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PALERMO

FACOLTA’ TEOLOGICA DI SICILIA <<SAN GIOVANNI EVANGELISTA>>

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE SAN LUCA

Esercitazione di metodologia della ricerca scientifica

Approccio cristiano alla disabilità dalla società classica al trecento

Allievo Docente

Gabriella Scalas Ch.mo Prof. Francesco Diego Tosto

Anno I

Anno accademico 2018 – 2019


A mio padre disabile che mi ha insegnato la pazienza,
a mia madre che mi ha insegnato il silenzio,
alla mia famiglia che mi sostiene in questo
mio nuovo percorso di studi.
PALERMO

FACOLTA’ TEOLOGICA DI SICILIA <<SAN GIOVANNI EVANGELISTA>>

ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE SAN LUCA

Esercitazione di metodologia della ricerca scientifica

Approccio cristiano alla disabilità dalla società classica al trecento

Allievo Docente

Gabriella Scalas Ch.mo Prof. Francesco Diego Tosto

Anno I

Anno accademico 2018 – 2019


Introduzione

La ricostruzione della storia sociale dei disabili non è facilmente operabile.1 Vuoi perché nel

tempo, i termini per definire la disabilità sono cambiati, o perché per inquadrare il problema della

disabilità è necessaria una costante circoscrizione del periodo storico a cui ci si riferisce, della natura

delle fonti a disposizione e soprattutto delle modalità con cui esse sono state interpretate, o infine

perché dei disabili non ci si è mai occupati in modo veramente interessato. Emarginati dalla società,

abbandonati a sé stessi hanno finito per riempire quei “silenzi della storia”, silenzi filosofici e

teologici sui disabili che uno studio di Vito Mancuso2 imputa anche alla chiesa, e che S. Zandi chiama

propriamente <<silenzi di fronte al mistero>>.3

L’intento del testo che mi accingo ad analizzare è quello di mettersi nell’ottica di chi sa di

scavare tra l’archeologia del silenzio, sapendo peraltro che, da sole, le storie di assistenzialismo non

rendono una analisi del fenomeno che sia ben raccordata alla vicenda storica in tutta la sua ampiezza.4

Io dal canto mio ho ritenuto di dover sintetizzare del testo solo alcuni paragrafi che vanno dal primo

al quarto capitolo per cercare di fare un excursus dell’approccio cristiano al tema dell’infermità. Ho

preferito questa strada perché sono agli inizi dei miei studi teologici e ho bisogno di iniziare a

delineare un primo canovaccio della visione teologica durante il cammino del cristianesimo nei vari

contesti storico - sociali. Il cambiamento di prospettiva teologica cambia sia il modo di vedere sia i

problemi che le soluzioni; nella fattispecie il malato, la malattia, il trattamento del malato, la via della

guarigione.

1 Cf. M.Fioranelli, Il decimo Cerchio. Appunti per una storia della disabilità. Presentazione di G. Cosmacini, Laterza,
Bari-Roma 2011. Si vedano pure La disabilità la carne le relazioni. Un mondo che si dischiude, a cura di M.Chiodi,
Centro Volontari Sofferenza, Roma 2010; La difficile storia degli handicappati, a cura di A. Canevaro e A. Giussot,
Carocci, Roma 2000; P. Zonca, L’handicap nella storia. Parole teorie immagini, Libreria Stampatori,Torino 2000.
2 V. Mancuso, Il dolore innocente. L’handicap, la natura e Dio, Mondadori, Milano 2002.
3 Cf. S. Zavoli, Il dolore inutile. La pena in più del malato, Garzanti Libri, Milano 2002. Il volume propone una serie di
interviste a medici, scienziati, uomini di cultura e di chiesa sul mistero del dolore in generale.
4 E.Bressan, L’”Hospitale” e i poveri. La storiografia sull'assistenza: l'Italia e il "caso lombardo”, NED, Milano 1981,
10.

4
In questo breve elaborato, quindi, cercherò di porre attenzione ai caratteri di fondo della

società o della cultura dell’epoca studiata e di capire come la chiesa del tempo abbia elaborato un

proprio pensiero alla luce della fede sul problema degli infermi e abbia inciso nel sistema politico

sociale ed economico con l’obiettivo di tutelare la dignità dei disabili abbattendo le barriere della

differenza5 e dando loro lo spazio nella storia6 a cui hanno diritto.

