You are on page 1of 14

anna maria busse berger

Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento

Non si può tracciare la storia della notazione mensurale prescindendo


dalla storia dell’aritmetica medievale. Le principali caratteristiche della no-
tazione medievale, infatti, sono connesse cosí strettamente al coevo sistema
di misurazione e di computo del tempo che non vi è dubbio che il sistema
notazionale sviluppatosi nel primo xiv secolo derivi dai sistemi di misurazio-
ne in uso sin dall’epoca romana. Inoltre, si può rilevare nei teorici della mu-
sica del xv secolo un’ossessione quasi bizzarra nel descrivere proporzioni rit-
miche che non avevano alcuna applicazione pratica in musica: anche questo
appassionato interesse per le proporzioni può essere ricondotto all’aritme-
tica commerciale, e in particolare alla «regola del tre» che dominava il cur-
ricolo di studi nelle scuole d’abaco, regola la cui introduzione ingenerò una
trasformazione nell’applicazione delle proporzioni ritmiche in ambito mu-
sicale.

1. La notazione mensurale.

Uno degli eventi piú interessanti nella storia della musica è proprio l’in-
venzione all’inizio del xiv secolo della notazione mensurale1: il sistema fran-
cese, che è detto notazione dell’Ars nova, fu probabilmente elaborato dal
compositore Philippe de Vitry; il sistema italiano, strettamente affine a quel-
lo francese, fu invece descritto per la prima volta dal teorico Marchetto da
Padova. L’importanza della notazione mensurale non è sopravvalutata: essa
permise ai musicisti di indicare il ritmo per la prima volta in maniera inequi-
vocabile e preparò la strada per notare potenzialmente qualsiasi configura-
zione ritmica un compositore desiderasse. Il nostro sistema di scrittura mu-
sicale deriva dalla notazione mensurale, sebbene sia decisamente piú sem-
plice.
Nella notazione dell’Ars nova francese si hanno cinque differenti figure
di valore, maxima, longa, brevis, semibrevis e minima, ciascuna delle quali

1
Per una descrizione dettagliata della notazione dei secoli xiv e xv cfr. Busse Berger [1993].
2 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 3

(eccetto la minima) prevede una divisione ternaria e una binaria (diversa- Esempio 2.
mente dal sistema notazionale moderno, che contempla solo la binaria), ri- Il sistema notazionale italiano.
spettivamente denominate «perfetta» e «imperfetta». La divisione della maxi-
ma in due o in tre longae è detta modus maior imperfetto o perfetto, quella del-
la longa in due o tre breves modus minor imperfetto o perfetto, quella della 1
a) Tempus perfectum secundum divisionem duodenariam 5
brevis in due o in tre semibreves tempus imperfetto o perfetto e quella della se- 1
mibrevis in due o in tre minimae prolatio minor o maior (esempio 1). La mi-
nima rappresentava ufficialmente il valore di durata piú piccolo, sebbene as- 1 1 1 3
5
sai presto comparvero valori a essa inferiori. Naturalmente tale sistema non 3 3 3 3
nasceva dal nulla: la divisione della longa in breves e quella della brevis in se-
mibreves erano già in uso nel xiii secolo. 1 1 1 1 1 1 6
5
Vi sono numerose differenze sostanziali fra questo sistema e quello mo- 6 6 6 6 6 6 6
derno. In primo luogo, il fatto che ciascuna figura di valore potesse essere
ugualmente divisa in due o in tre parti generava un’ambiguità intrinseca: è 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 12
5
12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 12
possibile infatti stabilire se la nota è binaria o ternaria solo sulla base del con-
testo o dell’indicazione di tempo (su questo mi soffermerò piú avanti). In se- 2
condo luogo, sebbene le note siano elencate gerarchicamente nell’esempio 1, b) Tempus imperfectum secundum ytalicos 5
3
è chiaro che al centro del sistema mensurale sia la brevis. Le breves, infatti, 1 1 2
vengono moltiplicate per produrre longae e maximae e divise per ottenere 5
3 3 3
semibreves e minimae.
1 1 1 1 4
5
6 6 6 6 6
Esempio 1.
Figure di valore e mensurae dell’Ars nova. 1 1 1 1 1 1 1 1 8
5
12 12 12 12 12 12 12 12 12

a) Maxima 1
ÐÐ Ð Ð Ð c) Tempus perfectum secundum divisionem nonariam 5
1
5 Modus maior perfectus
ÐÐ Ð Ð 1 1 1
5
3
5 Modus maior imperfectus 3 3 3 3
b) Longa
Ð Ð Ð Ð 1 1 1 1 1 1 1 1 1 9
5 Modus minor perfectus 5
Ð Ð Ð
9 9 9 9 9 9 9 9 9 9
5 Modus minor imperfectus
2
c) Brevis d) Tempus imperfectum secundum gallicos 5
Ð 5 Ð Ð Ð Tempus perfectum O
3
Ð 5 Ð Ð Tempus imperfectum C
1 1
5
2
3 3 3

d) Semibrevis 1 1 1 1 1 1 6
â 5 â â â Prolatio maior (o perfecta) OC o OC 9 9 9 9 9 9
5
9
â 5 â â Prolatio minor (o imperfecta) OC o OC
4 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 5

Ancor piú incentrato sulla brevis è il sistema notazionale elaborato dai Analogamente si stabilisce e si ordina che nessuno di quest’arte consenta o per-
compositori e dai teorici italiani del primo xiv secolo (esempio 2). La pri- metta di scrivere per sé o per altri, o faccia scrivere, nel suo registro o libro contabi-
ma divisione, che è chiamata tempus perfectum secundum divisionem duo- le, o in nessuna sua altra parte, in cui vengono registrate le uscite e le entrate, qual-
cosa che s’intenda come segno o lettera dell’abaco [= numeri arabi]. Al contrario, si
denariam, scompone la brevis in tre semibreves maiores, ciascuna delle qua- scriva chiaramente e per esteso, usando le lettere3.
li è a sua volta suddivisa in due semibreves minores (es. 2a), ottenendo cosí
un totale di dodici semibreves minimae. Le altre divisioni considerate nel si- Allo stesso modo i librai o stationarii furono costantemente sollecitati dalle
stema italico sono: il tempus imperfectum secundum ytalicos (es. 2b), in cui università a non usare le cyffras, come, per esempio, accadde a Padova nel
la brevis è divisa in otto semibreves minimae; il tempus perfectum secundum 1305. In linea generale, si credeva infatti che i numeri romani non si prestas-
divisionem nonariam (es. 2c), dove la brevis è divisa in nove semibreves mi- sero a essere falsificati, mentre con i simboli arabi si poteva agevolmente mu-
nores; e infine il tempus imperfectum secundum gallicos (es. 2d), in cui la bre- tare lo 0 in 6 o in 9.
vis è divisa in sei semibreves minores. Si noti che tutte le divisioni sono fra- Molti erano i problemi che si creavano con il sistema di numerazione ro-
zioni duodecimali, ossia frazioni con denominatore dodici. Analogamente mano: nella fattispecie, esso facilitava l’addizione e la sottrazione (per esem-
al sistema francese, tutti i valori di durata sono ugualmente divisibili per due pio, 1202 è indicato con MCCII 5 1000 1 200 1 2), ma rendeva lente le
o per tre. operazioni di moltiplicazione e divisione, tanto che gli studenti erano obbli-
La notazione mensurale non era di facile apprendimento. È assai proba- gati a memorizzare sistematicamente le tavole di moltiplicazione e di divisio-
bile, infatti, che essa sia stata elaborata all’interno dei circoli universitari pa- ne con i numeri romani. I calcoli con le frazioni risultano anche piú compli-
rigini (la notazione dell’Ars nova) e padovani (il sistema notazionale italia- cati e prevedono molti passaggi intermedi4. Orazio, che li considerava nel-
no) e che in principio sia stata insegnata esclusivamente in tali ambienti. Nu- l’insieme l’ambito di studio piú faticoso, dedicò loro versi del tipo «Si de
merosi trattati teorici dedicati a questi nuovi sistemi notazionali chiariscono quicunce remota est uncia […] Redit uncia […]» (Ars poetica, vv. 327-33).
bene che solo i musici altamente specializzati e istruiti erano in grado di pa- Anche per la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione di frazioni veniva-
droneggiarli. no memorizzate sistematicamente le tavole. Aldelmo di Malmesbury (tardo
Perché dunque i teorici medievali scelsero questi sistemi particolari per vii secolo), abate inglese di grande erudizione, fotografa bene questa situa-
scrivere la loro musica? Perché si basarono sulle frazioni duodecimali e sul- zione descrivendo le difficoltà che s’incontrano con le frazioni:
la divisione binaria e ternaria? Sarebbe stato molto piú semplice se avessero Quanto alla scienza del calcolo, che dire? Ahimè, la quasi disperazione di fare
sviluppato solo quella binaria. Perché porre la brevis al centro del sistema tutti quei conti pesò sulla mia mente come un giogo cosí grave da farmi apparire le
mensurale anziché fondarlo sul valore piú piccolo, la minima, e procedere mie passate fatiche di studio una cosa da nulla. Anzi, per usare un’espressione di san
moltiplicandolo? Gerolamo (visto che mi sembra appropriata), io, che prima mi ritenevo un maestro,
cominciavo di nuovo a ritenermi uno scolaro. Alla fine, con la grazia dall’alto, e do-
Alla ricerca di risposte, propongo di considerare anche altri sistemi me- po incessante studio, arrivai ad afferrare il piú difficile di tutti i principî naturali, quel-
dievali di misurazione. li che giacciono alla base del calcolo: quel che si chiamano frazioni5.

