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TIPOLITOGRAFIA P.

VALDÈS - CAGLIARI - SETTEMBRE 1983


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SEGNI T ABELLION ALI


IN SARDEGNA
DAL 1409 AL 1786

Disegni di Vincenzo Amat di San Filippo


Testo di Vincenzo Amat di San Filippo e Marina Valdès Carboni
VINCENZO AMAT DI S. FILIPPO

NOTE SUL SIGNUM TABELLIONIS

Alcuni anni fa, mentre, andato in pensione, iniziavo il lavoro di riordinamento ed


inventario dell'Archivio Amat di S. Filippo, la mia attenzione fu attratta dalla varietà di
segni che i notai disegnavano al termine ed a suggello degli atti pubblici. Questi disegni
- sempre uguali per ciascun notaio in tutta la sua vita di lavoro - esistevano fin dagli
antichi documenti, pergamene dei primi anni del 1400, e perduravano per quasi tutto il
XVIII secolo, finchè gradualmente scomparivano sostituiti da sigilli apposti a timbro; inol-
tre, già dalla metà del 1600 notavo la comparsa della firma; e non del cognome o delle ini-
ziali inserite nel disegno, come avevo trovato in alcuni documenti antichi, ma della vera
e propria firma o sottoscrizione che dir si voglia, posta a conclusione dell'atto ed a con-
valida di quanto in esso è scritto.
Nell'archivio esistevano pure numerosi documenti con sigilli metallici e di ceralacca,
ed altri con timbri a secco, con o senza un'ostia cerata sottostante : ma i disegni mi at-
tiravano fortemente per quel tanto di fantasia armoniosa insita in essi, e mi tentavano a
cercar di capire il significato degli elementi che costituivano i disegni, e che apparivano
e si ripetevano in molti di essi: in modo però che le innumerevoli variazioni e combina-
zioni non permettessero mai che due disegni di notai fossero uguali.
Non v'ha dubbio che in questa singolare varietà vi sia anche parte del caso, poichè è
impensabile che ogni notaio, nel costituire all'inizio della carriera il suo segno - e non
mi risulta che esistesse, almeno in Sardegna, un registro ufficiale dei segni depositati, pri-
ma del 1738 - potesse conoscere i segni di tutti i notai che avevano esercitato nei secoli
precedenti.
I segni manuali, come appresi dai miei ulteriori studi, erano adoperati quasi esclu-
sivamente dai notai; nei secoli più alti del Medio Evo, erano pure usati dagli scrivani
regi, cioè da coloro che, pur non avendone talvolta l'incarico formale ed il titolo, furono
i predecessori dei notai.

I
Un particolare segno trovavo pure nelle Carte e Pergamene Reali, ma è da escludere
che tali signa regi venissero apposti dai Sovrani, mentre sicuramente erano disegnati da
persona della Regia Cancelleria.I Re - parliamo dell'area aragonese spagnola e quindi
anche sarda - apponevano invece la loro firma autografa, ed in un secondo momento,
iniziando dall'imperatore Carlo V, la dizione «Yo el Rey» o «Yo la Reyna ».
Le considerazioni che ho brevemente esposto mi indussero a ridisegnare alcuni segni
tra i più caratteristici: ed in un secondo momento a ridi segnare tutti i segni che potei
rintracciare nei documenti del mio archivio, ad iniziare inoltre una ricerca nell'Archivio di
Stato di Cagliari, e ad approfondire i miei studi su un argomento tanto attraente.
Questa è l'origine della presente raccolta di segni tabellionali, raccolta abbastanza lon-
tana dai miei studi storici; sono qui contenuti tutti i segni reperiti nell'Archivio privato
Amat di S. Filippo, ed alcuni dell'Archivio di Stato di Cagliari: spero che io stesso, od
altri, si possa completare la raccolta dei segni sardi, che presenta molti aspetti di grande
interesse.

Origine del signum: sua importanza.

Contemporaneamente alla invenzione della scrittura, e per l'insufficienza delle tradi-


zioni tramandate oralmente, sorgeva la esigenza che la storia scritta fosse certa, e certi i
diritti sorti dalle contingenze storiche; cioè fossero credibili ed inoppugnabili, sia per
quanto riguarda l'autenticità del loro contenuto, che per l'autorità dello scrivente. Tale
esigenza, particolarmente sentita forse nel campo del commercio, si estese presto a tutti
i campi dell'attività umana: si pensi ad esempio alla diffusione dei documenti dell'Auto-
. rità, leggi, decreti, pregoni, grida, sentenze, trattati, ecc. e la necessità di assicurare la
autenticità di tali documenti; si pensi ancora al moltiplicarsi degli atti scritti tra gli uomi-
ni e tra i gruppi, pur di carattere privato, contratti, accordi, convenzioni, impegni, atti
che debbono permanere a lungo, spesso ben oltre la vita di coloro che li stipularono e si
impegnarono, e debbono assicurare chiunque che l'atto rappresenti veramente la decisio-
ne delle parti contraenti.
Questo processo è alla radice del signum, sia esso il sigillo o la firma o la sigla o i1
Chrismon o il segno del tabellione; il signum rappresenta la garanzia' della fedeltà, della
integrità, della aderenza dello scritto «segnato» alla volontà del segnante, o, il che è lo
stesso) la attestazione che quanto è «segnato» corrisponde veramente alla espressione del-
la volontà fatta davanti al garante, che appone il suo segno.
La importanza del segno ci viene data dalla riflessione che i più antichi di essi sono
quelli dei Re, incisi in pietra o metallo prezioso nel loro anello, simbolo del potere, che
portano al dito e da cui mai si separano; la storia è piena di leggende che riguardano il
significato dell'anello: l'anello che si getta.in mare a mostrare il dominio su di esso; l'a~
nello che serve ad aprire le magiche porte dei tesori, e così via. Ancor oggi, quando
muore un Papa, il Cardinale Camerlengo, rogante l'atto di morte, con un martello ne

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spezza materialmente l'anello col sigillo, il cosidetto «anello del. pescatore », davanti a
testimoni, a simboleggiare che nessun atto può essere più compiuto da quel Pontefice,
nè da altri in suo nome.
Così pure il sigillo dei Notari, a cui la Legge affida la fede pubblica, va consegna-
to alla Autorità per essere distrutto quando essi terminano la loro vita di lavoro perchè
nessun atto possa più venir fatto a loro nome e nella loro pubblica veste.

Classificazione dei segni. I segni ottenuti con un mezzo meccamco.

Abbiamo sinora parlato genericamente di segni e di sigilli considerando la finalità per


cui sono nati questi simboli che l'uomo usa da tanti secoli: non abbiamo però ancora esa-
minato i mezzi adoperati per ottenerli, cioè materiali e tecniche: è opportuno darne
qualche cenno.
Distingueremo anzitutto due grandi categorie: i segni ottenuti con un mezzo mec-
canico predisposto; ed i segni apposti a scrittura interamente manuale, cioè disegnati.

- Nel primo gruppo abbiamo i segni impressi con diversi metodi a mezzo di una ma-
trice, detta comunemente «sigillo », come l'impronta stessa.

Possiamo distinguere:

a) i segni impressi direttamente sulla carta (I);

b) i segni impressi su un materiale posto, o versato direttamente, sulla carta, es. ostie e
ceralacca : e cioè i c.d. «sigilli aderenti»;

c) i segni impressi su un materiale unito alla carta mediante cordoncino, fettuccia, na-
stri, e simili: e cioè i c. d. «sigilli pendenti ».

a) I segni impressi direttamente sulla carta, e cioè i cosidetti timbri, sono tuttora
diffusamente adoperati dai privati, dalle aziende ed organizzazioni, dai pubblici ufficiali,
ecc.. Nel,l'ambito notarile, ed in particolare in Sardegna, essi appaiono e si diffondono, se
pur con una certa lentezza, dopo la metà del 1600, sostituendo j precedenti segni ma-
nuali, a cui è dedicato questo nostro lavoro, che invece scompaiono attorno al 1800.
Le matrici erano fatte in un primo tempo di legno duro, basso, corniolo, o corbez-
zolo, e, pare, anche in sughero: esse, munite di manico per facilitarne la presa, venivano
intinte nel nerofumo, o, meglio, in una miscela leggermente grassa, che i ragazzi di stu-
dio preparavano, come d'altra parte anche l'inchiostro: negli antichi archivi esistono nu-
merose ricette. Si passò quindi ai sigilli-matrice metallici, ed in tempi moderni, anche in
caucciù o altro materiale.

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b) I sigilli aderenti in ceralacca o in una speciale cera venivano usati spesso dai
Re - per lettere e documenti di carattere privato - e da molte altre Autorità, Vicerè,
Funzionari regi, Comunità religiose; veniva versata la ceralacca fusa e su questa si im-
primeva il sigillo-matrice: in altri casi si usava una speciale ostia, cerata, su cui con vari
tipi di matrice si produceva l'impressione. Alla Tavola n vediamo quattro matrici del tipo
adatto a produrre sigilli aderenti: la prima è il sigillo del Magistrato del Consolato, che
si occupava delle controversie di carattere commerciale tra stranieri o tra Sardi e forestieri,
ed è di epoca spagnola; la seconda è il sigillo regio di Vittorio Emanuele I", usato da
Uffici regi in Sardegna nel periodo Sabaudo; il terzo è un sigillo ecclesiastico, di Mons.
Vittorio Gianotti, Abate della Abbazia di S. Vittore e Costante; il quarto è il sigillo pri-
vato di un Marchese Amat di S. Filippo, mio avo.

c) I sigilli pendenti in ceralacca - salvo che in tempi molto antichi - venivano


chiusi in teche (salimbacche) metalliche: questi non furono però mai adoperati dai notai,
bensì dai Re, Principi, Vescovi, Abati, Capitoli Cattedrali, Consigli Comunali, ecc.. Le più
importanti pergamene regie avevano il sigillo chiuso in una teca d'oro, ad es. la conces-
sione del titolo di Marchese o Duca; o d'argento, ad es. la concessione del titolo di Con-
te; o di altro metallo, per documenti di minor importanza, quali il Cavalierato o la Nobiltà,
la concessione di pensioni o prebende, di Uffici regi, e così via (vedasi la Tavola I). Altro
tipo di sigillo pendente, interamente in metallo, veniva adoperato principalmente dalla
Curia Papale: alla Tavola In vediamo una piccola Bolla di Papa Innocenzo XI, del 1689,
munita di sigillo pendente in piombo, su una faccia del quale è impresso il nome del Pon-
tefice, mentre sull'altra sono le effigi affrontate dei Principi degli Apostoli, i Santi Pietro
e Paolo.
Sia nei sigilli aderenti, che nei sigilli pendenti, veniva incorporata la estremità di
una cordicella passante attraverso fori della pergamena; ovvero di striscette ritagliate -
senza staccarne l'altra estremità - dalla stessa pergamena o dalla stessa carta su cui era
scritto il documento: ciò serviva a due scopi: a garantire la autenticità del documento
« bollato », e, nei casi in cui il contenuto dovesse rimaner segreto, far sì che solo il de-
stinatario, rompendo il bollo e/o il legame, potesse prendere cognizione dello scritto.

Classificazione dei segni. l segni a scrittura manuale.

I segni a scrittura manuale sono tracciati o disegnati integralmente dalla mano del-
l'uomo, munita di una asticciola o simile supporto, quali una penna d'oca, una penna con
pennino metallico, una matita indelebile, una stilografica, un pennarello, ecc. intinti in un
liquido colorato, comunemente l'inchiostro: la penna, scorrendo sulla carta guidata dalla
mano umana, traccia il segno.

In questo gruppo di segni distinguiamo:

a) la firma;

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b) la sigla;

c) i segni tabellionali.

a) La firma, così come la intendiamo oggigiorno, vale a dire il nome e cognome au-
tografi, apposti cioè propria manu dall'interessato allo scopo di dare particolare valore
ad un documento, si è diffusa in tempi abbastanza recenti: non che in antichi tempi
non fosse uso scrivere il nome dell'autore su di una lettera, così come su un quadro, ma
non si badava alla autografia: anzi molto spesso il nome dell'autore veniva posto all'ini-
zio del documento o comunque era scritto da altra persona: ciò avveniva principalmente
perchè l'enorme maggioranza delle persone non sapeva scrivere; ed anche perchè non si
pensava al valore particolare che gli si dà oggi.
Nei documenti che maggiormente ci interessano, solenni atti pubblici, noi vediamo
che, nel medio evo, al termine dello scritto vi sono tante croci con i nomi dei partecipanti
all'atto: ciascuna croce con quattro punti nei quattro quadranti, seguita dal nome di cia-
scuna persona; all'ultimo il nome, o se vogliamo, la firma, la croce od il segno, o due,
o tutti e tre i simboli, dello scriba, predecessore del notaio.
Per render chiaro l'esempio, trascrivo la formula di un antico atto: C) « In nomine
domini. Ego Bonus et uxor mea Provancia venditores sumus tibi, Suniariocomite,emp-
tore. . . . . .. Facta carta vindiccionis VIII Kal. Dee. anno XXXII regnante Carolo, rege,
filio Leudevico. Sig + num Bonus Sig + num Provancia qui hanc ista carta vindic-
cionis fecimus et testes firmare rogavimus. Sig + num Auriolus. Sig + num Stephanus.
Sig + num Istemares. Sig + num Adrovario. Sig + num Rainulfo. Sig + num Teude-
rico. Sig + num Uvadamiro. ELES, presbiter, qui hanc ista carta vindiccionis scripsi,
et "sss" subscripsi cum litteras rasas die et anno quod supra».
La data) ottavo giorno delle Calende di Dicembre dell'anno 32° di regno del Re
Carlo, figlio di Ludovico, corrisponde al 24 Novembre 924: tutti i segni di croce, con
i punti, sono scritti o tracciati dal presbitero Eles, che con la sua firma - infatti il nome
pare autografo - e col segno" sss" (vedi fac-simile alla Tavola XII, in alto) certifica la
presenza ed il consenso delle parti e dei testimoni. '
Ma la firma non ha grande importanza quando si diffonde il signum, quando cioè
questo diventa personalizzato: sui documenti notarili essa avrà grande estensione solo a
partire dalla metà del XVII secolo, come possiamo vedere in molte tavole riferentesi a
questo periodo; in un primo momento è posta a completamento del signum tabellionis,
mentre sostituirà detto segno solo nel XIX secolo; ed infine, nei tempi attuali, avremo
firma e sigillo.

