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STORIA D’ITALIA

ANNALI 25

ESOTERISMO

GIULIO EINAUDI EDITORE


Marco Pasi “Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento”

In: Gian Mario Cazzaniga (a cura di), Storia d’Italia. Annali 25. Esoterismo,
Torino, Einaudi, 2010, 569-598.
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marco pasi
Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento

Durante il periodo che va dagli ultimi anni dell’Ottocento allo scop-


pio della Prima guerra mondiale fecero il loro ingresso in Italia due orga-
nizzazioni che influenzarono il panorama culturale e spirituale del pae-
se. Si tratta della Società Teosofica e della Società Antroposofica, allora
come oggi due tra le più importanti e ramificate strutture internazionali
ispirate a principî di tipo esoterico. Se da una parte è utile ripercorrere
la storia di queste due organizzazioni in Italia, è anche importante tene-
re presente che esse rappresentavano solo l’aspetto istituzionale di mo-
vimenti più ampi. Il loro impatto sul mondo della nuova spiritualità in
Italia fu ben più profondo di quanto non dica il numero effettivo dei lo-
ro membri, ed entrambe ebbero un’influenza notevole su ambienti intel-
lettuali, letterari, artistici e politici del paese.
Da questo punto di vista il caso dell’Italia non si discosta significa-
tivamente da quello di altri paesi europei, nei quali questi due movimen-
ti ebbero un ruolo simile. Per dare un solo esempio, è ormai chiaro che
l’influenza delle idee teosofiche e antroposofiche, a lungo sottovalutata
da critici e storici, è un tassello indispensabile per restituire un’imma-
gine coerente dell’evoluzione delle arti figurative nel periodo che pre-
cede, e immediatamente segue, la Prima guerra mondiale1. Si sa infatti
quanta importanza abbia avuto nell’opera innovatrice di un Kandinsky

1
La letteratura su questo argomento è ormai molto vasta, ed è possibile qui dare solo qual-
che indicazione bibliografica sommaria. Il saggio che ha inaugurato una rivalutazione dell’impor-
tanza delle idee spiritualiste, comprese quelle espresse dai movimenti teosofico e antroposofico,
nell’interpretazione storica dell’arte moderna è quello di s. ringbom, Art in the «Epoch of the Great
Spiritual»: Occult Elements in the Early Theory of Abstract Painting, in «Journal of the Warburg and
Courtauld Institutes», XXIX (1966), pp. 386-418. Si vedano poi r. lipsey, An Art of Our Own.
The Spiritual in Twentieth Century Art, Shambhala, Boston-London 1997 e la raccolta di saggi a cura
di k. j. regier, The Spiritual Image in Modern Art, The Theosophical Publishing House, Wheaton-
Madras 1987. Fondamentali sono anche i seguenti cataloghi di mostre: The Spiritual in Art:
Abstract Painting 1890-1985, Los Angeles County Museum of Art - Abbeville Press Publishers,
New York - London - Paris 1986; Okkultismus und Avantgarde. Von Munch bis Mondrian 1900-
1915, Edition Tertium, Ostfildern 1995; Traces du Sacré, Centre Pompidou, Paris 2008.
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o di un Mondrian, i cui primi dipinti astratti rivoluzionarono il mondo


dell’arte2.
Ma chi poteva essere attratto in quel torno di tempo da movimenti
come la Società Teosofica e, più tardi, la Società Antroposofica? In ge-
nerale si trattava di persone, tra cui una parte consistente di giovani e
di donne, insoddisfatte delle forme spirituali e culturali dominanti, e
che anelavano a un forte rinnovamento. Nel timore di un possibile smar-
rimento di fronte alla crisi di valori che si manifestò sul finire del seco-
lo, intendevano cercare un sistema e una dottrina alternativi e coeren-
ti. Uno dei punti fermi di questo auspicato rinnovamento era la critica
al materialismo imperante, cui si sarebbe dovuta opporre la riscoperta
di valori spirituali partecipi di una tradizione primordiale e perenne. Va-
lori che erano però anche visti in contrasto con il dogmatismo e la scle-
rotizzazione delle confessioni religiose dominanti. Non dovrebbe per-
ciò sorprendere che nell’Italia postrisorgimentale e preconcordataria –
un paese ancora alla ricerca di una sua identità nazionale definita, oscil-
lante tra sogni di ritrovata grandezza e forti complessi di inferiorità di
fronte alle altre potenze europee – questi stimoli abbiano trovato terre-
no fertile e abbiano dato luogo a sviluppi interessanti3. Come vedremo,
anche in Italia le stesse avanguardie artistiche e intellettuali degli inizi
«incendiari» del secolo, sempre alla ricerca di spunti su cui far leva per
una rottura con il passato, non restarono insensibili al richiamo di que-
ste nuove idee e ne subirono il fascino, pur senza farsene portavoce.
Quando poi il cataclisma del primo conflitto sembrò azzerare i giochi,
e il fascismo si impose sulla scena politica nazionale, la situazione im-
presse a questi movimenti un nuovo sviluppo, creando a più riprese un’i-
nevitabile polarizzazione tra fazioni più o meno favorevoli al regime.

1. Origine e primo sviluppo del movimento teosofico e antroposofico.

La Società Teosofica venne fondata nel 1875 a New York da un grup-


po di persone interessate ai fenomeni dello spiritismo e del paranormale4.
2
A parte la letteratura menzionata nella nota precedente, qui si potrà citare, per Mondrian:
m. bax, Het web der schepping. Theosophie en kunst in Nederland van Lauweriks tot Mondriaan, Sun,
Amsterdam 2006; per Kandinsky: s. ringbom, The Sounding Cosmos. A Study in the Spiritualism of
Kandinsky and the Genesis of Abstract Painting, Åbo Akademi, Åbo 1970 e r. c. washton long,
Kandinsky: The Development of an Abstract Style, Clarendon Press, Oxford 1980.
3
Su questo punto, cfr. le pertinenti osservazioni di s. cigliana, Futurismo esoterico. Contribu-
ti per una storia dell’irrazionalismo italiano tra Otto e Novecento, 2a ed. ampliata, Liguori, Napoli
2002, pp. 47-51.
4
Un’agile introduzione in italiano alla storia e alle dottrine della Società Teosofica è offerta
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In particolare, due tra esse erano destinate ad avere un ruolo dominan-


te in questo primo periodo di vita della Società: Helena Petrovna Bla-
vatsky, un’aristocratica di origine russa che aveva sino ad allora condot-
to una vita avventurosa, e il colonnello dell’esercito americano Henry
Steel Olcott5. I due si erano incontrati negli ambienti dello spiritismo
nordamericano, che in quell’epoca era ancora in pieno fervore. Agli ini-
zi, l’obiettivo della società era soprattutto quello di studiare i misteri
della natura e del cosmo e di condurre a questo scopo degli esperimen-
ti pratici, basati anche sulla riscoperta e l’approfondimento di dottrine
spirituali che l’Occidente non conosceva o aveva emarginato. Durante
i primi anni di esistenza della Società una serie di tensioni e di conflit-
ti portarono, anche dopo l’allontanamento di alcune figure che avevano
avuto un ruolo significativo nella fondazione (come la spiritista angloa-
mericana Emma Hardinge Britten) a una ridefinizione degli scopi ini-

da j. a. santucci, La Società Teosofica, Elledici, Torino 1999. Tra gli studi storici più importan-
ti è opportuno segnalare almeno j. godwin, The Theosophical Enlightenment, State University of
New York Press, Albany 1994; m. gomes, The Dawning of the Theosophical Movement, The Theo-
sophical Publishing House, Wheaton-Madras-London 1987 (che si concentrano soprattutto sulle
origini del movimento teosofico); e b. f. campbell, Ancient Wisdom Revived. A History of the Theo-
sophical Movement, University of California Press, Berkeley - Los Angeles - London 1980. Molto cri-
tico, e a volte impreciso, ma non privo di spunti interessanti è p. washington, Madame Blavatsky’s
Baboon. A History of the Mystics, Mediums, and Misfits Who Brought Spiritualism to America,
Schocken Books, New York 1995. Ancora interessante per alcuni dettagli, anche se ostile e inevi-
tabilmente datato è r. guénon, Il teosofismo. Storia di una pseudo-religione, Edizioni Delta Arktos,
Torino 1987 (l’ed. or. francese è del 1921). Ugualmente interessante, ma di segno opposto, è in-
vece lo studio di j. ransom, A Short History of the Theosophical Society, The Theosophical Publish-
ing House, Adyar-Wheaton 2007 (ed. or. 1938), che offre il punto di vista di un’aderente dell’or-
ganizzazione. Il libro si ferma al 1937, ma successivamente la Ransom ha portato avanti la narra-
zione in The Seventy-fifth Anniversary Book of the Theosophical Society. A Short History of the So-
ciety’s Growth from 1926-1950, The Theosophical Publishing House, Adyar-Wheaton 2005 (ed.
or. 1950). Un’altra fonte importante, ancora utile per seguire soprattutto il primo periodo dell’or-
ganizzazione, è l’opera di uno dei suoi fondatori e primi dirigenti: h. s. olcott, Old Diary Leaves.
The History of the Theosophical Society as Written by the President-Founder Himself, 6 voll., The
Theosophical Publishing House, Adyar-London-Wheaton 1972-75 (ed. or. 1895-1935). Utile an-
che, per informazioni su aspetti o autori particolari la Theosophical Encyclopedia, a cura di P. S.
Harris, Theosophical Publishing House, Quezon City 2006. A parte il saggio di Santucci, il letto-
re italiano potrà consultare anche i cenni – interessanti soprattutto per la storia e la situazione del-
l’organizzazione in Italia – contenuti in m. introvigne e p. l. zoccatelli (a cura di), Le religioni
in Italia, Elledici, Torino 20062, pp. 818-23. Va infine segnalata la rivista scientifica «Theosophi-
cal History», che dal 1985 pubblica studi storici sui più vari aspetti del movimento teosofico.
5
Della Blavatsky esistono numerose biografie di qualità diseguale. Qui rimandiamo solo alle
due che ci paiono più utili e significative. La prima è s. cranston, H.P.B. The Extraordinary Life
and Influence of Helena Blavatsky, Founder of the Modern Theosophical Movement, Path Publishing
House, Santa Barbara 1993, che è scritta però dal punto di vista di una simpatizzante e quindi con
inevitabili accenti apologetici. Più equilibrata è quella di m. meade, Madame Blavatsky. The Wo-
man Behind the Myth, G. P. Putnam’s Sons, New York 1980. Su Olcott cfr. s. prothero, The
White Buddhist. The Asian Odyssey of Henry Steel Olcott, Indiana University Press, Bloomington-
Indianapolis 1996; e h. murphet, Yankee Beacon of Buddhist Light. Life of Col. Henry S. Olcott,
The Theosophical Publishing House, Wheaton-Madras-London 1988.
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ziali. Sempre di più divenne evidente l’ambizione di creare una struttu-


ra che offrisse ai suoi aderenti le basi di una dottrina segreta comunica-
ta da misteriosi e invisibili maestri (detti «Mahatma»), che risiedevano
in luoghi esotici inaccessibili e avevano raggiunto i più alti gradi dell’i-
niziazione. Questa struttura prese presto i caratteri di un organismo in-
ternazionale, aperto a tutti coloro, uomini e donne, che volessero ap-
profondire la visione alternativa della realtà spirituale e della storia da
essa offerta.
La Blavatsky assunse ben presto il ruolo di maître à penser e di lea-
der indiscusso della Società, con la pubblicazione delle sue due opere
principali, Iside Svelata nel 18776 e la Dottrina Segreta nel 18887, ma an-
che con una serie di scritti minori. Se nella prima opera l’accento sem-
brava essere posto su tradizioni mistiche ed esoteriche «occidentali»,
tra cui il neoplatonismo e l’ermetismo egiziano, nelle opere successive
si rafforzò sempre più l’attrazione per le dottrine religiose orientali, in
particolare per l’induismo e il buddhismo. Pur tra qualche scandalo e
dissapore, ben presto la Società divenne il motore di un movimento cul-
turale e spirituale di grande successo, destinato a dare una profonda
scossa al panorama religioso di fine Ottocento. In effetti essa si diffuse
velocemente in America, nella maggior parte dei paesi europei, ma an-
che nella stessa India, dove i fondatori della Società risiedettero per al-
cuni anni a partire dal 1879, e dove in seguito la Società avrebbe avuto
un ruolo politico significativo nel processo di risveglio nazionale india-
no e di decolonizzazione.
La Società Teosofica pretendeva di offrire, in linea con la corrente
occultista nella quale affondava le radici, la soluzione a un conflitto che
aveva tormentato le coscienze di uomini e donne europee nella seconda
metà dell’Ottocento, e cioè la frattura che sembrava sempre più insana-
bile tra le verità della scienza e quelle della religione8. La chiave del suc-
cesso della Società Teosofica risiedette proprio nel suo presentarsi come
una terza via che potesse risolvere questo conflitto, sulla base di prove
empiriche concrete (in questo erede dello spiritismo), ma anche di verità
primordiali nuovamente rivelate. In questo senso l’organizzazione ebbe
6
h. p. blavatsky, Isis Unveiled. A Master-Key to the Mysteries of Ancient and Modern Science
and Theology, 2 voll., J. W. Bouton - Bernard Quaritch, New York - London 1877 [trad. it. Iside
Svelata. Chiave dei Misteri antichi e moderni della Scienza e della Teologia, 2 voll., Edizioni Teosofi-
che Italiane, Vicenza 1994].
7
id., The Secret Doctrine. The Synthesis of Science, Religion and Philosophy, 2 voll., The Theo-
sophical Publishing Company, London 1888 [trad. it. La Dottrina Segreta. Sintesi di Scienza, Reli-
gione e Filosofia, 6 voll., Società Teosofica Italiana, Trieste 1981-86].
8
Per un inquadramento della questione, cfr. m. pasi, «Occultism», in The Brill Dictionary of
Religion, a cura di K. von Stuckrad, Brill, Leiden-Boston 2005, vol. III, pp. 1364-68.
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sempre un atteggiamento accomodante nei confronti dei propri membri,


