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La morfologia è lo studio della struttura interna delle parole.
3. Stabilità morfologica: la parola è un'unità che nelle sue varie forme preserva una struttura
fondamentale e che non può essere interrotta da altri elementi;
4. Mobilità sintattica: la parola è l’elemento più piccolo che può essere spostato (o sostituito) in
una frase.
1. la parola concreta come appare in un determinato testo (singt, sang, gesungen), quindi si
tratta di parole uniche (come am, ins, zur…);
2. la parola astratta quale compare nel dizionario, ovvero il lessema (verbo all’infinito, un
lessema nominale o pronominale al nominativo singolare/lessema aggettivale con la forma
usata nella costruzione predicativa); quindi si è in presenza dell’unione di due lessemi distinti
(come an+dem, in+das, zu+der).
Le parole vengono suddivise in classi di parole. Per il tedesco le principali sono: verbo,
sostantivo, aggettivo, avverbio, articolo, pronome, preposizione, congiunzione, particella.
Una parola può appartenere a più classi differenti. Gli aggettivi possono anche fungere da avverbi
(schnell); l’articolo può essere usato come pronome relativo e le particelle sono quasi sempre
coincidenti con altre classi di parole.
Ci sono 3 criteri per la classificazione delle parti del discorso:
1. Criterio morfologico: le classi morfologicamente variabili sono suddivise così:
- coniugabile è la classe del verbo (variazione secondo persona, numero, tempo, modo);
- declinabili sono le classi del nome, aggettivo, articolo e pronome (variazione secondo genere,
numero e caso);
- alle classi variabili si contrappongono le classi invariabili (avverbio, preposizione,
congiunzione, particella).
2. Criterio numerico: le classi aperte (nome, verbo, aggettivo, avverbio) sono grandi e facilmente
espandibili; il numero di parole di ciascuna classe è in aumento grazie all’entrata di neologismi.
Le classi chiuse (articolo, pronome, preposizione, congiunzione, particella) sono invece piccole
e il numero di parole appartenenti a ciascuna classe rimane costante nel tempo.
3. Criterio semantico: vi è un’opposizione semantica tra classi lessicali, che hanno un significato
“pieno” (e sono i verbi, nomi, aggettivi, avverbi) e classi funzionali, che hanno un significato
primariamente grammaticale relazionale (e sono gli articoli, i pronomi, le preposizioni, le
congiunzioni e le particelle).
I morfemi sono in genere costituiti da una sequenza ininterrotta di suoni (fonemi); hanno quasi
sempre un significato; non possono essere suddivisi in unità ancora più piccole dotate di
significato e costituiscono quindi le unità minime di una parola.
Il criterio fondamentale per l’individuazione di un morfema è la sua presenza in parole diverse.
Esempio: Sommerkleidung (abbigliamento estivo)—> Sommer+kleid+ung; Sommer 'estate' e
Kleid ‘vestito’ possono fungere da parole autonome o comparire in parole complesse, come
Sommerferien (vacanze estive). L’elemento -ung compare come morfema finale in molti sostantivi,
come Wohnung ‘abitazione’, Zeichnung ‘disegno’.
Morfemi liberi: sono quei morfemi che possono solo occorrere come parte di una parola
autonoma;
Morfemi legati: compaiono solamente in combinazione con un altro morfema che sia libero
La distinzione tra morfemi lessicali e grammaticale di solito coincide con quella tra i morfemi liberi
e legati. Solo in rari casi un morfema lessicale è un morfema legato. Ad esempio l’elemento
‘Schwieger-’, ha significato lessicale di ‘parente acquisito tramite matrimonio’ in parole come
Schwiegersohn ‘genero’, Schwiegertochter, e non compare mai come parola autonoma.
Infine uno stesso morfema può avere diverse realizzazioni fonetiche, che sono chiamate
allomorfi.
La radice costituisce la parte principale della parola: è l’elemento ultimo e irriducibile che risulta
portatore del significato fondamentale della parola. Essa è costituita di norma da un morfema
libero (esempio: Sozial-ismus —> ‘socialismo’ ; sozial ‘sociale’) (esistono parole complesse che
possono avere più di una radice: Sommerkleid);
La base è la forma di partenza per processi di formazione delle parole, ma può essere anche più
ampia della semplice radice. Esempio: Unsauberkeit ‘sporcizia’ —> la radice è sauber, la base è
unsauber. A partire dalla base (aggettivale) sauber ‘pulito’ è stato formato l’aggettivo unsauber
‘sporco’, a partire dalla base unsauber è stato formato il sostantivo Unsauberkeit.
