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Premessa
Il pianista di jazz è un pianista che ha una “competenza sintattica” sui linguaggi (Piras). A
questa competenza aggiunge la propria sensibilità e le proprie scelte estetiche/etiche sulla
musica.
E' per questo che quando sentiamo un pianista che ci piace anche se lo imitiamo non
avremo mai l'impatto che egli ha sulla sua musica, perchè in lui la sintesi dei linguaggi è
personale, e segue il suo gusto, mentre noi avremo sempre un'altra sintesi, un altra
sensibilità: cioè, da qualsiasi punto noi partiamo, anche imitando tutto dell'altro, poi gli
sviluppi saranno sempre diversi..
In questo senso ognuno cerca il proprio stile secondo un'autenticità che si trova solo
scavando nel proprio intimo. E' un'operazione lunga. Ci vuole tempo, pazienza, umiltà e
sincerità.
3 libri consigliati
Impostazione di massima
Strategie di studio
STRUMENTI INDISPENSABILI:
Dischi, stereo vicino al pianoforte, metronomo, libri (real book e manuali).
teoria (razionalità)
armonizzazione (approccio organistico) uso del pedale, ballad
improvvisazione (time, fisicità)1 non uso del pedale
1
In un successivo momento non esisterà solo il gesto nella fisicità e il contenuto nell’approccio organistico. Anche (e
soprattutto) nel fraseggio cercheremo il contenuto e faremo uno studio appropriato, ma prima consiglio di dividere le
competenze e anche lo studio, per non mettere troppi parametri insieme e non fare confusione.
composizione approccio creativo personale (rallentare il
processo creativo)
esibizione dal vivo gestione dell’emozione
Ci vuole pazienza quando si studia. Relax. Soprattutto non facciamo confusione nello
studio dei parametri, ricordiamoci che se stiamo sviluppando un parametro sicuramente un
altro entra automaticamente ma forse non lo teniamo sotto controllo. Trovare l'equilibrio tra
l'apprendimento del contenuto e quello del gesto.
Per le cose belle ci vogliono tempi da artigiano.
Un artigiano ha bisogno di calma, di un ambiente tranquillo. Una bottega non è
un’industria, e deve fare un uso giusto della tecnologia…(usare gli strumenti moderni
come i programmi Finale, Transcribe, Band In A Box, ma continuare a usare anche la carta
su cui scrivere e il metronomo...)
Ci sono diversi tempi per lo studio (parliamo di studio avanzato, quello che non ha
difficoltà tecniche basilari e di lettura...). Per entrare in un brano bisogna suonarlo molte
volte. Però prima di farsi prendere dal gesto (che è quello che fa vivere la musica) è
importante RALLENTARE per studiare i voicing, il tocco, insomma mettere in ordine le
priorità attraverso il SENSO CRITICO e fare delle scelte CHIARE alla base di una
interpretazione.
Poi, come diceva mi sembra Virginia Woolf, dopo che si è letto un libro bisogna aspettare
che ci si posi la polvere sopra, e solo allora va riletto: così per gli standard e le song...
L’apprendimento del jazz avviene attraverso un atto creativo, perciò più che essere
metodici, nel senso sterile del termine, io consiglio di essere “curiosi ma rigorosi”. Curiosi
nel senso che se ascoltiamo una cosa che ci piace giochiamoci come bambini per ore
intere (l'apprendimento avviene attraverso il piacere). Rigorosi perché il bravo jazzista
conosce il sistema temperato alla perfezione e non lascia mai niente al caso (a meno che
non sia voluto).
Altra cosa: le strategie di studio vanno personalizzate. Ognuno impara i propri sistemi di
apprendimento durante il suo percorso e li scopre da solo. E’ come quando per la prima
volta guadagnamo dei soldi: ciò che si ottiene con impegno e sudore ha sempre più valore
di ciò che ci viene regalato, e ci dà psicologicamente più forza e sicurezza.