b) Un breve cenno sulla sigla: essa appare - ma non nei documenti sardi - co-
me piccolo signum: il notaio cioè, che aveva il suo normale signum da disegnare in
calce all'atto, adoperava un piccolo signum per approvare cancellazioni e correzioni po-

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nendolo in prossimità della rettifica o cancellazione fatta; si trattava in realtà dell'intrec-
cio delle iniziali del suo nome, od una abbreviazione del nome stesso, cioè di qualcosa
di simile alla attuale sigla.
Nelle pergamene sarde, catalane, aragonesi, spagnole, la eventuale rettifica viene in-
vece registrata nella formula finale, mediante indicazione del numero della riga modificata,
e la trascrizione della parte rettificata; nelle carte invece, con l'indicazione della pagina
e di una lettera di riferimento alfabetica, esattamente come si usa fare oggi.

c) I segni tabellionali.
Tra i segni apposti a mano quelli che più ci interessano e formano l'oggetto del
nostro studio sono i segni tabellionali.
È ben noto che il termine «tabellione)}, ormai inusuale, proviene dal mondo roma-
no; il tabellione era colui che certificava l'autenticità delle liste dei cittadini, specificamen-
te a fini fiscali: era quindi un pubblico ufficiale, diremo oggi, con responsabilità di fi-
deifacente. Il notarius era invece lo scriba, colui che fa le note, il progenitore dell'attuale
stenografo; ma questo secondo termine ha prevalso in tempi più recenti, prendendo il
significato del primo termine.
Abbiamo già parlato, finora, delle finalità che il signum raggiunge, cioè la attestazio-
ne e certificazione della autenticità e della autorità dello scritto: da qui discende il con-
cetto della importanza di chi segna. Egli non può essere una persona qualunque, ma è una
persona che agli occhi di tutti ha la autorità di garantire, di convalidare: per ciò alle
origini il segno è del Capo, del Re, del Vescovo, del Signore, e solo in un secondo mo-
mento, data la quantità dei documenti, chi appone il segno sarà una persona espressa-
mente autorizzata a ciò.
Le formule che accompagnano il signum esprimono chiaramente la Autorità da cui
l'autore del signum riceve il potere certificatorio:

- Sig + num Petri de Ferraria auctoritate regia Publici Notan per totam terram et
dominationem Domini Regis Aragonum. . .;
- Sig + num mei Petri Pauli Farina, civis Sassaris,Auctoritatibus Apostolicaubique
Regia vero per hoc omne Sardiniae Regnum publici notan . . . ;
- ego Raphael Domenec Catholicae Regiae Maiestatis Archivarius et scriba
mandati, per totam terram et ditionem suam notarius publicus . . . meum hic appono
Sig + num;

- Si + gnale de me Nigola de Andriotto ciudadanu de sa presente citade pro sa Au-


toridade Regia Publicu Notaru in totu su presente Regnu de Sardinia . . . fidem facio;

- 'jHS - ...y por que al presente translado de mano agena escrito entera fé y credito
le sea dado yo Pedro 'juan Sorli notario y escribano de los Consules per fé mia aco-

I 6
I
stumbrado Sig + no...; (segue convalida dei Consoli di Valencia con sigillo ade-
rente del Consulado de Mar.).

Vediamo quindi esplicarsi nei Notari l'autorità Regia, l'autorità Apostolica cioè Pa-
pale, l'autorità di alti pubblici uffiziali.
Il signum notariale personale è nato quindi da una necessità della vita civile, si è
sviluppato e moltiplicato come disegno interamente manuale, è rimasto tipico degli scri-
bi pubblici divenuti poi tabellioni o notai, secondo la dizione moderna: e non si è mai
appropriato della solennità del signum di ceralacca e di metallo, poco pratico ad essere
usato da chi - nella sua vita di lavoro -'- faceva migliaia di atti, ed anche giornalmente
doveva produrne parecchi. Non dobbiamo dimenticare che nei secoli dal XV al XIX ve-
nivano autenticati, da scrivani e da notai, col loro signum, anche innumerevoli atti di mo-
desta importanza: apoche, accordi con muratori per l'imbiancatura di una casa, con fa-
legnami per la costruzione di una finestra, transazioni tra parenti, consegna di vestiario
come fardello dotale, obbligazioni di ogni tipo, e così via: sarebbe stato poco pratico ed
assai costoso un sigillo diverso dal signum manuale; ed anche il signitm manuale, che ri-
chiede un certo tempo per poter essere disegnato, nel XVIII secolo viene gradualmente
sostituito dalla più rapida firma.

È difficile rispondere alla domanda: come è nato, quale è l'origine del signum?
Voglio ricordare la leggenda che racconta uno studioso catalano, Oriol Valls Subirà,
nel suo studio sui segni tabellionali spagnoli ca): un notaio si trova presso un moribondo
a ricevere il testamento: il testante non sa o non riesce a scrivere, allora il notaio, alla
fine dell'atto, segna una croce; ed in tre quadranti pone tre punti: quindi invita il mori-
bondo ad apporre l'altro punto nel quarto quadrante; conclude lo studioso «... fué asì
como seguramente naciò el signum. . . ». Si tratta naturalmente di una leggenda, ma effet-
tivamente la croce puntata è una delle sorgenti originali del segno: è così pure è certo che
il quarto punto era messo sicuramente dalla persona analfabeta.
Altro antico segno è il Chrismon, usato fin da Carlo Magno (che, come è noto, non
sapeva scrivere) segno che ricorda i simboli scolpiti o graffiti sulle sepolture dei cristiani
dei primi secoli: è cioè l'intreccio delle lettere greche « chi» e « ro », iniziali del Cristo:
era il segno sacro dei Re.
Ma, nei segni più antichi io individuo due fonti o meglio due ispirazioni, oltre l'idea
o il modello del chrismon: una è la croce, coi punti nei quattro quadranti, che, come
detto precedentemente, il Dr. Valls Subirà ritiene il primogenito dei signa; l'altra è la
doppia, o tripla, o multipla" S" della subscriptio, cioè di quell'atto finale di controllo
e certificazione che lo scriba apponeva autenticamente (vedi Tavola XII, fac-simili degli
anni 924 e 1055). La " S " multipla viene chiamata dai Francesi ruche e dagli Spagnoli
panal, cioè alveare.
Debbo precisare che, quanto detto finora) si riferisce principalmente ai segni dell'area
spagnola, a cui appartengono i segni sardi: infatti in altre aree culturali i segni sono mol-

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to diversi. Senza poter o voler invadere campi geograficamente e culturalmente assai
lontani da quelli da me studiati, vorrei citare i due segni di notai pisani (su documenti
custoditi in Pisa ma riguardanti la Sardegna), segni che ho disegnato nella Tavola XIII,
degli anni 1232 e 1315: questi, pur mostrando il segno della croce puntata - nel caso
di Bartolomeo di Lamberto -, e la croce senza punti, - nel caso di Ranieri di Bel-
lomo -, la isolano in posizione di scarsa importanza: lo schema invece ricorda un'asta di
bandiera, un gonfalone; il signum di Bartolomeo contiene anche le tre" S ", cioè ricorda
la ruche.

Così pure la grandissima parte dei signa dell'Italia meridionale e della Sicilia, il-
lustrati da Vincenzo Maria Egidi e), è, rispetto a quelli sardo-spagnoli, assai più semplice:
molto spesso un piccolo cartello issato su un piede, con o senza scaletta, che a detta de-
gli studiosi ricorderebbe l'origine Imperiale della autorizzazione all'arte notariale, e den-
tro il cartello il nome del notario; ovvero, ancora più comune, un braccino con mano
contenente la scritta del nome del notaio. Tutti questi segni sono molto più poveri, direi
senza alcuna pretesa di bellezza, di quelli illustrati nel presente lavoro.
Altro esempio ancora, che amplia enormemente la tipologia dei signa, è contenuto
nello scritto del Dr. Hans Gerig ("), di antichi segni tratti da documenti dell'Archivio di
Stato di Colonia, per il periodo 1279/1350. Troviamo qui segni diversissimi; esiste in al-
cuni casi lo schema a croce, e così pure è possibile in altri individuare la ruche; ma
troviamo pure la svastica, una scacchiera posta obliquamente a rombo, una specie di mo-
mIa (simile a quella che in Sardegna troviamo nel signum del notaio Barisone Cano),
dei triangoli ed altre figure geometriche: insomma quì tutto fa pensare che accanto a re-
miniscenze di simboli che chiamerei «classici» si è negli antichi notai e scrivani tedeschi
scatenata la fantasia. . .

Non possiamo esimerci infine dal citare le opinioni di due eminenti studiosi, il pro£.
G. Costamagna (6)ed il Pro£. M. Amelotti C). Il Costamagna riassume, circa l'origine del
signum tabellionis, le teorie della scuola del Guigne, scuola francese della seconda metà
dell'800, e della scuola italiana, di E. Petrella, dell'inizio del 1900: secondo la prima il si-
gnum sarebbe una derivazione del signum manuale simbolo della personalità giuridica nel-
l'età giustinianea; per la seconda, invece, rappresenterebbe una logica conseguenza del co-
stume sempre vivo presso i medioevali, di invocare il nome di Dio prima di accingersi
a compiere una qualsiasi importante azione.
Da osservare però che la teoria del Petrella dovrebbe spiegare perchè il segno, la
croce in specie, veniva posta al termine dell'atto, anzichè all'inizio.
Importante invece, a mio parere, l'osservazioneche i signa molto spesso contengono
i segni tachigrafici della parola notarius, sillabata in no - ta -ri- uso Tali elementi il Co-
stamagna ritrova in un documento ravennate del secolo VI, segnato da un tal Giovanni;
mentre l'Amelotti lo rileva in via originaria in documenti esistenti nell'Archivio di Stato
di Milano, dei secoli VIII e IX, in cui i segni che simboleggiano le sillabe di no - ta -
ri - us si intrecciano alla croce.

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Evoluzione grafica del signum.

Abbiamo accennato agli elementi da cui, a nostro parere, si è sviluppato il segno no-
tariale, nell'area sardo-iberica: la croce puntata e l'alveare, la ruche; e forse, i segni tachi-
grafici della parola notarius.
Ma, evidentemente per l'influsso di altre aree e per la fantasia degli individui, appaio-
no spesso altri elementi: notiamo, ad esempio, il signum del notaio Barisone Cano, del
1468, riprodotto nella Tavola XVII, segno a somiglianza di una mora; e così il notaio
Giovanni Casayo, nel documento riprodotto alla Tavola XVIII, del 1470, con un signum
in cui appare una colonna sopra una pedana di vari gradini, quattro orecchie a vela, una
specie di croce di S. Andrea al centro, e la croce sovrastante, segno molto somigliante ad
alcuni usati nell'Italia meridionale.
I signa sono nei primi secoli piuttosto semplici, in generale: diventano carichi dei
più svariati e complessi elementi nel 1600, e nel secolo successivo raggiungono vere pun-
te di barocchismo, che hanno fatto dire a Pio Canepa che i segni sono in quel periodo
pervenuti a «forme veramente antiestetiche e sproporzionate)}CS).
Questo giudizio, cioè dello sviluppo e della evoluzione del signum dalla semplicità
iniziale alle complicazioni dei segni più tardi, è vero in linea di massima, ma non in senso
assoluto: abbiamo segni abbastanza complessi agli inizi del 1400: per es. Francisco de
Per alta) di Alghero, nel 1421 (v. tav. XIV); alla fine del 1400: Francesco Comta, Alghe-
rese, nel 1486 (v. tav. XIX); nel 1500: Giovanni Fernandez de Soto, di Cagliari, nel
1521, (v. tav. XXIV); a metà del 1600: Saturnino Prunas, cagliaritano, nel 1665, (v. tav.
LVIII) e nel 1700: Efisio Usay, di Cagliari, 1709, (v. tav. LXVII).
Abbiamo invece forse in notai di piccoli paesi, forse anziani, dei segni addirittura ele-
mentari fin nel sec. XVIII, ad esempio Antonio Angelo Carta, di Serramanna, del 1704,
(v. tav. LXVII); Giovanni Matteo Fanti, di Quartucciu, del 1728, (v. tav. LXX); o Ste-
fano Ligas, di Sinnai, nel 1761, (v. tav. LXXIV).
Direi invece che, in linea di massima, il segno si evolve da una relativa rozzezza ad
una raffinatezza che al Canepa pareva proprio eccessiva: si confrontino i segni delle
Tavole LXIX e LXXI, del 1700, con quelli delle Tavole, XV e XVI, del 1400.
-

Altro aspetto caratteristico, oltre a quello dell'apparire della firma, che, in ultimo, so-
stituirà del tutto il signum manuale (vedi Tavole da LXXI a LXXIV), è l'inserimento delle
iniziali del cognome e nome del notaio, o di tutte le lettere del cognome: ciò appare però
in tutte le epoche: vedi Sabuch (Tav. XIV), nel 1421; Condessa (Tav. XXV), del 1525;
Campus (Tav. XXXII), del 1591; Vidal, lettere disposte in modo strano, del 1610 (v. Tav.
XXXVI); Saba (Tav. LI) del 1644.
Piuttosto frequenti sono i richiami di carattere sacro: vedi le Tavv. XIX, XXIV,
XXXI, LVI, ecc.; piuttosto rari invece i motti, di cui abbiamo un esempio in un notaio
romano, Francesco Sellier, del 1571 alla Tav. XXX; ed altro esempio, di assai difficile
decriptazione, nel notaio Gavino Iorgi, di Cagliari, del 1654, a Tav. LV.

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I notai spagnoli, ed in particolare navarresi e baschi, usano fin dai tempi antichi la
formula en testimonyo de verdad con la firma, ed un segno (che appare richiamarsi alla
ruche) che più che essere un segno individuale pare essere un segno di categoria, di casta.

Si potrebbero fare molte altre osservazioni: ma riteniamo di fermare quì la nostra


analisi.

Nel XVIII secolo vediamo apparire in calce agli atti, oltre al signum, la firma con
una frequenza sempre maggiore.

