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Università degli studi di Trento
1
Sommario
2
Indice
1 Teoria della misura 6
1.1 Misure esterne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.2 Misura (superiore) di Peano-Jordan . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3 Misura inferiore di Peano-Jordan . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.4 Misurabilità per Peano-Jordan . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.5 Insiemi misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.6 Σ-algebre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
1.7 Carathéodory . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.8 Σ-algebre, parte 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
1.9 Boreliani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.10 Misura (esterna) di Lebesgue (n-dimensionale) . . . . . . . . . 21
1.11 Misura di Hausdorff . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
1.12 Dimensione di Hausdorff . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
1.13 Misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2 Teoria dell’integrazione 35
2.1 Funzioni misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.2 Funzioni numerabilmente semplici . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.3 Proprietà dell’integrale (Teorema 2.1) . . . . . . . . . . . . . . 42
2.4 Primi risultati sulla teoria dell’integrazione di Lebesgue . . . 45
2.5 Teoremi di convergenza integrale . . . . . . . . . . . . . . . . 48
2.6 Il teorema di Fubini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
2.7 La formula dell’area . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
2.8 Parametrizzazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
2.9 Formule di Gauss-Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
3
3.2 Serie di Fourier in uno spazio di Hilbert, un prontuario minimo
(meno di così non si può...) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
3.3 Convergenza puntuale della serie di Fourier per una funzione
regolare a tratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
4
6.10 Lemma di Fatou . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
6.11 teorema di Radon Nikodym . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
6.12 Mνxµ ⊂ F
E se S ∈ Mνxµ vale ρ(S) = (νxµ)(S) . . . . . . . . . . . . . . 133
6.13 Esiste una successione di funzioni numerabilmente semplici e
misurabili sj convergenti a f se misurabile . . . . . . . . . . . . 134
6.14 H( ϕ(C)) coincide con l’estremo superiore delle spezzate poligonali
inscritte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134
6.15 Formula dell’area . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134
6.16 Formula dell’area con molteplicità . . . . . . . . . . . . . . . . 134
6.17 Se H è separabile allora ogni famiglia ortonormale è numerabile134
6.18 Cc è denso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134
6.19 Per ogni funzione continua su un compatto esiste un polinomio
che la approssimi arbitrariamente bene . . . . . . . . . . . . . 134
6.20 Teorema di convergenza della serie di Fourier per una funzione
regolare a tratti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
6.21 Soluzioni massimali dei problemi di Cauchy . . . . . . . . . . 135
5
1 Teoria della misura
i ϕ(∅) = 0
Esempi
0 ⇐⇒ E = ∅
• X6=∅ , E ⊂ X ϕ(E)=
1 ⇐⇒ E 6= ∅
Dimostrazione
i Per definizione
ii Poichè preso E⊂ F
– se E=∅ ϕ(E)=0≤ ϕ(F )∈{0, 1}
– (E6= ∅⇒ F6= ∅) ⇒ (ϕ(E)=1≤ ϕ(F )=1)
iii Sia Ej numerabile ⊂ 2X
– se ϕ(∪j Ej )=0 nulla da provare
ϕ(∪j Ej )=1 ⇒ ∪j Ej 6= ∅ ⇒ ∃Ei 6= ∅
– P
j Ej ≥ ϕ(Ei ) = 1 ≥ 1 = ϕ(∪j Ej )
0 ⇐⇒ x0 ∈ E
• X6=∅, E ⊂ X,x0 ∈ X ϕ(E)=
1 ⇐⇒ x0 ∈
/E
6
Dimostrazione
i E=∅ ⇒ xo ∈
/ E ⇒ ϕ(E) = 0
ii E ∈ F ∈ X
– x0 ∈
/ E ⇒ ϕ(E) = 0 ≤ ϕ(F ) ∈ {0, 1}
– x0 ∈ E ⇒ x0 ∈ F ⇒ ϕ(E) = ϕ(F ) = 1
iii Sia Ej numerabile di insiemi ⊂ 2X
P
– x0 ∈
/ ∪j Ej ⇒ ∀Ei 3
6 x0 ⇒ ϕ(∪j Ej ) = j ϕ(Ej ) = 0
P
– x0 ∈ ∪j Ej ⇒ ∃Ei 3 x0 ⇒ j ϕ(Ej ) ≥ ϕ(Ei ) = 1 = ϕ(∪j Ej )
• X6= ∅ (E⊂ X) ϕ(E) = #E
Dimostrazione
i E=∅ ⇒ #E = 0 ⇒ ϕ(E) = 0
ii E ⊂ F ⊂ X ⇒ #E ≤ #F ⇒ ϕ(E) ≤ ϕ(F )
iii Sia Ej numerabile ⊂ 2X
P
– Se j ϕ(Ej ) = +∞ Ppoichè ∀Ej #Ej ∈ [0, +∞]
# ∪j Ej ≤ +∞ = j ϕ(Ej )
P
– Se j ϕ(Ej ) 6= +∞ ⇒ ∀Ej ϕ(Ej ) 6= +∞
+∞ = 6 #B P:= {Ei | #E
Pi 6= 0} ⇒
ϕ(∪j Ej ) ≤ #Ei = j ϕ(Ej )
7
Controllo delle proprietà di misura esterna
ii E⊂ F ⇒ RF ⊂ RE ⇒ J+ (E) ≤ J+ (F )
Definizione
A si dice misurabile nel senso di Peano-Jordan se J+ (A)=J− (A) e in tal caso
il comune valore si indica con J(A).
8
Se indichiamo con Mj la famiglia degli insiemi misurabili per Peano-Jordan
allora J:Mj → [0, +∞]
Esempi
0 ⇐⇒ E = ∅
• Sull’insieme X consideriamo la misura ϕ(E)=
1 ⇐⇒ E 6= ∅
Mϕ = {∅, X}
NB: Se #X = 1 ⇒ 2X = {∅, X}, #X = 0 ⇒ X = ∅ ⇒ 2X = {∅ = X}
Dimostrazione
Sia A ⊂ X
ϕ(A ∩ ∅) + ϕ(A ∩ ∅{ ) =ϕ(∅) + ϕ(A) = ϕ(A) ⇒ ∅ ∈ Mϕ
ϕ(A ∩ X) + ϕ(A ∩ X { ) =ϕ(A) + ϕ(A) = ϕ(∅) ⇒ X ∈ Mϕ
Supponiamo ora #X > 1 (per gli altri casi vedere NB) e prendiamo
E6= ∅, X
ϕ(X ∩ E) + ϕ(X ∩ E { ) = ϕ(E) + ϕ(E { ) = 1 + 1 6= 1 = ϕ(E)
Quindi come volevamo dimostrare gli unici misurabili per questa ϕ(E)
sono ∅ e X
0 ⇐⇒ x0 ∈
/E
• Sull’insieme X consideriamo x0 ∈ X e la misura ϕ(E)=
1 ⇐⇒ x0 ∈ E
X
Mϕ = 2
Dimostrazione
Sia E⊂ X ∀A ⊂ X
ϕ(A) = 0 ⇐⇒ x0 ∈
/ A ⇒ x0 ∈ / (A ∩ E { )
/ (A ∩ E) ∧ x0 ∈
{
ϕ(A∩E)+ϕ(A∩E )=
ϕ(A) = 1 ⇐⇒ x0 ∈ A ⇒ x0 ∈ (A ∩ E) ∨ x0 ∈ (A ∩ E { )
• X6= ∅ (E⊂ X) ϕ(E) = #E
Mϕ = 2X
9
Dimostrazione
∀A #A = ϕ(A)
ϕ(A ∩ E) + ϕ(A ∩ E { ) = #(A ∩ E) + #(A ∩ E { )
Se #A = #N #(A ∩ E) + #(A ∩ E { ) ≤ #N + #N = #N = ϕ(A)
Se #A 6= #N ∀x ∈ Ax ∈ (A ∩ E) ∨ x ∈ (A ∩ E { ) ⇒ #(A ∩ E) + #(A ∩
E { ) = #A
Da notare come non abbia senso, per la definizione data fin ora, interrogarsi
su insiemi con la cardinalità del continuo dato che le funzioni "misura
esterna" hanno come codominio [0,+∞] e introdurre cardinalità più
che numerabili porterebbe a ambiguità di notazione.
Teorema 1.1
Sia ϕ una misura esterna
1. Mϕ è C-chiuso cioè se E∈ Mϕ ⇒ E { ∈ Mϕ
5. Se {Ej } è una
P famiglia numerabile di misurabili a 2 a 2 disgiunti allora
ϕ(∪j Ej ) = j ϕ(Ej )
Dimostrazione
2. Sia E ∈ x | ϕ(E) = 0 ed A ⊂ X
(A∩E) ⊂ E ⇒ ϕ(A∩E) ≤ ϕ(E) = 0 per la monotonia ⇒ ϕ(A∩E { ) ≤
ϕ(A)
L’inclusione opposta viene banalmente dalla σ-subadditività e quindi
E soddisfa il buon spezzamento
10
3. E,F ⊂ X E, F ∈ Mϕ A ⊂ X
ϕ(A) = ϕ(A ∩ E) + ϕ(A ∩ E { )
ϕ(A ∩ E) = ϕ(A ∩ E ∩ F ) + ϕ(A ∩ E ∩ F { )
ϕ(A) = ϕ(A∩E ∩F )+ϕ(A∩E ∩F { )+ϕ(A∩E { )(per la σ-subadditività)
≥ϕ(A ∩ E ∩ F ) + ϕ((A ∩ E ∩ E { ) ∪ (A ∩ E { ))
=ϕ(A ∩ E ∩ F ) + ϕ(A ∩ ((E ∩ F { ) ∪ (E { ))
(per distributività delle operazioni insiemistiche)
=ϕ(A ∩ E ∩ F ) + ϕ(A ∩ ((E ∪ E { ) ∩ (F { ∪ E { ))
=ϕ(A ∩ E ∩ F ) + ϕ(A ∩ (F { ∪ E { ))
=ϕ(A ∩ E ∩ F ) + ϕ(A ∩ (F { ∪ E))
Riassumendo
ϕ(A) ≥ ϕ(A ∩ E ∩ F ) + ϕ(A ∩ (F { ∪ E)) ⇒ (E ∩ F ) ∈ Mϕ
dato che l’inclusione inversa deriva banalmente dalla σ-subadditività
Per induzione si estende dal caso provato di 2 addendi a quello di n
addendi infatti una volta provato per n-1 basta considerare i primi n-1
come un unico termine e ci si riconduce alla prova con 2 addendi
11
Tenendo presente che le uguaglianze scritte sopra valgono per ogni N
devono valere anche per l’estremo superiore dell’insieme degli n e cioè
+∞Pquindi
≤ j ϕ(A ∩ Ej ) + ϕ(A ∩ S { ) ≤ K = ϕ(A)
Come al solito l’implicazione inversa è banale e deriva dalla σ-subadditività
1.6 Σ-algebre
Una famiglia non vuota Σ ⊂ 2X è detta Σ-algebra in X se ha le seguenti
proprietà
i E⊂ Σ ⇒ E { ⊂ Σ
ii {Ej } ⊂ Σ numerabile⇒ ∪j Ej ⊂ Σ
Osservazione
Sia Σ una Σ-algebra
12
Esempi
• X ⊂ [0, 1] Σ := {E ∈ 2X | #E ∨ #E { = #N}
Dimostrazione
i E ∈ Σ ⇒ #E ∨ #E { = #N ⇒ E { ∈ Σ
ii {Ej } famiglia numerabile di Σ
Si distinguono poi due casi
(a) Gli Ej sono tutti numerabili e allora ∪j Ej è numerabile in
quanto unione numerabile di numerabile
(infatti basta rappresentare il k-esimo elemento del j-esimo
insieme come j.k e quindi utilizzare la diagonalizzazione di
Cantor come se si trattasse di elementi di Q per esplicitare la
biezione con N)
(b) Nel caso non ce ne fosseno di non-numerabili ve ne sarà almeno
uno che chiameremo E0 ma per la definizione questo implica
che E0 { è numerabile.
Ovviamente anche ∪j Ej ma
∪j Ej { = ∩j Ej { ⊆ E0 { che essendo numerabile implica che lo
sia anche ∪j Ej { da cui tramite la definizione si arriva alla tesi
Dimostrazione
i E ∈ Σ ⇒ #E ∨ #E { < +∞ ⇒ E { ∈ Σ
ii Consideriamo i singoletti {n}, n ∈ N , ovviamente ogni suo elemento
fa parte di Σ ma banalmente ne ∪n {2n} ne ∪{j {2n}=∪n {2n − 1}
sono insiemi finiti e quindi quella definita non è una Σ-algebra
13
Teorema 1.2
Se ϕ : 2X → [0, +∞] è una misura esterna allora è una Σ-algebra (deriva
direttamente dalle definizioni)
Teorema di continuità
Continuità dal basso: Consideriamo una famiglia {Ej } ∈ Mϕ numerabile e monotona crescente
(Ej ⊂ Ej+1 ) ⇒ ϕ(∪j Ej ) =
limj→+∞ ϕ(Ej )
Dimostrazione
14
ϕFj = ϕ(E1 ∩ Ej { = ϕ(E1 ) − ϕ(Ej )
(infatti per la monotonia Ej ⊂ E1 inoltre ϕ(E1 ) = ϕ(Ej ∪ (E1 \
Ej )) =(essendo due insiemi disgiunti e misurabili)ϕ(Ej ) + ϕ(E1 \ Ej ))
ϕ(∪j Fj ) = ϕ(∪j E1 ∩ Ej { ) = ϕ(E1 ∩ (∪j Ej { )) = ϕ(E1 ∩ (∩{j Ej ))
ϕ(E1 ) = ϕ(E1 ∩ (∩j Ej )) + ϕ(E1 ∩ (∩j Ej ){ )
Confrontando le due equazioni
ϕ(∪j Fj ) = ϕ(E1 ) − ϕ(∩j Ej )
Riscrivendo l’uguaglianza
ϕ(∪j Fj ) =
limj→+∞ ϕFj
ϕ(E1 ) − ϕ(∩j Ej ) = limj→+∞ ϕ(E1 ) − ϕ(Ej ) = ϕE1 −
limj→+∞ + ϕ(Ej ) Riassumendo e semplificando
ϕ(∩j Ej ) =
limj→+∞ ϕ(Ej )
1.7 Carathéodory
Misura di Carathéodory(o metrica)
ϕ : 2X = [0, +∞] misura esterna in uno spazio metrico (X,d) è detta di
Carathéodory se
ϕA ∪ B = ϕA + ϕB ∀A, B ∈ 2X tali che,
definita d(istanza) (A,B)=inf{d(a, b) | a ∈ A, b ∈ B}, d(A,B) ≥ 0
Dimostrazione
La tesi è equivalente a provare che ∀A ⊂ X vale ϕ(A) ≥ ϕ(A∩C)+ϕ(A∩C { )
15
dato che come al solito l’implicazione inversa è conseguenza banale della
σ-subadditvità
Se ϕA = +∞ nulla da dimostrare quindi supponiamo ϕA < +∞
Definiamo Ch := {x ∈ X | d(x, C) ≤ h1 } e da definizione Ch risulta banalmente
chiuso e inoltre C ⊂ Ch da cui
ϕ(A) ≥ ϕ((A ∩ C) ∪ (A ∩ Ch { )) =(essendo disgiunti)ϕ(A ∩ C) + ϕ(A ∩ Ch { )
∀h > 0 ∈ N
Ch := {x ∈ X | d(x, C) ≤ h1 } =
{x ∈ X | d(x, C) = 0} + {x ∈ X | d(x, C) ∈ (0, h1 ]} = C ∪ ∪+∞ 1 1
j≥h ( j+1 , j ]
Dove chiamiamo∪+∞ 1 1
j≥h ( j+1 , j ] semplicemente Sj
Notiamo che ϕ(A ∩ Ch { ) ≤ (A ∩ C { )
C=Ch \ ∪+∞ j=h Sj = Ch ∩ (∪j Sj )
{
C { = Ch{ ∪j Sj
ϕ(A ∩ Ch{ ) ≤ ϕ(A ∩ C { ) = ϕ((A ∩ Ch{ ) ∪+∞ j=h (A ∩ Sj ))
{
P+∞
≤ ϕ(A ∩ Ch ) + j=h ϕ(A ∩ Sj )
P+∞ P+∞
lim
Pn j→+∞ j=h ϕ(A ∩
Pn S j ) = 0 ⇐⇒ Pn∩ Sj ) < +∞
j=h ϕ(A
j=1 ϕ(A ∩ Sj ) = jdisparij=1 ϕ(A ∩ Sj ) + jparij=2 ϕ(A ∩ Sj )
ed essendo disgiunti
ϕ(∪njdisparij=1 ϕ(A ∩ Sj ) + ∪njparij=2 ϕ(A ∩ Sj )) ≤ ϕ(A) + ϕ(A) = 2ϕ(A)
limn→+∞ nj=h ϕ(A ∩ Sj ) ≤ 2ϕA ≤ +∞c.v.d.
