppia. Ciò è ottenuto realizzando un unico avvolgimento sul rotore. In questo modo il
collettore alimenta tutte le spire ed il flusso che si genera è la somma vettoriale di quelli
generati dalle singole spire. I conduttori sono collegati in modo tale da realizzare un unico
avvolgimento in cui le f.e.m. indotte nei conduttori attivi siano concordi. Nella figura che
segue sono riportate una sezione ortogonale all’asse e una visione dispiegata degli
avvolgimenti. In essa si può osservare che sono concordi le f.e.m. indotte nei conduttori
1-8-3-10-5-12 e nei conduttori 6-11-4-9-2-7.

Nella figura sono stati riportati gli avvolgimenti relativi ad una macchina a corrente continua
impiegata come generatore connesso ad un carico resistivo. Per un motore si ha la stessa
struttura. Al fine di ottenere una coppia maggiore le spire stesse sono sostituite con
matassine di materiale conduttore alloggiate nelle cave realizzate sul rotore. Nella seguente
figura si vede come è concretamente realizzato il rotore di una macchina a corrente continua.

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Un fenomeno indesiderato legato alla presenza del collettore è la scintillazione


dovuta alla commutazione. Nel passaggio di conduzione tra una spira e la successiva, le
spazzole mettono in cortocircuito le due lamelle ad esse relative. Si chiude così un circuito
costituito dalle due spire:

Quando la conduzione passa alla lamella destinataria della conduzione, il circuito


descritto viene ad interrompersi. La corrente che fluisce in tale maglia tende ad azzerarsi. La
maglia costituita dalle due spire ha una certa induttanza, ogni variazione della corrente
genera una forza elettromotrice proporzionale al gradiente con cui essa varia. L’interruzione
repentina della corrente produce quindi una tensione molto elevata. Se questa supera la
rigidità dielettrica dell’aria, scocca una scintilla. Questo fenomeno di scintillazione provoca
un progressivo usurarsi delle lamelle. Per cercare di ridurre l’incidenza di questo fenomeno,
si deve fare in modo che la commutazione avvenga tra lamelle sedi di forza
controelettromotrice nulla. Se una spira giace su un piano ortogonale alle linee del flusso
statorico, la variazione di flusso in corrispondenza di una piccolissima rotazione dell’asse è
praticamente nulla. In queste circostanze la f.c.e.m. indotta è nulla ed il fenomeno di
scintillazione è ridotto al minimo.
Oltre a quanto descritto è presente un fenomeno di distorsione del campo statorico ad

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opera delle correnti rotoriche chiamato reazione d’armatura. Tali correnti sono tutte entranti
per una metà del rotore e tutte uscenti sull’altra metà. Le linee di flusso del campo generato
da tali correnti interagiscono con il campo statorico creando una non uniformità del campo.
Si può avere un chiara idea del fenomeno osservando la seguente figura:

Laddove i flussi statorico e rotorico sono concordi si verifica un aumento del campo, mentre
dove sono discordi se ne ha una diminuzione. In seguito alla deformazione delle linee del
campo statorico si ha uno spostamento dell’asse neutro. La spira in corto circuito prima
considerata non è più ortogonale al flusso, per cui diviene di nuovo sede di una forza
elettromotrice. Ciò genera il fenomeno di scintillazione prima descritto. Se la corrente che si
interrompe è abbastanza intensa, si ha la ionizzazione dell’aria intorno al collettore. Questa
viene poi trascinata dal collettore fino a circondarlo. Se ciò accade, il collettore viene
cortocircuitato. Questo fenomeno è chiamato flash del collettore e può distruggerlo. Per
minimizzare gli effetti della reazione di armatura si dispongono le spazzole sull’asse a
derivata del campo nulla:

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Un altro accorgimento finalizzato a rendere non distorto il campo statorico consiste