5 Ci sembra utile a questo proposito la lettura di G.Scarsini, La Chiesa e l’handicap. Orientamenti e proposte alla
Comunità Cristiana, Salcom, Brezzo di Bedero(VA) 1987.
6 Utile in questo senso ci sembra la lettura di H.J.Stiker, Corps Infirmes et sociétés, DUNOD, Paris 1982.

5
Capitolo 1 - Approccio cristiano alla disabilità dalla società classica al trecento

Nelle due grandi civiltà classiche, greca e romana, il destino dei disabili è irrimediabilmente

segnato e dipende dallo status sociale della famiglia. I benestanti li tengono nascosti in casa mentre i

poveri li espongono condannandoli alla morte o alla schiavitù. Il disabile è considerato un peso

sociale, se poi è deforme è simbolo del maligno, diventa capro espiatorio delle colpe di tutti e viene

espulso dalla città a frustate o sassate. Fondamentale per il mondo classico è il pensiero Platonico

riguardo al corpo che viene visto come impedimento per l’anima protesa verso il bene e la verità.

Questa convinzione ha come conseguenza l’obbligo dell’uomo di mantenere l’equilibrio tra

tentazioni del corpo e slanci dell’anima in modo da non ammalarsi. Il tema è ripreso da Aristotele e

in qualche modo anche da Ippocrate il quale sostiene che il malato fisico o mentale è affetto da

squilibrio che però è anche punizione divina: l’epilessia7 è malattia dovuta alla dea della Luna. A

Roma dove le influenze platoniche e aristoteliche erano ben penetrate l’accostamento tra malattia e

punizione divina è la normalità. Anche qui si parla di perturbatio e di tranquillità minacciata dalla

distorsione della realtà dovute a peccati come ambizione e cupidigia. In ogni caso è il peccato

dell’uomo incatenato alla sua condizione umana e ad un corpo che lo allontana dalla perfezione.

Lasciando il mondo classico per rivolgerci a quello biblico apprendiamo che il tema della malattia

come punizione divina e legata al peccato8 è presente anche nei testi veterotestamentari (Es 4,6; sal

39,11 ss.). Essa è conseguenza della colpa.9

7 Pagine molto interessanti si trovano sull’argomento si trovano in G.Cosmacini, Il mestiere di medico. Storia di una
professione, Cortina Raffaello, Milano 2000.
8 Sarà utile leggere sullo stato allotropico della salute fisica e morale A. Vanhoye, La vita consacrata nel mondo della
salute. Fondamenti biblici, in <<Camillianum>> 5 (1994), 23-57
9 Si veda M.Petrini, Il malato e le malattie nelle diverse concezioni culturali e religiose, in <<Camillianum>> 7 (1996),
241-270.

6
Anche qui la disabilità, dal punto di vista sociale è considerata una impurità che impedisce di

condurre la vita sociale al punto di dover indossare vesti lacere per essere riconoscibili. Non

dobbiamo dimenticare, però, che siamo nel contesto di Israele, popolo che ha un rapporto speciale

con un Dio geloso che dà e chiede fedeltà, che ha stipulato un patto con il suo popolo con tanto di

benedizioni e maledizioni nel caso di infedeltà. Un Dio pronto a perdonare un popolo che vive la

penitenza in vista dello shub (“ritorno a Dio”). Se questa è la visione costitutiva di un popolo non c’è

da meravigliarsi se pure la malattia viene vissuta come punizione ma con la possibilità di per liberarsi

attraverso la rinnovata fedeltà a Jahweh. I malati, privati della salute (Sir 30, 14 ss.) chiedono ai

sacerdoti e profeti la guarigione confessando i propri peccati e “Dio promette loro di liberarli”. La

salute e la prosperità passano dall’obbedienza al Dio, alla fedeltà nei suoi riguardi. Già questo ci

permette di capire come rispetto al mondo classico il pensiero israelita della malattia è incanalato

nella prospettiva messianica: i malati nel corpo di fatto hanno l’anima malata e possono essere curati

da Dio per mezzo di opere assistenziali umane che possono essere considerate un primo embrione di

collaborazione atta a dare valore alla profezia di salvezza e alla volontà di Dio. In Israele si dà quindi,

assistenza fisica e spirituale, segnando l’inizio del paradigma olistico del tema della salute che Gesù

perfezionerà apportando non pochi cambiamenti. Intanto esclude che la malattia sia volontà punitiva

di Dio assumendola invece come mezzo necessario per la manifestazione delle sue opere. Per guarire

quindi non ci si deve sottomettere al Dio ma si deve avere “fede” e capire che la malattia fa parte del

disegno di Dio e che essa rende il malato protagonista dell’opera di salvezza di Dio. Il metodo usato

da Gesù è quello del dialogo diretto con il malato, dell’approccio psicologico fatto di parole dirette,

gesti simbolici e dialoghi collettivi per ottenere la guarigione spirituale dando compimento alla

teologia messianica già delineata nel vecchio testamento.