Certamente l’insegnante può essere dispensatore di consigli preziosi, ma questi vengono
recepiti dall’allievo in un determinato momento del suo percorso. Spesso alcuni consigli
sono prematuri, e quindi bisogna tenerli presenti ma sapere che si interiorizzeranno solo in
un secondo momento.
All’inizio è come spostare una montagna, perchè tutti i parametri vanno tenuti sotto
controllo: ritmo, melodia, armonia, timbro...
Ricordiamoci anche che il nostro sviluppo musicale è legato alla “percezione”. Dire che
certe volte si migliora a suonare “non suonando” non è sbagliato. La maturità si acquisisce
attraverso tanti altri momenti di crescita che si riflettono nella nostra musica.
Lo stress arriva quando sono aperti più canali. Se riusciamo ad averli sotto controllo non
c’è problema. Per questo se noi dobbiamo tenere sotto controllo troppi parametri in musica
facciamo fatica, proprio in fase di studio. Cerchiamo di capirli e non accumularli.
Cerchiamo quantomeno di gestirli, diminuendo le difficoltà di un canale se sappiamo che
in un altro arriveranno i problemi (per esempio rallentando la velocità o dandoci dei limiti
più semplici nella gestione armonica, o nel fraseggio).
Una delle cose più difficili da capire per un interprete di musica colta che si avvicina al jazz
è che lo sviluppo di ciò che si suona dipende dalla creazione di un gusto maturato
attraverso gli ascolti. E' il concetto di linguaggio, cioè di una lingua viva, parlata, e non di
un segno depositato sulla carta. Per questo anche in fase di sola armonizzazione il
risultato non dipende solo dalla nostra tecnica o dalla nostra preparazione musicale, ma in
definitiva dipende da un gusto formato: è come se l'orecchio richiedesse in anticipo a noi
un certo tipo di voicing o di tecnica da applicare.
Da qui poi passiamo a parlare del contenuto in rapporto al gesto. Se voglio un approccio
più armonico allo strumento devo pensare più lentamente (come fa Monk).
Se voglio un approccio più gestuale consiglio di studiare con le gambe stese e rilassate
per capire che l'energia e' nel corpo, togliendo tutti i movimenti inutili. Secondo Steve Kuhn
l'energia deriva addirittura dalla punta del piede.
Imparare il tema
Priorità:
PIANO SOLO
Rette parallele
Uno stato di interesse avviene quando c’è uno scontro di parametri, non un parallelismo.
Se muovo 2 parametri non creo interesse.
Se lascio fermi 2 parametri non creo interesse.
Se muovo 1 parametro e lascio fermo l’altro creo interesse.
Armonizzazione
Comping
Evitare di spezzare o arpeggiare l’accompagnamento della sinistra a meno che non si tratti
di una scelta consapevole. In generale tutte le “tecniche” pianistiche (arpeggi, trilli, cluster,
stride piano… ) dovrebbero essere funzionali alla musica. I grandi maestri come Bill Evans
e Thelonious Monk sono un esempio di ciò.
...di quanto sia bello spingere i tasti, insieme. Non è solo il concetto di armonia che
esprimo, ma quella sensazione di intimo calore che questo strumento trasmette da 300
anni. Sul pianoforte suoniamo Chopin. E Ellington. Possiamo suonare un adattamento di
un'opera. E’ uno strumento autarchico, che si basta da solo per creare bellezza. Me ne
accorgo anche in questo periodo che sto studiando su una tastiera elettronica. Ma è il
concetto: gli 88 tasti, come una tavolozza di colori.
Suonare il pianoforte facendo sentire i 3 registri: se noi suoniamo con sicurezza non si
sentirà la mancanza di niente, anzi sarà ancora più godibile sentire affiorare di tanto in
tanto i bassi, l’armonia e il lirismo.
Verso che pianismo stiamo andando? Un pianismo di sintesi, ma TESO. Dopo Corea chi?
Craig Taborn?
