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Lo Spirituale

nell’Arte
Vasilij Kandinskij

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Indice

Lo Spirituale nell’Arte di Vassilij Kandinskij, Natale 1911 pag. 3


Lo Spirituale nell’Arte di Stella Bottai pag.15
Astrattismo “Immagini oltre il mondo visibile” pag. 15
Arte senza figure pag.15
Gli effetti dell’astrattismo pag.16
I colori e i suoni dello spirito pag.16
Un’arte fatta di forme geometriche essenziali pag.17
Oltre l’apparenza, oltre l’abitudine pag.18
Astratto e aniconico pag.18
Vasilij Kandinskij pag.20
“La spiritualit{ nell’arte” – Der Blaue Reiter pag.25
Punto, linea, superficie pag.28
I lavori teatrali pag.29
Opere (parziale) pag.31
Bibliografia pag.32
Vasilij Kandinskij nei musei italiani pag.32

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Lo Spirituale nell’Arte

di Vassily Kandinsky, Natale 1911

[…]La vita spirituale è rappresentata schematicamente in


modo corretto da un grande triangolo acuto diviso in sezioni
orizzontali disuguali, con la più piccola e più aguzza rivolta
verso l’alto. Quanto più si scende verso il basso, tanto più
grandi, larghe, ampie e alte diventano le sezioni del triangolo.
L’intero triangolo si muove lentamente, in modo appena
percettibile, in avanti e verso l’alto e dove “oggi” si trova il
vertice estremo, “domani”[1] sar{ la prossima sezione; in altri
termini, ciò che oggi riesce comprensibile solo al vertice, ciò
che per le parti restanti del triangolo è un vaniloquio
incomprensibile, sarà domani il contenuto, ricco di significato
e di sensibilità, della vita della seconda sezione.
Alla punta del vertice estremo si trova talvolta soltanto un
uomo. La sua gioiosa visione fa tutt’uno con la smisurata
tristezza interiore, e neppure coloro che gli sono più vicini
sono in grado di comprenderlo. Indispettiti, lo bollano come
truffatore o candidato al manicomio. Così, ad esempio, ai suoi
tempi rimase solo sulla vetta, oggetto di scherno,
Beethoven.[2]
Quanti anni dovettero passare prima che una sezione
abbastanza grande del triangolo si spostasse al punto dov’egli
fu un tempo solitario! E nonostante tutti i monumenti eretti in
suo onore, sono veramente molti coloro che si sono innalzati
fino a quel punto?[3]
In tutte le sezioni del triangolo si possono trovare artisti.
Ognuno di coloro che sono in grado di sbirciare al di là dei
limiti della propria sezione è un profeta per quanti lo
circondano e contribuisce al movimento del carro, che resiste
in virtù della propria inerzia. Chi non possiede invece uno

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sguardo così acuto, e per basse ragioni o inseguendo scopi
meschini ne fa cattivo uso o addirittura chiude gli occhi per
non vedere, viene del tutto compreso dai suoi compagni di
sezione, che gli rendono grandi onori. Quanto più grande è
questa sezione (ossia, al tempo stesso, quanto più in basso si
trova) tanto maggiore è il numero di coloro cui il discorso
dell’artista è comprensibile. È chiaro che ciascuna di tali
sezioni è affamata, consapevolmente o (molto più spesso)
inconsapevolmente, del corrispondente pane spirituale.
Questo pane le viene offerto dai suoi artisti e verso questo
pane stender{ la mano domani gi{ la sezione successiva. […]
Il triangolo spirituale si muove lentamente in avanti e
verso l’alto. Oggi tra le sezioni più vaste raggiunge il livello
delle prime parole d’ordine del “credo” materialistico; coloro
che si trovano in questa sezione attribuiscono a se stessi,
credo religiosi diversi, chiamandosi ebrei, cattolici, protestanti
ecc. In realtà non sono altro che atei, come del resto
riconoscono apertamente anche alcuni fra i più audaci o fra i
più limitati. Il “cielo” è per essi vuoto. “Dio è morto”.
Politicamente, coloro che si trovano in questo stadio sono
parlamentaristi o repubblicani. Il timore, l’orrore e l’odio che
essi nutrivano ieri contro queste opinioni politiche li hanno
riversati oggi sull’anarchia, che essi peraltro non conoscono e
di cui è noto loro soltanto il nome terrificante.
Economicamente questi uomini sono socialisti. Essi affilano la
spada della giustizia per infliggere all’idra capitalista il colpo
mortale e decapitare il male.
Poiché coloro che si trovano in questa grande sezione del
triangolo non hanno mai risolto un problema da sé e, stando
sempre comodamente adagiati nel carro dell’umanit{, furono
sempre trascinati in avanti da uomini appartenenti a sezioni
superiori che si sacrificarono per tutti, non sanno nulla di
questa spinta in avanti, che hanno osservato sempre solo da

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molto lontano. Essi immaginano perciò che questo compito di
spingere avanti il carro sia impresa assai agevole e credono in
ricette di assoluta efficacia e in mezzi infallibili.
La sezione immediatamente inferiore viene trascinata
ciecamente alla propria altezza da quella descritta sopra, ma
resiste, tenendosi aggrappata con tutte le forze alla posizione
precedente, per il timore di cadere nell’ignoto, per evitare di
essere ingannata. Le sezioni superiori non solo, dal punto di
vista religioso, sono ciecamente atee, ma possono fondare la
loro posizione su parole altrui (ad esempio le parole di
Virchow, indegne di uno scienziato: “Ho sezionato molti
cadaveri senza mai trovarvi un’anima”). Politicamente essi
sono ancora, per lo più repubblicani, conoscono vari usi
parlamentari, leggono sui giornali i principali articoli politici.
Sul piano economico sono socialisti di varie sfumature e sanno
sostenere le loro “convinzioni” con numerose citazioni (dalla
Emma di Schweitzer alla Loi d’airain di Lassalle al Capitale di
Marx e così via).
In queste sezioni superiori compaiono gradualmente
anche altre categorie, che mancavano nelle sezioni appena
descritte; scienza e arte, alla quale appartengono anche
letteratura e musica.
In campo scientifico questi uomini sono positivisti e
riconoscono solo ciò che può essere pesato e misurato. Tutto il
resto viene da essi considerato dannoso e assurdo così
com’era del resto definita ieri la teoria oggi “dimostrata”. In
arte sono naturalisti e riconoscono, e perfino stimano entro
certi limiti, che furono tracciati da altri e nei quali essi hanno
perciò una fede incrollabile, personalità, individualità e
temperamento dell’artista.
In queste sezioni superiori, nonostante siano percepibili
un grande ordine e una grande sicurezza e nonostante la
presenza di princìpi infallibili, si avvertono però un timore