P
Riassumendo
Pn
j=h ϕ(AP∩ Sj ) ≤ +∞ ⇒
limh→+∞ nj=h ϕ(A ∩ Sj ) = 0 ⇒
lim ϕ(A ∩ Ch{ ) ≤ ϕ(A ∩ C { ) ≤ ϕ(A ∩ Ch{ ) ⇒
limh→+∞ Ch{ = C { ⇒
ϕ(A) ≥ ϕ(A ∩ C) + ϕ(A ∩ C { )
Vale anche l’inverso e cioè che se (X,d | è spazio metrico e ϕ : 2X → [0, +∞]
misura esterna tale che F(l’insieme dei chiusi)⊂ Mϕ ⇒ ϕ è metrica
(per una dimostrazione vedere la sezione sulle dimostrazioni opzionali )
16
definizione è la più piccola che contenga I
Σ(I)si dice σ-algebra generata da I
Inoltre se I è una σ−algebra Σ(I) = I
Dimostrazione
1. (Σ(I) è C-chiusa)
E ∈ Σ(I) = ∩Σ∈AI Σ ⇒ E ∈ Σ∀Σ ⊃ I
e quindi E { ∈ Σ∀Σ ⊃ I ⇒ E { ∈ (Σ(I)
2. (Chiusura rispetto all’unione numerabile)
Ej ∈ Σ(I) = ∩Σ∈AI Σ ⇒ Ej ∈ Σ∀Σ ⊃ I ⇒ ∪j Ej ∈ Σ∀Σ ⊃ I ⇒ ∪j Ej ∈
(Σ(I)
3. (I σ−algebra ⇒ Σ(I) = I)
I ⊂ Σ(I) per definizione dato che ogni Σ contiene I e quindi anche la
loro intersezione
I ⊃ Σ(I) poichè I ⊂ I ⇒ I ⊂ Ai ⇒ Σ(I) ⊂ I
Proposizione 2.2
17
Dimostrazione
2. Per le ipotesi K ⊂ F
Infatti se prendiamo C compatto e un punto esterno ad esso essendo
in uno spazio di Haussdorff possiamo trovare, per ogni punto di C un
intorno di c ∈ C ed uno di e , punto esterno, tali che siano separati,
chiameremo l’intorno di c Uc e quello di e Uce allora essendo C compatto
e essendo ∪c∈C Uc un ricoprimento possiamo estrarne un sottoricoprimento
finito che per definizione risulta disgiunto da ∩n1 Uce che essendo intersezione
finita di aperti è aperto e perciò intorno di e esterno a C, questo vale
per ogni punto esterno e quindi C è chiuso
Detto ciò K ⊂ F ⇒ AF ⊂ AK ⇒ ∩Σ∈AF Σ ⊃ ∩Σ∈AK Σ ⇐⇒
Σ(F) ⊃ Σ(K)
18
⇒ K ⊂ Σ0 = {E ⊂ [0, 1] | #E ∨ #E { = #N }
Σ(K) ⊂ Σ0 ⊂ 2[0,1] (Σ0 6= 2[0,1] ) = G
Questo inoltre implica che uno spazio separabile non può derivare dalla
distanza discreta
1.9 Boreliani
Definizione
Sia X uno spazio topologico, e ϕ : 2X → [0, +∞]misura esterna
Allora
i La σ-algebra Σ(F) = Σ(G) viene indicata con B(X) e i suoi elementi sono
detti Boreliani
Corollario 2.1
Dal teorema di Caratheodory discende che (X,d) spazio metrico e
ϕ : 2X → [0, +∞] misura esterna metrica implicano che ϕ è Boreliana
Infatti il teorema dice che
∀F ∈ F, F ∈ Mϕ questo unito al fatto che
Σ(F) = Σ(G) ⇒ Σ(F) ⊂ Mϕ
Teorema 2.2
ϕ : 2X → [0, +∞] misura esterna Boreliana in uno spazio metrico (X,d) e sia
B ∈ B(x)(⊂ Mϕ )
19
Dimostrazione
2. > 0, ∀i Vi \ B = Vi ∩ B { ⊂ B(x)
ϕ(Vi \ B) ≤ ϕ(Vi ) < +∞
Allora per 1) ∃Fi ∈ F | Fi ⊂ Vi \ B, ϕ(Vi ∩ B { ∩ Fi{ ) < 2i
G = ∪+∞ {
i=1 (Vi ∩ Fi ) ∈ G
+∞
G = ∪i=1 (Vi ∩ Fi{ ) ⊃ ∪i (Vi ∩ (Vi{ ∪ B)) = ∪i (Vi ∩ Vi{ ) ∪ (Vi ∩ B)
= ∪i (Vi ∩ B) = B ∩ ∪i (Vi ) = B
Inoltre
ϕ(G \ B) = ϕ(∪i (Vi ∩ Fi{ ∩ B { )) ≤ i ϕ(Vi ∩ Fi{ ∩ B { ) < i 2i =
P P
Dimostrazione
B1 ⊃ E
1. Sia B1 ∈ B(X) involucro Boreliano di E :=
ϕ(B1 ) = ϕ(E)
B(X) 3 B2 involucro Boreliano di
B2 ⊃ B1 \ E
B1 \ E :=
ϕ(B2 ) = ϕ(B1 ) ∩ E { = ϕB1 − ϕ(E) = 0
(deriva dal fatto che sia contenuto e dal buon spezzamento) B3 = B1 \
B2 = B1 ∩ B2{
ϕB3 ≤ ϕB1 = ϕE < +∞
Per il teorema precendente ∃F ∈ F | F ⊂ B3 , ϕ(B3 \ F ) <
B3 = B1 ∩ B2{ ⊂ B1 ∩ (B1{ ∪ E) = B1 ∩ B1{ ∪ B1 ∩ E = B1 ∩ E = E
F ⊂ B3 per costruzione⇒ F ⊂ E
20
E \ F = E \ B3 ∪ B3 \ F ⇒ ϕ(E \ F ) ≤ ϕ(E \ B3 ) + ϕ(B3 \ F )
E ∩ B3{ = E ∩ (B1 ∩ B2{ ){ = E ∩ (B1{ ∩ B2 ) = E ∩ B1{ ∪ E ∩ B2 =
E ∩ B1{ ∪ E ∩ (B1 ∩ E { ) = ∅ ∪ ∅
⇒ E \ F = B3 \ F ⇒ ϕ(B3 \ F ) ≤ ⇒ ϕ(E \ F ) ≤ 0 +
iii (σ−subadditività
P n )Sia {Ej }j numerabile ⊂ Rn
Se Pj L (Ej ) = +∞ nulla da dimostrare
Se j Ln (Ej ) < +∞ ⇒ Ln (Ej ) < +∞ ∀j ⇒
(j) P (j)
∀ > 0 ∃{Ii }i ∈ R(Ej ) | i Ii < Ln (Ej ) +
(j)
Osserviamo che {{Ii }i }j ∈ R(∪j Ej )
(j) (j)
LnP
P P P
(∪j Ej ) ≤ i,j v(Ii P = j i v(IiP
≤ j (Ln (Ej ) +P 2j
) = j Ln (Ej ) + j 2j ∀
⇒ Ln (∪j Ej ) < j Ln (Ej )
21
Dimostrazione del fatto sia metrica
Siano A,B ⊂ Rn | dist(A, B) = d > 0
(definita come precedentemente come il minimo delle distanze fra punti degli
insiemi)
Ln (A ∪ B) =?Ln (A) + Ln (B)
≤ banale dalla σ−subadditività ≥ (nel caso di
Ln (A ∪ B) 6= +∞ altrimenti la disuguaglianza èPbanale )
n
∀ > 0 ⇒ ∃(Ij ) ∈ R(A ∪ B) P | L (A ∪ B) + > j v(Ej )
n
Sia δ := L (A ∪ B) + − j v(Ej )
Inoltre ∀j consideriamo la famiglia finita composta da nj elementi
(j) (j) Pnj (j)
{Ii }i ∈ R(Ij ) | diam({Ii } < d ∀i, 1=i v(Ii ) < v(Ij ) + 2δj
(j)
Osserviamo ora che {Ii }i,j ∈ R(A ∪ B) e inoltre
P (j) P P (j) P δ
P n
i,j v(Ii ) = i j v(I i ) < j (v(Ij )+ 2j ) = j v(Ij )+δ = L (A∪B)+
CAMBIO DI NOTAZIONE
(j)
Indichiamo il ricoprimento (Ii ) con Jh
n
P
h v(Jh ) < L (A ∪ B) +
HA := {h | Jh ∩ A 6= ∅}
PB := {h | Jh ∩P
H B 6= ∅} ⇒ HA ∩ HB = ∅ ⇒ Ln (A ∪ B) + >
n n
h∈HA v(Jh ) + h∈HB v(Jh ) ≥ L (A) + L (B) ∀
22
Proprietà della misura di Lebesgue 2.4
Valgono le seguenti
i ∀a ∈ Rn , Ln ({a}) = 0
iii ∀E ⊂ Rn , ∀τ ∈ Rn valgono
• Ln (E) = Ln (E + τ )
• E ∈ MLn ⇒ E + τ ∈ MLn
iv ∀E ⊂ Rn valgono
Cioè la misura di Lebesgue è omogenea (di primo grado dato che l’esponente
dello scalare è 1)
Dimostrazione
23
• A ⊂ Rn
Ln (A ∩ (E + τ )) + Ln (A ∩ (E + τ ){ ) =
Ln (((A − τ ) ∩ E) + τ ) + Ln (((A − τ ) ∩ E { ) + τ )
Per il punto precedente
Ln ((A − τ ) ∩ E) + Ln ((A − τ ) ∩ E { ) = Ln (A − τ ) = Ln (A)
Dove nel penultimo passaggio abbiamo usato il buon spezzamento
di E che sappiamo essere misurabile
iv • Sia E ⊂ Rn , ρ ∈ R+
e{Ij }j ∈ R(E) P⇒ {ρIj }j ∈1R(ρE) ⇒
1 n n 1 n
P
j v(Ij ) = ρ j v(ρIj ) ≥ ρ L (ρE) ∀{Ij }j ⇒ L (E) ≥ ρ L ρE
Scambiando i ruoli si dimostra l’inclusione inversa e quindi che
Ln (ρE) = ρLn (E)
• Ln (A ∩ ρE) + Ln (A ∩ ρE { ) = Ln (ρ( ρ1 A ∩ E)) + Ln (ρ( ρ1 A ∩ E { )) =
ρLn ( ρ1 A ∩ E) + ρLn ( ρ1 A ∩ E { ) = ρ(Ln ( ρ1 A ∩ E) + Ln ( ρ1 A ∩ E { )) =
ρ(Ln ( ρ1 A) = Ln ( ρρ A) = Ln (A)
Esempi significativi
24
0
NB (∃i1 | qi1 = 1) ⇒ Ei1 = Ei1 = E
i6= j ⇒ Ei ∩ Ej = ∅ (0, 1) ⊂ ∪i Ei ⊂ [0, 1]
Dimostrazione
0 0 00 0 0 00 0 00
Ei ∩ Ej = Ei ∩ Ej ∪ Ei ∩ Ej ∪ Ei ∩ Ej ∪ Ei ∩ Ej
0 0
x ∈ (Ei ∩ Ej ) ⇒ x = e1 + 1 − qi = e2 + 1 − qj ⇒ e1 ∼ e2
Mai 6= j quindi non esiste siffatto punto
0 00
x ∈ (Ei ∩ Ej ) ⇒ x = e1 + 1 − qi = e2 − qj ⇐⇒ [e1 ] = [e2 ] ⇐⇒
e1 = e2 ⇐⇒ x = 1 − qi = −qj
Ma sono discordi quindi è impossibile
00 0
x ∈ (Ei ∩ Ej ) è analogo
00 00
x ∈ (Ei ∩ Ej ) è analogo al primo caso
– e=x e ∈ Ein e ∈ ∪i Ei
– e<x x = e − qi e ∈ E ∩ (qj , 1]
– e>x x = e − +qj e ∈ E ∩ [0, qi ]
0
E ∈ ML1 ⇒ Ei = E ∩ [0, qi ] + 1 − qi ⇒
Essendo intersezione di misurabili e usando l’invarianza per
traslazione
0
Ei ∈ ML1
00
Similmente Ei ∈ ML1
0 00
⇒ Ei = Ei ∪ Ei ∈ ML1 ∀i
0 00 0 00
Inoltre L1 (Ei ) = L1 (Ei ∪ Ei ) = L1 (Ei ) + L1 (Ei )
(essendo due misurabili disgiunti)
=L1 (E ∩ [0, qi ]) + L1 (E ∩ (qi , 1]) = L1 ((E ∩ [0, qi ]) ∪ (E ∩ (qi , 1]))
= L1 (E)
⇒ 1 = L1 (∪i Ei ) = i L1 (Ei ) = iL1 (E) = 0∨+∞(dato che sommiamo
P
infinite quantità uguali)
Quindi si arriva ad un assurdo ed E deve essere non misurabile.
25
• (Esistenza di misurabili non Boreliani)
Consideriamo l’insieme di Cantor definito in modo ricorsivo, partendo
dall’intervallo [0, 1] e rimuovendo ad ogni passo un segmento aperto
centrale da ogni intervallo. Al primo passo rimuoviamo da [0, 1] il
sotto-intervallo (1/3, 2/3), e rimaniamo quindi con due intervalli [0, 1/3]∪
[2/3, 1]. Al secondo passo rimuoviamo un segmento aperto centrale in
entrambi questi intervalli (avente lunghezza un terzo della lunghezza del
segmento, come al primo passo), e otteniamo quattro intervalli ancora
più piccoli. L’insieme di Cantor consiste di tutti i punti dell’intervallo
di partenza [0, 1] che non vengono mai rimossi da questo procedimento
ricorsivo: in altre parole, l’insieme che rimane dopo aver iterato questo
procedimento infinite volte
26
1.11 Misura di Hausdorff
R +∞
Γ(t) = 0
e−x xt−i dx
s
π2
α(s) = Γ( 2s +1)
← per s intero α(s) = Ls cioè la palla unitaria s-dimensionale
Dimostrazione
ii (Monotonia)
E ⊂ F ⇒ R(F ) ⊂ R(E) ⇒
d(C ) d(C )
inf{ j α(s)( 2j E )s ≤ inf{ j α(s)( 2j F )s ⇒ Hδs (E) ≤ Hδs (F )
P P
iii (σ−subadditività)
P s
• h Hδ (Eh ) = +∞ ⇒ la tesi diviene banale
P s
• h Hδ (Eh ) < +∞ ⇒ ∀h, Eh < +∞
dC h
∀h ∃{Cjh }j ∈ R(Eh ) | j α(s)( 2 j )s < Hδs (Eh ) + 2h
P
Teorema 2.6
Sia s∈ [0, +∞), E ⊂ Rn
Allora la funzione S → Hδs (E)
È monotona decrescente, quindi esiste limδ→0+ Hδs (E) ' Hs (E)
27
(notare che stiamo facendo il limite nella direzione nella quale la funzione
cresce e quindi esso potrebbe anche essere +∞)
n
La mappa Hs : 2R → [0, +∞] è una misura esterna metrica Borel-regolare
detta misura esterna di Hausdorff s-dimensionale (in Rn )
Dimostrazione
≥ Se Hs (A ∪ B) = +∞ nulla da dimostrare
Sia quindi Hs (A ∪ B) < +∞ > 0, d > δ > 0
Hδs (A ∪ B) ≤ Hs (A ∪ B) < +∞
dC h
⇒ ∃Cj j ∈ Rδ (A ∪ B) | j α(s)( 2 j )s ≤ Hδs (A ∪ B) +
P
Siano ora
JA := {j | Cj ∩ A 6= ∅}
JB := {j | Cj ∩ B 6= ∅}
Da nottare come per la scelta di δ gli insiemi siano disgiunti
dCjh s dCjh s
⇒ Hδs (A ∪ B) + ≥
P P
j α(s)( 2
) ≥ j∈JA ∪JB α(s)( 2
) =
P dCjh s P dCjh s s s
j∈JA α(s)( 2 ) = j∈JB α(s)( 2 ) ≥ Hδ (A) + Hδ (B)
Da cui passando al limite δ → 0+
∀ Hs (A∪B)+ ≥ Hs (A)+Hs (B) ⇒ Hs (A∪B) ≥ Hs (A)+Hs (B)
28
Borel-regolarità A⊂ Rn
|B⊃A
∃?B ∈ B(Rn )
| Hs (B) = Hs (A)
Hs (A) = +∞ ⇒ come B va bene Rn
Hs (A) < +∞ ⇒
(h) dC h 1
∀h ∈ N+ ∃{Cj }j ∈ R 1 (A) | j α(s)( 2 j )s ≤ Hs1 (A) +
P
h h
h
Teorema 2.7
Si ha
2. Hn = Ln (in Rn )
• Hs (E + τ ) = Hs (E)
• E ∈ MHs ⇒ (E + τ ) ∈ MHs
4. (Omogeneità di grado s)
∀E ⊂ Rn e ∀ρ ∈ R+ valgono
• Hs (ρE) = ρs Hs (E)
• E ∈ MHs ⇒ (ρE) ∈ MHs
29
Dimostrazione
1. H0 ({P }) = 1
NB α(0) = 1 ⇒
dC
La somma diventa j α(0)( 2 j )s = #Cj
P
30
1.12 Dimensione di Hausdorff
Proposizione 2.3
2. ∀t > n si ha Ht (Rn ) = 0
3. L’insieme è conseguentemente
R(E):={t ∈ [0, +∞) | Ht (E) = 0}
è una semiretta destra che include (n,+∞).
La dimensione di Hausdorff di E è definita come il numero
dimH (E) = inf R(E)
Dimostrazione
Sia E ⊂ Rn s ≥ 0 | Hs (E) < +∞ t>s
31
[c, +∞) ⊂ R(E)
⇒ ∪ [n+ | |, +∞) = (n, +∞) ⊂ R(E)
Corollario 2.3
La misura esterna Hs in Rn non è di Radon per s<n
(s=0 ⇒ Hs = Ls che è di Radon, s>n ⇒ Hs = 0 identicamente (tutto lo
spazio ha misura 0 e il risultato viene dalla monotonia)⇒ Hs è di Radon)
Dimostrazione
Hs ([0, 1]n ) < +∞ ⇒ Hs+1 ([0, 1]n ) = 0 ⇒ Hn ([0, 1]n ) = 0
Ma sappiamo che Hn ([0, 1]n ) = 1 per l’identità con la misura di Lebesgue
quindi giungiamo ad un assurdo e Hs ([0, 1]n ) = +∞
Di conseguenza il nostro compatto non ha misura finita e quindi la misura
di Haussdorff non è di Radon
32
1.13 Misure
Notare come fin qui si sia parlato solo di misure esterne
Definizione
Sia X un insieme ,A una σ−algebra in X
Allora una misura su A è una funzione µ : A → [0, +∞] |
1. µ(∅) = 0
Proposizione
Siano X insieme e ϕ : 2X → [0, +∞] misura esterna
Allora (X, Mϕ , ϕ |Mϕ ) è spazio con misura
Dimostrazione
Conseguenza immediata del fatto che i misurabili per una misura esterna
formino una σ−algebra e che nel caso di insiemi digiunti per una misura
esterna valga l’uguaglianza nella σ-subadditività
Esempi
Ci si può chiedere se una misura provenga sempre da una misura esterna nel
modo indicato sopra
Una risposta quasi affermativa è data dal seguente risultato
33
Osservazione
Se (X, A, µ) è spazio con misura allora
∃ una misura esterna ϕ : 2X → [0, +∞] | A ⊂ Mϕ ϕ |A = µ
Dimostrazione
(Vedere le dimostazioni opzionali)
34
2 Teoria dell’integrazione
Siano (X, A, µ) e (Y, τ ) rispettivamente uno spazio con misura e uno spazio
topologico.
Allora una funzione f:X → Y si dice misurabile se ∀G ∈ τ si ha che f −1 (G) ∈
A
Osservazione
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura che sia anche topologico e supponiamo
G ∈ A (gli aperti sono misurabili)
Inoltre sia (Y, τ ) uno spazio topologico
Con queste premesse ogni funzione f∈ C 0 (X; Y ) continua è misurabile poichè
la controimmagine di ogni aperto è aperta e per costruzione misurabile
Esempi
Proposizione
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura e (Y, τ ), (Z, η) spazi topologici
Siano poi f:X → R misurabile e g: Y → Z continua
⇒ g ∗ f : X → Z è misurabile
Infatti preso un A ∈ η
g −1 (A) ∈ τ ⇒ f −1 (g −1 (A)) ∈ A
Proposizione 1.2
Siano (X, A, µ) spazio con misura (Y, τ ) spazio topologico e f:X → Y
Allora sono equivalenti
35
1. f è misurabile
2. f −1 ((a, +∞]) ∈ A ∀a ∈ R
3. f −1 ([a, +∞]) ∈ A ∀a ∈ R
4. f −1 ([−∞, a)) ∈ A ∀a ∈ R
5. f −1 ([−∞, a]) ∈ A ∀a ∈ R
Dimostrazione
Teorema 1.1
Dato (X, A, µ) spazio con misura
36
2. Premettiamo le definizioni di
• lim supk ak = inf m (supk≥m ak ) cioè se indichiamo supk≥m ak con
Bm lim supk = limm→+∞ Am
• lim inf k ak = supm (inf k≥m ak ) cioè se indichiamo inf k≥m ak con Am
lim inf k = limm→+∞ Am
Sia data una successione fk : X → R di funzioni misurabili
Allora le funzioni inf k fk , supk fk , lim inf k fk , lim supk fk sono misurabili
Dimostrazione
37
1
g
Sia a∈ R
{ g1 < a} ∈?A
Distinguiamo tre casi
1 1
a=0 g
< 0 ⇐⇒ g < 0 ⇒ g
è misurabile
1
a<0 g
< a ⇒ −1 < −g(x) ∗ a ⇒ g(x) > 1/a ⇒
1
g
< a = {x | g(x) ∈ ( a1 , 0)} = g −1 ( a1 , 0) ∈ A
a>0 In tal caso x∈ { g1 < a} = g1 < 0 ∪ 0 < g1 < a
Limitiamoci a controllare la seconda disequazione dato che la
misurabilità della prima deriva dal punto 1)
1
g
∈ [0, a) ⇐⇒ g1 > 0 ∨ g1 < a ⇐⇒ g(x) > a1 ⇐⇒ x ∈ {g >
1
a
}∈A
Essendo stata scritta come somma di pezzi misurabili ne deriva
che g1 è misurabile
2. Tenendo presente che il massimo fra due funzione è uguale al sup fra le
due (e similmente il minimo), provando questo secondo punto si provano
anche le due affermazioni mancanti dal primo
Sia a∈ R ⇒ {inf k fk ≥ a} = {x ∈ X | inf k fk (x) ≥ a} = ∩k {x ∈ X |
fk (x) ≥ a} ∈ A
Analogamente per il sup invertendo i segni delle disequazioni
lim inf k fk = supm infk≥m fK
Concatenando i fatti che inf e sup siano misurabili otteniamo la tesi e
invertendoli la prova per lim supk fk
Osservazione
Sia (X, A, µ) spazio con misura ed f:X → R funzione misurabile
Allora f −1 (t) ∈ A ∀t ∈ R
Dimostrazione
t ∈ R ⇒ {t} = ∩+∞ t−1 t+1
1=h { n , n } ⇒ f
−1
({t}) = f −1 ∩+∞ t−1 t+1
1=h ({ n , n }) =
+∞ −1 t−1 t+1
∩1=h f { n , n } ∈ A
t=+∞ ⇒ {t} = ∩h (h, +∞] ⇒ f −1 {t} = ∩h f −1 (h, +∞] ∈ A
38
Osservazione
PerPuna funzione f:X → R numerabilmente semplice vale
f= i ai χEi con {ai }i = Im(f ) Ei = f −1 ({ai })
Nel caso particolare che X sia il dominio di uno spazio con misura (X, A, µ)
e che f sia misurabile si ha inoltre che Ei ∈ A , ∀i
Dimostrazione
Premettiamo due osservazioni
1. ∪i Ei = X
⊂ Ovvio
⊃ x ∈ X ⇒ f (x) ∈ Im(f ) = {ai }i ⇒ ∃i | f (x) = ai ⇒ x ∈ Ei
2. Ei ∩ Ej = ∅ ⇐ (i 6= j
f (x) = ai
Se fosse vero il che è ovviamente impossibile
f (x) = aj
−1
Sia X3 x ⇒ P∃!i | x ∈PEi = f ({ai }) ⇒ f (x) = ai
f (X) = f ( i xi ) = j aj χEj (x)
La seconda parte deriva dal punto precedente
Definizione
Sia (X, A, µ) spazio con misura e indichiamo con Σ la famiglia di funzioni
numerabilmente semplici e misurabili ϕ : X → R Allora:
i Se 0 ≤ ϕ ∈ Σ poniamo
