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Corso di Progetto di Strutture - a.a. 2009/10 dott. ing.

Isaia Clemente

7. PROGETTAZIONE ANTINCENDIO
(con la collaborazione dell’ing. Claudia Fedrigo )

Dicembre 2009 – v. 3.0 - Pag. 7.1 -

LA PROGETTAZIONE ANTINCENDIO

INDICE DEGLI ARGOMENTI

LA COMBUSTIONE
CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
FIRE SAFETY DESIGN

PREVENZIONE (contents/finish control)


PROTEZIONE PASSIVA (passive
( i fire
fi protection)
t ti )
PROTEZIONE ATTIVA (active fire protection)
SMOKE MANAGEMENT SYSTEM
RILEVAZIONE ED ALLARME (detection and alarm)
IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE (manual
( l firefighting)
fi fi hti )
SISTEMI DI EVACUAZIONE (egress systems)

1
LA COMBUSTIONE

LA COMBUSTIONE
CHE COS’È IL FUOCO

Il FUOCO è una EMISSIONE


DI LUCE E CALORE che si
manifestano
if nella
ll
combustione di un corpo.

La FIAMMA è una LINGUA


GASSOSA
INCANDESCENTE
ESTREMAMENTE MOBILE.

Si chiama COMBUSTIONE, la
REAZIONE CHIMICA che
consiste nella rapida
ossidazione di un corpo con
sviluppo di energia termica
(
(calore)
) ad alta temperatura.
3
3
LA COMBUSTIONE

TRIANGOLO DEL FUOCO


II fuoco è il diretto risultato della simultanea combinazione dei tre elementi
indispensabili per la combustione:

COMBUSTIBILE;

COMBURENTE;

ENERGIA TERMICA o DI ATTIVAZIONE.

E' possibile pertanto paragonare il processo di combustione alla FIGURA


GEOMETRICA DEL TRIANGOLO in cui tre lati rappresentano: il combustibile
tutto ciò che arde,
arde il comburente cioè ll'ossigeno
ossigeno presente nell
nell'aria
aria, ll'energia
energia
termica (calore).

LA COMBUSTIONE

TRIANGOLO DEL FUOCO

Una volta innescato


innescato, tale processo si autosostiene sino alla mancanza
completa di uno degli elementi.
Infatti come SENZA UN SOLO LATO LA FIGURA GEOMETRICA
NON PUÒ Ò ESISTERE (non possiamo tracciarla, disegnarla)
analogamente È IMPOSSIBILE AVERE LA COMBUSTIONE
QUALORA MANCHI UNO DEI TRE ELEMENTI INDISPENSABILI.
5
LA COMBUSTIONE

FONTI D’INNESCO: ENERGIA DI ATTIVAZIONE


¾ Accensione diretta: si ha quando una fiamma, una scintilla o un altro materiale
incandescente entra in contatto con un materiale combustibile alla presenza di
ossigeno
i ( d es.: operazioni
(ad i i di taglio
t li e saldatura,
ld t fi
fiammiferi
if i e mozziconi
i i di sigaretta,
i tt
lampade e resistenze elettriche, ecc.)

¾ Accensione
A i i di tt si ha quando il calore d’innesco viene fornito nelle
indiretta:
forme di convezione, conduzione ed irraggiamento termica (ed es.: correnti di aria
calda g
generate da un incendio e diffuse attraverso un vano scala o altri collegamenti
g
verticali negli edifici; propagazione di calore attraverso elementi metallici strutturali
degli edifici

¾ Attrito: si ha quando il calore è prodotto dallo sfregamento di parti meccaniche


rotanti quali cuscinetti, motori, urti, rottura violenta di materiali metallici

¾ Autocombustione o riscaldamento spontaneo: si ha quando il calore


viene prodotto dallo stesso combustibile come ad esempio lenti processi di
ossidazione,
id i reazioni
i i chimiche,
hi i h ecc.
6

LA COMBUSTIONE

IL COMBURENTE

Il comburente è una sostanza ossidante, come l’ossigeno presente nell’aria e in


alcuni composti (nitrati, clorati, perclorati, permanganati, perossidi).
L’ossigeno necessario alla reazione è contenuto nell'aria, la cui composizione
pp
approssimativa è Ossigeno
g al 21% e Azoto al 78%.

IL COMBUSTIBILE
I combustibili sono sostanze solide,
solide liquide e gassose che possono dare luogo a
combustione. Si tratta in particolare di sostanze contenenti Carbonio e Idrogeno i
quali bruciando si ossidano originando rispettivamente Anidride Carbonica e
vapore acqueo che
h costituiscono
i i i principali
i i li prodotti
d i della
d ll combustione.
b i

7
LA COMBUSTIONE
REAZIONE STECHIOMETRICA PERFETTA
COMBUSTIBILE COMBURENTE

La reazione viene innestata


dall’ENERGIA DI ATTIVAZIONE e
produce CALORE e FIAMME

Q Cx H y C x H y  Q O2 ˜ O 2 o Q CO2 ˜ CO 2  Q H2O ˜ H 2 O

GAS DI FUMO BIANCO


COMBUSTIONE: (VAPORE
Esempio: PROPANO ANIDRIDE D’ACQUA
CARBONICA CONDENSATO)
C3 H8  5 ˜ O 2 o 3 ˜ CO 2  4 ˜ H 2 O
8

LA COMBUSTIONE

Ma … in realtà difficilmente ho una combustione completa

C x H y  Q O2 ˜ O 2 o Q CO2 ˜ CO 2  Q CO ˜ CO  Q H2O ˜ H 2 O  Fumi

Se la reazione avviene in carenza di ossigeno si ha la COMBUSTIONE


INCOMPLETA con pproduzione di GAS TOSSICI qquale il MONOSSIDO DI
CARBONIO (CO) o di altre sostanze gassose, quali i solfuri, se sono presenti
nel combustibile. Questi monossidi sono estremamente pericolosi se inalati,
b ti pensare che
basti h rappresentano
t l principale
la i i l causa di morte t in
i caso di
incendio.
IIn una combustione
b ti i
incompleta
l t sii possono notare
t anche
h i FUMI di colore
l
scuro. Essi determinano un pericolo non trascurabile per l'azione di
oscuramento della vista,, di irritazione degli
g occhi e di disorientamento nelle
persone che fuggono da un incendio. La differenza rispetto ai gas consiste nel
fatto che il fumo è costituito da particelle solide, finissimamente suddivise,
che
h i flussi
fl i di aria
i e gas caldi
ldi disperdono
di d nell'atmosfera
ll' t f circostante.
i t t
9
LA COMBUSTIONE

MODALITÀ DI SPEGNIMENTO

I principati parametri che definiscono le proprietà di un combustibile


dipendono:
- DAL SUO STATO FISICO, che può essere solido, liquido e gassoso
- DALLA TEMPERATURA DI ACCENSIONE che rappresenta il valore
minimo di temperatura del combustibile al di sopra della quale la combustione
procede indipendentemente dall'apporto calorico esterno.

L’opera di spegnimento degli incendi risulta facilitata dalla conoscenza di tali


presupposti e pertanto sarà finalizzata all’interruzione
all interruzione del processo di
combustione mediante la eliminazione di uno qualsiasi dei tre componenti del
triangolo del fuoco.

10

LA COMBUSTIONE
CLASSIFICAZIONE DEGLI INCENDI per il CEN
(Comité Européen of Normalisation)
CLASSE A: Incendi di materiali solidi, combustibili, infiammabili ed incandescenti
come legname, carboni, carta, tessuti, pelli, gomma e derivati, rifiuti che fanno brace ed il
cui spegnimento presenta particolari difficoltà e per i quali l’acqua o la schiuma hanno
notevole efficacia;

CLASSE B: Incendi di materiali liquidi per i quali è necessario un effetto di copertura e


soffocamento come alcoli, solventi, olii minerali, grassi eteri, benzine, ecc.;

CLASSE C: Incendi di materiali gassosi infiammabili come idrogeno, metano,


acetilene, butano, etilene, propilene, ecc.;

CLASSE D: Incendi di sostanze chimiche spontaneamente combustibili in presenza


d’aria, reattive in presenza di acqua o schiuma con formazione di idrogeno e pericolo di
esplosione;
l i

CLASSE E: Incendi di apparecchiature elettriche, trasformatori, alternatori, interruttori,


quadri
d i elettrici
l i i edd apparecchiature
hi elettriche
l i h in i genere sotto tensione
i per il cuii spegnimento
i
sono necessari agenti elettricamente non conduttivi. 11
LA COMBUSTIONE

MODALITÀ DI SPEGNIMENTO

Tale classificazione è utile nella scelta del mezzo estinguente che agisce su uno o più
componenti del triangolo del fuoco fino allo spegnimento dell
dell'incendio
incendio.

¾ Raffreddamento: ossia
i l’abbassamento
l’ bb t della
d ll temperatura
t t d l combustibile
del b tibil sotto
tt
quella di accensione dello stesso: si sottrae il calore della reazione utilizzando
principalmente H2O, ma anche CO2 e schiume.

¾ Soffocamento: ossia la sottrazione del comburente o la separazione meccanica


d l combustibile;
del b tibil sii usano CO2, azoto,
t polveri
l i comuni,
i acqua nebulizzata
b li t e schiume;
hi

¾ Esaurimento: si allontana il combustibile

12

CARATTERISTICHE DI
UN INCENDIO

13
CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
LA PROPAGAZIONE DEL CALORE
Il calore si propaga in tre modi diversi:
per CONDUZIONE: avviene per contatto tra corpi solidi.
CONVEZIONE riguarda
per CONVEZIONE: i d la
l diffusione
diff i del
d l calore
l neii fluidi
fl idi e avviene
i
con trasporto di materia.
pe GG
per IRRAGGIAMENTO: co s ste nella
N O: consiste e a propagazione
p opaga o e senza
se a contatto
co tatto di
d
energia termica sotto forma di onde elettromagnetiche.

Sebbene
questi tre processi
possano avvenire
contemporaneamente,
non è infrequente che
uno
di essi prevalga
rispetto agli altri due.
14 14

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
Cosa succede durante un incendio?
Quando ha inizio un incendio in un compartimento, di solito l’origine risulta
localizzata su un singolo elemento che brucia. Questo produce un pennacchio
di fumo e fiamme,
fiamme detto “plume”
plume che,
che salendo verso il soffitto,
soffitto rilascia calore
principalmente per via convettiva. In questa fase preliminare dell’incendio, il
trasferimento di calore agli oggetti circostanti, quali il resto dell’arredamento, i
muri, il soffitto, è irrisoria.

15
CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
Cosa succede durante un incendio?
Man mano che ll’incendio
incendio si sviluppa i gas caldi e gli altri prodotti della combustione
contenuti nel plume cominciano ad accumularsi sotto al soffitto fino a formare uno strato
uniforme. Da questo punto in poi, il calore sotto forma radiativa comincia a diffondersi
non solo dall
dall’origine
origine dell
dell’incendio
incendio, ma anche dal limite inferiore dello strato di gas caldi
formatesi che continua inesorabile a scendere verso il pavimento. Più il layer di fumi si
ispessisce, maggiore è la quantità di energia che possiede sotto forma di calore, e maggiore
è la
l porzione
i di calore
l t f it per via
trasferita i radiativa
di ti rispetto
i tt a quella ll trasferita
t f it per via i
convettiva.

16

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
Cosa succede durante un incendio?
Ad un certo punto il calore rilasciato per irraggiamento dal layer di fumi diventa così
consistente, che tutti gli oggetti che si trovano nella parte sottostante della stanza
cominciano a prendere fuoco. E’ stato raggiunto il cosiddetto punto di FLASH-OVER, il
punto di non ritorno,
i di massima
i intensità
i i à dell’incendio.
d ll’i di

17
CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
L’ANALOGIA DELLA VASCA DA BAGNO
Il fenomeno del FLASH OVER è stato paragonato per analogia ad UNA VASCA DA
BAGNO CON IL RUBINETTO APERTO.

Quantità
Q i à di acqua Quantità
Q i à di energia
i rilasciata
il i per
disponibile combustione dal combustibile

Volume della Volume del compartimento e la sua


vasca abilità a contenere il calore

Dimensione del HRR (Heat of Release Rate), calore


rubinetto e rilasciato dall’incendio nell’unità di
pressione dell’acqua tempo.

Dimensione
Di i e collocazione
ll i
Perdita di calore per conduzione
dello scarico che controlla
attraverso le pareti e attraverso il
ll’ammontare
ammontare di acqua che esce
sistema di ventilazione
dal sistema
18

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
L’ANALOGIA DELLA VASCA DA BAGNO
I questa
In t analogia,
l i come lla vasca dad bbagno sii riempie
i i e l’acqua
l’
sborda, allo stesso modo avviene il Flash Over.

19
CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
Variazione della temperatura all’interno di un ambiente
in cui si sviluppa un incendio in funzione del tempo

FASE
IRREVERSIBILE
DELL’INCENDIO 20

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO

Le caratteristiche di queste tre fasi differiscono da incendio ad incendio e


dipendono da molteplici fattori.
fattori

I principali fattori che condizionano la


gravità
i à di un incendio
i di sono:

Il carico d’incendio
La ventilazione presente
La velocità di combustione
La temperatura
p della fiamma
La durata dell’incendio
La potenza del fuoco

21
21
SICUREZZA IN CASO DI
INCENDIO:
FIRE SAFETY DESIGN

FIRE SAFETY DESIGN

Obiettivi della progettazione

G obiettivi pprimari del FIRE S


Gli S GN, cioè di una pprogettazione
SAFETY DESIGN, g
sicura in caso di incendio, sono quelli di:
RIDURRE
U LE PERDITE U N ((sia dei civili che dei ppompieri);
UMANE p );
LIMITARE I DANNI ALLE STRUTTURE
CONTENERE LE PERDITE MONETARIE DOVUTE ALLA
INTERROTTE ATTIVITÀ.
Questi
Q ti obiettivi
bi tti i vengono raggiunti
i ti contenendo
t d la
l propagazione
i d l fuoco
del f e
limitando la quantità di fumi e calore che possono raggiungere gli occupanti, i
vari aambienti
va b e e ggli impianti
p a dedell’edificio.
ed c o.

2
FIRE SAFETY DESIGN
I campi del Fire Safety Design

Per controllare i rischi connessi ad un incendio e raggiungere tali obiettivi


vengono utilizzati in modo congiunto otto sistemi di progettazione:

PREVENZIONE ((Contents/Finish control))


PROTEZIONE PASSIVA (Passive Fire Protection)
PROTEZIONE ATTIVA (Active Fire Protection)
SMOKE MANAGEMENT SYSTEM
RILEVAZIONE ED ALLARME (Detection and alarm)

IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE (Manual firefighting)


SISTEMI DI EVACUAZIONE (Egress Systems)

PREVENZIONE INCENDI

4
PREVENZIONE INCENDI
PREVENZIONE INCENDI
Si possono definire misure di prevenzione quelle che servono a diminuire le probabilità
che un incendio sia innescato. Il rischio ai fini antincendio infatti è legato ad eventi di
tipo probabilistico ed è definito come il prodotto della frequenza F (previsione di
accadimento) per la magnitudo M (conseguenza dell dell’evento)
evento) e perciò:

RISCHIO F ˜ M
CURVE ISORISCHIO

Abbasso la gravità
del danno

Abbasso lla ffrequenza


Abb
dell’evento 5

PREVENZIONE INCENDI

PREVENZIONE INCENDI

PREVENZIONE PROTEZIONE

Riduzione della ATTIVA PASSIVA


probabilità di
attivazione di incendi
E’ garantita
tit da
d impianti
i i ti di Concetto
C tt di
rivelazione, allarme e RESISTENZA al
spegnimento e dalle squadre di fuoco
Concetto di pronto intervento
REAZIONE
al fuoco dei
materiali
Capacità di Capacità
compartimentazione portante (R)
(REI)
6
PREVENZIONE INCENDI
Ogni combustibile ha, nei confronti della combustione, un’attitudine propria ed un
proprio comportamento, che sono definiti dalle seguenti grandezze:
a) Temperatura di accensione
b) Limiti d’infiammabilità
c) Campo dd’infiammabilità
infiammabilità

TEMPERATURA DI ACCENSIONE: è la più bassa temperatura che deve


raggiungere una sostanza combustibile perché possa accendersi spontaneamente e
bruciare senza innesco.
LIMITE SUPERIORE ED INFERIORE DI INFIAMMABILITÀ: è
rispettivamente la più alta e la più bassa concentrazione in aria di gas di un
combustibile, al di sopra o al di sotto della quale non si ha accensione in presenza di
innesco.
CAMPO DI INFIAMMABILITÀ: è determinato dal limite inferiore e superiore di
infiammabilità.

Si ha quindi una propensione o meno da parte del materiale all’innesco e al


mantenimento della combustione.
7

PREVENZIONE INCENDI

LA REAZIONE AL FUOCO DEI MATERIALI

Con il termine
C t i di REAZIONE AL FUOCO sii indica i di una classificazione
l ifi i che
h sii
riferisce alla propensione degli elementi a partecipare ad un incendio. In
particolare,, negli
p g ambienti in cui è necessario abbattere il rischio che un ppiccolo
innesco dia luogo ad un principio di incendio - si pensi ai teatri o agli ospedali,
dove anche il solo allarme potrebbe avere conseguenze pesanti per le persone
presentiti - sii cerca di installare
i t ll materiali
t i li di rivestimento
i ti t o arredo
d che,
h soggettitti a
piccoli inneschi, non diano luogo all'incendio ma abbiano un comportamento
autoestinguente,
g , ossia pper i qquali una volta rimosso l'innesco cessi la
combustione.

8
PREVENZIONE INCENDI

LA REAZIONE AL FUOCO DEI MATERIALI


Il concetto di REAZIONE AL FUOCO riguarda, quindi, i rivestimenti, i
tendaggi, le poltrone, cioè in generale ELEMENTI NON STRUTTURALI.

Le norme italiane, ed in particolare il Decreto del Ministero dell’Interno


26/6/1984, stabiliscono le modalità pper la determinazione della classe di
reazione al fuoco di un elemento (che avviene sempre sperimentalmente con
prove in forni secondo modalità standardizzate) e prevedono la suddivisione in
classi da 0 a 1,
1 2,
2 3, 4 5 a seconda che si passi da materiali che non partecipano
3 4,
alla combustione, cioè incombustibili (classe 0) a materiali che partecipano
maggiormente
gg e ppiù rapidamente
p alla stessa ((classe 2,, 3,, ecc.).
) Le normative
impongono l’uso di materiali con classe di reazione al fuoco bassa (0 e 1) nelle
vie di fuga degli edifici, e media (1 e 2) negli altri ambienti. Classi di reazione
al fuoco
f oco superiori
s periori a 2 non sono generalmente più consentite.
consentite
Per la valutazione della reazione al fuoco dei materiali esistono solo METODI
SPERIMENTALI
SPERIMENTALI.
9

PREVENZIONE INCENDI

LA REAZIONE AL FUOCO DEI MATERIALI


Per migliorare la classe di reazione al fuoco, i materiali vengono trattati in modo
tale da:
Temperatura
p (°C)
( )

Aumentare la temperatura di
accensione
Curva 1 Curva 2
Diminuire la velocità di
combustione

Tempo
Perciò con classi di reazione al fuoco
Viene abbassata la
ppiù basse,, è ppossibile allungare
g la pprima
gravità
ità del
d l danno,
d
fase dell’incendio, quella iniziale o di
quindi sia ha
prima accensione, garantendo una
PREVENZIONE
condizione
di i di maggior
i sicurezza
i per le
l
persone presenti nell’edificio 10
PREVENZIONE INCENDI

LA REAZIONE AL FUOCO DEI MATERIALI

E’ interessante ricordare la genesi storica di questa classificazione, nata per


aumentare la sicurezza dei locali di spettacolo (pochi anni prima erano
avvenutet lel due
d tragedie
t di del
d l cinema
i St t t di Torino
Statuto T i e dellad ll mostra
t di
antiquariato a Todi). Essa è stata successivamente estesa anche ad altre
attività ((alberghi,
g , scuole ecc.)) con un notevole successo. S Si deve infatti
evidenziare che nei locali in cui sono presenti questi prodotti non riescono a
propagarsi facilmente neanche gli incendi dolosi, che si estinguono appena
è rimosso
i o esaurito
it l’innesco.
l’i

11

PREVENZIONE INCENDI

NORMATIVE DI RIFERIMENTO

- D.M. 30 Novembre 1983: contiene la definizione di reazione al fuoco

- D.M. 26 Giugno 1984: contiene la classificazione e l’omologazione dei materiali ai


fini della prevenzione incendi.
incendi

gg 1985: concerne l’attribuzione della classe di reazione al fuoco zero;;


- D.M. 14 Maggio

- D.M. 03 Settembre 2001: contiene modifiche ed integrazioni al decreto 26 giugno


1984 concernente la l classificazione
l ifi i d ll reazione
della i all fuoco
f e l’omologazione
l’ l i d i
dei
materiali ai fini della prevenzione incendi

- D.M. 28 Maggio 2002: contiene la rettifica del decreto ministeriale 3 settembre


2001;

12
PREVENZIONE INCENDI

E’ importantissimo sottolineare che tutti i materiali per i quali è richiesta una classe di
reazione al fuoco determinata,
determinata devono essere accompagnati da una serie di
certificati. Tali certificati, a fine lavori, vengono trasmessi ai VVFF.

CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE DEL MINISTERO DELL’INTERNO:


l’omologazione è una procedura tecnico-amministrativa con la quale viene provato il
prototipo
t ti di materiale,
t i l certificata
tifi t la
l sua classe
l di reazione
i all fuoco
f ed
d emesso da
d parte
t
del Ministero dell'interno il provvedimento di autorizzazione alla riproduzione del
prototipo stesso prima della immissione del materiale sul mercato per la utilizzazione
nelle attività soggette alle norme di prevenzione incendi.

CERTIFICATO DI PROVA SUL PROTOTIPO DI LABORATORIO: è un rapporto


rilasciato dal Centro studi ed esperienze del Ministero dell'interno (C.S.E.), o da altro
stesso nel quale si certifica la classe
laboratorio legalmente riconosciuto dal Ministero stesso,
di reazione al fuoco del campione sottoposto ad esame.

