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DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE

Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Strutture e del


Recupero Edilizio ed Urbano
VII Ciclo N.S. (2005-2008)

ANALISI TEORICO-SPERIMENTALE
DEL COMPORTAMENTO CICLICO
DI NODI FLANGIATI TRAVE-COLONNA

Fabio Iannone

Il Tutor Il Coordinatore
Prof. Gianvittorio Rizzano Prof. Ciro Faella

Il co-Tutor
Prof. Vincenzo Piluso
“Il Modo Migliore di Realizzare un Sogno è quello di Svegliarsi”
Paul Valéry
Ripercorrendo mentalmente questi ultimi anni di lavoro, i ricordi
emozionanti che affiorano mi condurrebbero inevitabilmente a
ringraziare una interminabile lista di persone. Dovendo invece
limitarmi, mi preme sottolineare come questo lavoro, nato dalla
passione, dalla curiosità e dall’ingegno, è frutto del sacrificio,
dell’ostinazione e della paziente meticolosità di una sinergia di
persone, di un team. In tale ottica, desidero ringraziare con sincerità,
affetto e profonda stima il prof. V. Piluso ed il prof. G. Rizzano che,
sin dai tempi della tesi di laurea, si sono dimostrati rari esempi
accademici di “Persone semplici e cordiali”, “Professionisti” e non
ultimo “Professori”. L’ing. R. Montuori, per il suo costante
incoraggiamento, il suo sostegno psicologico, la sua disponibilità, i
suoi preziosi consigli e le sue doti di chiaroveggenza. Gli ingg. L.
Mastrandrea, A. Longo e L. De Mita, per i consigli, la disponibilità, le
risate e l’affettuosa amicizia che mi lega a loro.
Un particolare ringraziamento lo devo agl’ingg. R. Sabatino e M.
Latour, per il contributo fondamentale e determinante fornito a
questo lavoro, senza dimenticare le ore di laboratorio e di albergo
trascorse insieme. Ringrazio inoltre i “ragazzi” della sala dottorandi,
che sopportano la mia ironia sempre e comunque.
Ringrazio tutta la mia famiglia che, vedendomi sempre più spesso
assorto nei miei pensieri, si preoccupa per me e vorrebbe vedermi
ingrassato di qualche chilo.
L’ultimo ringraziamento va a tutti i miei amici, quelli di sempre,
che hanno avuto la pazienza di sopportare i miei “rimandiamo che stò
un attimo incasinato”, ed alle persone con cui lavoro, per lo stesso
motivo.
Alla mia famiglia,
ma in particolar mado a mia madre

A Donatella
INDICE

INTRODUZIONE 2

CAPITOLO 1
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e
Classificazione 8
1.1 Introduzione 8
1.2 L’influenza del Comportamento Nodale sui Telai 12
1.3 Classificazione dei Nodi 18
1.4 Il Metodo delle Componenti 23
1.4.1 Generalità sui modelli e sulla loro rappresentazione 23
1.4.2 L’approccio meccanico per componenti 29
1.5 Comportamento Ciclico di Nodi trave-colonna 38

CAPITOLO 2
Setup delle Prove 46
2.1 Generalità 46
2.2 Attrezzature Utilizzate nelle Indagini 47
2.2.1 Apparecchiature di vincolo 47
2.2.2 Apparecchiature di carico 49
2.2.3 Strumentazione di misura e di acquisizione dati 51
2.3 Schema e Modalità di Prova 55
2.4 Prova Pilota 61
2.5 La Progettazione dei Nodi 65
2.5.1 Progetto del nodo EEP-CYC 01 65
2.5.2 Progetto del nodo EEP-CYC 02 81
2.5.3 Progetto del nodo EEP-DB-CYC 03 90
2.5.4 Progetto del nodo TS-CYC 04 101
INDICE II

CAPITOLO 3
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 104
3.1 Generalità 104
3.2 La Prova EEP-CYC 01 105
3.2.1 Descrizione della prova 105
3.2.2 Analisi dei risultati 109
3.3 La Prova EEP-CYC 02 118
3.3.1 Descrizione della prova 118
3.3.2 Analisi dei risultati 122
3.4 La Prova EEP-DB-CYC 03 126
3.4.1 Descrizione della prova 126
3.4.2 Analisi dei risultati 130
3.5 La Prova TS-CYC 04 135
3.5.1 Descrizione della prova 135
3.5.2 Analisi dei risultati 139
3.6 Caratteristiche Geometriche e Meccaniche dei Provini 144
3.7 Confronto tra le Prove e relative Conclusioni 149

CAPITOLO 4
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 152
4.1 Generalità 152
4.2 Il Pannello d’anima a Trazione e Compressione 154
4.2.1 Introduzione 154
4.2.2 Il modello di Cofie e Krawinkler 155
4.3 Il Pannello a Taglio 168
4.3.1 Introduzione 168
4.3.2 I modelli monotoni 173
4.3.3 I modelli ciclici 189
4.4 I T-stub 198
4.4.1 Introduzione 198
4.4.2 Modello monotono di Piluso et al. (1997) 206
4.4.3 Modello ciclico di Piluso et al. (2000) 220

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
III INDICE

CAPITOLO 5
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti
Sperimentali 222
5.1 Generalità 222
5.2 Il Modello per il Pannello a Taglio 224
5.3 Il Modello per i T-stub 237
5.4 Il Modello per i Pannelli d’anima a Trazione e
Compressione 248
5.5 Il Modello Meccanico Ciclico per i Nodi EEP 250
5.6 Il Confronto con i Dati Sperimentali 256
5.6.1 Nodo EEP-CYC 01 258
5.6.2 Nodo EEP-CYC 02 265
5.6.3 Nodo TS-CYC 04 271
5.7 Conclusioni 278

BIBLIOGRAFIA 280
INTRODUZIONE

I terremoti costituiscono una delle più violenti condizioni di


carico cui una struttura può essere soggetta e che può comportare, se
non adeguatamente portata in conto, un significativo rischio di perdita
di vite umane. Una delle modalità di collasso più frequenti per le
strutture in acciaio, evidenziata anche nel corso dei più recenti eventi
sismici, è la rottura delle connessioni trave-colonna. Tale tipologia di
collasso può portare alla perdita dell’integrità strutturale ed al crollo
degli impalcati connessi, con il conseguente rischio di collasso
dell’intera struttura.
Prima del sisma di Northridge (17 gennaio 1994), nelle aree
sismicamente attive degli Stati Uniti, i telai sismo-resistesti venivano
generalmente realizzati con connessioni interamente saldate, molto
utilizzate non solo per la loro economicità e versatilità ma anche
perché si riteneva che possedessero un’elevata capacità di
deformazione plastica. Tuttavia, tale convinzione è stata messa a dura
prova dal sisma di Northridge, in seguito al quale si è avuto modo di
osservare la diffusa rottura di tale tipologia di connessione. Sebbene
non vi è stata perdita di vite umane e nemmeno crolli di edifici, il
danno causato a molte costruzioni con telai in acciaio a connessioni
saldate è stato molto severo ed in alcuni casi tutte le connessioni
trave-colonna ad uno o più impalcati sono risultate compromesse.
Successivamente ai terremoti di Northridge e di Kobe (1995) si è
manifestata quindi la crescente necessità di approfondire le
conoscenze sul comportamento ciclico e sulle metodologie di
progetto riguardanti le diverse tipologie di connessioni nelle strutture
in acciaio sismo-resistenti. Si sono incrementate così le ricerche
sperimentali ed analitiche volte ad investigare i collegamenti tra le
membrature in acciaio ed, in particolar modo, quelle rivolte a
3 INTRODUZIONE

soluzioni strutturali di nodi trave-colonna alternative alle allora tipiche


connessioni saldate. Tra le tipologie nodali alternative ai nodi saldati
un ruolo importante è occupato dai nodi flangiati.
I nodi flangiati, costituiti essenzialmente da un piatto saldato
all’estremità della trave e bullonato alla colonna, offrendo la possibilità
di effettuare le saldature del piatto in officina, in condizioni
controllate, garantiscono una migliore qualità delle saldature se
confrontati con i nodi saldati in opera. Inoltre, sebbene la facilità di
realizzazione e di messa in opera dei nodi flangiati sia comparabile a
quella dei nodi saldati, la varietà dei dettagli costruttivi risulta molto
ampia essendo molti i parametri che ne influenzano il comportamento
nodale: il diametro dei bulloni, numero e file di bulloni, il passo dei
bulloni e la distanza di questi dalle flange della trave, la classe dei
bulloni, le dimensioni del piatto di estremità ed il suo spessore, la
presenza di irrigidimenti sul piatto di estremità o nella colonna, le
dimensioni della trave e della colonna, la coppia di preserraggio dei
bulloni, etc. L’influenza di tali parametri sul comportamento dei
collegamenti trave-colonna è stato oggetto negl’ultimi anni di notevole
interesse in campo scientifico con la realizzazione di numerose prove
sperimentali di tipo monotono.
Tuttavia risulta evidente come tali test non possano coprire un
così ampio range di variabili, tanto da rendere ancora necessario
investigare il comportamento monotono dei nodi trave-colonna e,
soprattutto, di approfondire le conoscenze sul comportamento ciclico
dei nodi flangiati.
Un primo significativo studio sul comportamento ciclico dei nodi
trave-colonna fu condotto da Mazzolani et al. nel 1987, proponendo
anche un modello matematico di precisione del comportamento
ciclico. Nei primi anni 90 Ghobarah et al. (1990) condussero due serie
di sperimentazioni volte a valutare il comportamento di nodi flangiati
trave-colonna sotto carichi ciclici, concludendo che tale tipologia
nodale, se adeguatamente progettata, può correttamente utilizzarsi
anche nei telai sismo-resistenti ricadenti in area ad alta intensità
sismica. Tsai e Popov (1990), negli stessi anni, condussero test ciclici
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
INTRODUZIONE 4

su connessioni flangiate finalizzati alla valutazione del loro


comportamento in cicli ampi e carichi elevati, rilevando come tale
tipologia nodale potesse essere progettata per sviluppare l’intera
capacità plastica della trave. Altri test sono stati effettuati nel corso di
quest’ultimo ventennio, volti ad indagare l’influenza dei parametri
nodali non solo sulla resistenza e sulla rigidezza nodale, ma anche
sulle capacità rotazionali e dissipative.
Nonostante gli enormi sviluppi e le approfondite conoscenze
acquisite in questi anni di ricerca sui nodi in acciaio, è ancora
frequente, soprattutto in ambito professionale, l’utilizzo di un
approccio semplificato alla progettazione dei telai in acciaio,
assimilando il comportamento nodale a quello di una cerniera ideale o,
in alternativa, ad una connessione completamente rigida e continua
(nodo incastro), trascurando il reale comportamento nodale che è
generalmente intermedio. Sovrastimare la rigidezza nodale può
condurre ad una sottostima della deformabilità laterale e dello
spostamento di interpiano, mentre una sottostima della stessa
rigidezza può portare a sottostimare le sollecitazioni agenti sulle
membrature del telaio. Inoltre, sovrastimare o sottostimare la
resistenza nodale può condurre ad una erronea valutazione delle zone
impegnate plasticamente che se localizzate alle estremità delle
membrature o negli elementi di collegamento possono essere
caratterizzate da duttilità e capacità dissipativa totalmente differenti.
Peraltro, il trascurare, nelle analisi dei telai in acciaio, il reale
comportamento dei nodi può comportare previsioni poco realistiche
in termini di risposta e di affidabilità strutturale, e l’uso di queste due
assunzioni estreme, cerniera e nodo continuo, può risultare oltre che
impreciso anche antieconomico e rischioso.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
5 INTRODUZIONE

MOTIVAZIONI ED OBIETTIVI
L’impiego di strutture intelaiate in acciaio in zona sismica richiede
un’accurata progettazione delle membrature e dei nodi al fine di
massimizzare le capacità dissipative della struttura stessa. L’approccio
classico delle normative sismiche spinge verso la progettazione di
strutture con nodi trave-colonna a completo ripristino di resistenza,
ovvero con adeguata sovraresistenza dei nodi rispetto alle membrature
collegate, in modo da favorire l’impegno plastico delle membrature
piuttosto che gli elementi di collegamento nodali. Tuttavia, la versione
più recente dell’Eurocodice 3 è meno restrittiva sottolineando la
possibilità di dissipare l’energia sismica in ingresso anche mediante
escursioni plastiche degli elementi di collegamento. In tal caso, la
modellazione del comportamento rotazionale dei nodi trave-colonna
in acciaio risulta molto importante sia per la costruzione di un
adeguato modello della struttura nel suo complesso, ma soprattutto
per progettare nodi trave-colonna dotati di adeguate capacità
dissipative.
La modellazione del comportamento rotazionale dei nodi trave-
colonna in acciaio è codificata dall’Eurocodice 3 con riferimento al
comportamento monotono per la cui previsione viene impiegato il
“metodo delle componenti”. Tale metodo parte dalla discretizzazione
del nodo in un numero finito di componenti, le quali sono
rappresentative delle sorgenti di deformabilità e resistenza.
Con riferimento al comportamento rotazionale ciclico dei nodi
trave-colonna, sia l’Eurocodice 3 che le normative americane risultano
completamente carenti.
In tale contesto si inserisce il presente lavoro nel quale, a partire
dai risultati di prove sperimentali condotte su quattro differenti
tipologie di nodi trave-colonna in acciaio effettuate presso il
Laboratorio Prove Materiali e Strutture dell’Università di Salerno,
viene analizzato l’impegno plastico delle diverse componenti nodali e
dell’intero nodo riscontrando l’assenza di significativi fenomeni di
interazione e la corretta valutazione delle componenti nodali

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
INTRODUZIONE 6

effettivamente impegnate in campo plastico. Da tale analisi è apparso


pertanto promettente la possibilità di modellare il comportamento
ciclico mediante l’estensione dell’approccio per componenti impiegato
in ambito monotono. Pertanto, nella tesi viene proposto un modello
ciclico per componenti che, partendo da studi presenti in letteratura
relativi al comportamento ciclico di singole componenti nodali (Faella,
Piluso e Rizzano; Cofie e Krawinkler; Kim ed Engelhardt), è in grado
di fornire un’accurata previsione del comportamento ciclico dell’intero
nodo modellando adeguatamente sia il degrado di resistenza e
rigidezza che il fenomeno del pinching dei collegamenti bullonati.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
CAPITOLO 1
I NODI NELLE STRUTTURE IN ACCIAIO,
SCHEMATIZZAZIONE E CLASSIFICAZIONE

1.1 INTRODUZIONE
Un telaio in acciaio, che appartenga o meno alla categoria dei telai
controventati (braced frames), può essere considerato come un
sistema strutturale piano o spaziale composto da elementi lineari, le
membrature, opportunamente collegati tra loro.
E’ opportuno però fare una distinzione tra il termine nodo e quello
di collegamento che, spesso, vengono indistintamente utilizzati. In
generale per collegamento si intende quella zona dove vengono collocati
gli organi meccanici, quali saldature o bulloni, attraverso i quali si
realizza la connessione di una membratura all’altra. Per nodo, invece, si
intende l’insieme del collegamento e del pannello nodale, intendendo per
quest’ultimo la zona della colonna che risente dell’interazione tra le
diverse membrature (Figura 1.1).
Nella progettazione dei telai in acciaio, e quindi dei relativi nodi, è
di rilevante importanza la scelta del dettaglio costruttivo del
collegamento, poiché da questo si possono ottenere comportamenti
nodali estremamente variegati e classificabili tra due estremi limite. Il
primo estremo è rappresentato dal modello incernierato (come ad
esempio il classico collegamento con squadrette d’anima) che
interpreta bene il caso di quei collegamenti in grado di trasferire
essenzialmente le sollecitazioni di taglio, mentre risulta possibile
trascurare il momento flettente. L’altro estremo è rappresentato dal
modello continuo (Figura 1.2), nel quale le azioni flettenti non possono
essere trascurate poichè, tale modello, si basa sul presupposto che
tutte le estremità delle membrature convergenti nel nodo sono
soggette alla stessa rotazione ed ai medesimi spostamenti (è questo il
9 CAPITOLO 1

caso di un nodo interamente saldato con il pannello nodale irrigidito


mediante piatti di continuità ed eventuali diagonali di rinforzo).

Figura 1.1 – Distinzione tra nodo e collegamento (Piluso et al., 2000)

Figura 1.2 – Modellazione dei nodi nelle analisi strutturali (Piluso et al., 2000)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 10

Definiti i due schemi limite è possibile affermare che, nella


maggioranza dei casi, il comportamento reale dei nodi possiede uno
schema intermedio. In tali casi si parlerà quindi di modello semicontinuo,
rappresentato essenzialmente da una molla di tipo rotazionale che,
almeno per i collegamenti trave-colonna, schematizza la natura del
comportamento prevalentemente di tipo flessionale. In pratica, col
modello semicontinuo si intende schematizzare quell’interazione che
di fatti avviene tra la trave e la colonna e che si traduce in rotazione
relativa tra questi due elementi.
Quest’ultimo concetto può generalizzarsi se si osserva il
collegamento fra due membrature come una sottostruttura che, a sua
volta, può essere più o meno complessa. In generale, infatti, un
collegamento trasmette delle caratteristiche della sollecitazione quali il
momento torcente (Mt), i momenti flettenti nel piano e fuori piano
(Mx, My), lo sforzo assiale (N) ed i tagli corrispondenti (Vx, Vy). Ad
ognuna di queste caratteristiche della sollecitazione interna è
chiaramente associata una corrispondente componente di
spostamento, per cui il legame costitutivo del macroelemento nodo
dovrebbe essere, a rigore, un legame di tipo matriciale (Figura 1.3)
(Piluso et al., 2000).

Figura 1.3 – Sollecitazioni interne e rispettive deformazioni (Piluso et al., 2000)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
11 CAPITOLO 1

Fortunatamente, per il modo in cui si costruiscono le strutture a


telaio e più in generale gli edifici multipiano, è possibile introdurre
delle notevoli semplificazioni del problema. Infatti, la risposta nodale
alle forze di taglio Vx e Vy, ed al momento torcente Mt, ha rivelato
una deformabilità trascurabile a tali azioni. Se inoltre si considera che
la deformazione assiale νz non influenza la risposta strutturale, che lo
sforzo normale N solitamente presente nelle travi è di modeste entità
e che, data l’elevata rigidezza nel proprio piano che caratterizza di
solito gli impalcati, si possono ritenere impedite le deformazioni
nodali nel piano orizzontale, allora è facile riconoscere che il
comportamento nodale dominante è quello di tipo flessionale nel
piano. In pratica, alla luce di queste considerazioni, lo studio del
comportamento nodale può semplificarsi riconducendo il problema
spaziale in un problema flessionale nel piano verticale. In tal modo è
possibile rappresentare il comportamento nodale attraverso l’uso di
legami momento-rotazione del tipo rappresentato in Figura 1.4.

Figura 1.4 – Tipico andamento del legame momento-rotazione di un nodo


(Piluso et al., 2000)

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 12

1.2 L’INFLUENZA DEL COMPORTAMENTO NODALE SUI TELAI


Al fine di comprendere meglio l’importante ruolo occupato dai
nodi è senz’altro utile osservare in che modo ed in che misura, in
ragione delle considerazioni espresse al precedente paragrafo, il
comportamento nodale può influenzare la risposta elastica ed
inelastica dei telai in acciaio. A tale scopo è opportuno scindere il caso
di telai controventati da quelli non controventati.
Per studiare l’influenza del comportamento nodale sulla risposta
dei telai non controventati, risulta utile adottare il modello
semplificato (Piluso et al., 1994) rappresentato di seguito (Figura 1.5).
In tale modello, visto come una sottostruttura estratta da un telaio
reale, vengono definite, oltre alla rigidezza flessionale delle colonne
appartenenti al telaio originario (EIc/h) e la rigidezza flessionale delle
travi (EIb/L), delle cerniere aventi lo scopo di portare in conto il
comportamento

Figura 1.5 – Modello semplificato (Piluso et al., 2000)


dei collegamenti. Alle cerniere viene quindi attribuito un
comportamento bilineare (elastico perfettamente plastico),

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
13 CAPITOLO 1

compiutamente definito attraverso i due parametri Kϕ (rigidezza


rotazionale elastica) e Mju (momento ultimo del nodo).
L’influenza del comportamento nodale sul telaio originario viene
studiata confrontando la sottostruttura descritta, al variare dei
parametri che la caratterizzano, con la stessa sottostruttura pensata a
nodi rigidi (modello continuo). In particolare, con riferimento al
campo elastico, vengono definiti i seguenti parametri adimensionali:
EI b / L
ζ = (1.1)
EI c / h
K L
K= ϕ (1.2)
EI b
dove ζ rappresenta il rapporto tra la rigidezza flessionale della trave e
quella relativa alla colonna, mentre K è la rigidezza rotazionale del
nodo adimensionalizzata rispetto alla rigidezza flessionale della trave.
Con riferimento al campo inelastico, si definisce la resistenza
flessionale ultima del nodo adimensionalizzata rispetto al momento
plastico della trave collegata:
M ju
m= (1.3)
M pb
distinguendo tra i casi con m ≥ 1, in cui i nodi si definiscono a completo
ripristino di resistenza, dai casi con m < 1, per i nodi a parziale ripristino di
resistenza.
La rigidezza rotazionale dei nodi trave-colonna influenza
direttamente il periodo di vibrazione del telaio, quindi agisce
direttamente anche sulle accelerazioni sismiche che lo stesso dovrà
assorbire, ed influenza anche la sensibilità di questo agli effetti del
secondo ordine. A tale rigidezza quindi corrisponde una modifica
della deformabilità laterale dell’intero telaio che, a sua volta, è legata
alla sua capacità portante nonché alla sua duttilità globale disponibile.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 14

La resistenza flessionale dei nodi, invece, influendo direttamente


sulla resistenza laterale del telaio e sulla duttilità locale, ne condiziona
anch’essa la duttilità globale disponibile.
E’ evidente che tali parametri, quindi, caratterizzano la
classificazione dei nodi ma, allo stesso tempo, caratterizzano il
comportamento strutturale complessivo. Ad esempio, facendo variare
i parametri geometrici del telaio, da questo primo grafico (Figura 1.6)
è possibile osservare come viene modificato il periodo di vibrazione
della struttura al variare della rigidezza nodale adimensionalizzata.

Figura 1.6 – Influenza del collegamento sul periodo di vibrazione (Piluso et al., 2000)
Considerando infatti il rapporto tra Tk (periodo di vibrazione
della struttura a nodi semirigidi) e T∞ (periodo di vibrazione della
stessa struttura considerata con nodi infinitamente rigidi), si può
notare come, all’aumentare della rigidezza nodale, tale rapporto tenda
ad 1, ovvero al periodo di vibrazione della struttura a nodi rigidi. Al
contrario, diminuendo la rigidezza il rapporto tra i periodi diventa
maggiore dell’unità, indicando come la presenza di nodi semirigidi
riesca ad incrementare il periodo di vibrazione della struttura. A tale
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
15 CAPITOLO 1

effetto, senz’altro benefico, si contrappone però la sensibilità che il


telaio manifesta agli effetti del secondo ordine (Figura 1.7.). In
particolare, tracciando una curva α-δ (carico-spostamento laterale) del
telaio si osserva che il ramo degradante di tale curva è legato agli
effetti del secondo ordine. Con γk viene indicata la pendenza del ramo
degradante della curva carico-spostamento.

Figura 1.7 – Influenza del collegamento sulla sensibilità del telaio agli effetti del
secondo ordine (Piluso et al., 2000)
Al variare dei parametri geometrici del telaio, si osserva come al
diminuire di K il rapporto γk / γ∞ aumenti, indicando che la presenza
dei nodi semirigidi rende il telaio progressivamente più sensibile agli
effetti del secondo ordine rispetto allo stesso a nodi rigidi. Tale
effetto, comportando un aggravio di sollecitazioni nella struttura, è
chiaramente contrastante rispetto al precedente.
Da queste prime considerazioni emerge chiaramente come, per
valori di K < 25, non sia opportuno trascurare l’influenza che la
rigidità nodale possiede sui principali parametri di risposta elastica
della struttura.
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 16

Andando invece ad osservare la risposta inelastica del telaio, con


particolare riferimento alla duttilità strutturale, è opportuno
distinguere il caso in cui i nodi siano progettati a completo ripristino
di resistenza (Figure 1.8) dal caso in cui questi siano invece a parziale
ripristino (Figure 1.9).

Figure 1.8 – Influenza della rigidezza nodale sulla duttilità globale disponibile
(nodi a completo ripristino di resistenza) (Piluso et al., 2000)
Questo perché, com’è facile capire, dall’utilizzo di nodi a completo o
parziale ripristino di resistenza (funzione di m ) dipende la posizione
in cui si concentrano le zone dissipative. Nel primo caso, infatti, esse
si concentreranno prevalentemente nelle estremità delle travi, essendo
i nodi più resistenti di queste mentre, nel secondo caso, le zone
dissipative andranno ad interessare gli elementi del collegamento
anziché le travi. Soffermandoci sul caso dei nodi a completo ripristino,
si osserva che il rapporto μk/μ∞ diminuisce al diminuire della
rigidezza nodale. In altre parole si manifesta una riduzione della
duttilità disponibile del telaio a nodi semirigidi rispetto alla stessa del
telaio a nodi rigidi. Inoltre, si riscontra anche una sensibile
diminuzione della resistenza ultima del telaio semirigido, dovuta
all’insorgere degli effetti del secondo ordine.
Nel caso invece dei nodi a parziale ripristino la duttilità del telaio
viene a dipendere dalla duttilità del collegamento e, più in dettaglio,
risulta legata al parametro ηR definito come rapporto tra la capacità di
rotazione plastica del collegamento e la capacità di rotazione plastica
della trave. In tale caso, infatti, al diminuire della rigidezza nodale non
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
17 CAPITOLO 1

è detto che corrisponda necessariamente una diminuzione della


duttilità globale del telaio poiché, nel caso di collegamenti più duttili
della trave, si può riscontrare addirittura un incremento di duttilità
globale (μk/μ∞ > 1).

Figure 1.9 – Influenza della rigidezza nodale sulla duttilità globale disponibile
(nodi a parziale ripristino di resistenza) (Piluso et al., 2000)
Nel caso in cui la struttura fosse controventata, l’influenza dei
nodi semirigidi è ancora significativa. Infatti, utilizzando anche in
questo caso un modello semplificato (Figure 1.10) (Piluso et al., 1995)
è possibile notare come, al diminuire della rigidezza nodale K si
determini una diminuzione del rapporto Ncr,k/Ncr,∞, ovvero del carico
critico elastico nel telaio semirigido, osservando riduzioni anche
dell’ordine del 40% rispetto al carico critico dello stesso telaio a nodi
rigidi.

Figure 1.10 – Modello semplificato per lo studio dell’influenza dei nodi sul carico
critico in strutture controventate. Influenza della rigidezza nodale sul carico critico
verticale in strutture controventate (Piluso et al., 2000)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 18

1.3 CLASSIFICAZIONE DEI NODI


Con riferimento all’Eurocodice 3, i nodi vengono classificati in
funzione della loro configurazione geometrica, rigidezza e resistenza.
Per quanto riguarda la configurazione geometria, in funzione
della posizione occupata all’interno di una struttura, si possono
distinguere le seguenti tipologie nodali:

Figura 1.11 – Configurazione dei nodi (CEN, 2003)


1: nodi trave-colonna a singola faccia;
2: nodi trave colonna a doppia faccia;
3: nodi di continuità nelle travi;
4: nodi di continuità nelle colonne;
5: nodi di base.
In termini di rigidezza, invece, si distinguono i seguenti casi:
nodi deformabili (cerniere): sono quei nodi in grado di trasmettere le azioni
interne, senza sviluppare momenti significativi che potrebbero
compromettere la membratura o la struttura nel suo insieme;
nodi rigidi: sono quei nodi in grado di trasmettere tutte le azioni interne
e che, dotati di una sufficiente rigidezza rotazionale, giustificano
un’analisi condotta usando un modello continuo;

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
19 CAPITOLO 1

nodi semi-rigidi: sono quei nodi non classificabili come cerniere o rigidi,
rappresentativi quindi di una condizione intermedia.
Inoltre, in base al rapporto tra la rigidezza rotazionale del nodo e
la rigidezza flessionale della trave collegata, per telai controventati e
non, si distinguono i seguenti limiti:
Tabella 1.1 – Limiti della classificazione in base alla rigidezza (CEN, 2003)
Telai non
Telai controventati2
controventati1
EI b EI b
Nodi rigidi K ϕ > 25 Kϕ > 8
Lb Lb
EI b EI EI b EI
Nodi semi-rigidi 0,5 < K ϕ < 25 b 0,5 < K ϕ < 25 b
Lb Lb Lb Lb
EI EI
Nodi cerniera K ϕ < 0,5 b K ϕ < 0,5 b
Lb Lb

Figura 1.12 – Classificazione dei nodi in base alla rigidezza

1
Valida a condizione che, per ogni piano, si abbia Kb/Kc ≥ 0,1. Nel caso in cui tale
condizione non sia soddisfatta i nodi vanno considerati semi-rigidi.
2
Per telai in cui la struttura controventante è in grado di ridurre gli spostamenti
orizzontali almeno dell’80%.
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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 20

Infine, la classificazione dei nodi in termini di resistenza è basata


sul confronto tra il loro momento resistente di progetto (Mj,Rd) ed il
momento resistente di progetto delle membrature connesse (Mb,Rd):
nodi a completo ripristino: M j , Rd ≥ M b ,Rd (casi A e B di Figura 1.13);
nodi a parziale ripristino: 0,25M b, Rd < M j , Rd < M b, Rd (casi C e D);
nodi cerniera: M j , Rd ≤ 0,25M b , Rd .

Figura 1.13 – Classificazione dei nodi in base alla resistenza (Piluso et al., 2000)
Si evidenzia quindi come per le connessioni a completo ripristino
la loro resistenza di progetto debba essere almeno pari a quella
dell’elemento connesso più debole mentre, nel caso dei nodi cerniera,
la loro resistenza di progetto non deve superare 0,25 volte quella
dell’elemento connesso e deve, inoltre, garantire una sufficiente
capacità rotazionale. I nodi a parziale ripristino rappresentano
ovviamente i casi intermedi.
Dalla combinazione delle precedenti classificazioni si perviene
alle seguenti cinque tipologie:
- nodi rigidi a completo ripristino;
- nodi rigidi a parziale ripristino;
- nodi semi-rigidi a completo ripristino;

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21 CAPITOLO 1

- nodi semi-rigidi a parziale ripristino;


- nodi cerniera.
Sulla base delle considerazioni esposte l’EC3 propone
un’ulteriore classificazione, tenendo conto sia delle caratteristiche di
resistenza che di rigidezza:
Tabella 1.2 – Tipi di modelli nodali (CEN, 2003)
Resistenza
Rigidezza Completo ripristino Parziale ripristino Cerniera
Rigido continuo semi-continuo -
Semi-rigido semi-continuo semi-continuo -
Cerniera - - semplice

dove la terminologia di nodo continuo, semi-continuo e semplice,


lascia intendere che, nel primo caso, il collegamento introduce una
continuità strutturale tra gli elementi connessi, nel secondo caso
fornisce una continuità rotazionale parziale mentre, nel caso di nodo
semplice, il collegamento non fornisce alcuna continuità.
L’interpretazione da fornire a questa nuova classificazione
dipende anche dal tipo di analisi che si vuole condurre. Difatti, nel
caso di un’analisi elastica globale, le uniche caratteristiche rilevanti per
la modellazione sono quelle di rigidezza. Viceversa, se si effettua
un’analisi rigido-plastica le caratteristiche di principalmente interesse
saranno le resistenze. Infine, in tutti gli altri casi, sia la rigidezza che la
resistenza governano il modo in cui il nodo dovrebbe essere
modellato. La tabella seguente riassume la casistica presentata.

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I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 22

Tabella 1.3 – Modelli nodali e tipologie di analisi (CEN 2003)


Tipo di Modello
analisi Semplice Continuo Semi-continuo
Elastica cerniera rigido semi-rigido
Rigido-plastica cerniera completo ripristino parziale ripristino
semi-rigido a parziale ripristino
rigido a completo
Elasto-plastica cerniera
ripristino
semi-rigido a completo ripristino
rigido a parziale ripristino

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23 CAPITOLO 1

1.4 IL METODO DELLE COMPONENTI


1.4.1 Generalità sui modelli e sulla loro rappresentazione
Come evidenziato nel precedente paragrafo, la deformazione
principale nei nodi trave-colonna è la rotazione ϕ legata al momento
flettente M agente nel piano delle membrature. Il legame costitutivo di
un nodo sarà quindi rappresentato da una curva momento-rotazione
che risulterà un dato di input importantissimo per le analisi ed il
progetto dei telai semirigidi.
I moderni metodi di analisi strutturale richiedono una
modellazione accurata del comportamento dei nodi trave-colonna. A
tal fine, il pannello nodale e gli organi di connessione possono essere
modellati separatamente, come avviene ad esempio per il modello
rappresentato in Figura 1.14.

Figura 1.14 – Modellazione del nodo con separazione del pannello nodale
dai collegamenti (Piluso et al., 2000)
In tal caso si ricorre ad una molla diagonale per tener conto della
risposta a taglio del pannello nodale, mentre nelle molle rotazionali
poste ai due lati della colonna si concentrano le deformabilità
flessionali corrispondenti alle rispettive connessioni. In alternativa, nel
caso in cui si voglia semplificare la modellazione del comportamento
nodale, è possibile ricorrere al modello di Figura 1.15 in cui alle due
distinte molle rotazionali vengono attribuiti i rispettivi legami
momento-rotazione. Tali legami porteranno però in conto sia il
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I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 24

comportamento a taglio del pannello nodale che il comportamento


flessionale legato alle connessioni.

Figura 1.15 – Modellazione del nodo per mezzo di molle rotazionali separate
(Piluso et al., 2000)
Nella modellazione è inoltre possibile raggiungere diversi livelli di
sofisticazione, in funzione del legame comportamentale attribuito alle
molle esposte nei modelli precedenti, il quale può essere rappresentato
con legge lineare, bilineare, multilineare o mediante vere e proprie
curve. Chiaramente, l’uso di leggi lineari o bilineari per definire il
comportamento nodale è limitato alle analisi strutturali condotte con
metodi semplificati (analisi elastiche e rigido-plastiche).
I metodi di previsione del comportamento rotazionale dei nodi
trave-colonna possono sostanzialmente dividersi in cinque categorie
(Piluso et al., 2000):
• modelli empirici: in cui la rappresentazione matematica della curva
M-ϕ utilizza formulazioni empiriche basate su parametri che
derivano dalle proprietà meccaniche e geometriche dei nodi trave-
colonna. Le formulazioni possono ottenersi con un’analisi di
regressione condotta su dati ottenuti o attraverso test sperimentali
o, in alternativa, mediante analisi parametriche sviluppate con l’uso
di modelli agli elementi finiti, modelli analitici o modelli meccanici;
• modelli analitici: in cui la previsione della curva M-ϕ deriva
direttamente dalle proprietà meccaniche e geometriche del nodo,
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25 CAPITOLO 1

applicando i concetti base dell’analisi strutturale elastica e


dell’analisi limite ai vari tipi di connessione trave-colonna;
• modelli meccanici: definiti anche modelli a molla, poiché per la
schematizzazione del nodo, o del collegamenti, si utilizza una serie
di componenti rigide e flessibili. La risposta non lineare del nodo
si ottiene attribuendo delle leggi costitutive inelastiche per gli
elementi a molla impiegati;
• modelli agli elementi finiti: negl’ultimi anni, grazie all’enorme
progresso tecnologico ed uno sviluppo di software sempre più
sofisticati, si è osservato un crescente impiego di tali modelli, a
volte anche molto sofisticati. Ma la problematica dei collegamenti
risulta ancora molto complessa per le numerose interazioni che
intervengono tra le singole componenti. Basti pensare al
preserraggio dei bulloni, all’interazione tra bulloni e piatti (gioco
foro-bullone e problematiche di contatto), alle problematiche di
attrito e di scorrimenti, alla variabilità delle zone di contatto, alle
saldature nonché alle imperfezioni presenti. Allo stato attuale
quindi, la tecnica degli elementi finiti rappresenta sicuramente un
valido strumento se utilizzato per modellare i nodi saldati trave-
colonna, ma risulta ancora un approccio sofisticato nel campo
delle connessioni bullonate che, sia in campo monotono che ancor
più in quello ciclico, richiedono approfondimenti;
• test sperimentali: costituiscono il modo migliore per ottenere
informazioni accurate sul comportamento rotazionale dei nodi e
vengono solitamente usati per valutare l’affidabilità dei modelli
empirici, analitici, meccanici e dei modelli agli elementi finiti.
Ogni metodo utilizzato per la previsione del comportamento
rotazionale dei nodi va utilizzato in combinazione con una
rappresentazione matematica della curva momento-rotazione. Le
relazioni che solitamente vengono impiegate per rappresentare una
curva M-ϕ possono dividersi in due gruppi:

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I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 26

o formulazioni basate su rigidezza, resistenza e fattore di forma, tali


formulazioni solitamente dipendono da uno o più parametri aventi
un chiaro significato fisico e su un fattore di forma;
o curve approssimate ottenute con l’impiego di analisi di regressione, tali
formulazioni dipendono da parametri che non hanno un vero
significato fisico ma che derivano esclusivamente da analisi di
regressione.
La rappresentazione più semplice, ma anche la meno accurata, è
sicuramente quella lineare che, rientrando nel primo gruppo di
formulazioni, utilizza come unico parametro la rigidezza rotazionale
del nodo Kϕ.
Anche la rappresentazione bilineare rientra in tale gruppo, poiché
richiede tre parametri corrispondenti alla rigidezza rotazionale Kϕ, alla
resistenza plastica del nodo Mj,p, ed alla rigidezza rotazionale in campo
plastico Kϕ,p.
La rappresentazione trilineare della curva momento-rotazione
richiede invece l’uso di cinque parametri: la rigidezza rotazionale Kϕ, il
momento di primo snervamento Mj,y, la rigidezza rotazionale post-
snervamento Kϕ,y, il momento plastico Mj,p e la rigidezza rotazionale
plastica Kϕ,p.
Risulta utile osservare come la rappresentazione suggerita
dall’EC3 sia di tipo trilineare con Kϕ,p = 0 (Figura 1.16).

Figura 1.16 – Approssimazione trilineare utilizzata dall’EC3 per rappresentare


la curva momento-rotazione
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27 CAPITOLO 1

Il primo range corrispondente a questa rappresentazione è


descritto dalla relazione lineare:
M = Kϕϕ (1.4)
valida per un valore del momento M inferiore a 2Mj,Rd/3, intendendo
con Mj,Rd il valore di progetto del momento plastico nodale Mj,p.
Il secondo range, non lineare, è fornito dalla relazione:

M= ξ
ϕ
⎛ ⎞ (1.5)
⎜1,5 M ⎟
⎜ M ⎟
⎝ j , Rd ⎠
valida per 2Mj,Rd/3 < M ≤ Mj,Rd, e dove il coefficiente ξ dipende dalla
tipologia del collegamento. In particolare si utilizza ξ=2,7 per le
connessioni saldate, mentre per le connessioni flangiate o con angolari
si utilizza un valore ξ=3,1.
L’ultimo range viene assunto perfettamente plastico con
M= Mj,Rd.
Infine, l’approssimazione trilineare adottata dall’EC3 è
caratterizzata anche da una rigidezza rotazionale post-snervamento
Kϕ,y dettata dalla seguente relazione:

Kϕ , y =
⎛ 2⎞ (1.6)
3⎜1,5ξ − ⎟
⎝ 3⎠
che fornisce un valore Kϕ,y ≈ Kϕ/7, per ξ=2,7, ed un valore
Kϕ,y ≈ Kϕ/8,5, per ξ=3,1.
I software più comunemente utilizzati per l’analisi strutturale dei
telai semirigidi impiegano, per i nodi trave-colonna, una
rappresentazione della curva momento-rotazione di tipo bilineare. Per
questa ragione, come alternativa ai diagrammi mostrati in Figura 1.16,
l’EC3 consente l’uso di un curva semplificata, basata su una
rappresentazione elastica perfettamente plastica (Figura 1.17) ed in cui
il coefficiente ηr, fattore riduttivo della rigidezza elastica, viene
riportato in Tabella 1.4.
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Figura 1.17 – Modellazione semplificata adottata dall’EC3 per la rappresentazione


della curva momento-rotazione nelle analisi elasto-plastiche
Tabella 1.4 – Coefficiente riduttivo della rigidezza η (CEN, 2003)

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29 CAPITOLO 1

1.4.2 L’approccio meccanico per componenti


L’approccio generalmente adottato nella valutazione del
comportamento monotono del nodo trave-colonna è il cosiddetto
metodo delle componenti, ampliamente adottato in molte ricerche e
peraltro proposto dall’Eurocodice 3.
In tale metodo si suppone di scomporre il nodo in esame in una
serie di elementi “base” di partenza, che opportunamente modellati e
riassemblati forniscono un modello del nodo.
Alla base del metodo vi è quindi l’esigenza di caratterizzare le
singole componenti costituenti il nodo, attraverso un appropriato
legame costitutivo.
Nel metodo delle componenti, il caso delle connessioni saldate è
il più semplice. Occorre osservare, tuttavia, che le considerazioni
effettuate per le connessioni saldate sono di interesse anche nel caso
delle connessioni flangiate.
Il primo step da seguire, applicando questo metodo, consiste
nell’individuazione delle varie fonti di deformabilità e di resistenza.
Nel caso di connessioni saldate queste sono:
• pannello d’anima della colonna a taglio (cws, column web panel
in shear);
• anima della colonna in trazione (cwt, column web in tension);
• anima della colonna in compressione (cwc, column web in
compression);
• flangia della colonna a flessione (cfb, column flange in bending);
• flangia e anima della trave in compressione (bfc, beam flange
and web in compression);
Come è possibile notare dalla Figura 1.18, non tutte le
componenti sono dello stesso tipo, poiché alcune di esse
contribuiscono sia in termini di rigidezza che di resistenza ( ), e
vengono modellate con legami di tipo elasto-plastico; altre, ponendo
solo una limitazione alla resistenza ( ), vengono modellate con
legami di tipo rigido-plastico. Le prime tre componenti, ovvero anima
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della colonna a taglio e pannelli a trazione e compressione, governano


sia la rigidezza che la resistenza del nodo, mentre, la flangia della
colonna in flessione ed anima e flangia della trave in compressione
forniscono solo delle limitazioni in termini di resistenza, senza
contribuire in maniera rilevante alla rigidezza.
In tale metodo, per i nodi saldati si ipotizza che la rottura delle
saldature sia assolutamente evitata, poiché esse sono in grado di
fornire piccole deformazioni dando vita a meccanismi di rottura
fragili. Questa è la ragione per cui è auspicabile seguire criteri di
progetto delle saldature sempre a vantaggio di sicurezza e che
prevedano un opportuno grado di sovraresistenza rispetto alla
componente più debole.