Iµ (ϕ) := σi ai µ(Ei ) dove {ai }i = Im(ϕ) Ei = ϕ−1 {ai }
39
Se ϕ ∈ Σ∗ poniamo Iµ (ϕ) = Iµ (ϕ ∨ 0) − Iµ (−ϕ ∨ 0) =
P
i ai µ(Ei )
Proposizione 2.1
Sia (X, A, µ) spazio con misura allora Iµ (ϕ) ≤ Iµ (ψ)
∀ϕ, ψ ∈ Σ∗ | ϕ(x) ≤ ψ(x) µ − q.o x ∈ X
µ − q.o ← µ quasi ovunque (tranne che in insiemi di misura nulla)
Di conseguenza se consideriamo f:X → R e poniamo
Σ− (f ) := {ϕ ∈ Σ∗ | ϕ ≤ f µ − q.o}
Σ+ (f ) := {ϕ ∈ Σ∗ | ϕ ≥ f µ − q.o}
Allora vale la disuguaglianza
sup(Iµ (ϕ) | ϕ ∈ Σ− (f )) ≤ inf(Iµ (ϕ) | ϕ ∈ Σ+ (f ))
NB −∞ ∈ Σ− (f ), +∞ ∈ Σ+ (f )
Dimostrazione
Siano
−1 −1
{ai }i = Im(ϕ)
P {bj }j = Im(ψ) Ai = ϕ {ai } Bj = ψ {bj }
⇒ ϕ(x) P = i ai χAi ∪i Ai = X i 6= j ⇒ Ai ∩ Aj = ∅
ψ(x) = j bj χBj ∪j Bj = X i 6= j ⇒ Bi ∩ Bj = ∅
P
Osservazione Iµ (ϕ) = Pi ai µ(Ai )
Iµ (ψ) = i aj µ(Bj )
Ai = Ai ∩ X = Ai ∩ ∪j Bj = ∪j (Ai ∩ Bj )
P P
IP
µ (ϕ) = i ai µ(∪j (Ai ∩ Bj ))P= j,i ai µ(Ai ∩ Bj ) =
i,j|Ai ∩Bj 6=∅ ai µ(Ai ∩ Bj ) ≤ j,i bj µ(Ai ∩ Bj )
40
Questo poichè
x ∈ Ai ⇒ ϕ(x) = ai
Ai ∩ Bj 6= ∅ ⇒ ∃x ∈ (Ai ∩ Bj ) ⇒
x ∈ Bj ⇒ ψ(x) = bj
⇒ (ψ(x) ≤ ϕ(x))ai ≤ bj
Ricapitolando
P P P
i,j|Ai ∩Bj 6=∅ ai µ(Ai ∩ Bj ) ≤ j,i bj µ(Ai ∩ Bj ) = j bj µ(Bj ) = Iµ (ψ)
⇒ Iµ (ϕ) ≤ Iµ (ψ)
Sia ϕ ∈ Σ− (f ) e ψ(x) ∈ Σ+ (f )
ϕ(x) ≤ f (x) ≤ ψ(x) ⇒ ϕ(x) ≤ ψ(x) ⇒
∀ϕ ∈ Σ− (f )
Iµ (ϕ) ≤ Iµ (ψ)
∀ψ(x) ∈ Σ+ (f )
⇒ sup(Iµ (ϕ) | ϕ ∈ Σ− (f )) ≤ inf(Iµ (ϕ) | ϕ ∈ Σ+ (f ))
Definizione
Siano dati uno spazio con misura (X, A, µ) e una funzione f : X → R allora
Osservazione
Siano dati uno spazio con misura (X, A, µ) e due funzioni
f, g : X → R | f = g µ-q.o.← g(x) 6= f (x) ⇐⇒ x ∈ Z ⊂ X | µ(Z) = 0
Allora si ha R R R∗ R∗
Σ− (f ) = Σ− (g) Σ+ (f ) = Σ+ (g) ⇒ ∗ f dµ = ∗ gdµ f dµ = gdµ
In
R particolare
R f è integrabile se e solo se lo è g e vale
f dµ = gdµ
41
2.3 Proprietà dell’integrale (Teorema 2.1)
∗
R ∈ Σ ⇒ ϕ è integrabile e vale
1. ϕ
f dµ = Iµ (ϕ)
In particolare Iµ (ϕ) finito ⇒ ϕ sommabile
Dimostrazione
R R∗
1. ϕ ∈ Σ− (ϕ), ϕ ∈ Σ+ (ϕ) ⇒ Iµ (ϕ) ≤ ∗ ϕdµ ≤ ϕdµ = Iµ (ϕ)
Quindi vale l’=
R
2. Sia f sommabile eR c1 , c2 | c1 < f dµ < c2
⇒ ∃ψ ∈ Σ+ (f ) | f dµ < RIµ < c2
e ∃ϕ ∈ Σ− (f ) | c1 > Iµ > f dµ
Sia {ai }i = Im(ϕ), Ai = ϕ−1 ({ai }) ⇒ ϕ =P i ai χAi
P
e {bj }j = Im(ψ), Bj = ϕ−1 ({bj }) ⇒ ψ = i bj χBj
42
3. Basta provare R R R
(3.1) f+g è sommabile e R f + gdµ =R f dµ + gdµ
(3.2) α f è sommabile e αf dµ = α f dµ
3.1 P Siano ϕ, ψ ∈ Σ∗ | Iµ (ϕ), Iµ (ψ) siano finiti
Pi | ai | µAi = Iµ (ϕV 0) + Iµ (−ϕV 0) < +∞
j | bj | P µBj = Iµ (ψV 0) + Iµ (−ψV 0) < +∞
P
ϕ + ψ = i ai χAP
P i
+ j bj χBj =P
i,j ai χAi ∩Bj + i,j bj χAi ∩Bj = i,j (ai + bj )χAi ∩Bj
∀h sia
P P Γh := {(i, j) | ai + bj = ch }
Ph i,j∈Γh (ai + bj )χAi ∩Bj =
h ch χCh ← χCh = ∪i,j∈Γh (Ai ∩ Bj )
IP µ ((ϕ + ψ)V 0) + P Iµ (−(ϕ +P ψ)V 0) =
Ph P h | C | µC h = h | c h | i,j∈Γ
P hP µ(Ai ∩ Bj ) =
h
P i,j∈Γh | ch | µ(Ai ∩Bj ) ≤ h i,j∈Γh (| ai | + | bj |)µ(Ai ∩Bj )
= Pi,j (| ai | + | bj |)µ(Ai ∩PBj )
= Pi,j | ai |P µ(Ai ∩ Bj ) + i,j P| bj | µ(A Pi ∩ Bj )
= i | ai | j µ(Ai ∩ Bj ) + j | bj | i µ(Ai ∩ Bj )
P
NB µ(Ai ∩Bj ) = µ∪j (Ai ∩Bj ) = µAi ∩∪j Bj = µAi ∩X = µAi
P j P
= i | ai | µAi + j | bj | µBj =
Iµ (ϕV 0) + Iµ (−ϕV 0) + Iµ (ψV 0) + Iµ (−ψV 0) < +∞
⇒ Iµ (ϕV 0) − Iµ (−ϕV 0) + Iµ (ψV 0) − Iµ (−ψV 0) < +∞
Possiamo quindi P rifare i calcoli P senzaP valoria assoluti
Iµ (ϕP
P + ψ) = h ch µCh = P h chP i,j∈Γh µ(Ai ∩ Bj ) =
h
P c
i,j∈Γh h µ(A i ∩ B j ) = Ph i,j∈Γh (ai + bj )µ(A P i ∩ Bj )
= Pi,j (aP i + bj )µ(Ai ∩ Bj ) P = i,j Pai µ(Ai ∩ Bj ) + i,j bj µ(Ai ∩ Bj )
= Pi ai j µ(A Pi ∩ Bj ) + j bj i µ(Ai ∩ Bj )
= i ai µAi + j bj µBj = Iµ (ϕ) + Iµ (ψ)
Siano f,g sommabili e > 0
ϕ− ∈ Σ− (f )
f sommabile ⇒ ∃ |
R ϕ+ ∈ Σ+ (f ) R
− ∞ < f dµ − < Iµ (ϕ− ) ≤ Iµ (ϕ+ ) < f dµ + < +∞
Analogamente possiamo definire e dare le stesse proprietà a ψ− , ψ+
per quanto riguarda g
R R
−∞ < f dµ + gdµ R − 2 <R Iµ (ϕ− ) + Iµ (ψ− ) <
IRµ (ϕ+ ) +RIµ (ψ+ ) < f dµ + gdµ + 2R < +∞
R ∗f dµ + gdµ − 2 < Iµ (ϕ− +R ψ− ) < R∗ f + gdµ <
fR + gdµ < Iµ (ϕ R + + ψ+ ) < f dµ + gdµ + 2
∗
⇒ R f + gdµ − R∗ f + gdµ ≤ 4 ∀ (differnza termini estremi)
∗ R
⇒ f + gdµ − ∗ f + gdµ = 0 ⇒ ∃ f + gdµ
43
R R R R R
−∞ < fRdµ+ gdµ−2 R < f +gdµ
R < f dµ+ gdµ+2 < +∞
⇒ R−2 < f + Rgdµ − fR dµ − gdµ < 2 ∀
⇒ f + gdµ = f dµ + gdµ
3.2 Sia ϕ ∈ Σ∗ | Iµ < +∞
e definiamo nI = λ ∗ x = G(x) allora λf (x) = g ∗ f (x)
−1(g −1 (λai ))
⇒ Ni = g ∗ P f (λai )−1 = fP f −1 (ai ) = Ai
=P
λIµ (ϕ) = λ i ai µAi = j λai µAi = j ni µNi = Iµ (λϕ)
R
sup
R Iµ (ϕ − ) = f dµ ⇒ R
λ f dµ = λ sup Iµ (ϕ− ) = sup λIµ (ϕ− ) = sup Iµ (λϕ− ) = λf dµ
R
4. Σ− (f ) Σ− (g)
ϕ ∈R Σ− (f ) ⇒R ϕ ≤ f µ-q.o.
R ∨f ≤R g µ-q.o.⇒ ϕ ≤ g µ-q.o
⇒ ∗ f dµ ≤ ∗ gdµ ⇒ f dµ ≤ gdµ
R > 0 ⇒ ∃ϕ ∈ Σ− (f ), ψ ∈ ΣR+ (f )
5. Sia
| f dµ − ≤ Iµ (ϕ) ≤ PIµ (ψ) ≤ f dµ +
ϕχA = Σ Pi ai χAi χA = i ai χai ∩A
ψχA = j bj χbj ∩A
ϕ ≤ f µ-q.o. ⇐⇒ ϕχA ≤ f χA µ-q.o.
ψ ≥ f µ-q.o. ⇐⇒ ψχA ≥ f χA µ-q.o. P P
Iµ (f χA ∨ 0) + Iµ (−f χA ∨ 0) = i | ai | µ(Ai ∩ A) ≤ i | ai | µ(Ai )
= Iµ (ϕ ∨ 0) + Iµ (−ϕ ∨ 0) < +∞
In
R ∗ maniera analoga
R si lavora con ψ
f χA dµ ≥ ∗ f χA dµ P P
Iµ (ψχA ) − Iµ (ϕχA ) = − i ai µ(Ai ∩ A) + j bj µ(Bj ∩ A)
P P P P
=P− i ai j µ(Bj ∩ Ai ∩ A) P + j bj i µ(Bj ∩ Ai ∩ A) =
−
P i,j i a µ(B j ∩ Ai ∩ A) + b
i,j j µ(B j ∩ Ai ∩ A) =
(i,j)|µAi ∩Bj ∩A>0 (−ai + bj )µ(Bj ∩ Ai ∩ A)
44
= Iµ (ψ) − Iµ (ϕ)
Che sappiamo per le premesse
R∗ essere Rmaggiorato daR2∀
⇒ 2 ≥ Iµ (ψ) − Iµ (ϕ) = f χA dµ − ∗ f χA dµ ⇒ ∃ f χA dµ < +∞
6. Supponiamo f misurabile
P := {x | f (x) ≥ 0}, N := {x | f (x) ≤ 0}
Vale | f |= f χP − f χN
E dato che per la misurabilità di f P, N ∈ A
| f | χP = f χP χP − f χP χN = f χP
− | f | χN = f χN χP − f χN χN = −f χN ⇒
| f | χP − | f | χN = f χP + f χN = f
f sommabile ⇒ f χP , f χN sono sommabili (per 5)⇒| f | è sommabile
Il viceversa si dimostra analogamente e quindi vale il ⇐⇒
7. f RsommabileR
| R f dµ |=| (| fR| χP − | f | χN )dµ
R |= R
|R | f | χP dµ −R | f | χN dµ |≤|
R | f | χP dµ | + | | f R| χN dµ |=
| f | χP dµ + | f | χN dµ = | f | χP + | f | χN dµ = | f | dµ
Osservazione
Nelle ipotesi della definizione precedente
R R
• f è integrabile in X ⇐⇒ f è integrabile e in tal caso X
f dµ = f dµ
• f è sommabile in X ⇐⇒ f è sommabile
45
Teorema 2.2
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura ed f:X → R una funzione misurabile
| f ≥ 0 µ-q.o.
Allora f è integrabile
Dimostrazione R R R∗
Possiamo
R supporre ∗
dµ < +∞ (in caso contrario poichè ∗
dµ < dµ ⇒
∃ f dµ = +∞)
P
NB 0 ∈ − (f )
x ∈ Ak ⇒ f (x) ≥ tk = ϕt (x)
Si prova anche come f≤ tϕt µ-q.o.
(il che come prima ci porta ad escludere N e I)
x∈ Z ⇒ f (x) = 0, ϕt = 0 ⇒ f (x) ≤ ϕt
x ∈ Ak ⇒ f (x) < tk+1 = ttk < tϕt (x)
⇒ ϕt (x) ∈R Σ− tϕtR(x) ∈ Σ+
Iµ (ϕt ) ≤ ∗ f dµ ≤ ∗ f dµ ≤ Iµ (tϕt ) = tIµ (ϕt ))
R
NB Iµ (ϕt ) < +∞ per ipotesi su ∗
f dµ
R∗ R R∗ R
f dµ
R − ∗
f dµ ≤ tIµ (ϕ t ) − Iµ (ϕt ) ∀t > 1 ⇒ f dµ − ∗
f dµ ≤ ∀
⇒ ∃ f dµ
46
Corollario 2.1
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura e siano f,g:X→ R rispettivamente funzione
misurabile e sommabile tali che valga | f |≤| g | µ-q.o. allora f è sommabile
Dimostazione
Proposizione 2.2
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura
R e f :X → R funzione misurabile | f ≥ 0
µ-q.o. (e perciò integrabile) e f dµ = 0 allora
f=0 µ-q.o.
Dimostrazione
Sia Ph := {x ∈ X | f (x) ≥ h1 }
∪+∞
h=1 Ph = {x ∈ X | f (x) > 0}
Sia h ∈ N > 0
f χPh ≤ f (x) µ-q.o.
In particolare ∀x ∈ X \N con N:=x ∈ X | f (x) < 0 che ha per ipotesi misura
0
f ≥ f χPh ← misurabile ≥R0 q.o ⇒ integrabile
1
R
0 ≤ Iµ ( h χPh ) ≤ ∗ f dµ = f dµ = 0 ⇒ µ(Ph ) = µ{x ∈ X | f (x) > 0} = 0
⇒ ∀A ⊂ Xµ(A) 6= 0 ⇐⇒ ∀a ∈ a, f (a) = 0 ⇒ f = 0 µ-q.o.
Teorema
Sia f una
( funzione limitata f:[a,b]→ R, definiamo ora
f (x) ⇐⇒ x ∈ [a, b]
f̃(x)=
0 ⇐⇒ x 6∈ [a, b]
f è integrabile secondo Riemann se e solo se f è continua
R L1 -q.o. in [a,b]
In tal caso l’integrale di Riemann di f coincide con [a,b] f̃ dµ
Dimostrazione
Vedere il capitolo sulle dimostrazioni opzionali
47
2.5 Teoremi di convergenza integrale
Lemma di Fatou
Sia (X, A.µ) uno spazio con misura e consideriamo una successione di funzioni
misurabili {fk }k
fk (x) : RX → R | fk ≥ 0 µ-q.o. (e quindi
R integrabile)
Allora X lim inf k fk dµ ≤ lim inf k X fk dµ
(fk misurabili ⇒ lim inf k fk misurabile)
Dimostrazione
Vedere dimostrazioni opzionali
Dimostrazione
∃
R limk ⇒ limk =R lim inf k R R R
lim f dµ = X lim
X Rk k R inf k fk dµ ≤ lim inf k X fk dµ = limk X fk dµ = limk X fk dµ ≤
limk X limh fh dµ = X limh fh dµ
Quindi sono tutte uguaglianze
Corollario 3.1
Sia (X, A.µ) uno spazio con misura e consideriamo una successione di funzioni
misurabili {fk }k
fk (x) : X → R | fk ≥ 0 µ-q.o.⇒ X +∞
R P P+∞ R
k=1 fk dµ = k=1 X fk dµ
Dimostrazione
Premettiamo un risultato utile alla dimostrazione
48
originali e nulla da provare
Se almeno uno è infinito (supponiamo senza perdita di generalità f)
f + g > f ⇒ f + g > +∞ ⇒ f + g = +∞ = +∞ + k(solo uno infinito)
oppure +∞ + ∞ (entrambi infiniti)
Dimostrazione
∀kfk misurabile ⇒| fk | misurabile e ≥ 0
Da |Rfk |≤ g µ-q.o.R segue che
0 ≤ | fk | dµ ≤ gdµ < +∞
| fk | è quindi sommabile ⇒ fk è sommabile (al massimo termini positivi
diventano negativi e quindi il modulo dell’integrale cala)
Da | fk |≤ g µ-q.o. ∀k deriva che
limk→+∞ fk ≤ g µ-q.o. ⇒ f ≤ g µ-q.o. ⇒ f è sommabile
hk := 2g− | fk − f | che dalla definizione risulta misurabile (è composizione
di funzioni misurabili)
Inoltre hk ≥ 0 µ-q.o. poichè | fk − f |≤| fk | + | f |≤ g + g
limRk→+∞ hk = limk→+∞R2g− | fk − f |= 2g µ-q.o. R
⇒ X limk→+∞ hk dµ = X lim inf k→+∞ hk dµ ≤ lim inf k→+∞ X hk dµ
Da
R cui R R
RX 2gdµ ≤ lim inf k→+∞ ( XR
2gdµ − X
| fk − f | dµ) =
X
2gdµ + lim inf k→+∞ (− X
| f k − f | dµ) = (la dimostrazione è banale)
49
R R
X
2gdµ − lim sup k→+∞ X
| fk − f | dµ ⇒
(Essendo l’ integrale
R di funzione non negativa) R
0 ≤R lim inf k→+∞
R X | fk − f | dµ ≤ lim supk→+∞ X | fk − f | dµ
≤ X 2gdµ − X 2gdµ = 0 ⇒ lim sup = lim inf = lim = 0
Poichè | f − g |≥| f | − | g | si prova anche la seconda affermazione
Osservazione
Il seguente esempio mostra come, in generale:
• Nel Lemma di Fatou possa valere la disuguaglianza stretta;
• La conclusione del teorema di Lebesgue possa essere falsa sotto la sola
ipotesi di convergenza puntuale.
Consideriamo lo spazio con misura (R, ML1 , L1 |ML1 ) e la successione di
funzioni {fh }h (x) : R → R
fh := hχ(0, 1 ) h ∈ N
h
Si nota facilmente come fh (x) →h→+∞ f (x) = 0
Inoltre si ha che R∀h
|ML1 = R hχ(0, 1 ) dL1 |ML1 = IL1 |M 1 (hχ(0, 1 ) ) = hχ(0, 1 ) = h ∗ h1 = 1
R 1
f
R h
dL
R h R L h h
Ma R f dL1 |ML1 = 0 < 1 = limn→+∞ R fh dL1 |ML1
Poichè la disuguaglianza stretta del lemma di Fatou ne risulta che per qualche
motivo il teorema di Lebesgue (che ha come risultato un uguaglianza) non
può essere applicato e quindi dato che tutte le altre premesse sono rispettate
si capisce che non può esistere una funzione dominante cioè g(x) || fh | g
µ-q.o.
Corollario 3.2
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura ed f : X → R una funzione sommabile
Allora la Rfunzione νf R: A → R così definita
νf (A) := f χA dµ = A f dµ è una misura con segno con le seguenti proprietà
i νf (∅) = 0
ii Presa {Ai }i P
∈ A i ∈ N famiglia numerabile di insiemi 2-2 disgiunti allora
νf (∪i Ai ) = i νf (Ai )
La serie così definita converge assolutamente
50
Dimostrazione
Quindi è dominata
R e per Lebesgue R R Pk
νf (∪j Aj ) = f χ∪j Aj dµ = limk→+∞ fk dµ = limk→+∞ f χAj dµ
Pk R Pk P j=1
= limk→+∞ j=1 f χAj dµ = limk→+∞ j=1 νf (Aj ) = j νf (Aj )
R
L’ultima affermazione deriva banalmente dal fatto che A 1dµ = Iµ (1) =
1 ∗ µ(A) = µ(A) R
Inoltre dato che banalmente inf f µ(A) ≤ A f dµ ≤ supf µ(A) otteniamo
deriva la tesi
Osservazione
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura e ν : A → R una misura con segno
assolutamente continua rispetto a µ
Allora il teorema di Radon-Nikodym
R ci assicura che
∃f : X → R+ | ν(A) = νf (A) = A f dµ
Dimostrazione
Vedere le dimostrazioni opzionali
51
Allora la funzione µXν : 2XxY → [0, +∞] definita da
( 0 ⇐⇒ E = ∅
µXν(E) := inf{
X
µ(Ai )ν(Bi ) | {Ai XBi }i ∈ R(E)} ⇐⇒ E 6= ∅
i
È una misura esterna
Dimostrazione
Proposizione 2.6
Per ogni coppia di interi positivi vale la seguente uguaglianza per la misura
di Lebesgue
Ln xLm = Ln+m
Dimostrazione
52
E limitato (Lm xLn )(E) ≤ Lm+n (E) ≤ Lm+n (E) ≤ +∞ P
n m
⇒ Fissato > 0 ∃{Ai xBi }i ∈ R(E) | i L (Ai )L (Bi ) <
(Ln xLm )(E) +
E è limitato quindi contenuto in un rettangolo aperto di Rn xRm
IxJ
0 0
Poniamo Ai = Ai ∩ I Bi = Bi ∩ J
0 0
⇒ {Ai xBi } ∈ R(E)
0 0
Poichè Lm (Ai ) ≤ Lm (Ai ) e similmente Ln (Bi ) ≤ Ln (Bi )
0 0
⇒P Lm (Ai )Ln (Bi ) ≤ Lm (A n
i )L (Bi )
0 0
⇒ i Lm (Ai )Ln (Bi ) ≤ i Lm (Ai )Ln (Bi ) < (Ln xLm )(E) +
P
0
∀i (per definizione) ∃{Iji }j ricoprimento numerabile di Ai fatto di
0
intervalli aperti limitati di Rm | j Lm (Iji ) < Lm (Ai ) + 2i
P
0
Analogamente per Bi
0 0 0 0 2
⇒ h,k Lm (Ihi )Ln (Jki ) < Lm (Ai )Ln (Bi )+ 2i (Lm (Ai )+Ln (Bi ))+ 4i
P
0 0
< (con C=Lm (I) + Ln (J) + 1) Lm (Ai )Ln (Bi ) + 2i C
0 0
⇒ i,k,h Lm (Ihi )Ln (Jki ) = i,k,h Lm+n (Ihi xJki ) < ( i Lm (Ai )Ln (Bi ))+
P P P
c
Passando all’inf e dato che il tutto vale ∀ Lm+n (E) ≤ (Lm xLn )(E)
E illimitato Sia Bh la palla aperta di Rn+m di raggio h
E ∩ Bh è limitato ⇒ Lm+n (E ∩ Bh ) ≤ (Lm xLn )(E)
Poichè Lm+n è Borel-regolare
∃B ∈ B(Rm+n ) | B ⊃ E, Lm+n (B) = Lm+n (E)
⇒ Lm+n (E ∩ Bh ), Bh ∈ B(Rm+n )
= Lm+n (E)−Lm+n (E\Bh ) ≥ Lm+n (B)−Lm+n B \ Bh = Lm+n (B ∩ Bh )
Utilizzando ora il teorema di continuità delle misure esterne per
successioni crescenti di misurabili otteniamo
Lm+n (B ∩ Bh ) →h→+∞ = Lm+n (B) = Lm+n (E)
Riassumendo
(Lm xLn )(E) ≥ Lm+n (E) ≥ Lm+n (E∩Bh ) ≥ Lm+n (B∩Bh ) →h→+∞ =
Lm+n (B) = Lm+n (E)
Teorema
Date
µ : 2X → [0, +∞] ν : 2Y → [0, +∞]
misure esterne σ−finite (∃{Xi } ⊂ Mµ | ∪i∈N Xi = X ∧ µ(X) < +∞)
Se S∈ 2X+Y e x∈ X, definiamo le sezioni
Sx := {y ∈ Y | (x, y) ∈ S}
Sia poi F := {S ∈ 2X+Y | Sx ∈ Mν µ − q.o., Rx ∈ X, x → ν(Sx )µ-misurabile }
Definiamo infine ρ : F → [0, +∞] ρ(S) := ν(Sx )dµ
53
In queste premesse vale il seguente profondo risultato, per la dimostrazione
del quale si rimanda alle dimostrazioni opzionali
Mνxµ ⊂ F
E se S ∈ Mνxµ vale ρ(S) = (νxµ)(S)
Osservazione
Con riferimento al teorema precedente ci si potrebbe chiedere se valga la
proprietà piú forte che
Sx ∈ Mν ∀x ∈ X ⇐⇒ S ∈ Mνxµ
Ebbene, in generale questo non è vero. Per provarlo, consideriamo l’insieme
E∈ / ML1 come costruito da Vitali e definiamo
S := {0}xE ⊂ RxR
Poichè (L1 xL1 )(S) = L2 (S) = 0 si ha che S∈ ML1 xL1 (per le proprietà di
misura esterna)
Tuttavia S0 = E ∈ / ML1
Dimostrazione
Procediamo per gradi
54
funzione vale 0 non vi è alcuna funzione caratteristica di Eh e quindi
vale 0 anche
R ftk ) R
+∞ > XxY f d(µxν) ≥ I f d(µxν) = +∞(µxν)(I) ⇒ (µxν)(I) = 0
Quindi le disuguaglianze di cui sopra valgono (µxν) µ-q.o.
