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Prof.

Massimo Salleolini

DISPENSE DEL CORSO DI

IDROGEOLOGIA

(Mod. 2 – Elementi di idrogeologia applicata)

3 - IDROGEOCHIMICA DELLE ACQUE NATURALI

Giancarlo Pagani (2000)

A.A. 2005-2006
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 2

INTRODUZIONE

L'idrogeochimica è quella branca dell'idrogeologia che si occupa dello studio del chimi-
smo delle acque sotterranee: detto studio, oltre ad essere necessario per valutare le possibilità
d'impiego delle acque (potabile, irriguo, industriale), apporta un valido aiuto nelle ricerche
idrogeologiche perché può fornire dati utili sul percorso delle acque nel sottosuolo, sulle mo-
dalità del loro movimento, sul meccanismo di alimentazione e sulla provenienza delle acque
stesse. Questo è possibile in base al fatto che le acque sotterranee contengono sempre una
certa quantità di sali in soluzione, acquisiti dalle rocce con le quali esse sono venute a con-
tatto durante il percorso nel sottosuolo. La qualità e la quantità di questi sali dipendono da
numerosi fattori, soprattutto da:
• composizione mineralogica delle rocce attraversate dall'acqua;
• grado di solubilità dei minerali componenti le rocce;
• durata ed estensione del contatto tra l'acqua e le rocce (e quindi dalla lunghezza del per-
corso sotterraneo, dalla velocità di flusso e dalla profondità raggiunta dalle acque);
• potere solvente dell'acqua (dipendente dalla sua temperatura e dal suo chimismo).

I caratteri chimici e fisici delle acque sotterranee (residuo fisso, durezza, conducibilità,
temperatura, ecc.) si comportano spesso come dei veri e propri traccianti naturali: consento-
no cioè di seguire il deflusso sotterraneo.
L'idrogeochimica rappresenta dunque un metodo d’indagine molto utile e, tra l'altro, relati-
vamente poco costoso; la sua efficacia si manifesta soprattutto in associazione con gli altri in-
dispensabili metodi di indagine idrogeologica (ricerche lito-stratigrafiche e strutturali, prospe-
zioni geofisiche, rilievi e misure idrauliche ai pozzi ed alle sorgenti).

3.1 - PRINCIPALI PARAMETRI CHIMICO-FISICI


3.1.1 - Chimismo
I sali più facilmente solubili da parte dell'acqua e che si trovano in grande quantità nelle
rocce sono: CaCO3 (calcite); CaMg(CO3)2 (dolomite); NaCl (cloruro di sodio); CaSO4 (ani-
drite); CaSO4·2H2O (gesso). Perciò, i principali elementi che più comunemente si trovano
nelle acque sotterranee e che vengono di solito analizzati sono:
• fra gli ioni positivi (cationi): Ca++, Mg++, Na+, K+
• fra gli ioni negativi (anioni): Cl-, SO4--, HCO3-, CO3--
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A questi va aggiunto l'anione NO3- il quale, generalmente presente in natura a basse con-
centrazioni in ambienti riducenti, può raggiungere tenori relativamente elevati a causa di fe-
nomeni di inquinamento batteriologico e/o chimico.
E' opportuno spendere qualche parola in più per ricordare che anioni e cationi possono
combinarsi o dissociarsi soltanto in unità di massa ben determinate, dette equivalenti chimici:
in altre parole, la capacità di reazione di un elemento in soluzione non dipende dalla sua
quantità in peso tra i sali disciolti, ma dal numero di equivalenti che entrano in reazione.
L'equivalente chimico (eq) è dato dal rapporto tra la massa atomica o molecolare (M) dello
ione considerato e la sua valenza (Vz):
M
eq = 3-1
Vz
Per massa atomica si intende il peso medio relativo degli atomi neutri dell'elemento,
espresso in unità di massa atomica (1 u.m.a. = 1,66043·10-24 g) che viene definita come 1/12
del peso medio degli atomi neutri dell'isotopo 12 del Carbonio; nel caso di uno ione composto
(ad esempio, SO4--) si tiene conto della somma delle masse atomiche dei suoi costituenti, cioè
della massa molecolare. Per valenza si intende il numero di elettroni che l'elemento perde o
acquista nel formare dei composti chimici.
Nella Figura 3-1 sono riportati la massa atomica o molecolare, la valenza e l'equivalente
chimico di alcuni ioni.

Figura 3-1 Massa atomica o molecolare, valenza ionica ed equivalente chimico di alcuni ioni.

E' proprio per questo motivo che i risultati di un'analisi vengono spesso espressi in equi-
valenti/litro (eq/l), o in milliequivalenti/litro (meq/l), che si ottengono dividendo il peso in
grammi (o in milligrammi) degli elementi in soluzione per il rispettivo equivalente chimico;
le concentrazioni così ottenute sono dette anche quantità in reazione. In pratica, le trasforma-
zioni da mg/l a meq/l (o da g/l a eq/l) vengono effettuate moltiplicando la concentrazione in
mg/l (o g/l) dello ione preso in considerazione per dei fattori di conversione (Figura 3-2): il
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fattore di conversione da meq/l a mg/l (o da eq/l a g/l) coincide con il valore dell'equivalente
chimico.

Figura 3-2 Fattori di conversione da mg/l a meq/l e viceversa.

La concentrazione degli ioni disciolti nelle acque viene anche espressa in g/l, mg/l, ppm
(se la concentrazione è molto diluita, come nella maggior parte dei casi, 1 mg/l = 1 ppm).
Prima dell'utilizzazione delle analisi chimiche per le rappresentazioni e le interpretazioni di
cui si parlerà in seguito, è necessario effettuare un controllo della loro qualità, e ciò a causa
del fatto che le varie analisi prese in considerazione possono essere state effettuate in anni di-
versi, da differenti laboratori e per molteplici usi: in definitiva, possono essere di una qualità
tale da sconsigliarne ulteriori utilizzi.
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Tale controllo si può fare mediante il calcolo della deviazione percentuale:


( SUMAN − SUMCAT)
%DEV = 100 ⋅ 3-2
( SUMAN + SUMCAT)
dalla situazione di elettronegatività definita da:
SUMAN - SUMCAT = 0 3-3
Sia la sommatoria degli anioni (SUMAN) che quella dei cationi (SUMCAT) va espressa in
meq/l (o in eq/l): il valore limite della %DEV, affinché i risultati si possano considerare ac-
cettabili, è comunemente indicato nel 5%. Di norma, il controllo viene eseguito sui quattro
cationi (Ca++, Mg++, Na+, K+) e sui quattro anioni (HCO3-, SO4--, Cl-, NO3-) più significativi.
Qualora i risultati delle analisi risultino validi, in base alla suddetta espressione, è possibile
procedere all'elaborazione ed alla interpretazione dei dati analitici; nel caso, invece, che
l’analisi non risulti soddisfacente, prima di scartarla è opportuno controllare che la differenza
di bilancio sia effettivamente dovuta ad errori e non all’omessa determinazione o alla mancata
utilizzazione, nei conteggi, di altri ioni presenti nell’acqua in quantità significative.
Degli ioni anzidetti si parlerà brevemente qui di seguito, mentre nella Figura 3-3 sono ri-
portate le relative frequenze nelle acque sotterranee.

Figura 3-3 Frequenze dei vari costituenti contenuti nelle acque sotterranee.

3.1.1.1 - Calcio, Magnesio


Il Calcio è uno dei cationi più abbondanti nelle acque sotterranee (fino a concentrazioni di
1200 meq/l) ed è presente:
• nei minerali delle rocce cristalline (feldspati, pirosseni, anfiboli), che però sono poco solu-
bili e perciò le acque che circolano in tali terreni non sono generalmente ricche in Ca++;
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• nelle rocce sedimentarie, sotto forma di carbonati (calcite, aragonite, dolomite) e di solfati
(anidrite, gesso) molto solubili, e quindi le acque che circolano in esse hanno generalmente
un elevato contenuto in Ca++.

Il Magnesio invece è presente:


• nelle rocce ignee (nei minerali come l'olivina, i pirosseni, gli anfiboli, le miche);
• nelle rocce metamorfiche (nei minerali come le cloriti e le montmorilloniti, nei serpentini);
• nelle rocce sedimentarie si trova nelle dolomie, sotto forma di carbonati (dolomite), unita-
mente al Calcio.