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segreto, una confusione, un’incertezza e un’insicurezza simili a
quelli che passano per la mente dei passeggeri di un grande e
solido transatlantico quando in alto mare, scomparsa la terra
ferma nella nebbia, si radunano nubi nere e un vento fosco
solleva l’acqua in montagne nereggianti. La causa di ciò va
ricercata nella loro formazione. Essi sanno che il dotto, lo
statista, l’artista oggi idolatrato era ancora ieri un ambizioso,
un impostore, un cialtrone schernito, che non meritava di
essere preso sul serio.
E quanto più in alto si sale nel triangolo spirituale, tanto
più netti e ben definiti appaiono questo timore, questa
insicurezza. In un primo tempo emergono qua e là occhi capaci
di vedere anche da soli, intelligenze capaci di sintesi. Gli
uomini che possiedono queste doti si chiedono: “Se questa
sapienza dell’altro ieri è stata rovesciata da quella di ieri, e
quest’ultima da quella di oggi, anche questa non potr{ essere
ribaltata in qualche modo da quella di domani?” E i più
coraggiosi fra loro rispondono: “È nell’ambito delle
possibilit{”.
Si trovano poi, in secondo luogo, occhi capaci di vedere ciò
che non è ancora stato spiegato dalla scienza oggi. Tali uomini
si chiedono: “La scienza, percorrendo la strada sulla quale si
muove già da molto tempo, perverrà mai alla soluzione di
questi enigmi? E quando vi sarà pervenuta, ci si potrà mai
fidare completamente della sua risposta?”
In queste sezioni si trovano anche scienziati di professione
in grado di ricordare in che modo fatti oggi assodati,
riconosciuti da accademie, venissero accolti in principio dalle
medesime accademie. Qui si trovano anche teorici dell’arte i
quali scrivono libri profondi e pieni di riconoscimenti per
un’arte che ieri era considerata assurda. Con questi libri essi
abbattono le barriere che l’arte ha gi{ superato d’un balzo da
molto tempo e ne erigono altre destinate secondo loro a

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rimanere questa volta invalicabili ed eterne al nuovo posto a
esse assegnato, né, intenti nel loro lavoro, si accorgono di stare
edificando tali barriere non davanti ma dietro l’arte. Quando,
domani, se ne accorgeranno, scriveranno nuovi libri e
sposteranno rapidamente quelle barriere in avanti.
Quest’attivit{ durer{ immutabile finché non ci si renderà
conto che il principio esteriore dell’arte può valere solo per il
passato e mai per il futuro. Non si può teorizzare questo
principio per la parte restante della vita, che appartiene al
regno dell’immateriale. Non si può irrigidire in forme materiali
ciò che non esiste ancora materialmente. Lo spirito che
conduce al regno del domani può essere riconosciuto solo
attraverso il sentire (che procede sui binari tracciati dal
talento dell’artista). La teoria è la lanterna che illumina le
forme fossilizzate dell’ieri e dell’altro ieri. […]
Il mezzo principale di Maeterlinck è l’uso della parola. La
parola è un suono interiore. Questo suono interiore deriva in
parte (forse principalmente) dall’oggetto, a cui la parola funge
da nome. Ma quando non si vede l’oggetto stesso bensì se ne
ode solo il nome, nella mente dell’ascoltatore si forma la
rappresentazione astratta, l’oggetto smaterializzato, il quale
produce immediatamente una vibrazione nel “cuore”. Così
l’albero verde, giallo, rosso nel prato è solo un caso materiale,
una forma materializzata accidentale dell’albero che sentiamo
in noi quando udiamo la parola albero. L’uso abile (conforme
al sentire poetico) di una parola, una ripetizione interiormente
necessaria della stessa due, tre, più volte, può condurre non
solo a un’amplificazione del suono interiore ma a portare in
luce ancora altre proprietà spirituali della parola non ancora
sospettate.
Infine, quando una parola viene ripetuta spesso (gioco
caro all’infanzia, che più tardi viene dimenticato), perde il
senso esteriore della denominazione. Analogamente viene

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dimenticato addirittura il senso, divenuto astratto, dell’oggetto
designato e viene messo a nudo il solo suono puro della
parola. Questo suono “puro” lo udiamo forse
inconsapevolmente anche nella consonanza con l’oggetto reale
o con l’oggetto successivamente divenuto astratto. In
quest’ultimo caso, però, questo suono puro viene in primo
piano ed esercita una pressione diretta sull’anima. L’anima
perviene a una vibrazione senza oggetto, la quale è ancora più
complessa, vorrei dire “più sovrasensibile”, dell’emozione che
danno all’anima i rintocchi di una campana, il suono di una
corda, il rumore prodotto dalla caduta di un’asse.
Per la lettura del futuro si dischiudono qui grandi
possibilità. Questa forza della parola viene usata in forma
embrionale già nelle Serres Chaudes. Nell’uso che ne fa
Maeterlinck, una parola che a tutta prima sembra neutra
assume perciò un suono cupo. Una parola semplice, abituale
(ad esempio “capelli”), usata in modo veramente sentito, può
diffondere un’atmosfera di sconforto, di disperazione. È
questo il mezzo usato da Maeterlinck. Esso indica la via sulla
quale si vedrà presto che il tuono, il lampo e la luna dietro nubi
trascorrenti sono mezzi materiali esteriori i quali sulla scena
teatrale possono assolvere una funzione non maggiore di
quella che in natura ha “l’uomo nero” per i bambini. Veri mezzi
interiori non perdono così facilmente la loro forza e il loro
effetto.[4] E la parola, la quale ha dunque due significati – il
primo diretto e il secondo interiore – è il materiale puro della
poesia e della letteratura, il materiale che solo quest’arte può
usare e mediante il quale parla all’anima.
Qualche cosa di simile fece in musica R. Wagner. Il suo
famoso Leitmotiv è anch’esso un tentativo di caratterizzare
l’eroe non soltanto per mezzo di equipaggiamenti teatrali, di
balletti e di effetti di luce, bensì ricorrendo a un motivo
preciso, determinato, ossia a un mezzo puramente musicale.

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Questo motivo è una sorta di atmosfera spirituale espressa
musicalmente, la quale precede l’eroe e che egli irraggia
dunque spiritualmente lontano.[5]
I musicisti più moderni, come Debussy, introducono
impressioni spirituali, che attingono spesso alla natura e
trasfigurano in forma puramente musicale le immagini
spirituali. Proprio Debussy viene perciò spesso paragonato
agli impressionisti in quanto si afferma che, come tali pittori,
fa dei fenomeni naturali, da lui raffigurati a grandi tratti in
modo personale, lo scopo delle sue opere. La verità contenuta
in quest’asserzione è solo un esempio del fatto che nella
nostra epoca varie arti apprendono l’una dall’altra e sono
spesso assai vicine fra loro quanto alle finalità. Sarebbe però
troppo ardimento affermare che la definizione citata
rappresenti in modo esauriente l’importanza di Debussy.
Nonostante il punto di contatto con gli impressionisti, la
tendenza di questo musicista al contenuto interiore è talmente
forte che nelle sue opere si riconosce immediatamente
l’anima, dal suono incrinato, dal presente, con tutti i suoi
dolori strazianti e la sua tensione nervosa. E d’altra parte
Debussy non usa mai, neppure nelle immagini
“impressionistiche”, una descrizione interamente materiale,
che è l’elemento caratteristico della musica a programma, ma
si limita all’utilizzazione del valore interiore del fenomeno. […]
In pittura gli ideali idealistici[6] succedono le tendenze
impressionistiche, le quali danno loro il cambio. Nella loro
forma dogmatica e nelle loro finalità puramente naturalistiche
tali tendenze sfociano nella teoria del neoimpressionismo, che
al tempo stesso perviene all’astrazione: secondo tale teoria
(un metodo che i neoimpressionisti considerano universale) si
tratta di non fissare sulla tela frammenti casuali della natura
bensì di cogliere l’intera natura in tutto il suo splendore e la
sua grandiosità.[7]