dichiarandosi al di sopra delle varie confessioni religiose o delle ideolo-
gie politiche, ma di fatto proponendo una propria dottrina religiosa più
o meno coerente e compiendo scelte che avevano anche risvolti politici.
Inoltre bisognerebbe tenere presente che la Società Teosofica rap-
presentò, in quel torno di tempo che va dalla sua fondazione alla Prima
guerra mondiale, istanze tipicamente progressiste, che le fecero per cer-
ti aspetti precorrere sviluppi culturali, sociali e politici ancora da veni-
re9. Si potrebbero citare la visione della donna e della sessualità, l’esplo-
razione del sé, il rifiuto dei pregiudizi colonialisti nel rapporto con le
culture non europee, in particolare orientali, e la conseguente relativiz-
zazione della tradizione religiosa dominante in Europa, che non poteva
non condurre la Società a ritrovarsi indirettamente (e paradossalmente)
allineata con certe dinamiche della secolarizzazione se non addirittura
vicina a tendenze laiciste. A ciò si aggiunse più tardi una sempre più
marcata tendenza umanitaria e pacifista che renderà la sua esistenza pro-
blematica in occasione degli eventi bellici e con l’avvento delle dittatu-
re europee nel periodo tra le due guerre.
Nel 1891 la Blavatsky morì e come successore si affermò Annie Be-
sant, una sua discepola che si era convertita alla teosofia dopo trascorsi
come paladina del femminismo e del libero pensiero a tendenza sociali-
steggiante10. Se già durante il periodo blavatskyano la Società era stata
scossa a più riprese da tensioni e conflitti (tra le fonti di tensione si pos-
sono ricordare la tendenza a considerare l’Oriente come unica fonte di
saggezza esoterica, la scarsa offerta di insegnamenti pratici e le ricorren-
ti rivelazioni su presunti trucchi e plagi della Blavatsky), le cose certo

9
Su questo aspetto, mi permetto di rimandare a id., The Modernity of Occultism: Reflections
on Some Crucial Aspects, in w. j. hanegraaff e j. pijnenburg (a cura di), Hermes in the Academy:
Ten Years’ Study of Western Esotericism at the University of Amsterdam, Amsterdam University Press,
Amsterdam 2009, pp. 59-74. Per un approfondimento sul rapporto tra movimento teosofico, nel-
l’ambito più ampio della corrente occultista e neospiritualista tra la seconda metà dell’Ottocento
e la prima metà del Novecento, e modernità si potrà consultare j. dixon, Divine Feminine. Theo-
sophy and Feminism in England, The Johns Hopkins University Press, Baltimore-London 2001; a.
owen, The Place of Enchantment. British Occultism and the Culture of the Modern, The University
of Chicago Press, Chicago-London 2004; o. hammer, Claiming Knowledge. Strategies of Epistemo-
logy from Theosophy to the New Age, Brill, Leiden-Boston-Köln 2001. Rispetto alla situazione ita-
liana, e con particolare riferimento al femminismo di matrice spiritualista e teosofica, importanti l’in-
troduzione e il contributo di Lucetta Scaraffia (Emancipazione e rigenerazione spirituale: per una nuo-
va lettura del femminismo) in l. scaraffia e a. m. isastia, Donne ottimiste. Femminismo e associazioni
borghesi nell’Otto e Novecento, il Mulino, Bologna 2002, pp. 7-16 (in part. pp. 9-12) e 17-124.
10
Su Annie Besant, cfr. a. h. nethercott, The First Five Lives of Annie Besant, University of
Chicago Press, Chicago 1960; id., The Last Four Lives of Annie Besant, University of Chicago Press,
Chicago 1963; e a. taylor, Annie Besant. A Biography, Oxford University Press, Oxford - New
York 1992.
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non migliorarono dopo la sua morte. La stessa successione ebbe riper-


cussioni quasi immediate, che risultarono nel primo grave scisma della
storia della Società, con gran parte della sezione americana che si separò
dalla sede centrale per restare fedele a William Q. Judge, giunto a un
conflitto insanabile con Besant e Olcott.
Più tardi, l’elezione della Besant a presidente della Società nel 1907,
in seguito alla morte di Olcott, coincise con un’altra grave crisi, che, co-
me vedremo, ebbe ripercussioni anche sulla situazione italiana. Alla ra-
dice di questa crisi vi fu la figura di Charles W. Leadbeater, che da di-
versi anni collaborava a stretto contatto con la Besant11. Leadbeater era
in grado di ottenere con facilità esperienze di chiaroveggenza. Sostene-
va per esempio di essere in grado di vedere l’«aura» o le vite anteriori
di una persona. La Besant, che non aveva doti particolari di chiaroveg-
genza, si era così legata a Leadbeater per essere partecipe delle sue esplo-
razioni astrali, cui attribuiva un profondo significato spirituale. Le pub-
blicazioni in cui venivano presentati i risultati di queste esperienze ri-
scuotevano un grande successo presso i membri della Società. Da tempo
però correvano anche voci inquietanti sul comportamento di Leadbea-
ter nei confronti di alcuni ragazzi posti sotto la sua tutela. Alla fine, nel
1906, emersero accuse più circostanziate, secondo le quali Leadbeater
aveva spinto due adolescenti, figli di dirigenti della Società, a praticare
la masturbazione12. Per quanto oggi si possa avere un giudizio meno se-
vero nei confronti della masturbazione, sembra evidente che nella vi-
cenda vi fosse anche una componente di pedofilia, che Leadbeater ave-
va cercato di dissimulare presentando i suoi consigli come ispirati da cri-
teri di igiene fisica e salute spirituale. In seguito all’indagine interna della
Società e nonostante la difesa della Besant, Leadbeater fu costretto a di-
mettersi. Tuttavia, quando la Besant fu eletta presidente, cominciò a ope-
rare per fare in modo che Leadbeater fosse riammesso nella Società, co-
sa che avvenne alla fine del 1908. Ciò provocò scandalo e indignazione,
e diverse centinaia di membri decisero di lasciare la Società in segno di
protesta. Tra loro anche alcune figure molto rappresentative e autorevo-
li, come i dirigenti della prima ora A. P. Sinnett e G. R. S. Mead. Il se-

11
Su Leadbeater, cfr. g. j. tillett, The Elder Brother: A Biography of Charles Webster Leadbeater,
Routledge & Kegan Paul, London 1982. Una biografia più completa, destinata a rimanere quella di ri-
ferimento, è la tesi di dottorato che lo stesso Tillett ha successivamente discusso presso l’università
di Sidney: Charles Webster Leadbeater 1854-1934. A Biographical Study, University of Sydney, De-
partment of Religious Studies, March 1986, ora disponibile online: http://leadbeater.info.
12
Sulla vicenda, e le relative conseguenze, cfr. id., Charles Webster Leadbeater cit., pp. 242-73
e 899-928; j. dixon, Divine Feminine cit., pp. 90-118; b. f. campbell, Ancient Wisdom Revived
cit., pp. 115-19.
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gretario generale della sezione indiana, Upendranath Basu, diede le di-


missioni dalla sua carica, e nel 1909 promosse la creazione di un’asso-
ciazione teosofica indipendente, l’Independent Theosophical League (o
Foundation), con sede a Benares13. Inizialmente lo statuto di questa as-
sociazione rimase vago, ma infine la Besant si risolse ad accettarla come
sezione autonoma della Società, con suoi statuti e una sua struttura par-
ticolare14. Si evitò così una vera e propria scissione, dato che la nuova
associazione rimase formalmente parte della Società di Adyar, pur non
riconoscendo l’autorità della Besant. L’Independent Theosophical Lea-
gue ricevette subito adesioni anche in vari paesi europei – in particola-
re in Inghilterra, in Francia e in Italia – in cui vennero create delle se-
zioni locali. Essa ebbe quindi un ruolo significativo nelle vicende italia-
ne, su cui ritorneremo.
Negli anni successivi, la vicenda di Krishnamurti provocherà ulte-
riori tensioni. Besant e Leadbeater erano convinti che un nuovo messia
stesse per fare la sua apparizione, con il compito di condurre l’umanità
verso l’illuminazione, e ritenevano di aver individuato il veicolo per
l’incarnazione del messia in un giovane indiano, Jiddu Krishnamurti,
che venne quindi preso in custodia dalla Società e istruito in vista del
suo futuro ruolo. Questa svolta messianica era destinata a una conclu-
sione malinconica nel 1929, con la rinuncia di Krishnamurti al ruolo
che gli era stato attribuito e il dissolvimento dell’Ordine della Stella
d’Oriente (Order of the Star in the East), l’organizzazione sussidiaria
che era stata creata dalla Besant per preparare l’umanità all’arrivo del
Maestro del Mondo15. Ma ancora prima di questo epilogo, che inferse
un colpo durissimo alla Società, la vicenda di Krishnamurti aveva crea-
to presso i membri non solo grandissime aspettative, ma anche forti
dissensi. E in effetti la vicenda ebbe un ruolo non secondario in un al-
tro grande scisma, questa volta provocato dal responsabile della sezio-
ne tedesca della Società, l’austriaco Rudolf Steiner16. Le crescenti ten-

13
Cfr. a. h. nethercott, The First Five Lives of Annie Besant cit., pp. 118-21; e j. dixon, Di-
vine Feminine cit., pp. 90 e 102. La Dixon cita in particolare il manifesto dell’associazione, The In-
dependent Theosophical League, London s.d.: cfr. ibid., p. 247, nota 96 e p. 248, nota 31. La Theo-
sophical Encyclopedia la ignora, inserendo solo una brevissima voce su una «Independent Theo-
sophical Foundation» creata intorno al 1910 in Italia (p. 302). Si tratta senza dubbio della sezione
italiana della Independent Theosophical League, su cui torneremo. Per i nomi indiani (come quel-
lo di Basu) non abbiamo fatto uso di segni diacritici ma abbiamo usato una versione semplificata,
che è quella più corrente nella letteratura teosofica consultata.
14
Cfr. a. besant, On the Watch-Tower, in «The Theosophist», XXXI, n. 12 (settembre 1910),
pp. 1503-4.
15
Cfr. b. f. campbell, Ancient Wisdom Revived cit., pp. 128-30.
16
Su Steiner esiste una vasta letteratura divulgativa, perlopiù di tono apologetico. La biogra-
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sioni fra Steiner e Besant giunsero a un esito drammatico e, tra la fine del
1912 e gli inizi del 1913, Steiner uscì dalla Società Teosofica e creò una
sua organizzazione indipendente, la Società Antroposofica. La maggior
parte dei teosofi tedeschi seguì Steiner nella sua iniziativa, che ebbe un
notevole successo nei paesi di lingua tedesca, e si diffuse poi nel resto del-
l’Europa17.
Prima di maturare il suo interesse per le dottrine teosofiche, Stei-
ner si era occupato di filosofia e di scienze naturali, scrivendo in par-
ticolare su Nietzsche e curando l’edizione degli scritti scientifici di
Goethe. Dopo l’adesione alla Società Teosofica, l’ampiezza dei suoi in-
teressi e le indubbie doti intellettuali, oltre a un certo carisma persona-
le, lo avevano in poco tempo condotto al vertice della sezione tedesca.
A parte alcuni aspetti minori relativi alla cosmologia e alla costituzione
dell’uomo, i cui principî Steiner riprende dalla dottrina blavatskyana, a
differenziarlo dal gruppo dirigente della Società Teosofica di allora vi
era un maggiore accento sull’importanza di una tradizione esoterica di
matrice cristiana, che risentiva anche di suggestioni derivate da corren-
ti esoteriche nate e sviluppatesi sul suolo tedesco, come il rosacrocia-
nesimo e la Naturphilosophie. Inoltre Steiner cercò di integrare l’aspet-
to teorico e metafisico con aspetti rituali e insegnamenti di tipo pra-
tico. Da subito l’antroposofia si propose come «scienza spirituale» che
abbracciava, oltre allo sviluppo più specificamente individuale, tutti i
campi della creatività e della cultura umana. Grande importanza ven-
ne data alla creazione artistica nelle sue forme più diverse, alla danza,
al teatro, alla pedagogia, alla teoria politica e sociale, ma anche ad
aspetti trascurati dagli insegnamenti teosofici, come l’agricoltura e l’e-
cologia.
Poco dopo la sua fondazione, la sede della Società Antroposofica verrà
fissata a Dornach, in Svizzera, dove verrà ben presto costruito l’edificio
che la ospiterà, il Goetheanum. Steiner morì prematuramente nel 1925,
lasciando dietro di sé un movimento non privo di conflitti e tentativi di
scissione, ma nel complesso estremamente vitale e dinamico. Durante il
periodo nazista il movimento, pur avendo nel suo seno un numero non
indifferente di membri aderenti al partito e influenzato esponenti impor-
tanti del regime, finì con l’essere attaccato dalla stampa e infine bandi-