13

PREVENZIONE INCENDI

DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ DA PARTE DEL PRODUTTORE: è una


dichiarazione del produttore con cui attesta la conformità del materiale al prototipo
omologato. Tale dichiarazione dovrà riportare tra l'altro gli estremi dell'omologazione.
Quale produttore si intende il fabbricante del materiale, nonché ogni persona che,
apponendo il proprio nome, marchio o segno distintivo sul materiale, si presenti come
produttore dello stesso. Si considera altresì produttore chi importa e/o commercializza
un materiale dd'importazione.
importazione. E E' parimenti ritenuto produttore, il produttore estero
avente sede legale nell'Unione europea ovvero, in uno dei Paesi contraenti l'accordo
SEE.
DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ DA PARTE DEL POSATORE.

MARCHIO DI CONFORMITA’
Indicazione permanente ed indelebile apposta dal produttore sul materiale riportante i
seguenti dati:
- nome od altro segno distintivo del produttore;
- anno di produzione;
- classe di reazione al fuoco;;
- estremi dell'omologazione.
14
LA PROTEZIONE PASSIVA

15

PREVENZIONE INCENDI

PREVENZIONE INCENDI

PREVENZIONE PROTEZIONE

Riduzione della ATTIVA PASSIVA


probabilità di
attivazione di incendi
E’ garantita
tit da
d impianti
i i ti di Concetto
C tt di
rivelazione, allarme e RESISTENZA al
spegnimento e dalle squadre di fuoco
Concetto di pronto intervento
REAZIONE
al fuoco dei
materiali
Capacità di Capacità
compartimentazione portante (R)
(REI)
16
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
La progettazione di una struttura sotto condizioni d’incendio è concettualmente
simile ad una pprogettazione
g in condizioni ordinarie. Prima di pprocedere con
qualunque calcolo è necessario, però, porsi dei chiari obiettivi (priorità) e
decidere la severità del carico d’incendio. Le maggiori differenze rispetto ad una
tt i
progettazione di i sono:
ordinaria

I carichi applicati sono inferiori.

Si possono avere forze interne aggiuntive dovute all’espansione termica.

Le resistenze dei materiali devono essere ridotte in funzione della temperatura.

L’area delle sezioni di verifica p


può essere ridotta ((carbonizzazione,,
frantumazione).
Si possono adottare coefficienti di sicurezza inferiori a causa della bassa
probabilità dell’evento.
Gli spostamenti non sono importanti (a meno che non modifichino la
it )
resistenza).
Devono essere considerati differenti meccanismi di collasso strutturale. 17

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Valutazione della resistenza al fuoco


Il passo fondamentale nella progettazione antincendio delle strutture è quello di
verificare che la resistenza della struttura (o di ogni parte della struttura) sia più
grande della severità dell’incendio a cui si trova assoggettata la struttura. Questa
verifica richiede che:

Resistenza al fuoco • Severità dell’incendio

dove:
resistenza al fuoco: è la misura dell’abilità della struttura a resistere al
collasso, alla propagazione dell’incendio o di altri tipi di fallimento durante
l’esposizione al fuoco di una specificata intensità;
severità dell’incendio: è la misura dell’impatto distruttivo di un incendio, o la
misura delle forze o delle temperature che possono causare il collasso od altre
f
forme di fallimento
f lli t come risultato
i lt t dell’incendio.
d ll’i di
18
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Valutazione della resistenza al fuoco

Quindi, a differenza del caso usuale di verifica “aa freddo


Quindi freddo”, in cui la resistenza
Rd è invariabile, in caso di incendio entrambi i termini della disequazione
critica possono cambiare: la resistenza strutturale Rd diminuisce per effetto
del danneggiamento termico dei materiali e le sollecitazioni di progetto Ed
variano a causa della dilatazione termica contrastata.

19

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Valutazione della resistenza al fuoco


Si possono utilizzare tre metodi alternativi per eseguire la comparazione fra
severità e resistenza di un incendio. La verifica può essere fatto lavorando nel
dominio del TEMPO, della TEMPERATURA o della RESISTENZA, in
termini di differenti unità di misura.

RESISTENZA SEVERITÀ
DOMINIO UNITÀ •
AL FUOCO DELL INCENDIO
DELL’INCENDIO
Durata dell’incendio indicata
Tempo minuti o ore Tempo al collasso • dal codice o determinata dai
calcoli
Temperatura che Massima temperatura
Temperatura °C
C •
causa il collasso raggiunta durante l’incendio
Capacità di carico
Carico applicato durante
Resistenza kN o kN·m
kN m ad elevate •
l’incendio
temperature 20
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Valutazione della resistenza al fuoco

La normativa permette di calcolare la resistenza al fuoco di un edificio in base a


t “FAILURE CRITERIA” associati
tre i i aii singoli
i li elementi
l li che
ti strutturali
t tt h la
l
compongono.

E’ necessario prima comprendere cos’è la resistenza al fuoco associata ad un


SINGOLO ELEMENTO STRUTTURALE:
STRUTTURALE

Per resistenza al fuoco di un elemento si intende l’attitudine di un elemento


da costruzione (componente o struttura) a conservare, secondo un
programma termico prestabilito e per un tempo determinato,
determinato la stabilità “R”
R ,
la tenuta “E” e l’isolamento termico “I” così definiti:

21

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA


Il concetto di resistenza al fuoco

- stabilità (R): attitudine di un elemento da costruzione a conservare la


resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco. Essa si determina sulla base
d ll caratteristiche
delle i i h proprie i dell’elemento
d ll l portante, comprese le
l condizioni
di i i
di carico e di vincolo, tenendo anche conto dell’eventuale presenza di
materiali protettivi.

- tenuta (E): attitudine di un elemento da costruzione a non lasciare


passare né produrre,
produrre se sottoposto all
all’azione
azione del fuoco su un lato,
lato fiamme,
fiamme
vapori o gas caldi sul lato non esposto;

- isolamento termico (I): attitudine di un elemento da costruzione a


ridurre, entro un dato limite, la trasmissione del calore

n.b.: i materiali in sé non possiedono una resistenza al fuoco. Questa è


una proprietà associata ad elementi dell
dell’edificio
edificio che sono costituiti da un
materiale o da un insieme di materiali. 22
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
Il concetto di resistenza al fuoco

a cui si aggiungono:
- irraggiamento (W)

- tenuta al fumo (S)

- impatto / azione meccanica (M)

- dispositivo automatico di chiusura (C)

-Resistenza
Resistenza all
all’incendio
incendio della fuliggine (G)

-Capacità di protezione al fuoco (K)

n.b.: i materiali in sé non possiedono una resistenza al fuoco. Questa è


una proprietà associata ad elementi dell
dell’edificio
edificio che sono costituiti da un
materiale o da un insieme di materiali. 23

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA


Il concetto di resistenza al fuoco
Pertanto:

con il simbolo REI si identifica un elemento costruttivo che deve


conservare, per un tempo determinato,
d i l stabilità,
la t bilità la
l tenuta
t t e
l’isolamento termico (ad es. elementi di chiusura di un compartimento);

con il simbolo RE si identifica un elemento costruttivo che deve


conservare per un tempo determinato, la stabilità e la tenuta (elementi non
di chiusura
hi di un compartimento
ti t ma che
h devono
d i
impedire
di il passaggio
i dei
d i
fumi);

con il simbolo R si identifica un elemento costruttivo che deve conservare,


per un tempo determinato, la stabilità (elementi portanti).

n.b. Per la classificazione degli elementi non portanti il criterio “R” è


automaticamente soddisfatto qualora siano soddisfatti i criteri “E”
E ed “I”
I .
24
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
Il concetto di resistenza al fuoco
I tre criteri di collasso per la resistenza al fuoco sono quindi la STABILITA’
(R), la TENUTA (E) e l’ISOLAMENTO (I). Vediamo quale sono le tecniche
per quantificare tali criteri
criteri.

STABILITÀ (R): ll’elemento


elemento strutturale in questione,
questione sottoposto ad una
curva di temperatura standard, deve essere in grado di sostenere i carichi
di progetto senza che intervenga il collasso per la durata di tempo prevista.

TENUTA (E): il provino in esame non deve presentare fessure o punti di


rottura che possano permettere ai fumi ed ai gas caldi di passare attraverso
l’elemento.

ISOLAMENTO (I): la temperatura del lato freddo del provino non deve
eccedere il limite specificato, di solito un incremento medio di 140 C ed
un massimo incremento di 180 C in un punto singolo.
25

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

Il concetto di resistenza al fuoco

In relazione ai requisiti dimostrati,


dimostrati gli elementi strutturali vengono classificati
da un numero che esprime, in minuti primi, il tempo durante il quale
l’elemento costruttivo deve conservare, se esposto ad un incendio
standard nel forno sperimentale, le caratteristiche richieste. Le norme
fissano le seguenti classi di resistenza al fuoco:

REI
RE 0 15 20 30 45 60 90 120 180 240
R

Ma qual è la curva di incendio da utilizzare per quantificare la resistenza al


fuoco del materiale?
26
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

La curva di incendio

Un incendio
U i di reale,
l per il gran numero di variabili
i bili che
h lo
l influenzano,
i fl quali
li la
l
natura del combustibile (quantità, stato fisico, umidità, potere calorifico,
temperatura
p di combustione),), la natura del locale ((dimensioni,, tipo
p ppareti,,
proprietà termiche delle pareti, ampiezza e disposizione delle aperture) e le
condizioni ambientali (altezza sul livello del mare, pressione, temperatura,
umidità
idità relativa,
l ti direzione
di i edd intensità
i t ità del
d l vento),
t ) non è maii uguale
l add un altro
lt
ed è difficilmente analizzabile.
Per tali motivi si è resa necessaria la standardizzazione e si sono stabilite una
serie di curve T-t sperimentali/analitiche che comprendessero la maggior parte
degli incendi reali più gravi di lunga durata e che comprendessero anche gli
i
incendi
di meno gravi.i

27

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

La curva di incendio

La curva di incendio è una rappresentazione analitica dell’andamento nel


tempo delle temperature (curva tempo-Temperatura) che si raggiungono in un
compartimento in condizioni di completa partecipazione all’incendio di tutti i
materiali combustibili in esso presenti.
presenti

Tale curva può rappresentare condizioni convenzionali di incendio ovvero può


simulare condizioni reali di incendio. Esse si dividono in:

Curve nominali
Curve parametriche
Curve naturali

28
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

Le curve nominali

La curva nominale è una curva generalmente monotòna crescente e


pertanto ben riproducibile
p p in laboratorio. Trascura la fase di innesco e di
prima propagazione avendo inizio in corrispondenza del flash over.
La curva nominale p per eccellenza e attualmente in uso p presso tutti i
laboratori di prova italiani per le prove di resistenza al fuoco è la curva
nominale standard definitiva dalla UNI7678 (ISO 834).
Questa è la prima curva di incendio introdotta in Italia come media tra
varie curve esistenti in vari regolamenti stranieri.
Con gli anni, si sono affermate anche in Italia altre curve nominali già in
uso all’estero. Oggi con l’approvazione dell’Eurocodice sulle azioni in
caso di incendio
i di sono ddefinitivamente
fi iti t riconosciute
i i t lle seguenti
ti curve
nominali:

29

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

La curva nominale STANDARD ISO 834

La norma UNI 7678 (ISO 834), in analogia ad altre norme europee, stabilisce
quale incendio convenzionale la seguente
q g curva nominale di incendio standard
detta anche incendio convenzionale ISO 834:

Tg l 10 8 ˜ t  1
T0  345 ˜ log

dove Tg è la temperatura
e pe u de dei ggass nell’ambiente
e b e e ((°C),
C), T0 è la temperatura
e pe u
iniziale in gradi Celsius (20°C), t è il tempo in minuti.

N.B. La durata dell’incendio convenzionale è calcolata in modo tale che essa


produca sugli elementi di costruzione relativi ad un dato compartimento gli
stessi ff tti che
t i effetti h sarebbero
bb causati
ti da
d un incendio
i di reale.
l

30
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
La curva nominale INCENDIO ESTERNO

Tg T0  660 1  00.687
687e 0.32
0 32˜t
313e 33.88˜t
 00.313

La curva nominale INCENDIO DA IDROCARBURI

Tg T0  1080 1  0.325e 0.167˜t  0.675e 2.5˜t

La curva nominale INCENDIO LATENTE


Tg T0  154 ˜ t 0.25 0 < t < 21
Tg T0  345 ˜ log10 8 ˜ t  20  1 t > 21
La curva nominale INCENDIO NEI TUNNEL
Definita per punti

dove Tg è laa tetemperatura


pe atu a de
dei gas nell’ambiente
e a b e te ((°C),
C), T0 è laa te
temperatura
pe atu a
iniziale in gradi Celsius (20°C), t è il tempo in minuti. 31

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA


curve nominali

1400
1300
1200
1100
1000
900
atura

800
tempera

700
600
500
400
300
200
100
0
0 15 30 45 60 75 90 105 120 135 150 165 180

tempo

standard
t d d external
t l h d
hydrocarbon
b smouldering
ld i RWS
32
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

Ricapitolando la resistenza la fuoco di un elemento costruttivo si calcola


mediante prove sperimentali utilizzando, generalmente la curva ISO per lo
sviluppo dell’incendio.

Ma come viene determinata la resistenza MINIMA richiesta all


all’intero
intero edificio,
edificio
e quindi ad ogni suo singolo elemento strutturale?

33

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO

IL CARICO D’INCENDIO (D.M. 09/03/2007)


E’ definito come il POTENZIALE TERMICO DELLA TOTALITÀ DEI
MATERIALI COMBUSTIBILI CONTENUTI IN UNO SPAZIO, ivi compresi i
rivestimenti dei muri, delle pareti provvisorie, dei pavimenti e dei soffitti.
Secondo la nuova normativa D.M. 09 marzo 2007 è espresso in MJ, dove 1MJ
è convenzionalmente assunto pari a 0.054 kg di legna equivalente.

Si definisce CARICO D’INCENDIO SPECIFICO il carico d’incendio riferito


all’unità di superficie lorda [MJ/m2].

Si definisce CARICO D’INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO, il carico


d’incendio specifico corretto in base ai parametri indicatori del rischio di
incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione
presenti. Esso costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni della
resistenza al fuoco delle costruzioni
34
CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO

IL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO

q f ,d G q1 ˜ G q 2 ˜ G n ˜ q f [MJ/m2]

dove:
Gq,1 è il fattore correttivo che tiene conto del rischio di incendio in relazione alla
dimensione del compartimento e i cui valori sono definiti in tabella1:

35

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
IL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO
q f ,d G q1 ˜ G q 2 ˜ G n ˜ q f [MJ/m2]
dove:
Gq,2 è il fattore correttivo che tiene conto del rischio di incendio in relazione al
tipo di attività svolta nel compartimento e i cui valori sono definiti in
tabella2:

36
CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
IL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO
q f ,d G q1 ˜ G q 2 ˜ G n ˜ q f [MJ/m2]
dove:
Gn è il fattore correttivo che tiene conto delle diverse misure di protezione e i
cui valori sono definiti in tabella3:

37

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO
IL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO
qf è il valore nominale del carico di incendio specifico,
specifico così espresso:
n

¦g ˜H
i 1
i i ˜ mi ˜\ i
[MJ/m2]
qf
A
dove:
gi è la massa dell’i-esimo materiale combustibile, in [kg];
Hi è il potere calorifico inferiore dell’i-esimo materiale comb., in [MJ/kg];
mi è il fattore di partecipazione alla combustione dell
dell’i-esimo
i esimo materiale comb.
comb
pari a 0.80 per il legno e altri materiali di natura cellulosica e 1.00 per tutti
gli altri;
\i è il fattore di limitazione della partecipazione alla combustione dell’i-esimo
materiale pari a 0 per i materiali contenuti in contenitori appositamente
progettati per resistere al fuoco; 0.85
0 85 per i materiali contenuti in contenitori
non combustibili e non appositamente progettati per resistere al fuoco; 1 in
tutti gli altri casi;
A è la superficie lorda in pianta del compartimento.
38
CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO

Il concetto di potere calorifico

Per potere calorifico si intende la quantità di calore che sviluppa la massa di 1


k di sostanza
kg t nella
ll sua combustione
b ti f tt e completa;
perfetta l t con il primo
i t
termine
i
si vuole indicare una combustione che produce solo CO2 e non CO, mentre con
il secondo si indica che tutte le molecole devono bruciare nel corso della
combustione.
La qquantità di calore sviluppata
pp dipende,
p , qquindi,, dalla ppossibilità effettiva che
tutto il combustibile bruci e dalla disponibilità di ossigeno sufficiente.
All’interno del concetto di ppotere calorifico,, è necessario fare una distinzione fra
potere calorifico superiore ed inferiore. Per potere calorifico superiore si
definisce la quantità di calore sviluppata dalla combustione considerando anche
il calore
l di condensazione
d i d l vapore d’acqua
del d’ prodotto.
d tt Se S sii esclude
l d il
contributo di quest’ultimo, si ottiene invece il potere calorifico inferiore.

39

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO

Il carico d’incendio

Le condizioni ppiù ggravose del carico d’incendio di un certo locale o ppiano


sono quelle per le quali il valore di qf è massimo e va determinato
esaminando le previste utilizzazioni dei locali e dei piani come dichiarato
d l progettista
dal tti t e dal
d l proprietario
i t i stesso.
t

40
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
IL LIVELLI DI PRESTAZIONE
A seconda dell
dell’obiettivo
obiettivo che si vuole conseguire fra quelli appena elencati,
elencati è possibile
suddividere la progettazione in livelli di prestazione richiesti. La CNR n°192 del 1999
ne distingue cinque:

Livello 1: Nessun requisito di resistenza specifico al fuoco dove le conseguenze del


crollo delle strutture siano accettabili o dove il rischio di incendio sia trascurabile;
Livello 2: Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture per un periodo sufficiente a
ggarantire l’evacuazione degli
g occupanti
p in luogo
g sicuro;;
Livello 3: Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture tali da evitare, per tutta la
durata dell’incendio, il collasso delle strutture stesse;
Livello 4: Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture per garantire, dopo la fine
dell’incendio, un limitato danneggiamento delle strutture stesse;
Livello 5: Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture per garantire, dopo la fine
dell’incendio, il mantenimento della totale funzionalità delle strutture stesse.

41

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA


IL LIVELLI DI PRESTAZIONE
Livello 1: non è ammesso per le costruzioni che ricadono nel campo di applicazione
del decreto D.M. 09/03/2007;

Livello 2: può ritenersi adeguato per costruzioni fino a due piani fuori terra ed un
piano interrato,
interrato isolate e destinate ad un’unica
n’ nica attività
atti ità non aperta al pubblico,
p bblico ecc..
ecc
In tal caso si hanno le seguenti classi di resistenza:

Classi di resistenza
30 Per costruzioni ad un piano fuori terra, senza interrati
60 Per costruzioni fino a due piani fuori terra e un piano interrato

Livello 4 - 5: possono essere oggetto di specifiche richieste del committente o essere


previsti da capitolati tecnici di appalto.

42
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
IL LIVELLI DI PRESTAZIONE
Livello 3: può ritenersi adeguato per tutte le costruzioni rientranti nel campo di
applicazione del decreto D.M. 09/03/2007; le classi di resistenza sono indicate nella
tabella seguente:

43

CARATTERISTICHE DI UN INCENDIO

IL CARICO D’INCENDIO e CLASSE DELL’EDIFICIO


(secondo Circ.
Circ n.91
n 91 del 14/09-Abrogata)
14/09 Abrogata)
In precedenza (Circ. n.91 del 14/09/1961) si definiva convenzionalmente il
“Carico
Carico di Incendio
Incendio” pari alla QUANTITÀ EQUIVALENTE DI LEGNO per
mq che si otteneva dividendo per 4400 (potere calorifico superiore del legno) il
numero di calorie pper unità di superficie
p del locale o del ppiano considerato che al
massimo si possono sviluppare per effetto della combustione di tutti i materiali
combustibili presenti: n

¦g
i 1
i ˜ Hi
q (Kg legna/m2)
dove:
4400 ˜ A
4400 è il potere calorifico superiore del legno (Kcal/Kg o Cal/Kg);
A è la superficie orizzontale in mq del locale o compartimento considerato;
Hi è il potere calorifico superiore (in Kcal/Kg o Cal/Kg) del generico tra gli n combustibili di
peso gi;
Gi il peso (in Kg) del generico tra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale o nel
piano nelle condizioni più gravose di carico d’incendio. 44
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

Secondo la normativa abrogata (Circolare n.91, del 14 settembre 1961), il


carico dd’incendio
incendio moltiplicato per un coefficiente di riduzione che teneva
conto delle reali condizioni dell’incendio, portava a stabilire la classe
dell’edificio, che corrispondeva al numero di minuti di resistenza al fuoco da
chiedere all’edificio stesso in esame. La classe del piano o del locale
considerato dell’edificio si determinava pertanto in base alla formula:

c=k·q
dove:

c è il numero indicativo della classe;


q è il carico dd’incendio
incendio dichiarato dal costruttore o progettista come
definito in precedenza (in kg legna/mq);
k è il coefficiente di riduzione che tiene conto delle reali condizioni
d’incendio del piano o del locale nel complesso dell’edificio.

45

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

Il valore del coefficiente k, compreso tra 0.2 e 1.0, veniva determinato in base:

¾ alle caratteristiche dell’edificio (es: altezza dell’edificio e dei piani);


¾ all’utilizzazione dell’edificio e dei locali (es: natura del materiale
combustibile presente, destinazione, esistenti misure di segnalazione e
prevenzione degli incendi);
¾ ai pericoli di propagazione (es: distanza dagli altri edifici);
¾ alle segnalazioni, all’accessibilità ed agli impianti di protezione antincendi
(es: presenza di estintori, tempo richiesto per l’arrivo dei Vigili del Fuoco,
ecc );
ecc.);

In relazione ad ogni fattore di influenza di k veniva associato un indice


numerico IV che poteva essere positivo o negativo in quanto si intendeva
riferito alle condizioni di un caso reale medio di incendio.

46
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

1
Il valore della somma algebrica degli 0,9
indici di valutazione 6Iv, riportato in
ascissa nel diagramma correlazione 0,8
,
fra indice totale di valutazione e 0,7
coefficiente k forniva direttamente il
06
0,6
valore di k per il quale va moltiplicato
il carico di incendio per la 0,5
determinazione della classe del piano 04
0,4
e del locale nell’ambito dell’edificio
0,3
considerato (c = k · q).
0,2
0,1
0
-82-80 -60 -40 -20 0 20 40 60 74

47

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

Esempio di determinazione della classe di un edificio


i funzione
in f i del
d l carico
i d’incendio
d’i di
Si prenda in esame un edificio civile ideale da destinarsi ad uffici,
rappresentanza, archivio ed alloggi dei dirigenti, comprendente un piano rialzato
e cinque piani,di cui tre adibiti ad alloggi. L’area occupata in pianta dalla
costruzione sia di 1100 mq.
mq

1) Per prima cosa si esegue una suddivisione dell dell’edificio


edificio in zone
caratterizzate da un’uguale destinazione d’uso in modo tale da poter
calcolare con facilità il carico d’incendio q associato ad ogni singola zona
( si scelgono, cioè, I COMPARTIMENTI).