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Quasi simultaneamente osserviamo la comparsa di tre
fenomeni del tutto diversi: 1) Rossetti e il suo allievo Burne-
Jones con tutti i loro successori; 2) Böcklin, con Stuck, che
viene fuori dalla sua scuola, e i loro successori; e 3) Segantini, i
cui imitatori anche formali non posseggono una briciola di
originalità. Proprio questi tre nomi sono stati da me scelti
come tipici della ricerca in campi non materiali. Rossetti si
volse ai preraffaelliti e cercò di riportare in vita le loro forme
astratte. Böcklin scelse il campo del mitologico e del fantastico,
rivestendo le sue figure astratte, in contrasto con Rossetti, di
forme corporee materiali fortemente sviluppate. Segantini, che
tra questi artisti è esteriormente quello più materiale, si servì
di forme naturali perfettamente definite, che elaborò talvolta
fin nei minimi particolari (ad esempio catene di montagne, ma
anche sassi, animali ecc.), e sempre, nonostante la forma
chiaramente materiale, seppe creare figure astratte, per cui
egli è forse interiormente l’artista meno materiale fra quelli
citati.
Questi sono i ricercatori dell’interiorit{ nell’esteriorit{. […]
In generale il colore è un mezzo che consente di esercitare
un influsso diretto sull’anima. Il colore è il tasto, l’occhio il
martelletto, l’anima è il pianoforte dalle molte corde.
L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, mette
opportunamente in vibrazione l’anima umana.
È chiaro pertanto che l’armonia dei colori deve fondarsi solo
sul principio della giusta stimolazione dell’anima umana.
Questa base dev’essere designata come il principio della
necessità interiore […].
Questo rapporto inevitabile fra il colore e la forma ci
conduce a osservazioni sugli effetti che la forma esercita sul
colore. La forma stessa, anche quando è del tutto astratta ed è
uguale a una forma geometrica, ha un suono interiore, è un
essere spirituale dotato di propriet{ che fanno tutt’uno con

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questa forma.
Un triangolo (senza l’ulteriore specificazione se si tratti di
un triangolo acutangolo, ottusangolo o equilatero) è un essere
del genere con un profumo spirituale a lui specifico. Quando il
triangolo viene a trovarsi in connessione con altre forme,
questo profumo si differenzia, acquista sfumature consonanti,
ma rimane sostanzialmente immutabile, come il profumo della
rosa, che non può mai essere confuso con quello della violetta.
Lo stesso vale per il cerchio, per il quadrato e per tutte le altre
forme possibili.[8] Ci troviamo qui dunque in presenza dello
stesso caso che osservavamo sopra il rosso: una sostanza
soggettiva in un involucro oggettivo.
Viene qui chiaramente in luce l’azione antagonistica della
forma e del colore. Un triangolo giallo, un cerchio blu, un
quadrato verde, di nuovo un triangolo, però questa volta
verde, un cerchio giallo, un quadrato blu ecc. sono tutti esseri
assolutamente diversi, che esercitano effetti altrettanto
diversi.
Si può qui facilmente osservare che molti colori vengono
sottolineati nel loro valore da talune forme e smorzati da altre.
Colori acuti vengono sempre esaltati, acquistano un suono più
acuto, quando sono associati a una forma acuta (ad esempio il
giallo associato al triangolo). I colori che tendono
all’approfondimento vedono questa tendenza accentuata da
forme tondeggianti (ad esempio il blu associato al cerchio). È
d’altra parte naturalmente chiaro che il mancato adattamento
della forma al colore non dev’essere considerato qualche cosa
di “disarmonico”, bensì all’inverso una nuova possibilit{ e
dunque anche una nuova armonia. Poiché il numero dei colori
e delle forme è infinito, sono infinite anche le combinazioni e
al tempo stesso gli effetti. Questo materiale è inesauribile.
La forma in senso stretto non è in ogni caso nulla di più
della delimitazione di una superficie dall’altra. È questa la sua

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definizione sul piano dell’esteriorit{. Poiché però tutto ciò che
è esteriore racchiude in sé, inevitabilmente, anche
un’interiorit{ (che viene in luce con maggiore o minor forza),
così anche ogni forma ha un contenuto interiore.[9] La forma è
dunque l’esteriorizzazione del contenuto interiore. È questa la
sua definizione sul piano dell’interiorit{. Si pensi all’esempio
poco fa citato del pianoforte, sostituendo al “colore” la
“forma”: l’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto
(= forma), mette opportunamente in vibrazione l’anima
umana. È chiaro pertanto che l’armonia delle forme deve
fondarsi solo sul principio della giusta stimolazione dell’anima
umana.
Questo principio fu designato come il principio della
necessità interiore.
I due aspetti della forma citati sono al tempo stesso i suoi
due fini. Perciò la delimitazione esteriore è perfettamente
rispondente al suo fine quando porta in luce nel modo più
espressivo il contenuto interiore della forma.[10] Il carattere
esteriore della forma, ossia la delimitazione a cui in questo
caso la forma serve da strumento, può essere assai vario.
Nonostante tutta la diversità che la forma può offrire, essa
non andrà oltre due limiti esteriori, e precisamente:
1) o la forma, in quanto delimitazione, serve al fine di
ritagliare, grazie appunto a tale delimitazione, un oggetto
materiale dal piano, e dunque a disegnare questo oggetto
materiale sul piano, oppure
2) la forma rimane astratta, ossia non designa alcun
oggetto reale bensì è un essere completamente astratto.
Siffatti esseri puramente astratti, che in quanto tali hanno una
loro vita, un loro influsso e una loro azione, sono un quadrato,
un cerchio, un triangolo, un rombo, un trapezio e le
innumerevoli altre forme che diventano sempre più
complicate e non posseggono più una denominazione

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matematica. Tutte queste forme hanno un uguale diritto di
cittadinanza nel regno dell’astratto, cui appartengono.
Fra questi due limiti è compreso il numero infinito delle
forme in cui sono presenti i due elementi e nelle quali prevale
o il materiale o l’astratto.
Queste forme sono, per il momento, l’intero patrimonio da
cui l’artista attinge tutti i singoli elementi delle sue creazioni.
[…]