fia più completa e documentata è quella di c. lindenberg, Rudolf Steiner. Eine Biographie, 2 voll.,
Verlag Freies Geistesleben, Stuttgart 1997. In italiano, cfr. s. rihouët-coroze, Rudolf Steiner. La
vita e l’opera del fondatore dell’antroposofia, Convivio, Firenze 1989.
17
Per una sintetica introduzione al movimento antroposofico, cfr. c. leijenhorst, «Anthro-
posophy», in Dictionary of Gnosis & Western Esotericism, a cura di W. J. Hanegraaff, Brill, Leiden-
Boston 2005, pp. 82-89 e la bibliografia generale alla fine di questo Annale.
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to come tutti gli altri movimenti spiritualisti e occulteggianti, tra cui na-
turalmente ciò che rimaneva della Società Teosofica18.

2. Primi passi del movimento teosofico in Italia.

Nonostante vi siano diversi aneddoti sulla presenza della Blavatsky


in Italia prima della fondazione della Società Teosofica, tra cui una sua
amicizia con Mazzini e Garibaldi, e la partecipazione, con tanto di fe-
rimento, alla battaglia di Mentana19, e si abbiano notizie di italiani che
furono in contatto con la Società già nei suoi primi anni di esistenza20,
18
Cfr. h. zander, Anthroposophie in Deutschland. Theosophische Weltanschauung und gesell-
schaftliche Praxis 1884-1945, 2 voll., Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 2007, vol. I, pp. 248-
249, in particolare nota 62. Più in generale, cfr. u. werner, Anthroposophen in der Zeit des Natio-
nalsozialismus (1933-1945), Oldenbourg, München 1999.
19
La partecipazione della Blavatsky alla battaglia di Mentana (3 novembre 1867) non sembra
trovare riscontro documentario al di fuori delle sue dichiarazioni, che risalgono a diversi anni do-
po il fatto. I principali biografi della Blavatsky hanno opinioni diverse sulla questione. Mentre i
simpatizzanti (cfr. s. cranston, H.P.B. cit., pp. 78-79; e j. o. fuller, Blavatsky and her Teachers.
An Investigative Biography, East-West Publications, London-The Hague 1988, p. 22) dànno per
scontata la sua partecipazione, biografi più critici (cfr. m. meade, Madame Blavatsky cit., pp. 91 e
107; p. washington, Madame Blavatsky’s Baboon cit., p. 32) la mettono in dubbio. Se una prova
documentaria coeva e indipendente manca, occorre tuttavia sottolineare come il fatto non sia im-
plausibile. Che la Blavatsky avesse simpatie per Garibaldi e la sua causa non ha in sé nulla di sor-
prendente, e del resto vi può essere anche un collegamento di matrice massonica: da una parte sia
Garibaldi in persona sia diversi suoi collaboratori ebbero un ruolo importante nella storia dei riti
egiziani in Italia, dall’altra un possibile collegamento di questa natura tra la Blavatsky e gli am-
bienti garibaldini è attestato da un autore come John Yarker, che aveva a sua volta un ruolo di pri-
mo piano nei riti massonici in questione, e aveva altresì contatti con ambienti mazziniani e gari-
baldini in Inghilterra (cfr. k. p. johnson, The Masters Revealed. Madame Blavatsky and the Myth of
the Great White Lodge, State University of New York Press, Albany 1994, pp. 38-41; ma cfr. an-
che r. guénon, Il teosofismo cit., pp. 259-60). Il fatto poi che la Blavatsky affermi di essere stata
ferita durante una battaglia combattuta contro lo Stato Pontificio assume quasi un valore simbo-
lico, considerando il suo atteggiamento fortemente anticlericale e generalmente critico nei confron-
ti del cristianesimo. D’altra parte questa vicenda, reale o immaginata che fosse, poteva offrire ai
simpatizzanti italiani della Società Teosofica che si identificavano nella tradizione risorgimentale,
come per esempio Arturo Reghini, un ulteriore motivo di ammirazione nei confronti della fonda-
trice della Società. Considerazioni analoghe si potrebbero fare in merito a Mazzini (cfr. s. ciglia-
na, Futurismo esoterico cit., pp. 64-65). Di questa ammirazione per una Blavatsky «risorgimenta-
le» si trova eco ancora oggi in alcune correnti dell’esoterismo italiano che si collegano idealmente
a questa tradizione: cfr. p. fenili, Rendiamo giustizia ad Helena Blavatsky, in «Politica Romana»,
II (1995), pp. 149-56.
20
Un caso interessante è quello di Pasquale Menelao, un italiano residente a Corfù che creò,
già nel 1877, una loggia locale della Società. Questa fu una delle prime create in Europa, se non la
prima in assoluto. Di Menelao non sono disponibili dati biografici, ma si sa che fu per diversi anni
vicepresidente della Società. Nel 1880 l’organo internazionale della Società, «The Theosophist»,
pubblicò un suo Address of the President of the Ionian Theosophical Branch at Corfu. Upon Presenting
the Charter of Constitution to the Fellows (I, n. 12, settembre 1880, pp. 297-98). Di lui rimane an-
che qualche traccia nei diari della Blavatsky: cfr. h. p. blavatsky, The Diaries of H.P. Blavatsky,
in ead., Collected Writings, The Theosophical Publishing House, Wheaton-Madras-London 1988,
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578 Marco Pasi

è solo negli anni novanta dell’Ottocento che si creano le condizioni per


una presenza organizzata della Società sul suolo italiano21.
Nei primi gruppi ebbero spesso un ruolo fondamentale donne ingle-
si residenti in Italia, che probabilmente si erano avvicinate alla teosofia
già prima di trasferirvisi. Alcuni autori sostengono che il primo centro
sia stato creato intorno al 1890 a Milano da una di queste signore ingle-
si, tale Elizabeth Murphy, ma di questo centro non sembrano essere ri-
maste molte tracce22. La Murphy probabilmente collaborava con un me-
dico di Milano interessato allo spiritismo, Luigi Barbieri de Introini23,
e con un filosofo e uomo politico ticinese, Alfredo Pioda, una figura im-
portante che avrà un ruolo significativo nel progetto di un «convento»
laico e teosofico ad Ascona, vicino a Locarno, che non venne realizzato
ma pose le basi per la creazione, qualche anno più tardi, della nota co-
munità di Monte Verità24. Pioda nel 1889 pubblicò un opuscolo, intito-
lato Teosofia, che fu probabilmente la prima esposizione sistematica del-
le idee teosofiche in italiano25. La prima presenza certa della Società sul

vol. I. (1874-1878), p. 409. Cfr. anche e. bratina, Appunti di storia del movimento teosofico in Ita-
lia, in «Rivista Italiana di Teosofia», XXXI, n. 11 (novembre 1975), p. 305.
21
Sulla storia della Società Teosofica in Italia si potrà consultare e. bratina e a. girardi,
«Italy, Theosophy in», in Theosophical Encyclopedia cit., pp. 323-25; e. bratina, Appunti di sto-
ria cit., pp. 304-8; Società Teosofica Italiana, in Le religioni in Italia cit., pp. 818-23. Cfr. anche l’in-
teressante documento La Società Teosofica in Italia (avvenimenti dal 1902 al 1945), in «Rivista Ita-
liana di Teosofia», LVIII, n. 1 (gennaio 2002), pp. 4-5, originariamente apparso in «Società Teo-
sofica Italiana - Bollettino», Savona, I, n. 1 (novembre 1945), pp. 4-6. È importante menzionare
anche la monografia di a. capone, Giovanni Amendola e la cultura italiana del Novecento (1899-
1914), Elia, Roma 1974, che dedica ampio spazio ai primi anni del movimento teosofico in Italia,
e gli importanti studi di m. rossi, che si concentrano però su una sola delle correnti teosofiche ita-
liane: cfr. Julius Evola e la Lega teosofica indipendente di Roma, in «Storia Contemporanea», XXV,
n. 1 (febbraio 1994), pp. 39-55 (di cui vi è anche una traduzione inglese parzialmente rimaneggia-
ta: Julius Evola and the Independent Theosophical Association of Rome, in «Theosophical History»,
VI, n. 3 [giugno 1996], pp. 107-14); e La Teosofia di fronte al Fascismo, in g. de turris (a cura di),
Esoterismo e fascismo, Mediterranee, Roma 2006, pp. 53-62.
22
Cfr. e. bratina e a. girardi, «Italy, Theosophy in» cit., pp. 323. Cfr. però anche e. brati-
na, Appunti di storia cit., p. 305, dove la data indicata è il 1894.
23
Cfr. Italy, in the theosophical society - european section, Tenth Annual Convention,
Held in London […] July 7th and 8th, 1900, s. l. d., p. 22.
24
Il progetto fu elaborato intorno al 1889 insieme a Franz Hartmann, R. Thurmann, e alla
contessa Constance Wachtmeister, tutti membri eminenti della Società Teosofica. Cfr. v. gilar-
doni, Un terreno predisposto, in Monte Verità. Antropologia locale come contributo alla riscoperta di
una topografia sacrale moderna, Armando Dadò - Electa, Locarno-Milano 1978, p. 10; e w. schö-
nenberger, Monte Verità e le idee teosofiche, ibid., pp. 65-71. Cfr. anche r. landmann, Ascona-
Monte Verità. Auf der Suche nach dem Paradies, Huber Verlag, Frauenfeld-Stuttgart-Wien 2000,
pp. 60-61; e. ries, Monte Verità, Ascona: Superficie e correnti sotterranee, in e. barone, m. riedl e
a. tischel (a cura di), Eranos Monte Verità Ascona, Ets, Pisa 2003, pp. 219-30; e. bratina, Ap-
punti di storia cit., p. 305.
25
a. pioda, Teosofia, Tipografia alle Terme Diocleziane di Giovanni Balbi, Roma 1889. Cfr.
anche w. schönenberger, Monte Verità cit., pp. 65-66. L’opuscolo in realtà era un estratto da un
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Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 579

suolo italiano, agli inizi come semplice centro e poi come loggia, la si
trova tuttavia a Roma a partire dal 1894. In quell’anno, sempre a Ro-
ma, fu creata anche la prima biblioteca teosofica italiana, grazie a un do-
no della Contessa Wachtmeister, che era stata a suo tempo amica e di-
scepola diretta di Madame Blavatsky26. Già in quei primissimi anni si
mise in evidenza Decio Calvari, che diventerà in seguito una delle figu-
re più rappresentative del movimento teosofico in Italia e farà carriera
come funzionario pubblico, sino a raggiungere il posto di segretario ge-
nerale del parlamento italiano27. Calvari si fece subito notare anche a li-
vello internazionale con la pubblicazione di un articolo su occultismo e
teosofia in «The Theosophist», l’organo internazionale della Società28.
L’articolo è interessante, perché insiste sugli aspetti pratici e operativi
del «vero» occultismo, che viene identificato con la teosofia. Con que-
sto Calvari, mentre prendeva implicitamente posizione su una delle que-
stioni più problematiche della dottrina teosofica, mostrava anche quel-
la che sarebbe stata una tendenza costante dell’esoterismo italiano del
Novecento, compreso quello formatosi in ambito teosofico.
La diffusione della Società in quel periodo sembra essere stata favo-
rita da una vera e propria attività di tipo missionario da parte della di-
rigenza internazionale. Diversi delegati furono inviati o si recarono spon-
taneamente nei diversi paesi in cui la Società stava muovendo i suoi pri-
mi passi. Le figure più autorevoli della Società, come il presidente
Olcott, Besant e Leadbeater si recarono spesso in Italia almeno a parti-
re dalla fine degli anni novanta. Ma la persona che svolse un ruolo di
coordinatrice sul campo fu Isabel Cooper-Oakley, che era stata a suo
tempo amica e allieva della Blavatsky. Già nel 1897, e poi più stabil-
mente a partire dal 1899, la Cooper-Oakley passò lunghi periodi nel pae-