Gli affissi sono morfemi grammaticali che devono alla costruzione delle parole. Considerando la
loro posizione rispetto alla base, in tedesco si possono distinguere:
- prefissi, che precedono la base (un-sicher, dis-harmonisch);
- suffissi, che seguono la base (Finster-nis ‘oscurità’, Mutter-schaft ‘maternità’)
- circonfissi, che si collocano contemporaneamente prima e dopo la base (participi passati)
(Alcuni studiosi però negano che i circoncisi esistano come categoria in tedesco e preferiscono
analizzarli come una combinazione di prefisso + suffisso).
Gli affissi, in quanto morfemi grammaticali, hanno un significato più astratto che non le radici. Ad
esempio i prefissi un- e in- hanno un significato di negazione, anti- di opposizione, vor- di
anteriorità temporale ecc… Uno stesso suffisso può anche assumere più significati grammaticali
diversi: ad esempio -er può indicare sia colui che compie un’azione sia uno strumento (Lüfter).
La flessione, che per i sostantivi, aggettivi e pronomi è detta “declinazione” e per i verbi
“coniugazione”, è in procedimento generalizzato e regolare. Generalizzato perché viene sempre
attuato nella grammatica di una lingua, e regolare perché, conoscendo la base di una parole, si
possono automaticamente costruire tutte le forme del suo paradigma.
La formazione delle parole, invece, ha carattere facoltativo. Data una base non ci è possibile
sapere a priori se esiste una forma costituita mediante un determinato affisso (esempio: zahlen
‘pagare’ - Zahlung ‘pagamento’ / laufen ‘correre’ - *Laufung ‘corsa’ (Lauf!))
Aspetti della flessione in tedesco
1) Flessione nominale
Per la flessione nominale (declinazione) in tedesco vi sono queste categorie grammaticali:
- genere: maschile, femminile e neutro;
Il genere di un sostantivo non è mai casuale, ma è ben definito da precisi fattori morfologici,
fonetico-fonologici e semantici.
• Morfologia: dalla struttura morfologica del sostantivo si può risalire con quasi assoluta certezza
al genere (maschile: -ant, -ismus, -ist; femminile: -in, -keit, -ung; neutro: -chen, -lein, -ing, -ment)
• Fonologia: anche la struttura fonologica della parola ci fornisce pressione indicazioni sul genere
del sostantivo (maschile: monosillabi che iniziano con “[ʃ]+cons.”; femminile: monosillabi che
finiscono in fricativa [f], [ç], [x] più occlusiva dentale sorda -t (Kraft, Luft), -ur e -e; neutri:
monosillabi che finiscono in -ett (Bett, Fett))
• Semantica: quando il sostantivo si riferisce a un essere umano o a un animale, risulta
determinante il genere naturale del referente
- numero: singolare, plurale;
In tedesco esistono i seguenti morfemi al plurale: -(e)n, -e, -s, -er
- caso: nominativo, accusativo, dativo, genitivo.
Tradizionalmente si distinguono 3 tipi di declinazioni: “forte” (senza desinenze -en o -n);
“debole” (con le desinenze -en o -n) e “mista” (singolare forte e plurale debole).
• La declinazione forte prevede, per i neutri e maschili, un genitivo singolare in -(e)s e un dativo
con la desinenza -e facoltativa; nominativo e accusativo coincidono formalmente e sono senza
desinenza. I femminili sono privi di desinenza anche per il genitivo e dativo, per cui si verifica
una coincidenza tra tutti e quattro i casi del singolare. Al plurale i sostantivi della declinazione
forte hanno come desinenze -e, -(e)r, -s oppure sono senza suffisso.
• La declinazione debole prevede, per i maschili, forme in -(e)n estese a tutto il singolare e il
plurale; per i femminili, forme in -(e)n limitate al plurale.
2) Flessione verbale
Per la flessione verbale (coniugazione) in tedesco vi sono queste categorie grammaticali:
- persona: prima, seconda e terza;
- numero: singolare, plurale;
- tempo: presente, preterito, perfetto, piuccheperfetto, futuro, futuro anteriore;
- modo: indicativo, congiuntivo, imperativo;
- diatesi: attivo e passivo.
Inoltre si distingue tra coniugazione “forte” (irregolare) e “debole” (regolare). I verbi che seguono
la coniugazione debole formano il preterito e il participio passato con un suffisso -t-
(lieben, lieb-t-e, gelieb-t). I verbi forti presentano al preterito e al participio passato una
modificazione della vocale radicale (singen, sang, gesungen) e formano il participio con un
suffisso in nasale (-en).
I paradigmi della flessione nominale e verbale ci mostrano che la flessione può essere marcata,
oltre che dagli affissi, anche da modificazioni interne della radice. I procedimenti principali sono 2:
1) L’Umlaut, che caratterizza principalmente molte forme di plurale dei sostantivi, ed è un’armonia
vocalica;
2) L’Ablaut, che è la variazione sistematica di vocali all’interno di uno stesso paradigma. Un
esempio è dato dai paradigmi dei cosiddetti verbi “forti”.
