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EDITORIA

Almanacco per 333 poeti


«Il Lunario di desideri» di Vincenzo Guarracino
«Almanacchi, almanacchi per che agli scritti di Giacomo Leo- Desiderio poetico è quello che ha
l’anno nuovo. Lunari nuovi. Bi- pardi ha consacrato la metà della rinunciato, da tempo, al cielo. O
sognano Signore almanacchi?». propria vita, curatore di questo che sorge, nel cuore del poeta,
Dopo un dialogo serrato e surrea- bel florilegio poetico: Lunario di proprio a motivo di detta mancan-
le, che sarebbe piaciuto al marzia- desideri, Di Felice Edizioni, za. A surrogare l’oggetto più caro,
no di Flaiano, il venditore di al- Martinsicuro (TE) 2019, pp. 358, o più prezioso, interviene allora il
manacchi continua a vendere al- euro 25. Già. Il sostantivo latino verso poetico. Un semplice surro-
manacchi, mentre il passante – desiderium deriva da sidus, gato, ahinoi.
l’autore delle Operette morali – si Guarracino lo sottolinea più vol- Gli «invisibili ospiti» elencati da
allontana compiaciuto (anche te. L’unico senso possibile nel Emily Dickinson, gli angeli, non
troppo) della sua stringente logica quale intendere la relazione di possono declamare odi e cantare
nichilista. Almanacco. Dall’arabo causa e di effetto: si desidera inni per lodare il Creatore. Non
al-manākh, termine con cui i Mo- quanto non si ha più, si guarda al possunt. In quanto, godendo del-
ri di Spagna designavano un tipo cielo sospiranti e tremanti. Un la visione beatifica, essi hanno
di tavole astronomiche basate sul- po’ perché lassù siamo tutti, pre- ciò che la poesia vale unicamente
la durata della lunazione, ména- sto o tardi, destinati a ritornare a commemorare, ciò di cui la
chos in greco. Lunario. Almanac- (sicché qualcuno lo teme, il cielo, poesia lamenta e piange la scom-
co popolare che registra i mesi e i mentre altri lo desiderano, ap- parsa. Ecco che tra l’arte e il cie-
giorni dell’anno, unitamente a punto). Un po’ perché a qualcu- lo viene, attraverso il desiderio, o
previsioni meteorologiche e pre- no, per esempio ai celti descritti per suo tramite, a crearsi una re-
cetti improntati a una facile, po- dagli storici Strabone e Arriano, lazione di antagonismo, di mutua
polana saggezza. «Perdere il lu- o ai pochi strenui partoriti dalla incomprensione o intolleranza.
nario» vale «smarrire l’equilibrio fantasia di Goscinny e Uderzo, il Dove è il cielo non può esservi il
mentale», «far lunari» vale «fan- cielo potrebbe cadere sulla testa poeta (che si trova a suo agio nel-
tasticare», «sbarcare il lunario» (era questo, giuravano i due am- l’inferno, come Rimbaud). Il
vale «campare a stento». basciatori giunti al cospetto di poeta può desiderare e strologare
Alessandro il Macedone, il loro facendo benissimo a meno del
solo e unico timore). cielo. Per meglio dire, il buio – il
Sguardo al cielo L’autorevole Walde-Hoffmann buffo buio strigliato e vilipeso da
spiega in modo affatto diverso Giorgio Orelli – gli è amico e
l’etimo del termine, attribuendo compagno di vita.
Desiderio. Il sostantivo (chi tra al prefisso de- non già un signifi-
noi lo sapeva alzi la mano) rac- cato di provenienza, come lo è Fame d’amore
chiude un etimo celeste, quello quella della merce elencata in un
del latino sidus, «cielo». Deside- daziario, prefisso che il latino non
rare vuol dire sospirare il cielo ha in questo senso, ma bensì pri-
dal quale tutti noi, esseri animati vativo ovvero negativo (si pensi Tutta quanta la bellissima antolo-
e inanimati, proveniamo. Con la a: dedurre, detrarre, demente). Il gia poetica che abbiamo fra le ma-
differenza che un sasso sospirerà desiderio è quanto il cielo non è ni sembra concepita, dai poeti che
meno di un sant’uomo (la regola più, o non tiene più in serbo per vi sono rappresentati, al buio e in
non vale ovviamente per i nostri noi. Il desiderio è quello di colui preda a fame d’amore. Questa è
uomini politici, che non sospira- che, a somiglianza di Adamo, un’epoca buia, avvertiva René
no mai). È questo l’etimo rileva- prende coscienza della perdita – Guénon, questo è il tempo del ri-
to dal supremo Scoliaste e Anto- quasi sempre definitiva – di qual- torno e del rendiconto, il tempo
logizzatore: parliamo di Vincen- cosa: Paradise Lost di Milton è la che prepara i Novissimi. Il Kali
zo Guarracino, poeta e studioso cronaca di una detractio e del Yuga, così detto dai Veda. Ne di-
della latinità fra i maggiori, uno conseguente desiderio. Appunto. scende la contiguità, innegabile,
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tra la parola poetica e quella pro- avuto ugualmente partita vinta. Il
fetica. Ma tutti, o quasi, i poeti lettore aprirà sempre con gioia
che variamente calcano la scena questo Lunario, ne reciterà a bassa