Il processo di guarigione per opera di Gesù passa quindi attraverso l’umanizzazione del

malato, la promozione dell’infermo ad una vita positivamente vissuta al di là del deficit. E’ palese

che per far questo il figlio di Dio deve superare una serie di barriere normative: guarisce di sabato,

tocca i lebbrosi, supera gli ostacoli socio-religiosi e soprattutto quelli ontologici, eliminando ogni

7
pregiudizio. La guarigione però esige da parte dell’infermo la volontà di guarire e di assumersi le

responsabilità del nuovo livello sociale a cui apparterrà. L’azione di Gesù che passa attraverso i

miracolo e ha come attori principali gli infermi mira a ricostruire la comunità e un nuovo ordine

sociale in cui anche tutti coloro che prima erano emarginati ora possono partecipare ed essere capiti

e accettati.

Dal messaggio di Gesù nasce una nuova cultura sanitaria;10 l’arte medica non è fonte di

guadagno né espressione di magia.11 Lui impone le mani e guarisce gratuitamente, cerca e trova la

collaborazione nell’infermo che avrà fede in Dio. Ed è esattamente questo il punto: a Gesù importa

solo di mostrare la potenza di Dio e reinserire i malati nel contesto sociale. Gesù mette in primo piano

la persona non l’handicap: un principio che ispirerà gli Apostoli e i Padri della chiesa e che diventerà

stile del primo cristianesimo. Come sosterrà M. Milani, “i gesti di accoglienza” di Gesù insegnano ad

affrontare l’handicap con serenità e partecipazione e orientano a “sentire” fisicamente la “presenza

della salvezza”.12

10 R. Messina, Storia della carità cuore della Chiesa, Edizioni Camilliane, cit.,21.
11 M.Smith scrive Jesus the Magician, Harper Collins, New York 1978 cercando di dimostrare che Gesù ha praticato la
magia nell’operare miracoli.
12 M.Milani, A immagine del Cristo “paziente”. Sofferenza, malattia e salvezza nella Scrittura, Edizioni Messaggero,
Padova 2003, 109.

8
Durante la costruzione della prima comunità cristiana siamo ancora in un periodo in cui il

paganesimo ha la sua influenza e quindi troviamo anche diversi sistemi di guarigione che fanno più

uso della magia e della superstizione. In ogni caso il “Gesù pensiero” viene diffuso e il concetto di

malattia inserito nell’ordine della salvezza. Predicare e curare è un binomio inscindibile e nella

letteratura dei padri della chiesa apprendiamo che essi vedono nella malattia sia una occasione di

compartecipazione alla sofferenza di Cristo, medico e salvatore dell’anima e del corpo. E’ una via

per la salvezza e in tal senso tutti devono parteciparne, per cui il malato diventa occasione per tutti i

fedeli della ecclesia di attivarsi per consolare Cristo e ai malati di bearsi del martirio dell’obbedienza.

Non manca certamente nei padri della chiesa il binomio peccato-malattia ma al di là del tema della

salvezza ora anche viene riconosciuta la pietà di Dio verso i malati. Se Ambrogio mantiene rispetto

per Dio che flagella per la beatitudine futura, Gerolamo sostiene che l’unica vera guarigione è quella

dell’anima e quindi auspica la conversione per il recupero della salute. Addirittura Agostino considera

l’handicap una privatio boni, una mancanza di essere che però è funzionale rispetto al disegno divino.

In realtà in Agostino, c’è il forte desiderio di uno spirito sano in un corpo sano, perché solo “l’armonia

tra la pace del corpo e quella dell’anima dà piacere all’uomo”.13 Il binomio anima - corpo è visto in

generale come unità psicosomatica e quindi l’uomo deve mantenere in equilibrio le due parti per stare

bene. Rispetto al periodo classico però l’influenza di Gesù e del suo metodo dialogico si riflette nel

fatto che ora la mescolanza tra elemento terreno e spirituale ha bisogno della cooperazione tra medico

e paziente per raggiungere la salute del corpo che non può prescindere da quella spirituale e

soprattutto dalla azione di Dio che mostra sempre pietà verso i malati.