Le acque sotterranee hanno generalmente un basso contenuto in Magnesio: solo quando


esse circolano attraverso rocce di tipo dolomitico tale contenuto è più elevato. Di norma, co-
munque, esso non supera i 530 meq/l.
Il contenuto di tali ioni (Ca++, Mg++) è molto indicativo della litologia: se esso è inferiore a
30 mg/l molto probabilmente l'acqua è di origine magmatica, mentre se si giunge fino a 100
mg/l si è in presenza di terreni sedimentari; se poi si arriva a 300 mg/l vuol dire che l'acqua ha
circolato in terreni carbonatici, mentre se si raggiunge i 600 mg/l tali terreni hanno un elevato
contenuto in gesso.

3.1.1.2 - Sodio, Potassio


Il Sodio si trova, in natura, generalmente sotto forma di solfati, carbonati e, soprattutto,
cloruri: esso può derivare anche dai feldspati contenuti nelle rocce ignee e nei terreni derivati
dalla loro alterazione (argille).
Unitamente al Potassio (che si trova anch'esso sotto forma di solfati, carbonati e cloruri), il
Sodio è molto diffuso nelle acque termominerali ed in tutte quelle caratterizzate da tempi di
residenza relativamente lunghi nell'acquifero.

3.1.1.3 - Cloruri
Il Cloro, ione di notevole interesse nelle prospezioni idrogeochimiche, può avere origini
diverse: da antichi depositi di origine marina nei quali è rimasta intrappolata dell'acqua salata
(acqua congenita); dalla dissoluzione di rocce saline (evaporiti); dall'invasione dell'acqua di
mare nella falda costiera.
I cloruri, composti principali del Cloro, sono il più importante costituente dell'acqua di ma-
re (oltre 20 g/l su un totale di circa 35 g/l). Essi sono molto solubili e raramente vengono ri-
mossi per precipitazione e -dato che sono pochissimo influenzati da fenomeni di scambio io-
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nico, fissazione, saturazione, riduzione, ecc.- possono essere utilizzati come sicuri indicatori
dei processi idrogeologici: si presentano, pertanto, come degli ottimi traccianti naturali.
Una diminuzione del contenuto in cloruri indica che la falda subisce un'alimentazione,
mentre un aumento degli stessi può essere dovuto a cause diverse: invasione dell'acqua di ma-
re; dissoluzione di rocce saline; evaporazione di acque molto superficiali.

3.1.1.4 - Solfati
La dissoluzione dei gessi e delle anidriti rappresenta l'origine principale degli ioni SO4--
presenti nelle acque sotterranee; un'altra fonte oggi certamente non trascurabile è rappresen-
tata dai composti utilizzati in agricoltura come fertilizzanti. Gli ioni SO4-- possono provenire
anche dall’ossidazione dei solfuri e nel caso della pirite (bisolfuro di ferro), la decomposizio-
ne avviene secondo la seguente reazione:
2FeS2 + 7O2 +2H2O → 2FeSO4 + 2SO4-- + 2H2 3-4
Il limite di solubilità del solfato di calcio (composto principale dei solfati) è pari a 2100
mg/l nell'acqua pura a 20 °C: solo con la presenza non trascurabile di altri ioni si possono
raggiungere concentrazioni superiori.
I solfati non sono molto influenzati da fenomeni di scambio ionico, saturazione, ecc. e
pertanto possono essere utilizzati anch'essi, pur con qualche cautela, come indicatori dei pro-
cessi idrogeologici.

3.1.1.5 - Bicarbonati
La fonte principale dello ione bicarbonato sono i minerali carbonatici (calcite, aragonite,
dolomite): questi sono molto solubili nell'acqua pura e danno luogo alla formazione di bicar-
bonati in presenza di anidride carbonica. Il fenomeno si svolge secondo la nota reazione:
CaCO 3 + H 2 O + CO 2 ↔ Ca(HCO 3 ) 2 3-5
Il tenore di questo ione è elevato nelle acque circolanti in rocce carbonatiche, mentre è mi-
nimo nelle rocce cristalline, nelle arenarie e nelle rocce silicee.

3.1.2 - Temperatura
La temperatura delle acque sotterranee viene misurata, con un normale termometro di pre-
cisione, allo sbocco di sorgenti o direttamente nelle perforazioni; queste misure vengono di
solito accompagnate da rilievi sulla temperatura dell'aria al suolo.
Sulla base della loro temperatura media annua, le acque possono essere così classificate:
a) minerali fredde con temperatura inferiore alla media annua esterna e a 20 °C;
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b) subtermali con temperatura superiore alla media annua esterna, ma inferiore a 20 °C;
c) termali:
• ipotermali con temperatura superiore alla media annua esterna e a 20 °C, ma inferiore a
34 °C;
• mesotermali con temperatura compresa tra i 34 ed i 40 °C;
• ipertermali con temperatura compresa tra i 40 ed i 50 °C;
d) acrotermali con temperatura superiore a 50 °C;
e) sorgenti di vapore (fumarole, soffioni).

Ai fini dell'interpretazione delle caratteristiche fisico-chimiche delle acque sotterranee, la


conoscenza della temperatura dell'acqua è determinante perché essa esercita un ruolo im-
portante sul pH, sulla solubilità dei sali disciolti e, conseguentemente, sulla salinità e sulla
conducibilità: inoltre, può dare indicazioni sui circuiti sotterranei e su eventuali mescola-
menti tra acque diverse.
L'acqua sotterranea tende a mettersi in equilibrio termico con le rocce che la contengono e,
durante il suo percorso, può aumentare o diminuire di temperatura. La temperatura dell'acqua
dipende quindi da quella delle rocce costituenti il sottosuolo, che a sua volta deriva da due
sorgenti principali: il Sole ed il calore interno della Terra.
In funzione di queste due fonti di calore, al di sotto della superficie terrestre si distinguono
due zone termiche, dall'alto al basso (Figura 3-4):
RADIAZIONE SOLARE

15÷50 m ZONA ETEROTERMICA

LIVELLO TERMICO NEUTRO

ZONA
OMOTERMICA
CALORE INTERNO DELLA TERRA


Figura 3-4 Rappresentazione schematica della distribuzione della temperatura nel sottosuolo.

• zona a temperatura variabile nel tempo (o eterotermica)


Essa è posta immediatamente al di sotto della superficie ed il suo spessore, compreso nor-
malmente tra 15 e 50 m, è funzione di vari fattori: nei materiali alluvionali lo spessore è di
15÷20 m, nelle rocce calcaree di 25÷30 m, nelle rocce granitiche di 35÷40 m. La parte su-
periore di questa zona, per uno spessore di 1÷3 m, risente di tutte le variazioni di tempera-
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tura (giornaliere, stagionali, ecc.); la parte inferiore è invece interessata solo da quelle sta-
gionali, le quali, sempre più smorzate con la profondità, finiscono per annullarsi alla base
della zona: qui è presente il cosiddetto livello termico neutro, che rappresenta una fascia a
temperatura costante ed uguale alla temperatura media annua dell'aria alla superficie.

• zona a temperatura costante nel tempo (o omotermica)


In essa la temperatura dipende dal calore interno della Terra: in un determinato punto la
temperatura è perciò costante nel tempo. Dal livello termico neutro la temperatura delle
rocce aumenta verso il basso secondo un gradiente geotermico che rappresenta l'aumento
di temperatura, in °C, per ogni 100 m di profondità (da non confondersi con il grado geo-
termico, che rappresenta invece la distanza verticale in metri sulla quale si ha un aumento
di temperatura pari a 1 °C). Il valore medio di detto gradiente è di 3 °C, ma risulta piutto-
sto variabile in funzione di fattori tettonici, stratigrafici, petrografici, morfologici, ecc.
E' anche da sottolineare che il quantitativo unitario medio del calore interno della Terra, ri-
salente alla superficie, è caratterizzato da valori molto bassi ed ampiamente inferiori a
quelli della radiazione solare incidente. Esso non è, però, uniforme su tutta la superficie
terrestre visto il suo sensibile scostamento dalla media lungo alcune fasce geografiche, ge-
neralmente interessate da particolare mobilità della crosta, nelle quali anche il gradiente si
discosta notevolmente dai valori medi (Figura 3-5).

Figura 3-5 Distribuzione delle principali aree geotermiche.


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Sono queste le cosiddette aree di anomalia geotermica, le quali possono variamente clas-
sificarsi in base alle loro manifestazioni regionali o locali, alla loro distribuzione lungo fa-
sce o su aree limitate e circoscritte, al carattere primario o secondario della fonte geotermi-
ca che le origina. In Italia, le situazioni geotermiche a più elevata entalpia (Larderello, M.
Amiata, Latera, ecc.) sono determinate da anomalie a carattere locale (strutture vulcaniche,
stock intrusivi recenti - Figura 3-6); negli altri casi, tali anomalie determinano general-
mente sistemi geotermici a medio-bassa entalpia. E' da ricordare che in geotermia si usa
correntemente, al posto di temperatura, il termine entalpia; essa è definita come la quantità
di calore assorbita o ceduta da un sistema nel caso di una sua trasformazione isobara, cioè
a pressione costante.