letteraria di questi anni si aggrap- voce, fra sé e sé, un ampio e sola-
pano a un desiderio ormai svuota- tio squarcio, giungendo infine a
to del suo senso primo, quello di una voltata della stradetta, al punto
un ontologico dissapore nei ri- in cui egli è «solito d’alzar sempre
guardi del cielo, per ridursi a un gli occhi dal libro». Ma è la voltata
lamento sterile e fine a sé stesso. che gli cambierà la vita, è la svolta
Guarracino per questo ci ammoni- (Heidegger docet) che dà senso e
sce, citando Catullo, anzi basando gioia al fare e a leggere poesia. Se
interamente questa antologia sui il Sirmionese ci è amletico compa-
versi del poeta lacustre per eccel- gno di pusigni e di piaceri, incapa-
lenza, a non smarrire, poetando, il ce di discettare di amore se non nei
senso propulsivo di un amore che, termini di una delectatio carnale o
se non c’è, se manca, finisce per di una querelle da mercato all’a-
delegittimare la stessa poesia; ri- perto (lui non è Cavalcanti e non Il poeta Vincenzo Guarracino
schiando di vanificare l’insorgen- sa che cosa sia l’amor cortese),
za e la permanenza dei contenuti Guarracino mette tutti in riga, gelis, Giancarlo Pontiggia, Enzo
di quest’ultima tra gli umani. sull’attenti. Catullo, il poeta, il let- Di Mauro. Un posto a parte spet-
Amore è essere, sentenzia l’eti- tore. Afferma che la poesia è in tò ad Aracne, l’umbratile Patrizia
mologista Kretschmer, discopren- grado di illuminare da sola que- Valduga, mentre a capotavola se-
do nel primo la radice etrusca st’ultimo, «senza inginocchiamen- devano, con la forchetta puntuta
(am-) di «essere», appunto. Amo- ti a varianti e garbugli eruditi» (p. e il coltello affilato in mano, i
re e desiderio finiscono per risul- 18). Ma davvero può considerarsi subdolamente paciosi Cesare
tare fra loro incompatibili, il se- ingenua, schillerianamente, ossia Garboli e Pier Vincenzo Mengal-
condo piangendo la scomparsa di priva di superfetazioni culturali, do. In un angolo, solo legger-
qualcosa – l’essere – che il primo un librone che – bellissimo, così mente defilato, incoronato di
non solo celebra e loda, ma con bello da stordire, da rapire il fiato apollineo alloro, ma soprattutto
cui esso si identifica pienamente. – ci prende per mano e, sulla scor- non pervicacemente corrucciato
ta dei Carmina catulliani, ci im- come lo era stato il Tosco nasuto
Nuove gerarchie mette in un labirinto di snodi e ag- al tempo suo, sedeva il poeta da
giunzioni incrociate (alla maniera entrambi prediletto: Francesco
di Borges e dei suoi rimandi senza Petrarca. Che Leopardi non ama-
esito e senza soluzione?). va, come si evince agevolmente
Leggendo in questa chiave, quella da due giudizi acri (e, tutto som-
di una risoluta incommensurabili- Da Catullo a Valduga mato, ingiusti) proferiti nello Zi-
tà del dire rispetto all’oggetto del baldone durante il lavoro di in-
discorso, o anche solo al dicibile, terpretazione e di rimaneggia-
all’effabile, i poeti compresi in mento delle Rime (fra novembre
questa magnifica antologia – essi Ciascuna delle poesie ha un eser- 1825 e ottobre 1826). Quanto a
sono 333, il numero perfetto per go direttamente cavato dal liber Guarracino, egli è giustamente
eccellenza, la metà esatta della expolitum del mollaccione garde- infatuato di entrambi. Ma abbia-
terrifica Bestia dell’Apocalisse sano, del neóteros affossatore del mo detto sin troppo. Sovrapporre
giovannea – ne risultano in parte mos maiorum. Sempre con lui ha la propria alla voce di un poeta
sminuiti, mentre ne esce podero- inizio la decadenza, si estendono non sta bene. Qui le voci poeti-
samente esaltato l’oggetto assen- all’àmbito italico il vezzo elleni- che sono una torma incontenibile
te. Nomen ineffabile, alla stregua stico e la finzione bucolica di e fremente che ci strattona e pre-
del sacro tetragramma (basta il Teocrito, inizia il Barocco augu- me da ogni parte e ci risospinge
suo pensiero per innalzare, assicu- steo (al cui culmine saranno le nel nostro angolo. Fra esse, due
ra la Cabala, l’orante al di sopra melense e illeggibili Georgiche). principalissime e oltremodo pre-
dello spazio e del tempo: ma non In Italia qualcosa del genere si ziose: quella del curatore (Guar-
è così anche per la poesia?). era avuto alla metà degli anni Ot- racino) e quella di Catullo. A
Se il curatore avesse intitolato tanta con i poetae novi (tali essi questo punto sarà bello tacere e
Breviario – quasi un sommario, si definivano: neóteroi), i quali lasciare che parli lei. La poesia.
un’epitome di linfa e humus poeti- bandivano, come venditori all’in- Quella vera.
co – il frutto zuccherino delle sue canto, il fortunato slogan della
fatiche di antologista, egli avrebbe parola innamorata: Milo de An- Carlo Alessandro Landini
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