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Hal Foster esamina oggetto: l’oggetto senza più specificità artistica (ready-made di Duchamp e dei
Dadaisti). si contrappone alla pittura.
*Barr: enuncia uno sviluppo verticale della storia dll’arte del 900 concezione evoluzionistica e storicista
dell’arte (diacronica)
Hal Foster : sviluppo orizzontale prende in esame altri linguaggi oltre la pittura, mette tendenze e
movimenti in contato con società (sincronica, carattere sociologico)
realismo: dipinge l’America “provinciale”, delle campagne, della grande depressione del 1929 (Steinbeck,
Furore)
Azione differita= come le innovazioni delle avanguardie siano prodotte da azioni anticipate e ricostruite
Dadaismo e costruttivismo // minimalismo: arte in contrapposizione, rifiuto principi dei borghesi e della
concezione opera d’arte autonoma e espressiva.]
CHI HA PAURA...
Neoavanguardie (1950-60) stessa necessità di sovvertire modello convenzionale di arte e artista, ripresa
consapevole avanguardie storiche. Burger: la ripetizione delle neoavanguardie non fa altro che ripristinare
quel valori contro cui le avanguardie storiche si scagliavano e operavano. [il “Neo ready-made” non desterà
scalpore, non provocherà schok ma soddisferà le esigenze dello spettatore già abituato a quel tipo di
trasgressione] Considera la neo-avanguardia futile, mera ripetizione.
Avanguardia : discute ciò che è convenzionale [Rodchenko, Duchamp affermano la fine dell’arte, o meglio
di ciò che è considerato convenzionalmente arte]
Neoavanguardia: discute ciò che è istituzionale, distrugge le istituzioni dell’arte (senza nichilismo) mette
in atto progetto avanguardia.
[La Neoavanguardia riprende l’avanguardia storica cercando però di istituzionalizzarsi, compie una critica
positiva dei limiti dell’avanguardia storica.]
Per analizzare rapporto tra avanguardie e neoavanguardie non si può usare un modello
storicistico/evoluzionistico della storia.
Non provoca sorpresa ma è una provocazione concettuale: rifiuta forme antropomorfe, la scultura
minimalista è legata allo spazio in cui è esposta, caratterizza l’ambiente.
L’opera minimalista complica la purezza del pensiero con la contingenza della percezione, del corpo, in un
preciso momento spazio temporale.
Analisi critica epistemologica più che ontologica. (investe condizioni percettive e limiti convenzionali no
essenza formale e categorica)
[Donald Judd: scultura minimalista è oggettiva = oggetto indefinito in uno spazio (porta avanti tesi
Greenberg sulla pittura oggettiva/astratta)]
Il modernismo è una scorciatoia della scultura verso l’oggetto ma anche un’espansione della scultura al di là
della riconoscibilità .
Minimalismo – scultura post modernista: minimalismo crea “oggetti sculture” fatti per essere percepiti,
scultura post modernista fa lavori ancora “incorniciabili”, rientrano nelle categorie di interesse e qualità . il
minimalismo rompe con il tardo-modernismo attraverso una ripresa parziale dei suoi caratteri ma
eliminando le categorie formali dell’arte istituzionale.
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Minimalismo: l’ideale dell’arte pura diventa la realtà di un oggetto più specifico in mezzo ad altri
[solo all’inizio degli anni 60 l’istituzionalizzazione dell’arte e dell’arte e dell’avanguardia viene prima
apprezzata e poi sfruttata]
Pop art e minimalismo rispondono alla dialettica fra : modernismo e cultura di massa
Minimalismo: rifiuta cultura bassa ma produce oggetti in serie (senza “immagini simulacro” proprie della
popart) forme tecniche seriali
Fondamentale per il processo di astrazione: MA ancora usata come motivo pittorico non come
PRODUZIONE TECNICA
La serialità e il minimalismo liberano l’arte dalla necessità di rappresentare. Risolvono la contraddizione tra
origine ARTIGIANALE arte visiva e ordine INDUSTRIALE vita sociale.
Reificazione e frammentazione pratiche artistiche e teoriche anni 70/80 (rendere cosa qualcosa di
immateriale “incosificabile”), concetti legati a teorie marxiste e al capitalismo.
Binomio arte < > forze socio-economiche-politiche. *linguistica strutturale (lingua come sistema autonomo
e unitario di segni) rottura epistemologica che si riscontra nelle avanguardie storiche e nelle
neoavanguardie, produce un decentramento.
