«Il Lunario di desideri» di Vincenzo Guarracino «Almanacchi, almanacchi per che agli scritti di Giacomo Leo- Desiderio poetico è quello che ha l’anno nuovo. Lunari nuovi. Bi- pardi ha consacrato la metà della rinunciato, da tempo, al cielo. O sognano Signore almanacchi?». propria vita, curatore di questo che sorge, nel cuore del poeta, Dopo un dialogo serrato e surrea- bel florilegio poetico: Lunario di proprio a motivo di detta mancan- le, che sarebbe piaciuto al marzia- desideri, Di Felice Edizioni, za. A surrogare l’oggetto più caro, no di Flaiano, il venditore di al- Martinsicuro (TE) 2019, pp. 358, o più prezioso, interviene allora il manacchi continua a vendere al- euro 25. Già. Il sostantivo latino verso poetico. Un semplice surro- manacchi, mentre il passante – desiderium deriva da sidus, gato, ahinoi. l’autore delle Operette morali – si Guarracino lo sottolinea più vol- Gli «invisibili ospiti» elencati da allontana compiaciuto (anche te. L’unico senso possibile nel Emily Dickinson, gli angeli, non troppo) della sua stringente logica quale intendere la relazione di possono declamare odi e cantare nichilista. Almanacco. Dall’arabo causa e di effetto: si desidera inni per lodare il Creatore. Non al-manākh, termine con cui i Mo- quanto non si ha più, si guarda al possunt. In quanto, godendo del- ri di Spagna designavano un tipo cielo sospiranti e tremanti. Un la visione beatifica, essi hanno di tavole astronomiche basate sul- po’ perché lassù siamo tutti, pre- ciò che la poesia vale unicamente la durata della lunazione, ména- sto o tardi, destinati a ritornare a commemorare, ciò di cui la chos in greco. Lunario. Almanac- (sicché qualcuno lo teme, il cielo, poesia lamenta e piange la scom- co popolare che registra i mesi e i mentre altri lo desiderano, ap- parsa. Ecco che tra l’arte e il cie- giorni dell’anno, unitamente a punto). Un po’ perché a qualcu- lo viene, attraverso il desiderio, o previsioni meteorologiche e pre- no, per esempio ai celti descritti per suo tramite, a crearsi una re- cetti improntati a una facile, po- dagli storici Strabone e Arriano, lazione di antagonismo, di mutua polana saggezza. «Perdere il lu- o ai pochi strenui partoriti dalla incomprensione o intolleranza. nario» vale «smarrire l’equilibrio fantasia di Goscinny e Uderzo, il Dove è il cielo non può esservi il mentale», «far lunari» vale «fan- cielo potrebbe cadere sulla testa poeta (che si trova a suo agio nel- tasticare», «sbarcare il lunario» (era questo, giuravano i due am- l’inferno, come Rimbaud). Il vale «campare a stento». basciatori giunti al cospetto di poeta può desiderare e strologare Alessandro il Macedone, il loro facendo benissimo a meno del solo e unico timore). cielo. Per meglio dire, il buio – il Sguardo al cielo L’autorevole Walde-Hoffmann buffo buio strigliato e vilipeso da spiega in modo affatto diverso Giorgio Orelli – gli è amico e l’etimo del termine, attribuendo compagno di vita. Desiderio. Il sostantivo (chi tra al prefisso de- non già un signifi- noi lo sapeva alzi la mano) rac- cato di provenienza, come lo è Fame d’amore chiude un etimo celeste, quello quella della merce elencata in un del latino sidus, «cielo». Deside- daziario, prefisso che il latino non rare vuol dire sospirare il cielo ha in questo senso, ma bensì pri- dal quale tutti noi, esseri animati vativo ovvero negativo (si pensi Tutta quanta la bellissima antolo- e inanimati, proveniamo. Con la a: dedurre, detrarre, demente). Il gia poetica che abbiamo fra le ma- differenza che un sasso sospirerà desiderio è quanto il cielo non è ni sembra concepita, dai poeti che meno di un sant’uomo (la regola più, o non tiene più in serbo per vi sono rappresentati, al buio e in non vale ovviamente per i nostri noi. Il desiderio è quello di colui preda a fame d’amore. Questa è uomini politici, che non sospira- che, a somiglianza di Adamo, un’epoca buia, avvertiva René no mai). È questo l’etimo rileva- prende coscienza della perdita – Guénon, questo è il tempo del ri- to dal supremo Scoliaste e Anto- quasi sempre definitiva – di qual- torno e del rendiconto, il tempo logizzatore: parliamo di Vincen- cosa: Paradise Lost di Milton è la che prepara i Novissimi. Il Kali zo Guarracino, poeta e studioso cronaca di una detractio e del Yuga, così detto dai Veda. Ne di- della latinità fra i maggiori, uno conseguente desiderio. Appunto. scende la contiguità, innegabile, 468 tra la parola poetica e quella pro- avuto ugualmente partita vinta. Il fetica. Ma tutti, o quasi, i poeti lettore aprirà sempre con gioia che variamente calcano la scena questo Lunario, ne reciterà a bassa letteraria di questi anni si aggrap- voce, fra sé e sé, un ampio e