Prima dell’introduzione dei numeri indo-arabi le frazioni romane veni-


2. L’aritmetica medievale e i sistemi di misura. 9
vano scritte per esteso (per esempio, la frazione era detta suboctuplasu-
76
Dall’antichità sino al tardo Medioevo, per i calcoli aritmetici e per le mi- perquadripartiens nonas) o rappresentate attraverso particolari simboli indi-
surazioni si utilizzarono i numeri romani. Sebbene Leonardo Fibonacci nel
suo Liber abaci del 1202 avesse riconosciuto la netta superiorità dei simboli 3
indo-arabi rispetto alle cifre romane, la Chiesa combatté un’energica batta- «Item statutum et ordinatum est quod nullus de hac arte audeat vel permictat per se vel per
alium scribere vel scribi facere in suo libro vel quaterno vel in aliqua parte eius, in quo vel quibus
glia contro il loro uso2. Ancora nel 1299, l’Arte del Cambio, la corporazione scribat data et accepta, aliquid quod per modum vel licteram abbachi intelligatur, sed aperte et ex-
dei banchieri fiorentini, imponeva che i numeri arabi non venissero usati: tense scribat per licteram»: Statuti dell’Arte del Cambio di Firenze, 1299-1316, con aggiunte e corre-
zioni fino al 1320, a cura di G. Camerani Marri, Olschki, Firenze 1955 (Fonti sulle corporazioni me-
dioevali, IV), pp. 72-73.
4
Il miglior testo sulle frazioni romane è Friedlein [1869].
2 5
Un’eccellente trattazione di cosa egli intendesse con la locuzione «l’età buia dell’aritmetica eu- Epistola ad Leutherium, in Monumenta Germaniae Historica. Auctores Antiquissimi, 15477, ri-
ropea» è presente in Murray [1978, trad. it. pp. 153-74]. ghe 12-18. La citazione è ripresa da Murray [1978, trad. it. p. 159].
6 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 7

viduati in epoca romana. Si noti, tuttavia, che tali simboli variavano moltis- si e misure (ristampato a Firenze nel 1514 e a Basilea nel 1520 e nel 1530)
simo e potevano facilmente essere scritti in maniera sbagliata6. che nel 1517 fu citato dal riformatore luterano Filippo Melantone, in un di-
La peculiarità del sistema di frazioni romano è la base duodecimale, mu- scorso agli studenti dell’Università di Wittenberg, per decantare i vantaggi
tuata dai sistemi ponderale e monetario. L’as o libra, una moneta di bronzo
che poteva essere divisa in dodici unciae, costituiva l’unità monetaria roma-
na piú grande. Si noti che sino a poco tempo fa il pound britannico equiva- Esempio 3.
leva all’as o libra e il simbolo scelto per rappresentarlo, lo stesso della lira ita- Frazioni romane.
liana, è l’abbreviazione della parola libra (£); analogamente l’inglese ounce
deriva dal latino uncia. Anche la lunghezza era misurata con frazioni duode-
1 as o libra
cimali: un pes (che corrisponde al nostro piede) era infatti diviso in dodici 11
unciae (da cui deriva il termine inglese inch, pollice). Ognuna di queste fra- 12
zioni è una suddivisione dell’as o libra, a sua volta divisibile: per esempio, il
10
3 12
quadrans è dell’as ma allo stesso tempo vale tre unciae (valore rappresen-
12 .
tato sulle facce della moneta quadrans da tre globuli); similmente l’uncia non .
.
1 3
è solo dell’as, ma si suddivide a sua volta in due parti ciascuna delle qua- quadrans
12 12
li è chiamata semuncia, in tre parti ciascuna chiamata duella, in quattro parti 2
ciascuna chiamata sicilicus o sicel, in sei parti ciascuna chiamata sextula, in ot- 12
to parti ciascuna chiamata dragma e in ventiquattro parti ciascuna chiamata 1
scrupulum, a sua volta frazionabile in due, quattro, sei e otto parti (esempio 3). 5 1 uncia
12
Le frazioni duodecimali svolsero un ruolo altrettanto importante nella 1
misurazione del tempo, comunemente detta chronaca: l’anno, chiamato li- semuncia
2
bra (termine che ci è già noto come sinonimo di as), è diviso in dodici mesi; 1
i mesi sono divisi in giorni e ore e una delle suddivisioni dell’ora (hora) è il duella
3
momentum, ripartito in dodici unciae7. Molti autori medievali di grande au- 1
torevolezza, come Beda il Venerabile (viii secolo), trattano la divisione del sicilicus
4
tempo congiuntamente alle frazioni romane. 1
Il sistema romano di frazioni duodecimali rimase in uso per tutto il Me- 6
sextula
dioevo e buona parte del Rinascimento. Descrizioni di pesi e misure roma-
1
ni, infatti, si ritrovano spesso in trattati musicali: è il caso del ms. Paris, Bi- dragma
8
bliothèque Nationale de France, Lat. 7461 (Italia centrale, xii secolo) che
1
contiene, tra le altre opere, il Micrologus di Guido d’Arezzo unitamente a un 5 1 scrupulum
24
poema in latino sui pesi e le misure dei Romani8.
Nel 1500 il giurista veneziano Leonardo Porzio pubblicò un libro su pe- 1
2
1
6
Per una puntuale trattazione dell’argomento cfr. Menninger [1958, trad. ingl. pp. 158-62] e 4
Friedlein [1869]. 1
7
Cfr. anche Ginzel [1914], vol. III, p. 97. 6
8
Vorrei ringraziare Michael P. Long per aver portato alla mia attenzione questo testo pubbli- 1
cato da L. Angeloni, Sopra la vita, le opere, ed il sapere di Guido d’Arezzo, restauratore della scienza 5 1 calcus
e dell’arte musica: dissertazione, Paris 1811. 8
8 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 9

