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La responsabilità amministrativa delle società e degli enti 129

L’INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE


NEL SISTEMA DEL d.lgs. 231/2001
Avv. Antonio Salvatore, Avvocato in Ferrara

1. Premessa

La disciplina contenuta nel d.lgs. 231/2001 assume spiccati connotati di hybris


anche a proposito degli istituti della prescrizione dell’illecito amministrativo a carico
dell’Ente e dell’interruzione di essa. Ciò, prima ancora che sul piano della disciplina
sostanziale, già a livello di espressioni stilistiche utilizzate, posto che nel decreto
vengono, promiscuamente, adoperati termini propri delle discipline penalistiche e di
altre che certamente non lo sono.
Del resto, questo non desta meraviglia visto che - già a livello di definizione della
natura della responsabilità dell’Ente - s’è parlato di tertium genus1.
Rimanendo nell’immaginosa metafora di Carnelutti - che, riferendosi alla
scadente formulazione normativa, aveva paragonato i cd. reati complementari2 a
“piante selvatiche cresciute fuori del giardino coltivato del legislatore penale” - gli
istituti giuridici contenuti nel sistema del d.lgs. 231/2001 potrebbero, in
considerazione della disciplina fornitane, assimilarsi a “frutti transgenici”.
Il sistema delineato nel d.lgs. 231/2001 in materia di prescrizione e di interruzione
della prescrizione, già di per sé foriero di gravi incertezze applicative, assume
connotati vieppiù “inquietanti” se calato nel consolidato orientamento della
giurisprudenza del Supremo Collegio sull’art. 160 del codice penale.

2. Cenni storici sulla prescrizione del reato e sull’interruzione di essa

Appare opportuno far precedere la trattazione da un breve excursus storico sulla


prescrizione e sull’interruzione della prescrizione del reato, permettendosi di rinviare
altrove, per un’analisi più approfondita3.
Gli antichi giureconsulti italiani, attraverso l’interpretazione delle fonti romanistiche
e l’elaborazione del diritto statutario, apportarono un notevole contributo alla
edificazione dogmatica degli istituti in commento.

1
Relazione al d.lgs. 231/2001, §1.1;
2
più precisamente, si trattava dei reati fallimentari;
3
A. Salvatore, L’interruzione della prescrizione del reato, in generale, e del reato tributario, in particolare, in Riv.
trim. dir. pen. dell’ec., 1997, p. 305;
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I giuristi Giulio Claro (1525 - 1575) e Prospero Farinaccio (1544 - 1618), entrambi
autori di celeberrime Quaestiones, furono impegnati in una disputa accademica
avente per oggetto proprio l’interruzione della prescrizione del reato.
Per il primo, gli atti del procedimento penale erano idonei ad interrompere la
prescrizione quando ante praescriptionem completam vel accusator querelam seu
libellum accusationis porressixet, vel fiscus, et, eo instante, iudex ex officio inquisitionem
formasset; tunc enim dicitur interrupta praescriptio in criminalibus4.
Ad avviso del secondo, invece, per conseguire l’effetto interruttivo non era
sufficiente la libelli porrectio, sed requiritur citatio ut in causa civili5.
Interessante notare che la polemica tra i due antichi giuristi rivive, attualmente, tra
giurisprudenza di legittimità, da una parte, e giurisprudenza di merito, dall’altra.
Per il Supremo Collegio, invero, ai fini dell’interruzione della prescrizione del
reato, non è necessaria la notificazione, all’imputato, dell’atto interruttivo, ma ne è
sufficiente l’emissione6.
La Cassazione, fondando il proprio orientamento sul presupposto che l’emissione
dell’atto interruttivo costituisce espressione della “persistenza della volontà punitiva
da parte dello Stato”, giunge ad attribuire efficacia interruttiva financo all’atto nullo,
ritenendo che tale vizio non abbia nessuna incidenza sulla persistenza della suddetta
volontà7.
Ad avviso di certa giurisprudenza di merito8, il cui orientamento si condivide in
quanto maggiormente rispettoso dei principi costituzionali9, l’atto interruttivo
dovrebbe essere notificato, anche in considerazione del fatto che nell’ordinamento vi
sono normative (quali ad esempio quella in tema di reati tributari, la cui inclusione
nel “catalogo” delle fattispecie criminose generanti responsabilità amministrativa a
carico dell’Ente è stata più volte annunciata) che attribuiscono efficacia interruttiva del
corso della prescrizione a meri atti amministrativi10. Anomalia ulteriormente accentuata
dal fatto che la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione è nel senso di
non ritenere applicabile, ai reati fiscali, il principio di tassatività degli atti interruttivi
deducibile dall’art. 160 del codice penale, per cui l’effetto interruttivo della prescrizione
dei reati tributari deriva non soltanto dall’atto amministrativo della contestazione,
intesa come risultato della verifica fiscale, ma da qualsiasi attività nel corso della quale
gli uffici finanziari prendono cognizione del reato11.
E’ appena il caso di sottolineare che l’attuale disciplina codicistica e il “diritto
vivente” in tema di interruzione della prescrizione concretano, ad avviso di chi scrive,
una vera e propria “involuzione”, uno scadimento, in termini di civiltà giuridica, se

