You are on page 1of 100

Alpicoltura 1

Indice:
• Pag. 2 – Introduzione
• Pag. 3 – Elementi di morfologia, ecologia e fisiologia delle specie foraggere
• Pag. 19 – Fattori dello sviluppo e della crescita delle specie prato-pascolive: tecniche agronomiche
per condizionarli ed effetti sulle comunità vegetali
• Pag. 32 – Risorse foraggere e colturali
• Pag. 39 – Utilizzazione e conservazione dei foraggi
• Pag. 48 – Risorse foraggere montane: pascoli
• Pag. 62 – Elementi di gestione dei sistemi agro-foraggeri e pastorali
• Pag. 74 – Gestione delle restituzioni animali al pascolo
• Pag. 76 – Pascolamento razionale
• Pag. 79 – Risorse foraggere e colturali montane: colture erbacee alimentari alpine
• Pag. 87 – Erbai
• Pag. 91 – Prati avvicendati
Introduzione
Cosa si intende per pascolo e prato-pascolo permanente?
Le definizioni di pascolo e prato-pascolo permanente sono generiche e ambigue, poiché indicano
superfici semi-naturali, permanenti o diventate permanenti (seminate da più di 10 anni, 5 secondo
UE) e non includono i pascoli arbustati e arborati. Sono definiti un po' meglio in inglese 
Grasslands, Range o Rangeland.
Grasslands  secondo Allen (2011), sono un’area la cui vegetazione può essere interpretata in
modo vasto tale da includere Gramineae, Leguminosae, e altre erbe. Talvolta possono essere
presenti anche specie arboree e arbustive.

• Dal reg CE 1307/2014, le grasslands sono ecosistemi terrestri dominati da vegetazione


erbacea o arbustiva per almeno 5 anni in modo continuativo. Include prati e pascoli
coltivati per l’ottenimento di fieno (e quelli momentaneamente non coltivati) ed esclude i
terreni per altre colture. Sono escluse le aree afforestate in modo continuativo, a meno
che non siano sistemi in cui gli alberi sono gestiti insieme ad animali o a produzioni agricole
(agro-forestry). La copertura arborea è dominata dallo strato arbustivo ed erbaceo.
Rangelands  secondo Allen (2011), sono superfici non coltivate a dominanza di specie spontanee
(graminee, graminoidi, dicotiledoni, arbusti), pascolate o pascolabili e utilizzate come ecosistema
naturale per il mantenimento di erbivori domestici o selvatici. È rangeland tutto il suolo che non è:
coltivato (farmland - cropland), bosco chiuso, deserto nudo (privo di vegetazione), coperto da
rocce, ghiacciaio. 2

• Il mondo dal 47% da rangeland, mentre il continente con la più alta percentuale di
territorio occupato è l’Australia con il 75%. L’Italia, su circa 13 milioni di ha di SAU
disponibile, solo il 3% è occupato da rangeland (53% in montagna e 37% in collina).
Per gestione pastorale oggi si intende, nell’ordine:

• Gestire con attenzione le risorse pastorali come bene di pubblica utilità per conservarle nel
tempo.
• Gestire i rangelands per ottenere una produzione animale (carne, formaggio…)
• Una gestione che mantenga la fruibilità per il turista
• Gestire i rangelands per conservarne la capacità di ospitare gli animali selvatici
Le condizioni ecologiche dei rangelands sono peggiorate negli ultimi anni per via di una drastica
riduzione della SAU (in montagna  -44 dal 1982) a discapito di aree foraggere. Si è vista anche
una riduzione dei prato-pascoli e dei pascoli (-1.100.00 ha dal 1982), ed una conseguente
riduzione dei capi allevati (i bovini in Piemonte son diminuiti 50% dal ’60, calo ancora più
accentuato per le vacche da latte e una tenuta solo per le vacche nutrici, caprini e ovini). L’effetto
di queste dinamiche porta ad una minor pressione antropica su questi territori con la conseguente
perdita di superfici agricole.
Elementi di morfologia, ecologia e fisiologia delle specie foraggere
Il pascolo come comunità vegetale
Comunità vegetale (popolamento, cenosi) = insieme di diverse specie e/o individui (piante)
Nelle comunità vegetali si creano di relazioni sociali come competizione e mutualismo e, con
pratiche agronomiche (utilizzazioni, concimazioni, irrigazione, ecc.) c’è la possibilità di
condizionare le relazioni sociali e intervenire sulle caratteristiche delle piante.
Le categorie di piante in pascoli e prato-pascoli son diverse e son classificate secondo:
1. provenienza
2. morfologia / tipo di crescita (growth form)
3. durata della vita
ciclo vegetativo e riproduttivo
4. stagione di crescita
5. valore foraggero
1) Classificazione delle specie secondo la provenienza
secondo l’areale nel quale la specie si è evoluta spontaneamente troviamo specie:
• autoctone: origine alpina
• aliene: colonizzano un territorio diverso dal suo areale storico per opera dell'uomo o di un
evento naturale (es. Senecio inaequidens)
3
• invadenti: specie anche autoctone che in certe condizioni possono diventare invasive (es.
Pteridium aquilinum)
2) Classificazione delle specie secondo la morfologia (growth form)
Troviamo 4 forme principali nei pascoli: Gramineae, graminoidi, dicotiledoni (Fabaceae) e legnose.
❖ Graminee (Gramineae, Poaceae)
specie più abbondanti e con maggiore importanza foraggera tra quelle pascolive (>25% delle terre
emerse)
• caratteristiche principali:
o presenza di accestimento (da un seme possono generarsi più culmi)
o culmi cavi (tra 2 nodi)
o foglie disposte su due lati del culmo
o monocotiledoni  nervature parallele

❖ Graminoidi (Cyperaceae, Juncaceae)


• caratteristiche principali
o simili alle graminee, ma con steli (culmi) pieni.
o culmi spesso a sezione triangolare
o nervature parallele
Morfologia e struttura Gramineae
• culmo (fusto)  nodi + internodi
o cavo a internodi/pieno ai nodi (eccezione mais)
o sezione cilindrica/appiattita
o nodi non pelosi/pelosi
o ramificato solo alla base
o accestimento (da rizoma perenne)
• foglia  formata da guaina + ligula + lembo o lamina + auricole, si originano a livello
dei nodi
o Guaina  più o meno abbracciante…
o Ligula  forma, lunghezza, colore…
o Lamina  forma, lunghezza, nervatura, carenatura, pelosità, colore…
o Auricola  colore, forma, abbracciante o no, sostituita da peli…
▪ Prefogliazione duplicata  foglia giovane piegata in due dentro la foglia
più vecchia
▪ Prefogliazione convoluta  foglia giovane arrotolata dentro la foglia più
vecchia
• infiorescenze  pannocchia (D. glomerata), spiga (L. perenne), pannocchia spiciforme
(P. pratense)
o spighette: 1 fiore, 2 fiori, più fiori
o glumette (glume): aristate/non aristate
• apparato radicale:
4
o radice primaria temporanea
o radici avventizie fascicolate (radici non ramificate, non si distingue una radice
principale)
o piante con apparato cespitoso, rizomatoso, stolonifero  conseguenze su
ancoraggio al suolo e struttura del terreno
o rapidità sviluppo radicale  > in specie a rapido insediamento (Lolium,
Arrenatherum, Bromus inermis), < in specie a lento insediamento (festuche,
Phleum, Poa).
o profondità di sviluppo  importante per capacità della pianta di utilizzare
fattori produttivi (acqua)
o specie di ambienti freschi  apparato superficiale (Lolium perenne, Agrostis
spp., Poa trivialis)
o specie di ambienti xerici  apparato profondo

❖ Dicotiledoni
Specie generalmente erbacee nei pascoli alpini. Importanti foraggere  Fabaceae/Leguminosae
Morfologia e struttura Fabaceae
• fusti
• foglie:
o alterne spesso stipolate:
▪ Palmate (Lupinus), Trifogliate (Trifolium), Imparipennate a 5 segmenti
(Lotus), Imparipennate a più di 5 segmenti (Robinia), Paripennate
(Ceratonia), Con cirro terminale (Vicia)
• infiorescenze:
o a racemo (eretto/pendulo)
o sottofam. Papilionoideae: fiori zigomorfi, papilionati
▪ vessillo: petalo superiore più sviluppato e ripiegato
▪ ali: 2 petali laterali liberi
▪ carena: 2 petali inferiori concresciuti
• frutti:
o legume
o lomento
• apparato radicale
o in genere fittonante, profondo, più o meno ramificato
o simbiosi con Rhizobium  azotofissazione

❖ Specie legnose arbustive


5
• molti fusti e foglie larghe
• taglia molto diversa (suffrutici e arbusti)
• importanti come foraggere solo in ambienti mediterranei (es. Atriplex spp., Quercus)
3) Classificazione delle specie secondo la durata di vita della pianta (life span)
Periodo che intercorre tra l’inizio dello sviluppo della pianta e la sua morte
• Annuali: vivono per una sola stagione
o annuali invernali (no Piemonte)
o annuali estive
• Bienni: vivono per due stagioni
• Perenni: si perpetuano di anno in anno
4) Classificazione delle specie secondo la stagione di crescita

• Cool Season: La maggior parte della crescita si esplica in primavera e autunno (cool
season), la fioritura avviene principalmente in tarda primavera. Dal pov foraggero
consentono di avere una buona produzione di foraggio in primavera e autunno a bassa
altitudine e in estate ad altitudine elevata. Son piante adatte a condizioni di freddo e
umidità ed è la categoria più diffusa nella montagna piemontese.
• Warm Season: Non sono presenti spontaneamente sulle Alpi. Molto diffuse in Australia.
Cicli:
➢ Ciclo vegetativo
➢ Ciclo riproduttivo
Sviluppo Gramineae: fase vegetativa
1. Germinazione
• sviluppo contemporaneo apparato radicale e organi epigei
• emissione radici embrionali sostituite da radici avventizie dopo settimane/mesi
• allungamento coleoptile fuoriesce dal suolo
• allungamento epicotile costituisce il primo internodo, cessa quando la base raggiunge il
livello suolo
• primo nodo caulinare a livello suolo gli altri nodi non si sviluppano
2. Accestimento: culmi
• emissione talli da gemme ascellari (all'ascella delle foglie)
• culmo principale (TP) direttamente dal seme, spostato di lato
• culmi primari ("figli”, Cn) nascono sempre alternati a destra e sinistra del principale, più
distanti dal principale = più vecchi
• culmi secondari si sviluppano dal principale ("figli" dei primari)
! in fase vegetativa, ciò che sembra un culmo (ed è detto culmo vegetativo) è costituito da guaine
fogliari.
6
2. Accestimento: foglie
• nascono su un lato dell’apice vegetativo
o abbozzo
o allungamento nella guaina della foglia precedente
o emissione (uscita da guaina)
o all’uscita della ligula la crescita cessa e la lamina si piega
o pieno sviluppo (presenza di foglia = presenza di culmo)
• emissione radici sotto i nodi vicino a suolo (all'inserzione di ogni foglia)
Sviluppo Gramineae: fase riproduttiva
• striature bianche (primordi internodi) si manifesta a livello del culmo
• doppia rugosità (primordi fiorali)
o riguarda l’apice
o rughe  rami primari infiorescenza
• allungamento dei culmi (nodi + internodi)
o portano foglie, radici e culmi secondari e sono sormontati dall’apice
• levata: innalzamento apice
o spiga a 10 cm (significato agronomico)
• spigatura: momento in cui i fiori sbucano dall’ultima guaina fogliare
• fioritura
• granigione
h erba ≠ da h apice
Gramineae: vegetativo  riproduttivo
Il meccanismo che regola il passaggio tra fase vegetativa e riproduttiva è regolata da ormoni e
fattori esterni. Nel caso delle graminee sono per lo più la temperatura e la luminosità.
1. fase giovanile
Non c’è sensibilità a dei fattori che fan sì che la pianta passi all’altro stadio  formazione riserve
2. induzione primaria (IP) (termostadio)
Meccanismo di vernalizzazione che si ha al di sotto dei 5°C (inverno e primavera). Non è
strettamente legato al freddo ma può essere stimolata con altri fattori come: calore, siccità ed
azoto. Processo lungo (1 mese) e indispensabile per molte graminee.
3. induzione secondaria (IS) (fotostadio)
Legato alla luce, parte quando viene raggiunta una soglia minima di ore di luce (da 8.30 a 14). Più è
alta la soglia più avanti nel tempo avviene questa induzione.
Diversa per specie, ecotipi, cultivar  precocità.
La precocità di fioritura fa sì che sia una specie più utilizzabile dal pov foraggero.
Effetto induzione su sviluppo della pianta:
comportamento dei culmi 7

• induzione primaria  necessaria per la fioritura ed è un meccanismo che stimola l’accestimento.


Questo si arresta nel momento in cui si sviluppa l’infiorescenza.
• induzione secondaria  determina l’avvio alla fase di fioritura tramite l’effetto a cascata:
✓ Sullo stesso cespo ci sono culmi di età diverse. L’induzione secondaria manda a fiore prima
i più vecchi. Nel momento in cui la fase riproduttiva di questi parte, trascinano verso la
fioritura anche i culmi più giovani. I culmi così arrivano a fiore quasi nello stesso momento.
Accanto ai culmi di taglia più alta, rimangono culmi più bassi. Quelli troppo giovani per
fiorire rimangono invece allo stadio vegetativo.
Caratteristiche delle graminee legate al ciclo di sviluppo
• Longevità
• Precocità di:
o ripresa vegetativa
o stadio spiga 10 cm
o spigatura
• Momento di fioritura
• Momento di granigione
• Alternatività e rifiorenza
Longevità
Periodo che passa dalla germinazione alla morte. Dipende da:

Morte per: Causa


Caratteristiche
specie
Insufficiente rinnovamento culmi  cv Fioriture frequenti  < tempo per accestimento
rifiorenti meno longeve = < possibilità rinnovamento
Esaurimento riserve Levate frequenti
Invecchiamento Cause fisiologiche
Morte radici Tagli frequenti con apporto di molto N
Cause esterne
Freddo Specie di origine mediterranea poco adatte
Siccità e calore (Lolium, Phleum, F. Sensibilità specie/cv
Pratensis)
Ruggine e patologie Agenti patogeni
Distruzione apici (F. Pratensis, F. Ditteri
Arundinacea)
Specie infestanti (Lolium, Phleum, F. Competitività
Pratensis)
Precocità
Velocità con cui vengono raggiunte le fasi fenologiche
8
• di stadio “spiga 10 cm” condiziona il momento del pascolamento. (spp. rifiorenti o
assenza culmi in non rifiorenti)
o dipende da:
▪ fattori nutrizionali (N)
▪ eventuale taglio anticipato (déprimage)
meno variabile negli anni rispetto a ripresa vegetativa; più variabile della spigatura.
• di spigatura  momento in cui le infiorescenze escono dalle guaine. Condiziona il
momento della raccolta per conservazione o il momento in cui vengono lasciate nel
pascolo.
o dipende da:
▪ somma termica da inizio differenziazione (doppia ruga  dipende da
fotoperiodo)
▪ poco da fattori nutrizionali (è più importante temperatura)
▪ variazione date di spigatura  temperature primaverili
data spigatura incerta dopo semina autunnale (dipende da lunghezza fase giovanile e
competizione tra specie).

L’intervallo tra “spiga 10 cm” e spigatura dipende dall’altezza di spigatura (Lolium spiga in
alto  intervallo più lungo; Dactylis spiga in basso  intervallo corto). L’intervallo tra
“ripresa vegetativa – 10 cm – spigatura” è utile per organizzare il pascolamento.
Fioritura e Granigione
• La fioritura avviene 2-4 settimane dopo la spigatura.
• La granigione è la fase più stabile, non dipende da annata, luogo, specie, cv… e avviene
dopo metà giugno (scalare con altitudine).
Alternatività
Una pianta alternativa ha la capacità di fiorire nell’anno di semina. Non è una caratteristica
specifica, le graminee infatti hanno tutti i possibili gradi di alternatività in funzione di specie e
varietà.

• Forti alternative (es. loiessa, bromi)  annullano il fabbisogno di induzione primaria che
soddisfano con la lunghezza del giorno. Son caratterizzate da una fase giovanile corta e la
levata contemporanea di tutti i culmi. L’utilizzo di queste specie è interessante per avere
una produzione di fieno subito dopo la semina.
• Mediamente o poco alternative (es. Dactylis, Festuca arundinacea)  si hanno pochi
vantaggi. Caratterizzate da una fase giovanile lunga e assenza di fabbisogno d’induzione
primaria oppure la possibilità di sostituire l’induzione da freddo con forti intensità
luminose. Entro l’anno va a fiore solo qualche culmo ed è quindi una fioritura molto scalare
in cui si ha la compresenza di culmi a tutti gli stadi. La loro gestione diventa così
difficoltosa.
Rifiorenza
Capacità di fiorire più volte nella stessa stagione vegetativa. Si manifesta in modo più o meno 9
intenso e dipende dalle interazioni tra i culmi (effetto a cascata).

• specie poco rifiorenti (Dactylis, L. perenne, Festuca)  rifioriscono solo una volta. Se
vengono tagliati non producono nuovi organi riproduttivi.
• specie molto rifiorenti (L. multiflorum, Bromus)  fioriscono più volte (fioriture via via
meno abbondanti). Si hanno delle differenze di altezza dei culmi e un effetto di induzione
decrescente.
Specie molto alternative possono essere rifiorenti nell’anno di semina
Ciclo di sviluppo leguminose prative
• emergenza dei cotiledoni
• prima foglia vera
• apice vegetativo distale
• fusto principale
• gemme basali sul colletto
• fusti secondari dal colletto formano il cespo
• stadio invernale a “corona” o “rosetta” (piano di vegetazione)
• induzione da freddo e da luce
• bottoni fiorali (inizio accumulo riserve)
• fioritura (scalare da fine accumulo riserve, non sempre)
• granigione
5) Classificazione delle specie secondo il valore foraggero
Capacità di una specie di fornire nutrimento agli animali
➢ alto valore: piante nutrienti (composizione chimica che soddisfa i fabbisogni), palatabili
(caratteristiche fisiche), produttive
➢ medio valore: provvedono nutrimento adeguato se consumate
➢ valore scarso o modesto: non forniscono nutrimento sufficiente (non soddisfano i
fabbisogni)
➢ tossiche/velenose: contengono composti naturali tossici o velenosi per gli erbivori. La
tossicità è molto variabile in funzione della fase fenologica (es. meno tossiche in fieno).
Inoltre, la reazione delle tossine dipende dalla specie e dall’età dell’animale (es. i caprini
neutralizzano molte tossine)
È costituito da due famiglie di parametri:
• valore nutritivo  effetto della composizione chimica della pianta:
o valore energetico (digeribilità SO): digeribilità ↑ E ↑
o valore azotato: proteine ↑ valore azotato ↑
o elementi minerali
o vitamine
o metaboliti secondari (fattori anti nutrizionali: fenoli, aldeidi, chetoni, ecc.; altri
fattori: terpeni, sesquiterpeni, ecc.)
• ingeribilità  consumo volontario
o condiziona l’ingestione 10
o relazioni con digeribilità SO
Valore nutritivo
dipende da:
• specie: scelta specie, interventi colturali di controllo della composizione specifica
• fase fenologica: individuazione stadio ottimale di raccolta - utilizzazione
• stress ambientali: interventi colturali (es. irrigazione / siccità)
per i foraggi conservati il valore nutritivo dipende anche da:
• tecnica di raccolta/conservazione
• individuazione tecnica più corretta
• corretto svolgimento della conservazione
Digeribilità  frazione della massa di foraggio che viene assimilato e non finisce nelle feci.
La consideriamo elevata quando è intorno al 70-75%. In questo caso avremo vantaggi nutritivi e un
tempo di permanenza nel rumine più basso così da aumentare la capacità di ingestione
dell’animale. Si avrà quindi maggiore ingestione e migliori performance animali.
Con un foraggio digeribile da 65% a 70% l’accrescimento corporeo da 500  800 g/d (+ 300 g/d).
O ancora, con foraggio al 75% (ad libitum)  20 l/d latte, e il peso corporeo non varia, ma con
foraggio al 55%  0-2 l/d latte con perdita peso corporeo.
Esistono 2 tipi di digeribilità:
• Sostanza secca  ciò che resta di una massa vegetale dopo che è stata tolta l’acqua (il
contenuto di acqua è molto variabile a seconda della fase fenologica). È data dalla porzione
s.s. totale – s.o. indigeribile – ceneri indigeribili  s.o. + ceneri digeribili
Le ceneri sono costituite da minerali e si dividono in ceneri digeribili e indigeribili.
• Sostanza organica  equivale alla s.s. – tutte le ceneri.

Calcolo digeribilità 11

si vede quanto l’animale ha mangiato e quanto ha defecato.

𝒔. 𝒔. 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎. − 𝒔. 𝒔. 𝒅𝒆𝒇𝒆𝒄. 𝟏𝟎𝟎 − 𝟐𝟓


𝑫𝒔. 𝒔. = 𝒙 𝟏𝟎𝟎 = 𝒙 𝟏𝟎𝟎 = 𝟕𝟓%
𝒔. 𝒔. 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎. 𝟏𝟎𝟎

𝒔. 𝒐. 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎. − 𝒔. 𝒐. 𝒅𝒆𝒇𝒆𝒄. 𝟗𝟎 − 𝟐𝟎
𝑫𝒔. 𝒐. = 𝒙 𝟏𝟎𝟎 = 𝒙 𝟏𝟎𝟎 = 𝟕𝟕, 𝟕%
𝒔. 𝒐. 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎. 𝟗𝟎

𝒔. 𝒐. 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎. − 𝒔. 𝒐. 𝒅𝒆𝒇𝒆𝒄. 𝟗𝟎 − 𝟐𝟎
𝑫 𝒄𝒐𝒏𝒗𝒆𝒏𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆 = 𝒙 𝟏𝟎𝟎 = 𝒙 𝟏𝟎𝟎 = 𝟕𝟎%
𝒔. 𝒔. 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎. 𝟏𝟎𝟎
Digeribilità cellula
La digeribilità dipende dalla composizione delle cellule vegetali, ovvero:

• contenuto cellulare  digeribilità ~100%


o Rapida degradazione nel rumine:
▪ proteine
▪ grassi
▪ carboidrati
▪ sali minerali
• pareti cellulari  digeribilità variabile
o Lenta degradazione o indegradabili:
▪ emicellulose e pectine
▪ cellulosa
▪ lignina (aumenta con invecchiamento)
rapporto % tra 1) e 2) in f(x) di:
- stadio di sviluppo
- fogliosità foraggio
- morfologia specie
Variazioni digeribilità con stadio fenologico
la digeribilità di una specie dipende e varia dallo stadio fenologico
12
➢ accestimento
➢ inizio levata (inizio differenziazione culmi riproduttivi)
➢ levata (culmo si allunga e le infiorescenze sono differenziate)
➢ spigatura (infiorescenze fuoriescono dalla guaina)
➢ fioritura
All’inizio prevale il contenuto cellulare (65%) alla parete cellulare (35%):
➢ le proteine in accestimento e inizio levata
saranno molte mentre in fioritura saranno
di meno
➢ i grassi diminuiscono
➢ gli zuccheri aumentano notevolmente
➢ i sali minerali diminuiscono
➢ le emicellulose e le pectine aumentano
➢ la cellulosa aumenta molto
➢ la lignina aumenta di poco
Alla fine il contenuto cellulare sarà diminuito (40%) e le pareti cellulari aumentate (60%)
La digeribilità media delle graminee al primo ciclo è del 70%, si hanno però variazioni dal momento
in cui inizia la levata (D=80-85%) fino allo stadio di spiga a 10 cm in cui si ha un lento decadimento.
Da qui, si ha un incipiente spigatura e un rapido decadimento fino alla fioritura (D=50-60%). Oltre
la fioritura decresce ancora di più. La perdita media di digeribilità è circa -0.5 punti/giorno.
Nel caso di una coltura a dominanza di leguminose, a inizio si ha D=80-85% fino ad arrivare alla
fioritura con una D più alta delle graminee poiché il decadimento è più uniforme con una perdita
media di -0.3/0.4 punti/g (-0.1 per il T. repens).

Digeribilità dei prati permanenti


Un’abbondanza di dicotiledoni equivale ad una maggiore digeribilità. Non vale però nel caso in cui
nella pianta son presenti metaboliti secondari aromatici in cui si avrebbe una sovrastima della
digeribilità
Prato permanente a graminee dominanti: D=80-85% in levata  D=50-60% in fioritura
Prato permanente a graminee non dominanti: D=80-85% in levata  (T. officinale, 13
Ranunculus sp…)  D=60-65% o più in fioritura
Digeribilità prati permanenti  Ricacci
La digeribilità dipende dalla maggiore o minore fogliosità. Una prateria ricca di specie rifiorenti ha
una presenza di steli maggiore e quindi avrà una minore digeribilità rispetto ad una prateria con
poche specie rifiorenti. I ricacci, se ci son poche specie rifiorenti, hanno una digeribilità maggiore
(es. prati di loiessa). In generale in una prateria che ricaccia c’è una riduzione rallentata della
digeribilità.
o culmi-fusti: - 0,2 / - 0,4 punti/d
o foglie: < - 0,1 / - 0,2 punti/d
Digeribilità prati permanenti  effetto stress
• t° elevate  effetto negativo: aumento tenore pareti cellulari, lignina, metaboliti secondari
• leggero deficit idrico  effetto positivo su Medicago sativa: concentrazione zuccheri
solubili aumentandone la digeribilità
• siccità pronunciata  effetto negativo
Digeribilità prati permanenti  effetto tecniche di raccolta e conservazione
La digeribilità cambia a seconda dell’erba di partenza e a seconda del tipo di conservazione:
• erba verde
• insilato: fermentazione che porta ad un aumento dell’acidità, pH 4  si bloccano i processi
che porterebbero alla degradazione dell’erba.
• fieno: viene tolta l’acqua  valori di s.s. che fan sì che l’erba possa conservarsi.
Bisognerebbe ottenere un prodotto che abbia lo stesso valore in % tra SO digeribile del foraggio
conservato e dell’erba di partenza. L’erba verde e l’insilato sono i migliori. Per il fieno c’è una
diminuzione proporzionale e c’è sempre una perdita di digeribilità:
 un fieno fatto bene, se il prato ha D=0,65%, la D del foraggio sarà intorno ai 0,6%.
 un fieno fatto male, da 0,65% andrà a 0,57%.