Aumenta pure sempre più il numero di notai che usano il timbro e la fuliggine (o
inchiostro grasso): in realtà alcuni dei più conservatori non si accontentano del solo tim-
bro, pur accompagnato dalla firma: ma aggiungono al timbro alcuni segni a penna, co-
me può vedersi nella carta illustrata alla Tavola IX, del Notaio Francesco Andrea Frau
Calvo; egli aggiunge una croce, sopra il timbro ed una coda o svolazzo sotto il timbro
stesso. Altri ancora, e si veda ad esempio la Tavola X, non aggiungono nulla al timbro,
ma a chiusura dell'atto, e dopo la firma, disegnano un ghirigoro veramente difficile ad es-
sere imitato.

Si noti che ciascun notaio, nella sua vita di lavoro talvolta lunghissima adopera sem-
pre un unico signum; abbiamo nel nostro studio un solo caso di modifica, quella del notaio
Angelo Martinez Puliga di Sassari: egli nel 1666 usa il segno manuale: nel 1686 ha adot-
tato il timbro inchiostrato, la cui impronta però egli completa con disegnini a mano, per
renderlo uguale al segno che aveva precedentemente.

Il signum manuale nel secolo XVIII, e cioè al suo tramonto, se nella maggior parte
dei casi) come anzidetto, diventa complicato e barocco, in alcuni altri casi si riduce ad
una semplicità. . . spartana: sarebbe interessante per questi segni, come d'altra parte per
gli altri, un esame grafologico.

Per quanto riguarda la distribuzione geografica dei segni tabe-llionali contenuti in


questo studio osserviamo che nella grande maggioranza appartengono a notai sardi, od ope-
ranti e residenti in Sardegna.

Infatti, su 358 segni notariali, 267, e cioè il 75%, sono sardi; 73 sono spagnoli, cioè
il 20%, di II località (Barcellona, 38; Madrid, 14; Valenza, 8; Valladolid e S. Sebastia-
no, 3 ciascuna; Logrono, 2; ed un notaio ciascuna Cordova, Toledo, Siviglia, Murcia e
Gandia).

Solo 14 notai, cioè circa il 4%, sono italiani (di cui 8 di Napoli, ed uno ciascuno di
. Roma, Genova, Torino, Nizza, Alassio, Teano); di 4 notai non abbiamo rintracciato la
provemenza.

IO
l''

Lettura delle Tavole

La presente raccolta è illustrata da 75 Tavole (in numeri romani), di cui le prime 13


sono dedicate al chiarimento di temi esposti nei precedenti paragrafi: le successive 62
contengono invece i fac-simile di 358 segni tabellionali.

In particolare:

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- Tavola I: sigillo in ceralacca rossa, contenuto in teca metallica, di Filippo IV re di
Spagna: era legato alla pergamena con la concessione di nobiltà a Antonio De Liperi.

- Tav. II: matrici usate per ottenere «sigilli aderenti»: (vedi pago4).

- Tav. III: pergamena di Papa Innocenzo XI Odescalchi, del 1689; scrittura bollatica;
sigillatacon bolla plumbea (v. pago4: «sigilli pendenti»).

- Tav. IV: pergamena del Re di Aragona Alfonso V, del 1427, con firma autografa, si-
gnum regio, e signum del notaio Francesco d'Arinyò.

- Tav. V: pergamena in lingua sarda, con signum di tipo particolare, a mora, del no-
taio Barisone Cano, atto del 1468.

- Tav. VI: pergamena del notaio sassarese Giovanni Casayo, del 1487: signum di tipo
poco usato in Sardegna, ed assai comune invece nell'Italia Meridionale.

- Tav. VII: Carta del 1693, in sardo, del notaio Giovanni Tavera, di Ittiri Cannedu
(SS): signum completamente fatto a mano.

- Tav. VIII: Carta del 1719, in spagnolo, del notaio Antonio Marcoto: l'atto è su « car-
ta bollata », il segno, manuale, è piuttosto elaborato: il notaio appone inoltre la firma.

- Tav. IX: Carta del notaio Francesco Andrea Frau Calvo, a timbro inchiostrato di
fuliggine,per la rosetta centrale: il notaio aggiunge a mano una croce, sopra la roset-
ta, una coda, sotto, inoltre aggiunge la firma ed un ghirigoro assai complicato.

- Tav. X: Carta del Notaio Pietro Paolo Mereu, del 1754, a timbro inchiostrato di fu-
liggine: il notaio aggiunge, oltre il suo nome) un complicatoghirigoro.

- Tav. XI: Signa usati in alcune pergamene originali dei re di Aragona e di Spagna:
Alfonso VO,del 1428 (nell'Archivio Amat di S. Filippo, pergamena n° 34); Giovanni
II, del 1487 (perg. 72); Carlo VOImperatore, del 1521, (perg. 137); Filippo II, del
1597 (perg. 136); Filippo III, del 1613 (perg. 132); Filippo IV, del 1648 (perg. 133).
(Per questi segni regi, vedi quanto detto a pago 2).

II
- Tav. XII: Fac-simile di alcuni antichi segni di scribi del 924, 1055, 1048; in tutti e
tre i casi trattasi di sacerdoti, dimostrano la provenienza dei signa dalla multipla" S "
stilizzata (vedi pago 7). I documenti originali trovansi all'Archivio della Corona di
Aragona, in Barcellona.

- Tav. XIII: Fac-simile di antichi segni, del 1056 e 1065 i primi due, provenienti da do-
cumenti dell'Archivio della Corona di Aragona: gli altri due, del 1232 e 1315, di no-
tai pisani, provenienti da documenti dell'Archivio di Stato di Pisa.

Le Tavole da XIV a LXXV contengono i segni di 357 notai sardi, o che hanno ope-
rato in Sardegna, o di cui uno o più atti si trovano in Sardegna. Ciascun segno porta
l'indicazione del nome del Notaio e la data dell'atto da cui il segno è tratto: alcune date
mancano o per il cattivo stato del documento, o perchè, trattandosi di copia di un prece-
dente originale, il notaio che la autentica ha dimenticato di mettere la data dell'avvenuta
autenticazione.
I segni sono in ordine di data, dal più antico - 1409 - al più recente - 1786.

NOTE:

(J) Intendiamo quì per carta qualunque materiale scrittorio, quali carta, pergamena, papiro, tessuto di
cotone, di seta, ecc..
(2) V. Archivo de la Corona de Aragò - Barcelona -Pergaminos - Seniofredo, Carpeta 3a, n° 4.
(3) O. VALLS SUBIRA, El Signum Notarial, in Centenario de la Ley del Notariado, seccion cuarta. Fuen-
tes y Bibliografia, Signos Notariales, v. II, Tomo 2. Barcelona, 1962.
(4) V. M. EGIDI, Signa Tabellionum ex archivio publico consentino, Roma, Il Centro di Ricerca Edito-
re, 1970.

(5) Travasi nello stesso volume del Dr. Oriol Valls Subirà, già citato.
(6) G. COSTAMAGNA. Il notaio a Genova tra prestigio e potere. Roma, 1970, pago 140 segg..
(1) M. AMELOTTI, G. COST AMAGNA - Alle origini del notariato italiano. Roma, 1975, pagg. 240 -254.
(8) P. CANEPA, Il Notariato in Sardegna, in Studi Sardi, Anno II, Fascicolo II, Cagliari, 1936.

12

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~

MARINA v ALDÈS CARBONI

IL l\70TAIO E L'ATTO. NOTARILE:


.
500 anni di legislazionesarda (1327 - 1827)

Gli studi sugli atti notarili condotti in questi ultimi anni con metodo e rigore
scientifico stanno finalmente portando alla luce un insieme di elementi attinenti alla vita
sociale, economica e culturale della Sardegna finora parzialmente o totalmente scono-
sciuti, ma di importanza eccezionale C). Chiunque, anche oggi, eserciti la professione di
notaio, ha la possibilità di avere sotto gli occhi costantemente la vita ed i problemi quo-
tidiani delle persone che gli si rivolgono e che gli permettono in questo modo, attra-
verso la mediazione intellettuale, di capire profondamente la società in cui vive e per
CUiopera.
Questa piena comprensione dei multiformi aspetti di una società formata da uomini
o gruppi o ceti il cui «quotidiano» non è determinato, o condizionato, se non in parte
e in certi momenti, dalle scelte di chi detiene il potere, non si potrebbe rilevare altrimenti,
specialmente per i secoli passati, se non dai documenti privati quali, per esempio, le let-
tere, i diari, i registri dei conti. È inutile dire come questo tipo di documentazione sia
di difficile reperibilità, in quanto presupporrebbe un alfabetismo generalizzato - e in
Sardegna ancora nel 1871 gli analfabeti costituivano 1'88% della popolazione (2) - ed
una consistenza economica tale da giustificare la tenuta di una amministrazione ordinata.
Perciò, se è possibile trovare gli archivi di famiglie feudali o di personaggi illustri nel
loro tempo, in questi archivi le notizie relative agli «altri» o sono inesistenti o margi-
nali o, comunque, parziali.
Il contadino, il barbiere, il pescatore, l'artigiano, la massaia e il pastore, probabil-
mente analfabeti, ma anche il farmacista, il maestro di scuola e il mercante, pure av-
vezzi a leggere, scrivere e fare di conto, non hanno lasciato tracce della loro vita se non
negli atti notarili cui avevano affidato, garantendola da frodi e falsificazioni, le proprie
volontà.

13
Acquisti, vendite e donazioni, testamenti e inventari, capitoli matrimoniali e costi-
tuzioni di dote sono dunque strumenti insostituibili di conoscenza storica e, nel loro in-
sieme, travalicano la vita del singolo per offrire uno spaccato prezioso della società e
del tempo in cui furono prodotti. Niente, per esempio, potrebbe dare la misura della
ricchezza, o povertà, di una casa più di un inventario in cui, insieme agli strumenti di
lavoro, sono minuziosamente elencati, con il loro valore unitario, le stoviglie, i mobili, i
vestiti, ma anche le calze e i materassi usati; così come niente più di un inventario di un
chirurgo, con l'elenco dettagliato dei suoi strumenti e del loro uso, potrebbe testimo-
niare delle conoscenze scientifiche e tecniche raggiunte in quel campo in un determinato
tempo e luogo.
Con questi due esempi, scelti a caso fra le centinaia, o migliaia, che si potrebbero
fare, si vuole solo far notare come sia ampia la gamma degli spunti offerti in ogni cam-
po di ricerca dalle fonti notarili le cui obiettive difficoltà di lettura, tuttavia, ne limi-
tano la fruizione, ancor oggi, ad un ristretto numero di specialisti C).

Quanto all'istituto giuridico del notariato ed alla diplomatica del documento nota-
rile, interessano particolarmente la Sardegna gli studi che si vanno compiendo in Spagna
e soprattutto in Catalogna C). Infatti la diffusionecapillare del notariato avvenne in Sar-
degna solo dopo le conquista aragonese. Nei quattro secoli di dominazione prima cata-
lano - aragonese e poi spagnola, il diritto iberico influenzò così profondamente l'isti-
tuto del notariato e le prassi del documento notarile che questa sopravvisse ancora a lun-
go durante il dominio sabaudo n.
Naturalmente, quando si parla di penetrazione di diritto iberico in Sardegna, non
bisogna dimenticare che questa non avvenne dovunque nello stesso momento, ma che tale
diritto fu introdotto nelle città prima conquistate di Cagliari, di Alghero e, poco dopo,
di Sassari e che si diffuse poi pian piano nell'Isola col procedere della conquista, che
ebbe termine nel 1478, e con l'ampliamento del numero dei notai di formazione giuri-
dica sardo- iberica C).
Se Cagliari, in forza del privilegio Ceterum del 25-8-1327 C) conobbe le norme
del diritto barcellonese relative al diritto successorio, al diritto familiare e al diritto di
proprietà O, ma anche al salario e agli obblighi dei notai (8), analoghe norme furono
introdotte in tutto il territorio isolano solo successivamente per iniziativa regia e, so'prat-
tutto, per iniziativa dei Parlamenti.
L'esercizio del notar iato e la conservazione fu regolato fra il Cinquecento e il Sei-
cento da alcune leggi di iniziativa regia, le prammatiche, e da numerosi Capitoli di Cor-
te, cioè dalle leggi pazionate fra i Parlamenti e il re. In epoca sabauda, esautorati i Par-
lamenti, la legislazione spagnola fu integrata solo da editti regi e da Pregoni viceregi e
tutta la materia fu poi rifusa, ampliata e resa organica nell'opera di consolidazione vo-
. Iuta da Carlo Felice, nota col nome di Codice Peliciano, e promulgata nel 1827 C). Le
norme emanate nel corso dei secoli per i notai sardi riguardano principalmente i se-
guenti argomenti:

14
I) i requisiti;
2) gli esami;
3) la nomina;
4) le tariffe
dei notai; e ancora
5) la redazione e
6) la conservazione degli atti.

I requisiti - Dapprima per il notaio non erano previsti requisiti particolari: la


scarsità degli aspiranti doveva essere tale, d'altronde, che Pietro IV, con la Carta del
14 - 2 - 1353, permise agli stessi notai pisani di esercitare la professione in Sardegna,
purchè dichiarassero di farlo in suo nome CO).
Fu nel corso del Parlamento del vicerè Michele di Moncada (1583) che si prescrisse
un'età minima di 25 anni (11),portata a 24 da una prammatica reale C2), e che si richiese
un tirocinio pratico presso un altro notaio della durata di 6 anni C3).

La lunga durata del tirocinio si deve riconnettere alla necessità, per il notaio, di
acquisire un apprendimento anche teorico del diritto in vigore, in quanto la mancanza
dell'Università in Sardegna precludeva ai più il possesso di una cultura giuridica ade-
guata C').
Tale carenza doveva essere particolarmente sentita, tant'è che nel Parlamento del
marchese di Baiona del 1631 - 33, quindi immediatamente successivo all'apertura dello
Studio cagliaritano, che è dal 1626 C5),i tre stamenti richiesero che la pratica fosse ri-
dotta a 5 anni e che l'ultimo di questi fosse dedicato allo studio delle Istituzioni nel-
l'Università C6);la città di Cagliari, in particolare, richiese che l'aspirante notaio avesse
studiato anche Retorica C7).Quanto al suo status, il notaio di nomina regia, o regia
auctoritate, doveva essere laico. Questo principio) affermato dal diritto comune, fu san-
cito per Cagliari sin dal 1327 C8) e per il resto della Sardegna dalla metà del '500 C9).
Con ciò il potere regio si garantiva da possibili intromissioni dell'autorità ecclesiastica
sia nei riguardi del notaio che degli atti da lui rogati.
Tali requisiti sono compendiati nell'art. 358 del Codice Feliciano: «Nessuno potrà
essere ammesso all'ufficio di Notaio fuorchè sia suddito nostro, e soggetto alla nostra rea-
le giurisdizione e in istato laicale, d'età compiuta d'anni 24, di probità e buoni costumi;
ed oltre allo studio sino alla rettorica inclusivamente, abbia pure pel corso d'un anno
ascoltato le lezioni delle Istituzioni Civili che si dettano rispettivamente nelle Università
di Cagliari e Sassari, e sia bastantemente nelle medesime istruito; ed abbia in fine fatta
pratica per tre anni nell'ufficio d'un accreditato Notajo che eserciti la facoltà )}.