Figura 1.18 – Schematizzazione di un nodo saldato secondo il metodo delle


componenti e relativo modello meccanico (Piluso et al., 2000)
Determinati i valori di resistenza e rigidezza di ogni componente
nodale è necessario, per ricavare il legame momento-rotazione del
nodo, correlare le singole componenti fra loro, assumendo che la
resistenza complessiva sia governata dalla resistenza della componente
più debole:
Frd ,min = min{Fcws ,Rd , Fcwt ,Rd , Fcwc,Rd , Fcfb,Rd , Fbfc ,Rd } ⇒ M j ,Rd = FRd ,min ht (1.7)
dove ht è il braccio della coppia interna e le FRd rappresentano le
resistenze di progetto relative a tutte le componenti individuate.

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31 CAPITOLO 1

Per quanto concerne la rigidezza, note quelle relative alle singole


componenti, la rigidezza nodale risultante sarà fornita dal
collegamento in serie delle tre componenti deformabili:
ht2
Kϕ =
1
+
1
+
1 (1.8)
K cws K cwc K cwt

Figura 1.19 – Procedura per combinare le diverse componenti e legame


momento-rotazione del nodo saldato (Piluso et al., 2000)

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I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 32

I nodi flangiati, invece, permettono una grande versatilità di


impiego nella pratica progettuale, consentendo di spaziare da dettagli
assimilabili a cerniera a dettagli costruttivi praticamente rigidi. In
particolare, è possibile modificare sia la rigidezza rotazionale che la
resistenza flessionale scegliendo un appropriato numero di bulloni ed
il loro posizionamento, tramite uno spessore appropriato del piatto
d’estremità (end-plate) e irrigidendo la zona della colonna con piatti di
continuità, piatti d’anima, o irrigidimenti diagonali.
Si capiscono certamente le maggiori possibilità fornite
dall’impiego di una connessione di tipo flangiato rispetto ad una di
tipo saldato: difatti, si è visto, nel caso precedente, come l’unico modo
per variare il dettaglio fosse quello di irrigidirlo. Le connessioni di tipo
flangiato (end-plate connections) possono essere divise in due
categorie, in base al posizionamento dei bulloni: se i bulloni si trovano
tutti all’interno delle due flange della trave si parla di “flush end-plate
connections”; se invece vi sono delle file di bulloni al di fuori di una
delle due flange della trave si parla di “extended end-plate
connections”, che a loro volta si distinguono in connessioni ad un
solo lato o a due lati, a seconda che le file di bulloni siano solo al di
sopra della trave o da entrambe le parti. Nel caso di connessioni di
tipo “extended end-plate”, il comportamento del nodo passa per
l’analisi del sottomodello di T-stub il quale, a seconda del numero di
bulloni in zona tesa, oltre a considerare gli effetti forniti dalla singola
riga, tiene conto delle interazioni tra le file e delle possibili limitazioni
alla resistenza date da questi meccanismi. In questo caso, come nel
precedente di connessione semplicemente saldata, è necessario
individuare le componenti nodali che, come in precedenza, si
divideranno in componenti che contribuiscono sia alla rigidezza che
alla deformabilità ( ), con una schematizzazione di tipo elasto-
plastico, e componenti che forniscono solo una limitazione alla
resistenza ( ), con una schematizzazione di tipo rigido-plastico.
Si esporrà di seguito brevemente l’idea sottesa al metodo delle
componenti, riferendosi ad un nodo trave-colonna con connessione
realizzata tramite end-plate bullonato.

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33 CAPITOLO 1

Figura 1.20 – Schema delle componenti presenti in una connessione trave-colonna con
piatto di estremità (end-plate) bullonato
In un caso simile, le componenti generalmente introdotte nella
caratterizzazione del nodo sono le seguenti:
• pannello d’anima della colonna a taglio (cws, column web panel
in shear);
• anima della colonna in compressione (cwc, column web in
compression);
• flangia della colonna a flessione (cfb, column flange in bending);
• end plate in flessione (epb, end plate in bending);
• bulloni in trazione (bt, bolts in tension);
• anima della colonna in trazione (cwt, column web in tension);
• flangia e anima della trave in compressione (bfc, beam flange
and web in compression);
• anima della trave in trazione (bwt, beam web in tension).

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I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 34

Delle otto componenti elencate, le prime sei sono caratterizzate


da un legame elasto-plastico, le ultime due componenti invece, bfc e
bwt, sono modellate attraverso un legame rigido-plastico, e
influenzano il nodo solo in termini di resistenza.
Il nodo in esame viene quindi generalmente ricondotto allo
schema meccanico equivalente indicato in Figura 1.21; in questa fase
descrittiva non si terrà conto dei fenomeni di interazione tra le
componenti e in generale del comportamento di gruppo delle file di
bulloni.
La resistenza flessionale del nodo è ottenuta attraverso una
relazione del tipo:
nb
M j ,Rd = ∑ hi Fi ,Rd (1.9)
i =1
dove Fi,Rd è la resistenza della i-esima fila di bulloni, nb è il numero di
file di bulloni in trazione ed hi è la distanza dell’i-esima fila di bulloni
dal centro di compressione, localizzato nel semi-spessore della flangia
compressa.

K cfb,1 K cwt,1 K epb,1 K bt,1

K cfb,2 K cwt,2 K epb,2 K bt,2


φ
ht K cfb,3 K cwt,3 K epb,3 K bt,3

M
K cws K cwc

Figura 1.21 – Modello meccanico adottato nel metodo delle componenti

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
35 CAPITOLO 1

Per quanto attiene alla caratterizzazione della rigidezza


rotazionale iniziale del nodo, così come illustrato in figura, gli step da
seguire sono i seguenti:
ƒ calcolo della rigidezza della fila i-esima di bulloni;
ƒ calcolo della rigidezza complessiva di tutte le file di bulloni in
trazione;
ƒ assemblaggio della rigidezza così ottenuta con quella delle
restanti componenti.
Nello specifico, per quanto attiene al primo step gli elementi
caratterizzanti la i-esima fila di bulloni sono cwt, cfb, epb e bt.
La rigidezza della i-esima fila è pertanto data dalla relazione
(deformabilità in serie):
1 1 1 1 1
*
= + + + (1.10)
Ki K cwt ,i K cfb ,i K epb,i K bt ,i
Ottenuta la rigidezza per ciascuna delle nb file di bulloni in
trazione, per calcolare la rigidezza complessiva offerta da tutte le file
di bulloni si assume che esse ruotino rigidamente intorno al centro di
compressione precedentemente introdotto.

K*1

Kcws Kcwc K*2

K*3
Figura 1.22 – Modello per componenti del nodo, con rigidezze Ki* per ciascuna fila di
bulloni in trazione
Definito quindi il braccio di leva ht dato dalla seguente relazione:
nb

∑K * 2
h
i i
ht = i =1
nb (1.11)
∑ K i*hi
i =1

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I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 36

si ottiene il valore della rigidezza totale delle file di bulloni in trazione


come:
nb

∑K h *
i i
(1.12)
Kt = i =1
ht

Kcws Kcwc Kt
Figura 1.23 – Modello per componenti del nodo, con rigidezza Kt per l’insieme di
tutte le file di bulloni in trazione
A questo punto si è in possesso di tutti gli elementi necessari per
calcolare la rigidezza rotazionale del nodo, combinando le
deformabilità in serie delle file di bulloni, del column web in shear e del
column web in compression:
ht2
Kϕ =
1
+
1
+
1 (1.13)
K cws K cwc K t
Completato il calcolo della rigidezza e del momento resistente del
nodo, è possibile ottenere il legame momento-rotazione del nodo
seguendo la procedura riportata in Figura 1.24.
L’applicazione del metodo delle componenti si condensa
evidentemente nella modellazione delle singole componenti
precedentemente illustrate, ed è appunto verso tale modellazione che i
recenti studi si sono indirizzati, nel tentativo di offrire procedure di
verifica accurate ed utili indicazioni per il progetto dei nodi semirigidi.
Si comprende infatti che il nodo precedentemente illustrato, con
connessione a mezzo di end-plate, rappresenti una soluzione
particolarmente versatile, poiché caratterizzata da numerosi parametri
sui quali potenzialmente agire, indirizzando il comportamento del
nodo secondo le richieste del progettista.

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
37 CAPITOLO 1

M M 1.Rd = Vcws.Rd* h t M M 2.Rd = F cwc.Rd*h t M M 3.Rd = F cwt.Rd *h t


M 1.Rd f u /f y
M 2.Rd
1/7 Kϕ .1 M 1.Rd
M 3.Rd
1 2/3 M 1.Rd 2/3 M 3.Rd
K ϕ .1 K ϕ .2 2/3 M 2.Rd K ϕ .3
1 1 1
Column web ϕ Column web in ϕ Column web in ϕ
in shear compression tension
M M M
M 4Rd M 5Rd

1
M 4.Rd = F cft.Rd *h t M 5.Rd = F bfc.Rd *h t K=
1 1 1
1 K ϕ.1 K ϕ.2 K ϕ.3
Column flange in ϕ Beam flange and ϕ ϕ
bending web in compression
Figura 1.24 – Procedura per combinare le diverse componenti e legame
momento-rotazione del nodo flangiato (Piluso et al., 2000)

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I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 38

1.5 COMPORTAMENTO CICLICO DI NODI TRAVE-COLONNA


A valle di questa panoramica, del tutto generale, sul
comportamento monotono dei nodi e sul metodo delle componenti,
risulta opportuno richiamare l’attenzione sul comportamento
sviluppato dalle connessioni sotto azioni cicliche e al loro ruolo nella
progettazione dei telai in acciaio in zona sismica.
Nel rispetto della tradizionale filosofia di progetto delle strutture
in zona sismica e con riferimento agli eventi sismici frequenti, i
requisiti strutturali più importanti sono sostanzialmente la rigidezza
laterale della struttura e la resistenza. Questo perché la struttura, in
occasione di eventi sismici con un periodo di ritorno paragonabile alla
vita media probabile di questa, deve essenzialmente restare in campo
elastico e gli spostamenti relativi di piano devono essere
adeguatamente contenuti al fine di limitare, o impedire, il
danneggiamento delle parti non strutturali.
In occasione invece degli eventi sismici di tipo distruttivo la
proprietà fondamentale che la struttura deve essere in grado di
sviluppare è la duttilità, globale e locale, e con essa la capacità di
dissipare l’energia sismica in ingresso. In questo modo si può
perseguire gli importanti obiettivi di prevenzione del collasso
strutturale e di salvaguardia della vita umana.
Premesso questo, possiamo fare la classica distinzione tra le
strutture non dissipative e quelle dissipative, intendendo per strutture non
dissipative quelle che esibiscono dei meccanismi di collasso fragili e
che, conseguentemente, devono essere progettate per restare in
campo elastico. Invece, le strutture dissipative sono quelle che
presentano delle zone, definite esse stesse dissipative, che vengono
opportunamente dettagliate e curate dal progettista proprio al fine di
dissipare l’energia sismica in ingresso attraverso dei cicli di isteresi che
devono essere, evidentemente, ampi e stabili.
I telai sismo-resistenti presentano un gran numero di zone
dissipative, posizionate solitamente in corrispondenza dei nodi trave-

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
39 CAPITOLO 1

colonna. E’ per questo motivo che la duttilità dei telai in acciaio è


fortemente influenzata dal comportamento delle sue connessioni.
Gli approcci classici alla progettazione di strutture in acciaio
sismo-resistenti sono due. Il primo è basato sulla formazione delle
zone dissipative (cerniere plastiche) in corrispondenza delle estremità
delle travi, in modo tale che l’energia sismica in ingresso venga
dissipata, tramite cicli isteretici, dalle loro sezioni terminali. Il secondo,
invece, prevede la dissipazione dell’energia in input tramite la
plasticizzazione delle connessioni. La differenza risiede nel fatto che,
nel primo caso, le connessioni devono essere necessariamente
progettate con un opportuno grado di sovraresistenza rispetto alle
travi, permettendo che la formazione delle cerniere plastiche avvenga
nelle estremità di queste piuttosto che nel collegamento. Nel secondo
caso, progettando adeguatamente i dettagli costruttivi costituenti il
collegamento, la dissipazione dell’energia viene concentrata in
quest’ultimo, salvaguardando quindi la trave.
Allo stato attuale, le normative suggeriscono l’adozione del primo
approccio: ad esempio, l’Eurocodice 3 raccomanda che le connessioni
in zona dissipativa abbiano un grado sufficiente di sovraresistenza per
permettere lo snervamento delle parti connesse. L’approccio del
secondo tipo è comunque previsto dalle norme vigenti, ma è di fatto
molto limitato nella pratica comune, poiché viene richiesto il controllo
sperimentale dell’efficacia delle connessioni sotto carichi ciclici. I
parametri progettuali nei due approcci sono sicuramente differenti.
Nel secondo caso, infatti, oltre a considerare la rigidezza rotazionale e
la resistenza ultima della connessione, è necessario, per il progetto dei
collegamenti, tenere conto anche di due parametri addizionali: la
capacità rotazionale della connessione e la sua capacità di dissipare
energia.
In generale, la legge ciclica di un nodo può essere stabile o
instabile: si può considerare stabile quel comportamento ciclico che ha
un inviluppo rispondente ai test monotoni, anche aumentando il
numero di cicli. Il comportamento nodale può essere invece instabile,

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 40

quando si verifica un degrado di rigidezza all’aumentare del numero di


cicli. In definitiva si individuano tre comportamenti tipici:
- i nodi della prima categoria hanno un comportamento stabile
caratterizzato da cappi di isteresi con medesima area interna anche
all’aumentare del numero di cicli (Figura 1.25);
- i nodi della seconda categoria esibiscono un comportamento
instabile dovuto alle deformazioni permanenti in fori e bulloni:
questo riduce l’effetto irrigidente dovuto alle forze di contatto. In
questo caso la pendenza delle curve di isteresi è caratterizzata da
una rigidezza dell’i-esimo ciclo sempre decrescente (Figura 1.26);
- i nodi della terza categoria hanno un comportamento instabile
caratterizzato dallo slittamento dei bulloni. Si ha una forma dei
cappi di isteresi del tutto diversa rispetto ai casi precedenti, con
una notevolmente riduzione dell’energia dissipata a parità di valori
di deformazione. Il deterioramento cresce a causa delle
deformazioni permanenti nei fori e nei bulloni (Figura 1.27).

In generale, quindi, il comportamento ciclico ideale delle


connessioni deve garantire un sufficiente livello di resistenza senza
deterioramento della rigidezza.
Il comportamento ciclico dei nodi trave-colonna di tipo saldato,
quando la zona del pannello viene irrigidita con piatti di continuità, è
dato dalla deformazione della zona dell’anima della colonna sollecitata
a taglio o dallo snervamento della trave connessa oppure, ancora, da
una combinazione dei due.
Nel primo caso, si viene a sviluppare un comportamento duttile e
stabile, come mostrato in (Figura 1.28). La concentrazione degli sforzi
nel pannello nodale si viene ad avere soprattutto nella zona centrale,
per poi raggiungere lo snervamento con conseguente estensione della
zona plastica agli angoli, fino al completo snervamento. All’aumentare
della distorsione del pannello nodale si possono sviluppare due
meccanismi fragili: nel caso di spessori dell’anima della colonna esigui
rispetto alle flange, si può verificare l’instabilizzazione della diagonale

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
41 CAPITOLO 1

compressa del pannello, mentre, nel caso in cui le flange siano sottili
rispetto all’anima si potrebbero avere, a grandi deformazioni, delle
concentrazioni di sforzi nella zona centrale delle saldature tali da
innescare una rottura fragile delle stesse.
M M

φ φ

Figura 1.25 – Comportamento ciclico Figura 1.26 – Comportamento ciclico instabile


stabile
M

Figura 1.27 – Comportamento ciclico instabile con pinching

Il secondo caso, in cui la risposta ciclica è dettata dall’estremità


della trave, è ottenibile irrigidendo il pannello d’anima della colonna
con piatti supplementari. In tal modo si consegue un aumento di
resistenza e una diminuzione di deformabilità, a scapito della capacità
di dissipare energia. Nel caso esposto in (Figura 1.29), infatti, si
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 42

perviene alla rottura con un meccanismo poco dissipativo perché


legato all’instabilizzazione delle flange della trave che, all’aumentare
dei cicli, subiscono grandi deformazioni locali. L’irrigidimento della
zona del pannello con i piatti supplementari andrebbe calibrata al fine
di realizzare una cooperazione tra la zona d’anima e l’estremità della
trave in flessione. Seguendo questo principio di progettazione si può
ottenere sicuramente una capacità dissipativa più elevata.

Figura 1.28 – Comportamento ciclico di un nodo saldato con piatti di continuità


(Ballio et al., 1987)

Figura 1.29 – Comportamento ciclico di un nodo irrigidito con meccanismo di rottura


per instabilizzazione delle flange della trave (Ballio et al., 1987)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
43 CAPITOLO 1

Per i nodi a parziale ripristino di resistenza, il comportamento


ciclico è strettamente dipendente dal rapporto fra la resistenza
flessionale del piatto di estremità (end-plate) e la resistenza assiale dei
bulloni. Difatti, nel caso di piatti sottili il comportamento ciclico è
abbastanza stabile e regolare mentre, all’aumentare dello spessore del
piatto, la rigidezza flessionale troppo elevata rispetto a quella assiale
dei bulloni da vita a fenomeni di contatto e successivo distacco. Tali
problematiche causano il pinching e quindi cicli poco stabili; questo
andamento si evidenzia maggiormente all’aumentare delle
deformazioni plastiche dei bulloni.
I meccanismi di rottura tipici dei nodi flangiati si possono
andare a ricercare nelle modalità di collasso del piatto d’estremità.
Quando infatti questo elemento costituisce l’anello debole del
collegamento, si può osservare un meccanismo di rottura che vede la
formazione, con successiva propagazione nello spessore del piatto, di
una cricca in corrispondenza della saldatura tra la flangia della trave e
l’end-plate. La propagazione della cricca descritta, causando una
riduzione della rigidezza flessionale del piatto, comporta una
redistribuzione delle sollecitazioni che vede scaricarsi la fila esterna dei
bulloni e caricarsi quella interna provocandone, eventualmente, la
rottura.
A prescindere dai meccanismi di rottura si è sperimentalmente
osservato come le connessioni extended end-plate possano dissipare
quantità significative di energia tali da renderle idonee all’impiego in
strutture sismo-resistenti. Un’analoga considerazione non è
attribuibile alle connessioni flush end-plate, poichè non sono in grado
di offrire grandi capacità dissipative. Un loro classico meccanismo di
rottura prevede la frattura delle saldature nella parte interna della
flangia della trave.
A valle di queste considerazioni di carattere sperimentale,
considerando più nel dettaglio il metodo delle componenti e una sua
possibile applicazione nella modellazione del comportamento ciclico
di una connessione, bisogna preliminarmente esaminare la possibilità
che le singole componenti nodali hanno di dissipare energia in campo

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
I Nodi nelle Strutture in Acciaio, Schematizzazione e Classificazione 44

plastico. A tale scopo è opportuno operare una distinzione fra


componenti dissipative e non dissipative, ovvero fra meccanismi di
rottura dissipativi e non dissipativi.
Quindi, con riferimento alle componenti nodali già introdotte per
le connessioni saldate e di tipo end-plate è possibile effettuare la
seguente schematizzazione:
Tabella 1.5 – Capacità dissipativa delle singole componenti nodali (Piluso et al., 2000)
Non
Componente Dissipativa
dissipat.
Pannello della colonna a taglio x
Anima della colonna in Rottura per schiacciamento x
compressione Rottura per imbozzamento x
Anima delle colonna in trazione x
Flangia della colonna in Connessioni saldate x
flessione Connessioni bullonate x
End-plate in flessione x
Anima della trave in trazione x
Piatto di continuità in trazione x
Piatto di continuità Rottura per schiacciamento x
in compressione Rottura per imbozzamento x
Bulloni in trazione x
Bulloni a taglio x

Dalla tabella si comprende come l’instabilità locale causi


meccanismi di rottura non dissipativi. Vanno inoltre evitati tutti quei
meccanismi di rottura fragili quali la rottura dei bulloni per trazione o
anche la rottura delle saldature che, come già anticipato, vanno
sempre sovradimensionate rispetto alla componente più debole.
Sia sotto carichi ciclici che monotoni è sempre opportuno
effettuare un progetto che miri a bilanciare l’impegno plastico delle
varie componenti e che porti ad un dettaglio strutturale per quanto
possibile duttile.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
45 CAPITOLO 1

In conclusione si può capire come, ad esempio, nel caso di una


connessione saldata potrebbe essere opportuno l’impiego di piatti di
continuità per evitare l’imbozzamento del pannello d’anima della
colonna sottoposto a compressione. Inoltre, le distorsioni del
pannello nodale non devono essere eccessive onde evitare grandi
deformazioni locali nelle saldature con conseguente rottura delle
stesse. Per quel che riguarda i collegamenti bullonati con end-plate è
possibile utilizzare strategie dissipative molto più varie: ad esempio
concentrando la dissipazione nella flangia della colonna in flessione o
nell’end-plate in flessione. In ogni caso, come più volte evidenziato, è
da evitare l’impegno plastico dei bulloni, perché da vita a meccanismi
di rottura non dissipativi e a fenomeni di contatto con conseguente
pinching e rapido degrado della capacità dissipative.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
CAPITOLO 2
SETUP DELLE PROVE

2.1 GENERALITÀ
In questo capitolo vengono descritti tutti gli aspetti relativi
all’allestimento della campagna sperimentale, iniziata presso il
Laboratorio Prove Materiali e Strutture dell’Università degli Studi di
Salerno nell’ottobre 2006, che ha per oggetto lo studio del
comportamento ciclico di nodi flangiati trave-colonna.
In particolare, la prima parte di questo capitolo verrà dedicata alla
descrizione delle attrezzature impiegate, dello schema e delle modalità
di esecuzione dei test. Nella seconda parte, con riferimento alle
singole prove, verranno analizzati i criteri di progettazione adottati per
i dettagli costruttivi dei nodi testati. Tali criteri di progettazione dei
nodi flangiati verranno condotti esaminando, da un lato, la risposta
nodale in termini di resistenza e rigidezza, dall’altro, in termini di
duttilità.
Nel paragrafo 2.5.3 si mostreranno anche i criteri per la buona
progettazione di un collegamento di tipo RBS (Reduced Beam Section), in
grado di concentrare la dissipazione all’estremità della trave, senza
impegnare in campo plastico nessuna componente nodale.
Nell’ottica del ripristino degli edifici a seguito di un evento
sismico è fondamentale capire quali siano i pregi e quali i difetti legati
all’impegno in campo plastico del pannello d’anima della colonna che,
certamente può garantire caratteristiche di duttilità sufficienti ad
assorbire l’energia sismica in ingresso, ma che può rendere complicato
il recupero della colonna.
Con il secondo nodo, invece, si esporranno i criteri di progetto
per una connessione in cui si vuole impegnare in campo plastico
unicamente il piatto d’estremità, cercando di mantenere intatte le
47 CAPITOLO 2

capacità dissipative. Infine, nell’ultima prova si è proposta la


sperimentazione di una connessione T-stub, evidenziandone pregi e
difetti.

2.2 ATTREZZATURE UTILIZZATE NELLE INDAGINI


L’allestimento delle prove è stato realizzato presso il Laboratorio
Prove Materiale e Strutture dell’Università degli Studi di Salerno ed ha
richiesto l’uso di diversi organi meccanici, strumentazioni ed
apparecchiature fondamentalmente inquadrabili in tre macro
categorie: apparecchiature di vincolo, apparecchiature di carico, strumentazione di
misura.
2.2.1 Apparecchiature di vincolo
A tale categoria è possibile ascrivere tutti quei dispositivi che,
nell’ambito delle prove sperimentali, vengono solitamente adottati per
contrastare le spinte in gioco, per realizzare i vincoli necessari al
rispetto dello schema di prova definito o, come vedremo in seguito,
per impedire l’insorgere di effetti secondari non desiderati (instabilità
flesso-torsionale degli elementi).
Il primo sistema di vincolo, anche se parte integrante dell’edificio,
è rappresentato dal piastrone di base del laboratorio che, realizzato in
c.a. e dello spessore di 1m, è dotato di una foratura passante disposta
secondo una maglia 1m x 1m. Detti fori, del diametro di 80mm, hanno
lo scopo di consentire l’ancoraggio di sovrastrutture di contrasto,
generalmente realizzate in acciaio e per gli scopi più disparati,
mediante barre diwidag ad alta resistenza.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 48

Per la sperimentazione in esame si sono utilizzate due strutture di


supporto: un telaio verticale di contrasto ed una slitta di base, entrambi
realizzati in acciaio ed interamente in composizione saldata (Figura
2.1). Il primo ha un duplice scopo: sostenere gli attuatori idraulici che,
come vedremo in seguito, consentono l’applicazione di carichi e/o
spostamenti e contrastarne efficacemente le spinte. La slitta di base,
invece, è costituita da una piastra rigida in acciaio dotata di una
foratura continua concepita per l’ancoraggio, a mezzo di bulloni M30,
di ulteriori dispositivi di vincolo.

Telaio di contrasto
verticale

Foratura continua Ø25

Slitta di base
Cerniera a perno Cerniera a perno
scorrevole fissa

Piastrone in c.a.

Barre Ø43 in acciaio S670 Foratura continua Ø31

Figura 2.1 – Apparecchiature di vincolo utilizzate per le prove


E’ chiaro però che le due strutture descritte, sebbene abbiano
specifiche funzioni, non sono state concepite e realizzate per la
sperimentazione in questione, ma solo utilizzate a tale fine. Cosa
diversa invece per gli altri dispositivi di vincolo impiegati che, come si

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
49 CAPITOLO 2

capirà, sono stati appositamente progettati per conseguire lo schema


di prova previsto. In particolare sono state realizzate due cerniere in
acciaio che, bullonate alla slitta di base, sono in grado di resistere fino
a carichi di 200t. Di queste, una è con perno fisso mentre l’altra,
mediante una foratura asolata, consente al perno di poter scorrere in
orizzontale. L’ultimo dispositivo di vincolo, progettato a valle di una
prova pilota che verrà di seguito descritta, è composto da un telaio di
contrasto orizzontale che ha lo scopo di impedire lo sbandamento flesso-
torsionale delle travi durante l’applicazione degli spostamenti.
2.2.2 Apparecchiature di carico
E’ in tale categoria che rientrano gli attuatori idraulici a cui si
accennava nel precedente paragrafo. Tali dispositivi sono costituiti da
pistoni idraulici in grado di convertire input elettrici in spostamenti
lineari prefissati o, in alternativa, applicando livelli di carico desiderati
(compatibilmente con le loro caratteristiche costruttive).
Per le prove sui nodi sono stati impiegati due diversi attuatori: il
primo modello, un MTS 243.60 con una capacità di carico di 1000kN
in compressione e 650kN in trazione ed avente un pistone con corsa
di +/- 125mm, utilizzato in controllo di forza, ha permesso
l’applicazione di un costante livello di compressione nelle colonne; il
secondo modello, un MTS 243.35 da 250kN sia in trazione che
compressione e con un pistone con corsa da +/- 500mm, utilizzato
invece in controllo di spostamenti, ha permesso di applicare una
prefissata storia di spostamenti alle estremità delle travi.
I moderni attuatori, pur appartenendo alla famiglia dei martinetti
idraulici, si differenziano però dai loro antenati per l’elevato contenuto
tecnologico che, nel contempo, li rende strumenti affidabili quanto
delicati. Risultano accessoriati (Figura 2.2) di strumentazioni quali:
l’LVDT (Linear Variable Differential Transformer), per la misura digitale
in continuo degli spostamenti eseguiti dal pistone; cella di carico in
compressione/trazione, per la misura in continuo del livello di forza a
cui è soggetto il pistone; servovalvole, per il controllo in ingresso ed
uscita del flusso di olio necessario allo spostamento/forza del pistone;
snodi di estremità (Swivel), costituiti da cerniere sferiche poste ai
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 50

lembi del pistone e capaci di favorire le rotazioni di estremità o di


impedirle del tutto, agendo su un opportuna vite di regolazione.

Figura 2.2 – Tipico schema di attuatore idraulico della MTS


Per le prove a trazione sui materiali base e sui T-Stub è stata
invece usata una macchina universale SCHENCK Hydropuls S56,
capace di raggiungere carichi in compressione/trazione fino ad un
massimo di 630kN e con una corsa massima del pistone di +/-
125mm.

Figura 2.3 – Macchina universale Schenck Hydropuls S56

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
51 CAPITOLO 2

2.2.3 Strumentazione di misura e di acquisizione dati


Ogni prova di laboratorio comporta generalmente l’uso di
un’opportuna strumentazione di misura in grado di rilevare, con
adeguata precisione, gli spostamenti, gli angoli e/o le deformazioni
d’interesse. Per le prove sui nodi, al fine di monitorare ed acquisire
spostamenti e deformazioni manifestate sia dalle membrature (trave e
colonna) che dalle componenti nodali oggetto d’interesse, si sono
utilizzati diversi sistemi di misura:
ƒ Trasduttori di spostamento induttivo o LVDT: realizzati mediante un
tubo composto da tre avvolgimenti disposti lungo lo stesso asse e
con all’interno un nucleo ferromagnetico mobile ad alta
permeabilità magnetica, consentono di leggere spostamenti lineari
attraverso il movimento dell’asta metallica centrale (Figura 2.4).
Tra gli strumenti in dotazione al laboratorio sono i più affidabili,
coprendo un range di misura fino a 50mm con una precisione di
0,01mm, facili da montare, forniscono il valore degli spostamenti in
continuo con letture piuttosto stabili.

Figura 2.4 – Schema di funzionamento e foto di un LVDT


ƒ Trasduttori di spostamento a filo (wiresensor): costituiti da un filo in
acciaio che si avvolge su un tamburo accoppiato ad un
potenziometro, consentono di leggere gli spostamenti lineari di
oggetti a cui viene fissata l’estremità del filo (Figura 2.5). I modelli

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 52

disponibili in laboratorio coprono un range di misura fino a


200mm con una precisione delle letture di 0,01mm. Semplici da
montare, anch’essi forniscono il valore degli spostamenti in
continuo ma con letture meno stabili rispetto al caso degl’LVDT.

Figura 2.5 – Schema di funzionamento e foto di un trasduttore a filo


ƒ Inclinometri: sono sensori contenenti un liquido che lavora come
dielettrico di un condensatore, l’inclinazione del sensore, rispetto
alla gravità terrestre, provoca una variazione proporzionale della
capacità che viene rilevata dall’elettronica e convertita in segnale
elettrico (Figura 2.6).

Figura 2.6 – Schema e foto di un inclinometro


I modelli in dotazione al laboratorio coprono un range di misura di
+/- 10° intorno alla verticale con una precisione di 0,01°,

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
53 CAPITOLO 2

consentono una lettura in continuo dell’angolo di inclinazione


degl’elementi a cui vengono fissati e forniscono valori
sufficientemente stabili.
ƒ Estensimetri: sono sensori utilizzati per rilevare le deformazioni
fisiche di un corpo sottoposto a sollecitazioni meccaniche. Di tipo
elettrico sono costituiti da una griglia di sottilissimo filo metallico
(solitamente costantana) rigidamente applicata su di un supporto
di materiale plastico (Figura 2.7). Incollato sulla superficie del
corpo di cui si vogliono conoscere le deformazioni, il filo
dell’estensimetro segue le deformazioni della superficie a cui è
incollato. Tali deformazioni causano una variazione della
resistenza elettrica del filo che può quindi essere misurata.

Figura 2.7 – Schema di un estensimetro


I tipi utilizzati in laboratorio consentono di coprire un range di
deformazioni del +/- 3%, fornendo la possibilità di leggere i
valori di deformazione in continuo. La loro affidabilità e
precisione è strettamente legata alla modalità di incollaggio ed al
tipo di colla usata, alla scabrezza del materiale su cui viene
incollato, alla sezione dei fili utilizzati per leggerne la resistenza ed
alle saldature di questi sull’estensimetro.
Tutti questi sensori, unitamente agli LVDT e alle celle di carico
montate sugl’attuatori idraulici, costituiscono la strumentazione di
misura utilizzata per le prove sui nodi. In particolare, gli attuatori

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 54

vengono gestiti attraverso l’uso di una centralina elettronica prodotta


dalla stessa casa MTS. Tale centralina, collegata opportunamente ad
un pc, consente non solo il controllo degl’attuatori ma di rilevarne
spostamenti e carichi applicati e, ovviamente, di conservare tali
informazioni. Per gli altri sensori di misura, invece, si utilizzano due
scanner della VISHAY che, dotati di diverse schede per l’acquisizione
in continuo dei segnali provenienti da molteplici dispositivi,
consentono il collegamento tra i sensori ed un pc (Figura 2.8). E’
inoltre possibile mettere in comunicazione i due sistemi, MTS e
VISHAY, per ottenere un’acquisizione contemporanea di tutti i dati.

Figura 2.8 – Centralina VISHAY adottata per l’acquisizione dei dati

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
55 CAPITOLO 2

2.3 SCHEMA E MODALITÀ DI PROVA


Lo schema statico generalmente adottato per questa tipologia di
test deriva dall’andamento delle sollecitazioni flettenti riscontrabile
sulle membrature di un telaio soggetto a forze orizzontali (Figura 2.9).
Per le prove eseguite in laboratorio è stato riprodotto lo schema di
nodo esterno mostrato in Figura 2.10.

Carico ciclico

Trave IPE270

1557
Sforzo di compressione
costante Colonna HE200B

2700

Figura 2.9 – Schema delle Figura 2.10 – Schema statico di un nodo esterno
sollecitazioni agenti su un riprodotto in laboratorio
generico telaio per effetto di
forze orizzontali
Come anticipato, le prove vengono eseguite impiegando due
attuatori idraulici. Il modello MTS 243.60 da 1000kN, disposto
inferiormente, viene utilizzato in controllo di forze e si limita a
caricare la colonna con uno sforzo normale costante, simulando le
condizioni di esercizio di una colonna semplicemente compressa. Il
modello MTS 243.35 da 250kN, disposto invece superiormente, opera
in regime di spostamenti controllati e sottopone la trave ad uno sforzo
di flessione, simulando all’interno dell’intera struttura il regime di
sollecitazione tipico di un nodo esterno. E’ l’attuatore superiore che
impone i carichi ciclici in quanto ad esso vengono comandati
prefissati livelli di spostamento.
Ampiezze e numero di cicli sono stati programmati in accordo a
quanto suggerito dalle norme AISC per le prove di carico cicliche su
connessioni travi colonna, le quali propongono di condurre queste
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 56

sperimentazioni a rotazione controllata del nodo, secondo lo schema


descritto in Figura 2.11:

Figura 2.11 – Storia di carico suggerita dalle norme AISC

- 6 cicli a θ =0,00375 rad


- 6 cicli a θ =0,005 rad
- 6 cicli a θ =0,0075 rad
- 4 cicli a θ =0,01 rad
- 2 cicli a θ =0,015 rad
- 2 cicli a θ =0,02 rad
- 2 cicli a θ =0,03 rad1

1
I successivi step di carico devono avere due cicli ognuno ed un incremento di
rotazione pari a 0,01 rad.
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
57 CAPITOLO 2

In definitiva, scelto lo spostamento in sommità della trave quale


parametro di controllo della prova, nel rispetto delle norme AISC, la
storia di spostamenti programmata è riportata in Tabella 2.12:
Tabella 2.1 – Spostamenti imposti all’estremità della trave secondo norme AISC

v θ δ tr tc tstep
Step n cicli
[mm/s] [rad] [mm] [s] [s] [s]
1 0,00375 6 5,85 11,7 47 293
0,5
2 0,005 6 7,8 3,9 62 378
3 0,0075 6 11,7 3,9 47 285
1
4 0,01 4 15,6 3,9 62 254
5 0,015 2 23,4 3,9 47 98
6 0,02 2 31,2 3,9 62 129
2
7 0,03 2 46,8 7,8 94 195
8 0,04 2 62,4 7,8 125 257
9 0,05 2 78 3,9 78 160
4 10 0,06 2 93,6 3,9 94 191
11 0,07 2 109,2 3,9 109 222
12 0,08 2 124,8 2,6 83 169
13 0,09 2 140,4 2,6 94 190
6
14 0,1 2 156 2,6 104 211
15 0,11 2 171,6 2,6 114 231

Durante la prova sono stati monitorati diversi parametri:


spostamenti e forze applicate da entrambi gli attuatori, nonché gli
spostamenti di diverse componenti nodali. Questi ultimi sono stati
acquisiti disponendo 3 trasduttori a filo, 2 inclinometri e 6 LVDT in

2
I valori degli spostamenti sono stati ottenuti a partire dalle rotazioni considerando una
lunghezza della trave pari a 1560 mm; tr tempo di esecuzione di una rampa; tc tempo di
esecuzione di un intero ciclo; tempo totale della prova pari a 54,4 min.
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 58

diversi punti del nodo (ai margini del piatto di estremità, in


corrispondenza delle flange della trave, al di sotto del pannello
nodale), nonché all’estremità libera della trave. Uno schema relativo
alla disposizione degli strumenti di misura impiegati viene riportato in
Figura 2.12.

Forza e Spostamento
Attuatore 250 kN Filo 3

Trasduttore a filo
LVDT
Inclinometro
Inclin. trave
Forza e Spostamento
Attuatore 1000 kN LVDT 3 e 4 LVDT 5 e 6

Inclin. colonna

LVDT 1 LVDT 2

Filo 1 Filo 2

3 6
Figura 2.12 – Disposizione degli strumenti di misura su un nodo
Nella foto 2.13 è possibile osservare lo schema dei sensori di
misura applicati durante il test di un nodo. In particolare si nota come
tali sensori, fatta eccezione per gli inclinometri che risultano
direttamente avvitati agl’elementi, siano stati posizionati utilizzando
opportune basette calamitate alla flangia superiore della slitta in
acciaio (Figura 2.13).

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
59 CAPITOLO 2

Figura 2.13 – Realizzazione dello schema di posizionamento dei sensori di misura


Si riporta di seguito uno schema dell’intero allestimento adottato
per l’esecuzione delle prove, in cui si evidenzia il telaio di contrasto
orizzontale introdotto a valle della prova pilota (Figura 2.14).

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Setup delle Prove

Telaio di contrasto
verticale
IPE270 IPE270
L=170cm

Telaio di contrasto
orizzontale
Attuatore da 250kN

NODO
FLANGIATO
Cerniera a perno
Attuatore da 1000kN Cerniera a perno

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Figura 2.14 – Schema di allestimento della prova

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HE200B
L=200cm

Piastrone in c.a.
Slitta di base in acciaio
60
61 CAPITOLO 2

2.4 PROVA PILOTA


L’inizio di una campagna sperimentale è normalmente preceduta
da una prova pilota, finalizzata alla valutazione del corretto
funzionamento di tutte le strumentazioni di misura e di acquisizione
impiegate e dei sistemi appositamente progettati, ma anche del
corretto comportamento ciclico del nodo realizzato.
Infatti, durante la prova pilota si è riscontrato un evidente
problema di instabilità flesso-torsionale nella trave (Figura 2.15),
dovuto all’assenza di un opportuno vincolo in corrispondenza
dell’estremità fissata all’attuatore. Per le prove successive si è
realizzato un telaio di contrasto orizzontale che, fissato alla slitta di
base, ha vincolato l’estremità della trave a ruotare esclusivamente nel
piano di flessione.

Figura 2.15 – Instabilità flesso-torsionale della trave durante la prova pilota

Prima di progettare il ritegno torsionale però, allo scopo di


comprendere meglio le origini dell’instabilità flesso-torsionale
riscontrata durante la prova pilota, si è proceduto ad effettuare una
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Setup delle Prove 62

verifica della trave secondo quanto previsto dall’EC3. Per tale verifica
i parametri d’interesse sono:
- MjRd 3 : momento di progetto del nodo trave colonna;
- MbRd,inst : momento resistente di progetto all’instabilità della trave.
Il momento resistente di progetto all’instabilità flesso-torsionale
della trave MbRd,inst è definito come segue:
M bRd ,inst = χ LT β wW pl f y (2.1)
con Wpl il modulo di resistenza plastico rispetto all’asse forte, βw è un
fattore riduttivo che dipende dalla classe della sezione adottata e che,
nel caso in esame (IPE 270), vale 1; il termine χLT è invece un
coefficiente di riduzione per l’instabilità flesso-torsionale dato da:
1
χ LT = (2.2)
φ LT + φ LT 2
− λ2LT
in cui:
φ LT = 0,5 ⋅ [1 + α LT (λ LT − 0,2) + λ LT
2
] (2.3)
dove αLT rappresenta il coefficiente d’imperfezione assunto pari a
0,21 per le sezioni laminate, mentre λLT è la snellezza
adimensionalizzata definita come:
fy
λLT = βwWpl , y (2.4)
Mcr
nella quale Mcr rappresenta il momento critico elastico per instabilità
flesso-torsionale.
Per carico trasversale applicato al centro di taglio, l’equazione per
determinare il momento critico vale:
(kL ) GI t
2
π 2 EI z ⎛ k ⎞ I w 2
Mcr = C1 ⎜⎜ ⎟⎟ + 2 (2.5)
(kL ) ⎝ kw ⎠ I z π EI z

3
Il momento di progetto del nodo, dettagliato nel prossimo paragrafo, è stato fissato
pari a MjRd = 100 kNm
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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
63 CAPITOLO 2

in cui si è assunto k = kw = 0,7 (un estremo libero e l’altro incastrato),


It = 15,94 cm4 è la costante di torsione, Iz = 419,9 cm4 è il momento
d’inerzia intorno all’asse debole, Iw = 70580 cm6 è la costante di
ingobbamento, L è la lunghezza tra due punti di successivo vincolo
torsionale che in questo caso si assume pari a 2Lt = 156x2= 312cm,
infine C1 dipende dalla condizione di carico e di vincolo all’estremo ed
in questo caso vale 2,092.
Dai calcoli risulta MbRd,inst = 124 kNm, che è prossimo al
momento di completa plasticizzazione del nodo, che può assumersi
pari ad 1,4 volte la resistenza di progetto:
M j ,ex = 1,4M jRd ≈ 140kNm (2.6)
Dall’andamento della curva M-θ misurata durante la prova pilota
(Figura 2.16) è possibile notare il fenomeno dell’instabilità presente
durante la fase di spinta dell’attuatore (valori Mj > 0) e per valori
prossimi ai 120 kNm, mentre il fenomeno risulta evidentemente
assente nei semicicli in cui l’attuatore esercitava una trazione (Mj < 0).
Hysteretic Curve M-θ Calibration test
200000
Mmax = 143882 kN·mm
Mmin = -186864 kN·mm
150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,060 -0,045 -0,030 -0,015 0,000 0,015 0,030 0,045 0,060
-50000

-100000

-150000
Nodal M-rot
-200000
Joint Rotation [rad]

Figura 2.16 – Cicli isteretici del nodo durante la prova pilota

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Setup delle Prove 64

La presenza, invece, delle oscillazioni del diagramma per valori


del momento M<100 kNm è dovuta ad un eccessivo gioco perno-
foro presente nella cerniera asolata di sinistra (Figura 2.1). Infatti,
l’eccessiva ampiezza dell’asolatura realizzata internamente alla
cerniera, rispetto al diametro del perno, ha provocato degli scatti
verso l’alto al raggiungimento di un determinato livello di carico (e
quindi di momento). Anche a tale difetto si è posto rimedio
risagomando l’asolatura e colmando il gap presente tra questa ed il
perno.