14

Valore azotato (contenuto proteico %)


Le graminee apportano molte meno proteine delle leguminose.
• leguminose: 15-25%  non influenzato da concimazione N
• graminee  molto influenzato da concimazione N
o zone temperate: 10-20%
o zone tropicali: 5-15%
• altre dicotiledoni: 10-25%  poco influenzato da concimazione N
Ingeribilità o consumo volontario
Dipende dalle condizioni in cui si trova l’animale.
1. L’animale non ha possibilità di scelta (animale in stalla)  dipende dall’ingombro fisico del
foraggio
2. L’animale ha possibilità di scelta (animale al pascolo)  dipende dall’ingombro fisico e
altre caratteristiche legate a composizione e struttura del pascolo
1. Per ingombro fisico del foraggio intendiamo ciò che l’animale si trova davanti e dipende da:
• contenuto pareti cellulari  più sono abbondonanti più il foraggio ingombra
• fibra neutro detersa (NDF)
• digeribilità pareti cellulari  specie, stadio di sviluppo, stress ambientali, ecc.
• resistenza alla triturazione  ciò che avviene all’interno del rumine.
Il valore medio di ingestione di un animale in foraggere temperate  68 g/kg P0,75 (37-106)
o regola empirica approssimativa: ingestione per capi adulti = 3% Peso Vivo/g
L’ingestione è influenzata da:

• specie: leguminose > graminee (+ triturabili, - pareti)


• stadio fenologico: erba giovane > erba vecchia
• ciclo vegetazione: 1° ciclo > ricacci
Peso metabolico p0.75 (= Peso vivo * 0.75)  usato per il calcolo dei fabbisogni
nutritivi di mantenimento che sono meno che proporzionali al peso corporeo nei
grandi ruminanti che tendono ad avere un maggiore volume di apparato digerente
per unità di fabbisogni energetici di mantenimento rispetto ai piccoli ruminanti.

Variazioni
• 1° ciclo  dipende da stadio e digeribilità ogni giorno:
o graminee  –0,4 / –0,9 g/kg
o leguminose  –0,3 / –0,4 g/kg 15
• imo ciclo (ricacci)  dipende da età, % ss, % tessuti morti  –0,3 g/kg (giorno)
Contenuto di fibra grezza (Van Soest)
Frazione della fibra calcolata con un procedimento che, a partire da un alimento, elimina tutta
l’acqua fino ad arrivare alla sostanza secca, costituita da pareti e contenuto cellulare. Tramite un
detergente neutro si elimina il contenuto cellulare (composto da proteina grezza, lipidi grezzi,
ceneri solubili e carboidrati endocellulari). Quel che rimane sono le pareti cellulari, che nel
complesso prendono il nome di fibra neutro detersa o NDF. Questa viene poi trattata con un
detergente acido che consente la rimozione delle emicellulose e la comparsa della fibra acido
detersa o ADF. Tramite acido solforico viene eliminata la cellulosa e con solventi sempre più forti si
arriva alla lignina (ADL). Infine, tramite incenerimento si ottengono le ceneri acido insolubili
(muffola).
Il consumo volontario è soprattutto in funzione dell’NDF.
Varia anche in base al peso degli animali
Il consumo volontario varia anche in funzione della tecnica di conservazione. Più l’alimento è
simile all’erba di partenza più viene consumato
volentieri.
• erba verde
• insilato
• foraggio essiccato in fienile
• foraggio essiccato in campo senza pioggia
• foraggio essiccato in campo con pioggia

2. se l’animale ha possibilità di scelta, l’appetibilità dipende da vari fattori: 16

• caratteri anatomici e strutturali (es. T. repens vs composita spinosa)


• tenore in azoto e glucidi solubili (più ne hanno e meglio è)
• tenore in metaboliti secondari (bassi in CV migliorate): composti solforati, fenolici
(antociani, flavoni, tannini, lignine), terpeni, aldeidi/chetoni (legati ad attacchi fungini)
• altezza erba e struttura strato erbaceo (per i bovini non troppo alta e non troppo bassa)
di interesse agronomico:
• identificare sostanze che danno > o < appetibilità
• studiare fattori ambientali che influiscono sul contenuto
La combinazione di tutti i fattori definisce il valore foraggero
Valutazione valore foraggero
come può essere espresso? Esistono diverse modalità con cui determinare il valore foraggero di
una determinata massa di foraggio.
• analisi chimico-bromatologiche  UFL
o digeribilità, fibra, valore proteico…
Limiti: 1) costoso; 2) ho solo i caratteri chimici e non ad esempio il consumo volontario (ci
possono essere praterie con buone caratteristiche chimiche ma con bassa palatabilità);
3) bisogna raccogliere campioni rappresentativi
• osservazioni dello stato della prateria:
o specie a lamina larga / fine
o densità e distanza tra i cespi
o altezza dell’erba
o consistenza delle specie (NDF/ADL-OMD)
• metodi basati sulla composizione della vegetazione  diverso atteggiamento degli animali
in base alle diverse specie
• forme di mandria / gregge al pascolo
Calcolo unità foraggere latte (UFL)
UFL  metodo sintetico per calcolare il valore energetico dell'erba. Si confronta il valore del
foraggio con il fabbisogno animale (1 UBA = 600 kg)
• UFL mantenimento = 1.4 + 0.006 x kg PV
• UFL movimento = 0.0168 UFL/km (in piano) e 2.35 UFL/km (in dislivello)
• UFL x kg di latte = 0.44 + [0.0055 x (grasso - 40)] + [0.0033 x (proteine - 31)]
grassi e proteine in g/kg di latte
esempi di calcolo (valori in % s.s.):
• con ADF
o UFL/kg s.s. = (1.004 - 0.0123 x ADF) / 0.786
• in alpeggio con NDF e PG
o UFL/kg s.s. = 0.776 - 0.00343 x NDF + 0.01212 x PG
17
Elementi diagnostici per valutazione visiva del valore foraggero
✓ variazioni struttura componenti vegetali
• struttura  i parametri che si guardano sono:
o dimensione cespi: più ha elementi nutritivi più ci sono fattori per costituire
nuovi tessuti e quindi nuove foglie. Avremo quindi in praterie fertili cespi più
grandi. Cespi rigogliosi sono sintomo di fertilità stazionale e ricchezza di N
(> valore foraggero).
o larghezza lamine: più la lamina è larga, migliore è la qualità della pianta che si
osserva. Inoltre, l’abbondanza di N si traduce anche in un colore verde scuro.
Se troviamo quindi graminee a lamina fine, di colore glauco e poco accestite sarà
una formazione con una proprietà nutritiva scarsa.
✓ variazioni composizione vegetazione
• composizione vegetazionale  il parametro che si guarda è:
o l’incidenza dei gruppi di specie: rapporto tra i gruppi più importanti (graminee,
leguminose e altre dicotiledoni).
La sola presenza di leguminose buone non va a coprire il fabbisogno di fibre, inoltre
in praterie naturali non c’è una grande percentuale di queste. Quindi bisogna che ci
sia un buon rapporto tra graminee (ricche di fibra) e dicotiledoni.
Approccio fitopastorale
Si basa sul concetto che la specie all’interno di una prateria e la loro abbondanza sono il risultato
di diverse condizioni: ambientali (suolo e clima) e gestionali. Per arrivare a una valutazione di tipo
qualitativo devono essere fatti dei rilievi vegetazionali. Con questi si indica l’abbondanza della
specie in termini percentuali. È un metodo che consente di attribuire a ciascun rilievo una
superficie di pertinenza individuando aree omogenee. Il dato di abbondanza delle specie viene
convertito in un valore pastorale (VP). Quindi, effettuando un transetto e segnando le specie che
toccano l’asticella si ottiene una matrice in cui per ogni rilievo c’è l’elenco delle specie e la
sommatoria dei contatti. Quel che mi ritrovo sono frequenze specifiche (FS) che, tramite una
proporzione, calcolo il risultato portandolo in %. Queste percentuali prendono il nome di
contributi specifici (CS).

Ad es.
100 ∙ 100
177 ∶ 100 = 100 ∶ 𝑥 → 𝑥 = = 56.4 = 56%
177
100 ∙ 47
𝑥= = 27%
177
18
Limite: non dà un’idea della quantità dei contatti nel momento in cui ho il CS e quindi non tiene
conto della densità della vegetazione.
• Facies  unità di gestione della prateria. Viene attribuita sulla base delle specie più
abbondanti fino a raggiungere una sommatoria cumulata di CS di almeno 30-50%
Per ogni specie si attribuisce un indice specifico (IS o IQS) (da 0 a 5, indice empirico di qualità
agronomica della specie), funzione di: produttività, valore nutritivo, palatabilità, digeribilità.
Esprime in modo sintetico le caratteristiche foraggere di una specie presente in una prateria.

𝑖=1
𝑉𝑃 = ∑ (𝐶𝑆𝑖 ∙ 𝐼𝑆𝑖) ∙ 0.2 = (5 ∙ 56 + 4 ∙ 27 + 3 ∙ 17) ∙ 0.2 = 88
𝑖=𝑛

Oppure
𝑖=1 (𝐶𝑆𝑖 ∙ 𝐼𝑆𝑖) 5 ∙ 56 + 4 ∙ 27 + 3 ∙ 17
𝑉𝑃 = ∑ = = 88
𝑖=𝑛 5 5
Viene moltiplicato per 0.2 o diviso per 5 per ottenere un risultato in 100esimi e non in 500esimi.
Da questo valore è possibile calcolare un carico animali in quella determinata facies.
Altri concetti:
• Facies pastorale = popolamento vegetale definito dalle 2-3 specie più abbondanti.
Tiene conto di:
o composizione vegetazione
o condizioni ambientali / climatiche (temperatura, precipitazioni, esposizione,
pendenza)
o condizioni ecologiche (fertilità del suolo, reazione …)
o condizioni gestionali
• Tipo pastorale: insieme di facies simili, caratterizzato da 1-(2) specie dominanti a
elevata frequenza (>95% dei rilievi) dette specie indicatrici
• Gruppo ecologico: unità di tipi ecologicamente affini per fattori topografici, ecologici e
gestionali

Fattori dello sviluppo e della crescita delle specie prato-pascolive: tecniche


agronomiche per condizionarli ed effetti sulle comunità vegetali
In modo empirico, i fattori che hanno un effetto sullo sviluppo delle piante sono raggruppabili in 3
famiglie:
1. Fattori che non forniscono elementi e sostanze alle piante 19
2. Fattori che forniscono elementi alle piante
3. Fattori di condizionamento (diversi dai 2)  defogliazione
o taglio (sfalcio)
o pascolamento
o altri con effetti indiretti (es. aratura)
Tutte queste categorie di fattori hanno effetto sui diversi organi delle piante.
1. Fattori che non forniscono elementi e sostanze alle piante
Sono poco modificabili in ambienti naturali e colture di pieno campo
• fotoperiodo (induzione)
• temperatura (effetto su germinazione, riposo, induzione)
• stress da siccità/carenza (riposo, fioritura)
2. Fattori che forniscono elementi e sostanze
Sono modificabili o condizionabili con pratiche agronomiche e pastorali
• Acqua  irrigazione
• Nutrizione azotata + altri elementi come:  concimazione
o P, K / Ca, Mg, S, Fe / B, Mn, Cu, Zn, Mo, Co
• Luce (fotosintesi)  taglio
o Nutrizione carbonica
Fattore acqua
Irrigazione  interventi che vanno a modificare la disponibilità idrica in un suolo.
Viene fatta nelle praterie avvicendate, per colture, prati e di rado pascoli
• Funzioni dell’irrigazione:
o ridurre il flesso produttivo estivo
o effetto paesaggistico
• risposta: efficacia (foraggere) 1 kg s.s./ m3 H2O
• fabbisogno irriguo (I):
𝐼 = 𝐸𝑇𝑅 − 𝑁 + 𝑃𝑟 ± 𝐷
N: apporti naturali  precipitazioni, risalite falda, ruscellamento…
Pr: perdite per drenaggio profondo, ruscellamento…
D: variazione umidità in suolo e vegetazione
Scelte tecniche:
• Momento intervento
o dipende da fabbisogno idrico, se è soddisfatto con le precipitazioni è inutile
o attenzione a periodi critici colturali:
▪ germinazione ed emergenza
▪ sviluppo frutti
• Sistema irriguo
o Scorrimento (600-800 m3/ha)  sistemazioni del suolo
▪ Ala semplice: si ha un’adacquatrice sul lato più lungo della parcella irrigua
20
detta ala che per tracimazione o aperture va ad irrigare il campo. Il lato
minore è lungo la linea di massima pendenza. ①
▪ Spianata: l’adacquatrice in questo caso è sul lato corto della parcella detta
spianata, il lato maggiore è lungo la massima pendenza e l’irrigazione è data
da un’apertura di una bocchetta. Ai lati troviamo degli arginelli. ②
▪ Fossatelli orizzontali e obliqui: prevede che l’acqua venga distribuita tramite
piccoli fossi perpendicolari alle curve di livello. Quelli orizzontali sono
realizzabili su terreni con pendenze elevate (fino a 20-30%), quelli obliqui su
pendenze modeste (4-5%) e su superfici irregolari ③④
o Aspersione  acqua prelevata in pressione e sparata con degli sprinkler. Utilizzabili
anche per distribuire liquame.
① ② ③ ④
Fattore azoto
L’azoto è un elemento essenziale per la vita della pianta  formazione di proteine!
• Fonti:
o Deiezioni  fino a 400 kg/ha/yr
o Concimi  0-400 kg/ha/yr
o Precipitazioni  30 kg/ha/yr
o Vento  5 kg/ha/yr
o Fissazione  0-300 kg/ha/yr
o N microbico  800 kg – 3 t/ha/yr
Non tutto poi è disponibile per via della volatilizzazione, denitrificazione e lisciviazione.
Su quest’ultima si basano norme CE per la gestione degli allevamenti.
• Produzione di 1000 l latte  asportano ~ 6 kg N
proteine latte ~ 3.5 %; azoto = proteine / 6.25;
(1000 kg latte · 0.035) / 6.25 = ~ 6 kg di N
• Produzione di 1000 kg carne  asportano 24 kg N
• Con apporto di concentrati: 80 kg/ha/yr N  tutto l’N dell’erba torna al terreno come
deiezioni
• Con sfalcio  consumo di N di 200 - 450 kg/ha/yr
es. 10 t/ha/yr s.s.; tenore proteico 15%; 21
(10000 kg/ha/yr · 0.15) / 6.25 = ~ 240 Kg/ha/yr di N
Apporti/impiego
L’impiego dipende dalla quantità asportata
quantità basse  asporto > apporto
quantità alte  asporto < apporto

la luce favorisce l’assorbimento dell’azoto mentre la


siccità lo diminuisce.

I limiti alla crescita limitano l’efficacia dell’azoto.

Evoluzione di N nelle piante


L’impiego dipende dal tempo. Ad esempio, l’azoto apportato è
poco inizialmente, il punto di massimo si ha solo dopo 3-4
settimane, dopodiché si stabilizza.
Effetti sulla crescita
L’azoto segue la legge della produttività decrescente
Quantità di fattore utilizzato in rapporto alla produttività. Inizialmente la risposta è più che
proporzionale all’incremento medio dei fattori (a seconda della stagione c’è una risposta diversa),
poi diminuisce (fase decrescente) fino ad arrivare ad una fase di saturazione in cui non ho alcuna
risposta. In estate, dove la crescita è più lenta, la curva è spostata verso il basso e la capacità di
usare N diminuisce. Quindi si può dire che: più il fabbisogno/consumo è alto, più l’efficienza è
bassa.

Efficacia  sempre > 10 kg s.s./kg N 22

𝑘𝑔 𝑠.𝑠.
= 10-30
𝑘𝑔 𝑁

Effetti sulla pianta


• Colore (soprattutto foglie)  verde intenso
• Crescita accelerata
• Formazione di nuove foglie
• Fotosintesi più attiva
• Effetto amplificazione  la produzione cessa di crescere
sempre con stessa dose, indipendentemente dal tempo
(tempo minimo per assorbimento e metabolizzazione).
La luce amplifica ulteriormente l’effetto di N (max efficacia
con copertura non troppo densa (levata))
La dose ottimale è detta di maturazione, oltre la quale la
fitomassa non aumenta.
Come condizionare il fattore azoto?
Concimazioni  insieme di interventi sulla fertilità edafica.
• Sono effettuati tramite fertilizzanti  sostanze che, per loro caratteristiche chimiche,
fisiche o biologiche, forniscono elementi nutritivi alle colture, ne regolano la disponibilità,
stimolano lo sviluppo delle piante e migliorano la fertilità.
o Concimi  sostanze minerali o organiche, impiegate per fornire uno o più elementi
(funzione di nutrizione)
o Ammendanti  conservano e migliorano caratteristiche fisiche, chimiche,
biologiche
o Correttivi  modificano proprietà chimiche anomale (reazione, salinità)
Concimi
• Concimi minerali: solido o fluido per estrazione o processo chimico-fisico industriale
o Semplici  1 elemento principale (N, P, K)
o Composti:
▪ Binari  2 elementi (NP, NK, PK)
▪ Ternari  NPK
• Concimi organici: solido o fluido da materiale organico animale o vegetale (N, NP)
• Concimi organo-minerali: solido o fluido da miscela matrici organiche con concime
minerale
• Altri concimi: elementi secondari, microelementi
• Effluenti di allevamento: restituzioni animali 23
o Letame
o Liquami
Letame
Miscela di deiezioni animali e lettiera (oggi quasi solo costituita da paglia). Paglia e deiezioni
insieme non sono subito letame ma lo diventano solo dopo un certo periodo di tempo in cui
avvengono processi che ne migliorano le caratteristiche.
Composizione:

Il letame è conservabile in cumulo su platea, ha un effetto ammendante ed è un concime lento,


cioè il 10% è N ammoniacale + 70% a lenta degradazione. Le caratteristiche dipendono da:
• Tipo di lettiera (meglio paglia di frumento)
• Quantità di lettiera
• Specie animale, età, dieta
• Frequenza di raccolta
• Maturazione  conservazione per 4-6 mesi minimo su platea impermeabile + rivoltamenti
per areare la massa
Vantaggi
✓ Favorisce potere umigeno
✓ Limita vitalità semi infestanti e patogeni
✓ Riduce putrefazione e cattivi odori
✓ Rende più disponibili gli elementi
Svantaggi
 Perdita CO2 e N ammoniacale
Impiego
• Utilizzabile sia su seminativi che su prati tramite spandiletame
• Meglio la somministrazione primaverile (rispetto autunno o estate)
• Ottimale per colture a ciclo primaverile-estivo
• Distribuzione tutti gli anni, da evitare quella saltuaria per non alterare il ciclo della s.o.
• Interramento immediato e superficiale
• Dose: 20-70 t/ha
Liquame
Sono le deiezioni animali conservate come tali miscelate con l’acqua (senza la lettiera)
Composizione:

24

Come si può vedere ha una quantità di s.s. minore del letame, l’N è variabile a seconda
dell’alimentazione (più è ricca di proteine, più sarà elevata la quantità di N nei liquami).
Il liquame è un concimante, poco ammendante, l’N minerale è al 40-60% + 20-30% a lenta
degradazione. Le caratteristiche dipendono da:
• Specie animale
• Struttura allevamento
• Quantità acqua di lavaggio
• Miscelazione con acqua piovana (eventuale)
Vantaggi
✓ Gestione stalla semplificata
✓ Manipolazione reflui più facile
✓ Pulizia animali (soprattutto vacche da latte)
✓ Mineralizzazione veloce
✓ Scelta tra diverse modalità di spandimento
Svantaggi
 Volume elevato  necessità di avere vasche di accumulo di dimensioni importanti. Questo
deve maturare per mesi per fa sì che i semi presenti perdano la vitalità
 Scarsa umificazione
 Rischio inquinamento ed eutrofizzazione  principali inquinanti riconosciuti a livello UE
 Composti riducenti potenzialmente tossici
 Salinità
 Ustioni fogliari (NH3 in giornate calde)
 Cattivi odori
 Diffusione patogeni
 Perdita N ammoniacale
Impiego
• Viene sparato da spandiliquame, caricato con liquame non diluito.
• Si presta ad essere distribuito anche con la ferti-irrigazione (adeguatamente diluito)
• Dose: 30-70(100) m3/ha (peso specifico = 1)
Concimi minerali
Sono concimi a base di N, P2O5 (fosfati) e K2O (sali potassici)
Negli ambienti di montagna l’uso di concimi minerali è vietato o limitato. Fanno eccezione i
concimi fosfatici che favoriscono le leguminose.
25
• Concimi nitrici  hanno l’N in forma nitrica che è facilmente assorbibile dalle piante,
solubilissimo in acqua e non è trattenuto dai colloidi del suolo (può essere dilavato
inquinando le falde sotterranee). Vengono usati per concimazioni a pronto effetto.
• Concimi ammoniacali  hanno l’N in forma ammoniacale che è solubile in acqua,
trattenuto dal potere adsorbente del suolo ed è una forma transitoria destinata a essere
ossidata ad azoto nitrico (nitrificazione)
Scelte tecniche
1. quantità di fertilizzante  un sistema per valutare la quantità è fare un bilancio degli
elementi nutritivi. Viene fatto a diverse scale: per appezzamento o per Unità Paesaggio
Agrario. Le informazioni sono contenute in un piano di concimazione che deve essere
compilato dalle diverse aziende
2. epoca di distribuzione  dipende dalla dinamica di assorbimento delle diverse colture.
Andare incontro ai fabbisogni delle piante quando sono più elevati  il periodo più critico
è quello che va dall’accestimento alla fioritura
• il fertilizzante più mobile è il concime minerale: 2-4 concimazioni, soprattutto nel
periodo critico
• letame: una concimazione (es. su letto di semina)
o concimazione precoce  rigoglio vegetativo
o concimazione tardiva  accumulo riserve
• su questo incide anche la percorribilità del terreno, cioè la possibilità di portare
trattrici e spandiletame su colture che si preparano per la semina  si grava molto
sul suolo compattandolo (problema limitato nei prati/pascoli)
• incide anche la struttura dell’apparato radicale  profondità e volume di suolo
esplorato
3. modalità di distribuzione
• spandiletame per fertilizzanti solidi alla lavorazione principale o comunque con
interramento rapido
• spandiliquame per fertilizzanti liquidi (come per letame)
• fertirrigazione
o con fossatelli  distribuzione non omogenea
o a pioggia  rischi sanitari + aerosol inquinanti
Fattore luce (fotosintesi)
Responsabile di nutrizione carbonica. L’efficienza nell’utilizzo della luce dipende da quantità di
radiazione incidente  RI% = f (pendenza del terreno, esposizione)

26

Come condizionare il fattore luce?