Gli esami - Sino alla fine del XVI secolo non era previsto che l'aspirante notaio
sostenesseesami particolari. Ciò permetteva che la professione fosse esercitata da per-

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sone ignoranti, come lamentava nel Parlamento del vicerè de Cardona (1543) la città di
Cagliari che chiedeva che i candidati a Cagliari fossero esaminati nella Casa della città,
in presenza dei Consiglieri, dell'Avvocato di città e da due notai anziani o che, comun-
que, nessun notaio ricevesse la nomina prima di essere stato esaminato nel Real Consiglio
con intervento di notai (2!J). Una procedura vera e propria fu però stabilita soltanto nel
Parlamento del vicerè Michele di Moncada (1583) e con una successiva prammatica re-
gia Cl). Il candidato, davanti a due o più dottori in entrambi i diritti e a due notai pubblici,
in presenza del Reggente la Reale Cancelleria, doveva dimostrare di possedere i requisiti
richiesti, anche morali, e di conoscere il diritto e le istituzioni della città da cui prove-
niva; doveva inoltre rispondere in latino, e non in volgare, alle domande degli esamina-
tori circa la natura e le clausole degli atti e delle scritture che avrebbe posto in essere.
Nel corso del Parlamento del vicerè Vivas (1622 - 24) si chiese una diversa com-
posizione della commissione d'esame, ma il re rifiutò la proposta ordinando che si pro-
cedesse come per l'avanti, solo sostituendo uno dei due notai con il segretario del Real
Consiglio e2).
Fu approvata invece la proposta, avanzata nello stesso Parlamento, di permettere
al candidato che non potesse recarsi nel luogo di residenza del Reggente la Reale Cancelle-
ria, di sostenere l'esame davanti al Governatore ed agli assessori del Capo di provenienza
(Cagliari e Sassari) (23).
Sotto il dominio sabaudo non vi furono grandi cambiamenti in materia, ma solo i
necessari aggiornamenti.
Il Codice Feliciano stabilì che la commissione esaminatrice fosse formata dal Reg-
gente la Reale Cancelleria, da un giudice della Reale Udienza, dall'Avvocato Fiscale Pa-
trimoniale del Tabellione e dai due Segretari delle sale civile e criminale della Reale
Udienza. Stabiliva, inoltre, la durata e la materia dell'esame: «l'esame durerà due ore,
o per quell'altro maggior tempo che il Reggente stimasse e si aggirerà sull'Istituzioni Ci-
vili e sugli obblighi di notai contenuti nelle leggi, ed istruzioni che li riguardano, non
meno che sul pratico esercizio dell'ufficio per mezzo d'un esperimento, per cui si sce-
glieranno alcuni contratti, e tra questi de' più difficili: s'avrà eziandio riguardo alla ma-
teriale scritturazione, la quale dovrà essere di chiaro e distinto carattere, e facilmente
leggibile (2')».
Era pure previsto che il candidato del Capo di Sassari che non potesse recarsi a
Cagliari fosse esaminato da una commissione presieduta dal Reggente la Reale Governa-
zioÌ1e di Sassari C5).
Una volta approvato all'esame, il notaio, non ancora nominato, prestava giuramento
di fedeltà alle leggi impegnandosi a seguire i canoni della deontologia professionale. In
particolare, in epoca spagnola, egli giurava: I) di comportarsi fedelmente, legalmente e
correttamente; 2) di compilare i protocolli e i cabrei dei contratti e degli atti in modo
tale da tramandarli ad eterna memoria; 3) di non fare contratti usurari, nè illeciti fra
Giudei e Saraceni; 4) di badare che nei contratti non si ledessero i diritti sovrani; 5) di

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tenere il segreto professionale e soprattutto quando le parti lo richiedessero; 6) di dare
alle parti la copia dei contratti con sollecitudine; 7) di essere disposto a redigere qua-
lunque contratto o atto lecito di cui fosse stato richiesto C6). Tale giuramento era se-
guito dal versamento di una cauzione fideiussoria C7) e dalla promessa di non ricorrere
per nessun motivo al foro ecclesiastico.

La nomina e l'assegnazione della sede.


La nomina del notaio faceva parte delle regalie sovrane C8). I notai sardi la riceveva-
no dal vicerè e si recavano poi in Spagna per ottenere, direttamente dal re, il privilegio.
Questa formalità, assai costosa e ritenuta inutile, fu in vigore fino al Parlamento del vicerè
Vivas (1622 - 24) nel quale se ne chiese, ottenendo la, l'abolizione C9).Anche in epoca sa-
bauda la nomina avveniva per mezzo di Patenti viceregie CO).
Mancano invece disposizioni circa l'assegnazione di sedi specifiche. Normalmente i
notai sardi 'avevano la facoltà di esercitare le loro funzioni! per omne Sardinie Regnum,
anche se di fatto lo facevano nel luogo di residenza e nei paesi vicini ad esso Cl). Tale
mancanza di limitazioni territoriali permetteva ai notai di esercitare la professione anche
nelle ville feudali, a detrimento degli scrivani baronali che perdevano, in questo modo, una
cospicua fonte di reddito. Lo stamento militare tentò di porre rimedio a questa situazio-
ne chiedendo, nel Parlamento Vivas (1622-24), che i notai pubblici per redigere atti nelle
ville baronali ne fossero autorizzati dal feudatario C2).
La mancata assegnazione delle sedi, unita al moltiplicarsi del numero dei notai, pro-
vocò comunque una grande concentrazione di professionisti nelle città e, principalmente,
a Cagliari.
. Partì da qui, infatti, la proposta, fatta nel Parlamento del marchese di Baiona (1631-
- 33), che si istituisse a Cagliari un Collegio chiuso di 12 - 18 notai residenti nel Castello
e nelle appendici e che non si effettuassero nomine finchè non si fosse raggiunto il nu-
mero stabilito C3).
Che l'eccessivo numero di notai nelle città costituisse un vero problema lo si ricava
anche da una annotazione del Vico stesso in cui rileva ropportunità di istituire un «nu-
mero chiuso}) per non svilire la professione o, ancora peggio, per non rendere i notai,
spinti dalla necessità, più inclini ad delictum C').

Le tariffe - A moderare le eccessiveparcellenotarili, spessosproporzionaterispet-


to al valore dei beni oggetto dei contratti, furono fissate tariffe dettagliate.
Fu la città di Cagliari, sempre in forza del privilegio Ceterum, ad avere, sin dal 1327,
norme precise al riguardo. Ad essa infatti furono estesi alcuni capitoli, dati da Giacomo II
nel 13°1 alla città di Barcellona, relativi alla tatxacio notariorum. In particolare le furo-
no estese le tariffe per i testamenti: per un valore di beni da 1000 a 10.000 soldi la ta-
riffa era di IO so:di; da 10.000 a 5°.000, 3° soldi; da 50.000 in su, 50 soldi C5).Per tutti gli
altri atti i notai erano tenuti a percepire un salario convinent e entemprat C").

17
I

Quanto al resto dell'Isola il tariffario fu stabilito alla metà del' 500 dal vicerè de
Cardona; esso fu via via aggiornato nel '600 nei Parlamenti del Conte d'Elda (1603), del
duca di Gandia (1612 - 14), del marchese di Baiona (1631 - 33) C) e fu fissato stabilmen-
te con due prammatiche regie, rispettivamente per i notai delle città e per i notai delle
ville CB).

Le tariffe stabilite da queste prammatiche secentesche per gli atti di vendita, di cen-
so, le apoche, i testamenti, le subastazioni, i capitoli matrimoniali, le procure ecc., furono
in vigore ancora in epoca sabauda; ad esse fanno riferimento direttamente l'Editto del
3 gennaio 1812 C9)e, indirettamente l'art. 379 del Codice Feliciano. A garanzia del rispet-
to delle tariffe in vigore, i notai furono obbligati a segnare nella copia degli atti la som-
ma percepita CO). Per i notai contravventori furono previste inoltre pene più severe, sino
alla rimozione dall'ufficioe alla detenzione per 5 anni (41).

Le tariffe notarili rivestono un interesse non solo immediato. Attraverso uno studio
comparato delle tariffe in vigore e della quantità e qualità degli atti rogati dai singoli no-
tai, quali risultano dai loro protocolli, si potrebbero infatti stabilire con una certa esat-
tezza i loro guadagni mensili o annuali, il che ci darebbe la misura precisa non solo dei
redditi dei notai ma anche del prestigio della professione. Per la Sardegna non esistono
studi specifici al riguardo. Solo Ciro Manca, elaborando i dati ricavati dal libro dei conti
di Miguel ça Rovira, incaricato di gestire il denaro stanziato per la costruzione della
Darsena e per la riparazione delle torri del Castello negli anni 1376 - 77,
di Cagliari
stabilisce il reddito medio annuo dei notai di quell'epoca in 100 - 150 lire, corrispon-
dente cioè a quello di un burocrate statale medio - alto C2). Questo dato, che potrebbe va-
lere anche per i secoli successivi, dovrebbe essere comunque verificato per il '600, te-
nendo conto dell'aumento del numero dei notai che si verificò, come si è detto, in quel
secolo.

Tutte le norme suesposte relative ai requisiti, agli esami, alla nomina ed alle tariffe
dei notai e miranti a garantire la moralità e la capacità professionale del notaio, costi-
tuiscono tuttavia solo il presupposto di un assai più rilevante interesse: quello di dotare
di fede pubblica atti giuridicamente e formalmente perfetti e, soprattutto, esenti da fal-
sità di sorta.

La falsità in atto pubblico era considerato reato gravissimo e degno delle più gravi
pene: se la Carta de Logu prevedeva perfino al taglio della mano C3), in periodo sabaudo
il notaio reo di tale delitto era passibile della pena di morte C4).

Oltre a queste sanzioni deterrenti furono emanate disposizioni tali da rendere più
difficoltosa la compilazione di atti falsi, rendendo obbligatoria la presenza di testimoni
nei negozi implicanti somme superiori a determinate cifre, precisando meglio i requisiti
dei testimoni e vietando ai notai di ricevere atti da persone a lui sconosciute (45), o per
mezzo di sostituti non abilitati alla professione C").

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r--
,

A garanzia della legittimità dell'atto rogato furono dettate, anche indirettamente, mol-
te altre norme; poichè però concernono principalmente la redazione e la conservazione
degli atti, si comprenderanno nei capitoli relativi a questi argomenti.

La redazione - Il processo di formazione dell'atto notarile era assai lungo e artico-


lato in varie fasi, a ciascuna delle quali erano dirette specifiche norme.
Per lo schema di tali fasi si fa riferimento al lavoro di Maria Teresa Ferrer i Mallol
sulla redazione del documento notarile in Catalogna (47) in quanto, dati i presupposti po-
litici e culturali, corrisponde sostanzialmente alla prassi seguita in Sardegna:

a) La prima fase era costituita dalla rogatio, dalla richiesta, cioè, fatta dalle parti
interessate al notaio di compilare l'atto.

Il notaio non poteva rifiutare l'incarico. Detta una prammatica regia: el officio de
notario es publico y su exercicio no puede negarse a nayde (48)salvo che si tratti di con-
tratti ed atti dalle leggi proibiti o di persone non autorizzate legittimamente C9). In so-
stanza il notaio non poteva ricevere contratti usurari o illeciti fra Giudei e Saraceni o le-
sivi delle regalie sovrane CO), nè obbligazioni da parte di laici con la clausola in forma
Camerae Apostolicae in quanto lesiva della giurisdizione reale ("J), nè obbligazioni di don-
ne o minori senza il preventivo decreto del giudice C2). Salvo casi specifici, gli atti di pa-
gamento o di luizione di censi dovevano essere effettuati davanti al notaio che ne aveva
rogato il relativo atto debitorio o di costituzione C3), così come la compilazione degli
inventari dallo stesso che aveva ricevuto il testamento (54). Quanto alla stipulazione di
contratti riguardanti il proprio interesse, quello de' loro ascendenti e discendenti diretti,
delle mogli, de' consanguinei ed affini in primo grado del notaio, essa fu vietata solo dal
Codice Feliciano C5).

b) Non essendovi impedimenti, il notaio formava la minuta in cui inseriva gli ele-
menti essenziali dell'atto.