articolo che il Pioda aveva pubblicato nello stesso anno sulla rivista «Lux. Bollettino dell’Accade-
mia internazionale per gli studi spiritici e magnetici».
26
Cfr. the theosophical society - european section, Seventh Annual Convention, Held in
London […] July 10th and 11th, 1897, s. l. d., p. 21. In Constitution and Rules of the Theosophical So-
ciety […] together with List of Officers and Branches, Minerva Press, Madras 1895, p. 25, la sede del
centro italiano per il 1894 viene indicata come Olevano Romano, paese a una sessantina di chilo-
metri dalla capitale, dove probabilmente era andata a risiedere la Murphy, indicata come dirigen-
te del centro. Sugli inizi del movimento teosofico in Italia, cfr. anche la testimonianza coeva di p.
bornia, Gli esoteristi, in «Il Mondo Secreto», 11-12 (nov.-dic. 1899), pp. 556-57.
27
Nel 1897 Calvari risulta essere segretario della loggia di Roma, sotto la presidenza di Cathe-
rine Lloyd. Cfr. General Report of the Twenty-Second Anniversary of the Theosophical Society, Adyar
1897, p. 66.
28
d. calvari, Occultism and Theosophy, in «The Theosophist», XIX, n. 6 (marzo 1898), pp.
337-41. L’articolo era già stato pubblicato l’anno prima con il titolo Occultismo e teosofia, in Al-
manacco Italiano. Piccola enciclopedia italiana della vita pratica […] Anno III - 1898, R. Bemporad
e figlio, Firenze 1897, pp. 401-3.
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580 Marco Pasi

se, viaggiando spesso da una città all’altra per favorire la creazione di


centri locali29.
A giudicare da commenti pubblicati nei resoconti ufficiali, sembra
che agli inizi i dirigenti internazionali della Società abbiano nutrito
qualche dubbio sul fatto che gli Italiani possedessero sufficienti capa-
cità organizzative e maturità per dare una base stabile al movimento nel
loro paese:
Gli Italiani sono a tal punto privi di esperienza nella conduzione metodica de-
gli affari, e la Teosofia, come sistema, è una tale novità per loro, che Mrs. Cooper-
Oakley incontrerà sicuramente molti ostacoli sul suo cammino. Questi dovranno es-
sere rimossi prima che il movimento possa avere campo libero per diffondersi30.

Non è difficile cogliere in queste righe l’eco di qualche pregiudizio


anglosassone e protestante nei confronti dell’Europa meridionale e lati-
na, «papista» e quindi superstiziosa e arretrata. Del resto, dal punto di
vista della dirigenza internazionale della Società, l’ostacolo maggiore in
Italia era sicuramente la forte influenza della Chiesa cattolica, resa an-
cora più ingombrante dalla presenza del Vaticano sul suolo nazionale31.
E in effetti, come vedremo, la Chiesa non tarderà a farsi sentire, con-
dannando le dottrine teosofiche nel loro insieme.
Nonostante nei documenti ufficiali dell’epoca i membri italiani si mo-
strino estremamente riconoscenti nei confronti della Cooper-Oakley32, la
sua presenza sembra avere provocato forti tensioni, che sfociarono in
crisi aperta nel 190533. Questo fu dovuto probabilmente al suo caratte-

29
Cfr. the theosophical society - european section, Seventh Annual Convention cit.; o.
cuffe, General Secretary’s Report, in id., Tenth Annual Convention cit., p. 7. Sulla Cooper-Oakley,
cfr. la nota biografica di Boris de Zirkoff in h. p. blavatsky, Collected Writings cit., vol. XII.
(1889-1890), pp. 730-34. Purtroppo la nota non si sofferma sul periodo italiano.
30
Italy, in «The Theosophist», XXII, n. 4 (gennaio 1901), p. 246. Ove non indicato altrimen-
ti, tutte le traduzioni da testi originali sono mie.
31
Cfr. per esempio le osservazioni venate di inquietudine che Olcott fa nel 1902 nel presen-
tare la situazione italiana (nel momento in cui, come vedremo, era stata creata una sezione nazio-
nale autonoma della Società): «Per ragioni di prudenza, che non è necessario spiegare a chiunque
conosca le relazioni intricate tra la Chiesa, lo Stato e il popolo italiano, non posso entrare nei det-
tagli sulla diffusione delle nostre idee in quella terra piena di storia e di bellezza; ci sono state nel
passato troppe tragedie perché io possa prendermi il rischio di provocarne eventualmente delle al-
tre» (New Sections, in General Report of the Twenty-Seventh Anniversary and Convention of the Theo-
sophical Society, at Benares […] 1902, The Theosophical Society, Madras 1903, pp. 2-3).
32
Cfr. il verbale della Prima Convenzione della Sezione Italiana della Società Teosofica, tenuta-
si nel febbraio del 1902, in «Rivista Italiana di Teosofia», LVIII, 2 (feb. 2002), pp. 5-12.
33
La fonte è Guido Ferrando, che aveva fatto parte della Società ma se ne era successiva-
mente allontanato: cfr. g. ferrando, La Società Teosofica, in «La Voce», I, n. 17 (8 aprile 1909),
pp. 1-2. La vicenda vide come protagonista dello scontro con la Cooper-Oakley Giovanni Amen-
dola, allora giovane membro della loggia romana ma già uno degli esponenti più in vista dell’inte-
ro movimento (cfr. a. capone, Giovanni Amendola cit., pp. 81-91).
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Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 581

re, deciso e poco incline ai compromessi, e del resto sembra logico pen-
sare che lei stessa fosse all’origine dei commenti sull’immaturità degli
Italiani. Nonostante questi screzi e qualche grave problema di salute, la
Cooper-Oakley rimase in Italia sino al 1910, quando, considerando or-
mai il suo compito concluso, si spostò in Ungheria per aiutare a organiz-
zare la sezione locale della Società34. Grazie ai suoi sforzi e a quelli dei
primi aderenti – italiani o stranieri che fossero – il movimento conobbe
un notevole successo, tanto è vero che nel 1902 vi furono abbastanza
logge e membri per ottenere dalla dirigenza internazionale l’autorizza-
zione a creare una sezione italiana autonoma, con sede centrale a Roma.
Al raduno che sancì la nascita della sezione presenziò anche Leadbeater
come delegato del presidente Olcott35. In quei primi anni, centri sorse-
ro velocemente in diverse città italiane, tra le quali (a parte la capitale)
Firenze, Milano, Napoli, Bologna, Torino, Pisa e Genova36. Molti altri
vennero creati negli anni a seguire.
Come primo segretario generale della sezione italiana venne eletto il
capitano Oliviero Boggiani, ma dopo solo un anno vi fu un primo cam-
bio al vertice, con l’elezione di Decio Calvari, che era uno dei membri
più autorevoli nel gruppo romano. Anche questi rimase però in carica
per un periodo breve e gli succedette nel 1905 Otto Penzig, tedesco di
nascita ma italiano di adozione, nonché noto professore di botanica del-
l’Università di Genova37. La sostituzione dopo soli due anni di Calvari,
che si era dimostrato così attivo e capace sia prima sia durante il suo se-
gretariato, fu senza dubbio collegata al conflitto che esplose in quell’an-
no nella sezione38. Bisogna osservare come questo cambio nella direzio-
ne anticipi di poco un’altra grave crisi che colpì la Società Teosofica nel
suo insieme, legata allo scandalo di Leadbeater del 1906 e alla sua riam-
missione in seno alla Società dopo l’elezione della Besant a presidente39.
Tra i vari contraccolpi che il movimento subì a causa di questa vicenda,
vi fu anche, come abbiamo visto, la creazione di una Independent Theo-
sophical League, con sede a Benares. Nel 1910 Calvari, insieme ad Au-

34
Cfr. Italy, in «The Theosophist», XXXI, n. 11 (agosto 1910), p. 1497.
35
Cfr. Prima Convenzione cit.
36
Cfr. General Report of the Twenty-Eighth Anniversary and Convention of the Theosophical So-
ciety, at Adyar, Madras […] 1903, The Theosophical Society, Madras 1904, p. 114.
37
Cfr. a. besant, Our General Secretaries. IX Italy, in «The Theosophist», XLIV, n. 12 (set-
tembre 1923), pp. 641-642b.
38
Si tratterebbe cioè delle tensioni che si erano create intorno alla figura della Cooper-Oakley,
cui abbiamo fatto riferimento.
39
Questi aspetti vennero lungamente dibattuti dai membri italiani. Cfr. per esempio c. p.
stauroforo, Il dissidio per l’elezione presidenziale nella S. T., Ars Regia, Milano s.d. [1907].
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582 Marco Pasi

gusto Agabiti e al generale Carlo Ballatore, trasformò il gruppo romano


da lui diretto (il «Roma») in una sezione italiana di questa nuova orga-
nizzazione teosofica. A partire da questo momento, in Italia vi furono
almeno due entità che si richiamavano agli ideali del movimento teoso-
fico: da una parte la sezione italiana della Società Teosofica con sede ad
Adyar, diretta da Penzig sino alla fine della Prima guerra mondiale; dal-
l’altra la sezione italiana della Lega Teosofica Indipendente, presieduta
da Ballatore ma di fatto diretta da Calvari. Tra le altre cose, Calvari e
Agabiti si proponevano di tornare alle radici della dottrina teosofica,
con una rivalutazione delle opere della Blavatsky di contro alle distor-
sioni introdotte a suo avviso da Besant e Leadbeater40.

3. Aspetti significativi e impatto culturale.

Alle origini il movimento teosofico ebbe in Italia (ma non solo in Ita-
lia) due anime, diverse se non apparentemente incompatibili. Da una
parte esso attirava l’alta e media borghesia, dall’altra scrittori, artisti e
letterati che spesso disprezzavano proprio i valori e la classe borghesi,
visti come ostacolo per una radicale trasformazione sociale e culturale
del paese. Per quanto riguarda i primi, Lucetta Scaraffia osserva che «fa-
cevano parte di una élite intellettuale e sociale: professori universitari,
aristocratici, uomini politici e militari», in altre parole «l’alta borghesia
laica, in genere ostile alla Chiesa»41, che desiderava rinnovare la cultu-
ra nazionale ma era lungi dall’essere radicale o rivoluzionaria. Per i se-
condi invece, la cultura italiana era ormai stantia e superata, e doveva
essere rinnovata radicalmente, accogliendo da una parte gli stimoli che
nei più diversi campi provenivano dai grandi paesi europei, e ponendo-
si dall’altra in continuità con la spinta palingenetica del Risorgimento,
a volte persino con tentazioni autoritarie. Sarebbe problematico enfa-
tizzare eccessivamente il contrasto tra l’anima borghese e quella anti-
borghese del movimento. È probabile che tra questi due poli esistesse
una serie sfumata di posizioni, più che un’opposizione radicale e coscien-
te. Tuttavia questa polarità può aiutare a comprendere alcuni aspetti
della scissione del 1907, ed è possibile supporre che la prima componen-
te si sia trovata a suo agio soprattutto nel gruppo rimasto fedele alla Be-
40
Era un’esigenza sentita da diversi membri, anche a livello internazionale, che erano scon-
tenti dell’indirizzo della Società durante la dirigenza di Besant e l’influenza di Leadbeater. Que-
sto fenomeno venne definito «“Back to Blavatsky” movement» (cfr. j. ransom, A Short History
cit., p. 441).
41
l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., p. 78.
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Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 583