del computo con i numeri indo-arabi, dimostrando in tal modo che i nume- altri termini, che sono essenzialmente duodecimali. Questo è vero soprattut-
ri romani erano ancora in uso. In poche parole, i musici del xiv secolo dove- to per il sistema notazionale italiano che si avvale di frazioni duodecimali.
vano aver dimestichezza con le frazioni romane e usarle per le operazioni di Quarto punto in comune è che entrambi i sistemi utilizzano il termine
computo, in quanto solo coloro che frequentavano le università o le scuole dragma: nel tardo xiv secolo i compositori crearono nuove forme di note per
d’abaco italiane erano in grado di eseguire calcoli con cifre arabe. rappresentare nuovi ritmi, una delle quali, la semibrevis con asta ascenden-
Ma torniamo alla questione di come la notazione mensurale sia connes- te e discendente, è detta dragma ( âl ), cosí come dragma – si ricorderà – è det-
sa ad altri sistemi di misurazione. Ormai dovrebbe essere chiaro che il siste- ta quell’unità di peso pari a un ottavo dell’uncia. Sebbene il valore di dura-
ma notazionale che si sviluppò in Italia e in Francia all’inizio del Trecento è ta della dragma possa variare a seconda del compositore, del periodo, del-
strettamente correlato ad altri sistemi di misurazione in uso nel Medioevo, l’indicazione di tempo, quello piú frequentemente – se non sempre – attri-
in particolare al sistema delle frazioni romane. Entrambi i sistemi si basano buito alla figura è pari a un ottavo della brevis. È dunque probabile che i mu-
su un valore centrale, rispettivamente la brevis e l’uncia, che può essere mol- sici medievali mutuassero questo nome dal sistema delle frazioni, dal
tiplicato per generare note o frazioni piú grandi o diviso in piú piccole. Uno momento che tutti sapevano che la dragma era una delle suddivisioni del-
dei grandi eruditi del Medioevo, Gerberto d’Aurillac (x secolo, poi papa Sil- l’uncia e che essa ben si prestava a rappresentare anche una delle suddivisio-
vestro II), giustappose la moltiplicazione alla divisione dell’uncia: «Omnes ni della brevis.
enim unciae in se vel in alias ductae potius minuuntur quam multiplican- Come erano dunque rappresentate le mensurae e le frazioni? Possiamo
tur»9. L’idea di una brevis centrale che è moltiplicata per produrre longae e individuare alcune similitudini? I simboli di mensura piú importanti erano
maximae e divisa per ottenere semibreves e minimae era assai diffusa nel si- quelli per il tempus e la prolatio, cioè per la divisione della brevis e della se-
stema italiano, e ben nota anche alla teoria francese. La durata della brevis mibrevis. Il tempus perfectum, ossia la divisione della brevis in tre semibreves,
resta inalterata, mentre gli altri valori variano in base alla mensura: per esem- era rappresentato da un cerchio e il tempus imperfectum, la divisione della
pio, nel sistema italiano il valore della minima può variare in relazione al fat- brevis in due semibreves, da un semicerchio (es. 1c); la prolatio maior, cioè la
to che essa sia un quarto, un sesto o un nono della brevis (si veda piú avanti divisione della semibrevis in tre minimae, fu rappresentata inizialmente da
l’esempio 5). Analogamente l’uncia resta inalterata sia che venga moltiplica- tre punti e successivamente solo da un punto collocato all’interno del cer-
ta in assi (assus) o divisa in scrupoli (scrupuli). chio o del semicerchio, mentre la prolatio minor, ossia la divisione della se-
Inoltre, sia nel sistema di misurazione romano che nel sistema mensura- mibrevis in due minimae, fu rappresentata dapprima da due punti e poi dal-
le, il valore frazionato viene ulteriormente diviso, generando cosí una nuo- l’assenza del punto all’interno del cerchio o del semicerchio (es. 1d).
va frazione. Si ottiene in tal modo una catena di valori decrescenti, ognuno I simboli delle frazioni romane sono i seguenti (ho preso in considerazio-
dei quali dà origine a una nuova frazione: per quanto attiene la musica tale ne le suddivisioni dell’uncia, dal momento che le suddivisioni dell’as sono
catena è costituita dai valori di maxima, longa, brevis, semibrevis e minima, essenzialmente varianti della lettera S (l’esempio 4 ritrae un «abaco a mano»
e nel sistema romano dall’as, l’uncia, lo scrupulum e il calcus. Il punto noda- romano): l’uncia poteva essere variamente indicata con un cerchio, una stan-
le non è che tutte le divisioni sono identiche ma che i sistemi sono ugualmen- ghetta verticale ( | ), un’asticella curva pendente da sinistra a destra (  ), un se-
te organizzati secondo un ordine gerarchico. È interessante che entrambi i gno simile a una T; oltre a questi segni incontriamo anche un angolo retto su-
sistemi si avvalgano di un valore piú piccolo ufficiale, in musica la minima e periore seguito da un cerchio: ○. La semuncia è rappresentata dal simbolo ς

¬
nel sistema romano il calcus (già definito da Isidoro di Siviglia «il peso piú e l’unità di un quarto o sicilicus dalla C rovesciata, cioè .
C
piccolo» e cosí descritto nel Carmen de librae sive assus partibus: «l’ultimo è
il calcus che pesa due ceci»)10, che, sebbene definito «parte piú piccola», può Senza lanciarsi in ipotesi azzardate, è possibile che due fra i segni di fra-
essere ulteriormente suddiviso. zione abbiano influenzato la scelta dei segni di mensura: innanzitutto, essen-
Una terza analogia si rileva nel fatto che entrambi i sistemi sono basati su do il cerchio uno dei simboli utilizzati per rappresentare l’uncia, potrebbe
valori divisibili unicamente per due e per tre (o loro multipli), o per dirlo in essere stato ritenuto adatto a indicare il tempus perfetto, in quanto l’uncia
era considerata valore centrale da cui derivano altri. I trattati dedicati alla
9
notazione mensurale non richiamano mai esplicitamente le frazioni romane,
Œuvres de Gerbert, Olleris, Clermond-Ferrand 1866, p. 396.
10 ma fanno spesso riferimento alla misurazione del tempo: tre testi teorici sta-
Isidoro di Siviglia, Etymologiae, 13.2.3; Carmen de librae sive assis partibus, a cura di F. Hultsch,
in Scriptores metrological, Leipzig 1864-66, vol. II, p. 100. biliscono un parallelo tra le divisioni del tempus e le divisioni matematiche
10 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 11