Questo, per essere perfettamente comprensibile,dov~vaessereredatto en lenguavul-


gar il che spiega la molteplicità degli idiomi usati negli atti notarili sardi. Il latino,
CB))

infatti, non fu mai abbandonato, specialmente dalle classi colte delle città e per certi
atti particolarmente rilevanti, ma accanto ad esso furono usati anche il catalano e il sardo
e, successivamente, il castigliano e l'italiano, in relazione alle aree geografiche ed ai ceti
sociali di appartenenza.
La compilazione delle minute e la confezione dei «minutari)}, cioè dei volumi in
cui si legavano le minute, furono meticolosamente regolate solo in epoca sabauda. Col R.
Editto 15 - 5 - 1738 si obbligarono i notai ad inserire le minute nel minutario entro le
ventiquattrore e si prescrisse che i minutari, tenuti in forma di libro e senza prepostera-
zioni di atti, portassero all'inizio o alla fine una rubrica degli atti segnata col segno tabel-
lionale C7). Successivamente, col Pregone dell'Intendente Generale e Conservatore del Ta-

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bellione del 30 - 6 - 1746 si vietarono le aggiunte interlineari, le abrasioni e le cancella-
zioni, si stabilirono i modi di introdurre eventuali correzioni o aggiunte e di legare i fo-
gli nei minutari, si prescrisse lo spazio da lasciare superiormente ed inferiormente alla
scrittura, si diede la formula da inserire alla fine del minutario C8).

c) Il perfezionamentodell'atto avvenivasolo con la firma delle parti e dei testimoni


sulla minuta. Tali firme rendevano pienamente valido il negozio agli effetti giuridici e
pertanto, ad evitare falsi, fu prescritto che il notaio conoscesse direttamente le parti con-
traenti o in caso contrario, che le parti stesse presentassero due o tre testimoni a lui co-
nosciuti C9).Infine anche il notaio doveva apporvi la propria firma (6°).

d) Si procedeva quindi alla registrazione dell'atto, così perfezionato, nel cosiddetto


« protocollo» notarile in forma estesa, con tutte le formule di rito e senza abbreviazio-
ni Cl). A seconda della sua importanza e del suo giro d'affari, il notaio poteva avere o un
protocollo comune, più antico, oppure vari protocolli distinti per materia e, primi fra
tutti, quelli dei testamenti, aventi di per se stessi carattere riservato.
La compilazione del protocollo richiedeva tempi assai lunghi e per questo motivo i
notai vi lasciavano spesso ampi spazi bianchi, da completare successivamente. Per porre
termine a questa pratica, che poteva danneggiare seriamente le parti, furono emanate nor-
me sempre più precise sulla compilazione dei protocolli e a garanzia dell'autenticità degli
atti in essi contenuti.

Nel corso dei Parlamenti del '500 e del '600 si stabilì che i protocolli fossero tenuti
ben cuciti e divisi per materia (62), che non dovessero contenere abbreviazioni neanche
nelle formule (63), che ogni atto venisse sottoscritto dal notaio (64) ed anche dalle parti,
dopo che a queste fosse stato letto per esteso C5).
Si specificarono inoltre i termini per la registrazione dell'atto nel protocollo. Nel Par-
lamento del vicerè de Cardona (1543) si ottenne che il protocollo fosse compilato entro
otto giorni C6), limite poi ampliato ad un mese nel Parlamento del vicerè Michele di
Moncada (1583) (67).Nel corso del '600 si richiese invece che la registrazione dei capi-
toli matrimoniali, dei testamenti, degli inventari e degli incanti avvenisse nei giorni stessi
in cui fossero stati ricevuti: dalla denuncia espressa dalla città di Cagliari nel Parlamento
del duca di Gandia (1612 - 14) si rileva infatti che questi tipi di atto non venivano mai re-
gistrati C8), il che, come si è detto, si deve attribuire ai tempi lunghi richiesti dalla loro
materiale scritturazione.

Anche per i protocolli vale quanto si è detto per i minutari, cioè che una normativa
adeguata a porre termine all'incuria ed ai ritardi dei notai, si ebbe solo in periodo sa-
baudo, e principalmente con l'Editto del 15 - 5 - 1738, già menzionato, di cui, data la sua
importanza, si parlerà più diffusamente a proposito della conservazione.
Oltre al protocollo il notaio poteva avere anche un altro registro, detto «manuale»,
contenente gli atti in ordine cronologico e in forma più o meno abbreviata. Il manuale

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era di utilità pratica per il notaio come repertorio di atti e per segnarvi annotazioni, ri-
chiami ecc., ma solo in quanto carente era, come si è detto, la tenuta di minutari e pro-
tocolli: la perfetta compilazione e conservazione di questi ultimi rendeva del tutto su-
perfluo l'uso del manuale, e infatti la legge ne tace.

e) La fase successiva era quella dell'estensione in forma pubblica dell'atto. L'atto,


scritto in forma ampia come nel protocollo, veniva copiato su una pergamena - o su car-
ta, ma in epoca posteriore -; il notaio lo collazionava (comprobatio) ed infine lo
« chiudeva» apponendo il proprio segno tabellionale, il proprio nome e la propria qua-
lifica, dichiarando di averlo comprobatum e segnalando le eventuali aggiunte e corre-
zioni, il numero dei fogli di cui si componeva e se la copia era di mano propria o altrui.

f) L'iter dell'atto pubblico si concludeva quindi con la consegna della pergamena


alle parti, previo pagamento delle spese. La consegna doveva essere sollecita in modo
che i contraenti ex mora ipsius de non dando eis, seu tradenda instrumenta, nullatenus
fatìgentur C9): e il termine fu fissato poi, nel Parlamento del duca di Gandia (1612 - 14),
in un mese CO).

Dover riprendere in mano minutari, protocolli e pergamene in tempi successivi non


era però cosa rara, in quanto gli atti potevano essere cancellati o, più semplicemente, per
la necessità sopravvenuta di ulteriori copie.
Per quanto riguarda la cancellazione, il caso tipico era costituito dall'estinzione di
debiti e dalla luizione di censi. In questi casi il notaio, oltre che annotare sui suoi registri
l'avvenuto pagamento a margine dell'atto di costituzione del debito, cancellava questo con
tratti verticali di penna; la pergamena veniva cancellata nello stesso modo e da essa veni-
vano avulsi, totalmente o parzialmente, i segni tabellionali.

La conservazione - Un aspetto essenziale della legislazione sul notariato è quello


relativo alla conservazione dei documenti.
Come si è visto, il notaio pubblico di epoca spagnola si impegnava col giuramento
a tenere i protocolli degli atti affinchè si tramandassero ad eterna memoria. Una volta
superata la difficoltà di stendere gli atti in forma ampia, il notaio non aveva alcun in-
teresse a disperderli in quanto percepiva i diritti sulle eventuali copie.
Il rischio di dispersione o di smembramento dell'archivio notarile si presentava, sem-
mai, alla morte del notaio. Se questi, infatti, per testamento non avesse disposto di lasciar-
lo ad altro notaio, l'archivio, come un qualunque bene patrimoniale, andava agli eredi
ed ai discendenti cui, ugualmente, spettavano i diritti di copia. Nel Parlamento del vi-
cerè Antonio de Card'ona (1543) lo stamento militare denunciava la perdita di molte note
e scritture in quanto - affermava - «molti eredi di Notari, per non sapere quanto im-
portavano al bene comune le note che avevano ereditato, essendo o donne, o persone di

21
nessune lettere, lasciavano andare a male le medesime o le vendevano agli speziali C') ».
Lo stamento militare proponeva quindi che a Cagliari il Vicario e i Consiglieri stabilissero
di volta in volta a quale altro notaio affidare i registri di un notaio defunto, e che i Con-
siglieri tenessero un elenco aggiornato degli atti dei notai morti e dei detentori successivi
dei loro registri. La soluzione, che per Cagliari poteva essere valida, era tuttavia par-
ziale e comunque inapplicabile alle ville, in cui mancava un saldo apparato burocratico - am-
ministrativo.
Si tentarono perciò soluzioni più omogenee e che rivelano, pur nella loro parzia-
lità, un più sostanziale interesse pubblico nei confronti degli archivi notarili.
Già nel Parlamento del vicerè Michele di Moncada (1583), si stabilì l'istituzione, ma
solo nelle città, di archivi, retti da un notaio pubblico, in cui si conservassero i registri dei
notai morti cn). Nel Parlamento seguente, quello del marchese d'Aytona (1592 - 98), e con
prammatiche successive, analoga decisione fu presa anche per le ville e per la conserva-
zione delle scritture sia dei notai che degli scrivani baronali che fossero deceduti o aves-
sero cambiato sede (73).

Un passo di sostanziale progresso fu compiuto poi nel Parlamento del duca di Avel-
lano (1641) in cui si richiese ai notai l'obbligo di registrare - o insinuare - in un ar-
chivio pubblico gli atti in cui fossero implicate somme superiori ai 100 scudi C'). Fu
questa determinazione a dare l'avvio, almeno a livello legislativo, alla registrazione degli atti.
Quanto alla totale e razionale attuazione di questo come dei precedenti progetti, ri-
chiedenti oltre che mezzi adeguati, soprattutto un rigore amministrativo inusitato nella
Sardegna del Seicento, essa si deve al governo sabaudo che da oltre un secolo sperimentava
in terraferma i benefici effetti dell'insinuazione degli atti.
Col R. Editto 15 - 5 - 1738 furono infatti instituite le tappe di insinuazione C).
Nelle città e nelle ville maggiori - nella fattispecie a Cagliari, Iglesias, Oristano,
Nurri, Ghilarza, Masullas, Ogliastra, Sorgono, Oliena, Goceano e Tempio nel capo
di Cagliari; a Sassari, Bosa, Cuglieri, Alghero, Nuoro nel capo di Sopra - furo-
no stabiliti gli Uffici dell'Insinuazione, o tappe, amministrate dagli Insinuatori di no-
mina regia cui spettavano determinati diritti per ogni atto insinuato C).
Con esso si determinarono esattamente i doveri dei notai e degli Insinuatori, gli atti
soggetti o meno all'Insinuazione C), le modalità di conservazione e registrazione degli
atti, le tariffe dovute.
In particolare ai notai si prescrisse che entro tre mesi presentassero presso i ri-
spettivi Uffici dell'Insinuazione le patenti di costituzione e depositassero la propria firma
ed il proprio segno tabellionale in un apposito registro; che contestualmente presentas-
sero l'inventario dettagliato degli atti rogati precedentemente all'Editto.
. Pergli atti rogati successivamente i notai, nel termine di due mesi dal ricevimento
di ogni atto soggetto all'Insinuazione, erano obbligati ad inviarne copia all'Ufficio di per-
tinenza che provvedeva a rilasciarne ricevuta. Gli estremi della registrazione dovevano es-

22
sere indicati nelle copie rilasciate alle parti, e la pena prescritta per la falsa attestazione
in atti non insinuati era di cinque anni di galera.
Al controllo erano deputati il Conservatore Generale del tabellione nel Capo di Ca-
gliari ed il Vice - Conservatore nel Capo di Sassari; questi, insieme ad un Patrimoniale e
ad un segretario ispezionavano ogni tre anni i registri dell'Insinuazione e le scritture dei
notai per verificame la regolarità e la conformità.
In caso di morte del notaio, gli eredi o successori erano obbligati a dame notizia agli
organi di giustizia che effettuavano il controllo delle scritture e, nel caso di atti non an-
cora insinuati, fissavano un termine congruo perchè gli eredi vi provvedessero.
Quanto alle minute ed ai protocolli dei notai già defunti alla data dell'Editto, si di-
spose che, entro tre mesi, dovessero essere dagli eredi consegnati alle rispettive tappe o,
nel caso che fossero tenuti da altro notaio vivente, che questo ne presentasse un distinto
inventario.
Questa legge,riportata poi nella sua quasi totale integrità nel Codice Feliciano CS),
fu l'unica in grado di scoraggiare l'incuria dei notai nella stesura degli atti e la compila-
zione di falsi e, soprattutto, di assicurare la conservazione razionale degli archivi notari-
li C).

NOTE:

(1) Sono in corso, a cura dell'Archivio di Stato di Cagliari e della Sovrintendenza Archivistica per la
Sardegna, alcune ricerche, condotte sugli atti notarili, relative alla società e la cultura sarde nei se.
coli XIV - XVII. I risultati di tali ricerche saranno illustrati nell'ambito di due mostre, una sui re-
tabli pittorici restaurati, una sul libro antico, attualmente in fase di allestimento a Cagliari.
(2) Censimento della popolazione del Regno d'Italia al 31 dicembre 188.1. Relazione generale e confronti
internazionali, Roma, 1885, p. 133.
(3) Dei protocolli conservati nell'Archivio di Stato di Cagliari è stato pubblicato il più antico, del notaio
Baster, da G. aLLA REPETTO, Notai sardi del sec. XV: Pietro Baster, in Studi Storici e giuridici in
onore di Antonio Era, Padova, 1963, p. 269 e ss.
Lo stesso autore e C. Marongiu stanno ora curando la pubblicazione dei regesti del protocollo del
notaio quattrocentesco Giovanni Garau la cui biografia è frutto di approfondite ricerche effettuate
sugli atti di notai coevi e sui registri dell'Antico Archivio Regio dell'Archivio di Stato di Cagliari.
(4) Si segnala la collana Estudios hist6ricos y documentos de los Archivos de Protocolos, patrocinatà
dal Collegio Notarile di Barcellona, che pubblica dal 1948 importanti contributi allo studio del nota-
riato catalano.
(5) v. P. CANEPA, Il notariato in Sardegna, in Studi Sardi, anno II, fase. II, Cagliari, J.936, pp. 127 e ss.
(6) Si tratta del privilegio, dato da Giacomo II, con cui al Castello di Cagliari ed alle sue appendici
furono estesi i privilegi, le esenzioni, le immunità, le franchigie ed anche le consuetudini scritte di
Barcellona: v. R. DI TUCCI, Il libro verde della città di Cagliari, Cagliari, 1925,doc. XXXXI, p.145e ss.

23
(7) R. DI TUCCI, op. cit., doc. XVII, p. 84 e ss.
(8) R. DI TUCCI, op. cit., doc. XXI, p. 110e ss.; doc. XXV, pp. 124-25; doc. XXVII, p. 126 e ss.; doc.
XXVIII, pp. 128 -29.
(9) Leggi civili e criminali del Regno di Sardegna (raccolte e pubblicate per ordine di S.S.RoM. il re
Carlo Felice), Torino, 1827 (d'ora in avanti citato col titolo più comune di Codice Feliciano). Per quan-
to riguarda in generale la legislazione sarda di epoca spagnola e sabauda e la relativa bibliografia,
v. F. LODDO CANEPA, La Sardegna dal 1478 al 1793, voI. I: Gli anni 1478 -1720, a cura di G. Todde,
Sassari, 1974, pp. 310-346 e passim e voI. II: Gli anni 1720 -1793, a cura di G. alla Repetto, Sassari,
1975, pp. 146-159 e passim.
(lO) P. TOLA, Codex Diplomaticus Sardiniae, tomo I, Torino, 1861, doc. LIX, p. n5.
(11) G. DEXART, Capitula sive acta Curiarum Regni Sardiniae, Cagliari, 1645,libro III, titolo X, capitolo X.
(12) F. DE VICO, Leyes y pragmaticas reales del Reyno de Sardena, Cagliari, 1714, libro I, titolo XIV, cap. 1.
(13) v. note 11 e 1.2.
(H) G. COSTAMAGNA, Il notaio a Genova fra prestigio e potere, Roma, 1970,p. 110 e 55.
(15) Sulle vicende delle Università di Cagliari e Sassari v. F. WDDO CANEPA, La Sardegna.., cit., v. I,
pp. 277-310.
(16) G. DEXART, op. cit., IIl. X. XX.
(17) G. DEXART, op. cit., 1I1. X. X, nota.
(18) A Cagliari fu estesa, infatti, la norma quod clerici non utantur officio notarie data alla città di Bar-
cellona il 31-5-130~da Giacomo II: v. R. DI TUCCI, op. cit., doc. XXX, p. 130.
(19) F. DE VICO, op. cit., l. XIV 2, nota 3: afferma che nel Parlamento del vicerè de Cardona (1543) (per
cui v. G. DEXART, op. cit., III. X. D, fu discusso il problema e fu risolto nel senso che i clerici non
potessero esercitare la professione notarile.
(20) G. DEXART, op. cit., 1I1. X. X., nota.
(21) v. G. DEXART, op. cit., IIl. X. X. e F. DE VICO, op. cit., l. XIV. l e note.
(22) G. DEXART, op. cit., IIl. X. XX.
(23) Ibidem.