Figura 2.17 – Telaio di contrasto orizzontale realizzato in seguito alla prova pilota

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
65 CAPITOLO 2

2.5 LA PROGETTAZIONE DEI NODI


Il programma sperimentale ha condotto all’esecuzione di quattro
prove cicliche su nodi trave-colonna esterni, progettati in modo da
avere la stessa resistenza di progetto, ma impegnando in campo
plastico differenti componenti nodali. In particolare, le tipologie di
collegamento provate vengono così contraddistinte:
♦ nodo flangiato a parziale ripristino di resistenza con
dissipazione prevalente nel pannello a taglio [EEP-CYC 01]
♦ nodo flangiato a parziale ripristino con dissipazione
prevalente nei T-stub dell’end-plate [EEP-CYC 02]
♦ nodo flangiato a completo ripristino di resistenza con trave
indebolita (dog-bone) [EEP-DB-CYC 03]
♦ nodo con T-stub di estremità dimensionato per evitare
l’impegno plastico delle componenti nodali riguardanti la
colonna [TS-CYC 04].
Come precedentemente sottolineato, le capacità dissipative dei
nodi trave-colonna risultano fortemente influenzate dalle modalità
con cui si progettano i dettagli costruttivi.
La progettazione dei nodi è stata eseguita con riferimento ai
concetti base introdotti dall’EC3, considerando il modello di Kim e
Engelhardt (1996, 2000) per il pannello a taglio, il modello di Piluso et
al. (2000, 2007) per i T-stub e le norme FEMA 267A per la trave a
sezione ridotta (Moore, 1999).
Tutti e quattro i nodi sono stati realizzati impiegando una
colonna HEB200 in acciaio S355 ed una trave IPE270 in acciaio S275.

2.5.1 Progetto del nodo EEP-CYC 01


Il primo provino è stato progettato con l’intento di limitare
l’impegno plastico dei T-stub equivalenti al piatto di estremità,
massimizzando invece quello del pannello a taglio della colonna. Il

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 66

principale scopo di questo test è di investigare le capacità dissipative di


quest’ultima componente nodale.
Come precedentemente accennato, una problematica connessa
alla dissipazione nel pannello a taglio è senz’altro rappresentata dalle
difficoltà di ripristino a seguito di un evento sismico. Tale problema
evidenzia come, nella scelta progettuale di un collegamento a parziale
ripristino e semirigido, vadano valutati tutti i parametri in gioco al fine
di confrontare i vantaggi di una capacità dissipativa più stabile e di un
minor costo del dettaglio, legati all’assenza dei piatti di continuità o
dei piatti supplementari d’anima, con lo svantaggio derivante dalla
difficoltà di manutenzione ed i costi necessari ad un ripristino post
evento sismico.
Per il progetto del collegamento sono stati considerati modelli
semplici e consolidati presenti in letteratura tecnica, con riferimento
alle formulazioni suggerite dal prEN 1993-1-8 (CEN, 2003) e presenti
nei più moderni modelli sviluppati da differenti autori per ogni
componente.
La componente principale del nodo, il pannello a taglio, è stata
progettata utilizzando le regole proposte dal modello monotono di
Kim e Engelhardt (1996, 2002) che forniscono sia la resistenza che la
duttilità.
Per gli scopi progettuali è importante definire la resistenza al
limite elastico del pannello a taglio in modo da sovradimensionare le
altre componenti e rispettare l’obiettivo progettuale.
Tutti i modelli matematici esistenti per valutare la risposta del
pannello nodale sotto carichi monotoni sono solitamente basati sul
calcolo di forze di taglio equivalenti. Considerando le azioni interne al
nodo come quelle resistenti è possibile ottenere, per mezzo di
equazioni di equilibrio, il taglio equivalente agente sul pannello nodale
come somma dei momenti alla sinistra ed alla destra del nodo e del
taglio agente al di sopra ed al di sotto del collegamento (Figura 2.18):

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
67 CAPITOLO 2

M bl + M br (Vct + Vcb ) M bl + M br ⎛ (d b − tbf ) ⎞⎟ =


Veq = ⎜⎜1 −
(d b − tbf ) − 2 ≈ (d b − tbf ) ⎝ Lc ⎟

(2.7)
M + M br
= bl (1 − ρ ) = M bl + M br β
(d b − tbf ) (d b − tbf )
dove Veq è il taglio equivalente, d b è l’altezza della trave, tbf è lo
spessore delle flange della trave, Lc è la lunghezza della colonna e le
sollecitazioni taglianti e flettenti sono definite come in Figura 2.18.

Figura 2.18 – Definizione del taglio equivalente nel pannello nodale


Quindi, il coefficiente che permette il passaggio dal momento al
taglio è fornito da una relazione geometrica funzione dell’altezza della

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Setup delle Prove 68

trave e della lunghezza della colonna. Per il nodo EEP-CYC 01, e per
i successivi, la geometria trave-colonna è fissata e, come noto per la
tipologia di nodo esterno, il fattore β si avvicina ad uno al crescere
della lunghezza della colonna rispetto all’altezza della trave. Infatti, il
documento prEN 1993-1-8 propone, in modo approssimato, un
parametro di trasformazione pari ad uno per i nodi del tipo single-
side. Per gli scopi progettuali e per semplicità si utilizzerà in seguito un
valore di β = 1.
Il modello di Kim ed Engelhardt (1996 e 2002) definisce la
resistenza di snervamento per il pannello nodale come prodotto di tre
termini: la rigidezza elastica calcolata considerando la deformabilità a
taglio e quella flessionale (Ke), il fattore medio di deformazione a
taglio del pannello nodale corrispondente allo snervamento (Cy) e la
deformazione a taglio (γy).
M y = K eC yγ y (2.8)
La rigidezza elastica può essere ottenuta calcolando la
deformabilità flessionale e tagliante descritta come di seguito:
⎛ 1 1⎞
δ = ⎜⎜ + ⎟⎟Veq (2.9)
⎝ kb k s ⎠
Cr EI 5 ⋅ 210000 ⋅ 56960000 N
kb = = = 27222576
[
(db − tbf )/ 2 3
] [(270 − 10) / 2]3
mm
(2.10)
G ( Avc + R f Adp ) 80769 ⋅ 2483 N
ks = = = 1542688 (2.11)
[(d b − t bf ) / 2 ] 260 / 2 mm
dove Cr è un fattore riduttivo che tiene conto delle effettive
condizioni di vincolo ed è stato fissato attraverso calibrazioni con test

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
69 CAPITOLO 2

sperimentali e analisi FEM in Cr =5 4, E e G sono i moduli elastici


dell’acciaio, I è il momento d’inerzia della sezione della colonna, dc è
l’altezza della colonna, Adp è l’area a taglio dei doppi piatti, se presenti
nel dettaglio, e Rf è un fattore che tiene conto dell’incompatibilità
deformativa tra i piatti supplementari d’anima ed il pannello a taglio.
La rigidezza viene poi calcolata come segue:
k b k s (d b − t bf ) (d − t bf )
Ke = =
b

kb + k s 2 β
(2.12)
27222576 ⋅1542688 (270 − 10)
2
= = 4.93 ⋅1010 Nmm
27222576 + 1542688 2 ⋅1
Il prodotto C y γ y rappresenta la deformazione media a taglio del
pannello nodale. Negli studi di Kim ed Engelhardt risulta, sulla base di
confronti con risultati sperimentali, che Cy è contenuto nel range
0,8-0,9. Ai fini progettuali si adotta un valore medio Cy =0,85. La
deformazione a taglio va calcolata tenendo conto anche
dell’interazione tra il taglio e lo sforzo normale presente nella colonna.
Così, considerando che nel caso esaminato lo sforzo normale è stato
fissato pari al 30% dello sforzo normale plastico, risulta:
2
fy⎛P ⎞
1 − (0.3) = 0.00242
355
γy = 1− ⎜ ⎟ = (2.13)
2
⎜P ⎟ 3 ⋅ 80769
3G ⎝ y ⎠
Infine, il momento di snervamento del pannello a taglio, calcolato
mediante l’equazione (2.8), risulta:
M sp = 4.93 ⋅1010 ⋅ 0.85 ⋅ 0.00242 = 101kNm (2.14)
Considerando che le altre componenti vanno progettate in modo
da fissare la componente debole nel pannello a taglio e, che il

4
E’ importante sottolineare che il coefficiente di riduzione deve essere contenuto in un
[ ]
(d − t ) / 2 3 , e la
range definito tra la situazione di incastro, data da ε f , fixed = b bf
12EI
condizione di estremo libero, data da ε [(d b − t bf ) / 2]3 .
f , free =
3EI
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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 70

momento plastico della IPE270, calcolato come prodotto del modulo


plastico per la tensione di snervamento, risulta:
M pb = W pl f y = 484000 ⋅ 275 = 133kNm (2.15)
in base alla classificazione per resistenza proposta dall’EC3, il
rapporto di parziale resistenza per il nodo EEP-CYC 01 vale:
M sp 101
η ps = = = 0.759 (2.16)
M pb 133

Per il progetto del piatto di estremità è necessario definirne lo


spessore e la dimensione della base, il numero delle righe di bulloni e
la posizione dei bulloni sul collegamento.
Per definire le ulteriori componenti della connessione è stato
utilizzato il modello di Piluso et al. (2000, 2007) che, con un approccio
analogo a quello considerato in molte norme ed in particolare l’EC3,
perviene ad una corretta definizione della duttilità disponibile e della
resistenza del dettaglio attraverso l’integrazione del momento-
curvatura del materiale base.
L’approccio classico, codificato anche dal prEN 1993-1-8,
fornisce tre meccanismi di collasso basati sulla geometria del dettaglio
e sulle caratteristiche meccaniche del materiale impiegato. Così, per
definire la resistenza relativa al sottomodello del T-stub, risulta di
fondamentale importanza definire il meccanismo di collasso
distinguendo il meccanismo tipo-1 nel quale la condizione di collasso
è caratterizzato dalla formazione di quattro cerniere plastiche con un
⎛ 4 M pl ,ep ⎞
valore della resistenza pari a ⎜⎜ F1,Rd = ⎟ , il meccanismo tipo-2
⎝ m ⎟⎠
nel quale la condizione di collasso vede la formazione di cerniere
plastiche in corrispondenza del piatto d’anima con il collasso dei
bulloni per il quale si ha un valore della resistenza pari a

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
71 CAPITOLO 2

⎛ 2M pl ,ep + 2 BRd n ⎞
⎜⎜ F2,Rd = ⎟ , ed infine il meccanismo tipo-3 definito dal
⎝ (m + n ) ⎟⎠
collasso dei bulloni con resistenza pari a (F3, Rd = 2 BRd ) .
Come mostrato in precedenti lavori di Piluso e Rizzano, il
parametro che può individuare il limite di passaggio tra i diversi
meccanismi è rappresentato dal seguente parametro βRd pari al
rapporto tra le resistenze del primo e terzo meccanismo:
4M pl , ep
β Rd = (2.17)
2 BRd m
Per gli scopi progettuali è di fondamentale importanza
dimensionare convenientemente la geometria del piatto d’estremità,
considerando che per migliorarne le capacità dissipative è opportuno
favorire un meccanismo di collasso del T-stub equivalente di tipo-1. Si
sono quindi fissati tutti i parametri in gioco, fatta eccezione per lo
spessore del piatto che va dimensionato in modo da conseguire un
meccanismo di collasso tipo-1 ed una buona sovraresistenza rispetto
al pannello a taglio, tenendo presente che lo scopo progettuale è di
realizzare una collegamento a parziale ripristino di resistenza, in cui il
pannello a taglio risulta meno resistente del piatto di estremità, e
dotato di adeguata duttilità.
Al fine di dimensionare lo spessore del piatto di estremità è stata
considerata la geometria del nodo trave-colonna come mostrata in
Figura 2.19, impiegando acciaio S275 e bulloni di classe 10.9. Inoltre,
ai fini progettuali è stato immaginato che le quattro righe di bulloni
costituiscono i due T-stub a quattro bulloni, uno in trazione e l’altro in
compressione, seguendo in tal modo anche le indicazioni contenute
nell’EC3 alla sezione 6.2.7.1, che propone tale tipo di approccio come
soluzione semplificata a patto che le righe di bulloni siano all’incirca
equidistanti dalle flange della colonna (Figura 2.20).

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 72

bolt M20 (10.9) 32 32


90

45
93
443
16793
IPE270
45

154
t ep = 20 mm

HE200B
Figura 2.19 – Geometria e rendering del nodo EEP – CYC 01

Figura 2.20 – Modello semplificato considerato nella progettazione del piatto di


estremità (CEN, 2003)
I parametri geometrici riferiti all’intero T-stub a quattro bulloni
sono:
m = d − 0.8 2a = 45 − 0.8 ⋅ 10 = 37 mm , n = 45mm e b = 154mm ,
dove a rappresenta la sezione di gola della saldatura tra la piastra di
estremità e la flangia della trave.

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
73 CAPITOLO 2

La prima condizione che deve essere rispettata per conseguire un


λ
meccanismo 1 consiste nel controllare che β Rd sia minore di
1 + 2λ
(Figura 2.21). Atteso che il meccanismo di collasso rispetti tale
condizione è possibile fissare una seconda condizione sulla resistenza.
Per avere un’opportuna sovraresistenza del T-stub, si è fissata
questa pari al 120% della resistenza a taglio del pannello nodale.

λ β
λ

Figura 2.21 – Influenza del coefficiente βrd sul meccanismo di collasso


(Piluso et al., 2000)
Da quanto detto derivano due considerazioni per il progetto dello
spessore della piastra di estremità:
⎧ 2λ 2n 4 M pl ,ep bt ep2 f y
β
⎪ 1− 2 = = ≥ β = =
1 + 2λ m + 2 n
Rd
⎪ 2 BRd m 4 BRd m
⎨ (2.18)
⎪ F = 1.2 M sp
⎪ 1, Rd (d b − t bf )

Dalla prima equazione, considerando che la resistenza a trazione
dei bulloni, in accordo con l’EC3, per la classe 10.9 e bulloni M20 vale
BRd=k2 ⋅fub ⋅As = 0.9 ⋅ 1000 ⋅ 245 = 220.5kN , si ottiene:

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Setup delle Prove 74

8 BRd nm 8 ⋅ 220500 ⋅ 45 ⋅ 37
t ep ≤ = = 23.4mm (2.19)
bf y (m + 2n) 154 ⋅ 275(37 + 2 ⋅ 45)
La seconda equazione del sistema, fornisce:
bt ep2 M sp 1.2 M sp m
F1, Rd = f y = 1.2 ⇒ t ep = =
m (d b − tbf ) (d − tbf )bf y
b
(2.20)
1.2 ⋅ 101000000 ⋅ 37
= = 20.18mm
260 ⋅ 154 ⋅ 275
Pertanto, lo spessore del piatto di estremità che garantisce la
giusta sovraresistenza ed un meccanismo di tipo 1 può essere fissato

Mt = MT-stub

MT-stub / (dt-tbf) MT-stub / (dt-tbf)

(dt-tbf)

pari a 20mm.
Figura 2.22 – Definizione del braccio di leva e delle azioni agenti sui T-stub
Dati colonna (HEB200)
dc [mm] bc [mm] tcf [mm] tcw [mm] Ac [mm2] Lc [mm] Wpl [mm3] N [N]
200 200 15 9 7810 2000 642500 645000

Dati trave (IPE270)


db [mm] bb [mm] tbf [mm] Wpl [mm3] Lb [mm]
270 135 10 484000 1460

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75 CAPITOLO 2

Dati materiali
E [N/mm2] fy [N/mm2]
210000 275
T-stub II T-stub I

8 6 4 2

y
7 5 3 1

IV fila III fila II fila I fila


Figura 2.23 – Numerazione della bullonatura

Posizione bullonatura
# Fila # Bullone xb [mm] yb [mm]
1 40 30.5
I
2 40 123.5
3 134 30.5
II
4 134 123.5
5 342 30.5
III
6 342 123.5
7 394 30.5
IV
8 394 123.5

A seguito del progetto, a conforto della bontà dei criteri adottati,


si è modellato il nodo per carichi monotoni anche con il programma
di calcolo per nodi semirigidi JMRC, sviluppato da Piluso et al. (2000).

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Setup delle Prove 76

JOINT DATA
----------
Input data file
Nodo1.db
Preliminary option
0 (compute the moment-rotation curve of the beam-joint system)
Connection typology
2 (extended end-plate connection)
Connection vertical location
1 (far from the upper end of the column)
Specimen height
2000
Stiffener typology
1 (unstiffened web panel)
Panel zone internal action
3 (external joints in experimental tests)
Panel zone vertical stress
83
Modulus of elasticity
210000.00
Partial safety factors
GM0 (material of column, beam, end plate, angles) = 1.0000
GM2 (net area of bolted plates) = 1.0000
GMB (bolts) = 1.0000
Column section data
BFC (flange width) = 200.0000
TFC (flange thickness) = 15.0000
TWC (web thickness) = 9.0000
HC (height) = 200.0000
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
77 CAPITOLO 2

FYFC (flange yield stress) = 275.0000


FYWC (web yield stress) = 275.0000
CST (section type: rolled) = 1
RC (root radius) = 18.0000
Beam section data
BFB (flange width) = 135.0000
TFB (flange thickness) = 10.0000
TWB (web thickness) = 6.6000
HB (height) = 270.0000
ZB (plastic modulus) = 484000.0000
FYFB (flange yield stress) = 275.0000
FYWB (web yield stress) = 275.0000
BST (section type: rolled) = 1
RB (root radius) = 15.0000
End-plate data for end-plate connections
BEP (width) = 154.0000
HEP (height) = 434.0000
TEP (thickness) = 20.0000
LEP (distance between the upper edge of end-plate
and the tension beam flange) = 82.0000
FYEP (yield stress) = 275.0000
AWBEP (throat thickness of beam web-to-end plate weld) =
4.2400
AFBEP (throat thickness of beam flange-to-end plate weld) =
7.0700
TBP (thickness of backing plates) not present
Bolt data for end-plate connections
NBR (number of bolt rows) = 3.0000
BD (nominal diameter) = 20.0000
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Setup delle Prove 78

BRD (resistant diameter) = 17.6670


DHB (head diameter) = 34.6000
CBL (conventional length) = 50.3000
FUB (ultimate stress) = 1000.0000
BPL (preloading level) = 0.8000
DV( 1) (distance between the axis of the bolt row 1
and the axis of the compressed beam flange) = 317.0000
DV( 2) (distance between the axis of the bolt row 2
and the axis of the compressed beam flange) = 223.0000
DV( 3) (distance between the axis of the bolt row 3
and the axis of the compressed beam flange) = 37.0000
DH( 1) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 1 and the
end-plate lateral edge) = 30.5000
DH( 2) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 2 and the
end-plate lateral edge) = 30.5000
DH( 3) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 3 and the
end-plate lateral edge) = 30.5000

RESULTS
-------
Stiffeness
Component axial stiffness:
Kcwc (column web in compression) = 1918166.3750
Kcws (column web in shear) = 800212.6875
Bolt row axial stiffness:
BOLT ROW 1:
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
79 CAPITOLO 2

Kcwt (column web in tension) = 1266582.1250


Kcfb (column flange in bending) = 1532255.5000
Kepb (end plate in bending) = 759234.9375
Kb (bolt in tension) = 13622992.0000
Keff (equivalent stiffness) = 353022.6250
BOLT ROW 2:
Kcwt (column web in tension) = 1266582.1250
Kcfb (column flange in bending) = 1532255.5000
Kepb (end plate in bending) = 6014577.0000
Kb (bolt in tension) = 13622992.0000
Keff (equivalent stiffness) = 594591.4375
BOLT ROW 3:
Kcwt (column web in tension) = 1266582.1250
Kcfb (column flange in bending) = 1532255.5000
Kepb (end plate in bending) = 1652314.5000
Kb (bolt in tension) = 13622992.0000
Keff (equivalent stiffness) = 471525.5000
Keq (overall equivalent stiffness of bolt rows) = 1044576.5000
Zeq (lever arm) = 250.7701
---------------------------
Joint rotational stiffness
Kj = 23049172992.0000
---------------------------
Resistance results
Component resistance:
Fcwc (column web in compression) = 400193.5625
Fcws (column web in shear) = 399254.9375
Fbfc (beam flange in compression) = 511923.0625
Bolt row minimum resistance
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 80

(column flange in bending, column web in tension, end plate in


bending and beam web in tension):
BOLT ROW 1 FRd = 192494.7031 H = 317.0000
BOLT ROW 2 FRd = 206760.2344 H = 223.0000
BOLT ROW 3 FRd = 0.0000 H = 37.0000
--------------------------
Joint flexural resistance
MRd = 107128352.0000
--------------------------
I risultati forniti dal JMRC confermano che la componente
nodale più debole è rappresentata dal pannello nodale a taglio e che la
piastra di estremità è caratterizzata da una sovraresistenza pari a circa
il 20% della resistenza del pannello nodale a taglio. Inoltre, la
resistenza complessiva del nodo è pari a 107 kNm concorde con il
valore di progetto fornito dall’equazione (2.14).

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
81 CAPITOLO 2

2.5.2 Progetto del nodo EEP-CYC 02


Il secondo nodo incluso nel programma sperimentale è stato
progettato per indagare sulle capacità dissipative e sulla duttilità dei
nodi flangiati. In questo caso, per evitare l’impegno plastico delle
componenti nodali legate al pannello della colonna sono stati
impiegati degli irrigidimenti, ricorrendo quindi a piatti di continuità e
piatti supplementari d’anima. Come osservato precedentemente, i
nodi flangiati del tipo extended end-plate consentono di spaziare tra
diverse soluzioni progettuali data la quantità di parametri che
governano la rigidezza, la resistenza e la duttilità.
Nel caso del nodo EEP-CYC 02 la progettazione è stata condotta
fissando la resistenza pari a quella del nodo EEP-CYC 01 ed
incrementando la duttilità del nodo, mediante un appropriato progetto
del diametro e della posizione dei bulloni, mantenendo fissa la
larghezza del piatto.
Come osservato per il precedente nodo, il primo passo consiste
nel progettare la componente debole, cioè l’end-plate, per poi
procedere con le altre componenti quali il pannello a taglio ed i
pannelli a trazione e compressione. Queste ultime componenti
dovranno essere progettate in modo da evitare un loro impegno
plastico.
Anche in questo caso l’end-plate può essere modellato seguendo
un approccio semplificato e cautelativo, ipotizzando quindi il piatto
come costituito da due T-stub a quattro bulloni (Figura 2.20) che,
sotto azioni cicliche, saranno sollecitati alternativamente a trazione e
compressione. Questa è una delle ragioni per cui, sotto azioni cicliche,
è utile progettare dettagli simmetrici.
Nell’intento quindi di progettare la resistenza e la duttilità del
nodo, fissata la base del piatto di estremità è opportuno
dimensionarne lo spessore e la posizione dei bulloni. A tale scopo
vanno considerate le equazioni che consentono di fissare il valore
della resistenza del nodo nel rispetto di un meccanismo di collasso di
tipo-1, aggiungendo una condizione di progetto in termini di duttilità.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 82

Imponendo una richiesta di duttilità del 5% si ottengono le seguenti


equazioni di progetto:
⎧ bt ep2
⎪ f y (d b − t bf ) = M jR ,d= 100kNm
⎪ 4
⎪ δ u ,T − stub Cm 2
φ
⎨ u = = = 5% (2.21)
⎪ (d b − t bf ) 2 t ep (d b − t bf )
⎪ 2λ
⎪β1−2 = ≥ β Rd
⎩ 1 + 2λ
La risoluzione del sistema costituito dalle prime due equazioni
(2.21) fornisce i valori di progetto dello spessore del piatto e della
distanza tra le cerniere plastiche nel rispetto del meccanismo di
collasso tipo-1 (stessa equazione 2.21). Nel caso in esame si ottiene:
⎧ 4M jR ,d ϕ 2 (d b − t bf ) 4 ⋅100000000 ⋅ 0.05 2 ⋅ 260
⎪m = 3 =3 = 54.4mm
⎪ C 2 bf y 0.1952 2 ⋅154 ⋅ 275

⎪ Cm 2 0.1951 ⋅ 54.4 2
⎨ ep = = = 22.2mm (2.22)

t
2ϕ (d b − t bf ) 2 ⋅ 0.05 ⋅ 260

⎪t ep ≤ 8BRd nm 8 ⋅ 220500 ⋅ 40 ⋅ 54.4
= ≈ 26mm
⎪ bf y (m + 2n) 154 ⋅ 275 ⋅ (54.4 + 2 ⋅ 40)

Impiegando valori dello spessore dei prodotti in commercio ed
operando a vantaggio di duttilità, si scelgono uno spessore del piatto
tep =20 mm ed una distanza m di 54 mm.
A questo punto è possibile progettare le componenti del pannello
nodale. La resistenza a taglio del pannello può essere progettata come
visto nel precedente paragrafo. Allo scopo di fornire un buon grado di
sovraresistenza, a tale elemento sono stati aggiunti due piatti
supplementari d’anima dello spessore di 10 mm. Usando le relazioni
dalla (2.10) alla (2.14) e considerando una piena efficacia dei piatti
d’anima, la resistenza a taglio del pannello risulta:

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
83 CAPITOLO 2

C r EI 5 ⋅ 210000 ⋅ 56960000 N
kb = = = 27222576 (2.23)
[(d b − t bf ) / 2 ]
3
[(270 − 10) / 2] 3
mm

G ( Avc + R f Adp ) 80769 ⋅ (2483 + 3700 ) N


ks = = = 3841498
[(d b − t bf ) / 2 ] [260 / 2] mm (2.24)

k b k s (d b − t bf ) (d − t bf )
Ke = =
b

kb + k s 2 β
(2.25)
27222576 ⋅ 3841498 (270 − 10)
2
= = 1.137 ⋅1011 Nmm
27222576 + 3841498 2 ⋅1
M sp = 1.137 ⋅ 1011 ⋅ 0.85 ⋅ 0.00242 = 234kNm (2.26)

Considerando che la resistenza a taglio del pannello nodale è


maggiore di quella dell’end-plate di un fattore 2, è possibile che il
pannello resti in campo elastico fino al collasso dell’end-plate. Inoltre,
applicando al pannello nodale una coppia di piatti di continuità con
uno spessore pari a quello delle flange della trave è possibile assumere
che la resistenza dei pannelli, a trazione e compressione, sia
significativamente più grande di quella del nodo. I dettagli del nodo
vengono rappresentati in Figura 2.24.

Dati colonna (HEB200)


dc [mm] bc [mm] tcf [mm] tcw [mm] Ac [mm2] Lc [mm] Wpl [mm3] N [N]
200 200 15 9 7810 2000 642500 645000

Dati trave (IPE270)


db [mm] bb [mm] tbf [mm] Wpl [mm3] Lb [mm]
270 135 10 484000 1460
Dati materiali
E [N/mm2] fy [N/mm2]
210000 275

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 84

bolt M20 (10.9) 30 30


94

40
134
400

126
474
t cp = 10 mm

134
IPE270
40

t wp= 10 mm 154
t ep = 20 mm

HE200B
170
25 25
120
53
200

Figura 2.24 – Geometria e rendering del nodo EEP – CYC 02

Posizione bullonatura
# Fila # Bullone xb [mm] yb [mm]
1 40 30
I
2 40 124
3 174 30
II
4 174 124
5 300 30
III
6 300 124
7 434 30
IV
8 434 124

Anche in questo caso è stata eseguita l’analisi tramite JMRC al


fine di verificare la bontà delle considerazioni effettuate. Da essa
emerge la corretta progettazione del nodo in termini di resistenza in

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
85 CAPITOLO 2

quanto l’end-plate risulta la componente nodale più debole con una


resistenza complessiva del nodo prossima al valore desiderato in
progetto.

JOINT DATA
----------
Input data file
Nodo2.db
Preliminary option
0 (compute the moment-rotation curve of the beam-joint system)
Connection typology
2 (extended end-plate connection)
Connection vertical location
1 (far from the upper end of the column)
Specimen height
2000
Stiffener typology
6 (supplementary web plates with continuity plates)
Panel zone internal action
3 (external joints in experimental tests)
Panel zone vertical stress
83
Modulus of elasticity
210000.00
Partial safety factors
GM0 (material of column, beam, end plate, angles) = 1.0000
GM2 (net area of bolted plates) = 1.0000
GMB (bolts) = 1.0000
Column section data

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 86

BFC (flange width) = 200.0000


TFC (flange thickness) = 15.0000
TWC (web thickness) = 9.0000
HC (height) = 200.0000
FYFC (flange yield stress) = 275.0000
FYWC (web yield stress) = 275.0000
CST (section type: rolled) = 1
RC (root radius) = 18.0000
Beam section data
BFB (flange width) = 135.0000
TFB (flange thickness) = 10.0000
TWB (web thickness) = 6.6000
HB (height) = 270.0000
ZB (plastic modulus) = 484000.0000
FYFB (flange yield stress) = 275.0000
FYWB (web yield stress) = 275.0000
BST (section type: rolled) = 1
RB (root radius) = 15.0000
Stiffener data
TCP (thickness of continuity plates) = 10.0000
BCP (width of continuity plates) = 53.0000
TWP (supplementary web plates typology) = 1.0000
BWP (width of supplementary web plates) = 444.0000
HWP (heigth of supplementary web plates) = 154.0000
NWP (number of supplementary web plates) = 2.0000
SWP (steel type of web plates) = 1.0000
AST (welds throat thickness) = 7.0700
End-plate data for end-plate connections
BEP (width) = 154.0000
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
87 CAPITOLO 2

HEP (height) = 474.0000


TEP (thickness) = 20.0000
LEP (distance between the upper edge of end-plate
and the tension beam flange) = 102.0000
FYEP (yield stress) = 275.0000
AWBEP (throat thickness of beam web-to-end plate weld) =
4.2400
AFBEP (throat thickness of beam flange-to-end plate weld) =
7.0700
TBP (thickness of backing plates) not present
Bolt data for end-plate connections
NBR (number of bolt rows) = 3.0000
BD (nominal diameter) = 20.0000
BRD (resistant diameter) = 17.6670
DHB (head diameter) = 34.6000
CBL (conventional length) = 60.0000
FUB (ultimate stress) = 1000.0000
BPL (preloading level) = 0.8000
DV( 1) (distance between the axis of the bolt row 1
and the axis of the compressed beam flange) = 327.0000
DV( 2) (distance between the axis of the bolt row 2
and the axis of the compressed beam flange) = 193.0000
DV( 3) (distance between the axis of the bolt row 3
and the axis of the compressed beam flange) = 67.0000
DH( 1) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 1 and the
end-plate lateral edge) = 30.0000
DH( 2) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 2 and the
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 88

end-plate lateral edge) = 30.0000


DH( 3) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 3 and the
end-plate lateral edge) = 30.0000

RESULTS
-------
Stiffeness
Component axial stiffness:
Kcwc (column web in compression) = 5145744.5000
Kcws (column web in shear) = 2336405.5000
Bolt row axial stiffness:
BOLT ROW 1:
Kcwt (column web in tension) = 3216079.2500
Kcfb (column flange in bending) = 1771486.1250
Kepb (end plate in bending) = 442092.8125
Kb (bolt in tension) = 11420608.0000
Keff (equivalent stiffness) = 310080.8750
BOLT ROW 2:
Kcwt (column web in tension) = 3216079.2500
Kcfb (column flange in bending) = 1771486.1250
Kepb (end plate in bending) = 2144048.0000
Kb (bolt in tension) = 11420608.0000
Keff (equivalent stiffness) = 699592.3125
BOLT ROW 3:
Kcwt (column web in tension) = 2561373.2500
Kcfb (column flange in bending) = 1771486.1250
Kepb (end plate in bending) = 1603687.6250
Kb (bolt in tension) = 11420608.0000
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
89 CAPITOLO 2

Keff (equivalent stiffness) = 600226.6875


Keq (overall equivalent stiffness of bolt rows) = 1236077.8750
Zeq (lever arm) = 223.7990
---------------------------
Joint rotational stiffness:
Kj = 34992033792.0000 Nmm
---------------------------
Resistance results
Warning: it is assumed that the continuity plates are designed
to avoid the failure of the column web in compression
and of the column web in tension
Component resistance:
Fcwc (column web in compression) = not influent
Fcws (column web in shear) = 1246798.8750
Fbfc (beam flange in compression) = 511923.0625
Bolt row minimum resistance
(column flange in bending, column web in tension, end plate in
bending and beam web in tension):
BOLT ROW 1 FRd = 156848.3438 H = 327.0000
BOLT ROW 2 FRd = 338298.2813 H = 193.0000
BOLT ROW 3 FRd = 16776.4375 H = 67.0000
--------------------------
Joint flexural resistance:
MRd = 117705000.0000 Nmm
--------------------------

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 90

2.5.3 Progetto del nodo EEP-DB-CYC 03


Negl’ultimi anni sono stati sviluppati diversi progetti di ricerca su
questo genere di connessioni note come RBS (Reduced Beam Section) o
come “dog-bone”. Questo tipo di collegamento prevede la rimozione
di materiale dalle flange della trave in prossimità del nodo, in modo da
ridurne la sezione nella zona maggiormente sollecitata. In questo
modo l’RBS forza la realizzazione delle cerniere plastiche all’interno
della zona ad ali ridotte.
Per la progettazione di questo nodo si è considerato un dettaglio
a completo ripristino con lo scopo di testare le proprietà della sezione
in acciaio ridotta. In questo caso, i tre parametri che devono essere
progettati sono: la distanza del nodo dalla zona a sezione ridotta (a), la
lunghezza della zona di taglio (b) e la riduzione della larghezza delle
flange (c) (Figura 2.25).

Figura 2.25 – Definizione dei parametri dell’RBS


Generalmente, come evidenziato da precedenti ricerche condotte
da diversi autori, i primi due parametri vengono stabiliti sulla base
dell’esperienza dell’autore, ma solitamente queste due quantità vanno
scelte piccole in modo da minimizzare l’aumento del momento
dovuto alla distanza tra la cerniera plastica e la faccia della colonna
(Figura 2.26). Allo stesso tempo, il centro dell’RBS non deve essere
disposto troppo lontano dalla colonna per consentire la completa
plasticizzazione delle flange della trave lungo la zona ridotta, mentre,

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
91 CAPITOLO 2

l’estensione delle zone ridotte deve essere abbastanza grande per


evitare l’insorgere di deformazioni plastiche eccessive.

Figura 2.26 – Schema tipico di trave con nodi a completo ripristino


Da esperienze maturate in test condotti su nodi di questo tipo, i
parametri a e b vengono contenuti nei seguenti range, dove a viene
relazionato alla larghezza della trave mentre b all’altezza di questa:
0.5bb ≤ a ≤ 0.75bb
(2.27)
0.65d b ≤ b ≤ 0.85d b
L’ultimo parametro che resta da valutare è c. Tale valore
controlla la massima sollecitazione flettente oltre l’RBS e quindi il
massimo momento agente sulla colonna. Le dimensioni del taglio
vanno contenute in modo da conseguire un momento flettente, in
corrispondenza della faccia della colonna, contenuto tra l’85-10% del
momento plastico della trave intera. Precedenti esperienze
suggeriscono di evitare l’uso di connessioni in cui si consegue una
riduzione delle flange maggiore del 50%, a tale scopo è opportuno
fissare il limite c ≤ 0.75b f .
La procedura di progetto è generalmente iterativa: dopo aver
scelto i tre parametri geometrici si valuta il momento atteso sulla
colonna e si verifica il rispetto dei limiti suggeriti; successivamente si
controlla il rispetto della gerarchia delle resistenze e si verifica
l’insorgere di eventuali meccanismi a taglio che vanno evitati.
Considerando il solito accoppiamento trave-colonna (HEB240-

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 92

IPE270), i parametri di progetto sono stati individuati dopo poche


iterazioni e nel rispetto delle limitazioni prescritte.
a = 70mm; b = 180mm; c = 22mm (2.28)
68 ≤ a ≤ 101; 176 ≤ b ≤ 230; c < 34 (2.29)
Definita la geometria, è possibile valutare il modulo plastico al
centro dell’RBS per controllare che il momento di progetto sia lo
stesso di quello definito per gli altri nodi:
[ ]
M j , Rd = M pl , RBS = W pl , DB f y = W pl ,b − 2ctbf (d b − t bf ) f y =
(2.30)
= [484000 − 2 ⋅ 22 ⋅10(270 − 10 )]275 = 101kNm
Per progettare gli altri elementi della connessione a completo
ripristino è importante prendere in considerazione due effetti:
l’incrudimento dell’acciaio, che viene considerato inserendo un fattore
di 1,15, e la tensione di snervamento attesa fissata in 1,13fy 5, ottenuta
considerando un coefficiente di variazione di 0,07. In tal modo, la
resistenza attesa al centro della RBS può essere valutata come:
M RBS , E = 1.15W pl , DB f y , E = 1.15 ⋅ 369600 ⋅ 1.13 ⋅ 275 = 132kNm (2.31)
Partendo dalla conoscenza delle sollecitazioni al centro della RBS
è possibile valutare le sollecitazioni sulla faccia della colonna (Figura
2.27), per verificare che il momento flettente sia contenuto nei limiti
fissati e per progettare l’end-plate ed il pannello a taglio in modo da
avere completo ripristino di resistenza.
⎛ b⎞
M c = M RBS , E + VRBS , E ⎜ a + ⎟ =
⎝ 2⎠
(2.32)
⎛ 180 ⎞
= 132000000 + 105000⎜ 70 + ⎟ = 148,8kNm
⎝ 2 ⎠

5
Questo valore deriva dall’assunzione di una distribuzione normale delle resistenze. Ne
consegue che la relazione tra il valore medio e quello caratteristico è la seguente:
f y ,k
f y,m =
1 − 1.64s
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
93 CAPITOLO 2

Figura 2.27 – Schema delle azioni trasmesse all’interfaccia con la colonna

Mc
M b = W pl ,b f y , E = 484000 ⋅1.13 ⋅ 275 = 150kNm ⇒ ≈1 (2.33)
Mb
Seguendo quanto indicato nelle norme FEMA 267A per
soddisfare i requisiti di colonna forte e trave debole, si verifica che la
somma dei momenti plastici in corrispondenza della colonna, ottenuti
considerando la resistenza di snervamento nominale e l’influenza del
carico verticale sulla colonna, sia maggiore della somma delle azioni
flettenti agenti sulla faccia della stessa:
∑W ( fpl ,c y −σ c )
=
2 ⋅ 642500 ⋅ (355 − 0.3 ⋅ 355)
= 2.14 > 1 (2.34)
∑M c 148800000
Il pannello a taglio deve essere progettato, come richiesto dalle
FEMA 267A, per resistere ad un taglio pari all’80% del massimo
momento flettente agente sulla faccia della colonna. Assumendo per il
pannello nodale lo stesso dettaglio del nodo EEP-CYC 02, seguendo
la precedente procedura per calcolare la resistenza (eq. 2.26) ed
assumendo un fattore β pari ad uno, la verifica fornisce un
sovraresistenza a taglio del 90%:
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 94

VR ,sp VR ,sp 900000


= = = 1.96 > 1
VS ,sp 0.8 ⋅ ∑ M c 0.8 ⋅148800000 (2.35)
(d b − t bf ) (270 − 10)
Per progettare lo spessore dell’end-plate viene fissata la larghezza
del piatto in 154 mm, la distanza tra le cerniere plastiche come la
minima possibile e pari a 33,5 mm ed utilizzando bulloni M24 classe
10.9. Considerando l’equazione (2.19) si perviene al seguente sistema:
⎧ M cm 148800000 ⋅ 33.5
⎪t ep = =
⎪ (d b − tbf )bf y (270 − 10)154 ⋅ 275 = 21.27mm
⎨ (2.36)
⎪t ≤ 8BRd nm 8 ⋅ 317700 ⋅ 35 ⋅ 33.5
⎪ ep = = 26.07mm
⎩ bf y ( m + 2 n ) 154 ⋅ 275 ⋅ (33.5 + 2 ⋅ 35)

bolt M24 (10.9)


35 35
94
RBS
35
93
423
400

167

t cp = 10 mm
93

IPE270
35

164
t wp= 10 mm
t ep = 25 mm

HE200B
R195

170 70 180
25 25
120
22
53
200

22

Figura 2.28 – Geometria e rendering del nodo EEP-DB-CYC 03

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
95 CAPITOLO 2

Per il nostro nodo viene quindi scelto uno spessore del piatto di
25 mm. La geometria del collegamento viene riportata in Figura 2.28.