Inoltre I ∈ M(µxν) ⊂ F ⇒ IX ∈ Mν µ-q.o.
eR x → ν(IX ) è µ-misurabile ≥ 0 e quindi integrabile con
ν(IX )dµ(x)(= µ(I) = (µxν)(I) = 0
IX ∈ Mν ∀x ∈ X \ N1 | µ(N1 ) = 0, N1 ∈ Mµ
(µxν)(I) = 0
ν(IX ) = 0 ⇒ x → ν(IX )misurabile
h
t ∈ Mµxν ⊂ F ⇒ (Eh )X ∈ Mµxν µ-q.o.
x→ R ν((Eh )X ) è µ-misurabile ≥ 0 e quindi integrabile
E X ν((Eh )X )dµ = ρ(Eh ) = (µxν)(Eh )
Il tutto vale ∀h e ∀x ∈ X \ N2 con N2 ∈ Mµ | µ(N2 ) = 0
(Eh )X ∈ ν∀h e inoltre x → ν((Eh )X ) ∈ Mµ è µ-misurabile ≥ 0 e quindi
integrabile
R
X
(Eh )X dµ(x) = (µxν)(Eh )
Definiamo
R per dopo PMµ h3 N = N1 ∪ NP 2 , µ(NR0) = 0
f d(µxν) = h∈Z tk (µxν)(E
XxY tk R h )P= h∈Z X thk ν(Eh )X dµ(x)
h
= R(PerPl’integrazione
R P tk ν(E
delle serie) R X R h∈Z h )X dµ(x)
h h
= RX R h∈Z t χ
P k Yh (Eh )X ydν(y) = X Y h∈Z k (Eh )X ydν(y)
t χ
= X Y h∈Z P tk χEh h (x, y)dν(y)dµ(x)
ftk (x, ∗) = h∈Z tk χ(Eh )X (∗) e ∀x ∈ X \ N effe è ν−misurabile, ≥ 0 ⇒
ν − integrabile
Poichè f è sommabile, ftk è misurabile e ftk ≤ f (νxµ)-q.o.,
ftk →k→+∞ f (νxµ)-q.o. R
⇒ R(Per la convergenza dominata) limk→+∞ XxY ftk d(νxµ)
= XxY f d(νxµ)
Osserviamo
R R che ftk è sommabile su XxY
⇒ RX Y ftk dν(y)dµ(x) < +∞ [Asserzione 3]
⇒ Y ftk (x, y)dν(y) < +∞ µ-q.o. ∀x ∈ X \ N3 | N3 ∈ Mµ , µ(N3 ) = 0
⇒ y → ftk (x, y) è ν-sommabile ∀x ∈ X \ (N ∪ N3 ) [asserzione 2]
1 (x,∗)
tk
f (x, ∗) ≤ ftk ≤ f (x, ∗) in (X x Y\I)X i.e. µ-q.o.
⇒ ftk (x, ∗) → f (x, ∗) ⇒ f (x, ∗) è µ-misurabile ≥ 0 e quindi integrabile
e persino ν-sommabile R il che prova il punto 2 del teorema
1
R R
tk RY
f (x, y)dν(y) ≤ f
Y tk (x,y)
dν(y) ≤ Y
f (x, y)dν(y)
R⇒ Y ftk dν(y) ← (µ−misurabile)→k→+∞
f dν(y)∀x ∈ X(N ∪ NR3 ) R← (µ-misurabile , ≥R 0 →
YR R R µ-integrabile)
1
tk X Y R R
f dν(y)dµ(x) ≤ f
X Y tkR R
dν(y)dµ(x) ≤ X Y R
f dν(y)dµ(x)
limk→+∞ X Y ftk dν(y)dµ(x) = X Y f dν(y)dµ(x) = ( XxY )f d(νxµ)
Il che prova 4 poichè
55
R R
XxY
f d(µxν) < +∞ ⇒ x → Y
f (x, y) è µ-sommabile
Corollario
Naturalmente, lo stesso argomento prova anche il seguente risultato speculare
al precedente.
Supponiamo che µ : 2X → [0, +∞] e ν : 2X → [0, +∞] siano σ-finite
E che f : XxY → R sia (µxν)-misurabile e sommabile su S ∈ Mµxν Allora
Corollario 2
Applicando Teorema 2.9 alle misure di Lebesgue e ricordando Proposizione
2.6, otteniamo subito il seguente risultato.
56
Sia f(x,y):Rn xRm → R una funzione Lm+n misurabile
Supponiamo inoltre che f sia Lm+n -sommabile in S ∈ MLm+n Allora:
i (Passo della dimostrazione del lemma sulle proprietà degli integrali) Nelle
ipotesi del lemma si ha
Mµ xMν ⊂ Mµxν
ii Sia (X,A, α) uno spazio con misura e
f:X → [0, +∞] una funzione misurabile
Allora ∃ una successione di funzioni numerabilmente semplici e misurabili
sj : X → R | Im(sj ) sia finita e 0 ≤ sj ≤ sj+1 ≤ f, sj → f puntualmente
ovunque in X
Per una dimostrazione guardare il capitolo sulle dimostrazioni opzionali
57
Esempi
R R R
L3 (C) = C 1dL3 = Ry ( Cy 1dL2 (x1 , x2 ))dL1 (y1 )
R 1 1
= [0,a] L2 (Cy1 )dL1 (y1 )
Cy1 è il disco di raggio Ra (a − y1 )
R2
Ra 2 2 Ra
(a − y1 )2 πdL1 (y1 ) = 0 Ra2 (a − y1 )2 πdy1 = πR
R
[0,a] a2 a2 0
(a − y1 )2 dy1
πR2 −(a−y1 )3 a 2 a3 2
= a2
[ 3 ] |0 = πR
a2 3
= πaR 3
R R R
2. C y1 dL3 (x1 , x2 , x3 ) = Ry ( Cy y1 dL2 (x1 , x2 )dL1 (y1 ) =
R R 1 1 R a R2 π
2 1 2
Ry
y (
1 Cy 1dL (x 1 , x2 ))dL (y 1 ) = 0 a2 y1 (a − y1 ) dy1 =
1 1
2 2 2ay13 y14 a
R2 π a y1 2 a4 a2 R2 π
a2
[ 2 − 3
+ 4
] |0 = Ra2π ∗ 12
= 12
R R R
L3 (S) = S 1dL3 = Ry ( Sj 1dL2 (x1 , x2 ))dL1 (y)
R R R 1
= [−R,R] L2 (Sy )dL1 (y) = [−R,R] L2 (Sy )dy = [−R,R] ((R2 − y 2 ) 2 )2 πdy =
y3 R3
π(R2 y − 3
) |R
−R = 2π(R3 − 3
) = 34 πR3
58
2.7 La formula dell’area
2.8 Parametrizzazioni
Esempi iniziali
È un esempio di (1,2)-parametrizzazione
2. t∈ [0, 1]
3. A+t(B-A) t∈ [0, 1]
È una (1,3)-parametrizzazione di AB
4. γ(t)=(cos(t),sin(t),t)
59
Il che fornisce un (1,3)-parametrizzazione dell’elica
Definizione
Siano n e N due numeri interi positivi tali che n ≤ N
Allora una “(n, N)-parametrizzazione regolare” (o semplicemente “parametrizzazione
regolare”) è una mappa
ϕ : Rn ⊃ C → RN tale che
60
1. C è un sottoinsieme compatto chiusura di un aperto di Rn i.e.
C = A Ln (∂A) = 0
2. ϕ è C 1 := ∃φ ∈ C 1 (U, RN ) | U ∈ G(RN ), U ⊃ A, ψA = ϕ
3. ϕA è iniettiva
4. ∀x ∈ A vale
1
Jϕ(x) := (det(Dϕ(x) )t XDϕ(x) )) 2 6= 0
Tale funzione prende il nome di fattore di trasformazione (associato a
ϕ)
Osservazione
Nelle ipotesi precedenti se x∈ ∂A si ha che
1 1
(det(Dψ(x) )t XDψ(x) )) 2 = limh→+∞ (det(Dϕ(ah ) )t XDϕ(ah ) )) 2 = limh→+∞ Jϕ (ah )
Per ogni successione {ah }h ⊂ A convergente ad x
1
Quindi la funzione x → (det(Dψ(x) )t XDψ(x) )) 2 , x ∈ A = C
non dipende dalla scelta dell’estensione ψ ma solo da ϕ e per questo motivo
sarà indicata, quando servirà, con la stessa notazione Jϕ
(1,N) ϕR ⊃ C → RN ⇒
1 0 0 0 0
Jϕ (t) = (det(Dϕ(t) )t XDϕ(t) )) 2 = det((ϕ1 (t)...(ϕN (t))X(ϕ1 (t)...(ϕN (t))t )
0 1 0 1 0
= (det | ϕ (t) |2 ) 2 =| ϕ (t) |2 ) 2 =| ϕ (t) |
(2,3) ϕ : R2 ⊃ C → R3
Dϕ (s, t) = (D1ϕ (s, t), D2ϕ (s, t))
! !t
D 1ϕ D 1ϕ D1ϕ D 1ϕ D1ϕ D1ϕ
Dϕ (s, t)t xDϕ (s, t) = 1 2 3
X 1 2 3
D2ϕ1 D2ϕ2 D2ϕ3 D2ϕ1 D2ϕ2 D2ϕ3
!
| D1ϕ |2 D1ϕ D2ϕ
= =X
D1ϕ D2ϕ | D2ϕ |2
det(X) =| D1ϕ |2 | D2ϕ |2 −D1ϕ D2ϕ D1ϕ D2ϕ =| u |2 | v |2 −(uv)2
= (u21 + u22 + u23 )(v12 + v22 + v32 ) − (u1 v1 u2 v2 + u3 v3 )2
= u21 v12 + u21 v22 + u21 v32 + u22 v12 + u22 v22 + u22 v32 + u23 v12 + u23 v22 + u23 v32 − u21 v12 −
u22 v22 − u23 v32 − 2u1 v1 u2 v2 − 2u1 v1 u3 v3 − 2u2 v2 u3 v3
= (u1 v2 − v1 u2 )2 + (u1 v3 − v1 u3 )2 + (u2 v3 − v2 u3 )2 =| uXv |2 dove X è
il prodotto vettoriale
1
det(X) 2 =| uXv |=| D1ϕ xD2ϕ |
61
(n,n) ϕ : Rn ⊃ C → Rn
1
Quadrata→ Dϕ (x) ⇒ (detDϕ (x)t XDϕ (x)) 2
Poichè Dϕ (x) = Dϕ (x)t
1 1
= (detDϕ (x)2 ) 2 = ((detDϕ (x))2 ) 2 =| detDϕ (x) |
Osservazione
Sia ϕ : Rn ⊃ C → RN una parametrizzazione
Non è detto che ϕ di classe C n implichi che lo sia anche Im(ϕ)
Ad esempio
γ[−1, 1] → R2 γ(t) = (t3 , t2 )
Essa è una (1,2)-parametrizzazione iniettiva e γ1,2 ∈ C +∞
Il suo grafico è
2
γ(t) = (t3 , t2 ) = (x, x 3 )
Quindi Im(γ) è solo C 0
0 0
γ (t) = (3t2 , 2t), γ (0) = (0, 0)
Dato che in un punto la derivata si annulla la parametrizzazione non è
regolare anche se l’immagine è "bella" cioè continua
Osservazione inversa
Vale anche il viceversa e cioè che una parametrizzazione "brutta" può dar
luogo ad una "bella" immagine
Ad esempio γ(t) = (f (t), 0) t ∈ [0, 1]
62
Proposizione 2.8
Sia ϕ una (n,N)-parametrizzazione regolare
Allora ϕ(A) è una sottovarietà n-dimensionale di RN di classe C 1
Inoltre , se x∈ A allora {D1ϕ (x), ...Dnϕ (x)} è una base dello spazio tangente
a ϕ(A) in ϕ(x)
Dimostrazione
(Con n=2, N=3 ma estensibile)
y0 ∈ ϕ(A) ⇒ ∃!x0 ∈ A | y0 = ϕ(x0 )
1
0 6= Jϕ (x0 ) = (det[Dϕ (x0 )t XDϕ (x0 )] 2 =| D1ϕ (x0 )XD2ϕ (x0 ) |=
i j k !
| det D1ϕ1 (x0 ) D1ϕ2 (x0 ) D1ϕ3 (x0 ) =| idetDϕ2 ,ϕ3 (x0 ) − jdetDϕ1 ,ϕ3 (x0 ) +
D2ϕ1 (x0 ) D2ϕ2 (x0 ) D2ϕ3 (x0 )
kdetDϕ1 ,ϕ2 (x0 ) |
Possiamo supporre senza perdita di generalità detDϕ1 ,ϕ2 (x0 ) 6= 0
Consideriamo ora (ϕ1 , ϕ2 ) : A → R2 (y1 , y2 )
detDϕ1 ,ϕ2 (x0 ) 6= 0 ⇒(Teorema della mappa inversa (corollario del Dini))
la mappa (ϕ1 , ϕ2 ) è un diffeomorfismo locale di classe C 1
(è cioè biettiva , C 1 e con inversa C 1 )
(ϕ1 , ϕ2 ) |U = φ Definiamo ora f:V → R come f(y1 , y2 ) := ϕ3 (φ−1 (y1 , y2 )))
Con U intorno di x0 e V intorno di (ϕ1 , ϕ2 )(x0 )
Grafico di f → Gf := {(y1 , y2 , f (y1 , y2 )) | (y1 , y2 ) ∈ V } ⇐⇒
{(y1 , y2 , ϕ3 (φ−1 (y1 , y2 )) | (y1 , y2 ) ∈ V } ⇐⇒
{(φ(φ−1 (y1 , y2 ), ϕ3 (φ−1 (y1 , y2 )) | (y1 , y2 ) ∈ V } ⇐⇒
{(ϕ1 (φ−1 (y1 , y2 ), ϕ2 (φ−1 (y1 , y2 ), ϕ3 (φ−1 (y1 , y2 )) | (y1 , y2 ) ∈ V } =
ϕ(φ−1 (y1 , y2 )) = ϕ(U )
Nel caso di una (2,3)-parametrizzazione regolare
ϕ : C = A → R 3 x0 ∈ A
Dϕ (x0 ) = (D1ϕ (x0 ), D2ϕ (x0 )) D2ϕ (x0 )) = γ(0)
Piano tangente→ γ(t) := ϕ(x0 + t(1, 0))
Il differenziale, quindi la direzione di massima crescita (quindi facente parte
0
del piano tangente)→ γ (0) = limn→0 γ(h)−γ(0) h
= limh→0 φ(x0 +h(1,0))−ϕ(x
h
0)
=
D1ϕ(x0 )
D1ϕ(x0 ) e D2ϕ(x0 ) giacciono entrambi sul piano tangente e perciò generano
essendo indipendenti per la condizione di regolarità e sono quindi una base
del piano tangente
Proposizione
Considerazioni intuitive ci convincono facilmente del seguente fatto
63
Se C è un intervallo compatto di R e
ϕ : R ⊃ C → RN è una (1,N)-parametrizzazione regolare
⇒ H1 (ϕ(C)) coincide con l’estremo superiore delle spezzate poligonali inscritte
(i vertici giacciono sulla curva)
Dimostrazione
Vedere le dimostrazioni opzionali
64
Definizione
Il modo giusto per approssimare tramite poligoni è invece questo (triangolazione)
Esempio
Consideriamo, nel piano, il reticolo triangolare isoscele-retto di passo e
sia {Ti () | i = 1, ..., N ()}i la famiglia dei triangoli individuati da tale
reticolo che sono contenuti in A. Indichiamo con Pi () il vertice del triangolo
Ti () corrispondente all’angolo retto e sia Tϕ,i () il triangolo inscritto in
ϕ(C)4di vertici ϕ(Pi ()), ϕ(Pi ()+(, 0)), ϕ(Pi ()+(0, )). Allora la superficie
N ()
poliedrale ∪i=1 Tϕ,i () è inscritta in ϕ(C) e ha la proprietà “desiderata”: le
sue facce “tendono a disporsi in posizione tangente” quando →0.
65
Infatti | δi () |≤ µ() N
P () 2
PN () 2
PN () 2 i=1 f (ϕ(P i ()))δi ()L (Ti ()+ i=1 f (ϕ(Pi ()))L (Ti () ≤
µ()M i=1 L (Pi , ) ≤ µ()M L2 (C) →→0 0
Quindi
PN () la sommatoria iniziale è uguale a
2
i=1 f (ϕ(Pi ()))Jϕ (Pi ())L (Ti ()
Ponendo g(x):=(f ∗ ϕ)(x)Jϕ (x)
= N
P () 2
R 2
R 2
i=1 g(Pi , )L (Ti () ⇒ ϕ(A) f dH = A (f ∗ ϕ)(x)Jϕ (x)dL
Che è uno sketch di prova della formula dell’area per una (2, 3)-parametrizzazione
regolare che andiamo ora ad enunciare
Dimostrazione
Vedere le dimostrazioni opzionali
Esempio
f=2ρ
Il cono è parametrizzato tramite la seguente (2,3)-parametrizzazione in coordinate
polari
ϕ(σ, ρ) = (ρ cos(σ), ρ sin(σ), 2ρ) ρ xσ =[ 21 , 1]x[0, 2π]
Jϕ (σ, ρ) =| D1ϕ xD2ϕ | (caso speciale 2)
66
x j k!
=| det cos(σ) sin(σ) 2 |=
−ρ sin(σ) ρ cos(σ)0
| i(−2ρ cos(σ)) − j(2ρ sin(σ)) + k(ρ cos2 (σ) + ρ sin2 (σ)) |= p √
| (−2ρ cos(σ), −2ρ sin(σ), ρ)t |= 4ρ2 cos(σ)2 + 4ρ2 sin(σ)2 + ρ2 = 5ρ2 = 5ρ
R R √ √ R √ R 2π R 1 √ R 2π 7
ϕ(C)
= A 2ρ 5ρdL2 (ρ, σ) = 20 A ρ2 dL2 (ρ, σ) = 20 0 1 ρ2 dρdσ = 20 0 24
dσ =
√ 2
7 5π
6
Corollario utile
Valgono i seguenti fatti
67
Definizione
Definizione
Si consideri una famiglia finita di (1,N)-parametrizzazioni regolari
γi := Ci = Ai → Rn (i=1,..k) |
posto Γi := γi (Ci )
1. Ci sia un intervallo
Definizione
Si consideri una famiglia finita di (2,3)-parametrizzazioni regolari
ϕi := Ci = Ai → R3 (i=1,..k) |
posto Σi := ϕi (Ci )
68
Infine se ν è il campo così definito
ν := ∪ki=1 Γ∗i → S 2 | ν |Σ∗i := νϕi ∗ ϕ−1 |Ai
La coppia (Σ, ν) è detta superficie regolare a tratti orientata e la famiglia
{ϕi }ki=1 parametrizzazione di (Σ, ν)
Osservazione
Se (Γ, τ ) è una curva regolare a tratti orientata, allora τ è continuo nella
parte interna di ogni tratto regolare di Γ.
