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CONVEGNO
L’ETICA TRA NATURA E STORICITA’
0. Ringraziamenti.
Un grazie sincero al Prof. Francesco Totaro, alla Dr.a Benedetta Giovanola e alla Dr.a Clara
Mandolini per il graditissimo invito e per la cortesissima ospitalità.
1.1. La distinzione tra lex aeterna e lex naturalis rende la dottrina tomista peculiare all’interno del
giusnaturalismo ed è indispensabile per pensare il diritto naturale non come un astorico meta-diritto
(tanto più soggettivo quanto più si pretende assoluto), ma come la modalità con cui il diritto è
continuamente chiamato ad adeguarsi alle concrete situazioni sociali per realizzare nella storia la
giustizia umanamente possibile.
La distinzione tra lex aeterna e lex naturalis segna una cesura tra il pensiero di Tommaso ed il
pensiero stoico che, alle leggi positive dei singoli ordinamenti, sostanzialmente contrapponeva la
sola lex aeterna. Si possono ascrivere a tale concezione Crisippo e lo stesso Cicerone (che, peraltro,
contemperava l’assolutezza della lex aeterna con il realismo del diritto romano). Ma, sul punto
specifico, si può ascrivere a tale concezione diadica lo stesso pensiero di Agostino.
1.2. Ma ancora più importante è la cesura che la distinzione tra lex aeterna e lex naturalis segna tra
il pensiero di Tommaso e il giusnaturalismo moderno (che si può à la Villey fare iniziare dalla
seconda scolastica e giungere fino all’odierna concezione dei diritti umani, passando per il pensiero
rivoluzionario del XVIII secolo): infatti il giusnaturalismo moderno abbandonò progressivamente
l’espressione ‘lex aeterna’, ma attribuì alla lex naturalis (o al ius naturale) alcune delle
caratteristiche distintive della lex aeterna (immutabilità, assolutezza, completezza,…). In questo
senso, il giusnaturalismo moderno può essere letto come una secolarizzazione della lex aeterna e,
insieme, una eliminazione della lex naturalis.
Ma ‘lex aeterna secolarizzata’ è un ossimoro. Da qui molte delle aporie del giusnaturalismo
moderno, a cominciare dall’incoerenza pragmatica data da un contenuto contingente in una forma
che si pretende universale. Ciò spiega il destino strutturalmente positivista del giusnaturalismo
moderno (con la conseguente inflazione di “Carte” e “Dichiarazioni”): quando, insieme alla lex
naturalis, fu eliminato il farsi del diritto naturale a partire dalla ragione pratica storicamente situata,
non restò che l’affidarsi ad un legislatore succedaneo di Dio.
1.3. Se il giusnaturalismo moderno può alternamente essere o quasi irrilevante per il diritto (in
quanto limitato alla coscienza individuale), o solidale a progetti totalitari (finalizzati all’attuazione
1
storica dell’eterno), una concezione del diritto naturale nella quale siano tomisticamente
compresenti lex aeterna e lex naturalis appare coerente con una moderna società liberale. Infatti,
nella differenza tra lex aeterna e lex naturalis si apre lo spazio per la libertà dell’uomo e per
l’apertura della sua storia (con le relative possibilità di evoluzione o declino), insieme alla
consapevolezza della fallibilità della ragione umana e dei limiti strutturalmente propri di ogni
attività normativa: cioè, nella differenza tra lex aeterna e lex naturalis, si apre lo spazio per una
iuris-prudentia creativa perché rispettosa dei fenomeni nel loro mutamento.
2. La lex aeterna
Tommaso, riferendosi ad Agostino, così definisce la lex aeterna: “la lex aeterna non è altro che la
ragione [“ratio”] della divina sapienza, in quanto è direttiva di tutti gli atti e movimenti” 1.Tale legge
è eterna perché la ragione divina non concepisce nulla nel tempo [“ex tempore”], essendo il suo
pensiero eterno.2
Non solo le creature razionali, ma anche le creature irrazionali e l’intera natura sono soggette alla
lex aeterna.
