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Dante Alighieri- Divina commedia, Paradiso.

La commedia comprende 100 canti, per un totale di 14233 versi


endecasillabi in terzine incatenate, divise in 3 parti (cantiche):
Inferno (33 canti+ 1 che funge da introduzione), Purgatorio (33
canti) e infine il Paradiso (33 canti), cosi da formare
complessivamente il numero 100, considerato numero perfetto.
L’uso simbolico del numero viene costantemente usato nell’opera:
le 3 fiere nel primo canto, le 3 guide che accompagnano Dante etc.
Il poema è il resoconto in prima persona del viaggio
nell’Oltretomba compiuto dallo stesso Dante. Il protagonista,
venutosi a trovare all’età di 35 ani in una situazione di grave
pericolo spirituale, viene esortato dal poeta Virgilio, mandato in suo
soccorso per volere divino, ad intraprendere un viaggio attraverso i
3 regni dell’Aldilà –Inferno, Purgatorio e Paradiso- per poter in tal
modo raggiungere la salvezza.
I due cominciano cosi a scendere nella voragine infernale, che si
apre come un imbuto sotto Gerusalemme, posta al centro
dell’emisfero nord del mondo; giungono quindi dove è conficcato il
corpo di Lucifero. Oltrepassato il corpo di Satana, Dante e Virgilio,
attraverso uno stretto cunicolo, riemergono nell’emisfero australe,
dove si erge sulle acque dell’oceano la montagna del Purgatorio, in
cima alla quale è collocato il Paradiso terrestre, il luogo che Dio
aveva creato per la felicità dell’uomo e che era stato perduto per
colpa del peccato di Adamo ed Eva. Da qui dopo che Beatrice è
subentrata a Virgilio come nuova guida, il poeta, sale volando
attraverso i cieli e giunge infine nell’ Empireo, la sede propria della
divinità e dei beati, conquistando la salvezza. Prima di sostenere la
contemplazione finale di Dio, a fianco di Dante subentra, come
ultima guida, San Bernardo di Chiaravalle.
Il rapporto tra Dante e i beati è molto diverso rispetto a quello che
il poeta ha intrattenuto coi dannati e i penitenti: tutte le anime del
Paradiso, infatti, risiedono nell'Empireo, e precisamente
nella Candida Rosa, dal quale essi contemplano direttamente Dio;
tuttavia, per rendere più comprensibile al viaggiatore l'esperienza
del Paradiso, le figure gli appaiono di cielo in cielo, in una precisa
corrispondenza astrologica tra la qualità di ogni pianeta e il tipo
di esperienza spirituale compiuta dal personaggio descritto: così,
nel cielo di Venere appaiono gli spiriti amanti, e in quello di
Saturno gli spiriti contemplativi e via dicendo.
All'ingresso del Paradiso terrestre, situato sulla cima della montagna
del Purgatorio, Virgilio, che secondo l'interpretazione
figurale rappresenta la Ragione, scompare e viene sostituito
da Beatrice, raffigurante la Grazia della fede, la Teologia. Ciò
simboleggia l'impossibilità per l'uomo di giungere a Dio per il solo
mezzo della ragione umana. A Dante si affiancherà una nuova
guida: Beatrice lascia maggiore spazio a san Bernardo di
Chiaravalle, pur restando presente e pregando per il poeta nel
momento dell'invocazione finale del santo alla Madonna,
1 Canto: (Paradiso terrestre, Sfera del fuoco)
vv 1-36
Argomento della terza cantica sarà la narrazione di quanto la
memoria del poeta ha potuto trattenere delle cose viste in paradiso;
risulta infatti molto difficile trascrivere quell’esperienza. Proprio per
questo ad aiutarlo non sono più sufficienti le Muse, ma è necessario
l’aiuto di Apollo. Con il sostegno del dio, Dante potrà aspirare alla
gloria poetica e cingersi della corona di alloro, ponendosi in tal
modo come esempio e stimolo per gli altri.
Vv 37-81
Dopo aver indicato il momento di inizio del viaggio, Dante vede
Beatrice volgersi a sinistra e guardare intensamente il sole; anche
egli ci prova, riuscendo a sostenere la vista dell’astro oltre le umane
possibilità, tale esperienza viene accostata al mito del pescator
Glauco diventato divinità marina dopo essersi cibato di un’erba
marina incantata. A questo punto il poeta rimane colpito dalla
compresenza di un dolcissimo suono e di un intensa luminosità.
Vv 82-93
L’armonia celeste e le grande luce suscitano in Dante il desiderio di
conoscerne l’origine; infatti pensa di trovarsi ancora sulla terra.
Beatrice, che legge il pensiero del poeta, coglie subito il suo dubbio
e senza attendere che questo li venga manifestato spiega che in quel
momento essi stanno salendo verso il cielo della luna, con una con
velocità superiore a quella di un fulmine.
Vv 94-99
Dante viene allora colto da un nuovo dubbio: come possa egli, con
il suo corpo pesante, attraversare i corpi levi, ossia le sfere di acqua
e fuoco.
Vv 100-142
Beatrice chiarisce come nell’universo tutte le cose abbiano un
preciso ordine e siano dirette a un proprio fine. Fin ultimo
dell’uomo è Dio, da cui però l’uomo puo essere sviato per colpa
della vita mondana. Tuttavia Dante che ormai è libero da ogni
impedimento terreno, tende ora a Dio allo stesso modo in cui la
fiamma viva tende verso l’alto.
Canto II ( 1* cielo (Luna), Intelligenze motrici: Angeli
Vv 1-18
Il poeta si rivolge ai lettori, ammonendoli a non seguirlo nell’ultima
parte del viaggio qualora non siano in possesso di un’adeguata
preparazione filosofica e teologica che consenta loro di affrontare le
grandi difficoltà della materia che egli si accinge a trattare.

