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P U B B L I C AT O I L 1 6 N O V E M B R E 2 0 1 6 D A G I U S E P P E V I T O L O

La lingua còrsa riassume


in sé le parlate locali di
tutta l’Italia
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Ci si domanda come mai le parlate che compongono la lingua còrsa sono spesso assimilate, sul pia
fono-morfologico, sintattico e lessicale, alle varietà dialettali centromeridionali dell’Italia. Dove “dialett
non ha accezione negativa ma indica semplicemente le lingue locali. La spiegazione può essere data attraverso le
classificazioni dei dialetti italiani, tuttavia, non sempre tra loro concordanti, sebbene, tra quelle maggiormente
attendibili, figuri la Carta dei dialetti d’Italia, realizzata da Giovan Battista Pellegrini nel 1977, in virtù di inchieste svo
sul campo, i cui dati sono confluiti nell’Atlante Italo-Svizzero, a cui si rifà, pur se con alcune modifiche, la carta
approntata da Francesco Sabatini nel 1997:

Pellegrini ha, altresì, introdotto il concetto di italo-romanzo, riferendosi all’intero panorama dialettale della penisola
italiana e delle isole ad essa adiacenti, che adottano quale lingua di cultura (lingua guida o lingua tetto) l’italiano.

Dal punto di vista dialettologico, è interessante la distinzione che lo stesso Pellegrini opera tra i dialetti settentrion
in uso nelle aree collocate a nord di un’isoglossa definita ‘linea La Spezia-Rimini’ (una linea immaginaria che colleg
città ligure con quella sulla costa adriatica settentrionale), il cui percorso si snoda dal versante tirrenico a quello
adriatico, valicando l’Appennino tosco-emiliano, e i dialetti centromeridionali, parlati a sud di tale confine.

Proprio a quest’ultimo raggruppamento dialettale il Pellegrini ascrive i dialetti di Corsica (le varianti locali della ling
corsa) insieme ai dialetti toscani, parlati appunto in Toscana, ai dialetti mediani, il cui dominio riguarda, a sud de
‘linea Roma-Ancona’, le Marche centrali, l’Umbria, il Lazio ad Est del fiume Tevere e l’Abruzzo aquilano, mentre a n
della suddetta linea sono denominati «mediani di transizione», perché caratterizzati dall’assenza di alcuni tratti dist
delle parlate di area mediana e dotati, di contro, di caratteristiche in comune con le varietà toscane, ai dialetti
(alto)meridionali, la cui area di estensione comprende il meridione estremo delle Marche e del Lazio, buona parte
dell’Abruzzo, nonché il Molise, la Campania, la Basilicata, la Puglia (tranne la penisola salentina) e la Calabria
settentrionale e ai dialetti meridionali estremi, in uso nel Salento, nella Calabria centromeridionale e in Sicilia.

Tuttavia occorre, in proposito, evidenziare il fatto che le varietà dialettali còrse, riflettendo anche tratti linguistici in
comune con i dialetti del Nord Italia (ad esempio, la lenizione o indebolimento tipicamente settentrionale di t etimolo
in d, rilevabile in forme come pudemu ‘possiamo’, pescadore ‘pescatore’), pur gravitando, sostanzialmente, nell’orb
dei dialetti centromeridionali, si posizionano, come le varietà toscane, in un’area di confine compresa tra il mondo
romanzo orientale, cui appartengono i dialetti mediani e meridionali, unitamente al rumeno, e quello romanzo
occidentale, del quale sono partecipi i dialetti settentrionali, alcune caratteristiche dei quali accomunano questi ultim
lingue come il francese il provenzale lo spagnolo il portoghese il catalano (cfr D’Achille P 2016 L’italiano
I dialetti còrsi, inoltre
secondo quanto riferi
nel merito Loporcaro
(2009, Profilo linguist
dei dialetti italiani, p.
117), nel passaggio
dall’inquadramento d
varietà toscane a que
centromeridionali,
trovano collocazione
base a diverse
classificazioni, che ha
determinato vari
apparentamenti: con
costellazione dialetta
toscana, ad opera di
Cortelazzo (1988,
Ripartizione
dialettale, LRL IV, pp
445-453) e Tavaglini
(1972, Le origini delle
lingue neolatine,
Bologna: Pàtron, p. 3
con quella del Centro
Meridione, da parte d
Guarnerio (1902-05,
sardo e il còrso in un
nuova classificazione
delle lingue romanze
AGI 16, pp. 491-516)
con la compagine
dialettale sarda, per
impulso di Lausberg
(1976, Linguistica
romanza, I, Fonetica
Milano, Feltrinelli, p.
tenendo conto di un d
inoppugnabile,
la toscanizzazione,
quale
fenomeno comparso
età medievalee, tutto

gradatamente più accentuato verso l’area di nord-est della Corsica e tale da far
immaginare difficile qualsiasi netta demarcazione, secondo quanto hanno argomentato,
in proposito, Nesi (1988, Korsisch: Interne Sprachgeschichte. Evoluzione del sistema
grammaticale, LRL 4, pp. 801-802) e Dalbera-Stefanaggi (1991, Unité et diversité des
parler corses. Le plan phonologique. Parenté génétique et affiné, Alessandria: Edizioni
dell’Orso, pp. 310-322).