13 Cf. N. Cipriani, La cura del corpo e dell’anima in S. Agostino, in Cultura e promozione umana (a cura di Enrico Dal
Covolo e Isidoro Giannetto), Oasi Editrice, cit., 351-359.

9
Proprio per la pietas divina Policarpo sosterrà che i presbiteri e i fedeli devono arrecare

consolazione e solidarietà ai bisognosi.14 Lo stesso farà Gregorio di Nanziano invitando gli uomini a

fare opere di carità. I temi della carità e della misericordia quindi iniziano a svilupparsi nella lezione

patristica evidenziando un distacco forte rispetto alla arida filantropia dei medici greci. Il cristiano si

distingue dal pagano per la capacità che ha di praticare la caritas che è imitazione di Cristo. Questo

sentimento caritatevole trova il massimo sviluppo con Gregorio I, meglio conosciuto come Gregorio

Magno che alla fine del VI secolo, in una Italia devastata dall’invasione dei Longobardi e dalla peste,

accetta obtorto collo di diventare Papa.

Durante il suo pontificato Gregorio VII opera numerosi interventi nei vari campi del sociale16

e permette, attraverso l’invio dei missionari la diffusione della regola benedettina in tutta Europa.17

Le missioni di Gregorio Magno hanno lo scopo di dare sollievo al popolo per mezzo di servizi

assistenziali e altre mansioni comprese nel capitolo XXXVI18 della regola di Benedetto.

14 Policarpo, Epistula ad Philippenses 3,3; 6,1; 10, 1-3 (PG 5, 1007 -1014)
15 G. Cosmacini, L’arte lunga, Storia della medicina dall'antichità a oggi, Laterza, Milano 1997, cit.,123
16 Gregorio Magno, Regula Pastoralis III, 12.
17 Cf. L. Dattrino, Il primo monachesimo, Studium, Roma 1984.
18 <<La cura degli infermi sia avanti tutto e sopra tutto, affinché come veramente a Cristo, così ad essi si serva. Sia
dunque massima cura dell’abata affinché con essi non sia usata negligenza. Ai fratelli infermi sia assegnata una cella
particolare nonché un servitore timorato di Dio, diligente e sollecito. Sia loro apprestato l’uso del bagno ogni volta che
se ne presenti il bisogno. Si permetta loro e a tutti i deboli di cibarsi di carne>>, citato da D. Casera, Chiesa e Salute,
L'azione della Chiesa in favore della salute, Ancora, Milano 1991,cit.,63.

10
Gregorio, uomo molto caritatevole, si pone l’obiettivo di trasmettere agli “infirmi” il loro

status di “rappresentanti in modo generico della carne piagata e della sofferenza del loro Redentore”19

promuovendoli quindi da malati di una malattia specifica a “parte del genere umano mediante

l’opportunità di intraprendere un cammino pastorale degno di un vero cristiano”. In questo senso

Gregorio Magno ha dato il via ad una sorta di pedagogia della sofferenza per la quale non c’è più il

malato da curare da una parte e il Cristo Salvatore dall’altra, ma il malato stesso è il Cristo re-

incarnato negli ultimi del suo tempo; un Cristo umiliato da assistere e da riscattare così come

insegnava lo stesso Gesù. La sua azione rispetto ai malati non è quindi un semplice atto di pietas, ma

carità universale assunta come prospettiva di una vita completamente - non a caso è stato definito

Papa della carità19 - basata sulla dottrina del corpo mistico nel quale gli “infirmi” non sono più uomini

affetti da specifiche malattie ma tutti insieme <<genere umano uniti nel corpo di Cristo sofferente>>

e come tali intercessori al cospetto di Dio. La teologia della assistenza di Gregorio, tira fuori il tema

della carità dal guscio della pietas per farne vero sistema di relazioni tra chi esercita la carità con gioia

a prescindere dalla propria capacità economica e chi “paziente” viene assistito, finalmente elevato a

intercessore al cospetto di Dio per le colpe degli uomini.20 L’opera assistenziale del Papa è quindi

particolarmente creativa ed è cuore dell’azione della Chiesa di quel periodo tormentato, la quale