Note:
[1] Questo “oggi” e questo “domani” sono simili interiormente ai “giorni”
della creazione biblica.
[2] Weber, il compositore del Franco cacciatore, disse della Settima sinfonia
di Beethoven: «Ora le stravaganze di questo genio hanno toccato il non plus
ultra; Beethoven è del tutto maturo per il manicomio.» Ascoltando l’interessante
punto dell’inizio della prima frase, dove batte il “mi”, l’abate Stadler, che
ascoltava la sinfonia per la prima volta, esclamò, rivolto a un vicino: «Sempre
questo “mi”; non gli viene in menteproprio nulla, a questo tipo senza talento!»
(August Goellerich, Beethoven, si veda la p. 1, nella serie “Die Musik”, a cura di R.
Strauss.)
[3] Molti strumenti non sono una triste risposta a questa domanda?
[4] Ciò viene chiaramente in luce quando si confrontino le opere di
Maeterlinck con quelle di Poe. È questo un nuovo esempio del progresso anche
dei mezzi artistici dal materiale astratto.
[5] Molte esperienze hanno dimostrato che una tale atmosfera spirituale
avvolge non solo gli eroi bensì ogni uomo. Ad esempio i sensitivi non possono
rimanere in una stanza in cui sia stata precedentemente, anche se essi lo
ignorano, una persona a loro spiritualmente sgradevole.
[6] Così nel testo, ma pare si debba leggere piuttosto “naturalistici”,
“realistici” o “materialistici”, come nella versione russa; [N.d.T.]
[7] Si veda ad esempio P. Signac, De Lacroix au néo-impressionisme [1899],
trad. ted. edita dalla casa editrice Axel Juncker, Charlottenburg, 1910.
[8] Una funzione molto importante ha però anche l’orientamento del
triangolo, ossia il suo movimento. Questo fatto ha grande importanza per la
pittura.
[9] Quando una forma ci lascia del tutto indifferenti e, secondo
l’impressione abituale, “non dice nulla”, la cosa non va intesa alla lettera. Non
esiste nessuna forma, e in generale non esiste nulla al mondo, che non dica nulla.
Spesso però il messaggio non arriva alla nostra anima; ciò accade per la
precisione, quando ciò che viene detto è in sé e per sé indifferente o meglio non

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viene detto al momento giusto.
[10] L’aggettivo “espressivo” va inteso in modo appropriato: talvolta la
forma è infatti espressiva proprio quando viene smorzata. Essa esprime a volte
la necessit{ nel modo più efficace proprio quando non va sino all’estremo bensì
è solo un cenno, quando indica solo la direzione all’espressione esteriore.
Tratto da: Vassily Kandinsky ©1993 Catalogo Edizioni
Gabriele Mazzotta exterius.eu

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Lo spirituale nell'arte
Enciclopedia dei ragazzi, treccani.it (2005), di Stella Bottai.

Astrattismo “Immagini oltre il mondo visibile”


Nel 1910 l’artista russo Vasilij V. Kandinskij realizza un
acquerello composto di segni e macchie che non assomigliano
a niente di riconoscibile. Fino ad allora, le opere d’arte, almeno
in Occidente, avevano sempre riprodotto figure umane,
paesaggi, scene storiche. Perché avviene questo grande
cambiamento? Che cosa rappresenta l’arte astratta? E qual è il
suo valore?

Arte senza figure


L’idea che si possa dipingere senza essere fedeli al mondo
visibile si fa strada in Europa nel corso dell’Ottocento.
L’invenzione della fotografia e la sua diffusione provocano una
crisi negli artisti figurativi, che sentono di non poter
competere con la macchina fotografica nella rappresentazione
precisa del mondo. Anche per questo motivo, si cercano nuovi
campi di esplorazione. E soprattutto si diffonde una
convinzione: un quadro, prima di essere un cavallo, una scena
di battaglia o una donna nuda, è una superficie coperta di
colori disposti in un certo ordine. Esiste cioè un ordine interno
alla forma che è indipendente da ciò che la forma rappresenta.
Forse non è un concetto facile, ma è proprio questa l’idea
che sta alla base del grande cambiamento portato nell’arte
moderna, dall’astrattismo. Il compito del pittore non è
riprodurre ciò che già esiste, copiare e imitare la natura, ma
usare liberamente i mezzi del suo linguaggio: colori, linee,
materie. Ma con che cosa sostituire la realtà? Le risposte sono
diverse: c’è chi si concentra sul puro colore, per esprimere uno
stato d’animo; chi cerca di rendere visibili le suggestioni della
musica; chi le strutture invisibili della natura. Il primo a

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dipingere un’opera astratta è un artista russo, Vasilij V.
Kandinskij.

Gli effetti dell’astrattismo


Nel 1895 Kandinskij vede un quadro di Claude Monet, il
celebre pittore impressionista, che rappresenta un pagliaio
illuminato dal sole. All’inizio non riesce a capire che cosa
raffiguri la tela, perché Monet ha dipinto con piccoli tocchi di
colore, senza linee di contorno, cercando soprattutto di
‘suggerire’ l’effetto luminoso. Ma, pur non riuscendo a capire il
soggetto nel quadro, Kandinskij rimane lo stesso affascinato
dalla sua bellezza. Quando si avvicina alla tela e individua cosa
vi è rappresentato, ha la sensazione che, tutto sommato, il
pagliaio non è così importante. Ciò che conta è il modo in cui è
dipinto e l’effetto che ha su chi lo guarda.

I colori e i suoni dello spirito


Kandinskij arriva così all’astrattismo. I tradizionali soggetti
dell’arte sono sostituiti da macchie e zone colorate, da forme
libere, che l’artista dispone con l’esperienza di chi conosce il
funzionamento dell’occhio umano. L’artista russo intuisce che
possono diventare immagini della mente anche le emozioni
suscitate dalla musica. Comincia così la produzione di quadri e
acquerelli che intitola Improvvisazioni e Composizioni, come
fossero opere musicali. Per Kandinskij i colori e le forme
hanno un suono interiore che influenza la psicologia di chi li
guarda: per esempio, un colore squillante come il giallo in una
forma acuta come il triangolo suscita inquietudine. L’azzurro
produce una sensazione di calma. Ogni colore è associato dal
grande artista al suono di uno strumento musicale. Con questa
ricerca sulle emozioni, Kandinskij vuole risvegliare nel mondo
una nuova spiritualità, dopo un lungo periodo di attaccamento
alle cose materiali, e a tal fine scrive anche un affascinante

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libro, Lo spirituale nell’arte. Dopo la Prima guerra mondiale lo
stile di Kandinskij si modifica, diventa geometrico, e l’artista
costruisce una vera e propria teoria delle linee, dei punti e
delle superfici piane.

Un’arte fatta di forme geometriche essenziali


Le prime opere astratte presentano forme biomorfiche,
cioè fluide e minute come i microrganismi osservati al
microscopio: forme del genere si trovano nei lavori dell’artista
svizzero Paul Klee e dello spagnolo Joan Miró. Lo scultore
Jean Arp e l’americano Alexander Calder realizzano invece
opere colorate e bizzarre, che assomigliano alle composizioni
fatte dai bambini.
Accanto a questi quadri, ne possiamo trovare altri,
completamente diversi, fatti di figure geometriche: sono le
opere del pittore olandese Piet Mondrian. Secondo Mondrian
un albero può essere semplificato, finché non appare la sua
struttura geometrica essenziale e quelli che erano rami
diventano linee: tutta la varietà della natura per lui può essere
racchiusa in diagrammi di questo tipo. Nelle sue tele più
celebri, Mondrian traccia una griglia di righe orizzontali e
verticali e usa come tinte il bianco, il nero e i tre colori primari
(giallo, rosso e blu). A settant’anni visita New York e… impara
a ballare il boogie-woogie. Questo per Mondrian è fonte di
ispirazione: infatti cerca di suggerire il ritmo frenetico della
danza in un’opera chiamata Broadway boogie-woogie, che fa
pensare ai passi di un ballerino sulla pista.
Il pittore russo Kazimir S. MaleviŠc utilizza forme
geometriche essenziali, come quadrati, triangoli, croci. Lavora
negli anni della Rivoluzione russa e con le sue ricerche si
spinge fino a limiti estremi, arrivando a dipingere addirittura
un quadrato bianco su fondo bianco. È un’opera limite, come
un muro oltre il quale non c’è più niente. E proprio il niente

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MaleviŠc voleva rappresentare: l’idea di un mondo privo di
oggetti.
Fino alla Seconda guerra mondiale, l’astrattismo è un
movimento tutto europeo ma, con la fuga degli artisti in
America a causa della guerra e delle persecuzioni naziste, il
nuovo stile si diffonde negli Stati Uniti. Il contatto con il
mondo americano, provoca la nascita di un movimento
chiamato espressionismo astratto, in cui ha molta importanza il
gesto istintivo dell’artista che arriva a realizzare i quadri
gettando i colori sulle tele.