Frank Stella, tardo modernismo, fautore autonomia della pittura: immagine e supporto sono
Legame Duchamp – body art e installazione : trauma della significazione, devono far fronte a una tremenda
arbitrarietà del significato.
Arte di appropriazione: appropriazione di “miti” (concetti consolidati nella società e immagini della storia
dell’arte) [es. Barbara Kruger] e consecutiva contestazione usati come feticci , tanti significati diversi
isolati da manipolare a piacimento *discrepanza significato-significante, il significato diventa autonomo dal
significante.
L’estetica convenzionale degli anni 80 : arte neo-geo riprende la op-art, utilizzo astrazione in modo da
distruggerla/superarla, utilizzano la pittura per contestare la convenzionalità della pittura stessa.
Arte neo-geo disfattista, utilizza sia astrazione che rappresentazione ma non in opposizione l’astrazione
ha assimilato la rappresentazione.
L’arte neo-geo si avvale della SIMULAZIONE: complicazione della rappresentazione, non è una copia
dell’originale ma mette in discussione il concetto di copia e originale. La pittura di simulazione tratta
l’astrazione come un ready made., riduce l’arte a design e kitsch
COMMODOTY SCULPTURE complementare a neo-geo: applica procedimenti opposti. Rompe
metodicamente i confini tra arte alta e cultura delle merci.
Espone feticci del kitsch e della società di massa (nike, aspirapolvere) cancellandone l’uso.
Uso segni-merce (koons, steinbach): uso della merce presentato come oggetto d’arte (steinbach) e
sostituzione dell’aura perduta dell’arte con la finta aura della merce (Koons)
la ripetizione è diversa dalla riproduzione: *Lacan il trauma è generato da un mancato incontro con il reale
in Warhol la ripetizione serve a schermare un reale inteso come traumatico.
Necessità di indicare il reale, il reale rompe lo schermo della ripetizione: punto di rottura si manifesta
nella tecnica più che nel contenuto.
ILLUSIONISMO TRAUMATICO
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Trompe l’oeil (illusione) dompte-regard (domare lo sguardo) categorie di Lacan utili per definire arte post-
pop (o iperrealismo).
L’iperrealismo va oltre l’inganno dell’occhio, è un sotterfugio contro il reale lo pacifica, lo nasconde dietro
le superfici, lo imbalsama nelle apparenze.
Legame iperrealismo – surrealismo :entrambi agiscono sul feticismo sessuale e su quello delle merci.
Il surrealismo potrebbe essere SUBrealismo: cerca di tirare fuori il reale che sta sotto le apparenze.
L’iperrealismo vuole tirare fuori il reale ma sottomettendolo. IPER
Sottomissione : nasconde non svela, fallisce nella sua impresa di ricordarci il reale dunque è un
illusionismo traumatico.
Iperrealismo – arte di appropriazione: [Richard Prince] usano entrambi la fotografia ma l’iperrealismo esalta
l’illusione l’appropriazione esalta la RIPRODUCIBILITà contesta unicità pittorica.
criticamente le superfici
2) immagine schermo
L’ARTIFICIO DELL’ABIEZIONE
*Kristeva l’abietto è ciò di cui mi devo liberare in modo da essere un io è un io profondo, riguarda la
fragilità dei nostri limiti, condizione che turba la soggettività
Nell’avanguardia l’abietto si manifesta nella volontà di disturbare le normative del soggetto e della società
La trasgressione non è une rottura prodotta da un’avanguardia eroica al di fuori dell’ordine simbolico ma
una frattura tracciata da un’avanguardia strategica all’interno dell’ordine stabilito. obiettivo : non
rompere con quest’ordine in modo assoluto MA esporne la crisi, registrarne fallimenti e successi.
Arte abietta : 1) identificazione con abietto 2) rappresentare condizione di abietto Arte abietta e culto
dell’abiezione esprimo due sentimenti: stanchezza verso le politiche della differenza (sociale, sessuale,
etnica) che portano all’indifferenza nichilismo distruttivo, morte / volontà di regredire ad uno stato
infantile quasi inorganico.
Arte abietta – surrealismo : ideale del bello perverso ridefinito in termini di sublime.