Dati colonna (HEB200)


dc [mm] bc [mm] tcf [mm] tcw [mm] Ac [mm2] Lc [mm] Wpl [mm3] N [N]
200 200 15 9 7810 2000 642500 645000

Dati trave (IPE270)


db [mm] bb [mm] tbf [mm] Wpl [mm3] Lb [mm]
270 135 10 484000 1460

Dati materiali
E [N/mm2] fy [N/mm2]
210000 275

Posizione bullonatura
# Fila # Bullone xb [mm] yb [mm]
1 35 35
I
2 35 124
3 121 35
II
4 121 124
5 294 35
III
6 294 124
7 380 35
IV
8 380 124

La previsione della resistenza del nodo così progettato, effettuata


mediante l’impiego del programma JMRC, fornisce i risultati di
seguito riportati dai quali emerge una sovraresistenza del nodo,
rispetto alla trave collegata, di circa il 40%.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 96

JOINT DATA
----------
Input data file
Nodo3.db
Preliminary option
0 (compute the moment-rotation curve of the beam-joint system)
Connection typology
2 (extended end-plate connection)
Connection vertical location
1 (far from the upper end of the column)
Specimen height
2000
Stiffener typology
6 (supplementary web plates with continuity plates)
Panel zone internal action
3 (external joints in experimental tests)
Panel zone vertical stress
83
Modulus of elasticity
210000.00
Partial safety factors
GM0 (material of column, beam, end plate, angles) = 1.0000
GM2 (net area of bolted plates) = 1.0000
GMB (bolts) = 1.0000
Column section data
BFC (flange width) = 200.0000
TFC (flange thickness) = 15.0000
TWC (web thickness) = 9.0000
HC (height) = 200.0000
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
97 CAPITOLO 2

FYFC (flange yield stress) = 275.0000


FYWC (web yield stress) = 275.0000
CST (section type: rolled) = 1
RC (root radius) = 18.0000
Beam section data
BFB (flange width) = 135.0000
TFB (flange thickness) = 10.0000
TWB (web thickness) = 6.6000
HB (height) = 270.0000
ZB (plastic modulus) = 484000.0000
FYFB (flange yield stress) = 275.0000
FYWB (web yield stress) = 275.0000
BST (section type: rolled) = 1
RB (root radius) = 15.0000
Stiffener data
TCP (thickness of continuity plates) = 10.0000
BCP (width of continuity plates) = 53.0000
TWP (supplementary web plates typology) = 1.0000
BWP (width of supplementary web plates) = 444.0000
HWP (heigth of supplementary web plates) = 154.0000
NWP (number of supplementary web plates) = 2.0000
SWP (steel type of web plates) = 1.0000
AST (welds throat thickness) = 7.0700
End-plate data for end-plate connections
BEP (width) = 164.0000
HEP (height) = 423.0000
TEP (thickness) = 25.0000
LEP (distance between the upper edge of end-plate
and the tension beam flange) = 76.5000
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 98

FYEP (yield stress) = 275.0000


AWBEP (throat thickness of beam web-to-end plate weld) =
3.8900
AFBEP (throat thickness of beam flange-to-end plate weld) =
7.0700
TBP (thickness of backing plates) not present
Bolt data for end-plate connections
NBR (number of bolt rows) = 3.0000
BD (nominal diameter) = 24.0000
BRD (resistant diameter) = 21.2000
DHB (head diameter) = 27.6000
CBL (conventional length) = 60.0000
FUB (ultimate stress) = 700.0000
BPL (preloading level) = 0.8000
DV( 1) (distance between the axis of the bolt row 1
and the axis of the compressed beam flange) = 306.0000
DV( 2) (distance between the axis of the bolt row 2
and the axis of the compressed beam flange) = 213.0000
DV( 3) (distance between the axis of the bolt row 3
and the axis of the compressed beam flange) = 47.0000
DH( 1) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 1 and the
end-plate lateral edge) = 35.0000
DH( 2) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 2 and the
end-plate lateral edge) = 35.0000
DH( 3) (distance between the vertical axis of the
external bolt of the bolt row 3 and the
end-plate lateral edge) = 35.0000
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
99 CAPITOLO 2

RESULTS
-------
Stiffeness
Component axial stiffness:
Kcwc (column web in compression) = 5427834.0000
Kcws (column web in shear) = 1250711.1250
Bolt row axial stiffness:
BOLT ROW 1:
Kcwt (column web in tension) = 3018616.5000
Kcfb (column flange in bending) = 2895884.5000
Kepb (end plate in bending) = 3734044.5000
Kb (bolt in tension) = 16142138.0000
Keff (equivalent stiffness) = 993689.0625
BOLT ROW 2:
Kcwt (column web in tension) = 3018616.5000
Kcfb (column flange in bending) = 2795845.0000
Kepb (end plate in bending) = 6326576.0000
Kb (bolt in tension) = 16142138.0000
Keff (equivalent stiffness) = 1100153.2500
BOLT ROW 3:
Kcwt (column web in tension) = 2363910.5000
Kcfb (column flange in bending) = 2795845.0000
Kepb (end plate in bending) = 2870661.7500
Kb (bolt in tension) = 16142138.0000
Keff (equivalent stiffness) = 839628.5625
Keq (overall equivalent stiffness of bolt rows) = 2305923.2500
Zeq (lever arm) = 250.5999

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 100

---------------------------
Joint rotational stiffness:
Kj = 44305227776 Nmm
---------------------------
Resistance results
Warning: it is assumed that the continuity plates are designed
to avoid the failure of the column web in compression
and of the column web in tension
Component resistance:
Fcwc (column web in compression) = not influent
Fcws (column web in shear) = 676067.0625
Fbfc (beam flange in compression) = 511923.0625
Bolt row minimum resistance
(column flange in bending, column web in tension, end plate in
bending and beam web in tension):
BOLT ROW 1 FRd = 333367.6875 H = 306.0000
BOLT ROW 2 FRd = 178555.3750 H = 213.0000
BOLT ROW 3 FRd = 0.0000 H = 47.0000
--------------------------
Joint flexural resistance:
MRd = 140042800 Nmm
--------------------------

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
101 CAPITOLO 2

2.5.4 Progetto del nodo TS-CYC 04


L’ultimo nodo del programma sperimentale è una connessione a
doppio T. L’idea progettuale, come per il nodo EEP-CYC 02, è di
evitare l’impegno plastico delle componenti legate alla colonna, quali i
pannelli in trazione e compressione ed il pannello a taglio.
La connessione a doppio T fornisce grandi vantaggi sia per la
messa in opera che per l’eventuale ripristino post evento sismico.
Infatti, se il pannello nodale è ben progettato è possibile, dopo un
evento sismico, sostituire solamente i T-stub terminali. Il progetto di
questo nodo segue gli stessi principi utilizzati per la progettazione del
nodo EEP-CYC 02. E’ importante sottolineare che, in questo caso, la
distinzione in due T-stub a quattro bulloni distinti è sicuramente più
realistica (Figura 2.20). Il sistema risolutore è il (2.21). Anche in questo
caso è stata fissata la stessa resistenza degl’altri nodi ma una maggiore
duttilità pari all’8%.
⎧ 4M jR ,d ϕ 2 (d b − t bf ) 4 ⋅ 100000000 ⋅ 0.08 2 ⋅ 260
⎪m = 3 = 3 = 74.5mm
⎪ C 2 bf y 0.19512 ⋅ 154 ⋅ 275

⎪ Cm 2 0.1951 ⋅ 74.5 2
⎨ ep = = = 26mm (2.37)

t
2ϕ (d b − t bf ) 2 ⋅ 0. 08 ⋅ 260

⎪t ep ≤ 8B Rd nm 8 ⋅ 220500 ⋅ 40 ⋅ 54.4
= = 28.3mm
⎪ bf y (m + 2n) 154 ⋅ 275 ⋅ (54.4 + 2 ⋅ 40)

Un’attenzione particolare va posta per i piatti che collegano i T-
stub alle flange della trave. In un nodo del genere sarebbe opportuno
evitare i giochi foro bullone o utilizzando fori calibrati, tenendo però
presente che tale dettaglio non rientra tra le opere di carpenteria
metallica ordinaria, oppure imponendo un funzionamento dei bulloni
per attrito. Ai fini sperimentali però, per semplificare il dettaglio, si
sono utilizzati fori calibrati verificando solo il comportamento a taglio.
Dai calcoli per i bulloni di collegamento tra i T-stub e le ali della trave,
verificando resistenza a taglio e resistenza a rifollamento della flangia,
risultano necessari otto bulloni M20 di classe 10.9. Il pannello nodale,

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Setup delle Prove 102

anche in questo caso, viene irrigidito con piatti supplementari d’anima


e piatti di continuità per conferire la sovraresistenza necessaria.
Di seguito si rappresenta il nodo con i relativi dettaglio costruttivi
utilizzati.

bolt M20 (10.9) 30 30


94

40
177
252
40
400

542

40
t cp = 10 mm
81
257
81

IPE270
40

t wp= 10 mm
154
HE200B
170 293 t ep = 25 mm
25 25 25 40
120 73 60 60 60
30
200

135
75
30

Figura 2.29 – Geometria e rendering del nodo TS-CYC 04

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
CAPITOLO 3
PROVE CICLICHE SUI NODI ED ANALISI DEI RISULTATI

3.1 GENERALITÀ
L’obiettivo principale del presente capitolo è quello di mostrare e
di analizzare i risultati ottenuti nell’ambito delle prove cicliche
condotte sui quattro nodi precedentemente progettati, iniziando con
una descrizione dei risultati ottenuti per ogni singolo nodo e
terminando con le prove a trazione, necessarie per la caratterizzazione
meccanica dei materiali costituenti i profili ed i piatti impiegati per
realizzare i provini. In particolare, rappresentando i risultati
comportamentali osservati per le singole componenti nodali e quelli
relativi alla risposta ciclica dell’intero nodo, è possibile evidenziare e
confrontare i risultati delle quattro prove con particolare riferimento
alle rispettive caratteristiche di resistenza, duttilità e capacità
dissipative.
Oltre a valutazioni di carattere quantitativo, ogni singolo test
viene documentato anche fotograficamente allo scopo di mostrare le
zone di prima plasticizzazione e la loro evoluzione fino alla rottura del
provino. A tale scopo, infatti, i quattro provini sono stati dipinti
utilizzando del latte di calce (grassello) che, fessurandosi, consente di
evidenziare le zone sede di deformazioni plastiche.
105 CAPITOLO 3

3.2 LA PROVA EEP-CYC 01


3.2.1 Descrizione della prova
L’allestimento della prova EEP-CYC 01, con i relativi strumenti
di misura adottati, viene mostrato nelle tre immagini seguenti.

Figura 3.1 – Allestimento prova EEP-CYC 01

Figura 3.2 – Strumentazione di misura prova EEP-CYC 01

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 106

Come visto nel capitolo


precedente, al paragrafo 2.5.1, il
nodo EEP-CYC 01 è stato
progettato con l’obiettivo di
concentrare la dissipazione
prevalentemente nel pannello a
taglio. Infatti è in tale elemento
che, dopo pochi cicli di carico, si
è osservata la formazione di linee
di plasticizzazione inclinate
secondo le diagonali, resa
evidente dalla verniciatura in
grassello effettuata in fase di
allestimento (Figura 3.3).
Con l’avanzare della prova,
oltre a riscontrare una
plasticizzazione più evidente del Figura 3.3 – Formazione delle prime
plasticizzazioni
pannello a taglio, si sono
manifestate linee di plasticizzazione anche sulle flange della trave, in
corrispondenza delle saldature al piatto di estremità (Figura 3.4).

Figura 3.4 – Plasticizzazione evidente del pannello a taglio e comparsa di


plasticizzazioni in corrispondenza dell’estremità della trave
Come previsto in fase di progettazione i T-stub dell’end-plate
sono entrati in campo plastico solamente a grandi cicli, quando il
pannello a taglio aveva raggiunto la quasi completa plasticizzazione.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
107 CAPITOLO 3

Per questi ultimi, inoltre, non si è osservata alcuna deformazione


plastica del piatto nelle zone di contatto (righe esterne dei bulloni),
tipico invece dei meccanismi di collasso di tipo-1 (Figura 3.5).

Figura 3.5 – Impegno plastico dei T-Stub dell’end-plate a grandi cicli


A grandi deformazioni, quando ormai la resistenza massima del
provino era stata attinta, si è verificata la propagazione di un cricca
nelle saldature all’attacco della trave con l’end-plate, dovuta alle
concentrazioni di sforzi attribuibili alle rotazioni provocate dai
notevoli scorrimenti del pannello a taglio. La prova si è quindi
conclusa con la rottura delle saldature (Figura 3.6).

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 108

Figura 3.6 – Rottura delle saldature all’attacco tra trave e piatto di estremità
In occasione di questa prova è stato possibile usufruire di una
termocamera che, attraverso la cattura di immagini infrarosse, ha reso
visibile la diffusione e la propagazione dell’energia termica scaturita
dalla plasticizzazione del pannello a taglio (Figura 3.7).

Figura 3.7 – Aumento di temperatura nel pannello a taglio durante il test

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
109 CAPITOLO 3

3.2.2 Analisi dei risultati


L’analisi dei risultati è resa possibile dall’acquisizione in continuo
dei dati provenienti dalla strumentazione di misura impiegata. In
particolare, i trasduttori di spostamento utilizzati in questa prova sono
di due tipi, a filo ed LVDT, e la loro numerazione di riferimento viene
riportata in Figura 3.8.

LVDT 3 e 4 LVDT 5 e 6

LVDT 1 LVDT 2

Filo 1 Filo 2
Figura 3.8 – Disposizione dei trasduttori di spostamento e loro numerazione
Attraverso gli LVDT posti sul piatto di estremità (LVDT 3, 4, 5 e
6) è stato possibile monitorare, per differenza, gli spostamenti dei T-
stub lato della trave. I T-stub lato colonna, invece, non sono stati
monitorati ritenendo il loro impegno plastico di modesta entità e
quindi trascurabili. I trasduttori a filo (Filo 1 e 2), disposti sull’anima
della colonna ed in corrispondenza del raccordo alla flangia superiore,
in abbinamento agli LVDT 1 e 2, disposti al di sotto della colonna in
corrispondenza della mezzeria della flangia inferiore, hanno
consentito di ricavare, per differenza, il contributo dissipativo dei
pannelli d’anima a trazione e compressione. Infine, gli LVDT 1 e 2,
per differenza, hanno permesso di misurare lo scorrimento e, quindi,
la rotazione del pannello d’anima della colonna, immaginando il
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 110

braccio della coppia interna posto pari alla distanza fra gli interassi
delle flange della trave (eq. 3.1-3.5).
δ T − stub,Sx = δ LVDT , 4 − δ LVDT ,3 (3.1)
δ T − stub , Dx = δ LVDT ,5 − δ LVDT ,6 (3.2)
δ PTC , Sx = δ FILO ,1 − δ LVDT ,1 (3.3)
δ PTC , Dx = δ FILO , 2 − δ LVDT , 2 (3.4)
(δ −δ
γ SP = LVDT ,1 LVDT , 2
)
(3.5)
(d b − tbf )

Con l’attuatore MTS da 250kN, oltre ad applicare la storia di


spostamento all’estremità della trave, si acquisisce lo spostamento
complessivo del sistema trave-colonna-nodo (Figura 3.9). Tale
spostamento però è comprensivo di tre aliquote: la deformabilità della
trave, quella della colonna e lo spostamento nodale effettivo, ovvero:
δ Att , 250 kN = δ n + δ t + δ c (3.6)
Displacement History
150

100
Displacement [mm]

50

0
0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000

-50

-100

-150
Time [sec]

Figura 3.9 – Storia di spostamento applicata all’estremità della trave

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
111 CAPITOLO 3

Per ottenere quindi il legame costitutivo reale del nodo è


necessario depurare opportunamente gli spostamenti misurati
dall’attuatore. A tale scopo si è considerato uno schema analogo a
quello mostrato in Figura 3.10, in cui lo spostamento di estremità della
trave viene schematizzato come somma di aliquote dovute alla
deformabilità flessionale della trave, alla deformabilità flessionale della
colonna ed, infine, alla reale rotazione nodale:
δt δc δn

Lt + +

Ltr Lc Ltr

Figura 3.10 – Schema dei contributi deformativi considerati nello spostamento di


estremità della trave
Tenendo conto della presenza dei tratti rigidi, per integrazione
dell’equazione della linea elastica relativa agli schemi mostrati, si
ottiene:
FL3t
δt = (3.7)
3EI t
⎡⎛ L ⎞⎤
2
FL L2 ⎞ ⎛ ltr
δc = c t ⎢⎜⎜ c
⎟⎟ + 6⎜⎜ ⎟⎟⎥ (3.8)
12 EI c ⎢⎣⎝ Lc + 2 Ltr ⎠ ⎝ Lc + 2 Ltr ⎠⎥⎦
δ n = δ Att , 250 kN − δ t − δ c (3.9)
dove Ltr è la lunghezza dei tratti rigidi, cioè delle cerniere, mentre Lc è
la lunghezza del tratto deformabile della colonna.
Sulla base di tali considerazioni, partendo dai dati relativi a forza
(Fatt,250kN) e spostamento (δatt,250kN) dell’attuatore collocato
all’estremità della trave, è possibile rappresentare il legame ciclico del
nodo in termini di momento e rotazione (Figura 3.11):
M j = Fatt , 250 kN ⋅ Lt (3.10)
φ j = δ n / Lt (3.11)
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 112

dove Lt = 1557mm è la distanza tra l’asse dell’attuatore e l’asse della


colonna (Figura 2.10).
Hysteretic Curve M-θ EEP-CYC 01
250000
Mmax = 181479 kN·mm
Mmin = -200894 kN·mm 200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,100 -0,075 -0,050 -0,025 0,000 0,025 0,050 0,075 0,100
-50000

-100000

-150000

-200000 Nodal M-rot


Envelope
-250000
Joint Rotation [rad]

Figura 3.11 – Legame ciclico del nodo EEP-CYC 01


Per ricavare ora i legami ciclici di ogni componente è necessario
considerare nuovamente l’influenza della deformabilità flessionale
della colonna sugli spostamenti misurati. Per depurare le registrazioni
degli altri trasduttori è necessario far riferimento all’equazione della
linea elastica della colonna ricavata per una coppia applicata in
mezzeria. Per la simmetria dello schema considerato (Figura 3.12) è
possibile semplificare lo stesso riconducendolo ad una trave
incernierata in mezzeria con coppia applicata pari ad Mj/2 e, per
integrazione, ricavare l’espressione degli spostamenti verticali che
subisce l’asse della colonna:
z1 z2
Mj
Mj/2

=
ltr Lc ltr Lc/2 ltr
Figura 3.12 – Schema per il calcolo degli spostamenti verticali della colonna

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
113 CAPITOLO 3

M M 2
v( z1 ) = z3 − z +
6 EI c ( Lc + 2ltr ) 4 EI c

(3.12)
ML3c ML2c MLc ⎤
+⎢ − + ⎥z
⎣12 EI c ( Lc + 2ltr ) 4 EI c ( Lc + 2ltr ) 4 EI c ⎦
2

⎡ ML3c ML2c ⎤
v( z 2 ) = ⎢ − ⎥z +
⎣12 EI c ( Lc + 2l tr )
2
8EI c ( Lc + 2l tr ) ⎦
(3.13)
ML3c ML2c
− +
12 EI c ( Lc + 2l tr ) 2 8EI c ( Lc + 2l tr )
dove la (3.12) è valida per il tratto elastico della colonna, mentre la
(3.13) per quello rigido.
Il legame ciclico sperimentale del pannello d’anima della colonna
soggetto a taglio (shear panel) lo si ottiene utilizzando i valori registrati
dai trasduttori LVDT 1 e 2 (eq. 3.5), depurando però le misure dallo
spostamento verticale legato alla deformata flessionale della colonna
(eq. 3.12-3.13) in corrispondenza dei punti di misura, e calcolando il
momento trasmesso al pannello:
[(δ − δ ) − (δ LVDT ,2 − δ c )]
γ SP = LVDT ,1 c (3.14)
(d b − tbf )
M SP = Fatt , 250 kN ⋅ Lt (3.15)
L’andamento della curva MSP-γSP viene mostrato in Figura 3.13.
Dalle eq. (3.1) e (3.2), depurando gli spostamenti misurati dagli
LVDT 3, 4, 5 e 6 come appena fatto per il pannello nodale, si
ottengono i legami ciclici dei T-stub equivalenti al piatto di estremità:
δ T − stub ,Sx = δ LVDT , 4 − δ LVDT ,3 (3.16)
δ T − stub , Dx = δ LVDT ,5 − δ LVDT ,6 (3.17)
Fatt , 250 kN ⋅ Lt
FT − stub ,Sx = FT − stub , Dx = (3.18)
(d b −tf )
I legami ciclici sperimentali dei due T-stub vengono quindi
rappresentati in Figura 3.14 e Figura 3.15.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 114

Hysteretic Curve M-γ EEP-CYC 01


250000

200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,05 -0,04 -0,03 -0,02 -0,01 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05
-50000

-100000

-150000

-200000
Shear Panel
-250000
γ [rad]

Figura 3.13 – Legame ciclico del pannello nodale soggetto a taglio

Hysteretic Curve F-δ EEP-CYC 01


800

600

400

200
Force [kN]

0
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
-200

-400

-600

T-Stub Sx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.14 – Legame ciclico del T-stub sinistro

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
115 CAPITOLO 3

Hysteretic Curve F-δ EEP-CYC 01


800

600

400

200
Force [kN]

0
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
-200

-400

-600

T-Stub Dx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.15 – Legame ciclico del T-stub destro


Analogamente è possibile rappresentare il comportamento ciclico
dei pannelli d’anima soggetti alternativamente a trazione e
compressione. Si utilizzano le eq. (3.3) e (3.4) per gli spostamenti del
pannello di sinistra e di destra poichè, in questo caso, il contributo
dovuto alla deformazione flessionale della colonna è identico per i due
sensori di misura (poiché disposti alla medesima z1), mentre per
valutare la forza agente sui due pannelli resta valida, anche in questo
caso, la relazione (3.18). Si riporta di seguito il legame ciclico
sperimentale del solo pannello di sinistra (Figura 3.16), nel quale è
possibile notare come la qualità dei dati acquisiti sia significativamente
peggiore per la presenza del trasduttore a filo che, come accennato nel
precedente paragrafo, risulta molto sensibile alle oscillazioni.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 116

Hysteretic Curve F-δ EEP-CYC 01


800

600

400

200
Force [kN]

0
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-200

-400

-600

Panel T-C Sx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.16 – Legame ciclico del pannello sinistro d’anima soggetto a trazione e
compressione
Osservando il legame momento-rotazione del nodo si nota come
il comportamento di questo sia significativamente influenzato dal
pannello nodale soggetto a taglio: difatti, i cicli risultano molto regolari
ed ampi e privi di pinching, che invece caratterizza i nodi in cui si ha
un impegno prevalente dei T-stub. Il comportamento duttile risulta
essere certamente eccellente anche se la rottura è avvenuta in
corrispondenza delle saldature che, in questo caso, erano previste a
cordoni d’angolo. Probabilmente, effettuando saldature a completa
penetrazione il comportamento sarebbe risultato migliore, riuscendo
ad incrementare così lo spostamento ultimo del nodo. Si può
concludere che un nodo siffatto fornisce notevoli capacità dissipative,
ed una capacità rotazionale del tutto soddisfacente, in questo caso
intorno al 6%.
In ultima analisi è possibile fare alcune considerazioni circa il
comportamento dissipativo del nodo. Confrontando le energie
dissipate dalle componenti nodali, depurate degli spostamenti di trave
e colonna, e quelle non depurate si vede che queste sono praticamente

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
117 CAPITOLO 3

coincidenti, per cui, tutte le dissipazioni sono concentrate


esclusivamente nella connessione. Osservando, invece, l’energia
dissipata dalle singole componenti è stato confermato quanto previsto
in progetto: la componente maggiormente impegnata in campo
plastico è risultata il pannello della colonna soggetto a taglio, mentre
non si è apprezzata una significativa plasticizzazione dei T-stub della
colonna.
Dallo stesso grafico (Figura 3.17) è importante constatare come la
somma delle energie dissipate dalle singole componenti nodali
restituisca, a meno di una percentuale trascurabile, l’energia
complessivamente dissipata dal nodo.
Energy dissipation EEP-CYC 01
250000
Node
Shear Panel
T-Stub EP Sx
200000 T-Stub EP Dx
PAN Sx
PAN Dx
Energy [kN·mm]

SUM Comp.
150000

100000

50000

0
20 25 30 35 40
n° cycles

Figura 3.17 – Energia dissipata dal nodo e dalle singole componenti

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 118

3.3 LA PROVA EEP-CYC 02


3.3.1 Descrizione della prova
L’allestimento della prova EEP-CYC 02, con i relativi strumenti
di misura adottati, viene mostrato nelle due immagini seguenti.

Figura 3.18 – Allestimento della prova EEP-CYC 02

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
119 CAPITOLO 3

Figura 3.19 – Strumentazione di misura prova EEP-CYC 02


Questa seconda prova, concepita con l’obiettivo di concentrare la
dissipazione nei T-stub dell’end-plate, ha condotto alla realizzazione
di un diverso dettaglio costruttivo. In tal caso, infatti, il nodo è stato
irrigidito lasciando, come unica fonte di deformabilità, il piatto di
estremità. La storia di spostamenti imposta all’estremità della trave
risulta la stessa per ogni prova mentre, in questo caso, nello schema di
misurazione delle componenti nodali sono stati sostituiti i trasduttori a
filo 1 e 2 con due LVDT, denominati 7 e 8 (Figura 3.19).
Il comportamento mostrato dal nodo durante il test ha
dimostrato la bontà dei criteri di progettazione adottati al precedente
capitolo. Infatti, grazie alla presenza dei piatti supplementari d’anima
si è riscontrata, già visivamente, l’assenza di partecipazione delle
componenti nodali afferenti alla colonna. Anche in questa tipologia di
nodo si è riscontrata un impegno plastico modesto dell’estremità della

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 120

trave ad evidenziare quindi il parziale ripristino della connessione


(Figura 3.20).

Figura 3.20 – Impegno plastico dell’estremità della trave e dei T-stub


Le saldatura impiegate in questo caso, visti i problemi riscontrati
durante il primo test con quelle a cordone d’angolo, sono state
realizzate tutte a completa penetrazione, sia per i piatti supplementari,
che per il piatto di estremità. Al fine, però, di evitare un’alterazione
della distanza di plasticizzazione, prevista in progetto, in
corrispondenza dell’attacco tra piatto di estremità e trave, oltre alla
saldatura a completa penetrazione è stato adottato un cordone
d’angolo di spessore 10mm. Il T-stub, a differenza di quanto
riscontrato per la prova EEP-CYC 01, ha dimostrato il suo impegno
plastico sin da subito, essendo in questo caso la componente debole.
La rottura, come previsto, è avvenuta nel piatto d’estremità, a seguito
della formazione delle cerniere plastiche in corrispondenza della
saldatura esterna tra piatto e flange della trave (Figura 3.21). In questo
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
121 CAPITOLO 3

caso, con maggior evidenza rispetto al primo nodo, il meccanismo di


rottura osservato per i T-sub è stato tendenzialmente di tipo 2. Difatti
il piatto di estremità, in corrispondenza della zona di contatto, è
rimasto leggermente deformato (Figura 3.22).

Figura 3.21 – Propagazione della frattura nel piatto di estremità

Figura 3.22 – Rottura del piatto di estremità

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 122

3.3.2 Analisi dei risultati


La procedura da utilizzare per ricavare il legame sperimentale
momento-rotazione del nodo è identica a quella mostrata per il
precedente caso. Il risultato delle acquisizioni viene riportato in Figura
3.23.
Hysteretic Curve M-θ EEP-CYC 02
250000
Mmax = 188456 kN·mm
Mmin = -198216 kN·mm 200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,100 -0,075 -0,050 -0,025 0,000 0,025 0,050 0,075 0,100
-50000

-100000

-150000

-200000 Nodal M-rot


Envelope
-250000
Joint Rotation [rad]

Figura 3.23 - Legame ciclico del nodo EEP-CYC 02


Da tale curva comportamentale si nota una buona rispondenza
con i parametri di resistenza e duttilità richiesti in progetto, sebbene la
duttilità risulti inferiore a quella raggiunta dal nodo precedente. Si nota
altresì la presenza di pinching legato all’interazione tra piatto
d’estremità e bulloni ed alle problematiche di contatto tipiche dei T-
stub.
Anche il legame sperimentale delle singole componenti si può
ricavare dalle equazioni riportate nel paragrafo 3.2.2 depurando le
misure effettuate dalle deformazioni flessionali della colonna. Per tale
prova si può osservare una scarsissima partecipazione delle zone
irrigidite, praticamente rimaste in campo elastico.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
123 CAPITOLO 3

Hysteretic Curve M-γ EEP-CYC 02


250000

200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,05 -0,04 -0,03 -0,02 -0,01 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05
-50000

-100000

-150000

-200000
Shear Panel
-250000
γ [rad]

Figura 3.24 – Legame ciclico del pannello nodale soggetto a taglio

Hysteretic Curve F-δ EEP-CYC02


800

600

400

200
Force [kN]

0
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
-200

-400

-600

T-Stub Sx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.25 – Legame ciclico del T-stub sinistro


Il contributo dei pannelli d’anima a trazione e compressione è
stato praticamente nullo per la presenza dei patti di continuità.
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 124

Hysteretic Curve F-δ EEP-CYC02


800

600

400

200
Force [kN]

0
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
-200

-400

-600

T-Stub Dx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.26 – Legame ciclico del T-stub destro


Hysteretic Curve F-δ EEP-CYC02
800

600

400

200
Force [kN]

0
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-200

-400

-600

Panel T-C Dx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.27 – Legame ciclico del pannello destro d’anima soggetto a trazione e
compressione
Anche in questo caso si è effettuato il confronto energetico fra
quanto dissipato integralmente dal nodo e quanto dissipato, invece,
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
125 CAPITOLO 3

dalle singole componenti, riscontrando una quasi perfetta coincidenza


fra le curve (Figura 3.28). Questo secondo confronto è un’ulteriore
conferma circa la possibilità di adottare il metodo delle componenti
anche in campo ciclico, laddove sembra evidente che le interazioni
presenti fra le singole componenti risultano trascurabili.
Energy dissipation EEP-CYC 02
60000
Node
Shear Panel
50000 T-Stub EP Sx
T-Stub EP Dx
PAN Sx
PAN Dx
40000
Energy [kN·mm]

SUM Comp.

30000

20000

10000

0
20 25 30 35
n° cycles

Figura 3.28 – Energia dissipata dal nodo e dalle singole componenti

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 126

3.4 LA PROVA EEP-DB-CYC 03


3.4.1 Descrizione della prova
L’allestimento della prova EEP-DB-CYC 03, con i relativi
strumenti di misura adottati, viene mostrato nelle Figure 3.29-3.31.

Figura 3.29 – Allestimento della prova EEP-DB-CYC 03

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
127 CAPITOLO 3

Figura 3.30 – Strumentazione di misura prova EEP-DB-CYC 03


In aggiunta alla consueta strumentazione di misura vengono
applicati 3 strain gage per la lettura delle deformazioni: due vengono
utilizzati per monitorare, su ambo i lati, il centro della sezione ridotta
(RBS), mentre il terzo viene disposto sulla sinistra della trave, a 4cm
dal piatto di estremità (Figura 3.31).

Figura 3.31 – Applicazione di strain gage ai lati della sezione ridotta e primi segni di
plasticizzazione nella sezione ridotta della trave

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 128

Questo provino, progettato a completo ripristino, deriva dall’idea


di evidenziare il comportamento dissipativo di un nodo progettato
secondi i principi delle travi a sezioni ridotte (dog-bone).
Durante la prova il nodo ha reso, come da progetto, quasi
trascurabile il contributo dissipativo delle componenti nodali: la
plasticizzazione si è del tutto concentrata nella zona a sezione ridotta,
come si vedrà nel seguito anche dai confronti energetici. Il
meccanismo di rottura riscontrato è stato quello tipico dei dog-bone,
con la formazione di plasticizzazione a partire dalla zona a sezione
ridotta sin dai primi cicli (Figura 3.31), con successiva propagazione
(Figura 3.32) e fino alla completa plasticizzazione dell’estremità della
trave (Figura 3.33), ben visibile grazie alla verniciatura in grassello.

Figura 3.32 – Propagazione della plasticizzazione nella sezione ridotta della trave

Figura 3.33 – Formazione della cerniera plastica nella sezione ridotta della trave

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
129 CAPITOLO 3

Al raggiungimento della massima resistenza, cioè del momento


plastico della sezione ridotta, si è verificata l’instabilizzazione delle
flange della trave e successivamente dell’anima con conseguente
imbozzamento e sbandamento laterale (Figura 3.34).

Figura 3.34 – Instabilità delle flange e imbozzamento dell’anima della trave


Il collasso del provino si è raggiunto a seguito di un consistente
sbandamento laterale e della formazione di fratture sulle ali ed in
corrispondenza dei raggi di raccordo ala-anima (Figura 3.35)
Il completo ripristino è stato del tutto garantito non essendosi
evidenziata alcuna plasticizzazione dei T-stub corrispondenti al piatto
di estremità o delle componenti appartenenti al pannello nodale.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 130

Figura 3.35 – Collasso del provino a seguito di evidenti sbandamenti laterali e


formazione di cricche sulle flange

3.4.2 Analisi dei risultati


Per la valutazione del comportamento ciclico del nodo e delle
relative componenti ci si attiene alla procedura descritta in fase di
analisi dei risultati attinenti al primo test.
Il legame complessivo del nodo, in questo caso, mostra un
andamento tipico delle sezioni in acciaio, con cicli molto ampi, in
grado di garantire una buona dissipazione isteretica fino al
raggiungimento della resistenza di picco, ed un rapido degrado legato
all’instabilizzazione delle flange e del pannello d’anima della trave.
L’utilizzo di connessioni di questo genere consente di dissipare grandi
quantità di energia unitamente al vantaggio di ottenere buone capacità
rotazionali (Figura 3.36). Si osserva inoltre che le saldature non
subiscono sollecitazioni superiori a quelle strettamente necessarie al
trasferimento del momento alla colonna, a differenza di quanto
riscontrato nella prima prova. L’unico svantaggio di tale connessione,
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
131 CAPITOLO 3

se così può definirsi, consiste nella sostituzione dell’intera trave a


seguito di un evento sismico che vedrebbe le sue estremità
gravemente danneggiate.
Hysteretic Curve M-θ EEP-DB-CYC 03
250000
Mmax = 198499 kN·mm
Mmin = -206503 kN·mm 200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,100 -0,075 -0,050 -0,025 0,000 0,025 0,050 0,075 0,100
-50000

-100000

-150000

-200000 Nodal M-rot


Envelope
-250000
Joint Rotation [rad]

Figura 3.36 – Legame ciclico del nodo EEP-DB-CYC 03


Quanto osservato visivamente viene anche confermato dalle
misurazioni degli strain gage applicati alle flange della trave. Dalla
Figura 3.37 si può osservare come i due strain gage disposti al centro
della sezione ridotta (SX-DB e DX-DB) abbiano evidenziato un
impegno plastico (deformazione superiori all’1%) quando ancora
l’estremità della trave era al suo limite elastico (SX-EP). A grandi
deformazioni, a seguito dell’instabilità delle flange, i due strain gage
laterali sono venuti meno scollandosi e rompendosi mentre quello
disposto in prossimità del piatto di estremità ha continuato a misurare.
Dalla prima foto di Figura 3.35 si nota come anche la zona in cui era
disposto l’estensimetro n.3 sia stata interessata dalla plasticizzazione, a
conferma della bontà di quanto misurato da quest’ultimo
estensimetro.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 132

Infine, sebbene le componenti nodali abbiano mostrato un


trascurabile impegno restando esclusivamente in campo elastico, come
per i due nodi precedenti, di seguito si riportano i legami ciclici.
Hysteretic Curve M-γ EEP-DB-CYC 03
0,02

0,01

0,01
Strain

0,00
0 250 500 750 1000 1250 1500 1750 2000

-0,01

-0,01 Sx-DB
Dx-DB
Sx-EP
-0,02
Time [sec]

Figura 3.37 – Deformazioni misurate dagli strain-gage ai lati della sezione ridotta

Hysteretic Curve M-γ EEP-DB-CYC 03


250000

200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,05 -0,04 -0,03 -0,02 -0,01 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05
-50000

-100000

-150000

-200000
Shear Panel
-250000

γ [rad]

Figura 3.38 – Legame ciclico del pannello nodale soggetto a taglio

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
133 CAPITOLO 3

Hysteretic Curve F-δ EEP-DB-CYC 03


800

600

400

200
Force [kN]

0
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
-200

-400

-600

-800
T-Stub Sx
-1000
Displacement [mm]

Figura 3.39 – Legame ciclico del T-stub sinistro

Hysteretic Curve F-δ EEP-DB-CYC03


800

600

400

200
Force [kN]

0
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-200

-400

-600

-800
Panel T-C Sx
-1000
Displacement [mm]

Figura 3.40 – Legame ciclico del pannello sinistro d’anima soggetto a trazione e
compressione

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 134

Il confronto energetico, infine, ha evidenziato una partecipazione


quasi nulla delle componenti nodali, nel rispetto del progetto a
completo ripristino.
Energy dissipation EEP-DB-CYC 03
250000
Node
Shear Panel
T-Stub EP Sx
200000 T-Stub EP Dx
PAN Sx
PAN Dx
Energy [kN·mm]

150000 SUM Comp.

100000

50000

0
20 25 30 35 40
n° cycles

Figura 3.41 – Energia dissipata dal nodo e dalle singole componenti

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
135 CAPITOLO 3

3.5 LA PROVA TS-CYC 04


3.5.1 Descrizione della prova
Per quest’ultima prova, denominata TS-CYC 04, l’allestimento degli
strumenti di misura è lo stesso adottato negl’ultimi due test.

Figura 3.42 – Allestimento della prova TS-CYC 04

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 136

Figura 3.43 – Strumentazione di misura prova TS-CYC 04


Il provino è stato progettato per concentrare l’impegno plastico nei
soli due T-stub di estremità, evitando quindi le partecipazioni della
trave e della colonna. A tale tipologia, come sottolineato anche in fase
di progettazione, si attribuisce il vantaggio di un dettaglio in grado di
semplificare la fase di montaggio della trave e, soprattutto, in caso di
evento sismico di consentire una rapida ed economica riparazione. E’
importante osservare che per questa tipologia nodale, pur sforzandosi
di massimizzare la duttilità del nodo, si potranno raggiungere
importanti capacità rotazionali ed uguali resistenze, ma difficilmente si
riuscirà nell’intento di dissipare la stessa energia riscontrata nelle prove
EEP-CYC 01 o EEP-CYC 03, per le quali si è osservato come la
presenza del pannello a taglio, oppure l’impegno plastico
dell’estremità della trave, stabilizzi significativamente la forma dei cicli
conseguendo una maggiore dissipazione. E’ facile intuire che, anche in
questo caso, si osserveranno fenomeni di pinching che, come per la

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
137 CAPITOLO 3

seconda prova, sono legati alle tipologie nodali che impegnano


prevalentemente il piatto flangiato d’estremità. Come per le precedenti
due prove non si è presentata alcuna plasticizzazione nell’estremità
della trave e, grazie all’uso dei piatti supplementari d’anima e dei piatti
di continuità, non sono state impegnate in campo plastico le
componenti della colonna.

Figura 3.44 – Partecipazione a bassi cicli dei T-stub di estremità


In via qualitativa si può
affermare che con qualche
accorgimento supplementare,
per questa tipologia di
connessione, si può ottenere un
buon compromesso fra
semplicità, economicità e
capacità dissipative.
Dopo i primi cicli si è
osservata la plasticizzazione
delle estremità dei piatti d’anima
costituenti i due T-stub, così
come evidenziato il Figura 3.45.

Figura 3.45 – Plasticizzazione dell’estremità


dell’anima dei T-stub

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 138

Durante la prova si sono evidenziate fondamentalmente due fasi


per i T-stub: una prima fase in cui il meccanismo di collasso è stato
essenzialmente di tipo-1, senza distacco delle lamiere per effetto del
preserraggio dei bulloni; una seconda fase, in cui si è avuto il distacco,
con conseguente attivazione di un meccanismo tendente al tipo-2. In
fase intermedia si è osservata anche la plasticizzazione delle estremità
dei piatti d’anima costituenti i due T-stub, così come evidenziato in
Figura 3.46.

Figura 3.46 – Meccanismo di rottura dei T-stub

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
139 CAPITOLO 3

Come atteso, in definitiva, la rottura della connessione si è avuta


per frattura dei piatti di estremità, con rilevanti plasticizzazioni in
corrispondenza dei bulloni, mostrando una tendenza complessiva al
meccanismo tipo-1, come mostrato nelle foto seguenti.