2) Per ogni zona si calcola il valore nominale del carico d’incendio specifico
n
con la formula: ¦ gi ˜ H i ˜ mi ˜\ i
i 1
qf
A 48
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

Esempio di determinazione della classe di un edificio


i funzione
in f i del
d l carico
i d’incendio
d’i di
3) Si determinano tutti i fattori che tengono conto del rischio di incendio in
relazione alla dimensione (Gq1), tipo di attività Gq2) e misure di protezione
(Gn) associati ad ogni zona in funzione delle corrispondenti caratteristiche.

4) Per ogni zona si calcola il carico d’incendio specifico con la formula:


q f ,d G q1 ˜ G q 2 ˜ G n ˜ q f

5) Si determina la classe del compartimento in funzione del livello di


prestazione atteso ed in funzione della tabella 4 (Livello 3).
3)

49

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA


ZONA B: locale per caldaia ed
ZONA A: pporticato coperto
p q calda, pompe
acqua p p e serbatoi di
aperto da un lato destinato a servizio per olio combustibile per
parcheggio autovetture forni

ZONA C: archivi, uffici per il pubblico,


casotto custode, corridoi, servizi, spogliatoi,
50
PIANTA PIANO TERRENO corridoi di disimpegno.
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
PIANTA PIANO TIPO UFFICI (2 PIANI)

ZONA D:
D saloni
l i di rappresentanza,
t uffici,
ffi i
deposito, spogliatoio, servizi, corridoi di
disimpegno. Superficie (escluso scala ed
ascensori ed al netto delle murature
perimetrali) 984,5 mq. 51

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA


PIANTA PIANO TIPO ABITAZIONI (3 PIANI)

ZONA E: abitazioni. Superficie


complessiva (escluso scale, ascensori,
terrazze)) 640 mq.
q
52
Carico incendio
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA secondo
Circ. N. 91/1961
Tabella riassuntiva per il calcolo dei carichi d’incendio

53

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

SCELTA DEI FATTORI CORRETTIVI


Gq1 è il fattore correttivo che tiene conto del rischio di incendio in relazione alla
dimensione del compartimento e i cui valori sono definiti in tabella1:

Zona A: A = 252 mq Gq1 = 1.00


Zona B: A = 21 mq Gq1 = 1.00
Zona C: A = 532 mqq Gq1 = 1.20
Zona D: A = 949 mq Gq1 = 1.20
Zona E: A = 640 mq Gq1 = 1.20
1 20
54
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
SCELTA DEI FATTORI CORRETTIVI
Gq2 è il fattore correttivo che tiene conto del rischio di incendio in relazione al
tipo di attività svolta nel compartimento :

Zona A: Classe di rischio III Gq2 = 1.20


Zona B: Classe di rischio II Gq2 = 1.00
1 00
Zona C: Classe di rischio II Gq2 = 1.00
Zona D: Classe di rischio I Gq2 = 0.80
0 80
55
Zona E: Classe di rischio I Gq2 = 0.80

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA


SCELTA DEI FATTORI CORRETTIVI
Gn è il fattore correttivo che tiene conto delle diverse misure di protezione :

Zona Gn1 Gn2 Gn3 Gn4 Gn5 Gn6 Gn7 Gn8 Gn9 Gn
A 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 0.90 0.90
B 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 0.90 0.90
C 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 0.90 0.90
D 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 0.90 0.90

E 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00 0.90 0.90

56
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
IL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO
qf è il valore
l nominale
i l del
d l carico
i di incendio
i di specifico,
ifi cosìì espresso:
n

¦g ˜H
i 1
i i ˜ mi ˜\ i
qf
A
Zona 6gi Hi 6gi Hi mi <i $ qf
[kcal ] [MJ ] >mq@ [MJ/mq]
A 32.49x106 136x103 1.00 1.00 252 540
B 3.96x106 16.5x103 1.00 1.00 21 790
C 1259x106 5.27x106 0.80 1.00 532 9909
D 250x106 1.05x106 0.80 1.00 949 1103

E 62x106 259x103 0.80 1.00 640 406

57

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA


IL CARICO D’INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO
q f ,d G q1 ˜ G q 2 ˜ G n ˜ q f [MJ/m2]

CLASSE DEL COMPARTIMENTO


zona A B C D E
qf [MJ/m2] 540 790 9909 1103 406
Gq1 1.00 1.00 1.20 1.20 1.20
Gq2 1.20 1.00 1.00 0.80 0.80
Gn 0.90 0.90 0.90 0.90 0.90
qf,d [MJ/m2] 583 711 10700 953 351
Classe
45 60 240 90 30
(DM.09/03/2007)
Classe (Circ.
30 30 180 45 15
N 91/1961)
N.91/1961)
58
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

IL CONCETTO DI COMPARTIMENTAZIONE

Per compartimento s’intende una parte dell’edificio delimitata da elementi


costruttivi di resistenza al fuoco ppredeterminata,, e organizzata
g pper rispondere
p
alle esigenze di prevenzione incendi. Nell’Eurocodice si definisce
compartimento d’incendio lo spazio di un edificio, comprendente uno o più
piani,
i i delimitato
d li it t da d elementi
l ti separanti
ti in
i modod tale
t l che
h lal diffusione
diff i d l
del
fuoco oltre il compartimento sia ostacolata durante la prevista esposizione al
fuoco.

Gli elementi di compartimentazione devono, quindi, conservare stabilità,


impermeabilità alla fiamma e al fumo,
fumo isolamento per un tempo stabilito
evitando così il collasso della struttura stessa prima di quel tempo stabilito.
Affinché la compartimentazione
p sia efficiente è necessario che nelle strutture
che costituiscono il comparto non vi siano soluzioni di continuità o, se create,
abbiano le caratteristiche del comparto stesso.

59

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

IL CONCETTO DI COMPARTIMENTAZIONE

Per i vani delle porte e per le aperture necessarie per il passaggio di impianti
tecnici, debbono adottarsi soluzioni tali da non consentire la propagazione
del fuoco ed il passaggio dei prodotti della combustione.
Le porte, oltre che essere dotate di congegni di autochiusura, debbono
possedere le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco delle strutture del
compartimento ed essere istallate a regola dd’arte
arte.
I vani creati per il passaggio di impianti tecnici (impianti elettrici, impianti di
condizionamento dd’ariaaria, tubazioni,
tubazioni canalizzazioni,
canalizzazioni ecc.)
ecc ) debbono essere
protetti tamponandoli con idonei materiali che, oltre la sigillatura, diano
luogo ad una resistenza al fuoco non minore di quella delle strutture del
comparto.

60
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

Facciata acciaio-vetro

Sistemi per diminuire la propagazione dell’incendio tramite isolanti termici 61

TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA

FRAMING SYSTEM: TRANSOM

SILICONE SEALANT

BRACKET

INSULATED FACCIATA IN
GLASS PANEL 62
VETRO--ACCIAIO
VETRO
TECNICHE DI PROTEZIONE PASSIVA
Il concetto di compartimentazione
Riguardo la compartimentazione di civili abitazioni, il D.M. 16 Maggio1987,
n°246 stabilisce che gli edifici debbano essere suddivisi in compartimenti di
superficie non superiore a quella indicata nella tabella che segue. segue I
compartimenti e le massime superfici di compartimentazione, le quali
possono essere costituite anche da più piani, debbono essere suddivisi da
elementi costruttivi aventi REI predeterminato come in tabella.

Massima superficie Caratteristiche REI


TIPO DI Altezza del degli elementi
EDIFICIO antincendio compartimento in costruttivi e di
mq suddivisione
dd d
dei
a 12m dH d24m 8000 60
b 24 dH
d H d32m
d 32m 6000 60
c 32m dH d54m 5000 90
d 54m dH d80m 4000 90
e H !m
 2000 120
63
SICUREZZA IN CASO DI
INCENDIO:
FIRE SAFETY DESIGN

FIRE SAFETY DESIGN


I campi del Fire Safety Design

Per controllare i rischi connessi ad un incendio e raggiungere tali obiettivi


vengono utilizzati in modo congiunto i seguenti sistemi di progettazione:

PREVENZIONE ((Contents/Finish control))


PROTEZIONE PASSIVA (Passive Fire Protection)
PROTEZIONE ATTIVA (Active Fire Protection)
SMOKE MANAGEMENT SYSTEM
RILEVAZIONE ED ALLARME (Detection and alarm)

IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE (Manual firefighting)


SISTEMI DI EVACUAZIONE (Egress Systems)

2
FIRE SAFETY DESIGN

Obiettivi della progettazione

G obiettivi pprimari del FIRE S


Gli S GN, cioè di una pprogettazione
SAFETY DESIGN, g
sicura in caso di incendio, sono quelli di:
RIDURRE
U LE PERDITE U N ((sia dei civili che dei ppompieri);
UMANE p );
LIMITARE I DANNI ALLE STRUTTURE
CONTENERE LE PERDITE MONETARIE DOVUTE ALLA
INTERROTTE ATTIVITÀ.
Questi
Q ti obiettivi
bi tti i vengono raggiunti
i ti contenendo
t d la
l propagazione
i d l fuoco
del f e
limitando la quantità di fumi e calore che possono raggiungere gli occupanti, i
vari aambienti
va b e e ggli impianti
p a dedell’edificio.
ed c o.

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


IL LIVELLI DI PRESTAZIONE
A seconda dell
dell’obiettivo
obiettivo che si vuole conseguire fra quelli appena elencati,
elencati è possibile
suddividere la progettazione in livelli di prestazione richiesti. La CNR n°192 del 1999
ne distingue cinque:

Livello 1: Nessun requisito di resistenza specifico al fuoco dove le conseguenze del


crollo delle strutture siano accettabili o dove il rischio di incendio sia trascurabile;
Livello 2: Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture per un periodo sufficiente a
ggarantire l’evacuazione degli
g occupanti
p in luogo
g sicuro;;
Livello 3: Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture tali da evitare, per tutta la
durata dell’incendio, il collasso delle strutture stesse;
Livello 4: Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture per garantire, dopo la fine
dell’incendio, un limitato danneggiamento delle strutture stesse;
Livello 5: Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture per garantire, dopo la fine
dell’incendio, il mantenimento della totale funzionalità delle strutture stesse.

4
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA AL FUOCO

Il passo fondamentale
f d t l nella
ll progettazione
tt i antincendio
ti di delle
d ll strutture
t tt è quello
ll
di verificare che la resistenza della struttura (o di ogni parte della struttura)
sia ppiù ggrande della severità dell’incendio a cui si trova assoggettata
gg la
struttura. Questa verifica richiede che: Rfi,d con l’effetto di progetto delle
azioni nella situazione di progetto Efi,d, entrambe valutate in caso di incendio
(il pedice
di “fi” sta
t per fire),
fi ) e controllando
t ll d che h risulti:
i lti

Resistenza al fuoco (Rfi,d) • Severità dell’incendio (Efi,d)

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Valutazione della resistenza al fuoco

Resistenza al fuoco • Severità dell’incendio

RESISTENZA SEVERITÀ
DOMINIO UNITÀ •
AL FUOCO DELL’INCENDIO
Durata
D t ddell’incendio
ll’i di indicata
i di t
Tempo minuti o ore Tempo al collasso • dal codice o determinata dai
calcoli
Temperatura che Massima temperatura
Temperatura °C •
causa il collasso raggiunta durante l’incendio
Capacità di carico
Carico applicato durante
Resistenza kN o kN·m ad elevate •
l’incendio
p
temperature
6
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Combinazione
Co b a o e delle
de e azioni
a o
L’azione incendio rientra nella categoria delle azioni eccezionali, per le quali i
valori
l i rappresentativi
t ti i sono valori
l i nominali
i li o indicativi,
i di ti i che
h vanno utilizzati,
tili ti
unitamente alle azioni permanenti ed alle azioni variabili, con i coefficienti
parziali di sicurezza e con i coefficienti di combinazione specificati
p p pper le
combinazioni eccezionali.

Per la determinazione degli effetti prodotti dalla esposizione all’incendio e dalle


azioni dirette applicate
pp alla costruzione deve essere adottata l’azione di pprogetto
g
Ffi,d corrispondente alla seguente combinazione eccezionale, come prevista nella
vigente normativa italiana e nell’Eurocodice 1, parte 2.2:

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Ffi ,d J GA ˜ GK  J p ˜ PK (t ) \ 1,1 ˜ QK ,1  ¦ i\ 2,i ˜ QK ,i  ¦ Ad (t )


dove:
Gk è il va
valore
o e ca
caratteristico
atte st co de
dellee aazioni
o pepermanenti;
a e t;
Pk(t) è il valore caratteristico della forza di precompressione variabile con il tempo di esposizione
all’incendio;
Qk,1 è il valore caratteristico dell’azione variabile considerata come principale;
Qk,i sono i valori caratteristici delle altre azioni variabili;
Ad(t) sono i valori di progetto delle azioni derivanti dalla esposizione all’incendio;

JGA = 1.0 è il coefficiente parziale di sicurezza per le azioni permanenti in situazioni eccezionali;
JP = 1.0 è il coefficiente parziale di sicurezza per la precompressione in situazioni eccezionali;
\1,1 è il coefficiente di combinazione dell’azione variabile considerata come principale (valore
variabile tra 0.5 e 0.9 a seconda della categoria dell’edificio);
\2,i è il coefficiente di combinazione generico delle altre azioni variabili (valore variabile tra 0.3
e 0.8 a seconda della categoria dell’edificio). 8
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
Combinazione delle azioni

In alternativa, con procedimento semplificato, le azioni di progetto per la verifica al


fuoco Ffi,d possono essere ottenute riducendo le azioni di progetto allo stato limite
ultimo
li a temperatura ordinaria
di i Fd attraverso la
l formula:
f l
Ffi,d = Kfi.Fd

dove: J GA  \ 1,1 ˜ [ 1.0  \ 1,1 ˜ [


K fi
J G  J Q ˜[ 1 .4  1 .5 ˜ [

[=Qk,1/Gk è il rapporto tra la principale azione variabile e l’azione permanente


JG = 1.35 è il coefficiente parziale di sicurezza per l’azione permanente (nella
norma italiana è 1.40)
JQ = 1.50 è il coefficiente parziale di sicurezza per la principale azione variabile
JGA = 1.00
1 00 è il coefficiente parziale di sicurezza per le azioni permanenti in
situazioni eccezionali. 9

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Proprietà dei materiali in condizione d’incendio

Nella CNR 192/1999 paragrafo 4, sono riportate, per i principali materiali


da costruzione, le proprietà meccaniche e termiche che descrivono il
comportamento del materiale per temperature elevate e per durate di
esposizione al fuoco non superiori a 240 minuti. I valori riportati per le
proprietà meccaniche sono riferiti ai valori caratteristici delle stesse
proprietà a temperatura ordinaria, mentre quelli per le proprietà termiche
sono da considerarsi direttamente come valori di progetto, in quanto
rappresentano il risultato di indagini sperimentali convenzionalmente
accettate.

10
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Valutazione della resistenza al fuoco degli elementi strutturali


La normativa italiana e quella europea stabiliscono i criteri da seguire per determinare la
resistenza al fuoco di un elemento costruttivo. Essi sono basati su:

CONTROLLO SPERIMENTALE: tale tipo di controllo è applicabile a


t tti gli elementi costruttivi
tutti costr tti i e consiste nel determinare il tempo sperimentale
per raggiungere il collasso per stabilità o lo stato limite di tenuta e di
isolamento. La durata di resistenza al fuoco viene determinata sottoponendo
p
l’elemento considerato a prove in forni convenzionali secondo la curva
temperatura-tempo standard con modalità anch’esse normalizzate. Per
verificare
e ifi e sperimentalmente
e i e t l e te la l resistenza
e i te all fuoco
f di un elemento
ele e t strutturale
t tt le è
necessario che la prova sia ripetuta su almeno due campioni identici con esito
favorevole in entrambi i casi;; si assumerà come valore di resistenza al fuoco
sperimentale il minore dei risultati delle due prove suddette. La verifica si
considera soddisfatta ogni qual volta la capacità portante sia mantenuta per un
t
tempo di esposizione
i i all fuoco
f maggiore
i d l tempo
del t richiesto
i hi t di resistenza
it all
fuoco. 11

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

VERIFICA TABELLARE: sulla base di numerose prove in forno sono


state fornite in forma tabellare prescrizioni sul dimensionamento degli
spessori degli elementi strutturali e sui rivestimenti protettivi da adottare
per i diversi materiali costruttivi, per le varie classi di strutture e per le
diverse tipologie degli elementi strutturali. La verifica tabellare garantisce la
prestazione di resistenza al fuoco del singolo elemento strutturale,
strutturale ma non
consente la valutazione del comportamento globale della struttura.

VERIFICA ANALITICA: è applicabile solo per verificare le


caratteristiche di stabilità di un dato elemento costruttivo in acciaio, c.a.,
c.a.p., muratura e legno, tutti con eventuali protezioni isolanti. Per gli
elementi in acciaio la verifica si esegue determinando, in base a considerazioni
termico la durata dell
di bilancio termico, dell’incendio
incendio convenzionale necessaria affinché
gli elementi portanti metallici raggiungano la temperatura critica e quindi lo
stato limite di stabilità. Queste verifiche risultano alquanto complesse e fattibili
usando dei codici di calcolo appropriati.
12
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
PASSI DA ESEGUIRE PER LA VERIFICA DI
RESISTENZA DI UN EDIFICIO
1) L’edificio deve essere suddiviso in compartimenti di superficie non superiore a quella
indicata nel D.M. 16 Maggio 1987, n°246.

2) Viene calcolato il Carico di incendio specifico di progetto e successivamente, in base al


livello di prestazione richiesto, la Classe di Resistenza al Fuoco di ogni compartimento
(D M 09-03-2007)
(D.M. 09 03 2007) con la
l relazione:
l i

q f ,d G q1 ˜ G q 2 ˜ G n ˜ q f [MJ/m2] Carico d’incendio specifico di progetto

3) Calcolata la classe C è necessario dimensionare le strutture portanti e quelle di chiusura


del compartimento in modo tale da possedere una resistenza al fuoco maggiore od
uguale a C. Per esempio se la classe richiesta è la 60, si richiederanno strutture portanti R
60 e separanti REI 60.

13

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


PASSI DA ESEGUIRE PER LA VERIFICA DI
RESISTENZA DI UN EDIFICIO
4) Calcolo della resistenza delle strutture portanti tale che
Resistenza al fuoco (Rfi,d) • Severità dell’incendio (Efi,d)
secondo 3 differenti modalità:

VERIFICA TABELLARE: la norma fornisce delle tabelle per calcolare gli


spessori delle pareti, dei solai, dei rivestimenti da applicarsi alle colonne ed alle
travi in funzione della classe C richiesta

CONTROLLO SPERIMENTALE: la resistenza al fuoco di elementi costruttivi


può essere determinata mediante prove in forni da parte di laboratori autorizzati
(norma UNI 7678);

VERIFICA ANALITICA: la resistenza al fuoco di elementi costruttivi può essere


determinata analiticamente mediante le norme:
- UNI 9502 (per c.a. e c.a.p.)
- UNI 9503 (per acciaio)
- UNI 9504 , EC5 parte 1.2,
1 2 CNR-DT
CNR DT 206/2006 (per legno)
- Eurocodici + annessi tecnici contenenti i parametri nazionali 14
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

VERIFICA ANALITICA

Il calcolo della resistenza al fuoco per via analitica prevede lo svolgimento dei
seguenti passi procedurali:
1) Calcolo della distribuzione delle temperature all’interno dell’elemento al
variare del tempo di esposizione all
all’incendio
incendio normalizzato;
2) Valutazione della variazione delle proprietà meccaniche dei materiali
associata all
all’andamento
andamento delle temperature;
3) Verifica della capacità portante dell’elemento.
Nel seguito verranno analizzati uno ad uno i seguenti passi con riferimento a tre
tipologie di elementi costruttivi: quelli composti da cemento armato, quelli in
acciaio ed infine gli elementi in legno.
legno Prima di affrontare tale argomento è
necessario, però, approfondire qualche concetto relativo alla trasmissione del
calore.
15

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

IL PROBLEMA DELLA TRASMISSIONE


DEL CALORE

Questo paragrafo ha come obiettivo quello di determinare un’espressione


analitica generale che permetta di conoscere,
conoscere note le condizioni iniziali e le
condizioni al contorno del problema in esame, la distribuzione della
temperatura
p all’interno di un elemento strutturale. In qquesto modo è
possibile condurre una verifica sulla capacità portante, operando secondo la
procedura esplicata poc’anzi. A tal fine è necessario fare una breve panoramica
sulle
lle modalità
d lità di trasmissione
t i i e del calore
l e ed accennare
e e alle
lle due
d e leggi
le i di Fourier.
F ie

16
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

IL CONCETTO DI CALORE

Il calore è un FLUSSO DI ENERGIA essenzialmente dovuto ai moti molecolari.


Questa energia “in transito” fluisce sempre dai punti a temperatura maggiore a quelli a
temperatura minore, finché non si raggiunge l'equilibrio termico.

L’unità di misura del calore nel sistema SI è il joule.

E’ utile considerare il tasso di calore, vale a dire il calore che transita per unità di tempo.
Questo tasso sii chiama
hi POTENZA TERMICA TRASMESSA, sii misura i i watt e
in
viene comunemente chiamato flusso termico.

17

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

IL CONCETTO DI CALORE
Il calore può propagarsi da un corpo caldo ad uno freddo, o da una data regione calda ad
altre meno calde dello stesso corpo, in tre modi distinti e cioè per conduzione, per
convezione e per irraggiamento.

La trasmissione
L i i del
d l
calore in un corpo
solido avviene
prevalentemente
seconda la prima
modalità e quindi,
q ,
nell’analisi del
problema, inizialmente
si prenderà in
considerazione solo il
termine conduttivo.

18
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
DEFINIZIONE DI CONDUZIONE: la conduzione può essere definita come un
processo
p ocesso ttramite
a te il qua
qualee il ca
calore
o e passa da uunaa zona
o a d
di u
un co
corpo
po ad u
un’altra
ata v vicina
c a
avente temperatura inferiore, senza che vi sia movimento di materia

Si consideri il caso di un muro di


materiale solido di spessore d le cui Linee isoterme
d
g
facce vengano mantenute a temperature
p
costanti T1 e T2 con T1< T2 .

