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studio borgogni

IL MATERIALE ACCIAIO

APPROFONDIMENTO

QUADERNO TECNICO N.5

I BULLONI
QT5_2019

NORMATIVA DI RIFERIMENTO
La normativa cui viene fatto riferimento nelle fasi di calcolo e progettazione è la seguente:

• Legge n. 1086 del 5 Novembre 1971. "Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e
precompresso, ed a struttura metallica".

• Legge n. 64 del 2 Febbraio 1974. "Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche".

• D.M. 14 Gennaio 2008 . “ Nuove Norme tecniche per le Costruzioni” Pubblicato sul S.O. della G.U. n.30 del 4 febbraio 2008.

• D.M. 17 Gennaio 2018 . “Norme tecniche per le Costruzioni” Pubblicato sul S.O. della G.U. n.42 del 20 febbraio 2018.

• Circolare 2 Febbraio 2009 n. 617 Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Pubblicata sul S.O. n.27 della G.U. n.47 del 26
febbraio 2009.

• Eurocodice 1, Azioni;

• Eurocodice 3, Progettazione delle strutture di acciaio;

• Eurocodice 4, Progettazione di strutture miste acciaio-calcestruzzo;

• Eurocodice 8, Progettazione di strutture in zona sismica;

• Eurocodice 9, Progettazione di strutture in alluminio

• UNI EN 1090 – 2

• UNI EN 10025 - 1

• UNI EN 10002 - 1

• UNI EN 10045 - 1

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ANY FOOL CAN DESIGN A STRUCTURE.


IT TAKES AN ENGINEER TO DESIGN A
CONNECTION
J. P. Dowling

INTRODUZIONE - CENNI STORICI


A prima vista, un bullone può sembrare un oggetto molto semplice che tiene insieme dei componenti più
importanti e complesse, ma senza di loro, tutte le nostre strutture andrebbero in pezzi.
Inizialmente però per tenere insieme le strutture venivano usati prevalentemente i chiodi e il bullone
sostituiva solo in alcuni casi il chiodo, in altri ne accompagnava l'impiego. Si usavano bulloni quando la
ribaditura del chiodo appariva impossibile per mancanza di spazio, quando il rifollamento del gambo era
ostacolato da un eccessivo spessore da chiodare (spessore superiore a circa 6 volte il diametro del chiodo),
quando si prevedevano importanti trazioni nei gambi o quando sussisteva la prospettiva di un successivo
smontaggio. L’ Ing. Fausto Masi nel testo Costruire in Acciaio (Hoepli – riedizione ed ampliamento del
volume “La pratica delle Costruzioni in Acciaio”) a proposito della chiodatura scrive che i chiodi, in
un’ossatura metallica ben studiata, devono essere sollecitati solo a taglio, non essendo atti a resistere a
sforzi di tensione, a sopportare i quali meglio si prestano i bulloni
Tutti abbiamo presente la trama dei chiodi nelle celebri strutture dell’Ing. Eiffel (in foto la cerniera di base del
Ponte Maria Pia ad Oporto) ma i chiodi erano una soluzione altamente efficace e relativamente a basso
costo da essere usati anche per il confezionamento di travi partendo da piastre e laminati mercantili su
strutture ordinarie.

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Capita quindi che nella manualistica storica si trovino soluzioni per la costruzione di travi per mezzo di
chiodatura e che tali metodi costruttivi non fossero solo teorici ma avessero larga diffusione. A tal proposito
si allega di seguito alcune foto fatte dallo scrivente nei pressi di Todi dove è presente sul Tevere un ponte
sospeso1 ormai in stato di abbandono (un peccato perchè una vera opera d’arte) in cui le travi sono
costruite per chiodatura:

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Si tratta di uno straordinario esempio di Ponte in Ferro, di derivazione militare di tipo Bailey, utilizzato
durante la seconda Guerra Mondiale per il transito di mezzi militari e carri armati. Dopo la fine del
conflitto, venne montato dal Genio Militare Italiano, nell’attuale localizzazione ed ha costituito il primo
ponte civile di transito in quella zona consentendo alle popolazioni a destra del Tevere di poter
raggiungere la città di Todi senza doversi avvalere di barche. Ha dunque rappresentato per quelle
generazioni una straordinaria innovazione ed opportunità di sviluppo. Le condizioni del Ponte in
assenza di adeguata manutenzione sono andate progressivamente peggiorando ed è chiuso al
pubblico. Il manufatto rappresenta uno straordinario esempio di ingegneria militare e rivestirebbe
ancora oggi una importanza cruciale per il territorio consentendo il completamento, in una zona ad alta
vocazione naturalistica e turistica di percorsi lungo il fiume Tevere di straordinaria bellezza. Per chi
vuole visitarlo le coordinate sono: 42.800234°; 12.403591°.