sant, mentre la seconda sia stata rappresentata soprattutto dal gruppo


di Calvari.
L’esistenza di un’anima radicale e antiborghese spiega l’interesse che
ebbero per il messaggio teosofico le avanguardie artistiche e letterarie
del periodo precedente alla Grande guerra, che confluirono poi in par-
te nel futurismo, e che a Firenze, uno dei poli principali della diffusio-
ne del movimento teosofico in Italia, furono rappresentate soprattutto
dal gruppo del «Leonardo» e delle Giubbe Rosse. E si può in ciò vede-
re ancora un paradosso, se si pensa a un Arturo Reghini che, mentre sta
maturando una personale visione esoterica di stampo tradizionalista –
comunque nutrita anche dalle suggestioni ricevute in ambito teosofico
– frequenta con gusto l’ambiente del futurismo fiorentino42. Quella che
avrebbe dovuto essere una radicale opposizione di principio tra l’esalta-
zione dell’ultramoderno da una parte e il culto dell’ultratradizionale dal-
l’altra, si stemperava nella comune rivolta contro i dogmi del positivi-
smo materialistico e i valori borghesi. Del resto, nel movimento guida-
to a Firenze da Papini e Soffici, anche quando non vi era un interesse
ad aderire direttamente alla Società Teosofica, vi era almeno alle origi-
ni un’evidente simpatia nei suoi confronti. Papini nella inquieta ricerca
di trascendente di quegli anni vedeva nella diffusione del movimento
teosofico in Italia un segnale positivo, perché indicava un «ritorno di
bisogni spirituali e religiosi» che, pur ponendosi in contrasto con l’ari-
dità razionalista del positivismo, non poteva più essere incanalato nelle
forme tradizionali, e cioè in particolare nella Chiesa cattolica43.
Un altro degli aspetti più interessanti dell’impatto del movimento
teosofico sul panorama esoterico e spiritualista italiano non sembra ave-
re ricevuto molta attenzione dalla critica. Si può notare come, nel mo-
mento in cui il movimento teosofico muove i suoi primi passi in Italia,
si avvii un lavoro di esplorazione in chiave nazionale delle tradizioni eso-
teriche. Si cercano cioè le radici di uno sviluppo autoctono dell’esoteri-
smo, che si possa considerare alternativo o complementare ad altre tra-
dizioni esoteriche (in primis quella «orientale» su cui soprattutto si orien-
ta la Società Teosofica di stretta obbedienza blavatskyana, ma anche
42
Caso analogo si avrà poi con Julius Evola che, dopo la giovanile esperienza dadaista, appro-
da al tradizionalismo guénoniano. Per la frequentazione da parte di Reghini delle Giubbe Rosse,
la collaborazione al «Leonardo» e l’amicizia con Papini, cfr. a. hermet, La ventura delle riviste.
Leonardo, La Voce, Lacerba, La Ronda, Il Selvaggio, Solaria, Il Frontespizio, Campo di Marte, Vallec-
chi, Firenze 1987, passim; a. viviani, Giubbe Rosse. Il caffè fiorentino dei futuristi negli anni incen-
diari 1913-15, Barbera, Firenze 1964, passim. Importante anche la testimonianza di g. papini, La
Biblioteca Teosofica, in id., Passato remoto 1885-1914, L’Arco, Firenze 1948, pp. 124-29.
43
g. papini, Franche spiegazioni (A proposito di rinascenza spirituale e di occultismo), in «Leo-
nardo», V, n. 2 (aprile-giugno 1907), pp. 129-43.
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584 Marco Pasi

una tradizione occidentale «nordica», ispirata da figure come Paracel-


so, Boehme, il rosacrocianesimo, la Naturphilosophie, la cui eredità verrà
più tardi rivitalizzata da Steiner). Questo lavoro di riflessione e di ri-
cerca è ovviamente collegato – se non ne è all’origine – al concetto di
scuola ermetico-italica che si formerà in ambito kremmerziano in que-
gli stessi anni e a quello di tradizione pitagorico-italica che verrà succes-
sivamente elaborato da Reghini e dai suoi collaboratori. Sembra eviden-
te che questo aspetto sia riconducibile alla particolare temperie cultura-
le dell’epoca, in un periodo in cui i richiami del Risorgimento erano
ancora vivi e si facevano sentire le spinte irredentiste e nazionaliste che
avrebbero trovato sfogo nell’interventismo.
Il desiderio di riscoprire una tradizione esoterica specificamente ita-
liana condusse alcuni membri della sezione italiana della Società Teoso-
fica, fra cui l’allora segretario Decio Calvari, giovani come Arturo Re-
ghini e Balbino Giuliano, ma anche la stessa Cooper-Oakley, a studia-
re la fioritura neoplatonica ed ermetica del Rinascimento italiano prima
che essa diventasse oggetto di ricerca privilegiato da parte di studiosi
accademici di valore (in Italia, soprattutto a partire da Paul Oskar Kri-
steller ed Eugenio Garin). Tutto fa pensare del resto che non si sia trat-
tato di una semplice comunanza d’intenti coagulatasi casualmente, ma
che vi sia stata un’intenzione programmatica, di cui così dava conto Cal-
vari nel 1904, in occasione del primo convegno delle sezioni europee
della Società Teosofica:
Si è dato inizio anche a un altro lavoro, che verrà ulteriormente sviluppato nel-
l’autunno prossimo. Esso consiste nello studio particolare della nostra [cioè: italia-
na] tradizione mistica, che presenta un tal numero di punti in comune con il nostro
[cioè: della Società Teosofica] insegnamento, come lo dimostrano le ricerche sulle
opere dei grandi scrittori e pensatori del Rinascimento. Attraverso la creazione di
una Biblioteca Filosofico-religiosa e di una Associazione per lo svolgimento di Con-
ferenze Pubbliche, cercheremo di far tornare in vita a Firenze la grande idea neo-
platonica che ha avuto nel Quattrocento rappresentanti della grandezza di Marsi-
lio Ficino e Leonardo da Vinci44.

E infatti gli Atti stessi del convegno recano testimonianza, tramite gli
interventi dei membri italiani, di un notevole interesse per autori come
Marsilio Ficino e Giovanni Pico della Mirandola, o anche per figure «mi-
nori» come Giuseppe Borri, oggetto di ricerche in particolare di Calvari45.

44
d. calvari, Resumé du Mouvement Théosophique en Italie, in j. van manen (a cura di), Trans-
actions of the First Annual Congress of the Federation of the European Sections of the Theosophical So-
ciety, Held in Amsterdam, June 19th, 20th and 21st, 1904, Brill - Published for the Council of the Fe-
deration, Amsterdam 1906, pp. 381-82.
45
Cfr. i. cooper-oakley, Traces of the “Wisdom”-Teaching in the Italian Renaissance; d. calvari,
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Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 585

Ma uno degli esempi più interessanti di questa tendenza è quello of-


ferto da Balbino Giuliano, allora membro non ancora trentenne della
Società Teosofica ma destinato a diventare nel 1929, dopo una brillan-
te carriera accademica e politica, ministro fascista dell’Educazione na-
zionale. In quella veste fu l’artefice materiale del giuramento di fedeltà
al fascismo dei docenti universitari, come ricorda nella sua autobiogra-
fia l’orientalista Giorgio Levi Della Vida, che in gioventù (intorno al
1903-904) aveva condiviso con lui e con Giovanni Amendola la frequen-
tazione della sede romana della Società Teosofica46. Proprio nel 1904,
Giuliano pubblica un libro sulla dottrina esoterica di Marsilio Ficino47.
Il libro è una lunga tirata polemica contro la monumentale storia del-
l’Accademia Platonica fiorentina di Arnaldo Della Torre, pubblicata ap-
pena due anni prima48. Giuliano rimprovera a Della Torre un intento
apologetico, nel voler a tutti i costi fare di Ficino un buon cattolico or-
todosso, cosa a suo avviso infondata. Egli intende invece sottolinearne
gli aspetti «eretici» ed esoterici, ed evidenziare le analogie del suo pen-
siero con le moderne dottrine teosofiche, soprattutto nella versione be-
santiana. Tentativo certo maldestro, come ha avuto modo di notare Ga-
rin49, ma che nondimeno si inseriva in uno sforzo di rilettura dei gran-
di autori del Rinascimento italiano, facendone risaltare aspetti che a
lungo la critica aveva voluto ignorare.
Un altro esempio interessante è la lettura che un paio di anni più tar-
di, ancora nel pieno della sua fase teosofica, il giovane Reghini fa di

Un filosofo ermetico italiano del secolo xvii, ibid., pp. 149-54 e 179-99. Gli Atti contengono anche
un intervento di Reghini, ma su tutt’altro argomento: Il meccanismo della visione e la quarta dimen-
sione, pp. 307-13. Su Borri il Calvari pubblicò poco tempo dopo una monografia dallo stesso tito-
lo: Un filosofo ermetico italiano del secolo xvii: Francesco Giuseppe Borri, Ars Regia, Milano 1907.
46
Cfr. g. levi della vida, Fantasmi ritrovati, Liguori, Napoli 2004, pp. 120-23. Levi Della Vi-
da fu uno dei pochissimi che rifiutarono di prestare giuramento, e ne dovette subire le tristi con-
seguenze, aggravate in seguito, essendo ebreo, dalle leggi razziali. Cfr. anche g. boatti, Preferirei
di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Einaudi, Torino 2001, in particola-
re p. 118.
47
b. giuliano, L’idea religiosa di Marsilio Ficino e il concetto di una dottrina esoterica, Scienza
e diletto, Cerignola 1904. Curiosamente, Levi Della Vida nella sua autobiografia si confonde, at-
tribuendo a Giuliano un libro non suo, anche se pubblicato nello stesso anno, e cioè Il sodalizio pi-
tagorico di Crotone di Alberto Gianola, Zanichelli, Bologna 1904, il cui titolo del resto riporta in
modo impreciso. Anche Gianola, allora insegnante di scuola media e autore di numerosi studi sul
pitagorismo antico, frequentava gli ambienti teosofici. I suoi studi pitagorici rappresentano un al-
tro tassello della costruzione di questa identità esoterica nazionale che si stava formando in ambi-
to teosofico e parallelamente in quello massonico.
48
a. della torre, Storia dell’Accademia Platonica di Firenze, Regio Istituto di Studi Superio-
ri Pratici e di Perfezionamento, Firenze 1902.
49
Cfr. e. garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1943, vol. I, Laterza, Bari 1966, p. 43, n. 21.
Altrove lo stesso Garin aveva richiamato l’attenzione sull’entusiasmo per il platonismo ficiniano co-
me moda occultista del tempo (cfr. id., Ritratti di umanisti, Sansoni, Firenze 1967, p. 43).
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586 Marco Pasi

Giordano Bruno sul «Leonardo», sottolineandone gli aspetti magici e


pitagorici, e ponendosi quindi in contrasto con l’interpretazione positi-
vista corrente, che vedeva nel filosofo nolano soprattutto un martire del
libero pensiero e della scienza moderna50. Senza voler forzare troppo le
analogie, Reghini sembra qui anticipare idealmente la visione di Bruno
come mago «ermetico», proposta negli anni sessanta da Frances Yates
e che, pur con qualche aggiustamento, ha profondamente modificato il
modo di intendere l’opera bruniana51.
Ma la diffusione del movimento teosofico in Italia non stimolò solo
la ricerca delle radici storiche di una tradizione esoterica specificamen-
te italiana. Risvolti analoghi si ebbero anche in ambiti diversi, come si
evince da un passo della già citata relazione di Calvari al convegno teo-
sofico europeo del 1904:
desidero menzionare la recente costituzione a Livorno di un Gruppo composto in-
teramente di membri ebrei italiani, molto intelligenti e pieni di zelo; la Sezione Ita-
liana spera molto da loro in futuro. Per loro, la Teosofia e i suoi insegnamenti non
sono un nuovo linguaggio, essendo tutti studenti e ammiratori delle opere filosofi-
che e teologiche del gran rabbino Elia Benamorzegh [sic] il quale, diversi anni pri-
ma della fondazione della Società Teosofica, scriveva sulla Teosofia e parlava della
reincarnazione, per come l’aveva ritrovata nel Talmud. Il presidente del gruppo, il
rabbino Arrigo Lattes, è stato un allievo di Benarmozegh [sic], e la devozione che
nutre nei confronti del suo maestro e l’ammirazione per le nostre dottrine – che in
parte sono per lui una conferma di idee già note – lo spingono a lavorare con ardo-
re per la causa teosofica52.