Figura 3-6 Schema ideale di campo geotermico.

La valutazione dello stato termico del sottosuolo viene generalmente effettuata mediante
l’estrapolazione, in profondità, dei gradienti di temperatura misurati in pozzi di piccolo dia-
metro, appositamente perforati, aventi sviluppo verticale di circa 150 m; ovviamente, affinché
questa metodologia di prospezione abbia successo, è necessario che nel mezzo, in cui si ef-
fettuano le misure, il calore si propaghi solo per conduzione (cioè, senza circolazione idrica).
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Dette perforazioni, chiuse al fondo e riempite d'acqua, servono per la misura del gradiente
termico (∆T/∆Z) e della conducibilità termica (Ct) delle rocce attraversate. Il flusso di calore
Fc è fornito dalla relazione:
∆T
Fc = C t ⋅ 3-6
∆Z
L'unità di misura del flusso di calore è l'HFU (Heat Flow Unit: 1 HFU = 1 µcal/cm2·sec);
talvolta viene usato anche il mW/m2. Il flusso di calore medio è pari a circa 60 mW/m2; nelle
zone geotermiche di Larderello e del M. Amiata esso supera i 300 mW/m2 e raggiunge, lo-
calmente, i 120 mW/m2 nella parte settentrionale del graben di Siena.
Le temperature presenti al tetto del serbatoio delle acque sotterranee si ottengono estrapo-
lando il valore così ottenuto del flusso di calore, considerato costante, in base a previsioni su-
gli spessori delle formazioni di copertura e sulle loro conducibilità termiche.
In determinate situazioni ed in mancanza delle misure anzidette, si può tuttavia fare una
ragionevole stima della temperatura del sottosuolo, dal quale provengono le acque sorgive,
ricorrendo all'impiego dei cosiddetti geotermometri chimici o isotopici, basati sulla conoscen-
za (sperimentale o teorica) delle leggi di variazione, con la temperatura, degli equilibri chimi-
ci esistenti tra acqua sotterranea e roccia-serbatoio.
Qui di seguito si parlerà di quelli più comunemente usati.

3.1.2.1 - Geotermometro SiO2


E' stato messo a punto con analisi di laboratorio attraverso le quali è stata determinata la
solubilità della silice, nei suoi vari stati, alle varie temperature (Figura 3-7).
Le equazioni che, in base alla concentrazione della SiO2 in soluzione valutata all'emergen-
za della sorgente, consentono di stimare la temperatura T (in °C) che la soluzione stessa ave-
va, all'equilibrio, in profondità, sono:
 1032 
T=  − 273,15 3-7
 ( 4,69 − logSiO 2 ) 
nell'ipotesi di equilibrio con il calcedonio, e:
 1309 
T=  − 273,15 3-8
 ( 5,19 − logSiO 2 ) 
nell'ipotesi di equilibrio con il quarzo.
In ambedue le formule la concentrazione della SiO2 è in ppm.
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Figura 3-7 Solubilità delle diverse varietà della silice in funzione della temperatura.

3.1.2.2 - Geotermometro Na-K-Ca


Questo è stato messo a punto attraverso la correlazione dei dati riguardanti le concentra-
zioni di Na, K e Ca in una grande varietà di tipi d'acqua naturali. Da tutto ciò è stato trovato
che la temperatura (in °C), alla quale viene raggiunto l'ultimo equilibrio delle interazioni ac-
qua-roccia, può esprimersi mediante la seguente relazione:
 
 
 1647  − 273,15
T= 3-9
 Na Ca  
  2,24 + log + β ⋅ log 
 K Na  

nella quale i simboli chimici, che vi figurano, rappresentano le concentrazioni molali dei rela-
tivi ioni, mentre β è una costante da scegliere tra 1/3 e 4/3 a seconda che l'equilibrio finale
acqua-roccia corrisponda a temperature al di sopra o al di sotto di 100 °C.
Per completezza si ricorda che la molalità di una soluzione indica il numero di moli di so-
luto disciolte in un kg di solvente puro, da non confondersi con la molarità, la quale indica il
numero di moli di soluto disciolte in un litro di soluzione: la molalità, a differenza della mola-
rità, è indipendente dalla temperatura, dato che in essa non compare il volume. Il numero di
moli si ottiene dividendo il peso in grammi della sostanza in soluzione per il suo peso atomico
o molecolare.
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3.1.2.3 - Considerazioni d'impiego


E' però da dire che tali metodi presentano molte limitazioni ed incertezze, in particolare per
quanto riguarda il collegamento preciso tra le temperature ottenute e la profondità di prove-
nienza. Infatti, nella loro risalita alla superficie, le acque analizzate possono subire un raffred-
damento, anche notevole, in dipendenza:
• della temperatura e della diversa conducibilità termica delle rocce attraversate;
• dell'espansione adiabatica dei gas disciolti all'atto della loro liberazione;
• di altri fattori, come incrostazioni ed occlusioni dei condotti, che influiscono sulla velocità
di circolazione e provocano un aumento dei tempi di contatto delle acque con le pareti dei
condotti termali.

Questo raffreddamento può riflettersi sugli stessi equilibri chimici realizzatisi nel fluido,
fino al punto di condurre a stime geotermometriche scarsamente affidabili.
Questi metodi forniscono i migliori risultati in presenza dei cosiddetti sistemi ad acqua
calda, che sono quei sistemi nei quali l'acqua si trova in fase liquida continua ed il vapore ac-
queo può essere presente soltanto in piccole quantità nelle zone più superficiali, a pressioni
minori rispetto a quelle che si hanno nel serbatoio.
Il geotermometro Na-K-Ca può essere utilizzato con successo solo con acque del tipo
NaCl: insieme al geotermometro SiO2, essi forniscono temperature attendibili solo nel caso di
serbatoi quarzoso-filladici. In tali casi, le indicazioni termiche ottenute con i due geotermo-
metri potranno essere anche sensibilmente diverse tra loro, in relazione alla velocità di risalita
delle acque, per il fatto che, mentre la SiO2 mostra una relativamente rapida adattabilità del
suo contenuto alle variazioni di temperatura, i rapporti molali di Na, K e Ca hanno un equili-
brio più lento rispetto alle variazioni termiche: è ovvio, perciò, che i risultati forniti da que-
st'ultimo geotermometro possono essere più indicativi delle condizioni termiche del serbatoio
profondo, dove il tempo di permanenza è notevolmente superiore a quello nelle parti meno
profonde dei condotti termali.
Il geotermometro Na-K-Ca per essere correttamente impiegato necessita che, a temperature
comprese tra i 100 ed i 370 °C, si sia raggiunto l'equilibrio acqua-plagioclasi-feldspato potas-
sico, e che la composizione dei plagioclasi non si discosti molto da quella dell'albite: pertanto,
tale geotermometro non può essere usato per acque provenienti da serbatoi carbonatici e/o
anidritici. In quest'ultimi casi il geotermometro SiO2 fornisce di solito la temperatura minima
del serbatoio geotermico.
Infine, nel caso di acque emergenti in aree a copertura vulcanica i geotermometri suddetti
non forniscono risultati attendibili.
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3.1.3 - Conducibilità elettrica


La conducibilità elettrica è intesa come la capacità di una sostanza a lasciarsi attraversare
da una corrente elettrica: è perciò il contrario della resistività elettrica, per cui conoscendo
l'una si può facilmente risalire all'altra. Le misure di questo parametro vengono eseguite con
apparecchi chiamati conducimetri ed espresse generalmente in milliSiemens/cm (mS/cm) o in
microSiemens/cm (µS/cm); la resistività viene invece solitamente espressa in ohm·cm.
Esprimendo la conducibilità dell'acqua in µS/cm, si può ricavare la corrispondente resistività
(in ohm·cm) con:
6
10
ohm ⋅ cm = 3-10
( µS / cm)
Poiché la conducibilità elettrica dipende largamente dalla temperatura (in quanto cresce
quando questa si eleva), i risultati delle misure vengono riferiti alla temperatura di emergenza
delle acque (se le misure vengono eseguite all'atto del campionamento) o alle temperature
standard di 18, 20 o 25 °C (per le misure effettuate in laboratorio).
Comunque, le correlazioni ed i confronti tra campioni prelevati in diversi punti d'acqua
devono essere eseguiti con dati di conducibilità riferiti ad un'unica temperatura. I valori pos-
sono essere omogeneizzati (ad esempio, a 20 °C) utilizzando la relazione seguente:
Ce(20) = Ce(X)·α 3-11
dove: Ce(20) = conducibilità alla temperatura standard di 20 °C; Ce(X) = conducibilità alla tem-
peratura di misura; α = coefficiente fornito da apposite tabelle (Figura 3-8).
Tra la conducibilità e la concentrazione dei sali in soluzione, a parità di temperatura, esiste
una stretta correlazione che mediamente si può esprimere:
1 meq/l = 1560 mS/cm 3-12
oppure:
1 mg/l = 0,7 µS/cm 3-13
Per le acque naturali si ha, grosso modo, la seguente classificazione (in µS/cm):
• acqua pura < 50;
• acqua poco mineralizzata 50÷200;
• acqua mediamente mineralizzata 200÷500;
• acqua molto mineralizzata > 500.