(24) Art. 360.


(25) Art. 361: la commissione era formata dal Reggente la Reale Governazione di Sassari come presiden-
te, da un assessore da questi nominato, dal Pro -Avvocato Fiscale Patrimoniale del Tabellione e dai
due Segretari della Reale Governazione.
(26) F. DE VICO, op. cit., l. XIV. 1 e note. L'art. 363 del Codice Feliciano prevedeva, molto più sintetica-
mente, il giuramento di fedeltà alle leggi.
(27) Veniva versata in epoca spagnola nelle mani del Protonotario regio; in epoca sabauda in quelle
del Segretario civile della Reale Udienza. Dal Codice Feliciano fu stabilita in 500 scudi: v. F. DE VICO,
op. cit., l. XIV. '1 e note e Codice Feliciano, art.
(28) F. DE VICO, op. cit., l. XIV. 2-3 e note.
(29) G. DEXART.. op. cit., 1I1. X. XVIII.
(30) Codice Feliciano, art. 362.
(31) Alcuni notai erano anche abilitati ad esercitare in tutti i domini del re: v. comunque le formule con-
tenute nell'articolo di V. Amat di S. Filippo nel presente volume pp. 6 -7.
(32) G. DEXART, op. cit., V. V. XVII; v. anche F. LODDO CANEPA, La Sardegna..., cit., voI. I, pp. 406-407.
(33) G. DEXART, op. cit., IIl. X. X., nota.
(34) F. DE VICO, op. cit., I. XIV. 2, nota 9.

24
(35) R. DI TUCCI, op. cit., doc. XXI, p. 107 e ss.
(36) R. DI TUCCI, op. cit., doc. XXI, pp. 110-111.
(37) G. DEXART, op. cit., III. X. XIII e III. XI. XXV, LXXXIX, XC, XCI.
(38) F. DE VICO, op. cit., I. XV e I. XVI.
(39) In ARCHIVIO DI STATO DI CAGLIARI, R. Segreteria di Stato, II serie, voI. 2275.
(4D) Codice Feliciano, art. 380.
(41) Pregone viceregio 2-4-1771 in P. SANNA LECCA, op. cit., tomo II, tit. XIV, ord. VIII, par. XXIV,
pp. 136-37; R. Editto 3-1~1812,cap. 2 per cui v. nota 39.
(42) C. MANCA, Il libro dei conti di Miguel ça Rovira, Padova, 1969, pp. 105-108.
(43) Tale pena fu revocata in epoca spagnola da una prammatica regia che impose al giudice di attenersi
al diritto comune: v. F. DE VICO, op. cit., I. XIV. 12.
(41) R. Editto '1,3-3-1759,in P. SANNA LECCA, op. cit., tomo I, tit. VII, ord. XXV, capo VI, par. 1, p. 290.
(15) G. DEXART, op. cit., V. V. XX-XXI: richieste avanzate nel Parlamento del marchese di Baiona (1631-33).
(46) F. DE VICO, op. cit., I. XIV. 11.
(47) M. T. FERRER I MALWL, La redacci6 de l'instrument notarial a Catalunya, in Estudios hist6ricos..,
cit., voI. IV, Barcelona, 1974, p. 5 e ss.
(48) F. DE VICO, op. cit., I. XIV, lO. La pena prescritta in caso di contravvenzione era di ,1100ducati e
la sospensione dall'ufficio per 2 anni. V. anche ibidem, cap. 1, nota (punto 7 del giuramento).
(19) Codice Feliciano, art. 367.
(50) F. DE VICO, op. cit., I. XIV. 1, nota: il giuramento del notaio. Per i contratti usurari v. il R. Editto
2-3-1768in P. SANNA LECCA, op. cit., tomo Io, tit. X, ord. II, par. XXVI, p. 331 che prevedeva la pena
della inabilitazione perpetua all'esercizio del notariato o di altri uffici pubblici.
(51) F. DE VICO, op. cit., I. XIV. 2: le sanzioni previste per questo reato erano la nullità dell'obbligazione,
il pagamento di 100 ducati, la privazione dell'ufficio e la rifusione dei danni. V. anche ibidem, cap. 3,
le pene per i secolari che rinunciassero al foro reale.
(52) F. DE VICO, op. cit., I. XIV, 4 e Codice Feliciano, art. 375.
(53) G. DEXART, op. cit., III. X. IV (dal Parlamento del vicerè de Madrigal del 1558-61); F. DE VICO, op.
ci t., L XIV. 9 e Codice Feliciano, art. 376.
(51) G. DEXART, op. cit., IIL X. XIV (dal Parlamento del duca di Gandia del 1612-14) e Codice Feliciano,
art. 377.

(55) Codice Feliciano, art. 370.

(56) G. DEXART, op. cit., V. V. II.

(57) V. P. SANNA LECCA, op. cit., tomo I, tit. XI, ord. III, par. 8, p. 356.
(58) v. P. SANNA LECCA, op. cit., tomo I, tit. XI, ord. XI, pp. 377-80.
(59) F. DE VICO, op. cit., L XIV 4. Tre testimoni erano richiesti nel caso che le parti non sapessero scri-
vere: V. G. DEXART, op. cit., V. V. XX (dal Parlamento del marchese di Baiona).
(60) G. DEXART, op. cit., V. V. XXI (dal Parlamento del marchese di Baiona); V. anche il Pregone vicere.-
gio 30-8-1738in P. SANNA LECCA, op. cit., tomo I, tit. XI, ord. IV, p. 378.
(61) Per le formule V.P. CANEPA, op. cit., pp. 103-106.
(62) G. DEXART, op. cit., IIL X. XII (dal Parlamento del vicerè Michele di Moncada del 1583); v. anche il
R. Editto 15-5-1738in P. SANNA LECCA, op. cit., tomo I, tit. XI, ord. III, par. 8, p. 356.
(63) G. DEXART, op. cit., V. V. II (dal Parlamento del vicerè de Cardona del 1543).
(61) G. DEXART, op. cit., IIL X. XVI (dal Parlamento del duca di Gandia del 1612-14).

25
(65) F. DE VICO. Op. cit., I. XIV. 5: nella prammatica si richiama l'analoga richiesta fatta nel Parlamento
del marchese d'Aytona del 1592-98.
(66) G. DEXART, op. cit., III. X. V; v. anche F. DE VICO, op. cit., I. XIV. 5.
(67) G. DEXART, op. cit., III. X. XII.
(68) Ibidem.
(69) F. DE VICO, op. cit., I. XIV. 1, nota; v. anche ibidem, cap. 5.
(70) G. DEXART, op. cit., III. X. XV, ma il Dexart annota che parum asservatur in praxi.
(71) G. DEXART, op. cit., V. V. I; traduzione di V. ANGIUS in G. CASALIS, Dizionario Geografico Storico-
Statistico-Commerciale degli Stati di S. M. il re di Sardegna, Torino, 1856, voI. 18 quater, cap. XXXIII,
pp. 510-511.
(72) G. DEXART, op. cit., V. V. VII.
(73) F. DE VICO, op. cit., I. VIII. 21 e I. XIV. 7; G. DEXART, op. cit., V. V. IX.
(74) V. ANGIUS in G. CASALIS, op. cit., cap. XXIV, p. 774.
(75) In P. SANNA LECCA, op. cit., tomo I, tit. XI, ord. III, pp. 342-358.
(76) ARCHIVIO DI STATO DI CAGLIARI, Atti governativi e amministrativi, v. 2, n. 111. Le circoscrizioni
subirono successivamente alcune modificazioni. Col R. Editto 12-2-1743 si permise che gli Uffici del-
l'Insinuazione fossero alienati, esercitati per mezzo di sostituti ed anche lasciati in eredità, Furono, co-
sì, frequenti gli appalti finchè col R. Editto 29-1-1839 gli Uffici dell'Insinuazione non furono riscattati
dal R. Demanio: v. Inventario della R. Segreteria di Stato e di Guerra del Regno di Sardegna (1720-
1848), a cura di F. Loddo Canepa, Roma, 1934, p. 165 e n. 58.
(77) Si ricordano, in breve, gli atti esenti dall'Insinuazione: i contratti ecc. con gli Uffici regi, le procu-
re ad lites, i depositi fatti in giudizio; le testimoniali di attestazione; le lettere di cambio e le ob-
bligazioni fatte per causa di commercio tanto fra banchieri e negozianti, quanto a favore di essi;
i contratti di prestito o di società, quelli di vendita e permuta di mobili, merci e semoventi; gli af-
fittamenti non eccedenti anni dieci; le quietanze di fitti, canoni ed altre annualità; i capitoli matri-
moniali, da ridurre in atto pubblico dopo sei mesi dal matrimonio; tutti i contratti non eccedenti
gli scudi quindici.
(78) Codice Feliciano, artt. 382-456.
(79) Dagli Uffici dell'Insinuazione, attraverso l'Ufficio del Registro di Cagliari, pervennero all'Archivio di
Stato di Cagliari 6938 registri notarili dal XV al XIX secolo: v. Inventario della R. Segreteria di Sta-
to. .., cit., p. 164, n. 57bis.

26

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INDICE
Nell'indice, accanto al cognome ed al nome, ordinati alfabeticamente, dei notai di cui abbiamo riprodotto il signum,
sono indicati la località in cui l'atto è stato stipulato ed, ove possibile, la residenza del notaio; la data, la posizione archi-
vistica dell'atto stesso ed il riferimento alla Tavola in cui compare il signum. I segni sono stati tratti, a parte qualche
esempio dall'Archivio di Stato di Cagliari, dall'Archivio privato Amat di S. Filippo. Di questo Archivio è in corso, a cura
di Vincenzo Amat e di Marina Valdès Carboni, il completo rifacimento dell'antico inventario: non essendo però tale com-
plessa operazione ancora terminata, la classificazione d'archivio si riferisce al detto antico inventario.

ABBREVIAZIONI

Documenti dell'Archivio Amat di S. Filippo

- Apoche Apoche, cioè dichiarazioni di ricevuto, quietanze.


Atti Atti giudiziarl, docc. inseriti in processi.
Atti posso Atti di presa di possesso, di case, feudi, eredità.
Cap. Matr. Capitoli matrimoniali, obbligazioni per matrimonio.
- Censi Costituzione, cioè creazione di censi.
CessoRin. Cessioni (di crediti, diritti) e rinunce.
CompI. Complessi: volumi contenenti atti vari.
Concesso Concessioni in locazione, enfiteutiche, ecc.
Div. Scritto Diverse scritture.
Dichiar. Dichiarazioni (riconoscimento di diritti altrui, ecc.).
Donaz. Donazioni.
- Doti Costituzioni di dote.
Invent. Inventari.
Invest. . Verbali di atti di investitura.
Lim. Sal. Limiti e salti, cioè verifiche di confini, e simili.
N. Class. Nuova Classificazione, documenti non segnati nell'antico inventario.
Perg. Pergamene, con documenti di ogni tipo.
Rib. Luiz. Ribasse e luizioni di censi, cioè abbassamento dell'interesse, consensuale, ed estinzione di censi.
Sento Sentenze, ed atti simili, es. esecutoriali.
Sol. Carte riguardanti il feudo di Soleminis.
Sorso Carte riguardanti il feudo di Sorso.
Str. Div., Stromenti diversi.
Test. Testamenti.
- Trans. Transazioni.
- Arch. Min. Archivio minore: trattasi di un gruppo di documenti precedentemente non classificati.
Arch. R.V. Archivio Ripoll - Villarios; trattasi di un archivio da me acquisito, e quindi precedentemente
non inventariato.
Arch. S.P. Archivio San Placido; nuovo archivio da me acquisito, riguardante la famiglia Manca di San
Placido.

Documenti dell'Archivio di Stato di Cagliari (ASC.)

ASC. Pago . . . Pagine del Registro di Deposito dei Segni tabellionali, imposto ai Notai nel 1738.
- ASC. A. L. n° 1111 Tappa Insinuazione di Cagliari - Atti legati.
ASC.A. S. n° 2222 Tappa di Insinuazione di Cagliari - Atti sciolti.