Danilo Rea
Secondo Danilo Rea dovrei legare di più, magari togliere un po' di sinistra (di armonia
evansiana) per liberare la destra. Suonare come lui dice “cromatico”, alternare la melodia
a cromatismi jazzistici. Danilo usa le none vuote nella sinistra che gli danno quella sonorità
POP caratteristica del suo stile.
Gesto e contenuto
Di solito il gesto è più veloce del contenuto. Se vuoi più contenuto devi rallentare il gesto.
Cosa spiego ai miei allievi? Che quando studiano le armonizzazioni devono evitare il
gesto. Pensiamo a Flores: è in gran parte sintesi di contenuto, più che di gesto.
Gesto e contenuto: se inverto il gesto e il contenuto in due pianisti viene fuori un disastro.
Provate a suonare i cluster di Monk col tocco di Bill Evans, o i voicing di Bill Evans col
tocco di Monk...
Il modo tipico di suonare “da nave” crea un rubato che segue la melodia. Non è sbagliato,
anzi, è piacevolissimo (penso a chi il pianobar lo sapeva suonare bene, prima dell'avvento
delle basi o dei sequencer). Però non è jazz. Perchè nel jazz il time rimane OGGETTIVO,
e solo all'interno della griglia della song si interpreta ritmicamente il tema.
Less is more
In piano solo non si deve sentire la mancanza di niente. Non devo sentire la MANCANZA
del contrabbasso, perchè io suono il piano. Chi l'ha detto che ci deve essere il
contrabbasso?
Per fare questo seguire questo criterio: meno si è più si deve togliere. LESS IS MORE,
come dicono gli americani.
Fare sempre una scala di priorità quando si suona. Visto che la musica è performativa
siamo noi a decidere a chi dare preminenza e cosa si può tralasciare. Quando siamo in
equilibrio coi parametri allora arriva l'emozione.
Quando suono i bassi (tipo walking ma non solo) devo stare nel registro dei bassi.
Solodado
Ho partecipato a un piccolo seminario di Dado Moroni in cui ha parlato del piano solo:
Aprire ai parametri
Accompagnamento
Allenarsi (ad esempio su un 3 quarti scorrevole come Someday My Prince Will Come) a
lasciare andare solo la sinistra. Allenarsi in modo casuale a togliere la destra. Questo
vuoto non ci deve più spaventare. In questo modo non avremo paura, il brano scorrerà e
noi faremo le pause nei fraseggi della destra.
Ricordarsi sempre che suoniamo il PIANOFORTE: cioè io posso allenarmi a cantare come
se suonassi uno strumento a fiato, ma poi “organologicamernte” il pianoforte è portato a
far sentire più voci, più suoni contemporaneamente, e ha un'indole percussiva: per cui
aprire la mano alle ottave nella destra, ai bicordi...
Canto “brasiliano”
Lap Dance!
Esempio del ballerino in una coreografia con un oggetto inanimato (o come mi suggeriva
un mio allievo smaliziato la Lap Dance). Stessa cosa è il tempo metronomico. Dobbiamo
essere noi ad adattarci a lui. E a rendere morbido e dinamico il movimento.
...nei locali, nei piano bar...magari la qualità era peggiore, ma si aveva più tempo per
suonare. Oggi è tutto quasi troppo “ottimizzato”.
Con Ada Montellanico alcuni spartiti non avevano il tema. Di solito per me è indispensabile
per capire l'armonia, ma in questo caso mi ha aiutato a liberare di più la percezione...
Qui sotto ho fatto una lista dei pianisti utili da conoscere per una generale idea del
panorama jazzistico. I pianisti sono stati divisi per decenni, seguendo un criterio ormai in
uso nelle varie discografie sul jazz. Una concezione moderna della storia della musica
però tiene conto di un’idea “SINCRONICA” dell’evolversi musicale, per cui i musicisti posti
in un decennio sono chiaramente stati attivi in altri periodi, sia precedenti che posteriori.