Attrazione per il trauma: insoddisfazione, il reale represso nel modernismo post-strutturalista è tornato in
chiave traumatica. Motivi storico-sociali: dilaga AIDS, povertà , situazione volta alla deriva, mancanza di
assistenza
Benjamin “L’artista come produttore” 1934, parla di un’arte (Costruttivismo) che si avvicini al proletariato
privilegiando la TECNICA al tema superare ideali borghesi capovolgere l’arte.
Qualità estetica vs. rilevanza politica (Forma vs. Contenuto) risposta a estetizzazione della politica sotto il
fascismo
Anni 80 risposta alla capitalizzazione della cultura, privatizzazione della società , nuovo paradigna “Artista
come etnografo”
Artista impegna combatte nel nome dell’ “altro” culturale e/o etnico. [spostamento da relazione
1) Avanguardiapoliticaindividuaesostituisceavanguardiaartistica 2)
Ilcampodell’operazioneartisticaè ALTROVE
3)
Identità fra artista-proletario e artista-altro culturale può portare all’alienazione dei primi e allo scadere del
ruolo dell’artista in patronato ideologico.
Tema del PRIMITIVO, fantasia primitivi sta : il primitivo è una fase primordiale del nostro inconscio, il
primitivo è altro da noi, un nostro “sé” lontano nel tempo e nello spazio.
Svolta etnografica : surrealismo (altro-inconscio) art brut (altro-malato di mente, non civilizzato) land art
(altro-arte preistorica)
Performance – body art – arte site specific allargano campo dell’arte e definizioni di arte e osservatore,
entrano nel campo dell’etnografia, antropologia, sociologia.
Svolta etnografica = lavoro orizzontale (*Steinberg) conoscenza approfondita della storia e cultura del
popolo preso in esame / problematiche tema preso in esame = lavoro in parallasse
COSA è SUCCESSO AL POSTMODERNO trattato come una moda alla fine il postmoderno è diventato
demodé
La maggior parte dei termini usati per i lavori di Andre, Serra, LeWitt. Judd e Morris suggeriscono che si
tratti un di’arte non solo inespressiva ma quasi infantile (ABC art- arte letterale- minimalismo).
Il minimalismo gli anni 60 fu spesso considerato riduttivo, e negli anni 80 irrilevante. Questi rifiuti andavano
oltre il mondo dell’arte e furono condizionati da due eventi correlati: 1) negli anni 60 dalla sensazione che il
minimalista avesse già portato a compimento un modello formalista del modernismo che l’avesse
completato infranto lo stesso tempo e 2) negli anni 80: dalla generale reazione che usava il rifiuto degli anni
60 per giustificare il ritorno della tradizione nell’arte.
Invece il minimalismo a primo campo artistico nuovo, che ancora oggi le opere più sperimentali continuano
ad esplorare.
Ad un primo sguardo nel minimalismo sembra tutto molto semplice, Frank Stella diceva: “ciò che vedi è ciò
che vedi”, però le cose non sono mai semplici come sembrano: nonostante il positivismo del minimalismo,
la percezione delle opere è resa riflessiva e quindi complessa.
Inoltre È forte la sua provocazione concettuale, dato che il minimalismo rompe con spazio Schengen tale di
molta arte modernista. Non solo il minimalismo respinge le basi antropomorfe della maggior parte della
scultura tradizionale (ancora residuale nell’espressionismo astratto), ma rifiuta anche il contesto siteless
(senza luogo) di molta scultura astratta.
Quindi con il minimalismo la scultura non sta più in disparte su un piedistallo, e non può neanche esistere in
quanto arte pura, Mary posizionata tra gli oggetti e ridefinita in termini di spazio. In questa trasformazione
lo spettatore è sovrano, ed è riportato indietro al qui e ora. Lo spettatore invece di scrutare la superficie di
un’opera, è spinto ad esplorare le conseguenze percettive di un particolare intervento in un dato luogo. E
questo è l’orientamento fondamentale del minimalismo.
CRITICA: molti critici lamentano una perdita per l’arte, giudicando il minimalismo riduttivo, che ha spinto
l’arte verso il quotidiano, l’utilitario e non artistico.