Analogamente, se (Σ, ν) è una superficie regolare a tratti orientata, allora ν
è continuo nella parte interna di ogni tratto regolare di Σ
Osservazione
Non è difficile provare che per una (n, N)-parametrizzazione regolare si ha
∂[ϕ(C)] ⊂ ϕ(∂C) = ϕ(∂A)
Inoltre ,grazie alla formula dell’area con molteplicità (che generalizza la
formula base e per la quale rimandiamo alle dimostrazioni opzionali) e poichè
per ipotesi si ha Ln (∂A)= 0, ⇒ Hn (ϕ(∂A)) = 0 ≥ Hn (ϕ(∂C)) Quindi:
Definizione
Dati una curva regolare a tratti orientata (Γ, τ ) ∈ RN e un campo continuo
69
F : Γ → RN
Rsi definisceR l’integrale1di F su (Γ, τ ) come segue:
(Γ,τ )
F = Γ F ∗ τ dH
Analogamente, dati una superficie regolare a tratti orientata (Σ, ν) e un
campo continuo F : Σ → R3
Rsi definisceRl’ integrale2 di F su (Σ, ν) come segue:
(Σ,ν)
F = Σ F ∗ νdH
Proposizione 2.9
Dalle definizioni precedenti segue subito il seguente risultato.
Dati una curva regolare a tratti orientata (Γ, τ ) ∈ RN e un campo continuo
F : Γ → RN
RSe {γi } è una
P Rparametrizzazione
0 1
di (Γ, τ ) , si ha:
(Γ,τ )
F = i Ai (F ∗ γi )γi L
Analogamente, dati una superficie regolare a tratti orientata (Σ, ν) e un
campo continuo F : Σ → R3
RSe {ϕi } è una
P Rparametrizzazione di (Σ,2ν), si ha:
(Σ,ν)
F = i Ai (F ∗ ϕi )(D1ϕi xD2ϕi )L
Definizione
Un insieme E⊂ R2 è detto x2 semplice se esistono due funzioni continue
f,g:[a, b] → R | −∞ < a < b < +∞ con le seguenti proprietà
Definizione
Un insieme E⊂ R3 è detto x3 semplice se esistono una famiglia finita {C1 , ..Cj }
di sottoinsiemi compatti di R2 e due funzioni continue f,g:C → R | C = ∪i Ci
con le seguenti proprietà
70
i E={x ∈ CxR | f (x1 , x2 ) ≤ x3 ≤ f (x1 , x2 )}
(in particolare questo implica la compattezza )
iv ∀i f |Ci , g |Ci ∈ C 1
In un modo del tutto analogo si definiscono gli insiemi x1 semplici e gli insiemi
x2 semplici
Un sottoinsieme di R3 si dice semplice se è x1 , x2 e x3 semplice
Infine chiameremo composto un insieme
C:= ∪ni=1 Ei | ∀iEi è semplice , Ei ∩ Ej = ∂Ei ∩ ∂Ej ⇐⇒ i 6= j
Osservazione
Se E è un sottoinsieme composto di R2 (rispettivamente R3 ) allora ∂E è una
curva (superficie) regolare a tratti
Quindi ogni funzione continua e limitata nelle parti interne di tratti regolari
è integrabile su ∂E
71
1
R funzione2 h:E → R ∈ C vale
RAllora per3 ogni
E
Di hdL = ∂E hνi dH per i=1,2,3
Quindi
R se F:E→
R R3 è un campoR vettoriale di classe C 1 allora
divF dL3 = ∂E F ∗ νdH2 = (∂E,ν) F
Dove div F:= D1 F1 + D2 F2 + D3 F3
Dimostrazione
Dimostriamo l’affermazione per gradi
R
E semplice i=3 Sia
R R C la proiezione sul piano x 1 x 2 di E ed f,g C → R E
D3 hdL3 =
(
C Ei
D3 h(x1 , x2 , x3 )dx3 )dx1 dx2 =
R R g(x(x11,x,x22))
(
C f (x1 ,x2 )
D3 h(x1 , x2 , x3 )dx3 )dx1 dx2
Utilizzando
R il teorema fondamentale
= C h(x1 , x2 , g(x1 , x2 )) − h(x1 , x2 , f (x1 , x2 ))dx1 dx2
(x1 , x2 ) ∈ ∪i Ai
Parametrizzazione di Gg := ϕ(x1 , x2 ) = (x1 , x2 , g(x1 , x2 )
D (x ,x )xD (x ,x )
ν(x1 , x2 , g(x1 , x2 ) = ||D1ϕ (x1 ,x2 )xD2ϕ (x1 ,x2 )|| = (−D1 g(x
1ϕ 1 2 2ϕ 1 2
√ 1 ,x2 ),−D2 g(x1 ,x2 ),1)
1+|divg(x1 ,x2 )|
Parametrizzazione di Gf := ψ(x1 , x2 ) = (x1 , x2 , f (x1 , x2 )
D1ψ (x1 ,x2 )xD2ψ (x1 ,x2 )
ν(x1 , x2 , f (x1 , x2 ) = − ||D1ψ (x1 ,x2 )xD2ψ (x1 ,x2 )||
= (D1 f√
(x1 ,x2 ),D2 f (x1 ,x2 ),−1)
1+|divf (x1 ,x2 )|
72
Cioè il risultato finale della prima parte di dimostrazione che se ripercorsa
al contrario prova la tesi
E semplice con i=1,2 Totalmente analogo
E composto Sia E=∪i Ei | Ei sottoinsiemi semplici con
Ei ∩ Ej = ∂Ei ∩ ∂Ej per i 6= j
(Dimostriamo R nel caso3 N=2R ma il tutto è facilmente estensibile)
2
Per 2) vale E1 Di hdL = ∂E1 hνi dH
R 3
R
E2
D i hdL = ∂E2
hνi dH2
Distiunguiamo ora due casi
• E
R 1 ∩ E2 = ∅ ⇒2 ∂ER = ∂E1 t ∂E2 )2 R R
2
∂E
h(ν E1 )i dH + ∂E
h(ν E2 )i dH = ∂E
hνi dH + ∂E2
hνi dH2 =
R 1 2 1
R R R
E
Di hdL3 = E1 Di hdL3 + E2 Di hdL3
Poichè per definizione l’intersezione (che dovrebbe essere sottratta)
haRmisura nulla R
= ∂E1 h(νE1 )i dH2 + ∂E2 h(νE2 )i dH2 =
R R R R R
∂ ∗ E1
h(νE1 )i dH2 + I h(νE1 )i dH2 + I ∂ ∗ E2 h(νE2 )i dH2 + ∂ ∗ E2 h(νE2 )i dH2 =
R 2
R 2
R 2
∂ ∗ E hνi dH + ∂ ∗ E hνi dH = ∂ ∗ E +∂ ∗ E hνi dH =
R 1 2 1 2
∂E
hνi dH2 dato che ∂E = ∂ ∗ E1 + ∂ ∗ E2
Per
R quanto riguarda la seconda parteR del teorema
3
P 3 3
E
D F
1 1 + D F
2 2 + D F
3 3 dL = i=1 E Di Fi dL =
Dato
P3 Rche F soddisfa Rla prima
P3 parte del teorema
R
2 2 2
i=1 ∂E Fi νi dH = ∂E i=1 Fi νi dH = ∂E F νdH
73
unitari tangenti a ∂E continuo nelle parti interne dei tratti regolari e | νE :=
(τE,2 , −τE,1 ) sia il campo di vettori normali esterni a ∂E
Dimostrazione
La dimostrazione dei primi punti è del tutto analoga a quella precedente
quindi resta da dimostrare l’ultimo
R R
(∂E,τE )
F := ∂E F ∗ τE dH1
Grazie all’invarianza per rotazione del prodotto scalare ed una rotazione di
π
R2 1
R 1
R 2
R∂E (RF ) ∗ (RτE )dH 2 = ∂E (F2 , −F1 ) ∗ νE dH = E div(F2 , −F1 )dL =
E
(D1 F2 , −D2 F1 )dL
Premessa
Dato F=(F1 , F2 , F3 ) definiamo così il rotore
i j k!
rot F= det D1 D2 D3 = (D2 F3 − D3 F2 , −D1 F3 + D3 F1 , D1 F2 − D2 F1 )
F1 F2 F3
Inoltre valgono
rot(f+g)=rot(f)+rot(g) rot(λf ) = λrot(f )
Ricordando inoltre che l’orientazione positiva è quella che lascia la superficie
a sinistra "stando sopra" essa
Poste
(S,ν) superficie regolare a tratti orientata e (∂S, τ ) curva regolare a tratti
orientata
R allora Rvale
S
rotF νdH2 = ∂S F τ dH1
74
Osservazione
Sia ϕ : C = A → R3 una (2,3)-parametrizzazione regolare
Consideriamo un sottoinsieme composto E⊂A e definiamo il campo vettoriale
τE come nel teorema di Green
Sappiamo allora che (∂S, τE è una curva regolare a tratti orientata.
Sia {γi : [ai , bi ] → R2 | i = 1, ..., k} una sua parametrizzazione e sia (S, ν) la
superficie regolare orientata determinata da ϕ |E i.e.
D1ϕ xD2ϕ
S = ϕ(E) ν(x) = νϕ ∗ ϕ |−1 E (S) νϕ = |D1ϕ xD2ϕ |=Jϕ
Con queste accortezza (S, ν) è una superficie regolare a tratti orientata
(parametrizzata da ϕ)
Osserviamo che ogni ϕ∗γi è una (1, 3)-parametrizzazione regolare e la famiglia
{ϕ∗γi }i soddisfa le ipotesi necessarie e ertanto tale famiglia genera una curva
regolare a tratti orientata (Γ, τ ) dove
Γ = ∪ki=1 (ϕ ∗ γi )([ai , bi ]) = ∪ki=1 ϕ((γi )([ai , bi ])) = ϕ(∪ki=1 (γi )([ai , bi ])) =
ϕ(∂E) = ∂S
Inoltre il campo tangente indotto da {ϕ ∗ γi }i è
0
(ϕ∗γi ) (t)
τ ∗ (ϕ ∗ γi )(t) = |(ϕ∗γi )0 (t)|
t ∈ (ai , bi )
Dimostrazione
Basta provare il tutto per un campo con due componenti nulle su 3, infatti
F = (F1 , 0, 0) + (0, F2 , 0) + (0, 0, F3 )
E data l’additività del rotore
rotRF=rotF1 + rotFR 2 + rotF3 R R
⇒ (S,ν) rotF = (S,ν) rotF1 + (S,ν) rotF2 + (S,ν) rotF3
rot(F1 , 0, 0) = (0, D3 F1 , −D2 F1 )
Possiamo supporre una parametrizzazione cartesiana (le ipotesi soddisfano il
teorema del Dini)
ϕ(x1 , x2 ) = (x1 , x2 , f (x1 , x2 )) f ∈ C 1 (C = A)
Gf = νϕ (x1 , x2 ) = (−D1√ f (x1 ,x2 ),−D2 f (x1 ,x2 ),1)
2
R R 1+|divf (x1 ,x2 )|
S=ϕ(E)
rotF νdH = ϕ(E) (0, D3 F1 , −D2 F1 )νdH2 =
2
75
R
RE (0, D3 F1 (x1 , x2 , f (x1 , x2 )), −D2 F1 (x1 , x2 , f (x1 , x2 ))ν(ϕ(x))Jϕ(x) dx1 dx2 =
E
(0, D3 F1 (x1 , x2 , f (x1 , x2 )), −D2 F1 (x1 , x2 , f (x1 , x2 ))ν(ϕ(x)) | detDϕ (x) | dx1 dx2 =
R
RE (0, D3 F1 (x1 , x2 , f (x1 , x2 )), −D2 F1 (x1 , x2 , f (x1 , x2 ))(−D1 f (x1 , x2 ), −D2 f (x1 , x2 ), 1)dx1 dx2
RE −D3 F1 (x1 , x2 , f (x1 , x2 ))D2 f (x1 , x2 )R− D2 F1 (x1 , x2 , f (x21 , x2 )dx1 dx2 =
E
−D2 [F1 (x1 , x2 , f (x1 , x2 ))]dx1 dx2 = S rot(F1 , 0, 0)νdH
D’altra parte P Rb 0
F = ∂S (F1 , 0, 0)τ dH1 = ki=1 aii (F1 , 0, 0)(ϕγi ) (t)dt =
R R
(∂S,τ )
Pk R bi 0 R
i=1 ai F 1 ((γ i (t), f (γ i (t))γi (t)dtdt = ∂E
G(x)τE dH1 G(γ) = F1 (xi , f (xi ))
R R
Usando
R Green E
D 1 G 2 − D 2 G1 dx1 dx 2 = E
−D2 [F1 (x1 , F (x))]dx1 dx2 =
(S,ν)
rot(F 1 , 0, 0)
Il che prova la tesi se utilizzato anche per le altre due componenti
76
3 Spazi Lp e serie di Fourier
3.1 Spazi Lp
Osservazione
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura ed f:X → R una funzione misurabile.
Indichiamo allora con Mf f l’insieme dei maggioranti essenziali di | f | e cioè
Mf := {M ∈ [0, +∞] || f (x) |≤ M µ − q.o.}
Allora
• M0 = inf Mf ∈ Mf
Dimostrazione
• Sia M1 ∈ Mf ∧ M2 > Mf
⇒ {x ∈ X || f (x) |> M2 } ⊂ {x ∈ X || f (x) |> M1 } ← ha misura 0
Da cui segue la tesi
• Ovvio per M0 = +∞
Possiamo quindi supporre M1 < +∞
{x ∈ X || f (x) |> M0 } = ∪+∞ 1
n=1 {x ∈ X || f (x) |> (M0 + n ) ←∈ Mf }
←∈ Mf ha misura 0
E per σ−subadditività µ{x ∈ X || f (x) |> M0 } = 0
⇒ M0 ∈ Mf
Definizione
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura e p ∈ [1, +∞]
Allora ∀f : XZ → R misurabile poniamo
( 1
( | f (x) |p dµ) p ⇐⇒ + 6= +∞
|| f ||p := X
minMf ⇐⇒ p = +∞
Indicheremo con Lp (X) la classe delle funzioni misurabili f : X → R |||
f ||p < +∞
Teorema 3.1
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura, p ∈ [1, +∞] e f : X → R misurabile .
77
Allora
1. || f ||p > 0
2. || f ||p = 0 ⇐⇒ f = 0 µ-q.o.
3. || cf ||p =| c | || f ||p ∀c ∈ R
Dimostrazione
78
0
1. p=1, p = +∞ o viceversa
0 1 1
2. p,p ∈ (1, +∞] e p
+ p0
=1
Dimostrazione
R R R R
1. X
| f g | dµ = X
| f || g | dµ ≤ X
| f ||| g ||+∞ dµ =|| g ||+∞ X
|f |
dµ =|| g ||+∞ || f ||1
R
2. • || f ||p = 0 ⇒ f = 0 µ−q.o.⇒ X | f g | dµ = 0 ≤ 0 =|| g ||p0 || f ||p
• Similmente banale se || f ||Rp = +∞ e g6= 0 poichè nel caso la
disuguaglianza diventerebbe X | f g | dµ ≤ +∞
• Definiamo 0
p |g(x)|p
a = |f||f(x)|
||pp
b= 0
||g||pp
Consideriamo ora la funzione log
1 1
ln(a) ln(b)
⇒ p
+ p0
≤ ln( ap + b
p0
) ⇐⇒ ln(a p b p0 ) ≤ ln( ap + b
p0
)
1 0
1 0 a b |f (x)| |g(x)| |f (x)|p |g(x)|p
⇒a b p p ≤ p
+ p0
⇐⇒ ||f ||p
∗ ||g||p
≤ p||f ||pp
+ 0
p0 ||g||pp
0
1
|g(x)|p dµ
R
1 p dµ
R
X |f (x)|
R
0
X |f g(x)|dµ p p X
Integrando ||f ||p ||g||p
≤ ||f ||pp
+ 0
||g||pp
79
0
Usando le definizioni di || f ||p , p, p
dµ ≤| f |p | g |p0 ⇐⇒ p1 + p10 = 1
R
X
| f g |
Teorema 3.3
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura, p∈ [1, +∞]
Allora, per ogni coppia di funzioni f, g :X → R ∈ Lp (X) vale la seguente
disuguaglianza di Minkowski
|| f + g ||p ≤|| f ||p + || g ||p
Dimostrazione
• Se p=+∞
| f + g |≤| f | + | g |≤|| f ||+∞ + || g ||+∞ µ−q.o.
Per definizione
⇒|| f ||+∞ + || g |∈ Mf +g ⇒|| f ||+∞ + || g |≥ minMf +g =||
f + g ||+∞
• Se p6= +∞ possiamo supporre (gli altri casi sono banali) || f + g ||p >
0; || f ||p < +∞; || f + g ||p < +∞
Osserviamo che (
p p
2p | f (x) |p ⇐⇒ | f |≥| g |
| f (x) + g(x) | ≤ (| f | + | g |) ≤
2p | g(x) |p ⇐⇒ | g |≥| f |
≤ 2p (| f |p + | g |p )
⇒ (integrando)R || f + g ||pp ≤ 2p (|| f ||pp + || g ||pp ) ≤ +∞
p p
p = X | f + gR | dµ ≤
R⇒|| f + g ||p−1
X
| f + g | | f | dµ + X | f + g |p−1 | g | dµ
p 0
Sia q= p−1 ⇒ 1q = p−1 p
= 1 − p1 ⇒ q10 = p1 ⇒ q = p
Usando
R Hölder 1 R 1
≤ ( X (| f + g |p−1 )q dµ) q || g ||p +( X (| f + g |p−1 )q dµ) q || f ||p
R p p−1
= ( X (| f + g |p−1 ) p−1 dµ) p || g ||p
R p p−1
+ ( X (| f + g |p−1 ) p−1 dµ) p || f ||p =
|| f +g ||p−1 p−1 p−1
p || f ||p + || f +g ||p || g ||p =|| f +g ||p || (|| f ||p + || g ||p )
Riassumendo
|| f + g ||p−1
p || (|| f ||p + || g ||p ) ≥|| f + g ||p
p
80
Osservazione
Sia (X, A, µ) uno spazio con misura sul quale è definito Lp (X)
Siano f,g ∈ Lp (X)
Diremo che f ∼ g ⇐⇒p f = g µ−q.o.
Definiamo Lp (X) := L ∼(X)
Definiamo poi le operazioni
+ : Lp (X)xLp (X) → Lp (X) F = [f ], G → [f + g] somma canonica
∗ : ∀r ∈ R, F ∈ Lp (X) ⇒ rF = [rf ]
Con queste operazioni si ottiene in modo naturale uno spazio vettoriale dove
0=[0] e -F=[-f] .
Inoltre la funzione
Lp (X)
∼
→ [0, +∞) [f ] →|| f ||p è una norma.
Per semplicare la notazione, è consuetudine denotare tale spazio vettoriale
ancora con Lp (X)L e identificare [f] con f tutte le volte in cui la formula non
dipende dalla scelta della funzione nella classe di equivalenza.
Per questo motivo la norma della classe di equivalenza di f si indica ancora
con || f ||p .
Dimostrazione
81
1
Poichè la funzione h : [0, +∞] → [0, +∞] y → y p è continua
R p 1 R 1
limN →+∞ ( gN dµ) p = ( g p dµ) p ⇒ limN →+∞ || gN ||p =|| g ||p
D’altra parte
|| gN ||p ≤ N || fνj − fνj−1 ||p ≤ N j
< N j
P P P
R p j=2 j=2 2 j=1 2 = 1 ⇒|| g ||p < 1
⇒ X g dµ < 1 < +∞ ⇒ 0 ≤ g p < +∞ µ-q.o.⇒i.e. 0 ≤ g < +∞ µ-q.o.
⇒ 0 ≤ +∞
P P+∞
j=2 | Fνj − Fνj−1 |< +∞ µ-q.o.⇒ j=2 (fνj − fνj−1 ) converge
P+∞
i.e. j=2 (fνj (x) − fνj−1 (x)) →N →+∞ k(x) µ-q.o.
⇒ fνN (x) = fνN (x) − fν1 (x) + fν1 (x) →N →+∞ k(x) + fν1 (x) µ-q.o.
i.e. fνN (x) →N →+∞ f (x)) µ-q.o.
p=+∞ Le gN convergono anche in questo caso puntualmente a g e quindi
anche le norme devono convergere per gli stessi motivi La convergenza
è però anche uniforme dato che il sup delle norme è proprio Mg per la
convergenza puntuale
NB f∈ Lp (X)
Allora
– f è limite di funzioni misurabili e quindi misurabile per il lemma
di Fatou
R R
– X | f − fν1 |Rp dµ = X limN →+∞ | fνN − fν1 |p dµ ≤
lim inf N →+∞ X | fνN − fν1 |p dµ =
lim inf N →+∞ || FνN − Fν1 ||pp ≤ 21p ⇒|| F ||p ≤|| F − fν1 ||p + ||
fν1 ||p < +∞
Proposizione R
Sia F:=[f] , allora || Fh − F ||p →j→+∞ 0 i.e. X | fj − f |p dµ →j→+∞ 0
Dimostrazione
R R
X
| fj − f |pR dµ = X limk→+∞ | Fj − Fνk |p dµ ≤
lim inf k→+∞ X | Fj − Fνk |p dµ = lim inf k→+∞ || Fj − Fνk ||pp ≤ ( 21k )p
⇐⇒ R j ≥ νk
⇒ X | Fj − F |p dµ ≤ ( 21k )p
⇐⇒ j ≥ νk
Da cui la tesi
Corollario
Sia (X, A, µ) uno spazio misura e p∈ [1, +∞]
Lp (X)
Allora ogni successione {fj }j | fj ⊂ Lp (X) tale che {[fj ]} converge in ∼
ha una sottosuccessione convergente µ-q.o. a una funzione di Lp (X).