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ADçENI Giovanni Cagliari 1520 Perg. 89 XXIV
AGULLA BULLON Pablo Madrid 1633 Sol. HH - gg. XLVI
ALAIZ (de) PEDROSSA Juan Madrid 1623 N. Class. 37 XL
ALCIA TO Alessio Domenico Alassio 1673 N. Class. 250 LX
ALEAS MATIENçO Pedro Madrid 1627 Sol. HH - gg. XLII
ALEU Geronimo Cagliari 1628 Cess. Rin. O XLIII
ALEU Michele Cagliari 1521 CompI. G Perg. 2 XXIV
ALEU Salvatore Cagliari 1510 Perg. 99 XXII
ALEU (de) Scipione Onofrio Cagliari 1599 varie XXXIII
ANDREA (d') Marco Cagliari 1530 Perg. 134 XXVI
ANDRIOTTO (de) Nicola Castellaragonese (SS) 1619 Sorso. VoI. L XXXIX
ANGLES Antonio Barcelona 1524 Perg. 73 XXII
APPIETTO CARTA Gavino Sassari 1633 varie XLVI
AQUENZA Bernardino Cagliari 1716 J] - 2° - u. LXVIII
AQUENZA (de) Nicola Sassari 1684 CompI. c., fol. 117 v. LXII
ARANDA (d') Stefano Cagliari 1449 Perg. 29 XVII
ARCA APPIETTU Giovanni Francesco Sassari 1681 Su. Div. 9 LXI
ARGILAGA Pietro Giovanni Valenza 1426 Perg. 4 XV
ARINYO' (d') Francesco Valenza 1428 Perg. 4 XV
ATHENE (de) Salvador Sassari 1580 varie XXXI
AZCOITIA (de) Juan Murcia 1667 Trans. 34 LIX

B
BACONE Giovanni Sassari 1482 Perg. 5 XVIII
BARBENS Andrea Valenza 1486 Perg. 68 XIX
BARRAL Pedro Alghero (SS) 1435 Perg. 37 XV
BARREDA Antonio Valenza 1490 Perg. 60 XIX
BARROT Raffaele Barcelona 1626 Sol. HH - H. XLI
BASSO Gavino Sassari 1635 Arch. S.P. 1 XLVII
BAUSA' Bartolomeo Cagliari 1783 Atti, KK - yy LXXV
BAYARDO Giovanni Francesco Cagliari 1663 Doti 12 LVIII
BELLIT Francesco Cagliari 1543 Perg. 140 XXVIII
BELLOC Pedro Barcelona 1485 Perg. 70 XIX
BELTRAN Michele Valladolid 1602 Perg. 110 XXXIV
BOER Giovanni Madrid 1628 Trans. 11 XLIII
BONFANT Don Agostino Cagliari 1637 varie XLIX
BONFANT Dionigio Cagliari 1614 Dichiar. E XXXVII
BONFANT Michel Angelo Cagliari 1599 Test. 90 XXXIII
BOSSAGUES Pedro Alghero (SS) 1419 Perg. 21 XIV
BOU Pedro Sorso (SS) 1441 Perg. 39 XVI
BOY Giacomo Cagliari 1535 Perg. 142 XXVII
BOY Giovanni Cagliari 1468 XVII
Perg. 19
BOY Nicolao Cagliari 1513 Perg. 77 XXIII
BRANDINO de CANOLACHO Salvatore Sassari 1650 Cap. Matr. 6 LIII
BRANDINO e SIRlGO Bernardino Sassari 1661 Arch. S. P. 27 LVII
BRONDA (de la) Matteo - Sassari 1602 vane XXXIV
BRONDO Antonio Cagliari 1714 Donaz. 16 LXVIII
BRONPO Geronimo Cagliari 1606 varie XXXV
BRUNACHO Gavino Alghero (SS) 1640 J]-2°-r. L

'--
C
CABRERO Michele Lografio 1512, Perg. 101 XXIII
CADENAS Antonio Madrid 1634 Sol. HH - gg. XLVI
CALVO Andrea Madrid 1630 Sol. HH - gg. XLIV
CAMPANILE Michele Gaetano Napoli 1702 Donaz. 9 LXVI
CAMPO (de) Matteo Sassari 1522 Cap. Matr. 17 XXV
CAMPUS (de) Antonio Sassari 1591 Arch. R.V. voI. 17, fo1. 42 XXXII
CAMPUS MANCA Francesco Sassari 1688 Invent. 44 LXIII
CANALE Luca Sassari 1599 Invest. C XXXIII
CANO Barisone Sarsa (SS) 1468 Perg. 24 XVII
CANO Giavanni Sassari 1591 Test. 9 XXXII
CANO CARTA Giavanni Sassari 1638 CampI. E, dac. 3 XLIX
CAPUXEDDO Antania Sassari 1612 Test. 25 XXXVI
CARNI CER Bartalameo Cagliari 1603 varie XXXIV
CARNI CER Pietro Andrea Cagliari 1521 Perg. 62 XXIV
CARTA Antonio Alghero (5S) 1621 Test. 37 XXXIX
CARTA Antania Angela Serramanna (CA) 1704 ASC, pago 47 LXVII
CARTA Francesca Cagliari 1671 Danaz. lO LX
CARTA (damicello) Gaspare Cagliari 1690 ASC. A.L. n° 43 LXIII
CARTA Giuseppe Soleminis (CA) 1786 Atti KK, nn. LXXV
CARTA e TRAPANA Francesco Sassari 1644 Atti KK, 00. LI
CAçA Giacamo Sassari 1444 Perg. 17 XVI
CASANOVES Francesca Barcelana 1648 Test. 95 LII
CASARACCIO Gavino Sassari 1590 Test. 26 XXXII
CASAYO Giovanni Sassari 1470 Perg. 57 XVIII
CASO .cde) Matteo Sassari 1589 Div. Stram. P XXXI
CAS5AGIA Antonio Sassari 1597 Trans. 52 XXXII
CASSAGIA Gavina Sassari 1637 Cap. Matr.25 XLIX
CASTELL Francesco Barcelana 1497 Perg. 72 XX
CATETOLO Giavanni Antiaca Cagliari 1684 CampI. C, foI. 123 LXII
CIJAR (=CITJAR) Giavanni Alghera (SS) 1435 Perg. 31 XV
CIPRIANI Marca Cagliari 1552 Perg. 115 XXIX
CLERGUE e TOLA Carla Sassari 1649 Atti pOSSoG. LIII
CODORNIU Michele Valladolid 1597 Perg. 136 XXXIII
COLL Enrico Barcelona 1630 Sal. HH - H. XLIV
COMIDA Angela Sassari 1659 N. Class. 251 LVI
COMTA Francesco Alghero (SS) 1486 XIX
Perg. 75
CONCHILLOS Pedro 1521 Perg. 137 XXIV
CONCO Michele Cagliari 1622 Test. 22 XL
CONDESSA Michele Alghera (SS) 1525 Perg. 12 XXV
CORBIA Ignazio Alghero (SS) 1691 Test. 91 LXIII
CORBU BRUNDETTE Francesco Ittiri Cannedu (SS) 1618 CompI. E, faI. 70 XXXVIII
CORONA Giavanni Antioco Cagliari 1635 Rib. Luiz. F. XLVII
CORONA Ignazio Maria Cagliari ) 1681 Cap. Matr. 6 LXI
CORRELI Giovanni Agostino Oristano 1637 Test. 20 XLIX
CORRIA Giovanni Antioco Cagliari 1640 ASC. A.S. n° 161 LI
COSSU Ped.ro Sisinnio Suelli (CA) 1706 LXVII
ASC, pago 43
CUBONY Giuseppe Antonio Cagliari 1743 Div. Scritto M LXXII
CUGURRA Giovanni Sassari 1656 Test. 23 LV

'-- -
D
DAGA Giovanni Giacomo Cagliari 1742 ASC, pago 18 LXXII
DEIDDA Lorenzo Cagliari 1724 Arch. R.V. voI. 12° LXX
DEL VECCHIO Antioco Cagliari 1686 Cap. Matr. 35 LXIII
DESSI' Agostino Vincenzo Cagliari 1769 Arch. tRoV., 74 LXXIV
DESSI' Melchiorre Cagliari 1602 Test. 2 XXXIV
DEVINA T Pietro Sassari 1437 Perg. 15 XVI
DIAS Juan Antonio Cagliari 1705 ASC, pago 16 LXVII
DI AZ Andrea Sassari 1616 N. Class. 18 XXXVIII
DI GIOVANNI Benedetto Barcelona 1505 Perg. 59 XXI
DI GIOVANNI Pietro 1516 Perg. 86 XXIII
DIURASTEGUI' Antonio S. Sebastiano 1636 Sol. RH. - gg. XLVII
DOMENEC Raffaele Barcelona 1630 Sol. RH - ff. XLIV
DONEDDU Raimondo Cagliari 1769 Cesso Rin. V. LXXV
DOROS Giacomo Cagliari 1449 Perg. 29 XVII
DRAGO Isoardo Nizza 1479 Perg. 65 XVIII

E
EXARCH Francesco Madrid 1678 Test. 54 LXI
EXPERT Michele Alghero (SS) 1574 Trans. 2 XXX
ESGREXO Andrea Cagliari 1558 CompI. C, Perg. 1. XXIX

F
FADDA Giovanni Busachi (OR) 1682 CompI. C, foI. 128 LXII
FANTY Giovanni Matteo Quartucciu (CA) 1728 ASC, pago 40 LXX
FAR Matteo Sassari 1418 Perg. 18 XIV
FARA Stefano Sassari 1561 Censi M. XXX
FARINA Gavino Sassari 1663 Cesso Rin. H. LVIII
FARINA Pietro Paolo Sassari 1653 Donaz. 13 LV
FENU (FURCA) Antonio Efisio Serrenti (CA) 1699 ASC, pago 42 LXV
FERNANDEZ de SOTO Giovanni Cagliari 1521 Perg. 93 XXIV
FERRAN Cayetano Barcelona 1670 N. Class. 417 LIX
FERRARIA (de) Leonardo Alghero (SS) 1442 Perg. 31 XVI
FERRARIA (de) Pedro Alghero (SS) 1419 Perg. 21 XIV
FERRELI Alessio Cagliari 1711 CompI. K, doc. 32 LXVIII
FERRER Cristoforo Cagliari 1567 Perg. 106 XXX
FIGONE e SALVAGNOLO Giovanni Sassari 1625 Arch. S.P. 3 XLI
FITA Antonio Giovanni Barcelona 1630 Sol. HH. ff. XLIV
FLUVIA' Giovanni Barcelona 1500 Perg. 8 XX
FONOLLEDA Arnaldo Teano.(NA) 1436 Perg. 3 XV
FONT Onofrio Alghero (SS) 1526 Perg. 139 XXVI
FORTUNY Michele Barcelona 1500 Perg. 8 XXI
FRANQUESA Pedro Madrid 1577 Perg. 131 XXXI
FRASSO JUNQUELLI Giovanni Angelo Sassari 1600 varie XXXIII
FRAU Pietro Cagliari 1742 Strom. Div. Q. LXXII
FULGUERI Giovanni Battista Cagliari 1700 ASC. A.S. n° 258 LXVI
FUNI CELLA Giovanni Antonio Napoli 1516 Perg. 98 XXIII

'-
G
GALEAZZO Giovanni Alghero (SS) 1536 Perg. 114 XXVII
GAMBELLA Giovanni Thiesi (SS) 1642 Test. 39 LI
GARAU Giovanni Antioco Arbus (CA) 1727 ASC, pago 4 LXX
GARCIA Giovanni Logroiio 1512 j
Perg. 85 XXIII
GAYET Francesco Alghero (SS) 1461 Perg. 47 XVII
GILI Michele Sassari 1494 Perg. 48 XX
GILLO Giovanni Gavino Sassari 1625 JJ - T - u. XLIII
GONZALES Ludovico Barcelona 1500 Perg. 8 XXI
GUARDIA' Andrea Valencia 1629 Sol. HH, H. XLIII
GUGIA Francesco Cagliari 1653 Sento DD - 5 - f. LV
GURDO Antioco Cagliari 1625 Censi B XLI

H
HORTO (de) Jacopo Napoli 1507 Perg. 76 XXII

I
IRELLES Pietro Barcelona 1629 Test. 21 XLIII
IRUNAGA (de) Santiago S. Sebastiano 1636 Sol. RH - gg. XLVIII
ISCA Francesco Cagliari 1650 CompI. K, doc. 6. LIII

J
JANA (de) Nicolao !ttiri Cannedu (S5) 1636 N. Class. 249 XLVIII
JAUME Antonio Alghero (SS) 1621 Test. 37 XXXIX
JAUME Simone Alghero (SS) 1578 vari XXXI
JAYME Pedro Barcelona 1480 Perg. 67 XVIII
JORBA Ludovico Barcelona 1505 Perg. 59 XXII
JORGI Gavino Cagliari 1654 N. Class. 248 LV
JOVELLS Francisco Barcelona 1539 Perg. 138 XXVIII
JULIA' Giovanni Alghero (SS) 1621 Test. 37 XL

L
LACANO Francesco Sassari 1659 N. Class. 251 LVI
LAMAYSON Giacomo Madrid 1567 Perg. 108 XXX
LECA Giovanni Francesco Cagliari 1662 N. Class. 254 LVII
LECCA Antioco Cagliari 1662 ASC. A.S. n° 302 LVII
LIGAS Stefano Sinnai (CA) 1761 Apoche, e. LXXIV
LOBAYTIA (de) Joan S. Sebastiano 1636 Sol. HH - gg. XLVIII
LOGU (de) Pietro I ttiri Cannedu (SS) 1695 CompI. E, fo1. 117 LXV
LOSILLA (de) Giovanni Valladolid 1550 Perg. 111 XXVIII
LOSILLA (de) Michele Barcelona 1481 Perg. 46 XVIII
LUIS Giuseppe Sassari ) 1607 Trans. 26 XXXVI