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I bulloni in sostituzione ai chiodi in giunti stabili di strutture non secondarie, erano torniti e venivano piazzati
in fori calibrati. Essendo assai limitato il gioco foro-bullone (0,2÷0,3 mm), tutti i fori dovevano essere alesati
in cantiere, ciò che portava a costi superiori a quelli dei chiodi.

Bulloni normali venivano impiegati su strutture secondarie e, correntemente, per l'accostamento delle
superfici dei giunti chiodati. La comparsa dei bulloni ad alta resistenza (che possono lavorare ad attrito e che
possono essere montati in fori con gioco maggiore) e il perfezionamento della tecnica dei giunti ad attrito,
che si è avuta in Europa fra gli anni 1953 e 1957 (le prime ricerche e applicazioni dei bulloni ad alta
resistenza si ebbero negli USA intorno al 1940) hanno via via prodotto, nei cantieri, una progressiva
sostituzione dei chiodi con bulloni ad alta resistenza.

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Di seguito una delle prime macchine per la produzione di bulloni risalente al 1871 (fonte wikipedia)

Vediamo ora cosa ci dicono le Normative in merito alla bulloneria strutturale:

NORMATIVA
NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI 2018

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(omissisE)

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UNI-EN 1090-2 :2018 - sintesi


La Norma UNI – EN 1090-2, è una norma che detta le buone pratiche per la realizzazione di strutture in
acciaio. Rappresenta, di fatto, un vademecum che individua quella che comunemente chiameremmo
realizzazione a regola d’arte.
Parte fondamentale è la parte relativa alle operazioni di serraggio della bulloneria strutturale e in particolare:

• Descrive le modalità di preparazione della giunzione (§8.5);


• Definisce l’accuratezza degli avvitatori;
• Descrive la modalità di serraggio specificando le fasi operative;
• Definisce le modalità di controllo del serraggio per ciascuna delle fasi previste;
• Fornisce metodi alternativi di calibrazione della giunzione.

Per quanto riguarda la bulloneria NON adatta a precarico rimanda alle specifiche della Norma EN 15048
Ovvero:

• Le parti da collegare devono essere posizionate in contatto stabile;


• Ciascun assieme bullonato deve essere serrato raggiungendo le condizioni di “snug-tight” (condizione di
serraggio raggiungibile mediante l’impegno di un uomo che usi una chiave di manovra normale senza
nessuna estensione del braccio e corrisponde al punto in cui una chiave a impulsi inizia a “martellare”);
• Una particolare cura deve essere posta nell’evitare sovra-serraggi, specialmente nel caso di viti corte e
M12;
• La procedura di serraggio fino alle condizioni di “snug-tight” deve essere eseguita partendo dalle parti più
rigide della giunzione, muovendosi progressivamente verso le parti meno rigide;
• Per raggiungere una condizione di serraggio uniforme possono essere necessari più cicli di avvitamento;
• La vite deve sporgere con almeno un filetto completo dalla faccia non appoggiata del dado.

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ISTRUZIONI CNR 10011/85

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LETTURA RAGIONATA DELLE NORME

Per prima cosa è interessante capire come “leggere” un bullone. Tutte le norme citate infatti alla fine
contengono delle informazioni importanti che devono poter essere controllate in fase di accettazione del
materiale. Per fortuna tali informazioni sono “condensate” nella stampigliatura che possiamo vedere nelle
teste delle viti, nei dadi e anche nelle rondelle.
Come la stragrande maggioranza dei materiali strutturali i bulloni devono avere una marchiatuta CE

Più correttamente la marcatura riguarda non tanto il singolo componente quanto l’assieme (vite-rondella-
dado).
Le NTC individuano poi la classe dei bulloni:

Tale classe è individuata da una coppia di numeri separati da un punto.