Oltre l’apparenza, oltre l’abitudine


L’astrattismo è legato anche allo sviluppo della scienza. In
biologia, il microscopio mostra il mondo delle cellule. In fisica,
l’atomo, che per millenni era stato ritenuto l’elemento di base
della materia, risulta essere divisibile. Si scopre cioè che, sotto
la superficie del mondo, dentro la materia, si muovono altri
mondi, altre forme. Negli stessi anni, a Vienna, Sigmund Freud
fonda la psicoanalisi. Anche questa disciplina cerca di andare
al di l{ di ciò che appare a occhio nudo, esplorando l’inconscio
dell’essere umano.
Contemporaneamente, il compositore Arnold Schönberg,
amico di Kandinskij, inventa la dodecafonia, una musica che
non rispetta più le tradizionali regole armoniche. Insomma,
l’astrattismo fa parte di tutta una serie di tentativi di superare
i limiti dell’apparenza della realt{ e delle abitudini quotidiane.

Astratto e aniconico
A parte i quadri dell’astrattismo, esistono altre immagini
senza figure? Immagini che non rappresentano né esseri
umani né animali? Certo. Se visitiamo una moschea (il luogo
di preghiera della religione musulmana) o una sinagoga (il
tempio della religione ebraica), possiamo osservare che le

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decorazioni non raffigurano mai uomini e animali. Si tratta di
arte astratta? Non proprio: il termine da usare in questi casi è
aniconico. È una parola greca che vuol dire “privo di figure”
(da icona, “figura”) e che si usa spesso in riferimento a
decorazioni e ornamenti. Ne troviamo esempi nell’arte greca e
nel Medioevo. In molti casi, si tratta di stilizzare le forme
naturali: per esempio, il profilo di una foglia viene semplificato
al massimo finché diventa una linea ornamentale in cui la
foglia non si riconosce più.

Tratto da Enciclopedia dei ragazziTreccani.it

19
Vasilij Kandinskij it.wikipedia.org

Vasilij Vasil’evič Kandinskij, in russo: Василий Васильевич


Кандинский[?], noto anche come Vassily Kandinsky (Mosca,
4 dicembre 1866 – Neuilly-sur-Seine, 13 dicembre 1944), è
stato un pittore russo, creatore della pittura astratta.

 Nel 1870 la sua famiglia si trasferisce a Odessa. Dal 1886
al 1889 studia legge a Mosca. Nel 1892 si laurea, e nello stesso
anno si decide a sposare la cugina Anja Čimiakin, che aveva
conosciuto all'Università di Mosca e con la quale aveva
stabilito un rapporto di grande intesa e affinità intellettuale.
Nel 1896 rifiuta un posto di docente all’Universit{ di
Dorpat per studiare arte presso l’Accademia di Belle Arti dove
è allievo di Franz von Stuck. Nello stesso periodo abita nel
quartiere di Schwabing dove trova una concentrazione
massima di artisti, rivoluzionari russi, musicisti, scrittori e
persone creative in generale.
Nel 1901 fonda il gruppo Phalanx, qui conobbe la sua
futura compagna di vita Gabriele Münter che era sua
studentessa. L’obiettivo principale del gruppo è di introdurre
le avanguardie francesi nell’ambiente artistico tradizionalista
di Monaco, a tale scopo apre una scuola in cui tiene lezione. I
suoi dipinti dei primi anni del secolo sono paesaggi eseguiti
alla spatola, all’inizio ombrosi, e poi di una intensit{ quasi
fulva; dipinge anche temi fantastici derivanti dalla tradizione
russa o dal medioevo tedesco; questo periodo è caratterizzato
dalla sperimentazione tecnica, in particolare dell’uso della
tempera su carta scura, per dare l’illusione di una superficie
illuminata da dietro in trasparenza. La consistenza tonale del
chiaroscuro evidenzia lo schema, cancellando la distinzione
tra le figure e lo sfondo, dando come risultato una
composizione quasi astratta.
Nel 1902 espone per la prima volta con La Secessione di

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Berlino e realizza le sue prime xilografie. Nel 1903 e 1904
visita l’Italia, l’Olanda, l’Africa e la Russia. Nel 1904 espone nel
Salone d’Autunno di Parigi.
Assieme alla pittrice Gabriele Münter comprerà nel 1908
una casetta a Murnau in Alta Baviera. Questa casa, nominata
“Russenhaus” (“la casa dei russi”), diventer{ luogo di incontro
di innumerevoli artisti e musicisti di tutto il mondo. Da qui
prender{ piede l’arte astratta.
Nel 1909 viene eletto presidente del Neue
Künstlervereinigung München (NKVM). La prima esposizione
del gruppo, ha luogo nello stesso anno nella Galleria Heinrich
Thannhauser di Monaco. Fino alla fine del decennio, le pitture
di Kandinskij denotano una gran tendenza all’appiattimento
per l’intensit{ equivalente delle aree di colore e la superficie
rilucente che distrugge ogni illusione di profondità. La serie di
quadri di fantini in competizione comincia nel 1909 e in essa
la linea dell’orizzonte si va gradualmente sradicando, come del
resto ogni altro riferimento spaziale.
Nel 1910 produce il suo primo acquerello astratto, dove
nelle macchie più scure predominano due colori, il rosso e
l’azzurro, che evidentemente considera relazionati perché si
trovano sempre insieme. “Il rosso è un colore caldo e tende a
espandersi; l’azzurro è freddo e tende a contrarsi. Kandinskij
non applica la legge dei contrasti simultanei, ma la verifica; si
serve di due colori come di due forze controllabili che possono
essere sommate o sottratte e, secondo i casi, cioè secondo gli
impulsi che riceve, si avvale di entrambi affinché si limitino o
si esaltino a vicenda. Ci sono anche segni lineari, filiformi;
sono, in un certo modo, indicazioni di movimenti possibili,
sono tratti che suggeriscono la direzione e il ritmo delle
macchie che vagano sulla carta. Danno movimento a tutto
l’acquerello” (Argan).
Nella IV Composizione del 1911, le figure sono talmente