LLEDO' Lorenzo Sr. Alghero (SS) 1409 Perg. lO XIV


LLEDO' Lorenzo Jr. Alghero (SS) 1494 Perg. 19 XX
LLUNELL Francisco Barcelona 1632 Sol. RH - H. XLV

l '- -
M
MALLAS Pietro Francesco Cagliari 1713 Lim. Sal. M LXVIII
MAMELY Andrea Cagliari 1636 Test. 70 XLVIII
MANCA Giacomo Cagliari 1625 ASC. A.L. n° 148 XLI
MANCA Michele Cagliari 1636 Test. 15 XLVIII
MANCA RODRIGUEZ Salvatore Cagliari 1689 Rib. Luiz. B LXIII
MANINQUEDDA Francesco Sassari 1629 Dichiar. B XLIV
MARCH Antonio Valenza 1486 Perg. 61 XIX
MARCHIA' Francesco Cagliari 1624 Cap. Matr. 34 XL
MARCOTO Antonio Cagliari 1719 Sol. HH - dd. LXIX
MARONGIU Giovanni Battista Cagliari 1662 Apoche O LVII
MARRAS Antonio lttiri Cannedu (SS) 1643 CompI. E, fol. 82. LI
MARTINEZ PULIGA Angelo Sassari 1666 N. Class. 256 LVIII
MARTINEZ PULIGA Angelo (lo stesso) Sassari 1686 CompI. G, VoI. 2° LXII
MARTINI Pietro Barcelona 1512 Perg. 90 XXIII
MARTIS Geronimo Cagliari 1617 Sol. HH - ee. XXXVIII
MAS y GUELL Francisco Barcelona 1670 N. Class. 417 LIX
MASCLANS Antonio Barcelona 1630 Sol. HH - H. XLV
MASSIDDA Giovanni Battista Cagliari 1618 N. Class. 257 XXXVIII
MAXIA MADEDDU Antonio Cagliari 1723 ASC, pago 15 LXIX
MEDINA (de) Giovanni Alghero (SS) 1604 Donaz. 8 XXXV
MEDIONA Pietro Siviglia 1526 Perg. 105 XXVI
MELONI MONTONI Francesco Cagliari 1658 Donaz. 20 LVI
MERIOLA D'OLIVES Giovanni Francesco Sassari 1591 Arch. R.V., VoI. 17 XXXII
MERIOLA D'OLIVES Nicolao Sassari 1503 Perg. 56 XXI
MERLO Gavino Sassari 1663 CompI. K, doc. 8 LVIII
METGE Giovanni Alghero (SS) 1526 Concesso g. XXVI
MILONIO Prisciano Napoli 1516 Perg. 94 XXIV
MINGUELLA Francesco Barcelona 1702 Il - 2° - r. LXVI
MIRALLES Antonio Alghero (SS) 1525 Perg. 12 XXV
MONçO' Salvatore Cagliari 1603 Arch. Min. XXXV
MONGE y TAMARIT Pedro Gandia (V alenza) 1679 Arch. RV. voI. l° LXI
MONTANY ANA Antonio Alghero (SS) 1555 Perg. 114 XXVII
MURA Francesco Cagliari 1738 Apoche C. LXXI
MURA Giovanni Tomaso Cagliari 1609 N. Class. 40 XXXVI
MURA Sebastiano Alghero (SS) 1640 Il - 2" - r. LI
MURGA (de) Julian Madrid 1604 Donaz. 8 XXXV
MULAS Stefano Orosey (NU) 1776 Atti posso K. LXXV
MURGIA Giovanni Antonio Sassari 1635 CompI. E, doc. 2 XLVIII
MURGIA MELIS Giovanni Stefano Cagliari 1744 Str. Div. q. LXXII
MURTAS Giovanni Battista Cagliari 1605 varì XXXV
MURU Giovanni Battista Cagliari 1651 Test. 65 LIV
MUSCAS Vincenzo Cagliari 1732 ASC. pago 6 LXXI
MUSTNA Giorgio Sassari 1616 BB - 2" - eee. XL

N
NIEDDO CARTA Giovanni Domenico Cagliari 1648 Atti posso E. LII
NOFRE (cfr. ALEU) Scipione Cagliari 1612 N. Class. 13 XXXVII
NUSEO e LONGO Gavino Sassari 1625 Invent. 7 XLI

'--
o
OLIV AR Antania Cagliari 1535 Perg. 33 XXVII
ORDA' Geronima Cagliari 1565 ASC. A.L. n° 199 XXX
ORDINES Giavanni Cagliari 1486 Perg. 69 XIX
ORDrz Giovanni Cagliari 1694 CampI. K, doc. 26 LXIV
ORIOL Antania Michele Cagliari 1515 Perg. 78 XXII
OROMIR Tamasa Cagliari 1547 Perg. 109 XXVIII
ORTOLA' Geranima Cagliari 1543 Perg. 140 XXVIII
ORTU Giavanni Gavina Cagliari 1615 Sal. HH - H. XXXVIII

P
p ALMAS (de) Gregario. Sassari 1660 CampI. E, faI. 166 LVII
PERALTA (de) Francisca Alghera (SS) 1421 Perg. 22 XIV
PEREZ Francisca 1634 Sal. HH - gg. XLVII
PEREZ DALMACAN Michele Cordava 1490 Perg. 92 XX
PERSI Francesca Antania Cagliari 1738 Trans. 39 LXXI
PETRIZOLO Matteo Sassari 1624 BB - 2° - eee. XLI
PICHI Diego. Cagliari 1658 Invent. 6 LVI
PILOGiavanni Battista Cagliari 1693 N. Class. 255 LXIV
PILO MINUTI LI (a « de Minuta»)
Giavanni Sassari 1629 N. Class. 17 XLIV
PINNA Gavina Sassari 1600 Invest. C. XXXIV
PINNA Nicolaa Sassari 1666 Str. Div. uu. LVIII
PISTIS e BONF ANT Angela Alghera (SS) 1650 Trans. 6 LIII
PIXI Giavanni Battista Cagliari 1722 Invent. 37 LXIX
PIZOTA (= PICHOTA) y ULBO Gia.
Antania Sr. Alghera (SS) 1614 Co.mpI. K, doc. 4 XXXVII
PIZOTA (= PICHOTA) y ULBO Gia.
Anto.nia Jr. Alghero (SS) 1650 CompI. K, dac. 12 LIII
PONS Francisco. Barcelana 1632 Sal. HH. - ff. XLV
PONT Agastina Alghero (SS) 1525 Perg. 12 XXV
PONT Gaspare Alghera (SS) 1528 Perg. 93 XXVI
PONT Pedra Alghera (SS) 1451 Perg. 32 XVII
PONTE Daminga Genava 1724 JJ - 2° - g. LXIX
PORCU Antania Cagliari 1718 ASC. pago 16 LXVIII
PRADELL Vincenzo. Giavanni Madrid 1648 Perg. 133 LII
PRUNAS Saturnina Cagliari 1665 Danaz. 6 LVIII
PUçOLU (= PUZOLU) CARTA Jo.an
Santas Cagliari 1758 Atti passo U. LXXIV

Q
QUESSA Gio.vanniAntania Sassari 1628 CampI. E, doc. 9 XLIII

R
REDEOLIVES Leanarda Sassari 1619 Cap. Matr. 10 XXXIX
RIBAS y GRANES Giuseppe Barcelana 1670 N. Class. 417 LX
RICARTE Giavanni Geronima Madrid 1638 Perg. 135 L
RIERA Raffaele Barcelana 1626 Sal. HH - H. XLII

I
I '-- -
RINDONE Casma Cagliari 1657 Sal. RR - H. LV
RIQUERI FRASSO Antania Sassari 1639 Invent. 40 L
ROBERT Pedro Joan Sassari 1550 Perg. 11 XXIX
ROS Pedra Bernarda Basa (NU) 1442 Perg. 31 XVI
ROXAS (de) Manuel Antania Madrid 1695 Str. Div. tt. LXIV
RUINA SIALEDDO Casma Sassari 1670 Cancess. K LX
RUSTAIN Giavanni Alghera (SS) 1682 Test. 10 LXII
RUVERA (de la) Efis Cagliari 1737 ASC. pago 9 LXXI

S
SABATER Ferdinanda Cagliari 1614 Perg. 132 XXXVII
SABATER Pedro Cagliari 1544 Perg. 7 XXVIII
SABBA (SABA?) Salvatare Ittiti Cannedu (SS) 1644 CampI. E, faI. 26 Ll
SA BRUGADA ( = çA BRUGADA) alias
DI GIOVANNI Bernardo Alghero (SS) 1432 Perg. 26 XV
SABUCH Andrea Alghera (SS) 1421 Perg. 22 XIV
SAFONT (= çAFONT) Francesca Madrid 1613 Perg. 132 XXXVII
SAFONT (= çAFONT) Giuseppe Barcelana 1632 Sal. RH - H. XLV
SALlS Salvatore Agastino Cagliari 1754 Str. Div. q. LXXIII
SAMPERO Leane Sassari 1602 vari XXXIV
SANNA AntoniO' Ignazia Cagliari 1740 Apache O. LXXII
SANNA Giovanni Battista Basa (NU) 1647 Arch. SP - 100 LII
SANNA Giovanni Battista Cagliari 1694 CampI. K, dac. 26 LXIV
SANNA Salvatare Sassari 1638 vari L
SANNA e GALlA Andrea Sassari 1626 Rib. Luiz. m. XLII
SANNA e GALlA Martina Sassari 1670 Cancess. K. LX
SANNA e ULBO Salvatare Alghera (SS) N. Class. 253 LXV
SANNA PINNA Antania Maria Cagliari 1751 LXXIII
SANTA MARIA Giavanni Battista Cagliari 1690 BB - 2° - t. LXIII
SARIGO Giovanni Battista Sassari 1621 Cap. Matt. 2 XL
SARRIO Pedra Paala Sassati 1550 Perg. 11 XXIX
SASTRE GiacomO' Barcelana 1505 Perg. 59 XXII
SAYOS Giacama Barcelana 1648 Test. 95 LII
SCANO Baquis Sassati 1638 L
SCANO Pietra Alghero (SS) 1651 Testam. 66 LlV
SCANO Sebastiana Sassari 1591 Invest. C. XXXII
SCARXONI Antania Cagliari 1606 Atti KK - uu. XXXVI
SCIALBO Felice Napali 1702 Danaz. 9 LXVI
SEGUI Antania Barcelana 1632 Sal. HH, H. XLVI
SELLlER Francesca Rama 1571 Perg. 155 XXX
SENES Leonarda Sassati 1651 CampI. E, faI. 96 LlV
SENYA Mattea Barcelana 1500 Perg. 8 XXI
SEQUE Giargia Sassari 1652 Test. 36 LlV
SEQUE Michele Cagliari 1658 Danaz. 20 LVI
SERRA AntoniO' Sassari 1550 Perg. 11 XXIX
SERRA Didaca Cagliari 1634 ASC. A.S. n° 665 XLVII
SERRA Francesca Barcelana 1702 II - 2° - r. LXVI
SERRA Giovanni Barcelana 1648 Test. 95 LII
SERRA Giovanni Maria Sassari 1586 Perg. 27 XXXI
SERRA Salvatare Sassari 1648 Test. 26 LIII
SERRA ARAGANO Sebastiana Sassari 1698 N. Class. 252 LXV

"- -
SEVERINO Domenico Napoli 1702 Donaz. 9 LXVI
SETZU Angelo Samassi (CA) f699 ASC. pago 42 LXV
SIDA Francesco (;iuseppe Cagliari 1765 Apoche, 111 LXXIV
SIRVENT (;iovanni Sassari 1436 Perg. 25 XVI
SISINI e FILIPPI Agostino Alghero (SS) 1667 Trans. 61 LIX
SOLA (;iovanni Sassari 1482 Perg. 63 XVIII
SOLAR(;IO Francesco Sassari 1605 Test. 5 XXXV
SOLER Nicolao Cagliari 1523 Test. 63 XXV
SORLI Pedro Juan Valenza 1630 Trans. 13 XLV
SORO Salvatore Cagliari 1652 Sol. HH - £I. LIV
SORRENTINO (;ioachimo Napoli 1702 Donaz. 9 LXVII
SOTc;IU Francesco Cagliari 1718 ASC. pago 3 LXIX
SPANO Michele Angelo Alghero (SS) 1697 LXV
SUNYER c;iovanni Angelo Alghero (SS) 1559 Arch. RV. voI. 17, £01.39 XXIX

T
TALAYERO (;iovanni Toledo 1534 Perg. 130 XXVII
TARAY c;iovanni Francesco Cagliari 1598 Doti lO XXXIII
TAVERA c;avino Ittiri Cannedu (S5) 1659 CompI. E, £01. 101 LVII
TAVERA (;iovanni Ittiri Cannedu (SS) 1691 CompI. E, £01. 106 LXIV
THOCO c;iovanni Cagliari 1615 Apoche N. XXXVII
TOLA Leonardo Alghero (SS) 1650 Trans. 6 LIV
TOLO c;avino Sassari 1619 Arch. 5P. 2 XXXIX
TORRALBA Angelo Quirico Alghero (SS) 1538 Perg. 81 XXVII
TORRALBA Francesco Alghero (SS) 1495 Perg. 30 XX
TORRES Ludovico Barcelona 1626 Sol. RH - £I. XLII
TOSES Antonio Sassari 1522 Perg. 91 XXV
TRONXI c;eronimo Cagliari 1639 N. dass. 258 L
TROYSIO Pietro Antonio Napoli 1533 Perg. 107 XXVI
TRUCHI Teofilo Orazio Torino 1729 Arch.R.V. vol.13, £01.167 LXX
TURONI Ensio Siniscola (NU) 1730 Testam. 44 LXXI
TUVERY Nicola (;uspini (CA) 1730 ASC. pago 45 LXXI

U
ULBO c;iovanni Battista Sassari 1609 Invent. 14 XXXVI
URRU c;iovanni Battista Cagliari 1718 ASC. pago lO LXIX
USAI E£isio Cagliari 1709 Cesso Rin. D. LXVII
USAI e MALLAS Ignazio Cagliari 1754 Apoche B. LXXIII
USAY Michele Efisio Cagliari 1745 Strom. Div. q. LXXII

V
VACCA Francesco Ignazio Cagliari 1727 ASC. pago 5 LXX
VACCA Don Monserrato Cagliari 1637 vari XLIX
VALMANYA c;aspare Cagliari 1583 Rib. Luiz. L. XXXI
VENDRELL c;iuseppe Barcelona 1630 Sol. HH - £I. XLV
VENTURONY SCANO Baquis Sassari 1668 Dichiar. V. LIX
VERNEDA c;iovanni Francesco Barcelona 1702 Il-2° - r. LXVII
VIDAL Antonio Cagliari 1679 Arch. RV. VoI. l° LXI
VIDAL c;eronimo Valenza 1610 DD - 5° - £. XXXVI

'--
VILANA Giovanni Barcelona
- 1500 XXI
Perg. 8
VILLARET Francesco 1620 XXXIX
VILLINO Stefano Sassari 1653 Donaz. 13 LV
VINCHY Giovanni Cagliari 1678 N. Class. 259 LXI
VINCI Giuseppe Cagliari 1747 Apoche, nnn. LXXIII
VIRl) Francesco Sassari 1637 Cap. Matr. 25 XLIX
VIVS Pietro Paolo Barcelona 1626 Sol. HH - fIo XLII

X
XIMNS Antonio Cagliari 1671 Arch. RV. LX
XINTO Diego Cagliari 1658 Invent. 6 LVI

Z
ZARA Giovanni Agostino Cagliari 1759 Apoche, n. LXXIV
ZONCA Tomaso Cagliari 1682 Invent. M. LXII

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