La norma si ferma alla classe 10.9 ma in commercio e per applicazioni particolare esiste anche una ulteriore
classe ad alta resistenza individuata dalla sigla 12.9.
Per convenzione il primo numero della coppia che individua la classe del bullone moltiplicato per 100
individua la tensione di rottura a trazione, mentre il prodotto tra il primo e il secondo numero moltiplicato per
10 fornisce la tensione di snervamento. Ad esempio la classe 10.9 ha una tesione di rottura pari a 10x100 =
1000 MPa e una tensione di snervamento pari a 10 x 9 x 10 = 900 MPa.

I bulloni non adatti a precarico MA idonei ad essere utilizzati per scopi strutturali secondo la EN 15048-1
devono avere la stampigliatura SB (Structural Bolting), mentre per le giunzioni adatte a precarico si trovano
sigle come HR (EN 14399-3) , HV ( EN14399-4) o HRC:

ESEMPIO:

I colori in tabella corrispondono ai colori delle frecce che evidenziano l’assieme

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Per opere ordinarie le specifiche sulla bulloneria si limitano spesso alla classe. E non viene fornita alla
carpenteria la distinta della bulloneria. Quindi un consiglio per operare a favore di sicurezza nei
dimensionamenti è quello di ragionare sempre con l’area resistente delle viti e non con l’area lorda in modo
da mettersi dalla parte più cautelativa (il 90% dei giunti sulle strutture ordinarie è realizzato con viti
interamente filettate).

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La principale differenza rilevabile tra le NTC2018 e le CNT10011/85 è negli interassi e nel posizionamento
geometrico dei bulloni sui giunti (minima distanza tra bulloni, minima distanza del bullone dal bordo in
direzione parallela e ortogonale alla direzione di azione della forza eccE).
Le NTC conducono a giunti molto più compatti ma non in maniera indolore.
Con le CNR 10011 tutto era sintetizzato in 3 semplici (ma non banali) regolette:

1. Distanza dall’asse del foro dal bordo libero nella direzione dello sforzo deve essere maggiore
di 2 volte il diametro;
2. Distanza dall’asse del foro dal bordo libero nella direzione ortogonale allo sforzo deve essere
maggiore di 1.5 volte il diametro;
3. La distanza dtra gli assi di due fori contigui deve essere maggiore di tre volte il diametro
(ricorda un po’ quello che succede con i pali di fondazione8.. in fondo cambia solo il fattore
di scala delle grandezze in gioco).

Le NTC ad esempio riducono la distanza dai bordi a 1.2 volte il diametro

Ma niente è gratis infatti se analizziamo le relazioni di verifica a rifollamento quelle delle NTC sono molto
simili a quelle delle CNR:

CNR 10011/85:

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NTC 2018 al §4.2.8.1.1:

Nelle NTC ci sono due coefficienti che mettono in relazione la resistenza con la distanza tra ti bordi delle viti
e tra di loro.
Quindi si ammettono distanze minori dai bordi ma questo si “paga” in termini di verifica (anche perché
spesso la verifica a rifollamento è quella dimensionante).

LA TEORIA NELLA PRATICA

QUANTI BULLONI METTO?

Supponiamo di progettare un semplice capannone. E supponiamo di dover dimensionare un attacco trave


colonna. Mentre lo stiamo progettando conosciamo bene la destinazione d’uso e i carichi in gioco. Ma siamo
sicuri che sarà sempre così? Siamo sicuri che dentro a quella struttura verranno fatte sempre le stesse
lavorazioni? Siamo sicuri che nessuno ci appenderà mai nulla? La risposta è ovviamente negativa e questo
ci deve far aprire gli occhi sull’incertezza reale che si cela dietro una (seppur attenta e meticolosa) analisi dei
carichi.

Il giochino dell’impiccato sopra riportato deve suggerirci cosa fare. Quindi alla domanda: “Quanti bulloni
metto?” Non può esserci che una risposta:

I BULLONI CHE SERVONO SONO TUTTI QUELLI CHE C’ENTRANO!

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PER GLI INTERASSI CNR o NTC?


Personalmente (anche per pigriziaE.) scelgo di dimensionare i giunti secondo la geometria delle CNR
1011/85. Non solo per un discorso di verifiche ma soprattutto per un discorso di spazi di manovra. I bulloni
devono poi entrarci dentro i fori e bisogna avere la possibilità di stringerli! Qundi il consiglio è quello di
Posizionare secondo le CNR, VERIFICARE gli spazi di manovra (con tabelle come quella sotto mutuata dal
Manuale di Ingegneria Civile – Zanichelli – ESAC) e poi verificarlo numericamente (ma se mettiamo tutti i
bulloni che entrano nell’unione non sarà un problema.