82
Osservazione
In generale una successione {fj }j ⊂ Lp (X) | {Fj }j sia convergente in Lp (X)
non converge q.o., fatta eccezione per il caso p = +∞
Ad esempio p=1 misura di Lebesgue in [0,1] ([0,1],ML1 , L1 )
R
fj ∈ 2[0,1] || fj ||1 = [0,1] | fj | dx ≤≤ +∞
| Fj |1 → 0 i.e. || [fj ] − [0] ||1 → 0
∀x ∈ (0, 1){fj (x)}j è formata da infiniti 0 e infiniti 1 e quindi non converge
|| v ||≥ 0 Banale dalla definizione di prodotto scalare ovvero una forma bilineare
simmetrica definita positiva a valori reali
|| v ||= 0 Banale dalla definizione di prodotto scalare ovvero una forma bilineare
simmetrica definita positiva a valori reali
1 1
|| λv ||=| λ ||| v || Sia λ ∈ R, v ∈ V ⇒|| λv ||= (λv.λv) 2 = [λ2 (v, v)] 2 =| λ ||| v ||
83
⇒ t2 || v ||2 +2t(u, v)+ || u ||2 ≥ 0 ∀t ∈ R
⇒ ∆ ≤ 0 = 4(u, v)2 − 4 || v ||2 || u ||2 ≤ 0
⇒ (u, v)2 ≤|| v ||2 || u ||2 ∀u, v ∈ V
⇒| (u, v) |≤|| v |||| u || ∀t ∈ R
|| u + v ||2 = (u + v, u + v) =
|| u ||2 +2(u, v)+ || v ||2 ≤|| u ||2 +2 || u |||| v || + || v ||2
= (|| u || + || v ||)2
⇒|| u + v ||≤|| u || + || v ||
Definizione
Uno spazio di Hilbert è uno spazio di Banach (come definito nel teorema di
Fisher-Riesz ) in cui la norma è indotta da un prodotto scalare
Osservazione
Se (X, A, µ) è uno spazio con misura allora la norma || ∗ ||2 è indotta dal
seguente prodotto
R scalare
(F, G) := X f g dµ con f∈ F ,g∈ G F,G ∈ L2 (X)
(È facile provare sia unR prodotto scalare)
1 1
In effetti (F, F ) 2 = ( X f 2 dµ) 2 =|| f ||2 =|| F ||2
D’altra parte L2 (X) è uno spazio di Banach grazie al teorema di Fischer-Riesz
e quindi (L2 (X), || ∗ ||2 ) è uno sapzio di Hilbert
Definizione
Sia H uno spazio di Hilbert
( è detto “famiglia ortonormale (in H)” se per ogni x, y ∈ F si ha
Allora F⊂H
1 ⇐⇒ x = y
(x, y) =
0 ⇐⇒ x 6= y
Una famiglia ortonormale F si dice completa se
@h ∈ H | ∀f ∈ F (f, h) = 0 h 6= 0
Esempio
H= R3 F={e1 , e2 }
e1 = (1, 0, 0) e2 = (0, 1, 0) e3 = (0, 0, 1)
⇒ F è famiglia ortonormale non completa poichè e3 6= 0 ma (e3 , e1 ) =
(e3 , e2 ) = 0
Invece E={e1 , e2 , e3 } è famiglia ortonormale completa
Infatti sia h| (h, e1 ) = 0
84
(h, e2 ) = 0
(h, e3 ) = 0
⇒ h = 0, h2 , h3
⇒ h = 0, 0, h3
⇒ h = 0, 0, 0 = 0
Proposizione
Sia F una famiglia ortonormale in uno spazio di Hilbert H e si indichi con Γ
lo spazio vettoriale delle combinazioni lineari finite in F
Se Γ è denso in H allora F è una famiglia ortonormale completa
Dimostrazione
Sia h∈ H | (h, f ) = 0 ∀f ∈ F
⇒ (H, γ) = 0 ∀γ ∈ Γ
γ = c1 f1 + c2 f2 ... + ck fk fi ∈ F
⇒ (h, γ) = c1 (h1 , f1 )....ck (hk , fk ) = c1 ∗ 0...ck ∗ 0 = 0
Inoltre poichè ΓH = H esiste {γn } ⊂ Γ | γn →n→+∞ h
i.e. || h − γn ||→n→+∞ 0
|| h ||2 = (h, h) = (h, h) − 0 = (h, h) − (h, γn ) = (h, h − γn ) ∀n
⇒|| h ||2 = 0 ⇒|| h ||= 0 ⇒ h = 0
Teorema
Ogni spazio di Hilbert H contiene una famiglia ortonormale completa. Se H
è separabile allora ogni
Dimostrazione
Vedere le dimostrazioni opzionali
Teorema 3.6
Sia F={v1 , v2 ...} una famiglia ortonormale numerabile in uno spazio di Hilbert
H.
Allora
2. ∀h ∈ H vale +∞ 2 2
P
i=1 (h, v1 ) ≤|| h || (disuguaglianza di Bessel)
85
P P+∞ 2
3. c1 , c2 ... ∈ R ⇒P i ci vi converge in H ⇐⇒ i=1 ci < +∞
In particolare i (h, vi )vi converge ∀h
4. Se F è completa
P allora
∀h ∈ H i (h, vi )vi = P
h
In particolare la serie i (h, vi )vi converge incondizionatamente, cio‘e
la sua somma non dipende dall’ordine dei suoi addendi.
Premessa geometrica
Sia H=R3 e v1 , v2 una famiglia ortonormale
Dimostrazione
1. Generalizzando
|| h − m
P 2
Pm Pm
i=1 Pc i vi || = (h − Pi=1 c i vi , −
Pm i=1 ci vi ) =
h
|| h ||2 −2(h m c v ) + ( m
c v j=1 cj vj ) =
2
Pm i=1 i i Pm i=1 i i
2
|| h || −2 i=1 ci (hi vi ) + i=1 ci ← Diverso da 0 solo se i=j
Raccogliendo
P e completando ilPquadrato
|| h ||2 + Pm i=1 i [c − (h v )]
i iP
2
− m 2
i=1 (hi vi ) =
m m
|| h ||2 − P i=1 (hi vi ) +
2
i=1 [ci − (hi vi )]
2
m
≥|| h ||2 − i=1 (hi vi )2
Pm ci con (hi vi ) nelle equazioni iniziali della dimostrazione
Sostituendo
=|| h − i=1 (hi vi )vi ||
Inoltre se vale l’uguale allora deve banalmente verificarsi
ci = (hi vi )
86
2. Dai calcoli precedenti si ottiene || h ||2 − m
P 2
Pm
i=1 (h i vi ) =|| h− i=1 (hi vi )vi ||≥
0 P
⇒ Pm 2 2
i=1 (hi vi ) ≤|| h || ∀m
+∞ 2 2
⇒ i=1 (hi vi ) ≤|| h || dunque è una serie convergente e perciò
(hi vi ) → v → +∞0
Poniamo SN := N
P PN 2
3. P i=1 ci vi e σN := i=1 ci
+∞
i=1 ci vi converge in H ⇐⇒ {SN }N converge in (H, || ∗ ||) ⇐⇒
{SN }N è di Cauchy in (H, || ∗ ||)
Ora PN +K PN +K PN +K
|| SN +K − SN ||2 =|| i=N c i v i ||2
= ( c i v i , i=N +1 ci vi )
PN +K P+1 N +K 2
i=N +1
= i=N +1 ci cj (vi , vj ) = i=N +1 ci = σN +K − σN
Grazie a ciò {SN }N è di Cauchy in (H, || ∗ ||) ⇐⇒ P
+∞ 2
{σN }N è di Cauchy P+∞ in R 2⇐⇒ {σ}2 converge ⇐⇒ i=1 ci P
< +∞
Inoltre poichè i=1 (h, vi ) ≤|| h || < +∞ ⇒perBesselci =(hi vI ) +∞ i=1 (h, vi )vi
converge
⇒| S − h, vi |= 0 ∀i ⇒ S = h
Sia infine {ui } una permutazione di {vi }i P+∞
⇒ {ui } è una
P+∞ famiglia ortonormale
P+∞ completa ⇒ Pi=1 (h, ui )ui < +∞
+∞
Inoltre ⇒ i=1 (h, ui )ui = h ⇒ i=1 (h, ui )ui = i=1 (h, vi )vi
Applicazione
Un’importante applicazione della teoria precedente si ottiene considerando
lo spazio con misura (X, A, µ) indotto dalla misura esterna L! |2[−π,π] quindi
([−π, π], ML1 |2[−π,π] , L1 |2[−π,π] )
Consideriamo il corrispondente spazio di Hilbert H=(L2 [−π, π], || ∗ ||2 )
Dove la norma è indotta dal seguente prodotto scalare
87
R Rπ
(f, g)L2 := X f gdµ = −π f gdLn
Si tratta della cosiddetta “teoria L2 delle serie di Fourier” che qui descriveremo
sommariamente.
Prima di tutto ‘e facile provare che il “sistema trigonometrico”
1
F:={√2π } | ∪{ cos(nt)
√
π
, sin(nt)
√
π
}+∞
n=1
è una famiglia ortonormale in L2 (−π, π)
Dimostrazione
Teniamo presenti le seguenti identità
88
Osservazione
In particolare dal precedente deriva
R π che
limn→+∞ (f, cos(nt)) = limn→+∞ −π f (t) cos(nt)dt = 0
Rπ
limn→+∞ (f, sin(nt)) = limn→+∞ −π f (t) sin(nt)dt = 0
1
• Sistema trigonometrico:= {√2π } ∪ { cos(nx)
√
π
, sin(nx)
√
π
}+∞
n=1
Accenno di dimostrazione
Definiamo una funzione continua a supporto compatto in (−π, π) in modo
che sia 0 in un intorno destro di −π e in uno sinistro di π e continua nel
mezzo
L’insieme delle funzioni continue a supporto compatto in (−π, π) è indicato
con Cc (−π, π) := {g : (−π, π) → R} ← g continua a supporto compatto
89
Dimostrazioni
Vedere il capitolo sulle dimostrazini opzionali
Corollario 3.1
Le combinazioni lineari finite di elementi del sistema trigonometrico formano
uno spazio vettoriale denso in (L2 (−π, π), || ∗ ||2 )
Quindi per una preposizione precedente il sistema trigonometrico è una base
Dimostrazione
Sia f ∈ L2 (−π, π) Ora procediamo per passi
p
NB ϕ(cos(t), sin(t)) = cos2 (t) + sin2 (t)g(θ(cos(t), sin(t)) = g(t) t ∈
(−π, π]
90
Rπ 1
( −π | P (cos(t), sin(t)) − ϕ(cos(t), sin(t)) |2 dt) 2 + ≤
Rπ 1
( −π sup(x,y)∈K | P (x, y) − ϕ(x, y) |2 dt) 2 +
Rπ 1 Rπ 1 √
≤ ( −π 2 dt) 2 + = ( −π 1dt) 2 + = 2π +
√
Quindi || F − f ||2 ≤ ( 2 + 1)
Si vede poi che F combinazione lineare finta di elementi del sistema trigonometrico
il che conclude la dimostrazione
Nel dettaglio si prova sui monomi calcolati in (cos(t), sin(t))
Sia ad esempio
− cos(2t)+1 2
m=x2 y 3 = (cos(t))2 (sin(t))2 (sin(t)) = cos(2t)+12 2
sin(t) = 1−(cos(2t))
4
sin(t)
1 (cos(2t))2 1 1 (cos(4t)+1)
4
sin(t) − 4
sin(t) = 4 sin(t) − 4 2
sin(t) =
1
4
sin(t) − 8 sin(t) − 8 cos(4t) sin(t)√= 8 sin(t)√ − − sin(5t)−sin(−3t)
1 1 1
16
√
=
1 1 1 π sin(t) π sin(3t) π sin(5t)
8
sin(t) + 16 sin(3t) − 16 sin(5t) = 8 √π + 16 √π − 16 √π
Quindi ogni monomio è esprimibile come combinazione finita di elementi del
sistema trigonometrico
⇒ Il sistema trigonometrico è base di L2 (−π, π) poichè approssimiamo in
esso ogni funzione in maniera arbitrariamente precisa
Corollario
∀f ∈ L2 (−π, π) la serie di Fourier di f converge incondizionatamente ad f in
(L2 (−π, π), || ∗ ||2
Corollario (a Fisher-Ritz)
Se f ∈ L2 (−π, π)
allora esiste una sottosuccessione
PN 1 di
SN (x) := 2π (f, 1) + n=1 [ π (f, cos(nt))cos(nt) + π1 (f, sin(nt)) sin(nt)]
1
Osservazione
Nel 1915 Lusin pose la questione della convergenza quasi ovunque di “tutta”
la successione (2.4). La risposta affermativa venne oltre cinquant’anni dopo,
in un profondo lavoro di Lennart Carleson [2].
91
3.3 Convergenza puntuale della serie di Fourier per una
funzione regolare a tratti
Premessa
Definiamo p-periodica una funzione
f: X → Y | f (x + kp) = f (x) ∀x ∈ X, ∀k ∈ Z
Equilimitata:= ogni funzione della serie è limitata dagli stessi valori
Convergenza uniforme:= i intervallo chiuso,{fn }n successione di funzioni ed
f funzione continua
⇒ limn→+∞ supx∈i | f (x) − fn (x) |= 0
Definizione
Sia data una funzione 2π−periodica f : R → R Allora:
Teorema 3.9
Sia data una funzione 2π−periodica e regolare a tratti f : R → R Allora:
f (x−0)+f (x+0)
i ∀x ∈ R la serie di Fourier di f in x è uguale a 2
In particolare, se f è continua in x, allora la serie di Fourier di f in x è
uguale a f(x).
92
(
1 ⇐⇒ x = 1
g(x) =
0 ⇐⇒ x 6= 1
Ma supx∈[0,1] | gn (x) − g(x) |= 1
Quindi la convergenza non è uniforme
iii Se f è continua, la sua serie di Fourier converge uniformemente a f
NB iii è diretta conseguenza di ii poichè
supx∈R | f (x) − SN (x) |= supx∈[−π,π] | f (x) − SN (x) |→ 0 per ii
Osservazione
Consideriamo una funzione 2π−periodica e continua a tratti f : R → R
Allora
Ppossiamo scrivere la serie di Fourier di f:
a0 +∞
2
+ n=1 (an cos(nx) + bn sin(nx) x ∈ (R)
Dove R
π
an := π1 −π f (t) cos(nt)dt n = (0, 1, 2...)
e Rπ
bn := π1 −π f (t) sin(nt)dt n = (1, 2...)
Si vede subito che
Osservazione
Naturalmente la teoria della serie di Fourier che abbiamo presentato per le
funzioni 2π−periodiche può essere “riformulata” per le funzioni 2L-periodiche:
basta rifare tutto applicando i risultati astratti allo spazio di Hilbert
H := L2 (−L, L), dove lo spazio con misura considerato stavolta è quello
indotto da L1 (−L, L)
Per
n cominciare, il sistema trigonometrico da utilizzare in questo caso è
o n o +∞
√1 ∪ √1 cos( Lπ nt), √1L sin( Lπ nt)
2L L n=1
Eccetera.
93
Osservazione
Dalle serie di Fourier di può ottenere una funzione continua in R (e 2π−periodica)
che non è derivabile in alcun punto, si veda per esempio [10, Cap. 2, Sez. 6].
94
4 Successioni e serie di funzioni
Definizione
Sia X⊂ R e sia fn : X → R (n = 1, 2, ..) una successione di funzioni
Allora si dice che “{fn } converge uniformemente in E⊂ X a una funzione f”
se f è definita nei punti di E e se
supx∈E | fn (x) − f (x) |→n→+∞ 0
Osservazione
fn (x) → f uniformemente in E ⇒ fn (x) → f puntualmente in E
Infatti ∀x ∈ E | fn (x) − f (x) |≤ supx∈E | fn (x) − f (x) |→n→+∞ 0
(
0 ⇐⇒ x ∈ (−1, 1)
f (x) =
1 ⇐⇒ x = 1
supx∈(−1,1] | fn (x) − f (x) |→n→+∞ 1
95
(Da notare come in un sottoinsieme chiuso di (-1,1) la convergenza sia
uniforme)
Memo
lim inf n→+∞ an = limk→+∞ inf n≥k an = supk∈N inf n≥k an
lim supn→+∞ bn = limk→+∞ supn≥k bn = inf k∈N supn≥k bn
∃ limn→+∞ cn ⇐⇒ lim inf n→+∞ cn = lim supn→+∞ an
lim inf n→+∞ −an = − lim supn→+∞ an
Proposizione (
L + > an (def initivamente)
R 3L=lim supn→+∞ an ⇐⇒ ∀ > 0
L − < an (def initivamente)
(
S + δ > bn (def initivamente)
R 3S=lim inf n→+∞ bn ⇐⇒ ∀δ > 0
S − δ < bn (def initivamente)
Una successione {fn }n di funzioni continue può avere limite discontinuo ma
vale il seguente
Teorema 4.1
Sia X ⊂ R e sia fn : X → R (n = 1, 2, . . .) una successione di funzioni che
converge uniformemente alla funzione f in E ⊂ X.
Se le funzioni fn sono continue in E allora anche f è continua in E.
Dimostrazione
Sia {xk }k ⊂ E | xk →k→+∞ x ∈ E
| f (xk ) − f (x) |=| f (xk ) − fn (xk ) + fn (xk ) − fn (x) + fn (x) − f (x) |≤
| f (xk ) − fn (xk ) | + | fn (xk ) − fn (x) | + | fn (x − f (x) |≤
supx∈E | f (xk ) − fn (xk ) | + | fn (xk ) − fn (x) | + supx∈E | fn (x) − f (x) |
i.e.
lim supk→+∞ | f (xk ) − f (x) |≤
2 supx∈E | f (xk )−fn (xk ) | + | fn (xk )−fn (x) |= 2 supx∈E | f (xk )−fn (xk ) | +0
→n→+∞ 0
Dato che lim inf di funzioni positive è banalmente positivo
lim inf k→+∞ | f (xk ) − f (x) |≥ 0 ⇒ 0 ≤| f (xk ) − f (x) |≤ 0 ⇒
| f (xk ) − f (x) |= 0
Cioè esiste per ogni punto del codominio un suo intorno che soddisfi la
definizione − δ di continuità
96
Esempi
0 ⇐⇒ x ≤ 0
(
1
• fn : R → R fn (x) = nx ⇐⇒ 0 < x ≤
n
1
1 ⇐⇒ x >
n
f (x) = χ(0,+∞)
fn (x) → f puntualmente in R
R1 R1
NB limn→+∞ f (x)dx =
−1 n −1
f (x)dx
97
∀x ∈ [0, 1] fn (x) = 0 definitivamente ⇒ fn (x) →n→+∞ 0 ⇒ f = 0
La convergenza è puntuale ma non uniforme poichè
limn→+∞ supx∈X | fn (x) − f (x) |= limn→+∞ supx∈X | fn (x) |= 1
Tra l’altro questo implica come nel teorema precedente non valga l’implicazione
contraria
fn (x) →n→+∞ f (x) ∨Rfn , f ∈ C 0 ⇒Rla convergenza è assoluta
1 1 R1
Inoltre 0 = limn→+∞ 0 fn (x)dx = 0 0dx = 0 f dx
1
0 ⇐⇒ x ≤ 0 ∨ x >
( n
1
• X=[0,1] fn (x) = 2n2 x ⇐⇒ 0 < x ≤
2n
1 1
− 2n2 x + 2n ⇐⇒ <x≤
2n n
f=0
limn→+∞ supx∈X | fn (x) − f (x) |= limn→+∞ supx∈X | fn (x) |= n
⇒ fn 6→unif f inD (ma uniformemente in [a,1],a>0)
1
R1 n R1
f (x)dx = n2 = 12 6→ 0 f (x)dx = 0
0 n
⇒ Per Lebesgue non esiste g sommabile dominante fn (x)
98
Teorema 4.2
Ogni spazio vettoriale normato di dimensione finita ‘e uno spazio di Banach.
Dimostrazione
Sia (V, || ∗ ||) uno spazio vettoriale normato finito Procediamo per gradi
ii (generico)
Sia {e1 , e2 , ..en } base di V (n=dim V)
Definita Φ := Rn → V | Φ(x) = x1 e1 , x2 e2 , ..xn en ⇒ Φ è biettiva
Inoltre x→|| Φ(x) || è continua poichè
| || Φ(x) || − || Φ(y) || | x, y ∈ Rn
≤|| Φ(x) − Φ(y) ||=|| Φ(x − y) ||=
|| (x1 − y1 )e1 + (x2 − y2 )e2 + ...(xn − yn )en ||≤
| x1 − y1 ||| e1 || + | x2 − y2 ||| e2 || +... | xn − yn ||| en ||
= prodotto scalare euclideo di ((x1 − y1 ), (x2 − y2 ), ...(xn − yn )) e (|| e1 ||
, || e2 ||, .. p
|| en ||)
≤| x − y | || e1 ||2 , || e2 ||2 , .. || en ||2
Grazie alla disuguaglianza di Cauchy-Shwarz
Sia ora S n−1 la sfera unitaria
Allora essendo compatta posso applicarci Weistrass e percioò
∃x(m) m, x(M ) ∈ S n−1
|| Φ(x(M ) ) ||= supx∈S n−1 || Φ(x) ||= maxx∈S n−1 || Φ(x) ||= M
|| Φ(x(m) ) ||= inf x∈S n−1 || Φ(x) ||= minx∈S n−1 || Φ(x) ||= m
x
⇒∀x∈Rn \0 m ≤|| Φ( |x| ) ||≤ M
⇒ m | x |≤|| Φ(x) ||≤ M | x | Inoltre il caso 0 vale banalmente in
quest’ultima disuguaglianza
Sia ora {vh }h una successione di Cauchy in (V, || ∗ ||)
Per la biettività
∀vh ∈ x(n) | Φ(x(h) ) = vn ⇒|| vh − vk ||=|| Φ(x(h) ) − Φ(x(k) ) ||=
|| Φ(x(h) − x(k) ) ||≥ m | x(h) − x(k) |⇒| x(h) − x(k) |≤ m1 || vn − vk ||
99
NB m ≥ 0 banalmente inoltre
m=0 ⇐⇒ || Φ(x(m) ) ||= 0 ⇒ Φ(x(m) ) = 0 = Φ(0)
E per iniettività x(m) = 0 il che è assurdo
Proposizione 4.1
Sia W=W ⊂ (V, || ∗ ||)
Allora (W, || ∗ ||) è uno spazio di Banach.