2.2.1. Il tratto teoreticamente forse più provocante della lex aeterna è quello della sua
inconoscibilità diretta: la lex aeterna, in quanto tale, è per noi ignota poiché essa si trova nella
mente divina.3 Quindi solo i beati, che vedono Dio nella sua essenza, possono conoscere la lex
aeterna per ciò che essa è realmente [“secundum quod in se ipsa est”].4
La lex aeterna è conosciuta dalle creature razionali nei suoi effetti nei quali si ritrova una qualche
somiglianza [“aliqua similitudo”] con essa; come chi non vedendo il sole nella sua sostanza, lo
conosce nella sua irradiazione.5
Ma la lex aeterna non può manifestarsi totalmente nei suoi effetti. La conoscenza delle lex aeterna
è analogica e sempre incompleta, condizionata dalle storiche e contingenti circostanze dell’azione
umana, oltre che variabile da individuo a individuo, in funzione delle sue capacità.6
2.2.2. D’altra parte ogni creatura razionale, allo stesso modo in cui conosce in qualche modo
[“aliqualiter”] la verità, conosce anche la lex aeterna almeno quanto ai principî comuni della lex
naturalis [“principia communia legis naturalis”].7
Pertanto ogni creatura razionale si trova in una situazione intermedia: non può conoscere
pienamente la lex aeterna, ma non può ignorarla completamente.
3. La lex naturalis.
1
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 93, a. 1, co. (tr. it. vol. XII, p. 72).
2
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 91, a. 1, co. (tr. it. vol. XII, p. 42).
3
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 19, a. 4, ad 3 (tr. it. vol. VIII, p. 402).
4
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 93, a. 2, co. (tr. it. vol. XII, p. 74).
5
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 93, a. 2, co. (tr. it. vol. XII, p. 74).
6
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 93, a. 2, co. (tr. it. vol. XII, p. 74).
7
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 93, a. 2, co. (tr. it. vol. XII, p. 74).
2
Tommaso caratterizza la lex naturalis come la partecipazione, necessariamente incompleta, della
lex aeterna nella creatura razionale, “participatio legis aeternae in rationali creatura. 8 Ma questo
scarto tra lex aeterna e lex naturalis non si traduce, nella dottrina tomista del diritto naturale, in un
dato esclusivamente negativo, cioè in una condizione di strutturale difetto della lex naturalis
rispetto alla lex aeterna, e correlativamente in una secca perdita per l’uomo e la sua città. Come
nella lucreziana teoria del clinamen (dove la deviazione dalla linearità di caduta degli atomi evita il
determinismo assoluto)9, così nella differenza tra lex aeterna e lex naturalis si apre lo spazio per la
libertà dell’uomo e per l’apertura della sua storia.
8
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 91, a. 2, co. (tr. it. vol. XII, p. 46).
9
Lucrezio, De rerum natura, II, vv. 216-293.
10
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 94, a. 2, co. (tr. it. vol. XII, p. 94). Cfr. Sententia libri Ethicorum, lib. 1, l. 1, n. 9 (tr. it.
vol. I, pp. 44-45) dove Tommaso commenta l’incipit dell’Ethica Nicomachea: “a ragione si è affermato che il bene è
“ciò cui ogni cosa tende””.
11
Scriptum super Libros Sententiarum, lib. 4, d. 33, q. 1, a. 1, ad 1-2 (tr. it. vol. IX, p. 451).
12
Scriptum super Libros Sententiarum, lib. 4, d. 33, q. 1, a. 1, ad 1 (tr. it. vol. IX, p. 451).
13
Scriptum super Libros Sententiarum, lib. 4, d. 33, q. 2, a. 2, qc. 1, co. (tr. it. vol. IX, p. 481).
14
Joseph Arntz, Lo sviluppo del pensiero giusnaturalistico all’interno del tomismo, 1970, p. 131.
15
Joseph Arntz, Lo sviluppo del pensiero giusnaturalistico all’interno del tomismo, 1970, p. 131.
16
Joseph Arntz, Lo sviluppo del pensiero giusnaturalistico all’interno del tomismo, 1970, p. 135.
17
Cfr. Albrecht Alt, Die Ursprünge des israelitischen Rechts, 1934. La distinzione di Alt tra diritto apodittico e diritto
casuistico è celebre nell’ermeneutica biblica; qui non rileva il fatto che sia stata anche criticata dal punto di vista
filologico e linguistico.
18
Joseph Ratzinger / Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, 2007, pp. 152-156.
3
omologa agli enti eterni (e in questo senso nelle utopie sociali o nella personalità paranoica è
all’opera la pericolosa assimilazione della ragione pratica alla ragione speculativa).