Occorre infine tenere presente che la conducibilità di un campione d'acqua è la somma


delle conducibilità degli ioni che esso contiene: quindi, due campioni d'acqua aventi la stessa
conducibilità possono avere un contenuto chimico differente. Di conseguenza, un confronto
tra due campioni d'acqua, sulla base di detta grandezza, ha significato solo se essi provengono
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dallo stesso acquifero o dalla stessa unità idrogeologica (e se, come già accennato, sono rife-
riti alla stessa temperatura).

Figura 3-8 Fattori di correzione (α) per l’omogeneizzazione a 20 °C della conducibilità elettrica delle acque.

3.1.4 - Residuo fisso


Il residuo fisso, chiamato anche salinità totale o TDS (Total Dissolved Solids), rappresenta
la quantità totale dei sali in soluzione e si esprime in g/l o in mg/l; esso viene ottenuto facendo
essiccare il campione, fino a completa evaporazione dell'acqua, a 110 °C oppure a 180 °C.
Il residuo fisso (Rf) può anche essere stimato, con buona approssimazione, per mezzo della
formula seguente:
Rf (mg/l) = Ce(20)·0,688 3-14
dove Ce(20) è espresso in µS/cm. Il coefficiente di trasformazione è valido per acque di media
mineralizzazione, con conducibilità elettrica compresa tra 334 e 833 µS/cm.
L'utilizzo del residuo fisso permette le seguenti classificazioni (in mg/l):
• acque oligominerali < 200;
• acque medio-minerali 200÷1.000;
• acque minerali > 1.000.

oppure:
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• acque dolci < 1.000;


• acque salmastre 1.000÷10.000;
• acque salate 10.000÷35.000;
• salamoie > 35.000.

3.1.5 - Durezza
Per durezza si intende in genere il quantitativo globale di sali di Ca++ e Mg++. Poiché nelle
acque naturali questi ioni sono presenti in vari composti (bicarbonati, carbonati, solfati e clo-
ruri), si usa far distinzione tra durezza temporanea, che è quella dovuta ai soli bicarbonati e
carbonati, e durezza permanente, che è quella dovuta agli ioni SO4-- e Cl- rimasti in soluzione
dopo ebollizione per 30 minuti (eliminabili solo mediante processi di addolcimento). La
somma della durezza permanente e di quella temporanea costituisce la durezza totale.
L'unità di misura più usata in Europa è il Grado Francese (°F) che corrisponde a 10,3 mg/l
di CaCO3 o a 14 mg/l di CaSO4.
In base alla durezza, le acque sotterranee si possono così classificare (in °F):
• acque molto dolci < 7;
• acque dolci 7÷14;
• acque poco dure 14÷22;
• acque mediamente dure 22÷32;
• acque dure 32÷54;
• acque molto dure > 54.

3.1.6 - Acidità
L'acidità è dovuta alla presenza di acidi sciolti nell'acqua: fra questi, in primo luogo l'acido
carbonico; poi gli acidi solfidrico, solforoso, solforico, cloridrico; gli acidi humici; ecc.
L'acidità viene per lo più misurata indirettamente, ossia riferendola alla concentrazione
dello ione idrogeno, ed espressa dal logaritmo decimale dell'inverso della concentrazione
stessa, rappresentato dal noto simbolo pH:
1
pH = -log10[H+] = log10 3-15
[H ]
+

Così si ha, in base al pH:


• acque acide < 7;
• acque neutre = 7;
• acque alcaline > 7.
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 17

La misura dell'acidità, o del pH, ha una notevole importanza pratica poiché, per esempio,
le acque con pH < 7 sono generalmente acque aggressive, ossia che attaccano i metalli con
cui vengono a contatto (in particolare, tubazioni, caldaie, ecc.).

3.2 - PRINCIPALI METODOLOGIE PER LA RAPPRESENTAZIONE E L’INTER-


PRETAZIONE DEI DATI ANALITICI
I metodi atti alla rappresentazione ed all'interpretazione dei dati derivanti da analisi chimi-
che di acque sotterranee sono molteplici e l'utilizzazione di uno di essi dipende anche dalla
finalità dello studio che si sta facendo; pertanto, si parlerà solo dei metodi più comuni, i quali
permettono non solo dei confronti quantitativi fra le varie concentrazioni, ma anche dei tenta-
tivi di ricostruzione dei rapporti esistenti fra le varie acque e la loro storia idrogeologica.

3.2.1 - Diagramma di Piper


La salinità di un'acqua naturale è generalmente espressa dal contenuto degli ioni Ca++,
Mg++, Na+, K+, Cl-, SO4--, HCO3-, CO3--; così, disponendo dell'analisi chimica completa di es-
sa, si riporta a 50 sia la somma dei cationi che quella degli anioni, espressi in meq/l. Si rag-
gruppano poi i valori percentuali ottenuti per Ca e Mg, Na e K, Cl e SO4, HCO3 e CO3, per
dare quattro parametri, legati a due a due dalle relazioni:

(Ca+Mg) + (Na+K) = 50 3-16


(Cl+SO4) + (HCO3+CO3) = 50 3-17

Questi parametri costituiscono le coor-


dinate del diagramma di Piper sul quale il
carattere chimico complessivo di un cam-
pione d'acqua è espresso dal punto di in-
tersezione delle proiezioni dei valori che
rappresentano la composizione relativa di
un'acqua nei termini delle coppie anioni-

Figura 3-9 Esempio di rappresentazione di un'analisi chi- che e cationiche suddette (Figura 3-9).
mica nel diagramma rombico di Piper: 1) campo delle ac- Ricorrendo al valore mediano di ogni
que solfato-alcalino terrose; 2) campo delle acque clorura-
to-alcaline; 3) campo delle acque bicarbonato-alcaline; 4) parametro, il diagramma si può suddivi-
campo delle acque bicarbonato-alcalino terrose. Il triangolo
equilatero di sinistra si riferisce ai cationi, mentre quello di dere in quattro quadranti così denominati:
destra è rappresentativo degli anioni.
1) campo delle acque solfato-alcalino
terrose, per elevati valori delle coppie Ca+Mg e SO4+Cl
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 18

2) campo delle acque clorurato-alcaline, per elevati valori delle coppie Na+K e SO4+Cl
3) campo delle acque bicarbonato-alcaline, per elevati valori delle coppie Na+K e
HCO3+CO3
4) campo delle acque bicarbonato-alcalino terrose, per elevati valori delle coppie Ca+Mg e
HCO3+CO3-

Tale diagramma offre quindi il notevole vantaggio di rappresentare il chimismo di molti


campioni d'acqua contemporaneamente su di un unico grafico, nel quale i principali raggrup-
pamenti o tendenze nei dati sono facilmente rilevabili: è questo uno dei principali motivi che
spiegano il successo di questa rappresentazione grafica, da tempo entrata nell'uso corrente
della ricerca geochimica finalizzata allo studio delle acque sotterranee. Un esempio di appli-
cazione di questa tecnica è visibile nella Figura 3-10.

Figura 3-10 Diagramma di Piper relativo alle acque di falda ed a quelle del fiume Ombrone, nel settore orientale
del Comune di Grosseto.