Se è vero che diversi intellettuali italiani di origine ebraica, come lo


stesso Levi Della Vida, aderirono o simpatizzarono con il movimento
teosofico senza che questo li conducesse a un rinnovato entusiasmo per
la loro religione di origine, appare ancora più interessante il fatto che
per altri l’accostamento alla teosofia sembra essersi fatto con un senti-
50
a. reghini, Giordano Bruno smentisce Rastignac, in «Leonardo», IV, n. 19 (febbraio 1906),
pp. 51-54. Non bisogna dimenticare che Bruno era un autore particolarmente riverito in seno al-
la Società Teosofica, dato che la Besant sosteneva di esserne la reincarnazione. Ma in quel caso ci
si può chiedere se, più che una reale conoscenza del lato mistico ed ermetico del filosofo, non pe-
sassero per la Besant i trascorsi preteosofici di adepta del libero pensiero.
51
Cfr. le pertinenti osservazioni di n. m. di luca, Arturo Reghini. Un intellettuale neo-pitagori-
co tra massoneria e fascismo, Atanòr, Roma 2003, pp. 20-21. Il riferimento ovviamente è a f. yates,
Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza, Roma-Bari 1989 (ed. or. 1964).
52
d. calvari, Resumé cit., p. 382. Purtroppo non ho trovato altre informazioni su questo grup-
po teosofico di Livorno, sul quale ulteriori ricerche sarebbero necessarie. Si può forse trovare un’al-
tra traccia dell’esistenza di questo gruppo nella pubblicazione di un articolo su Benamozegh e la
teosofia in uno dei primi numeri di «Ultra», la rivista creata e diretta da Calvari nel 1907, sulla
quale torneremo. L’autore dell’articolo era il biografo di Benamozegh, Guglielmo Lattes: cfr. g.
lattes, Elia Benamozegh e la teosofia, in «Ultra», I, n. 5 (ottobre 1907), pp. 233-38. «Ultra» pub-
blicò in seguito anche diversi articoli di quell’Arrigo Lattes citato da Calvari nella sua relazione al
convegno europeo.
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Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 587

mento di tipo identitario, all’insegna di un ebraismo vissuto con parte-


cipazione e che già aveva riscoperto, indipendentemente dall’influenza
teosofica, il suo lato mistico.
Un altro aspetto che merita qualche osservazione è il rapporto con il
femminismo. Come abbiamo ricordato all’inizio, sin dagli esordi la So-
cietà Teosofica si fece interprete di idee, in campo sociale e culturale,
tipicamente progressiste. I forti legami che vi furono tra il movimento
teosofico angloamericano e quello per l’emancipazione femminile si con-
fermarono anche nel contesto italiano53. In effetti, le donne (straniere
ma non solo) furono una presenza importante nelle logge italiane sin da-
gli inizi, ed ebbero spesso compiti di responsabilità e ruoli attivi nella
promozione del movimento. Ma, a parte la forte presenza femminile, si-
gnificativa ma di per sé non determinante, bisogna notare come una co-
mune «rete politico-culturale internazionale» collegasse il movimento
teosofico all’élite del femminismo italiano54. Forse la figura più rappre-
sentativa di questo legame fu Maria Montessori, che fu non solo autri-
ce di un sistema pedagogico fortemente innovativo, ma anche convinta
sostenitrice dell’emancipazione femminile. La Montessori aderì già nel
1899 alla Società Teosofica, alla quale rimase legata negli anni a venire,
tanto che si trovò a passare gli anni della Seconda guerra mondiale ad
Adyar, nella sede internazionale della Società55. Come osserva la Scaraf-
fia, «non si trattò di un’adesione superficiale: il pensiero pedagogico del-
la Montessori, i suoi scritti filosofico-femministi riportano notevoli trac-
ce dell’influenza teosofica»56. La Montessori, le cui proposte pedagogi-
che ebbero risonanza mondiale e hanno tuttora grande influenza, è
l’esempio più significativo del connubio tra femminismo e teosofia in
Italia, ma non è che uno fra i molti.
Qualche considerazione dovrebbe essere fatta anche sui rapporti tra
movimento teosofico e massoneria. Si tratta di una questione comples-
sa, che non è stata ancora studiata adeguatamente e che non potrà esse-
re affrontata qui in tutta la sua complessità57. Il legame tra queste due
realtà si creò in modo abbastanza naturale. Da una parte la componen-
53
Sul rapporto tra movimento teosofico e femminismo cfr. j. dixon, Divine Feminine cit.;
l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., che si concentra anche sul contesto
italiano (cfr. in part. pp. 77-119).
54
Ibid., p. 89.
55
Ibid. Cfr. anche m. schwegman, Maria Montessori, il Mulino, Bologna 1999; v. p. babini e
l. lama, Una donna «nuova». Il femminismo scientifico di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano
2000.
56
l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., p. 89.
57
Su questo aspetto possono essere ancora utili, con la dovuta cautela, le osservazioni e i da-
ti riportati da r. guénon, Il teosofismo cit., pp. 258-65.
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588 Marco Pasi

te anticlericale, dall’altra quella esoterica e spiritualista, non potevano


che avvicinare il movimento teosofico a quelle realtà massoniche che
mostravano in quel periodo tendenze analoghe. E infatti Madame Bla-
vatsky fu sin dagli inizi coinvolta in varie iniziative massoniche di fran-
gia tramite il suo contatto inglese John Yarker58. Allo stesso modo, mol-
ti teosofi della prima ora, tra cui lo stesso Olcott, furono anche masso-
ni. Nel 1902, anche Annie Besant si avvicinò alla massoneria, quando
entrò a far parte della massoneria mista del Droit Humain, detta anche
co-massoneria, che era stata creata in Francia qualche anno prima. La
Besant vi farà una rapida carriera sino a raggiungerne i vertici59. A par-
tire da questo momento, la co-massoneria diventerà l’obbedienza mas-
sonica privilegiata per i membri della Società Teosofica. La co-masso-
neria arriva infatti ben presto anche in Italia, e già nel 1905 la Besant
inaugura la prima loggia a Roma60.
La co-massoneria era una forma particolare di obbedienza massoni-
ca, da una parte formatasi in ambienti femministi e dall’altra senza par-
ticolari propensioni per la ricerca spirituale o esoterica. Altri membri
della Società Teosofica italiana furono invece attratti da forme masso-
niche più tradizionali o, alternativamente, più aperte a interessi di tipo
esoterico. Fu il caso di un Giovanni Amendola61, ma ancor più di un Ar-
turo Reghini62, che coltiverà in seguito il sogno di dare un’anima spiri-
tuale e pitagorica alla massoneria italiana tramite l’avventura del Rito
Filosofico Italiano63. E altre connessioni del movimento teosofico con il
mondo della massoneria di frangia non sono difficili da trovare, se si
pensa che sin dai suoi inizi (1904) la loggia teosofica di Palermo era di-
retta dalle stesse persone (Giovanni Sottile e Giuseppe Sulli-Rao) che
nel 1921, insieme a Reginald Gambier Macbean, avrebbero risvegliato
proprio nel capoluogo siciliano il Rito di Memphis64.

58
Cfr. ibid., pp. 259-61. Cfr. anche e. howe, Fringe Masonry in England, 1870-1885, Holmes
Publishing Group, Edmonds 1997, pp. 43 e 62-63, nota 92.
59
Cfr. l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., pp. 65-69; y. hivert-messeca,
«Besant», in Encylopédie de la franc-maçonnerie, a cura di E. Saunier, Le Livre de Poche, Paris
2000, pp. 79-80. Cfr. anche r. guénon, Il teosofismo cit., pp. 262-65.
60
Cfr. y. hivert-messeca, «Besant» cit., p. 80.
61
Cfr. a. capone, Giovanni Amendola cit.; b. bisogni, Giovanni Amendola teosofo e massone,
in c. castellacci et al. (a cura di), La Libera Muratoria. Massoneria per problemi, SugarCo, Milano
1978, pp. 109-12.
62
Cfr. n. m. di luca, Arturo Reghini cit., pp. 29-78.
63
Cfr. r. sestito, Storia del Rito Filosofico Italiano e dell’Ordine Orientale Antico e Primitivo
di Memphis Mizraìm, Libreria Chiari, Firenze 2003.
64
Cfr. General Report of the Twenty-Ninth Anniversary and Convention of the Theosophical So-
ciety, held at Benares […] 1904, The Theosophical Society, Madras 1905, p. 117; g. ventura, I Ri-
ti Massonici di Misraïm e Memphis, Brancato, Catania 1991, p. 107; s. caillet, La franc-maçonnerie
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Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 589

Il successo dei primi anni del movimento teosofico in Italia si spie-


ga tra l’altro con la rete di iniziative culturali, di riviste, di pubblicazio-
ni che furono promosse dalla sezione. Un ruolo fondamentale spetta sen-
za dubbio alla creazione di biblioteche di prestito collegate ai maggiori
centri. In questo la sezione italiana non faceva altro che adottare una
formula che era divenuta prassi ovunque la Società mettesse radici, vi-
sta l’importanza che veniva data alla lettura sia come ricerca personale
sia per la trasmissione delle dottrine teosofiche. Le due biblioteche più
importanti furono quelle di Roma e di Firenze. Abbiamo visto come Cal-
vari, allora segretario generale della sezione italiana, presentasse nel 1904
la creazione della biblioteca di Firenze ai suoi colleghi europei, e la in-
serisse in un programma di riscoperta della tradizione esoterica rinasci-
mentale. Anch’essa, come quella di Roma, fu creata grazie a una dona-
zione di una ricca signora inglese, amica della Cooper-Oakley: Julia H.
Scott65. La biblioteca fu diretta per un certo periodo da Arturo Reghi-
ni, e, dopo aver cambiato il suo nome ed essere divenuta «Biblioteca fi-
losofica» (pur mantenendo molti dei suoi caratteri originari), divenne
un punto d’incontro per il gruppo dei leonardiani (Papini e Prezzolini
in testa), che vi tennero diverse conferenze. Le conferenze e le lezioni
in effetti erano, a parte il prestito di libri, una delle attività principali
gestite dalla biblioteca. Tra i relatori, a parte lo stesso Reghini e i leo-
nardiani già citati, troviamo nomi di teosofi più o meno noti: Balbino
Giuliano, Guido Ferrando, Roberto Assagioli, ma anche un importan-
te esponente del modernismo come padre Salvatore Minocchi66. In al-
cuni casi, le conferenze venivano poi raccolte in volume e pubblicate67.

égyptienne de Memphis-Misraïm, Dervy, Paris 2003, p. 199. Sottile e Sulli-Rao erano avvocati di
Palermo. Il secondo aveva anche creato a Milano «Ars Regia», che per diversi anni fu la casa edi-
trice ufficiale della Società Teosofica in Italia. Macbean era stato console britannico prima a Ge-
nova e poi a Palermo, oltre a essere corrispondente dall’Italia per l’agenzia di stampa Reuters. Se-
condo alcune fonti aveva contribuito sin dagli inizi alla diffusione del movimento teosofico in Ita-
lia, collaborando alla creazione proprio dei centri di Genova e di Palermo (cfr. e. bratina, Appunti
di storia cit., p. 305). Sappiamo che il Sulli-Rao era già attivo nel rito nei primi anni del Novecen-
to, come attesta una sua lettera a Giovanni Amendola del 14 luglio 1904 (cfr. g. amendola, Car-
teggio 1897-1909, a cura di E. d’Auria, Laterza, Roma-Bari 1986, pp. 98-99), in cui cercava di con-
vincerlo ad aderire e a farsene promotore nell’Italia settentrionale. Nel 1921 fu il Macbean a diven-
tare Gran Maestro del rito: cfr. [r. gambier macbean], Cenni sul Antico e Primitivo Rito Orientale
di Memphis, raccolti da R. G. M., s.e., Palermo 1923 (ed. ingl. id., Notes on the A. and P. Oriental
Rite of Memphis, Adyar 1927).
65
Cfr. g. papini, La Biblioteca Teosofica cit., p. 124. Più in generale, sulla biblioteca, cfr. s.
cigliana, Futurismo esoterico cit., pp. 47-66.
66
Cfr. ibid., pp. 54-55.
67
Per un esempio significativo, si vedano le conferenze raccolte in b. giuliano, g. ferrando
e a. reghini, Per una concezione spirituale della vita. Conferenze, Biblioteca filosofica e successori
Seeber, Firenze 1908. Cfr. anche il commento che ne fa Garin in Cronache cit., p. 40.
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590 Marco Pasi

Ben presto la biblioteca di Firenze divenne una delle realtà più vivaci
nel panorama culturale della città. In seguito cambiò il suo nome, pas-
sando da Biblioteca teosofica a Biblioteca filosofica, e perdendo gradual-
mente la caratterizzazione esoterica che aveva avuto all’inizio. Ma è cer-
to che molte persone si avvicinarono alla teosofia anche grazie alle ini-
ziative coordinate da Reghini presso la biblioteca.
Per quanto riguarda le riviste, il movimento teosofico dispose subi-
to di periodici attraverso i quali diffondere le sue idee, come «Nova
Lux» (1897-98) e «Teosofia» (1897-1901). Ma la rivista più importan-
te e longeva fu senza dubbio «Ultra», creata da Calvari nel 1907, pri-
ma che si consumasse la crisi che avrebbe spaccato in due la sezione ita-
liana, e poi da lui diretta per molti anni68. Quando nel 1910 il gruppo
romano da lui diretto passò a far parte della Lega Teosofica Indipenden-
te, «Ultra» ne divenne l’organo ufficiale. Nel corso degli anni, a «Ul-
tra» collaborarono nomi rappresentativi dell’esoterismo italiano, tra cui,
oltre a Reghini, Julius Evola, Roberto Assagioli (che ne fu vicediretto-
re), Augusto Agabiti (che la diresse tra il 1914 e il 1918), il filosofo
Adriano Tilgher e il poeta Arturo Onofri.
Bisogna notare che l’impatto delle idee teosofiche in Italia andò al
di là del petit monde dell’esoterismo. Secondo Scaraffia, «fino agli anni
trenta, un po’ tutta la cultura italiana era permeata dalle influenze teo-
sofiche»69. L’osservazione è forse un po’ iperbolica, ma rimane pur ve-
ro che il movimento teosofico penetrò a fondo nel tessuto culturale del
paese, lasciando tracce che aspettano ancora di essere raccolte e studia-
te per offrire un quadro d’insieme soddisfacente. Ciò è vero soprattut-
to per il periodo che arriva sino alla Prima guerra mondiale, durante il
quale la dottrina teosofica si propose con il fascino dirompente della
rottura e della novità. Abbiamo visto come personaggi destinati ad ave-
re un ruolo significativo nella vita culturale e politica italiana, come
Giovanni Amendola o Maria Montessori, abbiano avuto nella Società
Teosofica esperienze formative importanti. Lo stesso si può dire di intel-
lettuali come Giorgio Levi Della Vida. E anche in Italia, come in altri pae-
si europei, il fascino per le idee teosofiche si fece sentire sulle avanguar-
die, in particolare il futurismo, che cercavano forme radicalmente nuo-
ve di espressione artistica70. Echi di insegnamenti teosofici si troveranno