21
semplificate, il colore è talmente arbitrario e lo spazio
talmente confuso che è impossibile distinguere l’argomento
senza riferirsi ai quadri precedenti della serie. Lo spettatore è
particolarmente disorientato dal modo in cui usa la linea:
tanto come elemento indipendente, quanto come limite per il
colore.
L’artista affronta la pittura astratta attraverso tre gruppi di
opere, che anche nelle loro denominazioni indicano il legame
dell’arte di Kandinskij con la musica: “impressioni”,
“improvvisazioni” e “composizioni”. Impressioni sono i quadri
nei quali resta ancora visibile l’impressione diretta della
natura esteriore; improvvisazioni, quelli nati
improvvisamente dall’intimo e inconsciamente; composizioni
quelli alla cui costruzione partecipa il cosciente, definiti
attraverso una serie di studi. Kandinskij dopo questo
passaggio, non ritornerà mai più alla pittura figurativa.
Nel 1911 Kandinskij e Marc si ritirano dal NKVM e
pongono le basi del Blaue Reiter, editando un almanacco nel
1912. La prima esposizione ha luogo a dicembre, nella galleria
Thannhauser di Monaco. Nello stesso anno pubblica Lo
Spirituale nell’Arte.
Nel 1912 viene pubblicato l’almanacco con le opere di
Kandinskij e Marc, ed ha luogo la seconda esposizione del
Blaue Reiter nella galleria Hans Goltz. Nello stesso anno si
tiene la prima mostra personale di Kandinskij nella galleria
Der Sturm di Berlino. I temi preferiti di Kandinskij in questo
periodo sono violenti e apocalittici, e traggono origine dalle
immagini religiose popolari di Germania e Russia. Prima del
1912 il suo lavoro è già passato per diverse evoluzioni
produttive.
Nel 1913 quando dipinge Linee Nere già non si può più
parlare di astrazione a partire da un soggetto; il colore e la
linea hanno assunto tanta autonoma espressività da non

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seguire più un modello prestabilito. Opere come questa sono
le prime realmente astratte.
Il percorso di Kandinskij verso l’astrazione trova
giustificazione teorica in Astrazione e Empatia di Wilhelm
Worringer, pubblicato nel 1908. Worringer argomenta che
l’usuale gerarchia di valori, basata su leggi rinascimentali, non
è valida per considerare l’arte di altre culture; molti artisti
creano dalla realtà ma con un impulso astratto, cosicché le
ultime tendenze dell’arte si trovano in società meno
materialiste.
Kandinskij era anche interessato nella Teosofia, intesa
come la verità fondamentale che fa da sottofondo alla dottrina
ed ai rituali in tutte le religioni del mondo; il credere in una
realtà essenziale nascosta dietro le apparenze, fornisce una
naturale razionalit{ all’arte astratta.
In Lo Spirituale nell’Arte, parla di una nuova epoca di
grande spiritualità e del contributo che le dà la pittura. La
nuova arte deve basarsi sul linguaggio del colore e Kandinskij
dà indicazioni sulle proprietà emozionali di ciascun tono e di
ciascun colore, a differenza delle precedenti teorie sul colore,
egli non si interessa dello spettro, ma solo della risposta
dell’anima.
Nel 1913 una sua opera partecipa all’Armory Show di New
York e, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, torna in
Russia lasciando per sempre la sua compagna Gabriele Münter
che rimarrà a Murnau nella loro casa comune fino alla morte,
conservando innumerevoli quadri di Kandinskij (la più grande
raccolta di quadri di Kandinskij, donati successivamente alla
città di Monaco di Baviera e conservati nella Lenbachhaus).
Kandinskij rimarrà a Mosca fino al 1921.
A partire dalla Rivoluzione di ottobre, Kandinsky svolge un
lavoro amministrativo per il Commissariato del Popolo per
l’Educazione; tra i progetti di questo organismo c’è la

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fondazione di vari musei e la riforma del sistema scolastico nei
riguardi delle Scuole d’Arte.
Nel 1914 viene allestita una mostra personale alla Galleria
Thannhauser a Monaco e nel “Kreis fur Kunst” a Colonia.
Kandinskij esegue quattro grandi murali per la villa di Edwin
A. Campbell a New York. Il 1º agosto scoppia la prima guerra
mondiale. Il 3 agosto si rifugia in Svizzera con Gabrielle
Munter. Compie lunghi soggiorni a Goldach am Bodense, dove
lavora a Punto, linea, superficie e alla composizione per
palcoscenico Sipario viola. Nel novembre intraprende un
viaggio senza Gabrielle Munter, verso la Russia, via Zurigo, per
un soggiorno a Mosca.
Tra il dicembre 1915 e il marzo 1916 sosta a Stoccolma,
dove incontra per l’ultima volta Gabriele Munter in occasione
di una mostra alla galleria Gummenson.
Nel febbraio 1917 sposa Nina Andreevsky, figlia di un
generale, con cui intraprende un viaggio di nozze in Finlandia.
nello stesso anno nasce il figlio Volodia, che muore nel 1920.
Nel 1921 si ritira dall’Istituto per la cultura artistica. Viene
incaricato di creare la sezione psico-fisica della neofondata
Accademia delle scienze artistiche, di cui diventa vicedirettore
e di cui dirige il laboratorio delle riproduzioni. In dicembre,
lascia la Russia assieme alla moglie e si trasferisce a Berlino.
Tra il 1922 e il 1933 lavora come insegnante al Bauhaus,
prima a Weimar, e poi, dopo il trasferimento della scuola, a
Dessau. Con l’instaurazione della dittatura, accusato di
bolscevismo, è costretto ad abbandonare il paese e a
trasferirsi in Francia, in un sobborgo di Parigi.
Nel 1937 a Monaco viene realizzata la celebre mostra
sull’Arte Degenerata, con cui Adolf Hitler si propone di
condannare le nuove avanguardie artistiche. Nella mostra
compaiono circa 50 opere di Kandinskij, poi vendute a basso
costo all’asta ad acquirenti stranieri. Nel 1938 partecipa alla

24
mostra Abstracte Kunst nello Stedelijk Museum di Amsterdam.
Nello stesso anno pubblica quattro poesie e silografie nella
rivista Transition. Il suo saggio L’Art Concert esce sul primo
numero del XXe Siècle. Nel 1942 dipinge la sua ultima grande
tela, Tensions dèlicates. In seguito, realizza soltanto opere di
piccolo formato su cartone catramato. Personale alla Galerie
Jeanne Bucher di Parigi. Muore nel 1944 nell’abitazione di
Parigi dove ha vissuto negli ultimi dieci anni della sua vita.

