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Giga (forma musicale)

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La giga ([ˈdʒiːɡa]), anche gigue ([ʒiɡ]) in francese o Jig ([ʒiːg]) in inglese, è una danza di andamento veloce[1][2][3][4] o molto
veloce molto in uso nel XVII e nel XVIII secolo[1][2][3][4], in tempo ternario[1][2][3][4][5]. Diffusasi dapprima nelle isole britanniche e
poi nel resto d'Europa, troviamo già nel XV secolo danze e canti denominati comeJig.

Indice
Etimologia
Storia
Caratteristiche
Note
Altri progetti

Etimologia
L'etimologia è molto controversa[6]. Il termine italiano giga deriva dall'inglese jig[7][8][9][10][11], Gigge, Jegge: i primi nomi utilizzati
per indicare la danza. Secondo alcuni, questo termine, legato al tedesco geige[12], riporta a un verbo germanico (geigan) con il
significato di agitarsi, vibrare[12]. Quest'ultimo, legato all'antico norreno geiga[12], deriva da geigr[12], in italiano tremito, il quale
potrebbe derivare dai termini francesi gigue o gigot[6][9][10][12][13], in italiano gamba, coscia[14]. I seguenti termini potrebbero
riferirsi alla forma dello strumento musicale omonimo, ma anche al ballo, se s'intende la gamba e la coscia in movimento[12]. Infatti,
da essi derivano giguer, gigoter[7][9][12], che significano sgambettare, ballare, saltare[7][9][14]. Probabilmente gigue deriva a sua
volta dal tedesco alto medievale, gîge[6][12][15], il quale proviene da gîga[3][4][10][12]. Quest'ultimo, infine, riporta all'antico
scandinavo gîgja[10]. Da gîge proverrebbe il termine provenzale, giga il quale ha dato nome allo strumento musicale
omonimo[7][8][12].
Secondo altri, il nome del ballo deriverebbe dall'italiano medievale giga[16]. Quest'ultimo era utilizzato per indicare una danza
accompagnata da strumenti ad arco.

Storia
La giga ha, probabilmente, origini inglesi o irlandesi[1][2][3][4][6]. Viene citata per la prima volta da G. Martin nel 1589, come danza
irlandese di origine popolare e corale[6][17]. Secondo Enciclopedia Italiana Treccani la giga musicale ha origine da forme vocali[3].
Successivamente, la danza viene importata inScozia ed in Inghilterra, dove, nel 1600, diventa famosa la Kempe's Jig. La Kempe's Jig
(in italiano La Jig di Kempe) era una sorta di farsa umoristica dove, la danza rimaneva, comunque, in primo piano. William Kempe
aveva creato la sua jig mischiando la danza popolare con il canto e la recitazione e molto spesso, trattava spesso degli argomenti
[10].
indecenti. Nel Country measures, rounds, and jiggs (1603) la giga viene citata ancora una volta come danza di gruppo
I brani più antichi superstiti risalgono a questo periodo e portano il nome di Jig. Nel My Ladye Nevells Booke di William Byrds
compare un brano intitolato A Galliard Gygge datato 1591. Nei manoscritti di John Dowland compaiono differenti gighe, come per
esempio Mrs Vauxes Gigge o Mistris Winters Jumpe - pezzi molto allegri, assomiglianti ad una Corrente o ad una Volta. Anche nel
Fitzwilliam Virginal Book possiamo trovare altri esempi di gighe. Le prime gighe le troviamo scritte in tempi ternari: 3/8, 9/8, ma
anche in binari: 2/4, 6/4, 2/2 e si presentano di carattere simile alle altre danze di movimento vivace, come il saltarello o la
gagliarda.[3][4][6] Sotto la Regina Elisabetta I, la giga diventa danza di corte[6][10] e grazie a William Shakespeare possiamo avere una
descrizione della danza originalescozzese e irlandese[10].