Conseguentemente per le realtà contingenti, quali sono i fenomeni naturali e le cose umane, basta la
certezza che qualcosa sia vero nella maggior parte dei casi [“in pluribus”], sebbene in pochi casi
[“in paucioribus”] possa essere inadeguato.19
Tommaso sviluppa il tema della certezza che si può raggiungere nelle questioni normative
commentando il passo di Ethica Nicomachea in cui Aristotele discute la medesima questione
(1094b 11-28). Tommaso scrive che “la certezza non è attingibile, né va cercata allo stesso modo in
tutti i discorsi nei quali si tratta di un determinato argomento” 20: “in una materia variabile e
contingente non ci può essere lo stesso grado di certezza che c’è in una materia necessaria, la quale
si presenta sempre alla stessa maniera”21. E “la materia della scienza morale è tale che sfugge a una
certezza perfetta” [“non est ei conveniens perfecta certitudo”].22
Pertanto, la lex naturalis è la medesima presso tutti gli uomini riguardo ai suoi primi principî
comuni [“prima principia communia”], mentre se da questi principî si passa alle loro conclusioni la
lex naturalis (seppure in pochi casi [“in paucioribus”]) può venire meno sia riguardo alla sua
rettitudine, sia riguardo alla conoscenza che di essa hanno gli uomini.23
4.2.1. Ma che cosa può mutare della lex naturalis? E come può mutare?
La lex naturalis può sempre essere mutata mediante l’aggiunta di nuove norme. Come scrive
Tommaso, molte sono le norme utili alla vita umana aggiunte alla lex naturalis sia dalla legge
divina, sia dalle leggi umane. In questo senso, nulla proibisce che la lex naturalis possa essere
mutata [“nihil prohibet legem naturalem mutari”].27
19
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 96, a. 1, ad 3 (tr. it. vol. XII, p. 128).
20
Sententia libri Ethicorum, lib. 1, l. 3, n. 1 (tr. it. vol. I, p. 57).
21
Sententia libri Ethicorum, lib. 1, l. 3, n. 5 (tr. it. vol. I, p. 59).
22
Sententia libri Ethicorum, lib. 1, l. 3, n. 1 (tr. it. vol. I, p. 57).
23
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 94, a. 4, co. (tr. it. vol. XII, p. 102).
24
Aristotele, Physica, 192b 15-19 (tr. it. p. 27).
25
Aristotele, Physica, 215a 1 (tr. it. p. 91): “ogni movimento è o per violenza o per natura”; cfr. Physica, 230b – 231a
(tr. it. pp. 134-136)
26
Sul concetto di ordine sociale spontaneo in Hayek (e non solo) rinvio a Stefano Moroni, L’ordine sociale spontaneo:
conoscenza, mercato e libertà dopo Hayek, 2005.
27
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 94, a. 5, co. (tr. it. vol. XII, p. 104).
4
Più complessa è la questione se la lex naturalis possa essere mutata non mediante l’aggiunta di
nuove norme, ma mediante l’abrogazione [“per modum subtractionis”] di norme che appartengono
ad essa. Occorre distinguere, infatti, tra principî primi [“prima principia legis naturae”] e precetti
secondi [“secunda praecepta”]: mentre nessun principio primo può essere abrogato, i precetti
secondi possono mutare in corrispondenza di casi particolari ed eccezionali.28
Va però detto che l’aggiunta di nuove norme non è solo per colmare eventuali lacune, ma anche per
migliorare la lex naturalis; in questo secondo caso l’aggiunta di una nuova norma comporta anche
l’abrogazione della norma pre-esistente. Ad esempio il diritto di proprietà individuale [“distinctio
possessionum”] è stato inserito nella lex naturalis dalla ragione (in quanto utile alla vita umana) al
posto di un immediatamente naturale comunismo dei beni [“communis omnium possessio”] 29, per
tener conto, ad esempio, delle esigenze di coltivazione di un campo e del pacifico uso di esso 30:
perciò la proprietà privata si è aggiunta al diritto naturale [“iuri naturali superadditur”] per uno
sviluppo di esso dovuto alla ragione umana [“per adinventionem rationis humanae”]31.
4.2.2. La tesi della (relativa) mutevolezza del diritto naturale, prima di Tommaso, era stata asserita
da Aristotele nell’Ethica Nicomachea.32
Aristotele, come avrebbe fatto Tommaso, distingue due piani: quello degli dèi e quello degli uomini.
Tra gli dèi “non è affatto vero” che non vi sia un giusto per natura (e tale giusto per natura è
immutabile)33, tra gli uomini, invece, “c’è una specie di giusto per natura [“phýsei”] benché sia tutto
mutevole [“kinētòn méntoi pân”]”34; infatti, se è vero che “sia la natura sia la legge sono
mutevoli”35, “pur tuttavia, c’è un tipo di giusto che si fonda sulla natura ed uno che non si fonda
sulla natura”36.