Dimostrazione
Sia {xn }n una successione di Cauchy in (W, || ∗ ||) ⇒ {xn }n è una successione
di Cauchy in (V, || ∗ ||) ⇒ ∃v ∈ V | || wn − v ||→n→+∞ 0
Ma W contiene i suoi punti di accumulazione essendo denso e quindi v∈ W
Proposizione 4.2
Sia E ⊂ R(esendibile a Rn )
n
Allora l’insieme L+∞ (E) := {f : E → R(estendibile a RequindiaR )| supx∈E |
f (x) |< +∞}
con le ordinarie operazioni di somma e di moltiplicazione per scalare delle
funzioni è uno spazio vettoriale
Inoltre la mappa L+∞ (E) → [0, +∞) f → supx∈E | f (x) |
è una norma, indicata con || ∗ ||∞,E .
Dimostrazione
(Parziale ) ∀x | (f + g)(x) |=| f (x) + g(x) |≤| f (x) | + | g(x) |≤
|| f (x) ||∞,E + || g(x) ||∞,E < +∞
⇒ supx∈E | (f + g)(x) |< +∞ ⇒ ∃ || (f + g)(x) ||∞,E
[Dimostrare che è uno spazio vettoriale ]
Resta da far vedere sia una norma
|| f (x) ||∞,E ≥ 0 ∀f ∈ L∞ (E) banalmente
Inoltre || f (x) ||∞,E = 0 ⇒ supx∈E | f (x) |= 0 ⇐⇒ f = 0
La disuguaglianza triangolare è stata provata dimostrando la prima parte
[ Dimostrare la positiva omogenità
Notare come si possa scrivere in prima istanza || Cf (x) ||∞,E grazie al fatto
che sia uno spazio vettoriale]
100
Osservazione
Sia E⊂ R
fn → f in L∞ (E) ⇐⇒ {fn }n ⊂ L∞ f ∈ L∞ (E)
supx∈E | fn (x) − f (x) |=|| fn (x) − f (x) ||∞,E →n→∞ 0
Mentre
fn → f uniformemente in E ⇐⇒ {fn }n , f : E → R
supx∈E | fn (x) − f (x) |→n→∞ 0
La differenza sta nel fatto che la convergenza uniforme non presuppone la
limitatezza
Esempio di discrepanza
Consideriamo la successione fn : (0, 1) → R (n = 1, 2, . . .)
definita come segue
fn (x) := x1 + n1 x ∈ (0, 1)
Sia f : (0, 1) → R definita da
f (x) := x1 x ∈ (0, 1) Allora fn converge uniformemente a f in (0, 1), ma
poichè f, fn 6∈ L∞ (0, 1)
la scrittura|| fn − f ||∞,(0,1) → 0
è semplicemente scorretta e priva di significato.
Proposizione 4.3
Sia E⊂ X ⊂ R fn : X → R n ∈ N
Allora
Dimostrazione
1. Sia x∈ E ⇒
| fn |E (x) |=| fn |E (x) − f (x) + f (x) |≤| fn |E (x) − f (x) | + | f (x) |
101
≤ supx∈E | fn |E (x) − f (x) | + || f (x) ||∞,E ⇒n→+∞ || f (x) ||∞,E
⇒ ∃N | ∀n ≥ N supx∈E | fn |E (x) − f (x) |≤ 1
⇒| fn |E (x) |≤ 1+ || f ||∞,E ∀x ∈ E, n ≥ N
= supx∈E | fn |E (x) |≤ 1+ || f ||∞,E < +∞ ∀n ≥ N
⇒ fn |E ∈ L∞ (E) ∀n ≥ N
⇒ ∀n ≥ N || fn |E −f ||∞,E →n→+∞ 0
Teorema 4.3
Sia E ⊂ R
Allora
Dimostrazione
102
fn →unif ormemente(E) f ⇒ f ∈ C(E) ⇒ f ∈ C(E) ∩ L∞ (E) = Cb (E) ⇒
Cb è chiuso
Quindi (Cb (E), || ∗ ||∞,E ) è spazio di Banach
Se E è compatto
f ∈ C(E) ⇒ f (E) è compatto ⇒ f ∈ L∞(E)
i.e.C(E) ⊂ L∞ (E) ⇒ Cb (E) = C(E) ∩ L∞ (E) = C(E) ⇒
(C(E), || ∗ ||∞,E ) è spazio di Banach
Osservazione
Esistono spazi vettoriali normati non completi (osserviamo che tali spazi non
possono avere dimensione finita, per un teorema precedente )
Per esempio, consideriamo l’insieme dei polinomi a cofficienti reali in (0, 12 ),
cioè
P := {f |(0, 1 )|f ∈R[x]≤L∞ (0, 1 ) } ← un sottospazio eredita la norma dello spazio
2 2
(
Consideriamo le successioni {SnP }n ⊃ P | Sn x) := 1 + x + x2 ... + xn x ∈ (0, 21 )
Se m > N | Sm (x) − SN (x) |=| m j
j=N +1 x |≤ 1
Pm−N −1 j −1 j n+1 m−n ) ( 1 )N +1
=| x |N +1 0=j x = xN +1 m−N x = x (1−x ≤ 2 1 = 21N
P
0=j 1−x 2
⇒ supx∈(0, 1 | Sm (x) − SN (x) |=|| Sm (x) − SN (x) ||∞,(0, 1 )
2 2
le 21N
È quindi una successione di Cauchy nel sottospazio e quindi anche in L∞ (E)
Dalla seconda affermazione ne discende la convergenza nello spazio di Banach
L∞ (E)
Ma tale f può essere calcolata esplicitamente. Infatti essa deve essere anche
il limite puntuale delle fn , per cui ,e in effetti, sappiamo che
1
f (x) = limn→+∞ fn (x) = limn→+∞ (1 + x + x2 .. + xn ) = 1−x uniformemente
1
in (0, 2 ) ma questo si vede non essere un polinomio e quindi (P, || ∗ ||∞,(0, 1 )
2
non è completo
Più nello specifico
1 1 2 3
P 63 1−x ⇐ S (1) (x) = (1−x)2 S
(2)
(x) = (1−x) 3 S
(3)
(x) = (1−x) 4
Proposizione 4.4
Sia f∈ C ∞ (a, b) x0 ∈ (a, b) −∞ < a < b < ∞
Supponiamo ∃C > 0 | supx∈(a,b) | f (n) (x) |≤ C n ∀n > N
103
⇒ f ∈ L∞ (a, b) e || Tx0 ,n (x) − f (x) ||∞,(a,b) →n→∞ 0
dove Tx0 ,n (x) indica il polinomio di Taylor di grado n con centro in x0
Dimostrazione
Per la formula di Taylor ∀n ∈ N, x ∈ (a, b) ∃ξx,n ∈ (x0 , x) | f (x) =
(n+1) (ξ n+1
Tx0 ,n (x) + f x,n )(x−x0 )
(n+1)!
f (n+1) (ξx,n )(x−x0 )n+1
⇒| f (x) − Tx0 ,n (x) |=| (n+1)!
|
n+1 n+1
≤def initivamente C n+1 (b−a)
(n+1)!
k
= (n+1)! ∀x ∈ (a, b)
k n+1
⇒ supx∈(a,b) | f (x) − Tx0 ,n (x) |≤ (n+1)!
Proposizione 4.5
Sia {fn }n una successione convergente a f in (C([a, b]),|| ∗ ||∞,[a,b] ) Allora
Rb Rb
limn→+∞ a fn dx = a f dx
Dimostrazione
Rb Rb Rb Rb
| a fn dx − a f dx |=| a (f − fn )(x)dx |≤ a | (f − fn )(x) | dx ≤
Rb
a
supx∈(a,b) | (f − fn )(x) | dx = (b − a) || f − fn ||∞,[a,b] →n→∞ 0
Corollario 4.1
Sia [a, b] un intervatto compatto di R e consideriamo una successione
{fn }n ⊂ C 1 ([a, b]) |
104
0
ii {fn }n converge in (C([a, b]), || ∗ ||∞,[a,b] )
Sia g il limite
0
Allora f ∈ C 1 ([a, b]) e più precisamente si ha f = g
Dimostrazione Rx 0
Per il teorema fondamentale del calcolo fn (x) = fn (a) + a fn (t)dt
∀n ∈ N, x ∈ [a, b]
0 0 0
NB supt∈[a,x] | fn (t) |> supt∈[a,b] | fn (t) |=|| fn (t) ||∞,[a,b] < +∞
0
⇒ fn (t) |[a,x] ∈ L∞ ([a, x])
0 0
Inoltre || g |[a,x] −fn (t) |[a,x]
R ||x ∞,[a,b] ≤|| g − fn ||∞,[a,b] →n→∞ 0
n → ∞ ⇒ f (x) = f (a) + a g(t)dt ∀x ∈ [a, b]
Per il teorema fondamentale del calcolo
f ∈ C 1 ([a, b])
0
f (x) = g(x) ∀x ∈ (a, b) R
a+h
g(t)dt
Derivando f (a+h)−f
h
(a)
= a h → g(a)
Similmente in b il che prova la tesi
Proposizione 4.6
Consideriamo uno spazio di Banach (V, || ∗ ||) e una successione
{vj }j ⊂ V | vj →totalmente v ∈ V
Allora tale serie converge anche semplicemente in V .
Dimostrazione
UsiamoPla successione delle sommePNparziali
N
SN := j=1 vj e poniamo σN := j=1 || vj ||
∀k ≥ 1 ⇒|| SN +K − SN ||=|| N
P +K PN +K
j=N +1 vj ||≤ j=N +1 || vj ||=| σN +K − σN |
105
Poichè {σN }N è di Cauchy convergendo in un Banach
⇒ {SN }N è di Cauchy e quindi converge trovandoci sempre in uno spazio di
Banach
i Sia E ⊂ R e sia {fj }J una successione in (L∞ (E), || ∗ ||∞,E ) tale che la
serie delle fj converge totalmente in L∞ (E)
Allora tale serie converge anche semplicemente in L∞ (E)
ii Sia E ⊂ R e sia {fj }J una successione in (Cb (E), || ∗ ||∞,E ) tale che la
serie delle fj converge totalmente in Cb (E)
Allora tale serie converge anche semplicemente Cb (E)
iii Sia E ⊂ R compatto e sia {fj }J una successione in (C(E), || ∗ ||∞,E ) tale
che la serie delle fj converge totalmente in C(E)
Allora tale serie converge anche semplicemente in C(E).
Dimostrazione
SiaSN ; = N
P
j=1 fj ⇒ ∃S ∈ ([a, b]) | limN →+∞ || SN − S ||∞,[a,b] = 0
i.e. SN →N →+∞ S in L∞ ([a, b])
Rb Rb
⇒ a S(x)dx =teoriadellesuccesisoni limN →∞ a SN (x)dx =
R b PN PN R b RbP P Rb
a j=1 fj (x)dx = j=1 a fj (x)dx ⇒ a j fj dx = j a fj (x)dx
Corollario 4.6
Similmente si prova che Sia [a, b] un sottoinsieme compatto di R e consideriamo
una successione
{fj }j ⊂ C 1 ([a, b]) |
P
i j fj →puntualmente F in [a,b]
P 0
ii j fj →G in (C[a, b], || ∗ ||∞,[a,b] )
0 0
Allora F ∈ C 1 ([a, b]) e più precisamente si ha G =F =
P
j fj
106
Corollario 4.7
Si considerino
f ∈ C ∞ (a, b)ex0 ∈ (a, b) −∞ < a < b < ∞
Dimostrazione
n (x ) n (x )
|| f n! 0
(x − x0 )n ||∞,[a,b] = supx∈[a,b] | f n! 0
(x − x0 )n |
n n n
≤ C (b−a)
n!
(x − x0 )n = (C(a−b))
n!
Ogni addendo è maggiorato da uno di una serie convergente (defininitivamente
ma quelli precedenti sono in numero finito e hanno quindi somma finita)
quindi la serie originale converge
1. Se a0 + ∞ j
P
j=1 aj x converge in un punto y ∈ R \ 0, allora essa converge
totalmente in (C([-r, r]),|| ∗ ||∞,[−r,r] ) 0 < r <| y |
3. Se R > 0, la funzione x → a0 + ∞ j
P
j=1 aj x x ∈ (−R, R) è continua.
Dimostrazione
1. y ∈ D ⇒ ∞ n n
P
n=0 aN y converge ⇒ limn→∞ aN y = 0
⇒ ∃C > 0 || an y n |≤ C ∀n
Sia ora x ∈ [−r, r] ⇒| an xn |=| an y n ( xy )n |=| an y n | ( |x|
|y|
)n ≤
107
C( |x|
|y|
r n
)n ⇒|| an xn ||∞,[−r,r] ≤ C( |y| ) ← serie geometrica che converge su
tutto R e quindi quella iniziale converge totalmente in
(C([-r, r]),|| ∗ ||∞,[−r,r] )
• x ∈ (−R, R) ⇒ ∃y ∈ D || y |>| x |
⇒ converge totalmente in (C([-r, r]),|| ∗ ||∞,[−r,r] )
⇒ x ∈ D ⇒ (−R, R) ≤ D
• y ∈ D ⇒| y |≤ R ≤⇐| y |∈ [−R, R]
⇒ D ⊆ [R, R]
Esempi
P∞
• 0=n xn D = (−1, 1) R = 1
1
P∞ xn+1
• | fn+1
1 n
0=n n x fn
n
|=| n+11 xn |= n+1 | x |→n→∞ | x |
n
R = 1 ⇒ D = [−1, 1)
P∞ (−1)n n
• 0=n n
x D = (−1, 1] ⇒ R = 1
P∞ xn
• 0=n n2 D = [−1, 1] ⇒ R = 1
Proposizione 4.8
Sia
P∞data una serie di potenze
n
n=0 an x (an ∈ R)
con raggio di convergenza R e poniamo
ρ := lim supn→+∞ | an |1/n Allora
108
( 0 ⇐⇒ ρ = +∞
1
R= ⇐⇒ ρ ∈ (0, +∞)
ρ
+ ∞ ⇐⇒ ρ = 0
Inoltre, se definitivamente e con an 6= 0 si ha che
∃ limn→∞ | an+1
an
|⇒ limn→∞ | an+1
an
|= ρ
Dimostrazione
1
(x0 6= 0) | an xn |=| an || x |n = (| an | n | x |)n
1 1 1
1. ρ = 0 ⇒ 0 = lim sup ann ≥ lim inf ann ⇒ lim ann = 0
1 1
(| an | n | x |)n ≤def initivamente ( 2|x| | x |)n = 21n e quindi la serie converge
ovunque quindi R=∞
2. ρ < ∞ ⇒ ∀x ∈ R \ {0}
1
(| an | n | x |)n ≤def initivamente ((ρ + ) | x |)n ≤ 1 se la serie converge
1 1
⇒| x |≤ ρ+ ⇒ R ≤ ρ+ →∀ ρ1 ≥ R
1
(| an | n | x |)n ≥def initivamente ((ρ − ) | x |)n
1 1 1
⇒ (ρ − ) | x |≥ 1 ⇒| x |≥ ρ− ⇒ ρ− ≤ R →∀ ρ
≤R
3. ρ = ∞ ⇒ ∀x ∈ R \ 0
1 1
| an xn |= (| an | n | x |)n ≥ |x|
| x |→ R = 0
Congettura
Vale sempre se invece di lim usiamo limsup ∨ liminf?
i.e. lim supn→∞ | an+1
an
| ∨ lim inf n→∞ | an+1
an
|= ρ
Consideriamo ad (
esempio
P∞ n
n ⇐⇒ n = 2k
n=1 an x an = k ∈ N ∪ {0}
1 ⇐⇒ n = 2k + 1
p √ √
⇒ 1 ≤ n | an | = n an ≤ n n →n→∞ 1 = ρ ⇒ R = 1
Vale però
109
n + 1 ⇐⇒ n = 2k + 1
(
an+1
⇒ an
= 1 k ∈ N ∪ {0}
⇐⇒ n = 2k
n
L’insieme limite p quindi {0, ∞} che sono entrambi 6= 1 = ρ quindi la
congettura è falsa e la condizione sul limite non si può sostituire con una
più debole su lim inf ∨ lim sup
Alternativamente
lim inf n→∞ | an+1
an
|= limn→∞ inf n≥m | an+1
an
|= limn→∞ 0 = 0
an+1 an+1
lim supn→∞ | an |= limn→∞ supn≥m | an |= limn→∞ ∞ = ∞
Proposizione 4.9
Le
P∞serien di P
potenze
∞ n−1
n=0 ax n=1 nan x
hanno lo stesso raggio di convergenza
Dimostrazione 1 1 1
(| ln an |) n−1 = n n−1 | an | n−1
Cioè il termine (n-1)-esimo della "serie derivata" (che ancora non sappiamo
essere la derivata)
1
n n−1 → 1 1 1
limn→∞ | an | n−1 = limn→∞ | an | n = ρ
1 1 n
Infatti n n−1 = (n n ) n−1 →1
1 1 1
limn supn→∞ | nan−1 | n−1 = lim supn→∞ | nan−1 | n−1 = (lim supn→∞ | an | n
) n−1 =
1
lim supn→∞ | an | n = ρ
110
Osservazione
Le due serie di potenze considerate in Proposizione 4.9 possono comportarsi
in modo differente negli estremi ±R dell’insieme di convergenza
Per
P∞esempio gli insiemi di convergenza di
1 n
P ∞ n−1
n=1 n x e n=1 x
sono [-1, 1) e (-1, 1), rispettivamente.
Proposizione 4.10
Sia
P∞R il raggio di convergenza
P∞ di
n
a
n=0 n x ⇒ F (x) := n=0 an xn x ∈ (−R, R)
∞
F (x) ∈ C P (−R, R) e ∀k ≥ 1 vale
F ( k)(x) = ∞ n!
n=k (n−k)! an x
n−k
Dimostrazione
Sia 0<r<R e SN := N n
P
n=0 an x →n→∞ F (x) (per di più totalmente)
0 PN
SN (x) = n=1 nan xn−1 →n→∞(totalmente) G(x)
00
SN (x) = N n−2
P
n=2 n(n − 1)an x →n→∞(totalmente) H(x)
Per il teorema di passaggio al limite sotto derivata F∈ C 1
0
G(x) = F (X) G ∈ C 1
0 00 00
H(x) = G (X) ⇒ F ∈ C 2 ∨ limn→∞ SN = H(x) = F (x)
Dove il tutto vale ∀x ∈ (−R, R)
Quindi F ∈PC 2 ([−r, r]) ∀r
e F (x) = ∞
00 n−2
n=2 n(n − 1)an x x ∈ ([−r, r])
2
⇒ F ∈ C ((−R, R))
e F (x) = ∞
00 P n−2
n=2 n(n − 1)an x
Inducendo si prova la tesi
111
5 Equazioni differenziali ordinarie
5.1 Introduzione
Esempi
y(t)=quota al tempo t
y ( 2)(t) = −g ∀t
( y 00 (t) = −g
0
Problema di Cauchy y (0) = v0
y(0) = y0
R t 00 Rt 0 0 0
0
y (x)dx = 0 −gdx ⇒ y (t) = y (0) = −gt ⇒ y (t) = −gt + v0
Rt 0 Rt
0
y (x)dx = 0 −gx + v0 dx
⇒ y(t) − y(0) = −g
2
t2 + v0 t
112
Interpretando k come ln(1 + 1) ek − 1 = 1 e ritroviamo il tasso di
interesse classico
Se di primo ordine
0
y (x) + a(x)y(x) = b(x)
si può risolvere col fattore integrante
Sia A una primitiva di a
0
eA(x) y (x) + eA(x) a(x)y(x) = eA(x) b(x) ⇒
0 A(x)
eA(x) y (x) + dedx y(x) = eA(x) b(x) ⇒
dy(x)eA(x)
dx
= eA(x) b(x)
Integrando Rx
y(x)eA(x) − y(0)eA(0) = x0 eA(t) b(t)dt
Rx
y(x) = y(x0 )eA(x0 )−A(x) + e−A(x) x0 eA(t) b(t)dt
Test sull’esempio economico
0
C (t) − kC(t) = 0 a = −k b = 0 x0 = 0 A(t) = −kt
−k∗0+kt kt x
R
C(t) = C0 e + e x0 0dt = C0 ekt
113
V + σ ⊂ S(X) v ∈ V ⇒ ∗(v + σ) = ∗(v) + ∗(σ) = b(x) + 0 = b(x)
Dimostrazione
0 0
y (x) = z1 (x) = z2 ∈ C 1 (I) ⇒ y(x) ∈ C 2 (I)
00 0
y (x) = z2 (x) = z3 ∈ C 1 (I) ⇒ y(x) ∈ C 3 (I)
.
.
.
0
y (n−1) (x) = zn−1 (x) = zn ∈ C 1 (I) ⇒ y(x) ∈ C n (I)
0
y n (x) = zn (x) = F (x, z(x)) =
F (x, z1 (x), ...zn (x)) =
0
F (x, y(x), y (x), ...y (n−1) (x))
114
Nel caso speciale di un equazione differenziale ordinaria lineare
y (n) (x) = b(x) − a0 (x)y(x)... − an−1 (x)y (n−1) (x)
f (x, y(x), ...y n−1 (x)) = y (n) (x)
0
z (x) = (z2 (x), z3 (x), ... − a0 (x)z1 (x) − a1 (x)z2 (x), ...an−1 (x)zn (x) + b(x))t =
((0, 0, ...b(x))t = B(x)) +
(z2 (x).z3 (x), ... − a0 (x)z1 (x) − a1 (x)z2 (x), ...an−1 (x)zn (x))t
0 1 0 . . . 0 0 0
0 0 1 . . . 0 0 0
0 0 0 . . . 0 0 0
. . . . . . . . .
M (x) = . . . . . . . . .
. . . . . . . . .
