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di Livia Salvini
1.1. Si è molto discusso in passato sul tema della funzione che riveste
l’autorizzazione concessa dal magistrato di cui agli artt. 63 d.P.R. 633/72 e 33,
autorizzativo era necessario per il legittimo ingresso dei dati acquisiti dalla polizia
giudiziaria nel procedimento tributario e, cioè, che fosse posta a tutela del
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dall’autorizzazione del Procuratore della Repubblica previsto ai fini dell’accesso ai fini
fiscali – è previsto a salvaguardia delle indagini penali e non a tutela del contribuente.
precludere l’utilizzabilità ai fini fiscali degli elementi probatori acquisiti in sede penale.
Nello stesso senso depongono altresì, senza pretesa di esaustività, Cass., sent.
3852/2001.
Tale orientamento è stato però criticato dalla dottrina, la quale osserva che
l’autorizzazione del PM non è prevista al solo fine di salvaguardare il buon esito delle
indagini penali, ma è altresì posta a tutela dei diritti fondamentali della persona
oggetto dei controlli, tra cui il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. Pertanto, gli
secondo cui la Guardia di finanza può trasmettere ad libitum i dati raccolti in sede
non sia più titolare esclusivo del potere di valutare se e quando derogare al segreto
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sulle indagini. Tuttavia, nella sentenza n. 23729/2013 si precisa che la mancanza
dell’autorizzazione “può avere riflessi a carico del trasgressore”, cioè di colui che ha
sede penale
di un terzo.
legge:
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l'invalidità, dedotta, dell'atto medesimo e, derivatamente, dell'intero
procedimento di accertamento basato su prove acquisite a seguito della
relativa esecuzione, atteso che attività compiute illegittimamente ed in
ingiustificata violazione del diritto, costituzionalmente garantito, alla
inviolabilità del domicilio non possono essere assunte a basamento di atti
impositivi a carico di chi quelle attività illegittime abbia suo malgrado
subito (cfr., per riferimenti, Cass. Sez. I civ., sent. n. 7358 del 27.8.1998).
C) Tanto premesso, con specifico riguardo alla situazione
controversa, è da dire che non può ritenersi suscettibile di integrare
effettiva, sufficiente e congrua motivazione dell'autorizzazione di cui
trattasi il richiamo, diretto o indiretto (correlato, cioé, al contenuto della
richiesta degli organi dell'amministrazione finanziaria) all'esistenza di una
o più fonti confidenziali anonime denuncianti l'esistenza di violazione delle
norme tributarie.
Ed invero, posto che la ridetta autorizzazione è rilasciabile
soltanto "nel caso di gravi indizi" che possano giustificare l'adozione del
considerato mezzo di ricerca di prove di, presunte, evasioni fiscali, nella
sicura totale inettitudine indiziante delle notizie anonime, pertanto
incontrollabili, è da escludere che il richiamo alla esistenza di tali notizie
possa, da solo, costituire valida motivazione del provvedimento
autorizzativo”.
Nello stesso senso, anche Cass., sent. nn. 16424/2002, 9320/2003; più di
Sul più generale tema della (in)utilizzabilità nel processo tributario delle prove
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processual-penalistica la dialettica tra Fisco-contribuente normalmente posta in essere
tributario ai sensi dell’art. 116 c.p.c. e, in quanto tali, idonee a costituire prova
contribuente.
alle dichiarazioni rese dagli organi della stessa società contribuente in sede penale
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Le dichiarazioni del legale rappresentante della società non rivestono la natura
costituiscono non già prova indiziaria ma diretta, non necessitando come tale di
ulteriori riscontri.
afferma che
che esse sono pienamente utilizzabili nel contenzioso tributario in quanto non
violano il divieto di prova testimoniale sancito dall’art. 7, 4° comma, d.lgs. n. 546 del
valutazione globale degli elementi disponibili, e, anche in tal caso, laddove intenda
escludere l’utilizzabilità delle predette dichiarazioni, deve spiegare le ragioni della loro
4. Dichiarazioni di terzi.
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Il tema della utilizzabilità di dichiarazioni di terzi è strettamente connesso al
divieto di prova testimoniale nel processo tributario. Sul punto, come è ben noto, è a
d.lgs. 546/92, affermando che il divieto di prova testimoniale nel processo non
procedimentale.
concorrere a formare il libero convincimento del giudice, fermo restando che non
liberamente valutate dal giudice tributario alla luce del materiale probatorio prodotto
del d.lgs. n. 546 del 1992 si riferisce solo alla prova testimoniale da assumere nel
processo tributario, mentre tale limite non è scalfito dall’utilizzabilità, nello stesso,
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rese da terzi e, del pari, delle dichiarazioni, introdotte dal contribuente, e rese da terzi
proprio degli elementi indiziari e nessuna censura può essere sollevata alla sentenza
giudice.
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stessa da parte del giudice tributario (Cass. n. 20032 del 2011; Cass. n.
14960 del 2010)”.
5. Intercettazioni telefoniche.
legittimamente, esse possono essere utilizzate anche nel giudizio tributario (si vedano,
utilizzo dei risultati delle intercettazioni potesse operare all’interno del procedimento
strutturalmente diverse rispetto a quella penale. In tal senso, così si legge nella
sentenza 2916/2013:
6. Perizia.
sulla valenza probatoria del materiale proveniente dal processo penale (nella specie,
legittimità.
“In ogni caso, non può revocarsi in dubbio che, nel processo
tributario, il giudice possa legittimamente fondare il proprio
convincimento anche sulle prove acquisite nel processo penale, pure se
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questo è destinato a concludersi con una pronuncia non opponibile alle
parti del giudizio civile, purchè tali prove vengano dal giudice tributario
sottoposte ad una propria ed autonoma valutazione (Cass. 12577/00,
2409/05, 22200/10). Tanto più che, nella specie, la perizia in coerenza con
la sua natura di strumento ausiliario di integrazione delle conoscenze del
giudice ha svolto effettivamente un ruolo di supporto alle altre
acquisizioni processuali, ed in relazione ad un accertamento specifico e
limitato ad una questione strettamente tecnica (il funzionamento delle
apparecchiature elettroniche, in termini di registrazione degli introiti delle
giocate)”.
cui si legge:
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