Se si analizza la distribuzione delle SORGENTE SORGENTE


temperature all’interno del muro, si CALDA Direzione del FREDDA
T2 flusso di calore T1
trova che,, in condizioni stazionarie,,
esiste un gradiente di temperature e
precisamente che la temperatura
diminuisce uniformemente 'x 'x
allontanandosi dalla faccia calda.

'T 'x T2  T1 d
19

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Sperimentalmente si verifica che la quantità di calore Q che passa attraverso il muro


nell’intervallo
nell intervallo di tempo (0,t)
(0 t) è proporzionale a t,
t al gradiente di temperatura ed all
all’area
area
S delle facce delle pareti, vale cioè la relazione seguente, nota come PRIMA LEGGE
DI FOURIER:
T 2  T1
Q OS t
d
O è una costante di proporzionalità, variabile da sostanza a sostanza, chiamata
conducibilità termica o coefficiente di conduttività interna.

Nel limite di uno strato di spessore infinitesimo dx, con differenza di temperatura dT tra
le sue facce, si ottiene la seguente relazione fondamentale per la conduzione del calore:

dQ dT
 OS
dt dx
dove il segno negativo a secondo membro è dovuto al fatto che l’asse x si considera
orientato nel verso di propagazione del calore e quindi dT/dx<0
20
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Generalizzando l’espressione per un flusso di calore che si propaga nelle tre direzioni
d ll spazio
dello i sii ottiene
i l seguente relazione
la l i per il gradiente
di di temperatura:

wT wT wT 
gradT i j k T
wx wy wz T T

e la forma generale della 1° legge di Fourier: gradT


dQ dT q O gradT q O gradT
 OS
dt dx
dQ
dove q
dt ˜ S
è la densità di flusso di calore o di potenza termica (Joule/m2s), data dalla
variazione del flusso di calore che attraversa ll’area
area S.
21

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Nella tabella seguente vengono riportati i valori della conducibilità termica di alcune
sostanze. Come
C sii vede,
d rispetto
i agli
li altri
l i materiali,
i li i metalli
lli hanno
h conducibilità
d ibili à
termica maggiore per almeno un fattore 100; esiste, infatti, una relazione di
proporzionalità tra la conducibilità termica e quella elettrica, cosicché i migliori
conduttori di corrente elettrica sono anche i migliori conduttori di calore.

SOSTANZA O [cal/(°C cm s)]


Acqua 1.43 × 10-3
Alluminio 0.566
Argento 1.03
Aria 5.6 × 10-5
Ferro 0.19
Ghiaccio (a 0°C) 5.3 × 10-3
Marmo 7.5 × 10-3
Mercurio 0 020
0.020
Piombo 0.084
Rame 0.96
V t
Vetro (1 ÷ 3) × 10-33
÷3)
22
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

E’ necessario, ora, introdurre in modo più approfondito il CONCETTO DI


QUANTITÀ DI CALORE. CALORE Dall Dall’esperienza
esperienza quotidiana,
quotidiana nonché da una serie di
semplici osservazioni sperimentali ricavate a seguito degli scambi termici fra corpi di
natura diversa che si trovano inizialmente a diversa temperatura, si possono ricavare le
seguenti
ti considerazioni:
id i i
La quantità di calore ceduta da un corpo aumenta all’aumentare della sua
temperatura;
Due corpi della stessa sostanza mantenuti alla stessa temperatura cedono due diverse
quantità di calore se hanno massa diversa,, in p
q particolare ne cede di p
più q
quello di massa
maggiore;
A parità di condizioni, la quantità di calore ceduta da un corpo dipende dalla natura
del corpo.

Tutto ciò si può tradurre nella legge: Q mcT

dove Q è la quantità di calore posseduta dal corpo di temperatura T e di massa m, con


c costante di p
proporzionalità
p caratteristica della natura del corpo
p considerato chiamata
calore specifico del corpo, espressa in cal/g°C. 23

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Ill CALORE SPECIFICO di una sostanza è definito


d fi i come la l quantità
i di calore
l
necessaria per aumentare di 1 grado Kelvin la temperatura di un chilogrammo di
materiale.

Dividendo
Di id d l’espressione
l’ i Q = mcT T per il volume
l d l corpo, sii può
del ò infine
i fi definire
d fi i la
l
3
densità di energia U (Joule/m ), indice della quantità di energia termica posseduta dal
corpo di massa m, alla temperatura T gradi:

U UcT

dove U è la massa volumica del materiale (kg/m3).

24
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

EQUAZIONE DI BILANCIO TERMICO: Il calore prodotto entro una regione in un


intervallo di tempo,
tempo in parte si accumula nell
nell’interno
interno della regione,
regione ed in parte esce
attraverso il contorno della regione.
Si p
prenda in considerazione un volume elementare di dimensioni dV=dx·dy·dz, y ,p per un
intervallo di tempo elementare dt. La 2° legge di Fourier, che fornisce l’espressione del
bilancio termico, dice che il contributo della variazione dell’energia interna U posseduta
dal volume considerato sommato al flusso di calore q uscente da esso deve essere
uguale alla quantità di calore generata w dalla sorgente, cioè:

accumulo (aumento) di energia interna U +

flusso di calore uscente = qx dydzdt


y

dz
quantità di calore generata, cioè uscita dalla
sorgente dy dx

x (qx +(Gqx/Gx)dx)dydzdt y
25

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Sviluppando ed elaborando i termini si ottiene:

wU wU
1° termine: U t  dt dxdydz U( t ) dxdydz U( t ) dxdydz dtdxdydz U( t ) dxdydz dtdxdydz
wt wt

2° termine: §¨ q x  wq dx ·¸ dydzdt  q x dydzdt  §¨ q y  wq dy ·¸ dxdzdt  q y dxdzdt  §¨ q z  wq dz ·¸ dxdydt  q z dxdydt


© wx ¹ © wy ¹ © wz ¹

§ wq · § wq · § wq ·
¨ dx ¸ dydzdt  ¨ dy ¸ dxdzdt  ¨ dz ¸ dxdydt
© wx ¹ © wy ¹ © wz ¹

3° termine: wdxdydz
qx dydzdt
Sommando e dividendo per dx
dx·dy·dz·dt
dy dz dt, si ottiene
dz

wU wq wq wq 2° LEGGE DI dy dx
   w
wt wx wy wz FOURIER
x (qx +(Gqx/Gx)dx)dydzdt y
wU
 div q w
wt
26
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Dalle due leggi di Fourier, per sostituzione di q ottenuto dalla 1a legge nella 2a legge, si
arriva
i all’equazione
ll’ i fi l
finale:

1a legge di Fourier 2a legge di Fourier

q O gradT wU
 div q w
wt

wU
wt

 div  O gradT w

U UcT

wT
Uc
wt

div  O gradT  w
P  V , P  ‚((V
V)
27

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Per i punti appartenenti alla frontiera del volume considerato (cioè tutti i punti
appartenenti alla superficie del solido), devono essere definite delle opportune
condizioni al contorno. Infine, per risolvere il problema, mancano ancora da definire le
condizioni
di i i iiniziali.
i i li

C di i
Condizione i i i l T x , y , z , t0 T 0 x , y , z
iniziale: P  V P  ‚( V )
deve essere definita al tempo t0 la temperatura associata ad ogni punto del corpo preso
in esame (sia ai punti appartenenti al volume che a quelli della frontiera);

Condizione al contorno: P  ‚( V ) per definire ll’equazione


equazione che impone le
condizioni al contorno sulla frontiera, è necessario introdurre le altre due modalità di
propagazione del calore, cioè la propagazione per convezione e per irraggiamento.

28
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

PROPAGAZIONE DEL CALORE PER CONVEZIONE: è un processo di


propagazione del calore accompagnato da un movimento di materia ed è caratteristico
dei fluidi. La convezione ha un’importanza fondamentale nella vita pratica ma è un
fenomeno assai complesso che è difficile da tradurre in un problema ben definito. Qui ci
li it
limiteremo a considerare
id il caso del
d l raffreddamento
ff dd t di un corpo immerso
i i un fluido,
in fl id
ad esempio nell’aria. Il calore viene ceduto dal corpo attraverso la sua superficie sia per
convezione che per conduzione, in accordo alla seguente legge empirica di Newton:“La
quantità di calore ceduta nell’unità di tempo dall’unità di superficie di un corpo, ad un
fluido circostante è proporzionale alla differenza di temperatura fra corpo e fluido.” In
formula si ha:
Q D c S T SURF  T AMB

dove Q è la qquantità di calore ceduta dal corpo


p nell’intervallo di tempop ((0,t),
, ), S è l’area
della superficie disperdente e (TSURF – TAMB) è la differenza fra la temperatura del corpo
TSURF e la temperatura dell’ambiente nei punti lontani dal corpo TAMB. Il valore del
coefficiente Dc, che si chiama coefficiente di trasferimento di calore per convezione
(Joule/sm2°C), dipende dalla natura e dallo stato della superficie disperdente nonché
dalle condizioni di agitazione del fluido circostante. Il valore di Dc suggerito dall’EC1
2 2) è di 25 W/m2°C
(Parte 2-2) C.
29

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

PROPAGAZIONE DEL CALORE PER IRRAGGIAMENTO: la trasmissione del


calore per irraggiamento è un processo di trasferimento di calore per mezzo di onde
elettromagnetiche. Un corpo caldo emette onde elettromagnetiche e la sua temperatura
diminuisce; un corpo più freddo le assorbe e si riscalda. La quantità e il tipo di onde
elettromagnetiche
l tt ti h emesse dal
d l corpo dipendono
di d d ll natura
dalla t d l corpo ma, soprattutto,
del tt tt dalla
d ll
sua temperatura. Un corpo capace di assorbire tutte le radiazioni elettromagnetiche
incidenti su di esso senza rifletterne o lasciarne trasparire alcuna parte, viene detto corpo
nero. Quest’ultimo irradia secondo una legge assai semplice: la quantità di energia emessa
nell’unità di tempo dall’unità di superficie, risulta proporzionale alla quarta potenza della
p
temperatura assoluta:

qIRR >
V ˜ T SURF 4  T AMB 4 @
dove TSURF e TAMB sono rispettivamente le temperature del corpo e dell’ambiente
circostante espresse in gradi Kelvin e V 5.67 ˜ 10 8 W 2 4 è la costante di Stefan
Stefan-
Boltzmann. m K

30
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Se in luogo di considerare la radiazione emessa dal corpo nero, prendiamo in esame quella
riguardante un corpo qualsiasi, poiché a parità di condizioni quest’ultima rappresenta solo
una frazione ridotta di quella corrispondente al corpo nero, l’equazione precedente viene
espressa nella forma:

qIRR >
H ˜ V ˜ T SURF 4  T AMB 4 @ P  ‚( V )

dove H è l’emissività superficiale di valore compreso fra zero ed uno (il valore suggerito
dall’EC1 Parte 2-2 è di 0.56)

Concludendo, come condizione al contorno si impone che tutti i punti della superficie
possano trasmettere calore sia per convezione che per irraggiamento:

q qCONV  q IRR P  ‚( V )

31

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Nell’ipotesi che il mezzo sia omogeneo, isotropo e Foureriano, e che siano assenti termini
di generazione di energia (w=0), il campo di temperatura, in coordinate cartesiane, è
quindi individuato dalle seguenti equazioni:

Legge di distribuzione della wT


temperatura:
Uc
wt
 div
d O grad
dT
Condizione iniziale: T x , y , z , t0 T 0 x , y , z
q conv D c T SURF  T AMB
Condizione al contorno: q qCONV  q IRR
q IRR >
H ˜ V ˜ T SURF 4  T AMB 4 @
Elaborando la condizione al contorno, si ottiene:

q qCONV  qIRR O gradT m


D c T SURF  T AMB  H ˜ V ˜ T SURF
4 4
 T AMB D c  D i ˜ T SURF
4 4
 T AMB
V ˜H
dove: D i ˜T
T SURF  T AMB SURF
>4
 T AMB
4
@
T SURF T 0  345 ˜ log10 8t  1 è la temperatura dell’incendio in gradi Kelvin

T AMB è la temperatura dell’elemento in gradi Celsius. 32


VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Le condizioni di non linearità, presenti nell’equazione differenziale alle derivate parziali per la
di d
dipendenza d ll conducibilità
della d ibili à dalla
d ll temperatura e nella
ll condizione
di i all contorno per il termine
i
radiativi, rendono il problema non risolubile analiticamente e richiedono l’uso di soluzioni
numeriche.

Riscrivendo il problema in forma adimensionale, si evidenzia che il campo di temperatura


dipende anche da un parametro dimensionale, detto ‘Numero di Biot’, definito come:

ª D c  D i º V
NB « »A
¬ O ¼

dove D e O sono le grandezze valutate in opportune condizioni di riferimento del problema; il


rapporto A/V è detto fattore di sezione o di massività ed è definito come il rapporto fra la
superficie esposta al fuoco ed il volume dell
dell’elemento
elemento in analisi.
analisi

Per valori del numero di Biot piccoli,


piccoli tipicamente inferiori a 1/10,
1/10 il campo di temperatura
risulta essere essenzialmente indipendente dal punto all’interno dell’elemento e rimane solo
funzione del tempo.

33

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

In tali condizioni, che si verificano ad esempio per elementi in acciaio con profili laminati o
saldati, la soluzione del problema è notevolmente semplificata in quanto l’equazione
differenziale alle derivate parziali degenera in unun’equazione
equazione differenziale ordinaria del primo
ordine, che di fatto esprime il bilancio dell’energia relativamente all’intero elemento:

wT
UcV S ˜ D c  D i ˜ T SURF  T AMB
wt
T( t 0 ) Ta

34
VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA
AL FUOCO DEGLI ELEMENTI
COSTRUTTIVI IN ACCIAIO
- UNI 9503 -

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

L’elevata conducibilità termica dell’acciaio, accoppiata agli esigui spessori dei profili,
comporta una notevole l vulnerabilità
l bili à all fuoco
f d li elementi
degli l i costruttivi
i i completamente
l i
in
acciaio, che necessitano di adeguati rivestimenti protettivi. Il calcestruzzo presenta invece
una conducibilità termica inferiore di un rapporto medio di 1/30 per cui esso viene talvolta usato
per realizzare
li una “protezione
i parziale”
i l delle
d ll membrature
b metalliche.
lli h

Le colonne metalliche possono essere costruite inglobando una flangia e parte dell’anima in
murii dotati
d t ti di cavità
ità interne,
i t riducendo
id d le
l parti
ti metalliche
t lli h espostet all’incendio,
ll’i di oppure è
possibile riempire lo spazio tra le flange di profili metallici a “I” con blocchi di calcestruzzo
alleggerito

2
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Per quanto riguarda le strutture per solai, si può realizzare il cosiddetto slim floor, che si
ottiene
tti appoggiando
i d solette
l tt di calcestruzzo
l t prefabbricate
f bb i t sulla ll flangia
fl i inferiore
i f i d ll
delle
travi metalliche e completando con getti di calcestruzzo in opera: in tal modo soltanto la
flangia inferiore è esposta all’incendio, mentre il resto della sezione è adeguatamente
protetto dal
d l calcestruzzo
l

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA AL FUOCO DEGLI ELEMENTI


COSTRUTTIVI IN ACCIAIO (UNI 9503)

Tale normativa prevede lo svolgimento dei seguenti passi:

1) Valutazione della variazione della temperatura dell’elemento in funzione del tempo di


esposizione
i i all’incendio
ll’i di standard
t d d

2) D t
Determinazione
i i d ll variazioni
delle i i i delle
d ll proprietà
i tà dell’acciaio
d ll’ i i con la
l temperatura
t t

3) V l
Valutazione
i d ll temperatura critica
della ii

4) Calcolo della resistenza al fuoco

4
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
PASSO 1: Valutazione della variazione della temperatura dell’elemento
Tale passo viene eseguito mediante la risoluzione dell’equazione differenziale incontrata
precedentemente, che esprime il bilancio dell’energia.
Per elementi strutturali in acciaio e passando ad incrementi finiti si ottiene:

GT
UcV S ˜ D c  D i ˜ T SURF  T AMB
Gt
T( t 0 ) Ta

K S
'T a ˜ ˜ T SURF t  't  T AMB (t ) ˜ 't
U a ˜ ca V

con K Dc  Di

Per l’accuratezza numerica del risultato, occorre scegliere intervalli di tempo sufficientemente
piccoli. accrescimento della temperatura TAMB(t) segua quello dell
piccoli Nel caso in cui ll’accrescimento dell’incendio
incendio
convenzionale, è necessario assumere 't minore od uguale a 30 secondi. 5

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Nelle figure che seguono è riportato l’andamento della temperatura raggiunta da elementi
esposti
p al fuoco in funzione del tempo
p di esposizione
p t e del fattore di massività S/V,, riferito ad
un rapporto di emissività pari a 0.5 ed a un incremento pari a 30 s.

6
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Per gli elementi protetti da un rivestimento isolante l’incremento di temperatura dell’elemento


stesso, in
i funzione
f i d l tempo di esposizione
del i i all fuoco,
f di d oltre
dipende, l che
h dalle
d ll caratteristiche
i i h
dell’elemento, da quelle del rivestimento e cioè dallo spessore dp e dalla superficie interna di
contatto con l’elemento per unità di lunghezza Sp, e dalle proprietà dell’isolante quali la
massa volumica
l i (in k / 3),
(i kg/m ) il calore
l specifico
ifi (c ( p in
i J/kg
/k °C),
) la
l conduttività
d i i termicai (Oi in i
W/m°C) e il contenuto di umidità ( Up in % in massa). Queste ultime proprietà, nel calcolo, si
assumono costanti con la temperatura; il valore deve essere determinato, per ciascun
rivestimento protettivo, con prove normalizzate. Il procedimento di calcolo può essere
modificato introducendo un nuovo parametro k pari a:

Oi / d i cp ˜ U p ˜dp ˜S p
k con ]
1] 2 ˜ ca ˜ U a ˜V

Nella norma sono indicate, per i principali profilati con e senza rivestimenti protettivi, le
modalità di calcolo del fattore di massività.

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


PASSO 2: Determinazione delle variazioni delle proprietà dell’acciaio
con la temperatura
p
In funzione della temperatura dell’elemento, variano sia le proprietà fisiche (quali il calore
specifico e la dilatazione termica) che quelle meccaniche dell’acciaio. Fra queste ultime di
particolare
i l importanza
i sono:

La variazione del LIMITE ELASTICO CONVENZIONALE, fornita dalla seguente


relazione:
l i
f y / f y ,T 1.00
ª Ta º
f y ,T f y «1  » 0qC d T a d 600qC
¬ 767 ln T a / 1750 ¼ 1
0.80

ª108 1  0,001T a º
f y ,T fy « » 600qC  T a d 1000qC 0.60
¬ T a  440 ¼
0.40
con fy,T limite convenzionale di snervamento ad
0.20 2
alta temperatura ed fy tensione di snervamento a
temperatura ordinaria.
0.00
0 200 400 600 800 1000
T a [qC ] 8
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
La variazione del MODULO DI ELASTICITÀ: per 0 C ” Ta ” 600 C è ammesso
utilizzare la stessa relazione definita p
per il limite convenzionale di snervamento,, oppure,
pp , in
alternativa, la seguente relazione:

E-
E 1  1.59 ˜ 10 5 T a  34.5 ˜ 10 7 T a  11.8 ˜ 10 9 T a  17.2 ˜ 10 2 T a4

ET 10 5 N / mm 2 dove E0 è il modulo convenzionale di
2,1
elasticità ad alta temperatura ed E è il
2,0 modulo di elasticità a temperatura
ordinaria.

1,5
Per Ta > 600 °C, ET non è definito.

1,0

0,5

0 200 400 600 800


T a [qC ] 9

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

PASSO 3: Valutazione della temperatura critica


La temperatura critica viene definita come quella temperatura in corrispondenza alla quale la
struttura raggiunge lo stato limite ultimo di collasso sotto la combinazione di azioni:

Fd Gk  Q1k  0.7 Q2 kj

dove Q1k sono le


d l azioni
i i variabili
i bili a lunga
l d t e Q2kj sono le
durata l azioni
i i variabili
i bili di breve
b d t
durata
(vento o neve od altre azioni rare).
p
La temperatura critica viene ottenuta dalla relazione:
P f y,T Ta
F˜ 1 dove:
PU fy 767 ln(T a /1750 )

- F è il fattore correttivo del rapporto P/Pu che consente di tarare il metodo con quello
sperimentale, dipendente dallo schema statico e dallo stesso rapporto P/Pu . In prima
approssimazione si può assumere pari a 0.85;
- P è il carico sull’elemento conseguente all’azione di calcolo Fd;
- Pu è il carico sull’elemento tale da comportare, a temperatura ordinaria, il raggiungimento
dello stato limite di collasso. 10
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
Nel prospetto che segue sono riportate le temperature critiche Tcr in funzione del rapporto FP/Pu
per F = 0.85.
p
F P/Pu
0,3 0,4 0,5 0,6 0,7
(F =0,85)
T cr [[°C]
C] 590 540 490 430 360

Per i soli elementi sollecitati a flessione, qualora il dimensionamento sia stato effettuato con
riferimento allo stato limite di elasticità invece che allo stato ultimo di collasso,
collasso si può rapportare
direttamente P al carico massimo Pe sopportabile, a temperatura ordinaria, in regime elastico; la
relazione fra Pu e Pe può infatti essere espressa nella seguente forma:

Pu \ 1 ˜\ 2 ˜ Pe \ 1 Z W è il fattore correttivo t 1 che tiene conto delle risorse plastiche


della sezione dove Z è il modulo di resistenza plastico e W
quello elastico della sezione. Per i profilati più comuni si può
assumere approssimativamente F1 pari a 1.15.

\ 2 è il rapporto
pp fra Pu ed il carico tale da comportare,
p , a temperatura
p ordinaria,, la completa
p
plasticizzazione della sezione più sollecitata. Per gli elementi isostatici F2 è pari a 1.00; per
quelli iperstatici il coefficiente tiene conto dell’eventuale ridistribuzione delle sollecitazioni fra
più sezioni dell’elemento ed assume, in funzione dello schema statico, un valore t 1.00
p

11

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

12
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
PASSO 4: Calcolo della resistenza al fuoco
Viene
i calcolato
l l il tempo tr = t(T
(Tcr) necessarioi all raggiungimento
i i della i i Tcr.
d ll temperatura critica
La verifica al fuoco risulta soddisfatta se tr • C, con C classe di resistenza al fuoco richiesta.