“La spiritualità nell’arte” - Der Blaue Reiter


Kandinskij, nelle sue opere, espone le sue teorie sull’uso
del colore, intravedendo un nesso strettissimo tra opera d’arte
e dimensione spirituale. Il colore può avere due possibili
effetti sullo spettatore: un “effetto fisico”, superficiale e basato
su sensazioni momentanee, determinato dalla registrazione da
parte della retina di un colore piuttosto che di un altro; un
“effetto psichico” dovuto alla vibrazione spirituale (prodotta
dalla forza psichica dell’uomo) attraverso cui il colore
raggiunge l’anima. Esso può essere diretto o verificarsi per
associazione con gli altri sensi. L’effetto psichico del colore è
determinato dalle sue qualità sensibili: il colore ha un odore,
un sapore, un suono. Perciò il rosso, ad esempio, risveglia in
noi l’emozione del dolore, non per un’associazione di idee
(rosso-sangue-dolore), ma per le sue proprie caratteristiche,
per il suo “suono interiore”. Kandinskij utilizza una metafora
musicale per spiegare quest’effetto: il colore è il tasto, l’occhio
è il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde.
Il colore può essere caldo o freddo, chiaro o scuro. Questi
quattro “suoni” principali possono essere combinati tra loro:
caldo-chiaro, caldo-scuro, freddo-chiaro, freddo-scuro. Il
punto di riferimento per i colori caldi è il giallo, quello dei
colori freddi è l’azzurro. Alle polarit{ caldo-freddo Kandinskij
attribuisce un doppio movimento: uno “orizzontale” ed uno

25
“radiante”. Il giallo è dotato di un movimento radiante che lo fa
avanzare verso lo spettatore rispetto al piano in cui è
fisicamente, inoltre è dotato di un movimento eccentrico-
centrifugo perché si allarga verso l’esterno, abbaglia, respinge.
L’azzurro è dotato di un movimento orizzontale che lo fa
indietreggiare dallo spettatore ed è dotato di un movimento
concentrico-centripeto perché si avvolge su sé stesso, esso
creando un effetto di immersione attira lo spettatore.
Kandinskij, sempre in base alla teoria secondo la quale il
movimento del colore è una vibrazione che tocca le corde
dell’interiorit{, descrive i colori in base alle sensazioni e alle
emozioni che suscitano nello spettatore, paragonandoli a
strumenti musicali. Egli si occupa dei colori primari (giallo,
blu, rosso) e poi di colori secondari (arancione, verde, viola),
ciascuno dei quali è frutto della mescolanza tra due primari.
Analizzerà anche le proprietà di marrone, grigio e arancione.
Il giallo è dotato di una follia vitale, prorompente, di
un’irrazionalit{ cieca; viene paragonato al suono di una
tromba, di una fanfara. Il giallo indica anche eccitazione quindi
può essere accostato spesso al rosso ma si differenzia da
quest’ultimo.
L’azzurro è il blu che tende ai toni più chiari, è indifferente,
distante, come un cielo artistico; è paragonabile al suono di un
flauto.
Il rosso è caldo, vitale, vivace, irrequieto ma diverso dal
giallo, perché non ha la sua superficialit{. L’energia del rosso è
consapevole, può essere canalizzata. Più è chiaro e tendente al
giallo, più ha vitalità, energia. Il rosso medio è profondo, il
rosso scuro è più meditativo. È paragonato al suono di una
tuba.
L’arancione esprime energia, movimento, e più è vicino
alle tonalità del giallo, più è superficiale; è paragonabile al
suono di una campana o di un contralto.

26
Il verde è assoluta mobilità in una assoluta quiete, fa
annoiare, suggerisce opulenza, compiacimento, è una quiete
appagata, appena vira verso il giallo acquista energia,
giocosità. Con il blu diventa pensieroso, attivo. Ha i toni ampi,
caldi, semigravi del violino.
Il viola, come l’arancione, è instabile ed è molto difficile
utilizzarlo nella fascia intermedia tra rosso e blu. È
paragonabile al corno inglese, alla zampogna, al fagotto.
Il blu è il colore del cielo, è profondo; quando è intenso
suggerisce quiete, quando tende al nero è fortemente
drammatico, quando tende ai toni più chiari le sue qualità
sono simili a quelle dell’azzurro, se viene mischiato con il
giallo lo rende malto, ed è come se la follia del giallo divenisse
“ipocondria”. In genere è associato al suono del violoncello.
Il grigio è l’equivalente del verde, ugualmente statico,
indica quiete, ma mentre nel verde è presente, seppur
paralizzata, l’energia del giallo che lo fa variare verso tonalit{
più chiare o più fredde facendogli recuperare vibrazione, nel
grigio c’è assoluta mancanza di movimento, che esso volga
verso il bianco o verso il nero.
Il marrone si ottiene mischiando il nero con il rosso, ma
essendo l’energia di quest’ultimo fortemente sorvegliata, ne
consegue che esso risulti ottuso, duro, poco dinamico.
Il bianco è dato dalla somma (convenzionale) di tutti i
colori dell’iride, ma è un mondo in cui tutti questi colori sono
scomparsi, di fatto è un muro di silenzio assoluto,
interiormente lo sentiamo come un non-suono. Tuttavia è un
silenzio di nascita, ricco di potenzialità; è la pausa tra una
battuta e l’altra di un’esecuzione musicale, che prelude ad altri
suoni.
Il nero è mancanza di luce, è un non-colore, è spento come
un rogo arso completamente. È un silenzio di morte; è la pausa
finale di un’esecuzione musicale, tuttavia a differenza del

27
bianco (in cui il colore che vi è già contenuto è flebile) fa
risaltare qualsiasi colore.
La composizione pittorica è formata dal colore, che
nonostante nella nostra mente sia senza limiti, nella realtà
assume anche una forma. Colore e forma non possono esistere
separatamente nella composizione. L’accostamento tra forma
e colore è basato sul rapporto privilegiato tra singole forme e
singoli colori. Se un colore viene associato alla sua forma
privilegiata gli effetti e le emozioni che scaturiscono dai colori
e dalla forma vengono potenziati. Il giallo ha un rapporto
privilegiato con il triangolo, il blu con il cerchio e il rosso con il
quadrato.
Molto importante è anche l’orientamento delle forme sulla
superficie pittorica, ad esempio, il quadrato su un lato è solido,
statico; su un vertice (losanga) è instabile e gli si assocerà un
rosso caldo, non uno freddo e meditativo. La composizione di
un quadro non deve rispondere ad esigenze puramente
estetiche ed esteriori, piuttosto deve essere coerente al
principio della necessità interiore: quella che l’autore chiama
onestà. Il bello non è più ciò che risponde a canoni ordinari
prestabiliti ma ciò che risponde ad una necessità interiore, che
l’artista sente come tale.

“Punto, linea, superficie”


Kandinskij in questo saggio si dedica alla parte grafica che
può esistere anche senza il colore. Il punto è il primo nucleo
del significato di una composizione, nasce quando il pittore
tocca la tela; è statico. La linea è la traccia lasciata dal punto in
movimento, per questo è dinamica. Può essere orizzontale;
verticale, diagonale. Può essere spezzata, curva, mista. I singoli
suoni possono essere mescolati tra loro; più la linea è variata,
più cambiano le tensioni spirituali che suscita: drammatiche se
è spezzata, più liriche se è curva. Anche lo spessore cambia:

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può essere sottile, marcato, spesso, variabile. La superficie è il
supporto materiale destinato a ricevere il contenuto
dell’opera, si tratta solitamente di una tela (ma Kandinskij ha
dipinto anche del vasellame e dei piatti). L’opera risulta
dunque essere limitata da due linee orizzontali e due verticali,
oppure da una linea curva (per la tela a formato ellittico).
L’autore può dare accentuazione alle forme girando la tela e
sfruttandone i piani diversi, ma non può fare quest’azione a
posteriori, come faceva per esempio Jackson Pollock, bensì ci
vuole fin alla creazione dell’opera lucidit{ e consapevolezza
artistica.