L’unico difetto di questo tipo di rappresentazione è conseguente al suo pregio e cioè che
ciascuna analisi è rappresentata mediante un singolo punto; pertanto, si possono verificare
identiche raffigurazioni con acque aventi una notevole differenza di concentrazione dei vari
ioni e/o un diverso grado di salinità. Questo difetto può essere parzialmente superato me-
diante l'uso aggiuntivo di due triangoli equilateri (vedi Figura 3-9): quello di sinistra rappre-
sentativo dei principali cationi e quello di destra dei principali anioni. In questo modo ogni
analisi è raffigurata mediante tre punti: due nei triangoli ed il terzo nel rombo centrale deri-
vante dall'intersezione delle linee provenienti dai due punti anzidetti.
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 19

Inoltre, questo diagramma è molto van-


taggioso per evidenziare gli effetti del mi-
scelamento fra due acque di origine diversa
(Figura 3-11). Ogni volta che nel diagramma
un'ideale linea retta collega diversi punti, le
acque rappresentate lungo tale linea hanno
subìto un miscelamento se il valore del TDS
aumenta regolarmente dal più basso al più
alto: in questo caso, la distanza tra i campio-
ni estremi (le cosiddette acque madri) e
quelli intermedi è proporzionale alle per-
centuali in volume dei due componenti della
Figura 3-11 Esempio di visualizzazione di un fenome-
no di miscelamento con il diagramma rombico di Piper. miscela, con il risultato che la composizione
chimica effettiva dei campioni può essere ricostruita.
Quindi, detto diagramma consente di individuare le caratteristiche chimiche salienti delle
acque in esame, soprattutto quando i punti rappresentativi dei campioni cadono in prossimità
dei vertici. Quando, invece, i punti finiscono in posizione più centrale, il chimismo dei cam-
pioni d'acqua corrispondenti è più difficile da interpretare; in casi del genere, per ottenere ul-
teriori informazioni, si può ricorrere al seguente diagramma rettangolare.

3.2.2 - Diagramma rettangolare


Detto diagramma si basa sui seguenti parametri:
 HCO 3 − SO 4 
A = 100 ⋅   3-18
 SUMAN 
che aiuta a distinguere le acque circolanti attraverso formazioni calcaree da quelle circolanti
in rocce evaporitiche;
 SO 4   Na 
B = 100 ⋅  −  3-19
 SUMAN   SUMCAT 
che discrimina le acque arricchite in solfati, circolanti in terreni evaporitici, da quelle arric-
chite in sodio, circolanti in terreni argillosi;
 Na   Cl 
C = 100 ⋅  −  3-20
 SUMCAT   SUMAN 
che porta a distinguere le acque circolanti in flysch o in vulcaniti da quelle provenienti da se-
rie carbonatico-evaporitiche o dal basamento quarzitico-scistoso regionale. I due i tipi di ac-
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 20

que hanno una concentrazione in Sodio relativamente alta, ma quelle del primo tipo hanno un
bassissimo contenuto in Cloro e le altre un rapporto Na/Cl vicino all'unità;
 Na − Mg 
D = 100 ⋅   3-21
 SUMCAT 
che individua acque che hanno circolato in calcari dolomitici;
 Ca + Mg   HCO 3 
E = 100 ⋅  −  3-22
 SUMCAT   SUMAN 
che discrimina le acque circolanti in bacini carbonatici da quelle dei bacini anidritici;
 Ca − Na − K 
F = 100 ⋅   3-23
 SUMCAT 
che rileva l'incremento della concentrazione del K+ nei campioni d'acqua.
Tutte le concentrazioni sono ancora espresse in meq/l.
L'utilizzazione di questi parametri ha permesso la costruzione di diagrammi standard, rela-
tivi alle composizioni chimiche di acque che cadono vicino ai vertici del diagramma rombico
di Piper, cioè acque che hanno un'interpretazione chimica ben definita (Figura 3-12). I diffe-
renti gruppi d'acqua sono caratteristici di acque dei tipi seguenti:
• CaSO4, circolanti in serie anidritiche e/o gessifere;
• Ca(HCO3)2, circolanti in serie carbonatiche;
• NaHCO3, circolanti in serie argillose (formazioni argillose o terreni marnoso-argillosi tipo
flysch);
• NaCl, in genere assai più ricche in sali delle precedenti, il cui chimismo è interpretabile
come derivato da una circolazione a livello delle rocce cristalline del basamento, oppure
dovuto ad un miscelamento tra un’acqua di circolazione poco profonda e condense di va-
pori geotermici, oppure acquisito durante la loro risalita negli spessi sedimenti argillosi
marini del Pliocene (almeno per quelle che emergono all’interno del bacino Siena-
Radicofani).

Per quanto riguarda quelle acque i cui punti rappresentativi cadono in posizioni centrali del
diagramma di Piper, si possono confrontare i relativi diagrammi rettangolari con quelli stan-
dard suddetti e trarne le conseguenti indicazioni, soprattutto sulle formazioni geologiche at-
traversate da dette acque e sulle eventuali mescolanze subite durante il loro percorso. Nella
Figura 3-13 sono rappresentate due situazioni esemplificative:
• la prima è relativa all'apparente analogia tra le acque simboleggiate dai pallini vuoti (cir-
colanti ed emergenti in rocce ofiolitiche) e quella raffigurata dal pallino pieno (emergente
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 21

da arenarie, ma derivante da una miscela di acque circolanti in rocce evaporitiche con ac-
que di circolazione molto profonda a livello del basamento cristallino);
• la seconda è relativa all'apparente correlazione lineare tra i vari triangoli che rappresentano
invece due storie idrogeologiche diverse: quelli pieni si riferiscono ad una circolazione
idrica in zona fagliata con contatto tra flysch marnosi e terreni calcarei, mentre quelli vuoti
sono legati ad una circolazione nelle vulcaniti.

Figura 3-12 Diagrammi rettangolari standard relativi alle composizioni chimiche di acque che cadono vicino ai
vertici del diagramma rombico di Piper.

Figura 3-13 Confronto tra la rappresentazione di dati chimici sul diagramma rombico di Piper e sul diagramma
rettangolare.
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 22

3.2.3 - Diagramma di Stiff


Questa rappresentazione è basata su di un gra-
fico costituito da diverse scale orizzontali so-
vrapposte, ognuna delle quali esprime, in %, la
concentrazione di ciascuno dei principali ioni
presenti nell'acqua (Figura 3-14). Le scale si
estendono a destra ed a sinistra di una linea cen-
trale avente valore zero; alla destra sono rag-

Figura 3-14 Esempio di rappresentazione di alcu-


gruppate le concentrazioni dei vari anioni ed a
ne analisi chimiche sul diagramma di Stiff: a) Ter- sinistra quelle dei cationi. Per la rappresentazio-
me di S. Giovanni (Rapolano Terme, Siena); b)
Acqua Borra (Castelnuovo Berardenga, Siena). ne dell'analisi, i valori delle specie chimiche pre-
senti (espressi in meq/l e trasformati in %) vengono riportati alla relativa scala sul diagramma
ed i singoli punti vengono uniti da linee; si ottiene così una figura geometrica caratteristica
dell'acqua in studio. Detta rappresentazione ha il vantaggio quindi di indicare la concentra-
zione ionica totale e di fornire una figura geometrica che contraddistingue ogni tipo di acqua
in tutti i suoi principali parametri. Purtroppo essa non si presta a mettere a confronto in un
unico grafico un largo numero di analisi, come il diagramma di Piper.

3.2.4 - Diagramma di Schoeller-Berkaloff


Il diagramma semilogaritmico di Schoeller-
Berkaloff è quello che meglio si presta per para-
gonare tra loro acque diverse. In esso i principali
ioni sono riportati su più ordinate, aventi scala lo-
garitmica, e le rispettive concentrazioni vengono
espresse in mg/l o in meq/l: i punti rappresentativi
così ottenuti lungo le singole scale verticali ven-
gono congiunti con segmenti di retta ottenendo
così una linea che identifica la composizione chi-
mica dell'acqua (Figura 3-15).
Il primo vantaggio di questo diagramma è le-
Figura 3-15 Esempio di rappresentazione di al- gato al fatto che, contrariamente a quanto avviene
cune analisi chimiche sul diagramma semiloga-
ritmico di Schoeller-Berkaloff. nei grafici precedenti, vengono conservati i valori
assoluti delle concentrazioni dei singoli ioni: ciò consente di distinguere le acque a debole
mineralizzazione da quelle più mineralizzate. Inoltre, la pendenza di ogni segmento che uni-
sce i punti rappresentativi di due ioni differenti raffigura il rapporto caratteristico tra gli ioni
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 23

stessi: pertanto, rapporti uguali comportano l'esistenza di segmenti paralleli, mentre segmenti
a pendenza diversa o invertita indicano che le acque hanno caratteristiche idrochimiche diver-
se.