sola- pano a un desiderio ormai svuota- tio squarcio, giungendo infine a to del suo senso primo, quello di una voltata della stradetta, al punto un ontologico dissapore nei ri- in cui egli è «solito d’alzar sempre guardi del cielo, per ridursi a un gli occhi dal libro». Ma è la voltata lamento sterile e fine a sé stesso. che gli cambierà la vita, è la svolta Guarracino per questo ci ammoni- (Heidegger docet) che dà senso e sce, citando Catullo, anzi basando gioia al fare e a leggere poesia. Se interamente questa antologia sui il Sirmionese ci è amletico compa- versi del poeta lacustre per eccel- gno di pusigni e di piaceri, incapa- lenza, a non smarrire, poetando, il ce di discettare di amore se non nei senso propulsivo di un amore che, termini di una delectatio carnale o se non c’è, se manca, finisce per di una querelle da mercato all’a- delegittimare la stessa poesia; ri- perto (lui non è Cavalcanti e non Il poeta Vincenzo Guarracino schiando di vanificare l’insorgen- sa che cosa sia l’amor cortese), za e la permanenza dei contenuti Guarracino mette tutti in riga, gelis, Giancarlo Pontiggia, Enzo di quest’ultima tra gli umani. sull’attenti. Catullo, il poeta, il let- Di Mauro. Un posto a parte spet- Amore è essere, sentenzia l’eti- tore. Afferma che la poesia è in tò ad Aracne, l’umbratile Patrizia mologista Kretschmer, discopren- grado di illuminare da sola que- Valduga, mentre a capotavola se- do nel primo la radice etrusca st’ultimo, «senza inginocchiamen- devano, con la forchetta puntuta (am-) di «essere», appunto. Amo- ti a varianti e garbugli eruditi» (p. e il coltello affilato in mano, i re e desiderio finiscono per risul- 18). Ma davvero può considerarsi subdolamente paciosi Cesare tare fra loro incompatibili, il se- ingenua, schillerianamente, ossia Garboli e Pier Vincenzo Mengal- condo piangendo la scomparsa di priva di superfetazioni culturali, do. In un angolo, solo legger- qualcosa – l’essere – che il primo un librone che – bellissimo, così mente defilato, incoronato di non solo celebra e loda, ma con bello da stordire, da rapire il fiato apollineo alloro, ma soprattutto cui esso si identifica pienamente. – ci prende per mano e, sulla scor- non pervicacemente corrucciato ta dei Carmina catulliani, ci im- come lo era stato il Tosco nasuto Nuove gerarchie mette in un labirinto di snodi e ag- al tempo suo, sedeva il poeta da giunzioni incrociate (alla maniera entrambi prediletto: Francesco di Borges e dei suoi rimandi senza Petrarca. Che Leopardi non ama- esito e senza soluzione?). va, come si evince agevolmente Leggendo in questa chiave, quella da due giudizi acri (e, tutto som- di una risoluta incommensurabili- Da Catullo a Valduga mato, ingiusti) proferiti nello Zi- tà del dire rispetto all’oggetto del baldone durante il lavoro di in- discorso, o anche solo al dicibile, terpretazione e di rimaneggia- all’effabile, i poeti compresi in mento delle Rime (fra novembre questa magnifica antologia – essi Ciascuna delle poesie ha un eser- 1825 e ottobre 1826). Quanto a sono 333, il numero perfetto per go direttamente cavato dal liber Guarracino, egli è giustamente eccellenza, la metà esatta della expolitum del mollaccione garde- infatuato di entrambi. Ma abbia- terrifica Bestia dell’Apocalisse sano, del neóteros affossatore del mo detto sin troppo. Sovrapporre giovannea – ne risultano in parte mos maiorum. Sempre con lui ha la propria alla voce di un poeta sminuiti, mentre ne esce podero- inizio la decadenza, si estendono non sta bene. Qui le voci poeti- samente esaltato l’oggetto assen- all’àmbito italico il vezzo elleni- che sono una torma incontenibile te. Nomen ineffabile, alla stregua stico e la finzione bucolica di e fremente che ci strattona e pre- del sacro tetragramma (basta il Teocrito, inizia il Barocco augu- me da ogni parte e ci risospinge suo pensiero per innalzare, assicu- steo (al cui culmine saranno le nel nostro angolo. Fra esse, due ra la Cabala, l’orante al di sopra melense e illeggibili Georgiche). principalissime e oltremodo pre- dello spazio e del tempo: ma non In Italia qualcosa del genere si ziose: quella del curatore (Guar- è così anche per la poesia?). era avuto alla metà degli anni Ot- racino) e quella di Catullo. A Se il curatore avesse intitolato tanta con i poetae novi (tali essi questo punto sarà bello tacere e Breviario – quasi un sommario, si definivano: neóteroi), i quali lasciare che parli lei. La poesia. un’epitome di linfa e humus poeti- bandivano, come venditori all’in- Quella vera. co – il frutto zuccherino delle sue canto, il fortunato slogan della fatiche di antologista, egli avrebbe parola innamorata: Milo de An- Carlo Alessandro Landini 469