I lavori teatrali
Parte non secondaria della ricerca di Kandinskij è
costituita dai lavori teatrali, concepiti in un’ottica di relazioni
profonde tra le diverse componenti espressive – forma, suono,
colore, luce, movimento – in funzione di un nuovo tipo di
opera d’arte, a carattere multimediale. I primi suoi studi in tal
senso furono i frammenti teatrali Paradiesgarten e Daphnis
und Chloe, del 1908-09.
Degli anni immediatamente successivi, 1909-14, sono
invece i testi delle sue “composizioni sceniche”: Suono giallo,
Suono verde, Bianco e Nero, Viola. Solo il primo di essi venne
pubblicato e nessuno venne realizzato dal suo autore,
nonostante i suoi diversi tentativi in tal senso. Si tratta di testi
visionari, nei quali i personaggi si muovono in un mondo
astratto denso di evocazioni, di immagini, di colori.
L’unica opera teatrale che Kandinskij ebbe la possibilit{ di
mettere in scena fu Quadri da un’esposizione, dal poema
musicale di Modest Musorgskij, che l’artista presentò nel
1928, al Friedrich Theater di Dessau. L’opera di Musorgskij è
strutturata sull’idea della visita ad un’esposizione di acquerelli
del pittore Viktor Aleksandrovič Hartmann, suo amico, e si

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divide in Promenades (i movimenti del visitatore nella galleria)
e Quadri (i contenuti delle opere in mostra). A tale struttura fa
riferimento la messinscena di Kandinskij, risolta con una
successione di scene costituite di forme colorate geometriche,
che traducono i temi musicali in immagini astratte in
movimento. Uno spettacolo, dunque, realizzato
sostanzialmente con forme, colori e luci, mentre la presenza
dei performer è del tutto marginale, essendo costituita da due
danzatori, usati in due brevi scene. Alcune delle composizioni
sceniche kandinskijane, non realizzate dall’autore, sono state
messe in scena da altri, pur in forme che spesso si distaccano
dall’originale. Tra le messinscene di Suono giallo, vi sono
quelle realizzate da Jacques Polieri nel 1975 (musica di Alfred
Schnittke, coreografia di Maximilien Ducroux); da Ian
Strasfogel nel 1982 (scenografie di Robert Israel, luci di
Richard Riddel, coreografia di Hellmut Fricke-Gottschield);
dalla compagnia Solari-Vanzi nel 1985 (scene di Beatrice
Scarpato, luci di Stefano Pirandello) al Fabbricone di Prato; da
Fabrizio Crisafulli nel 2002, al teatro romano Amiternum
dell’Aquila, con la musica di Giancarlo Schiaffini, la coreografia
di Diego Watzke, un’opera video di Marco Amorini.
Di Viola si ricordano la libera messinscena di Giulio
Turcato alla Biennale di Venezia del 1984 (musica di Luciano
Berio, regia di Vana Caruso, coreografia di Min Tanaka) e
quella realizzata (anche in film) da Kirsten Winter nel 1996,
per iniziativa del Museo Sprengel e del Verein Kunst und
Bühne di Hannover. La messinscena kandinskijana di Quadri di
un’Esposizione è stata ricostruita fedelmente nel 1983 dalla
Hochschule der Künste di Berlino. Versioni differenti, dedicate
all’artista russo, ne sono state proposte da Fabrizio Crisafulli
nel 1994 e nel 2007).

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Opere (parziale)
Chiesa della Natività della Vergine a Mosca (1886) - Parigi,
Centro Pompidou
Fiume d’autunno (primi del 900) - San Pietroburgo, Museo
di Stato Russo
Vecchia città II (1902) - Parigi, Musée national d’Art
Moderne, Centre Georges Pompidou
Il cavaliere azzurro (1903) - Collezione privata, Zurigo
Mulini a vento (1904) - Centre Pompidou, Parigi
Improvvisazione 6 (1909) - Lenbachhaus Monaco di
Baviera
Paesaggio estivo (Case a Murnau) (1909) - Museo di Stato
Russo, San Pietroburgo
Chiesa rossa (1900-1910) - Museo di Stato Russo, San
Pietroburgo
Primo acquerello astratto (1910-1913) - Parigi, Musèe
National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou
Impressione VII (1910) - Galleria Statale Tret’jakov Mosca
Paesaggio romantico (1911) - Lenbachhaus Monaco di
Baviera
Impressione VI (Domenica) (1911) - Lenbachhaus Monaco
di Baviera
Improvvisazione 19 (1911) - Lenbachhaus Monaco di
Baviera
San Giorgio II (1911) - Museo di Stato Russo, San
Pietroburgo
San Giorgio III (1911) - Lenbachhaus Monaco di Baviera
Impressione III (concerto) (1911) - Lenbachhaus Monaco di
Baviera
Macchia nera I (1912) - Museo di Stato Russo, San
Pietroburgo
Improvvisazione 26 (rematori) (1912) - Lenbachhaus

31
Monaco di Baviera
L’oriente (1913) - Amsterdam, Stedelijk Museum
Composizione VII (1913) - Galleria Statale di Tret’jakov,
Mosca
San Giorgio (1914-1917) - Galleria Tret’jakov, Mosca
Macchia rossa II (1921) - Lenbachhaus Monaco di Baviera
Improvvisazione con forme fredde (1914)
Arco azzurro (1917) - Museo di Stato Russo, San
Pietroburgo
Due ovali (1919) - Museo di Stato Russo, San Pietroburgo
Tratto bianco (1920) - Museum Ludwig, Colonia
Composizione VIII (1923) - Guggenheim Museum, New
York
Giallo, rosso, blu (1925) - Parigi, Musée National d’art
Moderne, Centre Georges Pompidou
Alcuni cerchi (1926) - Guggenheim Museum, New York
Composizione X (1939) - Kunstsammlung Nordrhein-
Westfalen, Düsseldorf.
Blu di cielo (1940) - Parigi, Musèe National d’Art Moderne,
Centre Georges Pompidou
Composizione VI (1913) - Museo dell’Ermitage, San
Pietroburgo, [1]
Slancio moderato (1944) - Parigi, Musèe National d’Art
Moderne, Centre Georges Pompidou

Bibliografia
Nadia Podzemskaia, Colore simbolo immagine: origine
della teoria di Kandinsky, Alinea editrice, Firenze, 2000.

Opere in traduzione italiana


V. Kandinskij - Punto, linea, superficie. Contributo
all’analisi degli elementi pittorici (1968)
V. Kandinskij; M. Franz - Il cavaliere azzurro (1988)

32
V. Kandinskij - Il suono giallo e altre composizioni sceniche
(2002)
V. Kandinskij; A. Schönberg - Musica e pittura (2002)
V. Kandinskij - Lo spirituale nell’arte (2005)
V. Kandinskij - Sguardi sul passato (2006)

Vasilij Kandinskij nei musei italiani


Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo
Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di
Roma
Museo del Novecento di Milano
Pinacoteca comunale “Orneone Marelli” di Terni

Tratto da it.wikipedia.org

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