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DIAMETRO FORI.
Un paragrafo a parte con normativa a fronte dedicata merita l’argomento del diametro dei fori.
Il 90% dei progetti strutturali che visiono riportano un diametro dei fori 1 mm più grande del diametro del
gambo della vite. Tecnologicamente è un problema perché in opera quando la tolleranza è corì risicata si
rischia di dover inserire le viti a martellate “mangiando” la filettatura. Cerchiamo di capire meglio come
funzionano le cose raffrontando le normative.

CNR 10011/85:

NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI 2018 §4.2.8.1.1:

NOTA BENE: Le NTC rimandano a UNI EN 1993-1-8 che però, di fatto, rimanda alla UNI EN 1090-2 tramite
una nota in piccolo in calce tabella 3.3 (che al mercato mio padre compròE..il brutto delle Norme è proprio
che spesso diventano una caccia al tesoroE.).
La 1090 in sintesi riporta:

Quindi per le norme italiane ci sono limiti ma sono derogabili. Ad esempio supponiamo di avere una trave
appoggiata soggetta ad un carico uniformemente distrubuito sorretta alle estremità da giunti d’anima
bullonati. Il maggior gioco foro/bullone di sicuro non aumenta la deformabilità della trave anzi, possiamo

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spingerci oltre affermando che un maggior gioco foro-bullone porta il vincolo reale (bullonato) più vicino al
comportamento ideale di cerniera (a livello molto teorico).
A livello tecnologico la tolleranza foro-bullone è 2mm ed è quello che viene fatto nella maggioranza delle
Carpenterie. 2 mm sono sufficientemente piccoli per garantire un buon comportamento strutturale ma anche
sufficientemente grandi per permettere un agevole accoppiamento dei pezzi.
Anche in testi di assoluto riferimento quali il Ballio/Mazzolani – Strutture in Acciaio – Ed. Hoepli al § 6.1.3
consigliano un gioco foro-bullone di 2 mm per viti fino a M24 e 3 mm per viti con diametro superiore a M24.
Molto probabilmente questi limiti (in linea con quelli della EN1090-2) sono i più ragionevoli.

Un ultimo consiglio: è bene standardizzare il più possibile le unioni a livello di diametri. La Norma consente
di usare 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24, 27 e 30 ma non c’è scritto di usarli tutti in un solo progetto! Conviene
usare pochi diametri e ben riconoscibili. Ossia se in un progetto dobbiamo usare diametri da 16-18-20
probabilmente conviene saltare un diametro e usare solo 16 e 20 in modo da renderli subito riconoscibili in
cantiere durante le fasi di montaggio.

SBAGLIARE È UMANO8.CONTROLLARE È OBBLIGATORIO!

Come non tutte le ciambelle escono col bucoEnon tutti i buchi vengono bene e quindi è opportuno
controllare sempre per evitare spiacevoli sorprese in fase di montaggio.
Alcune delle problematiche più comuni sono riportate nella figura seguente (Costruzioni Metalliche numero
2/2018).

Per capire se un difetto di foratura sia accettabile o meno la Norma UNI EN 1090-2 all’Annesso D presenta
una tabella con le tolleranze a cui far riferimento per il controllo delle forature e che si riporta di seguito:

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Tolleranze funzionali di produzione (Estratto UNI EN 1090-2)

I giunti ad attrito8criticità

Per evitare eccessive deformazioni in esercizio la toria vuole che vengano usate giunzioni ad attrito.
In strutture con un elevato numero di viti può sorgere il problema della deformabilità dovuta al gioco foro –
bullone. Per tale motivo i giunti ad attrito sarebbero (in teoria ) consigliabili ma, di fatto, non vengono (in
pratica) quasi mai utilizzati nelle opere ordinarie. Esistono infatti innumerevoli incertezze a partire dal metodo
di serraggio, per passare all’influenza delle superfici e allo stoccaggio degli assiemi vite-rondella-dado. Lo
stoccaggio infatti, che non è controllabile nè in fase di progetto nè in fase di direzione lavori, e la presenza di
eventuale umidità possono inficiare tutto l’impacato teorico dietro ai giunti ad attrito.
Molto spesso oggi, proprio per evitare questo tipo di problemi e di incertezze, anche sui ponti vengono usate
raramente delle giunzioni ad attrito. Viene dimensionato affidando tutto al taglio e per far fronte alla
eccessiva deformabilità vengono predisposte delle forature di montaggio (più piccole) che servono ad
allineare perfettamente i pezzi, dopodichè vengono alesati in opera i fori con un alesatore di precisione
andando a realizzare fori calibrati con la minima tolleranza tecnologica possibile tra foro e vite. In questo
modo si ha la possibilità di limitare le deformazioni dovute al gioco foro-bullone ed avere parimenti la
garanzia di una giunzione tradizionale a taglio non dovendoci basare sui coefficienti K che spesso può
rappresentare mero atto di fede.