Figura 3.47 – Formazione delle cerniere plastiche e rottura dei T-stub

3.5.2 Analisi dei risultati


Come progettato, il test ha confermato l’impegno plastico dei soli
T-stub che hanno raggiunto la rottura in seguito alla formazione di
cerniere plastiche in corrispondenza delle righe dei bulloni all’attacco
del piatto con le flange della trave, evidenziando un meccanismo di
collasso duttile di tipo-1.
Osservando il legame ciclico sperimentale del nodo è possibile
evidenziare come i modelli utilizzati abbiano fornito, con buona

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 140

approssimazione , i valori di resistenza e di duttilità assunti in progetto


(Figura 3.48).
Hysteretic Curve M-θ TS-CYC 04
250000
Mmax = 186299 kN·mm
Mmin = -197472 kN·mm 200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,100 -0,075 -0,050 -0,025 0,000 0,025 0,050 0,075 0,100
-50000

-100000

-150000

-200000 Nodal M-rot


Envelope
-250000
Joint Rotation [rad]

Figura 3.48 – Legame ciclico del nodo TS-CYC 03


Come per i nodi descritti nei precedenti paragrafi, attraverso le
misure effettuate con i trasduttori di spostamento ed una correzione
per tener conto della deformabilità flessionale della colonna, è stato
possibile ottenere i legami comportamentali delle singole componenti.
Anche in questa prova è possibile notare dai grafici come il
pannello a taglio ed i pannelli d’anima soggetti a trazione e
compressione abbiano fornito un contributo pressoché nullo.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
141 CAPITOLO 3

Hysteretic Curve M-γ TS-CYC 04


250000

200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,050 -0,040 -0,030 -0,020 -0,010 0,000 0,010 0,020 0,030 0,040 0,050
-50000

-100000

-150000

-200000
Shear Panel
-250000
γ [rad]

Figura 3.49 – Legame ciclico del pannello nodale soggetto a taglio

Hysteretic Curve F-δ TS-CYC04


800

600

400

200
Force [kN]

0
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22
-200

-400

-600

T-Stub Sx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.50 – Legame ciclico del T-stub sinistro

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 142

Hysteretic Curve F-δ TS-CYC04


800

600

400

200
Force [kN]

0
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22
-200

-400

-600

T-Stub Dx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.51 – Legame ciclico del T-stub destro

Hysteretic Curve F-δ TS-CYC04


800

600

400

200
Force [kN]

0
-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4
-200

-400

-600

Panel T-C Sx
-800
Displacement [mm]

Figura 3.52 – Legame ciclico del pannello sinistro soggetto a trazione e compressione
Dalla valutazione energetica emerge chiaramente quanto
evidenziato fin qui, con il contributo predominante dei T-stub
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
143 CAPITOLO 3

all’energia dissipata dall’intero nodo. Ancora una volta è possibile


osservare come la curva ottenuta dalla somma delle energie dissipate
dalle singole componenti approssimi molto bene quella dell’energia
spesa sul nodo per applicare la storia di spostamenti imposta.
Energy dissipation TS-CYC 04
200000
Node
180000 Shear Panel
T-Stub EP Sx
160000 T-Stub EP Dx
PAN Sx
140000
PAN Dx
Energy [kN·mm]

SUM Comp.
120000

100000

80000

60000

40000

20000

0
20 25 30 35 40
n° cycles

Figura 3.53 – Energia dissipata dal nodo e dalle singole componenti

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 144

3.6 CARATTERISTICHE GEOMETRICHE E MECCANICHE DEI PROVINI


Le capacità di deformazione plastica delle sezioni compatte in
acciaio sono significativamente influenzate dal legame costitutivo del
materiale, ovvero dal comportamento post elastico di questo e della
deformazione ultima. Il tipico legame tensione-deformazione relativo
ad una prova a trazione uniassiale condotta su una provetta in acciaio
è rappresentato in Figura 3.54, dove sono ben evidenti le quattro zone
caratteristiche del legame costitutivo: ramo elastico lineare,
snervamento (yield plateau), incrudimento (hardening) con
raggiungimento della tensione di picco e softening, connesso alla
strizione del provino, fino alla rottura dello stesso.
500

400
Tensione [MPa]

300

200

100

Legame nominale
0
0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50
Deformazione

Figura 3.54 – Tipico legame sperimentale di un acciaio sottoposto ad una prova di


trazione uniassiale monotona
La costruzione di un simile diagramma viene realizzata
acquisendo, con parte della strumentazione indicata al capitolo
precedente, le forze agenti sul provino e le deformazioni
corrispondenti ad un determinato livello di forza.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
145 CAPITOLO 3

Il passaggio dalle forze alle tensioni è chiaramente condotto


riferendo le prime all’area della sezione resistente della provetta,
misurata prima che la prova abbia inizio.
A questo punto è necessario osservare che un diagramma così
realizzato mette in risalto delle proprietà cosiddette ingegneristiche,
proprio in ragione del fatto che il calcolo delle tensioni è riferito
all’area nominale, sezione del provino misurata all’inizio della prova.
In realtà per il manifestarsi della strizione, l’area resistente offerta
dal provino si riduce, e pertanto per quanto apparentemente la forza
applicata diminuisca, in realtà le tensioni effettivamente sollecitanti il
provino aumentano.
Quando si intenda tener conto degli effetti della strizione, si è
soliti riferirsi ad un legame costitutivo sforzo “reale” - deformazione
“reale” (true stress - true strain, o comunemente indicato come
legame “naturale”), per il quale valgono le indicazioni di seguito
fornite.
Si assume che in regime di grandi spostamenti il modulo di
Poisson υ=0,5, ossia il volume del provino resti costante. Tale
assunzione porta alla scrittura delle seguenti relazioni (Davis, 1982;
Malvern, 1969; Pozzati 1980; RILEM, 1990):
σ t = σ n (1 + ε n ) (3.19)
ε t = ln(1 + ε n ) (3.20)
dove:
− εn è la deformazione nominale della provetta, ossia quella
comunemente misurata attraverso opportuna strumentazione o
comunque fornita dal rapporto allungamento/lunghezza iniziale;
− εr è la deformazione reale della provetta;
− σn è la tensione nominalmente agente sulla provetta, ossia data dal
rapporto tra la forza sollecitante e la sezione retta iniziale della
provetta;
− σr è la tensione reale agente sulla provetta, riferita all’area effettiva
sui cui agisce la forza ad un fissato livello di carico.
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 146

Si è a questo punto in grado di risalire dal legame tensione-


deformazione ingegneristico a quello reale, osservando peraltro che lo
sforzo reale varia pressoché linearmente con la deformazione reale dal
punto di massimo carico (convenzionale) alla deformazione di
collasso.
Proprio con riferimento a quest’ultima quantità, per la sua
valutazione ci si riferisce generalmente alle indicazioni del RILEM
(1990), attraverso la relazione:
A0
ε u = ln (3.21)
Af
dove A0 è l’area iniziale del provino ed Af l’area al collasso, misurata al
termine della prova.
In Figura 3.55 è riportato un confronto tra il legame costitutivo
ingegneristico e il legame costitutivo reale per un provino in acciaio. Si
noti che il legame costitutivo reale è sempre crescente, ed inoltre il
ramo che va dall’inizio della strizione alla rottura del provino è
sensibilmente lineare, così come si è già avuto modo di illustrare.
800

700

600
Tensione [MPa]

500

400

300

200

100
Legame nominale
Legame reale
0
0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00
Deformazione

Figura 3.55 – Confronto tra legame costitutivo reale e legame nominale

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
147 CAPITOLO 3

Il legame reale, infine, può essere modellato approssimando il


ramo di hardening con un bilineare, semplicemente eguagliando le
aree sottese dalle due curve (Figura 3.56)
800

700

600
Tensione [MPa]

500

400

\
300

200

100
Legame reale
Modello quadrilineare
0
0,00 0,20 0,40 0,60 0,80 1,00
Deformazione

Figura 3.56 – Modellazione del legame reale con un legame quadrilineare


Per le prove effettuate si e1 e1
riportano di seguito i parametri p1
necessari ad esplicitare i legami
e2

costitutivi ed i valori geometrici


p2

misurati per i quattro provini


oggetto di studio. A tal proposito è
utile far riferimento allo schema
h ep
p3

rappresentato in Figura 3.57.


p2
e2

t ep bep

Figura 3.57 – Schema di riferimento

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 148

Tabella 3.1 – Caratteristiche geometriche dei provini


bep,
e1, e2,
Nodo Bulloni Serraggio Irrigidimenti hep, HE200B IPE270
p1, p2, p3
tep
EEP hc = 201 hb = 268
153.6 30.5, 42.2,
8 M20 bc = 201 bb = 134
CYC (10.9) 550 N⋅m nessuno 441.0 92.6, 94.2,
tw = 9.2 tw = 6.6
01 20.1 168.1
tf = 15.3 tf = 10.9
EEP hc = 198 hb = 271
piatti di 156.7 31.2, 40.5,
8 M20 bc = 198 bb = 131
CYC (10.9) 550 N⋅m continuità + 474.4 94.3,133.6,
tw = 9.2 tw = 6.8
02 piatti d’anima 20.7 126.2
tf = 15.5 tf = 10.7
hRBS =
EEP hc = 198 271
piatti di 427.0 36.0, 33.0,
DB 8 M24 bc = 198 bRBS =
800 N⋅m continuità + 161.0 89.0, 99.0,
CYC (10.9) tw = 9.2 88.8
piatti d’anima 25.3 163.0
03 tf = 15.5 tw = 6.8
tf = 10.7
TS hc = 203 hb = 269
piatti di 154 30.2, 39,
8 M20 bc = 200 bb = 132
CYC (10.9) 550 N⋅m continuità + 177 94.3,179,
tw = 9 tw = 6.7
04 piatti d’anima 25.2 108
tf = 15 tf = 10.1
Relativamente alle proprietà meccaniche, desunte da prove a
trazione eseguite su campioni di materiale estratto dai profili e dai
piatti impiegati, sono stati ottenuti i seguenti valori:
Tabella 3.2 – Caratteristiche dei piatti di estremità
fy fu E
[N/mm ] [N/mm2] εh/εy εu/εy
Nodo E/Eh E/Eu
[N/mm2] 2

EEP-CYC 01 290 493,7 207288 11,3 589 86,5 632,8


EEP-CYC 02 290 493,7 207288 11,3 589 86,5 632,8
TS-CYC 04 295 520 210000 12,2 486 103,4 486
Tabella 3.3 – Caratteristiche delle colonne
fy,f fu,f fy,w fu,w
Nodo [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2]
EEP-CYC 01 430 523 382,5 522
EEP-CYC 02 430 523 382,5 522
EEP-DB-CYC 03 430 523 382,5 522
TS-CYC 04 430 523 382,5 522

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
149 CAPITOLO 3

3.7 CONFRONTO TRA LE PROVE E RELATIVE CONCLUSIONI


Nelle figure seguenti vengono riportati i confronti, tra le quattro
prove, eseguiti sia sovrapponendo gli inviluppi dei loro legami ciclici
che le curve relative all’energia dissipata. Dal primo confronto è
possibile notare che per tutti e quattro i nodi si ottengono valori di
rigidezza e resistenza simili, evidenziando inoltre una buona
correlazione con i valori di resistenza e di duttilità progettati al
capitolo 2. Si osserva, inoltre, come i nodi risultati più duttili siano
l’EEP-CYC 01, progettato pensando ad un impegno prevalente del
pannello nodale a taglio, e l’TS-CYC 04, progettato mirando a
concentrare la dissipazione nei due T-stub di estremità.
In termini di energia dissipata invece, come noto in letteratura, la
migliore capacità dissipativa è stata osservata nella seconda prova, che
ha previsto l’uso di un collegamento a completo ripristino ma con
trave a sezione ridotta (sistema RBS). Una quantità comparabile di
energia è stata dissipata dal nodo avente il pannello a taglio impegnato
plasticamente, mentre i nodi 2 e 4 hanno evidenziato il ben noto
fenomeno di pinching legato alla dissipazione prevalente nei T-stub.
Per questi ultimi due casi si è constatata una ridotta capacità
dissipativa, se confrontata a parità di cicli con i nodi 1 e 3, dovuta
principalmente allo scarso contributo che le componenti impegnate
(T-stub) danno in compressione e dovuta al rapido degrado di
rigidezza osservato. Tuttavia, questi nodi, ed in particolar modo
l’ultimo, hanno esibito una buona capacità rotazionale.
Sulla base di questi primi risultati ottenuti è stata valutata la
possibilità di sviluppare un modello meccanico per componenti in
grado di descrivere il comportamento ciclico dei nodi flangiati.
In particolare, la possibilità di estendere il metodo delle
componenti alla previsione del comportamento ciclico dei
collegamenti trave-colonna appare praticabile in considerazione
dell’evidenza sperimentale che mostra come l’energia
complessivamente dissipata dal nodo sia pari alla somma dell’energia
dissipata dalle singole componenti, a condizione che queste ultime

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Prove Cicliche sui Nodi ed Analisi dei Risultati 150

siano correttamente identificate e ne sia adeguatamente valutata la


risposta ciclica locale forza-spostamento.
Monotonic envelopes
250000

200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,100 -0,075 -0,050 -0,025 0,000 0,025 0,050 0,075 0,100
-50000

-100000

-150000 Envelope EEP-CYC1


Envelope EEP-CYC2
-200000 Envelope EEP-DB-CYC3
Envelope TS-CYC4
-250000
Joint Rotation [rad]

Figura 3.58 – Confronto tra gli inviluppi relativi alle quattro prove cicliche

Energy dissipation
250000
Energy EEP-CYC01
Energy EEP-CYC02
Energy EEP-DB-CYC03
200000
Energy TS-CYC04
Energy [kN·mm]

150000

100000

50000

0
20 25 30 35 40 45
n° cycles

Figura 3.59 – Confronto energetico delle quattro prova

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
CAPITOLO 4
ANALISI DEI MODELLI ESISTENTI PER LE COMPONENTI
NODALI

4.1 GENERALITÀ
In questa capitolo si analizzeranno le problematiche riguardanti la
modellazione dei legami che caratterizzano le principali componenti di
un nodo di tipo extended end-plate. Tutti gli aspetti esposti per questa
connessione, come osservato nel paragrafo 1.4 , si possono impiegare
anche per la previsione del comportamento di nodi completamente
saldati che, salvo piccole modifiche, possono ritenersi un sottoinsieme
dei nodi extended end-plate. Per tutte le componenti, quindi, si
mostreranno gli sviluppi più attuali della ricerca e si vedranno in
dettaglio i modelli utilizzati per il comportamento monotono e ciclico,
seguendone sinteticamente anche lo sviluppo storico. In particolare,
dapprima si analizzerà il modello di Cofie e Krawinkler (1983),
sviluppato nel 1983 con l’intento di cogliere i meccanismi dissipativi di
sezioni compatte in acciaio. Il loro lavoro, supportato anche da
confronti con test sperimentali, viene ripreso da Kim ed Engelhardt
(1996, 2002) per definire il comportamento del pannello a taglio. I due
autori nel 2002 forniscono un modello ciclico molto affidabile che si
propone come sostitutivo degli approcci approssimati ed impiegati
fino a quell’anno (i.e. hardening cinematico). Gli stessi, riprendendo
lavori precedenti, rielaborano anche il modello monotono,
proponendo un legame di tipo quadrilineare per questa componente.
Infine, per i T-stub si considererà il modello di Faella, Piluso e
Rizzano (2000, 2007), il quale si basa sull’integrazione delle curvature
di sezioni compatte per ricavare l’andamento monotono, e sulla
153 CAPITOLO 4

definizione di leggi di degrado e dell’energia cumulata al collasso a


cicli costanti per ciò che riguarda il legame ciclico.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 154

4.2 IL PANNELLO D’ANIMA A TRAZIONE E COMPRESSIONE


4.2.1 Introduzione
Nelle connessioni trave-colonna, in generale, l’anima della
colonna è soggetta a forze concentrate trasmesse dalle travi attraverso
le flange. Tali forze producono delle tensioni orizzontali che vanno a
sovrapporsi con le tensioni da taglio presenti nel pannello nodale e
con le tensioni verticali legate allo sforzo normale ed ai momenti
flettenti agenti all’estremità della colonna (Figura 4.1 e Figura 4.2).

Figura 4.1 – Anima della colonna soggetta a compressione e schema delle tensioni
normali e da taglio agenti (Piluso et al., 2000)

Figura 4.2 - Anima della colonna soggetta a trazione (Piluso et al., 2000)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
155 CAPITOLO 4

Il comportamento dell’anima della colonna in compressione o


trazione dipende non solo dalla diffusione della forza dovuta alla
flangia della trave attraverso lo spessore della flangia della colonna ed
al raccordo di questa all’anima della colonna, ma anche
dall’interazione tra le tensioni locali. La distribuzione locale delle
tensioni influenza quindi il collasso dell’anima che, nel caso della
compressione, può avvenire per schiacciamento o per instabilità locale
del pannello d’anima.
Per comprendere il comportamento strutturale dei nodi sotto
azioni cicliche è di fondamentale importanza caratterizzare
opportunamente il legame costitutivo dell’acciaio. Nel secondo
capitolo, relativo all’attuazione delle prove sperimentali, si è descritta
con accuratezza la procedura per ricavare il legame monotono
utilizzato per la caratterizzazione dei materiali. Nel prosieguo si
esporrà il modello tratto dagli studi di Cofie e Krawinkler (1983),
impiegato per la modellazione globale del nodo. Quanto si dirà a tale
riguardo tornerà utile anche per comprendere il comportamento del
pannello a taglio, descritto nel successivo paragrafo, proposto da Kim
ed Engelhardt (1996, 2002).

4.2.2 Il modello di Cofie e Krawinkler


La risposta meccanica di un materiale sottoposto a deformazioni
cicliche generalmente varia in modo non uniforme, in particolare è
possibile distinguere una prima fase del processo di fatica, detta fase
transitoria, in cui si ha una costante variazione della risposta alla
deformazione ciclica, a questa segue una fase in cui la risposta tende a
restare costante per un gran numero di cicli (fase di saturazione), ed
infine poco prima del collasso si ha una nuova fase in cui la risposta è
di nuovo variabile.
Nella fase transitoria di individuano implicitamente due tipi di
comportamento che dipendono dalla natura del materiale e dalla sua
storia di carico, riferendosi quindi a fenomeni di incrudimento ciclico
e raddolcimento ciclico (cyclic hardening/softening). Questi

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 156

comportamenti si manifestano, in prove a deformazione controllata,


rispettivamente con un aumento o una diminuzione progressiva della
tensione nel materiale.
Successivamente alla fase transitoria (Figura 4.3), che dipende
fortemente dalla natura del materiale, la risposta comincia a
stabilizzarsi fino ad assumere un andamento costante o quasi. I
parametri tensione-deformazione in questa fase sono di importanza
rilevante, poiché è la fase di saturazione che occupa la maggior parte
della vita del materiale.

Figura 4.3 – Rappresentazione schematica della fase transitoria di un materiale


sottoposto a deformazioni cicliche. In ogni riga vengono riportati l’andamento della
deformazione imposta (ε), l’andamento della risposta in tensione (σ) ed i cicli di
isteresi σ-ε
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
157 CAPITOLO 4

La risposta del materiale alla deformazione ciclica viene riportata


in una curva detta curva tensione-deformazione ciclica (Cyclic stress-strain curve
o CSS curve) che riporta il valore della tensione che si raggiunge nella
zona di saturazione per una data ampiezza di deformazione imposta.
La corretta valutazione della legge di degrado di una componente
strutturale si basa quindi sulla conoscenza accurata della risposta
uniassiale tensione-deformazione del materiale base sottoposto a
carichi ciclici. Il lavoro di Cofie si riferisce a studi effettuati sul più
comune acciaio americano per uso strutturale, l’A36. Il
comportamento ciclico dell’acciaio A36, materiale con rottura ad alto
accumulo di energia al collasso, è governato da due curve di
riferimento: la monotona e la ciclica. La curva ciclica, come osservato,
non è altro che il luogo degli sforzi di picco ottenuti mediante prove
cicliche sul materiale, condotte a diverse ampiezze deformative e fino
al raggiungimento di una soglia di saturazione. La curva di regime
ciclico, riportata in Figura 4.4 e confrontata con il legame monotono,
è di fondamentale importanza poiché, per i materiali ad alto accumulo
di energia al collasso, rappresenta una curva di riferimento a cui
l’acciaio tende sempre a ritornare, qualunque sia la storia di carico
precedentemente applicata.

Figura 4.4 – Curve tensione-deformazione dell’acciaio (monotona e CSS)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 158

In altre parole, un provino di acciaio sottoposto ad un numero di


cicli sufficientemente grande e condotti ad ampiezza costante, con
riferimento alla storia di carico precedente ed al valor medio della
deformazione di ciclo, vedrà i picchi di tensione stabilizzarsi sulla cyclic
stress-strain curve. La Figura 4.5 rappresenta il caso in cui il ciclo
monotono è seguito da una serie di cicli ad ampiezza costante con
valor medio pari all’ampiezza del ciclo. Si osserva che se il valor medio
dell’ampiezza rimane quello mostrato in figura i cicli seguiranno
l’andamento della curva di regime ciclico (curva tratteggiata).

Figura 4.5 – Stabilizzazione della risposta ciclica (saturazione)


La Figura 4.6 mostra altri due casi in cui lo sforzo di picco eccede
la curva di saturazione, rappresentata dai punti della CSS curve. Si vede
come nei cicli successivi al primo vi sia una tendenza a tornare sulla
curva di regime, tramite un comportamento softening.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
159 CAPITOLO 4

Figura 4.6 – Stabilizzazione della risposta ciclica (saturazione)


I fenomeni che coinvolgono il raggiungimento dello sforzo di
saturazione sono collegati all’hardening o softening ciclico in
abbinamento allo sforzo medio di rilassamento. Alcuni studi
sperimentali, fra cui quelli di Cofie, hanno evidenziato come il
processo di hardening sia relativamente veloce rispetto a quello di
softening e di rilassamento che, invece, richiedono molti più cicli per
raggiungere la saturazione. Tali comportamenti vengono definiti con
riferimento a tre distinti fattori: di hardening (FH), di softening (FS) e
di rilassamento medio della tensione (FR).
Il fattore di hardening (FH) esprime il tasso di utilizzo
dell’incrudimento disponibile in ogni escursione. L’incrudimento
disponibile (Ha) viene definito come la differenza tra l’ampiezza dello
sforzo del ciclo i-esimo (σa) e lo sforzo di saturazione (σs)
corrispondente all’ampiezza deformativa del ciclo stesso:
Ha = σ s −σ a (4.1)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 160

Il fattore di hardening, al ciclo n-esimo, può essere ottenuto


dall’incrudimento disponibile attraverso l’equazione:
H a ,n−1 − H a ,n H a ,n
FH ,n = = 1− (4.2)
H a ,n−1 H a ,n−1
Il coefficiente può essere ricavato da test sperimentali con cicli ad
ampiezza costante. Nella figura seguente (Figura 4.7) vengono
rappresentanti i risultati di prove cicliche eseguite da Cofie sullo stesso
acciaio sottoposto a tre differenti livelli deformativi, mostrando come
il fattore di incrudimento diminuisca all’aumentare delle escursioni in
campo plastico ed evidenziando anche una leggera dipendenza di tale
coefficiente dall’ampiezza del ciclo.

Figura 4.7 – Fattore di hardening – escursioni in campo plastico


Il fattore di softening FS individua la velocità con cui il materiale
ritorna alla curva di saturazione se, a seguito dei cicli precedenti, si
osservano tensioni eccedenti la CSS curve. Il coefficiente viene
espresso, come in precedenza, utilizzando il softening disponibile:
Sa = σ a − σ s (4.3)
S a ,n−1 − S a ,n S a ,n
FS ,n = = 1− (4.4)
S a ,n−1 S a ,n−1

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
161 CAPITOLO 4

La Figura 4.8, in perfetta analogia con quanto visto per il fattore


di hardening, mostra i risultati per il coefficiente di softening. È
evidente la maggiore lentezza del processo e, come per il fattore di
hardening, la dipendenza dall’ampiezza del ciclo.

Figura 4.8 - Fattore di softening – escursioni in campo plastico


Qualora la tensione media di un ciclo in campo plastico non sia
zero [(σ1+σ2)/2], i fenomeni hardening e softening ciclico sono
influenzati anche dal fattore di rilassamento medio FR, definito dalla
velocità con la quale la tensione media tende a zero. Anche per tale
fattore è possibile osservare (Figura 4.9) una dipendenza dalla
deformazione media di ciclo nonché dal numero di escursioni in
campo plastico.
Questi tre coefficienti, per le osservazioni fin qui esposte,
possono essere utilizzati per determinare la risposta strutturale
dell’acciaio sotto carichi ciclici.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
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Figura 4.9 - Fattore di rilassamento – escursioni in campo plastico


Una generica escursione in campo plastico, fatta eccezione per
una curva monotona, è caratterizzata da una prima fase elastica,
seguita da un ramo plastico con perdita graduale di rigidezza. A grandi
deformazioni inelastiche la velocità con cui degrada la rigidezza tende
progressivamente a zero mentre la curva tensione-deformazione
diventa una vera e propria retta: questa linea può essere utilizzata
come riferimento per descrivere il comportamento ciclico dell’acciaio.
La forma dei rami inelastici del generico ciclo viene definita da Cofie
tramite la posizione delle linee limite superiore ed inferiore, ovvero le
linee 1 e 2 di Figura 4.10, che si aggiornano dopo ogni ciclo. Il
movimento fra un ciclo ed il successivo delle linee limite (bound lines)
dipende dall’ampiezza degli sforzi (σa) e dalla tensione media (σm)
dell’ultimo ciclo. Nell’esempio mostrato in figura, la presenza di una
tensione media positiva all’ultimo ciclo sarà la causa di un
rilassamento della stessa al ciclo successivo e, conseguentemente, di
un abbassamento della linea limite inferiore. L’entità della traslazione
sarà legato alla tensione media (σm) ed al fattore di rilassamento (FR).
Inoltre, il movimento della linea limite inferiore è legato anche

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163 CAPITOLO 4

all’hardening o softening atteso, poiché in ogni ciclo l’acciaio tenderà


alla tensione di saturazione (σs) ed il movimento del limite dipenderà
dalla differenza tra questa tensione e la σa. In particolare, se σs > σa si
osserverà un hardening ciclico nella successiva escursione, così come
mostrato in figura, e la linea limite inferiore traslerà verso il basso
(posizione 3) di una quantità funzione dell’hardening disponibile (Ha)
e del fattore di hardening (FH).

Figura 4.10 – Traslazione delle linee limite


In conclusione, il movimento delle linee limite dovuto alla
tensione media di rilassamento ed all’hardening o softening di ciclo
determina la posizione finale delle rette a cui tenderà la curva
tensione-deformazione del materiale nel ciclo successivo
I concetti illustrati sono di facile applicazione e tengono conto
dei principali fenomeni ciclici. Il continuo aggiornamento delle linee
limite tiene in considerazione anche una memoria, di cui il materiale è
dotato, in grado di influenzare maggiormente i cicli più recenti.

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Il comportamento ciclico del pannello d’anima soggetto a


trazione e compressione può essere matematicamente modellato e
descritto a partire da alcune curve e parametri, in particolare, per
definire tale modello è necessario conoscere tre curve: la curva
monotona, la curva tensione-deformazione ciclica (CSS curve) e la
curva di isteresi riferita al ciclo i-esimo.

La curva monotona
Il legame monotono è costituito da tre rami, come visto in Figura
4.4: un primo ramo elastico, fino allo sforzo di snervamento, un
secondo ramo ad incrudimento nullo fino alla deformazione di strain-
hardening, fissata in 14ε y , ed un ultimo ramo descritto dalla seguente
legge:
1n
ε σ ⎛⎜ σ ⎞⎟
= + (4.5)
ε y f y ⎜⎝ Kf y ⎟⎠
dove n e K sono parametri che Cofie ha ricavato dall’analisi di curve
sperimentali.

La curva tensione-deformazione ciclica (CSS curve)


La curva ciclica, anch’essa osservabile in Figura 4.4, viene
generalmente definita con un’espressione simile a quella utilizzata per
descrivere il terzo ramo della curva monotona (eq. 4.5), cioè:
1 n'
ε σ ⎛⎜ σ ⎞
⎟ (4.6)
= +
ε y f y ⎜⎝ K ' f y ⎟

anche per tale formulazione i parametri n’ e K’ sono ottenuti
dall’autore su base empirica.

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165 CAPITOLO 4

Curva di isteresi
Questa curva, che descrive il comportamento isteretico
dell’acciaio relativamente ad un ciclo, viene definita da un tratto
elastico, identico ad ogni ciclo ed avente ampiezza 1,2σy, seguito da
un tratto inelastico definito dalla teoria di Dafalias e Popov mediante
la rigidezza tangente. La bound line viene utilizzata in questo caso
come asintoto del ramo plastico:
dσ ⎡ ⎛ δ ⎞⎤
Ep = = Ebl ⎢1 + h⎜⎜ ⎟⎟⎥ (4.7)
dε p ⎣ ⎝ δ in − δ ⎠⎦
dove Ep è il modulo plastico;
εp è la deformazione plastica;
Ebl è il modulo plastico associato alla bound line;
δin è la distanza tra il punto di snervamento e la bound line
misurata lungo l’asse delle tensioni;
δ è la distanza tra la tensione istantanea e la bound line,
misurata lungo l’asse delle tensioni;
h è il fattore di forma scelto sulla base di dati sperimentali.
In questo modo il modulo plastico decresce continuamente come
mostrato in Figura 4.11:

Figura 4.11 – Ramo inelastico nel modello di Cofie

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La relazione che consente di passare dal modulo plastico a quello


tangente è data da:
1 1 1
= + (4.8)
Et E p E
dove E è il modulo elastico.
Combinando le relazione (4.7) e (4.8) è quindi possibile
determinare il valore del modulo tangente lungo la curva tensione-
deformazione e, se gli incrementi di deformazioni vengono scelti
sufficientemente piccoli, il valore del modulo tangente può essere
usato per ottenere il valore della tensione al punto successivo. Risulta
quindi chiaro che l’equazione (4.7) va risolta in modo incrementale
agendo sulla dimensione degli incrementi di deformazione per
ottenere, eventualmente, una migliore accuratezza nella risposta.
Infine, il ramo isteretico viene descritto, come si vede nell’equazione
(4.7), ricorrendo ad un fattore di forma che dovrebbe essere, a rigore,
variabile al variare delle deformazioni in campo plastico. La scelta di
Cofie e Krawinkler di mantenere costante questo fattore è da
attribuire alla conservazione di una forma semplificata del modello.
In tabella si riportano i parametri ricavati dagli studi di Cofie e
Krawinkler, necessari per la determinazione dell’i-esimo ramo
inelastico:
Tabella 4.1 – Parametri utilizzati per definire il modello di Cofie

Parametro valore
h 45
K 0,51
n 0,23
K’ 0,9
n’ 0,19
FH 0,45
FS 0,07
FR 0,05
Di seguito si riportano alcuni confronti teorico-sperimentali
effettuati da Cofie per mostrare l’affidabilità del modello.
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167 CAPITOLO 4

Figura 4.12 – Confronto teorico-sperimentale con prove cicliche eseguite da Cofie


(Krawinkler, 1983)

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4.3 IL PANNELLO A TAGLIO


4.3.1 Introduzione
Il pannello a taglio è rappresentato da quella porzione di anima
della colonna collocata all’interno della connessione trave-colonna.
Quando un telaio è sottoposto ad azioni orizzontali nel pannello
nodale si vengono a sviluppare considerevoli effetti taglianti e, come si
vedrà di seguito, questa componente può giocare un ruolo importante
non solo in termini di risposta nodale ma, estendendo il concetto,
anche sulla risposta dei telai in campo elastico ed inelastico. Di
conseguenza è necessario caratterizzare al meglio il comportamento di
tale componente, individuando correttamente i parametri significativi
ed efficaci a tale scopo.
Negli ultimi trent’anni sono state effettuate numerose indagini
per comprendere il comportamento monotono di questa componente,
portando ad alcune importanti riflessioni:
• il pannello a taglio spesso sviluppa una resistenza massima
significativamente più grande di quella di primo snervamento.
Questa sovraresistenza è attribuibile all’incrudimento (strain-
hardening) ed al contributo fornito dalle flange della colonna nel
meccanismo resistente;
• le deformazioni della zona a taglio possono fornire un contributo
significativo alla deformazione globale del nodo sia in campo
elastico che plastico;
• rigidezza e resistenza del pannello d’anima possono essere
aumentate modificando il dettaglio costruttivo, per esempio
disponendo due piatti d’anima (come nel caso delle prove EEP-
CYC 02, EEP-DB-CYC 03, TS-CYC 04);
• in campo plastico il pannello a taglio ha un comportamento molto
duttile sia sotto carichi monotoni che ciclici e, sperimentalmente,
si è osservato che i suoi cicli isteretici si presentano molto stabili;
• le grandi deformazioni del pannello possono provocare
concentrazioni di sforzi notevoli nelle saldature, con conseguente
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169 CAPITOLO 4

formazione e propagazione di cricche (come avvenuto nel caso


della prova EEP-CYC 01).

I modelli presenti in letteratura per la previsione del


comportamento della zona nodale soggetta a taglio sono
fondamentalmente di due tipi, agli elementi finiti e meccanici. I primi
sono stati sviluppati da molti ricercatori, come ad esempio Lui e Chen
(1985, 1986), che proposero un modello composto dall’assemblaggio
di sette elementi finiti, per la rappresentazione di una connessione
interna: un elemento anima, due elementi flangia e quattro elementi di
connessione. Questo modello, per quanto rappresenti bene il
comportamento monotono e individui i diversi meccanismi
deformativi, non è aderente alla realtà nel caso ciclico e ha lo
svantaggio di richiedere un notevole impegno computazionale. Altri
modelli agli elementi finiti, sviluppati in questi ultimi anni, sono quelli
di Bertero (2002) e di Mulas (2004), in cui il nodo viene modellato
ricorrendo a quattro elementi il cui campo di spostamento è
completamente definito dalle otto traslazioni dei nodi di estremità
(Figura 4.13).

Figura 4.13 – Modello FEM di Mulas (2004)


La differenza importante nell’approccio alla problematica consiste
sopratutto nel compromesso che si vuole perseguire fra semplicità e
affidabilità. Difatti, i modelli agli elementi finiti sono sempre molto
complessi fornendo grossi svantaggi in termini computazionali, a
differenza dei modelli meccanici per componenti che semplificano la
problematica considerano il pannello senza dimensione,
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rappresentandolo con un nodo che connette la trave alla colonna.


Quest’ultimo tipo di modellazione trascura alcuni aspetti quali, ad
esempio, l’effetto P-Δ nella colonna che, all’aumentare delle
dimensioni del pannello, può assumere una certa rilevanza. Ma per
quel che riguarda le costruzioni in acciaio ordinarie, questo tipo di
approssimazione può ritenersi accettabile.
Nel modello meccanico il pannello a taglio viene essenzialmente
schematizzato come una molla rotazionale in grado di trasferire il
momento fra colonne e travi attraverso l’elemento nodo. Il pannello
nodale ha quindi una dimensione fisica ma connette due nodi aventi le
stesse coordinate. Uno dei due nodi è attaccato all’elemento che
modella la colonna mentre l’altro all’elemento trave (Figura 4.14). Per
cui il momento che il pannello è in grado di trasferire è legato alla
rotazione relativa fra colonna e trave.

Figura 4.14 – Nodo interno e sua schematizzazione (Kim ed Engelhardt, 2002)


Nell’ultimo trentennio la ricerca ha conseguito notevoli sviluppi
circa le leggi post-elastiche che regolano la risposta strutturale della
zona del pannello. Tra i primi ad approcciare ad una modellazione del
pannello nodale ci sono Kanaan e Powell, a seguire sono stati
proposti i modelli di Fielding e Huang (1971), passando per
Krawinkler (1971) e Wang (1988), sino ad arrivare a quello che, allo
stato attuale dell’arte, è ritenuto il lavoro più importante nel campo,
ovvero il modello di Kim ed Engelhardt (2002). I due autori ripresero
i lavori svolti in precedenza, in merito al comportamento monotono
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171 CAPITOLO 4

del pannello d’anima della colonna, modificandone i legami taglio-


scorrimento, o equivalentemente momento-rotazione, e proponendo
un modello quadrilineare. Quest’ultimo ha il pregio di abbinare alla
relativa semplicità del modello l’accuratezza della previsione effettuata.
Le relazioni sviluppate dagli autori nominati sono tuttora alla base dei
modelli matematici per la conoscenza del comportamento del
pannello a taglio. Ad esempio, le relazioni di Krawinkler sono state
utilizzate in numerose normative come base per il calcolo della
resistenza a taglio del pannello nodale. Tuttavia, già negli anni settanta
lo stesso Krawinkler aveva evidenziato come il suo modello fosse
calibrato su prove con colonne a flange sottili, esprimendo la necessità
di sviluppare un nuovo modello per colonne con flange spesse. In
seguito Wang mostrò come le relazioni taglio-scorrimento del
modello di Krawinkler tendessero a sovrastimare la resistenza dei
provini con flange spesse.
Per effettuare il passaggio da legami espressi in termini di taglio
agli stessi espressi in termini di momento, l’approccio seguito dalle
normative, ed in particolare dall’EC3, è quello di calcolare un taglio
equivalente così come mostrato nel secondo capitolo, relativamente al
progetto del nodo EEP-CYC01. Infatti, nell’ equazione (2.7) si pone
che per nodi esterni β ≈ 1 mentre, per nodi interni, nel caso in cui vi
siano momenti uguali in entrambe le estremità il coefficiente assume il
valore β ≈ 2 . Nel caso di nodi interni con momenti di estremità
uguali ed opposti il parametro assume valore nullo, poiché il pannello
non è sollecitato a taglio. Per lo schema di nodo esterno si può quindi
riconoscere che l’equazione precedentemente esposta assume la
forma:
M Veq
(d b − tbf ) = 1−
(d b−tbf ) (4.9)
Lc

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Forza agente sul nodo

M=FLb

Sforzo di compressione

M/Lc M/Lc
Lc

Figura 4.15 – Schema di nodo esterno utilizzato nella sperimentazione

M M
Veq =
(d b − t bf ) Lc =

M ⎡ ⎛ (d b − t bf ) ⎞⎟⎤ M
⎜ ⎟⎥ = (d − t ) β
(d b − t bf ) ⎢⎣⎢1 − ⎜⎝ Lc ⎠⎦⎥ b bf

Figura 4.16 – Calcolo del taglio equivalente per un nodo esterno

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173 CAPITOLO 4

4.3.2 I modelli monotoni


Modello di Fielding e Huang (1971)
Fielding e Huang, come altri autori di seguito riportati, ipotizzano
che la rigidezza nel piano delle travi confluenti nella colonna sia
sufficientemente grande da giustificare l’assunzione di vincoli rigidi
alle estremità del pannello nodale. Per questo ragione si ritiene che gli
sforzi taglianti siano uniformemente distribuiti su tutto il pannello,
benché Tsai e Popov abbiano dimostrato che il livello massimo di
sforzo viene raggiunto al centro del pannello, a scapito di una
riduzione delle sollecitazioni nelle zone d’angolo. I ricercatori in
questione proposero una relazione bi-lineare, con un primo tratto
elastico di rigidezza K e , seguito da un tratto post-elastico di rigidezza
K 1 (Figura 4.17).
M

My K1

Ke
γy γ
Figura 4.17 – Modlelo bilineare di Fielding e Huang
La prima differenza fondamentale, fra i modelli monotoni presi in
esame, risiede nella definizione dell’area efficace a taglio, ovvero la
parte di pannello sottoposta a deformazioni taglianti. Fielding e
Huang propongono come area efficace:
Aeff , FK = (d c − t cf )t cw (4.10)

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dove Aeff,FK è l’area efficace a taglio nei modelli di Fielding e


Krawinkler;
dc è l’altezza della colonna;
tcf è lo spessore della flangia della colonna;
tcw è lo spessore dell’anima della colonna;

In fase elastica si ottiene, mediante semplici passaggi:


GAeff , FK d b
Ke = (4.11)
β
τ y Aeff , FK d b
My = (4.12)
β
2
fy ⎛σ ⎞
τy = 1− ⎜ ⎟ (4.13)
⎜σ ⎟
3 ⎝ y ⎠
My
γy = (4.14)
Ke
dove G è il modulo di elasticità tagliante;
db è l’altezza della trave;
σ è la tensione agente nel pannello nodale;
τy è lo sforzo di snervamento nella colonna, inteso come
tensione ideale di Von Mises;
My il momento di snervamento del pannello a taglio;
γy è la rotazione di snervamento del pannello a taglio.
Per il campo inelastico, i due autori ricavano la rigidezza del ramo
incrudente, introducendo la deformabilità delle flange della colonna
riferendosi allo schema esposto in Figura 4.19. Il modello viene
schematizzato con le due flange incastrate alla base e collegate in testa
da un pendolo di rigidezza assiale infinita.

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175 CAPITOLO 4

Figura 4.18 – Pannello a taglio Figura 4.19 – Modello post-elastico di Fielding (1971)
Dall’equilibrio alla traslazione operato sullo schema mostrato di
seguito, si ottiene:
Link rigido
ΔVeq Δδ

3 3
3EI/L 3EI/L
db/2

Hc

Figura 4.20 – Modello di Fielding


6 EI
3
Δδ = ΔVeq
⎛ db ⎞ (4.15)
⎜ ⎟
⎝ 2⎠
da cui si ottiene la rigidezza del tratto post elastico:
bcf t cf3
ΔVeq 6 ⋅ 4E 3

K1 = =
6 EI
= 12 = 2 Ebcf t cf
Δγ 2
d b2 d b2
(4.16)
⎛ db ⎞
⎜ ⎟
⎝ 2⎠

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La rappresentazione nel piano momento-rotazione di questo


modello, con riferimento all’accoppiamento HEB200-IPE270
utilizzato nelle prove sperimentali e considerando una tensione di
snervamento pari a f y = 275 N / mm 2 e β pari a 0,92, viene riportata in
Figura 4.21.
Modello di Fielding e Huang
125000

100000
Moment [kN·mm]

75000

50000

25000

Fielding e Huang
0
0,000 0,003 0,005 0,008 0,010 0,013 0,015
γ [rad]

Figura 4.21 – Applicazione del modello di Fielding e Huang per un nodo esterno
realizzato con colonna HEB200 e trave IPE270

Modello di Wang (1988)


Il modello di Wang, a differenza di quello di Fielding e Huang, è
di tipo trilineare, con un primo tratto elastico e due tratti post-elastici
con rigidezze K 1 e K 2 (Figura 4.22).
Per il ramo elastico, rispetto al modello precedente, varia la
definizione dell’area efficace a taglio che, nello specifico, viene assunta
pari a:
Aeff ,W = (d c − 2t cf )t cw (4.17)
dove Aeff,W è l’area efficace a taglio secondo il modello di Wang.

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177 CAPITOLO 4

Msh K2

K1
My

Ke
γy γsh
γ
Figura 4.22 – Modello trilineare di Wang
Per la definizione degl’altri parametri restano valide le precedenti
equazioni (4.11-4.14).
Per la rigidezza del primo ramo post-elastico Wang propone delle
formule empiriche, in cui fissa la rotazione di strain-hardening al
valore di γ sh = 3,5γ y e il momento corrispondente in
M sh = M y + 4M pcf , con Mpfc momento plastico delle flange della
colonna.