Defogliazione  interventi sulla struttura del manto vegetale attraverso:
• Sfalcio  intervento meccanico effettuato da un operatore tramite appositi strumenti
dove si ha una rimozione (mai totale) della fitomassa. Si effettua su prati e prato-pascoli:
o erbai
o prati avvicendati
o prati permanenti
oppure su pascoli per effettuare uno sfalcio di pulizia.
• Pascolamento  intervento attuato da animali gestiti con apposite tecniche dove la
rimozione della fitomassa è più lenta. Si effettua su pascoli.
La defogliazione esercita condizionamento di sviluppo e crescita:
• Direttamente  rimozione fitomassa = modificazione della struttura nella singola pianta
 popolamento vegetale. Generalmente tagliate a pochi cm da terra, rimane un
popolamento composto dalle parti basali delle piante
• Indirettamente  fattori climatici, edafici, biologici (temperatura, illuminazione, N, H2O,
ecc.). Viene modificato il microclima della zona prossima al suolo.
Questi sono effetti che determinano sulla comunità vegetale delle variazioni di rendimento 
accestimento, numero foglie, numero culmi levati (riproduttivi), dimensione e altezza dei culmi,
longevità…
Si parla di rendimento in due momenti fondamentali: fase vegetativa e riproduttiva.
“dimensione dell’effetto”
• rendimento  rapporto tra input di un fattore/risposta della pianta
• efficienza  fattore utilizzato dalla pianta / quantità di fattore impiegato (input)
o es. kg N asportato/ kg N apportato
• efficacia  prodotto/unità di fattore apportato
o es. kg s.s. / kg di N apportato
Rendimento in fase vegetativa
Si individuano 4 momenti:
• crescita crescente 27
• crescita decrescente
• equilibrio
produzione/materiale
morto
• aumento del
materiale morto

fase A  crescita crescente. Le


foglie nuove aumentano i
processi di fotosintesi.
Fase B  La pianta produce foglie nuove ma non con la stessa efficienza di quando non sono
aduggiate. C’è quindi una minor capacità fotosintetica, una minor velocità di crescita ed
aumentano le foglie vecchie. Al punto di flesso (a circa 6 settimane) la velocità è crescente, poi
decresce. Questo è il momento ottimale per il taglio  massima efficienza nella produzione di s.s.
Il taglio fa ripartire il ciclo  tempo di riposo ottimale tra due utilizzazioni è di 40-42 giorni
Fase C  stessi fenomeni di B, ma accentuati. C’è una riduzione della velocità di crescita con un
aumento della quantità di tessuti morti nel corso del tempo  fase D
Rendimento in fase riproduttiva
Sommatoria della curva vegetativa + quella dei culmi

La curva vegetativa + i culmi in levata levano insieme, hanno una crescita meno condizionata da
fattori ambientali (es. temperatura), crescono sempre (anche con fotosintesi ridotta, a spese delle
riserve), la crescita si arresta alla fioritura, sono più rigidi (meno sensibili ad allettamento) e
contribuiscono alla produzione dopo la spiga 10 cm.
Dopo fioritura si ha un aumento della porzione di parti senescenti nella s.s. 28

Momento della defogliazione


Il condizionamento dipende anche dal momento della defogliazione.
• defogliazione precoce (in fase vegetativa)  producono un effetto diverso a seconda di
quando avviene:
o Déprimage o pretaglio: brucatura o taglio che non interessa l’apice vegetativo
(prima di stadio spiga 10 cm)
o Étetage: brucatura o taglio che asporta l’apice fiorale (dopo stadio a spiga 10 cm)
• defogliazione in fasi più avanzate
Effetti del déprimage sull’altezza dei culmi
Prima che si individui la spiga a 10 cm viene
effettuato uno sfalcio/pascolamento. Toccando
la parte vegetativa si riduce la fitomassa. Lo
stadio a spiga 10 cm viene così spostato nel
corso del tempo in modo che crescano più
lentamente. Più il déprimage è tardivo, meno
gli internodi si allungano  culmi più bassi.
Nel corso del tempo la pianta viene messa
nelle condizioni di recuperare arrivando alla
spigatura nello stesso momento in cui ci sarebbe arrivata senza il déprimage.
La fioritura invece sarà in leggero ritardo, di circa 2-4 giorni. Ci sarà un lieve decremento nel
numero di culmi spigati causato dalla morte dei culmi più tardivi per crisi nutrizionale (più
accentuata con déprimage tardivo). Infine, la riduzione dell’incidenza dei culmi (più bassi e meno
numerosi) daranno un foraggio più foglioso e di maggior qualità
Effetti del déprimage sulla produzione
➢ Accrescimento vegetativo che
compensa il minor sviluppo dei culmi
fioriferi
➢ Maggior efficienza fotosintetica
➢ Minor produzione totale (2 tagli
producono meno di uno solo) ma
miglioramento della qualità del foraggio
➢ Essiccamento più facile e rapido per la
maggior presenza di foglie rispetto ai
culmi  pretaglio adatto quando
l’obiettivo è quello di effettuare la
fienagione
Effetti dell’étetage
Asportazione dei culmi in levata (apice fiorale).
• specie rifiorenti: successiva levata e rifioritura molto ritardata (L. multiflorum, Bromus,
29
Phleum)
• specie non rifiorenti: ricaccio solo foglioso, assenza di nuova spigatura (D. glomerata,
Festuca spp., L. perenne)
La prateria si trova senza culmi riproduttivi funzionanti, quelli rimossi devono essere rimpiazzati da
altri che sono in abbozzo alla base del cespo. Il processo riproduttivo deve perciò partire da capo.
La crisi è importante soprattutto per la parte riproduttiva  ritardo del rilascio dei culmi
riproduttivi. È un comportamento variabile in base al livello di rifiorenza delle specie:
➢ rifiorenti  solo ritardo nel ricaccio
➢ non rifiorenti  tutto il meccanismo riproduttivo viene compromesso
(vantaggio per l’ottenimento di un foraggio ben foglioso)
Quando la pianta viene interessata da un taglio dopo la fase di spiga a 10 cm, la parte vegetativa
ricaccia subito a discapito di quella riproduttiva. Meno sono i culmi vegetativi presenti nel
momento del taglio, più il ricaccio ritarda  crisi di accestimento (più o meno intensa secondo il
momento dell’étetage):
– crisi poco accentuata con taglio vicino a stadio spiga 10 cm
– crisi massima con taglio tra incipiente spigatura e fioritura  massimo ritardo del ricaccio
– assenza di crisi con taglio tardivo, dopo la fioritura
Effetti dell’epoca di pretaglio sulla % dei culmi spigati al taglio seguente

Effetti defogliazione sulla crescita successiva: nutrizione


L’asportazione degli organi epigei si traduce sempre in una crisi di nutrizione carbonata
(fotosintesi) che dipende da quantità di:
• riserve dei culmi
• organi verdi residui (> con taglio alto)
• necromassa che ostacola passaggio della luce
• temperatura, N, acqua: se abbondanti, crescita accelerata parti aeree (a danno delle radici)
 rischio morte della pianta [attendere emissione di 1-2 foglie prima di interventi]
30
Andamento delle riserve
0  taglio. Nel periodo successivo il
comportamento è diverso nel tempo
A  Diminuzione. Le riserve vengono
consumate per ricostituire organi
fotosintetizzanti. Ridotta se restano organi
verdi, ridotta con crescita veloce, lunga con
tagli autunnali, lunga con gelo che distrugge
apparato fogliare.
B  Aumento. la pianta produce sostanze in
quantità sufficiente per accrescimento e
ricostituzione delle riserve.
C  Saturazione. Il contenuto delle riserve si stabilizza, è ritardata con la crescita lenta e la luce.
Può ri-aumentare se c’è un aumento della velocità di crescita.
Il momento di plateau potrebbe essere il migliore per effettuare un ulteriore taglio
Effetti della frequenza di defogliazione sulla crescita successiva: riserve e altezza

Se si aumentasse la frequenza delle defogliazioni la pianta non riuscirebbe a ricostituire le riserve


intaccando quelle già presenti fino ad esaurirle. I tessuti prodotti avranno quindi un’altezza
sempre minore fino ad avere un popolamento senza riserve e fitomassa portandolo alla morte.
Si osserva anche con un pascolamento troppo intenso o con un taglio troppo basso.
Dipende poi anche dalle specie, in quanto alcune ricostituiscono le riserve in modo rapido (L.
perenne), altre invece le ricostituiscono lentamente (A. elatius).

31

L’étetage consente di avere un foraggio migliore per produrre insilato.


Risorse foraggere e colturali
Modalità di utilizzazione:

• Prato: sfalcio (fieno, insilato, foraggio verde)


• Pascolo: pascolamento
• Prato-pascolo: sfalcio (tipicamente 1 utilizzazione dopo il déprimage), seguito da
pascolamento
Durata della coltura  colture temporanee (avvicendate) o permanenti

• Erbai: durata < 1 anno, poi sostituite da altre


• Prati avvicendati:
o breve durata (1-2 anni)
o media durata (3-5 anni)
o medio-lunga durata (6-10 anni)
• prati permanenti: mai dissodati e riseminati
Caratteristiche delle risorse:

• Composizione specifica (monofita, oligofita, polifita)


• Famiglia botanica (graminee, leguminose, crucifere, ecc.)
• Ambiente (clima e terreno)
• Ritmi di accrescimento e sviluppo
Azioni sulle risorse 32

• Fertilizzazione organica e concimazione minerale


• Irrigazione
• Utilizzazione, raccolta, conservazione dei foraggi:
➢ fienagione
➢ insilamento
➢ pascolamento (tecniche)
Sistemi agro-foraggeri
• Colture orticole
• Colture erbacee
• Erbai
• Prati avvicendati
• Prato-pascoli
Sistemi pastorali
• Prato-pascoli
• Pascoli
Sistemi frutticoli e viticoli
• Colture arboree viticole e frutticole
Prato-pascoli di alta pianura e basso fondovalle
1) Lolieti (Cynosurion)  praterie che caratterizzano ambienti di bassa altitudine. Troviamo
diverse facies a seconda della modalità con cui vengono gestite.

a. Condizioni più intensive  con sfalci regolari


Lolium multiflorum: erba di taglia elevata, a lamina larga che formano cespi di grandi
dimensioni ravvicinati tra loro  son praterie con un elevato livello di fertilità.
+ Poa trivialis, T. repens, T. officinale, R. acris, R. repens (che ne diminuiscono il
valore), Rumex sp., Setaria sp., Echinocloa sp., Digitaria sp., Panicum sp.
b. Condizioni meno intensive  con < utilizzazioni, irrigazione, concimazione
Lolium perenne: colore meno verde del multiflorum, i cespi non sono grandi e
abbondanti. Non vengono usati solo per lo sfalcio ma spesso anche per il
pascolamento. Il perenne essendo più adattabile può salire più di quota.
+ D. glomerata, Poa pratensis, T. repens, infestanti
c. Condizioni di idromorfia
Compaiono altre specie indicative all’umidità elevata.
specie precedenti + Alopecurus pratensis/A. utriculatus (umido), Anthoxanthum
odoratum, Holcus lanatus, Cynosurus cristatus, T. officinale, P. lanceolata, A. 33
millefolium, Leucanthemum gr. Vulgare
Nel periodo estivo, i lolieti modificano in parte la loro composizione.  aumenta
nettamente la presenza di T. repens e di infestanti estive (Setaria, Digitaria, Echinocloa)
Produzioni conseguibili:
o Tagli:
▪ 4 – 5 in condizioni irrigue
▪ 3 – 4 in condizioni asciutte
o Produzioni: 14 – 11 – 8 t s.s./ha
o Distribuzione produzione:
▪ 1° tg.: 40 %
▪ 2° tg.: 25 %
▪ 3° tg.: 18-20 %
▪ 4° tg.: 15 %
▪ (5° tg.: 2-4 %)
➢ Il 4° e il 5° son tagli che spesso vengono sostituiti con il pascolo
poiché più conveniente
Al momento del primo taglio si produce circa il 50% della fitomassa annua  produce
meno se è stato fatto un déprimage.
Prato-pascoli dei piani montano e subalpino inferiore
1) Arrenatereti (Arrhenatherion)  praterie tipiche degli ambienti di media montagna,
derivanti dal disboscamento dei querceti e dei boschi planiziali + regolari utilizzazioni a
sfalcio e apporti annuali di letame.
Specie principali  Arrenatherum elatius, D. glomerata, F. pratensis, Phleum pratense, Poa
pratensis, P. trivialis, T. repens, L. corniculatus + tante altre specie che si adattano a quote
più elevate.
Si ha una variabilità a seconda degli elementi nutritivi e della fertilità:
• Abbondanza di K e N (ma meno P)  si arricchisce di ombrellifere e specie nitrofile
• Minor fertilità  riduzione delle buone graminee ed aumento di quelle mediocri
(Bromus erectus, Avenula pubescens, Brachypodium rupestre) + Medicago lupulina,
Galium verum e, in mancanza di H2O, Salvia pratensis.
Un ritardo nei tagli determina un aumento di ombrellifere, Knautia arvensis, Scabiosa
columbaria e Salvia pratensis
Rispetto al lolieto, questo ha una colorazione meno verde e una minor produzione di
fitomassa ma c’è una maggiore biodiversità.
In prevalenza di pascolamento compaiono L. perenne, Poa pratensis, T. repens, A.
millefolium, B. perennis, Leontodon autumnalis e pratensis, Prunella grandiflora e vulgaris e
diminuiscono le graminee a taglia alta e le ombrellifere.
34
Produzioni conseguibili
o Tagli: 2 – 3 – (4)
o Produzione: 10 – 8 – 6 t s.s./ha
o Distribuzione produzione:
▪ 1° tg.: 50-55 %
▪ 2° tg.: 30-25 %
▪ 3° tg.: 20 % (spesso pascolato)

2) Triseteti (Triseto-Poligonion)  praterie tipiche del piano montano superiore e subalpino


inferiore. Derivano da disboscamenti di faggeta microterma, pecceta e lariceto
(riconducibili all’alleanza Triseto-Poligonion bistortae). Formazioni vicarianti degli
arrenatereti a maggiore altitudine  importanza paesaggistica.
Specie principali  Trisetum flavescens, F. pratensis, A. tenuis, Phleum pratense, D.
glomerata + Poligonum bistorta, A. vulgaris, C. scheuchzeri, Carum carvi, C. albiflorus,
Phyteuma sp., Geranium sylvaticum, Trollius europaeus  diversità specifica elevata!
Il T. flavescens non ha un’origine che è sempre legata all’utilizzazione prativa  contiene
metaboliti secondari che lo rendono quasi tossico se consumato precocemente.
Si ha una variabilità a seconda degli elementi nutritivi e della fertilità:
• Abbondanza di K e N  si arricchisce di specie nitrofile (Chenopodium bonus-
Henricus, Geranium sylvaticum, Silene dioica ecc.)
• Minor fertilità  Rhinanthus gr. alectorolophus, Thalictrum sp., Anthyllis vulneraria
Nel caso di ritardo dei tagli la vegetazione si arricchisce di specie che possono far diminuire
la qualità del foraggio: Deschampsia caespitosa, Agrostis tenuis, Geranium sylvaticum,
Pimpinella saxifraga.
A seconda che la prateria venga utilizzata razionalmente o irrazionalmente la vegetazione
può cambiare drasticamente:
▪ Pascolamento razionale  aumento di F. rubra, Phleum pratense e Ph. alpinum
▪ Pascolamento irrazionale  si ha un trasferimento di fertilità (= erba ingerita in un
posto e defecata in un altro) trasformando la vegetazione arricchendola di Nardus
stricta, Gentiana lutea, Luzula campestris, ecc.
Produzioni conseguibili:
o Tagli: 1 + pascolamento
o Produzione: 6 – 4 t s.s./ha
o Distribuzione produzione:
▪ 1° tg.: 55-65 %
▪ 2° tg.: 45-35 %
35
Sono le tipiche praterie montane da fieno, tutelate dalla direttiva habitat dell’UE
3) Mesobrometi (Mesobromion)  praterie da 600 m in su, in suoli poveri di humus, pietrosi
e percorsi da incendi. Si trovano in condizioni di pendenza, in superfici con una forte
radiazione solare e quindi su versanti termici con ridotta copertura nevosa invernale.
Hanno origine dall’abbandono delle pratiche di concimazione su Arrenatereti e Triseteti,
con una sola utilizzazione tardiva o saltuaria  importanza paesaggistica
Specie principali: Bromus erectus, Brachypodium rupestre, Melica ciliata, Koeleria sp.,
Andropogon ischaemum, Plantago media, Euphorbia cyparissias, ecc.
Produzioni conseguibili
o Tagli: 1 (anche pascolamento)
o Produzione: 4 - 3 t s.s./ha
o Distribuzione produzione:
▪ 1° tg.: 90-100 %
Viene generalmente pascolato perché difficile arrivarci coi mezzi e la produzione si
concentra tutta nel momento in cui viene fatta l’utilizzazione
Possiamo dire che senza un’utilizzazione i mesobrometi si possono trasformare in
brachipodieti fino ad avere una colonizzazione arbustiva.
Evoluzione della vegetazione dei prati permanenti: considerazioni generali
I prati permanenti sono superfici in cui si sono determinate le dinamiche che hanno portato alla
trasformazione di formazioni forestali. Devono inoltre essere mantenute dall’uomo con una
gestione agronomica e pastorale. Se non è possibile una gestione si va in contro ad invasioni:
➢ In ambienti dove si sviluppano incendi subentrano felci (Pteridium)
➢ In ambienti dove avvengono pochissime sfalciature subentra lo Spartium junceum, creando
formazioni impenetrabili (situazione localizzata solo in Piemonte però!)
Schemi evolutivi praterie
Piano collinare e montano
(200 – 1000 m)

Piano montano e subalpino


(1000 – 2000 m)
36

Piano subalpino (2000 – 2400 m)


Inquadramento delle praterie montane e subalpine nei sistemi agropastorali
Ci sono alcune condizioni gestionali generali applicabili alle praterie
Per i lolieti è tipica la Gestione Intensiva
• Contesto gestionale intensivo ①
Si ha quando la prateria produce molto ma riceve anche una fertilizzazione adeguata.
L’azienda non lascia invecchiare troppo l’erba evitando la perdita di qualità. Avremo:
➢ Utilizzo di letame o liquame (20-40 t/ha/yr)
➢ Tagli precoci + pascolamento, per un massimo di 3 utilizzazioni
➢ Terreni freschi
➢ Diserbo selettivo
Questa gestione darà graminee a lamina larga dominanti con grandi cespi (buone
foraggere!), le dicotiledoni saranno molto poche (0-30%) e quindi si avrà una scarsa
biodiversità con 20-25 specie presenti.
• Contesto gestionale intensivo ②
Fertilizzazioni con concime fosfatico (P2O5) cresce il contributo delle specie che si
avvantaggiano di più del fosforo  leguminose. Avremo quindi una prateria simile alla
precedente ma in cui si potranno effettuare anche 4 utilizzazioni (incluso il
pascolamento). Si avrà un aumento di trifoglio (10-20%) ed un aumento di graminee a
lamina media (Poa pratensis, Agrostis tenuis) a scapito di quelle a lamina larga. 37

• Contesto gestionale intensivo ③


Se c’è un’abbondante concimazione organica e i tagli sono tardivi avremo una
diminuzione delle graminee e un aumento delle dicotiledoni (30-50, fino a 90%), in
particolare ombrellifere e ranuncoli. In zone umide vedremo Rumex, Aegopodium e
Ranunculus repens
Correttivi in caso di squilibrio
Nei primi due casi si può ridurre la concimazione e si possono anticipare le utilizzazioni,
per il terzo caso bisogna attuare pascolamenti primaverili anticipati, tagli frequenti,
sospendere la liquamazione e fare un diserbo selettivo.
Per i triseteti è tipica una Gestione Media
• Contesto gestionale medio ①
I tagli in questo caso sono medio-tardivi con concimazioni che vanno da 10-20 t/ha/yr
di letame o liquame. Non ci sono le condizioni per far sviluppare un tappeto troppo
denso di graminee trovando così un tappeto regolare composto da graminee a lamina
larga e media. Qui abbiamo anche più specie (> 40) e il numero di leguminose e
dicotiledoni si aggira attorno al 30%.
L’obiettivo produttivo non è quello principale ma è quello di conservare la biodiversità.
• Contesto gestionale medio ②
Su terreni freschi ed esposti a nord diventa abbondante il Geranium spp., tendendo ad
uno squilibrio vegetazionale. In questo caso si attuano tagli tardivi e le concimazioni si
aggirano tra 10-20 t/ha/yr di letame o liquame. Oltre al Geranium le dicotiledoni
possono arrivare anche al 90%. Per correggere eventuali squilibri bisogna attuare tagli
precoci e effettuare una pulizia dopo il pascolamento.
• Contesto gestionale medio ③
Se l’intensità di gestione diminuisce e ci si trova in ambiente asciutto su pendenze
elevate con concimazioni tra 10-30 t/ha/yr si vedranno aumentare dicotiledoni come
Plantago, Galium, leguminose e ombrellifere. Per correggere eventuali squilibri
bisogna anticipare i tagli o il pascolamento.
Più tipico per i mesobrometi è la Gestione Estensiva
• Contesto gestionale estensivo ①
In questo caso ci troviamo in condizioni difficili dove non viene praticata irrigazione. I
tagli sono tardivi e la concimazione è scarsa (0-10 t/ha/yr). Qui le graminee dominanti
sono quelle a lamina fine mentre quelle a lamina larga o media sono deboli e sparse.
Le dicotiledoni (Leontodon, Rhinanthus e leguminose varie) possono arrivare fino al
30% ma sono di modesta qualità foraggera.
38
L’obiettivo è la conservazione poiché prevalgono altri servizi ecosistemici. È un
ambiente ben pascolabile e da valorizzare per le fioriture. La loro evoluzione in caso di
una maggiore concimazione potrebbe essere il 1° caso di gestione media.
• Contesto gestionale estensivo ②
In ambienti simili al precedente ma in condizioni più fresche vedremo un netto
aumento di dicotiledoni (30-60%) come Geranium, ombrellifere e Rhinanthus. Per
correggere squilibri bisogna aumentare la concimazione organica per far sì che le
graminee aumentino e anticipare le utilizzazioni.
Utilizzazione e conservazione dei foraggi
• Diretta
o Pascolamento
• Indiretta (taglio)
o Foraggiamento verde
o Conservazione
▪ Via secca  essiccamento dell’erba
➢ Essiccamento in campo o fienagione (tradizionale)
➢ Fienagione in due tempi o ventilazione forzata
➢ Disidratazione (sottrarre l’H2O in modo rapido)  usato per prati
avvicendati in purezza (es. Erba medica)
▪ Via umida  stabilizzazione
➢ Insilamento
✓ Diretto
✓ Con acidificanti
✓ Con pre-appassimento
L’erba una volta tagliata non una matrice stabile, per conservarla quindi è necessario stabilizzarla
per via fisica (via secca) o biochimica (via umida).
Stabilizzazione fisica
• Essiccamento in campo o fienagione
39
dopo il taglio il fieno è stabile se ha l’85% s.s. ovvero il 15% di H2O (se più alto di 15
marcisce).
Processo  taglio, esposizione all’aria, rivoltamenti, andanatura, raccolta
Nel corso di questi processi avvengono delle perdite totali di s.s. che possono andare da 6 a
52% e che sono riconducibili a meccanismi fisiologici (respirazione), perdite meccaniche
legate al taglio, perdite legate al valore alimentare, alla digeribilità e al consumo volontario
(–12-30%).
Taglio
Epoca sfalcio:
• Taglio anticipato: prima della spigatura, vantaggi qualitativi
• Taglio ritardato: verso la fine del ciclo della pianta, vantaggi quantitativi.
Utilizzato per animali poco esigenti. Dal punto di vista gestionale il taglio ritardato,
a volte oltre la fioritura, è più facile da gestire perché:
o contiene meno H2O da evaporare
o il periodo diurno è più lungo e le temperature son più alte
o aumenta la rigidità degli steli e lo strato dell’andana è più soffice
o l’erba è più fibrosa → minori perdite di fienagione
quindi avrà sia vantaggi che svantaggi. È però ovvio che non può essere utilizzato in
allevamenti finalizzati alla produzione di latte.
Esposizione all’aria
Essicamento a diversi stadi vegetativi
Per un fieno essiccato in campo
devo arrivare ad avere almeno un
75% di s.s.

Per la fienagione a due tempi


porto il fieno fuori dal campo a
circa 60% s.s.

Un momento ottimale di taglio è


quello tra la spigatura e la
fioritura, buon compromesso dal
pov qualitativo e quantitativo.
Andamento del processo
La velocità con cui l’acqua viene persa dipende dalla
quantità di fitomassa. L’acqua non viene persa in modo
lineare nel corso del tempo ma si distinguono due fasi:
o Fase di perdita rapida  dura meno di 1
giorno, tuttavia di notte l’umidità si alza.
40
Quindi vale solo nelle ore diurne.
o Fase di perdita lenta  indispensabile per
poter imballare il fieno
A far variare la velocità di perdita dell’H2O sono la
resistenza all’essiccamento e la compattezza del materasso che si viene a creare dopo il
taglio. Se è compatto (taglio precoce, dicotiledoni) si oppone alla perdita soprattutto negli
strati inferiori più vicini al terreno. Possono esserci resistenze da saturazione dello strato di
aria a contatto e resistenze specifiche dei tessuti e degli organi.
Conta quindi la massa tagliata, il momento di taglio e le specie che costituiscono la massa
erbosa.
Rapidità di essiccamento

Si può intervenire con trattamenti destinati a velocizzare la


perdita di acqua:

• rivoltamenti
• andanatura
• condizionamento:
o meccanico
o chimico
Rivoltamenti e andanatura

• Rivoltamenti  il 1° da eseguire al più presto, spargendo l’erba su tutta la


superficie; quando l’H2O è sotto il 50% di umidità la frequenza dei rivoltamenti è
meno importante (subentrano meccanismi di opposizione della pianta)
• Andanatura  eseguita di sera con f(x) di permettere una migliore penetrazione
dell’aria (andane + soffici), ridurre la superficie esposta al riassorbimento notturno,
asciugare terreno su cui rivoltare per l’essiccamento finale
• Condizionamento (eventuale)  al momento del taglio, per aumentare tasso
essiccamento. Può essere di due tipi:
o Meccanico: viene fatta passare in macchine che intaccano l’integrità degli
steli per abrasione, schiacciamento, ecc. (falcia-condizionatrici) facilitando
così la perdita di acqua; poco adatto in Italia (rischio meteorologico alto)
o Chimico: utilizzo di acido formico e K2CO3 che mantengono gli stomi aperti e
modificano le strutture delle cere cuticolari
Sono tuttavia pratiche poco attuate in montagna perché necessitano di
macchine apposite e queste pratiche hanno un effetto negativo sulle sostanze
presenti nella pianta che con la rottura dei culmi e delle foglie vengono persi
rischiando una diminuzione della qualità foraggera
Andanatura Rivoltamento andana e rivoltamento su tutta la superficie

41

Raccolta
Può avvenire in due modi:
• Conservazione del fieno sfuso  raccolta con rimorchio autocaricante dalle andane
e conservazione del fieno in fienile. C’è una ridotta meccanizzazione e un basso
costo se non si hanno elevate esigenze di trasporto o problemi di spazio. Il fieno
sfuso perde ancora acqua facilitando maggiormente l’essiccamento (positivo nel
caso di foraggio raccolto a umidità superiori a quelle di conservazione)
• Imballatura  meno ingombrante, lo stoccaggio è molto più facilitato e la
movimentazione è meccanizzata. Ci sono però maggiori rischi di deterioramento se
l’umidità è troppo elevata (necessità di un essiccamento in campo più protratto).
In generale, si hanno differenti condizioni in funzione della forma delle balle
(piccole/grandi balle parallelepipede, rotoballe), del volume, della densità di
pressatura (basse densità, <140 kg/m3 = circolazione aria e quindi ulteriore
riduzione dell’umidità impedendo il riscaldamento eccessivo del fieno).
o Piccole balle parallelepipede
▪ peso (15-35 kg), volume (0.1-0.2 m3) e densità (130-150 kg/m3)
ridotti
▪ movimentabili a mano, ma difficile meccanizzazione
▪ buon arieggiamento
o Grandi balle cilindriche (rotoballe)
▪ peso (150-350 kg), volume (1.4-2.1 m3) e densità (130-180 kg/m3)
elevati
▪ meccanizzazione più agevole
▪ necessità di un essiccamento più protratto per evitare
deterioramenti
▪ ridotta superficie esposta
o Grandi balle parallelepipede
▪ peso (> 400 kg), volume (2-4 m3), densità (200-280 kg/m3) molto
elevati
▪ adatte al trasporto e alla meccanizzazione
▪ migliore gestione dello stoccaggio
▪ necessità di un essiccamento più protratto per evitare
deterioramenti 42
▪ elevata superficie esposta
Perdite  Ci sono perdite di diverso tipo:
• Respirazione  perdite legate alla fase dopo il taglio per processi
enzimatici a carico di zuccheri solubili (fino a contenuto acqua >
del 40%). La respirazione aumenta se l’umidità dell’erba e la
temperatura ambiente (tg al mattino) è alta. Sono perdite
inevitabili anche fino a 10% della s.s. con erba molto acquosa.
• Meccaniche  legate a:
o Falciatura: solitamente irrilevante; fino a 10% s.s. se
l’altezza del taglio è stata mal regolata (troppo alta),
l’organo di taglio/condizionamento è troppo aggressivo,
l’erba è allettata.
o Arieggiamento/raccolta: graminee molto resistenti,
leguminose molto sensibili (Medica fino a 30% s.s., fino al
45% di E netta e proteine)
o Lisciviazione  perdita componenti cellulari. Provocata
dalla pioggia. Perdita elevata se la pioggia è molto intensa e
se lo stadio di essiccamento è avanzato (> permeabilità). Altri effetti negativi
sono l’aumento dei tempi di fienagione e lo sviluppo di batteri e muffe.
• Dopo imballatura  il fieno è stabile a 12-17% di umidità. Si raccoglie però a 20-
25% di umidità per evitare lo sbriciolamento. Dopodiché si stocca in fienile, viene
ventilato naturalmente, avviene un riscaldamento fino a 35-45°C per attività
respiratorie microbiche e perdite al 2-7%.
o Se si raccoglie con umidità > 20-25% si sviluppano muffe filamentose (fieno
non consumabile). L’umidità alta + la presenza di microrganismi termofili
possono portare la balla a temperature fino a 60°C  la digeribilità delle
proteine diminuisce e si ha un deterioramento da calore o imbrunimento
(fieno rosso mattone o brunastro). Una dispersione del calore lenta può
portare la balla a temperature fino a 80°C → reazioni chimiche fino ad
autocombustione del fieno. Si possono aggiungere additivi chimici ad azione
antimicrobica per prevenire deterioramento e ammuffimento di fieni
raccolti a umidità superiori a quelle di sicurezza
o Rotoballe molto compatte: perdita umidità residua lenta
▪ rotoballe a centro duro → rischio imbrunimento
▪ rotoballe a centro morbido → rischio ammuffimento
o Le rotoballe richiedono un essiccamento in campo più protratto e la raccolta
a umidità minore rispetto alle balle prismatiche.