Il “morfema zero” è un’unità astratta che viene postulata quando si nota, all’intero paradigma
flessivo di una parola, “qualcosa che manca”: ciò accade quando una categoria grammaticale,
che di solito viene espressa mediante un morfema, in un determinato caso non ha una
realizzazione fonetica (esempio: presente e preterito del verbo lieben).
Formazione delle parole: composizione
I principali metodi di formazione delle parole in tedesco sono 3: composizione, derivazione e
conversione. Il composto è una parola costituita da altre parole (almeno due); un derivato è
invece costituito da una parola e un affisso. La conversione non ha affissi, ma è il risultato di una
ricategorizzazione della base.
Composti occasionali e usuali
Grazie alla creatività dei parlanti ogni giorno nascono molti nuovi composti in tedesco. Ad
esempio, ci si può riferire a un pompiere particolarmente coraggioso con il composto Feuerheld
(Feuer ‘fuoco’, Held ‘eroe’). Tutti composti hanno iniziato la loro vita come composti occasionali.
Alcuni, però, diventano usuali, cioè entrano stabilmente nell’uso e non vengono più percepiti
come una giustapposizione di parole autonome. Un esempio è la parola Feuerschutz, composta
da Feuer e Schutz ‘protezione’.
Nei composti determinativi sussiste una gerarchia tra i due elementi costitutivi: la testa (detta
anche “determinato”) è l’elemento principale, il modificatore (detto anche “determinante”) è
l’elemento secondario. La testa esprime il significato fondamentale, il modificatore contiene
informazioni supplementari che specificano il significato espresso dalla testa. La testa, inoltre, è
portatrice delle categorie grammaticali dell’intero composto.
Nei composti endocentrici il nucleo semantico coincide con uno dei due elementi del composto.
I composti esocentrici, hanno un punto di riferimento esterno che non coincide con quello dei
due componenti. In tedesco: Rothaut ‘pellerossa’. I composti esocentrici sono detti anche
“composti possessivi”, si tratta infatti di costruzioni in cui, il più delle volte, una parte caratteristica
del corpo umano sta per la persona nella sua interezza. In tedesco, il secondo componente del
composto è sempre un sostantivo, il primo un aggettivo.
Tipologia categoriale dei composti
Il tipo di composto più frequente in assoluto è rappresentato dai composti determinativi N+N. È
da rilevare che il significato di un composto va oltre la mera somma del significato dei due singoli
elementi ed è spesso condizionato dal contesto d’uso. Esempio: composto Fischfrau ‘donna
pesce’. A seconda del contesto, questa parola può riferirsi a una figura mitologica, la sirena, a una
donna nata sotto il segno dei pesci, a una donna che vende pesce ecc… Quindi il rapporto
semantico tra testa e modificatore può essere molteplice.
Morfemi di raccordo
Tra i due elementi di un composto, si interpone un morfema di raccordo (Fugenmorphem), non c’è
un unione diretta —> molto diffuso per composti con una preposizione o un aggettivo come
primo elemento, meno diffuso per composti con verbo (che non diventa sostantivo), molto meno
diffuso per composti con due sostantivi – Morfemi di raccordo : -e, -(e)n, -(e)s, -er.
La derivazione è il processo mediante il quale una parola nuova viene formata dall’aggiunta di un
affisso, che può essere un prefisso o un suffisso.
1) I suffissi: nella maggioranza dei casi, il significato dei suffissi è puramente grammaticale e
indica la trasformazione di una classe di parole in un’altra. Inoltre vi sono suffissi che
presentano significato emotivo-affettivo, come i diminuitivi (-lein/-chen).
Prefissi per sostantivi: miss-/un- (negativo), ur- (primo/primitivo);
prefissi per aggettivi: un- (negativo), ur- (primo/primitivo/rafforzativo);
prefissi verbali separabili: ab-, an-, auf-, aus-, ein-, los-, nach-, vor-, zu-;
prefissi verbali non separabili: be-, ent-, er-, ver-, zer-.
3) I circonfissi: sono delle combinazioni di un suffisso e un prefisso fissi. Esempio: Aufsicht
‘supervisione’ —> beaufsichtigen ‘supervisionare’. Mediante circonfissi vengono derivati verbi
(da sostantivi o da aggettivi), sostantivi (da verbi) e aggettivi (da verbi).
Differenze tra suffissi e prefissi
La conversione è la ricategorizzazione di una determinata base senza che ciò venga segnalato
da un apposito suffisso. In tedesco i tipi di conversione più diffusi sono V>N, N>V, A>V.
Solo in rari casi si verifica un cambiamento della vocale radicale (spring(en) > Sprung ‘salto’).
Abbastanza diffusa è la normalizzazione dell’infinito (essen > Essen ‘il mangiare’).