in minuti e secondi11; altri tre paragonano il cerchio del tempus perfectum al- del Trecento riconoscessero una corrispondenza. D’altra parte, però, molti
l’anno, che è diviso in dodici mesi12. Ciò suggerirebbe dunque che i teorici trattati medievali di aritmetica, quali quelli sopra menzionati di Gerberto o
di Beda, non includono il cerchio tra i segni atti a rappresentare l’uncia. In
altri termini, la scelta del cerchio per il tempus perfectum potrebbe anche es-
11
Quatuor principalia musicae, in Scriptorum de musica medii aevi, Edmond de Coussemaker, sere motivata dal fatto che tale simbolo rappresentava la perfezione. Essen-
Paris 1864-96, libro IV, p. 275; Jacques de Liège, Speculum musicae. Liber septimus, a cura di R. Bra-
gard, American Institute of Musicology, s.l. 1973 (Corpus Scriptorum de Musica, 3/7), p. 85; Johannes do invece il segno del sicilicus assai piú diffuso e non controverso, esso avreb-
Vetulus de Anagnia, Liber de musica, a cura di F. Hammond, American Institute of Musicology, be potuto ben influenzare la scelta di un segno di mensura. Nel tardo xiv se-
Hämssler Verlag, Neuhausen-Stuttgart 1977 (Corpus Scriptorum de Musica, 27), pp. 28-29. Si ve- colo i compositori utilizzavano questo segno quando volevano diminuire tutti
da anche Busse Berger [1993], pp. 45-46.
12 i valori di durata di un quarto: è dunque probabile, sebbene non certo, che
Prosdocimo de’ Beldomandi, Tractatus cantus mensurabilis, ms. Lucca, Biblioteca Statale,
359, c. 14r; Pro facili informatione, ms. Kremsmünster, Benediktinerstiftsbibliothek, 312, cc. 210v- essi destinarono il noto simbolo del sicilicus proprio all’indicazione di tale
212v, pubblicato in A. Kellner, Ein Mensuraltraktat aus der Zeit um 1400, «Anzeiger der Öster- diminuzione.
reichischen Akademie der Wissenschaften, Philosophisch-historische Klasse», XCIV (1957), p. 81. Siamo invece certi delle origini dei segni di prolatio. Sebbene nessun se-
gno particolare sia stato associato alla misurazione del tempo, molti teorici,
quali Isidoro e Beda, chiamano l’unità di tempo piú piccola atomus. Proba-
Esempio 4. bilmente essi mutuarono questo termine da Aristotele e Marziano Capella,
Abaco a mano romano. per i quali l’atomus era indivisibile: «il tempo primo, dunque, è quello che,
come un atomo, non ammette né parti né unità di divisione, cosí come il pun-
to in geometria, la monade in aritmetica, ossia, è un genere di natura unita-
ria o autonoma»13. Beda menziona altri nomi per l’unità di tempo piú picco-
la, quali momentum o punctum. Ora, il termine punctum è definito anche co-
me unità geometrica piú piccola. Negli Elementi Euclide afferma: «Il punto
è ciò che non ha parti». Nel Medioevo tale definizione è ripresa dall’anoni-
mo autore del trattato dell’xi secolo Geometria, attribuito a Severino Boe-
zio: «Ma l’unità di misura è chiamata punctum. Il punctum è ciò che non può
essere suddiviso»14.
Si ricorderà che nel xiv secolo la minima della prolatio maior e della pro-
latio minor è ufficialmente il valore di durata piú breve. Un anonimo teori-
co del Trecento pone la minima alla base del suo sistema e cosí facendo di-
mostra di considerarla analoga al punto: infatti, come il punctum è il princi-
pio della misurazione dello spazio, la minima è il principio della misurazione
del tempus15. Ha senso dunque che i teorici e i compositori del Trecento ab-
biano scelto il punctum, la piú piccola unità geometrica, per indicare la mi-
nima, la piú piccola unità di misura musicale. Cosí tre punti rappresentano
le tre minimae della prolatio maior, due punti le due minimae della prolatio

13
«Primum igitur tempus est, quod in morem atomi nec partes nec momenta recisionis admit-
tit, ut est in geometricis punctum, in arithmeticis monas, id est singularis quaedam ac se ipsa natu-
X ra contenta»: Marziano Capella, De nuptiis Philologiae et Mercurii, IX. 971, a cura di J. Willis, B. G.
(((I))) ((I)) (I) C X I O £ 2 2 Teubner, Leipzig 1983, pp. 373-74 [trad. it. Le nozze di Filologia e Mercurio, a cura di I. Ramelli,
Bompiani, Milano 2001, pp. 694-95].
1 milione 10 1 1 1 1 1 14
«Principium autem mensurae punctum vocatur. Punctum est cuius pars nulla est»: Anicio
2 4 3 Manlio Severino Boezio, De institutione arithmetica libri duo, a cura di G. Friedlein, Leipzig 1867
(rist. Frankfurt am Main 1966), pp. 373-74.
Numeri interi Unciae 15
Quatuor principalia musicae cit., libro IV, p. 275.
12 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 13

minor. Teorici musicali quali Philippe de Vitry e Johannes de Muris furono ne musica alla descrizione dettagliata di tutte queste proporzioni, fu il filosofo
anche matematici, e quindi buoni conoscitori delle teorie euclidee: è dun- Boezio (primo vi secolo), ma, sebbene il suo trattato fosse il libro di testo uf-
que probabile che questi abbiano scelto consapevolmente i punti per segna- ficialmente richiesto in tutte le università e scuole cattedrali nel Medioevo e
lare la presenza di tre o due minimae. nel Rinascimento, la maggior parte degli storici della matematica concorda nel
ritenere che esso non fosse necessariamente considerato il piú influente. Que-
sto vale soprattutto per quei musici che, volendo imparare a cantare e a com-
3. Le proporzioni. porre polifonia, non trovavano molto aiuto nei testi di Boezio: il loro princi-
pale interesse era infatti volto a padroneggiare la notazione mensurale e a com-
Quando parliamo di proporzioni in musica pensiamo principalmente agli porre e improvvisare avvalendosi dei manuali di contrappunto.
intervalli armonici, che sin dall’antichità sono stati descritti in termini propor- A differenza delle proporzioni armoniche, le proporzioni ritmiche diven-
zionali: cosí l’ottava era associata alla proporzione 2 : 1, la quinta alla 3 : 2, la nero una passione quasi ossessiva per i piú importanti teorici del tardo xv
quarta alla 4 : 3, ecc. Il teorico piú importante, che dedicò il suo De institutio- secolo, che scrissero interi libri sull’argomento, sebbene la maggior parte di
queste proporzioni ritmiche non trovarono mai applicazione in musica. Per-
ché dunque i teorici musicali furono cosí affascinati dalle proporzioni ritmi-
che? Come si rapportano all’aritmetica dell’epoca? Possiamo rintracciare un
Esempio 5. analogo interesse in altri campi?
Vorrei iniziare con una definizione di «proporzioni ritmiche»: si tratta di
a) Equivalenza della semibrevis o della minima: â 5 â , â 5 â . frazioni che indicano che un certo numero di note espresso dal numeratore
equivale a un differente numero di note dello stesso tipo espresso dal deno-
C Ð Ð minatore. Normalmente, quando incontriamo una sezione in tempus perfec-
tum seguita da una in tempus imperfectum, le minimae nell’una e nell’altra
â â â â mensura sono equivalenti. Nell’esempio 5a mostro che le minimae o le semi-
â â â â â â â â breves sono uguali quando il tempus perfetto (dove ogni brevis è divisa in tre
semibreves) è giustapposto al tempus imperfetto (dove ogni brevis è divisa in
O Ð Ð due semibreves), ossia che nel passaggio da C a O le minimae o le semibreves
â â â â â â mantengono la stessa durata. Se non volessimo mantenere l’equivalenza del-
la minima, dovremmo inserire un segno di proporzione: nell’esempio 5b, l’in-
â â â â â â â â â â â â serimento della proporzione 3 : 2 indica che le due semibreves del tempus im-
perfectum - prolatio minor (la brevis è divisa in due semibreves e ogni semi-
brevis in due minimae) vengono rimpiazzate da tre semibreves; nell’esempio
b) Proporzione 3 : 2 a livello di semibrevis con semibreves non equivalenti.
5c, il segno di proporzione 3 : 2 indica la sostituzione di due breves con tre.
La prima descrizione delle proporzioni ritmiche si rintraccia nel Tractatus
practice de cantus mensurabilis (1408) del teorico musicale padovano Pro-
C Ð 3 Ð sdocimo de’ Beldomandi e la loro prima applicazione è ravvisabile nella piú
2
â â â â â o meno coeva ballata Amour m’a le cuer mis del compositore italiano Anto-
nello da Caserta (esempio 6)16. Il brano di Antonello inizia in tempus perfec-
tum-prolatio minor: come di norma, ogni brevis è divisa in tre semibreves e
c) Proporzione 3 : 2 a livello di brevis con semibreves non equivalenti. ogni semibrevis in due minimae, ossia si hanno sei minimae per ogni perfe-
zione. Alla battuta 8 incontriamo la proporzione 9 : 6, che segnala la sostitu-