(Chiesa) si è adoperata per garantire giustizia e pace attraverso opere assistenziali ma anche caritative

e civili. Usando un linguaggio più moderno potremmo dire che Gregorio Magno ha una visione

amministrativa che si articola con interventi a breve e lungo termine e che ha come obiettivo quello

di aiutare nell’immediato i sofferenti, smarcandoli, nel frattempo dal loro stato di “Ultimi”. Per

raggiungere lo scopo necessariamente il Papa ha dovuto battere sugli aspetti interiori, psicologici

della povertà ed insistere sulla pazienza, sull’umiltà e la virtù.21

19 Cf. E. Menestò, Gregorio Magno Papa della carità, in Santità e carità tra oriente e occidente (a cura di M. Gnavi),
Leonardo International, Milano 2004, 54 ss.
20 Cf. Gregorio Magno, Hom. in Ev. (a cura di G. Cremascoli), Centro italiano di studi sull'alto Medioevo ,Roma 1994
(Opere di Gregorio Magno, II), II, XL, 10, 578-580.
21 Citato da N. Guglielmi, Il Medioevo degli ultimi. Emarginazione e marginalità nei secoli XI – XIV, Città Nuova,
Roma 2001, 159.

11
L’azione di Gregorio ha profondamente inciso sia sulla cultura del medio evo che su quella

dei tempi moderni ed è facile capire perché venga ricordato come il miglior discepolo di Gesù per

quei valori di pace e giustizia che costantemente ha difeso attraverso il sentimento di carità e

misericordia che gratuitamente ha donato. Non è da meno Pier Damiani monaco dell’ordine di

Camaldoli. Come Gregorio supera la propria indole ascetica e si dedica agli ultimi del suo tempo

frequentando gli ospedali dove <<il cristiano si trasforma in autentico servo di Dio>>. 22

Con Pier Damiani sembra che si faccia un ulteriore passo avanti: la guarigione è sì spirituale

ma si ripone più attenzione alle cure mediche. Del resto siamo nel periodo del monachesimo, della

farmacia monastica23 e della medicina monastica che pur mantenendo le convinzioni di sempre

rispetto alla natura della malattia inizia a manifestare un certo interesse al dato scientifico anche se

ancora incuneato nella comprensione antropologica del rapporto uomo – universo che non nella

guarigione immediata del corpo. In ogni caso la tendenza a lavorare più sull’immanenza che sulla

trascendenza da una parte allenta un po’ le tensioni tipiche della superstizione e permette il fiorire di

ordini e apparati dedicati alla cura dei più deboli (vedi gli ordini cavallereschi), dall’altra dà

comunque una spinta ulteriore al progresso sociale dovuto alla formazione della società comunale,

permettendo l’evoluzione del sistema sanitario. Nascono così gli ospedali, strutture organizzate

gestite da monaci. Il progresso, come spesso accade, sviluppa nell’uomo una consapevolezza diversa

di sé, un individualismo che lo porta a staccarsi dal sistema creato dallo Stato-Chiesa. Siamo ai primi

tentativi di nascita dell’umanesimo che porterà all’istituzione delle università, al declino della

medicina monastica e alla visione della malattia e dell’handicap come “evento naturale”.

22 A. Casera, L’ospedale e l’assistenza, Salcom, Verbania 1990, cit.,74. Sulla storia degli istituti ospedalieri cf. pure E.
Bressan, L’<<hospitale>> e i poveri, La storiografia sull'assistenza: l'Italia e il "caso lombardo" , NED, Milano 1981
23 Cf. L. Volta, Segreti di Medicina dei conventi, Xenia, Milano 1992.

12
La Chiesa si adegua al clima, tanto che al concilio di Reims del 1131 e a quello di Roma del

1139 viene vietato non solo ai monaci di praticare la medicina fuori dai monasteri ma agli ecclesiastici

la possibilità di esercitare la medicina con la minaccia di scomunica per chi non obbedisce.24

Notiamo quindi una sorta di adeguamento della chiesa che va sempre più secolarizzandosi in

una società in cui le condizioni sociali vanno migliorando. E’ singolare vedere come in questo periodo

economicamente e socialmente più prospero il vecchio concetto di malattia fisica come metafora della

malattia spirituale passi agli ordini mendicanti come quello di San Francesco. Come fu per Gesù