Vv 19-45
Spinti entrambi dal desiderio Dante e Beatrice ascendono
rapidissamnete al cielo della Luna, nel quale si manifesteranno al
poeta gli spiriti che mancarono ai voti. Dante che ha l’impressione
di penetrare in una nube lucida, si stupisce di come un corpo solido
possa attraversarne un altro senza disgregarlo, come avviene per un
raggio di luce nell’acqua.
Vv 46- 105
Dopo aver ringraziato Dio per avergli concesso di salire attraverso i
cieli, il poeta chiede a Beatrice quale sia l’origine delle macchie
lunari. Beatrice confuta anzitutto sia la leggenda popolare che fa
dipendere le macchie dal fascio di spine che Caino è costretto a
reggere sulle spalle, sia l’ipotesi più scientifica di Dante secondo cui
esse dipenderebbero dalla maggiore o minore densità della materia
lunare.
Vv 106-148
La spiegazione che ne dà Beatrice è invece di natura metafisica e
chiama in causa il problema degli influssi celesti; la conclusione è
che la maggiore o minor intensità degli astri, o di parti di essi è
legata al diverso grado di compenetrazione nei cieli della virtu
angelica.
Canto III:
Posizione: 1* cielo (Luna)
Beati: Spiriti inadempienti ai voti (appaiono come immagini riflesse
nei vetri)
Intelligenze motrici: Angeli
Dante incontra: Piccarda Donati e Costanza d’Altavilla
Vv 1-33
Mentre sta per dichiarare a Beatrice di aver compreso la verità
riguardo le macchie lunari, Dante viene improvvisamente attratto
da una visione. Egli vede, come attraverso specchi trasparenti, gli
evanescenti contorni di alcune anime e li scambia per immagini
riflesse, cosi si volta indietro e non vedendo nessuno si rivolge a
Beatrice in maniera stupita. Questa, gli spiega che i beati sono
realmente davanti a lui: essi si trovano nel cielo della Luna per aver
mancato ai voti compiuti; invita quindi il poeta a parlare con loro.
Vv 34- 57
Dante chiede allo spirito che si mostra più desideroso di parlare di
rivelargli il suo nome e la condizione dei beati in quel cielo. Si tratta
dell’anima di Piccarda Donati, che Dante stenta a riconoscere per
la sua accresciuta bellezza.
Vv 58-90
Dante chiede se i beati abbiano desiderio di trovarsi in un cielo più
alto, per essere più vicini a Dio; Piccarda risponde che la carità
appaga pienamente la loro volontà e che il fatto di essere in un cielo
inferiore non diminuisce il grado di beatitudine, che consiste infatti
nell’uniformarsi perfettamente alla volontà divina.
Vv 91-108
Piccarda racconta ora la sua storia e il motivo per cui non potè
portare a compimento il voto. Ritiratasi dal mondo quando era
ancora molto giovane facendosi suora dell’Ordine di Santa Chiara,
fu rapita con violenza dal convento e da allora condusse tristemente
la sua vita.
Vv 109-120
Piccarda indica poi a Dante un’anima luminosa alla sua destra. È
Costanza d’Altavilla, monaca , fu strappata a forza dal convento, ma
rimase in cuor suo sempre fedele alle sacre bende.
Vv 121- 130
Terminato di parlare, Piccarda e le altre anime si allontano
recitando l’Ave Maria. Dante le segue finchè può, poi rivolge lo
sguardo verso Beatrice, restando abbagliato dal suo accresciuto
fulgore.

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