C Ð Ð 3 Ð Ð Ð 16
La composizione è conservata nel manoscritto Modena, Biblioteca Estense, a.M.5.24. Cfr.
2
â â â â â â â â â â l’edizione in facsimile curata da A. Stone, The Manuscript Modena, Biblioteca Estense a.M.5.24, LIM,
Lucca 2005, cc. 33v-34r.
14 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 15

zione delle sei minimae previste per ciascuna brevis con nove minimae (esem-
pio 7a), da cui risulta la sovrapposizione di una serie di terzine alla suddivi-
sione binaria della voce piú bassa. Ciò che abbiamo, dunque, sono tre note
da cantarsi contro due.
Alla battuta 13 compare un’altra proporzione, 4 : 2. La questione che sor-
ge spontanea è, naturalmente, quali note debbano essere comparate: breves,
semibreves o minimae? Antonello non dà alcuna indicazione in proposito,
ma l’allineamento verticale delle note lascia intendere che sono date quattro
minimae contro due minimae. Poiché la sezione immediatamente preceden-
te, in proporzione di 9 : 6, implica tre minimae per ogni semibrevis, la pro-
porzione 4 : 2 è messa in relazione alla mensura iniziale di tempus perfectum
- prolatio minor e non alla proporzione 9 : 6. (Per l’allineamento verticale del-
le note si veda l’esempio 7b: le note della linea piú bassa appartengono all’al-
tra voce che non presenta alcun cambio di mensura).
Nei successivi sessant’anni i teorici trattarono essenzialmente solo un pic-
colo numero di proporzioni, quelle stesse prevalentemente usate anche dai
compositori: 2 : 1, 3 : 1, 4 : 1, 3 : 2, 4 : 3, 9 : 8, 9 : 4 e 8 : 3. Esse sono tutte di-
visibili per due o per tre e derivano naturalmente dal sistema spiegato sopra.
A cambiare la situazione fu Johannes Tinctoris, il piú importante teorico mu-
sicale del xv secolo – riformatore di ogni aspetto della teoria musicale e al-
tresí autore del primo dizionario della musica – , dedicando un’intera opera
(Proportionale musices)17 alle proporzioni ritmiche. Tinctoris ricevette la sua
educazione in una scuola cattedrale della Francia del Nord, dedicandosi poi
allo studio del diritto canonico e civile presso l’Università di Orléans. A par-
tire dall’inizio del 1470 fu alla corte di re Ferrante I di Napoli come canto-
re-cappellano, consulente legale e precettore di corte per la teoria e la prati-
ca della musica; tenuto in grande considerazione, venne a stretto contatto
con alcuni dei piú importanti umanisti del Rinascimento italiano e qui scris-
se la maggior parte dei suoi testi di teoria musicale.
Come tutte le altre sue opere teoriche, il trattato sulle proporzioni appa-
re ben organizzato e chiaro: dopo aver definito cosa sia una proporzione,
Tinctoris spiega che si possono avere relazioni proporzionali verticali e oriz-
zontali e offre, per ciascuna, un esempio specifico. Osserviamo l’esempio re-
lativo alle proporzioni orizzontali (esempio 8a). Come il brano di Antonello

17
In Opera theoretica, a cura di A. Seay, American Institute of Musicology, s.l. 1975, vol. II.

Esempio 6.
Antonello da Caserta, Amour m’a le cuer mis, bb. 1-16.
Fonte: W. Apel (a cura di), French Secular Compositions of the Fourteenth Century, American Institute of
Musicology, Roma 1970 [CMM 53/1], n. 3.
16 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 17

da Caserta, esso inizia in tempus perfectum - prolatio minor; segue un episo- Piú avanti cercheremo di dare una spiegazione al diverso trattamento ri-
dio in proporzione 2 : 1, nel quale due breves (o sei semibreves) vengono da- servato da Antonello, da una parte, e Tinctoris e Gaffurio, dall’altra, alle
te al posto di una brevis (o tre semibreves). Fin qui niente di strano. Ma nel- proporzioni in successione. Inoltre, sin dalle prime pagine del suo testo,
l’episodio successivo in proporzione 3 : 2, Tinctoris oppone tre breves (o no- Tinctoris non nasconde la propria disapprovazione per come i composito-
ve semibreves) non a una brevis della mensura d’impianto, come aveva fatto ri a lui coevi utilizzano i segni di mensura e i segni di proporzione, non esi-
Antonello, bensí a due breves (o sei semibreves) (esempio 8b), moltiplican- mendosi dal muovere critiche anche a compositori molto piú celebri di lui,
do in tal modo le due proporzioni (esempio 8c): dal prodotto di 2 per 3 e di quali Guillaume Dufay e Johannes Ockeghem. Cosí, Tinctoris esprime la
1 per 2 risulta la proporzione 6 : 2 o 3 : 1. sua contrarietà circa il segno di mensura O3 adottato da Dufay nella Missa
A offrire forse la piú chiara descrizione di come debbano essere esegui-
te le proporzioni in successione, interviene l’altro famoso teorico musicale
del Rinascimento, Franchino Gaffurio, che studiò con Tinctoris e scrisse un
trattato sulle proporzioni ritmiche persino piú dettagliato: Esempio 8.

Diverse proporzioni che si succedono l’una all’altra sono computate in base alla pro-
a) Johannes Tinctoris, Proportionale musices, p. 12.
porzione immediatamente precedente. Se, per esempio, una proporzione 3 : 1 segue una
proporzione 2 : 1, risulterà una proporzione 6 : 1 computando 3 : 1 in relazione al pri-
mo numero che precede, ossia il 2 : 1, come si osserva in questi numeri: 1 : 2 : 6 18.

18
«Diuerse proportiones sese inuicem consequentes varias subsequentium notularum ad prae-
cedentes sana consyderatione ducunt habitudines. Namque si (exempli causa) tripla proportio in
notulis immediate duplam fuerit subsequuta: sexcupla illico proportio ex numerositate notularum
ipsius triplae descriptae ad priorem notularum numerum qui scilicet ante duplam ipsam dispositus
fuerat: resultabit: quod his numeris sane percipitur .1.2.6.»: Practica musice Franchini Gafori Lau-
densis, Ioannes Petrus de Lomatio, Milano 1496, IV.13 (rist. Broude Bros., New York 1979).

Esempio 7.

a) Le proporzioni di Antonello.

b. 8 b. 13
O Ð 59 Ð 54 Ð b)
6 2
â â â â â â â â â
â â â â â â â â â â â â â â â â â â â â â â â â â â â O Ð 2 Ð Ð 3 Ð Ð Ð
1 2
â â â â â â â â â â â â â â â â â â

b) Esempio di allineamento verticale di minimae in Antonello. 2


c) Proporzioni cumulative.