Cristo e per i padri della chiesa fino a Gregorio Magno ora anche San Francesco riprende l’uso della

terapia olistica volta a far capire che la cura del malato non può essere solo frutto del “compatimento

umano”.25 Anche per Francesco il corpo umano è gabbia dell’anima e ostacolo per il raggiungimento

della grazia ed è la sofferenza e la malattia veicolo per fare del peccatore un uomo nuovo capace di

osservare il messaggio cristiano e quindi di vivere civilmente. Il compito della chiesa è quindi

riportare il malato alla guarigione corporea-spirituale e civile e per farlo deve essere lo stesso

soccorritore a proporsi al malato senza aspettare di essere richiesto. In questo, Francesco ricorda

molto Gregorio Magno quando raccomandava ai missionari di far visita ai deboli più reticenti che per

vergogna non chiedevano aiuto. La figura di Francesco e in generale quella di tutti gli ordini

mendicanti sono sintomi dell’inquietudine dei tempi in cui vive,26 tempi ricchi con una chiesa ricca

ma in decadenza. Bisognerà aspettare qualche tempo perché la situazione cambi di nuovo. Il XIV

secolo diventa scenario di una grossa crisi dovuta a carestie e pestilenze che mettono a dura prova gli

uomini i quali ricadranno nella trappole della superstizione. Nel disordine globale saranno sempre i

cristiani a dare il supporto maggiore ai più deboli.

24 D. Casera, Chiesa e salute, ct.,57:<<Uno occhio impudico è il messaggero di un impudico cuore, ed in qualunque cosa
di cui un prete onesto sentirebbe vergogna di parlare, egli non deve intromettersi. Con apostolica autorità proibiamo
dunque che questa pratica venga continuata e degradiamo e scomunichiamo vescovi, abati e priori conniventi ad una
simile mostruosità>>.
25 Cf. Francesco Diego Tosto, Ultimi o primi? Infirmi e disabili nella storia sociale e letteraria del Cristianesimo - Età
antica e Medioevo-, Istina. Siracusa Novembre 2012. Cit.,132
26 M. Mollat, I poveri nel Medioevo, Laterza, Milano 2001, cit., 139-143

13
Conclusione

Se dobbiamo ammettere che in passato la Chiesa, pur prestando sostegno caritatevole ai più

deboli non sempre ha promosso e valorizzato le loro capacità, dobbiamo pur capire che il modello

ontologico perfetto dell’uomo ereditato dalla civiltà classica ha indotto la società civile a relegare

l’invalido su un piano di inferiorità.27 Nel tempo, grazie all’intervento di Gesù, l’attenzione si è

spostata dal concetto ontologico di essere a quello fenomenologico di esserci ed in questo ambito

ha assunto particolare interesse la “diversità” come risorsa nel progresso antropologico e sociale di

un popolo.28 Durante il Giubileo delle persone disabili (2000) e della proclamazione del 2003 quale

anno europeo delle persone con disabilità, Giovanni Paolo II rivolgendosi ai responsabili politici li

ha esortati a porre al centro delle politiche i deboli e specialmente i disabili tutelandone la dignità

attraverso opere di valorizzazione. Oggi, anche per via della globalizzazione che ha letteralmente

inondato ogni aspetto del vivere sociale e del dominio dei mercati finanziari che mettono al centro la

“cosa da vendere” e l’uomo come consumatore, ancora una volta i poveri sono cifre passive perché

“non consumano”. In questo scenario post moderno, figlio di un illuminismo che ha minato la figura

della trinità, nonostante tutto, ancora una volta, resa la chiesa l’unico attore in grado di difendere gli

“Ultimi” non semplicemente assistendoli in quanto corpi, ma facendone dei “Primi” in quanto uomini

e creature di Dio.

27 Si vedano P.Sgreccia, La tirannia della presunta perfezione e normalità, in <<Camillianum>> 23(2008), 2019-222;
S. korff-Sausse, Da Edipo a Frankenstein. Figure dell’handicap, Ananke,Torino 2009. Su E. Sgreccia si veda Vita,
ragione, dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreccia, (a cura di Associazione Scienza & Vita), Cantagalli, Siena 2012.
28 Il concetto viene sviluppato da M. Schianchi, La terza nazione del mondo. I disabili tra pregiudizio e realtà, Feltrinelli,
Milano 2009.