68
Cfr. m. rossi, Julius Evola cit. Cfr. anche, più in generale, f. s. festa, Teosofia ed esoteri-
smo nelle riviste italiane della prima metà del ’900, in e. barone, m. riedl e a. tischel (a cura di),
Eranos Monte Verità Ascona cit., pp. 137-52.
69
l. scaraffia, Emancipazione e rigenerazione spirituale cit., p. 79.
70
Cfr. s. cigliana, Futurismo esoterico cit., passim; g. celant, Futurism and the Occult, in
«Artforum», XIX, n. 5 (gennaio 1981), pp. 36-42.
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Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 591

poi in scrittori famosi e per il resto diversissimi come Fogazzaro e Piran-


dello71.
Si dovrebbe riflettere inoltre su come l’impatto del movimento teo-
sofico, tacciato spesso di sincretismo religioso proprio per la tendenza a
unire in sintesi le diverse tradizioni religiose dell’umanità, possa avere
influito sui primi sviluppi dello studio scientifico del fenomeno religio-
so in Italia. Abbiamo visto il caso di Levi Della Vida, destinato a una
brillante carriera di studioso come semitista. Ma non ci si stupirà di in-
contrare qui un altro autore assai noto, che cominciava proprio in que-
gli anni a riflettere su come importare in Italia lo studio storico-scienti-
fico delle religioni, e che si lasciò incuriosire dalla diffusione delle idee
teosofiche. Si tratta di Raffaele Pettazzoni, che nel 1907 progettava di
scrivere un articolo su «Teosofia e storia delle religioni», da pubblicare
sulla rivista teosofica «Ultra»72.
Infine, un ultimo aspetto da tenere presente per questa prima fase
del movimento teosofico in Italia è quello della reazione cattolica, che,
come abbiamo detto, non si fece attendere73. Questa reazione va inqua-
drata nel contesto di quella più ampia che nei primi anni del secolo la
Chiesa manifestò nei confronti del modernismo, che giunse al suo cul-
mine nel 1907 con la promulgazione da parte di Pio X dell’enciclica Pa-
scendi. Dal punto di vista cattolico vi era affinità, se non oggettiva com-
plicità, tra il movimento teosofico e quello modernista. E infatti, come
nel caso del modernismo, la questione della teosofia fu affrontata so-
prattutto dai gesuiti, che erano da tempo in prima linea per difendere
la Chiesa dalla minaccia delle nuove eresie contemporanee, tra cui la
massoneria e lo spiritismo. Del resto, la stessa stampa teosofica aveva in
parte giustificato le illazioni di parte cattolica, dato che le prese di po-
sizione a favore del modernismo dopo il colpo di scure della Pascendi
erano state assai nette ed esplicite74. In Italia, la risposta cattolica fu af-
fidata soprattutto a Gioachino Ambrosini e Giovanni Busnelli, entram-

71
Su Pirandello, cfr. a. r. pupino, Pirandello. Maschere e fantasmi, Salerno Editrice, Roma
2000, passim. Su Fogazzaro, cfr. infra.
72
Cfr. m. gandini, Raffaele Pettazzoni autodidatta nello studio della storia delle religioni e alun-
no della scuola italiana di archeologia (1905-1907). Materiali per una biografia, in «Strada maestra»,
n. 32 (1992), p. 214. Non risulta che l’articolo sia mai stato scritto.
73
Sulla questione, cfr. j. rousse-lacordaire, Ésotérisme et christianisme. Histoire et enjeux théo-
logiques d’une expatriation, Les Éditions du Cerf, Paris 2007, pp. 203-11 e, soprattutto per il mo-
do in cui la questione si trovò collegata a quella del femminismo, l. scaraffia, Emancipazione e ri-
generazione spirituale cit., pp. 104-11.
74
Cfr. From Italy, in «The Theosophist», XXVIII, n. 12 (settembre 1907), pp. 939-41; w. h.
k.[irby], Italy, ivi, XIX, n. 2 (novembre 1907), pp. 191-92; w. [h. kirby], Italy, ivi, n. 6 (marzo
1908), p. 565.
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592 Marco Pasi

bi della Compagnia di Gesù75. Il libro di Ambrosini fu pubblicato nello


stesso anno della Pascendi e il suo titolo, Occultismo e Modernismo, non
lascia dubbi sul fatto che il contesto in cui si inseriva la questione era
proprio quello della lotta al modernismo. In effetti il libro cerca di di-
mostrare che la vera fonte dell’eresia modernista non è altro che l’oc-
cultismo, in particolare nella sua versione teosofica. L’autore se la pren-
de in particolare con Antonio Fogazzaro, reo di aver manifestato nel suo
romanzo Il Santo (1905) un’evidente infatuazione per le idee moderni-
ste, e di avere citato qua e là Madame Blavatsky76. Per Ambrosini que-
sta era la dimostrazione che il teosofismo si celava nelle pieghe più oscu-
re del modernismo, e ne modellava nell’ombra la fisionomia. Più posato
e informato invece il libro di Busnelli, basato su articoli precedentemen-
te pubblicati ne «La Civiltà Cattolica». Nei suoi quattro sostanziosi vo-
lumi le dottrine teosofiche vengono passate al setaccio per evidenziarne
l’incompatibilità con quelle cattoliche. E non è difficile immaginare i
punti dolenti su cui batte il martello di padre Busnelli: il concetto di Dio,
la reincarnazione, la cosmogonia emanazionista e panteista, la pretesa di au-
todivinizzazione dell’uomo tramite pratiche di tipo iniziatico o magico.
Infine, nel 1919, la Chiesa si mosse anche formalmente, con una con-
danna del movimento teosofico da parte del Sant’Uffizio che sancì una
presa di posizione definitiva sulla questione e rese la teosofia poco ap-
petibile per chi desiderasse rimanere buon cattolico77.

4. Dalla fine della Prima guerra mondiale alla fine del fascismo.

Passata la tempesta della Grande guerra, e con l’avvento del fasci-


smo, si aprì una stagione nuova che, dopo un primo periodo di rinnova-
to sviluppo, doveva in seguito condurre a una fase di difficoltà e di de-
clino del movimento teosofico nel suo insieme.
75
Cfr. g. ambrosini, Occultismo e Modernismo: lettere familiari ad un amico, Tipografia Arci-
vescovile, Bologna 1907; g. busnelli, Manuale di Teosofia, 4 voll., Civiltà Cattolica, Roma 1909-
1915.
76
Per una reazione al libro dell’Ambrosini da parte teosofica, cfr. w. [h. kirby], Italy, in «The
Theosophist», XIX, n.7 (aprile 1908), pp. 662-64. William Kirby, cittadino inglese residente in
Italia, era membro della loggia teosofica di Genova e corrispondente per l’Italia del «Theosophist».
77
Così recita il testo della condanna: «An doctrinae, quas hodie theosophicas dicunt, compo-
ni possint cum doctrina catholica; ideoque an liceat nomen dare societatibus theosophicis, earum
conventibus interesse, ipsarumque libros, ephemerides, diaria, scripta legere. […] Negative in om-
nibus» (sanctum officium, De theosophismo, in Acta Apostolicae Sedis, 9 [1919], p. 317, cit. in j.
rousse-lacordaire, Ésotérisme et christianisme cit., pp. 205-6, n. 1). Cfr. anche La condanna del-
la teosofia nel recente decreto del S. Offizio, in «La Civiltà Cattolica», III (1919), pp. 272-76; g. bu-
snelli, Teosofia e teologia, in «Gregorianum», I (1920), pp. 154-59.
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Teosofia e antroposofia nell’Italia del primo Novecento 593

Nei primi anni del dopoguerra l’elemento nuovo fu l’affermarsi del


movimento antroposofico, che come abbiamo visto era stato creato da
Steiner in Germania nel 1913. Abbiamo accennato all’attrazione che
l’antroposofia esercitò in Italia su diverse persone dapprima legate alle
realtà del movimento teosofico78. In effetti l’organizzazione di Steiner
si diffuse nella penisola soprattutto dopo la Prima guerra mondiale e co-
nobbe un successo notevole, avvalendosi di persone capaci come Giovan-
ni Antonio Colonna, duca di Cesarò, sua madre Emmelina de Renzis,
Giovanni Colazza e Arturo Onofri. Colonna di Cesarò in particolare fu
un uomo politico importante negli anni successivi alla Prima guerra, quan-
do fondò il Partito Democratico Sociale ed ebbe un incarico di ministro
del primo governo Mussolini, per diventare poi uno dei protagonisti del-
l’Aventino insieme a Giovanni Amendola. Il primo circolo steineriano,
cui venne dato significativamente il nome «Novalis», fu creato intorno
al 1911 a Roma da Giovanni Colazza, che aveva fatto parte sino ad allo-
ra della Società Teosofica. Ad esso ne seguirono altri negli anni succes-
sivi, sino alla fondazione a Trieste, nel 1931, della Società Antroposofi-
ca d’Italia, seguita poi da un’analoga iniziativa a Roma79.
Un aspetto interessante dell’antroposofia in Italia è che essa riuscì a
sopravvivere e quasi a prosperare durante il periodo fascista. Un aiuto
le venne dato anche da una circostanza favorevole, e cioè dal fatto che
l’editore Laterza, nonostante i rimbrotti di Croce, si decise a pubblica-
re una serie di traduzioni di opere di Steiner nella sua collana «Studi re-
ligiosi, iniziatici, ed esoterici» (altresì detta «Biblioteca esoterica»), ren-
dendo così agevole a un vasto pubblico l’accesso diretto ai testi del fon-
datore dell’antroposofia80. Tra il 1919 e il 1932 l’editore barese pubblicò
non meno di sette opere di Steiner, cui si aggiunsero otto libri di
Édouard Schuré, l’autore dei Grandi iniziati, che di Steiner era diven-
tato amico e discepolo. L’insistenza su questo filone testimonia del suc-
cesso di vendita, aspetto che del resto era la ragione stessa di esistenza
per la collana in questione.
Daniela Coli fa notare come la fortuna di cui Steiner godette in Ita-
lia, anche grazie a Laterza, fu abbastanza singolare. Infatti, da una par-
78
Sulla storia del movimento antroposofico in Italia la letteratura è scarsa: cfr. e. pappacena,
Di alcuni cultori della scienza dello Spirito (cenni, note, profili), Andriola, Palo del Colle 1971 e lo
studio di m. beraldo, Il movimento antroposofico italiano durante il regime fascista, in «Dimensio-
ni e Problemi della Ricerca Storica», I (2002), pp. 145-79. Il saggio è stato successivamente ripre-
so in L’Antroposofia e il suo rapporto con il Regime Fascista, in g. de turris (a cura di), Esoterismo
e fascismo cit., pp. 77-106.
79
m. beraldo, L’Antroposofia cit., pp. 86-87.
80
Cfr. d. coli, Il filosofo, i libri, gli editori. Croce, Laterza e la cultura europea, il Mulino, Bolo-
gna 1983, p. 219.
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te le sue opere furono lette negli anni trenta con molto interesse negli
ambienti dell’antifascismo giovanile, dall’altra colui che spinse Laterza
a pubblicarlo in Italia fu Giovanni Preziosi, fascista radicale noto per il
suo ruolo nella diffusione della propaganda antisemita in Italia tramite
il giornale da lui diretto, «La Vita Italiana», e per la sua attività di pub-
blicista. Il tramite fra Preziosi e Laterza fu la madre di Colonna di
Cesarò, Emmelina de Renzis, che tradusse anche alcune delle opere
di Steiner81. Del resto «La Vita Italiana» ospitò in diverse occasioni au-
tori di orientamento antroposofico, come Colonna di Cesarò, Massimo
Scaligero e l’avvocato Ettore Martinoli, che era il segretario della So-
cietà Antroposofica d’Italia82.
Come osserva la Coli, «La presenza di Preziosi nella divulgazione
delle opere di Steiner è inquietante e tanto più turba se si considera che
uno dei seguaci più intransigenti dell’antroposofia fu il futuro dirigen-
te antifascista Eugenio Curiel»83. La Coli spiega questa apparente con-
traddizione con la forza delle idee pedagogiche di Steiner, che affasci-
narono molti giovani italiani e li spinsero sulla strada dell’antifascismo.
Se si può concordare con questa interpretazione, che pure evita di en-
trare nel merito delle idee in questione, bisogna però anche dire che il
problema più interessante non è capire perché Steiner potesse piacere
ai giovani antifascisti, ma perché potesse entusiasmare fascisti e antise-
miti convinti. E, a onor del vero, il caso di Preziosi non fu isolato. Si
può ricordare infatti anche quello dello stesso Martinoli che, proprio al-
la vigilia del disfacimento del regime, nel giugno del 1943, pubblicò un
articolo su «La Vita Italiana» intitolato Un preannunziatore della nuova
Europa: Rudolf Steiner 84. In esso, Martinoli tiene a smentire le dicerie
sull’origine giudaica di Steiner, sottolineandone invece la condizione
razziale (a suo tempo certificata da Evola) come appartenente al «tipo
ariano di razza spirituale solare». Ma, al di là della patente di purezza
biologica, che era elemento ricorrente nella pubblicistica steineriana del-
l’epoca85, quello che veramente conta per Martinoli è difendere Steiner
dall’idea che il suo insegnamento sia compatibile con forme di indivi-
dualismo in campo spirituale o di democrazia liberale in campo politi-
co. Tutt’altro, protesta Martinoli: «Tutto l’insegnamento e l’indirizzo