O â â â ââ â ââ â âââ â â ââ â âââ â
59 4 2 3 3 5 6 5 3
ââââââ 6 â â â â â â 52 â â â â â â 1 2 2 1
18 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 19

Sancti Antonii de Padua per indicare una proporzione 3 : 2 (esempio 9)19, ri- porzioni con relative inversioni, per un totale di centosei, presentando per
tenendo che il compositore non avesse in mente una proporzione 3 : 2 ma ciascuna di esse almeno un esempio musicale. Entrambi i teorici non ricorro-
una proporzione 9 : 4. Quali ragioni sottendono alla recriminazione di Tinc- no ad alcun esempio di musica contemporanea in cui si facesse uso di queste
toris? Beninteso, i compositori non vi prestarono alcuna attenzione, conti- proporzioni. E allora, cosa avevano in mente quando si soffermavano cosí a
nuando a usare O3 anziché 9 : 4. lungo nella descrizione di combinazioni ritmiche fuori della portata della mag-
Come possiamo osservare nell’esempio 9a, Dufay pone tre breves al po- gior parte dei musici, che mai le adottarono nelle loro composizioni, e che po-
sto di due, proprio come ci si aspetta in una proporzione 3 : 2. Ma si noti che tevano solo essere descritte a livello teorico per puro gusto speculativo?
le breves in C sono imperfette o binarie, cioè contengono solo due semibre- Riassumiamo, dunque, le nostre questioni: innanzitutto, perché i teorici
ves ciascuna, mentre le breves in O3 sono perfette, cioè includono ciascuna del tardo xv secolo ribadiscono che due proporzioni consecutive diventano
tre semibreves. E Tinctoris sostiene che non si possono mai mettere in pro- cumulative? Secondo, perché Tinctoris insiste che nelle proporzioni le du-
porzione note perfette con note imperfette: secondo il teorico, infatti, le no- rate devono essere uguali? E infine, perché i teorici musicali descrivono co-
te interessate da un rapporto proporzionale devono avere la stessa durata, os- sí tante proporzioni che non ebbero mai applicazione nella prassi?
sia devono essere entrambe perfette o entrambe imperfette. Perché egli insi- Per rispondere a queste domande è opportuno dare uno sguardo alla ma-
ste cosí tanto sull’argomento se la prassi esecutiva era senza dubbio corretta? tematica del xv secolo.
All’elencazione di tutte le proporzioni possibili è destinata la sezione piú
ampia di entrambi i trattati di Tinctoris e di Gaffurio. Tinctoris inizia con le
proporzioni 2 : 1, 3 : 1, 4 : 1, ecc.; passa poi a 3 : 2, 4 : 3, 5 : 4, ecc., a 5 : 3, 7 : 5, 4. L’aritmetica commerciale.
7 : 4, 8 : 5, ecc., a 5 : 2, 7 : 3, 9 : 4, ecc., e a 8 : 3, 12 : 5, 11 : 4, ecc., offrendo un
esempio per ogni singola proporzione; tutte le proporzioni sopra elencate Quali conoscenze matematiche possedevano i musici eruditi del xv se-
vengono poi presentate in inversione: 1 : 2, 2 : 3, ecc. Egli descrive, dunque, colo, come indubbiamente furono Tinctoris e Gaffurio? Abbiamo già men-
in totale venticinque differenti proporzioni, ognuna delle quali può anche zionato testi teorici, basati su Euclide e Boezio, che si occupavano della teo-
apparire in inversione. Gaffurio elenca complessivamente cinquantatre pro- ria dei numeri figurati come il quadrato e il cubo, e che non ebbero grandi
risvolti pratici. D’altra parte gli algoritmi e i trattati dedicati all’aritmetica
19 basata sull’abaco furono di gran lunga i libri matematici piú conosciuti nei
Cfr. Busse Berger [1993], pp. 73-74 e 206-7.
secoli xv e xvi. (Con la locuzione «aritmetica pratica e commerciale» mi ri-
ferirò congiuntamente ai due generi di libro per distinguerli dalla «matema-
tica teorica» euclideo-boeziana).
Esempio 9. Ð Mentre la matematica teorica veniva studiata solo all’università, l’aritme-
Proporzioni nella Missa Sancti Antonii de Padua di Guillaume Dufay. tica commerciale e i calcoli con i numeri indo-arabi potevano essere esau-
rientemente appresi anche da coloro che non frequentavano gli studia uni-
a) Uso di Dufay. versitari20. Circa la metà dei manuali commerciali pubblicati nei primi cin-
quant’anni dall’invenzione della stampa furono scritti in lingua volgare, per
la maggior parte in italiano, poi in tedesco e infine in francese. Alcuni di que-
C Ð Ð 5O 3 Ð Ð Ð sti trattati erano pensati per uno studio autonomo, ma esistevano anche mol-
â â â â â â â â â â â â â te scuole d’abaco, soprattutto in Italia. I bambini imparavano a leggere e a
scrivere in scuole laiche private e comunali; poi, dai dieci ai quattordici an-
ni, la maggior parte proseguiva gli studi in una scuola secondaria, dove ap-
b) Uso corretto.
prendeva la matematica commerciale. Già nel 1338 Firenze contava sei scuo-
le d’abaco, frequentate dai mille ai milleduecento studenti. Anche le scuole

C Ð Ð 5O 9 Ð Ð Ð 20
La migliore trattazione dell’argomento si può trovare in Van Egmond [1976]; si veda anche
4
â â â â â â â â â â â â â Hay [1988], e in particolare i saggi di R. Franci e L. Toti Rigatelli e di W. Van Egmond; infine si ve-
da Goldthwaite [1972].
20 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 21

cattedrali dovettero offrire un’istruzione nell’aritmetica commerciale. Nic- Esistevano due modi per scrivere i numeri. Il primo (esempio 10a) fu intro-
colò Tartaglia fu assunto a Piacenza, a Verona e a Venezia tra gli anni Venti dotto dai matematici medievali arabi, poi ripreso da Fibonacci e ancora usa-
e Trenta del Cinquecento per insegnare aritmetica sia nelle scuole pubbliche to nel Rinascimento (nell’esempio la linea indica i numeri da moltiplicare).
che in quelle ecclesiastiche. Del resto la conoscenza dell’aritmetica commer- Nel Rinascimento solitamente le cifre erano allineate orizzontalmente (esem-
ciale non serviva solo nel mondo degli affari, ma anche tra gli ecclesiastici, che pio 10b) e spesso collegate da linee curve che indicavano la relazione tra i nu-
dovevano periodicamente occuparsi del bilancio delle loro cattedrali o dei lo- 13
ro monasteri. L’aritmetica che imparava questa gente era semplice, simile a meri, che stavano in proporzione geometrica: 11 sta a 17 come 18 e sta
17
quella che la maggior parte di noi apprende in prima media, ma la loro cono-
scenza della materia era infinitamente migliore della nostra: oggetto di gioco a 29. Infine il prodotto di 11 3 29 (primo e ultimo numero) è pari a quello
13
e di facezie, essa occupava una parte centrale della loro quotidianità21. di 17 3 18 e .
La maggior parte dei manuali si apre con la trattazione delle operazioni 17
di base per poi passare alla «regola del tre», anche nota come «regola aurea» La relazione indicata dalle linee curve offriva un importante strumento
o «chiave del mercante». Questa regola poteva virtualmente essere applica- per verificare se i calcoli erano esatti. È probabile che i matematici del Rina-
ta a tutte le aree di vita ed era usata per risolvere tutti i tipi di problemi. La scimento abbiano mutuato le linee curve dal De institutione aritmetica di
regola del tre non è altro che uno studio delle proporzioni, il quale, contra- Boezio, dove le relazioni tra i numeri sono sempre indicate in questo modo;
riamente ai rapporti di Boezio che non ebbero applicazione pratica, giocò tuttavia Boezio non menzionò mai la regola del tre, limitandosi unicamente a
un ruolo significativo nella vita di tutti i giorni. mostrare le relazioni tra i numeri. Oggi il problema sarebbe cosí formulato:
La regola del tre comparve per la prima volta in testi aritmetici indú del 13
vii secolo (o anche precedenti), poi fu rinvenuta in manuali medievali arabi 17 : 11 5 29 : 18 .
17
attraverso i quali fu portata in Italia da Leonardo Fibonacci all’inizio del xiii
secolo. Essa recita: dati tre numeri (o quantità) si deve trovare un quarto che
sia loro direttamente proporzionale.
Si prenda il trattato fiorentino Libro di ragioni di Paolo Gherardi (1328): Esempio 10.
Se ci fosse detta alchuna ragione della quale si proponesse tre chose, si dobiamo La regola del tre.
multipricare quella chosa che nnoi voglamo sapere chontra che nnon [sic] e di quel-
la medesima, et partire nell’altra22. a)