Aristotele si contrappone, dunque, alle tesi dei sofisti, ma la sua posizione non ne rappresenta una
semplice antitesi: Aristotele sostiene la mutabilità del diritto naturale, ma, a differenza dei sofisti,
non ritiene che la mutabilità implichi necessariamente arbitrarietà. Con molta efficacia Jean Yves
Jolif ha così parafrasato il pensiero di Aristotele:
“La thèse des Sophistes est vraie en ce qu’elle affirme que les règles déterminant
le juste et l’injuste sont changeantes; elle est fausse en ce qu’elle conclut que
toutes ces règles sont purement conventionnelles et ne peuvent se réclamer de la
nature: ce qui est changeant n’est pas nécessairement arbitraire.”37
4.2.3. Proprio perché derivato da una natura mutevole, il diritto naturale non può essere (come è
invece nella concezione moderna) un catalogo di soluzioni pre-confezionate. In questo senso,
paradigmatico è il caso del diritto romano classico, che ha saputo costantemente evolversi, ma non
in modo arbitrario, o in applicazione di astratti principî, bensì per essere plasticamente coerente con
la natura delle situazioni sociali in continuo cambiamento.
28
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 94, a. 5, co. (tr. it. vol. XII, pp. 104-106).
29
Summa theologiae, Ia-IIae, q. 94, a. 5, ad 3 (tr. it. vol. XII, p. 106).
30
Summa theologiae, IIa-IIae, q. 57, a. 3, co. (tr. it. vol. XVII, p. 36).
31
Summa theologiae, IIa-IIae, q. 66, a. 2, ad 1 (tr. it. vol. XVII, p. 210).
32
Aristotele, Ethica Nicomachea, 1134b 18 - 1135a 5 (tr. it. p. 209 e p. 211)
33
Aristotele, Ethica Nicomachea, 1134b 28-29 (tr. it. p. 211).
34
Aristotele, Ethica Nicomachea, 1134b 29-30 (tr. it. p. 211).
35
Aristotele, Ethica Nicomachea, 1134b 32 (tr. it. p. 211).
36
Aristotele, Ethica Nicomachea, 1134b 30 (tr. it. p. 211).
37
Il commento è nell’edizione di René Antoine Gauthier / Jean Yves Jolif dell’Ethica Nicomachea, vol. II, 1958; 1970,
p. 394.
5
4.3.1. Leo Strauss è stato tra i primi ad evidenziare che, secondo Aristotele, “ogni diritto naturale è
mutevole”.38 Aristotele si sarebbe così opposto “alla divina follia di Platone e, in anticipo, ai
paradossi degli stoici”.39 Al tempo stesso la posizione di Aristotele non è riconducibile a quella di
chi, come Machiavelli, nega il diritto naturale.40
4.3.2. Come ha scritto Hans-Georg Gadamer, il nocciolo profondo del pensiero di Aristotele sta nel
caratterizzare il diritto naturale accessibile agli uomini come fondato sulla natura della cosa e al
contempo parzialmente mutevole (limitando l’immutabilità del diritto naturale ai soli dèi).
Pertanto, le norme del diritto naturale non sono “norme scritte nelle stelle o poste in un preteso
mondo morale naturale come in un loro luogo immutabile, che si tratti solo di custodire e
difendere”; ma, d’altro lato, “non sono pure convenzioni, bensì riflettono realmente la natura delle
cose”.41
In questa relativa mutevolezza le norme del diritto naturale si differenziano dalle leggi fisiche come,
ad esempio, quelle per le quali “il fuoco brucia qui da noi come in Persia”.42
Ecco perché, secondo Gadamer, la posizione di Aristotele sul diritto naturale “non può venire
confusa con quella della tradizione giusnaturalistica moderna”.43
4.3.3. Se Strauss e Gadamer, partendo dalla caratteristica della mobilità, hanno avuto il merito di
distinguere le tesi di Aristotele sul diritto naturale dalla visione astratta e rigida del giusnaturalismo
moderno, è stato però Michel Villey ad associare Tommaso (e lo stesso diritto romano) ad Aristotele
in una comune costellazione storico-filosofica: il “diritto naturale classico” (contrapposto ad un
diritto naturale moderno). Villey, con lo sviluppo della categoria del diritto naturale classico (che, in
riferimento all’antichità e al medio-evo, era già presente in Leo Strauss44), ha offerto lo strumento
ermeneutico forse più utile non solo per accostarsi alla storia del diritto naturale (evitando fuorvianti
assimilazioni), ma anche per non considerare confatali la crisi del diritto naturale moderno e
l’irrilevanza teorico-pratica di ogni concezione del diritto naturale.