Aus einem Duett von Georg Philipp T


elemann

Nel XVII secolo, sotto Luigi XIV di Francia, la giga raggiunge la Francia dove compare nelle musiche per liuto, grazie a Jacques
Gaultier, suonatore di liuto nella corte inglese, dal 1619 al 1649.[6][10] In forma stilizzata, essa si diffuse rapidamente: la netta
divisione originale delle parti è stata offuscata, ed è diventata molto più complessa. Possiamo trovarne un esempio nelle gighe di
Jacques Champion de Chambonnières, Louis Couperin e Jean-Henri d'Anglebert. Occasionalmente le gighe venivano chiamate con il
nome di allemande giguée. Caratteristiche della giga francese il ritmo in 6/4 o in 6/8 saltellante, frasi musicali lunghe, irregolari e
imitazioni tra melodia e la linea di basso. Si trova un esempio nelle gighe di Jean-Baptiste Lully, André Campra Pascal Collasse e
Jean-Philippe Rameau. In breve tempo la danza si diffonde in tutta Europa e le culture si mischiano tra loro. Nelle composizioni di
Henry Purcell, per esempio, si possono trovare differenti gighe, come la giga della Suite The Fairy Queen, ritmicamente molto simili
alle gighe francesi di quel periodo.
Nella giga tedesca troviamo dei riferimenti a quella francese, ma anche a quella italiana. Nelle gighe di Johann Jakob Froberger,
Dietrich Buxtehude, Georg Böhm e Johann Kuhnau, per esempio si trovano molte caratteristiche di quelle francesi. Anche nelle suite
orchestrali di Heinrich Ignaz Franz Biber, Georg Muffat, Philipp Heinrich Erlebach, Johann Heinrich Schmelzer ecc.si preferisce
quella francese. I compositori del sud, come Johann Pachelbel, tuttavia, hanno preferito seguire un proprio stile senza cercare di fare
imitazioni. Nella varietà di gighe di Johann Sebastian Bach si trovano influenze sia da quelle francesi che italiane e presentano molti
difficili passaggi contrappuntistici[3]. Molte suite di Georg Friedrich Händel terminano con un giga in stile italiano. Le sue opere
teatrali, come ad esempio la Tersicore (1734), hanno delle gighe di tipo francese. Di Georg Philipp Telemann, ci sono molti esempi,
spesso con chiamati Allegro o Allegro assai invece che Gigue. Un modo di pensare la giga, totalmente diverso da quello degli altri
autori si può trovare in quella dellaPartita II di Franz von Biber.
In Italia la danza s'identificò con ilsaltarello e la tarantella e tra i maggiori esemplari troviamo quelle perviolino di Arcangelo Corelli
e quelle per clavicembalo del XVIII secolo[3]. Verso il 1700, di Bernardo Pasquini, si nota una giga divisa in due parti nella quale è
già presente il principio molto diffuso di riprendere il tema iniziale in moto contrario[3].
Nel 1670, con Jacques Champion de Chambonnièresla giga si entra a far parte della suite strumentale[1][2][4].

All'inizio del XVIII secolo, la giga presenta la sua dubbia reputazione. Nel 1711, Edward Pemberton pubblica una raccolta di danze
per giovani donne di status più elevato. Conteneva quattro coreografie di gighe dove la musica, in 6/4, somiglia ritmicamente alle
gighe di Purcell. A partire dal XVIII secolo il tema della giga divenne fugato e lo stile imitativo[4]. Nella letteratura del XVIII secolo,
la giga è descritta come danza vivace, allegra. Antoine Furetière la descrive gaye et éveilée[18] e Johann Mattheson di "estrema
rapidità". Infine, verso la metà dello stesso secolo, la giga decadde quasi in tutta Europa a eccezione dell'Italia dove ha continuato a
vivere nella cultura popolare[6].