Quindi, ricapitolando, per la verifica di un elemento in acciaio devono essere eseguiti i seguenti passi:

I. Determinazione della combinazione di azioni da utilizzare nei calcoli fornita dall’equazione


Fd Gk  Q1k  0.7 Q2 kj

II. Calcolo del carico g


gravante sull’elemento P=P(F
( d));
P f y,T Ta
III. Determinazione della temperatura critica attraverso l’espressione F ˜ P fy
1
767 ln(T a /1750 )
U

IV C
IV. Calcolo
l l del
d l tempo
t i all raggiungimento
necessario i i t della
d ll temperatura
t t critica
iti d t
determinato
i t
dall’equazione
K S
'T a ˜ ˜ T f t  't  T a (t ) ˜ 't
U a ˜ ca V

V. Confronto fra il tempo di raggiungimento della temperatura critica e la classe richiesta


dall elemento tr • C.
dall’elemento C
13

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Valutazione della resistenza al fuoco degli elementi costruttivi in acciaio
- Procedimento grafico - Nomogramma UNI 9503 -

14
VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA
AL FUOCO DEGLI ELEMENTI
COSTRUTTIVI IN CEMENTO ARMATO
- UNI 9502 -

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Valutazione della resistenza al fuoco degli elementi costruttivi in
conglomerato cementizio armato, normale e precompresso (UNI 9502)

Analiticamente
Valutazione della variazione
della temperatura dell’elemento
Sperimentalmente
in funzione del tempo di
esposizione all’incendio standard
Mediante mappature termiche/tabelle
contenute nella norma

Determinazione delle variazioni


Mediante opportuni coefficienti riduttivi
delle proprietà meccaniche con
delle proprietà meccaniche
la temperatura
Con prescrizioni tabellari

Verifica della capacità portante Metodo approssimato basato sul fattore di


allo stato limite ultimo di riduzione medio
collasso secondo il metodo
semiprobabilistico agli stati Metodo della sezione equivalente
limite
Metodo rigoroso numerico
2
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

PASSO 1: Valutazione della variazione della temperatura dell’elemento

Il presupposto del calcolo della resistenza al fuoco è la determinazione della distribuzione delle
temperature all’interno dell’elemento al tempo corrispondente alla resistenza al fuoco richiesta.
I fattori che influenzano la distribuzione di temperature sono la geometria dell’elemento, il
tipo di esposizione al fuoco (tramite il coefficiente di esposizione termica globale), le
proprietà fisiche del conglomerato (massa volumica, conduttività termica, contenuto d’acqua),
la possibilità di dissipare energia termica e la presenza di eventuali rivestimenti protettivi.

Per la determinazione della distribuzione di temperature si può operare:

1) Analiticamente: si risolve, tramite l’ausilio di codici di calcolo, l’equazione della


trasmissione del calore:
wT c
Uc ˜ c c ˜
wt

div O c gradT c

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


2) Sperimentalmente: per situazioni sperimentali
particolarmente complesse, in cui
l’applicazione del metodo precedente possa
risultare particolarmente onerosa, è necessario
procedere all’individuazione della distribuzione
delle temperature nel conglomerato cementizio
mediante idonee determinazioni sperimentali,
tramite prove in forni e rilievi della
temperatura in vari punti. Le temperature da
assumere a base del calcolo si ricavano da
quelle sperimentali eliminando il ritardo di
vaporizzazione del contenuto d’acqua.

3) Mediante tabelle contenute nella norma: in funzione della forma, delle dimensioni e della
presenza di eventuali protezioni, la norma fornisce mappature termiche di sezioni di solette,
travi e pilastri. Per la determinazione delle temperature in presenza di rivestimenti protettivi,
si possono utilizzare le tabelle fornite per gli elementi in solo cemento armato, aggiungendo
allo spessore del materiale di base uno spessore equivalente.
4
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Si definisce, infatti, spessore equivalente del materiale protettivo lo spessore del conglomerato
cementizio che occorrerebbe per esercitare lo stesso grado di protezione del rivestimento
protettivo applicato. Si definisce rapporto di equivalenza il rapporto fra lo spessore equivalente
e lo spessore del rivestimento protettivo. Nel prospetto che segue sono riportati i valori del
rapporto di equivalenza di alcuni materiali protettivi, valori che possono essere utilizzati per il
calcolo, in mancanza di dati specifici.

MATERIALI RAPPORTO DI
EQUIVALENZA
Calcestruzzo normale (2400 kg/m3) 1.0
Calcestruzzo cementizio cellulare (d500 kg/m3) 2.0
3
Calcestruzzo cementizio con aggregati di argilla espansa (d1500 kg/m ) 1.5
Gesso 1.8
Laterizio 1.0
Intonaco di cemento 1.1
Intonaco a lastre di fibre minerali, di vetro o di roccia (contenuto in fibre t80%) 2.5
Intonaco di cemento e vermiculite (rapporto d4:1) 2.5
Intonaco di gesso e vermiculite (rapporto d4:1) 2.7
Intonaco di cemento e perlite (rapporto d4:1) 2.5
Intonaco di gesso e perlite (rapporto d4:1) 2.7 5

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


PASSO 2: Determinazione delle variazioni delle proprietà meccaniche
con la temperatura
Le proprietà meccaniche dei materiali e i valori caratteristici di resistenza ad essi associati
variano con la temperatura alla quale sono sottoposti. Le leggi convenzionali di variazione da
impiegare nel calcolo sono riportate di seguito. Vengono definiti una serie di fattori di riduzione
quali:

f ck (T c ) kc (T c ) ˜ f ck (20qC ) dove fck(Tc) e fck(°C) sono rispettivamente la resistenza a


compressione del calcestruzzo alla temperatura Tc e quella
a 20 °C

f ctk (T c ) kct (T c ) ˜ f ctk ( 20qC ) dove fctk(Tc) e fctk(°C) sono rispettivamente la resistenza a
trazione del calcestruzzo alla temperatura Tc e quella a 20 °C

f yk (T c ) k s (T c ) ˜ f yk (20qC ) dove fyk(Tc) e fyk(°C) sono rispettivamente la tensione di


snervamento dell’acciaio alla temperatura Tc e quella a 20 °C

f pk (T c ) k p (T c ) ˜ f pk (20qC ) dove fpk(Tc) e fpk(°C) sono rispettivamente la tensione di


snervamento dell’acciaio armonico alla temperatura Tc e
quella a 20 °C
6
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
Coefficienti kt(Tc) e kct(Tc) per la valutazione della diminuzione della resistenza caratteristica del
conglomerato cementizio all’aumentare della temperatura:

Resistenza c.a. a compressione:


f ck (T c ) kc (T c ) ˜ f ck (20qC )
kc(T) = 1.0 per 20°C ” T < 100°C
kc(T) = (1600 - T)/1500 per 100°C ” T < 400°C
kc(T) = (900 - T)/625 per 400°C ” T < 900°C
kc(T) = 0 per T • 900°C

Resistenza c.a. a trazione:


f ctk (T c ) kct (T c ) ˜ f ctk ( 20qC )
kct(T) = 1.0 per 20°C ” T < 100°C
kct(T) = (600 - T)/500 per 100°C ” T < 600°C
kct(T) = 0 per T • 600°C

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Coefficienti kt(Tc) e kct(Tc) per la valutazione della diminuzione della resistenza caratteristica del
conglomerato cementizio all’aumentare della temperatura:

8
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
Coefficienti ks1(Tc), ks2(Tc) e kp(Tc) per la valutazione della diminuzione della resistenza
caratteristica dell’acciaio da c.a. e da c.a.p. all’aumentare della temperatura:
Acciaio ordinario - Tipo 1
(Hs,fi • 2% in caso di incendio):
f yk (T c ) k s (T c ) ˜ f yk (20qC )
ks,1(T) = 1.0 per 20°C ” T < 350°C
ks,1 (T) = (6650 - 9T)/3500 per 350°C ” T < 700°C
ks,1 (T) = (1200 - T)/5000 per 700°C ” T < 1200°C Acciaio armonico :
ks,1 (T) = 0 per T • 1200°C f pk (T c ) k p (T c ) ˜ f pk (20qC )
kp(T) = 1.0 per 20°C ” T < 100°C
Acciaio ordinario - Tipo 2 kp (T) = (850 - T)/750 per 100°C ” T < 250°C
(Hs,fi < 2% in caso di incendio): kp (T) = (650 - T)/500 per 250°C ” T < 600°C
kp (T) = (1000 - T)/4000 per 600°C ” T < 1000°C
f yk (T c ) k s (T c ) ˜ f yk (20qC )
kp(T) = 0 per T • 1000°C
ks,2(T) = 1.0 per 20°C ” T < 100°C
ks,2 (T) = (1100 - T)/1000 per 100°C ” T < 400°C
ks,2 (T) = (8300 - 12T)/5000 per 400°C ” T < 650°C
ks,2 (T) = (1200 - T)/5000 per 650°C ” T < 1200°C
ks,2 (T) = 0 per T • 1200°C 9

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Coefficienti ks1(Tc), ks2(Tc) e kp(Tc) per la valutazione della diminuzione della resistenza
caratteristica dell’acciaio da c.a. e da c.a.p. all’aumentare della temperatura:

10
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
PASSO 3: Verifica della capacità portante
Essa può essere effettuata mediante i seguenti metodi:
I. Prescrizioni tabellari: per tempi di esposizione da 30 a 240 minuti, la verifica
analitica può essere omessa quando i valori della distanza a dell'asse dell'acciaio
ordinario delle barre o dei trefoli più esposti dalla superficie esterna sono non
minori di quelli riportati nel prospetto A.1. (UNI 9502)

11

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


II. Metodo approssimato basato sul fattore di riduzione medio: definita analiticamente
la distribuzione delle temperature associate alla classe C richiesta, la verifica della capacità
portante di un elemento dopo un prefissato tempo di esposizione al fuoco si può effettuare
determinando puntualmente, in funzione della mappatura termica, il fattore di
riduzione ksi , kbi e kpi di ogni area Asi di ogni singola barra, Abi di ogni barra di
precompressione e Api di ogni singolo trefolo di acciaio o kci di ogni singola area Aci di c.a.
in zona compressa e calcolando il fattore di riduzione medio kms, kmb, kmp, kmc, media
opportunamente pesata dei singoli fattori di riduzione rispettivamente.
N.B.: hi è il braccio della coppia
Per la verifica a n

¦A ˜ hi ˜ k pi
n

¦A ˜ hi ˜ k si interna della singola barra di area


pi si
flessione semplice k mp i 1
n
k ms i 1
n
Aai o del singolo trefolo di area Api
(acciaio): ¦Ai 1
pi ˜ hi ¦A
i 1
si ˜ hi rispettivamente
C
n

Per la verifica a taglio ¦A


i 1
si ˜ k si
k ms n
(acciaio):
h1

¦A si
h2

i 1

Per la verifica a A1 T
compressione/flessione
k mc
³ Ac
kc dAc
A2
(cls compresso): Ac
12
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO

Si definisce il fattore di riduzione critico:

kcrit K fi ˜ J M , fi J Mi ˜ V reale V max

dove:
Kfi è il fattore di riduzione del coefficiente di sicurezza dei carichi presenti in caso di incendio,
pari a :
Ed , fi § Q · § Q ·
K fi ¨ J G , E  \ 1,1 k ,i ¸ ¨ J G  J G k ,i ¸
Ed ¨ Gk ,i ¸¹ ¨© Gk ,i ¸¹
©

Vreale/Vmax = A0 / A1 è il rapporto fra la tensione realmente presente nei materiali a freddo rispetto
quella massima concessa

La verifica è soddisfatta se per ogni materiale e per ogni sezione si ha km > kcrit.

13

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


III. Verifica con il metodo della sezione equivalente: essa consiste nel ridurre puntualmente
le aree resistenti del conglomerato cementizio e dell'acciaio mediante i fattori di riduzione
kc(T), ks(T), kb(T), kp(T).
Stabilita così quella che è definita la sezione equivalente (cioè la sezione la cui area ridotta di
conglomerato e di acciaio ha nel calcolo a freddo la resistenza equivalente a quella dell'area
originaria a caldo), la verifica allo stato limite ultimo può essere eseguita a temperatura
ordinaria su tale sezione ridotta, con gli usuali metodi della scienza delle costruzioni senza
applicare naturalmente per il conglomerato cementizio il coefficiente riduttivo della resistenza
per i carichi di lunga durata.

L’area tratteggiata rappresenta


la sezione di calcestruzzo
equivalente ai fini del calcolo:

14
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
IV. Verifica rigorosa: tale verifica può essere eseguita solo disponendo di codici di calcolo
appropriati. Essa consiste nel determinare in più punti della sezione la temperatura T associata
alla durata di resistenza al fuoco C richiesta, nello stabilire un legame V-H puntuale “ridotto”
per effetto della temperatura, e nel valutare il dominio di rottura Mu-Nu della sezione,
ridotto rispetto a quello che si ha a temperatura ambiente per effetto della temperatura T.

La norma prevede l’assunzione dei seguenti diagrammi VH

Per il cemento f ck ,i 0,83 ˜ Rck


armato: f cd kc (T cc ) ˜ kc (T cc ) ˜
Jc Jc

dove:

Rck , j è la resistenza caratteristica cubica a compressione;

kc (T cc )
è il fattore di riduzione della resistenza del conglomerato cementizio corrispondente
alla temperatura media caratteristica della zona compressa;
è la resistenza caratteristica cilindrica a compressione al giorno jmo dal getto; si può
f ck , j assumere j=90 e, in mancanza di valutazioni più precise fck,90=1.10fck,28 essendo fck,28 la
resistenza a 28 giorni dal getto;
Jc è il coefficiente di sicurezza del calcestruzzo; si assume pari a 1.20 15

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Per l’acciaio:

Il diagramma sforzi-deformazioni da assumere per gli acciai per c.a., normale o


precompresso, si ricava dal diagramma utilizzato per il calcolo statico a temperatura
ordinaria effettuando la trasformazione indicata nella figura sotto in rapporto al fattore di
riduzione ks, kb o kp rispettivamente corrispondente alla temperatura Ti propria dell’armatura
considerata.

La resistenza di calcolo per l’acciaio si assume


pari a:
f yk ­k s
fd k ˜ dove: °
k ®k b
Ja °k
¯ p
f yk è la resistenza caratteristica a
trazione dell’acciaio a 20°C;

J a è pari a 1.00 per acciai controllati


in stabilimento, 1.15 per acciai
non controllati in stabilimento.
16
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
I punti essenziali di un’analisi rigorosa su sezioni di cemento armato sottoposte a un incendio
normalizzato, possono essere riassunti nei seguenti punti:

I. Valutazione della temperatura T= T(P) nei diversi punti P posizionati al centro delle areole in
cui è stata divisa la sezione Ac (mappatura termica);

II. Valutazione del legame V-H per ogni punto P opportunamente ridotto secondo la procedura
vista in precedenza;

III. Si fissa un valore di x cui corrisponde una certa posizione dell’asse neutro n e si impone il
raggiungimento della deformazione ultima Hu nella fibra superiore del calcestruzzo, oppure
nell’armatura inferiore;
P Hu Hsup
H
IV. Si valuta
x
H(P)
H/2

HSUP n
H P H y Hsup  y  H 2
x
H/2

17
y

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


V. Si valuta il legame costitutivo delle tensioni:

V V H P
V (P)

VI. Si determinano gli sforzi normali e


flettenti ultimi Nu, Mu: H (P) Hu H
n
Nu ³ V c dAc'  ¦ AsiV si
Ac'
i 1 M A=(Nd,Md) con
n
Mu ³ V c yc dAc'  ¦ Asi y siV si Nd=N(Fd); Md=M(Fd)
Ac'
i 1

A
VII. Al variare di x, cioè dell’asse
neutro n, si ottiene il dominio di
resistenza entro cui deve essere Trazione
contenuto il punto A nella verifica N
di rottura.

18
VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA
AL FUOCO DEGLI ELEMENTI
COSTRUTTIVI IN LEGNO

(UNI 9504 e CRN-DT 206/2006)

19

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Valutazione della resistenza al fuoco degli elementi costruttivi in legno
(UNI 9504)
La presente norma si applica a singoli elementi strutturali di legno massiccio o lamellare
incollato non protetti (previa determinazione sperimentale della velocità di penetrazione della
carbonizzazione) e trattati con prodotti ignifughi o protetti con idonei rivestimenti continui ed
aderenti (previa determinazione sperimentale dell’incidenza degli stessi sulla velocità di
carbonizzazione e/o sui tempi di ritardo della combustione).
Come ipotesi di base si assume che:

i. la carbonizzazione del legno sotto l’azione del fuoco proceda perpendicolarmente alle
superfici esposte dell’elemento a velocità costante e dipenda esclusivamente dalla specie
legnosa;

ii. il legno conservi inalterate le sue proprietà meccaniche nella parte non raggiunta dalla
carbonizzazione;

iii. la relazione tra tensioni e deformazioni sia lineare fino a rottura.


20
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
Il calcolo della resistenza al fuoco si articola come segue:

1. Determinazione della velocità di penetrazione vc della carbonizzazione. I valori sono


tabellati in funzione del tipo di legno:
• per un legno massiccio si ha una velocità pari a 0.9 mm/min,
• per legno lamellare di 0.7 mm/min;

2. Determinazione della sezione efficace ridotta in funzione della classe C di resistenza al


fuoco tramite le seguenti espressioni:

br b  2 ˜ vc ˜ C

hr
h
hr h  vc ˜ C
con br e hr in millimetri;

br
b 21

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


Valutazione della resistenza al fuoco degli elementi costruttivi in legno
(UNI 9504)
3. Verifica della capacità portante allo stato limite ultimo di collasso secondo il metodo
semiprobabilistico agli stati limite della sezione efficace ridotta più sollecitata
considerando la combinazione di azioni Fd :

Fd Gk  Q1k  0.7 Q2 kj

I valori di calcolo si ottengono da quelli caratteristici con la relazione:


fk
fd
J

con coefficiente parziale di sicurezza pari a 1.40 per le proprietà meccaniche e 0.8 per
le velocità di penetrazione alla carbonizzazione.

22
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
Valutazione della resistenza al fuoco degli elementi costruttivi in legno
(CRN-DT 206/2006)

La resistenza di una struttura lignea non coincide, in generale, con quella delle singole
menbrature componenti, essendo determinati le prestazioni dei collegamenti e degli altri
componenti (ad esempio controventi) che, nella pratica, sono usualmente realizzati con elementi
metallici.

Come ipotesi di base si assume che:

i. la carbonizzazione del legno sotto l’azione del fuoco proceda perpendicolarmente alle
superfici esposte dell’elemento a velocità costante e dipenda esclusivamente dalla specie
legnosa;

ii. le proprietà meccaniche della sezione lignea residua, ad una certa distanza dallo strato
carbonizzato, non risultano ridotte rispetto alle condizioni standard;

iii. la relazione tra tensioni e deformazioni sia lineare fino a rottura.


23

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


La combustione del legno: PIROLISI
+
Assenza d’aria Residuo
carbonioso
Sorgente di calore
Combustione viva
Presenza d’aria +
ceneri

Inizio della pirolisi 170°C

Inizio degradamento 120°C


(plastificazione della lignina)

Perdita d’acqua 100°C

Temperatura ambiente 20°C

24
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
1. Determinazione della sezione efficace ridotta in funzione della classe C di resistenza al fuoco :

Si definisce:
- Linea di carbonizzazione: confine fra stato carbonizzato e sezione trasversale residua;
- Sezione trasversale residua: la sezione trasversale originaia ridotta dello strato carbonizzato;
- Sezione trasversale efficace: la sezione trasversale originaia ridotta dello strato carbonizzato e
di un successivo strato in cui si considerano nulli i valori di resistenza e di rigidezza;

d ef d char  k 0 ˜ d 0
d char E0 ˜ t
25

VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO


dove:
def = profondità di carbonizzazione;
E0 = velocità di carbonizzazione ideale, convenientemente superiore a quella effettiva per
includere fessurazioni e spigoli arrotondati;
k0 = coefficiente dipendente dal tempo t: variabile da 0 a 1 per 0 < t < 20 min
pari ad 1 per t > 20 min;
d0 = 7 mm.

2. Determinazione della velocità di carbonizzazione:

26
VALUTAZIONE ANALITICA DELLA R AL FUOCO
Valutazione della resistenza al fuoco degli elementi costruttivi in legno
(CRN-DT 206/2006)

fk
f d,fi k mod,fi ˜ k fi
J m,fi
S05
Sd,fi k mod,fi ˜ k fi
J m,fi

dove:
fk,S05 = valore di una generica proprietà del materiale (resistenza o modulo elastico);
Fd,fi,Sd,fi = valore di progetto una generica proprietà del materiale;
kfi = coefficiente da assumersi pari a: 1,25 per il legno massiccio
1,15 per il legno lamellare/pannelli

Jm,fi = 1.0 coefficnete parziale di sicurezza in situazione di incendio;


kmod,fi = 1.0 sostituisce il parametro kmod a temperatura ambiente

27
PERFORMANCE BASED
BUILDING CODES

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Negli anni Sessanta si è avuto un aumento sempre crescente della produzione


del materiale ferroso, il quale venne impiegato anche come struttura portante
negli edifici di civile abitazione. Onde evitare l’impiego indiscriminato di tale
materiale, che avrebbe potuto determinare gravi pericoli per la stabilità delle
opere e quindi per le persone in caso di incendio, vennero presi in
considerazione i requisiti della resistenza al fuoco delle strutture in acciaio.

- Circolare n. 91 del 14 settembre 1961: resistenza al fuoco degli elementi


strutturali in acciaio secondo la qualità e la quantità dei materiali combustibili
presenti nei singoli locali, ecc.:

- D.M. 06 Marzo 1986: vengono emanate le prime disposizioni per le strutture


portanti in legno;

- Circolare n. 52 del 20 novembre 1982: estende l’utilizzo della Circolare n. 91


anche ad elementi in cls, laterizio, acciaio, legno ed elementi compositi;
2
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

I migliori documenti per la progettazione antincendio sono i nostri


Eurocodici …

Per più di vent’anni i paesi europei hanno lavorato per tracciare le coordinate di
una nuova normativa comunitaria, raccolta nei cosiddetti Eurocodici
Strutturali. Questi documenti hanno lo scopo di unire assieme differenti punti
di vista riguardanti tutti gli aspetti della progettazione strutturale, per tutti i
materiali tipici della costruzione. Nel 1990, dopo aver consultato i rispettivi
Paesi membri, la CCE (Commissione delle Comunità Europee) incaricò CEN
(Comité Européen de Normalisation) del lavoro di sviluppo ulteriore,
dell’emanazione e dell’aggiornamento degli Eurocodici Strutturali. Il Comitato
Tecnico CEN/TC 250 è responsabile di tutti gli Eurocodici strutturali.