Figura 4.23 – Modello post-elastico di Wang (1988)

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L’autore assume che la fase di strain-hardening avvenga in seguito


alla formazione di quattro cerniere plastiche in corrispondenza degli
angoli del pannello nodale, come mostrato in Figura 4.23, da cui la
rigidezza del primo tratto post-elastico, in virtù delle ipotesi fatte e
trascurando l’effetto dello sforzo normale nella colonna, vale:
bcf t cf2
ΔM (M sh − M y ) 4M pcf
4 fy
K1 = = = = 4 = 0,7Gb cf t cf (4.18)
Δγ γ sh − γ y 2,5γ y fy
2,5
3G
L’approssimazione di questo modello risiede proprio
nell’assunzione di carattere empirico-sperimentale fatta, ottenendo un
modello meno aderente alla realtà per quei nodi che presentano valori
del rapporto spessore delle flange su altezza della colonna molto
differenti da quelli utilizzati per la calibrazione.
Per il secondo tratto post-elastico, invece, si assume un
comportamento incrudente indefinito utilizzando il modulo di
incrudimento a taglio G st dell’acciaio considerato. Si ipotizza quindi, a
partire dalla rotazione di strain hardening, un tratto lineare indefinito
avente la seguente pendenza:
Gst Aeff ,W d b
K2 = (4.19)
β
In definitiva, si sono seguiti gli step necessari per la definizione
completa del modello di Wang che, fondamentalmente, constano di
tre fasi: una elastica, una post-elastica a partire da una rotazione 4γ y
ed un ultimo ramo di strain-hardening.
La rappresentazione del modello risultante per lo stesso
accoppiamento trave-colonna adottato nella sperimentazione e
considerando un valore tipico di modulo di incrudimento per l’acciaio
Fe430 E/Eh=42.8, risulta rappresentabile in Figura 4.24:

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179 CAPITOLO 4

Modello di Wang
125000

100000
Moment [kN·mm]

75000

50000

25000

Wang
0
0,000 0,003 0,005 0,008 0,010 0,013 0,015
γ [rad]

Figura 4.24 – Il modello di Wang per l’accoppiamento HEB200- IPE270

Modello di Krawinkler (1971)


Anche il modello di Krawinkler, come quello di Wang, segue una
legge di tipo trilineare costituita da un primo tratto elastico, un tratto
post-elastico in cui la rigidezza viene ricavata con un approccio del
tutto simile a quello di Wang, ovvero basandosi su considerazioni di
tipo empirico-sperimentale, ed infine un ultimo tratto di strain-
hardening (Figura 4.22).
La fase elastica che, come osservato per i precedenti modelli,
varia solo per la definizione dell’area efficace a taglio, in questo caso
viene assunta identica a quello esposto nel modello di Fielding,
ovvero: AeffFK = (d c − tcf )tcw . Allo stesso modo restano valide le
equazioni (4.11-4.14).
Il primo tratto post-elastico, invece, tiene conto del contributo
delle flange della colonna e viene ricavato da Krawinkler tramite
formule empiriche tarate su prove sperimentali, facendo riferimento al
modello meccanico esposto in Figura 4.25:
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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 180

Figura 4.25 – Modello post-elastico di Krawinkler (1971)


Il modello è costituito da un pannello vincolato rigidamente sui
quattro lati, con quattro molle rotazionali negli estremi. Krawinkler
assume che queste molle simulino la resistenza degli elementi che
definiscono la zona del pannello, modellando così la rigidezza
flessionale delle flange della colonna e ricavando l’espressione
approssimata della rigidezza rotazionale dall’analisi di dati
sperimentali:
Ebcf t cf2
Ks = (4.20)
10
Dall’equazione del lavoro si ottiene:
ΔVeq 4M s 4K s
= = (4.21)
Δγ 0,95d b Δγ 0,95d b
Come osservato in precedenza, essendo ΔM = 0,95d b ΔVeq (1 − ρ ) ) ,
è possibile ricavare la rigidezza del secondo tratto nel seguente modo:
ΔM 4 Ebcf t cf2 4G ⋅ 2(1 + v )bcf t cf2 1,04Gbcf t cf2
K1 = = = = (4.22)
Δγ 10(1 − ρ ) 10(1 − ρ ) (1 − ρ )
Krawinkler fissa l’inizio della fase di strain-hardening in
corrispondenza di una rotazione pari 4γ y , da cui è possibile ricavare il
momento finale del primo tratto:

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181 CAPITOLO 4

3,12τ y bcf t cf2


M sh = M y + (4.23)
β
L’ultimo tratto del modello viene definito, come per il modello di
Wang, con la sola differenza che in questo modello l’area efficace è
definita diversamente:
Gst Aeff ,FK d b
K2 = (4.24)
β
Il modello di Krawinkler è ancora oggi utilizzato quale
riferimento, con qualche piccola semplificazione, nelle norme
americane AISC-LRFD (1990) e nelle Uniform Building Code (1994),
malgrado sia Wang, che Kim ed Engelhardt, abbiano dimostrato
l’inesattezza del modello per i nodi con colonne a flange spesse,
causata dalla calibrazione di esso su provini con flange non superiori
al pollice (2,54 cm). Una rappresentazione del modello di Krawinkler,
per l’accoppiamento HEB200-IPE270, è visibile in fig.Figura 4.26:
Modello di Krawinkler
125000

100000
Moment [kN·mm]

75000

50000

25000

Krawinkler
0
0,000 0,003 0,005 0,008 0,010 0,013 0,015
γ [rad]

Figura 4.26 – Il modello di Krawinkler per l’accoppiamento HEB200- IPE270

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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 182

Modello di Fielding e Wang modificati (1996)


Nel tentativo di migliorare la correlazione con i dati sperimentali
e con i test agli elementi finiti, nel 1996 Kim e Engelhardt cercarono
di apportare semplici modifiche ai modelli di Fielding e Wang. Le
migliorie apportate dai due autori ai modelli si possono riassunte
essenzialmente in due punti:
- per entrambi si assume un’area efficace a taglio pari a
Aeff ,MOD = d c t cw ;
- per il modello di Fielding si assume l’inizio dello strain-
hardening in corrispondenza di una rotazione del pannello
pari a 4γ y , per migliorare l’approssimazione del modello a
grande rotazioni, tenuto conto della buona approssimazione a
basse rotazioni.
Si riportano di seguito alcuni esempi, per mostrare come queste
semplici modifiche migliorino notevolmente l’approssimazione:

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


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183 CAPITOLO 4

Figura 4.27 – Confronto tra i modelli di Fielding e Wang e le successive modifiche


(Kim ed Engelhardt, 2002)

Modello di Kim ed Engelhardt (2002)


Sin dal 1996 Kim ed Engelhardt avevano gia espresso la necessità
di sviluppare un modello che migliorasse la correlazione con i dati
sperimentali. Nel 2002 apportano un’ulteriore revisione e
aggiornamento dei lavori preesistenti ricavando così un nuovo
modello a carattere teorico-empirico che, oltre a portare in conto gli
effetti taglianti sul pannello, tiene conto anche degli effetti flettenti.
Dagli studi dei due ricercatori ne risulta un legame quadrilineare,
costituito quindi da un ramo elastico, due fasi post-elastiche e dalla
fase finale di strain-hardening (Figura 4.28)
M

My2 K3

My1 K2

K1
My

Ke
γy γ1 γ2
γ
Figura 4.28 – Modello quadrilineare di Kim ed Engelhardt
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 184

Immaginando che la zona del pannello possa considerarsi divisa


in due travi equivalenti disposte simmetricamente rispetto al centro e
ivi vincolate, mentre le altre estremità si ipotizzano in una condizione
intermedia fra l’incastro e l’estremo libero, lo spostamento del
pannello nodale soggetto ad una forza tagliante Veq può essere
calcolato considerando il contributo di due deformabilità, quella
flessionale e quella tagliante:
δ = (ε f + ε t )Veq (4.25)
Le due deformabilità valgono:

εf =
[(d b − t bf )/ 2 ]
3

(4.26)
C r EI c

εt =
[
(d b − tbf )/ 2 ]
(4.27)
G (d c t cw + R f Adp )
dove Cr è una costante che tiene conto del grado di vincolo imposto
alle estremità delle travi equivalenti;
Rf è un fattore di riduzione;
Adp è l’area degli eventuali piatti supplementari d’anima.
Nella deformabilità flessionale si tiene conto del grado di vincolo
relativo alle estremità del pannello che, come anticipato, può essere
visto come intermedio fra le condizioni di estremo libero, caso in cui

la deformabilità varrebbe ε f =
[(d b − tbf ) / 2 ]
3

, e le condizioni di
3EI

incastro ε f =
[(d b − tbf ) / 2 ]
3

: dallo sviluppo di analisi agli elementi


12 EI
finiti gli autori scelgono come valore del coefficiente di vincolo
(coefficient of restraint) 5. La deformabilità tagliante tiene conto anche
dell’eventuale presenza di piatti supplementari d’anima (doubler plates),
considerando anche la possibilità che questi non siano efficienti al
100% ed introducendo così un coefficiente di rendimento dei piatti
R f . Quindi, riscrivendo l’eq. (4.25) in termini di momento e rotazione
attraverso l’eq. (4.9) introdotta precedentemente, si ottiene:
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
185 CAPITOLO 4

M = Veq
(d b − tbf )
ε 1ε 2 (d b − tbf ) (d b − tbf )
= γ (4.28)
β ε1 + ε 2 2 β
da cui la rigidezza del tratto elastico vale:
ε 1ε 2 (d b − tbf ) (d b − tbf )
Ke = (4.29)
ε1 + ε 2 2 β
Il momento di snervamento del pannello si raggiunge quando la
deformazione media a taglio nel pannello attinge il valore limite:
M y = K eC yγ y (4.30)
dove Cy tiene conto della deformazione non uniforme all’interno del
pannello e viene definito come rapporto tra la deformazione media e
la deformazione di snervamento γy.
Per descrivere il comportamento nel primo ramo post-elastico,
nel quale si ipotizza il passaggio dalla prima plasticizzazione all’intera
plasticizzazione del pannello a taglio, si assume, seguendo un
approccio simile a quello descritto da Fielding e Huang, che in tale
range, a causa della parziale plasticizzazione, il pannello possa essere
modellato come due travi a T la cui altezza viene fissata pari ad un
quarto di quella della colonna. In tale ipotesi, le deformabilità
osservate precedentemente valgono ora:

ε pf =
[(d b − tbf ) / 2 ]
3

(4.31)
C r EI T

ε pt =
[
(d b − tbf ) / 2 ]
⎡⎛ d ⎞ R f Adp ⎤ (4.32)
G ⎢⎜ c − d yw ⎟t cw +
⎣⎝ 2 ⎠ 4 ⎥⎦
dove IT è il momento d’inerzia della sezione a T mentre dyw vale un
quarto della larghezza dell’anima della colonna.
Momento e rigidezza del secondo tratto del modello quadrilineare
si calcolano analogamente a quanto osservato per il ramo elastico,
semplicemente considerando le deformabilità variate:

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 186

ε pf ε pt (d b − tbf ) (d b − tbf )
K1 = 2 (4.33)
ε pf + ε pt 2 β

M y1 = τ y (d c t cw + R f Adp )
(d − t bf )
b
(4.34)
β
La seconda rigidezza post-elastica, relativa ad una fase successiva
allo snervamento dell’intero pannello, viene definita utilizzando un
approccio simile a quello di Krawinkler, ovvero considerando il
pannello come vincolato da quattro molle rotazionali disposte agli
angoli. Con la presenza di queste molle si tiene conto della resistenza
dovuta agli elementi che circondano il pannello e, in particolar modo,
della resistenza flettente delle flange della colonna. La rigidezza della
singola molla viene definita come nella precedente eq. (4.20):
Ebcf t cf2
Ks = (4.35)
Cs
in cui C s (constant of springs) è da determinare sperimentalmente.
Con semplici passaggi è possibile ricavare i valori della rigidezza
di questo secondo campo post-elastico:
4 Ebcf tcf2
K2 = (4.36)
Cs β
mentre il momento limite di questo tratto si assume pari a:
M y 2 = M y1 + σ y bcf t cf2 (4.37)
dove σ y è la tensione limite delle flange della colonna ottenuta
tenendo conto anche dell’influenza dello sforzo normale.
Infine, la rigidezza dell’ultimo ramo si considera pari a quella di
incrudimento, come gia osservato per nei modelli di Krawinkler e
Wang:
G st Aeff (d b − t bf )
K3 = (4.38)
(1 − ρ )
Un primo confronto con gli altri modelli può essere eseguito per
il nodo esterno oggetto della sperimentazione che, trattandosi di un

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
187 CAPITOLO 4

caso con flange sottili (tfc =15 mm), ponendo i valori dei parametri
Cr = 5, C y = 0.9, C s = 20 come indicato dagli autori, non si notano
notevoli discrepanze fra il modello di Krawinkler e quello di Kim e
Engelhardt, ed in generale i quattro modelli individuano un fuso non
molto ampio:
Confronto tra modelli per il pannello a taglio
125000

100000
Moment [kN·mm]

75000

50000

Fielding e Huang
25000
Wang
Krawinkler
Kim e Engelhardt
0
0,000 0,003 0,005 0,008 0,010 0,013 0,015
γ [rad]

Figura 4.29 – Confronto tra i modelli per l’accoppiamento HEB200-IPE270


Effettuando invece un confronto su colonne con spessori della
flangia crescenti, si nota come il modello di Krawinkler tenda a
sovrastimare la resistenza mentre il modello di Kim e Engelhardt
segue meglio l’andamento del legame costitutivo. E’ importante però
sottolineare che i confronti effettuati dai due autori sono riferiti a
spessori fino a 45 mm, con l’intento di promuovere per il futuro
programmi di ricerca volti a verificare il modello per spessori
maggiori. Di seguito si riportano i risultati ottenuti per le prove
effettuate da Slutter, evidenziando come il modello bilineare di
Fielding presenti la peggiore correlazione a grandi rotazioni, mentre il
modello di Krawinkler sembri accettabile solo per spessori delle flange
inferiori a 25 mm, oltre i quali sovrastima la resistenza, a differenza
del modello di Wang che tende a sottostimarla notevolmente.
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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 188

Figura 4.30 – Confronto dei modelli e dei risultati FEM per tfc = 27mm
(Kim ed Engelhardt, 2002)

Figura 4.31 – Confronto dei modelli e dei risultati FEM per tfc = 36mm
(Kim ed Engelhardt, 2002)

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
189 CAPITOLO 4

Figura 4.32 – Confronto dei modelli e dei risultati FEM per tfc = 45mm
(Kim ed Engelhardt, 2002)

4.3.3 I modelli ciclici


Non sono molti i modelli disponibili in letteratura per descrivere
il comportamento ciclico del pannello nodale a taglio. Un primo
modello, molto rudimentale, è basato sull’hardening cinematico.
M

My Ksh

2My
Ke
γy γ

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 190

Figura 4.33 – Modello ciclico bilineare


In pratica, al superamento della tensione di snervamento
dell’acciaio si succede un ramo indefinitamente crescente con
pendenza pari a quella di strain-hardening (Figura 4.33).
Nella figura successiva, in cui si applica l’hardening cinematico al
provino A1 di Krawinkler, è possibile notare la forte approssimazione
di questo modello, in alcuni casi inaccettabile per la grande sottostima
che fornisce della resistenza e che può raggiungere anche valori
dell’80%. Nonostante questo aspetto, tale tipo di modello è stato
utilizzato moltissimo in passato soprattutto per l’analisi di telai
sismoresistenti.

Figura 4.34 – Applicazione del modello di hardening cinematico al provino A1 di


Krawinkler (Kim ed Engelhardt, 2002)
Un modello più affidabile presente in letteratura è certamente
quello di Kim ed Engelhardt ed il cui sviluppo è stato iniziato nel
1996 e, supportato da nuovi test, migliorato nel 2002.
Poichè la risposta strutturale del pannello nodale a taglio assume
un aspetto rilevante nell’ambito della risposta complessiva del nodo,
l’approccio scelto in seguito sarà proprio secondo quest’ultimo
modello.
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
191 CAPITOLO 4

Modello di Kim ed Engelhardt (2002)


Nel modello ciclico di Kim ed Engelhardt, ancora di carattere
teorico-sperimentale ed ispirato al modello ciclico per l’acciaio di
Cofie e Krawinkler esposto nel primo paragrafo del presente capitolo,
le regole isteretiche vengono fondate sulla teoria sulle superfici limite
(bounding surface theory) sviluppata da Dafalias. Vengono inoltre adottate
le regole per lo spostamento della bound line indicate da Cofie. Si
assume che la relazione momento-rotazione del pannello nodale a
taglio sia nota una volta che siano note le geometrie e le proprietà dei
materiali costituenti la colonna. La particolarità dell’approccio consiste
nell’assumere che lo spostamento della bound line possa ottenersi a
partire dalla cyclic steady state curve (CSS curve).
Il lavoro di Kim ed Engelhardt prevede l’uso di una curva ciclica
di regime del tutto analoga a quella presentata nel lavoro
precedentemente esposto sul pannello a trazione e compressione
(Cofie), ovvero:
c
γ M ⎛ M ⎞
= +⎜ ⎟ (4.39)
γ n M n ⎜⎝ ξM n ⎟⎠
dove, dal confronto con test sperimentali disponibili in letteratura, si
sono riscontrati empiricamente il valore di c =7 e di ξ posto
all’incirca 1,1-1,2. Dall’analisi dei test si è altresì osservato come le
flange della colonna non influenzino significativamente la rigidezza
dei cicli isteretici del pannello, a differenza della resistenza che ne è
influenzata significativamente. Conseguentemente, si è assunto che gli
effetti sulla resistenza legati allo spessore delle flange possono essere
tenuti in conto normalizzando il momento come segue:
M n = M y + 2 M pcf (4.40)
La rotazione elastica corrispondente vale:
Mn
γn = (4.41)
Ke
La particolarità della curva ciclica di regime sta nell’inviluppare
l’andamento ciclico del pannello nodale come descritto in Figura 4.35.
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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 192

Figura 4.35 – Curva ciclica di regime o CSS curve (Kim ed Engelhardt, 2002)
La risposta del pannello nodale per il primo semiciclo segue le
regole monotone precedentemente definite, successivamente il
comportamento ciclico del pannello viene definito da curve elastiche
ed inelastiche, come mostrato nella Figura 4.36.

Figura 4.36 – Regole per la definizione dell’i-esimo ciclo isteretico


(Kim ed Engelhardt, 2002)
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
193 CAPITOLO 4

In ogni ciclo, le fasi di scarico e di ricarico vengono definite da un


tratto lineare, con rigidezza elastica K e e ampiezza pari ad αM y , e da
un tratto inelastico definito in base alla teoria di Dafalias. I valori di α
e della pendenza delle bound line, per cui gli autori hanno osservato
una buona correlazione con i dati sperimentali, sono di 1,4 per il
primo coefficiente e di K bl = 0,008K e per il secondo.
A differenza del lavoro di Cofie e Krawinkler, in questo caso,
Kim ed Engelhardt, per descrivere l’andamento dei rami inelastici,
hanno preferito utilizzare un fattore di forma variabile. Dal confronto
con test sperimentali i ricercatori hanno appurato che per basse
rotazioni plastiche è opportuno utilizzare un fattore di forma hˆ = 20 ,
mentre per cicli a grandi ampiezze risulta più opportuno un fattore
hˆ = 40 . In definitiva il fattore di forma, definito da una funzione di
Boltzmann, dipendente dalle rotazioni plastiche accumulate (θp), viene
in pratica aggiornato ad ogni ciclo con l’inizio dalla fase di scarico:
(20 − 40)
hˆ = 40 +
( (ϑ − 0 , 213) / 0 , 074
1+ e p ) (4.42)
Con riferimento alla Figura 4.37, la procedura utilizzata da Kim
ed Engelhardt per determinare il fattore di forma è la seguente:

Step Procedura per determinare il fattore di forma


Scegliere il punto A in modo che sia contenuto nell’intervallo
1
0,1 < δ A / δ in < 0,5
Calcolare il fattore di forma con la seguente espressione:
2 h = δ A / γ p + (δ in γ p ) ⋅ [ln (δ in δ A ) − 1]
Normalizzare il fattore di forma con la rigidezza delle bound line:
3
hˆ = h K bl

La posizione iniziale della bound line utile a determinare


l’andamento del primo tratto inelastico viene definita, a differenza di
quello che accadeva per il pannello a trazione e compressione,
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 194

disegnando una retta con pendenza K bl ed imponendo la condizione


di tangenza alla CSS curve fino ad intersecare la bound line con l’asse
delle ordinate.

Figura 4.37 – Procedura per determinare il fattore di forma (Kim ed Engelhardt, 2002)
La legge di variazione del ramo inelastico viene definita in base
alla teoria di Dafalias tramite la rigidezza tangente, descrivendo la
curva nel piano momento-rotazione plastica:
⎡ δA ⎤
K pA = K bl ⎢1 + hˆ (4.43)
⎣ δ in − δ A ⎥⎦
Considerando la tendenza asintotica di questo ramo alla bound
line è abbastanza semplice integrare in forma chiusa quest’ultima
espressione, cosa che non è possibile fare quando si passa nel piano
delle rotazioni totali, in cui è necessario raccordare la curva definita
dall’espressione precedente con il ramo elastico. Per raggiungere
questo scopo è necessario sommare le rigidezze in serie, da cui si
ottiene:
1 1 1
A
= + A (4.44)
Kt Ke K p
da cui deriva:

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
195 CAPITOLO 4

K e + K pA
K =
t
A
(4.45)
K e K pA
dove K e è la rigidezza del tratto elastico, K pA è la rigidezza plastica
relativa al punto A e nel piano momento-rotazione plastica, K tA è la
rigidezza tangente al punto A nel piano momento-rotazioni totali.
A seguito del primo semiciclo inelastico, per tracciare il quale si fa
riferimento alla bound line iniziale determinata con la condizione di
tangenza alla CSS curve, si passa alla traslazione della bound line
mediante la procedura indicata negli studi sul comportamento
dell’acciaio di Cofie e Krawinkler (Figura 4.38):

Step Procedura per la traslazione della bound line al ciclo i-esimo


Al cambiare verso del momento si calcolano il valore medio di
1 questo e l’ampiezza dell’ultimo semiciclo effettuato utilizzando le
equazioni indicate di seguito (4.46-4.49)
Si calcola la differenza fra il momento M a ed il momento
2 M s determinato sulla CSS curve in corrispondenza della rotazione
γ a : ΔM = M s − M a
Se ΔM > 0 nel prossimo ciclo è previsto un incrudimento
3 (hardening), per cui la bound line va traslata verso l’esterno di una
quantità pari a: M bl ,new = M bl ,old − 2 FH ΔM
Se ΔM < 0 nel prossimo ciclo è previsto un rammollimento
4 (softening), per cui la bound line va traslata verso l’interno di una
quantità pari a: M bl ,new = M bl ,old − 2 FS ΔM
Infine, per tener conto del rilassamento la bound line tra traslata
5 ancora di una quantità pari a M bl ,new = M bl ,old + FR M m

Nel modello di Kim ed Engelhardt si utilizzano, quali coefficienti


di hardening, softening e di rilassamento, i valori adottati anche negli
studi di Cofie e di seguito riportati:

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 196

Tabella 4.2 – Parametri utilizzati per definire il modello di Kim ed Engelhardt

Parametro valore
FH 0,45
FS 0,07
FR 0,05
Le formule necessarie a determinare il valor medio e l’ampiezza di
momento e rotazioni valgono:

Mm =
(M A + M B )
(4.46)
2
(γ + γ B )
γm = A (4.47)
2
M − MB
Ma = A (4.48)
2
γ −γ
γa = A B (4.49)
2
dove i pedici m ed a indicano rispettivamente il valore medio e quello
relativo ad una determinata ampiezza.

Figura 4.38 – Procedura per traslare la bound line al ciclo i-esimo


(Kim ed Engelhardt, 2002)

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
197 CAPITOLO 4

Nel seguito, per mostrare la bontà del modello, vengono riportati


i confronti con alcune delle prove sperimentali effettuate da
Krawinkler. In particolare, nel confronto col provino A1 si nota il
notevole miglioramento del modello rispetto a quello semplificato di
hardening cinematico. Si apprezza la migliore rispondenza con i test
sperimentali sia per rotazioni a grandi ampiezze, in cui gli effetti dello
strain-hardening sono pienamente sviluppati, che per piccole
rotazioni, dove la comparazione evidenzia un’approssimazione
maggiore ma ancora del tutto accettabile.

Figura 4.39 – Confronto del modello con la prova A1 di Krawinkler

Figura 4.40 – Confronto del modello con la prova A2 di Krawinkler

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 198

4.4 I T-STUB
4.4.1 Introduzione
Nel secondo capitolo si è evidenziata l’importanza della
caratterizzazione di tutte quelle componenti nodali che, agendo
direttamente sulla deformabilità e/o resistenza., determinano la
risposta complessiva dei nodi trave-colonna. Quando ci si riferisce,
come in questo lavoro, specificamente a nodi di tipo extended end-
plate, non si può prescindere dalla definizione di T-stub. Questa
componente strutturale, quasi sempre presente nel caso di connessioni
bullonate, nei nodi flangiati viene utilizzata per modellare la flangia
della colonna in flessione o l’end-plate in flessione. A tale scopo,
infatti, si parla di T-stub equivalente (Figura 4.41) .
T-stub T-stub
T-stub
T-stub

Figura 4.41 – Identificazione dei T-stub in un collegamento con piatto di estremità, a


sinistra, ed per un analogo collegamento ma con colonna irrigidita, a destra
Il T-stub equivalente, in sostanza, è costituito da un
accoppiamento di due elementi a T connessi tramite una o più righe di
bulloni in corrispondenza delle flange (Figura 4.42).
Lo studio dei primi modelli di T-stub si deve a Yee e Melchers
(1986), che per primi svilupparono un metodo per la previsione della
curva momento-rotazione di connessione extended end-plate. Nel
loro lavoro erano contenuti i principi ancora oggi alla base della teoria
dei T-stub.
Come primo passo per la conoscenza del legame costitutivo che
caratterizza questa componente nodale è utile considerare il caso più
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
199 CAPITOLO 4

semplice (Figura 4.42), studiando


quindi il legame forza-spostamento
che usualmente si adotta per un T-
stub a due bulloni sottoposto ad un
carico di trazione monotono.
In tali condizioni è possibile
individuare tre diverse modalità
secondo cui collassa un T-stub,
dipendenti dal rapporto tra
rigidezza flessionale delle flange e la
rigidezza assiale dei bulloni (β).
Allo scopo di chiarire la
nomenclatura adottata in seguito
per alcuni parametri geometrici, si
riporta la Figura 4.43.
Figura 4.42 – Sottomodello di T-stub

Plan Section X-X Lateral view


X
tw
e1

d
L1
n m
B1

0.8 r
df
B

tf
B2

L2
e2

L
X
Figura 4.43 – Geometria di un T-stub a due bulloni e nomenclatura adottata
(Piluso et al., 2000)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 200

Inoltre, con riferimento alle flange ed ai bulloni, si definiscono


rispettivamente Mf e B come il momento plastico delle flange e la
resistenza assiale a trazione dei bulloni. Provvedendo successivamente
ad esplicitare tali resistenze si descrivono di seguito i tre possibili
meccanismi di collasso individuati per i T-stub (Figura 4.44)

b b b

F1.Rd F2.Rd F3.Rd


d
r

Q Q Q Q

F1.Rd B Rd B Rd B Rd B Rd
+Q
(a) 2 (b) (c)
M f.Rd M f.Rd
M f.Rd

n m m n n m m n m m
Figura 4.44 – Meccanismi di collasso dei T-stub: a) meccanismo 1; b) meccanismo 2;
c) meccanismo 3 (Piluso et al., 2000)

Meccanismo di collasso 1
Tra i tre possibili meccanismi quello di tipo 1 risulta essere il più
dissipativo poiché caratterizzato dalla formazione di quattro cerniere
plastiche, due in corrispondenza dei bulloni e due in corrispondenza
del raccordo anima-flangia. In accordo con l’EC3, si assume come
distanza del bullone dalla cerniera plastica:
m = d − 0,8r (4.50)
dove d è la distanza tra l’asse del bullone e l’attacco anima-flangia, r è il
raggio di raccordo dell’attacco anima-flangia (nell’ipotesi che il T-stub
sia ottenuto a partire da un profilo laminato).

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
201 CAPITOLO 4

Attraverso considerazioni di equilibrio, dal diagramma del


momento mostrato in Figura 4.44, è semplice riconoscere il valore
della resistenza ultima di tale meccanismo F1 vale:
4M f
F1 = (4.51)
m

Meccanismo di collasso 2
Il meccanismo di collasso 2 è caratterizzato dalla formazione di
due cerniere plastiche in corrispondenza dell’attacco flangia-anima e
dalla contemporanea rottura dei bulloni (Figura 4.44).
La presenza delle forze di contatto produce un incremento delle
azioni nei bulloni che raggiungono il collasso ancora prima che si
verifichi la formazione di ulteriori cerniere plastiche nella flangia. La
condizione di snervamento delle flange, con riferimento alla figura,
fornisce la seguente condizione:
Bm − Q(n + m) = M f (4.52)
da cui
Bm − M f
Q= (4.53)
m+n
dove n rappresenta la distanza tra l’asse del bullone e la forza di
contatto.
Dall’equilibrio alla traslazione si ottiene il valore della resistenza
ultima per questo meccanismo:
2 M f + 2 Bn
F2 = 2( B − Q) = (4.54)
m+n

Meccanismo di collasso 3
Tale tipo di meccanismo interessa il caso in cui l’elemento debole
della connessione è costituito dai bulloni che, infatti, raggiungono la
rottura prima della formazione di ogni cerniera plastica. In tal caso vi
è l’impossibilità di sviluppare forze di contatto Q e pertanto i due
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 202

profili a T, costituenti l’accoppiamento del T-stub, risultano


completamente sconnessi alla rottura. La resistenza ultima del
meccanismo si ricava banalmente dall’equilibrio alla traslazione:
F3 = 2 B (4.55)
A partire dalle caratteristiche geometriche e meccaniche
dell’accoppiamento, la resistenza del T-stub equivalente è data dalla
minima dei tre meccanismi:
F = min{F1 , F2 , F3 } (4.56)
I meccanismi di collasso illustrati sono evidentemente influenzati
dal rapporto tra resistenza flessionale delle flange e resistenza assiale
dei bulloni, così come si è già detto in precedenza. Si può infatti
osservare che, introdotto il parametro:
4M f
β= (4.57)
2B ⋅ m
che rappresenta il rapporto tra la resistenza relativa al meccanismo di
collasso 1 (governato dalle flange) e la resistenza del meccanismo 3
(governata dai bulloni), è possibile prevedere il meccanismo che
conduce al collasso del T-stub. Infatti, introducendo il parametro
adimensionale λ = n / m ed eguagliando le resistenze relative ai
meccanismi 1-2 e 2-3, si possono individuare tre campi:

ƒ meccanismo 1 (collasso delle flange): β < ;
1+ λ
ƒ meccanismo 2 (collasso delle flange e rottura dei bulloni):

β< < 2;
1+ λ
ƒ meccanismo 3 (collasso dei bulloni): β > 2 .
La resistenza di progetto per i tre meccanismi citati può essere
rappresentata in forma adimensionale come in Figura 4.45. Dal punto
di vista pratico, il primo caso è tipico dei T-stub con flange sottili, il
terzo meccanismo invece è tipico dei casi a flange grosse.
Per il meccanismo 1 è possibile ottenere un significativo
incremento della resistenza tenendo conto dell’influenza dell’area di
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
203 CAPITOLO 4

contatto su cui agisce il bullone, rappresentata dal diametro della


rondella dw.

Figura 4.45 – Influenza del parametro β sulla modalità di collasso dei T-stub
(Piluso et al., 2000)
Assumendo quindi che l’azione del bullone possa essere
riguardata come un carico distribuito:
B
q= (4.58)
dw
dalle equazioni di equilibrio alla rotazione intorno alla sezione in asse
dei bulloni ed in corrispondenza dell’attacco flangia-anima si ottiene:
qd w2
M f = Qn − (4.59)
8
M f = q d w m − Q ( m + n) (4.60)
Queste ultime due equazioni forniscono un sistema nelle due
incognite Q e q. La risoluzione di esso porta alle seguenti espressioni
per le forze di contatto e per l’azione del bulloni:

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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 204

M f (8m + d w )
Q= (4.61)
8mn − (m + n)d w
8M f ( m + 2n)
B = qw d = (4.62)
8mn − (m + n)d w
Dall’equilibrio alla traslazione risulta il valore della resistenza
ultima cercato:
M f (32n − 2d w )
F1 = 2 B − 2Q = (4.63)
8mn − (m + n)d w

Resistenza della flangia e dei bulloni


Nelle precedenti relazioni sono state utilizzate la resistenza
plastica della flangia (Mf) e quella a trazione dei bulloni (B). Per quanto
attiene alla flangia, il momento plastico è espresso come quello di una
sezione rettangolare di base beff e altezza tf :
beff t 2f
Mf = fy (4.64)
4
Proprio con riferimento a beff è necessario fare alcune
considerazioni. La larghezza efficace deve infatti essere ottenuta
imponendo un’equivalenza al collasso tra il modello di T-stub e la
piastra (end-plate o flangia che sia) effettivamente esaminata,
investigando sui meccanismi di propagazione delle linee plastiche.
Come evidenziato in Figura 4.46, generalmente si considerano tre
possibili meccanismi, caratterizzati da differenti valori delle larghezze
efficaci (Zoetemeijer, 1974; Ballio, Mazzolani, 1994):

Figura 4.46 – Linee di plasticizzazione per T-stub ad una sola fila di bulloni
(Piluso et al., 2000)
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205 CAPITOLO 4

ƒ imbutitura o rottura circolare (circular pattern): beff ,1 = 2πm ;


ƒ rottura non circolare (non circular pattern): beff , 2 = 4m + 1,25n ;
ƒ rottura globale (beam pattern): beff ,3 = b .
Evidentemente il meccanismo di collasso si attiverà per il valore
più piccolo delle larghezze efficaci così stimate:
beff = min{beff ,1 , beff , 2 , beff ,3 } (4.65)

I valori delle larghezze efficaci precedentemente riportati sono


riferiti al caso di bulloni singoli. Per tenere conto del comportamento
di gruppo dei bulloni (riferendosi ad esempio ai T-stub a quattro
bulloni) occorre valutare il passo dei bulloni stessi e confrontarlo con
m. Qualitativamente, se il passo p è molto più grande di m, i bulloni
non esibiscono comportamento di gruppo. Negli altri casi, occorre
invece valutare l’influenza del comportamento di gruppo. Con
riferimento alla Figura 4.47 si può pervenire alle relazioni seguenti:
ƒ rottura circolare: beff , 4 = πm + 0.5 p ;
ƒ rottura non circolare: beff ,5 = 2m + 0.625n + 0.5 p .

Figura 4.47 – Linee di plasticizzazione per T-stub ad una sola fila di bulloni.
Comportamento isolato a), b), c) e comportamento di gruppo d), e) (Piluso et al., 2000)

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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 206

In ogni caso il valore della larghezza efficace da adottare nei


calcoli sarà ancora il minore tra tutti i possibili meccanismi di collasso:
beff = min{beff ,1 , beff , 2 , beff ,3 , beff , 4 , beff ,5 } (4.66)

4.4.2 Modello monotono di Piluso et al. (1997)


Il modello di Piluso et al. concettualmente si sviluppa osservando
che, anche in condizioni ultime, i meccanismi di collasso tipici dei T-
stub sono legati al rapporto tra la resistenza flessionale della flangia e
la resistenza assiale dei bulloni. In particolare si ritiene che la
distribuzione delle sollecitazioni interne agente in condizioni ultime
sia analoga a quella descritta precedentemente e rappresentata in
Figura 4.44. Pertanto il modello si sviluppa sull’intuizione che, note le
sollecitazioni agenti sul modello a trave del T-stub, ed in particolare
noto il momento flettente, sia possibile calcolare le curvature
corrispondenti e da queste, attraverso opportuna integrazione,
ritrovare le rotazioni e quindi gli spostamenti del T-stub, noto il
cinematismo agente (Figura 4.48).
E’ opportuno precisare le difficoltà connesse alla previsione del
comportamento ultimo di T-stub bullonati in ragione dei numerosi
aspetti che governano il fenomeno. Difatti, il problema presenta una
natura tridimensionale, risulta caratterizzato da non linearità
geometriche e meccaniche ed, infine, le condizioni di collasso
vengono influenzate da problematiche di meccanica delle fratture
nonchè da fenomeni di contatto. Si comprende quindi come la
formulazione di un modello matematico comporti necessariamente
delle semplificazioni. Nello specifico, le ipotesi alla base del modello
di Piluso et al. sono le seguenti:
Il modello qui presentato si fonda quindi su alcune ipotesi:
- adozione di un modello monodimensionale, trascurando gli
effetti legati alla tridimensionalità del problema;
- si trascura la non linearità geometrica;

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207 CAPITOLO 4

- si trascura l’influenza dell’azione tagliante sul comportamento


del T-stub;
- le forze di contatto vengono introdotte nel modello con un
approccio semplificato;
- il collasso del materiale viene modellato assumendo che la
condizione di rottura si realizzi al raggiungimento della
deformazione ultima nelle flange.

Figura 4.48 – Cinematismi di collasso dei T-stub in funzione del meccanismo atteso
(Piluso et al., 2000)
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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 208

Sotto queste ipotesi si comprende come la definizione dello


spostamento ultimo si riduca alla definizione delle rotazioni ultime di
una sezione compatta (ossia la sezione rettangolare della flangia del T-
stub, di dimensioni beff e tf) tramite l’integrazione del diagramma
momento-curvatura.
Per la definizione del modello comportamentale del T-stub
occorre una corretta valutazione del legame costitutivo dell’acciaio
costituente lo stesso. A differenza dell’approccio visto nel paragrafo
4.2 si assumerà un legame di tipo true stress-true strain quadrilineare,
del tipo indicato in Figura 4.49, a cui si era accennato nel paragrafo del
capito 3 relativamente alle prove sulla caratterizzazione del materiale.
σ
maximum load point fracture

fu atn E u
TRUE STRESS

atn E h
fy

atn E
εy εh εm εu ε
NATURAL STRAIN

Figura 4.49 – Legame costitutivo quadrilineare (Piluso et al., 2000)


Il legame proposto coglie chiaramente le quattro zone tipiche del
legame costitutivo di un acciaio attraverso le seguenti grandezze
caratteristiche:
• εy, deformazione reale allo snervamento;
• εh, deformazione reale di inizio incrudimento;

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209 CAPITOLO 4

• εm, deformazione “massima”, relativa al punto di massimo


carico del legame convenzionale;
• εu, deformazione al collasso;
• fy, tensione reale di snervamento;
• fu, tensione ultima;
• ff, tensione alla frattura del provino;
• E, modulo di elasticità lineare;
• Eh, modulo di elasticità incrudente;
• Eu, modulo di elasticità post-strizione.
Si riepilogano quindi i passaggi necessari per modellare il legame
costitutivo del materiale a partire dai risultati di una prova monotona a
trazione.
Step Procedura per la definizione del legame quadrilineare
Si trasforma il legame costitutivo nominale in legame costitutivo
reale per mezzo delle relazioni introdotte al paragrafo 3.6, avendo
cura di riportare la deformazione alla frattura εu, valutata per mezzo
1 dell’eq. (3.21), e di introdurre il ramo lineare che va dall’inizio della
strizione alla frattura della provetta. In questa fase risulteranno note
le quantità εy, εh, εu, fy, ff ed E, ottenute per lettura diretta dal legame
costitutivo reale.
Si modella il legame quadrilineare facendo variare il punto (εm, fu) in
modo che l’area sottesa dal legame quadrilineare sia pari all’area
sottesa dal legame reale (ossia stabilendo una equivalenza energetica
2 tra i due legami).
Stabilita tale equivalenza il legame risulta completamente
determinato, ed in particolare risulteranno noti i parametri εm, fu, Eh
ed Eu.

Il legame momento-curvatura per la sezione rettangolare della


flangia viene ottenuto sotto le ipotesi precedentemente introdotte, ed

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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 210

in particolar modo modellando il materiale con la legge quadrilineare


appena descritta.
Definita la curvatura χ relativa ad un generico livello di
deformazione ε della fibra esterna della sezione, ed il momento
flettente corrispondente allo snervamento:

χ= (4.67)
tf
beff t 2f
My = fy (4.68)
6
è possibile costruire il diagramma in termini adimensionali, come
legame M/My - χ/χy, attraverso la semplice scrittura di equazioni di
equilibrio (Piluso et al., 1997).
Saranno inoltre considerate le seguenti curvature caratteristiche:

χy = y (4.69)
tf
2ε h
χh = (4.70)
tf
2ε m
χm = (4.71)
tf
2ε u
χu = (4.72)
tf
Il legame momento-curvatura della sezione sarà rappresentato dai
seguenti rami:
1. ramo elastico, χ χ y < 1 :
M χ
= (4.73)
My χy
2. yield plateou, 1 < χ χ y < χ h χ y :

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211 CAPITOLO 4

1 ⎡ ⎛ χy ⎞ ⎤
2
M
= ⎢3 − ⎜⎜ ⎟ ⎥ (4.74)
M y 2 ⎢ ⎝ χ ⎟⎠ ⎥
⎣ ⎦
3. hardening, χ h χ y < χ χ y < χm χ y :

1 ⎡⎢ ⎛⎜ χ ⎤ 1 E ⎛χ−χ
2
M ⎞ ⎞⎛ χ h ⎞⎛ χ ⎞
= 3− ⎟ ⎥+ h ⎜ h ⎟⎜1 − ⎟⎟⎜⎜ 2 + h ⎟⎟ (4.75)
M y 2 ⎢ ⎜⎝ χ y ⎟ ⎜
⎥ 2 E ⎝ χy ⎟⎜⎝ χ ⎠⎝ χ ⎠
⎣ ⎠ ⎦ ⎠
4. Post-strizione, χ m χ y < χ χ y < χu χy :

1 ⎡⎢ ⎛⎜ χ ⎞⎟ ⎤⎥ 1 Eh ⎛⎜ χ − χ h ⎞⎟⎛ χ h
2
M ⎞⎛ χ ⎞
= 3− + ⎜1 − ⎟⎟⎜⎜ 2 + h ⎟⎟ +
M y 2 ⎢ ⎜⎝ χ y ⎟⎠ ⎥ 2 E ⎜⎝ χ y ⎟⎠⎜⎝ χ ⎠⎝ χ ⎠
⎣ ⎦ (4.76)
1 ⎛ E − Eu ⎞⎛⎜ χ − χ m ⎞⎟⎛ χ m ⎞⎛ χ ⎞
− ⎜ h ⎟⎜ ⎜⎜1 − ⎟⎟⎜⎜ 2 + m ⎟⎟
2 ⎝ E ⎠⎝ χ y ⎠⎝ ⎟ χ ⎠⎝ χ ⎠

Come già visto il parametro che governa la rottura è β , che con


riferimento alle condizioni ultime diventa:
4M u ,
βu = (4.77)
Bu m
dove
⎛ M ⎞ beff t 2f ⎛ M ⎞
Mu = M y ⋅⎜ ⎟ = fy ⋅⎜ ⎟ (4.78)
⎜M ⎟ 6 ⎜M ⎟
⎝ y ⎠ χ = χu ⎝ y ⎠ χ = χu
Bu = Arb f ub (4.79)

A seconda del meccanismo di rottura identificato dal coefficiente


β u , Piluso et al. modellano il legame forza-spostamento con un
andamento quadrilineare (Figura 4.50).