Oltre a questo la scelta è stata dettata da un percorso personale di conoscenza e di gusto.
ANNI 20
JAMES P. JOHNSON
JELLY ROLL MORTON
WILLIE “THE LION” SMITH
PERIODO BOOGIE:
Albert Hammons / Pete Johnson / Pine Top Smith / Blake Eubie / Fate Marable / Henry Ragas
ANNI 30
EARL HINES
ERROLL GARNER
FATS WALLER
Joe Bushkin / Don Ewell / Teddy Napoleon / Teddy Williams / Mary Lou Williams
ANNI 40
DUKE JORDAN
ELMO HOPE
TEDDY WILSON
Milton Buckner / Johnny Guarnieri / Al Haig / Eddie Heywood / Billy Kyle / Jess Stacy / Ralph Sutton
ANNI 50
AHMAD JAMAL
JOHN LEWIS
HAMPTON HAWES
DAVE BRUBECK
GEORGE SHEARING
NAT KING COLE
Billy Taylor / Bengt Hallberg / Dick Hyman / George Wallington / Walter Bishop
ANNI 60
BILL EVANS
HORACE SILVER
ANDREW HILL
BARRY HARRIS
CEDAR WALTON
CLARE FISHER
BOBBY TIMMONS
DON PULLEN
HANK JONES
JAKI BYARD
CECIL TAYLOR
MAL WALDRON
PAUL BLEY
TOMMY FLANAGAN
ANNI 70
DOLLAR BRAND
GEORGE CABLES
JOE ZAWINUL
KENNY BARRON
MISHA MENGELBERG
ANNI 80
GERI ALLEN
HAL GALPER
JOHN TAYLOR
MARTIAL SOLAL
MONTY ALEXANDER
MULGREW MILLER
RICHIE BEIRACH
ALEX VON SCHLIPPENBACH
FRANCO D'ANDREA
ANNI 90
MICHEL PETRUCCIANI
LUCA FLORES
ENRICO PIERANUNZI
BOBO STENSON
EGBERTO GISMONTI
GONZALO RUBALCABA
KENNY WERNER
BOJAN ZULFIKARPASIC
BRAD MEHLDAU
MICHEL CAMILO
FRED HERSCH
ANNI 2000
MISHA ALPERIN
MATTHEW SCHIPP
KEVIN HAYS
ANTHONY COLEMAN
STEFANO BATTAGLIA
VIJAY IYER
CRAIG TABORN
FABRIZIO PUGLISI
ROBERT GLASPER
JASON MORAN
LATIN
RUBEN GONZALES
CHUCHO VALDES
ERNESTO LECUONA
HILTON RUITZ
LIBERA IMPROVVISAZIONE
CECIL TAYLOR (album Silent Tongue)
PAUL BLEY
MATTHEW SCHIPP
KEVIN HAYS
ANTHONY COLEMAN
KEITH JARRETT
CRAIG TABORN
ANTONELLO SALIS
ENRICO PIERANUNZI
STEFANO BATTAGLIA
FRANCO D’ANDREA
LUCA FLORES
FABRIZIO PUGLISI
VERYAN WESTON (LONDRA)
ALEXANDER VON SCHLIPPENBACH (BERLIN)
AKI TAKASI (BERLIN)
JAQUES DEMIERRE (GINEVRA)
HERBERT HENCK (SVIZZERO) interprete
CHRISTIAN WALLUMRØD
RAN BLAKE
MISHA MENGELBERG
WAYNE HORVITZ
GUUS JANSSEN
GLOBE UNITY
QUARTETTO ANTHONY BRAXTON CON MARILYN CRISPELL
ROSCOE MITCHELL (ART ENSEMBLE OF CHICAGO)
GEORGE LEWIS (TROMBONISTA)
STREAMING: ALBUM CON MUHAL RICHARD ABRAMS, ROSCOE MITCHELL E GEORGE LEWIS