4
Giulio Claro, questione 51, n. 5;
5
Prospero Farinaccio, questione 10, n. 28;
6
Cass. Pen., Sez. I, 22/11/2007 n. 2113, in CED Cassazione 2008; Cass. Pen., Sez. IV, 26/9/2007 n. 40281, in Riv. Pen.,
2008, p. 843; Cass. Pen., SS.UU., 16/3/1994, in Dir. e Prat. Trib., 1995, II, p. 1076;
7
Cass. Pen., Sez. III, 24/10/2007 n. 43836;
8
Tribunale di Sciacca, 7/3/2006; Tribunale di Firenze, 17/2/2005;
9
anche se va ricordato che la Corte Costituzionale, con Ordinanza del 17/12/1999 n. 452, pubbl. in Giur. Cost., 1999,
f. 6, ha ritenuto manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costitituzione, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 160 del codice penale nella parte in cui, secondo il “diritto vivente”, prevede che il corso della
prescrizione è interrotto dall’emissione del decreto di citazione a giudizio, anziché dalla notificazione del decreto stesso;
10
ci si riferisce all’art. 17 del d. lgs. 10/3/2000 n. 74, recante “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui
redditi e sul valore aggiunto”, che stabilisce che “il corso della prescrizione per i delitti previsti dal decreto sia interrotto,
oltre che dagli atti di cui all’art. 160 del codice penale, dal verbale di constatazione o dall’atto di accertamento delle
relative violazioni”;
11
cfr., per tutte, Cass., Sez. III, 19/1/1998 n. 2142, in Giust. Pen., II, p. 637;
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confrontate con la disciplina contenuta nei codici preunitari, nel “liberale” codice
penale Zanardelli del 1889 e, persino, nell’”autoritario” codice penale Rocco del
193012.
Senza contare che consentire, come consente la giurisprudenza della Suprema
Corte, che un atto proveniente da una delle parti del processo (il pubblico ministero)
possa sortire, anche se non notificato all’altra, effetto interruttivo, si pone, sempre ad
avviso di chi scrive, in aperto contrasto con i principi del processo accusatorio, che
informano il codice di procedura penale del 1988.
Ecco, allora, che appaiono estremamente attuali le parole, messe ironicamente
“in bocca”, dal grande criminalista classico Francesco Carrara, ai fautori della tesi
dell’interruzione della prescrizione del reato mediante l’emissione di semplici atti
di procedura13 - tesi oggi non solo accolta, ma allargata ope legis14 agli atti
amministrativi: “deve esservi un termine stabilito dalla legge oltre il quale il reato
e l’azione persecutoria del medesimo debba aversi come estinto in virtù della
prescrizione: ma questo termine [...] deve essere precario ed elastico, e la sua
precarietà ed elasticità deve dipendere dallo arbitrio nostro. [...] In tale guisa
finché rimane una gocciola d’inchiostro nel nostro calamaio noi potremo sempre
impedire a quello imputato che è l’oggetto speciale della nostra antipatia di
godere il benefizio della prescrizione, quando anche Dio gli concedesse la vita di
un Patriarca”15.

3. L’interruzione della prescrizione nel sistema del d.lgs. 231/2001

La disciplina della prescrizione (e dell’interruzione di essa) contenuta nel d.lgs.


231/2001 è del tutto autonoma e svincolata dal regime ordinario previsto per il “reato
presupposto”, il che appare del tutto ingiustificato anche sotto il profilo politico
criminale: come è stato osservato, invero, una disciplina del tutto autonoma come
quella prevista dal d.lgs. 231/2001 “si giustificherebbe solo se l’estinzione per
prescrizione dipendesse da una condotta specifica dell’autore” Ente (nell’accezione di
cui art. 1 d.lgs. 231/2001); “come è noto, invece, l’estinzione del reato o delle sanzioni
nel caso della prescrizione non è assolutamente correlata ad una condotta dell’autore,
discendendo unicamente da ragioni squisitamente obbiettive, legate al decorso del
tempo, vale a dire, dalla perdita di un interesse che non è, in alcun modo, correlata
al tipo di soggetto autore dell’illecito, bensì alla gravità dell’illecito commesso, che nel
caso di specie è unico”16.
Invero, non bisogna dimenticare che il fatto che origina il reato e da cui
dipende l’illecito dell’ente è il medesimo: pertanto, sarebbe stato preferibile un
regime di prescrizione unico per i reati presupposto e per gli illeciti
amministrativi17.