La giga venne ripresa recentemente da compositori moderni quali Giuseppe Martucci, Claude Debussy, Igor' Fëdorovič Stravinskij e
Arnold Schönberg.[1][2]

Caratteristiche
La giga è una danza gaia, vivace, solitamente segnata inallegro[1][2][4] sui 100-120 battiti.
Scritta in tempo composto o semplice, le unità di tempo utilizzate per la giga sono: 3/8, 9/8, 6/8, 12/8, 3/4, 6/4.e 9/4. Un esempio di giga
scritta in tempo ternario (12/8) è quella dei Pieces de Clavessin di Jean-Henri d'Anglebert. Nelle gighe di tedesche, invece, compaiono
anche forme di gighe intempi binari: 2/4 e 2/2. Possiamo avere un esempio nella Suite Francese, BWV 812di Johann Sebastian Bach,
dove la giga è scritta in2/2.[1][2][3][6]

Solitamente, il ritmo della giga in 3/8 è composto da una prima battuta ancrusica
composta da una semicroma seguita da una croma. La seconda battuta è costituita da
una croma puntata, da una semicroma e da una croma. Le battute seguenti Ritmo della giga.
continuano con lo stesso ritmo. La giga in 6/8 è composta da una prima battuta
sincopata: semiminima-croma semiminima-croma e da una seconda composta da 2
gruppi di 3 crome. L'accento è solitamente posto sul terzobattere della battuta oppure suitempi deboli.[19]

Nel XVIII secolo le gighe prendono un carattere contrappuntistico e vengono divise


in due parti: la prima è molto simile a un fugato, mentre la seconda riprende il tema
Ritmo della giga. della prima sezione e lo inverte.[3][4] Possiamo avere un esempio nella terza Suite
francese di Bach.

Gli strumenti utilizzati per le gighe sono sia le orchestre da camera barocche che gli strumenti a tastiera, come il clavicembalo e
l'organo.

Note
1. ^ a b c d e f g h s.v. Giga, in Enciclopedia della Musica, Garzanti, Milano, 2010, p.345.
2. ^ a b c d e f g h s.v. Giga, in Enciclopedia della Musica, Garzanti, Milano, 1974, p.234.
3. ^ a b c d e f g h i j k l Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 23 dicembre 2014.
4. ^ a b c d e f g h i j s.v. Giga, in Enciclopedia Motta, Federico Motta Editore, Milano, 1962, IV
, p. 2842.
5. ^ Carol G. Marsh, s.v. Gigue, in Die Musik in Geschichte und Gegenwart.
6. ^ a b c d e f g h i j Lucia Gambino e Franco Lotrecchiano,La danza e cultura popolare. La danza nel rinascimento
europeo fino all'età moderna, 1998.
7. ^ a b c d s.v. giga, in Dizionario Garzanti della lingua italiana, Milano, 1966
8. ^ a b G. Devoto, G.C. Oli, s.v. giga, in Dizionario della lingua italiana, Firenze, 1983
9. ^ a b c d Dizionario francese, su cnrtl.fr. URL consultato il 23 dicembre 2014..
10. ^ a b c d e f g h Curt Sachs, Storia delle danza, Milano, 2006, pp. 444, ISBN 88-515-2339-8.
11. ^ Delle volte compare scrittogig o jigg
12. ^ a b c d e f g h i j Dizionario etimologico, su etimo.it. URL consultato il 23 dicembre 2014..
13. ^ Dizionario etimologico inglese, su etymonline.com. URL consultato il 23 dicembre 2014..
14. ^ a b B.A. Paoli, s.v. Folâtrer, Gigoter, Gigue, Gigot in Dizionario Moderno Italiano-Francese Francese-Italiano
,
Arnoldo Mondadori Editore, Verona, 1964, p. 1089
15. ^ Questo termine compare per la prima volta nelLexikon des Johannes de Garlandia(XIII secolo)
16. ^ Ling, J.; Schenck, L. & R.,A History of European Folk Music. Woodbridge: Boydell & Brewer, 1997, p.194.
17. ^
«sempre danze in gruppo o in circolo per più persone»

(Curt Sachs, Storia della danza , Milano, 2006 )

18. ^ Gaia e desta


19. ^ Blatter, Alfred, Revisiting music theory: a guide to the practice
, 2007, p.28. ISBN 0-415-97440-2.

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