• Fienagione in due tempi


Con l’erba raccolta umida è tecnicamente possibile con s.s. 40%; a 60% s.s. c’è un
43
compromesso tra vantaggi e costo energetico. Successivamente avviene un’essicazione in
fienile tramite ventilazione forzata, con fieno sciolto o in rotoballe. C’è la necessità di
effettuare tagli scalari in funzione della capacità dell’impianto (anticipo primaverile),
soprattutto con impianti di tipo discontinuo. È una tecnica poco diffusa.
Il fieno viene quindi raccolto umido ed essiccato in appositi impianti a ventilazione forzata:
➢ con fieno sciolto  raccolta a 40-50% umidità
➢ in rotoballe  raccolta a 30-35% umidità
Avere questi impianti vuol dire però avere alti costi di investimento: tipico di zone di
produzione di formaggi a lunga stagionatura (es. zona Parmigiano Reggiano,
Trentingrana…) e diffuso in Centro-Nord Europa; la capacità di essiccamento è in f(x) della
portata del ventilatore, umidità relativa e T° dell’aria; gli impianti sono di dimensioni
limitate: tagli non concentrati in alcuni periodi ma scalari (svolgimento continuativo).
Nel caso di fieno sfuso, la ventilazione forzata è di tipo ascensionale.
Qui, più il cumulo è alto e più è
alta la resistenza al passaggio
dell’aria. E, più l’umidità relativa è
alta, meno è la quantità di acqua
evaporata.
 densità del fieno in relazione
all’altezza del cumulo
Nel caso invece delle rotoballe, queste si posizionano su strutture che sparano aria dal
basso verso l’alto (o anche dai lati) essiccando la balla in 24-36 ore.
Stabilizzazione biochimica
• Insilamento
Il foraggio viene portato via dal campo con un contenuto di acqua elevato (sufficiente a
causarne il deterioramento da parte di microrganismi aerobi). La massa in seguito viene
stivata in condizioni di anaerobiosi. In questo modo la flora microbica dell’erba trasforma
gli zuccheri in acidi organici (fermentazione), avviene una riduzione del pH (< 4) e una
riduzione dell’attività dei microorganismi anaerobi. Il punto critico è l’anaerobiosi che
innesca i meccanismi di acidificazione. Quindi, anaerobiosi + acidificazione 
conservazione sotto forma di insilato.
Processi fermentativi
Il foraggio viene immesso in silo con le cellule ancora vitali che fanno proseguire le attività
enzimatiche della pianta a carico di carboidrati e proteine:
❖ Ossidazione dei monosaccaridi per respirazione (se l’aria non è rapidamente eliminata)
 si produce CO2 + H2O + calore  viene intaccata una parte degli zuccheri
facendo diminuire quelli fermentescibili (a carico di cui avvengono alcuni processi
fermentativi che abbassano il pH). Dopodiché c’è un parziale reintegro per idrolisi di
fruttosani ed emicellulose.
❖ Proteolisi enzimatica (che avviene nei primi giorni)  le proteine vengono demolite 44
in peptidi di piccole dimensioni, amminoacidi (o frazioni più degradate) dagli enzimi
fino a pH 4  + N solubile
❖ Proliferazione flora epifita  i tessuti lacerati, trinciati e le cellule morte rendono
disponibili le sostanze nutritive che fungono da substrato alla flora.
▪ Batteri, lieviti e funghi aerobi  nel momento che non c’è più ossigeno si
fermano. Sono responsabili della fermentazione alcolica (glucosio + 2 ADP =
2 etanolo + 2 CO2 + 2 ATP). Se il processo non si ferma subito si percepisce la
presenza di etanolo.
▪ Batteri coliformi  sono anaerobi facoltativi che si fermano a pH 4.5.
Trasformano il glucosio in acido acetico, etanolo, CO2 e NH3. È un processo
che non garantisce una buona conservazione dell’insilato.
▪ Batteri lattici  resistono anche a pH < 4 e sono i responsabili della
fermentazione omolattica (glucosio + 2 ADP = 2 lattato + 2 ATP). L’acido
lattico abbassa rapidamente il pH. Quando il pH scende sotto i 4 i batteri
lattici continuano ad abbassarlo. Sono anche i responsabili della
fermentazione eterolattica (glucosio + ADP = lattato + etanolo + CO2 + ATP /
3 fruttosio + 2 ADP = lattato + acetato + 2 mannitolo + CO2 + 2 ATP).
Sono infine responsabili di una modesta attività deaminatrice (amminoacidi
→ NH3) facendo comparire tracce di ammoniaca anche in ottimi insilati
▪ Batteri clostridi  sono anaerobi obbligati. In condizioni di elevata acquosità
o difetto di substrato entrano in azione. Essendo presenti nel suolo vengono
apportati come spore (es. imbrattamento di terra) portandoli a proliferare
degradando l’insilato. Non resistono all’acidificazione diventando inattivi a
pH tanto più alto quanto < è la quantità di acqua. Oltre che per gli insilati,
questi sono negativi anche per la conservazione di formaggi a lunga
stagionatura (trasferimento nel latte). Sono di diverso tipo, i principali sono:
• Clostridi butirrici (saccarolitici)  competono con i lattici per
l’utilizzo del glucosio (glucosio / 2 ac. lattico = ac butirrico + 2 CO2 + 2
H2 + ATP)
• Clostridi proteolitici  intervengono in un momento successivo
usando gli amminoacidi e formando ammoniaca e ammine + altri
acidi grassi volatili (amminoacidi → NH3 + ammine + ac grassi
volatili + CO2)
Sviluppo dei batteri clostridi in funzione di pH e del tenore di s.s.
 Più la quantità di H2O e pH è alta, più lavorano facendo
diventare l’insilato instabile. Diventa stabile solo se si ha circa il
30% s.s. e il pH intorno al 4,4.
Detto questo, un buon processo di fermentazione dovrebbe
favorire i lattici e sfavorire gli altri batteri e i funghi.

Le condizioni per una buona fermentazione omolattica sono:


✓ bassa acquosità, basso potere tampone, tenore zuccherino adeguato  attitudine della 45
pianta
✓ assenza di aria
✓ fermentazione rapida: trinciatura
✓ erba pulita da terra
Attitudine della pianta
• Bassa acquosità  se è alta diluisce zuccheri e favorisce clostridi (s.s. <25%  coli)
• Basso potere tampone:
o capacità di un mezzo a opporsi a variazioni di pH (cioè all’acidificazione)
o mg acido lattico per abbassare a 4.0 il pH di 1 g s.s. di foraggio (es. loiessa
95; medica 150; mais 50)
o f(x) contenuto in sali organici e tenore proteico
o elevato nella pianta giovane  meglio usare piante più avanti nella fase
fenologica
o più elevato in leguminose rispetto alle graminee
o potere basso = acidificazione rapida
• Tenore zuccherino  più è alto > è la quantità di substrato disponibile per i batteri
lattici (carboidrati solubili). Molto variabile tra le specie. (es. L. multiflorum 17;
L. perenne 15; F. arundinacea 10; T. pratense 10; M. sativa 7; D. glomerata 8)
• Portamento  importante la distribuzione verticale della produzione e la resistenza
all’allettamento
Soglia del 2.5% di zuccheri sul tal quale  insilamento diretto (raccolta e insilamento).
Nei foraggi prativi non si verifica quasi mai trovandoci con tenore zuccherino < 2.5%. non è
possibile insilare direttamente quindi, per arrivare a 2,5% si può operare in due modi: o
artificialmente tramite acidificazione usando acidi minerali e organici che abbassano il pH
oppure tramite preappassimento lasciando l’erba tagliata in campo per qualche giorno per
far sì che la perdita di acqua concentri gli zuccheri.

Si attua l’insilamento diretto con


un’erba che ha almeno il 20% di
s.s. e un’umidità dell’80%. Si
raggiunge più facilmente per tagli
che vengono fatti più avanti nella
stagione.
Per tagli che vengono fatti prima
si deve prevedere un periodo di
preappassimento.

Insilamento diretto  fatto con una macchina che falcia e carica l’erba e poi scaricata in
cumuli e coperta da teli appositi che garantiscano le condizioni di anaerobiosi. Effettuato
soprattutto nei periodi autunnali.
46
insilamento con preappassimento  la raccolta è differita rispetto al taglio. Si ha un
aumento della concentrazione dei succhi cellulari (30-40% s.s. per L. multiflorum e 25% s.s.
per T. pratense). Si ha inoltre una riduzione dell’attività proteolitica e batterica butirrica;
c’è un maggiore rischio meteorologico, il cantiere è più complesso (taglio, rivoltamenti,
andanatura, raccolta); rischio imbrattamento (clostridi). Per garantire la minore quantità di
aria possiamo insilare in tre modi:
o Insilamento in trincea  l’erba tagliata viene posizionata all’interno di trincee in
cui viene compattata e coperta con dei teli. Per facilitare il compattamento si
procede ad una trinciatura corta (2-3 cm) che ha un effetto positivo sulla
fermentazione in quanto una certa quantità di zuccheri viene a contatto con i
batteri che operano la fermentazione. Una volta riempita si ridispongono i teli
adeguatamente coprendoli
per garantire una pressione
di almeno 100 kg/m2. Il
fronte della trincea è un
elemento di debolezza in
quanto è esposto all’aria.
o Insilamento in silo-cumulo  stesso
principio della trincea ma senza pareti.
Non viene molto usata qui,
generalmente solo da piccole aziende.
Bisogna rispettare l’angolatura massima
di 20-30°.
o Insilamento in rotoballe  partendo da erba preappassita, si raccoglie con le
rotoimballatrici. Le balle vengono caricate su imballatrici che vengono avvolte in
dei film. Questa tecnica implica diversi vantaggi: un’esposizione all’aria più
breve, la trinciatura non necessaria, ogni rotoballa è un’unità singola
consumabile rapidamente e che bastano le macchine base della fienagione. Ma
ci sono anche svantaggi: polietilene permeabile e danneggiabile, lo sviluppo di
muffe, l’acidificazione è più lenta per l’assenza della trinciatura. Non ci sono
grandi perdite nella trasformazione da erba a insilato, la digeribilità subisce una
piccola variazione.
Perdite
Possono essere di due tipi, evitabili o inevitabili, e sono:

• Inevitabili:
▪ Respirazione residua  1-2%
▪ Fermentazione lattica  2-4%
▪ Appassimento  4-6% 47
• Evitabili:
▪ Colature  3-7%
▪ Fermentazione clostridi  0-5%
▪ Deterioramento aerobico nella conservazione  0-10%
▪ Deterioramento aerobico al desilamento  0-15%
▪ Perdite inevitabili  10%
▪ Perdite totali  10-40%
Valore alimentare insilati
• Digeribilità  valori comparabili all’erba di partenza, con colature si hanno
perdite più o meno elevate, con preappassimento diminuisce di 2-3 punti.
• Energia netta  almeno uguale o maggiore (concentrazione legata a
fermentazione)
• Valore azotato  minore con coli; con azoto solubile > 50%, minor resa della
sintesi proteica microbica nel rumine
• Consumo volontario  ridotto per insilati diretti (NH3) o per insilati con acido
acetico. Possibile tossicità da clostridi (eccesso). È comunque comparabile a
quello dell’erba fresca per buoni insilati preappassiti.
Risorse foraggere montane: pascoli
Sistemi pastorali
Sono soggetti per ottenere esclusivamente una produzione animale secondo il tipo di utilizzazione:
➢ Pascoli  utilizzazione diretta ed esclusiva da parte degli animali
➢ Prato-pascoli  come i pascoli ma con almeno un’utilizzazione diretta
con ricadute su ambiente e paesaggio.
Le principali funzioni sono:
• Produttivo:
o formaggio e altri prodotti caseari
o carne
o lana
o miele
• Paesaggistico:
o apertura paesaggio
o fruibilità
o aspetti cromatici
• Ambientale:
o protezione del suolo
o contenimento rilascio nutrienti
48
o purificazione acque infiltrazione
o biodiversità specifica e cenotica
o alimento e rifugio fauna selvatica
Classificazione sistemi pastorali:
✓ Sedentario e Semi-sedentario  foraggiamento verde o foraggi conservati (fieni, insilati di
erba/mais), si può avere un autoapprovvigionamento dei foraggi in percentuale variabile a
seconda delle aziende, per i sistemi sedentari non c’è né pascolamento né alpeggio mentre
per i semi-sedentari c’è solo il pascolamento ma non l’alpeggio. È generalmente attuato da
aziende di grosse dimensioni poco diffuse nelle Alpi occidentali (solo NO, VCO)
✓ Transumante  spostamenti saltuari o più spesso regolari di animali e uomini su brevi
distanze, piccola transumanza, o su grandi distanze, grande transumanza. Esempi di grandi
transumanze son le vie armentizie o tratturi in Appennino (110 m x 250 km) dal 1450-1500,
zone che venivano usate solo per i pascoli con divieti per altri usi. In Italia il sistema andò in
crisi dal 1800-1900 per la coltivazione di areali di svernamento. Ancora diffusa è la grande
transumanza dalle Alpi meridionali alla Provenza, o ancora transumanze pirenaiche,
cantabriche, delle sierre, corse con tratturi di 800 km. Possiamo trovare anche, a seconda
del dislivello, una transumanza verticale se accentuato o una transumanza orizzontale se
ridotto. Quella verticale è diffusa nelle Alpi (versante sud), detta monticazione. Qui esiste
ancora la pratica della margaria, soprattutto quella piemontese, ligure – piemontese,
biellese e bergamasca.
La margaria è una forma di controllo per cui gli animali di un certo numero di proprietari
vengono affidati ad un margaro che li porta in alpeggio insieme ai suoi.
➢ Gli alpeggi in Piemonte sono ≈ 1043 con una superficie media per alpeggio di 146 ha
➢ I bovini monticati sono ≈ 53.000 mentre gli ovi-caprini ≈ 68.500
➢ Il carico medio stagionale è di ≈ 0.35 UBA/ha
✓ Nomade  non si ha una base d’appoggio per il periodo invernale
Elementi costitutivi di un sistema pastorale
Mette in relazione una risorsa foraggera con una serie di animali sia domestici che selvatici. La
risorsa foraggera si sviluppa sul suolo all’interno del quale vive la microfauna. Su tutto ciò ha
effetto il clima. L’uomo interviene sul sistema attraverso la gestione. Inoltre costruisce vie di
comunicazione e fabbricati. Predispone attrezzature pastorali per il pascolamento.
o Suolo  visto come un contenitore di fertilità che fornisce elementi nutritivi alle
piante che vengono mangiate dagli animali. Avvengono quindi asporti dal suolo
attraverso la rimozione della vegetazione e apporti attraverso le deiezioni animali e
fertilizzanti e con il ciclo della sostanza organica. Possiamo avere:
▪ Suolo naturale  formato da processi pedogenetici naturali che ospita una
vegetazione spontanea
▪ Terreno agrario  effetto di pregresse lavorazioni che ospita piante agrarie
Dotato di caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche  abitabilità e fertilità
Il suolo è classificato secondo diversi criteri:
▪ Fertilità  oligotrofia, mesotrofia, eutrofia
49
▪ Substrato  siliceo, calcareo, indifferente. Importante per determinare il
tipo di vegetazione presente ma in modo abbastanza elastico, infatti
possono esserci formazioni indifferenti al substrato
▪ pH orizzonti superficiali  il pH influenza la presenza delle specie.
o Ambiente e clima  il tipo di vegetazione dipende anche da:
▪ Fattori biotici  sono antropici e aumentano al diminuire dalla quota. La
risorsa data dai fattori biotici è detta zoogena. Abbiamo fattori come:
✓ interventi agronomici
✓ interventi gestionali – pastorali
✓ animali domestici
✓ fauna selvatica
✓ disturbo da fruizione
▪ Fattori abiotici  legati all’ambiente:
✓ pluviometria e basse temperature
✓ matrice silicea o calcarea
✓ funzionamento idrico del substrato (riserve idriche del suolo)
• serie prative
• serie sortumose
✓ effetto termico e durata innevamento:
• condizioni nivali
• intermedie
• termiche
Classificazione ecologica delle formazioni pastorali (Alpi SW)
1. Formazioni di condizioni termiche prevalenti
2. Formazioni di condizioni intermedie
3. Formazioni di condizioni nivali  non molto importanti in Piemonte (sopra i 2200-2300 m)
4. Formazioni di condizioni idromorfe  formazioni fragili, non fruibili dagli animali, spesso
presenti in ambienti di alpeggio
5. Pascoli a invasione arbustiva  formazioni riconducibili a 1 e 2 che hanno subito processi 50
involutivi

Formazioni prevalenti nelle Alpi SW


Tipo % sup.
Nardus stricta 16.6
Festuca paniculata 15.3
Festuca gr. Rubra e Agrostis tenuis 12.2
Festuca scabriculmis 7.9
Brachypodium rupestre 6.9
Trifolium alpinum e Carex sempervirens 5.5
Festuca gr. ovina 4.7
Carex sempervirens 3.9
Dactylis glomerata 2.5
Sesleria varia 2.2
Festuca gr. violacea 1.5
Helictotrichon parlatorei 1.3
Bromus erectus 1.2
1. Formazioni di condizioni termiche
1.1 – Termo-xerofile
A – Suoli poco evoluti, formazioni pioniere
1. Achnatherum calamagrostis
2. Festuca dimorpha
B - Suoli poco evoluti, formazioni non pioniere
3. Stipa pennata
4. Carex humilis
5. Sesleria cylindrica
6. Anthyllis montana
7. Avenula pratensis
C – Suoli mediamente evoluti
8. Bromus erectus
8 - Brometi (Bromus erectus)  Formazioni del piano collinare, montano (e subalpino). In passato
tipicamente sfalciati e concimati, poi evoluti verso un brometo pascolato. Tipico di suoli calcarei,
evoluti, prevalentemente di versanti non troppo ripidi. Possiede un valore foraggero variabile,
dipendente dalle specie accompagnatrici  VP = 10-35 (talora > 40 in facies pingui o ricche in
leguminose). Formazioni importanti per pregio floristico-vegetazionale elevato poiché tutti i
brometi entrano nella classe Festuco-brometea  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE, specie rare e
protette. Ha anche un elevato pregio paesaggistico per le fioriture. Le specie caratterizzanti sono
Bromus erectus, Festuca gr. ovina e il Brachypodium rupestre. 51
1.2 – Xerofile
A – Suoli poco evoluti, formazioni pioniere
9. Dryas octopetala
10. Carex firma
B – Suoli poco evoluti, formazioni non pioniere
11. Helictotrichon parlatorei
11 – Helictotrichon parlatorei (IS = 0)  Formazioni del piano subalpino superiore e alpino
inferiore, di versante (bordi inferiori di pareti calcaree su vecchie frane), suoli poco evoluti ricchi di
scheletro con substrato calcareo. Possiede un valore foraggero modesto poiché l’H. parlatorei ha
valore nullo  VP = 5-15. È una pianta che forma cespi di grandi dimensioni riconoscibile da peli
avvolti ad elica alla base delle gemme. Sono formazioni di pregio floristico-vegetazionale 
habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “formazioni erbose calcicole alpine e subalpine”, specie rare e
protette. Ha inoltre un valore paesaggistico da discreto a medio. Le specie caratterizzanti sono
Helictotrichon parlatorei, Festuca gr. ovina, Helianthemum nummularium, Thymus gr. serphyllum,
Achillea gr. millefolium, Sesleria varia, Onobrychis montana, Carex sempervirens.
12. Hieracium tomentosum e Helictotrichon sedense
13. Sesleria varia
13 - Seslerieti (Sesleria varia) (IS = 1)  Tipici del piano subalpino e alpino, di versante, suoli poco
evoluti ricchi di scheletro con substrato calcareo. In condizioni di elevata pendenza si dispongono
“a gradino” secondo le curve di livello. La Sesleria è una graminea con infiorescenza corta che
secca rapidamente, con foglie lucide e coriacee. Il valore foraggero VP = 10-20 (20-25 in facies
ricche in leguminose). Pregio floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE
“formazioni erbose calcicole alpine e subalpine”, specie rare e protette. Valore paesaggistico da
medio a elevato (fioriture vistose di Helianthemum, Allium …). Le specie caratterizzanti sono:
Sesleria varia, Festuca gr. ovina, Carex sempervirens, Thymus gr. serpyllum, Helianthemum
nummularium, Helianthemum oelandicum, Polygonum viviparum, Lotus alpinus.
14. Onobrychis montana
14 - Onobricheti (Onobrychis montana) (IS = 3)  tipico del piano subalpino superiore e alpino, di
versante, su suoli poco evoluti con substrato calcareo (pareti calcaree o conoidi). In quota viene
vicariata da Onobrychis vicifolia. È una buona specie foraggera, si presta bene ad un’utilizzazione
con animali. Se viene ben pascolato da bovini od ovini si vede un aumento del livello trofico (+ Poa
pratensis e Trifolium). Ha un valore foraggero VP = 20-35 (facies più pingui). Formazione adatta
anche ad animali più esigenti anche se son zone difficili da accedere. Han pregio floristico-
vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “formazioni erbose calcicole alpine e
subalpine”, specie rare e protette. Pregio paesaggistico molto elevato nel periodo di fioritura della
specie guida. Specie caratterizzanti sono Onobrychys montana, Festuca gr. ovina, Thymus gr.
serpyllum, Poa alpina, Trifolium pratense.
Nota gestionale per i pascoli a leguminose  fissando azoto, gli animali asportano e poi
52
restituiscono una parte di N. quindi il livello di azoto nella pianta continua ad aumentare e va a
sfavorire le specie che azotofissano. È opportuno attuare un trasferimento di fertilità!
15. Helianthemum oelandicum
16. Carex tendae
17. Heliantemum nummularium
18. Briza media
19. Festuca gr. ovina
19 - Festuceti a Festuca gr. ovina (IS = 1-2)  tipici del piano subalpino e alpino (anche montano),
di versante, suoli poco evoluti con substrato indifferente (differenti specie nell’ambito del gruppo).
È una graminea dalla lamina fine, infatti il livello trofico della prateria è basso. Sono formazioni che
vengono solo pascolate, possono derivare dal pascolamento dei brometi. Il valore foraggero VP =
15-25 (fino 30-40 in facies più pingui). Pregio floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir.
92/43/CEE “formazioni erbose secche su substrato calcareo con fioritura orchidee”, specie rare e
protette. Il pascolamento deve essere quindi adeguato e bisogna conservare le caratteristiche
dello stesso. Pregio paesaggistico medio-elevato per le fioriture. Le specie caratterizzanti sono
Festuca gr. ovina, Carex sempervirens, Thymus gr. serpyllum, Agrostis tenuis
1.3 – Termofile
1.3.1 Suoli poco evoluti
A – Suoli basici
20. Carex rupestris
21. Festuca quadriflora
22. Elyna myosuroides
23. Carex rosae
B – Suoli acidi
24. Festuca scabriculmis
24 – Festuceti a Festuca scabriculmis (gr. varia) (IS = 0)  tipica del piano subalpino e alpino, di
versante, suoli poco evoluti, ricchi di scheletro con substrato siliceo. Riconoscibile per i cespi di
grandi dimensioni e le foglie fini particolarmente rigide. È la pianta killer che ti fa scivolare quando
è secca e bagnata. Ha valore foraggero VP = (nullo) 5-15. Son formazioni molto povere. Utilizzate
solo per animali poco esigenti che sanno muoversi bene su pendenze elevate  ovini in modo
estensivo. Il pregio floristico-vegetazionale è scarso e quello paesaggistico modesto (cespi di
festuca). Le specie caratterizzanti sono Festuca scabriculmis, Carex sempervirens, Avenella
flexuosa, Anthoxantum alpinum, Thymus gr. serpyllum, Lotus alpinus, Nardus stricta, Vaccinium
myrtillus.
1.3.2 Suoli evoluti
25. Brachypodium rupestre
53
25 - Brachipodieti (Brachypodium rupestre) (IS = 1)  tipico del piano collinare, montano e
subalpino, suoli evoluti e poveri in scheletro, indifferente a substrato. Formano delle macchie
giallastre monospecifiche che si espandono e si uniscono tra loro. Molto diffusa in zone in cui ci
sono condizioni termiche ma non ci sono molti problemi riguardanti la disponibilità idrica. Si forma
spesso per abbandono di una regolare utilizzazione (formazioni preforestali). Meno si pascola più
la specie dominante aumenta. Ha un comportamento allelopatico e presenta funghi che
impediscono l’insediamento di altre specie. Il valore foraggero VP = 10-20 (20-30 facies pingui). In
passato veniva incendiato per migliorare il pascolo col problema però che veniva stimolata la
crescita della felce. Il suo recupero è possibile con un pascolamento razionale e costante facendo
aumentare il Bromus erectus. Ha pregio floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir.
92/43/CEE “formazioni erbose secche su substrato calcareo con fioritura orchidee”, specie rare e
protette. Valore paesaggistico modesto. Le specie caratterizzanti sono Brachypodium rupestre,
Festuca gr. ovina, Achillea gr. millefolium, Agrostis tenuis, Thymus gr. serpyllum, Carex
sempervirens, Festuca gr. rubra, Helianthemum nummularium, Nardus stricta.
26. Festuca paniculata
26 - Festuceti o Paniculeti a Festuca paniculata (IS = 1)  tipici del piano subalpino (alpino), di
versante (pendenze elevate), suoli evoluti, poveri in scheletro, indifferente a substrato. Formazioni
che in passato avevano interesse come praterie da sfalcio. Forma dei cespi di grosse dimensioni
con lamina media coriacea e scabrosa. La loro evoluzione dipende dalle specie associate (Brometi
o festuceti associati a festuca rubra o festuca ovina). L’interesse a sfalciare era più legato
all’infiorescenza  queste portano dei semi di grosse dimensioni simili al frumento e all’interno
del foraggio alzano la qualità energetica. Ha valore foraggero VP = 10-20 (max 25). Pregio
floristico-vegetazionale medio  specie rare e protette. Valore paesaggistico discreto-elevato.
valore storico/geografico: queyrel, Pequerel; sfalcio regolare (Prafaucher, Prati di Culmian). Le
specie caratterizzanti sono Festuca paniculata, Festuca gr. ovina, Carex sempervirens, Thymus gr.
serpyllum, Nardus stricta, Potentilla grandiflora, Helianthemum nummularium, Anthoxantum
alpinum, Brachypodium rupestre.