Partendo dalle caratteristiche fonetiche, è interessante rilevare che i dialetti còrsi si


distinguono, ad esempio, dal toscano per l’innalzamento di –O finale in [u], evidente in
esiti quali vagu ‘vado’, pilgu ‘piglio’, foku ‘fuoco’, cui si affianca la chiusura parallela di –E
finale in [i], distintiva delle varietà meridionali dell’isola, che emerge da termini
come mari ‘mare’, pani ‘pane’, sétti ‘sette’. Ciò fa intendere che il sistema vocalico atono (cioè non accentato), disti
delle parlate còrse meridionali, presenta le medesime condizioni strutturali di quello dell’area contigua sassarese-
gallurese, nonché del siciliano, a differenza dell’esito vocalico e in fine di parola, il cui uso resiste nei dialetti còrsi
centrali e settentrionali.

A metà strada tra le concordanze col sardo, da un lato, e quelle col toscano, dall’altro, si posizionano isoglosse, ch
assimilano le varietà dialettali còrse ai dialetti dell’Italia centro-meridionale come l’abbassamento timbrico di [o] ad
ad esempio in aliva, l’occorrenza del betacismo, cioè dello sviluppo di [v] in [b], in forme come bègu ‘vedo’, cercu a
bboi ‘cerco voi’, la ricorrenza dell’esito consonantico velare [g] in vagu ‘vado’, che ricorda il corrispondente tipo less
Sul piano della morfologia, colpisce la formazione del futuro sintetico còrso, che mostra concordanze con le
corrispondenti voci verbali riscontrabili nell’Italia meridionale, poiché si presenta, al pari di queste ultime, con la form
piena dell’ausiliare alla I persona, ad esempio manderagghju ‘manderò’, paragonabile al corrispondente tipo del
napoletano letterario mandarraggio, nel quale, però, l’esito originario –AR- è mutato, nel còrso, in –ER-, coincidente
dunque, col fiorentino, come pure l’occorrenza del possessivo enclitico in forme quali mámmata ‘tua
mamma’, fratèllemu ‘mio fratello’, rintracciabili anche nel napoletano, mammǝtǝ, fratǝmǝ.

Un’ulteriore concordanza tra le varietà còrse e i dialetti del Meridione italiano si riscontra, sul piano sintattico, nell’u
del complemento oggetto preceduto dalla preposizione semplice a (o ‘accusativo preposizionale’), in riferimento a
persone, ad esempio cercu ad ellu/a bboi ‘cerco lui/voi’, bègu a gghjuvanni ‘vedo Giovanni’ (cfr. Dalbera-Stefanagg
J. 1997, Corsica, in Maiden e Parry, pp. 303-310), che trova corrispondenza nei costrutti napoletani cercǝ a issǝ/a
bbujǝ, bbekǝ a giuannǝ, ma che si usa, nel còrso, anche in relazione a nomi propri di città, per esempio connoscu
Parigi.

Un altro dato molto significativo, in proposito, è quello fornito da Olivier Durand (2003, La lingua còrsa, Brescia,
Paideia, p. 39) in riferimento ad influssi linguistici derivanti dai contatti stabilitisi, nel corso della storia, tra Corsica e
Meridione italiano: si tratta della presenza di alcuni prestiti lessicali, spesso adattati foneticamente al còrso, diffusi n
città portuali dell’isola da pescatori campani e riscontrabili in forme quali accattà ‘comprare’ (ma nell’interno del terr
insulare cumprà), mùsculi ‘cozze’, caccià ‘togliere, tirar fuori’.

L’illustrazione poc’anzi effettuata di alcuni tratti fenomenologici del còrso, equivalenti a diverse caratteristiche foneti
morfologiche e sintattiche, rilevabili nei vari raggruppamenti dialettali di area italiana, ha consentito di comprendere
la Corsica rappresenta una realtà linguistica, che, quantunque sia al di fuori dei confini politici dell’Italia, per ironia d
sorte, riassume in sé il variegato mondo italo-romanzo. Dal punto di vista linguistico, l’isola è come una penisol
miniatura, dove le diverse varianti della lingua polinomica còrsa hanno a volte tratti tipici del toscano, altre volte del
sardo settentrionale, dei dialetti italiani meridionali, o addirittura di quelli dell’italia del nord.

I Corsi, dunque, anche quelli ormai definitivamente convertiti alla francesità, devono sapere che la fenomenologia
linguistica che lega i dialetti còrsi a quelli italiani non può essere, per alcuna ragione, ritenuta casuale, poiché
significherebbe negare la secolare partecipazione dell’isola al sistema culturale della regione geografica italiana
storico ruolo della lingua italiana come idioma di riferimento del còrso. Questo, chiaramente, non ha niente a che
vedere con implicazioni politiche, né vuole negare ciò che oggi il còrso è: una lingua che la sua comunità di parlan
vuole far crescere e mettere in grado di esprimere appieno il mondo moderno.

——
Articolo di Giuseppe VITOLO – Immagine tratta da Viv-it.org

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