0 0 0 . . . 0 1 0
0 0 0 . . . 0 0 1
−a0 (x) −a1 (x) −a2 (x) . . . −an−3 (x) −an−2 (x) −an−1 (x)
0
z (x) = M (x)z(x) + B(x) = F (x, z(x))
D’ora in poi ci soffermeremo sul caso scalare poichè per quanto riguarda i
risultati tutto passa al caso vettoriale che però è più dispendioso in termini
di calcoli e notazione
115
Teoremi di punto fisso
Teorema di Brouwer
Sia K convesso compatto di Rn
C 0 (K) 3 T : K → K
⇒ ∃x0 ∈ K | T (x0 ) = x0
Dimostrazione
Sia x0 ∈ K arbitrario e definiamo gli xn ∈ K come segue
x1 = T (x0 ) x2 = T (x1 )...xn = T (xn−1 ) n > 1
|| xn+h − xn ||=|| xn+h − xn+h−1 + xn+h−1 ... − xn+1 + xn+1 − xn ||≤
|| xn+h − xn+h−1 || ...+ || xn+1 − xn ||
|| xm+1 − xm ||=|| T (xm ) + T (xm−1 ) ||≤ q || xm − xm−1 ||= q || T (xm−1 ) −
T (xm−2 ) ||≤ q 2 || xP m−1 − xm−2 ||
⇒|| xn+h − xn ||≤ n+h−1 i=n q i || x1 − x0 ||
Dato che q<1 il tutto converge e quindi la successione è di Cauchy
n 1−q h
In particolare K =|| x1 − x0 || q n ( h−1 i
P
i=0 q =|| x1 − x0 || q 1−q
=
||x1 −x0 ||(1−q n ) n
1−q
q < ||x1−q
1 −x0 || n
q
Così da trovare l’N associato ad ogni cercato
Da ciò segue || xn+h − xn ||< ∀h, n ≥ N
⇒ essendo in un Banach ∃X 3 x ⇒K=chiuso x ∈ K ||| xn − x ||→n→∞ 0
⇒|| T (x − (x) ||=|| T (x) − T (xn ) + xn+1 − x ||≤
116
|| T (x) − T (xn ) || + || xn+1 − x ||≤ q || x − xn || + || xn+1 − x ||
→n→∞ 0
Per quanto riguarda l’unicità
Sia x | T (x) = x
|| x − x ||=|| T (x) − T (x) ||≤ q || x − x ||
⇒ (1 − q) || x − x ||≤ 0
⇒|| x − x ||≤ 0 ⇒
Dimostrazione
Sia X = C([x0 − r0 , x0 + r0 ]) || ∗ ||=|| ∗ ||∞,[x0 −r0 ,x0 +r0 ]
⇒ (X, || ∗ ||) è spazio di Banach
Sia K:=C([x0 − r0 , x0 + r0 ],(avaloriin) [y0 − r0 , y0 + r0 ]) ⇒ K ⊂ X
(verifica banale della chiusura di K)
Rx
Sia T (u(x)) = y0 + x0 F (t, u(t))dt
Dove (t, u(t)) ∈ Q∀t
R x ∈ [x0 − r0 , x0 + r0 ] uR∈ K R x x ∈ [x0 − r0 , x0 +Rrx0 ]
| T (u(x))−x0 |=| x0 F (t, u(t))dt |≤(x≥x0 )∨ x 0 x0 | F (t, u(t))dt |≤ x0 M dt =
x
r1
M (x − x0 ) ≤ M r0 < M 1+M ≤ r1
⇒ T(u) ∈ K ∀u ∈ K
Abbiamo verificato T (K) = K
Siano ora u,v ∈ K Rx
⇒|| T (u(x)) − T (V (x)) ||=|| x0 F (t, u(t)) − F (t, v(t))dt ||≤
117
Rx Rx
|| F (t, u(t)) − F (t, v(t)) || dt ≤y−Lipschitziano L | u(t) − v(t) | dt =
Rxx0 x0
x0
L || u − v || dt = L || u − v ||| x − x0 |≤ Lr0 || u − v ||< L L1 || u − v ||
Quindi Lr0 va bene come q il che dimostra che T è una contrazione
Le ipotesi di Banach-Cacioppoli sono soddisfatte
⇒ ∃!u ∈ K | T (u)Rx = u
i.e.u(x) = y0 + x0 T (t, u(t))dt ∀x ∈ [x0 − r0 , x0 + r0 ]
⇒ u ∈ C 1 ([x0 − r0 , x0 + r0 ]) e valgono
0
u (x) = F (t, u(t))
u(x0 ) = y0
Cioè è una soluzione del problema di Cauchy iniziale
Volendo ragionare per problemi in più variabili
y (n) (x) = F (x, y(x), ...y (n−1) (x))
y(x0 ) = c0
(
.
.
.
y (n−1) (x0 ) = cn−1
Sappiamo
( 0 che questo è equivalente a
z (x) = G(x, z(x))
z(x0 ) = d0
0
Con z(x) = (y(x), y (x), ...y (n−1) (x))t
Quindi diventa utile il fatto che lo stesso argomento che ha consentito di
provare Proposizione 5.2, permette di provare facilmente il seguente risultato
per i sistemi differenziali.
118
r1
e scelto arbitrariamente r0 < min{ 1+M , L1 }
u(x0 ) = z0
1 n
∃!u ∈ C ([x0 − r0 , x0 + r0 ], z0 + [−r1 , r1 ] ) | u0 (x) = F (x, u(x))
∀x ∈ [x0 − r0, x0 + r0]
Osservazione
A= A∂A ⊂ Rx XRnz
F ∈ C 1 (A; Rn ) ⇒ F è z-lipschitziana localmente in (x0 , z0 ) ∀x0 , z0 ∈ A
119
∀p, q ∈ C vale ξ1 , ξ2 , ..ξn ∈ [p, q] ⊂ C
1
Posto K:= maxν1 ,ν2 ,...νn ∈C ( ni=1 | ∇Fi (νi ) |2 ) 2 < ∞ (F ∈ C 1 (A; Rn ))
P
Poichè l’immagine di un compatto tramite una funzione continua è compatta
∂F
(F∈ C 1 ⇒ ∂F i
∈ C 0)
Allora || F (p) − F (q) ||≤ K(p − q) ∀p, q ∈ C
E quindi è lipschitziana sul cubo e in particolare z-lipschitziana
Nelle ipotesi dell’osservazione
∃C∗ ← centrato in (x0 , y0 ) ∀A ⊂ Rx XRnz
e usando la formula
| F (x, z1 ) − F (x, z2 ) |≤ K | (x, z1 ) − (x, z2 ) |= K | (0, z1 − z2 ) |= K(z1 − z2 )
120
(3 1
0 ⇐⇒ x ≤ a (ua (x)) 3
(
∀a ≥ 0 ua ∈ C 1 R, ua (0) = 0, ua (x) =
0
= 2
3 1
3
(x − a) 2 ⇐⇒ x > a 1
(ua (x)) 3
2 2
0 1
⇒ ua (x) = 32 (ua (x)) 3 ∀x ∈ R
⇒ ua è soluzione del problema di Cauchy ∀a ≥ 0 che quindi ha infinite
soluzioni che formano il "baffo"
Ne deriva che una delle ipotesi del teorema di unicità debba decadere
|| F (x, y2 ) − F (x, y1 ) ||≤?L || y2 − y1 || L ∈ R ∀x, y1 , y2 ∈ Q ⊂ A
Ma scegliendo proprio 0 come y1 (che si trova nell’intorno essendo il centro
(0,0))
1
|| F (x, y2 ) − F (x, 0) ||= 23 y23 ≤ L || y2 − 0 ||⇒ 3
1 <L
2y23
3
se non che y2 → 0 ⇒ 1 → ∞ e quindi L non può esistere
2y23
Definizione
Siano date
u : Iu → R
v : Iv → R
Se Iu ⊂ Iv e v |Iu = u v si dice prolungamento di u
Definizione
Una soluzione di un problema di Cauchy Iu → R si dice massimale se
6 ∃v : Iv → R prolungamento proprio (non uguale) di u che sia ancora
soluzione
121
Lemma tecnico
A = A∂A ⊂ R2 f ∈ C(A)
e supponiamo che F sia localmente y-Lipschitziana ∀a ∈ A
Se (x0 , y0 ) ∈ A consideriamo due soluzioni
u : Iu → R
v : Iv → R
del
( 0problema di Cauchy
y (x) = F (x, y(x))
y(x0 ) = y0
u |Ii ∩Iv = v |Ii ∩Iv
Dimostrazione
1. E ∩ G = ∅
2. E ∪ G = Iu ∩ Iv
3. E ⊃ x0 ⇒ E 6= ∅
122
x1 ∈ Iu ∩ Iv
x1 ∈ E ⇒
u(x1 ) = v(x1 ) = y1
nell’intorno la soluzione è unica per il teorema di unicità e la y-lipschitzianità
quindi u e v, essendo soluzioni entrambe, devono essere uguali
E è aperto , Iu ∩ Iv ⇒ G = ∅
Proposizione 5.1
Siano A = A \ ∂A ⊂ R2 F ∈ C(A) localmente y-Lipschitziana in ogni punto
di A.
Se (x0 , y0 ) ∈ A allora esiste una e una sola soluzione massimale del problema
di Cauchy .
Essa prolunga qualsiasi soluzione u : Iu → R
Dimostrazione
Sia Σ l’insieme di tutte le soluzioni
Definiscou : Iu = ∪v∈Σ Iv → R
x → v(x) v ∈ Σ x ∈ Iv
Per il precedente lemma qualunque v soddisfacente le condizioni restituisce
lo stesso risultato
x0 ∈ Iu banalmente
∀x ∈ Iu ∃v ∈ Σ | x ∈ Iv ⇒ ∃ > 0 | (x − , x + ) ⊂ Iv
⇒ u |(x−,x+) = v |(x−,x+) ∈ C 1 (x − , x + )
0 0 0 0
Inoltre u (x) = v (x) | v (x) = F (x, v(x)) ⇒ u (x) = F (x, u(x))
Infine ∀v ∈ Σ v(x0 ) = y0 ⇒ u(x0 ) = y0
Quindi è soluzione
Estende tutte le v per definizione
Per definizione ∀v ∈ Σ Iv ⊂ Iu
ed è quindi massimale
L’unicità deriva dal lemma
Il tutto è un intorno dell’ovvietà
Valgono inoltre i seguenti due risultati che enunciamo soltanto (per le dimostrazioni
vedere quelle opzionali)
123
u : (a, b) → R del problema di Cauchy .
Allora per ogni sottoinsieme compatto K di A ∃ > 0 | (t, u(t)) ∈ A \ K
ogni volta che dist(t, ∂B) <
Teorema 5.5
Sia A := (α, β)xR e consideriamo F ∈ C(A) |
:
Teorema 5.6
Come conseguenza immediata dei precedenti abbiamo:
Sia A := (α, β)xR e consideriamo F ∈ C(A) |
:
Osservazione 5.3
Come abbiamo già visto nel caso del teorema di esistenza e unicità locale delle
soluzioni per il problema di Cauchy, anche Proposizione 5.1, Teorema 5.4,
Teorema 5.5 e Teorema 5.6 (che riguardano l’equazione scalare) si generalizzano
banalmente al caso del sistema differenziale.
124
Più precisamente valgono i seguenti fatti:
Teorema 5.7
Se x0 ∈ (α, β) e z0 ∈ Rn
Allora esiste una e una sola u ∈ C n ((α, β))
che risolve il problema scalare
Vale il seguente teorema sulla struttura della famiglia delle soluzioni del
problema scalare
Proposizione 5.2
Sia Σ l’insieme delle soluzioni u ∈ C n ((α, β)) della EDO
0
y (n) + an−1 y (n−1) + ... + a1 y + a0 y = b
e sia Σ0 l’insieme delle soluzioni u ∈ C n ((α, β)) della EDO omogenea associata
125
0
y (n) + an−1 y (n−1) + ... + a1 y + a0 y = 0
Allora:
Dimostrazione
Proposizione 5.3
Siano
u1 , ..., un ∈ Σ0
e sia W il campo Wronskiano di matrici associato a u1 , .., un , i.e.
u1 (x) u2 (x) ... un (x)
0 0 0
u1 (x) u2 (x) ... un (x)
. . ... .
W(x) :=
. . ... .
. . ... .
(n−1) (n−1) (n−1)
u1 (x) u2 (x) ... un (x)
x ∈ (α, β)
Se esiste x1 ∈ (α, β) | detW (x1 ) 6= 0
allora u1 , .., un è una base di Σ0
Dimostrazione
Se le soluzioni u1 , ..un fossero linearmente dipendenti lo sarebbero anche le
derivate ed il determinante verrebbe 0 ovunque , inoltre Σ0 ha dimensione n
essendo derivato da un equazione di grado n e perciò u1 , ..un sono una base
per le proprietà elementari degli spazi vettoriali
126
Derivazione
f(a1 , a2 , a3 ) g(x) = f (a1 (x), a2 (x).a3 (x)) ⇒
0
g (x) = (D1 f )(a1 (x), a2 (x).a3 (x))+(D2 f )(a1 (x), a2 (x).a3 (x))+(D3 f )(a1 (x), a2 (x).a3 (x))
a11 . . . a1n !
. . . . .
f ({aij }ij ) ∈ C 1 (I) = det = nk=1 (−1)h+k ahk det[aij ]i6=h,j6=k
P
. . . . .
an1 . . . ann
⇒ (Dhk f )({aij }ni,j=1 ) = (−1)h+k det([aij ]i6=h,j6=k )
Dove la sommatoria scompare dato che tutti i termini tranne uno sono nulli
a11 (x) . . . a1n (x) !
. . . . .
g(x) = det ank ∈ C 1 (I)
. . . . .
an1 (x) . . . ann (x)
0 0
⇒ g ∈ C (I) g (x) = nh,k=1 (Dhk f )({aij }ni.j=1 )ahk (x) =
1
P
Pn Pn h+k 0
h=1 k=1 (−1) det([aij ]i6=h,j6=k )ahk =
a11 (x) . . . a1n (x)
. . . . . !
Pn 0 0
h=1 det ah1 (x) . . . ahn (x)
. . . . .
an1 (x) . . . ann (x)
Proposizione 5.4
Sia x1 ∈ (α, β) e sia W il campo Wronskiano di matrici associato a u1 , ..un ⊂
Σ0
Allora la funzione
w := det W ∈ C 1 ((α, β))[banalmente essendo un polinomio di funzioni C 1 ]
soddisfa la seguente identità
− xx an−1 (t)dt
R
w(x) = w(x1 )e 1 , x ∈ (α, β)
In particololare, si possono verificare soltanto le seguenti propriet‘a alternative:
Dimostrazione
Sfruttiamo i risultati ottenuti precedentemente parlando di derivate
127
0 0 u01 . . . u0n
u1 . . . un ! 00 00 u01 . . . u0n !
0 0 u1 . . . un ! 0 0
0 u1 . . . un 00 00 u1 . . . un
w (x) = det +det
u1 . . . un +det
. . . . . . . . . .
n−1 . . . . .
u1 . . . un−1 n−1 un1 . . . unn
n
u1 . . . unn−1
Avendo righe uguali sono tutti nulli tranne l’ultimo
0
NB uni = −a0 ui − a1 ui ... − an−1 un−1
i
u01 . . . u0n !
0 0
0 u1 . . . un
⇒ w (x) = det
. . . . .
0 n−1 0
−a0 u1 − a1 u1 ... − an−1 u1 . . . −a0 un − a1 un ... − an−1 un−1
n
= an−1 detW (x) = −an−1 (w(x))
0
⇒ w + an−1 w =R 0
x
x1 an−1 (t)dt
moltiplico
Rx per e Rx → fattore integrante
0
x1 an−1 (t)dt x1 an−1 (t)dt
⇒e Rx w +e an−1 w = 0
x1 an−1 (t)dt
CioèR D[e , w(x)] che quindi è costante avendo derivata nulla
x Rx
1
x1 an−1 (t)dt x1 an−1 (t)dt
⇒e w(x) R= e w(x1 ) = w(x1 )
− xx an−1 (t)dt
⇒ w(x) = w(x1 )e 1
Dimostrazione opzionale
In due dimensioni e centro 0 ma subito estendibile a di più e traslando il
centro
Siano y1 , y2 soluzioni di
00 0
y + ay + by = 0
Allora il Wronskiano delle due funzioni è definito come
0 0
W (x) = y1 y2 − y2 y1
Derivando si ha
0 00 0 0 0 0 00 00 00
W (x) = y1 y2 + y1 y2 − y1 y2 − y2 y1 = y1 y2 − y2 y1
Considerando l’equazione differenziale originale nella forma:
00 0
y = −ay − by
Sostituendo il risultato nel Wronskiano si ha:
0 0 0 0 0
W (x) = (−ay1 − by1 )y2 − (−ay2 − by2 )y1 = −ay1 y2 − by1 y2 + ay2 y1 + by2 y1
0 0 0 0
= −ay1 y2 + ay2 y1 = −a(y1 y2 − y2 y1 ) = −aW (x)
Si tratta di un’equazione differenziale lineare del primo ordine:
dW
W
= −a(x)dx
in modo che integrando:
128
Rx
ln( W (x)
W (0)
) = − 0
P (ξ)dξ
si ha, esponenziando, l’identità:
− 0x P (ξ)dξ
R
W (x) = W (0)e
Esempio
Consideriamo la EDO omogenea di ordine due a coefficienti costanti
00 0
y + ay + by = 0
e osserviamo che
eλx la verifica se
λ2 + aλ + b = 0
Servendosi di Proposizione 5.3 è facile provare che una base dello spazio
vettoriale Σ0 è data da:
! !
u1 (x) u2 (x) e λ1 x e λ2 x
• det W(x)=det 0 0 = det =
u1 (x) u2 (x) λ1 eλ1 x λ2 eλ2 x
λ2 eλ1 x eλ2 x − λ1 eλ1 x eλ2 x 6= 0
Quindi è base
!
λx λx
e xe
• detW (x) = det =
λeλx λxeλx + eλx
λxe2λx + e2λx − λxe2λx = e2λx 6= 0
Quindi è base
!
ehx cos(kx) ehx sin(kx)
• detW (x) = det =
hehx cos(kx) − kehx sin(kx) hehx sin(kx) + kehx cos(kx)
he2hx sin(kx) cos(kx)+ke2hk cos2 (kx)−he2hx sin(kx) cos(kx)+ke2hx sin2 (kx) =
ke2hx 6= 0
Quindi è base
129
Esempio
( 0
y = y(y + 3)
y(0) = −6
F (x, y) = y(y + 3) A = R, F ∈ C 1 (A) e perciò y-localmente lipshitziana
∀x ∈ A
⇒ ∃u soluzione massimale Iu → R
Notare come u(x) < −3 ∀x ∈ (a, b) (non può essere strettamente maggiore
essendo continua con valore -6 in 0)
così non fosse ∃x0 ∈ (a, b) | u(x0 ) = −3 ( 0
y = y(y + 3)
considerando un nuovo problema di Cauchy
y(x0 ) = −3
Sia u che u(x)=-3 sono soluzione del precedente e quindi essendo u massimale
devono coincidere ma se così fosse u non potrebbe assumere valore -6 e perciò
deve essere vero che la stessa è sempre <-3
0
⇒ u (x) > 0 ∀x
u
⇒ u(u+3) = 1 in (a,b)
Rx u Ru 1
R u s+3−s Ru
Integrando 0 u(u+3) dt = x ⇒ u0 =−6 s(s+3) ds = 31 −6 s(s+3) ds = 13 −6 1s −
1
s+3
ds = x
u(x) s u(x) u(x) −6
⇒ 3x = (ln | s | − ln | s + 3 |) |−6 = ln | s+3
||−6 = ln | u(x)+3
| − ln | −3
|
u(x) u(x)
= ln | u(x)+3 | − ln 2 = ln 2(u(x)+3) = 3x
u(x)
⇒ 2(u(x)+3) = e3x ⇒ u(x) = 6e3x + 2e3x u(x) ⇒ u(x)(1 − 2e3x ) = 6e3x
6e3x
⇒ u(x) = (1−2e 3x )
− ln 2
Il denominatore si annulla in 3x = − ln 2 ⇒ x = 3
1-2e3x
Quindi Iu = ( − ln
3
2
, +∞)
130
131
6 Dimostrazioni opzionali
132
6.6 Hn = Ln (inRn )
Vedere [3.11]
6.12 Mνxµ ⊂ F
E se S ∈ Mνxµ vale ρ(S) = (νxµ)(S)
vedere [8, Theorem 6.46].
133
6.13 Esiste una successione di funzioni numerabilmente
semplici e misurabili sj convergenti a f se misurabile
(per una dimostrazione vedasi [8, Theorem 5.24]
6.18 Cc è denso
per regolarizzazione mediante prodotto di convoluzione [1, Corollario IV.23]
134
6.20 Teorema di convergenza della serie di Fourier per
una funzione regolare a tratti
[9]
135
Riferimenti bibliografici
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[2] L. Carleson: On convergence and growth of partial sums of Fourier series.
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Properties of Functions. (Studies in Advanced Math.) CRC Press 1992.
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85.) Cambridge University Press 1985.
[5] M. Giaquinta, G. Modica: Analisi Matematica 3; strutture lineari e
metriche, continuit‘a. Pitagora Ed. Bologna 2000
[6] M. Giaquinta, G. Modica: Analisi Matematica 4; funzioni di più variabili.
Pitagora Ed. Bologna 2005.
[7] M. Giaquinta, G. Modica: Analisi Matematica 5; funzioni di pi‘u variabili
(ulteriori sviluppi). Pitagora Ed. Bologna 2005.
[8] R.F. Gariepy, W.P. Ziemer: Modern real analysis. PSW Publishing
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[9] E. Giusti: Analisi matematica 2. Bollati Boringhieri 2003.
[10] E. Giusti: Esercizi e complementi di analisi matematica, volume secondo.
Bollati Boringhieri 2000
[11] S.G. Krantz, H.R. Parks: The geometry of domains in space. Birkhäuser
Advanced Texts, Birkhäuser 1999.
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[15] W. Rudin: Principles of mathematical analysis. McGraw-Hill 1976.
[16] S.M. Srivastava: A course on Borel sets. Graduate Texts in Mathematics
180, Springer Verlag 1998.
[17] http://en.wikipedia.org/wiki/Stone-Weierstrass
136