GREENBERG: il minimalismo: L’arte minimalista mi mandi un atto sbilanciato sull’ideazione, mi sono due
false interpretazioni: la prima è che il minimalismo sia riduttivo, la seconda è che sia idealistico. Il
minimalismo non era altro che il fraintendimento, condiviso anche da alcuni artisti minimalisti (inteso in
senso positivo), per i quali il minimalismo sapeva cogliere forme pure, strutture logiche o descrivere
pensieri astratti. Ma è proprio questo dualismo metafisico, tra oggetto soggetto, che il minimalismo cerca
di superare con l’esperienza fenomenologica. Quindi l’opera minimalista lontano dall’essere idealista,
complica la purezza del pensiero con la contingenza della percezione, del corpo, in un preciso momento
spazio-temporale. Distante dal concettuale, per Judd il minimalismo non è basato su sistemi precostruiti. Il
minimalismo si concentra sulla natura del significato e sullo statuto del soggetto, Entrambi tenuti ad essere
pubblici, Non privati, prodotti tramite interfaccia fisica col mondo reale e non uno spazio mentale della
concezione idealista. Il minimalismo perciò contraddice il modello che dominano l’ espressionismo astratto,
I, L’artista inteso come creatore esistenziale (Rosenberg) e l’artista inteso come critico formale (Greenberg).
Il minimalismo pone l’accento sulla temporalità della percezione E minaccia l’estetica moderna dove l’arte
visiva è considerata strettamente spaziale. Ed è per questo che Fried condanna il minimalismo (e per Foster
fa bene), perché il minimalismo suggerisce sia una relazione con il tempo, sia un interesse nell’accettazione
dell’arte processuale, della body art, della performance, dell’opera site specific, e così via.
La Krauss insiste sull’inseparabilità dell’elemento spaziale e temporale nella nostra lettura di quest’arte.
Infatti in Passaggi del 77 ripensa alla storia modernista del mezzo scultoreo attraverso questa
inseparabilità, propone una storia minimalista della scultura modernista in cui il minimalismo emerge
come penultimo movimento in questo lungo passaggio da un mezzo statico e idealizzato, ad un mezzo
temporale e materiale.
Il minimalismo annuncia nuovo interesse per il corpo, ma non nella forma di un’immagine antropomorfica,
ma piuttosto con la presenza dei suoi oggetti, unitari simmetrici come se fossero delle persone. Il
minimalismo non guarda al soggetto come corpo sessuato posto in un ordine simbolico, più di quanto non
consideri la galleria come apparato ideologico.
Il dibattito sul minimalismo era dominato da tre testi: Specific Objects (Judd 1965) - Notes of sculpture
(Morris 1966) e 1967). Questi tre testi manifestano le ricerche e le contraddizioni del minimalismo in modi
che non sono stati capiti in fondo.
Specific Objects: (Judd) le affermazioni di Judd (cioè che il minimalismo non fosse né pittura né scultura)
sfidano le tendenze storicistiche del modernismo greenberghiano. Judd porta agli estremi la tesi di
Greenberg, ma così facendo rompe con lui, poiché ciò che Greenberg guarda come essenza della pittura,
Judd lo considera un limite, cioè una cornice da cui uscire. La scultura tardo modernista rimane troppo
legata la composizione antropomorfica e alla gestualità. In breve Judd legge la richiesta greenberghiana di
una pittura oggettiva così alla lettera da superarla completamente nella creazione degli oggetti. Infatti cosa
può essere più oggettivo e di più specifico di un oggetto nello spazio reale? Judd rompe con il progetto
tardo modernista, come si nota dalla sua lista di modelli: i readymade di Duchamp, i calchi di Johns, le
combines di Rauschenberg , le tele deformate di Stella ecc.. tutte cose rifiutate dal canone di Greenberg.
L’opera d’arte deve soltanto essere interessante questo va contro la grande dottrina greenberghiana della
qualità. Poiché la qualità è giudicata in riferimento agli standard non solo degli antichi maestri ma anche dei
grandi moderni. La qualità è un criterio dello statuto della critica, l’interesse è un termine avanguardista.
In questo testo il compito di trovare l’oggettività da parte dell’arte tardo- modernista, è completato solo
perché venga superato.
Notes of sculpture: (Morris) testo diviso in 2 parti, nella prima presenta uno scenario diverso in quel
minimalismo è di nuovo posto in una complicata relazione con il discorso tardo modernista. Per Morris
nella scultura nel minimalismo sono stati mai coinvolti dall’illusionismo, troppo pittorico. Il minimalismo
lontano da una rottura con la scultura, e ne realizza l’autonoma e letterale natura chiama un proprio spazio
anch’essa letterale. A prima vista sembra un’affermazione contraddittoria, perché i due aggettivi fondono
le due preposizioni di Greenberg e di Judd: la richiesta di autonomia e quella di letterarietà. Ma Morris vede
così minimalismo: come una risoluzione provvisoria della contraddizione, perché definisce le forme unitarie
come autonome e letterali, per Morris nel minimalismo “uno vede e immediatamente crede che modelli
veramente corrispondano al fatto esistenziale dell’oggetto”. Quindi Morris presenta l’autonomia e la
letterarietà dell’oggetto minimalista legate tra loro, (Greenberg e Judd invece le vedevano oppose).