2. Formazioni di condizioni intermedie


2.1 - Formazioni oligotrofiche
2.1.1 Suoli basici  meno presenti in zone intermedie
27. Helictotrichon sedenense
28. Carex fimbriata
2.1.2 Suoli acidi  in zone tendenzialmente piovose e usate da sempre in modo abbondante con animali,
causando un’acidificazione superficiale.
A - Formazioni pascolive a differente effetto zoogenico  azione che gli animali hanno sulla
vegetazione, evoluzione per effetto dell’utilizzazione  prelievo + restituzione
29. Poa violacea
29 - Poa violacea (IS = 0)  tipica del piano subalpino e alpino, di versante (pendenze elevate),
suoli evoluti, poveri in scheletro e indifferente al substrato. È l’unica Poa a lamina fine, forma cespi
compatti, ha la cariosside mutica, la ligula è lunga circa 4 mm e viene evitata dagli animali. Le
foglie sono molto fini e arrotolate, simili a quella della Festuca. La sua scarsa appetibilità è data
anche dalla grande quantità di foglie secche alla base del cespo. È una formazione che può
derivare da festuceti a F. rubra. Il valore foraggero VP = 10-20 (max 25 se F. ovina o rubra 54
abbondante). Pascolata in modo estensivo soprattutto da ovini che comunque hanno una buona
selettività  anche se la P. violacea viene lasciata lì. Pregio floristico-vegetazionale  habitat
prioritario Dir. 92/43/CEE “formazioni erbose a Nardus su substrato siliceo”, specie rare e protette.
Il valore paesaggistico è irrilevante. Le specie caratterizzanti sono Poa violacea, Festuca gr. ovina,
Festuca gr. rubra, Carex sempervirens, Agrostis tenuis, Anthoxantum alpinum, Nardus stricta.
30. Nardus stricta
30 - Nardeti a Nardus stricta (IS = 0)  tipica del piano subalpino e alpino (ampio intervallo
altitudinale), di pianoro o versante poco acclive, suoli da mediamente evoluti a evoluti, poveri in
scheletro, acidificati superficialmente, poveri di N (oligotrofici) per trasferimento di fertilità ma
indifferenti al substrato. A seconda delle condizioni in cui si trovano possiamo avere:
➢ Nardeti primari  settore endalpico, altitudine elevata. Quindi oligotrofia legata al suolo e
all’altitudine. In queste condizioni, sono tipiche N. stricta, Carex sempervirens, Poa alpina,
Trifolium alpinum.
➢ Nardeti secondari: bassa altitudine, dove c’è stata una riduzione di N a causa del
trasferimento di fertilità. Hanno origine biogena. In queste condizioni invece, N. stricta,
Anthoxantum alpinum e Festuca gr. rubra.
Sono formazioni molto diffuse in Piemonte. Il nardo è una graminea di piccola taglia a lamina fine,
molto coriacea di cui non si alimentano neanche gli animali meno selettivi. Le lamine sono
ricoperte da scagliette di silice, questa la rende poco palatabile.
Gli anni successivi le foglie secche rimangono sul cespo insieme a quelle dell’anno. Alla base del
cespo ci sono le guaine secche che formano il cosiddetto tessuto “a palizzata”, difficile da scalfire
anche con il calpestamento. Il valore foraggero VP = 10-20 (N. stricta è pessima foraggera)
✓ In caso di oligotrofia estrema VP < 10
✓ In caso di mesotrofia VP = 20-25
Tuttavia hanno pregio floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “formazioni
erbose a Nardus su substrato siliceo”, specie rare e protette.
È una forzatura perché si ha una maggior biodiversità sui substrati
calcarei. Ha senso per i nardeti primari ma non per quelli secondari
perché derivano dalla degradazione di altre formazioni. Con questa
Direttiva si ha quindi un problema dal pov gestionale in quanto c’è
l’obbligo di conservazione del nardeto che non può essere avviato ad
altra formazione migliore. Si può solo migliorare il livello trofico.
Il valore paesaggistico è localmente elevato per le dicotiledoni a fioritura appariscente (Arnica
montana, Trifolium alpinum, Gentiana cockiana, Viola calcarata). Altre specie caratterizzanti non
citate sono Agrostis tenuis, Avenella flexuosa, Plantago serpentina e Geum montanum.
Gestione  utilizzazione con bovini poco esigenti e poco selettivi. Miglioramento che consiste
nell’alzare la fertilità tramite un prelievo uniforme e un apporto di deiezioni nelle stesse zone in
cui pascolano, attuando quindi un pascolamento turnato integrale.
31. Avenella flexuosa e Carex sempervirens 55
32. Carex sempervirens
32 - Sempervireti (Carex sempervirens) (IS = 1)  tipici del piano subalpino e alpino, di versante,
suoli mediamente evoluti e acidificati ma indifferenti al substrato. Il Carex è una Cyperacea
caratterizzata da foglie verde lucido che forma cespi non molto grossi a lamina media. Il valore
foraggero VP = 10-20 (25 con Trifolium alpinum, Poa alpina, Phleum alpinum, ecc.). Pregio
floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “formazioni erbose a Nardus su
substrato siliceo”, specie rare e protette. Il valore paesaggistico è irrilevante. Le specie
caratterizzanti Carex sempervirens, Nardus stricta, Anthoxantum alpinum, Geum montanum,
Thymus gr. serpyllum, Trifolium pratense, Potentilla grandiflora, Festuca gr. violacea, Lotus alpinus,
Festuca gr. rubra, Festuca gr. ovina.
33. Trifolium alpinum e Carex sempervirens
33 - Trifoglieti (Trifolium alpinum e Carex sempervirens) (IS = 2)  tipici del piano subalpino
superiore e alpino, di versante a pendenza ridotta, suoli evoluti, poveri di scheletro e acidificati ma
indifferenti al substrato. Il trifoglio si circonda di specie adatte a una carenza di elementi nutritivi
(Carex e Nardus). Queste formazioni hanno un ottimo valore foraggero VP = 13-25 (fino a 30 con
specie mesotrofiche). Rispetto all’Onobrychis, il trifoglio è molto più diffuso. Si prestano bene
anche al pascolamento di animali esigenti. L’interesse al pascolamento di questo è anche perché
associati al trifoglio ci sono metaboliti secondari in grado di conferire al latte caratteristiche
particolari.
Pregio floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “formazioni erbose a Nardus
su substrato siliceo”, specie rare e protette. Il valore paesaggistico è elevato alla fioritura del T.
alpinum. Le specie caratterizzanti sono T. alpinum, Carex sempervirens, Nardus stricta, Poa alpina,
Anthoxantum alpinum, Avenella flexuosa, Juncus trifidus, Festuca gr. rubra, Leontodon helveticus,
Agrostis alpina, Geum montanum.
Gestione  formazione a leguminose in cui viene operato un moderato trasferimento di fertilità.
Un trifoglieto fissa circa 30 kg N/ha/yr, l’asporto è di 80-100 kg. Il pernottamento viene quindi
fatto da altra parte. Se si fertilizzasse troppo si avvantaggerebbe la Poa alpina e la Festuca rubra.
B - Formazioni a prevalente determinismo abiotico
34. Agrostis rupestris
35. Festuca gr. halleri
36. Avenula versicolor
37. Carex curvula
37 - Curvuleti (Carex curvula) (IS = 0)  tipici del piano alpino superiore (climax), di dosso o
pianoro ben drenato, suoli evoluti, poveri di scheletro e acidificati su substrato siliceo. Cyperacea
poco produttiva con valore foraggero VP = 5-15. Il pregio floristico-vegetazionale è modesto e il
valore paesaggistico è irrilevante. Le specie caratterizzanti sono Carex curvula, Leontodon
helveticus, Poa alpina, Avenula versicolor, Ligusticum mutellina, Trifolium alpinum.
38. Loiseleuria procumbens
C - Formazioni preforestali
39. Molinia arundinacea 56
40. Calamagrostis villosa
41. Festuca flavescens
2.2 – Formazioni mesotrofiche
2.2.1 Suoli neutri o basici
42. Hedysarum brigantiacum
43. Trifolium thalii
2.2.2 Suoli acidi
44. Trifolium pallescens
45. Polygonum viviparum
46. Festuca gr. violacea
46 - Festuceti a Festuca violacea (IS = 1)  tipici del piano subalpino superiore e alpino, di
versante, suoli mediamente evoluti o evoluti, ricchi di scheletro e acidificati ma indifferenti al
substrato. Graminea di taglia modesta a foglie molto fini (erba ciularina). Il valore foraggero VP =
15-25 (30 con leguminose e graminee buone foraggere). Pregio floristico-vegetazionale  habitat
prioritario Dir. 92/43/CEE “formazioni erbose calcicole alpine e subalpine” specie rare e protette. Il
valore paesaggistico è discreto per le fioriture vistose di specie come Leontodon hispidus e Lotus
alpinus. La specie caratterizzanti sono Festuca gr. violacea, Poa alpina, Lotus alpinus, Campanula
scheutzeri, Geum montanum, Plantago alpina, Carex sempervirens.
Gestione  pascolata con ovini o bovini poco esigenti.
47. Geum montanum
48. Alchemilla gr. alpina
49. Plantago media
50. Agrostis schraderana
51. Poa chaixii
52. Festuca gr. rubra e Agrostis tenuis
52 - Festuceti a Festuca gr. rubra e Agrostis tenuis (IS = 2-3 e 2)  tipici del piano montano
superiore e subalpino (ampio intervallo altitudinale), di pianoro o basso versante, suoli evoluti,
poveri di scheletro, fertili, ricchi di sostanza organica e acidificati ma indifferenti al substrato. Sono
formazioni molto abbondanti, tra le più tipiche delle condizioni intermedie (nelle vallate in cui non
ci sono problemi idrici). Riguardo alle specie dominanti, per la Festuca si considera il gruppo (in
Piemonte è generalmente la nigrescens). Questa forma cespi di discrete dimensioni. L’Agrostis è
invece presente in tanti tipi oligotrofici, più è abbondante e più è indicatore di oligotrofia. Il valore
foraggero è molto variabile VP = (10) 20-40. Presenta una diversità specifica importante. Pregio
floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “formazioni erbose a Nardus su
substrato siliceo” + “praterie montane da fieno”, specie rare e protette. Il valore paesaggistico è
elevato per le fioriture vistose. Le specie caratterizzanti sono Festuca gr. rubra, Agrostis tenuis,
Phleum alpinum, Anthoxantum alpinum, Achillea gr. millefolium, Ranunculus gr. montanus, Nardus
stricta, Poa alpina, Trifolium pratense, Alchemilla gr. vulgaris, Trifolium repens.
Gestione  si prestano ad essere pascolate anche da animali piuttosto esigenti. L’impoverimento
della formazione porta al nardeto.
57
53. Deschampsia cespitosa
54. Veratrum album
2.3 – Formazioni eutrofiche  qualità foraggera molto elevata
A – Utilizzazione razionale
55. Lolium perenne
55 - Lolieti a Lolium perenne (IS = 5)  tipici di fondovalle, piani collinare e basso montano, di
pianoro o versante a ridotta pendenza, suoli evoluti, poveri di scheletro, acidificati ma indifferenti
al substrato. Condizioni di elevata fertilità (abbondanza di restituzioni). Molto importanti per il loro
valore foraggero VP = 30-50. Le specie caratterizzanti sono Lolium perenne, Festuca gr. rubra,
Anthoxantum odoratum, Trifolium repens, Holcus lanatus, Trifolium pratense, Agrostis tenuis.
56. Poa pratensis
57. Dactylis glomerata
57 - Dactylis glomerata (IS= 5)  tipici del piano montano e subalpino, prevalentemente di
pianoro, suoli evoluti, poveri di scheletro, indifferenti al substrato. Originati da ex prati pingui non
più sfalciati. Il valore foraggero è molto elevato VP = (25) 30-55. Si ha una maggiore biodiversità, il
pregio floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “praterie montane da fieno”,
specie rare e protette. Il pregio paesaggistico è elevato grazie alle fioriture vistose di Taraxacum
officinale e Polygonum bistorta. Le specie caratterizzanti sono Dactylis glomerata, Achillea gr.
millefolium, Festuca gr. rubra, Trisetum flavescens, Alchemilla gr. vulgaris, Anthoxantum
odoratum, Trifolium pratense, Agrostis tenuis, Taraxacum officinale, Trifolium repens, Polygonum
bistorta.
58. Polygonum bistorta
58 - Polygonum bistorta (IS = 2)  tipici del piano montano e subalpino, di pianoro o versante a
pendenza ridotta, suoli profondi, evoluti, ricchi di nutrienti, indifferenti al substrato. Originati da
ex prati pascolati tardivamente. È una specie ricca di fenoli che influenzano positivamente le
caratteristiche del latte. Anche queste hanno valore foraggero alto VP = 25-55. Pregio floristico-
vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “praterie montane da fieno”, specie rare e
protette. Pregio paesaggistico molto elevato in fioritura di Polygonum bistorta. Le specie
caratterizzanti sono Polygonum bistorta, Festuca gr. rubra, Phleum alpinum, Alchemilla gr.
vulgaris, Trisetum flavescens, Agrostis tenuis, Achillea gr. millefolium, Trifolium pratense.
59. Trisetum flavescens
58 - Triseteti (Trisetum flavescens) (IS = 2)  tipici del piano montano e subalpino (alpino), di
pianoro o basso versante, suoli evoluti, poveri di scheletro e acidificati, indifferenti al substrato.
Originate da ex prati concimati e irrigati oggi solo pascolati. Sono le tipiche praterie montane da
fieno. In quota possono diventare dei poligono-triseteti. Hanno un buon valore foraggero VP = 25-
45. Pregio floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir. 92/43/CEE “praterie montane da
fieno”, specie rare e protette. Il pregio paesaggistico è elevato alla fioritura del Trisetum. Le specie
caratterizzanti sono Trisetum flavescens, Festuca gr. rubra, Polygonum bistorta, Alchemilla gr.
vulgaris, Dactylis glomerata, Achillea gr. millefolium, Trifolium pratense, Phleum alpinum.
60. Phleum alpinum
61. Poa alpina
58
61 - Poa alpina (IS = 2)  tipici del piano subalpino superiore e alpino, pianori d’altitudine molto
frequentati da animali, suoli evoluti, poveri di scheletro e acidificati ma indifferenti al substrato.
Sono zone molto fertili dove pernottano le mandrie o dove pascolano più intensivamente. Sono
l’evoluzione dei trifoglieti a Trifolium alpinum. Il valore foraggero varia a seconda della quota (in
ambito alpino è tra le migliori formazioni insieme al trifoglio), VP = 20-35. Non rientra in Dir.
habitat ma presenta specie rare o protette e il pregio paesaggistico è irrilevante. Le specie
caratterizzanti sono Poa alpina, Festuca gr. rubra, Phleum alpinum, Cerastium arvense, Polygonum
viviparum, Alchemilla gr. vulgaris, Lotus alpinus.
Gestione  si conservano se si mantiene un livello di fertilità alto attuando un pascolamento
razionale con adeguato apporto di restituzioni. Va bene per tutte le categorie di animali.
B - Utilizzazione con eccesso di calpestamento
62. Poa trivialis
63. Taraxacum officinale
64. Alchemilla gr. vulgaris
64 - Alchemilla gr. vulgaris (IS = 1-2)  tipici del piano subalpino superiore e alpino, di pianoro o
versante a debole pendenza, suoli evoluti e poveri di scheletro, indifferenti al substrato. Rosacea
con foglie intere di dimensioni variabili, dicotiledone foraggera tra le migliori e palatabili. Si
formano in siti molto frequentati delle mandrie, formazioni fragili per via del calpestamento e non
è facile trovare un equilibrio che ne permetta la conservazione. Il valore foraggero VP = 25-40. Non
rientra in Dir. habitat ma presenta specie rare o protette e il loro pregio paesaggistico è irrilevante.
Le specie caratterizzanti sono Alchemilla gr. vulgaris, Phleum alpinum, Poa alpina, Festuca gr.
rubra, Ranunculus gr. montanus, Trifolium pratense, Agrostis tenuis, Geum montanum.
2.4 – Formazioni nitrofile  eccesso di fertilità dato dalla sovra frequentazione degli animali (di solito
attorno ai centri aziendali, dove gli animali passano la notte o in zone mal gestite)
65. Petasites hybridus
66. Urtica dioica
67. Poa annua/supina
68. Chenopodium bonus-henricus
69. Rumex alpinus
69 - Romiceti (Rumex alpinus) (IS = 0)  tipici del piano montano e subalpino (alpino), di pianoro,
suoli evoluti, poveri di scheletro e acidificati, indifferenti al substrato. Si trovano di solito in siti
molto frequentati delle mandrie e nelle zone di accumulo dei liquami. È una pianta di grosse
dimensioni che può formare popolamenti quasi puri. Non viene mangiato, ma viene distrutto con
il continuo calpestamento. Il valore foraggero VP è nullo. Il pregio paesaggistico è modesto. Ci
sono aspetti negativi sulla fruizione del sito.

3. Formazioni di condizioni nivali  aree di altitudine caratterizzate dalla permanenza per lungo
tempo della neve
3.1 – Sub-nivali  formazioni più di versante, con pendenza moderata e permanenza della neve meno lunga
3.1.1 Suoli poco evoluti
A - Suoli basici
70. Salix retusa e Salix reticulata
59
B - Suoli acidi
71. Luzula alpino-pilosa
3.1.2 Suoli evoluti (acidi)
72. Trifolium badium
73. Leontodon helveticus
73 - Leontodon helveticus (IS = 1)  tipici del piano alpino, di pianoro o di versante, suoli evoluti e
acidificati, indifferenti al substrato. Presenti soprattutto a nord del Piemonte creando formazioni
anche estese. Se tende ad essere molto frequentata può subentrare la Poa alpina. È una pianta
con elevata palatabilità, normalmente accompagnata da specie che hanno anch’esse buona
palatabilità. Il valore foraggero VP = 15-25. Il pregio paesaggistico è elevato nel periodo di fioritura
del Leontodon. Le specie caratterizzanti sono Leontodon helveticus, Poa alpina, Anthoxantum
alpinum, Geum montanum, Nardus stricta.
74. Ligusticum mutellina
74 - Ligusticum mutellina (IS = 1)  tipici del piano alpino, di pianori, conche o depressioni
lungamente innevate, suoli evoluti, acidificati e ricchi in humus, indifferenti al substrato. Il valore
foraggero varia a seconda delle condizioni, VP = 15-25 (40). Pregio paesaggistico medio – elevato.
Importante formazione per la presenza di composti aromatici che influenzano positivamente le
caratteristiche del latte (è l’erba associata al formaggio Bettelmat). Le specie caratterizzanti sono
Ligusticum mutellina, Poa alpina, Alchemilla pentaphyllea, Leontodon helveticus, Geum
montanum, Phleum alpinum.
75. Plantago alpina
76. Alopecurus gerardi
3.2 – Nivali
77. Salix herbacea
77 - Salix herbacea (IS = 1)  tipici del piano alpino, di pianori, conche o depressioni lungamente
innevate, suoli evoluti, acidificati e ricchi in humus, indifferenti al substrato. Il valore foraggero
varia a seconda delle condizioni, VP = 15-25 (40). Pregio paesaggistico medio – elevato. Questa è
l’unica formazione pastorale dominata da una specie arbustiva, infatti questa ha apparati
striscianti legnosi ma fiori e getti dell’anno con una consistenza erbacea. Le specie caratterizzanti
sono Salix herbacea, Poa alpina, Plantago alpina, Festuca gr. violacea.
78. Alchemilla pentaphyllea
78 - Alchemilla pentaphyllea (IS = 1)  tipici del piano alpino, di pianori, conche o depressioni
lungamente innevate, suoli evoluti, acidificati e ricchi in humus, indifferenti al substrato. Il valore
foraggero varia a seconda delle condizioni, VP = 15-25 (40). Pregio paesaggistico medio – elevato.
In questa formazione l’effetto calpestamento è meno evidente rispetto all’altra Alchemilla. Pianta
di taglia modesta con palatabilità elevata. Le specie caratterizzanti sono Alchemilla pentaphyllea,
Poa alpina, Salix herbacea, Carex foetida.
79. Carex foetida
79 - Carex foetida (IS = 2)  tipici del piano alpino, di pianori, conche o depressioni lungamente
innevate, suoli evoluti, acidificati e ricchi in humus, indifferenti al substrato. Il valore foraggero
60
varia a seconda delle condizioni, VP = 15-25 (40). Pregio paesaggistico medio – elevato. Pianta di
taglia discreta che fa delle infiorescenze brune. È una formazione a metà tra il nivale e il
sortumoso per via del tenore idrico elevato. Buona produzione di fitomassa ed è molto appetita
dagli animali. Le specie caratterizzanti sono Carex foetida, Poa alpina, Alchemilla pentaphyllea,
Nardus stricta.
Gestione  gli ambienti con vegetazione nivale hanno generalmente suoli profondi con un’elevata
quantità d’acqua, sono quindi suoli con una portanza limitata  molto fragili! Bisogna quindi
evitare la concentrazione degli animali, l’eccessivo calpestamento e le eccessive restituzioni. Sono
fonti di foraggio quando gli altri tipi sono verso la fine del loro ciclo vegetativo; è una vegetazione
che si mantiene sempre verde per tutta la stagione vegetativa.

4. Formazioni di condizioni idromorfe  si trovano talvolta anche in ambienti di alpeggio, sono


specie non importanti dal pov pastorale.
80. Molinia coerulea
81. Scirpus sylvaticus
82. Carex gracilis
83. Carex rostrata
84. Carex flacca
85. Trichophorum caespitosum
86. Carex fusca
86 – Carex fusca (IS = 0)  forma praterie che per parte della stagione vegetativa sono sommerse.
Ha un valore foraggero VP è nullo. Solo valore naturalistico.
87. Eriophorum angustifolium
88. Eriophorum scheuchzeri
87 e 88 - Eriophorum angustifolium ed E. scheuchzeri (IS = 0)  tipici del piano subalpino (alpino),
suoli torbosi permanentemente inondati, indifferenti al substrato. Sono formazioni poco diffuse in
cui normalmente c’è acqua a livello superficiale. L’azione di calpestamento è legato
all’abbeveramento, ma non si sa se sia dannoso o meno. Il valore foraggero VP è nullo. Ha pregio
paesaggistico elevato in fruttificazione di Eriophorum spp.
Gestione  sono formazioni di ambienti molto fragili. Una concentrazione di animali può
determinare dei problemi. La tendenza attuale è quella di recintare ed escludere dal pascolamento
queste zone.

5. Pascoli a invasione arbustiva


5.1 – Termofili
89. Arctostaphylos uva-ursi
90. Juniperus nana
90 - Lande a Juniperus nana  tipiche del piano subalpino e alpino, versanti sud a pendenza anche
elevata, xerofile, suoli mediamente evoluti, ricchi di scheletro, indifferenti al substrato. Invasione
dovuta a una gestione poco razionale e a un pascolamento saltuario. Presenza non del tutto
negativa per via dell’avifauna alpina che usa il ginepro per farci il nido (coturnice, gallo forcello…).
Il valore foraggero VP = 10-12. Pregio floristico-vegetazionale: habitat prioritario Dir. 92/43/CEE
“lande alpine e boreali”. Il pregio paesaggistico è irrilevante.
61
5.2 – Mesofili
91. Vaccinium gaultherioides
92. Vaccinium myrtillus
91 e 92 - Lande a Vaccinium gaultherioides e V. myrtillus  tipici del piano subalpino e alpino,
versanti a pendenza anche elevata, suoli mediamente evoluti e acidificati, indifferenti al substrato.
Sui versanti più siccitosi prevale il V. gaultherioides mentre in quelli dove l’innevamento è più
prolungato, prevale il V. myrtillus (si trova molto spesso come invadente sotto il larice). In siti
molto oligotrofici il V. gaultherioides è presente in modo molto esteso ed è molto competitivo con
le altre specie. Il V. myrtillus, nei nardeti, ha una consistenza più erbacea ma il pascolamento è
difficoltoso. Il valore foraggero VP < 20. Pregio floristico-vegetazionale  habitat prioritario Dir.
92/43/CEE “lande alpine e boreali”. Ha pregio paesaggistico irrilevante.
Gestione e recupero  pascolamento fatto in modo molto estensivo poiché il VP è basso e non c’è
una vera e propria offerta palatabile. Sono applicabili diverse strategie di recupero, normalmente
si tenta con quello di tipo meccanico. Senza un aumento di fertilità però le cose non cambiano,
quindi sarebbe necessario farci pernottare gli animali. La distruzione tramite calpestamento e
fertilizzazione attraverso le restituzioni è detta mandratura/stabbiatura. Il recupero permette
ovviamente di usare “oasi” più fertili.
Rhododendron ferrugineum  non lo troviamo tra i tipi pastorali perché ha una strategia di
diffusione che tende a formare popolamenti chiusi (senza specie palatabili) divisi da popolamenti
aperti erbacei (palatabili). Per un eventuale recupero bisognerebbe fertilizzare le zone con forti
restituzioni, creando condizioni in cui il rododendro non riesca a competere.
Elementi di gestione dei sistemi agro-foraggeri e pastorali
Obiettivi generali della gestione pastorale

• Orientare il consumo in modo da:


➢ rendere omogeneo il prelievo (qualitativamente e quantitativamente)
➢ ridurre i refusi
➢ minimizzare il calpestamento
• Consentire all’animale di soddisfare i propri fabbisogni alimentari (erba, acqua, sale)
• Rispettare i ritmi della mandria / gregge (pascolamento, ruminazione, riposo)
• Creare le condizioni per la conservazione della vegetazione e in generale del territorio
Gestione delle formazioni pastorali
Abbiamo 2 livelli:

• INPUT
o Gestione delle restituzioni degli animali al pascolo
• OUTPUT
o Gestione della relazione “animali al pascolo – erba”
▪ livello di prelievo  offerta foraggera che viene ingerita dagli animali
▪ calpestamento  movimentazione delle mandrie
Relazioni erba-animale: prelievo
il prelievo si quantifica con due variabili: 62

• quantità di erba ingerita / erba offerta  intensità di pascolamento


• % consumo fitomassa esistente  pressione di pascolamento
La quantità di erba ingerita dipende da:
➢ offerta foraggera
➢ caratteristiche dell’animale: specie e comportamento
➢ carico animale
Offerta foraggera  data una determinata quantità di
fitomassa, l’offerta foraggera è solo la parte che con la
brucatura viene asportata dagli animali. Non rientra
nell’offerta la parte prossima al suolo.
➢ La produzione è la quantità di erba prodotta in
un determinato intervallo di tempo.