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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 212

Figura 4.50 – Legame quadrilineare di Piluso et al. (2000)

Meccanismo 1

Tale meccanismo si verifica per β u < e la precedente
1 + 2λ
l’espressione (4.63), particolarizzata al caso del momento ultimo,
restituisce la resistenza ultima del T-stub:
M u ⋅ (32n − 2d w )
F1,u = (4.80)
8mn − (m + n ) ⋅ d w
Quest’ultima espressione fornisce anche le altre ordinate del
legame quadrilineare se particolarizzata con i momenti corrispondenti
alle curvature limite χ y , χ h , χ m ricavate utilizzando le (4.69-4.71).
Gli spostamenti corrispondenti ai quattro punti del legame si
possono ottenere tramite l’integrazione delle curvature lungo la flangia
del T-stub. Lo spostamento corrispondente al primo snervamento

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213 CAPITOLO 4

può essere desunto impiegando l’espressione della rigidezza iniziale


ricavata da Piluso:
beff' t 3f
K = 0,5 E (4.81)
m3
dove beff' è la base utilizzata per il calcolo della rigidezza:
beff' = 2m + d h < b (4.82)
Lo spostamento al limite elastico del T-stub potrà quindi
ottenersi come:
Fy
δy = 2 + δ b, y (4.83)
K
dove δ b, y è l’allungamento del bullone fornito da:
Fy My
+
δ b, y =
B
= 2 n (4.84)
EAb L b EAb Lb
La lunghezza convenzionale del bullone Lb viene invece stimata:
t bh + t n
Lb = 2t f + 2t wh + (4.85)
2
dove twf è lo spessore della rondella, tbh è lo spessore della testa del
bullone e tn è lo spessore del dado.
Lo spostamento corrispondente alla forza Fh , ovvero all’inizio
della fase di strain-hardening, si può ottenere come somma della parte
elastica e di quella plastica:
δ h = δ eh + 2δ ph (4.86)
dove δ eh è la parte elastica dello spostamento valutata come:
Fh
δ eh = (4.87)
Ki
e δ ph è la parte plastica dello spostamento si un singolo elemento a T,
che può ricavarsi impiegando la funzione D(ξ ) definita attraverso
l’integrazione delle curvature:

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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 214

⎡ χξ 1 M y ⎛ χξ χ y ⎞ ⎤
D(ξ ) = ε y ⎢2 − ⎜3 + − 3 ⎟ − 1⎥ (4.88)
⎜ ⎟ ⎥
⎣⎢ χ y ξ M u ⎝ χ y χ ξ ⎠ ⎦
2
D(ξ 2 )
m
δ ph = (4.89)
2t f
Mh
in cui D(ξ 2 ) è il valore della funzione con ξ 2 = e χξ = χ h .
Mu
Il ragionamento esposto può essere rapidamente applicato anche
al calcolo di δ m , spostamento atteso al raggiungimento di Fm. In tal
caso si ha infatti:
δ m = δ em + 2δ pm (4.90)
dove la parte elastica dello spostamento δ em sarà ancora espressa dalla
relazione:
Fm
δ em = (4.91)
Ki
mentre la parte plastica può ottenersi, dall’integrazione delle curvature,
impiegando la funzione:
⎡ χξ 1 M y ⎛ χξ χ y E h (χ ξ − χ h ) ⎞ ⎤
2

F (ξ ) = ε y ⎢2 − ⎜ 3 + −3+ ⎟ − 1⎥ (4.92)
⎢⎣ χ y ξ M u ⎜⎝ χ y χ ξ E χ ξ χ y2 ⎟ ⎥
⎠ ⎦
m2
δ pm = F (ξ 3 ) (4.93)
2t f
Mm
in cui F (ξ 3 ) è il valore della funzione con ξ 3 = e χξ = χ m .
Mu
Infine, lo spostamento ultimo del T-stub è fornito dalla seguente
espressione:
δ u = δ eu + 2δ pu (4.94)
dove la parte elastica dello spostamento è ancora ottenuta da:
Fu
δ eu = (4.95)
Ki

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215 CAPITOLO 4

e lo spostamento plastico ultimo è calcolabile come:


⎧⎪ 1 ⎛ 1 E E ⎞ 1 ⎫⎪
C = 2⎨ε u − ⎜⎜ 3ε u + − 3 + h C h + u C u ⎟⎟ − ⎬ε y (4.96)
⎪⎩ 2(M u M y ) ⎝ εu E E ⎠ 2 ⎪⎭
ε m3 ε3
Ch = + 3ε m ε u − 3ε m2 + 3ε h2 − 3ε h ε m − h (4.97)
εu εu
ε 3
C u =ε u2−3ε mε u +3ε m2− m (4.98)
εu
m2
δ pu = C (4.99)
2t f
E’ importante osservare che i parametri D(ξ 2 ) , F (ξ 3 ) e C sono
funzioni solo del materiale.

Meccanismo 2

Il meccanismo 2 si verifica per valori < β u < 2 , mentre la
1 + 2λ
resistenza ultima del T-stub può essere espressa in funzione di Mu e
del parametro ξ:
2M u
Fu , 2 = (1 + ξ ) (4.100)
m
dove:
(2 − β u )λ
ξ= (4.101)
β u (1 + λ )
Anche l’espressione (4.100), nell’ipotesi semplificativa che il
punto di nullo del diagramma del momento resti invariato durante il
processo di carico, fornisce anche le altre ordinate del legame
quadrilineare se particolarizzata con i momenti corrispondenti alle
curvature limite χ y , χ h , χ m ricavate utilizzando le (4.69-4.71).

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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 216

Per quello che riguarda lo spostamento al limite elastico vale


ancora l’equazione (4.83), dove però questa volta il contributo del
bullone è dato da:
Fy ξM y
+
δ b, y =
B
= 2 n (4.102)
EAb L b EAb Lb
Il secondo punto del legame costitutivo, corrispondente alla
condizione di strain-hardening, è ottenuto dalla differenza delle due
rotazioni plastiche ϑ p1 e ϑ p 2 . L’integrazione delle curvature restituisce
le seguenti:
m
ϑ p1h = D (ξ 2 ) (4.103)
t f (1 + ξ )
se ξ 2* < ξ1 ϑ p 2h = 0 (4.104)
m⎛ ξ ⎞
se ξ 2* > ξ1 ϑ p 2h = ⎜⎜ + λ ⎟⎟ D(ξ 2* ) (4.105)
t f ⎝1+ ξ ⎠
Mh
in cui D(ξ 2* ) è il valore espresso dalla funzione (4.88) con ξ 2* = ξ
Mu
e χ ξ pari alla curvatura corrispondente al momento ξ 2* M u .
Ottenute le rotazioni, lo spostamento δ ph sarà valutato:
se ϑ p1h > ϑ p 2 h δ ph = ϑ p1h (n + m) − ϑ p 2 h n (4.106)
se ϑ p1h < ϑ p 2 h δ ph = ϑ p1h m (4.107)
da cui è possibile pervenire allo spostamento δ h con l’eq. (4.86).
Per quanto riguarda lo spostamento δ m , atteso in corrispondenza
di Fm, si condurranno ragionamenti analoghi a quelli svolti per il
calcolo di δ h . In particolare, si valutano prima le rotazioni plastiche:
m
ϑ p1m = F (ξ 3 ) (4.108)
t f (1 + ξ )
se ξ 3* < ξ1 ϑ p 2m = 0 (4.109)

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217 CAPITOLO 4

m⎛ ξ ⎞
se ξ1 < ξ 3* < ξ 2 ϑ p 2m = ⎜⎜ + λ ⎟⎟ D(ξ 2* ) (4.110)
t f ⎝1+ ξ ⎠
m⎛ ξ ⎞
se ξ 2 < ξ 3* < ξ 3 ϑ p 2m = ⎜⎜ + λ ⎟⎟ F (ξ 3* ) (4.111)
t f ⎝1+ ξ ⎠
Ancora una volta D(ξ 3* ) e F (ξ 3* ) sono i valori delle funzioni
Mm
espresse dalla (4.88) e (4.92) con ξ 3* = ξ e χ ξ pari alla curvatura
Mu
corrispondente al momento ξ 3* M u . Con la stessa procedura introdotta
precedentemente, si ottiene:
se ϑ p1m > ϑ p 2 m δ pm = ϑ p1m (n + m) − ϑ p 2 m n (4.112)
se ϑ p1m < ϑ p 2 m δ pm = ϑ p1m m (4.113)
da cui è possibile pervenire allo spostamento δ m con l’eq. (4.90).
Per concludere il tracciamento del legame quadrilineare, è
necessario calcolare il valore dello spostamento al collasso δ u . Questo
sarò ottenuto applicando la (4.94), in cui la rotazione plastica ϑ p1u sarà
ottenuta mediante una relazione analoga alla (4.93):
m
ϑ p1u = C (4.114)
t f (1 + ξ )
Invece, la rotazione della zona compresa fra l’asse del bullone ed
il bordo libero dipende dal corrispondente valore del momento
flettente ξM u , identificando quattro casi:
se ξ < ξ1 ϑ p 2u = 0 (4.115)
m⎛ ξ ⎞
se ξ1 < ξ < ξ 2 ϑ p 2u = ⎜⎜ + λ ⎟⎟ D(ξ ) (4.116)
t f ⎝1+ ξ ⎠
m⎛ ξ ⎞
se ξ 2 < ξ < ξ 3 ϑ p 2u = ⎜⎜ + λ ⎟⎟ F (ξ ) (4.117)
t f ⎝1+ ξ ⎠
m⎛ ξ ⎞
se ξ 3 < ξ < ξ1 ϑ p 2u = ⎜⎜ + λ ⎟⎟G (ξ ) (4.118)
t f ⎝1+ ξ ⎠

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 218

dove la funzione G (ξ ) è così definita:


⎧⎪ χ 1 M y ⎡ χξ χ y E E ⎤ ⎫⎪
G (ξ ) = ε y ⎨2 ξ − ⎢3 + − 3 + h Gh + u Gu ⎥ − 1⎬ (4.119)
⎪⎩ χ y ξ M u ⎢⎣ χ y χ ξ E E ⎥⎦ ⎪⎭
χ m3 χ m χξ χ m2 χ h2 χ h χξ χ h3
Gh = + 3 − 3 + 3 − 3 − (4.120)
χ ξ χ y2 χ y2 χ y2 χ y2 χ y2 χ ξ χ y2
χ ξ2 χ m2 χ m χξ χ m3
Gu = 2 + 3 2 − 3 − (4.121)
χy χy χ y2 χ ξ χ y2
Si ottiene quindi:
se ϑ p1u > ϑ p 2u δ pu = ϑ p1u (n + m) − ϑ p 2u n (4.122)
se ϑ p1u < ϑ p 2u δ pu = ϑ p1u m (4.123)

Meccanismo 3
Per tale meccanismo la formulazione risulta analoga a quanto
osservato per il meccanismo 1, con la differenza che, in questo caso,
la rotazione del T-stub è data dalla (4.116) e dove in questo caso il
coefficiente ξ vale:
δ p = ϑpm (4.124)
M B m 2
ξ= = u = (4.125)
Mu Mu βu
Richiamando le espressioni precedenti, in questo caso il legame
costitutivo sarà dato da un quadrilineare troncato nel punto
corrispondente alla forza ultima, rappresentata dalla resistenza dei
bulloni. Nella versione completa il legame diventa:
Fy
δy = (4.126)
K
F m2
δh = h + D(ξ 2 ) (4.127)
K tf

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219 CAPITOLO 4

Fm m 2
δm = + F (ξ 3 ) (4.128)
K tf
Fu m 2
δu = + G (ξ ) (4.129)
K tf

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Analisi dei Modelli Esistenti per le Componenti Nodali 220

4.4.3 Modello ciclico di Piluso et al. (2000)


Sulla base delle sperimentazioni effettuate Faella, Piluso e
Rizzano hanno elaborato nel 1999 un modello per la previsione del
legame ciclico forza-spostamento per i T-stub. Il modello ha la
peculiarità di definire le leggi di degrado della rigidezza e della
resistenza come funzione dell’energia dissipata nell’ultimo semiciclo,
adimensionalizzando quest’ultima rispetto all’energia cumulata al
collasso ottenuta con prove di fatica oligociclica condotte ad ampiezza
costante.
Nel caso generale di cicli ad ampiezza variabile è necessario
calcolare la corrispondente energia di collasso con la seguente
espressione, in cui la parte plastica dello spostamento imposto all’i-
esimo ciclo viene normalizzata rispetto allo spostamento ultimo della
coppia di T-stub calcolato con l’espressione (4.99):
⎛ tfδp ⎞
b0
Ecc
= a0 ⎜⎜ ⎟
2 ⎟
(4.130)
E0 ⎝ Cm ⎠
Quindi, in generale, l’energia cumulata al collasso viene espressa
in funzione dell’energia E0 dissipata in campo monotono fino allo
spostamento δmax e della parte plastica di quest’ultimo δp. I parametri
a0 e b0 invece vengono determinati sperimentalmente con un’analisi di
regressione ai minimi quadrati.
Sempre sulla base dei dati sperimentali, sono state proposte le
leggi di degrado della resistenza e della rigidezza normalizzate,
rispettivamente, rispetto alla Fmax corrispondente al δmax sul ramo
monotono, e rispetto a K0, rigidezza elastica del T-stub determinata
con l’eq. (4.81):
a2
⎛δ ⎞
a3
Fi ⎛ Eic ⎞
= 1 − a1 ⎜ max ⎟ ⎜⎜ ⎟⎟ (4.131)
⎜ 2δ ⎟
F max ⎝ y ⎠ ⎝ Ecc ⎠
b2
⎛δ ⎞
b3
Ki ⎛ Eic ⎞
= 1 − b1 ⎜ max ⎟ ⎜⎜ ⎟⎟ (4.132)
⎜ 2δ ⎟
K0 ⎝ y ⎠ ⎝ Ecc ⎠

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
221 CAPITOLO 4

dove a1, a2, a3, b1, b2, e b3, sono ancora parametri determinati
sperimentalmente e sulla base di un’analisi di regressione.
In definitiva, il modello di Piluso et al. è applicabile tramite la
seguente procedura:

Step Procedura per l’applicazione del modello di Piluso et al.


Determinazione del legame monotono secondo quando indicato al
1
paragrafo 4.4.2
Calcolo dell’energia dissipata in condizioni monotone per lo
2
spostamento δmax
Calcolo dell’energia cumulata al collasso per cicli costanti in
3
corrispondenza dello spostamento δmax con l’equaz. (4.130)

4 Calcolo della forza Fmax corrispondente al allo spostamento δmax sul


legame monotono
Definizione della legge di degrado della resistenza al ciclo i-esimo
5
tramite l’equaz. (4.131)
Definizione della legge di degrado della rigidezza al ciclo i-esimo
6
tramite l’equaz. (4.132)
7 Nel caso di cicli ad ampiezza variabile riprendere dallo step 2

Mentre i coefficienti scelti nel seguito per l’applicazione del modello


vengono riportati in Tabella 4.3:
Tabella 4.3 – Parametri per l’applicazione del modello ciclico di Piluso et al. (2000)

Parametro valore
a0 0,7-1,1
b0 1,212
a1 0,345
a2 0,158
a3 3,595
b1 0,849
b2 0,053
b3 0,137

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
CAPITOLO 5
IL MODELLO CICLICO PER COMPONENTI E
CONFRONTI SPERIMENTALI

5.1 GENERALITÀ
Sulla base dei risultati energetici ottenuti con le prove
sperimentali condotte sui quattro nodi (capitolo 3), è emersa una
sostanziale coincidenza fra l’energia complessivamente dissipata dalle
componenti monitorate durante la prova e l’energia spesa per eseguire
la prova stessa. Da questa osservazione ne derivava la possibilità di
sviluppare un modello meccanico per componenti in grado di
descrivere il comportamento ciclico dei nodi flangiati. Tale modello
viene schematicamente descritto in Figura 5.1.

cfb epb bt
cwt-c
cfb epb bt

M
cfb epb bt
cws cwt-c
cfb epb bt

Figura 5.1 – Modello meccanico ciclico per nodi flangiati tipo extended end-plate
223 CAPITOLO 5

In tale modello le componenti nodali coinvolte sono: il pannello a


taglio (cws), la piastra di estremità in flessione (epb), la flangia della
colonna in flessione (cfb) e pannello d’anima della colonna soggetto a
trazione o compressione (cwt-c).
Al fine di perfezionare il modello ciclico descritto e di verificarne
l’affidabilità, nella prima parte di questo capitolo verranno descritti i
modelli isteretici impiegati per le singole componenti e ne verrà
confrontato il risultato con i dati sperimentali osservati.
Successivamente si procederà con l’assemblaggio dei modelli per
ottenere il modello complessivo del nodo che, quindi, consentirà di
confrontare le simulazioni ottenute dal modello complessivo con le
prove di laboratorio condotte.
Dai confronti con i risultati sperimentali delle prove condotte sui
nodi flangiati, strumentati per monitorare il comportamento delle
singole componenti nodali come quello complessivo, sarà possibile
osservare come la modellazione del comportamento ciclico della
piastra di estremità in flessione risulta adeguatamente modellata con
l’approccio suggerito da Faella, Piluso e Rizzano (2000). Con
riferimento al comportamento ciclico del pannello nodale a taglio e
dell’anima della colonna soggetta a trazione e compressione, invece, è
stata accertata l’affidabilità di modelli disponibili in letteratura.
In definitiva, i risultati ottenuti mostrano chiaramente la
possibilità di mettere a punto un modello del comportamento ciclico
rotazionale di nodi flangiati, in grado di portare in conto sia il degrado
di rigidezza che di resistenza.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 224

5.2 IL MODELLO PER IL PANNELLO A TAGLIO


Il modello scelto per descrivere il
comportamento ciclico del pannello a INPUT DATI

taglio, fra quelli proposti in letteratura,

for i=1 to NSC


per accuratezza ed affidabilità è quello di
Kim ed Engelhardt (paragrafo 4.3).
Quanto si esporrà in questo paragrafo
per il pannello a taglio, con qualche MONOTONO
leggera differenza, resterà valido anche
per l’implementazione del modello
utilizzato per il pannello d’anima
soggetto a trazione e compressione
ciclica. Compare if i<z
i and z
Come osservato nel capitolo 4, il
modello ciclico di Kim ed Engelhardt
(1996, 2002) prevede due fasi if i>z
fondamentali: la prima, in cui si effettua
il calcolo dei parametri necessari a CICLICO
definire il legame monotono, ed una
seconda fase in cui, a partire dalla
conoscenza del legame monotono e
della curva di regime ciclico (CSS
curve), si integrano le rotazioni per Compare
if i<NSC
calcolare la forma del ramo inelastico al i and NSC

ciclo i-esimo. E’ opportuno ricordare


che, fra un ciclo e l’altro, è necessario
if i=NSC+1
effettuare la traslazione delle bound line
per tener conto dei fenomeni di
softening, hardening e dell’eventuale STAMPA DATI
rilassamento. Volendo immaginare
un’implementazione informatica del Figura 5.2 – Implementazione del
modello che ricorra all’uso di subrutine, modello di Kim ed Engelhardt per
si possono identificare i macroblocchi macroblocchi
mostrati in Figura 5.2 dove con NSC si
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
225 CAPITOLO 5

è indicato il numero di semicicli simulati, mentre con Z il semiciclo


limite che determina l’uscita dal campo elastico. Più in dettaglio, il
primo blocco prevede l’input di dati geometrici e meccanici, nonché i
dati riguardanti i coefficienti necessari alla definizione del modello
ciclico. Nel secondo blocco, invece, si valutano i quattro punti
costituenti il legame monotono momento-rotazione che, come visto,
serve a definire le successive regole cicliche. In questa fase, a seguito
del calcolo dei parametri preliminari (4.25-4.34), risulta necessario
individuare il valore dello spostamento, imposto alla componente, per
cui si verifica l’uscita dal campo elastico. Il numero del ciclo per cui si
verifica tale condizione viene immagazzinato nella variabile di
controllo Z che, all’aumentare dei cicli elastici, vieni progressivamente
incrementata di un’unità. Lo schema di questa seconda fase viene
rappresentato nel flow-chart di Figura 5.3:
MONOTONO
CALCOLO DEI
PARAMETRI
MONOTONI
for i=1 to NSC

if | i|< y

Compare
| i| and y

if | i|> y
z=i

CICLO
MONOTONO

CICLICO

Figura 5.3 – Implementazione del blocco monotono


Al raggiungimento della seguente condizione di snervamento:
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 226

ϑi > γ y (5.1)
si ha l’uscita dal campo elastico assumendo che per i =Z-1 si ha
l’ultimo semiciclo in campo elastico, mentre, per i =Z si ha il primo
semiciclo in campo plastico, con il ramo isteretico calcolato secondo
la teoria di Dafalias.
Le convenzioni sui simboli impiegati nell’implementazione sono
riassunte in Figura 5.4, in cui si riportano i sistemi di riferimento
globale e locale, nonché la convenzione sulle notazioni riguardanti la
bound line.

M
Cyclic steady-state curve
Kbl
Mfi

K3 My
K2

M0i K1

i+1 Ke
0i i γ
in

Cbl

Mfi+1

Figura 5.4 – Nomenclatura impiegata nell’implementazione

Come noto dal capitolo 4 e con riferimento al flow-chart generale


di Figura 5.2, per la definizione generale del legame ciclico del
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
227 CAPITOLO 5

pannello a taglio, dopo il semiciclo monotono occorre procedere con


l’implementazione del blocco riguardante lo sviluppo ciclico della
curva, tenendo presente che occorre distinguere, in ogni ciclo, il
semiciclo in campo plastico dal semiciclo più generico. A monte di
ogni ciclo bisogna prevedere il calcolo delle rotazioni plastiche
accumulate, onde ricavare il fattore di forma definito dalla funzione di
Boltzmann (4.42).
Inizialmente il modello prevede che la bound line sia tangente alla
curva ciclica di regime. L’espressione di tale curva, qui richiamata,
permette di imporre la condizione di tangenza eguagliando le derivate
prime:
⎡M ⎛ M ⎞
c

γ1 = γ n ⎢ + ⎜⎜ ⎟⎟ ⎥ (5.2)
⎢⎣ M n ⎝ ξM n ⎠ ⎥⎦
(M + cbl )
γ2 = (5.3)
K bl
dγ 1 ⎡ 1 c ⎤
=γn⎢ + M c −1
⎥ (5.4)
⎣⎢ M n (ξM n )
c
dM ⎦⎥
dγ 2 1
= (5.5)
dM K bl
da cui risulta:
dγ 1 dγ 2 ⎡ 1 c ⎤ 1
= ⇒γn⎢ + c −1
M tan ⎥= ⇒
⎣⎢ M n (ξM n )
c
dM dM ⎦⎥ K bl
(1 ( c −1) ) (5.6)
⎡⎛ 1 γ n ⎞ (ζM n )c ⎤
⇒ M tan = ⎢⎜⎜ − ⎟⎟ ⎥
⎣⎢⎝ K bl M n ⎠ cγ n ⎦⎥
Nota l’ordinata del punto di tangenza è possibile ottenere l’ascissa
dalla (4.3). Definito un punto della linea limite e la sua pendenza è
possibile quindi ottenere l’intercetta all’origine cbl :
cbl = M tan − K bl γ tan (5.7)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 228

Definita la posizione della retta si può passare alla definizione del


tratto inelastico, a patto che l’entità della rotazione del ciclo successivo
sia tale da consentire l’uscita dalla fase elastica.
Come spiegato nel capitolo 4, il tratto inelastico viene definito, in
base alla teoria di Dafalias, nel piano delle rotazioni plastiche tramite
la sua rigidezza tangente:
⎡ δA ⎤
K pA = K bl ⎢1 + hˆ (5.8)
⎣ δ in − δ A ⎥⎦
Per riportare la curva inelastica nel piano delle rotazioni totali è
necessario raccordare la curva con il ramo elastico, sommando gli
spostamenti a parità di forza mediante collegamento in serie:
K e + K pA
K =
t
A
(5.9)
K e K pA
Mentre l’espressione 5.8 risulta direttamente integrabile, la 5.9 lo è
solo per differenze finite. Per comprendere il livello di
approssimazione fornito da una soluzione ricavata tramite
integrazione step by step, rispetto alla soluzione esatta, si sono eseguiti
entrambi i procedimenti.
In forma chiusa è necessario considerare il differenziale della
funzione seguente:
δ = αM y − M + δ in + K bl γ (5.10)
dδ = − dM + K bl dγ (5.11)
da cui si ottiene:
dδ dM
=− + K bl (5.12)
dγ dγ
Considerando l’equazione 5.8, si ricava:
dδ ⎡ δ ⎤ ˆ δ
= K bl − K bl ⎢1 + hˆ ⎥ = K bl h (5.13)
dγ ⎣ δ in − δ ⎦ δ − δ in
Invertendo i membri ed integrando fra l’origine ed il generico
punto di coordinate (γ , δ ) risulta:

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
229 CAPITOLO 5

dδ δ δ − δ in 1
= K bl hˆ ⇒ dδ = dγ ⇒
dγ δ − δ in δ K bl hˆ
δ γ (5.14)
1 δ − δ in
⇒ ∫
K bl hˆ δ δ
dδ = ∫ dγ
0
in

da cui l’integrazione esatta fornisce:


γ=
(δ − δ in ) − δ in ln δ
(5.15)
K bl hˆ K bl hˆ δ in
In tal modo, al variare di δ è possibile ricercare le rotazioni
plastiche corrispondenti e, da queste, tramite la 5.12 ottenere il
momento. Si può inoltre osservare come la curva definita dalla 5.15, al
tendere di δ a zero, tenda ad infinito, ovvero la bound line risulta
essere un asintoto.
⎡ (δ − δ in ) δ in δ ⎤
lim γ = lim ⎢ − ln ⎥ = +∞ (5.16)
δ →0 δ →0
⎢⎣ K bl hˆ K bl hˆ δ in ⎥⎦
La rappresentazione di questa curva viene mostrata,
qualitativamente, in Figura 5.5.
La risoluzione per differenze finite si ottiene utilizzando le stesse
equazioni precedenti, ma integrando al passo. Il sistema risolutivo è
fornito dalla 5.8 e 5.10:
⎧δ = αM y − M + δ in + K bl γ

⎨ ΔM ⎡ ˆ δA ⎤ (5.17)
⎪ Δγ = K bl ⎢1 + h δ − δ ⎥
⎩ ⎣ in A⎦

Stabilita la rotazione ed il passo di integrazione fra i punti di


coordinate (γ 1 , M 1 ) e (γ 2 , M 2 ) si ottiene:
⎧δ 2 = αM y − M 2 + δ in + K bl γ 2

⎨ ΔM ⎡ ˆ δ2 ⎤ (5.18)
⎪ Δγ = K bl ⎢1 + h δ − δ ⎥
⎩ ⎣ in 2⎦

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 230

Hysteretic curve
6000000

5000000

4000000
M [Nmm]

3000000

2000000

1000000

0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,1 0,12 0,14

γ p [rad]

Figura 5.5 – Forma del ramo inelastico


La risoluzione del sistema si può effettuare per semplice
sostituzione riconducendolo, senza riportare i passaggi intermedi, alla
risoluzione di un’equazione di secondo grado in forma completa:
M 2 + αM + β = 0
α = K bl Δγ (1 + hˆ) − K bl γ 2 − ( M 1 + αM y )
(5.19)
β = (αM y + δ in + K bl γ 2 )( K bl Δγ + M 1 − K bl hˆΔγ ) +
− ( K bl Δγ + M 1 )δ in
Il momento approssimato risulta quindi essere:
− α + α 2 − 4β
M = (5.20)
2
Dal confronto fra i risultati ottenuti con i due processi
d’integrazione è possibile osservare come, con soli cinquanta passi
d’integrazione, l’errore risulta nell’ordine dell’1,5% ed, al tendere della
curva all’asintoto, diminuisce fino allo 0,6% (Figura 5.6)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
231 CAPITOLO 5

Confronto numerico
6000000

5000000

4000000
M [Nmm]

3000000

2000000

Int. completa
1000000 Diff.finite

0
0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,1 0,12 0,14

γ p [rad]

Figura 5.6 – Errore commesso nell’integrazione al passo


Per ottenere quindi una buona approssimazione
nell’implementare automaticamente la procedura, l’integrazione verrà
effettuata dividendo l’intervallo in cinquanta step.
Nel caso completo (quello in cui è necessario sommare alle
rotazioni elastiche quelle plastiche) per riportarsi al piano delle
rotazioni globali, il sistema definito in 5.17 si modifica includendo
anche la rigidezza iniziale del pannello a taglio.
Riprendendo la 5.9, si ha quindi il seguente sistema:
⎧δ 2 = αM y − M 2 + δ in + K bl γ 2

⎪ ⎡ δ2 ⎤
⎪ K bl ⎢1 + hˆ + Ke
⎨ ΔM ⎣ δ in − δ 2 ⎥⎦ (5.21)
⎪ Δγ =
⎪ ⎡ δ2 ⎤
K e K bl ⎢1 + hˆ
⎪⎩ ⎣ δ in − δ 2 ⎥⎦
la cui risoluzione fornisce l’equazione di secondo grado:

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 232

αM 2 + β M + γ = 0
α = K bl (hˆ − 1) − K e
{ [ ]}
β = − γ 2 K bl (hˆ − 1) − K e + K e K bl Δγ (hˆ − 1) +
[ ]
+ K bl (hˆ − 1) − K e (αM y + δ in + K bl γ 2 ) + ( K bl + K e )δ in
(5.22)

[
γ = γ 2 ( K bl + K e )δ in + K e K bl Δγδ in + γ 2 K bl (hˆ − 1) − K e ]
+ K e K bl Δγ (hˆ − 1)(αM y + δ in + K bl γ 2 )
da cui, il momento calcolato per integrazioni successiva vale:
− β − β 2 − 4αγ
M = (5.23)

La rappresentazione nel piano delle rotazioni globali della curva
ricavata tramite la precedente diventa:
Hysteretic curve
6000000

5000000

4000000
M [Nmm]

3000000

2000000

1000000 Curva racc.


Curva plastica

0
0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,1 0,12

γ [rad]

Figura 5.7 – Differenza tra curva plastica e curva complessiva


Tutte le equazioni precedenti sono espresse per il sistema di
riferimento locale indicato in rosso in Figura 5.4. La traslazione dal

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
233 CAPITOLO 5

sistema locale a quello globale può essere effettuata tramite le seguenti


espressioni, valide per il generico ciclo i :
M glob ,i = M f ,i −1 ± M loc ,i (5.24)
αM y
γ glob ,i = ϑi −1 ± ± γ loc ,i (5.25)
Ke
Riassumendo, per ogni CICLICO
ciclo, all’uscita dal campo CALCOLO
PARAMETRI
DEI
if i=z

elastico, è necessario CICLICI

for i=z to NSC


calcolare le rotazioni CALCOLO DELLA
plastiche accumulate. Si BOUND LINE
INIZIALE
determina poi il fattore di CALCOLO DELLA
ROTAZIONE PLASTICA
forma e si procede al calcolo ACCUMULATA
if| (i-1)- i|< ( My)/Ke
del ramo inelastico a Compare
| (i-1)- i| and
condizione che la rotazione CALCOLO DEL
( My)/Ke

del ciclo seguente sia tale da FATTORE DI FORMA


if| (i-1)- i|>( My)/Ke

prevedere l’uscita dal tratto


CALCOLO DEL
elastico. Per il semiciclo RAMO INELASTICO
Compare
inelastico, ovvero il ramo in z i and

campo plastico successivo al if i>z


SHIFT DELLA
BOUND LINE
semiciclo monotono, è
inoltre necessario eseguire il Compare
if| (i-1)- i|<( My)/Ke

calcolo del punto di | (i-1)- i| and


( My)/Ke

tangenza fra bound line e


if| (i-1)- i|> ( My)/Ke
curva ciclica di regime, al
fine di determinare la CALCOLO DEL
RAMO INELASTICO

posizione iniziale della


bound line. SHIFT DELLA
BOUND LINE
I passaggi salienti
Figura 5.8 – Implementazione del blocco ciclico
effettuati per implementare
il blocco ciclico vengono schematizzati nel flow-chart di Figura 5.8.
Il ramo inelastico al ciclo i-esimo, per come è costituito il
modello, diventa dipendente da due soli parametri: la distanza della
bound line dall’origine del sistema locale δ in ed il fattore di forma ĥ .

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 234

Questi risultano ricavabili dalla storia di carico a cui è stato sottoposto


il pannello a taglio fino al ciclo precedente a quello d’interesse. La
procedura per effettuare lo shift della bound line al ciclo i-esimo è
stata indicata nel capitolo 4, e riassunta nel flow-chart di Figura 5.9:

BOUND LINE DI
SHIFT DELLA
HARDENING

2Fh(Ms-Ma)
SI

2Fh(Ms-Ma)-FrMm
BOUND LINE DI
HARDENING
RILASSAMENTO +

SHIFT DELLA
NO
Mm=0
MS>Ma
SHIFT DELLA BOUND LINE

BOUND LINE DI FrMm


MS CORRISPONDENTE
M1+M2

A Ga SULLA CSSC

RILASSAMENTO
Mm = 2

SHIFT DELLA
CALCOLARE

CALCOLARE

MS and Ma
Compare

NO
Mm=0
MS=Ma
1-M2
1- 2
2

2
Ma= M
a=

STABILIZZAZIONE
RAGGIUNTA
MS<Ma

SI
RILASSAMENTO +

2Fs(Ms-Ma)-FrMm
BOUND LINE DI
SHIFT DELLA
SOFTENING
NO
Mm=0

BOUND LINE DI
SHIFT DELLA

2Fs(Ms-Ma)
SOFTENING
SI

Figura 5.9 – Procedura per effettuare la traslazione della bound line


Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
235 CAPITOLO 5

Per verificare l’affidabilità del modello, di seguito si riporta il


risultato ottenuto applicandolo alla storia di spostamenti imposta per i
due provini EEP-CYC 01 ed EEP-CYC 02:
Shear Panel M-γ EEP-CYC 01
250000

200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,04 -0,03 -0,02 -0,01 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04
-50000

-100000

-150000
Experimental
-200000 Model
CSS Curve
-250000
γ [rad]

Figura 5.10 – Confronto fra modello e risultati sperimentali: test EEP-CYC 01


Shear Panel M-γ EEP-CYC 02
500000

400000

300000

200000
Moment [kN·mm]

100000

0
-0,02 -0,02 -0,01 -0,01 0,00 0,01 0,01 0,02 0,02
-100000

-200000

-300000

Experimental
-400000
Monotonic Curve
-500000
γ [rad]

Figura 5.11 – Confronto fra modello e risultati sperimentali: test EEP-CYC 02

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 236

Nella prova EEP-CYC 02, dalla Figura 5.11, è possibile osservare


come il pannello a taglio non sia stato impegnato in campo plastico,
poiché irrigidito con piatti supplementari d’anima. Inoltre, l’energia
dissipata dai soli cicli elastici risulta trascurabile ma non nulla, poiché
comunque legata alla precisione strumentale con cui si sono misurati
gli spostamenti del pannello. Invece, per la prova EEP-CYC 01 è
possibile riscontrare come il modello segua bene la curva sperimentale
(Figura 5.10), approssimando discretamente anche l’energia dissipata
da questa componente (Figura 5.12)
Energy dissipation - Shear Panel
120000

100000

EEP-CYC01
80000
Energy [kN·mm]

60000

40000

EEP-CYC02
20000
Experimental
Model
0
20 25 30 35 40
n° cycles

Figura 5.12 – Confronto energetico fra modello e risultati sperimentali


A valle dei confronti effettuati per storia di spostamenti
assegnata, risulta che il modello per il pannello a taglio di Kim ed
Engelhardt fornisce un’ottima approssimazione del comportamento
sperimentale, sia dal punto di vista della rappresentazione dei cicli nel
piano momento-rotazione, sia da un punto di vista prettamente
energetico.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
237 CAPITOLO 5

5.3 IL MODELLO PER I T-STUB


In tale paragrafo viene illustrato il percorso seguito per
implementare al calcolatore il modello di Piluso et al. (2000, 2007),
ricavando il legame ciclico dei T-stub. E’ opportuno ricordare che, in
generale, in un collegamento flangiato è possibile individuare due
coppie di T-stub a quattro bulloni (due bulloni per ogni riga), ognuna
delle quali è costituita da un T-
stub equivalente al piatto di INPUT DATI

estremità ed uno equivalente alla


flangia della colonna in flessione.
Nel modello ciclico MONOTONO

implementato per il nodo for i=1 to NSC

completo, come si vedrà in


seguito, data la scarsa for j=1 to StepMax

partecipazione dei T-stub lato RIGIDEZZA


SECANTE
colonna, si è trascurata la if |(|δ i|-|δ
nodo|)|>Y

presenza di questi ultimi. Come


per il pannello a taglio, anche
l’implementazione informatica di Compare
|(| δi|-|δ |)|
nodo
questo modello si segue uno and Y

schema per macroblocchi che,


fondamentalmente, consta di tre if |(|δ i|-|δ
EXIT FOR
|)|<Y
nodo

fasi: l’inserimento dei dati di CICLICO


input sui materiali e geometria COMPONENTI

dei T-stub, il calcolo dei


parametri monotoni necessari PARAMETRI
per la realizzazione della terza COMPONENTI AL
CICLO i-esimo
fase rappresentata dal blocco if i>NSC+1
ciclico. La rappresentazione
STAMPA
mediante flow-chart può essere DATI

analoga alla precedente vista per


il pannello a taglio (Figura 5.13). Figuradi 5.13 – Implementazione del modello
Pilusto et al. per macroblocchi
Anche in tale schema con Z
si indica la variabile di controllo che segna l’ingresso del T-stub in
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 238

campo plastico. In particolare, per i =Z si verifica il primo semiciclo


in campo plastico, ma con ottenuto ancora con le regole del legame
monotono. A partire dal ciclo i = Z+1, invece, si seguono le regole
cicliche esposte nel paragrafo 4.4.3. La condizione di snervamento si
attinge al verificarsi di:
δi > δ y (5.26)
per cui l’implementazione del blocco monotono può schematizzarsi
come segue:

MONOTONO
CALCOLO DEI
PARAMETRI
MONOTONI
for i=1 to NSC

if i< y

Compare
| i| and y

if i> y
z=i

CICLO
MONOTONO

CICLICO

Figura 5.14 – Implementazione del blocco monotono


Le regole cicliche proposte dagli autori sono sviluppate per cicli
ad ampiezza costante, secondo quanto esposto nel precedente
capitolo e come mostrato in Figura 5.15, in cui si definisce anche la
nomenclatura utilizzata:

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
239 CAPITOLO 5

F
(δ3i,F3i)
Fmax

(δ3i+2,F3i+2)

(δ2i+2,F2i+2)
Fy (δ2i,F2i)

Ki+2
(δ1i,F1i) (δ1i+2,F1i+2) tgα
tgα (δ1i+1,F1i+1)
δmax δ

Ki+1
Fy
(δ2i+1,F2i+1)

(δ3i+1,F3i+1)

Fmax

Figura 5.15 – Nomenclatura e regole cicliche impiegate nell’implementazione del


modello di Piluso et al. nel caso cicli ad ampiezza costante
Dalla Figura 5.15 si nota come, per cicli ad ampiezza costante,
l’applicazione del modello conduca a definire le leggi di degrado che
influenzano la rigidezza e la resistenza dei cicli successivi alla
plasticizzazione. Di seguito, a titolo di esempio, si riporta
un’applicazione del modello per cicli costanti (Figura 5.16).
Per l’implementazione informatica del modello, invece, si è diviso
il legame ciclico del T-stub in due fasi, una di carico e la successiva
scarico, entrambe caratterizzate da tre punti. Per la fase di carico, fatta
eccezione per il primo semiciclo monotono, le coordinate del primo
punto, che restano fisse durante i cicli successivi, ricavate con semplici
considerazioni geometriche legate al ciclo di riferimento per
l’ampiezza δ max , risultano:

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 240

Example - Amplitude 6 mm

500000

400000

300000

200000

100000
F [N]

0
0 1 2 3 4 5 6 7
-100000

-200000

-300000

-400000

-500000

δ [mm]

Figura 5.16 – Esempio di applicazione del modello di Piluso et. al per cicli ad ampiezza
costante

⎧ ⎡⎛ Fmax1 − Fy ⎞⎛ F − Fy ⎞⎤
⎪ ⎢⎜⎜ ⎟⎜ δ1 − max1
⎟⎜
⎟⎟⎥ + Fy
⎪ ⎢⎝ δ max1 − δ y ⎠⎝ Ke ⎠⎥⎦
⎨δ1,i = − ⎣ (5.27)
⎪ Ke
⎪F = 0
⎩ 1,i
Sempre con riferimento alla fase di carico, il punto di coordinate
(δ 2i , F2i ) si ottiene considerando l’intersezione fra la retta passante
per il punto (δ 1i , F1i ) del ciclo di carico e la retta di pendenza tgα
passante per il punto di scarico del semiciclo precedente:
⎧ tgαδ 1,i −1 + K i δ i −1
⎪δ 2,i =
⎨ K i + tgα (5.28)
⎪ F = tgα (δ − δ )
⎩ 2 ,i i −1 2i

Tale relazione vale fintanto che la pendenza tgα è maggiore di zero,


ovvero quando il denominatore della seguente espressione risulta
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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
241 CAPITOLO 5

positivo. In caso contrario si impone la coincidenza fra i primi due


punti:
Fmax Fmax F
tgα = > 0 → δ max − 2 > 0 → δ max > 2 max
δ max − 2
Fmax Ke Ke (5.29)
Ke
Il secondo punto, per il semiciclo di scarico, si può calcolare in
maniera analoga a quanto fatto per il carico, con semplici
considerazioni geometriche da cui risulta:
⎧ K i +1
⎪δ 2,i +1 = K + tgα δ 1,i +1
⎨ i +1 (5.30)
⎪ F = −tgαδ
⎩ 2 ,i 2 ,i +1

Sempre sulla base di considerazioni geometriche riguardanti il


ciclo di riferimento, si ottengono le coordinate del punto finale del
semiciclo di scarico:
⎧δ 3,i+1 = 0

⎪ ⎡⎛ Fmax,deg ⎞⎤
⎪ ⎢⎜⎜ − δ max ⎟⎥
⎨ ⎟ (5.31)
⎢⎣⎝ K y ⎠⎥⎦
⎪ F3,i+1 = Fmax,deg
⎪ ⎛ F ⎞
⎜ δ i−1 − y ⎟



⎝ K y ⎟⎠
dove con Fmax,deg si è indicata la forza già degradata tramite la legge
fornita dalla (4.131).
Per l’implementazione del modello nel caso di cicli variabili si
procede riferendosi al calcolo delle caratteristiche del ciclo i+2-esimo
come mostrato in Figura 5.17, cioè calcolando l’andamento del nuovo
semiciclo a partire dalle caratteristiche del semiciclo precedente. In
particolare, a partire dallo spostamento δ max,i il successivo ciclo di
carico si calcolerà fino a δ max,i in maniera del tutto analoga a quanto
fatto in Figura 5.15, per poi arrivare allo spostamento δ max,i + 2 con la
stessa pendenza. Le coordinate del punto (δ 3i + 2 , F3i + 2 ) saranno:

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 242

⎧⎪ F3,i + 2 = Fmax,i + 2 + K * (δ max,i + 2 − δ max,i )


⎨ (5.32)
⎪⎩δ 3,i + 2 = δ max,i + 2
dove la pendenza K * è quella calcolata con riferimento al ciclo
precedente, ovvero:
( Fmax deg,i − F2,i + 2 )
K* = (5.33)
(δ max,i − δ 2,i + 2 )
F
Fmax,i+2 (δ3i,F3i)
(δ3i+2,F3i+2)
Fmax,i

(δ2i+2,F2i+2)
Fy (δ2i,F2i)

Ki+2
(δ1i,F1i) (δ1i+2,F1i+2) tgαi+1 tgαi+3
tgαi+2 (δ1i+1,F1i+1) (δ1i+3,F1i+3)
δmax,i δmax,i+2 δ

Ki+1
Fy
(δ2i+3,F2i+3)
(δ2i+1,F2i+1)

(δ3i+1,F3i+1)
(δ3i+3,F3i+3)
Fmax,i
Fmax,i+2

Figura 5.17 - Nomenclatura e regole cicliche impiegate nell’implementazione del


modello di Piluso et al. nel caso cicli ad ampiezza variabile
In generale, può capitare che la forza massima del nuovo
semiciclo di carico superi il legame monotono, essendo del tutto
arbitraria la definizione dello spostamento nel ciclo attuale. In tal caso,
a partire dal punto di intersezione tra il legame monotono ed il
semiciclo di carico, quest’ultimo prosegue seguendo il legame
monotono. In Figura 5.18 viene rappresentato questo caso, in cui è
necessaria la definizione di un nuovo punto di coordinate (δ * , F * )

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
243 CAPITOLO 5

che, a seconda del ramo di intersezione, assume tre espressioni


distinte:
⎧ ⎛ F2,i + 2 ⎞
⎪ ⎜⎜ − *
+ δ 2,i + 2 − δ y ⎟⎟
⎪F * = F + K ⎝ K ⎠
⎪ i+2 y h
⎛ Kh ⎞
se δ y < δ i+2 < δ h ⎨ ⎜1 − * ⎟ (5.34)
⎪ ⎝ K ⎠
⎪ (F * − F2,i+2 )) + δ
⎪δ i + 2 = i + 2 2 ,i + 2
⎩ K*
⎧ ⎛ F2,i + 2 ⎞
⎪ ⎜⎜ − *
+ δ 2,i + 2 − δ y ⎟⎟
⎪F * = F + K ⎝ K ⎠
⎪ i+2 h m
⎛ Km ⎞
se δ h < δ i+2 < δ m ⎨ ⎜1 − * ⎟ (5.35)
⎪ ⎝ K ⎠
⎪ (F * − F2,i+2 )) + δ
⎪δ i + 2 = i + 2 2 ,i + 2
⎩ K*
⎧ ⎛ F2,i + 2 ⎞
⎪ ⎜⎜ − *
+ δ 2,i + 2 − δ y ⎟⎟
⎪F * = F + K ⎝ K ⎠
⎪ i+2 m u
⎛ Ku ⎞
se δ m < δ i + 2 < δ u ⎨ ⎜1 − * ⎟ (5.36)
⎪ ⎝ K ⎠
⎪ (F * − F2,i+2 )) + δ
⎪δ i + 2 = i + 2 2 ,i + 2
⎩ K*
L’implementazione del blocco ciclico, in questo caso, prevede
l’impiego di tre sottoblocchi fondamentali, con una prima procedura
necessaria al calcolo dell’energia ciclica a collasso a cicli costanti. Tale
energia verrà riferita all’ampiezza del ciclo stesso, nel caso monotono,
ed allo spostamento massimo del ciclo precedente, nel caso di cicli ad
ampiezza variabile. A seguito del calcolo di E cc vengono poi definiti i
sottoblocchi necessari al calcolo dei punti appartenenti al generico
semiciclo di carico o scarico (Figura 5.19).