12
per un’analisi della disciplina dell’interruzione della prescrizione nei vari codici preunitari, nel codice penale
Zanardelli e nella originaria formulazione del codice penale Rocco, cfr., ancora, A. SALVATORE, op. cit., pp. 308 ss.;
13
per Carrara e, in generale, per tutti i giuristi appartenenti alla cd. Scuola Classica, efficacia interruttiva della
prescrizione doveva essere riconosciuta alla sola sentenza di condanna;
14
cfr., sempre, art. 17 d.lgs. 10/3/2000 n. 74;
15
F. CARRARA, Opuscoli di diritto criminale, vol. II, Lucca, 1870, pp. 73 ss;
16
G. AMARELLI, Profili pratici della questione sulla natura giuridica della responsabilità degli enti, in Riv. it. dir. e
proc. pen., 2006;
17
in questi termini il Progetto preliminare di riforma del codice penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2001;
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L’art. 22 individua due sole cause interruttive della prescrizione, non coerenti tra
loro: la richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive e la contestazione
dell’illecito amministrativo ai sensi dell’art. 59.
Quanto alla prima causa - la richiesta di applicazione delle misure cautelari - tale
richiesta, di fatto, consente di evitare la prescrizione dell’illecito anche se non dà
luogo a contestazione all’Ente: tale strumento potrebbe essere utilizzato dal pubblico
ministero per fini meramente dilatori, attraverso la reiterata presentazione al giudice
di continue richieste di applicazione di misure cautelari, non accolte dal giudice18,
anche se, in verità, tale pericolo appare scongiurato dalla previsione dell’art. 60, che
stabilisce che la contestazione debba avvenire entro i limiti di prescrizione del reato
da cui l’illecito amministrativo a carico dell’Ente dipende.
Ai sensi del terzo comma dell’art. 22, per effetto dell’interruzione della prescrizione
inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione, pari ad anni cinque.
La regola non vale per l’altra causa interruttiva della prescrizione, contemplata nel
comma 4 dell’art. 22, vale a dire la contestazione dell’illecito amministrativo all’Ente:
in tal caso, applicando lo stesso principio di cui all’art. 2945 del codice civile, l’effetto
interruttivo è permanente e dura fino al passaggio in giudicato della sentenza che
definisce il giudizio.
L’art. 60 d.lgs. 231/2001 non fornisce una risposta in ordine al seguente quesito:
se l’illecito amministrativo a carico dell’Ente si prescriva, assieme al reato presupposto,
solo quando la contestazione all’Ente avvenga oltre il termine di prescrizione oppure
anche quando il reato presupposto si prescriva successivamente alla contestazione
tempestiva all’Ente.
Evidentemente, aderire alla prima soluzione comporterebbe l’effetto di rendere
imprescrittibile l’illecito amministrativo contestato nei termini.
In conclusione, ad avviso di scrive, l’esigenza di un revirement della giurisprudenza
di legittimità in merito alla necessità della notifica all’imputato dell’atto interruttivo
della prescrizione si fa ancora più pressante se si analizza la disciplina della
prescrizione (e dell’interruzione di essa) nel procedimento a carico degli Enti, così
come emerge dal “combinato disposto” degli artt. 22 e 60 d.lgs. 231/2001, anche in
considerazione del sempre più probabile ingresso, nel “catalogo” delle fattispecie
originanti responsabilità amministrativa a carico dell’Ente, di reati - come quelli
tributari - in relazione ai quali anche un atto amministrativo (o addirittura una mera
attività materiale) può sortire effetto interruttivo.
E’, peraltro, significativo notare, al riguardo, che lo stesso legislatore delegato,
nella Relazione governativa, affermi apertamente che la scelta del rinvio, sul punto, a
una regolamentazione di stampo civilistico non appaia “delle più felici [...]”, atteso il
rischio di “dilatare eccessivamente il tempo di prescrizione dell’illecito amministrativo
dell’ente, potendo persino favorire deprecabili prassi dilatorie, specie nei casi in cui
si proceda separatamente nei confronti dell’ente”19.

18
BASSI, Il procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni nei confronti degli enti, in AA.VV., “Enti e
responsabilità da reato. Accertamento, sanzioni e misure cautelari”, Milano 2006, p. 581;
19
Relazione allo schema di decreto legislativo.

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