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

I migliori documenti per la progettazione antincendio sono i nostri


Eurocodici …

Gli Eurocodici rappresentano la necessità degli stati membri di pianificare delle


norme di sicurezza nelle costruzioni a livello comunitario ma variabili da paese
a paese. Infatti i codici di ogni paese membro sono caratterizzati da una
normativa di carattere generale, rappresentata appunto dagli Eurocodici, con
possibilità di modifiche locali a seconda delle peculiarità ed esigenze della
singolo Stato membro.

4
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

- ENV 1991: Eurocodice 1 Basi di calcolo ed azioni sulle strutture.

- ENV 1992: Eurocodice 2 Progettazione delle strutture in cls.


- ENV 1993: Eurocodice 3 Progettazione delle strutture in acciaio.

- ENV 1994: Eurocodice 4 Progettazione delle strutture composte acciaio-cls.

- ENV 1995: Eurocodice 5 Progettazione delle strutture in legno.

- ENV 1996: Eurocodice 6 Progettazione delle strutture in muratura.

- ENV 1997: Eurocodice 7 Progettazione geotecnica.

- ENV 1998: Eurocodice 8 Indicazioni progettuali per la resistenza sismica


delle strutture
- ENV 1999: Eurocodice 9 Progettazione delle strutture di alluminio.
5

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Il CEN/TC 250 ha costituito dei sottocomitati, uno per ciascuno degli


Eurocodici citati. L’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) ha
pubblicato gli Eurocodici come norme europee sperimentali (ENV) per un
periodo iniziale di anni. L'UNI partecipa, in rappresentanza dell'Italia, all'attività
normativa degli organismi sovranazionali di normazione: ISO (International
Organization for Standardization) e CEN (Comité Européen de Normalisation).
La norma sperimentale è da intendersi come applicazione sperimentale
sottoposta a commenti.

6
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Un cambio di filosofia progettuale è necessario …

La progettazione di strutture resistenti al fuoco è storicamente basata su


richieste prescrittive, che hanno le loro basi in ricerche condotte nei primi
del ‘900. Questi metodi tipicamente prescrivono la resistenza minima
associata al singolo elemento strutturale in funzione dell’altezza
dell’edificio e della destinazione d’uso. Se da un lato strutture progettate
secondo questa metodologia hanno dimostrato in passato un’ottimo
comportamento al fuoco, non considerando le tipologia di incendio a cui
gli edifici possono essere sottoposti e la performance strutturale ad alte
temperature non si riesce ad avere una valutazione globale del
comportamento della struttura soggetta al fuoco.

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Un cambio di filosofia progettuale è necessario …

PRESCRIPTIVE PERFORMANCE BASED


BUILDING CODES BUILDING CODES

Dà indicazioni su come Dà indicazioni su come


un edificio deve essere un edificio deve
costruito comportarsi sotto carico
d’incendio

Pochissima libertà di
Permette al progettista di
azione per il progettista
utilizzare qualunque strategia
desiderata, purché supportata
da adeguate motivazioni e
prove

8
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

PERFORMANCE BASED BUILDING CODES

Per raggiungere una progettazione sicura dell’edificio dal punto di vista anti
incendio è necessario capire come NON È POSSIBILE DEFINIRE REGOLE
GENERALI CHE DESCRIVONO COME UN EDIFICIO DEBBA ESSERE
COSTRUITO PER ESSERE SICURO. Un progettista deve essere libero di
utilizzare ogni strategia desiderata, purché sostenuta da adeguate prove di
sicurezza. Infatti le costruzioni moderne sono così complesse e differenti le une
dalle altre che una visione globale del comportamento dell’edificio costituisce
l’unica possibilità per una appropriata progettazione.

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Inoltre sovente gli edifici più complessi,


quali i grattacieli, utilizzano materiali
MOLTO SENSIBILI AL CALORE quali
l’acciaio e l’alluminio. Essi sono realmente
pericolosi in caso di incendio perché la loro
resistenza crolla con la temperatura. Per
esempio l’enorme incendio di idrocarburi
del WTC fu una delle principali cause del
collasso delle torri.
C’è ancora un grosso GAP nella
conoscenza, un ostacolo significativo per la
diffusione e lo sviluppo del performance-
based design: è necessario creare una
connessione fra risposta termica e
strutturale dell’edificio.

10
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

PERFORMANCE BASED BUILDING CODES

La progettazione antincendio degli edifici basata sul comportamento globale


della struttura può essere suddivisa in tre passi:

Determinare le condizioni di incendio (FIRE BOUNDARY CONDITIONS)


alle quali la struttura può essere sottoposta;

Determinare la risposta termica degli elementi strutturali (THERMAL


RESPONCE OF THE STRUCTURE);

Condurre l’analisi di risposta strutturale con l’utilizzo delle proprietà dei


materiali alle elevate temperature (STRUCTURAL RESPONCE ANALYSIS)

11

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


FIRE BOUNDARY CONDITIONS

Per determinare le condizioni di incendio a cui una struttura può essere


sottoposta, è necessario utilizzare degli opportuni strumenti di lavoro. Infatti,
un calcolo manuale è impensabile, specialmente se devono essere analizzate
strutture complesse. I principali strumenti che vengono utilizzati sono:

Modelli a Zone (Codici di Calcolo


Semplificati), come il C FAST.

Codici di Calcolo Fluidodinamici CFD


(Computational Fluid Dynamic), come l’FDS o
il PHOENICS;

Entrambi servono per determinare la distribuzione delle


temperature nell’edificio e la propagazione dei fumi.
12
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
MODELLI PER LA VALUTAZIONE DELL’INCENDIO

MODELLI A ZONE MODELLI CFD

Il termine ‘Computational
Permettono il calcolo della fluid dynamic’, o
temperatura dei gas in semplicemente CFD, significa
funzione del tempo, utilizzare dei codici che
integrando le equazioni consentono, integrando le
differenziali ordinarie equazioni della fluido-dinamica
esprimenti le leggi di
SU VOLUMI DI
conservazione della massa e
CONTROLLO,
dell'energia
di ottenere soluzione numerica
IN OGNI ZONA DEL
a problemi
COMPARTIMENTO
di fluido-dinamica
13

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


ZONE MODELS
I modelli a zona sono degli strumenti numerici comunemente utilizzati per
il calcolo della variazione della temperatura all’interno di compartimento
nel corso di un incendio.

L’elemento base di
tale modello è la
ZONA. La principale
ipotesi che viene fatta
è che proprietà quali
la temperatura e la
densità possono
essere considerate
uniformi all’interno
della zona.

14
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
ZONE MODELS

Esistono due tipi di modelli a zone:

MODELLI A UNA ZONA, nei quali la temperatura è considerata


uniforme nell’intero compartimento. Questo tipo di modellazione è valida
nel caso di INCENDI TOTALMENTE SVILUPPATI (FULLY
DEVELOPED FIRES).

MODELLI A DUE ZONE, nei quali il compartimento viene diviso in


due zone: un layer di gas caldi collocato in prossimità del soffitto (UPPER
LAYER) ed un layer di gas più freddi rasente il pavimento (LOWER
LAYER).

15

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


TWO ZONE MODELS – C FAST
Il C-fast è uno dei più famosi modelli a due zone. Esso viene rilasciato
gratuitamente dal NIST (National Institute for Standard and Technology).
SITO INTERESSANTE PER LA PROGETTAZIONE ANTI-INCENDIO:
http://www.fire.nist.gov/

IPOTESI DI BASE DEL C-FAST:


Ogni compartimento è diviso in due volumi VU (strato superiore) e VL
(strato inferiore) dove le caratteristiche termodinamiche e le concentrazioni
dei fumi e delle specie chimiche sono uniformi (ipotesi di mescolamento
perfetto);

Ogni volume di ogni stanza scambia calore e massa con gli altri volumi
secondo relazioni che rispettano le leggi della conservazione dell’energia e
della massa di derivazione semiempirica (teoria del “Plume” e dei
“Vents”). 16
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Viene ignorata la conservazione della quantità di moto all’interno


del compartimento. Comunque ai bordi del dominio, in corrispondenza ad
esempio di finestre, porte e così via, l’Equazione di Eulero viene integrata
esplicitamente per supportare le equazioni di Bernulli.

La pressione viene considerata uniforme all’interno del


compartimento. Infatti un cambio di pressione di un paio di decine di
Pascal lungo l’altezza del compartimento può essere trascurato se
paragonato alla pressione atmosferica. Comunque la variazione idrostatica
delle pressioni è tenuta in conto nel calcolare la differenza di pressione fra
compartimenti.

Le reazioni di combustione avvengono a velocità infinita;

l’irraggiamento e la conduzione termica tra le zone e le pareti sono


calcolati con formule approssimate.

17

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


TWO ZONE MODELS – C FAST
Il C-fast è basato sulla determinazione di 11 VARIABILI associate al layer
superiore (UPPER) ed inferiore (LOWER):
mU and mL: massa del gas;
TU and TL: temperatura del gas;
VU and VL: volume della zona;
EU and EL: energia interna;
UU and UL : densità del gas;
p: pressione assoluta del compartimento nella sua interezza.
Queste variabili sono collegate da:
7 VINCOLI;
4 EQUAZIONI DIFFERENZIALI che descrivono il bilancio di massa e
di energia in ogni zona.
L’integrazione di queste equazioni differenziali nel tempo permette di
descrivere le caratteristiche del gas in ogni zona.
18
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
TWO ZONE MODELS – C FAST

VU (Volume Upper)

Plume

VL (Volume Lower)

19

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


TWO ZONE MODELS – C FAST

7 VINCOLI:
mU mL
DENSITÀ UU UL 2 vinc.
VU VL

ENERGIA INTERNA EU c v m U TU EL c v m L TL 2 vinc.

LEGGE DEI GAS IDEALI P RU U TU P RUL TL 2 vinc.

VOLUME V VU  VL 1 vinc.

Si ricordi che: R cP  cV cP 1000kJ / kgqK

J cP cV J 1.4 20
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
TWO ZONE MODELS – C FAST

BILANCIO DI MASSA (2 equazioni)


In ogni momento la variazione della massa del gas in una zona è uguale alla
massa dei gas prodotti dalla combustione, più la massa entrante nel
compartimento attraverso le aperture meno l’aria uscente attraverso le
aperture.

dm L x
LOWER LAYER mL
dt

dm U x
UPPER LAYER mU
dt

21

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


TWO ZONE MODELS – C FAST
BILANCIO DI ENERGIA (2 equazioni)

ENERGIA prodotta per


SORGENTE
COMBUSTIONE

Bilancio Riscaldamento dei gas del


energetico compartimento

Riscaldamento degli elementi di


MODO IN CUI
compartimentazione
L’ENERGIA
VIENE
Massa di gas caldi persi (+) o
CONSUMATA
acquisiti (-) tramite le aperture

Perdite radiative attraverso le


aperture 22
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
ZONE MODELS – C FAST
BILANCIO DI ENERGIA (2 equazioni)

dE L dV x
LOWER LAYER P L HL
dt dt
ENTALPIA
dE U dV x
UPPER LAYER P U HU
dt dt

ENERGIA
LAVORO
INTERNA

23

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


TWO ZONE MODELS - CFAST

24
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
TWO ZONE MODELS
Dal bilancio di massa e di energia si ottengono le seguenti disequazioni:

dP J 1 x x
(H L  H U )
dt V

dTU 1 ª x x dP º
«¬ ( H U  c p m pU TU )  VU
dt c p VU U U dt »¼

dTL 1 ª x x dP º
«¬ ( H L  c p m pL TL )  VL
dt c p VLUL dt »¼

dV 1 ª x dP º
J  1 H L  VL
dt PJ «¬ dt »¼
25

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


TWO ZONE MODELS – BASIC EQUATION
DATI DI INPUT
b
GEOMETRIA DELLA STANZA:
B, b, H

PROPRIETÀ DEGLI ELEMENTI DI


COMPARTIMENTAZIONE:
spessore dei muri (s), calore specifico
H
(cp), peso specifico Uw) conduttività
O) coefficiente di emissività (H),
z coefficiente convettivo interno ed
esterno (hi)
HRR
CONDIZIONI INIZIALI: temperatura
esterna ed interna iniziale (Ta, Te),
B
pressione iniziale (Pa)

FUOCO: HRRfire, ta, Afire, 'H


26
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

POTENZA EMESSA DA UN INCENDIO

La curva HRR, Heat Release Rate o Tasso di Calore Rilasciato, definisce la


quantità di energia rilasciata per unità di tempo (kW).
Dipende da:
disponibilità di ossigeno nel compartimento;
velocità di combustione del materiale.

INCENDIO CONTROLLATO DAL COMBUSTIBILE : vi è disponibilità infinita di


ossigeno e l’incendio dipende esclusivamente dalla quantità di materiale
combustibile.

INCENDIO CONTROLLATO DALLA VENTILAZIONE : non vi è sufficiente


disponibilità di ossigeno da permettere la combustione completa.

27

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

INCENDI CONTROLLATI DAL COMBUSTIBILE E INCENDI


CONTROLLATI DAL VENTILAZIONE

Incendio controllato
dal combustibile (a)
a
RHR (MW)

Incendio controllato
dalla ventilazione (b)
b

Tempo (min)
28
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

POTENZA EMESSA DA UN INCENDIO

RHRII° tratto= RHRf


RHR(MW)

Tratto decrescente

Tempo (min)
RHRI° tratto=Afi · RHRf · (t/tĮ )2
29

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

POTENZA EMESSA DA UN INCENDIO

Il PRIMO TRATTO ad andamento parabolico è descritto dalla seguente


equazione:
2
HRR Iq tratto A fi ˜ HRR f ˜ t t D

Afi : area dove è distribuito il combustibile [m2];


HRRf : HRR massimo raggiungibile per unità di area (dipende dal tasso di
combustione e dal fattore di ventilazione) [kW/m2];
t : tempo [s];
tĮ : costante di tempo

30
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

VALORE DELLA COSTANTE DI TEMPO tD:

Tasso di crescita Costante tempo tĮ


Destinazione d’uso/Attività
dell’incendio (s)
Gallerie d’arte Bassa 600
Depositi (bassa combustibilità). Bassa 600
Residenziale Media 300
Camera di albergo Media 300
Uffici Media 300
Depositi (tessuti a base di cotone e poliestere). Media 300
Negozi Veloce 150
Depositi (sacchi postali pieni, resina espansa) Veloce 150
Impianti chimici Ultra Veloce 75
Depositi (contenitori di alcool infiammabile) Ultra Veloce 75

31

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Il SECONDO TRATTO ad andamento costante (plateau) assume il valore RHRf
dove quest’ultimo è ricavato in maniera sperimentale.

Tipo di materiale/ destinazione d’uso RHRf


Per pallets di legno, altezza di stoccaggio 0.5 m 1250 kW/m2
Per pallets di legno, altezza di stoccaggio 3.0 m 6000 kW/m2
Per bottiglie di plastico in cartoni, altezza di stoccaggio
4320 kW/m2
4.6 m
Per pannelli isolanti con altezza di stoccaggio 4.3 m 2900 kW/m2

Edifici per negozi 500 kW/m2


Edifici per uffici 250 kW/m2

L’ultima e TERZA FASE, quella decrescente, ha andamento lineare. Basandosi su


risultati di prove sperimentali, si può stimare che questa inizi quando il 70% di tutto
il carico di incendio è stato bruciato.
32
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
L’ALGORITMO
Si impongano le condizioni iniziali di temperatura e di pressione sul
dominio di analisi;
Si consideri un incendio governato dalla quantità di ossigeno. L’analisi
viene suddivisa in intervalli temporali 't. Per ogni intervallo si deve
calcolare la quantità di calore rilasciato dall’incendio:

HRR(i+1) – HRR(i) [MW] = [MJ/s]


HRR (MW)
'H [MJ/kg] = Calore di combustione
HRR (i+1) x ª¬ HRR i  1  HRR i º¼ > MJ s@ ª kg º
m fire «¬ s »¼
'H > MJ kg @
HRR (i)

't
Tempo (min)
t(i) t(i+1)
33

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Lo scambio di massa e di energia fra il layer inferiore e superiore nei modelli a
due zone avviene solo tramite il PLUME. Per conteggiare tali scambi vengono
utilizzate formule empiriche:
PLUME EMPIRICAL
0.566
x § · § z · EQUATION
z
mp 0.011 ˜ Q C [kW] ˜ ¨ 25 ¸
0 d ¨ 2 5 ¸  0.08 Mass Balance
© Q C [W] ¹ © QC ¹
0.909
x § z · § z ·
mp 0.026 ˜ QC [kW] ˜ ¨ 25 ¸
0.08 d ¨ 2 5 ¸  0.2
© Q C [W] ¹ © QC ¹
1.895
x § z · § z ·
mp 0.124 ˜ Q C [kW] ˜ ¨ 25 ¸
0.2 d ¨ 2 5 ¸
© Q C [W] ¹ © QC ¹

dove z è l’altezza del layer di fumo rispetto al


pavimento, QC= \C HRR è la quantità di calore che
partecipa al flusso convettivo.

Questa espressione tiene conto dell’aria fresca del layer inferiore che penetra all’interno del
pennacchio.
34
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
BILANCIO DI MASSA
0.566
x § z · x ª¬ HRR i  1  HRR i º¼ > MJ s@ ª kg º
mp 0.011 ˜ Q C ˜ ¨ 2 5 ¸ m fire «¬ s »¼
© QC ¹ 'H > MJ kg @

x x
mp mU

x x x x
mL m fire  m p  me

35

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Utilizzando i 7 vincoli visti in precedenza:

UPPER LAYER LOWER LAYER

TU Ti 1 TL Ti 1
x
mU m p ˜ 'T mL UL ˜ VL

VU H  z ˜ A VL V  VU

UU m U VU UL P RTL

EU c v m U TU EL c v m L TL

P RUU TU
36
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
BILANCIO DI ENERGIA

Q - UPPER LAYER Q - LOWER LAYER


Al layer
0.7 HRR superiore viene 0.3 HRR
trasferita solo la
+ parte convettiva -
dell’incendio,
§x x
·
c p TU ¨ m p  m fire ¸ stimata attorno §x x
·
© ¹ c p TU ¨ m p  m fire ¸
al 70% del totale © ¹
- -
SCAMBIO DI SCAMBIO DI
CALORE CALORE
attraverso i muri attraverso i muri
per conduzione, per conduzione,
convezione ed convezione ed
irraggiamento irraggiamento
37

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Quantifichiamo gli scambi di calore tra i muri
UPPER LAYER

Si considerino le temperature interne ed esterne delle murature agli istanti temporali ti-2,
ti-1 e ti e e vengano chiamate rispettivamente Ti-2, Ti-1 e Ti. La temperatura all’istante di
tempo Ti può essere calcolata mediante la seguente espressione:

4't ª R º
Ti Ti  2 
s ˜ c ˜U «¬
h TU  Ti 1  VH TU
4
 Ti
4
1 
s
Test,i 1  Ti 1 »¼
s [m]

IRRAGGIAMENTO
Ti-1 TU

Test CONVEZIONE CONDUZIONE

q = 'Q/'t [J/m2s] 38
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
TWO ZONE MODELS

Dal bilancio di massa e di energia si ottengono le seguenti disequazioni:

J 1
'P (HRR) ˜ 't Pi Pi  2  'P ˜ 't
V

1 x
ª º
'TU «¬ (Q U  c p m pU TU  VU 'P »¼ ˜ 'T TU Ti  2  'T ˜ 't
C p VU U U

1 x
ª º
'TL «¬ (Q L  c p m pL TL )  VL 'P ˜ 'T
»¼ TL Ti  2  'T ˜ 't
C p VLUL

1
'zs ª J  1 HRR  VL 'P º¼ ˜ 't zs z i  2  'z s ˜ ' t
A fi ˜ Pi 1 ˜ J ¬
39

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

CFD – Computational Fluid Dynamic

L’unico strumento in grado di analizzare il complesso meccanismo dei fumi e di


modellare accuratamente il comportamento del fuoco è un Codice Fluidodinamico.

Il termine ‘Computational fluid dynamic’, o semplicemente CFD, significa


utilizzare dei codici che consentono di ottenere soluzione numerica a problemi di
fluido-dinamica.

Questi sono strumenti molto potenti ma richiede enormi tempi di analisi. Tale fatto
è inaccettabile nella normale progettazione, specialmente se il programma viene
lanciato su computer con limitata CPU. Quindi, nella progettazione ordinaria, si
preferisce utilizzare modelli a zone (che richiedono tempi di esecuzione sull’ordine
delle decine di minuti contro i CFD che richiedono dalle ore alle settimane a
seconda del risolutore e della mesh). Naturalmente il grado di accuratezza è
notevolmente inferiore, in molti casi al limite dell’accettabilità.
40
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
CFD – Computational Fluid Dynamic

Le equazioni dei modelli a volumi di controllo sono:

Equazione di conservazione della massa


wU
wt
’˜ Uv 0

Equazioni di conservazione dell’energia

§ wT wT wT ·¸ § w 2 T w 2 T · . . § wp wp wp ·
ȡc p ¨  vi  vi Ȝ¨ 2  2 ¸  q  ij  ȕ¨¨  v i  vj ¸¸
¨ wt wx i wx j ¸¹ ¨ wx wx ¸ wt wx wx
© © i j ¹ © i i ¹

Equazioni di conservazione della quantità di moto

w w wp w ª 2 § wv j · º w ª § wv i wv j · º
Uv i  Uv i v j UBi   « P ¨¨ ¸¸ »  «P ¨¨  ¸¸ »
wt wxj wxi wxi «¬ 3 © wxj ¹ »¼ wxj «¬ © wxj wxi ¹ »¼
41

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


CFD – Computational Fluid Dynamic

Esistono molti tipi di CFD. La principale differenza fra tutte queste varianti dipende dal
modo di modellare la turbolenza. Secondo questo criterio è possibile suddividere i CFD
in tre categorie:

Direct Numerical Simulation (DNS) models (es: FDS);

Large Eddy Simulation (LES) models (es: FDS);

Reynolds Average Navier-Stokes (RANS) models (es: PHOENICS).

42
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

DNS – Direct Numerical Simulation

Il DNS risolve direttamente le equazioni di Navier-Stokes senza alcuna


approssimazione, fornendo in questo modo i risultati in assoluto più accurati fra tutti i
tipi di CFD.