81
Cfr. ibid., pp. 219-20.
82
Cfr. m. beraldo, L’Antroposofia cit., p. 95.
83
d. coli, Il filosofo, i libri, gli editori cit., pp. 220-21.
84
In La Vita Italiana. Rassegna politica, pubblicazione mensile de «Il Regime fascista», XXX, 363
(giugno 1943), pp. 555-66. Beraldo, nel suo L’Antroposofia cit., p. 95, lo definisce «apologetico»,
non specificando se l’apologia riguardi Steiner, il regime fascista, o tutti e due.
85
Cfr. m. beraldo, ibid., p. 94.
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di Rudolf Steiner corrisposero nettamente e decisamente, in modo addi-


rittura impressionante, all’impulso spirituale più profondo che agita il no-
stro nuovo mondo europeo, quello del fascismo e del nazionalsocialismo»86.
Nel resto dell’articolo, Martinoli attribuisce la colpa delle interpre-
tazioni democratiche e liberali del pensiero di Steiner ad alcuni suoi di-
scepoli, che avrebbero tradito il senso originario del suo insegnamento,
e ne ribadisce il carattere patriottico e nazionalista. Ora, l’immagine di
Steiner offerta da Martinoli è senza dubbio caricaturale ma, come alcu-
ni studi recenti sugli atteggiamenti politici di Steiner sembrano sugge-
rire87, c’è ancora molto da riflettere sulle implicazioni politiche di alcu-
ni aspetti della sua opera, questione che non è possibile affrontare e tan-
tomeno risolvere qui. Questo potrebbe però aiutare a capire come mai
Steiner abbia avuto un tale successo, che è lungi – va detto – dall’esse-
re esclusivo o predominante, presso autori che in Italia si sono colloca-
ti politicamente nell’estrema destra. E spiegherebbe anche il motivo per
cui, come osserva nei suoi studi Michele Beraldo, il movimento antro-
posofico ebbe meno problemi di quello teosofico durante il regime fa-
scista. Esso fu considerato molto meno pericoloso per il regime perché
slegato «dall’influenza angloamericana della massoneria e dall’esotico
indottrinamento della teosofia angloindiana»88. Questo non impedì alle
organizzazioni steineriane di essere poste sotto stretto controllo polizie-
sco. Alla fine, l’organizzazione di Trieste fu sciolta o si dissolse nel 1938,
sicuramente a causa dell’alto numero di membri ebrei tra le sue fila.
Quella di Roma sopravvisse ancora qualche anno, ma fu poi chiusa du-
rante la guerra89.
La sezione teosofica italiana rimasta fedele alla Besant ebbe invece
vita più difficile, in parte a causa delle restrizioni del regime, in parte
anche a causa dei suoi problemi interni. L’anno che segnò l’inizio delle
difficoltà e del declino fu senza dubbio il 1929, cioè quello del Concor-
dato, ma anche quello in cui la vicenda di Krishnamurti giunse al suo
inatteso epilogo. Come negli altri paesi, anche in Italia il fatto provocò
smarrimento e disaffezione in numerosi membri. In quello stesso anno
vi fu anche un cambio della guardia al vertice della sezione: al colonnel-
lo Oliviero Boggiani, che aveva ripreso la carica di segretario generale
nel 1919, succedette la contessa Luisa Gamberini. Nel 1934 la carica
86
e. martinoli, Un preannunziatore cit., p. 557.
87
Cfr. p. staudenmaier, Race and Redemption. Racial and Ethnic Evolution in Rudolf Steiner’s
Anthroposophy, in «Nova Religio: The Journal of Alternative and Emergent Religions», XI, n. 3
(2008), pp. 4-36.
88
m. beraldo, L’Antroposofia cit., p. 94.
89
Cfr. ibid., pp. 90-91.
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passerà all’avvocato Tullio Castellani. In quello stesso anno venne elet-


to il nuovo presidente internazionale della Società, George Arundale,
essendo la Besant deceduta l’anno prima.
L’organizzazione attirò ben presto le attenzioni della polizia politi-
ca del regime, resa sospetta dalla sua origine anglosassone, dalla sua vo-
cazione internazionalista e dalla sua esplicita (ma poi sempre più ondeg-
giante) difesa dei principî democratici90. La sezione italiana della Lega
Teosofica Indipendente invece dimostrò sin dagli inizi una certa simpa-
tia nei confronti del regime fascista, arrivando a congratularsi sulle pa-
gine del suo organo «Ultra» per la stipula del Concordato nel 1929, il
che, in ambito teosofico, sarebbe stato impensabile prima della guerra91.
Si guadagnò quindi una certa libertà di azione, che fu abilmente sfrut-
tata da Calvari e dai suoi collaboratori. La Lega Teosofica Indipenden-
te fu infatti particolarmente attiva durante gli anni venti, organizzando
«corsi di cultura spirituale» che attirarono oratori di valore ed ebbero
un notevole successo di pubblico92. Alle personalità che già si erano mes-
se in luce in ambiente teosofico prima della guerra, altre se ne aggiun-
sero, come un ancora giovane Julius Evola, che pubblicò su «Ultra» a
partire dal 1923 e partecipò ai corsi, organizzandone alcuni. D’altra par-
te, una lista anche sommaria di coloro che parteciparono alle varie atti-
vità della Lega Teosofica Indipendente dà un’idea della sua rilevanza
culturale. Vi troviamo infatti l’orientalista Giuseppe Tucci, il deputato
e antroposofo Colonna di Cesarò, i filosofi Adriano Tilgher e Mario
Manlio Rossi, il filosofo ed esoterista tedesco Hermann Keyserling, lo
psicologo e fondatore della psicosintesi Roberto Assagioli, a suo tempo
stretto collaboratore di Papini e di Reghini. Bisogna sottolineare come
la partecipazione alle attività della Lega Teosofica Indipendente non im-
plicava di per sé un’affiliazione al gruppo o una professione di fede teo-
sofica, anzi è facile vedere come la maggior parte delle personalità in
questione, se mai avevano avuto esperienze teosofiche in passato, ave-
vano ormai intrapreso un percorso diverso o personale, ma ciò mostra
la capacità di Calvari di far coesistere tendenze filosofiche e spirituali
diverse sotto l’egida del suo gruppo e della sua rivista.
Nonostante le tempestive congratulazioni di «Ultra» in occasione

90
Cfr. id., Krishnamurti nell’occhio della polizia politica, in g. de turris (a cura di), Esoterismo
e fascismo cit., pp. 67-75.
91
Cfr. ibid., p. 69.
92
Cfr. m. rossi, Julius Evola cit., p. 48; id., «Lo stato democratico» (1925) e l’antifascismo an-
tidemocratico di Julius Evola, in «Storia Contemporanea», XX, n. 1 (feb. 1989), pp. 12-14; f. s.
festa, Teosofia ed esoterismo cit., pp. 142-43.
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del Concordato, l’avvicinamento del regime fascista alla Chiesa fu un


duro colpo per le realtà esoteriche e neospiritualiste presenti in Italia,
in particolare quelle basate su forme associative di tipo massonico. La
stessa «Ultra», nonostante il suo sostegno al regime, cessò le pubblica-
zioni nel 1930, essendosi comunque guadagnata il primato di longevità
nelle pubblicazioni periodiche italiane di argomento teosofico. La chiu-
sura fu provocata da problemi di tipo economico più che da una censu-
ra diretta del regime, ma la perdita di lettori e di fondi era anche un se-
gno della mutata atmosfera culturale. Intanto la maggior parte dei col-
laboratori di Calvari si era allontanata per legarsi all’antroposofia o per
seguire strade personali. La sezione italiana della Lega Teosofica Indi-
pendente sembra quindi essere scomparsa con la sua rivista già diversi
anni prima della Seconda guerra mondiale, mentre il gruppo fedele alla
teosofia nella versione di Adyar, forte dell’appoggio di una struttura in-
ternazionale lontana dalle costrizioni del regime, riuscì a sopravvivere
ancora per buona parte degli anni trenta, finché dovette soccombere al-
le pressioni esterne e interne.
Si è voluto vedere nella sezione italiana dell’organizzazione di Adyar
un atteggiamento critico e ostile nei confronti del regime fascista. Tut-
tavia questo andrebbe contestualizzato. Dovrebbe infatti tenere conto
di tentativi di compromesso che furono tentati dalla sezione italiana nei
confronti del regime e furono, se non sanzionati dalla direzione centra-
le internazionale, quantomeno tollerati. In certe pubblicazioni della
struttura internazionale della Società di Adyar degli anni trenta, è in-
fatti possibile trovare espressioni più che benevole nei confronti del fa-
scismo italiano, che non rispecchiavano necessariamente le opinioni del-
la dirigenza ma erano indice di un desiderio di compromesso, quanto-
meno per non mettere in difficoltà la sezione italiana di fronte al
regime93. Risulta in modo evidente come il segretario della sezione ita-
liana, Tullio Castellani, fosse in sintonia con il regime, e cercasse di ade-
guare le caratteristiche della sezione alle condizioni politiche del mo-
mento. La situazione sfuggì di mano quando il presidente Arundale nel di-
cembre del 1937 dichiarò a chiare lettere sulle pagine del «Theosophist» che
il fascismo e il nazismo erano incompatibili con le dottrine teosofiche e
che i membri italiani della Società avrebbero dovuto opporsi attivamen-
te al regime per difendere gli ideali della fratellanza, della pace e della

93
Cfr. l’articolo di l. hemshell, Fascism and Theosophy, in «The Theosophist», LV, n. 7 (apri-
le 1934), pp. 103-6, o i più che simpatetici resoconti sulla situazione politica italiana pubblicati in
The International Theosophical Yearbook, The Theosophical Publishing House, Adyar, per l’anno
1937 e 1938 (cfr. pp. 109-13 per il primo e pp. 102-4 per il secondo).
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buona volontà94. Questo suscitò una vivissima reazione da parte di Ca-


stellani, che, a parte le convinzioni politiche personali, si rese conto di
come la presa di posizione di Arundale mettesse la sezione italiana in
una situazione difficile di fronte al regime, cui offriva un ottimo prete-
sto per adottare misure repressive nei suoi confronti95. Quando nel 1938
il regime approvò le leggi razziali, Castellani cercò di modificare per la
sezione italiana il primo articolo dello statuto della Società Teosofica,
in particolare dove si dice che nella Società, in quanto nucleo della Fra-
tellanza Universale, non vi devono essere distinzioni di razza96. Era un
estremo – e maldestro – tentativo per rendere il movimento teosofico
accettabile agli occhi del regime. Tuttavia, durante una tesa assemblea
dei delegati della sezione, tenutasi a Genova nel novembre del 1938, la
proposta di Castellani venne rigettata. Arundale aveva intanto nomina-
to il dottor Giuseppe Gasco suo delegato personale in Italia, con l’evi-
dente scopo di esautorare Castellani se le cose avessero preso una brut-
ta piega. Ma non vi era più tempo: nel gennaio del 1939 il prefetto di
Genova decretò lo scioglimento della sezione italiana della Società Teo-
sofica. L’organizzazione continuò a operare anche dopo quella data su
scala ridotta e in condizioni di clandestinità. E infatti il movimento ri-
sorse dalle sue ceneri immediatamente dopo la fine della guerra97. Nel
secondo dopoguerra, sia il movimento teosofico sia quello antroposofi-
co hanno continuato a essere presenti sotto varie forme sul suolo italia-
no e rappresentano ancora oggi una realtà vitale nel panorama naziona-
le della nuova spiritualità.

94
Cfr. g. s. arundale, On the Watch-Tower, in «The Theosophist», LIX, n. 3 (dicembre 1937),
pp. 193-200.
95
Cfr. t. castellani, Through Italian Eyes, ivi, pp. 251-61.
96
Cfr. e. bratina, Appunti cit., p. 307.
97
Cfr. ibid.

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