3.2.5 - Correlazioni grafiche


Le correlazioni grafiche tra i diversi parametri chimici delle acque consentono di seguire
l'evoluzione di queste ultime, di individuarne i mescolamenti e di isolare famiglie aventi ca-
ratteristiche identiche.
I parametri da porre a confronto sono moltissimi. Qui di seguito saranno proposti soltanto
alcuni esempi; da essi risulterà chiaro che è sempre possibile fare delle correlazioni, se il
confronto tra i due termini prescelti ha un suo significato idrogeochimico ed idrogeologico.
Informazioni idrogeologiche dai dati chimici delle acque possono ricavarsi attraverso l'au-
silio di grafici del tipo (Na+K+Cl) vs (Ca+Mg+HCO3+CO3+SO4), nel quale l'origine degli as-
si corrisponde all'acqua senza sostanze disciolte e le rette con pendenza -1 costituiscono delle
isosaline (Figura 3-16); nell'esempio riportato in figura, relativo alle sorgenti termominerali
dell'area di Rapolano Terme (Siena), si osserva che i punti relativi alle varie sorgenti esami-
nate si allineano lungo un unico «trend» a salinità crescente, interpretabile come una linea di
miscelamento, ad eccezione della n. 3 la quale, pur emergendo nelle vicinanze delle altre, si
mostra non in relazione con esse.

Figura 3-16 Esempio di diagramma di correlazione (Na+K+Cl) vs (Ca+Mg+HCO3+CO3+SO4) relativo alle sor-
genti termominerali dell'area di Rapolano Terme (Siena).
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 24

Informazioni dello stesso tipo si possono ricavare dai grafici delle Figure 3-17 e 3-18; in
essi l'alto grado di correlazione esistente tra i parametri considerati è ulteriormente indicativo
di un miscelamento (con l'esclusione della n. 3), in proporzioni diverse, tra acque più saline e
profonde ed acque meno saline e più superficiali.

Figura 3-17 Esempio di diagrammi di correlazione SO4 vs Salinità (a) e SO4 vs (Ca+Mg) (b) relativo alle sor-
genti termominerali dell'area di Rapolano Terme (Siena).
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 25

Figura 3-18 Esempio di diagrammi di correlazione (HCO3+CO3) vs (Ca+Mg) (a) e K vs Na (b) relativo alle sor-
genti termominerali dell'area di Rapolano Terme (Siena).
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 26

3.2.6 - Rapporti ionici caratteristici


Molte applicazioni interpretative derivano anche solamente dall'uso di alcuni caratteristici
rapporti ionici, basati anch'essi sulla concentrazione in meq/l: alcuni di questi rapporti si pre-
sentano infatti come dei veri e propri traccianti naturali.
I principali sono riportati qui di seguito.

3.2.6.1 - SO4/Cl
Questo è uno dei rapporti più significativi: infatti, in un acquifero ben lisciviato può essere
messo in relazione con la roccia-serbatoio.
Nell'ambito di una stessa falda, dove la circolazione è attiva, detto rapporto è abbastanza
costante da caratterizzarne le acque consentendone il paragone con altre. Quando il deflusso è
sufficientemente lento, il valore di SO4/Cl diminuisce gradualmente da monte verso valle,
cioè lungo il flusso dell'acqua di falda, dato che la solubilità dei cloruri è maggiore di quella
dei solfati. Il fenomeno si inverte quando l'acquifero è ricco di solfati e relativamente povero
di cloruri; in questo caso, dopo l'iniziale aumento del valore del rapporto, si torna ad una di-
minuzione quando ci si avvicina al limite di saturazione dell'SO4--. Sempre all'interno della
stessa falda, questo rapporto è maggiore nelle zone di drenaggio preferenziale (dove la circo-
lazione è più attiva e le acque sono meno mineralizzate) e tende a diminuire man mano che ci
si allontana da esse. Nei nostri climi, salvo casi particolari, valori elevati del rapporto sono ti-
pici di acque a circuito relativamente superficiale, mentre quelli piccoli caratterizzano le ac-
que profonde; valori molto bassi di SO4/Cl sono pure tipici delle zone costiere caratterizzate
da ingressione marina, a causa del notevole aumento dei cloruri. Nelle rocce metamorfiche il
rapporto oscilla intorno all'unità.

3.2.6.2 - Mg/Ca
Questo rapporto è anch'esso tra i più significativi ed ha un comportamento sostanzialmente
inverso a quello dell'SO4/Cl; infatti, di norma, all'interno della stessa falda, il suo valore tende
ad aumentare da monte a valle (cioè, secondo il verso del flusso delle acque) dato che la dis-
soluzione di MgSO4 e di MgCl2 è più rapida di quella del CaSO4. Sempre all'interno della
stessa falda, detto rapporto è minore nelle zone di drenaggio preferenziale e tende ad aumen-
tare man mano che ci si allontana da esse.
Nelle acque circolanti in graniti, il rapporto Mg/Ca è inferiore ad 1 (con valori preferen-
zialmente oscillanti tra 0,25 e 0,33); in quelle dei basalti, invece, oscilla intorno all'unità. Il
valore 0,606 è tipico della dolomite pura, mentre è inferiore se nella roccia è presente anche
della calcite; quindi, la presenza nel sottosuolo di rocce magnesiache (ad esempio, dolomite)
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 27

può essere evidenziato dagli alti valori di Mg/Ca. Lo stesso rapporto aumenta anche quando le
acque attraversano rocce evaporitiche perché va in soluzione più velocemente il solfato di
magnesio rispetto al solfato di calcio.
Valori minimi di Mg/Ca si hanno nelle acque di scorrimento superficiale ed in quelle sot-
terranee a deflusso veloce (ad esempio, nelle acque dei condotti carsici); valori alti sono tipici
delle acque sotterranee ad alto tenore salino e, per quanto riguarda quelle superficiali, sono
caratteristici di acque marine o di mescolamento tra acqua dolce ed acqua salata o di quelle di
bacini chiusi sottoposti ad intensa evaporazione.

3.2.6.3 - Na/Cl
Tale rapporto nelle acque di falda è identico a quello che si ha nell'acqua di mare, cioè
0,876 ± 10%; in una stessa falda, esso tende a diminuire nel senso del flusso delle acque dato
che i sali di Sodio sono meno solubili dei cloruri. Acque con il rapporto superiore a 1 si tro-
vano spesso nelle formazioni alcaline di tipo vulcanico o igneo o metamorfico, mentre valori
inferiori a quello dell'acqua di mare si ritrovano generalmente nelle acque di falde costiere in-
vase dall'acqua salata.

3.2.6.4 - Na/K
Questo rapporto è uguale a 47 nell'acqua di mare ed inferiore a 10 nell'acqua piovana; nelle
zone di ricarica di una falda, o nelle sue immediate vicinanze, esso è dell'ordine di 15÷25 e
tende ad aumentare lentamente lungo il verso del flusso delle acque (50÷70) a causa dell'ad-
sorbimento del K+ da parte dei minerali argillosi o di altri minerali silicatici.

3.2.6.5 - (Ca+Mg)/(Na+K)
Vicino alle aree di ricarica della falda, tale rapporto è normalmente superiore a 1; diminui-
sce poi lungo il tragitto del flusso.

3.2.6.6 - HCO3/Cl
Questo rapporto viene spesso utilizzato per valutare l'invasione dell'acqua di mare (nella
quale ha un valore 0,02÷0,05) nell'acqua continentale, dove esso presenta valori di 0,2÷2,0.

3.2.7 - Carte idrogeochimiche


I dati chimici rilevati nei differenti punti d'acqua di un territorio possono essere riportati su
opportune basi topografiche in modo da ottenere delle carte idrogeochimiche che consentono
di visualizzare nello spazio le variazioni chimiche all'interno di un acquifero, dipendenti dai
caratteri del deflusso sotterraneo, dai processi di alimentazione, dall'incontro con acque di
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 28