Ci si chiede innanzitutto, cosa e quando utilizzare l’offerta  variabilità in base alle specie e alle
stagioni (all’inizio della stagione veg l’offerta è ovviamente minore). In secondo luogo ci si chiede,
come utilizzare l’offerta?  così si sceglie la specie animale, si determina il carico, la tecnica di
pascolamento e le attrezzature per il pascolamento.
Produzione foraggera e sua variabilità
➢ Inizio stagione vegetativa  quando si raggiungono i 300°C (somma termica  media delle
t quotidiane = somma tra max e min) dal 1° gennaio. Si accorcia di circa 1 settimana ogni
100m di dislivello. L’inizio e l’accorciamento con l’altitudine determinano una variazione
importante della produzione a seconda dell’altitudine:
o 0.1 t s.s./ha/yr ogni 100 m alt.
o 0.5 t s.s./ha/yr per ogni mese in meno di stagione veg (-7 giorni ogni 100 m)
➢ Produttività:
o Cotiche poco produttive: 0.5 t s.s./ha/yr (es. formazioni nivali)
o valori medi: 2.2-2.4 t s.s./ha/yr (es. festuceti a Festuca rubra)
o pascoli più produttivi: 6.0-6.5 t s.s./ha/yr
Su queste si inserisce una variabilità interannuale della produttività che dipende
principalmente dalle condizioni climatiche  variabilità che va dal 25 al 60%
Curve di intensità di crescita
Sono curve asimmetriche (di solito una rapida crescita in cui si
raggiunge un picco, dopodiché tende ad avere un andamento
asintotico; cioè man mano che si verso la fine della stagione
vegetativa l’erba cresce sempre più lentamente fino ad
arrivare ad uno zero di vegetazione). I parametri importanti
sono la stagione vegetativa e i valori di intensità di crescita
dell’erba che dipende dal livello trofico della prateria. 63
L’integrale della curva definisce la produttività totale della
prateria.
 A: bassa quota ↑, alta quota ↓
 H: in pingui ↑, in oligotrofici ↓
Si raggiungono valori di
circa 40-45 kg/ha/d di s.s.

Diminuisce la durata della stagione


veg e il valore al picco è di circa 30-35
Il periodo vegetativo rimane simile
ma diminuisce l’intensità di crescita

L’intensità di crescita è elevata però


diminuisce molto la stagione vegetativa.
La vegetazione inizia subito a crescere
molto velocemente  in circa 2 settimane
raggiunge il picco di crescita  vantaggio
per le utilizzazioni dei pascoli.

C’è una crescita primaverile, una stasi


estiva e, se si verificano precipitazioni
sufficientemente abbondanti, è possibile
un’ulteriore crescita autunnale.

64

Produttività della vegetazione e VP

Tipi t/ha s.s. VP


Tipi termofili 0,7÷3,5 10-20
Mesobrometi, Brachipodieti, Seslerieti
Tipi intermedi oligotrofici 0,7÷2 10-20
Avenella flexuosa, Plantago alpina, Potentilla erecta, Geum montanum
Tipi intermedi mesotrofici 1,5÷3,5 20-30
Festuca rubra e Agrostis tenuis, nardeti
Tipi intermedi eutrofici 2,5÷5,5 35-40
Dactylis glomerata, triseteti, Phleum alpinum
Tipi nivali e sub-nivali 0,5÷2 15-30
Plantago alpina, Trifolium alpinum, Leontodon sp.

Esiste una relazione tra la produttività e il


valore pastorale VP
Qualità foraggera  Ricorda nei capitoli passati… Esistono diversi tipi di valutazione:
➢ analisi chimico-bromatologiche
o digeribilità, fibra…
➢ osservazioni dello stato della prateria:
o specie a lamina larga / fine
o densità e distanza tra i cespi
o altezza dell’erba
o consistenza delle specie (NDF/ADL-OMD)
➢ metodi basati sulla composizione della vegetazione
➢ forme di mandria / gregge al pascolo
Forme del gregge  c’è una relazione tra il modo in cui la mandria/gregge
si distribuisce sul pascolo e la sua qualità:
➢ Animale stazionario  quando non ci sono limiti di visibilità, l’erba
è di buona qualità (animali distribuiti), c’è un’elevata attività di
pascolamento e una buona ingestione vuole dire che l’animale non
è spinto a muoversi troppo o a scegliere.
➢ Spostamento a fronte e lineare  quando la qualità diminuisce da mediocre a discreta e
l’ingestione è discreta, tendono a formare i cosiddetti fronti regolari di pascolamento. Qui
cominciano a diventare importanti anche le dinamiche all’interno del gruppo di animali per
via della competizione tra questi. Se la qualità diminuisce ancora da mediocre a pessima
(aumentando conseguentemente la velocità di spostamento) e l’ingestione è scarsa, il
65
fronte tende a diventare lineare. In aree difficili o nel caso in cui l’offerta di erba è
irregolare i fronti tendono a dividersi
Come utilizzare l’offerta?
➢ scelta specie animale  spesso non viene rispettata
➢ determinazione del carico animale  fondamentale per la conservazione della vegetazione
➢ tecnica di pascolamento
➢ attrezzature per il pascolamento
Elementi per scelta specie animale: a) socialità
➢ Ovicaprini: tipicamente gregari, percorrono il terreno in gruppi molto serrati
➢ Equini: tipicamente individualisti
➢ Bovini: tipicamente intermedi (differenze a seconda della razza)
Il comportamento gregario determina > danno al cotico e < ingestione dell’offerta di erba.
Elementi per scelta specie animale: b) preferenze alimentari
➢ Selettività  rapporto tra la bocca dell’animale e le singole specie
o preferenza verso l’una o l’altra specie
o modesta per bovini adulti ed equini
o crescente progressivamente per:
▪ giovani bovini
▪ ovini
▪ caprini
▪ ungulati selvatici
➢ Intensità 66
o approfondimento del morso verso il suolo
o funzione altezza dello strato foglioso (il morso si arresta nell’area dominata dai
culmi)
o modesta in bovini, notevole in ovini ed equini
I bovini sono pascolatori di massa, non sono selettivi. Dieta per lo
più costituita da erba. L’intensità di pascolamento è buona. Gli ovini
tipicamente prelevano l’erba con le labbra e gli incisivi riuscendo
così ad essere molto selettivi. La loro dieta infatti è orientata verso
graminee o dicotiledoni. L’intensità è buona. I caprini invece non
sono pascolatori ma brucatori; hanno una dieta diversa, fatta
preferibilmente da specie non erbacee. Attuano una ricerca
all’altezza degli occhi.
Elementi per scelta specie animale: c) modalità di pascolamento
➢ Pascolamento: interessa in modo ± indifferenziato tutto il manto erbaceo (bassa selettività
delle specie) es. bovini. Selezione di specie più adatte ad una defogliazione frequente.
➢ Brucatura: si limita a specifici organi di pianta (apici, foglie, germogli), molto frequente su
specie legnose (es. capriolo); selettività >, intensità <; riferibile a selvatici, caprini, in misura
minore altri domestici.
Elementi per scelta specie animale: d) organizzazione giornaliera del pascolo
Es. bovini
➢ Pascolamento: la giornata, che dura in media 8-9 ore (ma anche 6 fino a 11), viene
suddivisa in 2 periodi riducendo l’integrazione alimentare al pascolo.
➢ Ruminazione: dura 5-9 ore in f(x) di qualità e quantità di erba ingerita (posizione coricata
indice di buon livello di ingestione). L’alternanza di pascolamento – ruminazione – riposo fa
sì che si distinguano zone dedicate al prelievo dell’erba e zone dedicate al riposo. Aree di
prelievo e di riposo abitudinarie aumentano i trasferimenti di fertilità.
Elementi per scelta specie animale: e) calpestamento
Ha sempre effetti negativi (salvo rari casi, es. trasemina) poiché:
➢ provoca danni agli apparati radicali e fogliari
➢ innesca fenomeni di erosione e lisciviazione suoli ( sentieramenti)
➢ causa compattamento del suolo
➢ fa comparire specie infestanti stolonifere, con portamento a rosetta o rizomatose
L’effetto sarà maggiore in bovini/equini (P = 1,2 - 3 Kg/cm2) + slittamento e minore per gli
ovicaprini (P = 0,8-1 Kg/cm2)

Determinazione del carico animale


67
Parametro che viene determinato in funzione delle condizioni della vegetazione e della morfologia
del terreno.
Il punto di partenza per il calcolo del carico sono le facies (entità gestionali vegetazionali di base
denominazione attribuita sulla base delle specie più abbondanti: fino a raggiungereΣCS di almeno
30-50%).
𝑛° 𝑎𝑛𝑖𝑚𝑎𝑙𝑖
𝐶=
𝑆𝑢𝑝𝑒𝑟𝑓𝑖𝑐𝑖𝑒 ∙ 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜

Dove: n° di animali = n° di UBA al pascolo (1 Unità Bovino Adulto = 1 capo di 550 kg PV)

✓ vacca adulta (550-600 kg p.v.) = 1 UBA


✓ vacca adulta in lattazione = 1.0 - 1.2 UBA
✓ toro adulto = 1.2 UBA
✓ manza = 0.6 UBA
✓ vitello = 0.25 - 0.4 UBA
✓ ovino o caprino adulto = 0.15 UBA
Metodo diretto
È il metodo più usato in zootecnia. Mette a confronto un’offerta foraggera con il fabbisogno degli
animali. Consente di calcolare la CAPACITA DI CARICO (Cc)  carico teorico mantenibile su un
pascolo (in equilibrio con vegetazione). Quindi, il n° di animali necessari per l’utilizzo completo
della risorsa vegetale, garantendone la conservazione. Si basa sul confronto tra produzione di erba
e il fabbisogno giornaliero animale.
𝑠.𝑠. 𝑈𝐹
𝑃𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 [ℎ𝑎 𝑜 ℎ𝑎 ] ∙ 𝑆(ℎ𝑎)
𝐶𝑐 =
𝐹𝑎𝑏𝑏.𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛.[𝑠.𝑠. 𝑐𝑎𝑝𝑜−1 𝑑−1 𝑜 𝑈𝐹] ∙ 𝐷𝑢𝑟𝑎𝑡𝑎 𝑝𝑎𝑠𝑐.(𝑑)

Il fabbisogno giornaliero per capo è di circa 13-15 kg s.s./d


Nonostante tutto, il fabbisogno rimane un’incognita poiché varia, poi non c’è il valore foraggero.
Metodo VP
Questo parte dal valore pastorale  indice sintetico della qualità di una formazione pastorale.

𝐶𝑐 𝑜 𝐶𝑚𝑎 (𝑐. 𝑚𝑎𝑛𝑡𝑒𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑎𝑛𝑛𝑢𝑎𝑙𝑒) = 𝑉𝑃 ∙ 𝐾 ∙ 𝐶𝐹


Dove:
✓ VP = valore pastorale (medio ponderato)
✓ K = coefficiente di conversione:
o 0,020 [UBA/ha/yr] piano collinare-montano
o 0,015 [UBA/ha/yr] piano subalpino 68

o 0,012 (0,010 – 0,007) [UBA/ha/yr] piano alpino


▪Calcolo di K  es. 1 ha di pascolo VP = 100 nel piano collinare-montano
mantiene 2 UBA per 365 giorni  1 punto VP = 0.02 UBA per 1 anno
▪ Salendo quindi di altitudine la produttività diminuisce (a parità di VP)  le
UBA mantenibili sono di meno = 1,5 UBA/ha/yr.  K = 0.015 UBA/ha/yr per
1 VP.
▪ Salendo ancora il valore scende a 0,012 (con variazioni)
✓ CF = coefficiente di fragilità: 1,0 - 0,65 in f(x) di pendenze (per evitare sentieramento ed
erosione)
Da queste si ricavano altre espressioni di carico:
Carico stagionale  carico per la stagione di pascolamento
𝐶𝑚𝑎 ∙ 365
𝐶𝑠𝑡 = [𝑈𝐵𝐴 ℎ𝑎 −1 𝑑𝑠𝑡
−1 ]
𝑑𝑢𝑟𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑡𝑎𝑔𝑖𝑜𝑛𝑒

Es. VP=40; K=0,015; CF=1  Cma = 0.6 UBA/ha/yr (presuppone che venga spalmato su 365 gg, ma
la stagione di pascolo è di circa 180 gg.). quindi  Cst = 0.6 x 365/180 = 1,2 UBA/ha/dst

Problema: se in uno stesso alpeggio ci sono formazioni a diverse altitudini varia anche la stagione
 diventa così impossibile confrontare due stagioni diverse
Giorni di Pascolamento  consente di calcolare il numero effettivo di giorni di pascolamento
disponibili su un alpeggio in un anno (dato operativo)
𝐺𝑃 = 𝐶𝑚𝑎 ∙ 365 [𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖]
Es. 0.6 x 365 = 219 GP
C. istantaneo  definisce al tempo infinitesimo to la presenza animale sull’unita di superficie
𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑎𝑛𝑖𝑚𝑎𝑙𝑒 𝑈𝐵𝐴
𝐶𝑖 = [ ]
𝑆𝑢𝑝𝑒𝑟𝑓𝑖𝑐𝑖𝑒 ℎ𝑎
100 GP = 1 UBA per 100 d, oppure 2 UBA per 50 gg, ecc.

Carico teorico potenziale:


𝐶𝑇𝑃 = 𝑉𝑃 ∙ 𝐾
Carico massimo mantenibile:
𝐶𝑀𝑀 (𝐶𝑚) = 𝐶𝑇𝑃 ∙ 𝐶𝐹
Carico massimo consigliato:
𝐶𝑀𝐶 = 𝐶𝑀𝑀 ∙ 𝐶𝑅
CR%: coefficiente riduzione che tiene conto della variabilità diurna delle produzioni:
✓ bovini da latte: 0.60
69
✓ animali non in lattazione, manze, ovicaprini: 0.75.
Applicazione del carico animale
➢ Scelta della tecnica di pascolamento
➢ Scelta del carico istantaneo (dopo dimensionamento corretto del numero di animali in
funzione delle superfici)
➢ Pianificazione della movimentazione
➢ Delimitazione aree fragili in cui evitare il raggruppamento animali  zone umide a bassa
portanza, zone con popolamenti di specie rare e protette, aree erodibili
Tecniche di pascolamento: obiettivi

• dimensionare correttamente il numero di animali in funzione delle superfici


• pianificare la movimentazione
• evitare il raggruppamento animali nel caso di terreni a elevata umidità (bassa portanza)
• facilitare le operazioni sugli animali
• ridurre la manodopera
Troviamo 3 categorie:
1. pascolamento continuo estensivo c) con recinzioni a rotazione
2. pascolamento turnato d) razionato
a) guidato 3. pascolamento continuo intensivo
b) con recinzioni
1. Pascolamento continuo estensivo o libero
✓ ambienti marginali
✓ utilizzazioni estensive
✓ basso carico funzione della disponibilità minima di erba
✓ libero accesso tutta area
✓ insufficiente consumo primaverile
✓ abbondanza di refusi
✓ utilizzazione tardo estiva dei refusi
Si basa sul principio che gli animali hanno
libero accesso a tutta l’area. Il fabbisogno è
costante nel corso del tempo mentre non lo
è la produzione. Il carico viene usato in
funzione della disponibilità minima di erba.
L’utilizzazione inizia minimo nel momento
in cui la curva di produzione e quella dei
fabbisogni sono uguali. Se l’offerta
foraggera non è omogenea, inizialmente
ingeriscono le specie migliori disponibili che
vengono selezionate. Quando la curva di crescita è minore di quella dei fabbisogni gli animali si
trovano di fronte a erba “invecchiata”.
Problemi: presenza verso la fine della stagione di molta erba poco utilizzata, aumentando i refusi.
70
È un sistema poco adatto per bovini in lattazione, molto più adatto per ovini, bovini giovani o da
carne. L’effetto tardo estiva dei refusi  effetti sulla vegetazione causando squilibri da sotto-
sovraccarico  vegetazione a mosaico. Inoltre, se ci sono parassiti legati agli animali bisogna
effettuare cicli continui di parassitosi. Infine c’è anche un problema per gli ovini da parte dei
predatori.
2. Pascolamento turnato
✓ Crescita indisturbata dell’erba per un periodo (20-50 giorni)
✓ Prelievo superiore alla crescita giornaliera dell’erba
✓ Viene fatto confinando gli animali per il tempo necessario a completare l’utilizzazione.
✓ Passano poi ad una superficie non ancora pascolata.
✓ Tra una superficie e l’altra passano circa 50 giorni.
Tecnica applicabile in diversi modi:
o pascolamento a rotazione + utilizzazioni x ricrescita
o pascolamento guidato  animali confinati e controllati dal pastore e/o cane
o pascolamento razionato  l’area offerta deve essere sufficiente a garantire il
fabbisogno per mezza o una giornata.
Le aree che vengono usate di volta in volta sono sezioni di pascolo, il periodo di tempo è composto
da periodo di pascolamento + periodo di riposo.
Il numero di cicli di pascolamento dipende da:
✓ ricrescita dell’erba  in alcune aree con una certa fertilità ricresce di più.
✓ lunghezza stagione vegetativa
✓ entità e distribuzione delle precipitazioni
es. con animali da latte carico di più se voglio un’utilizzazione omogenea. Varia anche la curva di
lattazione.
Inizialmente vengono utilizzate prima le piante di > qualità, verso la fine del turno quelle peggiori.
Per definire la dimensione del recinto si deve tener conto anche della velocità di crescita dell’erba.
I carichi variano anche a seconda delle stagioni (< in primavera, 20 g; > in estate-autunno, 35-50 g).
Se non si riuscisse a stare dietro i cicli di crescita si possono fare le cosiddette correzioni di carico
effettuando uno sfalcio.
Riparto del carico nel caso di più di una utilizzazione  funzione di curva di crescita dell’erba
Possibili riparti:
➢ 1 ut.  100% (o CMC)
➢ 2 ut.  40-60; 50-50; 60-40; 70-30
➢ 3 ut.  40-35-15; 50-30-15
Verifica superficie e tempi con mandria reale
Vantaggi 71
✓ Facilita la ricrescita dell’erba
✓ Migliora la vegetazione
✓ Riduce i refusi
✓ Permette lo sfalcio dell’erba eccedente
✓ Permette le scorte in piedi
✓ Applicabile in aree non meccanizzabili (rotazione aree a utilizzazione tardiva)
✓ Riduzione del personale (recinti)
✓ Riduzione delle parassitosi
Svantaggi
 Necessità di attrezzature specifiche: recinzioni, impianto abbeverata con punti acqua, punti
sale, corrall
 Numero recinti elevato con animali da latte
 Presenza giornaliera di personale con animali da latte o razionato
 Molta manodopera per ovini con recinzioni
 Danni a vegetazione con conduttori poco esperti
 Difficoltà di individuazione del momento ottimale di utilizzazione secondo fenologia
a. Pascolamento turnato a rotazione con successione di animali
➢ La produzione s.s. cresce  da cicli di 20 d a 42 d
➢ risposta animale:
o obiettivo  risposta costante
o variabile secondo la lunghezza del ciclo (20-42 d)
➢ durata del periodo pascolamento (p.p.):
o condizioni intensive non > 5-6 d
o condizioni estensive 7-15 d (20 e +)
➢ n° recinti: 4 - 5 - 6 - (7 - 8)
o 3 in primavera
o 5 in estate – autunno
➢ carico istantaneo
o < con vegetazione omogenea
o > con vegetazione eterogenea
o basso 700-1500 kg PV/ha (buona qualità erba)
o elevato 2000-10.000 kg PV/ha
➢ coefficiente utilizzazione: 40 - 60%
➢ gruppo preminente
o > interesse produttivo
o > esigenze
➢ gruppo secondario
o < minori esigenze
o completa l’utilizzazione 72

b. Pascolamento turnato razionato  un unico recinto dimensionato per il fabbisogno di


mezza o di 1 giornata
➢ Utilizzazione intensiva per elevate disponibilità di erba (tipicamente utilizzata per
erbai in primavera e autunno)
➢ Carico istantaneo molto elevato
➢ Richiede presenza giornaliera di personale
➢ Valido per animali produttivi (vacche)
➢ Pochi refusi
➢ Praticato in alpeggio

c. Pascolamento misto
➢ migliora l’utilizzazione
➢ migliora vegetazione
➢ migliora risposta animale
➢ ruolo equini  graminee mediocri, arbusti bassi
➢ ruolo caprini  arbusti
➢ > pressione pascolamento senza riduzione performance animali
3. Pascolamento continuo intensivo
Adeguamento “continuo” del carico in funzione della crescita dell’erba
Correzioni di carico  variazione ampiezza recinti, variazione dimensione mandria, < sviluppo
recinzioni
carico variabile in funzione dell’intensità di crescita dell’erba  Sup. o mandria variabile
 es. sistema 1.2.3. con S variabile: ripartizione in primavera della superficie in 1/3 e 2/3.

Consente di sfruttare la crescita nel momento massimo per formare scorte foraggere. È un
metodo che funziona bene per prato-pascoli di pianura/montagna a condizione che la vegetazione
sia uniforme  poco adatta in alpeggio.
Tramite un erbometro è possibile il controllo dell’altezza dell’erba per la gestione dei carichi.
73
Livello di prelievo

• Libero: 10%
• Continuato estensivo: 30%
• Guidato: min. 30%
• Turnato: 60%
• Continuato intensivo: min. 40%
• Razionato: max 80%
Attrezzature per gestione pastorale
➢ Recinzioni (di limite, di sicurezza, gestionali)  possono essere elettrificate (composte da
batteria, elettrificatore, picchetti di messa a terra, polo di vertice, cavi, tenditori e isolanti)
➢ Deflettori (localizzazione)  deviano la direzione degli animali al pascolo, permettendo un
pascolamento omogeneo
➢ Punti acqua  prese, bacinetti o stagni di accumulo, vasche, tazze
➢ Punti sale (localizzazione)
➢ Corrall  controllo sanitario, pratiche animali
➢ Viabilità
➢ Accessi
➢ Cancelli:
o Sempre aperto-sempre chiuso
o Canadese
➢ Passaggi pedonali nelle recinzioni
Gestione delle restituzioni animali al pascolo
Restituzioni

• Feci (x giorno):
o 0.3-0.6 kg s.s./pecora (scibala)
o 2.5-9.0 kg s.s./vacca (meta)
o 1.2-2.0 kg s.s./giovane bovino
area imbrattata: 0,5-1,5 m2/d
area “di rispetto” in funzione di carico e specie animale
o nutrienti:
▪ 20-40 g N/kg s.s. feci (2 - 4%)
▪ 5-11 g P/kg s.s. feci (0,5 - 1,1%)
▪ 4-14 g K/kg s.s. feci (0,4 - 1,4%)
• Urine (x giorno)
o 0,6-2 l/pecora (0,15 l x deposizione)
o 6-25 l/vacca (1,5-3,5 l x deposizione)
o nutrienti:
▪ 6-15 g N/l (0,6-1.5%)
▪ 0gP
▪ 6-16 g K/l (0,6-1.6%)
74
con permanenza sempre al pascolo:
➢ 75-90% di NPK ingerito ritorna al pascolo (>100% con pascolamento estensivo +
integrazione)
➢ 10-25% di perdite per volatilizzazione, microrganismi, insetti coprofagi
o 1 UBA in 100 giorni di pascolamento restituisce (feci + urine):
▪ 35 Kg di N
▪ 5 Kg di P2O5
▪ 35 Kg di K2O
Vantaggi
✓ apporto e riciclo di nutrienti nel suolo
✓ insediamento di specie buone foraggere intorno alle mete (che fungono da nuclei di
diffusione e disseminazione)
✓ apporto di semi di specie buone foraggere
Svantaggi
 effetto ustionante sulla vegetazione (es. urina ovini)
 occupazione della superficie del pascolo (5-25%) e rifiuto dell’erba imbratta
 diffusione di semi di specie infestanti (ingeriti e restituiti)
 insediamento di specie nitrofile intorno alle mete (eccessi di restituzioni)
Tecniche di gestione delle restituzioni
In presenza di ricoveri

• vasca raccolta / conservazione


• raccolta x lavaggio o raschiamento
• spandimento
➢ carro botte (aree accessibili)
➢ diluizione, fertirrigazione a gravità
▪ fossatelli (manutenzione fossatelli)
▪ tubo flessibile a pressione (manualità)
In assenza di ricoveri  (“spandimento” naturale)

• distribuzione delle deiezioni in funzione delle condizioni del pascolo  > restituzioni nelle
zone meno pendenti, 60-70% di deiezioni su terreni con pendenza < 25%).
• Con un pascolamento continuo estensivo c’è una distribuzione eterogenea, mentre con un
pascolamento turnato le distribuzioni sono più omogenee.
• Non bisogna lasciare che gli animali pernottino dove vogliono, ma devono essere
selezionate delle aree di riposo apposite.
• Così come per le aree di riposo, anche i punti di richiamo (acqua, sale, mungitura) devono
essere posizionati strategicamente.
• Mandratura e stabbiatura  serve a migliorare la vegetazione attuale. Può essere di 2 tipi:
o mobile 2,5-3 m2/vacca/d
75
o prolungata (più notti 8-10):
▪ 200 ovini/ha
▪ 50-60 bovini/ha
Dislocazione strutture d’alpeggio e per mungitura