4.3.4. Sono, almeno in una certa misura, coerenti con il pensiero di Aristotele e di Tommaso quegli
autori che in epoca moderna non hanno separato naturalità e storicità del diritto. Ad esempio,
Rudolf Stammler (1856-1938) che ha introdotto il concetto di “diritto naturale a contenuto
variabile” (“Naturrecht mit wechselndem Inhalt”), ripreso con originali variazioni da Raymond
Saleilles (1865-1912); Georges Renard (1876-1943) che ha proposto il concetto di “droit naturel à
contenu progressif”; Alfred Verdroß (1890-1980) che ha contrapposto diritto naturale statico
(“statisches Naturrecht”) e diritto naturale dinamico (“dynamisches Naturrecht”) ed ha riproposto la
distinzione tra “diritto naturale primario” (“primäres Naturrecht”) e “diritto naturale secondario”
(“sekundäres Naturrecht”); Paul Foriers (collega e collaboratore di Chaïm Perelman) che ha scritto
di “droit naturel positif”; Giuseppe Capograssi (1889-1956) e altri studiosi raccolti nell’Unione
Giuristi Cattolici Italiani che dedicarono nel 1949 un congresso (e un successivo volume) al “diritto
naturale vigente”; Sergio Cotta (1920-2007) che fece proprio e sviluppò ampiamente il concetto di
“diritto naturale vigente” insieme alla feconda distinzione, da lui ripresa, di “diritto naturale
relativo” e “diritto naturale assoluto”.
38
Leo Strauss, Natural Right and History, 1953 (tr. it. p. 170).
39
Leo Strauss, Natural Right and History, 1953 (tr. it. p. 168).
40
Leo Strauss, Natural Right and History, 1953 (tr. it. p. 174).
41
Hans-Georg Gadamer, Wahrheit und Methode: Grundzüge einer philosophischen Hermeneutik, 1960, pp. 303-304 (tr.
it. p. 372).
42
Aristotele, Ethica Nicomachea, 1134b 26. Cfr. Hans-Georg Gadamer, Wahrheit und Methode: Grundzüge einer
philosophischen Hermeneutik, 1960, p. 303 (tr. it. p. 371).
43
Hans-Georg Gadamer, Wahrheit und Methode: Grundzüge einer philosophischen Hermeneutik, 1960, p. 302 (tr. it. p.
370).
44
Leo Strauss dedica il capitolo IV del suo Natural Right and History del 1953 al “classical natural right”; ricordo però
che Strauss, proprio sulla questione della mutabilità del diritto naturale, distingue la posizione di Tommaso da quella di
Aristotele.
6
5. Il relativismo culturale e la duplice relatività della lex naturalis.
5.1. La curvatura storica, situazionale e persino individuale della lex naturalis potrebbe indurre ad
accostare la concezione tomista all’ampio filone del relativismo culturale (ma anche
epistemologico, etico ed ontologico) che sembra caratterizzare la post-modernità (o tarda
modernità, o modernità liquida), ma che è variamente presente in Occidente almeno dal V secolo
a.C., cioè dal celebre resoconto fatto da Erodoto dell’interrogatorio di Dario agli Indiani detti
Callati e ai Greci sulle usanze rispettive di onorare i defunti.45
E di un Tommaso relativista, almeno per quanto riguarda la concezione del diritto naturale, ha
scritto Villey, secondo cui, una volta superati i commenti deformanti (come quelli di Caietano,
Francisco Suárez o Christian Wolff), quella di Tommaso appare come “une leçon de souplesse,
d’humilté et même dans une large mesure de relativisme”.46
Credo che dietro il tono un po’ provocatorio di un “Tommaso relativista” ci sia un’importante
intuizione ermeneutica, ma che va precisata per evitare un completo fraintendimento della
concezione della lex naturalis.
Infatti, la lex naturalis non si configura come una norma di un kelseniano ordinamento dinamico
suscettibile, come tale, di assumere qualsiasi contenuto. La lex naturalis ha un margine
contenutistico di oscillazione che dipende, metafisicamente, dall’essere partecipazione della lex
aeterna nella creatura razionale47 e, analiticamente, in quanto legge, dal possedere i quattro
costitutivi essenziali propri di ogni legge (appartenenza alla ragione; finalizzazione al bene comune;
provenienza dal popolo o da chi ne fa le veci; promulgazione) 48. Pertanto, l’eventuale relativismo
tomista non è certo una forma di quel relativismo per il quale tutti i possibili ordinamenti giuridici
sono allo stesso titolo attuabili nella misura in cui non si può dare di essi comparazione
assiologicamente giustificata.
7
(“tutto impegnato nel culto dell’individuo, cioè di un certo individuo ben provveduto, ben pasciuto e voglioso di
dominio”).