A questa regola generale Gherardo fa seguire questo esempio:


17 11
Voti dare asempro alla detta reghola e vo’ dire chosi: 11 bolongnini valglono 17
pisani, che varanno 29 pisani? De’ chosi fare. Multipricha 11 via 29 che fanno 319,
parti per 17, che nee viene 18, et 13 dicessettesimi. Ed ai che 29 pisani valglono, a
quela ragione, bolongnini 18 et 13 dicessetesimi d’uno bolognino. Chosi fa lla somil-
glante ragione23. 29 18 13/17

Applicando la regola del tre all’esempio succitato, il prodotto di 11 per 29,


13 b)
che è pari a 319, viene diviso per 17 dando come risultato 18 e .
17
17 11 29 18 13/17
21
Baxandall [1972] ha descritto dettagliatamente come l’aritmetica commerciale abbia influen-
zato l’arte dell’epoca. Analogamente J. V. Field [2005] presenta un’eccellente discussione sulla ma-
tematica del xv secolo. Si veda anche il suo saggio in questo stesso volume.
22
In Opera mathematica, a cura di G. Arrighi, Pacini Fazzi, Lucca 1987; cito da Van Egmond
[1976], p. 235.
23
Ibid., p. 237.
22 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 23

La regola del tre era applicata a tutti gli aspetti del commercio. Le città ne. Se il segno di proporzione ha le sembianze di una frazione, la risposta al-
per la maggior parte non solo avevano monete correnti proprie, ma utilizza- la prima domanda è evidente (in quanto indicata dalla frazione medesima),
vano anche differenti pesi e misure: tassi d’interesse, salari, imposte, prezzi ma non quella alla seconda domanda. Considerando l’idea precedente Tinc-
di varie mercanzie venivano tutti calcolati in questa maniera. Uno studio di toris che la misura delle figure di valore messe in relazione possa cambiare
tali esempi può realmente fornire numerose informazioni sulla vita quotidia- dopo il segno di proporzione, non è facile rispondere alla seconda doman-
na. I problemi perlopiú non sono facili come quello sopra proposto e la dif- da, ma, stabilito con Tinctoris che la misura delle figure di valore compara-
ficoltà consiste spesso nel ridurre un problema complesso alla forma che ab- te rimane la stessa, lo diventa applicando la regola del tre. Le due diverse co-
biamo osservato. se da capire saranno allora 1) il numero delle note comparate e 2) il numero
dei valori piú piccoli inclusi in una perfezione (nella maggior parte dei casi
Come poterono, quindi, i trattati di abaco aver influenzato la teoria mu- il numero di minimae).
sicale del xv secolo? Innanzitutto, io credo che il passaggio dalle proporzio- Illustro quanto detto nell’esempio 11a, che presenta la proporzione 4 : 3.
ni non cumulative alle cumulative possa essere spiegato come conseguenza Tre semibreves imperfette vengono sostituite con quattro imperfette. Com-
della nuova matematica. I rapporti numerici di Boezio, denominati «propor- pariamo le semibreves in quanto l’esempio è in tempus perfectum-prolatio mi-
zioni», non sono considerati frazioni, ma rapporti, essendo il rapporto inte- nor. Il valore di durata piú piccolo che entrambe le sezioni hanno in comu-
so come relazione comparativa tra i numeri, e la frazione come quoziente in- ne è la minima: la sezione in O implica sei minimae all’interno di una perfe-
dicato fra due numeri interi. La moltiplicazione di frazioni non è argomen- zione, la sezione in proporzione 4 : 3 ne implica otto. Le relazioni possono
to della teoria boeziana del numero; al contrario, i trattati sugli algoritmi essere sintetizzate nella figura seguente (esempio 11b), che soddisfa tutte le
solitamente iniziano con una spiegazione dettagliata della moltiplicazione e condizioni per la regola del tre.
della divisione. Tinctoris, che introdusse l’idea che le proporzioni sono cu-
mulative, dovette aver appreso la nuova matematica o in Italia o probabil-
mente già durante i suoi studi all’Università di Orléans. Basandosi su questa
conoscenza, egli deve aver concluso che una cifra scritta sopra un’altra è una
Esempio 11.
frazione e come tale deve essere trattata, ossia tali frazioni, qualora occorra-
no in successione, devono essere moltiplicate. D’altra parte, Antonello da La proporzione sesquialtera.
Caserta (di molto precedente a Tinctoris) probabilmente ragionava ancora
in termini di rapporti numerici boeziani e, non avendo forse familiarità con a) La proporzione 4 : 3.
la nuova matematica, non sapeva come moltiplicare le frazioni.
La regola del tre ha anche cambiato il modo di usare le proporzioni. Vor-
rei che si ricordasse l’insistenza di Tinctoris sul comparare figure di valore O â â â 54 â â â â
3
che abbiano la stessa durata; in altri termini, egli insisteva sul fatto che le no- â â â â â â â â â â â â â â
te perfette siano comparate con note perfette e le imperfette con imperfet-
te. Egli sembra inoltre alquanto pedante nell’ostinarsi a volere stabilire se
una proporzione dovesse essere chiamata sesquialtera o duplasesquiquarta, b) Regola del tre.
quando qualsiasi esecutore sapeva esattamente cosa s’intendesse e non esi-
steva la benché minima differenza nell’esecuzione. Tuttavia la sua riforma è
comprensibile se inserita nel contesto dell’interesse che i suoi contempora-
nei mostrarono per l’aritmetica commerciale e per la regola del tre. 3 4 6 8
Come sarebbe stata applicata, dunque, la regola del tre alle proporzioni
ritmiche? Si noti che per comprendere un segno di proporzione ritmica dob-
biamo capire due cose: primo, quante sono le note di un determinato valo-
re (ad esempio le semibreves) che la proporzione impone di sostituire e quan-
te quelle del medesimo valore che vengono sostituite; secondo, quante sono
le note piú piccole all’interno di una perfezione dopo il segno di proporzio-
24 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 25