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Ciò non significa che i giunti ad attrito non debbano essere utilizzati ma le prescrizioni e i controlli devono
essere fatti con cognizione di causa. Per questo tipo di giunzioni è necessario disporre di maestranze
specializzate che sanno di cosa si sta parlando perché stringere i bulloni per giunzioni ad attrito è una
procedura tutt’altro che banale. Per rendersene conto basta guardare il video seguente in cui vengono
descritte le fasi esecutive necessarie: https://www.youtube.com/watch?v=DTPEtmq1V64

Il controllo del serraggio è stabilito dalla EN 1090-2 in relazione alla importanza dell’opera ovvero in
relazione alla classe di esecuzione EXC. Nel controllare i bulloni di un giunto si devono utilizzare dei
diagrammi sequenziali che danno il campo di validità della prova su quel giunto. I diagrammi sono riportati
nell’Appendice M della EN 1090-2 e seguono i dettami della norma ISO 2859-5 e spiegano come
comportarsi in base al numero di viti non strette a regola d’arte.

UN VICOLO CIECO: GIUNZIONE BULLONATA DI TUBOLARI

Capita alcune volte di dover giuntare elementi tubolari. Nel caso di strutture minori con scarso impegno
statico è possibile costruire dei giunti maschio-femmina tra tubolari con delle piccole “maniche” oppure, se gli
spessori lo consentono (ma siamo in un ambito di nicchia) filettare i fori su cui avvitare direttamente le viti
(magari a testa svasata).

Trave portata

“Manica”

Trave portante

Quando, invece, l’impegno strutturale è importante esistono in commercio dei bulloni creati ad hoc in grado
di essere serrati anche nel caso in cui un lato sia cieco.
Di seguito alcuni schemi generali (Costruzioni Metalliche 3/2018) degli Hollo Bolt.

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Per l’approfondimento di questo tipo di bullone si rimanda a trattazioni specifiche sull’argomento.

Le prove
Da ultimo è importante ricordare che anche i bulloni ai sensi del §11.3.4.11.3 devono essere
obbligatoriamente soggetti a controlli di accettazione in cantiere e sulla Norma è riportato che:

Ovviamente per rispettare la tradizione tutta italiana la norma parla di “prove” e “campioni“ dimenticandosi di
specificare quali prove e quali campioni.
Cliccando al seguente indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=lhZ7FvyIeXg è possibile vedere una
parte di un test di trazione su una vite spinto a 2000 KN.
Ma ad esempio la EN898-1:2009 descrive anche altre prove come la prova di trazione con appoggio a
cuneo per testare la zona di raccordo testa-gambo:

Quindi sono obbligatorie le prove ma per il resto non ci sono, a conoscenza dello scrivente, altre specifiche.

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CONCLUSIONI

Il progetto di una unione bullonata non è una cosa complicata ma non è neppure un processo che possa
essere demandato in toto all’utilizzo di un software. Molto spesso i software commerciali utilizzati per
strutture ordinarie ragionano nel piano e non nello spazio anche se partono da rappresentazioni
tridimensionali. Il ruolo del progettista è proprio quello di usare il sotware come strumento e non come una
scatola magica che possa colmare lacune scientifiche e normative che non si possono colmare se non con
lo studio e l’approfondimento. Quando progettiamo le unioni (a mano o per mezzo del calcolo automatico)
controlliamo sempre cosa succede nella direzione ortogonale, immedesimiamoci nel montatore che dovrà
assemblare il pezzo chiedendoci e verificando se c’entano le viti, se si riesce a stringerle, se le mani
dell’operatore hanno spazio sufficiente per mettere i dadi. Una unione bullonata fatta bene, studiata nel
dettaglio, ben proporzionata nelle dimensioni non è soltanto sicura ma è anche bella da vedere.

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