14
Bibliografia
Fonti

Gregorio Magno, Hom. in Ev. (a cura di G. Cremascoli), Centro italiano di studi sull'alto Medioevo ,Roma 1994 (Opere
di Gregorio Magno, II).
Gregorio Magno, Regula Pastoralis III.
Policarpo, Epistula ad Philippenses 3,3; 6,1; 10, 1-3 (PG 5, 1007 -1014)

Studi
E.Bressan, L’”Hospitale” e i poveri. La storiografia sull'assistenza: l'Italia e il "caso lombardo”, NED, Milano 1981
D. Casera, Chiesa e Salute, L'azione della Chiesa in favore della salute, Ancora, Milano 1991.
A. Casera, L’ospedale e l’assistenza, Salcom, Verbania 1990,
N. Cipriani, La cura del corpo e dell’anima in S. Agostino, in Cultura e promozione umana (a cura di Enrico Dal Covolo
e Isidoro Giannetto), Oasi Editrice
G.Cosmacini, Il mestiere di medico. Storia di una professione, Cortina Raffaello, Milano 2000.
G. Cosmacini, L’arte lunga, Storia della medicina dall'antichità a oggi, Laterza, Milano 1997.
L. Dattrino, Il primo monachesimo, Studium, Roma 1984.
La disabilità la carne le relazioni. Un mondo che si dischiude, (a cura di M.Chiodi), Centro Volontari Sofferenza, Roma
2010;
La difficile storia degli handicappati, a cura di A. Canevaro e A. Giussot, Carocci, Roma 2000;
M.Fioranelli, Il decimo Cerchio. Appunti per una storia della disabilità. Presentazione di G. Cosmacini, Laterza, Bari-
Roma 2011.
N. Guglielmi, Il Medioevo degli ultimi. Emarginazione e marginalità nei secoli XI – XIV, Città Nuova, Roma 2001.
S. korff-Sausse, Da Edipo a Frankenstein. Figure dell’handicap, Ananke,Torino 2009.
V. Mancuso, Il dolore innocente. L’handicap, la natura e Dio, Mondadori, Milano 2002.
R. Messina, Storia della carità cuore della Chiesa, Edizioni Camilliane
E. Menestò, Gregorio Magno Papa della carità in Santità e carità tra oriente e occidente (a cura di M. Gnavi), Leonardo
International, Milano 2004.
M.Milani, A immagine del Cristo “paziente”. Sofferenza, malattia e salvezza nella Scrittura, Edizioni Messaggero,
Padova 2003
M. Mollat, I poveri nel Medioevo, Laterza, Milano 2001.
M.Petrini, Il malato e le malattie nelle diverse concezioni culturali e religiose, in <<Camillianum>> 7 (1996).
G.Scarsini, La Chiesa e l’handicap. Orientamenti e proposte alla Comunità Cristiana, Salcom, Varese 1987.
M. Schianchi, La terza nazione del mondo. I disabili tra pregiudizio e realtà, Feltrinelli, Milano 2009.
P. Sgreccia, La tirannia della presunta perfezione e normalità, in <<Camillianum>> 23(2008).
M.Smith scrive Jesus the Magician, Harper Collins, New York 1978 cercando di dimostrare che Gesù ha praticato la
magia nell’operare miracoli.
H.–J.Stiker, Corps Infirmes et sociétés, DUNOD, Paris 1982.
Francesco Diego Tosto, Ultimi o primi? Infirmi e disabili nella storia sociale e letteraria del Cristianesimo - Età antica
e Medioevo-, Istina. Siracusa Novembre 2012.
A. Vanhoye, La vita consacrata nel mondo della salute. Fondamenti biblici, in <<Camillianum>> 5 (1994).
15
Vita, ragione, dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreccia , (a cura di Associazione Scienza & Vita), Cantagalli, Siena 2012.
L. Volta, Segreti di Medicina dei conventi, Xenia, Milano 1992.
S. Zavoli, Il dolore inutile. La pena in più del malato, Garzanti Libri, Milano 2002. Il volume propone una serie di
interviste a medici, scienziati, uomini di cultura e di chiesa sul mistero del dolore in generale.
P. Zonca, L’handicap nella storia. Parole teorie immagini, Libreria Stampatori,Torino 2000.

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Indice
Introduzione ………………………………………………………………………………………4

Capitolo 1 - Approccio cristiano alla disabilità dalla società classica antichità al trecento…6

Conclusione…………………………………………………………………………………………14

Bibliografia………………………………………………………………………………………….15

17

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