• Punti mungitura e mungitrici


• Ricoveri per:
o Animali
▪ Tradizionali, nuovi
▪ Innovativi (tunnel da inizio a fine stagione)
▪ Tettoie
o Operatori (servizi igienici)
o Trasformazione casearia (normativa UE)
La collocazione dei ricoveri e delle aree di riposo ha un effetto
sulle concentrazioni attorno a queste aree  gestione delle aree
nei periodi di pascolamento
Ricoveri e interazioni con recinzioni
Le recinzioni implicano una moltiplicazione dei punti di riposo (con recinzioni elettrificate leggere
mobili), dei punti mungitura e dei ricoveri per gli addetti.
Riduzione degli effetti negativi della gestione delle restituzioni non corretta
✓ spostamento punti di mungitura / mungitura sul pascolo
✓ spostamento aree di pernottamento
✓ distribuzione punti di richiamo
✓ guida strategica del pascolamento
✓ ridistribuzione deiezioni accumulate
✓ pascolamento integrale

Pascolamento razionale
• Rispetto dell’equilibrio asporti/apporti animali sempre con l’obiettivo della conservazione
(tranne tipi a leguminose)
• Equilibrio non rispettabile temporaneamente e/o localmente se l’obiettivo è il
miglioramento (concentrazione/trasferimento fertilità)
• Rispetto della fisiologia e del ritmo di crescita della vegetazione
Valutazione
VP attuale = C attuale
VP ottimale = C ottimale
𝐶𝐴 76
= 𝐼𝑈 → 𝑐𝑜𝑒𝑓𝑓𝑖𝑐𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑛𝑠𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑢𝑡𝑖𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒
𝐶𝑃
IU:
– = 0 - 0,20 molto estensiva
– = 0,21 - 0,40 estensiva sottocarico
– = 0,41 - 0,60 media
– = 0.61 - 0,80 buona  intensiva
– > 1 sovraccarico
Effetti della gestione pastorale non razionale: conseguenze carico crescente
➢ > intensità di pascolamento
➢ > competizione fra animali
➢ > tempo di pascolamento (insufficiente soddisfacimento fabbisogni)
➢ < razione disponibile
➢ < selezione dell’erba
➢ < ingestione
➢ effetti sui movimenti animali:
o 2-6 km/d (di più nelle zone difficili)
➢ effetti carico e razione al pascolo a breve e lungo termine
o per animale
o per ha
Carico e produzioni animali da carne (1) e da latte (2)

Effetti della gestione pastorale non razionale: sovraccarico


➢ Eccesso restituzioni  comparsa nitrofile
➢ Cambio portamento piante
➢ Comparsa specie eliofile
➢ Eccessivo calpestamento:
o fenomeni erosivi e sentieramenti
o perdita di interi settori di pascolo 77
o evoluzione della vegetazione
➢ Specie indicatrici:
o in ambiente alpino:
▪ P. annua, P. media e major, Astragalus spp., T. repens, Potentilla reptans,
Matricaria discoidea, Leontodon spp.
o In ambiente con influenza mediterranea:
▪ Asphodelus spp., Astragalus spp., Genista spp., Carlina spp., Cirsium spp.,
Cardus spp.
Effetti della gestione pastorale non razionale: sottocarico
➢ basse restituzioni animali
➢ comparsa di specie mediocri (oligotrofiche)
➢ sovraccarico su residue aree buone  vegetazione a mosaico
➢ comparsa di fenomeni erosivi localizzati
➢ uniformizzazione vegetazionale  meno tipi su alpeggio
➢ peggioramento e perdita del pascolo
➢ Specie indicatrici:
o N. stricta, B. erectus, Brachypodium spp., Calluna vulgaris, Erica spp., Vaccinium
spp., Rhododendron spp., Rubus spp., Rosa spp., Genista spp., Alnus viridis
Quindi, il sotto/sovra carico, porta ad un trasferimento di fertilità per:
✓ impoverimento della vegetazione di alcune zone (di solito periferiche)
✓ espansione di arbusti e specie non pastorali
✓ comparsa di specie nitrofile
✓ riduzione utilizzabilità del pascolo
✓ possibilità inquinamento localizzato
✓ minore qualità del paesaggio

Razionalizzazione del pascolamento 78

a. Tecnica di pascolamento  adozione turnato al posto di libero (quando possibile,


almeno su parte superficie)
b. Movimentazione degli animali
c. Punti acqua e sale
d. Stabbiatura / mandratura
e. Concimazione minerale a isole
f. Trasemina
g. Corretta utilizzazione delle altre aree
h. Integrazione del sistema pascolivo (dove possibile)
• prati di fondovalle (déprimage)
• prati pascoli artificiali (erba medica, lupinella, miscugli con graminacee)
• erbai
i. Prolungamento stagione pascoliva:
• ambienti di fondovalle e collinari
o anticipo (loiessa)
o estate (erba medica)
o autunno (lupinella, loiessa)
• pascoli di altitudine
Risorse foraggere e colturali montane: colture erbacee alimentari alpine
Origine e sviluppo
Affermazione sulle Alpi occidentali dei Liguri
• Coltivazione dei cereali:
o miglio: prov. Asia occidentale-Africa
o panico: prov. Asia occidentale-Africa
o frumento monococco: prov. Asia e area danubiana
o frumento dicocco: prov. Mediterranea
Cultura di Chassey sull’arco alpino nel tardo neolitico
• Coltivazione di:
o orzo
o fava
Penetrazione popoli Indoeuropei (bronzo antico, 2200-2000 a.C.)
• Coltivazione di:
o segale
o avena
o veccia di Narbona
Insediamento sulle Alpi di Celti, Reti, Norici, Vindelici, Euganei-Illirici
79
• Integrazione fra Etnie Liguri e Celtiche (Salassi, Taurini)
o sviluppo della coltura della segale (“Asia” dei Taurini)
Sviluppo in Europa e in Italia delle colture di (incertezza sulle Alpi):
o fagiolo dell’occhio
o fava
o lenticchia
o cicerchia
o veccia
o Triticum spelta, polonicum, turgidum, aestivum
Caduta Impero = crisi colturale dei frumenti
Medioevo
• Espansione sulle Alpi della coltura della segale
• Colture miste:
o barbagliato, barbaria, granicciata granata, segale granata, mescolo
• Introduzione del Fagopyrum esculentum (Mongoli)
Rinascimento
• Ripresa dei cereali a paglia a granella nuda
• Introduzione di mais (1550-1600) e fagiolo vero
XVIII-XIX secolo:
• Massimo sviluppo della popolazione alpina e agricoltura alpina
• Introduzione in coltura della patata (fine 1800)
XX secolo:
• Crisi dell’agricoltura alpina
Colture alimentari e territorio oggi
• importanza economica (globalmente modesta, localmente elevata)
• porzioni residue, colture di nicchia, museali, colture paesaggistiche, colture faunistiche
• aspetti paesaggistici rilevanti, aggiuntivi rispetto alla presenza della coltura stessa, collegati
alle fasi di:
o preparazione del terreno (preparazione del letame, accumulo, spargimento,
aratura);
o raccolta dei prodotti cerealicoli e non (taglio, essiccamento, accumulo, trasporto);
o stato che assumono le stoppie dopo la raccolta stessa.
• rilevanza culturale
• residui di opere sistematorie e della rete viaria e idraulica
Cereali  da “Cerere”, la dea romana dell'agricoltura. Si pensava avesse insegnato agli uomini la
coltivazione dei campi.
Denominazione generica di varie piante della famiglia delle Gramineae, i cui frutti, ricchi di amido
80
e sostanze proteiche, forniscono farine di valore nutritivo; talora panificabili. Per estensione si
assimilano ai cereali altre piante erbacee coltivate e lavorate allo stesso modo:
• es. grano saraceno (Fagopyrum esculentum e F. tataricum): famiglia delle Polygonaceae
Successo colturale dovuto alla conservabilità, trasportabilità, composizione nutritiva, coltivabilità e
meccanizzazione.
Ne troviamo di due tipologie:
• a ciclo autunno-vernino, primaverile:
o frumento, orzo, segale, avena, triticale
• a ciclo estivo  originari di ambienti caldi, poco adatti alle altitudini, brevità del ciclo
biologico:
o mais, sorgo, miglio, panico, grano saraceno

Triticum spp. (Frumento, Grano)  Triticum aestivum


✓ cereale a paglia più importante
✓ coltivazione nelle Alpi: basse valli, pendici fino a 1500 m s.l.m.
✓ resistenza al freddo media
✓ semina tardo estiva-autunnale (secondo l’altitudine)
✓ raccolta a fine estate (in montagna)
✓ destinazione granella: alimentazione umana
Troviamo diversi tipi di frumento:
• frumenti diploidi:
o T. monococcum ssp. monococcum: farro piccolo (granella, paglia da cappelli)
• frumenti tetraploidi:
o T. turgidum con 8 spp. tra cui:
▪ ssp. dicoccum: farro
▪ ssp. durum: frumento duro;
meridionale, meno resistente al
freddo, (pasta, cuscus, panificazione)
• frumenti esaploidi:
o T. aestivum:
▪ ssp. aestivum: frumento tenero per panificazione, pasticceria, prodotti forno
▪ ssp. spelta: farro maggiore

➢ Origine  aree steppiche Mediterraneo centro-orientale, regioni caucasiche, medio


oriente;
➢ Ecologia  pH neutro (si adatta bene a terreni basici o leggermente acidi), su terreni
argillosi ben strutturati: se troppo argillosi e con ristagno va in contro ad asfissia 
diradamento invernale della coltura
➢ Genotipi invernali (non alternativi)  vernalizzazione per passaggio a fase riproduttiva
➢ Genotipi primaverili (alternativi)  vernalizzazione non necessaria; se seminati in autunno
iniziano a levare  maggior sensibilità al freddo
81
Agrotecnica  aratura a bassa-media profondità (20–35 cm), erpicatura, concimazione,
semina con seminatrice a profondità di 2–3 cm (circa 200 kg/ha), concimazione invernale
(azoto + fosforo e potassio in terreni poveri), rullatura, diserbo chimico a marzo.
Raccolta  fine giugno-agosto (in montagna), taglio spiga (mietitura) e sgranatura spighe
(trebbiatura) con mietitrebbiatrice, pulitura meccanica o tradizionale (ventilazione con
ventilabro)  6-7 t/ha di granella (si riducono in montagna). La paglia (sottoprodotto) viene
raccolta in rotoballe o bruciata o interrata. Il rapporto paglia/granella  1,5-2 in vecchie
varietà di alta taglia; 1 circa in nuove varietà di bassa taglia e produttive
Hordeum spp. (Orzo)  Hordeum vulgare, H. distichum
➢ Origine  est e ovest asiatica
➢ Ecologia  ambienti freddi e aridi; precoce; terreni di medio impasto, ben drenati (soffre
ristagni), pH 7-8 (neutro e subalcalino), valida alternativa al frumento in terreni meno
fertili, eccessi di N favoriscono allettamento ed eccessiva produzione di paglia
➢ Impiego  alimentazione umana (orzo perlato); alimentazione animale  energia;
produzione malto (germinazione, tostatura, molitura)  birra
Agrotecnica  semina tardo estiva autunnale a bassa altitudine, primaverile in altitudine (fino
a 2200 m)
Raccolta (procedimento come frumento)  fine
giugno-agosto (funzione di altitudine), taglio
spiga e sgranatura spighe (con mietitrebbiatrice),
pulitura  2-6 t/ha di granella. La paglia viene
raccolta in rotoballe o bruciata o interrata.
Rapporto paglia/granella  1,4
➢ Erbaio  cereale vernino più importante da
erbaio (interessante in montagna per
possibilità raccolta anticipata; anche
avvicendato a mais ceroso)
Secale spp. (Segale)  Secale cereale
➢ Origine: centroasiatica
➢ Ecologia: utilizzata in regioni fredde poco adatte al frumento, più resistente al freddo tra i
cereali vernini; terreni ben drenati, pH 5-7, interesse agronomico elevato su suoli poveri,
sabbiosi o acidi, di modesto spessore.
➢ Impiego: farina scura, panificabile (pane conservabile a lungo); adatta all’alimentazione dei
diabetici (ricca di secaline); impieghi della granella e della paglia; alcool (vodka);
bioetanolo; toponimi legati alla “secalicoltura”  Campiglione, Champlat, Garai, Paglieres.
Agrotecnica  aratura da 20-25 cm a senza lavorazione; semina nella II-III decade di ottobre in
pianura (anticipo 3-4 giorni ogni 100 m dislivello); CV semina primaverile, con 130-160 Kg
(competitività nei confronti delle malerbe > rispetto al frumento); a spaglio o a file (leggera 82
rullatura) alla profondità di 2-3 cm (se eccessiva  scarsa emergenza; se superficiale  danni
da uccelli). Concimazioni azotate da poche decine fino 70-80 Kg/ha (tutto in copertura, oppure
2-3 distribuzioni); eccessi di N possono favorire allettamento: fusti più lunghi e spessi di altri
cereali (anche 150 cm o +).
Raccolta  11-13 mesi dopo la semina, mietitrebbiatrice: 3 t/ha granella, mietilegatrice per la
paglia (lunga ed elastica, apprezzata per lavori artigianali e vivaismo). Il rapporto
paglia/granella  2,8-2,5
➢ Erbaio  abbastanza diffusa in N Italia (cereale vernino più precoce). Seminato da fine
agosto-primi di settembre/metà ottobre, 150-180 Kg/ha seme, file 15-20 cm.
➢ Utilizzazione:
o foraggio fresco  impiego più frequente; taglio non oltre la
spigatura: il ritardo determina un indurimento eccessivo di steli e
reste, con notevole riduzione dell’appetibilità e del valore
nutritivo;
o insilato  meno diffuso, raccolto a maturazione cerosa; scarso
interesse legato a:
▪ foraggio povero di granella
▪ foraggio generalmente troppo lignificato
▪ foraggio molto elastico, anche trinciato è difficile da
compattare
Limiti ecologici

Fagopyrum spp. (Grano saraceno)  Fagopyrum esculentum


Dicotiledone erbacea annuale della famiglia Polygonaceae.
➢ Origine: Himalaya orientale (Siberia-Manciuria); introdotto nel 1400-1500 dalla Grecia ad
opera dei Turchi (Saraceni) o probabilmente dai Mongoli (Saraceno=esotico). Molto usato
in passato sull’arco alpino.
➢ Ecologia: predilige zone di montagna, sebbene sia esigente in fatto di T alla fioritura (ciclo
estivo-autunnale di ~ 60-70 gg); terreni poco fertili (alletta in quelli troppo fertili), sciolti e 83
acidi; specie allelopatica (autocontrollo delle infestanti). La cariosside è trigona, scura,
sfarinabile, con abbondanza di lisina.
➢ Impiego  farine a uso alimentare (polenta, focacce, ecc.); granella (produz.  2 t/ha)
ricca in proteine ad alto valore biologico (lisina), priva di glutine (ma fortemente
allergenico!); foraggiamento verde per alimentazione del bestiame (produz.  20 t/ha
s.s.); estrazione del rutoside dalle foglie giovani 
medicinale; produzione di miele (fioritura scalare).
Agrotecnica  semina tra 15 giugno e 15 luglio. A seconda del
tipo di coltura:
✓ da granella, a file (30-35 cm)  35-40 Kg seme/ha
✓ da erbaio: a spaglio  80-150 Kg seme/ha
Raccolta  con mietitrebbia quando gran parte dei semi sono
maturi (maturazione semi a fine estate scalare; bisogna
aspettare che le foglie siano in stato senescente)
Zea mays (Mais)
Molto diffuso nei fondovalle alpini, sia con obiettivi zootecnici che come coltura alimentare (es.
polenta).
• Mais da nicchia colturale montana:
o 8file
o Marano vicentino
o quarantini
o cinquantini
• Impiego (mais “montani”):
o farina
o fumetti di mais per alimentazione umana (pignoletto rosso, marano)
o pasticceria
Agrotecnica  semina in primavera, terreno a 8°C. Concimazioni [N=250 Kg/ha (parte in
semina e parte in copertura), P2O5=120 Kg/ha, K2O=100 Kg/ha]; difesa dalle erbe infestanti
tramite sarchiature, rincalzature, salubrità dell’ambiente (diserbo); irrigazioni molto
importanti.
Raccolta  8-13 t/ha di granella in f(x) delle cultivar; ai freddi autunnali, spannocchiatura,
essiccamento all’aria, sgranatura, macinazione a bassa temperatura (macine pietra).
Panicum miliaceum (Miglio) e Panicum italicum o Setaria italica (Panico)  Mercato di nicchia
legato all’alimentazione di piccoli uccelli.
84

Leguminose da granella o civaie  legere = raccogliere, civaie = cibaria


• Aspetti morfologici comuni  Fabaceae o Leguminose, fiore papilionaceo, seme secco
proteico, baccello a volte edule, contenuto in fattori anti-nutrizionali dei semi (proteine
anti-enzimatiche, fenoli, saponine, fattori del favismo)
• Impiego alimentare umano e animale  Integratori proteici, miscele, polente con i cereali.
Phaseolus spp. (Fagiolo)  Phaseolus vulgaris, P. Coccineus
Produzione di granella secca  fagiolo secco (2900 ha) e di baccelli con granella allo stato ceroso
 fagiolo rosso (1900 ha). L’80% circa in provincia di Cuneo.
➢ Origine  Sud America, coltivato in Italia dal 1600. Pianta erbacea annuale di rapido
sviluppo con fusti eretti o rampicanti; foglie primarie semplici, secondarie trifogliate; fiori
in racemo ascellare e terminale dal bianco al violetto; baccelli eduli e non con semi diversi
per forma, dimensione e colore
➢ Ecologia  coltivabile in montagna (ciclo breve: 80-85 giorni)
➢ Impiego: alimentazione umana; granella in montagna di qualità superiore. Coltura di
nicchia (fagioli di Cuneo)  var. Lamon, Borlotto, Stregonta, Billò, Bianco di Bagnasco…
Agrotecnica  semina in tarda primavera (come mais); a file + sostegni.
Raccolta  scalare a fine estate, inizio autunno
Cannabis spp. (Canapa)  Cannabis sativa, C. indica, C. ruderalis
• Origine  regioni a nord e sud Himalaya, utilizzata in Cina dal neolitico, tra 5000 e 2500
a.C. corde di canapa (trovate in tombe), introdotta in Europa nel 2000 a.C. (trovati semi
fossilizzati in una grotta della Romania), Columella (I sec d.C.) descrive coltivazione diffusa
nel Medioevo in Pianura Padana (Canavese, Carmagnolese), XVII aumento traffico navale
(70-90 t di canapa per corde e vele), dal XX sec. diffusione cotone e juta e navi a vapore,
dagli anni '30 (~ 100.000 ha) inizia il declino, oggi circa 1000 ha in Italia (85 ha in Piemonte,
in forte crescita), coltivata soprattutto in Asia (Cina e India), Europa dell'Est e Russia.
Sistematica: Urticales  Cannabinaceae  Cannabis. Tassonomia non ben definita, infatti
esistono diverse ipotesi:
• Secondo Small e Cronquist:
o C. sativa ssp. sativa
o C. sativa ssp. indica
• Secondo Shultes:
o C. sativa (sativa = utile; volg. canapa)
o C. indica (canapa indiana o indica)
o C. ruderalis (canapa russa o americana)
Tra le specie c’è la possibilità d’incrocio.
Caratteristiche
• C. sativa 85
o ridotto contenuto di cannabinoli
• C. indica
o contenuto in cannabidioidi, cannabinoli e
tetraidrocannabinolo (THC)
• C. ruderalis
o adatta a climi rigidi, autorifiorente, in origine con
poco THC; con incroci possibile alto contenuto THC
(Russia, Ucraina)
La C. sativa è una pianta erbacea, dioica (alcune cv. Monoiche). Dalla canavella, la pianta
femminile, si ricavano i semi, gli alcaloidi e la fibra. Dal canapaccio, la pianta maschile, la fibra. La
radice è fittonante, il fusto, alto fino a 4-5 m, è eretto o ramificato, con escrescenze resinose,
angolate a volte cave, specialmente sopra il 1° paio di foglie. Le piante maschili sono più piccole e
meno ramificate delle femminili. Sotto la corteccia c’è il cosiddetto tiglio, ovvero le fibre del libro
(migliori nel maschio). Il canapulo è il tessuto legnoso.
Le foglie sono picciolate, palmate con 5-13 foglioline lanceolate, a margine dentato-seghettato e
con la punta acuminata. Le basali opposte mentre le apicali alternate. I fiori maschili in pannocchie
terminali, con 5 tepali fusi alla base e 5 stami, quelli femminili in spighe corte, 2-6 fiori ad ascella
brattee, con 2 stimmi (in C. indica, ricchi in THC  hashish e marijuana). L’impollinazione avviene
per via anemofila. I semi sono acheni scuri, globosi e duri.
➢ Ciclo  pianta annuale a ciclo primaverile-estivo (fino a 1500 m). Germinazione:
▪ T° > 7°C
▪ emissione cotiledoni in 7-8 gg
▪ fase molto delicata  evitare carenze idriche
▪ fallanze con ramificazioni  fibra di qualità peggiore
Accrescimento rapido  fioritura (piante maschili) in 2 mesi; forte capacità competitiva
(no diserbo), maturazione di raccolta (fibra  quando il fiore appassisce; seme 
quando il seme è maturo)
Agrotecnica  lavorazione profonda del terreno che consenta l’immagazzinamento di
acqua e l’approfondimento della radice. Semina, solo per le varietà iscritte al registro (THC
< 0.2%), a fine febbraio-metà aprile (più tardi in montagna), 130-180 piante/m2 (150) con
~ 60 Kg /ha di seme, distanza tra file 15-18 cm. Concimazione  N=150 kg/ha, P2O5=150
Kg/ha, K2O=100 Kg/ha.

Produzione  da fibra: 12-15 t/ha di bacchette; granella: 0.9 t/ha


Impieghi dei semi:
➢ seme intero (0.9 t/ha)  farina di canapa
➢ seme intero tostato e macinato
➢ seme decorticato
➢ olio di semi  250 kg/ha
86
caratteri nutrizionali  vitamine e fitosteroli (riducono colesterolo non HDL)
Impieghi delle bacchette
➢ Guarnizioni, corde, sacchi, carta
➢ Fibra per tessuti
o Macerazione sommersa in bacini di acqua stagnante (8 gg)
o Risciacquo e essiccamento
o Decanapulazione (separazione fibra) tramite:
▪ Scavezzatura: rottura meccanica steli
▪ Maciullatura: battitura per separare fibra
o Canapa grezza per filatura
o Canapuli per cellulosa
o Stoppa per fibra più corta
Solanum tuberosum (Patata)
➢ Origine  americana, diffusa in Piemonte dal sec. XIX (dopo carestia del 1810)
➢ Morfologia  pianta erbacea annuale di media taglia, fusti uno o più, angolosi, fistolosi,
ingrossati ai nodi; foglie composte 5-7 foglioline bollose; infiorescenza a corimbo con
singoli fiori ermafroditi e campanulati, bianchi o rosa; frutto: bacca carnosa tondeggiante
con molti semi, non commestibile; parti verdi con alcaloide velenoso: solanina.
➢ Ecologia  clima fresco con almeno 100 giorni senza gelo, disponibilità di acqua, terreno
fertile, fresco, soffice, non ciottoloso, drenante, ricco di K (concimazione organica),
coltivabile in montagna ad altitudini superiori al frumento, notevoli capacità adattamento
 periodo colturale legato alla temperatura e non all’illuminazione (neutrodiurna),
pregermogliazione alla luce in montagna.
➢ Impiego  tuberi diversi per dimensione, forma, colore, polpa, caratteristiche
bromatologiche e risposta culinaria:
o consumo in insalata  s.s. 17-19%;
o destinazioni varie  s.s. 19-21%
o purè e utilizzazione industriale per minestre, amido, ecc.  s.s. 22-25%
o destinazione chips e stick  s.s. 19%
tuberi a valori di s.s. più bassi in ambiente montano fresco, umido; inoltre più ricchi di
proteina  prodotto montano di qualità.
In ambiente montano conservazione e valorizzazione di vecchie varietà: Piatlina, Vitellotte, Ratte,
Quarantina Bianca Genovese (Associazione Patata di Montagna prov. TO)
Agrotecnica  semina in file distanti 60 cm, tuberi seme a 30-35 cm, la difesa dalle erbe
infestanti attuata con adeguate sarchiature e rincalzature.
Raccolta e conservazione  maturazione dei tuberi contemporanea all’ingiallimento
dell’apparato epigeo della pianta; conservazione a bassa temperatura (3-7 °C), senza rischi
di gelo (integro per oltre 10 mesi). I tuberi da seme sono conservati alla luce.
87

Erbai
Prato con una durata < 1 anno. Hanno un ruolo importante in ambienti alpini in quanto
costituiscono una risorsa foraggera che consente di gestire al meglio i sistemi zootecnici
allungando la stagione di pascolamento. Queste infatti, utilizzano al meglio le stagioni
climaticamente più favorevoli, consentendo colture intercalari su terreno disponibile tra la fine di
una coltura e l’inizio della successiva. Si classificano in diversi modi in funzione:
✓ Stagione di coltura  estivo-autunnali; autunno-primaverili, primaverili, primaverili-estivi,
estivi
✓ Famiglia specie utilizzate  Gramineae, Leguminosae, Cruciferae, ecc., composizione
specifica…
✓ Tipo di coltura  monofita, oligofita, polifita
✓ Modalità utilizzazione foraggio  foraggiamento verde, insilamento, fieno, pascolo
A – Gramineae
• Lolium multiflorum
• Cereali vernini
o Frumento
o Orzo
o Avena
o Segale
• Cereali estivi
o Mais
o Sorgo
o Miglio
o Panico
Lolium multiflorum (loiessa, lolio italico)
Generalmente è un erbaio monofita (specie poco longeva, 1-2 anni), di breve durata in ambienti
freschi e fertili di pianura-collina. Se consociata a leguminose o in miscugli polifiti ne migliora la
produttività al 1° anno. Molto produttiva (8-12 t/ha s.s.). Diverse varietà: var. annuali (var.
westervoldicum, tipiche da erbaio), var. biennali e triennali (var. italicum, adatte anche per prati di
breve durata) e varietà alternative e non alternative.
Semina:
• 25-30 kg/ha, interfila 15-20 cm, profondità max 2 cm
• autunnale (settembre-inizio ottobre), alcune var. sensibili a gelo; fine agosto in ambienti
irrigui, per sfalcio a novembre; primaverile (fine inverno) per prati di breve durata in
consociazione con leguminose (es. T. pratense).
• irregolarità di distribuzione (seme poco scorrevole)
Concimazioni erbaio in purezza:
• N  50 kg/ha all’impianto (+100-150 in copertura)
• P2O5  70-100 kg/ha 88
• K2O  70-100 kg/ha
Utilizzazione:
• foraggio fresco
• foraggiamento verde o pascolamento
• fieno
• insilato
o taglio tardivo dopo fioritura e insilamento diretto
▪ facilità di esecuzione ma foraggio grossolano
o taglio anticipato + preappassimento
▪ più complesso, rischio di imbrattamento da terra
▪ adatto per ambienti intensivi dove è richiesto foraggio di elevato valore
energetico
Hordeum vulgare, H. distichum (Orzo)
Cereale da erbaio più importante. Avvicendamento con orzo ceroso/mais ceroso (N Italia).
Utilizzazione:
• foraggiamento verde
o raccolta tra botticella e spigatura (incipiente spigatura, fine aprile-inizio maggio)
o raccolta tempestiva per rapida maturazione e decadimento qualitativo
(indurimento delle reste, perdita di qualità e riduzione appetibilità)
• insilamento
o raccolto poco prima di maturazione cerosa della granella (anticipo a causa della
rapidità di maturazione)
o trinciatura a 0.5-1 cm
o insilato di buona qualità se ben trinciato e compattato
Triticum aestivum (Frumento, Grano)
Erbaio di minore interesse rispetto all’orzo. Ha un ciclo vegetativo più lungo (effetto negativo
sull’erbaio seguente). Possiede una maggiore resistenza all’allettamento, un maggior potenziale
produttivo e una minore qualità del foraggio.
Tecnica colturale come quella per colture da granella ma con densità di semina maggiori. Varietà
mutiche e con taglia elevata
Utilizzazione:
• insilamento poco prima di maturazione cerosa (= quando la cariosside può essere incisa
con l’unghia  umidità 40-45%) della granella.
Zea mays (Mais)
Esistono molte forme di mais, da quelle ancestrali con fiori bisessuate, a quelle attuali, dioiche, per
mutazioni, ricombinazioni geniche e selezione antropica. Caratteristiche cariossidi ed endosperma:
• Zea mais everta (rostrata) (endosperma vitreo)
• Zea mais indurata (end. vitreo) 89
• Zea mais indentata (end. farinoso)
• Zea mais amilacea, saccarata, tunicata
Coltura molto diffusa al Nord (80% superficie e produzione), solo il 6% in Italia meridionale e
insulare.