Il modello, però, richiede l’utilizzo di una GRIGLIA DI RISOLUZIONE


VERAMENTE ACCURATA, che sia in grado di cogliere i più piccoli vortici di
turbolenza del flusso.

Un esempio di CFD che permette di utilizzare il metodo risolutivo DNS è l’FDS


(Fire Dynamic Simulator) rilasciato gratuitamente da NIST.

43

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

LES – Large Eddy Simulation

Il LES è in grado di simulare solo i vertici più grandi ed importanti, contenenti un


livello energetico elevato, mentre i vertici più piccoli vengono modellati attraverso
varie sottogriglie associate a diversi modelli di turbolenza.

Questo fatto permette di NON DOVER UTILIZZARE GRIGLIE FINISSIME


PER OTTENERE BUONE ANALISI, e quindi accorcia i tempi di analisi, rispetto
al DNS.

Il problema, naturalmente, consiste nel trovare dei modelli di turbolenza e dei criteri
di suddivisione fra grandi e piccoli vortici appropriati. Inoltre, nonostante i tempi di
analisi siano più brevi rispetto al DNS, si hanno comunque lunghi tempi di attesa.

44
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
RANS – Reynolds Average Navier-Stokes models

Il RANS risolve le equazioni di Navier-Stokes mediate su base statistica, con lo


scopo di fornire le quantità caratteristiche del flusso mediate. Dato che RANS non
risolve i moti turbolenti, la griglia può essere significativamente inferiore in modo
tale che catturi solamente i percorsi di flusso più grandi ed importanti.

I TEMPI DI ANALISI, QUINDI, RISULTANO NOTEVOLMENTE


INFERIORI rispetto alle altre due categorie (DNS e LES) e quindi RANS trova
maggior applicazioni nella comune progettazione antincendio.

Il problema più grosso risiede nel fatto che per modellare gli effetti turbolenti dei
macro-flussi, è necessario utilizzare degli opportuni modelli di turbolenza. Essi
inficiano notevolmente sui risultati ed è difficile stabilire se sono adatti o meno per
ogni caso particolare.

45

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

ESEMPIO – DG BANK BERLINO

Per lo studio dell’effetto del fuoco


in modo avanzato in ambienti di
grandi dimensioni è stata
analizzata la copertura della DG
Bank alla Pariser Platz nel centro
di Berlino, realizzata da Gartner-
Permasteelisa S.p.a. Essa è una
struttura reticolare di grande
leggerezza e trasparenza,
realizzata in vetro ed acciaio che
fornisce riparo e notevole
luminosità ad un atrio di forma
rettangolare dalle dimensioni di
61m x 20m.
Il DG-Bank

PIASTRA
DI NODO
FUNI
PRETESE
TRAVI A “T” DI
IRRIGIDIMENTO

ASTE D’ARCO IN
ACCIAIO DI
FORMA
RETTANGOLARE

47

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Esempio – Copertura DG BANK

COMPARTIMENTI
LATERALI, A
DESTINAZIONE
D’USO DI LIBRERIA
ED UFFICI

RHR

6.E+07

ATRIO 5.E+07

4.E+07
RHR [W)

3.E+07

2.E+07

1.E+07

0.E+00
0 1000 2000 3000 4000 5000
Tempo [s]
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
Esempio – Copertura DG BANK
Temperatura
CURVA TEMPO-TEMPERATURA
300 DATA DAL C-FAST
250

Agendo in favore di sicurezza come volume totale


Temperatura [°C]

200

150

100
viene considerato solo quello della parte più alta della
50 copertura dato che si è fatta l’ipotesi che i gas ed i
0
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000
fumi caldi siano localizzati solo in quella zona
Tempo [s]

49

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Esempio – Copertura DG BANK – Analisi strutturale in condizione di incendio
Per la modellazione delle funi sono stati utilizzati i cut-off bar con comportamento elasto-
fragile; con tali elementi si ha la possibilità di fissare i valori massimi raggiungibili in
trazione e in compressione.

50
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
Esempio – Copertura DG BANK – Analisi strutturale in condizione di incendio

Sollecitazioni

Ffi,d,t J GA ˜ Gk  \1,1 ˜ Qk,1  6Ad (t)

Gk: peso Qk: carico Pretensione Carichi termici


proprio neve nelle funi concentrati con la
(aste+vetro) distribuzione delle
temperature date dal
C-fast

Sd

Verifica Sfi,d d Rfi,d 51

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA

Devono essere verificati i due elementi maggiormente sollecitati della copertura:


una trave di irrigidimento di sezione a T e un’asta d’arco di sezione rettangolare.
Tali elementi devono resistere a sforzo di compressione. La resistenza di progetto al
carico di punta Nb,fi,t,Rd di una sezione trasversale di classe 1, 2 o 3 è definita in tale
modo dall’EC3:

ª Ffi º A ˜ ky,Tmax ˜ f y
Nb,fi,t,Rd « 1, 2 » ˜
¬ ¼ J M,fi

ky,q,max è il fattore di riduzione da 3.2.1 ENV 1993-1-1 per la resistenza allo


snervamento dell’acciaio alla temperatura massima dell’acciaio qa,max raggiunta al
tempo t;

52
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA

Ffi è il fattore di riduzione per l’instabilità flessionale in una situazione di


progettazione di incendio. Essa viene definito partendo dal fattore di riduzione per
temperatura ambiente definito come:

1 Determinazione di H in f(t)
F 0,5 I 0,5 ª1  D O q,max  0, 2  O º
2
t kE,T ky,T H
I  ª¬I2  O q,max º¼ ¬ ¼ [°C] [/] [/] [/]
20 1,000 1,000 0,81
100 1,000 1,000 0,81
0.5 200 0,900 1,000 0,77
O q,max O ˜ ª¬ky,T ,max kE,T ,max º¼ 300 0,800 1,000 0,73
0,5 400 0,700 1,000 0,68
H ª 235 f y ˜ kE,T ky,T º
0,5 ¬ ¼ 500 0,600 0,780 0,71
O O O 1 ˜ >E A @ 600 0,310 0,470 0,66
700 0,130 0,230 0,61
800 0,090 0,110 0,74
900 0,068 0,060 0,86
0,5 1000 0,045 0,040 0,86
O l0 Umin O1 S ˜ ª¬ E f y º¼ 93,9H 1100 0,023 0,020 0,86
1200 0,000 0,000 0,00
53

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA

E’ necessario calcolare la variazione di R in f(t). Facendo riferimento all’analisi eseguita


con il C-fast, si vede come la struttura sia in grado di resistere alla temperatura massima
raggiunta (circa 300°C) mentre se si fa riferimento alla curva ISO tale verifica non è
soddisfatta.

ISO 834 Temperatura

1400
300
1200
250
1000
Temperatura (°c)

Temperatura [°C]
200
800

600
150

400 100

200 50

0
0
0 50 100 150 200 250 300
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000
Classe di incendio (minuti)
Tempo [s]

55

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA

OSSERVAZIONE: per semplicità si suppone di far variare con la temperatura


solo la parte relativa alla resistenza. In teoria si dovrebbe far variare anche la
parte sollecitante, ma se si dimostra che la struttura non è in grado di resistere ad
un carico di minore entità, non ha senso fare analisi più accurate. Inoltre le
sollecitazioni aggiuntive dovute alle deformazioni termiche sono di modesta
entità se messe in relazione con le perdite di resistenza a parità di temperatura.

56
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA

VERIFICA SEZIONE A T

Determinazione di N b,fi,t,Rd
T Jmfi ky,Tmax O0 O1 O't=20°C O'T,max I Ffi Nb,fi,t,Rd Ns,d
Verifica
[°C] [/] [/] [m] [m] [/] [/] [/] [/] [kN] [kN]
20 1,00 1,00 94 76 1,23 1,23 1,51 0,42 968 445 ok
100 1,00 1,00 94 76 1,23 1,23 1,51 0,42 968 445 ok
200 1,00 1,00 94 72 1,30 1,37 1,72 0,36 835 445 ok
300 1,00 1,00 94 68 1,38 1,54 2,01 0,30 698 445 ok
400 1,00 1,00 94 64 1,47 1,76 2,43 0,24 563 445 ok
500 1,00 0,78 94 67 1,40 1,60 2,12 0,28 512 445 ok
600 1,00 0,47 94 62 1,51 1,87 2,65 0,22 240 445 Cede
700 1,00 0,23 94 57 1,64 2,18 3,35 0,17 90 445 Cede
800 1,00 0,11 94 69 1,36 1,50 1,95 0,31 80 445 Cede
900 1,00 0,06 94 81 1,16 1,09 1,32 0,49 68 445 Cede
1000 1,00 0,04 94 81 1,16 1,09 1,32 0,49 45 445 Cede
1100 1,00 0,02 94 81 1,16 1,09 1,32 0,49 23 445 Cede

57

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA

VERIFICA SEZIONE A T
Andamento in f(temperatura)
Resistenza/Sollecitazione [kN]

1200

1000

800
C-FAST
600

400

200 ISO
0
20 120 220 320 420 520 620 720 820 920 1020
Temperatura [°C]

Resistenza Sollecitazione

58
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE
Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA

VERIFICA SEZIONE RETTANGOLARE

Determinazione di N b,fi,t,Rd
T Jmfi ky,Tmax O0 O1 O't=20°C O'T,max I Ffi Nb,fi,t,Rd Ns,d
Verifica
[°C] [/] [/] [m] [m] [/] [/] [/] [/] [kN] [kN]
20 1,00 1,00 100 76 1,31 1,31 1,63 0,39 273 160 ok
100 1,00 1,00 100 76 1,31 1,31 1,63 0,39 273 160 ok
200 1,00 1,00 100 72 1,38 1,45 1,86 0,33 234 160 ok
300 1,00 1,00 100 68 1,46 1,64 2,19 0,27 195 160 ok
400 1,00 1,00 100 64 1,56 1,87 2,66 0,22 156 160 Cede
500 1,00 0,78 100 67 1,49 1,70 2,32 0,26 143 160 Cede
600 1,00 0,47 100 62 1,61 1,98 2,91 0,20 66 160 Cede
700 1,00 0,23 100 57 1,74 2,32 3,70 0,15 25 160 Cede
800 1,00 0,11 100 69 1,45 1,60 2,12 0,28 22 160 Cede
900 1,00 0,06 100 81 1,23 1,16 1,41 0,45 19 160 Cede
1000 1,00 0,04 100 81 1,23 1,16 1,41 0,45 13 160 Cede
1100 1,00 0,02 100 81 1,23 1,16 1,41 0,45 6 160 Cede

59

ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE


Esempio – Copertura DG BANK – VERIFICHE DI RESISTENZA

VERIFICA SEZIONE RETTANGOLARE

Andamento in f(temperatura)
Resistenza/Sollecitazione [kN]

300

250

C-FAST
200

150

100

50
ISO
0
20 120 220 320 420 520 620 720 820 920 1020

Temperatura [°C]

Resistenza Sollecitazione

60
ANALISI AL FUOCO DELLE STRUTTURE

Esempio – Copertura DG BANK – CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La curva ISO di normativa risulta troppo severa per analizzare ambienti di grandi
dimensioni, in particolare se si devono verificare strutture in acciaio, molto
sensibili alle temperature. In questo caso sarebbe opportuno eseguire un’analisi più
completa della situazione tramite, ad esempio, l’utilizzo della curva tempo-
temperatura fornita dal C-fast.

61
FIRE SAFETY DESIGN

I campi del Fire Safety Design

PREVENZIONE (Contents/Finish control)


PROTEZIONE ATTIVA (Active Fire Protection)
PROTEZIONE PASSIVA (Passive Fire Protection)
SMOKE MANAGEMENT SYSTEM
RILEVAZIONE ED ALLARME (Detection and alarm)

IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE (Manual firefighting)


SISTEMI DI EVACUAZIONE (Egress Systems)

PROTEZIONE ATTIVA

2
PROTEZIONE ATTIVA

Molto in generale per PROTEZIONE ATTIVA si intende ogni tipo di sistema che abbia
come obiettivo quello di sopprimere l’incendio (FIRE SUPPRESSION SYSTEM). Per
la stragrande maggioranza degli edifici questo scopo viene raggiunto mediante un
sistema di spegnimento automatico.

Gli impianti automatici a pioggia di acqua (SPRINKLER) sono sicuramente i più


diffusi. Funzione e scopo dello sprinkler, una volta segnalato l'incendio dalla rete dei
rilevatori, è quello di spegnerlo, oppure, quantomeno contenerne lo sviluppo.

PROTEZIONE ATTIVA
L'impianto è costituito da:
una serie di erogatori chiusi da un elemento termosensibile, alimentati da una rete di
distribuzione fissa; la rottura dell'elemento termosensibile permette la fuoriuscita dell'acqua;
una o più stazioni di controllo cui fa capo ogni
sezione di impianto; alle stazioni sono direttamente
collegate le campane di allarme idraulico;
una o più alimentazioni idriche.

Gli impianti
automatici di
estinzione a
pioggia trovano
impiego in tutti i
casi in cui l'acqua
non risulta
controindicata.
PROTEZIONE ATTIVA
IMPIANTI DI ESTINZIONE A SCHIUMA
Un altro tipo di impianto di spegnimento è quello a schiuma. Si tratta di un impianto
automatico per la produzione di schiuma e la relativa distribuzione sull'area protetta.
Data la relativa instabilità della schiuma, questa viene prodotta solo al momento
dell'utilizzazione miscelando aria con una soluzione schiumogena, ottenuta diluendo uno
schiumogeno concentrato con acqua.

La soluzione può essere


ottenuta:
per iniezione di
concentrato nell'acqua
tramite pompe dosatrici o
apparecchiature a
spostamento di liquido;
per aspirazione di
concentrato dall'acqua
tramite eiettore;
per miscelazione in
circuito separato.
5

SMOKE MANAGEMENT
SYSTEM

6
SMOKE MANAGEMENT SYSTEM

La principale causa di morte dovuta ad un incendio non è per esposizione diretta alle
fiamme ma per soffocamento.
È fondamentale, per una sicura evacuazione degli occupanti di un edificio, tenere quanto
più possibile le vie di fuga sgombre da fumi.

Con il termine “Smoke Management System” si indica un complesso sistema di gestione


dei fumi allo scopo di ridurre per quanto possibile il rischio di intossicazione e di
offuscamento delle vie di uscita.

Il sistema di controllo e gestione dei fumi può avvenire tramite l’utilizzo di due
strategie:

EXHAUST SYSTEM

PRESSURIZATION SYSTEM

SMOKE MANAGEMENT SYSTEM

L’“EXHAUST SYSTEM” consiste nel creare delle aperture adibite all’esausto dei
fumi e del calore. Tali aperture vengono utilizzate per GRANDI ATRII ED EDIFICI
e possono essere collocate sui tetti.

Il sistema è tarato in modo tale che, quando le apparecchiature rilevano un incendio,


le aperture si aprono automaticamente e si azionano i ventilatori.

Le aperture vengono dimensionate in modo da essere in grado di espelle un


quantitativo di fumi sufficiente per mantenere il layer di fumi ad un altezza superiore
di quella media di un individuo, per permettere una fuga sicura.

8
SMOKE MANAGEMENT SYSTEM
Il “PRESSURIZATION SYSTEM” consiste nel controllare la propagazione dei
fumi all’interno di un edificio tramite differenze di pressione fra gli ambienti da
proteggere. Si considerino ad esempio due ambienti di analisi, due stanze adiacenti
separate da una barriera, in questo caso costituita da una porta. Venga instaurata una
differenza di pressione fra le due stanze. La stanza con la pressione più elevata può
essere una regione di fuga o di rifugio, mentre quella a pressione più bassa è quella in
cui si può sviluppare l’incendio.

Le infiltrazioni di aria attraverso la porta e le fessure strutturali ostacolano il


passaggio dei fumi nella stanza ad elevata pressione. 9

SMOKE MANAGEMENT SYSTEM

Affinché il sistema sia efficace, lo smoke control system deve produrre una
differenza di pressione nella direzione desiderata in condizioni di incendio. Il fuoco
incrementa la pressione dovuta all’effetto di sollevamento (buoyancy effect) dei gas
caldi, e il valore della pressione dell’edificio fluttua a causa della differenza della
pressione barometrica dovuta, oltre che al buoyancy effect, anche al vento,
all’apertura e chiusura di porte e finestre, alla ventilazione meccanica, ecc.

È necessario prevedere quale potrà essere la distribuzione di pressione in caso di


incendio all’interno dell’edificio, per determinare il percorso dei fumi. E tale calcolo
diventa complesso se si devono analizzare edifici di discrete dimensioni.

10
SMOKE MANAGEMENT SYSTEM

La determinazione del percorso dei fumi viene di solito realizzata mediante l’ausilio
di due strumenti combinati:

NETWORK TRANSPORTATION MODEL (es.: CONTAMW);


MODELLO A ZONE (es.: CFAST).

Il metodo consiste nell’utilizzare il modello a zone per simulare il fuoco e il percorso


dei prodotti della combustione negli spazi adiacenti all’incendio e di relegare il
compito di calcolare i percorsi del fumo nel resto dell’edificio ad un modello a rete.

11

SMOKE MANAGEMENT SYSTEM

CONTAMW è un “Network Airflow Program” che è in grado di simulare il flusso


contaminato. Il modello fu sviluppato per studiare la qualità dell’aria negli edifici ma
è stata poi estesa la sua applicazione allo Smoke Management.

CONTAMW risolve l’equazione di continuità della massa in una rete, che


costituisce l’edificio, e può risolvere anche le equazioni che determinano la
concentrazione di uno o più agenti contaminanti che il flusso porta lungo la rete.

12
SMOKE MANAGEMENT SYSTEM

I DUE MODELLI A CONFRONTO:

Il MODELLO A ZONE è in grado di calcolare le differenze di pressione fra una


stanza all’altra e i percorsi dei fumi ma ha il grosso limite di essere stabile
numericamente solo CON UN NUMERO DI STANZE RELATIVAMENTE
MODESTO.

Il NETWORK MODEL è utilizzato per simulare flussi di aria in edifici con centinaia
di stanze. Per applicazioni nel campo dell’antincendio, CONTAMW è svantaggiato
perchè non risolve l’equazione dell’energia ed è quindi incapace di calcolare la
temperatura nei vari spazi dell’edificio. NON È POSSIBILE, quindi, con un
modello a rete, PREVEDERE come può variare la DISTRIBUZIONE DELLE
PRESSIONI NELL’EDIFICIO IN FUNZIONE DELLA TEMPERATURA.

13

SMOKE MANAGEMENT SYSTEM


SI CERCA UN CONPROMESSO:
Per calcolare la distribuzione delle pressioni in funzione della temperatura si utilizza
in prima battuta il CFAST. Si calcolano, per un numero di stanze limitato attorno
all’incendio, temperature e pressioni che forniranno le condizioni iniziali per
un’analisi con il CONTAMW.
Naturalmente si deve trascurare la variazione di temperatura delle stanze non
modellate in CFAST, ma, considerando che lontano dall’incendio tale variazione può
anche essere considerata trascurabile, si possono ottenere risultati accettabili.

Ovviamente bisogna sempre tenere in considerazione tale problema e verificare a


“sensibilità” se i risultati possono essere congruenti.
Si sta cercando, comunque, di realizzare una piattaforma che interfacci i due software
in modo da rendere più snelle le operazioni progettuali.

14
IMPIANTI DI
SPEGNIMENTO
MANUALE

15

IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE


Gli impianti di spegnimento manuale vengono utilizzati come strumento di primo
intervento, quando l’incendio risulta ancora di dimensioni contenute. Di solito sono
costituiti da ESTINTORI o da MANICOTTI.

GLI ESTINTORI

Un incendio nasce di solito come piccolo focolaio; in questa fase è possibile contrastarlo
con l’uso degli estintori. Essi possono essere di due tipi: portatili (di minor peso e più
diffusi) o carrellati (maggiore capacità estinguente) e vengono classificati a seconda del
tipo di incendio sul quale è necessario intervenire.

Classe A: fuochi da materiali Classe B: fuochi da


solidi, generalmente di natura liquidi o da solidi
organica, la cui combustione
liquefatti
avviene con formazioni di
braci
Classe C: fuochi di gas Classe D: fuochi da metalli
infiammabili
16
IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE

Su ogni estintore sono riportate, oltre le istruzioni per l’impiego e gli estremi
dell’omologazione CE, le principali caratteristiche dell’apparecchio. Le lettere in
stampatello maiuscolo indicano le classi di incendio compatibili con l’impiego.

Per esempio, la sigla 21A 89B C descrive la capacità di intervento di un estintore


avente le seguenti proprietà:
21A: è associato al potere di spegnimento di un estintore relativo a una catasta di
legno delle dimensioni di 50 cm in larghezza e altezza, e 210 cm in lunghezza.
89B: è associato al potere di spegnimento di un estintore relativo ad un liquido
infiammabile composto per 2/3 (59,33 litri) di benzina e per 1/3 (29,67 litri) di
acqua, contenuto in una vasca di diametro variabile; la quantità di liquido totale è 89
litri, da cui il codice.
C: indica che tale estintore è adatto allo spegnimento degli incendi derivati da gas
infiammabili.

… Vedi D.M. 20/12/1982

17

IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE

GLI ESTINTORI
Gli estintori nei locali pubblici prevedono valori minimi di 13A 89B C ; devono essere
collocati ad un'altezza di 150 cm da terra e distribuiti uno ogni 200 mq. E' comunque
necessario che si trovino in prossimità degli accessi ed in vicinanza delle aree di
maggior pericolo.
Gli estintori si distinguono anche a seconda della sostanza estinguente contenuta:

Ad acqua - Ormai in disuso;


A schiuma - Liquidi infiammabili;
A idrocarburi alogenati - Motori e
macchinari;
A polvere - Liquidi infiammabili ed
apparecchiature elettriche;
Ad anidride carbonica (CO2) -
Quadri elettrici
IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE
L’estintore a polvere
L'estintore a polvere interviene sul principio di incendio formando una crosta che,
"indurendosi", soffoca il fuoco. Contiene una miscela di bicarbonato di sodio e polvere
inerte (polvere d'ammonio) ed è collegato ad una bombola di gas compresso o liquefatto.
La polvere viene espulsa grazie al gas propellente che può essere CO2 (per estintori di
capacità fino a 30 Kg) o aria/azoto in pressione a 150 atm (per estintori di capacità
maggiore).

Sotto l'impugnatura dell'estintore è


visibile un manometro col quale è
possibile tenere sempre sotto controllo
il valore della pressione presente. Se la
lancetta si trova nel settore verde, i
valori della pressione sono ottimali.