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 244

F (δ*i+2,F*i+2)
Fmax,i+2 (δ3i,F3i) (δ3i+2,F3i+2)
Fmax,i

(δ2i+2,F2i+2)
Fy (δ2i,F2i)

Ki+2
(δ1i,F1i) (δ1i+2,F1i+2) tgαi+1 (δ1i+3,F1i+3) tgαi+3
tgαi+2 (δ1i+1,F1i+1)
δmax,i δmax,i+2 δ

Ki+1
Fy
(δ2i+1,F2i+1)
(δ2i+3,F2i+3)
(δ3i+1,F3i+1)

Fmax,i
(δ3i+3,F3i+3)
Fmax,i+2

Figura 5.18 - Regole cicliche nel caso di superamento del legame monotono
La problematica dell’applicazione del modello ciclico ad un nodo
completo prevederebbe l’assemblaggio, per un assegnato step di
carico, dei T-stub in parallelo. In questo caso, nell’ottica di un modello
semplificato, si considereranno solo i primi due T-stub corrispondenti
alle prime due file di bulloni, trascurando quindi il contributo,
comunque minimo, della terza fila di bulloni (Figura 5.1).
L’assemblaggio in parallelo delle due componenti prevede la
realizzazione dei legami ciclici passo per passo, sommando per ogni
semiciclo, a parità di spostamento, le curve ricavabili separatamente,
ottenendo così la curva complessiva.
Elaborato il modello lo si è applicato, per legge di spostamenti
assegnata, alle prove EEP-CYC 01 ed EEP-CYC 02, per le quali, a
causa della mancanza di dati sperimentali sulle connessioni saldate, si
sono assunti dei coefficienti a0 pari a 0,7 ed 1,1.

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
245 CAPITOLO 5

CICLICO

CICLICO

for i=z to NSC


if i<NSC
if i<NSC

if i> i-1 Compare if i< i-1

i and i-1

CICLO DI CARICO CICLO DI SCARICO

CALCOLO DEI
CALCOLO DELL' Ecc
PUNTI CARATTERISTICI
DEL SEMICICLO

CALCOLO DEI
PUNTI CARATTERISTICI
DEL SEMICICLO
Compare
iand NSC

if i=NSC+1
Compare
i and NSC

STAMPA DATI
if i=NSC+1

STAMPA DATI

Figura 5.19 – Implementazione del blocco ciclico

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 246

T-stub end plate EEP-CYC 01


800

600

400

200
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

-200

-400
Experimental
Model
-600
Monotonic curve

-800
Displacement [mm]

Figura 5.20 – Confronto fra modello e risultati sperimentali: test EEP-CYC 01


T-stub End plate EEP-CYC 02
800

600

400

200
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

-200

-400 Experimental
Model
Monotonic Curve
-600

-800

Displacement [mm]

Figura 5.21 – Confronto fra modello e risultati sperimentali: test EEP-CYC 02

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
247 CAPITOLO 5

Energy Dissipation - End plate T-stubs

35000

30000 EEP-CYC 01

25000
Energy [kNmm]

20000
EEP-CYC 02

15000

10000

5000 Experiment al
Model

0
22 24 26 28 30 32 34 36 38
n° cycles

Figura 5.22 - Confronto energetico fra modello e risultati sperimentali

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 248

5.4 IL MODELLO PER I PANNELLI D’ANIMA A TRAZIONE E


COMPRESSIONE
Il modello per la previsione del comportamento dei pannelli
d’anima soggetti a trazione e compressione viene espresso mediante le
regole cicliche per l’acciaio individuate da Cofie e Krawinkler (1983) e,
successivamente, mutuate da Kim ed Engelhardt per la modellazione
del pannello a taglio. I coefficienti di incrudimento, softening e
rilassamento sono i medesimi nei due casi, mentre differiscono da
quelli utilizzati per definire la bound line e le curve tensione-
deformazione monotona e ciclica (CSS curve).
Nei loro studi Cofie e Krawinkler, nell’ottica di un modello
semplificato assumono un fattore di forma costante. Questo è
chiaramente causa di leggera approssimazione: difatti, sono gli stessi
autori ad indicare come strada per migliorare il modello proprio quella
di considerare un fattore di forma variabile.
La struttura secondo cui viene implementato tale modello è la
medesima espressa per il pannello a taglio, con la differenza che in
questo caso la bound line necessaria a costruire il primo ciclo viene
imposta non più tangente alla curva ciclica di regime, ma fornendo
direttamente l’intercetta all’origine:
cbl = f y (5.37)
Calcolando la dimensione del pannello a trazione e compressione
per la prova EEP-CYC 01, come prescritto dall’EC3:
beff ,cw = t fb + 2 2a ep + 5(t fc + s ) + s p =
(5.38)
= 10 + 2 ⋅ 10 + 5 ⋅ (15 + 18) + 2 ⋅ 20 = 235mm
nel seguito se ne riporta il confronto fra modello e risultati
sperimentali osservati. Si tralascia, invece, la simulazione relativa ai
pannelli del nodo EEP-CYC 02 poichè, come evidenziato nel capitolo
3, vi è una partecipazione tanto limitata del pannello, legata alla
presenza dei piatti di continuità, da rendere difficoltosa anche la
misurazione sperimentale e quindi la ricostruzione della storia di
spostamento.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
249 CAPITOLO 5

Panel in tension and compression EEP-CYC 01


800

600

400

200
Force [kN]

0
-12 -11 -10 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

-200

-400

Experimental
-600 Monotonic curve
Experimental

-800
Displacement [mm]

Figura 5.23 – Confronto tra modello e risultati sperimentali: test EEP-CYC 01

Energy dissipation - Panel in tension and compression


16000

14000

12000
Energy [kNxmm]

EEP-CYC 01
10000

8000

6000

4000

2000

0
0 5 10 15 20 25 30 35 40
n° cycles

Figura 5.24 - Confronto energetico fra modello e risultati sperimentali

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Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 250

5.5 IL MODELLO MECCANICO CICLICO PER I NODI EEP


A valle dell’implementazione dei singoli modelli, osservata nei
paragrafi precedenti, il passo decisivo del presente lavoro consiste
nell’assemblaggio delle varie componenti, sviluppando quindi il
modello meccanico ciclico per nodi extend end-plate. Quest’ultimo
passaggio necessita di alcune semplici integrazioni rispetto a quanto
sviluppato finora.
Dall’osservazione dei risultati ottenuti dalle prove sperimentali
condotte sui nodi, descritte al precedente capitolo 3, è possibile
affermare che non c’è stata partecipazione dei T-stub equivalenti alla
flangia della colonna in flessione. Da tale osservazione nasce
l’assunzione di un modello ciclico con sole due componenti
partecipanti: i T-stub dell’end-plate ed il pannello della colonna
sollecitato a taglio. Questo tipo di approccio, sicuramente
semplificato, viene realizzato ipotizzando il centro di pressione fisso e
coincidente con la flangia della trave compressa. Il braccio della
coppia interna, quindi, viene assunto pari all’interasse fra le flange.
Infine, per la modellazione delle prime tre prove si sono ipotizzati due
T-stub costituiti da due file di bulloni, una esterna ed una interna
irrigidita per la presenza dell’anima della trave, fra cui si ripartisce la
forza che si immagina concentrata in corrispondenza delle flange della
trave.
Il problema principale dell’assemblaggio delle componenti di un
nodo completo consiste, per ogni incremento di spostamento totale
imposto al nodo, nel ricercare lo spostamento che compete alla
singola componente nodale. Quest’ultimo infatti non è noto a priori
poichè, in generale, si procede assegnando al nodo una storia di
spostamenti globale. Risulta quindi necessario ripartire lo spostamento
totale del nodo sulla base della rigidezza secante delle singole
componenti, ricorrendo ad una procedura di tipo incrementale.
A differenza delle procedure precedentemente sviluppate per
implementare i singoli modelli, l’assemblaggio del modello
complessivo prevede, dopo la fase iniziale di input in cui si
inseriscono le caratteristiche geometriche e meccaniche, di ricavare i
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
251 CAPITOLO 5

legami monotoni per ogni componente nodale e, con un’apposita


procedura, di ricercarne i rispettivi spostamenti a partire dalla
conoscenza delle rigidezze secanti relative al generico ciclo. A valle di
questa operazione, semiciclo per semiciclo, si ottengono i diagrammi
in termini di forza-spostamento o di momento-rotazione per ogni
componente nodale. Nota la storia ciclica, e quindi il percorso di
tensioni, seguita dal pannello a taglio e dai T-stub fino al ciclo i-1-
esimo è possibile, aggiornando i parametri quali la bound line e
l’energia ciclica dissipata, risalire alle loro rotazioni o spostamenti al
ciclo successivo. Un’organizzazione per blocchi di tale ragionamento è
quella indicata nel flow-chart di Figura 5.25:
INPUT DATI

MONOTONO

for i=1 to NSC

for j=1 to StepMax

RIGIDEZZA
SECANTE
if |(|δi|-|δnodo|)|>Y

Compare
|(|δi|-|δnodo|)|
and Y

if |(|δi|-|δnodo|)|<Y
EXIT FOR

CICLICO
COMPONENTI

PARAMETRI
COMPONENTI AL
CICLO i-esimo

if i>NSC+1

STAMPA
DATI

Figura 5.25 – Schema generale per l’implementazione del modello complessivo

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 252

L’algoritmo per la ricerca delle rigidezze secanti opera a partire


dalla storia ciclica imposta al nodo. Sia infatti δ Nodo,i il livello di
spostamento richiesto al nodo, ogni componente nodale può al
massimo raggiungere lo stesso livello di spostamento. A questo punto
è possibile costruire le curve carico-scarico per ogni componente
imponendo che il loro spostamento massimo sia congruente con
quello richiesto al nodo:
δ
δ max,TS ,i = ϕ Nodo ,i (d b − tb ) = Nodo ,i (d b − tb ) (5.39)
Lt
δ Nodo ,i
ϕ max,SP ,i = ϕ Nodo ,i = (5.40)
Lt
SHEAR PANEL

Kbl

Ksec,j
Ksec,j+1

K3 My
K2

M0i K1

Mj
i+1 Ke
i Mj+1 γ

Figura 5.26 – Calcolo della rigidezza secante per il j-esimo step di carico del pannello a
taglio, in corrispondenza dell’i-esimo ciclo di spostamenti del nodo

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
253 CAPITOLO 5

Da tali curve, per un prefissato valore di forza o momento (step


di carico j-esimo), a seconda che si operi sui T-stub o sul pannello a
taglio, è possibile risalire al rispettivo livello di spostamento ed alla
rigidezza secante (Figura 5.26 e Figura 5.27). Quest’ultima viene
semplicemente definita come il rapporto tra la forza e lo spostamento,
per i T-stub, o fra il momento e la rotazione, per il pannello nodale:
F M
K sec = , K sec = (5.41)
δ γ
TSTUB COMPLESSIVO

TSTUB Dx TSTUB Sx
F
δmax,i

Ksec,j
Ksec,j+1

Fj=Mj/(db-tbf)
Fj+1=Mj+1/(db-tbf)

Figura 5.27 – Assemblaggio in parallelo dei T-stub e calcolo della rigidezza secante per
il j-esimo step di carico, in corrispondenza dell’i-esimo ciclo del nodo
Noti gli spostamenti di ogni componente si passa a confrontare la
loro somma con lo spostamento imposto inizialmente al nodo
( δ Nodo ,i ). Se tale somma risulta inferiore allo spostamento imposto al
nodo si procede con l’incrementare il livello di forza sui legami relativi
alle singole componenti, passando allo step di carico j+1-esimo.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 254

La procedura di ricerca degli spostamenti e delle rigidezze che


competono alle singole componenti, oltre che essere incrementale,
avviene praticamente in controllo di forza. Inoltre, al fine minimizzare
il numero di passaggi necessari alla convergenza, gli incrementi di
carico utilizzati iniziano da un valore di forza fissato in una data
percentuale del carico di snervamento del pannello a taglio.
Come si osserva dallo schema meccanico di Figura 5.1, mentre il
pannello a taglio ed i T-stub sono fra loro collegati in serie, i singoli T-
stub risultano collegati in parallelo. Nello spirito del metodo delle
componenti, si assemblano prima le componenti in parallelo. In
particolare, definita K Tsb la rigidezza complessiva dei due T-stub, uno
in trazione e l’altro in compressione, questa viene ricavata a partire
dagli spostamenti delle due componenti, assumendo un sistema di
riferimento locale come mostrato in Figura 5.27. Tale riferimento
viene centrato nel punto finale dei rami di carico o scarico precedenti
a quello da costruire, con gli assi rivolti nel verso crescente di forze e
spostamenti. In tale condizione valgono le seguenti relazioni:
- per i rami di carico, δ Nodo,i > δ Nodo ,i−1 :
δ Tsb ,i = − δ TsbDx ,i −1 − (δ TsbSx ,i + δ TsbDx ,i ) (5.42)
- per i ramo di scarico, δ Nodo,i < δ Nodo,i−1 :
δ Tsb ,i = δ TsbSx ,i −1 − (δ TsbSx ,i + δ TsbDx ,i ) (5.43)
dove δ Tsb,i è lo spostamento complessivo dei T-stub, riferito
all’i-esimo ciclo, misurato nel riferimento locale. La K Tsb , per
l’assegnato livello di forza Fj, si determina mediante l’equazione 5.41.
Dall’assemblaggio del T-stub complessivo e del pannello a taglio,
disposti in serie fra loro, è possibile determinare la rigidezza del nodo
relativamente all’ì-esimo ciclo e tenendo conto anche delle
deformabilità di trave e colonna, si ha:

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
255 CAPITOLO 5

⎛ ⎞
⎜ ⎟
=⎜ ⎟
1
K nodo ,i ⎜ 1 1 Lc L ⎟ (5.44)
⎜ + + + t ⎟
⎝ K Tsb ,i K SP ,i 12 EI c 3EI t ⎠
Nota la rigidezza del nodo, per il prefissato valore della forza e
sempre con riferimento al sistema di riferimento locale ipotizzato, è
possibile ricavare lo spostamento nodale o, equivalentemente, la
rotazione nodale complessiva:
- per i rami di carico, δ Nodo,i > δ Nodo ,i −1 :
Fi , j
δ Nodoi , j = − + δ nodo ,i −1 (5.46)
K Nodo i , j
- per i ramo di scarico, δ Nodo,i < δ Nodo ,i−1 :
Fi , j
δ Nodo ,i , j = + δ nodo ,i −1 (5.45)
K Nodo i , j
Quest’ultimo valore, confrontato con lo spostamento imposto al
nodo ( δ Nodo ,i ), determina la necessità di operare ulteriori incrementi di
carico ( Fi , j +1 ).
Al raggiungimento dell’i-esimo spostamento desiderato, si
interrompe la procedura incrementale del carico e si procede con la
determinazione dei parametri necessari ad ottenere i legami ciclici
delle componenti per il nuovo semiciclo, cioè lo step i+1-esimo. In
tale passaggio, per il pannello a taglio è prevista la traslazione delle
bound line e l’aggiornamento del fattore di forma mentre, per i T-
stub, è necessario definire sia l’energia cumulata al collasso che
l’energia dissipata fino al semiciclo i-esimo, utili al calcolo delle leggi di
degrado di forza e rigidezza per il nuovo semiciclo.
In definitiva, sulla base dell’assemblaggio descritto, è stato
possibile realizzare un algoritmo che ha consentito di simulare il
comportamento ciclico dei nodi EEP-CYC 01-02 e 04 testati in
laboratorio. Il confronto tra sperimentazione e simulazione viene
riportato nel successivo paragrafo.
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 256

5.6 IL CONFRONTO CON I DATI SPERIMENTALI


In questo paragrafo, a conferma della bontà del lavoro fin qui
svolto, si riportano i confronti teorico-sperimentali, riferiti alle prove
sperimentali EEP-CYC 01-02 e 04 realizzate presso il Laboratorio
Prove Materiali e Strutture dell’Università degli Studi di Salerno. La
terza prova, riguardando un nodo a completo ripristino progettato
con dissipazione prevalente nell’estremità della trave, non è utile ai fini
della verifica dell’affidabilità della modellazione dei nodi EEP.
Nell’ambito delle prove effettuate le componenti impegnate sono
principalmente tre: pannello della colonna a taglio, T-stub dell’end-plate e
pannelli della colonna soggetti a trazione e compressione.
Nel capitolo 2 sono stati illustrati i criteri per una buona
progettazione dei nodi a parziale ripristino di resistenza e, in
particolare, di quelli caratterizzati dall’impegno plastico delle
componenti citate, evidenziando i seguenti aspetti:
- è possibile progettare nodi a parziale ripristino seguendo diverse
strategie dissipative, quali la concentrazione delle dissipazioni nel
pannello nodale della colonna oppure nei T-stub;
- il pannello nodale non prevede un vero e proprio progetto, poichè
la sua geometria risulta assegnata conseguentemente alla scelta del
profilo adottato per la colonna. Nonostante ciò risulta sempre
possibile rinforzare tale componente impiegando piatti
supplementari d’anima, conseguendo così una sovraresistenza
opportuna;
- il piatto di estremità della trave permette di ottenere diverse
configurazioni, fornendo differenti caratteristiche dissipative al
variare dei seguenti parametri: distanza della foratura, diametro e
resistenza dei bulloni e spessore del piatto. Infatti, da un
bilanciamento ottimale di questi è possibile sfruttare la massima
duttilità disponibile. Scegliendo una dissipazione prevalente nei T-
stub, risulta senz’altro opportuno rinforzare il pannello a taglio;
- qualora le flange della colonna risultino piccole, la dissipazione nei
T-stub di quest’ultima risulta difficile poichè non è possibile
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
257 CAPITOLO 5

variare significativamente la distanza dei fori dall’anima. Infatti,


nelle prove sperimentali eseguite non si è osservata alcuna
partecipazione di queste componenti a causa della ridotta distanza
tra bulloni e anima della colonna;
- le due migliori strategie, dal punto di vista prettamente energetico,
risultano essere quelle che sfruttano la duttilità del pannello a
taglio (EEP-CYC 01) e dell’estremità della trave (EEP-CYC 03).
Questi due modi di operare, però, conducono rispettivamente alla
rottura completa della zona del pannello della colonna oppure
dell’estremità della trave;
- la dissipazione sui T-stub, a causa del pinching, consente una
dissipazione energetica minore rispetto ai due casi precedenti,
conservando però il vantaggio di lasciare intatta (EEP-CYC 04) o
quasi del tutto intatta (EEP-CYC 02) l’estremità della trave nonché
il pannello della colonna, se ben irrigidito con piatti supplementari;
- l’introduzione nella progettazione dei piatti di continuità consente
di escludere dalla dissipazione i pannelli d’anima della colonna
soggetti a trazione e compressione (EEP-CYC 02-03-04).

Fatte queste considerazioni si riportano di seguito i risultati, ed i


relativi confronti, ottenuti tramite l’applicazione dell’algoritmo
generale descritto al precedente paragrafo.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 258

5.6.1 Nodo EEP-CYC 01


La prima prova, ha visto fondamentalmente l’impegno plastico di
tre componenti: il pannello a taglio, i T-stub equivalenti al piatto di
estremità ed i pannelli d’anima a trazione e compressione. La
componente principalmente impegnata in campo plastico è
rappresentata in questo caso dal pannello nodale della colonna
sollecitato a taglio. Come atteso, la forma dei cicli è risultata
abbastanza stabile, proprio per la predominanza sul comportamento
globale di quest’ultimo che, quando impegnato, fornisce una forma
dei cicli molto regolare. Il modello generale implementato allo stato
attuale trascura i pannelli d’anima a trazione e compressione. Essendo
però, in questo caso, la componente principale (pannello nodale a
taglio) ben modellata, il comportamento complessivo del nodo viene
ben approssimato, come si può notare dal confronto di Figura 5.28.
Hysteretic Curve F-δ EEP-CYC 01
150000

100000

50000
F [N]

0
-150 -100 -50 0 50 100 150

-50000

-100000
Experimental
Model
-150000
δ [mm]

Figura 5.28 – Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale


Dal confronto in termini di rigidezza risulta:
N
K node,ex = 4586 (5.46)
mm

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
259 CAPITOLO 5

N
K node,mod = 4828 (5.47)
mm
K node ,mod
= 1,05 (5.48)
K node ,ex
Confrontando le resistenze:
Fmax node,ex = 128555 N (5.49)
Fmax node ,mod = 126400 N (5.50)
Fmax node ,mod
= 0,983 (5.51)
Fmax node ,ex
Anche per quel che riguarda l’energia dissipata al variare dei cicli,
il confronto fra modello e sperimentale risulta soddisfacente:
Energy dissipation EEP-CYC 01
250000
Experimental
Model
200000
Energy [kN·mm]

150000

100000

50000

0
20 25 30 35 40
n° cycles

Figura 5.29 – Dissipazione energetica: confronto tra modello e prova sperimentale

E diss ,ex = 195074kNmm (5.52)


E diss ,mod = 212583kNmm (5.53)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 260

E diss ,mod
= 1,09 (5.54)
E diss ,ex
Per il pannello nodale della colonna, dal confronto tra modello e
comportamento sperimentale emerge una buona approssimazione
della resistenza, mentre lo spostamento finale risulta sovrastimato
(Figura 5.30). Tale sfasamento è legato principalmente all’assenza dei
pannelli a trazione e compressione dal modello generale che, nella
realtà, costituiscono un’ulteriore fonte di deformabilità e dissipazione.
Di fatto l’energia che dovrebbero dissipare i pannelli, per il generico
spostamento, viene dissipata dal pannello nodale della colonna. Non
si nota degrado di rigidezza né nel legame sperimentale né nel
modello, solitamente legato al contributo prevalente dai T-stub. Il
pannello nodale presenta invece un andamento indefinitamente
incrudente dovuto allo strain-hardening dell’acciaio.
Shear Panel M-γ EEP-CYC 01
250000

200000

150000

100000
Moment [kN·mm]

50000

0
-0,05 -0,04 -0,03 -0,02 -0,01 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05
-50000

-100000

-150000

-200000 Experimental
Model
-250000
γ [rad]

Figura 5.30 - Legame momento-rotazione: confronto tra modello e prova sperimentale


I T-stub presenti in questo caso sono quattro, due per ogni lato
(sinistro e destro) e, per la simmetria della connessione, i loro
comportamenti tendono ad essere molto simili. Gli scarti presenti nei
legami che caratterizzano il T-stub destro rispetto a quello sinistro
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
261 CAPITOLO 5

sono dovuti semplicemente alle perdite di rigidezza ed al degrado


crescente nei semicicli successivi. Nessun T-stub presenta un
importante degrado di resistenza, a differenza del degrado di rigidezza
che risulta notevole per la fila esterna. Di seguito si riportano i risultati
del modello per ogni riga ed il confronto dei T-stub, assemblati in
parallelo, con i dati sperimentali:
Fila Esterna Sx F-δ EEP-CYC 01
500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-100

-200

-300

-400 Monotonic Curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.31 – Legame forza-spostamento: modellazione della fila esterna del T-stub di
sinistra

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 262

Fila Interna Sx F-δ EEP-CYC 01


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-100

-200

-300

-400 Monotonic Curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.32 - Legame forza-spostamento: modellazione della fila interna del T-stub di
sinistra

T-Stub Sx F-δ EEP-CYC 01


800

600

400

200
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-200

-400

Monotonic Curve
-600 Experimental
Model
-800
Displacement [mm]

Figura 5.33 - Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
263 CAPITOLO 5

Fila Esterna Dx F-δ EEP-CYC 01


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-100

-200

-300

-400 Monotonic Curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.34 - Legame forza-spostamento: modellazione della fila esterna del T-stub di
destra

Fila Interna Dx F-δ EEP-CYC 01


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-100

-200

-300

-400 Monotonic Curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.35 - Legame forza-spostamento: modellazione della fila interna del T-stub di
destra

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 264

T-Stub Dx F-δ EEP-CYC 01


800

600

400

200
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-200

-400

Monotonic Curve
-600 Experimental
Model
-800
Displacement [mm]

Figura 5.36 - Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale


Le leggi di degrado di rigidezza risultano abbastanza
approssimate, a differenza di ciò che accade per il degrado di
resistenza che sembra fornire un buono confronto con i dati
sperimentali. L’approssimazione è dovuta certamente alla carenza di
dati sperimentali sulle leggi di dissipazione dei T-stub irrigiditi e saldati
a completa penetrazione. Nonostante la semplicità del modello
generale, l’approssimazione si può ritenere ottima soprattutto in
riferimento al comportamento complessivo del nodo.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
265 CAPITOLO 5

5.6.2 Nodo EEP-CYC 02


Anche questa seconda prova ha rispettato le previsioni
progettuali, manifestando un impegno prevalente dei T-stub, fino a
rottura. Nei primi paragrafi di questo capitolo si è effettuata un’analisi
preliminare sulle componenti, implementando i singoli modelli ciclici
e verificandone la risposta con storie di spostamenti assegnate. In
particolare, nel paragrafo 5.2, si è osservato come la risposta del
pannello a taglio, irrigidito con piatti supplementari d’anima e piatti di
continuità, abbia esibito cicli elastici. In pratica, il comportamento
nodale è stato chiaramente condizionato e regolato dall’impegno dei
T-stub, evidenziato inoltre dai tipici cicli con degrado di rigidezza
(Figura 5.37).
Hysteretic Curve F-δ EEP-CYC 02
150000

100000

50000
F [N]

0
-100 -75 -50 -25 0 25 50 75 100

-50000

-100000
Experimental
Model
-150000
δ [mm]

Figura 5.37 - Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale


Dalla sovrapposizione tra i risultati sperimentali ed il modello
complessivo si osserva una forte approssimazione di questo per bassi
cicli, mentre sia la resistenza massima che la rigidezza iniziale vengono
previste con accuratezza. Sebbene la legge di degrado della rigidezza
risulti ancora approssimata, come si è avuto modo di riscontrare
anche nel precedente confronto col primo test, i risultati si presentano
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 266

del tutto accettabili, se si considerano le semplificazioni adottate


nell’ambito di questo modello.
Dal confronto in termini di rigidezza risulta:
N
K node,ex = 5470 (5.55)
mm
N
K node,mod = 5912 (5.56)
mm
K node,mod
= 1,08 (5.57)
K node,ex
Confrontando le resistenze:
Fmax node,ex = 127061N (5.58)
Fmax node,mod = 125558 N (5.59)
Fmax node,mod
= 0,99 (5.60)
Fmax node,ex
A differenza del caso precedente l’energia dissipata risulta
leggermente sovrastimata. Infatti, il modello fornisce una sovrastima
del 17%, valore che comunque può ritenersi ancora accettabile (Figura
5.38).
E diss ,ex = 53964kNmm (5.61)
E diss ,mod = 63345kNmm (5.62)
E diss ,mod
= 1,17 (5.63)
E diss ,ex
Anche in questa prova il piatto d’estremità presenta quattro righe,
di cui due irrigidite dall’anima della trave. Per queste componenti si
riportano i grafici forniti dall’algoritmo sviluppato ed i relativi
confronti con i dati sperimentali. Dalle Figure (5.39-5.44) si può
osservare che il modello si discosta dai risultati sperimentali
prevalentemente a causa di una non precisa valutazione del degrado di
rigidezza.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
267 CAPITOLO 5

Energy dissipation EEP-CYC 02


80000
Experimental
Model

60000
Energy [kN·mm]

40000

20000

0
20 25 30 35
n° cycles

Figura 5.38 - Dissipazione energetica: confronto tra modello e prova sperimentale

Fila Esterna Sx F-δ EEP-CYC02


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
-100

-200

-300

-400 Monotonic curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.39 – Legame forza-spostamento: modellazione della fila esterna del T-stub di
sinistra

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 268

Fila Interna Sx F-δ EEP-CYC02


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
-100

-200

-300

-400 Monotonic curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.40 - Legame forza-spostamento: modellazione della fila interna del T-stub di
sinistra

T-Stub Sx F-δ EEP-CYC02


800

600

400

200
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
-200

-400
Monotonic curve
-600 Experimental
Model
-800
Displacement [mm]

Figura 5.41 - Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
269 CAPITOLO 5

Fila Esterna Dx F-δ EEP-CYC02


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
-100

-200

-300

-400 Monotonic curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.42 - Legame forza-spostamento: modellazione della fila esterna del T-stub di
destra

Fila Interna Dx F-δ EEP-CYC02


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
-100

-200

-300

-400 Monotonic curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.43 - Legame forza-spostamento: modellazione della fila interna del T-stub di
destra

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 270

T-Stub Dx F-δ EEP-CYC02


800

600

400

200
Force [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
-200

-400
Monotonic curve
-600 Experimental
Model
-800
Displacement [mm]

Figura 5.44 - Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale


Pertanto, sebbene le leggi di spostamento individuate con la
procedura iterativa riportata al paragrafo 5.5, mostrano un’accettabile
approssimazione per un miglioramento del modello ciclico del nodo,
risulta necessario prevedere in futuro nuove sperimentazione volte
all’approfondimento delle formule di previsione dei coefficienti di
degrado di rigidezza. In termini di previsione di resistenza, invece, il
modello fornisce una buona approssimazione.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
271 CAPITOLO 5

5.6.3 Nodo TS-CYC 04


L’ultima prova per la quale si effettuano i confronti teorico-
sperimentali è quella riguardante la sperimentazione del nodo con
collegamento a T-stub. Come già evidenziato in precedenza, i pregi ed
i difetti di tale connessione consistono nel fatto che essa abbina ad
un’eccezionale semplicità di messa in opera, un meccanismo di rottura
che favorisce il ripristino immediato della connessione a seguito di un
evento sismico. L’estensione del modello precedentemente esposto,
concepito per nodi extended end-plate, risulta davvero semplice.
Difatti, nell’ipotesi di braccio della coppia interna coincidente con la
distanza tra gli assi delle flange della trave, la forza sollecitante viene
ripartita equamente fra le due file di bulloni, interna ed esterna, che in
questo caso sono entrambe non irrigidite. Si riporta in Figura 5.45 il
confronto con i risultati forniti dal modello in termini di
comportamento nodale complessivo.
Hysteretic Curve F-δ TS-CYC 04
200000

150000

100000

50000
F [N]

0
-150 -100 -50 0 50 100 150

-50000

-100000
Experimental
Model
-150000
δ [mm]

Figura 5.45 - Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale


Anche in questo caso il modello fornisce, nel complesso,
un’ottima approssimazione, sia in termini di forza che di rigidezza,

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 272

mostrando un andamento molto simile a quello della prova EEP-CYC


02. Si evidenzia come, anche per tale prova, il modello risulta meno
preciso ai bassi cicli mentre fornisce una migliore rispondenza con i
risultati sperimentali nei cicli ad ampiezza più elevata. In questo caso,
oltre alle ipotesi semplificative adottate nel modello generale, si
introduce un’ipotesi aggiuntiva: si trascura la rotazione rigida imposta
dalla trave alle cerniere plastiche poste in corrispondenza del raccordo
flangia-end-plate. Tale assunzione seppure accettabile al fine di
ottenere un approccio semplice, non consente di riscontrare
qualitativamente la modalità di collasso evidenziata dalle prove
sperimentali e nelle quali si è ottenuta la frattura in corrispondenza
delle cerniere sulla flangia relativa alla fila di bulloni esterna rispetto
alla trave che, per effetto della rotazione rigida della trave stessa,
risulta di fatti maggiormente sollecitata rispetto alla fila interna. Da
tale considerazione scaturisce che un modo per migliorare le
prestazioni di tale connessione potrebbe consistere nell’aumentare la
distanza della fila esterna dalla flangia della trave rispetto alla distanza
della fila interna della flangia, in modo da perseguire una rottura
contemporanea delle due flange. In tal caso, inspessendo
opportunamente il piatto di estremità è possibile lasciare invariato il
momento resistente della connessione.
Come per le altre due prove, anche in questo caso le
approssimazioni sulla rigidezza risultano accettabili:
N
K node,ex = 4468 (5.64)
mm
N
K node,mod = 4930 (5.65)
mm
K node,mod
= 1,10 (5.66)
K node,ex
Anche per la resistenza il confronto tra la previsione fornita dal
modello ed il valore sperimentale appare soddisfacente:
Fmax node,ex = 126585 N (5.67)

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
273 CAPITOLO 5

Fmax node,mod = 137486 N (5.68)


Fmax node,mod
= 1,08 (5.69)
Fmax node,ex
A differenza del nodo EEP-CYC 02, in cui la rottura è avvenuta
per un numero di cicli molto ridotto, in questo caso la dissipazione
energetica risulta decisamente migliore. Il confronto in termini
energetici tra i risultati forniti dal modello e quelli sperimentali, come
evidenziato in Figura 5.46, mostra l’affidabilità del modello proposto.
Energy dissipation TS-CYC 04
250000
Experimental

Model

200000
Energy [kN·mm]

150000

100000

50000

0
20 25 30 35 40
n° cycles

Figura 5.46 - Dissipazione energetica: confronto tra modello e prova sperimentale

E diss ,ex = 173516kNmm (5.70)


E diss ,mod = 171583kNmm (5.71)
E diss ,mod
= 0,98 (5.72)
E diss ,ex
Il comportamento nodale complessivo, come imposto nella
condizione di progetto, viene ad essere regolato completamente dai T-
stub. Difatti, anche in questo caso, il pannello della colonna, dotato di

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 274

piatti di continuità e di pannelli supplementari d’anima, non fornisce


alcun contributo dissipativo. Come è possibile osservare dalle Figure
5.47-5.52, per la simmetria imposta nel modello tra le file interne e
quelle esterne e per l’uguaglianza tra il comportamento del T-stub
superiore e di quello inferiore, il comportamento complessivo risulta
automaticamente fornito dalla sovrapposizione dei quattro andamenti
coincidenti forniti dal modello applicato alla singola flangia del T-stub.

Fila Esterna Sx F-δ TS-CYC 04


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
-100

-200

-300

-400 Monotonic Curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.47 – Legame forza-spostamento: modellazione della fila esterna del T-stub di
sinistra

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
275 CAPITOLO 5

Fila Interna Sx F-δ TS-CYC 04


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
-100

-200

-300

-400 Monotonic Curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.48 – Legame forza-spostamento: modellazione della fila interna del T-stub di
sinistra

Fila Esterna Dx F-δ TS-CYC 04


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
-100

-200

-300

-400 Monotonic Curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.49 – Legame forza-spostamento: modellazione della fila esterna del T-stub di
destra

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 276

Fila Interna Dx F-δ TS-CYC 04


500

400

300

200

100
Force [kN]

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
-100

-200

-300

-400 Monotonic Curve


Model
-500
Displacement [mm]

Figura 5.50 – Legame forza-spostamento: modellazione della fila interna del T-stub di
destra

T-Stub Sx F-δ TS-CYC 04


800

600

400

200
Force [kN]

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
-200

-400

Monotonic Curve
-600 Experimental
Model
-800
Displacement [mm]

Figura 5.51 - Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
277 CAPITOLO 5

T-Stub Sx F-δ TS-CYC 04


800

600

400

200
Force [kN]

0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
-200

-400

Monotonic Curve
-600 Experimental
Model
-800
Displacement [mm]

Figura 5.52 - Legame forza-spostamento: confronto tra modello e prova sperimentale

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
Il Modello Ciclico per Componenti e Confronti Sperimentali 278

5.7 CONCLUSIONI
Nell’ambito di questo lavoro è stata esaminata la problematica del
comportamento ciclico rotazionale dei nodi trave-colonna in acciaio.
L’attività svolta ha affrontato tre diversi aspetti della problematica: a)
la sperimentazione di nodi trave colonna in acciaio in scala reale; b) la
progettazione dei collegamenti; c) la modellazione del comportamento
ciclico.
In relazione alla sperimentazione, sono stati esaminati tutti gli
aspetti che intervengono nell’esecuzione di prove su collegamenti, a
partire dall’esecuzione della prova pilota, passando alla progettazione
del sistema di misurazione sperimentale degli spostamenti e delle
rotazioni di ogni componente nodale, fino ad arrivare all’esecuzione di
prove su nodi completi. In particolare, la prova pilota ha mostrato la
sensibilità ai problemi flessotorsionali del provino, richiedendo
l’installazione di una specifica struttura di ritegno adeguatamente
progettata. Inoltre, è stata posta particolare attenzione alla scelta della
tipologia di trasduttori ed al posizionamento degli stessi al fine di
cogliere in maniera corretta gli effettivi spostamenti delle diverse
componenti nodali.
Per quanto concerne la progettazione dei collegamenti l’analisi è
stata sviluppata progettando quattro nodi a parità di resistenza e
duttilità. I risultati sperimentali hanno mostrato l’affidabilità delle
formulazioni e dei criteri di progetto impiegati con un perfetto
controllo dei parametri governanti i collegamenti flangiati, ottenendo
la resistenza desiderata ed una buona stima della duttilità di progetto.
Tuttavia, la sperimentazione ha evidenziato come le caratteristiche
dissipative dei nodi siano del tutto differenti al variare del dettaglio
costruttivo. Cicli molto stabili e dissipativi sono stati mostrati sia dal
nodo a completo ripristino di resistenza che dal nodo a parziale
ripristino di resistenza con prevalente impegno plastico del pannello
nodale soggetto a taglio. Il nodo a parziale ripristino di resistenza con
dissipazione nella piastra di estremità, sebbene abbia fornito
un’adeguata duttilità, risulta caratterizzato da minore capacità
dissipativa a causa dei fenomeni di pinching. Interessanti sono stati i
Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento
Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
279 CAPITOLO 5

risultati forniti dal nodo con collegamento a T-stub. La maggiore


flessibilità nella progettazione del T-stub ha consentito di ottenere
un’ottima duttilità e buona capacità dissipativa. Tale soluzione nodale
ha evidenziato il grande pregio di abbinare ad una semplicità di
esecuzione e di ripristino, capacità duttili e dissipative sufficienti per le
necessità delle strutture in acciaio ordinarie. Nella tesi è stata infine
tracciata una strada innovativa nella modellazione del comportamento
ciclico dei nodi, adottando un approccio per componenti. L’analisi dei
risultati sperimentali ha mostrato come la somma dell’energia dissipata
dalle componenti considerate restituisca l’energia complessivamente
applicata al nodo, evidenziando la corretta individuazione delle
componenti nodali coinvolte in campo plastico. Pertanto, mediante
l’impiego di modelli ciclici delle singole componenti disponibili in
letteratura, è stato implementato un algoritmo di calcolo per la
previsione del comportamento ciclico complessivo di nodi flangiati
trave-colonna. Il confronto con i risultati delle prove sperimentali ha
mostrato l’efficacia dei modelli impiegati per le singole componenti e,
complessivamente, l’ottima previsione del comportamento ciclico
dell’intero nodo.
Tale risultato appare significativo in considerazione della
completa mancanza di un modello ciclico generale per i nodi, sia nella
letteratura scientifica che nelle normative più avanzate.

Analisi Teorico-Sperimentale del Comportamento


Ciclico dei Nodi flangiati Trave-Colonna
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