Morfologia  specie annuale con stelo unico, carnoso (raramente accestisce), inflorescenza ♂ a
pannocchia (pennacchio) e ♀ a spiga (spadice), all’ascella delle foglie; spighe con un grosso asse
centrale (tutolo) protette da brattee da cui fuoriescono gli stimmi (sete) di colore bianco alla
fioritura. Spighette (un solo fiore fertile) sessili e a coppie (il n. di file di cariossidi è sempre pari 
4-8-14-20).
Agrotecnica  semina in primavera, terreno a 8°C. Concimazioni [N=250 Kg/ha (parte in semina e
parte in copertura), P2O5=120 Kg/ha, K2O=100 Kg/ha], la difesa dalle erbe infestanti viene fatta
tramite sarchiature, rincalzature, salubrità dell’ambiente (diserbo), irrigazioni molto importanti.
Raccolta  a seconda del tipo di erbaio:

• Erbaio fitto  foraggio fresco (“granturchino”)


o raccolta precoce in fioritura o poco dopo
o densità di semina: 40-60 piante/m2 (molto fitta)
o diffuso in N Italia
o coltura intercalare estiva successiva a frumento
o foraggio modesto e foraggiamento verde in riduzione
o insilamento sconsigliato (H2O = 85-88%)
▪ quadro fermentativo sfavorevole
▪ eccessive perdite per percolazione
• Erbaio rado (o all’americana)  Insilamento
o raccolta a maturazione cerosa granella (umidità 60-65%)
o densità di semina: ~7-11 piante/m2; +1-3 piante rispetto a colture da granella
o produzione: anche 20 t/ha s.s.
o impiego per allevamenti intensivi
Un criterio per capire quando raccogliere è il metodo della linea lattea  linea di demarcazione
fra la parte solida (amido) e la parte liquida (sostanze zuccherine lattescenti) della cariosside. Con
la maturazione, la linea lattea si sposta da una posizione più esterna a una più interna prossima
all’inserzione della cariosside sul tutolo. Quando la linea lattea ha raggiunto metà cariosside (50%)
si hanno le condizioni ottimali per la trinciatura:
o massima produzione di s.s./ha
o massima qualità nutrizionale e digeribilità
o condizioni ottimali per la fermentazione
il valore della linea viene determinato osservando la parte distale
della spiga spezzata a ~ 2/3 dalla punta:
𝐴
linea lattea (%) = ∙ 100
𝐵
90
Dove: A = lunghezza parte cerosa della cariosside; B = lunghezza
della cariosside dall’inserzione sul tutolo
Sorghum vulgare (Sorgo)
Erbaio utilizzato nel Nord Italia per l’alimentazione del bestiame.
Avvicendamento colturale  come mais, coltura da rinnovo a semina primaverile (nello schema
tradizionale precede e segue il cereale vernino); è specie allelopatica che comporta effetti negativi
sulla coltura successiva (rilascio per degradazione dei residui colturali)
Utilizzazione:

• Foraggiamento verde  elevata capacità di ricaccio (soprattutto “sorghi gentili” a foglia


stretta); raccolta tra spigatura-fioritura (prima contiene alcaloidi cianogeni, tossici al
bestiame che si annullano con essicamento o insilamento)
• Insilato  raccolto a maturazione fisiologica della granella quando la pianta ha umidità di
circa 65-70% (qualità inferiore rispetto a silomais)
B – Leguminosae
Erbaio a elevato contenuto di proteine (fino al 20%), produttività modesta, necessità di raccolta a
inizio fioritura (dopo gli steli sono eccessivamente lignificati e si rischia di perdere le foglie più
vecchie), difficoltà di insilamento e semina in miscuglio / consociazione. Tra le tante leguminose, le
più importanti nell’ambito degli erbai sono:
• veccia comune (Vicia sativa)
• veccia villosa (Vicia villosa)
• veccia ungherese (Vicia pannonica)
• veccia di Narbona (Vicia narbonensis)
• pisello (Pisum sativum var. arvense)
• trifoglio alessandrino (T. alexandrinum)
• trifoglio incarnato (Trifolium incarnatum)  ambiente collinare e pedemontano, semina
tardo estiva, raccolta primaverile
Trifolium alexandrinum (Trifoglio alessandrino)
Specie annuale, primaverile-estivo (3-4 mesi) o autunno-primaverile (8 mesi, al sud), monofiti o in
consociazione ad altre specie annuali (avena, orzo, loiessa) o leguminose (favino, veccia).
Ecologia  molto resistente al caldo e alla siccità, molto sensibile al freddo (no T < 0°C, ok a T fino
a 40°C), terreni calcarei (neutri o alcalini), adatta ad ambiente pedemontano fresco (Nord Italia).
Ciclo primaverile-estivo  semina primaverile e raccolta estiva ripetuta
Utilizzazione: 91

• taglio entro fioritura (rapido decadimento qualità) o prima di danneggiare nuovi getti dalla
corona
• produzioni: 10-13 t/ha s.s. (più tagli, irrigazione), 20 t/ha (semina autunnale)
• foraggiamento verde
• pascolamento (no meteorismo)

Prati avvicendati
Vengono classificati seconda la loro:
• Durata:
o Breve  1-2 anni
o media  3-5 anni
o lunga  6-10 anni
• Composizione:
o monofiti di leguminose
o monofiti di graminee
o consociazioni avvicendate temporanee
o oligofiti o consociazioni graminee – leguminose
Prati monofiti di leguminose
Agrotecnica (elementi comuni)
• Semina  in primavera per specie sensibili a basse T nei primi stadi (Italia centro-
settentrionale) e in autunno per semi vestiti (a es. lupinella e sulla) (Italia meridionale).
• Concimazioni  N solo all’impianto per esigenze iniziali (prima della simbiosi rizobica),
dopo è dannoso nei confronti della simbiosi e favorisce le infestanti; P annualmente,
capacità assorbimento modesta (somministrazione > del fabbisogno); K elevate necessità
(non limitante nei terreni ma concimazione opportuna per non alterarne la dotazione).
o All’impianto  N 20-30 kg/ha, P2O5 150-200 kg/ha, K2O 150-250 kg/ha
o Anni dopo  P anche se in copertura meno efficace, K in terreni scadenti.
Medicago sativa (Erba medica)
Tipiche di pianura o collina (in Piemonte 17.000 ha), prati di media durata (3 anni), terreno
profondo a medio impasto o argilloso, non a reazione acida (pH ottimali 6.5–8.0), non troppo
sciolto (povero di K e Ca) e con ristagno idrico. Pianta sensibile al freddo solo nei primi stadi che
sopporta siccità e alte T° anche per periodi lunghi.
Se seminato in purezza, avviene in ambienti a forte vocazione, in rotazione con altre colture
(cereali, graminee foraggere in purezza)  coltura miglioratrice in avvicendamento. Non può però
succedere a sé stessa per successiva stanchezza del terreno, ovvero l’accumulo nel terreno di
secrezioni radicali tossiche per la microflora che inibiscono la simbiosi rizobica e la presenza di
patogeni in grado di attaccare le giovani piante (batteri e funghi).
92
Se in consociazione con graminee (Dactylis, F. arundinacea), avviene in ambienti freschi, il prato
presenta una maggiore longevità (graminee + persistenti), composizione più equilibrata del
foraggio (rischio di gonfiori, meteorismo → Medicago sativa max 30-35% della razione).
Epoca di semina  a marzo; aprile in alta collina.
Concimazioni  N autosufficiente (solo all’impianto 20-30 kg/ha), P2O5 uso elevato
all’impianto (150-200 kg/ha), K2O uso elevato all’impianto (200-250 kg/ha).
Produttività:
• 1° anno  7-9 t/ha s.s.
• 2° anno  12-14 t/ha
• 3° anno  9-11 t/ha
buona produzione estiva (fittone molto profondo)
Utilizzazione:
• pianura: 4 sfalci/anno (6 in coltura irrigua)
• collina: non più di 3-4 sfalci/anno
• utilizzazioni troppo frequenti diminuiscono la longevità (esaurimento riserve,
maggior suscettibilità a malattie fungine)
• fieno, insilato (con preappassimento). Foraggio verde e pascolo meno importanti
• pascolamento  meno impattante (rilascio di fusti verdi dopo l’utilizzazione che
emettono foglioline)
In N Italia le T° primaverili sono spesso insufficienti per differenziare tutte le gemme fiorali
 regola empirica: sfalcio prima di danneggiare i nuovi germogli dalla corona

Trifolium repens
Troviamo 2 varietà interessanti dal pov foraggero:
✓ Trifolium repens var. sylvestre (T. bianco selvatico)  prati e pascoli collina e montagna;
taglia ridotta
✓ Trifolium repens var. giganteum (T. ladino)  prati monofiti e polifiti di pianura; alta taglia
Ecologia  ambienti freschi, acidofila (pH ottimale 6,0-6,5), eliofila, soffre la siccità per via
dell’apparato radicale superficiale (irrigazione!), mediamente longeva (4 anni), sconsigliabile la
monosuccessione.
Produttività (in purezza):
• 1° anno  4-5 t/ha s.s.
• 2° anno  9-11 t/ha s.s.
Utilizzazione:
• momento ottimale: imbrunimento delle prime infiorescenze (fioritura scalare)
• pascolo  specie resistente al calpestamento 93
• sfalcio (Ladini) per:
o insilamento: preappassimento + impiego di additivi
o fienagione elevate perdite per sbriciolamento
• foraggio di qualità elevata (composto da foglie, fiori e piccioli)
• elevata % H2O (non somministrare erba troppo giovane o bagnata)
Trifolium pratense
Molto comune in prati permanenti e pascoli, presente anche in alta montagna (ssp. nivale), su
suoli acidi (pH 6), in ambienti freschi, con sufficiente disponibilità idrica, resistente ai ritorni di
freddo (sostituisce Medicago), teme T° elevate ed è poco resistente alla siccità, sensibile ad
attacchi fungini. In coltura viene impiegato in purezza o in consociazione. Longevità elevata in
popolamenti radi, ~2 anni in purezza; sconsigliabile risemina su stesso appezzamento prima di 2-3
anni.
Produttività:
• 1° anno  8-9 t/ha
• 2° anno  10-12 t/ha
Utilizzazione:
• 1-3 sfalci/anno
• momento ottimale: 25% delle infiorescenze in piena fioritura
• foraggio verde (non troppo giovane o bagnato  meteorismo)
• fienagione (meglio se consociato per ridurre le perdite)
• insilamento meno difficile rispetto alla Medica (presenza di fruttosani e zuccheri
solubili)
• pascolamento dei ricacci a fine stagione
Onobrychis viciifolia (Lupinella)
Tipica di suoli calcarei, molto rustica  valorizza terreni poveri di collina e
media montagna, resistente a T° alte e siccità, sensibile a T° basse
(soprattutto stadi giovanili), frequente in prati permanenti e pascoli, prati
avvicendati monofiti e polifiti. Longevità 4-5 anni (in coltura pura
diradamento dal 3° anno)
Epoca di semina  primavera (produzione 1° anno scarsa), autunno in ambienti a inverno
mite (per incrementare produzione al 1° anno) e con seme vestito (legume indeiscente)
Produttività  5-8 t/ha di s.s.
Utilizzazione:
• 1°  sfalcio a inizio fioritura per foraggio verde, fieno e insilato
• Successive  pascolamento (non troppo frequente, riserve)
foraggio più ricco in carboidrati rispetto a medica  no meteorismo se consumata
giovane
Hedysarum coronarium (Sulla) (approfondimento) 94

Tipica di suoli fertili, profondi, argillosi, ben dotati di CaCO3, resistente a T° alte e siccità, sensibile a
T° basse e gelate tardive. Coltura appenninica. In Italia settentrionale viene usata per inerbire
pendici argillose degradate (coltura poco affidabile). Prati avvicendati monofiti di breve durata (2
anni).
Epoca di semina  primavera e autunno in ambienti con autunno piovoso e inverno mite
(per incrementare produzione al 1° anno) e se il seme è vestito (legume indeiscente).
Produttività:  6-12 t/ha s.s.
Utilizzazione:
• 1°  sfalcio a inizio fioritura e insilamento (elevato contenuto
in carboidrati solubili)
• Successive  pascolamento dei ricacci (non troppo frequente, riserve). Con semina
autunnale pascolamento precoce antecedente al primo sfalcio
Lotus corniculatus (approfondimento)
Tipico di ambienti aridi e poveri di collina e montagna, indifferente al pH (fino a 5). Utilizzato in
consociazione, anche se si afferma lentamente dopo la semina. Scelta delle cultivar in f(x)
dell’utilizzazione a sfalcio o pascolo. Pregi: produzione ben distribuita nell’anno, non dà fenomeni
di meteorismo quando consumato verde, molto longevo in consociazione (5-6 anni), dissemina
con facilità.
Prati monofiti di graminee
• Specie ad ampio areale di adattamento
o Dactylis glomerata
o Festuca arundinacea
o Festuca gr. rubra
o Festuca gr. ovina
• Specie adatte ad aree temperate fresche
o Lolium perenne
o Phleum pratense
o Festuca pratensis
o Arrenatherum elatius
o Bromus inermis
Dactylis glomerata (Erba mazzolina)
Specie molto rustica, cresce su tutti i tipi di terreno, resistente a T° invernali basse e siccità,
sensibile a gelate tardive in stadio di plantula, resistente all’ombreggiamento, aggressiva, buon
controllo delle infestanti. Prati avvicendati di medio-lunga durata (5-8 anni), mono o bifiti. Molte
varietà.
Semina  insediamento lento, necessità di una buona preparazione del terreno, in
primavera a marzo (per evitare gelate tardive a cui è sensibile) o in autunno entro fine
agosto (per consentire insediamento prima del freddo)
95
Concimazioni  impianto: N=30-60 kg/ha semina autunno (60-100 in primavera),
P2O5=100-200 kg/ha, K2O=100-200 kg/ha. Negli anni successivi, in copertura: N=150-250
kg/ha se in purezza o 70-120 kg/ha se consociata a leguminose, un solo intervento a fine
inverno, 50% a fine inverno, 50% dopo il 1° sfalcio, in coltura irrigua ulteriore
frazionamento per migliorare resa.
Produttività  10-12 t/ha s.s. (seconda solo a F. arundinacea)
Utilizzazione:
• 1° taglio (possibilmente a inizio spigatura) o pascolo
• poi a 5-6 sett.  poco rifiorente, foraggio foglioso di buona qualità
• insilato solo dopo preappassimento: povera di zuccheri fermentescibili rispetto ad
altre graminee
• non alternativa  seminata in primavera foraggio foglioso a lento scadimento
qualitativo
Consociazioni tipiche:
• Dactylis + Medicago sativa  scegliere varietà tardiva con spigatura coincidente a
inizio fioritura medica (se pascolata, medica non più di 30-35% foraggio)
• Dactylis + Onobrychis viciifolia  su terreni calcarei
• Dactylis + Trifolium repens  su terreni acidi di montagna
Festuca arundinacea
Specie molto rustica, cresce su tutti i tipi di terreno, anche con asfissia, resistente a T° invernali
basse e siccità. Prati avvicendati monofiti di medio-lunga durata (6-10 anni). Molte varietà,
alternative e non.
Semina  lento insediamento, necessita buona preparazione del terreno, se seminata in
primavera (consociata a leguminose), non oltre marzo; in autunno (in purezza), entro fine
agosto per varietà poco o non alternative (necessità di avere culmi di età sufficiente per
ricevere induzione primaria)
Concimazioni  come per Dactylis glomerata
Produttività  12-14 t/ha s.s. (molto bassa al 1° anno per insediamento lento, poi elevata
fino 8-10 anni)
Utilizzazione:
• sfalcio a inizio spigatura per fienagione o insilamento
• poi ogni 5-6 sett. (non rifiorente  foraggio foglioso)
• pascolo  resistente al calpestamento, ma taglia elevata e rifiutata da spigatura
Festuca gr. rubra
Specie molto rustica, frequente in formazioni semi-naturali, ambienti mesofili e mesotrofici di
collina e montagna. Prati polifiti, molto longeva (8-10 anni),
96
Produttività  6-8 t/ha s.s.
Utilizzazione  pascolamento: bassa taglia, resistenza a calpestamento; foraggio di qualità
modesta
Festuca gr. ovina
Specie molto rustica, frequente in formazioni semi-naturali, ambienti mesoxerofili di montagna.
Prati polifiti, inerbimenti, produttività modesta
Utilizzazione  pascolamento e foraggio di qualità modesta
Lolium perenne (Loietto, lolio inglese)
Tipica di ambienti freschi e fertili, anche con eccesso idrico, non resiste a siccità, insediamento
rapido, mediamente longeva (3-5 anni), poco aggressiva  consociazione con T. repens,
produttività modesta. Molte varietà con caratteristiche diverse.
Semina  in primavera in consociazione con leguminose o a fine inverno per favorire lo
sviluppo delle radici prima della siccità estiva; a fine estate in purezza (non ritardare oltre
metà settembre, per le basse temperature).
Concimazioni  come Dactylis glomerata
Produttività  8-10 t/ha s.s.
Utilizzazione:
• tipicamente pascolata (vegetazione bassa e densa, buon ricaccio e accestimento,
non rifiorente)
• meno adatta a sfalcio (vegetazione “elastica”, tende a piegarsi)
• lento scadimento foraggio
• varietà tardive che spigano a fine maggio-inizio giugno
Phleum pratense (Fleolo, coda di topo)
Tipica di ambienti freddi di collina e montagna, adatta a pH acidi, sopporta basse T° in qualsiasi
stadio, non sopporta T° elevate e siccità prolungata, tardiva, longeva (5-8 anni). Prati monofiti per
produzioni tardive o consociazioni con specie poco aggressive (no medica). Molte varietà.
Semina  necessita buona preparazione del terreno, in primavera in consociazione;
seminare a fine inverno per sensibilità a siccità in stadi giovanili; a fine estate in purezza,
non sensibile al freddo ma accestimento prima dell’inverno.
Concimazioni  come Dactylis glomerata (attenzione a N perché sensibile ad
allettamento)
Produttività  10-12 t/ha s.s. (elevata per 4-6 anni)
Utilizzazione:
• spigatura tardiva (fine maggio-giugno)  scelta tra pascolo o sfalcio (possibilmente
97
entro inizio spigatura), fienagione più facile (stagione più avanzata).
• rapido decadimento qualitativo con T° elevate;
• ricaccio lento (6-7 settimane tra gli sfalci)
• rifiorente
Festuca pratensis
Tipica di ambienti freschi di pianura, collina e montagna, simile a F. arundinacea ma meno
produttiva e longeva (5-7 anni). Consociata a leguminose non troppo aggressive. Foraggio simile a
L. perenne. Semina primaverile.
Produttività  8-10 t/ha s.s.
Utilizzazione  a sfalcio o pascolo (più appetita di F. arundinacea)
Arrenatherum elatius (Avena altissima)
Specie comune in associazioni naturali di montagna, climi temperati, sensibile a freddi tardivi,
acidità, siccità, insediamento rapido, persistenza media (3-4 anni), aggressiva, adatta a
consociazione con medica. Semina primaverile. Utilizzazione a sfalcio (non adatta al
pascolamento).
Bromus inermis
Specie rustica, resistente a freddo e siccità, insediamento rapido, molto longeva (10 anni), molto
produttiva, adatta a consociazione con erba medica. Poco utilizzata in Italia.
Prati avvicendati oligo-polifiti o consociazioni graminee-leguminose
In funzione della combinazione di specie e trattamenti troviamo:
• Prati oligofiti  poche specie
• Prati polifiti  associazioni semi-naturali di numerose specie
Secondo la durata:
• breve  1-2 anni
• media  3-5 anni
• lunga  6-10 anni
I prati oligo-polifiti in Italia sono 225.000 ha, 5500 ha dei quali in Piemonte
Scopo delle consociazioni sono:
✓ valorizzazione comportamento complementare
✓ incremento produttivo
✓ stabilizzazione della produzione
✓ distribuzione dell’offerta stagionale
✓ longevità del prato
✓ maggiore controllo delle invadenti,
✓ maggior scelta del sistema di utilizzazione,
✓ maggior equilibrio della razione alimentare,
✓ maggior difesa del suolo
98
✓ minor esigenze di azoto
Consociazione = competizione tra specie. L’obiettivo è limitare la competizione tra queste tramite:
➢ fattori di competizione
o luce: taglia, foglie erette
o acqua
o azoto
o interazioni
➢ competizione intra-interspecifica
➢ equilibrio fra i componenti
➢ ruolo dei componenti
Ruolo delle leguminose prative
Miscugli: criteri di scelta
➢ Numero di specie da inserire:
o in condizioni favorevoli  2 specie (1 graminea + 1 leguminosa)
o condizioni sfavorevoli  3-5 specie per fronteggiare avversità
o miscugli più complessi per inerbimenti tecnici o in zone montane difficili
➢ Specie e varietà in funzione di:
o adattamento ambientale
o aggressività  specie con aggressività simile (caratteristica difficile da determinare)
o persistenza / longevità della coltura
o ritmo di vegetazione 
▪ miscugli bifiti (caratteristiche simili)
▪ n° specie elevato e ambiente difficile  specie complementari (equilibrio
del miscuglio più importante di produttività)
▪ diversa precocità  fasi fenologiche sfalsate: vantaggio per es. per
pascolamento continuo intensivo (< calo qualità)
o modalità di utilizzazione: secondo ambiente 
▪ sfalcio, fienagione, insilamento (loiessa, F. arundinacea, Dactylis, Phleum,
Bromus, Medicago, T. repens (ladino), T. pratense, sulla, lupinella)
▪ pascolamento defogliazioni
✓ distanziate: F. arundinacea, Medicago
✓ frequenti: loietto, T. repens, Dactylis, Poa pratensis
▪ utilizzabilità primaverile o autunnale (lupinella)
99
▪ palatabilità
▪ produttività
Esempi:
• Prati avvicendati di breve durata
o loiessa + Trifolium repens o T. pratense
o loiessa + T. repens + T. pratense + D. glomerata (3 anni)
o Bromus catharticus + Lotus corniculatus
o Hedysarum coronarium
• Prati avvicendati di media durata
o Medicago sativa
o Onobrychis viciifolia
o M. sativa + L. multiflorum (3 kg seme) o D. glomerata o F. arundinacea
• Prati-pascoli avvicendati di media durata
o Lolium perenne + T. repens + D. glomerata/F. arundinacea (non oltre 600/700 m)
o D. glomerata/F. arundinacea + Poa pratensis + T. repens
o F. arundinacea (<600m s.l.m.) + D. glomerata + Phleum pratense + P. pratensis + T.
repens + T. pratense (poco)
Pratiche agronomiche specifiche per i prati avvicendati e permanenti
• controllo/modifica della composizione vegetazionale:
o prati avvicendati  semina
o cotiche permanenti  rinnovamento
▪ con distruzione
▪ senza distruzione (trasemina)
• concimazione
• irrigazione
• controllo delle infestanti
Rinnovamento delle cotiche permanenti con distruzione del cotico
Tecniche di distruzione cotico:
• Meccanica  (a) aratura + risemina
• Chimica  (b) glifosate (MCPA; MCPP, Dicamba)
• Combinata  (b + a)
Rinnovamento delle cotiche permanenti senza distruzione del cotico  Trasemina
Risultati attesi: cotico arricchito e più denso, controllo delle infestanti
• Tecniche di trasemina
o spaglio
o file (macchine trasemina)
100
o spaglio + pascolamento
o scarificatura meccanica
o diserbo selettivo + scarificatura meccanica
o rullatura croskill
• scelta specie  erba medica, lupinella, sulla, trifoglio bianco, trifoglio pratense, Dactylis
glomerata, Bromus inermis, loiessa (temporaneo)
• epoca  fine inverno
• concimazione  P e K
• utilizzazione anticipata
Lotta alle malerbe  specie invadenti tossiche, basso valore nutritivo, metaboliti secondari
aromatici, antiestetiche.
• Cause predisponenti all’invasione:
o gestione non razionale
o specie poco adatte  insediamento lento + insufficiente longevità
o eventi eccezionali
• Lotta preventiva
o corretta gestione
o falsa semina
• Diserbo selettivo  limiti applicativi
o specie: romici, ranuncoli, Poligonum
o trattamenti localizzati  (2-4DB MCPB, spazzola chimica: glifosate)

You might also like