differente provenienza, ecc.; in ogni caso è indispensabile che queste carte vengano inter-
pretate per confronto con quelle delle isofreatiche, al fine di cogliere le relazioni esistenti tra
le caratteristiche idrochimiche e l'idrodinamica della falda.
Le carte più comunemente utilizzate sono quelle della conducibilità (o della resistività) e
quelle della temperatura delle acque, poiché si tratta di parametri di facile acquisizione me-
diante misure dirette eseguite nei pozzi, in corrispondenza di sorgenti, mare, corsi d'acqua,
ecc.; le carte più utili e significative sono quelle del Cl-, dell'SO4--, dell'Na+ e dei rapporti si-
gnificativi SO4/Cl e Mg/Ca.
Dette carte vanno costruite con dati omogenei: è quindi indispensabile che i prelievi
dei campioni da sottoporre ad analisi vengano eseguiti nel più breve tempo possibile af-
finché, tra l'inizio e la fine della campagna di misure, non intervengano variazioni fisico-
chimiche (nell'intera falda o in corrispondenza dei singoli punti d'acqua) dovute a moti-
vi stagionali o di altra natura.
Nella Figura 3-19 è riportato un esempio di carta della resistività delle acque della Piana
dei Colli, nei pressi di Palermo. In essa si può osservare una fascia a più alta resistività, ubi-
cata lungo il margine orientale di M. Castellaccio, che indica l'esistenza di un travaso d'acqua
dal massiccio carbonatico verso la piana; la stessa resistività tende a diminuire man mano che
le acque di falda, defluendo verso il mare, si arricchiscono in sali.
Lungo il margine meridionale di M. Gallo è visibile un'altra fascia ad alta resistività (8÷12
ohm·m) che evidenzia, in questo caso, una zona di drenaggio preferenziale (peraltro confer-
mata dall'andamento delle curve isofreatiche): infatti, è noto che laddove la circolazione idri-
ca è più veloce, si ha un minore carico salino e quindi una maggiore resistività dell'acqua. E'
interessante osservare che quest'ultima fascia a resistività elevata (passante da 8÷12 a 6÷8
ohm·m, da SW verso NE) si allunga verso un gruppo di pozzi il cui emungimento modifica
sia la morfologia della superficie piezometrica che la distribuzione del tenore salino in falda.
Le acque a più bassa resistività (< 6 ohm·m) si rinvengono lungo la costa, sia perché è au-
mentata la concentrazione in sali (per fenomeni di dissoluzione avvenuti durante il percorso
delle acque) sia perché, nel caso specifico, l'ingressione marina si spinge nell'entroterra per
qualche chilometro.
L'avanzamento del cuneo di intrusione marina lungo le fasce costiere può essere eviden-
ziato anche con la carta dei cloruri. Un esempio è quello della Figura 3-20, dove sono ripor-
tate le curve di isovariazione del Cl- lungo la fascia costiera posta alla foce del F. Tronto
(Marche); vi si può osservare che, tra il rilevamento eseguito nel mese di agosto 1977 e quello
dello stesso periodo del 1981, esiste un netto avanzamento della fascia interessata dal feno-
meno di inquinamento marino verso l'entroterra.
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 29

Figura 3-19 Carta della resistività della falda della piana dei Colli (Palermo), in relazione all'andamento delle
curve isopiezometriche.

Figura 3-20 Carta dei cloruri della falda della fascia costiera posta alla foce del fiume Tronto (Marche).

Un esempio di indagine basata sull'uso integrato di tecniche idrogeologiche s.s. ed idro-


geochimiche è illustrato nell’Appendice riportata nel seguito.

APPENDICE: UN ESEMPIO DI ACQUIFERO SUPERFICIALE ALIMENTATO DA


ACQUA TERMALE (RAPOLANO TERME, SIENA)
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 30

Inquadramento geologico ed idrogeologico


L'area di Rapolano Terme è situata nella parte più settentrionale della Dorsale mesozoica
Rapolano-M. Cetona ed in essa affiorano formazioni appartenenti a due complessi, che, dal-
l'alto in basso, sono rispettivamente (Figura A):
a) Complesso neoautoctono;
b) Complesso delle formazioni di Facies toscana.

Su questi giacciono, in discordanza, i depositi continentali quaternari.

Figura A Schema geologico dell'area di Rapolano Terme (Siena): 1) alluvioni recenti; 2) depositi continentali
quaternari (a = sabbie e sabbie argillose con ciottoli; b = travertini); 3) sabbie e conglomerati del Pliocene; 4)
argille plioceniche; 5) Macigno del Chianti; 6) Scaglia toscana; 7) formazioni calcareo-silicee di Facies toscana;
8) spartiacque morfologico del bacino del F. Ombrone; 9) faglie; 10) orlo di scarpata morfologica; 11) principali
sorgenti termominerali (Q = Terme «Antica Querciolaia»; G = «Terme S. Giovanni»); 12) sorgenti normali; 13)
stillicidi; 14) zona in esame; 15) area urbanizzata.

Nella Figura B è rappresentato schematicamente il relativo assetto strutturale ed idrogeo-


logico, nel quale assume particolare importanza la faglia diretta di Rapolano Terme che pone
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 31

a contatto le argille e sabbie plioceniche con le formazioni mesozoiche di Facies toscana e


che, per alcuni tratti, è obliterata dai depositi continentali recenti; in corrispondenza di questa
faglia si è verificata e si verifica tuttora la risalita delle acque termali responsabili della genesi
degli ampi depositi travertinosi che rappresentano una delle più importanti risorse economi-
che della zona.

Figura B Sezioni schematiche, a scala diversa, delle situazioni strutturale ed idrogeologica dell'area di Rapolano
Terme (a - la traccia della sezione è all'incirca in direzione W-E, passante per le Terme «Antica Querciolaia», e,
dopo di essa, in direzione NW-SE; b - la traccia della sezione è all'incirca in direzione S-N, passante per i Piani):
1) alluvioni recenti; 2) depositi continentali quaternari; 3) sabbie e conglomerati del Pliocene; 4) argille plioce-
niche; 5) formazioni calcareo-silicee di Facies toscana; 6) faglia di Rapolano Terme; 7) acque termominerali; 8)
acque di origine meteorica.

L'acquifero in esame è costituito dai depositi travertinosi che affiorano nella zona Borgo
dei Piani-Piani, ove emergono anche le acque calde delle Terme «Antica Querciolaia» (vedi
Figura A): il suo substrato è formato da sedimenti argilloso-limoso-sabbiosi quaternari e da
argille marine del Pliocene (quest’ultime affiorano diffusamente ai margini N, W e S della
placca travertinosa). L’acquifero risulta ben definito nei confronti dei terreni circumvicini:
infatti, a N, W e S esso è delimitato da corsi d'acqua, che vi esercitano sempre un'azione dre-
nante, mentre, ad E, il suo limite è costituito dalla faglia di Rapolano Terme.
In sintesi, l'unica evidente e significativa area di alimentazione meteorica diretta della falda
appare costituita dall'affioramento dei terreni che la contengono (depositi travertinosi presenti
nella zona Borgo dei Piani-Piani). D'altra parte, una tale ricarica diretta, essendo in stretta re-
lazione con gli afflussi meteorici, ne dovrebbe riflettere, nel corso dell'anno, le variazioni e
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 32

l'andamento; va invece sottolineato che dal corpo idrico, attraverso varie manifestazioni sor-
gentizie (vedi Figura A), si registra un deflusso costante ed abbondante (anche nella stagione
secca). Tutto ciò mette in luce come l'alimentazione di questa falda non sia unicamente legata
agli apporti meteorici locali e non goda affatto dei contributi dovuti alla rete idrografica.
Si deve pertanto ritenere che nella zona si realizzi un sostanzioso apporto idrico diverso da
quelli or ora detti e con caratteristiche di costanza nel tempo; così, in base alle conoscenze
acquisite sulla particolare situazione idrogeologica dell'area di Rapolano Terme, detto apporto
appare verosimilmente rappresentato dall'arrivo in falda delle acque calde di origine profonda
risalenti lungo la faglia di Rapolano Terme, che, pur obliterata dai depositi continentali re-
centi, attraversa la località Borgo dei Piani.

Caratteristiche della falda freatica


Allo scopo di verificare la validità di questa ipotesi, è stata eseguita una minuziosa indagi-
ne sui principali parametri idrogeologici ed idrogeochimici dell'acquifero; questa indagine si è
basata su misurazioni del livello piezometrico nei pozzi e su rilevazioni della temperatura e
della conducibilità elettrica dell’acqua di falda.
La campagna di rilevamento piezometrico è stata condotta con cadenza quindicinale nel
periodo di undici mesi (Luglio 1987-Maggio 1988); i dati così ottenuti hanno consentito la
stesura di numerose carte delle isopiezometriche (per maggiore chiarezza, alcune di queste
sono state riportate nelle figure C e D). Dal confronto tra le carte risulta:
• una generale costanza del livello freatico, ben più evidente nella parte occidentale che in
quella centro-orientale, dove sono riscontrabili alcuni scarti stagionali;
• un sensibile divario nel gradiente idraulico, che presenta i suoi valori massimi nella zona
immediatamente ad W delle Terme «Antica Querciolaia» (espressione di una locale dimi-
nuzione della trasmissività) e soprattutto in corrispondenza dell'anzidetta scarpata morfo-
logica, dove avviene la parziale emergenza della falda attraverso manifestazioni sorgenti-
zie.