nel realizzare degli avvolgimenti aggiuntivi sulle espansioni polari. Questi sono collegati in
serie al circuito d’armatura. Quando percorsi da corrente inducono nelle zone loro adiacenti
un campo che tende a compensare quello prodotto dalle correnti rotoriche. Per questo motivo
essi vengono chiamati avvolgimenti compensatori. Un’altra soluzione volta a compensare le
distorsioni del campo consiste nel dotare il motore di poli ausiliari che, quando percorsi da
corrente, tendono a ristabilire le linee del flusso statorico originario. I poli ausiliari sono in
numero uguale alle coppie polari.
Con questi accorgimenti il motore a corrente continua riesce a generare una coppia
proporzionale al prodotto del flusso indotto dalla corrente statorica, o di eccitazione, e della
corrente rotorica, o di armatura. Agendo sul valore di una di queste correnti è possibile
controllare la coppia impressa all’asse del motore. Si presentano così due tecniche di
controllo: sull’eccitazione o sull’armatura.
La coppia meccanica creata deve essere tale da superare le coppie resistenti e riuscire
ad imprimere all’asse l’accelerazione necessaria a di portarlo in rotazione alla velocità
desiderata. Una delle coppie resistenti presenti sull’asse del motore è la coppia d’inerzia.
Essa è dovuta all’inerzia del rotore, dell’asse e di quanto è ad esso meccanicamente
connesso. Quest’ultima aliquota va calcolata tenendo conto dei sistemi meccanici con cui il
carichi sono connessi all’asse. Ad esempio, se è presente un carico meccanico collegato
attraverso un riduttore, l’inerzia vista dall’asse è proporzionale a quella del carico con un
fattore di proporzionalità uguale al coefficiente di riduzione. La grandezza meccanica che
riassume in sé quanto appena detto è il momento di inerzia J. L’inerzia è la caratteristica di
un corpo di opporsi alle perturbazioni dello stato di quiete o di moto. Il corpo cioè si oppone
alle accelerazioni. Si desume che la coppia d’inerzia si oppone alle accelerazioni imposte
all’asse dalla coppia elettromotrice. Essa sarà dunque proporzionale alle variazioni di

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velocità angolare con coefficiente J.


Oltre alla coppia d’inerzia, sull’asse del motore agiscono altre coppie non
conservative, come quella di attrito. L’attrito in questione è quello causato dalla viscosità del
fluido in cui ruota il rotore. La coppia risultante è legata alla velocità angolare da una
relazione fortemente non lineare. Però, vista la semplicità di realizzazione del rotore (un
cilindro che ruota), le coppie resistenti dovute agli attriti possono essere considerate
dipendenti linearmente dalla velocità di rotazione trascurando i termini di ordine superiore al
primo. Quindi la coppia di attrito viscoso è legata alla velocità da una relazione di
proporzionalità stabilita dal coefficiente di attrito viscoso B.
Alle coppie ora descritte va aggiunto il contributo di coppie impresse dai carichi
meccanici. Considerando questi fattori, l’equazione di equilibrio meccanico diventa la
seguente:

qm = J ⋅ + B ⋅ ω + ql .
dt
Per quanto riguarda la parte elettrica, il motore a corrente continua può essere
schematizzato come segue:

Rf

Ra
Vf Lf Va
La
+
- Eg

Si osserva la presenza di una maglia di eccitazione e una di armatura. Essendo costituiti da


avvolgimenti di materiale conduttore, i due circuiti hanno un comportamento
ohmico-induttivo. Come si è già accennato, la coppia motrice è direttamente proporzionale al
flusso statorico Φs. Al fine di avere elevati valori di coppia si costruiscono i motori a
corrente continua in modo tale da avere grossi valori di Φs. Ciò vuol dire che si realizzano
avvolgimenti con elevato valore di Lf. Quindi in genere l’induttanza del circuito di
eccitazione Lf è maggiore di quella del circuito d’armatura. Grossi avvolgimenti comportano
un elevato valore di resistenza, per cui il circuito di eccitazione presenta una costante di
tempo maggiore di quella del circuito d’armatura.
Si è detto che si costruisce il motore in modo tale i flussi siano a 90°. Ciò comporta

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l’assenza di accoppiamento mutuo tra i circuiti. Per cui le equazioni alle maglie, statorica e
rotorica, si possono scrivere in modo indipendente. Le equazioni sono quindi:

di f
v f = R f ⋅ i f + Lf ⋅
dt
di
va = Ra ⋅ ia + La ⋅ a + eg
dt

Il termine eg rappresenta la f.c.e.m. indotta nel circuito rotorico ad opera del campo di
eccitazione. Una forza elettromotrice si genera ogni volta che un conduttore si muove in un
campo magnetico trasversalmente rispetto alle linee di flusso di questo. La eg nasce dal moto
degli avvolgimenti rotorici nel campo statorico. Il suo valore è proporzionale al prodotto
della velocità angolare per il flusso statorico:

eg = k m ⋅ Φ s ⋅ ω

Il flusso statorico è legato alla corrente di eccitazione dalla relazione:

