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La razionalità smaterializzata, l’astratta meditazione

Note al programma

Le 32 Sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven rappresentano un corpus di opere


fondamentali per il repertorio pianistico. Vennero composte in diversi momenti, durante tutta la vita
del compositore che maturò di volta in volta nuove e straordinarie soluzioni formali e musicali.
Questa sera ascolteremo le ultime tre Sonate del catalogo beethoveniano, composte quasi
contemporaneamente tra il 1819 e il 1822. Dopo aver raggiunto l’apice del formalismo con la
maestosa Sonata n.29, detta anche “Hammerklavier”, Beethoven abbandona le rigide convenzioni
strutturali, per adottare invece nelle ultime Sonate delle forme che rispondano esclusivamente ad
esigenze di natura musicale. Il discorso musicale è infatti lirico e fluido, ma soprattutto è ridotto alle
sue componenti essenziali. Ciononostante, le difficoltà tecniche ed interpretative raggiungono in
queste pagine livelli altissimi: i pianisti dell’epoca non furono in grado né di eseguirle né di
comprenderle a fondo. Soltanto in tempi più recenti, queste pagine vennero giustamente
apprezzate per la loro modernità e genialità.

Nella Sonata n.30 in mi maggiore op.109 è evidente il ribaltamento della forma-sonata


tradizionale: due movimenti veloci, piuttosto brevi, collegati uno all’altro senza soluzione di
continuità, che fungono da introduzione all’ampio Andante con sei variazioni, fulcro dell’intera
composizione. La caratteristica più sorprendente del movimento di apertura, Vivace ma non troppo,
è la sua estrema concisione. Obbedisce sì alle convenzioni della forma-sonata, ma il tema principale
è estremamente essenziale. Il secondo tema è fortemente contrastante, con addirittura una diversa
indicazione di tempo (Adagio espressivo) e materiale ritmico e melodico totalmente nuovo. Un
quadro musicale indipendente, ma allo stesso tempo ben integrato al resto dell’opera. La coda
ristabilisce una sensazione appartenente pacifica, ma è precaria ed instabile. Ad essa si lega
immediatamente lo stringato Prestissimo: una Tarantella dal ritmo cadenzato e perpetuo. Nelle sue
ultime sonate, Beethoven riserva i momenti più sublimi per i Finali; l’op. 109, con le sue variazioni
fantasiose, non fa eccezione. Il tema dell’Andante molto cantabile ed espressivo è estremamente
semplice, ma la linearità e purezza lo rendono intenso e seducente. L’incanto di questo tema
meditativo si ravviva e si rinnova in ogni variazione. Il cambio da una variazione all’altra è
impercettibile e raffinato.

Nella Sonata n.31 in la bemolle maggiore op.110 troviamo alcune importanti novità nella scrittura
di Beethoven: un largo utilizzo del contrappunto, specialmente nelle forme del canone e della fuga,
l’impiego di trilli ed altri abbellimenti con fini non ornamentali, progressioni armoniche audaci, che
non seguono le modulazioni convenzionali, ed il recitativo strumentale. Il primo tempo, Moderato
cantabile molto espressivo, è in forma-sonata e si apre con un tema semplice, in cui il rapporto
canto-accompagnamento rimane quasi sempre costante e ricorda un delicato Lied. Segue uno
Scherzo con Trio dai tratti umoristici. Lo Scherzo presenta due temi tratti da canti popolari austriaci
molto noti e divertenti. Il Trio con i suoi rapidi e pericolosi incroci di mani, è uno dei momenti più
temuti da tutti i pianisti che interpretano questa Sonata. Ma il cuore dell'intero brano si presenta nel
terzo movimento: un recitativo, Adagio ma non troppo, il cui culmine è l'affannosa ripetizione della
nota la per ben 15 volte. A questo punto si apre un Arioso dolente (Klagender Gesang), struggente
e carico d'espressività, a cui si contrappone la successiva Fuga a tre voci, chiara e vivida.
L'ottimismo trionfa sull'angoscia e la Sonata si conclude con una Coda trionfale.

Finita di comporre nei primi mesi del 1822, la Sonata n.32 in do minore op.111 consta di due soli
movimenti costruiti sulle strutture formali più care a Beethoven: la forma-sonata e il Tema con
Variazioni. Un inizio severo e austero con ritmi puntati introduce il primo tema dell’Allegro con brio,
tema che sarà la base di un intricato contrappunto sviluppato durante l’intero movimento. La breve
Coda, con sonorità che si addolciscono fino al pianissimo e con l'approdo alla tonalità di Do
maggiore, faticosamente conquistata, prepara l'atmosfera meditativa dell’Arietta. Troviamo anche
in questo movimento una melodia essenziale, limpida e delicata. La tecnica della variazione
permette di giocare con il materiale musicale attraverso le trasformazioni del ritmo, l'uso
rivoluzionario della sincope, le contrapposizioni timbriche. Nell'ultima variazione il tema torna nella
forma originaria, ma rivestito di trilli e nella completa immobilità ritmica, in una sorta di sospensione
trascendente. I musicologi di tutte le epoche si sono interrogati sulla mancanza del terzo tempo, di
un Finale: fu una scelta consapevole? Interrogato dall'amico Schindler, Beethoven rispose,
ironicamente, che non aveva avuto abbastanza tempo per comporre il terzo movimento, essendo
pressato dalla Nona Sinfonia. In realtà, come osserva Alberto Batisti, basta avere un minimo di
gusto musicale per capire che, dopo la formidabile sequenza di variazioni del secondo movimento,
non ci sarebbe spazio per una parola di più.

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