Che dire della proporzione O3 incontrata nell’esempio di Dufay, cosí du- sa applicazione nella prassi musicale. Non c’è dubbio che Leonardo da Vin-
ramente criticata da Tinctoris (si veda sopra, esempio 9a)? Se adottiamo la ci fu ispirato dal grande matematico Luca Pacioli, di cui illustrò l’opera De
semibrevis come valore piú piccolo comune, otteniamo una successione che divina proportione, scritta a Milano tra il 1494 e il 1496. Infatti Pacioli da ri-
non soddisfa nessuna delle condizioni per la regola del tre (esempio 12a): luttante matematico passa generalmente a essere accreditato nella cerchia di
l’errore di Dufay consisteva nel pensare di poter comparare tre breves per- Leonardo come «appassionato sostenitore della matematica piú pura» [Row-
fette e due imperfette. Un caso analogo, presentato nel trattato di abaco di land 2005, p. 94]. Pacioli potrebbe aver similmente influenzato Tinctoris e
Gherardo, si ha nella comparazione di 11 bolognini a 29 pisani. Come il mer- Gaffurio, dal momento che è assai probabile che abbia insegnato a Napoli
cante deve cambiare i bolognini in pisani, cosí il musicista deve trasformare negli anni Settanta del Quattrocento, quando Tinctoris scriveva il suo Pro-
le breves in semibreves, cioè calcolare quante semibreves si trovano rispetti- portionale musices [Taylor 1980, p. 170]. Gaffurio può essere collegato di-
vamente in O3 e in C, vale a dire 9 e 4. Solo dopo questo cambio egli può rettamente a Pacioli. Infatti, sebbene il suo trattato sulle proporzioni sia for-
conseguire il calcolo corretto per l’esempio di Dufay (esempio 12b). temente debitore a Tinctoris e la prima versione del testo sia stata scritta tra
Possiamo dunque concludere che Tinctoris non era un teorico pedante; il 1478 e il 1483 quando egli si trovava a Napoli, la versione a stampa, con si-
piuttosto, sembra aver applicato alle proporzioni mensurali la lezione pro- gnificative varianti rispetto alla prima, fu pubblicata solo nel 1496, anno in
babilmente imparata dall’aritmetica commerciale, da cui consegue la sua in- cui Pacioli iniziò a lavorare a Milano insieme allo stesso Gaffurio. È comun-
sistenza circa la necessità di mettere in relazione note perfette con note per- que assai probabile che i due si fossero incontrati prima, forse già a Napoli.
fette o note imperfette con note imperfette. Se la sua ragguardevole riforma Peraltro una copia della Summa de arithmetica geometria proportione et pro-
a noi sembra cosí ovvia è perché a scuola abbiamo dovuto risolvere nume- portionaliter di Pacioli, in preparazione negli anni precedenti alla sua pub-
rosi problemi basati sulla regola del tre. blicazione (1494), fu posseduta da Gaffurio. Il libro contiene molti dei pro-
Lo studio delle proporzioni offre una spiegazione anche all’ultima que- blemi di matematica commerciale presentati sopra. Lo storico dell’architet-
stione, vale a dire perché i teorici della musica si preoccuparono cosí tanto tura John Onians [1988, pp. 222 sgg.] ha mostrato dettagliatamente come la
di sviluppare un sistema completo di proporzioni ritmiche che avevano scar- teoria architettonica di Pacioli possa essere stata influenzata dalla descrizio-
ne dei modi di Gaffurio. Con altrettanta forza si può sostenere che l’interes-
se quasi ossessivo di Gaffurio per le proporzioni ritmiche sia stato influen-
zato da Pacioli.
Infine, non c’è dubbio che Gaffurio e Leonardo fossero amici intimi
Esempio 12.
[Winternitz 1982, pp. 5-9]. Entrambi vissero a Milano dal 1484 in poi, e a
a) Impossibilità di applicazione della regola del tre.
partire dal 1492 Gaffurio divenne Professor musicae nel prestigioso Ginna-
sio milanese istituito dal duca Ludovico il Moro (nella stessa scuola insegnò
Pacioli).
Quello che è certo è che Luca Pacioli stabilí un parallelo tra le propor-
2 3 8 18 zioni usate nell’arte e nella musica:
e al proposito nostro per scientie e discipline mathematici se intendano. Arithmeti-
ca. Geometria. Astrologia. Musica. Prospectiva. Architectura. e Cosmographia. e
b) Applicazione della regola del tre. qualunc altra daqueste dependente. Non dimeno communamente per li savi. le qua-
tro prime se prendano. cioe Arithmetica. Geometria. Astronomia. e Musica. e laltre
sienno dette subalternate cioe da queste quarto dipendenti. Cosi vol Platone e Ari-
stotele e ysidoro in le sue ethimologie. El severin Boethio in sua Arithmetica. Ma el
4 9 8 18 nostro iudicio benche imbecile e basso sia o tre o cinque ne constregni. cioe Arith-
metica. Geometria. e Astronomia exludendo ma musica’ da dicte per tante ragioni
quante loro dale 5. La prospectiva e per tante ragioni quella agiongendo ale dicte qua-
tro per quante quelli ale dicte nostre 3. la musica. Se questi dicano la musica conten-
tare ludito uno di sensi naturali. E quella al vedere. Quale tanto e piu degno quanto
eglie prima porta alintellecto se dichino quella satendo al numero sonoro a ala me-
sura importata nel tempo de sue prolationi. E quella al numero naturale secondo ogni
26 Anna Maria Busse Berger Musica e matematica dal Medioevo al Rinascimento 27

sua diffinitione e ala mesura dela linea visuale. Se quella recrea lanimo per larmonia. baxandall, m.
E questa per debita distantia e varieta de colori molto delecta. Se quella suoi armo- 1972 Painting and Experience in Fifteenth-Century Italy, Oxford University Press,
niche proportioni considera24. Oxford.
Particolarmente interessante è che egli non menziona solo le proporzio- busse berger, a. m.
ni armoniche, ma anche i numeri espressi dalla mensura («ala mesura impor- 1993 Mensuration and Proportion Signs: Origins and Evolution, Clarendon Press,
Oxford.
tata nel tempo de sue prolationi»), forse intendendo con ciò le proporzioni
ritmiche. field, j. v.
In sintesi, la riforma di Tinctoris e di Gaffurio e lo spiccato interesse per 2005 Piero della Francesca: A Mathematician’s Art, Yale University Press, New Haven.
le proporzioni ritmiche devono essere inquadrati nell’ambito dell’aritmeti- friedlein, g.
ca commerciale del xv secolo, che si occupa del problema delle proporzio- 1869 Die Zahlzeichen und das elementare Rechnen der Griechen und Römer und des
ni applicando l’assai famosa regola del tre. L’aritmetica commerciale offre christlichen Abendlandes vom 7. bis 13. Jahrhundert, Andreas Deichert, Erlangen.
un contesto culturale pertinente all’interesse tributato nei secoli xv-xvi alle ginzel, f. k.
proporzioni ritmiche. E questo interesse probabilmente nasceva non solo 1914 Handbuch der mathematischen und technischen Chronologie: Das Zeitrechnungs-
dai livelli stratosferici della speculazione matematica universitaria basata su wesen der Völker, J. C. Hinrichs, Leipzig.
Boezio, ma anche dal regno mondano dell’aritmetica applicata di artigiani, goldthwaite, r. a.
commercianti e banchieri. 1972 Schools and teachers of commercial arithmetic in Renaissance Florence, in «Journal
of European Economic History», 1, pp. 418-33.
hay, c. (a cura di)
24
L. Pacioli, Divina proportione, a cura di C. Winterberg, C. Graeser, Wien 1889, p. 40. 1988 Mathematics from Manuscript to Print, 1300-1600, Clarendon Press, Oxford.
menninger, k.
1958 Zahlwort und Ziffer: Eine Kulturgeschichte der Zahl, Vandenhoeck & Ruprecht,
Göttingen [trad. ingl. Number Words and Number Symbols: A Cultural History
of Numbers, mit Press, Cambridge Mass. 1969].
murray, a.
1978 Reason and Society in the Middle Ages, Clarendon Press, Oxford [trad. it. Ra-
gione e Società nel Medioevo, Editori Riuniti, Roma 1986].
onians, j.
1988 Bearers of Meaning, Princeton University Press, Princeton.
rowland, i. d.
2005 From Heaven to Arcadia: the Sacred and the Profane in the Renaissance, The
New York Review of Books, New York.
taylor, r. e.
1980 No Royal Road, Arno Press, New York.
van egmond, w.
1976 The Commercial Revolution and the Beginnings of Western Mathematics in Re-
naissance Florence, 1300-1500, tesi di dottorato, University of Indiana.
winternitz, e.
1982 Leonardo da Vinci as a Musician, Yale University Press, New Haven.

You might also like