19

IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE

Se la lancetta si trova nel settore verde, i valori della pressione sono ottimali. Questo tipo
di controllo rientra fra le ispezioni da svolgersi mensilmente.
Ogni sei mesi, invece, gli estintori devono essere verificati da un incaricato della azienda
produttrice, che procederà alla vidimazione sull'apposito cartellino, posto sul collo
dell'estintore.
La revisione degli estintori a polvere va eseguita ogni 3 anni.

20
IMPIANTI DI SPEGNIMENTO MANUALE

L’utilizzo degli estintori avviene come segue:

prelevare l’estintore e tira il fermo di sicurezza. Questo sblocca la


leva per l’utilizzo e permette all’agente estinguente di uscire
dall’estintore.

impugnare l’estintore con una mano e con l’altra l’erogatore e


azionare la leva di erogazione;

dirigere il getto alla base delle fiamme, con direzione quasi


parallela al pavimento, sventagliando da destra a sinistra;

evitare di colpire la fiamma dall’alto in basso e di sparpagliare


l’incendio con un’erogazione troppo violenta;

avvicinarsi progressivamente tenendosi comunque a debita distanza;

se si interviene in due occorre avanzare tenendosi sullo stesso fronte;

tenersi pronti a raggiungere un ulteriore estintore in caso di esaurimento di quello


impiegato.
21

SISTEMI DI
EVACUAZIONE

22
SISTEMI DI EVACUAZIONE

EGRESS SYSTEM DESIGN – Sistemi di evacuazione


La capacità degli occupanti di evacuare agevolmente un edificio nel caso di scoppio di
un incendio è di estrema importanza.

La pianificazione delle vie di fuga deve considerare non solo la progettazione


dell’edificio e degli impianti di rilevazione, allarme e spegnimento, ma anche la
MOBILITÀ DEGLI OCCUPANTI, le caratteristiche di COMPORTAMENTO delle
persone e il LIVELLO DI ADDESTRAMENTO per l’evacuazione che viene fornito
tramite tests.

23

SISTEMI DI EVACUAZIONE
I sistemi di fuga sono costituiti da tre componenti primari:
LE VIE DI ACCESSO ALL’USCITA: è il percorso che gli occupanti devono
seguire per raggiungere l’uscita;
L’USCITA: è il percorso protetto che permette agli occupanti di lasciare l’edificio
senza essere soggetti ai rischi dell’incendio;
LO SMALTIMENTO DELL’USCITA: è un percorso pianificato che direziona gli
occupanti in modo sicuro lontano dall’incendio.

24
SISTEMI DI EVACUAZIONE

L’elemento fondamentale per la progettazione delle vie di fuga è la quantificazione del


“CARICO” di occupanti da smaltire.
Quante persone ci saranno e dove verranno posizionate all’interno dell’edificio?
Una volta che si calcola questo fattore si può determinare la LARGHEZZA richiesta per
le vie di fuga.

25

SISTEMI DI EVACUAZIONE
La sicurezza delle vie di fuga si ottiene mediante una progettazione ad hoc dell’edificio:
si deve considerare la PIANTA DEL PIANO, la PROTEZIONE DELLE VIE DI FUGA,
la DISTANZA DA PERCORRERE, il LIVELLO DI PROTEZIONE AL FUOCO, la
MOBILITÀ DEGLI OCCUPANTI e le CARATTERISTICHE DI
COMPORTAMENTO.
È necessario anche progettare la segnaletica di evacuazione, le luci di emergenza e lo
smoke management.

26
SISTEMI DI EVACUAZIONE
Verificare se una via di fuga è efficace o meno, è molto complesso.
Possono comunque essere seguite delle linee guida, riportate nella normativa.
Il sistema di fuga non può, tuttavia, essere verificato completamente se non nel corso di
un’emergenza, quando si è di fronte ad una crisi reale. E se non funziona, le
conseguenze possono essere gravi.

27

SISTEMI DI EVACUAZIONE
Per far fronte a questo problema e verificare le vie di fuga, si può fare ricorso all’utilizzo
di SIMULAZIONI NUMERICHE.
Mediante l’utilizzo di un network flow, un flusso di rete, che si appoggia alle equazioni
della fluidodinamica, sono stati sviluppati diversi tipi di software che cercano, per
quanto possibile, di simulare il comportamento di individui soggetti ad uno stato di
panico.

28
SISTEMI DI EVACUAZIONE

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Normativa di carattere generale

DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 27 aprile 1955, n. 547 - Norme per la


prevenzione degli infortuni sul lavoro

DECRETO MINISTERIALE 30 novembre 1983 - Termini, definizioni generali e


simboli grafici di prevenzione incendi

DECRETO LEGISLATIVO 19 settembre 1994, n. 626 - Attuazione delle direttive


89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE,
90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42, 98/24 e 99/38 riguardanti il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro

DECRETO MINISTERIALE 10 marzo 1998 - Criteri generali di sicurezza


antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro

29

SISTEMI DI EVACUAZIONE

NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Percorsi
DECRETO MINISTERIALE 19 agosto 1996 - Approvazione della regola tecnica
di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di
intrattenimento e di pubblico spettacolo – Punto 4.3

DECRETO MINISTERIALE 10 marzo 1998 - Criteri generali di sicurezza


antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro – Allegato III

Scale e Rampe
DECRETO MINISTERIALE 9 aprile 1994 - Approvazione della regola tecnica
di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-
alberghiere – Punto 7.3

DECRETO MINISTERIALE 10 marzo 1998 - Criteri generali di sicurezza


antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro – punto 3.6
30
SISTEMI DI EVACUAZIONE

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Ascensori e montacarichi

• D.P.R. 29 maggio 1963, n. 1497


• D.M. 16 maggio 1987, n. 246, punto 2.5
• D.M. 9 aprile 1994, punti 6.7, 6.8 e 9
• Lett. circ. 13 luglio 1995, n. 1208/4135

Segnaletica e illuminazione
D.P.R. 14 agosto 1996, n. 493

31

SISTEMI DI EVACUAZIONE

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Uscite

• D.M. 30 novembre 1983, punti 3.1, 3.5 e 3.6


• D.M. 1° febbraio 1986, punto 3.10.5
• D.M. 26 agosto 1992, punto 5.4
• D.M. 9 aprile 1994, punti 4, 7.3 e 7.5
• D.M. 19 agosto 1996, punto 4.3.4
• Lett. circ. 17 febbraio 1975, n. 5210

32
SISTEMI DI EVACUAZIONE

Decreto legislativo 10 marzo 1998


Allegato III - Misure relative alle vie di uscita in caso di incendio

3.1 - DEFINIZIONI

AFFOLLAMENTO: numero massimo ipotizzabile di lavoratori e di altre persone


presenti nel luogo di lavoro o in una determinata area dello stesso;
LUOGO SICURO: luogo dove le persone possono ritenersi al sicuro dagli effetti di
un incendio;
PERCORSO PROTETTO: percorso caratterizzato da una adeguata protezione contro
gli effetti di un incendio che può svilupparsi nella restante parte dell'edificio. Esso può
essere costituito da un corridoio protetto, da una scala protetta o da una scala esterna.

33

SISTEMI DI EVACUAZIONE

Decreto legislativo 10 marzo 1998


Allegato III - Misure relative alle vie di uscita in caso di incendio

USCITA DI PIANO: uscita che consente alle persone di non essere ulteriormente
esposte al rischio diretto degli effetti di un incendio e che può configurarsi come
segue:
a) uscita che immette direttamente in un luogo sicuro;
b) uscita che immette in un percorso protetto attraverso il quale può essere raggiunta
l'uscita che immette in un luogo sicuro;
c) uscita che immette su una scale esterna.
VIA DI USCITA ( da utilizzare in caso di emergenza): percorso senza ostacoli al
deflusso che consente agli occupanti un edificio o un locale di raggiungere un luogo
sicuro.

34
SISTEMI DI EVACUAZIONE

Decreto legislativo 10 marzo 1998


Allegato III - Misure relative alle vie di uscita in caso di incendio

3.2 - OBBIETTIVI

3.3 - CRITERI GENERALI DI SICUREZZA PER LE VIA DI FUGA

3.4 - SCELTA DELLA LUNGHEZZA DEI PERCORSI DI ESODO

3.5 - NUMERO E LARGHEZZA DELLE USCITE DI PIANO

3.6 - NUMERO E LARGHEZZA DELLE SCALE

3.7 - MISURE DI SICUREZZA ALTERNATIVE

3.8 - MISURE PER LIMITARE LA PROPAGAZIONE DELL'INCENDIO NELLE


VIE Dl USCITA

35

SISTEMI DI EVACUAZIONE

Decreto legislativo 10 marzo 1998


Allegato III - Misure relative alle vie di uscita in caso di incendio

3.9 - PORTE INSTALLATE LUNGO LE VIE Dl USCITA

3.10 - SISTEMI DI APERTURA DELLE PORTE

3.11 - PORTE SCORREVOLI E PORTE GIREVOLI

3.12 - SEGNALETICA INDICANTE LE VIE DI USC1TA

3.13 - ILLUMINAZIONE DELLE VIE DI USCITA

3.14 - DIVIETI DA OSSERVARE LUNGO LE VIE DI USC1TA

36
SISTEMI DI EVACUAZIONE

Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.


Adempimenti di prevenzione e protezione antincendio

PROCEDURE DA ATTUARE IN CASO DI INCENDIO

Si prescrive di redigere e tenere aggiornato UN PIANO DI EMERGENZA PER IL


LUOGO DI LAVORO, che deve contenere nei dettagli:

le azioni che i lavoratori devono mettere in atto in caso di incendio;


le procedure per l'evacuazione dal luogo di lavoro che devono essere attuate dai
lavoratori e da altre persone presenti;
le disposizioni per chiedere l'intervento dei vigili del fuoco e per informarli al loro
arrivo.

37

SISTEMI DI EVACUAZIONE

Il piano di emergenza deve identificare un adeguato numero di persone incaricate di


sovrintendere e controllare l'attuazione delle procedure previste. I fattori da tenere
presenti nella predisposizione del piano sono:

le caratteristiche dei luoghi, con particolare riferimento alle vie di esodo;


i sistemi di allarme;
il numero di persone presenti e la loro ubicazione;
lavoratori esposti a rischi particolari (disabili, appaltatori, etc.);
numero di incaricati al controllo dell'attuazione del piano e all'assistenza
nell'evacuazione;
livello di addestramento fornito al personale.

38
SISTEMI DI EVACUAZIONE

Il piano deve essere basato su chiare istruzioni scritte e deve includere:

i doveri del personale di servizio incaricato a svolgere specifiche mansioni con


riferimento alla sicurezza antincendio (telefonisti, custodi, capi reparto, addetti alla
manutenzione, personale di sorveglianza, etc.);
i doveri del personale cui sono affidate particolari responsabilità in caso di incendio;
i provvedimenti per assicurare che tutto il personale sia informato ed addestrato sulle
procedure da attuare;
le specifiche misure da porre in atto nei confronti dei lavoratori esposti a rischi
particolari;
specifiche misure per le aree ad elevato rischio di incendio;
procedura di chiamata dei vigili del fuoco e di informazione al loro arrivo e di
assistenza durante l'intervento.

39

SISTEMI DI EVACUAZIONE

Per luoghi di lavoro di PICCOLE DIMENSIONI, il piano può limitarsi a degli avvisi
comportamentali scritti.

Per luoghi di lavoro, facenti capo a titolari diversi ed ubicati nello stesso edificio, il
piano deve essere elaborato in collaborazione tra i vari occupanti.

Per i luoghi di lavoro di MAGGIORI DIMENSIONI o complessi, il piano deve


includere anche una planimetria nella quale siano riportate:

le caratteristiche plano-volumetriche del luogo di lavoro (distribuzione e


destinazione dei vari ambienti, vie di esodo);
attrezzature ed impianti di spegnimento (tipo, numero ed ubicazione);
ubicazione degli allarmi e della centrale di controllo;
ubicazione dell'interruttore generale dell'alimentazione elettrica, valvole di
intercettazione delle adduzioni idriche, di gas e fluidi combustibili.

40
SISTEMI DI EVACUAZIONE

ESERCITAZIONI ANTINCENDIO

In aggiunta alla formazione, il personale deve partecipare, periodicamente (almeno una


volta l'anno) ad una esercitazione per mettere in pratica le procedure di evacuazione.
Dove vi sono vie di esodo alternative, l'esercitazione deve basarsi sul presupposto che
una di esse non possa essere utilizzata a causa di un incendio.
L'esercitazione deve essere condotta nella maniera più realistica possibile, senza mettere
in pericolo i partecipanti.
L'esercitazione ha inizio dal momento in cui viene fatto scattare l'allarme e si conclude
una volta raggiunto il punto di raccolta e fatto l'appello dei partecipanti.
Nei piccoli luoghi di lavoro, tale esercitazione deve semplicemente coinvolgere il
personale nell'attuare quanto segue:

percorrere le vie di esodo


identificare le porte resistenti al fuoco
identificare l'ubicazione dei dispositivi per dare l'allarme
identificare l'ubicazione delle attrezzature di spegnimento.
41

IMPIANTI DI
RILEVAZIONE ED
ALLARME

42
IMPIANTI DI RILEVAZIONE E ALLARME

LA RIVELAZIONE AUTOMATICA DI INCENDIO

La rilevazione di un principio d’incendio, come il suo spegnimento, sono fenomeni che


devono prodursi in un intervallo di tempo estremamente ristretto, ovvero con
tempestività, in quanto i danni causati dall’incendio aumentano esponenzialmente rispetto
al tempo di fuoco.

I rilevatori automatici di incendio sono dispositivi installati nella zona da sorvegliare e


sono in grado di misurare come variano nel tempo le grandezze tipiche della
combustione, trasmettendo un segnale d'allarme in un luogo presidiato.

Il compito dei rivelatori è quindi quello di segnalare un principio d'incendio in un tempo


ragionevolmente breve ed in modo affidabile per:

a) avviare un tempestivo piano di sfollamento;


b) attivare i piani d'intervento;
c) attivare eventuali sistemi di sicurezza.
43

IMPIANTI DI RILEVAZIONE E ALLARME

La rilevazione avviene per il tramite d’un riconoscimento del principio d’incendio da


parte di unità sensorie specifiche: i RIVELATORI AUTOMATICI.
Il segnale di rivelazione viene trasmesso dalle unità sensorie alla unità centrale di
comando e controllo e da questa gestito.

Le unità sensorie possono essere di tre distinte tipologie:

unità sensoria a rivelazione di FUMO;

unità sensoria a rivelazione di CALORE;

unità sensoria a rivelazione di FIAMMA.

44
IMPIANTI DI RILEVAZIONE E ALLARME
RILEVATORI DI FUMO

Tutti i rilevatori di fumo sono costituiti da due parti: un sensore che rileva il fumo e un
segnale acustico molto acuto in grado di svegliare le persone.

Si possono trovare tre di tipi di rilevatori di fumo: fotoelettronico, a oscuramento o a


ionizzazione.
I rivelatori di tipo fotoelettronico sono sensibili alla ricezione di luce provocata dalle
particelle di fumo (Tyndall Effect); i rivelatori ad oscuramento basano il loro effetto
sulla scomparsa della luce provocata dalle particelle di fumo medesime. Infine i
rivelatori a ionizzazione reagiscono in presenza di un costituente chimico-fisico
caratteristico del fumo di combustione, cioè il radicale libero.

45

SISTEMI DI EVACUAZIONE

OSSERVAZIONI

L’utilizzo degli strumenti di rilevazione e allarme permette di localizzare la


zona del focolaio e individuare le aree da tenere sotto controllo e quelle da
allertare.
In questo modo è possibile evitare situazioni di panico o reazioni non
commisurate all’effettivo rischio. Ad es. si evita lo sfollamento di un intero
edificio a fronte di incendio modesto in un solo locale.

Il sistema di rivelazione va concepito in modo da limitare il rischio di falsi


allarmi, specialmente quando il sistema aziona impianti di spegnimento o è
collegato ad altre funzioni.

46
SISTEMI DI EVACUAZIONE

Le segnalazioni di allarme vanno inviate in luoghi nei quali sia possibile


prendere provvedimenti e avviare il piano d'intervento nei tempi previsti.

È necessario verificare periodicamente il piano d'intervento e la sua


attuazione nei tempi previsti nonchè il desiderato grado di affidabilità.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO
SISTEMI FISSI AUTOMATICI DI RIVELAZIONE D'INCENDIO

UNI 9795
NFPA (National Fire Protection Association) c. 72

47
PROCEDURE PER LA
PROGETTAZIONE
ANTINCENDIO

PROCEDURE PER LA PROGETTAZIONE ANTINCENDIO

L’organo deputato al controllo del rispetto delle norme antincendio è


il COMANDO PROVINCIALE DEI VIGILI DEL FUOCO, che
opera esaminando i progetti e rilasciando parere obbligatorio e
vincolante sugli stessi, ed effettuando alla fine dei lavori una visita
all’opera ed un esame delle certificazioni dei materiali e degli
impianti eseguiti, con successivo rilascio di un documento, il
CERTIFICATO DI PREVENZIONE INCENDI (C.P.I.), che il
titolare dell’attività che si svolgerà nell’edificio oggetto dei lavori,
deve obbligatoriamente possedere per legge.

2
PROCEDURE PER LA PROGETTAZIONE ANTINCENDIO

La normativa (D.M.I. 16/02/1982 e D.P.R n° 37/98) elenca tutte le attività soggette


alle visite di prevenzione incendi, per le quali è obbligatorio il parere dei VVF sul
progetto e l’emissione del C.P.I. Le altre attività non sono soggette al controllo dei
VVF, ma il progettista deve comunque operare in conformità alle norme antincendio,
se queste esistono.

Ad esempio, le scuole con più di 100 persone


presenti sono un’attività (la n°85 del D.M.I.
16/02/82) soggetta a controllo dei VVF,
mentre quelle con meno di 100 persone no.
Esiste, però, un decreto (il D.M. 26/08/92) che
detta norme per tutte le scuole; pertanto
dovendo intervenire su una scuola con meno di
100 persone, il progettista dovrà comunque
rispettare la normativa anche se poi non
richiederà né il parere, né il C.P.I. ai VVF.

PROCEDURE PER LA PROGETTAZIONE ANTINCENDIO

La procedura di rilascio del C.P.I. è regolata dalla legge n.437 del 27 ottobre
1995. In tutto, in tale procedura, si possono individuare tre campi:

Adempimento del soggetto (titolare e/o gestore);

Adempimenti del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco;

Tempi massimi di risposta stabiliti per ogni richiesta di certificazione


(esame di progetto, deroga, certificato di prevenzione incendi, rinnovo
del CPI).

Dopo il rilascio del certificato, il responsabile dell’attività è tenuto ad


osservare le limitazioni, i divieti e, in genere, le condizioni di esercizio
indicate nel certificato stesso, nonché a curare il mantenimento
dell’efficienza dei sistemi, dei dispositivi e delle attrezzature finalizzati alla
prevenzione incendi.
4
L’attività è soggetta a rilascio
CPI?
(D.M.I. 16/02/1982 e D.P.R n°
37/98)

Il Comando esamina la domanda


e, con proprio parere motivato,
la trasmette entro 30 gg dal
ricevimento all’Ispettorato
regionale dei vigili del fuoco
che si pronuncia entro 60 gg
dalla ricezione, dandone
comunicazione al comando ed al
richiedente. L’ispettorato
trasmette ai competenti organi
tecnici del Corpo nazionale dei
Vigili del Fuoco i dati inerenti
alle deroghe esaminate per la
costruzione della banca dati, da
utilizzare per garantire i
necessari indirizzi e l’uniformità
applicativa nei procedimenti di
deroga.

PROCEDURE PER LA PROGETTAZIONE ANTINCENDIO

Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività

Gli enti ed i privati responsabili di attività soggette ai controlli di


prevenzione incendi hanno l’obbligo di mantenere in stato di efficienza i
sistemi, i dispositivi, le attrezzature ed altre misure di sicurezza
antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di
manutenzione secondo le cadenze temporali indicate dal Comando
Provinciale dei Vigili del Fuoco nel certificato di prevenzione o all’atto
del rilascio della ricevuta a seguito della dichiarazione di rispetto della
normativa di sicurezza antincendio.

6
PROCEDURE PER LA PROGETTAZIONE ANTINCENDIO

Essi provvedono, in particolare, ad assicurare un’adeguata informazione e


formazione del personale dipendente sui rischi di incendio connessi con la
specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle
precauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un incendio e sulle
procedure da attuare in caso di incendio. I controlli, le verifiche, gli interventi
di manutenzione, l’informazione e la formazione del personale, che vengono
effettuati, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei
responsabili dell’attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e
reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del comando.Ogni
modifica delle strutture e degli impianti ovvero delle condizioni di esercizio
dell’attività, che comportano un’alterazione delle preesistenti condizioni di
sicurezza antincendio, obbliga l’interessato ad avviare nuovamente le
procedure per l’esame del progetto e, successivamente, la richiesta di
sopralluogo.

PROCEDURE PER LA PROGETTAZIONE ANTINCENDIO

RINNOVO DEL C.P.I.

Ai fini del rinnovo del Certificato Prevenzione Incendi, gli interessati


presentano al Comando Provinciale, in tempo utile e comunque prima
della scadenza, apposita domanda, corredata da una dichiarazione del
responsabile dell’attività, attestante che non è mutata la situazione
riscontrata alla data del rilascio del certificato stesso, e da una perizia
giurata, comprovante l’efficienza dei dispositivi, nonché dei sistemi e
degli impianti antincendio. Il Comando, sulla base della documentazione
prodotta, provvede entro quindici giorni dalla data di presentazione della
domanda (senza effettuazione di sopralluogo).

8
PROCEDURE PER LA PROGETTAZIONE ANTINCENDIO

Bisogna rammentare che la perizia giurata deve essere effettuata da


professionista abilitato iscritto all’albo del Ministero dell’Interno, così
come per altro previsto già dalla legge n.818/84. Tale perizia va presentata
solo per quelle attività dove sono presenti impianti e sistemi di protezione
attività antincendio come, ad esempio, impianto sprinkler, idranti, naspi,
impianti di rilevazione di fumo, ecc. Nel documento oltre alla verifica
dell’efficienza dovrà essere riportata la modalità di prova e le caratteristiche
risultanti (es. portata e pressione per quanto riguarda gli impianti idrici
antincendio). Nel caso di mancata presenza di detti impianti, la perizia
giurata non dovrà essere prodotta, come, ad esempio, in un’autorimessa
isolata con capacità di parcamento inferiore ai 50 veicoli.

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