Quest’unità è necessaria all’artista per mantenere la categoria della scultura e il fare della forma la sua
caratteristica essenziale. In questo ragionamento Morris prima definisce la scultura modernista in termini
minimalisti (in senso letterale), poi definisce il minimalismo in termini di scultura modernista (autonoma).
Fried un anno dopo arriva poi alla vera caratteristica: la forma, che il critico pone come valore essenziale
della pittura.
La seconda parte del testo, Morris affronta questa situazione paradossale, prima cita Tony Smith definendo
il nuovo limite della scultura che sito all’opera minimalista in un punto indefinito tra l’oggetto il
monumento, (le dimensioni del corpo umano circa); poi ridefinisce le dimensioni secondo il destinatario in
termini di ricezione (dall’oggetto privato il monumento pubblico), invia uno scarto tra l’oggetto al pubblico
che fa diventare il nuovo limite della scultura adesso nuova libertà. Morris stampassi intermedio, e per lui la
forma minimalista viene usata per portare le relazioni al di fuori dell’opera e fare una funzione dello spazio
della luce del campo visivo dello spettatore. Esiste giuda supera Greenberg, Morris e supera entrambi dato
che nel 66 viene riconosciuto uno spazio di temi oggetto/soggetto. Questa tesi la ritroviamo anche la morte
dell’autore che coincide con la nascita dello spettatore (Barthes ‘68). Infatti è proprio spettatore che
stabilisce una relazione nel momento in cui percepisce l’oggetto da varie posizioni e in condizioni variabili di
luce e di spazio. (è lo spettatore a fare l’opera?)
Art and Objecthood (Fried): il suo testo per prima cosa comprende spiega come minimalismo minacci
l’espressionismo astratto. Per Fried il crimine minimalista e quello di rimuovere l’arte tardo modernista con
un’interpretazione letterale che confonde la presenza trascendentale dell’arte con la presenza frivola delle
cose. Secondo lui la differenza principale perché l’arte minimalista cerca di scoprire e progettare
l’oggettività in quanto tale, mentre l’arte tardo modernista vorrebbe sconfiggere l’oggettività. Quindi il
fattore critico è la forma chi è un valore pittorico essenziale.
Per Fried la letterarie età del minimalismo e antitetica rispetto all’arte, per questo scopo sostiene che la
presenza dell’oggetto minimalista E come personaggio travestito, una presenza che produce una
situazione, che per quanto provocatoria è intrinseca all’arte visiva.
Fried per sostenere questa tesi riprende un aneddoto di Tony Smith: Durante un giro notturno in new
jersey negli anni 50, per l’artista l’esperienza fu in qualche modo estetica, ma non propriamente artistica,
per lui per la maggior parte della pittura che ora sembra troppo decorativa non vi è modo di incorniciarla,
bisogna solo farne esperienza.
Dicendo così Smith trasgredisce i limiti istituzionali negandone l’autonomia formale e annunciando così la
sua fine.
Per smettere era la fine dell’arte secondo Fried a Smith gli si era semplicemente rivelata la natura
convenzionale dell’arte.
L’intento di Fried è quello di presentare il minimalismo come teatrale, dato che secondo lui oggi il teatro è
la negazione dell’arte. Questo è il punto cruciale non solo nel caso di Fried contro il minimalismo, ma anche
della altura minimalista con il tardo modernismo.
Fried definisce la letterarietà minimalista teatrale, perché coinvolge il tempo mondano, proprietà
considerata inadatta alle arti visive. Questo spiega perché il teatro è la negazione dell’arte, perché il
minimalismo deve essere condannato. Art and Objecthood diventa un testo contro il minimalismo,
decisamente puritano con la sua condanna dell’arte teatrale. Se Judd implicitamente contrappone
l’interessa la qualità, Fried oppure l’interesse alla convinzione. Per Fried il minimalismo minaccia sei limiti
categorici (la pittura), sia le norme istituzionali (l’opera vitale), e in quanto tale cerca di risolvere le
contraddizioni del discorso tardo modernista ereditate da Greenberg.