È da evidenziare la forte differenza che, rispetto a quanto si verifica nell'area suddetta, si


manifesta nel settore ad E della faglia ed in quello comprendente l'abitato di Rapolano Terme:
qui dati raccolti dimostrano l'assenza di una falda perenne, al punto che durante la stagione
estiva, i pozzi vi restano anche completamente secchi, mentre, nelle altre stagioni, il livello
dell'acqua risente strettamente delle condizioni pluviometriche locali.
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 33

Figura C Isofreatiche della falda nella zona Borgo dei Piani-Piani (periodo invernale: misure dell'18/1/1988): 1)
limite dell'acquifero; 2) punti d'acqua controllati; 3) isofreatiche (valori espressi in m s.l.m.); 4) traccia della se-
zione considerata per il calcolo della portata della falda; 5) faglia di Rapolano Terme; 6) punti di misura della
portata e della conducibilità elettrica negli alvei del F. Ombrone e dei borri Temperone e Nibbiaia; 7) sorgente
delle Terme «Antica Querciolaia».

Figura D Isofreatiche della falda nella zona Borgo dei Piani-Piani (periodo primaverile: misure dell'1/5/1988).
Per la simboleggiatura vedere la Figura C.
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 34

Nella Figura E è riportata la carta delle isoterme costruita con i dati raccolti durante le ope-
razioni di rilevamento termometrico; essa mostra che, contro valori di temperatura media
quali dovrebbero qui normalmente manifestarsi nell'acqua di falda (circa 10 °C nel periodo
autunno-inverno e 12 °C in primavera-estate), sono presenti, in generale, distribuzioni di tem-
perature superiori con forti scostamenti dai valori medi e con un'anomalia termica massima
nella zona immediatamente ad W della faglia, dove si registrano temperature di oltre 23 °C.
Ed è anche interessante osservare come le isoterme di falda, pur relative a periodi diversi e
quindi a temperature esterne diverse, rimangono praticamente le stesse (tranne che nel settore
dei Piani dove la sensibile riduzione del volume d'acqua comporta di per sé‚ maggiori escur-
sioni termiche).

Figura E Isoterme massime (in °C) dell'acqua di falda nella zona Borgo dei Piani-Piani: 3) isoterme (a = misure
del 18/1/1988; b = misure dell’1/5/1988). Per il resto della simboleggiatura vedere la Figura C.

Circa la conducibilità elettrica, i valori raccolti mostrano una distribuzione assai simile a
quella riscontrata nelle temperature, con massimi e minimi praticamente coincidenti: e dato
che la conducibilità di un'acqua è (a parità di temperatura) funzione diretta della salinità della
stessa, se ne desume che la zona di massima conducibilità rappresenta anche la zona di mas-
sima salinità dell'acqua di falda.
In sintesi, dall'esame dei dati anzidetti si può osservare che, a partire dalla zona subito ad
W della faglia, l'acqua della falda scorre verso occidente raffreddandosi e diminuendo il pro-
prio contenuto salino tendendo alle caratteristiche chimico-fisiche qui spettanti ad un'acqua
Dispense di Idrogeologia (Mod. 2): Cap. 3 – Idrogeochimica delle acque naturali 35

freatica di origine meteorica. E' invece da escludere che l'acqua della sorgente «Antica Quer-
ciolaia» (con temperatura pari a 39,5 °C e conducibilità pari a 3,4 mS/cm) sia in qualche
modo coinvolta in un mescolamento con le acque della falda superficiale: essa, infatti, la at-
traversa assai rapidamente in modo da non determinarvi, sostanzialmente, inquinamento alcu-
no, né termico, né salino nelle sue stesse immediate vicinanze.
Alla luce di quanto sopra esposto si può affermare con sicurezza che nella falda idrica su-
perficiale della zona di Borgo dei Piani si verifica un mescolamento fra l'acqua termale, di
origine profonda, e l'acqua meteorica propria della falda, e che, visti i quantitativi d'acqua
presenti nella zona, la loro rinnovabilità e le loro caratteristiche termiche e saline, il contri-
buto d'acqua di provenienza profonda deve essere qui assai rilevante: tutto ciò porta a conclu-
dere che la falda è costituita soprattutto da acqua di origine termale, cui essenzialmente si de-
vono le caratteristiche rilevate.

Valutazioni del quantitativo idrico di alimentazione profonda


La portata dell'acqua di origine profonda che alimenta costantemente la falda può essere
valutata con riferimento al minimo livello piezometrico misurato nell'anno idrologico conside-
rato, ammesso che risultino trascurabili gli effetti dovuti agli anzidetti emungimenti. A tale
scopo e vista la particolare situazione geomorfologica dell’acquifero (che permette alla relati-
va falda di essere drenata lungo gran parte dei suoi confini), si è scelta una sezione, trasver-
sale alle linee di flusso, a monte della quale l'acquifero stesso risultasse limitato lateralmente
senza dar luogo a sensibili perdite (vedi Figure C, D ed E): in questa sezione la superficie in-
teressata dal flusso è di 1575 m2. L'analisi dei dati relativi al coefficiente di immagazzina-
mento (ricavati da prove di pompaggio fatte nella zona in esame) ed alla porosità efficace,
valutata con prove di laboratorio su campioni di travertino qui prelevati (per le falde libere,
come in questo caso, le due grandezze risultano praticamente uguali), ha fornito un valore di
porosità efficace pari a 0,15; inoltre, la velocità effettiva di flusso dell'acqua, attraverso questa
sezione, è stata assimilata a quella di spostamento ottenuta mediante prove con traccianti
(fluoresceina sodica) le quali hanno permesso di calcolarne un valore medio pari a 2,75·10-4
m/s. Quindi, applicando la nota espressione di Darcy, il valore della portata relativa alla se-
zione considerata è risultata pari a circa 65 l/s (oltre 2·106 m3/anno).
Per quanto prima detto sulla locale situazione geologica ed idrografica, nonché sulla dire-
zione di movimento delle acque della falda freatica della zona esaminata, si deve ritenere che
dette acque vadano a confluire nell'alveo del F. Ombrone che rappresenta il limite W dell'an-
zidetta placca travertinosa. Pertanto, allo scopo di indagare sui rapporti qualitativi e quantita-
tivi tra le suddette acque e quelle del F. Ombrone e di verificare conseguentemente la prece-
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dente valutazione sulla portata della falda, sono state effettuate varie serie di misure di condu-
cibilità elettrica e di portata su diverse sezioni dell'Ombrone stesso e dei borri Temperone e
Nibbiaia (vedi Figure C, D ed E); è da sottolineare che le suddette misure sono state condotte
in periodo estivo ed in giorni lontani da eventi di pioggia, in modo che, nel tratto indicato, il
F. Ombrone non ricevesse nessun apporto da parte dei rivi situati sulla sua sponda destra, co-
stituita prevalentemente da argille plioceniche. I risultati complessivi di dette misure, insieme
a quelle relative alla conducibilità elettrica, sono evidenziati nella Figura F.

Figura F Andamento della conducibilità elettrica (Ce) e della portata (Q) lungo l’Ombrone, nel tratto esaminato.
Le sezioni 1 e 2 sono ubicate, rispettivamente, a circa 4250 m ed a circa 2250 m a monte dell'affioramento tra-
vertinoso.

L'analisi dei dati raccolti permette di confermare l'esistenza, per un tratto di circa 2 km, di
un mescolamento tra le acque provenienti, in vario modo, dalla falda in studio e quelle del F.
Ombrone; questo fenomeno comporta un netto cambiamento delle caratteristiche di portata e
salinità delle acque del F. Ombrone. L'apporto globale della falda verso l’Ombrone, in questo
caso praticamente uguale alla sua portata di origine profonda, è così valutabile in 61 l/s; i ri-
sultati ottenuti per questa via concordano ottimamente con quelli ricavati in precedenza, con
uno scarto di circa il 6 %. E' da precisare che tale mescolamento non presenta caratteri di
continuità su tutto il fronte di contatto travertini/Ombrone, ma risulta invece concentrato pre-
valentemente nel tratto compreso tra le sezioni 4 e 5 (vedi Figura F): quest'ultimo rappresenta
evidentemente il punto di arrivo di un percorso idraulico caratterizzato da maggiori valori di
porosità efficace e/o velocità effettiva di flusso dell'acqua.
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Testi di approfondimento

CELICO P. (1986) - Prospezioni idrogeologiche. Vol. I, Liguori Ed., Napoli.

CUSTODIO E. & LLAMAS M.R. (1976) - Hidrologia subterranea. Tomo II, Ed. Omega,
Barcellona.

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