Nf ⋅ if =R⋅ Φs

dove con Nf ed R si indicano rispettivamente il numero di spire e la riluttanza


dell’avvolgimento statorico. Si ha quindi la proporzionalità tra il flusso e la corrente nel
circuito di eccitazione. L’espressione di eg diventa la seguente:

e g = k m′ ⋅ i f ⋅ ω

La f.c.e.m. eg nasce in quanto il sistema motore si oppone alla perturbazione del suo
stato di quiete, per cui essa si contrappone alla tensione di armatura limitando il valore di
corrente che scorre negli avvolgimenti rotorici.
Tenendo conto della relazione tra flusso e corrente statorica, l’espressione della
coppia meccanica diventa:

qm = k m ⋅ Φ s ⋅ ia = k m′ ⋅ i f ⋅ ia

Nelle espressioni finora descritte si sono usati gli stessi coefficienti k m′ . Ciò è lecito per un
motore perfettamente compensato in quanto tali coefficienti risultano uguali.
Si consideri ora il motore da un punto di vista sistemistico. Il motore può vedersi
come un sistema la cui uscita è la velocità angolare dell’asse. In quest’ottica, la presenza del
momento d’inerzia J, e quindi di una coppia d’inerzia, impone un limite sulla banda passante

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del sistema. Questa è intimamente legata al tempo di salita della risposta indiciale.
Nell’equazione dell’equilibrio meccanico, la coppia che ha maggior peso nelle fasi
transitorie è quella d’inerzia essendo proporzionale all’accelerazione. In tali fasi la velocità
ω parte da un valore nullo, quindi la coppia B⋅ω ha entità trascurabile rispetto alla coppia
d’inerzia. Se i considera nulla la coppia di carico, nei transitori l’equazione dell’equilibrio
meccanico diventa:


qm = J ⋅
dt

Per un sistema inerziale descritto con questa equazione la crescita della velocità è lineare con
pendenza:

dω q m ωmax
=
dt J
qm/J

tr t

Un motore è caratterizzato da una massima potenza elettrica applicabile in ingresso, quindi


da una massima potenza meccanica ottenibile. Questo è dovuto al fatto che c’è un valore
massimo di corrente che può fluire nel circuito di armatura. Questo presenta un valore, anche
se piccolo, di resistenza, quindi, se percorso da corrente è sede di dissipazioni con
produzione di calore. La massima quantità di calore smaltibile verso l’esterno impone il
suddetto vincolo sulla corrente e quindi sulla potenza. Un altro fenomeno che limita il valore
di corrente è il rischio che si verifichi il flash del collettore. Dovendo rispettare un valore
massimo di corrente d’armatura, si avrà anche un massimo valore per la coppia generata.
Dall’equazione sopra scritta si osserva che vi è un valore massimo ottenibile per
l’accelerazione dω/dt, quindi un minimo per il tempo di salita del sistema.
Il limite di corrente che può circolare negli avvolgimenti rotorici è essenzialmente
legato alle fasi transitorie di avviamento del motore. In queste fasi la velocità angolare parte
da un valore nullo. Quindi anche la f.c.e.m. eg assume un valore nullo per poi aumentare. Il
circuito d’armatura non è altro che un avvolgimento di materiale conduttore, quindi con
piccola resistenza. Ciò comporta che la tensione impressa al circuito d’armatura, non
contrastata dalla f.c.e.m. indotta fa circolare una corrente molto elevata. Questo picco di
corrente può danneggiare gli avvolgimenti rotorici. Da qui la necessità di porre un limite

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sulla corrente d’armatura e quindi sulla coppia.


Quando è presente anche la coppia di carico ql, dato che la coppia massima è
costante, si avrà una diminuzione della potenza impiegata per contrastare la coppia d’inerzia,
quindi una accelerazione dω/dt più bassa, dunque un tempo di salita più lungo.
Si è detto che per controllare la velocità angolare è possibile agire o sulla corrente di
eccitazione o su quella d’armatura. Se si usa un motore a magneti permanenti il flusso sarà
costante, quindi sarà possibile effettuare un controllo su uno solo dei due circuiti. È
interessante però poter agire sul flusso in quanto, come si vedrà più avanti, con un suo
opportuno controllo si può cambiare il range di variazione della velocità angolare per un
certo intervallo di valori per la tensione d’armatura, quindi ampliare il campo di regolazione
della ω.

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