[11:32, 9/2/2019] Giorgiana Bejan: Il ritorno del reale (Return of the Real, 1996) viene tematizzato in un
importante lavoro del critico americano Hal Foster nella seconda metà degli anni Novanta, precisamente in
contrapposizione sia al realismo della rappresentazione sia all’enfasi post-strutturalista sul linguaggio come
orizzonte insuperabile. Al centro di questa seconda deriva verso il reale pare essere la nozione di “trauma”.
Secondo Foster l’arte contemporanea mostra un ritorno del reale un tempo “represso dai vari post-
strutturalismi” (Foster, cit. p. 49). Il critico allude qui precisamente alla “svolta linguistica” e al problema del
linguaggio. Ora questa epoca, anche per Foster, è passata.
“quella particolare sintesi che tanto nel campo dei caratteri che in quello delle situazioni unisce
organicamente il generico e l’individuale. (… Il vero grande realismo ritrae dunque l’uomo completo e la
società completa, invece di limitarsi ad alcuni dei suoi aspetti “(Saggi sul realismo, 1946, tr. it. pp. 15-16).
La realtà che leggiamo o vediamo nelle opere d’arte realiste, osserva Foster, è effetto dunque di un lavoro
della rappresentazione (Foster, ivi, pp. 148-149). Per contro, la svolta verso il reale si manifesterebbe o
nella semplice presenza dei particolari, delle singolarità vuote di senso, indifferenti, o all’altro estremo nel
tentativo di mostrare il “trauma”, “la ferita e la carne” come suona il titolo di un capitolo introduttivo del
recente lavoro di Daniele Giglioli (2011).
Perciò Foster vede nel contemporaneo un tentativo di affrontare e formalizzare l’esperienza del trauma (ivi,
p. 163). Si tratta nel complesso di
“ una svolta enfatica verso il corporeo e il sociale, l’abietto e il site-specific. Da un regime convenzionale nel
quale niente è reale e il soggetto è superficiale, molta arte contemporanea presenta la realtà nella forma
del trauma (…). Dopo l’apoteosi dei significante e del simbolico (…) siamo testimoni di una svolta verso il
reale da una parte, verso il referente dall’altra” (Foster, ivi, p. 127, corsivi miei).
Appunto: il reale da una parte, il referente dall’altra. Lo scenario è molto chiaro: “reale” e “referente” (o
meglio: “referenziale”) sarebbero ciò che accade “dopo” il predominio del “significante” (post-
strutturalismo, svolta linguistica, formalismo…). Il reale di cui parla Foster fa riferimento esplicitamente al
pensiero di Lacan proprio nella sua differenza dalla “realtà”.
Ma che cos’è, che cosa può essere un’esperienza del trauma? O meglio: ci può davvero essere “esperienza”
del trauma? Se per esperienza intendiamo, nella sua formulazione classica, “il primo prodotto che dà il
nostro intelletto quando elabora la materia greggia delle sensazioni” come scrive Kant all’inizio della Critica
della ragion pura, allora del trauma non c’è direttamente esperienza né elaborazione cognitiva. E’ come se
il trauma fosse la piega fantomatica in negativo di quella solida esperienza diretta delle cose là fuori di cui
parla appunto il realismo.
Dunque, si può dire che il “ritorno del reale” abbia un secondo senso, ricavato dalla complessa nozione
freudiana di Nachtraeglichkeit, tradotta nel pensiero francese come aprés-coup e quasi intraducibile nella
nostra lingua. Forse la si può tradurre con “rappresentazione retroattiva”. Il trauma è un reale che ritorna
perché può solo vivere nel ritorno, o nella seconda volta (aprés, appunto). Non riconquista di un evento a
suo tempo incompreso, ma piuttosto “incontro mancato”. Il trauma ha questo carattere, secondo Foster.
C’è solo la seconda volta, nach (“dopo”), proprio perché il momento del trauma di per sé sfugge
all’esperienza. Ma questa seconda volta in realtà lo manca in quanto lo rappresenta. Nella presentificazione
del trauma dunque l’arte “del ritorno del reale” cerca di far-vedere, di rendere-fenomeno qualcosa che al
fenomeno (il termine dell’esperienza) per sua natura sfugge.