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Buongiorno, Mi sono aggiudicata un immobile a novembre 2016.

Il decreto di
trasferimento è stato emesso a gennaio. L'immobile è occupato dall'esecutato, un'anziana
con problemi di salute dovuti all'età. La figlia, a sua volta esecutata, sta facendo tutto
quanto possibile per ostacolare il rilascio dell'immobile. Ha richiesto vari rinvii ma dal
secondo tentativo di accesso forzoso questi sono stati respinti. Il G.E. ha chiaramente
indicato il custode come responsabile della liberazione rimettendo a lui qualsiasi decisione
in merito a tali richieste. Siamo giunti al terzo accesso forzoso nel quale sono stati
coinvolti medico legale, anestesista, cardiologo e un'ambulaza del 118. La forza pubblica
aveva però rifiutato di intervenire in un primo momento rispondendo di inviare una volante
solo in caso di effettiva necessità. Dal momento che la figlia dell'anziana rifiutava di far
entrare il custode è stata chiamata la polizia che però ha rifiutato di procedere non
volendo assumersi alcuna responsabilità. Il custode ha richiesto agli agenti di identificarsi
e questi hanno rifiutato. È stato fissato un nuovo accesso dopo 20 giorni ma mi chiedo in
quale modo si possa liberare l'immobile data la resistenza degli esecutati. Tutte le
condizioni sono state rispettate e adottate tutte le cautele ma senza l'ausilio della forza
pubblica anche il custode si trova nell'impossibilità di rilasciarci l'immobile. Cosa
dobbiamo aspettarci?

La situazione prospettata è abbastanza spiacevole.

Il novellato art. 560, comma quarto, c.p.c. stabilisce che “per l’attuazione
dell’ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica”.

In questi termini si esprimono in generale gli artt. gli artt. 68 c.p.c. e 14 Ord.
Giudiziario Anch’essi consentono al Giudice di avvalersi della forza pubblica per
il compimento di attività inerenti ai processi e, segnatamente, ai processi di
esecuzione forzata.

L’assistenza della forza pubblica in fase esecutiva costituisce collaborazione


all’esecuzione forzata ed è strumentale rispetto al provvedimento giurisdizionale
(in proposito, Corte Cost. 24.7.1998, n. 321).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha precisato sul punto che “l’autorità


amministrativa richiesta di concorrere con la forza pubblica all’esecuzione del
comando contenuto nel titolo esecutivo ha il dovere di prestare i mezzi per
l’attuazione in concreto dello stesso onde realizzare il fine ultimo della funzione
sovrana della giurisdizione … L’apprestamento di tali mezzi da parte della
pubblica amministrazione è, pertanto, assolutamente doveroso” (Cass.,
26.2.2004, n. 3873).

Solo l’assoluta impossibilità (ma non è certamente questo il caso che la riguarda)
di prestare assistenza può giustificare un temporaneo diniego da parte dell’
Autorità a fronte di una legittima richiesta da parte del Giudice o dei suoi
ausiliari, poiché sussiste “un diritto soggettivo ad ottenere dall’amministrazione
le attività necessarie all’esecuzione forzata del provvedimento, comprese quelle

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relative all’uso della forza pubblica, le quali integrano comportamenti dovuti
(sempre che non ricorra un’impossibilità determinata da forza maggiore) e non
discrezionali” (Cass., Sez. Un., 18.3.1988, n. 2478).

Conseguentemente, “il rifiuto di assistenza della forza pubblica all’esecuzione


dei provvedimenti del giudice … sempre che non dipenda da accertata
indisponibilità di forza … costituisce un comportamento illecito” (Cass., Sez.
Un., 1.8.1962, n. 2299).

Ed allora, dinanzi alla vicenda prospettata, se al prossimo accesso la forza


pubblica dovesse rifiutarsi di agire tirando fuori di casa materialmente gli
occupanti il consiglio è quello di chiedere al custode di verbalizzare questa
richiesta ed il relativo rifiuto, trasmettendo contestualmente gli atti alla Procura
della Repubblica perché gli agenti vengano penalmente perseguiti, a meno che il
medico legale non dichiari che la signora anziana è intrasportabile anche con
l’ausilio del servizio del 11

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